Circolare attribuita a don Bosco e rimasta inedita fino al 1935, costituisce un significativo prodotto dell’ambiente collegiale di Valdocco, dove probabilmente fu redatta nel 1883 da collaboratori di don Bosco, sulla base di scritti pedagogici di diversi autori (Teppa, Monfat, Rollin…).
Testo critico con introduzione, apparati delle varianti e delle note storico-illustrative in Pietro Braido (ed.), Don Bosco educatore scritti e testimonianze. Terza edizione con la collaborazione di Antonio da Silva Ferreira, Francesco Motto e José Manuel Prellezo. Istituto Storico Salesiano, Fonti, Serie prima, n. 9. Roma, LAS 1997, pp. 317-333.
Miei cari figliuoli,
Sovente e da varie parti mi arrivano ora domande, ora anche preghiere, perchè io voglia dare alcune regole ai Direttori, ai Prefetti ed ai Maestri, che servano loro di norma nel difficile caso in cui si dovesse infliggere qualche castigo nelle nostre case. Voi sapete in quali tempi viviamo, e con quanta facilità una piccola imprudenza potrebbe portare con sè gravissime conseguenze.
Nel desiderio pertanto di secondare le vostre domande, ed evitare a me ed a voi dispiaceri non indifferenti, e, meglio ancora, per ottenere il maggior bene possibile in quei giovinetti che la Divina Provvidenza affiderà alla nostra cura, vi mando alcuni precetti e consigli, che se voi procurerete, come io spero, di praticare, vi aiuteranno assai nella santa e difficile opera della educazione religiosa, morale e scientifica.
In generale il sistema che noi dobbiamo adoperare è quello chiamato preventivo (1) il quale consiste nel disporre in modo gli animi
(1) Vedi Regolamento per le Case della Società di S. Francesco di Sales.
de’ nostri allievi, che senza alcuna violenza esterna debbano piegarsi a fare il nostro volere. Con tal sistema io intendo di dirvi che mezzi coercitivi non sono mai da adoperarsi, ma sempre e soli quelli della persuasione e carità.
Che se l’umana natura, troppo inclinevole al male, ha talvolta bisogno di essere costretta dalla severità, credo bene di proporvi alcuni mezzi, i quali, io spero coll’aiuto di Dio ci condurranno a fine consolante. Anzitutto se vogliamo farci vedere amici del vero bene dei nostri allievi, ed obbligarli a fare il loro dovere, bisogna che voi non dimentichiate mai che rappresentate i genitori di questa cara gioventù, che fu sempre il tenero oggetto delle mie occupazioni, de’ miei studi, e del mio ministero sacerdotale, e della nostra Congregazione Salesiana. Se perciò sarete veri padri dei vostri allievi, bisogna che voi ne abbiate anche il cuore; e non veniate mai alla repressione o punizione senza ragione e senza giustizia; e solo in modo di chi in questa si adatta per forza e per compiere un dovere.
Io intendo di esporvi qui quali siano i veri motivi, che vi debbano indurre alla repressione, e quali siano i castighi da adottarsi e da chi applicarsi.
Quante volte, miei cari figliuoli, nella mia lunga carriera ho dovuto persuadermi di questa grande verità! È certo più facile irritarsi che pazientare: minacciare un fanciullo che persuaderlo: direi che è più comodo alla nostra impazienza ed alla nostra superbia, castigare quelli che ci resistono, che correggerli col sopportarli con fermezza e con benignità. La carità che vi raccomando è quella che adoperava S. Paolo verso i fedeli di fresco convertiti alla religione del Signore, e che sovente lo faceva piangere, e supplicare quando se li vedeva meno docili e corrispondenti al suo zelo.
Perciò io raccomando a tutti i Direttori, che prima debbano adoperare la correzione paterna verso i nostri cari figliuoli, e che questa sia fatta in privato, o come si suol dire in camera charitatis. In pubblico non si sgridi mai direttamente, se non fosse per impedire lo scandalo, o per ripararlo qualora fosse già dato.
Se dopo la prima ammonizione non si vede alcun profitto, se ne parli con un altro superiore che abbia sul colpevole qualche influenza; e poi alla fine se ne parli col Signore. Io vorrei che il Salesiano fosse sempre come Mosè, che si studia di placare il Signore giustamente indignato contro il suo popolo d’Israele. Io ho veduto che raramente giova un castigo improvviso e dato senza aver prima cercato altri mezzi. Niuna cosa, dice S. Gregorio, può forzare un cuore, che è come una cittadella inespugnabile, e che fa d’uopo guadagnare con l’affetto e con la dolcezza. Siate fermi nel volere il bene, e nell’impedire il male, ma sempre dolci e prudenti; siate poi perseveranti ed amabili, e vedrete che Dio vi renderà padroni anche del cuore meno docile. Lo so, questa è perfezione, che si incontra non tanto di frequente ne’ maestri e negli assistenti, spesso ancor giovanetti. Essi non sogliono pigliare i fanciulli, come converrebbe pigliarli: non farebbero che castigare materialmente, e non riescono a nulla, o lasciano andar tutto a male, o colpiscono a torto od a ragione.
È per questo motivo, che sovente vediamo il male propagarsi, diffondersi il malcontento anche in quelli che sono i migliori, e che il correttore è reso impotente a qualunque bene. Devo perciò anche qui portarvi di nuovo per esempio la mia propria esperienza. Ho sovente incontrato certi animi cos