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Dicasteri per la Comunicazione e Formazione Sociale dei Salesiani
Ambiti per la Comunicazione e Formazione Sociale delle Figlie di Maria Ausiliatrice
Facoltà di Scienze della Comunicazione sociale - UPS
Pontificia Facoltà di Scienze dell´educazione “Auxilium” di Roma
Comunicato stampa
Formarsi per comunicare speranza e fiducia nel nostro tempo
Il 28 e 29 aprile p.v. si celebreranno, presso l’Università Pontificia Salesiana, le Giornate Salesiane di Comunicazione; circa 160 giovani in formazione iniziale della Famiglia Salesiana approfondiranno il messaggio del Papa per la 51ª Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali.
L’appuntamento, giunto alla VI edizione, traendo spunto dal Messaggio del Papa, offre ai partecipanti incontri con esperti, approfondimenti esperienziali, laboratori, momenti di incontro e di preghiera.
L’iniziativa, originariamente pensata per i giovani Salesiani e le giovani Figlie di Maria Ausiliatrice, dalla scorsa edizione si è aperta ad altri gruppi della Famiglia Salesiana e ad altre realtà religiose e laicali in uno spirito di vita e di condivisione ecclesiale. L’invito è rivolto a tutti/e coloro che, occupandosi di formazione, considerano la comunicazione un importante ambito di azione pastorale e, soprattutto, di formazione per i religiosi e le religiose di oggi.
Le Giornate Salesiane di Comunicazione sono il frutto di una sinergia tra i Dicasteri e gli Ambiti per la Comunicazione Sociale e Formazione dei Salesiani e delle Figlie di Maria Ausiliatrice, la Facoltà di Scienze della Comunicazione sociale dell’Università Pontificia Salesiana e la Pontificia Facoltà di Scienze dell´educazione “Auxilium” di Roma.
Due i momenti che caratterizzano il programma di venerdì 28 aprile:
la tavola rotonda, che vedrà la partecipazione di
Fabio Pasqualetti, sdb: Analisi sulla mancanza di speranza e fiducia nell’attuale contesto socioculturale e indicazioni per una azione positiva di educazione;
Francesco Occhetta, sj: La virtù della Speranza e la sua declinazione nella vita quotidiana come atteggiamento personale e, come il Papa invita a fare, messaggio da comunicare;
Roberta Gisotti, L’esperienza di professionista impegnata nel mondo della comunicazione-informazione (Radio Vaticana).
Le sessioni parallele aiuteranno i partecipanti a confrontarsi con diverse esperienze per scoprire come sia possibile comunicare speranza e fiducia in diversi contesti ed ambiti di vita quali le corsie di ospedale (ANTAS); nella famiglia affidataria di un minore, nell’esperienza di don Fabio Rosini, nelle comunità religiose, nell’Associazione Italiana Ascoltatori Radio Televisione, nella pastorale delle carceri e nella formazione alla vita religiosa consacrata.
Sabato 29 saranno attivi i laboratori di media analisys (cinema, comunicazione politica e musica) e workshop (vita social e computer graphic) per imparare ad essere comunicatori di speranza e fiducia.
Sarà possibile seguire la tavola rotonda in diretta streaming sul canale YouTube (https://goo.gl/qupQkV) e dal profilo Twitter della Facoltà di Scienze della Comunicazione sociale (@FSC_unisal) dalle 16:00 alle 17:30.
Contatti e informazioni
Donato Lacedonio lacedonio@unisal.it 3351236537
Gabriella Imperatore gimperatore@cgfma.org 3336099486
Giornate Salesiane di Comunicazione 2017 (Donato Lacedonio)^^^ INIZIO ^^^
“Non temere, perché sono con te” (Is 43,5). Comunicare speranza e fiducia nel nostro tempo
6° Incontro per giovani in formazione della Famiglia Salesiana
Fabio Pasqualetti, sdb
Docente della Facoltà di Scienze della Comunicazione sociale
dell’Università Pontificia Salesiana
Analisi sulla mancanza di speranza e fiducia
nell’attuale contesto socioculturale
e indicazioni per una azione positiva di educazione
Francesco Occhetta, sj, giornalista
dal 2011 lavora presso la Civiltà Cattolica.
http://www.francescoocchetta.it
La virtù della Speranza
e la sua declinazione nella vita quotidiana
come atteggiamento personale e,
come il Papa invita a fare, messaggio da comunicare
Roberta Gisotti giornalista professionista, scrittrice,
docente universitaria di Economia dei media,
L’esperienza di professionista
impegnata nel mondo
della comunicazione-informazione (Radio Vaticana).
tavola rotonda Roberta Gisotti ( 51ma GMCS 2017)^^^ INIZIO ^^^
GIORNATE SALESIANE DI COMUNICAZIONE 2017
“NON TEMERE, PERCHÉ SONO CON TE” (IS 43,5). COMUNICARE SPERANZA E FIDUCIA NEL NOSTRO TEMPO
6° Incontro per giovani in formazione della Famiglia Salesiana
Roberta Gisotti
L’esperienza di professionista impegnata
nel mondo della comunicazione-informazione
“Per comunicare speranza serve passione e coraggio”
Abbiamo ascoltato i due interventi sulla virtù della speranza e sulla mancanza di
speranza e di fiducia, che pervade - a torto o a ragione – la nostra società
contemporanea, e che colpisce in particolare i giovani.
Dico a torto o a ragione, perché forse i nostri tempi non sono peggiori di molti altri
tempi nella storia dell’umanità, ma è la percezione che ne abbiamo proprio attraverso
i mass media, che parlano alle masse e i social media, che parlano ad un pubblico
indistinto di individualità aggregate per interessi e interconnesse attraverso la rete;
percezione che infine pervade di sfiducia la nostra vita e uccide la speranza, ovvero la
fiducia di incidere positivamente con il nostro pensare ed agire nella storia personale e
sociale che ci è data di vivere. Direi, che da cristiani siamo anche offuscati nella fede,
che dovrebbe offrirci il potere di rivoluzionare questa sfiducia in speranza.
Io sono qui a condividere con voi – mi è stato chiesto – la mia esperienza
professionale, che è stata diversificata, direi a 360 gradi, nei vari ambiti della
comunicazione. Una gran fatica - direi – che non ho progettato ma anche una fortuna,
perché mi ha aperto sicuramente la mente.
Sono infatti redattore capo alla Radio Vaticana, dove lavoro da 30 anni per le news,
nei Giornali Radio quotidiani, dove seguo l’attualità internazionale, soprattutto
umanitaria, ma seguo anche l’attività vaticana, secondo le esigenze di ogni giorno.
Alla Radio Vaticana sono arrivata dopo aver lavorato prima nella carta stampata, poi
avere diretto per 4 anni l’Ufficio stampa e il Settore editoriale della Caritas Italiana, e
dopo aver collaborato con i Gr della Rai e poi con le Reti Tv della Rai, come autrice,
conduttrice, programmista; oggi sono consulente - da 20 anni ormai - del programma
Tv “Uno Mattina in famiglia”.
Ho scritto poi cinque libri su argomenti di comunicazione. E da 10 anni insegno –
questo il ruolo più difficile – in questa università, la materia Economia dei media, che
vuol dire conoscere ed indagare sui meccanismi economici, finanziari, legislativi, di
gestione tecnica e amministrativa che vanno ad influenzare le forme e i contenuti
mediali, in massima parte senza che il pubblico ma anche gli operatori a vario titolo
dei media ne abbiano coscienza. Meccanismi che sono in continua evoluzione e quindi
cambia di anno in anno l’apparato critico, che correda questo insegnamento.
La particolarità di questa mia esperienza professionale è di avere avuto sempre un
doppio binario: un binario nel mondo cattolico e un binario nel mondo laico. E posso
dirvi che io mi sento sempre la stessa negli ambienti cattolici e negli ambienti laici,
dove ho ugualmente lottato per le mie idee e mi sono scontrata pure tante volte, ho
pagato prezzi per la mia autonomia di pensiero, per il mio rigore professionale che ha
trovato ostacoli, diversi, sia in ambiti laici che in ambiti cattolici.
Ho fatto parte di due commissioni nazionali: di revisione cinematografica per attribuire
i divieti per i minori nei film, in uscita nelle sale e di tutela dei minori nella Televisione
pubblica e privata. Non mi vergogno a dire che in queste due realtà mi sono scontrata
anche con colleghi cattolici, troppo acquiescenti, ubbidienti ai poteri dei produttori
cinematografici e dei vertici Tv. Tutti questi organismi sovente non difendono in realtà
l’infanzia ma sono solo una bella vetrina di buone intenzioni non realizzate.
Per questo ogni anno ripeto ai miei allievi - che mi guardano un po’ sospettosi quando
lo dico – che per fare questo mestiere di giornalista, di operatore a vario titolo della
comunicazione, ci vuole una personalità forte per affermarsi, la passione tanta per non
scoraggiarsi e il coraggio appunto per comunicare speranza.
Coraggio anche di discutere con il proprio vescovo o parroco o superiore che magari
non capiscono i meccanismi della comunicazione o anche per resistere alle lusinghe
del potere, magari anche all’interno di una testata diocesana, per compiacere
qualcuno che conta, ma che tradiscono la causa di una comunicazione corretta o del
bene collettivo. Quindi il coraggio per sapere andare avanti nella propria missione,
restando fedeli ai nostri principi e alle nostre idee, accettando di lottare o di restare
isolati o di rinunciare a facili successi.
Allora se non abbiamo queste qualità meglio sarebbe rinunciare al giornalismo e altri
ruoli della comunicazione e fare altri mestieri meno ‘sensibili’ per gli effetti negativi
che possono avere sulle persone, sulla società: questo lo dico sempre anche ai giovani
stagisti che da 20 anni si avvicendano ogni due mesi, proprio nella mia stanza. Una
fortuna averli avuti in tutti questi anni per capire i tempi e ricevere stimoli per il mio
lavoro, che non può estraniarsi dal contesto sociale e i giovani sono davvero le
sentinelle del sentire sociale, che evolve di anno in anno, di giorno in giorno.
Allora scrive il Papa all’inizio del suo messaggio qualcosa che può sembrare banale
ovvero che “l’accesso ai mezzi di comunicazione, grazie allo sviluppo tecnologico, è
tale che moltissimi soggetti hanno la possibilità di condividere istantaneamente le
notizie e diffonderle in modo capillare!” Notizie – prosegue Francesco - che “possono
essere belle o brutte, vere o false”.
E’ proprio questo il punto che ci deve mettere in crisi, non solo come professionisti
produttori della comunicazione, nei vari ambiti - dal giornalismo alla comunicazione
cartacea, radiofonica, televisiva, multimediale in rete, istituzionale – ma anche come
recettori e amplificatori di comunicazione negli stessi vari ambiti professionali o
privati.
Come professionisti della comunicazione dobbiamo – ci chiede il Papa – produrre e
diffondere notizie belle e vere. Ma cos’è una notizia bella e vera: è una notizia
comunque costruttiva e anche riparativa di un male che si è manifestato. Non
possiamo – infatti- certo ipotizzare di comunicare e informare solo su fatti positivi o su
cronache a lieto fine. Che vuol dire allora offrire una comunicazione costruttiva?
Anzitutto vuol dire comunicare ed informare con senso di responsabilità sugli effetti di
quella comunicazione e informazione, anzitutto accertandosi – per quanto possibile –
della verità dei fatti che raccontiamo, diffondiamo, amplifichiamo dal loro contesto,
senza accontentarci dei grandi flussi della comunicazione che dettano l’agenda
dell’informazione nazionale e globale ed anche locale quando serva a rinfocolare gli
animi della pubblica opinione.
Comunicare dunque la speranza di un’informazione che non si accontenta, che cerca
la verità.
Vuol dire poi denunciare con coraggio “lo scandalo del male” - lo chiama Papa
Francesco - cercando anche qui le ragioni per cui si è manifestato il male e cercare le
risposte che possono contrastarlo, senza censurare le responsabilità di persone e
istituzioni pubbliche, e private. Non crediate che denunciare sia facile, soprattutto
quando il male è vicino a noi. Ma è necessario farlo sapendolo fare, alla luce del
Vangelo, che sempre ci indica una lettura dei fatti dove il bene vince infine il male. E il
bene comincia dalla denuncia, quando via sia la ragione di farla. Cosi, non ci sono fatti
– per quanto connotati di negatività - che non si possono affrontare in modo
costruttivo. Non ci sono fatti di cui è bene non parlare, perché comunque ne
parleranno gli altri, a meno che non parlarne sia motivato da una strategia di
contrasto ad una deriva mediale.
Esempio di notizie: suicidi (emulazione, giustificazione….)
femminicidi (emulazione o via d’uscita per quanto folle a situazioni di stress
esistenziale), violenze efferate che cadano nella morbosità del racconto
particolareggiato che possono impressionare anche a vita, indurre ansia, sfiducia nel
prossimo, sollecitare in personalità disturbate meccanismi di perversione. Ci sono
ormai biblioteche di saggi che da decenni illustrano questi effetti negativi, specie
sull’infanzia, che compromettono un sano sviluppo psicofisico dei bambini, che
danneggiano la gioventù.
Bisogna dunque sempre chiedersi come parlarne, come trattare quel fatto,
quell’argomento. Ragionare e riflettere su quanto diciamo, scriviamo, filmiamo,
fotografiamo come operatori dei media. La percezione che avrà il pubblico di quel
fatto, di quell’argomento dipenderà da come ne avremo parlato, trattato.
Pensiamo che un cappello, uno speach, un incipit, un titolo, una foto, un filmato può
cambiare, ribaltare la percezione del contenuto di un servizio, di un articolo, può
convincerci a leggerlo, ascoltarlo, vederlo oppure a rifiutarlo per tanti motivi o
censurarlo perché ci disturba.
Quello che assolutamente non si deve fare lo esplicita molto bene il Papa nel
messaggio: non alimentare il circolo vizioso dell’angoscia, e la spirale della paura, che
deprime, e può portare infine ad estraniarsi, all’indifferenza, all’apatia anche o in
persone deboli nella pische anche indurre comportamenti violenti, distruttivi e
autodistruttivi.
Ma chiediamoci perché questa è invece l’informazione e la comunicazione dominante
ai nostri tempi? Vorrei chiudere con questo interrogativo, che giro anche ad ognuno di
voi
La mia risposta è nella perdita di senso, di significato ultimo del giornalismo e della
comunicazione mediale, che dovrebbero anzitutto informare e formare il pubblico, i
cittadini perché possano meglio orientarsi nelle società e fare scelte consapevoli,
dovrebbe favorire lo sviluppo democratico dei Paesi, il pluralismo delle idee, la
tolleranza e il rispetto degli altri…ecc., dovrebbero essere a servizio delle persone.
Oggi invece per massima parte il giornalismo e la comunicazione mediale sono
finalizzati alla ricerca di audience e di consensi, il prodotto mediale viene trattato
come una merce qualsiasi da vendere con successo – a qualunque costo - per un
ritorno economico sul mercato mediale, dove il pubblico, i lettori, gli ascoltatori, gli
spettatori di ogni media sono sole teste da vendere agli investitori pubblicitari o anche
nel caso dei social media numeri per rialzare le azioni dei signori di Internet nelle
Borse mondiali, dove hanno conquistato in una decina d’anni le vette, scalzando
perfino le multinazionali del petrolio.
Oggi ciò che rende meglio e viene sempre più praticata è una comunicazione emotiva,
che ci cattura magari pochi minuti o pochi secondi ma ci fa fare numero, nei sistemi di
rilevamento radio, tv come l’Auditel – che poi è del tutto inaffidabile, ho scritto due
libri su questo argomento – e nei follower di twitter, nei like di Facebook, nelle
visualizzazioni di You tube, eccetera.
Numeri spesso che non misurano nulla di verificabile, che inducono a travisare la
realtà, che ci estraniano infine dalla vita vera, con cui poi fare i conti.
tavola rotonda Francesco Occhetta ( 51ma GMCS 2017)^^^ INIZIO ^^^
GIORNATE SALESIANE DI COMUNICAZIONE 2017tavola rotonda Fabio Pasqualetti ( 51ma GMCS 2017)^^^ INIZIO ^^^
Breve analisi
sulla mancanza
di speranza e fiducia
nell’attuale contesto
socioculturale
e alcune indicazioni
per una azione
positiva di educazione.
«Noi educatori cristiani siamo testimoni dell’epoca
postmoderna, inseriti in una transizione che potrebbe
essere definita “cultura del naufragio”».
Davanti al naufragio la tentazione è di ripartire dal
ricomporre la barca dai pezzi rimasti, oppure di rinunciare
a qualsiasi tentativo e lasciarci andare da come vanno le
cose e la corrente.
«Iniziamo dall’umile farci carico della realtà, della
storia, della promessa.»
Quale futuro?
L´ESPERIENZA DELL´ABBANDONO
DISCONTINUNITÀ
della memoria in relazione al tempo e alla storia
SRADICAMENTO
spaziale, esistenziale e spirituale
ABBANDONO
la perdita delle certezze
Jorge Mario BERGOGLIO, Scegliere la vita. Proposte per tempi difficili, Milano, Bompiani, 2013
«Oggi più che mai il cammino è la santità:
essere veri testimoni di ciò in cui si crede e di ciò che si ama e
viverlo in modo fraterno.
Cercando di essere lo specchio non delle nostre opacità bensì della
Parola dell’Altro.
Questa è la vera realizzazione simbolica: quella di un desiderio
unito a quello di Colui che non possiamo spiegare, ma che abbiamo
visto perché ci siamo lasciati trovare da Lui e lo abbiamo amato.
E il simbolo, come ben sappiamo, crea cultura.»
«nel silenzio dello studio, nell’umiltà del condividere e
dell’aiutarsi troviamo la soluzione contro la mediocrità che porta
alla corruzione e al disinteresse, entrambe cose che provocano tante
incertezze nei nostri giovani e che spingono all’evasione e alla
superficialità.»
Jorge Mario BERGOGLIO, Disciplina e passione: La sfide di oggi per chi deve educare, Milano, Bompiani, 2013
«Esiste una tensione bipolare tra pienezza e limite. Quindi ha
senso domandarci: su che tipo di antropologia devono
poggiare l’azione educativa e l’annuncio evangelizzatore?
Ciò ci conduce a tentare una giusta interpretazione valutativa
dell’epoca.»
«il sincretismo conciliatore è la forma più nascosta del
totalitarismo moderno: quello di chi concilia a prescindere dai valori
che lo trascendono.»
«il relativismo, frutto dell’incertezza contagiata dalla mediocrità,
ovvero l’attuale tendenza a screditare i valori o, quantomeno a
proporre un moralismo immanente che pospone l’elemento
trascendente sostituendolo con false promesse o fini
circostanziati»
Jorge Mario BERGOGLIO, Disciplina e passione: La sfide di oggi per chi deve educare, Milano, Bompiani, 2013
«Creare insieme una comunità migliore,
con i limiti e le possibilità della storia,
è un atto di speranza.
Non di certezze, né di mere scommesse:
né destino, né caso.
Sono necessarie credenze e virtù.
Quando esercitiamo la creatività,
dobbiamo imparare a muoverci nella tensione
tra novità e continuità.
Ovvero, dobbiamo fare spazio al nuovo,
partendo da ciò che già conosciamo.
Jorge Mario BERGOGLIO, Scegliere la vita. Proposte per tempi difficili, Milano, Bompiani, 2013
«La natura della crisi è globale perché ha in sé
un’ermeneutica, un modo di intendere la realtà. […]
La crisi ci interroga circa il percorso che stiamo seguendo
e su quello che si estende dinnanzi a noi.»
Jorge Mario BERGOGLIO, Nel cuore dell’uomo. Utopia e impegno, Milano, Bompiani, 2013
«siamo convinti di non dover aspettare nessun salvatore,
nessuna proposta magica che ci aiuterà a uscire da questo
momento o che contribuirà a farci portare a termine il “nostro vero
destino”. Non esiste un vero destino, non esiste alcuna magia.
Ciò che esiste è un popolo con una storia carica di interrogativi e
di dubbi, con istituzioni che si reggono in piedi a malapena, con
valori in bilico, con gli strumenti minimi necessari ad andare avanti
per poco tempo. Questioni troppo complesse perché vengano
affidate a una persona carismatica o a un tecnico. Temi che
soltanto attraverso un’azione collettiva di creazione possono
condurre verso una meta più propizia.»
Jorge Mario BERGOGLIO, Scegliere la vita. Proposte per tempi difficili, Milano, Bompiani, 2013
Nel nichilismo contemporaneo c’è una falsa ricerca di purezza:
«ragione pura, scienza pura, arte pura, sistemi di governo puri.
Questa smania di purezza, che a volte si trasforma in
autoritarismo religioso, politico, storico, si forma a discapito dei
valori storici dei popoli e isola la coscienza tanto da impedirle di
cogliere e accettare i limiti dei processi.»
«Questa tendenza a uniformare le politiche verso un “nuovo
ordine”, attraverso l’internazionalizzazione dei capitali e dei
mezzi di comunicazione, ci lascia in bocca l’amaro sapore del
disinteresse per i concreti impegni sociopolitici, per la reale
partecipazione alla cultura e ai valori locali. Non possiamo ridurci
a diventare un numero nelle statistiche dei sondaggi di
opinione o delle ricerche di mercato, o uno stimolo per la
pubblicità.»
Jorge Mario BERGOGLIO, Disciplina e passione: La sfide di oggi per chi deve educare, Milano, Bompiani, 2013
«il senso dell’utopia. In primo luogo, le utopie sono frutto
dell’immaginazione, sono la proiezione nel futuro di un insieme di
desideri e aspirazioni.
L’utopia trae la sua forza da due elementi: da una parte, il
disaccordo, l’insoddisfazione o il malessere causato dalla società
attuale; dall’altra, l’irremovibile convinzione che un altro mondo sia
possibile.
Da qui nasce la sua spinta all’azione. Lontano dall’essere una mera e
illusoria consolazione, un’immaginaria alienazione, l’utopia è la forma
che prende la speranza in una concreta e determinata situazione
storica.»
«In una società dove la bugia, il sotterfugio e l’ipocrisia hanno fatto
perdere quella fiducia di fondo che permette di instaurare legami
sociali, quale novità è più rivoluzionaria della verità?
Parlare con verità, dire la verità, esporre i nostri principi, i nostri valori, i
nostri pareri. Se all’istante ci imponiamo di evitare qualsiasi tipo di
bugia o espediente saremo anche, di conseguenza, più
responsabili e persino più caritatevoli.
La menzogna annebbia tutto, la verità invece rende manifesto ciò che
dimora nei cuori.
Prima proposta: diciamo sempre la verità sulla e a partire dalla
nostra posizione. Vi assicuro che il cambiamento sarà visibile:
all’interno della nostra comunità nascerà qualcosa di muovo.»
Jorge Mario BERGOGLIO, Scegliere la vita. Proposte per tempi difficili, Milano, Bompiani, 2013
Una seconda proposta: Troviamo il coraggio di metterci completamente in
gioco per il valore cristiano della fratellanza solidale.
Non consentiamo che la mentalità individualista e competitiva, così
radicata nella nostra cultura, finisca per colonizzare anche le nostre scuole.
(comunità, oratori, parrocchie, centri giovanili, quartieri, società n.d.r.)
Troviamo la forza di insegnare e addirittura esigere la generosità, la
benevolenza, il primato del bene comune. L’uguaglianza e il rispetto di tutti:
stranieri (di paesi confinanti), poveri, indigenti.
Combattiamo, dalle nostre scuole, ogni forma di discriminazione e
pregiudizio. Impariamo e insegniamo a donare anche con le scarse risorse
delle nostre istituzioni e famiglie.
E che questo si manifesti in ogni decisione, in ogni parola, in ogni progetto.
Così, manderemo un segno ben chiaro (e persino polemico, conflittuale, se
necessario) del diverso tipo di società che vogliamo creare.
Jorge Mario BERGOGLIO, Scegliere la vita. Proposte per tempi difficili, Milano, Bompiani, 2013
Sessioni Formazione VC Riccieri ( 51ma GMCS 2017)^^^ INIZIO ^^^
COMUNICAZIONE DIGITALE E FORMAZIONE ALLA VITA CONSACRATA
Sfide e opportunità
Sr Pina Riccieri, fsp
Le differenti oscillazioni tra sfida e opportunità, rischio e risorsa, presenti nelle nuove tecnologie, interpellano fortemente la formazione alla vita consacrata.
I giovani e le giovani che entrano a far parte delle istituzioni religiose, normalmente non hanno bisogno di apprendere a usare i mezzi moderni del comunicare. Essi si distinguono per l’uso naturale e disinvolto delle innovazioni tecnologiche, con una spiccata capacità di tessere relazioni attraverso la rete di internet. Mentre gli adulti risultano più impacciati nella pratica. Questi però hanno storie da raccontare e criteri guida da condividere. È l’ora opportuna per un dialogo intergenerazionale, per lasciarci istruire dalle nuove generazioni su come abitare questo nuovo continente, ma è anche il momento di condividere con loro ciò che la vita ci ha insegnato.
1. l’incidenza della comunicazione digitale nella formazione
La vita consacrata si deve misurare con il contesto socio-culturale in cui è immersa, come avvenuto agli inizi del cristianesimo, e oggi – se vuole continuare a essere un fermento di nuova vita e chiara speranza per un’umanità smarrita – non può esimersi dall’impegno di una rinnovata inculturazione della Buona Novella anche nel mondo digitale. Se la comunicazione è la grammatica dell’evangelizzazione, non esiste evangelizzazione senza comunicazione perché la Parola di Dio va resa visibile, comunicata e condivisa con altri. La formazione si attua non fuori dal mondo, ma in questo mondo, un mondo in continuo e inarrestabile cambiamento – amplificato dai media digitali – che «nasce, prima ancora che dai contenuti, dal fatto stesso che esistono nuovi modi di comunicare, con nuovi linguaggi, nuove tecniche, nuovi atteggiamenti psicologici».[1]
L’ambiente mediale ha un suo specifico orizzonte antropologico, portatore di rischi e potenzialità, che le nuove generazioni hanno già recepito, forse anche inconsapevolmente, e stanno già vivendo. Esso può condizionare, sia pure indirettamente, anche il modello di consacrato che il giovane o la giovane, nel percorso formativo, sta lentamente elaborando. Alcune delle principali ricadute antropologiche che probabilmente richiedono maggiore vigilanza, perché indicano una particolare attenzione formativa e comportano dei compiti per l’educazione e la formazione, riguardano:
2. Il ruolo decisivo del formatore/della formatrice: compiti ed esigenze
L’opera formativa è antica quanto l’essere umano. Richiama l’idea e l’esperienza di investimento e capacità di futuro dell’intera collettività. La vita consacrata deve attrezzarsi per offrire ai formatori e alle formatrici di ogni età, chiamati a navigare negli spazi nuovi di questa epoca, strumenti adeguati che supportino lo sviluppo di competenze specifiche non soltanto dal punto di vista spirituale, antropologico e carismatico, ma anche sul versante dell’alfabetizzazione digitale. Non è chiesto di diventare super-esperti in tecnologia, ma di conoscere i linguaggi e le possibilità dei media digitali, di farne esperienza per superare la diffidenza verso internet e le innovazioni tecnologiche. Diventa sempre più urgente saper scegliere, saper informare, saper comunicare, saper riconoscere i cambiamenti qualitativi che derivano dalla presenza dei media digitali, anche negli ambienti della vita religiosa, i quali configurano modalità di apprendimento e di partecipazione inedite nei contesti quotidiani di vita e della missione.
Si indicano, con i seguenti tre verbi, alcuni caratteri specifici correlati tra loro, che delineano e riassumono i compiti della formatrice/del formatore nell’utilizzo delle nuove tecnologie:
3. Percorsi formativi emergenti[2]
L’impegno formativo nell’ambito della comunicazione si prefigge di aiutare le nuove generazioni a identificare le proprie aree di maturità o immaturità nell’utilizzo delle nuove tecnologie e dei social network, affinché possano giungere a esprimersi nel continente digitale con tutta la propria libertà e responsabilità. Come ottenere questo obiettivo? Quali attenzioni educativo-formative mettere in atto? Occorre ricercare piste per un ripensamento e una riprogettazione della formazione secondo una nuova mentalità che si concretizza anche in nuovi percorsi per abitare con maturità gli spazi digitali. L’accompagnamento formativo è l’elemento essenziale per il cammino di maturazione umana e vocazionale, sia per la formazione iniziale che permanente.
Nel presentare alcuni orientamenti formativi, si focalizza in particolare l’attenzione su tre aree:
[1] Giovanni Paolo II, Redemptoris missio. Lettera enciclica, n. 37, AAS 83 (1991), 285.
[2] Sul tema trattato si veda anche: P. Riccieri, Formazione a portata di click. Comunicazione digitale e santificazione della mente, Paoline Editoriale Libri, Milano 2011; Formação ao alcance de um clique, Paulinas, São Paulo (Brasile) 2012; Formación al alcance de un clic, Paulinas, Madrid 2013.
Sessioni Speranza in carcere ( 51ma GMCS 2017)^^^ INIZIO ^^^
“… Se avessero un amico fuori
che si prendesse cura di loro…”
Don Bosco
“Bisogna custodire la gente, aver cura di ogni persona, con amore, specialmente di
coloro che sono più fragili e che spesso sono nella periferia del nostro cuore”
Papa Francesco
COMUNICARE SPERANZA E FIDUCIA A CHI É IN CARCERE
Aurora Consolini FMA
Papa Francesco ha scelto questa Parola per il messaggio della giornata mondiale delle comunicazioni sociali: “non temere, perché io sono con te” (Is 43,5). Ed io aggiungerei “se anche una madre si dimenticasse di suo figlio, io non mi dimenticherò mai” (Is 49,15)
In queste due citazioni del profeta Isaia si parla di una presenza, di prossimità. “Io SONO” è il nome di Dio: è un “io ci sto”, io non ti mollo, io mi faccio come te e mi metto accanto a te nelle tue vicende quotidiane.
Dio non afferma “io ci sto” SE tu sei buono, bravo, santo… ma “io ci sto e basta”, al di là di ciò che fai ma semplicemente per ciò che sei.
Un detenuto scrive su una lettera: “io non sono un criminale io faccio il criminale perché quello che ho fatto l’ho fatto per necessità, certo, potevo fare altro, ma avevo da sfamare una famiglia, non è una giustificazione, ho solo scelto la via più facile”.
Questa è la prima regola per chi entra in un carcere: non identificare il ragazzo, il detenuto, con il reato compiuto. Gesù ha fatto così.
Se penso a questa esperienza con i ragazzi del carcere minorile mi vengono in mente due icone: Gesù che discende agli inferi ed il buon ladrone.
Il carcere è il luogo dove si fa l’esperienza della predilezione di Gesù per quelli che sono caduti molto in basso, per quelli che hanno fatto esperienza di inferi, di buio, di un grosso vuoto dentro. Allo stesso tempo è il luogo dove si sperimenta che Gesù sceglie di salvare per primi questi: i più poveri e quelli che riconoscono il loro peccato e che, come il buon ladrone, si riconoscono bisognosi di salvezza e di perdono.
Il Papa parla di “logica della buona notizia” dove la buona notizia è Gesù; ma non è una buona notizia senza sofferenza, in Lui anche la sofferenza fa parte integrante della salvezza. In Lui anche le tenebre e la notte diventano luoghi di Luce e di Vita. Per cui, dice il Papa, “nasce cosi una speranza, accessibile a chiunque, proprio nel luogo in cui la vita conosce l’amarezza del fallimento”.
Da quasi due anni mi trovo a condividere un tratto di strada con i ragazzi e le ragazze dell’Istituto Penale Minorile “Casal del Marmo” di Roma, in zona Monte Mario. Attualmente i ragazzi detenuti sono circa 65: circa 25 sono i ragazzi minorenni tra i 14 e i 18 anni, circa 25 i ragazzi compresi tra i 18 e i 25 che sono li perché hanno commesso reati da minorenni, e circa 15 le ragazze comprese tra i 14 e i 25 anni. I ragazzi sono dislocati in tre palazzine separate e seguono attività ed orari differenti. La loro giornata si svolge tra tempi trascorsi in cella (celle da due-tre-quattro-cinque detenuti), tempi trascorsi in alcune attività (corso per la licenza media, corsi scolastici post scuola media, falegnameria per 5 ragazzi, laboratorio di pasticceria per 10 ragazzi, corsi di affettività e gestione dei conflitti, corso di parrucchiere…), e tempi trascorsi in comune nella sala o nel piccolo spazio di aria aperta. Due volte a settimana fanno attività sportiva al capo di calcio o in palestra.
La maggior parte dei ragazzi viene da storie molto difficili, a volte terribili. Storie di traumi, di abbandoni, di fallimenti continui. Questo per farvi capire che subito che non sono dei mostri, sono dei ragazzi come tutti gli altri che non hanno incontrato figure significative sulla loro strada e che hanno scelto “la via più facile”. Sono ragazzi che raramente hanno incontrato persone che gli abbiano voluto bene veramente.
I reati più frequenti compiuti da questi ragazzi sono quelli contro il patrimonio (furto, rapina), spaccio di sostanze stupefacenti, e in alcuni casi anche reati più gravi (tentato omicidio, violenza sessuale, omicidio)
Il carcere è un luogo di dolore e di mancanza di libertà ma al tempo stesso un luogo di incontri bellissimi e pieni di speranza, di gioia, di entusiasmo e lotta per la vita. Il carcere è, per i ragazzi, un luogo di sofferenza ma è anche il luogo della nascita delle passioni, degli amori “tra le sbarre” (sono adolescenti in fondo…), della condivisione, del desiderio di incontrare qualcuno che si prenda cura di loro.
Il carcere in un modo o in un altro, ti cambia. Ti può affossare, adeguare oppure far rinascere.
Attualmente incontro i ragazzi quattro volte a settimana: un pomeriggio incontro le ragazze, due pomeriggi incontro i ragazzi delle due palazzine e la domenica sono lì con un gruppo di volontari per la celebrazione dell’Eucaristia.
Quando mi si chiede: “allora raccontaci cosa fai lì?”… dico la verità, un po’ mi fa pensare questa frase… stiamo usando il verbo “FARE” ma per me questo non è il verbo esatto… credo che il carcere sia il luogo del verbo STARE e non del FARE.
A volte sembra anche di perdere tempo, magari seduta per terra al lato del campetto di calcio, oppure in piedi accanto ad una finestra con la grata, anche facendo silenzio con i ragazzi… sì, è il luogo della “perdita di tempo” dove per “perdita” intendo lo “stare” in modo semplice e senza attività strutturate o “cose” da fare. Non sono sola, con me ci sono altri sacerdoti, seminaristi e suore che, durante la settimana, si alternano per passare dei pomeriggi con i ragazzi. Una volta a settimana alcuni di noi si occupano di fare catechesi con alcuni ragazzi per prepararli al Battesimo o alla Cresima: è un’esperienza molto bella perché in quella occasione i ragazzi tirano fuori la parte bella di loro, i loro desideri, le loro speranze, le loro sofferenze. Durante l’estate poi, organizziamo delle attività per tenere occupati i ragazzi in modo sano perché spesso, nei mesi in cui la scuola non c’è, i ragazzi restano molto tempo inoccupati e combinano guai.
“Ero in carcere e siete venuti a visitarmi”… è questo l’invito di Gesù ed è questo ciò che facciamo… a volte solo e semplicemente questo!
L’attività più frequente è l’ASCOLTO. I ragazzi non ci chiedono grandi cose, chiedono solo di essere ascoltati nella loro sofferenza. Di condividere con qualcuno la rabbia, la gioia, le loro storie, le loro preoccupazioni, i loro innamoramenti. Cerchiamo di essere per loro una mano tesa ed un sorriso sulle labbra; a volte nascondendo anche un po’ di senso di impotenza, ma lo facciamo riscoprendo continuamente la nostra povertà perché la povertà di questi ragazzi, la loro sofferenza e solitudine, ci spoglia di noi, delle nostre sicurezze.
Cosa vuol dire dare speranza e fiducia a questi ragazzi?
Papa Francesco Giubileo dei carcerati 6 Novembre 2016
“La speranza è un dono di Dio, dobbiamo chiederla. Essa è posta nel più profondo del cuore di ogni persona perché possa rischiarare con la sua luce il presente, spesso turbato e offuscato da tante situazioni che portano tristezza e dolore.
Le radici della nostra speranza sono nella certezza della presenza e della compassione di Dio, nonostante il male che abbiamo compiuto.
Dove c’è una persona che ha sbagliato, là si fa ancora più presente la misericordia del Padre, per suscitare pentimento, perdono, riconciliazione e pace.
Dio spera: come quel padre che aspetta il ritorno del Figlio che ha sbagliato… se Dio spera allora la speranza non può essere tolta a nessuno: è la forza di andare avanti , è la speranza verso il futuro per trasformare la vita, la spinta verso il domani…”
VOCI DEI RAGAZZI DELL’IPM
Cosa è la speranza?
R: “la speranza è qualcosa che non devi perdere mai”
S: “io non credo più, questa speranza l´ho persa ma un po ci credo perché ci siete voi”
F: “per me la speranza è non arrendersi mai davanti a ogni ostacolo e andare sempre avanti sperando in qualcosa di migliore”
M: “la speranza è invece una cosa che viene dal cuore, che ti da forza di non mollare anche quando tutto sta crollando tu hai quella scintilla che ti dice di andare avanti, senza fermarti”
A: “la speranza è il segno di una cosa meravigliosa, quando una persona ha il cuore tenero tenero e che non ti lascerebbe mai soffrire o passare delle cose molto brutte, anzi vorrebbe tutto il meglio per te. Una speranza per qualsiasi persona c’è sempre perché tutti abbiamo un cuore”
E: “speranza è non mollare mai e andare avanti nonostante tutto e tutti”
S: “speranza è libertà”
S: “sperare è attendere che succeda qualcosa di bello”
L: “sperare è scoprire che qualcuno fa qualcosa di bello per te”
H: “sperare è pensare sempre il positivo”
Per noi che prestiamo il nostro servizio presso il carcere minorile, dare speranza è:
1. Aiutare i ragazzi a guardare in faccia il male compiuto e perdonare se stessi: dare speranza non vuol dire far finta di niente, non vuol dire sminuire ciò che è stato fatto né dirgli che il male fatto non è un male. Dare speranza parte dal recuperare il male fatto e aiutarli a comprendere che è un male. Non c’è speranza senza verità. Non chiediamo mai ai ragazzi il motivo per cui sono lì, non chiediamo il loro reato né la pena che gli è stata inflitta. Non chiedere il reato vuol dire fargli capire che desideriamo incontrarci con loro e non con ciò che hanno fatto. All’inizio molti giustificano il loro male, o a volte lo negano: “io sto qui ma non ho fatto nulla”. Ma dopo la prima fase riconoscono il male compiuto e riconoscono di essere lì giustamente. Guardare il proprio male però non basta. Ci vuole un passo ulteriore: aiutarli a perdonare se stessi.
Un giorno, dopo il racconto del Padre misericordioso, un ragazzo dice all’altro: “non è difficile sentirsi perdonati da qualcuno ma la cosa più difficile è perdonare noi stessi… se ci siamo tatuati questa goccia sulla faccia non è per dire quante volte abbiamo sparato, ma è un modo di voler perdonare noi stessi”.
Un altro: “ogni volta che guardo queste mani non riesco a non pensare a ciò che ho fatto e non ce la faccio a perdonarmi”.
Nel pregare insieme il Padre Nostro ho chiesto ai ragazzi di scegliere e pregare ad alta voce una frase di questa preghiera che più li colpisce: tutti hanno scelto di ripetere “liberaci dal male”. Questo vuol dire che si sono resi consapevoli di ciò che hanno compiuto e che desiderano esserne liberati, perdonati.
2. Ascoltare le loro storie, tutto ciò che loro sentono nel cuore, le loro sofferenze e le loro gioie. Ascoltare ciò che dicono ma anche ciò che non dicono e che nascondono dietro ai loro sorrisi e alle loro battute. Molti di loro mi hanno detto che fanno tanta fatica a piangere e a sfogarsi. Qui sta la speranza: non farli sentire soli nella loro solitudine e sofferenza. Un ragazzo scrive “per me non essere voluto bene è la normalità”. A volte ascoltare le loro storie è anche piangere con loro, sentire dentro di noi le loro stesse sofferenze, sentirsi impotente con loro.
Ascoltare quando sentono la mancanza di una mamma, quando raccontano di essere costretti dei loro genitori ad andare a rubare o a prostituirsi, quando dicono di non saper voler bene perché nessuno mai ha fatto loro sperimentare l’amore, quando sentono l’abbandono, la disperazione, il desiderio di togliersi la vita, la ricerca di un senso alla loro vita.
3. Aiutarli a scoprire il bene in loro: far vedere ai ragazzi i loro lati positivi, fargli vedere che sono belli e che possono fare tanto nella loro vita. Vedere il bene e il bello in loro è dargli speranza. Una volta un ragazzo mi ha detto che nessuno mai gli aveva detto di avere un bel cuore.
Ad un ragazzo in procinto di uscire dal carcere ed andare in comunità, tutti gli agenti e i detenuti dicevano che sarebbe presto tornato, lui si è avvicinato a me e mi ha detto “tutti dicono che io non cambierò mai, da te però io ho bisogno di sapere se posso cambiare o no”. A noi non spetta giudicare ma accogliere, mostrare che loro valgono. È un lavoro duro perché c’è una dura scorza da togliere prima di arrivare al cuore.
Cosa c’è di bello in loro? La loro capacità di perdonare, di attenzioni, di rinunciare a sé per gli altri, la loro sensibilità verso i più poveri ed i malati, l’amore per i loro figli, e poi le loro capacità creative e pratiche.
4. Essere fedeli a gesti e parole e cercare di esserci sempre, anche quando il ragazzo continua a sbagliare dopo aver promesso di cambiare. Starci fisicamente, con il ricordo, la presenza, la preghiera.
I ragazzi hanno bisogno di fatti e non di parole, di chi sta lì e non li abbandona come già hanno fatto tante delle figure di riferimento del passato.
Instaurare un clima di fiducia è rimanere anche davanti alle loro ribellioni, è mantenere la parola data (anche semplicemente quando ci chiedono di portargli un bagnoschiuma o un francobollo…), è essere attenti alle loro cose, ricordarsi del loro compleanno, della data del processo e di ciò che ci hanno confidato… farli sentire importanti per noi.
Spesso chiedono a noi di pregare: pregare per i loro figli, per le loro famiglie, per la loro libertà, per i loro stati d’animo, per le loro fidanzate o fidanzati.
5. Dare ai ragazzi reali opportunità di cambiare: aiutarli a comprendere cosa gli piacerebbe fare, aiutarli a scegliere la scuola, il lavoro… Proporre delle buone comunità di pena alternativa, magari anche creandone alcune, dare loro la possibilità di avere un luogo dove poter appoggiarsi per un permesso di qualche ora. O anche tenersi in contatto con loro una volta usciti, andarli a trovare nelle loro case, conoscere le loro famiglie.
Sarebbe bello poi riuscire un giorno a creare un CFP all’interno dell’IPM, come per esempio nell’IPM di Catania, in cui poter prendere un diploma di qualifica professionale valido in Europa.
Per fare tutto questo ci vuole tanta preghiera, tanta pazienza e un necessario passaggio nella sofferenza e nel fallimento, anche per noi. Però non possiamo arrenderci ma dobbiamo scommettere su questi ragazzi perché dentro hanno un cuore… non dobbiamo aver paura di loro!
VOCI DEI RAGAZZI DELL’IPM
Cosa ti aspetti da una suora o sacerdote che prestano servizio in IPM?
A: “mi aspetto che siate di aiuto, che siate persone con cui sai che ti puoi confidare e sfogare, magari pure con un pianto”
R: “preti e suore devono poterti aiutare sempre”
S: “mi fido di voi non perché siete suore e preti ma perché siete amici. Una suora o un prete dovrebbero darti la forza di passare sopra, oltre la speranza e oltre le sbarre. Non dovrebbero essere gente noiosa”
F: “con loro devi poterti sfogare e raccontare le tue cose”
M: “io l´ho vissuta questa esperienza e se devo dire la mia non vedevo l´ora di vederli perchè portano felicità, ti aiutano, ti ascoltano e soprattutto ti parlano come se fossero fratelli e sorelle, loro fanno il possibile affinchè noi possiamo stare bene, nonostante il luogo dove ti trovi loro ti danno la forza per farti capire che tutto passerà”
A: “quando stavo in carcere l’unica persona che mi veniva a trovare era una suora con un bel sorriso incantevole, che ogni volta che la vedevo, il mio cuore batteva ma batteva così tanto di amore e di gioia per lei, perché mi voleva veramente bene. Era lei che mi tirava sù quando in tempi bui stavo triste e depresso per quanto a lungo passavano le giornate lì dentro, da come ero triste subito diventavo molto felice, soprattutto nel mio cuore. Ogni suora o prete vengono sempre per noi per pregare per noi e vegliare su di noi, affinchè noi preghiamo per il nostro unico Dio onnipotente che ci liberi dal male e ci porti sempre il bene”
G: “mi aspetto che diano fiducia a noi carcerati”
E: “suore e preti mi hanno aiutato molto dicendomi di non preoccuparmi che un giorno tutto finirà e tornerò con la mia famiglia”
S: “dovrebbero fare tre cose: scoprire che tipi siamo senza volerci per forza cambiare, dare delle opportunità a chi vuole cambiare senza insistere su chi non vuole (anche prenderci in permesso in casa loro) e farci sfogare e parlare”
A: “suore e preti devono ascoltarci, perdonarci, volerci bene, consolarci quando siamo tristi”
L: “devono farci sentire uguali alle altre ragazze, senza giudicarci perché stiamo qui dentro, non devono giudicare il libro dalla copertina”
D: “non devono giudicare ciò che siamo per ciò che facciamo, e anche se siamo zingare capire che siamo uguali alle altre ragazze”
M: “ci devono far capire che non siamo sole e farci passare un po’ il tempo”
Cos’è per me il carcere?
È un privilegio, un dono, un luogo di incontro con Gesù, un luogo in cui ricordo quanto Dio ha avuto misericordia di me, in cui riscopro la bellezza del mio essere salesiana, in cui mi convinco sempre di più che la risurrezione è sempre possibile per tutti.
Spesso qualche agente mi dice: “ma che ci vieni a fare qua, questi sono dei delinquenti e basta!”.
Vengo perché credo che anche un sorriso possa essere segno dell’amore preveniente di Dio anche solo per uno di questi ragazzi, vengo per ascoltare, vengo perché credo che sentirsi amati ti cambia, vengo per scoprire e provare cosa sia la maternità, vengo perché i giovani poveri e abbandonati sono il mio roveto ardente…
Sessioni Clownterapia ( 51ma GMCS 2017)^^^ INIZIO ^^^
GIORNATE SALESIANE DI COMUNICAZIONE 2017
“NON TEMERE, PERCHÉ SONO CON TE” (IS 43,5). COMUNICARE SPERANZA E FIDUCIA NEL
NOSTRO TEMPO
6° Incontro per giovani in formazione della Famiglia Salesiana
Comunicare speranza e fiducia nel nostro tempo con la Clownterapia
Dalle parole del Santo Padre in occasione della 51ma Giornata Mondiale delle
Comunicazioni Sociali, l’inevitabile associazione con la Clownterapia, la terapia del sorriso
ormai diffusa a livello mondiale, che porta conforto e buonumore a chi soffre con l’ausilio
di un naso rosso
Speranza e fiducia sono due termini tanto presenti quanto labili all’interno dei reparti
ospedalieri dove, appunto, la speranza e la paura sono emozioni strettamente connesse
tra loro, tenute separate solamente dalla fiducia riposta nei medici, nella scienza e, non
ultimo, (anzi, probabilmente in primis) in Dio.
Da moltissimi anni a questa parte c’è un’altra figura che cerca di portare speranza e fiducia
in corsia: il clown-dottore.
La Clownterapia nasce - a dispetto di chi la crede una “pratica” novella - nel lontano 1700
con la persona di Angelo Paoli (1642-1720), un carmelitano italiano, poi beatificato nel
2010, che si travestiva e si truccava da buffone per far sorridere i malati. Solo
successivamente, in età moderna, viene resa nota al mondo grazie alla pellicola del 1998
firmata da Tom Shadyac con protagonista Robin Williams, intitolata
Patch Adams
.
Il film, liberamente tratto dall´autobiografia di Hunter "Patch" Adams, narra di un uomo
che, dopo aver vissuto sulla propria pelle il disagio del ricovero all’interno di un ospedale
psichiatrico, decide, una volta dimesso, di dedicare la propria vita a rendere la degenza dei
pazienti meno dolorosa attraverso la “terapia del buonumore” e l’attenzione sincera nei
confronti di chi soffre.
Antas Onlus (Associazione Nazionale Terapie Alternative e Solidali) da undici anni segue
lo stesso principio, tentando di portare con il sorriso anche tanta speranza e fiducia a chi si
trova in un momento di difficoltà. Associazione di volontariato e coterapie presente sul
territorio romano dal 2006, è tra le più attive nella Capitale, premiata anche nel 2011 da
un riconoscimento rilasciato dall’allora presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, il
quale ha voluto conferire il “Premio di Rappresentanza” all’Associazione ANTAS Onlus per
la lodevole attività di volontariato che svolge e per la nascita di “Happy Valley”, il primo
centro in Italia di Coterapie.
Supportata da un vasto gruppo di professionisti, volontari ed esperti del settore
coterapico, si pone come obiettivo quello di far diventare le coterapie (Clownterapia, Pet
Therapy e Onoterapia), un valido supporto alla medicina tradizionale, il tutto con
straordinari risultati.
I nostri volontari clowndottori sono formati fin dai primi passi e seguiti lungo tutto il loro
percorso ed ogni settimana prestano il sorriso agli ospiti di strutture come il Policlinico
Umberto I con la Neuropsichiatria Infantile, la RSA Policlinico Italia, l´Ospedale Sandro
Pertini e diverse Case Famiglia romane. Mentre, per quanto riguarda la Pet Therapy, oltre
ai nostri due centri ubicati a Montesacro e a Santa Balbina (Tivoli), dal 2012 gestiamo il
centro di onoterapia del Complesso Integrato Riabilitativo “San Giovanni di Dio”-
Fatebenefratelli di Genzano di Roma, dove i pazienti del nosocomio sono impegnati
quotidianamente nell’attività di mediazione con l’asino grazie all’intervento dei nostri
operatori professionisti.
Nella VI edizione delle Giornate Salesiane di Comunicazione, Antas Onlus avrà il
piacere di illustrare ai partecipanti come i nostri Clown-dottori interagiscano negli ambienti
ospedalieri utilizzando il buonumore, la comunicazione verbale e non verbale, ma anche
l’empatia.
La stanza di ospedale diventa infatti un punto di ascolto oltre che di gioco, dove le
emozioni vengono messe al primo posto e dove, chi vi si trova all’interno, torna bambino
per qualche istante. Perché non solo gli adulti, ma anche i più piccoli tendono a perdere la
spensieratezza infantile quando si trovano in un letto di ospedale.
Davanti a un Clown, invece, tutti abbassano le proprie barriere - quei muri dietro cui ci si
nasconde dal dolore, dalla paura e dalla rabbia - lasciandosi andare ad una comunicazione
che in quel momento non conosce né idioma né tantomeno età, ma diventa universale e
assolutamente benefica.
Come si svolgerà l’attività:
Una prima parte verrà dedicata alla presentazione della Clownterapia, dell’attività
svolta in ospedale e dei protagonisti – i Clown del Sorriso e i Pazienti – che hanno
reso fondamentale questa “terapia” all’interno degli ospedali, delle case famiglia,
delle R.S.A. Seguirà uno spazio dedicato alle domande dei presenti;
La seconda parte sarà più interattiva: ci si dedicherà ad un primo approccio alla
Clownterapia, si simuleranno interventi, ci si dedicherà ad un’attività di gruppo dove
i partecipanti sperimenteranno le tecniche di comunicazione utilizzate in reparto
attingendo a quelle che sono considerate le basi della terapia del buonumore;
Infine si concluderà con un momento dedicato alle impressioni dei presenti e ad
alcuni suggerimenti su come utilizzare la Clownterapia nella vita di tutti i giorni,
verso il prossimo ma anche verso se stessi.
Rimandi bibliografici:
Adams P., Salute! Curare la sofferenza con l’allegria e con l’amore
trad. it. Pisano D., Bozzia G., Milano, Feltrinelli, 2004 (ed. or.
Gesundheit!
, Vermont,
Healing Arts Press, 1993)
Adams P., Visite a Domicilio, La missione del medico-clown: guarire il mondo una visita
alla volta, Urra Edizioni
Dionigi A., Gremigni P. (a cura di), La clownterapia. Teoria e pratiche, Roma, Carocci,
2014
Cousin N., La volontà di guarire, trad. it. Stefania Panni Lariccia, Armando Armando,
1982
(ed. or. Anatomy of an Illness. As Perceived by the Patient. Reflections on Healing and
Regeneration, W. W. Norton & Company, Inc., New York – London, 1979)
Böll H., Opinioni di un clown, Milano, Arnoldo Mondadori, 1965
(ed. or. Ansichten eines Clowns, Köln, Berlin, Verlag Kiepenheuer & Witsch, 1963)
Sessioni Affidamento: Famiglia per dare e ricevere affetto ( 51ma GMCS 2017)^^^ INIZIO ^^^
GIORNATE SALESIANE DI COMUNICAZIONE 2017
“N ON TEMERE, PERCHÉ SONO CON TE ” (IS 43,5). COMUNICARE SPERANZA E FIDUCIA NEL NOSTRO TEMPO
6° Incontro per giovani in formazione della Famiglia Salesiana
AFFIDO:IL PUZZLE DEL DARE E DEL RICEVERE AFFETTO
Alida e Luigi sono due persone semplici, altruiste, molto impegnate
nel sociale. L’incontro con Dissan avvenne nella Casa famiglia del
Borgo Ragazzi Don Bosco, con la quale davano un sostegno a
distanza agli adolescenti in difficoltà.
“Tutto iniziò nel settembre 2013, quando partecipammo ad una
giornata formativa sull’affido familiare”, racconta Alida. “Dopo questa
giornata io e mio marito Luigi decidemmo di partecipare al corso di
formazione per famiglie affidatarie. Volevamo capire se era veramente
quella la strada che volevamo intraprendere, se eravamo in grado; ci
sentivamo in dovere di guardarci dentro: chi avremmo incontrato
avrebbe avuto bisogno di tutto il nostro affetto. E noi venivamo da una
storia familiare molto dolorosa, nostra figlia, di origini colombiane
adottata all’età di 4 anni, è venuta a mancare all’età di 20 anni per una
grave malattia nel 2010.
Abbiamo partecipato a cinque incontri insieme ad altre famiglie.
All’inizio del 2014 decidemmo di dare la nostra disponibilità e
entrammo a far parte del gruppo di sostegno per famiglie affidatarie.
Agli inizi di luglio dell’anno scorso ci è stato chiesto se eravamo
disponibili all’affido di Dissan e non ci abbiamo pensato molto a dire di sì».
Dopo averlo incontrato in casa famiglia, con una scusa il ragazzo è andato a casa loro. «Per farlo venire da noi, in
casa famiglia gli avevano detto che due amici avevano bisogno di un aiuto, avevano dei problemi con un
televisore. È stata una situazione buffa, lui si aspettava di andare a casa di due ragazzi e invece ha trovato noi.
Dopo l’estate dell’anno scorso ci siamo rivisti un po’ di volte e da dicembre è sempre a casa nostra. Ci ha subito
conquistati».
La storia di Dissan
«La cosa che sorprende tutti e tre è la naturalezza del nostro rapporto. Sembra che stiamo insieme da sempre. A
noi fa molto piacere avere qualcuno di cui avere cura e Dissan si trova molto bene con noi. I primi ad essere
stupiti dalla naturalezza del nostro rapporto siamo noi. Siamo convinti di essere stati aiutati dall’alto»,
raccontano.
retisolidali.i t http://www.retisolidali.it/affido-il-puzzle-del-dare-e-del-ricevere-affetto /
Alida e Luigi con Dissan Dissan è nato in Bangladesh, all’età di 5 anni ha raggiunto
il padre che era in Italia. Dopo è venuta qui anche sua
madre ed è nata la sorellina, che oggi ha 10 anni. «Poi la
madre di Dissan è morta e il padre ha deciso di tornare nel
suo paese insieme ai due figli. Ma Dissan è tornato in Italia
perché vuole studiare qui, mentre il padre è rimasto in
Bangladesh insieme alla figlia più piccola. Purtroppo per il
fatto che è partito ed è ritornato dovranno passare 10 anni
per ottenere la cittadinanza italiana, il conto è ricominciato
daccapo», spiega Luigi. «Le sue difficoltà qui in Italia sono
quelle di un ragazzo straniero che si apre alla vita. È molto
integrato ed è sereno nel contesto in cui vive. Gli mancano
gli affetti che sono lontani, ma si vede e parla su Skype con
la sorellina che è in Bangladesh e a cui è molto legato. Si
impegna e gli piace molto studiare, frequenta il terzo anno
dell’istituto informatico con specializzazione in tecniche informatiche».
Non bisogna avere paura
«A fine maggio abbiamo ottenuto il decreto di affido. Ad ottobre di quest’anno Dissan compirà 18 anni, ha un po’
paura perché l’affido terminerà. Ma abbiamo saputo pochi giorni fa che per motivi di studio l’affido si può
prorogare. Ci fa molto piacere, anche se noi tre stiamo talmente bene insieme che non cambierà nulla,
quando lui diventerà maggiorenne», dice Alida. «Siamo convinti che l’amore generi amore e che non bisogna
avere paura ad aiutare gli altri. Se avessi avuto paura, dopo la nostra storia dolorosa, mi sarei chiusa ad
un’esperienza che mi sta dando tanta gioia. Non bisogna chiudersi mai, neanche dopo tanto dolore, ma lasciarsi
coinvolgere e guidare dal cuore. Se si riuscisse a fare il “salto”, ad aprirsi, si capirebbe che tante persone hanno
bisogno di noi, non solo i bambini, ma anche gli adolescenti. I ragazzi hanno grandi necessità di essere accolti,
ogni persona ha bisogno di una famiglia e bisogna pensare che si va incontro solo a qualcosa di positivo. Inoltre,
l’adolescente è più consapevole, si mette di più in gioco, se si sente amato risponde di più. Io e Luigi avremmo
potuto avere più resistenze, visto che Dissan aveva 17 anni al momento dell’affido, ma fortunatamente ha vinto
l’amore».
Come un puzzle
«Pensando alla nostra storia mi viene in mente un puzzle. La vita mia e di mia moglie è andata in mille pezzi, ad
un certo punto, come un puzzle costruito con cura e pazienza che si distrugge tutto insieme. Poi
miracolosamente ogni pezzo è tornato al suo posto con l’arrivo di Dissan. Noi siamo molto credenti e crediamo
che la nostra storia sia provvidenziale. La presenza di Dissan, secondo noi è stata “guidata”, non è arrivata per
caso», racconta Luigi. Alida e Luigi fanno parte del Movimento Famiglie Affidatarie e Solidali del Borgo Ragazzi
Don Bosco. Inoltre, stanno portando avanti molto attivamente i progetti dell’associazione Quinto Mondo Onlus,
che si occupa di adozioni a distanza e sostegno alle scuole in Colombia ed Uganda, di progetti educativi “Diritti
con Marlen” nelle scuole.
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Selfie insieme. A Dissan mancano padre e la sorella, ma per fortuna c’è skype
Sessioni Associazione cittadini mediali ( 51ma GMCS 2017)^^^ INIZIO ^^^
GIORNATE SALESIANE DI COMUNICAZIONE 2017
“NON TEMERE, PERCHÉ SONO CON TE” (IS 43,5). COMUNICARE SPERANZA E FIDUCIA NEL NOSTRO TEMPO
6° Incontro per giovani in formazione della Famiglia Salesiana
Da spettatori a cittadini mediali.
Pratiche e formati della visione e della partecipazione nell´era digitale.
Massimiliano Padula 1
La vita di ogni individuo, indipendentemente dal suo ruolo sociale, dalla sua provenienza geografica,
dalle sue competenze, incrocia ormai la questione dei media. Partendo da questo assunto, si
introdurranno gli elementi distintivi della contemporeneità mediale e si condivideranno le istanze
principali del nostro essere uomini e donne mediali. Lo si farà attraverso la condivisione di testi
audiovisivi a cui seguirà un lavoro di analisi e di interpretazione. In ultimo, si racconterà l´impegno
dell´"Aiart - Associazione cittadini mediali" come modello di progettazione e azione educativa e
pastorale.
Temi
1. (Ri)Cominciare a educare (e a testimoniare)
2. Miti ed elementi della contemporaneità mediale
3. Il tempo digitale: scenario sociale e prospettive educative
4. Il lavoro dell’Aiart: rieducare alla visione
5. Distrazione: visione di tre video
6. Condivisione di una scheda analitica
7. Confronto sui testi audiovisivi, suggestioni e riflessioni a margine
Scheda analisi video (EduMedia1617 – © Filippo Ceretti 2017- tutti i diritti riservati)
1 Massimiliano Padula insegna"Sociologia in prospettiva teologico-pastorale" e “Chiesa, media e società” presso l´Istituto
Pastorale RedemptorHominis della Pontificia Università Lateranense. Presso lo stesso Ateneo coordina il Centro Alti
Studi. Docente di “Sociologia dell’organizzazione e del tempo libero” presso la Pontificia Facoltà di Scienze
dell’educazione Auxilium, svolge attività di docenza presso il Pontificio Istituto Giovanni Paolo II per studi su matrimonio
e famiglia. È Presidente nazionale dell’Aiart, l´associazione dei telespettatori e dei cittadini mediali.
FASE DOMANDA OPERAZIONE TEORIA LOGICHE AZIONI
Comunità Religiose di Carlo Zanotti ( 51ma GMCS 2017)^^^ INIZIO ^^^
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GIORNATE SALESIANE DI COMUNICAZIONE 2017
“NON TEMERE, PERCHÉ SONO CON TE” (IS 43,5). COMUNICARE SPERANZA E FIDUCIA NEL NOSTRO TEMPO
6° Incontro per giovani in formazione della Famiglia Salesiana
LA COMUNICAZIONE COME
«ELEMENTO GENERATIVO»
NELLE COMUNITÀ
RELIGIOSE 2
La sezione parallela si concentra sull’analisi della fraternità per verificare la capacità
di comunicazione e di creazione di «parole buone» che edificano e strutturano
ambienti di speranza. Ci chiederemo: come far sì che la comunicazione possa
diventare un «elemento generativo» tanto da trasformare le comunità in «laboratori
di umanità» e veri «centri di ricerca» per l’incremento di umanità?
La sfida comunicativa passa dalla trasformazione di comunità povere di linguaggi
costruttivi, a comunità che «elaborano» e «creano» costantemente parole «buone»
diventando canali che irrigano e contagiano speranza, fiducia e significato
esistenziale.
Il laboratorio prevede una parte di contenuti e una serie di attività e di interazioni, per
sperimentare la generatività della comunicazione nella vita fraterna.
3
LA COMUNICAZIONE COME «ELEMENTO GENERATIVO»
NELLE COMUNITÀ RELIGIOSE
don Carlo Maria Zanotti
1. Introduzione
Il tema della Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali è
sempre un’occasione propizia per verificare il nostro modo di
comunicare con le altre persone. Non possiamo essere
superficiali in questa verifica dal momento che noi con-viviamo
con le parole, camminiamo con loro dal mattino alla sera, ci accompagnano come il
nostro respiro, sono nostro respiro! Noi siamo le nostre parole, nulla ci traduce o ci
tradisce quanto le nostre parole. In esse si riversa, consciamente o inconsciamente,
quel mondo vastissimo che vive nei nostri sensi, nelle nostre idee, sentimenti,
memorie, desideri, fantasia e che è la nostra sostanza spirituale.
Ogni nostro incontro con un nostro simile interpella e mette a nudo il nostro rapporto
con le parole. Di continuo siamo chiamati a misurarci con il loro fascino e con il loro
rischio, con la loro forza e con le loro esigenze. Parlare è una necessità, un piacere,
ma anche una sfida!
L’immagine che il Santo Padre utilizza nel suo messaggio, quella della macina, è
molto suggestiva e ricca di spunti. Infatti noi ‘maciniamo’ ogni giorno moltissime
parole, sia utili che inutili. Quanti legami buoni nascono da parole macinate con
saggezza, ma quante fatiche relazionali nascono da parole macinate con disprezzo,
pregiudizi, sospetti o incomprensioni. Anche nelle nostre comunità religiose, si
rischia troppo spesso di macinare quei ‘gossip’, che generano soltanto
incomprensioni. Il papa sovente denuncia il «chiacchiericcio» come malattia
comunicativa nella chiesa e nelle comunità religiose.
Per questo è necessario imparare a macinare il buono e il vero perché ne esca un pane
buono e fragrante che nutra, per poter essere capaci di generare comunità che siano
realmente e gioiosamente «laboratori di umanità», «centri di ricerca» per
l’elaborazione di quella comunicazione generativa che costruisce una civiltà nuova,
quella dell’amore, dove la comunione e la carità determinano ogni relazione e ogni
dialogo.
Ci lasciamo interpellare da questo messaggio. Da esso raccogliamo gli elementi che
possono diventare nella comunità religiosa «generativi» nella logica della «buona
notizia». Cercheremo poi, riflettendo sulla realtà concreta, di indicare alcune strategie
operative percorribili ed efficaci. 4
2. Comunicare speranza e fiducia nel nostro tempo: il messaggio del Papa
Il messaggio del papa ricorda prima di tutto come l’accesso ai mezzi di
comunicazione, con la sua immediatezza e diffusione delle notizie, sia oggi la
grande novità che ci interpella.
Immediatezza e velocità diffusiva non possono farci dimenticare che ogni
notizia ha sempre un effetto. L’effetto dipende da come ricevi e macini tali
notizie. Pertanto è fondamentale imparare una comunicazione costruttiva che
favorisca la cultura dell’incontro.
Non si può cedere alla comunicazione ‘angosciosa’ e ‘paurosa’ ma favorire
una comunicazione aperta e creativa nella logica della Buona Notizia.
Sono tre i fari che illuminano e orientano gli elementi per una comunicazione di
speranza e fiducia:
Buona notizia
La vita dell’uomo è storia di
salvezza. Occorre imparare a
leggerla con gli ‘occhiali’
buoni. Gli occhiali migliori
sono Cristo e il suo Vangelo.
Fiducia nel Seme del Regno
Le parabole raccontate da Gesù
insegnano la logica del seme che
muore per poter rinascere. Il regno è
presente, è qui in mezzo a noi. Come
è importante riconoscere questo
‘seme’ e vederlo germogliare.
Orizzonti dello Spirito
I Santi sono il Vangelo vivente
della Buona Notizia. Sono icone
dell’Amore di Dio. Sono canali
viventi che trasmettono parole
«generative» per un’umanità
nuova. 5
3. La comunicazione come elemento «generativo»
Vivere è comunicare
Il parlare è una delle realtà più ordinarie nella vita e nello stesso tempo più
impegnative; è un fatto apparentemente semplice, ma in realtà altamente complesso
ed esigente. Maneggiamo il dialogo tutti i giorni con disinvoltura, spesso con piacere;
è misterioso ed interessante con quanta naturalezza abbiamo imparato a parlare
impossessandoci di quei numerosi elementi che costituiscono la struttura della lingua:
le parole, i loro significati, la grammatica, la sintassi, la coniugazione dei verbi, e
tutto senza fatica, quasi meccanicamente. Eppure il dialogo è una produzione umana
straordinariamente esigente. Dialogare correttamente è difficile. Dialogare è difficile
perché occorre imparare, prima di tutto, ad ascoltare.
La dimensione dell’ascolto è una condizione essenziale per lo sviluppo di una buona
relazionalità. Purtroppo gli attuali ritmi di vita stanno rendendo instabili sia
l’ascoltare se stessi che l’ascoltare l’altro e l’essere dall’altro ascoltati. Eppure
ognuno di noi porta dentro di sé lo struggente bisogno di vivere tutte e tre queste
esperienze. Se viene meno anche solo una di esse, corriamo il rischio di diventare
stranieri a noi stessi e all’altro. Naturalmente l’ascolto, perché sia fonte di benessere,
deve essere un buon ascolto. Solo così sono possibili l’incontro, il dialogo e la
comprensione interpersonale e sociale. L’ascoltare è un’arte difficile. È certamente
più difficile del parlare. E lo è soprattutto oggi. La nostra infatti è una società in cui
tutti parlano e pochi ascoltano. E quei pochi che sono disposti a farlo sembrano
privilegiare l’ascolto virtuale, nuovo muretto e nuova piazza in cui trovano spazio i
vari social network. Il buon ascolto è per sua natura circolare, per cui chi ascolta è
anche ascoltato e chi è ascoltato, ascolta. Ciò favorisce la capacità di ascoltare se
stessi senza cadere nel narcisismo e di ascoltare l’altro senza cadere nel conformismo.
Evolutivamente, in principio è l’ascolto. La parola viene dopo. Non c’è nessun io
parlo se non è preceduto da un io ascolto. Se, dunque avremo imparato ad ascoltare,
sapremo anche parlare.
Il problema di essere felici o infelici nella nostra vita e quindi nelle nostre comunità,
dipende per una percentuale altissima dalle parole che ci diciamo e dai sentimenti e
dal modo con cui ce le diciamo. Ho visto persone distruggersi con le parole; ho visto
gente distrutta ricostruita dalle parole. Il potere della parola buona è creativo e
ricostruttivo o «generativo». Il dialogo o ci realizza o ci devasta!
In nessuna altra area della vita quanto in questa ci è consentito imparare in maniera
estesa facendo semplicemente una lettura leale e coraggiosa della propria esperienza;
qui più che mai esperienza è memoria degli errori. È sufficiente che ciascuno di noi
interroghi se stesso e scorra un poco la propria biografia per rendersi conto di quante
volte ha guastato un incontro o distrutto un legame affettivo, di quanto ha sofferto e
fatto soffrire con modi errati di comunicare, a volte soltanto inesperti, altre volte
decisamente cattivi: frasi o atteggiamenti aggressivi, litigiosi, intolleranti, sprezzanti,
ironici, vendicativi. Tutti abbiamo il rammarico di aver pronunciato frasi che hanno 6
fatto male e del male; tutti ricordiamo il disagio di esserci trovati inseriti in un
dialogo che finì per rivelarsi un litigio o di essere volutamente fraintesi o esclusi dalla
comunicazione viva monopolizzata da qualcuno.
In questo senso davvero il papa ha ragione quando afferma che «la mente dell’uomo
è sempre in azione e non può cessare di “macinare” ciò che riceve, ma sta a noi
decidere quale materiale fornire».
Il benessere o il malessere individuale e sociale si gioca sulla qualità del dialogo. Si
parla e si scrive molto sulla umanizzazione e sulla qualità della vita; le due
espressioni, analizzate a fondo, rivelano un intrinseco riferimento alle modalità
comunicative degli uomini. È impressionante notare come si possa cambiare la
qualità della vita cambiando la qualità del dialogo, quanto cioè le due realtà siano
intimamente correlate.
Anche per le nostre comunità, c’è una parola che unisce, ma c’è anche una parola
che divide. C’è un dialogo che porta alla conoscenza, ma ci può essere una
‘discussione’ che non porta da nessuna parte, anzi irrigidisce e raffredda le relazioni.
Occorre liberarsi dalla tentazione delle semplici ‘discussioni’ per vivere il dialogo
come un autentico fare spazio al fratello e alla sorella. La parola ‘discussione’ ci
richiama alla mente una comunicazione dura, contrastata, oppositiva. La parola
‘dialogo’, al contrario, richiama l’idea di uno scambio costruttivo e pacato. Il
miglioramento del proprio stile comunicativo è innanzi tutto presa di coscienza d’un
cammino da compiere e un atto di volontà; è tutt’altro che un fatto spontaneo che si
verifica in noi senza di noi. Cambia soltanto chi decide di cambiare. E i cambiamenti
non sono mai indolori.
Elementi di comunicazione
Proviamo con estrema semplicità e sinteticità a fornire alcuni elementi per una buona
comunicazione. Innanzitutto ci chiediamo: come si possono trasmettere le
informazioni in maniera comprensibile?
Possiamo rispondere segnalando quattro elementi fondamentali su cui fondare la
comprensione.
SEMPLICITÀ
(nella formulazione linguistica. Il suo contrario: complicazione)
Il mio nome è semplicità. Con me puoi capire tutto. Io costruisco frasi
brevi e mi servo di termini conosciuti. Quando mi servo di termini
tecnici, fornisco sempre una spiegazione. Metto in vista i fatti in
modo che ciascuno possa farsene un’idea propria. Parlo come un
uomo normale, non come uno studioso. 7
ARTICOLAZIONE-ORDINE
(nella costruzione del testo. Il suo contrario: confusione, incoerenza)
Il mio nome è complicazione. In contraddizione con quanto
illustrato dal mio polo opposto poc’anzi, il mio nome include tutte
quelle caratteristiche stilistiche che impediscono la ricezione sul
piano verbale e del contenuto, tra cui si annoverano le costruzioni
sintattiche estremamente complesse, l’uso ripetuto di termini
stranieri, specialistici fino ad ottenere un modello linguistico
altamente elaborato (a scopi di prestigio) che si muove in ambito
prettamente astratto.
Il mio nome è articolazione-ordine. Faccio in modo che l’ascoltatore si
orienti e abbia chiarezza. Come riesco a farlo? Mi preoccupo sia della
chiarezza formale, sia della consequenzialità interna. Chiarezza formale
(«articolazione») è l’esplicitazione di come è costruito il testo o il discorso;
vengono messi in evidenza i punti più salienti attraverso distinzioni (titoli,
sottotitoli o voce diversa, marcature di passaggi importanti).
Consequenzialità interna («ordine») è data dalla costruzione logica di
quanto viene detto. Quando i collegamenti sono più complessi vengono
chiariti.
Il mio nome è confusione, incoerenza. Con me ogni cosa segue l’altra
così come viene. Non vengono messe in risalto parole o frasi importanti,
e molte cose sono alla rinfusa. Raramente uso strumenti che
permettano di capire meglio o espressioni che possano far capire dove
sta andando il discorso. Mi chiamo così perché non produco chiarezza,
comincio senza dire dove sono diretto. Non si riesce mai a trovare un
nesso tra tutte le cose che dico. Molte frasi sono affiancate senza
connessione logica. 8
Permettetemi di presentarmi: il mio nome è prolissità. Nel mio nome sono già
specificate le caratteristiche che mi rendono riconoscibile: mi piace usare tante
parole o, se preferite, odio dovermi attenere all’essenziale. Spesso prendo il discorso
da lontano e illustro con dovizia di particolari, anche se potrei dire la stessa cosa con
poche farsi. Spesso vado fuori tema e tocco altri argomenti collaterali. Quando
comincio salto di palo in frasca. Sono prolisso in due modi diversi: linguisticamente
con eccessive ridondanze (esprimo lo stesso concetto più volte con diverse parole
sconfinando dal tema) e dal punto di vista del contenuto (allargo l’obiettivo del
discorso a concetti collaterali). Anche se sicuramente un po’ di prolissità e
ridondanza non nuoce all’ascoltatore, tendo senz’altro ad esagerare!
Il mio nome è brevità-pregnanza. Tante
informazioni con poche parole, sono breve
e serrato. Mi limito all’essenziale. A volte
sono troppo conciso
BREVITÀ-PREGNANZA
(anziché prolissità. Il suo contrario: ridondanza)
AGGIUNTA DI STIMOLI
(strumenti stilistici stimolanti. Il suo contrario: assenza di stimoli)
Il mio nome è aggiunta di stimoli, ma potete tranquillamente chiamarmi
stimolo (per far contenta la mia collega Semplicità). Faccio tutto perché
l’ambiente si animi un po’. Sono per così dire il sale nella minestra
dell’informazione. Senza di me avreste lo stesso valore nutritivo, ma meno
sapore! E questo come sappiamo è uno stimolo per la digestione. Mi
sembra di sentire il lettore che mi dice: «mi sei molto simpatico, ma se
esageri la minestra diventa troppo salata!». E io rispondo: «È vero, ma non
dimenticatemi del tutto quando cucinate!». 9
Questi quattro fattori sono misurabili e acquisibili tramite allenamento. Anche
comunitariamente ci si può aiutare per imparare e rafforzare una comunicazione che
sia comprensibile e di conseguenza fonte di dialogo, di comunione, di speranza e di
fiducia.
Oltre ai fattori di comprensibilità, per una buona comunicazione è necessario tenere
presente e conoscere bene le diverse prospettive. Le illustro brevemente con alcuni
esempi. In ogni comunicazione è sempre presente:
Il contenuto.
Come posso comunicare i fatti in maniera chiara e comprensibile?
La relazione.
Come mi comporto con il mio prossimo attraverso il mio modo di comunicare?
La rivelazione di sé.
Quando qualcuno si esprime, rivela anche qualcosa di sé. Questo fa di ogni
informazione un piccolo assaggio della personalità.
L’appello.
Quando qualcuno esprime qualcosa, di norma vuole anche ottenere qualcosa.
Contenuto
Rivelazione di sé Appello
Relazione
Il mio nome è mancanza di stimoli. Io rinuncio a tutto ciò che, attraverso la
rappresentazione, può rendere un dialogo interessante o avvincente, come
per esempio l’appello diretto all’ascoltatore, esempi o similitudini
divertenti presi dal quotidiano, frasi interrogative ecc. mi fido del fatto che
il contenuto sia in sé stimolante e metto in conto di apparire noioso e
impersonale.
Messaggio 10
Questo modello si adatta sia all’analisi delle comunicazioni concrete e alla scoperta
di una grande quantità di disturbi della comunicazione, sia alla strutturazione
dell’intero ambito di questo problema.
Di fronte al quadrato emergono nell’immediato tre elementi fondamentali. Primo fra
tutti che la «chiarezza» della comunicazione è un momento quadrimensionale. Se una
persona dice a un’altra: «Oggi ho provato a telefonarti cinque volte!», il contenuto è
immediatamente comprensibile e chiaro. Un po’ meno chiaro potrebbe essere per il
destinatario, che cosa il mittente vuole comunicare di sé (delusione? Sottolineare il
proprio zelo?); altrettanto poco chiaro potrebbe essere ciò che pensa il mittente del
destinatario (forse il rimprovero: «perché te ne stai sempre in giro?», oppure «mi
importa molto di te!») e ciò che vuole ottenere (forse: «potresti chiamarmi anche tu
qualche volta!»). quindi il destinatario del messaggio potrebbe avere la seguente
sensazione: «Capisco parola per parola quello che mi dice, ma che cosa vuole dirmi
davvero?». Spesso i destinatari hanno la tendenza a cogliere tra le pieghe poco chiare
di un’informazione qualcosa che appartiene in realtà al ricco tesoro delle loro
fantasie, aspettative, timori e quindi, infine, ricevono un messaggio da se stessi e si
riempiono la mente con materiale di fabbricazione propria.
In secondo luogo, dal quadrato, si comprende che in una sola comunicazione sono
contenuti più messaggi contemporaneamente che si raggruppano attorno al quadrato.
Questo fatto ha molte implicazioni e il rischio di confondersi o di non comprendere
pienamente è forte.
In fine è bene ricordare anche che i diversi elementi del quadrato, o meglio della
comunicazione, sono da considerarsi in modo complementare.
È necessario anche fare un’altra considerazione sulla realtà emotiva che comprende
ogni comunicazione. In tempi passati si pensava che per una buona ed essenziale
comunicazione fosse semplicemente necessario migliorare una modalità di
comunicazione o una sorta di ‘diplomazia’ comunicativa.
Per esempio era sbagliata la prima formula: «Non dica scemenze!» e si considerava
corretta la formula più ‘diplomatica’: «Temo di non essere d’accordo con tutto quello
che dice signora Rossella!»
Non dica
scemenze!
Temo di non essere
d’accordo con tutto
quello che dice,
signora Rossella! 11
In realtà sono entrambe errate perché nella seconda figura viene negato qualcosa
della realtà emotiva. Questo atteggiamento potrebbe essere consigliabile per creare
meno attrito in alcune situazioni di contatto superficiale, ma difficilmente può essere
considerato un modello idoneo per un corretto rapporto psicologico con me stesso e
con gli altri. Al contrario: devo temere che questo malumore inespresso continui a
crescere in fondo alla mia psiche arrivando a pregiudicare nel profondo il mio modo
di stare con gli altri. Questa «dimensione profonda» della comunicazione
interpersonale era qualcosa per cui, un tempo, si aveva poco riguardo. In questo
modo finivamo con l’essere cordiali ma non autentici! La strada verso un
«gradevole confezionamento» era una strada sbagliata. Al suo posto la chiarezza e la
concordanza diventano nuove unità di misura con cui una comunicazione sensata
deve confrontarsi. Chi vuole migliorare la comunicazione con gli altri, può ricordarsi
questi tre passaggi fondamentali:
Impostazione sull’individuo. Ciò significa: comincio da me stesso.
Impostazione sul modo di stare con gli altri. Ciò significa: verifico lo stile
dei rapporti di un intero gruppo o comunità.
Impostazione sulle condizioni istituzionali-sociali. Ciò significa: verifico le
condizioni in cui vengono a trovarsi le persone.
Alcuni esempi sull’anatomia di un messaggio (il quadrato della comunicazione)
Per prima cosa il messaggio trasmette un’informazione di contenuto. Il semaforo è
verde!
Secondo, in ciascuna notizia si nascondono informazioni non soltanto sul contenuto
vero e proprio, ma anche sulla persona del mittente: in questo caso possiamo dedurre
che il mittente parla italiano, conosce i colori e soprattutto è attento alla situazione in
cui si trova. Inoltre, forse, ha fretta o è infastidito dal ritardo dell’altro ….Quindi in
ogni messaggio il mittente rivela qualcosa di sé.
Dal messaggio emerge inoltre come il mittente consideri il destinatario. Questo
atteggiamento si manifesta spesso nella formulazione scelta, nel tono di voce e in altri
segnali secondari non verbali. Per questo può accadere che l’altro si difenda da questa
prevenzione nei suoi riguardi in tono brusco: «Guidi tu o guido io?». Il suo rifiuto in
questo caso non riguarda certamente l’aspetto contenutistico del messaggio, ma
Guarda che è
verde!
Guidi tu
o guido io? 12
l’aspetto di relazione percepito. Trasmettere un messaggio significa sempre
esprimere all’interlocutore un modo di porsi nei suoi confronti.
È raro che qualcosa venga detta «così per dire»; quasi tutti i messaggi hanno la
funzione di esercitare un’influenza sul destinatario. Nel nostro caso potrebbe essere:
«Accelera un po’, che forse riusciamo ancora a passare col verde!». Il messaggio
serve allora a indurre il destinatario a fare, o non fare, a sentire o pensare determinate
cose. Il tentativo di manipolare oi influenzare qualcuno può essere più o meno
evidente. L’appello, pertanto, è efficace in quanto è supportato dalla realtà effettiva.
Nel nostro esempio potrebbe trovare l’appello ragionevole, ma reagire con
risentimento. Oppure, al contrario, potrebbe trovare l’appello irragionevole, senza
risentirsi del fatto che l’altra persona dia consigli sulla guida.
Contenuto: il semaforo è verde
Rivelazione di sé: Appello: Accelera!
Ho fretta!
Relazione: hai bisogno del mio aiuto
Ribadiamo ancora una volta: uno stesso messaggio nel contiene diversi altri; che lo
voglia o meno il mittente invia sempre messaggi che riguardano i quattro aspetti.
Questi annessi e connessi determinano la qualità psicologica di un messaggio. Le
cose si complicano quando il messaggio invece di essere univo diventa un intreccio
diverso di messaggi: il messaggio inviato viene ricevuto e percepito in modi
diversi.
Esempio da analizzare:
Provate ad analizzare il messaggio in arrivo … e il «pasticcio» del destinatario!
Il
Semaforo
è verde
Insomma, se non ti
piace come si
mangia qui, puoi
andartene da
qualche altra parte!
Che cos’è
quella cosa
verde nella
salsa? 13
Contenuto: c’è qualcosa di verde
Rivelazione di sé: Appello: dimmi cos’è
Non so cosa sia
Relazione: tu di certo lo saprai
Contenuto: c’è qualcosa di verde
Rivelazione di sé: Appello: la prossima non metterlo
Non mi piace
Relazione: sei una pessima cuoca!
Provate a pensare un dialogo avuto di recente. Vi ricordate un’espressione, usata da
voi o dal vostro interlocutore, da poter analizzare?
Facciamo un passo in avanti. Finora abbiamo esaminato il quadrato del messaggio
soprattutto dal punto di vista del mittente: egli comunica un contenuto, rivela
qualcosa di sé, manifesta un atteggiamento verso il destinatario, il quale si sente di
conseguenza trattato in un certo modo e, infine, tenta di influenzare il modo di
pensare, di sentire o di agire dell’altro. Questi quattro aspetti sono sempre
contemporaneamente attivi e il mittente capace di comunicare in maniera efficace
dovrebbe essere sempre in grado di controllarli. Un controllo solo parziale porta a
disturbi nella comunicazione.
Esaminiamo ora il «quadrato» secondo la prospettiva del destinatario. A seconda
dell’aspetto a cui in particolare presta ascolto, cambia la sua attività di ricezione. Egli
tenta di comprendere il contenuto oggettivo dell’enunciato. Quando si occupa
dell’aspetto della rivelazione di sé, diventa attivamente un «diagnostico» della
persona («che tipo è?», oppure «che cosa gli prende?»). Alla componente di relazione
il destinatario è particolarmente attento («che cosa pensa il mittente di me? Con chi
crede di avere a che fare? Come mi sento trattato?»). La valutazione dell’appello si
riassume nella domanda «Che cosa vuole da me?» e poi «Adesso che lo so, che cosa
è meglio che faccia?». Il destinatario, biologicamente è munito di sole due orecchie,
ma in realtà dovrebbe averne quattro, uno per ogni lato del quadrato!
messaggio
Messaggio 14
Provate ad applicare tutto questo al dialogo in comunità e a certe nostre
comunicazioni troppo frettolose e superficiali. Molti errori di comunicazione
nascono da una non conoscenza piena dei messaggi e dei loro contenuti.
Esercizio
A due o a gruppi. Distribuite i ruoli: un mittente e un destinatario. Il mittente ha il
compito di rivolgersi al destinatario dicendo cose innocue. Il destinatario deve
rendersi ipersensibile rispetto alla componente di relazione e cogliere in ogni
messaggio del compagno una cattiveria rivolta a sé.
Esempi
Mittente Destinatario
«L’esercizio non mi piace» «Se preferisci farlo con qualcun altro …»
«Bel tempo oggi» «Lo so che sono superficiale … ma
parlare solo del tempo non mi piace»
«Oggi mi sembri pieno di energia» «Lo so che di solito sembro amorfo»
«Ti trovo veramente carina» «Adesso mi vuoi consolare!»
RIVELAZIONE DI SÉ:
Che tipo è?
Che cosa vuole?
RELAZIONE:
Come mi sta parlando?
Con chi crede di avere a
che fare?
APPELLO:
Che cosa devo fare,
pensare, provare sulla base
della sua comunicazione?
CONTENUTO:
Come devo intendere il
contenuto del suo 15
4. Due condizioni fondamentali
Riassumiamo a due le condizioni necessarie per una comunicazione e una
«macinazione» dei messaggi che possano costruire fiducia e speranza.
L’autenticità: la difficile pace con noi stessi
L’autenticità è essere se stessi, vivere la verità di se stessi; conoscersi e accettarsi.
Autenticità e sincerità sono intimamente collegate anche se, propriamente, non sono
la stessa cosa. L’autenticità suppone una conoscenza vera di se stessi ed una
presentazione di sé agli altri priva di finzione. Autentico è l’uomo che conosce e vive
la verità di se stesso, non ha paura di essere chi è, accetta di vivere con se stesso così
com’è, ricco e povero, l’autenticità è questo accordo interno, questa pace con la
propria realtà. L’autenticità è essere liberi dalla paura del giudizio degli altri, liberi
quindi dal desiderio di fingere. La persona che sceglie di essere autentica ha superato
il desiderio di mentire; si presenta, non si rappresenta, non vive sul palcoscenico.
Vuole che i suoi rapporti con gli altri siano rapporti tra persone, non tra personaggi.
È una grande fortuna essere liberi dal bisogno di apparire diversi! Perché, dopo tutto,
recitare stanca; la verità è più economica, prima o poi s’impone rivelandoci per
quello che siamo.
La fiducia: la certezza di non essere traditi
La fiducia è l’altra condizione indispensabile per un incontro aperto e pienamente
umano. Fidarsi, affidarsi, confidarsi hanno la stessa etimologia, provengono dalla
stessa radice quasi a significare che c’è comunicazione confidenziale solo quando si
sperimenta un’atmosfera di rispetto e di sicurezza. Che cos’è la fiducia? È la certezza
di non essere traditi. È un sentimento che non riguarda solo il momento dell’incontro
e del dialogo, ma anche e soprattutto il futuro; implica una proiezione nel futuro.
La fiducia è uno dei doni più preziosi e più significativi che si possa fare ad una
persona. L’incontro di due persone nel dialogo-confidenza è un evento straordinario
per la storia di entrambe perché è l’incontro di due esistenze nel più profondo del loro
vissuto. Dall’altra parte tradire la fiducia diventa un tradire la persona che ci ha
regalato stima e che si è, in un certo senso, affidata a noi. Essere meritevoli di fiducia
è uno dei traguardi più ambiti che possa prefiggersi una persona. La fiducia e il
dialogo confidenziale, però, non si possono imporre, ma solo meritare!
Alla luce di queste due condizioni diventa interessante imparare ad essere canali di
buone parole e capaci di creare parole oneste che generano vita, fiducia, stima,
speranza.
16
5. Atteggiamenti distruttivi e generativi
Presentiamo qui, in modo sintetico, alcune categorie bipolari che sono determinanti
per la dinamica e la natura dei rapporti interpersonali e nelle quali si possono vedere
riassunte, in forma emblematica, le infinite modulazioni con cui si vive un incontro.
Naturalmente il semplice elenco andrebbe motivato e spiegato con più precisione per
evidenziare le diverse ‘gradazioni’ degli atteggiamenti sia distruttivi che generativi.
Non ne abbiamo il tempo, ma rimandiamo a studi specifici. Ci accontentiamo di
questo semplice elenco per trarre alcuni possibili itinerari per ‘formare’ il nostro stile
comunicativo.
Atteggiamento di difesa
Atteggiamento di fiducia
Atteggiamento valutativo (disprezzare)
Atteggiamento di accettazione (rispettare e apprezzare)
Atteggiamento di superiorità (il potere distruttivo dell’ironia)
Atteggiamento di parità
Atteggiamento di indifferenza
Atteggiamento di empatia
Atteggiamento manipolatorio
Atteggiamento spontaneo
Atteggiamento di inflessibilità
Atteggiamento di flessibilità
17
6. Conclusione
Dopo questa breve carrellata su vari temi della comunicazione interpersonale,
possiamo concludere con l’invito a:
Ascoltarsi e ascoltare: detto in altri termini l’ascolto deve portare ad una conoscenza
reale di quello che siamo e di quello che sono gli altri. Un ascolto realizzato con tutta
la persona, non solo con l’udito ma con tutto il nostro essere. Solo così si può
raggiungere quella profondità che è verità e libertà. Un ascolto autentico che indica la
volontà di capire prima di parlare. Un ascolto che si concentra sul tu per dire che
colui che parla lo si riconosce come protagonista dell’incontro.
La parola giusta: le parole non lasciano mai le cose come stanno. Gli uomini non
possiedono nulla che abbia il potere delle parole; nelle parole vi sono una forza ed
una ricchezza di cui forse non ce ne rendiamo conto. La parola informa, significa e
dice un pensiero, una notizia. Ma ha anche una valenza pragmatica: col parlare nel
parlare si compie un atto che cambia qualcosa dentro di noi e attorno a noi. Dopo che
si è parlato le cose sono diverse da com’erano prima. Le parole non lasciano mai le
cose come stanno! Diventa urgente conoscere le parole sbagliate e le parole giuste
per ogni situazione! Tenendo presente che ogni parola oggi può essere giusta e
domani no, in una determinata situazione può essere sbagliata e in altre giusta. Non
esiste una formula che indichi la parola giusta una volta per tutte: questa è sempre
creazione personale, in un unico esemplare, non è mai prodotta in serie, chiede di
essere inventata volta per volta. Ma allora qual è la parola giusta? È la parola attenta!
La persona che possiede parole giuste ha una singolare proprietà: la capacità di fare
attenzione; è una persona capace di vedere e di sentire. La parola giusta è sempre una
parola attenta.
Formarsi. Il tempo dedicato alla formazione è sempre tempo fondamentale di
crescita e di maturazione. Per quanto riguarda la comunicazione, lavorare sulla
qualità delle proprie parole è lavorare sulla qualità dei propri incontri e, di
conseguenza, sulla qualità della vita perché vivere è incontrare; le parole sono sempre
parole rivolte a qualcuno; non si parla al vento! Le parole sono voci che chiamano
qualcuno dalla lontananza, dall’assenza e lo fanno esistere qui, davanti a noi, dando
luogo alla presenza. Per questo formarsi alla buona comunicazione e alla capacità di
produrre parole buone, è estremamente importante.
L’immagine della «macina»
Introducendo il suo messaggio, papa Francesco ha cominciato così: «Già i nostri
antichi padri nella fede parlavano della mente umana come di una macina da mulino
che, mossa dall’acqua, non può essere fermata. Chi è incaricato del mulino, però, ha
la possibilità di decidere se macinarvi grano o zizzania. La mente dell’uomo è sempre 18
in azione e non può cessare di “macinare” ciò che riceve, ma sta a noi decidere quale
materiale fornire».
Macinare parole buone è possibile solo se si è ricolmi di Spirito Santo, afferma
sempre il Santo Padre, e se da Lui ci si lascia guidare per apprendere uno stile
comunicativo aperto e creativo. I santi hanno fatto proprio così. Sono stati un
Vangelo stampato, una Buona Notizia con la loro vita, perché guidati e orientati dallo
Spirito Santo.
Possiamo allenarci e abilitarci in tutte le tecniche comunicative buone, ma alla fine
l’anima della comunicazione buona rimane la vita nello Spirito. Vita sempre
nuova e sempre creativa. Vita capace di «generare» relazioni e incontri improntati
dalla comprensione, dalla compassione, dalla speranza e dalla fiducia.
Tocca a noi scegliere, tecnicamente e spiritualmente, di diventare «canali viventi»
che si lasciano guidare dalla Buona Notizia in mezzo al dramma della storia.
19
SCHEDA DI LAVORO E DI COMUNICAZIONE
Partendo dalle affermazioni qui segnalate, dell’ultimo documento della
Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica «Per
vino nuovo otri nuovi», provate a rispondere a queste domande e a confrontarvi.
In seguito tentate di elaborare un piccolo «vademecum» comunicativo per essere
canali viventi di parole buone.
«Tra i motivi principali degli abbandoni si evidenziano l’indebolimento della
visione di fede, i conflitti nella vita fraterna e la vita di fraternità debole in
umanità» (24).
«Da una vita comunitaria livellata, che non lascia spazio all’originalità, alla
responsabilità e a relazioni fraterne cordiali, deriva una scarsa condivisione
nella vita reale» (26).
«È la fraternità il luogo di eminente formazione continua» (36).
«I processi di internazionalizzazione dovrebbero impegnare tutti gli Istituti
(maschili e femminili) a diventare laboratori di ospitalità solidale dove
sensibilità e culture diverse possono acquisire forza e significati non conosciuti
altrove e quindi altamente profetici» (40).
1. Come far diventare la comunità una forza «generativa» nella sua fraternità
attraverso una comunicazione buona?
2. Quali spazi comunicativi sono fondamentali per una fraternità in dialogo che
vuole essere «canale di parole buone» e non uno «stagno imputridito» che non
consegna parole di comunione e di speranza?
3. Creatori di Parole Buone. Come?
4. Cosa macini e come macini … nella tua vita?
20
PER UNA COMUNICAZIONE NUOVA E CREATIVA
NELLE NOSTRE COMUNITÀ
Vademecum comunicativo….
PER UNA FRATERNITÀ
FORTE IN UMANITÀ
PER UNA CONDIVISIONE DELLA VITA
REALE IN COMUNITÀ
PER UNA FORMAZIONE COSTANTE
NELLA FRATERNITÀ
PER DIVENTARE
LABORATORI DI OSPITALITÀ
21
MESSAGGIO DEL SANTO PADRE FRANCESCO
PER LA 51ma GIORNATA MONDIALE
DELLE COMUNICAZIONI SOCIALI
«Non temere, perché io sono con te» (Is 43,5).
Comunicare speranza e fiducia nel nostro tempo
L’accesso ai mezzi di comunicazione, grazie allo sviluppo tecnologico, è tale che
moltissimi soggetti hanno la possibilità di condividere istantaneamente le notizie e
diffonderle in modo capillare. Queste notizie possono essere belle o brutte, vere o
false. Già i nostri antichi padri nella fede parlavano della mente umana come di una
macina da mulino che, mossa dall’acqua, non può essere fermata. Chi è incaricato del
mulino, però, ha la possibilità di decidere se macinarvi grano o zizzania. La mente
dell’uomo è sempre in azione e non può cessare di “macinare” ciò che riceve, ma sta
a noi decidere quale materiale fornire (cfr Cassiano il Romano, Lettera a Leonzio
Igumeno).
Vorrei che questo messaggio potesse raggiungere e incoraggiare tutti coloro che, sia
nell’ambito professionale sia nelle relazioni personali, ogni giorno “macinano” tante
informazioni per offrire un pane fragrante e buono a coloro che si alimentano dei
frutti della loro comunicazione. Vorrei esortare tutti ad una comunicazione costruttiva
che, nel rifiutare i pregiudizi verso l’altro, favorisca una cultura dell’incontro, grazie
alla quale si possa imparare a guardare la realtà con consapevole fiducia.
Credo ci sia bisogno di spezzare il circolo vizioso dell’angoscia e arginare la spirale
della paura, frutto dell’abitudine a fissare l’attenzione sulle “cattive notizie” (guerre,
terrorismo, scandali e ogni tipo di fallimento nelle vicende umane). Certo, non si
tratta di promuovere una disinformazione in cui sarebbe ignorato il dramma della
sofferenza, né di scadere in un ottimismo ingenuo che non si lascia toccare dallo
scandalo del male. Vorrei, al contrario, che tutti cercassimo di oltrepassare quel
sentimento di malumore e di rassegnazione che spesso ci afferra, gettandoci
nell’apatia, ingenerando paure o l’impressione che al male non si possa porre limite.
Del resto, in un sistema comunicativo dove vale la logica che una buona notizia non
fa presa e dunque non è una notizia, e dove il dramma del dolore e il mistero del male
vengono facilmente spettacolarizzati, si può essere tentati di anestetizzare la
coscienza o di scivolare nella disperazione.
Vorrei dunque offrire un contributo alla ricerca di uno stile comunicativo aperto e
creativo, che non sia mai disposto a concedere al male un ruolo da protagonista, ma
cerchi di mettere in luce le possibili soluzioni, ispirando un approccio propositivo e
responsabile nelle persone a cui si comunica la notizia. Vorrei invitare tutti a offrire
agli uomini e alle donne del nostro tempo narrazioni contrassegnate dalla logica della
“buona notizia”. 22
La buona notizia
La vita dell’uomo non è solo una cronaca asettica di avvenimenti, ma è storia, una
storia che attende di essere raccontata attraverso la scelta di una chiave interpretativa
in grado di selezionare e raccogliere i dati più importanti. La realtà, in sé stessa, non
ha un significato univoco. Tutto dipende dallo sguardo con cui viene colta, dagli
“occhiali” con cui scegliamo di guardarla: cambiando le lenti, anche la realtà appare
diversa. Da dove dunque possiamo partire per leggere la realtà con “occhiali” giusti?
Per noi cristiani, l’occhiale adeguato per decifrare la realtà non può che essere quello
della buona notizia, a partire da la Buona Notizia per eccellenza: il «Vangelo di
Gesù, Cristo, Figlio di Dio» (Mc 1,1). Con queste parole l’evangelista Marco inizia il
suo racconto, con l’annuncio della “buona notizia” che ha a che fare con Gesù, ma
più che essere un’informazione su Gesù, è piuttosto la buona notizia che è Gesù
stesso. Leggendo le pagine del Vangelo si scopre, infatti, che il titolo dell’opera
corrisponde al suo contenuto e, soprattutto, che questo contenuto è la persona stessa
di Gesù.
Questa buona notizia che è Gesù stesso non è buona perché priva di sofferenza, ma
perché anche la sofferenza è vissuta in un quadro più ampio, parte integrante del suo
amore per il Padre e per l’umanità. In Cristo, Dio si è reso solidale con ogni
situazione umana, rivelandoci che non siamo soli perché abbiamo un Padre che mai
può dimenticare i suoi figli. «Non temere, perché io sono con te» (Is 43,5): è la parola
consolante di un Dio che da sempre si coinvolge nella storia del suo popolo. Nel suo
Figlio amato, questa promessa di Dio – “sono con te” – arriva ad assumere tutta la
nostra debolezza fino a morire della nostra morte. In Lui anche le tenebre e la morte
diventano luogo di comunione con la Luce e la Vita. Nasce così una speranza,
accessibile a chiunque, proprio nel luogo in cui la vita conosce l’amarezza del
fallimento. Si tratta di una speranza che non delude, perché l’amore di Dio è stato
riversato nei nostri cuori (cfr Rm 5,5) e fa germogliare la vita nuova come la pianta
cresce dal seme caduto. In questa luce ogni nuovo dramma che accade nella storia del
mondo diventa anche scenario di una possibile buona notizia, dal momento che
l’amore riesce sempre a trovare la strada della prossimità e a suscitare cuori capaci di
commuoversi, volti capaci di non abbattersi, mani pronte a costruire.
La fiducia nel seme del regno
Per iniziare i suoi discepoli e le folle a questa mentalità evangelica e consegnare loro
i giusti “occhiali” con cui accostarsi alla logica dell’amore che muore e risorge, Gesù
faceva ricorso alle parabole, nelle quali il Regno di Dio è spesso paragonato al seme,
che sprigiona la sua forza vitale proprio quando muore nella terra (cfr Mc 4,1-34).
Ricorrere a immagini e metafore per comunicare la potenza umile del Regno non è un
modo per ridurne l’importanza e l’urgenza, ma la forma misericordiosa che lascia
all’ascoltatore lo “spazio” di libertà per accoglierla e riferirla anche a sé stesso.
Inoltre, è la via privilegiata per esprimere l’immensa dignità del mistero pasquale,
lasciando che siano le immagini – più che i concetti – a comunicare la paradossale 23
bellezza della vita nuova in Cristo, dove le ostilità e la croce non vanificano ma
realizzano la salvezza di Dio, dove la debolezza è più forte di ogni potenza umana,
dove il fallimento può essere il preludio del più grande compimento di ogni cosa
nell’amore. Proprio così, infatti, matura e si approfondisce la speranza del Regno di
Dio: «Come un uomo che getta il seme sul terreno; dorma o vegli, di notte o di
giorno, il seme germoglia e cresce» (Mc 4,26-27).
Il Regno di Dio è già in mezzo a noi, come un seme nascosto allo sguardo
superficiale e la cui crescita avviene nel silenzio. Chi ha occhi resi limpidi dallo
Spirito Santo riesce a vederlo germogliare e non si lascia rubare la gioia del Regno a
causa della zizzania sempre presente.
Gli orizzonti dello Spirito
La speranza fondata sulla buona notizia che è Gesù ci fa alzare lo sguardo e ci spinge
a contemplarlo nella cornice liturgica della festa dell’Ascensione. Mentre sembra che
il Signore si allontani da noi, in realtà si allargano gli orizzonti della speranza. Infatti,
ogni uomo e ogni donna, in Cristo, che eleva la nostra umanità fino al Cielo, può
avere piena libertà di «entrare nel santuario per mezzo del sangue di Gesù, via nuova
e vivente che egli ha inaugurato per noi attraverso il velo, cioè la sua carne»
(Eb 10,19-20). Attraverso «la forza dello Spirito Santo» possiamo essere «testimoni»
e comunicatori di un’umanità nuova, redenta, «fino ai confini della terra» (cfr At 1,7-
8). La fiducia nel seme del Regno di Dio e nella logica della Pasqua non può che
plasmare anche il nostro modo di comunicare. Tale fiducia che ci rende capaci di
operare – nelle molteplici forme in cui la comunicazione oggi avviene – con la
persuasione che è possibile scorgere e illuminare la buona notizia presente nella
realtà di ogni storia e nel volto di ogni persona.
Chi, con fede, si lascia guidare dallo Spirito Santo diventa capace di discernere in
ogni avvenimento ciò che accade tra Dio e l’umanità, riconoscendo come Egli stesso,
nello scenario drammatico di questo mondo, stia componendo la trama di una storia
di salvezza. Il filo con cui si tesse questa storia sacra è la speranza e il suo tessitore
non è altri che lo Spirito Consolatore. La speranza è la più umile delle virtù, perché
rimane nascosta nelle pieghe della vita, ma è simile al lievito che fa fermentare tutta
la pasta. Noi la alimentiamo leggendo sempre di nuovo la Buona Notizia, quel
Vangelo che è stato “ristampato” in tantissime edizioni nelle vite dei santi, uomini e
donne diventati icone dell’amore di Dio. Anche oggi è lo Spirito a seminare in noi il
desiderio del Regno, attraverso tanti “canali” viventi, attraverso le persone che si
lasciano condurre dalla Buona Notizia in mezzo al dramma della storia, e sono come
dei fari nel buio di questo mondo, che illuminano la rotta e aprono sentieri nuovi di
fiducia e speranza.
Dal Vaticano, 24 gennaio 2017
Francesco
«Chi è incaricato del mulino
ha la possibilità di decidere
se macinarvi grano o zizzania.
La mente dell’uomo è sempre in azione
e non può cessare di “macinare” ciò che riceve,
ma sta a noi decidere quale materiale fornire.
Vorrei che questo messaggio potesse raggiungere
e incoraggiare tutti coloro che,
sia nell’ambito professionale sia nelle relazioni personali,
ogni giorno “macinano” tante informazioni
per offrire un pane fragrante e buono
a coloro che si alimentano dei frutti
della loro comunicazione».
Analisi testuale di una canzone - Alvati Cosimo sdb ( 51ma GMCS 2017)^^^ INIZIO ^^^
1
GIORNATE SALESIANE DI COMUNICAZIONE 2017
“N ON TEMERE, PERCHÉ SONO CON TE ” (IS 43,5). COMUNICARE SPERANZA E FIDUCIA NEL NOSTRO TEMPO
6° Incontro per giovani in formazione della Famiglia Salesiana
SCHEDA PER L’ANALISI “TESTUALE” DI UNA CANZONE
IL TESTO LETTERARIO O POETICO
La Forma - Struttura del testo:
quante strofe? Strofa con ritornello? Solo strofe? […]
I contenuti e temi chiave
Personaggi e Protagonisti: chi e/o cosa?
In quali tematiche il canto potrebbe rientrare? (segue elenco esemplificativo)
Amore
Religione e introspezione
Natura
Vita familiare
Morte
Guerra
Lavoro
Feste
Problemi politico/sociali
Altro
Il genere letterario usato:
Epico e/o narrativo (storia), lirico (sentimenti, problemi individuali), didascalico-
allegorico, comico e/o satirico, politico, […]
Modalità della narrazione: il narratore (interno, esterno, estraneo): uso della
prima persona, dialogico; focalizzazioni; personaggi […]
Le “espressioni emotive” che emergono: allegria, tristezza, gioia, paura, […]
Il testo è in lingua e/o in dialetto? o e in più lingue?
Lo stile usato: Uso di immagini, simboli, allegorie, citazioni, parole ripetute […]
L’elemento culturale di richiamo: usanze, credenze, gruppo sociale, ambiente
geografico, tradizioni, filosofia altro […]
Elemento biografico di richiamo
Modalità di lettura del testo:
come “oggetto” poetico (di tipo metrico, linguistico, strutturale ...) o come
“oggetto” culturale (storica, biografica, sociologica ...).
a cura di Alvati Cosimo sdb
2
ANALISI DEL TESTO LETTERARIO:
INDICAZIONI METODOLOGICHE
1° Grado
STRUTTURE DISCORSIVE
Intreccio e Fabula
Lingua Italiano, dialetto, altro
Stile Immagini, simboli, parole ripetute
Genere letterario Epico-narrativo, lirico, didascalico-
allegorico, comico-satirico, politico-
sociale
Modalità di narrazione Espressiva, narrativa, dialogica
Tematiche e contenuti L’amore, la fede, religione in genere,
esistenziale, la famiglia, la vita, ecc.
2° Grado
STRUTTURE O NUCLEI NARRATIVI
Unità narrativa di senso compiuto o macroproposizioni
Sotto unità narrativa di senso o microproposizioni
(funzione di specificazione e di raccordo tra i nuclei)
Marche simboliche
3° Grado
STRUTTURE ATTANZIALI
Elemento/Livello PERSONAGGI EVENTI TRASFORMAZIONI
FENOMENOLOGICO
Persona
Nome
Statuto sociale
Caratteristiche
psicofisiche
Comportamento
(dei personaggi)
Tipo d’azione
Rilievo sociale
Cambiamento
(dei personaggi)
Quadro psicologico
Carattere
FORMALE
Ruolo
Ruolo d’azione globale
Agente/Paziente
Stereotipo
Funzione
Stato iniziale
Modificazione
Stato finale
Processo
Equilibrio
Rottura
Ripristino
ASTRATTO
Attante
Sogg./Ogg.
Adiuvante/Opponente
Destinante/Destinatario
Atto
Giunzione
Trasformazione
(tema del ritorno)
Variazione strutturale
Stasi narrativa
Saturazione
Inversione
Sostituzione
Sospensione a cura di Alvati Cosimo sdb
3
SCHEDA PER L’ANALISI “TESTUALE” DI UNA CANZONE
IL TESTO MUSICALE
RITMO
1. Svolgimento dinamico della canzone: lento, moderato, vivace, molto mosso.
2. Binario o ternario?
3. Scandito con precisione o risulta ondeggiante, indeciso?
4. Gli accenti ritmici sono semplici e regolari o è molto usata la sincope?
5. Individuare ed indicare graficamente la cellula ritmica di base.
6. Si risente l’influenza di particolari “tradizioni” musicali? (folk, jazz, blues,
altro)?
MELODIA
1. Individuare la struttura melodica della canzone (esempio: intro, 32 battute, rit.).
2. Suddividere la melodia nelle varie parti in cui si compone.
3. Analisi della melodia: note lunghe e legate, brevi e staccate; intervalli tra le note,
piccoli o con ampi salti; note ribattute, progressioni, suoni accentuati, cellula
melodica di base.
4. Vi è nello sviluppo della melodia una continua invenzione, elementi di
originalità o/e alcune sequenze o gruppi di note si ripetono?
STRUMENTAZIONE E ARMONIA
1. La canzone è eseguita da un solo strumento, da un complesso, da un’orchestra?
2. Quali gli strumenti adoperati o, almeno, quali i “principali”?
3. Indicare, possibilmente, le funzioni degli strumenti (o dei gruppi strumentali):
melodica - armonica - ritmica - timbrico/evocativa
4. Indicare se l’armonia è elementare o presenta una certa varietà, qualche aspetto
inconsueto o prevedibile ed indentificare gli accordi usati.
5. Individuare se sono presenti effetti particolari, suoni elettronici, distorsioni, ed
esprimere un giudizio sulla loro efficacia.
LE CONNOTAZIONI
1. Indicare se la canzone, da un punto di vista musicale, a livello emotivo può
suscitare gioia, distensione, allegria, paura, smarrimento, pacificazione [...]
2. Individuare eventuali forme culturali a cui la musica si riallaccia, a livello di
tradizioni, ambienti o gruppi particolari.
3. Ritieni che vi sia aderenza tra musica e testo? fare degli esempi a cura di Alvati Cosimo sdb
4
ANALISI DEL TESTO MUSICALE:
INDICAZIONI METODOLOGICHE
STRUTTURA DEL TESTO MUSICALE
RITMO MELODIA STRUMENTAZIONE
E ARMONIA
Svolgimento dinamico. Struttura melodica Esecuzione strumentale
Binario o ternario. Suddivisione in parti Gli strumenti principali
Scansione. Analisi: tonalità, note,
intervalli progressioni,
cellula melodica di base.
Funzioni degli strumenti:
melodica, armonica,
ritmica,timbrico/evocativa
Accenti ritmici e sincope. Sviluppo della melodia:
originalità e ripetizione.
Effetti particolari.
Cellula ritmica di base. Armonia: elementare,
prevedibile, varia,
inconsueta.
Influenza di tradizioni musicali. Accordi impiegati.
LA “PERFORMANCE”
“INTERPRETAZIONE” VOCALE/ESECUZIONE STRUMENTALE
1. La voce del cantante/i: squillante, chiara, aspra, roca, acuta, media, grave ...
2. L’interpretazione della canzone: dolce, espressiva, sussurrata, melodiosa, urlata,
aggressiva, accelerata, rallentata ...
3. Particolari caratteristiche esecutive come i toni parlati, i falsetti, gli accelerati o i
rallentati, ecc.
4. Il cantante introduce elementi parlati, strilli, fischi, i falsetti, rumori di vario tipo o
altro non strettamente “musicale”? Perché? Sono appropriati?
5. L’intensità di esecuzione: piano, mezzo-forte, forte.
ALTRI ELEMENTI “FUNZIONALI” DA CONSIDERARE
6. Il vestito ed in genere il “look” del cantante: a quale funzione assolve? (es: attirare
attenzione, ribellione, anticonformismo, compostezza, altro ...).
7. Il luogo dell’esecuzione: tv, radio, concerto, al chiuso, all’aperto.
8. La modalità di ascolto/fruizione della canzone (auto, casa, via radio, impianto Hi-Fi,
concerto)
9. Il cantante e la band: look, gesti, disposizione sul luogo di esecuzione.
10. Aspetti visivi ed acustici: luci, scenografia, effetti audiovisivi, coreografia,
amplificazione.
a cura di Alvati Cosimo sdb
5
IL TESTO LETTERARIO E MUSICALE DI «MISERERE»
Miserere
Zucchero/Bono/Zucchero
Miserere, miserere/Miserere, misero me/
Però brindo alla vita!
Ma che mistero, è la mia vita/Che mistero/
Sono un peccatore dell´anno ottantamila/Un menzognero!
Ma dove sono e cosa faccio/Come vivo?
Vivo nell´anima del mondo/Perso nel vivere profondo!
Miserere, misero me/Però brindo alla vita!
Io sono il santo che ti ha tradito/Quando eri solo/
E vivo altrove e osservo il mondo/Dal cielo
E vedo il mare e le foreste/Vedo me che....
Vivo nell´anima del mondo/Perso nel vivere profondo!
Miserere, misero me/Però brindo alla vita!
Se c´è una notte buia abbastanza/Da nascondermi, nascondermi
Se c´è una luce, una speranza/Sole magnifico che splendi dentro di me/
Dammi la gioia di vivere che ancora non c´è
Miserere, miserere / Quella gioia di vivere (che forse)
Ancora non c’è!
La comunicazione politica - Fabio Pasqualetti sdb ( 51ma GMCS 2017)^^^ INIZIO ^^^
1
GIORNATE SALESIANE DI COMUNICAZIONE 2017
“N ON TEMERE, PERCHÉ SONO CON TE ” (IS 43,5). COMUNICARE SPERANZA E FIDUCIA NEL NOSTRO TEMPO
6° Incontro per giovani in formazione della Famiglia Salesiana
LABORATORIO SULLA COMUNICAZIONE POLITICA
ALCUNI CONCETTI CHIAVE
Due grandi filoni della comunicazione politica:
il primo è quella che la definisce come tutte le forme di comunicazione, comprese quelle interpersonali
il secondo fa riferimento invece alla intenzionalità comunicativa, in pratica quando un viene messo in atto
l’intenzione di influenzare intenzionalmente la sfera/opinione pubblica In questa seconda prospettiva si
possono identificare i seguenti aspetti
1. tutte le forme di comunicazione messe in atto dagli attori politici allo scopo di raggiungere obiettivi specifici
2. tutte le forme di comunicazione rivolte agli attori politici dagli attori “non politici” (elettori, giornalisti, ecc.)
3. tutte le forme di comunicazione sugli attori politici e le loro attività (quelle cioè contenute in giornali, discussioni
pubbliche ecc.)
La comunicazione politica è costituita da tutte le forme di discorso politico La
comunicazione politica include quindi:
messaggi verbali, codici di prossemica, estetica, abbigliamento, strategie comunicative, tecnologia, ecc. in
altre parole la comunicazione politica è multidimensionale e multistadio.
Le forme di comunicazione di persuasione e di raccolta di consenso vanno indietro nella notte dei tempi in
cui il processo di ominizzazione ha preso avvio. Per cui si può parlare di forme di comunicazione di tipo
politico fin dalle organizzazioni sociali più arcaiche.
La comunicazione politica intesa come strategia di relazione con il cittadino-elettore è un fenomeno che
risale ai primi del Novecento.
• All’inizio la comunicazione del candidato era appannaggio di piccoli gruppi di volontari che avevano
contratto diretto con gli elettori. Una azione porta a porta, senza forme di pubblicità mediatiche.
• Non c’era una linea comunicativa centralizzata.
• Mancavano professionisti della comunicazione, i politici puntavano molto sui propri mezzi “carisma
comunicativo” più frutto delle proprie capacità oratorie che di strategie frutto di uno studio di un progetto
comunicativo.
• I media svolgevano il ruolo di informatori, resoconto dell’attività politica. Mentre l’attività di denuncia dei
media (tipica della comunicazione americana era chiamata dog-watching)
• Le campagne elettorali erano limitate nel tempo e l’informazione politica elettorale finiva con le elezioni.
• Gli anni SESSANTA fanno da spartiacque tra questo modo di fare e nuove strategie comunicative.
• Si inizia a creare una squadra attorno al leader politico.
• I professionisti della comunicazione iniziano ad agire sull’agenda setting dei media. Il tempo elettorale si
espande fino, come oggi, a coprire tutto il tempo della legislatura. Oggi si parla di pemanent campaign
• Si sviluppano le ricerche sull’opinione pubblica e si sono sviluppati gli strumenti del marketing
• LA TELEVISIONE diventa il centro del forum politico.
• Tra gli anni ’70 e ’80 l’elettorato diventa mobile, non si ha più una adesione forte alle ideologie dei
grandi partiti che sono sempre più in crisi rappresentativa. (si parla di floating voters)
• Dagli anni ’80 aumentano le figure professioniste nel campo della comunicazione che lavorano per
le campagne politiche. Si tratta di pianificare e costruire un progetto comunicativo. 2
• La campagna politica diventa permanente e agisce su molti fronti.
• Negli anni ’90 entra l’elemento di “spettacolarizzazione” della politica, si inseriscono regole del
marketing e del branding. Gli spin doctor (La persona che si occupa di organizzare la campagna
elettorale di un uomo politico, programmando le sue uscite in pubblico e impostando i suoi discorsi)
diventano vitali per il mondo della politica.
• Il fenomeno dei floating voters già presente alla fine degli anni ’80 si consolida ma subisce anche
mutazioni in porzioni di elettorato che si coalizza attorno a interessi privati.
• Dagli anni ’90 a oggi cresce la mediatizzazione della politica. È il fattore che incide anche
sull’aumento delle figure professionali della comunicazione nel campo della politica.
In questa rappresentazione schematica comprendiamo la complessità della mediazione mediale
Potrebbe essere utile avere qualche indicazione di come fare delle semplici analisi di “testi mediatici” per
iniziare a leggere la comunicazione politica in modo critico e non subirla.
Un primo approccio potrebbe essere quello semiotico
La semiotica (o semiologia) è la scienza che studia: 1) i segni intesi come ciò di cui l’uomo, in virtù della
loro strutturale capacità di rinviare a uno o più significati, si serve per comunicare con i suoi simili; 2) il testo
inteso come lo spazio metodologico in cui, in virtù del ricorso a codici e strategie comunicative precisi,
avviene uno scambio simbolico tra un progetto di comunicazione (enunciatore) e un programma d’uso
(enunciatario); 3) l’interazione tra un testo e il suo ricettore entro un determinato contesto comunicativo.
3
Nella sua complessità il quadro di riferimento per una lettura Denotativa, Connotativa e Ideologica è il
seguente
Ma c’è anche una ANALISI NARRATIVA che è importante da prendere in considerazione. Gli spin doctor
americani hanno scoperto che un candidato deve presentarsi con una buona storia. Solo una buona storia crea
empatia con il protagonista e stabilisce un legame affettivo che va al di là dello stesso programma politico.
5 sono gli ingredienti per creare un buon personaggio
1 Il nostro “personaggio” deve avere degli OSTACOLI DA SUPERARE, tanto più grandi saranno tanto più
attirerà empatia
2 Deve avere delle DEBOLEZZE PERSONALI che devono essere ben presentate, sono quelle che lo
rendono umano e che lo fanno sentire uno come noi
3 Deve VOLERE A TUTTI I COSTI QUALCOSA. Più è chiaro il suo obiettivo più è facile creare
adesione alla sua lotta.
4 Deve avere dei tratti di UNICITÀ. Uno dei modi per dirlo è raccontare il proprio passato.
5 PROTAGONISTA e ANTAGONISTA devono essere agli ANTIPODI
***
4
LA COMUNICAZIONE POLITICA ON LINE
Tutti i politici e le organizzazioni politiche hanno un profilo sulla rete. Essere in rete non vuol dire saperla
usare efficacemente. Manca una cultura solida su come utilizzare la rete per creare consenso politico.
La comunicazione politica online risponde ai seguenti problemi:
• Come strutturare un sito di un candidato?
• Quali errori evitare?
• Cosa serve il blog?
• Come usare Facebook, twitter e/o Youtube per creare fiducia o stimolare partecipazione?
• Come ampliare il pubblico che ti conosce e sostiene la tua causa?
• Come trasformare la partecipazione online in partecipazione attiva offline?
Primo mito da sfatare: la rete non è la soluzione a tutti i problemi.
Serve una buona proposta politica, un’alleanza capace di generare consenso, una base di popolarità
consolidata, un avversario che sia potenzialmente battibile.
Secondo mito da sfatare: la comunicazione politica online se non è inserita in una strategia politica più
ampia non serve.
Si può cogliere la differenza tra una la migliore campagna politica online e quella vincente.
Per raggiungere un successo è importante avere una buona combinazione di teoria e pratica
Per sfruttare le potenzialità della rete è necessario capirne le logiche. La rete non è come i media tradizionali,
non è solo uno strumento di comunicazione, anche i commenti negativi sulla rete sono dati positivi.
La strategia di comunicazione non è facile da costruire perché le potenzialità sono immense e ogni giorno si
aprono strade nuove con il rischio di disperdersi in mille direzioni.
Un altro mito da sfatare: la rete non rende le campagne politiche più automatizzate e distanti ma fornisce,
invece, gli strumenti per farle diventare più vicine e umane, per mettere le persone al centro del processo
politico.
COME CAMBIA LA POLITICA QUANDO INCONTRA LA RETE
• La prima variabile il tempo.
• La comunicazione in rete è istantanea.
• Diminuisce drasticamente i costi della produzione e diffusione di informazione
• Annulla i confini geografici
• Sincronizza e mobilita milioni di persone.
• Ad un aumento delle potenzialità però è richiesta anche un aumento delle competenze necessarie per
gestire e valutare la qualità dei contenuti e l’efficacia delle azioni.
Secondo Eric Schmidt (AD di Google) la quantità di informazione generata dall’inizio dell’umanità fino al
2003 viene oggi generata nell’arco di 48 ore.
Per emergere in questo flusso bisogna conoscere molto bene le regole del gioco.
IL WEB NON SERVE (SOLO) PE COMUNICARE
Oggi sembra un obbligo dover essere sulla rete e quindi tutti aprono un profilo inclusi i politici.
Spesso però gli strumenti della rete vengono usati solo come “amplificatori” di messaggi
A volte si usa la rete fine a se stessa, curo bene il sito, per far crescere i fan, il numero di “mi piace” 5
Non ci sono regole univoche per un buon uso della rete nella comunicazione politica, però ci sono domande
che importanti da fare e che possono guidare nelle scelte.
Quali sono le priorità per la politica oggi?
Ad una prima analisi si constata una forte diminuzione nella partecipazione politica da parte dei cittadini.
Questa ha come conseguenza una distanza sempre maggiore tra politici e cittadini.
Quindi un obiettivo potrebbe essere quello di lavorare sul riavvicinamento stimolando la partecipazione
attraverso la discussione, la lettura e analisi di contenuti politici, la presenza a eventi e, ovviamente, la
partecipazione al voto. Portare al voto i cittadini è un’impresa non facile da realizzare.
FIDUCIA E PARTECIPAZIONE sono dunque due priorità, ma come si fa a costruirle.
La rete sposta voti?
No, la rete fa di più sposta persone. Se si riesce a stabilire un rapporto di fiducia con le persone, sono queste
che diventano attiviste nei propri contesti e sul web. Quindi la rete può accrescere fiducia, partecipazione e
quindi azione politica. Una campagna on line ben organizzata può fare la differenza nel suscitare passione in
un grande gruppo di persone.
È significativa la copertina del time del 2006 coglie il passaggio dal web 1.0 al web 2.0
La nascita del PROSUMER
Si parla anche di fine dei pubblici, non molti sanno che invece adesso i pubblici sono organizzati in
modo diverso proprio dalla rete.
La critica al politico c’è sempre stata anche con i mezzi di comunicazione tradizionali. La differenza è che
quei commenti rimaneva isolati nelle pareti di casa, del bar, o del crocchio di amici. Ora invece sono visibili,
leggibili e udibili.
I politici, se vogliono, hanno una mappatura privilegiata degli umori della gente, dei consensi e dei dissensi.
INTERNET CAMBIA LA POLITICA?
Internet non democratizza automaticamente la politica, offre alcune possibilità e potenzialità.
La tecnologia non cambia la società, sono le persone che usano quella tecnologia a farlo (Karpf, 2012) 6
La rete non permette di annullare le differenze fra partiti maggiori e partiti minori, fra candidati che hanno
grandi mezzi finanziari, e quelli che non dispongono di risorse.
L’abbassamento dei costi consente a individui dotati di pochi mezzi di ottenere risultati significativi in
termini di attenzione e consenso.
Per ora viene usata da parte dei politici ancora come un prolungamento dei media elettronici. Manca la
coscienza che la rete è una comunicazione bidirezionale.
Si pensa che la rete si un luogo per parlare ai giovani, ma non è così.
L’informazione politica non si riduce alla consultazione dei siti politici.
La rete obbliga la politica a dare più attenzioni alle opinioni del pubblico.
«La comunicazione online non è una “caccia” al voto, ma somiglia molto di più alla lenta coltivazione di una
pianta.» 1
L’interazione non può esaurirsi nella risposta ai messaggi, anche se è un primo passo, non è scontato ed è
impegnativo.
Per comunicare bene bisogna mettersi nei panni delle persone a cui si vuole parlare, alle quali si vuole dire
qualcosa. Domandarsi quale è il loro mondo, quali le loro aspettative, i loro problemi, i loro desideri.
Se le persone criticano non si deve pensare che non siano in grado di capire o che semplicemente si
sbagliano. Chiedetevi dove avete sbagliato voi.
I commenti critici sono elementi importanti e possono diventare positivi. La prima reazione è quella di volerli
cancellare, ma questa è la paura davanti al pericolo. Il pericolo va gestito, non va evitato, né eliminato, anche
perché non farebbe altro che confermare il giudizio di chi ha fatto la critica.
Quando qualcosa finisce in rete è destinata a rimanerci per sempre.
«Gli altri mezzi di comunicazione sono delle cicale, mentre internet è una formica che ti consente di
accumulare consenso nel tempo, se sei sincero, aperto, disponibile, presente e consistente» (Antonio
Palmieri, in The Vortex, 2012, p. 102). 2
La comunicazione politica online deve essere affiancata a una serie di iniziative parallele.
Per esempio il M4S nasce con una figura carismatica, si sviluppa tramite la rete, ma Beppe Grillo ha usato la
pizza, il teatro, i libri, gli eventi, e gli altri media che per coprire tutti questi eventi gli hanno dato visibilità.
Il web non è a costo zero. Richiede tempo e risorse umane. Per una campagna allargata c’è bisogno di
professionisti della comunicazione, non basta l’amico smanettone. Gestire profili, scrivere articoli per blog,
rispondere a e-mail non può essere lasciato all’improvvisazione.
1 Giansante, Gianluca. La comunicazione politica online: Come usare il web per costruire consenso e stimolare la
partecipazione (Quality paperbacks) (Italian Edition) (posizione nel Kindle 393). Carocci editore S.p.A.. Edizione del
Kindle. 2 Giansante, Gianluca. La comunicazione politica online: Come usare il web per costruire consenso e
stimolare la partecipazione (Quality paperbacks) (Italian Edition) (posizioni nel Kindle 531-533). Carocci editore
S.p.A.. Edizione del Kindle.
Social Network Cosa è, a cosa serve, come si crea e vive - Talvacy Chaves ( 51ma GMCS 2017)^^^ INIZIO ^^^
GIORNATE SALESIANE DI COMUNICAZIONE 2017
“N ON TEMERE, PERCHÉ SONO CON TE ” (IS 43,5). COMUNICARE SPERANZA E FIDUCIA NEL NOSTRO TEMPO
6° Incontro per giovani in formazione della Famiglia Salesiana
Social Network
Cosa è, a cosa serve, come si crea e vive
1. Cosa è social network?
Social network non è un strumento da manipolare, da usare. Social network è un’ambiente umano, sono
persone interagendo con persone attraverso piattaforme digitali. Lo scopo principale di queste piattaforme
digitali (ambiente) è ingrandire e facilitare i rapporti sociali consentendo la comunicazione e la condivisione
di messaggi, attraverso testi, audio, video, foto. ecc.
2. A cosa servono i social network?
• costruire una comunità di persone;
• condividere contenuto;
• accedere il contenuto altrui
3. Come si usano i social network?
• non esiste una regola precisa, dipende dello scopo di chi decide di entrare e vive nella rete. In genere, chi
entra nei social network è perché vuole interagire con persone e condividere qualcosa. Sicuramente, per
avere buona reputazione, due cose sono basilari:
• nome, cognome e indirizzo
• curare bene il profilo: essere originale e fedele alla tua identità e al tuo scopo (comunità, istituzione, ecc.)
4. Identità e privacy
• tutti i contenuti pubblicati possono diventare di proprietà dei social network: dati personali, foto, video, post
• cosa vedono di te: i tuoi amici? gli amici degli amici? tutti gli utenti?
• A cosa stare attenti:
- notifiche da mittenti sconosciuti
- richieste di amicizia da mittenti sconosciuti
- informazioni personali condivise con gli altri utenti (amici e non) • Come difendersi:
- accettiamo l’amicizia solo da persone conosciute
- monitorare sempre cosa pubblico io e cosa pubblicano su di me
- impostiamo la privacy con cura, cambiando quando vuole la password.
5. La missione di noi, Chiesa, nella rete (Face, Twitter…)
• Basicamente due, dice Spadaro: annunciare il Vangelo e creare rapporti/relazioni di comunione.
• Come?
6. Raccomandazioni:
• essere autorevole in rete è sapere interagire, dialogare, creare rapporto fiducioso mutuo.
• comunicare in rete non è trasmettere, ma interagire, condividere.
• evitare cadere nella “schizofrenia digitale” (Benedetto XVI), cioè, avere due profili: uno offline e altro online.
Quindi, ridurre l’ipocrisia.
Twitter, Facebook e Instagram
I. Twitter
A cosa serve Twitter?
• comunicazione in tempo reale con appena 140 caratteri
• in primo posto, condividere news
• altre grande percentuale segue personaggi, istituzioni, prodotti
• Twitter è la cassa di risonanza del cyberspazio
Cosa si può fare su Twitter?
• Condividere le proprie opinioni
• scrivere messaggi ad altre persone
• pubblicare novità sui tuoi lavori, prodotti, istituzioni
• partecipare a discussioni con altre persone
Cosa pubblicare su Twitter
• il link al tuo sito (istituzione, sito personale)
• citazioni di persone che ti piace, pensieri…
• link ad articoli interessanti
• domande, inchieste a chi legge
Alcune regole
• non pubblicare 3 o più twitter sullo stesso contenuto
• I tuoi interventi devono essere sempre interessanti
• far capire che non sei qui solo per pubblicare/vendere sua idea
• la cosa più importante è creare relazioni, quindi interazione.
Come attrarre follower su Twitter:
• pubblica tweet interessanti, creando hashtag (#), retweet e rispondendo.
• non tweettare troppo spesso
• nell’orario di flusso dei suoi followers
• regola 80/20 - per ogni 100 persone che ti segui, almeno 15-20 ti seguiranno. Questo percentuale sale
alla misura che ti avvicini allo scopo/desiderio dei tuoi seguaci.
Twitter tutorial: cos’è, come si usa? (https://www.youtube.com/watch?v=TBxxIvd0mN4)
II. Instagram
Instagram è un social network che offre agli utenti di scattare foto e condividerle su altri piattaforme, come
Twitter, Tumblr, Facebook, Flickr, etc.
Attualmente è il terzo social network, dopo Face e YouTube, con più di 600 milioni di utenti.
Importanti funzioni di Instagram:
- scattare foto con filtri in alta definizione per avere foto migliori
- possibilità di geolocalizzare e taggare foto - carica video fino a 60 secondi
- dirette, cioè la possibilità di trasmettere video in Live streaming, interagendo con gli utenti che commentano.
Come create account Instagram in tre passi:
Passo 1: fare download app Instagram per il suo smartphone Passo
2: collegare con il Facebook o con la sua mail.
Passo 3: inserire il nome del utente, password, nome e la mail.
Instagram tutorial: cos’è e come si usa? (https://www.youtube.com/watch?v=Y0QlqMAV5EE&t=34s)
III. Facebook è un social network più popolare, oggi conta con più di un miliardo e 700 milioni di utenti.
Come creare e gestire un Facebook in 8 passi:
1. Creare l’account: basta inserire nome e cognome e un indirizzo email
2. Scegliere la foto personale che verrà visualizzata dai contatti
3. Impostare le preferenze della privacy: cosa vedono di me gli amici, gli amici degli amici, tutti gli utenti?
4. Cercare gli amici, manualmente o sincronizzando tramite email dei propri contatti
5. Impostare dei gruppi: permette di differenziare l’accesso alla propria pagina anche tra gli amici
6. Interagire con gli amici: «mi piace», «commenta», «condividi»
7. Utilizzare la propria bacheca per mostrare i propri contenuti, interagendo con chi li commenta...
8. Utilizzare la chat e i messaggi privati per interagire con i propri contatti
Facebook tutorial: cos’è e come si usa? (https://www.youtube.com/watch?v=prU_dh6RglA)
Talvacy Chaves – studente della FSC
Analisi testuale di una canzone - Alvati Cosimo sdb ( 51ma GMCS 2017)^^^ INIZIO ^^^
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GIORNATE SALESIANE DI COMUNICAZIONE 2017
“NON TEMERE, PERCHÉ SONO CON TE” (IS 43,5). COMUNICARE SPERANZA E FIDUCIA NEL NOSTRO TEMPO
6° Incontro per giovani in formazione della Famiglia Salesiana
A ognuno di noi sarà venuta la tentazione di scaricare una bella immagine che abbiamo trovato in un sito attraverso la
ricerca con Google Immagini... probabilmente l´immagine dei nostri desideri è coperta da copyright ed utilizzarla nel
nostro sito è una violazione del diritto d´autore.
Non perdetevi d´animo! Su internet possiamo trovare un sacco di siti che mettono a disposizione moltissime immagini
gratuite (foto, illustrazioni e grafica vettoriale) e libere dal diritto d´autore che possiamo utilizzare senza nessuna
limitazione nei nostri progetti.
Immagini gratuite
Pixabay - https://pixabay.com
In questo sito trovate più di 900.000 (in continuo aumento) immagini gratuite da poter usare per scopi commerciali e
non è richiesta nessuna attribuzione, in pratica con le immagini che trovate in questo sito potete farci quello che
volete e potete fare a meno di citare la fonte.
Picjumbo - https://picjumbo.com
Picjumbo è un sito nato nel 2013 da un´idea del fotografo Viktor Hanacek, secondo la volontà del suo ideatore in
questo sito sono presenti solo foto di alta qualità.
Le foto sono libere da qualsiasi tipo di licenza e le possiamo utilizzare anche per scopi commerciali e senza citare la
fonte di provenienza; le immagini sono divise in categorie e possiamo effettuare una ricerca testuale in lingua inglese.
Pexels - https://www.pexels.com
Come per i siti citati precedentemente anche le immagini presenti nel sito Pexels si possono utilizzare sia per scopi
personali che per scopi commerciali e senza doverne citare la fonte di provenienza; la ricerca testuale, oltre che in
lingua inglese è possibile anche in tedesco.
Unsplash - https://unsplash.com
Anche le immagini presenti in questo sito sono liberamente utilizzabili e non richiedono la citazione della fonte, le
immagini non sono catalogate in categorie ma bensì in collezioni e la ricerca testuale è possibile in lingua inglese.
Stockvault -http://www.stockvault.net
Stockvault è simile in tutto e per tutto altri siti, le immagini sono libere da ogni diritto di proprietà, sono divise in
categorie e la ricerca testuale è possibile in inglese.
Il sito è meno fornito di altri ma si possono trovare immagini veramente interessanti. Pagina 2 di 4
Ora parliamo dei siti dove possiamo trovare delle immagini gratuite ma queste sono protette dal diritto d´autore.
Flickr - https://www.flickr.com
Sono disponibili milioni di foto al suo interno, alcune molto belle, altre meno, ma non tutte le foto le possiamo
utilizzare.
Per essere certi di poter utilizzare un´immagine presente su Flickr dobbiamo filtrare i risultati della ricerca per la
tipologia di licenza, se l´immagine andrà inserita in un sito aziendale o comunque di una entità che produce reddito
dobbiamo scegliere quelle con licenza "Uso commerciale consentito", mentre se dobbiamo anche modificarla
dobbiamo scegliere la licenza "Uso e modifiche commerciali consentite".
Scegliendo la voce "Nessuna limitazione di copyright nota" andiamo sul sicuro in quanto possiamo utilizzare
tranquillamente quell´immagine per qualsiasi scopo e fare tutte le modifiche che ci servono.
Precisazione: se il sito dove dovete inserire l´immagine è un blog personale o comunque un qualcosa "non aziendale" possiamo
utilizzare anche le immagini con licenza "Tutte quelle relative a Creative Commons" ma se nel sito è presente un annuncio adsense
od un qualche banner pubblicitario, essendo una potenziale fonte di guadagno, dobbiamo per forza di cose utilizzare quelle con la
licenza "Uso commerciale consentito". Per quasi tutte le licenze d´utilizzo è prevista la citazione della fonte di provenienza
dell´immagine. Se volete approfondire la conoscenza delle licenze Creative Commons e così non incappare in errori vi consiglio di
leggere la relativa pagina di wikipedia (https://it.wikipedia.org/wiki/Licenze_Creative_Commons).
Freepik - http://it.freepik.com
Freepik è il paradiso delle immagini vettoriali! Ci sono anche fotografie, ma la forza di questo sito sono le moltissime
immagini vettoriali ed il costante aggiornamento, gli autori comunicano che ne aggiungono a decine ogni giorno.
La ricerca testuale, oltre che in inglese è possibile anche in italiano.
Ma attenzione, non tutte le immagini presenti in questo sito sono gratuite, ce ne sono alcune, poche nel computo
totale, che sono riservate agli utenti che sottoscrivono un abbonamento.
Le immagini riservate agli utenti paganti sono contrassegnate con un´icona a forma di corona reale, tutte le restanti
immagini (la maggior parte) si possono scaricare gratuitamente e pubblicarle, anche modificate, nel nostro sito con
l´obbligo di citazione della fonte.
Google Immagini - https://www.google.it/imghp
Quante volte abbiamo trovato delle immagini fighissime grazie alla ricerca di Google Immagini! Ma le possiamo
riutilizzare nel nostro sito oppure sono coperte dal diritto d´autore?
Per toglierci questo dubbio, dopo aver effettuato una ricerca, dobbiamo filtrare le immagini attraverso il menù
"Strumenti" -> "Diritti di utilizzo" e poi scegliere la tipologia di licenza che fa al caso nostro; molte immagini
scompariranno dai risultati di ricerca, ma, se avete fortuna, potete trovare qualche immagine da utilizzare nel proprio
progetto. Pagina 3 di 4
Iconfinder - https://www.iconfinder.com
Iconfinder è un sito raccoglitore di icone sia a pagamento che gratuite, mettendo la spunta su "free" dopo una ricerca
possiamo visualizzare solo le icone gratuite.
Sono presenti più di 1.500.000 icone (gratuite e a pagamento) e 36.000 set di icone (gratuiti e a pagamento).
Le icone ed i set sono archiviati per categorie e la ricerca testuale è possibile in lingua inglese.
Le icone gratuite possone essere utilizzate anche in contesti commerciali e ne è possibile anche la modifica, è previsto
l´obbligo di citazione dell´autore e l´indicazione di eventuali modifiche come indicato in questa licenza Creative
Commons.
(Roberto Marinello per Joomla.it) Google Fonts - https://www.google.com/fonts
Google offre un archivio nutritissimo dei più disparati font, da impiegare direttamente nei propri siti Web tramite la
semplice inclusione di poche righe di codice. In alternativa, qualora si volesse inserire queste collezioni di caratteri in
un design statico o su stampa, i singoli font possono essere scaricati per l´uso in locale.
The Northern Block - http://www.thenorthernblock.co.uk/fonts/free
Questo portale offre una sezione dedicata ai font in download gratuito, molti dei quali molto moderni e di chiara
ispirazione minimalista. In particolare, spiccano le varie alternative "condensed" e "italic", perfette per creazioni
eleganti e curate in ogni dettaglio.
Font Cab - http://www.fontcab.com
Sebbene l´interfaccia di questo portale non sia fra le più agevoli da navigare, in particolare sul fronte della ricerca, il
sito presenta una particolarità non da poco. Tutti i font gratuiti offerti, infatti, possono essere impiegati anche per
scopi commerciali, senza vincoli sulle licenze. Un fatto molto utile, soprattutto per chi dovesse realizzare testi e design
per i clienti.
FontStruct - http://fontstruct.com
Un progetto davvero interessante, perché nato per far incontrare la community degli sviluppatori di font con i possibili
utilizzatori. Ogni utente può caricare la propria proposta grafica, seguendo le linee guide standard per la creazione di
font, offrendo quanto di realizzato agli altri, gratuitamente. Moltissime le alternative, soprattutto originali, fra cui
scegliere
1001 Free Fonts - http://www.1001freefonts.com
E´ una delle risorse più longeve disponibili sul Web in fatto di font. Le proposte sono le più disparate, dai design
minimalisti a quelli astratti, nonché adatte a qualsiasi tipo di esigenza. Per ciascuna famiglia di font è utile verificare le
licenze d´utilizzo nel caso si lavori ad un progetto di tipo commerciale.
Type Depot - http://www.typedepot.com/fonts
Si tratta del sito ufficiale di un piccolo studio di design dell´est Europa. Oltre a presentare i propri servizi, nonché una
folta collezione di font a pagamento, il sito offre molte proposte gratuite. Tutte molto eleganti e moderne, sia serif
che san serif, con cui arricchire i propri design soprattutto in un´ottica prettamente minimalista. In ogni caso, qualora
la propria opera grafica fosse destinata a un uso commerciale, sarà comunque indicato leggere a fondo i vincoli di
utilizzo, per scoprire se il ricorso gratuito sia ammesso anche per progetti a pagamento.
(edit – il blog di html)
Messaggio del Santo Padre Francesco per la 51ma GMCS 2017^^^ INIZIO ^^^
GIORNATE SALESIANE DI COMUNICAZIONE 2017
“NON TEMERE, PERCHÉ SONO CON TE” (IS 43,5). COMUNICARE SPERANZA E FIDUCIA NEL NOSTRO TEMPO
6° Incontro per giovani in formazione della Famiglia Salesiana
Messaggio del Santo Padre Francesco
per la 51ma Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali
L’accesso ai mezzi di comunicazione, grazie allo sviluppo tecnologico, è tale che moltissimi soggetti
hanno la possibilità di condividere istantaneamente le notizie e diffonderle in modo capillare. Queste
notizie possono essere belle o brutte, vere o false. Già i nostri antichi padri nella fede parlavano della
mente umana come di una macina da mulino che, mossa dall’acqua, non può essere fermata. Chi è
incaricato del mulino, però, ha la possibilità di decidere se macinarvi grano o zizzania. La mente
dell’uomo è sempre in azione e non può cessare di “macinare” ciò che riceve, ma sta a noi decidere
quale materiale fornire (cfr Cassiano il Romano, Lettera a Leonzio Igumeno).
Vorrei che questo messaggio potesse raggiungere e incoraggiare tutti coloro che, sia nell’ambito
professionale sia nelle relazioni personali, ogni giorno “macinano” tante informazioni per offrire un
pane fragrante e buono a coloro che si alimentano dei frutti della loro comunicazione. Vorrei esortare
tutti ad una comunicazione costruttiva che, nel rifiutare i pregiudizi verso l’altro, favorisca una cultura
dell’incontro, grazie alla quale si possa imparare a guardare la realtà con consapevole fiducia.
Credo ci sia bisogno di spezzare il circolo vizioso dell’angoscia e arginare la spirale della paura, frutto
dell’abitudine a fissare l’attenzione sulle “cattive notizie” (guerre, terrorismo, scandali e ogni tipo di fallimento
nelle vicende umane). Certo, non si tratta di promuovere una disinformazione in cui sarebbe ignorato il dramma
della sofferenza, né di scadere in un ottimismo ingenuo che non si lascia toccare dallo scandalo del male. Vorrei,
al contrario, che tutti cercassimo di oltrepassare quel sentimento di malumore e di rassegnazione che spesso ci
afferra, gettandoci nell’apatia, ingenerando paure o l’impressione che al male non si possa porre limite. Del
resto, in un sistema comunicativo dove vale la logica che una buona notizia non fa presa e dunque non è una
notizia, e dove il dramma del dolore e il mistero del male vengono facilmente spettacolarizzati, si può essere
tentati di anestetizzare la coscienza o di scivolare nella disperazione.
Vorrei dunque offrire un contributo alla ricerca di uno stile comunicativo aperto e creativo, che non sia mai
disposto a concedere al male un ruolo da protagonista, ma cerchi di mettere in luce le possibili soluzioni,
ispirando un approccio propositivo e responsabile nelle persone a cui si comunica la notizia. Vorrei invitare tutti
a offrire agli uomini e alle donne del nostro tempo narrazioni contrassegnate dalla logica della “buona notizia”.
La buona notizia
La vita dell’uomo non è solo una cronaca asettica di avvenimenti, ma è storia, una storia che attende di
essere raccontata attraverso la scelta di una chiave interpretativa in grado di selezionare e raccogliere i dati
più importanti. La realtà, in sé stessa, non ha un significato univoco. Tutto dipende dallo sguardo con cui
viene colta, dagli “occhiali” con cui scegliamo di guardarla: cambiando le lenti, anche la realtà appare
diversa. Da dove dunque possiamo partire per leggere la realtà con “occhiali” giusti?
Per noi cristiani, l’occhiale adeguato per decifrare la realtà non può che essere quello della buona
notizia, a partire da la Buona Notizia per eccellenza: il «Vangelo di Gesù, Cristo, Figlio di Dio» (Mc 1,1).
Con queste parole l’evangelista Marco inizia il suo racconto, con l’annuncio della “buona notizia” che
ha a che fare con Gesù, ma più che essere un’informazione su Gesù, è piuttosto la buona notizia che
è Gesù stesso. Leggendo le pagine del Vangelo si scopre, infatti, che il titolo dell’opera corrisponde al
suo contenuto e, soprattutto, che questo contenuto è la persona stessa di Gesù.
Questa buona notizia che è Gesù stesso non è buona perché priva di sofferenza, ma perché anche la
sofferenza è vissuta in un quadro più ampio, parte integrante del suo amore per il Padre e per l’umanità.
In Cristo, Dio si è reso solidale con ogni situazione umana, rivelandoci che non siamo soli perché abbiamo
un Padre che mai può dimenticare i suoi figli. «Non temere, perché io sono con te» (Is 43,5): è la parola consolante di un Dio che da sempre si coinvolge nella storia del suo popolo. Nel suo Figlio amato, questa
promessa di Dio – “sono con te” – arriva ad assumere tutta la nostra debolezza fino a morire della nostra
morte. In Lui anche le tenebre e la morte diventano luogo di comunione con la Luce e la Vita. Nasce così
una speranza, accessibile a chiunque, proprio nel luogo in cui la vita conosce l’amarezza del fallimento. Si
tratta di una speranza che non delude, perché l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori (cfr Rm 5,5)
e fa germogliare la vita nuova come la pianta cresce dal seme caduto. In questa luce ogni nuovo dramma
che accade nella storia del mondo diventa anche scenario di una possibile buona notizia, dal momento che
l’amore riesce sempre a trovare la strada della prossimità e a suscitare cuori capaci di commuoversi, volti
capaci di non abbattersi, mani pronte a costruire.
La fiducia nel seme del regno
Per iniziare i suoi discepoli e le folle a questa mentalità evangelica e consegnare loro i giusti “occhiali”
con cui accostarsi alla logica dell’amore che muore e risorge, Gesù faceva ricorso alle parabole, nelle
quali il Regno di Dio è spesso paragonato al seme, che sprigiona la sua forza vitale proprio quando
muore nella terra (cfr Mc 4,1-34). Ricorrere a immagini e metafore per comunicare la potenza umile
del Regno non è un modo per ridurne l’importanza e l’urgenza, ma la forma misericordiosa che lascia
all’ascoltatore lo “spazio” di libertà per accoglierla e riferirla anche a sé stesso. Inoltre, è la via
privilegiata per esprimere l’immensa dignità del mistero pasquale, lasciando che siano le immagini –
più che i concetti – a comunicare la paradossale bellezza della vita nuova in Cristo, dove le ostilità e la
croce non vanificano ma realizzano la salvezza di Dio, dove la debolezza è più forte di ogni potenza
umana, dove il fallimento può essere il preludio del più grande compimento di ogni cosa nell’amore.
Proprio così, infatti, matura e si approfondisce la speranza del Regno di Dio: «Come un uomo che getta
il seme sul terreno; dorma o vegli, di notte o di giorno, il seme germoglia e cresce» (Mc 4,26-27).
Il Regno di Dio è già in mezzo a noi, come un seme nascosto allo sguardo superficiale e la cui crescita
avviene nel silenzio. Chi ha occhi resi limpidi dallo Spirito Santo riesce a vederlo germogliare e non si
lascia rubare la gioia del Regno a causa della zizzania sempre presente.
Gli orizzonti dello Spirito
La speranza fondata sulla buona notizia che è Gesù ci fa alzare lo sguardo e ci spinge a contemplarlo
nella cornice liturgica della festa dell’Ascensione. Mentre sembra che il Signore si allontani da noi, in
realtà si allargano gli orizzonti della speranza. Infatti, ogni uomo e ogni donna, in Cristo, che eleva la
nostra umanità fino al Cielo, può avere piena libertà di «entrare nel santuario per mezzo del sangue di
Gesù, via nuova e vivente che egli ha inaugurato per noi attraverso il velo, cioè la sua carne» (Eb
10,19-20). Attraverso «la forza dello Spirito Santo» possiamo essere «testimoni» e comunicatori di
un’umanità nuova, redenta, «fino ai confini della terra» (cfr At 1,7-8).
La fiducia nel seme del Regno di Dio e nella logica della Pasqua non può che plasmare anche il nostro
modo di comunicare. Tale fiducia che ci rende capaci di operare – nelle molteplici forme in cui la
comunicazione oggi avviene – con la persuasione che è possibile scorgere e illuminare la buona notizia
presente nella realtà di ogni storia e nel volto di ogni persona.
Chi, con fede, si lascia guidare dallo Spirito Santo diventa capace di discernere in ogni avvenimento ciò che
accade tra Dio e l’umanità, riconoscendo come Egli stesso, nello scenario drammatico di questo mondo,
stia componendo la trama di una storia di salvezza. Il filo con cui si tesse questa storia sacra è la speranza
e il suo tessitore non è altri che lo Spirito Consolatore. La speranza è la più umile delle virtù, perché rimane
nascosta nelle pieghe della vita, ma è simile al lievito che fa fermentare tutta la pasta. Noi la alimentiamo
leggendo sempre di nuovo la Buona Notizia, quel Vangelo che è stato “ristampato” in tantissime edizioni
nelle vite dei santi, uomini e donne diventati icone dell’amore di Dio. Anche oggi è lo Spirito a seminare in
noi il desiderio del Regno, attraverso tanti “canali” viventi, attraverso le persone che si lasciano condurre
dalla Buona Notizia in mezzo al dramma della storia, e sono come dei fari nel buio di questo mondo, che
illuminano la rotta e aprono sentieri nuovi di fiducia e speranza.
Dal Vaticano, 24 gennaio 2017
Verifica finale delle Giornate Salesiane di CS 2017^^^ INIZIO ^^^
GIORNATE SALESIANE DI COMUNICAZIONE 2017