Ai Salesiani
DIREZIONE GENERALE DELLE OPERE SALESIANE
TORINO
LII
Avvisi vari
1. Rendiconto. — 2. Ubbidienza. — 3. Conferenza quindicinale. — 4. Lettura a tavola. Pratiche di pietà. — 5. In guardia contro il modernismo. — 6. Esigere l´osservanza nei sacerdoti. — 7. Cura dei coadiutori e dei confratelli di altre case.
Torino, nella festa di tutti i Santi, 1906.
Due mesi non valsero a scancellare la soave impressione che lasciarono nel mio cuore gli esercizi spirituali fatti verso il fine di Agosto ultimo scorso presso la venerata tomba di D. Bosco in Valsalice. Anche da lontani paesi erano colà convenuti molti Ispettori e Direttori salesiani, desiderosi di ritemprarsi nella pietà e nella virtù colle Meditazioni delle grandi verità di nostra religione. Nel trovarmi circondato da vari fra i più anziani membri della nostra famiglia, nel vedere insieme radunati quei confratelli che in modo speciale godono della fiducia del Capitolo Superiore, nel poter rivolgere la parola a coloro che hanno tanta parte nella direzione ed amministrazione dei nostri istituti, io mi sentii inondare il cuore di santa gioia, ed avrei voluto farla gustare a tutti i nostri Ispettori e Direttori. Che meraviglia perciò se io mi sono sforzato di mettermi interamente a loro disposizione, se con tutto interesse ho ascoltato quanto essi avevano a dirmi sia riguardo a loro medesimi, sia riguardo alle case da loro dirette? Mi sono egualmente industriato di dare ogni sera, dopo le orazioni, alcuni avvisi che mi parevano di grande importanza, ed avrei voluto che quegli avvisi ed esortazioni giungessero all´orecchio di tutti gl´Ispettori e Direttori della nostra Pia Società. Ma poichè non era possibile che tutti fossero presenti, ho creduto opportuno farne una circolare esclusivamente indirizzata agli Ispettori e Direttori. Scrivendo queste pagine mi parrà ancora di godere della cara compagnia e di prolungare quei giorni che passarono colla rapidità del lampo. Voglia il nostro amatissimo D. Bosco comunicare a questo mio povero scritto un poco di quell´efficacia di cui era dotata la sua parola.
Seguendo l´ordine tenuto durante i suddetti esercizi comincerò:
Con alcune riflessioni sul rendiconto. Santa Giovanna Francesca di Chantal, formata alla scuola del nostro dolcissimo S. Francesco di Sales, sull´articolo delle Costituzioni che impone alle religiose della Visitazione di fare il rendiconto, scrive queste memorabili parole: Ecco l´articolo che aiuta ad osservare tutti gli altri, e ben praticato, secondo il nostro buon Padre, riempirà il cielo di anime. Quando invece si perde la confidenza col Superiore, si perde lo spirito dell´Istituto.
Un santo Vescovo chiamò il rendiconto: potenza di formazione e di attrazione. Invero esso è una potenza di formazione perchè serve a formare il religioso alla pietà, alla virtù ed al genere di vita proprio del suo Istituto. È una potenza di attrazione perchè lo affeziona al Superiore, alla sua Congregazione, a Dio, alle anime.
S. Gerolamo parlando della direzione che si riceve nel fare il rendiconto afferma che senza di essa non si fa progresso nella via della perfezione; pochi la trovano, pochi vi entrano, e pochissimi vi perseverano.
Oltre queste autorevoli testimonianze, per poco che si rifletta, si possono facilmente dedurre i vantaggi di questa pratica che è in uso presso tutte le famiglie religiose. Come mai potrebbe un Superiore dirigere i suoi dipendenti, aiutarli nel compiere i doveri del loro ufficio, istruire gli uni, incoraggiare gli altri, in una parola dare a ciascuno quelle regole di condotta che meglio sono appropriate a´ suoi bisogni? Non colle prediche, nè colle conferenze che pure sono utilissime, ma con quell´intima conversazione per cui il suddito fa conoscere lo stato dell´animo suo ed il Superiore gli dà i consigli e gli avvisi di cui abbisogna.
È noto a tutti che nel cammino della perfezione, anche chi è animato dalla migliore volontà, si trova esposto al pericolo di allontanarsi dal retto sentiero. Quanti fra i religiosi medesimi sono vittime delle illusioni dell´amor proprio! Quanti lasciati in balìa di loro stessi, sprovvisti della prudenza che sarebbe necessaria, sedotti dalle loro passioni, che sono pur sempre vive anche dopo la professione, corrono rischio di perdersi! Ma se essi s´incontrano in un Direttore, che colla sua carità si faccia aprire il loro cuore lasciandosi da lui condurre, con tutta facilità sventeranno le insidie del demonio, vinceranno le tentazioni, e metteranno un freno all´amor proprio ed alle passioni.
L´anima, non altrimenti che il corpo, va soggetta a molte e gravi infermità, quali sono, per accennarne alcune, l´inclinazione alla collera, ai piaceri sensuali, alle amicizie particolari, alla malinconia ed alla tiepidezza. A chi è vittima di tali malattie si può con ragione applicare il Vae soli della Sacra Scrittura. Ma fortunatamente il Salesiano non è mai solo; egli avrà sempre al fianco un caro amico che prenderà cura di lui, un medico affettuoso ed intelligente che lo guarirà. E questi è il Superiore che riceve le sue intime confidenze nel rendiconto.
Che se ciò non bastasse, dal demonio stesso dovremmo imparare quanto sia vantaggioso il rendiconto, poichè egli, per rovinare i religiosi, contro questa pratica dirige specialmente le sue armi, a questa fa la guerra senza tregua, e si crede di aver riportato la più splendida vittoria quando riesce a ritrarre qualcheduno dal compierla. Anzi egli confessò a S. Domenico, che perde nel rendiconto, ossia nell´accusa che i religiosi fanno delle proprie debolezze, tutto quanto guadagna colle sue tentazioni, coi lacci che tende agli incauti.
Venendo perciò, o miei buoni Ispettori e Direttori, a qualche pratica conclusione, io vorrei pregarvi per l´amore che portate alla santa memoria del nostro buon Padre D. Bosco:
a) A continuare nella bellissima abitudine contratta omai da voi tuttti di fare con sincerità e semplicità il vostro rendiconto agli Ispettori o Membri del Capitolo Superiore che vengono a visitarvi;
b) Di considerare ognora come un dovere di coscienza il dare comodità e l´ascoltare i vostri confratelli ogni mese, come prescrivono le nostre Costituzioni (Cap. III, 4). Non lasciatevi ingannare credendo che questo sia tempo perduto, che altri affari più importanti richiedano le vostre sollecitudini;
c) Sforzatevi di imitare la dolcezza e longanimità di D. Bosco; una parola aspra, un rimprovero inopportuno basterebbe per chiudere il cuore di chi viene a confidarvi le sue pene;
d) Infine guardatevi attentamente dal manifestare agli uni i difetti degli altri, anche quando si tratta di cose che forse conoscete già per altre vie. Sappiano i vostri subalterni che voi siete capaci di conservare il segreto su quanto vengono a confidarvi. Una breve indiscrezione su questa materia diminuirebbe o forse distruggerebbe intieramente la confidenza che avrebbero con voi i vostri dipendenti.
Udii varie volte dalle labbra di qualcheduno di voi uscire un lamento che mi ferì nel più vivo del cuore. Vi fu chi nell´ardore del suo zelo mostrò di credere che la nostra Pia Società andasse a poco a poco perdendo dello spirito del nostro sempre compianto Fondatore; che la maniera di pensare, di parlare e di operare dei Salesiani odierni non fosse più conforme agli esempi di D. Bosco. Io che ho ormai visitate tutte le case d´Europa, che ricevo continuamente lettere dai confratelli dell´antico e del nuovo continente, non posso associarmi a quel modo di giudicare, sebbene mi sembri ispirato da vivo amore verso la nostra Pia Società. Per grazia del Signore posso affermare, senza paura d´ingannarmi, che fra le file dell´esercito salesiano militano molti buoni religiosi, veramente degni di essere chiamati figli di Don Bosco, i quali si sforzano di camminare sulle sue tracce. Ciò nondimeno non posso negare che pur la nostra Congregazione si risente alquanto delle massime che sconvolgono la società in questi giorni, di quello spirito di indipendenza nel pensare, parlare ed operare, per cui si vorrebbe scuotere il giogo dell´autorità. Anch´io temo pur troppo che s´infiltri tra i nostri giovani confratelli questa cattiva tendenza. Ond´è che per iscongiurare questo pericolo io alzo la voce per farmi udire da tutti gl´Ispettori e Direttori, sparsi su tutta la faccia della terra e grido: corriamo tosto al riparo. Non contentiamoci di sterili lamenti, corriamo tosto al riparo. E davvero si conserverà ognora fra noi lo spirito di Don Bosco, se tutti i Salesiani praticheranno bene la soggezione e l´ubbidienza della mente e del cuore. Non c´è dubbio, la nostra Pia Società in questo momento abbisogna di Salesiani veramente ubbidienti. Faccio appello a voi, miei buoni Ispettori e Direttori, perchè facciate comprendere bene a tutti i confratelli questa verità.
Cominciate a-tener saldo il principio dell´autorità nelle vostre conferenze e nelle vostre private conversazioni. Ricordate sovente ai vostri dipendenti che i Superiori sono gli anelli della catena che ci unisce a Dio. Avvezzate i Salesiani a vedere cogli occhi della fede N. S. G. C. stesso nella persona dei Superiori. Ricordate loro che colla professione si è immolata la nostra volontà al Signore ed anche, dove occorre, il proprio giudizio, secondo la parola di S. Paolo: Rationabile obsequium vestrum, l´ossequio della vostra ragione. Si riprenderebbe ciò che fu consacrato a Dio, se si ricusasse di ubbidire. A chi non volesse sottomettersi ai Superiori, fosse pure per un bene maggiore, ripetiamo ciò che scriveva Santa Teresa, che cioè il disubbidiente è come un carbone che col separarsi dalla massa del fuoco, va perdendo il calore e si spegne; oppure come un albero piantato fuori del recinto, il quale non giova per nulla al suo padrone, sebbene carico di frutti, perchè questi sono scossi da ogni passeggero e gettati a terra prima che giungano a maturità.
Ma notate bene che le parole non bastano. Deve starci altamente scolpito nella memoria che la comunità non abbisogna solo d´insegnamenti, ma di buoni esempi. Vi torni spesso a mente che la vita del Superiore è il libro in cui i confratelli leggono le norme del vivere. Quando voi rispettate l´autorità dei Superiori Maggiori, quando vi sottomettete alle loro decisioni anche con qualche sacrificio, rendete più veneranda e più forte la vostra stessa autorità. Se voi desiderate che siano osservate nella vostra casa le nostre Sante Regole, siate voi i primi ad osservarle. S. Gregorio Magno diceva: non credo che il panno prenda così facilmente il colore, il vaso l´odore, quanto gli inferiori prendono la maniera di essere dei loro Superiori. Sentenza consolante per chi edifica la sua famiglia religiosa col buon esempio! Sentenza tremenda per chi si contentasse d´insegnare, e non confortasse la sua parola colla pratica! Che consolazione prova un Superiore nel visitare un istituto, a cui presieda un Direttore veramente ubbidiente, pio e zelante! Si direbbe che ognuno dei confratelli ricopia le virtù, il modo di parlare, il modo di trattare del suo Superiore. Nelle mie visite mi fu dato di incontrare non poche volte di queste case fortunate. Lavoriamo e preghiamo, perchè di tal genere siano tutte. Vi sovvenga infine che colla vostra perfetta ubbidienza voi renderete molto meno pesante ai vostri Superiori l´esercizio dell´autorità.
Poichè questa mia lettera è indirizzata agli Ispettori e Direttori conviene che sull´ubbidienza si aggiungano ancora alcune parole. Posti alla guardia di una legione dell´esercito salesiano, voi vegliate perchè i vostri dipendenti- osservino la disciplina in generale; ma qui non s´arrestino le vostre cure: a coloro che come ufficiali combattono con voi le battaglie del Signore, quali sono il Prefetto, il Catechista, ed il Consigliere scolastico, voi inculcate l´adempimento dei loro doveri particolari, perchè un poco di negligenza per parte loro sarebbe causa di grave disordine nella vostra casa. Così alla mia volta io scrivendo a voi, miei buoni Ispettori e Direttori, non devo contentarmi di raccomandare in generale l´ubbidienza e l´osservanza delle Regole, a voi devo ricordare alcuni doveri particolari, inerenti alla vostra carica. Come basterebbe che una piccola ruota d´una macchina non girasse, perchè essa rimanesse inoperosa, così tutto l´organismo della nostra Pia Società ne soffrirebbe assai, qualora voi non foste attenti all´osservanza delle nostre Costituzioni anche nelle cose che a taluno forse parrebbero piccole. Permettetemi che io discenda ai particolari della vita salesiana.
Ogni quindici giorni, ossia due volte al mese, il Direttore deve tener una conferenza ai confratelli della sua casa. La maggior parte dei nostri Direttori colgono volentieri questo mezzo per mantener vivo nella loro comunità il fervore, lo zelo per la salvezza delle anime. Tuttavia s´incontrano pure di quelli che non se ne danno pensiero, sicchè trascorrono mesi e mesi senza che una parola d´incoraggiamento giunga all´orecchio di quei Salesiani. Altri non si curano di prepararla, onde ne avviene che riesce di nessun frutto e lascia il tempo che trova. Forse in un collegio si sente il bisogno di affiatamento, la pietà languisce, l´assistenza manca, gli abusi crescono, forse si moltiplicano i peccati: quanto sarebbe opportuna una breve conferenza, ispirata da vero zelo, detta con un poco d´unzione! Quanto si perde omettendola!
S´incontrano poveri Salesiani che durante tutto un anno non fecero un rendiconto. Richiesti della causa rispondono che sentirono il bisogno di farlo, che vinsero ogni ripugnanza, misero sotto i piedi l´amor proprio, e si presentarono al,Direttore una volta, due, tre volte, ma sempre invano. È da stupire se non ritornarono più? Come è da compiangere quella casa! Ma molto più è da compiangere quel Direttore.
In qualche casa si ebbe pure a deplorare molta negligenza riguardo alla lettura a tavola. Si dovrebbe leggere la vita di D. Bosco, il Bollettino Salesiano d´ogni mese: il giorno dell´esercizio della buona morte si dovrebbero leggere almeno in parte le nostre Costituzioni. È ottima usanza quella di leggere il Regolamento delle Case Salesiane. Come scusare quel Direttore che non fece nulla di tutto questo?... Che dire ancora di quell´uso, introdotto in vari posti, di abbreviare la lettura a tavola o cominciandola dopo la minestra o finendola ordinariamente prima della frutta? che dire della trascuranza nelle preghiere prima e dopo le refezioni dicendole precipitosamente, o tralasciando le preghiere prescritte sotto il pretesto che la Comunità è piccola, che si ha fretta di andar ad assistere i giovani? Sono forse agli occhi di taluno piccole regole; ma la loro trascuranza è indizio di rilassatezza e producono nei dipendenti l´abitudine di curarsi poco dell´esatta osservanza.
È poi particolarmente necessaria la vigilanza del Direttore sulle pratiche di pietà. Sant´Efrem scrisse che il sonno del pastore è la gioia del lupo. Perciò, o miei buoni Ispettori, vegliate perchè nessuno del vostro personale tralasci la meditazione e la lettura spirituale. Voi stessi, anche a costo di qualche sacrificio, date il buon esempio prendendovi parte. A dir vero mi pare sia seriamente imbarazzato quel Direttore che debba inculcare agli altri di far la meditazione, mentre egli non si trova mai. Oh! Quando saremo tutti ben persuasi che si è specialmente nella meditazione che noi impareremo a farci santi ed a santificare gli altri?
. Per ultimo lasciate che vi esprima il timore che mi tormenta da qualche tempo, che a poco a poco si riduca l´esercizio della buona morte ad una pratica quasi infruttuosa. Noi ricordiamo come si facesse ai tempi di D. Bosco; qui impressione facevano le parole con cui l´annunziava! Ci serviva di predica il suo contegno divoto mentre si recitavano le belle preghiere della buona morte! Ancor dopo ci richiamava alla mente i buoni propositi fatti. Vi prego, o miei buoni Ispettori e Direttori, di conservare sempre a questa utilissima pratica il suo antico carattere; non risparmiate nulla perchè essa produca i frutti più abbondanti. Oltre ciò che potrebbe farsi coi giovani, non si tralasci mai pei confratelli l´esame di coscienza ed una fervorosa conferenza. Così ci prescrive il nostro buon padre Don Bosco.
Colgo l´occasione di questa circolare per confidarvi una pena che mi affligge profondamente. Da quanto mi fu riferito, il così detto modernismo, contro il quale il Papa ed i Vescovi hanno alzato chiaramente l´autorevole voce, è riuscito a penetrare nelle case salesiane. Alcuni chierici e giovani sacerdoti con mezzi che forse sono un´infrazione del voto di povertà e di ubbidienza si sarebbero procurati libri e riviste, che, se pure non propugnano dottrine apertamente contrarie agli insegnamenti della Chiesa, possono però tornare ai giovani lettori di gravissimo pericolo. Si ha specialmente a deplorare nei loro autori un vivo desiderio di novità, un sensibile piacere di dare una smentita ai dottori maggiormente stimati dai cattolici e screditare le credenze del popolo cristiano. E pur troppo si ha ragione di credere che tali letture abbiano prodotto funesto effetto in alcuni confratelli, se si tien conto del loro modo di parlare riguardo alla Chiesa e all´Augusto suo Capo, riguardo alla Teologia ed alla Sacra Scrittura. Le loro massime, improntate di novità, espresse con aria di spregiudicati, ferirono le orecchie di vari Salesiani, abituati a sentire rettamente intorno alle dottrine della Chiesa Cattolica e fedeli alle raccomandazioni di Don Bosco.
A voi perciò, o miei buoni Ispettori e Direttori, di vegliare perchè tali libri e riviste non penetrino nelle vostre case, perchè i chierici ed i giovani sacerdoti non perdano il tempo nella lettura di giornali, ma l´impieghino invece nella lettura e nello studio di opere generalmente riconosciute veramente sane. Inoltre rivolgete ancora le vostre cure ai chierici che compiono il triennio pratico. Assicuratevi anche col farvi dare una lista dei libri, che non corrano fra le loro mani romanzi e poesie pericolose. Che pena è per me il sapere che si leggono avidamente, si ammirano certi autori che avranno merito per la forma letteraria ed artistica, ma non hanno fede ed anzi palesemente combattono e calpestano le sacrosante verità della religione! Non potrò mai approvare che nelle nostre scuole se ne parli con entusiasmo. Che se fosse necessario spiegarne qualche squarcio prescritto, un maestro Salesiano dovrebbe sempre stornare gli scolari dalla lettura di quelle opere e contentarsi di ciò che si trova nelle buone Antologie. Questo è l´avviso che ci dava D. Bosco, il quale desiderava che non si parlasse con encomi di tali autori e si premunissero i propri dipendenti da tali letture. Tali avvisi noi dobbiamo ripetere ai nostri preti e chierici. Del resto sí eviterebbe ogni pericolo, se i nostri chierici e sacerdoti, per mezzo di una saggia e prudente direzione, si formassero una coscienza vera, retta e delicata; poichè avvenendo loro di leggere qualche massima pericolosa per la fede e pei buoni costumi, si farebbero scrupolo di farne pascolo della loro mente, e getterebbero il libro che l´insegna.
E per continuare in quest´ordine d´idee sento il dovere di farvi notare che forse per soverchia timidità od inavvertenza di certi Direttori, certi sacerdoti nostri confratelli mancano di una vera direzione. Sovente essi non fanno le pratiche di pietà in comune, non prendono parte all´esercizio della buona morte, e neppure sono chiamati al rendiconto. Si nota che taluni si separano quasi dalla vita di comunità, ed occupati nel ministero sacerdotale, non provano più gusto nel lavorare a pro della gioventù. Credetemi, miei buoni Ispettori e Direttori, l´abbandonare questi sacerdoti a loro medesimi è un gran male; le sue conseguenze potrebbero essere funeste. Anch´essi abbisognano di consiglio, poichè expers consilii, similis est navigio rectore carente (S. Basilio). Anche a loro conviene l´avviso dello Spirito Santo: ne innitaris prudentiae tuae. Così pure, vinta ogni ripugnanza ad ammonire, avvisate quei sacerdoti che commettessero qualche errore nel celebrare la S. Messa o la celebrassero con eccessiva prestezza o senza premettere la debita preparazione o senza far seguire il dovuto ringraziamento, che non deve, come sapete, limitarsi a qualche minuto. Un santo religioso che amava di tenerissimo affetto la nostra Congregazione, faceva voti perchè la compostezza della persona, l´unità e la esattezza delle cerimonie fosse il distintivo dei Salesiani. Infatti quanto fecondo diverrebbe il nostro apostolato mediante la divota celebrazione dei divini misteri!
Chiamate inoltre tutti i sacerdoti, senza eccezione, alla soluzione dei casi mensili. Sforzatevi di formare in loro un giusto criterio per scegliere convenientemente le sentenze dei teologi e servirsene, secondo il bisogno, per fare maggior bene, ma avvisateli a non appigliarsi per la propria condotta alle sentenze più larghe. Noi non debbiamo contentarci di evitare i peccati mortali, neppure limitarci a schivare i peccati veniali deliberati, ma dobbiamo aspirare alla perfezione e però non adottare nella propria condotta certe sentenze che ci condurrebbero ad un deplorevole lassismo.
Compirete poi l´opera, se con prudenza e con belle maniere esorterete i confratelli, specie i sacerdoti, a valersi a preferenza di confessori Salesiani. L´unità di spirito e di direzione è di tale vantaggio per una comunità religiosa che non dovrebbero sembrarci gravi i sacrifici per procurarcela.
Ancora una parola pei nostri Confratelli Coadiutori e sul modo di accogliere i Confratelli di altre case. Io sento di amar cordialmente in Gesù Cristo i Confratelli Coadiutori, sia perchè fra di loro s´incontrano molte anime belle, ricche di virtù tanto più preziose quanto sono più nascoste, capaci d´ogni genere di sacrifici. Dobbiamo inoltre riconoscere che molti di loro sono benemeriti della Congregazione avendo essi faticato e continuando a lavorare indefessamente per le nostre scuole professionali, per le aziende materiali e per le stesse missioni. Vorrei che anche tutti voi loro portaste un affetto veramente fraterno, e che lo manifestaste trattandoli con tanta bontà, ascoltandoli quando vi rivelano le loro pene, mostrandovi premurosi della loro sanità e provvedendo ai loro bisogni. Conviene che coi fatti e non solo colle parole dimostriamo di tenerli quali nostri veri fratelli. Mi scese al fondo del cuore come uno strale la lagnanza udita qualche volta dai coadiutori, che essi non sono considerati quali fratelli, ma quali servitori. Evitate perciò qualunque cosa potesse dar loro pretesto di pensare così.
Quando poi confratelli di qualunque condizione debbono per qualche affare essere invitati ad altra casa, siano sempre muniti dì una lettera di accompagnamento perchè siano accolti come membri della famiglia salesiana. Ed i Superiori e confratelli delle case per cui devono passare o soffermarsi li accolgano con cordiale bontà. Quanto ci fa stimare la nostra vocazione il vederci ricevuti con volto sorridente, con carità fraterna anche da coloro che ancor non ci conoscevano! Al contrario un fare aspro ed indifferente amareggia il cuore del nuovo arrivato, e talora gli rende intollerabile il soggiorno in tale compagnia. Perciò quando vedete giungere un confratello colla lettera di presentazione (che non dovrebbe mai mancare), immaginatevi che il Rettor Maggiore vi dica con S. Paolo: tu autem illum ut mea viscera suscipe ( Phil. 12).
Nel chiudere questa mia lettera voglio assicurarvi che ho piena fiducia in tutti coloro che compiono l´ufficio di Ispettore e Direttore. Qualunque siano le espressioni che uscirono dalla mia penna, non devono sembrare rimprovero ma unicamente ardente desiderio d´un bene maggiore.
Più che la mia parola vi stimoli a più perfetta osservanza la brama di meritare che la Chiesa presto dichiari Venerabile il nostro amatissimo D. Bosco. Voglia il Signore si compia il voto d´un santo Arcivescovo: che la virtù dei figli sia prova della santità
del Padre.
Implorando su voi e sulle vostre case la protezione di Maria SS.
Ausiliatrice mi sottoscrivo
Vostro aff.mo in C. J. Sac. MICHELE RUA.
PS. — Farete un gran piacere a me se leggerete questa lettera posatamente e se la rileggerete ancora altre volte, standomi molto a cuore le raccomandazioni qui contenute.
Quest´anno avrò bisogno di scrivervi altre volte: vogliate sempre accogliere le mie lettere come parole di un padre che molto vi ama e sente il bisogno del vostro aiuto pel buon andamento della cara nostra Società. In luglio spedii una lettera edificante: se qualche Direttore non avrà più potuto farla sentire alla sua comunità, la voglia far leggere nella prima conferenza.
con l´Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice
Torino, 21 novembre 1906.
Festa della Presentazione di Maria SS. al Tempio.
Carissimi Ispettori e Direttori,
Da varie nostre case mi giunsero dimande riguardo alle relazioni che vi possono essere fra la Pia Società di S. Francesco di Sales e l´Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice, entrambi fondati dal venerato nostro Padre D. Bosco. Per comune informazione e specialmente per norma dei Superiori Salesiani vi porrò ordinatamente qualche notizia e qualche articolo che potranno servirvi di guida per ben regolare non solo le relazioni coll´Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice, ma anche colle altre comunità religiose.
La S. Sede suole prendere in particolare considerazione gli istituti femminili di qualche importanza, conformandone le costituzioni colle Norme emanate dalla S. Congregazione dei VV. e RR. il 28 giugno 1901. Come fece con altri Istituti congeneri, così fece riguardo all´Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice. La S. Congregazione dei VV. e RR. prese ad esame le loro Costituzioni e con tratto di singolare interesse le ridusse in conformità colle norme sullodate; in conseguenza:
1° Esse, come le altre congregazioni femminili, non devono dipendere da alcuna congregazione di uomini, bensì dalla loro Superiora Generale assistita dal proprio Capitolo, sotto la vigilanza diretta della Sacra Congregazione dei VV. e RR. e degli Ordinari a norma delle nuove loro Costituzioni e dei SS. Canoni.
2° Esse devono avere un´amministrazione e contabilità affatto distinta e separata; e perciò dove esse prestano la loro opera per la cucina o biancheria, devono essere stipendiate come qualunque altra congregazione che prestasse simili servizi.
3° Ove per tali lavori, Salesiani e Suore avessero case vicine, debbono avere ingresso separato e nessuna comunicazione fra le loro abitazioni; anzi ove a tale riguardo sorgesse dubbio che vi fosse qualche irregolarità, l´Ispettore preghi l´Ordinario a verificare e all´uopo suggerire il da farsi.
4° Devono considerarsi come di loro proprietà le case di loroabitazione; per queste esse devono sopportare tutti i pesi d´imposte, riparazioni, ecc. Quanto alla legale cessione si andrà facendo a misura che si renderà agevole, non potendosi fare tutto in una volta a causa dell´enorme spesa di trapasso che s´incontrerebbe. Per le nuove case di cui venissero ad abbisognare in avvenire, ne faranno esse acquisto a nome proprio.
5° Però avendo le Figlie di Maria Ausiliatrice coi Salesiani comune lo spirito e il Fondatore, tra esse e noi vi sarà grande carità, riconoscenza e rispetto; ma senza alcun diritto di superiorità o dovere di sudditanza.
6° Quanta allo spirituale esse dipendono dai rispettivi Ordinari, a cui spetta nominare i Confessori, Direttori, ecc. I Salesiani potranno occuparsi della loro direzione solo quando siano incaricati od autorizzati dall´Ordinario della Diocesi dove esse dimorano. Quello che qui si dice riguardo alla direzione spirituale delle Figlie di Maria Ausiliatrice, va inteso pure per qualunque altra congregazione femminile.
7° Dell´opera dei Salesiani, prestata con le debite autorizzazioni, come se ne valgono altre Religiose, così possono valersene anche le Figlie di Maria Ausiliatrice, specialmente per essere aiutate a mantenersi nello spirito del nostro comun Padre D. Bosco. Ma quando le Figlie di Maria Ausiliatrice avessero da approfittarsi dell´opera dei Salesiani, converrà che esse stesse ne facciano di-manda all´Ordinario.
8° I Superiori Salesiani coll´esempio e con la parola inculchino ai loro dipendenti che non si rechino presso a Comunità religiose femminili se non per ubbidienza e col permesso regolarmente ottenuto; non si fermino oltre il necessario e si comportino sempre nel modo più edificante.
Nutro fiducia che praticando queste norme ne risulterà sempre più gloria a Dio e vantaggio alle anime, il che il nostro venerato Padre c´insegnò a cercare in ogni nostro affare, in ogni nostra azione.
Degnisi la Vergine Maria, di cui oggi si celebra la festa della Presentazione al Tempio, renderci sempre più degni di presentarci e servire nella casa di Dio mediante il fervore nella pietà e la purezza delle anime nostre.
Pregatela, di grazia, pel
Vostro aff.mo in G. e M. Sac. MICHELE RUA.
PS. — Di questa lettera i Direttori diano ai loro dipendenti, specie ai Sacerdoti, quell´informazione che loro conviene.
1. Solenne promessa a Don Bosco di conservare il suo spirito. — 2. La povertà. — 3. Motivi per osservarla. — 4. Pratica della povertà. 5. Tre punti importanti.
Torino, 31 gennaio 1907.
Anniversario della morte di Don Bosco.
Figli carissimi in G. C.
Non senza ragione questa mia lettera vi giunge colla data del 31 gennaio. Pur affrettando il mio lavoro, ho procurato che fosse terminata pel giorno del nostro gran lutto pensando che da questa data memorabile ne verrebbe alla mia parola una particolare efficacia, e che non si potrebbe meglio celebrare l´anniversario della morte di D. Bosco che col richiamarne in vigore lo spirito e col promettere d´imitarne le virtù.
Insieme col 31 gennaio ricordo anche sempre coll´animo commosso quell´altro giorno in cui, per non resistere alla manifesta volontà di Dio, mi fu giocoforza piegar la fronte ed assumere il governo della nostra Pia Società. Oppresso da un peso che sembrava dovesse schiacciarmi, che poteva io fare di meglio, se nor gettarmi come un bambino nelle braccia del nostro venerato Pa che D. Bosco e chiedergli quella forza che sentiva mancarmi
Prostrato infatti davanti la fredda sua salma, piansi e pregai lungamente. Gli parlai colla intima persuasione ch´egli mi ascoltasse; gli confidai tutte le mie ambasce, come le mille volte aveva fatto quando egli ancora in vita dimorava fra noi ed io aveva la bella sorte di vivere al suo fianco. Mi parve che egli colla dolcezza della sua parola, col mite suo sguardo sciogliesse le mie difficoltà, infondesse novello coraggio allo sfiduciato mio cuore, mi promettesse il suo valido appoggio. Egli è certo che mi rialzai tutto mutato; tornò la calma al mio spirito, mi sentii abbastanza di vigore per abbracciare quella pesantissima croce, che in quel momento veniva posta sulle deboli mie spalle.
Per dire tutta la verità conviene che aggiunga che, in ricambio, feci al nostro buon Padre solenni promesse. Poichè mi vedeva costretto a raccogliere la sua eredità ed a mettermi a capo di quella Congregazione, che è la più grande delle sue opere, e che gli costò tante fatiche e sacrifizi, gli promisi che nulla avrei risparmiato per conservare, per quanto stava in me, intatto il suo spirito, i suoi insegnamenti e le più minute tradizioni della sua famiglia.
Già trascorsero diciannove anni da quel giorno memorando, ed io riandandoli colla memoria, mentre incontro molti motivi di umiliarmi, provo pure un gran conforto nel vedere che, per la grazia di Dio, non mi pare esser mai venuto meno alle mie promesse. E se mai fossi stato in pericolo di dimenticarle, ben me le avrebbe richiamate alla mente il sapientissimo Leone XIII, di santa memoria, il quale, più volte e con singolare energia inculcò dovere i Salesiani conservare gelosamente lo spirito del Fondatore, anzi dover vivere di D. Bosco stesso. Nè altrimenti parlò Pio X, gloriosamente regnante. Mostrarono entrambi quanta stima nutrissero del nostro amato Padre, e quali debbano essere i Salesiani.
Queste cose, sebbene d´indole affatto intima, mi sembra opportuno rivelarvi nell´atto di dettare una lettera circolare che avrà una particolare importanza per l´argomento che intendo trattare.
Credo necessario trattenermi un poco in compagnia di tutti i miei carissimi figli, sparsi su tutta la faccia del globo, trattando della eccellenza, dei vantaggi e della importanza della povertà. Voglia Maria Ausiliatrice, la Madre del Buon Consiglio, dirigere la mia penna ed ispirarmi le parole convenienti per ritrarre in tutta la sua pienezza lo spinto di D. Bosco riguardo a questa virtù.
La povertà in se stessa non è virtù; essa è una legittima conseguenza della colpa originale, destinata da Dio all´espiazione dei nostri peccati ed alla santificazione delle anime nostre. È quindi naturale che l´uomo ne abbia orrore, la consideri come una sciagura, e faccia quanto sta in lui per evitarla. La povertà diventa una virtù solo quando è volontariamente abbracciata per amor di Dio, come fanno coloro che si dànno alla vita religiosa. Tuttavia anche allora la povertà non cessa di essere amara; anche ai religiosi la pratica della povertà impone gravi sacrifizi, come noi stessi ne abbiamo fatto le mille volte l´esperienza. Non è perciò a stupire se la povertà sia sempre il punto più importante e nel tempo stesso più delicato della vita religiosa, se ella sia come la pietra di paragone per distinguere una comunità fiorente da una rilassata, un religioso zelante da un negligente. Essa sarà pur troppo lo scoglio contro cui andranno a rompere tanti magnanimi proponimenti, tante vocazioni che avevano del meraviglioso nel loro nascere e nel loro sviluppo. Di qui la necessità per parte dei Superiori di parlarne sovente e per parte di tutti i membri della famiglia salesiana si mantenerne vivo l´amore e iutiera la pratica. Cominciamo, com´è di dovere, col metterci alla scuola di N. S. G. C.
La povertà è il primo dei Consigli Evangelici, è il primo atto che deve compiere chiunque voglia imitare più perfettamente il nostro divino modello, Gesù Cristo. Richiamiamo alla mente ciò che S. Bernardo c´insegna a questo proposito, cioè che il Figlio di Dio, non trovando in cielo la povertà, che abbonda sulla terra, quantunque poco stimata, ne è così innamorato che, disceso dal cielo, la vuole abbracciare per insegnarci quanto sia preziosa. Durante tutto il corso della sua vita mortale, mai non vuole esserne separato. Nasce in una misera stalla, si guadagna il pane col sudor della fronte, vive di elemosine nei tre anni della sua predicazione, muore nudo su d´un tronco di croce, ed è posto in un sepolcro che non è suo. Poteva egli trovare un mezzo più efficace per indurci ad apprezzare secondo il suo giusto valore la povertà, per additarcela come la via più dritta per giungere al paradiso, per riabilitare la nostra natura guasta dal peccato originale?
Ed i suoi insegnamenti dovevano andare pienamente d´accordo co´ suoi esempi. Fin dal principio della sua vita pubblica Egli scaglia le più terribili minacce contro i ricchi che trovano sulla terra le loro consolazioni. D´altro lato le sofferenze dei poveri muovono il suo dolcissimo Cuore a pietà, li consola e li chiama beati assicurando che di loro è il regno dei cieli. Invita tutti a seguirlo, e poi con un linguaggio che in bocca di chi non è Dio, sarebbe follia, dichiara che chi non rinunzia a tutto ciò che possiede, non è degno di Lui, non est me dignus. A chi ne lo richiede come debba fare per esser perfetto, risponde: Va´, vendi ciò che hai e vieni alla mia sequela. Ecco proclamata dall´Incarnata Sapienza l´eccellenza della povertà!
A suoi Apostoli che s´offrono a seguirlo impone per prima condizione che abbandonino le loro reti, il telonio e quanto possiedono. E questo volontario spogliamento da tutti i beni della terra praticarono tutti i discepoli di Gesù Cristo, tutti i santi che in tanti secoli illustrarono la Chiesa. Fra tutti va segnalato S. Francesco chiamato per antonomasia il poverello d´Assisi pel suo amore eroico alla povertà, che chiamava regina delle virtù, e che egli sceglie per sua sposa. S. Ignazio di Loyola, volendo darsi al servizio di Dio, comincia col cambiare i suoi abiti da gentiluomo coi cenci di un povero che incontra per via e, nel dettare le Regole della Compagnia di Gesù, scrive: La povertà, come saldo muro della Congregazione, si deve tener cara e conservare nella sua purità quanto colla divina grazia sarà possibile.
Meditiamo inoltre queste gravi parole di S. Tommaso: primum fundamentum ad charitatis perfectionem adquirendam est paupertas voluntaria, qua quis sine proprio vitat, vale a dire che il primo fondamento per arrivare alla perfezione della carità, si è la povertà volontaria, per cui uno viva senza nulla possedere di proprio. Così il Concilio Tridentino dichiara che far il voto di povertà vuol dire nulla possedere come cosa propria: Nemini regularium... liceat bona immobilia vel mobilia, cuiuscumque qualitatis fuerint, etiam quovis modo acquisita, tanquam propria, aut etiam nomine conventus possidere vel tenere; sed statim ea superiori tradantur, conventuique incorporentur.
A nessun religioso sia lecito possedere e ritenere come propri od anche a nome della comunità, beni stabili o mobili di qualsiasi genere, ed anche in qualsivoglia modo acquistati; ma subito tutto sia rimesso al superiore e incorporato alla comunità.
Oltre l´insegnamento della Chiesa ci sproni a stimare e ad amare la povertà l´esempio del nostro San Francesco di Sales.
Quantunque fosse Vescovo e come tale dovesse tenere un certo decoro esteriore, pure egli aveva per le ricchezze un santo terrore. Col suo stile immaginoso egli scrive: Io mi servo dei beni del mondo come i cani rabbiosi dell´Egitto, che bevono l´acqua del Nilo correndo per timore di essere preda dei coccodrilli. Il santo Dottore poneva per prima condizione a chi desiderasse entrare nella vita religiosa, d´aver uno spirito nudo, ossia spoglio da ogni desiderio ed inclinazione, eccettochè dal desiderio di amar Iddio. Ad una comunità religiosa di Parigi scrisse queste severe parole: Il serpe della dissoluzione e del disordine non è ancora entrato nella vostra casa, ma state in guardia poichè certe mancanze ne sono come le uova. Se voi le riscaldate tenendovele in seno, un giorno, quando meno ci penserete, saranno la causa della vostra rovina e perdizione. Eppure quella famiglia religiosa era assai regolare nè sprovvista di virtù, poichè il Santo non esitò a chiamarla eccellente. Quali mancanze aveva egli trovate da meritare un biasimo così duro? Erano piccoli difetti contrari alla povertà.
Ma noi abbiamo nella nostra famiglia gessa i documenti ed esempi più autorevoli. Il nostro Venerato Padre visse povero fino al termine della sua vita, e nutriva un amore eroico alla povertà volontaria. Godeva quando toccavagli soffrire la penuria delle cose necessarie. Apparve evidente il suo distacco dai beni della terra, poichè avendo avuto tra mano immenso danaro, non si vide mai in lui minima sollecitudine di procurarsi qualche soddisfazione temporale. Ei soleva dire: La povertà bisogna averla nel cuore per praticarla. E Dio lo ricompensò largamente della sua fiducia e della sua povertà, sicchè riuscì ad intraprendere opere che i prìncipi stessi non avrebbero osato, e a condurle felicemente a termine.
Parlando del voto di povertà Don Bosco nella sua circolare del 21 novembre 1886 scriveva: Ricordiamoci, miei cari figliuoli, che da questa osservanza dipende in massima parte il benessere della nostra Pia Società ed il vantaggio dell´anima nostra. Spesse volte nelle conferenze ci assicurò che la nostra Congregazione sarebbe stata benedetta, sostenuta e prosperata dal Signore se in essa fosse stata ognor fiorente la povertà. E quando s´avvicinò la sua fine, e in forma di testamento volle per l´ultima volta mostrare quanto amasse i suoi figli, e lasciar loro gli ultimi, affettuosi ricordi, il suo pensiero correva in modo speciale alla pratica della povertà. Ecco le sue significantissime parole: Vegliate e fate che nè l´amor del mondo, nè l´affetto ai parenti, nè il desiderio d´una vita più agiata vi muovano al grande sproposito di profanare i sacri voti e così trasgredire la professione religiosa, con cui ci siamo consacrati al Signore. Niuno riprenda ciò che ha dato a Dio...
Basterebbe che noi ricordassimo e meditassimo seriamente queste poche righe per amare e praticare bene la povertà, per chiudere prontamente la porta ad ogni abuso contro la medesima.
Ma la povertà ha tal parte nella vita dei religiosi, che è necessario accennare ancora vari motivi che particolarmente ci devono spingere ad osservarla.
Un giorno, inginocchiati dinanzi all´altare, circondati da molti confratelli, dopo aver chiamati gli Angeli, i Santi, Maria Immacolata e Dio stesso a testimoni del grande atto che stavamo per compiere, con voce tremante, col cuore commosso, pronunziammo la formula dei nostri voti. In quel momento noi diventammo Figli di Don Bosco: la Pia Società Salesiana divenne nostra Madre. Fin d´allora ella ci prodigò le più affettuose ed intelligenti cure; la nostra formazione religiosa e civile è opera sua; e a lei andiamo debitori di quanto noi siamo e di quanto abbiamo. Di qui l´obbligo per ciascuno di noi di onorare, assistere e servire questa tenera Madre; di qui il dovere di adoperarci secondo le nostre forze pet la sua prosperità, per renderla pienamente contenta di noi. Ma come adempierebbe questo dovere di pietà filiale colui che trasgredisse gli ordini formali di questa Madre quali sono le sue Regole? Come può chiamarsi di leí figlio colui che per ispensieratezza e negligenza non ne pratica lo spirito? Che dire tanto più di colui che attentasse di distruggere questo spirito? E così farebbe realmente colui che non osserva il suo voto di povertà. Mentre le mancanze contro gli altri voti possono rimanere più o meno nascoste, quelle contro la povertà saltano maggiormente agli occhi, dànno un esempio funesto che potrebbe in breve tempo assumere vaste proporzioni. È quindi a stupire se i Fondatori di Ordini religiosi ne raccomandassero con tanta insistenza l´osservanza? Se essi, ordinariamente dolci e miti, s´accendessero di santo zelo nel disapprovare la condotta dei colpevoli e loro infliggessero severi castighi? Con ragione il religioso poco osservante rispetto alla povertà vien paragonato ad un verme roditore che con un lento e sordo lavorio fa seccare quella pianta immensa che confortò tante persone colla fresca sua ombra e le nutri co´ suoi frutti deliziosi.
Si è per questo che agli autori di tanta rovina pare che la nostra Madre, la Congregazione, rivolga piangendo questa preghiera: Fili mi, miserere mei: figlio mio, abbi pietà di tua Madre; guàrdati dal coprirmi di vergogna colle tue infedeltà. Gemitus matris tuae ne obliviscaris: non dimenticare i gemiti deWafflitta tua Madre.
Ci animi a praticare la povertà l´intima relazione che corre fra la pratica di questa virtù ed il nostro individuale progresso nella perfezione. Noi siamo il campo di Dio. Quando un campo è coperto di spine e di erbe cattive, è necessario dar mano alla falce, all´aratro e perfino al fuoco. Allora solamente il podere potrà dare una messe degna dei granai celesti. Ed è precisamente col voto di povertà che noi sradichiamo dal campo del nostro cuore i cardi ed i triboli. Si è col vivere staccati dai beni fallaci del mondo che noi andiamo sottraendo ai vizi ogni alimento ed ogni mezzo di espandersi. Anzi la povertà sarà sempre quella spada a due tagli, pertingens usque ad divisionem animae et spiritus, che penetrando nel più profondo del cuore, ci separerà dal peccato, e più ancora dalle sorgenti stesse del peccato quali sono la superbia e la concupiscenza, avendo detto il Signore stesso alla B. Angela di Foligno che la superbia non può esistere se non in quelli che posseggono o credono di possedere qualche cosa.
D´altro lato con ragione S. Ambrogio chiama la povertà madre e nutrice della virtù, poichè quando un religioso fa convenientemente il voto di povertà e per tal mezzo vuota il suo cuore da ogni affetto alle cose terrene pare che in quell´istante Iddio si affretti a venirlo a riempire colla pienezza de´ suoi doni, con ogni sorta di virtù. E non voleva indicare questo il nostro Divin Maestro quando pose per la prima la beatitudine della povertà? Essa è il fondamento su cui si appoggiano gli altri sette gradini per cui si arriva alla cima della perfezione. E la Storia Ecclesiastica c´insegna che furono appunto coloro che più furono staccati dal mondo che si segnalarono per la loro fede, per la loro speranza e carità, la cui vita fu un tessuto di opere buone ed una serie di prodigi per la gloria di Dio e per la salute del prossimo.
Inoltre è da notare che i nemici di nostra Santa Religione pongono ogni studio nel far ritornare la società al paganesimo ed al naturalismo. Essi vorrebbero svellere dalla mente del popolo ogni idea di Dio, dell´anima e della vita futura, e lo invitano a procurarsi godimenti finchè la vita dura, con ogni mezzo possibile, anche ingiusto e disonesto. Cogliendo la massa del popolo impreparata, la seducono e la trascinano all´àbisso. Contro questo funesto apostolato Don Bosco combattè da valoroso finchè gli bastò la vita, e morendo a noi suoi figli ha legato questa nobile missione. Ma noi lavoreremmo inutilmente se il mondo non vedesse e non si convincesse che noi non cerchiamo ricchezze e comodità, che noi siamo fedeli al motto di D. Bosco: Da mihi animar, caetera tolle! Oh! ci stia fisso nella mente ciò che scrisse S. Francesco di Sales, che cioè non solamente i poveri sono evangelizzati, ma sono i l poveri stessi che evangelizzano. E S. Vincenzo Ferreri trattando del ministero di salvare le anime assicura che non vi riuscirà quel religioso che non mette sotto i piedi le cose terrene, non pratica la vera povertà, perchè, spaventato d´ogni incomodo, non avrà la forza di sopportare le privazioni che porta seco la povertà nell´esercizio dell´apostolato: inopia paupertatis. Ed anche fra noi non sono certamente i Salesiani desiderosi di menar una vita comoda che intraprenderanno opere veramente fruttuose, che andranno in mezzo ai selvaggi del Mato Grosso o nella Terra del Fuoco, o si metteranno al servigio dei poveri lebbrosi. Questo sarà sempre il vanto di coloro che osserveranno generosamente la povertà.
È poi da tener conto che le opere di Don Bosco sono il frutto della carità. Nel por mano alle grandi sue imprese egli faceva unicamente assegnamento sulla Provvidenza, che rappresentata dai benemeriti suoi Cooperatori, gli somministrò i mezzi necessari. E dopo tanti inni, come ce ne assicurava D. Bosco quando per la prima volta ci parlò dell´Associazione dei Cooperatori, ben lungi dallo stancarsi, la loro carità cresce a misura che crescono i bisogni. Non si deve credere che quanti vengono in aiuto alle nostre opere, siano sempre persone facoltose; è necessario si sappia che molti fra i nostri benefattori, poveri essi medesimi od appena modestamente agiati, s´impongono gravissimi sacrifici per poterci aiutare. Oh! quante volte desidero di avervi a testimoni di certe conversazioni, in cui buoni Cooperatori svelano candidamente le sante industrie con cui loro venne fatto di raggranellare quell´obolo che mi presentano! Oh! se mi fosse dato farvi leggere certe lettere intime! Allora sì che comprendereste quanto dobbiamo amare la povertà e praticare l´economia! Con qual cuore impiegheremmo quel denaro a procurarci comodità non adattata alla nostra condizione? Sprecare il frutto di tanti sacrifici, anche solo spenderlo inconsideratamente è una vera ingratitudine verso Dio e verso i nostri benefattori.
Venendo ancora più ai particolari, mi sia lecito farvi una confidenza, come suole un padre co´ suoi diletti figliuoli. Forse molti Salesiani, vedendo che a nessuno di noi venne mai a mancare il necessario, che le nostre opere vanno sempre estendendosi, che anzi nello stesso mondo commerciale noi godiamo d´un nome onorato, pensano che la Pia Società disponga di molti mezzi e che perciò siano inopportune le mie ripetute ed insistenti esortazioni a fare economia, ad osservare la povertà. Quanto essi sono lungi dal vero! A costoro sarebbe facile presentare i rendiconti da cui risulta che molte case sono gravate di debiti e ad ogni momento abbisognano di soccorso. Loro si potrebbero mostrare parimenti quanti sono i giovanetti che pel vitto, vestito, libri, ecc. sono interamente oppure in gran parte a carico della Congregazione. Chi segue colla mente lo sviluppo della nostra Pia Società, può rendersi ragione delle case e delle chiese che si vanno edificando, dei danni sofferti che fa d´uopo riparare, dei viaggi che si debbono pagare ai missionari, degli aiuti che si mandano alle Missioni, delle spese immense che bisogna sostenere per la formazione del personale. Nè a tutto questo penseranno solamente i Superiori; è dovere di ogni buon figlio prendere a cuore gl´interessi dell´intiera famiglia. Chiunque non vivesse secondo il voto di povertà, chi nel vitto, nel vestito, nell´alloggio, nei viaggi, nelle agiatezze della vita valicasse i limiti che c´impone il nostro stato, dovrebbe sentire rimorso d´aver sottratto alla Congregazione quel denaro che era stato destinato a dar pane agli orfanelli, favorire qualche vocazione, ad estendere il regno di Gesù Cristo. Pensi che ne dovrà render conto al tribunale di Dio.
Soprattutto noi accetteremo con animo generoso i sacrifici che sono le conseguenze della povertà per poter godere della pace più dolce durante la vita, per aver la fortuna di far una morte tranquilla ed infine abbreviare il nostro purgatorio. E questi sono vantaggi tali che per quanti sacrifici abbiamo da imporci, non ci costeranno mai troppo cari. Appena ne faccio cenno, perchè chi sa quante volte furono proposti alla vostra meditazione!
Ma la virtù non consiste nel fare sublimi riflessioni, nel ripetere belle parole, bensì nel metterle in pratica e nel ricavarne profitto. Queste parole che N. S. G. C. stesso rivolgeva alla B. Margherita Alacoque, ci serviranno di eccitamento a prendere pratiche risoluzioni.
È indispensabile dapprima che si eseguisca ciò che è prescritto dall´art. 20 delle Costituzioni e dalle annesse Deliberazioni organiche. Prima di emettere la professione molti con tutta sincerità e semplicità fanno conoscere ai Superiori ciò che posseggono in beni patrimoniali e ne fanno cessione alla nostra Pia Società. Altri ne dispongono in favore dei parenti o di altre persone a cui hanno particolari obbligazioni. Infine le Costituzioni permettono pure di conservare il dominio radicale, ma dichiarano che di tali beni non si possono conservare nè l´amministrazione, nè l´uso, nè l´usufrutto. Qualsiasi questi tre mezzi si voglia scegliere, ciò che importa si è che non si facciano sotterfugi ai Superiori, e che coloro che fanno professione, compiano gli atti necessari perchè possano realmente considerarsi come se nulla possedessero. Il castigo di Anania e Zaffira ci sproni ad agire con retta intenzione e con generosità. — Questa medesima regola dovrà osservare in seguito ogni salesiano professo quando ricevesse un´eredità, un legato, una donazione qualunque.
Fatta la professione, Iddio ci preservi dal cadere nella rilassatezza. Vi sono infatti molti infelici, che si sforzano di riprendere con una mano ciò che loro sfugge dall´altra. In piccole cose si procurano un compenso al sacrificio generale della loro professione. Temono sempre loro manchi il necessario, e si aggrappano a tutto come una persona che si annega. Trovano mille pretesti, inventano sempre nuovi bisogni, si spaventano di ogni piccola privazione, insomma vogliono possedere nulla, ed intanto aver tutto, anche il superfluo. Attaccano il loro cuore ad una camera, ad un oggetto di vestiario, ad un gingillo, e tali cose ricercano e conservano con ogni studio ed avidità, nè più nè meno di ciò che fa un avaro pe´ suoi adorati tesori. Quanto sono mai da compiangere siffatti religiosi! Sant´Alfonso de´ Liguori insegna che il religioso che s´attacca alla più piccola cosa, non potrà mai unirsi perfettamente con Dio e trovar la pace. Quei miseri oggetti a cui s´affeziona, saranno come altrettanti sassolini che mette ne´ suoi calzari: che meraviglia se non può più camminare nella via della perfezione? Com´è doloroso vedere legato da un filo sottilissimo colui che per essere libero ad entrare in religione ha rotto grosse catene, quali sono i vincoli di sangue, l´amor della patria, la sua libera volontà! Racconta la favola che una mosca avendo stancata la pazienza di un leone, andava cantando vittoria, intanto incappata nella tela d´un ragno, miseramente perì. Ecco l´immagine del religioso che si affeziona alle piccole cose, dopo aver abbandonato il mondo intero.
Il più efficace rimedio a questo gran male è la vita comune prescritta dalle nostre Costituzioni e caldamente raccomandataci dalla Santa Sede. Per mezzo di essa il Salesiano forma una cosa sola colla comunità. Essa distrugge ogni spirito di proprietà, rende impossibile ogni illusione nella pratica della povertà ed annienta ogni pretesto dell´amor proprio per sottrarsi all´osservanza delle Costituzioni. Perciò io non cesserò mai di raccomandare a tutti i miei cari figliuoli di leggere e praticare il I Capo del nuovo Regolamento, che vi fu inviato ultimamente. Faccio appello allo zelo dei Direttori ed Ispettori perchè tante sagge regole e raccomandazioni che formano l´oggetto di lungo ed accurato studio dei Capitoli Generali, non abbiano a rimanere lettera morta.
Giova primieramente attenerci alla vita comune in quanto al vitto, che per espressa volontà di D. ´Bosco dev´essere semplice e sano, in tale abbondanza da sostenere le nostre forze, ma conveniente a chi ha fatto voto di povertà. Si escluda perciò tutto quanto è ricercato o superfluo. Non si prenda nulla fuori di pasto, ed a qualsiasi costo s´impediscano le così dette merende o bicchierate che, specialmente dopo le orazioni della sera, sogliono dare occasione a gravi disordini morali. Nè si domandi il permesso di siffatte riunioni, poichè nessun Superiore ha autorità di concederle.
Ha speciale importanza l´articolo 12 del Regolamento, riguardante gli oggetti di vestiario. Faccio assegnamento sulla buona volontà di tutti, specialmente dei nostri carissimi confratelli coadiutori, perchè sparisca quanto prima dal loro modo di vestire tutto quello che possa esservi di mondano e di ricercato. Ohi venga presto quel giorno in cui anche in questo noi possiamo veramente tutti essere riconosciuti quali veri Figli di D. Bosco.
Non giudico fuor di luogo farvi notare essere violazione del voto di povertà lo spendere in altro il denaro ricevuto per un determinato fine, qualora esso venisse a cessare, ad esempio per un viaggio. Nè anche posso passare sotto silenzio la mancanza che commetterebbe contro il voto di povertà quel Salesiano che facesse contratti, si appropriasse qualche cosa o denaro appartenente alla Comunità, ne disponesse per suo uso personale, ne facesse dono a persone della casa, oppure ad esterni, o l´alienasse come gli pare e piace. Questi ultimi atti compiuti senza alcun permesso dei Superiori, sarebbero veri furti fatti a danno della Comunità e non è troppo rigore l´esigere che chi li ha commessi provveda alla sua coscienza.
In molte case poi ha messo piede un abuso contrario alla vita comune; intendo parlare del così detto deposito. Un socio, fattosi venire dai genitori, da congiunti o da altra persona benevola una somma di denaro la consegna al Prefetto, come fanno i giovani dei nostri collegi, perchè la tenga a disposizione di lui, e gli provveda poi quanto sarà per domandare. Ne avviei che certi libri, certi oggetti, certi comodi della vita il confratello se li procura coll´accennato deposito, e gli altri confratelli no. Due Salesiani domandarono di fare ad esempio una gita, una cura termale. Questa venne concessa a quello dei due che si è procurato il denaro necessario; all´altro vien negato. Questo evidentemente è contrario allo spirito di povertà ed a quella fraterna eguaglianza che deve regnare nelle famiglie religiose. Taccio dalla erronea e stolta persuasione che talora il confratello si forma, aver egli il diritto di provvedersi le suaccennate cose pel fatto d´essersi procurata la somma necessaria, quasi non avesse col voto di povertà rinunziato a disporre e ad usare di qualsiasi cosa temporale senza il permesso del legittimo superiore.
Tale abuso, dove s´è introdotto, bisogna che cessi. Dev´essere somministrato ai soci quello ch´è giudicato necessario; quello che non è giudicato necessario, non deve provvedersi nemmeno al Salesiano che trovasse modo di farlo pagare ad estranei alla Congregazione. Quando pertanto un confratello domanda che gli si provveda libri od altre cose, gli si conceda un viaggio od altra agevolezza, giudichi il Superiore se sia necessario o conveniente esaudire la domanda; ma ne giudichi indipendentemente dal fatto dell´avere il socio trovato o poter trovare chi fa le spese, poi conceda o non conceda, sia a chi può aver denari da esterni, sia a chi non ne può avere.
Ed affinchè, eliminando l´abuso, si faccia quanto esige lo spirito di povertà e la vita comune, con questa circolare intendo togliere, in quanto sia necessario a qualsiasi Superiore, la facoltà di fare eccezioni. Dichiaro per conseguenza di nessun valore il permesso che prima d´ora avesse dato o desse in avvenire il Direttore o l´Ispettore ai Confratelli di ritenere a propria disposizione il sopraccennato deposito, o di usare del denaro ricevuto da congiunti o da altra persona a procacciarsi qualsiasi cosa, che, a parità di bisogno, la comunità non provvede ai Confratelli mancanti di siffatti aiuti e soccorsi di estranei.
Se un confratello fa venire o riceve da congiunti o persone benevoli qualche soccorso è questo un vantaggio che esso da figlio amorevole procura alla madre comune la nostra Pia Società, ma da questo non deve dipendere il giudizio sulla convenienza di provvedere al socio le cose che dimanda.
Dirò pure una parola decisiva su un altro punto della povertà religiosa. Dichiaro cioè non avere nè i Direttori, nè gl´Ispettori od altri Superiori la facoltà di concedere ad un Confratello il permesso di disporre, sia pure a beneficio dei genitori bisognosi, delle limosine delle Messe, del frutto della propria attività, come sarebbero gli stipendi di servizi militari, gli onorari delle prediche, conferenze, lezioni, od il ricavo della vendita delle proprie opere. Sulla convenienza di dare un sussidio alla famiglia d´un Confratello deve giudicare l´Ispettore, senza considerare se il lavoro del Confratello sia fruttifero o no. Riconosciuta detta convenienza, l´Ispettore determini la somma da erogare a tale scopo; ma quanto i soci acquistano coll´esercizio della propria attività si dovrà rifondere tra i beni della Comunità (Costit. art. 23), e dev´essere consegnato al Superiore (Delib. Organiche, pag. 105 ). Debbono perciò considerarsi come revocati da questo momento tutti i permessi che a tal proposito fossero stati accordati, poichè essi sono incompatibili col voto di povertà. Non aggiungo altre raccomandazioni per la pratica della povertà, poichè sarebbe un ripetere molti articoli delle Costituzioni, delle Deliberazioni e del Regolamento; tuttavia chiamo la vostra attenzione su tre punti importanti.
a) Il buon Salesiano non si terrà pago di osservare il voto di povertà, ossia i singoli articoli delle Costituzioni, ma si sforzerà di giungere a praticare la virtù della povertà, che non solo ci spoglia delle cose terrene, ma ancora di ogni affetto alle medesime. Anzi egli farà ancora un passo più innanzi, arriverà a possedere lo spirito di povertà, il che vuol dire che sarà veramente povero ne´ suoi pensieri e desideri, apparirà tale nelle stie parole, si diporterà veramente da povero nel suo vitto, nel vestito, nel modo di tenere la sua camera, in una parola riprodurrà in se stesso l´esempio del povero per eccellenza N. S. G. C.
b) Il vero Figlio di D. Bosco si contenterà del necessario, anzi veglierà attentamente perchè il suo cuore non rimanga impigliato in alcuna cosa superflua. Egli nell´esercizio della buona morte farà un esame diligente ed imparziale per conoscere se tutto ciò che è a suo uso, sia semplice e povero, se non ritiene per sè qualche cosa senza il permesso dei Superiori e di cui possa far a meno, ed infine se ha curato con affetto e diligenza gli interessi della comunità.
c) Infine il fervente religioso, persuaso di dover far penitenza de´ suoi peccati, accetterà volentieri quelle privazioni e quegli incomodi che sono inevitabili nella vita comune, e generosamente sceglierà per proprio uso le cose meno belle e meno comode, memore di quanto diceva San Giovanni Berchmans: mea maxima poenitentia, vita communis: la mia più grande penitenza sarà la vita comune.
Conchiuderò rievocando la memoria di quelli che noi chiamavamo tempi eroici della nostra Pia Società. Trascorsero invero molti anni in cui ci era necessaria una virtù straordinaria per conservarci fedeli a Don Bosco e per resistere ai pressanti inviti che ci si facevano di abbandonarlo, e ciò per l´estrema povertà in cui si viveva. Ma ci sosteneva l´amore intenso che noi portavamo a Don Bosco, ci davano forza e coraggio le sue esortazioni a rimaner fermi nella nostra vocazione non ostante le dure privazioni, í gravi sacrifici. Ond´io son certo che se più vivo sarà il nostro amore a Don Bosco, più ardente la brama di conservarci degni suoi figli, e di corrispondere alla grazia della vocazione religiosa, si praticherà in tutta la sua purezza lo spirito di povertà.
Affrettate con nobili sforzi e con ferventi preghiere l´adempimento di questo ardente voto del
Vostro aff.mo in Corde Jesu Sac. MICHELE RUA.
1. La carità, anima della vita religiosa. — 2. Don Piscetta, nuovo Consigliere del Capitolo Superiore. — 3. Lavoro abbondante nelle case. 4. Frutti della circolare sulla povertà. — 5. Congresso degli Oratori Festivi.
Torino, 24 giugno 1907. (Lettera Edificante N. 9).
« Tutti i Soci conducono vita comune, stretti solamente dal vincolo della carità e dei voti semplici, il che li unisce in guisa da formare un cuor solo ed un´anima sola per amare e servire Iddio ». Queste parole che noi leggiamo all´art. 7 delle nostre Costituzioni, sgorgarono dal cuore di D. Bosco ardente della più viva carità. Esse ci mostrano che, mentre la carità è la sostanza della vita cristiana, molto più è l´anima della vita religiosa. Chi non vede in queste poche righe tracciata la nota caratteristica della nostra Pia Società? E per contrario che sarebbe dei poveri Salesiani ove questo gravissimo documento del loro Fondatore, per somma sventura, diventasse lettera morta? Senza una reciproca affezione, non uniti da uno stesso spirito, essi trascinerebbero una vita meschina ed infelice, si vedrebbero isolati, pur vivendo in mezzo a tanta moltitudine di persone, e lavorerebbero senza frutto in quel campo così vasto che la Provvidenza ha loro assegnato.
A scongiurare tanto male sono appunto dirette tutte le sollecitudini dei nostri Superiori, carissimi figli in G. C. Ad ottenere che siamo tutti uniti in modo da formare un cuor solo ed un´anima sola tendono le visite che di quando in quando essi fanno alle Case Salesiane, le conferenze ed i rendiconti. Questo pure è il motivo per cui varie volte all´anno io vi indirizzo qualche lettera circolare. Per questo mezzo la mia povera parola può giungere anche a coloro che sono lontani.
Non intendo ora darvi avvisi speciali, bensì in simplicitate sermonis, mettervi a parte di alcune interessanti notizie, narrarvi alcuni tratti edificanti ed invitarvi tutti a ringraziare il Signore e Maria SS. Ausiliatrice delle grazie speciali che si compiacciono di accordare all´umile nostra Congregazione.
Comincerò col darvi ufficialmente una notizia, che forse tutti già conoscete, riguardante il governo della nostra Pia Società. La dolorosa dipartita del nostro sempre desideratissimo D. Durando lasciò nel Capitolo Superiore un vuoto che non era facile riempire. Era dovere del Rettor Maggiore cercare chi potesse convenientemente surrogare il defunto Consigliere. Affinchè la scelta riuscisse a maggior gloria di Dio, ed a vantaggio della nostra Pia Società, s´invocarono con ferventi preghiere i lumi dello Spirito Santo, si consultarono persone prudenti, e si tenne conto della votazione dell´ultimo Capitolo Generale. Dagli Atti del medesimo risulta che coloro i quali, dopo gli eletti a membri del Capitolo Superiore, avevano raccolto maggior numero di voti furono D. Luigi Piscetta e D. Giuseppe Vespignani: avendo questi molte imprese tra mano ed in vista della sua lontananza, senza esitazione, parve opportuno eleggere D. Piscetta quale successore del compianto D. Durando; e così ho fatto il giorno 20 maggio u. s.
Non occorre che spenda parole nél presentarvi il nuovo Consigliere del Capitolo Superiore, correndo rischio di offendere la sua ben nota modestia. Voi tutti al par di me conoscete le rare doti di mente e di cuore che adornano l´eletto; quindi possiamo sperare che il carissimo D. Piscetta mettendo a servizio della Pia Società i tesori del suo bell´ingegno, della sua vastissima scienza ed esperienza, potrà tornarle di grande vantaggio. E che sia molto gradita la scelta da me fatta e che le nostre speranze siano pur quelle degli altri superiori e confratelli ben me lo mostrano le numerose lettere di felicitazione che m´inviarono parecchi appena ne furono privatamente informati.
Sento poi come un bisogno di partecipare a tutti i confratelli Salesiani la consolazione che procurò al mio cuore la visita di varie nostre case fatta in questi ultimi mesi. Fui appieno soddisfatto dell´ordine che in esse ho trovato, dell´attività che quasi tutti spiegano per l´educazione dei giovani alle loro cure affidati dello zelo con cui si sforzano di conservare lo spirito del nostro venerato Padre D. Bosco. Se ho dovuto constatare con pena non lieve che il personale è scarso in tutti i nostri istituti e insufficiente al molto lavoro, mi fu dolce compenso il vedere come alcuni, anzi molti confratelli, con immenso sacrificio abbracciano l´insegnamento, l´assistenza, la predicazione ed altri lavori ancora. Mi parve di assistere di nuovo allo spettacolo che offrivano certi Salesiani nei primi tempi della nostra Congregazione, quando presentandosi un´occupazione, senza troppo badare alle difficoltà ad altri impegni assunti, ciascuno sí offriva prontamente a compierla; specialmente mi fu soave conforto il vedere che in vari luoghi l´esempio veniva dall´alto, poichè incontrai degli Ispettori Direttori che non paghi del grave lavoro della direzione, vollero essi medesimi incaricarsi di parte dell´insegnamento; come pure altri Superiori che discesi dalla loro carica si applicarono agli uffizi inferiori di prefetto, catechista, insegnante, ecc. collo stesso amore e diligenza dei primi tempi della loro vita religiosa. Si degni il Signore benedire e conservare questa meravigliosa attività e santa indifferenza, che sarà per le nostre Case la salvaguardia della moralità ed una prova irrefragabile che i Salesiani non cessano di essere figli di quell´indefesso lavoratore che fu sempre Don Bosco. Facciamo caldi voti, perchè tale ben intesa operosità non sia il privilegio di alcuni ma la virtù d´ogni membro della famiglia salesiana.
Altra fonte di santa gioia fu per me l´accoglienza riverente ed affettuosa che, si può dire, tutti i confratelli fecero all´ultima mia circolare riguardante la povertà. Non contenti di udire una passeggera lettura, molti espressero il desiderio di averne una copia per leggerla e meditarla a loro bell´agio. Ed io mi diedi premura di ordinarne la ristampa e la spedizione a ciascuna casa. Sebbene, come mi si assicura, essa sia già nelle mani di tutti quanti i Soci, vi esorto nondimeno a tenerla come uno dei regali che il nostro Padre era solito a fare per l´imminente festività del suo onomastico. Giova sperare che la lettura di quella lettera contribuirà non poco a tenere il nostro cuore staccato dalle misere cose di questo mondo e renderlo sempre più atto ad innalzarsi a Dio. Anzi mi parve già di aver constatato alcun frutto di questa vostra buona volontà, poichè parecchi confratelli, per tranquillità della loro coscienza, a voce o per iscritto mi chiesero tosto schiarimenti su certi punti, e vollero assicurarsi sulle intelligenze fatte precedentemente coi Superiori in affari d´interessi. Vogliano imitarli tutti coloro a cui per ragioni speciali si diedero certi permessi che con detta circolare debbono considerarsi come revocati. Nè alcuno creda di trovarsi in condizioni eccezionali che lo dispensino dalle norme tracciate in quelle pagine; in cosa che tocca l´intima natura del voto di povertà non possono farsi eccezioni.
Altro frutto di questa circolare fu l´impegno con cui vari Direttori si studiarono di amministrare.1 danaro che loro veniva alle mani. Senza lasciar mancare il necessario ai confratelli, essi riuscirono a mettere insieme le somme richieste per pagare i debiti che da anni gravitano sulla loro casa. Ciò fu tanto più lodevole in quando che per alcuni di essi trattavasi di debiti contratti dai loro antecessori. Invece di perdersi in vani lamenti e mormorazioni, essi misero la mano all´opera e ripararono con carità e non minore abilità alla condizione disagevole fatta per circostanze varie da chi li precedette. Esempio veramente degno d´essere imitato da molti.
Quantunque mi sia proposto in questa lettera edificante di essere molto breve, tuttavia mi parrebbe di commettere una mancanza imperdonabile se non aggiungessi qualche parola sul III Congresso degli Oratori Festivi tenutosi in sul finir di Aprile nel nostro Istituto di Faenza. L´autorevolissimo periodico la Civiltà Cattolica, nel suo numero del 15 Giugno così ne scrive: « Un posto d´onore va dato al Congresso degli Oratori Festivi tenutosi in Faenza nei giorni 28, 29 e 30 Aprile. Oggi che tutti sentiamo il bisogno urgente di coltivare i figli del popolo per preservarli dall´irruente socialismo e dal mal costume con tutti gli altri vizi che ne sono gli ordinari compagni, non può non destare la più viva simpatia un´operi- -cattolica tanto pratica e vantaggiosa che ha già messo salde radici e fatto ottima prova nelle nostre città e deve fornire l´arma migliore da opporre ai ricreatori laici ed alle società d´ogni fatta dove si arruola la gioventù nelle file dell´empietà e dell´anarchia ». Fa quindi una breve relazione delle varie sedute e delle discussioni che ebbero luogo. Voi troverete tutte queste cose assai minutamente narrate nel Bollettino Salesiano, e non dubito che tale lettura vi darà un gagliardo impulso a far fiorire gli Oratori Festivi che sono sotto la vostra direzione. Per parte mia non farò altro che esprimervi un pensiero che occupò la mia mente durante tutto quel Congresso. Lo splendore che arrecò a quelle auguste riunioni la presenza e la parola di Cardinali, Arcivescovi e Vescovi, la smagliante eloquenza con cui parlarono molti celebri oratori, il concorso d´un gran numero di sacerdoti e lo zelo ammirabile onde erano animati tutti i Congressisti, mentre da un lato mi assicuravano che quel Congresso, da noi promosso, avrebbe prodotto frutti consolanti per la gioventù, d´altro lato tutto questo mi pareva una vera glorificazione del nostro venerato Padre D. Bosco. Il vedere riconosciuta ora da tutti non solo l´opportunità, ma la necessità, degli Oratorii Festivi, coi quali D. Bosco incominciò il suo apostolato, l´udire proporci, come mezzi efficacissimi per attirare la gioventù, la ginnastica, lo sport, la drammatica e la musica che già fin dai primi anni D. Bosco introdusse nei suoi oratorii, quell´inculcare in nome del Santo Padre Pio X e dei Vescovi il dovere di preservare dall´errore la gioventù specialmente colle pratiche di pietà, coi catechismi e colle scuole di religione, appunto come sempre ci insegnava D. Bosco coll´esempio e colla parola: tutto ciò mi assicurava una volta di più che Don Bosco aveva conosciuto intimamente i bisogni dei tempi, che aveva trovato il rimedio ai mali propri del nostro secolo, che era evidentemente ispirato da Dio e guidato Mia sua mano. In questa circostanza, come in tante altre, mi parve gran fortuna l´essere figlio di Don Bosco e d´essere stato formato alla sua scuola. Avrei voluto che fossero presenti a quel caro Congresso tutti quanti i Salesiani, persuaso che anch´essi ne avrebbero ricavato un amore ardente alla loro vocazione, una stima sempre più grande del nostro Fondatore ed uno zelo infaticabile nel lavorare a vantaggio della gioventù. Questi generosi propositi noi rinnoveremo, spero, con frequenza. Intanto fin d´oggi con islancio maggiore che in tempi andati ripetiamo il grido di D. Bosco: Da mihi animas. Sì, chiediamo a Dio, per intercessione di Maria SS. Ausiliatrice, la grazia di poter. salvare molte anime. Credetemi sempre nel Sacro Cuore
Vostro aff.mo in G. C.
Sac. MICHELE RUA.
1. Don Bosco è Venerabile! — 2. Svolgimento del Processo. — 3. Preghiere e osservanza religiosa. — 4. Reazione diabolica.
6 agosto 1907.
Festa della Trasfigurazione di N. S. G. C. (Lettera Edificante N. 10).
Questa è la fausta novella che da tanti anni noi sospiravamo e che finalmente sull´ali del telegrafo ci giunse la sera del 24 Luglio testè trascorso. Questo è il felice annunzio che ripetuto in tutte le lingue per mezzo dei giornali ha rallegrato il cuore di innumerevoli amici ed ammiratori di D. Bosco. Sono sicuro che quanto remota possa essere la dimora di molti Missionari, anche in quegli sterminati deserti dell´America li raggiunse la notizia di questo giocondissimo avvenimento. Tuttavia non volli darvene ufficiale comunicazione prima di poter leggere coi miei occhi il Decreto della Sacra Congregazione dei Riti e baciare con trasporto di gioia la firma dell´Augusto Pontefice Pio X che si degnò confermare il voto. E questa ineffabile consolazione mi fu concessa in questi ultimi giorni, quando il nostro carissimo Procuratore Generale, D. Giovanni Marenco, il quale ebbe tanta parte nel condurre a buon fine la pratica, venne in persona a portarci il prezioso documento.
D. Bosco è venerabile! Quando mi toccò notificare con mano tremante a tutta la famiglia salesiana la morte di D. Bosco, io scriveva che quell´annunzio era il più doloroso che avessi mai dato o potessi dare in vita mia; ora invece la notizia della Venerabilità di D. Bosco è la più dolce e soave che io possa darvi prima di scendere nella tomba. A questo pensiero un inno di gioia e di ringraziamento erompe dal mio petto. Se vedemmo per tanti anni il nostro buon Padre accasciato sotto il peso di indicibili pene, sacrifici e persecuzioni, com´è consolante vedere la Chiesa Cattolica intenta a lavorare per la glorificazione di lui anche in faccia al mondo! Se mai ci avesse sorpreso qualche dubbio che la nostra Pia Società fosse l´opera di Dio, ora il nostro spirito può riposare tranquillo dal momento che la Chiesa col suo infallibile magistero chiama Venerabile il nostro Fondatore. Quanto dobbiamo essere grati al Sommo Pontefice Pio X, che si degnò proporre la Causa di D. Bosco allo studio della S. Congregazione molto più presto che non si soglia fare, pur trattandosi di personaggi morti in odore di santità! Il Cardinal Vives y Tuto, Ponente della causa di D. Bosco, porgendo le sue congratulazioni alla Pia Società Salesiana per la Venerabilità di D. Bosco parlò di lui in modo da strapparci le lacrime di gioia e da farci stimare come uno specialissimo favore della Provvidenza l´essere suoi figliuoli. In questi giorni poi ci piovono da ogni parte lettere di congratulazione di ragguardevolissime persone che partecipano alla gioia della famiglia salesiana. Di tutto sia resa gloria a Dio, a Maria SS. Ausilatrice; torni ogni cosa a glorificazione di D. Bosco e si avveri la parola del Vangelo che chi si umilia sarà esaltato: qui se humiliat, exaltabitur.
Questo primo passo del processo di D. Bosco è una evidentissima prova che mal non si apponevano coloro che pur durante la sua mortale vita già lo consideravano e proclamavano santo. Tale fu additato a me ed a tanti de´ suoi alunni fin dal principio del suo laboriosissimo apostolato. Tutti coloro che la mano della Provvidenza condusse sotto la mite suA- disciplina non tardarono a ravvisare in lui il modello del sacerdote. Chi lo avvicinava per poco, non poteva a meno di ammirare le sue sode virtù, il suo zelo inaccessibile allo scoraggiamento, il suo non mai interrotto spirito di sacrificio. Siffatta opinione della santità di D. Bosco veniva ognor più assodata ne´ suoi alunni dalla venerazione di cui lo si vedeva circondato per parte di Vescovi, di Sacerdoti e di molti illustri personaggi. Nè può credersi senza fondamento la fama che narrava aver D. Bosco operate cose meravigliose, anzi cose che tenevano del miracolo.
Non è quindi a stupire se subito dopo la sua morte da persone gravi ed autorevoli ci si facessero calde istanze perchè s´iniziasse il processo per la beatificazione di D. Bosco. Fattane parola all´Em.mo Cardinale Gaetano Alimonda allora Arcivescovo di Torino, egli non si mostrò alieno dall´aderire alla nostra domanda; ma, stante il breve intervallo trascorso dalla sua morte, giudicò opportuno interpellare i Vescovi delle due Province di Torino e di Vercelli, che nel Maggio 1890 si dovevano raccogliere presso di lui per affari di alto rilievo. E fu veramente saggio consiglio ed una provvidenziale disposizione poichè il giorno otto di detto mese i venti Vescovi, radunati nel Palazzo Arcivescovile, si trovarono ad unanimità d´accordo sulla convenienza di dar principio al processo diocesano, e parecchi di loro fecero altissimi elogi del Servo di Dio. Da quel giorno il Cardinale risolse di soddisfare il comune desiderio col dare cominciamento alla Causa.
I lavori del tribunale nominato dal Cardinale Alimonda furono continuati con alacrità per ben sette anni. I giudici diedero prova di molta dottrina nel raccogliere le deposizioni dei numerosi testimoni, e cosa degna di essere ben considerata, lungi dall´essere annoiati dalla lunghezza e gravità del lavoro, se ne mostravano ogni giorno più entusiasti. Questo processo informatorio meritò gli elogi dei membri della Congregazione dei Riti, la quale dopo accurato e . me emise il voto favorevole sull´introduzione della Causa e sul titolo di Venerabile da concedersi al Servo di Dio.
Come vedrete nel Bollettino del prossimo Settembre, il Decreto è uno stupendo compendio dell´operosissima vita di D. Bosco. In esso sono lumeggiati tutti i fatti che meglio ne fanno conoscere la santità. La prolissità del documento, lo stile, le espressioni ce lo fanno considerare come la verace manifestazione dell´impegno con cui si studiò la vita del Venerabile e delle conseguenti favorevolissime disposizioni dei Giudici.
Mentre, secondo le sapienti leggi stabilite dalla Chiesa, si raccoglievano tutte le possibili testimonianze sulla vita di D. Bosco e se ne esaminavano colla massima accuratezza gli scritti, noi in tutti gli Istituti della numerosa famiglia salesiana innalzavamo al trono di Dio ferventi preghiere per la buona riuscita del processo. Ora in parte furono compiuti i nostri voti; ma noi non dobbiamo tenercene paghi. Dobbiamo perciò continuare le nostre suppliche per ottenere la beatificazione di D. Bosco. Quindi stimo conveniente ordinare che si continui in ogni casa a cantare o recitare il Veni Creator col relativo Oremus e l´Ave Maris Stella; si aggiunga posa. un Pater, Ave e Gloria per la beatificazione di Don Bosco. Inoltre in ogni Casa Salesiana sarà cantato un solenne Te Deum in ringraziamento del segnalato favore che abbiamo ricevuto. Essendo i giovani in vacanza, lascio a ciascun Direttore di scegliere per questa funzione il tempo più opportuno.
Ma voi sapete che a rendere efficaci le nostre orazioni presso il trono di Dio è necessario unire ancora la bontà della vita e la pratica dete virtù proprie del nostro stato. Sia quindi nostro impegno di mostrarci non indegni figli di un Padre che la Chiesa chiamò Venerabile. Ciascuno osservi scrupolosamente quelle Costituzioni che D. Bosco ci ha dato e si sforzi di copiare in se stesso le predare virtù che il nostro Venerabile Fondatore ha praticato. Oh! se mi venisse dato di constatare da questo punto un vero accrescimento nello spirito di pietà, di ubbidienza e di sacrifizio in tutti i membri della nostra Pia Società!
Vorrei a questo punto chiudere la presente mia; ma non posso tacere gli avvenimenti che vennero tosto ad intorbidare la nostra letizia. Forse per vendicarsi della Venerabilità di D. Bosco, il demonio ha suscitato la più furiosa tempesta che mai siasi scatenata sulla nostra povera Congregazione. Nulla si risparmia per impedire ai Salesiani di compiere la loro nobile missione in favore della gioventù. Calunnie infami, atroci accuse, infernali invenzioni contro i Salesiani ed i loro istituti fanno il giro del mondo riportate da giornali cattivi, e loro rapiscono quella buona riputazione che il nome di D. Bosco e tanti sacrifici loro aveva meritato e che sempre li aveva accompagnati. Non sarà questo un mezzo di cui si serve la Provvidenza per richiamarci a sempre più fedele osservanza dello spirito di D. Bosco? Riconosciamo in questa tribolazione la vgifa del Signore, e sforziamoci di ricavarne frutto. Baciamo con affetto la mano del Signore che miscens gaudia fletibus alterna le gioie ed i dolori cercando sempre il maggior bene delle anime nostre.
Mi duole immensamente dover finire con una nota triste questa mia lettera che doveva essere tutta un inno di gioia; non è possibile lasciarvi senza far cenno della lotta tremenda che ferve nel mio cuore e che penso esser pur quella di tutti i Salesiani. Venga anche per me quel giorno in cui possa ripetere con S. Paolo: Nunc gaudeo non quia contristati estis, seti contristati estis ad poenitentiam. Contristati enim estis secundum Deum: godo adesso, non perchè vi siete rattristati, ma perchè vi siete rattristati a penitenza. Poichè vi siete rattristati secondo Dio. Anche in questi giorni dolorosi ci stia fissa innanzi alla mente la bonaria figura del Venerabile D. Bosco che fu sempre uguale a se stesso, sempre sorridente anche quando imperversava la tempesta. Egli dal Cielo guiderà in porto la navicella della nostra Congregazione. Speriamo che anche in questa penosa congiuntura il Signore manifesterà la sua infinita sapienza ricavando il bene dal male. Intanto sembra ci dica: confidite; ego vici mundum.
Imploro su tutte le nostre case la benedizione del Signore, confidando nelle vostre orazioni mi professo
Vostro aff.mo in C. J. SaC. MICHELE RUA.
della Pia Società Salesiana
Torino, 18 gennaio 1908.
Festa, della Catt. di S. Pietro in Roma.
Crederei di mancare ad uno stretto dovere di coscienza se lasciassi intentato alcuno mezzo per conservare fra i Salesiani lo spirito del nostro Ven. Fondatore Don Bosco. Tanto più ne avrei pena se questo mezzo mi fosse suggerito da D. Bosco stesso, le cui orme in ogni tempo ho cercato di seguire. Ora egli scrisse all´art. 79 delle nostre Costituzioni: « Il Rettor Maggiore visiterà ciascuna casa almeno una volta l´anno o in persona o per mezzo del Visitatore, per esaminare diligentemente se si compiono i doveri imposti dalle Costituzioni della Società: e nello stesso tempo osservi se l´amministrazione delle cose spirituali e temporali tenda realmente allo scopo proposto, il quale si è di promuovere la gloria di Dio e la salvezza delle anime».
Egli è vero che finora mi sono adoperato per eseguire questa mia obbligazione visitando ogni armo un certo numero di case, ma come fare a visitarle tutte? Egli è anche indubitato che alla visita che non mi è dato compiere personalmente, dopo l´erezione canonica delle Ispettorie, suppliscono gl´Ispettori, che poi riferiscono al Rettor Maggiore sullo stato di ciascuna casa. E su questo punto mi gode l´animo di attestare che fui sempre molto bene secondato, e che ognora ebbi a lodarmi dello zelo ed attività degli Ispettori. Molti nondimeno mi fecero considerare che a raggiungere pienamente lo scopo inteso dell´articolo sopra citato sarebbe oppurtuna una visita straordinaria eseguita di tempo in tempo da soci a ciò particolarmente delegati. L´essere essi sciolti da ogni legame di particolare affezione ed interesse colle case da loro visitate: il sapersi che fatta la visita non conserveranno alcuna relazione coi confratelli uditi, pare che debba essere uno dei mezzi migliori per metterli nelle condizioni più favorevoli per tutto vedere e riferire, ed ispirare ad ognuno la più sincera ed illimitata confidenza.
Tale è la pratica di altre Congregazioni religiose e tale altresì la prassi della Chiesa, la quale, quantunque preponga a ciascuna Diocesi un Vescovo a reggerla, suole a quando a quando inviare alle diverse Diocesi Visitatori straordinari, come sappiamo essere stato ultimamente ordinato dall´attuale regnante Pontefice e già in gran parte anche eseguito con immenso vantaggio della Religione nostra. Spero quindi che nessuno interpreterà questa misura quale segno di sfiducia in coloro che si trovano alla testa dei nostri Istituti. Io anzi sono fermamente persuaso, che se i Visitatori da me delegati avranno a constatare che vi è qualche miseria nelle nostre case, perchè tutti siamo figli di Adamo, avranno pure la consolazione di rendersi conto del gran bene che sanno compiere lo zelo e l´attività di coloro che sono preposti alla direzione. Si è per questo che, avuto il consenso del Capitolo Superiore, ho deciso d´indire, come colla presente indico, la sovraccennata visita straordinaria.
Essa dovrà compiersi durante l´anno scolastico, affinchè il Visitatore possa vedere le case nel loro stato abituale ed avrà principio entro il prossimo marzo. Così spero di poterne avere la relazione da tutti i Visitatori nella primavera del 1909 ed esaminarla e studiarla prima della convocazione del Capitolo Generale che dovrà tenersi nel 1910.
Quanto meglio l´Assemblea potrà conoscere i bisogni della nostra Pia Società, tanto più efficacemente potrà provvedervi.
I Visitatori vi saranno presentati con la lettera che sarà data a ciascun di loro. Per ora noto solamente:
1) Il Visitatore non ha altro ufficio che quello di conoscere lo stato delle cose e riferirne.
2) Per l´esecuzione di questo mandato egli è munito dal Rettor Maggiore dei necessari poteri. Sono adunque tutti i confratelli, di qualunque condizione ed in qualunque ufficio costituiti, tenuti a presentarsi a lui, rispondere con sincerità alle domande e manifestargli quale incaricato del Rettor Maggiore quanto sanno circa lo stato disciplinare, morale, economico delle case. I Superiori poi sono inoltre obbligati a fargli vedere quanto esso crederà di esaminare, locali, archivi, registri e quanto possa facilitare il completo adempimento della sua missione.
3) Il Visitatore è vincolato dal giuramento di osservare il segreto delle deposizioni dei soci e di non informare se non il Rettor Maggiore.
4) La carità di fratelli e la qualità di inviato dal Rettor Maggiore suggerirà ai Superiori locali il trattamento da usare al Visitatore. Ma è proibito ogni annunzio sui giornali e qualsiasi pubblicità. Nemmeno in casa vi saranno festeggiamenti, pranzi d´onore, accademie, teatri, musiche od altre simili onoranze che disturbano l´ordine della casa e il Visitatore stesso nell´adempimento del suo ufficio.
Giova sperare che l´indetta visita straordinaria e generale abbia ad essere feconda di frutti per la nostra cara Congregazione. Spero che i Visitatori da me eletti compiranno il loro mandato colla nota loro prudenza ed attività, e confido che ognuno per parte sua si sforzerà di agevolare il loro còmpito; ma ricordiamoci che chi dà l´incremento è Dio. Ond´è che più che in altro per la buona riuscita di questa visita, io ho fiducia nelle vostre preghiere. Privatamente ricorriamo al nostro Venerabile D. Bosco che interporrà senza dubbio la sua intercessione trattandosi del bene di quell´opera a cui consacrò tutta la sua vita.
Mi è cara quest´occasione per assicurarvi che ogni giorno prego
per voi. Sempre vostro aff.mo in G. e M.
Sa C. MICHELE RUA.
1. Fatti di Varazze. — 2. Parole di Don Bosco sulla castità. — 3. La moralità degli allievi dipende da chi li ammaestra. — 4. Pericoli contro la castità nell´educazione. — 5. Pratica scrupolosa del sistema preventivo. — 6. Risoluzioni pratiche.
Torino, 31 gennaio 1908.
Carissimi Figli in G. C.
Anche quest´anno vi scrivo nel giorno anniversario della dipartita del nostro Venerabile Padre, desideroso che accogliate le mie parole come provenienti dal suo stesso paterno cuore.
Varie ragioni mi spingono a scrivere questa lettera circolare. Primieramente per l´affetto che io vi porto, sento il bisogno di trattenermi per poco in vostra compagnia. Egli è vero, che alcuni di voi li ho incontrati agli esercizi spirituali o nelle brevissime visite che mi fu dato di fare ad alcune case, lungo l´anno passato; ma quante cose rimarrebbero ancora a dirci sia pel profitto individuale, sia pel buon andamento dei nostri Istituti! Questa mia brama poi diviene irresistibile quando prendo tra mano il Catalogo della nostra Pia Società, e vi leggo il nome di moltissimi confratelli, che più non rividi dacchè li abbracciai commosso all´altare di Maria Ausiliatrice, mentre partivano per le lontane Missioni. Incontro similmente in quell´elenco i nomi carissimi di molti Salesiani, di cui la fama mi narrò le virtù e lo zelo instancabile nel lavorare a bene delle anime, le cui lettere riboccanti di amor filiale mi strapparono varie volte le lacrime, e che io non conosco ancora personalmente. Or bene, a tutti questi miei diletti figlioli, vicini e lontani, voglio oggi che giunga la mia parola; tutti desidero assicurare con questo mio scritto che li amo come un padre affettuoso, che li seguo col pensiero ovunque li manda l´ubbidienza, che immensamente mi compiaccio dei frutti del loro apostolato, e prego per loro.
In secondo luogo è mio dovere, oltre le circolari collettive del Capitolo Superiore, scrivervi qualche volta più diffusamente per farvi noto quello che di mano in mano l´esperienza c´insegna o che i bisogni dei tempi presenti ci suggeriscono. Ho fiducia che questa mia circolare sarà accolta con quella benevolenza che ebbero quelle degli anni passati. Ed io quanto mi stimo fortunato, se anche con questo mezzo posso contribuire a tenere sempre più strettamente uniti i nostri cuori nella carità di N. S. Gesù Cristo, ad infondere in tutti i confratelli il coraggio che è necessario per continuare la nostra missione nei tristissimi tempi che traversiamo, ed infine a conservare in tutta la sua integrità lo spirito che ci lasciò il Venerabile nostro Fondatore e Maestro D. Bosco!
Mi pare di non errare immaginando che tutti vi aspettiate da me qualche notizia intorno alle nostre case dopo la spaventosa bufera che nella scorsa estate si scatenò contro la nostra Pia Società; ed io son lieto di poter soddisfare i vostri leggittimi desideri.
Per chiunque abbia un poco di senno, chi abbia letto alcune pagine di storia e non voglia chiudere gli occhi alla luce del giorno, i cosiddetti fatti di Varazze non sono altro che una di quelle fasi che va prendendo la guerra che in ogni tempo Satana mosse alla Chiesa Cattolica, e che S. Paolo chiama: colonna e fondamento della verità. I suoi nemici, pur essendo intimamente convinti che la Chiesa è la sola vera Maestra della morale e la vigile custode della santità dei costumi, si attentarono colle arti più maligne di screditare la celeste dottrina, e strapparle la più fulgida gemma della sua corona, la purità; e per meglio ingannare la folla, si sforzarono di dipingere i ministri della nostra santissima religione quali uomini immersi nel fango del vizio. Il loro piano di battaglia dovette essere preparato da lunga mano in covi tenebrosi. Era necessario fissare un punto come bersaglio contro cui dirigere i colpi, affinchè non andassero dispersi, e più gagliardo riuscisse l´assalto; e questo punto fu l´umile Società Salesiana. Contro di essa, perchè molto estesa e tutta occupata all´educazione dei figli del popolo si elevò tale una valanga di calunnie e di orribili accuse da far credere che ella ne sarebbe rimasta schiacciata. Ma anche questa volta mentita est iniquitas sibi, poichè l´enormità stessa delle recriminazioni mise in sull´avviso chiunque sapeva ancor far uso della sua ragione. Tutto quel monte d´innominabili brutture squagliò in un istante come nebbia al sole, ed i due poveri Salesiani imprigionati quali colpevoli, senza subire alcun giudizio, furono messi in libertà. Il Collegio di Varazze, sebbene riaperto con notevole ritardo, conta il medesimo numero di allievi che gli anni passati. Anche gli altri nostri Istituti sono ripieni di giovanetti che sembrano corrispondere assai bene alle cure che di loro si prendono i Maestri ed i Superiori. E non devo tacere che molti parenti, nel condurre i loro figliuoli al Collegio, protestarono che quanto avevano scritto i giornali antireligiosi e pornografici ben lungi dal diminuire la fiducia riposta nei Salesiani, l´avevano accresciuta.
Questi che sono fatti e non parole, ci richiamano alla memoria ciò che in terribili prove diceva il nostro Venerabile D. Bosco. Est Deus in Israél; niente ti turbi, egli andava ripetendo colla calma più perfetta. Non vi ha dubbio, il Signore è con noi. Egli stesso prese le nostre difese. E fu invero la potenza della destra di Dio che impedì il male immenso che i nostri nemici avrebbero voluto fare alla nostra Pia Società. Fu la sua infinita sapienza che sa anche ricavare il bene dal male, che volse a nostro vantaggio la stessa malvagità dei nostri calunniatori, poichè essa fornì l´occasione a molti ragguardevolissimi personaggi di mostrare con lettere le più affettuose, colle più energiche proteste la loro inalterabile stima e simpatia per le opere di Don Bosco. È quindi nostro dovere innalzare dal fondo del cuore l´inno della riconoscenza a quel Dio che se ci volle provare, se permise che avessimo a soffrire qualche cosa, ci fu pure largo di soavi conforti. Si rendano le più vive grazie alla nostra dolcissima Vergine Ausiliatrice che anche in questa sì dolorosa congiuntura si levò in nostro aiuto e ruppe tra mano le armi ai nostri persecutori. Ed anche a coloro che avrebbero voluto coprirci di fango e fare dei nostri Istituti un mucchio di rovine, noi perdoneremo generosamente, pregando che il Signore illumini la loro mente, muti il loro cuore, e li riconduca sul retto sentiero, da cui si sono allontanati. Ciò non vieta che noi ricorriamo a quei mezzi che sono accordati dalle leggi, per sostenere il nostro onore, che è pur quello della Chiesa, specialmente contro quei giornali che con visibile compiacenza propalarono le accuse e le calunnie, e con imperdonabile slealtà non fecero mai cenno delle smentite e delle doverose rettificazioni. A questo egregiamente provvede un collegio di Avvocati, alla cui prudenza noi possiamo affidarci senza riserva. Alcune querele già furono date con esito felice ed altre si sporgeranno secondo l´opportunità.
I fatti che vi ho brevemente esposti, mi porgono l´occasione di fare con voi alcune riflessioni. Perchè abbiano ad essere più efficaci, comincerò col servirmi delle stesse parole che il nostro Venerabile Fondatore scriveva il 20 Febbraio 1874. « La voce pubblica, così D. Bosco, talora lamenta fatti immorali succeduti con rovina dei costumi e scandali orribili. È un male grande, è un disastro; ed io prego il Signore a fare in modo, che le nostre case siano tutte chiuse, prima che in esse succedano somiglianti disgrazie. Non vi voglio per altro nascondere che viviamo in tempi calamitosi. Il mondo attuale, come ce lo descrive S. Giovanni, sta sotto il maligno; mundus totus in maligno positus est. Esso tutto vuol vedere, tutto giudicare. Oltre i giudizi perversi che fa delle cose di Dio, spesso ingrandisce le cose, spessissimo ne inventa a danno altrui. Ma se per avventura riesce ad appoggiare il suo giudizio sopra la realtà, immaginatevi che rumore, che strombazzare! Tuttavia se con animo imparziale cerchiamo la cagione di cotesti mali, per lo più troviamo che il sale divenne infatuato, che la lucerna fu spenta, cioè che la cessazione della santità in chi li comandava diè cagione ai disastri avvenuti nei suoi dipendenti. O castità, castità! Tú sei una grande virtù. Fino a tanto che risplenderai tra noi, vale a dire finchè i figli di S. Francesco di Sales ti pregeranno praticando la ritiratezza, la modestia e la temperanza e quanto abbiamo con voto promesso a Dio, sempre tra noi avrà posto glorioso la moralità e la santità dei costumi, come fiaccola ardente, risplenderà in tutte le case che dipendono da noi ».
Questi pensieri, che sembrano scritti appunto per le attuali circostanze, dovrebbero essere seriamente meditati da tutti i Salesiani, ma in modo speciale torneranno utili per tutti coloro che debbono esercitare qualche autorità. Egli è certo che ben difficilmente avviene qualche cosa di grave contro la moralità in una casa, i cui Superiori sentono la responsabilità del loro ufficio, e quali vigili sentinelle stanno continuamente in guardia contro il nemico delle anime.
Anche ai maestri, agli assistenti, ai capi di laboratorio il Venerabile nostro Padre fa appello, mostrando quanto anch´essi possono giovare, perchè regni la moralità nelle nostre case. Ecco le sue testuali parole: « Si può stabilire come principio invariabile che la moralità degli allievi dipende da chi li ammaestra, li assiste e li dirige. Chi non ha non può dare, dice il proverbio. Un sacco vuoto non può dar frumento,,nè un fiasco pieno di feccia mettere buon vino. Laonde, prima di proporci maestri agli altri, è indispensabile che noi possediamo quello che agli altri vogliamo insegnare. Son chiare le parole del Divin Maestro: voi siete la luce del mondo; questa luce, ossia il buon esempio deve risplendere in faccia a tutti gli uomini, affinchè vedendosi da tutti le vostre opere buone, siano in certo modo tratti anch´essi a seguirvi e così glorificare il Padre comune ch´è nei cieli ».
Nè qui si arresta il nostro buon Padre ma con particolare unzione inculca a tutti i suoi figli di regolare la loro condotta in modo che nessuno degli alunni o dipendenti loro possa gettar in faccia il noto proverbio: medice, cura te ipsum. Ricorda loro il detto del Divin Salvatore: voi siete il sale della terra; che se il sale diviene infamato, con che si salerà? Egli non sarà più buono a nulla, se non ad essere gettato via e calpestato dagli uomini (Matth. V, 13 ).
Citando le parole di D. Bosco non voglio già far credere che la poca virtù di alcuno dei nostri o la sua poco edificante maniera di vivere sia stata la causa delle gravissime prove per cui abbiamo dovuto passare; le ho qui riportate unicamente, perchè, messe in pratica, saranno un talismano potente contro le arti maligne dei nostri calunniatori. Collo stesso fine a questi autorevolissimi insegnamenti del nostro Venerabile D. Bosco aggiungo alcune altre raccomandazioni che a viva voce spesse volte egli ci ripeteva e che accuratamente furono raccolte e registrate nel nostro Regolamento.
I fatti avvenuti l´anno passato sono altrettanti avvisi che ci manda il Signore, perchè stiamo attenti contro i pericoli che s´incontrano nella delicata e non facile missione di educatori della gioventù. Il nostro Venerabile Fondatore ci avrebbe voluti adorni di tutte le virtù che convengono ad un religioso; tuttavia chi non vede nei suoi scritti un´evidente predilezione per la castità? Non sarà certo sfuggito alla vostra considerazione il pensiero da lui espresso nell´art. 28 delle Costituzioni, in cui non ostante il suo vivo desiderio di aver molti collaboratori dell´opera sua, pure non vorrebbe che chi non ha fondata speranza di poter conservare, col divino aiuto, la virtù della castità, sia colle parole, sia nelle opere, sia anche nei pensieri, professi in questa Società. Con quanta elevatezza di sentimenti ne trattò nell´introduzione alle Costituzioni! Oh! se noi amiamo realmente il nostro Venerabile D. Bosco, siccome soventi volte protestiamo, sia nostra prima cura di praticare la virtù che gli stava maggiormente a cuore. Inculchiamo ai nostri giovani l´art. 780 del Regolamento che dice: non mettete mai le mani addosso agli altri, nè mai fate ricreazione tenendovi l´un l´altro per mano, nè mai passeggiate a braccetto o avvincolati al collo dei compagni, come fa talvolta la gente di piazza. Siano specialmente osservati gli art. 56 e seguenti, ove sono proibite le amicizie particolari e qualsiasi parzialità coi giovani alle nostre cure affidati. Nessuno si permetta di far carezze, di dar baci ai giovani, nè tolleri che questi mettano le mani sulla sua persona, fosse pure anche per dargli un segno di affezione. L´esperienza ci insegnò quanto sia dannoso il far regali per guadagnarsi l´affetto riservare la frutta o dolci per qualche beniamino.
Affine di non mettersi in pericolo, i maestri ed assistenti non lascino mai entrare gli allievi nella loro camera o cella, ed evitino di farsi da loro servire in qualche modo, nè mai rimangano con uno scolaro solo nella scuola sotto pretesto di fargli recitare la lezione di fargli qualche avviso; cose tutte che vanno pur dette riguardo ai maestri d´arte ed ai sorveglianti dei laboratori. Delicatissimo poi è l´uffizio degli assistenti dei dormitori, i quali non dovrebbero mai accostarsi al letto degli alunni, se non per prestar un´opera di carità a chi si sentisse male. Dovrebbero tutto vedere senza lasciarsi andare a sguardi indiscreti ed impedire ogni inconveniente più colla serietà e dignità del loro contegno, che coll´esercizio dell´autorità. Nè si dimentichi che sarà sbandito ogni discorso cattivo ed ogni atto immorale, se si mantengono in fiore presso di noi quelle ricreazioni in cui si giuoca e si corre, ove i Salesiani secondo le antiche tradizioni prendono«Viva parte ai trastulli degli alunni. Che pensare delle ricreazioni durante le quali i giovani stanno riuniti in vari crocchi e gli assistenti fanno conversazione fra di loro? Non credo andar errato pensando che ne sarà assai contento il demonio, ma ne piangeranno gli angeli custodi.
Ma a che servirebbero queste sagge raccomandazioni che io sono andato spigolando nel Regolamento, se il Direttore, il Catechista e gli altri Superiori d´ogni nostra casa non le facessero eseguire? Che conto terribile avrebbero a renderne al tribunale del divin Giudice!
Per farvi meglio conoscere quanto sia grande la malizia del mondo e quanto si debba star in guardia contro le sue insidie conviene che io vi riveli cosa incredibile ma pur vera. Furono condotti ad uno dei nostri istituti due fratelli, che fin dal primo giorno del loro collegio si segnalarono per la loro cattiva condotta, per la loro ignoranza in fatto di religione per la loro avversione ad ogni pratica di pietà. Per buona ventura incontrarono un Direttore che, formato alla scuola del Venerabile D. Bosco, s´avvide subito essere quella una propizia occasione di strappare due anime al demonio. Fortunatamente egli si vide compreso e secondato con molto zelo dai maestri ed assistenti, che senza mai scoraggiarsi della difficoltà si proposero di raddrizzare queste due pianticelle sì male inclinate. Dio benedisse i loro sforzi, e così riuscirono a poco a poco a trà-sformare quei due piccoli scapestrati. Poco alla volta i due collegiali presero gusto allo studio, s´affezionarono ai loro Superiori, e seguendo l´esempio dei compagni cominciarono a frequentare anch´essi i Santi Sacramenti. Fu allora che gustarono la gioia d´una coscienza tranquilla, gioia che quindi in poi traspariva perfino sulle loro fronti aperte, sui loro volti, sí direbbe, quasi trasfigurati. Venne poi il momento di lasciare il collegio e di recarsi in famiglia per le vacanze autunnali. Il maggiore nel congedarsi dal Direttore, lo ringraziò sentitamente della carità usatagli, poi versando lacrime abbondanti seiggiunse che non sapeva come perdonare a suo padre la colpa orrenda che aveva commessa. Ed incoraggiato dal Superiore continuò svelando come l´indegno genitore, uomo senza religione e moralità, avesse mandato lui ed il fratello in collegio raccomandando loro di adoperare ogni arte per indurre i maestri ed assistenti ad usare loro sevizie più ancora a commettere atti contro la moralità. Era quindi intento di quel malvagio accusarli alla giustizia, trascinarli davanti ai tribunali, menare alto scalpore contro i religiosi ed i sacerdoti e poi spillarne una bella somma di danaro. I suoi disegni andarono falliti mercè la carità e lo zelo di quei figli di D. Bosco.
Non occorrono commenti. Questi ed altri fatti somiglianti ci dicono abbastanza chiaramente che per quanto sia grande la nostra vigilanza, non sarà mai troppa. Spero eziandio che essi varranno meglio che la più eloquente esortazione a farci praticare d´or innanzi scrupolosamente il sistema preventivo, unico mezzo che noi abbiamo per esercitare una efficace influenza sul cuore dei nostri alunni, unico metodo educativo che convenga a religiosi che sia in perfetta armonia colla legislazione attuale.
Ponete mente inoltre ad un´altra cosa che ci insegnano le dolorose vicende delle scorse vacanze. Finora in molte nostre case allo scopo di conciliare maggior autorità e rispetto ai maestri ed assistenti era invalso l´uso di chiamare anche i chierici col titolo di Don, non altrimenti che i Sacerdoti. Ciò fece il comodo dei nostri nemici, che nei loro luridi giornali calunniando chierici preti, nonostante i nostri giusti richiami, continuarono sempre a presentare ai loro lettori chierici di 19 o 20 anni quali sacerdoti, naturalmente per rendere più disastroso lo scandalo. Sarà pertanto ottima cosa che il Don sia riservato ai soli sacerdoti, ed i chierici siano chiamati semplicemente col titolo di Signori.
Non sarò fuori di proposito il far notare ancora un altro ammaestramento che ci forniscono le persecuzioni dell´anno passato.
La Pia Società Salesiana, una delle ultime venute fra le famiglie religiose che formano così un ricco ornamento alla Chiesa Cattolica, detta perciò nei Salmi circumdata varietate, sembrava destinata ad occupare uno dei posti più umili nel grande esercito da Dio raccolto per custodirla. Scherzando il venerando Monsignor Antonio Belasio, zelantissimo missionario, diceva che i Salesiani ne erano i tamburini. Alludeva egli forse al genere di apostolato che noi esercitiamo, dovendo attirare i giovani agli Oratori Festivi colla ginnastica, colla musica, con rumorose ricreazioni. O forse gli venne questa idea dalla propaganda che dobbiamo fare per avere limosine o per diffondere buoni libri. Checchè ne sia dell´origine di tale appellativo, il fatto è che i nostri persecutori mostrarono di considerare la nostra Congregazione quale un reggimento, quale una compagnia che combatte in prima fila le battaglie del Signore. Essi invero ci fecero un grande onore che noi non avevamo meritato, sebbene ce l´abbiano fatto pagare ben caro. Ciò deve persuaderci che a noi sono rivolti gli sguardi dei buoni e dei cattivi. Non possiamo farci illusioni: sono scrutati i nostri pensieri, sono raccolte e vagliate le nostre azioni. Non mancheranno di quelli che ci giudicheranno con bontà ed indulgenza, e non ci saranno avari di incoraggiamento; ma pur troppo saranno molti che, nemici nostri perchè nemici della Chiesa, saranno tutt´occhi per trovare materia da criticarci, e fors´anche farci comparire davanti ai tribunali. Non isgomentiamoci per questo: fui anzi consolato nel vedere che parecchi Confratelli si affezionarono maggiormente alla nostra Pia Società, appunto per averla veduta così presa di mira dai malvagi.
Per conservarci la stima ed affezione dei buoni, di cui abbiamo stretto bisogno essendo essi i cooperatori delle opere nostre, e per metterci in guardia contro quelli che vorrebbero impedire quel bene che noi siamo chiamati a fare, noi dovremmo venire ad alcune pratiche risoluzioni. Perciò:
a) Ogni Salesiano si ricordi sempre che è figlio della Congregazione e che come tale ha il dovere di onorarla: Honora matrem tuam (Exod. XX, 12). Pensi che le sue virtù renderanno gloriosa questa sua madre, mentre i suoi difetti, i suoi vizi la copriranno di vergogna. Quindi ognuno s´impegni per divenir meno indegno figlio di sì buona madre; la sua vita sia uno sforzo continuo per progredire nella perfezione ed un combattimento incessante contro le proprie passioni. Sarà vero che, mentre il Salesiano ode ogni giorno parlare di progresso nella perfezione, egli rimanga sempre allo stesso punto?...
b) Troppo ha sofferto la nostra carissima madre, la Pia Società Salesiana, per le persecuzioni dei tristi e forse anche più per l´ingratitudine e la defezione di alcuni dei suoi figliuoli. Vi sarà fra di noi chi ad imitazione di Giuda si unisca co´ suoi nemici per dilaniarle il cuore, per pascerla di lacrime e di amaro disinganno? Tutti corriamo a consolarla osservando le Costituzioni che ella ci ha dato, praticando scrupolosamente i voti che emettemmo nelle sue mani. È tempo che tutti siamo religiosi non solo di nome, ma di fatto. Vi scongiuro, vi dirò con S. Paolo, che camminiate in maniera convenevole alla vocazione a cui siete chiamati, con tutta umiltà e mansuetudine, con pazienza (Eph. IV, 1). Questa virtù della riconoscenza che dobbiamo praticare noi pei primi, inculchiamola anche ai nostri allievi facendone loro vedere la bellezza e stigmatizzando con quei neri colori che ben si merita il vizio contrario cioè l´ingratitudine, della quale parecchi diedero mostruoso esempio nello scorso anno.
c) Son note le parole di S. Gregorio Magno: probatio amoris exibitio est operis. La migliore prova dell´amore che noi portiamo alla nostra Pia Società, si è compiere nel modo più perfetto che per noi si possa le opere che essa ci propone, siano esse più o meno onorevoli, più o meno penose, fossero pure del tutto contrarie ai nostri gusti. Or bene, s´incontrano anche nelle nostre case dei poveri confratelli che non comprendono questa massima. Essi fanno consistere tutto il loro attaccamento alla loro vocazione in belle parole; sono tutto zelo nel dire come si dovrebbe fare il bene, dispensano consigli volenti bus nolentibus; intanto trovano a ridire su tutto quanto si fa tra noi, la perfezione la troverebbero solo in certi loro ideali... Ma intanto quali sono le opere di costoro? Ordinariamente essi vivono quasi intieramente fuori della vita di comunità, non si vedono alle pratiche religiose, non hanno a cuore i veri interessi della casa cui appartengono, e sono meno occupati di tutti gli altri. In una parola, essi sono mercenari nella Congregazione e non figli. Possibile che costoro nulla abbiano da imparare dalle recenti nostre tribulazioni! Gemitus matris tuae non obliviscaris.
d) A tergere le lacrime dell´afflitta nostra Madre la Congregazione gioverebbe immensamente il procurare di aumentar il numero de´ suoi figli coltivando le vocazioni religiose e sacerdotali. Vorrei che tutti i Salesiani, ma specialmente i sacerdoti, sentissero il bisogno di suscitare fra i loro alunni degli eredi della loro sublime missione. Non so spiegarmi come non si veda da tutti la necessità di riempire quei vuoti che la morte e la perdita di vocazioni hanno fatto fra le file dei nostri soci. Si direbbe che molti non si rendono conto della grande penuria di personale in cui versano le nostre opere, di cui alcune già si dovettero sopprimere ed altre ornai non possono più continuare. Eppure parecchi, i quali forse sono i più esigenti nel chiedere personale, non pensano per nulla a suscitare o sviluppare e a conservare le vocazioni alla vita salesiana. E dire che nello scorso anno scolastico vi furono iutiere ispettorie che non diedero neppure un novizio! Quanta pena ne provo io che fui testimonio per tanti anni dei sacrifici che si imponeva il Venerabile D. Bosco per formarsi qualche collaboratore. Mi consola la speranza che questo mio lamento non rimarrà senza effetto. È la nostra buona Madre che per mezzo mio vi dice: datemi dei figli altrimenti io muoio: da mihi liberos, alioquin moriar ( Gen. XXX, 1). Cercate adunque delle vocazioni, lavorate per formare nuovi Salesiani.
Altre raccomandazioni assai importanti fanno ressa nella mia mente, e vorrebbero aver posto in questa mia lettera, divenuta già ornai troppo prolissa. Io le tralascio colla fiducia che il vostro zelo per la salvezza delle anime parlerà al vostro cuore ben più eloquentemente che io non saprei e che si farà già un bene immenso se si praticheranno le cose che vi ho accennate. Di ciò mi assicurano le moltissime lettere che mi mandaste per congratularvi con me che D. Bosco fu dichiarato Venerabile. Quasi tutti mi dicevate che vi stimavate fortunati, anzi, per usare la frase di molti, santamente orgogliosi d´appartenere a una Congregazione, il cui Fondatore già è Venerabile, sebbene morto da pochi anni. Quelle lettere mi assicurano che non sarà sterile il voto che io espressi nell´ultima mia circolare, che cioè il 24 Luglio 1907 segnasse un vero progresso nella virtù e nella pietà tra i figli di D. Bosco. Avrò dunque la consolazione di ricevere dai vostri Ispettori e Direttori notizie tali da compensare alquanto le amarezze passate e così tutti insieme benediremo Iddio che ci mandò le tribolazioni per farci migliori.
Discenda su di noi e su tutte le opere nostre la più copiosa benedizione del Signore. Di tutto cuore l´imploro, mentre mi professo
Vostro aff.mo Padre in Corde Jesu
Sac. MICHELE RUA.
1. La benedizione divina sulle nostre case. — 2. Feste solennissime in onore di Don Bosco Venerabile. — 3. Impressioni del viaggio nel Medio Oriente. — 4. Don Rua, pellegrino in Terra Santa. — 5. Sviluppo degli Oratori, le Compagnie e i Circoli. — 6. Le vacanze dei giovani durante l´anno scolastico.
24 giugno 1908.
Festa di S. Giovanni Battista.
(Lettera Edificante N. 11).
Carissimi Figli in G. C.
Iddio sempre ricco in misericordia e bontà, anche nel corso di quest´anno, mi concesse di compiere un gran viaggio, forse il più lungo della mia vita. Appena ritornato all´Oratorio, commosso sciolsi l´inno della riconoscenza a Dio, ed ora sento il bisogno di rivolgere a tutti i miei cari figliuoli una parola che prenderà la forma di lettera edificante.
Anzitutto mi somministra materia da scrivere la visita che io feci a molte case che si trovavano sul mio passaggio. In ciascuna di esse ho procurato di trattenermi quanto era necessario per formarmi un giusto concetto delle opere a cui attendono i nostri confratelli, delle difficoltà che incontrano nel non sempre facile loro apostolato, e dei frutti che ricavano o che sperano ricavare dalle loro fatiche. Ora da quanto ho visto co´ miei occhi, udito colle mie orecchie e, direi, toccato colle mie mani, mi torna di gran conforto il poter conchiudere che il Signore continua a benedire la nostra Pia Società, e che non cessa di servirsene quale strumento per la salute di moltissime anime. Oh! continuiamo pure a dire ogni mattina con islancio di gratitudine, che il nostro Istituto è prediletto da Maria SS. Ausiliatrice, poichè altrimenti non potrebbe spiegarsi il gran bene che per mezzo del medesimo si va facendo.
I nostri nemici speravano di spopolare i nostri collegi, distruggere i nostri Oratorii festivi, ispirare a tutti la sfiducia, anzi il disprezzo verso í Salesiani e privarli dell´appoggio morale e materiale dei Cooperatori. Il Signore mandò in fumo i loro malvagi intenti. Continuano ad essere oltremodo numerosi i nostri alunni, e corrispondono del loro meglio alle aspirazioni dei Superiori e Maestri. Ineffabile fu la consolazione che provai nel distribuir loro il pane degli Angeli, nell´indirizzar loro la parola, nel trattenermi in mezzo di loro nella ricreazione. Andiamo innanzi con coraggio; coll´aiuto del Signore riusciremo a formare dei ferventi cristiani e degli onesti cittadini.
E che non riescano del tutto sterili i nostri sudori a pro della gioventù ne sono prova perentoria gli antichi allievi da cui mi sono visto circondato ed entusiasticamente festeggiato in quasi tutti gli Istituti che ho visitato. Le calunnie e le persecuzioni dei tristi contro i loro antichi Superiori e Maestri, ben lungi dall´allontanarli da noi, segnarono un consolantissimo risveglio di affetto e di riconoscenza e li spronarono ad unirsi ed a mostrarsi sempre più fedeli agli insegnamenti ricevuti. Spero che lo zelo dei Direttori saprà coltivare queste utilissime associazioni di antichi alunni e procurerà di dar loro un carattere sempre più conforme allo spirito del nostro Venerabile Padre Don Bosco. E d´altronde è questo il mezzo più efficace per ottenere la perseveranza nel retto sentiero per quei giovani che furono per molti anni l´oggetto delle nostre più sollecite cure.
Altra fonte di gioia e di edificazione furono le numerose e solennissime feste celebrate in ogni parte del mondo in onore di D. Bosco. Mi è dolce tributare un plauso ben meritato al Circolo Giovanni Bosco di Torino che cominciò la serie non per anco terminata delle Commemorazioni del nostro Venerabile Fondatore e Padre. Furono i coraggiosi membri di questa benemerita e fiorente Associazione che scossero i loro compagni dal profondo scoraggiamento in cui li aveva gettati la bufera scatenatasi contro i Salesiani, li accolsero insieme con tanti amici e ammiratori delle Opere Salesiane dinanzi alla tomba del Venerabile per esaltarne con eloquentissimi discorsi le virtù e le benemerenze verso la società. Tennero loro dietro tutti i Collegi e gli Oratorii festivi salesiani, facendo gara chi meglio riuscisse a glorificare il Fondatore, e ne imitarono l´esempio innumerevoli Società operaie, Circoli giovanili ed Associazioni Cattoliche, sebbene non dirette dai Salesiani. Ed è ciò appunto che ne accresce l´importanza. Si fu in queste solenni accademie che si udirono i più rinomati oratori parlare magistralmente di D. Bosco, si recitarono sublimi poesie, si sciolsero i canti più armoniosi ed entusiastici per rendere grazie a Dio dell´incominciata glorificazione del nostro dolcissimo Padre.
Al nostro Bollettino fu affidato il non facile còmpito di registrare le Commemorazioni di D. Bosco. Sebbene la mancanza dello spazio gl´imponga di abbreviare quanto sia compatibile, tuttavia ebbe già a scrivere molte colonne ben capaci di dare ai lettori un´idea dell´alta stima e venerazione che in Europa ed in America si professa pel nostro buon Padre. Perfino in Francia ove la Chiesa Cattolica ora attraversa un periodo dei più,dolorosi, in pubbliche riunioni tenute nelle chiese coll´intervento dí ragguardevolissimi Prelati, fra il concorso d´immensa folla di popolo, si encomiarono le opere straordinarie e sante del Vincenzo de´ Paoli del Secolo XIX, e si cantò solennemente l´inno del ringraziamento.
Udii varie persone ripetere che forse di nessun altro Venerabile si parlò tanto quanto di D. Bosco; ed io me ne sono rallegrato immensamente, perchè per tal modo il nostro buon Padre, sebbene morto da ben vent´anni adhuc loquitur, parla con quella singolarissima efficacia di parola che il Signore si degnò di concedergli durantte la vita. Inoltre mi parve che promovendo siffatte Commemorazioni noi entrammo sempre meglio nelle viste dell´Em.mo Cardinal Tuto y Vives, Ponente della causa di D. Bosco, che, nel presentare ai Salesiani le sue cordiali felicitazioni, loro raccomandava di dare la più larga diffusione al Decreto di Venerabilità, che per la forma e per la sua lunghezza e molto più per l´entusiasmo con cui è redatto è il miglior elogio che si possa fare al Servo di Dio, ed è fatto in nome della persona più augusta ed autorevole di tutto il mondo.
Faccia Maria SS. Ausiliatrice che i primi a ricavarne frutto da questa esaltazione di Don Bosco siano i suoi figliuoli. Se noi l´amiamo sinceramente, non teniamoci paghi di parlarne, di festeggiarlo; ma sforziamoci in ogni tempo, in ogni luogo di riprodurre in noi le sue virtù e di mostrarci degni suoi figli.
Nel dar conto ai nostri Cooperatori del mio viaggio in Oriente ho visto che si fece anche cenno delle festose accoglienze che ebbe il Successore di Don Bosco ovunque è andato. Confesso che per parte mia avrei amato che si fosse omesso quanto riguarda direttamentte la mia povera persona, ed unicamente si pubblicasse ciò che torna a maggior gloria di Dio ed al bene delle anime. Ma nesuno meglio di me è convinto che quanto si fece e si fa in onore di D. Rua, non è che un riflesso dell´affetto e venerazione che si ha per Don Bosco; e però non mi credetti in dovere d´impedire tali accenni. Anzi per quel che riguarda specialmentte questo ultimo viaggio mi par doveroso approvarli e lasciare che anche queste dimostrazioni di stima siano recate a conoscenza dei nostri Cooperatori, perchè esse fanno pur meglio conoscere quanto insieme con D. Bosco sia apprezzata anche in lontane regioni l´Opera sua principale, cioè la nostra Pia Società. Invero per noi più anziani tra i figli di D. Bosco, i quali fummo testimoni degli umilissimi principii della nostra Congregazione, che conoscemmo le difficoltà senza numero che il nostro Venerabile Fondatore dovette sormontare per iniziarla, che con lui dividemmo le poche gioie e le gravissime pene della sua missione provvidenziale, per noi, ripeto, è uno spettacolo ineffabile il vedere che non solo la nostra umile Società si è sparsa su tutta la faccia della terra, ma ancora ha potuto, per la grazia di Dio, prender posto onorevole fra tante benemerite famiglie religiose. Ebbi evidentissima prova, ne´ miei ultimi viaggi, del gran conto in cui è tenuta la Congregazione Salesiana dalle autorità ecclesiastiche e civili, dagli ordini religiosi, dai più ragguardevoli cittadini. So che ciò avviene pure in ogni nazione ove noi fummo chiamati a lavorare. Nella persona del Rettor Maggiore in ogni luogo si volle onorare tutta quanta la nostra Pia Società; colle ovazioni, coi complimenti, colle accademie fatte a me, oltre la venerazione a Don Bosco, si intese esternare la gratitudine che si professava a tutti i Salesiani. Ed è per questo che in quel momento scompariva la mia umile persona, era esaltata la nostra Congregazione ed acclamato il suo Venerabile Fondatore. Che meraviglia perciò se io abbia permesso ed approvato che di tali feste si facesse relazione colla stampa? Anche questo sarà di comune edificazione per noi e per tutti i nostri Cooperatori.
E, nel ricordare questi particolari de´ miei viaggi, non posso dimenticare che il Venerabile D. Bosco fu udito raccontare certi tratti della storia dell´Oratorio che sembravano tornare a lode di lui stesso. Ma ciò egli faceva senza il minimo sentimento di vanagloria, parlando di D. Bosco come se fosse altra persona e non lui stesso e ricavandone opportuni eccitamenti ad amare e stimare sempre più la nostra Pia Società, così favorita da Maria Ausiliatrice e ad apprezzare sempre meglio la singolarissima grazia della vocazione. Oh! se anche a me fosse dato di eccitare, in tutti quelli che leggeranno questa lettera, un ardente amore alla nostra madre, la Congregazione, ed un santo zelo per la perfezione propria dello stato a cui fummo chiamati!
Riguardo al mio viaggio in Oriente permettetemi di aggiungere ancora qualche notizia che non poteva essere riportata dal Bollettino, per essere di genere intimo. Quando io cedetti alle calde istanze dei confratelli della Palestina, e promisi loro di andarli a visitare, mi proposi pure di fare un vero pellegrinaggio ai Luoghi Santi col fine d´ottenere per me e per tutta la Congregazione le grazie di cui abbisognano.
Ricorderò sempre la profonda impressione che provai nel calcare le rovine di Efeso, ove la SS. Vergine in compagnia di S. Giovanni Evangelista trascorse i suoi ultimi anni. Tra i ruderi di quel tempio ove fu condannato Nestorio, e fu solennemente pro. clamata Maria Madre di Dio, sentii i miei occhi riempirsi di lacrime, e supplicai con tutto il fervore di cui ero capace, la nostra Madre Celeste di continuare a coprirci col suo manto e di concedere a tutti i salesiani la grazia di essere zelanti promotori della sua divozione e propagatori delle sue glorie. Non la potremo mai onorare quanto merita.
A Damasco percorrendo tutti quei luoghi che ci ricordano la conversione di S. Paolo, specialmente poi celebrando la santa Messa nella grotta di S. Anania, paragonai la mia vita così povera di opere buone con quella dell´Apostolo delle genti. A questo confronto mi sentii profondamente umiliato e chiesi la grazia d´imitare meglio nel resto di mia vita l´ardente amore di S. Paolo per Gesù Cristo e il suo zelo instancabile per la salvezza delle anime. Nè occorre dirlo, ebbi un memento speciale pei sacerdoti della nostra Pia Società, affinchè sia veramente fruttuoso il loro ministero.
Ebbi in seguito la fortuna di solcare su d´una barchetta le onde di quel Lago di Genezareth, su cui il Divin Salvatore aveva camminato a piedi asciutti, di cui aveva sedato coll´onnipotenza della sua parola una terribile tempesta, che aveva attraversato tante volte nella barchetta di Pietro. Mi parve ancora di assistere alla pesca miracolosa. Nel mettere il piede a terra mi immaginai eziandìo di vedere la sponda gremita di gente che ascoltava avidamente la parola del Divin Maestro che parlava dalla barca. E qui commosso ho rivolto il mio pensiero a tutti i miei cari figliuoli, e feci voti ardenti perchè si conservino ben afferrati alla barca di Pietro, poichè solamente con lui possiamo sperare di arrivare al porto di salute. Sappiamo tutti che non meriteremmo il nome di figli di Don Bosco qualora non fossimo intieramente sottomessi al Vicario di Cristo.
Giunto a Nazareth non vedeva l´ora di poter baciare quel suolo ove il Figlio di Dio s´incarnò, che Egli calpestò coi suoi santi piedi fino all´età di trent´anni, che Egli imbalsamò con la pratica delle più sublimi virtù. Vidi sorgere sul nostro terreno una bella chiesa dedicata a Gesù Adolescente, e mi spuntò in cuore una ferma speranza che i Salesiani abbiano a fare un grande bene alla gioventù proponendole sovente quale modello il giovanetto Gesù così puro, ubbidiente e laborioso. Nè posso tacere che nei giorni passati nel nostro orfanotrofio di Nazareth, ogni volta che mi trovava in mezzo a quei cari giovanetti che con tanto affetto mi prendevano la mano, la baciavano e poscia la portavano alla loro fronte, mi pareva di vedere Gesù quando era della loro età. Spesse volte nel mio cuore lo ringraziai per averci chiamati a fare un poco di bene ai suoi concittadini.
Vi è noto, che nonostante la lunghezza e la difficoltà del cammino, mi fu dato di salire fino alla sommità del Tabor, dove il Divin Maestro lasciò intravedere un poco della sua maestà ed infinita bellezza. È impossibile in quel luogo non pensare al Cielo che non sarà altro che un Tabor da cui non discenderemo mai più. Colà contempleremo non solo per alcuni istanti, ma per tutta l´eternità quel Gesù che fece andar fuori di sè gli Apostoli sollevando per un istante un lembo del velo che celava la sua natura divina.
Il 24 marzo per la bontà dei Padri Francescani ebbi la fortuna di celebrare in Betlemme la Messa nella grotta della Natività, e vi assicuro che pregando in quel luogo non solo il cuore s´infiamma di amore per quel Dio che si umilia fino a farsi uomo per la nostra salute, ma sente pure un gagliardo impulso ad imitarlo nell´umiltà e nella povertà.
Finalmente il 30 marzo coll´anima trepidante per la commozione celebrai la Messa sul Santo Sepolcro. Fu allora che ho ringraziato il Signore di aver fatto trionfare la nostra Pia Società contro le calunnie dei nostri nemici e d´averne anzi ricavato immenso vantaggio per le opere nostre. In quell´augusto tempio ho rinnovato la consacrazione della nostra Congregazione al S. Cuore di Gesù, e pregai a lungo perchè tutti i membri perseverino nella loro vocazione e che neppur uno abbia a perire.
Come vedete il mio pellegrinaggio ai Luoghi Santi non doveva essere un esercizio di privata divozione, ma aveva per fine il bene generale della Società .e la santificazione di ciascuno de´ membri. La misericordia di Dio i cui tesori sono inesauribili non permetterà che vadano deluse le mie speranze, che rimangano senza frutto le mie preghiere.
Ma mentre io visitava la Terra Santa, dall´Italia e dall´America mi giungevano lettere che mi colmarono di gioia. Lo sviluppo che ovunque vanno prendendo gli Oratorii festivi, l´impegno che mostrano i Direttori per accrescere il numero dei giovani che li frequentano, per promuovere í catechismi, le gare catechistiche e la frequenza dei Ss. Sacramenti soro cose che allietano i nostri cuori e ci compensano di quanto abbiamo da soffrire. Eppure vi ha ancora qualche cosa di più consolante. Pervenne a mia conoscenza lo zelo con cui si dirigono le compagnie di S. Luigi e di S. Giuseppe e del SS. Sacramento. Si è per mezzo di queste provvidenziali associazioni che i giovanetti si abituano poco a poco alle pratiche di pietà, concepiscono orrore del peccato, rifuggono dai cattivi compagni e contraggono l´abito delle cristiane virtù. O quanto fu bene ispirato il nostro Venerabile D. Bosco quando le istituì e fece in modo che fossero arricchite di speciali indulgenze! Non sarà mai fiorente quell´Oratorio, in cui fossero trascurate queste sante industrie per migliorare la condotta dei nostri giovanetti.
Ma di ciò non furono contenti molti nostri cari confratelli, poichè, come appresi con immensa consolazione, in molti dei nostri Oratorii, pei più adulti, si fondarono dei Circoli, che ne sono il necessario complemento. Avviene infatti che i giovanotti d´una certa età, pur essendo affezionatissimi al loro Oratorio, corrono rischio di abbandonarlo, poichè omai più non si sentono di mescolarsi coi piccoli, di prender parte ai loro fanciulleschi trastulli, sembrano aver bisogno di altri svaghi di altro ambiente più conforme alla loro età. A ciò si provvede molto bene coi Circoli, diretti con apposito regolamento, forniti di tutto quanto può essere richiesto dall´indole e dall´età dei giovani che li compongono. Gli esperimenti che se ne fecero in questi anni diedero consolanti frutti. Si è per tal modo che l´Oratorio continua ad essere molto frequentato, la scuola di musica è numerosa, la compagnia drammatica fiorente ed in modo speciale si possono celebrare feste solenni ed oltremodo edificanti. In certi Oratorii si videro centinaia di giovanetti dai 16 ai 30 anni accostarsi alla Sacra Mensa edificando col loro contegno i loro compagni più giovani. Di certi membri di tali Circoli si raccontano meravigliosi tratti di virtù e di sacrificio. In una grande città d´Italia i soci del Circolo D. Bosco riuscirono ad impedire una dimostrazione ostile contro l´Arcivescovo, corraggiosamente ne scortarono la carrozza fino al suo palazzo, sicchè íl venerato Pastore ebbe a rallegrarsi con loro dicendo: voi siete i miei fedeli compagni nelle gioie e nei dolori. Che più? So che alcuni di questi cari giovanotti sono poi braccio destro del Direttore dell´Oratorio ed esercitano un vero apostolato fra i loro compagni. Benedica il Signore questi Circoli e sostenga lo zelo dei loro Direttori.
Compierono poi l´opera ed imitarono appieno gli esempi del nostro Venerabile Fondatore quei Salesiani che prepararono i giovani dell´Oratorio a divenire più tardi dei confratelli della Società di S. Vincenzo de´ Paoli. Quando per ragione di trasloco o per altro motivo un giovane non può più frequentare l´Oratorio, sarebbe veramente assicurata la sua perseveranza se si riesce a farlo entrare in quelle benemerite conferenze. È oltremodo giovevole il contatto con altri fervorosi cattolici quali sono sempre i membri di tali Società. Le conferenze stesse in cui sempre si può udire un pensiero, una massima veramente cristiana, la visita dei poveri, tutto contribuisce a conservare buono il giovane, a tenerlo lontano dai pericoli, a farlo progredire nel bene. Quanti furono i giovani che D. Bosco ha salvato per tal modo! Faccio voti perchè abbia molti imitatori.
Infine voglio che in questa lettera edificante vada un plauso cordiale a quei cari Direttori che compresero la ragionevolezza della misura presa fra noi di non più lasciar andare i giovani in vacanza durante l´anno scolastico e di sopprimere le uscite coi parenti, foss´anche a modo di premio. Non ignoro le difficoltà da loro incontrate, le lotte che dovettero sostenere coi parenti troppo teneri nell´amore dei loro figliuoli. Può essere perfino che qualche alunno sia stato tolto dal collegio per una disciplina considerata come troppo rigida, ma mi affretto a soggiungere che molti parenti da questo rigore medesimo riconobbero che noi amavamo sinceramente e cercavamo nient´altro che il bene morale, intellettuale e religioso dei loro figliuoli, e per questo stesso maggiormente si affezionarono ai nostri collegi ed al nostro sistema di educazione.
Il Signore poi ricompensò largamente quelli che hanno ubbidito, poichè i loro collegi sono i più fiorenti pel numero degli alunni, pel buono spirito che vi regna e per la buona riuscita negli studi. Questo non sarà un leggero conforto per coloro che sono soliti a ricevere gli ordini dai Superiori quali manifestazioni della volontà di Dio, e non si spaventano degli ostacoli che incontrano nel metterli in esecuzione.
Come vedete, nelle nostre case, quantunque si abbiano a deplorare certi piccoli difetti, perchè siamo tutti figli d´Adamo, pure non mancano le cose edificanti. Conviene che noi ne teniamo conto per farci forti contro il pessimismo di certi malcontenti che vedono tutto nero e contro lo scoraggiamento che potrebbe insinuarsi nel cuore di coloro stessi che sono animati dal migliore spirito. Facciamo nostra la massima di S. Ignazio che dice: facciamo il bene come se l´esito dipendesse unicamente da noi, ma siamo intimamente convinti che se riusciamo a fare qualche opera buona, Dio solo ne ha il merito.
Mi raccomando caldamente alle vostre preghiere su cui faccio assegnamento per continuare a sostenere il gravissimo peso della mia carica.
Vostro aff.mo in Corde Jesu
SaC. MICHELE RUA.
1. Bontà di Dio verso la Congregazione nella prova. — 2. Più abbondanza di bene dopo la persecuzione. — 3. Consacrazione del tempio di Maria Liberatrice a Roma. — 4. Udienza e benedizione papale. — 5. Studentati teologici e lingua- latina. — 6. Facciamo bene l´esercizio della buona morte. — 7. Esortazione di Pio X al clero.
Torino, 31 gennaio 1909.
21.mo anniversario della morte del Ven. D. Bosco.
Più volte in questi ultimi mesi vi giunsero lettere del Rettor Maggiore. Pur troppo esse erano destinate a darvi notizia di dolorosissimi avvenimenti con cui piacque al Signore, ne´ suoi imperscrutabili consigli, mettere alla prova la nostra Pia Società. Lasciate che finalmente il mio cuore si spanda con voi con giocondi pensieri.
Oggi, nell´anniversario della morte del nostro Venerabile Fondatore e Padre, io sento irresistibile bisogno di rivolgervi di nuovo qualche parola. Se non lo facessi, mi parrebbe di venir meno ad un sacro dovere della carica di cui indegnamente sono rivestito. Invero nessun altro momento, durante l´anno, mi sembra più opportuno per fare insieme con voi alcune riflessioni sullo stato della nostra cara Congregazione e sopra noi stessi, che quel giorno in cui rimanemmo orfani di un tanto Padre. Mi pare che in questa memoranda congiuntura debba essere naturale per noi Salesiani l´immaginare che D. Bosco dal cielo, ove per giudizio infallibile della Chiesa si trova, ci ripeta, con un´efficacia senza pari, alcuni insegnamenti e varie utilissime raccomandazioni, che udivamo dalle sue labbra durante la sua carriera mortale.
A consolidare la nascente Congregazione di San Francesco di Sales giovarono moltissimo le conferenze che di quando in quando D. Bosco teneva ai suoi carissimi figliuoli. Attingendo materia dal suo cuore, così acceso d´amor di Dio e di carità verso le anime, sapeva trasfondere ogni volta ne´ suoi fortunati uditori i più nobili sentimenti, i più santi propositi. Orbene ricorderanno benissimo i nostri confratelli più anziani, come il nostro buon Padre prendesse molte volte per argomento del suo dire gli innumerevoli benefici che Iddio aveva concessi all´Oratorio e la visibile protezione di Maria Santissima verso il medesimo. Quali sublimi considerazioni sapeva ricavarne! All´udirlo si eccitavano i nostri cuori alla gratitudine ed alla preghiera di ringraziamento, la nostra mente si formava un´idea altissima della nostra Pia Società, ci chiamavamo fortunati di poterne far parte e vedevamo chiusa la porta ad ogni pericolo di scoraggiamento. Dopo le sue sante esortazioni chi avrebbe osato dubitare che la nostra Congregazione fosse opera di Maria Ausiliatrice e l´oggetto delle sue predilezioni? Chi avrebbe ancora indietreggiato dinanzi al sacrificio, ai patimenti stessi, trattandosi di compiere la nobile Missione che D. Bosco ci proponeva?
Anche a costo di ripetervi cose già scritte altre volte o dette a viva voce nelle nostre conferenze, io debbo farmi l´eco delle parole del nostro Venerabile Fondatore. Già passarono 21 anni dacchè egli fu chiamato alla gloria del paradiso, ma la Pia Società da lui fondata ben lungi dal disparire, come taluni avrebbero profetizzato, approvata e benedetta dal Vicario di G. C., continua il suo fruttuoso apostolato su tutta la faccia della terra, va ognor più dilatando la sua azione provvidenziale, acquista ogni giorno maggior favore e stima. Anzi il bene che va operando giunse al punto d´incutere timore a´ suoi nemici che, l´anno scorso, giurarono di farne un mucchio di rovine. Egli è ben vero che noi non abbiamo sempre corrisposto bene alle grazie ricevute; pur troppo ci si possono rimproverare molti e gravi difetti. Chi sa quante volte avremmo meritato, che Iddio volgesse altrove i suoi sguardi, e cercasse altri migliori strumenti per ottenere la sua gloria; ma Egli infinitamente ricco di misericordia, in vista dei meriti del nostro Venerabile Padre, continuò a benedirci, sostenerci e consolarci. Vediamo ogni giorno avverarsi le predizioni di D. Bosco riguardo al numero de´ suoi figli ed alle loro imprese. Ma per venire a cose concrete e più recenti, qual maggior prova della protezione di Maria Santissima che l´avere sfatate le calunnie con cui ci assalirono i nostri nemici, durante l´anno 1907? Non ostante il satanico accanimento delle sètte, malgrado le enormità strombazzate da una stampa empia ed oscena, noi ci vediamo sempre circondati dall´affetto e dalla stima di numerosi amici e benefattori. Non abbiamo scorto alcun raffreddamento nelle relazioni coi nostri benemeriti Cooperatori, che continuano ad essere il nostro principale sostegno. Voi medesimi potete assicurarvi che punto non è diminuita la salutare influenza che ognora esercitano sopra una folla- immensa di giovanetti i nostri Collegi ed Oratorii Festivi. Inutilmente si tentò d´ispirar loro diffidenza e disprezzo verso i loro superiori, maestri e assistenti.
E non è questo un dolcissimo conforto, un efficace incoraggiamento per chiunque nutra un poco di amore verso la nostra Pia Società? Anche noi potremmo ripetere ciò che diceva D. Bosco in un momento di fiera lotta pel suo Oratorio. I nostri nemici, egli diceva, hanno una gran voglia di distruggere la nostra Congregazione, ma non ci riusciranno, perchè hanno da fare con chi è più potente di loro, hanno da fare colla beata Vergine, anzi con Dio medesimo che disperderà i loro consigli (Cinque lustri, pag. 609).
Ma v´ha di più ancora. La fede c´insegna che la sapienza e l´onnipotenza di Dio si manifestano specialmente nel ricavare il bene dal male stesso, che commette l´umana malizia. E ciò io vi ricordava in qualche mia circolare augurandomi, che dalle patite persecuzioni ne venisse un risveglio nello zelo per la salvezza delle anime, maggior impegno nell´osservanza delle nostre Costituzioni, somma e costante diligenza dei nostri alunni. I miei voti furono esauditi. Voi teneste gran conto delle mie raccomandazioni. L´anno scolastico testè terminato ebbe un esito felice, e se l´amore che porto ai miei figliuoli non fa velo ai miei occhi posso scrivere questa bella parola: l´anno 1908 è trascorso senza disordini in fatto di moralità e disciplina. Se si tien conto della fragilità umana, dello spirito del mondo in mezzo a cui viviamo, questa è una grazia straordinaria, di cui dobbiamo essere grati alla nostra potentissima Ausiliatrice.
Il saperci continuamente sorvegliati ha pure stimolato la vostra già ben nota attività. Avete lavorato voi stessi e faceste alacremente lavorare i vostri allievi; quindi ne venne la loro bella riuscita ne´ pubblici esami, di cui parlarono molti giornali, attirando un numero sempre maggiore di giovanetti ai nostri istituti.
Nè qui si arrestarono i frutti della protezione di Maria Ausisiliatrice. Le sante industrie di molti nostri confratelli suscitarono fra i nostri alunni delle vocazioni alla vita religiosa e sacerdotale. Perfino dai Pensionati, che pure non sembrano terreno preparato a dar tali frutti, è uscito qualche ascritto alla nostra Pia Società. Nè mancarono sacerdoti del clero secolare che chiesero con calde istanze di essere ammessi sotto la bandiera di Don Bosco. Ond´è che in quest´anno si accrebbe assai il numero di coloro che nelle nostre case di formazione si preparano a diventare abili maestri, assistenti e capi d´arte nelle case salesiane.
Ecco quindi avverato a nostro favore ciò che ripetiamo ogni giorno nel Benedictus: « salutem ex inimicis nostris ». Non è egli vero che queste riflessioni dovrebbero scuotere la nostra indifferenza, renderci ognora più ferventi nella pietà, meglio disposti ai sacrifici che la vita salesiana ci impone? E qui mi è dolce il dichiarare che per molti nostri confratelli non era punto necessaria questa mia esortazione, poichè mi fu dato ritrovare in loro quell´aurea indifferenza ad ogni ufficio, che è l´indizio di alta perfezione, e che rende molto meno penosa la carica di Superiore.
Vari Salesiani infatti al semplice invito dei Superiori con tutta facilità lasciarono il loro posto di Ispettori e Direttori e volentieri ne accettarono altri inferiori, loro dall´ubbidienza assegnati. Credo conveniente segnalare simili esempi di virtù nella speranza che siano imitati da molti, da tutti.
Ma non è possibile che io passi sotto silenzio un fatto molto glorioso per l´umile nostra Congregazione, compiutosi pochi mesi fa. Intendo acennare alla consacrazione dell´artistico tempio di Maria Liberatrice in Roma.
Una delle più soavi consolazioni che rallegrarono il cuore del Venerabile D. Bosco, l´ultimo anno della sua preziosa esistenza, fu la consacraziosa della chiesa dedicata al S. Cuore di Gesù in Roma. Sono incredibili i disagi a cui D. Bosco si sottomise per condurre a termine quella vasta e bella chiesa. Leone XIII di s. m. gli aveva affidata quella difficile impresa, ed il nostro buon Padre aspettavane il compimento per cantare il suo Nunc dimittis.
Pio X, gloriosamente regnante, fece pure appello ai Salesiani per edificare la chiesa di Maria Liberatrice. Come avremmo potuto ricusare la nostra cooperazione ad un´opera desiderata dall´Augusto Capo della Chiesa? Facendo ogni sforzo per parte nostra, invocammo l´aiuto dei nostri buoni Cooperatori e la chiesa fu fatta. Non saprei esprimere a parole la gioia purissima che gustai, la domenica 29 novembre scorso, assistendo alla consacrazione del nuovo tempio, eseguita da S. E. il Cardinal Respighi, Vicario di S. S. Volgendo attorno lo sguardo, e vedendo la popolazione del Testaccio accorrere alla nuova chiesa io godeva immensamente di poter dire che coi nostri sacrifici avevamo contribuito a procurar loro i mezzi di vivere da buoni cristiani.
Già negli anni passati noi ci adopravamo per fare qualche bene alla gioventù di quel popoloso borgo di Roma colle scuole e coll´Oratorio festivo; ora vi è da lavorare anche per gli adulti. Voglia il Signore renderli docili alla voce dei sacerdoti salesiani destinati alla loro istruzione ed assistenza.
Io son certo d´incontrare il vostro gradimento trascrivendo il voto con cui la Civiltà Cattolica termina la relazione di questa solenne funzione: « Il titolo glorioso dell´antica chiesa, che ricordava nel foro romano il trionfo di Maria sul vecchio paganesimo, è ora rinnovato al Testaccio per volere dello stesso Sommo Pontefice. Così Maria Liberatrice domina sovrana, là di fronte all´Aventino, sul nuovo popoloso quartiere che le si stende d´intorno, denunziando il suo trionfo materno sopra il paganesimo moderno qual è appunto il naturalismo socialista, che in mezzo a quel popolo di operai ha cercato e cerca con ogni sforzo di mettere il suo centro. All´ombra di Lei si svolgerà benefica ed efficace l´opera dei figli di D. Bosco, sostenuta dalla carità cristiana, con oratorii, circoli, scuole, ed altre simili istituzioni opportune ai luoghi ed ai tempi. E così pure, all´ombra di Maria Liberatrice, crescerà libero dall´incredulità e dal vizio il laborioso popolo del Testaccio, si verrà sempre meglio educando a sostenere le lotte per l´onestà la fede contro quei miseri traviati che si affannano a scristianizzare e imbarbarire nel disordine, nell´empietà e nell´anarchia quell´estremo lembo della città di Roma. È questo l´augurio nostro di ogni anima cristiana » (Civ. Catt. quad. 1404 ).
Come già vi è noto, fu il 10 di dicembre che ebbi l´onore di essere ricevuto in udienza particolare da S. S. Pio X. Dopo essersi meco trattenuto coll´affabilità d´un tenerissimo padre, per ben venti minuti, mostrando quanto gli stiano a cuore tutte le cose nostre, il Papa si degnò accogliere tutti i sacerdoti salesiani che mi avevano accompagnato al Vaticano. E qui in modo familiare si rallegrò con noi per aver condotta a termine la vasta chiesa del Testaccio, espresse le belle speranze da lui concepite riguardo all´apostolato che i Salesiani intraprendono a favore di quella porzione del suo gregge, ed incoraggiò efficacemente il sacerdote designato a far da parroco. Nel congedarci non solo ci benedisse con tutta l´effusione del paterno suo cuore, ma ebbe la benignità di scriver di proprio pugno queste parole: Deus omnipotens adimpleat omnem benedictionem suam in vobis, il che vuol dire che non solo implorava un´abbondante benedizione su tutta la nostra umile Società, ma vi aggiungeva ancora una preghiera perchè la medesima tornasse veramente piena ed efficace.
Quanti eravamo presenti, uscimmo dall´udienza entusiasmati della bontà del Papa verso la Congregazione Salesiana. Avrei voluto che tutti i miei carissimi figli avessero potuto ascoltare le dolci parole del Vicario di Gesù Cristo. Certo ne avrebbero dedotto che, anche meschini come sono i Salesiani, pure colla grazia del Signore vanno facendo qualche poco di bene ed il Capo della Chiesa ne è soddisfatto. Ho speranza che questa debolissima eco delle parole del S. Padre che vi trasmetto, sarà a tutti di conforto e d´incoraggiamento. D. Bosco diceva che quando parla il Sommo Pontefice è Gesù Cristo che parla.
Ricordatevi d´altro lato che io ho promesso a Pio X che nessuno dei figli di D. Bosco avrebbe addolorato in qualsiasi modo il suo cuore paterno e che invece tutti si sarebbero ognora adoperati per lenirne le tante ed acerbissime pene. Faccio assegnamento sulla vostra buona volontà perchè non torni vana questa mia promessa.
Riandando per poco nel mio pensiero l´anno scorso, incontro ancora un´altra cosa che mi consola e mi fa sperare molto bene alle anime. Sono quattro anni che, non risparmiando i sacrifici, abbiamo incominciati gli studentati teologici. Senza parlare degli altri, solamente da quello di Foglizzo uscirono vari sacerdoti assai ben preparati per le diverse mansioni che debbono ora compiere nelle case a cui furono mandati. Ogni anno un numero anche maggiore di sacerdoti ritornerà al campo del lavoro che per ragione di studi avevano abbandonato. Si abbiano le mie cordiali felicitazioni i superiori e professori che con tanto zelo lavorarono per l´istruzione e formazione di quella eletta porzione di personale salesiano. Spero che i risultati ottenuti li animeranno a continuare coraggiosamente la delicata missione loro affidata. E se mi è lecito esprimere un desiderio, per maggior progresso nello studio della Teologia, mi sarebbe veramente caro che negli studentati si introducesse l´uso della lingua latina nello spiegare la Dogmatica, la Sacramentarla e la Morale e s´introducesse pure la bella usanza di assegnare, possibilmente ogni settimana, a qualche allievo una tesi da provare e difendere, fissando pure gli avversari e ciò da farsi tutto in latino. Ricordo sempre con immenso piacere le dispute che noi facevamo in Seminario, le quali oltre di stampare nella memoria le verità che si difendevano con tutte e singole le loro prove, ci avvezzavano a parlare con una certa spigliatezza e correzione la lingua che la Chiesa ha purificata e santificata e dí cui Ella si serve per parlare con Dio.
Nel porre termine a questa mia circolare debbo confessare, che per quanto mi sforzassi di tener fissa la mia mente in ciò che la penna andava scrivendo, al mio pensiero si presentavano ad ogni istante l´immane disastro di Messina e le dolorosissime perdite di cari confratelli ed allievi. Come pure mi si presentava la dolce e bonaria figura del compianto D. Luigi Rocca che la morte ha rapito così precipitosamente al nostro affetto. Già tante volte ne feci il sacrificio, rassegnandomi intieramente al volere di Dio; ciononostante la piaga che quelle gravissime perdite han fatto al mio cuore è ben lungi dall´essere rimarginata. Mi affligge poi il vedere che le morti improvvise si vanno moltiplicando fra i nostri confratelli. Non dubito che vivendo da buoni religiosi, essi siansi trovati preparati al gran passo; tuttavia questo repentino scomparire dalla scena del mondo mi prova sempre meglio quanto sia opportuno che facciamo con impegno ogni mese l´esercizio della buona morte.
Questa bellissima pratica di pietà si appoggia sulla parola dello Spirito Santo: in omnibus operibus tuis memorare novissima tua, et in aeternum non peccabis: in ogni tua azione ricòrdati della tua fine e non peccherai (Ecdi. VII, 40). Di essa diceva S. Bernardo: Ci procura il timor di Dio, scaccia il peccato ed impedisce la tiepidezza.
Fu praticata da tutti i Santi, è raccomandata con tutta insistenza dai maestri della vita spirituale.
Il Venerabile D. Bosco, fin dal principio dell´Oratorio introdusse l´uso di far ogni mese l´esercizio della buona morte. Ad un sacerdote che si meravigliava della buona condotta di tanti giovani che vivevano nell´Oratorio, D. Bosco disse: Essi sono buoni perchè fanno ogni mese l´esercizio della buona morte. Questa pratica è il sostegno della nostra casa.
Noi ricordiamo com´egli con una certa solennità l´annunziasse nel sermoncino della sera alcuni giorni prima; ci par ancora di vederlo, inginocchiato sui gradini dell´altare, recitare con noi le tenerissime preghiere con cui si chiede la grazia di morir bene. Nell´articolo 112 delle Costituzioni il Venerabile ci impose l´obbligo di far ogni mese questo esercizio, e nelle Deliberazioni Organiche (pag. 206) furono rese obbligatorie per tutti i confratelli le varie pratiche di pietà di cui esso si compone. Ond´è che non può dirsi veramente Salesiano colui che trascura un mezzo così efficace ad ottenere la nostra salvezza.
So che in generale i Salesiani conservano la bella abitudine dell´esercizio della buona morte. Ciò mi viene assicurato nei rendiconti. IVIi duole tuttavia che spesse volte i sacerdoti pei loro impegni fuori di casa in quelle ore medesime in cui gli altri lo fanno, siano impediti di farlo regolarmente colla comunità. Mentre fra il clero secolare stesso va organizzandosi in tutte le diocesi il ritiro mensile, che infine non è altro che il nostro esercizio della buona morte, quanto sarebbe a deplorare che i sacerdoti salesiani trascurassero questa pratica di pietà, già così antica fra di noi!
Per parte mia, mentre raccomando a tutti i miei carissimi figli di attenersi in tale esercizio a tutto quanto è stabilito nelle nostre Deliberazioni, non cesserò mai d´inculcare in modo particolare l´art. IV che dice: Si pensi almeno per mezz´ora al progresso ed al regresso che si è fatto nella virtù nel mese passato specialmente per ciò che riguarda i proponimenti fatti negli esercizi spirituali, l´osservanza delle Regole, e si prendano ferme risoluzioni di vita migliore.
Per me non v´è dubbio versino: senza questo riflesso il nostro esercizio della buona morte sarà di ben poco vantaggio alle anime nostre.
Ho fiducia che i signori Ispettori e Direttori comprenderanno il mio pensiero, e si uniranno con me per ridurlo alla pratica. Così per noi la morte potrà venire anche subitamente, se Dio lo permette, ma non sarà mai improvvisa.
Tutti saprete che sul finire dello scorso anno il S. Padre Pio X, a cui sta tanto a cuore il progresso del clero secolare e regolare nella perfezione, ha pubblicato a tal uopo una magnifica esortazione al clero. Nel desiderio che tutti i sacerdoti salesiani possano leggere e meditare le salutari istruzioni in essa contenute, ne procurai un´edizione appositamente per voi, che spedisco con questa mia lettera con incarico ai signori Direttori di darne una copia a Ciascuno dei preti da loro dipendenti. E voi, o cari sacerdoti salesiani, fatene tesoro ricevendola come regalo che vi fa in questo 21° anniversario il nostro Venerabile Padre a cui stava tanto a cuore la piena adesione agli insegnamenti del Sommo Pontefice e la pratica delle sue esortazioni.
Faccia intanto il Signore che sempre più profonda diventi la nostra venerazione al Capo della Chiesa, sempre più stretti divengano i vincoli di carità che ci uniscono tra di noi durante la vita, che sempre viva si conservi tra di noi la memoria dei nostri confratelli defunti, affinchè tutti possiamo di nuovo trovarci riuniti un giorno e fare una bella corona a D. Bosco in paradiso. Questo è il voto ardente che fa per voi
Il vostro aff.mo in Corde Jesu SaC. MICHELE RUA.
e dei Regolamenti
1. Dopo la visita straordinaria. — 2. Osservanza delle Regole. — 3. Far osservare le Costituzioni. — 4. Non cercare vantaggi materiali per la famiglia. — 5. Esatta e devota celebrazione della santa Messa. — 6. Riservatezza di tratto coi giovani. — 7. Perfezionare sempre più l´osservanza religiosa. — 8. Promuovere la buona stampa.
Torino, 1 dicembre 1909.
La visita straordinaria alle Case Salesiane si è felicemente terminata. Coloro chefurono scelti per questa importante e delicatissima missione, non la perdonarono a fatiche, disagi e sacrifici, e corrisposero egregiamente alla fiducia che in loro aveva riposta il Capitolo Superiore. Spero che dal loro lavoro ne verrà un grande vantaggio alla nostra Pia Società, e perciò cordialmente li ringrazio anche in nome di tutti gli altri Superiori.
Le relazioni dei Visitatori sono state già lette in gran parte dal Capitolo Superiore. Esse prima di tutto sono una novella assicurazione che l´umile Congregazione, benedetta dal Signore, sostenuta da Maria SS. Ausiliatrice, avvalorata dai meriti e dalle preghiere del suo Ven. Fondatore, continua a fare un gran bene in mezzo al mondo. Non è perciò a stupire, se contro di noi sono stati diretti in questi ultimi anni gli strali dei nemici della Religione, e perciò anche nemici nostri. Gl´insuccessi non valgono a scoraggiarli. Riuscito vano un tentativo, si appigliano ad un altro; vinti in una battaglia, ne ingaggiano un´altra; e di ciò sono prova evidente le calunnie di Varazze e di Marsala, e le persecuzioni di Barcellona e di Colombia. In questo momento stesso chi sa che cosa si sta macchinando a danno dei nostri Istituti! Ma nulla abbiamo da temere perchè Dio è con noi, ci guida e difende Colei che è terribile come esercito schierato in campo. Lungi dallo scoraggiarci, rallegriamoci nel vedere la nostra Pia Società messa dai nemici a lato delle più insigni famiglie religiose e adoperiamoci quanto sta in noi per meglio meritare tanto onore e per santamente rivaleggiare con loro nel lavorare a gloria di Dio e per la salvezza della gioventù.
Ma l´attenta lettura delle relazioni dei Visitatori ci fa pur conoscere che ove trovasi un Superiore fornito delle necessarie qualità, guidato da vero e ardente zelo, fedele imitatore del nostro Venerabile Padre e Fondatore D. Bosco, in quella casa fiorisce la pietà, regna una grande illibatezza di costumi, si ammira un continuo progresso negli studi, si respira una atmosfera profumata dalla fragranza d´ogni più eletta virtù. Nello svolgere quelle pagine avemmo la consolazione d´incontrare vari istituti salesiani così fortunati; ma voi non farete le meraviglie, se questi ci paressero troppo rari, e se ci spuntasse sul labbro il lamento: Oh! perchè tutti gli altri non sono così? Questo lamento ho pensato di raccogliere e di trasmetterlo a´ miei carissimi Ispettori e Direttori insieme con alcuni consigli ed esortazioni, che spero vi aiuteranno ad aumentare di molto il bene che già andate facendo e a togliere quei difetti che potrebbero menomarlo. Come vedete si tratta di cose che riguardano specialmente coloro che sono a capo delle nostre case, ed è per questo che la presente circolare è riservata agl´Ispettori e Direttori.
Quando i Superiori v´inviarono la nomina d´Ispettori e Direttori, non ignoravano che molte e gravissime difficoltà voi avreste incontrate nell´ufficio a cui eravate elevati. Era loro ben noto che voi sareste stati più o meno lontani del Capitolo Superiore, e che quindi non avreste potuto averne facilmente l´immediata direzione. Sapevano che avreste avuto a collaboratori alcuni nostri confratelli, animati senza dubbio da ottimi sentimenti ma figli di Adamo essi pure e quindi imperfetti e soggetti a molte debolezze. L´esperienza aveva fatto conoscere ai vostri Superiori Maggiori quanto sia delicata nei tempi che corrono, la condizione di un Direttore di collegio, essendo egli sempre esposto agli sguardi d´ogni ceto di persone, fra cui ve ne sono spesse volte di quelle poco benevole verso il sacerdote. Sapevano infine che la stessa gioventù, a cui è consacrata la nostra vita, insidiata e guasta fin da´ primi anni da massime contrarie alla Religione e alla moralità, avrebbe potuto da un momento all´altro darvi noie e dispiaceri non pochi e compromettervi anche in faccia alle stesse autorità. Nulla di quanto ha di spinoso la vostra carica, ci poteva essere ignoto, eppure noi in nome di Dio vi abbiamo detto: Coraggio! andate ove l´ubbidienza vi manda.
Quando il Venerabile D. Bosco inviò i primi suoi figliuoli in America, volle che la fotografia lo rappresentasse in mezzo a loro nell´atto di consegnare a Don Giovanni Cagliero, capo della spedizione, il libro delle nostre Costituzioni. Quante cose diceva D. Bosco con quell´atteggiamento! Era come dicesse: Voi traverserete i mari, vi recherete in paesi ignoti, avrete da trattare con gente di lingue e costumi diversi, sarete forse esposti a gravi cimenti. Vorrei accompagnarvi io stesso, confortarvi, consolarvi, proteggervi. Ma quello che non posso fare io stesso, lo farà questo libretto. Custoditelo come preziosissimo tesoro.
Se a imitazione del nostro Venerabile Padre ciò io non potei dire a ciascuno di voi nell´atto di consegnargli l´obbedienza, permettetemi che lo dica ora con questo mio scritto. Le Costituzioni, uscite dal cuore paterno di D. Bosco, approvate dalla Chiesa infallibile ne´ suoi insegnamenti, saranno la vostra guida, la vostra difesa in ogni pericolo, in ogni dubbio o difficoltà. Con San Francesco d´Assisi vi dirò: Benedetto sia il religioso che osserva le sue sante Regole! Esse sono il libro della vita, la speranza della salute, il midollo del Vangelo, la via della perfezione, la chiave del Paradiso, il patto della nostra alleanza con Dio.
Vi è in ogni Congregazione un insieme d´idee e di tendenze, una maniera di pensare e di fare, che forma lo spirito proprio della medesima, cioè la S. Regola. Per arrivare quindi ad essere ben imbevuti dello spirito del Ven. D. Bosco noi dovremmo leggere e meditare le nostre Costituzioni. Facilmente uno si crede di conoscerle e di comprenderle, ma venendo poi all´opera egli s´accorge che le cose vanno ben altrimenti. E tal inconveniente non succederebbe qualora noi ricordassimo ad ogni momento che dinanzi all´altare, in presenza dei confratelli, chiamando Dio, la SS. Vergine ed i Santi del Cielo a testimoni, abbiamo fatto la solenne promessa di vivere secondo le Costituzioni della Società di San Francesco di Sales. Non dovremmo mai dimenticare che nell´Archivio della nostra Pia Società vi è una pagina da noi sottoscritta che dice: Io N. N. sottoscritto ho letto e inteso le Costituzioni della Società di San Francesco di Sales, e prometto di osservarle costantemente secondo la formola dei voti da me ora pronunziata. Permetteremo che tali parole siano scritte a nostra condanna?
Perchè la lettura delle nostre Costituzioni ci torni veramente vantaggiosa, .dovrebbe essere accompagnata d´uno sguardo sopra la nostra condotta; dovremmo stabilire un coscienzioso confronto fra i nostri doveri e la nostra vita; la nostra Regola dovrebbe essere, per così dire, posta sulla nostra persona come misura per conoscere il grado di virtù a cui noi siamo arrivati. Più noi saremo costanti nell´esaminarci su questo punto, e maggiore sarà il bene che faremo all´anima nostra e a coloro che siamo chiamati a dirigere. E il momento più adattato per questo esame è appunto il riflesso che il Ven. nostro Padre ci raccomandava per l´esercizio della buona morte. Quanto vantaggio potremmo ricavarne!
A ciò io pensava quando le relazioni dei Visitatori lamentavano, che alcuni di coloro che sono posti alla direzione delle nostre case, si mostrano essi medesimi trascurati nelle pratiche di pietà imposte dalla Regola, specialmente nella meditazione e nella lettura spirituale. Non posso nascondervi che sentii una pungentissima spina al cuore nel trovare che non solo trascurano la soluzione mensile del caso morale, ma, nonostante tante raccomandazioni, s´incontrano ancora dei Direttori che non si curano di fare le due conferenze mensili tanto necessarie per mantenere vivo lo spirito di D. Bosco nei loro confratelli. Com´è possibile che si sostenga il loro fervore, se mai non giunge al loro orecchio la parola calda e viva di un Superiore? Permettetemi che aggiunga che io non comprendo, come possano restare tranquilli in coscienza quei Direttori che non ricevono il rendiconto dei loro dipendenti. Nè si scusino con la solita ragione delle loro gravi e molteplici occupazioni. Per un buon Direttore la cura e la formazione del proprio personale è il primo pensiero e a tal fine nessuna pratica può essere più efficace che il rendiconto. Qual pena fanno al mio cuore le lettere di certi giovani confratelli chierici o coadiutori, che persuasi di dover render ragione della loro condotta al Direttore, come avevano fatto nel noviziato e nello studentato, si vedono nella impossibilità di compiere questo dovere, perchè il Superiore non li ascolta] E un disordine sì deplorevole, che forse fu la causa della perdita dí tante vocazioni, deve provenire dalla mania che hanno certi Direttori per la lettura dei giornali, dall´inconsiderata facilità di accettare impegni fuori della propria casa, da visite troppo frequenti e punto necessarie e da altri futili motivi. Almeno valesse a correggere la loro negligenza questo richiamo che loro manda il povero Rettor Maggiore dal letto ove da settimane lo ritiene la sua infermità. Quando avrò la consolazione di apprendere che in tutte le nostre case si fa con regolarità il rendiconto?
Siccome poi scrivo agli Ispettori e Direttori´ non mi tengo
contento d´avervi raccomandato di ascoltare il rendiconto dei vostri subalterni, siano essi sacerdoti, siano chierici o coadiutori, ma inculco specialmente a voi di compiere questo dovere da veri figli di D. Bosco. Si è specialmente in tale pratica che noi dobbiamo imitare la sua inalterabile dolcezza e amabilità. Già S. Bernardo ciò raccomandava a´ Superiori de´ suoi monasteri con parole così belle che io non posso resistere al desiderio di trascriverle. Discite subditorum matres esse debere, non dominos; studete magis amari quam metui. Mansuescite; ponile feritatem, suspendite verbera, etc. Con questa tenerezza quasi materna quante anime Don Bosco ha condotte ai piedi di Gesù!
Ma non basta che voi consideriate le nostre Costituzioni quale regola della vostra condotta individuale; voi dovete ancora sforzarvi di farle osservare dai vostri dipendenti. Lessi che in una fiorente Congregazione v´è la consuetudine che ogni Superiore nel prendere possesso della sua carica, in presenza dei suoi confratelli, prometta con giuramento di far osservare le loro Regole. Nessuna meraviglia perciò, se egli sarà tutt´occhi sulla loro maniera di parlare, di diportarsi e di lavorare. Non se l´hanno a male, se caduti in qualche fallo, subito saranno richiamati al dovere o corretti delle loro mancanze; il Superiore ha giurato e perciò non fa altro che il suo dovere. Sebbene noi non abbiamo quest´uso, egli è certo che anche presso di noi gl´Ispettori e i Direttori debbono essere i vigili custodi delle nostre Costituzioni. Nè sarà molto difficile questo còmpito a quel Superiore che comincia egli stesso a dare l´esempio nell´osservanza delle Costituzioni, mentre al contrario riuscirà molto difficile a chi non dà l´esempio dell´osservanza, poichè ci dice S. Gregorio che non riuscirebbe a levare una macchia chi ha le mani imbrattate di fango. Neppure riuscirà malagevole persuadere i confratelli che nell´esigere tale osservanza non segue un capriccio suo proprio, bensì compie un coscienzioso dovere. Guai al Superiore negligente! S. Bonaventura non si perita di affermare obe egli pecca contro Dio, di cui profana il potere, contro i confratelli che lascia abituare nelle loro sregolatezze, contro la propria coscienza nella quale accumula oltre le proprie le mancanze de´ suoi sudditi.
Ciò posto, quanto rincresce che certi Direttori non siano più diligenti e coraggiosi nel far praticare la povertà! S´impedisca con fermezza che i confratelli tengano danaro e lo spendano nei loro minuti piaceri, nè più nè meno come non avessero la menoma nozione del voto di povertà. Avvisino i sacerdoti che ritenessero per se stessi l´onorario della Messa contrariamente all´articolo 10 delle nostre Costituzioni. Non permettano che siano lettera morta gli articoli 38 e 39 dei nostri Regolamenti. È doloroso il vedere dei confratelli trascinarsi appresso, nel cambiar di casa, tutto un corredo di libri e di oggetti che chiamano loro propri, con molta spesa della casa che deve accoglierli e con poca edificazione di tutti. Vi confesso che provai un ben amaro disinganno quando vennero a mia notizia queste e altre infrazioni alla povertà religiosa. L´accoglienza fatta alla mia circolare sulla povertà nel 1907 m´aveva fatto sperare che ogni abuso contro questa virtù sarebbe scomparso, ed ora devo convincermi che alcuni Salesiani furono sordi alla mia parola. Mi consolo però pensando che voi veglierete con maggior cura perchè i miei desideri siano appieno soddisfatti.
Vorrei ora far appello a tutti i confratelli di buona volontà per mettere un argine a un altro disordine che ormai va prendendo smisurate proporzioni. Si direbbero che siano entrati nella Pia nostra Società degli individui che di nient´altro si dànno pensiero, che di procurare materiali vantaggi alle loro famiglie. Indegni del titolo di figli della nostra Congregazione che loro fece da madre affettuosa, non ne prendono a cuore gl´interessi. Essi accamparono mille pretesti per avere dai Superiori un sussidio, che cercarono poi di fare aumentare in modo da sembrare veri stipendiati e non confratelli. Non ebbe torto chi parlando di tali Salesiani, li chiamò sfruttatori della nostra Pia Società. Vi assicuro che esaminando la somma delle sovvenzioni che gravita sul nostro bilancio, io rimango sbalordito, e domando a me stesso come potremo continuare a sopportare si grave peso? Veniteci quindi in aiuto, carissimi Ispettori e Direttori, primieramente con l´indagare se i postulanti e novizi entrino in Congregazione per il vero unico fine di salvare l´anima loro e non per procurarsi una vita comoda e giovare alla loro famiglia. Informatevi eziandio dello stato della famiglia del postulante, e qualora si trovi aver bisogno di sostegno da parte del figlio, lo si esorti piuttosto a prendere altra via e non farsi Salesiano. Soprattutto vegliate, perchè non siano ordinati sacerdoti coloro qui quaerunt quae sua sunt, non quae Jesu Christi. Finalmente nelle conferenze che si fanno ogni mese e molto più negli esercizi spirituali, adoperatevi a tutto potere per ispirare ai nostri soci l´amore alla nostra Madre la Congregazione e maggior delicatezza di coscienza quando si tratta della solenne promessa da noi fatta a Dio nella professione, di vivere in santa povertà. Nè dovrebbero i Figli di Don Bosco cercare di procurare ai parenti un´agiatezza non conveniente al loro stato. Un buon religioso avendo ricevuto da suo padre la domanda d´una somma non necessaria, per risposta gli mandò un crocifisso.
E qui conviene che richiami la vostra attenzione su di un altro articolo dei nostri Regolamenti. Dalle relazioni de´ Visitatori potrei rilevare che, se la più parte dei nostri sacerdoti offre il divin Sacrificio con la debita riverenza, non sono pochi gli esempi in contrario. Permettetemi di ricordarvi che voi Ispettori e Direttori avete come i Prelati lo stretto obbligo di correggere i vostri dipendenti che celebrano male e con fretta indecorosa o non fanno la debita preparazione e ringraziamento Facciamo praticare gli articoli 84 e 85 del Regolamento. Ci stiano ben impresse nella mente le parole del nostro amabile S. Francesco di Sales che scrisse: Il S. Sacrificio della Messa è il centro della Religione cristiana, il cuore della divozione, l´anima della pietà, un mistero ineffabile che ci svela l´abisso della carità divina, per cui Iddio sí unisce realmente a noi, ci comunica generosamente le sue grazie e favori. La preghiera fatta in unione di questo divino Sacrificio ha una forza indicibile (Vita Div.). Niuna cosa è piccola quando si compie un´azione così augusta.
Ricordiamo egualmente il contegno così divoto del Ven. D. Bosco durante la S. Messa. Tutti sappiamo che molte persone, pur non sapendo chi egli fosse, assistendo alla sua Messa ebbero ad esclamare: Quel sacerdote deve essere un santo. Proponiamolo ognora qual modello ai nostri sacerdoti. Anche negli ultimi anni di sua vita fu visto a rileggere colla massima attenzione le Rubricae Missalis. Imitiamolo.
Mi valgo di quest´occasione per insistere ancor una volta sulla necessità di far osservare bene in tutte le case salesiane l´art. 780 dei Regolamenti. In esso si vieta ai nostri alunni di mettersi le mani addosso, di tenersi l´un l´altro per mano o di passeggiare tenendosi a braccetto. Quest´avviso sia ripetuto quanto è necessario nel discorsino della sera e nelle lezioni di buona educazione, e ne sarà molto avvantaggiata la moralità dei nostri allievi. Ma ciò non basta. Vegliate perchè nessuno dei vostri dipendenti usi tali familiarità coi giovanetti. Trattate qualche viplta nelle conferenze della necessità per noi Salesiani di mortificare il senso del tatto. Vietate a tutti di accarezzare i fanciulli, di stringere le loro mani, di passeggiare avvincolati con loro, di palpeggiare loro le guance o il mento e specialmente di farli sedere sulle ginocchia. Questi atti, spero, mai si permetteranno nelle nostre Case; potrebbero condurre a gravi disordini contro la moralità, e dare pretesto ai nostri nemici dí calunniarci ed attribuirci intenzioni che non avevamo. Ma anche in questo ricordiamoci che verba movent, exempla trahunt. Il Venerabile D. Bosco, che pur amava con tanto affetto i giovani, non si credette mai lecito di attirarli a sè con tali mezzi e rimproverava con molto zelo chiunque operasse altrimenti. Ciascuno di voi faccia altrettanto nell´esercizio della sua carica, perchè anche per questo lato le Case Salesiane rispondano intieramente a quell´ideale che se n´era formato il nostro Fondatore.
Prima di porre termine a questa mia lettera giova farvi osservare che nel mondo tanto gli amici quanto gli avversari nostri più non ci considerano come fanciulli, ma come adulti. I nostri Cooperatori, in vista di quel poco di bene che per grazia di Dio già ha potuto compiere la nostra Pia Società ovunque ha piantate le tende, e che noi pubblicammo per la loro edificazione, ritengono i Salesiani quali robusti operai della vigna del Signore, ci credono forse più capaci che non siamo nelle nostre aziende, e specialmente hanno un´alta idea della nostra pietà e virtù. I nostri nemici, mentre a parole ci disprezzano, mostrano col fatto di temerci, perchè lavoriamo a strappare la gioventù dai loro artigli, e nella guerra mossa da loro alle Congregazioni religiose, ci onorano prendendoci di mira coi loro luridi giornali, creando ostacoli alle opere nostre.
Questo pensiero ci deve spronare a diportarci non da fanciulli, ma da persone assennate. Ciascuno individualmente compia colla massima diligenza il suo dovere come se da lui solo dipendesse l´onore dell´intiera Congregazione. Sia generale l´impegno di rendersi capaci di operare molto bene specialmente a favore della gioventù, e si faccia tesoro d´ogni mezzo per progredire nellascienza e nella virtù. Nessuno di noi faccia la pace co´ suoi difetti, permetta che gettino profonde radici nel. suo cuore. Tutti nel parlare, nel lavorare e nel nostro contegno mostriamoci degni del nome di Salesiani e di figli di D. Bosco. Ma voi, come Ispettori Direttori, avete ancora il dovere di dare a tutta la collettività quel colore di serietà che ci è indispensabile. Ciò otterrete procurando con una dolce fermezza che si osservino le Costituzioni ed i Regolamenti, non concedendo frequenti dispense agli individui a tutta la Comunità. Sono perciò da biasimare quei Direttori che riducono quasi a nulla la lettura a mensa, che lasciano che si esca di casa ad ogni ora e senza licenza, che trascurano o abbreviano eccessivamente le funzioni di chiesa. È deplorevole il vedere che durante vari mesi di vacanza in certi collegi non si fa la meditazione nè la lettura spirituale, nè vi sono per i confratelli ore di studio o di scuola. Per siffatta accondiscendenza di chi è a capo dell´Istituto, i confratelli si abituano a star oziosi e cadono in tale rilassatezza che nulla vale a richiamarli a una vita veramente religiosa.
Conosco la vostra buona volontà, perciò spero che questo mio avviso non rimarrà senza effetto.
Finalmente voglio che giunga il mio plauso e il mio incoraggiamento a tutti quei Direttori che promuovono la buona stampa, cosi necessaria per preservare il popolo e specialmente la gioventù da tante massime immorali e contrarie alla nostra santa Religione. Solo mi tornerebbe molto caro che i nostri periodici servissero pure, come si vede praticare da tanti giornali e periodici, a trovare conveniente collocamento ad antichi allievi a emigrati. Anche questa sarebbe una fiorita carità, e son certo che potendo non mancherete di compierla.
L´anno che a grandi passi si avvicina, ci sarà apportatore di are feste di famiglia e di avvenimenti molto: importanti per la nostra Pia Società. Avrò, spero, la consolazione di scrivere altre volte a tutti i confratelli e a voi in particolare. Intanto raccomando alle vostre fervorose preghiere i molti e gravi bisogni dell´anima mia e di tutta la nostra Pia Società.
Implorando su di voi e sulle vostre case le più abbondanti benedizioni del Signore mi professo
Vostro aft.mo in Corde Jesu Sac. MICHELE RUA.
NB. — Sebbene questa lettera sia indirizzata ai soli Ispettori e Direttori è però mio vivo desiderio che se ne tragga argomento per varie conferenze a tutti i Confratelli.
Torino, li 10 gennaio 1910.
coll´animo pieno di esultanza che vi comunico che quest´anno, a norma delle nostre Costituzioni, Cap. VI, si dovrà adunare l´XI Capitolo Generale. Tali riunioni furono sempre fonte di nuova e più rigogliosa vita per la nostra Pia Società.
A tutti è noto quanto la precedente adunanza generale abbia studiato accuratamente il Regolamento dei Capitoli Generali che, inserito nelle Deliberazioni organiche approvate dalla Santa Sede il 1° Settembre 1905, divenne per noi obbligatorio al pari delle nostre Costituzioni, e perciò sarà d´ora innanzi base e norma di tutti i nostri Capitoli Generali.
Scopo precipuo del prossimo Capitolo sarà l´elezione del Reitor Maggiore e doli altri membri del Capitolo Superiore, la revisione dei Regolamenti, attualmente ad experimentum, secondo fu deliberato nell´ultimo Capitolo Generale, e la discussione di quelle altre proposte giudicate vantaggiose per il buon andamento della nostra Pia Società.
Credo d´incontrare il gradimento di tutti disponendo che il Capitolo Generale XI si aduni nuovamente a Valsalice, presso la tomba del nostro Venerabile Fondatore e Padre D. Bosco. Nessun altro luogo potrebbe essere così adattato per compiere convenientemente l´alta missione che è affidata a coloro che vi sono chiamati. A Valsalice specialmente, ov,e riposano le venerate spoglie di D. Bosco, si sente aleggiare il suo spirito. Egli ci assisterà perchè ogni parola ed ogni atto del Capitolo abbia a tornare di vantaggio all´umile nostra Congregazione.
Il Capitolo si aprirà solennemente la sera del 24 Luglio, giorno di Domenica, consacrato alla Commemorazione di Maria SS. Ausiliatrice.
La settimana precedente poi, cioè dal 17 al 23 Luglio, avrà luogo in Valsalice un corso di esercizi spirituali pei signori Ispettori, Direttori e per quanti avran diritto d´intervento al Capitolo Generale. Fin d´ora mi raccomando che tutti coloro che possono vi prendano parte.
Avendomi il Sig. D. Cerruti, che già in parecchi Capitoli Generali precedenti aveva fatto da Regolatore, indirizzato ripetute istanze, affinchè per rispetto alla sua delicata sanità lo esonerassi da tale ufficio, col consenso del Capitolo Superiore, l´ho affidato al Rev.mo confratello D. Luigi Piscetta, membro del Capitolo medesimo. A lui pertanto potranno gl´Ispettori, Direttori e singoli confratelli far pervenire quelle osservazioni e proposte che giudicheranno opportune per la maggior gloria di Dio e per il bene delle anime.
Perchè poi queste osservazioni e proposte possano essere prese in considerazione, bisognerà che giungano alle mani del Regolatore prima del mese di Luglio.
Le Deliberazioni organiche determinano tassativamente chi sono quelli che potranno assistere alle riunioni del Capitolo Generale e dare il loro voto deliberativo. Sarebbe troppo lungo il ripeterne qui gli articoli. Basterà accennare che con l´Ispettore interverrà un delegato di ogni singola ispettoria, e questo delegato dovrà essere eletto nel Capitolo Ispettoriale. Come si abbia a fare tale elezione è minutamente descritto nei Regolamenti al N. 950 e seguenti; tocca all´Ispettore convocare a tempo il Capitolo Ispettoriale e aver cura che siano esattamente osservate le formalità prescritte. L´omissione di alcuna di esse potrebbe esporre l´elezione al pericolo di essere irregolare e come tale annullata dalla Commissione che sarà incaricata di esaminarla.
Del resto per evitare inutili ripetizioni, raccomando a ciascun Direttore di leggere in conferenza, oltre questa mia circolare, il Regolamento del Capitolo Generale che si trova al Cap. VI aggiunte, pagina 117 dell´ultima edizione delle Costituzioni e tutto quello che riguarda l´elezione del Delegato. Ove poi sorgesse alcun dubbio o difficoltà, si ricorra all´Ispettore od al Capitolo Superiore per avere le necessarie spiegazioni e decisioni.
È inutile che io vi dica quanta importanza abbia il prossimo Capitolo Generale per tutta la nostra Pia Società. Dalla scelta di Superiori idonei dipenderà in modo speciale la conservazione dello spirito del Venerabile D. Bosco tra i confratelli e la prosperità delle numerose e difficili opere a cui sono consacrate la nostra vita e le nostre forze. Quindi raccomando caldamente alle ferventi preghiere di tutti i confratelli il futuro Capitolo. Non prescrivo alcuna pratica particolare di pietà, ma vi esorto tutti quanti siete figli di D. Bosco, ad indirizzare ogni orazione, tutte le opere di carità e più ancora i sacrifici propri della vita religiosa, ad ottenere un esito felice a questa riunione.
Trattenuto dalla mia infermità, da qualche tempo non posso visitare le case, più non mi è dato di lavorare come vorrei pel bene della nostra cara Congregazione. Ciò mi angustia assai temendo che abbia ad arrecarle qualche danno. Si è per questo che ogni giorno offro al Signore quel poco che ho da patire, unitamente colle mie più fervide preghiere, acciò in ciascuno dei miei figli abbia a conservarsi e crescere quello spirito di pietà, di ubbidienza e di sacrificio così spiccato in D. Bosco, in guisa da rendere la nostra Pia Società quale egli la desiderava. Faccio assegnamento sulle vostre preghiere per ottenere che siano compiuti questi miei ardenti voti.
Si degni il Signore per intercessione di Maria SS. Ausiliatrice benedire ciascun socio Salesiano e colmarlo delle più elette grazie e favori. Pregate per me che nel Sacro Cuore vi sono
Aff.mo come Padre SaC. MICHELE RUA.
Sac. Giov. BATT. LEMOYNE, Segretario.
attorno a lui raccolti prima di ricevere il S. Viatico
10 Marzo 1910 - Giovedì Santo, ore 6,10.
In questa circostanza mi sento il dovere d´indirizzarvi alcune parole. La prima è di ringraziamento per le continue vostre preghiere: tante grazie, il Signore vi rimuneri anche per quelle che farete ancora.
Un´altra parola voglio dirvi: perchè non so se avrò occasione di parlarvi altre volte a tutti insieme raccolti, vi raccomando che la presentiate anche agli assenti.
Io pregherò Gesù per voi e spero che il Signore esaudirà la domanda che faccio per tutti che sono in casa ora e in avvenire. Mi sta a cuore che tutti ci facciamo e conserviamo degni figli di Don Bosco. Don Bosco al letto di morte ci ha dato un appuntamento a tutti: Arrivederci in Paradiso — è questo il ricordo ch´Egli ci lasciò. Don Bosco ci voleva tutti suoi figli: per questo tre cose vi raccomando:
1. Grande amore a Gesù Sacramentato;
2. Viva divozione a Maria SS. Ausiliatrice;
3. Grande rispetto, obbedienza e affetto ai Pastori della Chiesa e specialmente al Sommo Pontefice.
È questo il ricordo che anch´io vi lascio: procurate di rendervi degni di esser figli di Don Bosco.
Io non tralascerò mai di pregare per voi.
Se il Signore mi accoglierà in Paradiso con Don Bosco, come spero, pregherò per tutti delle varie Case e specialmente di questa.
INDICE
pag.
Presentazione 5
I. Annunzio della morte di Don Bosco 9
L´annunzio più doloroso, 9
Don Bosco dal Cielo ci farà più che mai da amorosissimo Padre, 10
Siamogli però larghi di suffragi, 11
II. Dopo la morte di Don Bosco 12
Motivi di conforto, 12 La lettera-testamento, 13
Suffragi per l´anima del Padre, 13
Altre raccomandazioni, 14
III. Elezione straordinaria di Don Rua a Rettor Maggiore 15
La successione del Rettor Maggiore, 15
Personale interessamento del S. Padre Leone XIII, 16
Don Bosco nomina suo Vicario-Successore Don Michele Rua, 17
Motivi di dubbio e nuovo ricorso alla S. Sede, 19
Conferma della elezione di Don Rua e relativo decreto della S. Sede, 22
IV. Prima lettera del Nuovo Rettor Maggiore 25
Stima di Don Bosco presso le autorità ecclesiastiche, 25
Raccomandazioni per iniziare quanto prima la Causa di Beatificazione, 26
Cerchiamo di renderci sempre più degni figli di tanto Padre, 26
Ringraziamenti e preghiere, 27
Prima udienza avuta dal S. Padre: importanti direttive di Sua Santità, 28
La Casa di Roma sia una Casa modello, 31
V. Norme sull´uso del libro dei privilegi 32
VI. Norme amministrative. Allegato: Sul modo di servirsi del
Registro delle Pensioni 34
VII. Studio della Teologia. Norme pratiche 37
VIII. Convocazione del Quinto Capitolo Generale ed Avvisi 39
Convocazione, 39
Membri del Capitolo Generale e Regolatore, 39
Vigilanza sulle letture da evitare, 40
Cura delle vocazioni, 41
IX. Studi salesiani 42
Viribus unitis anche negli studi, 42
Stima di Don Bosco per i classici latini cristiani, 43
Doppia collana di autori latini, 44
Gli autori italiani, 45
Circa la lettura dei romanzi, 47
Norme di prudenza cristiana riguardo alle letture, 47
Sul modo d´insegnare, 48
In guardia contro il prurito di novità, 49
Non censurare gli uni gli altri, 50
X. Inizio del processo di Beatificazione di Don Bosco (3-6-1890) 52
I primi passi, 52
Importanza di questo avvenimento, 54
Preghiere per il felice esito della causa e pratica delle virtù religiose, 54
XI. Dopo la visita a gran parte delle Case 56
Stima e venerazione per Don Bosco e le sue opere, 56
Difetti da rimediare, 57
XII. Luttuosi avvenimenti 62
Morte del Card. Alimonda, 62
Morte edificante di Don Bonetti, 62
Nomina dei successori, 66
XIII. Dopo gli auguri 68
Ringraziamento per gli auguri, 68
Terzo centenario di S. Luigi, 69
Frascarolo Francesco modello di coadiutore, 70
XIV. Giubileo delle Opere Salesiane (1841-1891) 71
Decorazioni del Santuario di Maria Ausiliatrice, 71
Partecipazione di tutte le Case, 73
XV. Norme dell´Ispettore per la visita delle Case 75
Riguardo alle pratiche di pietà, 75
Cura e studi dei chierici, 76
Sulla povertà, 76
I rapporti con le Figlie di Maria Ausiliatrice, 77
XVI. Imposte e Ricorso presentato 79
Gioie e croci, 79
Vessazioni, 80
Ricorso alla Commissione Comunale, 80
Allegato: Tassazioni relative a ciascuna Casa, 82
Avvertenze, 85 •
XVII. Invito al Capitolo Generale 86
Convocazione del 6° Capitolo Generale (1892), 86
Membri e Regolatore del Capitolo, 87
Preghiere per il Capitolo Generale, 88
XVIII. Ringraziamenti degli auguri per il giorno onomastico 90
XIX. Relazione del sesto Capitolo Generale (1892) 91
Anno ricco di fausti avvenimenti, 91
Resoconto del 6° Capitolo Generale, 92
Il nuovo Capitolo Superiore, 93
Nuovo Vicario Generale per le Figlie di Maria Ausiliatrice, 94
Nuove Ispettorie, 95
Le Ispettorie delle Figlie di Maria Ausiliatrice, 96
La nostra bandiera: Temperanza, Preghiera e Lavoio, 96
Avviso, 97
XX. Gli Oratori festivi 99
Scopo delle « Lettere edificanti », 99
Importanza degli Oratori festivi, 101
Anche senza mezzi materiali, come Don Bosco, 102
Commendatizia del S. Padre per i Missionari Salesiani partenti per il Messico, 103
Salesiani defunti nel 1892, 106
XXI. Norme per gli esercizi spirituali dei giovani 107
Per i giovani e confratelli della Casa, 107
Per i predicatori, 108
XXII. Esercizi dei Confratelli - Raccomandazioni 110
XXIII. Per il nuovo anno scolastico 112
Ringraziamento a Dio per le grazie concesse, 112
Studio della Teologia, 113
Difetti da evitare nell´insegnamento della Teologia, 115
Testo di religione nelle nostre scuole, 116
XXIV. Vocazioni - Militari - Oratori festivi 118
Ringraziamento per gli auguri, 118
Sviluppo della nostra Pia Società, 119
Favorire la vocazione tra i nostri allievi, 121
Notizie dei confratelli militari, 122
Lavoro negli Oratori Festivi, 123
XXV. Sui Cooperatori Salesiani 126
Progressi della Pia Unione, 126
Norme da seguire in tutte le nostre Case, 127
XXVI. Santificazione nostra e delle anime a noi affidate 129
Da mini animas, 129
Attende tibi et doctrinae, 131
Consigli e norme pratiche, 132
Cura del personale, 134
Circa i giovani educati nelle nostre Case. Vocazioni, 137
XXVII. Alle soglie del nuovo anno 140
Risposta agli auguri, 140
Progressi nelle Missioni e Ispettorie, 141
Musica sacra e predicazione, 142
Mezzi di perfezione, 143
Pericoli delle vacanze, 144
Per ben dirigere i nostri giovani, 145
Rapporti con le Figlie di Maria Ausiliatrice, 146
Economia e Povertà, 147
XXVIII. I Congresso Internazionale dei Cooperatori Salesiani
in Bologna (23-25 aprile 1895) 149
Un grande avvenimento per la nostra Congregazione, 149
Come nacque l´idea del Congresso, 150
Circostanze consolanti, 150
Gran trionfo, 152
Frutti del Congresso per noi, 153
XXIX. Rose e spine 156
Prodigioso sviluppo della nostra Congregazione, 156
Con le rose le spine, 158
Nuovo Economo Generale e nuova Ispettoria, 159
Fervore di opere guidato dall´ubbidienza, 160
Curiamo gli Oratori Festivi, 161
Il Canto Gregoriano, 162 Fedeltà a Don Bosco, 163
XXX. Sopra i Cooperatori Salesiani 165
Relazioni dei Cooperatori con le Case e con la Direzione Centrale di Torino, 165
Norme per il sostenimento del Bollettino Salesiano, 167
XXXI. Resoconto del VII Capitolo Generale 169
Ringraziamenti, 169
Resoconto del VII Capitolo Generale (1895), 170
Le Deliberazioni dei Capitoli Generali unite alle Regole, 171
Nuove Ispettorie, 171
Consolante incremento delle nostre Opere, 173
Fioriscono anche i Noviziati, 174
Curar le vocazioni tra gli artigiani, 176
Cercare di ottenere la assiduità degli Oratoriani, 176
Canto fermo e pronunzia dérlatino alla Romana, 177
Diffondere la devozione e la Arciconfraternita di Maria Ausiliatrice, 178
Tratto di bontà del Papa verso di noi, 179
XXXII. Effusioni paterne 180
Ringraziamenti, 180
Importanza dell´ubbidienza, 181
Sviluppo della nostra Società e nuove Ispettorie, 181
Contributo delle Case ai bisogni delle Ispettorie, 183
Economia e povertà, 184
Espulsione dei Salesiani dall´Equatore, 186
Curare le vocazioni e specialmente di coadiutori, 187
Notizie confortanti, 189
XXXII´. Incoraggiamenti ed avvisi 191
Affetto e gratitudine, 191
Nuovi noviziati, 193
Cura delle vocazioni, 193
Formazione dei chierici, 194
Confratelli di passaggio, 195
Un fatto doloroso, 196
Povertà ed economia, 198
L´ottavo Capitolo Generale, 199
Nel decennio della morte di Don Bosco. La Chiesa di Valsalice, 200
XXXIV. Carità fraterna - Vari fatti consolanti 204
Gara di carità fraterna, 205
Coltiviamo le vocazioni anche dei coadiutori, 207
Lode per l´apprendimento del canto gregoriano, 208
Le cose migliorano nell´Equatore, 209
Le associazioni degli antichi allievi, 209
Corrispondiamo alla stima che si ha per la nostra Pia Società, 210
La causa di Don Bosco e la Messa di San Francesco di Sales, 211
XXXV. Felice esito dell´VIII Capitolo Generale 213
Avvenimento memorando, 213
Verbale dell´VIII Capitolo Generale della Pia Società salesiana, 214
Documenti, 217
L´elezione del Capitolo Superiore, 218
Avvenimenti consolanti, 220
La causa di Don Bosco, 222
I confratelli di passaggio, 223
Fine principale degli Oratori Festivi, 224
XXXVI. La vita spirituale nelle nostre Case 226
Compito degli Ispettori e Direttori, 226
Importanza del Sacramento della Penitenza: norme pratiche, 227
Cura della perfezione religiosa dei soci, 231
Cura speciale dei professi triennali, 233
Vocazioni e Case di formazione, 234
Ubbidienza, 236
Spirito di sacrificio, 238
XXXVII. Viaggio di Don Rua in Ispagna - Antichi Allievi -
Consigli 241
Sempre gradite le vostre lettere, 241
Festose accoglienze nella Spagna, 242
Consolante sviluppo degli Oratori Festivi, 243
Attività degli Antichi Allievi, 244
Coltivare le vocazioni di coadiutori, 245
Incoraggiamento allo studio della lingua italiana, 246
Aiutiamo le provate Missioni della Patagonia, 246
Decreto Regulari Disciplinae, 248
XXXVIII. Osservanza religiosa 249
Esortazione paterna, 249
Lettera d´accompagnamento, 250
Economia nei lavori e nelle costruzioni, 251
Risparmio nei viaggi per mare, 252
Chiedere il personale per mezzo dell´Ispettore, 253
Norme di formazione dei noviziati, 253
Norme per le vacanze dei Confratelli, 257
Rendiconto: sua importailia, 258
Avviso, 262
XXXIX. La Consacrazione della nostra Pia Società al Sacro
Cuore di Gesù 263
Consacrazione degli individui e delle case, 264
Consacrazione della Congregazione, 264
Alcune pratiche per mantenere il frutto della Consacrazione, 267
Appendice
Istruzione sulla divozione al SS. Cuore di Gesù, 268
È la divozione di tutti i tempi, 269
È la divozione più sublime, 275
Oggetto di questa divozione, 275
Fine di questa divozione, 277
Motivi, 280
Emblemi, 281
Utilità che ne deriva dal praticare questa divozione, 282
La divozione al Sacro Cuore ed i Religiosi, 285
Della nostra consacrazione al Sacro Cuore di Gesù, 286
Fini proposti e frutti da ricavare, 289
Maria Ausiliatrice ed il Sacro Cuore, 293
Le pratiche per onorare il Sacro Cuore, 295
Formula di Consacrazione al Sacratissimo Cuore di Gesù prescritta da Sua Santità Papa Leone XIII coll´Enciclica 25 maggio 1899, 299
Formula che adoprerà il Rettor Maggiore coi Superiori del Capitolo per consacrare al Sacro Cuore tutta la Pia nostra Società e le sue opere, 300
Avviso, 301
XL. Il nuovo Prefetto Generale - Cura del Personale 302
Il nuovo Prefetto Generale, 302
La Spagna divisa in 3 Ispettorie, 303
Cura della santificazione del personale, 304
Studio della teologia, 305
Cura del personale anche anziano, 306
Coltivare le vocazioni, 307
Fare che ciascuno compia bene la sua parte, 309
XLI. Resoconto del IX Capitolo Generale - Raccomandazioni
agl´Ispettori e ai Direttori 312
Convalidazioni, 313
Noviziati, 314
Ispettorie, 314
Capitoli Generali, 315
Coordinazione delle Deliberazioni, 317
Studi pei chierici, 318
Relazioni coi rispettivi Ispettori, 319
Raccomandazioni agli Ispettori, 321
Raccomandazioni ai Direttori, 323
Somma prudenza nell´intraprendere nuove opere, 325
Appendice
Letture Cattoliche, 326
Corrispondenza epistolare, 327
Facoltà di celebrare in mare, 327
Altare privilegiato particolare, 328
Benedizione del S. Padre, 328
XLII. Doveri degl´Ispettori 330
Sistemazione delle Ispettorie, 331
Studio ed osservanza del Regolamento degli Ispettori, 332
Cura dei Direttori, 333
Riunione dei Direttori, 334
Cura delle Case, 335
Visita Ispettoriale, 335
Rendiconto al Rettor Maggiore di ciascuna visita ispettoriale, 336
Cose che meritano speciale menzione nella visita, 336
´ Coltura delle vocazioni salesiane sacerdotali, 339
Cose da inculcarsi ai Direttori, 341
Contabilità ed amministrazione, 344
XLIII. Incoronazione di Maria Ausiliatrice e altre notizie 348
Congresso Salesiano. Breve del Papa, 349
Incoronazione di Maria—Ausiliatrice, 351
Il Card. Rampolla nuovo Protettore dei Salesiani, 353
Giubileo d´oro delle Letture Cattoliche. Diffonderle sempre più, 354
Noviziati, 356
Oratori Festivi, 357
La spina pungentissima delle defezioni, 358
La visita di D. Albera alle case di America, 359
XLIV. Udienza del Santo Padre Pio X - Capitolo Generale X
(1904) 361
L´udienza del Santo Padre Pio X, 361
Preparazione del X Capitolo Generale, 362
Le nostre Feste Patronali innalzate a rito doppio di seconda classe, 364
XLV. Festeggiamenti per l´Immacolata nel Cinquantesimo della proclamazione del dogma 366
XLVI. Il Capitolo Generale X (1904) - La Pia Unione dei Cooperatori Salesiani 369
Felice esito del X Capitolo Generale, 370
I Capitolari contemplano la salma di Don Bosco, 371
Il Cardinale di Torino parla ai Capitolari, 372
Articoli organici e semplici deliberazioni, 375
Regolamento per gl´Ispettori, 376
Sede propria per la Procura Generale presso la S. Sede, 377
Cooperatori Salesiani, 378
Il Bollettino Salesiano, 381
XLVII. Lo spirito di Don Bosco - Vocazioni - Buona stampa 383
Feste giubilaci a Roma, 383
D. Bosco modello di attaccamento alla Chiesa, 384
D. Bosco per il Canto Gregoriano, 385
D. Bosco per il Catechismo, 387
Necessità di coltivare le vocazioni, 390
Diffondere i buoni libri, 392
Fogli religioso-apologetici negli Oratori Festivi, 394
Aiutare a sostenere gli studentati teologici, 395
XLVIII. Le deliberazioni organiche canonicamente approvate 397
XLIX. Formazione intellettuale e morale dei chierici 400
L. Disposizioni sulla distribuzione del personale 403
Difficoltà di provvedere personale atto, 403 Norme per ovviare alle difficoltà, 405
LI. Studi - Vocazioni 407
Manca personale per soddisfare le richieste di fondazioni, 408
Studio della morale, 409
Catechismo e conversioni, 410
Anche negli Oratori si debbono cercare vocazioni, 411
LII. Rendiconto - Obbedienza - Avvisi vari 414
Rendiconto, 415
Ubbidienza, 417
Conferenza quindicinale, 419
Lettura a tavola. Pratiche di pietà, 421
In guardia contro il modernismo, 422
Esigere l´osservanza nei Sacerdoti, 423
Cura dei Coadiutori e dei Confratelli di altre case, 425
LEI. Norme per ben regolare le relazioni con l´Istituto delle
Figlie di Maria Ausiliatrice 427
LIV. La Povertà 430
Solenne promessa a Don Bosco di conservare il suo spirito, 430
La povertà, 432
Motivi per osservarla, 435
Pratica della povertà, 440
Tre punti importanti, 444
LV. Le virtù del Salesiano 446
La carità, anima della vita religiosa, 446
Don Piscetta nuovo Consigliere del Capitolo Superiore, 447
Lavoro abbondante nelle case, 448
Frutti della circolare sulla povertà, 449
Congresso degli Oratori Festivi, 450
LVI. Don Bosco Venerabile! 452
Don Bosco è Venerabile!, 452
Svolgimento del processo, 454
Preghiere e osservanza religiosa, 455 Reazione diabolica, 456
LVII. Visita straordinaria a tutte le case della Pia Società Salesiana 458
LVIII. Vigilanza 461
Fatti di Varazze, 462
Parole di Don Bosco sulla castità, 464
La moralità degli allievi dipende da chi li ammaestra, 465
Pericoli contro la castità nell´educazione, 466
Pratica scrupolosa del sistema preventivo, 469
Risoluzioni pratiche, 470
LIX. Viaggio di Don Rua in Oriente 474
La benedizione divina sulle nostre case, 474
Feste solennissime in onore di Don Bosco Venerabile, 476
Impressioni del viaggio nel Medio Oriente, 477
Don Rua pellegrino in Terra Santa, 479
Sviluppo degli Oratori, le Compagnie e i Circoli, 481
Le vacanze dei giovani durante l´anno scolastico, 483
LX. Conforti ed incoraggiamenti 485
Bontà di Dio verso la Congregazione nella prova, 486
Più abbondanza di bene dopo la persecuzione, 488
Consacrazione del tempio di Maria Liberatrice a Roma, 489
Udienza e benedizione papale, 490
Studentati teologici e lingua latina, 491
Facciamo bene l´esercizio della buona morte, 492
Esortazione di Pio X al clero, 494
LXI. Osservanza delle Costituzioni e dei Regolamenti 496
Dopo la visita straordinaria, 496 Osservanza delle Regole, 498
Far osservare le Costituzioni, 501 ..
Non cercare vantaggi materiali per la famiglia, 502
Esatta e devota celebrazione della Santa Messa, 503
Riservatezza di tratto coi giovani, 504
Perfezionare sempre più l´osservanza religiosa, 505
Promuovere la buona stampa, 506
LXII. XI Capitolo Generale (1910) 508
LXIII. Ultima parlata del Rev.mo Don Rua ai confratelli attorno a lui raccolti prima di ricevere il S. Viatico 511