Sebbene questa nuova chiesa fosse una vera meschinità, tuttavia essendo pigionato con un contratto formale ci liberava dalle inquietudini di dover ad ogni momento emigrare da un luogo ad un altro con gravissimi disturbi. A me poi sembrava essere veramente il sito dove aveva sognato scritto: Haec est domus mea, inde gloria mea,' sebbene fossero diverse le disposizioni del Cielo. Non piccola difficoltà presentava la casa presso cui ci trovavamo: era casa d'immoralità; difficoltà eziandio per parte dell'albergo della Giardiniera, attuale casa Bellezza,' dove si raccoglievano specialmente ne' giorni festivi, tutti i buontemponi della città. Ciò nulladimeno potemmo tutto superare e cominciare a fare regolarmente le nostre radunanze.
Ultimati i lavori, l'arcivescovo in data [10] aprile concedeva la facoltà di benedire e consacrare al divin culto quel modesto edilizio. Ciò avveniva la domenica del [12] aprile 1846. Il medesimo arcivescovo per mostrare la sua soddisfazione rinnovò la facoltà già concessa quando eravamo al Rifugio, cioè di cantar messa, fare tridui, novene, esercizi spirituali, promuovere alla cresima, alla santa comunione, e di poter eziandio soddisfare al precetto pasquale a tutti quelli che avessero frequentata la nostra istituzione.
Il sito stabile, i segni d'approvazione dell'arcivescovo, le solenni funzioni, la musica, il rumore di un giardino di ricreazione,' attraevano fanciulli da tutte parti.
1 Questa è la mia casa, di qui la mia gloria. Nel cap. 15 della seconda decade aveva scritto: Hic domus mea, inde gloria mea.
2 Albergo della Giardiniera: taverna, situata nella casa di Teresa Caterina Novo vedova Bellezza, a pochi metri dalla casa Pinardi. In quel luogo si radunavano, soprattutto nei giorni festivi, ubriaconi, soldati, carrettieri e manovali attratti dalla presenza di donne di cattiva fama. Nell'ottobre 1853 don Bosco riuscirà ad affittare tutta la casa, ma potrà acquistare l'edificio e il terreno circostante (di circa 7000 mq) soltanto 1'8 marzo 1884, dopo la morte della proprietaria. Su quest'area, sotto il rettorato di don Rua, sorgeranno gli edifici destinati alle scuole professionali. La casa Bellezza venne abbattuta nel 1922 (cf. GIRAUDI, L'Oratorio di don Bosco, 181-182, 234-236).
3 Giardino di ricreazione: espressione usata per indicare un cortile alberato annesso ad una scuola o altra istituzione educativa, destinato al gioco dei ragazzi. Nel metodo pedagogico di Ferrante Aporti (1791-1858) e dei pedagogisti torinesi che ne seguivano le teorie, la ricreazione era considerata parte integrante dell'educazione infantile, accanto all'istruzione e al catechismo. Il pedagogista tedesco Friedrich Wilhelm August Fróbel (1782-1852) usava l'espressione Giardino d'infanzia (Kinder Garten) per indicare un modello di scuola infantile in cui si dà molta importanza al valore educativo del gioco.
Parecchi ecclesiastici presero a ritornare. Tra quelli che prestavano l'opera loro vuolsi notare D. Trivero Giuseppe, T. Carpano Giacinto, T. Gio. Vola, il T. Roberto Murialdo,4 e l'intrepido T. Borel.
Le funzioni si facevano così. Ne' giorni festivi, di buon mattino, si apriva la chiesa e si cominciavano le confessioni, che duravano fino all'ora della messa. Essa era fissata alle ore otto, ma per appagare la moltitudine di quelli che desideravano confessarsi, non di rado era differita fino alle nove ed anche di più. Qualcuno de' preti, quando ce n'erano, assisteva, e con voce alternata recitava le orazioni. Tra la messa facevano la s. comunione quelli che erano preparati. Finita la messa e tolti i paramentali, io montava sopra una bassa cattedra per fare la spiegazione del Vangelo, che allora si cangiò per dare principio al racconto regolare della Storia Sacra. Questi racconti ridotti a forma semplice e popolare, vestiti dei costumi dei tempi, dei luoghi, dei nomi geografici coi loro confronti, piacevano assai ai piccolini, agli adulti ed agli stessi ecclesiastici che trovavansi presenti. Alla predica teneva dietro la scuola che durava fino a mezzo giorno.
Ad un'ora pom[eridiana] cominciava la ricreazione, colle bocce, stampelle, coi fucili, colle spade in legno, e coi primi attrezzi di ginnastica. Alle due e mezzo si dava principio al catechismo. L'ignoranza in generale era grandissima. Più volte mi avvenne di cominciare il canto dell'Ave Maria e di circa quattrocento giovanetti, che erano presenti, non uno era capace di rispondere, e nemmeno di continuare, se cessava la mia voce.
Terminato il catechismo, non potendosi per allora cantare i vespri, si recitava il Rosario. Più tardi si cominciò a cantare l'Ave Maris Stella, poi il Magnificat, poi il Dixit, quindi gli altri salmi; e in fine un'antifona e nello spazio di un anno ci siamo fatti capaci di cantare tutto il vespro della Madonna.'
4 Giovani sacerdoti amici di don Bosco, generosamente impegnati nell'azione pastorale e sociale. Giuseppe Trivero (1816-1894) diventerà il custode della Sacra Sindone presso la cattedrale di Torino. Giacinto Carpano (1821-1894) dirigerà dal 1847 al 1852 l'Oratorio di S. Luigi, aperto nel 1847 da don Bosco nella zona di Porta Nuova, poi diventerà cappellano del cimitero principale di Torino (cf. Giovanni Battista FRANCESIA, Il canonico Giacinto G. Carpano. Elogio funebre, Torino, Tipografia Salesiana, 1894). Giovanni Vola (1806-1872) collaborava con don Pietro Merla, del quale divenne successore nella direzione dell'Opera per l'assistenza delle ex carcerate. Roberto Murialdo (1815-1882) apparteneva a una famiglia della borghesia torinese ed era cappellano reale; si impegnò in varie opere assistenziali e caritative; sarà direttore dell'Oratorio dell'Angelo custode (cf. Eugenio VALENTINI, Preistoria dei cooperatori salesiani, in «Salesianum» 39 [1977] 114-150; CASALIS, Dizionario, XXI, 714-718).
5 Ave Maris Stella: è l'incipit dell'inno dei Vespri della Beata Vergine. Magnificai: è l'inizio dell'inno tratto da Le 1,46-55 che si canta a conclusione dei Vespri. Dixit: incipit del salino 109, il primo dei cinque salmi che costituivano il cuore dell'antica liturgia dei Vespri della Madonna.
A queste pratiche teneva dietro un breve sermoncino, che per lo più era un esempio, in cui si personificava un vizio o qualche virtù. Ogni cosa aveva termine col canto delle litanie e colla benedizione del SS. Sacramento.
Usciti di chiesa cominciava il tempo libero, in cui ciascuno poteva occuparsi a piacimento. Chi continuava la classe di catechismo, altri del canto, o di lettura, ma la maggior parte se la passava saltando, correndo e godendosela in varii giuochi e trastulli. Tutti i ritrovati pei salti, corse, bussolotti, corde, bastoni, siccome anticamente aveva appreso dai saltimbanchi, erano messi in opera sotto alla mia disciplina. Così potevasi tenere a freno quella moltitudine, la quale in gran parte potevansi dire: Sicut equus et mulus, quibus non est intellectus.6
Debbo dire per altro che nella grande ignoranza ho sempre ammirato un grande rispetto per le cose di chiesa, pei sacri ministri ed un grande trasporto per imparare le cose di religione.
Anzi io mi serviva di quella smodata ricreazione per insinuare a' miei allievi pensieri di religione e di frequenza ai santi sacramenti. Agli uni con una parola nell'orecchio raccomandava maggior ubbidienza, maggior puntualità nei doveri del proprio stato; ad altri di frequentar il catechismo, di venirsi a confessare e simili. Di modo che per me quei trastulli erano un mezzo opportuno per provvedermi una moltitudine di fanciulli, che al sabato a sera o la domenica mattina con tutto buon volere venivano a fare la loro confessione.
Talvolta li toglieva dagli stessi trastulli per condurli a confessarsi, qualora li avessi veduti alquanto restii a quegli importanti doveri. Riferirò uno dei molti fatti.' Un giovanetto era stato invitato più volte di venire a fare Pasqua;8 egli prometteva ogni domenica di venire, ma poi non manteneva la parola. Un giorno festivo, dopo le sacre funzioni egli si pose a fare ricreazione la più vivace. Mentre correva in tutti i lati saltando e correndo e tutto molle di sudore, tutto rosso nella faccia da non sapere più se fosse in questo mondo o nell'altro, lo chiesi in tutta fretta pregandolo a recarsi meco in sacrestia per aiutarmi a compiere un affare. Voleva venire com'era, in manica di camicia; «No, gli dissi, mettiti la giubbetta e vieni». Giunti alla sacrestia il condussi in coro, quindi soggiunsi: «Inginocchiati sopra questo genufiessorio. — Lo fece; ma egli voleva traslocare l'inginocchiatoio».
6 Come il cavallo e come il mulo che sono privi di intelligenza. A margine del manoscritto il copista annota: Tob, c. VI, 17 e Psal. XXXI, 9.
7 Il fatto qui narrato è una rielaborazione dell'aneddoto già riportato in Giovanni Bosco, Severino ossia avventure di un giovane alpigiano raccontate da lui medesimo, Torino, Tip. dell'Oratorio di S. Frane. di Sales, 1868, 43-45 (OE XX, 43-45).
8 Fare Pasqua: espressione usata per indicare l'adempimento del precetto di confessarsi e comunicarsi almeno una volta all'anno, nel periodo pasquale.
— No, soggiunsi, lascia ogni cosa come è.
— Che vuole adunque da me?
— Confessarti.
— Non sono preparato.
— Lo so.
— Dunque?
— Dunque preparati, e poi ti confesserai.
— Bene, benone, esclamò; ne avevo proprio bisogno; ne aveva vero bisogno, ha fatto bene a prendermi in questo modo, altrimenti per timore dei compagni non mi sarei ancora venuto a confessare.
Mentre recitai una parte di breviario, l'altro si preparò alquanto; di poi fece assai di buon grado la sua confessione con divoto ringraziamento. D'allora in poi fu costantemente dei più assidui a compiere i suoi religiosi doveri. Soleva poi raccontare il fatto ai suoi compagni conchiudendo: «Don Bosco usò un bello stratagemma per cogliere il merlo nella gabbia».
Sul far della notte, con un segno di campanello, erano tutti raccolti in chiesa, dove si faceva un po' di preghiera o si recitava il Rosario coll'Angelus, ed ogni cosa compievasi col canto di Lodato sempre sia etc.'
Usciti di chiesa mettevami in mezzo di loro, li accompagnava mentre essi cantavano o schiamazzavano. Fatto la salita del Rondò,") si cantava ancora qualche strofa di laude sacra, di poi si invitavano per la seguente domenica, ed augurandoci a vicenda ad alta voce la buona sera, ognuno se ne andava pei fatti suoi.
Una scena singolare era la partenza dall'Oratorio. Usciti di chiesa ciascuno dava le mille volte la buona sera senza punto staccarsi dall'assemblea dei compagni. Io aveva un bel dire: «Andate a casa, si fa notte, i parenti vi attendono». Inutilmente. Bisognava che li lasciassi radunare; sei dei più robusti facevano colle loro braccia una specie di sedia, sopra cui come sopra di un trono era giuocoforza che io mi ponessi a sedere. Messisi quindi in ordine a più file, portando D. Bosco sopra quel palco di braccia, che superava i più alti di statura, procedevano cantando, ridendo e schiamazzando fino al circolo detto comunemente il Rondò. Colà si cantavano ancora alcune lodi, che avevano per conclusione il solenne canto del Lodato sempre sia.
9 Lodato sempre sia: inizio di una preghiera giaculatoria che si recitava o cantava dopo la benedizione eucaristica e al termine di ogni decina del Rosario: «Lodato sempre sia, il santissimo nome di Gesù, di Giuseppe e di Maria».
10 Rondò: piazza circolare, a poche decine di metri dall'Oratorio, in cui confluivano due grandi viali alberati che delimitavano a nord la città dalla periferia: corso San Maurizio (oggi corso Regina Margherita) e corso Principe Eugenio. Al lato sud del Rondò c'era uno spiazzo sul quale veniva montata la forca per le esecuzioni capitali. Oggi sul luogo c'è il monumento dedicato a san Giuseppe Cafasso, confortatore dei condannati a morte.
Fattosi di poi un profondo silenzio, io poteva allora a tutti augurare buona sera e buona settimana. Tutti con quanto avevano di voce rispondevano: buona sera. In quel momento io veniva deposto dal mio trono; ognuno andava in seno della propria famiglia, mentre alcuni dei più grandicelli mi accompagnavano fino a casa mezzo morto per la stanchezza."
Malgrado l'ordine, la disciplina e la tranquillità dell'Oratorio nostro, il marchese Cavour, vicario di città, pretendeva che avessero fine i nostri assembramenti, che egli chiamava pericolosi. Quando seppe che io aveva sempre proceduto col consenso dell'arcivescovo, convocò la così detta Ragioneria nel palazzo vescovile essendo quel prelato allora alquanto ammalato.
La Ragioneria era una scelta de' primari consiglieri municipali, nelle cui mani concentravasi tutto il potere della civica amministrazione. Il capo della Ragioneria detto Mastro di Ragione, primo decurione od anche vicario di città, in potere era superiore al sindaco»
— Quando io vidi tutti quei magnati, disse di poi l'arcivescovo, a raccogliersi in questa sala, mi parve doversi tenere il giudizio universale. Si disputò molto pro e contro; ma in fine si conchiuse doversi assolutamente impedire e disperdere quegli assembramenti, perché compromettevano la pubblica tranquillità.
Faceva parte della Ragioneria il conte Giuseppe Provana di Collegno,13 nostro insigne benefattore, e allora ministro al Controllo generale, ossia delle Finanze presso al re Carlo Alberto. Più volte mi aveva dato sussidii e del suo proprio ed anche per parte del sovrano. Questo principe udiva assai con piacere a parlare dell'Oratorio, e quando si faceva qualche solennità leggeva sempre volentieri la relazione che io gli mandava scritta, o che il prefato conte faceva verbalmente.
11 In quel momento don Bosco abitava ancora presso il Rifugio.
12 II governo della città di Torino era affidato a due organismi, uno ristretto, la Civica amministrazione o Ragioneria (2 Sindaci, 1 Mastro di Ragione, 6 Ragionieri e 1 segretario), e uno allargato, il Corpo decurionale (comprendente i membri della Ragioneria più 50 altri consiglieri). Va detto che erano distinte le cariche di Mastro di Ragione (conte Giuseppe Ponte di Pino) e di Vicario di Città (marchese Michele Benso di Cavour), diversamente da quanto dice don Bosco (cf. Calendario generale pe' Regii Stati, 1846, Torino, Stamperia Sociale, 1845, 637-639).
13 Giuseppe Provana di Collegno (1785-1854): personaggio influente dell'aristocrazia cattolica torinese, impegnato nell'azione sociale (fu uno dei fondatori della Conferenza di san Vincenzo de' Paoli di Torino), era uomo di fiducia del Re Carlo Alberto; Vicario di Città dal 1819 al 1821, fu nominato Consigliere di Stato nel 1831 e divenne Presidente Capo e Controllore Generale delle Finanze nel 1840. Il Provana non era membro della Ragioneria, ma del Corpo Decurionale e clavigero della Città (cf. Calendario generale pe' Regii Stati, 1846, 638).
Mi ha più volte fatto dire che egli molto stimava questa parte di ecclesiastico ministero, paragonandolo al lavoro delle missioni straniere, esprimendo vivo desiderio che in tutte le città e paesi del suo stato fossero attivate simili istituzioni. Per buon capo d'anno soleva sempre mandarmi un sussidio di L. 300 con queste parole: —Ai monelli di D. Bosco.
Quando venne a sapere che la Ragioneria minacciava la dispersione delle nostre adunanze diè carico al prefato conte di comunicare la sua volontà con queste parole: «È mia intenzione che queste radunanze festive siano promosse e protette; se avvi pericolo di disordine si studi modo di prevenirli e di impedirli».
Il conte Collegno, che silenzioso aveva assistito a tutta quella viva discussione, quando osservò che se ne proponeva l'ordine di dispersione e definitivo scioglimento, si alzò, chiese di parlare e comunicò la sovrana intenzione, e la protezione che il re intendeva di prendere di quella microscopica istituzione.
A quelle parole tacque il vicario e tacque la Ragioneria. Con premura il vicario mi mandò novellamente a chiamare e, continuando il tono minaccievole e chiamandomi ostinato, conchiuse con queste benevole parole: «Io non voglio il male di nissuno. Voi lavorate con buona intenzione, ma ciò che fate è pieno di pericoli. Essendo io obbligato a tutelare la pubblica tranquillità, io manderò a sorvegliare voi e le vostre radunanze. Alla minima cosa che vi possa compromettere io farò immediatamente disperdere i vostri monelli e voi mi darete conto di quanto sarà per avvenire».
Fossero le agitazioni, cui andò soggetto, fosse qualche malanno che già lo travagliasse, fatto fu che quella è stata l'ultima volta che il vicario Cavour andò al palazzo municipale. Assalito dalla podagra, dovette soffrire assai e fra pochi mesi venne condotto alla tomba.
Ma per i sei mesi che visse ancora mandava ogni domenica alcuni arceri o guardie civiche a passare con noi tutta la giornata, vegliando sopra tutto quello che in chiesa o fuori di chiesa si diceva o si faceva."
— E bene, disse il marchese Cavour ad una di quelle guardie, che cosa avete veduto, udito in mezzo a quella marmaglia?
— Sig. marchese, abbiamo veduto una moltitudine immensa di ragazzi a divertirsi in mille modi. Abbiamo udito in chiesa delle prediche che fanno paura. Si raccontarono tante cose sull'inferno e sui demonii, che mi fecero venir volontà di andarmi a confessare.
— E di politica?
— Di politica non si parlò punto, perché quei ragazzi non ne capirebbero niente. Credo tratterebbero bene l'argomento delle pagnottelle, intorno a cui ciascuno sarebbe in grado di fare la prima parte.
14 Per i sei mesi che visse ancora: qui si intende probabilmente i sei mesi in cui esercitò ancora la sua carica di Vicario; Michele Benso di Cavour, infatti, morirà il 15 giugno 1850.
Morto Cavour non fu più alcuno del municipio che ci abbia cagionato molestia, anzi ogni volta se ne presentò occasione il municipio torinese ci fu sempre favorevole, fino al 1877.
A S. Francesco di Assisi io aveva già conosciuta la necessità di qualche scuola. Certi fanciulli sono alquanto inoltrati negli anni e tuttora ignoranti delle verità della fede. Per costoro il puro ammaestramento verbale sarebbe lungo e per lo più loro annoierebbe, perciò facilmente cessano di intervenire. Si provò a fare un po' di scuola, ma non si poteva per difetto di locali e di maestri opportuni che ci volessero aiutare. Al Rifugio, di poi in casa Moretta si cominciò una scuola domenicale stabile, ed anche la scuola serale regolare quando venimmo in Valdocco.'5 Per ottenere qualche buon risultato si prendeva un solo ramo d'insegnamento per volta. Per esempio, si faceva una domenica o due passare e ripassare l'alfabeto e la relativa sillabazione; poi si prendeva subito il piccolo catechismo intorno a cui si faceva leggere e sillabare fino a tanto che fossero in grado di leggere una o due delle prime dimande del catechismo, e ciò serviva di lezione lungo la settimana. La successiva domenica si faceva ripetere la stessa materia, aggiugnendo altre dimande e risposte. In questa guisa in otto giorni festivi ho potuto ottenere che taluni giungessero a leggere e a studiare da sé delle intere pagine di catechismo. Ciò fu di grande guadagno nel tempo, giacché i più grandicelli dovevano frequentare il catechismo quasi degli anni prima di poterli istruire abbastanza per la sola confessione.
Le prove delle scuole domenicali riuscivano vantaggiose a molti, ma non bastavano; perciocché non pochi, perché di tardissimo ingegno, dimenticavano affatto quanto la domenica prima avevano imparato. Furono allora introdotte le scuole serali, che cominciate al Rifugio, si fecero con maggior regolarità in casa Moretta, e meglio ancora appena si poté avere abitazione stabile in Valdocco.
Le scuole serali producevano due buoni effetti: animavano i giovanetti ad intervenire per istruirsi nella letteratura, di cui sentivano grave bisogno; nel tempo stesso davano grande opportunità per istruirli nella religione, che formava lo scopo delle nostre sollecitudini.
Ma dove prendere tanti maestri, mentre quasi ogni giorno uopo era di aggiugnere nuove classi?
15 Valdocco: zona periferica a nord della città di Torino, allora prevalentemente coltivata ad orto, nella quale si trovavano le opere della marchesa di Barolo e del Cottolengo, la casa Moretta, il prato dei fratelli Filippi e la casa Pinardi.
Per provvedere a questo bisogno mi sono messo a fare scuola ad un certo numero di giovanetti della città. Somministrava loro l'insegnamento gratuito d'italiano, di latino, di francese, di aritmetica, ma coll'obbligo di venirmi ad aiutare ad insegnare il catechismo e fare la scuola domenicale e serale. Questi miei maestrini, allora in numero di otto o dieci, continuarono ad aumentare in numero, e di qui cominciò la categoria degli studenti?'
Quando era ancora al Convitto di S. Francesco d'Assisi, fra i miei allievi ebbi Giovanni Coriasco, ora maestro falegname, Vergnano Felice, ora neg[oziante] in passamanterie, Delfino Paolo. Quest'ultimo ora è professore di corso tecnico. Al Rifugio ebbi Melanotte Antonio, ora droghiere, Melanotte Giovanni, confetturiere, Ferrero Felice, sensale; Ferrero Pietro, compositore; Piola Giovanni, falegname padrone di bottega. Ad essi unironsi Genta Luigi, Mogna Vittorio ed altri che però non continuarono stabilmente. Doveva spendere molto tempo e molto danaro, e generalmente al punto del bisogno la maggior parte mi abbandonava.
A costoro si aggiunsero altri pii signori di Torino. Costanti furono il sig. Gagliardi Giuseppe, chincagliere, Fino Gius[eppe], della stessa professione; Ritner Vittorio, orefice ed altri. I sacerdoti mi aiutavano specialmente per la celebrazione della santa messa, per la predicazione e per le classi di catechismo ai più adulti.
Una difficoltà grande si presentava nei libri, perciocché terminato il piccolo catechismo non aveva più alcun libro di testo. Ho esaminato tutte le piccole Storie Sacre, che tra noi solevansi usare nelle scuole, ma non ne potei trovare alcuna che soddisfacesse al mio bisogno. Mancanza di popolarità, fatti inopportuni, questioni lunghe o fuori di tempo, erano comuni difetti. Molti fatti poi erano esposti in modo che mettevano a pericolo la moralità dei giovanetti. Tutti poi si curavano poco di far rilevare i punti che devono servire di fondamento alle verità della fede. Lo stesso dicasi dei fatti che si riferiscono al culto esterno, al purgatorio, alla confessione, eucaristia e simili.
A fine di provvedere a questa parte di educazione, che i tempi reclamavano assolutamente, mi sono di proposito applicato a compilare una Storia Sacra che, oltre alla facilità della dicitura e popolarità dello stile, fosse scevra dei mentovati difetti. È questa la ragione che mi mosse a scrivere e stampare la così detta Storia Sacra ad uso delle scuole?'
16 A partire dagli anni Cinquanta, nella "casa annessa" all'Oratorio prenderanno sviluppo le scuole ginnasiali e i laboratori artigianali. Gli allievi delle prime erano chiamati "studenti", gli altri "artigiani".
17 Giovanni Bosco, Storia sacra per uso delle scuole utile ad ogni stato di persone, Torino, Speirani e Ferrero, 1847 (OE III, 2-212). Il volume, di cui si fecero molte edizioni e traduzioni, sarà usato nelle opere salesiane come testo di catechesi biblica fino alle soglie del Concilio Vaticano II (cf. Natale CERRATO, La catechesi di don Bosco nella sua "storia sacra", Roma, LAS, 1979).
Non poteva garantire un lavoro elegante, ma ho lavorato con tutto il buon volere di giovare alla gioventù.
Fatti alcuni mesi di scuola abbiamo dati pubblici saggi del nostro insegnamento festivo, in cui gli allievi furono interrogati su tutta la Storia Sacra, sulla relativa geografia, con tutte le opportune interrogazioni. Erano spettatori il celebre Ab. Aporti," Boncompagne T. Pietro Baricco," prof. Gius[eppe] Rayneri,21 e tutti applaudirono a quell'esperimento.
Animati dai progressi ottenuti nelle scuole domenicali e serali, alla lettura e scrittura fu eziandio aggiunta la classe di aritmetica e di disegno. Era la prima volta che nei nostri paesi avevano luogo tali scuole. Da tutte parti se ne parlava come di una grande novità. Molti professori ed altri distinti personaggi ci venivano con frequenza a visitare. Lo stesso municipio con alla testa il Comm. Gius[eppe] Duprè" mandò una commissione appositamente incaricata di recarsi a verificare se i decantati risultati delle scuole serali erano realtà. Facevano eglino stessi delle dimande sulla pronuncia; sulla contabilità; sulla declamazione e non potevano darsi ragione [come] affatto illetterati fino ai 18 ed anche 20 anni, potessero in pochi [mesi] portarsi così avanti nella educazione e nella istruzione. Al vedere quel gran numero di giovani adulti, raccolti alla sera, che invece di girovagare per le vie, attendevano all'istruzione, que' signori partirono pieni di entusiasmo.
18 Ferrante Aporti (1791-1858), sacerdote e pedagogista mantovano. Si specializzò al Theresianum di Vienna, poi fu direttore delle scuole elementari maschili di Cremona e professore di esegesi in seminario. Nel 1826 iniziò i corsi di "metodica" agli aspiranti maestri. A partire dal 1828, primo in Italia, aprì asili infantili. Nel 1844 fu invitato a Torino per inaugurare la Scuola superiore di metodo normale con una serie di lezioni che ebbe vasta eco. Si interessò delle scuole festive, dell'educazione dei ciechi e dei sordomuti, dell'istruzione dei contadini, della preparazione delle maestre, del riordino degli studi del clero. Dopo la guerra del 1848 si rifugiò a Torino, dove venne fatto senatore, nominato Presidente del Consiglio universitario, della Commissione permanente per le scuole secondarie e ispettore generale degli asili (cf. la voce di Angiolo GAMBARO, in Dizionario biografico degli italiani, III, 605-609).
19 Carlo Boncompagni (1804-1880): magistrato, pedagogista e uomo politico; cattolico liberale. Collaborò a vari periodici su temi giuridici e politici, ma soprattutto pedagogici. Entrato nel governo, gli venne affidato il portafoglio dell'istruzione. In tale veste presentò (4 ottobre 1848) due importanti progetti legislativi: una legge organica che ristrutturava l'amministrazione delle scuole piemontesi e una legge sulla costituzione dei convitti nazionali. Fu anche Ministro dell'agricoltura e del commercio, Ministro di grazia e di giustizia e Presidente della Camera dei deputati (cf. la voce di Francesco TRANIELLO, in Dizionario biografico degli italiani, XI, 695-703).
20 Pietro Baricco (1819-1887), sacerdote di indirizzo liberale moderato, professore di Teologia, membro del Consiglio Comunale di Torino, preposto all'istruzione pubblica cittadina e preside di due importanti scuole, il Liceo Gioberti e il Liceo Cavour.
21 Non Giuseppe, ma Giovanni Antonio Rayneri (1810-1867), sacerdote, professore di antropologia e pedagogia all'Università di Torino; cf. José Manuel PRELLEZO, G. A. Rayneri negli scritti pedagogici dei salesiani, in «Orientamenti pedagogici» 40 (1993) 1039-1063.
22 Giuseppe Luigi Duprè (in. 1884), banchiere, consigliere comunale, impegnato nell'amministrazione di varie opere caritative (cf. Vittorio SPRETI (ed.), Enciclopedia storico-nobiliare italiana, Bologna, Forni, 1968, II, 639).
Fattane relazione in pieno municipio venne assegnata come premio una annualità di trecento franchi, che si è percepita fino al 1878 quando, non se ne poté mai sapere la ragione, fu tolto quel sussidio per darlo ad un altro istituto.
Il Cav. Gonella," il cui zelo e carità lasciarono in Torino gloriosa ed imperitura memoria, era in quel tempo direttore dell'opera La mendicità istruita» Venne egli pure più volte a vederci e l'anno dopo (1847) introdusse le stesse scuole, gli stessi metodi nell'opera a lui affidata. Ma avendo riferita ogni cosa agli amministratori di quell'opera, con piena deliberazione decretarono un premio di mille franchi per le nostre scuole. Il municipio lo seguì, e nello spazio di pochi anni, le scuole serali si propagarono in tutte le principali città del Piemonte.
Altro bisogno apparve: un libro di divozione adattato ai tempi. Sono innumerabili quelli, che, redatti da valente penna, corrono per le mani di tutti. Ma questi libri in generale sono fatti per le persone colte, adulte, e per lo più possono servire pei cattolici, ebrei e protestanti. Vedendo come l'eresia insidiosa si andava ogni giorno più insinuando, ho procurato di compilare un libro adatto alla gioventù, opportuno per le loro idee religiose, appoggiato sulla Bibbia, il quale esponesse i fondamenti della religione cattolica colla massima brevità e chiarezza. Questo fu il Giovane Provveduto.25
La stessa cosa mi era necessaria per l'insegnamento dell'aritmetica e del sistema metrico.
23 Andrea Gonella (1770-1851), banchiere e industriale tessile. Il figlio, Marco Guglielmo (18221886), entusiasta sostenitore di don Bosco, diventerà cooperatore salesiano (STELLA, Don Bosco nella storia economica e sociale, 64-65).
24 La Regia Opera della Mendicità Istruita: istituzione caritativa torinese, fondata nel 1743, per l'educazione dei giovani poveri. Rifiorì nella Restaurazione, sotto la direzione del marchese Cesare d'Azeglio, il quale promosse lo sviluppo delle scuole elementari popolari maschili e femminili, affidandole ai Fratelli delle Scuole Cristiane e alle suore di S. Giuseppe. Le scuole serali per lavoratori, di cui parla don Bosco, vennero aperte in un edificio voluto dal re Carlo Alberto e affidate agli stessi Fratelli de la Salle (Carlo CARRERA, Brevi cenni sulla R. Opera della mendicità istruita in Torino, dalla sua origine sino all'anno 1878, Torino, V. Bona, 1878). Scrive il Casalis (1851): «Le scuole per ragazzi distribuite nei diversi quartieri della capitale sono in numero di quindici, e quelle per le ragazze sono in numero di dodici. La direzione è composta di un presidente, e di undici direttori nominati dal Re; avvi inoltre dipendente dalla medesima un rettore della chiesa di s. Pelagia e direttore spirituale delle scuole» (CAsAus, Dizionario, XXI, 700-709).
25 Giovanni Bosco, Il giovane provveduto per la pratica de' suoi doveri, degli esercizi di cristiana pietà, per la recita dell'ufficio della Beata Vergine e de' principali vespri dell'anno coli 'aggiunta di una scelta di laudi sacre etc., Torino, Tipografia Paravia e Comp., 1847 (OE II, 183-532). Non era una semplice raccolta di preghiere, ma un piccolo manuale di vita spirituale, con meditazioni, letture edificanti e istruzioni; ebbe molta fortuna: se ne fecero centinaia di edizioni e traduzioni e continuò ad essere usato nelle opere salesiane fino al Concilio Vaticano II (cf. Pietro STELLA, Valori spirituali nel "Giovane provveduto" di san Giovanni Bosco, Roma, Scuola Grafica Borgo Ragazzi di Don Bosco, 1960).
È vero che l'uso del sistema metrico non era obbligatorio fino al 1850; ma cominciò ad introdursi nelle scuole nel 1846. Sebbene introdotto legalmente nelle scuole, mancavano affatto i libri di testo. A ciò ho provveduto col libretto intitolato: Il sistema metrico decimale ridotto a semplicità, etc.26
I molti impegni che io aveva nelle carceri, nell'ospedale" Cottolengo, nel Rifugio, nell'Oratorio e nelle scuole facevano sì, che dovessi occuparmi di notte per compilare i libretti che mi erano assolutamente necessari." Per la qual cosa la mia sanità, già per se stessa assai cagionevole, deteriorò al punto che i medici mi consigliarono a desistere da ogni occupazione. Il teologo Borel, che assai mi amava, per mio bene mi mandò a passare qualche tempo presso al curato di Sassi." Riposava lungo la settimana; la domenica mi recava a lavorare all'Oratorio. Ma ciò non bastava. I giovanetti a turbe venivano a visitarmi; a costoro si aggiunsero quelli del paese. Sicché era disturbato più che a Torino, mentre io stesso cagionava immenso disturbo ai miei piccoli amici.
Non solamente quelli che frequentavano l'Oratorio correvano, si può dire ogni giorno, a Sassi, ma gli stessi allievi dei Fratelli delle Scuole Cristiane. Tra i molti avvenne questo episodio. Si dettarono gli esercizi spirituali agli alunni delle scuole di S. Barbara" amministrate eziandio dai medesimi religiosi.31
26 Giovanni Bosco, Il sistema metrico decimale ridotto a semplicità preceduto dalle prime operazioni dell'aritmetica ad uso degli artigiani e della ente di campagna, Torino, G. B. Paravia e Comp., 1849 (OE IV, 1-80). Il passaggio dall'antico sistema di pesi e misure al sistema metrico decimale, stabilito con Regio editto dell'Il settembre 1845, sarebbe entrato in vigore il 1° gennaio 1850.
27 A.S.F., legge Opera.
28 Oltre alla Storia sacra, al Giovane provveduto, al Sistema metrico decimale, in quegli anni don Bosco pubblicò anche altri libri: Cenni storici sulla vita del chierico Luigi Comollo morto nel seminario di Chieri.., (Torino, Tipografia Speirani e Ferrero, 1844, in OE I, 1-84); Il divoto dell'Angelo custode (Torino, Tipografia Paravia e comp., 1845, in OE I, 87-158); Storia ecclesiastica ad uso delle scuole, utile per ogni ceto di persone (Torino, Tipografia Speirani e Ferrero, 1845, in OE I, 160-556); Le sei domeniche e la novena di san Luigi Gonzaga con un cenno sulla vita del santo (Torino, Tipografia Speirani e Ferrero, 1846); Esercizio di devozione alla misericordia di Dio (Torino, Tipografia eredi Botta, 1847, in OE, II, 71-181); Il cristiano guidato alla virtù ed alla civiltà secondo lo spirito di san Vincenzo de' Paoli (Torino, Tipografia Paravia, 1848, in OE III, 215-503). Per tutta la vita il Santo affiancò all'azione pastorale l'attività di editore e scrittore, convinto che questa fosse parte integrante della sua missione.
29 Curato di Sassi era il teologo Pietro Abbondioli (1812-1893). Sassi è un paese a 4 km dal centro di Torino, sulla riva destra del fiume Po.
30 Scuole di S. Barbara: scuole elementari comunali, collocate presso l'antica cittadella a fianco della parrocchia di santa Barbara. Nel 1830 il municipio di Torino aveva affidato le scuole elementari inferiori della città (San Primitivo, San Filippo, Borgo Po, Borgo Nuovo e Santa Barbara) ai Fratelli delle Scuole Cristiane (cf. Pietro BARICCO, L 'istruzione popolare in Torino, Torino, Tip. Eredi Botta, 1865; Pietro STELLA, Cultura e associazioni cattoliche tra la Restaurazione e il 1864, in Storia di Torino, VI: La città nel Risorgimento, 1789-1864, a cura di Umberto Levra, Torino, Einaudi, 2000, 507-508).
31 Gli esercizi spirituali nelle scuole duravano tre giorni; si svolgevano nel periodo pasquale oppure in occasione delle feste di san Luigi Gonzaga (patrono degli studenti) e di san Giovanni Battista (patrono della città), cioè tra il 21 e il 24 giugno.
Essendo soliti in gran numero confessarsi da me, sul terminare degli esercizi vennero in corpo a cercarmi all'Oratorio; ma non avendomi trovato colà partirono alla volta di Sassi, distante quattro chilometri da Torino. Era tempo piovoso; eglino inesperti della via andavano vagando ne' prati, ne' campi e nelle vigne in cerca di D. Bosco. Ci giunsero finalmente in numero di circa quattrocento, tutti sfiniti dal cammino e dalla fame, molli di sudore, coperti di zacchere anzi di fango, e chiedenti di potersi confessare. «Noi, dicevano, abbiamo fatto gli esercizi, vogliamo farci buoni, vogliamo tutti fare la nostra confessione generale, e col permesso dei nostri maestri siamo qua venuti». Fu detto loro che ritornassero tosto al collegio per togliere dalla ansietà i loro maestri ed i loro parenti, ma essi rispondevano con asseveranza che volevano confessarsi.
Tra il maestro comunale, curato, vicecurato e me si confessò quanto si poté; ma ci volevano almeno una quindicina di confessori.
Ma come ristorare o meglio acquetare l'appetito a quella moltitudine? Quel buon curato, è l'attuale T. Abbondioli, diede a que' viaggiatori ogni suo commestibile, pane, polenta, fagiuoli, riso, patate, cacio, frutta, ogni cosa fu acconciata e loro somministrata.
Quale non fu poi lo sconcerto, quando i predicatori, i maestri, alcuni personaggi invitati intervennero per la chiusa degli esercizi, per la messa, comunione generale e non trovarono un allievo in collegio? Fu un vero disordine; e si diedero efficaci provvedimenti a che non venissero più rinnovati.
Venuto a casa, fui preso da sfinimento, portato a letto. La malattia si manifestò con una bronchite, cui si aggiunse tosse ed infiammazione violenta assai. In otto giorni fui giudicato all'estremo della vita. Aveva ricevuto il SS. Viatico, l'olio santo. Mi sembrò" che in quel momento fossi preparato a morire; mi rincresceva di abbandonare i miei giovanetti, ma era contento che terminava i miei giorni dopo aver dato una forma stabile all'Oratorio.
Sparsa la notizia che la mia malattia era grave, si manifestò generale e vivissimo rincrescimento da non potersi dire maggiore. Ad ogni momento schiere di giovanetti lagrimanti e bussando alla porta chiedevano del mio male. Più si davano notizie, più se ne dimandavano. Io udiva i dialoghi che si facevano col domestico e ne era commosso. In appresso ho saputo quello che aveva fatto fare l'affezione de' miei giovani. Spontaneamente pregavano, digiunavano, ascoltavano messe, facevano comunioni. Si alternavano passando la notte in preghiera e la giornata avanti l'immagine di Maria Consolatrice. Al mattino si accendevano lumi speciali, e fino a tarda sera erano sempre in numero notabile a pregare e scongiurare l'augusta Madre di Dio a voler conservare il loro povero D. Bosco.
32 A.S.F. legge sembra.
Parecchi fecero voto di recitare il Rosario intiero per un mese, altri per un anno, alcuni per tutta la vita. Né mancarono quelli che promisero di digiunare a pane ed acqua per mesi, anni ed anche tutta la vita. Mi consta che parecchi garzoni muratori digiunarono a pane ed acqua delle intere settimane, punto non rallentando da mattino a sera i pesanti loro lavori. Anzi, rimanendo qualche breve tratto di tempo libero andavano frettolosi a passarlo davanti al SS. Sacramento.
Dio li ascoltò. Era un sabato a sera e si credeva quella notte essere l'ultima di mia vita; così dicevano i medici, che vennero a consulto; così ne era io persuaso, scorgendomi affatto privo di forze con perdite continue di sangue. A tarda notte mi sentii tendenza a dormire. Presi sonno, mi svegliai fuori di pericolo. Il dottor Botta e il dottor Cafasso" al mattino nel visitarmi dissero che andassi a ringraziare la Madonna della Consolata per la grazia ricevuta.
I miei giovani non potevano credere se non mi vedevano, e mi videro di fatto poco dopo col mio bastoncino a recarmi all'Oratorio, con quelle commozioni che ognuno può immaginare ma non descrivere. Fu cantato un Te Deum. Mille acclamazioni, entusiasmo indescrivibile.
Fra le prime cose, una fu quella di cangiare in cose possibili i voti e le promesse che non pochi avevano fatto, senza la dovuta riflessione, quando io era in pericolo della vita.
Questa malattia avveniva sul principio di luglio 1846, quando appunto doveva lasciare il Rifugio e trasferirmi altrove.
Io sono andato a fare alcuni mesi di convalescenza in famiglia, a casa, a Morialdo. Avrei più a lungo protratta la mia dimora in quel luogo nativo, ma i giovanetti cominciarono a venire a schiere a farmi visita, a segno che non era più possibile godere né riposo né tranquillità. Tutti mi consigliavano di passare34 almeno qualche anno fuori di Torino, in luoghi sconosciuti, per tentar l'acquisto della primiera sanità. D. Cafasso e l'arcivescovo erano di questo parere. Ma tal cosa tornandomi di troppo grave rincrescimento, mi fu acconsentito di venire all'Oratorio con obbligo che per due anni non avessi più preso parte né alle confessioni né alla predicazione. Ho disubbidito. Ritornando all'Oratorio, ho continuato a lavorare come prima e per 27 anni non ho più avuto bisogno né di medico, né di medicine. La qual cosa mi ha fatto credere che il lavoro non sia quello che rechi danno alla sanità corporale.
33 Botta Giovanni e Cafasso Gaetano, medici incaricati del servizio dei poveri nella città di Torino (cf. Calendario generale pe' Regii Stati, 1846, 615).
34 A.S.F. legge a passare.
Passati alcuni mesi in convalescenza in famiglia, sembravami di poter fare ritorno a' miei amati figli, di cui parecchi ogni giorno venivano a vedermi o mi scrivevano eccitandomi a fare presto ritorno tra loro. Ma dove prendere alloggio, essendo stato congedato dal Rifugio? Con quali mezzi sostenere un'opera che diveniva ogni giorno più laboriosa e dispendiosa? Di che avrei potuto vivere io e le persone che meco erano indispensabili?
In quel tempo si resero vacanti due camere in casa Pinardi e quelle" si pigionarono per abitazione mia e di mia madre.
«Madre, le dissi un giorno, io dovrei andare ad abitare in Valdocco, ma a motivo delle persone che occupano quella casa non posso prendere meco altra persona che voi». Ella capì la forza delle mie parole e soggiunse tosto: «Se ti pare tal cosa piacere al Signore, io sono pronta a partire in sul momento». Mia madre faceva un grande sacrifizio; perciocché in famiglia, sebbene non fosse agiata, era tuttavia padrona di tutto, amata da tutti, ed era considerata come la regina dei piccoli e degli adulti.
Abbiamo fatto precedere alcune cose maggiormente" necessarie che, con quelle già esistenti al Rifugio, furono spedite alla novella abitazione. Mia madre empié un canestro di biancheria e di altri oggetti indispensabili; io presi il breviario, un messale con alcuni [libri] e quaderni più necessari. Era questa tutta la nostra fortuna. Partimmo a piedi dai Becchi alla volta di Torino. Facemmo breve fermata a Chieri e la sera del 3 novembre 1846 giungemmo in Valdocco.
Al vederci in quelle camere sprovviste di tutto, mia madre scherzando disse: «A casa aveva tanti pensieri per amministrare e comandare; qui sono assai più tranquilla perché non ho più né che maneggiare né a chi fare comandi».
Ma come vivere, che mangiare, come pagare i fitti e provvedere a molti fanciulli che ad ogni momento dimandavano pane, calzamenta, abiti o camicie, senza cui non potevano recarsi al lavoro? Avevamo fatto venire da casa un po' di vino, di meliga, fagiuoli, grano e simili. Per fare fronte alle prime spese aveva venduto qualche pezzo di campo ed una vigna. Mia madre avevasi fatto portare il corredo sposalizio,37 che fino allora aveva gelosamente conservato intero. Alcune sue vesti servirono a formare pianete, colla biancheria si fecero degli amitti, dei purificatori, rocchetti, camici e delle tovaglie.
35 A.S.F. legge queste.
36 A.S.F. legge di maggiormente.
37 Era usanza che la sposa portasse in dote un corredo, consistente in vesti, biancheria varia e piccole cose di valore. Spesso questi oggetti erano confezionati dalla ragazza stessa fin dai più teneri anni. Margherita aveva conservato «gelosamente» intatto il suo corredo, caro ricordo della giovinezza e del tempo felice trascorso col defunto marito.
Ogni cosa passo per mano di madama Margherita Gastaldi," che fin d'allora prendeva parte ai bisogni dell'Oratorio.
La stessa mia madre aveva qualche anello, una piccola collana d'oro, che tosto vendette per comperare galloni e guarniture pei sacri paramentali. Una sera mia madre, che era sempre di buon umore, mi cantava ridendo: «Guaio" al mondo se ci sente.' Forestieri senza niente».
Sistemate in qualche modo le cose domestiche ho preso a pigione un'altra camera, che venne destinata a sacristia. Non potendosi aver locali per le scuole, qualche tempo dovetti farla in cucina od in mia camera, ma gli allievi, fior di monelli, o tutto guastavano o tutto mettevano sossopra. Si cominciarono alcune classi in sacristia, in coro, e nelle altre parti della chiesa; ma le voci, il canto, l'andirivieni degli uni disturbavano quanto volevano fare gli altri. Alcuni mesi dopo si poterono avere due altre camere a pigione, e quindi organizzare meglio le nostre classi serali. Come fu detto sopra nell'inverno del 1846-7(1)" le nostre scuole ottennero ottimi risultati. In media avevano trecento allievi ogni sera. Oltre alla parte scientifica animava le nostre classi il canto fermo e la musica vocale, che tra noi furono in ogni tempo coltivati.
Stabilita così regolare dimora in Valdocco mi sono messo con tutto l'animo a promuovere le cose che potevano contribuire a conservare l'unità di spirito, di disciplina e di amministrazione.
Per prima cosa ho compilato un regolamento, in cui ho semplicemente esposto quanto si praticava nell'Oratorio, e il modo uniforme con cui le cose dovevano essere fatte. Questo essendo stampato a parte ognuno può leggerlo a piacimento.41
38 Margherita Volpati Gastaldi (1790-1868), madre del teologo Lorenzo, arcivescovo di Torino dal 1871 al 1883.
39 A.S.F. legge guai.
40 Nota di don Bosco sul ms. Berto: «(1) Si ritenga che le prime scuole serali attuate in Torino furono quelle che nel novembre del 1845 vennero aperte in casa Moretta. Non si poterono ricevere che 200 allievi in tre camere o classi. Il buon risultato ottenuto ci mosse a riaprirle nell'anno seguente, appena si poté avere dimora stabile in Valdocco. Fra quelli che aiutavano nelle scuole serali, e preparavano i giovani per la declamazione, pei dialoghi e teatrini, si devono ricordare il prof. teologo Chiaves, D. Musso, e T. Giacinto Carpano».
41 I1 Regolamento, rimasto manoscritto (cf. MB III, 97-108), venne pubblicato proprio negli anni di composizione delle Memorie: [Giovanni Bosco,] Regolamento dell'Oratorio di s. Francesco di Sales per gli esterni, Torino, Tipografia Salesiana, 1877 (OE XXIX, 31-94).
Il vantaggio di questo piccolo regolamento fu assai notabile: ognuno sapeva quello che aveva da fare, e siccome io soleva lasciare ciascuno responsabile42 del suo uffizio, così ognuno si dava sollecitudine per conoscere e compiere la parte sua. Molti vescovi e parroci ne fecero dimanda e si studiarono e si adoperarono per introdurre l'opera degli Oratorii nei paesi e nelle città delle rispettive diocesi.
Stabilite le basi organiche per la disciplina e l'amministrazione dell'Oratorio, era mestieri dare eccitamento alla pietà con qualche pratica stabile e uniforme. Ciò fu fatto coll'istituzione della Compagnia di S. Luigi. Compiute le regole nel limite che mi sembravano più adatte per la gioventù, le presentai all'arcivescovo, che ne fece lettura, di poi le diede ad altri, che ne facessero studio e riferissero. In fine le lodò, le approvò concedendo particolari indulgenze in data [12 aprile 1847]. Queste regole si possono leggere a parte."
Grande entusiasmo cagionò tra i nostri giovanetti la Compagnia di S. Luigi, tutti ci si volevano ascrivere. A ciò conseguire erano necessarie due condizioni: buon esempio in chiesa e fuori di chiesa; evitare i cattivi discorsi e frequentare i santi sacramenti. Quindi si vide un notabilissimo miglioramento nella moralità. Per animare poi tutti i giovani a celebrare le sei domeniche di S. Luigi" fu comperata una statua del santo, fu fatto fare un gonfalone, e si dava ai giovani la comodità di venirsi a confessare a qualunque ora del giorno, della sera o della notte. Siccome poi quasi nissuno di loro aveva ricevuta la cresima, così ne furono preparati per la festa di S. Luigi.45 Concorso immenso! Coll'aiuto però di vani ecclesiastici e signori laici(1)46 si poterono preparare, e pel giorno della festa del santo tutto era in ordine.
Era la prima volta che facevansi tali funzioni nell'Oratorio, ed era eziandio la prima volta che l'arcivescovo ci veniva a far visita.
Avanti la piccola chiesuola fu fatta una specie di padiglione, sotto cui venne ricevuto l'arcivescovo. I-Io letto qualche cosa di opportunità; poi alcuni giovani rappresentarono una breve commedia intitolata: Un caporale di Napoleone.
42 Cena e A.S.F. leggono risponsale, seguendo la copia di don Berto; tuttavia nel manoscritto originale don Bosco aveva scritto responsab[ilel.
43 Nell'Archivio Salesiano Centrale (A230) si conserva il manoscritto della Regola della Compagnia di san Luigi e il documento di approvazione dell'arcivescovo, datato 12 aprile 1847 (cf. il testo della regola in MB III, 216-220). A queste regola venne aggiunto un complemento nel Regolamento dell'Oratorio di s. Francesco di Sales per gli esterni, 45-46.
44 La pia pratica delle sei domeniche in onore di san Luigi Gonzaga era nata nei collegi dei Gesuiti ed aveva lo scopo di stimolare nei giovani l'imitazione delle virtù del santo. Consisteva in una breve lettura, seguita da una giaculatoria, da un proponimento pratico e da una preghiera di supplica. Don Bosco nel 1846 aveva pubblicato una versione adattata ai ragazzi dell'Oratorio (Le sei domeniche e la novena in onore di san Luigi Gonzaga con un cenno sulla vita del santo, Torino, Tipografia Speirani e Ferrero, 1846); l'anno successivo la inserirà nel Giovane provveduto (ed. 1847, 55-75).
45 Si celebrò la domenica 20 giugno 1847.
46 Nota di don Bosco sul ms. Berto: «(1) Tra quelli che si ascrissero con piacere alla Compagnia di S. Luigi sono da notarsi l'Ab. Antonio Rosmini, il Can.co Arcip. Pietro De Gaudenzi ora vescovo di Vigevano, Camillo e Gustavo Cavour, il card. Antonucci Arciv. di Ancona, S.S. Pio IX, il card. Antonelli e molti altri».
Non era altro che un caporale in caricatura che per esprimere le sue maraviglie in quella solennità diceva mille facezie. Ciò fu causa di molto riso e di amena ricreazione per quel prelato, che ebbe a dire di non aver mai riso tanto in vita sua. Egli si compiacque di rispondere a tutti, esprimendo la sua grande consolazione per quella istituzione; lodò ed incoraggiò a perseverare, e ringraziò della cordiale accoglienza che gli avevamo fatto.
Celebrò la santa messa in cui diede la santa comunione ad oltre trecento giovanetti, di poi amministrò la santa cresima.47
Fu in quella occasione, che l'arcivescovo nell'atto che se gli pose la mitra sul capo, non riflettendo che non era in duomo, alzò in fretta il capo e con quella urtò nel soffitto della chiesa. La qual cosa eccitò ilarità in lui e in tutti gli astanti. Assai spesso l'arcivescovo soleva con piacere ripetere quell'episodio, ricordando così le nostre adunanze, che l'abate Rosmini" ebbe a paragonarle con quelle che si fanno nei paesi e nelle chiese delle missioni straniere.
È bene di notare che per le sacre funzioni vennero due canonici della metropolitana ad assistere l'arcivescovo con molti altri ecclesiastici. Finita la funzione si fece una specie di verbale in cui si notava chi aveva amministrato quel sacramento, nome e cognome del padrino, colla data del luogo e del giorno, quindi si raccolsero i biglietti, che ripartiti secondo le varie parrocchie vennero portati alla curia ecclesiastica perché li trasmettesse al rispettivo parroco.
Mentre si organizzavano i mezzi per agevolare l'istruzione religiosa e letteraria, apparve altro bisogno assai grande cui era urgente un provvedimento. Molti giovanetti torinesi e forestieri [erano] pieni di buon volere di darsi ad una vita morale e laboriosa; ma invitati a cominciarla solevano rispondere [di] non avere né pane, né vestito, né alloggio ove ricoverarsi almeno per qualche tempo. Per alloggiarne almeno alcuni, che la sera non sapevano più dove ricoverarsi, avevasi preparato un fienile, dove si poteva passare la notte sopra un po' di paglia.
47 Dal registro Cresime 1847-1886 (in ASC E600) sappiamo che ricevettero la cresima 98 oratoriani dei quali fu padrino l'impresario edile Federico Bocca.
48 Antonio Rosmini (1797-1855), uno dei più importanti filosofi italiani dell'800; fu anche teologo, pedagogista, maestro di spiritualità e patriota. Nel 1828 fondò l'Istituto di Carità, congregazione di voti semplici. I suoi indirizzi filosofico-politici suscitarono entusiasmi e polemiche, al punto che vennero censurati tratti dei suoi scritti e si mise all'indice l'opera Le cinque piaghe della santa Chiesa, in cui auspicava una riforma sostanziale della Chiesa cattolica. Fu in ottimi rapporti con don Bosco che aiutò finanziariamente. È stato proclamato beato il 18 novembre 2007 (cf. Umberto MURATORE, Conoscere Rosmini. Vita, pensiero, spiritualità, Stresa, Edizioni Rosminiane Sodalitas, 2008).
Ma gli uni ripetutamente portarono via le lenzuola, altri le coperte, e infine la stessa paglia fu involata e venduta.
Ora avvenne che una piovosa sera di maggio [1847], sul tardi, si presentò un giovanetto sui quindici anni tutto inzuppato dall'acqua. Egli dimandava pane e ricovero. Mia madre l'accolse in cucina, l'avvicinò al fuoco e mentre si riscaldava e si asciugava gli abiti, diedegli minestra e pane da ristorarsi.
Nello stesso tempo lo interrogai se era andato a scuola, se aveva parenti, e che mestiere esercitava. Egli mi rispose: «Io sono un povero orfano, venuto da Valle di Sesia49 per cercarmi lavoro. Aveva meco tre franchi, i quali ho tutti consumati prima di poterne altri guadagnare e adesso ho più niente e sono più di nessuno».
— Sei già promosso alla s. comunione?
— Non sono ancora promosso.
— E la cresima?
— Non l'ho ancora ricevuta.
— E a confessarti?
— Ci sono andato qualche volta.
— Adesso dove vuoi andare?
— Non so, dimando per carità di poter passare la notte in qualche angolo di questa casa.
Ciò detto si mise a piangere; mia madre piangeva con lui, io era commosso.
— Se sapessi che tu non sei un ladro, cercherei di aggiustarti, ma altri mi portarono via una parte delle coperte e tu mi porterai via l'altra. — No signore. Stia tranquillo; io sono povero, ma non ho mai rubato niente.
— Se vuoi, ripigliò mia madre, io l'accomoderò per questa notte, e dimani Dio provvederà.
— Dove?
— Qui in cucina.
— Vi porterà via fin le pentole.
— Provvederò a che ciò non succeda.
— Fate pure.
La buona donna, aiutata dall'orfanello, uscì fuori, raccolse alcuni pezzi di mattoni, e con essi fece in cucina quattro pilastrini, sopra cui adagiò alcune assi, e vi soprapose un saccone, preparando così il primo letto dell'Oratorio. La buona mia madre fecegli, di poi, un sermoncino sulla necessità del lavoro, della fedeltà e della religione. Infine lo invitò a recitare le preghiere.
49 Valle di Sesia [Valsesia]: zona del Piemonte orientale, percorsa dal fiume Sesia, che scende dal versante est del Monte Rosa verso la valle padana. Gli abitanti si dedicavano all'allevamento e all'agricoltura alpina, erano molto poveri, spesso costretti a migrare. Il centro abitato più importante è Varallo, che dista circa 1201 m da Torino.
— Non le so, rispose.
— Le reciterai con noi, gli disse; e così fu.
Affinché poi ogni cosa fosse assicurata, venne chiusa a chiave la cucina né più si aprì fino al mattino.
Questo fu il primo giovane del nostro ospizio. A questo se ne aggiunse tosto un altro, e poi altri, però per mancanza di sito in quell'anno abbiamo dovuto limitarci a due. Correva l'anno 1847.
Accorgendomi che per molti fanciulli tornerebbe inutile ogni fatica se loro non si dà ricovero, mi sono dato premura di prendere altre e poi altre camere a pigione, sebbene a prezzo esorbitante. Così oltre all'ospizio si poté pure iniziare la scuola di canto fermo e di musica vocale. Essendo la prima volta (1845) che avevano luogo pubbliche scuole di musica, la prima volta che la musica era insegnata in classe a molti allievi contemporaneamente, vi fu un concorso stragrande.
I famosi maestri Rossi Luigi, Blanchi Giuseppe, Cerutti, Can.co Luigi Nasi," venivano ansiosi ad assistere ogni sera le mie lezioni. Ciò era contradditorio al Vangelo, che dice non essere l'allievo sopra il maestro, mentre io che non sapeva un milionesimo di quanto sapevano quelle celebrità, la faceva da dottore in mezzo di loro. Essi per altro venivano per osservare come era eseguito il nuovo metodo, che è quello stesso che oggidì è praticato nelle nostre case. Nei tempi passati ogni allievo che avesse desiderato imparare musica, doveva cercarsi un maestro che gli desse lezione separata»
50 Luigi Felice Rossi (1805-1863): «il più eminente dei musicisti operanti in Torino in quegli anni, autore di molte pagine, specialmente di musica sacra e attivo organizzatore della vita musicale»; fondò una scuola di canto corale in Borgo Dora (1845) e una Società Pio-Filarmonica di mutuo soccorso fra musicisti (1852) (cf. Alberto BASSO, La musica, in Storia di Torino, vol. VI: La città nel Risorgimento 1798-1864, Torino, Einaudi, 2000, 784); Giuseppe Bianchi (1827-1899), organista e compositore, pubblicò le sue opere presso l'editore Evasio Bocca. Luigi Nasi (1821-1897), musicista, laureato in teologia, canonico della cattedrale di Torino, dal 1871 sarà direttore spirituale dell'Istituto di S. Anna e della Provvidenza (cf. Giovanni GROSSI, Nella funebre commemorazione del can. Luigi Nasi alla chiesa di S. Anna il 18 maggio 1897, Torino, Tipografia Salesiana, 1897).
51 A questo punto del ms Bosco, inizia un nuovo quinterno col titolo Memorie storiche sull'Oratorio di S. Francesco di Sales, dal 1846 al 1855; l'inserimento dell'aggettivo «storiche», prima assente, richiama quei Cenni storici del 1854 e del 1862, nei quali era evidente lo sganciamento tra la storia dell'istituzione e la vita interiore dell'autore. Le pagine che seguono, di fatto, mostrano una variazione della scrittura, una coloritura diversa rispetto all'unità compositiva fino a questo momento intessuta: sono di indole prevalentemente informativa e paiono scritte più tardi, tra 1878 e 1881, forse per fornire a Bonetti i materiali per la Storia dell'Oratorio che stava pubblicando a puntate sul Bollettino Salesiano (come suggerisce anche DESRAMAUT, Les Memorie I, 119).
Quanto più era grande la sollecitudine a promuovere l'istruzione scolastica, tanto più cresceva il numero degli allievi. Ne' giorni festivi una parte appena poteva raccogliersi nella chiesa per le funzioni e nel cortile per la ricreazione. Allora sempre d'accordo col T. Borel, a fine di provvedere a quel crescente bisogno, venne aperto un novello Oratorio in altro quartiere della città. A tale uopo venne presa a pigione una piccola casa a Porta Nuova" sul viale del re, comunemente detto Viale dei platani dalle piante che lo fiancheggiano.
Per avere quella casa si dovette sostenere una battaglia assai accanita cogli abitanti. Era occupata da parecchie lavandaie, le quali credevano dover succedere la fine del mondo qualora avessero dovuto abbandonare l'antica loro dimora. Ma prese alle buone e mediante qualche indennità si poterono comporre le cose senza che le parti belligeranti venissero alle ostilità.
Di quel sito e del giardino per la ricreazione era proprietaria la sig. Vaglienti, che di poi lasciò erede il cav. Giuseppe Turvano. La pigione era di fr. 450. L'Oratorio fu detto di S. Luigi Gonzaga, titolo che gli fu finora conservato(1)." L'inaugurazione fu fatta da me e dal T. Borel il giorno dell'Immacolata Concezione 1847.54 Vi fu straordinario concorso di giovanetti che così diradarono alquanto le file troppo compatte di quelli di Valdocco. La direzione di quell'Oratorio fu affidata al T. Giacinto Carpano, che vi lavorò alcuni anni totalmente gratis. Lo stesso regolamento compilato per l'istituto di Valdocco fu applicato a quello di S. Luigi senza che fosse introdotta veruna modificazione.
In questo anno medesimo, nel desiderio di dare ricetto ad una moltitudine di fanciulli che dimandavano ricovero, si comperò tutta la casa Moretta." Ma essendoci messi all'opera per adattarla al nostro bisogno si trovò che le mura non reggevano. Perciò si giudicò meglio di rivenderla, tanto più che ci era offerto prezzo assai vantaggioso.
52 Porta Nuova: zona di recente espansione edilizia e commerciale in cui si stava costruendo lo scalo ferroviario, che verrà inaugurato l'anno successivo (1848). Il Viale del Re (oggi Corso Vittorio Emanuele II), delimitava a sud la città e collegava la Piazza d'Armi con il fiume Po e il Parco del Valentino.
53 Nota di don Bosco al ms. Berto: «(1) L'attuale chiesa di S. Giovanni Evangelista, cuopre il sito dove giaceva la chiesa, sacrestia e piccola casa del portinaio dell'Oratorio di S. Luigi».
54 Si veda la domanda di don Bosco e del T. Borel e il documento della Curia torinese in appendice a questo volume (documento 5), pp. 212-213.
55 La casa Moretta venne acquistata nel marzo 1848, con l'intenzione di «trasportarvi l'Oratorio e allargarvi l'Ospizio [...1. Quando don Bosco si accorse che la casa Moretta non poteva essere riattata secondo il bisogno, perché il cattivo materiale e la peggiore costruzione non permettevano l'esecuzione dei lavori progettati, deliberò di venderla; il che fece nella primavera del 1849. Ricomprò il terreno e la casa nel 1875 e presso la vecchia casa Moretta, nel marzo 1876, sbocciò, come fiore, il primo Oratorio femminile fondato da don Bosco e diretto dalle Figlie di Maria Ausiliatrice» (GIRAUDI, L'Oratorio di don Bosco, 49-51).
Allora facemmo acquisto di una giornata di terreno (38 are)" dal seminario di Torino, ed è quel sito, dove di poi fu fabbricata la chiesa di Maria Ausil[iatrice] e l'edilizio dove al presente esistono i laboratorii dei nostri artigiani.
In quest'anno gli affari politici e lo spirito pubblico presentarono un dramma, il cui scioglimento non si può ancora prevedere.
Carlo Alberto aveva concessa la Costituzione." Molti si pensavano che colla Costituzione si fosse eziandio concessa la libertà di fare bene o male a capriccio. Appoggiavano questa asserzione sopra la emancipazione degli ebrei e dei protestanti," cui mercé si pretendeva di non esservi più distinzione tra cattolici e le altre credenze." Ciò era vero in politica, ma non in fatto di religione(1)."
Intanto una specie di frenesia invade le menti degli stessi giovanetti, che assembrandosi in varii punti della città, nelle vie e nelle piazze, giudicavano ben fatto ogni sfregio contro al prete o contro alla religione.61
56 La giornata è un'antica misura agraria piemontese corrispondente a 0,38 ettari (3.810 metri quadrati); l'ara corrisponde a 100 metri quadrati (Bosco, Il sistema metrico decimale, 39, 51-52, in OE IV, 39, 51-52).
57 Costituzione: la nuova legge fondamentale dello Stato sabaudo, di ispirazione liberale (Statuto albertino), promulgata dal re Carlo Alberto il 4 marzo 1848, che diverrà carta fondamentale del Regno d'Italia nel 1861.
58 I protestanti valdesi e gli ebrei viventi in Piemonte da secoli erano sottoposti a leggi restrittive. Il decreto di "emancipazione", cioè di riconoscimento dei diritti civili e politici, dei valdesi fu promulgato 1'8 febbraio 1848 e quello a favore degli ebrei il 29 marzo (cf. Davide Bosio, L'emancipazione dei valdesi. Nel centenario della fausta ricorrenza, Torre Pellice, Società di Studi Valdesi, 1948; Francesca SOFIA - Mario TOSCANO (cur.), Stato nazionale ed emancipazione ebraica. Atti del Convegno "Stato nazionale, società civile e minoranze religiose. L'emancipazione degli ebrei in Francia, Germania e Italia tra rigenerazione morale e intolleranza", Roma, 23-25 ottobre 1991, Roma, Bonacci, 1992).
59 Qui A.S.F. inserisce una nota («Il 20 dicembre del 1847 Carlo Alberto riceveva una petizione di 600 rinomati cattolici, dietro cui era firmata la famosa emancipazione di cui qui si parla») che don Bosco, sul ms. Berto, ha cassato, mettendola tra parentesi, e riformulato come si legge subito sotto.
60 Nota di don Bosco sul ms Berto: «(1) Nel dicembre 1847 fu presentata al re Carlo Alberto una supplica firmata da 600 illustri cittadini, in gran numero ecclesiastici, che dimandavano quella famosa emancipazione. Si esponevano le ragioni, ma non si badava alle espressioni ereticali che entro quella supplica si incontrano in fatto di religione. Dopo quell'epoca gli ebrei uscirono dal ghetto e divennero primari possidenti. I protestanti poi sciolsero il freno alla loro audacia, e sebbene sia scarso tra noi il loro numero, tuttavia appoggiati dall'autorità civile, ne ritornò gran danno alla religione ed alla moralità».
61 La decisione di Pio IX di non partecipare alla guerra di liberazione contro l'Austria aveva scatenato una serie di reazioni anticlericali, alimentate dalla stampa radicale, che allargarono la frattura tra liberalismo e mondo cattolico.
Io fui più volte assalito in casa e per istrada. Un giorno, mentre faceva il catechismo, una palla di archibugio entrò per una finestra, mi forò la veste tra il braccio e le coste, e andò a fare largo guasto nel muro. Altra volta un cotale, assai conosciuto, mentre io era in mezzo ad una moltitudine di fanciulli, di pieno giorno, mi assalì con lungo coltello alla mano. E fu per miracolo se correndo a precipizio potei ritirarmi e salvarmi in mia camera. Il T. Borel poté pure scampare come per prodigio di una pistolettata e dai colpi di coltello in un momento che fu scambiato per un altro. Era perciò difficile assai domare tale sfrenata gioventù. In quel pervertimento di idee e di pensieri, appena si poterono avere altre camere, si aumentò il numero degli artigiani, che si portò fino a quindici, tutti dei più abbandonati e pericolanti."
Eravi però una grande difficoltà. Non avendosi ancora i laboratorii nell'istituto, i nostri allievi andavano a lavorare e a scuola in Torino, con grande scapito della moralità, perciocché i compagni che incontravano, i discorsi che udivano, e quello che vedevano, facevano tornare frustraneo quanto loro si faceva e si diceva nell'Oratorio.
Fu allora che ho cominciato a fare un brevissimo sermoncino alla sera dopo le orazioni," collo scopo di esporre o confermare qualche verità che per avventura fosse stata contraddetta nel corso della giornata. Ciò che succedeva degli artigiani era ugualmente a lamentarsi degli studenti. Perciocché per le varie classi in cui erano divisi, i più avanzati negli studi dovevansi inviare, i grammatici presso al prof. Gius. Bonzanino;" i retorici al prof. D. Picco Matteo." Erano scuole ottime, ma per l'andata e pel ritorno erano piene di pericoli. L'anno 1856, con gran vantaggio, furono definitivamente stabilite le scuole ed i laboratorii nella casa dell'Oratorio.66
In quel momento apparve tale un pervertimento di idee e di azioni, che io non poteva più fidarmi di gente di servizio; quindi ogni lavoro domestico era fatto da me e mia madre. Fare la cucina, preparare la tavola, scopare, spaccar legna, tagliare e fare mutande, camicie, calzoni, giubbetti, asciugamani, lenzuola, e farne le relative riparazioni; erano cose di mia spettanza. Ma queste cose tornavano assai vantaggiose moralmente, perché io poteva comodamente indirizzare ai giovani un consiglio od una parola amica, mentre loro somministrava pane, minestra od altro.
62 A questo punto del ms. Berto don Bosco aggiunge, inspiegabilmente, 1847.
63 Questa pratica, chiamata buona notte, è tuttora in uso nelle case salesiane.
64 Carlo Giuseppe Bonzanino (m. 1888), laico, professore di lettere classiche, gestiva una scuola in via Guardinfanti (poi via Barbaroux), n. 20; diventerà cooperatore salesiano (cf. STELLA, Don Bosco nella storia economica, 232).
65 Matteo Picco (1810-1880), sacerdote, professore, teneva scuola privata presso la propria abitazione in via S. Agostino, n. 1 (cf. STELLA, Don Bosco nella storia economica, 232).
66 Le scuole ginnasiali dell'Oratorio iniziarono nel 1855, con la prima classe affidata al chierico Giovanni Battista Francesia (che aveva solo 17 anni); ogni anno si aggiungeva una nuova classe, cosicché con il 1859-60 il quinquennio ginnasiale fu completo.
Scorgendo poi la necessità di avere qualcheduno che mi venisse in aiuto nelle cose domestiche e scolastiche dell'Oratorio," cominciai a condurne meco alcuni in campagna, altri a villeggiare a Castelnuovo mia patria, taluni meco a pranzo, altri alla sera venivano per leggere o scrivere alcunché, ma sempre collo scopo di opporre un antidoto alle velenose opinioni del giorno. Ciò fu fatto con maggiore o minore frequenza dal 1841 al 1848. Io adoperava tutti i mezzi per conseguire eziandio uno scopo mio particolare, che era studiare, conoscere, scegliere alcuni individui che avessero attitudine e propensione alla vita comune e riceverli meco in casa. Con questo medesimo fine in questo anno (1848) ho fatto esperimento di una piccola muta di esercizi spirituali." Ne raccolsi una cinquantina entro la casa dell'Oratorio; mangiavano tutti meco; ma non essendoci letti per tutti, una parte andava a dormire presso la propria famiglia per fare ritorno il mattino seguente. L'andare e venire a casa loro mattino e sera rischiava quasi tutto il profitto che si raccoglieva dalle prediche e dalle altre istruzioni che sogliono avere luogo in quella occasione. Cominciavano la domenica a sera e terminavano il sabato a sera. Ciò riuscì assai bene. Molti, intorno a cui erasi lavorato lungo tempo inutilmente, si diedero davvero ad una vita virtuosa. Parecchi si fecero religiosi, altri rimasero nel secolo, ma divennero modelli nella frequenza agli Oratorii(1).69
Di questa materia si parlerà a parte nella storia della Società salesiana.
In quest'anno pure alcuni parroci, specialmente quello di Borgodora, del Carmine e di S. Agostino, mossero nuovi lamenti presso all'arcivescovo perché si amministravano i sacramenti negli Oratorii. In quell'occasione l'arcivescovo emanò un decreto con cui dava ampia facoltà di preparare e presentare i fanciulli a ricevere la cresima, la santa comunione e a soddisfare il precetto pasquale a quelli che avessero frequentati i nostri Oratorii.
67 A.S.F. legge nell 'Oratorio.
68 Lemoyne ci informa (MB II, 221-223) che gli esercizi spirituali furono predicati dal teologo Federico Albert (1820-1876). Era figlio di un generale di stato maggiore e cappellano a Corte; nel 1852 assunse la parrocchia di Lanzo Torinese, dimostrandosi attivissimo e intraprendente: nel 1859 fondò un Orfanotrofio femminile; nel 1866 aprì una scuola per la preparazione delle maestre; nel 1864 convinse don Bosco ad assumere la direzione del collegio-convitto di Lanzo; nel 1869 fondò l'Istituto delle suore Vincenzine di Maria Immacolata (dette Albertine). Rifiutò due volte la consacrazione episcopale per rimanere accanto ai suoi parrocchiani. Morì in seguito alla caduta da un'impalcatura mentre stava decorando la sua chiesa. Fu assistito sul letto di morte da don Bosco stesso. Il 30 settembre 1984 Giovanni Paolo II lo proclamò beato, cf. José CorriNo, Federico Albert vicario parrocchiale e foraneo di Lanzo Torinese, fondatore delle Suore Vincenzine di Maria Immacolata, edizione rivista a cura di Franco PERADOTTO, Leumann (Torino), Elle Di Ci, 1984.
69 Nota sul ms. Berto: «(1) Arnaud Giacinto, Sansoldi, ambidue defunti; Buzzetti Giuseppe; Galesio Nicola; Costantino Giovanni, defunto; Cerotti Giacomo, defunto; Gastini Carlo; Gravano Gio.; Borgialli Domenico, defunto, sono annoverati fra quelli che fecero i primi esercizii in quell'anno e che si mostrarono sempre buoni cristiani».
Rinnovava la facoltà di fare ogni funzione religiosa che siasi solita a fare nelle parrocchie. Queste chiese, diceva l'arcivescovo, per tali fanciulli forestieri ed abbandonati saranno come chiese parrocchiali pel tempo che dimoreranno in Torino.
I pericoli, cui i giovanetti erano esposti in fatto di religione e di moralità, richiedevano maggiori sforzi per tutelarli. Alla scuola serale ed anche diurna, alla musica vocale si giudico bene di aggiugnere la scuola di piano e di organo e la stessa musica istrumentale. Quindi io mi sono trovato maestro di musica vocale ed istrumentale, di piano e di organo senza esserne mai stato vero allievo. Il buon volere suppliva a tutto. Preparate alcune voci bianche più belle, si cominciarono a fare funzioni all'Oratorio, di poi per Torino, a Rivoli, a Moncalieri,7° Chieri e in altri siti. Il canonico Luigi Nasi, D. Michelangelo Chiattellino7' si prestavano assai di buon grado ad esercitare i nostri musici ed accompagnarli e dirigerli nelle pubbliche funzioni in varii paesi, perciocché non essendosi fino allora uditi cori di voci argentine sulle orchestre, gli a soli, i duetti, i ripieni, faceva tale novità che da tutte parti si parlava della nostra musica e si andava a gara per avere i nostri cantori. Il can.co Luigi Nasi, D. Chiatellino Michelangelo per lo più erano i due accompagnatori della nostra nascente società filarmonica.
Eravamo soliti andare ogni anno a fare una religiosa funzione alla Consolata, ma in quest'anno vi si andò processionalmente dall'Oratorio. Il canto per la via, la musica in chiesa, trassero innumerabile folla di gente. Si celebrò la messa, si fece la s. comunione, quindi ho fatto un sermoncino di opportunità nella cappella sotterranea, e infine gli Oblati di Maria" ci improvvisarono una stupenda colazione nei claustri del santuario. In questa guisa si andava vincendo il rispetto umano, si raccoglievano giovanetti e si avevano opportunità di insinuare colla massima prudenza lo spirito di moralità, di rispetto alle autorità, e la frequenza dei santi sacramenti. Ma tali novità facevano gran romore.
70 Rivoli: cittadina a 8,5 km ad ovest di Torino; era sede del seminario minore della diocesi. Moncalieri: città a 121 m a sud di Torino.
71 Michelangelo Chiattellino (1822-1901): sacerdote, poi cooperatore salesiano.
72 Oblati di Maria Vergine: congregazione dedita all'annuncio del Vangelo, alla predicazione di esercizi spirituali e alla formazione del clero, fondata da Pio Brunone Lanteri (1759-1830). Il Lanteri fu l'ideatore del Convitto Ecclesiastico, realizzato dal discepolo Luigi Guala (cf. Mario Rossnvo, Il Convitto Ecclesiastico di S. Francesco d'Assisi. La sua fondazione, in «Archivio Teologico Torinese» 1 [1995] 451-481).
In questo anno pure il municipio di Torino mandò altra deputazione composta del cav. Pietro Ropolo, del Capello detto Moncalvo," e comm. Duprè a verificare quanto la voce pubblica vagamente riferiva. Ne furono assai soddisfatti; e fattane la dovuta relazione, venne decretato un premio di fr. 1000 con lettera assai lusinghiera. Da quell'anno il municipio stanziò un sussidio annuo che fu ogni anno pagato fino al 1878. In quest'anno furono tolti i 300 fr. che gli assennati reggitori di Torino bilanciarono per provvedere i lumi per la scuola serale a benefizio dei figli del popolo.
L'opera della Mendicità, che col nostro metodo aveva pur introdotte le scuole serali e musicali, in capo al cav. Gonella mandò eziandio una deputazione per farci una visita. In segno di gradimento ci diedero altro premio di mille franchi.
Noi eravamo soliti di andare insieme ogni anno a fare le visite ai sacri sepolcri del giovedì santo; ma in seguito ad alcune burle che vogliamo dire anche disprezzi, non pochi non osavano più associarsi cogli altri loro compagni. Egli fu per incoraggiare ognor più i nostri giovani a disprezzare il rispetto umano che in quello stesso anno" si andò per la prima volta processionalmente a fare quelle visite, cantando in musica lo Stabat Mater e il Miserere." Allora furono veduti giovanetti di ogni età e condizione, lungo la processione andare a gara per unirsi alle nostre file. Ogni cosa procedette con ordine e tranquillità.
Alla sera fu per la prima volta fatta la funzione del Lavabo." A questo scopo si scelsero dodici giovanetti, che soglionsi appellare i dodici apostoli. Dopo la lavanda secondo il rituale, si tenne morale discorso al pubblico. Quindi i dodici apostoli vennero tutti insieme ammessi ad una frugale cena con un piccolo regalo che ciascuno con somma gioia portò a casa sua.
Parimenti in quell'anno fu eretta regolarmente la via Crucis, e se ne benedissero le stazioni con grande solennità. Ad ogni stazione si teneva breve sermoncino, cui teneva dietro analogo mottetto cantato in musica.
73 Pietro Ropolo (n. 1805) era titolare di una fabbrica di serramenti e amministratore comunale dal 1853, abiterà in corso S. Maurizio, 18, in un edificio per lui realizzato da Alessandro Antonelli (1798-1888), l'architetto che ha progettato la Mole Antonelliana, edificio-simbolo di Torino. Gabriele Capello detto il Moncalvo (1806-1877): maestro mobiliere ebanista che lavorò per il palazzo reale e altre dimore sabaude, fu consigliere comunale insieme a Giuseppe Luigi Duprè, che era banchiere. Tutti e tre fecero anche parte della commissione di presidenza della prima lotteria organizzata da don Bosco nel 1851 (cf. lettera di don Bosco all'intendente di finanza del 9 dicembre 1851, in Bosco, Epistolario [Motto], I, 137).
74 A.S.F. legge in quell'anno.
75 Stabat Mater: inizio della sequenza attribuita a Jacopone da Todi (1236-1306), che si usava cantare nella Via Crucis (Stabat Mater dolorosa I iuxta Crucem lacrimosa dum pendebat Filius ...). Miserere, inizio del salmo 51 nella versione della Vulgata (Miserere mei Deus secundum misericordiam tuam ...).
76 Lavabo: rito inserito nella liturgia del Giovedì Santo, in cui il celebrante lava i piedi di 12 persone, a ricordo di quanto fece Gesù durante l'Ultima Cena.
Così andavasi consolidando l'umile nostro Oratorio, mentre si compievano gravi avvenimenti che dovevano mutare l'aspetto alla politica d'Italia e forse del mondo.
Quest'anno è assai memorando. La guerra del Piemonte contro l'Austria cominciata l'anno antecedente aveva scosso tutta l'Italia. Le pubbliche scuole rimasero sospese, i seminarii, specialmente quello di Chieri e di Torino" furono chiusi ed occupati dai militari; e per conseguenza i chierici della nostra diocesi rimasero senza maestri e senza luogo dove raccogliersi. Fu allora che per avere almeno la consolazione di aver fatto quanto si poteva e per mitigare le pubbliche calamità, si prese a pigione tutta la casa Pinardi. Strillarono gli inquilini, minacciarono me, mia madre, lo stesso proprietario si dovette fare grande sacrifizio di danaro, tuttavia si ottenne che quell'edilizio fosse tutto messo a nostra disposizione. Così quel nido di iniquità che da vent'anni era a servizio di Satana rimase in nostro potere. Abbracciava tutto il sito, che forma l'attuale cortile tra la chiesa di Maria Ausiliatrice e la casa dietro stante.
In questa guisa potemmo aumentare le nostre classi, ingrandire la chiesa e lo spazio per la ricreazione fu raddoppiato, e il numero dei giovani fu portato a trenta. Ma lo scopo principale era di poter accogliere, come di fatto si accolsero, i chierici della diocesi; e si può dire che la casa dell'Oratorio per quasi 20 anni divenne il seminario diocesano.
Sul finire del 1848 gli avvenimenti politici costrinsero il S. Padre Pio IX a fuggire da Roma e ricoverarsi a Gaeta." Questo grande pontefice ci aveva già molte volte usata benevolenza. Essendosi sparsa la voce come egli trovavisi nelle strettezze pecuniarie, si aprì in Torino una questua sotto il nome di Obolo di S. Pietro. Una commissione composta del T. Can.co Francesco Valinotti" e del marchese Gustavo Cavour venne all'Oratorio.
77 I seminari di Chieri e di Torino vennero trasformati in ospedali militari (cf. Ermanno DERVIEUX, Un secolo del seminario arcivescovile di Chieri: 1829-1929, Chieri, Astesano, 1929).
78 Gaeta: città fortificata del Regno di Napoli. Gli avvenimenti politici a cui si accenna sono i fatti seguiti alla condanna della guerra da parte di Pio IX, culminati il 15 novembre 1848 con l'assassinio del ministro Pellegrino Rossi e scontri violenti nella città di Roma. A seguito della fuga del papa (24 novembre) si arriverà alla proclamazione della Repubblica Romana (5 febbraio 1849) che dichiarò il papato «decaduto di fatto e di diritto dal governo temporale dello Stato Romano» (cf. Marco SEVERI-NI, La Repubblica romana del 1849, Venezia, Marsilio, 2011).
79 Francesco Michele Valinotti (1813-1873), canonico onorario della cattedrale d'Ivrea, che avrà parte importante nella fondazione e amministrazione delle Letture cattoliche.
La nostra questua montò a fr.35. Era poca cosa, che noi procurammo di rendere in qualche modo gradevole al S. Padre con un indirizzo che gli piacque assai. Palesò il suo gradimento con una lettera diretta al card. Antonucci," allora nunzio a Torino, ed ora arcivescovo di Ancona, con incarico di esprimerci quanto gli fosse stata consolante la nostra offerta, ma assai più i pensieri che l'accompagnavano. In fine colla sua apostolica benedizione inviava un pacco di 60 dozzine di coroncine, che furono solennemente distribuite il 20 luglio di quell'anno. V[edi] libretto stampato in quell'occasione" e diversi giornali.82 Lettera del Card. Antonucci, allora nunzio a Torino.
A motivo del crescente numero dei giovanetti esterni, che intervenivano agli Oratorii, si dovette pensare ad altro locale, e questo fu l'Oratorio del santo Angelo Custode in Vanchiglia," poco distante dal sito dove per opera specialmente della marchesa Barolo sorse di poi la chiesa di S. Giulia.
Il sac. Giovanni Cocchi" aveva da più anni fondato quell'Oratorio con uno scopo alquanto analogo al nostro. Ma acceso di amor di patria, giudicò bene di ammaestrare i suoi allievi a maneggiar fucile e spada per mettersi alla loro testa e marciare, come fece di fatto, contro agli austriaci.
Quell'Oratorio rimase chiuso un anno. Dopo l'abbiamo affittato noi, e ne fu affidata la direzione al T. Giovanni Vola, di buona memoria. Questo Oratorio si tenne aperto fino all'anno 1871, quando venne trasferito presso alla chiesa parrocchiale. La marchesa Barolo lasciò un legato per questo bisogno, colla condizione che il locale e la cappella fossero destinati ai giovani annessi alla parrocchia, come tuttora si pratica.
Una solenne visita fu fatta in quel tempo all'Oratorio da una commissione di deputati con altri incaricati dal Ministero dell'interno, che vennero ad onorarci di loro presenza. Visitarono tutti e tutto in senso amichevole, di poi fecero una lunga relazione alla Camera dei deputati.
80 Benedetto Antonio Antonucci (1798-1879), diplomatico pontificio nei Paesi Bassi, poi nunzio apostolico a Torino (1844-1850) e arcivescovo di Ancona (1851); divenne amico di don Bosco e lo ospitò ad Ancona nel 1877 (cf voce di Fausto FONZI, in Dizionario biografico degli italiani, III, 590-593).
81 Il libretto era intitolato: Breve ragguaglio della festa fattasi nel distribuire il regalo di Pio IX ai giovani degli oratorii di Torino, Torino, G. B. Paravia, 1850 (OE IV,93-119).
82 Uno di questi giornali era L 'Armonia, che parlò sia della visita della Commissione all'Oratorio che della festa per la distribuzione dei rosari donati dal papa, cf. L'Oratorio di S. Francesco di Sales, in L'Armonia, 2 aprile 1849, n. 40, 158-159; Regalo di Pio IX a' giovanetti degli oratorii di Torino, in L'Armonia, 26 luglio 1850, n. 87, 373.
83 Vanchiglia: nome di un quartiere popolare nella periferia nord-est di Torino.
84 Giovanni Cocchi (1813-1895), vice-curato della parrocchia dell'Annunziata, sotto la cui giurisdizione si trovava il quartiere di Vanchiglia. Dotato di carattere ardente, fu attivissimo nella formazione dei giovani più poveri, a partire dal 1840, anno in cui apri l'Oratorio dell'Angelo Custode (il primo oratorio di Torino); fonderà una decina di scuole artigianali ed agricole in Piemonte, in Sicilia e nell'Italia centrale (cf. Eugenio REFFO, Don Cocchi e i suoi Artigianelli, Torino, Tip. S. Giuseppe degli Artigianelli, 1896).
Ciò diede motivo a lunga e viva discussione che si può vedere nella Gazzetta Piemontese del 29 marzo 1849.85 La Camera dei deputati fece una largizione di fr. 300 ai nostri giovani; Urbano Rattazzi," allora ministro dell'interno, decretò la somma di fr. 2000. Si consultino i documenti.
Fra i miei allievi finalmente potei averne uno che vestì l'abito chiericale,
Savio Ascanio, attuale rettore del Rifugio, fu il primo chierico dell'Oratorio, e ne era vestito sul finire di ottobre di quell'anno."
Un fatto strano venne in que' giorni" a cagionare non leggero disturbo alle nostre radunane. Si voleva che l'umile nostro Oratorio prendesse parte alle pubbliche dimostrazioni che si andavano ripetendo nelle città e nei paesi sotto al nome di Feste nazionali. Chi vi90 prendeva parte e voleva pubblicamente mostrarsi amante della nazione, si spartiva i capelli sulla fronte e li lasciava cadere inanellati di dietro, con farsetto attillato e a varii colori, con bandiera nazionale, con medaglia ed azzurra coccarda sul petto. Così abbigliati andavasi come91 in processione cantando inni all'unità nazionale.
Il marchese Roberto d'Azeglio,92 promotore principale di tali dimostrazioni, ci fece formale invito e, malgrado il mio rifiuto, provvide quanto ci occorreva perché potessimo cogli altri fare onorevole comparsa.
85 Le nostre ricerche sulla Gazzetta Piemontese non hanno dato frutto; probabilmente si trattava di altro giornale.
86 Urbano Rattazzi (1808-1873), avvocato e uomo politico; ricopri vari incarichi nel Governo: fu ministro della pubblica istruzione, dell'agricoltura, degli interni, presidente della Camera dei Deputati, ministro di grazia e di giustizia e infine primo ministro. Promosse una linea politica anticlericale (sua è la legge del 1855 di soppressione e incameramento dei beni delle corporazioni religiose), ma ebbe stima sincera di don Bosco e della sua opera e lo aiutò economicamente (cf. la voce di Mario MENGHINI, in Enciclopedia italiana, XXVIII, 860-862; Pierfelice BORELLI, Urbano e Maria Rattazzi. La storia di un grande statista italiano, Cavallermaggiore, Gribaudo, 1993).
87 Ascanio Savio (1832-1902), vestì l'abito ecclesiastico il 1° novembre 1848 a Castelnuovo, suo paese natale, per mano del prevosto T. Antonio Cinzano (cf. AAT 12.12.3: Registrum clericorum 1808-1847 [1819-1876], rubi. S, 1848); sulle vicende biografiche successive vedi più oltre, nota 99.
88 Da questo punto in avanti, sul ms. Berto, non troviamo più alcun intervento correttivo di don Bosco. Analizzando il testo — che pare scritto da altra mano — siamo indotti a ritenere che la copia sia stata fatta molto più tardi, dopo la morte di don Bosco, come risulta da rimandi ai Cinque lustri e a MB IV inseriti dal copista alle pp. 154, 157 e 159 e da una nota a p. 160: «Oggidì (1909) per quanto si sappia non sussiste più». Per questo motivo abbiamo deciso di attenerci al ms. Bosco, anche se le differenze sono minime (le segnaleremo di volta in volta).
89 Le «feste nazionali» per la proclamazione dello Statuto, dirette da Roberto d'Azeglio, si svolsero l'anno precedente, il 27 febbraio 1848, cf. il resoconto fatto da Gazzetta Piemontese, 28 febbraio 1848, n. 50, 2-3.
90 A.S.F. legge ci.
91 A.S.F. salta come.
92 Roberto Taparelli d'Azeglio (1790-1862), erudito, membro di varie istituzioni culturali e uomo politico; nominato senatore del regno nel 1848 e consigliere comunale di Torino dal 1849 al 1851. Di indirizzo liberale moderato, si prodigò con impegno per il riconoscimento dei diritti civili ai valdesi e agli ebrei (cf. Narciso NAnA, Roberto d'Azeglio, Roma, Istituto per la Storia del Risorgimento Italiano, 1965, 2 voll.; Repertorio biografico dei senatori dell'Italia liberale. Il Senato subalpino, a cura di Fabio GRASSI ORSINI e Emilia CAMPOCHIARO, Roma, Bibliopolis, 2005, 891-893). In qualità di presidente della commissione per la celebrazione dello Statuto organizzò, la domenica 27 febbraio 1848, un grande e spettacolare corteo, presieduto dal «corpo decurionale e dalla commissione della cittadinanza», comprendente le delegazioni delle varie città e municipi dello stato, le corporazioni cittadine, le associazioni di arti e mestieri, le scuole «infantili e d'adolescenza d'ambo i sessi», l'università e gruppi spontanei di cittadini, «colle bandiere nazionali e sotto i rispettivi gonfaloni», accompagnato dalle note di decine di fanfare e bande musicali, che sfilò da Piazza d'armi alla chiesa delle Gran Madre per il canto del Te Deum, e di là a Piazza Vittorio, a palazzo reale e a palazzo di città, per concludersi in piazza Emanuele Filiberto (cf. Gazzetta Piemontese, 26 febbraio 1848, n. 49, 3; e 28 febbraio 1848, n. 50, 2-3).
Un posto ci stava preparato in piazza Vittorio accanto a tutti gli istituti di qualsiasi nome, scopo e condizione.93 Che fare? Rifiutarmi era un dichiararmi nemico dell'Italia; accondiscendere valeva l'accettazione di principii che io giudicava di funeste conseguenze.
— Sig. marchese, risposi al prelodato d'Azeglio, questa mia famiglia, i giovani che dalla città qui si raccolgono, non sono ente morale; io mi farei burlare, se pretendessi di fare mia una istituzione, che è tutta della carità cittadina.
—Appunto così. Sappia la carità cittadina, che tale opera nascente non è contraria alle moderne istituzioni; ciò vi farà del bene; aumenteranno le offerte, il municipio, io stesso largheggeremo in vostro favore.
— Sig. marchese, è mio fermo sistema tenermi estraneo ad ogni cosa che si riferisca alla politica. Non mai pro, non mai contro.
— Che cosa dunque volete fare?
— Fare quel po' di bene che posso ai giovanetti abbandonati adoperandomi con tutte le forze affinché diventino buoni cristiani in faccia alla religione ed onesti cittadini in mezzo alla civile società.
— Capisco tutto: ma voi vi sbagliate, e se persistete su questo principio voi sarete abbandonato da tutti, e l'opera vostra diventa impossibile. Bisogna studiar il mondo, conoscerlo e portare le antiche e le moderne istituzioni all'altezza dei tempi.
— Vi ringrazio del vostro buon volere e dei consigli che mi date. Invitatemi a qualunque cosa dove il prete eserciti la carità, e voi mi vedrete pronto a sacrificare vita e sostanze, ma io voglio essere ora e sempre estraneo alla politica.
93 Per comprendere l'esaltazione del momento e la partecipazione corale all'evento è interessante scorrere l'elenco dei molti gruppi che sfilarono, tra i quali ci fu anche quello dei giovani dell'Oratorio dell'Angelo Custode fondato e diretto dal focoso don Giovanni Cocchi (cf. Gazzetta piemontese, 24 febbraio 1848, n. 47, 3).
Quel rinomato patrizio mi lasciò con sua soddisfazione, e d'allora in poi non ebbesi più relazione di sorta tra noi. Dopo di lui parecchi altri laici ed ecclesiastici mi abbandonarono. Anzi rimasi come solo dopo il fatto che sono per raccontare.
La domenica dopo della festa accennata, alle due pomeridiane, io era in ricreazione coi giovanetti mentre un cotale stava leggendo l'Armonia," quando i preti soliti venire ad aiutarmi nel sacro ministero si presentano in corpo con medaglia, coccarda, bandiera a tricolore, più con un giornale veramente immorale detto Opinione.95 Uno di loro, assai rispettabile per zelo e dottrina, mi si fa davanti e rimirando che a mio fianco eravi chi tra mano aveva l'Armonia, «Vitupero, prese a dire, è tempo di finirla con questi rugiadosi»." Ciò dicendo strappò dall'altrui mano quel foglio, lo ridusse in mille pezzi, lo gittò per terra, e sputandoci sopra, lo pestò e calpestò cento volte. Dato questo primo sfogo di fervore politico, venne in mio cospetto, «Questo sì che è buon giornale, disse avvicinandomi l'Opinione alla faccia, questo e non altro si deve leggere da tutti i veri e dagli onesti cittadini».
Rimasi sbalordito a quel modo di parlare e di agire e, non volendo che si aumentassero gli scandali nel sito dove si doveva dar buon esempio, mi limitai di pregare lui e i suoi colleghi a parlare di quegli argomenti in privato e tra noi soltanto. «No signore, ripigliò, non ci deve più essere né privato né segreto. Ogni cosa sia posta in chiara luce».
In quel momento il campanello chiamò tutti in chiesa, e chiamava appunto uno di quegli ecclesiastici stato incaricato di fare un sermoncino morale ai poveri giovanetti. Ma quella volta fu veramente immorale. Libertà, emancipazione, indipendenza risuonarono in tutta la durata di quel discorso.
94 L'Armonia [L'Armonia della Religione colla Civiltà]: periodico di indirizzo cattolico-conservatore, fondato dal vescovo d'Ivrea Luigi Moreno, dal teologo Guglielmo Audisio e da Gustavo Ben-so di Cavour; sotto la direzione del battagliero don Giacomo Margotti (1823-1887), finirà su posizioni intransigenti. Si pubblicò a Torino dal luglio 1848 al 1863 (cf. Enrico LUCATELLO, Don Giacomo Margotti direttore dell'«Armonia», in Giornalismo del Risorgimento, a cura del Comitato Nazionale per la celebrazione del primo centenario dell'Unità d'Italia, Torino, Loescher, 1961, 299-339).
95 L'Opinione [L'Opinione, giornale quotidiano, politico, economico, scientifico e letterario]: periodico della sinistra liberale moderata, fondato il 26 gennaio 1848 (da un gruppo che comprendeva il direttore Giacomo Durando, Urbano Rattazzi, Giovanni Lanza), affidato alla direzione di Aurelio Bianchi-Giovini (1799-1862), che guidò il giornale fino al 1852 imprimendo un indirizzo più radicale e aspramente anticlericale; L'Opinione si pubblicò fino al 1892 (cf. Giulio Cesare RE, La prima stampa piemontese e la Casa Savoia, in Giornalismo del Risorgimento, 493-496).
96 Rugiadosi, espressione spregiativa usata per designare i cattolici devoti e conservatori.
Io era in sacristia impaziente di poter parlare e porre un freno al disordine; ma il predicatore uscì tosto di chiesa e data appena la benedizione, invitò preti e giovani ad associarsi con lui, e intonando a tutta gola inni nazionali, facendo freneticamente sventolare la bandiera, andarono difilati intorno al Monte dei Cappuccini. Colà fu fatta formale promessa di non più intervenire all'Oratorio, se non invitati e ricevuti con tutte le forme nazionali."
Tutto questo succedevasi senza che io potessi in alcun modo esprimere né ragioni né pensieri. Ma io non paventava cosa alcuna che si opponesse a' miei doveri. Feci dire a quei preti che erano severamente proibiti di ritornare presso di me; i giovani poi dovessero uno per volta presentarsi a me prima di rientrare nell'Oratorio. La cosa mi riuscì bene. Niuno dei preti tentò di ritornare; i giovanetti chiesero scusa, asserendo essere stati ingannati, e promisero ubbidienza e disciplina.
Ma io rimasi solo. Ne' giorni festivi doveva di buon mattino cominciare le confessioni, alle nove celebrare la messa, dopo fare la predica, quindi scuola di canto, di letteratura fino a mezzogiorno. All'una pomeridiana: ricreazione, di poi catechismo, vespri, istruzione, benedizione, indi ricreazione, canto e scuola fino a notte.
Nei giorni feriali, lungo il giorno doveva lavorare per li miei artigiani, fare scuola ginnasiale ad una decina di giovanetti; la sera scuola di francese, di aritmetica, di canto fermo, di musica vocale, di pianoforte e di organo erano tutte cose cui doveva attendere. No so come io abbia potuto reggere." Dio mi aiutò. Un grande conforto, però, ed un grande appoggio in quei momenti l'ebbi nel teologo Borel. Quel maraviglioso sacerdote, sebbene oppresso da altre gravissime occupazioni di sacro ministero, studiava ogni briciolo di tempo per venirmi in aiuto. Non di rado esso rubava le ore del sonno per recarsi a confessare i giovani; negava il ristoro allo stanco corpo per venire a predicare.
97 Con tutte le forme nazionali: cioè con le varie espressioni celebrative allora in uso: bandiera nazionale, coccarda azzurra e inni patriottici.
98 In questa critica situazione don Bosco cominciò a curare personalmente la formazione di alcuni ragazzi per farne dei collaboratori; scelse Giuseppe Buzzetti, Carlo Gastini, Felice Reviglio e Giacomo Bellia, fece loro scuola di latino e ottenne dall'arcivescovo la facoltà di vestirli da chierici, a patto che sostenessero l'esame di vestizione nell'autunno successivo (cf. MB IV, 139-140). La vestizione fu celebrata solennemente il 2 febbraio 1851 (MB IV, 230). Si veda la lettera di presentazione di don Bosco e la supplica dei giovani, per ottenere un sussidio dal regio economato, nell'appendice di questo volume (documento 6) pp. 213-214.
Questa critica posizione durò fino a tanto che potei avere qualche sollievo nel ch. Savio, Bellia, Vacchetta, di cui per altro ne rimasi presto privato; perciocché, secondando essi il suggerimento altrui, senza farmene parola fuggirono per entrare negli Oblati di Maria."
In uno di que' giorni festivi fui visitato da due sacerdoti, che io credo opportuno di nominare. Nel cominciare il catechismo era tutto in moto per ordinare le mie classi, allorché si presentano due ecclesiastici, i quali in contegno umile e rispettoso venivano a rallegrarsi con me e dimandavano ragguaglio sull'origine e sistema di quella istituzione. Per unica risposta dissi: «Abbiano la bontà di aiutarmi. Ella venga in coro ed avrà i più grandicelli; a lei, dissi all'altro di più alta statura, affido questa classe che è dei più dissipati».
Essendomi accorto che facevano a maraviglia il catechismo, pregai uno a regalare un sermoncino ai nostri giovani, e l'altro a compartirci la benedizione col Venerabile. Ambidue accondiscesero graziosamente.
Il sacerdote di minore statura era l'abate Antonio Rosmini, fondatore dell'Istituto della Carità; l'altro era il can. arciprete de Gaudenzi,1" ora vescovo di Vigevano, che d'allora in poi l'uno e l'altro si mostrarono sempre benevoli, anzi benefattori della casa.
99 Secondo i documenti dell'archivio degli Oblati di Maria Vergine, l'aggregazione del chierico Ascanio Savio venne duramente contrastata dalla famiglia. Entrato nel noviziato di Pinerolo (20 maggio 1852), emise la professione il 26 maggio 1853; fu ordinato sacerdote a Nizza (29 maggio 1858), ma lasciò la Congregazione degli Oblati per rientrare nel clero diocesano torinese nell'aprile 1866 (cf. Andrea BRUSTOLON, Ascanio Savio, Oblato di Maria Vergine: 1852-1866, in «Lanterianum» 3 [1995] 2, 95-99, 102-107). Ascanio Savio fu poi nominato rettore del seminario di S. Gaetano al Regio Parco di Torino. Giacomo Bellia (1834-1908), ufficialmente ricevette l'abito talare il 20 dicembre 1851 per mano di don Bosco (cf. AAT 12.12.3: Registrum clericorum 1808-1847 [ma: 1819-1876], rubr. B, 1851), ma, secondo don Lemoyne, aveva fatto la vestizione in forma privata nel febbraio precedente, per speciale concessione dell'arcivescovo (cf. MB IV, 139-140 e 230). Bellia entrò nel noviziato degli Oblati a Pinerolo il 9 agosto 1853 e professò il 22 ottobre 1854. Uscirà dalla Congregazione nel febbraio 1862 per tornare nella diocesi di Torino, dalla quale più tardi passò nella diocesi di Biella, dove fu parroco di Soprana (cf. BRUSTOLON, Ascanio Savio, 99-100). Giuseppe Stefano Vacchetta (1827-1898), professò come Oblato, insieme a Giacomo Bellia, il 22 ottobre 1854, venne ordinato sacerdote nel dicembre 1856 e terminò i suoi giorni nella casa degli Oblati di Nizza (Francia) il 22 novembre 1898 (cf. ivi, 100-102).
100 Pietro Giuseppe de Gaudenzi (1812-1891), laureato in teologia, canonico curato della cattedrale di Pavia, fondò una scuola artigianale per ragazzi orfani affidata ai Fratelli delle Scuole Cristiane. Consacrato vescovo di Vigevano nel 1871, indisse tre sinodi diocesani, fondò il seminario minore, curò l'organizzazione sociale degli agricoltori e degli operai, promosse la diffusione della buona stampa (cf. Storia religiosa della Lombardia. Vol. XII: Diocesi di Vigevano, a cura di Adriano CAPRIOLI - Antonio RIMOLDI - Luciano VACCARO, Brescia, La Scuola, 1987).
L'anno 1849 fu spinoso, sterile, sebbene abbia costato grandi fatiche ed enormi sacrifizi; ma ciò era una preparazione per l'anno 1850 che è meno burrascoso, e assai più fecondo di buoni risultati. Cominciamo dalla casa Pinardi. Coloro che erano stati sloggiati da questa casa non potevano darsi pace. «Non ripugna, si andava dicendo, che una casa di ricreazione e di sollievo cada nelle mani di un prete e di un prete intollerante?».
Venne pertanto proposta al Pinardi una pigione quasi due volte maggiore alla nostra. Ma egli sentiva non leggero rimorso nel ricavare maggior lucro da mezzi iniqui, perciò mi aveva talvolta fatto proposta di vendere qualora io avessi voluto comperare. Ma le pretese di lui erano esorbitanti. Chiedeva ottanta mila franchi per un edilizio il cui valore doveva essere di un terzo. Iddio vuole far vedere che è padrone dei cuori, ed ecco come.
Un giorno festivo mentre il teologo Borel predicava, io stava sulla porta del cortile per impedire gli assembramenti e i disturbi, quando si presenta il sig. Pinardi: «Altolà, disse, bisogna che D. Bosco compri la mia casa».
—Altolà, bisogna che il sig. Pinardi me la dia pel suo prezzo, ed io la compro subito.
— Si che la do pel suo prezzo.
— Quanto?
— Al prezzo richiesto.
— Non posso fare offerte.
— Offra.
— Non posso.
— Perché?
— Perché è prezzo esagerato. Non voglio offendere chi dimanda.
— Offra quel che vuole.
— Me la dà pel suo valore?
— Parola d'onore, che la do. — Mi stringa la mano e farò l'offerta. — Di quanto?
— La ho fatta stimare da un suo e mio amico, e mi assicurò che nello stato attuale deve patteggiarsi tra il 26 ed il 28 mila franchi; ed io, affinché sia cosa compiuta, le do 30.000 fr.
— Regalerà ancora uno spillo di fr. 500 a mia moglie?
— Farò questo regalo.
— Mi pagherà in contanti.
— Pagherò in contanti.
— Quando faremo lo strumento?
— Quando a lei piace.
— Dimani a quindici giorni, ma con un pagamento solo.
— Tutto inteso come desidera.
— Cento mila franchi di multa a chi desse indietro.
— Così sia.
Quest'affare fu trattato in cinque minuti; ma dove prendere tale somma in così breve tempo? Cominciò allora un bel tratto della divina Provvidenza. Quella stessa sera D. Cafasso, cosa insolita nei giorni festivi, mi viene a far visita, e mi dice che una pia persona, contessa Casazza-Riccardel l'aveva incaricato di darmi dieci mila franchi da spendersi in quello che avrei giudicato della maggior gloria di Dio. Il giorno dopo giunge un religioso rosminiano che veniva in Torino per mettere a frutto fr. 20.000, e me ne chiedeva consiglio. Proposi di prenderli a mutuo pel contratto Pinardi, e così fu messa insieme la somma ricercata. I tre mila franchi di spese accessorie furono aggiunti dal cav. Cotta102 nella cui banca venne stipulato il sospirato istrumento.103
Assicurato così l'acquisto di quell'edifizio si portò il pensiero sopra la così detta Giardiniera. Era questa una bettola, dove nei giorni festivi solevano radunarsi gli amatori del buon tempo. Organini, pifferi, clarinetti, chitarre, violini, bassi, contrabbassi e canto di ogni genere succedevansi nel corso della giornata; anzi non di rado erano contemporaneamente tutti raccolti insieme pei loro concerti. Siccome quell'edifizio, casa Bellezza, era da un semplice muriccio diviso dal nostro cortile, così spesso avveniva che i cantici di nostra cappella restassero confusi o soffocati dagli schiamazzi del suono e delle bottiglie della Giardiniera. Di più era un continuo andirivieni da casa Pinardi alla Giardiniera. Ognuno può di leggieri immaginarsi con quale disturbo nostro e con quale pericolo pei nostri giovani.
Per liberarci da quella grave molestia ho tentato di farne acquisto, ma non mi è riuscito; cercai di prendere a pigione, cui la padrona acconsentiva; ma la padrona della bettola reclamava danni favolosi.
Allora feci proposta di rilevare tutta l'osteria, assumermi la pigione, e comperare tutto il suppellettile di camera, di tavole, di cantina, di cucina etc.; epagando ogni cosa a ben caro prezzo, potei divenire arbitro del locale cui diedi immediatamente altra destinazione.'" In questa guisa veniva disperso il secondo semenzaio d'iniquità che accanto di casa Pinardi tuttora sussisteva in Valdocco.
101 Sabina Casazza, nata Riccardi di Netro (in. 1888), era sorella di mons. Alessandro Ottaviano Riccardi di Netro (1808-1870), vescovo di Savona-Noli dal 1842, che sarà traslato alla sede arcivescovile torinese nel 1867.
102 Giuseppe Cotta (1785-1868), banchiere. Era membro di importanti istituzioni pubbliche (il Consiglio generale e ordinario dell'amministrazione del Debito pubblico; la Camera di commercio; la Borsa di commercio; il Consiglio di amministrazione della Cassa di risparmio di Torino; il Consiglio superiore dell'amministrazione centrale della Banca Nazionale) e caritative (fu direttore dell'Opera della Mendicità Istruita). Nel 1848 venne nominato senatore; tra 1849 e 1852 fu anche consigliere comunale della città (cf. Repertorio biografico dei senatori, 337-339).
103 Il contratto fu stipulato il 19 febbraio 1851; don Bosco, in società con don Giuseppe Cafasso, col teologo Giovanni Borel e il teologo Roberto Murialdo, comperò casa e terreno circostante per la somma di 28.500 franchi (cf. GIRAUDI, L'Oratorio di don Bosco, 98-99).
104 Don Bosco prese in affitto la casa Bellezza dal 1° ottobre 1853 (cf. GIRAUDI, L'Oratorio di don Bosco, 235).
Liberati dalle vessazioni morali di casa Pinardi e della Giardiniera era mestieri pensare ad una chiesa più decorosa pel culto e più adattata al crescente bisogno. L'antica, è vero, erasi alquanto ingrandita, e corrispondeva all'attuale sito del refettorio dei superiori,'" ma era incomoda per la capacità, e per la bassezza. Siccome per entrarvi bisognava discendere due scalini, così d'inverno e in tempo piovoso eravamo allagati, mentre di estate eravamo soffocati dal caldo e dal tanfo eccessivo. Pel che passavano pochi giorni festivi senza che qualche allievo venisse preso da sfinimento e portato fuori come asfissiato. Era dunque necessità che si desse mano ad un edilizio più proporzionato al numero dei giovanetti, più ventilato e salubre.
Il cav. Blachier fece un disegno, la cui esecuzione doveva dare l'attuale chiesa di S. Francesco e l'edilizio che circonda il cortile posto a fianco della chiesa. Impresario era il sig. Bocca Federico.
Scavate le fondamenta fu fatta la benedizione della pietra fondamentale il 20 luglio 1850.1" Il cav. Giuseppe Cotta la poneva a suo posto; il can.co Moreno107 economo generale la benediceva; il celebre padre Barrera,108 commosso alla vista della moltitudine di gente accorsa, montò sopra un rialzo di terra ed improvvisò uno stupendo discorso di opportunità.
105 Si fa riferimento ad una sala posta al pian terreno dell'edificio costruito nel 1856, dopo l'abbattimento di casa Pinardi e della tettoia-oratorio. Il vano, che si trovava esattamente sul perimetro dell'antica chiesetta, servi come sala da pranzo dei superiori salesiani fino al 1927, quando venne trasformato in cappella dedicata alla Risurrezione del Signore, per ricordare le origini dell'Oratorio (su questa nuova "Cappella Pinardi" cf. GIRAUDI, L'Oratorio di don Bosco, 79-87; GIRAUDO-BIANCARDI, Qui è vissuto don Bosco, 186-188).
106Avrebbe dovuto dire 20 luglio 1851, come risulta dal documento della Curia redatto in quell'occasione (in ASC A0210411). Qui don Bosco confonde le date di due diversi eventi, la distribuzione ai giovani dei rosari regalati da Pio IX (21 luglio 1850) e la benedizione della prima pietra della nuova chiesa (20 luglio 1851), poiché in entrambi i casi era intervenuto il padre Barrera con un discorso entusiasta (cf. Breve ragguaglio della festa fattasi nel distribuire il regalo di Pio IX ai giovani degli Oratori di Torino, Torino, Tipografia Eredi Botta, 1850, 24-26; MB IV, 277-279).
107 Ottavio Moreno (1777-1852), canonico del duomo di Torino e dirigente dell'Economato Generale Regio Apostolico. Venne nominato senatore nel 1849 (cf. Repertorio biografico dei senatori dell'Italia liberale, 635). Apprezzava l'opera educativa e sociale di don Bosco, ne fece relazioni positive e interessanti al Ministro dei culti di grazia e di giustizia e assegnò un consistente sussidio di 10 mila franchi per la costruzione della nuova chiesa (si veda la sua relazione in appendice a questo volume, documento 7) pp. 214-217. Era fratello di mons. Luigi Moreno (1800-1878), vescovo di Ivrea.
108 Andrea Barrera (1802-1879), superiore dei Preti della Dottrina Cristiana (Dottrinari), congregazione fondata nel 1592 ad Avignone dal beato César de Bus (1544-1607) per l'insegnamento del catechismo «ai piccoli, agli ignoranti e ai poveri» (cf. la voce di Carlo RISTA, in Dizionario degli Istituti di Perfezione, a cura di Giancarlo ROCCA, vol. III, Milano, Paoline, 1976, 975-977).
Egli esordiva con queste testuali parole: «Signori, quella pietra che abbiamo testé benedetta e collocata a fondamento di questa chiesa ha due grandi significati. Significa il granello di senapa che crescerà in albero mistico, presso cui molti ragazzi verranno a rifugiarsi; significa che quest'opera basa sopra una pietra angolare, che è Cristo Gesù, contro cui saranno vani gli sforzi che i nemici della fede faranno per abbatterla».
Dimostrava quindi l'una e l'altra di queste premesse con grande soddisfazione degli uditori, che giudicavano come inspirato l'eloquente predicatore. Ecco il verbale etc. Si trascriva il verbale di quella solennità."'
Quelle rumorose solennità traevano giovanetti esterni da tutte parti, mentre ad ogni ora del giorno molti altri venivano chiedendo ricovero. Il loro numero in quell'anno passò i cinquanta, e si dié principio a qualche laboratorio in casa;"° perciocché ognor più funesta si esperimentava l'uscita dei giovanetti a lavorare in città.
Già il sacro e sospirato edilizio usciva fuori di terra, quando mi accorsi essere le finanze totalmente esauste. Aveva messo insieme 35 mila franchi colla vendita di alcuni stabili, ma questi scomparvero come ghiaccio al sole. L'Economatom assegnò nove mila franchi, ma da versarsi ad opera quasi compiuta. Il vescovo di Biella, monsig. Pietro Losana,112 riflettendo che il novello edilizio e tutta quella istituzione tornava a speciale vantaggio dei garzoni muratori biellesi, diramò una circolare a' suoi parroci invitandoli a concorrere col loro obolo.
109 Il resoconto dell'evento e il discorso del padre Barrera sono riportati in MB IV, 277-279.
110 In principio ci furono alcuni esperimenti. L'inizio ufficiale e sistematico delle scuole artigianali nell'Oratorio è successivo: nel 1853 si aprì il laboratorio di calzoleria; nel 1854 quello di legatoria; nel 1856 la falegnameria; negli anni successivi fu la volta dei sarti e dei fabbri ferrai; la tipografia divenne attiva nel 1862 (cf. GIRAUDI, L'Oratorio di don Bosco, 152-154; STELLA, Don Bosco nella storia economica, 243-249).
111 Economato Generale Regio Apostolico: istituzione dipendente dal Ministro di grazia e giustizia per l'amministrazione dei grandi benefici ecclesiali vacanti; fondata nel 1733, regolamentata dall'Istruzione regia del 13 settembre 1771 e mantenuta, con successivi adattamenti, fino al concordato del 1929 (cf. Istruzione regia all'Economo Generale dei benefizi vacanti, 13 settembre 1771, in Felice Amato DUBOIN, Raccolta per ordine di materie delle leggi, provvidenze, editti, manifesti, ecc., Tomo I, Torino, Stamperia Davico e Picco, 1818, 829-833).
112 Giovanni Pietro Losana (1793-1873): originario della diocesi di Torino, professore di Teologia poi vescovo di Biella (dal 1833); attento ai problemi sociali, ebbe posizioni moderate e conciliatoriste; durante il Concilio Vaticano I si pronunciò ripetutamente contro la proclamazione del dogma dell'infallibilità papale (cf. la voce di Giuseppe TUNINETTI, in Dizionario biografico degli italiani, LXVI, 149-151 ).
Si trascriva la circolare.113
La questua fruttò mille franchi. Ma queste erano gocce d'acqua sopra arsiccio terreno; onde fu ideata una lotteria di oggetti ossia di piccoli doni. Era la prima volta che ricorreva in questo modo alla pubblica beneficenza, e si ebbe accoglienza assai favorevole. Si raccolsero tre mila trecento doni. Il sommo pontefice, il re, la regina madre, la regina consorte,'" e in generale tutta la corte sovrana si segnalò colle sue offerte. Lo spaccio dei biglietti (cent. 50 caduno) fu compiuto; e quando si fece la pubblica estrazione al palazzo di città vi fu chi andavane in cerca offrendo cinque franchi l'uno e non poteva più rinvenirne. Si può mettere il programma e il regolamento di quella lotteria.115
Molti di quelli, che vinsero qualche dono, il lasciarono con gran piacere a benefizio della chiesa. Dal che si ricavò altro provento. È vero che ci furono non piccole spese, tuttavia si ottenne netta la somma di fr. 26 mila.
Mentre gli oggetti erano in pubblica esposizione avvenne (26 aprile 1852) lo scoppio della polveriera sita accanto al cenotafio di S. Pietro in Vincoli. L'urto che ne seguì fu orribile e violento. Molti edifizi vicini e lontani vennero scossi e ne riportarono grave danno. Dei lavoranti 28 rimasero vittime, e sarebbero stato assai maggiore il danno se un certo sergente di nome Sacchi,"6 con grande pericolo della propria vita non avesse impedita la comunicazione del fuoco ad una maggior quantità di polvere, che avrebbe potuto rovinare l'intera città di Torino. La casa dell'Oratorio, che era di cattiva costruzione, ne soffrì assai; e i deputati ci mandarono l'offerta di fr. 300 per aiutarne la riparazione.
113 La circolare, datata 13 settembre 1851, è riportata in MB IV, 319-321.
114 Il re era Vittorio Emanuele II (1820-1878), salito al trono nel marzo 1849 dopo l'abdicazione del padre Carlo Alberto; sarà il primo re dell'Italia unita nel 1861 (cf. Denis MACK SMITH, Vittorio Emanuele II, Bari, Laterza, 1972). La regina madre era Maria Teresa d'Asburgo-Lorena (18011855), figlia del Granduca di Toscana Ferdinando III, moglie di Carlo Alberto e madre di Vittorio Emanuele II. La regina consorte era Maria Adelaide d'Austria (1822-1855), figlia dell'arciduca Ranieri d'Asburgo-Lorena viceré del Lombardo-Veneto e di Maria Elisabetta di Savoia-Carignano (sorella di Carlo Alberto).
115 Cf. circolare del 20 dicembre 1851, in Bosco, Epistolario [Motto], I, 139-141; l'elenco dei promotori, il programma e il regolamento sono riportati in MB IV, 327-328); venne anche stampato il Catalogo degli oggetti offerti per la lotteria a beneficio dell'Oratorio maschile di s. Francesco di Sales in Valdocco, Torino, Tipografia dir. da Paolo De-Agostini, 1852 (OE IV, 145-162).
116 Don Bosco scrive Sacco. Il sergente Paolo Filippo Sacchi (1807-1884), rischiando la vita, impedì che il fuoco raggiungesse 40 tonnellate di esplosivo stoccato in un vicino magazzino. La casa dell'Oratorio si trovava a poche centinaia di metri dal deposito della polveriera dell'arsenale.
Voglio a questo proposito raccontare un fatto che si riferisce ad un nostro giovanetto artigiano di nome Fassio Gabriele."' L'anno antecedente egli cadde in malattia, che lo portò all'estremo di vita. Nell'eccesso del suo male andava ripetendo: «Guai a Torino, guai a Torino!».
I suoi compagni gli dissero: — Perché?
— Perché è minacciata da un gran disastro. — Quale? — È un orribile terremoto.
— Quando sarà?
— Altro anno. Oh guai a Torino al 26 di aprile.
— Che cosa dobbiamo fare? Pregare S. Luigi che protegga l'Oratorio e quelli che vi abitano.
Fu allora che a richiesta di tutti i giovanetti della casa si aggiunse mattino e sera nelle comuni preghiere un Pater, Ave e Gloria a questo santo. Di fatto la nostra casa rimase poco danneggiata in paragone del pericolo, ed i ricoverati non ebbero a lamentare alcun danno personale.
Intanto i lavori della chiesa di S. Francesco di Sales progredivano con alacrità incredibile, e nello spazio di undici mesi fu condotta al suo termine.
Il 20 giugno 1852 fu consacrata al divin culto con una solennità tra noi piuttosto unica che rara. Un arco di altezza colossale erasi elevato all'entrata del cortile. Sopra di esso, in lettere"' cubitali stava scritto: In caratteri dorati scriveremo in tutti i lati — Viva eterno questo dì.
Da ogni parte echeggiavano questi versi posti in musica dal maestro Blanchi Giuseppe, di grata memoria:
Prima il sole dall'occaso
Fia che torni al suo oriente;
Ogni fiume a sua sorgente
Prima indietro tornerà;
Che da noi ci si cancelli
Questo dì, che tra più belli
Tra di noi sempre sarà.
Si recitò e si cantò con grande sfarzo la poesia seguente:
Come augel di ramo in ramo
Va cercando albergo fido, etc. - Si trascriva.119
117 Fassio Gabriele (1838-1851) fu uno dei primi ragazzi ospitati nella casa dell'Oratorio.
118 A.S.F. legge caratteri.
119 Il testo dell'ode di circostanza, che secondo Lemoyne venne composta da don Bosco stesso, è riportato in MB IV, 437-438.
Molti giornali parlarono di questa solennità: v. L'Armonia e la P atria'2° di que' giorni.
Il primo di giugno dell'anno stesso si diè principio alla Società di mutuo soccorso per impedire che i nostri giovani andassero ad ascriversi colla Società detta degli operai,121 che fin dal suo principio manifestò principii tutt'altro che religiosi. Si prenda il libretto stampato.122 Servì a maraviglia al nostro scopo. Più tardi questa medesima nostra Società si cangiò in Conferenza annessa di S. Vincenzo de' Paoli che tuttora sussiste.123
Terminata la chiesa occorrevano arredi di tutti i generi. La carità cittadina non mancò. Il comm. Giuseppe Duprè fece abbellire una cappella, che fu dedicata a S. Luigi, e comperò un altare di marmo, che tuttora adorna quella chiesa. Altro benefattore fece fare l'orchestra, sopra cui fu collocato il piccolo organo destinato a favore dei giovani esterni. Il sig. Michele Scanagatti comperò una compiuta muta di candelieri; il marchese Fassati124 fece fare l'altare della Madonna, provvide una muta di candelieri di bronzo e più tardi la statua della Madonna. D. Cafasso pagò tutte le spese occorse pel pulpito.
120 L'articolo dell'Armonia uscì il 23 giugno 1852 col titolo: Benedizione dell'Oratorio di S. Francesco di Sales. La Patria [La Patria, giornale politico e letterario], periodico di tendenza liberale moderata; si pubblicò a Torino dal 1852 al 1855.
121 La Società degli operai di Torino, che aveva come riferimento il giornale Gazzetta del Popolo, era una società di mutuo soccorso costituitasi il 17 gennaio 1850 come «Associazione degli operai, la quale ha per iscopo l'unione e la fratellanza, il mutuo soccorso e la scambievole istruzione, e così di aiutarsi e soccorrersi a vicenda, per mezzo di un individuale contributo, e di istruirsi nei diritti e nei doveri del buon cittadino sotto la piena osservanza delle leggi». Sotto la presidenza del moderato Giuseppe Boitani, che godeva la fiducia di Camillo di Cavour, la Società operaia superò le iniziali derive democratiche ed agitazioniste, per una linea di condotta costituzionalista e mutualistica aliena dalla politica, anche se tendenzialmente anticlericale (cf. Emilio Raffaele PAPA, Origini delle società operaie. Libertà di associazione e organizzazioni operaie di mutuo soccorso in Piemonte, 18481861, Milano, Lerici editori, 1967, 60-77, 84-93).
122 Società di mutuo soccorso di alcuni individui della Compagnia di san Luigi eretta nell'Oratorio di san Francesco di Sales, Torino, Tipografia Speirani e Ferrero, 1850 (OE IV, 83-90).
123 La costituzione delle Conferenze giovanili di san Vincenzo de' Paoli nei tre oratori di don Bosco avvenne intorno al 1855; esse furono riconosciute dal Consiglio Generale di Parigi 1'11 maggio 1856, cf. Francesco Morto, Le conferenze "annesse" di S. Vincenzo de' Paoli negli oratori di don Bosco, in José Manuel PRELLEZO (cur.), L'impegno nell'educare. Studi in onore di Pietro Braido, Roma, LAS, 1991, 467-492; STELLA, Don Bosco nella storia economica, 263-264. La prima Conferenza torinese di san Vincenzo de' Paoli era stata fondata il 13 maggio 1850, da un gruppo di ecclesiastici e di laici, tra i quali don Bosco stesso (cf. MB IV, 66-67, 80).
124 Domenico Fassati Roero (1804-1878), marchese di San Severino, di provata fede monarchica e cattolica; era stato comandante maggiore della guardia personale del re Carlo Alberto; fu convinto sostenitore di don Bosco e, nei primi anni dell'Oratorio, collaborò come insegnante di catechismo ai giovani più adulti (cf. MB III, 254-255). Insieme alla moglie Maria De Maistre (1824-1905) fu tra i primi cooperatori salesiani (cf, Bosco, Epistolario [Motto], I, 279).
L'altare maggiore] venne provveduto dal dottor Francesco Vallauri e completato da suo figlio D.Pietro sacerdote.125 Così la novella chiesa venne126 in breve tempo provveduta di quanto era più necessario per le private e solenni funzioni.
Colla nuova chiesa di S. Francesco di Sales, colla sacristia e col campanile si dava provvedimento a quei giovanetti che avessero desiderato d'intervenire alle sacre funzioni del giorno festivo, alle scuole serali ed anche diurne. Ma come provvedere alla moltitudine di poveri fanciulli che ad ogni momento chiedevano di essere ricoverati? Tanto più che lo scoppio della polveriera, avvenuto l'anno prima, aveva quasi rovinato l'antico edifizio. In quel momento di supremo bisogno fu presa la deliberazione di fabbricare un nuovo braccio di casa. Affinché si potesse tuttora usufruire il vecchio locale, si cominciò il nuovo in sito separato, cioè dal termine dell'attuale refettorio fino alla fonderia dei caratteri tipografici.
I lavori progredirono con tutta alacrità, e sebbene la stagione autunnale fosse già alquanto inoltrata, tuttavia si giunse fino all'altezza del coperchio. Anzi tutta la travatura era stata collocata al suo127 posto, tutti i listelli inchiodati, e le tegole stavano ammucchiate sui travi culminanti per essere ordinatamente collocate, quando un violento acquazzone fece interrompere ogni lavoro. L'acqua diluviò più giorni e più notti, e scorrendo e colando dalle travi e dagli stessi listelli rose e trasse seco la calcina fresca restando così le mura di soli mattoni e ciottoli lavati. Era circa la mezzanotte, tutti eravamo in riposo, quando si ode un rumore violento che ad ogni momento si rende più intenso e spaventoso. Ognuno si sveglia ed ignorando che ci fosse, pieno di terrore si avviluppa nelle coperte o nelle lenzuola, esce di dormitorio e fugge confuso senza sapere dove, ma con animo di allontanarsi dal pericolo, che si immaginava. Cresce il disordine ed il frastuono; l'armatura del tetto, le tegole si mischiano coi materiali delle mura e tutto cadde rovinoso, con immenso fracasso.
Siccome quella costruzione poggiava contro al muro del basso e vecchio edifizio, si temeva che tutti rimanessero schiacciati sotto alle cadenti rovine; ma non si ebbe a provare altro male che un orrendo frastuono, che non cagionò alcun danno personale.
125 Pietro Marcellino Vallauri (1829-1900), sacerdote, amico personale di don Bosco, morendo lasciò i Salesiani eredi di tutto il suo patrimonio. Il padre Francesco, medico chirurgo, che era stato priore della Compagnia di san Luigi Gonzaga (1852) e presidente della Commissione organizzatrice della seconda lotteria di don Bosco (1855), fu uno degli specialisti chiamati a consulto per la malattia di Domenico Savio, il cui parere è citato nella Vita: «La sua gracile complessione, la cognizione precoce, la continua tensione di spirito, sono come lime che gli rodono insensibilmente le forze vitali» (Giovanni Bosco, Vita del giovane Savio Domenico allievo dell'Oratorio di san Francesco di Sales, Torino Tip. G. B. Paravia e Comp., 1859, 102, in OE XI, 252).
126 A.S.F. legge si vide.
127 Don Bosco scrive loro.
Giunto il mattino, venne una visita di ingegneri per parte del municipio. Il cav. Gabetti128 vedendo un alto pilastro smosso dalla base pendere sopra un dormitorio esclamò: «Andate pure a ringraziare la Madonna della Consolata. Quel pilastro si regge per miracolo e cadendo avrebbe sepolto nelle rovine D. Bosco con trenta giovanetti coricati nel dormitorio sottostante».
I lavori essendo ad impresa, il maggior danno fu del capomastro. Il nostro danno fu valutato a fr. 10.000. Il fatto avveniva la mezzanotte del 2 dicembre 1852.
In mezzo alle continue tristi vicende che opprimono la povera umanità avvi sempre la mano benefica del Signore che mitiga le nostre sciagure. Se quel disastro fosse succeduto due ore prima avrebbe sepolto i nostri allievi delle scuole serali. Terminavano queste alle dieci, ed usciti dalle loro classi in numero di circa 300 scorazzarono per oltre mezz'ora lungo i vani dell'edilizio in costruzione. Un po' dopo succedeva quella rovina.
La stagione inoltrata non permetteva più non dico di terminare, ma nemmeno di cominciare né in tutto né in parte i lavori della casa rovinata, e intanto chi provvederà alle nostre strettezze? Che fare in mezzo a tanti giovani, con sì poco locale e mezzo rovinato? Si fece di necessità virtù. Assicurate le mura della chiesa antica venne ridotta a dormitorio. Le scuole poi vennero trasferite nella chiesa nuova, che perciò era chiesa nei giorni festivi, collegio lungo la settimana.
In questo anno fu pure costrutto il campanile che fiancheggia la chiesa di S. Francesco di Sales, ed il benefico sig. Michele Scanagatti provvide una elegante muta di candelieri per l'altare maggiore, che formano tuttora uno de' più belli arredi di questa chiesa.
Appena la stagione il permise si diede immediatamente mano a rialzare la casa rovinata. I lavori progredirono alacremente e col mese di ottobre l'edilizio era compiuto. Essendo nel massimo bisogno di locale, siamo tosto volati ad occuparlo. Io andai pel primo nella camera che Dio mi concede di poter tuttora abitare. Scuole, refettorio, dormitorio poterono stabilirsi e regolarizzarsi, e il numero degli allievi fu portato a sessantacinque.
128 Carlo Gabetti, architetto municipale e responsabile del collaudo dei fabbricati (cf. Calendario generale del Regno pel 1853, Torino, Tipografia Sociale, 1852, 537).
129 Nel manoscritto, da questo punto in poi, i capitoli non sono più numerati. Per comodità di citazione indichiamo il numero tra parentesi.
Continuarono le provviste da parte di varii benefattori. Il cav. Giuseppe Duprè provvide a sue spese la balaustra di S. Luigi in marmo; ne fece abbellire l'altare e stuccare tutta la cappella. Il marchese Domenico Fassati regalò la piccola balaustra dell'altare della Madonna, una muta di candelieri di bronzo dorato, pel medesimo altare. Il conte Carlo Cays,'" nostro insigne benefattore, per la seconda volta priore della Compagnia di S. Luigi, ci pagò un vecchio debito di mille duecento franchi al panattiere, che cominciava a fare difficoltà a somministrarci il pane. Comprò una campana, che fu oggetto di una graziosa festa. Il T. Gattino, nostro curato di felice memoria, la venne a benedire; di poi fece un sermoncino di opportunità alla molta gente accorsa dalla città. Dopo le sacre funzioni venne rappresentata una commedia che fu tema di molta allegria per tutti. Lo stesso conte Cays provvide una bella panta,13' l'attuale baldacchino con altri attrezzi di chiesa.
Fornita così la nuova chiesa delle cose più necessarie al culto si poté finalmente appagare per la prima volta il comune desiderio mercé l'esposizione delle quarantore. Non vi era grande ricchezza di addobbi, ma vi fu straordinario concorso di fedeli. Per secondare quel religioso trasporto e dare a tutti comodità di soddisfare la propria divozione alle quarantore fecesi seguire un ottavario di predicazione, che fu letteralmente impiegato ad ascoltare le confessioni della moltitudine. Quell'insolito concorso fu motivo che negli anni successivi continuò a farsi l'esposizione delle quarantore con regolare predicazione, con grande frequenza dei santi sacramenti e di altre pratiche di pietà.
Quest'anno [1853], al mese di marzo cominciò la periodica pubblicazione delle Letture Cattoliche.132 Nel 1847, quando ebbe luogo l'emancipazione degli ebrei e dei protestanti, divenne necessario qualche antidoto da porre in mano dei fedeli cristiani in genere, specialmente della gioventù.
130 Carlo Cays (1813-1882), conte di Giletta e Caselette, laureato in legge; era presidente delle Conferenze di san Vincenzo de' Paoli a Torino; priore della Compagnia di S. Luigi nell'Oratorio (1854-55); deputato nel Parlamento Subalpino (1857-1860). Era rimasto vedovo nel 1845 con un figlio. Nel 1877 entrò nella Congregazione di don Bosco e venne ordinato sacerdote (cf. Luigi TERRONE, Il conte Cays, sacerdote salesiano. Memorie, Colle Don Bosco, Asti, Libreria Dottrina Cristiana, 1947).
131 P anta: termine piemontese per drappeggio (cf. PONZA, Vocabolario, vol. II, 279).
132 Letture Cattoliche: collana economica mensile di piccolo formato, destinata al popolo e ai giovani, pubblicava fascicoli di carattere istruttivo-apologetico, biografie edificanti e racconti ameni a sfondo storico. Fondata da don Bosco nel 1853, con il supporto economico di mons. Luigi Moreno vescovo di Ivrea, ebbe vasta diffusione, grazie alla semplicità del linguaggio, alla varietà e popolarità dei temi e al basso costo. Dal 1863 venne stampata nella tipografia dell'Oratorio. Nei primi anni la tiratura era di tremila copie, poi sali a oltre diecimila (cf. STELLA, Don Bosco nella storia economica, 347-368; Luigi GIOVANN1NL Le «Letture Cattoliche» di don Bosco, Napoli, Liguori, 1984). Si veda in appendice a questo volume la circolare colla quale il vicario generale di Torino promuove l'iniziativa e invia il programma delle Letture Cattoliche (documento 9) pp. 219-221.
Con quell'atto pareva che il governo intendesse solamente dare libertà a quelle credenze, ma non a detrimento del cattolicismo. Ma i protestanti non la intesero così, e si diedero a fare propaganda con tutti i mezzi loro possibili. Tre giornali (La Buona Novella, La Luce Evangelica, Il Rogantino piemontese),1" molti libri biblici e non biblici; largheggiare soccorsi, procacciare impieghi, somministrare lavori, offerire danaro, abiti, commestibili a chi andava alle loro scuole o frequentava le loro conferenze o semplicemente il loro tempio, sono tutti mezzi da loro usati per fare proseliti.'"
Il governo sapeva tutto e lasciava fare e col suo silenzio li proteggeva efficacemente. Aggiungasi che i protestanti erano preparati e forniti di ogni mezzo materiale e morale; mentre i cattolici fidandosi delle leggi civili che fino allora li avevano protetti e difesi, appena possedevano qualche giornale, qualche opera classica o di erudizione, ma niun giornale, niun libro da mettere nelle mani del basso popolo.
In quel momento prendendo consiglio dalla necessità, ho cominciato a formare alcune tavole sinottiche intorno alla Chiesa cattolica; poi altri cartelli intitolati: Ricordi pei Cattolici, e mi diedi a spacciarli fra i giovanetti e fra gli adulti specialmente in occasione di esercizi spirituali e di missioni.
Quelle pagelle, quei libretti erano accolti con grande ansietà; e in breve se ne spacciarono migliaia di migliaia. Ciò mi persuase della necessità di qualche mezzo popolare con cui agevolare la conoscenza dei principii fondamentali del cattolicismo. Ho135 fatto quindi stampare un librettino col titolo: Avvisi ai Cattolici,'" che ha lo scopo di mettere i cattolici all'erta e non lasciarsi cogliere nella rete degli eretici. Lo spaccio ne fu straordinario; in due anni se ne diffusero oltre a duecentomila esemplari. Ciò piacque ai buoni, ma fece dare alle furie i protestanti, che si pensavano di essere i soli padroni del campo evangelico.
133 La Buona Novella: periodico pubblicato a Torino tra 1851-1861, diretto dal pastore valdese Jean-Pierre Meille, promotore dell'editrice Claudiana (su di lui vedi sotto, nota 143). La Luce Evangelica, foglio religioso, scientifico, letterario: era pubblicata a Napoli tra 1841 e 1855. Del Roganterio Piemontese [non Rogantino], periodico anticlericale e protestante, si conosce solo l'annata 1853 (cf. Archivio della stampa periodica piemontese, scheda 8107, in http://periodicipiemonte.econ.unito.it).
134 Il colonnello inglese Charles Beckwith (1789-1862), venuto in Piemonte nel 1827 «con l'intenzione, ampiamente realizzata, di esercitarvi un'opera consistente e multiforme di potenziamento del popolo e delle istituzioni valdesi. Ma altresì con la finalità, questa non realizzata, di fare della Chiesa valdese una copia di quella anglicana, per protestantizzare l'Italia»; organizzatore di collette in Gran Bretagna e in altri paesi protestanti, per il sostegno delle iniziative assistenziali valdesi e per la costruzione del tempio (Augusto COMBA, I valdesi, in Storia di Torino. VI, 843, 848-849).
135 A.S.F. legge Fu.
136 Era un opuscolo di 24 pagine, intitolato: La Chiesa apostolica-romana è la sola vera Chiesa di Gesù Cristo: avvisi ai cattolici (Torino, Tipografia Speirani e Ferrero, 1850, in OE IV, 121-143; ristampato nel 1851 e nel 1853). Sul frontespizio Don Bosco aveva posto una frase che accentuava il tono apologetico: «I nostri pastori ci uniscono al papa. Il papa ci unisce con Dio» (OE IV, 121).
Mi avvidi allora essere cosa urgente di preparare e stampare libri pel popolo, e progettai le così dette Letture Cattoliche. Preparati alcuni fascicoli voleva tosto pubblicarli, quando nacque una difficoltà né aspettata né immaginata. Niun vescovo voleva mettersi alla testa. Vercelli, Biella, Casale si rifiutarono, dicendo essere cosa pericolosa lanciarsi in battaglia coi protestanti. Monsig. Fransoni, allora dimorante in Lione,'" approvava, raccomandava, ma niuno voleva assumersi nemmeno la revisione ecclesiastica. Il can.co Giuseppe Zappata, vicario generale,'" fu il solo, che a richiesta dell'arcivescovo ne rivedesse un mezzo fascicolo, di poi mi ritornò il manoscritto dicendomi: — Si prenda il suo lavoro; io non mi sento di segnarmi: i fatti di Ximenes e di Palma(1)1" sono troppo recenti. Ella sfida e prende di fronte i nemici ed io amo meglio battere la ritirata in tempo utile.
Di accordo col vicario generale esposi ogni cosa all'arcivescovo, e ne ebbi risposta con lettera da portare a monsig. Moreno vescovo di Ivrea.'" Con essa pregava quel prelato a prendere la progettata pubblicazione sotto alla sua protezione, di assisterla colla revisione e colla sua autorità. Il Moreno si prestò volentieri; delegò l'avv. Pinoli, suo vic. gen., per la revisione, tacendo però il nome del revisore. Si compilò tosto un programma, e col primo marzo 1853 uscì il primo fascicolo del Cattolico provveduto."'
137 L'arcivescovo di Torino, Luigi Fransoni, nel 1850 era stato esiliato dal governo, per la sua dura reazione alle leggi anticlericali del ministro Siccardi (cf. la voce di Giuseppe GRISERI, in Dizionario biografico degli italiani, L, 256-259).
138 Giuseppe Zappata (1796-1883): membro della facoltà teologica dell'Università, canonico della cattedrale e vicario generale della diocesi fino alla morte di mons. Fransoni (1862). Era un moderato che preferiva evitare gli scontri frontali col governo e con altre correnti politiche o religiose. Fu sempre benevolo con don Bosco.
139 Nota di don Bosco sul ms. originale: «(1) L'Abate Ximenes, Direttore di un giornale cattolico, Il Contemporaneo di Roma, fu assassinato. Monsig. Palma, segretario pontificio e scrittore di quel giornale, finiva per un colpo di archibugio nelle medesime sale del Quirinale».
140 Luigi Moreno (1800-1878), vescovo di Ivrea dal 1838; pastore zelante, esponente del cattolicesimo d'azione; convinto sostenitore della stampa cattolica fu tra i fondatori del giornale L 'Armonia (cf. Luigi BErFAZZI, Obbediente in Ivrea. Monsignor Luigi Moreno vescovo dal 1838 al 1878, Torino, Società Editrice Internazionale, 1989; sulle relazioni con don Bosco a proposito delle Letture cattoliche, dalla piena intesa alla rottura dopo il 1862, cf. ivi, 157-201).
141 Il titolo del fascicolo era: Il cattolico istruito nella sua religione. Trattenimenti di un padre di famiglia co' suoi figliuoli secondo i bisogni del tempo (Torino, Tipografia P. de Agostini, 1853, in OE IV, 195-646). Don Bosco usò il genere letterario della conversazione familiare, che gli permetteva di affrontare in modo immediato e narrativo i temi più urgenti, evitando un approccio apologetico astratto.
Le Letture Cattoliche furono accolte con generale applauso e il numero dei lettori fu straordinario; ma di qui appunto cominciarono le ire dei protestanti. Provarono a combatterle coi loro giornali, colle loro Letture Evangeliche;142 ma non potevano avere lettori. Quindi ogni sorta di attacchi contro al povero D. Bosco. Ora gli uni ora gli altri venivano a disputare persuasi, essi dicevano, che niuno valesse a resistere alle loro ragioni. I preti cattolici fossero tanti gonzi e perciò con due parole potevano confondersi.
Eglino pertanto vennero ad attaccarmi ora uno ora due, ed ora più insieme. Io li ho sempre ascoltati e mi raccomandava sempre che le difficoltà, cui essi non sapevano rispondere, fossero presentate ai loro ministri, e di poi mi fossero cortesi darmene comunicazione. Venne Amedeo Bert,143 di poi Medie,'" l'evangelista Pugno,145 poi altri ed altri, ma non poterono ottenere che io cessassi né dal parlare, né dallo stampare i nostri trattenimenti, cosa che li eccitò a massima rabbia. Credo bene di riferire alcuni fatti relativi a questa materia.
142 Si fa riferimento a una serie di p-ubblicazioni popolari della casa editrice "Claudiana", fondata nel 1855 accanto al tempio valdese, diffuse tramite una rete di attivi venditori itineranti e di zelanti pastori che porterà alla nascita di numerose comunità protestanti in tutta Italia (cf. Gabriella SOLARI, Produzione e circolazione del libro evangelico nell'Italia del secondo Ottocento: la casa editrice Claudiana e i circuiti popolari della stampa religiosa, Manziana, Vecchiarelli, 1997).
143 Amedeo Bert (1809-1883), formato a Ginevra, officiava nella cappella dell'ambasciata di Prussia in Piemonte. Dopo il decreto di emancipazione dei valdesi fondò in Torino la paroisse di lingua francese, che resse dal 1849 al 1864. Rappresentante di una linea teologica vicina alle tradizioni razionaliste dell'alta borghesia franco-svizzera e al protestantesimo internazionale, si dedicò ad opere assistenziali e sociali, fondando un Refuge (ospedale), una scuola, l'editrice Claudiana e promuovendo la costruzione del tempio e del presbiterio a Torino (cf. COMBA, I valdesi, 842-844). Tra i suoi scritti ricordiamo: I Valdesi ossiano i cristiani-cattolici secondo la Chiesa primitiva abitanti le così dette Valli di Piemonte. Cenni storici (Torino, Gianini e Fiore Librai-Giuseppe Malan, 1849), presentazione storico-apologetica del valdismo.
144 Jean Pierre Meille (1817-1887), personaggio versatile, di ingegno vivace; insegnante nel collegio di Torre Pellice e direttore del giornale L'Echo des Vallées fino al 1848; dopo l'emancipazione si trasferì per due anni in Toscana a studiare la lingua italiana, poi tornò a Torino in qualità di evangelista, cioè di pastore aggiunto, col compito della predicazione in italiano. Nel 1850 assunse la cura pastorale della Congregazione di lingua italiana, composta da fedeli convertiti dal cattolicesimo. Fu convinto assertore del proselitismo, facendo proprio l'invito di Charles Beckwith ai Valdesi, «o sarete evangelizzatori o non sarete nulla». Nel 1851 fondò il periodico La Buona Novella. Superato un certo contrasto «fra la paroisse un po' pigra e tradizionalista dei protestanti stranieri e dei vecchi valdesi, e anche tra un certo misoneismo della Tavola [organo direttivo delle comunità valdesi] e della Chiesa nel suo complesso e l'effervescente congregazione italiana dei nuovi adepti», dopo le dimissioni di Bert, Meille venne eletto pastore dell'intera comunità torinese, che guidò dal 1865 al 1884 (cf. COMBA, I valdesi, 847-849, 851).
145 Giovanni Pugno: membro direttivo della Congregazione Evangelica di Torino.
Una domenica a sera del mese di gennaio mi sono annunziati due signori che venivano per parlarmi. Entrarono e dopo una lunga serie di complimenti e di lusinghe uno di loro prese ad esprimersi così: «Voi, sig. teologo, avete sortito dalla natura un gran dono: quello di farvi capire e di farvi leggere dal popolo; perciò noi saremmo a pregarvi di volere occupare questo dono prezioso in cose utili per l'umanità, in vantaggio della scienza, delle arti, del commercio».
— I miei pensieri sono appunto rivolti alle Letture Cattoliche, di cui intendo occuparmi con tutto l'animo.
— Sarebbe assai meglio occuparvi di qualche buon libro per la gioventù, come sarebbe una storia antica, un trattato di geografia, di fisica e geometria, non però delle Letture Cattoliche.
— Perché non di queste Letture?
— Perché è un lavoro già fritto e rifritto da tanti.
— Questi lavori furono già eseguiti da tanti, ma in volumi di erudizione, non però pel popolo, come appunto è mio scopo colle Letture Cattoliche.
— Ma questo lavoro non vi dà alcun vantaggio, al contrario, se faceste i lavori che noi vi raccomandiamo, fareste anche un bene materiale al maraviglioso istituto che la Provvidenza vi ha affidato. Prendete, qui avete già qualche cosa (erano quattro biglietti da mille franchi) ma non sarà l'ultima oblazione, anzi ne avrete delle maggiori.
— Per quale ragione tanto danaro?
— Per incoraggiarvi ad intraprendere le opere accennate e per coadiuvare a questo non mai abbastanza lodato istituto.
— Perdonatemi, Signori, se vi ritorno il vostro danaro; io non posso per ora intraprendere altro lavoro scientifico, se non quello che concerne alle Letture Cattoliche.
— Ma se è un lavoro inutile...
— Se è lavoro inutile perché volete prendervene pensiero? Perché spendere questo danaro per farmi desistere?
— Voi non badate all'azione che fate; perciocché con questo rifiuto voi fate un danno all'opera vostra, esponete voi a certe conseguenze, a certi pericoli...
— Signori, io capisco quello che volete significarmi, ma vi dico chiaro che per la verità non temo alcuno, facendomi prete, mi sono consacrato al bene della Chiesa e pel bene della povera umanità, e intendo di continuare colle deboli mie fatiche a promuovere le Letture Cattoliche.
—Voi fate male, soggiunsero con voce e con volto alterato alzandosi in piedi, voi fate male, voi ci fate un insulto, e poi chi sa che sarà di voi qui, e, in modo minaccioso, se uscite di casa sarete sicuro di rientrare?
— Voi, signori, non conoscete i preti cattolici, finché vivono, essi lavorano per compiere il loro dovere; che se in mezzo a questo lavoro e per questo motivo dovessero morire, per loro sarebbe la più grande fortuna, la massima gloria.
In quel momento apparvero ambidue così irritati che temeva mi mettessero le mani addosso. Mi alzai, misi la sedia tra me e loro dicendo: «Se volessi usare la forza non temerei le vostre minacce, ma la forza del prete sta nella pazienza e nel perdono; ma partitevi di qui».
Fatto intanto un giro intorno alla sedia, aprii l'uscio della camera, «Buzzetti, dissi, conduci questi signori fino al cancello, essi non sono guari periti della scala». Rimasero confusi a quell'intimazione, e dicendo ci vedremo altro momento più opportuno, se ne uscirono col volto e cogli occhi infiammati di sdegno. Questo fatto fu pubblicato da alcuni giornali, specialmente dall'Armonia.
Sembrava che ci fosse una trama personale segreta contro di me, ordita dai protestanti o dalla massoneria. Racconterò, ma in breve, alcuni fatti.
Una sera mentre stava in mezzo ai giovani facendo scuola serale;146 vennero due uomini chiamandomi in fretta al Cuor d'Oro per un moribondo."' Ci andai tosto, ma volli essere accompagnato da alcuni dei più grandicelli.
— Non occorre, mi dissero, che siano disturbati questi suoi allievi. Noi la condurremo dall'infermo e la ricondurremo a casa. L'infermo forse sarebbe disturbato dalla presenza di costoro.
— Non datevi pensiero di ciò, aggiunsi; questi miei allievi fanno una breve passeggiata, e si arresteranno ai pie' della scala pel tempo che io passerò presso l'infermo.
Ma giunti alla casa del Cuor d'Oro, «Venga qua un momento, mi dissero, si riposi alquanto e intanto andremo a prevenire l'ammalato della sua venuta».
Mi condussero in una camera a pian terreno, dove eranvi parecchi bontemponi che dopo cena stavano mangiando castagne. Mi accolsero con mille parole di encomio e di applausi, vollero che mi servissi e mangiassi delle loro castagne, che però non posi in bocca, adducendo per ragione che aveva testé fatta la mia cena.
—Almeno beverà un bicchiere del nostro vino, ripigliarono. Non le spiacerà; viene dalle parti di Asti.
— Non mi sento, non sono solito a bere fuori pasto, mi farebbe male.
— Un piccolo bicchiere non le farà certamente alcun male.
Ciò dicendo versano vino per tutti, giunti poi a me uno si recò a prendere bottiglia e bicchiere a parte. Mi accorsi allora del perverso loro divisamento, ciò non di meno presi tra mano il bicchiere, feci con loro un brindisi, ma invece di bere cercava riporlo sulla tavola.
146 A.S.F. omette serale.
147 I1 Cuor d'Oro: locanda di infima categoria situata a in via Cottolengo, a 300 metri dall'Oratorio.
— Non faccia questo, è un dispiacere, diceva uno; è un insulto, soggiungeva un altro. Non ci faccia questo rifiuto.
— Non mi sento, non posso e non voglio bere.
— Bisogna che beva a qualunque costo.
Ciò detto, uno prese la mia spalla sinistra, un altro la spalla destra soggiungendo: «Non possiamo tollerare questo insulto. Beva per amore o per forza».
— Se volete assolutamente che io beva; il farò, ma lasciatemi alquanto in libertà, e siccome io non posso bere lo darò ad uno de' miei figli che beveranno in vece mia.
Pronunciando quelle simulate parole feci un lungo passo verso l'uscio, lo aprii invitando i miei giovani ad entrare.
— Non occorre, non occorre che altri beva. Stia tranquillo, andremo tosto a prevenire l'ammalato, questi giovanettil" stiano in fondo alla scala. — Non avrei certamente dato ad altri quel bicchiere, ma agiva per meglio scuoprire la loro trama che era di farmi bere il veleno.
Fui poscia condotto in una camera al secondo piano, dove, invece di [un] infermo, mi accorsi star coricato quello stesso che era venuto a chiamarmi, e che dopo avere sostenute alcune mie dimande diede in uno scroscio di riso dicendo: «Mi confesserò poi dimani mattina». Me ne andai tosto pei fatti miei.
Una persona amica fece alcune indagini intorno a coloro che mi avevano chiamato, intorno al loro scopo, e potei essere assicurato che un cotale aveva loro pagata una lauta cena coll'intendimento che eglino si fossero adoperati per farmi bere un po' di vino che egli aveva preparato.
Sembrano favole gli attentati che vo raccontando, ma pur troppo sono dolorose verità che ebbero moltissimi testimoni. Eccone altro più strano ancora.
Una sera di agosto, circa alle ore sei di sera, circondato da' miei giovani io stava sulla cancellata che metteva nel cortile dell'Oratorio, quando un grido inaspettato si fa sentire: «È un assassino, è un assassino».
Ed ecco un cotale, da me assai conosciuto ed anche beneficato; messo in manica di camicia con lungo coltello in mano correva furioso, verso di me dicendo: «Voglio D. Bosco, voglio D. Bosco».
Tutti si diedero a fuggire sbandati, e l'altro continuò la sua corsa dietro ad un chierico creduto per vece mia. Allorché si accorse dello scambio, ripigliò furioso il suo passo contro di me. Appena ebbi tempo di rifuggirmi su per la scala dell'antica abitazione, e la serratura del cancello non era per anco ferma quando sopravvenne il malcapitato.
148 A.S.F. omette giovanetti.
Batteva, gridava, mordeva le stanghe di ferro per aprirle, ma inutilmente, io era in sicuro. I miei giovani volevano assalire quel miserabile e farlo in pezzi, ma io li ho costantemente proibiti e mi ubbidirono. Fu dato avviso alla pubblica sicurezza, alla questura, ai carabinieri, ma non si poté avere alcuno fino alle 91/2 della stessa sera, ora in cui due carabinieri catturarono il malandrino e seco lo condussero alla caserma.
Il giorno seguente il questore mi mandò un uomo di polizia chiedendo se io perdonava quell'oltraggiatore. Risposi che io perdonava quella ed altre ingiurie, che però in nome della legge mi raccomandava alle autorità di tutelare meglio le persone e le abitazioni dei cittadini. Chi lo crederebbe? All'ora stessa in cui erasi tentata l'aggressione il mio rivale, il giorno appresso, mi stava attendendo a poca distanza che uscissi di casa.
Un mio amico osservando che non potevasi avere difesa dalle autorità volle parlare a quel miserabile. «Io sono pagato, rispose, e mi si dia quanto altri mi danno, io me ne vado in pace».
Gli vennero pagati 80 franchi di fitto scaduto, altri 80 per anticipazione di altro alloggio lontano da Valdocco, e così terminò quella prima commedia. Non così fu la seconda, che sto per raccontare.
Circa un mese dopo al fatto sopra narrato, una domenica a sera, fui richiesto in fretta in casa Sardi, vicino al Rifugio, per confessare un'ammalata che si diceva all'estremo di vita. A motivo dei fatti precedenti invitai parecchi giovani grandicelli ad accompagnarmi. «Non occorre, mi si diceva, noi l'accompagneremo, si lascino questi giovani ai loro trastulli».
Questo bastò perché io non andassi da solo. Ne lasciai alcuni nella via a piè della scala; Buzzetti Giuseppe e Giacinto Arnaud149 si arrestarono al l° piano sul pianerottolo della scala a poca distanza dall'uscio della camera dell'ammalata. Entrai e vidi una donna ansante a guisa di chi sta per mandare l'ultimo respiro. Invitai gli astanti in numero di quattro ad allontanarsi alquanto per parlare di religione. «Prima di confessarmi, ella prese a dire con gran voce, io voglio che quel briccone che mi sta di fronte, si ricreda delle calunnie che mi ha imputate».
— No, rispose un altro.
— Silenzio, aggiunse un altro, alzandosi in piedi.
Allora si levarono tutti da sedere. «Sì, no, guarda, ti strozzo, ti scanno», erano voci che miste ad orrende imprecazioni facevano un'eco diabolica per quella camera. In mezzo a quel diavolio si spengono i lumi; aumentandosi gli schiamazzi, comincia una pioggia di bastonate dirette là dove io era seduto. Indovinai tosto il giuoco, che consisteva nel farmi la festa; e in quel momento; non avendo tempo né a pensare né a riflettere, presi consiglio dalla necessità.
149 Giacinto Arnaud (nato nel 1826): giovane artigiano che abitò nella casa dell'Oratorio per quasi nove anni, dall'ottobre 1847 al febbraio 1856 (cf. ASC E720, Censimento dal 1847 al 1869, 1).
Diedi mano ad una sedia, me la misi in capo, e sotto a quel parabastonate camminando verso l'uscita riceveva que' colpi di bastone che con gran rumore cadevano sopra la sedia.
Uscito da quella fucina di Satana mi lanciai tra le braccia de' miei giovani, che a quel rumore e a quegli schiamazzi volevano ad ogni costo entrare in quella casa. Non riportai grave ferita eccetto una bastonata, che colpì il pollice della sinistra appoggiato sullo schienale della sedia e ne riportò via l'unghia colla metà della falange, siccome tuttora serbo la cicatrice. Il maggior male fu lo spavento.
Io non ho mai potuto sapere il vero motivo di tali vessazioni, ma sembra che ogni cosa fosse sempre ordita ad attentarmi la vita per farmi desistere, essi dicevano, dal calunniare i protestanti.
Il cane Grigio fu tema di molti discorsi e di varie supposizioni. Non pochi di voi l'avranno veduto ed anche accarezzato. Ora lasciando a parte le strane storielle che di questo cane si raccontano, io vi verrò esponendo quanto è pura verità.
I frequenti insulti di cui era fatto segno mi consigliarono a non camminare da solo nell'andare o nel venire dalla città di Torino. A quel tempo il manicomio era l'ultimo edilizio verso l'Oratorio, il rimanente era terreno ingombro di bossoli e di acacie. Una sera oscura alquanto sul tardi veniva a casa soletto, non senza un po' di panico; quando mi vedo accanto un grosso cane che a primo aspetto mi spaventò; ma non minacciando atti ostili, anzi facendo moine come se io fossi il suo padrone, ci siamo tosto messi in buona relazione, e mi accompagnò sino all'Oratorio. Ciò che avvenne in quella sera, succedette molte altre volte; sicché io posso dire che il Grigio mi ha reso importanti servigi. Ne esporrò alcuni.
Sul fine'" di novembre 1854, una sera nebbiosa e piovosa, veniva dalla città e per non fare lunga via da solo discendeva per la via che dalla Consolata mette al Cottolengo. Ad un punto di strada mi accorgo che due uomini camminavano a poca distanza dinanzi a me. Costoro acceleravano o rallentavano il passo ogni volta rallentava o accelerava il mio. Quando poi io tentava portarmi nella parte opposta per evitarne lo scontro, eglino destramente si recavano davanti di me. Tentai rifare la via, ma non fui più a tempo, perciocché facendo improvvisamente due salti indietro, conservando cupo silenzio, mi gettarono un mantello nella faccia.
150 A.S.F. legge finire.
Mi sforzai per non lasciarmi avviluppare, ma inutilmente, anzi uno tentava di turarmi la bocca, con un moccichino. Voleva gridare, ma non poteva più. In quel momento appare il Grigio, e urlando a guisa di orso si lancia colle zampe contro alla faccia d'uno, colla bocca spalancata verso l'altro, in modo che dovevano avviluppare il cane prima di me.
— Chiami questo cane, si posero a gridare tremanti.
— Si che lo chiamo, ma lasciate in libertà i passeggieri.
— Ma lo chiami tosto, esclamavano. Il Grigio continuava ad urlare come lupo o come orso arrabbiato.
Ripigliarono gli altri la loro via, e il Grigio, standomi sempre a fianco mi accompagnò fino a che entrai nell'opera Cottolengo. Riavuto dallo spavento e ristorato con una bibita che la carità di quell'opera sa sempre trovare opportunamente, con buona scorta me ne andai a casa.
Tutte le sere che non era da altri accompagnato, passati gli edifizi, mi vedeva spuntare il Grigio da qualche lato della via. Più volte lo videro i giovani dell'Oratorio, ma una volta ci servì di commedia. Lo videro i giovani della casa entrare nel cortile: chi lo voleva battere, chi prenderlo a sassate.
— Non si disprezzi, disse Buzzetti Giuseppe, è il cane di D. Bosco.
Allora ognuno si fece ad accarezzarlo in mille guise e lo accompagnarono da me. Io era in refettorio a cena con alcuni chierici e preti, e con mia madre. A quella vista inaspettata rimasero tutti sbigottiti: «Non temete, io dissi, è il mio Grigio, lasciatelo venire». Di fatto compiendo egli un largo giro intorno alla tavola si recò vicino a me tutto festoso. Io pure lo accarezzai e gli offerii minestra, pane e pietanza, ma egli tutto rifiutò, anzi volle nemmeno fiutare queste offerte. «Ma dunque che vuoi?», soggiunsi. Egli non fece altro se non isbattere le orecchie e muovere la coda. «O mangiar, o bere, o altrimenti stammi allegro», conchiusi. Continuando allora a dar segni di compiacenza, appoggiò il capo sulla mia tovaglia come volesse parlare e darmi la buona sera, quindi, con grande maraviglia ed allegria fu accompagnato dai giovani fuori della porta. Mi ricordo che quella sera venni sul tardi a casa, ed un amico mi aveva portato nella sua carrozza.
L'ultima volta che io vidi il Grigio fu nel 1866 nel recarmi da Morialdo a Moncucco presso di Luigi Moglia mio amico.15' Il parroco di Buttigliera152 mi volle accompagnare un tratto di via, e ciò fu cagione che fossi sorpreso dalla notte a metà cammino. «O se avessi il mio Grigio, dissi tra me, quanto mi sarebbe opportuno!». Ciò detto, montai in un prato per godere l'ultimo sprazzo di luce.
151 Luigi Moglia, contadino proprietario di una cascina presso Moncucco nella quale Giovanni Bosco ragazzo era stato accolto come garzone di campagna, tra febbraio 1827 e ottobre 1829 (cf. GIRAUDO-BIANCARDI, Qui è vissuto don Bosco, 77-79).
152 Giuseppe Vaccarino (1805-1891), laureato in teologia, pastore zelante, fecondo di iniziative, fu parroco di Buttigliera per 59 anni (dall'età di 27 anni alla morte).
In quel momento il Grigio mi corsem incontro con gran festa, e mi accompagnò pel tratto di via da farsi, che era ancora di tre chilometri.
Giunto alla casa dell'amico, dove era atteso, mi prevennero di passare in sito appartato, affinché il mio Grigio non venisse a battaglia con due grossi cani della casa. «Si sbranerebbero l'un l'altro, se si misurassero», diceva il Moglia.
Si parlò assai con tutta la famiglia, di poi si andò a cena, e il mio compagno fu lasciato in riposo in un angolo della sala. Terminata la mensa, «Bisogna dare la cena anche al Grigio», disse l'amico e preso un po' di cibo lo si portò al cane, che si cercò in tutti gli angoli della sala e della casa. Ma il Grigio non si trovò più. Tutti rimasero maravigliati, perciocché non si era aperto né uscio né finestra, né i cani della famiglia diedero alcun segno della sua uscita; si rinnovarono le indagini nelle abitazioni superiori, ma niuno più poté rinvenirlo.
È questa l'ultima notizia che io ebbi del cane Grigio, che fu tema di tante indagini e discussioni. Né mai mi fu dato poterne conoscere il padrone. Io so solamente che quell'animale fu per me una vera provvidenza in molti pericoli in cui mi sono trovato.
153 A.S.F. legge corre,
AST Grande Cancelleria, in. 107/1 n. 2807; m. 117 n. 1041; m. 456 n. 819.
[Chieri, anter. 16 gennaio 1838]
Sacra Real Maestà,
Il chierico Bosco Gioanni alievo [sic] del Seminario di Chieri essendo privo di padre e quasi affatto di beni di fortuna, stretto dal bisogno tanto per pagare la pensione, e per provvedersi abiti quali sono mantello veste etc., ricorre umilmente alla Maestà Vostra supplicandola d'un sussidio onde provvedersi nelle sue strettezze, e seguire la carriera in cui le [sic] sembra essere da Dio chiamato.
Il supplicante
[Chieri, anter. 12 febbraio 1839]
Sacra Real Maestà,
Il chierico Gioanni Bosco figlio del fu Francesco di Castelnuovo studente già pel quarto anno nel ven[eran]do Seminario di Chieri trovandosi in sommo bisogno si[a] per procurarsi abiti, che pagare l'annuale pensione, e non potendo sperare alcun soccorso dai propri parenti mentrecché essi devono procacciarsi il vitto a servizio altrui: supplica umilmente la Sacra R[eal] M[aestà] V[ostra] a volerlo favorire d'un caritatevole sussidio, con che soccorso nelle sue strettezze possa progredire nella carriera intrapresa, alla quale pargli essere distintamente da Dio chiamato
Il supplicante
[Chieri, anter, 30 marzo 1840]
Sacra Real Maestà,
Il chierico Bosco Gioanni del fu Francesco di Castelnuovo d'Asti studente già da cinque anni nel venerando Seminario di Chieri, avendo trovato persona benefica che gli costituisce il patrimonio ecclesiastico, per essere sprovvisto di che concorrere alle spese che vi si ricercano;
Supplica umilmente Vostra] S[acra] R[eal] M[aestà]a volersi degnare di concedergli un caritatevole sussidio, onde corrispondere alle spese di detta costituzione patrimoniale, come pure per pagarsi l'annua pensione, e procurarsi altre cose che ad un chierico sono indispensabili; e ciò tutto a fine di poter perseverare nello intrapreso stato eccl[esiasti]co a cui giudica essere unicamente da Dio chiamato.
Umiliandosi al Real Trono rispettosamente si dice
Il supplicante
AAT, Provvisioni semplici, 1844, vol. 2, f. 644v.
1844, 7 dicembre Torino. Facoltà concessa al Sig. T. Borello [sic] uno dei sacerdoti addetti alla piccola casa della Divina Prov[videnz]a di benedire un pubblico oratorio aperto nella detta casa con l'adito alla pubblica via, nel quale si radunano molti giovani, che amano la cristiana istruzione, e a cui attendono i predetti sacerdoti.
Inoltre si concesse di potervi dir messa, e dare la benedizione in occasione di triduo, e di qualche altra solennità nell'anno.
L'oratorio si benedice sotto l'invocazione di S. Francesco Salesio.
Dato in Torino addì 7 Xbre 1844
firm. + Luigi Arciv.
Sigil. e manual. Balladore Cancell.
G. Bosco, Epistolario. Introduzione, testi critici e note a cura di F. Motto, Volume I: 1835-1863, LAS, Roma 1991, pp. 66-67.
*Torino, lì 13 marzo 1846
Eccellenza,
La parte che l'Ecc. V.a prende in tutto ciò che riguarda al buon ordine pubblico civile e morale, mi fa sperare che non le torni discaro un ragguaglio sopra di un nostro Catechismo, che ha di mira il bene della gioventù, e di cui ella stessa già dimostrò più volte prenderne parte favorevole.
Questo Catechismo fu cominciato tre anni sono nella Chiesa di San Francesco d'Assisi, e benedicendo il Signore l'opera sua, i giovani intervennero fino al numero, di cui erane il luogo capace. Allorché poi l'anno 1844 per cagion d'impiego mi sono andato a ristabilire alla Pia Opera del Rifugio, quei buoni giovanetti continuarono recarsi qua per la loro spirituale istruzione. Fu appunto in quel tempo che di concerto col Sig.r T. Borelli e don Pacchiotti, abbiamo presentato una memoria a Mons.r Arcivescovo, che ci autorizzò a convertire una nostra camera in Oratorio, dove si faceva il Catechismo, si udivano le confessioni, si celebrava la S.ta Messa pei sovra accennati figliuoli.
Ma cresciuto il loro numero, né potendo più essere ivi contenuti abbiamo supplicato gli Ill.mi SS.ri di Città a tal oggetto, e ci venne riscontrato con autorizzazione di poter traslocare il nostro Catechismo nella Chiesa di San Martino presso ai Mulini della Città. Là il concorso dei giovani fu grande e sovente oltrepassava i ducento cinquanta.
Senonché anche da questa Chiesa siamo stati dai SS.ri Sindaci della Città prevenuti dover il nostro Catechismo altrove traslocarsi pel prossimo gennaio senza che ci venisse accennato il motivo. L'imbroglio per noi era grande, abbandonare l'opera incominciata che pareva sì buona ci rincresceva, solo Sua Ecc. il Conte di Collegno dopo aver parlato con Lei ci confortava a proseguire. Durante quest'inverno l'abbiamo fatto parte in nostra casa e parte in varie camere prese a pigione. Finalmente la settimana corrente siamo venuti a trattativa di un sito col Sig.r Pinardi con cui fu pattuita la somma di franchi ducento ottanta per una camera grande, che può servire di Oratorio, più altre due camere con sito aderente. Questo luogo ci sembra essere conveniente sia perché trovasi molto vicino al Rifugio, come anche per essere in un posto affatto distante da ogni Chiesa, e vicino a parecchie case; resta solo che Ella ci manifesti se vada bene in ciò che concerne alla società civile, ed esteriore.
Lo scopo di questo Catechismo si è di raccogliere nei giorni festivi quei giovani, che abbandonati a se stessi non intervengono ad alcuna Chiesa per l'istruzione, il che si fa prendendoli alle buone con parole, promesse, regali, e simili. L'insegnamento si riduce precisamente a questo: 1° Amore al lavoro. 2° Frequenza dei Santi Sacramenti. 3° Rispetto ad ogni superiorità. 4° Fuga dei cattivi compagni.
Questi principii che noi ci studiamo d'insinuare destramente nel cuore dei giovanetti hanno prodotto effetti meravigliosi. Nello spazio di tra anni più di venti abbracciarono lo stato religioso, sei studiano il latino per intraprendere la carriera ecclesiastica, molti altri ridotti a buoni sentimenti frequentano le loro rispettive parrocchie. Il che è molto considerevole attesa la qualità dei giovani i quali comunemente sono all'età da dieci a sedici anni senza principii di religione, e di educazione, la maggior parte in preda ai vizii, e in procinto di dar motivo di pubbliche lagnanze, o di essere posti nei luoghi di punizione.
Ella ha un cuor buono, e amante di tutto quello che ridonda al pubblico bene civile e morale; laonde la preghiamo a voler proteggere queste nostre fatiche, le quali, come ben vede, non tendono già ad alcun'ombra di lucro, ma solo a guadagnar anime al Signore.
Le spese che dobbiam fare per fornire di quanto ricercasi il luogo accennato sono molte; abbiamo già il prelodato Conte Collegno che si offrì nostro benefattore, il quale ci diede annuenza di manifestarlo a V.a Eccellenza, a cui avrebbe poi egli stesso tenuto dettagliato discorso. Qualora poi Ella desiderasse di parlare con me e co' miei colleghi saremmo pronti ad ogni di lei cenno, e sarebbe nostro anzioso desiderio.
Nell'atto poi, che lo prego d'aver per buona la libertà che mi son presa, le auguro ogni bene dal Signore, e mi reputo al più grande onore il potermi dire colla più perfetta stima, e col più profondo rispetto
Di V.a Ecc.za Umilissimo, e Obbligatissimo servitore Sac.te Bosco Gioanni Direttore Spirit.le al Rifugio
[annotazione di mano del marchese Michele Cavour:]
Riscontrare. Aver io parlato con S.E. Rev. Monsignor Arcivescovo e col Conte Collegno che nessun dubbio può esservi nel vantaggio di un Catechismo e riceverò volentieri il sig. sacerdote Bosco lunedì 30 all'Ufficio alle due vespertine. 28 marzo, Benso di Cavour.
ASCA101.
* [Torino,] 18 maggio 1846
Ill.mo e Reverend.mo Signor Teologo,
Un abboccamento che ho avuto jeri con D. Cafasso mi fa credere che una spiegazione è necessaria fra Lei e me, Rev.mo Sig. Teologo; e mi pare più conveniente farla per iscritto che in parole, tanto più che quando ho l'onore di parlarle, non mi permette di esprimerle la mia stima per la sua persona, la mia ammirazione per le sue virtù, e la mia somma riconoscenza per le cure che con tanto zelo ha prese e continua a prendere de' miei stabilimenti.
Quando l'Ospedaletto è venuto a crescere il numero di questi stabilimenti, abbiamo creduto che sarebbe stato necessario di fissare un cappellano al detto Ospedaletto. Io non poteva mettere la mia confidenza meglio che in Lei. Scelse l'ottimo D. Bosco e me lo presentò. Piacque anche a me dal primo momento e gli trovai quell'aria di raccoglimento e di semplicità propria delle anime sante. La nostra conoscenza cominciò nell'autunno 1844, e l'Ospedaletto non doveva aprirsi, e non si è aperto, che nell'agosto 1845. Ma il desiderio d'assicurare l'acquisto di un così buon soggetto fece anticipare la sua entrata nello stipendio del suo impiego. Poche settimane dopo che fu stabilito con Lei, M. Rev. Sig. Teologo, tanto la Superiora del Rifugio come io, abbiamo veduto che la sua salute non gli permetteva nessuna fatica. Si ricorderà quante volte le ho raccomandato di averne riguardo e lasciarlo riposare ecc. ecc. Non mi dava retta; diceva che i preti dovevano lavorare ecc.
La salute di D. Bosco peggiorò sino alla mia partenza per Roma; intanto egli lavorava, era ammalato, sputava sangue. Fu allora che ricevei una lettera di Lei, Sig. Teologo, dove mi diceva che D. Bosco non era più nel caso di coprire l'impiego confidatogli. Subito risposi che io era pronta a continuare a D. Bosco il suo stipendio, con patto che non facesse più nulla, e son pronta a tenere la mia parola. Ella, Sig. Teologo, crede che non è far nulla confessare, esortare centinaja di ragazzi; io credo che nuoce a D. Bosco, e credo necessario che si allontani abbastanza da Torino per non essere nel caso di stancare così i suoi polmoni. Perché quando stava a Gassino, questi ragazzi andavano a confessarsi da lui ed egli li riconduceva a Torino.
Ella ha tanta carità, Sig. Teologo, che sicuramente mi sono meritata l'opinione sfavorevole che ha di me, facendomi chiaramente conoscere che io voglio impedire la Dottrina che si fa la domenica ai ragazzi e le cure che se ne prendono lungo la settimana. Credo l'opera ottima in sé e degna delle persone che l'hanno intrapresa; ma credo da una parte che la salute di D. Bosco assolutamente non gli permetta di continuare, e da altra parte credo che la radunanza di questi ragazzi che prima aspettavano il loro Direttore alla porta del Rifugio, e adesso lo aspettano alla porta dell'Ospedaletto, non è conveniente. Senza parlare di tutto quel che è successo per il passato, ed in che il M. Rev.do Sig. Durando è stato intieramente del mio sentimento, parlerò solamente di quel che è succeduto ancora jeri. Fui avvisata dalla Superiora dell'Ospedaletto che s'era introdotta, con una famiglia d'un'ammalata, una figlia di cattiva vita, uscita di malagrazia, come diciamo, dal Rifugio, venendovi anche con lei la madre di una figlia del Rifuggino [sic], a cui la figlia fu levata per consiglio del Curato dell'Annunziata. Furono tutte e due congedate da me.
Pochi momenti prima aveva trovato alla porta dell'Ospedaletto un drappello di ragazzi, e domandando loro che facevano là, mi risposero che aspettavano D. Bosco. Fra loro ce n'erano alcuni piuttosto grandi. Dunque quella figlia di cattiva vita e quella donna rimandata dall'Ospedaletto, ch'erano molto mal contente, sono passate in mezzo a questi ragazzi. E se questa avesse fatto qualche atto del suo mestiere ai discepoli di D. Bosco?
Per riassumere, [1.] approvo e lodo l'opera dell'istruzione ai ragazzi, ma trovo soggetta a pericolo la radunanza alle porte de' miei stabilimenti per la natura delle persone che ivi si trovano. 2. Come credo in coscienza che il petto di D. Bosco ha bisogno d'un riposo assoluto, non gli continuerò il piccolo stipendio che egli vuol ben gradire da me, fuorché a condizione che si allontani abbastanza da Torino, per non essere nell'occasione di nuocere gravemente alla sua salute, la quale mi preme tanto più quanto più lo stimo.
Io so, M. R.do Sig. Teologo, che non siamo dello stesso sentimento su questi punti. Se non sentissi la voce della mia coscienza, sarei come al solito pronta a sottomettermi al suo giudizio.
Le rinnovo l'attestato dell'inalterabile venerazione e del profondo rispetto con cui ho l'onore d'essere
Della S. V. Ill.ma e Rev.ma
Dev.ma Serva
M.sa Barolo nata Colbert
AAT, Provvisioni semplici, 1847, vol. 3, f. 535r-536r.
*Torino, dicembre 1847
Eccellenza Reverendissima
Il sacerdote Bosco Gio' e il Sig.r T. Borrelli addetti alla direzione spirituale dell'oratorio di S. Francesco di Sales avendo aperto un nuovo Oratorio tra il viale de' platani e del R. Valentino, Porta Nuova, supplicano umilmente V. E. Reverendissima a voler delegare il curato della Madonna degli Angeli per la benedizione, e permettere di celebrare la s. Messa e dare la benedizione col SS. Sacramento come già aveva accordato per l'oratorio di s. Francesco con suo decreto in data del 6 dicembre 1844.
Che della grazia
[sac. Gio Bosco]
18 Dicembre 1847, Torino — Delegazione per la benedizione d'un nuovo Oratorio nel distretto della Parrocchia della Madonna degli Angeli in Torino per la religiosa istruzione de' giovani, e facoltà di dare in esso la Benedizione col SS. Sacramento
Luigi de' Marchesi Fransoni Cavaliere dell'Ordine Supremo della SS. Annunziata Cavaliere di Gran Croce Decorato del Gran Cordone dell'Ordine de' SS. Maurizio e Lazzaro Per grazia di Dio e della Sede Apostolica Arcivescovo di Torino
Veduta l'allegata supplica, ed il di lei tenore ben ponderato risultandoci che lo scopo dei ricorrenti Signori Sacerdoti è unicamente di promuovere l'istruzione, e la pietà cristiana dei giovani che a loro accorrono, ove il pubblico Oratorio, di cui nella supplica, sia decente, e libero dagli usi domestici, e provveduto delle cose necessarie alla celebrazione del Santo Sacrificio della Messa, ed alla Benedizione del SS. Sacramento, in vigore delle presenti deleghiamo il M. Rev.do Signor Curato della Parrocchia della Madonna degli Angeli a benedirlo secondo la forma prescritta dal Rituale Romano, e concediamo la facoltà di celebrarvi quindi la Santa Messa, e di darvi la Benedizione col SS. Sacramento in occasione di Sacro Triduo, o di qualche altra Solennità, mandando intanto questo nostro Decreto coll'annessa supplica ad inserirsi negli atti della Nostra Curia Arcivescovile, ed a spedirsene copia autentica per ogni effetto che di ragione.
Dato in Torino il diciotto di Dicembre mille ottocento quaranta sette.
+ Luigi Arciv. G. Berruto Segr.
AST Grande Cancelleria m. 259/1 n. 1370.
Sacra Real Maestà,
I cherici Savio Ascanio, Buzzetti Giuseppe, Gastini Carlo, Reviglio Felice assistiti da alcune caritatevoli persone, con licenza del superiore ecclesiastico vestirono l'abito chericale, ma per essere privi affatto di beni di fortuna incontrano gravi difficoltà a continuare ne' loro studi trovandosi nelle strettezze per provvedersi alloggio, vitto e vestito. In questo loro grave bisogno non sapendo a chi ricorrere, supplicano umilmente V[ostra] S[acra] R[eal] M[aestà] a volerli prendere in benigna considerazione e concedere loro quel caritatevole sussidio che alla paterna sua bontà sarà benviso, onde poter continuare nella carriera ecclesiastica, alla quale loro sembra essere unicamente da Dio chiamati.
I supplicanti sempre memori del benefizio che sperano di ricevere, pregheranno ogni giorno il Signore affinché prosperi e lungamente conservi V[ostra] S[acra] R[eal] M[aestà] e tutta la real famiglia.
I Supplicanti
Il sottoscritto pienamente informato dichiara che li quattro cherici supplicanti sono di esemplarissima condotta, e si prestano a fare il catechismo nella parrocchia di Borgo Dora, ed in modo particolare nell'Oratorio di S. Francesco di Sales dove oltre il catechismo fanno la scuola serale, insegnano il canto fermo, e la musica e tutto gratuitamente. Dichiara inoltre che sono tutti quattro privi di beni di fortuna, ricoverati nell'Oratorio suddetto, onde per la povertà e per la condotta sono degnissimi di riguardo.
Torino, il 1° di Maggio 1851.
Sac. Bosco Gio. Direttore
AST Grande Cancelleria m. 287/2 n. 1142.
Torino, il 24 settembre 1851
Al Signor Ministro
Segretario di Stato
per gli Affari Eccl[esiasti]ci di Grazia, e di Giustizia
Torino
Quattro sono le suppliche, sulle quali l'Economo Generale ha l'onore di spiegare al sig. Ministro per gli affari ecclesiastici il suo sentimento a norma del favoritogli eccitamento.
Tre sono presentate da zelantissimi sacerdoti, che con istraordinaria carità si occupano del ricovero, dell'istruzione, e dell'educazione di povere fanciulle, e di poveri ragazzi, e giovanetti, che abbandonati per le vie, e per le piazze, alla dissipazione senza ritegno alcuno si gettano in ogni maniera di vizio, e di turpitudini: a sostenere un tanto zelo non bastano certamente i sussidi, che può fornire la cassa dell'Economato; ma importa che il governo stesso se ne occupi, e lo assista, lo promuova coi mezzi, che più estesi gli stanno tra le mani, e di cui può disporre.
Si tratta di una generazione che cresce, e cresce nel vizio; d'una generazione, che già numerosa sorge, e si aggira sbandata ed insolente, facile ad ogni seduzione, pronta ad ogni prestigio, e ad ogni clamore il più malaugurato: s'imprigionano que' poveri giovani... ma a che monta quella prigionia? A che giova? Lo scrivente, che per tanti anni s'aggirò nelle prigioni può saperne qualche cosa.
Due sacerdoti sorgevano a raccogliere dapprima que' ragazzi, che affatto abbandonati si trovavano dormienti sotto i portici, lungo le allee, o su qualche porta: alcuni erano ritrosi alla voce, che chiamavali ad aver ricovero e pane; altri seguitavano la mano, che benefica conducevali sotto un tetto: da qui cominciò la bella e veramente sacerdotale opera de' due sacerdoti Cocchis, e Bosco, che mi gode l'animo nel nominare, comunque parlino per essi i ricorsi favoriti in comunicazione.
Il sacerdote Cocchis si restrinse in una sfera più circoscritta, e la coltiva con tutto zelo, con tutta carità, e con lieto successo; epperò non dubita l'Economo Generale di proporre a sfogo del memoriale da esso lui presentato la rinnovazione del sussidio di L. 800.
Il sacerdote Gioanni Bosco si slanciò in più vasto campo, e si pose alla testa di tre riunioni di giovanetti, collocandole sotto il vessillo della religione, chiamandole, come già S. Filippo Neri, Oratori; la principale di tali riunioni è quella, ch'egli sostiene nella regione di Valdocco presso questa capitale sotto il titolo di S. Francesco di Sales: non è a dire di quanta utilità riesca una tale riunione, che si rende in ogni domenica e giorno festivo sempre più numerosa ed esemplare, sino all'edificazione.
Sempre vi presiede il buon sacerdote Bosco assistito da alcuni suoi amici e confidenti sacerdoti, che con tutto l'impegno ne secondano lo zelo e la carità: tra la settimana ritiene egli presso di sé que' giovani, che più si mostrano bisognosi d'istruzione religiosa, cominciando dai primi elementi del catechismo: ma a questa prima istruzione aggiunge altri elementi, come quelli della calligrafia, dell'aritmetica, etc. a intendimento di collocarli poi presso qualche artiere o bottegaio per apprendervi un mestiere.
Arriva la domenica, od il giorno festivo: allora que' giovani, che egli collocò in una qualche bottega od officina tutti accorrono con brio ed impazienza all'Oratorio di S. Francesco di Sales, e là si stringono attorno all'amorevole D. Bosco, verso cui si mostrano pieno l'animo di riconoscenza, e di affetto. Là dopo la religiosa istruzione, ed il cantico delle divine laudi, si passa al divertimento della ginnastica, delle boccie, della giostra (sebbene informe), ad un simulacro di militari evoluzioni, ed a ben altri trastulli, che trattengono l'ilarità, la buona armonia, ed il buon costume; perché mai non si ode parola villana o sconcia; mai un alterco; mai un insolente e sfacciato schiamazzo: tutto è regolato dalla presenza, dal rispetto, e dall'amore che ispira il benefico sacerdote, che nella sua propria ristrettezza, non esita a dare un pane a chi mostra d'averne bisogno, od anche un bicchiere di vino adacquato a chi tra l'agitazione dello trastullo prova la sete: tutto ciò scrive l'Economo Generale perché ne fu testimonio oculare, ed ammiratore, e presago del grandissimo bene, che debbe sorgere dall'instituzione di tali Oratori, quando siano dal governo sostenuti, incoraggiti e protetti.
Animato dal successo, che così lieto si mostra il sacerdote Bosco tutto è nel desiderio di formare nel locale destinato all'Oratorio di S. Francesco di Sales una chiesa, che sia capace di contenere un buon numero di giovani che vi accorrono: dicesi chiesa, perché il luogo dove ora si compiono le sacre funzioni non è una chiesa, ma una camera oblunga, dove tra l'alito e il calore mal si può durare e reggere. Il desiderio del Sig. D. Bosco fu secondato dalla buona ed efficace volontà di pie e benefiche persone, e sino dal capomastro, a cui è affidata l'impresa della fabbricazione.
Il calcolo della spesa occorrente ascenderebbe a lire 25 m[ila], le fondamenta ne sono gettate, e ne proseguono i lavori; se non che manca ora il danaro, e malgrado la buona volontà del capomastro impresario si troverebbe costretto di sospendere l'incominciata costruzione con grande rammarico dell'attivo, e nella sua carità impaziente D. Bosco.
Confida egli nella beneficenza di S[ua] M[aestà] per mezzo della cassa eco-nomale, ma non ignora le ristrettezze di questa cassa, ed i pesi molteplici, che la gravano, quindi non potrà a meno di starsene contento a quel sussidio, che sarà possibile.
Non dissimula lo scrivente, che gli sta così fitto in pensiero l'utilità di tale istituzione, che quando la cassa dell'Economato fosse in grado di sopportare tutta la spesa della divisata fabbricazione non esiterebbe a proporla alla beneficenza di S[ua] M[aestà]: mentre la generazione adulta vuol essere contenuta importa ai governi che la generazione che cresce sia istruita, educata alla religione ed alla moralità: il buono o tristo avvenire della società sta tutto nella sanzione, e nell'eseguimento pratico di questo principio: così la pensa chi scrive.
Sia dunque l'ottimo sacerdote D. Bosco sostenuto ed incoraggito nel religioso, ed eminentemente socievole suo divisamento, sperando che benefiche persone vorranno continuare ad assistere la bella impresa, e sperando sopra ogni altra cosa che il governo [sia] penetrato anch'esso dall'importanza di sostenerne l'alto ed illuminato principio, l'Economo Generale proporrebbe il sussidio di lire dieci mila da erogarsi ripartitamente, cioè L. 3 m[ila] subito, e la rimanente somma negli anni successivi in quei mesi ed in quel tempo, che questa cassa potrà ripartitamente compiere al contratto impegno
Sull'esempio dei sacerdoti Bosco e Cocchis il Sig. teol. Saccarelli cappellano di S[ua] M[aestà] si accinse alla riunione di povere fanciulle in una casa, che egli tolse col proprio danaro a pigione nel Borgo di S. Donato (possibile che non si pensi a fabbricare una chiesa parrocchiale in un Borgo, che contando una popolazione di oltre venti mila anime si trova affatto senza chiesa), e che sin qui sostenne con oblazioni anche di pie persone, ma principalmente colla propria borsa.
Accrescendosi il numero delle fanciulle, che accorrono all'istruzione ed alla educazione, che viene loro aperta, divisò il benemerito teol. Saccarelli di far edificare una piccola chiesa, la quale non tanto serva all'adempimento dei religiosi doveri di dette fanciulle, quanto ad agevolare agli abitanti di quel borgo il mezzo di sentire una messa nei giorni festivi.
Dal tenore medesimo del dispaccio del sig. Ministro degli affari ecclesiastici comprende lo scrivente come egli stesso sia penetrato dell'importanza e dell'utilità d'un tale stabilimento quando arrivi realmente a costituirsi. Sarebbe stato opportuno che il sig. teol. Saccarelli avesse accennato alla spesa che occorrerebbe per la divisata costruzione: comunque sia, egli è noto che già i lavori ne sono cominciati, e che non possono progredire per mancanza di mezzi.
A sostenere, ed incoraggire lo smarrito benefico institutore l'Economo Generale proporrebbe il sussidio di lire due mila cinquecento, sperando che il Sig. teol. potrà successivamente dare maggiori lumi, e che altre pie persone vorranno anche coadiuvarlo nella bella impresa.
Viene per ultimo il memoriale presentato dal Sig. conte Ceppi nella sua qualità di presidente della commissione instituita dal Consiglio Delegato di cotesta città per promuovere li vari intessi degli abitanti del Borgo Stura. [...]
Ha voluto l'Economo Generale riunire in una sola corrispondenza tutte queste proposizioni, perché tutte le domande riguardano ad oggetti, che interessano la popolazione di Torino, epperò tutte potevano esser oggetto dell'attenzione del governo, e delle di lui premure.
Sottopone l'Economo Generale all'avvedutezza del sig. Ministro per gli affari ecclesiastici queste proposizioni, ed ha l'onore di restituire i relativi ricorsi.
L'Economo Generale Ab. Moreno
AAT, Provvisioni semplici 1852, I,ff360r-362v.
Eccellenza Reverendissima
I Sacerdoti degli Oratorii de' giovani di questa capitale, desiderando promuovere sempre più il bene spirituale de' medesimi, supplicano rispettosamente V.E. a degnarsi di nominare un Direttore Spirituale per ciascuno Oratorio.
A questo fine propongono per l'Oratorio di S. Francesco di Sales in Valdocco il M.to Reverendo Sig. D. Bosco Giovanni da Castelnuovo il quale sino dalla erezione vi prestò principalmente la sua opera con indefesso e instancabile zelo e amore. Per l'Oratorio di S. Luigi Gonzaga sul Viale del Re a Porta nuova, il M.to Rev.do Sig. Teol. Paolo Rossi da Torino; e per l'Oratorio del S.to Angelo Custode in Vanchiglia il Molto Rev.do Sig. Teol. Norberto [sic] Murialdo Cappellano di S.S.R.M. da Torino. Essi già da tempo considerevole vi esercitano il Sacro Ministero con grande pazienza e carità. Sottopongono pure alla saviezza di V.E. Rev.ma il loro desiderio che sia conservata la subordinazione de' due ultimi al primo, come si è praticato sin'ora.
Che della grazia etc.
Per i suddetti Sacerdote Giovanni Borel Diret. del Rifugio
1852, 31 marzo, Torino Patenti a direttori spirituali delle Congregazioni dei poveri giovani in Valdocco, S. Luigi Gonzaga a Porta Nuova e in Vanchiglia a favore del sig. D. Gioanni Bosco, sig. T. Paolo Rossi, sig. T. Norberto Murialdo.
Luigi dei marchesi Fransoni cav. del sup. Ordine della SS. Annunziata e per grazia di Dio e della S. Sede apostolica arcivescovo di Torino al M. rev.do sig. don Gioanni Bosco da Castelnuovo sacerdote della nostra diocesi, salute.
Congratulandoci con voi, degno sacerdote di Dio, che abbiate con industre carità saputo stabilire la non mai abbastanza commendevole congregazione dei poveri giovani nel pubblico Oratorio di S. Francesco di Sales in Valdocco, giudichiamo cosa giusta il testificarvi mercé le presenti il nostro perfetto gradimento con deputarvi effettivamente Direttore capo spirituale dell'Oratorio di S. Francesco di Sales, a cui vogliamo siano uniti, e dipendenti quelli di S. Luigi Gonzaga, e del S. Angelo Custode, affinché l'opera intrapresa con sì felici auspizii progredisca e s'amplifichi nel vincolo della carità a vera gloria di Dio e a grande edificazione del prossimo, conferendovi tutte le facoltà che sono necessarie ed opportune al santo scopo.
Mandiamo intanto ad inserirsi negli atti della nostra Curia arciv. questa patente per originale, con facoltà al nostro cancelliere di rilasciarne copia.
Dato in Torino addì trentuno marzo l'anno mille ottocento cinquantadue, Filippo Ravina vic. gen. Balladore cancell.
Luigi dei Marchesi Fransoni etc. al M. rev.do sig. teol. Paolo Rossi sacerdote torinese salute.
In considerazione dello spontaneo impegno, e del caldo zelo, con cui da degno sacerdote attendete con diligenza, ed assiduità alla cristiana istruzione dei poveri giovani, che si ragunano [sic] nel pubblico Oratorio di S. Luigi Gonzaga presso Porta Nuova di questa città, crediamo pregio dell'opera il darvi mercé le presenti una pubblica testimonianza del nostro pieno gradimento con deputarvi effettivo Direttore Spirituale del sulodato [sic] Oratorio sotto la sola condizione, che per voi si conservi sempre fedelmente l'unità, e la dipendenza dal Sig.r D. Gioanni Bosco Direttore capo dell'Oratorio di S. Francesco di Sales in Valdocco, e Fondatore di questa pia istituzione, conferendovi al santo scopo le facoltà necessarie, ed op[portune].
Mandiamo intanto ad inserirsi negli atti della nostra Curia arciv. questa patente per originale con facoltà al nostro cancelliere di rilasciarne copia.
Dato in Torino addì trentuno marzo, l'anno mille ottocento cinquanta due Filippo Ravina vic. gen. Balladore cancel.
Al f 362r-v identica patente per il teol. Norberto [Roberto] Murialdo direttore dell'Oratorio dell'Angelo Custode in Vanchiglia.
AAT, Provvisioni semplici 1853,ff 340r-342v.
Torino, 5 marzo 1853
M.to Rev.do Signore
La fede, quel singolare dono che Dio infuse ne' nostri cuori al sacro fonte di rigenerazione; la fede, che appellasi ed è radice e fondamento d'ogni giustificazione, senza della quale è impossibile piacere a Dio, nell'attuale deplorabile licenza della stampa viene bersagliata, derisa e vilipesa. Questa fede poi, giusta l'insegnamento dell'Apostolo S. Paolo, tiensi viva e si accresce per mezzo della parola di Dio: fides ex auditu, auditus autem per verbum Christi (Rom. X, 17); e quantunque per la grazia del Signore non manchi in questa Diocesi il ministero della Divina parola, non può per altro che ravvisarsi ottimo divisamento quello di una ben augurata Società formatasi di persone prudenti, dotte, probe e pie, la quale con procurare che vengano stampati a tenuissimo prezzo libri di letture cattoliche, si ingegna di antivenire la seduzione de' meno dotti nella Religione, e di porre con siffatte letture adattate alla capacità di tutti un argine allo spirito del libertinaggio e della miscredenza, come può V. S. M.to Rev.da chiaramente scorgere dal programma, di cui qui le acchiudo copia.
L'opera si raccomanda già per se stessa presso chiunque professi la cattolica Religione, quindi io non dubito che sia Ella per interessarsi con tutto il calore della carità, affinché nel popolo si accrescano le sottoscrizioni alle predette letture, le quali, giova sperare, serviranno mirabilmente a diffondere ne' fedeli quella semenza evangelica atta a produrre frutti di vita eterna; anzi confido nel conosciuto di lei zelo, che nulla ometterà acciò anche con queste letture si respinga l'errore, si promuova la cattolica istruzione, si accenda viepiù la fiaccola della fede, e prendano maggior incremento e lustro le virtù cristiane.
Pregandole dal Signore ogni bene ho l'onore di protestarmi colla più distinta stima e considerazione
Di V. S. M.to Rev.da Dev.mo Obb.mo Serv.re Filippo Ravina Vic. Gen.
Programma
Gli sforzi che adoperano i nemici della Cattolica Religione per iscreditare colla voce e cogli scritti, devono certamente risolvere i buoni Cattolici a far quanto loro è possibile per difenderla dall'errore. È vero che la nostra Religione è sì pura e santa, che non occorrono discussioni per farci conoscere essere quella opera divina. Tuttavia i malevoli, colle raffinate loro insidie, possono agli occhi dei semplici offuscarne lo splendore per modo, che le più venerande verità siano in mezzo agli errori difficilmente conosciute.
A questo bisogno universalmente sentito, già lodevolmente soddisfano molte associazioni adatte alla classe colta degli individui; soltanto il basso popolo, vale a dire, gli operai, i contadini, questa classe più facile ad essere tratta in errore, e tutti quelli cui le occupazioni od il tempo impedisce di percorrere la carriera degli studi, mancano di questo essenzialissimo intellettuale alimento. Per la qual cosa si fa un vivo appello a chi ama la Cattolica Religione a volersi unire con santo zelo, a fine di propagare nella classe bassa del popolo libri unicamente diretti a difesa della Cattolica Religione.
I malevoli faticano tanto per diffondere l'errore, non faremo noi altrettanto per la verità?
A voi, curati, parochi [sic], rettori di chiese, professori e maestri di scuola, a voi pure, padri di famiglia, quest'associazione caldamente si raccomanda. La spesa è tenuissima; ed il più bel dono, che un cattolico possa fare ad un amico, la più bella eredità che in padre possa lasciare a' suoi figli, deve, senza dubbio riputarsi un libro, che ci ammaestri nella Santa Cattolica Religione, e ci faccia conoscere quel Dio, che ne è l'autore.
PIANO DELL'ASSOCIAZIONE
l° - I libri, che si propongono a diffondere, saranno di stile semplice, dicitura popolare, e conterranno materia, che riguardi esclusivamente alla Cattolica Religione.
2° - In ciascun mese uscirà un fascicolo di pagine 96 in carta, caratteri, formato pari al presente programma.
3° - Il prezzo di associazione è di cent. 90 ogni semestre, da pagarsi anticipatamente, il che forma la tenue somma annua di L. 1,80.
4° - L'associato si tiene obbligato per sei mesi, e qualora non intenda continuare, deve darne preventivo avviso un mese prima.
5° - Per fare tutte le agevolezze possibili a tutte le benemerite persone ecclesiastiche e secolari, che vorranno prestare la mano a quest'opera di carità, saranno lor spediti i fascicoli, franchi di porto, per tutti i Regii Stati, e per
l'estero fino ai confini, purché gli associati formino un centro, ove si possano indirizzare non meno di fascicoli cinquanta.
6° - Nelle città e luoghi di provincia, le associazioni si ricevono da quelle persone, che sono designate dai rispettivi Ordinari Diocesani, a cui l'Opera è in modo particolare raccomandata. In Torino si ricevono alla Tipografia dir. da P. De-Agostini, dal sig. Giacinto Marietti sotto i portici di Po, dai sigg. eredi Ormea sotto i portici del Palazzo di Città.
7° - Il primo fascicolo uscirà sul principio di marzo dell'anno corrente. NB. Attesa la modicità del prezzo dell'associazione, si prega di spedire franche di posta le lettere indirizzate alla
Direzione delle Letture Cattoliche
Torino
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TAVOLA CRONOLOGICA DEGLI ANNI COPERTI DALLE MEMORIE DELL'ORATORIO'
1805 (4 feb.) Francesco Bosco sposa la prima moglie, Margherita Cagliero.
1808 (3 feb.) nascita di Antonio Bosco (1808-1849), fratellastro di don Bosco.
1811 (28 feb.) muore Margherita Cagliero, prima moglie di Francesco Bosco.
1812 (6 giu.) Francesco Bosco sposa in seconde nozze Margherita Occhiena.
1813 (18 apr.) nascita di Giuseppe Bosco (1813-1862) fratello di don Bosco.
1815 (16 ago.) nascita di Giovanni Melchiorre Bosco (1815-1888).
1817 (17 feb.) Francesco Bosco compera la "casetta" dei Becchi.
(11 mag.) morte di Francesco Bosco, che lascia la madre (Margherita Zucca), la moglie (Margherita Occhiena) e i 3 figli (Antonio, 9 anni; Giuseppe, 4 anni; Giovanni, 21 mesi di età).
(11 nov.) Margherita trasferisce la famiglia nella "casetta" dei Becchi.
1816-1817 Anni di grave carestia in Europa, con epidemie di scorbuto e di tifo.
1824/25 Sogno "dei nove anni".
1824/26 Giovanni Bosco (G.B.) frequenta la scuola di don Giuseppe Lacqua a Capri
glio, nel periodo invernale.
1827 (Pasqua) prima comunione di G.B.
(1 lug.) Vestizione chiericale di Giuseppe Cafasso.
1827/29[2] G.B. lavora come garzone di campagna alla Moglia di Moncucco, presso una famiglia di conoscenti.
1829 (8-22 nov.) G.B. incontra don Giovanni Calosso.
(31 ott.) inaugurazione del Seminario di Chieri.
1829/30 G.B. frequenta le lezioni di don Calosso a Morialdo,
1830 (21 nov.) morte di don Giovanni Calosso.
(nov.-dic.) G.B. mandato dal nonno Melchiorre Occhiena a Capriglio per qualche settimana.
1831 (gen.-giu.) G.B. frequenta la classe sesta nella scuola di Castelnuovo.
1831-32 G.B. completa le classi sesta (prof. Valeriano Pugnetti), quinta (prof. Placido
Valimberti) e quarta (prof. V. Giuseppe Cima) nel collegio di Chieri.
1832-33 G.B. frequenta la classe terza (o grammatica) a Chieri (prof. P. Giacinto Giussiana).
1833 (4 ago.) G.B. riceve la Confermazione a Buttigliera,
(21 set.) ordinazione presbiterale di don Giuseppe Cafasso.
1833-34 G.B. frequenta la classe di umanità a Chieri (prof. Pietro Banaudi).
1834 (10 ago.) Giona (Giacobbe Levi, 1816-1870) riceve il battesimo e assume i
' In corsivo date, eventi e persone non ricordate nelle Memorie dell'Oratorio.
nomi Luigi Giacinto Ottavio Maria e il cognome Bolmida.
(18 apr.) G.B. sostiene l'esame di ammissione tra i Francescani Minori Riformati.
1834-35 G.B. frequenta la classe di retorica a Chieri (prof. Giovanni Francesco Bosco).
1835 (25 ott.) G.B. veste l'abito chiericale a Castelnuovo.
(30 ott.) G.B. entra nel seminario di Chieri.
1835-36 G.B. frequenta il primo anno di filosofia (logica) in seminario.
1836 (11 lug.-17 ott.) G.B. nel castello di Montaldo Torinese come assistente e ripetitore agli allievi dei gesuiti del Collegio del Carmine.
1836-37 G.B. frequenta il secondo anno di filosofia (fisica) in seminario.
1837-38 G.B. frequenta il primo anno di teologia in seminario.
1837 (30 ott.-3 nov.) G.B. si confessa dal T. Giovanni Borel durante il ritiro di inizio dell'anno scolastico.
1838-39 G.B. frequenta il secondo anno di teologia in seminario.
1839 (2 apr.) morte dell'amico seminarista Luigi Comollo.
1839-40 G.B. frequenta il terzo anno di teologia in seminario.
1840 (29 mar.) G.B. riceve la tonsura e gli ordini minori.
Durante le vacanze estive G.B. prepara gli esami del quarto anno di teologia, che sostiene intorno al 15 sett.
(19 set.) G.B. riceve il suddiaconato.
1840-41 G.B. frequenta il quinto anno di teologia in seminario.
1841 (23 mar.) G.B. viene ordinato diacono.
(5 giu.) don Bosco (D.B.) viene ordinato sacerdote.
(giu.-ott.) D.B. esercita il ministero pastorale come viceparroco di Castelnuovo.
(3 nov.) D.B. entra nel Convitto Ecclesiastico di Torino per lo studio della morale.
(8 dic.) D.B. incontra con Bartolomeo Garelli.
1841-44 D.B. frequenta il triennio di morale nel Convitto e inizia a prendersi cura di alcuni ragazzi abbandonati con catechismi e altre iniziative.
1844 (20 ott.) D.B. trasferisce al Rifugio della marchesa Barolo il suo "catechismo".
(8 dic.) benedizione dell'Oratorio di S. Francesco di Sales in una stanza dell'Ospedaletto di santa Filomena.
1844-46 D.B. cappellano dell'Ospedaletto di santa Filomena, abita col T. Borel e D. Pacchiotti nel Rifugio.
1844-45 (dic. `44-mag. '45) catechismi e funzioni nell'Oratorio di S.F. di Sales presso l' Ospedaletto.
1845 (25 mag.) Oratorio presso la cappella di San Pietro in Vincoli.
(giu.-lug.) Oratorio itinerante.
(13 lug.-31 dic.) Oratorio presso la cappella di San Martino ai Molassi.
1845-46 (nov. `45-feb/mar. '46) catechismi e scuole in casa Moretta.
1846 (gen./feb.- 5 apr.) Oratorio presso il prato Filippi.
(8 mar.) D.B. incontra Pancrazio Soave e visita la tettoia Pinardi.
(1 apr.) contratto di affitto della tettoia Pinardi.
(12 apr.) inaugurazione dell'Oratorio di S. Francesco di Sales nella tettoia Pinardi.
(5 giu.) contratto di affitto di 3 stanze in casa Pinardi.
(giu.-lug.) grave malattia di D.B. e lenta ripresa nei mesi successivi.
(3 nov.) D.B. e mamma Margherita prendono alloggio in casa Pinardi.
1847 (12 apr.) approvazione del regolamento della Compagnia di S. Luigi.
(20 giu.) mons. Fransoni celebra la festa di san Luigi e conferisce le cresime nell'Oratorio di S.F. di Sales.
(mag.) accoglienza dell'orfano della Valsesia: inizi dell'ospizio.
(8 dic.) inaugurazione dell'Oratorio di S. Luigi a Porta Nuova, affidato al T. Giacinto Carpano.
1848 (26 feb.) in Torino solenni celebrazioni per lo Statuto organizzate da Roberto d'Azeglio.
(1 nov.) Ascanio Savio veste l'abito chiericale.
1849 (ott.) riapre l'Oratorio dell'Angelo Custode sotto la responsabilità di D.B, che lo affida al T. Giovanni Vola.
1851 (2 feb.) D.B. veste da chierici 4 ragazzi dell'Oratorio: Giuseppe Buzzetti, Carlo Gastini, Felice Reviglio e Giacomo Bellia.
(19 feb.) D.B. acquista la casa Pinardi e il terreno circostante.
(21 lug.) benedizione della pietra fondamentale della chiesa di S. Francesco di Sales.
1852 (31 mar.) D.B. è nominato direttore-capo dei tre oratori di Valdocco, di Porta Nuova e di Vanchiglia.
(20 mag.) Ascanio Savio abbandona D.B. ed entra nel noviziato degli Oblati di Maria Vergine.
(20 giu.) inaugurazione della chiesa di S. Francesco di Sales.
(3 ott.) Michele Rua riceve l'abito chiericale nella cappellina dei Becchi.
1852 Inizia la costruzione di un nuovo edificio sul fianco di casa Pinardi.
(2 dic.) l'edificio in costruzione crolla.
1853 (1 ott.) affitto di casa Bellezza e chiusura della taverna della Giardiniera.
(ott.-nov.) progressiva occupazione del nuovo edificio. (mar.) comincia la pubblicazione delle Letture Cattoliche.
1854 (26 gen.) si raduna informalmente nella camera di D.B. il primo nucleo di"Salesiani": Giacomo Artiglia (15 anni), Giovanni Cagliero (15 a.), Giuseppe Rocchietti (17 a.) e Michele Rua (16 a.). (mar.) apertura del laboratorio di legatoria.
(14 ago.) don Vittorio Alasonatti si trasferisce all'Oratorio in qualità di prefetto e collaboratore di D.B.
(29 ott.) Domenico Savio entra nella casa dell'Oratorio.
1855 (2 nov.) inizio delle classi ginnasiali interne.
1859 (18 dic.) fondazione della Pia Società Salesiana,
1873-75 Stesura delle "Memorie dell'Oratorio ".
1888 (31 gen.) morte di D. B.
INDICE DEI NOMI
Abbondioli, Pietro 165n, 166
Abramo 36, 91
Accademia Ecclesiastica 146 e n
Agesilao 79 e n
Agostino d'Ippona, santo 94n
Ajrali di Chieri 77n
Alasia, Giuseppe Antonio 125 e n
Alasonatti, Vittorio 225
Alassio (Savona) 84
Albergo di Virtù 132 e n
Albert, Federico, beato 177n
Alcibiade 79n
Alfiano Natta (Alessandria) 44, 109 e n 110e n
Alfonso de' Liguori, santo 125 e n, 126 e n
Allamano, Giuseppe, beato 121n
Amadei, Angelo 7n
Amicizie Cattoliche 126n
Anacreonte 118
Ancira [Ankara] 117n
Ancona 170n, 181 e n
Andezeno (Torino) 93n
Anna, santa 131
Annibale 79n
Annunziata, parrocchia 181n, 211
Anselmetti, Giuseppe Maurizio 145 e n
Antoine, Paul Gabriel 125 e n
Antonelli, Alessandro 179n
Antonelli, Giacomo, cardinale 170n
Antonucci, Antonio Benedetto, cardinale 170n, 181 e n
Aporti, Ferrante 155n, 163 e n
Aprà di Cinzano (Torino) 86n
Arcisate (Varese) 152n
Arduino, Innocenzo 105n
Ariosto, Ludovico 97n
Armonia (L'), periodico 19, 148n, 181n,
Barrera, Andrea 189n, 190 e n
Bartolomeo, santo 109 e n
Bartolomeo, santo 111
Bartoloni, Stefania 136n
Basso, Alberto, 173n
Becchi di Morialdo 58n, 66, 75n, 134, 168, 223
Beckwith, Charles 197n, 199n
Bellezza, casa 155 e n, 187-189, 225
Bellezza-Novo, Teresa Caterina 155n
Bellia, Giacomo 185n, 186 e n, 225
Benigno, santo 122
Bentivoglio, Guido, cardinale 20
Bercastel, Antoine Henri Bérault 106 e n
Berruto, Gioachino 213
Bert, Amedeo 199 e n
Bertinetti, Carlo 92, 93n, 99
Bertinetti, Luigi 92n, 93 e n
Bertinetti, Ottavia Maria 92 e n
Berto, Gioachino 6 e n, 51, 137n, 140n, 169n, 170n, 174n, 175n, 176n, 177n
Bertola, Angelo 121n
Berzano [Bersano] San Pietro (Asti) 28, 51, 123 e n
Besucco, Francesco 11, 13
Bettazzi, Luigi, vescovo 198n
Biancardi, Giuseppe 120n, 189n, 205n
Bianchi-Giovini, Aurelio 184n
Biblioteca Reale, Torino 142n
Biella 186n, 190 e n, 198
Bini, sacerdote 118
Blachier 189
Bianchi, Giuseppe 173 e n, 192
Bocca, Evasio 173n
Bocca, Federico 171n, 189
Boitani, Giuseppe 193n
Bolmida, Giacinto 92n
Bolmida, Luigi Giacinto Ottavio Maria 92 e n, 224
Boncompagni, Carlo 163 e n
Bonetti, Giovanni 6, 15 e n, 57n, 173n
Bonzanino, Carlo Giuseppe 176 e n
Borel [Borelli/Borrelli], Giovanni 5, 19, 41, 45, 48, 51, 115, 116 e n, 120, 132n, 133 e n, 134-136, 138, 142, 144n, 145, 146, 149-151, 54n, 156, 165, 174 e n, 176, 185, 187, 188n, 208-210, 212, 217, 224
Borelli, Pierfelice 182n
Borgialli, Domenico 177n
Borgo Dora [Borgodora], parrocchia 144 e n, 173n, 177, 213
Borgo Nuovo, scuole 165n
Borgo Po, scuole 165n
Borgo San Donato 216
Borgo Stura 217
Borsa di Commercio 188n
Borsarelli, Carlo 116n
Boscasso, Giuseppe 58n
Bosco [Boschetti], famiglia 124
Bosco, Antonio Giuseppe, fratello 59 e n, 61, 63, 70, 71, 72, 75 e n, 223
Bosco, Antonio, nonno 59n
Bosco, Francesco Luigi, padre 33, 58 e n, 59 e n, 60n, 207, 223
Bosco, Giovanni Francesco 224
Bosco, Giovanni Melchiorre, santo 5-49, 80, 90, 115, 120, 124, 130, 135, 141, 143, 144, 147, 150, 151, 158, 160, 166, 167, 187, 195, 199, 202, 205, 207, 208, 210-212, 214-218, 223-225
Bosco, Giovanni, autore, santo 5n-7n, 9n, 10n, 15n, 16n, 28n, 34n, 51, 53, 57n, 60n, 75n, 86n, 88n, 113n, 162n, 164n, 165n, 169n, 175n, 181n, 191n, 193n, 194n
Bosco, Giuseppe Luigi, fratello 59 e n, 63, 72, 75 e n, 223
Bosco, Paolo 59n
Bosco-Occhiena, Maddalena 58n
Bosio, Davide 175n
Bossone, Francesco 59n
Bossone-Occhiena, Domenica, nonna 58n
Botta, Giovanni 167 e n
Bottasso, Enzo 97n
Bra (Cuneo) 104 e n
Bracco, Giuseppe 127n, 138n
Braido, Pietro 9 e n, 11 e n, 12 e n, 13n,
15n, 16n, 32n, 63n, 65n, 128n
Braje [Braja], Paolo Vittorio 82 e n, 85
Branca, Vittore 65n
Bruino (Torino) 69n
Brustolon, Andrea 186n
Buccellato, Giuseppe 124n
Buona Novella (La), periodico 197 e n, 199n
Burzio, Massimo Giuseppe 28, 43, 93 e n, 94, 99
Bus (de), César, beato 190n
Bustillo, Basilio 9, 10n
Buttigliera Alta (Torino) 108 e n
Buttigliera d'Asti (Asti) 68 e n, 69, 108n, 111 e n, 132, 205 e n, 223
Buzzetti, Angelo 130 e n
Buzzetti, Carlo 130
Buzzetti, Giosuè 130 e n
Buzzetti, Giuseppe 130 e n, 177n, 185n, 201, 203, 205, 212, 225
Cafasso [Caffasso], Giuseppe, santo 28, 36, 37, 43, 45, 46, 51, 73-75, 93n, 115, 118, 120, 121, 124 e n, 125, 126 e n, 127, 131, 132, 133, 144n, 151, 158n, 167, 188 e n, 193, 210, 223
Cafasso, Gaetano 167 e n
Cagliero, Giovanni 225
Cagliero-Bosco, Margherita 59n, 223
Calmet, Augustin 117 e n
Calosso, Giovanni Brina 122, 123, 124
Calosso, Giovanni Melchiorre Felice 5, 27, 34, 35, 36, 37, 41, 42, 68, 69 e n, 71-73, 75, 76n, 121, 223
Calosso-Bosco, Maria 75n
Camandona, Filippo Maurizio 88 e n
Cambiano (Torino) 79n
Camera dei Deputati 148n, 163n, 182 e n, 196n
Camera di Commercio 147n, 188n
Campochiaro, Emilia 183n
Candelo, Antonio 87
Capello, Gabriele [Moncalvo] 179 e n
Capone, Domenico 126n
Cappuccini, religiosi 142n
Capriglio (Asti) 41, 44, 58n, 59n, 61, 75, 109, 223
Caprioli, Adriano 186n
Carceri di Torino 30, 31, 46, 47, 126 e n, 127 e n, 129-133, 144n, 150, 153 e n, 165
Carignano (Torino) 69n
Carlo Alberto, re 146 e n, 159 e n, 164n, 175 e n, 191n, 193n
Carlo Felice, re 146n
Carminati, Isaia 82n
Carmine, chiesa 177
Caronno Ghiringhello [Caronno Varesino] 130 e n
Carpano, Giacinto 156 e n, 169n, 174, 225
Carrera, Carlo 164n
Casa della Missione, Torino 120 e n
Casa di Correzione 147n
Casalborgone (Torino) 122n, 123 e n
Casale Monferrato (Alessandria) 109n, 122n, 198
Casalis, Goffredo 58n, 59n, 68n, 76n, 77n, 78n, 82n, 86n, 109n, 113n, 118n, 122n, 126n, 132n, 133n, 141n, 142n, 144n, 146n, 156n, 164n
Casati, Gabrio 79n
Casazza-Riccardi, Sabina 188 e n
Caselle, Secondo 78n, 82n, 88n, 89, 92n, 93n, 95n, 96n, 97n, 98n
Cassa di risparmio 188n
Castelnuovo d'Asti [Castelnuovo Don Bosco] (Asti) 26, 30, 41, 44, 45, 48, 58, 59n, 61, 66, 68 e n, 73 e n, 75n, 76 e n, 78n, 81, 98n, 101n, 109 e n, 111n, 122n, 123n, 177, 182n, 207, 217, 218, 223, 224
Castelvecchi, Lawrence 10n
Catone Censore 79n
Cattedrale di Torino 109n, 173n, 189n
Cavalca, Domenico 118 e n
Cavallo, Bernardo 60
Caviglia, Alberto 8
Cavour Benso, Augusto 148n
Cavour Benso, Camillo 148 e n, 170n, 193n
Cavour Benso, Gustavo Filippo 148 e n, 170n, 180, 184n
Cavour Benso, Michele 5, 17, 28, 48, 147 e n, 148n, 152n, 154n, 159 e n, 160, 161, 208, 210
Cays, Carlo 196 e n
Cecca, Felice 66n
Ceppi 217
Celia, Eugenio 6n, 7 e n, 8 e n, 10n, 85n
Cenato, Natale 116n, 162n
Cerutti, Giacomo 177n
Cerutti, Giuseppe 173
Cesari, Antonio 97n
Chateaubriand (de), Fran9ois-René 20
Chiattellino [ Chiatellino], Michelangelo 51, 178 en
Chiaveroti, Colombano, arcivescovo 69n
Chiaves, teologo 169n
Chieri (Torino) 26, 30, 37, 43, 48, 67n, 69 e n, 77 e n, 78n, 82n, 85n, 88 e n, 89n, 92 e n, 93n, 95 e n, 97, 98n, 99, 104 e n, 107 e n, 118n, 121, 168,178, 207, 223, 224
Cicerone Marco Tullio 97
Cima, Giuseppe Vincenzo 28, 43, 79 e n, 223
Cinzano (Torino) 28, 37, 85n, 86 e n, 108n, 112, 113 e n, 114n, 123, 132e n
Cinzano, Antonio Pietro Michele 101, 102 e n, 119, 182n
Claudiana, editrice 197n, 199n
Cocchi [Cocchis], Giovanni 51, 181 e n, 183n, 214
Collegiata di Chieri 83 e n, 92n, 93n
Collegio del Carmine [Collegio Nazionale] 118 e n, 224
Collegio di Chieri 43, 77n, 82, 99, 223
Collegio di S. Francesco da Paola, Torino 116n, 132 en
Colomiatti, Emanuele 119n
Comba, Augusto 197n, 199n
Comollo, Carlo 85n
Comollo, Giuseppe 37, 86 e n, 99, 108n, 113, 132 en
Comollo, Luigi Pietro 13, 28, 36, 37, 84, 85 e n, 86, 87, 99, 106, 108 e n, 112, 113, 114 en, 115 en, 119 en, 224
Comotti, Giuseppe/127
Compagnia di S. Luigi Gonzaga 18, 169, 170 e n, 194n, 196-e-r-,1-225
Concilio Vaticano I 190n
Conferenza di S. Vincenzo de' Paoli 159n, 193 e n, 196n
Confraternita dei Disciplinati dello Spirito Santo 92n
Confraternita della Santa Croce 82n
Congregazione degli studenti 82n
Congregazione dell'Oratorio di Chieri 104n
Congregazione Evangelica, Torino 199n
Congregazione Salesiana, vedi Società di S. Francesco di Sales
Consiglio Comunale, Torino 163n
Consolata, chiesa 121, 126n, 145, 178, 195
Consolata, via 204
Contemporaneo (Il), periodico 198n
Convento della Pace, Chieri 98 e n
Convitto Ecclesiastico, Torino 19, 28, 30, 36, 39, 42, 45, 46, 48, 73n, 121n, 122n, 124 e n, 125 e n, 127, 132, 133, 162, 178n, 224
Coriasco, Giovanni 162
Cornelio Nepote [Nipote] 51, 79 e n, 80, 97
Corpo decurionale 159n
Corsi-Peletta, Gabriella 137n
Corvino, Francesco 147n
Costantino, Giovanni 177n
Cotta, Giuseppe 188 e n, 189
Cottino, José 74n, 177n
Cottolengo [Piccola Casa della Divina Provvidenza] 137n, 140n, 150, 165, 204, 205, 208
Cottolengo, Giuseppe Benedetto, santo 137n, 161n
Cottolengo, via 201n
Cremona 163n
Crivelle di Buttigiera (Asti) 111n
Croce, Giulio Cesare 65n
Croveglia di Villanova (Asti) 111 e n
Cumino, Tommaso 28, 93 e n
Cuor d'Oro, locanda 28, 201 e n
Cussetti 140
D'Angiolini, Piero 84n
D'Intino, Franco 20n, 23n, 24n, 29n
Dante [Alighieri] 92, 97n
Dassano, Bartolomeo 75n
De Agostini, editore 221
De Amicis, Giovanni Pio 152n
De Gaudenzi, Pietro 170n, 185, 186 e n
De Maistre-Fassati, Maria 193n
Debito pubblico 188n
Delfino, Paolo 162
Dervieux, Ermanno 180n
Desramaut, Francis 6n, 9 e n, 23n, 173n
Dessi, Giovanni Battista 118n
Dio [Signore] 11-14, 20, 21, 28, 31-41, 43, 44, 46, 48, 49, 57-61, 68-70, 72-74, 81, 83n, 85, 87, 90, 93, 99, 101-103, 110, 112-115, 122-124, 125n, 127, 129, 133, 136n, 137-139, 140, 142, 143, 148, 150-152, 167, 168, 172, 185, 188, 195, 198n, 207, 208, 210, 212, 213, 218-220
Domenicani 77n, 78n
Donato, grammatica 70 e n, 71, 80
Donato, vedi Elio Donato 70n
Duboin, Felice Amato 190n
Duomo, Chieri 30, 43, 77n, 92n, 93n, 99
Duprè, Giuseppe Luigi 179 e n, 193, 196
Durando, Giacomo 184n
Durando, Marcantonio, beato 211
Ebrei 146n, 175 e n, 183n, 197
Echo des Vallées (L'), periodico 199n
Eco, Umberto 30n, 32n, 33n
Economato Generale Regio Apostolico 189n, 190, 214, 216
Elia, Giovanni 144n
Elio, Donato 70n
Emanuele Filiberto di Savoia, duca 84n
Emanuele Filiberto, piazza 183n
Ermopoli 117n
Europa 125n, 223
Falletti di Barolo-Colbert, Giulia, vedi Barolo-Colbert
Famiglia di S. Pietro [Ritiro di S. Pietro Apostolo] 153 e n, 156n
Fassati-de Maistre, Maria 193n
Fassati-Roero, Domenico 193 e n, 196
Fassio [Fascio] 51
Fassio, Gabriele 191, 192 e n
Felloni, Claudio 127n
Ferdinando III di Toscana, granduca 191n
Ferreira da Silva, Antonio 6n, 10 e n, 51, 53
Ferrero, Felice 162
Ferrero, Pietro 162
Festa, Giuseppe 58n
Fierro, Rodolfo 9n
Filippi, Giovanni e Carlo, fratelli 17, 40, 145 e n, 152n
Filippi, prato 35, 40, 143n, 145, 152, 161n, 224
Filippo Neri, santo 215
Fino, Giuseppe 162
Firpo, Luigi 97n
Flavio Giuseppe [Joseph Ben Matityahu] 117 en
Fleury, Claude 117 e n
Foa, Elia 89 e n, 97 e n
Fontana Rossa, Chieri 88 e n, 89
Fonzi, Fausto 181n
Formenti, Laura 25n
Francescani, vedi Minori Osservanti
Francesco di Sales, santo 137, 208
Francesia, Giovanni Battista 176n
Francia 66n, 117n, 125n, 148n, 175n
Fransoni, Luigi, arcivescovo 104n, 119 e n, 132, 136, 138, 167, 169-171, 177, 178, 198 e n, 209, 210, 212, 213, 225
Fratelli delle Scuole Cristiane [de la Salle] 164n, 165 e n, 186n
Frayssinous [Frassinous] , Denis de 51, 117 en
Frigato, Sabino 8n
Fróbel, Friedrich Wilhelm August 156n
Gabetti [Gabbetti], Carlo 51, 195 e n
Gaeta (Latina) 180 e n
Gagliardi, Giuseppe 162
Galesio, Nicola 177n
Gambaro, Angiolo 163n
Garelli, Bartolomeo 5, 22, 27, 47, 128, 224
Gariboldi, Giovanni 130
Garigliano, Guglielmo 82 e n, 87, 104 e n, 106, 108, 115n
Garro, Emilio 153n
Gassino (Torino) 211
Gastaldi, Lorenzo, arcivescovo 14, 107 e n, 21n, 169n
Gastini, Carlo 177n, 185n, 213, 225
Gattino [Cattino], Agostino 51, 144 e n, 196
Gazzani, Giuseppe 84
Gazzetta del Popolo, periodico 193n
Gazzetta Piemontese, periodico 182 e n, 183n
Gemara 91 e n
Genta, Luigi 162
Germania 175n
Gersenio, Giovanni 117n
Gesù Cristo 89, 90, 121, 158n, 179n, 190
Gesuiti 77n, 82, 118 e n, 170n
Giacobbe 91
Giacomelli, Giovanni Francesco 106 e n
Gianotti, Saverio 7n
Giardiniera, albergo 155 e n, 188, 189, 225
Ginevra (Svizzera) 199n
Gioberti, Vincenzo 148n
Giona, vedi Levi Giacobbe
Giovanni Battista, santo 109n, 166n
Giovanni Paolo II, papa, beato 177n
Giovannini, Luigi 196n
Giraudi, Fedele 131n, 143n, 152n, 153n, 154n, 155n, 174n, 189n, 190n
Giraudo, Aldo 5 e n, 10n, 68n, 69n, 103n, 104n, 105n, 106n, 107n, 108n, 109n, 115n, 120n, 127n, 189n, 205n
Girolamo, santo 70n
Giussiana [Giusiana], Giacinto 51, 84 e n, 121, 223
Goito (Mantova) 148n
Golzio, Felice 46, 126 e n
Gonella, Andrea 164 e n, 179
Gonella, Marco Guglielmo 164n
Gran Bretagna 197n
Gran Madre, chiesa 183n
Grassi Orsini, Fabio 183n
Grassino, Giovanni 122 e n
Gravano, Giovanni 177n
Grigio, cane 5, 23, 204-206
Griseri, Giuseppe 198n
Grossi, Giovanni 173n
Grosso, Marco 147n
Guala, Luigi 46, 73n, 124n, 124, 126 e n, 131, 132, 173 e n, 178n
Guardinfanti, via 176n
Guarini, Guarino 121n
Guicciardini, Francesco 20
Henrion, Mathieu Richard Auguste 118 e n
Ignazio di Loyola, santo 20
Immacolata Concezione, chiesa 119n, 121n
Tona, Tobia 97n
Isacco 91
Istituto della Carità [Rosminiani] 171n
Istituto Storico Salesiano 10
Italia 175n, 181n, 191n, 197n, 199n
Ivrea (Torino) 180n, 184n, 197, 198 e n
Jacopone da Todi 179n
Jansen, Cornelius [Giansenius] 125n
Juvarra, Filippo 121n, 142n
Kingsley, Charles 20
Klein, Jan 9n
Knowles, Malcom S. 25n
Lacqua [Delacqua], Giuseppe 41, 51, 61 e n, 223
Lanteri, Pio Brunone 121n, 178n
Lanza, Giovanni 184n
Lanzo Torinese (Torino) 177n
Lauriano [Lavriano] (Torino) 122 e n
Lazzaristi [Signori della Missione] 120n
Le Grand, Jean-Louis 24n
Lejeune, Philippe 24n
Lemoyne, Giovanni Battista 6, 7n, 9, 15 e n, 57n, 63n, 151n, 177n
Le6ncio da Silva, Carlos 8
Leone XII, papa 69n
Letture Cattoliche, collana 180n, 196-200 219-221, 225
Letture Evangeliche, collana 199 e n
Levi, David 78n, 89n
Levi, Giacobbe [Giona] 27, 28, 89 e n, 90, 91, 92 e n, 223
Levi, Lazzaro 89n
Levra, Umberto 97n, 166n
Liceo Cavour 163n
Liceo Gioberti 163n
Lilith 90
Lione (Francia) 119n, 198
Losana, Giovanni Pietro, vescovo 190 e n
Lucatello, Enrico 184n
Luce Evangelica (La), periodico 197 e n
Lucedio (Vercelli) 117n
Luigi Gonzaga, santo 78n, 85, 166n, 170 e
n, 192, 193, 196, 225
Lyons, Daniel 10n
Mack Smith, Denis 191n
Madonna degli Angeli, convento 98n
Madonna degli Angheli, parrocchia 212, 213
Madonna del Pilone, chiesa 142 e n
Madonna di Campagna, chiesa 142 e n, 145, 154
Maggiora, Giuseppe 59n
Magistrato della Riforma 84 e n, 93n
Magone, Michele 11, 13, 34n
Maloria, Giuseppe 36, 43, 83 e n, 106n
Mangiabotti, Andrea da Barberino 65n
Manicomio di Torino 28, 151, 152, 204
Manzoni, Alessandro 97n
Marchetti, Giovanni 117 e n
Margotti, Giacomo 148n, 184n
Maria Adelaide d'Austria, regina 191n
Maria Ausiliatrice, chiesa 175, 180
Maria Elisabetta di Savoia-Carignano 191n
Maria Santissima 58, 74, 103, 109, 121, 127, 130 e n, 135, 143, 154, 167,
Maria Teresa d'Asburgo Lorena, regina 191n
Marietti, Giacinto, editore 126n, 221
Martina, Giacomo 63n
Martinetto, Torino 144n
Massoneria 23, 201
Mastro di Ragione 159 e n
Matta, Giovanni Battista 78 e n, 81 e n
Matta, Giuseppe 78n
Matta, Lucia vedi Pianta-Matta
Meille, Jean-Pierre 197n, 199 e n
Melanotte, Antonio 162
Melanotte, Giovanni 162
Mellano, Maria Franca 119n
Mendl, Michael 10n
Menghini, Mario 182n
Merla, Pietro 42, 153 e n, 156n
Metastasio [Trapassi, Pietro] 97n
Midali, Mario 7n
Minervale 85 e n
Minori Osservanti 37, 77n, 98 e n, 224
Mishna [Misna] 91 e n
Missionari della Consolata 121n
Moglia, cascina 223
Moglia, Luigi 205 e n, 206
Moglia, Nicolao 75n, 77n
Mogna, Vittorio 162
Molar, Margherita 142n
Molazzi [Molassi], Torino 48, 138 e n, 209
Mole Antonelliana 179n
Moltedo Superiore (Imperia) 84
Moncalieri (Torino) 178
Moncucco Torinese (Asti) 77n, 205 e n
Mondonio [Mondonio san Domenico Sa
vio] (Asti) 77 e n
Montaldo Torinese 118 e n, 224
Monte dei Cappuccini 142 e n, 185
Monte Rosa 172n
Monti, Vincenzo 92
Moreno, Luigi, vescovo 184n, 189n, 196n,
198 e n
Moreno, Ottavio 189 e n, 214, 215, 217
Moretta, casa 142-145, 161, 169n, 174 e n, 224
Moretta, Giovanni Battista 143 e n, 144
Morialdo [Murialdo] di Castelnuovo (Asti) 29, 36, 42, 48, 51, 58, 68, 69 e n, 74, 77, 78n, 81, 84, 88n, 92, 98, 109, 122, 123, 124, 167, 205, 223
Mosè 91
Motto, Francesco 14n, 61n, 138n, 142n,
152n, 191n, 193n
Mottura, Giuseppe 105n
Mottura, Sebastiano 105n, 114n
Muletto [Muretto], albergo 96 e n
Municipio di Torino 138, 140, 141, 150,
161, 163, 164, 178, 179, 183, 195
Muratore, Umberto 171n
Murialdo, Roberto 156 e n, 188n, 217-219
Musso, Giovanni 169n
Nada, Narciso 183n
Napoleone I, imperatore 125
Nasi, Luigi 173 e n, 178
Natività di Maria, parrocchia 145n
Navissano, Filippo 106n
Nevissano di Castelnuovo 58n
Newman, John Henry 20
Nicole, Pierre 125n
Nicolis di Robilant, Luigi 74n
Nizza (Francia) 186n
Nizza Monferrato (Asti) 137n
Noli (Savona) 188n
Oblati di Maria Vergine 121n, 126n, 178 e n, 186 e n, 225
Obolo di san Pietro 180
Occhiena, Marianna 61n
Occhiena, Melchiorre, nonno 58n, 59n, 75n, 223
Occhiena, Michele 58n
Occhiena, Secondo 58n
Occhiena-Bosco, Margherita, madre 5, 33, 36, 37, 41, 44, 58 e n, 59n, 60, 61, 63, 68, 69, 71, 72, 75 e n, 78n, 103, 104, 168 e n, 172, 223, 225
Omero 97n, 118
Oneglia (Imperia) 84
Opinione (L'), periodico 184 e n
Oporto (Portogallo) 146n
Oratorio dell'Angelo Custode, 122n, 156n, 180, 181 e n, 183n, 217-219, 225
Oratorio di S. Francesco di Sales in Valdoc co 122n, 152, 155-159, 161 e n, 165, 166, 167, 168, 169 e n, 170, 174, 176, 177, 178, 180, 182, 185, 190n, 191, 192, 201n, 202, 204, 205, 212, 213, 215, 217, 218, 224, 225
Oratorio di S. Luigi 156n, 174 e n, 212, 217, 218, 225
Orazio Flacco 97
Ormea, libraio 221
Ospedale di Carità 132 e n
Ospedaletto di santa Filomena 17, 48, 106n, 132 e n, 133, 134, 136n, 137-139, 142, 150, 151, 208, 210, 211, 224
Ovidio Nasone 97
Pacchiotti, Sebastiano 19, 149 e n, 150, 209, 224
Paesi Bassi 181n
Palazzo municipale [Palazzo di Città] 148, 221
Palma 198
Papa, Emilio Raffaele 193n
Parco del Valentino 174n, 212
Parigi 117n, 193n
Panni, Giuseppe 92
Parlamento, vedi Camera
Pascal, Blaise 125n
Pasquali, Giovanni 128n
Passavanti, Iacopo 118 e n
Patria (La), periodico 19, 193 e n
Pavia 186n
Pavia-Levi, Bella [Rachele] 28, 89n, 90, 91
Pavone, Claudio 84n
Pedrini, Arnaldo 126n
Pellato [Pelato], Giuseppe 51, 110 e n
Peradotto, Franco 177n
Peretti, Domenico 108 e n
Petrarca, Francesco 92, 97n
Piano, Lino 137n
Pianta, caffè 30, 88, 89
Pianta, Giovanni 88 e n, 89
Pianta-Matta, Lucia 36, 78 e n, 81, 88
Piazza Cavour, Chieri 96n
Piazza d'Anni, Chieri 96n
Piazza d'Armi, Torino 174n, 183n
Picco, Matteo 176 e n
Piea (Asti) 58n
Piemonte 16, 66n, 70n, 78n, 79n, 99n, 125n, 148n, 164, 172n, 175n, 180, 181n, 197n
Pilla, Eugenio 130n
Pinardi, casa-cappella 28, 31, 36, 48, 144n, 152n, 153n, 154, 155n, 161n, 168, 180, 187, 188, 189 e n, 224, 225
Pinardi, Francesco 36, 152 e n, 153, 154n, 187, 188, 209
Pindaro 118
Pineau, Gaston 24n
Pinerolo (Torino) 186n
Pino Torinese (Torino) 88n
Pinoli 198
Pio VIII, papa 69n
Pio IX, papa, beato 57n, 63 e n, 126n, 146n, 170n, 175n, 180, 181 e n, 189n
Pio XII, papa 74n
Piola, Giovanni 162
Pitagora 82
Po, fiume 142n, 165n, 174n
Poirino (Torino) 82 e n, 104n
Pomba, Giuseppe, editore 97n
Ponzati [Ponzati], Vincenzo 51, 144 e n
Ponte di Pino, Giuseppe 159n
Ponza, Michele 113n, 196n
Porta Nuova, Torino 28, 156n, 174 e n, 212, 217, 218, 225
Porta Pia, Roma 146n
Porta Torinese [di Vajro], Chieri 30, 95 e n
Porter, Roy 24n
Prellezo García, José Manuel 5n, 8n, 10n, 163n, 193n
Preti della Dottrina Cristiana [Dottrinari] 190n
Prialis, Lorenzo 105n
Principe Eugenio, corso 158n
Protestanti 23, 164, 175, 197, 198, 199, 201, 204
Provana di Collegno, Giuseppe 159 e n, 160, 209, 210
Prussia 199n
Pugnetti, Valeriano Giovanni Domenico 43, 79 e n, 223
Pugno, Giovanni 199 e n
Quesnel, Pasquier 125n
Quinto Curzio 97
Quirinale 198n
Racconigi (Cuneo) 141n
Ragioneria [Civica amministrazione] 141n, 159 e n, 160, 209
Ranello di Castelnuovo 58n
Ranieri d'Asburgo Lorena, viceré 191n
Rapelli, Giovanni 59n
Rattazzi, Urbano 182 e n, 184n
Ravina, Filippo 218, 219
Raviola, Vincenzo 78n
Rayneri, Giovanni Antonio 163 e n
Re, Giulio Cesare 184n
Real Collegio, Moncalieri 118n
Redentoristi [Congregazione del Santissi
mo Redentore] 125n
Reffo, Eugenio 181n
Regia Opera della Mendicità Istruita 64 e n, 178, 179, 188n
Regina Margherita, corso 158n
Regio Parco, Torino 144n, 186n
Regno d'Italia 148n, 175n
Regno di Napoli 180n
Regno di Sardegna, vedi Sati Sardi
Regno Lombardo-Veneto 152n, 191n
Repubblica Romana 180n
Reviglio, Felice, 185n, 213, 225
Ricaldone, Pietro 7, 8 e n, 9
Riccardi di Netro, Alessandro Ottaviano, arcivescovo 188n
Ricerche Storiche Salesiane, periodico 10
Ricoeur, Paul 25n
Rifugio [Pia Opera di Nostra Signora Rifu
gio dei Peccatori] 17, 116n, 132, 133 e n, 135, 136, 139, 140n, 144n, 150, 151, 155, 161, 165, 167, 168, 203, 208-211, 224
Righetti, Mario 119n
Rimoldi, Antonio 186n
Rista, Carlo 190n
Ritner, Vittorio 162
Rivoli (Torino) 178 e n
Roberto, Giovanni 76
Rocca, Giancarlo 190n
Rocchietti, Giuseppe 225
Roccia, Rosanna 97n
Rocco, santo 113
Roganterio Piemontese (Il), periodico 197 en
Roma 63 e n, 117n, 146n, 180 e n, 211
Romeo, Rosario 147n, 148n
Rondò della Forca, Torino 158 e n
Ropolo, Pietro 179 e n
Rosmini, Antonio, beato 148n, 170n, 171 e n, 185, 186
Rosminiani 171n
Rossi, Luigi Felice 173 e n
Rossi, Paolo 217, 218
Rossi, Pellegrino 180n
Rossino, Mario 178n
Rosso-Bosco, Anna Maria 75n
Rosso-Comollo, Giovanna 85n
Rousseau, Jean-Jacques 20
Rua, Michele, beato 155n, 225
Ruffino, Domenico 15 e n
Rufino d'Aquileia 70n
Saccarelli, Carlo Gaspare 214, 216
Sacchi [ Sacco], Paolo Filippo 51, 191 e n
Salesiani 6, 8, 10, 15, 16, 18, 31, 39, 44, 57, 194n, 225
Sallustio [ Salustio] 51, 97
Saluzzo (Cuneo) 107n
San Desiderio, cappella 113n
San Domenico, convento 84n, 121
San Filippo Neri, chiesa 105n, 106, 114 e n
San Filippo, scuole 165n
San Francesco d'Assisi, chiesa 17, 47, 121 e n, 134, 135, 139, 161, 208
San Francesco di Sales, chiesa 189, 192 195, 225
San Giorgio, chiesa 77n
San Giovanni Evangelista, chiesa 174n
San Guglielmo, chiesa 78n
San Lazzaro, cimitero 140n
San Martino ai Molassi, cappella 17, 48, 138 e n, 139, 140, 209, 224
San Maurizio, corso 158n, 179n
San Michele, arcangelo 101 e n, 102 e n
San Pietro in Vincoli, cimitero 17, 28, 48, 140 e n, 141 e n, 142, 191, 224
San Pietro, basilica 146n
San Primitivo, scuole 165n
San Raffaele, arcangelo 101n, 102n
San Rocco, cappella 113n
San Sebastiano, cappella 113n
Sansoldi 177n
Sant'Agata dei Goti (Benevento) 125n
Sant'Agostino, chiesa 144 e n, 177
Sant'Agostino, via 176n
Sant'Antonio Abate, chiesa 113n
Sant'Antonio, chiesa 82 e n
Sant'Ufficio 146n
Santa Barbara, parrocchia 165n
Santa Barbara, scuole 165 e n
Santa Giulia, chiesa 181
Santa Maria al Cimitero, cappella 113n
Santa Maria della Pace, chiesa 98n
Santa Maria della Scala, vedi Duomo Chieri
Santa Sede 16, 212
Santena (Torino) 77n
Santi Filippo e Giacomo, parrocchia 144n
Santi Simone e Giuda, parrocchia 144n
Sardi, casa 203
Sassi (Torino) 142n, 165 e n, 166
Satana 94, 180, 204
Savio, Ascanio 182 e n, 186 e n, 213, 225
Savio, Domenico, santo 11, 13, 225
Savona 188n
Scalenghe (Torino) 122
Scanagatti [Scannagatti], Michele 51, 193, 195
Scuola superiore di metodo normale 163n
Scuole di S. Barbara, Torino 165 e n
Segneri, Paolo 118 e n
Seminario di Chieri 30, 38, 44, 45, 82n, 103 e n, 104 e n, 105 e n, 107 e n, 114n, 115n, 116, 120 e n, 122n, 180 e n, 207, 223, 224
Seminario di san Gaetano, Torino 186n
Seminario di Torino 103n, 174, 175, 180 e n
Sesia, fiume 172n
Severini, Marco 180n
Sibilla, Pio Eusebio 78n
Siccardi, Giuseppe 198n
Sicilia 181n
Sismondo [Sismondi], Giuseppe 51, 68 e n
Soave, Pancrazio 28, 36, 152 e n, 153 e n, 224
Società degli Operai di Torino 193 e n
Società dell'Allegria 26, 48, 81, 82, 84, 95
Società di Agricoltura 147n
Società di mutuo soccorso 193 e n
Società di S. Francesco di Sales 14, 15, 17, 57, 63 e n, 177, 196n, 225
Società Pio-Filarmonica 173n
Sodi, Manlio 119n
Sofia, Francesca 175n
Solari, Gabriella 199n
Spreti, Vittorio 163n
Stati Sardi 146, 148n
Stato Pontificio 180n
Statuto Albertino 146n, 175 e n, 183n, 225
Steiner, George 91n
Stella, Pietro 5n, 7n, 9 e n, 11 e n, 12n, 16n, 60n, 98n, 125n, 164n, 165n, 176n, 190n, 193n, 196n
Stupinigi, Torino 145 e n
Stura, fiume 144n
Suore di S. Anna e della Provvidenza 136n, 173n
Suore di S. Giuseppe 132n
Suore di S. Giuseppe 164n
Suore Maddalene [Sorelle Penitenti di S.
Maria Maddalena] 136n, 138 e n
Suore Vincenzine [Albertine] 177n
Superga, basilica 142 e n, 145, 146n
Sussambrino, cascina 75n
Tacito Publio Cornelio 97
Tago, Ave 132n, 133n, 138n
Talamo, Giuseppe 146n
Talmud 91e n
Tasso, Torquato 92, 97n
Tavola valdese 199n
Temistocle 79n
Teresa d'Avila, santa 20
Ternavasio, Francesco 104 e n, 105n
Terrone, Luigi 196n
Tesio, Giuseppe 141 e n, 142n
Testa, Matteo 105n
Tito Livio 97 e n
Tommaso da Kempis 117n
Torino 30, 45, 48, 63n, 69n, 73n, 77n, 82n, 84n, 86n, 95n, 99, 107n, 108n, 116, 118, 120 e n, 121, 122n, 124, 126n, 132, 136, 137, 140, 142n, 144, 147 e n, 159n, 162, 163n, 165 e n, 166, 167 e n, 168, 169n, 172n, 173n, 176, 178 e n, 179-181, 183n, 184n, 186n, 188, 190n, 191, 192, 193n, 199n, 204, 208, 210-214, 217 219, 221, 225
Torrazza di Cinzano (Torino) 86n
Torre Pellice (Torino) 199n
Toscana 199n
Toscano, Mario 175n
Traniello, Francesco 148n, 163n
Treves, Sergio 89n
Triacca, Achille Maria 119n
Trivero, Giuseppe 156 e n
Trombetta, Simona 136n
Tuninetti, Giuseppe 190n
Turvano, Giuseppe 174
Ufficio Catechistico Centrale Salesiano 8
Unione dei Cooperatori Salesiani 16
Università "La Sapienza" (Roma) 146n
Università di Torino 69n, 79n, 84n, 104n,
125n, 146n, 163n
Università Gregoriana (Roma) 82n
Vaccarino, Giuseppe 205n
Vaccaro, Luigi 186n
Vacchetta, Giuseppe Stefano 186 e n
Vaglienti 174
Valdesi 146n, 175 e n, 183n, 197n, 199n
Valdocco, Torino 6, 19, 30, 47n, 122n, 130n, 134, 165, 168, 169 e n, 174, 189, 203, 215, 217, 218
Valentini, Eugenio 9n, 156n
Valimberti, Bartolomeo 93n
Valimberti, Placido [Eustachio] 43, 78 e n, 79, 223
Valinotti, Francesco Michele 180 e n
Vallaro, Stefano Maria 84n
Vallauri, Francesco 193, 194n
Vallauri, Pietro Marcellino 194 e n
Valsesia [Valle Sesia] (Vercelli) 22, 172 e n, 225
Vanchiglia, Torino 181 e n, 217-219, 225
Vandea (Francia) 136n
Varallo Sesia (Vercelli) 172n
Varese 130n
Velocci, Giovanni 126n
Vercelli 198
Vergnano, Felice 162
Verolengo (Torino) 152n
Vespasiano, imperatore 117n
Viale dei Platani, Torino 212
Viale del Re [Viale dei platani], Torino 174 e n, 217
Vicario di Città, vedi Cavour Benso, Michele
Vienna 162n
Vigevano (Pavia) 170n, 186 e n
Vigna, Giacinto 59n
Villafranca Piemonte (Torino) 66n
Villanova d'Asti 111n
Virano, Emanuele 75n, 77 e n
Virgilio Publio Marone 97n
Visitandine [Ordine della Visitazione di S. Maria] 120n
Visitazione, chiesa 120n
Vitozzi, Ascanio 142n
Vittorio Amedeo II, re 142n, 146n
Vittorio Emanuele II, corso 174n
Vittorio Emanuele II, re 146n, 191n
Vittorio, piazza 183 e n
Vogliasso, Gioacchino 79n
Vola, Giovanni 156 e n, 181, 225
Volpati-Gastaldi, Margherita 169 e n
Voltaire [Fran9ois-Marie Arouet] 20, 117n
Volvera (Torino) 108n
Ximenes 198
Ypres (Belgio) 125n
Zappata, Giuseppe 119n, 198 e n
Zucca-Bosco, Margherita, nonna 59n, 63, 75 e n, 223
Zuccaro, Giovanni Secondo 58n
Zucconi, Ferdinando 117 e n
INDICE GENERALE
L'IMPORTANZA STORICA E PEDAGOGICO-SPIRITUALE DELLE ME
MORIE DELL'ORATORIO 5
1. Storia e fortuna del testo 6
2. «Un manuale di pedagogia e di spiritualità raccontata» 11
3. Rievocazione narrativa di un'identità oratoriana 12
3.1. Le preoccupazioni di don Bosco scrittore e la peculiarità delle Memorie dell'Oratorio 13
3.2. I tempi e le sollecitazioni che occasionano la composizione delle Memorie dell'Oratorio 14
4. "Storia" dell'Oratorio e indole "autobiografica" delle Memorie dell'Oratorio 16
4.1. L'Oratorio come punto focale 16
4.2. Destinatari e finalità 17
4.3. L'inizio e la mancata conclusione nell'architettura narrativa 21
4.4. Procedimenti messi in atto dall'Autore 24
5. Le Memorie dell'Oratorio come testo narrativo 26
5.1. La scrittura di don Bosco 27
5.2. Struttura del testo 29
6. Percorsi di lettura e livelli di interpretazione 31
6.1. Un itinerario spirituale 33
6.1.1. Confidenza in Dio, fiducia nei formatori e consegna di sé 33
6.1.2. Dalla dissipazione alla «ritiratezza» 37
6.2. Un modello di educatore-pastore 39
6.2.1. Una vocazione che viene da Dio e si sviluppa progressivamente 40
6.2.2. Le diverse componenti del modello 41
6.2.3. Le tentazioni che insidiano il modello 44
6.2.4. Esempi di zelo pastorale 45
6.2.5. Caratteristiche particolari del modello educativo e pastorale donboschiano 46
NOTA INTRODUTTIVA AL TESTO 51
ABBREVIAZIONI 53
MEMORIE DELL'ORATORIO DAL 1815 AL 1835 55
MEMORIE DELL'ORATORIO DAL 1815 AL 1835 ESCLUSIVAMENTE PEI
SOCI SALESIANI 57
Dieci anni d'infanzia - Morte del genitore - Strettezze di famiglia - La madre vedova 58
Un sogno 62
PRIMA DECADE 1825-1835 65
1. Primi trattenimenti coi fanciulli - Le prediche -Il saltimbanco - Le nidiate 65
2. Prima comunione - Predica della Missione - D. Calosso - Scuola di Morialdo 68
3. Lo studio e la zappa - Una cattiva ed una buona nuova - Morte di D. Calosso 72
4. D. Cafasso - Incertezze - Divisione fraterna - Scuola di Castelnuovo d'Asti - La musica - Il sarto 73
5. Scuole di Chieri - Bontà dei professori - Le prime quattro classi di grammatica 77
6. I compagni - Società dell'allegria - Doveri cristiani 80
7. Buoni compagni e pratiche di pietà 82
8. Umanità e retorica - Luigi Comollo 84
9. Caffettiere e liquorista - Giorno onomastico - Una disgrazia 87
10. L'ebreo Giona 89
11. Giuochi - Prestigi - Magia - Discolpa 92
12. Corsa - Salto - Bacchetta magica - Punta dell'albero 95
13. Studio dei classici 96
14. Preparazione - Scelta dello stato 98
SECONDA DECADE 1835-1845 101
1. Vestizione chiericale - Regolamento di vita 101
2. Partenza pel seminario 103
3. La vita del seminario 105
[3a.] Divertimenti e ricreazione 107
4. Le vacanze 109
5. Festino di campagna - Il suono del violino - La caccia 110
[5a.] Relazioni con Luigi Comollo 112
6. Un fatto del Comollo 114
7. Premio - Sacristia - il T Giovanni Borel 115
8. Studio 116
9. Sacre ordinazioni - Sacerdozio 119
10. Principii del sacro ministero - Discorso di Lavriano e Giovanni Brina 122
11. Convitto ecclesiastico di S. Francesco d'Assisi 124
12. La festa dell'Immacolata Concezione e il principio dell'Oratorio festivo. 127
13. L'Oratorio nel 1842 130
14. Sacro ministero - Scelta di un impiego presso al Rifugio (settembre 1844) 132
15. Un nuovo sogno 134
16. Trasferimento dell'Oratorio presso al Rifugio 135
17. L'Oratorio a S. Martino dei Molazzi - Difficoltà - La mano del Signore 138
18. L'Oratorio in S. Pietro in Vincoli - La serva del cappellano - Una lettera - Un tristo accidente 140
19. L'Oratorio in casa Moretta 142
20. L'Oratorio in un prato - Passeggiata a Superga 145
21. Il marchese Cavour e sue minacce - Nuovi disturbi per l'Oratorio 147
22. Congedo dal Rifugio - Altra imputazione di pazzia 150
23. Trasferimento nell'attuale Oratorio di S. Francesco di Sales in Valdocco 152
TERZA DECADE 1846-1855 155
1. La nuova chiesa 155
2. Di nuovo Cavour - Ragioneria - Guardie civiche 159
3. Scuole domenicali - Scuole serali 161
4. Malattia - Guarigione - Dimora progettata per Valdocco 165
5. Stabile dimora all'Oratorio di Valdocco 168
6. Regolamento per gli Oratorii - Compagnia e festa di S. Luigi - Visita di monsig. Fransoni 169
7. Primordii dell'ospizio - Prima accettazione di giovanetti 171
8. Oratorio di S. Luigi - Casa Moretta - Terreno del Seminario 174
9. 1848 -Aumento degli artigiani e loro maniera di vita - Sermoncino della sera - Concessioni dell'arcivescovo - Esercizi spirituali 175
10. Progresso della musica - Processione alla Consolata - Premio dal Municipio e dall'Opera di mendicità - Il giovedì santo - Il Lavabo 178
11. 111849 - Chiusura dei seminari - Casa Pinardi - Obolo di S. Pietro - Coroncine di Pio IX - Oratorio dell'Angelo Custode - Visita dei deputati 180
12. Feste nazionali 182
13. Un fatto particolare 184
14. Nuove difficoltà - Un conforto - L'abate Rosmini e 1 'arciprete Pietro de Gaudenzi 185
15. Compra di casa Pinardi e di casa Bellezza - L'anno 1850 187
16. Chiesa di S. Francesco di Sales 189
17. Scoppio della polveriera - Fassio Gabriele - Benedizione della nuova chiesa 191
18. Anno 1852 194
[19.] 1853 195
[20.] Letture Cattoliche 196
[21.] 1854 199
[22.] Attentati personali 201
[23.] Aggressione -Pioggia di bastonate 202
[24.] Il cane Grigio 204
APPENDICE 207
1. Tre domande di sussidio di Giovanni Bosco seminarista 207
2. Benedizione della cappella di S. Francesco di Sales presso l 'Ospedaletto 208
3. Don Bosco al Vicario di Città Michele Benso di Cavour 208
4. La marchesa Giulia di Barolo al teologo Borel 210
5. Delega per la benedizione della cappella dell 'Oratorio di San Luigi Gonzaga (18 dicembre 1847) 212
6. Domanda di sussidio per i primi chierici dell'Oratorio (1° maggio 1851) 213
7. Relazione dell'economo generale Ottavio Moreno a favore di don Cocchi, don Bosco e teol. Saccarelli 214
8. Nomina di don Bosco a direttore capo degli oratori torinesi (31 marzo 1852) 217
9. Circolare e programma delle Letture cattoliche 219
TAVOLA CRONOLOGICA DEGLI ANNI COPERTI DALLE MEMORIE
DELL'ORATORIO 222
INDICE DEI NOMI 225