PARTE QUINTA
I SANTI
NEL MISTERO
DI CRISTO
E DELLA CHIESA
Il ricordo dei Santi
Secondo la tradizione della Chiesa, come afferma la Costituzione conciliare Lumen gentium nn. 61-62, veneriamo e celebriamo i Santi, testimoni dell'azione dello Spirito santificatore. In modo speciale i Salesiani vivono in comunione con i Santi che hanno incarnato o preparato il carisma di Don Bosco, e quindi seguono, oltre i cicli dell'anno liturgico, il «Proprio salesiano».
Il culto reso ai Santi è subordinato a quello di Cristo e riceve valore dalla luce che si irradia su di essi dalla persona del Redentore. Essi sono fedeli testimoni nella storia del Verbo incarnato.
Nelle celebrazioni dei Santi la Chiesa proclama, infatti, il mistero pasquale di Cristo realizzato in coloro che hanno sofferto con lui e con lui sono glorificati. Vengono pertanto proposti ai fedeli «i loro esempi, che attraggono tutti al Padre per mezzo di Cristo». Per i loro meriti, infine, frutto della loro partecipazione alla Pasqua di Cristo, si implora la ricchezza dei benefici divini (cf SC 104).
11 culto dei Santi è indirizzato alla gloria di Dio, «il solo Santo». Si prende maggiore coscienza con esso della consolante realtà della inabitazione della SS. Trinità nei giusti e del conseguente influsso esercitato su di essi da ognuna delle tre Persone Divine. Confrontandosi con i Santi, scoprendo il loro vero volto, accogliendo il loro messaggio e implorando la loro intercessione, il cristiano sí sente incoraggiato a introdurre nella quotidianità e nella monotonia della sua vita il festivo e sempre nuovo impegno di costruire la comunità dei «Santi».
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I membri glorificati della Famiglia Salesiana
Fin dall'inizio dell'Oratorio Don Bosco additò ai giovani modelli di vita spirituale nei Santi. Propose san Luigi come esempio di una santità accessibile anche a loro, san Giuseppe come patrono dei giovani apprendisti, e la carità operosa di san Francesco di Sales come stile di attività per la nascente Congregazione.
Non esitò ad esaltare le virtù eroiche dei suoi alunni e amici morti in concetto di santità: Michele Magone, Francesco Be-succo, Domenico Savio, don Giuseppe Cafasso.
È quindi proprio della tradizione salesiana onorare i membri glorificati della Chiesa e additarli come esempi di attuazione del carisma salesiano, unico e inconfondibile, ma esprimibile in modalità e applicazioni molteplici.
«Si celebrino come ricorrenze di famiglia le feste dei nostri santi e beati. Si coltivi la devozione ai nostri servi di Dio» (Reg. 75).
Le commemorazioni dei defunti
«L'unione... dei viatori coi fratelli morti nella pace di Cristo, non è minimamente spezzata, anzi, secondo la perenne fede della Chiesa, è consolidata dalla comunicazione dei beni spirituali» (LG 49). La Chiesa la manifesta non solo con il culto dei Santi del cielo, ma anche con l'offerta del suffragio per coloro che si stanno purificando in Purgatorio. Oltre ad essere forma di suffragio, la liturgia dei defunti è celebrazione del mistero pasquale di Cristo. In essa, infatti, in modo speciale con l'offerta del sacrificio eucaristico, si prega perché i fedeli defunti, incorporati per il battesimo a Cristo morto e risorto, compiano la loro Pasqua, passino cioè con Cristo dalla morte alla vita (cf Rito delle esequie 1). Al vantaggio dei fedeli defunti si unisce quello dei fedeli ancora pellegrini sulla terra, che sentono rinvigorita la loro fede e la loro speranza nella vita nuova donata dal Cristo risorto. Tra le varie espressioni della liturgia dei defunti è da sottolineare la loro commemorazione annuale, celebrata il 2 novèmbre. Proprio all'indomani della solennità di tutti i Santi, la Chiesa manifesta la sua fede nella Comunione dei Santi unendo al gioioso memoriale dei Santi del cielo l'ardente e accorata supplica per i figli defunti non ancora ammessi nella casa del Padre.
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Come particolare forma di suffragio è raccomandata l'applicazione ai defunti delle indulgenze, attinte al prezioso «tesoro della Chiesa».
I Salesiani dedicano un giorno speciale al suffragio dei loro confratelli defunti, il 1° febbraio.
Proposte celebrative
Offriamo alcuni sussidi celebrativi che possono sostituire la lettura spirituale della vigilia, incentrandola sul messaggio che il Santo o il mistero celebrato ci trasmette. Il materiale è distribuito in tre sezioni: la prima riguarda i nostri Santi patroni; seguono i Santi vicini all'opera e alla tradizione salesiana; la terza riguarda i membri glorificati della Famiglia Salesiana; concludiamo con una preghiera per la beatificazione dei nostri servi di Dio.
Una breve didascalia introduttiva rievoca la caratteristica del Santo nella storia della Chiesa. Seguono alcuni brani significativi del Santo e sul Santo, come testi da leggere comunitariamente, e poi una preghiera litanica, che può essere anche sostituita da quella del «Proprio salesiano». Concludiamo con le collette e con l'aggiunta di qualche preghiera al Santo, tradizionale o moderna.
Se si vuole inserire la celebrazione nell'adorazione euearistica, si può iniziare con il canto eucaristica, l'esposizione del SS. Sacramento, la lettura, con la pausa di silenzio meditativo, la preghiera litanica e orazione relativa, e concludere con il canto e la Benedizione eucaristica.
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24 gennaio. San FRANCESCO DI SALES, vescovo e dottore della Chiesa. (Festa) Thorens 1567, t Lione 1622, canonizzato nel 1665.
È il titolare del primo istituto religioso fondato da Don Bosco, chiamato appunto «Società di San Francesco di Sales». Ne è quindi uno dei protettori e patroni (cf Cost. 9).
Il Salesiano, fedele alla scelta di Don Bosco, attinge dal santo Vescovo la sua forma di spiritualità e di apostolato, guardando a lui come a esimio maestro di spirito, zelante pastore di anime, mirabile esempio di dolcezza e pazienza. In particolare, «ispirandosi all'umanesimo di san Francesco di Sales, crede nelle risorse naturali e soprannaturali dell'uomo, pur non ignorandone la debolezza» (Cost. 17).
Le sue geniali intuizioni sulla santità dei laici risultano valide anche oggi. Il Salesiano saprà farle proprie soprattutto per assicurare una solida base all'educazione giovanile a cui attende.
Il Santo resta anche attuale per l'impegno dimostrato nell'apostolato della stampa, per cui meritatamente è stato dichiarato patrono dei giornalisti cattolici.
La liturgia del Proprio salesiano resta il riferimento principale per la preghiera liturgica di ogni Comunità. I testi qui proposti potranno servire, secondo le circostanze, per altri momenti di preghiera comunitaria e personale.
NB. - Questa indicazione vale per tutte le figure qui presentate.
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LETTURE
La mansuetudine con il prossimo
i rimedi contro l'ira
Il santo crisma, di cui per tradizione apostolica si fa uso nella Chiesa di Dio per la confermazione e le benedizioni, è composto d'olio d'oliva mescolato con balsamo, elementi questi che, tra le altre cose, rappresentano le due care ed amabili virtù che rilucevano nella sacra persona di nostro Signore, e che egli ci ha raccomandato in particolar modo, quasi che per esse il nostro cuore dovesse essere consacrato al suo servizio in modo tutto particolare ed applicato alla sua imitazione: Imparate da me, egli dice, che sono mite ed umile di cuore (Mt 11,29). L'umiltà ci perfeziona davanti a Dio e la mitezza davanti al prossimo. Il balsamo che, come ho detto prima, va sempre al fondo di qualunque liquore, rappresenta l'umiltà; l'olio d'oliva, che sempre emerge, rappresenta la dolcezza e la mansuetudine, che sovrastano sempre a tutto ed eccellono fra le virtù come il fiore della carità, che secondo san Bernardo, raggiunge la sua perfezione non solamente quando è paziente, ma quando è anche dolce e benigna. Bada però, o Filotea, che questo mistico crisma composto di dolcezza e di umiltà sta dentro al tuo cuore, poiché una delle grandi astuzie del nemico è di far sì che molti si gingillino con le parole e gli atti esteriori di queste due virtù, e allora costoro, non esaminando bene i loro affetti interiori, pensano di essere umili e dolci, ma non lo sono per nulla, e ciò si riconosce dal fatto che, nonostante la loro dolcezza ed umiltà puramente formali, alla minima parola detta loro di traverso, alla minima ingiuria che ricevono, subito si inalberano con arroganza senza pari. Si dice che coloro i quali hanno preso il contravveleno detto «grazia di san Paolo», quando siano morsicati o punti da una vipera non gonfiano assolutamente, purché la «grazia» sia di quella buona; similmente, quando l'umiltà e la dolcezza sono buone e vere, ci garantiscono dal gonfiore e dal bruciore che le ingiurie sogliono provocare nei nostri cuori. Se invece quando siamo punti e morsicati dai maldicenti e dai nemici, noi diventiamo scontrosi, gonfi e dispettosi, è segno che la nostra umiltà e dolcezza non sono vere e schiette, ma artificiose e apparenti.
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(...) È meglio dunque sforzarsi di saper vivere senza collera che volente usare moderatamente e con prudenza; e quando per nostra imperfezione e debolezza essa ci venga a sorprendere, è meglio respingerla al più presto anziché metterci a contrattare con essa; infatti, per poco che le si dia mano libera, essa si rende padrona del campo, e fa come la serpe, che dove può infilar la testa fa poi facilmente passare tutto il corpo. «Ma come potrò scacciarla?», dirai. Filotea mia, non appena te ne accorgerai dovrai subito raccogliere le tue forze, non già bruscamente e con impeto, ma dolcemente, anche se con ogni diligenza giacché, come si vede nelle udienze di tanti senati e parlamenti, dove gli uscieri gridando «Silenzio!» fanno molto più chiasso di coloro che vorrebbero far tacere, così molte volte, volendo noi reprimere impetuosamente la nostra collera, provochiamo nel nostro cuore più turbamento di quanto non abbia provocato quella, e quando il cuore è così turbato non può più essere padrone di sé. Dopo questo dolce sforzo, metti in pratica il consiglio che sant'Agostino, già vecchio, dava al giovane vescovo Ausilio. Diceva: «Fa' quello che deve fare un uomo; che se ti capita quello che l'uomo di Dio dice nel salmo: Il mio occhio è turbato per la grande collera (Ef4,26), ricorri a Dio esclamando: Abbi misericordia di me, o Signore (Sal 30,10), sicché egli stenda la sua destra per placare il tuo sdegno» (Epist. 250, 3). Voglio dire che bisogna invocare l'aiuto di Dio quando siamo agitati dalla collera, come hanno fatto gli Apostoli tormentati dal vento e dalla tempesta in mezzo alle acque; egli allora comanderà alle nostre passioni di cessare, e si farà tranquillità grande (Mt 8,24-26). Ma ti ripeto che l'orazione contro la collera che sta per scoppiare deve essere praticata in pace e tranquillità, e non con violenza, e ciò deve osservarsi in tutti i rimedi contro questo male. Appena però ti accorgerai di aver fatto qualche atto di ira, ripara subito al fallo con un atto di dolcezza, esercitato immediatamente verso quella stessa persona contro la quale ti sei irritata. Giacché come il rimedio migliore contro la bugia è il disdirla subito non appena ci accorgiamo di averla detta, così un rimedio efficace contro la collera è di ripararvi all'istante con un atto contrario di dolcezza; infatti, come suol dirsi, le piaghe fresche sono più facilmente curabili.
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Inoltre, mentre sei tranquilla e senza motivi di collera, fa' una grande provvista di dolcezza e di benignità, dicendo tutte le tue parole e facendo tutte le tue azioni, piccole e grandi, nel modo più dolce che ti sarà possibile, ricordando che la sposa dei Cantici non ha solamente il miele sulle labbra e sulla lingua, ma anche sotto la lingua, vale a dire in petto (Ct 4,11); né ha soltanto miele, ma anche latte, perché non solo bisogna avere la parola dolce verso il prossimo, ma anche tutto il petto, ossia l'intimo dell'anima nostra. E non bisogna avere unicamente la dolcezza del miele, aromatico e profumato — ossia la soavità della cortese conversazione con gli estranei — ma anche la dolcezza del latte con quei di casa ed i vicini; nel che gravemente peccano coloro che per strada sembrano angeli, ma in casa sono diavoli.
(Introduzione alla vita devota, parte III, capitolo VIII).
Gli esercizi di mortificazione esterna
Quanto a me, Filotea, non ho mai potuto approvare il metodo di coloro che per riformare l'uomo incominciano dall'esterno, dal comportamento, dagli abiti, dai capelli. Mi sembra invece che bisogna cominciare dall'interno: Convertitevi a me, dice Iddio, con tutto il vostro cuore (GI 2,12); Figlio mio, dammi il tuo cuore (Prv 23,26), giacché, essendo il cuore la fonte di ogni azione, queste sono quali esso è. (...) Insomma, chi ha guadagnato il cuore dell'uomo ha guadagnato l'uomo intero. Questo euore però, da cui desideriamo incominciare, esige che lo si istruisca spl come deve improntare la sua condotta e il suo contegno esterno, affinché vi si veda non solamente la santa devozione, ma anche una grande saggezza e discrezione. A questo fine ti darò in breve alcuni consigli.
Se puoi sopportare il digiuno, farai bene a digiunare qualche volta anche nei giorni non comandati dalla Chiesa; poiché, oltre l'effetto ordinario del digiuno, che è di elevare lo spirito, reprimere la carne, praticare la virtù ed acquistare una più grande ricompensa in cielo, si fin n grande vantaggio di mantenersi padroni della gola, e tenere l'appetito sensuale e il corpo soggetti alla legge dello spirito; e quand'anche non sì digiunasse molto, il nemico tuttavia ci teme assai di più quando sa che noi sappiamo digiunare. (...)
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Il digiuno e il lavoro mortificano e domano la carne. Se il lavoro che farai ti è necessario o è molto utile alla gloria di Dio, preferisco che sopporti la pena del lavoro piuttosto che quella del digiuno: è questo il pensiero della Chiesa, la quale, se si tratta di lavori utili al servizio di Dio e del prossimo, dispensa coloro che li fanno dai digiuni anche comandati. All'uno costa molto digiunare, all'altro il servire gli ammalati, il visitare i prigionieri, confessare, predicare, confortare gli afflitti, pregare e simili esercizi; questa pena vale assai più di quella, poiché, oltre a mortificare ugualmente, porta frutti molto più desiderabili. E pertanto, in generale, è meglio conservare assai più energia corporale del necessario, piuttosto che sciuparne più del necessario; giacché le forze, volendo, si possono sempre indebolire, mentre non si possono sempre ritemprare quando si vuole.
Una sobrietà costante e moderata è migliore delle saltuarie astinenze troppo severe e intramezzate di gravi intemperanze. Bisogna dedicare la notte al sonno per vegliare bene e utilmente lungo il giorno, ognuno secondo la propria costituzione fisica, tanto quanto è necessario. E poiché la Sacra Scrittura in mille modi, l'esempio dei santi e le ragioni di ordine naturale ci raccomandano in modo particolare il mattino come la migliore e la più fruttuosa parte della giornata, e siccome nostro Signore stesso è chiamato sole nascente (Zc 3,8; 6,12) e la Madonna aurora del giorno (Ct 6,9), ritengo che sia pratica virtuosa l'andar a dormire presto alla sera per potersi destare ed alzare di buon mattino. Certo, questo è il tempo più delizioso, più soave e meno disturbato; in esso perfino gli uccelli ci invitano a svegliarci e a lodare Dio, di modo che l'alzarsi presto serve alla sanità e alla santità. (...)
Per guarire dai nostri vizi è certamente cosa utile mortificare la carne, ma è soprattutto necessario purificare ben bene i nostri affetti e mitigare l'ardore dei nostri cuori.
In ogni caso però non bisogna mai intraprendere alcuna austerità corporale senza il parere di colui che ci guida.
(Introduzione alla vita devota, parte III, capitolo XXIII)
Occorre far tutto per amore, e nulla per timore
Qualora proviate un grande gusto per le preghiere che vi ho elencate or ora, non cambiate nulla, ve ne prego; ma qualora
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tralasciaste qualcosa di quello che vi ho detto, non ve ne fate scrupolo, perché, eccovi qui la regola generale della nostra obbedienza, scritta in lettere molto grosse:
OCCORRE FAR TUTTO PER AMORE,
E NULLA PER TIMORE;
OCCORRE AMARE L'OBBEDIENZA
PIÙ DI QUANTO SI TEME LA DISOBBEDIENZA.
Vi lascio lo spirito di libertà: non quello che esclude l'obbedienza, ché, allora, si dovrebbe parlare della libertà della carne, ma quello che esclude la costrizione, lo scrupolo e la fretta. Se amate molto l'obbedienza e la sottomissione, voglio che, quando vi si presenterà qualche occasione di tralasciare i vostri esercizi di pietà per motivi di giustizia o di carità, lo facciate come per obbedienza e che suppliate con l'amore alla pratica che avete tralasciata.
Circa lo spirito di libertà, vi dico solo quello che è. Ogni uomo per bene è libero dagli atti che costituiscono peccato mortale e non li ama assolutamente. Ecco la libertà necessaria per la salvezza. Ma io non parlo di questa. Quella di cui parlo è la libertà dei figli prediletti (cf Rm 8,21). E che è? à un distacco del cuore cristiano da tutte le cose, che permette all'anima di seguire in tutto la volontà di Dio a misura che la conosce. Capirete facilmente quello che voglio dire, se Dio mi concederà la grazia di indicarvi le caratteristiche, i segni, gli effetti e le occasioni di questa libertà.
Noi chiediamo a Dio, come prima cosa, che il suo nome sia santificato, che venga il suo regno e che sia fatta la sua volontà in terra come nel cielo (Mt 6,9-10). Tutto questo non è altro che lo spirito di libertà, il quale porta l'anima a non mirare ad altra cosa, se non che il nome di Dio sia santificato, che Sua Maestà regni in noi e che si compia la sua volontà. Prima caratteristica: il cuore che ha questa libertà, non è attaccato alle consolazioni, ma riceve le afflizioni con tutta la dolcezza che la carne gli permette. Non dico che ami o desideri le afflizioni, ma che non deve rattristarsi per esse. Seconda caratteristica: il cuore che ha questa libertà, non si attacca minimamente agli esercizi spirituali; in modo che se, per una malattia o per altra ragione, non li può compiere, non ne prova nessun dispiacere. Non dico che non li ama, ma solo che non è attaccato a essi. Terzo: non perde quasi
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mai la sua gioiosità, perché nessuna privazione rattrista colui che non aveva il cuore attaccato a nulla. Non dico che non la perde mai, ma che la perde solo per poco tempo. Gli effetti di questa libertà sono una grande soavità di spirito, una grande dolcezza e accondiscendenza a tutto quello che non è peccato o pericolo di peccato: in una parola, è quell'umore che si adatta facilmente agli atti di ogni virtù e d'ogni forma di carità. Esempio: interrompete un'anima che è attaccata all'esercizio della meditazione, e la vedrete uscire indispettita, frettolosa e meravigliata. Un'anima che ha il vero spirito di libertà, uscirà invece col viso spianato e coI cuore ben disposto incontro all'importuno che l'ha disturbata, perché, per essa, servire Dio meditando o servirlo sopportando il prossimo, è la stessa cosa: l'una e l'altra cosa sono la volontà di Dio, ma, in quel momento, l'unica necessaria è quella di sopportare il prossimo. Le occasioni per esercitare questo spirito di libertà sono tutte le cose che avvengono contro i nostri gusti, poiché chi non è attaccato ai suoi gusti, non si impazientisce quando è costretto a rinunziare ad essi.
A questa libertà sono contrari due vizi: l'instabilità e la costrizione, che si possono anche chiamare dissipazione e servitù. L'instabilità dello spirito o dissipazione è un eccesso di libertà per cui si vorrebbe cambiare pratica di pietà o condizione di vita senza una vera ragione e senza conoscere quale sia la volontà di Dio. Col più piccolo pretesto, si cambia una pratica di pietà, un proposito o una regola; per una piccolissima difficoltà, si lascia l'osservanza d'una regola lodevolmente osservata per molto tempo; e di conseguenza, il cuore si dissipa e si perde, ed è come un frutteto aperto da tutti i lati, i cui frutti non sono per il padrone, ma per tutti i passanti. La costrizione o servitù è una mancanza di libertà per cui lo spirito è oppresso dalla noia o dalla collera quando non riesce a fare quello che si era proposto, sebbene possa fare cose migliori. Esempio: io mi sono proposto di fare la meditazione ogni giorno, la mattina. Se ho questo spirito d'instabilità o dissipazione, alla più piccola occasione, come, per esempio, perché un cane non mi ha lasciato dormire la notte o perché devo scrivere una lettera, sebbene non sia urgente, la tramanderò alla sera. Al contrario, se ho lo spirito di costrizione o di servitù, non tralascerò la meditazione anche se, a quell'ora, un ammalato ha bisogno della mia assistenza o devo
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scrivere una lettera di grande importanza, che non può essere tramandata. E così si dica di tutto il resto.
(...) Bisogna che vi dica che, a questo riguardo, occorre osservare due regole, per non cadere in errori. Prima regola: una persona non deve mai tralasciare le sue pratiche di pietà o allontanarsi dalle comuni regole delle virtù, se non vede la volontà di Dio dall'altra parte. Ora la volontà di Dio si manifesta in due modi: attraverso la necessità e attraverso la carità. lo voglio predicare la Quaresima in un piccolo centro della mia diocesi. Se, prima della Quaresima, mi ammalo o mi rompo una gamba, non devo rattristarmi o inquietarmi per il fatto che non posso predicare, perché è certo che la volontà di Dio è che io lo serva soffrendo e non predicando. Se, invece, io non sono malato, ma si presenta un'occasione per cui, in un altro luogo, se non accorro, i fedeli si faranno ugonotti, ecco che Dio ha manifestato abbastanza chiaramente la sua volontà di farmi dolcemente rinunziare al mio proposito.
La seconda regola è che, quando si deve usare dello spirito di libertà per motivi di carità, bisogna farlo senza scandalo e senza ingiustizie. Io so, per esempio, che sarei più utile in qualche parte lontana della mia diocesi: in questo caso, non devo usare della libertà, perché scandalizzerei e commetterei un'ingiustizia, poiché ho l'obbligo di lavorare qui. (...) Questa libertà, dunque, non è mai contraria alla vocazione di ciascuno, ma anzi, essa fa sì che ciascuno comprenda che la volontà di Dio è che egli rimanga fedele a essa. (...) Ho dimenticato di dire che la volontà di Dio si conosce non solo attraverso la necessità e la carità, ma anche attraverso l'obbedienza, e che, quindi, colui che riceve un ordine, deve pensare che quella è la volontà di Dio.
(Lettera alla baronessa de Chantal, Sales 14 ottobre 1604)
PREGHIERE
Preghiera litanica
C Fratelli,
in ogni tempo Dio nostro Padre con la potenza dello Spirito,
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suscita i suoi profeti e i suoi santi.
Pieni di riconoscenza
per averci dato in san Francesco di Sales
un singolare imitatore di Cristo,
nella dolcezza e nello zelo apostolico,
preghiamo unanimi per la Chiesa
e per la nostra Comunità.
GT Padre nostro, ascoltaci.
G — Dio di misericordia, che hai fatto di san Francesco un'immagine viva del mite Gesù, santifica la tua Chiesa e rendila sempre più lieta annunziatrice del Vangelo.
— Dio della tenerezza, che nel cuore di Cristo ci hai dato un modello di infinito amore, suscita anche oggi, per intercessione di san Francesco di Sales, uomini dal. cuore grande e generoso, che vincano le suggestioni del male.
— Dio di mansuetudine, che in san Francesco di Sales ci hai dato un modello di bontà e di servizio nella sequela di Cristo, dona ai cristiani del nostro tempo di gustare lo spirito delle Beatitudini.
— Dio di santità, che hai messo nel cuore di san Francesco l'amore per tutto ciò che è bello e buono, donaci uno sguardo casto e semplice, per contemplare le meraviglie del creato e dare voce ad ogni creatura.
— Dio della gioia, che hai coronato di gloria il Testimone della tua Verità, effondi nei tuoi figli lo spirito di sapienza, perché nulla li separi da te, sorgente di pace e di bene.
C Accogli, o Signore,
le nostre invocazioni,
e, per intercessione di san Francesco di Sales,
fa' che tutta la nostra vita
canti la tua gloria.
Per Cristo nostro Signore.
T Amen.
Oppure
C O Signore,
tu hai voluto che il santo vescovo Francesco di Sales si facesse tutto a tutti nella carità apostolica:
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concedi anche a noi di testimoniare sempre,
nel servizio dei fratelli,
la dolcezza del tuo amore di Padre.
Per Cristo nostro Signore.
T Amen.
Preghiera al Santo
O san Francesco di Sales,
che hai vissuto con instancabile dedizione
il tuo ministero pastorale,
aiutaci ad essere costruttori infaticabili del Regno.
Donaci nelle difficoltà
ottimismo e dolcezza
perché sappiamo portare, specie tra i giovani,
l'amore di Cristo.
Insegnaci
a coltivare una profonda vita interiore,
radicata nella fiducia in Dio
e celebrata nella semplicità e nella gioia,
perché camminando nella via dei tuoi esempi
meritiamo di giungere alla patria del cielo.
Amen.
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Sposo della Beata Vergine Maria. (Solennità)
Questa solennità occupa un posto speciale nella pietà salesiana. San Giuseppe è stato dichiarato patrono della Chiesa universale (Pio IX, 1870; Giovanni XXIII, Canone Romano). Il Santo è venerato come l'ultimo patriarca biblico, elevato alla dignità di Padre putativo di Gesù, di Sposo della Beata Vergine Maria, e quindi di capo della santa Famiglia di Nazaret. E anche speciale patrono dei lavoratori, della vita contemplativa e della buona morte, ed è considerato il santo della Divina Provvidenza.
Don Bosco ha affidato la Società salesiana alla speciale protezione di san Giuseppe (Cost. 9) e ne ha raccomandato vivamente la devozione. Inoltre, tale devozione è garanzia di piena corrispondenza alla nostra vocazione ecclesiale, religiosa, apostolica, educativa.
LETTURE
Gli insegnamenti del fabbro silenzioso e laborioso
Celebriamo la festa di san Giuseppe, Patrono della Chiesa Universale. È una festa che interrompe la meditazione au-* stera e appassionata della Quaresima, tutta assorta nella penetrazione del mistero della Redenzione e nell'applicazione della disciplina spirituale, che la celebrazione d'un tale mistero porta con sé. E una festa che chiama la nostra attenzione a un altro mistero del Signore, l'Incarnazione, e c'invita a ripensarlo nella scena povera, soave, umilissima, la scena evangelica della sacra Famiglia di Nazaret, in cui quest'altro mistero s'è storicamente compiuto. Il nostro occhio, la nostra devozione si fermano quest'oggi su san Giuseppe, il fabbro silenzioso e laborioso, che diede a Gesù non i natali, ma lo stato civile, la categoria sociale, la condizione economica, l'esperienza professionale, l'ambiente familiare, l'educazione umana. Bisognerà osservare bene questo rapporto fra san Giuseppe e Gesù, perché ci può far comprendere molte cose del disegno di Dio, che viene a questo mondo per vivere uomo fra gli uomini, ma nello stesso tempo loro maestro e loro salvatore.
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È certo innanzi tutto, è evidente, che san Giuseppe viene ad assumere una grande importanza, se davvero il figlio di Dio fatto uomo sceglie proprio lui per rivestire se stesso della sua apparente figliolanza. Gesù era detto «Filius fabri» (Mt 13,55), il Figlio del fabbro; e il fabbro era Giuseppe. Gesù, il Cristo, ha voluto assumere la sua qualificazione umana e sociale da questo operaio, da questo lavoratore, ch'era certamente un brav'uomo, tanto che il Vangelo lo chiama «giusto» (Mt 1,19), cioè buono, ottimo, ineccepibile, e che quindi assurge davanti a noi all'altezza del tipo perfetto, del modello d'ogni virtù, del santo. Ma c'è di più: la missione, che san Giuseppe esercita nella scena evangelica, non è solo quella della figura personalmente esemplare e ideale; è una missione che si esercita accanto, anzi sopra Gesù: egli sarà creduto padre di Gesù (Lc 3,23), sarà il suo protettore, il suo difensore. Per questo la Chiesa, che altro non è se non il Corpo mistico di Cristo, ha dichiarato san Giuseppe protettore suo proprio, e come tale oggi lo venera, e come tale lo presenta al nostro culto e alla nostra meditazione. Così oggi s'intitola la festa: dicevamo, di san Giuseppe, Protettore di Gesù fanciullo, durante la sua vita terrena, e Protettore della Chiesa universale, ora ch'egli guarda dal cielo tutti i cristiani. Ora fate attenzione.
San Giuseppe era lavoratore. A lui fu dato di proteggere Cristo. Voi siete lavoratori: vi sentireste di compiere la stessa missione, di proteggere Cristo? Lui lo protesse nelle condizioni, nelle avventure, nelle difficoltà della storia evangelica; voi vi sentireste di proteggerlo nel mondo in cui siete, nel mondo del lavoro, nel mondo industriale, nel mondo delle controversie sociali, nel mondo moderno?
Forse non pensavate che la festa di san Giuseppe potesse avere delle conclusioni così inaspettate e così direttamente rivolte alle vostre scelte personali; né forse aspettavate che fosse il Papa a delegare a voi una funzione che sembra tutta sua, o almeno più sua che vostra, quella di difendere e di curare gli interessi di Cristo nella società contemporanea. (...) Bisogna rigenerare questo mondo, ancora tanto inquieto, tanto sofferente, tanto bisognoso e tanto degno, dal di dentro, dalle risorse di energie, di idee, di persone, di cui ancora è ricco. Cristo oggi ha bisogno, come già nella sua infanzia evangelica, d'essere portato, protetto, alimentato, promosso in se‑
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no alle categorie lavoratrici da quelli stessi che le compongono; o, per meglio dire, da coloro che in seno alle classi lavoratrici sentono la vocazione e assumono la missione di animare cristianamente le schiere dei colleghi di fatica e di speranza.
Anche questo punto si presterebbe a lunghe dimostrazioni e applicazioni. Crediamo che siate così bravi e intelligenti da saperle fare anche da voi. La vostra esperienza vi è maestra; la vostra aderenza alla parola della Chiesa vi offre lo stimolo e la guida a cotesto grande programma di rigenerazione e di vitalità cristiana.
(Da: Insegnamenti di Paolo VI, 11, 1964, pp. 187-189)
San Giuseppe per la sua fede
testimone del compimento della Promessa
La Chiesa è sorta ed esiste perché la promessa data una volta ad Abramo potesse compiersi nel mondo. La Chiesa lega il suo inizio — il compimento della speranza nel mondo — anche con la fede di Giuseppe di Nazaret.
Ciò che spira da tutta la sua figura è la fede, la vera eredità della fede di Abramo. La sua fede è la più vicina somiglianza e analogia con la fede di Maria di Nazaret. Ambedue, Maria e Giuseppe, sono uniti con questo mirabile vincolo. Dinanzi agli uomini, il loro vincolo è quello matrimoniale. Dinanzi a Dio e alla Chiesa, sono le nozze nello Spirito Santo. Mediante queste nozze nella fede sono diventati ambedue, Maria e accanto a lei Giuseppe, i testimoni e dispensatori del mistero, mediante il quale il mondo creato e soprattutto i cuori umani diventano di nuovo dimora del Dio Vivente.
Giuseppe di Nazaret è «uomo giusto», perché totalmente «vive della fede». È santo, perché la sua fede è veramente eroica. La Sacra Scrittura parla poco di lui, poco più di quello che leggiamo nella Liturgia di oggi. Non registra neanche una parola che abbia pronunciato Giuseppe, falegname di Nazaret. E tuttavia, anche senza parole, egli dimostra la profondità della sua fede, la sua grandezza.
San Giuseppe è grande con lo spirito. È grande nella fede, non perché pronuncia parole proprie, ma soprattutto perché ascolta le parole del Dio vivente.
Ascolta in silenzio. E il suo cuore persevera incessantemen‑
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te nella prontezza ad accettare la Verità racchiusa nella parola del Dio vivente. Per accoglierla e compierla con amore. Perciò, Giuseppe di Nazaret diventa veramente un mirabile testimone del Mistero Divino. Diventa un dispensatore del Tabernacolo, che Dio ha scelto per sé sulla terra per compiere l'opera della salvezza.
Guardando oggi con venerazione e con amore la figura di san Giuseppe, dobbiamo in questo sguardo rinnovare la nostra propria fede. Vediamo come la parola del Dio vivente cade profondamente nell'anima di quell'Uomo, di quell'Uomo giusto.
E noi, sappiamo ascoltare la parola di Dio? Sappiamo assorbirla con la profondità del nostro «io» umano? Apriamo dinanzi a questo Verbo la nostra coscienza?
Oppure, al contrario, ci fermiamo soltanto alla superficie della parola di Dio? Non le dischiudiamo un più profondo accesso all'anima? Non accogliamo questa parola neI silenzio della prontezza interiore, così come Giuseppe di Nazaret? Non creiamo le condizioni perché essa possa agire dentro di noi e portare frutti?
Abbiamo tanto bisogno della fede!
È tanto necessaria la fede all'uomo dei nostri tempi, della difficile epoca odierna!
È tanto necessaria una grande fede!
Proprio oggi una grande fede è necessaria agli uomini, alle famiglie, alle comunità, alla Chiesa.
«Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria... perché quel che è generato in lei viene dallo Spirito Santo» (Mt 1,20).
Popolo di Dio!
Non temere di prendere, insieme con Giuseppe di Nazaret, Maria. Non temere di prendere Gesù Cristo, il suo Figlio, in tutta la tua vita.
Non temere di prenderlo in una fede simile alla fede di Giuseppe.
Non temere di prenderlo sotto i tetti delle tue case, così come Giuseppe ha accolto Gesù sotto il tetto della casa nazaretana. Non temere di prendere Cristo nel tuo lavoro quotidiano. Non temere di prenderlo nel tuo «mondo».
Allora questo «mondo» sarà veramente «umano». Diventerà sempre più umano.
673
Infatti, soltanto il Dio-Uomo può fare il nostro «mondo umano» pienamente «umano».
(Giovanni Paolo II, discorso del 19 marzo 1982, in: Insegnamenti, vol. V, I, 1982, pp. 934-937).
PREGHIERE
Preghiera litanica
C Fratelli, onoriamo oggi la figura sapiente e mite
di Giuseppe di Nazaret.
Il suo apparire nella storia della salvezza
segna il momento in cui il Dio dei patriarchi e dei profeti
dà compimento alle promesse antiche
con l'incarnazione del Cristo,
germoglio e radice di Davide, nato dalla Vergine Maria.
GT Dio fedele e misericordioso, ascoltaci.
G — Perché ogni comunità cristiana, per intercessione di san Giuseppe, sposo della Vergine Maria e patrono della Chiesa universale, senta la presenza del tuo Spirito che la precede e l'accompagna lungo il cammino, preghiamo.
— Perché ciascuno di noi sia pronto a riconoscere e a realizzare la tua volontà, nella piena coscienza che tu sei il Dio fedele e vegli sulle sorti del mondo attraverso le generazioni, preghiamo.
— Perché i papà e le mamme, nell'assidua meditazione della parola di Dio e nella preghiera comune, alimentino la fede in Dio Padre, che nella famiglia, piccola Chiesa, rinnova le meraviglie della salvezza, preghiamo.
— Perché l'uomo che lavora, sull'esempio di san Giuseppe, riscopra la dignità della sua vocazione, e promuova i valori della giustizia e della pace, preghiamo.
— Perché la tua provvidenza si estenda in modo particolare a quelli che soffrono a causa della libertà, agli esuli dalla patria, ai perseguitati per la fede e a ogni creatura che in vita e in morte si rifugia fra le braccia della tua misericordia, preghiamo.
C O Dio dei patriarchi e dei profeti, che in san Giuseppe hai dato alla tua Chiesa
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un segno della tua paternità,
veglia sui tuoi figli,
perché attraverso le gioie e le prove della vita
riconoscano sempre la tua volontà
collaborando all'opera della redenzione.
Per Cristo nostro Signore.
T Amen.
Preghiere a san Giuseppe
A te, o beato Giuseppe,
ricorriamo nella nostra tribolazione,
e invochiamo fiduciosi il tuo patrocinio,
insieme con quello della Vergine tua sposa.
Per quel santo amore che ti unì a Maria, Madre di Dio,
e per la custodia paterna di Gesù fanciullo,
guarda benigno il popolo
che Cristo acquistò col suo sangue;
con il tuo aiuto soccorri ai nostri bisogni.
Custode della sacra Famiglia,
proteggi la Chiesa di Gesù Cristo,
preservaci dagli errori e dai vizi che turbano il mondo,
e assistici propizio
nella lotta contro il potere delle tenebre.
Aiutaci a vivere virtuosamente,
a morire nella pace con Dio,
a raggiungere l'eterna beatitudine in cielo.
Amen.
O san Giuseppe, custode di Gesù,
sposo purissimo di Maria,
che hai trascorso la vita
nell'adempimento perfetto del dovere,
sostentando col lavoro delle tue mani
la sacra famiglia di Nazaret,
proteggi propizio noi che fiduciosi ci rivolgiamo a te.
Tu conosci le nostre aspirazioni,
le nostre angustie e le nostre speranze:
a te ricorriamo,
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perché sappiamo di trovare in te chi ci protegge.
Anche tu hai sperimentato la prova,
la fatica, la stanchezza;
ma il tuo animo, ricolmo della più profonda pace,
esultò di gioia per l'intimità
con il Figlio di Dio a te affidato,
e con Maria, sua dolcissima madre.
Aiutaci a comprendere
che non siamo soli nel nostro lavoro,
a saper scoprire Gesù accanto a noi,
accoglierlo con la grazia e custodirlo fedelmente
come tu hai fatto.
Eottieni che nella nostra famiglia tutto sia santificato
nella carità, nella pazienza,
nella giustizia e nella ricerca del bene. Amen.
(Papa Giovanni XXIII)
m Dio di eterna bontà, che hai scelto san Giuseppe
per custodire come padre il tuo unico Figlio:
dona a noi, che l'onoriamo come Patrono,
di custodire in ogni giovane
il tuo disegno di amore,
con la sua stessa fedeltà e rettitudine.
Amen.
San Giuseppe, tu che credendo e sperando, ti sei fidato della Parola di Dio
e hai custodito fedelmente la sua Promessa, Gesù Cristo nostro Salvatore, dona a noi che ti onoriamo come Patrono di rendere sempre più matura la nostra fede
e incrollabile la nostra speranza,
perché la nostra azione pastorale tra i giovani,
sorretta dalla benedizione di Dio,
sia feconda di bene.
Amen.
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2. SANTI
VICINI ALL'OPERA
E ALLA TRADIZIONE SALESIANA
12 marzo. Beato LUIGI ORIONE, sacerdote. (Memoria facoltativa)
Pontecurone (Alessandria) 1872, t S. Remo 1940, beatificato nel 1980.
Discepolo di Don Bosco all'Oratorio di Valdocco, seguì generosamente la sua personale vocazione e fu sacerdote nel 1895. Spese la vita, tra continue fatiche e sofferenze, per venire incontro a ogni genere di miseria fisica e morale, per diffondere tra il popolo l'amore a Cristo e farne sentire la presenza nella Chiesa, nel Papa e nei vescovi. Istituì a questo scopo vari Istituti religiosi. I Salesiani vedono nel beato Luigi Orione non solo un degno exallievo di Don Bosco, ma anche un modello di intenso apostolato sociale ispirato all'amore a Cristo e alla Chiesa.
LETTURE
Anime! Anime!
Non saper vedere e amare nel mondo che le anime dei nostri fratelli.
Tutte sono amate da Cristo, per tutte Cristo è morto, tutte Cristo vuole salvare tra le sue braccia e sul suo Cuore trafitto.
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Io non sento che una infinita,
divina sinfonia di spiriti,
palpitanti intorno alla Croce,
e la Croce stilla per noi
a goccia a goccia,
attraverso i secoli,
il sangue divino
sparso per ciascuna anima umana.
Dalla Croce
Cristo grida: «Sitio!».
Terribile grido di arsura,
che non è della carne,
ma è grido di sete di anime,
ed è per questa sete di anime nostre
che Cristo muore.
Io non vedo che un cielo;
un cielo veramente divino,
perché è il cielo della salvezza e della pace vera.
Io non vedo che un regno di Dio,
il regno della carità e del perdono,
dove tutta la moltitudine delle genti
è eredità di Cristo
e regno di Cristo.
La perfetta letizia
non può essere
che nella perfetta dedizione di sé
a Dio e agli uomini,
ai più miseri
come ai più fisicamente, moralmente deformi,
ai più lontani,
ai più consapevoli,
ai più avversi.
Amore delle anime, anime, anime! Scriverò la mia vita
con le lacrime e col sangue (25.2.1939). L'ingiustizia degli uomini non ci affievolisca la fiducia piena nella bontà di Dio.
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Le nostre anime
e le nostre parole
devono essere
bianche, caste, quasi infantili,
e devono portare a tutti
un soffio di fede, di bontà, di conforto
che elevi verso il Cielo.
Teniamo fermo l'occhio e il cuore
nella divina bontà.
EDIFICARE CRISTO!
EDIFICARE SEMPRE!
PETRA AUTEM EST CHRISTUS!
(Dagli scritti del Beato, in: G. Papàsogli, Vita di Don Orio‑
ne, Torino 1974, pp. 545-548)
Serviamo negli uomini il Figlio dell'Uomo
(...) Servire negli uomini il Figlio dell'Uomo.
Per conquistare a Dio e afferrare gli altri, occorre, prima, vivere una vita intensa di Dio in noi stessi, avere dentro di noi una fede dominante, un ideale grande che sia fiamma che ci arda e risplenda — rinunciare a noi stessi per gli altri —, ardere la nostra vita in un'idea e in un amore sacro più forte.
Dobbiamo essere santi, ma farci tali santi che la nostra santità non appartenga solo al culto dei fedeli, né stia solo nella Chiesa, ma trascenda e getti nella società tanto splendore di luce, tanta vita di amore di Dio e degli uomini, da essere, più che i santi della Chiesa, i santi del popolo e della salute sociale.
Dobbiamo esser una profondissima vena di spiritualità mistica che pervada tutti gli strati sociali: spiriti contemplativi e attivi «servi di Cristo e dei poveri».
Non datevi alla vanità delle lettere, non lasciatevi gonfiare dalle cose del mondo.
Comunicare con i fratelli solo per edificarli, comunicare con gli altri solo per diffondere la bontà del Signore.
1) Amare in tutti Cristo.
2) Servire Cristo nei poveri.
3) Rinnovare in noi Cristo e tutto restaurare in Cristo.
4) Salvare sempre, salvare tutti, salvare a costo di ogni sacrificio con passione redentrice e con olocausto redentore.
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Soprattutto con una vita umile, santa, piena di bene, ammaestrare i piccoli e i poveri, a seguire la via di Dio. Vivere in una sfera luminosa, inebriati di luce e divino amore di Cristo e dei poveri e di celeste rugiada come l'allodola che sale, cantando, nel sole.
La nostra mensa sia come un'antica agape cristiana. Anime! Anime! Avere un gran cuore e la divina follia delle anime!
(Dagli scritti del beato Luigi Orione)
L'inno della carità
(...) Sia gloria a Dio! Oggi vorrei essere un poeta ed un santo per cantare il più bell'inno che si possa cantare sulla terra: l'inno della carità.
E che io, italiano e sacerdote, voglia cantare questo inno, non vi sembri strano, fratelli, perché io vorrei fare echeggiare quaggiù quella melodia che risuona nei cieli.
Oh, chi ci darà l'inno dell'umanità redenta da Cristo, l'inno della carità?
Vi fu già un uomo, che cantò quest'inno e ne scrisse le più belle e più alte parole, dopo averlo attuato nella sua vita: san Paolo. Ed egli poteva ben cantarlo questo inno, così come l'ha cantato, poiché nessuno più di lui lo sentì vibrare nel suo cuore, nessuno ha sentito più di lui l'amore di Gesù Cristo e dell'umanità: e gli echi di quella divina poesia sono giunti fino a noi, poiché a partire da Cristo, la religione diventò ispiratrice di carità e con lei è talmente congiunta, che cristianesimo senza carità non sarebbe che un'indegna ipocrisia. L'Evangelo insegna che non possiamo avere pace con Dio, se siamo in discordia col prossimo, e san Giovanni scrisse: «Non ami Dio che non vedi, se non amerai il fratello che vedi». La carità è il precetto proprio di Cristo; egli ha detto: «In questo si conoscerà che siete miei discepoli, se vi amerete a vicenda». Non vi è niente di più caro al Signore, che la carità verso il prossimo e specialmente verso le anime. ANIME e ANIME! Oh la carità di quel san Francesco d'Assisi, che fu tutto serafico in ardore! Oh la carità che affocava il cuore di san Vincenzo de' Paoli e del Cottolengo, il padre degli infelici!
Dio è carità, e chi vive la carità, vive Dio!
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La carità ci edifica e unifica in Cristo, la carità è paziente e benigna, è soave e forte, è umile, illuminata e prudente, compatisce agli altrui difetti, gode del bene altrui, ripone la sua felicità nel fare del bene a tutti, anche ai nemici, si fa tutta a tutti, è onnipossente e trionfatrice di tutte le cose. Un giorno, Gesù, chiamando gli eletti alla sua destra, dirà loro: «Venite o benedetti dal Padre mio: avevo fame e mi avete dato da mangiare, avevo sete e mi avete dato da bere, ero nudo e mi avete vestito, ero orfanello e mi avete accolto». Meravigliati di tale lode, domanderanno: «O Signore, quando mai ti abbiamo fatto tutto questo?». Cristo risponderà: «Tutto quello che avete fatto ai miei poveri e ai miei minimi, per l'amor mio, l'avete fatto a me».
II nostro Dio è un Dio appassionato di amore, Dio ci ama più che un padre ami il suo figlio; Cristo Dio non ha esitato a sacrificarsi per amore dell'umanità.
Nel più misero degli uomini brilla l'immagine di Dio. Chi dà al povero, dà a Dio e avrà dalla mano di Dio la ricompensa. Oh ci mandi la Provvidenza gli uomini della carità. Come un giorno dalle pietre Dio ha suscitato i figli di Abramo, così susciti la legione e un esercito, l'esercito della carità, che colmi di amore i solchi della terra, pieni di egoismo, di odio, e calmi finalmente l'affannata umanità. «Già troppo odiammo», ha cantato pure il Carducci, «amiamo».
Siamo apostoli di carità, soggioghiamo le nostre passioni, rallegriamoci del bene altrui, come di bene nostro; in cielo sarà appunto così, come ce lo esprime anche Dante con la sua sublime poesia.
Siamo apostoli di carità, di amore puro, amore alto ed universale; facciamo regnare la carità con la mitezza del cuore, col compatirci, con l'aiutarci vicendevolmente, col darci la mano a camminare insieme e seminare a larga mano, sui nostri passi, opere di bontà e di amore; asciughiamo le lacrime di chi piange.
Sentiamo, o fratelli, il grido angoscioso di tanti altri nostri fratelli, che soffrono e anelano a Cristo; andiamo loro incontro da buoni samaritani: serviamo la verità, la Chiesa, la Patria, nella carità.
Fare del bene a tutti, del bene sempre, del male a nessuno... (Don Orione ai suoi Benefattori e Amici d'Italia da Buenos Aires, marzo 1936)
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PREGHIERE
Preghiera litanica
C Nel vincolo di unità
che ci fa un cuore solo e un'anima sola per lodare e servire Dio,
invochiamo i doni del Padre,
per intercessione del beato don Orione, eminente apostolo della carità di Cristo verso i poveri e i sofferenti.
GT Ascoltaci, o Signore.
G — Signore hai fatto di don Orione una viva e geniale espressione della carità cristiana: rendici perfetti nell'amore che è pienezza della legge, ti preghiamo.
— 11 programma di don Orione fu quello di ricapitolare ogni cosa in Cristo: fa' che collochiamo Cristo al centro delle nostre aspirazioni, del nostro servizio apostolico, della nostra vita, ti preghiamo.
— Alla Chiesa e al Papa don Orione fu sempre fedele e devoto: fa' che, sul suo esempio, portiamo alla Chiesa e al Papa le schiere degli umili, dei poveri e dei piccoli, ti preghiamo.
— «Anime, anime!» fu il grido costante e l'anelito di don Orione: fa' che ci doniamo senza risparmio al servizio dei fratelli, specialmente i più piccoli e i più poveri, nella carità di Cristo, ti preghiamo.
C O Dio, che hai concesso
al beato Luigi Orione, sacerdote,
di amare il Cristo tuo Figlio
nella persona dei poveri
e di formarlo nel cuore dei giovani;
dona a noi di esercitare come lui
le opere di misericordia,
per far sperimentare ai fratelli
la tenerezza della tua Provvidenza.
Per Cristo nostro Signore.
T Amen.
682
Oppure
C O Dio, fonte di ogni santità,
concedi a noi
di imitare il beato Luigi Orione, sacerdote,
che amò con tenerezza il Figlio tuo nei poveri,
con premura lo formò nel cuore dei giovani
e lo onorò singolarmente nel suo Vicario in terra.
Per Cristo nostro Signore.
T Amen.
Oppure
C O Dio, che hai mandato il beato Luigi Orione
ad annunciare ai poveri il Cristo
e farlo conoscere ed amare nel Papa,
fa' che anche noi, esercitando le opere di misericordia,
diventiamo, con la forza della carità,
testimoni più credibili della Chiesa,
sacramento di salvezza universale.
Per Cristo nostro Signore.
T Amen.
Preghiera al Beato
O beato don Orione,
padre dei poveri, consolatore degli afflitti, benefattore dell'umanità sofferente,
profeta della carità di Cristo:
la tua potente intercessione presso Dio,
presso la Vergine santa, Madre della Chiesa
e di tutti gli uomini,
affretti l'ora dell'atteso trionfo
del bene sul male,
dell'amore sull'odio,
della fratellanza sulla divisione,
della pace sulla violenza,
della speranza sulla disperazione,
della vita sulla morte.
683
A quest'ora di generale redenzione in Cristo,
di universale e definitiva restaurazione,
noi vogliamo portare il nostro contributo
di vita, di azione, di preghiera, di sacrificio,
sostenuti dalla fede,
confortati dalla speranza,
animati dalla carità,
stretti intorno alla cattedra di Pietro,
in comunione coi Pastori e tra di noi,
aperti al bello, al buono, al vero,
alla testa dei tempi, con entusiasmo,
facendoci carico di tutte le sofferenze,
di tutte le angosce, di tutti i dolori
dei poveri del mondo.
O beato don Orione,
noi ti seguiamo sul sentiero aperto
dalla tua indomabile carità,
per seguire definitivamente Cristo,
che viene, vivo coi vivi,
a restaurare ogni cosa in se stesso
e stabilire il nostro cammino
nel progresso vero, nella libertà, nella pace.
Amen.
684
30 aprile.
San
GIUSEPPE BENEDETTO COTTOLENGO, sacerdote. (Memoria facoltativa)
Bra (Cuneo) 1786, t Chieri (Torino) 1842,
canonizzato nel 1934.
Nacque da ottimi genitori il 3 maggio 1786, primogenito di dodici figli. Nei suoi primi quadernetti di scolaro scriveva: «Voglio farmi santo!». Fu ordinato sacerdote a Torino nel 1811 ed esercitò il ministero in questa città come canonico presso la chiesa del Corpus Domini. Spinto da grande carità verso i più bisognosi, fondò la «Piccola Casa della Divina Provvidenza» per accogliere i malati e gli handicappati, al servizio dei quali istituì diverse famiglie religiose. Alla medesima opera si ispirarono molteplici istituzioni di carità in ogni parte d'Italia e del mondo.
Fu grande amico di Don Bosco e gli predisse la sua missione verso i giovani. Don Bosco, giovane sacerdote, si recò più volte alla «Piccola Casa» sia a incontrare il Santo sia a svolgere il suo apostolato tra i malati.
LETTURE
L'amicizia tra due Santi
Nei primi mesi della sua dimora a Torino, narra il Lemoyne, Don Bosco s'imbatté nel Cottolengo, il quale, fissatolo in volto e richiestolo di sue notizie: «Avete la faccia da galantuomo — gli disse —. Venite a lavorare nella Piccola Casa ché il lavoro non vi mancherà». Don Bosco gli baciò la mano, promise, e dopo pochi giorni sì recò in Valdocco. Certamente non era estraneo a questo passo iI Cafasso, padre dell'anima sua e grande estimatore del Cottolengo, alla cui Opera lasciò, dopo morte, ogni suo avere.
Venne adunque Don Bosco alla Piccola Casa e, nell'entrare, lesse il motto: «La carità di Cristo ci spinge»; s'inginocchiò dinanzi all'immagine di Maria Consolatrice, commosso fino alle lagrime vedendo scritto su quell'arco: «Era infermo e mi avete visitato»; e chiese di essere presentato al Fondatore. Questi lo accolse con amorevolezza e gli fece visitare i vasti locali.
685
Ora, dinanzi a certi letti, occupati da giovani precocemente consunti dal vizio, Don Bosco sente battere le fibre più riposte, e si ferma pensieroso: «Quanto bisogno ha questa povera gioventù di essere premunita e salvata!».
Don Bosco non dimenticò mai l'invito del santo Fondatore della «Piccola Casa» e, fino al 1874, seguitò a frequentare le infermerie dell'opera del Cottolengo. Anzi, prima del 1860, vi tornava sino a tre e, talora, quattro volte al giorno. Anche da prete novello erano numerosi gli ammalati che Io desideravano e, molto spesso, non poteva rientrare al Convitto che ad ora tarda, quando già i Convittori avevano recitato il Rosario. Il Teol. Guala allora, che pure doveva sapere della licenza di Don Cafasso, dolcemente lo rimproverava: «Venga a casa all'ora stabilita». E Don Bosco con umiltà: «Ma quanto c'era da fare al Cottolengo!». Ed il Teologo: «Stia all'orario; il di più lo farà un'altra volta».
(Da: L'amicizia di due santi, Pinerolo 1934, pp. 10-13)
Parole di Don Bosco sul Cottolengo
Nel 1886, ricorrendo il primo centenario della nascita di san G.B. Cottolengo, fu pubblicato un «Numero Unico» che raccoglieva le testimonianze di uomini illustri sull'Amico dei sofferenti, sull'Angelo della Provvidenza, ecc.
Vediamo anche un brano autografo di Don Bosco che dice:
Sia benedetto e ringraziato il Signore, che volle dare un segno di particolare benevolenza alla nostra città di Torino, quando le concedette un Sacerdote così pio, così illuminato e caritatevole come il Venerabile Cottolengo, il quale, emulando ai nostri giorni gli esempi di san Vincenzo de' Paoli e ricopiandolo nella carità verso i poveri fratelli, aperse, confidando nella sola Divina Provvidenza, nell'Ospedale, che ne porta il bel nome, una opera unica a vantaggio della umanità sofferente.
Questo buon Servo di Dio ci ottenga la grazia di sentire anche noi il dovere di amare e soccorrere i nostri fratelli nei loro bisogni spirituali e temporali, e che la carità di Cristo cí stimoli a superare tutti gli ostacoli, ad appianare tutte le difficoltà, che si avessero da incontrare.
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Il Venerabile Cottolengo fece pur tanto con quelle sante parole: Charitas Christi urget nos!
Lunedì Santo 1886.
Sac. Bosco Giovanni
Fiducia nel prossimo e lungimiranza
Per realizzare quel meraviglioso programma di carità e di unità — come voleva il Santo Fondatore della «Piccola Casa» — si richiede innanzi tutto generosità, la quale al bene comune sacrifichi le vedute e gli interessi personali.
Il puntiglio è uno scoglio infido contro il quale possono andare ad infrangersi anche anime consacrate a Dio, col pericolo di far naufragare la pace, la carità ed il benessere della comunità.
Non volere, nel disimpegno di tua missione, far da solo, quasi fossi geloso che altri sottentri. Può infatti capitare che anime di per sé rette e piene di buona volontà, per ristrettezza di vedute o per gelosia, si chiudano nel loro egoistico guscio e attacchino coloro che comunque si avvicinino.
Il decentramento è il miglior modo per facilitare il governo; così l'accentramento è il peggior sistema di direzione, di qualsiasi pur piccola comunità. Sèrviti volentieri dell'aiuto di confratelli, anche se fanno meglio di te. Accetta ancora, nella carità, il buon volere di quelli che, pur non potendo prestarti il loro aiuto, fanno del loro meglio nel coadiuvarti.
Sono piccoli accorgimenti che, se trascurati, contribuiscono a provocare quella ruggine la quale col tempo intacca lo spirito della carità fraterna e dell'unità d'azione, così necessarie e benefiche per le nostre opere.
Pensa al bene che con il tuo modo di fare va disperso, e più ancora al male che ne prende il posto, mentre tu ti fermi e ti impunti sulle tue ragioni e diritti. Il meno che ne potrà uscire dalle tue azioni è la disunione degli animi. Il mondo, nella sua astuzia malvagia, ha già compreso che l'unione è forza, e pratica per i suoi fini cattivi questa massima. Solo i figli di Dio vorranno continuare a dividersi, per interessi personali e meschini?
Semplicità e rettitudine; se ognuno deve sforzarsi di non scon‑
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finare dal suo settore, non potrà per questo considerare estranei i confratelli o Ie consorelle.
(Da: Frate' Nicodemo, Il pensiero formativo e pedagogico di S. Giuseppe Cottolengo, Torino 1964, pp. 134-135)
PREGHIERE
Preghiera litanica
C Invochiamo l'aiuto potente di Cristo Signore, che ci ha dato il comandamento nuovo dell'amore vicendevole.
Diciamo con fiducia:
GT Aumenta la carità nel tuo popolo.
G Signore Gesù, Maestro buono, che indichi a tutti i discepoli come modello la perfezione del Padre,
— dona alla tua Chiesa frutti di santità e di irradiante bontà.
Tu che non sei venuto per essere servito, ma per servire, e dare la tua vita in riscatto per molti,
— insegna a coloro che vogliono seguirti più da vicino, a riconoscerti e a servirti nei fratelli più bisognosi.
Gesù, buon Samaritano, che hai avuto compassione di tutti i sofferenti,
— da' speranza e sollievo ai poveri e agli ammalati.
Tu che hai promesso la ricompensa per un bicchiere d'acqua dato nel tuo nome,
— benedici coloro che ci fanno del bene.
C O Dio, che con paterna larghezza
soccorri coloro che confidano in te,
concedi a noi,
per intercessione di san Giuseppe Benedetto Cottolengo,
di dedicarci al servizio dei poveri
e di ottenere così il premio promesso ai misericordiosi.
Per Cristo nostro Signore.
T Amen.
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Preghiera al Santo
O celeste Gerusalemme, città di pace, tu accogli chi ha ascoltato il grido del misero e del sofferente, dell'oltraggiato e dell'escluso.
Dentro le tue mura si radunano in festa gli amici di Dio
ed ogni reietto dal mondo è cittadino santo
riscattato dalla carità di sapienti operai del Vangelo.
La carità attenta di Giuseppe Benedetto Cottolengo sia per noi stimolo nel servire i poveri,
esempio di fiducia illimitata nella divina provvidenza e segno di premio per chi si fa piccolo tra gli ultimi.
La sua intercessione
ci aiuti in questa vita ad essere solidali con chi è solo
e con chi è ignorato nella sua dignità di persona
per camminare insieme ad ogni fratello
toccato dalla grazia di Dio
verso la santa città.
Noi pellegrini del tempo
invochiamo la preghiera del giusto la cui voce nell'eterna città sale a Dio con inni di lode. Amen.
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18 maggio. San LEONARDO MURIALDO, sacerdote. (Memoria facoltativa)
Torino 1828, + Torino 1900, canonizzato nel 1970.
Nato da famiglia nobile e agiata ricevette un'ottima educazione intellettuale e morale. Divenuto sacerdote, si diede all'azione pastorale, soprattutto all'insegnamento catechistico alla gioventù, alla predicazione al popolo, a diffondere la fede con la stampa. Dapprima collaborò con Don Bosco, poi fondò nel 1873 la «Società di san Giuseppe» per ampliare l'azione educativa che aveva iniziato per la gioventù delle campagne e delle fabbriche. Studiò i problemi sociali in Italia e in Francia, si dedicò ai giovani con grande amore e bontà. La sua profonda pietà eucaristica, l'amore a Gesù, Maria, Giuseppe, l'aiutarono a superare opposizioni, difficoltà, malattie, sempre operosissimo e affabile con tutti.
LETTURE
Lo spirito di fede
Tutto il nostro progresso nella perfezione dipende dalla nostra fedeltà nel condurre una vita di fede, vale a dire una vita animata da spirito di fede.
Che cos'è lo spirito di fede? Lo spirito di fede è il santo uso di lasciarsi guidare in tutto da motivi soprannaturali, tratti dalle verità della fede.
Quindi, per entrare in qualche particolarità, avere spirito di fede è:
1° Meditare sovente le verità della fede, e ritornare spesso e con piacere alla meditazione di tali verità.
2° Giudicare tutti gli avvenimenti in conformità alla vista della fede; in luogo di fermarsi alle cause seconde, vedere in essi la causa prima, che è Dio, il quale li dirige tutti per la sua gloria, e per la nostra salute, facendoli servire a castigare gli uni e a purificare o perfezionare gli altri.
3° Non desiderare se non le cose che la fede ci insegna esser buone, cioè essere tali che possano condurci al nostro fine: «Quid hoc ad aeternitatem?» - Che giova questo per l'eternità? 4° Non temere se non quello che la fede ci fa riguardare co‑
690
me pericoloso, vale a dire, tale da poterci facilmente allontanare dal nostro ultimo fine, per es. le cose che ci espongono a qualche tentazione.
5° Parlare sempre conforme a quanto la Fede insegna. Io non suppongo che un fedele dica mai cosa alcuna contro queste verità; ma è purtroppo vero che i cristiani troppo sovente tengono un linguaggio opposto, se non alle verità, approvando ciò che il mondo approva, biasimando ciò che esso biasima, senza esaminare se è conforme o no alla parola di Gesù Cristo nel Vangelo.
6° Risolversi abitualmente per quel partito che la fede ci fa riguardare come il migliore, cioè come quello che ci espone meno alla tentazione e all'occasione di peccare.
7° Operare ed agire in tutto in conformità agli insegnamenti della Fede, e pei motivi che ella ci fornisce, e santificare così le azioni che sarebbero in se stesse indifferenti e materiali, come il cibo, il riposo, la ricreazione, offrendole a Dio, procurando di nobilitarle, e di animarle con qualche pia considerazione, e soprannaturalizzando così ciò che sarebbe puramente naturale.
(Da: La vita di fede, Roma 1970, pp. 7-9)
i nostri giovani
Noi troviamo motivi speciali per rallegrarci della nostra missione, motivi tratti dalla natura dei giovani a cui specialmen‑
te attendiamo. Quali sono essi? Poveri e abbandonati: ecco i due requisiti che costituiscono un giovane come uno dei nostri, e quanto più è povero ed abbandonato, tanto più è dei nostri.
Poveri ed abbandonati! Quanto bella la missione di attendere all'educazione dei poveri! E come più bella ancora, quella di cercare, di sovvenire, di educare, di salvare per il tempo e per la eternità i poveri abbandonati, abbandonati dal lato morale se non materiale.
Come è dolce il potere sentirsi dire con verità: «Tibi, tibi derelictus est pauper, orphano tu eris adiutor...». I poveri, i fanciulli, e infine i peccatori erano la pupilla degli occhi di Gesù Cristo, essi la gemma preziosa ai suoi occhi, essi il tesoro preziosissimo. E i nostri giovani sono poveri, sono fanciulli e, aggiungiamo pure, talora sono ben altro che innocenti! Ma
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quest'ultimo carattere, sebbene in se stesso certo non amabile, deve forse renderci i nostri giovani meno cari? meno, sia lecita l'espressione, meno interessanti?
Forse noi dimentichiamo troppo qualche volta questa condizione dei giovani a cui bene intendiamo consacrare la nostra vita. Non appena un giovane si mostra di indole infelice, o anche perversa, di carattere indisciplinato e poco disciplinabile, riottoso alla educazione, altiero, caparbio, e stazionario nel male, o procedente anzi di male in peggio, tantosto ci disgustiamo, ci disanimiamo, e brameremmo senz'altro che quel poverino ci togliesse ogni fastidio andandosene pei fatti suoi egli ed i suoi vizi.
Che un giovane intorno a cui riuscì vana ogni fatica — purché realmente ogni fatica siasi adoperata — un giovane che oltre al non migliorare non dà speranza alcuna di miglioramento, un giovane sovrattutto che guasti e corrompa i compagni innocenti, che un tale giovane abbia ad essere stralciato dalla società degli altri, chi vorrà negarlo? Si dovrebbe forse sacrificare al capriccio e alla ostinatezza di un giovane malvagio la innocenza, e la buona riuscita di tutti gli altri? Ma non dobbiamo tuttavia essere troppo facili a stancarsi, a disanimarsi, a disperare, dimenticando che raccogliendo abbandonati dobbiamo aspettarci a trovare giovani che abbiano tutta la ignoranza, la selvatichezza, i vizi, che nascono da uno stato di abbandono.
Si trattasse anche di giovani appartenenti a famiglie civili e cristiane, non dovremmo meravigliarci di trovare difetti e anche vizi nei fanciulli. Poiché, se già fossero perfetti, perché educarli? E i parenti non ci consegnano forse i loro figli ad educare, come si dà talora una terra incolta, dura, arida a coltivare, lavorare, dissodare, e poi a sradicarne le male erbe, prima di gettarvi il buon seme?
Ora, che dobbiamo attenderci noi che ricoveriamo fanciulli raccolti dalla pubblica strada, o talora che escono dalle mani di parenti, o zotici, o scandalosi? La loro miseria morale ci deve commuovere più assai che non la materiale e in luogo di indignarci, o di farci troppo presto perdere pazienza e speranza, ci deve animare a lavorare animosi e pieni di commiserazione attorno a questi infelici; veramente non di rado più infelici che colpevoli, e tali quali probabilmente saremmo noi,
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se come essi fossimo stati abbandonati. Un Collegio è un ospedale morale.
La condizione dunque stessa dei nostri poveri giovani ci dia una spinta a farci qualche maggior violenza per ben adempiere i doveri che a ciascuno nel proprio stato impone la loro educazione ed a pregar Dio ,che «incrementum det». (Dagli scritti di L. Murialdo, vol. X, p. 397; in: Comunità in preghiera, Roma s.d., pp. 391-392)
PREGHIERE
Preghiera Manica
C Con l'intercessione di san Leonardo Murialdo, preghiamo il Signore per la Chiesa, per i giovani, per le nostre intenzioni.
GT Ascoltaci, o Signore.
G — Per la Chiesa: affinché risplenda sempre in essa la santità di Cristo, preghiamo.
— Per i sacerdoti: affinché sappiano imitare nella Chiesa di oggi lo zelo multiforme e la carità eroica di san Leonardo Murialdo, preghiamo.
— Per i giovani: affinché con la protezione di san Leonardo Murialdo sappiano superare le difficoltà della loro età, preghiamo.
— Per tutti noi: affinché come san Leonardo Murialdo sappiamo vedere e servire il Signore nei più piccoli e nei più poveri dei nostri fratelli, preghiamo.
C San Leonardo Murialdo,
apostolo ardente di carità,
insegnaci ad amare il Signore
e a servirlo con generosità nel nostro prossimo.
Tu sei stato mirabile esempio
nella devozione al Cuore di Gesù,
alla Vergine Immacolata e a san Giuseppe:
fa' che sappiamo imitarne le virtù per tutta la vita.
Proteggi la Chiesa, e rinnova in tutti noi
la fede in Cristo e nel suo Vicario.
Noi ti preghiamo soprattutto per i giovani:
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difendili dalle insidie del male,
e dona loro coraggio e fedeltà
per essere testimoni di Cristo nel mondo.
Continua ad essere l'amico dei poveri,
degli orfani e dei lavoratori, da te prediletti.
E ottieni per noi le grazie che tanto desideriamo,
dall'Amore infinito del Padre,
per Cristo nostro Signore.
T Amen.
Preghiera al Santo
O san Leonardo Murialdo,
fa' che tutti i giovani
trovino in noi guide illuminate e generose,
che li sappiano condurre
a un forte impegno cristiano nel mondo:
la fede dei giovani, che noi incontriamo,
cresca in armonia col loro sapere e col loro pensare.
Proteggi i giovani operai
nelle prime esperienze di lavoro;
tra le difficoltà e i pericoli
aiutali a costruirsi una vita
veramente umana e cristiana.
Continua ad essere l'amico e il protettore
dei giovani poveri, abbandonati,
di quelli bisognosi di affetto e di comprensione.
Fa' che essi restino sempre per noi
la «porzione eletta», l'oggetto primo
della nostra missione di educatori e di apostoli.
Amen.
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21 giugno. San LUIGI GONZAGA, religioso. (Memoria obbligatoria)
Castiglione (Mantova) 1568, t Roma 1591,
canonizzato nel 1726.
Questa nobile figura di santo è passata alla storia come mirabile esempio di una giovinezza consacrata tutta al Signore nell'esercizio della carità, della penitenza e della purezza. Morì a ventidue anni, prestando il suo generoso servizio agli appestati. Fu dichiarato patrono dei giovani, e Don Bosco, suo grande devoto, lo propose come modello di santità ai suoi ragazzi. San Luigi fu patrono della Società salesiana fino al 1947. La devozione verso di lui ha occupato un posto notevole nel sistema educativo di Don Bosco e ha contribuito alla formazione di intere generazioni di Salesiani e di giovani. Assieme a san Domenico Savio, san Luigi può continuare a essere guida dei giovani nella loro crescita spirituale.
LETTURE
Lettera al fratello
Ill.mo Sig. Fratello in Cristo osserv.mo
Pax Xti
Il desiderio, ch'io ho sempre avuto della salute spirituale di V.S. e la consolazione che d'essa ho ultimamente in Castiglione sentito, mi vuole a che con questa (come il Signore mi detta) gli scriva quello che per sicurezza di tal salute o conservazione di essa, mi pare essere molto utile ed espediente. Ed è che prima dell'andata sua in Germania in questo sacro tempo quadragesimale, che resta sino a Pasqua, si disponga V.S. a fare una confessione generale almeno da quella ch'io so, che cinque anni sono fece in Mantova, sino a questo tempo, perché così si renda certa (quanto nella presente vita esser possiamo) che in lei non resti alcuna di quell'offese verso sua divina Maestà, che forse potrebbono aver lasciate le confessioni, che quasi furtive e di nascosto ha fatto in quel tempo, nel quale per rispetto del mondo non osava mostrarsi servo di Cristo: il che credo gli sarà tanto più facile, quanto che levate già le difficoltà che ha superate, non
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vi resta in ciò se non il frutto della speranza, e caparra assai certa, che da tal mezzo si può presupporre, della grazia di Iddio.
Per questo fine lo raccomando a V.S. molto molto. Dopo per conservar questa grazia, se bene il Signore, che s'è degnato muovergli il cuore, più che le parole o offici miei, l'abbia da istruir ed indirizzare: tuttavia per soddisfar alle relazioni che seco tengo, e cooperar nel resto, siccome sinora ho fatto, alla Provvidenza dell' istesso Sig.re, gli propongo due mezzi in particolare, che mi sovvengono.
L'uno è, dentro di sé far sempre quella stima e capitale della grazia d'Iddio, che sì come per molto che gli dicessi non potrei giammai in una minima parte esprimere, né altro lo può a pieno dare ad intendere se non Iddio benedetto: così lascio a Lui che gliel'insegni. Solo gli dirò, che quanto Iddio avanza tutte le cose create, onore, roba, e qualsivoglia altra cosa, tanto (se fosse possibile) la stima di sua divina Maestà che è dentro di noi, dovrebbe avanzare qualsivoglia altra stima, o concetto. Il secondo mezzo è operare conforme lo stato di essa grazia, providendo bona non solum coram Deo sed etiam coram hominibus.
Però verso Iddio benedetto gli ricordo con questa quel culto e religione, che gli ho raccomandato a bocca. E poiché il raccomandar la religione dovuta a Iddio par esser cosa propria di Religiosi, discenderò ad alcuni particolari di essa, li quali potrà osservare conforme la misura della grazia, che il Signore si degnerà comunicargli.
Tra essi uno è il raccomandarsi con qualche orazione la mattina al Signore come con l'esercizio quotidiano, o altra simil preghiera, nella quale potrebbe anche pensare alcuno di quei punti, che nell'esercizio quotidiano posto al fine dell'operetta, che gli mando composta per ordine di monsig. il cardinal Borromeo di felice memoria, potrà ritrovare: dove, siccome sono dati altri ricordi, che V.S. potrà ivi leggere, così io non mi estenderò più a lungo, che a raccomandargli oltre ciò la Messa, conforme al nostro patto.
E di più la sera non vorrei mai che andasse a letto, prima di vedere in se stessa se si sente offesa d'Iddio affine che avendo coscienza di peccato mortale, da che il Signore la guardi, faccia proposito quanto prima di scancellarlo per mezzo della Penitenza, la qual deve pensare, che allora gli sia per es‑
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ser necessaria sempre che abbia di che pentirsi, né giammai perciò aspetti tempo determinato, come di Pasqua, o altro simil tempo, poiché non ha chi l'assicuri d'esser vivo allora. Dopo, ut provideat bona coram hominibus, gli raccomando quella riverenza che deve verso parenti e signori suoi, della quale non voglio dirgli cosa alcuna, presupponendomi quanto gli sia a cuore.
Nel resto mi rimetto all'istesso Signore Iddio, che l'istruisca e indirizzi per il cammino di questa vita sino che arriviamo a quella felice Patria, nella quale per potermi vedere con lei ed altri ho io abbracciato il stato, nel quale mi ritrovo. Con questo faccio fine: e poiché l'esecuzione di quello che gli ho raccomandato, più ha da essere dalla divina grazia, che da sua industria e mia raccomandazione, perciò gli offerisco, e prometto nelle mie orazioni, qualunque elle sieno, di esser per averla sempre raccomandata nel cospetto di S.D.M. La quale la conservi ed indirizzi a quel felice fine al quale pervengono i suoi eletti.
Di Milano allì 17 di Marzo 1590.
(Da: Lettere e scritti spirituali, a cura di E. Rosa SJ, LEF, Firenze 1926, pp. 60-63)
Alla madre, pochi giorni prima della morte
111. Sig. Madre in Cristo Osserv.
Pax Christi.
La grazia e consolazione dello Spirito Santo sia sempre V.S. III. La lettera di V.S. mi ha trovato vivo in questa regione de' morti, ma su su per andare a lodare Dio per sempre nella terra de' viventi.
Pensavo a quest'ora d'aver già varcato questo passo: ma la violenza della febbre (come nell'altra scrissi) nel maggior corso e fervore rallentò un poco, e mi ha condotto lentamente fm al giorno glorioso dell'Ascensione.
Dal qual tempo per un grande concorso di catarro al petto si rinforzò, talché a mano a mano m'avvio ai dolci e cari abbracciamenti del Celeste Padre, nel cui seno spero potermi riposare con sicurezza, e sempre. E così si accordano le diverse novelle arrivate in coteste bande di me, come ne scrivo anche al Sig. Marchese. Or se la carità, come dice San Paolo, fa piangere con quelli che piangono, e rallegrarsi con
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quelli che stanno allegri, grande dovrà essere il gaudio di V.S. (signora madre) per la grazia che Dio le fa nella persona mia, conducendomi Dio Nostro Signor al vero gaudio ed assicurandomi di non aver più a perderlo.
Confesso a V.S. 111. che mi smarrisco e perdo nella considerazione della bontà divina, pelago senza riva e senza fondo, il quale mi chiama ad una eterna requie per sì piccole e brevi fatiche: m'invita e chiama al cielo, a quel sommo bene che tanto negligentemente cercai, e mi promette il frutto di quelle lagrime che tanto scarsamente ho seminate. Veda ed avvertisca V.S. 111. di non far torto a questa infinita bontà, come sarebbe senza dubbio quando piangesse come morto chi ha da vivere dinanzi a Dio per giovare colle sue orazioni più assai che non faceva di qua. Non sarà lunga questa lontananza, lassù ci rivedremo e godremo per non istaccarci, uniti insieme col nostro Redentore, lodandolo con tutte le forze, e cantando eternamente le sue misericordie.
Non dubito punto che lasciando quello che dettano le ragioni del sangue, con facilità apriremo la porta alla fede ed a quella semplice e pura ubbidienza di che siamo tenuti a Dio, offerendogli liberamente e prontamente quello ch'è suo e tanto più volentieri quanto la cosa tolta ci era più cara, stimando al fermo che quello che Dio fa, tutto è ben fatto, levandone quello che prima ci aveva dato, e non per altro che per metterlo ín loco sicuro e franco e per dargli quello che tutti vorremmo per noi. Ho detto tutto questo non per altro che per soddisfare al mio desiderio che ho che V.S. 111. con tutta la famiglia riceva in loco di caro dono questa mia partita, e con la sua materna benedizione mi accompagni ed aiuti a passare questo guado, ed a giungere a riva di tutte le mie speranze. Il che ho fatto tanto più di buona voglia quanto che non mi è restato con che altra cosa dare qualche dimostrazione dell'amore e riverenza filiale che le devo. Finisco dimandando di nuovo umilmente la sua benedizione.
Di Roma lì 10 Giugno 1591.
(Da: Lettere e scritti spirituali, cit., pp. 95-97)
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PREGHIERE
Preghiera litanica
C O Cristo, buon Pastore,
per intercessione di san Luigi Gonzaga, chiediamo di essere ispirati e guidati in tutto da autentica carità,
che si concretizzi soprattutto
nell'attenzione premurosa ad ogni persona. GT Ascoltaci, o Signore.
G — Perché sull'esempio di san Luigi Gonzaga la Chiesa continui ad additare ai giovani mète di santità e di apo‑
stolato, per dare alla loro vita pienezza di senso.
— Perché di fronte alla degradazione della società e alla perdita di senso dei valori, le Congregazioni religiose chiamate alla missione educativa contribuiscano al risanamento sociale attraverso l'educazione della gioventù, il vero segreto e Ia chiave per il miglioramento della società.
— Perché di fronte alla gioventù «abbandonata e pericolante» i Salesiani vivano una perfetta e irradiante carità, capace di portare le persone al dono totale di sé nel-l' amore.
— Perché di fronte ai calcoli egoistici sappiamo testimoniare la generosità nel servizio quotidiano delle persone, soprattutto più deboli e bisognose.
— Perché nella risposta generosa all'azione dello Spirito Santificatore, i giovani riscoprano la bellezza di vivere totalmente per Cristo e per il suo regno.
C O Dio, principio e fonte di ogni bene,
che in san Luigi Gonzaga hai unito in modo mirabile
l'austerità e la purezza,
fa' che per i suoi meriti e le sue preghiere,
se non l'abbiamo imitato nell'innocenza,
lo seguiamo sulla via della penitenza evangelica.
Per Cristo nostro Signore.
T Amen.
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Preghiera al Santo
O mite eroe di giovanile santità,
san Luigi Gonzaga,
che, ricco nelle cose di Dio,
hai abbandonato ciò
che il tempo corrode
e l'orgoglio esalta:
sii per noi esempio nel seguire Cristo
sulla via della povertà e del distacco.
Tu che hai amato con cuore puro
nella mortificazione
e nella gioia di essere dono:
insegnaci a ritrovare il volto di Gesù
in ogni sofferente
e celebrare con lui l'Eucaristia delle beatitudini.
Tu che sei stato obbediente nel mandato .
di servire Cristo nei fratelli
nei giorni della tua vita terrena:
intercedi per noi presso Dio
perché possiamo godere un giorno
del premio riservato ai servi fedeli e giusti. Amen.
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23 giugno. San GIUSEPPE CAFASSO, sacerdote. (Memoria obbligatoria)
Castelnuovo d'Asti 1811, t Torino 1860, canonizzato nel 1947.
Conterraneo di Don Bosco, ne fu anche il grande maestro nel Convitto ecclesiastico di Torino e poi il saggio consigliere e il munifico benefattore. Si distinse per il suo zelo nella formazione del giovane clero, per la solidità della sua dottrina morale, per il suo apostolato tra i carcerati e i condannati a morte, per la sua predicazione sulla misericordia di Dio. Fu proclamato patrono delle carceri d'Italia. Ricordando l'influsso da lui esercitato su Don Bosco, i Salesiani lo considerano un santo di famiglia e lo venerano con particolare devozione.
LETTURE
Lo spirito di orazione
Che il Signore pregasse durante il suo ministero evangelico, e pregasse a lungo, e frequentemente, e in molte maniere, non possiamo dubitarne perché lo dice troppo chiaro il Vangelo. L'unzione con cui parlava, la forza delle sue parole, le tenere espressioni di cui si serviva, l'impegno, la frequenza.e l'importanza con cui si intratteneva delle cose del Padre suo, tutto prova ad evidenza come quel cuore vivesse più del Cielo che della terra, e come, lavorando tra gli uomini, sapesse mantenersi staccato da tutto ed in continua unione col suo Padre celeste. Ecco il vero tipo dell'uomo apostolico, il quale peregrinando, faticando sulla terra, nello stesso tempo sa vivere e conversare in Cielo. Uomo di preghiera adunque deve essere il sacerdote, quando voglia rassomigliare a questo divin Redentore; uomo di preghiera se desidera fare del bene nel campo evangelico.
Ma come fare per avere questo spirito di preghiera e divenire veramente uomini apostolici? Non occorre cercare altri maestri; tanti buoni operai che si resero eminenti in questa scienza, e ci possono servire di grande eccitamento, furono tutti allievi della stessa scuola, tutti copiarono da questo di‑
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vin Maestro. Ad esempio di lui abbia dunque l'uomo apostolico i suoi tempi fissi per la preghiera: un po' di meditazione e di lettura spirituale, qualche visita, qualche po' d'adorazione al SS. Sacramento, la recita del S. Rosario, la rivista della giornata, e andate dicendo. — Ma io non ho tempo, dirà taluno, la salute, la testa non mi regge, non mi sono mai avvezzato, mi riesce troppo noioso e pesante; i più non la fanno. — A queste difficoltà o piuttosto scuse, io non ho che una risposta: o rinunziare a questa scuola e regolarci da noi, e quindi non essere più discepoli di questo Dio, copie di questo modello, ma seguaci del mondo e della sua dissipazione, oppure, per quanto costi, fare in modo che vi siano nella nostra giornata questi tempi. E non aveva forse da lavorare il Redentore? Eppure lasciava tutto, abbandonava ogni cosa e si ritirava da solo per raccogliersi e pregare. Quand'anche avessimo tutte le occupazioni del mondo, e fossero le opere più sante, questo tempo, ripeto che ci va; altrimenti saremo uomini materiali, perché senza anima e senza spirito, apostoli di nome, bronzi sonanti e niente più.
Oltre a questi tempi di preghiera più o meno determinati, ad imitazione sempre di questo grande maestro, dobbiamo procurare di tener rivolto il nostro cuore a Dio nel corso della giornata, prima di dar mano a qualche opera, nell'esercizio medesimo del nostro ministero e fin dopo d'aver faticato. Già si sa che per questo non c'è da stare tutta la giornata in ginocchio, né recitare continuamente preghiere vocali, ciò che nemmeno faceva il divin Redentore, e sarebbe impossibile; ma è sufficiente che il nostro cuore si porti sovente a Dio, tenga come una via aperta per mantenere una continua relazione con lui; sicché capitandoci un bisogno, trovandoci in un pericolo, abbisognando d'un qualche lume, ci sia facile portarci a lui, parlargli, farci intendere, senza che quasi ci voglia tempo né fatica.
Ecco un sacerdote di orazione: egli, se ha qualche ritaglio di tempo, lo gode, e lo consacra alla preghiera, e quando non l'ha, trova il modo di mantener viva la sua relazione con Dio per mezzo di aspirazioni, di sguardi, di slanci amorosi; non aspetta che altri gli insegni e lo ecciti, sa farlo da sé e con facilità, con destrezza, lavorando, camminando, fin anche conversando e ridendo. Di qui quella rettitudine d'intenzioni, quella franchezza nel bene che non teme né ostacoli, né
motteggi, quella maniera di operare che edifica ed incanta, quel candore, quella ilarità di volto e di tratto che attira ed alletta, quella unzione finalmente nelle sue parole, nel predicare, nel confessare, per cui la gente, sebbene non ammiri talvolta né forza di ragioni né eleganza di stile, pure ne prova un certo effetto, una tal sensazione, che il cuore ne è tocco e commosso.
(Da: Esercizi spirituali al clero, Alba 1955, pp. 224-227)
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La dolcezza e la carità
La preghiera con Dio, la dolcezza cogli uomini, ecco il corrodo dell'uomo apostolico. Colla prima ci facciamo forti con Dio, colla seconda ci rendiamo cari agli uomini; colla preghiera arriveremo ai tesori del cielo, colla dolcezza rapiremo i cuori sulla terra; e perciò con queste due virtù può dirsi in certo modo che il sacerdote si rende quasi padrone di Dio e degli uomini. Da questo ognuno vede l'importanza e la necessità di questa seconda virtù non meno che della prima. 11 divin Redentore se ne rese il modello più perfetto, sino a dirci egli medesimo: Imparate da me che sono mite (Mt 11,29). Fu dolce sempre, dovunque e con tutti, senza riserva: coi familiari e cogli estranei, coi piccoli e cogli adulti, coi ricchi e coi poveri, cogli amici e coi nemici, coi giusti e coi peccatori, fossero questi pentiti od ostinati; dolce non solo in certi giorni o periodi di tempo, ma abitualmente; dolce in tutto, nel tratto, nella sua maniera di parlare, e perfin nello sguardo; di modo che chiunque lo avesse a trattare, o soltanto lo vedesse, ne restava rapito ed innamorato, tanto era calma e placida la sua presenza. Ecco la dolcezza da imitarsi dal sacerdote. (Da: Esercizi spirituali al clero, cit., pp. 230-234)
PREGHIERE
Preghiera litanica
C Alla scuola dello Spirito Santo,
invochiamo il Padre
perché ci guidi e conduca alla Verità e alla grazia. GT Rendici docili, Signore, al tuo Spirito.
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G — Perché la Chiesa, specchio di giustizia e ispiratrice di carità pastorale, annunci instancabilmente la dignità di ogni uomo redento da Cristo.
— Perché nell'esercizio della misericordia e del perdono che salva, i ministri della Chiesa aiutino i carcerati e i condannati, sull'esempio di san Giuseppe Cafasso, a riconquistare dignità e fiducia nella vita.
— Perché gli istituti di rieducazione dei giovani siano luogo di arricchimento forte e severo di virtù sociali e comunitarie, nella ritrovata identità dei figli di Dio.
— Per quanti hanno promesso fedeltà radicale a Cristo e al suo Vangelo: perché, con l'aiuto di esperte guide spirituali e maestri di santità, siano testimoni coraggiosi del regno, accettando di morire a se stessi per portare frutti duraturi.
C O Signore, tu hai ornato di meravigliosa carità
e di invincibile pazienza
il santo sacerdote Giuseppe Cafasso;
concedi benigno a noi,
per la sua intercessione e sul suo esempio,
di crescere nella tua conoscenza
e di camminare nello spirito del Vangelo, portando frutti di opere buone.
Per Cristo nostro Signore.
T Amen.
Preghiera al Santo
O san Giuseppe Cafasso
che hai vissuto con cuore ardente
la sapienza della croce
nella compagnia di coloro che,
come i ladroni del Golgota,
ricevevano il gesto ultimo
della misericordia onnipotente del Padre:
aiutaci ad essere ún abbraccio di perdono
di fraterna solidarietà per i derelitti e tutti i giovani caduti nell'errore.
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Tu che hai amato con cuore compiaciuto le cose di Dio
sei stato amico e maestro di molte anime: insegnaci a discernere con cuore umile
saggezza prudente il progetto di vita di coloro che l'amore provvidente del Padre accosta al nostro ministero.
Con te, con tutti i santi del cielo
con i fratelli incontrati in questa vita possiamo un giorno contemplare l'eterna beatitudine di Dio. Amen.
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21 agosto. San PIO X, papa. (Memoria obbligatoria)
Riese (Treviso) 1835, t Roma 1914, canonizzato nel 1954.
San Pio X è stato chiamato il papa dell'Eucaristia e del rinnovamento liturgico. Sono note le sue iniziative a favore della comunione frequente e quotidiana dei fedeli, della prima comunione dei fanciulli, e le riforme liturgiche da lui avviate nel campo della musica sacra e dell'Ufficio divino. Ma è stata molto più vasta e ricca l'attività da lui svolta in ossequio al suo motto: «Ricapitolare in Cristo tutte le cose», per rendere la Chiesa sempre più degna della sua missione.
San Pio X è il primo cooperatore salesiano santo. Anche per questo motivo, oltre che per i suoi grandi meriti nel campo ecclesiale, la Famiglia Salesiana lo ricorda con riconoscenza e si raccomanda con fiducia alla sua intercessione per essere sempre fedele alla missione da essa compiuta nella Chiesa, in piena adesione al magistero papale.
LETTURA
Si formi Cristo in ognuno
Quale sia il cammino per giungere a Cristo non è d'uopo di ricercarlo: è la Chiesa. Giustamente il Crisostomo affermò: «La tua speranza è la Chiesa, la tua salute è la Chiesa, il tuo rifugio è la Chiesa». Per questo infatti Cristo la fondò, guadagnandola a prezzo del sangue suo; e la fece depositaria della sua dottrina e delle sue leggi, dandole insieme una ricchezza smisurata di grazie per santificazione e salute degli uomini. Scorgete dunque, o Venerabili Fratelli, quale sia in fine il dovere che parimenti a Noi ed a voi venne imposto: richiamare alla disciplina della Chiesa il consorzio umano allontanatosi dalla sapienza di Cristo: la Chiesa, a sua volta, lo sottometterà a Cristo e Cristo a Dio. Se, per benignità di Dio medesimo, Noi porteremo a buon termine queste imprese, saremo lieti di vedere il male dar luogo al bene; e udremo, per nostra felicità, una gran voce dal cielo che dirà: «Ora si è fatta la salute e la virtù e il regno del nostro Dio e la potestà del suo Cristo». Perché però tutto questo si ottenga conforme al desiderio, fa d'uopo che con ogni mezzo e fatica Noi facciamo sparir radicalmente l'enorme e detestabile scelleratezza, tutta proprietà del nostro tempo, la sostituzione cioè dell'uomo a Dio: dopo ciò, sono da rimettere nell'antico onore le leggi santissime ed i consigli del Vangelo: affermare altamente le verità insegnate dalla Chiesa e la dottrina della stessa circa la santità del matrimonio, l'educazione e l'ammaestramento della gioventù, il possesso e l'uso dei beni, i doveri verso coloro che reggono le cose pubbliche; per ultimo, restituire l'equilibrio fra le diverse classi della Società a norma delle prescrizioni e costumanze cristiane. Noi per fermo, nel sottometterci ai divini voleri, tanto Ci proponiamo di cercare nel Nostro Pontificato, e con ogni industria lo cercheremo. A voi, o Venerabili Fratelli, si spetta di assecondare il Nostro operato colla santità, colla scienza, coll'esperienza vostra, e soprattutto collo zelo della divina gloria; null'altro avendo di mira se non che si formi Cristo in ognuno.
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Quali mezzi poi sia mestieri di adoperare per conseguire sì grande scopo, sembra superfluo indicarlo; giacché son ovvii di per se stessi. Le prime vostre premure siano di formar Cristo in coloro, i quali, per dovere di vocazione, son destinati a formarlo negli altri. Intendiamo parlare dei sacerdoti, o Venerabili Fratelli. Imperocché quanti sono insigniti del sacerdozio debbono conoscere che, in mezzo ai popoli coi quali vivono, essi hanno quella missione medesima, che Paolo attestava di aver ricevuto con quelle tenere parole: «Figlioletti miei, che io genero di nuovo finché si formi Cristo in voi». Or come potranno adempiere un tal dovere, se prima essi medesimi non si siano rivestiti di Cristo? E rivestiti in tal misura da poter dire coll'Apostolo: «Vivo io, non più io, ma vive in me Cristo. Per me il vivere è Cristo». Benché a tutti sia rivolta l'esortazione di inoltrarsi verso l'uomo perfetto, nella misura dell'età della pienezza di Cristo, essa è diretta in modo particolare a coloro che esercitano il ministero sacerdotale, i quali perciò son chiamati un altro Cristo, non già solo per la comunicazione della potestà, ma anche per la imitazione delle opere, per cui debbono portare espressa in se medesimi l'immagine di Cristo.
(Dall'enciclica «E supremi apostolatus»)
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PREGH IERE
Preghiera litanica
C Al Padre di eterna gloria,
che nel suo Figlio diletto
ci ha scelti e amati prima della creazione del mondo,
rivolgiamo con fiducia la nostra preghiera
perché illuminati dal suo Spirito,
accogliamo il dono della sua presenza beatificante.
GT Benedici i tuoi figli, Signore.
G — Per il Santo Padre, e per l'intera Chiesa che egli guida come Supremo Pastore, perché, proponendo la visione dell'uomo nuovo, fondato nella santità e nella giustizia di Dio, porti l'attesa salvezza a tutti gli uomini.
— Per tutti coloro che promuovono lo sviluppo culturale, nelle varie istituzioni ecclesiali: perché la ricerca e l'insegnamento dei docenti cooperino, in comunione con i Pastori, alla scoperta sempre più profonda della verità e all'avvento del Regno nella storia.
— Per i fanciulli che si aprono al mistero della Comunione con Cristo, perché, per l'azione dei sacramenti di salvezza, crescano in età e in grazia davanti a Dio e agli uomini.
— Perché, sull'esempio di san Pio X, le nostre comunità oranti comprendano la divina grandezza della preghiera liturgica: la preghiera che il Cristo, unito al suo Corpo, eleva al Padre.
— Per i cooperatori salesiani, perché, sull'esempio del primo Cooperatore santo, realizzino la loro vocazione specifica nella Famiglia Salesiana.
C O Dio, che per difendere la fede cattolica
e unificare ogni cosa in Cristo
hai animato del tuo Spirito di sapienza e di fortezza
il papa san Pio X,
fa' che alla luce dei suoi insegnamenti
e del suo esempio,
giungiamo al premio della vita eterna.
Per Cristo nostro Signore.
T Amen.
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Preghiera al Santo
m Cristo Gesù,
eterno Pastore,
che ti sei offerto vittima di salvezza
e hai fondato la Chiesa
per celebrare la tua presenza in ogni uomo:
accogli la preghiera di intercessione
di coloro che ti hanno servito nel supremo ministero.
Cristo Signore,
che in san Pio X
hai manifestato il tuo amore per i piccoli
donandoti a loro in cibo spirituale:
rendici strumenti della tua grazia,
disponibili ad accogliere ogni cuore di fanciullo.
Cristo, sacerdote perfetto,
che hai suscitato in san Pio X
un modello privilegiato di carità pastorale,
di compiacenza spirituale,
fedeltà e zelo nel culto divino:
fa' di noi un canto di lode a te
nell'educazione e nella catechesi dei giovani. Amen.
709
24 ottobre. Beato LUIGI GUANELLA, sacerdote. (Memoria facoltativa)
Campodolcino (Sondrio) 1842, Corno 1915, beatificato nel 1964.
Si distinse per vero zelo apostolico nell'esercizio del suo ministero sacerdotale. Attirato dal carisma di Don Bosco, fu per tre anni (1875-1878) professo temporaneo della Società salesiana. Fondò poi due Congregazioni — le Figlie di S. Maria della Provvidenza e i Servi della Carità — per venire incontro ai fratelli più bisognosi, al cui servizio egli stesso volle attendere sempre con grande carità. La missione del beato Guanella ha avuto notevoli punti di contatto con quella di san Giovanni Bosco. Gli esempi del Beato irradiano una ricca luce su particolari aspetti della spiritualità e dell'apostolato salesiano.
LETTURE
È Dio che fa
Il Signore, dice san Paolo, sceglie di preferenza infirma mundi... preferisce infirma mundi... perché abbiamo a persuaderci che chi opera non siamo noi ma la grazia di Dio, che per somma bontà si degna di operare nell'uomo: nell'uomo nel quale la base di ogni benfare è nell'essere persuaso che Iddio sia tutto e lui niente: Dio perfettissimo, e l'uomo pieno di difetti.
Domanderanno parecchi: quel benedetto Don Luigi Guanella dall'esordio della sua carriera fin qui chi lo guidava? E si risponde che tutti con preghiere e con buoni consigli, ma nessuno di proposito e particolarmente.
Come poteva allora conoscere i divini voleri? Il volere di Dio è che da tutti si proceda con retta intenzione e con cuore buono e poi il Signore si fa intendere sufficientemente.
Lasciatevi dirigere dalla grazia che è in voi, e ascoltate la voce dello Spirito Santo, Iddio che parla dal fondo dei cuori vostri. Laonde alla domanda che i meno pratici fanno: «Come si fa, come si fa?» si risponde: «Domanda inutile: è Dio che fa». Non avete che volgere l'occhio addietro sulla storia della vostra fondazione per riconoscere quanto buono e generoso è stato il Signore con noi.
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Dobbiamo confessare che, per quanto colla grazia di Dio abbiamo fatto del bene, la nostra è un'opera modesta e modeste sono anche le nostre persone; ma dall'azione provvidenziale di Dio nel passato noi desumiamo con certezza che quest'Opera fu suscitata ed è assistita da Dio e che perciò, quando non venga meno la cooperazione umana, da Dio certo è destinata ad un grande e lusinghiero avvenire.
Sì, sì, è qui la ragione dei nostri progetti e dei nostri propositi... ; sì, è qui la ragione delle nostre speranze...
È il Signore Che ci benedisse direttamente nella nostra vita con prodigi continui di misericordia e di provvidenza.
La Divina Provvidenza ci ha indirizzati per questa via e conviene obbedirle.
Se queste opere che Iddio benedice sono opere di Dio, è obbligo nostro difenderle.
Non vi è chi, leggendone la storia, non gridi: «Qui vi è il dito di Dio». Siano rese vivissime grazie al Sacro Cuore di Gesù per le prove di assistenza e di benedizione, di cui ha fatto e fa oggetto il nostro caro istituto. Le nostre opere sono sgorgate dal Cuore Augustissimo di Dio, che le ha fecondate e le sostiene; e noi non possiamo meglio farle prosperare e accendere in noi il fuoco della carità, che unendoci col Cuore di Gesù Cristo per apprenderne le virtù e attingerne i favori. La grazia del Signore e la grazia del Santo Spirito, quasi fuoco di macchina di nave, mette forza per solcare il mare della vita. Bisogna che un soffio di Spirito Santo plasmi il religioso Servo della Carità e lo renda somigliante all'Istituto che, come padre, lo ha adottato.
(Dagli scritti del Beato Luigi Guanella)
Esortazioni alla carità
e alla fiducia nella Divina Provvidenza
Ogni cristiano non può contentarsi di pensare e provvedere al bene dei propri fratelli e, fra questi, ai più bisognosi di aiuto corporale e spirituale.
Di qui consegue che i Servi della Carità vogliano sentire vivo il dovere e comune il desiderio di venire in aiuto del corpo e dello spirito anche dei propri prossimi, propri fratelli, figli comuni nella famiglia del Celeste Padre.
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Bisogna «instaurare omnia in Christo»: ora, per ristorare le persone e le opere si deve compiere il desiderio del Divin Cuore, che apparendo in figura di immenso fuoco grida: «Son venuto a portare nel mondo il fuoco della carità: e che voglio io, se non che tal fuoco si accenda nel cuore degli uomini?». Oh, venga come incendio santo il fuoco della divina Carità! Mandi il Signore lo spirito della sua divina Carità: e sarà rinnovato il mondo!
Vivere inoltre in molta povertà e affidarsi completamente alla Divina Provvidenza è virtù di alta perfezione.
La Divina Provvidenza è la madre naturale e carissima dei suoi figli.
L'Opera nostra è nata e cresciuta con visibile aiuto della Provvidenza ed essa non sarà per mancare mai, purché non si traligni dallo spirito prefisso.
Quel Dio che veste i gigli del campo di abito quale mai indossò Salomone, non sarà mai per lasciar mancare alcuna cosa a chi lavora unicamente per Lui e la maggior gloria del suo Nome.
Bisogna dunque ravvivare la Fede e credere che il bene non si può fare che salendo il cammino faticoso del Calvario; che il Signore mai è venuto meno a quelli che confidano in Lui; che dolce è sempre il pane che viene dalle mani del Signore provvido, dolce specialmente quando costi sudori di fatica.
I buoni Servi della Carità che per lungo corso di anni e per tante volte in ogni giorno hanno soccorso con fede i poveri; questi buoni Servi della Carità che ancor viventi non dicevano mai «basta» nelle opere di carità e di sacrificio, saliranno con Gesù Cristo in alto e possederanno quel Regno che il Signore ha loro preparato fino dal principio della creazione. (Dal Regolamento dei Servi della Carità scritto da don Luigi Guanella nel 1910)
Lavorare con allegrezza
I membri della Piccola Casa della Divina Provvidenza devono riflettere che il Signore buono li ha scelti per sostenere e pascere e però devono corrispondere alla bontà di Dio con un proposito fermo di buona volontà.
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Lavorare devono tutti su questa terra, ma i membri di questa Piccola Casa devono occuparsi in modo più assiduo. Devono faticare per obbedire al comando del Signore che ha detto «mangerai il pane guadagnato con il sudore della tua fronte».
Devono faticare con energia, come persone le quali si offrono vittime al Signore in soddisfazione delle colpe proprie ed anche delle colpe altrui.
Devono faticare con energia allo scopo di venire in soccorso alle molteplici opere di misericordia che la provvidenza offre alle loro mani.
Devono faticare con vigore di volontà, con allegrezza di spirito, perché piacendo a Dio, possono presentare qualche buon esempio di abnegazione e così raggiungere lo scopo per cui Dio li ha chiamati in questa Piccola Casa.
Questo deve essere l'impegno giornaliero di ogni membro della famiglia.
Se le persone attuali che sono le prime arrivate nella Piccola Casa, si applicheranno in tutti i giorni alla fatica, con molta forza di volontà, non c'è dubbio che meriteranno grandemente al cospetto di Dio e prepareranno un tesoro di buon esempio e di prosperità alle persone che si aggiungeranno alla Piccola Casa.
Che il Signore buono prosperi con le benedizioni della Sua Divina Provvidenza!
(Da: Massime di Spirito e Metodo d'Azione, 1889)
PREGHIERE
Preghiera Titanica
C Fratelli carissimi,
celebrando con devoto fervore la memoria del beato Luigi Guanella, rivolgiamo a Dio, fonte della santità, gaudio e corona dei Santi tutti,
l'umile nostra supplica.
GT Ascoltaci, o Signore.
G — Perché la santità di Dio risplenda nelle parole e nelle azioni di tutti coloro che formano la Chiesa, preghiamo.
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— Perché i Pastori del gregge di Cristo e tutti i sacerdoti, nella fedeltà al Signore, compiano con umiltà e zelo il loro ministero in favore del popolo di Dio, preghiamo.
— Perché coloro che professano i consigli evangelici e aspirano alla perfezione della carità consacrino tutta la loro vita al servizio fedele di Dio e al bene di tutta la Chiesa, preghiamo.
— Perché quanti sono oppressi dalla povertà o sono afflitti dalla malattia e dalle varie tribolazioni, sappiano unire le loro sofferenze a quelle di Cristo, per la propria santificazione e la salvezza del mondo, preghiamo.
— Perché i fanciulli siano custoditi nella loro innocenza ed educati alla virtù; i giovani siano formati all'onestà, alla generosità, al sacrificio e al lavoro; gli anziani siano confortati nella loro debolezza e si preparino in una vecchiaia serena al premio eterno del Cielo, preghiamo.
— Perché la partecipazione all'Eucaristia ci faccia crescere costantemente nell'amore a Dio e nella carità verso tutti i fratelli, preghiamo.
C Sostienici sempre, o Signore,
con la tua grazia.
L'intercessione del beato Luigi Guanella
ci ottenga di imitare le sue virtù:
l'amore ardente verso l'Eucaristia,
lo zelo instancabile per la salvezza delle anime,
la serena fiducia nella divina Provvidenza,
la carità tenera verso i poveri,
specialmente verso i più bisognosi.
Per Cristo nostro Signore.
T Amen.
Preghiera al Beato
Beato Luigi Guanella
che, chiamato da Dio ad una speciale missione, fosti sorretto nelle prove e nelle difficoltà da una fede incrollabile nella Provvidenza divina, ottienici una fede sincera e operosa in Dio Padre,
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3. MEMBRI GLORIFICATI
DELLA
FAMIGLIA SALESIANA
31 gennaio. San GIOVANNI BOSCO, sacerdote.
(Solennità)
Casteinuovo d'Asti 1815, tTorino 1888, canonizzato nel 1934.
È il fondatore della nostra Società salesiana, dei Cooperatori salesiani e, unitamente a santa Maria Domenica Mazzarello, dell'istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice. Noi vediamo in lui il grande padre e maestro donato dal Signore, lo studiamo e imitiamo, ammirando in lui uno splendido accordo di natura e grazia (Cast. 21).
San Giovanni Bosco si distinse per il suo intenso apostolato tra i giovani, che volle formati cristianamente e professionalmente mediante un sistema ispirato all'insegnamento di san Francesco di Sales e fondato sulla ragione, la religione e l'amorevolezza. Seppe proporre a tutti, con le parole e con l'esempio, tre grandi ideali: l'Eucaristia, la Madonna, il Papa. Furono anche notevoli il suo impegno di scrittore e il suo zelo per le vocazioni ecclesiastiche e per le missioni. Aperto alle nuove esigenze dei tempi, diede alle sue istituzioni quel carattere di flessibilità che permette loro di prestare sempre il loro rinnovato servizio alla causa del Vangelo.
Fu dichiarato patrono degli editori cattolici italiani e dei giovani apprendisti italiani.
LETTURE (dalla «Lettera da Roma», 10 maggio 1884) Quando non si è più padri, fratelli, amici dei giovani
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Osservai e vidi che ben pochi preti e chierici si mescolavano tra i giovani e ancora più pochi prendevano parte ai loro divertimenti. I Superiori non erano più l'anima della ricreazione. La maggior parte di essi passeggiavano tra di loro parlando, senza badare che cosa facessero gli allievi; altri guardavano la ricreazione non dandosi nessun pensiero dei giovani; altri sorvegliavano così alla lontana chi commettesse qualche mancanza; qualcuno poi avvertiva ma in atto minaccioso e ciò raramente. Vi era qualche Salesiano che avrebbe desiderato di intromettersi in qualche gruppo di giovani, ma vidi che questi giovani cercavano studiosamente di allontanarsi dai maestri e Superiori.
Allora quel mio amico ripigliò: — Negli antichi tempi dell'Oratorio lei non stava sempre in mezzo ai giovani e specialmente in tempo di ricreazione? Si ricorda quei belli anni? Era un tripudio di Paradiso, un'epoca che ricordiamo sempre con amore, perché l'affetto era quello che ci serviva di regola, e noi per lei non avevamo segreti.
— Certamente! Allora tutto era gioia per me e nei giovani uno slancio per avvicinarsi a me, per volermi parlare, ed una viva ansia di udire i miei consigli e metterli in pratica. Ora però vedi come le udienze continue e gli affari moltiplicati e la mia sanità me lo impediscono.
— Va bene: ma se lei non può, perché i suoi Salesiani non si fanno suoi imitatori? Perché non insiste, non esige che trattino i giovani come li trattava lei?
— Io parlo, mi spolmono, ma purtroppo molti non si sentono più di far le fatiche di una volta.
— E quindi trascurando il meno, perdono il più e questo «più» sono le loro fatiche. Amino ciò che piace ai giovani e i giovani ameranno ciò che piace ai Superiori. E a questo modo sarà facile la loro fatica. La causa del presente cambiamento nell'Oratorio è che un certo numero di giovani non ha confidenza nei Superiori. Anticamente i cuori erano tutti aperti ai Superiori, che i giovani amavano ed obbedivano prontamente. Ma ora i Superiori sono considerati come Superiori e non più come padri, fratelli e amici; quindi sono temuti e poco amati. Perciò se si vuol fare un cuor solo ed un'anima sola, per amore di Gesù bisogna che si rompa quella fatale barriera della diffidenza e sottentri a questa la confidenza cordiale. Quindi l'obbedienza guidi l'allievo come la madre guida il fanciullo: allora regnerà nell'Oratorio la pace e l'allegrezza antica.
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Il segno dell'amore: farsi piccoli con i piccoli
— Come fare per rompere questa barriera della diffidenza?
— Familiarità coi giovani, specialmente in ricreazione. Senza familiarità non si dimostra l'amore e senza questa dimostrazione non vi può essere confidenza. Chi vuole essere amato bisogna che faccia vedere che ama. Gesù Cristo si fece piccolo coi piccoli e portò le nostre infermità. Ecco il maestro della familiarità! Il maestro visto solo in cattedra è maestro e non più, ma se va in ricreazione coi giovani diventa come fratello.
Se uno è visto solo predicare dal pulpito si dirà che fa né più né meno che il proprio dovere, ma se dice una parola in ricreazione, è la parola di uno che ama. Quante conversioni non cagionarono alcune sue parole fatte risuonare all'improvviso all'orecchio di un giovane nel mentre che si divertiva! Chi sa di essere amato, ama, e chi è amato ottiene tutto, specialmente dai giovani. Questa confidenza mette una corrente elettrica fra i giovani ed i Superiori. I cuori si aprono e fanno conoscere i loro bisogni e palesano i loro difetti. Questo amore fa sopportare ai Superiori le fatiche, le noie, le ingratitudini, i disturbi, le mancanze, le negligenze dei giovanetti. Gesù Cristo non spezzò la canna incrinata né spense il lucignolo che fumigava. Ecco il vostro modello.
Un testo perenne
per l'esame di coscienza del salesiano
Allora non si vedrà più chi lavorerà per fine di vanagloria; chi punirà solamente per vendicare l'amor proprio offeso; chi si ritirerà dal campo della sorveglianza per gelosia di una temuta preponderanza altrui; chi mormorerà degli altri volendo essere amato e stimato dai giovani, esclusi tutti gli altri Superiori, guadagnando null'altro che disprezzo ed ipocrite moine; chi si lasci rubare il cuore da una creatura e per fare la corte a questa trascuri tutti gli altri giovinetti; chi per amore dei propri comodi tenga in non cale il dovere strettissimo della sorveglianza; chi per un vano rispetto umano si astenga dall'ammonire chi deve essere ammonito. Se ci sarà questo vero amore, non si cercherà altro che la gloria di Dio e la salute delle anime.
718
Quando illanguidisce questo amore, allora è che le cose non vanno più bene. Perché si vuol sostituire alla carità la freddezza di un regolamento? Perché i Superiori si allontanano dall'osservanza di quelle regole di educazione che Don Bosco ha loro dettate? Perché al sistema di prevenire colla vigilanza e amorosamente i disordini, si va sostituendo a poco a poco il sistema, meno pesante e più spiccio per chi comanda, di bandire leggi che si sostengono coi castighi, accendono odii e fruttano dispiaceri; se si trascura di farle osservare, fruttano disprezzo per i Superiori e sono causa di disordini gravissimi? E ciò accade necessariamente se manca la familiarità. Se adunque si vuole che l'Oratorio ritorni all'antica felicità, si rimetta in vigore l'antico sistema: il Superiore sia tutto a tutti, pronto ad ascoltare sempre ogni dubbio o lamentanza dei giovani, tutto occhi per sorvegliare paternamente la loro condotta, tutto cuore per cercare il bene spirituale e temporale di coloro che la Provvidenza gli ha affidati.
Preghiere a Don Bosco
G Ho promesso a Dio
che fin l'ultimo respiro
sarebbe stato per i giovani poveri.
T È proprio la mia vita stare con loro.
G O padre dei giovani e maestro di santità, ascolta la nostra voce:
T noi seguiamo i tuoi passi
per essere presenza viva tra i giovani, per donare loro amicizia e sapienza, per crescere con loro in santità e grazia.
G Invochiamo la tua intercessione:
T per perseverare nella vocazione salesiana, per essere generosi operai nel campo di Dio, collaboratori fedeli del Papa
dei Pastori della Chiesa.
I bisogni del tempo presente
ci trovino solidali con chi è solo e indifeso,
con chi ha perso il volto del Padre
che è nei cieli
non conosce l'amore di Cristo per noi.
719
G Insegnaci, o padre dei poveri,
T a diventare profeti nel nostro mondo
per proclamare che il Regno di Dio
è nel cuore di ogni uomo.
L'infaticabile tuo zelo per la salvezza delle anime,
la profonda pietà e l'estasi dell'azione
siano per noi modello di un'esistenza vissuta
nel segno delle beatitudini
con fede coerente,
sincera amorevolezza
profonda umanità.
G Aiutaci, o amico dei giovani,
T ad amare per primi e far capire il nostro amore, a trasformare ogni giorno in un gesto di gioia per accogliere con gratitudine i giovani più dimenticati affinché ritrovino il sorriso della loro età.
G Donaci, tu che sei stato servitore fedele di Dio, T di essere partecipi al termine dei nostri giorni,
insieme a tutti coloro che abbiamo amato,
della ricompensa riservata ai giusti.
G La tua protezione e l'intercessione di Maria Ausiliatrice siano per noi la strada che conduce all'Amore. Amen.
C Signore Gesù,
che hai fatto dono totale di te
per la nostra salvezza
non permettere che facciamo noi stessi
centro della nostra vita:
T Concedi a noi di sentire la grandezza divina
l'urgenza del lavoro apostolico
di accettare con gioia i sacrifici che esso comporta.
G Tu hai donato a Don Bosco creatività, coraggio e costanza:
T concedi a noi di avere il senso del concreto, di essere attenti ai segni dei tempi.
720
Non permettere che siamo dominati dalla paura del nuovo e del rischio, ma donaci spirito d'iniziativa, coraggio e creatività apostolica.
G Tu hai donato ancora a Don Bosco
un vivo amore per la tua Chiesa:
T concedi a noi di sentire vivo
e mantenere saldo il nostro legame con la Chiesa,
col Papa e i vescovi:
solo essa, popolo di Dio, è la comunione,
il centro di unità e di vita
di tutte le forze che operano la salvezza.
C O Signore, ti preghiamo:
il nostro stile di lavoro apostolico
ci riveli continuatori della missione di Don Bosco: come lui rendici lavoratori instancabili e coraggiosi per la crescita della tua Chiesa.
T Amen.
O Signore misericordioso,
nella tua provvidenza ci hai donato san Giovanni Bosco, padre e maestro della gioventù, che, guidato dalla Vergine Maria, lavorò con infaticabile zelo per il bene della Chiesa; suscita anche in noi la stessa fiamma di carità, che ci spinga a salvare le anime e servire te solo. Per Cristo nostro Signore. Amen.
O padre e maestro della gioventù,
san Giovanni Bosco,
che hai tanto lavorato per la salvezza delle anime,
sii nostra guida
nel cercare il bene delle anime nostre
la salvezza del prossimo.
Aiutaci a vincere le passioni e il rispetto umano; insegnaci ad amare Gesù Sacramentato,
Maria Ausiliatrice e il Papa;
implora da Dio per noi una buona morte, affinché possiamo raggiungerti in Paradiso. Amen.
721
CELEBRAZIONI
PER IL TRIDUO
IN PREPARAZIONE DELLA FESTA
Conserveremo la nostra identità salesiana se avremo un rapporto vivo con Don Bosco.
La memoria frequente di lui è condizione indispensabile perché non scompaia dall'orizzonte della nostra vita. Egli vuole vivere in noi con il suo spirito, riattualizzare il carisma per incarnarlo nel nostro tempo, come frutto non solo di impegno umano, ma come un dono dello Spirito che dobbiamo invocare nella preghiera. La nostra preghiera al Signore si fa umile gratitudine perché siamo chiamati a contribuire alla salvezza della gioventù, questa porzione delicata e preziosa dell'umana società (cf Cosi. 1).
Offriamo gli schemi di tre celebrazioni, per il triduo che precede la solennità di Don Bosco, incentrandole su tre nuclei tematici differenti.
Si può esporre sull'altare, alla venerazione della comunità, una reliquia di san Giovanni Bosco o una sua immagine a modo di icona.
Schema generale della celebrazione
CANTO INIZIALE. SALUTO
INVITO
C La grazia del Signore nostro Gesù Cristo, l'amore di Dio Padre e la comunione dello Spirito Santo sia con tutti voi.
T E con il tuo spirito.
C Il Signore che ha suscitato nella Chiesa pastori santi e sapienti guidi i nostri passi sulla via della perfezione nello spirito delle beatitudini.
T Benedetto nei secoli il Signore.
C Il Signore che ci ha radunati alla scuola di Don Bosco aiuti noi tutti a imitarlo con infaticabile zelo nel servizio dei giovani.
T Benedetto nei secoli il Signore.
723
ATTO PENITENZIALE
C Per tutte le volte che ci siamo fatti servire e non abbiamo servito i giovani: Signore, pietà. T Signore, pietà.
C Per tutte le volte che non abbiamo testimoniato nella povertà generosa, nell'obbedienza serena e nella castità che è dono la nostra consacrazione religiosa: Cristo, pietà.
T Cristo, pietà.
C Per tutte le volte in cui non abbiamo rivelato un cuore
di padre tra i giovani, un senso di fraterno aiuto vicendevole e una filiale devozione a Dio: Signore, pietà.
T Signore, pietà.
ORAZIONE
C Siamo raccolti davanti a te, o Padre,
con senso di umile gratitudine.
Per tua iniziativa e non per progetto umano
è nata la Congregazione Salesiana.
Fa' che riconosciamo sempre la tua azione tra noi
e dalla presenza attiva del tuo Spirito
attingiamo energie per la nostra fedeltà
e il sostegno della nostra speranza.
Per Cristo nostro Signore.
T Amen.
ASCOLTO DELLA PAROLA
SALMO O CANTO RESPONSORIALE
LETTURA SALESIANA
RIFLESSIONE PERSONALE O GUIDATA (con omelia)
INTERCESSIONI
ORAZIONE FINALE
BENEDIZIONE E CONGEDO
CANTO A DON BOSCO
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Primo nucleo tematico:
LA PROFESSIONE DEI CONSIGLI EVANGELICI SULL'ESEMPIO DI DON BOSCO
Primo giorno: OBBEDIENZA
ASCOLTO DELLA PAROLA
— Fil 2,1-11.
— Sal 39: Rit. Ecco, io vengo per compiere la tua volontà.
LETTURE SALESIANE
— Cos/. , pp. 219-221.
— Commento in: Il Direttore salesiano, pp. 194-195.
INTERCESSIONI
C Fermi nel desiderio di seguire Cristo obbediente, per volere come lui fino in fondo
quello che vuole il Padre,
eleviamo a Dio la nostra fiduciosa preghiera.
G O Signore,
manda a noi il tuo Spirito
di amore e di verità.
T Guidaci a leggere,
con l'aiuto delle Costituzioni,
dei nostri superiori e della comunità,
i segni molteplici e complessi
della tua volontà,
e aiutaci a viverla pienamente nell'amore,
a imitazione di Cristo.
G Donaci la tua forza, o Signore.
T Perché la nostra obbedienza
sia sempre un atto di intelligenza,
di libertà e di responsabilità,
e insieme un atto di fede viva.
G Tu ci hai arricchiti di doni personali.
725
T Concedi a noi di accettare
che siamo valutati e guidati nell'esercizio
dal superiore della comunità;
e quando dovessimo sacrificare
desideri e progetti anche legittimi,
per il bene comune,
donaci la forza
di saperlo fare con fede e con gioia.
C Pr, ghiamo.
O Signore, aiutaci a vivere la nostra obbedienza come vera partecipazione alla morte di Gesù per la risurrezione nostra e dei fratelli.
In Cristo nostro Signore.
T Amen.
Secondo giorno: POVERTÀ
ASCOLTO DELLA PAROLA
- At 4,32-37.
— Sal 102: Rit. Benedici il Signore, anima mia, non dimenticare tutti i suoi benefici.
LETTURE SALESIANE
— Cast., pp. 221-223.
— Commento in: Il Direttore salesiano, pp. 195-197.
INTERCESSIONI
C Liberi e poveri per godere delle cose del mondo nella semplicità di spirito e annunciare ai giovani più disagiati la pace del Regno, preghiamo con fiducia il Signore onnipotente.
G O Signore,
che ci hai chiamati a partecipare
alla missione della Chiesa:
T Concedi che la nostra vita
sia una proposta ai giovani
del messaggio e della grazia di Cristo,
perché in loro cresca l'uomo nuovo,
Cristo Signore.
726
G Tu, che hai chiamato Don Bosco
ad annunciare la tua parola ai piccoli:
T Rendici in ogni occasione
educatori della fede;
dona a ognuno di noi zelo ardente e inventivo,
fa' che le nostre comunità,
con il loro tenore di vita sobrio e funzionale, abbiano capacità di annuncio
forza di testimonianza.
G Aiutaci con la tua grazia,
perché sappiamo condurre i giovani
alla persona di Gesù Cristo, il Signore risorto.
T La nostra scienza più eminente
sia conoscerlo,
la nostra gioia più profonda
consista nel rivelare a tutti
le insondabili ricchezze del suo mistero.
C Preghiamo.
O Signore, concedi a noi
di essere evangelizzatori di salvezza
fra í nostri giovani
nella povertà e nella gioia.
Per Cristo nostro Signore.
T Amen.
Terzo giorno: CASTITÀ
ASCOLTO DELLA PAROLA
— Rm 8,35-37. Oppure: 2 Cor 10,17-11,2.
— Sal 11: Rit. Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio.
LETTURE SALESIANE
— COSt., pp. 223-225.
— Commento in: Il Direttore salesiano, pp. 197-199.
INTERCESSIONI
C Ricchi dell'amore di Dio e aperti con cuore indiviso e donazione totale ai giovani di ogni condizione, specie i più poveri, innalziamo al Signore la nostra preghiera.
727
G O Signore, tu ci chiedi di amare
con il dono totale di noi stessi.
T Il celibato evangelico
per il regno di Dio
non è una nostra scelta,
ma un dono della tua grazia.
Con il tuo amore
aiutaci a vivere con pienezza la castità consacrata:
perché sia maturazione della nostra persona
e crescita della capacità
di apertura e comunione con gli altri.
G Tu ci chiami al celibato
per il servizio dei giovani.
T La nostra risposta di fede
sia generosa e costante
e ci renda portatori
del messaggio di purezza liberatrice.
C Preghiamo.
O Signore,
una vita evangelicamente casta
comporta sempre una sofferenza, una morte.
Concedi a noi di viverla
come partecipazione al mistero pasquale
del Figlio tuo unigenito,
affinché sia testimonianza
che l'uomo nuovo è possibile
e che la speranza non è un'illusione.
Per Cristo nostro Signore.
T Amen.
Secondo nucleo tematico:
RAGIONE, RELIGIONE, AMOREVOLEZZA
Primo giorno: RAGIONE NELLA PATERNITÀ
ASCOLTO DELLA PAROLA
— Gv 15,9-17.
— Sal 138: Rit Signore, tu mi scruti e mi conosci; sei per me provvidenza di padre e salvezza.
728
LETTURE SALESIANE
— Dal testamento spirituale di Don Bosco (MB 17,266s).
fl Direttore deve essere modello di pazienza, di carità co' suoi confratelli che da lui dipendono e perciò:
1. Assisterli, aiutarli, istruirli sul modo di adempire i proprii doveri, ma non mai con parole aspre od offensive.
2. Faccia vedere che ha con loro grande confidenza; tratti con benevolenza degli affari che li riguardano. Non faccia mai rimproveri, né dia mai severi avvisi in presenza altrui. Ma procuri di ciò fare sempre in camera caritatis, ossia dolcemente, strettamente in privato.
3. Qualora poi i motivi di tali avvisi o rimproveri fossero pubblici, sarà pure necessario di avvisare pubblicamente; ma tanto in chiesa, quanto nelle conferenze speciali non si facciano mai allusioni personali. Gli avvisi, i rimproveri, le allusioni fatte palesemente, offendono e non ottengono l'emendazione.
4. Non dimentichi mai il rendiconto mensile per quanto è possibile; ed in quella occasione ogni Direttore diventi l'amico, il fratello, il padre de' suoi dipendenti. Dia a tutti tempo e libertà di fare i loro riflessi, esprimere i loro bisogni e le loro intenzioni. Egli poi dal canto suo apra a tutti il suo cuore senza mai far conoscere rancore alcuno; neppure ricordare le mancanze passate se non per darne paterni avvisi, o richiamare caritatevolmente al dovere chi ne fosse negligente.
5. Faccia in modo di non mai trattare di cose relative alla confessione a meno che il confratello ne faccia dimanda. In tali casi non prenda mai risoluzioni da tradursi in foro esterno senza essere ben inteso col socio di cui si tratta. (...)
8. In generale poi il Direttore di una casa tratti sovente e con molta famigliarità con i confratelli, insistendo sulla necessità della uniforme osservanza delle costituzioni, e per quanto è possibile, ricordi anche le parole testuali delle medesime.
9. Nei casi di malattia osservi quanto le regole prescrivono e quanto stabiliscono -le deliberazioni capitolari.
10. Sia facile a dimenticare i dispiaceri e le offese personali e colla benevolenza e coi riguardi studii di vincere o meglio di correggere i negligenti, i diffidenti ed i sospettosi. Vincere in bono malum.
— Commento in: il Direttore salesiano, pp. 120-121.
729
INTERCESSIONI
C Innalziamo la nostra preghiera al Signore, da cui viene ogni dono perfetto, e invochiamo la sua paterna bontà perché guidi i nostri passi sulla via della ragionevolezza e dell'amore.
· O Signore, servo zelante del Padre,
T donaci il tuo Spirito:
perché siamo nelle mani di Dio uno strumento liberamente efficace della salvezza dei giovani.
· Tu, buon Pastore,
hai dato la vita per la salvezza degli uomini:
T la nostra vita sia sacramento
della tua indulgente provvidenza:
proposta ai giovani di un amore che salva.
G Tu, che hai radunato la Chiesa, comunità d'amore,
G T aiutaci a vivere in profonda amicizia
a costruire con tutte le nostre forze l'unità di coloro a cui ci mandi: perché la nostra comunità religiosa sia segno credibile della Chiesa.
C O Padre, sorgente di amore,
in Cristo ci salvi e ci mandi tra i giovani:
donaci zelo instancabile, sapiente ragionevolezza
cuore sincero,
perché, operando nell'amore, sappiamo radunarci
come unico popolo nell'unità. T Amen.
Secondo giorno: RELIGIONE NELLA FIGLIOLANZA
ASCOLTO DELLA PAROLA
- Col 1,3-12.
— Sal 24: Rit. A te, Signore, innalzo l'anima mia.
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Oppure
— Sal 32: Rit. Beato il popolo
che Dio si è scelto come eredità.
LETTURE SALESIANE
— Dalla «Lettera circolare ai Salesiani e alle FMA», 6 gennaio 1884 (MB 17,15-17).
Miei cari e amati figliuoli,
Grande consolazione io provo ogni volta che mi è dato di ascoltare parole di ossequio e di affezione da voi, miei cari figliuoli. Ma le affettuose espressioni, che con lettere o personalmente mi avete manifestato nell'augurio di buone feste e di buon capodanno, richiedono ragionevolmente da me uno speciale ringraziamento che sia risposta ai figliali affetti che mi avete esternati.
Vi dico adunque che io sono assai contento di voi, della sollecitudine con cui affrontate qualsiasi genere di lavoro, assumendovi anche gravi fatiche a fine di promuovere la maggior gloria di Dio nelle nostre case e tra quei giovanetti che la divina Provvidenza ci va ogni giorno affidando perché noi li conduciamo pel cammino della virtù, dell'onore, per la via del cielo. Ma in tanti modi e con varie espressioni mi avete ringraziato di quanto ho fatto per voi; vi siete offerti di lavorar meco coraggiosamente e meco dividere le fatiche, l'onore e la gloria in terra, per conseguire il gran premio che Dio a tutti noi tiene preparato in cielo; mi avete detto eziandio che non altro desiderate fuorché conoscere ciò che io giudico bene per voi e che l'avreste inalterabilmente ascoltato e praticato. Io gradisco queste preziose parole, cui come padre rispondo semplicemente che vi ringrazio con tutto il cuore e che voi mi farete la cosa più cara del mondo se mi aiuterete a salvare l'anima vostra.
Voi ben sapete, amati figliuoli, che vi ho accettati nella Congregazione, ed ho costantemente usate tutte le possibili sollecitudini a vostro bene per assicurarvi l'eterna salvezza; perciò se voi mi aiutate in questa grande impresa voi fate quanto il mio paterno cuore possa attendere da voi. Le cose poi che voi dovete praticare a fine di riuscire in questo gran progetto, voi potete di leggieri indovinarle.
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Osservare le nostre Regole, quelle Regole che Santa Madre Chiesa si degnò approvare per nostra guida e per il bene dell'anima nostra e per vantaggio spirituale e temporale dei nostri amati allievi. Queste Regole noi abbiamo lette, studiate ed ora formano l'oggetto delle nostre promesse, e dei voti con cui ci siamo consacrati al Signore. Pertanto io vi raccomando con tutto l'animo mio che niuno lasci sfuggire parole di rincrescimento, peggio ancora, di pentimento di essersi in simile guisa consacrato al Signore. Sarebbe questo un atto di nera ingratitudine. Tutto quello che abbiamo nell'ordine spirituale o nell'ordine temporale appartiene a Dio; perciò quando nella professione religiosa noi ci consacriamo a Lui, non facciamo altro che offerire a Dio quello che Egli stesso ci ha, per così dire, imprestato, ma che è di sua assoluta proprietà.
Noi pertanto, recedendo dall'osservanza dei nostri voti, facciamo un furto al Signore, mentre davanti agli occhi suoi ti-prendiamo, calpestiamo, profaniamo quello che gli abbiamo offerto e che abbiamo riposto nelle sue sante mani.
Qualcuno di voi potrebbe dire: ma l'osservanza delle nostre Regole costa fatiche. L'osservanza delle Regole costa fatica in chi le osserva mal volentieri, in chi ne è trascurato. Ma nei diligenti, in chi ama il bene dell'anima, questa osservanza diviene, come dice il Divin Salvatore, un giogo soave, ed un peso leggero: lugum meum sua ve est et onus meum leve. Miei cari, vogliamo forse andare in Paradiso in carrozza? Noi appunto ci siamo fatti religiosi non per godere, ma per patire e procacciarci meriti per l'altra vita; ci siamo consacrati a Dio non per comandare, ma per ubbidire. Non per attaccarci alle creature, ma per praticare la carità verso il prossimo, per amore di Dio; non per farci una vita agiata, ma per essere poveri con Gesù Cristo, patire con Gesù Cristo sopra la terra, per farci degni della sua gloria in cielo.
— Commento in: Il Direttore salesiano, pp. 42-44.
INTERCESSIONI
C O Padre, che nel Figlio ci hai resi figli, suscita in noi una profonda confidenza, perché sappiamo invocarti con cuore sincero in ogni necessità della vita.
G O Signore, che ci hai amato fmo a dare te stesso per noi,
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T mandaci il tuo Spirito d'amore, perché sappiamo donare la nostra vita per la salvezza totale dei giovani.
G O Cristo,
tu sei il modello e la sorgente
della carità pastorale:
T la nostra vita, come la tua,
attinge gioia e zelo apostolico
da una profonda gratitudine al Padre
per il dono della vocazione divina
all'intera umanità.
G Tu hai prediletto
i piccoli e gli umili:
T donaci il tuo amore per gli ultimi,
perché il nostro lavoro apostolico
renda presente nell'oggi della Chiesa e del mondo
la tua predilezione per i piccoli e i poveri.
C Concedici, o Signore,
di essere attenti ai doni che hai profuso nei tuoi figli,
e di compiere ogni giorno la tua volontà,
per formare nei giovani che ci hai affidato
la tua immagine paterna
in Cristo Gesù e nostro Signore.
T Amen.
Terzo giorno:
AMOREVOLEZZA NELLA FRATERNITA
ASCOLTO DELLA PAROLA
- I Gv 4,7-12.
— Sal 132: Rit. Quanto è buono e soave che i fratelli vivano insieme.
LETTURE SALESIANE
— Dall'Epistolario di san Giovanni Bosco (III, 26-27).
Mio caro don Tomatis,
Ho avuto tue notizie e provai gran piacere che tu abbi fatto buon viaggio e che abbi buona volontà di lavorare. Continua.
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Una tua lettera scritta a Varazze ha dato a conoscere che tu non sei in armonia con qualche tuo confratello. Questo ha fatto cattiva impressione, specialmente che si lesse pubblicamente.
Ascoltami, caro don Tomatis: un Missionario deve essere pronto a dare la vita per la maggior gloria di Dio; e non deve poi essere capace di sopportare un po' di antipatia per un compagno, avesse anche notabili difetti? Dunque ascolta quello che ci dice san Paolo: Alter alterius onera portate, et sic adimplebitis legem Christi. Caritas benigna est, patiens est, omnia sustinet. Et si quis suorum et maxime domesticorum curam non habet, est infideli deterior. [Portate i pesi gli uni degli altri, così adempirete la legge di Cristo. La carità è benigna, è paziente, tutto sopporta. E se qualcuno non si prende cura dei suoi cari, soprattutto di quelli della sua famiglia è peggiore di un infedele].
Dunque, mio caro, dammi questa gran consolazione, anzi fammi questo gran piacere, è don Bosco che te lo chiede: per l'avvenire Molinari sia il tuo grande amico, e se non lo puoi amare perché difettoso, amalo per amore di Dio, amalo per amor mio. Lo farai, non è vero? Del resto io sono contento di te, ed ogni mattina nella Santa Messa raccomando al Signore l'anima tua, le tue fatiche. (...)
Dio ti benedica, caro don Tomatis; non dimenticare di pregare per me che ti sarò sempre in Gesù Cristo.
Alassio, 7.3.76 Aff.mo amico Sac. Gio. Bosco.
— Commento in: Il Direttore salesiano, pp. 183-185.
INTERCESSIONI
C O Dio, che in Cristo ci hai fatti una sola famiglia, ascolta la nostra preghiera e raccogli il desiderio di una più efficace comunione fraterna nella disponibilità reciproca e nell'amorevolezza premurosa.
G O Cristo, nella tua vita terrena
hai accolto tutti con bontà:
T rendici persone capaci di profonda e vera amicizia,
aperti e cordiali,
pronti a fare il primo passo,
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a dare all'amore il volto del perdono
e accogliere sempre con bontà, rispetto e pazienza,
soprattutto i giovani.
Donaci un cuore grande
per amare ognuno personalmente
e tutti senza esclusione.
G A Nazaret tu hai conosciuto con Maria e Giuseppe
la gioia di una famiglia:
T concedi che nella nostra comunità
regni un vero spirito di famiglia,
un clima di matura confidenza,
e la gioia di mettere tutto in comune.
G Tu, risorto da morte, sei la speranza del mondo:
T concedi a noi quel vero ottimismo che nasce dalla fede, cresce con la speranza teologale
e con la docilità allo Spirito.
C O Signore,
che ci hai radunati nel nome di Don Bosco per essere comunità religiosa tra i giovani, donaci un cuore nuovo
aperto alla speranza e alla gioia,
capace di amare con la misura del tuo amore. In Cristo Gesù nostro Signore.
T Amen.
Terzo nucleo tematico: LE TRE DEVOZIONI:
EUCARISTIA, MARIA AUSILIATRICE, IL PAPA
Primo giorno: EUCARISTIA
ASCOLTO DELLA PAROLA
- Gv 15,1-8. Oppure: I Cor 11,23-26.
— Sal 22: Rit. Il Signore è il mio pastore, non manco di nulla.
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LETTURE SALESIANE
— Dalle Memorie dell'Oratorio (Ed. SDB, Roma 1982, p. 92).
Le pratiche di pietà si adempivano assai bene [in seminario]. Ogni mattino messa, meditazione, la terza parte del Rosario, a mensa lettura edificante. [...1 La confessione era obbligatoria ogni quindici giorni; ma chi voleva, poteva anche accostarsi tutti i sabati. La santa comunione però potevasi soltanto fare la domenica od in altra speciale solennità. Qualche volta si faceva lungo la settimana, ma per ciò fare bisognava commettere una disobbedienza. Era uopo scegliere l'ora di colazione, andare di soppiatto nell'attigua chiesa di S. Filippo, fare la comunione, e poi venire a raggiungere i compagni al momento che tornavano allo studio o alla scuola. Questa infrazione di orario era proibita; ma i superiori ne davano tacito consenso, perché sapevano e talvolta vedevano, e non dicevano niente in contrario. Con questo mezzo ho potuto frequentare assai più la santa comunione, che posso chiamare con ragione il più efficace alimento della mia vocazione.
— Commento in: Il Direttore salesiano, pp. 217-219.
INTERCESSIONI
C Nutriti con il pane della salvezza eleviamo a Dio un inno di lode e preghiamolo per farci noi eucaristia nel servizio dei giovani.
G Per la Chiesa:
nutrita dall'Eucaristia,
testimoni agli uomini la novità della risurrezione.
Preghiamo.
T Ascoltaci, o Signore.
G Per i giovani:
attingano al pane eucaristico
il coraggio della speranza che non delude.
Preghiamo.
T Ascoltaci, o Signore.
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G Per la nostra comunità: sia segno di comunione totale confermata ogni giorno dallo spezzare insieme
il pane della vita
e dall'amore fraterno e premuroso. Preghiamo.
T Ascoltaci, o Signore.
C O Dio,
che in Gesù ti sei rivelato alle genti
e infondi ai credenti il tuo Spirito di santità,
ascolta la nostra preghiera,
aiutaci nel lavoro,
sostieni noi tutti con una fede più ardente
e confermaci nel desiderio di Don Bosco
di incentrare la nostra vita e ogni nostra azione
in Cristo realmente presente nell'Eucaristia.
Egli che vive e regna nei secoli dei secoli.
T Amen.
Secondo giorno: MARIA AUSILIATRICE
ASCOLTO DELLA PAROLA
— Ap 12,1-7.13-17. Oppure: Gv 2,1-11.
— Magnificat: Rit. Io sono la serva del Signore, avvenga in me secondo la sua parola.
LETTURE SALESIANE
— Dal testamento spirituale di Don Bosco (MB 17,261).
1. Io raccomando caldamente a tutti i miei figli di vegliare sia nel parlare sia nello scrivere di non mai né raccontare né asserire che Don Bosco abbia ottenuto grazie da Dio od abbia in qualsiasi maniera operato miracoli. Egli commetterebbe un dannoso errore. Sebbene la bontà di Dio sia stata in misura generosa verso di me, tuttavia io non ho mai preteso di conoscere od operare cose soprannaturali. Io non ho fatto altro che pregare e far dimandare delle grazie al Signore da anime buone. Ho poi sempre esperimentato efficaci le preghiere e le comunioni dei nostri giovani. Dio pietoso e la sua Madre SS. ci vennero in aiuto nei nostri bisogni. Ciò si verificò specialmente ogni volta che eravamo in bisogno di provvedere ai nostri giovanetti poveri ed abbandonati, e più ancora quando essi trovavansi in pericolo delle anime loro.
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2. La Vergine Maria continuerà certamente a proteggere la nostra Congregazione e le opere Salesiane, se noi continueremo la nostra fiducia in Lei e continueremo a promuovere il suo culto. Le sue feste, e più ancora le sue solennità, le sue novene, i suoi tridui, il mese a Lei consacrato, siano caldamente inculcati in pubblico ed in privato; coi foglietti, coi libri, colle medaglie, colle immagini, col pubblicare o semplicemente raccontare le grazie e le benedizioni che questa nostra celeste benefattrice ad ogni momento concede alla sofferente umanità.
3. Due fonti di grazie per noi sono: Raccomandare preventivamente in tutte le occasioni di cui possiamo servirci per inculcare ai nostri giovani allievi che in onore di Maria si accostino ai santi sacramenti od esercitino almeno qualche opera di pietà.
L'ascoltare con divozione la Santa Messa, la visita a Gesù Sac.to, la frequente comunione sacramentale o almeno spirituale, sono di sommo gradimento a Maria, e un mezzo potente per ottenere grazie speciali.
— Commento in: Il Direttore salesiano, p. 145, n. 120.
INTERCESSIONI
C Fratelli, noi crediamo con tutta la Chiesa che Maria occupa nella storia della salvezza un posto singolare, come pure nella edificazione del corpo di Cristo. E crediamo con Don Bosco che è stata maestra e guida della nostra famiglia. A lei rivolgiamoci con fiducia.
G Perché sappiamo accettare con amore le sofferenze che sono légate al servizio apostolico che rendiamo ai giovani. Preghiamo.
T Ausiliatrice, prega per noi.
G Perché non ci lasciamo scoraggiare dagli insuccessi e restiamo sempre fedeli alla vocazione. Preghiamo.
G Perché la carità pastorale sia l'anima della nostra vita. Preghiamo.
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· Perché guardando a te, Immacolata, viviamo in pienezza la nostra consacrazione in Cristo. Preghiamo.
m Perché avendo il cuore pieno d'amore forte e filiale per te, sappiamo infonderlo nei giovani. Preghiamo.
C O Maria, nostra madre e ausiliatrice,
accogli queste nostre suppliche:
come hai guidato e assistito Don Bosco,
continua oggi e sempre
la tua protezione su ciascuno di noi,
su ogni nostra comunità,
su tutta la congregazione.
T Amen.
Terzo giorno: IL PAPA
ASCOLTO DELLA PAROLA
- 1 Pt 1,1-9.
— Sal 26: Rit. Il tuo volto, Signore, io cerco.
LETTURE SALESIANE
— Un appello di Don Bosco ai cattolici (MB 6,860s).
Non è più un mistero che si fa guerra al capo della Chiesa Cattolica per distruggere se fosse possibile, la stessa Chiesa [...]. È questo predicato senza velo in mille libercoli, opuscoli, fogli volanti, e perfino negli almanacchi, nei quali spacciatisi i più grossolani errori degli acattolici, come se fossero verità del vangelo; e si versa a piene mani lo scherno, lo sprezzo, il ludibrio sul Romano Pontefice, alle vecchie calunnie aggiungendo la sfrontatezza di spacciarle come nuovo trovato, e ciò per renderlo spregevole e quindi abbandonato da tutti.
[...] Tutti dunque i veri cattolici si uniscano alla difesa del Romano Pontificato, ossia della Cattolica Religione, e si stringano a santa unione di spirito ai patti seguenti:
1. Di aver sempre del Romano Pontefice una stima somma ed un profondo rispetto, aborrendo sempre gli errori che si spargono sulla qualità del Capo della Chiesa, ché sono eresie;
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2. Di parlar sempre di lui con sommo rispetto, rampognando anche severamente chi ne sparli in presenza nostra, e confutando, per quanto ognuno può, gli errori e le calunnie che venissero spacciate contro di lui;
3. Di rigettar lungi da sé gli infami scritti che si pubblicano contro il Papa [A e diffondendo buone scritture, anche con sacrificio di denaro;
4. Di non intervenir mai a quelle teatrali rappresentazioni dove si mette in ridicolo e si scredita Religione, Papa, Cardinali, Vescovi, preti e religiosi;
5. Di esortar altri ad unirsi a quest'associazione, e, quando si potesse intraprendere la pubblicazione di qualche stampa veramente cattolica, contribuirne alle spese e alla diffusione; [...]
7. Di pregar ogni giorno per la Chiesa e pel Romano Pontefice...
Qualunque fatica è poca quando si tratta della Chiesa e del papato (MB 5,577).
— Spunti di commento nella Lettera del Rettor Maggiore su La nostra fedeltà al successore di Pietro (ACS n. 315, 1985, pp. 3-33).
INTERCESSIONI
C Al Padre che in Cristo ha edificato la Chiesa e infonde il suo Spirito di santità e saggezza a coloro che la governano, rivolgiamo la nostra preghiera.
G Per la Santa Chiesa di Cristo:
il Signore le doni forza di unità nell'annunciare Cristo sacramento universale di salvezza. Preghiamo.
T Ascoltaci, o Signore.
G Per il Papa ...:
il Cristo che ha edificato la sua Chiesa sugli Apostoli e sui loro successori sostenga il ministero pastorale del Papa e di tutti i pastori. Preghiamo.
G Per i credenti:
trovino nel successore di Pietro garanzia e conferma della fede e crescano nell'opera di trasformazione del mondo in Cristo. Preghiamo.
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G Per la nostra comunità:
sull'esempio di Don Bosco rispetti e ami con filiale fiducia il Romano Pontefice. Preghiamo.
C O Dio, che hai scelto ... come Vescovo di Roma
e pastore della Chiesa universale:
donagli forza e coraggio nella guida del popolo di Dio, assistilo nelle difficoltà, proteggilo dal male e da coloro che attentano all'unità.
Per Cristo nostro Signore.
T Amen.
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Morirono nel 1930, furono beatificati nel 1983.
Sono i due «protomartiri della Congregazione salesiana» (Giovanni Paolo 11). Nel pieno della loro attività missionaria in Cina, subirono assieme il martirio per difendere la castità di alcune giovani cristiane insidiate dai pirati. La loro beatificazione ha avuto uno speciale valore per la Società Salesiana, in quanto ha suggellato in misura eloquente oltre un secolo del suo lavoro missionario in tutti i continenti (Giovanni Paolo H). Vuole essere anche di stimolo a un rinnovato impegno dei Salesiani per l'apostolato missionario e per l'ideale della castità.
LETTURE
Se occorressero sacrifici, conti su di noi
In data 24 maggio 1920, don Versiglia scriveva al Rettore Maggiore Don Albera:
«Sono disceso a Macao, per passare con i Confratelli e i Cooperatori di qui la festa di Maria Ausiliatrice. Il nostro cuore
in questo giorno è a Torino, presso l'altare che segna i trionfi di Maria, di Don Bosco e dell'Opera Salesiana, e vicino ai nostri Superiori, ai quali il Signore riservò in quest'anno una bella manifestazione di affetto e di attaccamento filiale, proveniente da tutto il mondo.
Quanto avremmo desiderato che il nostro caro Don Bernardini arrivasse in tempo, per presentare al Congresso gli omag‑
gi dei lontani figli della Cina! Un incidente inatteso glielo impedì. Spero che giungerà almeno in tempo per presentare a Lei, amatissimo Padre, i nostri omaggi per il suo onomastico.
Ad ogni modo, serva questa mia per assicurarla che i suoi figlioli Le sono immensamente affezionati e che di comune accordo lavorano per diffondere in questi lontani luoghi la gloria di Dio, la devozione a Maria Ausiliatrice e il buon nome della nostra cara Società.
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Se per questo scopo occorressero sacrifici, conti su di noi ché la buona volontà l'abbiamo. Non so se le forze nostre potranno corrispondere alle aspettazioni, ma il desiderio di sacrificarci è grande.
Benedica lei, amatissimo Padre, questi nostri desideri eli deponga ai piedi della Vergine Santissima, affmché li corrobori e li conduca a buon successo».
(Da: G. Bosio, Martiri in Cina, Elle Di Ci, Leumann 1977, p. 173)
Il tuo Callisto
deve essere completamente del Signore
Lettera di don Callisto Caravario alla mamma, 18 maggio 1929:
«Mia carissima Mamma,
ti scrivo oggi, mia buona mamma, col cuore pieno di gioia. Stamattina sono stato ordinato Sacerdote dal nostro Vescovo Salesiano.
Il tuo Callisto è Sacerdote in eterno. Ringrazia con me il Signore di tutto cuore per questa grazia, veramente straordinaria. Ho dovuto aspettare un poco; però il Signore non ha lasciato inesaudite le nostre preghiere. 11 grande desiderio del mio cuore ormai è esaudito.
Domani salirò all'altare per celebrare la prima Messa solenne, proprio nel giorno di Pentecoste. Il Signore scenderà per la prima volta nelle mie mani, e spero che sarà abbondante di grazie.
Che cosa ti devo dire, mia buona mamma? Che ringrazi con me il Signore e lo preghi che mi conceda di essere fedele alle solenni promesse fattegli.
Ormai il tuo Callisto non è più tuo; deve essere completamente del Signore, dedicato completamente al suo servizio. Spero che mi concederà questa grazia. Tu ormai non pensare più ad altro che a pregare affinché io possa essere un santo sacerdote, di ottimo esempio a quanti mi vedranno, tutto dedicato alla causa del Signore.
Sarà lungo o corto il tempo del mio Sacerdozio? Non lo so. L'importante è che io faccia bene, e che, presentandomi al Signore, io possa dire d'avere, con il suo aiuto, fatto fruttare le grazie che egli mi ha dato.
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Ti assicuro che domani, nella mia prima Messa, usando il calice che tu mi hai regalato, non mancherò di pregare moltissimo per te e per tutti quelli di casa. Lunedì poi celebrerò la mia seconda Messa unicamente per la famiglia. Sono sicuro che il Signore ascolterà la mia povera preghiera e vi benedirà.
Mi raccomando molto alle tue preghiere e ti assicuro che ti ricorderò ogni giorno nella santa Messa. Andando al Santuario di Maria Ausiliatrice, non dimenticarti di ringraziare
tanto la Madonna e Don Bosco per me; ringrazia anche tanto Don Cafasso, e pregali di essere i miei patroni durante il mio Sacerdozio. Che io possa con l'anima mia salvarne molte altre.
Di gran cuore ti ringrazio di tutto quello che hai fatto per me, dei sacrifici patiti e delle preghiere fatte, e di tutto cuore ti do la mia prima benedizione nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo.
Tuo
sempre aff.mo figlio Don Callisto».
(Da: G. Bosio, Martiri in Cina, cit., p. 405s)
Solo l'aiuto continuo del Signore mi può sostenere
Dall'ultima lettera di don Caravario alla mamma, dodici giorni prima del suo martirio:
«Tra qualche giorno partirò di qui con il nostro Vescovo e con alcuni giovani, che hanno finito i loro studi e ritornano a Lin-Chow. Sarà una buona settimana di barca. La strada è piena di pirati, però siamo sicuri che il Signore ci aiuterà. Anche davanti a quella gente il cuore resta calmo e tranquillo. Oh, come si sente che siamo nelle mani del buon Dio. (...) Fatti coraggio, mia buona mamma! Come vedi, la vita è un continuo patire; però nella preghiera e nella confidenza e fiducia illimitata nel Sacro Cuore di Gesù e in Maria Ausiliatrice, troveremo la pace anche in mezzo a tanti dolori. Nulla ti turbi o ti spaventi. Ogni giorno assisti alla santa Messa, fa' la santa Comunione; e quando Gesù è nel tuo cuore, dopo di averlo adorato e ringraziato, digli con fiducia tutte le tue pene; digli che pensi Lui ad aiutarti. La nostra famiglia è consacrata al Sacro Cuore; se abbiamo fiducia in Lui, certamente ci aiuterà e ci darà forza per portare la nostra croce e fare un po' di bene all'anima nostra.
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Passerà la vita e finiranno i dolori: in paradiso saremo felici. Nulla ti turbi, mia buona mamma; se porti la tua croce in compagnia di Gesù, sarà molto più leggera e piacevole. Ed ora mi raccomando a te. Mi hai mandato dei bei regali; e io, conoscendo la delicatezza del tuo cuore, li terrò proprio molto cari. Però il più bel regalo che mi puoi fare è quello di pregare molto per me. Solo l'aiuto continuo del Signore mi può sostenere nella vita di Sacerdote e dí missionario. Prega, prega molto per me, affinché sia un santo Sacerdote, unicamente dedicato all'anima mia e a quella degli altri. So che finora hai sempre pregato perché potessi arrivare al Sacerdozio. Ora che sono Sacerdote, prega perché io sia un santo Sacerdote... Vi sono tante difficoltà; bisogna vivere soli anche per parecchio tempo. Il mondo è orribile. Bisogna essere guida ai nostri cristiani: occorre quindi un'assistenza particolare del Sacro Cuore.
Tutti i giorni ti ricordo con Papà, Andrea e Vica nella Santa Messa. Ho affidato la famiglia al Sacro Cuore di Gesù; perciò sono sicuro che non vi lascerà mancare il necessario, come non lo lascia mancare a noi, che viviamo di elemosina...». (Da: G. Bosio, Martiri in Cina, cit., p. 413s)
PREGHIERE
Preghiera litanica
C Fratelli,
Cristo ci ha redenti con la sua passione e morte.
Per intercessione dei martiri
che hanno accolto la parola del Signore:
«Se qualcuno vuol venire dietro a me,
rinneghi se stesso,
prenda la sua croce ogni giorno
e mi segua»,
rivolgiamo la nostra preghiera al Padre
perché ci aiuti a rivivere
i grandi valori della passione di Gesù Redentore,
per testimoniarli e proclamarli
agli uomini del nostro tempo.
T Ascoltaci, o Signore.
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G — Per la santa Chiesa di Dio: perché, purificata dalla sofferenza dei martiri, unita al sacrificio di Cristo, diventi sempre più degna sposa del suo Signore, sacramento di salvezza e luce delle genti, preghiamo.
— Per il nostro Santo Padre: perché, con l'assistenza dello Spirito Santo, possa confermare e fortificare la fede dei pastori e dei fedeli, per una più perfetta comunione ecclesiale, preghiamo.
— Per i Pastori della Chiesa: perché, sull'esempio dei beati Luigi Versiglia e Callisto Caravario, si impegnino a realizzare una totale oblazione di sé nell'azione apostolica, per edificare con instancabile zelo il regno del Padre, preghiamo.
— Per le vocazioni sacerdotali e religiose: perché, ricordando il grande ideale di san Giovanni Bosco: «le anime da salvare», molti giovani del nostro tempo accolgano la chiamata del Signore al dono di sé nell'apostolato missionario e nella totale consacrazione ai disegni del Padre, preghiamo.
— Per i giovani della Cina: perché il sangue dei martiri diventi seme fecondo per una sempre più efficace diffusione del Vangelo tra l'immenso popolo cinese, che costituì l'ideale missionario dei martiri Luigi Versiglia e Callisto Caravario, preghiamo.
— Per tutti noi qui raccolti e per tutti i membri della Famiglia Salesiana: perché, ripensando all'intimo rapporto tra passione e missione, offriamo le nostre sofferenze per completare ciò che manca alle tribolazioni di Cristo, a vantaggio del suo Corpo, che è la Chiesa, preghiamo.
C Dio onnipotente ed eterno,
tu hai voluto che i beati martiri,
Luigi Versiglia e Callisto Caravario,
lottassero fino alla morte
per predicare il Vangelo
e diffondere la giustizia:
concedi a noi, tuoi servi,
di seguire il loro esempio
e di essere perseveranti nella carità operosa.
Per Cristo nostro Signore.
T Amen.
746
Oppure
C Celebrando il martirio dei beati
Luigi Versiglia e Callisto Caravario,
per la loro intercessione,
presentiamo a Dio le nostre preghiere.
T O Dio degli Apostoli e dei Martiri, ascoltaci.
G — Signore, che hai dato ai tuoi ministri la forza del martirio, sostieni la tua Chiesa, perché associata alla beata passione del tuo Figlio, attenda con gioia il suo ritorno nella gloria.
— Signore, che ti sei fatto servo per amore, suscita nella Chiesa ministri generosi e fedeli per l'annuncio della tua Parola e il servizio della carità.
— Signore, che chiami alla fede e alla salvezza tutti gli uomini, illumina i popoli che non hanno ancora riconosciuto la tua visita, e apri un varco nelle coscienze che si sono chiuse alla tua luce.
— Signore, che sei misericordia infinita, donaci la capacità di amare anche i nemici, e fa' che, da te perdonati, sappiamo perdonarci a vicenda con sincerità di cuore.
— Signore, che nei martiri Luigi Versiglia e Callisto Caravario ci hai dato un modello di vita eroica tutta consacrata alla causa del Regno, suscita in mezzo ai giovani nuove vocazioni alla santità, per una rinnovata primavera dello Spirito.
C Accogli, o Padre,
le nostre preghiere
e, per intercessione dei beati
Luigi Versiglia e Callisto Caravario, rendici veri amici dei Cristo tuo Figlio, perché in vita e in morte
sappiamo tenere fisso lo sguardo a lui, che vive glorioso accanto a te nei secoli. T Amen.
747
Preghiere ai Protomartiri salesiani
Un sentiero tracciato da Dio e segnato di sangue
G Padre di eterna vita,
che sostieni provvido le sorti dell'umanità
accogli il sacrificio di chi è grande nell'amore
forte nella testimonianza:
T Ascolta la nostra preghiera che a te sale nel ricordo dei beati martiri missionari Luigi Versiglia e Callisto Caravario.
G Profeta di pace
e vittima in riscatto del nostro peccato, che fai pregustare il tuo celeste banchetto a chi si è fatto agnello senza macchia:
T Sull'esempio dei martiri salesiani rendici fedeli dispensatori dei tuoi doni e instancabili apostoli tra i giovani.
G Spirito di giustizia,
che hai suscitato in mezzo a noi pastori saggi nella croce
e candidi apostoli del perdono:
T Donaci il desiderio di un cuore puro per difendere coloro che sperano nella tua grazia immortale. Amen.
Inno di ringraziamento per i testimoni della fede
Ti rendiamo grazie, o Dio, Padre santo:
tu hai guidato i beati martiri
Luigi Versiglia e Callisto Caravario
sulle vie tracciate dal tuo Figlio.
Seguendo il Cristo nello spirito delle beatitudini,
vissero in pienezza la loro vocazione battesimale,
sacerdotale e religiosa,
completamente disponibili ai tuoi disegni.
Con fede viva e generosa
hanno tradotto il loro ardore apostolico
748
in una totale oblazione di sé,
rendendo testimonianza della loro carità
e difendendo con coraggio la dignità e la virtù
del gregge loro affidato.
In loro tu ci vai svelando
nuovi tratti di santità salesiana
indichi a noi tutti un rinnovato impegno apostolico che non teme oltraggio e dura fatica, che non si arrende alle tenebre di questo mondo
con l'offerta della vita diviene luce di salvezza per coloro che sperano nel tuo volto. Per l'intercessione di questi nostri primi martiri
con il dono del tuo Spirito
fa' che siamo sempre disponibili
a compiere la tua volontà
nella gioia della comunione fraterna
nella prova crocifiggente per il bene dei giovani e l'edificazione della Chiesa. Amen.
749
6 maggio. San DOMENICO SAVIO, adolescente. (Festa)
Riva di Chieri (Torino) 1842, t Mondonio (Asti) 1857, canonizzato nel 1954.
Alunno prediletto di san Giovanni Bosco, seppe raggiungere un alto grado di santità, vissuta nella gioia e nutrita di pietà sacramentale e mariana. È uno dei frutti più belli del sistema educativo di Don Bosco, mirabile esempio di purezza e di carità apostolica.
Segno delle meraviglie della grazia negli adolescenti, è venerato dai Salesiani come particolare protettore (Cost. 9). È anche patrono dei «pueri cantores».
Il messaggio lasciato dal santo quindicenne è di grande utilità per tutti gli educatori cristiani, soprattutto per i Salesiani, eredi del ricco patrimonio pedagogico di Don Bosco. Invitando i giovani loro affidati a imitare gli esempi del «giovane santo» e raccomandandoli alla sua intercessione, li aiuteranno ad essere autentici e coraggiosi testimoni di Cristo tra i loro coetanei.
LETTURE
Gesù e Maria, siate voi sempre gli amici miei
È proprio dell'età volubile della gioventù cambiar sovente proposito intorno a quello che si vuole; perciò non di rado avviene che oggi si delibera una cosa, domani un'altra; oggi una virtù praticata in grado eminente, domani l'opposto; e qui se non c'è chi vegli attento, spesso va a terminare con mal esito un'educazione che forse poteva riuscire delle più fortunate. Del nostro Domenico non fu così. Tutte quelle virtù, che noi abbiamo veduto nascere e crescere nei vari stadi di sua vita, crebbero sempre meravigliosamente e crebbero insieme senza che una fosse di nocumento all'altra.
Venuto nella casa dell'Oratorio, si recò in mia camera per darsi, come egli diceva, interamente nelle mani dei suoi superiori. Il suo sguardo si posò subito su di un cartello, sopra cui a grossi caratteri sono scritte le seguenti parole che soleva ripetere San Francesco di Sales: Da mihi animas, cetera tolle. Lesse attentamente, ed io desideravo che ne capisse il significato; perciò l'invitai, anzi l'aiutai a tradurle e cavar questo senso: O Signore, datemi anime, e prendetevi tutte le altre cose. Egli pensò un momento e poi soggiunse: «Ho, capito: qui non si fa negozio di denaro, ma negozio di anime, ho capito; spero che l'anima mia farà anche parte di questo commercio».
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Il suo tenor di vita per qualche tempo fu del tutto ordinario; né altro vi si ammirava che un'esatta osservanza delle regole della casa. Si applicò con impegno allo studio. Attendeva con ardore a tutti i suoi doveri. Ascoltava con delizia le prediche. Aveva radicato nel cuore che la parola di Dio è la guida dell'uomo per la strada del cielo; quindi ogni massima udita in una predica era per lui un ricordo invariabile che più non dimenticava.
Ogni discorso morale, ogni catechismo, ogni predica, quantunque prolungata, era sempre per Iui una delizia. Udendo qualche cosa che non avesse ben inteso, ne domandava tosto la spiegazione. Di qui ebbe inizio quell'esemplare tenor di vita, quell'esattezza nell'adempimento dei doveri, oltre cui difficilmente si può andare.
Per essere ammaestrato intorno alle regole e la disciplina della casa, egli con bel garbo procurava di avvicinarsi a qualcheduno dei suoi superiori; lo interrogava, gli domandava lumi e consigli, supplicando di volerlo con bontà avvisare ogni volta che lo vedesse trasgredire i suoi doveri. Né era meno lodevole il contegno che usava coi compagni. Vedeva egli taluno dissipato, negligente nei proprii doveri, o trascurato nella pietà? Domenico lo fuggiva. C'era un compagno esemplare, studioso, diligente, lodato dal maestro? Costui diveniva tosto amico e familiare di Domenico.
Avvicinandosi la festa dell'Immacolata Concezione di Maria, il Direttore diceva tutte le sere qualche parola d'incoraggiamento ai giovani della casa, affinché ciascuno si desse sollecitudine a celebrarla in modo degno della gran Madre di Dio; ma insistette specialmente perché ciascuno chiedesse a questa celeste protettrice quelle grazie di cui avesse conosciuto aver maggior bisogno.
Correva l'anno 1854 in cui i cristiani di tutto il mondo erano in una specie di spirituale agitazione, perché a Roma si trattava della definizione dogmatica dell'Immacolato Concepi‑
mento di Maria. Anche tra di noi si faceva quanto la nostra condizione comportava per celebrare quella solennità con decoro e con frutto spirituale dei nostri giovani.
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Il Savio era uno di quelli che si sentiva ardere dal desiderio di celebrarla santamente. Egli scrisse nove fioretti, ovvero nove atti di virtù da praticarsi, estraendone a sorte uno per giorno. Si preparò e fece con piacere dell'animo suo la confessione generale, e si accostò ai santi Sacramenti col massimo raccoglimento.
La sera di quel giorno, 8 dicembre, compiute le sacre funzioni di chiesa, col consiglio del confessore, Domenico andò avanti l'altare di Maria, rinnovò le promesse fatte nella prima Comunione, poi disse più e più volte queste precise parole: «Maria, vi dono il mio cuore; fate che sia sempre vostro. Gesù e Maria, siate voi sempre gli amici miei; ma per pietà, fatemi morire piuttosto che mi accada la disgrazia di commettere un solo peccato».
Presa così Maria per sostegno della sua divozione, la sua morale condotta apparve così edificante e congiunta a tali atti di virtù che ho cominciato fin d'allora a notarli per non dimenticarmene.
(G. Bosco, Vita di san Domenico Savio, Elle Di Ci, Leumann 1978, pp. 33-36)
La frequenza ai santi sacramenti della Confessione e Comunione
È provato dall'esperienza che i più validi sostegni della gioventù sono i sacramenti della Confessione e della Comunione. Datemi un giovanetto che frequenti questi Sacramenti, voi lo vedrete crescere nella giovanile, giungere alla virile età e arrivare, se così piace a Dio, fmo alla più tarda vecchiaia con una condotta, che è l'esempio di tutti quelli che lo conoscono. Questa massima la comprendano i giovanetti per praticarla; la comprendano tutti quelli che si occupano della loro educazione per insinuarla.
Prima che il Savio venisse a dimorare all'Oratorio frequentava questi due Sacramenti una volta al mese, secondo l'uso delle scuole. Poi li frequentò con assai maggiore assiduità. Un giorno udì dal pulpito questa massima: Giovani, se volete perseverare nella via del cielo, vi si raccomandano tre cose: accostatevi spesso al sacramento della Confessione, frequentate la santa Comunione, sceglietevi un confessore cui osiate aprire il vostro cuore, ma non cambiatelo senza necessità.
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Domenico comprese l'importanza di questi consigli. Cominciò a scegliersi un confessore, che tenne regolarmente tutto il tempo che dimorò tra noi. Affinché questi potesse poi formarsi un giusto giudizio della sua coscienza, volle, come si disse, fare la confessione generale. Cominciò col confessarsi ogni quindici giorni, poi ogni otto giorni, comunicandosi con la medesima frequenza. Il confessore, osservando il grande profitto che faceva nelle cose di spirito, lo consigliò a comunicarsi tre volte alla settimana e, nel termine di un anno, gli permise anche la Comunione quotidiana.
Fu qualche tempo dominato dagli scrupoli; perciò voleva confessarsi ogni quattro giorni ed anche più spesso; ma il suo direttore spirituale non glielo permise e lo tenne all'obbedienza della confessione settimanale.
Aveva con lui una confidenza illimitata. Anzi, gli parlava con tutta semplicità delle cose di coscienza anche fuori di confessione. Qualcheduno lo aveva consigliato a cambiar qualche volta confessore, ma egli non volle mai arrendersi: «Il confessore, — diceva, — è il medico dell'anima, né mai si suole cambiar medico se non per mancanza di fiducia in lui, o perché il male è quasi disperato. Io non mi trovo in questi casi. Ho piena fiducia nel confessore che con paterna bontà e sollecitudine si adopera pel bene dell'anima mia; né io vedo in me alcun male che egli non possa guarire». Tuttavia il direttore ordinario lo consigliò a cambiar qualche volta confessore, specialmente in occasione degli esercizi spirituali; ed egli senza opporre difficoltà ubbidiva prontamente.
Il Savio godeva di sé medesimo. «Se ho qualche pena in cuore, — egli diceva, — vado dal confessore, che mi consiglia secondo la volontà di Dio; giacché Gesù Cristo ha detto che la voce del confessore per noi è come la voce di Dio. Se poi voglio qualche cosa di grande, vado a ricevere l'Ostia santa in cui si trova corpus quod pro nobis traditum est, cioè quello stesso corpo, sangue, anima e divinità, che Gesù Cristo offerse al suo Eterno Padre per noi sopra la croce. Che cosa mi manca per essere felice? Nulla in questo mondo: mi manca solo di poter godere svelato in cielo colui, che ora con occhio di fede miro e adoro sull'altare».
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Con questi pensieri Domenico viveva i suoi giorni veramente felici. Di qui nasceva quella ilarità, quella gioia celeste che traspariva in tutte le sue azioni. Né pensiamo che egli non comprendesse l'importanza di quanto faceva, e non avesse un tenor di vita cristiana, quale si conviene a chi desidera fare la Comunione frequente. Perché la sua condotta era per ogni lato irreprensibile. Io ho invitato i suoi compagni a dirmi se, nei tre anni che dimorò fra noi, avessero notato nel Savio qualche difetto da correggere o qualche virtù da suggerire; ma tutti asserirono d'accordo che in lui non trovarono mai cosa che meritasse correzione; né avrebbero saputo quale virtù aggiungere in lui.
La sua preparazione a ricevere la santa Eucaristia era pia, edificante. La sera che precedeva la Comunione, prima di coricarsi faceva una preghiera a questo scopo e conchiudeva sempre così: «Sia lodato e ringraziato ogni momento il santissimo e divinissimo Sacramento». Al mattino poi premetteva una sufficiente preparazione; ma il ringraziamento era senza limite. Per lo più, se non era chiamato, dimenticava la colazione, la ricreazione e talvolta persino la scuola, perseverando nell'orazione o meglio nella contemplazione della divina bontà che in modo ineffabile comunica agli uomini i tesori della sua infinita misericordia.
Era per lui una vera delizia il poter passare qualche ora dinanzi a Gesù Sacramentato. Almeno una volta al giorno andava invariabilmente a fargli visita, invitando altri ad andarvi in sua compagnia. La preghiera a lui prediletta era una coroncina al Sacro Cuore di Gesù, per compensare le ingiurie che riceve dagli eretici, dagli infedeli e dai cattivi cristiani.
Affinché le sue Comunioni fossero più fruttuose e, nel tempo stesso, in ciascun giorno gli dessero nuovo eccitamento a farle con fervore, egli si era prefisso ogni giorno un fine speciale.
(G. Bosco, Vita di san Domenico Savio, cit., pp. 61-64)
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PREGHIERE
Preghiera Manica
C Fratelli carissimi,
la santità è segno della presenza dello Spirito che opera in mezzo a noi fino alla fine dei tempi. Per intercessione di san Domenico Savio preghiamo insieme e diciamo:
T Dio, sorgente di ogni santità, ascoltaci.
G — Perché la Chiesa, animata dallo Spirito Santo, dispieghi al mondo la creazione nuova, inaugurata dalla risurrezione di Cristo, preghiamo.
— Perché lo Spirito del Signore continui a suscitare nella Chiesa giovani aperti e generosi, interamente consacrati al regno di Dio e al servizio dei fratelli, preghiamo.
— Perché lo Spirito, che muove e guida la Chiesa, susciti vocazioni educative che aiutino i fratelli a realizzarsi secondo il progetto di Cristo, uomo nuovo, preghiamo.
— Perché il Signore conceda alle nostre comunità la grazia di essere nella Chiesa e nel mondo il segno dell'amore di Dio che crea, redime e santifica, preghiamo.
C O Signore, che in san Domenico Savio hai donato agli adolescenti un mirabile esempio di pietà e purezza: concedi a noi, per sua intercessione, di servirti con animo puro e sincero. Per Cristo nostro Signore.
T Amen.
Preghiere al Santo
O san Domenico Savio,
che alla scuola di Don Bosco
imparasti a percorrere le vie della santità giovanile,
aiutaci a imitare il tuo amore a Gesù,
la tua devozione a Maria,
il tuo zelo per le anime;
e fa' che, proponendo anche noi di voler morire piuttosto che peccare,
otteniamo la nostra eterna salvezza. Amen.
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O san Domenico Savio,
che nella preghiera, nel sacrificio e nella gioia,
seguendo la guida di Don Bosco,
hai raggiunto in breve tempo la perfezione,
dona alla nostra vita
entusiasmo e costanza
nel servizio del Signore.
Proteggi i giovani che incontriamo
perché crescano puri e generosi
aperti nel dialogo con i genitori e gli educatori,
portatori di novità e di gioia.
Dona a noi di essere, come Don Bosco,
amici di Dio e dei giovani,
veri educatori della fede,
perché il nostro lavoro
produca frutti di grazia e di santità. Amen.
Signore, Dio della vita e della gioia,
tu hai donato alla Chiesa Domenico Savio
come segno di speranza e santità giovanile.
Concedi ai nostri giovani
di crescere come lui
nella purezza e nell'amore.
E dona a noi di essere,
come Don Bosco,
veri educatori della fede,
seminatori di gioia e santità. Amen.
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13
maggio.
Santa
MARIA DOMENICA MAZZARELLO, vergine. (Festa)
Mornese (Alessandria) 1837, t Nizza (Asti) 1881, canonizzata nel 1951.
Dedita all'apostolato fin dalla giovinezza, fu poi umile discepola di san Giovanni Bosco. Con lui fondò l'Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice, che ha come scopo l'educazione delle giovani e delle fanciulle, specialmente le più povere. Religiosa esemplare, governò il suo Istituto con grande saggezza. Per le grandi doti umane e cristiane di cui fu ricca, è modello di vita, non solo per le Figlie di Maria Ausiliatrice, ma anche per gli altri membri della Famiglia Salesiana che perseguono il grande ideale dell'apostolato giovanile.
LETTURE
Da una lettera del 20 ottobre 1879
Ci avviciniamo alla festa dell'Immacolata. La nostra S. Regola vuole che la celebriamo con gran solennità. Ma oltre a questo, deve essere una delle più belle feste per noi, che siamo Figlie di Maria. Bisogna che piantiamo dei bei fiori nel nostro cuore per poi fare un bel mazzo da presentare alla carissima mamma Maria SS. Bisogna che, in questi giorni che ancora ci rimangono, ci esercitiamo proprio in tutte le virtù, ma specialmente nell'obbedienza e nella mortificazione. Non lasciamo passare nessuna occasione senza mortificarci in qualche cosa; soprattutto mortifichiamo la nostra volontà, siamo esatte nell'osservanza delle nostre Sante Regole. Facciamo tutte le mattine la Comunione con fervore. Nel tempo degli Esercizi abbiamo acceso il fuoco nel nostro cuore, ma se ogni tanto non scuotiamo la cenere e non vi mettiamo della legna, esso si spegnerà. Adesso è proprio il tempo di ravvivare il fuoco. Per la festa dell'Immacolata e poi del S. Natale bisogna che ci infervoriamo tanto, tanto da mantenerci infervorate fino alla morte. Mettiamoci davvero dunque, e con coraggio e buona volontà tutte quante; può darsi che per qualcuna di noi sia l'ultima volta che facciamo questa bella festa.
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Per tutte poi il tempo passa e in punto di morte saremo ben contente di averla celebrata bene e con fervore. Allora ci ricorderemo di tutte le piccole mortificazioni fatte e, oh! quanta consolazione proveremo! Bisogna battere e schiacciare l'amor proprio e poi il nostro cuore sarà tranquillo in quel punto. Volete dunque, che tutte ci mettiamo proprio con impegno e con vera volontà? Rispondetemi tutte di «sì»! (...) Quel che più vi raccomando si è che siate esatte nella osservanza della S. Regola, già lo sapete che basta questo per farci sante. Gesù non vuole altro da noi. Se è vero che lo amiamo, diamogli questo piacere e accontentiamo il suo Cuore che tanto ci ama.
Ditemi un po': vi volete tutte bene? Vi usate carità l'una verso l'altra? Spero di sì, ma anche queste cose vi sarà da perfezionare. Dunque, per far piacere alla nostra cara madre Maria SS., vi userete, le une verso le altre tutta la carità, vi aiuterete nei lavori, vi avviserete con dolcezza e prenderete sempre in buona parte gli avvertimenti da chiunque venissero dati. Coraggio mie figlie, questa vita passa presto e in punto di morte non ci restano che le nostre opere; l'importante è che siano state fatte bene. I capricci, la superbia, la vanità di voler sapere e di non voler sottomettersi a chi non abbia genio, in punto di morte ci sarà di gran confusione.
Ancora una cosa, mi raccomando di nuovo gran confidenza con la Direttrice, e buon esempio a voi e alle ragazze; pazienza lunga e dolcezza senza misura. Ancora una cosa vi raccomando: di star sempre allegre, mai tristezza che è la madre della tiepidezza.
(Da: Lettere di S. Maria Domenica Mazzarello, a cura di M.E. Posada, Ancora, Milano 1975, pp. 107-109)
Consigli a una missionaria in partenza (17 gennaio 1881)
Sentite il primo ricordo che vi dò, è che non dovete mai avvilirvi, scoraggiarvi dei vostri difetti; grande umiltà e grande confidenza con Gesù e Maria e credete sempre che senza di Lui non siete capace che a far male.
Secondo: operate sempre alla presenza di Gesù e di Maria col tenervi sempre unita alla volontà dei vostri Superiori. Tenetevi presente questo pensiero nelle vostre opere: se vi fossero i miei Superiori, farei, parlerei in questo modo?
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Procurate sempre che la vostra umiltà sia sempre senza mescolanza di interesse proprio; state attenta di osservare bene le nostre sante Regole e invigilate che da tutte vi sía questa osservanza esattissima. Non permettere mai che si introduca il minimo abuso di rilassamento per qualunque motivo. Abbiate sempre una grande carità uguale verso tutte, ma mai particolarità, intendete neh, se vi fossero di quelle che, per esempio, vi manifestassero certa affezione col pretesto che vi amano perché hanno confidenza e perciò possono dirvi tante cose — ma in realtà sono sciocchezze — e vorrebbero sempre esservi vicine per adularvi, per carità, disprezzate queste sciocchezze, vincete il rispetto umano: fate il vostro dovere e avvertitele sempre. Se vi terrete in mente queste cose, vi resterà uno spirito che piacerà al Signore ed Egli vi benedirà e vi illuminerà sempre più e farà sì che conoscerete la Sua volontà. Coraggio, coraggio; facciamoci sante e preghiamo sempre l'una per l'altra; non dimentichiamo mai il nostro unico scopo che è quello di perfezionarci e farci sante per Gesù.
L'ultimo ricordo che vi dò è questo ancora: quando la croce vi sembrerà pesante, date uno sguardo alla croce che teniamo al collo e dite: Oh, Gesù, voi siete tutta la mia forza e con voi i pesi diventano leggeri, le fatiche soavi, le spine si convertono in dolcezze. Ma, mia cara, dovete vincere voi stessa, se no tutto diventerà pesante e insoffribile.
(Da: Lettere..., cit., p. 185s)
Viveva amorosamente unita a Dio
Studiando la vita di Maria Domenica Mazzarello ci si accorge che alla base più profonda di essa c'è un'attrattiva segreta simile a una calamita: Dio. Lo si vede nell'infanzia e nella preadolescenza che sono come fasciate dal pensiero di Dio, che vede e sa tutto. Alla Valponasca domina sovrana «la finestrella della contemplazione», sempre aperta sulle sue giornate dure di lavoro e magari sulle sue veglie notturne. Da Figlia dell'Immacolata s'intensifica in lei l'esercizio del vivere alla presenza di Dio. Entrata nell'orbita di Don Bosco, assume in pieno il «Da mihi animas, cetera tolle» come programma di preghiera e unione con Dio e come impegno di «lavoro e temperanza». Da Figlia di Maria Ausiliatrice, Vicaria e Madre, non cessa di portare le sorelle all'impegno di vivere costantemente alla presenza di Dio nel servizio concreto alla gioventù bisognosa.
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Il teologo Giuseppe Cannonero, poi Vescovo di Asti, nella commemorazione centenaria della nascita della santa, nel 1937, affermò: «La vita di lei, pure nella sua brevità, pure nella delicatezza della sua salute, si presenta in un complesso di iniziative e di opere che impressiona e colpisce. Ma non dimentichiamo che bisogna salire alla sorgente, e la sorgente è la pienezza della sua vita interiore... Se ebbe divoratrice la fiamma dell'attività esteriore, tutta la sua vita porta il segno di un'altra febbre ancora più divoratrice: la febbre dell'orazione; la febbre del colloquio con Dio; la febbre dell'elevazione della mente alla contemplazione delle grandi realtà della vita soprannaturale». Sr. Lina Dalcerri, riportando queste parole, commenta: «Si è realizzata in lei la beatitudine della semplicità evangelica, a cui il Padre si compiace rivelare i misteri del regno di Dio e la sua divina presenza. E giunse a questo incontro con Dio, non attraverso i libri e la cultura..., ma ad opera dell'illuminazione interiore dello Spirito Santo. Per essa, il Signore Gesù divenne il contenuto della sua vita che prese a ruotare intorno a Lui, da Lui improntata, dominata, posseduta. Dio ne aveva invaso l'anima con il suo irruente amore, per essere in lei il Primo e l'Unico». Come è possibile che una contadina, attivissima nei duri lavori dei campi, pensi di continuo a Dio? Dio l'attraeva, l'affascinava. Maria Domenica aveva compreso già fin d'allora che Dio è tutto per l'uomo, e che fuori di Dio non si è veramente e pienamente uomini. Non ci si trova più di fronte a una giovane che fa sforzi umani imponenti di «esercizio» di presenza di Dio (come spesso e lodevolmente forse abbiamo fatto noi nel noviziato, magari senza grandi risultati), ma a una vicendevole, attraente presenza d'amore.
L'amica Petronilla aveva compreso perfettamente il vero segreto di Maria Domenica, affermando: «Maria non solo pensava continuamente a Dio, ma viveva alla sua presenza, e, più ancora, viveva amorosamente unita a Lui». La preghiera era il respiro della sua vita.
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C'è in lei una piena identità tra ciò che appare e ciò che è; tra ciò che pensa e ciò che dice e fa. C'è in lei una totale trasparenza che lascia intravedere, come sullo sfondo del greto di un limpido torrente, il motivo vero, l'unico del suo vivere ed operare: Dio sommamente e intensamente amato. E ciò senza apparente sforzo, senza ombra di posa, con la più grande naturalezza, semplicità, spontaneità e sincerità. E proprio questa umile semplicità, questa raggiunta libertà interiore (ed esteriore) che resta la segreta tonalità della sua vita spirituale, della sua fede semplice e vivissima, del suo indomito coraggio, della sua costante allegria, del suo profondo equilibrio, della sua grande capacità di discernimento spirituale; soprattutto resta il segreto del suo modo di amare di un amore, ad un tempo, vero, intenso, delicato, ma senza complicazioni sentimentali, senza debolezze: un amore forte.
Il pensiero di Dio, l'intimo colloquio con Lui era ormai diventato il ritmo normale della sua vita, il suo atteggiamento di fondo. Nulla riusciva più a distrarla: «Anche in mezzo alle occupazioni teneva lo spirito incessantemente unito a Dio, con frequenti slanci e ardenti giaculatorie... Aveva l'occhio rivolto a Dio solo». Da tutto, con molta naturalezza, pigliava occasione per parlare di Dio e per farlo lietamente amare. (Da: A. Kothgasser, La finestrella della Valponasca, Roma 1981, pp. 51-55)
PREGHIERE
Preghiera Manica
C Rendiamo grazie a Dio,
da cui proviene ogni dono perfetto, per la santità che risplende in santa Maria Domenica Mazzarello, e diciamo insieme:
T Benedici la tua opera, Signore.
G — Per il senso profondo della presenza di Dio, che santa Maria Domenica attinse nella contemplazione delle verità della fede e nell'adorazione di Gesù Eucaristia, concedi anche a noi di orientare la nostra vita sull'amore di Dio.
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— Per lo stile di laboriosità e semplicità, che ha caratterizzato la vita di santa Maria Domenica, concedi a noi di esprimere col nostro lavoro la collaborazione alla tua azione di salvezza.
— Per l'ardente apostolato di evangelizzazione delle giovani, radunate nel nome di Maria, concedi a noi di essere educatori della fede e formatori di coscienze pure.
— Per la fedeltà intuitiva al carisma di Don Bosco, che sprigionò nuove energie apostoliche in santa Maria Domenica, concedi a noi di essere fedeli esecutori del progetto educativo di Don Bosco.
— Per il dono della gioia che santa Maria Domenica ha saputo infondere nelle sue compagne, concedi anche a noi di gustare e diffondere la gioia della fraterna unione nella tua carità.
C O Signore,
che in santa Maria Domenica Mazzarello
ci proponi un modello luminoso
di vita cristiana e religiosa,
per l'umiltà profonda e l'ardente carità che la distinsero;
concedi che in semplicità di spirito cerchiamo la tua verità
e ne siamo testimoni nella nostra vita.
Per Cristo nostro Signore.
T Amen.
Oppure
C Preghiamo il Signore
che si rivela ai semplici e agli umili di cuore. T Ascoltaci, o Signore.
G — Per la Chiesa: perché segua il suo Signore nella scelta degli strumenti deboli e poveri, preghiamo.
— Per le Figlie di Maria Ausiliatrice: perché seguendo gli esempi di santa Maria Domenica Mazzarello siano fedeli alla loro vocazione e missione, preghiamo.
— Per le giovani: perché realizzino l'ideale cristiano della donna e rispondano all'appello di seguire Cristo più da vicino, preghiamo.
— Per noi qui presenti: perché sappiamo imitare l'umiltà, la fortezza e lo zelo apostolico della Santa, preghiamo.
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C O Signore, Dio di misericordia e di bontà, ascolta le nostre preghiere
ricolma dei tuoi doni
tutti coloro che lavorano all'avvento del tuo regno. Per Cristo nostro Signore.
T Amen.
Preghiere alla Santa
O santa Maria Domenica Mazzarello, che, vivendo distaccata dal mondo e unita a Dio, praticasti le più elette virtù,
ottieni alle tue Figlie
a tutti i membri della Famiglia Salesiana la grazia di imitare fedelmente i tuoi esempi nell'umiltà e semplicità,
nella carità, nell'angelica purezza,
nello spirito di sacrificio,
nella devozione a Maria Ausiliatrice
nell'amore all'Eucaristia. Amen.
O santa Maria Domenica Mazzarello, che, docile all'azione di Dio, hai vissuto con fedeltà creativa il progetto educativo di Don Bosco,
intercedi per noi presso il Padre perché possiamo, sul tuo esempio, donarci totalmente ai giovani, per realizzare con loro la santità salesiana a cui siamo chiamati. Amen.
Santa Maria Domenica Mazzarello,
tu che a Mornese hai creato «la casa dell'amor di Dio»,
aiutaci ad annunciare con la vita
la gioia della Risurrezione
e a costruire comunità
ricche di interiorità e di speranza,
dove i giovani si sentano accolti,
e dove la vita di ogni giorno,
vissuta nella operosa carità e nella gioiosa semplicità,
continui il «Magnificat» di Maria. Amen.
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29 ottobre. Beato MICHELE RUA, sacerdote.
(Memoria obbligatoria)
Torino 1837, t Torino 1910, beatificato nel 1972.
Discepolo di Don Bosco, poi salesiano, don Michele Rua seppe progredire costantemente nella via della santità. Valido collaboratore di Don Bosco, ne fu il primo successore nel governo della Società salesiana, al cui sviluppo attese con diligenza e impegno.
Fu grande esempio di fedeltà a Don Bosco, di cui si può considerare il vero erede spirituale, distinguendosi per l'ardore apostolico, a favore dei giovani più bisognosi, e per l'osservanza religiosa, specialmente nel settore della povertà. La ricca esperienza spirituale del Beato occupa un posto distinto nella storia della Congregazione salesiana e costituisce per essa un sicuro punto di confronto per una piena fedeltà al patrimonio culturale-religioso trasmessole dal Fondatore.
LETTURE
La pratica della povertà
Un giorno, inginocchiati dinanzi all'altare, circondati da molti confratelli, dopo aver chiamati gli Angeli, i Santi, Maria Immacolata e Dio stesso a testimoni del grande atto che stavamo per compiere, con voce tremante, col cuore commosso, pronunziammo la formula dei nostri voti. In quel momento noi diventammo Figli di Don Bosco: la Pia Società Salesiana divenne nostra Madre. Fin d'allora ella ci prodigò le più affettuose ed intelligenti cure; la nostra formazione religiosa e civile è opera sua; e a lei andiamo debitori di quanto noi siamo e di quanto abbiamo. Di qui l'obbligo per ciascuno di noi di onorare, assistere e servire questa tenera Madre; di qui il dovere di adoperarci secondo le nostre forze per la sua prosperità, per renderla pienamente contenta di noi. Ma come adempirebbe questo dovere di pietà filiale colui che trasgredisse gli ordini formali di questa Madre quali sono le sue Regole? Come può chiamarsi di lei figlio colui che per spensieratezza e negligenza non ne pratica lo spirito? Che dire tanto più di colui che attentasse di distruggere questo spirito?
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E così farebbe realmente colui che non osserva il suo voto di povertà. Mentre le mancanze contro gli altri voti possono rimanere più o meno nascoste, quelle contro la povertà saltano maggiormente agli occhi, danno un esempio funesto che potrebbe in breve tempo assumere vaste proporzioni. È quindi a stupire se i Fondatori di Ordini religiosi ne raccomandassero con tanta insistenza l'osservanza? Se essi, ordinariamente dolci e miti, s'accendessero di santo zelo nel disapprovare la condotta dei colpevoli e loro infliggessero severi castighi? Con ragione il religioso poco osservante rispetto alla povertà vien paragonato ad un verme roditore che con un lento e sordo lavorio fa seccare quella pianta immensa che confortò tante persone colla fresca sua ombra e le nutri co' suoi frutti deliziosi. (...)
Ci animi a praticare la povertà l'intima relazione che corre fra la pratica di questa virtù ed il nostro individuale progresso nella perfezione. Noi siamo il campo di Dio. Quando un campo è coperto di spine e di erbe cattive, è necessario dar mano alla falce, all'aratro e perfino al fuoco. Allora solamente il podere potrà dare una messe degna dei granai celesti. Ed è precisamente col voto di povertà che noi sradichiamo dal campo del nostro cuore i cardi ed i triboli. Si è col vivere staccati dai beni fallaci del mondo che noi andiamo. sottraendo ai vizi ogni alimento ed ogni mezzo di espandersi. (...) E la Storia Ecclesiastica c'insegna che furono appunto coloro che più furono staccati dal mondo che si segnalarono per la loro fede, per la loro speranza e carità, la cui vita fu un tessuto di opere buone ed una serie di prodigi per la gloria di Dio e per la salute del prossimo.
Inoltre è da notare che i nemici di nostra Santa Religione pongono ogni studio nel far ritornare la società al paganesimo ed al naturalismo. Essi vorrebbero svellere dalla mente del popolo ogni idea di Dio, dell'anima e della vita futura, e Io invitano a procurarsi godimenti finché la vita dura, con ogni mezzo possibile, anche ingiusto e disonesto. Cogliendo la
massa del popolo impreparata, la seducono e la trascinano all'abisso. Contro questo funesto apostolato Don Bosco com‑
batté da valoroso finché gli bastò la vita, e morendo a noi suoi figli ha legato questa nobile missione. Ma noi lavoreremmo inutilmente se il mondo non vedesse e non si convincesse che noi non cerchiamo ricchezze e comodità, che noi siamo fedeli al motto di Don Bosco: Da mihi animar, cetera tulle! Oh! ci stia fisso nella mente ciò che scrisse S. Francesco di Sales, che cioè non solamente i poveri sono evangelizzati, ma sono i poveri stessi che evangelizzano.
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E S. Vincenzo Ferreri trattando del ministero di salvare le anime assicura che non vi riuscirà quel religioso che non mette sotto i piedi le cose terrene, non pratica la vera povertà, perché, spaventato d'ogni incomodo, non avrà la forza di sopportare le privazioni che porta seco la povertà nell'esercizio dell'apostolato: inopia paupertatis. Ed anche fra noi non sono certamente i Salesiani desiderosi di menar una vita comoda che intraprenderanno opere veramente fruttuose, che andranno in mezzo ai selvaggi del Mato Grosso o nella Terra del Fuoco, o si metteranno al servigio dei poveri lebbrosi. Questo sarà sempre il vanto di coloro che osserveranno generosamente la povertà. (...)
Il buon Salesiano non si terrà pago di osservare il voto di povertà, ossia i singoli articoli delle Costituzioni, ma si sforzerà di giungere a praticare la virtù della povertà, che non solo ci spoglia delle cose terrene, ma ancora di ogni affetto alle medesime. Anzi egli farà ancora un passo più innanzi, arriverà a possedere lo spirito di povertà, il che vuoi dire che sarà veramente povero né suoi pensieri e desideri, apparirà tale nelle sue parole, si diporterà veramente da povero nel suo vitto, nel vestito, nel modo di tenere la sua camera, in una parola riprodurrà in se stesso l'esempio del povero per eccellenza, nostro Signore Gesù Cristo.
Il vero Figlio di Don Bosco si contenterà del necessario, anzi veglierà attentamente perché il suo cuore non rimanga impigliato in alcuna cosa superflua. Egli nell'esercizio della buona morte farà un esame diligente ed imparziale per conoscere se tutto ciò che è a suo uso, sia semplice e povero, se non ritiene per sé qualche cosa senza il permesso dei Superiori e di cui possa far a meno, ed infine se ha curato con affetto e diligenza gli interessi della comunità.
Infine il fervente religioso, persuaso di dover far penitenza de' suoi peccati, accetterà volentieri quelle privazioni e quegli incomodi che sono inevitabili nella vita comune, e generosamente sceglierà per proprio uso le cose meno belle e meno comode, memore di quanto diceva San Giovanni Berchmans: la mia più grande penitenza sarà la vita comune.
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Conchiuderò rievocando la memoria di quelli che noi chiamavamo «tempi eroici» della nostra Pia Società. Trascorsero invero molti anni in cui ci era necessaria una virtù straordinaria per conservarci fedeli a Don Bosco e per resistere ai pressanti inviti che ci si facevano di abbandonarlo, e ciò per l'estrema povertà in cui si viveva. Ma ci sosteneva l'amore intenso che noi portavamo a Don Bosco, ci davano forza e coraggio le sue esortazioni a rimaner fermi nella nostra vocazione non ostante le dure privazioni, i gravi sacrifici. Ond'io son certo che se più vivo sarà il nostro amore a Don Bosco, più ardente la brama di conservarci degni suoi figli, e di corrispondere alla grazia della vocazione religiosa, si praticherà in tutta la sua purezza Io spirito di povertà.
(Dalle Lettere circolari di Don Michele Rua ai Salesiani, San Benigno Can. 1940, pp. 393-395; 404-405)
L'osservanza delle Regole
Quando Don Bosco inviò i primi suoi figlioli in America, volle che la fotografia lo rappresentasse in mezzo a loro nell'atto di consegnare a Don Giovanni Cagliero, capo della spedizione, il libro delle nostre Costituzioni. Quante cose diceva Don Bosco con quell'atteggiamento! Era come dicesse: Voi traverserete i mari, vi recherete in paesi ignoti, avrete da trattare con gente di lingue e costumi diversi, sarete forse esposti a gravi cimenti. Vorrei accompagnarvi io stesso, confortarvi, consolarvi, proteggervi. Ma quello che non posso fare io stesso, lo farà questo libretto. Custoditelo come preziosissimo tesoro.
Se a imitazione del nostro Padre ciò io non potei dire a ciascuno di voi nell'atto di consegnargli l'obbedienza, permettetemi che lo dica ora con questo mio scritto. Le Costituzioni, uscite daI cuore paterno di Don Bosco, approvate dalla Chiesa infallibile ne' suoi insegnamenti, saranno la vostra guida, la vostra difesa in ogni pericolo, in ogni dubbio o difficoltà. Con san Francesco d'Assisi vi dirò: Benedetto sia il religioso che osserva le sue sante Regole! Esse sono il libro della vita, la speranza della salute, il midollo del Vangelo, la via della perfezione, la chiave dei Paradiso, il patto della nostra alleanza con Dio.
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Vi è in ogni Congregazione un insieme d'idee e di tendenze, una maniera di pensare e di fare, che forma lo spirito proprio della medesima, cioè la S. Regola. Per arrivare quindi ad essere ben imbevuti dello spirito di Don Bosco noi dovremmo leggere e meditare le nostre Costituzioni. Facilmente uno si crede di conoscerle e di comprenderle, ma venendo poi all'opera egli s'accorge che le cose vanno ben altrimenti. E tal inconveniente non succederebbe qualora noi ricordassimo ad ogni momento che dinanzi all'altare, in presenza dei confratelli, chiamando Dio, la SS. Vergine ed i Santi del Cielo a testimoni, abbiamo fatto la solenne promessa di vivere secondo le Costituzioni della Società di San Francesco di Sales. Non dovremmo mai dimenticare che nell'Archivio della nostra Pia Società vi è una pagina da noi sottoscritta che dice: Io N .N . sottoscritto ho letto e inteso le Costituzioni della Società di san Francesco di Sales, e prometto di osservarle costantemente secondo la formula dei voti da me ora pronunziata. Permetteremo che tali parole siano scritte a nostra condanna? Perché la lettura delle nostre Costituzioni ci torni veramente vantaggiosa, dovrebbe essere accompagnata d'uno sguardo sopra la nostra condotta; dovremmo stabilire un coscienzioso confronto fra i nostri doveri e la nostra vita; la nostra Regola dovrebbe essere, per così dire, posta sulla nostra persona come misura per conoscere il grado di virtù a cui noi siamo arrivati. Più noi saremo costanti nell'esaminarci su questo punto, e maggiore sarà il bene che faremo all'anima nostra e a coloro che siamo chiamati a dirigere. E il momento più adatto per questo esame è appunto il riflesso che il nostro Padre ci raccomandava per l'esercizio della buona morte. Quanto vantaggio potremmo ricavarne!
(Dalle Lettere circolari di Don Michele Rua, cit., pp. 439-441)
PREGHIERE
Preghiera Manica
C Fratelli,
Dio Padre tiene in serbo per noi tesori inesauribili di grazia, per i meriti del suo Figlio
e per l'eroica fedeltà dei suoi amici. Con questa certezza,
nella memoria del beato Michele Rua, rivolgiamo a lui la nostra preghiera. T Benedici i tuoi figli, Signore.
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G — Signore Dio nostro, per intercessione del beato Michele Rua, tuo servo fedele, donaci pastori secondo il tuo cuore, che ci guidino con sapienza e forza in mezzo ai turbamenti del mondo.
— Tu che hai fatto del beato Michele Rua un padre amabile e discreto di moltitudini di giovani, suscita in noi il sincero desiderio di servirti nella missione giovanile e popolare.
— Tu che nelle Regole di vita salesiana ci hai dato una via che conduce all'Amore, fa' che i Salesiani del nostro tempo, fedeli alle Costituzioni come al testamento di Don Bosco, siano perseveranti nella comunione di spirito e di azione.
— Tu che ci hai dato nel beato Michele Rua un modello di austerità e di povertà evangelica, fa' che, liberi dalla preoccupazione e dagli affanni dei beni terreni, superiamo l'istinto del possesso egoistico e condividiamo ogni dono del tuo amore.
— Tu che ci doni il tuo Spirito come fonte permanente di grazia e sostegno nello sforzo quotidiano, fa' che nelle parole e nelle opere sappiamo offrire ai giovani il dono prezioso della nostra santità.
C O Dio nostro Padre,
tu hai dato al tuo sacerdote il beato Michele Rua,
erede spirituale di san Giovanni Bosco,
di formare nei giovani la tua divina immagine;
concedi che anche noi,
chiamati a educare la gioventù,
possiamo far conoscere il vero volto di Cristo tuo Figlio.
Egli vive e regna nei secoli dei secoli.
T Amen.
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4. PREGHIERA PER LA BEATIFICAZIONE (CANONIZZAZIONE) DEI SERVI DI DIO DELLA FAMIGLIA SALESIANA
O Dio, ricco di grazia e di misericordia,
che santifichi il tuo popolo
suscitando modelli umili e generosi,
benedici la Famiglia
che hai riunito nel nome di Don Bosco
per un servizio di predilezione ai giovani,
porzione più delicata e preziosa dell'umana società.
Benedici il nostro lavoro,
perché i «sogni»,
per tuo dono, divengano realtà,
e schiere innumerevoli di giovani,
per l'opera di apostoli santi,
ritrovino la gioia di crescere come uomini nuovi.
Tu, mèta e sorgente di ogni santità,
degnati di glorificare, a onore del tuo Nome,
i nostri fratelli e le nostre sorelle
che, per la tua grazia, sono stati nel mondo
immagine splendida del tuo amore;
e concedi a noi, con il loro aiuto,
di seguirne fedelmente gli esempi.
Amen.
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Oppure
O Dio, sorgente della grazia,
facendoci tuoi figli ci chiami alla santità.
Ti ringraziamo per averci dato fratelli ricchi di fede e di amore, generosi nel tuo servizio,
instancabili nell'apostolato giovanile.
Concedi a noi, che continuiamo il loro cammino, di imitare i loro esempi
e sperimentare l'efficacia del loro aiuto.
Dona alla tua Chiesa
la gioia di annoverarli nel numero dei tuoi santi, modelli e aiuto dei tuoi fedeli; a gloria del tuo Nome.
Te lo chiediamo, in particolare, per il tuo servo ...
Fa' che la sua elevazione agli altari, sia, per tuo dono, stimolo e aiuto ad attualizzare per i tempi nuovi la santità del Padre.
Amen.
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