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In dialogo con il Signore (indice)

In dialogo con il Signore

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INDICE GENERALE
Presentazione pag. 5
Introduzione » 7
1 . In continuità con una tradizione che viene dal Fondatore » 7
2. 11 «costitutivo» della preghiera salesiana » 16
3. Una «Guida alla preghiera dei Salesiani di Don Bosco» » 22
3.1. I criteri che determinano le scelte di questa «Guida» » 22
3.2. La struttura del «libro» di preghiera del Salesiano » 25
Parte prima
L'INCONTRO CON CRISTO NEL TEMPO
1. Lodiamo il Signore dall'alba al tramonto » 35
1.1. Introduzione » 35
1.2. La celebrazione eucaristica » 38
1.3. La preghiera del mattino e della sera » 39
Preghiere tradizionali del mattino » 41
Preghiere tradizionali della sera » 44
1.4. La meditazione del Salesiano » 49
Preghiera comunitaria di introduzione alla meditazione » 50
Preghiera comunitaria di conclusione della meditazione » 64
1.5. La lettura spirituale » 67
Preghiere per la lettura spirituale » 68
1.6. Le preghiere prima e dopo le azioni » 70
1.7. Le preghiere prima e dopo i pasti » 75
1.8. Vita di preghiera individuale » 81
1.9. Vivere in spirito di penitenza » 84
2. Lodiamo Dío nel giorno del Signore » 86
3. Lodiamo il Signore nell'anno liturgico » 89
3.1. Introduzione » 89
3.2. Il tempo di Avvento » 91
3.2.1. Prepariamo la venuta del Signore » 91
3.2.2. Veglie d'Avvento » 93
3.2.3. Corona d'Avvento (o altro rito lucernare) » 107
3.2.4. Novena di Natale » 109
891
3.3. Il tempo di Natale » 134
3.3.1. Celebriamo la nascita e la manifestazione del
Verbo » 134

3.3.2. Preconio di Natale » 136
3.3.3. Veglia di Natale » 139
3.3.4. Ultimo giorno dell'anno civile » 139
3.3.5. Il primo giorno dell'anno civile » 144
3.4. Il tempo di Quaresima » 151
3.4.1. Un cammino di conversione, di penitenza e preghiera » 151
3.4.2. Via Crucis » 154
3.4.3. Celebrazioni di meditazione sulla passione » 197
3.5. Il Triduo pasquale » 210
3.5.1.. Partecipi della morte e risurrezione di Cristo » 210
3.5.2. Proposte celebrative » 212
3.6. Il tempo pasquale » 212
3.6.1. La gioia di Cristo risorto è la nostra forza » 212
3.6.2. Celebrazioni vigiliari della Parola » 214
3.6.3. Preparazione alla solennità di Pentecoste » 220
3.7. Il tempo ordinario » 242
3.7.1. Il tempo dell'uomo per crescere nell'esperienza di Dio » 242
3.7.2. Preghiere per le varie solennità » 244
3.8. Giornate particolari di preghiera » 252
3.8.1. Una preghiera che ha i confini del mondo 252
3.8.2. Ottavario per l'unità dei cristiani » 253
3.8.3. Per le vocazioni sacerdotali e religiose » 261
3.8.4. Celebrazioni di preghiera per il Papa » 282
3.8.5. Celebrazioni di preghiera per le missioni » 288
Parte seconda
L'INCONTRO CON CRISTO NEI SACRAMENTI
1. Battesimo e Confermazione vissuti nella consacrazione religiosa » 307
1.1. Confermati nel Battesimo di Cristo come proposta radicale di vita evangelica » 307
1.2. Celebrazioni della Parola » 311
2. Eucaristia » 346
2.1. Un progetto di santità che si fa eucaristia » 346
2.2. Adorazioni eucaristiche » 347
Sussidi e citazioni scritturistiche per le adorazioni » 348
892
3. Riconciliazione e penitenza » 392
3.1. Riconciliazione: tempo di grazia » 392
3.2. Celebrazioni comunitarie del sacramento della Penitenza » 394
Sussidi e citazioni scritturistiche per le celebrazioni comunitarie » 395
Parte terza
MALATTIA E RITORNO ALLA CASA DEL PADRE
1. Celebrazioni comunitarie per un fratello anziano o malato » 434
1.1. Solidali con la malattia e la sofferenza » 434
1.2. Proposta celebrativa » 434
Schema di celebrazioni della Parola » 435
Benedizione dei confratelli anziani » 445
Benedizione degli infermi » 448
Preghiera per gli infermi » 453
Rito della comunione degli infermi » 454
Rito dell'unzione degli infermi » 456
Rito del santo Viatico » 460
Rito della raccomandazione dei moribondi » 464
2. La morte ci ricongiunge a Cristo » 474
2.1. Il congedo da un confratello » 474
2.2. Proposte celebrative » 475
Schema di celebrazione della Parola » 475
Rosario per i defunti » 487
Il ricordo giornaliero dei defunti » 495
Visita al cimitero » 496
Parte quarta
MARIA NEL MISTERO DI CRISTO E DELLA CHIESA
1. La devozione alla Vergine nella Chiesa e nella Famiglia Salesiana » 502
1.1. Maria madre della Chiesa e culto della Chiesa per Maria » 502
1.2. La presenza di Maria nella spiritualità e nella pedagogia salesiana » 503
1.3. Proposte celebrative » 504
2. Celebrazioni della Parola » 506
2.1. Onoriamo la Vergine Immacolata Ausiliatrice » 506
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2.1.1. Triduo per la solennità dell'Immacolata » 507
2.1.2. Triduo in onore di Maria SS. Ausiliatrice » 517
2.2. Testi e sussidi per celebrazioni della Parola » 531
2.2.1. Schema di una celebrazione della Parola » 531
2.2.2. Il saluto del celebrante » 532
2.2.3. L'orazione iniziale » 533
2.2.4. Letture mariane » 535
2.2.5. La «preghiera comune» » 586
2.2.6. Orazione finale » 597
3. Il santo Rosario » 602
3.1. La preghiera del Rosario » 602
3.2. Schemi celebrativi » 605
3.2.1. Indicazioni pratiche per «celebrazioni» del Rosario e dei pii esercizi ispirati al Rosario » 605
3.2.2. Misteri gaudiosi » 606
3.2.3. Misteri dolorosi » 608
3.2.4. Misteri gloriosi » 611
3.2.5. Le «clausole» nella recita del santo Rosario » 614
4. Preghiere alla Vergine » 616
4.1. Preghiere del popolo cristiano alla Vergine » 616
4.2. Preghiere della Famiglia Salesiana alla Vergine Ausiliatrice » 628
4.3. Preghiere di santi alla Vergine » 633
4.4. Preghiere di Sommi Pontefici alla Vergine » 637
4.5. Preghiere di poeti e uomini di cultura alla Vergine » 644
4.6. Antifone alla Beata Vergine Maria » 647
4.7. Preghiere alla Beata Vergine in latino » 649
Parte quinta
I SANTI NEL MISTERO DI CRISTO E DELLA CHIESA
1. Santi Patroni » 660
24 gennaio. San Francesco di Sales » 660
19 marzo. San Giuseppe » 670
2. Santi vicini all'opera e alla tradizione salesiana » 677
12 marzo. Beato Luigi Orione » 677
30 aprile. San Giuseppe Benedetto Cottolengo » 685
18 maggio. San Leonardo Murialdo » 690
21 giugno. San Luigi Gonzaga » 695
23 giugno. San Giuseppe Cafasso » 701
21 agosto. San Pio X » 706
24 ottobre. Beato Luigi Guanella » 710
894
3. Membri glorificati della Famiglia Salesiana » 716
31 gennaio. San Giovanni Bosco » 716
Celebrazioni per il Triduo in preparazione alla festa » 723
25 febbraio. Beati Luigi Versiglia e Callisto Caravario » 742
6 maggio. San Domenico Savio » 750
13 maggio. Santa Maria Domenica Mazzarello » 757
29 ottobre. Beato Michele Rua » 764
4. Preghiera per la beatificazione (canonizzazione) dei Servi di Dio della Famiglia Salesiana » 771
Parte sesta
CIRCOSTANZE PARTICOLARI DELLA VITA SALESIANA
1. Esercizi spirituali » 776
2. Ritiri mensili e trimestrali » 788
3. Scrutini (preghiera, fraternità, povertà) » 808
3.1. La necessità di momenti di verifica comunitari » 808
3.2. »Scrutinium orationis» » 809
3.3. »Scrutinium fraternitatis» » 818
3.4. «Scrutinium paupertatis» » 823
4. Incontri della comunità » 830
5. Feste di famiglia » 840
5.1. Chiamati alla vita comune come Famiglia Salesiana » 840
5.2. Festa della comunità » 840
5.3. Festa dei genitori e parenti dei confratelli » 845
5.4. Incontri della Famiglia Salesiana » 847
5.5. Festa della Comunità ispettoriale » 848
5.6. Festa della Comunità mondiale » 852
6. Benedizione annuale della comunità » 854
7. Insediamento del Direttore » 860
8. La visita ispettoriale e la visita straordinaria » 865
9. Per il Capitolo ispettoriale » 870
895
Appendice: Canti salesiani » 874
Alla Madonna » 874
1. Ausiliatrice, vergine bella » 874
2. Lodate Maria » 874
3. 0 Regina del cielo » 874
A San Giovanni Bosco » 875
4. Giù dai colli, un dì lontano » 875
5. Campane suonate » 875
6. Dolcissimo santo » 876
7. Sapientiam » 876
8. Salve, Don Bosco santo! » 876
9. Padre, di molte genti padre » 877
10. Sul tuo prato » 877
11. Verdi le tue valli » 878
Al beato Michele Rua » 878
12. Dio è grande nel cielo dei santi » 878
Ai beati martiri Versiglia e Caravario » 879
13. Fiume che fecondi la terra e il mare » 879

Guida

alla comunità salesiana in preghiera

 

EDITRICE ELLE DI CI
10096 LEUMANN (TORINO)

PRESENTAZIONE

In ottemperanza all'art. 77 dei Regolamenti Generali, il Dicastero della Formazione ha elaborato una guida-base per la nostra preghiera comunitaria.

Il lavoro è stato compiuto da una équipe di confratelli' che ha offerto un materiale comune, da cui ogni Conferenza Ispettoriale potesse ricavare un proprio manuale.

Il Settore CISI per la Formazione, partendo da tale proposta e dopo opportuni adattamenti, pubblica il presente testo e lo consegna ai Salesiani d'Italia a conclusione del centenario di Don Bosco.

31 gennaio 1989

LA CONFERENZA DELLE ISPETTORIE SALESIANE D'ITALIA

SETTORE PER LA FORMAZIONE

' L'équipe di redazione istituita dal Dicastero della Formazione è composta dai seguenti confratelli: Ferdinando BERGAMELLI, Tarcisio BERTONE, Armando CUVA, Enrico DAL COVOLO, Nicola Loss, Juan PICCA, Mario SIMONCELLI, Jozef STRUSS. Coordinatore: Carlo CHENIS.

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INTRODUZIONE

1. IN CONTINUITÀ CON UNA TRADIZIONE
CHE VIENE DAL FONDATORE

La prassi e il pensiero di Don Bosco

Don Bosco scrive per la prima volta di «pratiche di pietà» nel Regolamento per l'Oratorio di san Francesco di Sales redatto tra il 1852 e il 1854. Però già nel 1847 aveva stampato Il giovane provveduto per la pratica de 'suoi doveri degli esercizi di cristiana pietà... Egli non pensa, invece, che i suoi Salesiani dovessero avere un «manuale di pratiche di pietà» speciale per loro.

La vita religiosa dei Salesiani è garantita, secondo il Santo, dall'adempimento dei doveri generali del cristiano. Ritiene sufficiente e apostolicamente più efficace che i suoi collaboratori preghino come i giovani e insieme con loro. Quel che in definitiva preme a Don Bosco è che i Salesiani consacrino realmente tutta la loro vita alla salvezza delle anime e santifichino il lavoro offrendolo a Dio.

Sappiamo quanto i vescovi di Torino e i consultori delle Congregazioni romane rimasero sorpresi davanti all'esiguità degli esercizi di pietà previsti dalle Regole di Don Bosco. D'altronde già nella prima stesura, in un'aggiunta autografa di Don Bosco, si legge nel capitolo sulle pratiche di pietà: «La vita attiva cui tende la nostra Società fa sì che i suoi membri non possano avere comodità di fare molte pratiche in comune; procureranno di supplire col vicendevole buon esempio e col perfetto adempimento dei doveri generali del cristiano» (art. 1). Don Bosco pare rifletta qui la propria esperienza.

L'osservanza comunitaria nelle pratiche di pietà

In piena coerenza con questo enunciato, nel testo costituzionale non si fa alcun obbligo di adempimento comunitario, né

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si fissano particolari tempi dedicati alla preghiera. Si elencano soltanto alcuni esercizi particolari: «Ciascun socio si accosterà ogni settimana al sacramento della penitenza» (art. 2); «Ogni giorno vi sarà non meno di mezz'ora di preghiera tra mentale e vocale» (art. 3); «Ogni giorno si reciterà la terza parte del Rosario di Maria SS., e si farà un po' di lettura spirituale» (art. 4); «In ciascuna settimana al venerdì si farà digiuno in onore della passione di N.S. Gesù Cristo» (art. 5); «L'ultimo giorno di ogni mese sarà giorno di ritiro spirituale» (art. 6).

Presto viene aggiunto un articolo sugli esercizi spirituali annuali e solo piu tardi, a causa delle richieste di Roma, entrano ulteriori precisazioni che non alterano tuttavia sostanzialmente l'orientamento originario. Dovrà però scomparire un articolo che era, senza dubbio, espressione tipica della mentalità di Don Bosco. In esso si leggeva: «Il Rettore potrà dispensare da queste pratiche per quel tempo e per quegli individui che meglio giudicherà nel Signore» (art. 7).

L'usanza di fare in comune la meditazione e la lettura spirituale (praticamente gli unici esercizi che distinguono la vita di pietà dei Salesiani da quella dei giovani) non si instaura molto prima del 1870. Dopo l'approvazione delle Costituzioni, aggiungendo all'edizione italiana alcuni capitoletti introduttivi, Don Bosco scrive ancora sulle pratiche di pietà, sottolineandone soprattutto l'importanza e la necessità. Predicando egli stesso gli esercizi spirituali, torna con insistenza sull'argomento e, talvolta, raccomanda anche l'osservanza della partecipazione comunitaria e l'uniformità. Negli schemi preparatori del primo Capitolo Generale del 1877 Don Bosco di suo pugno propone che nelle case salesiane si segua il Giovane provveduto: le usanze dell'oratorio — egli scrive — vengano seguite, per quanto è possibile, anche nelle altre case. Varie pratiche di pietà, prima lasciate al senso di responsabilità di ciascuno, vengono rese comunitarie.

Un modo di pregare semplice ed essenziale

Modellate sulla spiritualità predominante in Piemonte nell'Ottocento, le pratiche di pietà del Salesiano sono basate più sulla devozione privata che sulla pietà liturgica. L'insistenza sulle preghiere del buon cristiano, sulla confessione e la comunione

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frequente, sulle buone letture e sulla pratica dell'esercizio della buona morte e degli esercizi spirituali caratterizza quella

corrente di rinnovamento pastorale, di cui il Convitto Ecclesiastico di Torino, frequentato anche da Don Bosco, diviene centro propulsore.

Tutto ciò sta a dire che non rientra nelle preoccupazioni di Don Bosco escogitare per sé e per i suoi collaboratori forme peculiari di preghiera, e dimostra, d'altra parte, la volontà del Santo di escludere il modello monastico e conventuale. Egli ritiene che né l'uno né l'altro modo di pregare risponderebbero convenientemente alle ormai mutate esigenze dei tempi e alla concreta attuazione dell'apostolato scelto.

Prima della morte di Don Bosco non esiste perciò un manuale di pratiche di pietà diverso dal Giovane provveduto. Nei

Capitoli Generali, vivente ancora il Fondatore, si auspicano, senza però che si arrivi a prepararli, testi appropriati per la predicazione, per la meditazione e per la lettura spirituale dei confratelli salesiani.

Don Rua, primo successore del Fondatore, si dimostra in questo settore, come in ogni altra cosa, fedele custode delle tradizioni originarie.

Verso un manuale delle «Pratiche di pietà in uso nelle case salesiane»

Più tardi, col moltiplicarsi progressivo delle opere, le prestazioni dei confratelli si diversificarono assai, per cui non tutti i Salesiani potevano seguire uno stesso orario, né prendere parte alle pratiche di pietà coi giovani. Ciò poteva portare facilmente a irregolarità e negligenze.

Le disposizioni della Chiesa sotto il pontificato di Pio X, muovendo verso una maggiore uniformità (si pensi al Catechismo unico e alla preparazione del Codice di Diritto Canonico), sottolineano un'istanza che viene accolta qualche anno più tardi dal secondo successore di Don Bosco: il progetto di un manuale delle pratiche di pietà dei Salesiani. Don Paolo Albera fa preparare un questionario, che viene inviato nel 1913 a tutti gli Ispettori, e affida lo studio delle risposte e di tutto il materiale raccolto a un'apposita commissione. Essa incontra non poche perplessità nel compito difficile di discernere ciò che deve ritenersi costitutivo della tradizio‑

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ne salesiana, in quanto espressamente voluto da Don Bosco e pertanto da far confluire nel manuale come patrimonio comune e obbligatorio. Il manuale avrebbe dovuto determinare inoltre, nel pensiero della commissione, le varie pratiche di pietà delle case salesiane, distinguendole per categorie: giovani degli oratori, alunni esterni, alunni interni, confratelli. Una volta vagliati e discussi dagli Ispettori d'Europa nel luglio 1915 gli schemi della commissione, il manuale delle Pratiche di pietà in uso nelle case salesiane viene promulgato nel 1916 dal Rettor Maggiore. Nella presentazione egli prospetta come risultato, oltre la fedele adesione allo spirito di Don Bosco, quella uniformità più volte auspicata: «Da ogni nostro Istituto si eleverà quotidianamente fino al trono di Dio il medesimo coro di preghiere, le quali con più intensificata efficacia attireranno sopra di noi, sui nostri alunni e sopra tutte le opere nostre le grazie più copiose e le benedizioni più abbondanti».

La codificazione dell'osservanza regolare

Nei Regolamenti pubblicati qualche anno più tardi, nel 1924, dopo la revisione delle Costituzioni salesiane secondo il recente Codice di Diritto Canonico, il capo secondo sulla «Vita spirituale e Pratiche di pietà» annota: «I soci compiano in comune tutte le pratiche di pietà prescritte, né se ne dispensino mai senza un esplicito permesso del Superiore. In ciò si segua fedelmente il manuale intitolato Pratiche di pietà in uso nelle Case Salesiane, edito per ordine del Rettor Maggiore, al quale soltanto è riservata ogni modificazione in proposito» (art. 16).

L'osservanza sulle pratiche di pietà è stata senza dubbio una delle principali preoccupazioni di tutti i Rettori Maggiori della Congregazione salesiana. Non mancano nelle circolari accenni espliciti in tal senso, ma la ragione non è da individuare soltanto nella trascuratezza o nell'arbitrarietà riscontrata talvolta tra i confratelli, soprattutto se presi da attività piuttosto irregolari e assorbenti.

Come successori di Don Bosco, essi condividono quella radicata convinzione da lui espressa con decisa chiarezza nell'introduzione all'edizione italiana delle Costituzioni, dopo l'approvazione della Sede apostolica: «Fino a tanto che noi

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saremo zelanti nell'osservanza delle pratiche di pietà, il nostro cuore sarà in buon'armonia con tutti, e vedremo il salesiano allegro, e contento della sua vocazione. Al contrario comincerà a dubitar della sua vocazione, anzi a provare forti tentazioni, quando nel suo cuore incominci a farsi strada la negligenza nelle pratiche di pietà».

Nell'aprile 1931 don Rinaldi scrive sulle pagine degli Atti del Capitolo Superiore: «Si stia da tutti e dappertutto a quanto è prescritto nel libro delle Pratiche di pietà tanto per i Confratelli, come per i giovani, interni ed esterni. Sono le stesse pratiche di pietà dei tempi di Don Bosco, e la loro uniformità nelle nostre Case è dimostrazione sicura che siamo veramente suoi» (ACS n. 56, p. 939).

«Le nostre pratiche di pietà non sono né eccessive né straordinarie», scrive don Pietro Ricaldone nel volumetto della collana di «Formazione salesiana» da lui stesso fondata e curata personalmente; aggiunge: «Si direbbe che la voce di Don Bosco e dei suoi Successori acquisti un tono insolitamente energico davanti al pericolo che le medesime possano venir omesse, o cambiate, o svuotate del loro genuino spirito» (La pietà, p. 143s).

La tradizione salesiana

e il rinnovamento liturgico nella Chiesa

Si spiega così non solo l'insistenza all'interno della Congregazione, ma anche una certa rigidità per impedire, ad ogni costo, possibili deviazioni e una caduta di tono in un settore essenziale per il pieno raggiungimento della missione assunta nella Chiesa.

Allo stesso tempo, però, appare meno comprensibile quella lentezza riluttante ad assimilare, sul piano operativo, le istanze che si facevano strada già dall'inizio del XX secolo mediante il Movimento liturgico, autorevolmente sostenuto dai papi Pio X, Benedetto XV, Pio XI e, più tardi, dagli interventi solenni di Pio XII con encicliche di grande respiro innovatore. Per la verità questa spinta non passa inavvertita a coloro che hanno nella Congregazione il particolare compito e la responsabilità di ravvivare lo spirito di pietà dei confratelli. Fra questi non sembra abbia trovato concreta accoglienza la voce «pionieristica» di don Eusebio Vismara: le proposte che egli

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offriva con tempestività e competenza nel 1913 per la preparazione di un manuale, che si dimostrasse attento alla dimensione liturgica e fecondato da essa, furono accantonate. La sua solerte insistenza, sia come insegnante, sia come consulente dei Superiori Maggiori, non venne mai meno, anche se i frutti degli orientamenti ecclesiali, da lui assunti e chiaramente proposti, per il momento non sembrarono maturare in Congregazione.

Nella lunga circolare dell'agosto 1939 sulla visita canonica alle case don Ricaldone ha espressioni sorprendenti in merito al Movimento liturgico: «E bene che il Visitatore dia importanza speciale a questo punto» (ACS n. 94, p. 156). «È necessario pertanto, sia per ossequio ai desideri dei Sommi Pontefici, sia per la necessità di fatto, che le nostre case e i nostri istituti figurino in prima fila anche in questo movimento. San Giovanni Bosco, per quanto comportavano le condizioni dei suoi tempi e del luogo in cui fu educato ed operò, si mostrò anche in questo all'avanguardia e in certo modo precorse gli eventi: [...] Ed è presumibile che se avesse conosciuto le direttive dell'Autorità che oggi esistono su questo punto, le avrebbe accolte e fatte sue, armonizzandole coi punti fondamentali del suo sistema e della sua pietà...» (ivi, p. 157).

Una adesione convinta

bloccata dalle difficoltà di attuazione

Lo stesso don Ricaldone, nella circolare citata, concludendo le sue raccomandazioni annota: «Si procuri che il movimento si propaghi ai giovani dei collegi, vedendo di conciliarlo con le nostre pratiche regolamentari e tradizionali. La soluzione del problema soprattutto per la Messa quotidiana, in realtà non è facile, perché da un lato non si possono sopprimere le preghiere ed il rosario, e dall'altro non si può allungare il tempo delle pratiche di pietà: e poi anche il punto dell'uniformità ha il suo peso. Studiando la cosa ponderatamente, si giungerà a trovare una via che salvi insieme la tradizione salesiana, o meglio il pensiero sostanziale di Don Bosco, e si adatti alle nuove esigenze, cioè alle direttive della Santa Sede. Naturalmente non s'introducano innovazioni che non

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siano in armonia con i Regolamenti e le nostre tradizioni senza un esplicito permesso del Rettor Maggiore» (ivi, p. 159). Il Capitolo Generale XVI del 1947, nelle deliberazioni riguardanti il 3° tema, intitolato Le pratiche religiose, ribadisce quest'orientamento con una serie di minuziose precisazioni (ACS n. 143, pp. 37-47), introdotte con quest'avvertenza: «La pietà è l'anima del sistema educativo lasciatoci in eredità da Don Bosco e la pietà si alimenta con le pratiche religiose. Conscio di questi due principi fondamentali, il Capitolo Generale, ispirandosi agli insegnamenti del nostro santo Fondatore, ha voluto fissare categoricamente quali debbano restare sempre fra noi le pratiche di pietà per le varie categorie di giovani da noi dipendenti e quale debba essere lo spirito che salesianamente le deve animare» (ivi, p. 37).

Nelle stesse pagine si raccoglie un'esortazione del Rettor Maggiore che rammenta orizzonti più aperti: «Non dimentichiamo che la nostra pietà, mentre è cattolica e liturgica, è specificamente salesiana. E chi non sa quanto fece san Francesco di Sales per rendere amabile e piacevole la pietà? [...] Vogliamo anche noi dare mano forte alla ricostruzione morale, riconducendo a Dio le masse attraverso quella pietà salesiana che tanto gradita riesce a tutti. [...] Presentiamo la pietà come vuole la Chiesa e come c'inculca il nostro Fondatore, e possiamo essere certi che il nostro lavoro darà frutti copiosi» (ivi, p. 46). Egli aggiunge però un'altra osservazione, che manifesta quanto fosse viva in alcuni capitolari e in certe aree della Congregazione la perplessità sulla linea di condotta adottata, ma che avrebbe dovuto escludere qualsiasi incertezza sul comportamento da tenere in futuro: «Finché si discute ciascuno è del proprio parere; ma quando si è venuti a una votazione, e una deliberazione è stata approvata, allora praticamente e nella nostra vita vissuta non vi dev'essere più diversità di parere, ma tutti dobbiamo sostenere quanto fu deciso. Questo voleva Don Bosco e questo praticarono i suoi successori» (ivi, p. 47).

Il XVIII Capitolo Generale, nel 1958, torna a insistere sull'osservanza religiosa e, fra l'altro, richiama puntualmente norme sulle «Pratiche di pietà» dei confratelli e dei giovani (ACS n. 203, pp. 27-32). La ragione s'intravede chiaramente nelle parole che introducono l'argomento: «Il Capitolo Generale sente il grave dovere di richiamare al senso di respon‑

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sabilità i Salesiani e in particolare coloro che hanno incarichi direttivi, sui pericoli per l'osservanza e il buono spirito provenienti dalla vita moderna, dall'eccessivo attivismo e dall'espansione incontrollata. Solo l'osservanza religiosa fedele e una fervente pietà possono assicurare la conservazione delle energie vitali della Congregazione e il suo prosperoso avvenire» (ivi, p. 21).

In spirito di fedele ossequio agli orientamenti del Concilio

Il Capitolo Generale XIX del 1965 pone decisamente le basi per un rinnovamento profondo, quando dichiara: «Il Capitolo Generale XIX, interprete del sentimento comune della Congregazione, nello spirito della più completa e filiale adesione alle decisioni del Concilio Ecumenico Vaticano II, accoglie la "Costituzione sulla Sacra Liturgia" come documento fondamentale della pietà salesiana» (ACS n. 244, p. 92). E più avanti: «Il Capitolo Generale XIX, perché la pietà salesiana sia vitale ed autentica, propone tre orientamenti pratici, secondo i quali essa deve essere fedele: alla lettera e allo spirito della riforma liturgica della Chiesa, alle caratteristiche essenziali della pietà salesiana, alle aspirazioni legittime e nuove dell'uomo contemporaneo» (ivi, p. 93).

In tal modo la Congregazione salesiana si avvia ormai decisamente verso un profondo rinnovamento, che interesserà, fra molti altri importanti cambiamenti, anche le modalità della preghiera dei suoi membri. La perplessità di taluni, non esclusi alcuni membri del Consiglio Superiore, è generata dal timore che preziosi elementi della tradizione salesiana vengano irrimediabilmente persi. Ma né queste resistenze, né le difficoltà di un discernimento delicato ma necessario, né il travaglio che implica il rinnovamento proposto dal Concilio, scoraggiano coloro che si sentono responsabili e che avvertono l'urgenza di tale rinnovamento e ne intravedono i frutti.

Dal CGS al CG22: riscoprire «il dono della preghiera»

Con non poca fatica e ingente sforzo la Congregazione ha tentato di preparare nell'ultimo ventennio le premesse e gli strumenti adatti per operare un vero e proprio salto di qualità. «Siamo convinti — si legge nel nono documento su La

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comunità orante del CGS — che solo una "rinascita spirituale" e non una semplice ristrutturazione darà il via a una nuova epoca nella storia della Chiesa. Essa ci invita a coltivare una preghiera — soprattutto mentale — qualitativamente valida e in piena rispondenza alla spiritualità specifica della nostra vocazione» (CGS, Atti, n. 523).

Il compito è stato svolto, in particolar modo, dai tre ultimi capitoli, dal CGS al CG22, e si è concluso con l'approvazio‑

ne definitiva delle Costituzioni da parte della Sede apostolica. Si può dire però che nel lungo e impegnativo lavoro pre‑

paratorio e dei due sessenni di sperimentazione il prezioso

contributo di tutti ha portato a questo traguardo. I Salesiani dispongono oggi di un testo costituzionale rinnovato, vera‑

mente riuscito nella prospettiva del rinnovamento conciliare e nella fedeltà al carisma del Fondatore. Non resta che attuar lo, usufruendo della sua sovrabbondante ricchezza e densità. Nella sua relazione al CG22 don Egidio Viganò affermava:

«C'è stato un progresso nella preghiera della comunità: è diventata più viva, sono cresciuti l'attenzione e l'ascolto della

parola di Dio e il gusto per una partecipazione distesa e sen‑

tita» (CG22, Relazione del RM, n. 284). E aggiungeva: «C'è, a mio avviso, un pericolo sottile in varie comunità: tendenza

al minimismo nella preghiera comune: riduzione del tempo

destinato alle pratiche di pietà e "routine" che smorza lo sforzo per migliorarne la qualità; attivismo che non è espressio‑

ne d'interiorità e che sacrifica il tempo indispensabile per la preghiera; superficialità nel trattare temi spirituali; facilità con cui alcuni confratelli sacerdoti tralasciano il breviario; debolezza di convinzioni soprannaturali nella pratica personale del raccoglimento e dell'adorazione» (ivi).

Il vero compito, quindi, di ogni comunità e di ogni confratello non può dirsi ancora raggiunto. Né lo sarà mai piena‑

mente perché, nella docilità all'azione dello Spirito, è possi‑

bile crescere sempre. Prenderne coscienza e rinnovare il nostro impegno, riflettendo assiduamente sulle implicane, è

condizione indispensabile per rendere sempre più autentico e fecondo il dialogo con il Signore, così com'esso è descritto nel capo VII delle Costituzioni.

Solo in tal modo le «pratiche di pietà» del Salesiano potranno raggiungere il loro scopo, e una «guida» che ne faciliti l'osservanza «viva» e sempre «giovane» potrà aiutare a sfuggire il rischio del formalismo.

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2. IL «COSTITUTIVO»
DELLA PREGHIERA SALESIANA

Contemplativi nell'azione (cf Cost. 12)

Don Rinaldi definisce lo spirito salesiano «operosità instancabile, santificata dalla preghiera e dall'unione con Dio» (cf Cost. 95). Si tratta di vivere il sacerdozio battesimale, per fare di tutta la vita un'offerta a Dio. Lavorando per la salvezza dei giovani, il Salesiano è consapevole della presenza delle tre divine Persone operanti nella sua vita. Nel Salesiano la «dimensione contemplativa» dev'essere tanto profonda da investire e permeare ogni sua attività.

Per capire la profondità di questa peculiare unione con Dio, occorre rifarsi all'unità della nostra vita di consacrati apostoli: quell'unità della vocazione salesiana della quale il CGS parla come di «grazia», di cui ci fa dono lo Spirito (cf Cost. 2 e 3). Questa «grazia di unità» non è situata primariamente nelle attività, e neppure nelle «pratiche di pietà», ma nell'intimo della persona. Ne permea tutto l'essere: prima ancora di tradursi nel «fare» o nel «pregare», è un «modo spirituale di essere dinamico», in quanto è la cosciente partecipazione dell'amore stesso di Dio attraverso la donazione di sé, nella disponibilità pratica all'opera della salvezza. È un atteggiamento interiore di carità, che è proteso verso l'azione apostolica, nella quale si concretizza, si manifesta, cresce e si perfeziona. In tal senso l'operosità apostolica è espressione di interiorità spirituale (cf II progetto di vita, pp. 62 e 158s).

Il Salesiano dialoga con Dio, con semplicità e senza soste

Il modo di dialogare con Dio da parte del Salesiano è descritto dal testo con due caratteristiche tipiche: è semplice e continuo. Egli non è un monaco, ma un apostolo dall'operosità instancabile, un apostolo tra i piccoli e i poveri; la sua preghiera è semplice, sobria, composta dagli elementi essenziali, poggiata sulla parola di Dio e sui sacramenti, in modo speciale sull'Eucaristia e la Riconciliazione; si prolunga in un dinamismo generoso e gioioso, con uno stile giovanile e fiducioso, che piace a Dio e piace ai giovani (cf Cost. 86).

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A ben guardare, nella vita del Salesiano, come in quella del Fondatore, preghiera e azione sono comprese in un unico movimento del cuore; la preghiera passa naturalmente nell'azione e diventa «spirito di preghiera», e così l'azione si riempie di preghiera. Dio Padre, il Cristo e lo Spirito sono i grandi presenti nella vita del Salesiano: superando le apparenze, egli li sente, li vede e li incontra dappertutto e sempre.

Poiché la carità è l'anima di ogni apostolato, ne deriva che l'apostolato diviene l'anima della preghiera del Salesiano (II progetto di vita, p. 161s).

Azione, contemplazione, preghiera...

«Lasciare il Signore per il Signore», «lavoro è preghiera», «contemplativi nell'azione»: le formule sono incisive, utili, magari venerabili, ma l'equivalenza che insinuano non può passare automaticamente, senza le necessarie distinzioni. Vegliamo più da vicino la nostra esperienza. Non succede talvolta che un Salesiano si trovi professionalmente «spiazzato» proprio dinanzi a un'esigenza precisa del suo apostolato — un'esigenza che nel mondo giovanile si fa sempre più insistente —: quella di pregare, di contemplare, di «imparare a pregare»? Non succede che formule e libri — ivi compreso il libro della Liturgia delle Ore — diventino l'inevitabile «scorciatoia» per pregare o far pregare?

Chi di noi non ha avvertito prima o poi che la preghiera è in se stessa azione, e azione delle più impegnative; al punto che «pregare con i giovani» — prima ancora che «pregare per i giovani» — diventa oggi un appuntamento-vertice con i nostri cosiddetti «destinatari»? Un appuntamento che non possiamo permetterci di mancare senza incorrere nel rischio di fallire la nostra azione educativa. La cosa ci riguarda da vicino: anche a titolo di famiglia. Troviamo qui, infatti, uno dei tratti più geniali e qualificanti della personalità di Don Bosco.

Le pratiche di pietà del buon cristiano

Nei tempi trascorsi, equilibrio, importanza e caratteri delle «attività di orazione» rispetto a quelle del ministero o di apostolato decidevano in fondo della classificazione d'un istitu‑

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to religioso come istituto di vita attiva o di vita contemplativa. E la vita religiosa, a parte qualche sfumatura e qualche adattamento, rimaneva praticamente il modello princeps della vita cristiana. Don Bosco non entra in discussioni di teoria; quanto a «pietà», i suoi religiosi avranno le «pratiche del buon cristiano», e le compiranno insieme ai loro giovani.

Quella del «buon cristiano» è una scelta apparentemente semplice, ma va molto lontano, ed è ben altro che un livellamento «al basso». «Buon cristiano» riassume l'ideale pedagogico di Don Bosco, e, in concreto, vuol dire «santo»: se necessario, santo da altari. E allora, i Salesiani — qualunque cosa facciano, di qualunque cosa si occupino — saranno anzitutto «buoni cristiani» tra e per i giovani.

Non ci vuole molto ad analizzare questa formula. La santità qualifica tutta la vita del cristiano, dalla mattina alla sera: è la sua prima e fondamentale vocazione. E se la santità non è possibile senza contemplazione, evidentemente il Salesiano sarà, con la sua vita quotidiana, la prova concreta che azione e contemplazione non sono realtà che possano contendersi alternativamente la vita del cristiano e descriverne, ciascuna, una «fetta». Vorrà dire, infine, che lo specifico della vita consacrata in quanto tale non potrà logicamente non trovarsi in ciò che la vita cristiana in quanto tale ha d'irrinunciabile e di essenziale, ivi compresi la contemplazione e l'apostolato.

Un'intuizione che ci lascia pensosi

Sotto un'apparenza banale, quella del «buon cristiano» è una formula che dovremmo meditare ancora a lungo. Non codifica nulla, e tanto meno una particolare alchimia tra azione e contemplazione. Non sposa una particolare coscienza teologica, può anzi accettale tutte, quando siano legittime. Mira dritto all'essenziale: mistero di Dio e storia dell'uomo sono una cosa sola, e questo per dono di Dio, non per iniziativa dell'uomo.

Al cuore di ogni «storia» sta una umanità in cui Dio stesso si è fatto dono: quella di Cristo; una sola vita: quella della Spirito. Questa è, anzitutto, contemplazione, perché questo è il punto che organizza e struttura radicalmente la persona del «santo». Don Bosco accetta la prevenienza assoluta e gratuita del dono di Dio nell'essere e nell'agire dell'uomo, di

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tutti gli uomini (e non solo dei giovani), e qui si gioca tutta intera la vita, come fosse un unico istante. Questo è l'atto di fede, di speranza, di carità del «buon cristiano».

I termini minuti e quotidiani del vivere di Don Bosco, del suo agire e reagire, del suo preoccuparsi ed essere lieto si risolvono tutti in questo confronto istantaneo con l'assoluto di Dio, sono «soprannatura», anche i più banali, i più materiali, i più apparentemente lontani o indifferenti. Ogni suo movimento, ogni suo «uscire di sé» è carità, quell'amore, cioè, che si caratterizza per la sua sorgente molto prima — infinitamente prima — che per i suoi «destinatari».

Una sintesi del genere Don Bosco l'ha in comune, naturalmente, con qualsiasi altro santo. Ma la formula con cui ce la consegna è la più ampia, la più aperta e fedele al muoversi della storia. È tra quelle che meno presumono di inquadrare la contemplazione in spazi, tempi e metodi. Una tra quelle che esigono più chiaramente l'adeguamento irreversibile e radicale della totalità storica dell'uomo alla totalità «assoluta» di Dio.

Preghiera gioiosa e creativa (cf Cost. 86)

Confrontarci con Don Bosco ci fa del bene. È molto probabile però che egli pretenderebbe da noi qualche passo in più. Il suo stesso modello di preghiera, di «contemplazione», ci impegna a vivere e a «dire» la nostra preghiera con parole e gesti del nostro tempo.

Il fenomeno della preghiera, i suoi stessi gesti e il suo vocabolario non appartengono in proprio al mistero cristiano. Essi appartengono al patrimonio storico e culturale dell'umanità, e, di fatto, ogni modello storico-culturale d'interpretazione dell'uomo e del suo mistero porta con sé un proprio modo di vivere, di giustificare, di «dire» la preghiera.

Arrivare dunque a vivere e ad esprimere la nostra preghiera come uomini del nostro tempo è dovere irrinunciabile di fedeltà all'uomo e fa parte della nostra stessa missione. E non diciamo «orizzontale» ciò in cui Dio stesso ha voluto prendere carne! Anche il nostro tempo ha in fondo bisogno d'una sua preghiera, ha diritto a vederci pregare, ha diritto a sentirci parlare di preghiera, e in un modo tale da poterci comprendere.

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«Contemplazione-azione»: una alternativa?

L'analisi di ciascuno dei due termini non porta necessariamente a un'opposizione. Anzi, guardando all'esperienza, da tempo riusciamo a sentire preghiera e contemplazione come fenomeni ugualmente «attivi». In realtà, più che ai due termini singolarmente presi, la carica significativa sembra appartenere solidamente alla coppia di opposti apparenti: due termini che la tradizione stessa ci ha sempre tramandati insieme, quasi che il senso di ciascuno di essi sgorgasse dalla loro congiunzione e non dalla loro divisione.

Si potrebbe dire che, attraverso l'opposizione verbale, emerge una tensione ineliminabile dell'esistenza umana; attraverso di essa vuole esprimersi una tensione essenziale al mistero dell'esistere umano. Essa è, in altre parole, un «codice», una cifra, una chiave di lettura della nostra «incarnazione». Assoluto e storia non sono, in verità, due «parti» del nostro esistere; ognuno dei due termini esprime una totalità, ma nessuno dei due riesce a rendere a noi stessi il nostro mistero senza l'altro. La storia dice veramente tutto di noi, del nostro muoverci nel tempo e nello spazio, del nostro agire e interagire, ma come «dal di fuori». E noi sentiamo bene che senza un «di dentro», senza un «io», pronunciato in un «profondo interiore» che non appartenga più alla storia, la nostra stessa esistenza sarebbe un pulviscolo incoerente di istanti. E se non appartiene alla storia, questo «profondo» è allora un luogo di «assoluto». Non lontano da noi: dentro. Non aggregato di pezzi: un «tutto». Non un insieme di «dati»: la totalità di un «senso».

La preghiera: esperienza dell'uomo, esperienza di Dio

La preghiera è il luogo dell'assoluto, il luogo di Dio; o, per essere più precisi, il luogo in cui la parola «Dio» — e le infinite altre che abbiamo dovuto inventarci per dire la stessa esperienza — prende il suo senso, e, con essa, la nostra esistenza tutta quanta. Luogo della decisione ultima, allora; luogo dell'identità e della libertà suprema; luogo degli incontri decisivi, dei dialoghi veri; luogo della vera pace o della vera disperazione. Luogo di silenzio e — se la parola può signifi‑

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care ciò che veramente esiste, ma sciolto da vincoli di spazio e di tempo — luogo di «eternità».

Da questo centro parte la preghiera. Dal punto preciso in cui il nostro mistero tocca quello di Dio. E se la preghiera deve essere realtà umana non può non emergere nella storia, a un momento e in uno spazio preciso, non può non farsi «pratica», «esercizio».

Ma la sproporzione resta sempre insuperabile tra quel che di essa registra la storia e ciò che essa è, in verità; la storia realizza, sì, la preghiera, ma molto più la «significa». Non dovrebbe allora esserci difficile prender coscienza, quando preghiamo, che in quel «pezzo» d'esistenza, in quella serie di istanti, non prega soltanto il nostro «piccolo mondo interiore»: quel cosiddetto «interiore» ha in realtà le dimensioni stesse di tutto ciò che esiste o che può esistere. Prega in noi il gemito inesprimibile d'un universo che cerca attraverso noi il suo senso, la sua relazione alla totalità dell'essere. Prega in noi ogni altro uomo, per quella comunione al medesimo nostro assoluto di cui ognuno di loro è capace.

Ed è così, allora, che quel «pezzo d'esistenza storica» che chiamiamo preghiera si carica del valore ultimo che abbiamo deciso per la nostra vita, si inquina del nostro peccato, s'intorbida dei nostri compromessi, s'infiamma del nostro amore. Non sarà quindi anestesia, disimpegno o fuga nel magico; sarà profezia, rivelazione del «senso» che ci impegna a vivere.

Hanno ragione gli antichi autori, gli esperti in materia: la preghiera è un'arte, la preghiera non s'improvvisa. Certamente. Ma non perché la preghiera sia una questione di élite; unicamente perché, per pregare, occorre essere «semplicemente» uomini: veri, a immagine di Dio. Precisamente come Don Bosco. Precisamente, diciamolo pure senza paura, come Gesù, il Verbo di Dio fatto «Uomo».

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3. UNA «GUIDA ALLA PREGHIERA
DEI SALESIANI DI DON BOSCO»

3.1. I CRITERI CHE DETERMINANO LE SCELTE DI QUESTA «GUIDA»

Aspetti fondamentali

La comunità religiosa realizza la sua identità di essere annuncio nel culto a Dio e nel servizio ai fratelli. Cristo si è presentato ai suoi (discepolato), al popolo di Israele (ecclesialità) e alle genti (missionarietà) con opere che indicavano solidarietà e volontà di salvezza eterna ad ogni uomo.

Modellati su Cristo casto, povero e obbediente, ci facciamo coralmente servizio ai giovani donando loro amorevolezza educativa, carità fraterna, affiato spirituale. Viviamo un tempo privilegiato per riprogettare la nostra santità qualificando la cultura giovanile contemporanea svuotata dei valori tradizionali, ma anche presagio di invenzione di nuovi ideali più consoni alla vita spirituale.

Cristo ha pregato per i suoi e per coloro che vagavano nelle tenebre, poiché l'evento di salvezza doveva raggiungere tutti ed essere di riscatto per i peccatori.

Preghiera fervente e lavoro assiduo uniti nella celebrazione della nostra esistenza personale e comunitaria definiscono l'essere tra i giovani e l'aderire libero di seguire Cristo.

Al Salesiano immerso nel mondo e nelle preoccupazioni della vita apostolica non sfugge l'esigenza di pregare, di meditare, di contemplare. Nell'ascolto e nel dialogo orante va verso il Signore, ma i giovani sono sempre con lui. Egli sprigiona quell'amore che è manifestazione trinitaria di dono e di amicizia con ogni umana creatura; egli vive come mandato da una comunità, immagine di carità tra persone scelte dalla benevolenza di Dio...

La preghiera salesiana

La nostra preghiera ha un respiro ecclesiale e una caratterizzazione salesiana. Come Salesiani, siamo missionari tra i giovani, ben consapevoli delle difficoltà per far recepire l'annuncio cristiano. Siamo formatori dei giovani: aperti all'assimilazione critica delle istanze delle concorrenti culture con‑

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temporanee. Siamo amici dei giovani: vogliamo il loro bene costruendo con essi l'unica vocazione battesimale alla santità. Quale volto dare alla nostra preghiera? È la preghiera della Chiesa, la preghiera del buon cristiano che partecipa del sacerdozio di Cristo. Per noi Salesiani, essa s'innesterà nei ritmi celebrativi della Liturgia e la connoterà con la sua qualifica spirituale salesiana. Tale filtro spirituale è reso tipico dal nostro carisma proprio: si tratta di pregare per i giovani, pregare con coloro che collaborano alla missione giovanile, pregare con i giovani. È questo un ruolo spirituale specifico che vivifica la comunità della Chiesa locale, unitamente agli altri ruoli suscitati dall'unico Spirito di amore e verità.

La Liturgia è espressione della santificazione del tempo. L'anno liturgico concretezza questo progetto nelle sue tappe e suggerisce a tutti i cristiani un continuo lavoro di crescita interiore e di coraggiosa carità. Come Salesiani non facciamo niente di speciale, ma, vivendo l'unione con Dio durante il nostro lavoro e lo scorrere dei giorni, diventiamo scuola di preghiera per i giovani. Silenzio, contemplazione e preghiera corale costituiscono l'aspetto cultuale di questa dimensione interiore.

Una «Guida» per la nostra preghiera

Una guida di preghiera per i Salesiani non può se non presentare questi aspetti ed essere stimolo per ogni confratello a non lasciarsi trascinare dal vortice delle cose esterne. Impostiamo la nostra spiritualità sull'anno liturgico, incentrando l'attenzione sull'Eucaristia giornaliera e sulla meditazione della Parola di Dio.

Viviamo le varie tappe animando il popolo di Dio. Celebriamo con fede il sacramento della riconciliazione. Siamo solidali con gli eventi sacramentali della nostra comunità. Godiamo nella gioia della professione religiosa di nuovi fratelli, delle ordinazioni diaconali e presbiterali e delle ricorrenze giubilari. Siamo nel dolore partecipando della sofferenza di confratelli, di giovani e di amici: preghiamo ungendo con il sacramento di Cristo le loro infermità e vegliamo nel loro ricordo quando il Padre richiama a sé i suoi servi fedeli. Trasformiamo lo spirito di famiglia in culto gradito a Dio. Ogni giornata scorre nell'offerta e nel ringraziamento al Si‑

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gnore. Ogni circostanza particolare della vita comunitaria è elevata a preghiera e oblazione. Ci ricordiamo di Don Bosco, dei nostri santi patroni, dei membri glorificati della nostra Famiglia e di quelli che ci hanno preceduto nel segno della fede. Preghiamo per le vocazioni, per le missioni, tanto care al cuore del nostro Padre, per il Papa. Siamo con tutti i credenti partecipi della volontà di comunione e lavoriamo nella logica del Vangelo per la causa della pace. Ecco il Salesiano! Ecco il cristiano laico o sacerdote che vuole indicare un sentiero tracciato da Dio.

Un «nucleo comune» nella preghiera salesiana

Il progetto della nostra santità ci è consegnato nelle Costituzioni, che sono l'attuarsi del manifesto spirituale di Don Bosco nell'oggi della Chiesa e del mondo. Dispersi nei più lontani paesi della terra siamo uniti nel vicenevole ricordo, nel lavoro tra i giovani e in una proposta di preghiera caratteristica. La pietà eucaristico-sacramentaria, la devozione mariana, il ricordo del Fondatore e dei suoi discepoli santi, contrassegnano la nostra presenza.

L'articolazione delle pratiche di pietà scandisce in ogni luogo l'unità spirituale dei Salesiani; speciali momenti celebrativi e talune preghiere particolarmente care alla nostra tradizione ci uniscono al di là delle diverse lingue dei popoli. Un nucleo comune (Reg. 77) dunque caratterizza la nostra identità di comunità orante e si arricchisce dei contributi significativi dell'invenzione dei confratelli o delle ispirate tradizioni culturali locali.

I momenti comuni quotidiani fissati dall'esperienza e codificati nei Regolamenti Generali sono:

—  la celebrazione dell'Eucaristia (Cost. 88; Reg. 70);

—  la meditazione e la lettura spirituale (Reg. 71);

—  le Lodi e i Vespri (Cost. 89; Reg. 70) o le preghiere del «buon cristiano»;

—  l'atto di affidamento quotidiano a Maria Ausiliatrice che unisce tutti i Salesiani in una preghiera comune, e il Rosario (Reg. 74);

—  la visita al SS. Sacramento (Cost. 88);

—  il ricordo quotidiano dei confratelli defunti;

—  la «Buona notte» o il saluto del Superiore (Reg. 48).

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I momenti significativi che illuminano ciclicamente il ritmo dei giorni sono:

—  il venerdì dedicato alla penitenza in memoria della Passione del Signore (Reg. 73);

—  il ritiro mensile e trimestrale (Reg. 72);

—  la commemorazione mensile di Maria Ausiliatrice il 24 del mese, con la benedizione di Maria Ausiliatrice (Reg. 74);

—  la commemorazione mensile di Don Bosco l'ultimo giorno del mese (Reg. 75).

—  gli esercizi spirituali annuali (Reg. 72);

—  la rinnovazione della professione religiosa (Cost. 23 e 24);

—  il ricordo annuale dei genitori defunti dei confratelli;

—  le feste di famiglia e dei membri glorificati della Famiglia Salesiana.

I Salesiani sono poi invitati a pregare comunitariamente:

—  per le vocazioni;

—  per le missioni;

—  per il Papa;

—  per i confratelli anziani e malati;

—  per i defunti: confratelli, genitori, membri della Famiglia Salesiana e benefattori.

3.2. LA STRUTTURA DEL «LIBRO» DI PREGHIERA DEL SALESIANO

La presente raccolta vuole fornire un materiale celebrativo per la vita spirituale della comunità salesiana e del singolo confratello, e si affianca ai libri liturgici della Liturgia delle Ore, della celebrazione eucaristica e di tutti i sacramenti. Sono inoltre indicate le pratiche di pietà volute dal dettato costituzionale e dai Regolamenti. Attraverso celebrazioni e testi di preghiera, le cui modalità sono molteplici, la nostra comunità orante viene unificata nell'offerta spirituale della nostra vita e del nostro lavoro a Dio e alla Vergine.

»La preghiera salesiana è gioiosa e creativa, semplice e profonda; si apre alla partecipazione comunitaria, è aderente alla vita e si prolunga in essa» (Cost. 86).

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Una preghiera comunitaria che vuole realizzare queste caratteristiche esige sempre una preparazione, nella quale si concretizza anche una «creatività» che non ceda all'improvvisazione o alla superficialità, ma sia animata di fede, di sapienza, di spirito liturgico. Solo così si potranno combinare «semplicità», «profondità» e «aderenza alla vita», in una preghiera «gioiosa» che stimoli e soddisfi la «partecipazione comunitaria».

È per altro esperienza comune che difficilmente una celebrazione preconfezionata si adatta perfettamente a ogni assemblea. E quindi indispensabile che ogni celebrazione (della Parola o di preghiera comunitaria) sia preparata da chi ne ha l'iniziativa e la responsabilità. Ciò può portare a modifiche (integrazioni, sostituzioni, cambiamenti) negli schemi di celebrazione offerti; oppure a formare ex novo uno schema di celebrazione in rispondenza a diverse esigenze o circostanze che interessano l'assemblea.

È utile perciò avere sussidi che aiutino e facilitino questo compito e stimolino l'impegno della scelta per la composizione della celebrazione stessa, tenendo presente la norma che le celebrazioni della Parola debbono modellarsi sulle celebrazioni liturgiche e ispirarsi ai loro criteri. A questo tendono, in vario modo, anche i sussidi offerti in questa Guida, che vuol essere una sintesi delle iniziative celebrative che si trovano nei libri liturgici della Chiesa. Questa Guida si colloca accanto ai libri liturgici ed è uno stimolo per cogliere salesianamente la loro ricchezza. La Liturgia non può essere separata dalla vita. Ora noi viviamo come Famiglia Salesiana nella Chiesa: non possiamo non far nostra in modo esemplare e adatto ai giovani la preghiera della Chiesa, la meditazione dei Padri, la considerazione dei documenti del Magistero e ciò che ci unisce, e qualifica il nostro essere cristiani nel segno di Don Bosco.

Attraverso gli articoli citati dalle Costituzioni e dai Regolamenti, il pensiero di Don Bosco e la voce della tradizione, si è voluto dare le linee portanti della spiritualità salesiana, che necessariamente deve essere accompagnata a un lavoro saggio di inculturazione nei vari ambienti, senza con questo travisare la propria matrice originaria.

Oltre ad essere sussidio della preghiera comune, è un valido strumento per la riflessione personale. Ci familiarizza per‑

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sonalmente con i grandi momenti della vita cristiana e di consacrati laici o sacerdoti; ci obbliga a vivere le varie circostanze della vita elevandole a offerta spirituale e a testimonianza di una scelta radicale.

La distribuzione del materiale

La «Guida» consta di sei parti.

La prima parte, la più ampia, costituisce come l'asse portante e l'intelaiatura in cui s'inserisce quanto si trova nelle altre sezioni. Essa è dedicata all'Incontro con Cristo nel tempo: vi si ritrovano le pratiche di pietà d'ogni giorno del Salesiano, si evidenzia la rilevanza da dare al giorno del Signore e si offrono indicazioni e varietà di schemi in corrispondenza con lo scorrere delle tappe dell'anno liturgico.

La seconda parte riguarda l'Incontro con Cristo nei sacramenti, con particolare rilevanza al Battesimo vissuto in forma radicale nella professione religiosa, la celebrazione del sacramento della Riconciliazione e l'Eucaristia centro e nutrimento della vita cristiana.

Ogni momento di vita è celebrato dalla Chiesa come partecipazione a Cristo. La sofferenza in particolare ci associa ai suoi giorni di passione. La nostra reale speranza è nel ritorno alla casa del Padre per una vita senza fine. A questi due temi è dedicata la terza parte.

La quarta e quinta parte riguardano rispettivamente Maria e I Santi (patroni, membri glorificati della Famiglia Salesiana e vicini alla tradizione salesiana, confratelli defunti) nel mistero di Cristo e della Chiesa.

Si chiude con la sesta parte, che tratta delle Circostanze particolari della vita salesiana.

Tutto è commisurato da un'adesione totale, nel carisma salesiano, al mistero di Cristo e della sua Chiesa.

Funzione delle didascalie e delle rubriche

Precedono i vari capitoli alcune didascalie che rendono conto delle componenti di teologia liturgica e spirituale, con sottolineatura del tono salesiano. Sono accenni che rilevano l'organicità della nostra vita di preghiera, situandola nel contesto della consacrazione, vissuta come lode a Dio attraverso il culto celebrativo liturgico.

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Accompagnano questi tratti introduttivi diverse rubriche, che propongono possibilità e modalità celebrative e indicano soluzioni alternative. Schemi, proposte e letture sono ordinate in modo da poter essere usufruite secondo modi molteplici. È infatti la sensibilità di ogni comunità che deve tradurre nelle forme più consone la propria preghiera, in rispondenza all'ambiente e all'attività che svolge.

La liturgia uscita dal Concilio e la nostra missione rivolta principalmente ai giovani richiedono mobilità operativa, non disgiunta dall'attenzione a cogliere il messaggio spirituale originario, senza scadere in formulazioni troppo datate, in ritmi meccanicamente ripetuti e privi di stimolo, in schemi che si svuotano di contenuto e di significato, in forme che non sono in sintonia con la preghiera della Chiesa.

La parte introduttiva di ogni sezione e gli schemi celebrativi sono pertanto l'asse portante della Guida, sono cioè l'attuazione esplicativa del «nucleo comune» che deve unificarci come Salesiani.

I testi del «nucleo comune»

Indichiamo, oltre ad una normativa dei contenuti, alcune formulazioni che sono comuni per tutti i Salesiani:

—  il formulario della meditazione «in comune» con la preghiera conclusiva a Maria Ausiliatrice;

—  il formulario della lettura spirituale con la preghiera conclusiva a Don Bosco;

—  la benedizione di Maria Ausiliatrice;

—  la rinnovazione della professione religiosa secondo la formula del «Proprio salesiano».

Modalità

La nostra preghiera deve farsi testimonianza alla Chiesa locale e ai giovani e quindi sono auspicabili momenti celebrativi vissuti con la Famiglia Salesiana, con i giovani o con l'intero Popolo di Dio.

Il ritmo celebrativo calmo, la preparazione attenta, la cura del canto sacro, la sobrietà creativa, la solennità composta creano il clima per una preghiera partecipata, per una con‑

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templazione gioiosa del mistero di Dio e per una apertura vissuta ai bisogni del mondo.

Il silenzio e la riflessione rendono possibile l'ascolto di un Dio che sempre si rivela con bontà e misericordia alle sue creature.

Conclusione

La «Guida alla preghiera» è dunque uno strumento tipicamente salesiano che ha una sua storia anche sofferta e insieme ricca di elementi che descrivono nel tempo il crescere della spiritualità salesiana.

Si riferisce alla passata esperienza, rivendica quale suo orizzonte il rinnovamento avviato dal Concilio e maturato nel periodo susseguente, come riqualificazione della presenza cristiana nella storia.

Esprime, inoltre, la teologia della vita religiosa secondo la sensibilità degli ultimi Capitoli Generali, in particolare del CGS e del CG22.

Ottemperando al mandato capitolare, questo testo di preghiera consegna a tutta la Congregazione un nucleo tipico celebrativo e si fa proposta per vitalizzare la comunità orante. È un testo non giustapposto ai libri liturgici, bensì in armonia con questi, informando perciò salesianamente la pietà liturgica. E un testo che nelle mani di ogni confratello suggerisce di riconfermare giorno dopo giorno la propria scelta radicale di sequela Christi in una comunità, nel servizio dei giovani e con gli altri membri della Famiglia Salesiana.

Libri liturgici ai quali la Guida fa riferimento

—  Liturgia delle Ore: Inni; Orazioni; Salmi; Letture bibliche, patristiche o del Magistero; Preghiere litaniche.

—  Messale Romano: Saluti introduttivi, Formule penitenziali, Orazioni, Inni del «praefatio»...

—  Lezionario (quello Domenicale e Feriale, delle Feste dei Santi, delle Messe rituali e «ad diversa»).

—  Orazionale per le preghiere dei fedeli.

—  Rito della comunione fuori della Messa e culto eucaristico. Sacramento dell'Unzione e cura pastorale degli infermi.

—  De benedictionibus.

—  Rito delle esequie.

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Da ricordare inoltre:

—  Il Proprio salesiano.

—  Il rito della professione religiosa.

Sigle

C = Celebrante

D = Direttore

Dc = Diacono

G = Guida

L = Lettore

S = Sacerdote

T = Tutti

Abbreviazioni

ACS = Atti del Consiglio Superiore

CG21 = Capitolo Generale 21° Cost. = Costituzioni

ET            = Esortazione Evangelica Testificatio
FSDB = Famiglia Salesiana

GE           = Dichiarazione Gravissimum Educationis

GS           = Costituzione pastorale Gaudium et spes

IGLH = Institutio generalis Liturgia Horarum

LG           = Costituzione dogmatica Lumen gentium
MB = Memorie Biografiche

MC          = Esortazione Marialis cultus
MuR = Note direttive Mutuae Relationes

NGAL = Norme generali per l'anno liturgico

OPR = Ordo professionis religiosae

PC           = Decreto Perfectae caritatis
Reg. = Regolamenti Generali

RICA = Rito dell'iniziazione cristiana degli adulti

SC           = Costituzione Sacrosanctum Concilium

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