ANNALI
DELLA
SOCIETÁ SALESIANA
Annali Società Salesiana Vol. II. Don Rúa 1888 1898Sac. EUGENIO CERIA
ANNALI
DELLA SOCIETA SALESIANA
VOLUME SECONDO
IL RETTORATO DI DON MICHELE RÚA
Parte I
DAL 1888 AL 1898
SOCIETÁ EDITRICE INTERNAZIONALE
Annali Società Salesiana Vol. II. Don Rúa 1888 1898PROPRITETA. LETTERARIA RISERVATA ALLÁ SOCIETA EDITRICE INTERNAZIONALE DI TORINO
RISTAMPA APRILE 1965 - (M. E. 34912) OFF. GRAF. S.E.I.
Annali Società Salesiana Vol. II. Don Rúa 1888 1898AL REVERENDISSIMO
DON PIETRO RICALDONE
QUARTO RETTOR M A G G I O R E
DELLA SOCIETÁ SALESIANA
NEL SUO GIUBILEO D'ORO SACERDOTALE
27 MAGGIO 1943
P R I M O D E V O T O T R I B U T O
DELLA T I P O G R A F Í A C A T E C H I S T I C A
DA Luí CREATA
SUL COLLE S. GlOVANNI BOSCO
Annali Società Salesiana Vol. II. Don Rúa 1888 1898PREMESSA
Le pagine di questo volume furono scritte durante un periodo
ben trágico per la nostra Societá. Sciagure, quali mai per Yad-
dietro, piombarono su Case e su Soci in vari continenti. Ai oan-
dalismi e agli eccidi terribüi, sofferti gia dai nostri nella Spagna,
tenevano dietro confische, arresti e víolenze in piú partí dell'Eu-
ropa, fino ai posteriori campi di concentramento anche nell'África
e nelVAsia; poi vennero i barbari, feroci bombardamenti aerei sopra
cuta italiane ed estere. In simili trambusti potevano naufragare il co-
raggio e la costanza; invece la parola d'ordine di non abbando-
nare le posizioni é stata con ogni buon oolere e a costo di enormi
sacrifici rispettata, quanto, ben inleso, fu possibile nel far fronte agli
avvenimenti.
Oltre a ció, un fatto, del quale siamo direttamente testimonia
merita qui di essere segnalato, ed é ¡'agilita e la fermezza nel te-
ner testa a situazioni non solo ardue, ma affatto nuove. Parlo dei
luoghi, dove la vita di grandi collegi era diventata assolutamenté
impossibile. Erano e sonó tremende minacce diurne, ma piú spesso
notturne, di aeroplani nemici, che ¡anciano dalValto indistintamente
su tutu gli edifici grandini di spezzoni incendiari e uragani di bombe
dirompenti. Orbene, prima che nessun esempio oenisse da altre partí.
Don Ricaldone presentó un piano, diró cosi, di mobilitazione, che per-
mettesse di continuare ¡a regolarilá della vita in localitá lonlane da pe-
ricoli; ed é beUo oedere ivi i nostri giovani adattarsi con i propri
V I I
Annali Società Salesiana Vol. II. Don Rúa 1888 1898Premessa
educatori alia rinuncia delle comodita godute per Vaddietro, atten-
dendo con non scemato ardore ai loro studi.
Per questo r i guardo, l'Oratorio di Valdocco merita di essere se-
gnalato in modo speciale. Gli studenti, rinuiati da prima alie fa-
miglie e poi tostó invitati a tornare per trasferirsi alia Scuola Agrí-
cola di Cumiana, disposta, pur con disagio, a ospitarli, risposero
quasi tutti con prontezza e gioia alia chiamata. Ma restavano gli
artigiani, per i quali non si potevano certo trasportare fuori di tiro
i laboratori. Si fece dunque sapere che, quanti non dimoravano trop-
po lungi da Torino, sarebbero potuti venire a riprendere i loro corsi,
recandosi in citta la mattina e ripartendone la sera. Piú di due-
cento, anche da punti abbastanza remoti, aderirono, sottoponendosi
volentieri ai gravi incomodi dei quotidiani pellegrinaggi. Si alzano
per tempissimo, corrono a Valdocco e rientrano a casa tardi, viag-
giando in treni e in corriere, dove si sta stipati, letteralmente que-
sta volta, come acciughe in barile. Cosi passano le loro giornatel
nelVOratorio, utilizzando, come meglio possono, le ore.
Nei giorni festivi questi artigiani rimangono a casa loro; ma in
certe feste, invitati a venire per una Comunione genérale, accorrono
quasi tutti, e con non heve sacrificio, perché a motivo delle distanze
debbono prolungare fino a tarda ora il digiuno eucaristico.
Ma giova ripeterlo: quello che maggiormente consola é Vaffetto,
col quale qui e altrove i nostri cari allievi si stringono intorno ai
propri Superiori, sopportando aliegramenté condizioni di vita, che
non presentano davvero le attrattive materiali tanto desiderate dalla
loro eta. Non sara lecito ravvisare anche in tutto cid i frutti del si-
stema educativo infórmalo alio spirito di Don Bosco?
Ora eccoci a noi. Si comprendera sempre meglio la natura e I'ef-
ficacia di questo suo spirito, studiando a fondo la storia della So-
cieta da Lui fondata, il cui evolversi é quasi sopravvivenza della
sua vita. Lo tocchiamo quasi con mano nello studiare il tungo Ret~
forato di Don Rúa. Non occorrono adornamenti letterari, ma basta
lasciar parlare i fatti. Per non pochi le cose nárrate in questa par-
te dei nostri " Annali" saranno una vera rivelazione. Di Don Bosco
fu scritto tanto che si stenta quasi a trovare delVinedito anche per
VIII
Annali Società Salesiana Vol. II. Don Rúa 1888 1898Premessa
quello che si riferisce alie uicende della sua Congregazione; nui al-
Voperosita spiegata dal suo Successore nel reggere la Societá man-
cava finora una sintesi che permetíesse di ahbracciarla con un colpo
docchio tutta quanta, per non diré che gran numero di particolari
non era ancora venuto in luce. Ordinare una narrazione completa
delT'attivitá di Don Rúa nel governo della Congregazione é il com-
pito assegnatoci per questo seguito della nostra storia.
Divideremo la materia in due volumi, il primo dei quali andrá
dal febbraio del 1888 a tutto il 1898, e il secondo dal 1899 al marzo
del 1910, il mese e Vanno che segnarono il termine della laboriosa,
feconda e santa esistenza di Colui, che sará il protagonista del rac-
conto.
11 Reltorato di Don Rúa si svolse in tempo abbastanza lontano
da noi perché non torni troppo malagevole delineare la figura della
persona e tracciare il disegno dell'opera, inquadrate nella cornice
di quei ventidue anni, che rappresentano non solo un determinato
spazio cronológico, ma anche il progressivo sviluppo di unazione
sotio una forma caratteristica, improntata su quella di Don Bosco e
destínala a serviré di modello in ogni tempo,
Nulla sará mulato dal método seguito nel precedente volume,
rinviando al quale si userá il puro titolo di " Annali" senza Vag-
giunta di " volume primo ". Non si pensó a metiere tale indicazione
sul frontispizio di quelli, perché non si aoeoa in mente di dover
daré principio a una serie. Invece bisognó riprendere la penna per
continuare la fática senza piü interromperla, finché piaccia a Dio
di concederé vita e vigore e non suoni quindi Vora di cederé il po-
sto a chi saprá fare di meglio.
Torino, 20 marzo 1943.
IX
Annali Società Salesiana Vol. II. Don Rúa 1888 1898Annali Società Salesiana Vol. II. Don Rúa 1888 1898C A P O I
II primo Successore di S. Giovanni Bosco.
Nelle Congregazioni religiose il succedere ai fondatori non suol
essere cosa tanto facile, specialmente perché d'ordinario i fondatori
con l'autoritá ginridica recano puré in fronte un'aureola morale
che trascende e s'impone* Prendere poi il posto tenuto per pin
di nove lustri da un luminare come Don Bosco, cosi dotato di
rare qualitá naturali. cosi adorno di virtú acquisite, cosi ricco di
doni infusi, cosi conosciuto e ammirato in tutto il mondo, era cosa
veramente da far " tremare le vene e i polsi. " Eppure nel momento
della successione si avveró alia lettera ció che il Cottolengo aveva
fatto rilevare al Re Cario Alberto. II buon Sovrano, durante un'u-
dienza accordata al padre dei poveri, si mostrava impensierito per
quello che sarebbe potuto accadere della grande Opera di lui dopo
la sua morte. II geniale Servo di Dio, osservando dalla fínestra
il cambio della guardia sul portone del palazzo: — Ecco, Maestá,
disse, alia mía morte avverrá quello che succede laggiú adesso.
Un soldato viene, un soldato va: Tuno si mette nel luogo delFaltro,
ed é tutto come prima. Cosi, morto io, la Provvidenza manderá al
mió posto un nuovo Superiore, e le cose andranno innanzi lo stes-
so. — Partito Don Bosco per l'eternitá, gli sottentró nel governo
della Societá Salesiana Don Michele Rúa senza che vi fosse rot-
tura di continuitá né si avvertisse scossa di sorta nelFandamento
genérale. Fu un semplice cambio della guardia.
II fatto poté sul principio destare meraviglia in chi, conoscendo
bene Don Bosco, non conosceva abbastanza Don Rúa, non in chi,
vivendogli da anni a Banco o essendo stato comunque a contatto
con lui, aveva avuto agio di misurarne gli alti valori nascosíi. Non
i
1
Annali Società Salesiana Vol. II. Don Rúa 1888 1898Capo 1
ci volle pero gran tempo, perché la sua luce risplendesse in faccia
a tutti. Apparve quasi luminosa stella polare, che, tramontato il
maggior astro, nel cui splendore aveva occultato i propri raggi,
brilla d'un tratto suU'orizzonte a gioia degli occhi e a guida sicura
dei naviganti.
Né poteva essere diversamente. Don Rúa non era un Rettor
Maggiore improvvisato. Tre cose lo raccomandavano: l'essere stato
uno dei primissimi a entrare nella Congregazione, l'avervi eser-
citato per lungo tempo uffici di preminenza, e il godere l'univer-
sale fiducia dei Soci. Appunto per questi motivi, su proposta di
Don Bosco, era stato dal Papa designato alia successione (1).
Nato nel 1837 e rimasto orfano di padre nel 1845, incontró nel
1847 Colui che doveva essergli nuovo padre, e che era sul punto
allora di daré umile cominciamento alia grande sua Opera. Assiduo
all'oratorio di Valdocco, entró alunno interno nel 1852 per non allon-
tanarsi quasi piü dal fianco del Santo. Nel 1860 ricevette l'ordina-
zione sacerdotale; nel 1863, mandato a dirigere il primo Collegio
salesiano a Mirabello vi guadagnó in due anni la stima e l'affetto
di tutti. Richiamato accanto a Don Bosco nel 1865, vi esercitó Fuf-
ficio di Prefetto della Societá fino al 1885, quando venne dalla
Santa Sede nominato Vicario del Fondatore e designato a succe-
dergli. Queste sonó le date piú salienti della sua vita anteriore.
Ma quello che piü conta é la forza con cui l'anima del giova-
netto Michele Rúa si sentí irresistibilmente attratta dall'anima di
Don Bosco. Era una santitá in boccio che cercava per sopranna-
turale istinto il suo appoggio in una santitá adulta. Don Bosco,
che diede tante pro ve di vedere nel futuro, previde forse alcun
che di ció che doveva aspettarsi da quel fanciullo? Parrebbe di
si. I piú anziani della Congregazione sapevano di un gesto mi-
sterioso fatto ripetute volte dal Santo dinanzi al piccolo. Quando
altri ragazzi, e Rúa con essi, gli chiedevano un'immagine o una
medaglia, agli altri la dava, ma verso di lui stendeva la palma
della mano sinistra e facendo atto di tagliarla nel mezzo con la
(1) Verbali del Cap. Sup., 24 sett. 1885, Lett. dei Capitolari al Card. Protettore, 9 febbr. 1888
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Annali Società Salesiana Vol. II. Don Rúa 1888 1898// primo Successore di S. Giovanni Bosco
destra a coltello e offrendogli la parte recisa: — Prendi, Miche-
lino, gli diceva, prendi. — II fanciullo, avvezzo a osservare e a
riflettere, avrebbe voluto indovinare il perché della cosa, ma non
vi riusciva, né ardi mai interrógamelo fino all'ottobre 1852 dopo
la vestizione chiericale. Allora pertanto, avendo giá molía confi-
denza con lui, gli rammento quell'atfo e gliene chiese umilmente
il signifícalo. Don Bosco, che se ne ricordava benissimo, gli rispóse:
— Intendevo dirti che con te un giorno avrei fatto a meta. — L'e-
nigma non si chiari ancora, se puré non si fece piú oscuro nella
mente deH'umile chierico. Bisognava pazientare e aspettare la spie-
gazione dai fatti.
Non certo un semplice sentimento, paterno da un lato e filíale
dall'altro, era il vincolo che stringeva le due anime. Se nel gio-
vane agiva la comprensione precoce e la profonda venerazione del-
l'Uomo di Dio, Don Bosco dal canto suo, in quell'anima eletta
scorgeva Índole felice e candore d'innocenza; onde si venne for-
mando fra loro una reciproca fusione di spiriti, che a poco a poco
doveva far vi veré il primo per il secondo e il secondo non mai
senza il primo.
Mi spiego. Chierico, Prete, Direttore, Prefetto della Societá, Vi-
cario Genérale, Don Rúa ebbe costantemente un'unica linea di con-
dotta: ben intendere e ben eseguire in tutto e per tutto il pensiero
di Don Bosco senza mai permettersi di fare a suo talento. Raro,
rarissimo il caso di un uomo che, pur possedendo si grande capacita
di lavoro, di azione e di governo, si riduca a spogliarsi in simil
guisa delle proprie vedute per adottare le vedute altrui. Don Bosco
osservava, ringraziava il Signore e in date circostanze esprimeva
a comune edificazione quali fossero i sentimenti che nutriva verso
il provvidenziale suo primo aiutante. Disse varié volte (1): «Se Dio
mi avesse detto: " Immagina un giovane adorno di tutte quelle
virtü e abilitá maggiori che tu potresti desiderare, chiedimelo e io
te lo daró ", io non mi sarei mai immaginato un Don Rúa. » Non
basta. Un giorno a Lanzo in presenza di parecchi disse con la sólita
(U Lo di>se al chierico Costamagna, che lo riferisce in Conferencias, Santiago, 1898. Pag. 22.
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Annali Società Salesiana Vol. II. Don Rúa 1888 1898Capo l
sua piacevolezza (1): «Se io volessi metiere un dito sopra Don
Rúa in un puntó, ove non vedessi in lui la virtú in grado perfetto,
non lo potrei fare, perché non saprei dove posarlo. » Massimo segño
di fiducia gli diede sul tramonto della vita, quando, invitato dal
Papa Leone XIII a indicargli un soggetto da potersi nominare suo
Vicario Genérale con diritto di successione, egli non esitó un istante
a fare il nome di Don Rúa, come abbiamo narrato altrove (2).
Dopo tali precedenti non é da stupire, se la successione venne
accolta universalmente con plauso. Sorsero bensi le due difficoltá
esposte nei luoghi citati, ma una fórmale, la irreperibilitá del de-
creto riguardante la successione, e l'altra sostanziale, il disegno di
aggregare la Congregazione ad un'altra affine, dubitandosi a Roma
della sua vitalitá dopo la scomparsa del fondatore; má entrambe
iuroño risolte in un batter d'occhio, sicché i Soci non n'ebbero
nemmeno sentore e appresero i fatti molto tardi dalle Memorie
Biografiche.
Ho detto la scomparsa di Don Bosco; ma l'ho detto perché cosi
si suol diré. Non cadremo nella pia esagerazione di chiamare Don
Rúa un altro Don Bosco: troppo ci sarebbe voluto a fare un se-
condo Don Bosco. Don Rúa fu una luminosa figura senza dubbio;
ma la luce propria avvivó nella luce di Don Bosco, la quale non cessó
di far risplendere agli occhi di tutti. Fuori di metáfora, egli visse in
pieno per sé e mantenne vivo nella Congregazione quello che di Don
Bosco era piü vítale, cioé il suo spirito, tanto da produrre l'impres-
sione che Don Bosco non fosse morto. Don Rúa non creo nulla di
nuovo; il creare fu compito del fondatore. II suo genio lo portava
invece a organizzare, e organizzó a meraviglia, consolidando, e svi-
luppando, come vedremo, le opere lasciate da Don Bosco.
Con quali sentimenti Don Rúa si fosse accinto a raccogliere Tere-
dita lasciatagli da Don Bosco, ce lo fece conoscere egli stesso in una
Circolare del 31 gennaio 1907, la dove, atto piú único che raro nella
sua vita, credette bene di sollevare un lembo del proprio interno.
(1) AMADEI, // Seroo di Dio M. R., vol. I, pag. 252
(2.» Annali delta Socieiu Salesiuna dalle origini alia rnoríe di S. G. B., pp. 525-33. Mern. Biogr..
vol. XVUI, pp. 614-19.
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Annali Società Salesiana Vol. II. Don Rúa 1888 1898II primo Successore di S. Giouanni Bosco
Prendendo le mosse dalla data del suo scritto, dopo avere breve-
mente esordito, continua va:
ínsieme col 31 gennaio ricordo anche sempre co¿n ¡'animo' commosso quel-
l'altro giorne in cui, per non resistere alia manifesta volontá di Dio, mi fu
giocoforza piegar la fronte ed assumere il governo della nostra Pia Societá.
Oppresso da un peso che sembrava dovesse schiacciarmi, che poteva io fare
di meglio, che gettarmi come un bambino nelle braccia del nostro venerato Padre
Don Bosco e chiedergli quella forza che sentiva mancarmi? Prostrato infatti da-
vaiiti alia fredda sua salma, piansi e pregai lungamente. Gli parlai con la intima
persuasione ch'egli mi ascoltasse; gli coníidai tutte le mié ambasce, come le
mille volte aveva fatto quando egli ancora in vita dimorava fra noi ed io
a ve va la bella sor te di vivere al suo fianco. Mi parve che egli con la dolcezza
della sua parola, col mite suo sguardo sciogliesse le mié difficoltá, infondesse no-
vello coraggio alio sfiduciato mió cuore, mi promettesse il suo valido appoggio.
Egli é certo che mi alzai tutto mutato; torno la calma al mió spirito, mi sentii
abbastanza di vigore per abbracciare quella pesantissima croce, che in quel
momento veniva posta sulle deboli mié spalle.
Per diré tutta la veritá conviene che aggiunga che in ricambio feci al nostro
buon Padre solenni promesse. Poiché mi vedeva costretto a raccogliere la sua
ereditá ed a mettermi a capo di quella Congregazione, che é la piíi grande delle
sue opere, e che gli costo tan te fatiche e sacrifizi, gli promisi che nulla avrei
risparmiato per conservare, per quanto stava in me, intatto il suo spirito, i suoi
insegnamenti e le piú minute tradizioni della sua famiglia.
Ma come mai poté dunque accadere che in morte di Don Bosco
il Papa avesse un momento di sfiducia sull'avvenire della Societá
Salesiana e quindi sulla capacita di Don Rúa? Anzitutto Leo-
ne XIII, se aveva mostrato di comprendere la persona di Don
Bosco, tardó alquanto a valutare l'importanza e la consistenza della
sua Opera. Cominció a conoscere meglio questa, allorché da Governí
dell'America Meridionale e da rappresentanti della Santa Sede venne
ad apprendere quanto íossero in quei paesi apprezzate e deside-
rate le nostre scuole professionali. Riguardo poi al Successore de-
signato, bisogna tener presente che Leone XIII non aveva ancora
avuto occasione di formarsene un giusto concetto. Gli era stato pre-
séntate da Don Bosco nel 1887; ma l'esilitá della persona, la sem-
plicitá del tratto, l'umiltá del contegno, il parlare insignificante (la
circostanza e la brevitá del colloquio non permettevano manifesta-
5
Annali Società Salesiana Vol. II. Don Rúa 1888 1898Capo 1
zioni caratteristiche), glielo avevano fatto giudicare uomo di troppo
modeste attitudini per sostenere il peso della successione. Ma non
ando guari che il Pontefice ebbe a formarsi di lui un concetto
meglio rispondente alia realtá.
Non ho ancora accennato a una difficoltá d'altro genere, la
quale poteva pararsi dinanzi a Don Rüa neU'esercizio del Rettorato
supremo. Fino allora egli aveva fatto quelle che si dicono le parti
odióse. É incredibile la delicatezza da lui usata nel voler rispar-
miata a Don Bosco qualsiasi necessitá di ammonire, di riprendere,
d'intervenire insomma con atti che riuscissero per chicchessia o
in qualunque modo a detrimento della confidenza filíale verso il
padre comune. Ora questo non di rado obbligava Don Rúa a dover
contrariare i singoli o le comunitá ed anche a mantenere un'abi-
tuale riserbo, cose non fatte certamente per suscitare nei cuori vive
simpatie. Si deve puré aggiungere che il suo costume volgeva piut-
tosto all'austero. Pensava forse a tutto ció Don Bosco, allorché pochi
giorni prima di moriré, guardándolo con affetto, gli disse all'im-
provviso: — Fatti amare. — É probabile che non fosse assoluta-
mente necessaria a Don Rúa tale raccomandazione; ma certo la
parola del morente gli risonó all'orecchio come testamento sacro.
Ció non toglie tuttavia che non gli costasse qualche f ática Tin ve-
stirsi di quella amabile paternitá, nella quale parve di veder rivi-
vere la paternitá stessa di Don Bosco. Per chi seriamente vuole,
dove non arriverebbe la natura, arriva e sovrabbonda la grazia.
La trasfigurazione, chiamiamola cosi, di Don Rúa si riveló sú-
bito agli occhi dei Salesiani e dei Cooperatori. Quindi espresse il
sentimento unánime uno degli affezionati e generosi amici francesi
di Don Bosco, il Márchese Remo di Villeneuve-Trans, quando. nella
festa di Maria Ausiliatrice del 1889, disse alia presenza di cospicui
personaggi, assisi a mensa intorno a Don Rúa (1): «É la seconda
volta che noi celebriamo la festa di Maria Ausiliatrice senza Colui
che c'insegnó ad amare e serviré questa Madre divina. Ma io m'in-
ganno e mi correggo, perché abbiamo oggi due Don Bosco: quello
(1) G. B. FKANCESIA, D. Michele Rúa, S. Benigno Canavese, 1911 (2a cd.). Pp. H5-6.
6
Annali Società Salesiana Vol. II. Don Rúa 1888 1898II primo Successore di S. Giooanni Bosco
che é nel cielo, e piü potente che non fosse quando viveva fra noi.
e quello che é la sua vívente immagine e si trova qui in mezzo
a noi. »
Concludendo diremo che con il compito di daré soliditá stabile
ed estensione sempre maggiore all'Opera, Don Rúa sentí di avere
dalla Provvidenza anche la missione di radicare profundamente
negli animi lo spirito autentico del santo fondatore e di fissare
in maniera definitiva la genuina tradizione salesiana. Nulla gli raan-
cava per raggiungere felicemente lo scopo. Aveva conosciuto Don
Bosco nelle sue piü intime fibre; se n'era meritata la piena appro-
vazione nel suo modo abituale d'interpretare e di attuare il pen-
siero del Santo; ne aveva per lunghi anni rispecchiato in sé e
irradiato negli altri le intenzioni, le direttive, le forme di zelo e di
apostolato fin nei minimi particolari: nessuno dunque avrebbe potuto
far valere un'autoritá pari alia sua nell'esercizio di si importante
mandato. Lo f a vori in questo anche la non breve durata del suo
Rettorato: in ventidue anni ebbe tempo e agio di esplicare am-
piamente tutto il suo programma, come ci accingiamo a mettere
nella miglior luce possibile con la nostra storia.
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Annali Società Salesiana Vol. II. Don Rúa 1888 1898C A P O I I
Stato della Congregazione alia morte di Don Bosco.
Prima di procederé oltre sembra piú che mai opportuno daré
uno sguardo sintético alio stato della Congregazione nel 1888; si
avrá COSÍ un punto di partenza per giudicare dei progressi rag-
giunti sotto il Rettorato di Don Rúa. Cominceremo dal Capitolo
Superiore. Formato nel 1886 dal quarto Capitolo Genérale esso ri-
sultava composto nel modo seguente, com'é nel Catalogo:
Rettor Maggiore: Sac. RÚA MICHELE.
Prefetto: Sac. BELMONTE DOMENICO, Direttore dell'Oratorio Salesiano di
Termo.
Direttore spirituale: Sac. BONETTI GIOVANNI.
Ecónomo: Sac. SALA ANTONIO.
Consintiere: Sac. DURANDO CELESTINO, incaricato dell'ufficio di Prefetto.
Consigliere scolastico: Sac. CERRUTI FRANCESCO.
Consigliere professionale: Sac. LAZZERO GIUSEPPE, incaricato della corri-
spondenza per le Missioni.
Segretario: Sac. LEMOYNE Gio. BATTTSTA.
Circostanze particolari dell'Oratorio consigliavano di mettervi a
capo un Superiore di autoritá piú che ordinaria, quale era appunto
il secondo dei Capitolari (1). A Don Belmonte poi con l'altezza del
grado conferivano prestigio anche le esimie qualitá dellanimo. Com-
piuto il ginnasio nell'Oratorio e vestitovi 1'abito religioso nel 1863.
molto studio, lavoró moltissimo. Eccelleva nelle scienze fisiche e
naturali e in matemática. Diplomatosi nelle prime, le insegnó nel
liceo di Alassio. A vendo sortito da natura ottime disposizioni
all'arte dei suoni, fu buon maestro di música e piú che mediocre
(1) Di Don Belmonte scrisse una buona biografía Don CARINO {Cenni bio^uifici di D. B.,
sac. sul. Seconda cdiz Torino, 1907).
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Annali Società Salesiana Vol. II. Don Rúa 1888 1898Staío delhi Congregazione alia morte di Don Bosco
compositore. Quando venne innalzato alia seconda carica della Con-
gregazione, dirigeva l'ospizio di Sampierdarena. Assai vivace per Ín-
dole, apprese da Don Bosco soprattutto una calma imperturbabile e
un'incantevole amabilitá, unita a intimo spirito di preghiera. Nel di-
sbrigo delle sue molteplici occupazioni gli si assegnó come aiutante
Don Durando, giá suo predecessore dal tempo della nomina di Don
Rúa a Vicario.
NelYElenco Genérale dei soci per il 1889 la stessa pagina che
recava il quadro dei Capitolari, presentava a una certa distanza
tre indicazioni speciali. Direüore Spirituale Emérito ed Onorario:
Mons. GIOVANNI CAGLIERO, Vescovo di Magida, Vicario Apostólico
della Patagonia e Vicario Genérale per tutte le Case Salesiane del-
F America Meridionale. — Maestro de gli Ascritti: Sac. BARBERIS
GIULIO, Direttore della Casa di Valsalice. — Procuratore Genérale:
Sac. CAGLIERO CESARE, Direttore dell'Ospizio del Sacro Cuore di
Gesü a Roma.
Mons. Cagliero, fatto Vescovo, aveva lasciato vacante il posto di
Catechista Genérale. Essendovi ragione di temeré che il Governo
Argentino gli vietasse di porre la sua residenza nella Repubblica (1),
non gli si era dato un successore, ma soltanto un sostituto nella
persona di Don Barberis (2); dileguatisi poi i timori, il quarto
Capitolo Genérale elesse Catechista effettivo Don Bonetti, accla-
mando il Vescovo Catechista ad honorem. L'anno innanzi Don Bosco
gli aveva di moto proprio affidato un nuovo incarieo. L'America
aveva i suoi Ispettori; tuttavia il Santo per agevolare il disbrigo
degli affari in quelle remote región i, l'aveva nominato suo Vicario o,
piú esattamente, fino al 1888, Provicario di Don Rúa per tutte le
Case Salesiane di la (3). Piú tardi Don Lasagna, venuto a Torino,
fu incaricato dal Capitolo di « scrivere in articoli uno schema di
regolamento per le relazioni fra il Provicario e gli Ispettori Ame-
ricani» (4). Monsignore copriva puré la carica di Direttore Ge-
(1) Metn. Biogr., p. 312 segg.
(2) Verb. del Cap. Sup., 24 ott. 1884; 9 fcbbr. e 24 sctt. 1885.
(3) Lcttcre di Don Bosco a Don Costamagna c a Don Fagnano, 10 agosto 1885.
(4) Verb. del Cap. Sup., 20 ottobre 1886.
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Annali Società Salesiana Vol. II. Don Rúa 1888 1898Capo II
nerale delle Figlie di Maria Ausiliatrice, ael quale ufficio gli sot-
tentró Don Bonetti (1). Della condizione fatta allora al Maestro
degli Ascritti, si é detto nel precedente volume (2). Don Cesare
Cagliero, cugino del suo omonimo Monsignore, quando fu designato
a reggere la Procura, era Direttore di Valsalice (3). Succedette a
Don Dalmazzo, richiamato a Torino. Figlio dell'Oratorio, riuni nella
propria persona le tre cariche di Direttore, di Ispettore e di Procu-
ratore. Uomo di gran senno e di tatto finissimo, resé alia nostra So-
cietá segnalati servigi.
Veniamo ora alia statistica genérale dei Soci e delle Case, La
Societá contava nel 1888 professi perpetui 768, professi triennali
95, ascritti 276, aspiranti 181. I preti sommavano in tutto a 301.
Delle Case, quattro dipendevano direttamente dal Capitolo Su-
periore, cioé l'Oratorio e le tre di Valsalice, di S. Benigno e di
Foglizzo. Le altre si raggruppavano in sei Ispettorie, di cui quattro
nell'Europa e due nell'America.
Appartenevano all'Europa: I
o
L'Ispettoria piemontese. Ispettore
Don Francesia. Case secondo l'ordine cronológico della loro fonda-
zione: di Borgo S. Martino (succeduta a quella di Mirabello), Lanzo
Torinese, Mathi, Nizza Monferrato, Este, Penango, S. Giovanni
Evangelista, Mogliano Véneto. — 2
o
L'Ispettoria ligure. Ispettore Don
Cerruti, che continuó a reggerla fino al 1890, quando gli successe
Don Giovanni Marenco. Case di Varazze (trasportata da Cherasco),
Alassio, Sampierdarena, Vallecrosia, La Spezia, Lucca, Firenze. —
3
o
L'Ispettoria francese. Ispettore Don Albera. Case di Nizza, Mar-
siglia, Navarra, St. Cyr, Valdonne (cappella degli Italiani), La Ciotat
(cappella degli Italiani), Santa Margherita (Marsiglia), Lilla, Pa-
rigi. — 4
o
L'Ispettoria nominalmente romana. Ispettore Don Duran-
do. Case di Magliano Sabino, Roma, Faenza: piü, in Italia quelle di
Randazzo e di Catania, e, fuori d'Italia, quelle di Utrera, Barcel-
lona, Trento, Londra.
(1) Veri?, del Cap. Sup., 9 gennaio 1885.
(2) Annali, pagg. 195-6.
(3) Verb. del Cap. Sup., 24 agosto 1887.
10
Annali Società Salesiana Vol. II. Don Rúa 1888 1898Slato della Congregazione alia mor te di Don Bosco
Appartenevano aH'America: I
o
L'Ispettoria argentina. Ispettore
Don Costamagna. Case quattro a Buenos Aires (della Misericordia,
di Almagro, della Boca, di S. Caterina); una a S. Nicolás de los
Arroyos e una a La Plata. Ne dipendevano puré le Case del Vi-
cariato Apostólico della Patagonia (parrocchie e collegi a Carmen
de Patagones e a Viedma) e le tre Missioni di Santa Cruz, di Pun-
tarenas e delle Malvine nella Prefettura Apostólica di Mons. Fa-
gnano. Nella Terra del Fuoco, visitata a intervalli da Missionari,
non esistevano ancora residenze fisse. Alia medesima Ispettoria
erano annesse le due Case di Concepción e di Talca nel Cile. —
2
o
Ispettoria uruguaiana-brasiliana. Ispettore Don Lasagna. Case
di Villa Colon, Las Piedras e Paysandú nell'Uruguay: di Nictheroy
e S. Paolo nel Brasile. Piü la Casa di Quito nell'Equatore.
La mondiale rinomanza, che godevano le Opere di Don Bosco,
faceva supporre migliaia di operai con centinaia di fondazioni.
Invece i numeri che abbiamo visti, se si riguardano in sé, non erano
davvero stragrandi; ma bisogna mettere questi numeri in relazione
con le circostanze. Per non tener contó se non delle professioni per-
petué, Don Bosco aveva a' suoi ordini, fra Salesiani e Suore, piü
di novecento persone, distribuite in circa centodieci luoghi, per cin-
que Stati e su due Continenti. Orbene egli si creó tale famiglia reli-
giosa in tempi ávversissimi a simili istituzioni. Lo Stato italiano nel
suo formarsi le sopprimeva gradatamente, mirando con leggi dra-
coniane a impedirne il risorgere; nel che lo serviva una stampa
settaria, sempre in vedetta per denigrarle e stroncare qualsiasi ten-
tativo di rinascita. Eppure il Santo, scansando violenze ed eludendo
male arti, seppe trarre a se una si bella falange di volenterosi, che
sotto vesti nuove riproducevano la vita delle Istituzioni disperse.
Semplice prete e povero di mezzi materiali, si affidava alia Prov-
videnza, che egli serviva con tutte le forze delFingegno e del volere.
Ingegno sagace nel trovare e plasmare i soggetti che facevano per
lui, nell'escogitare espedienti contro minacce e assalti, e nel sol-
lecitare dalla carita del pubblico i sussidi necessari all'ardita im-
presa; volontá férrea di fronte agli ostacoli e invitta nel ripigliare
da capo ogni volta che un'iniziativa gli andava a vuoto. Sotto
11
Annali Società Salesiana Vol. II. Don Rúa 1888 1898Capo II
questo punto di vista i risultati numerici da lui conseguiti si deve
diré che hanno del prodigioso.
Ma qui é da cercare altro sotto il numero, che per sé varrebbe
poco; cío che vale é l'organizzazione. Poco giova l'accozzare per-
sone e il moltiplicare opere ove poi manchi la forza di coesione, che
faccia di tante membra un corpo solo, e se entro a questo corpo non
palpiti un centro di energia vitale, che lo mantenga in vigore e ne
promuova l'incremento. Ora qui soprattutto é da ammirare il sa-
piente lavorio di Don Bosco. Fin da principio non vagheggió castelli
in aria, ma si propose un piano ben definito, che venne via via
attuando in una coordinazione sistemática, meno apparente che rea-
le. Meno, anzi pressoché per nulla apparente agli stessi adepti nei
primordi della preparazione, ma resasi visibile ogni volta che lungo
il faticoso cammino il Santo riusciva a piantare una pie-tra mi-
liare; allora, chi volgeva lo sguardo indietro, scopriva come tutto
fosse stato fatto a ragione veduta per arrivare a quella meta. Ecco
perché al suo dipartirsi da questo mondo Don Bosco poté assi-
curare i suoi eredi e continuatori che per la Congregazione non
c'era niente da temeré: infatti egli le aveva dato una compattezza
orgánica, che l'avrebbe sicuramente mantenuta in essere ed una
possente vitalitá, íonte perenne di dinámica espansione.
, La sua ereditá spirituale passava dunque, ben assestata e ricca
di belle promesse, nelle mani dell'erede; ma che diré dell'ereditá
materiale? Vi furono giornali che, o per malignitá o per ignoranza,
lanciarono la notizia come qualmente il defunto avesse lasciato a
Don Rúa un'immensa fortuna; ma la veritá era ben diversa. Don
Bosco non aveva lasciato fondi, ma soltanto alcuni avvisi di carat-
tere económico, nei quali raccomandava fra l'altro queste quattro
cose: sospendere i lavori di costruzione, non " decantare " debiti, usare
comuni sollecitudini per pagare la successione, estinguere le passivitá.
Don Rúa si affrettó a comunicare queste raccomandazioni con la
clausola lacónica: «Tanto per norma a tutti i Salesiani e senza
commenti. » (1)
(1) Circolare 8. fcbbraio 1838.
12
Annali Società Salesiana Vol. II. Don Rúa 1888 1898Stalo della Congregazione alia morte di Don Bosco
Costruzioni. Gli incrementi edilizi dell'Oratorio, gli ampliamente
di Collegi salesiani e di Case delle Suore tanto in Italia che aH'estero
avevano inghiottito capitali, messi insieme per via di donazioni e
offerte, procuratesi da Don Bosco stesso o inviategli spontaneamente
da caritatevoli persone; ma allora la prudenza voleva che non si
ponesse mano per qualche tempo a lavori non urgenti. Urgeva solo
ultimare la chiesa e l'Ospizio del Sacro Cuore a Roma. É vero che
la fiducia genérale popolava di gioventú. gFIstituti maschili e fem-
minili e spingeva a ingrandire gli edifici; ma importava assai piü
per il momento pensare a un buon assetto delle opere esistenti,
COSÍ come si trovavano, senza dispendiose innovazioni. Tanto piíi
che, venuto a mancare Colui, il quale con l'illuminato consiglio e con
la mano soccorritrice arrivava a tutto, vi era da temeré che sce-
masse la beneficenza e si creassero rovinose situazioni finanziarie.
S'imponeva dunque una saggia economía. Senza diré che un pe-
riodo di maggior raccoglimento, libero da preoccupazioni del ge-
nere, appariva consigliabile anche per concentrare gli slorzi a ras-
sodare la formazione religosa de Soci (1).
Debiti. Con l'espressivo verbo " decantare" Don Bosco inten-
deva lo sciorinare clamorosamente in pubblico i debiti della Con-
gregazione alio scopo di far sorgere benefattori che aiutassero a
pagarli. Sarebbe stato un gettare il discredito su gli amministratori e
sul Superiore medesimo, quasi che egli avesse lasciato i suoi negli
imbarazzi per non aver agito con tutte le oculate cautele dettate
dalla prudenza. Don Bosco non pretendeva sicuramente che si
avesse paura di svelare le proprie necessitá; ma altro era esporre
bisogni, altro il rappresentare la Societá come oberata. É una cosa
qnesta che finisce con ingenerare sfiducia; onde a tanti, anziche
far aprire la borsa, la fa chiudere. In particolare, durante la malattia,
proibi perlino che dopo la sua morte si facessero conoscere esat-
tamente i grossi debiti gravanti sulla chiesa del Sacro Cuore a Roma.
Don Rúa nei Processi, accennando a tale proibizione, si limita a diré
(i) Le regolari autorizzazioni di fabbricazioni, demolizioni, compcre, permute e siutili, a ca-
rico della Societá, ricominciarono nel 1902 (Arch., 81-I1-F). Prima si autorizzavano soltanto lavon e
acquisti di poca cntitá c di impeliente necessitá.
13
Annali Società Salesiana Vol. II. Don Rúa 1888 1898Capo 11
che Don Bosco la fece " per vari motivi ". Si sarebbe forse poluto
sospettare che il danaro raccolto da molte parti per quell'impresa
fosse stato impiegato altrove o male amministrato, due dubbi poco ono-
revoli per la Societá. Comunque si fosse, egli assicuró il suo Suc-
cessore che la Provvidenza non sarebbe venuta meno per il com-
pimento di quell'Opera; e cosi realmente fu.
Successione. Le formalitá legali e gli oneri fiscali per la succes-
sione riguardavano soltanto l'Oratorio e altri immobili intestati a
Don Bosco. Non essendosi reso noto al pubblico l'ultimo testa-
mento, ignoriamo le disposizioni particolareggiate a questo riguardo.
Sappiamo únicamente che a prevenire eventuali sorprese e ad alleg-
gerire i pesi della successione Don Bosco riconobbe un suo debito
verso i prmcipali della Casa per servizi prestati e non retribuiti e
firmó un'obbligazione di pagamento da parte del proprio erede per
versamenti effettuati in sua mano di capitali a litólo di deposito.
Gl'interessati fecero tostó registrare legalmente i relativi documenti,
prendendo ipoteca sulFerede designato. Inoltre dichiaró con atto
légale depositi ricevuti da persone prívate e contrasse un prestito
bancario per centomila lire, ammortizzabili in cinquant'anni con
il solo pagamento dei frutti. Infine fece telegrafare a Villa Colon
e scrivere a Nizza Mare che si vendessero immediatamente da' suoi
procuratori legali quei due Collegi di sua proprietá a Societá Ton-
tinarie (1).
Passivitá. Sinónimo di debiti. Non decantare debiti non voleva
diré non darsi premura di pagarli. Ve n'erano di grandemente one-
rosi. Basti ricordare trentamila franchi per la casa di Ménilmon-
tant a Parigi e soprattutto le forti somme dovute per la chiesa del
Sacro Cuore a Roma. Allora si toccó con mano l'intervento della
Provvidenza. Per Parigi il danaro fu portato tutto in una volta
e a tempo giusto, da persona che volle mantenere l'incognito; per
Roma i soccorsi arrivarono in si gran copia che furon potute sbor-
sare, solo nel corso del 1888, ben 350.000 lire, somma che rappre-
senterebbe oggi il valore di circa due milioni e che in quei fran-
(1) Cfr. Annali, pag. 150 in nota.
14
Annali Società Salesiana Vol. II. Don Rúa 1888 1898Staio della Congregazione alia morte di Don Bosco
genti costituiva una passivitá enorme per la Congregazione. Era
poco piü che la meta del debito. Né le passivitá pesavano solo
sopra le Case d'Italia. Don Rúa scriveva a Don Cagliero il 4 ottobre:
« I nostri bisogni sonó immensi, anche le Case di Francia sonó
pressoché tutte in grandi necessitá ed io sonó in grande imbarazzo
per soccorrere alie piü urgenti.» Egli perció picchiava e faceva
picchiare alie porte della Divina Provvidenza. E alia Provvidenza
si andava incontro con la carita; onde al medesimo Don Cagliero,
desideroso di ripigliare i sospesi lavori dell'ospizio di Roma, rispóse
il 22 novembre che avrebbe dato il permesso, quando fosse piena la
Casa e sapesse che vi si avevano almeno cinquanta artigiani poveri o
quasi poveri. « Allora la Provvidenza non mancherá », soggiungeva.
Dopo la presentazione del nuovo Rettor Maggiore e dopo queste
necessarie premesse, entriamo ormai nel vivo della storia.
15
Annali Società Salesiana Vol. II. Don Rúa 1888 1898C A P O I I I
Primi atti del nuovo Rettor Maggiore.
Don Rúa entró ufficialmente in carica l'll febbraio 1888, giorno
in cui venne formato a Roma il decreto di conferma della sua no-
mina. Egli inauguro il proprio Rettorato con la visita di omaggio
al Vicario di Gesú Cristo (1). Partí con la massima sollecitudine
da Torino, ma dovette aspettare parecchio per avere l'udienza, es-
sendo il Papa molto occupato in ricevere coloro che giungevano a
Roma, attratti dal suo giubileo sacerdotale. Intanto, affezionato al-
líevo dei Fratelli delle Scuole Cristiane, ebbe la consolazione di as-
sistere in San Pietro alia Beatificazione del loro fondatore Giovanni
Battista de La Salle, celebratasi il 19 febbraio.
Fu ricevuto dal Papa la mattina del 21. Un'udienza privata
di Leone XIII non si dimentica piú neppure dopo lunghi anni.
QuelPaspetto fra maestoso e paterno, quegli occhi neri, vivi e pene-
trante que! diré misurato, grave ed espressivo ispiravano un misto
di riverenza e di confidenza, che, mentre non faceva moriré la pa-
rola sulle labbra a chi gli stava dinanzí, obbligava pero a riflettere
nel rispondere. Si usciva dalla sua presenza ammirati e soddisíatti.
II Pontefice accolse benignamente l'umile successore di Don Bo-
sco trattenendolo in vario colloquio, nel quale fra l'altro diede di-
rettive, fece un'importante dichiarazione e chiese notizie. Spigo-
liamo le cose piú notevoli.
Anzitutto disse che, continuando le sante imprese del fondatore,
si procurasse di assodarle bene; non si avesse quindi per qualche
tempo premura di estendersi, ma di sostenere e sviluppare le fon-
(1) Mem. Biogr., vol. XVIJI, pag. 619.
16
Annali Società Salesiana Vol. II. Don Rúa 1888 1898Primi atti del nuovo Retlor Maggiore
dazioni giá fatte. II consiglio rispondeva al preciso volere di Don
Bosco, il quale nel Promemoria del 1884 che doveva serviré dopo
la sua morte, aveva scritto: « É bene che almeno per un po' di
tempo non si aprano nuove case» (1). Poi il Papa soggiunse che si
procurasse di mandare nelle varié Case persone ben ferme nella
virtú; perció chi dirigeva il Noviziato attendesse alia riforma della
vita dei novizi. « Questi, osservó egli, portano con sé della scoria;
e quindi hanno bisogno di esserne purgati e venir rimpastati alio
spirito di abnegazione, di obbedienza, di umiltá e semplicitá e delle
altre virtú necessarie alia vita religiosa; e perció nel Noviziato lo
studio principale e direi único dev'essere di attendere alia propria
perfezione. E quando non riescono a correggersi, non abbiate ti-
more di allontanarli. Meglio qualche membro di meno che avere
individui che non abbiano lo spirito e le virtú religiose. » Anche su
di questo nel detto Promemoria Don Bosco raccomandava (2): «II
tempo di Noviziato per noi é come un crivello per conoscere il buon
frumento e ritenerlo se conviene. Al contrario si sarchi l'erba non
buona e quindi colla volva e colla gramigna si getti fuori del nostro
giardino. »
In principio e nel corso dell'udienza il Pontefice fece e ripeté
una dichiarazione della massima importanza sia per l'autoritá del
Capo della Chiesa che la proferiva, sia per il noto riserbo di
Leone XIII nella manifestazione del suo pensiero. Disse da prima:
< Don Bosco era un santo. » In seguito, essendo stata da Don Rúa
ricordata la devozione di Don Bosco al Papa, fatta palese ancora
sul letto di morte, il Papa ribadi: « Si vede che il vostro Don Bosco
era un santo simile in questo a San Francesco d'Assisi, che, quando
venne a moriré, raccomandó caídamente a' suoi religiosi di essere
figli devoti e sostegno della Chiesa Romana e del suo Capo. »
Infíne domando distinte notizie delle Case Salesiane, sofferman-
dosi con particolare interessamento sulle Missioni della Patagonia
e della Terra del Fuoco. Qui l'argomento lo portó a chiedere di
Mons. Cagliero, che, venuto in Italia per partecipare al giubileo,
(1¡ Mem. Biogr., vol. XVII, pag 260. Cfr. Circulare di Üon Rúa, 8 febbraio 1888
(2) loi, pag. 263.
17
Annali Società Salesiana Vol. II. Don Rúa 1888 1898Capo III
erasi provvidenzialmente trovato accanto a Don Bosco negli estremi
suoi giorni. Verso il termine dell'udienza il Papa disse, scandendo
le parole: « Tutto l'affetto e la benevolenza che portavamo a Don
Bosco, l'avremo per voi e per la Societá da lui fondata. »
Raggiante di gioia, Don Rúa, appena tornato all'Ospizio del Sa-
cro Cuore, stese una sommaria relazione dell'udienza e recátala
con sé a Torino, la fece stampare e nel giorno di S. Giuseppe ne
spedi copia a tutte le Case, accompagnandola con una circolare, la
prima che inviava nella sua qualitá di Rettor Maggiore.
La proclamazione della santitá di Don Bosco fatta dal Papa in-
coraggió Don Rúa a compiere i primi atti per l'introduzione della
Causa di Beatifícazione. II Card. Parocchi, protettore della Societá
Salesiana, erasi mostrato ancor piü esplicito del Papa, consigliando
di avviare súbito le relative pratiche presso la Curia arcivesco-
vile di Torino; anzi indirizzó Don Rúa da Mons. Caprara, Pro-
motore della Fede, o, come vulgarmente vien detto, avvocato del
diavolo, per avere da lui particolareggiate istruzioni in proposito.
Quegli lo soddisfece di buon grado, esibendoglisi anche per qual-
siasi occorrenza ed insistendo sulla necessitá di raccogliere senza
indugio il maggior numero di dati circa i miracoli ottenuti dai fe-
deli dopo la morte del Servo di Dio e di corredarli con tutti i mi-
gliori argornenti possibili (1).
Don Rúa adunque non pose tempo in mezzo. II 28 febbraio ri-
fen queste cose in Capitolo; quindi fu affidato, seduta stante, a
Don Bonetti l'incarico di redigere uno schematico riassunto dei fatti
e delle virtü di Don Bosco, procacciandosi notizie da quanti gliene
potessero fornire. Per agevolare la ricerca si deliberó d'interessare
a ció tutte le Case; il che fece Don Rúa nella circolare del 19 mar-
zo, esortando caídamente tutti i Confratelli a scrivere quanto essi
conoscessero di particolare sui fatti della vita di Don Bosco, sulle
sue virtú teologali, cardinali e morali, su suoi doni soprannaturali,
su guarigioni o profezie o visioni e simili, inviando poi ogni cosa
al Catechista Genérale. Conchiudeva avvertendo: « Per norma dei
(1) Lett. di Don Rúa a Don Bonetti, Roma, 20 febbraio 1888.
18
Annali Società Salesiana Vol. II. Don Rúa 1888 1898Primi aüi del nuovo Rettor Maggiore
relatori noto che a suo tempo essi potranno essere chiamati a pre-
stare giuramento su quanto riferiscono e perció raccomando la piú
grande fedeltá ed esattezza. »
L'invito ebbe larghissima eco nel mondo. Non passava quasi
giorno che non pervenissero relazioni di grazie straordinarie, ot-
tenutesi con preghiere rivolte a Don Bosco o per contatto di sue
reliquie. Commoveva poi il vero plebiscito di lodi alia santitá di
lui, né erano poche le insistenze da parte di persone autorevoli.
perché si mettesse presto mano alia Causa. Don Rúa si stimó in
dovere di accingersi all'impresa con la solerzia che la gravita del
negozio esigeva (1).
Intanto non pochi stupivano che in meno d'un anno dalla morte
di Don Bosco venisse Don Rúa facendo una, poi un'altra, poi una
terza spedizione missionaria, e quest'ultima piú numerosa di tutte
le dodici inviate dal Fondatore. Non si mirava ad aprire nuove
Case e residenze, il che sarebbe stato un andar contro al divieto
di Don Bosco, ma a rinforzare il persónate in quelle esistenti. Don
Bosco, spiegherá Don Rúa nella lettera di capo d'anno ai Coope-
ratori (2), « raccomandando che, avvenuta la sua morte, si sospen-
desse l'apertura di nuove Case, aveva escluso appositamente le Mis-
sioni estere, anzi aveva esortato tutti a sostenerle e promuoverle,
promettendo una speciale protezione di Maria Ausiliatrice a quanti
avessero cooperato in loro favore. » Piú che non di trovare i sog-
getti da mandare, si sentiva la difficoltá di raccapezzare le somme
necessarie per le spese dei viaggi e di tutto l'occorrente. Non c'era
altro mezzo che invocare la carita pubblica. A tal fine, anziché
redigere un appello suo, Don Rúa preferí diffondere nuovamente
quello diramato da Don Bosco nel novembre del 1887 (5), con una
sua lettera di accompagnamento, nella quale, in data 10 marzo, di-
ce va: «Chiamato dalla Divina Provvidenza alia grave responsa-
bilitá della direzione delle Opere del nostro compianto Fondatore.
non potrei far meglio che indirizzare alie anime caritatevoli la let-
(1) Cfr. Mem. Biogr., vol. XIX, p. 34 segg.
(2) Bollettino Salesiano, gennaio 1889.
O) Mem. Biogr., vol. XVIlí, pp. 429 e 785.
19
Annali Società Salesiana Vol. II. Don Rúa 1888 1898Capo III
tera medesima di colui, il quale s'é dato tutto peí bene morale e
materiale di centinaia e migliaia di poveri infelici. sparsi in di-
verse parti del mondo. I bisogni non sonó meno urgenti oggi, che
al momento in cui Don Bosco s'é visto nella necessitá di rivolgersi
alia carita dei cuori generosi. » L'effetto gli dié modo di constatare
come non fosse diminuito nel mondo il favore per le Opere di
Don Bosco; invero, rendendone contó nella mentovata circolare del
I
o
gennaio, dichiaró: «Le spese fatte pei viaggi dei Missionari e
per le necessarie provviste furono grandi; ma, debbo pur confes-
sarlo, la carita dei Cooperatori e delle Cooperatrici, specialmente
nell'Italia, nella Francia e nel Belgio, ci sorresse e confortó come
nei bei giorni deH'incomparabile Don Bosco. »
Si trovavano in Italia, oltre a Mons. Cagliero, anche i Missio-
nari Don Cassini e Mons. Fagnano, ognuno dei quali guidó, par-
iendo, un proprio drappello. Tre volte si ripeté in dieci mesi la
cerimonia dell'addio; eppure fu sempre assai numerosa la parteci-
pazione del pubblico. Piccola avanguardia, parti l'll marzo Don
Cassini con sei compagni, destinati all'Argentina e all'Uruguay. Lo
seguí il 30 ottobre Mons. Fagnano, conducendo seco un maggiore
stuolo di dieci Confratelli e cinque Suore, assegnati alia sua Mis-
sione della Patagonia Meridionale e Terra del Fuoco. Finalmente
il 7 gennaio 1889 venne Ja volta di Mons. Cagliero, a capo di trenta
Salesiani e venti Figlie di Maria Ausiliatrice. Aveva egli percorso
molte cittá d'ltalia e dell'estero, suscitando, ovunque giungesse,
caldo entusiasmo per le Missioni di Don Bosco (1). Sul punto di
lasciare l'Oratorio e l'ítalia, parló ascoltatissimo nella chiesa di Ma-
ria Ausiliatrice ai Torinesi, indi in quella di S. Siró ai Cooperatori
genovesi. Aveva una sua eloquenza senza fronzoli. ma a impeti,
e assai pittoresca, che faceva grande effetto. Dall'udienza pontificia
avuta il 22 marzo porta va scolpite in cuore le parole con cui i I
Papa, ricordando la figura di Don Bosco, erasi compiaciuto di ri-
(1) Lett. a Don Barberis, Licgi, 4 diccnibre 1388: < Domani partiamo per L.ille e súbito dopo per
Parigi e dopo I'Immacolata per Torino. Le principali cittá del Belgio visítate saranno in futuro il
nostro sostegno. > Poi, alludendo a' suoi < cari Americani >, cioé ai nuovi Missionari che sarebben»
andati con lui: < Raccomanda a tutti che in questa solennitá di Maria limnacolata domandino la
grazia di essere veri missionari, santi missionari e perseveranti missionari. >
20
Annali Società Salesiana Vol. II. Don Rúa 1888 1898Primi Mi del nuovo Relíor Maggiore
levare come continuasse dopo la morte del íondatore Funione am-
mirabile fra i Soci (1).
Un atto importante, che interessava tutta la Congregazione,
poté compiere Don Rúa nel primo anno del suo Rettorato. Se una
Congregazione religiosa si paragona a un edificio, non le deve man-
care quella parte che ne rappresenti il tetto. Come un palazzo che
abbia i suoi muri e le sue volte senza il coronamento del tetto non
offre bastante riparo a chi vi abita, cosi la Societá Salesiana, só-
lidamente eretta su buone basi e ben sistemata nel suo interno, non
avrebbe assicurato a' suoi membri tutta la possibilitá di vita e di
azione senza la salvaguardia dei privilegi. Va sotto questa deno-
minazione tutto un insieme di facoltá, favori e grazie, soliti a con-
cedersi dalla Santa Sede agli Istituti religiosi, i cui adepti. essendo
sparsi in diócesi e Stati diversi ed anche assai lungi dal centro
o in Missioni remotissime, hanno bisogno di tali mezzi, che ne man-
tengano l'unitá di spirito, agevolino loro il disbrigo degli affari e
ne tutelino la liberta. Ecco perché la Chiesa largheggió sempre con
i religiosi sodalizi in esenzioni dal diritto comune e nella conces-
sione di altre prerogative, conformi alia natura e alio scopo di ogni
lstituto, ed ecco perché Don Bosco, date le Rególe a' suoi, orga-
nizzata la famiglia e avutane l'approvazione apostólica, sollecitava
da Roma tale compimento dell'opera. Quanto egli abbia fatto per
conseguiré l'intento, é stato narrato altrove (2); ma, ottenuta lo co-
municazione ufficiale dei privilegi e incaricato il suo segretario per-
sonale di allestirne l'edizione autentica, non arrivó in tempo a ve-
dere la pubblicazione, perché la preparazione richiese lungo la-
voro, sicché la stampa non fu terminata se non nel giugno del
1888 (3). Toccó dunque a Don Rúa la gioia di farne la presenta-
zione ai Soci. La fece con lettera latina dell'8 giugno, nella quale
dichiarava: «Prima di licenziare il volume per la stampa, lo sotto-
(1; Boíl. Sal., maggio 1888.
(2) Mem. Biogr., voll. XI-XVII passim. Cfr. anche S. Giooanni Bosco nella Vita e nelle Opere,
p. 293 sgg.; Annali, p. 473 scgg.
(3; Elenchus privilegiorum, seu facultatum eí gratiarum spiriíualium, quibus poiitur Sociefas
S. Francisci Salesii, ex S. Sedis Apostolicae roncessionibus direcíe, et Congregationis SS. Redem-
píoris communicalione. S. Benigni in Salassis, MDCCCLXXXVIII.
21
Annali Società Salesiana Vol. II. Don Rúa 1888 1898Capo 111
posero a rigorosissimo esame vari teologi della nostra Congrega-
zione, che attestarono nulla contenervisi di censurabile, ma tutto
essere ivi conforme alie leggi della Chiesa e alie analoghe conces-
sioni apostoliche in favore di altre Congregazioni religiose. » Ingiun-
geva poi severamente di non prestare il volume a estranei e di non
lasciarlo mai in giro; nel caso di contestazioni con Ordinari locali,
i Direttori agissero sempre d'intesa con i relativi Ispettori, e nei
dubbi si ricorresse al Rettor Maggiore. Ne mandó copia ai solí
Tspettori e Direttori. Esiste una sua minuta, della quale si serví chi
compiló il testo della lettera latina. Ne fo menzione, perché si legge
in essa una frase, di cui il traduttore non tenne contó: Don Rúa
chiamava i privilegi un " regalo della divina bontá ".
Quell'anno Don Rúa continuó una tradizione e sanci una no-
vita, alie quali guardava in qualche modo tutto il mondo sale-
siano. Coloro che ragionavano con mentalitá sorpassata, gratifica-
rono talvolta i Salesiani del titolo di festaioli. É vero, Don Bosco
amó e fece amare le belle feste nelle sue chiese e ne' suoi col-
legi; ma e anche vero che le feste, celébrate com'egli usava e in-
segnava, producevano frutti di benedizione e costituivano un ele-
mento prezioso della sua pedagogía. Lasciando stare le feste li-
turgiche e altre ordinarie e straordinarie, due emergevano su tutte
per la loro annua e larga ripercussione, sicche appartengono alia
tradizione storica della Societá: la solennitá di Maria Ausiliatrice
e l'onomastico di Don Bosco. II 24 maggio suscitava un movimento
grandissimo di anime, infervorandole nella pietá, e il 24 giugno toe-
cava un'infinitá di cuori. Ma in ambe le occasioni campeggiava la
figura di Don Bosco: di Don Bosco sacerdote con le sue benedizioni
apportatrici di conforti e di grazie nella prima, di Don Bosco edu-
catore e benefattore della gioventu nella seconda. Ma dopo, scom-
parso lui dalla scena, che ne sarebbe avvenuto?
II ritornare delle due date lo rivelarono. Nel giorno di Maria
Ausiliatrice Don Bosco era ancora negli occhi di tutti; eppure i
fedeli si accalcarono da mane a sera intorno a Don Rúa nella sa-
grestia per ricevere da lui, come giá da Don Bosco, la benedizione
e per implorare una sua preghiera nei loro bisogni, e i Cooperatori
22
Annali Società Salesiana Vol. II. Don Rúa 1888 1898Primi atti del nuovo Rettor Maggiore
lo assediavano fuori per diré e ascoltare una parola, come sole-
vano fare prima. II Successore del Santo aveva nel viso, nel tratto,
nell'accento qualche cosa che elevava, spirando dall'esile persona
un'aura di serenitá e di pace, donde traspariva l'uomo di Dio, ben
degno del Grande che l'aveva preceduto. Nulla s'arrestó, nulla s'ir-
rigidi, ma continuó il ritmo caldo e crescente, come per l'addietro,
sicché la festa di Maria Ausiliatrice si affermava sempre meglio
quale una delle maggiori e piü popolari Istituzioni salesiane.
Piü difficile invece parrebbe, per non diré impossibile, che so-
pravvivessero le manifestazioni devote e filiali, che nell'onomastico
di Don Bosco rallegravano tanto i cuori e facevano tanto bene ai
giovani. Ma non fu cosi, grazie a una forma escogitata dagli ex-al-
lievi dell'Oratorio. La festa di Don Bosco si svolgeva in due tempi.
La sera della vigilia e un po' anche la mattina appresso facevano
la loro comparsa gli ex-allievi con accademia e presentazione di
doní; nel pomeriggio del 24 si radunavano intorno al festeggiato
amici e benefattori in lieto trattenimentó: gli interni partecipa-
vano a tutto ed erano loro affidate> oltre alie declamazioni, le ese-
cuzioni musicali numeróse, varié e in parte nuove ogni anno. Non
si potrebbe immaginare nella vita di collegio una festa piü gio-
conda e piü desiderata. Durante l'anno di lutto sarebbe stata una
stonatura quella celebrazione, comunque la si potesse rinnovare,
quando non c'era piü il re della festa. Or ecco che gli ex-allievi
dell'Oratorio escogitarono il modo di perpetuare la dimostrazione,
dándole un carattere originale e geniale, che Don Rúa approvó, se
puré non ne fu egli stesso l'ispiratore. Riunitosi il loro comitato
nella casa parrocchiale di S. Agostino, dov'era párroco Don Fe-
lice Reviglio, il primo prete fatto da Don Bosco, si studió come
sarebbesi potuto d'allora in poi onorare la memoria dell'indimenti-
cabile benefattore e padre. Vennero ventilate diverse proposte: eri-
gergli un monumento, fare ogni anno una commemorazione o un
pellegrinaggio alia sua tomba, tenere un'accademia il 24 giugno,
formare di tutti gli ex-allievi dell'Oratorio una regolare associa-
zione con sede céntrale a Torino. Ma finalmente prevalse l'opinione
non potersi stabilire nulla di meglio che continuare l'annua di-
23
Annali Società Salesiana Vol. II. Don Rúa 1888 1898Capo 111
mostrazione del 24 giugno nella persona di Don Rúa con il ti-
tolo di " dimostrazione filíale alia memoria di Don Giovanni Bo-
sco". L'idea piacque umversalmente, sicché nel 1889 furono per
la prima volta associati nell'omaggio della riconoscenza Don Bo-
sco e il suo Successore anticipandosi la festa di S. Michele per unirla
a quella di Don Bosco. « E questo va bene, disse Don Rúa nell'ac-
cademia del giorno 23. lo sonó contento che non si perda T u s o di
festeggiare Fonomastico di Don Bosco. É mió vivo desiderio che
la sua memoria sia sempre impressa nei nostri cuori, e sonó contcn-
tissimo che si colga ogni circostanza che possa contribuiré a ren-
dere pin vivo il ricordo delle sue virtú.»
Qui sta bene cederé la penna a un testimonio oculare, che in
una corrispondenza privatissima cosi descrive (1): «Alia sera del
23 non ci accorgevamo neppure che mancasse Don Bosco. G!i stessi
pensieri nelle letture, gli stessi canti e concerti delle bande dell'O-
ratorio e di S. Benigno Canavese; lo stesso concorso di forestieri,
le rappresentanze degli oratorii esterni, della Societá Operaia Cat-
tolica di S. Gioachino e via. Alia mattina del 24 all'ora sólita
degli anni antecedenti entrarono in bel numero gli antichi allievi,
accompagnati dalla música, si raccolsero nella sólita sala e tennero
un discorso di ossequio al Sig. Don Rúa, precisamente come si
faceva per Don Bosco. Finita questa cerimonia, si portarono a Val-
salice per lo scoprimento solenne d'una bellissima lapide di marmo,
grazioso ornamento al sepolcro di Don Bosco, loro óbolo per l'anno
1889. L'accademia ad onore e memoria di Don Bosco nella sera del
24 ebbe un esito imponente peí decoroso contegno con cui vennero
ascoltati i componimenti ad hoc, tanto da parte degli interni quanto
dei numerosi esterni intervenuti.» Quel primo saggio dunque in-
contró talmente il favore di tutti, che la cosa si ripeté con immu-
tata sodisfazione genérale fin oltre al Rettorato di Don Rúa.
Restava da adempiere un desiderio di Leone XIII, espresso giá
a Don Bosco e poi di nuovo últimamente ripetuto a Mons. Mana-
corda. II Papa desiderava di vedere nella Congregazione Salesiana
(1) Lctt. di Don Lazzero a Mons. Cagliero, Torino, 3 luglio 1889.
24
Annali Società Salesiana Vol. II. Don Rúa 1888 1898Primi atti del nuovo Rettor Maggiore
un risveglio intellettuale mediante la formazione anche di uomini
che fossero eccellenti negli studi speculativi. Suggeriva perció di
mandare alcuni a Roma per frequentare l'Universitá Gregoriana (1).
Don Rúa decise di tagliar corto, secondando la volontá del Papa.
Quindi sul principio dell'anno scolastico fece inscrivere alia facoltá
teológica presso lo storico Ateneo Pontificio i due diaconi Giacomo
Giuganino e Angelo Festa, che andarono a prendere stanza nell'o-
spizio del Sacro Cuore. Corrisposero entrambi aU'aspettazione dei
Superiori. II primo, giovane d'ingegno e di virtú, si spense pur-
iroppo nel 1893 (2). Del Festa rimane il Manuale Bíblico del Vi-
gouroux, da lui ben tradotto e pubblicato in accurata edizione di
quattro volumi presso la Tipografía salesiana di Sampierdarena, In
seguito non solo non cessó piú l'invio di chierici alia Gregoriana
per lo studio della filosofía e della teologia, nía il loro numero crebbe
di anno in anno fino a toccare il centinaio. Da quelli che frequentarono
al tempo di Don Rúa, vennero fuori tre Vescovi e quattro Arci-
vescovi; spiccano su di tutti Mons. Piani, Delegato Apostólico alie
Filippine, e il Card. Hlond, Primate di Polonia.
L'ultimo atto pubblico di Don Rúa nel primo anno dalla morte
di Don Bosco fu la citata circolare del capo d'anno ai Coopera-
tori Salesiani e alie Cooperatrici. Ognuna di queste annue lettere
é per la Congregazione un documento storico da non doversi tra-
scurare. Oltre al giá detto, richiamano ivi la nostra attenzione due
particolari.
Sonó da notare anzitutto due periodi dell'esordio, dove, ringra-
ziando quanti avevano condiviso il lutto dei Salesiani per la irrepa-
rabile perdita, Don Rúa diceva: « In alcune famiglie, ricevuto il
doloroso annuncio, grandi e piccoli si son messi a piangere. come
se fosse morta la persona loro piü cara. In altre s'iñterruppe il
pranzo o la cena, si alzarono da tavola, e diedero in pianto dirotto.
Molte persone presero il lutto per piú mesi e si vietarono ogni diver-
timento. Le lettere poi di condoglianze, che mi pervennero in quei
(1) Verb. dei Cap. Sup., 21 ¿igosto 1888.
(2) Egli si fece súbito onore; infatti Don Rúa scriveva a Don Cagliero il 13 febbraio 1889: < Ci
rallegriamo tanto anche no¡ del trionfo riportato da D. Giuganino. »
25
Annali Società Salesiana Vol. II. Don Rúa 1888 1898Capo III
giorni, erano piene di cosi commoventi espressioni, che nel leggerle mi
si gonfiavano sovente gli occhi, e doveva piangere ancor io ed escla-
mare: — Oh caro Don Bosco, quanto mai tu eri stimato e amato
nel mondo! » Chi visse in quei giorni, puó attestare che qui non vi
é ombra di esagerazione.
In altro punto della lettera Don Rúa presentava ai Cooperatori
una proposta, anzi un proposito, meglio ancora un voto. Bisogna
ricordare le ore angosciose dei Superiori, quando si temeva di dover
portare la venerata salma di Don Bosco nel cimitero comune. In
quei trepidi momenti, mentre si mettevano in azione tutte le piú alte
influenze per iscongiurare il pericolo (1), la sera del 31 gennaio Don
Rúa ed i Capitolari fecero solenne promessa che, se Maria Ausilia-
trice concedeva la grazia di dar sepoltura alie amate spoglie nel-
l'Oratorio o almeno a Valsalice, ne avrebbero in ringraziamento de-
corata la chiesa (2). Era stato giá questo un disegno di Don Bosco,
il quale nel 1887 aveva interpellato un pittore e un decoratore, in-
vitandoli a fare gli studi opportuni. La chiesa ne aveva veramente
bisogno. Lasciata per un complesso di circostanze con una semplice
tinta, non appagava piü la pietá dei fedeli, che vi accorrevano anche
da lontano e la trovavano troppo inferiore alia fama. Ottenuta la
grazia, sorgeva il do veré di sciogliere il voto; Don Rúa dunque ne
informava i Cooperatori, dichiarando aperta una sottoscrizione col
titolo " Monumento al sacerdote Don Giovanni Bosco in Torino, ad
onore di Maria Ausiliatrice." Cosi contentava anche coloro, che lo
spingevano a iniziare invece una sottoscrizione per innalzare a Don
Bosco un monumento. « Avendo avuto, scriveva nella lettera, l'in-
vidiabile sorte di stare per tanti anni a flanco del sant'uomo, udirne
le parole, essere testimonio de' suoi pensieri e de' suoi desideri, io
sonó convinto che il monumento piü caro a Don Bosco si é di com-
piere il monumento, che egli stesso innalzó a Maria, rendendolo piü
adorno di pitture e di fregi, facendolo piü ricco di marmi e di ori,
piú degno di si eccelsa Regina. » Piovvero tostó le offerte, sicche
in breve tempo le decorazioni furono eseguite. Quanto pero si era
(1) Mem. Biogr., vol. XVIII, p. 562 segg.
(2) Verb. del Cap. Sup., 31 gennaio 1888.
26
Annali Società Salesiana Vol. II. Don Rúa 1888 1898Primi atii del nuooo Rettor Maggiore
lontani dagli abbellimenti ideati e intrapresi fra la Beatificazione
e la Canonizzazione di Don Bosco e non ancora condotti intera-
mente a termine! Oggi, si, la chiesa rifulge " d i marmi e di ori " e
risplende " di pitture e di fregi ". Quando la facciata armonizzerá con
1'interno, allora tutta la chiesa, in uesíiíu deaurato e circurndata va-
rietate, fará magnificamente onore alia Regina del Cielo, alia Ma-
donna di Don Bosco e anche a Don Bosco della Madonna.
Intanto si lavorava intorno a un altro monumento di piü mo-
deste proporzioni, ma assai bello e caro. Yeniva sorgendo sulla tomba
di Don Bosco una leggiadra cappella, dove sarebbe possibile, a quanti
lo volessero, fermarsi tranquillamente in preghiera. Don Sala, avu-
tone l'ordine da Don Rúa, vi attendeva con amorosa sollecitudine.
Appena n
?
era corsa la notizia, nacque una gara per contribuiré chi
in danaro, chi con gratuita prestazione d'opera, chi col dono di ma-
teriali. II pittore Rollini affrescó sopra all'altare una stupenda Pietá
e formó i disegni per la decorazione interna. Ne risultó un gioiello
di edificio, in uno stile agüe e armonioso, che, pur non avendo milla
di funéreo, infondeva un senso di mistico raccoglimento e faceva
pensare con mesto desiderio al grande sepolto. II sacro luogo fu inau-
gúrate da Don Rúa il 22 giugno 1889 alia presenza di duemila inter-
venuti. Quanti personaggi, quanta gioventü, quante schiere di pelle-
grini e quanti Salesiani vide in quarant'anni il bel mausoleo inginoc-
chiarsi a pregare, non si sapeva bene se per Don Bosco ovvero Don
Bosco stesso! Intorno al benedetto avello si svolgevano durante le
vacanze i principali corsi di esercizi spirituali, presieduti tutti da
Don Rúa, la cui parola faceva vibrare le anime con i ricordi vivi e
palpitanti degli esempi e degli insegnamenti paterni, da lui, piü che
semplicemente ridetti, santamente vissuti.
27
Annali Società Salesiana Vol. II. Don Rúa 1888 1898C A P O I V
Fondazioni del 1888 e '89 in Europa e nelFAmerica.
(Gevigney, Rossignol, Talca, Buenos Aires - La Boca, Montevideo, Terracina)
La santa morte di Don Bosco, richiamando l'attenzione di tutto
il mondo sulFUomo di Dio. dilató oltremodo la conoscenza delle sue
Opere; fiocóavano quindi numeróse a Torino le domande di fonda-
zioni. Di tali domande la massima parte non ebbe seguito; per pa-
recchie si avviarono allora le trattative, che furono i primi passi
a positivi risultati in anni piü o meno vicini; pochissime Case ven-
ñero aperte nel biennio 1888-89, senza pero contravvenire alia con-
segna di non aprime per qualche tempo, giacché o erano giá state
accettate da Don Bosco o sottentravano ad altre chiuse.
Col cominciare del 1888 principio a Gevigney presso Besangon
nel circondario di Vesoul (Haute-Saóne) un Orphelinat Willemot,
cosi chiamato dal nome di colui che fece la donazione. Doveva essere
Scuola agrícola. Per questo affare la corrispondenza durava dal 1885
con varia vicenda. Dopo il primo scambio di lettere i Superiori
parvero raffreddarsi, cosicché soltanto nel 1887 si giunse alia conclu-
sione. Forse si giudicava soverchia la quantitá dei terreni offerti, non
essendovi possibilitá di aliéname, finché vivesse il donatore; forse
anche non si vedevano di buon occhio alcuni gravami, per sé non
onerosi, ma suscettivi di divenirlo con l'andare del tempo. Stanco di
aspettare, il Willemot, che aveva giá licenziato i vecchi coloni, diede
in affitto per 18 anni due grandi poderi. Si ripiglió allora Paffare.
terminato con atto légale di donazione. Cosi il Willemot cedeva
91 ettari di terreno coltivabile parte a prato, parte a pastura, parte
28
Annali Società Salesiana Vol. II. Don Rúa 1888 1898Fondazioni del 1888 e '89 in Europa e nell America
a campo e parte a bosco, piü, naturalmente, alcuni edifici. Per Pim-
pianto avrebbe anticipato cinquantamila franchi. Don Bosco dal
canto suo si obbligava a fondare e sostenere un orfanotrofio a guisa
di colonia agrícola. Ma l'istituzione non era nata sotto buona stella.
Gravi dissensi resero impossibile la permanenza dei Salesiani, che
nel secondo anno si ritirarono. E fu un peccato, perché i giovani
s'incamminavano bene e a Vesoul Don Bosco e la Congregazione
godevano molte simpatie (1). A piü forte ragione Don Rúa avrebbe
potuto ripetere, dopo la chiusura, quello che aveva scritto dopoché
eransi interrotte le trattative: « En tout ceci il faut voir la main de la
Providence, qui n'a pas voulu donner a cette fondation Paccom-
plissement que vous et nous désirions. » (2)
Chiusa quella Scuola agrícola, alcuni del personale andarono a
inaugúrame un'altra. La signorina Luigia Jonglez aveva donato a
questo scopo 93 ettari di buon terreno in una localitá detta Rossignol,
territorio di Coigneux, distretto di Acheux, circondario di Doullens
(Somme). I Salesiani ne presero possesso 1'8 dicembre 1889 condu-
cendovi cinque orfani da Parigi. Gl'inizi della nuova Casa, intitolata
al Sacro Cuore, furono circondati da povertá piü che f rancescana.
La descrive cosi il Direttore Don Rivetti a Don Rúa: « Era tutte
le Case della Congregazione questa é certamente la piü simile alia
grotta di Betlemme. Nonostante pero la miseria, abbiamo passato
ieri la festa dell'Immacolata in santa allegria. Abbiamo per abita-
zione un edificio in rovina: vetri infranti, impannate rotte e fracide,
porte che non chiudono; nessun riparo dal freddo intenso con nevé
e vento da invernó alpino; non tavoli né sedie, solo qualche cassa o
asse per sedere. » Don Rúa, incoraggiandoli, osservava che i figli di
Don Bosco non vanno in cerca di comoditá e se manca il necessario.
si contentano egualmente. A tal vista i paesani, che avevano male
prevenzioni contro i Salesiani, quasi che venissero a far loro concor-
renza e a impoverirli, si convinsero presto che non avevano nulla da
temeré (3). Dio benedisse Popera, che si sviluppó e produsse un gran
(1) Lctt. del Direttore don Févre a Don Rua, Gevigney, 11 gennaio 1888 e 27 genn. 1889.
(2) Torino, 5 giugno 1885.
(3) Lett. di Don Rivetti a Don Rua, Rossignol, 9 e 20 dicembre 1889.
29
Annali Società Salesiana Vol. II. Don Rúa 1888 1898,V ..•V"«:, v'* ' Capo IV
" • •' • ' - • • ' ' ' * í *"
\-. bené. Nel 1900 giá cinque di quei giovani, deposta la vanga e ben
* preparati, avevano abbracciato lo stato ecclesiastico (1).
Ripete puré le sue origini da Don Bosco la seconda casa sale-
siana del Cile, cioé Tospizio di Talca, aperto pero dopo la morte del
Santo. La s'intitoló e s'intitola Escuela Talleres del Salvador, perche
era stato Ospedale del Salvatore l'edificio comperato e donato ai Sale-
siani dal Can. Vittorio Giulio Cruz (2). Don Bosco era molto cono-
sciuto e amato dai Cileni. Aveva contribuito assai a farvelo conoscere
ed amare il dotto Don Raimondo Jara, giá ospite dell'Oratorio, uno
dei predicatori stranieri nelle feste per la consacrazione della chiesa
del Sacro Cuore a Roma e allora Vescovo di Ancud. Mons. Cagliero,
che nella sua escursione apostólica del 1887 aveva toccato con mano
i bisogni del paese e aveva udito le implorazioni d'insigni personaggi,
se ne resé interprete poco dopo presso Don Bosco, caldeggiando la
creazione di opere salesiane in varié cittá della Repubblica; ma solo
per Talca riusci a strappargli fórmale promessa, ch'ei s'incaricó
poi di tener presente alia memoria di Don Rúa. I primi Salesiani
giunsero a Talca il 19 febbraio 1888: erano quattro con il Direttore
Don Domenico Tomatis, che seppe guadagnarsi súbito la stima e
la benevólenza dei cittadini e conquistare molte simpatie alia Con-
gregazione.
Della casa di Talca figurava proprietario Mons Cagliero; ma
qui conviene conoscere un precedente. Quando Monsignore arrivó
nel Cile, trovó giá pronto un decreto, firmato dal Presidente della
Repubblica, con cui si attribuiva alia Societá Salesiana il giuridico
riconoscimento come ente morale; da chi aveva sollecitato quell'atto,
si era creduto di rendere ai Salesiani un onore e un servigio. Ma il
Cagliero fece restare sospesa la cosa per interrogare prima i I Capi-
tolo Superiore, poiché sarebbe stata un'innovazione nella tradizione
della nostra Societá. Venuto poi nell'anno medesimo a Torino, pro-
pose la questione in un'adunanza presieduta da Don Rúa, essendo
giá Don Bosco infermo. II Capitolo deliberó di non accettare appro-
,_ (1) XXV.me Ánnipersaire de VCEuore de Don Bosco en France. Ñire. Impr. de la Soc fndu-
, .strielle, 1902, pp. 66-?.
(2) Cfr. Annali, pp. 605-7.
30
Annali Società Salesiana Vol. II. Don Rúa 1888 1898Fondazioni del 1888 e '89 in Europa e nelVAmerica ( 7¡>
vazioni legali, ma di attenersi al diritto comune, com'tóg
cato fino allora. Pochi giorni dopo Don Branda, Direttor^^Sk^ri^4^';*ffif
propugnó dinanzi al Capitolo la tesi del r i c o n o s c i m e n t o ^ l í ^ ^ f ^ ' i í ^
guardi del Governo spagnolo, disposto ad accordarlo; ma, nono-
stante le ragioni addotte dal proponente, anche in quel caso non se
ne fece nulla (1). E tale fu realmente sempre il pensiero di Don
Bosco (2).
A Talca tre mesi bastarono appena per ridurre a forma di col-
legio una parte dell'ex-ospedale. Scuole diurne e serali attrassero
buon numero di esterni; poi allestiti alcuni laboratori, cominciarono
le accettazioni di artigiani, i quali aumentavano di mano in mano
che si pote vano preparare posti. Solamente nel 1912 vi si associarono
studenti interni di classí elementan e di ginnasio interiore. Nel 1890
Mons. Fagnano, recatosi alia capitale del Cile per trattare col Go-
verno affari della sua Missione, da va queste notizie dei Salesiani di
la (3): «Sonó stato tre giorni in Concezione e quasi due in Talca,
consolandomi del bene che fanno i fratelli ed animandoci a vi-
cenda. »
Superiori ed alunni trovarono una vera mamma nella signora
Marianna Silva de Garcés, emula della carita di Donna Chopitea a
Barcellona. Al suo nome dopo la di lei morte, avvenuta nel 1923,
fu intitolato l'oratorio festivo, sorto per sua munificenza nel 1912
poco lungi dall'Istituto (4). La zelante benefattrice, visto che nel
Collegio l'oratorio stava a disagio per la ristrettezza del lócale, aveva
comperato un terreno nel borgo S. Gabriele e fattovi costruire chiesa,
scuole e altri ambienti, il tutto pero dipendente dalla direzione del
S. Salvatore.
Yolgiamoci ora dal Pacifico alie sponde dell'Atlantico. Nell'Ar-
gentina la parrocchia della Boca, la gloriosa conquista dei primi
Salesiani giunti a Buenos Aires, si ando arricchendo di opere be-
nefiche, le quali ne promossero i progressi religiosi, morali e sociali.<^tt^
(1) Verb. del Cap. Sup., 21 e 30 dicembre 1887. \ % ^ ^ 0 £ > \ Q l
(2) Cfr. Annali, p a{? . 364. o f A ^ S ^ (\0 " (\1
(3) Lett. a Mons. Cagliero, Santiago, 11 agosto 1890 ^ r > * Of\^ p f i l ^
(4) Prima di quella data Toratorio portava il nome di Don Andrea Belírámi. , t 3^ Q
V ^ 31
Annali Società Salesiana Vol. II. Don Rúa 1888 1898Capo IV
Certo, chi rivede oggi quel popoloso suburbio, distante tre chi-
lometri dal centro urbano, non lo riconosce piú; chi poi non vide
mai quale fu. non immagina che cosa sarebbe diventato senza lo
zelo infaticabile dei figli di Don Bosco e delle Figlie di Maria Au-
siliatrice (1). Queste ultime vi educano da piú di sessnnt'anni le
future madri di famiglia. Un collegio fondato per loro nel 1879 dal-
l'Ispettore Don Bodrato con l'aiuto dell'intraprendente Don Burlot
divenne tostó piccolo, sicché bisognó trasportarlo in un piú capace
edificio. Ma ivi puré i locali si rivelarono insufficienti e i padri di
famiglia che non vi trovavano posto per le figliuole, tempestavano
perché si provvedesse; onde Don Burloi nel 1888 arditamente pose
mano alia costruzione di un nuovo palazzo, prima che si sapesse
del divieto di costruire, e i lavori furono condotti con tale celeritá,
che nel 1889 s'inauguró l'attuale Collegio " Maria Auxiliadora",
focolare di vita intellettuale e religiosa per la gioventú femminile
del luogo. Nel mese di maggio PArcivescovo inizió dalla Boca la
visita pastorale delle parrocchie nella Capitale; in pochi giorni si
fecero 1700 comunioni. Un giornale cittadino (2) esprimeva cosi
l'impressione riportatane allora da chi conosceva il passato della Boca:
« fn altri tempi il solo nome della Boca faceva " tremar le vene e
i polsi " alie persone amanti del bene, tanto brutto ne era Taspetto,
covando nel suo seno esseri snaturati, nemici di Dio e della patria.
Ma che differenza adesso! la Boca di oggi non é piú la Boca di
ieri; essa é passata per una notevolissima trasformazione. »
Risale puré al 1889 l'inaugurazione di un Collegio per esterni
a Montevideo, capitale dell'Uruguay. Vi fioriva nella parrocchia della
Madonna del Carmine una pia Associazione di Signore, denominata
del Sacro Cuore di Gesü, la quale attendeva principalmente a pro-
muovere l'isíruzione religiosa della íanciullezza. L'íspettore Don La-
sagna formo di loro un Comitato, che, presieduto dal párroco Mons.
Stella, si adoperasse a cercare i mezzi per preparare la venuta
dei Salesiani nella cittá. Esse tanto fecero, che acquistarono un edi-
ficio, in cui, adattato un discreto lócale al culto, esposero alia vene-
(t) Cfr. Annali, pag. 258.
(2) La ooz de la Iglesia, 13 maggio 1889.
í2
Annali Società Salesiana Vol. II. Don Rúa 1888 1898Fondazioni del 1888 e '89 in Europa e nelVAmerica
razione dei fedeli la Madonna di Don Bosco. Fu un'idea felice.
La popolazione accorreva numerosa. Riattata a poco a poco e
arredata la casa e fornitala degli attrezzi scolastici, vi entrarono i Sa-
lesiani nel febbraio del 1889. Per trent'anni essi tennero i vi scuole
parroccliiali con circa 300 alunni del corso elementare, finché la
vecchia dimora, omai fatiscente, cedette il posto all'attuale Istituto
del Sacro Cuore di Gesú. Per lo spazio di sei lustri ebbero il van-
taggio di preparare solennemente ogni anno schiere di ragazzi alia
prima comunione, cosa nuova da principio, e che offriva il modo
di diffondere nelle famiglie il senso della pietá cristiana e la fre-
quenza ai sacramenti. Primo Direttore fu Don Giuseppe Gamba,
succeduto poi a Mons. Lasagna nel governo dell'Ispettoria. Figlio
delFOratorio e vissuto fino a tarda vecchiaia, é venerato come uno
dei Salesiani piü benemeriti, che Don Bosco abbia mandato nell'A-
merica Meridionale. Fu in gran parte per mérito suo quello che
scrisse fin dal 14 aprile 1889 a Don Rúa: « Non avrei mai immagi-
nato che la nostra Congregazione venisse a godere tanta simpatía
in Montevideo. Non ci conoscevano. 11 clero é nostro amico e ci
aiuta. Le cose nostre qui cambiarono faccia. Don Bosco deve aver
lavorato molto. »
Una nuova fondazione dovette nel 1889 la sua origine ad un
trasferimento. Ricordino i lettori le condizioni disagiate, per dir
poco, in cui lavoravano i Salesiani a Magliano Sabino (1), dove
dirigevano e amministravano il Seminario diocesano in nome del
Cardinale Vescovo e un annesso Collegio-convitto per contó proprio.
Malattie di Confratelli, crescente déficit finanziario per cause da
loro indipendenti, ostilitá del clero e da ultimo anche lo scarso o nes-
sun favore del nuovo Cardinale Vescovo Serafini, nativo di Maglia-
no (2), erano tanti motivi che giá nel 1887 sembravano consigliare
il ritiro dei nostri (3).
Mancavano pero due anni alio spirare della convenzione; quindi
si cercó di barcamenarsi alia meglio fino al 1889. Allora dopo una
(t) Cfr. Annali, pp. 275-6.
(2) Lett. del Direttore Don Daghero all'Ispettore, 4 setiembre 1888.
(3) Verb. del Cap. Sup., 10 giugno e 6 luglio 1887.
V<>
Annali Società Salesiana Vol. II. Don Rúa 1888 1898Capo IV
serie di dolorosi incidenti accadde l'incredibile. La mattina del 2
luglio ecco tutti i seminaristi affaccendati a fare in silenzio i pre-
parativi per partiré e recarsi alie loro famiglie. I superiori, da
prima sorpresi, vennero poi a sapere soltanto che l'ordine della par-
tenza era stato comunicato segretamente il giorno innanzi per mezzo
di alcuni compagni, da tempo incaricati di simili uffici.
II Direttore Don Daghero, non potendosi raccapezzare, inter-
pelló il Vicario Genérale su quanto avveniva, ma solo verso sera
ricevette risposta. Diceva: « Attesi i molteplici ordini di sfratto di
giovani Seminaristi dal Seminario, inviati da cotesta direzione ai
padri di famiglia della diócesi, ho creduto bene, anzi che vedere
questo parziale funesto smembramento, di autorizzare la completa
licenza, ordinando la chiusura del Seminario stesso; quindi domani
alie 6 antimeridiane la prego di lasciar liberamente venire tutti i
Seminaristi alFEpiscopio per loro daré quegli ordini e quelle istru-
zioni che saranno del caso. » I lamentati " molteplici sfratti " si ri-
ducevano a tre. Sfratti per modo di diré, perché, secondo i nostri
regolamenti approvati dallo stesso Vicario, quei chierici erano stati
mandati a sollecitare le loro famiglie rimaste da oltre un anno assai
indietro nei pagamenti della retta trimestrale. Di tutti i chierici in
genérale Don Daghero rendeva buone testimonianze, dicendoli « ec~
cellenti giovani e per istudio e per bontá di vita. »
II Direttore portó anzitutto al Cardinale una protesta scritta,
esigendone ricevuta con la sua firma. Poi, premendogli di far dileguare
ogni sospetto, che una misura cosi precipitata avrebbe potuto inge-
nerare nella mente di quanti volevano bene ai Salesiani, spedi una
circolare stampata, nella quale, esposti brevemente e pacatamente
i fatti, assicurava nulla essere avvenuto che valesse a compromet-
tere le persone o il luogo di educazione. Avvertiva inoltre che per
gli alunni del Convitto si sarebbe provveduto in modo e tempo
sicché né essi avessero a soffrire detrimento nella propria istru-
zione ed educazione, né le famiglie loro dovessero scapitarne per
interessi materiali. II Capitolo Superiore pero, che non era stato
consultato, non approvo il tenore dei due documenti, di cui per
altro riconosceva la necessitá, ma decise di mandare alcune norme
34
Annali Società Salesiana Vol. II. Don Rúa 1888 1898Fondazioni del 1888 e '89 in Europa e nell'America
a Don Daghero e di daré una spiegazione al Papa (1). COSÍ Leo-
ne XIII fu informato della cosa; egli poi della notizia si valse nel-
Foccasione che ora diremo.
Nel marzo del 1888 era pervenuto a Don Rúa da parte del Conté
Antonelli un caloroso invito, perché volesse aprire un Collegio a Terra-
cina in un lócale del Municipio. La Rappresentanza municipale dava
voto íavorevole. II Vescovo Tommaso Mesmer univa le sue istanze.
II Capitolo Superiore tentennó a lungo, finché il Cardinale Pro-
tettore scrisse a Don Rúa (2): « Al Santo Padre preme infinitamente
la fondazione della Casa Salesiana in Terracina e m'incarica di
incoraggiarnela. Comprendo gli ostacoli; ma la carita che vince
tutto, saprá superarli nel nome di Gesü, con la benedizione del
süo Vicario. » L'anno dopo, perdurando le difficoltá, il Papa a mezzo
del Vescovo face va diré a Don Rúa che per Terracina fosse ado-
pera to il personale tolto da Magliano Sabino (3). Omai non resta va
piú che obbedire. Un gruppo di Salesiani passó da Magliano a
Terracina il 30 settembre. L'8 ottobre dopo lunghe discussioni fu
firmata una Convenzione fra la Societá Salesiana e quel Muni-
cipio. Nonostante la levata di scudi dei liberali terracinesi e le
occulte manovre massoniche presso la Regia Prefettura, il Regio Prov-
veditore agli studi Cammarato approvó l'apertura del Collegio e gl'in-
segnanti proposti (4). Ma purtroppo si dovette sperimentare una
(1; Verb. del Cap. Sup., 9 luglio 1889.
(2) Lett. 11 setiembre 1888.
(3) Lett. 7 luglio 1889.
(4) Decreto 50 dicembre 1889, Roma. Documenti atti a daré un'idca di quei tempi sonó due tra
fílelti della Tribuna, ispirati da Terracina. Nel primo del 10 agosto 1889 si diceva: « leri i! Consiglio
comuna le ad unanimitá accolse il progetto destituiré un ginnasio-convitto coi beni lasciati per l'istru-
zione laicale. I liberali, indignati della mostruosa deliberazione, manderanno una ()rotesta al Consiglio
scolastico, confidando che il prefetto Gravina, nel suo patriottismo e senno político, non consentirá che
quei frati, da lui espulsi da altri luoghi della provincia, piantino le loro tende a Terracina, ormai di-
ventata rifugio delle squadre volanti del Vaticano. Raccomandiamo al prefetto Gravina o\ [)ortare
tulta la sua attenzionc sul fatto denunciatoci dal nostro corrispondente. II fatto vale la pena che le
speranze dei liberali di Terracina non restino deluse. » E nel numero del 10 settembre seguente: « So
da fonte autorevole che Ton. prefetto Gravina, interprete fcdele della política anticlericale del presi-
dente del Consiglio dci Ministri [Crispi], appena al suo ritorno conobbe la retrograda d'íiibcrazione
del municipio di Terracina, colla quale si insediavano nelle scuole i padri salesiani, non solo ebbe a
trovare tutti gli elementi per rcspingcrla, ma nella nobiltá del suo carattere non pote nascondere il
suo disgusto perché persona che gode la fiducia del Govcrno [forsc il deputato lócale Narducci favo-
revolc ai nostn'l non abbía impedito un compromesso tanto antipatriottico. I pochi, ma coraggiosi li-
berali terracinesi fanno plauso all'opera sapiente cd enérgica del senatore Gravina ¡1 quale volle daré
35
Annali Società Salesiana Vol. II. Don Rúa 1888 1898Capo IV
volta di piú la veritá dell'asserzione di Don Bosco, che le Convenzioni
con i Municipi in pratica restaño d'ordinario lettera morta. Con il Mu-
nicipio di Terracina i patti furono chiari, ma l'amicizia non fu né
lunga né breve. Cominciarono súbito le schermaglie. II Sindaco era ga-
lantuomo, ma debole. Fatto sta che la pazienza ebbe un limite nel 1893,
al terminare dell'anno scolastico. I Salesiani abbandonarono senza
rimpianto Tingrata residenza. Dico senza rimpianto dal canto loro;
perché il popolino li vide partiré con vero rammarico (1). II novello
Vescovo Cario Emilio Bergamaschi, che non aveva ancora preso
possesso della diócesi, addolorato per la loro partenza, tentó di scon-
giurare il doloroso provvedimento. Monsignore stesso nella sua let-
tera a Don Rúa metteva la pietra sepolcrale sull'affare scrivendo:
« Certo i Padri hanno tutte le ragioni per ritirarsi, vista l'indegna
condotta tenuta verso di essi da quel Municipio. »
Non vi é nulla da aggiungere al giá detto sul collegio di Par-
ma (2). Fu aperto nel 1888; ma tutto era giá stato predisposto da
Don Bosco, sicché presentammo la sua apertura con quelle da lui
fatte.
forza di veritá al motto che tra Joro di questi giorni ripeterá: Et salesiani non praeoalebunt. » Don
Daghero a DOD Durando (senza data, ma certo del dicembre 1889): «Le diffícoltá incontrate in Pre-
fettura furono gravissime, íu sempre in niezzo anche la framassoneria. > II medesimo al D¿j;utato (2^
ottobre 1890): «Mi dice il Sig. Sindaco, che buona parte del Consiglio e della Giunta sonó intimiditi
dalle minacce di pubblicitá sui giornali (ed egli forse piü degli altri); niuno osa in pubblico diré, o
proporre, o prendersi responsabilitá di cosa che possa tornare in nostro favore, se anche giustissima,
dovuta a promessa! Nell'aula stessa del Consiglio assiste sempre il sólito scribaccino, quasi minaccia
peipetua; e guai a chi parli pei Salesiani! > II " sólito scribaccino " un signor Vagnozzi, corrispon-
dente della Tribuna.
(1) Verb. del Cap. Sup., 3 novembre 1892.
(2) Annali, pp. 580-1.
36
Annali Società Salesiana Vol. II. Don Rúa 1888 1898C A P O V
Quinto Capitolo Genérale.
(1889)
Nel 1889 terminava il triennio dopo il quarto Capitolo Genérale
della Societá, l'ultimo tenuto sotto la presidenza di Don Bosco. In
aprile Don Rúa diede l'annuncio ufficiale del quinto da tenersi nelle
vacanze autunnali. Vi dovevano di diritto intervenire, oltre ai mem-
bri del Capitolo Superiore, gl'Ispettori, il Procuratore Genérale, i
Direttori delle Case ed il Maestro dei novizi; dai luoghi di Mis-
sione fu convenuto che venissero gl'Ispettori od un loro delegato
e un Direttore per ogni Ispettoria, scelto dal rispettivo Ispettore
d'intelligenza col Rettor Maggiore: ma vi poterono essere soltanto
l'Ispettore Don Costamagna e i Direttori e Parroci Don Burlot e
Don Albanello. A Regolatore del Capitolo Don Rúa designava il
Consigliere Don Durando, che spedi alie Case gli schemi degli ar-
gomenti da trattare; a lui pertanto bisognava indirizzare osserva-
zioni, idee, considerazioni che paressero opportune, come puré nuove
proposte giudicate necessarie. In luglio Don Durando comunicó che
il Capitolo si sarebbe aperto a Valsalice la sera del 2 settembre e
chiuso la mattina del 7. Avverti inoltre che si sarebbero fórmate
Commissioni per esaminare le materie proposte e riferire poi nelle
sessioni generali.
Sonó stato un po' in forse circa il modo di presentare d'ora
innanzi i Capitoli Generali, se dovessi cioé limitarmi a riferirne le
particolaritá piü notevoli ovvero esporre anche con qualche lar-
ghezza la trattazione degli argomenti, che furono oggetto di studio
in quelle periodiche assise della Congregazione. Da ultimo parve
meglio abbondare nelle informazioni per piü motivi. I Salesiani, che
37
Annali Società Salesiana Vol. II. Don Rúa 1888 1898Capo V
il tempo di Don Rua chiameranno antico, guarderanno al Rettorato
di lui come a un secondo faro luminoso, in cui la luce di Don Bosco
brilló di vivo splendore e quindi ameranno conoscere senza limi-
tazioni quanto si fece sotto l'occhio e l'ispirazione deH'immediato
successore del Santo. Ma anche senza correré tanto lontano, oggi
puré é utile conoscere a fondo un periodo, il quale fermo e trasmise
le tradizioni, che si connettevano con le origini. D'altra parte non
andrá molto che sulla Societá Salesiana intensificheranno le ricerche
gli storici della Chiesa e delle grandi famiglie religiose; gioverá
pertanto offrire a tali studiosi un materiale non meno copioso che
sicuro. Spiccheremo dunque dai verbali notizie sull'andamento dei
Capitoli, e quelle manifestazioni di pensiero, che abbiano un con-
tenuto sostanziale.
La sera del lunedi 2 settembre 1889, tutti i convenuti al quinto
Capitolo Genérale si raccolsero in chiesa per invocare i lumi dello
Spirito Santo; dopo di che Don Rua, dichiarato aperto il Capitolo,
ne mostrava l'importanza per il progresso delle Case, per il mante-
nimento dello spirito, per il bene delle anime, e raccomandava vi-
vamente la preghiera per il buon esito. Letti quindi gli articoli delle
Rególe riguardanti il Capitolo Genérale e impartitasi la benedizione
eucaristica, sfilarono tutti nella sala delle adunanze.
SESSIONE PREPARATORIA. Don Rua aperse la seduta dando il ben-
venuto ai Direttori i quali aiutavano il Capitolo Superiore nel pro-
muovere le nostre Opere. Dopo il quale esordio proseguí (le sue pa-
role sonó sempre riferite riassuntivamente nei verbali):
Ma un pensiero addolora: manca Don Bosco! Pero consoliamoci, siamo vicini
alia sua salrna, e come le reliquie dei Santi sonó fonte di benedizione, cosí sará
per noi la salma di Don Bosco. E non solo la salma, ma il suo spirito ci gui-
derá e ci otterrá lumi nelle deliberazioni delle varié Commissioni e Sessioni.
Preghiamo, ma uniformiamoci ai suoi sentimenti, indaghiamo bene quali fossero
gl'intendimenti suoi; poiché si vide com'egli fosse guidato da Dio nelle sue im-
prese. Don Bosco cercava sempre in tutto hi gloria di Dio e il bene delle anime.
Ho raccomandato ali'Oratorio di pregare e far pregare, ma lo raccomando
in particular modo a voi, affinché nessuna passione faccia velo alFintelletto e
solo si abbia di mira il bene della gioventü e delle anime. Mettiamoci sotto il
patrocinio di Maria Santissima, come sede della sapienza; di S. Francesco di Sales,
perché ci ottenga che tutto facciamo col suo spirito. Con questi aiuti, uniti a
38
Annali Società Salesiana Vol. II. Don Rúa 1888 1898Quinto Capitolo Genérale
quelli di Don Bosco, tutto riuscirá bene. Con tale protezione tutte le nostre deli-
berazioni íorneraiino a vanfaggio della Chiesa e della civile societá ed a maggior
gloria di Dio.
Chiamati a fare da segretari Don Marenco e Don Rinaldi Gio~
vanni, letti gli articoli delle Deliberazioni sul modo di tenere le
sessioni e impartiti alcuni avvisi, la sessione preparatoria aveva
esaurito il suo compito. I membri del Capitolo Genérale risultarono
in numero di 42; furono assunti puré quattro consulenti.
SESSIONE PRIMA (martedi 3 settembre, mattina). Esame del I
o
schema: Studi teologici e filosofíci. Se convenga mutare i líbri di
testo; quali si proporrebbero. Quali miglioramenti introdurre nello
studio della filosofía, della teología e delVermeneutica (1). Due punti
dominarono nella discussione: il riordinamento degli studi filoso-
fíci e teologici e la scelta dei testi di teología.
Apriamo qui una parentesi. Per la filosofía esistevano studentati
appositi, dove i chierici, non distratti da milla, avevano scuola re-
gulare e bravi insegnanti. Usciti di la si applicavano súbito alia
teología; ma, non essendovi ancora studentati teologici quali si eb-
bero in seguito, le scienze sacre si apprendevano in vari modi.
Alcuni pochi andavano alia Gregoriana e altri frequentavano le
lezioni in Seminari; dov'era possibile riunire un certo numero di
allievi anche da Case vicine, come all'Oratorio, a Valsalice, a Mar-
siglia, a Buenos Aires, erano organizzate scuole con professori sa-
lesiani ed estranei. In case troppo isolate, s'impartiva ai pochi ivi
residenti un insegnamento domestico da sacerdoti nostri e non
nostri. Tutti poi tali studenti, anche questi ultimi, dovevano due
volte all'anno sostenere i loro esami dinanzi a esaminatori uffí-
cialmente autorizzati dal Consigliere Scolastico Genérale o dagli
Ispettori. I voti venivano mandati al detto Consigliere e debitamente
registran.
Fu dunque sentimento comune che urgesse far progredire gli
studi delle materie ecclesiastiche, formulandosi il voto che si acce-
(1) Commissione: D. Cerruti presidente, D. Bertello relatore; D. Marenco, D. Oberti, D. Ron-
thail, membri, D. Piscettu e D. Vota Domenico, consulenti.
39
Annali Società Salesiana Vol. II. Don Rúa 1888 1898Capo V
lerasse l'istituzione di veri studentati. Nell'attesa che questo si at-
tuasse, vennero dettate norme perché siffatti studi riuscissero pro-
ficui; erano in sostanza direttive giá fissate nell'Oratorio in un'a-
dunanza di competenti il 23 ottobre 1888 e comunicate da Don Rúa
alie case il 29 gennaio dell'anno appresso (1).
Piú dibattuta fu la questione dei testi, massime per quelli di
teología dogmática e morale, che erano il Perrone e il Del Vecchio.
Sul secondo non si disse gran che; ma del primo la gran maggioranza
si pronunció per la sostituzione. Quando pero si procedette alia
scelta fra i vari proposti, le opinioni si divisero talmente, che il
Capitolo decise che la Commissione continuasse Tésame. L'esame
si prolungó anche dopo la chiusura del Capitolo Genérale, termi-
nando con il voto che si adottasse la Medulla Theologica dello Hur-
ter. Discussa tale conclusione nel Capitolo Superiore il 24 ottobre
successivo, parve miglior partito che, prima di decidere, si spie-
gasse per un anno a titolo di prova nell'Oratorio il Sala, a Valsalice lo
Hurter, a Marsiglia lo Schouppe. Lo Hurter da ultimo prevalse.
Prima di levare la seduta Don Rúa, a imitazione di Don Bosco,
prese la parola per esporre alcune idee ai Direttori.
1 Direttori sonó come i luminari in mezzo agli altri: constituí te in lumen
gentium. I subalterni osservano il Uirettore in tutto, anche nelle piccole cose,
nel parlare, nel traítare, nel giuocare. L'ho sperimentato io stesso. Questo li
deve tenere in apprensione e metiere in guardia, affine di essere in tutto di buon
esempio. Pereió celebrino la Messa e dicano il Breviario pie, áltente ac deoote.
Simo esempiari insomma nelle pratiche di pietá.
Richiamo poi l'attenzione sul primo dei consigli confidenziali lasciati dal
caro Don Bosco ai Direttori: Niente ti turbi. Cosí usavano S. Teresa e S. Fran-
cesco di Sales. In tal modo conserveremo la serenitá in tutto per giudicare e
decidere sulle cose della casa e che ci appartengono.
Abbiate eguaglianza di umore, tanto necessaria e di tanto profitto. É una
cosa che ispira confidenza e guadagna i cuori dei dipendenti.
I Direttori precedano gli altri anche nel lavoro. Giá si fa assai e non posso
non ringraziare il Signore. Deo gralias. Avvertano pero di non voler fare tutto essi.
Jnvece si studino di distribuiré il lavoro agli altri. Questo é fondamento di buon
ordine. In un laboratorio, se il capo lavora lui solo, lavora con due braccia; se
distribuisce il lavoro, lavora con le mani di tutti.
Se il fare qualche cosa fuori di casa lo disturba nel disimpegno del proprio
(1) Lettere Circoluri di D. M. Rúa ai Saleskmi, Tormo, 1910. Pp. 30-31.
40
Annali Società Salesiana Vol. II. Don Rúa 1888 1898Quinto Capitolo Genérale
ufficio, il Direttore se ne esoneri. Atienda a osservare i registri del Prefetto; veda
se il Catechista fa il suo dovere; attenda ai maestri, ai laboratori. Se potra te-
nersi esente da occupazioni fisse, avrá tempo a guidarli meglio. Questa fu sempre
raecomandazione di Don Bosco. Ció deve farsi massimamente con i nuovi Con-
fratelli che vengono dallo studentato filosófico. In tal modo il Direttore non istan-
cherá se stesso e fará ben contenti i subalterni.
SESSIONE SECONDA. Esame del 2
o
schema: Case di noviziato e
di studentato. Se debbano essere mantenute dalle Case ispettoriali.
Se col concorso proporzionato delle singóle Case di ciascuna Ispet-
toria. Se col continuo aiuto del Capitolo Superiore (1). Fino allora
aveva provveduto il Capitolo Superiore; ma col moltiplicarsi poi
dei noviziati e studentati in diverse e lontane regioni sarebbe an-
cora stato possibile continuare cosi? Buone ragioni militavano pro
e contro, né trovandosi via d'accordo, fu sospesa la decisione.
Esame del 3
o
schema: Assistenza dei Soci obbligati al servizio
militare (2). Questa assistenza doveva essere morale, intellettuale e
materiale. Una recente disposizione governativa tornava utile ai no-
stri. I congedati che avessero superato l'esame prescritto per gli
aspiraníi sergenti, avevano diritto d'insegnare nelle scuole elemen-
tari di grado inferiore tanto pubbliche quanto prívate. Teneva il
luogo della patente il foglio di congedo, dove fosse indicata la cosa.
SESSIONE TERZA (mercoledi 4, mattina e sera). Esame del 4
o
sche-
ma : Vacanze autunnali per i Soci, gli ascritti e gli aspiranti. Tempo,
luogo e modo opportuni (3). Riguardo ai Soci, chi osservó che Don
Bosco non voleva vacanze in famiglia. ma in Case salesiane; chi
aggiunse non potersi pretendere vacanze, perché i Salesiani non
hanno vacanze; Don Rúa ricordó che Don Bosco raccomandava sem-
pre qualche lavoro particolare durante il tempo delle vacanze, come
aveva fatto con lui stesso e con i giovani dei primi tempi: Don Fran-
cesia contermó, parlando della sollecitudine con cui Don Bosco occu-
pava durante le vacanze i suoi giovani: Don Rúa ribadi, ricordando
(1) Commissione: D. Costamagna presidente, D. Albera relatore; D. Bologna, ü. Branda, D. Le-
veratto, D. Bianchi, membri.
(2) Commissione: D. Sala presidente, D. Barberis Giulio relatore; D. Tamietti, D. Rocca Luigi,
D. Febbraro, Don Bordone, membri.
(3) Commissione: D. Francesia presidente, D. Nai relatore; D. Guidazio, D Barberis Giovanni,
D. Févrc, D. Cavatore, D. Varaia, membri.
41
Annali Società Salesiana Vol. II. Don Rúa 1888 1898Ccipo V
che Don Bosco stesso spiegava allora le lettere di S. Girolamo o altro >
ma teneva tutti occupati.
Riguardo agli aspiranti, si soleva far fare loro gli esercizi súbito
dopo l'Assunta; quindi si mandavano a trascorreré un buon mese
nel Collegio di Lanzo, dove li aspettavano giá i chierici. Tutti per-
tanto riconobbero quanto fosse opportuno trattenere gli aspiranti
prima e dopo gli esercizi. Don Rúa fece il seguente rilievo: « Que-
st'anno su 54 delFOratorio che andarono agli esercizi, solo quattro
o cinque passarono al secólo e pochi altri al Seminario, e circa 42
alia Congregazione. Furono gli esercizi che li fecero decidere in
bene. Se fossero andati a casa, quanti forse non sarebbero tornátil »
Si deliberó conforme a queste considerazioni.
SESSIONE QTJARTA (parte della mattina e sera del 4). Esame del
5° schema: Reoisione del regolamento per le Parrocchie rette dai
Salesiani (1). Dopo lunghissima discussione sui rapporti fra Col-
legio e Parrocchia, fra Direttore e Párroco, si fini con chiedere la
votazione segreta sul rimettere tutto al Capitolo Superiore. Risul-
tato: voti positivi 34, negativi 7 (mancava un votante). I piíi at-
tribuirono i sette voti di minoranza ai membri del Capitolo Supe-
riore, che pero aderi e a suo tempo formuló il Regolamento.
Esame del 6
o
schema: Modo di metiere in prática gli articoli 2
o
e 3
o
del Capo II delle nostre Costituzioni che trattano della pro-
prieta e della amministrazione dei patrimoni dei Confratelli. Non
fu cosíituita Commissione, perche il Capitolo Superiore si era ri-
serbato di esaminare la cosa con gli Ispettori e di riferire. Ma il
Regolatore, visto che i piú si dichiaravano incompetenti, propose che
si lasciasse fare interamente al Capitolo Superiore. La proposta fu
approvata per acclamazione.
Pensieri di Don Rúa prima di chiudere la sessione.
Avviene che i Direttori comandino ai dipendenti, mentre questi sonó giá oc-
cupati in alíro e per altri, e che li rimproverino ingiustamente. Prego che prima
di rimproverare o di togliere uno dal lavoro, il Direttore esamini bene, interroghi,
(1) Commissione: ü. Bclmonte presidente, D. Cagliero relatore; D. Costamagna, D. Dalmazzo,
I). Confortóla, D. Bourlot, D. Macey, D. Albanello, membri. Tutti parroci o cx-parroci o direttori
di collegi con parrocchia, compreso il presidente, giá direttore a Sampierdarcna.
42
Annali Società Salesiana Vol. II. Don Rúa 1888 1898Quinto Capitolo Genérale
e se il Coniratello dice di avere altri ordini, egli non li ritiri, ma parli poi con
l'altro Superiore e se occorre, lo faccia dispensare da lui. Altrimenti potrebbe
parere che vi sia scissura fra i Superiori e vi andrebbe di mezzo la stima.
Si aspetti a parlare, quando si sia tranquilli. Non si creda súbito che se uno
é fuori di posto, lo faccia sempre con malizia. Interroghiamo, e ci calmeremo
fácilmente. Quasi sempre hanno buone ragioni. Diversamente si disgustano i
Coníratelli e si fanno concepire cattive opinioni anche del Direttore, opinioni che
non si cancellano cosí presto.
Restringo tutto nelle parole di S. Paolo: Praebe te ipsum exemplum bonorum
operum in scientia, in iniegriiate, in gravitate. Quanto all'integritá, si badi anche a
certi termini che non istanno bene in bocea a noi e che le stesse madri buone vie-
tano ai loro bimbi, dando loro Fesempio. Procuriamo noi puré di precederé tutti
con le parole e con l'esempio.
SESSIONE QUINTA (giovedi 5 setiembre, mattina). Esame del 7°
e 8
o
schema: Sacre funzioni e pranche religiose nei tre ultimi giorni
della setíimana santa: uniformitá in tutte le nostre case (1). Uni-
formitá nelle preghiere, nel canto delle lodi sacre e nelle altre pra-
tiche di pietá; pie usanze nelle case degli ascritti. Nulla di notevole
intorno al secondo punto. Intorno al primo alcuni si mostravano
preoecupati della difficoltá di rendere accette ai giovani le fun-
zioni della settimana santa sia per la loro lunghezza sia perché sot-
traevano troppo tempo a quelle giornate di vacanza. Udiamo varié
risposte: — Noi siamo educatori e certuni, hadando troppo ai gio-
vani, non farebbero neppure diré le preghiere (D. Bonetti). Si badi
prima all'anima; tutto sta nelFanimare antecedentemente i giovani
(D. Rúa). Noi con la nostra educazione dobbiamo allevare anche
milizia per la Chiesa (D. Marenco). Parlando bene di quelle fun-
zioni, i giovani vi prendono gusto (D. Rúa). É bene far conoscere
che si tratta di vacanze religiose e che quindi non si deve fare
contro lo spirito della Chiesa (D. Rúa).
Furono eliminati definitivamente alcuni abusi che si commettevano
contro la sacra liturgia negli ultimi tre giorni della settimana santa.
SESSIONE SESTA (sera del 5). Esame del 9
o
schema: Regolamento
per le case degli ascritti e per gli studentati. Segregazione delle per-
(1) Comrtiissione: D. Bonetti presidente, D. Monatcri relatore; D. Pcrrot, D. Cibrario, D. Ve-
ronesi, membri, D. Piscclta e D. Berto, consulenli.
43
Annali Società Salesiana Vol. II. Don Rúa 1888 1898Capo V
soné non appartenenti alia Congregazione (1). La prima parte fu
rimessa al Capitolo Superiore; per la seconda niente di rilevante.
Esame dello schema 10°: Música e canto fermo (2). Cominciava
ad accentuarsi in Italia e fuori il movimento per la riforma della
música sacra. In seno all'adunanza s'incontrarono le due correnti, ma
prevalse la tendenza moderata. Si era nel periodo di transizione.
II pensiero del Capitolo sulla música venne cosi espresso: «É uni-
versale il desiderio che essa debba essere grave, divota, facile, ed
in tutto conforme alie prescrizioni della Chiesa. I Salesiani, come
in tutte le altre cose, cosi anche in questa si mostrino docili ai co-
mandi e solleciti esecutori dei consigli e desideri del Sommo Pon-
tefice, e cerchino di essere a tutti modello nel governarsi conforme
alie Rególe da Lui date. » In armonía con questi sentimenti furono
prescritte varié cose, che agevolarono il passaggio gradúale alia
voluta riforma.
Esame dello schema 11°: Per le case di America. Concessioni
particolari (3). L'argomento piü discusso concerneva la concessione
del ritorno in patria ai Soci d'America per una visita ai Supe-
riori e ai Confratelli. Taluno propose di accordare tali licenze ogni
dieci anni. Don Barberis fece osservare che si era presentato giá
il caso a Don Bosco e che egli aveva risposto: — Quando vi sia
necessitá; ma non si stabilisca tempo. — In questo senso fu deli-
berato, rimettendo volta per volta la decisione agli Ispettori locali.
SESSIONE SETTIMA (venerdi 6 settembre, mattina). Schema 12°.
Proposte varié dei Confratelli (4). Se ne lessero solo sette; poi Don
Rúa disse: — Per discuterle tutte ci vorrebbe un altro Capitolo
Genérale. — Su proposta di parecchi, se ne esaminarono breve-
mente alcune; il resto fu rimesso al Capitolo Superiore. Allora Don
(1) Commissione: D. Lazzero presidente, D. Barberis Giulio relatore; D. Albera, D. Febbraro,
D. Scappini, D. Rinaltlí, D. Porta, membri.
(2) Commissione: D. Lazzero presidente, D. Bertcllo relatore; D. Veronesi, D Cibrario, Don
Furno, membri. Maestro Dogliani consiilenie.
(3) Commissione: D. Lcmoync presidente, D. Albanello relatore; D. Marcnco, D. Rocca Luigi,
D. Bianclii, D. Barberis Giovanni, membri.
(4) Commissione: D. Cagliero presidente, D. Tamietti relatore; D. Ronchail, D. Perrot, D. Ober-
ti. D. Carlini, membri.
44
Annali Società Salesiana Vol. II. Don Rúa 1888 1898Quinto Capitolo Genérale
Rúa rivolse alFassemblea un paterno discorso, nel quale fece ira
le altre queste raccomandazioni:
Nelle vostre relazioni con i Confratelli vi raccomando le parole del Salva-
tore: Vos fr aires estis. Considerateli come fratelii, assistendoli nel materiale,
nello spirituale, in tutto.
Le occupazioni si distribuiscano proporzionatamente, se non sonó giá fissate
cal Capitolo Superiore. Si faccia il meglio che si puó, ma non si pretenda troppo.
Non si dica mai: — I tali non sonó buoni a niente. — Si compatiscano, si aiutino,
specie se nuovi. Regolateli e assisteteli, se maestri o assistenti, e senza mostrare di
sindacarli, osservate pero e date in bel modo i consigli necessari, e vedrete
che in breve diventeranno capaci a molto. Alcune volte ci vorrá un mese, un
anno e piü, ma poi spesso riescono i migliori, come io stesso ho sperimentato.
Non si carichino troppo i buoni, perché altri cercano di ritirarsi. II Diret-
tore aiuti anche quelli che fanno a scaricabarili e li riduca a lavorare, affinché
i piü buoni non abbiano a soffrirne. Anzi si badi che non si carichino essi
stessi di troppo; se no, ne soffrono e la durano poco. Avvertasi che chi va forte,
va alia morte. Aiutateli dunque da buoni confratelli, affinché siano di vantaggio
a.31a nostra Societá.
Vi raccomando caídamente d'impedire che si usino mezzi violen ti. Se nel
collegio vi fosse alcuno di parere contrario, s'impedisca assolutamente. A tal fine
si aiutino suggerendo loro come ottenere la disciplina con carita. Si mostri perció
sempre stima, quando fanno osservazioni sulla condolía dei giovani. Vedendosi
sostenuti, essi puré faranno sacrifici; se no, messi al cimento, spesso cedono.
Se pero raccomando di astenersi da mezzi violenti, tanto piú vi raccomando
d'impedire a qualunque costo le sdolcinature e le carezze. Vi sonó tali che
seno buoni in tutto, ma non in questo. I Direttori siano i primi a daré l'esem-
pio. La carita nostra sia forte e non femminea. Cosi si richieda anche dagli
altri. I ragazzi allevati con sdolcinatura diventano spesso i piü cattivi, insensibili
ed insolenti.
Raccomando ancora molta carita per i Confratelli coadiutori e i famigli. Non si
considerino come serví mai. Si trattino con dignitá, ma piü con carita. Richiedeteli
spesso di qualche cosa cosi alia buona. Don Bosco faceva ben conoscere che
li considerava.
Cosi puré si usi ogni cura per i giovani e in tutto, nella salute corporale e
spirituale. Non si badi solo all'istruzione. Se noi abbiamo di mira la sola istru-
zione, defraudiamo la massima parte del nostro compito e neppur ne otteniamo
la quarta parte. S'insegni a praticare la religione.
Badate poi di coltivare le vocazioni. Se ne parli spesso, ma piü ancora si
cerchi che vadano ai sacramenti. Don Bosco dedico molto tempo ad insegnare
a ben confessarsi. Imitiamolo. Se noi conseguiamo di allontanare. il malcostume,
avremo molte vocazioni. Ci aiuteranno anche le Compagnie.
45
Annali Società Salesiana Vol. II. Don Rúa 1888 1898Capo V
SESSTONE ULTIMA (sera del 6). Rilevate alcune cose da osservarsi
ín un altro Capitolo Genérale, il Regolatore propose che si ac-
cettasse e si firmasse una dichiarazione análoga a quella con cui
erano stati chiusi i quattro Capitoli presieduti da Don Bosco. Tutti
i presenti aderirono, approvando una formóla, in cui posto il prin-
cipio che le Costituzioni della Societá Salesiana danno al Rettor
Maggiore la piú ampia facoltá su tutto ció che riguarda il benessere
e la prosperitá della Societá stessa, ne deducevano: « I membri
del Capitolo Genérale prima di separarsi, mentre ringraziano cor-
dialmente 1'amatissimo loro Superiore Don Rúa della bontá paterna
usata nell'assisterli, e fanno caldi voti per la sua preziosa conserva-
zione, dichiarano unánimemente di lasciargli pieni poteri di sviluppare
maggiormente quello che non fosse stato abbastanza largamente
trattato, ed aggiungere o modificare tutto quello che fosse da ag-
giungere o da modificare, al bene e al progresso della Pia Societá
Salesiana ed in conformitá delle nostre Costituzioni. » Don Rúa rin~
grazió e, terminatosi di firmare, tenne un ultimo discorso, nel quale,
ribadite le cose dette la mattina, parló della cultura dei chierici,
dello scambievole affetto fra Casa e Casa, del canto gregoriano e
dell'insegnamento catechistico. Chiuso cosi il Capitolo, s'andó in
chiesa per il Te Deum e la benedizione. «Tutti partirono soddi-
sfatti del nostro Superiore Maggiore; ne sia ringraziato il Signore. »
Cosi scrisse Don Lazzero sette giorni dopo a Mons. Cagliero.
II Capitolo Superiore in quattro sedute dal 26 al 29 novembre
esaminó le deliberazioni prese, le ordinó in articoli <e sciolse le que-
stioni che gli erano state rimesse dal voto dei Confratelli; poi il 6 di-
cembre, uditane la lettura, le approvó e ne ordinó la stampa.
Questa stampa fu pronta neU'aprile dell'anno dopo (1). Vi pre-
cede una lettera di Don Rúa. Esortati i Soci tutti a mettere in pratica
quelle Deliberazioni, anche a costo di sacrificio, non solo per il mé-
rito dinanzi a Dio, ma anche per il bene genérale della Societá da do-
versi sempre anteporre al vantaggio e cómodo individúale, continua va:
« Per singolare grazia del Signore e per la protezione della Vergine
(1) Delibera7Áoni del quinto Capitolo Genérale della Pia Societá Salesiana. S. Ben Can., Tip
Sal., 1890.
46
Annali Società Salesiana Vol. II. Don Rúa 1888 1898Quinto Capitolo Genérale
Ausiliatrice la nostra Pia Societá va prendendo di anno in anno mag-
giore sviluppo; sia nostro studio di mostrarci grati per tanto bene-
ficio. L'osservanza esatta delle nostre Rególe, la pronta obbedienza,
la carita verso i confratelli ed i giovani alie nostre cure affidati,
siano le cose che piü ci stanno a cuore. Potremo in tal modo con-
servare in noi e comunicare agli altri il vero spirito religioso, secondo
la mente del nostro amatissimo fondatore e padre D. Bosco. »
47
Annali Società Salesiana Vol. II. Don Rúa 1888 1898C A P O VI
Nel Vicariato Apostólico di Mons. Cagliero.
(Patagones, Viedma, Chosmalál, Pringles, Roca, ospedale di Viedma)
Tre cose bisognava fare per promuovere la nórmale attivitá mis-
sionaria nella Patagonia: intensificare la vita religiosa al centro, vi-
sitare con la maggior frequenza possibile le fattorie dei coloni
e raggiungere i toldi degli Indi. Dieci anni di lavoro aveva no
giá dato consolanti frutti; il tempo di cui parliamo, segna un no-
tevole progresso in questo tríplice ramo di apostolato. Vediamolo
parte per parte.
Un mutamento di disposizioni verso le persone e le cose della
Chiesa si riveló al centro nel ritorno di Mons. Cagliero dall'Italia,
Mentre al suo primo arrivo non uno aveva mostrato di accorgersi
del Vicario Apostólico, quella volta invece (era la prima meta d
?
a-
prile del 1889) le due cittadine che si fronteggiano dalle opposte
sponde del Rio Negro, gareggiarono successivamente in rendergli
onore. A Patagones, dove ailora aveva la residenza, la popolazione
si affolló nella piazza, accogliendolo con ogni dimostrazione di ri-
spetto. II giorno dopo vennero da Viedma a fargli visita di cor-
tesía tulle le Autoritá e i maggiorenti del luogo; anzi, tanto dis-
sero, che gli strapparono la promessa di recarsi da loro a celebrare
le funzioni della prossima settimana santa; del che menarono
trionfo, perché da tempo si brigava per fargli stabilire la sua di-
mora in quella cittá, dichiarata dal Governo capitale della Pata-
gonia (1). Andatovi nel di delle Palme, la gente si era riversata
tutta ai molo per aspettarlo. II fratello del Governatore gli aveva
mandato la sua carrozza; per ordine del Governatore assente i sol-
(t) Lctt. di Don Milancsio a Monsignore, Patagones, 19 marzo 1889.
48
Annali Società Salesiana Vol. II. Don Rúa 1888 1898Nel Vicariato Apostólico di Mons. Cagüero
dati del presidio gli fecero ala, presentandogli le armi e scortandolo
fino alia chiesa. Presso la soglia un Dottor Arce gli lesse un affet-
tuoso e forbito discorso, nel quale fra l'altro gli diceva: « Eccel-
lenza Reverendissima, védete queste signore e queste fanciulle, que-
sti padri di famiglia, questi giovani e questi vecchi? védete queste
educatrici che dirigono la turba infantile? (1) É il popólo credente,
che, dal risveglio della fede attirato, corre affollato col giubilo nel
cuore a salutarvi per mezzo mió, come fedeli al loro Apostólo; e
nella vostra degna persona egli intende puré di onorare il nostro
Santissimo Padre, il Sommo Pontefice Leone XIII. Accettate, o Mon-
signor Cagliero, le spontanee oblazioni, con cui quest'umile popólo
vi accoglie; beneditelo e degnatevi di partecipare al Santo Padre i
suoi religiosi sentimenti. » Nella settimana il Vescovo confessó, pre-
dicó, pontificó. Numeróse furono le comunioni pasquali, non di solé
donne, ma anche, cosa prima inaudita, di non pochi uomini. Ebbe
ragione egli di esclamare: « Chi avrebbe mai creduto possibile iri
si breve tempo un mutamento cosi grande! » (2)
Prova piú eloquente di quel mutarsi di animi fornirono in luglio
le feste del Sacro Cuore di Gesú. Correva quell'anno il secondo cen-
tenario dell'apparizione. Monsignore volle cogliere l'occasione per
suscitare nel popólo una fiamma di pietá cristiana. Lo secondarono
i Salesiani con la gioventú maschile e le Figlie di Maria Ausiliatrice
con le fanciulle e le madri di famiglia. A Patagones durante il mese
di giugno fece di ventiquattro Signore Zelatrici tante apostóle, che
tirarono in chiesa un numero ogni giorno crescente di uomini alia
Messa, alia predica, alia benedizione. La festa volle che fosse ce-
lebrata con solennitá insólita. Vi furono molte comunioni. Dopo il
santo Sacrificio Monsignore, prostrato dinanzi alia statua del Sacro
Cuore, consacró al Cuore divino il suo popólo, leggendo una for-
mula, che i presentí ripetevano ad alta voce parola per parola. Nel
pomeriggio, gran processione, a cui presero parte le Autoritá civil i
e militari. Quindi egli tenne un infocato discorso e prima della be-
nedizione rinnovó la consacrazione delle famiglie. La giornata
(1) Le Figlie di Maria Ausiliatrice.
(2) f.ett. di Don Agosta a Don Rua, Vicdma, 23 aprilc 1889
49
Annali Società Salesiana Vol. II. Don Rúa 1888 1898Capo Vi
riempi i cuori di sentimenti mai provati per l'innanzi. Anche a
Viedma lavorarono quattordici Zelatrici a preparare i fedeli per
le medesime pie pratiche, con risultato non inferiore che a Pata-
gones. Mulla mai di simile erasi visto sulle due sponde del Rio
Negro. Nella storia religiosa delle due cittá quei giorni scrissero
pagine d'oro, II Vicario Apostólico incominciava a raccogliere con
gaudio quei lo che aveva seminato fra dolori. II 28 luglio 1886 aveva
scritto da Patagones a Don Bosco: « Spero assai nell'Associazione
dell'Apostolato di orazione, inaugúrate con prospero successo e con
quindici zelatrici, le principali del paese, che hanno fatto prodigi
per attirare tutte le madri di famiglia, e vi riuscirono. Cosi. mediante
la divozione, l'amore del Sacro Cuore di Gesü ho potuto ottenere
,\he molte famiglie compissero il precetto pasquale e si uniformas-
sero alio spirito cristiano. Naturalmente questo movimento alia
pietá e divozione suscitó fermento nei maligni, i quali giá stridono
di convulsioni e rabbia satánica. Ma noi zitti, calmi e prudenti, ti-
riamo innanzi, finché qualche Santo ci aiuti a guadagnare anche
gli uomini, schiavi molti del rispetto umano, dell'interesse altri e
delle passioni i rimanenti.»
Per trovare Indi da catechizzare non occorreva andaré molte
lontano: ne vivevano puré nei dintorni di Viedma e di Patagones,
alquanti dei quali rimasti fino allora refrattari. Conducevano un'e-
sistenza assai misera. Abitavano in ranchos (1) formati con quattro
rozze pareti di fango e coperti di paglia. Dentro, nessun mobile,
ma un mucchio di sucide pelli in un canto per giaciglio e in altro
canto un focherello sempre acceso, il cui fumo anneriva ogni cosa.
Appesi a chiodi qualche pentolino, pezzi di carne cruda e l'indi-
spensabile sacchetto del mate. Monsignore mandó le Suore a pé-
scame quanti piú potessero. Per un paio di mesi esse fecero ven i re
alia loro casa alcuni dei piú vicini, mentre parecchie s'internarono
nei deserto. Entravano a due a due in quelle capanne col pretesto
di portare qualche bagattella, aprendosi cosí la via al piú impor-
tante. Quando l'istruzione parve sufficiente, ando a esaminarli Pin-
(1) I capannoni dcjíli Indi si chiamano rundios, se fissi. con bassa e rozza muratura: toldos.
se mobili, fatti con pali c pelli.
50
Annali Società Salesiana Vol. II. Don Rúa 1888 1898Nel Vicariato Apostólico di Mons. Cagüero
trepido Don Milanesio, che parlava a meraviglia il loro idioma. Egli
ne scovó diversi, che non s'erano fatti vedere, e li catechizzó. II
18 agosto, domenica dopo l'Assunta, le Suore si sparsero di buon
mattino a cercare di capanna in capanna i piü neghittosi, che con-
dussero alia chiesa. Erano in tutto trentasei fra uomini e donne.
piü due bambine. Furono battezzati e cresimati da Monsignore.
Dopo una buona refezione ascoltarono la Messa cantata dalle or-
fanelle. Finalmente, regalati di oggetti sacri e di abiti, fecero ri-
torno ai loro ranchos (1).
II Vicariato di Mons. Cagliero abbracciava un territorio vasto
come tre volte l'Italia. I Missionari si slanciavano in tutte le di-
rezioni alia caccia di anime da condurre o da ricondurre alia fede.
Percorrevano centinaia di chilometri a cavallo, su veicoli antedilu-
viani e per certi tratti anche a piedi, sopportando fatiche e priva-
zioni d'ogni genere. Bisognava attraversare immensi deserti, gua-
dare grossi fiumi, valicare monti altissimi e scoscesi, dormiré il
piú delle notti a ciel sereno e perfino sopra uno strato di nevé, ri-
pararsi dal cattivo tempo nella cavitá di una rupe o nel vuoto di
un albero, sfamarsi con un brano di carnaccia o in mancanza di
questa con avanzi di carne lasciata da una bel va. E poi capricci
di clima, veemenza di venti, furia di uragani, intensitá di freddo
e vampe di calore. II vento soprattutto é cola un gran ñagello. Sol-
leva nubi di polvere; se incontra terreni areaosi, innalza nembi di
sabbia e lapilli, scagliandoli con tanta violenza contro la faccia,
che vi si prova come un raschiare di lima. Guai se non si pro-
teggono bocea, occhi, orecchi! Tuttavia occhi e volto arrossano e le
labbra si screpolano; sopracciglia, capelli, abiti rimangono tutti in-
íarinati. Un uomo uscito da quel turbine non é piú riconoscibile.
In questo faticoso apostolato uno dei Missionari piü eroici fu
Don Milanesio. Nel 1889 condusse a termine un escursione durata piü
di un anno e mezzo per l'immensa vallata del Rio Negro e suoi af-
fluenti. In tutto o in parte Faveva giá perlustrata piú volte, ma senza
mai provvedere a rendere possibile un'azione continuata e sistema-
(1) Lctt. di Suor Borgna. Viedma. 27 setiembre 1889 e di D Milanesio al medesimo, Patagones,
5 novembre 1889.
51
Annali Società Salesiana Vol. II. Don Rúa 1888 1898Capo VI
tica sui luoghi. A tal fine ci volevan residenze permanenti. Egli ne co-
minció una a Chosmalal. É questa oggi una discreta borgata, mentre
a llora era un meschino paesucolo, nel punto, dove il fiume Neuquén,
lasciando il corso da ovest a est, volge a sud-est verso il Rio Negro
e accoglie nel suo seno le limpide acque del Curileo. É mérito
anche dei Missionari l'aver intuito che il luogo si prestava a dive-
nire, come divenne, un buon centro di civiltá a pié delle Ande pa-
tagoniche e l'averne favorito e promosso gli incrementi (1).
La fondazione di quella stazione missionaria dovette la sua ori-
gine a un caso ben singolare, per quanto provvidenziale. Don Mi-
lanesio nel 1887, accompagnato che ebbe Mons. Cagliero a Con-
cepción nel Cile dopo la nota caduta da cavallo alia frontiera ci-
lena (2), erasene tornato a Malbarco con un frate e due catechisti
per proseguiré la Missione ivi bruscamente interrotta a motivo del-
l'incidente occorso al Vescovo. I due Missionari predicavano con
gran frutto da piú mesi, quando il demonio tentó di attraversar loro
la via. Una calunnia portata dinanzi al Governatore Olascoaya li
rappresentava come esosi sfruttatori di quella buona gente, perché,
diceva l'accusa, esigevano diritti eccessivi nell'amministrazione dei
battesimi e dei matrimoni; onde si videro obbligati di scendere a
Chosmalal, e qui Don Milanesio rimase tre mesi in stato d'arresto :
con divieto di metter piede fuori del paese. Dell'imputazione fu
posta a suo tempo in evidenza la falsitá; ma intanto essa diede
ansa al Governatore di vendicarsi contro Don Milanesio per vecchi
suoi rancori, avendo questi, in tempo addietro, messo in non cale
una sua prpibizione di daré Missioni nel territorio del Neuquén.
Appunto la forzata permanenza di luí a Chosmalal fu causa che
si pensasse a gettar le basi per la costruzione della chiesa e di una
casetta attigua.
Gli dié mano forte nell'impresa Don Panaro, che, terminata una
Missione a Ñorquin, paese situato all'altitudine di 1200 metri sulle
Ande, era venuto a confortare il prigioniero. Otto lunghi mesi di
(1) Nel 1887 era stato scclto come rcsidenza del Governatore: dopo fu costituita capitale territo-
riale Neuquén, cittá cosí detta dal fiume omonimo.
(2) Annali, pp 594-5.
52
Annali Società Salesiana Vol. II. Don Rúa 1888 1898Nel Vicariato Apostólico di Mons. Cagliero
íavoro bastarono appena a tirar su due edifici di umili proporzioni;
ma tutto mancava. Se vollero condurre legname dai boschi, furono
costretti ad aprire una strada di 150 chilometri. Inoltre, quanto
stentavano a trovare braccia che si unissero alie loro! Giacché quei
primi Missionari si adattavano a fare tutti i mestieri, anche i mu-
ratori, quando il bisogno lo richiedeva, il che avveniva sovente. Oltre
a ció, per procacciarsi danaro, Don Milanesio, ormai restituito in li-
berta, fece due viaggi nel Cile, valicando quattro volte la Cordi-
gliera. Come poi i lavori furono ben avviati, lasció il suo com-
pagno a proseguirli, ed egli spese quattro mesi in daré una Mis-
sione per largo tratto di territorio, fermandosi in otto punti cen-
trali: Missione rimasta memorabile per l'abbondanza dei frutti rac-
colti. Al ritorno poté benedire la chiesa, dedicándola alia Madonna
del Carmine. Era la vigilia dell'Immacolata. La propaganda fatta
da lui durante la Missione attiró alia cerimonia una folla di cri-
stiani, scesi giü dalle Ande a cavallo, percorrendo financo cento
chilometri. II Governatore, quello stesso che aveva trattato cosi
bene Don Milanesio, seppe mostrarsi cavaliere, accettando di farvi
da padrino e permettendo a una sua figlia di essere la madrina
nella benedizione della chiesa (1).
La chiesa era piccola, ma decente. Quanto alia casa, non si
pensi che offrisse agiatezze ai Missionari. L'anno dopo, Don Savio,
passato di la per andaré nel Cile, descriveva cosi i comodi ivi go-
duti (2): « Dormiamo nella stessa camera dove si mangia, si studia
e si riceve. Questa camera, piú che disadorna, con vari puntelli
al tetto perché non cada, serve inoltre da biblioteca, magazzino di-
spensa ed anche da cantina, essendovi depositato il vino da Messa.
Ho dovuto far portar via alcuni commestibili, non potendo nella
notte sopportarne l'odore. Non ci si vede che a gran pena; v'é un
único finestrino assai stretto e con tela ñera ñera in luogo di vetri. »
Don Milanesio, partito súbito da Chosmalal, si diresse a Pata-
gones, dando Missioni lungo un percorso di 1800 chilometri, sicché
(1) Non si mostró egualmcnte cavaliere l'anno dopo. Nel suo messaggio, facendo menzionc della
strada, tacque il nomc di chi l'avcva costruita a suc spese.
(2) Lctt. a Mons. Cagliero, Chosmalal, 5 novembre 1889.
53
Annali Società Salesiana Vol. II. Don Rúa 1888 1898Capo VI
arrivó alia meta nel giugno dell'89. Com'ebbe preso un po' di ri-
poso, Monsignore gli ordinó d'intraprendere nuovamente una Mis-
sione con Don Savio e un catechista fra lo sbocco del Rio Negro
e del Rio Colorado e su per le rive di quest'ultimo. Fece in tale
direzione circa mille chilometri, spingendosi fino a Fortín Uno. Vi-
sitava famiglie sparpagliate a grandi distanze e dedite alia pasto-
rizia, ignorantissime di religione; ma non poté occuparsi degli Indi
ancora infedeli, perché questo richiedeva tempo ed egli aveva or~
diñe di fare una diversione a Balceta; passó per tale scopo a Choele-
Choél sul Rio Negro. Quivi incontró Don Gavotto (1), mandato
a Chosmalal per far compagnia a Don Panaro, e Don Stefenelli,
destinato a Roca, di cui diremo fra breve.
É Balceta una vasta e amena valle fiancheggiata da colline on-
deggianti. Prende il nome dal fiume, che scorre in fondo. Vi abi-
tavano da 450 a 500 Indi, meta dei quali giá cristiani dal 1885.
Disgrazia volle che fossero assenti gli uomini validi e i giovani, partiti
per un mese di caccia al guanaco e alio struzzo. Poté occuparsi quindi
solamente dei vecchi, delle donne e dei fanciulli. Raggiunto di nuovo
il Rio Negro, scese per Pringles a Patagones, dove giunse dopo circa
tre mesi di escursioni (2).
(1) Don Matteo Gavotto era un santo Missionario Veniva dai Figli di Maria. II Prefetto Genérale
Don Berrnti nel 1933 ne trovó ancora viva la memoria come di un santo. 11 buon vecchio, avendo sa-
puto che si pensava di mandarlo in altra casa per riposarvi, chiese per somma grazia di poter chiu-
dere gli occhi, dove aveva speso tutti i suoi 33 anni di vita sacerdotale. Mori a Chosmalal nel 1922
(2) Lett. di Don Milanesio a Don Rúa, Choele-Choél, 2 luglio 1889 e Patagones, 5 novembre 1889
Ecco una statistica presentata da lui in questa seconda lettera:
Missioni della Patagonia
date nell'anno 1889
sulle sponde del
1. Rio Negro
2. Rio Colorado, Bal-
ceta
3. Viedma e Patago-
nes
nel
Gennaio e Febbraio
- Aprile e Maggio
Maggio, Giugno, Lu-
glio
Agosto, Settembre,
Ottobre
Tota le
Chilo-
metri
percorsi
1800
2000
300
1 4100
Battes
indigeni
190
140
80
410
itni di
bianchi
50
40
—
90
Matri-
moni
12
6
5
23
Istru-
zioni
80
90
38
208
Comunioni
140
80
20
240
Non sembriuo scarsi qucsti risultati; le Missioni in quelle plaghe erano giá statc quattro dal 1883
al 1887. íl poco numero dei matrimoni dipendcva anche dalla difficoltá d'indurre gli indigeni a convi-
vcre con una donna sola, il che naturalmente rendeva impossibile il battesimo.
54
Annali Società Salesiana Vol. II. Don Rúa 1888 1898Nei Vicariato Apostólico di Mons. Cagüero
Ho menzionato Pringles. Ecco una seconda residenza missionaria
stabilita nel 1889 sulla sponda sinistra del Rio Negro, a 90 ehilo-
metri da Patagones. II paese aveva cominciato a formarsi nel 1879,
quando l'esercito argentino, movendo alia conquista della Patagonia,
vi piantó un forte, donde tenere in rispetto gli Indi. Nel 1884 Mon-
signor Espinosa, fattavi fabbricare una chiesa in onore deU'Imma-
colata ed erettala in parrocchia, la affidó ai Missionari salesiani,
soliti a recarvisi di tratto in tratto per Fesercizio del sacro ministero.
Mons. Cagliero, considerando l'importanza del luogo, vi costrusse
anche le scuole. Gli abitanti, fra paese e campagna, non superavano
allora i 500. Gli uomini attendevano al bestiame per il Campo, ossia
a cento, duecento, trecento chilometri di distanza; gli adolescente
badavano a migliaia di buoi, vacche, cavalli, pecore. Cosi inselvati-
chivano e, lasciati a sé, sarebbero vissuti sempre nella piú supina
ignoranza religiosa. Si poteva dunque intanto esercitare un influsso
diretto e continúate solamente sui vecchi, sulle donne e sui fanciulli,
al che necessitava Topera delle Suore. Don Bonacina, mandato con
Don Pestarino a prendervi stanza, adattó in fretta un lócale per
loro. Vi giunsero in tre, traínate sur un umile carretto. Era la loro
prima dimora fuori di Patagones. Le mogli dei coloni un po' be-
nestanti prestarono loro materna assistenza. La popolazione le ac-
colse con grande cordialitá. II Consiglio Scolastico del territorio donó
i banchi per la scuola; Mons. Cagliero forni gli altri utensili sco-
lastici. Pochi giorni dopo il loro arrivo avevano 26 scolarette e Don
Pestarino 20 scolaretti. Non tardó a verificarsi quello che Don Bo-
sco diceva: i piccoli tirano i grandi. Sorsero le associazioni parroc-
chiali, si celebravano divotamente le feste, veniva dispensata con lar-
ghezza la parola di Dio. Pochi aiuti materiali si potevano sperare,
essendo quasi tutti, tranne poche famiglie di coloni, indigenti. Perció
Salesiani e Suore conducevano una vita di grandi sacrifici. II fo-
colare omai acceso avrebbe emanato luce e calore sui vicini, river-
berando riflessi salutari anche sui lontani.
Una terza residenza missionaria venne creata nel 1889 a Roca,
sulla medesima sponda del Rio Negro, fra quelle di Chosmalal e
di Pringles, a circa sette chilometri dalla confluenza del Limay e
55
Annali Società Salesiana Vol. II. Don Rúa 1888 1898Capo VI
del Neuquén, ed a chilometri 600 da Patagones. II paese porta il
nome del Genérale che comandó la campagna del 1897. Una buona
guarnigione vi presidiava il forte, che era stato allora costruito. La
sicurezza attiró abitanti: nel 1889 salivano a 2000. Nelle terre all'in-
torno vi erano tolderie di Indi, i quali traevano il loro sostentamento
dalla cura del bestiame. Monsignore affidó l'incarico di quella fon-
dazione a Don Stefenelli, giovane sacerdote pieno di ardore (1). Vi
ando egli con pochi pesos in tasca e a cavallo di un vecchio qua-
drupede. Si accinse con entusiasmo a fabbricare la chiesa e due col-
legi, uno maschile dedicato a S. Michele e l'altro femminile dato alie
Figlie di Maria Ausiliatrice, entrambi per la gioventú povera e ab-
bandonata: edifici poveri anch'essi e assai disagiati (2). Fórmate
le due famiglie, bisognava risolvere il problema económico. Per
dieci anni il Governo Argentino passó un assegno di mille pesos (3);
ma erano ben poca cosa. Perció Don Stefenelli durante le vacanze
andava a Buenos Aires in cerca di soccorsi, che col suo tatto riu-
sciva a ottenere in discreta quantitá. Qualche cosa si realizzava sul
posto in generi. Altra risorsa era lo spirito di povertá.
Vi fu anche la un periodo eroico, nel quale Salesiani e Suore
stavano alio stretto e vivevano a stecchetto, lavorando intanto di
buona lena, come nei primi tempi dell'Oratorio. Dovunque fissassero
la loro dimora, i Missionari facevano necessariamente una vita sa-
crificatissima. Basti pensare alPeterno isolamento dal loro mondo
spirituale e sociale, all'ambiente che li circondava assai primitivo e
alie enormi distanze che impedivano le comunicazioni, resé puré
difficili dalle intemperie dell'aria e dalle asperitá del suolo. Oggi
corre l'automobile, eppure i disagi sonó soltanto un po' diminuiti;
ma allora non c'era che il dorso del cavallo. Del resto, anche al
presente, la vita dei Missionari in quei luoghi e in altri simili, ri-
chiede grande spirito di sacrificio, se il Prefetto Genérale Don Ber-
ruti, durante la visita straordinaria da lui compiuta nel 1933 alie
(1) Annali, p. 575.
(2) 11 Bollelíino di luglio del 1890 reca tre curióse vignette, rappresentanti il collegio maschile, gli
alunni c il cacico Shayuhcque con la sua famiglia (Mem. Biogr., vol XVIH, p. 746).
(3) l_'unitá di moncta era il peso d'argenlo, che normalmente valeva finque lire oro; ma il suo
valore fácilmente cambiava.
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Annali Società Salesiana Vol. II. Don Rúa 1888 1898Nel Vicariato Apostólico di Mons. Cagüero
Case d'America in rappresentanza del Rettor Maggiore Don Ri-
caldone, sentiva il bisogno di ripetere piü volte ne' suoi appunti di
viaggio osservazioni come le seguenti: « Questi grandi Missionari
prescindono dalla materia in una forma che non sembra umana. Tutto
ció che é conforto, comoditá, alie volte persino decenza, non entra
nel campo delle loro preoccupazioni: vivono di lavoro, di spirito di
sacrificio: la materia non esercita nessun influsso su di essi. Case
povere di personale e di mezzi, vitto povero, poveri ambienti; ed e
edificante vedere in tania povertá di cose materiali tanta ricchezza
di spirito. Quei sacerdoti anelano solo a lavorare per le anime» (1).
Ció che si dice dei Salesiani, va detto non meno delle Suore.
Come da Patagones e da Viedma, cosi da Pringles, da Roca e da
Chosmalal partivano di quando in quando Missionari con catechisti
e battevano la campagna, istruendo, battezzando, amministrando gli
altri sacramenti. Tali escursioni duravano regolarmente da tre a
quattro mesi; poi gl'inviati del Signore facevano ritorno alie loro sedi
per ristorarsi físicamente e spiritualmente e vi compilavano i resoconti
da presentare al Vicario Apostólico, riunendo tutti i dati delle loro
^postoliche fatiche, i qnali servivano a preparare le relazioni perio-
diche da inviare alia Santa Sede.
Torniamo anche noi a Viedma, dove ci attende una cosa da
milla, destinata a diventare cosa grande. Sotto la vigile sorveglianza
di Don Evasio Garrone stavano aperte in piü luoghi piccole, ma
ntilissime farmacie, che, offrendo al Missionario il modo di introdursi
in tante case, ove mai aveva potuto mettere il piede per l'addietro.
gli agevolavano assai il portarvi, insieme con quella dei corpi, an-
che e principalmente la salute delle anime; ma questo non bastava,
Soldati, lavoratori e Indi, allorché cadevano gravemente inferan, non
avevano d'ordinario chi li assistesse. Commosso alia vista di tanto ab-
bandono, Monsignore un giorno lanció l'idea di un ospedale retto da
Salesiani e amministrato dalle Figlie di María Ausiliatrice. Un caso
pietoso quattro giorni dopo fece che si passasse dal detto al fatto. Don
Garrone e Don Vacchina si accostarono caritatevolmente al letto di
(1) Da suoi appunti di viaggio incditi.
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Annali Società Salesiana Vol. II. Don Rúa 1888 1898Capo VI
un pittore spagnolo, che, colpito da peritonite acuta, non aveva un
cuore che lo compatisse né una mano che lo soccorresse. Le sue
sregolatezze l'avevano ridotto nel fondo della miseria. Confortatolo
alquanto, i due sacerdoti decisero senz'altro di portarlo seco. Ma do ve?
Nel Collegio, no, perché non c'era posto; in una camera d'affitto,
neppure, perché non ve n'erano. Ma la carita é industriosa. Parlarono
con Monsignore, il quale, riflettendo un istante, additó loro un rancho>
vecchio e cadente capannone, che non serviva a milla e a nessuno.
Ottenuto di poterne disporre, lo fece ripulire, disinfettare e ammo-
biliare alia meglio, ed ecco pronto il posto per il malato. Don Gar-
rone, che di medicina non aveva fatto studi, ma che per via di certe
circostanze possedeva una discreta pratica terapéutica, si piglio l'in-
fermo in cura. Giá gran calunniatore dei Missionari, quel disgra-
ziato aperse gli occhi e. se non físicamente, guarí moralmente. Poi,
come suole accadere che da cosa nasce cosa, diffusasi la notizia
che i Missionari tenevano un ospedale, arrivavano ammalati da
piú partí. S'immagini che sorta di ospedalet Abbiamo una lettera
in cui COSÍ se ne scrive (1): «II povero ospedale nostro di Mercedes
de Viedma, se merita questo nome, contiene quattro lettiere vera-
mente mobili e pochi stracci. Eppure forma Pammirazione di tutti
ed é oggetto dei sospiri di quanti poveri ammalati si trovano non
solo nel circuito della popolazione, ma anche nel campo e a piú e
piú leghe distanti. Prestano le cure piú atiente e caritatevoli che mai
le ottime nostre Suore di Maria Ausiliatrice, e il nostro Don Evasio
ne é il dotíore e al tempo stesso il zelante cappellano. Lo vedesse
con quanto impegno vi si occupa e con quali buoni successi! Basti
diré che nella popolazione ed in ogni ceto di persone é in ottima
fama, e tutti hanno riposta in lui e ne' suoi consigli illimitata fiducia.
I militan' che formano lo squadrone di Polizia e lo stesso Capo
e primo Commissario, fratello dei Governatore, lo vogliono per
loro medico ordinario e propongono di domandare al Governo che
siano a lui concessi quei cento scudi mensuali che finora si pagano
al dottore inglese, (che é puré il farmacista, il ministro e non so che.
(i) Don Riccardi, scgrctario di Monsignore, a Don Rúa, 9 ottobrc 1889.
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Annali Società Salesiana Vol. II. Don Rúa 1888 1898Nel Vicariato Apostólico di Mons. Cagliero
protestante, quantunque quasi nostro amico, e che consiglia agli am-
malati di chiamare il sacerdote), del quale sonó poco soddisfatti.
II Presidente di una Societá di Mutuo Soccorso, la quale festeggia
annualmente il Garibaldi e il 20 settembre con pranzo, música e
discorsi politici, ha puré esso domandato il nostro dottore sacerdote
per i suoi ammalati, corrispondendogli un equo onorario. » Ho vo-
luto riferire interamente il non breve tratto per due motivi: perché
si veggano meglio i progressi del sentimento religioso in una popoia-
zione piena di ostinati pregiudizi contro il clero, e perché meglio
si comprenda come mai da si umili principi sia potuta sorgere
una istituzione ospedaliera, che onora la Congregazione e che ha
sparso e sparge innumerevoli e considerevoli benefici e religiosi e
civili (1).
Nel settembre del 1889 Don Riccardi compiló un resoconto, che
andava dal 1885, anno dell'arrivo di Monsignor Cagliero nel Vica-
riato, fino a quella data, per inviarlo alie due Opere della Santa
Infanzia e Propagazione della Fede; ne fu spedita copia anche a
Don Rúa. Si puó in esso fácilmente tener dietro alio sviluppo e in-
cremento morale e materiale delle Missioni, al moltiplicarsi delle con-
versioni, al numero sempre crescente di giovanetti e giovanette, che
attingevano dai Missionari soda istruzione civile e religiosa, facendo
sperare che sarebbero un giorno riusciti a popolare di una genera-
zione cristiana quei deserti. Vi si scorgeva puré il cresciuto numero
di stazioni, collegi, chiese e cappelle ed il corrispondente aumento
di personale. Di molte cose Don Rúa restó veramente stupito; ma
per la storia é prezioso quanto egli scrisse in proposito. Diceva (2):
« Oh quanto aveva ragione il nostro Don Rosco! Voi ci ritornavate
dall
?
America sconfortati talora e ci assicuravate che quasi tutta l'A-
merica Meridionale era perlustrata; che quanto c'era di Patagonia,
era conosciuto; che la popolazione era nulla. E noi ricordiamo, come
fosse oggi, che il nostro buon padre sorrideva e ci assicurava del
contrario. — Guárdate, diceva, guárdate bene; cércate bene nei
(1) Don Carroñe era colui che, servendo la Mcssa a Don Bosco al suo altarino privaío, l'avovn
visto star sollevato da térra (Mem. Biogr., vol., XIII, pag 897).
(2) Lett. a Don Riccardi, 2 ottobre J889.
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Annali Società Salesiana Vol. II. Don Rúa 1888 1898Capo VI
monti delle Cordigliere, in certi piani, in certe gole, e vedrete, ve-
drete, credetelo a me. — Proprio lui che non c'era mai stato laggiú,
vedeva meglio di voi che eravate costi, e ne avete ora le prove: in
un sol luogo tróvate una moltitudine di 18 mila persone! » Lo stesso
errore. possiamo aggiungere noi, ispirava diffidenza in alti perso-
naggi romani, i quali, udendo la proposta di aprire Missioni nella
Patagonia, ridevano, anzi un Porporato disse perfino che Don Bosco
nella Patagonia voleva mandar ad evangelizzare l'erba.
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Annali Società Salesiana Vol. II. Don Rúa 1888 1898C A P O V i l
Nella Prefetíura Apostólica di Mons. Fagnano.
La Prefettura Apostólica, oltre che alia Terra del Fuoco, si esten-
deva puré alia Patagonia Meridionale e alie Isole Malvine. Diremo
prima di queste due ultime parti (1).
La Missione di Santa Cruz, iniziata nel 1885 (2), conduceva in-
nanzi la sua tríplice attivitá che era esercitare il sacro ministe.ro
con la piccola popolazione del centro, insegnare la dottrina cristiana
ai fanciulli e correré la campagna per catechizzare gli Indi. Data
¡'enorme distanza, il Superiore Don Beauvoir aveva la facoltá di
amministrare la cresima. Nel primo quinquennio i Missionari avevano
visitato di preferenza tutti quei punti del territorio, in cui una
maggior popolazione offriva speranza di poter giovare a maggior
numero di anime. Si noti che i luoghi abitati distano da 200 a 300
e piü chilometri fra loro. Nel 1888 erasi stabilita una seconda sta-
zione a sud-est del territorio di Santa Cruz, in Rio Gallegos, situato
sul fiume dello stesso nome. Non contava che 600 abitanti, in preva-
lenza spagnoli; ma per l'importanza della posizione, non possedendo
ancora l'Argentina un porto vicino alio Stretto di Magellano, il Go-
verno territoriale vi aveva trasferito la propria sede da Santa Cruz.
Non é pero un sorriso di natura il suo panorama, che si presenta
assai monótono e triste. Vinfuriano poi venti arrabbiati. Le Autoritá
governative non solo non favorivano i Missionari, ma ne inceppa-
vano sistemáticamente l'azione. II Governatore Lista proibiva loro
di far scuola in Gallegos. Per buona sorte Don Beauvoir non era
uomo da lasciarsi sopraffare.
(1) É utile rileggere il c. LVI degli Annali prec.
(2) Annali, pp. 539, 575, 593.
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Annali Società Salesiana Vol. II. Don Rúa 1888 1898Capo Vil
Alie Malvine Mons. Fagnano accompagnó nell'aprile del 1888 il
Salesiano inglese don Diamond, tanto aspettato (1). Si prese stanza
a Porto Stanley. II Prefetto restó con lui tre settimane per aver agio
di veder bene come si potesse lavorare in quella vigna, assegnata dal
Signore ai Salesiani. Si accorse tostó, quanto fosse necessaria ivi la
Missione. In passato il Missionario inglese vi soggiornava poco
tempo; perció, essendovi una bella chiesa dei Protestanti ed un mi-
nistro sempre fisso, talora i cattolici, allettati da ció e spinti da igno-
ranza o da maggior comoditá, vi mandavano i figli alie pratiche
del culto, facevano battezzare la i neonati e contraevano matri-
monio dinanzi al pastore anglicano. La venuta di un Salesiano
riempi di gioia le famiglie cattoliclie, le quali invocavano l'aper-
tura di un collegio. Si mise mano álacremente a costruirlo, sicche
nel giugno del 1889 conteneva 34 giovani. Entro il primo anno avven-
nero ben 25 conversioni di protestanti (2).
Ma la grande impresa di Mons. Fagnano era di organizzare la
Missione nella Terra del Fuoco. Bisognava pertanto prendere contatto
con gli Indi non piü solo di passaggio, come aveva giá fatto, ma
in modo permanente. Si accinse con questo scopo a un viaggio di
esplorazione, appena accennato nel volume precedente. Partí da Pun-
tarenas (3) nel 1887 súbito dopo la festa deU'Immacolata. Navi-
gava sopra una goletta, che faceva servizio di cabotaggio. Vi ca-
ricó pecore, cavalli, viveri per un paio di mesi ed anche roba da
distribuiré ai selvaggi; poiche giustamente riteneva che questi so-
lamente dal bene materiale sarebbero potuti venir condotti ad ap-
prezzare il bene spirituale recato loro dai Missionari. Meno con se
il coadiutore Audisio e tre uomini. Suo disegno era di sbarcare nel-
l'Isola Dawson e di la tragittare, se fosse possibile, nellTsola Grande.
La scelta del luogo di approdo fu il risultato di maturo studio.
Quell'isola occupa il centro dell'Arcipelago fueghino e dista solo
(h Cfr. Annali, pp. 503-4. Nel 1889 Don Diamond fu sostituito da Don 'O Grady (Ann., p. 618) con
Don Migone (ivi, p. 439), l'uno irlandcse, uruguaiano l'altro.
(2) Lett. di Mons. Fagnano a Don Rua, Puntarenas, 10 c 15 febbraio e 3 aprile; Porto Stanley,
13 maggio 1888; Puntarenas, 25 gennaio 1889; a Mons. Cagliero, Puntarenas, 5 giugno 1889.
(3) Dirento nuo va mente Puntarenas, perche il Coverno Cileno, dopo averie cambiato il nome fa-
ceiulola chiamare Magallanes, ordinó di far ritorno alia denominazione primitiva.
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Annali Società Salesiana Vol. II. Don Rúa 1888 1898Nella Prefeítura Apostólica di Morís. Fagnano
50 chilometri da Puntarenas, residenza del Prefetto Apostólico; inol-
tre era punto di convegno agli Indi, che vi si fermavano per risalire
sulla terraferma a Nord o passare nell'Isola Grande a Est. Sbarcó
dunque nella Baia Willis, porto naturale a Nord-Est e molto ben
riparato dai terribili venti, che imperversano in tutti quei canali.
Con i suoi uomini e alcuni cavalli, con le provvisioni e altro, si
diede a percorrere Fisola. Boschi fittissimi obbligavano ad aprirsi la
strada con la scure; estesi pantani facevano affondare le gambe dei
cavalli. Sul far della notte un fumo lontano lontano riveló la presenza
di indigeni. Dormirono sotto gli alberi, disturbati sul mattino da
vento e pioggia. Rimessisi in marcia, verso le otto scopersero un
gruppo di Indi, che al vederli fuggirono. Monsignore li chiamó, li
persuase delle sue buone intenzioni, li regalo di galletta, di tabacco
e di fazzoletti rossi, esprimendosi con cenni e con qualche parola
spagnola da loro intesa. Bazzicando intorno ai vapori stranieri. essi
avevano imparato anche qualche termine inglese. Erano tre uomini,
quattro donne e quindici creaturine. Capi che in quelle vicinanze
ve ne doveva essere una quarantina. Li invitó a Puntarenas, ed
essi risposero che sarebbero andati. Lasciatili contenti, ripiglió il cam-
mino verso Nord con uno di essi, che sembrava un po
5
navigato e
che si offerse ad accompagnarli un tratto. Per istrada gli presentó
un suo figlio, che era intento a cacciare. Allora si accomiató, soggio-
gato dalla bontá del Missionario, il quale lo animó a condurgli a
Puntarenas i suoi compagni. Posto il campo in luogo opportuno e
pernottato come la sera precedente, si diressero verso la Baia Willis,
dove era tomata ad aspettarli la goletta, secondo previa intelli-
genza. Monsignore si convinse che quegli Indi menavano vita nó-
made e che quindi a volerne procurare Fistruzione religiosa biso-
gnava indurli a riunirsi in sede fissa.
Ripreso il mare, volsero la prora a Sud, verso il seno dell'Am-
miragliato che s'interna profundamente nell'Isola Grande, cercando
intanto di vedere se lungo la spiaggia vi fossero Indi a raccogliere
molluschi, ma due giorni di burrasca resero la cosa impossibile. Av-
vicinatisi con gran difficoltá alia costa ovest, misero a térra derrate,
animali e uomini e si accamparono. Nei di seguenti fra ostacoli
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Annali Società Salesiana Vol. II. Don Rúa 1888 1898Capo y II
naturali indescrivibili visitarono i dintorni in traccia di Indi. Ebbero
con essi parecchi incontri. Monsignore ne studiava l'indole, i co-
stumi, il linguaggio, la vita, le razze. Alcuni che avevano acco-
stato i civili nei punti di approdo, gli resero qualche buon servigio.
Se ne formó un gruppo intorno a lui. Fece un tentativo d'insinuare
pensieri religiosi, ma senza profitto. Infine distribuí loro oggetti
di vestiario e cose mangerecce, e quando gli parvero ben disposti
verso la sua persona, li invitó tutti a Puntarenas con la goletta che
avrebbe mandato a prenderli dopo due lune; ma Monsignore non
poté mantenere la parola. Con il comandante, che proseguí la rotta,
si era inteso sul luogo e sul tempo del reimbarco. La goletta fu
puntúale. Ritornato a Puntarenas, gli vennero incontro Indi Theuel-
ches della Patagonia Meridionale, giunti per una Missione e insieme
per affidargli figliuoli da educare e istruire, naturalmente a spese
dei Missionari.
II Signore l'aveva aiutato; gli sarebbe potuto incogliere male. Gli
Indi dell'Isola Grande detestavano allora i bianchi. Dacche cercatori
d'oro scesi sul Rio Santa Maria e alcuni Inglesi stabilitisi nella Baia
Gente Grande per l'allevamento delle pecore avevano preso a uccidere
i loro guanachi, quei guanachi che fornivano ad essi vitto e vestito,
gli Indi si misero a fare altrettanto con il bestiame degli invasori.
DalPaltra parte gli stranieri, per impediré i furti, davano una caccia
spietata a quegli infelici, che cadevano quasi ogni giorno sotto i
fucili europei. Onde un odio mortale serpeggiava nell'isola contro
i civili; anzi una volta gli indigeni massacrarono parecchi mina-
tori (1).
Mentre stava compiendo la descritta escursione, il Prefetto Apo-
stólico era ben lungi dal pensare che fosse scomparso dalla térra il
suo amato padre Don Bosco. Ne ricevette la notizia solo in marzo;
con poco minor ritardo di lui l'avevano appresa anche i Salesiani
di Buenos Aires. Ne fu causa l'essere andato smarrito il telegramma
inviato da Torino la mattina del 31 gennaio. I giornali, e vero, an-
(1) Lett. di Mons. Fagnano a Mons. Cagliero, Puntarenas, 10 e 15 febbraio 1888. Gli Inglesi
uccidcvano i guanachi, perché qucsti danneggiavano l'allevamento delle pecore, divorando l'erba dei
migliori pascoli. Si dice la che un guanaco mangia quanto sette pecore.
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Annali Società Salesiana Vol. II. Don Rúa 1888 1898Nella Prefeítura Apostólica di Mons. Fagnano
nunciarono quella morte; ma i nostri non vi prestarono fede, sia
perché altre volte la stampa li aveva tratti in inganno con simile
notizia, tanto piú che sapevano del notevole miglioramento veri-
ficatosi in gennaio, sia perché non potevano concepire come mai i
Superiori, se la cosa fosse vera, non si facessero vivi. Cosi lo sep-
pero un mese dopo, quando cioé la posta reco loro la circolare di
Don Rúa, al quale Monsignore scrisse il 10 marzo: « Abbiamo ri-
cevuto la circolare, in cui ci partecipa la dolorosa notizia del!a
morte del caro Papa ed abbiamo pianto di cuore la sua perdita
tutti insieme, ma specialmente io che tanto gli doveva... Per nostra
parte ci adopreremo con tutte le forze a corrispondere ai desideri
dei nostri Superiori, raddoppiando lo zelo nelle opere intraprese
dalla Congregazione Salesiana, in particolare nelle Missioni ai sel-
vaggi del la Terra del Fuoco. »
Intanto urgeva accendere un focolare di vita cristiana nella po~
polazione della residenza prefetturale di Puntarenas. I Missionari vi
si adopera vano con tutti i mezzi insegnati da Don Bosco: cura della
gioventü, belle funzioni religiose, feste, mese mariano, pane della
parola di Dio, pane eucaristico, ogni tanto battesimi di Indi ammi-
nistrati con solennitá: tutte cose che attiravano gente alia chiesa.
Un Indio quindicenne fu tenuto al sacro fonte dal nuovo Governa-
tore, Genérale Samuele Valdivieso. A un altro fece da padrino per
procura Don Rúa. Quello era un superstite di undici fueghini ra-
piti da un incettatore írancese e messi in mostra all'Esposizione
di Parigi, poi imbarcato a Liverpool e spedito al suo destino. Non
avendo piú ritrovato i genitori, venne raccolto dai Missionari. Dei
suoi dieci compagni di sventura, cinque erano morti e cinque fini-
rono anch'essi nelle braccia dei Missionari, che li fecero cristiani (1).
A sciogliere il ghiaccio dell'indifferenza religiosa che assiderava
i cuori, giovó non poco il buon esempio dei Salesiani, preti e laici.
Inoltre fu vera fortuna che nel 1889 il Governo cileno avesse man-
dato a Puntarenas il detto Governatore, uomo esemplare, che non
mancava mai la domenica alia Messa (2). Qualche buon frutto
(1) Lctt. di Don Bcanvoir a Don Rúa, Puntarenas, 15 setiembre 1890.
(2) Lett. di Mons. Fagnano a Mons. Cagliero, Puntarenas, 7 luglio 1889.
3
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Annali Società Salesiana Vol. II. Don Rúa 1888 1898Capo Vil
cominciava a maturare. Quell'anno Monsignore scriveva. sottoli-
neando con visibile esultanza (1): « Domani primo venerdi del Sacro
Cuore faremo oenticinque Comunioni ed allargheremo il Regno di
Gesü. Si va adagio, ma sempre avanti. »
II nemico delle anime non poteva starsene inerte. NelFinverno
del 1889 correvano pubblicazioni contro i Salesiani e contro la loro
Missione, fucinate a Puntarenas. Ma: «La Madonna ci aiutó, scrisse
il Prefetto Apostólico. II silenzio, la preghiera, la pazienza furono
la nostra risposta. » Tre presunti autori di quegli scritti clandestini
morirono poco dopo a brevissimi intervalli. Chiesero pero i sacra-
menti (2).
Nel 1888 era volata al cielo la giovanetta fueguina, che, raccolta
da Mons. Fagnano nella Terra del Fuoco dopo l'uccisione di suo
padre, condotta a Patagones e di la accompagnata da due Suore
a Torino nel 1887, era stata presentata da Mons. Cagliero a Don
Bosco (3). Viveva a Puntarenas nella Casa delle Figlie di Maria
Ausiliatrice. L'ultimo giorno della malattia volle che Monsignore
le stesse continuamente accanto al letto. Poco prima di spirare
gli disse: — Andrai a cercare mia mamma, i miei fratelli; li bat-
tezzerai, perché possano venire anch'essi in paradiso con Gesú. —
Mori nel giorno dellTmmacolata. Fu il primo frutto inviato al Cielo
dalla Missione (4).
Una chiesa, anche piccola, ma decorosa e divota é pur sempre
un gran mezzo per suscitare nei cuori la fiamma della pietá. Fino
al 1890 Salesiani, Suore e fedeli si disputarono, per cosi diré, una
povera stanza messa a cappella; ma allora ebbero una chiesina
con campanile e tre campane, fatta di legno, come tutti gli edifici
del luogo. foderata esternamente con lastre di zinco e nell'interno
coperta di tela e carta ricamata. Troneggiava sull'altare una statua
di Maria Ausiliatrice, venuta da Parigi. Edificante e attraente riusci
la benedizione della prima casa di Dio sorta nella cittá. Nessuna del!
(1) Lcttcra di Mons. Fagnano a Mons. Cagliero, Puntarenas, 5 scttcmbre 1889.
(2) 11 med al metí., 7 luglio 1889
(3) Aniuiii, p. 398.
(4) Lett. di Mons. Fagnano a Don Rúa, Puntarenas, 25 gennaio 1889.
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Annali Società Salesiana Vol. II. Don Rúa 1888 1898Nella Prefetlura Apostólica di Mons. b agnano
Autoritá ricusó d'intervenire. Piacque il numeroso clero di giova-
netti. Vi si celebró il mese di Maria, che laggiú termina con la festa
dell'Immacolata, nel qual giorno una spettacolosa processione scosse
quel popólo fino allora insensibile alie cose di religione Vi furono
ben 115 comunioni. Le Suore fecero l'accettazione di 13 Figlie di
Maria, di 20 aspiranti e di 20 angioline (1). La grazia di Dio ope-
rava, nonostante gli ostacoli.
Tutto questo andava narrato di seguito; ora rifacciamoci un po'
addietro. Nel 1888, quando qui é estáte e la invernó. Mons. Fagnano
venne in Italia dopo 13 anni di lontananza. Arrivó a Genova il
26 giugno. Peroró la causa della sua Missione a Torino ed a Roma,
ne fece conoscere i bísogni di vario genere a quanti potevano pre-
stargli ahito e ottenne da Don Rúa un rinforzo di personaje in dieci
Salesiani e cinque Suore. II 3 dicembre rientrava giá nella rada di
Puntarenas.
Suo pensiero dominante furono súbito i preparativi per aífrontare
decisamente la Missione fueguina; ma non poté aver pronto tutto
l'occorrente se non a febbraio. II 3 salpó verso l'Isola Dawson sopra
una goletta, chiamata la Fueghina. Caricó vettovaglie per vari mesi,
vacche, cavalli, pecore e gli attrezzi piü necessari per impiantare
un piccolo villaggio. Destinó Direttore della stazione Don Ferrero.
al quale diede per ahitante il coadiutore Giovanni Silvestro. Face-
vano parte della spedizione dodici fra pastori e falegnami. Rag-
giunta la spiaggia nella Baia Willis, stabili di costituire ivi il centro
della Missione, ordinando di costruire immediatamente una casa di
legno. I pastori pero col bestiame li mandó a sbarcare nella Baia
Harris, piü a Sud, perché sapeva esserci la un grande e be! prato.
Egli quindi, dovendo tornare a Puntarenas, impartí le opportune
istruzioni e lasció l'isola.
Misura questa 13300 chilometri quadrati di superficie. La cinge
a Sud una lunga catena di montagne, quasi sempre coperte di nevé;
(1) Di questo c di altro fa una bella relazionc a Mons. Caglicro Suor Valiese. supcHora dcllc
Figlie di Maria Ausiliatrice a Buenos Aires, da Puntarenas (15 dicembre). dove si trovava di pas-
saggio, proveniente dall'Jsola Dawson, come diremo. Anche Mons. Fagnano ue seris.se al medesimo
addi 16.
6?
Annali Società Salesiana Vol. II. Don Rúa 1888 1898Capo Vil
il resto é tutto folti boschi, modeste colime, vaste praterie. abbon-
danti corsi d'acqua, frequenti laghi e terreni paludosi. Appartiene
al Cile come tutte le altre dell'arcipelago, tranne circa meta dell'Iso-
la Grande, nella quale sventola la bandiera argentina.
Dopo la partenza di Monsignore, non compariva faccia di Indi;
solo al sesto giorno ecco venire una piroga e due giorni dopo un'altra
e poi un'altra ancora, tutte cariche di selvaggi- Si appressavano con
timore; ma tostó, regalati di galletta, tabacco e indumenti, piglia-
rono coraggio. Don Terrero, persuasili a fermarsi, improvvisó per
loro alcune casucce di tavole che riparavano dall'acqua, ma non dal
vento e dal freddo. Ce ne volle per indurli a pulirsi, a liberarsi da
insetti molesti, a lasciarsi tagliare i capelli, a buttar via sucide pel-
licce e indossare abiti nostrani! Fu dato a ognuno un nome e adagio
adagio si inizió 1'insegnamento religioso. A patrono della Missione
fu eletto l'Arcangelo S. Raffaele.
Ma la localitá prescelta parve ben presto disadatta, Oltre al resto,
la Baia Willis aveva un fondo buono solo per piccole imbarcazioni;
invece a poca distanza la Baia Harris poteva lasciar approdare
anche le maggiori navi, inoltre le faceva corona una zona piü bella,
piü cómoda, piü ricca di pascoli e piü riparata dai venti. Perció
dopo un primo mese tutti si trasferirono la con armi e bagagli;
anche la casa giá costruita venne smontata e portata via sopra una
zattera.
Monsignore mandó ancora un prete, Don Pistone, e parecchi ope-
rai che fabbricassero solide casette per gli Indi e una casa di certa
grandezza per i Missionari. Vi tornó egli stesso in maggio con rifor-
nimenti, con materiali da costruzione e roba per gli Indi, che presero
a chiamarlo il buen capitán. Quando venne via, era risoluto di recarsi
alia capitale del Cile e di chiedere al Governo la concessione del-
l'isola per vent'anni, a fine di attirarvi un sempre maggior nu-
mero di fueghini, affezionarli al luogo e tenendoli concentrati, or-
ganizzare una colonia dedita specialmente alia pastorizia.
Da sette mesi la vita trascorreva tranquilla, quando un trágico
incidente sopraggiunse a funestare quei principi, che si manifesta-
vano tanto lieti. Avendo tróvalo una lettera in cui una delle vittime
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Annali Società Salesiana Vol. II. Don Rúa 1888 1898Nella Prefettura Apostólica di Mons. Fagnano
narra il fatto, me ne serviró come di fonte principale nel racconto,
attingendo solo qualche particolaritá altrove (1).
II 7 setiembre 1889, tomata all'isola la goletta Fueghina, operai
e pastori ottennero di andaré a godersi qualche giorno a Puntarenas
durante le feste patrie che si celebra vano dal 17 al 19. Ando con
ioro anche Don Ferrero, sicché alia Missione rimasero solo Don Pi-
stone e il coadiutore Silvestro con 17 Alacalufes. Orbene, la mat-
tina del 9 gli Indi erano tutti scomparsi. I Missionari supposero che
fossero andati alia pesca. Ma ecco sul fare della sera ricomparire
soltanto sei uomini, che si avanzavano mostrando alcune pell.i di
lontra come frutto della caccia. Tre si avvicinarono a Don Pistone
e tre a Silvestro, piantandosi uno davanti al prete e un altro davanti
al laico, mentre due si mettevano ai fianchi del primo e due ai
fianchi del secondo. Che questa fosse una manovra sospetta, lo po-
teva diré soltanto chi la osservasse un po' da discosto, non i due ac-
cerchiati, intenti ad ammirare le belle pelli. A un cenno selvaggio
entrambi si sentirono afferrare per le mani e vibrare fulmíneo un
colpo di arma affilata alia gola Don Pistone, di scure alia testa Sil-
vestro. Nel pronto svincolarsi dalla prima stretta gli aggrediti torsero
il capo, sicché quegli ricevette solo un taglio nel labbro inferiore
fino al mentó, e questi riportó una Heve scalfittura alia fronte, ma
una grave ferita al braccio. Si divincolarono atterriti e grondanti
sangue, mandando un forte grido: gli aggressori, fallito I'attacco,
si lasciarono cadere di mano le armi e presero la fuga. Allora Sil-
vestro, che era stramazzato al suolo, si trascinó in cucina, die' di
piglio a un fucile carico e sparó in aria. Alia detonazione, il com-
pagno di sventura, che correva all'impazzata verso la spiaggia, si
rianimó, avendo compreso chi fosse colui che aveva sparato: i sel-
vaggi ignoravano il maneggio delle armi da fuoco. Tornó dunque
indietro. Entrambi, assicuratisi che non vi era piú nessuno la intorno
e sparati vari altri colpi, badarono a curarsi le ferite.
Per l'impressione dello spavento provato e sotto Fincubo del ti-
more di essere sorpresi nel sonno, tutta la notte non chiusero occhio.
(1) Lett. di D. Pistone, Isola Dawson, 12 setiembre 1889. Manca il nomc del destinatario. — Ho
vonsultato puré Memorie inedite di Don Beaavoir.
69
Annali Società Salesiana Vol. II. Don Rúa 1888 1898Capo Víl
Ma poi i furfanti, sapendoli soli in quel deserto, non sarebbero tornati
in compagnia di altri all'assalto? E come provvedere alia propria sicu-
rezza? In si tristi pensieri non ave vano miglior conforto che la pre-
ghiera. E la Provvidenza intervenne. L'll settembre verso le otto uno
scafo veleggiava nella Baia Harris. Respirarono, e scesero al mare.
Approdó un cutter proveniente dalle isole v Malvine e diretto a Pun-
tarenas. L'equipaggio si componeva di tre inglesi, che, disorientati
e senza viveri e privi d'acqua potabile, giungevano la spinti dal
vento. Si prestarono tostó scambievole soccorso.
L'indomani il cutter fece vela per Puntarenas, dove giunse il
14 con le brutte nuove. Monsignore addoloratissimo, non trovando
di meglio, rinvió quella stessa imbarcazione a Dawson con Don
Ferrero, recante viveri e medicamenti. Giunta poi una piccola go-
ietta Florencia, la affittó e la spedi a Don Ferrero con alcuni ope-
rai. II cutter, arrivato a Baia Harris il 17, ne riparti il 18, la-
sciando uno dei marinai a guardia della Missione e imbarcando
Silvestro, il cui braccio si temeva che andasse in cancrena.
La povera navicella dovette lottare tre giorni e tre notti con le
onde iníuriate, finché una raffica di vento la sbatté contro una
spiaggia arenosa senza infrangerla. II 21, sembrando placato il mare.
i tre naufraghi spinsero il cutter in acqua fino a 50 metri da térra,
dopo di che una barchettina capace appena di due uomini li avreb-
be trasportad fino alia nave. Nel primo tragitto vi montarono Sil-
vestro e un marinaio. La barchetta distava appena pochi metri dal
cutter, quando una grossa ondata la capovolse. I due sommersi
ricomparvero di li a poco alia superficie, nuotando verso la riva;
ma Silvestro, qualunque fosse la causa, spari inghiottito dai flutti
né fu possibile rintracciarne il cadavere. Allora il mare, di nuovo
ingrossato, scaglió con tanta violenza il cutter contro un punto pie-
troso della spiaggia, che lo ridusse in frantumi. I superstiti, percorsa
a piedi la lunghissima distanza, recarono alia Missione la luttuosa
notizia. Nel frattempo la Florencia era venuta a Dawson e tomata
a Puntarenas e non avénelo incontrato il cutter né prima né dopo.
ne fece avvertito Mons. Fagnano. Questi ottenne dal Governatore
che fosse mandato un vaporino a cercarlo. Vi s'imbarcó egli puré
70
Annali Società Salesiana Vol. II. Don Rúa 1888 1898Nella Prefeííura Apostólica di Mons. Fagnano
con il coadiutore Bergese. S'immagini il suo dolore, quando conobbe
tutta la dura realtá.
Uomo di fede, ricordó come Don Bosco avesse detto che la Mis-
sione sarebbe costata sudore e sangue e che a chi si fosse sacri-
ficato, Dio avrebbe fatto la grazia che il suo sangue fosse fecondo
di conversioni (1). Rincorato da questa Aducía, fece animo ai Mis-
sionari, i quali, anziché lasciarsi abbattere, si rimisero con buona
lena al lavoro.
E la Missione di S. Raffaele risorse. I fuggitivi, temendo di
essere presi a fucilate, non osavano piú mostrarsi; ma poi, ricer-
cati dai Missionari e vínti dai loro segni di bontá e di perdono,
ritornarono tutti, compresi gli assassini, tranne l'orditore della tra-
ma. Poiché, andando a fondo, si scoperse che istigatore dell'at-
tentato era stato un Indio, il quale ambiva di capeggiare quella
specie di tribu in formazione. Né costui cessó piú di causare mo-
lestie alia Missione, finché peri sgozzato da alcuni suoi compagni
di ribalderie.
II numero degli Indi raccolti ando vía via aumentando. Per rico-
verarli furono col tempo costruite fino a 60 case, in alcune delle
quali abitavano anche quattro famiglie. Ai ragazzi e alie ragazze
di oltre sette anni si dava ricetto in due collegi, sorti ivi stesso e
governati dai Salesiani e dalle Figlie di Maria Ausiliatrice, Poiché
nel giugno del 1890, dopo che Suor Valiese era stata sul posto a pre-
disporre le cose, iré religiose furono inviate a dar principio alia
loro comünitá sotto la direttrice Suor Luigina Rui fino. Dio solo sa
a quali sacrificí si assoggettarono esse per la redenzione di quelle
misere creature.
Intanto i Missionari si sforzavano di abituare gli Indi al lavoro,
a cui grandemente ripugnavano. Per le donne c'era il laboratorio
delle Suore; per gli uomini fu impiantata una segheria a vapore,
che serviva a utilizzare l'abbondantissimo legname della foresta.
I grandi venivano puré addestrati nella coítivazione della térra.
Alie donne s'insegnava il modo di cucinarsi le vivande. Ma sulle
(1) Lctt. a Don Riccarili, Puntaronas, 31 otíobrc 1889.
71.
Annali Società Salesiana Vol. II. Don Rúa 1888 1898Capo Vil
occupazioni materiali primeggiava sempre l'insegnamento catechi-
stico. Anche gli usi religiosi penetravano a poco a poco nella vita
di ogni giorno.
Nel 1890 dopo la festa dellTmmacolata Mons. Fagnano e Suor
Valiese fecero una nuova visita alia Missione. Dalle festose acco-
glienze compresero súbito, che c'era qualche cosa di mutato. Monsi-
gnore trovó ben preparati al battesimo 33 Indi, tra cui 28 adulti.
La cerimonia, fatta a modo, produsse viva impressione. I battez-
zati uscivano dalla cappella allegri e saltellanti, cantando: « Ya
no somos Indianos, ahora somos cristianos» (1).
Fermo nel proposito di strappare gli Indi alia loro vita randagia
e concéntrame il maggior numero possibile a convivere, fosse puré
in grado mínimo, civilmente, quanto cioé lo permettesse loro la pro-
pria natura nómade, Mons. Fagnano, come ho detto, vagheggiava
l'idea di farsi accordare dal Governo la cessione dellTsola Dawson
per vent'anni. Con questo disegno in mente ando nel giugno del
1890 a Santiago, dove riusci a ottenere un decreto, in forza del
quale al Padre Giuseppe Fagnano, come Superiore dei Missionari
Salesiani stabiliti a Puntarenas, si concedeva per vent'anni l'uso
e l'usufrutto dellTsola Dawson. La motivazione si fondava su tre
considerando: primo, la convenienza che lo Stato favorisse e sti-
molasse le imprese aventi per oggetto d'incivilire gl'indigeni della
Terra del Fuoco; secondo, oltre ai fini umanitari, il contributo che
ne veniva per facilitare la colonizzazione di territori della Repub-
blica posti in cosi remote plaghe; terzo, il nessun onere finanziario
derivante dalla proposta, íl decreto poi disponeva che fossero pre-
stati 500 capi di bestiame vaccino per la stessa durata con Pobbligo
di consegnarne altrettanti al Governo, spirato il termine della con-
cessione. In caso che il Governo prima di dieci anni avesse biso-
gno dell'isola e la richiedesse, avrebbe dovuto sborsare il valore di
tutti gli edifici, a giudizio di periti. Monsignore riteneva impro-
babile tale prematura richiesta e godeva di avere finalmente la
possibilitá di radunare tutti i selvaggi della Terra del Fuoco per
(1) Lett. citata di Suor Valiese.
72
Annali Società Salesiana Vol. II. Don Rúa 1888 1898Nelia Prefetlura Apostólica di Mons. Fagnano
dirozzarli, edúcame i figli e trasportarli poi in vari punti dell'Ar-
cipelago atti alia pastorizia (1). Come siasi valso della concessione
governativa, lo vedremo piú innanzi.
Prima di finiré il capo é necessario sfatare dicerie messe in giro
da persone malevole. Si ando blaterando che la concessione fosse
per i Missionari sorgente di sfondolate ricehezze. A smentire si
false asserzioni sarebbe bastato conoscere in che disastrose condi-
zioni finanziare si dibattesse per quella concessione il Prefetto Apo-
stólico. Essa lo ingolfó nei debiti. Tutte le éntrate, frutto únicamente
deH'industria, del lavoro indefesso e dell'economia dei Missionari,
viventi una vita di povertá e di privazioni, venivano assorbite da i
bisogni degli Indi e del personale addetto, né sarebbero state suffi-
cienti senza introiti d'altra origine. Furono letteralmente vent'anni
di déficit. Questa é la pura veritá che poté e per fortuna puó sempre
essere documentata in base a cifre di esattezza inoppugnabile. Degno
Missionario di Don Bosco, il Fagnano metteva fedelmente in pra-
tica uno degli ammonimenti lasciati dal padre ai pionieri del '75:
« Cércate anime, non danari » (2).
(í) Lett. di Mons Fagnano a Mons. Cagliero, Santiago, 11 agosto 1890.
(2) Annaii, p. 255 in nota.
?3
Annali Società Salesiana Vol. II. Don Rúa 1888 1898C A P O V I I I
Prime visite di Don Rua alie Case d'Iíalia.
(Nizza Monferrato, Sampierdarena, Alassio, Borgo S. Martino, Lu, Penango, Faenza, Firenze,
Lucca, Roma, La Spezia, S. Benigno, Mathi, Lanzo, Mogliano, Este,
Lugo, Faenza, Parma, Trento)
Un biógrafo di Don Rua ebbe la pazienza di íare il calcólo dei
chilometri da lui percorsi in un ventennio, dal principio cioé del suo
Rettorato fino a quando, piú che gli anni, i malanni lo condannarono
a una vita non proprio sedentaria, ma di poco movimento. La somma
oltrepassó i centomila (1). I suoi viaggi, visitando le Case, avevano
molteplici scopi: mantenere vivo lo spirito di Don Bosco; avvicinare
i singoli Confratelli per sentirli, incoraggiarli, consigliarli; incontrarsi
con i Cooperatori per avvincerli sempre piú alia Congregazione;
trattare per nuove fondazioni. Come giá il santo Fondatore, cosi il
suo illuminato Successore considerava simili visite e incontri quale
elemento insostituibile a promuovere il bene della Societá; vogliono
quindi nella storia di questa un posto distinto. Qui dunque e altrove
seguiremo passo passo Fitinerante cominciando dall'Italia superiore
e media.
All'lstituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice Don Rua prodigó
ancora per alcun tempo le stesse paterne e vigili cure di Don Bosco
tanto nelle cose spirituali quanto nelle materiali Con particolare solle-
citudine egli guardava alia Casa Generalizía di Nizza Monferrato.
Vi si recó due volte nel 1889, cioe in maggio per le vestizioni religiose
e in agosto per un altro motivo. Vigeva cola l'usanza, introdotta da
Don Bosco, di offrire ogni anno a maestre e ad altre signore o coope-
ratrici la comoditá di fare un buon corso di esercizi spirituali. Don
(li A. AUIIKAY. Le premier Successcur de Don Botco. Lyon, Vitte Ed., 1934. Parte IV, c. 6.
74
Annali Società Salesiana Vol. II. Don Rúa 1888 1898Prime oisüe di Don Rúa alie Case d'Iíalia
Bosco medesimo ne mandava Finvito stampato e finché la sanitá glielo
permise, non mancó mai di andarli a chiudere. Ve ne intervenivano
sempre quante la casa ne poteva conteneré. Don Rúa imito il suo
esempio. Quella volta le esercitande arrivarono a duecento.
II 6 giugno visitó Fospizio di Sampierdarena,
6
" la casa benedetta
dal Signore ", scriveva in proposito Don Lazzero (1). La trovó am-
pliata. II gran numero delle domande di ammissione aveva indotto
a praticarvi un ingrandimento mediante un piano rialzato sull'edificio
del 1886, sicché ne risultarono sei ambienti, capaci di conteneré tutte
le classi del ginnasio; la qual cosa age voló una migliore sistemazione
dei laboratori. Visitando Foratorio festivo, egli fece ai giovani una
promessa: l'anno dopo avrebbero avuto un cortile piú cómodo, piú
bello, con i migliori giochi e mezzi di ricreazione. Non diceva questo
tanto per diré, ma aveva il suo bravo perché. Si avviavano in quei
giorni alia conclusione le trattative per un importante acquisto.
Quanto non aveva fatto Don Bosco per comperare un'area, parte fab-
bricabile, parte fabbricata, attigua all'ospizio! Apparteneva ai Mar-
ehesi Durazzo-Pallavicini. La vecchia marchesa non glie Faveva mai
voluta cederé: onde pendeva continua la minaccia di qualche grave
servitú. Ma allora parve che Don Bosco facesse sentiré dal cielo
il suo nuovo potere ricevuto da Dio. L'urgente necessitá d'ingran-
dimento e l'imminente pericolo che si affacciasse altro compratore e
soff ocasse i Salesiani, privandoli di uno spazio per loro vítale, diedero
coraggio a ritentare la prova. La signora proprietaria questa volta non
fu sorda. Contrarietá ne saltarono fuori; ma l'affare fu conchiuso
come giammai si sarebbe osato sperare. Infatti, non veniva ceduta
solamente la parte chiesta giá da D. Bosco, ma tutto il tratto scoperto
ed anche un bel palazzone la accanto. Anzi, per un terreno che era il
doppio, non si dovette sborsare neppure la meta del prezzo offerto
anteriormente. II felice successo si attribui a grazia speciale ottenuta
da Don Bosco (2). L'anno dopo dunque Don Rúa, ritornato a Sam-
pierdarena, ricevette dai giovani delForatorio pubblici ringraziameníi
per Fampliato cortile.
(1) Lett. a Mons. Cagliero, Torino, 31 agosto 1889.
(2) Lett. cit.
75
Annali Società Salesiana Vol. II. Don Rúa 1888 1898Capo VIII
Questa casa nel 1889 divenne sede ispeltoriale. Fino allora l'Ispet-
toria Ligure aveva avuto per Ispettore Don Cerruti; ma in quell'anno
vi fu nominato Don Giovanni Marenco.
Da Sampierdarena si volse ad Alassio, dove fioriva con il ginnasio
Fuñico liceo, che la Congregazione avesse allora, diretto da quell'uomo
incomparabile che fu Don Luigi Rocca, nel quale non si sarebbe sa-
puto che cosa maggiormente ammirare, se il senno pratico e la scienza
ovvero la squisita carita. Esiste un ricordo di quella visita in un
Álbum con le firme di tutti i Superiori e gli alunni, precedute da una
dichiarazione che comincia cosi: « Amatissimo Padre, la tua visita ci
ha falto passare tre giorni felici: la tua presenza, le tue parole hanno
destato in noi una purissima gioia, un santo entusiasmo. Oseremmo
diré che pareva venuto fra noi, non il Successore, ma Don Bosco me-
desimo. »
Verso gli ultimi di giugno era a Borgo S. Martino per festeggiare
con quegli alunni S. Luigi Gonzaga. II Direttore Don Bertello gli
aveva preparato un cordialissimo ricevimento. Lo accolse un mondo di
gente, venuta anche da paesi vicini. Vi si trovó puré il nuovo Vescovo
Mons. Pulciano, che dopo la festa lo condusse a Cásale per tenervi la
conferenza ai Cooperatori. Parló dal pulpito di S. Filippo, ben noto
giá a Don Bosco. Quanta moltitudine! quale trasporto! « Quello che
maggiormente consola, scrisse Don Lazzero che lo accompagnava (1),
é che Don Rúa incontra mirabilmente e si ha da tutti per lui grande
stima e venerazione. » Un giornale cittadino raccolse la voce comune
che Fereditá di Don Bosco passasse su braccia sicure ed esperte (2).
Ritornato a Borgo, ando a fare una conferenza a Lu, dove Don Ber-
tello per incarico del Capitolo Superiore doveva aprire un asilo mu-
nicipale da affidare alie Figlie di María Ausiliatrice (3); poi, fatla una
breve visita alie Suore di Quargnento, si portó a Penango, dov'era
atteso per celebrare la festa di S. Luigi. Anche qui volle esserci il Ve-
scovo, del quale scrisse Don Lazzero (4): « Sembra che egli abbia una
particolare simpatía per Don Rúa. »
(1) Lett. a Mons. Cagliero, Torino, 3 luglio 1889
(2) Gazzetía di Cásale, 3 luglio 1889.
(3) Verb. del Cap. Sup., 6 giugno 1890.
(4) Lett. cit.
76
Annali Società Salesiana Vol. II. Don Rúa 1888 1898Prime Disite di Don Rúa alie Case d'Italia
Una delle Opere di Don Bosco che ha una storia piü ricca di vi-
cissitudini, é quella di Faenza. Generositá di cittadini e tracotanza di
settari, segnalatesi variamente nelle origini, continuarono a starsi di
fronte, finché il bene cantó vittoria su gl'intrighi e le violenze del male.
Chiamava Don Rúa in quel Collegio la benedizione di una nuova
chiesa, che il Direttore Don Giovanni Battista Rinaldi aveva intrapreso
a costruire per incoraggiamento ancora di Don Bosco fin dal 1885.
I lavori pero andarono in lungo, sicché ebbero termine solo nel 1889.
Intorno a Don Rúa dal 13 luglio vi furono tre giorni di splendide feste.
Dopo la benedizione rituale data dal A^escovo, Don Rúa fece la con-
ferenza ai Cooperatori. II concorso numeroso ed entusiástico del po-
pólo, se si prescinde dalle proporzioni, faceva pensare agli spettacoli,
che si ammiravano ogni anno a Torino nelle feste di Maria Ausiliatrice.
« Credo di non esagerare, afferma il compagno di viaggio (1), nel
diré che quasi i due terzi del popólo di Faenza passarono in casa nostra
e andarono a pregare nella nuova chiesa l'Aiuto dei Cristiani. Nulla
olico del clero che ci é piü che amico, e pensó che neppur uno dei
sacerdoti lasció passare quei tre giorni senza darci tal segno di affet-
tuosa amicizia. II fatto sta che Don Taroni non poteva piü capire in
sé dalla gioia, non poteva credere a se stesso, e andava di tratto in
tratto esclamando: Sogno o son desto? » Noi conosciamo giá Don
Taroni, che Don Bosco chiamava il Santo di Faenza (2).
Alia sera del terzo giorno ci doveva essere una rappresentazione
drammatica nel nuovo teatrino accanto alia chiesa; ma si era riversata
in casa tale humana di gente, che nemmeno la decima parte vi sarebbe
potuta entrare; quindi s'improvvisó un trattenimento accademico al-
laperto. In tre quarti d'ora fu tutto finito; ma Don Rúa impiegó piü
di un'ora a svincolarsi da quella folla che gli si stringeva attorno. Chi
voleva la sua benedizione, chi una parola od un consiglio, chi solo
toccargli le vesti o baciargli la mano. « Insomma, notava il nostro in-
formatore, si fece niente di meno di quanto giá si faceva per l'amato
nostro Padre Don Bosco. »
LTstituto contava 180 alunni, di cui 43 mantenuti al tutto gra-
(1) Lett. a Mons. Cagliero, 25 luglio 1889.
(2) Annali, pag. 398.
77
Annali Società Salesiana Vol. II. Don Rúa 1888 1898Capo VIH
tuitamente. Eppure un giornale faentino ebbe la sfacciataggine di
stampare che per Faenza era una macchia l'avere i Salesiani (1).
Dimostrazioni simili su per giü bisognerebbe descrivere per Firenze
e per Lucca, nelle quali cittá Don Rúa ando súbito dopo a visitare i
Collegi. A Firenze fu oggetto di speciali cortesie da parte del celebre
professore e scrittore Augusto Conti. Citiamo ancora una volta il buon
Don Lazzero, che nella sua mentóvata lettera tornava a diré: « Do-
vunque nelle nostre case Confratelli e giovani fecero a Don Rúa ac-
coglienze che per nulla si distinguevano da quelle che giá facevano a
Don Bosco. »
II 1890 si apri con l'andata a Roma, Giuntovi il 13 gennaio, spese
i primi giorni in visite a personaggi altolocati, trovando dappertutto le
piü benevoli accoglienze, La mattina del 22 era ai piedi del Papa. « Le
imprese di quel santo uomo che fu Don Bosco, gli disse il grande
Leone XIII, furono da Dio benedette nel corso della vita e conti-
nueranno ad essere protette anche dopo la sua morte. » Lodo il Santo
d aver portato a felice compimento limpresa del Sacro Cuore. Esortó
a lavorare senza posa. « Si vede, che dove si lavora, malgrado le dif-
ficoltá dei tempi, il popólo accorre, e si fa del bene » (2).
II di appresso fece la prima conferenza ai Cooperatori romani nella
chiesa del Sacro Cuore. Mostró come Don Bosco fosse stato l'uomo
della Provvidenza, perché la Provvidenza Taveva costantemente fa-
vorito in ogni impresa, anche dopo la sua morte, mediante la carita
dei Cooperatori.
Sehbene bisognasse spendere senza posa, e sempre a Roma la be-
neficenza fosse pressoché nulla. puré, ricordando quanto la cosa stessc
a cuore a Don Bosco, decise che si riprendessero entro l'anno i lavori
del tanto desiderato Ospizio, costruito solo in mínima parte, e che
venissero spinti innanzi con alacritá. Per trovare i mezzi diede corso
a una ístituzione detta Pia Opera del Sacro Cuore, permessa da I ni
dopo maturo consiglio, e giá nel giugno del 1888 approvata dal Car
díñale Vicario e benedetta dal Santo Padre (3). Consiste nella parte-
(1) // Lanwne di quoi giorni.
(2) Lett. di Don Lazzero a Mons. Cagliero, Roma, 20 gennaio. e Circolare di Don Rúa. Torino.
lo fcbhraio. IHOO
(3) Boíl. Sul., gennaio 1800. La cosa era stata iniziata dal Párroco Don Cagnoli sotto il titolo di
78
Annali Società Salesiana Vol. II. Don Rúa 1888 1898Prime visite di Don Rúa, alie Case d Italia
cipazione al frutto di sei Messe quotidiane in perpetuo mediante l'of-
ferta di una lira italiana.
Presa la via del ritorno, trascorse la mattina del 26 a La Spezia.
L'indomani tenne conferenza a Genova nella chiesa di S. Siró, par-
lando, scriveva un giornale (1), "con amore di padre e carita di fra-
íello ". Un'altra conferenza fece a Torino il I
o
febbraio nella chiesa di
S. Giovanni Evangelista. In quei giorni egli festeggió a S. Benigno
Canavese con i professi e gli Aspiranti Coadiutori il nostro patrono
S. Francesco di Sales, del quale disse puré le lodi.
Nello stesso anno 1890 visitó due altre Case vicine a Torino. e
prima quella di Mathi. I vi la cartiera non bastava piú al bisogno; se
n'erano quindi ampliati i locali, perfezionata la gran macchina, acere-
sciuto l'attrezzamento con l'introduzione dei migliori ritrovati. Quando
tutto fu in ordine, Don Rúa si recó il 4 giugno a benedire il rinnovato
opificio. Don Cerruti, Direttore Genérale degli studi, lesse un erudito
discorso su gli splendori del Cristianesimo nella storia della carta.
Non poté allora salire a Lanzo, poco distante da Mathi; ma per visitare
quei Collegio, tanto caro a Don Bosco, scelse una bella data, 1'8 di-
cembre, festa dellTmmacolata Concezione (2).
Nell'aprile dell'anno seguente venne la volta del Véneto. Visitó
anzitutto il Collegio di Mogliano, do ve convocó i Coopera tori. Di la,
dopo una corsa a Venezia per vedere il Patriarca Card. Agostini in-
fermo, che lo desiderava e che mori poco dopo, si recó al Collegio
Manfredini di Este. La cronaca dell'Istituto contiene questo parti-
colare: « La sua visita seguí ad una specie di rilassamento spirituale
nei giovani, rilassamento svelto e sradicato dall'esempio e dalle parole
del Superiore. » Vi ricevette, al sólito, il rendiconto dei Confratelli,
concesse numeróse udienze, udi a uno a uno gli alunni della quinta
e quarta ginnasiale e quanti altri giovani ne lo richiesero. Lo riempi
di gioia l'esecuzione di una Messa in canto gregoriano.
Su di questo argomento, discusso nel recente Capitolo Genérale,
Opera della Divina Provvidenza, a insaputa di Don Rúa, che se nc rammarico, perche « Don Bosco era
nemico degli obblighi perpetui. » Fu ingiunto al Bolleítino di attendere ordini prima di paríame. (Ver-
bali del Cap. Sup., 20 luglio 1888). Ecco la causa della ritardata pubblicazione.
(1) L'Eco ó'Iínlin, 28 gennaio 1890. La questua frutto 1342 lire.
(2) Lett. di Don Lazzero a Mons. Caglicro, Torino, 11 di ce mi) re 1890.
79
Annali Società Salesiana Vol. II. Don Rúa 1888 1898Capo VIH
egli aveva fatto speciali raccomandazioni in una sua Circolare del
1° novembre 1890, lamentando la notevole trascuranza da lui risco n-
trata qua e la per il canto della Cliiesa. Raccomandatone dunque lo
studio, diceva: « N ostra santa ambizione dev'essere quella che le sacre
funzioni, ordinarie e straordinarie, siano eseguite con decoro, riguardo
al canto ecclesiastico. Si eviti l'usanza di scegliere le voci migliori per
la música, lasciando le meno belle peí canto fermo. Bensi le une e le
altre si avviino ad eseguire divotamente e decorosamente il canto gre-
goriano, non solo in coro o sull'orchestra, ma anche dalla massa degli
allievi. » Questo appunto aveva gustato e lodato al Manfredini.
Partito da Este, ando per Bologna e Imola a consolare della sua
presenza le Figlie di Maria Ausiliatrice, che si trovavano da poco
tempo a Lugo. Don Rúa si era occupato di quella fondazione per com-
piacere alia vedova del Márchese Borea (1). Da Lugo a Faenza é breve
il passo. Rivide cosí quella Casa, lasciandovi un ricordo, cioé l'auto-
rizzazione al prolungamento del fabbricato. « In quella eittá repub-
blicana, scrisse il Prefetto Genérale Don Belmonte (2), i Salesiant
trionfano malgrado la rabbia indicibile dei settari. » I giovani interni
erano 300, gli esterni dell'oratorio festivo piü di 400. Da Faenza Don
Rúa si diresse a Parma.
Nel settembre del 1888, come abbiamo giá narrato, i Salesiani a
Parma apersero l'oratorio festivo e presero possesso della parrocchia
di S. Benedetto; il Collegio cominció l'anno dopo. Di questo Collegio*
assurto ben presto a una delle glorie della Congregazione, é necessario
che ci fermiamo alquanto a discorrere.
Due cose richiamarono tostó su di esso l'attenzione della colta cit-
tadinanza: la scuola di religione e la scuola di música.
Al Direttore Don Baratta, che non aspettava altro, il Vescovo Mons.
Miotti propose una scuola di religione per studenti di Liceo, d'Isti-
tuto e di Universitá. Don Baratta la organizzó in un batter d'occhio.
Fu la prima scuola di tal genere sorta in Italia. Soffiava allora nel-
rinsegnamento medio e superiore un vento gélido di negazione e d'in-
differenza religiosa, che isteriliva nei giovani i buoni germi ricevuti
(1) Verb. del Cap. Üup., 24 higlio 1889.
(2) Lctt. a Mons. Cagliero, Torino, 14 maggio 1891.
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Annali Società Salesiana Vol. II. Don Rúa 1888 1898Prime oisite di Don Rúa alie Case d'Italia
in famiglia; quindi fece stupire sulle prime l'affluenza a quei convegni,
che si tenevano nell'Episcopio. Uomo di studio, ingegno vivace e spi-
rito coito, il bravo Salesiano, formatosi anche lui nell'Oratorio sotto la
direzione di Don Bosco, vi si preparava con serietá, esponeva senza
tono cattedratico, ma con ordine, con chiarezza e con efficacia le sante
dottrine e alimentava negli animi'un ardente desiderio di conoscere,
di approfondire, di ragionare. Nell'aprile del 1891 Parma vide lo spet-
tacolo di una comunione pasquale fatta senza rispetto uraano da un
numeroso stuolo di giovanotti studenti. In quelPambiente di luce e
di calore si venivano forgiando salde coscienze cristiane; uscirono
dalla scuola di Don Baratta anche uomini, che pur professando aper-
tamente la loro fede, raggiunsero nella vita pubblica i piü alti fastigi.
Se la scuola superiore fece maggior impressione, non era pero la
sola. 11 Vescovo pensó anche agli alunni delle classi elementan, tec-
niche e ginnasiali, affidandole a due altri Salesiani, che. come Don
Baratta, si recavano due volte alia settimana nell'Episcopio per inse-
gnare il catechismo a quella categoría di studenti. Le due sezioni in-
sieme avevano circa duecento frequentanti. II Vescovo ne gioiva puré
a motivo del buon esempio, che non avrebbe mancato di stimolare
altri ad occuparsi dell'insegnamento catechistico.
Spuntava insieme la scuola di música, ma non una scuola come
ve n'erano tante nei Collegi. Quella di Don Baratta fu una rivelazione
in Parma stessa, patria di musici e musicisti. Egli, che possedeva gusto
d'arte e buona cultura musicale, aveva creato una schola cantorum
capace di eseguire a perfezione composizioni dei piú insigni maestri
italiani e stranieri. AI 21 giugno 1891, per il terzo centenario della
morte di S. Luigi Gonzaga, nella chiesa dei Gesuiti i suoi cantori fecero
parlare molto di sé, e anche scrivere, con le loro esecuzioni pale-
striniane, ardita novitá in tempi di decadenza della música sacra,
quando comparivano appena i primi tentativi di reazione contro i I
mal vezzo imperante. Possiamo asserire che in Parma la mossa per
la restaurazione della música sacra partí dal S. Benedetto (1).
(í) Anche il Dogliani all'Oratorio di Torino entrava quell'anno a vele spiegate nel gran mare
della riforma, tetrágono agli assalti di non pochi avversari. Nel 1891 per la festa di Maria Áusiliatrice
fece eseguire la Missa Papae Marcelli. Per la storia della música sacra in si burrascoso periodo fu un
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Annali Società Salesiana Vol. II. Don Rúa 1888 1898Capo VIII
Dal fin qui narrato comprendíanlo quanta ragione avesse il citato
Don Belmonte di scrivere allora (1): « In Parma, il caro Don Baratta
é divenuto, si puó diré, Fidolo di tutti. » Oltre al resto anche la sua
virtú brillava agli occhi di quanti praticavano con lui. II Vescovo
stesso caduto infermo, arrivó a dichiarare, parlando con i suoi preti,
che era contento di essere egli ammalato, purché stesse bene Don
Baratta.
Don Rúa dunque vide e benedisse a Parma tante belle iniziative
salesiane. Intorno alia sua persona tutto era animazione e allegria.
Alie dimostrazioni in suo onore partecipó il meglio della cittadi-
nanza (2).
Per ragioni intuitive trattandosi di genti a noi étnicamente unite.
sta bene mettere qui le visite a due case sitúate in territori dall'ltalia
vero avvenimento. UOsseroatore Cattolico di Milano (9-10 giugno 1891) conchiudeva cosí un ponderato
arhcolo: * Noi ci congratuliamo con particolare affetto coll'egregio maestro Giuseppe Dogliani non solo
pe! felice esito onde furono corónate le sue fatiche, ma soprattutto perché fermó cosi la luminosa tra-
ína per la quale si camminerebbe d'or innanzi nell'Oratorio salesiano. Ci congratuliamo cogli egregi
Superiori della Congregazione di S. Francesco di Sales del íavore grande peí ritorno della música
sacra a' suoi principi e al suo santo scopo. E veramente la Societá Salesiana ha mezzi grandissimi a
ben meritare sotto questo rispetto specialmente dalla Chiesa e dalla civile societá, in mezzo alie cjuali
con tanto favore si estende e con tanta felicita fíorisce. La giornata del 24 maggio 1891, coronata da
si splendido successo, ce ne porge un pegno tanto consolante quanto indubitato. »
Allunghiamo questa nota peí diré qualche cosa di Don Rúa. La questione della música diede oc-
casione a Don Rúa di mettere in evidenza due caratteristiche della sua personalitá Quando fu ese-
ííuita quella Messa di Papa Marcello, egli fece i suoi rallegramenti ai Maestri Dogliani e Remondi
per la splendida esecuzione; ma con tutta semplicitá soggiunse che a lui piaceva piü la música di
Mons. Cagliero. Tanto poteva in luí l'attaccamento alie tradizioni salesiane! Ma non pote meno in
alíra circostan/.a, sempre a proposito di música, la sua docilita alie disposizioni della Santa Sede.
Dopo la detta Messa, il salesiano Don Ottonello, musicista di vaglia, mandó a Don Rúa una elabo-
rata relazione, nella quale dimostrava con forti argomenti la necessitá che, essendo inevitabile la
riforma, i Salesiani, con i mezzi di cui disponcvano, si mettessero alia testa del movimento, se non
vclevano poi trovarsi alia coda ed essere con poco onore rimorchiati. Don Rúa non gli rispóse Pas-
sarono dodici anni, ed ecco il celebre Motuproprio di Pió X suila riforma della música sacra Orbene,
poco dopo, Don Rúa, presiedendo una certa adunanza, a cui assisteva anche Don Ottonello, gli ri-
volse in principio la parola e pubblicamente gli disse: — Avevi proprio ragione, sai. Don Ottonello,
in ció che mi dicevi della música e del modo di esegmre il canto gregoriano. — Chi serive, udi
questo racconto da Don Ottonello stesso, il quale, lungi dal menar vanto come di un suo trionfo.
esprimeva la propria ammirazione per l'atto del huperiore Coerentc a se stesso, Don Rúa non solo
permise nel 1906 che si tenesse nelLOratorio il settimo Congresso di música sacra, ma proibi anche
di esegnire e di venderé música salesiana del vecchio stampo.
(1) Lett. a Mons. Cagliero, Torino, 13 aprile 1891.
(2) Veramente Don Rúa era giá stato a Parma nel marzo del 1889. fermandovisi tre giorni, dal
19 al 21; ne ha un cenno il Boíl. Sal. del giugno 1890. Vi fece la conferenza ai Cooperatori: no parló
A lócale Mentore del 23 marzo 1889. A Don Rúa stava moho a cuorc quella casa, la cui fondazion<"
aveva dato tanto da pensare a Don Bosco.
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Annali Società Salesiana Vol. II. Don Rúa 1888 1898Prime visite di Don Rúa alie Case (Vitalia
politicamente disgiunti. Una era la casa di Mendrisio, visitata riel
maggio del 1891; ne parleremo nel capo della Svizzera. L'alrra era I'or-
fanotrofio di Trento (1), visitato nel precedente aprile. Sotto la dire-
zione dei Salesiani quei giovanetti avevano fatto quasi cambiare fisio-
nomía alia casa. Venne da Innsbruck il Conté Brands, Governatore
della provincia, per pregarlo di mandare Salesiani anche in quella
cittá. Don Rúa riuni a Conferenza i Cooperatori trentini accorsi in
buon numero; poiché da tempo nella gloriosa cittá del Concilio re-
gnava grande simpatía per le Opere di Don Bosco. Don Rúa ottenne
che si modificasse la Convenzione in modo che fosse lecito associare
agli orfani della cittá anche studenti di la e d'altri luoghi. Lo mosse
a ció il sapere che da quelle parti vi era terreno propizio per le vo-
cazioni alio stato ecclesiastico e religioso.
Da queste sue visite alie case d'ltalia e da altre visite, di cui diremo,
anche fuori d'ltalia, Don Rúa sul principio del suo governo raccolse
due frutti principali. I Salesiani, vedendo da vicino ed ascoltando il
Successore di Don Bosco, provavano l'impressione che nulla fosse mu-
tato nella Societá per la morte del Fondatore; onde il loro attac-
camento alia Congregazione si mantenne stretto e cordiale come
prima. I Cooperatori poi, recandosi alie sue pubbliche conferenze e
avvicmandolo personalmente, ne riportavano un sicuro senso di fi-
ducia nell'Opera salesiana, sicché si confermavano nel proposito di
continuare a favorirla e aiutarla, come i fatti dimostrarono.
(1) Annali, pag 581.
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Annali Società Salesiana Vol. II. Don Rúa 1888 1898C A P O I X
Primi viaggi di Don Rúa aiPestero.
(Francia, Spagna, Inghilterra, Belgio)
I primi viaggi di Don Rúa all'estero ebbero l'importanza che e
propria delle cosi dette presentazioni. Presentarci e incontrar favore
vale guadagnare gli animi alia nostra persona e a tutto quello che in
noi rappresentiamo. In luoghi dove Don Bosco aveva suscitato tante
simpatie, quali accoglienze avrebbe avuto Don Rúa? E fra genti di
mentalitá spesso cosi diversa dalla nostra, alie quali Don Bosco non
erasi mostrato, quale fortuna avrebbe avuta la comparsa del suo
Successore? L'interesse della cosa trascendeva la persona. Noi lo
seguiremo per la Francia, nella Spagna, in Inghilterra e nel Belgio.
Furono quattro mesi di peregrinazioni dal principio di febbraio alia
fine di maggio del 1890. Prescindendo da quello che spetta pura-
mente alia biografía, coglieremo solo i fatti e gli elementi che toccano
la storia della Societá.
Cominció naturalmente dalla Francia piú vicina, e nella Francia
da Nizza. II Patronage St. Pierre aveva goduto le predilezioni di Don
Bosco sulle altre Case francesi. Era la prima aperta nella Repub-
blica. Uno stuolo di generosi cittadini vi formavano lo stato mag-
giore dei Cooperatori locali, sempre affettu osa mente vigile su i bi-
sogni e gl'interessi dell'Istituto (1); ognuno si faceva un dovere di
multiplicare gli amici dell'opera. Due distinti Comitati di signori e
di signore ser vi vano di tramite alia beneficenza in favore dei rico-
verati. Dirigeva la casa Don Cartier, venuto diciassettenne dalla sua
Savoia alFOratorio di Valdocco nel 1877 per fare gli studi e matu-
rare la propria vocazione. Don Rúa giunse a Nizza 1'8 febbraio.
(!) Annali, pag. 339.
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Annali Società Salesiana Vol. II. Don Rúa 1888 1898Primi viaggi di Don Rúa alVestero
Tutto parla va ancora di Don Bosco, sólito a recarvisi ogni anno.
Quand'anche Don Rúa non avesse detto in pubblica conferenza che
egli intendeva imitarlo in tutto e per tutto, chi non se ne sarebbe
tostó accorto? Un eloquente oratore cappuccino, che aveva osservato
bene la cosa, espresse il suo pensiero dicendo che, se tutto era pro-
digioso nella vita e nelle opere di Don Bosco, quella sua continuitá
in Don Rúa gli sembrava il maggiore dei miracoli. Le accoglienze
dunque furono intonate a questa espressione genérale, che il tanto
amato Don Bosco fosse tornato redivivo in mezzo ai Nizzesi. II fe-
steggiato riassunse in un calembour il carattere di quelle dimo-
strazioni. Parlando in un ricevimento e alludendo a Vive Don Rúa
disse: « Vous m'avez re^u comme un Roi. »
A completare Topera di Nizza egli avrebbe voluto vedervi anche
l'oratorio festivo; tanto piú che la Casa di Nizza era cominciata,
come quella di Valdocco, da un oratorio, e le Figlie di Maria Ausi-
liatrice n'avevan uno assai frequentato. « Avete giá fatto molto per la
gioventú, disse in un'adunanza dei due Comitati. II Circolo Catto-
lico é un vero oratorio e io sonó certo che Don Bosco in Cielo si
rallegra del bene che fate ai giovani operai. Ma sonó ancora tanti
i fanciulli che abbisognano di assistenza! » Tornato a Nizza nel feb-
braio dell'anno seguente, ribadi la raccomandazione; ma cause in-
dipendenti dal buon volere dei Salesiani vi si opposero fino al 1908.
In certi luoghi il timore che l'oratorio sia di ostacolo alia vita par-
rocchiale, ne impedisce anche oggi l'apertura.
II 19 febbraio lasció Nizza per la colonia agrícola detta La Na-
varre. Una succinta e frammentaria cronachetta quasi contempo-
ránea cominciava a diré cosi in italiano sotto quelFanno: « Nel 1890
Maria Ausiliatrice per consolarci e incoraggiarci a imitare Don
Bosco ci face va il bel regalo della visita del nostro nuovo padre
che tanto amavamo e veneravamo, il Car.mo e Rev.mo Sig. Don
Rúa. » A questi sentimenti sispirarono Superiori e alunni nel festeg-
giare il sospirato visitatore. Quando egli vide i progressi compiuti e
le possibilitá di maggior bene, se vi fosse stata ampiezza maggiore di
locali, volle che si accelerassero nuove costruzioni, idéate da tempo,
ma appena iniziate e procedenti con estrema lentezza. Le sue parole
85
Annali Società Salesiana Vol. II. Don Rúa 1888 1898Capo IX
diedero tale spinta ai lavori, che il 20 marzo fu benedetta solen-
nemente la pietra angolare e nel gennaio del 1892 l'edificio era ter-
mínate).
Per la Costa Azzurra Don Bosco aveva fatto un gran numero
di Cooperatori; perció il suo Successore li radunó in parecchi centri,
come a Nizza, a Tolone e a Cannes, e molti ne visitó individual-
mente. Per questo a Cannes si fermó quattro giorni. Prima di allon-
tanarsi da quei luoghi, dove quasi ad ogni passo fiorivano i ricordi
di Don Bosco, fece una breve visita anche a Saint-Cyr per osser-
vare come andasse quei piccolo orfanotrofio (1).
II 28 febbraio faceva la sua entrata nel Patronage Sí. Lean a
Marsiglia. Omai in tutti i ricevimenti si sentiva obbligato a difen-
dersi da coloro che lo uguagliavano a Don Bosco. « De Don Bosco,
il n'y en a qu'un, disse la. Vi potranno essere Salesiani suoi imi-
tatori, ma non saranno mai altri Don Bosco. » Come nelle altre Case,
anche al S. Leone ogni mattina sedeva al confessionale, sempre as-
siepato di penitenti. Molte ore poi della sua giornata se ne anda-
vano in fare e ricevere visite (2).
II suo pensiero volava di quando in quando al Noviziato di
S Margherita, poco lungi dalla cittá (3). Quanto gli oceupassero la
mente simili Case di formazione salesiana, l'aveva manifestato ai
Cooperatori nella circolare del capo d'anno, scrivendo: « Come senza
operai non si puó col ti vare un campo, né far la guerra senza sol-
dati, COSÍ se noi non ci formassimo degli aiutanti, dei sacerdoti. dei
catechisti, dei capi darte, non potremmo sostenere le nostre Case
(1) Annali, pp. 347-9, 446. 657.
(2) La famiglia Olive era stata affezionatissima a Don Bosco I numerosi figli, quando il Santo
ar.dava a visitarla, gli l'acevano uno por uno il loro rondiconto. Una delle figlie scrisse un diario, in
cui dal 1886 al 1891 nota tutte le continué relazioni avute da' suoi con i Salesiani. Sotto il 6 marzo
1890 scrive: « J'ai eu 1'immense gráce de pouvoir causer seule avec le successeur du Veneré Pero Don
Bosco. Au lieu de nrintimider coinme je le voyais d'abord, le Révérend Pére Don Rúa m'a mise do
suite á l'aise, ce qui fait que je lui ai parle avec une grande confiance. Ah! que j'étais bien, mon
eoeur jouissait d'une sainte tranquillité et s'épancha de ses peines. Je repartís avec maman, la joio
el la paix dans Tarne. » E sotto il 10: < Bolle journée et que do gráces olio a pu m'apporter; je voyais
uno seconde fots seule le si digne successeur du Veneré Pere Don Bosco; riinprossion que j'ai
sontie dans ees deux visites restora dans mmi cctMir. » Quosto Diario si conserva nci nostri arcliivi.
(3) Annali, p. 517. Era intitolato dolía Provvidonza. Allorclié Don Bosco, dcsideroso di aprire un
Noviziato in Francia, ricevette l'offerta della Signorina Pastró e vido olio corrispondova a un suo
sogno, esclamó: « C'est la Providence! » Di qui il litólo.
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Annali Società Salesiana Vol. II. Don Rúa 1888 1898Primi oiaggi di Don Rúa all'estero
giá stabilite, né fondarne delle nuove; senza consimili aiutanti do-
vremmo chiudere i Collegi e gli Ospizi, far cessare i laboratori,
fermare le macchine tipografiche, abbandonare le Missioni. Per la
qual cosa Topera delle opere, cui i Salesiani ed i Cooperatori non
debbono mai perderé di vista, si é quella di formare un personale
acconcio ai bisogni [...]. Una buona parte alia carita dei Cooperatori
e delle Cooperatrici viene appunto impiegata a formare e a man-
tenere questo vivaio di operai per la vigna del Signore, a prepa-
rare maestri, e creare apostoli. » II Noviziato francese aveva allora
26 novizi; dimoravano nella stessa casa 11 chierici studenti di filo-
sofía. Li vide e rivide piü volte durante la sua permanenza a Mar-
siglia. II loro maestro Don Francesco Binelli instillava nei loro cuori
il vero spirito di Don Bosco, attinto da lui largamente alia fonte.
Nella citata circolare Don Rúa aveva detto che l'Ospizio di
S. Leone, nonostante gl'ingrandimenti, non poteva conteneré nem-
meno la decima parte dei giovani, che venivano raccomandati; per-
ció, parlando ai Cooperatori marsigliesi, comunicó loro l'acquisto
fatto di un terreno la presso e poi soggiunse: « A vous, chers Coopé-
rateurs, d'aider a la construction de nouveaux bátiments. » Si trat-
tava di costruire laboratori piü ampi e meglio attrezzati, special-
mente la tipografía, che mancava ancora. II fabbricato avrebbe co-
perto un'area di 640 metri quadrati, a due piani sul pian terreno.
Gli aiuti non si fecero sospirare; giá il 10 dicembre avveniva la*
posa della prima pietra.
II canónico Guiol, strumento della Provvidenza al tempo della
fondazione e quindi il piü indicato a prendere la parola in tale
circostanza, trasse dalle benedizioni passate lieti auspici di futura
prosperitá. I/augurio era destinato ad avere pronto e pieno effetío:
dopo dodici anni di vita relativamente rigogliosa, il S. Leone si
apprestava ad aprire un'éra novel!a.
Dato l'addio a Marsiglia, Don Rúa partí alia volta della Spagna.
Fino al 1889 le Case di Utrera e di Sarria stettero annesse all'I-
spettoria Romana, retta da Don Durando. Passata nel 1891 l'Ispet-
toria Romana sotto jl no vello Ispettore Don Cagliero, le medesime
Case con una terza, di cui ora diremo, vennero aggiunte alia Si-
87
Annali Società Salesiana Vol. II. Don Rúa 1888 1898Capo IX
cula, costitnita allora e posta sotto il medesimo Don Durando. Ri-
masero cosi fino al 1892, quando, staccate dalPIspettoria Sicuia,
cominciarono a formare un'Ispettoria a sé, con Don Filippo Rinaldi
Ispettore, che dirigeva dal Í889 la Casa di Sarria. In questo modo
piú nessun membro del Capitolo Superiore aveva governi ispet-
toriali: provvedimento suggerito da somma prudenza, potendo altri-
menti nascere dubbi di preferenze a favore delle Ispettorie dipen-
denti da Capitolari. In realtá non consta che tali dubbi sussistessero;
ma la sola possibilitá che si desse corpo alie ombre, consigliava
di eliminare qualsiasi pretesto (1).
Le cose di Spagna da qualche tempo lasciavano alquanto a de-
si derare; soprattutto i benefattori barcellonesi, tranne Donna Do-
rotea, avevano " voltato le spalle " ai Salesiani. In un primo tempo
era parso bene mandarvi Direttore " quel buono, santo e dotto prete
cileno ", che era Don Ortuzar (2). Ma poi la scelta cadde su Don Ri-
naldi. Non é sminuirne, ma crescerne il mérito, se si dice che alia
sua etá piú che matura (aveva 33 anni) e con la sua mentalitá,
fatta di gran senno per la vita pratica, ma senza naturale dispo-
sizione ai forti studi, dovette sottoporsi ad improba fatica per ap-
prendere una lingua straniera, di cui per giunta gli sarebbe stato
necessario fare súbito uso quotidiano in privato e in pubblico. Dio
premió abbondantemente la sua eroica obbedienza.
La Casa di Sarria, che da principio stentava a conteneré un
centinaio di ragazzi, era stata ingrandita tanto da accoglierne tre-
cento. La presenza di Don Rúa ravvivó nei Barcellonesi il ricordo
degli entusiasmi svegliati da Don Bosco nel 1886. Intorno alia sua
persona si accentuó un movimento sempre piú intenso dei vecchi
amici. II fatto piú saliente fu per la nostra storia l'inaugurazione
di una nuova Casa entro la cittá di Barcellona.
Esisteva nella metrópoli catalana un rione popolato da circa
quarantamila abitanti, quasi tutti operai e povera gente, con una
sola chiesa fuor di mano e senza scuole. Tanto abbandono toccó
il cuore a Donna Dorotea che, fattoví erigere a sue spese un edi-
(1) I.eítera di D. Lazzero a Mons. Cagliero, S. Benigno, 19 setiembre 1889.
(2) Lett. cit. Cfr. Annali, pp. 607-8.
«8
Annali Società Salesiana Vol. II. Don Rúa 1888 1898Primi oiaggi di Don Rúa all'esíero
ficio per scuole diurne e serali e per oratorio festivo, lo offerse ai
Salesiani. Questa é l'origine dell'Istituto S. Giuseppe nella capitale
della Catalogna. Tutto era in ordine alia venuta di Don Rúa. L'in-
tero Collegio di Sarria accompagnó il Rettor Maggiore alia solenne
cerimonia deU'inaugurazione. II Vescovo, benedetto redificio, parló
al popólo in catalano per essere meglio capito, enumerando i van-
taggi spirituali e materiali, che sarebbero derivati dall'opera dei
figli di Don Bosco. L'insigne benefattrice volle anche firmare un
contralto, con il quale si obbligava a depositare cinquantamila pé-
sete, il cui frutto servisse al mantenimento del personale. Ella
stessa il 7 marzo 1891 riferiva con gioia a Don Rúa sul gran bene
che faceva nella nuova casa il Direttore Don Aime con i suoi 400
e piü ragazzi inscritti alie scuole. La santa mamma dei Salesiani
voló al cielo il 3 aprile dell'anno seguente. Fu veramente la donna
forte, il cui pregio é come delle cose pórtate di lontano e dall'estre-
mitá della Ierra (1). Di lei é in corso la Causa di Beatificazione.
II 20 marzo Don Rúa prese le mosse per Utrera, soffermandosi
a Madrid e a Siviglia, nelle quali cittá fece conoscenza con persone
assai influenti. A Utrera gli alunni, che superavano i 200, vissero
intorno al Successore di Don Bosco due giorni di santa allegria. Ma
portare allegria nei Collegi con le sue visite sarebbe stato troppo
poco per Don Rúa; egli mira va a qualche cosa di piú intimo, a un
aumento di vita soprannaturale che raddoppiasse lo zelo dei Soci ed
elevasse le anime dei loro allievi: due salutari effetti da lui con-
seguid con Pesempio, con la parola e con il sacro ministero.
Tenuta in lingua spagnola una conferenza ai Cooperatori, nella
quale spiegó l'essenza e il valore dell'Opera salesiana, tornó a Bar-
cellona, dove intrattenutosi ancora alquanto nella Casa di Sarria,
si rimise in viaggio per Torino, con l'intenzione di passare i vi le
feste pasquali. Vi giunse proprio la domenica delle Palme.
Celebrata la settimana santa e trascorsa l'ottava di Pasqua, era
nuovamente in cammino verso la Francia del Nord. Su lie orme di
Don Bosco, si diresse per Lione a Parigi e a Lilla. Anche in que-
(1) Proo., XXXI, 10.
89
Annali Società Salesiana Vol. II. Don Rúa 1888 1898Capo IX
sta parte della Francia la sua presenza ridestava le memorie lasciate
da Don Bosco in tanti e tanti, che, conosciutone da vicino il Succes-
sore, si sentivano attratti verso di lui da un affetto non dissimüe
da quello pórtate giá all'amabile Santo.
Nella gloriosa sede metropolitana delle Gallie egli aveva soprat-
tutto un dovere da compiere in nome della Congregazione. Risie-
deva a Lione il Consiglio genérale delI'Opera per la Propagazione
della Fede, che da parecchi anni inviava sussidi ai Missionari sa-
lesiani. Don Rúa non poteva andaré oltre senza porgere i suoi rin-
graziamenti al Presidente. Questi, invitatolo a visitare il Museo
missionario, gli procuro la gradita sorpresa di trovarsi dinanzi a una
vetrina, dietro la quale stavano esposti oggetti spediti dalla Pata-
gonia e dalla Terra del Fuoco.
Nella capitale franéese, allietato che ebbe quei della Casa di
Ménilmontant, visitó comunitá religiose, famiglie ragguardevoli e
persone distinte, che avevano veduto Don Bosco nel 1883. La cor-
tesía parigina spiecó notevolmente in tale circostanza, Parlando ai
Cooperatori nella chiesa dell'Assunzione, insistette forte sulla ne-
cessitá improrogabile d'ingrandire il Paíronage dei Santi Pietro e
Paolo. Con 800 domande di ammissione, non era fino allora stato
possibile esaudirne piú di 90. Decise pertanto che si facesse acqui-
sto di un terreno fabbricabile la vicino. Rimase assai consolato al-
l'udire dal Nunzio Apostólico Rotelli, che il Papa ringraziava lddio
del favore incontrato dalle Opere salesiane in Francia e del bene
che esse vi face vano.
Interruppe il suo soggiorno a Parigi per recarsi a Londra. Volle
portare tra gli Anglicani un soffio di romanitá, presentandosi in
abito talare, cosa che destava non poca meraviglia in coloro che
lo vedevano. A Battersea il Direttore e Párroco Don Macey. il
catechista Don Bonavia, santo e coito salesiano, e gli altri Confra-
telli (il Prefetto Don Eugenio Rabagliati gli era andato incontro alio
sbarco) lo accolsero con tutti i segni dell'affetto, con cui i figli ab-
bracciano il padre.
L'azione salesiana a Londra fu da prima esclusivamente parroc-
cJiiale. Neiringhiiterra la parrocchia é, come in tutti i luoghi di Mis-
90
Annali Società Salesiana Vol. II. Don Rúa 1888 1898Primi uiaggi di Don Rúa all'estero
sione, Túnico centro della vita cattolica per i credenti e il punto di
richiamo per gli eterodossi; perció le parrocchie cattoliche inglesi
portano il nome di Missioni. La Missione di Battersea in poco pin
di un anno aveva giá al suo attivo trentatré conversioni dall'An-
giicanesimo e sette in preparazione.
In tali Missioni, attivitá cattolica di prim'ordine é la scuola par»
rocchiale, aperta a flanco della chiesa. A Battersea la scuola adem-
pieva egregiamente il suo compito. L'ultima relazione ufficiale, stesa
con imparzialitá dalPautoritá scolastica protestante, merita di es-
sere riferita. Per la scuola mista: « Questa scuola si trova in eccel-
lenti condizioni tanto dal punto di vista della disciplina, quanto
sotto il rapporto dell'istruzione. Le materie elementari vi sonó in-
segnate con i migliori risultati. La recitazione é perfetta nelle classi
superiori e convenientissima nelle classi inferiori. I lavori d'ago,
nell'insieme, sonó soddisfacentissimi e merita lode l'insegnamento
della música. » Per l'asilo infantile: « Questa scuola é ben disci-
plinata e sostenne un esame soddisfacentissimo. II successo otte-
nuto nelle materie elementari é degno di particolari elogi, ed il canto
e la recitazione sonó a un livello superiore. » Queste ispezioni con
relativi esami su materie fissate dai programmi dello Stato si fa-
cevano per l'assegno di sussidi annui, stabiliti dalle leggi per le
scuole prívate.
La stessa autoritá riconosceva il bisogno di ampliare il lócale,
perché il numero degli allievi stava per sorpassare il limite con-
cesso. Don Rúa, fidando nella Provvidenza, ordinó di costruire in
misura tale da poter raddoppiare la scolaresca. Don Macey comu-
nicó la notizia ai cattolici nel di della Pentecoste, dopo una proces-
sione di Maria Ausiliatrice, la cui statua, recata a Londra da Don
Rúa, venne collocata con solennitá nella chiesa del Sacro Cuore.
Dinanzi a si consolanti risultati non fa meraviglia che Mons. Butt,
Vescovo di Southwart (1), lodasse altamente a Don Rúa lo zelo dei
Salesiani.
Ma l'azione salesiana non poteva dirsi completa, finché man-
cassero l'oratorio festivo e l'ospizio, il primo per non lasciarsi sfug-
(1) Annali. j)ag 618.
91
Annali Società Salesiana Vol. II. Don Rúa 1888 1898Capo íX
gire i giovani non piú frequentanti la scuola e il secondo per rico-
verare ragazzi orfani e moralmente abbandonati. L'oratorio era solo
agli inizi. Purtroppo l'angustia dello spazio metteva in pena il Di-
rettore, che avrebbe voluto fare assai di piú. II chiasso delle ri-
creazioni chiamava l'attenzione dei fanciulli protestanti, che si av-
vicinavano curiosi e con loro sorpresa venivano lasciati entrare li~
beramente. Don Rúa dispose anche per un oratorio femminile.
Quanto all'ospizio, si mantenevano per allora tre soli poveri giova-
netti nella piccola casa parrocchiale, in attesa che la Provvidenza
somministrasse maggiori possibilitá. Intanto le proposte di fonda-
zioni in Inghilterra, nella Scozia e nell'Irlanda persuadevano Don
Rúa che si apriva cola alia Congregazione ostium magnum et
eoidens (1), una porta ben grande e spaziosa: egli ripensava al ce-
lebre sogno in cui Domenico Savio magnificava a Don Bosco l'av-
venire religioso di quelle terre travagliate in massima parte dal-
l'eresia.
II 25 marzo, attraversata di nuovo la Manica, sbarcó a Calais,
dove con alcuni Cooperatori lo attendeva Don Bologna per accom-
pagnarlo alia sua Casa di Lilla. Nell'andare sostó a Guiñes e saluto
le Figlie di Maria Ausiliatrice, che vi avevano preso recentemente
la direzione di un orfanotrofio. Si fermó a Lilla dieci giorni. Quando
arrivó, i giovani comincíavano gli esercizi spirituali; egli fece loro
la predica d'introduzione e quella dei ricordi. Quante soavi me-
morie sopravvivevano di Don Bosco nella cittá! II suo Successore
ne sperimentava gli effetti nelle premure affettuose di cui lo cir-
condavano quei buoni amici.
Anche la Casa di Lilla era divenuta piccola. Nel 1888 un vio-
lento incendio aveva distrutto gran parte dei labora tori; ma Don
Bosco dal cielo parve stimolare la generositá dei benefattori, sicche
l'anno dopo i laboratori furono riaperti piú ampi e meglio attrezzati.
Tuítavia si invoca vano maggiori ingrandimenti. L'Ospizio albergava
180 ragazzi: ma altri 240 picchiavano per entrare. Don Rúa ap-
provó un appello ai Cooperatori, la cui carita forni i mezzi, con
cui rendere la Casa capace di 300 alunni.
(1) I Cor., XVI, 9.
92
Annali Società Salesiana Vol. II. Don Rúa 1888 1898Primi oiaggi di Don Rúa all'estero
La Congregazione stava per fare il suo ingresso nel Belgio. Si
é giá narrato in che modo avvenne che Don Bosco, vicino a lasciare
la térra, deliberó d'esaudire gli ardenti voti del gran Vescovo Dou-
íreloux, piegando il suo Capitolo ad approvare l'apertura di una
Casa a Liegi. Morto Don Bosco, il Vescovo aveva scritto a' suoi
diocesani (1): « Quesí 'opera ci é si cara, che, quand'anche dovesse
costarci la vita, non ci parrebbe attuata a troppo alto prezzo, tanto
piú che diverrebbe in tal modo il testamento del nostro profondo
e santo affetto per il nostro gregge. » Mise quindi in Don Rúa tutta
la fiducia riposta giá nel Santo. Dovendosi nell'aprile dello stesso
anno recare a Roma, gli annunció una sua fermata a Torino per
vedere lui e per fare, diceva, " una visita alia tomba del nostro
tanto amato e compianto Don Bosco" (2). Dandosi d'attorno per
l'erigendo istituto, nulla faceva senza consultare Don Rúa. Egli ri-
tenne sempre che alLopera di Liegi fosse riservato un magnifico av-
venire (3); nel che i fatti gli diedero ragione. Don Rúa dunque,
senza prendere ancora commiato da Lilla, partí il 7 maggio per
Liegi, dove assistette alia posa della prima pietra.
La capitale industríale del Belgio prese viva parte all'avveni-
mento. La mattina dell'8 le strade che conducevano al luogo del-
YOrphelinat, erano imbandierate. Sul posto Don Rúa parló a un
eletto stuolo di personalitá e ad una folla di popólo. La sua allocu-
zione, scrisse un giornale, fu «cordiale, convinta e piena di una
fede comunicativa tale da produrre universalmente l'impressione
che Don Bosco non avrebbe potuto trovare un successore piú degno
e piú capace » (4). Seguí I'eloquente discorso di un valoroso oratore
sacro, Mons. Cartuywels, Vicerettore deH'Universitá di Lovanio, il
quale íece realmente provare, secondo la frase de! citato giornale,
(1) Mandemenl pour le Caréme de 1888.
(2) Liegi, 25 marzo 1888.
(5) Liegi, 8 aprile 1888.
(4) Gazeíte de Liégc, 10-11 mai 1890. II medesimo giornale diceva puré che Don Rúa si era
espresso < avec coeur et abondance, correctement et simplement, dans un accent oü le mot francais
s'enveloppc sans jamáis se déguiser, d'une prononciatjon franchement italienne. > Dello stemma che
.«piccava suH'ingresso del recinto, il medesimo giornale faceva questa descrizione: < Armoines un
peu compliquécs, a la composition desquclles un héraldiste trouvcrait peut-ctre á reprendre, tnais
oü le niélunge d'une bosquel — bosco — sorte d'oasis au milieu du désert, de la figure celeste de
9 3
Annali Società Salesiana Vol. II. Don Rúa 1888 1898Capo IX
" l'emozione prodotta dall'assistere al cominciare di una cosa gran-
de ". II Vescovo celebro la Messa all'aperto e il Nunzio Apostólico
Francica-Nava compié i¡ sacro rito. Tre settimane dopo il Vescovo
a Don Rúa, appena tornato a Torino, scriveva ancora tutto com-
mosso (1): « La grande giornata fu sorgente di edificazione e di dolce
gioia spirituale per quanti vi ebbero parte. » In particolare, di Don
Rúa stesso aveva scritto a Don Durando (2): «Debbo dirvi quanto
egli ci abbia edificati con le sue belle maniere, unite alie virtú in-
terne? Le sue parole cosi piene di unzione e di pietá e la sua fisio-
nomía cosí soave gli guadagnavano i cuori di tutti. lo non saprei
benedire abbastanza la Prowidenza che abbia procurato la pre-
senza di lui alia benedizione della prima pietra dell'Orfanotrofio
S. Giovanni Berclimans. »
La Casa intitolata al giovane Santo del Belgio si costruiva in
un quartiere operaio su disegno del Sig. Helleputte, professore di
architettura all'Universitá Cattolica di Lovanio. Egli era venuto in
Italia appositamente per vedere Case salesiane e formarsi un giusto
criterio circa le esigenze di un edificio destinato a scuola salesiana
di arti e mestieri con piú centinaia di alunni interni. Non mancava
naturalmente lo spazio per Toratorio festivo; anzi, separa to, ma nello
stesso raggio si pose súbito mano a fabbricare un edificio per opere
femminili esterne da affidarsi alie Figlie di Maria Ausiliatrice. L'an-
no appresso Monsignore scriveva a Don Rúa (3): « Nutro fiducia che
quella di Liegi sará una delle vostre Case piú belle, degna perció
di essere stata Pultima fondazione dell'amatissimo e veneratissimo
Don Bosco. » Nelle copióse oííerte che gli pervenivano, ravvisava
tratti mirabili della bontá e potenza di Maria Ausiliatrice. L'8 di-
cembre del 1891 i primi Salesiani con il Direttore Don Francesco
Scaloni e le prime Suore erano giá sul posto (4). L'anno dopo il
Saint F'rancois de Sales, d'un cceur ardent, d'une étoile de lumiére et d'une ancre du salut, rapelle
bien á tous le nom, lo patrón eí le but des Salésiens de Don Bosco La devise n'esl pas moins heu
tense que le sens: Da mihi animas, celera toLle. Donnez nous des ames, ó nion Dieu, donnez-nou>
ce quj véritablemenl vit 7 et ótez-nous tout le reste! >
(1) Liegi. 21 magffio 1890
(2) Liegi, 15 inaggio 1890
(3; Liegi. 24 aprile 1891.
(4) Kaceva parte del personale il ch. Mederlet, futuro Arcivcscovo di Madras.
94
Annali Società Salesiana Vol. II. Don Rúa 1888 1898Primi oiaggi di Don Rúa all'estero
Vescovo si diceva contentissimo dell'Istituto S. Giovanni Berchmans,
perché il suo andamento inórale e spirituale aveva sorpassato tutte
le proprie speranze (1)
Prima di lasciare il Belgio, Don Rúa dal 9 al 18 maggio fece
una rápida corsa nelle principali cittá del Regno, cioé a Namur,
Lovanio, Bruxelles, Malines, Anversa, Gand, B ruges, Courtrai, Tour-
nai. Ve lo portava il desiderio di conoscere molti amici dei Sale-
siani sparsi un po' dappertutto in quei grandi centri, dove I'Opera
sociale di Don Bosco era altamente apprezzata, ma, come si con-
veniva in paese cosí cattolico, non era meno pregiato il valore so-
prannaturale di essa.
Rimesso piede in Francia e fatto di passaggio un ultimo sa-
luto ai Lillesi, proseguí per Rossignol, il luogo della recente colonia
agrícola, di cui abbiamo parlato sopra. Gli corsero incontro i primi
ragazzi, pochini ancora, perché la Casa non si presta va a ospitarne
di piú. L'opera, come tante altre di Don Bosco, cominciava in grande
semplicitá e povertá. L'importante era che si cominciasse con la
benedizione di Dio, e quanto a questo parve a Don Rúa che tutti
fossero santamente animati. Viste le urgenti necessitá, autorizzó la-
vori e spese indispensabili.
Dal 20 al 27 maggio fece un secondo soggiorno a Parigi. Quei
buoni Cooperatori, che avevano avuto agio di conoscere e apprez-
zare il Successore del loro indimenticabile Don Bosco, se lo dispu-
tavano a gara. In una riunione il Comitato del Patronage ci tenne
a protestargli per bocea del Presidente che tutti i membri amavano
nella sua persona la viva immagine e il figlio prediletto di Don
Bosco e che sarebbe loro costante impegno di attirare intorno ai
figli di Don Bosco in sempre maggior numero i giovani parigini.
La sera del 27, accomiatatosi da tutti, monto in treno per To-
rino> dove pero giun.se soltanto la mattina del 30, perché lungo il
percorso fece alcune fermate per appagare il suo e altrui desi-
derio d'incontrarsi con tante persone benemerite. Arrivó all'Ora-
torio giusto in tempo per la festa di Maria Ausiliatrice, che quel-
l'anno per ragioni lituvgiche era rinviata al 3 giugno. Cosí poté alia
(1) Lctt di Mons Doutrcloux a Don Rúa, Liegi. 16 marzo 1892.
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Annali Società Salesiana Vol. II. Don Rúa 1888 1898Capo IX
vigilia ¿enere la sólita conferenza ai Cooperatori, facendo loro un'in-
teressante relazione de' suoi viaggi. Quegli amici di Don Bosco che
dopo la sua morte avevano trepidato e trepidavano ancora sulla
sorte delle sue Opere, uscirono grandemente confortati e rassicurati.
La prima volta che sui medesimi viaggi rifen al Capitolo Su-
periore, notó particolarmente il sempre maggiore sviluppo che pren-
devano le Case all'estero e come dappertutto si sentiva la necessitá
di fabbricare (1). Egli pero in Francia non si era occupato di questo
problema soltanto, ma anche di due nuove fondazioni.
Una distava pochissimo da Lilla. Nel 1889 il sig. D'Oresmieux
de Fouquiére, avendo udito in un Congresso Cattolico di Lilla una
relazione sulla Casa salesiana della cittá, della qual Casa si la-
mentava l'insufficienza, concepi l'idea di donare ai Salesiani un an-
tico suo casteilo con un parco e sue dipendenze, in tutto 76 ettari
di terreno, presso la stazione ferroviaria di Ruitz. Don Rúa vide ogni
cosa e approvó il disegno di Don Bologna, il quale pensava po-
tersi aprire cola una succursale che servisse a sf olí are la Casa di
Lilla. Eseguiti alcuni adattamenti, nel giugno del 1891 furono tolti
da Lilla e mandati a Ruitz gli studenti, una ventina appena II
loro numero crebbe presto fino a 60 e non piú per la ristrettezza dei
locali.
L'altra fondazione aveva origini remote. L'aveva promossa fin dal
1883 un abbé Martin a Diñan nella Bretagna. Direttore di un Cir-
colo Cattolico che non si poteva piü sostenere, divisava di metterne
i locali di sua proprietá a disposizione di un'opera giovanile. Ne
scrisse a Don Bosco, che fece alia proposta buon viso, piacendogli
mandare i suoi in una si cattolíca regione; anzi, protraendosi l'ese-
cuzione per difficoltá di varia natura, egli assicuró formalmente
l'Arciprete della cittá che a Diñan Topera salesiana sarebbe sorta (2).
La parola di D. Bosco incoraggió i fautori del disegno a non lasciarsi
vincere dagli ostacoli. Don Rúa diede Pultima spinta, sicche final-
mente il 31 dicembre 1890 i Salesiani vi andarono. Trovarono poco pin
di quattro mide pareti; ma la Provvidenza mosse persone benefiche,
(1) Verb. del Cap. Sup., 5 giugno 1890.
(2) Lctt. dcll'Arcipr. Daniel a Don Rúa, Diñan, 8 gennaio 1891.
96
Annali Società Salesiana Vol. II. Don Rúa 1888 1898Primi uiaggi di Don Rúa all'estero
!.e quali non desistettero piü dal porgere aiuti materiali e morali. La
Casa, intitolata a Gesú Operaio, subi pronte trasformazioni, che per-
misero di accettare fino a 110 convittori, di cu i 60 studenti ginna-
siali e 50 artigiani. Nel primo decennio diede alia Chiesa 33 sacer-
dote II sapere che nella Bretagna fiorivano le vocazioni ecclesia-
stiche, era stato il motivo principale, che aveva indotto Don Bosco
a persistere nel volere quella fondazione.
Durante il soggiorno di Don Rúa a Marsiglia si afíacció il pro-
blema del Noviziato per le Suore. Crescendo il numero delle novizie
francesi, non conveniva piü mandarle a Nizza Monferrato. Lo studio
della questione, cominciato allora, fu continuato a Torino; ma non
si trovava il bandolo per risolverla. Scartata la proposta di fondare
il Noviziato a Brest, dove si offriva ai Salesiani una casa (1), ecco
piovere dal cielo un'altra offerta provvidenziale. Apparteneva al-
l'Arcivescovo di Aix pro tempore un vetusto monastero situato a
Saint-Pierre de Canon (Bouche-du-Rhóne), abbandonato dai Bene-
dettini nel 1887 ed esposto agli effetti dell'abbandono. Sedici ettari
di terreno coltivabile lo circondavano. Perché non utilizzare edificio
e terreno, concedendone l'uso e Pusufrutto ai Salesiani? si dissero fra
loro alcuni Cooperatori. Ne fanno parola all'Arcivescovo Gouthe-
Soulard, PArcivescovo fa sua la cosa, e la cosa fa il suo cammino.
L'Ispettore Don Albera, per ordine dei Superiori di Torino, ando a
vedere il luogo e a sentiré le condizioni. Biferi in senso favorevole.
QuelPangolo ameno e tranquillo della Provenza era un posto idéale
per novizi; inoltre la campagna poteva essere scuola di agricoltura
per un gruppo di orfanelli. L'Ispettore, avuta Papprovazione del Ca-
pitolo Superiore, in pochi mesi riattó alia meglio il vecchio edificio
monástico, non senza lasciare largo campo alia pratica della povertá
religiosa. Quando infatti i novizi ne presero possesso, contempla-
vano bensi al difuori la magnificenza del panorama, ma trovarono
dentro il vuoto. Dovettero aggiustarsi a poco a poco da sé il nido.
Parecchie settimane dopo la encina si faceva ancora all'aria aperta.
Leggendo la descrizione di quella vita, ci tornava in mente il poético
periodo d'un santo Vescovo, poi Cardinale e ora in via di beatifica-
(1) Verb. del Cap. Sup., 30 giugno 1890.
97
4
Annali Società Salesiana Vol. II. Don Rúa 1888 1898Capo IX
zione (1): « II Salesiano va dove lo mandano, prende e riceve le cose
come gliele danno, e si fabbrica il nido tanto fra i rami fioriti di
un albero quanto in cima a una rupe selvaggia e nuda. » II romito
cenobio poggiava appunto sopra un altipiano a ridosso di un gran
masso. Conservó il nome di Oratorio della Provvidenza. Intanto,
partiti i chierici, rimase libera la bella villa di Santa Margherita,
ma non fu a lungo disabitata; poiché vi sottentrarono quasi súbito
le novizie francesi delle Figlie di María Ausiliatrice.
Ed ora stringiamo le fila. II viaggio di Don Rúa fu davvero un
grande viaggio. Percorrere in tempo cosi limitato quattro nazioni non
era certo Heve impresa. I frutti compensarono il tempo e la fa-
tica? In quel delicato periodo di transizione ne vennero almeno quat-
tro vantaggi. Con il suo spirito di osservazione, al cui obiettivo nulla
assolutamente sfuggiva, Don Rúa prese conoscenza diretta delle
Case, delle loro attivitá e dei loro andamenti, elemento di giudizio
assai prezioso negli affari di governo. Vide da vicino i bisogni dei
Soci: bisogni che a distanza non si possono sempre valutare a pieno;
Soci a cui, in parti si remote dal centro, giovó grandemente sentiré
da presso il palpito paterno del nuovo Superiore per mantenersi af-
fezionati alia loro vocazione. Dovunque poi passó, lasciava un fer-
mento nuovo di vita spirituale tanto nei giovani quanto nei loro Su-
periori; poiché nessuno meglio di lui comprendeva il valore di certe
parole pronuncíate da Pió XII, mentre la penna scriveva queste
righe. « Le opere piü saggiamente idéate e piú accortamente costi-
tuite, diceva il Papa (2), non producono che scarsi frutti, se non
sonó animate dalla férvida e pro fonda vita interiore di coloro che
ad esse si consacrano, da una stretta unione di pensiero e di cuore
con Dio, da un costante spirito di preghiera, da una puritá d'in-
tenzione únicamente sollecita della gloria di Dio e del progresso
delle anime nella sua grazia. » C'erano infine i Cooperatori. Don
Bosco ne aveva saputo suscitare un numero straordinario, massime
in Francia. Dopo la sua scomparsa che sarebbe stato della fiducia
(l' Mons. SPINOI.A, Yescovo di Milo. Don Bosco y su Obra, pp. 89-90. Barcellona, Typ. cat., caite
del Pino, 1884.
(2) Discorso alie rapprcscntanzc della Pia Opera delle Dorotee {Ossero. Rom., 15-16 diccni-
l;re 1941).
98
Annali Società Salesiana Vol. II. Don Rúa 1888 1898Primi oiaggi di Don Rúa allestero
da essi riposta nella santitá di lui e nella vitalitá della sua Opera?
Nei contatti con Don Rúa i Cooperatori delle quattro nazioni eb-
bero la prova provata, che la santitá del padre era passata nel
figlio e che le opere del fondatore non solo non cessavano di pro-
sperare sotto il Successore, ma accennavano invece a prendere me-
ravigliosi incrementi, sicché la loro nobile cooperazione non poteva
cadere in miglior terreno.
Don Rúa, rientrato alia fine nella calma operosa della sua ca-
meretta, che era quella medesima di Don Bosco, intendeva di la al
governo della famiglia salesiana con la chiaroveggenza del capi-
tano, che sa le vie del mare e dal ponte di comando guida sicura-
mente la propria nave anche attraverso gli scogli e in mezzo alie
burrasche.
99
Annali Società Salesiana Vol. II. Don Rúa 1888 1898C A P O X
Giubileo delle Opere Salesiane.
Cadevanel 1891 una data storica per la Congregazione: il cinquan-
tenar¿o delle Opere salesiane. Non la si poteva lasciar trascorreré
in silenzio: anzi Don Rúa, dandone l'annuncio alie Case, diceva ad-
dirittura essere dovere dei Salesiani celebrare con grande solennitá
la giubilare ricorrenza (1). É necessario dunque diré come si svolse
la commemorazione.
Per ben comprendere come le Opere salesiane avessero avuto
cominciamento nel 1841 bisogna non ignorare o non aver dimenti-
cato due affermazioni di Don Bosco. Una si legge nelle sue Me-
morie, lá dove, descritto il proprio incontro con l'orfano Bartolomeo
Garelli 1'8 dicembre 1841 e narrato della prima lezione di cate-
chismo da lui impartitagli previa la recita di un Ave María, il Santo
commenta: «Tutte le benedizioni piovuteci dal Cielo sonó frutto di
queila prima Ave María detta con fervore e con retta intenzione
insieme col giovanetto Bartolomeo Garelli, lá nella chiesa di San
Francesco d'Assisi. » Notisi la frase " tutte le benedizioni piovuteci
dal Cielo. " Sonó tutte le cose felicemente compiute con l'aiuto di
Dio fino al 1874, anno in cui scriveva. Anzitutto dunque l'Opera
degli oratori festivi, originata da quell'incontro, come da seme ra-
dice; poi l'amichevole Associazione nata da quell'Opera. come da
radice pianta; appresso le Istituzioni dei Salesiani, delle Suore e
dei Cooperatori, sviluppatesi li sopra, come su tronco rami con rela-
tivi fiori e frutti. Che tale fosse il genuino pensiero di Don Bosco,
lo argomentiamo da un'altra sua precedente affermazione, che non
(1) Ciro. 21 novembre 1891.
100
Annali Società Salesiana Vol. II. Don Rúa 1888 1898Giubileo delle Opere Salesiane
potrebbe essere piú categórica. Infatti nel 1868, a vendo necessitá di
mettere in iscritto un cenno informativo sulla Societá Salesiana,
aveva pigliato le mosse dalla seguente asserzione (1): « Questa So-
cietá nel suo principio era un semplice catechismo. » Se é vero
pertanto che da cosa nasce cosa, la genesi delle Opere salesiane va
riportata su su, di fase in fase, fino a quella primigenia opera dei
catechismi che dovette la sua origine alia fortunata occasione del-
1'8 dicembre 1841.
Aveva mostrato di comprendere questo il geniale Vescovo di
Sarzana Giacinto Rossi, allorché nel 1888 chiudeva cosi il suo elogio
fúnebre di Don Bosco (2): «lo non sonó artista, ma se lo fossi e
avessi Fincarico di tramandare ai posteri con un monumento la me-
moria di questo mirabile prete, eccovi quale sarebbe il mió concetto.
Metterei in alto l'emblema della Croce, che é l'emblema dell'educa-
zione cristiana, perché é l'emblema del sacrificio; a' suoi lati, a destra
Maria Ausiliatrice, che fu sempre dopo Gesú il principale appoggio
di Don Bosco, a sinistra il Salesio, dal quale ricopió la dolcezza e in-
titoló l'Istituto. Ai piedi della Groce lui ritto, il grand'uomo, che si
tiene con una mano al divin tronco e chiama con l'altra i giovani al-
fombra dell'albero riparatore. Alia base del monumento poi il giova-
netto Bartolomeo Garelli in atto di incidere sul ricordevole marmo
le parole giá scritte in tutti i cuori: A DON GIOVANNI BOSCO LA RE-
LIGIONE E LA PATRIA RicoNOSCENTi. » É opportunamente evocato
qui il Garelli; checché infatti sia avvenuto in Don Bosco al mo-
mento dell'incontro, noi, guardando a tutto quello che seguí, pos-
siamo affermare che in quel punto la mano di Dio si posó sopra
il Santo, sicché allora egli conobbe distintamente la propria mis-
sione e contempló da lungi il succedersi delle sue Opere, come
Giacobbe la sua posteritá.
Con la celebrazione giubilare si fece coincidere una circostanza
che le dava forma, solennitá e significato. Dopo tre anni di sol-
lecitudini e di spese erano compiuti i lavori di restauro e di deco-
razione alia chiesa di Maria Ausiliatrice: lavori voluti come monu-
(1) Cfr. Annali, pag. 103.
(2) Sampierdarena, Tip. Sal., 1888. Pag. 39.
101
Annali Società Salesiana Vol. II. Don Rúa 1888 1898Capo X
mentó a Don Bosco e come scioglimento di un voto, e chiesa da con-
siderarsi come espressione sintética e alto coronamento delle Opere
salesiane. L'inaugurazione dunque veniva a consacrare la semiseco-
lare ricorrenza, incidendone il ricordo nella storia non solamente del
caro Santuario di Valdocco, ma anche della Societá salesiana. Fu
veramente causa di grande giubilo il rimirare quel caro tempio cosí
vestito a nuovo. La veste non poteva dirsi proprio di lusso, ma aveva
puré il suo decoro. Anche li si procedette per gradi. Da prima, la
pressoché nuda architettura dei laboriosi inizi; allora gli abbelli-
menti consentanei ad un periodo di transizione; oggi la sontuositá
regale armonizzante con l'éra dei trionfi e con Tapoteosi del santo
Fondatore.
Non tutto pero era transitorio nel periodo di transizione. Al di
sopra del complesso di stucchi e emblemi, che coprivano le pareti e
che ora sonó interamente scomparsi per dar luogo alia stupenda poli-
cromía marmórea, omai imperituro decoro del tempio, si eleva la
grandiosa composizioné, con cui il Rollini, giá allievo dell'Oratorio,
affrescó nella cupola il trionfo deirAusiliatrice in cielo e sulla térra,
fra una moltitudine di Angelí e di Santi, che inneggiano alia Madre
di Dio. A glorificare la Vergine il pittore introdusse puré la Societá
salesiana, sorta e propagata per opera di Maria. Ecco Don Bosco
che riceve i Patagoni presentatigli da Mons. Cagliero; ecco in pió
atteggiamento le Figlie di Maria Ausiliatrice con le fanciulle della
Pampa. E poi Missionari in mezzo ai barbari, e proprio ai piedi
della Madonna altri Salesiani, dei quali chi fa scuola, chi assiste
nell'officina, chi accoglie poveri fanciulli. Nell'insieme é tutto un
mondo di figure variamente atteggiate, ben disegnate e ben colo-
rite, esprimenti ognuna a modo suo la propria ammirazione e il
proprio amore alia potente Ausiliatrice dei Cristiani. Nei peducci
della cupola quattro dottori della Chiesa, due greci e due latini:
S. Atanasio, quello con la croce in mano a sinistra di chi entra;
S. Ambrogio, di fronte a lui; S. Agostino, al di sopra del pulpito;
di rimpetto, S. Giovanni Crisostomo.
Prima delle feste si provvide all'organo, che doveva conferiré
maestá e decoro alie sacre funzioni. L'antico aveva súbito gravi
102
Annali Società Salesiana Vol. II. Don Rúa 1888 1898Giubüeo delle Opere Salesiane
danni fin dal 1881 per causa di un incendio prodotto dalla rottura
di un tubo del gaz. II noto organaro Bernasconi lo rinnovo, ridu-
cendolo alia forma litúrgica e aggiungendovi ampliamenti, atti a
dargli grandiositá. Se ne fece solenne collaudo il 3 dicembre con
Tintervento di valorosi Maestri, quali il Remondi e il Galli.
Le feste si svolsero per tutto un ottavario, dalla domenica 6 di-
cembre alia domenica appresso. Furono prima tre giorni di inni e
cantici in onore di Maria; seguirono tre giorni di adorazione a Gesíi
Sacraméntalo nella pia pratica delle Quarantore; il settimo giorno
ando dedicato parte ai benefattori defunti, parte a Missionari; venne
ultimo il giorno del ringraziamento. Spiccarono allora quelle che
erano giá diventate le tre caratteristiche delle grandi occasioni nella
chiesa di Maria Ausiliatrice: magnificenza di sacri riti, esecuzioni
musicali come le sapeva volere e ottenere il maestro Dogliani, e
un mare continuo di divotissimo popólo. Invece di perderci in de-
scrizioni, raccoglieremo parole che ci sembrano meritevoli di restare
nella nostra storia, perché ce la illuminano.
Nei primi tre giorni parlarono successivamente dopo i Vespri
tre Vescovi. Aperse il turno quello di Fossano, Emiliano Mana-
corda, che, uomo di grande facondia, tenne pendente dal suo labbro
l'uditorio per piú di un'ora. Un punto notevole del suo discorso fu
questa sintesi, con cui chiariva il perché del giubileo: « Cinquan-
t'anni di operositá apostólica a salvezza di tante anime, cinquan-
t'anni spesi in sovvenire i poveri, nell'insegnare agli ignoranti, nel
diffondere la luce della veritá e la fiamma d'ogni piü eletta virtü,
cinquant'anni impiegati in un'attivitá portentosa e fenomenale a
implantare oratori, ospizi, collegi, missioni, a erigere chiese, tipo-
grafie, scuole e via via tante stazioni destínate a diffondere e man-
tenere il regno di Dio in mezzo ai popoli, costituiscono con giusta
ragione un forte argomento di giubilo e di festa. Si adorni adunque
il tempio di Maria, ove s'incentrano e fan capo tante mirabili
opere; s'inneggi a quel prode atleta, a queH'instancabile prete, che
fu strumento di grazie tanto sorprendente e si ringrazi il Cielo,
che cotanto benedisse e fecondó le opere di Don Bosco. » Parlo nel
secondo giorno Mons. Rosaz, Vescovo di Susa. Ricordando i! primo
103
Annali Società Salesiana Vol. II. Don Rúa 1888 1898Capo X
catechismo fatto da Don Bosco nel giorno deü'Immacolata del 1841,
colse nel segno, allorché, narrato l'incontro col Garelli, si domando:
« Chi l'avrebbe detto in quel di che questa dovesse essere la prima
pietra d'un immenso monte? il granellino di senapa che doveva
svilupparsi in un albero mondiale? » L'8 dicembre montó in pul-
pito l'eloquente domenicano Mons. Pampirio, Arcivescovo di Ver-
celli. Esordi egli col fatto di Cristoforo Colombo, salpato alia sco-
perta e alia conquista di un nuovo mondo sulla nave Santa María,
e COSÍ ne fece l'applicazione: « Don Bosco anch'egli intravvide un
mondo da conquistare, un mondo morale e immenso, la gioventú
che tra le onde del secólo va perdendosi miseramente. Invocando
Maria, gettandosi fidente nella mística nave della divozione a questa
divina Madre, mosse alia grande conquista. » Predicó il triduo delle
Quarantore Mons. Pulciano, Vescovo di Cásale, pigliando lo spunto
da questo concetto: « Maria fu l'ispiratrice delle opere di Don Bosco
e FEucaristia fu Faumento, che alie medesime trasfuse lo spirito di
Gesú Cristo. »
Nel pomeriggio del settimo giorno vi fu la cerimonia dell'addio a
diciotto Missionari. Dall'altare di Maria Ausiliatrice negli ultimi se-
dici anni erano partiti giá tanti drappelli di Salesiani per lontane
Missioni; le feste giubilari furono dunque opportunamente contrasse-
gnate anche dal fatto di una partenza, e partenza per una de-
stinazione novissima e inattesa, per la Terrasanta. Di questa Mis-
sione diremo in un capo a parte. II Vescovo di Fossano, che nel
primo giorno aveva illustrato il passato delle Opere di Don Bosco,
quella sera parló del presente di esse, paragonandole a ben forniti
granai, che Don Bosco aperse qua e la per il mondo, perché grande
é la carestía morale in mezzo ai popoli.
II medesimo Presule nel giorno della chiusa completó la sua
trattazione, ragionando dell'avvenire delle Opere salesiaiie. Piacque
il pensiero che Don Bosco vive nella Societá salesiana, la quale
lo personifica e ne é la visibile perpetuazione; cosicché la Societá
salesiana e Don Bosco che vive, Don Bosco che opera, Don Bosco
che va estendendo ognora la sua azione nel mondo.
Durante l'ottavario edificarono il popólo nobili giovani del Cir-
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Annali Società Salesiana Vol. II. Don Rúa 1888 1898Giubileo delle Opere Salesiane
coló Beato Sebastiano Valfré, messisi a servizio del tempio, special-
mente per le questue. L'ultima sera fecero anche da ceriferi nel pre-
sbiterio. In tempi come quelli, giovani della loro condizione diedero
prova di un coraggio superiore a ogni elogio. Per concessione pon-
tificia Mons. Manacorda, prima della benedizione eucaristica, im-
partí la Benedizione Apostólica alia folla immensa dei fedeli, sti-
pati anche fuori sulla piazza della chiesa (1).
Molti Salesiani, moltissimi Cooperatori, assenti di corpo, erano
presentí in ispirito, unendosi a quelli di Torino nel magnificare la
Vergine benedetta, ispiratrice delle Opere di Don Bosco; durante
poi l'ottavario od anche nel corso dell'anno giubilare tutti i col-
legi e gli oratori salesiani, secondo il desiderio di Don Rúa (2), de-
dicarono una giornata a rievocare dinanzi ai giovani e agli amici i
fasti della Societá, intrecciati con i fatti della vita di Don Bosco.
Fra le tante altre celebrazioni vanno segnalate quelle di Mar-
siglia e di Buenos Aires, dove si ebbero manifestazioni caratteri-
stiche e ben degne di due Case importantissime, quali centri at-
tivi di vita salesiana in Francia e nella Repubblica Argentina. Pos-
siamo aggiungere per terza la Casa principale dell'Uruguay a Villa
Colon.
Le feste che Torino aperse, Marsiglia le chiuse alio spirar del-
Tanno giubilare. I molti amici marsigliesi vi si sentirono attratti
anche dal ricordo affettuoso che serbavano dei frequenti e non
brevi soggiorni fatti da Don Bosco nella loro cittá. Quanti di essi
l'avevano veduto e gli avevano parlato, quanti ne avevano ricevuto
consigli, conforti e aiuti spirituali! Prevedendosi il grande concorso
che vi fu, il benemérito Can. Guiol (3) mise a disposizione del Co-
mitato per i festeggiamenti la sua chiesa parrocchiale, che fece
addobbare con sontuositá e gusto. Gradirono l'invito i tre successori
dei Vescovi che avevano ottenuto da Don Bosco stesso i Salesiani
nelle loro diócesi; cioé, oltre al Vescovo di Marsiglia, quelli di Nizza
e di Fréjus e Tolone. Don Albera, Catechista Genérale e giá Ispet-
(1) Cfr. Boíl. Sal, gcnnaio 1892.
(2) Circol. 21 novcinbre 1891.
(3) Annali, pp. 284-5, 341, 365, 367, 468, 516-8.
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Annali Società Salesiana Vol. II. Don Rúa 1888 1898Capo X
tore in Francia, venne a rappresentare il Successore di Don Bosco.
Nelle varié funzioni Don Grosso (1) fece udire mirabili esecuzioni
in canto gregoriano e música classica. Un pubblico numeroso e
sceltissimo vi assisteva da posti assegnati. Dopo i Vespri tenne di-
scorso Mons. de Cabriéres, Vescovo di Montpellier, assunto poi al-
l'Accademia degli Immortali e creato Cardinale, oratore allora forse
il piü eloquente in Francia (2). Prese per tema un giudizio espresso
dal Vescovo di Nizza: «La vita di Don Bosco fu una vita grande
e bella, una vita feconda, una vita santa, una vita merauigliosa. »
A proposito del cinquantenario rilevó che di tutte le Congregazioni
religiose i Salesiani erano i soli che potessero uniré in una me-
desima data l'ordinazione sacerdotale del loro fondatore e il comin-
ciamento della loro Istituzione. A un certo punto non seppe trat-
tenersi dall'osservare come l'uditorio, a cui rivolgeva la parola, fosse
uno dei piü belli da lui contemplati in vita sua. Gruppi di ex-
allievi si stimarono in dovere di prestarsi volentieri per i servizi
d'ordine e per aprire il passo a Don Albera e all'Ispettore Don Bo-
logna, mentre il mattino e la sera si aggiravano in mezzo alia folla
questuando, come molti dei presentí avevano visto piü volte fare
da Don Bosco.
Anche il pranzo piglió quasi l'aspetto di un solenne rito, non
per manco di allegria, ma per il decoro di tutto l'insieme. Ai Pre-
lati faceva corona lo stato maggiore dei Cooperatori marsigliesi.
Anche i brindisi del Can. Guiol, di Don Albera e di Mons. de Ca-
briéres portarono una nota d'interessante opportunitá. II primo non
volle omettere un saluto al ritorno di Don Bologna, nominato Ispet-
tore, dicendolo operaio della prima ora, il cui valore, arricchito da
un'esperienza di quindici laboriosi anni, diveniva ormai patrimonio
di tutte le Opere salesiane in Francia. II rappresentante di Don
Rúa toccó tasti delicati. Ricordó fra l'altro: « In ogni parte il clero
e fervorosi cristiani furono sempre per Don Bosco ausiliari preziosi
e devoti; ma a Marsiglia in questa forma di generositá il nostro
venerato Padre fu servito regalmente. » II Vescovo di Montpellier
(1) Annali, pp. 699-700.
(2. II Bull. Salésien ne diedc una larga rclazione nel numero di marzo del 1893.
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Annali Società Salesiana Vol. II. Don Rúa 1888 1898Giubileo delle Opere Salesiane
disse: «Mi sembra che questo giorno si debba considerare giorno di
speranza. Ecco, cinquant'anni fa un prete, un pastorello, senté in
fondo all'anima un impulso a consacrarsi tutto ai poveri. Lo fa
con non mai smentita passione, anche quando la fortuna venne a
tentarlo a segno che. se avesse voluto abbassarsi, gli sarebbero pió-
vuti ai piedi i milioni. Rimase fino al termine l'uomo della povertá,
deH'umiltá, della grazia soprannaturale, e quando 1'aureola gli
cinse la fronte, anche coloro che avevano osténtate piü orgoglio
e sussiego, si videro costretti a inchinarsi e a chiedergli elemosina
di consiglio e di benedizione. »
Vi fu un secondo giorno di festa nell'oratorio e per l'oratorio
S. Leone. In tal giorno richiamó all'Istituto Cooperatori e perso-
nalitá in buon numero la benedizione di nuovi, belli e vasti labo-
ratori. Li volle benedire il Vescovo stesso. L'abate Guiol, l'oratore
della circostanza, mostrato chi fu Don Bosco e che cosa era l'O-
pera sua, passó a definiré la parte che spetta in questa ai Coope-
ratori, stringendoli a favorire sempre piü l'Opera di Marsiglia. II
Vescovo nella sua allocuzione finale esaltó Don Bosco, lodo lo zelo
del párroco di S. Giuseppe e resé grazie alia famiglia salesiana
per il bene che faceva nella sua sede vescovile.
In quella circostanza si verificarono tre fatti da non doversi
passare sotto silenzio. Generosi Cooperatori fecero arrivare al San
Leone tutto quello che serviva per la festa in chiesa e fuori di chiesa;
tutti senza eccezione i Superiori religiosi di Marsiglia presero viva
parte alia festa salesiana; l'intera stampa lócale ne scrisse con uná-
nime simpatía. Sonó i miracoli della carita, praticata secondo lo
spirito di Don Bosco.
La capitale dell'Argentina, la prima Repubblica americana che
ebbe i figli di Don Bosco, rispóse come non si sarebbe potuto meglio
all'invito. Nella chiesa parrocchiale di S. Cario, annessa al col-
legio Pió IX in Almagro, si celebró un solennissimo triduo, pre-
sieduto da Mons. Cagliero. L'Arcivescovo Aneyros, eloquente ora-
tore, pronunció nel primo giorno un magnifico discorso, del quale,
per il suo valore di autorevole testimonianza storica, va segnalato
il seguente passo: « Una mano empia aveva scacciato da queste
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Annali Società Salesiana Vol. II. Don Rúa 1888 1898Capo X
terre il Missionario; scomparso il Missionario, si era rotta l'alleanza
stretta dai Cristiani con gli Indi, e questi nell'eccesso del loro fu-
rore andavano esclamando: — Con i Cristiani nemmeno in Para-
diso! — Di qui nuove battaglie, nuove guerre; i selvaggi assalta-
vano i paesi inciviliti, li mettevano a fuoco, e gl'inciviliti allora a
ritornare alie armi e coprire il campo di cadaveri. Eran massacri
che facevano inorridire tutti. L'America piangeva, piangeva la par-
tenza del Missionario. Ma ecco un uomo provvidenziale sorgere. in-
viare a questa térra i suoi figli ad asciugarne le lacrime, a con-
solarla... Chi e egli? É Don Bosco! Don Bosco che tanto amo 1'Ar-
gentina da asserire che dev'essere la seconda patria de' suoi figli. »
Cominciarono allora ad affluire offerte destínate alia costruzione
deU'edifieio per gli studenti, quale monumento giubilare a Don Bosco
nell'Argentina.
Anche il collegio Pió di Villa Colon neU'Uruguay celebro in sva-
riate maniere la grande data cinquantenaria. L'ex-allievo Dottor
Espalter, dopo l'allocuzione del Vescovo Ausiliare di Montevideo
Mons. Frassa, fece uno splendido discorso in lode della Societá sa-
lesiana. Descritta a vivi colori la vita di collegio " ingioiellata dal-
Finnocenza e dalla pietá, " protestava: « Prima di abbandonar cre-
denze cosi acquistate, noi dovremmo mutilare le nostre anime! L'a-
postasia dal culto della Fede e della Virtú é, per i giovani educati
nella Case salesiane, impossibile ed assurda. » Terminó auspicando
la redenzione della sua patria mediante Topera dei figli di Don
Bosco. « L'angelo dell'avvenire, disse, aspetta alia soglia delle scuole
di Don Bosco, de' suoi collegi, de' suoi molteplici istituti, la gio-
ventü che ricevette l'effluvio del suo zelo divino, della sua carita
inesauribile, per fare della nostra patria una nazione felice, i cui
figli abbiano sempre per guida nella vita il dovere e la giusti-
zia. » (1)
Don Rúa nella Circolare, con cui annunciava le feste giubi-
lari, quasi a prevenire il pericolo che si desse soverchia importanza
a manifestazioni esteriori, trascurando cose piü serie, raccomando
(1) Boíl. Sal, fcbbraio 1892, pag. 35.
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Annali Società Salesiana Vol. II. Don Rúa 1888 1898Giubileo delle Opere Salesiane
che i Salesiani durante quei giorni ravvivassero il loro fervore, ani-
massero gli allievi alia frequenza dei sacramenti e si adoperassero
« con le letture, coi sermoncini della sera e nelle prívate conversa-
zioni per accendere nei propri cuori e nei cuori degli alunni la
riconoscenza a Dio, la divozione a Maria Ausiliatrice e la venera-
zione al caro Padre Don Bosco ».
Inoltre, avendo nella lettera parlato delle decorazioni della
chiesa, come di monumento alia memoria di Don Bosco, invitava
tutti ad erigere un al tro monumento. « Noi, diceva, discepoli e figli
di Don Bosco, facciamo in modo che le nostre azioni, la nostra at-
tivitá, zelo e fervore nei servizio di Dio, il nostro spirito di sacri-
ficio a favore del prossimo, specialmente della gioventú, servano a
rammemorare le virtü e la santitá del nostro buon Padre, in guisa
che ciascuno di noi sia di Lui copia fedele. Questo sará certamente
monumento a Lui moJto gradito! »
A cose finite, il medesimo Don Rúa fra le maggiori benedizioni,
con cui il Signore aveva consolato la Congregazione nei 1891, met-
teva le tanto edificanti e tanto bene riuscite fes te giubilari (1). Scri-
vendo a Don Costamagna, gli diceva: « Sonó contento d'intendere
il vostro impegno per celebrare bene il giubileo di Don Bosco. Qui,
ringraziando Iddio, non so se si poteva riuscir meglio. » (2)
Egli aveva invitato a Torino per le feste giubilari il Cardinale
Protettore. L'Eminentissimo Parocchi, non potendo recarvisi per-
sonalmente, suppli con l'inviargli, 1*8 dicembre per lettera, i suoi piú
sentiti rallegramenti. Diceva (3): «L'opera dei Salesiani avviata,
or son cinquant'anni, daH'ammirabile Sacerdote, che fu D. Bosco.
promette nuove benemerenze per l'altra meta del secólo, che ab-
biamo oggi iniziata. A questo gioverá, dopo il patrocinio di Maria
SS. Immacolata, lo zelo, l'attivitá, la prudenza di Vostra Pater-
nitá. » (4)
(i) Circol. 51 dicembre 1891.
(2) Torino, 6 gennaio 1892.
(3) Roma, 8 dicembre 1891.
(4) Delle feste fu stampato un Ricordo, del quale Don Rúa mandó copia ai principali benefattori
con una circolare manoscritta, da lui fírmata. II volunictto conteneva la descrizione delle pitlure e de-
corazioni eseguite. Vi univa puré due mcdaglie, la commcmorativa della consacrazione del Santuario
fatta coniare da Don Bosco nei 1868 e quclla dei rcstauri coniata nei 1891.
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Annali Società Salesiana Vol. II. Don Rúa 1888 1898C A P O X I
Fondazioni in Argentina, Cile, Uruguay, Brasile ed Equatore
durante il quadriennio 1890-93.
(Rosario, Mendoza, Buenos Aires, Santiago, Paysandü, Mercedes,
Montevideo, Lorena, Riobaraba, Cuenca)
Le partenze di Salesiani per l'America Meridionale si sussegui-
rono a intervalli relativamente brevi. II I
o
dicembre 1889 ne par-
tirono 29 con Don Costamagna, 25 il 4 febbraio 1891 con Don
Evasio Rabagliati (vedremo nel capo seguente donde e perché
questi venne a Torino), e altri 19 il 16 agosto dello stesso anno
con Don Luigi Calcagno, venuto anche a fare acquisto di macchine
per i suoi laboratori di Quito. Contemporáneamente passarono ogni
volta l'Oceano stuoli di Suore, pórtate dalla brama di consacrare
la loro vita alia salvezza delle anime in quelle remote contrade.
Gli uni e le altre andavano, parte in Repubbliche dove le due Con-
gregazioni giá lavoravano, parte in Stati, dove i figli di Don Bosco
facevano allora il primo ingresso. Ecco la materia per due capi con-
secutivi. Diremo in questo dell'Argentina, del Cile, dell'Uruguay,
del Brasile e dell'Equatore durante il quadriennio 1890-93.
Centro propulsore dell'attivitá salesiana nell'Argentina era il
Collegio Pió IX di Almagro a Buenos Aires, modellato in tutto sul-
l'Oratorio di Valdocco, ma con in piú il Noviziato, L'oratorio fe-
stivo, che fu culla della Societá, vi era naturalmente in grande
onore. Vi si affollavano non meno di seicento giovani. Le Autoritá
civili e politiche vedevano di buon occhio quanto si faceva al
Pió IX. II 27 luglio 1892 vi comparve improvvisamente il nuovo
Presidente della Repubblica Saens Peña. Non aveva ancora un'idea
110
Annali Società Salesiana Vol. II. Don Rúa 1888 1898Fondazioni in Argentina, Cile, ecc. durante il quadriennio 1890-93
di quello che la entro avveniva; perció, facendo il giro dei labora-
tori, rimaneva trasecolato al vedere, come senza il concorso del Go-
verno si fossero eseguiti tali impianti. Volle visitare anche il Col-
legio delle Suore, uscendone ammirato e commosso. Con l'Ispettore
Don Costamagna si congratuló vivamente del bene che operavasi
nei due Istituti a vantaggio della gioventü.
Come a sede ispettoriale, facevano capo al Pió IX i Soci di
Mater Misericordiae, della Boca e del S. Caterina- in cittá e quei di
S. Nicolás e di La Plata fuori. Tre Salesiani della Casa avevano
la direzione spirituale dei Collegi di Almagro in Buenos Aires, di
S. Isidoro e di Morón poco lungi, diretti dalle Figlie di María Ausi-
liatrice. Nel nostro quadriennio l'Ispettore procedette all'apertura
di tre nuove case.
La prima, in ordine di tempo, fu aperta a Rosario nella pro-
vincia di Santa Fe. La cittá aveva allora 70 mila abitanti, sempre
in aumento. I Salesiani vi giunsero desideratissimi al principiare
del 1890. Misero súbito alia prova la carita dei buoni; poiché, man-
cando di molte cose necessarie, ricorrevano un po' qua e un po' la
per aiuto. Essendo la Casa per artigiani, le venne assegnato a ce-
leste Patrono S. Giuseppe; piü tardi accolse puré studenti. G I L
taliani, che raggruppati a immense distanze in numeróse colonie,
rappresentavano tutte le regioni della penisola. giubilavano di avere
connazionali a cui affidare l'educazione dei loro figli, mentre si sen-
tivano rinascere in cuore l'antica fede, se non spenta, molto illan-
guidita per il lungo abbandono e per l'indifferenza religiosa del
paese.
Nell'anno dell'apertura Mons. Cagliero, che nella sua qualitá
di Vicario per i Salesiani d'America visitava le Case dell'Argentina,
vide in un umile edificio scuole diurne frequentate da 120 esterni,
scuole serali per artigiani e operai e un oratorio festivo popolato di
ragazzi. 11 Vescovo del Paraná, che, vecchio e infermo, non era pifi
stato da sette anni in quelle terre, gli accordó ampia facoltá di eser-
citare le funzioni episcopali; quindi Monsignore cresimó in sei
giorni circa seimila persone di varia etá. Ma alie cresime fece pre-
cederé un triduo predicato da Salesiani e da lui stesso. Dodici con-
111
Annali Società Salesiana Vol. II. Don Rúa 1888 1898Capo XI
fessori, fra cui tre Francescani fatti venire da un vicino convento,
lavorarono di e notte. Chi aveva mai visto cose simili? Le Auto-
rita medesime, impressionate di tal movimento religioso, gareggia-
rono in attenzioni col Vescovo. Venuto poi il tempo pasquale, piíi
di mille italiani compierono il precetto ecclesiastico. Ormai dunque
la posizione si poteva diré conquistata.
Le Figlie di Maria Ausiliatrice, arrivate nel gennaio del 1893,
trovarono il terreno ben preparato per aprire un loro Collegio con
l'immancabile oratorio festivo. In tre mesi tirarono su una bella
chiesina. Tutto questo mise in furore la malvagitá settaria. Al sa-
bato santo, nientre il Direttore dei Salesiani nella chiesa delle Suore
stava per intonare il Gloria, una mano sconosciuta gli sparó con-
tro dalla porta; se non che un'altra mano misteriosa fece deviare
il colpo, mandando la palla a daré nella párete laterale.
A Ovest di Rosario é Mendoza, ai piedi della Cordigliera. I vi
un'Associazione di buoni cattolici aveva fondato nel 1888 una Scuola
Cattolica; ma non si tardó a vedere che questa non avrebbe avuto
vita rigogliosa e duratura se non nelle mani di una Congrega-
zione religiosa: onde nel 1891 una zelante signora, recatasi a Buenos
Aires, ne trattó con Don Costamagna, senza pero venire a una con-
clusione. In novembre Mons. Cagliero, in un viaggio al Cile fer-
matosi a Mendoza, conobbe l'opportunitá di secondare l'invito, tanto
piú che una gentildonna regalava un lócale piü capace nel centro
della cittá. Fu dunque stabilito d'inviarvi il Direttore da Buenos
Aires e il personale dal Cile. Arrivarono tutti fra il gennaio e il
febbraio del 1892, ospitati generosamente per alcune settimane dai
Gesuiti, perché la casa c'era, ma non c'erano né mobili né utensilL
Messa in ordine l'abitazione e cambiato il nome di Scuola Cat-
tolica in quello di Scuola Don Bosco, si diede principio aH'opera.
Vi furono da prima due solé classi con 120 alunni esterni; ma molti
altri facevano ressa per entrare.
Quei Confratelli non conducevano davvero vita cómoda. I prin-
cipi dei Collegi rassomigliarono spesso alie origini dell'Oratorio di
Torino. A Mendoza avevano solo le aule scolastiche e tre povere
stanze prívate, una delle quali serviva anche da sala di ricevi-
112
Annali Società Salesiana Vol. II. Don Rúa 1888 1898Fondazioni in Argentina, Cile, ecc. durante il quadriennio 1890-93
mentó. Dal febbraio al novembre, per celebrare o ascoltare la Messa,
ramingarono di chiesa in chiesa, fuorché nei giorni festivi, in cui
con la lunga fila dei ragazzi anda vano sempre alia parrocchiale (1).
Anime buone somministravano loro suppellettili e sovente anche
generi alimentari (2). Intanto la loro attivitá, che sfidava disagi e
fatiche pur di fare il maggior bene possibile, destava stupore nella
cittadinanza; quindi non fa meraviglia che persone facoltose si sen-
tissero mosse a portare il proprio contributo, affinché Topera acqui-
stasse una sistemazione definitiva. Gravi contrarietá si levarono ad
attraversare il cammino. Un individuo puntiglioso tiró in campo
cavilli legali per impediré una sopraelevazione, che gli dava noia;
presosi poi a fabbricare da un altro lato, bisognó sospendere per
la disonestá di un impresario. Erano le solite prove, contro cui deb-
bono lottare le opere di Dio. La pazienza e la fiducia nel Signore
sormontarono tutti gli ostacoli. Sorse anche la chiesa per l'oratorio
festivo, fu aumentato il personale, crebbe a dismisura il numero
degli scolari; venne poi anche il teatrino. Assediati da protestanti
e da massoni, i Salesiani cominciarono a ricevere abiure. Progre»
dendo passo passo, crearono un Istituto di somma importanza.
Mancava ancora chi attendesse con egual zelo e frutto alia gio-
ventú femminile, ed ecco nel 1895 stabilirsi le Figlie di Maria Ausi-
liatrice in una povera casetta, dove rinnovarono il si frequente
fatto evangélico del granello di senapa, che germoglia e cresce e
diviene albero fronzuto, delizia degli uccelli.
Fu felice idea quella di organizzare in Almagro un altro grande
oratorio festivo, quarto in Buenos Aires dopo i tre di S. Cario, di
Mater Misericordiae e della Boca; il nuovo, per altro, fu il primo
costituito, come Casa a sé, in America. Nel luogo dove se ne get-
tarono le fondamenta, aveva giá fatto qualche cosa Don Paseri
dal 1881; raa Topera visse di vita propria solo daJ 1893. Tutte le
industrie solite a usarsi negli oratorii per aítirare la gioventú vi
furono messe in opera. Che Tiniziativa fosse opportuna, lo dimo-
stró il numero dei ragazzi che vi accorrevano, arrivando in certe
(í) Relazionc di Don Lardi, uno dei primi andati a Mendoza, in Bollettino spagnolo, gii^no 1896.
(2) Bolletíino italiano, agosto 1892.
113
Annali Società Salesiana Vol. II. Don Rúa 1888 1898Capo XI
domeniche a 1500. Quando si costruiva la cappella dedicata a S. Fran-
cesco di Sales era bello vedere anche giovani d'ogni etá prestar
mano nei lavori. Vi si aggiunsero poi le scuole elementari esterne.
Le maestre delle scuole pubbliche da prima sollevarono ostacoli;
quando pero si avvidero che i loro allievi, frequentando l'oratorio,
diventavano piú docili e piü studiosi, se ne fecero patronesse.
L'oratorio di S. Francesco di Sales nel 1938 poté santamente
vantarsi d'aver dato alia Chiesa 39 sacerdoti, mentre parecchi erano
ancora alunni del santuario. Don Giorgio Serié, oggi membro del
Capitolo Superiore, venne di la. Del Direttore Don Luigi Costa-
magna, ñipóte dell'Ispettore, scrive Don Serié (1): «Non si limi-
tava a dirci: — Si fa cosi —, come l'indicatore stradale, che segna
la via e sta fermo, ma veniva lui con noi e in mezzo a noi. Tra-
scinava col suo esempio alia pietá, al lavoro ed anche al gioco:
cosa affatto nuova in quelle regioni vedere un prete giocare con
dei ragazzi alie stampelle, a barra rotta. » E detto di lui predicatore e
confessore, continua: « Fu il primo in America ad occuparsi degli
ex-allievi ed a formare il gruppo di catechisti volontari fra gli
amici e cooperatori che lo coadiuvavano a tirare innanzi, e come!.
nell'insegnamento della dottrina cristiana ad un migliaio di giovani. »
índice della prosperitá spirituale di cui godeva l'Ispettoria Ar-
gentina, puó essere il fatto, che nel 1893 vi si stavano innalzando
sei chiese, e cioé a Rosario e a Morón per le Figlie di Maria Ausi-
liatrice, a S. Nicolás per i coloni italiani, in Almagro per l'oratorio
testé descritto, a Bernal, e due navate laterali al santuario di Maria
Ausiliatrice puré in Almagro. La necessitá spingeva e la fiducia nella
banca della divina Provvidenza dava l'ardire. Cosa mirabile! Quei
Salesiani, che trovavano mezzi per moltiplicare chiese e case e per
ingrandire le giá esistenti, non ne cercavano per migliorare lo staio
di vera povertá, in cui vivevano. Un piccolo particolare dice molte
cose. Don Giuseppe Vespignani, sempre cagionevole di salute. era
íncaricato di andar a celebrare ogni giorno in una chiesa distante
quattro chilometri dal Pió IX; ebbene, Don Costamagna non gli
(1) Voci fraterne, febbraio 1942.
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Annali Società Salesiana Vol. II. Don Rúa 1888 1898Fondazioni in Argentina, Cile, ecc. durante il quadriennio 1890-93
poteva daré se non dieci centesimi per prendere il tram una volta
soltanto, o nell'andata o nel ritorno.
Nel Cile, paese abitualmente pacifico, i Salesiani di Concepción
e di Talca dal febbraio alF agosto del 1891 passarono ore tragiche.
La guerra civile insanguinava le cittá; ricchi e poveri, buoni e
cattivi ne sperimentarono le tristi conseguenze. Le due Case sud-
dette, benché sempre in pericolo di essere invase, porgevano rifugio
a donne, vecchi e bambini. Venivano arrolati perfino i giovani. che
avessero compiuto il dodicesimo anno di etá. Saccheggi, devasta-
zioni, uccisioni, incendi erano all'ordine del giorno. Ne derivavano
abbassamento di valori, caro di prezzi, carestia e fame. Nei mo-
menti piú critici le Autoritá cilene usarono speciali riguardi ai Sa-
lesiani e ai loro alunni, sicché almeno non si ebbero a lamentare
vittime.
Cessato il disordine e tomata la pubblica quiete, fu mandato ad >
effetto un disegno, che si ventilava da tempo. Mons. Jara, prima
di essere Vescovo di Ancud, ave va fondato nel 1880 a Santiago,
capitale della Repubblica, un Asilo delta Patria, dove accogliere
orfani della guerra detta del Pacifico, sostenuta vittoriosamente dal
Cile dal 1879 al 1882 contro il Perú e la Bolivia. II benemérito sa-
cerdote non cessó mai di far voti che i figli di Don Bosco assumes-
sero la direzione del suo orfanotrofio; anzi nel 1887 si presentó
supplice a Don Bosco stesso, che lo mandó dalla sua cameretta
consolato, rispondendogli con tutta semplicitá, ma in tono rassi-
curinte: — Abbiate un poco di pazienza; questa opera si fará. —
L di pazienza ce ne volle ancora una buona dose, tante furono le
difficoltá insorte. Solo due anni dopo la morte del Santo, Don Rúa,
per il quale i desideri di Don Bosco non cessavano di essere legge.
sollecitato dalFArcivescovo Casanova, acceleró la soluzione (1). Única
difficoltá si opponeva ancora la scarsezza del personale. Intanto i
risultati ottenuti a Concepción e a Talca, resi noti dalla stampa.
¿nfiammavano sempre piú gli animi. Mons. Jara, volendo troncare
(I) Nel novembre del 1889, in viaggio per Roma, l'Arcivcscovo si ero fermato due giorní all'Ora-
torio. Introdotto nella camera, dove morí Don Bosco, si p'rostró a térra e recitó un Paíer, Aoc e
(üoriu. (Lctt. di Don Lazzcro a Mons. Cagliero, Torino, 26 novembre 1889).
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Annali Società Salesiana Vol. II. Don Rúa 1888 1898Capo XI
gl'indugi, pensó di fare donazione della Casa all'Autoritá eccle-
stiastica, ma a condizione che vi si chiamasse una Congregazione
dedita alia cura della gioventü bisognosa. Allora FArcivescovo, sul
cadere del '91, incontratosi con Mons. Cagliero nel Cile, cedette nella
persona di luí ai Salesiani Fedificio e le sue adiacenze e insieme anche
la chiesa, intitolata La Gratitud Nacional, edificio e chiesa che erano
stati in antico chiostro e tempio dei Padri Mercedari. Era dunque
scoccata finalmente Fora della Provvidenza: i Salesiani arrivarono
sull'inizio del 1892, nel di dell'Epifania.
La cerimonia del ricevimento non poteva essere piú solenne.
Si svolse in una gran sala, scelta all'uopo e ornata, presente il Capo
dello Stato fra i Vescovi Jara e Cagliero e parecchi Ministri. I
primordi furono abbastanza duri. Quei Salesiani avrebbero dovuto
trovare nella casa tutto Foccorrente per Istituti di simil genere, e
Favrebbero trovato, se non ci fosse stata di mezzo la detta guerra
civile. Cinque battaglioni di soldati vi avevano bivaccato per otto
mesi, facendovi un de populo bárbaro. Anche nella chiesa avevano
profanato le immagini e dissipato i paramenti sacri. Nel momento
stesso, in cui Autoritá e cittadinanza davano il benvenuto ai Sale-
siani, Mons. Jara non esitó a diré la in pubblico, che essi iniziavano
la fondazione in condizioni di povertá e di miseria. Li invitava
quindi a ricevere la Casa in nome della Chiesa, della patria e del
popólo, ringraziandoli anticipatamente dei loro generosi sacrifici.
E di sacrifici ne fecero molti e gravi. La stampa lanciava ap-
pelli ai cuori caritatevoli e alie borse ben fornite, che rispondevano
come si puó rispondere in tempo di profonda crisi. Risposero pero,
sicché in pochi mesi la casa fu trasformata in collegio dall'im-
mondezzaio che era diventata. Vi si avviarono súbito i laboratori,
a cui si unirono in seguito scuole per studenti di modesta condi-
zione. Gli artigiani da 80 salirono nel 1893 a 120, aumentando ap-
presso fino a 150. Centinaia di ragazzi frequentavano Foratorio fe-
stivo. Tuttavia quel Collegio aveva ancora Faspetto di un grosso,
ma misero casolare. Muri di fango; tetti in lamine di ferro zincato.
bucherellate e corrose dalla ruggine; sotto la pioggia, acqua nell'in-
terno di non pochi ambienti poco meno che all'esterno. Consolava
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Annali Società Salesiana Vol. II. Don Rúa 1888 1898Fondazioni in Argentina, Cite, ecc. durante il quadriennio í890-93
pero il pensiero che in quell'affollarsi di ragazzi si cominciassero ad
avverare le profezie di Don Bosco (1).
Resta va da colmare una grave lacuna: chi avrebbe provveduto
alia gioventú femminile? 11 16 gennaio 1893 giunsero le Figlie di
Maria Ausiliatrice. Migliaia di cittadini si trovarono a riceverle. ac-
clamando a Don Bosco. Presero stanza presso la chiesa parrocchiale
di S. Michele, retta da Don Miguel León Prado, zelante e popolare
sacerdote, poi Vescovo di Linares, affezionatissimo a Don Bosco e
alie sue Opere. In maggio esse davano giá ricovero a 200 ragazze, or-
fane della guerra civile. Naturalmente si prodigavano anche nell'o-
ratorio festivo.
II Direttore Don Tomatis, uno dei pionieri del 1875, uomo in-
trépido, da bravo figlio dell'Oratorio di Valdocco, trovava anche il
tempo di percorrere la campagna, predicando Missioni. In un punto,
dove riusciva meno difficile radunar gente da luoghi lontani, una
buona signora aveva regalato ai Salesiani una villa con cavalli e
vettura, perché ogni domenica vi si andasse a celebrare, confessare,
predicare e fare ai ragazzi il catechismo. Una volta Don Tomatis
si spinse anche nelPAraucania, dove preparó un centinaio d'indi-
geni a ricevere il battesimo.
Rivalichiamo la Cordigliera e scendiamo nell'Uruguay. Qui iJ
Collegio di Villa Colon, sede dell'Ispettore Don Lasagna, manteneva
alto il suo prestigio. II Bollettino meteorológico, redatto ivi dai Sa-
lesiani, era strumento di cultura e di pubblica utilitá (2). La grande
attivitá di Don Lasagna, mentre faceva fiorire e progredire le Case
esistenti, diede vita a tre nuove: una a Paysandü, l'altra a Mer-
cedes e la terza a Montevideo.
A Paysandü i Salesiani dal 1882 amministravano la parrocchia,
che abbracciava un'estensione di 14 mila chilometri quadratL Pec-
cato che non esistano memorie scritte, da cui sia possibile appren-
dere per quali vie, dallo stato di cose del 1882, si fosse giunti a
quello che giá si vedeva nel 1890! Molto si dovette alio zelo di Don
Albanello, Párroco e Direttore. Orbene, la cittá nel 1890 si arricchi
(1) Annali, pp. 429, 506, 557-9.
(2) Annali, pp. 440-41.
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Annali Società Salesiana Vol. II. Don Rúa 1888 1898Capo XI
puré di un Collegio salesiano per alunni esterni, denominato da Don
Bosco, con annesso l'oratorio festivo. II ricordo del primo Direttore
Don Marchiori duro a lungo anche fra gli emigrati, circa quattro-
mila, quasi tutti italiani. La vicinanza del porto ne favoriva l'af-
fluire. A Don Marchiori ando debitrice di non lievi benefici l'isolata
e abbandonata colonia di Guariyú, composta di 150 famiglie pie-
montesi, venete, parmensi e cremonesi. Con la fondazione del Col-
legio coincise l'apertura di una chiesa, dedicata a S. Raimondo
e donata dal Vescovo Giacínto Vera fin dal 1886 (1). Tanto tempo
c'era voluto per adattarla al culto, perché senza tetto, senza fi-
nestre, senza pavimento, senza altari: non esistevano che i muri
fino al cornicione. Le Figlie di Maria Ausiliatrice avevano prece-
duto con il loro Collegio quello dei Salesiani. Tutti insieme reden-
sero la cittá: la presente generazione omai ne ignora il triste lontano
passato.
Dall'oratorio festivo esordi l'altro nuovo Collegio di Mercedes,
cittá principale nel dipartimento di Soriano. Don Lasagna lo de-
dicó a S. Michele in omaggio a Don Rúa. L'opera ebbe nascimento
il 16 marzo 1892. Alie solite strettezze economiche si studiavano di
rimediare due Comitati di signori e di signore; al resto sopperiva
lo spirito di sacrificio dei Salesiani. II primo anno terminó con
146 alunni. II Direttore Don Faustino aveva il dono di sapersi
cattivare la gioventü: del mondo giovanile la casa diventó il ritrovo
prediletto. Un novello soffio di vita cristiana si sentí ben presto spi-
rare in cittá.
La capitale Montevideo, che aveva giá un Collegio salesiano, ne
vide sorgere un secondo nel '93, i Talleres Don Bosco. I suoi principi
non potevano essere piú semplici e modesti: una casetta con il solo
pianterreno, un interno povero povero: calzolai, sarti, legatori la-
voravano tutti nel medesimo ambiente, che faceva puré da scuola
di música, da parlatorio e da refettorio; il personale, due preti e
un chierico. Nessuno avrebbe mai supposto che a un'opera cosí
meschina fosse riserbato nel breve giro di pochi anni un avvenire
(1) Amiüli, pag. 259.
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Annali Società Salesiana Vol. II. Don Rúa 1888 1898Fondazioni in Argentina, Cile, ecc. durante il quadriennio 1890-93
quale ebbe. Era alia testa Don Giuseppe Gamba, uomo dotato di
gran senno pratico e destinato a reggere per molto tempo l'Ispet-
toria, radicandovi lo spirito appreso direttamente alia scuola di Don
Bosco,
Moviamo ora verso il Nord, oltre la frontiera. Nel Brasile era
cambiato il regime. Una rivoluzione militare áveva nel 1889 ro-
vesciato la monarchia, proclamato la repubblica ed esiliato Don
Pedro II dopo 58 anni d'impero. Nel passaggio al nuovo ordine di
cose i Salesiani di Nichteroy e di S. Paolo non patirono danno,
portati com'erano da tutti in palma di mano. Specialmente il col-
legio S. Paolo, grazie all'impulso di Don Giordano, godeva tanto
crédito, che se ne poteva giá presagire la grandezza futura. II
6 marzo 1891, proveniente da Roma, fu all'Oratorio il nuovo Ve-
scovo di Goyas nel Brasile, giá canónico nella capitale. Egli, sup-
plicando che si mandassero Salesiani nella sua diócesi, levava a
cielo il bene che vi facevano le due Case di S. Paolo e di Nichte-
roy (1).
Non vi si attendeva solo alia gioventü. Nell'ospedale cittadino
il santo salesiano Don Varchi prestava l'assistenza spirituale agli
infermi, i piú dei quali erano italiani. Questi poveri connazionali,
capitando lá quasi sempre dopo inaudite sofferenze e poi abbando-
nati da tutti, si sentivano rinascere al trovarsi accanto un sacer-
dote che parlava la loro lingua e li richiamava ai religiosi senti-
menti da troppo tempo dimenticati.
Benedette dalle popolazioni, le Figlie di Maria Ausiliatrice nello
Stato di S. Paolo avevano Casa in tre luoghi: a Lorena, a Guaran-
tiguetá ed a Pindamonhagaba.
Mons. Cagliero visitó Salesiani e Suore nel 1890; rivide allora
per l'ultima volta il dotto e santo Arcivescovo di Rio de Janeiro
Mons. Lacerda, che cessó di vivere il 15 novembre dell'anno ap~
presso. Dobbiamo un tributo di riconoscenza a si benemérito Pre-
lato. Nel 1877 era stato ospite di Don Bosco, per il quaJe nutrí poi
sempre sviscerato affetto. Era per lui una festa ogni volta che figli
(I) Lett. di Don Lazzcro a Mons. Cagliero, Torino, 3 aprile 1891.
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Annali Società Salesiana Vol. II. Don Rúa 1888 1898Capo XI
di Don Bosco, navigando dall'Europa e toccando Rio, scendevano
a riverirlo. Ansioso da lungo tempo di avere i Salesiani nella sua
immensa diócesi, quando finalmente li ebbe, mantenne la promessa
fatta a Don Bosco dicendo: — I suoi figli saranno i miei figli. —
Veri sacrifici s'imponeva per la Casa di Nichteroy. Nel 1889 diede
una considerevole somma, perché quella tipografía potesse pubbli-
care le Letture Cattoliche in lingua portoghese (1). I Salesiani del
Brasile perdettero davvero in lui un tenero padre.
I Superiori non sarebbero stati alieni dal costituire nel Brasile
un'Ispettoria a sé, distaccandone le case dall'Uruguaiana, con cu i
formavano una cosa sola. Le enormi distanze lo consigliavano. Ma
sarebbero state necessarie almeno tre Case (2). Don Lasagna fondo
la terza a Lorena. La cittá, posta sul fiume Parahyba, dista quasi
altrettanto da S. Paolo e da Rio de Janeiro; era luogo di fermata
per chi andava dall'uno all'altro di questi due centri. Ivi il Conté
Moreira Lima aveva offerto nel 1887 un suo edificio con chique
ettari di giardino, modificandone poi la forma secondo un disegno
presentatogli.
Tutto fu in ordine per il 1890. Ebbe cosi cominciamento il col-
legio di S. Gioachino, cosi chiamato dai nomi del donatore e di
Leone XIII. II Direttore Don Peretto lo portó súbito a grande flo-
ridezza. II primo anno scolastico si chiuse con 20 giovani interni
e 124 esterni. Gli esami, sostenuti dinanzi a una Commissione uf-
ficiale, diedero risultati assai soddisfacenti, che accreditarono I I -
stituto. L'anno seguente gl'interni salirono a 80, quanti vi potevano
capire. Si mise tostó mano ai lavori per aumentare la capacita del-
l'edificio. Don Peretto gettó le basi di un'opera che divenne focolare
di cristiana e civile educazione. Di li a poco tennero dietro nella
stessa cittá le Figlie di Maria Ausiliatrice, che vi apersero una
Casa di beneficenza, arca di salvezza per tante povere fanciulle.
Visitate le case dell'Argentina, dell'Uruguay e del Brasile, Mons.
Cagliero avrebbe voluto visitare anche i Confratelli di Quito, che
(1) Lett. di Don Lasagna a Don Rúa, Villa Colon, 14 novembre 1889. Le Letture Cattoliche in
spagnolo si pubblicavano da parecchi anni a Buenos Aires.
(2) II med. al med., Lorena 6 settembre 1887.
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Annali Società Salesiana Vol. II. Don Rúa 1888 1898Fondazioni in Argentina, Cile, ecc. durante il quadriennio 1890-93
ne sospiravano la venuta; ma FEquatore era troppo lontano, e
quindi nel 1890 vi mandó come visitatore Don Costamagna. Egli si
contentava d'inviar loro con frequenza conforti e consigli per let-
tera. A Quito, trascorsi un anno e pochi mesi dall'arrivo dei Sale-
siani, le costruzioni primitive non si riconoscevano piú. II Collegio
albergava un centinaio di artigiani; ma si stava studiando il modo
di far posto a un maggior numero. Un decreto del Parlamento con-
ferí a ogni Deputato il diritto di collocarvi a spese del Governo
tre alunni, perché imparassero un mestiere. All'oratorio festivo si
presenta vano anche indietti, di cui nessuno si cura va, ignorante
sulla via dell'abbrutimento; eppure nel Collegio con un po' di pa~
zienza e di carita si trasformavano. In soccorso dell'oratorio si or-
ganizzó un Comüato, che provvedeva regali e premi e cerca va lavoro
ai disoccupati; alcuni signori facevano anche il catechismo ; come
iiei primi tempi di Don Bosco. Nell'esposizione nazionale del 1891
i Talleres del Sacro Cuore, al quale era dedicata la Casa, ottennero
una medaglia d'oro per i falegnami, due d'argento per i fabbri e
tre di bronzo per i sarti, calzolai e sellai. Ai laboratori qui indicati
furono aggiunte la tipografía, la legatoria e la fabbrica di carrozze.
Del bene che tutti vedevano in Quito, la stampa diffondeva la
notizia nella Repubblica, onde arrivavano frequenti proposte per
fondazioni; una proposta pero la vinse su tutte le altre. Nel set-
iembre del 1890 il Cardinale Rampolla, Segretario di Stato, co-
municó a Don Rúa d'aver ricevuto una lettera, in cui il signor
Flores, Presidente della Repubblica equatoriana, in base a un de-
creto legislativo, con cui si stabiliva di fondare due scuole profes-
sionali, Fuña a Cuenca e Faltra a Riobamba, domandava Finvio
di alcuni Salesiani per commetterne loro la direzione. Don Rúa
rispóse limitandosi per allora ad accettare la scuola di Riobamba,
ma esprimendo intanto la fiducia di poter piú tardi accettare anche
quella di Cuenca.
Riobamba é situata a mezza strada fra Quito e Guavaquil.
Da piú anni i Salesiani vi erano aspettati per prendersi cura della
gioventü derelitta. Cinque dei Missionari partiti nell'agosto del 1891
con Don Calcagno eran destinati alia fondazione di Riobamba; la
121
Annali Società Salesiana Vol. II. Don Rúa 1888 1898Capo XI
direzione fu affidata a Don Antonio Fusarini, che dal 1888 tro-
vavasi nelFEqu atore. Partirono dalla capitale il 5 novembre. Al
quarto giorno di viaggio mancavano due ore per arrivare alia meta,
quand'ecco venir loro incontro le persone piú qualificate del luogo
e accompagnarli a cavallo come in trionfo alia casa per loro prepa-
rata. Non si pensi a un palazzo o a qualche cosa di simile. Tro-
varono un piccolo edificio tutto di fango e per giunta con ven-
t'anni di esistenza, che gli pesavano sopra. Non parliamo poi di co-
moditá, anche delle piú necessarie. Quindici giorni di lavoro furono
appena sufficienti per allestire la cappella e il resto. II titolo era
Talleres de S. Tomás Apóstol. L'inaugurazione solenne ebbe luogo
1'8 dicembre. In quel giorno i Salesiani ricevettero, a dir vero, onori
principeschi. All'accademia della sera presero la parola i piú co-
spicui rappresentanti della cittá; alia buona riuscita del tratteni-
mento cooperarono attivamente Gesuiti e Fratelli delle Scuole Cri-
stiane. La popolazione vi partecipó con entusiasmo.
Bisognava dunque corrispondere a tanta aspettazione. I Sale-
siani si misero senz'altro al lavoro. Durante l'anno scolastico 1891-92
impiantarono i laboratori dei fabbri e meccanici, dei sarti e cal-
zolai, dei falegnami e sellai. Pero fino al 1896 il numero degli alunni
non arrivó mai a 60 e vi stavano pigiati. Le difficoltá dei tempi,
caúsate dalle frequenti lotte politiche, e le intromissioni estranee
nell'economia domestica intralciarono assai lo sviluppo dell'opera.
Tuttavia di buoni risultati se ne raggiunsero, come ne facevano
fede le esposizioni annuali dei lavori. La banda musicale, discipli-
nata dal Direttore, contribuí non poco a far apprezzare l'Istituto.
La volta di Cuenca venne due anni dopo Riobamba, nel 1893.
La Casa era un internato per scuole di arti e mestieri. Nei primi
nove mesi i Salesiani si acconciarono alia meglio in un'ala di fab-
bricato appartenente alia parrocchia; ma verso la fine di agosto
passarono a occupare un altro stabile, che offriva loro maggiori age-
volezze e soprattutto ne assicurava l'intera indipendenza. Al sólito,
Foratorio festivo trionfava.
La casa di Cuenca si trovava al margine di un territorio, le
cu i foreste erano popolate di certi Indi, dei quali i Salesiani avreb-
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Annali Società Salesiana Vol. II. Don Rúa 1888 1898Fondazioni in Argentina, Cile, ecc. durante il quadriennio 1890-93
bero presto ricevuto la missione d'occuparsi, come fra non molto
vedremo. Non si creda tuttavia che i figli di Don Bosco si fossero
fino allora disinteressati di quella razza sventurata, i cui rappre-
sentanti si aggiravano un po' dappertutto. La Casa di Quito nel
1892 ne aveva sette. Fu allestito appositamente per loro un labo-
ratorio di cappellai. Uno di essi diede occasione di rilevare come la
Capitale vedesse con simpatía il loro incivilimento. Questo fu ai
7 agosto, quando si fece la festa della premiazione. Al saggio as-
sistettero tutti i Vescovi Equatoriani, radunati a conferenza presso
il loro Metropolita; sedeva al posto d'onore lo stesso Presidente della
Repubblica Cordero. Venne chiamato a ricevere il premio anche
un indiotto proveniente dai dintorni di Quito. AlPudirne il nome e
la qualitá gli astanti rimasero sorpresi. Quando poi fu visto il figlio
della foresta avanzarsi tímido, vestito nel suo costume — capelli
cadenti sugli omeri, scalzi i piedi e nude fino al ginocchio le gambe,
calzoncini bianchi e poncho sulle spalle — l'assemblea scoppió
in un prolungato applauso. II poverino, confuso e commosso, si ac-
costó trepidante al Capo dello Stato. Questi nel consegnargli il pre-
mio — un utensile del suo mestiere — provó tale contentezza che
se lo strinse al seno, affettuosamente abbracciandolo, mentre il pub-
blico rinnovava i battimani, che accompagnarono il premiato fino
al suo posto.
Prima del Tindío il Presidente aveva premiato un giovanotto
sarto, rimettendogli il diploma di maestro nel suo mestiere. Ne lo
aveva giudicato meritevole una Commissione esaminatrice. II suo
trionfo fu oggetto d'ammirazione agli astanti, di soddisfazione ai
Superiori e di emulazione ai compagni. II Presidente nel discorso
di chiusura formuló, come Capo dello Stato, il voto che l'Opera di
Don Bosco estendesse i suoi benefici influssi in tutte le province
della Repubblica.
123
Annali Società Salesiana Vol. II. Don Rúa 1888 1898C A P O X I I
Entrata dei Salesiani nella Colombia,
nel Perü e nel Messico.
Nei primi tempi coloro che desideravano andaré nelle Missioni,
potevano, senza aspettare ordine o invito, farne domanda. e tali do-
mande non iscarseggiavano; anzi i richiedenti superavano sempre
di gran lunga il numero dei prescelti. A determinare le preferenze
contribuiva anche la gagliardia física. II desiderio di partiré so-
leva essere ispirato da alto idéale di apostolato; se poi a questo
idéale si accoppiava puré il pensiero di andar a portare il vessillo sa-
lesiano in qualche nuovo Stato, allora I'ardore missionario pigliava
maggior forza dall'amore per la Congregazione, al cui espandersi
era gloria recare il proprio contributo. Gli entusiasmi di cinquan-
t'anni fa, chi non li visse, oggi stenta a comprenderli. Un'alba ra-
diosa rapisce assai piú che non il solé meridiano. Animati dunque
da simili sentimenti, salparono dall'Europa i Soci che dal 1890 al
1892 entrarono primi nella Colombia, nel Perü e nel Messico, pren-
dendo stanza nelle Capitali di queste tre Repubbliche.
Rifacciamoci per la Colombia dalla narrazione del volume pre-
cedente (1), completándola e conducendola a termine. II primo do-
cumento risale al I
o
novembre 1886: é una lettera franéese del Ge-
nérale Velez, Ministro di Colombia presso la Santa Sede, a Don
Bosco. II Ministro esordiva cosi: «La fama meritatissima del be-
néfico Istituto che voi, pieno di carita, avete fondato per giovani
artigiani, studenti e orfani, é giunta fino a noi, e il mió Governo, i
Prelati e quanti s'interessano degli sventurati, sonó ansiosi di ren-
(1) Pp. 602-4.
124
Annali Società Salesiana Vol. II. Don Rúa 1888 1898Éntrala del Salesiani nella Colombia, nel Perú e nel Messico
dere il popólo colombiano partecipe dei benefici da voi recatí alia
societá moderna. » Seguivano quindi le proposte. L'accenno ai Pre-
lat.i ave va buon fondamento; infatti il 21 gennaio dell'anno seguente
TArcivescovo di Bogotá Giuseppe Telesforo Paul scriveva per contó
suo a Don Bosco nel medesimo senso (1). Le risposte furono iden-
tiche: ringraziamenti, impossibilitá per mancanza di personale, pro-
messa per piú tardi.
Allora il Governo colombiano fece intervenire l'autoritá della
Santa Sede, come abbiamo narrato. Don Bosco promise, ma senza
determinazione di tempo. Morto Don Bosco. la pratica fu ripresa
nel febbraio del 1888. Mons. Cagliero, che si trova va a Roma e con
cui il Ministro colombiano aveva avuto da Don Rúa autorizza-
zione a trattare, si sforzó di chiarire anche in alto luogo, come il
Successore di Don Bosco e gli altri Superiori fossero tutti d'accordo
nel desiderare la fondazione di Bogotá; essere solo questione di tem-
po; avere Don Bosco ingiunto di non aprire per qualche tempo
nuove Case dopo la sua morte. ed essersi dato puré dal Santo Padre
iJ medesimo consiglio; inoltre non sapersi peí momento in che modo
trovare il personale necessario. Ma il Genérale Velez non volé va
sentiré ragioni. — Si é promesso, diceva, e bisogna mantenere la pa-
rola. Almeno si dia al mió Governo una risposta categórica ri-
guardo al tempo. II Governo é ora cattolico e desideroso del bene
della gioventü e vuole una decisione. — Monsignore ebbe la fran-
chezza di dichiarargli che personalmente egli non amava intavo-
lare trattative con Governi sudamericana oggi buoni e domani cat-
tivi; aggiunse che i Salesiani preferivano una Casa indipendente e
di loro proprietá. II Ministro rispóse che si sarebbe incaricato di
farla donare; solo si dicesse per quando (2). Non aveva cessato in-
tanto di premere presso la Santa Sede; onde la seconda lettera del
24 aprile 1888 del Card. Rampolla, citata nell'altro volume. per ri-
(1) Diceva fra Faltro: < Vos peres trouveront en moi un vrai pére. J'appartiens á la Com-
pagine de Jésus et j'ai appris de mon Pére S. Ignace a vous aimer et á vous aider >. Monsignore rí-
scrisse il 19 ottobre, insisíendo e dicendo: « Le moment est tres favorable, l'opiníon aussi par rapport á
votre Congrégation. » Egli parlava anche di Missioni ai selvaggi, che avevano loro capanne nei din-
toini stessi della capitale.
(2) Lett. di Mons. a Don Rúa, Roma, 25 marzo 188S.
125
Annali Società Salesiana Vol. II. Don Rúa 1888 1898Capo XI1
chiamare a Don Rúa la promessa di Don Bosco. Don Rúa gli ri-
spóse il 2 maggio:
Onorato dalla venerata sua lettera del 24 spirato aprile relativamente alia
fondazione di casa Salesiana nella Colombia, ho il piacere di assicurare l'Em.
V. Rev.ma che noi abbiamo la stessa buona volontá del rimpianto nostro
Amat.mo Padre Don Bosco di venerata memoria; ma, come Lui, non possiamo
correré per varié imponenti ragioni, fra cui quelle che giá aveva il Sig. D. Bosco,
cine grande mancanza di personale, grandi strettezze materiali, e vari impegni
anteriori che da tempo aspettano Tadempimento loro. A queste poi ora s'ag-
giungono altre ragioni non meno stringenti, cioé la raccomandazione che prima
di moriré ci fece il nostro caro Padre, di non aprire cioé case nuove, oltre le
giá stabilite, fintanto che siano meglio consolídate le giá esistenti, che molto
difettano di personale; poi la stessa raccomandazione che ci ripeté últimamente
lo stesso S. P. Leone XIII. Per questi motivi siamo costretti ad andar adagio.
Tuttavia, fatti i nostri conti e fidati nel divino aiuto, speriamo poter soddisfare
il Governo Colombiano almeno nel 1891 e forse anche nel 1890, senza pero poterne
daré assicurazione.
Nello stesso mese il Velez, di ritorno da Parigi, si fermó all'O-
ratorio, dove fu compilato uno schema di Convenzione. Continua-
rono poi le discussioni su vari punti della medesima, orali a Roma
col Procuratore Don Cagliero e scritte con Don Rúa. S'arrivó cosi
al 30 marzo 1889, nel qual giorno partí dal Vaticano questo biglietto
del Card. Rampolla a Don Rúa: « Avendo il S. Padre espresso il
desiderio di avere un colloquio con V. S. Rev.ma mi affretto a rén-
demela avvertita, sicuro che si recherá Ella sollecitamente in Ro-
ma. » Don Rúa si preparava al viaggio, quando ricevette dal Pro-
tettore Card. Parocchi la seguente lettera con la medesima data del
precedente:
Torno ora dall'udienza pontificia, dolente che i miei carissimi Salesiani
abbiano, senza volere, disgústate) la Santitá di N. Signore.
II Santo Padre ardentemente desidera che si accetti dalla riostra Congre-
gazione la nuova Casa in Colombia, e la Congregazione rifiuta. Comprendo
le difficoltá Helia fondazione, veduta la scarsitá de' soggetti e la moltitudine
de' bisogni da provvedere; ma dinanzi al Papa conviene piegarsi, per cosi diré,
anche all'impossibile, con la fede che porta via le montagne.
Sua Beatitudine pensava di chiamare per questo V. R. a Roma, ma a cessarLe
incomodo, ha preferito di scriverLe per mezzo mió il suo volere perentorio, e non
clubito che i Salesiani obbediranno súbito e allegramente.
126
Annali Società Salesiana Vol. II. Don Rúa 1888 1898Éntrala del Salesiani nella Colombia, nel Perú e riel Messico
Ci possiamo ben figurare come rimase Don Rúa nel leggere
questa comunicazione. Aveva giá risposto al Segretario di Stato,
ma non conosciamo il tenore della lettera. Al Protettore rispóse cosi:
Ricevetti domenica scorsa 31 marzo invito da S. E. Rev.ma il Cardinal Ram-
polla di recarmi a Roma, che il S. Padre desiderava parlarmi. Risposi imme-
diatamente che sarei partito mercoledi, 3 del corrente, per trovarmi il giorno 4 in
Roma. Stava infatti facendo oggi i preparativi, quando mi giunse la venerata
Sua che mi dispensava da tale viaggio, indicandomi l'oggetto cui il S. P. avrebbe
voluto intrattenermi e notandomi che i Salesiani senza oolere lo hanno disgústalo.
Non puó immaginarsi quanta pena tale notizia abbia arrecato ai nostro cuore,
ed io mi affretto a rispondere per metiere in chiaro le cose e cosi togliere ogni
motivo di disgusto a Chi tutti i Salesiani desiderano recare ogni consolazione
e giammai il minimo dispiacere.
Da quanto possiamo rilevare, si cerca di far in tendere al S. Padre che noi
ci rifiutiamo di acceitare la nuova casa in Colombia. Voglia, di grazia, assicurare
Sua Santitá che, sapendo essere suo desiderio che accettassimo, non solo non ci
riíiutammo, ma fin dal Maggio scorso, parlando con S. E. il General Velez qui
nell'Oratorio abbiamo formulato una convenzione, in cui, dando alia Colombia
la preferenza a tutte le altre dimande, abbiamo fissato il termine piú breve che
ci fosse possibile e fra gli altri articoli si legge quanto segué: « Art. 12. In Gen-
naio 1891 partirá il primo drappello di Salesiani per Bogotá di Santa Fe' Capi-
tale della Colombia e, se sará possibile, si anticiperá tale partenza. »
Come vede, é giá cosa intesa l'accettazione di quella casa. II punto su cui
non si poté fin ora metterci d'accordo si é che il sullodato Signore vorrebbe che
andassimo in Gennaio del 1890, mentre noi teniamo fermo peí 1891. Come fare?
Nelle strettezze in che ci troviamo di personale, non sapremmo proprio come
risolvere il problema senza spogliare altre case del personale assolutamente
indispensabile. Diró di piú: nel sostenere la partenza peí 91 abbiamo sempre
creduto ferinamente di fare atto di obbedienza a S. S. che, quando l'anno scorso
ebbi la somma ventura di avere l'udienza dopo la morte del compianto nostro
Padre, mi raccomandó caídamente di andar molto adagio per qualche tempo ad
aprir nuove case, bensi pensare a bene stabilire le giá esistenti; e mi portó
l'esempio di altre Congregazioni religiose che, essendosi troppo presto diffuse
in tan te fondazioni senza un personale adatto, non poterono convenientemente
sostenersi. Dietro queste raccoinandazioni del S. P., che tostó comunicai a tutta
la nostra pia Sociefcá, ci siamo sempre fatti forti della parola del Sommo Pontefíce
ogni qualvolta ci giungeva qualcuna delle numerosissime dimande che ci si fanno
continuamente; ed anche quando il prelodato Cardinale Segretario di Stato ci
raccomandava qualche tempo fa quella casa della Colombia dicendoci che avrebbe
fatto piacere al S. Padre, abbiamo crédulo che ció si dicesse solo peí caso che
avessimo avuto il personale necessario; che del resto la volontá del S. Padre
rosse che ci tenessimo saldi alia calda raccomandazione fattami.
127
Annali Società Salesiana Vol. II. Don Rúa 1888 1898Capo XU
Faccia, di grazia, l'E. V. le nostre scuse a Sua Beatitudine e chieda se sia
sua volontá che anticipiamo di un anno, malgrado qualunque diffícoltá. In tal
caso a costo di qualsiasi sacriíizio noi procureremo di provvedere a tale spedi-
zione peí gennaio prossimo e diremo anche noi: In nomine tuo laxabo vete» con
la ferma fiducia che la benedizione del S. Padre ci preserverá dagl'inconvenienti,
di cui nella paterna sua bontá ci parlava come avvenuti ad altre religiose Asso-
ciazioni per essersi troppo presto diffuse senza avere il personale adatto. Spero
che il S. Padre vorrá tuttavia benedirci ed amarci; come spero che l'E. V. vorrá
presto consolarci con una risposta che ci faccia c^. trámente conoscere la sovrana
sua volontá per nostra regola di condotta.
II Cardinale riscontró il 10 aprile, scrivendo fra l'altro: « II S. Pa-
dre, degnaíosi accogliere benignamente i sentimenti de' quali V. R.
desiderava che io me Gli íacessi interprete, mi ha incaricato signi-
ficarLe essere sua ferma volontá, che l'apertura della Loro Casa
in Colombia sia fatta nel 1890, anziche nel 1891. »
Succedette un nuovo scambio di corrispondenza col Ministro, fin-
ché questi l'ultimo di aprile, tornando dalla Francia, si trattenne
una seconda volta a Torino. Don Rúa gli usó la cortesia d'invitarlo
ad assistere alia seduta del Capitolo Superiore, nella quale si fis-
sarono definitivamente gli articoli della Convenzione (1).
(1) Alio scopo di provvedere aireducazione religiosa, scientifíca ed artística della gioventü Colom-
biana, tra il Governo della Repubblica di Colombia rappresentato dal suo Ministro presso la S. Sede
1 Eccellen mo Sign. Dott. Gioachino Fr. Velez ed il M. R. Sacerdote Michele Rúa, si conviene quanto
segué:
lo II Governo della Colombia cede al sacerdote Michele Rúa ed a' suoi Successori Tuso dei lo-
cali e adiacenze che tiene preparati per scuole d'arti e mestieri, e li provvederá a sue spese del mo-
bilio, macchine ed utensili necessavi per ogni impianto di laboratori che si fará. La riparazione dei
locali sará sempre a carico del Governo.
2o II medesimo provvederá alie spese di viaggio di tutto il personale che dovrá recarsi a quelli
lstituti nel corso di dieci anni, e di tutti i viaggi che si dovranno intraprennere nell'interesse dei me-
desimi mediante partecipazione al Governo; e stabilisce fin d'ora le spese di viaggio per ciascuna per-
sona a lranchi due mila in oro.
3o Sei mesi prima della partenza dei primi Salesiam il Governo anticiperá al Sac. Michele Rúa
per i'avviamento dello Stabilimento la somma di quarantamila franchi in oro.
4o II Governo dispenserá i Salesiani e le loro Case da ogni diritto di Dogana, e loro accorderá la
franchigia póstale e tutti gli altri privilegi che venissero accordati agli altri Ordini Religiosi.
5o Si térra un esatto inventario di tutti gli oggetti provvisti dal Governo, i quali dovrá il
Sac. Michele Rúa restituiré al Governo medesimo quando, quod Deus aoertat, dovesse abbandonare In-
stituto, nello stato in cui si troveranno.
Si converrá col Governo la somma annua che si dovrá pagare al Sac. Michele Rúa, od a chi lo
rappresenta, per le riparazioni delle macchine, utensili, ecc.
6o La Direzione ed Amministrazione interna dciristituto, la disciplina, l'orario delle diverse oc-
cupazioni spetteranno interamente al Sac. Michele Rúa od al Dircttore da lui nominato.
?o Oltre i giovani che saranno accettati dalla Direzione, sará in facoltá del Governo mandare al-
128
Annali Società Salesiana Vol. II. Don Rúa 1888 1898Entrata dei Salesiani nella Colombia, nel Perú e riel Messico
Quanto il Papa ci tenesse a quella fondazione, lo diede a vedere
il 29 agosto in un'udienza a due Salesiani. Udito che uno di essi ve-
niva da Torino e che siava nelFufficio del Superiore Genérale, gli
disse teshialmente (1): « Dite a Don Rúa che mi tenga preparati co-
loro che devono andaré nella Colombia. lo contó molto su questa
Missione, di cui mi sonó inteso con lui. Questa Missione mi sta molto
a cuore. »
In novembre il Ministro Velez manifestó a Don Rúa un timore
del suo Governo circa difficoltá che sarebbero potute insorgere per
il prospero avviamento dell'Istituto. I laboratori salesiani non avreb-
bero fatto concorrenza agli operai della cittá? Don Rúa gli ri-
spóse il 16:
Potra l'E. V. assicurare l'Eccellentissimo Governo, che é nostro impegno,
ovunque ci troviamo, di non fare mai in alcun modo concorrenza cogli operai
della cittá; ci adoperiamo anzi con tutti i mezzi possibili per venir loro in aiuto.
i prezzi che fissiamo sonó regolarmente gli ordinari e correnti nelle officine e
nei negozi; nessuno puó ragionevolmente lamentarsi di ricevere danno dai giovani
operai dei nostri Istituti. Tra pochi anni, quando l'Istituto di Bogotá avrá preso
il necessario sviluppo e potra consegnare ai proprietari delle officine e dei negozi
della cittá bravi operai cristianamente educati, il Governo ne riceverá lodi e
ringraziamenti.
l'Istituto degli alunni interni, purehé forniti delle condizioni nchieste per l'accettazione, mediante una
pensione mensile di otto pesos in moneta del paese. Quanto riguarda gli alunni esterni, si concerterá
fra le parti.
8o Affinché un giovane sia accettato nell'Istituto, dovrá essere sano, robusto e ben disposto della
persona, nell'etá non inferiore ai 12 anni e non superiore ai 18; dovrá presentare gli attestati di nascita
e battesimo, di vaccinazioac e della condotta morale tenuta anteriormente, rilasciato questo dal Párroco.
9o Quando alcuno degli alunni raecomandati dal Governo fosse colpito da malattia contagiosa o
crónica, o tenesse una condotta immorale o per qualunque altra ragione riuscisse di danno ai com-
pagni, il Direttore sará in piena facolta di allontanarlo; solo avvertirá preventivamente il Governo, af-
finché occorrendo possa provvedere al suo collocamento.
10o Sara puré in facolta del Direttore dell'Istituto l'applicare ad un'arte o mestiere, oppure agli
studi qualunque degli alunni raecomandati dal Governo.
lio Nel mese di Gennaio 1890 partiranno i primi dieci Salesiani per andaré ad aprire il loro Isti-
tuto a Bogotá, e nel Gennaio del 1892 partiranno altri per fondare un'altra casa in Cartagena.
12o In ogni stabilimento vi saranno almeno questi quattro mestieri: fabbriferrai, falegnami, sarti e
calzolai. senza pregiudizio dell'insegnamento morale e scientifico in uso presso i Salesiani.
13o 11 Governo potra affidare i suoi lavori all'Istituto, che gli fará tutte le facilitazioni possibili.
14o Fuori di questo, tutti i benefizi che avrá lo stabilimento saranno devoluti alio sviluppo del
medesimo.
15o Qualora il Governo intenda rescindere il contratto, dovrá darne il diffidamento tre anni prima
e pagheru le spese di viaggio che i Salesiani dovranno fare.
(1) Lett. di Don Palmicn a Don Rúa, Roma, 30 agosto 1889.
5
129
Annali Società Salesiana Vol. II. Don Rúa 1888 1898Capo XU
Se é desiderio di V. E. che sia aggiunto un articolo alia convenzione per
meglio assicurare il Governo che i Salesiani non faranno concorrenza cogli operai
della cittá nel prezzo dei lavori, ben volentieri io acconsentiró; se puré non sará giu-
dicato di maggiore convenienza fare poi particolari intelligenze col Direttore del-
l'istituto e fissare all'uopo norme pratiche.
II Velez, lodando lo spirito cristiano di questa risposta, preferí
l'inserzione di un articolo addizionale, che fu cosi concordato: « Per
tutto lo spazio di tempo, nel quale il presente Contratto avrá vi-
gore, i prezzi dei lavori affidati alie Case Salesiane stabilite nella
Colombia e dei prodotti delle medesime esposti in vendita saranno
fissati dal Governo, che adesso presta aiuti e sussidi, previo accordo
coi Direttori delle medesime, e tenendo per norma i prezzi ordinari
e correnti nelle officine e nei negozi della Repubblica. »
[ Salesiani salparono il 10 gennaio 1890 dal porto di Saint-Na-
zaire. Li guidava Don Michele Unia, in assenza del Direttore desi-
gnato, Don Evasio Rabagliati. Gran popolaritá erasi questi guada-
gnata non solo in Concepción, ma anche a Santiago e in altre cittá
cilene (1) specialmente con le sue predicazioni, sicché credeva di non
dover uscire mai piü da quella Repubblica; invece ricevette l'or-
dine di fare le valige, partiré per Bogotá in modo da precedervi gli
altri, e assumere la direzione del nuovo Collegio, che sarebbe inti-
tolato a Leone XIII. Egli, recatosi prima da Mons. Cagliero per rice-
verne le istruzioni, si mise tostó in viaggio verso il luogo assegnatogli
dall'obbedienza.
Gli iünerari erano stati concertati da ambe le partí; ma un do-
loroso incidente fece toccare con mano una volta di piü quanto sia
vero che a questo mondo l'uomo propone e Dio dispone. Uno del
drappello missionario, il bravo chierico Giuseppe Eterno, fu coito
sull'Oceano da fiera polmonite. Ricevette nel piróscafo tutte le cure.
Sembró rimettersi; ma, essendo la debolezza estrema, i medici di
bordo consigliarono di farlo sbarcare nel primo porto, perché po-
tesse riposare tranquillamente alcuni giorni. Entrata quindi la nave
(1) Mons. Cagliero a Don Rúa, Vicdma, 1890: < Mi giungono proteste da tutte le partí e da tutte
le classi di persone del Chili per questa traslocazione. >
130
Annali Società Salesiana Vol. II. Don Rúa 1888 1898Éntrala dei Salesiani nella Colombia, nel Perú e nel Messico
nel porto venezuelano di La Guaira, D. Unía lo accompagnó a un
piccolo ospedale, fondato da un párroco Machado, Cooperatore sale-
siano; ma non gli bastó l'animo di lasciarvi solo l'infermo. Faceva con
i nostri per la sesta volta il viaggio a Bogotá un ingegnere romano,
impiegato del Governo di Colombia. Persona gentilissima e assai pra-
tica, prese sotto la sua protezione gli altri Salesiani, assicurando che
non avrebbe lasciato mancar loro nulla, finché non li avesse visti ben
collocati nella Capitale colombiana. Avvenuta la triste separazione, il
chierico, posto in un buon letto, parve che riposasse; ma dopo un paio
d'ore ecco aH'improvviso comparire sintomi allarmanti. Un languore
mortale s'impadroniva di lui. Gli si amministrarono i sacramenti, che
ricevette con edificante pietá, e di li a poco resé l'anima a Dio. II po-
vero Don Unia rimase impietrito. Sparsasi la dolorosa notizia, ac-
corsero dalla Capitale Caracas vari distinti ecclesiastici, fra cui il
grande benefattore dei Salesiani Don Arteaga (1). Tutta la popo-
lazione del sobborgo prese parte al lutto. II párroco Machado prov-
vide a ogni cosa. Giunta Tora del trasporto, l'Arcidiacono della Cat-
tedrale di Caracas Don Castro fece la levata del cadavere. Sacerdoti
della Capitale e del luogo si disputavano l'onore di recar sulle spalle
la bara al carro fúnebre; la stessa gara si rinnovó per portarla da!
carro in chiesa. Quattro carrozze, in cui presero posto membri del
clero e signori laici, scortarono il féretro fino al camposanto. II
sacrificio della giovane esistenza non doveva rimanere senza frutto,
come vedremo.
Compinto il mesto rito, non essendovi vapore per la Colombia, Den
Arteaga menó seco Don Unia a Caracas, trattandolo per circa sette
giorni come il piú caro dei fratelli. Don Unia, confortato da tante di-
mostrazioni di affetto, ma in cuor suo affranto dal dolore, s'imbarcó
il 5 febbraio per Cartagena, do ve pensava di trovare i suoi; ma an-
ch'essi avevano avuto le loro peripezie, né avevano potuto attendere.
Lasció la cittá il 22 senza sapere che stava per arrivare la Don Raba-
gliati, al quale puré varié altre peripezie avevano impedito di viag-
giare piú sollecitamente. II Direttore giunse a Bogotá sul principio
di marzo, quando c'erano giá tutti gli altri.
(1) Annali, pag. 601.
131
Annali Società Salesiana Vol. II. Don Rúa 1888 1898Capo Xll
Dopo tante enfatiche promesse pareva a tutti, e parra anche ai
lettori, che a Bogotá i Salesiani dovessero trovare un piccolo para-
diso (1). Invece non TÍ era milla di prepárate, nemm'eno la casa. For-
tuna che apersero loro fraterna ospitalitá i Gesuiti! Ricorsero al
Ministro, che, fatto sgombrare un piccolo edificio insufficiente, sede
di scuola nórmale f emminile, ve li mise dentro. Don Rabagliati, appena
giunto, telégrafo al Capo del Governo, che era a Cartagena. Un mese
dopo arrivó la risposta: ossia un dispaccio con l'ordine di togliere i
soldati dal convento del Carmine e di adattare per i Salesiani que! ló-
cale, a spese del Governo (2). Una parte pero rimase ancora occupata
per qualche tempo dall'ospedale militare. II Vescovo diede loro la
chiesa del Carmine.
Don Rabagliati il 12 giugno invió a Don Rúa una relazione di
tante contrarietá e anche di malattie caúsate da infezioni del vicino
ospedale. Don Rúa gli rispóse il 30 luglio: « La prima spedizione colom-
biana per noi fu veramente violenta. Noi insistevamo per differirla
fino al 1891; ma il Ministro Velez tanto fece colie sue lettere e coll'in-
terporre l'aiitoritá del S. Padre, che ci trovammo obbligati nostro mal-
grado a fissarla peí Gennaio corrente anno. Pare proprio che tanta
premura e violenza che ci si faceva non fosse gradita al Signore: in-
fatti uno mori per viaggio, ció che mai ci era avvenuto, un altro non
poté recarsi alia sua destinazione; il Direttore che doveva arrivare
il primo, arrivó l'ultimo; giunti costa, eccovi assaliti da varié malattie
e ció che ci fece tanto pena, con si grande premura che ci si faceva,
costi nulla era prepárate. Speriamo voglia il Signore farla fiorire in
seguito, quanto piú e stata tribolata in principio. »
Nelle descritte condizioni non si poteva certo pensar ad aprire
l'ospizio per ricevere convittori; non si stette pero con le mani in mano.
L'oratorio festivo e la chiesa davano da fare. II Direttore incontrava
molto con la predicazione. Nel mese di luglio, sacro alia Vergine del
Carmine, si accalcava alie sue prediche tanta gente, che per evitare
disgrazie bisognó mettere sull'ingresso della chiesa un buon picchetto
di soldati. Due ore prima il popólo invadeva anche la sagrestia e l'or-
(1) Lett. di Don Lazzero a Mons. Cagliero, Torino, 29 luglio 1890.
(2) Verb. del Cap. Sup., 6 novembre 1890.
132
Annali Società Salesiana Vol. II. Don Rúa 1888 1898Entrata dei Salesiani nella Colombia, nel Perú e nel Messico
chestra. E poi dopo confessioni senza fine. In seítembre la necessitá
di conferiré con i Superiori lo obbligó a partiré per Torino.
Egli fra l'altro sottopose al Capitolo Superiore tre nuovi articoli
che il Governo avrebbe voluto aggiungere alia Convenzione. In quelli
esso Governo si obbligava a passare 50 pesos mensili ad ogni Sale-
siano, a provvedere le materie prime per i laboratori e ad impiegare
i proventi dei lavori a vantaggio delPospizio. Ma non piacque al Ca-
pitolo che i Salesiani fossero stipendiati dal Governo; piuttosto si
aumentasse la pensione dei giovani pagata dal Governo. Anche gli
altri due articoli non parvero accettabili perché avrebbero sempre
potuto dar motivo a disturbi reciproci, a diffidenze e quindi a rotture,
secondo l'umore del Ministro pro tempore (1); perció non furono ap-
provati. Singiunse poi al Direttore, che avesse cura di far osservare
che nelle nostre case i laboratori sogliono essere passivi, e in genérale
tenesse presente la necessitá di evitare al possibile ingerenze gover-
native nelle nostre amministrazioni (2).
Prima della partenza per l'Italia Don Rabagliati aveva aperto il
Collegio con 50 interni di classi elementari e con i laboratori dei fa-
legnami, sarti e calzolai. L'anno dopo, grazie al nuovo personale con-
dotto dal Direttore e al macchinario portato dall'Italia, vi si aggiiBisero
i laboratori dei fabbri, meccanici, legatori e tipografi. Con le macchine
arrivarono puré gli strumenti della banda musicale, i cui concerti fu-
rono una bella sorpresa per la cittadinanza. Spettó al Ministro della
Pubblica Istruzione il mérito di aver compreso FOpera salesiana, di
averne apprezzato il Direttore, d'aver saputo mettere in valore Tuna
e l'altro dinanzi al Parlamento e infine d'aver favorito efficacemente
la costruzione di un nuovo edificio. In cittá la pia Unione dei Coo-
peratori, ottimamente organizzata, spalleggiava a tutto potere ogni
iniziativa, che movesse dai Salesiani.
In compagnia di Don Rabagliati viaggió fino a Lima Don Savio,
che andava ad esplorare il terreno per una fondazione voluta nella Ca-
pitale peruviana (3). I precedenti remoti si possono leggere nell'altro
(1) Verb. del Cap. Sup., 4 novembre 1890.
(2) Foglio di istruzioni, conservato nell'Archivio.
(3) Lett. di Don Savio a Don Rúa, Lima, 10 ícbbraio 1890.
133
Annali Società Salesiana Vol. II. Don Rúa 1888 1898Capo XII
volume (1). La patria di S. Rosa, giá centro dell'apostolato di S. Fran-
cesco Solano, antica residenza del Viceré di Spagna e dotata di una
famosa Universitá, aveva con 66 chiese moltissime Case religiose. Piíi
di tutti lavorano al bene della cittadinanza i Gesuiti, i Lazzaristi, i
Redentoristi e i Padri dei Cuori di Gesú e di Maria. Accanto a loro si
volevano a ogni costo i Salesiani, perché si prendessero cura della gio-
ventú povera e abbandonata. Piú di tutti ne caldeggiavano la ven uta
i buoni Padri Redentoristi.
Don Savio poté allora conoscere bene le disposizioni degli animi.
trattando con un Ente morale riconosciuto, denominato Societá di
Beneficenza, preposto in Lima a mol te opere di carita e ben f omito di
mezzi. Questo Ente aveva intenzione di stabilire nella cittá un Istituto
per povere fanciulle, affidandone la direzione alie Figlie di Maria Au •
siliatrice, assistite spiritualmente da tre Salesiani, i quali avrebbero
poi aperto, d'intesa col Governo, una scuola di arti e mestieri. Per il
detto Istituto aveva stanziato i fondi un munífico signore di Lima.
Don Savio scriveva il 10 febbraio a Don Rúa: « Vé molto entusiasmo
per le Opere salesiane e parecchi con cui ho parlato sonó quasi gelosi,
perché abbiate impiantato case al Chili, Equatore e Colombia prima
di pensare al Perú. » Anche liberali insistevano che si accettasse. Egli
pertanto avvió trattative officiose per fissare le basi d'un Contratto.
II signor Candamo, Presidente della Societá di Beneficenza e dive-
nuto nel 1904 Presidente della Repubblica, spedi in febbraio a Don
Rúa la domanda fórmale, unendovi uno schema di Convenzione con-
certato con Don Savio.
Don Rúa, quando giunsero queste lettere a Torino, andava facendo
il suo lungo viaggio per TEuropa; perció, non potendo consultare il
suo Capitolo, tardava a rispondere. Nel frattempo gli pervennero due
lettere importanti. Una era di Mons. Macchi, Arcivescovo di Amasea,
Delegato Apostólico al Perú (2). Scriveva dall'Equatore. Accennato a
due legati in favore dei Salesiani nella cittá di Lima, continuava:
Non so se Ella conosca con esattezza lo stato della chiesa e del laicato nel
IV.ru. lo come Delegato Apostólico ne sonó abbastanza informato per compian*
(1) Pp. 601-2.
(2) Quito, 15 marzo 1890.
134
Annali Società Salesiana Vol. II. Don Rúa 1888 1898Éntrala dei Salesiani nella Colombia, nel Perú e nel Messico
gcrlo nella giusta misura e per lavorare con tutte le mié forze onde procurare
qualche rimedio a tanto male. Principalmente per ció che spetta al laicato, é
di prima ed assoluta necessitá migliorare la educazione morale e religiosa de' figli
del popólo, ponendola in mani sicure. II terreno, mi si assicura, é buono e puó
riuscire fecondo: poiché il Perú é una nazione che se presenta i vizi ed i difetti
piú o meno generali nel Sud-America, conserva nondimeno una energía di carat-
tere ed una virilitá di propositi che non sonó comuni alie popolazioni affini. Le
signore, grazie alia educazione che ricevono da religiose europee, sonó distin-
tissime per cultura e virtü: e la loro influenza, come la loro operositá per tutto
ció che puó migliorare moralmente il paese, é grande e degna di encomio. In una
parola, mió Rev. Padre, se vi é popólo che dovrebbe richiamare verso sé ed
incoraggiare il pietoso e caldo zelo dei figli di Don Bosco, é il Peruano; ed io come
rappresentante, sebbene indegnissimo, della S. Sede lo raccomando alia S. V. R.ma
con tutte le forze dell'animo. Per amor del cielo, invii in questo stesso anno alcuno
de' suoi Missionarii, magari per iniziarvi una scuola notturna; ed accetti peí 1891
o 92 al piú l'impegno della istituzione progettata dalla Societá di Beneficenza.
Solo desidererei che si affidasse la direzione a persona giá esperta della lingua e
de' cbstumi di queste Repubbliche, non solo perché possa il meglio possibile cor-
rispondere ai desideri ed aspettative generali, ma altresi perché invigili sopra i
Confratelli piú giovani e li guidi con mano ferma onde non inciampino ne' molti
pericoli che qui s'incontrano ad ogni passo, e facciano onore al nome veneratissimo
di D. Bosco.
L'altra lettera veniva dal Vaticano. In data 9 marzo il Card. Ram-
polla, informato dal Delegato Apostólico anche dei due legati, aveva
scritto: « II Santo Padre, a cui fu fatto di ció relazione, desideroso che
la magnanimitá di quei buoni fedeli, diretta a promuovere in quella
Repubblica una soda e morale educazione della gioventú, raggiunga
il suo intento, mi ha ordinato di scrivere alia S. V. R.ma interessandola
a mandare, al piü presto possibile, in Lima, alcuni Sacerdoti del be-
nemérito Istituto, a cui Ella degnamente presiede, perché abbiano a
compiere la fondazione di cui si tratta. » Don Rúa rispóse a Sua Emi-
nenza il 21 maggio da Parigi. Scusato il ritardo, proseguí va: « Puó
assicurare S. S. che dal canto nostro faremo quanto potremo per se-
condare i venerati suoi desideri. »
Don Rúa, ritornato a Torino per la festa di Maria Ausiliatrice, che
nel 1890 si celebró, come dicemmo, il 3 giugno, non poté radunare
íl suo Capitolo prima del 6. II Capitolo, esaminato il disegno di
Convenzione, modificó alcuni punti, perché i Salesiani svolgessero
poi Topera loro in piena indipendenza e decise di esaudire la do-
135
Annali Società Salesiana Vol. II. Don Rúa 1888 1898Capo XII
manda; intanto mandava la nota delle modificazioni desiderate (1).
11 Presidente della Societá non vi riscontró nulla che non fosse
accettabile; intanto notifico a Torino che il Ministro Plenipotenziario
del Perú in Italia aveva pieni poteri per conchiudere. II 25 luglio era
all'Oratorio il detto Ministro, accompagnato dal Segretario e dal Con-
solé, i quali tutti furono ammessi alia seduta capitolare, in cui si
doveva stipulare la Convenzione. II testo venne fissato di comune ac-
cordo (2); ma prima di spedire a Lima la risposta definitiva, si volle
aspettare l'approvazione ufficiale del Vescovo di Lima Mons. Yovar.
Tale approvazione arrivo solo nel maggio del 1891.
I Salesiani e le Suore partirono da Torino il 16 agosto seguente.
S'imbarcarono a Liverpool con altri, condotti da Don Calcagno. Era
stato nominato Direttore Don Antonio Riccardi, segretario di Mons.
Cagliero. Egli, venuto dalla Patagonia, precedette di un sol giorno a
(1) Verb. del Cap. Sup., f> giugno 1890. Possediamo la minuta della risposta, redatta da Don
Eonetti.
(2) Progetto di Convenzione fra Sua Eccellenza il Sig. D. Carlos Elias Ministro del Governo di
Lima ed il Rev.mo D. Michele Rúa per la creazione di un Orfanotrofio maschile in Lima: Animati dal
caritatevole scopo di provvedere all'istruzione e cristiana educazione della gioventü povera ed abban-
clonata della cittá e provincia di Lima, tra S. E. il Ministro del Governo ed il Rev.mo Sac. Michele Rúa,
líettor Maggiore della Pia Societá Salesiana si convenne:
lo Ll Governo dal canto suo cederá in proprietá assoluta od in uso perpetuo una casa con annessi
cortili e giardini capace di conteneré almeno trecento alunni.
2o Provveclerá tutti i mobili ed utensili necessari pei dormitori, laboratori, scuole, cucina, refet-
tori ecc. e la conveniente lingeria.
3o Provvederá puré tutti gli arredi sacri ed i banchi per la cappella; oppure, oltre il lócale come
sopra, dará per l'impianto la somma di L. 50.000. /// Governo preferí il secondo modo, depositando la
somma presto la Societá di Beneficenza, che la trasmise a Don Rúa in due rate per il tramite del Mi-
nistro peruano a Roma].
40 Per dieci anni il primo viaggio di ciascuno del personalc addetto alPorfanotrofio sará a carico
del Governo.
5o II Sig. D. Rúa si obbliga di aprire in Lima nell'anno un istituto di arti e mestieri ed
eziandio di scuole elementan e di istruzione superiore per quelli che vi avessero attitudine.
6o 11 Direttore dell'Orfanotrofio, come rappresentante di D. Rúa, potra liberamente applicare ad
un mestiere oppure agli studi ciascuno dei giovani ricoverati.
7o L'aiiuuinistrazione e la disciplina dell'istituto sará interamente e liberamente affidata al mede-
simo Direttore.
8o Saranno sempre di preferenza accolti nell'istituto i giovanetti raccomandati dal Governo, pur-
cho siano ncll'etá non interiore ai 10 anni né superiore ai 14 e siano di sana costituzione física ed esenti
da difetti corporali.
9o Per ciascuno de' suoi raccomandati il Governo pagherá all'Orfanotrofio franchi 40 in oro cia-
scun mese. Quando alcuno tenesse cattiva condotta, per cui fosse di scandalo ai compagni, o fosse af-
fetto da malattia contagiosa o crónica, dovrá ritirarlo tostó che nc avrá ricevuto l'avviso dal Direttore.
10o Questa convenzione durerá cinque anni, e si intenrlcrá rinnovata per un altto quinqucniíio. se
daU'una delle parti non sará dato prcavviso due anni prima della seadenza.
136
Annali Società Salesiana Vol. II. Don Rúa 1888 1898Éntrala dei Saíesiani nella Colombia, nel Perú e nel Messico
Lima Farrivo della spedizione, essendo il 27 setiembre a Callao, porto
principale del Perú. Componevano il gruppo due preti, fra cui Don
Pane, un coadiutore e nove Figlie di Maria Ausiliatrice. Piú tardi
venne ad aggiungersi Don Amerio da Concepción. Le suore fuirono
ospitate per venti giorni dalle Figlie della Carita ed i Saíesiani piú a
lungo dai Lazzaristi. Quelle il 15 ottobre iniziarono con le prime 30 gio-
vinette Ylstituto Sevilla, cosí detto dal nome del finanziatore; questi
si trasferirono il I
o
dicembre in una casa appartenente alia Societá di
Beneficenza. Veramente non fu come in Colombia: all'arrivo le case
c'erano, ma avevano bisogno di modificazioni per ben serviré alio
scopo, non avendo voluto la Societá che vi si mettesse mano prima di
conoscere le esigenze degli interessati; perció aveva pensato a far
trovare pronti i detti alloggi provvisori.
I Saíesiani, mentre esercitavano il sacro ministero all'Istituto fem-
minile, preparavano le basi della propria opera. L'8 dicembre inau-
gurarono l'oratorio festivo, frequentato anche nei giorni feriali. Le cose
durarono in questo modo fino al 15 agosto del 1892, nel qual giorno
fu ammesso il primo alunno interno, seguito poi da 39 altri nel primo
anno scolastico. Erano generalmente ragazzi poveri, che venivano ap-
plicati all'apprendimento di un mestiere. Si cominció con i laboratori
dei sarti, falegnami e calzolai; la carita privata veniva in aiuto. Le
feste religiose, celébrate alia maniera salesiana, parvero una novitá. che
destó vivo interesse, stimolando la beneficenza. Alia Casa fu dato per
titolare S. Francesco di Sales. L'ambiente cittadino si mostrava al tutto
favorevole.
Come rimontano in qualche modo a Don Bosco le origini remote
dell'Opera salesiana nella Colombia e nel Perú, cosi ha un certo qual
addentellato con le memorie del Santo l'andata de' suoi figli al Messico.
Trovandosi nel 1887 a Roma per Ja consacrazione della chiesa del
Sacro Cuore, egli ricevette la sera del 12 maggio una Camerata di
alunni del Collegio Pio-Latino Americano. Alcuni di essi gli doman-
darono quando i Saíesiani sarebbero andati nella capitale messicana.
II Santo rispóse: — Non saró io che manderó a Messico i Saíesiani;
fara il mió Successore quello che io non posso fare. Non ne dubitate. —
Questo si avveró quattro anni dopo la sua morte.
137
Annali Società Salesiana Vol. II. Don Rúa 1888 1898Capo Xll
Notizie dei Salesiani e del bene che andavano operando in altre
Repubbliche dell'America latina si diffondevano anche a Messico, la
qual cosa fece si che il 23 giugno del 1889 sette soci del Circolo Cat-
tolico, desiderosi di procurare anche alia loro patria i benefici appor-
tati altrove dai figli di Don Bosco, si adunarono sotto la presidenza
del sig. Angelo De Lascurain per studiare i mezzi piú atti a conseguiré
1'intento. Udito da uno di essi, Cooperatore Salesiano, che cosa fosse
la pia Unione dei Cooperatori, deliberarono d'inscriversi tutti. Co-
stituito poi un Comitato promotore e avuta la benedizione dell'Arci-
vescovo Pelagio Labastida, si misero in relazione con Don Rúa, ren-
dendogli contó di quei primi passi. Don Rúa, dicendosene lieto, spedi
loro i diplomi di Cooperatori. Questo atto li riempi di gioia. Datisi poi
a propagare nella Repubblica la conoscenza di Don Bosco e dell'Opera
sua, raccoglievano sempre nuove adesioni; anzi i Vescovi messicani
gradirono di essere ascritti anch'essi fra i Cooperatori. La pia Unione
si estese tanto, che in breve il nome di Don Bosco divenne popola-
rissimo specialmente nella Capitale, dove molti si augurarono di vé-
deme presto i figli a lavorare per la loro gioventü.
Una si attiva propaganda aveva richiamato Fattenzione di Donna
Luisa García Cond. de Cosió, che, fattasi Cooperatrice, mise a dispo-
sizione del Comitato una sua casa, perché fosse trasformata in Col-
legio. Ma i Salesiani tardavano a venire. Allora quei buoni amici vol-
3eró affrettare l'apertura dell'Istituto, inaugurándolo essi senz'altro
sotto la direzione del sacerdote Enrico Pérez Capetillo, con le scuole
di tipografía e calzoleria e con le classi elementari notturne a vantaggio
prima di nove oríanelli, che poi diventarono 37, raccolti fra i piü poveri
e abbandonati dellá Capitale. Don Rúa, informato di tutto ció, be-
nedisse la santa iniziativa, prometiendo di mandare i Salesiani, non
eppena le circostanze glie l'avessero reso possibile.
Intanto il 4 febbraio 1891 moriva PArcivescovo, gran protettore e
benefattore dell'opera; poi si ritirava dall'opera il sacerdote Capetillo.
Parve che tutto dovesse croliare. Invece Don Rúa, cedendo alie reitérate
istanze dei Messicani, neü'ottobre del 1892 decise finalmente d'inviare
a Messico un primo drappello di Salesiani. Arrivarono il I
o
dicembre,
ricevuti con entusiasmo dai Cooperatori a Vera Cruz e da molti citta-
138
Annali Società Salesiana Vol. II. Don Rúa 1888 1898Eníraía dei Salesiani nella Colombia, nel Perü e nel Messico
dini nella Capitale. Erano cmque, cioé tre preti col Direttore Don An-
gelo Piccono, un chierico e un coadiutore. Presentarono al nuovo Ar-
civescovo Alarcon una commendatizia del Card. Rampolla, nella quale
si leggeva: « Recherá questo mió foglio il capo dei Sacerdoti Salesiani
che vengono a prendere possesso della Casa che é stata per essi aperta
in cotesta Metrópoli. Sebbene io sia pienamente convinto che Ella fará
loro la piü paterna accoglienza e che si varrá del suo potere ed in-
fluenza per sostenerli e proteggerli nella loro missione e facilitare cosi
ad essi il conseguimento del nobile scopo per cui abbandonano la
patria, e si recano in coteste lontane regioni, con tutto ció non ho voluto
mancare di munirli di questa mia commendatizia, onde Ella sappia che
in tal modo fará cosa graditissima al Santo Padre ed a me. Imperocché
questi benemeriti figli di Don Bosco meritano tutto l'appoggio della
Santa Sede peí bene che f anno spiritualmente ed anche materialmente
in particolar modo con educare la gioventü alie lettere ed alie arti,
col prestarsi a soddisfare ai bisogni dei fedeli nelle loro svariate
forme.» A Don Rúa stesso era sembrato opportuno che andassero
muniti di un tale documento. Nel rimetterglielo Sua Eminenza gli
aveva scritto il 19 ottobre avere il S. Padre appreso con viva soddi-
sfazione la notizia della loro partenza e si diceva ben sicuro che essi
avrebbero dato cola luminose prove di quello spirito infuso dal fon-
datore nella sua Congregazione.
Ben presto i bisogni di una si grande Capitale, l'esiguo numero
d'Istituti per orfani, la turba innumerevole di fanciulli vaganti per
la cittá in braccio alia miseria e al vizio e le molteplici domande d'ac-
cettazione fecero comprendere la necessitá di un ingrandimento. Don
Piccono il 3 gennaio 1893, radunati i principali Cooperatori, espose
loro le sue intenzioni. Súbito la signora Giulia Gómez donó un terreno
di 20 mila metri quadrati; l'ingegnere Sozaya preparó gratuitamente
il disegno di un Collegio capace di 400 giovani; dopo una circolare del
Direttore cominciarono ad affluire le offerte. Le cose camminarono
cosi speditamente, che il 29 gennaio fu benedetta dall'Arcivescovo
la prima pietra dinanzi a una folla immensa, che mostrava di pren-
dere viva parte alia cerimonia e interessarsi grandemente dell'im-
presa.
139
Annali Società Salesiana Vol. II. Don Rúa 1888 1898Capo Xll
In dicembre arrivarono sei Figlie di Maria Ausiliatrice e altri undici
Salesiani. Annunciando ai Cooperatori la venuta delle Suore, Don
Piccono non aveva esitato a scrivere il 23 novembre: « Esse verranno
qui non d'altro provviste che di buona volontá per fare del bene. »
Presero dimora provvisoriamente in una casa di Donna García, spe-
rimentando súbito la generositá dei benefattori.
Nell'anno stesso erano giá pronti alcuni saloni; ma l'inaugurazione
solenne fu rimandata al 9 giugno 1894. L'Arcivescovo benedisse locali
e macchine. II Collegio aveva allora sette laboratori e due scuole per
studenti. Due Arcivescovi e quattro Vescovi, inviando la loro ade-
sione, facevano voti che i Salesiani andassero anche nelle loro diócesi.
Nel 1897 furono terminati i due piani del Collegio offrendo ricovero
a un numero considerevole di ragazzi. I Salesiani lavoravano con ala-
critá, quando venne ad animarli una preziosa testimonianza. Nel mese
di ottobre l'Arcivescovo presiedeva il Sínodo diocesano. L'autorevole
assemblea approvó unánime una dichiarazione da lui proposta e cosi
concepita: « Questo Sinodo loda altamente la Congregazione fondata
da Don Bosco alio scopo precipuo di educare e istruire i fanciulli.
Don Bosco diede vita aU'istituzione chiamata Oratorio Festivo. Faccia
il Signore che i figli di un tanto Padre diffondano ognor piü questi
Oratori, dove i fanciulli ed anche gli operai possano nei giorni festivi
radunarsi, trattenendosi in oneste ricreazioni » (1). L'Opera di Don
Bosco, radicatasi nelle tre Capitali suddette, ramificó a poco a poco
in altre cittá, a bene della gioventü e a conforto degli emigrati
italiani.
(1) Hoc Concilium laudibus extollit Congregationcm a Reverendo Bosco institutam, quae potissi-
iíium pueris infoimandis atque erudiendis operam navat. Dominus Bosco coetum erexit, qucm Ora-
lorio festino nuncupavit. Faxit Deus, ut tanti Tatris filii hos coetus amplifícent, quo pueri atque
etiam operani diebus festis honestae recreationis causa possint conflucre. (Tit. VIH, v 11).
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Annali Società Salesiana Vol. II. Don Rúa 1888 1898C A P O X I I I
Agua de Dios.
Questa denominazione riassume per la Societá salesiana tutta
una storia di eroismi, la cui prima pagina fu scritta nel 1891 e di
cui fino a oggi non é stata ancora scritta Fultima. In capo al libro
sta il nome di Don Michele Unia, divenuto sinónimo di apostólo
dei lebbrosi.
I lebbrosi nel mondo sonó in maggior numero che generalmente
non si creda. Secondo le piü recenti statistiche, se ne annoverano
circa tre milioni, dei quali due terzi vivono nell'Asia; dell'altro
terzo una meta appartiene all'Africa e il rimanente va disseminato
un po' dappertutto. L'America ne ha un trentamila, dei quali non
meno di seimila nella sola Colombia, dove oggi si trovano tutti riuniti
in lazzaretti. Uno di questi forma un piccolo paese, detto Agua de
Dios, a tre giorni di cammino da Bogotá. Fu chiamato cosi, perché
non aveva altr'acqua che quella mandata da Dio in forma di
pioggia.
II luogo é ameno. Monti e colli deliziosi lo circondano; folte
boscaglie e verdi prati rallegrano tutto all'intorno la vista. Ma gl'in-
felici abitatori, ivi concentrati, menano vita di esilio. Nel tempo
di cui dobbiamo discorrere, gl'infermi erano in numero di 730, piü
130 bambini inferiori ai dieci anni. II Governo assegnava a ciascuno
un tanto al giorno per il sostentamento. Parenti e amici si vergo-
gnavano persino di scrivere loro; chi vi si fosse recato, non sarebbe
piü potuto fácilmente rientrare in cittá; non si leggevano neppure
le loro lettere, benché fosse risaputo che venivano disinfettate: in-
somma era tanta la paura del contagio, che la gente inorridiva a
solo sentir parlare di lebbra. Contribuiva a tenerne lungi i sani
141
Annali Società Salesiana Vol. II. Don Rúa 1888 1898Capo Xlll
anche la difficoltá della strada. Tolto un breve tratto di ferrovia,
bisognava viaggiare tre giorni a schiena di mulo, fra burroni e pre-
cipizi e sotto la sferza di un solé che abbrustoliva. Per colmo di
sventura, quei disgraziati non avevano un sacerdote che in tanto
dolore e avvilimento recasse loro Túnica consolazione possibile, i
conforti della religione.
All'udire la descrizione di tali miserie Don Unia provava una
pena, un'angoscia indicibile, finché ebbe il suo momento di grazia.
Era da poco piü di un anno a Bogotá, quando la tredicesima dome-
nica dopo Pentecoste, arrivato nel recitare l'ufficio divino al vangelo
dei dieci lebbrosi guariti da Gesü, si sentí venire dal fondo del cuore un
summovimento arcano, come una teñera compassione mista a desiderio
di alzarsi, di muoversi, di correré quasi in soccorso di chi stia per
affogare. Gli si affacció alia mente il pensiero di quei lebbrosi, di
cui aveva si spesso compianto la sorte, e per tutto il resto della
giornata non gli riusci di liberarsene. Gli pareva di vederli mostrare
le loro piaghe, udirli sfogare la loro desolazione, ascoltarne le grida
imploratrici. Se ne aperse con il Direttore Don Rabagliati e fini
chiedendogli licenza di partiré per Agua de Dios. — Se si trattasse
di me, gli rispóse il savio Superiore, acconsentirei súbito; ma esporre a
si evidente pericolo la vita altrui é cosa che non faro mai. — L'altro
ripeté piü volte la sua domanda, ma sempre con una calma che ri-
velava un sentimento profondo e quasi una celeste ispirazione. Fi-
nalmente il Superiore, uomo anche lui tutto zelo, gli permise di
andaré, ma a condizione che solo fosse disposto a rimanere o a ritor-
nare, secondoché avrebbe deciso Don Rúa.
La notizia si sparse in un baleno per la cittá. Don Unia, senza
che ne avesse fatto richiesta, si vide recapitare una lettera, con la
quale la Curia arcivescovile canónicamente lo istituiva cappellano
di Agua de Dios. Gli parve di scorgere in questo la mano di Dio.
Gli amici pero temettero che gli avesse dato volta il cervello. I
medici, trovándolo irremovibile, presero a suggerirgli precauzioni
e a prodigargli consigli. Prima di mettersi in cammino, la sera del
18 agosto 1891, scrisse una lunga lettera a Don Rúa, terminando
con queste parole: « Non voglia contrariare questa mia decisione,
142
Annali Società Salesiana Vol. II. Don Rúa 1888 1898Agua de Dios
la quale io credo fermamente che mi sia stata inspirata da Dio.
Non pensi alia vita mia, no; useró tutti i riguardi che mi suggeri-
scono questi buoni amici, useró quelli che l'esperienza stessa mi
puó insegnare, e se poi Iddio vorrá che io sia colpito dal fatal
morbo, Egli che mi chiama mi dará la pazienza a sopportarlo ed
io ne andró lieto e consolato di aver recato qualche conforto a
quei poveri infelici. Sonó anime anch'esse rédente dal sangue di
Gesü Cristo, anime piü disgraziate di quant'altre sianvi al mondo,
perche, oltre al soffrire materialmente e moralmente, sonó puré ab-
bandonate dal sacerdote, non altrimenti che i poveri selvaggi della
Terra del Fuoco. »
Egli aveva dunque chiara la coscienza del pericolo, a cui espo-
neva la propria vita. Ando. I lebbrosi, al vederlo, da prima non
credevano ai loro occhi. Erano le undici del mattino: il solé scot-
tava. Quelli che non tenevano il letto, gli si affollarono intorno:
uomini, donne, un centinaio di ragazzini, un drappello di giovinette
con fiori e canti. Visitó gli altri che giacevano coricati. Non avevano
piü forma umana. Piaghe ributtanti li coprivano da capo a piedi:
sembravano scheletri in putrefazione. Egli passava pieno di orrore:
ma quelle povere creature al suo passaggio si sentivano rinvigorire:
il contrarsi delle consunte labbra a sorriso, i movimenti degli occhi
infossati, il gestire delle monche membra rivelavano quanto fosse
il contento suscitato loro nelFanima dalla sua venuta. Dinanzi a
si straziante spettacolo Don Unia formó in cuor suo il proposito di
stare sempre in mezzo a quei miseri.
Che fece in quei giorni di attesa? Fra lebbrosi, convalescenti
e ancora sani vi erano la circa 900 persone. Egli, único sacerdote, si
applicó tutto alia cura delle anime, celebrando il divin sacrificio,
amministrando sacramenti, consolando i doloranti, visitando varié
volte al giorno i piü gravi. Poi c'era da catechizzare buon numero
di fanciulli molto ignoranti. Ma se, nonostante tutte le cautele, l'a-
Aesse colpito la lebbra? Pensando a questa eventualitá, scrisse nuo-
vamente il 28 agosto a Don Rúa: « Se a lungo andaré avró a sot-
tostare anch'io a tale maíattia, sia puré. Se, con mió gran dolore, non
potro piü celebrare il santo sacrificio, mi sará tuttavia possibile
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Annali Società Salesiana Vol. II. Don Rúa 1888 1898Capo XU1
confessare e consolare queste anime anche coperto di piaghe. In-
tanto io vivo allegramente. »
Con una temperatura dai 28 ai 30 gradi, respirando un'aria pe-
stilenziale, non poteva non soffrire; ma si confortava sperando che
vi avrebbe fatto l'abitudine. Abita va una casuccia con due stan-
zette a pian terreno, coperte con foglie di palme. Due volte al giorno
un ragazzetto gli portava di che cibarsi. II pane era duro, perché
lá non se ne faceva e quello che vi si consumava, veniva da Bo-
gotá. L'acqua, recata da un'ora di distanza su asini, arrivava quasi
bóllente. Gran consolazione gl'infondeva la fiducia che Don Rúa
avrebbe approvato la sua risoluzione.
Ma ecco un fatto inaspettato. Le sue lettere s'incontrarono sul-
l'Oceano con una di Don Rúa, il quale gli ordinava di andaré a
Messico, prendere accordi per Faccettazione di quella Casa e fer-
marvisi a fare da Direttore. Don Rabagliati gli comunicó l'ordine
superiore. Don Unia non istette a pensare, che il Rettor Maggiore
aveva scritto cosi, perché ignorava ancora Taccaduto, ma obbedi
all'istante, offrendo a Dio il suo sacrificio; non furono pero tanto
facili a rassegnarsi i lebbrosi. Profondamente amareggiati, sfoga-
rono con Don Rúa il loro cordoglio in una lettera del 17 ottobre,
coperta di 54 firme. Descrivevano cosi Topera di Don Unia: « Questo
Sacerdote, che ha tesoreggiato nella sua anima e nel suo cuore virtú
eccelse, le mette in pratica con una dolcezza patriarcale per conso-
lare ed incoraggiare il disgraziato. La sua anima angélica ed il suo
cuore grande cercano il luogo, dove il dolore si rinviene nelle sue
supreme manifestazioni, perché qui egli si trova nel suo elemento,
esercitando la carita con amore evangélico, procurando consolazioni
e dolcezze agli afflitti [...]. Ci sorprende il suo disinteresse e la
nessuna importanza che da al sacrificio impostosi nel venire al
lazzaretto, e alie privazioni cui si é sottomesso, come puré la in-
trepidezza d'animo, con cui mira Tinfermitá fino ne' suoi ultimi
periodi. » Supplicavano quindi la carita di Don Rúa a non togliere
loro un tanto conforto. Nel medesimo tempo Don Unia scriveva al
Superiore protestandogli tutta la sua filiale sottomissione, non senza
esprimere quanto si sentiva lacerare il cuore dal distacco. 1 poveri
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Annali Società Salesiana Vol. II. Don Rúa 1888 1898Agua de Dios
lebbrosi, per iscongiurare il pericolo, cominciarono una novena alia
Madonna.
Intanto da Bogotá il 25 novembre anche la Societá di S. Lazzaro,
protettrice dei lebbrosi, inviava suppliche a Don Rúa, scongiuran-
dolo a revocare Fordine e a disporre che quelF" apostólo ispirato dalla
piú sublime carita" e " conforto único dei poveri lebbrosi " rima-
nesse fra loro a lenire " gli atroci dolori " con i conforti della fede.
Don Unía partí dal lazzaretto il 29 novembre. Gemiti, pianti,
strida, urli scoppiarono da ogni parte, appena venne il momento
della separazione. I degenti si fecero portare sui loro giacigli lungo
la via che egli doveva percorrere, e la gridavano pietá, misericordia.
Don Unia, insellata la muía, si mosse, seguito per un tratto dalla
moltitudine. L'eco delle voci lo accompagnó a lungo, affievolendosi
di mano in mano fino a spegnersi, quando egli entro nel silenzio
d'immensa solitudine.
A Bogotá, appena saputosi che Don Unia aveva lasciato Agua
de Dios, le Autoritá s'interposero immediatamente. Telégrafo FAr-
civescovo a Don Rúa, perché annuisse al comune desiderio; telégrafo
il Presidente della Repubblica al suo Ministro presso la Santa Sede,
perché agisse nel medesimo senso. Scrisse questi il 4 dicembre a
Torino: « Caratterizzare quest'importante avvenimento di carita e
accettarlo come un legittimo frutto degli ammaestramenti e della
pratica della Scuola Salesiana, é, a mió credere, una solennitá degna
delle feste cinquantenarie che in onore di uno dei piú illustri bene-
fattori dell'umanitá si celebreranno in questi giorni. »
Don Rúa, che era un santo della tempra di Don Bosco, non
aveva avuto bisogno di tanti incitamenti: conosciuto esattamente
lo stato delle cose, gli era bastato ascoltare Fimpulso del proprio
cuore. Infatti il 13 ottobre aveva risposto in questi termini a Don
Unia:
Avrai ricevuta la mia lettera nella quale ti incaricava di andaré al Messico
a trattare le cose riguardanti quella casa, aperta cola circa due anni sonó, sotto
il titolo di Casa Salesiana.
Puó essere che tu l'abbia ricevuta quando ti trovavi giá in Agua de Dios; in
tal caso non pretendo obbligarti a quel viaggio, anzi sonó contentissimo della ge-
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Annali Società Salesiana Vol. II. Don Rúa 1888 1898Capo XIII
nerosa risoluzione di sacrificarti in favore dei lebbrosi. Ti do il mió pieno consenso
e imploro da Dio per te le piü elette e abbondanti benedizioni. Tu sei disposto
a sacrificare la tua vita ed io me ne congratulo. Ti raccomando bensi di usare le
debite precauzioni per non contrarre quella terribile infermitá o almeno con-
traria il piú tardi possibile. Puó essere che qualche altro Salesiano, attratto dal
tuo esempio, si disponga ad andaré a farti compagnia per aiutarvi reciprocamente
nei bisogni spirituali e temporali.
Benché ti trovi coi lebbrosi, ti consideriamo sempre come nostro caro con-
fratello Salesiano; anzi consideriamo Agua de Dios come una nuova colonia Sa-
lesiana, e ben vorremmo ci fosse possibile aiutare in qualche modo cotesti infermi.
Con che piacere lo faremmo!
Per ora basta. Saluta affettuosamente i tuoi infermi da parte nostra e di' loro
che li amiamo assai e che preghiamo per loro.
Ti raccomando che la tua condotta e la tua vita sieno sempre da vero Sa-
lesiano e figlio di Don Bosco.
A questa lettera Don Rúa aveva imito un biglietto per i suoi
"cari lebbrosi ", ai quali dice va: « Ho ricevuto il vostro telegramma,
con cui prégate di lasciare costi il mió diletto figlio in Gesü Cristo
Don Michele Unia, e ne fui commosso fino alie lacrime. Sebbene
non vi conosca, tuttavia vi amo tanto e non saprei rifiutarvi il fa-
vore che mi domandate. Avrei bisogno di lui in altri siti; ma in
vista del vostro desiderio lo lascio in mezzo a voi. Egli si adopererá
a vostro spirituale vantaggio, a salvare le anime vostre; voi siate
docili alie sue parole, secondate le sue esortazioni e sopportando con
pazienza e rassegnazione i vostri incomodi, adoperatevi a procac-
ciarvi molti meriti peí Paradiso. »
Ma intanto dalla data della lettera del Ministro Velez, come
anche da quella del telegramma dell'Arcivescovo, capi che la sua
a Don Unia, un mese e mezzo dopo essere stata spedita, non era
giunta ancora a destinazione. Allora spiacentissimo telégrafo all'Ar-
civescovo e scrisse al Ministro (1), il quale, ringraziandolo, gli fece
sapere d'aver mostrato la sua lettera al Segretario di Stato e al
Prefetto di Propaganda, i quali gli avevano manifestato il loro
gradimento circa la determinazione presa a riguardo di Don
Unia (2).
(1) Torino, 7 dioembre 1891.
(2) Roma, 12 dicenibre 1891.
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Annali Società Salesiana Vol. II. Don Rúa 1888 1898Agua de Dios
A tali notizie si fece gran festa al lazzaretto: quel giorno i lebbrosi
parvero dimenticare il loro male, tanto fu il clamore che levarono
da ogni parte. Ringraziarono tostó Don Rúa. « Ci avete fatto la
piú preziosa concessione, dicevano (1), ci avete dato un tesoro ine-
stimabile: a cotesta santa Congregazione dobbiamo uno dei suoi piú
cari membri, alia vostra nobile patria uno dei suoi diletti figli e al
cielo uno dei suoi eletti. Dio vi benedica per aver consolato il nostro
giusto e sincero dolor e, ascoltando la nostra umile voce e cambiando
il cordoglio che contristava i nostri petti, in vera allegria. Dal Su-
periore di una Congregazione tanto benéfica non si poteva aspettare
che questo generoso risultato. » Seguivano 186 firme. Piü di quat-
trocento adulti non firmarono, perché non sapevano o non pote-
vano scriyere.
Don Unia senza perderé tempo ritornó fra i suoi protetti per
il Natale. II genérale tripudio é piú facile a immaginarsi che a de-
scriversi. Non si creda che egli potesse vivere appartato o almeno
evitare contatti pericolosi. Per comprendere tutto il suo sacrificio
bisogna tener presente un lato della psicología dei lebbrosi. La leb-
bra rende le sue vittime sensibili alPeccesso. I medici gli avevano
ben detto e ripetuto: — Non li tocchi! Non si lasci toccare! — Se
egli si fosse mostrato con loro schifiltoso, invece di amarlo, come lo
amavano, l'avrebbero odiato. A volte i morenti. quando cioé erano
piü ributtanti, lo abbracciavano; se per innato ribrezzo li avesse
respinti, sarebbero morti maledicendolo. Quindi non ricusava mai
neppure di stringere le misere maní, che gli venivano stese. « Questa
é un'opera, scriveva l'Arcivescovo a Don Rúa (2), che certamente
richiede una vocazione speciale e una straordinaria carita, e basta
da sola a formare un suggello di gloria per i figli di Don Bosco in
Colombia e meritar loro le piú speciali grazie di Dio. »
Si avveró piú presto di quello che non si sarebbe creduto il pro-
nostico • di Don Rúa, che forse altri avrebbe seguito l'esempio di
Don Unia. Infatti con una spedizione partita da Torino il 9 di-
(1) Lazzaretto di Agua de Dios, 18 dicembre 1891.
(2) Bogotá, 13 aprile 1892.
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Annali Società Salesiana Vol. II. Don Rúa 1888 1898Capo XIII
cembre 1892 ottennero di unirsi un prete, Don Raffaele Crippa, e
un coadiutore per andar ad aiutare l'intrepido apostólo.
Don Unia viveva nel suo lazzaretto e per il suo lazzaretto, non
dandosi tregua nel promuovervi il bene materiale e spirituale dei
derelitti abitatori. Come si sentí padrone del campo, cominció a oc-
cuparsi di opere consistenti e permanenti. II 4 marzo 1892 colloco
la prima pietra di un Asilo Santa María, destinato alia popolazione
infantile e che intendeva affídare a Suore. Un giornale, accen-
nato ai fanciulli che durante la cerimonia avevano cantato un inno
all'Addolorata, usciva in questa patética osservazione (1): « Quanta
pena al pensare che i visetti paffuti e rosei di quei cento bambini
saranno fra non molto deturpati daH'inesorabile morbo, come le
facce mostruose di quei poveri infermi che li circondano! »
II numero dei piü colpiti andava crescendo, sicché l'ospedale
del lazzaretto diveniva sempre piü angusto. Egli ne ideó uno nuovo
e magnifico. Per raccogliere fondi, avuto il consenso dal Presidente
della Repubblica e dall'Arcivescovo, aperse una sottoscrizione fra i
Colombiani, facendo poi arrivare la sua voce anche piú lungi (2).
Chi l'avrebbe mai creduto? I primi a rispondere furono trecento
detenuti nelle carceri, che con licenza della Direzione si sottoscris-
sero ognuno per un piccolo óbolo.
La chiesa non aveva di chiesa che il nome, squallida com'era
e priva di tutto il necessario. Per gli abbellimenti fatti fare da Don
Unia sarebbe poi potuta stare decorosamente accanto a quelle della
Capitale. Provvide puré un oratorio festivo, erigendo un edificio
che gli costó non pochi sacrifici di tempo e di danaro.
Ma due benemerenze la vincono su tutte le altre di ordine ma-
teriale. Una fu l'acqua che bevevano i lebbrosi. Prima l'avevano
da lontano, scarsa, costosa e cattiva. Don Unia non si diede pace
finche non trovó un Cooperatore che gli regalasse i tubi di ghisa,
con cui da una collina distante vari chilometri condurre nella térra
senz'acqua la salutífera linfa a zampillare abbondante, gratuita,
pura e purificatrice. L'altra benemerenza fu d'introdurre nel lazza-
(1) Revista Bogotana, II marzo 1892.
(2) Unitá Cattolica, 27 luglio 1892.
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Annali Società Salesiana Vol. II. Don Rúa 1888 1898Agua de Dios
retto le Figlie della Carita, le eroiche madri dei sofferenti. Cosi
grazie all'intraprendente suo zelo sparivano a poco a poco da Agua
de Dios le tristi condizioni proprie dei lebbrosari lasciati nell'ab-
bandono.
Tutto il fin qui detto era molto; ma la vinceva su tutto la quoti-
diana immolazione personale. Pagando di persona, come vuole la
perfetta carita, superiore alia filantropía come il cielo alia térra, egli
quindi sacrificava tempo, comodi, forze e salute immerso di e notte in
quel mare di sofferenze per alleviare i travagli di coloro che conside-
rava e amava come figli e specialmente per alimentare in essi la vita
spirituale. Anzitutto con lo scopo di distogliere le menti dai cupi
pensieri, sempre causa di funeste conseguenze, abituava al lavoro
chi ne era capace, allietava l'aria con la música vocale e strumen-
tale e sollevava gli spiriti con belle feste. A renderle piú solenni
intervenivano spesso il Direttore Don Rabagliati e altri sacerdoti
salesiani da Bogotá. La festa di Maria Ausiliatrice metteva in moto
per una settimana tutta la popolazione. Nel 1895 la solennitá del-
rimmacolata diede luogo a entusiastiche manifestazioni di fede e
di pietá; fu chiusa con una processione mai veduta, svoltasi nel
cuore della notte, perché il caldo cocente del giorno l'avrebbe resa
impossibile. In tale circostanza inauguro l'adorazione perpetua;
d'allora in poi piú di duecento persone si succedevano quotidia-
namente in chiesa per tener compagnia a Gesú Sacramentato, attin-
gendo dal tabernacolo conforto nella loro sventura e forza e costanza
a sopportarla con rassegnazione. Quando ebbe seco Don Crippa e
un chierico, celebró anche le funzioni della settimana santa con grande
soddisfazione dei lebbrosi. Fece puré la lavanda dei piedi la sera
del giovedi a dodici ragazzi, alcuni dei quali erano giá attaccati dal
male. Assai numeróse divennero le comunioni. Ma il fiorire della
pietá non sarebbe stato concepibile senza i sacrifici straordinari nel-
l'ascoltare le confessioni. Si richiedeva davvero una sovrumana for-
tezza d'animo per vincere la ripugnanza causata dal fetore orrendo
che emanava da corpi cosi in isfacelo.
Molto otteneva Don Unia col narrare fatti della vita di Don
Bosco, sempre ávidamente ascoltati. Di tali impressioni sussiste un
149
Annali Società Salesiana Vol. II. Don Rúa 1888 1898Capo X1J1
monumento parlante. Vi era fra i lebbrosi un bravo scultore, che a
forza di sentiré quei racconti concepi il disegno di scolpire le sem-
bianze di Don Bosco nel marmo. Ma come fare, se non aveva piú
che due ruderi di mani, incapaci di stringere i ferri? L'affettó lo resé
ingegnoso e perseverante. Si faceva legare scalpello e martello alie
palme corrose e dágli oggi dágli domani, fece un busto rasso-
migliante. L'opera d'arte, collocata nel salone delPospedale, é an-
cora la ad attestare quanto possa la riconoscenza vivificata dal-
l'amore.
Nel 1893 la salute di Don Unia andava di male in peggio. Ebbe
un bel resistere, ma alia fine si dovette arrendere ai consigli dei
benefattori e specialmente dell'Arcivescovo e del Delegato Apostó-
lico, che lo esortavano a intraprendere un viaggio in Italia per ri-
temprare le forze. Troppo premeva a tutti la conservazione di u n e -
sistenza cosi preziosa. Egli si rassegnó piú volentieri, perché sapeva
di lasciare omai il lazzaretto in buone mani: Don Crippa era degno
di farne le veci.
Giunse a Torino nel mese di novembre. Lo travagliava una ter-
ribile idropisia con altre complicazioni. Nelle lettere che scrivevano
i lebbrosi dopo la sua partenza, ci commuove la sinceritá di un do-
lore che non trova lenimento se non nella speranza di un pronto ri-
torno dell'amato padre. Scriveva sul Heraldo di Bogotá il sullodato
scultore lebbroso Enrico Aguilera: « Dio volle cosi, poiché tutti gli
sforzi per il ristabilimento della sua preziosa salute riuscirono inu-
tili; e questo pensiero dovrebbe consolare un poco il nostro terribile
abbandono. Ma siccome il vuoto causato dalla sua assenza é di
quelli che lasciano nel cuore solamente le persone amate come il
padre e la madre, il benessere e Fallegria non faranno ritorno a
noi, se non quel giorno in cui il Cielo, avendo compassione del nostro
duolo, ci restituirá quell'anima privilegiata, degna per tanti titoli
della nostra ammirazione, del nostro amore e rispetto. »
Dio esaudi questi ardenti voti. Don Unia ritorno alia cittá del
dolore nelPagosto del 1894. Ma non era quasi piú luí. II male vinto,
ma non debellato, riapparve minaccioso. Dovette per ordine dei me-
did lasciarsi trasportare a Bogotá, ripiombando nella desolazione i
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Annali Società Salesiana Vol. II. Don Rúa 1888 1898Agua de Dios
suoi cari lebbrosi. Un ottimo signore mise a disposizione sua una
sontuosa villa in luogo, dove si respirava un'aria salubérrima. Quella
cura gli fece bene; appena riebbe forze sufficienti, rivoló ad Agua
de Dios.
Un episodio singolare gettó alcuni mesi dopo lo scompiglio nel
lazzaretto. Chi crederebbe che in un ambiente simile potessero ac-
cendersi cruente lotte politiche? Sul principio del 1895 scoppió contro
il Governo cattolico una rivoluzione di liberali, che mise a soqquadro
la Colombia. Si trovava fra i lebbrosi un Genérale libérale, che
durante una breve assenza di Don Unia e di Don Crippa assoldó
una trentina di lebbrosi del medesimo partito, li armó e li con-
dusse alia battaglia. Don Unia, súbito che ne fu informato, ac-
corse, ma non riusci a fermare gl'insorti. Tre caddero nel primo
scontro; gli altri se ne tornarono scornati, meno il caporione e un
gregario, che vollero unirsi ai combattenti, finché il Governo non
debelló i suoi avversari. Allora miseria e fame, soliti effetti di si-
mili disordini, si fecero sentiré anche ad Agua de Dios. Quali vie
crucis dovette fare Don Unia, andando in cerca di soccorso! Per
muovere a pietá le persone caritatevoli si valse anche della stampa.
Un giornale, pubblicando un suo caloroso appello, salutava nell'a-
postolo dei lebbrosi della Colombia colui che " sulla térra tutto
aveva abbandonato per innalzarsi con le ali della carita e dell'a-
mor divino nelle regioni immortali" (1). La sua voce ebbe un'eco
in molti cuori.
Ma verso la fine di luglio lo assali un secondo attacco del male.
Don Rabagliati, recatosi ad Agua de Dios per la festa del Corpus
Domini, lo trovó molto giü. Dopo se lo prese con se per condurlo
a Bogotá; ma, fatto un giorno e mezzo di viaggio, gli cadde in de-
liquio senza piü riaversi. Restava un altro giorno e mezzo di strada
a cavallo. II Direttore, affidatolo a due Confratelli, che erano an-
dati con lui al lazzaretto, corsé alia Capitale per consultare i me-
did. Questi, che conoscevano giá lo stato deH'infermo, dichiararono
gravissimo il caso. Come Dio volle, si pote portarlo fino al Collegio;
(1) El Correo Nacional, 18 fcbbraio 1895.
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Annali Società Salesiana Vol. II. Don Rúa 1888 1898Capo XU1
ma era assai piú di la che di qua. Parve in fin di vita: sembrava
questione di poche ore. II Direttore ebbe un lampo di fede: in~
disse una novena a Maria Ausiliatrice, invitandovi il pubblico.
II terzo giorno Don Unia si sveglia come da profondo sonno, si
guarda attorno per conoscere dove si trovi: non sa nulla del
viaggio, nulla degli ultimi sacramenti amministratigli. Dal 2 all'lí
agosto era stato sempre fuori di sé. Quel giorno venne a visitarlo il
General Reyes, il domatore della rivoluzione. Gli domando se lo
conoscesse: rispóse di si. Ma a un'altra sua domanda su Agua de
Dios. Don Unia senza poter proferiré parola si mise a piangere.
II visitatore, commosso, si ritiró all'istante.
II miglioramento continuó, sicché nel di dell'Assunta celebro la
Messa. Tutti videro un intervento soprannaturale, compresi i me-
did; sei di essi in un consulto l'avevano dichiarato per spedito (1).
Dopo due mesi di convalescenza, era opinione dei sanitari che per
evitare immancabili ricadute egli doveva abbandonare il lazzaretto.
Allora l'obbedienza lo obbligó a ritornare in Italia. Piegó il capo.
Sul punto di lasciare il suolo della Colombia scrisse da Cartagena
una lettera, che rivela tutto il fondo della sua beU'anima. La indi-
rizzó il 25 ottobre al chierico Luigi Variara, votatosi da poco nella
sua verde etá al servizio dei lebbrosi. Diceva al suo " carissimo
Luigi ":
Non posso abbandonare la Colombia senza mandarti un ultimo addio da questa
ierra, piena per me di tante vicende. Solo il Signore sa quanto mi costi fare questo
viaggio. Ti assicuro che lascio qui la meta del mió cuore. Deus ita ooluit, non pos-
sum obsistere. Quaiche altro piü degno di me riporterá la palma. Coraggio, Don
Luigi, tale sorte é riserbata a te. Procura di essere buono, molto studioso e molto
pió: cosi otterrai la palma. lo non ti dimenticheró nelle mié povere preghiere:
fallo anche tu per me.
Speravo e desideravo grandemente di vederti salire all'altare; ma il Signore
non me lo concesse. Mi rallegrerá sempre l'udire, come spero, buone nuove di te,
della tu a pietá, del tuo studio. II primo breviario te lo manderó io; é molto bello
c cómodo: preparati a rice verlo. Salutami moltissimo Giovannino (2) e i ragazzi
dell'oratorio. Fallo andaré bene; mi é molto caro, come puré é carissimo a Don Rúa.
(1) Dichiarazione del Dott. A. Perrea, 12 setiembre 1895. Cfr. Boíl. Sal, dicembre 1895.
(2) II coad. Giovanni Lusso.
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Annali Società Salesiana Vol. II. Don Rúa 1888 1898Agua de Dios
Se ne andava proprio alia vigilia di una nuova impresa, nella
quale egli avrebbe potuto prestare valido aiuto. Esistevano nella
Colombia due altri lazzaretti, alia Contratación e a Caño de Loro.
Nel novembre del 1895 Don Rabagliati visitó il primo, ferman-
dovisi quindici giorni ad esercitare in lungo e in largo il sacro mi-
nistero. Dopo percorse anche le terre deU'intorno, scoprendo che
moltissimi infetti vivevano in mezzo ai sani e circolavano libera-
mente con grave danno della pubblica salute. Secondo i dati da lui
raccolti, in quel solo dipartimento i lebbrosi ammontavano a pa-
recchie migliaia. Fu cosi che gli nacque l'idea di proporre al Go-
verno il concentramenti di tutti i lebbrosi in un grande lazzaretto
nazionale, da impiantarsi in una localitá adatta. II disegno arrise
al Governo; ma dopo una serie di pratiche si amó meglio creare
lazzaretti dipartimentali, cominciando dall'organizzare con questo
scopo il lazzaretto della Contratación. Vedremo piü innanzi come
si svolse la cosa, nella quale ebbe una parte principalissima Don
Rabagliati, e come venne ai Salesiani nel 1897 anche la direzione
del lazzaretto della Contratación.
II viaggio a Don Unia non fece ne bene né male. Pose piede
nella Casa Madre il 3 dicembre, alquanto abbattuto, ma senza
che milla desse a temeré. La vigilia dell'Immacolata, oppresso da
stanchezza, non comparve alia mensa comune. II giorno dopo lo
presero dolori acuti di stomaco. Pronti rimedi lo sollevarono un
po'; ma il giorno 9 le sue condizioni si aggravarono al punto che
lasciavano scorgere evidenti i segni di prossima fine. Infatti verso le ore
dodici, assistito dal Superiore e circondato da Confratelli, si addor-
mentó nel Signore.
La notizia della sua morte, telegrafata all'Arcivescovo di Bogotá
e al Governo di Colombia, arrivó presto anche ad Agua de Dios.
Che pianti fra i poveri lebbrosi! Nell'Oratorio di Valdocco la salma
era visitata da un mondo di persone. Giunsero tostó condoglianze
da ogni parte. Le piú onorevoli furono quelle partite dal Vaticano;
fatta eccezione di Don Bosco, a nessun Salesiano né prima né poi
era stato mai tributato tanto onore. Scrisse il Card. Rampolla al
Procuratore: «Con vero dispiacere appresi la triste notizia che
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Annali Società Salesiana Vol. II. Don Rúa 1888 1898Capo XIII
la S. V. mi ha comunicata colla sua lettera dell'll corrente, della
morte di D. Michele Unia, Missionario Salesiano; e sebbene vi sia
luogo a sperare che i meriti di Lui, acquistati coll'esercizio della
piü sublime carita, servendo ai lebbrosi di Agua de Dios, gli ab-
biano procurato la grazia della misericordia divina, io non ho man-
cato di innalzare al Signore pii suffragi per quella bell'anima. An-
che il Santo Padre provó dispiacere per tale morte. »
II rimpianto nella Colombia fu genérale e pari all'ammirazione
che si aveva delPestinto. Solenni riuscirono i funerali a Bogotá,
commoventissimi ad Agua de Dios. Una lapide di marmo con iscri-
zione e ritratto apposero i lebbrosi a ricordo perenne delle opere
e della figura di colui, che aveva reso loro tollerabile e meritoria
l'esistenza. Dal Parlamento nazionale il 10 dicembre 1896 in segno
di riconoscenza se ne onoró la memoria con un decreto che ordi-
nava l'esecuzione di un ritratto a olio per la Societá di S. Lazzaro
e l'erezione di una statua marmórea, nella piazza di Agua de Dios
con l'iscrizione: Al R. P. Michele Unia, apostólo dei lebbrosi in
Colombia, la graíitudine nazionale. Ma il monumento piü glorioso
fu la riconoscenza dei beneficati ed é il perpetuarsi degli eroismi
che ripetono la loro origine dal suo sublime sacrificio.
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Annali Società Salesiana Vol. II. Don Rúa 1888 1898C A P O X I V
Allargamenti del Vicariato Patagónico e nuovi centri di Missione.
(Bampa: Pahia Blanca, General Acha, Santa Rosa, Victorica. Chubut, Rawson.
Conesa, Choele-Choél, Junin de los Andes, Fortín Mercedes)
II Governatore del Territorio del Rio Negro, Dott. Benavidez, in
una Memoria presentata sul principio del 1894 al Ministro degli ínter-
ni, parlando dellTstruzione pubblica in quella zona, diceva che « non
era trascurata grazie al grande aiuto apportato dall'ístituzione Sale-
siana, i cui sacerdoti inculcavano ai fanciulli e agli adulti con la Fede
Divina i principi di una morale e civilizzatrice educazione. » Ed a
maggior encomio dei Salesiani e delle Figlie di Maria Ausiliatrice met-
teva in rilievo quanto venivano facendo con chiese, scuole e laboratori
in Viedma, Patagones, Pringles, Conesa, Choele-Choél, Roca e Cho-
smalál: otto cappelle aperte al divin culto, nove ospizi, un ospedale,
e poi sacerdoti ambulanti che andavano a dar Missione nei centri ab-
bandonati (1). Dava speciale risalto a queste benemerenze dei Missio-
nari un particolare, che non isfuggi talora nemmeno a uomini del
Governo. Lo riferisce Mons. Cagliero in una lettera a Don Rúa (2).
Parlando di una sua visita al Presidente della Repubblica e al Ministro
della Pubblica Istruzione, scrive: « Tanto lui quanto il Ministro non
sanno darsi pace di tanto propagarsi delle Case Salesiane, mentre
(dissero a me essi stessi) il Governo ha fatto poco o niente per pro-
pagarle. » Anzi, il Governo lócale aveva messo non di rado sbarre
fra le ruóte.
Nei luoghi menzionati dal Governatore del Rio Negro compaiono
due nomi nuovi per noi: Conesa e Choele-Choél. Ne parleremo alia
(1) Boíl. Sal., otfobre 1S94.
(2) Sonza data, ma ccríamcnte del 1890. E poiché un'indicazione d'altra mano segna che fu ri-
sposto da Toriiio il 16 febbraio, la missiva parti dalla Patagonia ai primi di quell'anno.
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Annali Società Salesiana Vol. II. Don Rúa 1888 1898Capo XIV
fine del capo, dopo che avremo veduto di tre grandi apporti fatti al
Vicariato Patagónico fra il 1890 e il 1895, due a Nord del Rio Colorado
e uno a Sud del Rio Negro. II Rio Colorado segnava il limite setten-
trionale del Vicariato; ora, al di la della riva sinistra di questo fiume
si estendeva la Pampa, estremamente bisognosa di operai evangelici.
Non meno bisognoso ne era un altro territorio della Patagonia Céntrale,
il Chubut, che di diritto faceva parte del Vicariato, ma di fatto il Vi-
cario non vi poteva mettere piede. Ecco i nuovi campi di Missione
dischiusi ai Salesiani nel suddetto periodo di tempo.
L'aggiunta della Pampa fu fatta in due volte. Della prima Mons.
Cagliero informa va Don Rúa il 25 marzo 1890: « Abbiamo una nuova
parrocchia ed una nuova popolazione da convertiré e da salvare; ed é
la cittá di Bahía Blanca con tutto il territorio della bassa Pampa. »
Parrocchia vuol diré centro di Missione, come abbiamo visto a pro-
posito deiringhilterra. Per bassa Pampa Monsignore intende tutta la
parte costiera, che la capo a Bahia Blanca. Questa cittá, sorta presso
un magnifico golfo dell'Atlantico, fu fondata nel 1828 per fronteggiare
le incursioni degli Indi. Oggi conta circa 100.000 abitanti con tutti i
portati del progresso moderno; ma negli anni di cui parliamo, i suoi
abitanti non oltrepassavano di certo i settemila con un agglomerato di
case aggiuntesi le une alie altre senza piano regolatore e senz'ombra
di eleganza. II territorio della Missione, di cui Bahia doveva co-
stituire il centro, era vasto come il Piemonte, con abitanti disse-
minati a grandi distanze e raggruppati in colonie nascenti. Molti ve-
nivauo dalFltalia. Giunti la buoni e semplici, perdevano a poco a
poco ogni idea di religione e financo di dignitá umana. La cittá poi,
a detta del Cagliero nella citata lettera, era « scostumata, empia e Ion-
tana dalla Chiesa e dai Sacramenti. » Vi pullulavano Associazioni
d'ispirazione massonica, guidate da capi senza fede né legge. Primeg-
giava quella chiamata dei settembrini, che ad ogni 20 settembre in-
scenavano clamorose dimostrazioni contro il Papa e contro il Párroco.
Insegnamento, ospedale, tutto era laico nel peggior senso della parola.
Nel 1885 ando l'Arcivescovo di Buenos Aires per fare la visita pa-
storale; ma dovette rinunciarvi, perché non lo lasciarono discendere
dal treno, Invió un Párroco, che fu fatto fuggire a sassate. Nel 1890
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Annali Società Salesiana Vol. II. Don Rúa 1888 1898Aliargamenti del Vicariato Patagónico e nuovi centri di Missione
un secondo Párroco, un buon prete spagnolo, sfiduciato di non poter
conchiudere milla di fronte al cinismo di quella gente, rinunció
nelle mani delFArcivescovo la parrocchia. Allora questi, non vedendo
altra via di salvezza che aprire buone scuole e allevare cristianamente
una nuova generazione, fece scrivere al Cagliero che, se fosse dispo-
sto ad accettare, avrebbe offerto la parrocchia ai Salesiani, Monsi-
gnore, considerando Bahía come territorio appartenente al Vicariato
per essere limite fra la Pampa del Nord e il Colorado, senza esita-
zione accettó e senza indugio agi. Mandó súbito Don Milanesio,
perché mettesse in assetto la casa (1); intanto chiamó da Montevi-
deo per farlo párroco Don Borghino, " uomo attivo, enérgico e buono
con tutti ", come lo definisce una nota di cronaca domestica. Con la
lettera di obbedienza gl'invió puré una bella croce con il motto: In
hoc signo vinces. Si andava realmente a ingaggiare battaglia contro
la potestá delle tenebre, troppo bene rappresentata dalle sétte. Spedi
anche da Patagones Don Cavalli in qualitá di Viceparroco. Ai primi
di aprile erano entrambi al loro posto. Vi si aggiunse piú tardi per
terzo il chierico Franchini, come maestro.
Trovarono casa e chiesa in pessime condizioni; quando cadeva la
pioggia, pioveva in casa, pioveva in chiesa. Eseguite le piú urgenti
riparazioni, Don Borghino pensó alie future scuole, facendo costruire
un grande salone, che, diviso con tramezzi, servisse poi per varié classi.
Aveva puré fatto tirar su alia meglio due stanzette accanto alia sua,
e fu savio consiglio, perché cosi poté ospitare un po' decentemente
Mons. Cagliero, andato a visitarli nella prima meta di maggio. I Con-
fratelli non arrivarono in tempo a incontrarlo; ma ben li precorse la
loro avanguardia, i giovani. — Ecco, disse Monsignore, le primizie
salesiane! Ecco il frutto giá raccolto dopo un mese appena dall'essersi
stabiliti a Bahia Blanca i nostri cari Missionari! — La sua meraviglia
crebbe nella chiesa, dove una bella corona di fanciulli e di fanciulle
aspettavano ansiosi di vedere il Vescovo salesiano venuto dalla Pata-
gonia. Promise loro di fermarsi alcuni giorni per prepararli alia prima
(1) Don Milanesio, rendendo contó a Don Rúa di una sua Missione nella Pampa Céntrale, rin-
graziava la Provvidenza d'avergli fatto trovare a Bahia un caro compagno in < un giovanetto per nome
Nicola Esandi, fíglio di ottimi geuitori > (Lett. 20 ottobre 1890). É l'attuale Vescovo Salesiano di Vicdma.
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Annali Società Salesiana Vol. II. Don Rúa 1888 1898Capo XIV
comunione ed alia santa cresima. Vi stette difatti una settimana con
molto frutto di piccoli e di grandi. Comprese tutta la necessitá di met-
ter mano a fabbricare chiesa e scuole, al quale scopo acquistó sen-
z'altro un vasto terreno, spendendo 11.400 scudi raggranellati da lui a
Buenos Aires. Previde che, se avesse tardato, avrebbe presto dovuto
sborsare il doppio; poiché Bahia Blanca, a parer suo, s'incamminava a
di ventare gran porto militare (1).
II 23 ottobre giunsero le Figlie di María Ausiliatrice, condotte da
Suor Giuseppina Torta. Venne affittata per esse, a duecento metrí
dalla parrocchia, una casa, in cui aprirono poco dopo le loro scuole.
Le prime íatiche dei Salesiani e delle Suore non furono sterili. Si
cominció a notare una certa frequenza alia chiesa da parte degli
Italiani, allettati dalla presenza di sacerdoti e di Suore loro conna-
zionali. DaH'aprile a tutto il 1890 si contarono 3350 comunioni. Ma
quante contrarietá! Un tale, presentatosi come padrino e respinto per-
ché viveva scandalosamente. scatenó contro il párroco una guerra
giornalistica, che duró molto a lungo. In gennaio un furioso uragano
atterró il muro principale delledificio per le scuole; tuttavia al prin-
cipio dell'anno scolastico, che la comincia in marzo, le aule erano
pronte. Nel medesimo tempo giunsero a rinforzare il personale due
preti e un coadiutore.
Mons. Cagliero, quando, reduce dal Brasile, ripassó di la nel marzo
del 1891, trovó nelle scuole maschili 160 alunni e intorno alie Suore
un nugolo di ragazze. Gli avversari si accanivano specialmente contro
le Suore, assalendole nei giornali con titoli ributtanti e nere calunnie.
La visita del Vescovo le lasció piene di buon volere e di coraggio nelle
difficoltá non solo esterne, ma anche interne, dovute all'incomoda ri-
strettezza dei locali (2). II lavorio di penetrazione intenso e assiduo
produsse i suoi eífetti. In meno di un anuo le Suore ebbero un'altra
casa piü capace, in cui svolgere a pieno il loro molteplice programma;
poi nel 1893 Mons. Cagliero benedisse un loro nuovo e grande edificio
scolastico, innalzato dalle fondamenta in tempo relativamente breve.
(1) Lett. di Mons. Cagliero a Don Rúa, Villa Colon, 22 luglio 1890. Cominciarono poco dopo gli
síudi per la crcazione del porto, la cui costruziono ebbe principio nel 1896.
(2) Lett. di Suor Torta a Don Rúa, 5 maggio 1891.
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Annali Società Salesiana Vol. II. Don Rúa 1888 1898Aliargamenti del Vicariato Patagónico e nuoüi centri di Missione
Una terza opera salesiana si aggiunse ben presto alie due prece-
denti. I coniugi d'Abreu, desiderosi di contribuiré efficacemente al
vero progresso della loro cittá, donarono a Mons. Cagliero una casa e
un terreno, disponendosi a fornirgli le somme necessarie, affinché
aprisse una scuola gratuita, erigesse una chiesa alia Madonna della
Pietá e fondasse un ospizio per artigiani. La scuola esterna cominció
súbito a funzionare; súbito si diede principio alia costruzione della
chiesa; Tospizio invece tardó parecchio a formare il compimento del-
Topera, ma, guando Dio volle, arricchi Bahia Blanca di una scuola
professionale degna delle tradizioni salesiane. La chiesa, giá terminata
nel 1894, riusci un monumento d'arte: " un enorme diamante sperduto
nelle arene del deserto ", la definí un giornale (1).
La benedizione e l'inaugurazione costituirono per Bahia Blanca
un avvenimento storico di prim'ordine. V'intervenne il Presidente della
Repubblica Luigi Saenz Peña, accompagnato da numerosa e scelta
comitiva di governatori, ministri, generali, comandanti della squadra,
dottori, capi di associazioni, direttori di scuole, giornalisti. V'inter-
venne l'Arcivescovo Aneyros con l'Ausiliare Espinosa e con un seguito
di membri insigni del clero metropolitano. Né vi mancó Mons. Cagliero,
che precedette di alcuni giorni gli altri ospiti, oggetto di ovazioni cor-
diali da parte del popólo. La schola cantorum e la banda del collegio
Pió IX di Almagro sostennero con maestria la loro parte, curando le
svariate esecuzioni musicali. ln una cittá priva ancora di agi cittadini
i Salesiani seppero fare cosi bene i preparativi per tanti e si illustri
ospiti, che tutti dovettero rendere omaggio alia loro abilitá organiz-
zatrice.
Le feste durarono quattro giorni, dal 12 al 15 aprile. I personaggi
della Capitale vi rimasero dal principio alia fine, partecipando ai trat-
tenimenti giovanili e alie funzioni sacre. All'inaugurazione del Col-
legio il Presidente volle parlare. Disse che si teneva altamente onorato
di assistere a quell'atto, perché con chiese, collegi e ospizi si promuove
il progresso dei popoli; lodo poi la Societá di Don Bosco, a cui la Re-
pubblica intera doveva giá tanti benefici. II predicatore, P. Jordán
(!) La Nación, 20 febbraio 1894.
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Annali Società Salesiana Vol. II. Don Rúa 1888 1898Capo XIV
gesuita, nel suo discorso alia Messa solenne a ve va toccato felicemente
il punto dei vantaggi, che derivano sempre dall'armonia dei due po-
teri (1). Un'unione maggiore in quei quattro giorni non si sarebbe
potuta desiderare; né si fecero aspettare i salutari effetti. La stampa
di Buenos Aires ne prese occasione per dedicare molti e lunghi arti-
coli alia piccola cittá, propugnando la convenienza di favorirne con
ogni mezzo gl'ingrandimenti. Si gran fervore di proposte segnó il prin-
cipio di quello che doveva divenire Bahia Blanca. Riguardo alio spi-
rituale, Mons. Cagliero, che prima la soleva chiamare Bahia Ñera, le
restituí d'allora in poi il suo vero nome.
Meglio ancora la dovette chiamare con il suo bel nome tre anni
dopo nel 1897, allorché la rivide al ritorno da una Missione, di cui di-
remo qui sotto. Don Vacchina, che lo accompagnava, descrisse cosí
quello che osservó con i propri occhi (2): « L'opera salesiana con la be-
nedizione di Dio diede abbondanti frutti. Le Suore di Maria Ausi-
liatrice vi hanno un grandioso Collegio-convitto con 400 ragazze, che
arrivano a 600 nei giorni festivi; i Salesiani, oltre la parrocchia, hanno
un'altra bella chiesa di N. S. della Pietá con annesse scuole: vi ten-
gono puré il Collegio Don Bosco con 300 alunni ed un numeroso ora-
torio festivo. Gli studi vi fioriscono e con gli studi fiorisce la pietá
e la virtü. Anche le Associazioni Cattoliche sonó numeróse: vi hanno
gli Operai cattolici, le Conferenze Yincenzine per signore, la Pia
Unione del Sacro Cuore, quella delle Figlie di Maria Immacolata e
la Compagnia di S. Luigi, tutto in prosperitá e fervore. »
A Bahia Blanca l'Arcivescovo Aneyros aveva dato ai Salesiani una
delle ultime e piü luminose prove del suo affetto. Nella notte sul 4
settembre Dio quasi improvvisamente lo chiamó a sé. Aveva retto per
ventiquattro anni con zelo apostólico la sconfinata diócesi. Tre cose
particolarmente ne raccomandano il nome alia storia della Societá
Salesiana: la sua affettuosa venerazione per Don Bosco, che in gior-
nate memorande del giugno 1877 volle visitare a Torino; la sua bontá
inesauribile per i figli e le figlie del Santo, che trovarono sempre in
(1) Lett. di Don Dállera a Don Rúa, 20 aprile 1894. Cfr. anche Bodas de Plata, nel 25o dell'opcra.
Bahía Blanca, Panzini, 1919.
(2) Boíl. Sal, luglio 1898.
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Annali Società Salesiana Vol. II. Don Rúa 1888 1898Aliar gamenti del Vicariato Patagónico e nuovi centri di Missione
lui un benefattore, un amico, un padre; l'evangelizzazione della Pa-
tagonia, in cui mercé il suo favore poté Leone XIII erigere il Vica-
riato e affidarlo ai Salesiani. II suo antecessore, quando il nome di
Don Bosco era ancora sconosciuto neU'America, gli aveva narrato d'a-
ver visto in sogno una falange di Missionari, che, venuti da oltre l'O-
ceano, si avanzavano nella diócesi bonarense a prendersi cura della
gioventü; ond'egli si dice va lieto che fosse toccata a lui la sorte di ac-
coglierli, proteggerli e aiutarli.
Non ando molto che passó nelle mani dei Missionari salesiani
anche la grande Pampa, quella denominata Pampa Céntrale, perché
occupa precisamente il centro della Repubblica Argentina. É un va-
stissimo territorio, che ha una superficie superiore alia meta dell'I-
talia peninsulare (1); ma la sua popolazione non arriva oggi a 200
mila abitanti, mentre nel 1895 era appena di 25.900. Qui domino il
famoso cacico Namuncurá (2) fino alia campagna del 1879; qui s'in-
contrarono allora per la prima volta i Salesiani con gli Indi. Dopo
la sconfitta i superstiti vissero dispersi in modo da non poter piú for-
mare tribu. Nel tempo di cui parliamo, popolavano il paese in mino-
ranza indigeni araucani e patagonici e gauchos (3) e in maggioranza
coloni emigrati dalla Spagna, Germania, Russia e dal Piemonte. Ne
avevano la cura religiosa i Francescani; ma nel 1895 per difetto di
personale si ritirarono, rimettendo la Missione nelle mani delFArci-
vescovo Castellanos, il quale, non avendo altro modo di provvedere,
pregó Mons. Cagliero di aggiungerla al suo Vicariato. II Cagliero aderi
di buon grado, costituendovi tre centri parrocchiali o di Missione:
a General Acha, a S. Rosa di Toay ed a Victorica. Da questi punti
con escursioni periodiche i Missionari avrebbero provveduto ai biso-
gni religiosi degli indigeni e dei coloni disseminati per la campagna.
Si cominció da General Acha nel gennaio del 1896. Questa era
allora la capitale del territorio; le fu imposto un tal nome in memo-
ria di un Genérale segnalatosi nelle lotte contro gli Indi. Don Orsi
(1) Kmq. 144,183.
(2) Annali, pp. 420-2.
(3) I gauchos sonó i disccndenti degli antichi Spagnoli, dcditi alia cura del bestiame, uomini in-
durati alia vita del campo.
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Annali Società Salesiana Vol. II. Don Rúa 1888 1898Capo XIV
vi portó tutto il suo ardore giovanile. Per buona sorte si trovo at-
torno un gruppo di persone assai ben disposte, compreso il Governa-
tore con la sua famiglia, e desiderose di a veré in mezzo a loro il
Missionario. Anche la popolazione in genérale non si mostrava indiffe-
rente. Don Orsi non era alie sue prime armi, essendo giá stato sette
anni nella Patagonia, donde venne puré il suo aiutante Don Mán-
gano. Si allogarono in un'abitazione provvisoria poverissima. Aloune
pie signore avevano appena finito di ripulire e rimetter in ordine la
vecchia cappella, da tempo abbandonata. Esisteva anche una cliiesa
fatta costruire dal Governatore nel 1890, ma non ancora aperta al
culto. Don Orsi fu autorizzato dalPArcivescovo a benedirla il 2 aprile.
Era la domenica delle Palme; si poterono perció compiere le funzior.i
della settimana santa con grande contento, edificazione e frutto dei
fedeli. Poi i Missionari si diedero a percorrere il territorio, invitando
quanti piú poterono alFadempimento del precetto pasquale. Si rivol-
sero puré, cosa nuova, ai cinquanta carcerati del luogo, che si la-
sciarono persuadere a ricevere i sacramenti; ma bisognó addirittura
evangelizzarli con un lavoro apostólico di diciassette giorni. In se-
guito questa pratica fu ripresa ogni anno. Una scuola parrocchiale,
aperta con la massima sollecitudine, ebbe nel primo anno 40 alunni.
Secondo le istruzioni ricevute da Mons. Cagliero, Don Orsi preparo
il terreno a un Collegio dedicato poi airimmacolata, collocandovi,
come si esprime Mons. Tavella (1), per prima pietra la carita, rice-
vendo cioé fanciulli poveri. II sistema di Don Bosco ben applicato
fece impressione e guadagnó molte simpatie.
Nello stesso mese di aprile Don Franchini principió la Missione
di Santa Rosa, borgata di 1500 abitanti, ma oggi cittá capitale del ter-
torio. Dista 120 chilometri da General Acha. Nella campagna, abba-
stanza popolata, l'apatia religiosa regnava sovrana, effetto special-
íñente d'ignoranza. Gli emigrati vi menavano una vitaccia, scandaliz-
zando gli indigeni. Nel paese una brava insegnante aiutó assai il Mis-
sionario: ma nella campagna tutto era da fare. Don Franchini. dotato
di robusta costituzione, galoppava le giornate intere a cavallo per
(1) B. 1. TAVELLA, Las Misiones Scilesianas de la Pampa. Buenos Aires, Rosso y Cía., 1924
Pag. 184 11 salesiano Mons. Tavella e ora Arcivescovo di Salto.
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Annali Società Salesiana Vol. II. Don Rúa 1888 1898Altar gamenti del Vicariato Patagónico e nuoui centri di Missione
andar a istruire, a battezzare, a regolare matrimoni. In una sola
estancia battezzó piü di 70 giovanetti.
A Victorica, residenza della terza Missione, lontana 200 chilometri
da Santa Rosa, fu mandato nel giugno del 1897 Don Luciani, sosti-
tuito otto mesi dopo da Don Roggerone. É sempre edificante vedere
con che spirito di sacrificio quei primi Missionari si adattavano ad
una vita non solamente laboriosa, ma anche resa piü dura dalle pri-
vazioni. Non parlo della solitudine, a cui li condannavano le distanze
immense e i mezzi di trasporto molto primitivi; dico della mancanza
di tante cose necessarie alia vita. Don Luciani, per esempio, dormiva
in un bugigattolo che faceva da sagrestia, coricandosi sopra un sac-
cone steso ogni sera sopra due banchi della scuola. Li consolavano
pero abbastanza i frutti spirituali del loro apostolato.
Nella Pampa Céntrale Mons. Cagliero durante l'ottobre e il no-
vembre del 1897 fece la sua prima visita pastorale o escursione mis-
sionaria, e che escursione! Fra le tre residenze visítate corre la me-
desima distanza che fra Genova, Milano, Bologna. Non era da pensare
non dico a treni, ad automobili, ma nemmeno a veicoli un po' da cri~
stiani e a strade carreggiabili. Si viaggiava sulle cosi dette galere,
specie di diligenze tírate da una dozzina o piú di cavalli, che correvano
a furia per cammini, in cui le ruóte della carrozzaccia e le zampe dei
quadrupedi avevano scavato solchi profondi. Che scosse! che sbalzi!
che saltelloni! Nubi di polvere e di arena, spinte da venti formidabili,
vi si rovesciavano sopra senza interruzione, penetrando nelPinterno,
nonostante qualsiasi riparo. Agli arrivi i viaggiatori ne uscivano con
una vera cappa di polverume, che copriva loro abiti, volto, man i,
come se sbucassero da una miniera. Né l'aspetto del paese ricreava
loro la vista: pianura a perdita d'occhio con ondulazioni arenóse o
sparse di fiocchi derbaccia amara (1); qua e la immense boscaglie con
basse piante dal tronco tozzo, dai rami intricati e spinosi con rare
foglie rachitiche. Non fiumi, né rii, né fonti: ogni tanto qualche la-
ghetto d'acqua salata. Di tratto in tratto macchie nere, rosse, biauche:
(1) Da tale configurazionc é denvato al territorio il nome di Pampa per antonomasia; poiché col
nomo, di Pampas, si indiano generalmente ncll'America Mcridionalc le pianure prive di boschi o ri-
\estile di una grossa vegetazione erbacea.
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Annali Società Salesiana Vol. II. Don Rúa 1888 1898Capo XIV
armenti di buoi, cavalli, pecore; poiché il suolo é un po' adaíto alia
pastorizia. Al presente, ben coltivato, si vede quanto sia anche fer-
tile. Monsignore si era preso seco il gagliardo e vivacissimo Don Vac-
china e Don Roggerone, che per fare il missionario ambulante fra
i coloni e gli Indi non aveva chi lo superasse. Si fermó da dieci a
quindici giorni in ognuna delle tre residenze, occupando ininterrot-
tamente il suo tempo in prediche, confessioni e cresime, Dopo passó
per Bahia, donde sulla famosa galera rifece la strada di Viedma, ao-
colto ivi a gran festa dai Salesiani, dai loro giovani e dal popólo, come
i! padre che ritorna.
Cera, dicevamo, nella Patagonia una parte, che veniva contesa a
Mons. Cagliero: questa parte era la céntrale, il Chubut. Chi brigava
sotto sotto per soppiantarlo, stava giá per ottenere che Roma stac-
casse il Chubut dal Vicariato esistente. formandone uno nuovo. Ma
quando Roma conobbe meglio le sue mire non disinteressate, il di-
segno crolló issofatto. Lo disse esplicitamente Leone XIII a Don Rúa
nell'udienza del gennaio 1892. « Nulla, furono sue parole, sará rinno-
vato nella Patagonia, essendosi saputo che erano poco onorevoli i
precedenti di chi vi faceva la guerra nel Chubut per impiantarvi un
Vicariato a parte ed essere lui il titolare » (1).
Perché la storia sia meno incompleta, aggiungeró qualche altra
notizia. II Card. Simeoni, Prefetto di Propaganda, teneva giá pronto
il Decreto in favore di un tal Can. Vivaldi, che da tempo brigava
perché fosse costituito il Vicariato del Chubut e ne venisse egli in-
vestito. In Roma preti e chierici disposti ad accompagnarlo andavano
a dirlo ingenuamente ai Salesiani del Sacro Cuore. Ma sul piú bello
il Cardinale fu chiamato all'eternitá. Allora Mons. Pérsico che sosti-
tuiva pro tempore il defunto, assicuro a voce Don Rúa che non se
ne sarebbe piü parlato; tale era certo il volere del Papa, come é dato
argüiré dalla sua dichiarazione riferita or ora. Venne cosi rimosso
un vero flagello per le terre della Patagonia, giá tanto infelici, come
scriveva Don Rúa in quei giorni. Chi aiutó i Salesiani in questa fac-
cenda fu il P. Rondina, gesuita (2).
(1) Verb. del Cap. Sup., 9 marzo 1892. Lett. di D. Rúa a Don Savio, Nice, 17 marzo 1892.
(2) Lctt. di Don Rúa a Don Costamagna, Marsala, 2 febbraio 1892.
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Annali Società Salesiana Vol. II. Don Rúa 1888 1898Aliargamenti del Vicariato Patagónico e nuovi centri di Missione
II Chubut prese il nome dal suo maggior fiume. Ha una super-
ficie di poco inferiore a tutta la penisola italiana dalle Alpi alia Ca-
labria, ma scarsissima popolazione (1). Se oggi i suoi abitanti sonó
su per giú 40 mila, mezzo secólo addietro erano poco piü della meta.
Si estende dalle Ande alF Atlántico. Quanto a religione vi spadro-
neggiava il protestantesimo, che aveva il suo centro vivo e attivo in
una colonia fondata da Inglesi del Galles nel 1875. Pare che fosse loro
intento di stabilirvisi in regione indipendente, come per diritto di con-
quista in nome di Sua Maestá britannica; ma Ja bandiera argentina
issatavi nel 1888 ne smorzó gli ardori. Erano circa 2500, divisi in
varié sétte e attaccatissimi ognuno alia propria.
I Salesiani dopo nove anni d'inutili tentativi poterono finalmente
penetrare anche in questo territorio. Vi entrarono nel maggio del 1892
con a capo Don Bernardo Vacchina. I tre giorni di viaggio da Buenos
Aires furono tre giorni di spaventosa burrasca, nella quale la goletta
su cui navigavano, era sballottata sulle onde come un guscio di noce.
Veramente alcuni luoghi erano giá stati visitati da Missionari sa-
lesiani; ma senza una residenza stabile si sarebbe ottenuto poco o
nulla. Per questa residenza fu scelta la minuscola capitale Rawson
di circa mille abitanti, in buon numero italiani, che, come i piü ca-
paci, avevano il monopolio del commercio, delle arti e delle industrie.
Era ancora priva di posta regolare e di telegrafi; la visitava soltanto
si e no ogni cinquanta giorni una nave a vela.
I nuovi arrivati incontrarono un'accoglienza glaciale e si vedevano
guardati di mal occhio. Vivevano in estrema povertá. Abitavano una
casa senza mobili, perché messa poco prima a sacco. Tornava diffi-
cilissimo procurarsi i mezzi di sussistenza. L'anno seguente Don Mi-
lanesio, andato la per una Missione, scriveva (2): « Presentemente
la povertá in questa Missione é grande, piü grande che in tutte le
Missioni da me viste, ma si va avanti passabilmente, limitandoci di
qui, privandoci di la di molte cose anche d'uso piü comune. » Per
un mese Don Vacchina e i suoi compagni avevano dormito sul pa-
vimento di legno in una stanzetta al fondo della cappella. Facevano
(1) Kmq. 241.966; íib. 44.000.
(2) Lett. a Don Rúa, Rawson, agosto 1893.
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Annali Società Salesiana Vol. II. Don Rúa 1888 1898Capo XIV
un solo pasto al giorno, perché non potevano spendere di piü (1).
Tutte le Autoritá, meno il Governatore e il Giudice, appartenevano
a sétte protestanti. Ogni setta aveva chiesa, scuola e ministro lauta-
mente stipendiato. I cattolici non oltrepassavano i 200. Gli Indi occu-
pavano un tratto lungo le sponde del fiume, collegati in una inno-
cua tribu, la piü numerosa della Patagonia. Purtroppo questi in-
digeni avevano continué relazioni con i gallensi, scambiando pelli e
piume di struzzo.
Per aprirsi la strada i Missionari cominciarono dai ragazzi, con
scuole elementan maschili e oratorio festivo. Dopo quasi sei mesi di
f atiche ebbero il conforto di avere alie loro scuole quasi tutta la gio-
ventü maschile cattolica; un tentativo di scuola serale per giovanotti
lavoratori non riusci a causa delle distanze. La chiesuola, piccolina
ma decente, attirava nei giorni festivi i cattolici, massime per il decoro
con cui vi si celebrava la Messa e vi si facevano le funzioni. Negli
Italiani si risvegliava la fede non morta, ma sopita. Le Quarantore
si chiusero con ben cinquanta comunioni, le prime per parecchi adulti.
Un ex-allievo del Collegio di Lanzo aiutó a dipingere le tele per il
teatrino. Alia prima rappresentazione assistettero le Autoritá, i prin-
cipali del luogo e quattro famiglie protestanti, che permisero alie fi-
glie di rallegrare la festa con la loro perizia musicale sopra un piano-
forte imprestato.
L'accennata Missione di Don Milanesio cadde nell'agosto del 1893
e duro un mese. É interessante il ricordo dell'incontro con D. Vacchi-
na, rievocato da questo cinque anni dopo. « Nel Chubut, scriveva
egli (2), dovetti stare un anno intero senza poter vedere un sacerdote;
ma quando ci capitó Don Milanesio e ci potemmo rallegrare a vicenda,
come S. Antonio e S. Paolo nel deserto, mi confessai effusive et dif-
fusive covam populo, maravigliato, compunto e contento di poter ve-
dere il povero Pastore battersi il petto e diré il mea máxima culpa,
sicuí el ceteri peccatores. Ah! quanta consolazione provai allora! Ma
é certo che Iddio, quando ci mette in queste circostanze, sta con noi, e
tanto ci basta. » L'apostolo degli Indi D. Milanesio cercó allora quelli
(1) Memorie medite di Don Vacchina.
(2) Boíl Sal, maggio 1898.
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Annali Società Salesiana Vol. II. Don Rúa 1888 1898Aliargamenti del Vicariato Patagónico e nuovi centri di Missione
del Chubut, appartenenti tutti alia razza dei Tehuelches. Fra gio-
vani e adulti ne battezzó 200.
Ed ecco nel novembre arrivare a Rawson le Figlie di Maria Au-
siliatrice. Direttrice era Suor Anna Panzica, siciliana, che s'inten-
deva di medicina e di farmacologia; le altre erano americane. I
Salesiani fecero trovar loro una casa migliore della propria. Esse
iniziarono con tutta sollecitudine scuole, oratorio festivo e labo-
ratorio.
Famiglie cattoliche, mischiate ai protestanti nella colonia gállense,
sospiravano un prete. Don Vacchina ando da loro nel mese di dicem-
bre. Non essendovi chiesa, improvvisarono una cappella nel salone
di un negoziante ligure. Era la prima volta che si praticava il culto
cattolico in quella térra. Nessuno mancó. Alia vista dei templi pro-
testanti che spesseggiavano nelPamenissima vallata, mentre i cattolici
non avevano un altare, il Missionario si sentí stringere il cuore;
onde prima di lasciarli impartí loro opportune istruzioni sul modo
di regolarsi. I
o
Nessuno portasse i neonati a protestanti per il batte-
simo; venissero dai Missionari o li mandassero a chiamare. In caso
di necessitá, battezzassero essi stessi. Tuttavia ne incaricó uno, di cui
fece il nome e che istrui. 2
o
Avvisassero per i malati; mancando il
tempo, si rivolgessero ad una certa signora, che avrebbe saputo pre-
pararli al gran passo. 3° Per le sepolture non chiamassero il ministro
protestante, ma si riunissero fra loro, recitassero il Rosario e cosí
accompagnassero la salma al cimitero. Non dimenticassero di mettere
la croce sulla tomba. 4
o
Ai fanciulli in etá della prima comunione
cominciassero a insegnar bene le orazioni e le principali veritá della
Fede, in attesa che tornasse il Missionario. Se volessero mandare a
Rawson i ragazzi dai Missionari e le ragazze dalle Suore per una
settimana, non costerebbe loro nulla. 5
o
Mai protestanti per pa-
drini o per testimoni in atti religiosi, mai cattolici ai riti del loro
culto. Rispettassero, ma non comunicassero. 6
o
Santificassero le feste.
Vivendo fra gente avvezza a osservarle, la loro trascuratezza avrebbe
dato scandalo. Abbandonassero in tali giorni non solo il lavoro, ma
anche i divertimenti rumorosi e prolungati; esercitassero invece opere
di carita e di misericordia, massime verso gl'infermi, senza distin-
167
Annali Società Salesiana Vol. II. Don Rúa 1888 1898Capo XIV
zione di razza, di religione o di persone. 7° Mancando la chiesa, fosse
santuario la casa, la famiglia; facesse da sacerdote il capo.
Con l'andare del tempo, la vita stessa dei Missionari, confrontata
con quella dei ministri protestanti, costituiva un'apologia in azione.
Molto salutare fu l'esempio del nuovo Governatore, cattolico con-
vinto e senza rispetto umano. Fece impressione il vedere come i
Salesiani si occupassero dei figli del popólo, istruendoli, ricoveran-
doli, se orfani, e riunendoli le domeniche nei loro ricreatori. Impres-
sionó ancor piü un'altra opera. Tanti poveri coloni senza famiglia,
senza tetto, senz'altro mezzo che il lavoro delle braccia, cadendo in-
fermi, venivano abbandonati come cani. Senza lasciarsi scoraggiare
dalle strettezze economiche, Don Vacchina mise in piedi un piccolo
ospedale, aperto a tutti indistintamente. « Fui allevato, scrisse (1),
alia scuola di Don Bosco, ho veduto, anzi fui parte nella fondazione
dell'ospedale di Viedma, e non temo; e tanto piü che cerchiamo d'as-
sicurarcene l'esito con la rettitudine d'intenzione e con la benedi-
zione del nostro veneratissimo Mons. Cagliero. » Oltre alia santa gra-
zia di Dio, crediamo che lo zelo e il disinteresse dei Missionari siano
stati le cause per cui dal 1895 presero a moltiplicarsi le conver-
sioni dei dissidenti.
Certo é intanto che questo atteggiamento fini col chiudere la bocea
ai nemici. Cessó la guerra spietata che ferveva contro i Salesiani; non
piü lettere procaci, luridi anonimí, cartelli infamanti esposti in luoghi
frequentati; non piü canzonature e insulti ai piü noti amici della
Missione. Si era insomma rasserenato l'orizzonte.
Dopo tanti anni, fu una buona volta permesso al Vicario Apo-
stólico d'inserire nella periódica relazione ufficiale del Vicariato alia
Santa Sede anche i dati riferentisi a questa porzione del suo gregge,
fino allora sottrattagli dall'altrui prepotenza. Ció fu nell'aprile del
1895. Ecco il punto: « In Rawson, capitale del Chubut, i nostri Sa-
cerdoti e le Suore di Maria Ausiliatrice sonó martello all'eresia in-
vadente e salvaguardia ai cattolici Argentini, i cui figli frequentano
la Chiesa ed i due Collegi della Missione. E poiché si sentí la man-
co Lctt. a Don Rúa, 28 maggio 1893.
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Annali Società Salesiana Vol. II. Don Rúa 1888 1898Aliargamenti del Vicariato Patagónico e nuovi centri di Missione
canza di un Ospedale in quelle remote plaghe, si sta giá innal-
zando coi soccorsi della popolazione della Missione e si spera anche
del Governo. I dintorni di questa Missione sonó popolati dalle tribu
degli Indii Tehuelches, i quali ascoltano volentieri la voce del Van-
gelo, predicato a quando a quando da qualcuno dei nostri MissionariL »
Cosi riferiva, fondandosi sopra le informazioni fornitegli dai Mis-
sionari; ma nell'ottobre seguente lo constató de visu. Quali fossero
diventate le disposizioni degli animi, lo significo immediatamente il
contegno genérale verso la sua persona. II Governatore si stimó ono-
rato di andaré a porgergli il benvenuto a 18 chilometri da Rawson;
i principali della colonia italiana si presentarono con lui ad osse-
quiarlo; durante il mese di soggiorno nella capitale tutte le Autoritá
gli dimostrarono simpatia e venerazione. II Governatore, saputo che
voleva recarsi ira i gallensi per visitare le quattro o cinque famiglie
cattoliche, ve lo accompagnó con la sua carrozza, A Rawson poi Mon-
signore s'interessó di tutto e di tutti. Stabili una conferenza Vincen-
zina fra le signore; animó le signore, le quali Don Vacchina aveva
riunite in una fervorosa Associazione del Sacro Cuore, e le Figlie
di Maria, presiedendo due volte le loro riunioni. Non perdette di
vista gli Indi; ma, approfittando della venuta del cacico Salpo, gli
parló dell'istruzione religiosa e del battesimo per la sua gente. II
cacico acconsenti, e Monsignore senza perder tempo vi mandó lo
stesso Don Vacchina. Partendo ricevette attestati di rispetto da tutta
la colonia, dai connazionali e dalle Autoritá. Quelli che piü ne sen-
tirono la partenza, furono i fanciulli e le fanciulle delle scuole, ai
quali Monsignore aveva dato molte prove di tenerezza paterna.
Un buon termómetro per misurare la vita spirituale in una popo-
lazione é il numero delle comunioni. Per Rawson abbiamo la sta-
tistica di quattro anni consecutivi, da quando cioé l'azione missio-
naria cominció a produrre frutti sensibili, vale a diré dai 1894. In
quell'anno le comunioni furono 382; nel 1895 crebbero a 747; nel
1896 arrivarono a 1249; nel 1897 raggiunsero la bella cifra di 2021.
Entro il giro degli anni, di cui abbiamo parlato qui sopra, Mons.
Cagliero, per daré consistenza all'opera di evangelizzazione compiuta
dai Missionari con le loro lunghe, pericolose e faticosissime pere-
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Annali Società Salesiana Vol. II. Don Rúa 1888 1898Capo XIV
grinazioni, stabili in due altri punti del Rio Negro, in uno del Neu-
quén e in uno del Colorado, quattro nuove stazioni missionarie. Una
stazione missionaria fissa é come nell'arsura del deserto un punto, dove
rampolli una vena d'acqua: vi si forma un'oasi, in cui vicino cresce
la bella vegetazione e da lontano vengono le carovane a cercar re-
frigerio.
Le due del Rio Negro sorsero a Conesa e a Choele-Choél. Co-
nesa era una piccola colonia sulla sponda destra del gran fiume, a piú
di 200 chilometri da Viedma, con una popolazione mista. Nella spe-
dizione militare del 1879 Don Costamagna vi aveva battezzato un
certo numero di Indi, deportati dal Colorado. Dal 1881 in poi Don
Milanesio visitava una o due volte all'anno quella rancieria o gruppo
di ranchos, istruendo e battezzando. Qui egli cominció il suo studio
della lingua araucana per farsi intendere da quanti poco o nulla
capivano di spagnolo. Ma vedeva puré la necessitá che vi si fissasse
una casa di Missione per tutta la zona. Monsignore nel 1891 incaricó
lui stesso di condurvi i primi Salesiani e le prime Figlie di Maria
Ausiliatrice, allogandoli in locali presi a pigione, di cui, finché fu
necessario, pagarono il fitto i vicini. Vi si arrivó all'apostolica, sprov-
visti di tutto; ma la gente della colonia venne in aiuto, imprestando
mobili e portando viveri. Alia Messa e alie piccole funzioni inter-
venivano molti. La prima festa, in onore del Patrono S. Lorenzo, si
celebró con la maggior pompa possibile mediante il concorso di tutti,
ricchi e poveri. Seguirono poi le altre, che elevarono a poco a poco il
tono della vita religiosa o piú semplicemente della vita, in un luogo,
dove per l'addietro le giornate si succedevano grige grige, senza che
nulla mai facesse vibrare lo spirito e lo portasse in alto. Don Mila-
nesio in procinto di lasciare Conesa per lanciarsi alie sue corsé apo-
stoliche scrisse (1): «La casa salesiana di Conesa, sebbene al pre-
sente umile come la grotta di Betlemme, spargerá, speriamo, bene-
fizi spirituali e temporali sopra una vastissima zona popolata la
maggior parte da indigeni e semindigeni.» La sua speranza non
ando delusa (2).
(1) Lott. a Don Hua. lo setiembre 1891.
(2) Cfr. Boíl. Sal., setiembre 1898.
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Annali Società Salesiana Vol. II. Don Rúa 1888 1898Aliargamenti del Vicariato Patagónico e nnovi centri di Missione
SulFopposta sponda del fiume, a ovest di Conesa e alia distanza di
circa 200 chilometri, é Choele-Choel. Riuniti aveva un 200 abitaníi,
ma piü di 2000 sparpagliati in uno spazio immenso. Mons. Cagliero
e i Missionari, evangelizzando lungo il Rio Negro, ne facevano un
centro d'irradiazione. II luogo, indicatissimo per una stazione per-
manente, la ebbe nel 1891 da Don Bonacina, che nella sua vita di
privazioni vi gustó molte consolazioni spirituali, frutto delle sue apo-
stoliche fatiche.
Nel territorio del Neuquen la stazione missionaria fu stabilita a
Junin de los Andes, distante circa 400 chilometri dalla confluenza, che
da origine al Rio Negro, e piü di 1000 da Viedma, dov'era la Casa
Madre della Patagonia Salesiana. É una localitá andina molto pit-
toresca. Qui soleva piantare le tende Don Milanesio, allorché per-
correva la regione. Nel 1895 Mons. Cagliero gli ordinó di gettarvi
le fondamenta di una Casa salesiana, destinata a spargere la luce
del Vangelo e della civiltá in mezzo a cinquemila indigeni di quelle
terre. Egli vi soggiornó due anni, avendo per abitazione due capanne
di fango col tetto di paglia. Trascorreva le lunghe serate invernali
nel fare la dottrina e un po' di scuola ai fanciulli, che poteva racco-
gliere; ma nei mesi della buona stagione dava Missioni lungo le rive
del Limay e de' suoi affluenti, scoprendo ogni tanto nuclei d'indigeni
sperduti in seno alie immense valli (1). Nel 1897 ricevette da Mon-
signore l'ordine di cercare a Buenos Aires e altrove il danaro oc-
corrente per fabbricare a Junin un collegio. Non uno, ma due ne fece
sorgere la ai piedi della Cordigliera, essendovisi eretto puré queJ
delle Figlie di Maria Ausiliatrice. É indescrivibile quante fatiche e
quanti sudori costó tale impresa. Basti pensare alie infinite distanze,
ai mezzi di trasporto consistenti in solé bestie da soma, alie strade
pressoché impraticabili, alia somma povertá degli abitanti ed an-
che alie conseguenze delle calamita che turbavano di tratto in tratto
la tranquillitá della Repubblica. Ma non si sarebbe potuto escogitare
altro di meglio per radicare nel territorio del Neuquen la fede e la
vita cristiana. Non molto lungi da Junin de los Andes, nei quaranta
(1) Lctt. n Don Rúa, Buenos Aires, 5 febbraio 1897.
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Annali Società Salesiana Vol. II. Don Rúa 1888 1898Capo XIV
chilometri di terreno ceduti a lui e alia sua famiglia dal Governo
argentino, nella vallata del fiume Aluminé, aspettava malinconica-
mente la fine de' suoi giorni il bellicoso e debellato vecchio cacico
Namuncurá, il cui nome resterá nella nostra storia associato a quello
del suo figlio minore, alunno dei collegi Pió IX a Buenos Aires e di
Villa Sora a Frascati, Fangelico Zefirino (1).
Data puré dal 1895 la stazione di Fortin Mercedes sulla riva si-
nistra del Rio Colorado, a meta strada fra Bahia Blanca e Pata-
gones. É il centro di una estesissima e poco popolata regione; ma
godeva allora una fama niente invidiabile. I Salesiani conoscevano
da un pezzo la zona, avendola esplorata piü volte nelle loro escur-
sioni evangeliche; nel 1888 Don Savio l'aveva percorsa tutta in lungo
e in largo, facendovi gran bene e lasciando di sé bella memoria. Don
Pietro Bonacina nel 1892 vi stette otto mesi, perlustrandola da capo
a fondo. Finalmente nel 1895 Mons. Cagliero vide la necessitá di sta-
bilirvi una residenza fissa, donde si potesse esercitare su quei coloni
un'azione continua e piü efficace. Ne nomino capo il detto Don Bo-
nacina, anima di apostólo. Egli gettó súbito le fundamenta di due
orfanotrofi, uno maschile e l'altro femminile. Alie forti spese per le
costruzioni provvedeva una sottoscrizione fra quei coloni, molti dei
quali abbastanza forniti di beni. Per tutto il rimanente c'era il suo
spirito di sacrificio. Alzatosi per tempissimo e celebrata la Messa, si
metteva a fabbricare mattoni crudi, con cui costruire le prime ca-
sette; quindi faceva scuola, esercitava il ministero, lavorava fino a
tarda notte. Di forme atletiche e di forza erculea, non aveva paura
della fatica e sapeva far stare a dovere certi malviventi, che avreb-
bero voluto attentare alia tranquillitá delle Suore. Appena ebbe pronte
tre camere, raccolse una ventina di orfanelli. Inizió puré qualche
laboratorio. Altrettanto fecero le Figlie di Maria Ausiliatrice, arri-
vate nel 1896. Monsignore visitó le due Case durante la sua accen-
nata peregrinazione del 1897. Trovó scarso personale e molta povertá;
tuttavia il suo occhio sagace v'intui un avvenire grande e sicuro.
Infatti il Collegio S. Pietro, progredendo di anno in anno, venne
(1) Di luí ha pubblicato rccentcmcnte una biografía il salcsiano Don Castaño (S.E.I., 1934).
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Annali Società Salesiana Vol. II. Don Rúa 1888 1898Aliargameníi del Vicariato Patagónico e nuoui centri di Missione
a formare da sé un piccolo paese, riunendo tutte le comoditá indi-
spensabili per le condizioni del luogo e per Tuso a cui era destinato.
Nel 1900 scriveva di la un Cooperatore (1): « II passeggiero che parte
da Bahia Blanca o da Patagones, dopo 18 o 20 ore d'incomodissimo
viaggio fra campi incolti, disabitati e deserti, si senté allargare il
cuore, quando comincia a scorgere da lontano quel bianco edificio.
Sara fantasía, ma io provo una sensazione di piacere e di contento,
quando, lasciati i míei lavori di casa, mi avvio al Fortín Mercedes.
Non c'é paese, né autoritá, né famiglie, niente di tutto ció, ma c'é
il Collegio S. Pietro, vi sonó cola i Salesiani intenti ai loro doveri e
tanto mi basta, e basta puré a moltissimi altri, perché in loro noi
troviamo l'amico per fare quattro chiacchiere, il padre che ci da savi
consigli, il medico che ci cura nelle malattie corporali e spirituali, il
maestro che c'insegna, ci consola, ci fortifica e ci aiuta. »
Ma questo era ancor poco; i presagi di Mons. Cagliero si vedono
oggi avverati in una forma, che egli certo non si poteva immagi-
nare. Toccherá ad altra penna il compito di scrivere questa pa-
gina degli Annali (2). Nel sogno missionario del 1885 (3) Don Bosco
vide « una casa con molti Confratelli salesiani, i quali si esercita-
vano nella scienza, nella pietá, in varié arti e mestieri e nell'agri-
coltura». Questi dati corrispondono alia Casa di Fortin Mercedes,
qual é al presente: Casa di formazione nell'Ispettoria di S. Francesco
Saverio, con numeroso studentato di chierici, scuole professionali,
scuola di agricoltura, museo regionale e santuario di María Ausi-
liatrice, meta di pellegrinaggi. «A Sud era la Patagonia», sog-
giungeva Don Bosco: particolare topográfico che conferma l'identi-
ficazione.
(1) Sig. Secondino Brassetti, Fortin Mercedes, 20 agosto 1900, in Boíl. Sal. di novembre 1900.
(2) Lo stato attuale dell'opera si deve all'Ispettore Don Manachino. Cfr. la voluminosa mono-
grafía: Misiones de Patagonia; Fortin Mercedes.
(3) Annali, pag. 506.
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Annali Società Salesiana Vol. II. Don Rúa 1888 1898C A P O XV
I Salesiani nella térra di Gesü.
Terrasanta! Questa mágica parola ha risvegliato sempre nelle
anime cristiane viví sentimenti di amore, di riconoscenza, di de-
siderio. Piange il cuore al pensare quale scempio abbiano fatto di
quei luoghi santificati dalla vita, passione e morte del Salvatore
i scismatici, gli eretici, i protestanti ed i mussulmani. I cattolici
che resistettero alia nefasta penetrazione, sonó ridotti purtroppo
a una minoranza quasi sperduta nel maremagno delle sétte av-
verse, alie quali bisogna aggiungere oggi la fiumana degli Ebrei.
Lavorare nella térra di Gesü per difendere e propagare quella fede,
che di la Gesü irradio su tutto il mondo, fu sempre considerato
come una gloria, che ambirono in ogni tempo cuori generosi. in-
fiaminati d'amor di Dio. Anche ai Salesiani la Provvidenza volle
concederé tanta grazia.
In Terrasanta i Salesiani non entrarono di propria iniziativa,
ma vi iurono chiamati ad assumere un'Opera giá esistente, a cui
diedero consistenza, sviluppo ed estensione. Vedremo nel presente
capo i precedenti dell'Opera, diremo della sua cessione alia Societá
salesiana e toccheremo delle sue varié parti, rimandando ad altro
luogo il parlare degli incrementi.
In tutto questo periodo di tempo primeggia la persona del Canó-
nico Antonio Belloni, salutato generalmente in Palestina col titolo
di Padre degli orfani. Nacque il Belloni a Borgo S. Ágata nella
diócesi di Albenga il 20 agosto 1831. Chierico in Seminario, sen-
tendosi chiamato alie Missioni, passó nel 1855 al Collegio Brignole
Sale di Genova. Ordinato sacerdote il 19 dicembre 1857, fu de-
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