25 maggio 2010,
Valdocco, Torino
La missione giovanile e
il carisma educativo nel governo e nell’animazione pastorale della diocesi
1. Excmo. Mons. Tarcisio Scaramussa, Vescovo Ausiliare di San Paolo - Brasile
2. S.E.Rev.ma Patricio A. Buzon, Vescovo di Kabankalan - Filippine
3. Excmo. Mons. Tito Solari, Arcivescovo di Cochabamba - Bolivia
Ambiti per una migliore comunicazione tra Vescovi salesiani e Congregazione seguendo una traccia in tre punti
INTERVENTO 1
Mons. Tarcisio Scaramussa, SDB
Vescovo Ausiliare di San Paolo, Brasile
Abbiamo ricevuto con molta gioia l’invito del Rettor Maggiore a questo incontro a Torino - Valdocco, a motivo del 150º anniversario della fondazione della Congregazione (1859-2009), del centenario della morte di Don Rua (1910-2010) e del cammino di preparazione al bicentenario della nascita di Don Bosco.
L’incontro risponde anche alla nostra attesa di partecipare con la Congregazione a questo tempo di ripensamento del carisma al servizio della Chiesa. Abbiamo accolto l’invito del Rettor Maggiore come un invito dello stesso Don Bosco. Rendiamo grazie a Dio che ci ha chiamati a vivere il carisma salesiano come dono nella Chiesa e vogliamo anche noi ritornare a Valdocco, ossia, ritornare a Don Bosco per rendere attuale il carisma nella nostra vita, nei nostri giorni, nelle nostre Chiese locali.
Le riflessioni dei giorni precedenti ci hanno aiutato ad approfondire aspetti particolari del carisma e della missione salesiana vissuti nella condizione di vescovi, e anche delle Mutuae relationes della Congregazione con le Chiese locali. Il nostro tema, invece, intende presentare suggerimenti per un’ottima comunicazione tra Vescovi salesiani e Congregazione.
1 - Sensibilità e preoccupazioni comuni
L’identità del vescovo salesiano è riaffermata ogni volta che egli aggiunge l’ SDB alla sua firma. Infatti, il vescovo salesiano è un salesiano che ha ricevuto una nuova obbedienza nella Chiesa, ma continua però ad essere salesiano. Il Codice di Diritto Canonico così definisce la sua nuova situazione giuridica: “Il religioso elevato all'episcopato continua ad essere membro del suo istituto, ma in forza del voto di obbedienza è soggetto solamente al Romano Pontefice e non è vincolato da quegli obblighi che, nella sua prudenza, egli stesso giudichi incompatibili con la propria condizione” (Can 705).
Senza i lacci dell’obbedienza e della vita in comunità, rimangono i lacci del carisma che vanno costantemente coltivati con spirito di fraternità. La comunicazione con la Congregazione è una forma di mantenere vivo il carisma ricevuto come dono e vocazione, come spiritualità e missione. La Congregazione continua ad aiutare il confratello vescovo a vivere il carisma salesiano in questa nuova realtà e, da parte sua, il vescovo continua ad aiutare la Congregazione perché sia sempre più fedele al carisma di Don Bosco nella Chiesa.
Prendiamo spunto dal CG26! Se i salesiani sono convocati oggi a ritornare a Don Bosco, al suo programma di vita spirituale e apostolica ispirato al motto “Da mihi animas, cetera tolle”, il vescovo salesiano si troverà nella stessa dinamica. Ricordiamo che questo motto fa riferimento giustamente alla bontà e allo zelo apostolico del vescovo S. Francesco di Sales, dal quale abbiamo ereditato il nome!
Il vescovo salesiano nella sua nuova condizione nella Chiesa, e gli altri confratelli della Congregazione, cercano tutti il “senso della crescita e dell’unità nella Chiesa”, identità di ogni salesiano ribadita così dal Capitolo Generale Speciale: “Qualunque fatica è poca quando si tratta della Chiesa e del papato (MB XVII,11). Don Bosco viveva immerso nella realtà ecclesiale del suo tempo. Il Salesiano, cosciente che la Chiesa è il sacramento di salvezza, partecipa attivamente alla pastorale della Chiesa locale; è aperto ai problemi della Chiesa universale; manifesta sincera venerazione ai vescovi e particolarmente al Papa, segno vivo dell'unità della Chiesa. Nel desiderio ardente di far crescere il Corpo di Cristo, egli sente più urgenti i problemi riguardanti le vocazioni sacerdotali e religiose, l'animazione dei laici all'apostolato ed al lavoro per le missioni; e nel desiderio che si risponda meglio agli immensi bisogni della gioventù, cerca una comunione viva e una collaborazione attiva cogli altri gruppi della Famiglia Salesiana” (CGS 99).
Dunque, penso che sia fondamento di sensibilità e di preoccupazione comune tutto quanto fa riferimento alla vita e alla missione salesiana nella Chiesa. In particolare, la comunicazione tra vescovi e Congregazione devi contribuire alla crescita:
- del senso di Chiesa e della vocazione salesiana nella Chiesa;
- della nostra vocazione apostolica con predilezione per i giovani, in speciale i più poveri;
- delle vocazioni apostoliche nella Chiesa;
- dell’educazione alla fede negli ambienti popolari;
- della comunicazione sociale;
- delle missioni.
La preghiera quotidiana del salesiano alla Madonna Ausiliatrice ci ricorda ogni giorno questo impegno di coltivare e vivere i valori dell’identità che ci accomuna:
La promessa di fedeltà alla missione nella Chiesa:
Santissima e Immacolata Vergine Ausiliatrice, Madre della Chiesa,
ispiratrice e sostegno della nostra Congregazione.
Noi ci poniamo sotto la tua protezione materna e ti promettiamo di voler sempre operare, fedeli alla vocazione salesiana,
alla maggior gloria di Dio e alla salvezza del mondo.
Il ricordo quotidiano dei confratelli e dei destinatari:
Ti preghiamo, fiduciosi nella tua intercessione, per la Chiesa, per la Congregazione
e la Famiglia Salesiana, per i giovani, soprattutto i più poveri,
per tutti gli uomini che Cristo ha redenti.
Il ritorno a Don Bosco per imparare ogni giorno con lui:
Insegnaci, Tu che sei stata la maestra di Don Bosco, ad imitare le sue virtù:
in particolare l’unione con Dio, la sua vita casta, umile e povera,
l’amore al lavoro e alla temperanza, la bontà e la donazione illimitata ai fratelli,
la sua fedeltà al Papa e ai Pastori della Chiesa.
La perseveranza nella consegna generosa della vita, con lo sguardo nei cieli:
Fa’, o Maria Ausiliatrice, che il nostro servizio al Signore
sia fedele e generoso fino alla morte,
e donaci di giungere alla gioia della piena comunione nella casa del Padre. Amen.
2 - Scambio di informazioni
Dalla comunione carismatica scaturisce la voglia di partecipazione e di condivisione. Questo coinvolgimento è esistenziale e va alimentato costantemente. Certamente noi, vescovi, abbiamo più bisogno della Congregazione che questa di noi!
Il tempo è tirannico, e c’è il rischio reale di creare delle distanze con il tempo. Da parte dei vescovi va coltivata, dunque, la comunicazione con le comunità salesiane e con la famiglia salesiana come forma di mantenere attivi i lacci della fratellanza e dell’amicizia.
Possiamo andare incontro a questo con le visite alle comunità e le opere salesiane, con la partecipazione ai momenti festivi della famiglia salesiana, ma anche nei momenti di dolori per i problemi o per la morte di qualche salesiano. Per mantenere il contatto costante con i confratelli, serve anche lo scambio di lettere, di messaggi elettronici (e-mails), di sms ed altro, di bollettini, riviste, ecc. Le visite ai siti internet delle Ispettorie e della Direzione Generale aiutano inoltre ad accompagnare gli avvenimenti della nostra famiglia. La comunicazione spirituale va anche rafforzata con le preghiere per i confratelli e per la Famiglia Salesiana, con la lettura dei documenti capitolari, degli Atti del Consiglio Generale, degli scritti spirituali e pedagogici salesiani, del Bollettino Salesiano…
Dobbiamo mettere in rilievo l’attenzione che il Rettor Maggiore ha dimostrato ai salesiani vescovi. Basta prendere l’ultima cronaca rapportata negli Atti del Consiglio Generale informando che nei mesi da giugno a novembre 2009 il Rettor Maggiore ha ricevuto 15 vescovi salesiani e ha visitato 9 altri vescovi nelle loro sedi. Infatti, lui si è fatto vicino e presente anche con lettere personali e rispondendo subito e personalmente alle lettere o richieste a lui inviate. E, soprattutto, si è dimostrato accogliente in modo tale che, incontrando lui, ci ha fatto sentire che incontravamo Don Bosco stesso. L’accoglienza calorosa e l’attenzione fraterna si manifestano anche da parte dei consiglieri generali e del personale della Casa Generalizia. A questo livello percepisco un’ottima comunicazione, più facile da verificare perché la conosciamo tutti.
Da parte delle Ispettorie, gli Ispettori hanno una responsabilità particolare per quanto riguarda la comunicazione e la relazione pubbliche, secondo i Regolamenti: “L'ispettore svolge un ruolo di collegamento tra l'ispettoria e il Rettor Maggiore col suo Consiglio; cura i rapporti con le autorità e gli organismi ecclesiali e religiosi nell'ambito della sua circoscrizione” (Reg. 144). Si capisce che lo faccia anche per quanto riguarda i vescovi salesiani presenti nel territorio, e anche con i vescovi provenienti dalla propria Ispettoria che forse si trovano nel territorio di altre Ispettorie.
Oltre le iniziative straordinarie in occasioni speciali, è scontato che i nostri nomi siano iscritti nei cieli delle comunità, ossia, nelle mailing list per la posta e per le informazioni o notizie che sono inviate ai confratelli, che i nostri indirizzi siano presenti nell’annuario delle Ispettorie, come lo sono già nell’Annuario Generale della Congregazione.
La stessa attenzione si aspetta da parte dei direttori di comunità presenti nella diocesi dove c’è un vescovo salesiano (titolare, ausiliare, emerito). L’invito a partecipare ai momenti importanti della Famiglia Salesiana, ma anche a qualche momento spontaneo di incontro fraterno, ci fa molto bene.
Un’opportunità particolare per coinvolgere i vescovi, e anche per dare maggior visibilità alla presenza salesiana a livello nazionale, è la programmazione del pellegrinaggio delle reliquie di Don Bosco. Oltre alle programmazioni locali, si auspica che ci sia qualche momento in ambito nazionale, alle quali sarebbero invitati tutti i vescovi del paese! Per questa e altre programmazioni simili – e il bicentenario della nascita di Don Bosco è una buona occasione per promuovere eventi – è importante che ci sia qualche vescovo di riferimento per rendere più facile la comunicazione tra la Conferenza degli Ispettori e i vescovi.
3 - Quali tipi di aiuti solidali
I vescovi salesiani sono un dono della Congregazione alla Chiesa. La loro nomina alle volte può anche significare grandi sacrifici per la Congregazione, che devi aggiustarsi all’essere privato di personale qualificato. Nonostante ciò, la Congregazione presterà grande aiuto ai vescovi se li considera come propri suoi inviati e missionari, se li accompagni con sollecitudine e interesse, se li appoggia perché possano realizzare bene la loro missione.
Con lo sguardo di Don Bosco, i vescovi si possono considerare anche come un dono alla Congregazione, e cioè una grande opportunità per la concretizzazione del carisma e della missione salesiana nella Chiesa.
I vescovi hanno bisogno della Congregazione per vivere, approfondire e sostenere la spiritualità salesiana nella loro vita. Dalla Congregazione ricevano riflessioni, sussidi, tanti stimoli per la propria vita e missione.
Nelle situazioni di particolari necessità, i vescovi salesiani continuino a contare con l’aiuto solidale del Fondo di Solidarietà del Rettor Maggiore.
L’accoglienza dei vescovi emeriti nelle comunità salesiane è una forma di affermare definitivamente che il vescovo salesiano è veramente un confratello per tutta la vita.
Senza intromettersi nel governo delle Ispettorie, i vescovi siano invitati a collaborare nel discernimento delle consulte sugli Ispettori, sul ridimensionamento della presenza salesiana in risposta alle nuove realtà della missione, per l’inserzione nelle Chiese locali e nei suoi progetti e piani di pastorale.
Con senso di appartenenza i vescovi salesiani si interessino della Congregazione perché sia sempre più fedele al carisma e alla missione salesiana, e sia promotrice e asse animatore dell’ampio movimento della Famiglia Salesiana a favore dei giovani. I vescovi collaborino con la Congregazione per l’aggiornamento e per l’inculturazione del carisma nelle varie realtà della Chiesa.
I vescovi collaborino per l’animazione e la formazione dei salesiani, con la testimonianza e presenza fraterna, con la disponibilità a predicare esercizi spirituali, con la promozione vocazionale dei vari gruppi della Famiglia Salesiana, con lo stimolo e appoggio alle opere salesiane presenti nella diocesi.
Infine, i vescovi collaborino con la buona immagine dei salesiani nella Chiesa e nel territorio, fornendo informazioni sulla missione salesiana, facendo chiarezza su stereotipi ed eventuali pregiudizi che si formano senza fondamento di realtà, giustamente per una mancata conoscenza.
In conclusione, voglio rendere grazie al Signore per Don Bosco e per la Congregazione Salesiana. La grazia dello Spirito Santo si manifesti sempre di più nella crescita del carisma salesiano a favore dei giovani, soprattutto dei più poveri. La Vergine Ausiliatrice, la cui festa abbiamo celebrato ieri, continui a fare oggi, nella Congregazione e nei vescovi salesiani, quello che ha iniziato con Don Bosco.
Ambiti per una migliore comunicazione tra Vescovi salesiani e Congregazione
INTERVENTO 2
Mons. Patricio A. Buzon, SDB
Vescovo di Kabankalan, Filippine
Da quando sono diventato vescovo, mi hanno spesso fatto la domanda: “Ma, lei è ancora Salesiano?” E ho risposto sempre: “Spero di sì. Ma, certamente, mi sento molto Salesiano quando ho bisogno di aiuto dalla Congregazione.”
È un fatto che per molti di noi, la Congregazione rimane il nostro più grande sostegno, se non il maggiore benefattore delle nostre diocesi (almeno, posso dirlo per me stesso). Colgo quest’occasione per ringraziare il Rettore Maggiore e la Congregazione per l’appoggio che loro danno continuamente a noi Vescovi Salesiani.
Quest’anno, mentre noi celebriamo il 150° anniversario della nostra Congregazione, noi commemoriamo i nostri giovani Padri fondatori, trai quali noi troviamo l’irrefrenabile Giovanni Cagliero. Ricordiamo la sua decisione senza equivoco: “Frate o non frate, rimango con Don Bosco”. Non ho ancora letto la sua biografia, ma vorrei immaginare che quando lui è diventato vescovo, lui avrebbe detto qualcosa di simile, come: “Vescovo o non vescovo, rimango Salesiano”.
Non c’è dubbio che, nonostante la previsione canonica sui vescovi religiosi, rimaniamo figli di Don Bosco. Quindi, è essenziale che noi siamo in una stretta comunicazione con la famiglia.
Suppongo che questo è il motivo per il tema designato a me e ai miei due fratelli Vescovi, cioè, “Ambiti per un’ottima comunicazione tra Vescovi salesiani e Congregazione”. Siamo stati richiesti di mettere in rilievo tre punti nelle nostre relazioni: (1) sensibilità e preoccupazioni comuni, (2) scambio d’informazioni, e (3) quali tipi di aiuti solidali.
Senza pretesa, vorrei semplicemente condividere i miei pensieri e la mia esperienza, tutta personale, sul tema a me richiesto.
Scambio d’informazioni
Permettetemi di cominciare sul secondo punto: lo scambio d’informazioni. Fin dall’inizio, posso dire che, come vescovo, non mi sono mai staccato dalla comunità salesiana, grazie al vivo e abbondante scambio di notizie tra me e la Congregazione.
Io ricevo costantemente un flusso d’informazioni dalla Congregazione. E lo apprezzo veramente. A livello mondiale, la Casa Generalizia non ha mai mancato di mandarmi gli Atti del Consiglio Generale, l’Annuario della Congregazione, l’ANSphoto e altre comunicazioni dal centro. Nello stesso modo, il website Salesiano e il notiziario di Don Julian Fox mi informano della vita della Congregazione e, in particolare, della vita della mia Regione Salesiana, l’EAO (Est Asia–Oceania). Inoltre, questa iniziativa del Rettore Maggiore di radunarci insieme qui a Torino in questi giorni è già un’esperienza forte per metterci in contatto, e nello stesso tempo, un gesto eloquente della Congregazione, che ci fa sentire che facciamo parte di essa.
A livello ispettoriale, ambedue le ispettorie di FIN e FIS mi informano regolarmente per mezzo del Bollettino Salesiano. Mi rivolgono frequenti inviti agli avvenimenti ispettoriali e locali, come le ordinazioni, le celebrazioni della cresima, e la recente celebrazione del 150° Anniversario della fondazione della Congregazione: sono occasioni preziose per “ri-collegare”. Valorizzo in modo particolare le visite fatte dai Salesiani nella mia diocesi. Sono stato commosso dal gesto di Don Vaclav, che mi ha incluso nel suo programma quando lui ha fatto la visita straordinaria dell’ispettoria FIS. Similmente, mi sono sentito onorato ogni volta che i superiori e gli ispettori mi consultano o quando mi chiedono di partecipare alle consulte ispettoriali.
Da parte mia, colgo ogni opportunità di mettermi in contatto con le comunità. Infatti, ogni volta che faccio un viaggio, cerco sempre di chiedere ospitalità in una casa Salesiana. Devo dire che questo non è solo un vantaggio economico per me (è un risparmio per il vitto e l’alloggio); al contrario, questo mi rinvigorisce spiritualmente. È proprio durante queste visite che posso condividere informazioni sulla mia diocesi mentre mangiamo a tavola o quando io do le buone notti. Gli inviti a parlare in occasione dei capitoli ispettoriali, e a predicare nei ritiri spirituali dei confratelli mi danno anche ampie occasioni per condividere la mia vita e il mio ministero.
Concludo questo punto, facendo una domanda. È possibile che questo ricco scambio d’informazioni di cui noi facciamo esperienza in questi giorni come vescovi Salesiani venga esteso al di là di quest’incontro? Io, per primo, vorrei approfittare della saggezza e delle ricche esperienze dei miei fratelli vescovi Salesiani. Certamente, sarebbe un grande aiuto se avessimo un forum oppure un website oppure una struttura per poter condividere e comunicare tra noi vescovi Salesiani, però all’interno della Congregazione.
Tipi di aiuti solidali
Prima di parlare dei possibili tipi di aiuti solidali, colgo quest’opportunità per riconoscere l’aiuto unilaterale della Congregazione a noi vescovi. Come ho detto prima all’inizio, la mia diocesi è stata beneficata dalla generosità della Congregazione. Ricordo quando, come nuovo vescovo ordinato, sono andato a Roma per la mia prima visita ad limina. Volevo visitare Don Pascual Chávez, nella Casa Generalizia. Ma non sono andato alla Pisana, perché il Rettore Maggiore stava per andare in viaggio. Quindi, gli ho semplicemente telefonato. Dopo uno scambio cordiale di auguri e di alcune notizie, il Rettore Maggiore mi ha chiesto: “Ti ho dato già un regalo per la tua ordinazione?” Gli ho risposto, dicendo: “Sì. Grazie per l’anello, per la croce pettorale e per il pastorale che mi hai mandato.” “Ma non mi riferivo a quelli. Voglio dire un vero dono.” Usando il mio istinto Salesiano, ho capito subito ciò che lui voleva dire. Quindi, ho detto “No.” “Va bene,” mi ha risposto. “Ti manderò una somma per aiutarti a cominciare bene nella tua diocesi.”
D’ora in poi, ho fatto esperienza della generosità della Congregazione per mezzo dei sussidi che mi arrivano dal Rettore Maggiore, o da varie procure della Missione Salesiana e NGO (Organizzazioni non-governative) come il Jugend Dritte Welt. Inoltre, riceviamo assistenza in varie forme dalle ispettorie e dalle case locali. Sono molto notevoli le risorse umane che loro ci danno. Quando ho cominciato il mio ministero nella diocese, ho chiesto ai Salesiani di facilitare il lavoro di realizzare il nostro piano strategico diocesano. I Salesiani della mia ex-ispettoria sono venuti e mi hanno aiutato a creare un progetto pastorale di tipo SEPP (Progetto Educativo Pastorale Salesiano) adattato nel contesto diocesano. Oggi, nella mia diocese, noi vantiamo di un Piano Pastorale Diocesano. Ma, cosa più importante ancora, ho una diocesi che ha un planning mentality (mentalità che sa come fare progetti e piani), grazie all’aiuto dei nostri confratelli.
Nello stesso tempo, io credo che il contributo che posso offrire ai confratelli Salesiani sia di aiutarli a crescere nel sentirsi Chiesa. Sappiamo che i Salesiani sono profondamente attaccati al Papa. Mentre questa distinta devozione alla Chiesa è scritta nelle nostre Costituzioni e nella nostra tradizione, potremmo essere, di fatto, staccati e lontani dalla vita della Chiesa locale.
Per un lungo tempo, specialmente agli inizi, i Salesiani delle Filippine erano relativamente indifferenti alle realtà della Chiesa locale. Infatti, avevamo fatto un eccellente lavoro nelle nostre scuole e centri giovanili; ma, purtroppo, non eravamo stati capaci di portare i nostri giovani a prendere il loro posto nelle parrocchie e a vivere la vita della parrocchia.
Il nostro amore per Don Bosco è proverbiale, e il nostro orgoglio di essere Salesiano è senza paragone. Ricordo volentieri i nostri vecchi missionari chi sembravano più zelanti nel predicare su Don Bosco che sul vangelo. E io sono cresciuto, addirittura, pensando che la Società Salesiana era più grande della Chiesa. Ricordo come nella metà degli anni sessanta, i nostri superiori aggiornavano noi, giovani aspiranti, sullo sviluppo del Concilio Vaticano Secondo. Questi Salesiani finivano sempre le buone notti e le conferenze, dicendo: “Ma sappiamo tutti noi, come Don Bosco aveva già pensato queste cose ancora prima del Concilio Vaticano Secondo.”
Certamente, le cose sono cambiate. Accettando l’apostolato nelle parrocchie come parte della missione Salesiana, ci siamo gradualmente integrati nella vita della Chiesa locale.
Come vescovi, vediamo la vita all’interno della Chiesa. Penso che, portando queste vedute ai nostri confratelli, facciamo un grande servizio. Creando in loro una sensibilità ecclesiale; inoltre, aiutiamo loro a vedere il valore e la rilevanza nel loro operare nel contesto della missione più grande della Chiesa.
Invece, la mia unica esperienza riguardo ai possibili progetti di collaborazione è con il SALVO (Salesian Lay Volunteer Organization) programma. Al presente, abbiamo nella mia diocesi un giovane volontario che viene dal Jugend Eine Welt dell’Austria; lui sta facendo un anno di servizio in una scuola di formazione professionale della mia diocesi. Questo programma di volontariato potrebbe ingrandirsi, per includere altri giovani da altri paesi, come i nostri giovani seminaristi e quelli Salesiani che sono ancora in formazione, i quali vorrebbero fare un’esperienza socio-pastorale: la mia diocesi ne ha tante da offrire.
Sensibilità e preoccupazioni comuni
Finalmente, vorrei condividere due realizzazioni che ho guadagnato come vescovo, collegate alla nostra vita e alla nostra missione Salesiana. Anche se le due esperienze si riferiscono alla situazione particolare delle Filippine, credo che le mie realizzazioni si applichino bene agli altri contesti.
La prima realizzazione appartiene al nostro carisma della pastorale giovanile. Come ho detto prima, le cose si vedono in modo molto più differente da una prospettiva più ampia della Chiesa locale. Prima, quando ero ancora semplice Salesiano, ero focalizzato sulla nostra pastorale giovanile; ed ero geloso nel darle uno stampo o una marca Salesiana. Oggi, come vescovo, continuo a tenere la pastorale giovanile Salesiana con una stima più grande, in quanto unica ed autentica. Inoltre, vedo il suo valore più grande quando essa prende il suo posto proprio e privilegiato, nella più ampia vita e nel servizio della Chiesa locale.
Oggi, la Chiesa Filippina ha una grande stima dei Salesiani, come esperti nella pastorale giovanile. È molto consolante notare, che i Salesiani sono nella prima linea della pastorale giovanile cattolica filippina. Se la pastorale giovanile si è realmente sviluppata nella Chiesa Filippina oggi, è per merito del vescovo Mons. Leo Drona. Perche quando Mons. Drona era ancora il presidente della commissione episcopale sulla pastorale giovanile, tale commissione ha preso consistenza colla sua attuale struttura e con i suoi attuali programmi. E anche dopo il mandato di Mons. Drona, la presenza Salesiana e il suo influsso rimangono in modo forte nella commissione, perché altri Salesiani continuano a servire come membri o esperti. Infatti, un numero significativo dello staff e del segretariato di detta commissione viene dai nostri giovani impegnati nella pastorale giovanile [Salesian youth leaders].
È interessante notare che il Direttorio Cattolico della Pastorale Giovanile nelle Filippine, pubblicato recentemente, è fortemente Salesiano nel contenuto e nello spirito. Quando uno legge questo Direttorio, uno ha un feeling di déjà vu. Il documento sembra essere una versione presa ed inculturata dal Capitolo Generale 23, (per esempio, l’icona di Emmaus, la pastorale giovanile come cammino, la struttura, il programma … ). Questo non è una sorpresa, in quanto coloro che la commissione ha designato per scriverlo erano Salesiani. Comunque, dentro il documento, non c’è traccia di marca Salesiana; infatti, la Chiesa Filippina lo considera come veramente suo. Io credo che questa è la maniera con cui siamo chiamati nella Chiesa come Congregazione. Noi mettiamo il nostro dono e ministero al servizio della Chiesa, perche ogni carisma viene dallo Spirito Santo che è stato dato per costruire la Chiesa. Quando noi abbiamo consegnato alla Chiesa il nostro carisma, ritiriamo la nostra marca e rilasciamo il nostro diritto d’autore alla Chiesa.
La mia seconda realizzazione si riferisce al nostro sistema educativo Salesiano. La mia patria è una nazione che lotta, subendo varie crisi: economica, politica, sociale … ne abbiamo di tutte. La Conferenza Episcopale Cattolica delle Filippine ha sovente indicato che tutte queste crisi sono solo un’indicazione [symptom] di una crisi più grave, cioè, quella morale. La corruzione è endemica nel nostro governo e nel business, nella vita pubblica e privata. L’ironia è, che per ben quattrocento anni, siamo stati l’unico paese Cattolico nell’Asia. E mi domando: ma, il lavoro di evangelizzazione nelle Filippine è fallito?
È qui che vedo una grande sfida per l’educazione-evangelizzazione Salesiana nelle Filippine. Ciò di cui il mio paese ha bisogno per la trasformazione sociale è un’integrità basilare, cittadini onesti. Ma questo, non è forse l’obiettivo dell’educazione Salesiana, cioè, formare onesti cittadini e buoni Cristiani?
Conclusione
Per concludere, oggi abbiamo compiuto 150 anni: è un’età relativamente molto giovane per la nostra Congregazione. Tra molte cose, la nostra Congregazione ha il più alto numero di vescovi e cardinali. Non c’è dubbio, che questa realtà è un’indicazione della stima e della fiducia che la Chiesa ha verso la nostra Società. Non so se Don Bosco abbia visto questo fatto in uno dei suoi sogni. Ma certamente, Don Bosco ha sempre voluto che i suoi Salesiani fossero i più devoti figli del Papa e della Chiesa. Se i nostri numeri fossero indicativi che i Salesiani siano tali, ringraziamo il Signore per averci benedetti con il dono della fedeltà in questi anni trascorsi.
Maria Immacolata, l’Aiuto dei Cristiani, Madre della Chiesa e fondatrice della nostra Congregazione, continui a guidarci, per rimanere veri e leali figli della Chiesa, come era il nostro padre.
Ambiti per una migliore comunicazione tra Vescovi Salesiani e Congregazione.
INTERVENTO 3
Mons. Tito Solari, SDB
Arcivescovo di Cochabamba, Bolivia
Il primo sentimento che mi è sorto nel cuore è quello della gratitudine. Sento di dover dir grazie al Signore, a Don Bosco, al Rettor Maggiore, ai miei carissimi formatori, a i miei compagni di cammino, a tutti.
Un grazie per il dono della vocazione, per l’amore ricevuto sempre lungo l’arco di tutta la vita, per i grandi ideali che mi hanno seminato nell’anima e che hanno dato senso alla mia esistenza, per la pazienza e la misericordia che hanno avuto per me.
E’ la seconda volta che sono qui a Torino con i confratelli vescovi. E’ anche l’ultima. E questo mi dà un senso di pienezza. Ormai sono vicino alla meta. Tra poco potrò contemplare quello che ho sognato sempre e l’animo mi si riempie di commozione.
Abbiamo vissuto un’esperienza speciale...
Ed eccoci al tema: “Ambiti per un’ottima comunicazione tra Vescovi Salesiani e Congregazione”.
Son tre i sottotitoli:
- Sensibilità e preoccupazioni comuni,
- scambio di informazioni
- tipi di aiuti solidali.
Partiamo dal primo: Sensibilità e preoccupazioni comuni.
Mi sembra il più facile e il più ampio.
Quando un Salesiano lo fanno vescovo non gli cambiano l’anima. Quindi è naturale che mantenga la sensibilità e le preoccupazioni che ha avuto per tutta la vita.
Eppure, se vogliamo dire la verità, cambia qualcosa: è la responsabilità diretta, ultima e stabile che il vescovo assume della sua famiglia diocesana e quindi anche delle realtà che aveva prima nell’anima, è il dono del “cuore di pastore” che riceve con la consacrazione, è infine il fatto che “essere vescovo” è ancora un’altra cosa.
Quindi la stessa sensibilità e le preoccupazioni comuni che abbiamo come salesiani, le viviamo – credo – in modo diverso. Adesso però non mi soffermo ad approfondire questo diverso modo secondo il quale noi vescovi viviamo le stesse cose.
Il tema è mettere in evidenza le preoccupazioni comuni.
Eccoci dunque.
Don Bosco ci ha partecipato il suo cuore di padre y maestro della gioventù. Quindi il nostro cuore batte lì, dove ci sono giovani, verso i giovani.
A. Pastorale Giovanile Vocazionale
Quando fanno vescovo un salesiano, uno dei primi sogni del nuovo prelato è quello di dar vita a una fiorente pastorale giovanile vocazionale.
Naturalmente pensa nei suoi confratelli. Loro potrebbe assumere la pastorale giovanile. E’ il loro carisma e avrebbero nella Diocesi tutto lo spazio che desiderano.
Come non acconsentire a una richiesta di questo genere? Eppure...
Se la Congregazione facesse questa scelta, si potrebbe creare una bella rete di pastorale giovanile per le Diocesi “salesiane”. E potrebbe nascere qualcosa che arricchirebbe tutta la Chiesa!
Sempre nell’ambito della pastorale giovanile, penso che siano parte di una sensibilità e una preoccupazione comune alcune categorie di giovani:
- I giovani senza identità. Quelli che vivono nei paesi più poveri e che non sono registrati. “Non esistono” per la nostra civiltà.
- “Ci preoccupano i ragazzi che vivono nella strada” Sono figli di Dio, sono i preferiti di Gesù, sono membri della Chiesa, sono nostri fratelli.
- “Ci preoccupano i ragazzi che non vanno a scuola o che ricevono una formazione che non li prepara alla vita”.
- “Ci preoccupano i ragazzi che non hanno una professione e quindi non hanno un lavoro che li faccia crescere come persone e che permetta loro di formare una famiglia”.
- “Ci preoccupano i giovani che sono senza fede, senza senso e senza morale”. Per amor di Dio, qui l’orizzonte è amplissimo. Don Bosco non si darebbe pace.
- Molti di questi giovani sono senza famiglia: o non ce l’hanno per niente o hanno forme di famiglia che non servono.
Potremmo fare una battuta: Veramente il lavoro non ci manca!
Ma come dobbiamo lavorare?
Oggi il tema del come dobbiamo educare è diventato il tema della preoccupazione maggiore. Soffermiamoci un poco su questo punto.
B. Educazione
Come Don Bosco educava i giovani.
Don Bosco ha “inventato” un sistema educativo che comprende alcuni elementi:
la Presenza – la Famiglia – l’Educazione – Il Lavoro – La Catechesi – I Mezzi di Comunicazione.
Dopo l’esperienza del carcere, Don Bosco ha fatto la scelta della prevenzione.
Oggi, come allora, è necessario fare in modo che i giovani non cadano nel vizio.
- Per cui Don Bosco sta in mezzo ai giovani, e fa in modo che i giovani non cadano nei pericoli.
Oggi i giovani vivono soli. Infatti, i genitori e gli educatori sono presi dal lavoro e i giovani sono impegnati in mille cose.
Don Bosco stava in mezzo ai giovani anche attraverso la presenza dei giovani più buoni e responsabili. Erano le Compagnie allora.
Oggi la Congregazione ha creato il Movimento Giovanile Salesiano. Si tratta di vedere se si sviluppa come si è “sognato”. Certamente questa sfida fa parte delle nostre più vive preoccupazioni.
Don Bosco ha organizzato i Cooperatori e gli Exallievi per creare spazi di una sana convivenza – microclimi - dove i giovani possano crescere nel bene.
Questa deve diventare una vera sfida anche oggi, fare in modo cioè che si formino gruppi o movimenti che creino un clima di valori, spazi di convivenza, dove i giovani possano vivere cristianamente.
- Don Bosco offre ai giovani una famiglia. E’ convinto che i giovani hanno bisogno di un clima di famiglia Per questo porta la mamma a Torino..
Oggi è molto difficile creare questo clima di famiglia. Eppure è necessario. Si deve creare nella scuola, nei gruppi, nelle associazioni, nelle attività extrascolastiche.
- Don Bosco educa. Egli è convinto che sia necessario prepararsi per la vita, avere buone guide, studiare seriamente. Don Bosco inventa tutto un “sistema” per educare i suoi ragazzi. Punta sui valori della ragione, del cuore e della fede.
- Don Bosco offre ai suoi ragazzi un mestiere. E’ bello cogliere lo spirito pratico che ha Don Bosco, quando assicura ai suoi una professione perché possano guardare alla vita con serenità e contribuire nella società come “onesti cittadini”.
- Don Bosco vuole che i suoi giovani siano “buoni cristiani”. Tutto il suo sistema punta sulla vita di grazia, sull’amicizia con Gesù, sulla fede e sui sacramenti. Don Bosco vuole che i suoi siano capaci di coltivare la fede dei giovani e delle classi popolari.
- Don Bosco stava all’avanguardia del progresso. In particolare usava molto la stampa.
Oggi non si scappa. E’ necessario avanzare in questa direzione per essere i primi ad offrire ai giovani quello che li può formare meglio in tutti i sensi.
Come educare oggi?
Questa è la domanda fondamentale. Questa è la preoccupazione che deve coinvolgere ogni Pastore e tutti i Salesiani oggi.
Un anno fa è uscito un libro intitolato “La sfida educativa”, a cura del Comitato per il progetto culturale della Conferenza Episcopale Italiana.
Afferma che l’educazione è passata dall’essere un “compito fondamentale di ciascun gruppo umano” a “un problema: un nodo, cioè, che sembra ogni giorno più difficile affrontare”. Ci troviamo immersi in una vera “emergenza educativa”.
“La nostra società ha come abdicato al suo compito educativo. In nome di una sterile neutralità ha abbandonato i giovani alla loro solitudine, sempre più in balia della violenza e della volgarità e sempre più incapaci di venire a capo della loro vita. Gli adulti, essi stessi affaticati e disorientati, sembrano assistere impotenti al malessere dei loro figli, timorosi di esercitare il proprio impegno educativo; quanto a coloro che hanno il coraggio di farlo, essi ottengono spesso risultati deludenti. Di qui la crescente sfiducia che si riscontra un po’ ovunque nella stessa possibilità di educare”.
Termini del problema.
Non parliamo qui delle tecniche educative, che sono utili e importanti ma non decisive. Andiamo direttamente alla definizione dell’educazione.
“Consideriamo l’educazione come un processo umano globale e primordiale, nel quale entrano in gioco e sono determinanti soprattutto le strutture portanti – potremmo dire fondamentali – dell’esistenza dell’uomo e della donna: quindi la relazionalità e specialmente il bisogno di amore, la conoscenza, con l’attitudine a capire e a valutare, la libertà, che richiede anch’essa di esser fatta crescere ed educata, in un rapporto costante con la credibilità e l’autorevolezza di coloro che hanno il compito di educare”. (La sfida educativa, Introduzione)
Se siamo d’accordo che l’educazione è un problema oggi, possiamo ancora chiederci dove sta il nucleo del problema?
Per educare bisogna avere in mente un modello di uomo, di esperienza umana, che sappiano costituire un fine per cui vale la pena impegnarsi.
Il Cardinal Camillo Ruini lo esprime in questo modo: “Se cambia il nostro concetto dell’uomo, e a maggior ragione se dovesse cambiare la realtà stessa dell’uomo, cambia a sua volta il concetto di educazione ed entrano in crisi, o comunque in grande movimento, tutti i nostri parametri educativi. A mio parere è proprio questo ciò che sta avvenendo, anche se por ora molti non se ne rendono conto” (Febbraio 2009).
Dunque il nucleo del problema sta nella concezione che possiamo avere dell’uomo. E’ di natura antropologica.
A chi tocca risolvere il problema?
La Chiesa nei limiti del possibile cerca di farsi carico di questo compito e della sfida davvero grande che rappresenta questa emergenza educativa. Ma sa bene che non si tratta di un suo compito esclusivo (in Bolivia direbbero oggi: Nadie tiene el monopolio sobre la educación) e che occorre invece promuovere una collaborazione aperta a tutto campo.
Qual è il nostro contributo, come Salesiani?
Qui corro il pericolo di estendermi su un tema che mi interessa moltissimo. Dirò qualcosa telegraficamente.
Don Bosco ha ricevuto un carisma educativo. Ha fondato una Congregazione che ha nell’anima i giovani e che educa con il cuore.
Questo carisma lo ha espresso in un “sistema educativo” con formule, regole e pratiche precise. Tutti noi ci ricordiamo del Direttore, del Prefetto, del Catechista, del Consigliere, dell’Assistente. Ci ricordiamo del passeggio delle castagne, della festa dell’Immacolata, della festa della premiazione, della Novena del Natale, ecc. Abbiamo chiaro in mente la formula: ragione, religione, amorevolezza. I tre amori all’Eucaristia, alla Madonna e al Papa. Oppure il detto che non sono per Don Bosco i mangioni, i dormiglioni e i poltroni. Consociamo le virtù più importanti di un salesiano. Abbiamo in mente grandi figure di Salesiani “modello”, vere immagini di Don Bosco.
Era una vera e propria cultura!
Cambiati i tempi, il nostro carisma non è più vigente?
Mi permetterei di fare una distinzione tra carisma salesiano e sistemi educativi salesiani.
Don Bosco per i suoi tempi e per Valdocco ha incarnato il carisma, dono dello Spirito, in un sistema educativo, che è stato applicato per un secolo in Italia, ma in altre parti del mondo il sistema educativo (non il carisma) è andato cambiando per rispondere ad altre culture e ad altri tempi.
Tutti noi abbiamo dentro il gran tesoro del carisma di Don Bosco. E qualcuno l’ha espresso in un nuovo e autentico sistema di vita tutto salesiano, adattandolo a situazioni e obiettivi. Basti pensare a don Ugo di Censi, a don Cavoli, a don Variara, a Mons. Cognata…
E’ sempre il carisma di Don Bosco però tradotto in un sistema di vita, adatto ai giovani di oggi, alla situazione dei lebbrosi, alle diverse realtà sociali e religiose, ecc.
Oggi ci troviamo di fronte alle nuove generazioni di salesiani che non hanno ricevuto come noi un sistema educativo ben strutturato, per cui non sanno come incarnare lo spirito salesiano. Alcuni Superiori Provinciali mi hanno detto che i giovani salesiani bisogna mandarli a lavorare in un collegio, perché lì vivono con un orario, hanno un sistema, si sentono sicuri. Ma la sicurezza non dovrebbe venire dal possesso di un carisma fatto vita, divenuto attuale in un posto di questo mondo, adatto a educare le nuove generazioni?
Afferma il Cardinal Ruini nell’introduzione al libro citato sopra che: “In concreto, le difficoltà di questi ultimi decenni stanno facendo emergere quella necessità di precise regole di comportamento e di vita che si ritrova in tutte le grandi tradizioni educative”.
E’ evidente che la Congregazione è detentrice del carisma di Don Bosco e deve saperlo incarnare nel mondo attuale, traducendolo costantemente in nuovi modelli o sistemi educativi.
Come?
Al livello più alto stanno il Capitolo e il Consiglio Generale. Il loro compito è quello di garantire e approfondire il carisma salesiano. Per cui le loro indicazioni sono di natura generale e non si esprimono in modelli concreti.
In un secondo livello si collocano i Capitoli e i Consigli Ispettoriali. Qui i carismi si rigenerano di fronte a grandi necessità o problemi, traducendosi in strutture e sistemi educativi - pastorali di grande attualità, quando il Signore “chiama” un “cristiano” aperto allo Spirito. E sono spettacolari le realizzazioni del carisma di Don Bosco nelle diverse culture, nelle singole ispettorie.
Possiamo collocare in un terzo livello tutto il lavoro delle Università Salesiane. Queste devono in primo luogo contribuire con i loro studi e le rispettive ricerche ad approfondire il tema educativo. E poi tocca a loro – credo - studiare le esperienze più significative delle case salesiane del territorio e sistematizzarle, perché costituiscano un vero tesoro culturale salesiano.
Tutto questo deve essere versato nell’ambito della formazione. Le nostre case di formazione devono vivere questi processi vitali per vibrare con il dono di Don Bosco. Se i nostri giovani salesiani conoscono le esperienze salesiane del mondo si apriranno ad essere “sognatori” e un giorno saranno anch’essi creativi...
Le ispettorie hanno qui un compito importantissimo.
Lì dove c’è un salesiano vescovo e l’Ispettoria collabora nell’ambito educativo si potrebbero ottenere risultati significativi.
Ho usato il condizionale. Non basta, infatti, che l’Ispettoria abbia delle scuole nella Diocesi perché il carisma educativo di Don Bosco incida sull’educazione. Le scuole salesiane lavoreranno bene, otterranno buoni risultati, ma non arricchiranno il sistema educativo della Diocesi. Anche qui, come nell’ambito della pastorale giovanile, è necessario che i Salesiani entrino negli organi della pastorale educativa della Diocesi.
Allora l’educazione diventerà una preoccupazione comune!
C. Missione
Mi arrischio ad affermare che un elemento essenziale del carisma salesiano è la vocazione missionaria.
Don Bosco, quando ha ottenuto che la Congregazione Salesiana fosse di Diritto Pontificio, si è lanciato, con tutti i rischi che ciò allora significava, alle missioni della Patagonia.
Gli inizi della nostra Congregazione sono entusiasmanti. Don Bosco “sognava” sempre nuove opere e dava vita a continue iniziative, sacrificando per questo i suoi migliori collaboratori e allargando gli orizzonti per i giovani confratelli
Poi la Congregazione è cresciuta e si sono formate le Ispettorie. E lì, gli orizzonti si sono chiusi. Gli obiettivi, i mezzi e i discorsi sono rimasti limitati dai confini, dai problemi e dalle richieste dell’Ispettoria. Le missioni si sono allontanate dall’orizzonte della singola ispettoria e i missionari hanno perso il contatto con i confratelli della propria ispettoria.
Questo schema è stato superato alla luce del Concilio, quando l’Ispettoria Veneta-Est ha approvato nel Capitolo Ispettoriale del 1972 il gemellaggio con Bolivia. In questo progetto è la Comunità Ispettoriale che diventa missionaria e invia i confratelli che si mettono a disposizione della missione.
A livello di Congregazione, poco più di dieci anni dopo, Don Egidio Viganó ha lanciato la campagna per l’Africa. In 25 anni i Salesiani in Africa si sono moltiplicati. Ma soprattutto quella campagna ha mosso l’Europa Salesiana, ha dato vita a mille iniziative in tutte le case, ha suscitato l’interesse delle famiglie e dei giovani. È stato un vero movimento missionario di tutta la Congregazione.
Abbiamo bisogno di queste iniziative, qualcosa che apra l’orizzonte per i confratelli e stimoli i più sensibili. Tutti ci arricchiremmo!
Don Pascual Chávez non ha nel cuore il progetto per l’Europa? Il centenario della morte di Don Rua, che ha inviato missionari in tanti paesi, è il momento opportuno per riaccendere lo spirito missionario nella nostra Congregazione. Ma - attenzione! – non deve essere solo in occasione di questo anniversario. E’ necessario che si rinnovi l’anima missionaria con sempre nuove iniziative.
Per questo ci vuole il coraggio di lasciare... e andare là dove lo Spirito ci invia. Quello che ci rende sterili è restare legati a posti e situazioni non più vigenti.
Questo vale per le strutture fisiche (opere), ma vale ancor di più per le strutture mentali (metodi e sistemi).
La Chiesa, e quindi la Diocesi, come la Congregazione, hanno ereditato da Gesù e da Don Bosco la vocazione missionaria. Penso che quando noi non coltiviamo questo dono si affievolisce la vita, si appaga lo spirito e si muore.
Ecco qui una sensibilità e una preoccupazione che dovrebbero essere comuni per noi Vescovi e la Congregazione.