I. - ATTI DEL CAPITOLO SUPERIORE
IL RETTOR MAGGIORE:
1. Glorioso Centenario della fondazione della nostra Congregazione.
2. Il primo Capitolo Superiore.
3. Il primo Noviziato.
4. Preziosi insegnamenti.
5. Strenne 1960.
6. Nuove Ispettorie. 7. Visitatori.
Il Rettor Maggiore
Torino, 11 ottobre 1959
Carissimi Confratelli e Figliuoli,
è nel giorno sacro alla Maternità di Maria SS.ma che mi dispongo a scrivervi questa mia lettera, a cui vorrei che da tutti fosse data una speciale importanza per l'argomento che sto per trattare, commemorando una data storica di primaria importanza per la nostra Famiglia religiosa.
1. - GLORIOSO CENTENARIO DELLA NOSTRA CONGREGAZIONE
L'anno scorso abbiamo ricordata la prima visita di Don Bosco al Sommo Pontefice Pio IX di s. m. e la presentazione dell'abbozzo delle prime Regole. Era ormai passato un anno e mezzo, durante il quale il Santo aveva annunciato chiaramente le sue intenzioni e aveva parlato in lungo e in largo delle virtù religiose, della necessità di unirsi in un corpo canonicamente organizzato per far fronte all'empietà e correre in aiuto di tanta gioventù pericolante. E quando accennava alle opere importanti che i suoi figli uniti in società avrebbero potuto compiere, alcuni gli chiedevano: « Ma come fare tante cose mentre siamo così pochi? ».
Ed egli: « Vi risponderò con una massima di San Vincenzo de' Paoli: " Nelle gravi necessità è tempo di far vedere se veramente confidiamo in Dio. Credetemi: tre operai fanno più che dieci, quando Dio vi mette la mano; e ve la mette sempre quando ci pone in necessità di far cose eccedenti le nostre forze " ».
Altri esclamava: « Siamo così poveri! ».
Ed egli: « La povertà è la nostra fortuna; è la benedizione di Dio! Anzi preghiamo il Signore a mantenerci in povertà volontaria. Gesù Cristo non cominciò da una mangiatoia e terminò sulla croce? E non vi pare gran fortuna di essere costretti a pregare? Non dubitate: i mezzi materiali non ci mancheranno mai in proporzione dei nostri bisogni e di quelli dei nostri giovani ».
Nel mese di novembre stringeva i suoi argomenti accennando alla difficoltà che alcuni provano nel dover allontanarsi dalla propria casa e, commentando l'eSempio di Abramo, veniva alle promesse di Gesù: « Chiunque avrà abbandonato il padre e la madre per amor del mio nome, riceverà il centuplo in questa vita e la vita eterna nell'altra » oppure: « Nessuno è profeta in patria sua ». E dopo aver enumerato i bisogni spirituali e temporali di un prete secolare, dimostrava come una congregazione religiosa fosse il posto sicuro nel quale chi ha la vocazione troverebbe pace, sicurezza e ogni altro bene materiale. Arrivò così la festa dell'Immacolata Concezione del 1859 e alla buona notte di quella sera annunciò in pubblico come all'indomani, venerdì, avrebbe tenuto in sua camera una conferenza speciale per tutti i suoi collaboratori: preti, chierici e laici. Tutti compresero l'importanza di quella riunione.
Rileggiamo per intero queste pagine delle Memorie Biografiche (voi. VI, pagg. 333-36), per compenetrarci della religiosità e solennità storica dei fatti.
« Il 9 dicembre adunque 1859 si radunarono.
» Invocato còlle solite preghiere il lume dello Spirito Santo e l'assistenza di Maria SS., fatto cenno di ciò che aveva esposto nelle precedenti conferenze, Don Bosco descrisse che cosa fosse una congregazione religiosa, la bellezza di questa, l'onore mortale di chi si consacra tutto a Dio, la facilità di salvare l'anima propria, il cumulo inestimabile di meriti che si può acquistare coll'obbedienza, la gloria immarcescibile e la doppia corona che attende il religioso in paradiso.
» Quindi con visibile commozione annunziò essere venuto il tempo di dare forma a quella Congregazione, che da tanto tempo egli meditava di erigere e che era stata l'oggetto principale di tutte le sue cure; che Pio IX aveva incoraggiata e lodata; che già esisteva coll'osservanza delle regole tradizionali, benché non ancora dichiarate obbligatorie in coscienza; alla quale la massima parte di loro apparteneva almeno in ispirito e alcuni per promessa o voto temporaneo. Aggiunse che in tale Congregazione sarebbero stati ascritti solamente coloro, che, dopo matura riflessione, avessero intenzione di emettere a suo tempo i voti di castità, povertà e obbedienza.
» Quindi concluse essere giunto per tutti quelli che frequentavano le sue conferenze, il momento per dichiarare se volevano o non volevano ascriversi alla Pia Società, che avrebbe preso, anzi conservato, il nome da S. Francesco di Sales. Coloro che non avessero intenzione di appartenervi essere pregati a non venir più alle conferenze, che egli terrebbe in avvenire. Il non presentarsi sarebbe segno senz'altro di non avere essi aderito. Dava a tutti una settimana di tempo per riflettere e trattare quell'importante affare con Dio.
» Come Don Bosco ebbe finito, si recitò la preghiera di ringraziamento e l'assemblea si sciolse in profondo silenzio. Usciti da quella camera, e quando si fu nel cortile, più d'uno disse sotto voce: " Don Bosco ci vuol fare tutti frati! ".
» Il Ch. Cagliero Giovanni era indeciso se dovesse o no prendere parte alla nuova Congregazione. Passeggiò per lunga ora sotto i portici agitato da varii pensieri: finalmente esclamò volgendosi ad un amico: " O frate o non frate, intanto è lo stesso. Son deciso, come lo fui sempre, di non staccarmi mai da Don Bosco! ". Quindi scriveva un biglietto a Don Bosco col quale dicevagli rimettersi pienamente ai consigli e alla decisione del suo superiore. E Don Bosco incontrandolo guardollo sorridendo e poi: " Vieni, vieni, gli disse: questa è la tua via! ".
» La conferenza di adesione alla Pia Società fu tenuta il 18 dicembre 1859. Due soli non si presentarono. Dal seguente verbale esistente nei nostri archivii risulterà quanto si fece.
» Nel nome di nostro Signore Gesù Cristo. Amen.
» L'anno del Signore mille ottocento cinquantanove alli 18 di dicembre, in questo Oratorio di S. Francesco di Sales nella camera del Sacerdote Bosco Giovanni alle ore nove pomeridiane si radunavano: Esso, il Sacerdote Alasonatti Vittorio, i chierici Savio Angelo Diacono, Rua Michele Suddiacono, Cagliero Giovanni, Francesia Giov. Battista, Provera Francesco, Ghivarello Carlo, Lazzero Giuseppe, Bonetti Giovanni, Anfossi Giovanni, Marcellino Luigi, Cerruti Francesco, Durando Celestino, Pettiva Secondo, Rovetto Antonio, Bongiovanni Cesare Giuseppe, il giovane Chiapale Luigi, tutti allo scopo ed in uno spirito di promuovere e conservare lo spirito di vera carità che richiedesi nell'opera degli Oratorii per la gioventù abbandonata e pericolante, la quale in questi calamitosi tempi viene in mille maniere sedotta a danno della società e precipitata nell'empietà ed irreligione.
» Piacque pertanto ai medesimi Congregati di erigersi in Società o Congregazione, che avendo di mira il vicendevole aiuto per la santificazione propria, si proponesse di promuovere la gloria di. Dio e la salute delle anime, specialmente delle più bisognose d'istruzione e di educazione; ed approvato di comune consenso il disegno proposto, fatta breve preghiera ed invocato il lume dello Spirito Santo, procedevano alla elezione dei Membri, che dovessero costituire la direzione della Società per questa e per nuove Congregazioni, se a Dio piacerà favorirne l'incremento.
2. - IL PRIMO CAPITOLO SUPERIORE
» Pregarono pertanto unanimi LUI iniziatore e promotore a gradire la carica di Superiore Maggiore, siccome del tutto a lui conveniente, il quale avendola accettata colla riserva della facoltà di nominarsi il Prefetto, poichè nessuno vi si oppose, pronunziò che gli pareva non dovesse rimuovere dall'Uffizio di prefetto lo scrivente, il quale fin qui teneva tal carica nella casa.
» Si pensò quindi tosto al modo di elezione per gli altri soci, che concorrono alla Direzione; e si convenne di adottare la votazione a suffragi segreti, per più breve via, a costituire il Consiglio, il quale doveva essere composto di un Direttore Spirituale, dell'Economo e di tre Consiglieri in compagnia dei due predescritti uffiziali.
» Or fatto segretario a questo scopo lo scrivente, protesta d'aver fedelmente adempito l'uffizio di comune fiducia, attribuendo il suffragio a ciascuno dei socii, secondochè veniva nominato in votazione; e quindi essergli risultato nella elezione del Direttore Spirituale all'unanimità la scelta nel Chierico Suddiacono Rua Michele, che non se ne ricusava. Il che ripetutosi per l'Economo riuscì e fu riconosciuto il Diacono Angelo Savio, il quale promise altresì di assumere il relativo impegno.
» Restavano ancora da eleggere i tre consiglieri; pel primo dei quali, fattasi al solito la votazione, venne il Chierico Cagliero Giovanni. Il secondo consigliere sortì il Chierico Giovanni Bonetti. Pel terzo ed ultimo essendo riusciti eguali i suffragi a favore dei Chierici Ghivarello Carlo e Provera Francesco, fattasi altra votazione, la maggioranza risultò pel Chierico Ghivarello, e così fu definitivamente costituito il corpo di amministrazione per la nostra Società.
» Il quale fatto, come venne fin qui complessivamente esposto, fu letto in piena Congrega di tutti i prelodati socii ed uffiziali pur ora nominati, i quali, riconosciutane la veracità, fermarono che, se ne conservasse l'originale, a cui per l'autenticità si sottoscrive il Superiore maggiore e il redattore come segretario.
Sac. Bosco Giov.
ALASONATTI VITTORIO Sac. Prefetto.
» Così era costituito il primo Capitolo, che poi fu denominato Capitolo Superiore, mentre tutti i primi soci, che intervennero ad eleggerlo, ebbero il nome di membri nati della Pia Società. Quelli che non aderirono a farsi iscrivere, furono lasciati in piena libertà di seguire la loro inclinazione, continuarono a godere la beneficenza dell'Oratorio, compirono felicemente i loro studi, conseguirono la dignità sacerdotale e furono sempre gli amici di Don Bosco ».
3. - IL PRIMO NOVIZIATO
Da quel giorno 18 dicembre 1859 ha inizio il primo Noviziato, che si dovrà protrarre fino al 14 maggio 1862, quando i confratelli della Società di S. Francesco di Sales furono convocati dal Rettore e la maggior parte di essi si confermarono nella nascente Società coll'emettere formalmente i voti triennali. Furono 22: 7 sacerdoti, 13 chierici e 2 coadiutori (M. B.,VII, 161).
Due anni e mezzo dunque durò quel Noviziato, di cui commemoriamo l'inizio e che deve formare l'oggetto delle nostre meditazioni durante il suo sviluppo, perchè è così ricco di ammaestramenti, di superne illustrazioni, di sogni e di prove d'ogni genere, che, ben si può dire, è il compendio classico, provvidenziale della nostra vita anche per tempi futuri.
4. - PREZIOSI INSEGNAMENTI
Mi sia permesso di esprimere un desiderio: Tutti gli Ispettori e Direttori si facciano un dovere di rileggere attentamente nelle Memorie Biografiche la storia particolareggiata di questo periodo, contenuta nel volume VI da pag. 327 a pag. 1072 e VII fino a pag. 161. Sono 900 pagine che presentano un materiale abbondante per le nostre conferenze e buone notti. Chi saprà farne tesoro per sè e per i confratelli potrà dire d'aver celebrato degnamente il lungo centenario.
Come primo bocconcino prelibato prendete subito in mano i capitoli 29, 30, 31, 32 del vol. VI, che trattano del « sistema preventivo in pratica » e servono a meraviglia come commento amplissimo alla nostra Strenna sulla assistenza paterna, oculata, assidua, sapiente, fondamento e caratteristica specifica del sistema educativo salesiano.
Commentavo stamattina in una meditazione sulla festa della Maternità di Maria SS. la frase dell'Ecclesiastico citata nell'Epistola della S. Messa: « Ego mater pitichrae dilectionis, et timoris, et agnitionis et sanctae spei » (L'ed.) e ne traevo l'applicazione ai doveri della nostra paternità. Anche noi dobbiamo arricchirci di amore santo nell'educazione dei giovani, amore che parte da Dio e si ispira solo alla sua gloria, che si riflette sul prossimo e specialmente sui nostri confratelli e sui giovani, che si riveste di tutte le virtù per conquistarli e difenderli dal male.
Da questo amore promana poi il timore santo dell'offesa di Dio, l'attenzione, la diligenza, l'assistenza, la vigilanza assidua affinchè l'umana fragilità non renda inutile il nostro lavoro.
Perciò ancora lo sforzo di comprendere e penetrare i bisogni delle anime: solo l'amore santo ha le intuizioni che conquistano le menti e i cuori, che fanno scoprire i segreti più reconditi per sanare piaghe e ferite, riconciliare i nemici, incoraggiare i depressi, risolvere le crisi interiori, dare alle comunità il senso della concordia e l'entusiasmo dell'apostolato.
Mater sanctae spei: come Maria è la nostra indefettibile speranza, così la nostra paternità deve concludere sempre nella fiducia in Dio, nell'ottimismo sereno che non teme burrasche o naufragi nelle imprese che sono a noi affidate, che concorrono all'estensione del Regno di Dio ed entrano in pieno nella vita della santa Chiesa, cui è promessa sempre la vittoria finale.
Il mese del S. Rosario e la preparazione al nostro Centenario mirino a questo altissimo ideale di perfezione: la, maternità di Maria SS. Ausiliatrice nostra ci ispiri sentimenti sempre più fervorosi di sincero e santo amore, di santo timore dell'offesa di Dio in noi e nel prossimo, di maggiore comprensione dei bisogni moderni della società intiera, e d'un ottimismo rasserenante: S. Giovanni Bosco ne è un modello mirabile e un intercessore potente a chi lo sa studiare e pregare..
5. - STRENNE 1960
A suo tempo ho comunicato la Strenna del 1960 con i ricordi degli Esercizi « Salviamo la moralità con modestia angelica, con l'assistenza assi:dua, paterna e paziente, con la pietà sacramentale e mariana ».
Ora vi comunico le Strenne che in dipendenza da questa sarà opportuno presentare ai nostri giovani, agli ex allievi e ai cooperatori.
a) Uno dei, principali pericoli che incontrano i nostri giovani nella loro vita cristiana e specialmente per la loro purezza è il divertimento. Diviene quindi problema fondamentale far passare il ragazzo da un atteggiamento passivo di fronte a ciò che lo solletica contro il peso del dovere, a un atteggiamento attivo, intelligente e, se occorre, di reazione, per non lasciarsi « trascinare disordinatamente dalla forza trascinatrice » come disse Pio XII. Vogliamo lavorare con la nostra gioventù a rendere educativo il divertimento, a formar una coscienza morale, cristiana, ragionata sulla natura e sullo scopo del divertimento che siamo soliti dare, affinché impari a scegliere opportunamente oggi e domani gli spettacoli, le letture, le audizioni, i giuochi, arricchendosi di ciò che in essi vi è di positivo e respingendo ciò che vi è di negativo.
Impresa tutt'altro che facile per noi e per loro, tra il dilagare dei mezzi di corruzione che il cinema, la TV, la stampa e anche lo sport ammannisce oggi nelle città e nelle piccole borgate, sulla strada come nell'intimità della famiglia.
L'agendina del Centro Compagnie che è stata preparata sapientemente per aiutare i Superiori a svolgere la campagna, divide l'anno in tre periodi e sta preparando tre numeri speciali per i tre trimestri scolastici, per suscitare l'interesse dei confratelli e degli allievi volonterosi. Tutti collaboriamo alla difficile battaglia ed ogni fatica ci sarà largamente, compensata dal Signore.
Non basta far opera negativa: urge essere attivisti e suscitare iniziative buone, imitando il nostro caro Padre.
Ecco il tema: Servite Domino in laetitia - State allegri senza mai offendere il Signore.
b) Per gli Ex allievi e Cooperatori il compito sarà simile al nostro: Nella famiglia e nella Società collaboriamo a rendere onesto e sano il divertimento.
Ai cari Cooperatori poi il Consiglio Direttivo ha proposto una speciale campagna per la ricerca e la preparazione di buone vocazioni alla vita sacerdotale e religiosa. Sarà un apostolato che concorda con le necessità universali delle Diocesi, degli Ordini e Congregazioni religiose e specialmente delle Missioni. Aiutiamoli anche noi con tutte le nostre forze.
6. - NUOVE ISPETTORIE
Durante questi mesi i Superiori, sentendo le difficoltà che incontravano gli Ispettori del Belgio, del Veneto, dell'Italia Meridionale e dell'India Nord, per seguire l'andamento delle Case e dei confratelli, a causa del loro numero e delle distanze, hanno deliberato di dividere tali Ispettorie in questo modo:
La Belga: Belga Nord intitolata a S. Giovanni Berehmans con sede Ispettoriale a Woluwé-St-Pierre e Ispettore il Rev.mo sig. D. Gerardo Grijspeert.
Belga Sud intitolata all'Immacolata Concezione, con sede Ispettoriale a Héverlée e Ispettore il Rev.mo sig. D. Paolo Coenraets.
.Congo Belga intitolata ai Martiri dell'Uganda, sede Ispettoriale a Elisabethville e Ispettore il Rev.mo sig. D. Giuseppe Peerlink.
L'Indiana Nord: India Nord intitolata a Maria SS. Ausiliatrice con sede Ispettoriale a Calcutta e Ispettore il Rev.mo sig. D. Oreste Paviotti.
India Nord-Est intitolata a S. Giovanni Bosco, sede Ispettoriale a Gauhati e Ispettore il Rev.mo sig. D. Antonio Alessi.
La Napoletana: Napoletana-Calabrese intitolata a S. Gennaro, sede Ispettoriale a Napoli, Via Nuova del Campo, Ispettore il Rev.mo sig. D. Antonio Marrone.
Pugliese-Lucana intitolata a S. Nicola da Bari, sede Ispettoriale a Bari e Ispettore il Rev.mo sig. D. Luigi Pilotto. La Veneta: Veneta Occidentale intitolata a S. Zeno, con sede Ispettoriale a Verona e Ispettore il Rev.mo sig. D. Ludovico Zanella.
Veneta Orientale intitolata a S. Marco, sede Ispettoriale a Venezia e Ispettore il Bevano sig. D. Michelangelo Fava.
7. - VISITATORI
Nei prossimi mesi riprenderanno .la visita straordinaria alle Ispettorie d'Europa: il sig. D. Fedrigotti, a Dio piacendo, in Jugoslavia e Austria; il sig. D. Pianazzi in Francia.
Mentre il sig. D. Antal sta completando le sue visite alle tre Ispettorie Argentine di Cordoba, Buenos Aires e La Plata vi prego di accompagnare, con l'aiuto delle vostre preghiere, i Superiori Visitatori e le Ispettorie che li accolgono con filiale riverenza e cordialità.
Carissimi confratelli e figliuoli, anticipo a tutti i miei auguri e le più fervorose orazioni per il santo Natale e per il nuovo anno, nella speranza che il nuovo Centenario ci porti un accrescimento di zelo, con la più viva riconoscenza ai nostri primi padri e fratelli.
Vostro aff.mo in C. J.
Sac. RENATO ZIGGIOTTI
Il Giovane Provveduto è uscito in nuova edizione col titolo In preghiera, manuale di pietà ispirato al Giovane. Provveduto di San Giovanni Bosco.
È sembrato opportuno concedere che si desse forma moderna, con l'introduzione di qualche novità resa necessaria dall'attuale movimento liturgico, all'antico e tradizionale Giovane Provveduto. Come San Giovanni Bosco aveva raccolto dai manuali dí devozione allora in voga ciò che di meglio aveva trovato, adattandolo per i suoi giovani, mettendovi di suo solo le istruzioni e meditazioni con qualche commento introduttivo ai capitoli devozionali, così abbiamo creduto concordemente essere necessario rinnovarne la struttura adattandola ai nostri tempi, conservando tutto quello che era proprio di Don Bosco e ciò che è entrato nei nostri regolamenti per le pratiche di pietà nelle Case salesiane. Nulla osta quindi che anche nelle altre Nazioni e lingue si apportino le stesse variazioni, conservando ciò che per noi è tradizionale e regolamentare.
Tutti gli Ispettori dell'Estero ne riceveranno copia in omaggio.
Essendo esaurita l'edizione del 1948 stiamo preparando la nuova in base alle proposte votate dal Capitolo Generale. Quando sarà pronta invieremo agli Ispettori il numero di copie che crederanno di. chiederci. Noi ne stamperemo una copia per ciascun confratello più una riserva per almeno 10 anni. Attendiamo le ordinazioni.
Novembre-Dicembre 1959 N. 210
IL RETTOR MAGGIORE:
1. Sguardo retrospettivo sul primo Centenario. — 2. Pio XII defensor puritatis. — 3. Il nostro impegno nell'apertura del secondo Centenario. — 4. Il sogno del pergolato di rose. — 5. Le nostre mortificazioni. — 6. La nostra aspettativa del P.A.S.
II Rettor Maggiore
Torino, Festa dell'Immacolata Concezione 1959.
Confratelli e Figliuoli carissimi,
1. - SGUARDO RETROSPETTIVO SUL PRIMO CENTENARIO. La festa di Maria SS.ma Immacolata ci riunisce in ispirito anche quest'anno, e ci invita in primo luogo a dare uno sguardo retrospettivo, per ringraziare la Madonna dei favori che ha concesso alla nostra Famiglia religiosa dal giorno della riunione dei primi diciassette Salesiani, nella cameretta di S. Giovanni Bosco, per iniziare la prova del Noviziato, cent'anni or sono, fino ad oggi. Chi può contare i benevoli interventi materni in questo secolo di vita salesiana, in ciascuna delle 2500 case (contiamo pure quelle delle Figlie di Maria Ausiliatrice), in ciascuno dei confratelli vivi e defunti, presenti e dispersi; negli allievi ed ex allievi, cooperatori e cooperatrici, benefattori ed amici, e nei devoti innumerevoli che affluiscono alle nostre chiese e parrocchie o sono raggiunti dalla nostra stampa?
È stata Maria SS.ma l'anima di tutto il nostro lavoro e dobbiamo a Lei se potremo continuare con questo ritmo a dar gloria a Dio e ad estendere il suo regno sulla Terra.
La storia è veramente maestra della vita, se sappiamo scoprirne l'anima, il filo conduttore che è la Provvidenza Divina, pur nella apparente varietà degli eventi e nei contrasti sanguinosi della virtù e del vizio, del bene e del male.
Nella storia benché umile e silenziosa della Famiglia Salesiana, e per noi che siamo illuminati dalla Fede nella presenza e assistenza di Dio, appare luminoso ad ogni passo il suo intervento benevolo; ed è commovente riscontrarlo, per attribuire a Dio l'onore e la gloria, a noi le insufficienze, i difetti, gli errori, che hanno ritardato e forse diminuito il tesoro di grazie che era messo a disposizione.
Chi non vede infatti come i nostri Santi, i grandi discepoli di S. Giovanni Bosco, i pionieri fondatori delle Case, delle Ispettorie e Missioni furono favoriti più che tanti altri nel loro lavoro apostolico; mentre talora si videro morire o crescere faticosamente opere, che non furono fecondate dalla santità degli operai evangelici?
Iddio cerca la nostra cooperazione generosa e spesso mette alla prova la virtù dei suoi ministri, per concedere poi maggiori trionfi. Quale fecondità ebbero le ansie, le privazioni, le amarezze dei primi tempi, dal 1841 al 52, dal 1859 al 64; e quale fioritura di santi e di eroi ne ha tratto il Signore, per confortare gli ultimi anni del Santo! Come furono difficili i primi anni di questo secolo e il decennio 1910-1920, e quale meravigliosa espansione fu concessa negli anni dei Rettorati del Servo di Dio Don Rinaldi e del compianto Don Ricaldone dal 1920 al 1952!
Analizzando poi singolarmente ciascuna Nazione e Ispettoria i nostri confratelli anziani potranno facilmente presentare alle nuove generazioni le vicende storiche in questa luce provvidenziale, per trarne le conseguenze pratiche edificanti, istruttive, e incitare tutti a un lavoro personale serio, che sarà certamente benedetto da Dio.
Ed è appunto a questo lavoro personale che desidero invitarvi, confratelli carissimi, per ringraziare praticamente il buon Dio e la, nostra Madre Ausiliatrice dell'incomparabile favore con cui ci hanno accompagnati finora, e meritarci la loro perenne benevolenza.
2. - Pio XII « DEFENSOR PURITATIS >>. - «Salviamo la moralità, con la modestia angelica, con l'assistenza assidua, paterna e paziente, con la pietà sacramentale e mariana ».
Ecco il nostro lavoro specifico cui dobbiamo portare uno speciale impegno quest'anno. Ne abbiamo sentito il commento nei ricordi degli Esercizi Spirituali; ma mi pare opportuno ritornare sull'argomento, richiamandovi alcuni pensieri, che siano come un anello di congiunzione tra il primo secolo della nostra storia e il secondo che stiamo incominciando.
E in primo luogo voglio presentare alla vostra lettura e meditazione uno studio che fu fatto e pubblicato nel numero ultimo di « Salesianum » (aprile-settembre 1959) — tutto in onore di Papa Pio XII di s. m. — del nostro D. Nazareno Camilleri, sul problema della purezza dei giovani. Lo studio è fatto sulle parole e gli scritti dell'angelico Pontefice, cui giustamente egli appropria il titolo di Defensor puritatis, dopo che la storia lo insignì del titolo di Defensor Civitatis nelle ore tristissime della offensiva nemica su Roma del 1944. L'Autore si ispirò alla nostra strenna in questa sua amorosa ricerca, e illustrò ben 166 citazioni, ordinandole in uno schema sapiente, da cui risultò una trattazione magistrale sul tema della purezza, fonte ineccepibile di norme sicure nei problemi attuali. L'elencazione dei 7 capitoli è da sola sufficiente a darne un'idea e ad invitare specialmente i Superiori, i Sacerdoti e i confessori a leggere e tradurre nelle varie lingue delle nostre Case, almeno i punti più delicati e salienti: 1. Importanza del problema. 2. I grandi responsabili. 3. Possibilità e obbligo di purezza oggi. 4. Metodo di educazione alla castità. 5. Cooperazione personale e mezzi di purezza. 6. Urge « lavorare in grande ». 7. Conclusione: Gesù vuole santi tra i fanciulli. Parola d'ordine: intervento!
Mi è sembrato utile ed edificante inviare copia dell'estratto a tutte le nostre Case, anche se per la diversità della lingua non sarà a tutti accessibile la lettura; ma come ricordo del Pontefice defunto e documento da consultare in caso di bisogno, spero possa fare del bene. Vi sono dei punti che dovrebbero essere opportunamente illustrati, specialmente se vi fosse qualche confratello che seguisse correnti di pensiero apertamente riprovate dal Papa e che il nostro buon Padre Don Bosco, nella interpretazione solenne che ne fece il compianto Don Ricaldone in Santità è purezza, ha pure messe al bando. Leggete a pag. 10 e segg. ciò che è detto sulla « nuova morale anticristiana », e sulle cause del male; a pag. 26 sulla premura della Chiesa e la responsabilità dei sacerdoti; a pag. 39 a proposito di « educazione sessuale » e le pagine conclusive che esaltano il dovere nostro di bandire quasi una crociata permanente, che unisca tutte le forze cristiane per suscitare eserciti di giovani eroi, emuli di S. Maria Goretti e di S. Domenico Savio e per contrapporre la formazione di famiglie cristiane, centri di santità, quale unico mezzo di resistenza e di vittoria sull'immoralità dilagante.
Quanto si spende e si fatica per procurare svaghi e assistenza sociale, colonie montane e marine ai nostri giovani! è giusto curare la loro salute e la letizia sana; ma guai a noi educatori e figli di S. Giovanni Bosco se non ci adoperiamo energicamente a curare la loro sana ed integra formazione morale, rimediando sapientemente i difetti delle famiglie e delle cattive compagnie, delle letture e degli spettacoli. Sistema preventivo dove si può e sistema correttivo amorevole e ragionato, quando si deve constatare che le anime sono già infette o ferite dolorosamente. Mà i mezzi di cura sono abbondanti e sicuri se noi li vogliamo e li sappiamo adoperare.
Accettate questo studio come un commento della massima autorità alla nostra strenna 1960; è il Vicario di Gesù Cristo che ci parla del punto più delicato dell'educazione giovanile nei tempi moderni; e non vi sia alcuno che ardisca pensare o peggio parlare ed agire in contrasto con i principi ivi eloquentemente enunciati; ogni qual volta parla il Papa ufficialmente, noi non distinguiamo nè il momento nè il modo: così ci insegnò S. Giovanni Bosco e noi veneriamo in Lui il Maestro della fede e della morale.
3. - IL NOSTRO IMPEGNO NELL'APERTURA DEL 2° CENTENARIO. — Cari confratelli, permettete però che vi aggiunga un pensiero per invitarvi a praticare la Strenna in un punto che tocca la nostra personale fatica quotidiana, il rapporto con la gioventù affidata alle nostre cure. Spesso nel firmare le dispense dai voti e nel sentire le relazioni confidenziali dei nostri Ispettori e Direttori, torno col pensiero a quell'articolo fondamentale delle nostre Costituzioni: « 35: Chi non ha fondata speranza di poter conservare, col divino aiuto, la virtù della castità, nelle parole, nelle opere e nei pensieri, non professi in questa Società, perchè sovente si troverebbe in pericolo ».
È certo che nove decimi delle dispense sono motivate da questo sapientissimo avviso del nostro caro Padre. Ma la fondata speranza che tutti hanno nel primo tempo, nell'aspirantato, nel Noviziato et ultra, perchè viene delusa o si perde nelle prime prove, nel periodo dai 18 ai 24 anni circa? Perchè spesso deploriamo miserie e cadute irrimediabili anche nella piena maturità? Oh! purtroppo le cause sono ben note a tutti: amor proprio, infedeltà alle pratiche di pietà, curiosità, amor del mondo, poca custodia dei sensi... indocilità, presunzione... in una parola: poca umiltà nel riconoscere la nostra ingenita debolezza, e poco spirito di mortificazione.
Oggi parlar di mortificazione sembra a taluno controproducente: è vero che la vita moderna è talmente asserragliata per tutti da doveri d'ufficio, da impegni continui, da leggi e regolamenti d'ogni specie, da imposizioni che troviamo sulle strade, negli ambienti pubblici, nelle associazioni innumerevoli, nel giuoco stesso... sicchè tutti cercano di evadere ogni tanto in cerca di quel briciolo di libertà personale, che ancora rimane al cosidetto libero cittadino.
Ma è pur vero che se queste leggi e prescrizioni limitano la libertà esterna e i contatti sociali, facilitano la nostra convivenza, rendono possibile il commercio, l'industria, favoriscono i nostri diritti e ricordano i doveri degli altri a nostro vantaggio...
Però se tante leggi e prescrizioni le reputiamo necessarie per la vita esteriore, perchè non dovremo pensare a dar qualche norma per la vita nostra interiore, per l'anima che Dio solo controlla e che è la vera sorgente delle nostre azioni e dei nostri meriti? La mortificazione cristiana sostiene la vita dell'anima, ci rende vittoriosi nella lotta nostra intima tra le buone e le cattive tendenze, regola i rapporti coi sensi e facilita il dominio della volontà nella lotta contro il male; questo è il campo invisibile e tutto interiore nel quale dobbiamo esercitarci ogni giorno, per dare alla nostra vita un indirizzo ragionevole e corrispondente alla fede che professiamo.
L'educatore quindi, che deve essere guida e formatore di anime, prima di dare agli altri i principi morali della vita onesta e cristiana, deve cominciare da se stesso, esperimentare in sè ciò che poi comunicherà ad altri, quasi per poter ripetere la parola di Gesù: Vi ho dato l'esempio, affinchè facciate come ho fatto io.
4. - IL SOGNO DEL PERGOLATO DI ROSE. - Richiamiamoci un grande sogno di Don Bosco, quello del « pergolato di rose », sogno che fece nel 1847 e che, come ci narra il Lemoyne, raccontò soltanto nel 1864, quando ottenne la prima approvazione delle Regole; egli allora dichiarò che raccontava « non un sogno, ma quello che la stessa Beata Madre si compiacque di farmi vedere » Biogr., III, 33).
Ecco dunque Don Bosco « in una bella via, sulla quale a vista d'occhio prolungavasi un pergolato incantevole a vedersi, che era fiancheggiato e coperto da meravigliosi rosai in piena fioritura. Il suolo pure era coperto di rose. La Beata Vergine mi disse: « Togliti le scarpe! ». E poichè me l'ebbi tolte, soggiunse: « Va avanti per quel pergolato: è quella la strada che devi percorrere ». Fui contento di aver deposto i calzari, perchè mi avrebbe rincresciuto calpestare quelle rose, tanto erano vaghe. E cominciai a camminare; ma subito sentii che quelle rose celavano spine acutissime, cosicchè i miei piedi sanguinavano. Quindi, fatti appena pochi passi, fui costretto a fermarmi e poi a ritornare indietro. « Qui ci vogliono le scarpe, dissi allora alla mia guida ». « Certamente, — mi rispose: — ci vogliono buone scarpe ».
Mi calzai e mi rimisi sulla via con un certo numero di compagni, i quali erano apparsi in quel momento, chiedendo di camminar meco... ».
Tutti ricordiamo come anche con le scarpe ai piedi Don Bosco e i suoi compagni non poterono sottrarsi da infinite e dolorose punture da parte delle acutissime spine che si nascondevano tra le fragranti rose del pergolato.
Giunti al giardino finale, un fresco venticello li fece tutti guarire, e ad un altro soffio di vento Don Bosco si vide attorniato da un numero immenso di giovani, e di chierici, di laici coadiutori e di preti. La Madonna torna a interrogarlo: « Sai che cosa significa ciò che tu vedi ora e ciò che hai visto prima? ».
« No — risponde il Santo — vi prego di spiegarmelo. Allora Ella gli disse: « Sappi che la via da te percorsa tra. le rose e le spine significa la cura che tu hai da prenderti della gioventù: Tu devi camminare con le scarpe della mortificazione. Le spine per terra rappresentano le affezioni sensibili, le simpatie o antipatie umane, che distraggono l'educatore dal vero fine, lo feriscono, lo arrestano nella sua missione, gli impediscono di procedere e raccogliere corone per la vita eterna. Le altre spine significano gli ostacoli, i patimenti, i dispiaceri che vi toccano. Le rose sono simbolo della carità ardente che deve distinguere te e tutti i tuoi collaboratori ».
Ora chi non vede il legame strettissimo di questa norma dettata dalla Madonna al suo prediletto figlio, fin 'dai primi anni della sua ardua missione, nel 1847, con l'articolo 35 delle Costituzioni sopra citato? La bellezza del pergolato, lo spettacolo della comitiva che cammina tra le rose fanno esclamare agli osservatori lontani: « Oh come cammina tranquillo Don Bosco tra le rose: tutto gli va bene ». E non è forse l'esclamazione che sentiamo ripetere anche noi frequentemente dai nostri parenti ed amici? Ed è una verità consolante che il vivere tra i giovani, il partecipare alla loro costante gaiezza e spensieratezza, il vederli sereni e contenti, influisce anche su di noi e ci rende partecipi dei loro sentimenti.
Ed è anche verissimo che le nostre spine paragonate a quelle di coloro che vivono nel mondo degli affari e dei sensi, sono assai meno pungenti e possiamo sopportarle facilmente con l'aiuto della grazia e con la speranza del premio.
5. - LE NOSTRE MORTIFICAZIONI. — Ma « tu devi camminare con le scarpe della mortificazione » dice la Madonna al Salesiano educatore. « Le spine per terra rappresentano le affezioni sensibili, le simpatie o antipatie umane, che lo feriscono, lo arrestano nella sua missione ».
Ed ecco il commento, che dobbiamo sempre tener presente, dettato da Don Bosco dopo lunghi anni di esperienza e di illustrazioni celesti. È l'intiero capitolo dell'introduzione alle Regole, sulla pratica della castità, ove ci indica « alcune cose che, messe in pratica, vi apporteranno grande vantaggio, anzi parmi potervi assicurare che vi conserveranno questa e le altre virtù ».
Oh quante vocazioni si sarebbero conservate alla Congregazione e avrebbero moltiplicato il nostro lavoro per il regno di Dio nelle anime, se avessero praticate queste semplici norme; e quante preoccupazioni sarebbero state risparmiate ai Superiori delle Case, ove tali mancanze minacciarono di avvelenare l'ambiente e di isterilire il lavoro di anni!
Cari confratelli, so di parlare ad anime consacrate e sensibilissime a questo richiamo: l'anno centenario che celebriamo sia tutto profumato di rose e di gigli, di lavoro caritatevole e di purezza angelica: questa è la garanzia delle divine benedizioni e delle compiacenze materne della nostra Ausiliatrice. A noi spetta oggi preparare i nuovi trionfi del secolo futuro, per la maggior gloria di Dio e per la salvezza di innumerevoli anime.
6. - LA NOSTRA ASPETTATIVA DEL P.A.S. — Carissimi confratelli, una grande aspettativa tiene sospeso il cuore di tutti i Superiori, degli allievi ed amici del P.A.S. Attendiamo dalla Vergine Immacolata la grazia. della definitiva approvazione dei nostri progetti da parte del Municipio di Roma. È l'ultimo passo burocratico! Unitevi tutti nella preghiera e, appena potremo darvela, ne riceverete la notizia e vi impegnerete tutti a fondo per concorrere a realizzarlo quanto prima.
Con questo « arrivederci presto », vi rinnovo gli auguri del Santo Natale e del nuovo Anno, e vi invio la benedizione dell'Ausiliatrice e di Don Bosco Santo a nome di tutti i Superiori Capitolari.
Aft.ino in C. J.
Sac. RENATO ZIGG1OTTI
COMUNICAZIONI E NOTE
1. MOVIMENTO DELLE NOSTRE CAUSE
DI BEATIFICAZIONE E CANONIZZAZIONE
DURANTE L'ANNO 1959.
Avendo la nostra Postulazione Generale a suo carico una ventina di Cause, tra quelle Salesiane, delle Figlie di Maria Ausiliatrice e di altri Istituti, e non essendo possibile nel corso di dodici mesi che ognuna faccia qualche notevole progresso, limitiamo la relazione alle Cause per le quali durante il 1959 si è potuto lavorare con frutto.
I. Venerabile Don Michele Rua
I quattro medici d'ufficio incaricati dalla Sacra Congregazione dei Riti di stendere le loro perizie legali sui due presunti miracoli attribuiti all'intercessione del Servo di Dio, hanno presentato i rispettivi elaborati: due per ogni caso clinico. Le conclusioni non sono state interamente concordi, per cui si dovette ricorrere a due periti supplementari di parte, che illustrarono e difesero le posizioni iniziali della Postulazione Generale in merito alle due guarigioni ritenute miracolose. Attualmente le sei perizie sono in corso di stampa. L'Avvocato farà subito la sua Informatio; dopo di che si presenterà quanto stampato, vale a dire Informatio, Sommario processuale dei due miracoli e i sei voti peritali; al nuovo Promotore Generale della Fede onde emetta le sue Animadversiones o difficoltà d'ufficio. A queste dovrà rispondere l'Avvocato. Solo dopo si potrà allestire, con tutte le parti indicate, la Positio super miraculis in attesa della Congregazione Antepreparatoria.
È da rilevare infatti che lasciata la procedura della Commissione Medica istituita da Pio XII, si torna ora per la discussione dei miracoli alla vecchia prassi del Codice di Diritto Canonico. La Commissione Medica, rinnovata nella sua struttura, nel suo funzionamento e nella sua competenza prenderà in esame i due casi dopo la seduta Ante preparatoria da celebrarsi dinanzi al Cardinale Ponente, con la partecipazione dei Prelati Officiali e dei Consultori Teologi.
Il giorno 10 marzo del 1959 sotto la presidenza di S. Eminenza Rev.ma il Sig. Cardinale Benedetto Aloisi Masella, nostro Protettore e Ponente della Causa, si tenne la Congregazione Antepreparatoria sulle virtù del Servo di Dio. Non si può parlare di esito poiché il Promotore Generale della Fede non ha ancora emesse le Novae Animadversiones che riflettono il pensiero dei Prelati e Consultori intervenuti alla discussione. Speriamo averle nel 1960. L'Avvocato stenderà la seconda risposta e si attenderà il turno per la seduta preparatoria, con l'intervento degli Em.mi Cardinali della Sacra Congregazione dei Riti.
Occorre insistere sul ricorso all'intercessione del Servo di Dio per ottenere grazie e miracoli.
È in corso di stampa un Summarium Documentorum Defensioni additum: saranno oltre 250 pagine formato grande. Si tratta di molti documenti, una gran parte del tutto nuovi, presi dal nostro Archivio Centrale di Torino, dall'Archivio della Famiglia Czartoryski di Cracovia, dagli scritti del Servo di Dio Giuseppe Kalinowski, carmelitano, già precettore di Augusto, e dagli stessi atti processuali, allo scopo di meglio chiarire la vita e le virtù del Santo Principe. Si sono inclusi anche il profilo tracciato da Don Barberis nel Vademecum e la prima biografia apparsa anonima benchè scritta da Don Francesia.
Con il sussidio di tali documenti è già in elaborazione la risposta dell'Avvocato alle Animadversiones del Promotore Generale della Fede, uscite da qualche anno. Nel corso del 1960 si spera completare la Positio super Virtutibus per la prima discussione in seduta Antepreparatoria.
Si è in attesa che la Cancelleria dei Riti completi le Copie Pubbliche dei rispettivi processi apostolici, onde procedere al breve studio sulla validità dei processi medesimi, e quindi preparare la stampa dei rispettivi Sommari. sul martirio dei due Servi di Dio e sulle virtù del terzo.
Durante l'anno si è preparato a Barcellona il transunto o copia fedele di tutto il processo apostolico condotto rapidamente a termine nel novembre del 1958. Il 19 novembre di quest'anno si è potuta tenere, con le solennità di rito, la Sessio postrema nella Curia vescovile sotto la presidenza dell'Ecc.mo Arcivescovo-Vescovo Mons. Gregorio Modrego y Casàus. Attualmente detti processi sono già a Roma e vennero ufficialmente presentati alla Sacra Congregazione dei Riti. Se ne è già chiesta l'apertura e si procederà tosto alla traduzione italiana.
Durante l'anno decorso si sono stampate le Litterae Postulatoriae di molti Vescovi i quali chiedono alla Santa Sede l'Introduzione della Causa. L'avvocato ha steso la Informatio di prammatica; e l'insieme delle due cose, unite al Sommario dei processi ordinari già precedentemente dato alle stampe, è stato recentemente consegnato al Promotore Generale della Fede per le Animadversiones del caso.
Attendono da tempo le Animadversiones del Promotore della Fede per i rispettivi avanzamenti.
Si sta superando la difficoltà pregiudiziale dell'età: 13 anni compiuti: un vero primato per una fanciulla presentata non come martire ma come vergine, e perciò come tipo di eroismo giovanile nell'esercizio delle virtù cristiane secondo la propria condizione di figlia, di alunna e collegiale, e specialmente di Figlia di Maria.
Onde superare la difficoltà, che rappresenta un caso nuovo e in certo senso un progresso per la giurisprudenza canonica circa la Cause di Beatificazione e Canonizzazione, si sono raccolti studi e articoli di valenti teologi sulla santità dei bimbi e degli adolescenti; si è rintracciata l'opinione personale del compianto Card. Piazza e dello stesso Pio XII di s. m.; si sono fatti fare studi pedagogici e psicologici in merito; e si è cercato di avere l'Augusto parere dello stesso Santo Padre Giovanni XXIII. Il Sommo Pontefice ebbe la bontà di scrivere di suo pugno in calce alla supplica elevata al suo Trono che l'età non Gli sembra un impedimento al progresso di una Causa di Beatificazione.
Si spera di ottenere presto una risposta perentoria. Dopo di che, nel-l'auspicato caso di risoluzione positiva, si procederà all'approvazione degli scritti e alla stesura dell'Informatio.
Questa Causa, data l'ottima propaganda iniziata dalle Figlie di Maria Ausiliatrice, va disponendo di segnalatissime grazie, parecchie delle quali sembrano rivestire carattere di miracolo.
Dall'agosto al settembre di quest'anno si sono potuti costruire, con rapidità veramente singolare, tutti i processi informativi di questo nuovo Servo di Dio, che nacque a Viarigi nel 1875, entrò nell'Oratorio nell'autunno del 1887, poco prima della morte di Don Bosco, partì con Don Michele Unia nel 1894 per il lebbrosario colombiano di Agua de Dios, dove fondò l'Istituto delle Suore dei Sacri Cuori di Gesù e Maria, e morì a soli 43 anni a Cùcuta il 10 febbraio del 1923.
Per affrettare i lavori processuali il Rev.mo Rettor Maggiore desiderò che il Rev.mo Procuratore Generale si recasse in Columbia durante i mesi estivi e dirigesse personalmente le complicate pratiche.
L'Ecc.ma Curia di Bogotà diede tutte le facilitazioni del caso, così pure la Curia di Girardot, nella cui giurisdizione si trova attualmente Agua de Dios.
Si poterono fare i processi sulla fama di santità del Servo di Dio, sul non cultu e sugli scritti. In complesso furono ampiamente interrogati, tra Bogotà e Agua de Dios, una quarantina di testimoni, quasi tutti de visu e alcuni infermi di lebbra, al punto che non si trovarono in grado di apporre la firma alle proprie dichiarazioni. Si rintracciarono oltre 500 scritti tra minori e maggiori attribuiti al Servo di Dio.
Con il valido aiuto delle Figlie spirituali del Servo di Dio e dei nostri Teologi di Bogotà-Porvenir si preparò il transunto o copia fedele di tutte le sedute con deposizioni testimoniali e documenti, sicché il 12 settembre i tre processi informativi restarono solennemente chiusi per l'invio a Roma.
Attualmente sono già alla Sacra Congregazione dei Riti; se ne è chiesta l'apertura e se ne inizierà fra non molto la traduzione.
Si sono stampati a Roma in lingua portoghese gli Articoli del Postulatore per l'inizio della Causa. Tutto è pronto anche in Brasile. Si spera con l'aiuto di Dio di metter mano anche a questi processi, non appena le circostanze lo permettano.
Si raccomanda che tutti i nostri Servi di Dio, specie nei luoghi dove sono più conosciuti, vengano invocati, perchè il Signore si degni esaltarli con la gloria dei miracoli.
Roma, 24 novembre 1959. D. GIULIO BIANCHINI
Postulatore Generale.
Gennaio-Febbraio 1960 N. 211
IL RETTOR MAGGIORE:
1. All'inizio del secondo Centenario.
2. Umane previsioni e celesti conforti.
3. Meraviglioso sviluppo della Congregazione salesiana
4. Ricordi storici del 1860.
5. Donazione totale alla nostra missione.
6. Spedizione missionaria 1960.
7. Visite straordinarie.
ATTI DEL CAPITOLO SUPERIORE
Il Rettor Maggiore
31 gennaio 1960, Festa di San Giovanni Bosco.
Confratelli e figliuoli carissimi,
1. — Abbiamo incominciato l'anno Centenario della nascita ufficiale della nostra Famiglia religiosa cantando un Te Deum di ringraziamento, rinnovando i santi voti e proponendoci di fare la nostra parte, per iniziare santamente il secondo nostro Centenario.
Disponiamo ora lo spirito a compiere atti di maggior amor di Dio, di maggior fede nella nostra vocazione, perchè non mancano gli argomenti per dimostrarci che, se noi siamo fedeli alle promesse fatte, il Signore non mancherà certo alle sue, e che a proporzione del fervore e dell'impegno comune per rispondere alla nostra vocazione, Egli saprà moltiplicare le sue grazie, così da realizzare i lieti pronostici, che ci lasciò per testamento il nostro Padre in parecchie circostanze. Ora permettetemi che vi presenti alcuni momenti caratteristici della vita di Don Bosco in relazione col nostro Centenario, nella speranza che siano oggetto di riflessioni e commenti specialmente da parte dei Superiori nel corso dell'anno.
2. - UMANE PREVISIONI E CELESTI CONFORTI. — Nel 1880 a Roma, il nostro Procuratore generale, trattava a nome di
Don Bosco l'accettazione della proposta del Papa Leone XIII di continuare la costruzione del Tempio del Sacro Cuore incominciato da parecchio tempo e purtroppo sospeso, perchè coi tempi calamitosi dopo la presa di Roma non si riusciva ad andare in porto. Fu suggerito a Leone XIII di appellarsi a Don Bosco e in tali trattative si discusse sulla proprietà della Parrocchia da affidare ai Salesiani insieme alla costruzione della chiesa.
Ricordate che cosa fu detto in quei giorni dal Card. Monaco La Valletta, Vicario del Papa? Parole umane, ma che fanno pena a noi, perchè furon dette otto anni prima della morte di Don Bosco: « Eh! la Congregazione Salesiana è Don Bosco — disse il Cardinale. — Morto Don Bosco, povera Congregazione, si scioglierà come nebbia al sole ». Queste erano le idee di una grande autorità romana.
L'anno seguente invece il nostro caro Padre ebbe il famoso sogno di San Benigno, che commentiamo tanto spesso: il sogno dell'avvenire della nostra Congregazione, quale deve essere e quale potrebbe diventare, nel caso che noi non rispondessimo alla nostra vocazione. Ed alla conclusione di quel sogno, ecco le parole che il Personaggio ripetè a Don Bosco:
« Servi e strumenti di Dio onnipotente, ascoltate e intendete. Siate forti e animosi. Quanto avete veduto e udito è un avviso del Cielo, inviato ora a voi e ai vostri fratelli: fate attenzione e intendete bene quello che vi si dice. I colpi previsti fanno minor ferita e si possono prevenire. Le parole indicate siano tanti argomenti di predicazione. Predicate incessantemente, a tempo e fuori tempo. Ma le cose che predicate fatele sempre, sicché le vostre opere siano come una luce, che sotto forma di sicura tradizione s'irradii sui vostri fratelli e figli di generazione in generazione. Ascoltate bene e intendete. Siate oculati nell'accettare i novizi, forti nel coltivarli, prudenti nell'ammetterli (alla professione). Provateli tutti, ma tenete soltanto il buono. Mandate via i leggieri e volubili. Ascoltate bene e intendete. La meditazione del mattino e della sera sia costantemente sull'osservanza regolare. Se ciò farete, non vi verrà. 44 meno giammai l'aiuto dell'Onnipotente. Diverrete spettacolo al 1 mondo e agli Angeli e allora la vostra gloria sarà la gloria di Dio. Chi vedrà la fine di questo secolo e il principio dell'altro dirà di voi: Dal Signore è stato fatto ciò, ed è ammirabile agli occhi nostri. Allora tutti i fratelli e figli vostri canteranno: Non a noi, Signore, non a noi, ma al tuo Nome dà gloria » (Mem. Biogr.,XV, pag. 186).
Pare la risposta alle parole del Cardinale: « Si scioglierà come nebbia al sole ».
3. - MERAVIGLIOSO SVILUPPO DELLA CONGREGAZIONE SALESIANA. — Come ha risposto la Congregazione?
1860: in quei giorni che stiamo commemorando: confratelli 26, una casa.
1888. Alla morte di Don Bosco: 774 confratelli e 57 case.
1900. Alla fine del secolo previsto dal sogno: 2723 confratelli e 248 case.
1960. Non ho bisogno di ripetervelo, lo sapete anche voi quanti siamo per grazia di Dio: 20.400 confratelli in 1300 case.
Cari Confratelli, il Signore ha-benedetto il lavoro del nostro Padre e delle generazioni immediatamente a noi precedenti; tocca a noi ottenere che benedica il nostro tempo. Il Signore ha dato a questa generazione uno spettacolo che deve scuo tere tutti, perchè il trionfo dell'anno scorso: viaggio dell'urna di. Don Bosco Torino-Roma e Roma-Torino, la Consacrazione del Tempio a lui dedicato, il corteo alla Basilica Vaticana, le parole del Papa per ben due volte, fu uno spettacolo che noi abbiamo goduto o in spirito o di presenza; fu un onore reso al. nostro Padre, alla nostra Famiglia, di gran lunga superiore ai nostri meriti, ma che il Signore ha concesso per farci coraggio, per attaccarci di più a questa nostra grande Congregazione e farci sentire il palpito dei primi tempi a distanza di un secolo.
4. - RICORDI STORICI DEL 1860. — Ora facciamo qualche piccola considerazione su alcuni fatti dell'anno centenario 1860. L'avvenimento del 18 dicembre l'abbiam ricordato altra volta. Ora meditate le parole che disse Don Bosco dando la strenna di quella sera 31 dicembre:
« Miei cari figliuoli, voi sapete quanto io vi ami nel Signore e come mi sia tutto consacrato a farvi quel pene maggiore che potrò, superiori e ragazzi, tutti insieme. Quel poco di scienza, quel poco di esperienza che ho acquistato, quanto sono e quanto posseggo, preghiere, fatiche, sanità, la mia vita stessa, tutto desidero impiegare a vostro servizio; in qualunque giorno e per qualunque cosa fate pure capitale su di me, ma specialmente nelle cose dell'anima. Per parte mia, per strenna vi do tutto me stesso. Sarà cosa meschina (povero Don Bosco, la santa umiltà di quell'uomo!), sarà cosa meschina; ma quando vi do tutto, vuol dire che nulla riservo per me ».
Vanno considerate bene queste parole. Il punto di partenza anche per il nuovo secolo è questo: Don Bosco è tutto per noi, per i suoi figli di allora, per quelli che si sono susseguiti e che verranno per i secoli. « Vi do tutto quel che ho, tutto quel che so, tutto quel che posso... ». Lo farà molto meglio certamente adesso dal Paradiso.
Il 1860 è un anno ricchissimo di ammaestramenti per noi e mi sia permesso-di rievocarne alcuni, per nostra edificazione. Passano due mesi tranquilli, durante i quali Don Bosco riceve ad uno ad uno i suoi figli e i singoli allievi, ammonendoli, consigliandoli come un buon padre. Ma a questo punto della narrazione il Biografo, quasi per commentare la frase del Santo: « per Strenna vi do tutto me stesso » svolge come un piccolo trattato di pedagogia, elencando una serie interessantissima di « sante industrie » da lui adoperate, originali e sapienti, per conquistare la mente, il cuore, la volontà dei suoi giovani e per formare i futuri educatori al metodo preventivo, tutto ispirato alla Religione, alla ragionevolezza e all'amore santo. Sono quattro capitoli: 29, 30, 31, 32 da pag. 380 a 468 del volume VI delle Memorie Biografiche: 88 pagine che dobbiamo tutti leggere o commentare nel corso di quest'anno ai confratelli: nessuna più bella scuola di pedagogia pratica, specialmente per attuare la strenna sull'« assistenza assidua, oculata ed amorevole ai nostri giovani ».
Ed eccoci al mese di marzo. Don Bosco, ragionando delle prove dolorose che sovrastavano alla Santa Sede e dello stato politico dell'Italia, aveva detto: « aspettiamo il mese di marzo! ». E i fatti gli diedero ragione. L'11 e 12 marzo, essendo state invitate le popolazioni della Toscana e dell'Emilia (ossia Parma, Modena e Legazioni) a manifestare i loro desideri intorno al Governo preferito, per mezzo di una votazione, si ebbe il risultato voluto, e che era da prevedersi. Una immensa maggioranza fu per l'annessione al Piemonte. Il 18 marzo i voti dell'Emilia per mezzo del dittatore cav. FariM, e il 22 quelli della Toscana per il dittatore barone Ricasoli, erano presentati al re in Torino, il quale li accoglieva festosamente alla presenza dei grandi ufficiali del Governo e sanciva la desiderata unione con due decreti, i quali dichiaravano far quelle province parte integrante del Regno sabaudo. Così il Papa fu spogliato definitivamente delle sue Legazioni.
Il giorno 24 marzo mediante un trattato, si era fatta dal Re la cessione di Nizza e Savoia alla Francia, approvata di poi il 29 maggio dalle Camere e confermata da un plebiscito, il quale riuscì come volle Napoleone, ma non senza promesse e minacce. Era il premio per aver aiutate le imprese del Piemonte.
Il 5 maggio, mentre Don Bosco informava a virtù lo spirito dei suoi alunni, Garibaldi radunati i suoi volontari, con 1000 di questi, tolti con simulata violenza due piroscafi alla società Rubattino, s'imbarcava a Quarto presso Genova. Cavour segretamente lo forniva d'armi e di danari. Protetto da navi da guerra inglesi, Pll maggio approdava a Marsala. La Sicilia eccitata da molti emissari sollevavisi; i soldati del re di Na-polì o impauriti o traditi, si lasciarono vincere a Calatafimi, a Palermo e a Milazzo. Garibaldi il 28 luglio poteva entrare a Messina. Le navi da guerra napoletane erano dai loro comandanti consegnate all'ammiraglio piemontese Persano. Francesco II era troppo debole ed inesperto di fronte a coloro, che numerosi congiura-vano contro il suo trono.
Don Bosco vedeva chiaro che l'esercito piemontese a poco a poco puntava verso Roma e sentiva stringersi il cuore pensando alla condizione in cui sarebbe venuto a trovarsi il Sommo Pontefice, spogliato del potere temporale. Tutti sapevano che egli non poteva approvare l'operato del Governo e le autorità politiche sospettavano che egli mantenesse relazioni segrete con la Santa Sede. Ecco la ragione di ben undici perquisizioni cui fu sottoposto.
Il 26 maggio è la prima, tremenda perquisizione durata tutto il giorno. In una casa così povera e priva di tutto, dal mattino alla sera rimase la polizia a fare' le sue indagini, a scrutare e scartabellare, a rovesciare tutto. E Don Bosco calmo. Don Bosco, che era stato prevenuto in sogno di quello che stava per succedere, non si scompone, tiene calmi tutti, mostra la sua innocenza. C'è niente da ricercare, non c'è proprio nulla di compromettente. Non potevano impedirgli di voler bene al Papa. Non potevano impedirgli come sacerdote, come cattolico; Don Bosco in politica non voleva entrare, lo ha dichiarato mille volte in quei giorni.
Però pensate all'impressione dei nostri confratelli, di quel primo gruppo che aveva promesso fedeltà a Don Bosco pochi mesi prima e che stava domandandosi: che cosa sta succedendo? Sta per sciogliersi « come nebbia al sole » la nostra famiglia?
Ma durante quella perquisizione il Can. Anglesio, Superiore del Cottolengo, sente che Don Bosco è alle prese con la polizia e corre subito a Valdocco per parlare col Santo. Siccome Don Bosco è sotto inchiesta, dice ad un chierico: « Vada da Don Bosco e gli dica da parte mia che si faccia animo e prenda fiducia. Oggi l'Oratorio di San Francesco di Sales è messo dal Signore alla prova; ma da questo istante Iddio l'ha benedetto in modo speciale e sarà consolidato. D'ora innanzi prenderà tale sviluppo ed incremento, che porterà i suoi benefici influssi fuori Torino e in molte parti del mondo ».
Queste parole confortatrici giungono come un raggio di sole nella comunità di Valdocco e dànno a tutti la certezza della divina assistenza.
Ma c'è un'altra provvidenza: alla sera di quel giorno stesso, la vedova Filippi, che fino allora non aveva mai voluto vendere la sua casetta, viene da Don Bosco per cedergliela e si iniziano le trattative. Cosicchè, al termine della prima perquisizione si è aperto il cielo per Don Bosco ed egli pensa ad allargare le sue tende, perchè il Cafasso gli aveva già promesso il suo aiuto e il comm. Cotta metteva subito a disposizione il capitale per l'acquisto definitivo, che verrà fatto nel settembre successivo.
In giugno si succedono gioie ed ansie, ore di trepidazione e fervori di cielo.
2 giugno: ordinazione del diacono Savio, primo sacerdote della Congregazione.
7 giugno: Don Bosco riunisce i primi 26 soci per mostrare loro il testo della Regola da mandare a Lione per l'approvazione del Vescovo, e li invita ad apporre la loro firma.
9 giugno, due giorni dopo, seconda perquisizione. Don Bosco è fuor di casa. Arriva e sente che ci sono i questurini che passano in tutte le scuole, che interrogano i ragazzi, che vogliono coglierli in fallo. Questi ragazzi, illuminati certamente dallo Spirito Santo, diedero delle risposte e delle battute tipiche, tanto erano sicuri che il loro Padre era un santo e che i loro superiori non avevano conti aperti con la giustizia umana. 11 giugno: in mezzo a questo parapiglia, ecco il giuramento di fedeltà alla loro vocazione, sottoscritto da quei nostri primi cari confratelli. Si legge nella cronaca di Don Ruffino: « 11 giugno: abbiamo sottoscritto le regole della Congregazione di San Francesco di Sales per mandarle all'Arcivescovo Franzoni. E facemmo da noi promessa solenne, che se per mala ventura a cagione delle tristezze dei tempi non si potessero fare i voti, ognuno in qualunque luogo si troverà, fossero anche tutti i nostri compagni dispersi, non esistessero più che due soli, non ce ne fosse più che uno solo, costui si sforzerà di promuovere questa pia Società e di osservarne sempre, per quanto sarà possibile, le Regole
Vedete quale impressione ebbero delle perquisizioni i nostri primi confratelli? Che coraggio! che forza! che unione!... Don Bosco aveva infuso in quelle anime se stesso. Lo sentono che Don Bosco ha una missione grande da Dio, e gli si stringono attorno con un affetto tutto celeste, che non guarda in faccia a nessuna contrarietà, come facevano una volta i martiri di fronte ai persecutori. Resistenza fino alla morte.
Però l'indomani, dopo un colloquio con Urbano Rattazzi, Don Bosco inviò al Ministro degli Interni Luigi FariM e al Ministro della Pubblica Istruzione Terenzio Mamiani una breve esposizione delle due perquisizioni subite, domandando ragione di siffatto modo di procedere a suo riguardo, elencando le ragioni del suo lavoro di vent'anni a pro' della gioventù povera e abbandonata, dichiarandosi estraneo alla politica, documentando le varie attestazioni di benevolenza ricevute da, Ministri, Provveditori, Ispettori all'opera sua educativa. A questa lettera del 12 giugno non fu data risposta che con l'udienza del 16 luglio. Un mese di incubo, che lasciava sospettare provvedimenti ancor più gravi.
Il 23 di giugno muore il sac. Giuseppe Cafasso, padre spirituale di Don Bosco. Egli accetta di fare i due discorsi funebri, studia la vita del Cafasso, ne parla e ne prepara la gloria futura. Infatti, grazie ai discorsi e alle memorie di Don Bosco, testimonio eccezionale, si potè iniziare il processo di Beatificazione.
Finalmente il 16 luglio, festa della Madonna del Carmine, Don Bosco fu ricevuto dal Ministro Farini ed ebbe agio di difendere il suo operato e di persuaderlo che, come sacerdote cattolico egli poteva lavorare a pro' della gioventù, amare il Papa e non immischiarsi affatto nella politica. Il colloquio tempestoso dapprincipio e poi rasserenante, Don Bosco volle tramandarlo in disteso ai suoi figli, come ammonimento e ammaestramento insieme in casi consimili. Fa paste del Capo 48 del volume VI delle Memorie Biografiche. E al termine di quella giornata, la Madonna del Carmine concedeva a Don Bosco il conforto di procedere al contratto definitivo per la cessione della casa Filippi.
Il povero Don Bosco ha trovato la Provvidenza a confortarlo in mezzo alle persecuzioni, quasi come l'Angelo confortò Gesù nell'agonia del Getsemani.
Ancora qualche data storica. Alla fine del mese è ordinato sacerdote Don Rua e il 5 agosto celebra la prima Messa, assistito da Don Bosco stesso nel tripudio dell'intera famiglia. Che conforto per Don Bosco! Due figli già sacerdoti, e un figlio come Don Rua, che coronava tutte le sue speranze, nel quale egli vedeva il suo interprete perfetto. Uno dei grandi quadri che si stanno preparando per la rinnovata cappella di S. Francesco di Sales rappresenterà precisamente la scena della prima Messa del Ven. Don Rua, assistito da Don Bosco, raggiante di gioia.
Ancora: immediatamente in settembre, l'offerta del piccolo Seminario di Giaveno e quella della casa di Mirabello. Sono già troppi in casa: 27 salesiani di cui tre sacerdoti per 300 ragazzi! Don Bosco si sente forte e comincia ad allargare il cuore a tutta la gioventù del mondo.
Finalmente, concludiamo questi bellissimi episodi con quello che è successo alla porta della chiesetta di San Francesco, nel novembre, quando il panettiere manda a dire che non darà più pane Miche Don Bosco non paga i suoi debiti. Nella cesta c'è poco pane, eppure esso basta per tutti i ragazzi. Ad osservare questo prodigio c'è Francesco Dalmazzo, che sarà poi il suo Procuratore; il quale, vedendo i pochi pani che si moltiplicano nelle mani di Don Bosco, disse: « A Domino factum est istud: questo lo fa il Signore e soltanto il Signore », e restò con Don Bosco.
5. - DONAZIONE TOTALE ALLA NOSTRA MISSIONE. — Carissimi Confratelli, vi ho richiamato alcuni di questi episodi perchè, se ne vogliamo approfittare, la storia è maestra della vita. Faccio solo una considerazione finale: come si spiega questo sviluppo della nostra grande Famiglia? Ecco la prima radice: la donazione di Don Bosco, senza nessuna riserva per sè, « non sibi placuit »; non ha cercato mai se stesso Don Bosco... sempre disposto a qualsiasi sacrificio per la gloria e per il bene delle anime. Ecco la radice del famoso cedro del Libano, che è cresciuto gigante e che le burrasche non hanno potuto abbattere; che ha dilatato i suoi rami in tutte le Nazioni e sotto tutti i climi, e continua con una vitalità meravigliosa, anche perchè accanto a lui, i primi figliuoli hanno fatto altrettanto: hanno dato tutto se stessi a Dio e a Don Bosco, senza riserva... Questi vecchi salesiani, alcuni dei quali hanno passato pur poco tempo accanto a Don Bosco, sono stati talmente conquistati, hanno saputo imbeversi talmente del suo spirito con la grazia del Signore, che dovunque sono andati hanno piantato le stesse radici, con una fecondità provvidenziale.
La ragione intima della fioritura fu l'attaccamento di questi figli all'esempio e alla parola di Don Bosco, ossia all'osservanza regolare. Ricordiamo ancora le parole del sogno di San Benigno:
La meditazione del mattino e della sera sia costantemente sull'osservanza regolare ».
Non voglio però ora allungare questa mia svolgendo un argomento tanto vasto e tanto importante. Avrò nel corso dell'anno, e specialmente commemorando gli anniversari del Ven. Don Rua, occasioni opportune di riflettere sugli avvenimenti del nostro Centenario, che debbono contribuire a infervorarci per la nostra vita religiosa.
6. - SPEDIZIONE MISSIONARIA 1960. — Una bella maniera per celebrare l'anno centenario penso che debba essere una spedizione missionaria più numerosa del solito. In questi anni abbiamo sempre potuto spedire ad Oriente ed Occidente circa 140 o 160 Missionari, per la maggior parte giovanissimi. Non vi pare che se quest'anno toccassimo i duecento faremmo più contento Don Bosco e concorreremmo alla più vasta conquista delle anime dappertutto ove si sente la scarsità degli operai evangelici? Nelle Ispettorie ove il personale è abbondante o più che sufficiente, i Superiori largheggino nel concedere il permesso di essere inviati all'estero a coloro che numerosi ne hanno fatto o faranno domanda; e nelle Ispettorie ove il personale e le vocazioni sono scarse, si procuri di meritare il premio di nuovi sviluppi, accrescendo il fervore della osservanza e moltiplicando lo zelo per procurare aspiranti e novizi, tra i propri allievi studenti e artigiani, dai collegi e dagli oratori. In realtà vedo che dappertutto si vanno preparando case di formazione e che ci si industria per popolarle di bei gruppi di giovani; ma nessuno creda di fare abbastanza in questo difficile campo, e nessuno si scoraggi se i tentativi subiscono crisi o incontrano difficoltà. Ricordiamo che l'indice del buono spirito e delle divine benedizioni di Dio nelle Case, nelle Ispettorie e nell'intera Congregazione sono le vocazioni, le vocazioni, le vocazioni e la loro perseveranza!
7. - VISITE STRAORDINARIE. — In data 25 gennaio è partito il Rev.mo sig. Don Modesto Bellido per iniziare la visita alle Ispettorie del Brasile Nord di Recife e Manaus. Contemporaneamente sono in visita straordinaria il Rev.mo sig. Don Fedrigotti all'Austria ed il Rev.mo sig. Don Pianazzi alle due Ispettorie di Francia.
I Confratelli del Chile, Perù, Bolivia, Paraguay ed Uruguay da due anni mi stanno sollecitando perchè completi il giro del mondo salesiano, andando a visitarli. Ed io mi faccio un dovere di accontentarli per godere così il panorama com, pleto della dilatazione e del lavoro dell'intiera nostra Famiglia, e portare a tutti le benedizioni dell'Ausiliatrice e di Don Bosco. A Dio piacendo, faccio conto di partire verso la fine di marzo e di completare la visita col mese di agosto.
Siate larghi di preghiere per i Visitatori ufficiali e per me, affinchè i nostri incontri e colloqui raggiungano il fine prefisso: incremento di vita religiosa, di fraterna carità, di spirito salesiano, per l'estensione del Regno di Dio nelle anime. Vostro aff.mo in Don Bosco
Sac. RENATO ZIGGIOTTI
NOTA BENE. - Ricordo ai Rev.mi Ispettori che, al termine di ogni anno scolastico, debbono inviare al Capitolo Superiore la relazione annuale, secondo le norme date in Atti del Capitolo n. 206, pag. 29.
IL RETTOR MAGGIORE:
1. L'indimenticabile Udienza Pontificia. — 2. Nel Centenario del Sacerdozio del Ven. Don Michele Rua. — 3. La morte di Don Rua (6-4-1910). — 4. Dalla morte di Don Rua ad oggi. — 5. Attaccamento a Don Bosco. — 6. Fedeltà alla Regola: povertà, castità, ubbidienza, fedeltà nelle piccole cose, fermezza e bontà. — 7. Ricordi degli Esercizi Spirituali 1960. — 8. Il P. A. S. a Roma. P. S. Visita straordinaria al Portogallo.
ATTI DEL CAPITOLO SUPERIORE
Il Rettor Maggiore
Torino, 9 marzo 1960
Carissimi Confratelli e figliuoli,
avrete già ricevuto il ricordino dell'Udienza Pontificia, che mi fu concessa il 29 febbraio u. s., recante la Benedizione del Santo Padre con una sua bellissima fotografia a colori, preparata apposta dai nostri confratelli della Poliglotta Vaticana.
L'effusione affettuosa del Papa verso il povero Rettor Maggiore — Egli si degnò di abbracciarmi e baciarmi come un figliuolo — resterà la più insigne e la più preziosa decorazione ricevuta, tra le tante di cui mi vollero fregiare le Nazioni e città ospitali nelle visite compiute, ed è segno dell'altissima stima e benevolenza che nutre per la Famiglia Salesiana il Vicario di Cristo in terra. La sua bontà si rivelò ancora una volta nei ricordi che conserva dei suoi primi anni, quando la lettura del Bollettino Salesiano, portato nella famiglia Roncalli dal venerando Parroco, educò il piccolo Angelo a fare le prime composizioni imitando i racconti delle grazie di Maria Ausiliatrice e lo spinse a ritagliare per sè la copertina, che portava l'effigie della Madonna di Don Bosco, e a conservarla per lunghi anni durante i suoi studi, in un piccolo quadro. Mi ripetè ad una ad una le sue visite a Valdocco, a Murialdo, a Costantinopoli, a Verona e Venezia, con intima compiacenza per le persone conosciute e per le masse dei giovani che vide educati alla nostra scuola.
Ed io ebbi agio di dargli una breve relazione del nostro lavoro, delle scuole professionali, delle Missioni, delle vocazioni abbondanti quasi dappertutto ma sempre insufficienti per il campo di lavoro sempre più ampio che la Divina Provvidenza ci presenta, dopo i primi cent'anni dall'inizio della Famiglia Salesiana. Potei fargli un cenno sul nostro Ateneo e sulla speranza di poterne iniziare i lavori nel corso dell'anno; gli esposi l'itinerario del viaggio dall'America del Nord alla Terra del Fuoco, Chile, Perù, Bolivia, Paraguay ed Uruguay... e gli presentai il dono del I volume dei discorsi di Papa Pio XI, raccolti dal nostro Don Domenico Bertetto, la cui prefazione è il discorso di S. E. Angelo Roncalli, Delegato Apostolico a Costantinopoli, in morte del grande Pontefice.
Era passata mezz'ora e mi parve d'avere abusato della sua bontà e pazienza; ma Egli stesso volle chiamare il fotografo per una posa a solo con Lui e poi coi miei accompagnatori, dopo la quale ci impartì la più ampia benedizione e ci congedò con la stessa cordialità che traspare dal ritratto che già conoscete.
Oh come dobbiamo pregare per il Papa, per le sue sante intenzioni, e specialmente per il futuro Concilio Ecumenico, che è in cima a tutte le sue aspirazioni, e al quale ha detto che vuol consacrare tutta la sua vita! Oremus semper pro Pontifice nostro Joanne!
2. - NEL CENTENARIO DEL SACERDOZIO DEL VEN. DON MICHELE RUA. — Nell'ultimo numero degli Atti del Capitolo vi invitai a leggere e rileggere le Memorie Biografiche, tesoro preziosissimo lasciato alla Congregazione dai nostri indimenticabili storici Don Lemoyne, Don Amadei e Don Ceria. A tale lettura io vi invitavo dopo aver fatto una breve rassegna delle ricorrenze che avranno luogo in quest'anno 1960.
Avrete forse notato che ho appena accennato al Centenario della Prima Messa del Ven. Don Rua; e fu perchè mi ero già proposto di fermarmi espressamente e con qualche ampiezza sulla grande figura di colui che giustamente fu proclamato Alter Familiae Parens, come si leggeva nell'iscrizione che Don Cerruti fece incidere sulla lapide presso la tomba del Primo Successore di Don Bosco a Valsalice.
Questo primo Centenario dev'essere da noi particolarmente ricordato insieme al Cinquantesimo della morte, avvenuta nel 1910, quando tutta la Congregazione si preparava a celebrare le Nozze d'Oro dell'amato Superiore e Padre e invece dovette assistere al suo funerale, che fu una prima indicazione della sua fama di santità.
Vogliamo pertanto indugiarci sulle due care ricorrenze, per ricavarne poi qualche utile ammaestramento per la nostra vita di religiosi salesiani.
LA PRIMA MESSA DI DON RUA (29 luglio 1860).
Del nostro santo Fondatore Don Bosco è a noi ben nota la preparazione all'Ordinazione sacerdotale, il suo fervore nel ritiro, nella preghiera intensa, come pure i particolari della funzione e i propositi dal Santo formulati: cose tutte fissate con tanta precisione da Don Lemoyne.
Per Don Rua non è così. Egli non lasciò memorie scritte di quei giorni in cui si preparava al Presbiterato. Ricorriamo perciò alle poche testimonianze che ci sono rimaste, per farcene almeno una pallida idea.
Don Rua aveva fatto gli Esercizi Spirituali nella Casa della Missione, come già prima per gli altri Ordini Sacri. « Che cosa sia passato — scrive Don Celia — tra lui e Dio in quell'importante ritiro non lo sapremo mai; ma Don Francesia nel Processo Informativo potè affermare che la sua preparazione fu veramente singolare ». Durante quel ritiro Don Bosco, dietro sua richiesta, gli mandò i Ricordi in una cara lettera latina nella quale, tra l'altro, gli diceva: « Renditi modello di buone opere. Fa' costantemente ciò che è bene agli occhi del Signore. Combatti il demonio e spera in Dio ». Don Rua conservò gelosamente quella lettera fino al termine della sua vita. E come abbia praticati quei ricordi e come sia stato fedele a ogni raccomandazione di Don Bosco è noto a tutti coloro che hanno letto la vita di lui.
Dopo gli Esercizi Don Rua con due chierici « partì a piedi, a modo di poverelli » (nota la cronaca) verso il paese di Caselle Torinese, dove Mons. Balma, Ausiliare dell'Arcivescovo, passava un periodo di ferie nella villa del barone di Barbania. Era talmente compenetrato dell'importanza del Presbiterato che stava per ricevere, che passò non soltanto tutto il resto di quel giorno, 28 luglio, in fervorosa preghiera, ma anche tutta la notte. Infatti i domestici all'indomani con loro sorpresa trovarono il letto intatto come essi lo avevano preparato: capirono che. Don Rua non lo aveva neppur toccato. Lo dissero anche al barone: « Che santo levita è mai! Non ha dormito nulla: forse ha sempre pregato ». E il barone: « È un degno discepolo di Don Bosco; non mi stupisce affatto ciò che mi dite ».
Circa l'Ordinazione sacerdotale, avvenuta il 29 luglio, ci basti questa semplice ma eloquentissima testimonianza: « A tutte le cerimonie che accompagnano l'Ordinazione il contegno di Don Rua fu tale da strappare le lagrime. Lo spirito di Don Rua doveva essere inebriato di celeste fervore ».
L'indomani, a Valdocco, celebrò la Prima Messa per la comunità: divotamente, senza alcuna pompa, pur tra la gioia dei giovani. Sulla pia funzione null'altro; ma Don Cerruti cinquant'anni dopo, e precisamente nel discorso funebre tenuto a Milano, ricordava ancora con intensa commozione « la sua fronte serena e raccolta nell'avanzarsi all'altare, il suo volto radioso nell'atto della Consacrazione ed il suo fervore da serafino nel distribuire la Santa Eucaristia ».
La domenica seguente Don Rua cantò Messa assistito da Don Bosco, tra il tripudio e l'entusiasmo febbrile di tutti gli alunni e oratoriani. Ben ventisette composizioni vennero lette nell'accademia, e l'umile Sacerdote novello si sentì dire, tra l'altro: « Porti in te il cuore di un altro Don Bosco, e già tutti ti notano a dito come ben degno di lui successore ».
Non mi dilungo su altri particolari, che voi potrete leggere durante quest'anno a tutto vostro agio. Il mio pensiero invece si porta alle falangi di chierici nostri, che in ogni parte del mondo si preparano, più o meno prossimamente, al Presbiterato, e a tutti vorrei ricordare che nessuna preparazione, per quanto accurata, può essere adeguata all'altezza della dignità e del ministero al quale aspirano. Per essi soprattutto, a monito e a esempio, il Centenario dell'Ordinazione sacerdotale di Don Rua si unisce a tante voci autorevoli di Sommi Pontefici, e in particolare del mite e paterno Giovanni XXIII, felicemente regnante, sul dovere di prepararsi degnamente al Sacerdozio.
In modo particolare le mie parole vanno ai Diaconi: dal fervore con il quale ricevono l'Ordinazione sacerdotale e dai propositi che formulano può dipendere l'avvenire e l'efficacia del loro apostolato. So che, durante gli Esercizi per il Presbiterato, la vigilanza e assistenza dei Superiori dello Studentato li distoglie da distrazioni e preoccupazioni, da programmi di feste e di viaggi, da preparazione di immagini e da altre simili dissipazioni; ma — permettetemi questo sfogo — come è spiegabile che alcuni, dopo pochi anni di Sacerdozio, possano perdere la testa a tal segno da passare ad vota saecularia? Certamente gli Esercizi preparatori all'Ordinazione non lasciarono un solco profondo e duraturo nel terreno del loro cuore.
Il primo frutto di questo Centenario sia dunque il non far ripetere oggi alla nostra amata Congregazione il lamento che lo stesso Ven. Don Rua muoveva nel 1903, quando la corruzione e gli incentivi al male non dilagavano, è vero, come ai giorni nostri, ma neppure esistevano ancora le odierne provvidenziali Case di Formazione: « Mi affligge profondamente scriveva il venerato Superiore — il vedere che vari nostri Confratelli, non pensando che la loro vocazione fu una vera catena di grazie singolarissime, dimentichi di tutti i lumi che il Signore aveva loro concesso, specie durante il Noviziato, infedeli alle promesse fatte innanzi all'altare, si lasciano ingannare dal demonio ed abbandonano la nostra Pia Società. La colpa è già molto grave in un Confratello coadiutore, ma diventa gravissima in un sacerdote, il quale essendo stato ordinato in nome della Congregazione secondo i Decreti di Santa Chiesa, contrae strettissimi vincoli verso la medesima... ».
3. - LA MORTE DI DON RUA (6-4-1910). — La seconda ricorrenza che vogliamo commemorare in quest'anno è il beato transito del Venerabile, avvenuto nel 50° anniversario della sua Prima Messa.
Tutta la Congregazione era in movimento per festeggiare la Messa d'Oro del Rettor Maggiore: formulato il programma, diramati gl'inviti ai Cooperatori ed Ex allievi, previsto un grande trionfo pel Successore di Don Bosco. Egli vedeva, sorrideva e lasciava fare. Ma un giorno si lasciò sfuggire una frase, che poi ripetè altre volte: « Voi fate tanti preparativi, ma farete la festa senza il santo ».
Non v'ha dubbio che Don Rua sapesse che l'ora del suo tramonto era vicina, come risulta da varie testimonianze. Eppure continuò a lavorare con tutto ardore finchè le forze lo sostennero. Quando poi si accorse di non poterne più, si dispose serenamente al grande passaggio. Desiderò per tempo e in modo solenne il Santo Viatico e, benchè debolissimo, volle parlare prima di ricevere la Santa Ostia. Ringraziò delle preghiere fatte per lui, dell'affetto che sempre gli avevano dimostrato i suoi figli e lasciò pure i tre preziosi ricordi già dati da Don Bosco sul letto di morte e che Don Ricaldone avrebbe poi fissati nella quotidiana preghiera serale a S. Giovanni Bosco: Amore alla Santissima Eucaristia - Divozione a Maria Ausiliatrice - Rispetto, obbedienza e amore al Papa. Non si può rileggere quel discorsino senza provarne intima commozione.
Alla vigilia della morte ricevette ancora la Santa Comunione dopo la Messa delle dieci, celebrata nella sua cameretta. Voleva anche iniziare la Meditazione, secondo l'orario che egli stesso aveva dettato durante la malattia; ma, aderendo alla filiale preghiera del suo confessore, si rassegnò a sentir leggere semplicemente il titolo dei tre punti. Durante quella mesta vigilia con tutta serenità chiedeva di tanto in tanto se non fosse già tempo di morire, desideroso com'era di volare presso Don Bosco. Ascoltava in silenzio le giaculatorie che non poteva più ripetere per l'estrema debolezza; ma quando gli venne suggerita dal confessore quella insegnatagli da Don Bosco nella fanciullezza: « Dolce Cuore di Maria, fate che io salvi l'anima mia », ebbe un sussulto e con un filo di voce esclamò: « Sì, salvare l'anima è tutto... è tutto! Salvar l'anima ». Furono le ultime sue parole. Poi entrò in stato comatoso.
Al mattino del 6 aprile, dopo la levata, ebbe luogo l'interminabile sfilata dei Confratelli e giovani dell'Oratorio davanti al morente, a cui tutti baciavano devotamente la mano. « Era appena finita che, senza un gemito, senza alcun movimento, quasi senza che gli astanti se ne accorgessero, il cuore di Don Rua cessò di battere: la sua anima aveva abbandonato il corpo ».
Ed ecco, carissimi, il frutto più pratico che noi dobbiamo ricavare dal Cinquantenario della morte di Don Rua: il pensiero costante della salvezza dell'anima nostra e delle anime a noi affidate. Questo è il sale con cui noi, Salesiani di Don Bosco, dobbiamo condire ogni nostra attività, ogni nostro apostolato in mezzo a un mondo che non ha il senso di ciò che è peccato e pericolo di eterna dannazione. Salvare l'anima è tutto! A nulla gioverebbero i nostri sforzi per attrezzare modernamente aule e laboratori, per conseguire titoli di studio e di lavoro, aggiornare prospettive di apostolato, ampliare e diffondere opere di bene, riscuotere lodi e consensi, qualora non badassimo ad assicurare la salvezza dell'anima nostra e delle anime per cui lavoriamo. Salvare l'anima è tutto! Ripetiamolo ai nostri allievi, affinchè durante gli anni di collegio o convitto questo santo chiodo penetri ben dentro il loro cervello. Ripetiamolo ai nostri oratoriani come valido aiuto contro le difficoltà in cui si dibattono, sia per la famiglia non praticante, sia per la scuola « laica » nel senso più penoso di questa parola, sia per il lavoro in ambiente avverso ai buoni, costumi. Ripetiamolo ai nostri Ex allievi, perchè ne siano animati a condurre una degna vita individuale, familiare e sociale. Ripetiamolo, infine, ai nostri Cooperatori, poichè la potente molla di ogni attività salesiana e del « non fermarsi mai » di Don Bosco è proprio questa: salvare molte e molte anime, incominciando dalla propria... posto che salvare l'anima è tutto!
4. - DALLA MORTE DI DON RUA AD OGGI. — Possiamo dire che, durante i primi 25 anni dalla sua morte, Don Rua si tenne prevalentemente nell'ombra: lasciò, a nostro modo d'intendere e di esprimerci, che la figura del Padre e Fondatore giganteggiasse e riempisse di sè tutto il mondo salesiano e cattolico. In questi altri 25 anni invece, ossia dopo la Canonizzazione di Don Bosco, dal 1934 ad oggi, ecco farsi sempre più avanti il suo Successore: 1° successore pertanto nel Rettorato della Congregazione e, come fervidamente speriamo e preghiamo, 1° successore nella glorificazione sacerdotale salesiana.
Don Cella, dopo aver descritto il transito di Don Rua, conclude: « All'Oratorio, dopo un breve e caldo tributo di lagrime, prevalse in tutti il pensiero che era morto un santo, un vero santo, un grande santo ».
Il Card. Ferrati, Arcivescovo di Milano, ebbe a dire: « Se si costumasse ancora proclamare i santi a voce di popolo, io senza esitare avrei favorito il proposito di proclamare santo Don Rua ».
Anche un illustre laico, il sen. Pietro Fedele, professore di Storia all'Università di Torino, il giorno stesso della morte parlando con un salesiano esclamò: « Se fossimo nel Medio Evo, domani mattina non si celebrerebbe Messa da requie, ma si canterebbe Messa in onore di S. Michele Rua, elevato agli altari a voce di popolo ».
Noi, che avemmo la fortuna di conoscerlo e avvicinarlo, ricordiamo che ci appariva come la bontà personificata. Sentivamo dire dai Superiori che era un altro Don Bosco, Don Bosco risuscitato, Don Bosco redivivo. Correva voce che moltissimi, per quanto lo avessero attentamente osservato a lungo, non avevano mai potuto scorgere in lui il più piccolo difetto. Era cosa ordinaria l'udire proporci gli esempi ammirabili e pressoché inarrivabili di Don Rua, i serafici ardori della sua carità, la penitenza eroica degna dei più grandi Santi, l'instancabile attività, l'eroismo dei suoi sacrifici e persino i doni di profezia e dei miracoli.
Ora, dopo cinquant'anni dalla morte, mentre attendiamo per il Venerabile (quando a Dio e al suo Vicario in terra piacerà) la Gloria del Bernini, io penso, Confratelli e figli carissimi, che noi possiamo affrettare il trionfo di Don Rua con l'imitazione di due virtù che in lui furono caratteristiche: l'attaccamento a Don Bosco e la fedeltà alla Regola.
A ciò quasi ne costringe, d'altra parte, il prodigioso sviluppo della nostra Società con il conseguente troppo facile pericolo, qua e là, vicino e lontano, senza pensarlo e senza volerlo, di deviare dallo spirito del nostro Santo Fondatore e di moltiplicare le eccezioni alla regolare osservanza.
Osserviamo adunque, sotto questi due punti di vista, il nostro Ven. Don Rua: anche un semplice sguardo, e, per forza di cose, fugace, animerà noi tutti ad imitarlo.
5. - ATTACCAMENTO A DON BOSCO. — Studiare, amare, imitare Don Bosco fu il programma o meglio la via maestra per la quale Don Rua giunse alla più alta perfezione. Studiò Don Bosco anche nelle cose più minute e dal giorno in cui lo vide dare l'ultimo respiro lo proclamò suo modello, sua guida, suo ispiratore. Don Bosco era mancato da pochi istanti e Don Rua, rivolto ai presenti in quell'umile stanzetta così parlava: « Se abbiamo perduto un Padre in terra, abbiamo acquistato un Protettore in Cielo, e noi siamo degni di Lui seguendo i suoi esempi ».
Da queste parole appare chiaramente come Don Rua fosse convinto che Don Bosco era volato direttamente in Cielo, giacché lo dichiarava Protettore da invocare ed imitare. Ecco la vera divozione: onorare, pregare, imitare.
Durante la vita di Don Bosco, Don Rua gli si era affezionato in modo ineffabile: per lui viveva, per lui faticava, di null'altro preoccupato se non di seguire i suoi ordini, sicuro che così solamente poteva servire degnamente il Signore.
Dopo la morte del Fondatore, il Venerabile si propose, per così dire, di sostituirlo, di essere una copia fedele di lui, nascondendo per quanto gli fu possibile se stesso. Quando la Santa Sede lo confermò Successore di Don Bosco, egli scrisse: « Dobbiamo stimarci ben fortunati d'esser figli d'un tal Padre. Perciò nostra sollecitudine dev'essere di sostenere e a suo tempo sviluppare ognora più le opere da lui iniziate, seguire fedelmente i metodi da lui praticati ed insegnati, e nel nostro modo di parlare e di operare cercar d'imitare il modello che il Signore nella sua bontà ci ha in lui somministrato ». E concludeva con enfasi: « Questo, o figli carissimi, sarà il programma che io seguirò nella mia carica ».
Commentando queste parole un biografo così si esprime: « Da quel giorno non tenne più un sermoncino, una conferenza ai Salesiani, alle Figlie di Maria Ausiliatrice, agli alunni, ai Cooperatori, senza additare e raccomandare qualche virtù o qualche ideale di Don Bosco. La sua parola pareva che non esistesse; sul suo labbro sempre risuonava il nome del Padre ed echeggiavano le sue parole, il ricordo dei suoi esempi ». Tale era la devozione, l'affetto, l'attaccamento che Don Rua nutriva per Don Bosco.
Se Don Rua sia riuscito ad essere una copia di Don Bosco, facendolo rivivere in sè, lo sanno tutti coloro che ne hanno letto la vita. Durante i ventidue anni del suo Rettorato non abbandonò un istante il suo proposito, a cominciare dalla paternità del Fondatore. I Salesiani che avevano avuto agio di vederlo negli anni precedenti, ammiravano lo sforzo eroico che si era imposto per raggiungere con tanta perfezione nel governo una paternità alla quale prima non era stato avvezzo per la natura del suo ufficio, e che allora lo faceva somigliare tanto bene a Don Bosco. Sembrava che fosse stato sempre così, tanta era la naturalezza con cui nel parlare e nel trattare si mostrava, più che Superiore, Padre tenerissimo.
Ben vorrei diffondermi nel riprodurre testimonianze tanto autorevoli quanto care, ma debbo limitarmi a un cenno.
Scrive Don Albera, suo immediato Successore: « La vita di Don Rua fu un continuo studio di imitare il Ven. Don Bosco. A ciò è dovuto quell'incessante progredire nella perfezione, che in lui ebbe ad ammirare chiunque l'ha avvicinato; questa è l'arte con la quale egli riuscì a riprodurre in se stesso nel modo più perfetto il modello che ognora teneva dinanzi agli occhi, sicché Don Rua poté dirsi un altro Don Bosco ».
E Don Francesia: « Don Rua con mille arti cercava di nascondere ciò che soleva fare e ciò che il Signore aveva voluto che si facesse da lui. Noi pure che solevamo vivere con lui, che lo sentivamo quasi ogni ora parlare, che lo trattavamo come si suole con persona intima e confidente, non trovavamo che tutto naturale e senza alcuna distinzione ». Fino a dire a se stesso: « Così farei io? così avrebbe fatto Don Bosco! cosa c'è di straordinario? non mi pare che vi sia nulla! ».
Il Servo di Dio Don Rinaldi in una lunga testimonianza afferma che « nella Direzione dell'Istituto Don Rua cercava di prendere lumi dal Fondatore » e reca in proposito esempi con-chiudendo che nella sua prudenza ed umiltà « attribuiva sempre al Fondatore la decisione d'ogni cosa buona e conveniente ».
Don Barberis, che accompagnò Don Rua nel primo viaggio che fece in Ispagna come Rettor Maggiore, scriveva che il ricordo della precedente di lui andata era sempre vivo: « Tutti venerano Don Rua e riconoscono proprio in lui un altro Don Bosco ».
Termino queste citazioni con le parole di un dotto prelato, Mons. Ferrugia, che stimava e amava tanto la Congregazione Salesiana e la santità di Don Rua: « Per Don Rua Don Bosco diventò un volume apertogli sempre davanti, per attingere le norme che dovevano guidare lui e per lui l'Opera Salesiana ».
Miei cari, in questo grande attaccamento a Don Bosco noi possiamo e dobbiamo imitare Don Rua. Non si richiede un gravoso sacrificio, tanto meno una virtù eroica: è anzi gioia e piacere, come quella di un figlio che si rallegra di poter imitare il proprio padre per l'affetto che gli porta. Sono convinto che tutti i Salesiani vogliono un gran bene a Don Bosco; ma in queste ricorrenze giubilari mi par doveroso invitarvi a riflettere con me se il nostro attaccamento è proprio sincero, forte, costante o se è semplice ammirazione fatta di parole e per questo di poca efficacia nella nostra missione di maestri ed educatori.
Nel piccolo florilegio che vi ho presentato, e che potrebbe essere assai ingrandito, avrete notato che tutti i testimoni ripetono il medesimo concetto: Don Rua era un altro Don Bosco, ricopiò perfettamente Don Bosco, pensava, agiva, si diportava in tutto come Don Bosco. È proprio questa la vera divozione che tutti dobbiamo avere per il nostro Santo Fondatore: non allontanarci mai dai suoi insegnamenti, dai suoi metodi, dai suoi criteri di lavoro: in una parola, noi dobbiamo vivere del suo spirito.
In tutte le nostre imprese, occupazioni, uffici, iniziative, domandiamoci sempre con umiltà: « Come farebbe Don Bosco in questa circostanza, in questo affare, in questa relazione? ».
E non avvenga mai a nessuno di rispondere con soverchia fretta: « Don Bosco farebbe certamente come faccio io, ne son sicuro ». Non siamo troppo facili a fidarci della nostra abilità, ingegno, esperienza, quasi obbligando mentalmente Don Bosco a pensare come vogliamo noi. In casi dubbi ed in affari di grande rilievo, non tocca all'individuo decidere senza aver consultato i Superiori che del Santo Fondatore tengono le veci.
E non serve fare appello di propria testa ai tempi che non sono più quelli di Don Bosco, al mondo che è tanto cambiato, all'aggiornamento al quale tutti soggiacciono. Per eventuali modificazioni, aggiunte o soppressione di disposizioni regolamentari, tradizionali, provvederanno le legittime autorità e non i singoli individui.
Non vi sembrino troppo gravi, Confratelli carissimi, queste parole. Purtroppo si è saputo di qualche azzardata interpretazione del « bisogna camminare coi tempi », mentre con nostra gioia e legittimo orgoglio si constatava che in non poche case si arriva a fare oggi come ai suoi tempi già aveva incominciato a fare Don Bosco.
Il Ven. Don Rua con i suoi mirabili esempi ci stringa tutti nel più filiale e devoto attaccamento al nostro amato Padre e Fondatore!
6. - FEDELTÀ ALLA REGOLA. — Seconda dote o caratteristica della vita di Don Rua fu realmente la perfetta osservanza regolare. E possiamo aggiungere che tale osservanza fu naturale conseguenza o manifestazione della prima, ossia dell'affetto, devozione e attaccamento a Don Bosco.
Infatti per un Salesiano la fedeltà alla Regola è null'altro che vero, filiale amore al Fondatore e Padre, che ai primi suoi Missionari disse: « Io vengo con voi... » e intanto consegnava loro il libro delle Regole. Di Don Rua si potè affermare che « nel suo Superiore e Padre contemplava la incarnazione della Regola di vita salesiana »; anzi, di tale incarnazione divenne egli stesso il prolungamento davvero provvidenziale per l'ancor giovane Congregazione fondata da Don Bosco, il quale aveva lasciato scritto nel suo Testamento: « Se mi avete amato in vita, continuate ad amarmi in avvenire con l'esatta osservanza. delle nostre, Costituzioni ».
La perfezione dell'osservanza regolare di Don Rua è tanto nota a tutti, che potrà destare meraviglia che io desideri farne un richiamo esplicito in questa lettera. Ma essendoci proposti di onorare Don Rua nelle due date giubilari, non possiamo prescindere da questo secondo punto, per Don Rua essenziale e per noi non meno vitale al presente che pel passato.
Per il Ven. Don Rua l'osservanza delle Regole è la pietra di paragone per giudicare delle Opere Salesiane nonchè dei Confratelli. Nella circolare del 1905 egli afferma con S. Francesco di Sales che « la Regola è il libro della vita, il midollo del Vangelo, la speranza della nostra salvezza, la misura della nostra perfezione, la chiave del Paradiso ». Auree parole, che noi tutti dovremmo aver presenti sempre. Così non poteva scrivere se non chi delle Regole aveva sì alto concetto da farsene, diremo, la vita della propria vita. Lo fa notare Don Celia: « Quella che, con termine oggi molto in voga, chiamano la spiritualità di Don Rua, sembra essere stata definita da Don Bosco quando affermò del suo Vicario che era la Regola vivente. Don Bosco mirava certamente a una Regola in concreto, alla Regola salesiana che Don Rua conosceva a menadito nella lettera e nello spirito, ma che praticava con tanta fedeltà da farne quasi la vita della sua vita ».
Se ora volessi confermare positivamente con esempi ed episodi la perfezione della sua osservanza, dovrei trascrivere intere pagine specialmente dei tre preziosi volumi dell'Amadei. Bastino alcuni rapidi cenni, a cominciare da quelle virtù che costituiscono l'essenza o sostanza della vita religiosa, perchè riguardano i santi voti.
a) Povertà. — Era la sua divisa, e brillò in lui e in ogni sua cosa per tutta la vita. « È impossibile -- fu udito esclamare — ogni progresso nella via della perfezione ed essere figli di Don Bosco, se non si ama la virtù della povertà ». In ogni sua cosa, abbiamo detto: e precisamente nel vestire, nel nutrimento, nei viaggi, nella sollecitudine per evitare danni materiali, nel distacco da tutte le cose terrene e nelle privazioni cercate o accettate. Tutto ciò che egli propose ai Salesiani nella mirabile Circolare sulla Povertà, che noi dovremmo di tanto in tanto rileggere, aveva praticato lui stesso pel primo con somma esattezza sempre e ovunque.
Benchè fosse amantissimo della nettezza, dell'ordine, della pulizia, non cercò mai delicatezze o comodità di nessun genere. Un giorno si recò a Milano con una veste tanto meschina, le scarpe rattoppate e un cappello tanto vecchio che i Salesiani se ne lagnarono rispettosamente, nel timore che facesse un'impressione poco gradita nei benefattori. Ma Don Rua sorrise amabilmente per la loro preoccupazione e non ne fece caso. Un'altra volta, sempre pulito ma estremamente dimesso, trovandosi a Nizza Monferrato si recò in Comune per parlare al Sindaco. Parecchi di coloro che lo avevano osservato per via e nell'aula del Municipio si domandavano: « Chi è mai quel prete, magro come la morte e così poveramente vestito? Certamente è venuto in cerca di elemosina ». Per caso nella sala era presente una Figlia di Maria Ausiliatrice, la quale, avendo udito quelle parole, si affrettò a dire: « È il Superiore dei Salesiani, Don Rua, il Successore di Don Bosco! ». E quelle persone, ad una voce: « Allora è un santo! ».
Don Rua con quella povertà dimostrava di essere veramente morto al mondo e di vivere spogliato di tutto, emaciato per le fatiche sostenute per amore di Nostro Signore.
b) Castità. — La modestia e riservatezza di Don Rua era insuperabile: questo è il giudizio di tutti coloro che testimoniarono la sua santità. Lo splendore della virtù angelica gli traspariva dalla persona: bastava vederlo per ammirarne il candore dell'anima.
Confratelli, Ex allievi, Cooperatori e distinti prelati, affermarono espressamente che Don Rua era un angelo in carne, un santo che viveva più in cielo che in terra; che portò l'innocenza battesimale alla tomba; che per tutta la vita conservò il candore dei costumi. Un ex allievo, uscito dal colloquio con Don Rua, esclamò: «A me è sembrato di stringere non le mani di un corpo umano, ma quasi quelle di un'anima ».
Come vedete, debbo affrettare e riassumere anzichè riprodurre testimonianze anche autorevolissime. Non posso però privarvi di alcune raccomandazioni tanto opportune, che Don Rua ripeteva ai Salesiani perchè osservassero scrupolosamente le prescrizioni regolamentari a custodia del giglio della castità. « Noi siamo destinati — diceva un giorno — a coadiuvare gli Angeli nella custodia dei nostri giovani... Custodite il vostro cuore libero da ogni affetto terreno... Quando v'accorgete di un'attrattiva particolare per qualche creatura, soffocatela subito. I Santi si attiravano cumoli di benedizioni con la pratica della virtù angelica. Amate tutti ugualmente. Si deve aver cura di tutte le anime, ma non lasciatevi rubare il cuore da nessuna. Usate ogni riguardo specialmente con le persone di altro sesso ».
Chiuderò questo punto citando la conclusione enfatica, che dopo una predica sulla castità gli sgorgò dal cuore riboccante di tenerezza: « Salve, adunque, o bella virtù, o santa verginità; ricchezza indefettibile, corona immarcescibile, tempio di Dio, domicilio dello Spirito Santo, preziosa margarita, vincitrice della morte e dell'inferno, vita degli angeli, corona dei santi! ». Nel profferire tali elogi, notarono gli astanti, l'accento suo diventava sempre più vivo, ed anche l'aspetto si faceva tanto luminoso che pareva trasfigurato. Queste impressioni sono esattamente analoghe a quelle che si udivano dopo le prediche di Don Bosco su questa virtù, come riferiva Don Bonetti.
c) Ubbidienza. — Dalla definizione data da Don Bosco: « Don Rua potrebbe chiamarsi la Regola vivente » appare chiara la più assoluta intransigenza e attaccamento circa quanto le Costituzioni, i Regolamenti, l'ufficio e gli altri doveri esigevano da lui.
Pel Card. Cagliero Don Rua fu il vir obcediens usque ad mortem: ubbidiente fino alla fine a costo anche della vita.
E siccome, più ancora che la vita, gli premevano le tradizioni lasciate da Don Bosco alla Congregazione, perfino a taluna di esse rinunziò, chinando il capo malgrado l'intimo martirio, quando gli pervenne chiara e definitiva la voce di Roma al riguardo.
Con tutta l'efficacia di chi prima fa e poi comanda, poteva scrivere agli Ispettori e Direttori: « Qualunque siano adunque gli ordini che vi venissero dati dai Superiori, qualsiasi mutamento di luogo o di Uffizio, tanto riflettente la vostra persona, quanto quella dei vostri collaboratori, tutte le disposizioni riguardanti l'economia, gl'inviti ad osservare certe Regole che sembrassero alquanto trascurate, tutto insomma ciò che parrà ai Superiori doversi in Domino comandare, sia da voi accolto come manifestazione della volontà di Dio. Nè mai si adducano pretesti che potrebbero suggerire l'amor proprio od un malinteso attacco alla propria Casa, per sottrarsi all'ubbidienza. Ciascuno si faccia scrupolo di resistere anche per poco alla volontà dei Superiori, di ritardare menomamente l'esecuzione degli ordini ricevuti e mostrarne risentimento. Sono cose che basterebbero per costituire quella separazione e disunione che N. S. Gesù Cristo ha stimmatizzate... ».
E ancora insisteva: « Come è più alto grado di carità far limosina al povero per amore di Gesù Cristo, che farla a Gesù stesso, così è più alto grado di obbedienza obbedire a un uomo per amore di Dio, che a Dio stesso se comandasse ».
d) Fedeltà nelle piccole cose. — Dire « fedeltà nelle piccole cose » significa richiamare quel sommo rispetto alle prescrizioni più minute dei doveri del proprio stato, che esige una vigilanza mai interrotta, una vera e massima penitenza, un sacrificio eroico e persino un martirio. Secondo Benedetto XIV, è il maggior miracolo che possa fare un religioso, sufficiente di per sè solo a canonizzarlo.
Don. Rua non si stancava di inculcare ai Salesiani che il Signore non vuole da noi cose straordinarie, ma la perfezione nelle piccole cose, tant'è vero che per questa ci assicura la gloria del Paradiso; che mai nessuna cosa deve dirsi piccola, dal momento che è contenuta nelle Regole; che ogni cosa contenuta nelle Regole è importante, e perciò non può trascurarsi; che, facendo bene tutte le cose anche piccole, arriveremo con sicurezza ad innalzare un grande edificio di santità.
« Per osservare le Regole — diceva — bisogna dare importanza anche alle piccole cose ». E qui sarebbe il posto per una enumerazione interminabile di esempi fulgidissimi dati dal Ven. Don Rua nell'osservanza dei voti religiosi, delle Costituzioni, dei Regolamenti, delle tradizioni, delle disposizioni e perfino dei desideri del nostro Santo Fondatore, il quale già nei primissimi anni diceva: « Quando si parla al chierico Rua bisogna star attenti alle parole, perchè le prende alla lettera e le mette in pratica esattamente ».
Proprio su questa fedeltà, carissimi, vorrei fermare un po' a lungo la vostra attenzione. Debbo limitarmi a qualche fuggevole accenno. Torniamo, per esempio, allo spirito di povertà di Don Rua.
Il sarto trova irreparabile un indumento e lo rimanda. Don Rua dice al segretario: « Dirai al sarto che dia alcuni punti... Va ancora bene: quando sarà inservibile, ne faremo uno nuovo ».
Trova per terra un pezzo di pane e, come già faceva da anni e anni, lo raccoglie, lo ripulisce e lo mette in tasca per consumarlo poi a mensa.
Scorge un pennino sul terreno, lo prende e dice: « Bene, ne ho per un mese ». E tre mesi gli durava un pennino nuovo, nota il biografo. Quale stridente contrasto con certe preziosissime stilografiche di cui da taluno si ha oggi la pretesa, perchè non ne basta una comune!
Eguale economia nell'uso della luce, della carta da lettera, degli oggetti più indispensabili.
Economia nei viaggi, per amore di povertà religiosa: lieto, una volta, di poter dare in elemosina a un poverello i due soldi risparmiati dal tram per essere andato a piedi, come soleva, dall'Oratorio a Valsalice. E per istrada non, aveva perso tempo, conversando con chi lo accompagnava.
Riguardo al denaro, non permetteva in modo alcuno che i confratelli ne conservassero contro la prescrizione della Regola, e non ammetteva scuse in coloro che non erano autorizzati dal proprio ufficio ad averne. E ben lo ricordava il santo Vescovo salesiano Mons. Olivares, quando, facendo eco al sentimento e all'esempio di Don Rua, esclamò con forza in una istruzione degli Esercizi Spirituali: « Caro mio confratello, tu comperi il giornale. Hai avuto il permesso? E la Regola?! Hai speso alcuni soldi; dove li hai presi? Sai che non si può tener denaro? Non dirmi che sono due soldi... È denaro: e denaro tu non ne puoi tenere ». Quale zelo! Vi si ispirino sempre i nostri predicatori e a ciò vigilino i nostri Ispettori.
Ho esemplificato per quanto riguarda la povertà: non posso estendermi alle altre virtù religiose, alla temperanza, al lavoro, alla mortificazione e via dicendo. Non posso però omettere un cenno alla esattezza, esemplarità e puntualità di Don Rua nelle pratiche di pietà.
Il fervore della sua serafica pietà interiore si manifestava anche all'esterno, e coloro che lo osservavano erano spontaneamente portati ad esclamare: « Ecco come pregano i Santi ». Questa esclamazione si legge ripetutamente nelle deposizioni di tanti testimoni. « La sua puntualità nel compiere le pratiche di pietà — scrive Don Vespignani — era una di quelle caratteristiche proverbiali che in lui restarono personificate. Don Rua era la Regola, era l'orario, era la vita comune e in questa vita comune cominciava ad essere il primo nelle pratiche di pietà ». Ben autorevole testimonianza, che può essere confermata e completata da quella dell'ispettore Don Saluzzo circa la meditazione: « Per sette anni io fui lettore nel coro di Maria Ausiliatrice, alle 5,30 d'inverno e alle 5 d'estate. Il Servo di Dio era sempre il primo a trovarsi in chiesa, in pio e devoto raccoglimento, anche quando ritornava ad ora tardissima nella notte precedente da qualche viaggio ».
Le fotografie che ritraggono Don Rua in preghiera con le mani sul davanzale dell'inginocchiatoio dànno un'idea del suo profondo raccoglimento. Durante l'intera meditazione teneva il capo appoggiato tra le mani, restando immobile. Si ricorda che nella scossa di terremoto del 1887, durante la meditazione, rimase solo nel coro, come se non se ne fosse accorto, mentre in grande frastuono tutti erano fuggiti dalla Basilica.
Come per la meditazione, così per la lettura spirituale e le altre pratiche, per la precisione nell'osservanza delle rubriche, delle cerimonie e di tutte le funzioni religiose. Abbondano gli episodi: e voi procuratevi la gioia e il conforto di leggerli in qualche vita di Don Rua.
e) Fermezza e bontà. — Si potrà forse chiedere o per lo meno pensare che un attaccamento così straordinario alle Regole, anche minime, alle prescrizioni d'ogni genere e alle paterne tradizioni, abbia irrigidito Don Rua in un tenore di vita schematizzato e perciò stesso freddo e duro.
Contro questo pericolo Don Bosco stesso premunì l'allora Prefetto dell'Oratorio con la caratteristica raccomandazione: « Mio caro, dammi retta: mettiti a negoziare olio ». Don Rua capì e si sforzò di « fare il mercante d'olio » diventando sempre più affabile e dolce nel suo tratto con i dipendenti e corrispondendo in pieno alla costante direttiva del Fondatore e Padre: « L'olio condisca ogni vivanda del nostro Oratorio ».
Non che, a suo tempo, non sapesse tutelare energicamente la disciplina religiosa. Basti ricordare che, avendo saputo che un chierico fumava per ordine del medico, scrisse al direttore: « Sento che il tale ha avuto dal medico la ricetta di fumare. Bene: fumi pure; ma resta inteso che, finito il tempo dei voti, egli deve uscire dalla Pia Società, giacchè non può attenersi all'esatta osservanza delle Regole ».
Tuttavia « la sua regolarità, vivificata dall'amore di Dio e del prossimo, non gli impedì d'essere affabile e accogliente con gli altri. Austero con sè, aveva con gli altri indulgenza e compatimento. Teneva conto nel correggere, consigliare o comandare, dello stato d'animo altrui e condiva il suo dire in modo che chi si partiva da lui non se ne andava malcontento ».
Il che vuol dire che si può esser religiosi perfetti, osservantissimi, senza essere di peso ai confratelli, senza apparire gretti e privi di comprensione per le debolezze e fragilità del nostro prossimo.
Don Rua sapeva molto bene, e lo aveva udito dal nostro Santo Fondatore, che « l'ottimo è nemico del bene ». E opportunamente ricordava a un. Maestro di Noviziato: « Il nostro caro Don Bosco ci venne formando poco alla volta. Guai se avesse preteso fin dal principio l'ordine e la perfezione negli esercizi spirituali e nei noviziati, ciò che ora con facilità si ottiene; forse pochi gli sarebbero stati fedeli ». Parole, queste, che devono incoraggiare anche noi a procedere senza sbalzi e senza pretensioni nell'acquisto della perfezione e nello svolgimento del nostro apostolato.
Sull'esempio del Ven. Don Rua coroniamo la nostra fedeltà alla Regola e allo spirito di Don Bosco, nostro Fondatore e Padre, con una sempre più squisita carità cristiana e salesiana: e la commemorazione del Centenario dell'Ordinazione sacerdotale se del Cinquantesimo della morte di Don Rua avrà dato frutti copiosi per noi e per tante anime.
7. - RICORDI DEGLI ESERCIZI SPIRITUALI 1960. — Mi fu fatto osservare che l'uso di fissare i Ricordi degli Esercizi per tutta la Congregazione è stato introdotto solo da qualche tempo, mentre il nostro santo Fondatore e i primi Successori si erano limitati a dare soltanto la Strenna per il nuovo anno, variandola per le diverse categorie di persone: confratelli, allievi, cooperatori. Mi pare però che quest'anno, nel ricordo centenario della consacrazione sacerdotale di Don Rua, sarà gradito a tutti un tema comune, su cui intonare le anime nostre all'imitazione del Venerabile e alla preghiera per la sua Beatificazione.
E perciò credo che potremo fissare la nostra attenzione sulla letterina che San Giovanni Bosco inviò al diletto figlio, in risposta a quella che Don Rua gli aveva scritta dal suo ritiro, mentre si preparava alla consacrazione sacerdotale:
Diletto filio Rua Michaéli salutem in Domino.
Litteris gallicis conseriptam epistolam ad me misisti et bene fecisti. Esto Gallus tantum lingua et sermone; sed animo, corde et opere Romanus intrepidus et generosus. Scito ergo et animadverte sermonem. Multae tribulationes te expectant; sed in his magnas consolationes dabit tibi Dominus Deus noster. Praebe teipsum exemplum bonorum operum; vigila in petendis consiliis; quod bonum est in oculis Domini constanter tacito. Pugna contra diabolum; spera in Deo, et si quid valeo Lotus tuus ero.
Gratia Domini N. J. C. sit semper nobiseum. Vale.
S. Ignatii, apud Lanceum, 27 julii 1860.
Sac. Bosco.
(AMADEI, Il Servo di Dio Michele Rua, vol. I, pag. 36).
Traduzione
Al caro figlio Michele Rua auguro salute nel Signore.
Mi hai scritto una lettera in francese e va benissimo. Sii però francese soltanto nel tuo modo di parlare; ma di mente, di cuore e opere sii romano intrepido e generoso. E ora sta ben attento alle mie parole: ti attendono molte prove; ma in esse il Signore Dio nostro ti darà molte consolazioni.
Mostrati esemplare nel tuo modo d'agire; bada di prendere spesso consiglio; fa' sempre ciò che è bene agli occhi di Dio. Lotta contro il demonio, spera in Dio e in quanto potrò sarò tutto per te.
La grazia di N. S. G. C. sia sempre con noi. Salve.
S. Ignazio di Lanzo, 27 luglio 1860.
Sac. G. Bosco.
Vi prego di fissare la vostra attenzione su alcune frasi programmatiche:
Quante norme sapienti da cui tutti potremo trarre ottimi propositi per migliorare la nostra condotta religiosa e ottenere la protezione dei due santi nostri modelli!
8. - IL P. A. S. A ROMA. - A Dio piacendo, tutto ci fa sperare che per il mese di maggio possano essere concluse le lunghe pratiche per l'approvazione del progetto di costruzione del Pontificio Ateneo, nella nuova sede che la Divina Provvidenza ha messo a nostra disposizione, nella zona detta di Val Melaina, oltre via Salaria.
Cominciate le pratiche subito dopo la decisione presa dal Capitolo Generale del 1952, la Santa Sede ci concesse il permesso di trasportare il P. A. S. da Torino a Roma nell'anno Mariano centenario del dogma dell'Immacolata Concezione, in occasione della Canonizzazione di San Domenico Savio. Se la Madonna ci concederà di iniziare i lavori quest'anno, mentre si attende il desiderato messaggio di Fatima e si celebra il 1° Centenario della nostra Famiglia, i Superiori hanno deciso di dedicarlo e intitolarlo al Cuore Immacolato di Maria. Da questo Cuore SS.mo le generazioni future dei nostri fortunati superiori e studenti nelle varie Facoltà attingeranno quindi il fervore della pietà, dello studio, dell'amore alla Congregazione, che dovranno propagare nel mondo salesiano, Dio voglia per lungo corso di secoli, se sapremo meritare anche noi tale gloria sull'esempio dei più antichi Ordini religiosi.
Però ora, carissimi confratelli, eccomi a proporre a tutti i mezzi più efficaci per portare presto a compimento la costruzione di tale importante, grandioso e costosissimo Istituto.
Oh quante spese superflue si sono introdotte con le comodità dei tempi presenti e quale esempio edificante ci danno invece i nostri Missionari e tante Case povere, che vivono in condizioni ben diverse da quelle in cui corre il denaro e poco si pensa all'economia imposta dal voto di povertà.
I nostri Ispettori e Direttori si diano premura perchè ogni Casa porti questo contributo personale, che non dovrebbe incidere sull'ordinaria amministrazione, ma che dovrà risultare chiaramente a chiusura dei conti, con grande comune edificazione. Perciò si limiteranno anche le nuove costruzioni o ampliamenti allo stretto necessario.
Nostro vivo desiderio sarebbe di poter completare l'opera per l'anno scolastico 1962-63, per evitare il disagio grande che presentano ora le due sezioni separate a Torino e Roma, e permettere a un numero maggiore di chierici e di sacerdoti di venire da tutte le Ispettorie a prepararsi al ministero, godendo di sì mirabili mezzi e preziosità di ambiente.
Tutte le offerte debbono giungere per mano degli Ispettori direttamente al Rettor Maggiore, distinguendo quelle provenienti dalle singole Case da quelle degli esterni, secondo norme che saranno stabilite.
Mi auguro che tutti i confratelli si sentano solidali e generosi in questa grande impresa, che onorerà la nostra generazione nei secoli avvenire e che vuol essere il monumento a Don Bosco con cui intendiamo aprire il secondo Centenario della nostra storia, come già col tempio a Don Bosco nel quartiere Appio abbiamo solennemente concluso il primo.
Concludo, carissimi confratelli, questa lettera un po' più lunga del solito con una viva raccomandazione.
La lettura degli Atti del Capitolo nelle nostre Comunità viene fatta in momenti diversi per ragioni che debbo credere plausibili; ma mi consta che parecchi confratelli non l'ascoltano perchè occupati altrove, altri perchè non comprendono bene l'italiano, altri perchè il luogo nel quale vien fatta, come il refettorio, è assai disturbato.
Provvedano i Direttori e gli Ispettori, specialmente nelle nazioni di lingua diversa, affinché la parola dei Superiori, unico legame vivo che ci unisce per richiamarci al genuino spirito delle nostre Regole, giunga a tutti i confratelli, in luogo opportuno, bene interpretata e commentata, come può essere per esempio nelle conferenze mensili, l'ora più intima e adatta alla trattazione degli argomenti nostri di famiglia.
Vogliatemi accompagnare con molte preghiere nel mio viaggio e gradite con la benedizione del Santo Padre anche quella di Maria Ausiliatrice e dei nostri Santi, che invoca per voi ogni mattina il vostro
aff.mo
Sac. RENATO ZIGGIOTTI
P. S. - Vi rendo noto che in questo mese di marzo anche il sig. Don Guido Borra partirà per il Portogallo come Visitatore Straordinario. Pregate anche per lui.
Maggio-Giugno 1960 N. 213
RETTOR MAGGIORE:
1. Nel centenario della morte di San Giuseppe Cafasso.
2. Benefattore di Don Bosco.
3. Guida sicura della, sua vocazione.
4. Direttore spirituale.
5. Don Bosco il più fedele e glorioso allievo del Cafasso.
ATTI DEL CAPITOLO SUPERIORE
Il Rettor Maggiore
24 maggio 1960
Carissimi confratelli e figliuoli,
1. - NEL CENTENARIO DELLA MORTE DI SAN GIUSEPPE CA-FASSO. - Prima di partire per la visita che sto compiendo, volli preparare pure questo numero degli Atti del Capitolo che doveva portarvi qualche caro ricordo di San Giuseppe Cafasso nell'imminente Centenario della sua santa morte. Egli fu l'arcangelo Raffaele del nostro caro Padre, inviato da Dio al suo fianco quale visibile e parlante conforto nelle incertezze e nelle difficoltà del suo viaggio terrestre, dal primo suo ingresso in Seminario all'anno della nascita della sua futura Congregazione. Benefattore, guida spirituale, maestro di santità: chi non vede che egli fu la visibile mano della Divina Provvidenza per Don Bosco, chiamato ad una missione di straordinaria im-' portanza dai sogni e dalle doti personali, ma bisognoso di una autorevole assicurazione tra le mille difficoltà che avrebbe dovuto superare?
San Giuseppe Cafasso fu nel periodo scabroso del primo Ottocento la « Perla del Clero italiano » e il maestro per eccellenza del Convitto Ecclesiastico di Torino. Toccò a lui la bella sorte di incoraggiare e guidare nel loro nascere ben sette Famiglie religiose che pullularono rigogliose a Torino e in Piemonte, proprio mentre il Governo credette necessario incamerare i beni degli antichi benemeriti Ordini religiosi, cacciandoli in esilio. Ma certamente la massima gloria del Santo è quella di aver vegliato la culla della nostra Congregazione, dirigendo con superno consiglio i primi passi di Giovanni Bosco e portandolo alla piena maturità qual tenera madre e padre generoso, prudente, sapiente.
Rendiamo grazie al Signore e consideriamo San Giuseppe Cafasso, a giusta ragione, quale strumento della Provvidenza e vero Patrono della nostra amata Famiglia religiosa.
Il 23 giugno ricorre il primo centenario del piissimo transito di San Giuseppe Cafasso. Una morte invidiabile! Preparata col fervore dell'Esercizio mensile della Buona Morte, che Don Bosco apprese da lui a fare con tutta quella diligenza che ci ha poi inculcato nelle nostre Regole e di cui lo stesso nostro santo Fondatore ci ha dato magnifico esempio.
Fu sorpreso in confessionale da violenta polmonite l'11 giugno; e dovette mettersi a letto. Don Bosco correva ogni giorno al suo capezzale. Don Cafasso lo pregò di ordinare per lui speciali preghiere. « L'abbiamo già fatto — rispose – e continueremo a pregare; ma ho detto ai nostri giovani che lei sarebbe venuto un giorno festivo a darci la benedizione col SS. Sacramento ».
« State tranquillo — soggiunse Don Cafasso, — andate, pregate e dite ai vostri giovani che vi benedirò tutti dal Paradiso ».
Allora Don Bosco gli chiese se avesse qualche commissione da lasciare, qualche cosa da scrivere, qualche ordine da dare. « Sarebbe bella — rispose sorridendo — che io, dopo aver sempre predicato agli altri che ogni prete deve ogni sera aggiustare le cose sue come se quella fosse l'ultima notte di sua vita, non l'avessi fatto ed avessi aspettato a questo momento ad aggiustare le mie cose temporali! Tutto è aggiustato, tutto _ è aggiustato. Un solo affare debbo ancora trattare, ed è quello che riguarda il paradiso, che presto avrò, presto avrò » (Mem. Biogr., VI, 646).
Aveva ripetutamente detto, nel corso della sua vita: « Che bella morte morire per amor di Maria! Morire nominando Maria, morire in un giorno dedicato a Maria! Morire nel momento più glorioso di Maria! Spirare nelle braccia di Maria! Partire pel Paradiso con Maria, sedere in eterno vicino a Maria! ».
Più volte aveva protestato pregando la Vergine Santissima: « Voglio slanciarmi tra le vostre braccia in punto di morte ».
E quel 23 giugno cadeva proprio di sabato. Ascoltò ancora. la Messa, celebrata nell'Oratorio annesso alla sua camera, ed aveva fatto con fervore angelico la santa Comunione. Quando si cominciò la recita del Proficiscere, fu visto sollevarsi dal. letto su d'un fianco, rimanervi alcuni istanti come rapito, poi stendere le braccia amorosamente in alto (VI, 648).
Lo sguardo era rivolto verso un quadro che raffigurava la santa morte di San Giuseppe.
Cari Confratelli, non posso lasciar trascorrere questa data sotto silenzio. San Giuseppe Cafasso fu il primo, il più costante, il più grande benefattore del nostro santo Padre Don Bosco. Fu la guida illuminata e sicura della sua straordinaria vocazione. Fu il suo direttore spirituale per quasi vent'anni.
Più che Maestro ed amico, fu il Padre dell'anima sua. Padre dell'Oratorio e della stessa nostra Congregazione, di cui vagliava, con rara discrezione, le prime vocazioni.
Proprio per questi titoli eccezionali Don Bosco lo pianse tanto e volle una solenne funzione di suffragio anche nella chiesa di San Francesco di Sales. Fece egli stesso l'elogio funebre, che poi diede alle stampe, e fu la prima biografia della. « Perla del Clero italiano ».
2. - BENEFATTORE DI DON Bosco. — Le Memorie Biografiche ce ne fanno la presentazione descrivendo il primo incontro alla sagra di Morialdo, la seconda domenica di ottobre del 1827, festa della Maternità di Maria SS. Don Bosco aveva dodici anni; Don Cafasso, che aveva vestito l'abito chiericale tre mesi prima, ne aveva sedici. Il corpo esile, ed alquanto deforme, era dominato « dagli occhi scintillanti, dall'aria affabile, dal volto angelico ». Non trascrivo tutto il racconto; mi limito a ricordarvi le due risposte alla profferta di passare a vedere qualche spettacolo: « Mio caro amico, gli spettacoli dei preti sono le funzioni di chiesa; più esse si celebrano devotamente, più grati ci riescono i nostri spettacoli. Le nostre novità sono le pratiche della religione, che sono sempre nuove e quindi da frequentarsi assiduamente. Io attendo solo che si apra la chiesa per potervi entrare ». Ebbe un bel dirgli Giovannino che c'era tempo a tutto, tempo per andare in chiesa e tempo per divertirsi. Il santo chierico soggiunse: « Chi abbraccia lo stato ecclesiastico si vende al Signore; e di quanto c'è nel mondo nulla più deve stargli a cuore, se non quello che può tornare a maggior gloria di Dio ed a vantaggio delle anime » (I, 186-87).
Ecco il primo beneficio che rese al nostro Padre: il giusto concetto della vocazione. Saggio richiamo in questi nostri tempi in cui la smania insaziabile dei divertimenti travolge il senso religioso della vita e tenta di mondanizzare anche le anime consacrate a Dio. Facciamo un po' di esame di coscienza...
Nel 1833, il 21 settembre, Don Cafasso veniva ordinato Sacerdote, ed il giorno dopo celebrava la sua prima Messa a Castelnuovo. Don Bosco, tra mille difficoltà, frequentava il ginnasio a Chieri. Presa confidenza, non tardò a metterlo al corrente della sua situazione. E Don Cafasso non lo perse più di vista. L'anno seguente, quando le strettezze finanziarie consigliarono Don Bosco a far domanda di ammissione all'Ordine Francescano, Don. Cafasso lo incoraggiò a finire il ginnasio e ad entrare in Seminario. Gli procurò l'ospitalità di persona caritatevole, poi l'accoglienza quasi gratuita in Seminario, sobbarcandosi egli stesso a pagar parte della pensione. Nel 1836 lo propose ai Padri Gesuiti come ripetitore di greco ai loro alunni che villeggiavano a Montaldo Torinese. Nel 1838 si addossò metà della pensione, mentre l'altra metà veniva gratificata a Don Bosco come dompenso del servizio di sagrestano nella cappella del seminario. Chi può descrivere la gioia di entrambi quando Don Bosco potè celebrare la sua prima Messa nella chiesa di San Francesco d'Assisi, all'altare dell'Angelo Custode, il 6 giugno del 1841?
Al termine delle vacanze, Don Cafasso lo consigliò a rifiu, tare ogni incarico di ministero e gli ottenne dal teologo Guala un posto gratuito al Convitto. Ecclesiastico di Torino, dove il giovane clero perfezionava gli studi teologici e si addestrava alla cura d'anime. « Voi avete bisogno di studiare la morale e la predicazione; — gli disse — rinunziate per ora ad ogni proposta e venite al Convitto ».
Don Bosco obbedì. E là, 1'8 dicembre dello stesso anno, la Divina Provvidenza gli apriva la via al suo apostolato con l'incontro del giovane garzone muratore Bartolomeo Garelli. Don Cafasso, compresa la volontà di Dio, gli ottenne i locali necessari nel Convitto stesso, prestandosi più volte, con lo stesso Rettore teologo Guala, per fare il Catechismo man mano che la massa dei giovani aumentava, e largheggiando in offerte e regali per farli stare allegri.
Al termine del triennio, Don Cafasso persuase il teologo Borel, Rettore del Rifugio, a farlo assumere dalla marchesa Giulietta di Barolo come suo aiutante e cappellano del vicino Ospedaletto in costruzione, riservandogli sempre una stanza al Convitto perchè potesse attendere ancora allo studio ed alla preparazione delle sue pubblicazioni, mentre consacrava le ore libere e le feste ai suoi primi oratoriani.
Don Cafasso suggerì a Don Bosco di scegliere San Francesco di Sales come Patrono dell'Oratorio. Lo sostenne col consiglio e con aiuti finanziari nelle fortunose peregrinazioni dall'Ospedaletto a San Pietro in Vincoli, ai Molassi, a casa Moretta, nel prato Filippi, alla tettoia Pinardi. Lo difese dalle incomprensioni del clero e dalle ostilità delle autorità. Lo aiutò a sistemare l'opera nella casa Pinardi, pagando l'affitto e poi concorrendo nella compera dei locali, delle case e dei terreni vicini; soccorrendolo coi propri risparmi e coi mezzi che la Divina Provvidenza gli accrebbe alla morte del teologo Guala. Qualche volta, non avendo nulla a disposizione, lo esortò a fare un giro in determinati quartieri della città dove trovò soccorsi in modo prodigioso.
Don Bosco non uscì mai dalla camera di Don Cafasso senza qualche aiuto morale o materiale. Una volta il Santo gli disse: « Voi, Don Bosco, non siete galantuomo: i galantuomini mantengono la parola data; voi invece tutti i mesi promettete di pagare, poi chi paga sono sempre io. Caro mio, pensate a mettervi a posto con la coscienza ». E, sorridendo, continuò a dargli quanto occorreva. Una domenica, scese egli stesso all'Oratorio a portare a Don Bosco l'offerta di diecimila lire della contessa Casazza-Riccardi. L'11 marzo 1859 aiutò Don Bosco ad estinguere i debiti con l'abate Rosmini assicurandogli così tutta la proprietà di casa Pinardi. L'ultima visita all'Oratorio la fece sul finire dell'anno per vedere i lavori della portieria di cui si era addossato la spesa. Poco dopo fece avere a Don Bosco la cospicua somma di quarantacinque-mila lire. Nel suo testamento lasciò a Don Bosco tutte le sue proprietà vicine all'Oratorio, acquistate proprio per favorire lo sviluppo dell'opera, un'offerta di cinquemila lire in contanti ed il condono di tutti i debiti ch'egli aveva ancora con lui. Non parliamo dei soccorsi largiti direttamente ai giovani poveri nei momenti di maggior bisogno.
3. - GUIDA SICURA DELLA SUA VOCAZIONE. — Ma i benefici più preziosi che Don Cafasso rese a Don Bosco sono quelli di ordine spirituale. Nella sua abituale unione con Dio, il grande Maestro traeva luce di consiglio e di direzione per le anime. Scrisse di lui Don Bosco: « Lo studio profondo della morale, dell'ascetica, della mistica, congiunto ad un'attenta penetrazione e ad un pronto discernimento degli spiriti, lo aveva reso capace di poter in poche parole conoscere e giudicare dell'ingegno, della pietà, della dottrina, delle propensioni e capacità degli ecclesiastici ».
Ne abbiamo la prova più evidente proprio nella guida del nostro Padre. Ho già ricordato la crisi degli anni di ginnasio, quando Don Cafasso lo dissuase dal farsi francescano e lo fecel proseguire pel seminario. Queste crisi si rinnovarono negli anni. che Don Bosco passò al Convitto di Torino,e soprattutto quando stava per scadere il triennio di frequenza. La passione agli' studi, specialmente storici, l'attrattiva alla vita religiosa, il fascino delle missioni lo sospinsero ripetutamente dal suo santo Maestro. Quando accennò a Don Cafasso il pensiero di. ritirarsi fra i Cappuccini per attendere a studi e pubblicazioni di storia ecclesiastica Don Cafasso si limitò a sorrider; e non gli diede risposta. Quando gli manifestò l'idea di farsi missionario: « Voi non dovete andare nelle Missioni » gli rispose. « Si potrebbe sapere il perchè? » azzardò Don Bosco. « Anda7 teci — soggiunse -- se potete: non vi sentite di fare un miglio, anzi di stare un minuto in vettura chiusa senza gravi disturbi di stomaco, come avete tante volte sperimentato, e vorreste passare il mare? Voi morreste per via ».
Qualche mese dopo, Don Bosco tornò a dirgli che aveva intenzione di associarsi agli Oblati di Maria Vergine. Don Cafasso gli rispose secco: « No! ».
Ma al termine del corso lo mandò a chiamare e gli disse: « La vostra vocazione perchè sia ben decisa ha bisogno di esser meglio ponderata davanti al Signore; e pregare ancora, pregare molto. Vi sono appunto gli Esercizi spirituali a Sant'Ignazio: andate a farli. Pregate Dio che vi spieghi chiaramente la sua volontà; ai ritorno, riferirete ». Don Bosco obbedì: fece i suoi Esercizi, ascoltando con particolare fervore le meditazioni cha, Don Cafasso predicava al clero per la prima volta; assistetti anche agli Esercizi pei laici, poi, tornato al Convitto, ansioso di avere il parere di Don Cafasso, andò a dirgli che aveva preparato il baule per andare a farsi religioso.
« Oh, che premura! esclamò Don Cafasso. — E chi penserà d'ora innanzi ai vostri giovani? Non vi pareva di far del: bene lavorando attorno a loro? ».
« Sì, è vero! — rispose Don Bosco. — Ma se il Signore mi chiamasse allo stato religioso, provvederà che ai giovani pensi qualcun altro ».
Don Cafasso lo guardò fisso, poi concluse: « Mio caro Don Bosco, abbandonate ogni idea di vocazione religiosa,. Andate a disfare il baule, se pur l'avete preparato, e continuate la vostra opera a pro dei giovani. Questa è la volontà di Dio e non altra » (II, 207). E il Cardinal Cagliero conferma: « ricordo che sovente Don Bosco ci disse; " È per obbedienza a Don Cafasso che mi fermai a Torino; è dietro suo consiglio e sua direzione che presi a radunare ogni dì festivo i monelli di piazza per catechizzarli; fu mediante il suo appoggio ed aiuto che incominciai a raccogliere nell'Oratorio di San Francesco di Sales i più abbandonati perchè fossero preservati dal vizio e formati alla virtù. Ricordatelo: il primo catechista di questo nostro Oratorio fu Don Cafasso, e ne è costante promotore e benefattore " » (IV, 592).
Dobbiamo esser ben grati a Don Cafasso di aver studiato e deciso così saggiamente la vocazione del nostro Padre. E di averla difesa nei momenti più pericolosi anche di fronte ad altri insigni ecclesiastici. « Lasciatelo fare! — rispondeva — Don Bosco ha dei doni straordinari; sembri a voi quel che si vuole egli opera per impulso superiore: aiutiamolo quanto possiamo ».
In altra circostanza: « Sapete voi bene chi e Don Bosco? Per me, più lo studio, meno lo capisco. Lo vedo semplice e straordinario, umile e grande, povero ed occupato in disegni vastissimi e in apparenza non attuabili: tuttavia, benché attraversato e 'direi incapace, riesce splendidamente nelle sue imprese. Per me, Don Bosco è un mistero. Sono certo però che egli lavora per la gloria di Dio, che Dio solo lo guida, che Dio solo è lo scopo di tutte le sue azioni » (IV, 588).
Fu anche la guida delle 'vocazioni dei primi Salesiani. Don Bosco soleva mandare i giovani aspiranti a chiedere l'ultimo consiglio da Don Cafasso (V, 402). Nel 1853 vi mandò Giovanni Cagliero e Angelo Savio che sentivano la vocazione sacerdotale. Non si parlava ancora di vita religiosa. Don Cafasso li esaminò ben bene o poi li incoraggiò con queste parole: « Oh, vedete! io mi son fatto prete una volta sola; ma se fosse necessario, mi farei prete ancora cento altre volte ».
4. - DIRETTORE SPIRITUALE. - Don 'Bosco lamentò più volte di non aver trovato nella sua giovinezza un vero e proprio direttore spirituale, cosciente della sua vocazione. Negli appunti per il Suddiaconato, che ricevette nel 1840, lasciò scritto: « Ora che conosco le virtù che si richiedono per quell'importantissimo passo, resto convinto che io non ero abbastanza preparato. Ma, non avendo chi si prendesse cura diretta della mia vocazione, mi son consigliato con Don Cafasso che mi disse di andare avanti e di riposare sulla sua parola s.
Fu quindi doppiamente felice di frequentare il Convitto Ecclesiastico dopo l'ordinazione sacerdotale: per completare i suoi studi alla scuola di ottimi maestri, e completare la sua formazione sotto la direzione di un santo direttore spirituale. Don Cafasso era ripetitore di morale ed il braccio destro del Rettore teologo Guala per la disciplina del Convitto.
Don Bosco se lo scelse subito anche come confessore. Si mise tutto nelle sue mani. E Don Cafasso lo addestrò all'esercizio del sacro ministero, all'applicazione pratica della Teologia di Sant'Alfonso nella cura delle anime dei giovani, dei carcerati, degli infermi, mentre lo impegnava gradatamente a confessare le più svariate categorie di persone anticipandogli, per desiderio dell'Arcivescovo, l'esame di confessione. Don Cafasso lo avviò alla predicazione, conducendoselo anche ogni anno a Sant'Ignazio pei corsi di Esercizi ai secolari. Ma soprattutto lo plasmò a servizio della sua speciale vocazione.
Già all'ingresso nel seminario gli aveva mitigato uno dei propositi presi il giorno della vestizione, esortandolo a non rinunciare ai suoi giochi di prestigio per attirare la gioventù al bene. Al Convitto lo seguì passo passo nella organizzazione dell'Oratorio e nello sviluppo ulteriore. Continuò a confessarlo ogni settimana, anche quando uscì dal Convitto, finché visse. Ed era commovente veder Don Bosco nella chiesa di San Francesco d'Assisi, nel giorno stabilito, ad attendere il suo turno. Appena se ne accorgeva, Don Cafasso pregava gli altri penitenti di aspettare e gli faceva cenno che si appressasse.
« Una parola, un sorriso, un gesto di Don Cafasso — scrive il Lemoyne — ravvivava le sue forze ed ispiravagli sempre maggior coraggio nel continuare la sua missione. Dipendeva da lui in ogni cosa, sia nel regolare la sua coscienza, sia nell'indirizzo delle opere esterne che andava svolgendo. A lui obbedì, finché visse, interamente e senza osservazioni ». Basterebbe ricordare l'edizione della Storia d'Italia, che Don Bosco compose nel 1856 proprio per obbedire a Don Cafasso, mentre Don Bosco riteneva più utile un manualetto sul modo di confessare i giovani.
Fu anche Don Cafasso che incoraggiò Don Bosco a dare importanza ai suoi sogni. Scrive Don Lemoyne nel vol. V a pag. 376:
« Nei primi anni — ci disse una volta Don Bosco parlandoci in confidenza d'amico — io andava a rilento nel prestare a quei sogni tutta quella credenza che meritavano. Molte volte li attribuiva a scherzi di fantasia.
» Raccontando quei sogni, annunziando morti imminenti, predicendo il futuro, più volte ero rimasto nell'incertezza, non fidandomi di aver ben compreso e temendo di dir bugie. Talora dopo aver parlato non sapevo più ciò che avessi detto.
» Perciò alcune volte mi confessai a Don Cafasso di questo, secondo me, azzardato parlare.
» Il santo prete mi ascoltò, pensò alquanto, poi disse:
» — Dal punto che quanto dite si avvera, potete star tranquillo e continuare.
» Però solo anni dopo, quando morì il giovane Casalegno e lo vidi nella cassa sopra due sedie nel portico, precisamente come nel sogno, e seppi dell'impegno nel quale erari messo Don Cagliero per impedire l'avveramento della cosa senza riuscirvi, allora più non esitai a credere fermamente che quei sogni fossero avvisi del Signore ».
5. - DON BOSCO IL PIÙ FEDELE E GLORIOSO ALLIEVO DEL CAFASSO. - Sarebbe interessantissimo uno studio sullo spirito sacerdotale dei due Santi. Non so se Don Cafasso abbia avuto un alunno più docile e più fedele alla sua scuola. Come Don Cafasso, Don Bosco non concedeva al sonno più di cinque ore per notte. Don Cafasso soleva dire: « Sacerdote e peccato devono essere due nemici implacabili. Il Sacerdote deve sempre andare dove Dio ci guadagna di più. Il Sacerdote deve tornare a sera con le ossa rotte dal lavoro. La preghiera con Dio e la dolcezza con gli uomini sono le due armi dell'apostolato ».
E Don Bosco seguì alla lettera questi insegnamenti. Come seguiva il suo Maestro nella costante mortificazione, nel tratto col mondo e con le persone del mondo, nella cura della castità, nello zelo per la salvezza delle anime, nella sostanziosa semplicità della predicazione e nell'estenuante ministero delle confessioni. Parecchie pratiche di pietà le trasmise anche a noi quali le apprese da lui: ricordiamo l'Ave Maria giornaliera per la pace in casa, che Don Cafasso faceva dire ai famigli del Convitto. Ho già accennato all'Esercizio mensile della Buona Morte. Alla scuola del Convitto Don Bosco infervorò il suo apostolato per la Comunione frequente e l'anticipo della prima Comunione appena si manifesti la capacità di discernimento dal pane comune, il senso della presenza reale nel SS. Sacramento. Sullo spirito di Don Cafasso si modellò la divozione di Don Bosco alla Vergine Santa ed al Vicario di Cristo, al Romano Pontefice. Sulle norme di Don Cafasso orientò Don Bosco il suo atteggiamento di fronte alla politica del suo tempo: « La politica del prete è quella del Vangelo e della carità ». Ambedue furono perseguitati: subirono vessazioni e perquisizioni, proprio cent'anni fa, e Don Cafasso morì poco dopo. Ma intanto, con questi criteri così semplici e così chiari, Don Bosco continuò a rendere alla sua Patria i più preziosi servigi.
Nelle notti del 28, 29 e 30 dicembre del 1860 Don Bosco sognò di trovarsi con Don Cafasso e Silvio Pellico ed il conte Cays in campagna a Rivalta. Passarono la prima notte a discorrere dei tempi che correvano; la seconda a sciogliere casi di coscienza riguardanti la direzione della gioventù; la terza ad aggiustare i conti dei giovani dell'Oratorio. È un sogno interessantissimo che vi invito a rileggere e meditare. Termina con la strenna chiesta da Don Bosco a Don Cafasso e lasciata dal nostro Padre ai giovani nella Buona Notte del 31: « Frequente e sincera Confessione - Frequente e divota Comunione ». Sottolineate bene gli aggettivi. È la sintesi della scuola del Cafasso e fu sempre la grande preoccupazione di Don Bosco (MB VI, 817).
Don Bosco sognò ancora Don Cafasso la notte tra il 22 e il 23 ottobre del 1887, mentre si preparava la spedizione dei missionari salesiani all'Equatore. Visitò con lui tutte le Case della Congregazione, comprese quelle d'America; vide le condizioni d'ognuna e lo stato di ogni individuo. Lo confidò il 24 ottobre, ma gli mancarono le forze per darne i particolari (XVIII, 463).
Cari Confratelli: ora tutti e due seguono dal Cielo la vita delle nostre Case. Vedono anche la condotta di ciascuno di noi. Saranno contenti di ogni Casa e di ognuno di noi? Me lo auguro di cuore.
Ma che bella occasione per rivedere, nella luce del centenario, le nostre posizioni; per misurare la nostra fedeltà allo spirito genuino che essi ci hanno lasciato; per vagliare bene i nostri metodi di educazione e di apostolato; per trarre dai santi Sacramenti e .dalla divozione alla Madonna e dall'amore al Papa il fervore della nostra pietà salesiana e del nostro zelo!
Accompagnatemi colle vostre preghiere: io vi ;ricordo.
aff.mo
Sac. RENATO ZIGGIOTTI
COMUNICAZIONI E NOTE
1. - Sulla CRONACA DELLE CASE da spedire ogni anno ai Capitolo Superiore.
Ogni Casa, oltre alla Cronaca che possiamo chiamare domestica, nella quale si vanno annotando anche le più minute manifestazioni della vita quotidiana, come cambiamenti di orario, di personale, varietà di funzioni religiose, Esercizi Spirituali e loro predicatori, feste, passeggiate, accademie e rappresentazioni teatrali o cinematografiche, arrivi e partenze di confratelli ospiti, passaggio di estranei, malattie, decessi ecc., deve compilare un estratto che chiameremo Cronaca storica, dove siano raccolte, per ordine di attività, le notizie che presentino qualche importanza o appaiano meritevoli di essere tramandate ai posteri. Questa è la Cronaca che deve essere inviata ogni anno, per mezzo dell'Ispettore, al Capitolo Superiore, e della quale conviene rimanga copia nella propria Casa e nel. l'Archivio Ispettoriale. Essa servirà di base per la compilazione degli Annali della Congregazione.
La prima volta che si manda la Cronaca di una Casa bisogna cercare di precisare bene e per disteso tutto ciò che riguarda le origini della fondazione: personaggi e benefattori che vi presero parte, pratiche modalità e scopo della fondazione e le Convenzioni fatte con i fondatori, con le autorità civili od ecclesiastiche, specialmente quando si tratta di Parrocchie, o di obblighi speciali per posti gratuiti, fondazioni di Messe ecc. In seguito basterà limitarsi agli avvenimenti dell'anno seguendo i vari punti sotto-indicati.
Avvertenze: 1) È conveniente per la conservazione delle Cronache nell'Archivio che il formato sia uniforme e si è scelto il formato protocollo (cm. 32 x 22). Per facilitare questa uniformità si è creduto conveniente spedire preventivamente a tutte le Case, per mezzo dell'Ufficio Ispettoriale la copertina della Cronaca, dove sono notati anche i punti da svolgere e alla quale si adatteranno i vari fogli occorrenti secondo lo sviluppo dei vari punti.
PUNTI DA SVOLGERE
1° Elenco del personale con le mansioni affidate a ciascuno.
2° Almeno una volta, si cerchi di unire alla Cronaca una carta della regione o città, con indicazione dell'ubicazione della Casa e la pianta, almeno schematica, della Casa e terreni ad essa appartenenti, con qualche fotografia che dia idea degli edifici.
3° Vita religiosa: Celebrazioni speciali nella chiesa - Attività delle Compagnie - Giornata Missionaria - Cura delle vocazioni - Insegnamento catechistico - Gare catechistiche ecc.
4° Andamento delle Scuole: Studenti - Artigiani - Premi - Vacanze durante l'anno - Benemerenze della Scuola.
5° Oratorio Festivo (se esiste nella Casa): Vita oratoriana - Le varie sezioni - Colonie estive - Benefattori ecc.
6° Divertimenti offerti agli allievi: Accademie, teatro, cinema, radio, televisione - Passeggiate straordinarie.
7° Cooperatori Salesiani: Sviluppo e attività della Pia. Unione.
8° Ex allievi: Vita dell'Unione locale - Convegni - Esercizi Spirituali ecc.
9° Beneficenza: Si cerchi di dare un'idea della beneficenza che si pratica secondo la natura dell'Istituto, riguardo agli allievi, all'Oratorio Festivo, alla Parrocchia, in casi di guerra o pubbliche calamità, ecc.
10° Attività a favore di opere esterne: Cappellanie - Aiuto a Comunità religiose o Parrocchie - Insegnamento della Religione in Scuole pubbliche - Cappellani del lavoro ecc.
11° Avvenimenti degni di nota (per ordine cronologico): Celebrazioni speciali - Passaggi o visite di Superiori maggiori - Partecipazione a feste religiose o civili esterne - Visite illustri con un cenno degli omaggi loro tributati (Allegare Programmi, fotografie più interessanti, articoli della stampa locale ecc.).
Nota: I dati statistici che completano la cronaca, sono già raccolti nel modulo apposito che si compila ogni anno.
2. - Circa il 30 triennio di professione temporanea. - Si rende noto ai sigg. Ispettori, per evitare spiacevoli contrattempi, che la facoltà del Rettor Maggiore di concedere la professione temporanea per un terzo triennio è scaduta, e non s'intende più rinnovare, dato che la mente della S. C. dei Religiosi è contraria a tale concessione.
3. - Verbali e pagelle d'ammissione. - Si ricorda ai sigg. Ispettori e ai loro Segretari che devono spedire con sollecitudine, al Catechista Generale o alla Segreteria Generale:
e) le pagelle di ogni professione emessa (1a, 2a e perpetua) e di ogni ordine ricevuto (dalla tonsura al Presbiterato).
NB. — I « verbali» e le « pagelle» di cui ai comma b) e e) si procuri mandarli assieme, ma non incollati, perchè sono destinati ad uffici diversi.
4. - Corrispondenza d'ufficio. - Si richiama l'attenzione degli Uffici Ispettoriali e delle Case sull'intestazione da mettere nei documenti che si spediscono al Capitolo Superiore: ammissioni al Noviziato, alla professione, alle ordinazioni, statistiche, nomine, dispense ecc.
Non basta, per rendersi conto dell'identità di una Ispettoria o Casa; il nome del Patrono (S. Cuore, N. S. de la Merced, San Francesco di Sales, Domenico Savio ecc.); ma occorre citare sempre la nazione e la città o paese, e quando in un luogo ci sono parecchie case, anche il nome del rione o quello distintivo dell'Istituto.
Esempio: « Ispettoria Brasile - SàoPaulo » e non « Ispettoria Maria Ansiliatrice »; Casa di « Puerto Deseado» e non « Colegio San José»; « VictoricaParroquia» e non « Parroquia N. S. Merced»; « Brasile - S. Paulo-Lapa» e non solo « Brasile - S. Paulo »; « S. Isidro - Escuela « Juan S. Fernàndez », e non solo « Escuela Juan S. Fernàndez »; ecc.
Si ricorda ancora, e per una ennesima volta, che lettere e documenti di ufficio abbiano la firma leggibile e inequivocabile, quale è necessario per documenti e registrazioni personali.
5. - Le nuove Pratiche di pietà. - Come indica il Direttore Spirituale in questo stesso numero degli Atti, sono già disponibili le nuove Pratiche. di Pietà nella doppia edizione: una riservata aí Sacerdoti, senza l'Ufficio della Madonna; l'altra, completa, con detto Ufficio, per chierici e coadiutori.
Questa edizione, in italiano, è per tutti i confratelli delle Ispettorio Italiane e per quelli che la desiderassero all'estero. Il prezzo è stato fissato a L. 300 per l'edizione ridotta e Lire 400 per quella completa, più le spese di spedizione. Le richieste devono farsi dagli Uffici Ispettoriali alla Segreteria Generale.
Per le altre lingue si adotteranno le traduzioni autorizzate espressamente dal Rettor Maggiore.
Settembre-Ottobre 1960 N. 215
IL RETTOR MAGGIORE:
1. Dopo il quarto viaggio extraeuropeo. - 2. Inaugurazione di un nuovo Istituto a Brasilia. - 3. Sulle Parrocchie e gli Oratori festivi. - 4. Le Scuole professionali. - 5. Udienza del Sommo Pontefice: Un utile ricordo del De Imitatione Christi, lib. III, cap. 230. - 6. Preparazione al Concilio Ecumenico. - 7. La preghiera per il Concilio. - 8. Da Fatima: Crociata di preghiere per la pace del mondo. - 9. Strenna per il 1961. - 10. Visitatori straordinari.
Il Rettor Maggiore
Festa del S. Rosario 1960
Confratelli e figliuoli earissimi2,
Mi pare opportuno porre innanzi agli occhi di tutti quel momento del sogno che si trova nel vol. XVI, a pag. 390: Io vedeva nelle viscere delle montagne e nelle profonde latebre delle pianure. Avevo sottocchio le ricchezze incomparabili di questi paesi, che un giorno verranno scoperte. Vedeva- miniere numerose di metalli preziosi, cave inesauribili di carbon fossile, depositi di petrolio così abbondanti, quali mai finora si trovarono in altri luoghi. Ma ciò non era tutto. Tra il grado 15 e 20 vi era un seno assai largo e assai lungo che partiva da un punto ove formavasi un lago. Allora una voce disse ripetutamente: Quando si verranno a scavare le miniere nascoste in mezzo a questi monti, apparirà qui la terra promessa fluente latte e miele. Sarà una ricchezza inconcepibile ».
Come sapete, questo punto del sogno era stato preso come una conferma celeste dal capo degli ingegneri che avevano studiato il piano della nuova città di Brasilia, voluta dal Presidente della Repubblica sig. Juscelino Kubitschek. Dopo lunghe discussioni essi avevano deciso di costruirla in quella località centrale ma deserta; e quando seppero i particolari del sogno profetico, lo reputarono una conferma del Cielo; vollero farne copia e la inquadrarono solennemente nel loro refettorio; costruirono subito una cappellina al Santo in posizione dominante, eleggendolo Patrono dei lavori e degli operai; intitolarono a Lui una delle più belle vie del centro e ottenero dal Vescovo che, nella futura artistica modernissima Cattedrale, uno dei cinque altari venga dedicato a Don Bosco.
In questo clima si svolse quindi la festa della inaugurazione del primo corpo del nostro Istituto, con l'intervento dello stesso Presidente, di S. E. l'Arcivescovo, di parecchi nostri Vescovi e degli Ispettori Salesiani del Brasile. Leggerete sul Bollettino Salesiano i particolari della cronaca; ma a me preme farvi conoscere un'altra notizia che mi fu comunicata a Niteroy dal venerando D. Paolo. Consolini. Egli m'assicurò di aver udito dalla bocca del Servo di Dio Don Filippo Rinaldi che Don Bosco gli aveva assicurato non sarebbe corso molto tempo che in Brasile avremmo avuto oltre duecento case. Orbene: rilevo dalle recenti statistiche che oggi noi Salesiani contiamo 103 case e- le Figlie di Maria Ausiliatrice 97: quindi sono 200 centri di salesianità che costellano quella immensa Repubblica dal Nord delle Amazzoni al Sud di Rio Grande, dall'Ovest di. Parí Cachoeira e Corumbú, all'Est di Recife e di Rio de Janeiro.
E quante possibilità di lavoro in quelle terre, se noi ci manterremo fedeli al programma del nostro Fondatore, in spirito di umiltà e di sacrificio!
Il mio viaggio, incominciato a metà di marzo con l'augusta benedizione del Sommo Pontefice, mi procurò come sempre molte soddisfazioni e mi fece conoscere anche molte necessità, a cui urge andare incontro un po' dappertutto, a richiesta dei confratelli, dei Superiori e delle persone che ci amano, per meglio conseguire il fine della Congregazione nelle difficoltà dei nostri tempi.
3. — LE PARROCCHIE. - L'articolo 10 delle nostre Costituzioni:
In conseguenza di ciò anche il Regolamento di 10 semplici articoli si rivela insufficiente e si sente dovunque il bisogno di una preparazione seria del personale che dobbiamo impiegare in tale importantissimo ministero.
Spero di potere entro l'anno prossimo redigere un questionario, che sarà inviato agli Ispettori, Direttori e Parroci, per attingere in primo luogo, dalle esperienze fatte e dalle varie località le informazioni necessarie per dare norme utili da applicare alla vita delle Case nostre e delle Comunità il Diritto Canonico in primo luogo e le esigenze nostre. Dobbiamo avere la santa ambizione di amministrare esemplarmente tutte le Parrocchie a noi affidate, senza che il personale addetto si estranei alla vita di comunità e si senta isolato nell'esercizio della sua missione. Vogliamo che le nostre Parrocchie siano considerate come una gloria della Comunità e che il personale addetto sia abbondante, ben scelto, aiutato generosamente nelle ore di maggior lavoro, in perfetta unione di spirito coi superiori e confratelli.
2) Altrettanto dobbiamo dire degli Oratori festivi e quotidiani. Mentre il Clero oggigiorno in tutte le grandi Parrocchie si adopera per avere la propria « Casa della gioventù », o « Casa della Dottrina cristiana », la scuola parrocchiale, i campi da giuoco, ho potuto rilevare che alcuni nostri Oratori vivono una vita stracca, sono affidati a uno o due confratelli, riducono l'attività catechistica e la vita religiosa, si preoccupano del divertimento quasi come unico mezzo d'attrattiva, sono indipendenti dai Direttori o dai Parroci.
Ora nello studio che faremo sulle Parrocchie non dovrà mancare quello sull'Oratorio parrocchiale e sull'Oratorio nostro dipendente dai Parroci secolari. Vi sono problemi vari e di non facile soluzione; ma l'amore alle anime e la nostra qualità di educatori salesiani, sull'esempio di Don Bosco, deve farci trovare possibili le intese, anche con sacrificio di qualche privilegio pro borro pacis et animarum.
4. — Il terzo problema attuale e ancor più arduo è quello delle Scuole professionali ed agricole. Siamo quasi l'unica Famiglia religiosa che tradizionalmente si occupa di esse; ma, se molto abbiamo fatto, molto più resta da fare, specialmente per il reclutamento e la formazione dei nostri Coadiutori come capi di laboratorio e per l'ammodernamento graduale di tutte le nostre scuole.
È doveroso un esame di coscienza accurato dei Superiori, dei consigli ispettoriali, dei capitoli delle case, per riconoscere dapprima gli sbagli commessi finora e le buone occasioni perdute, per studiare come in ciascuna Nazione si deve organizzare la preparazione remota di tutto il personale tecnico, delle scuole, dei laboratori, dei programmi scolastici, in adesione a quelli statali e per arrivare alle pratiche deliberazioni da attuare gradualmente. L'avvenire è dappertutto a favore di queste scuole, come ben appare dal fiorire di Istituti professionali ed agricoli per opera di benefattori, Enti e industrie d'ogni specie; come si vede dall'afflusso crescente di allievi a queste scuole e dalla richiesta di manodopera qualificata; come impone la giustizia sociale, che eguaglia ormai i diritti di tutti i cittadini alla istruzione gratuita fino ai 14 anni, e in alcuni luoghi ai 17 anni.
Il Consigliere Scolastico Professionale sta facendo un diligente lavoro preparatorio che presto potrà presentare all'esame di tutte le Ispettorie. E fin d'ora invito tutti i competenti a portare la loro collaborazione, affinchè in ogni Nazione possiamo collocarci in quel posto di benemerenza che Don Bosco ha sognato e iniziato, per la conquista del ceto operaio e per il prestigio della Chiesa santa di fronte al socialismo e al comunismo ateo.
Questi tre temi: la Parrocchia, l'Oratorio e le Scuole Professionali ed Agricole dovranno formar l'oggetto principale del Capitolo Generale XIX, che sarà, a Dio piacendo, nel 1964. Speriamo che la luce solare del prossimo Concilio Ecumenico possa illuminare e dar nuovo impulso anche a queste nostre trattazioni.
5. — L'UDIENZA DEL SOMMO PONTEFICE. - NOn avevo pensato che, al termine del mio viaggio, avrei potuto ottenere una udienza particolare del Santo Padre; ma fu l'interessamento diretto di benevoli Monsignori che vivono al suo fianco, che mi rese facile per la terza volta l'ambitissimo colloquio.
La domenica 11 settembre, quando il S. Padre si compiacque di celebrare la S. Messa nella chiesa parrocchiale di Castel Gandolfo, fui felice di assistere al rito, di ricevere la Sua benedizione al termine della Messa e nuovamente dopo il discorso conclusivo; anzi anche sul mezzogiorno mi unii alla folla assiepata nel cortile del Palazzo, per recitare con Lui l'Angelus Domini, godere le sue brevi parole e inginocchiarmi per la terza volta al suo saluto benedicente.
Martedì 13 alle ore 12,45 fui ammesso alla venerata Sua presenza e mi accolse con l'abbraccio confidenziale che toglie ogni soggezione. L'informai del viaggio compiuto, del lavoro salesiano in quelle Repubbliche, dei bisogni delle nostre Parrocchie e Missioni, della stima incondizionata che godiamo presso tutte le Autorità, dello sviluppo in questo nostro Centenario; ed Egli, rievocando dalle sue memorie lontane, mi confidò che il suo primo incontro con Don Bosco fu quando vide arrivare in casa il Bollettino Salesiano listato a lutto, con l'annuncio della sua morte nel gennaio del 1888, dato dal Ven. Don Rua. Egli non aveva ancora 7 anni e portò impressa la scena della lettura commovente di quel doloroso annunzio.
Poi era venuto una volta a Torino col suo Vescovo, Monsignor Radini Tedeschi, che doveva pronunciare il discorso su Domenico Savio, quasi apertura della Causa di beatificazione e ne aveva visitato la modesta casa di Mondonio.
Richiamò Costantinopoli, Parigi e Venezia, soffermandosi compiacente sui ragazzi dell'istituto Giorgio Cini e sulle loro amabili letterine... sul Conte generoso nostro benefattore e sulla Basilica di S. Giorgio...
E il discorso lo portò alla visita compiuta il giorno prima ai luoghi del suo primo sacerdozio e a considerare le vie misteriose del Signore nel corso della sua vita. « Come il Signore ha voluto! io non ho mai mosso un dito; ho fatto sempre la volontà dei miei Superiori e di Dio! ». E passò in rassegna le tappe della sua vita dal Seminario al corso di Teologia che potè compiere in Roma per volontà del suo Vescovo; come segretario di Mons. Radini Tedeschi e alla sua morte come Direttore spirituale del Seminario di Bergamo; dalla chiamata a Roma alla Congregazione di Propaganda alle varie Nunziature; egli vedeva un continuo succedersi di avvenimenti, la cui spiegazione trovava nel programma di vita che provvidenzialmente gli era brillato alla mente alla celebrazione di una delle prime Messe.
I suoi compagni di studi avevano voluto assistere in gruppo a una delle sue Messe e lo invitarono a dire loro alcune parole. Nell'incertezza di ciò che doveva dire, aveva chiesto consiglio al suo Direttore spirituale, un Padre Passionista; il quale gli suggerì di attingere l'argomento dal De Imitatione Christi, aprendo il libro, come si suole, a caso. E la buona sorte capitò al cap. XXIII del libro terzo; che S. Santità mi recitò alla lettera, a memoria:
« De quatuor magnani importantibus pacem.
Fili, nune docebo te viam pacis et verae libertatis.
«I quattro capisaldi della pace. Ora, figliuolo, ti insegno la via della pace e della vera libertà:
Ecco come l'uomo può entrare nel regno della pace e della tranquillità ».
Su questi principi ascetici, che gli parvero la voce di Dio, non solo fece il suo fervorino ai devoti suoi amici, ma volle uniformare sempre la sua condotta. E in essi trovò facile adattare il suo animo a portare anche la pesante croce del Pontificato, quando nell'ottobre del 1958 giunse al Conclave. Ci narrava infatti S. Em. il Card. Fossati, Arcivescovo di Torino, pochi giorni dopo l'elezione, venuto a Torino per il giorno di tutti i Santi a far l'omelia in Cattedrale, che durante il Conclave egli aveva avuto la sorte di abitare in una stanza adiacente a quella del Patriarca di Venezia. E che quando il nome del Card. Angelo Roncalli cominciò a conquistare voti di scrutinio in scrutinio, egli aveva assistito all'angoscia del suo vicino e più volte aveva avuto la sorte di confortarlo e di unirsi a Lui in preghiera, quasi angelo consolatore del transeat a me calix iste. Ma quando l'ultimo scrutinio rivelò al paziente che era volontà di Dio la sua elezione al Pontificato, in 'breve ora trovò nuovamente la sua pace e la sua serenità, perchè il proposito del suo primo Sacerdozio aveva una solenne applicazione in quest'ultimo stadio della sua vita e, con la sicurezza di compiere la divina volontà, gli fu possibile avere immediatamente la pace e la tranquillità dell'animo suo.
Chiesi umilmente al Sommo Pontefice il permesso di dire anche ad altri queste confidenze fattemi con tanta semplicità, a edificazione comune; ed Egli sorrise e non me lo negò; per cui mi faccio un dovere di rivelarvi questo spiraglio intimo dell'anima del nostro amabile Vicario di Gesù Cristo, affinchè lo imitiamo tutti nel compimento esatto delle nostre obbedienze.
Era trascorsa quasi una mezz'ora e trillò un campanello: S. Santità volle posare due volte con me e col mio segretario, poi benedisse me e tutte le mie intenzioni mentre gli baciavo l'anello, e mi congedò con un secondo abbraccio paterno.
Oh come vorrei che tutti facessimo norma di vita le parole del nostro caro Padre Don Bosco: « pregare per il Papa, difendere il Papa, vivere per il Papa ».
6. — PREPARAZIONE AL CONCILIO ECUMENICO. - Specialmente in preparazione del Concilio Ecumenico sia una parola d'ordine e una comune intenzione: il Papa ha offerto la sua vita per il buon esito del 20 Concilio Vaticano; chi vieta che facciamo altrettanto anche noi? E perchè S. Santità ne parla con tanta frequenza e insiste affinchè si preghi per il felice esito del Concilio? « Egli ha bisogno di sentirsi unito alle membra della Chiesa e di celebrare insieme il mistero della vita unitaria dell'intero organismo ecclesiastico ».
Così infatti disse S. Em. il Card. Montini, Arcivescovo di Milano, in una sua prolusione sul Concilio Ecumenico:
« La. convocazione annunciata come prossima del II Concilio Vaticano ha scosso la Chiesa, ha interessato il mondo. Pochi avvenimenti son preceduti da pari interesse. Tutti hanno l'impressione d'essere alla vigilia d'un fatto straordinario, non soltanto per la sua eccezionale scadenza nel tempo, ma per una sua incalcolabile importanza sul corso della storia. Noi credenti poi avvertiamo oscuramente, ma vivamente che tale avvenimento ha un rapporto con i misteriosi disegni universali di Dio circa le sorti umane e si pone in relazione particolare con le singole nostre coscienze. L'evoluzione stessa della civiltà, che sotto i nostri occhi precipita i suoi momenti e pare preludere a qualche meravigliosa palingenesi, o minacciare qualche catastrofe apocalittica, sembra offrire un quadro del mondo temporale in attesa d'una ignota rivoluzione spirituale. Il messianismo del nostro tempo, che agita e pulsa sotto le grandi correnti, ottimiste o disperate che siano, entra in allarme, e quasi in sintonia con l'annuncio inaspettato del prossimo Concilio. Qualche cosa di profetico corre nell'atmosfera del nostro tempo; non si spiega altrimenti perchè un tale annuncio abbia suscitato una così viva attenzione e una simile attesa ». « Per quanto è dato sapere, quest'annuncio, che fa scattare una deliberazione di smisurata importanza, trae la sua origine dall'unica e personalissima volontà del Sommo Pontefice. Senza ricorrere alla supposizione d'un impulso carismatico preternaturale, possiamo sicuramente dire, anche per le confidenze che Giovanni XXIII non ci ha risparmiato in proposito, che Egli sapeva e sentiva d'esercitare, con la virtù profetica del Suo ufficio, quella suprema potestà, a cui fa garanzia l'assistenza dello Spirito Santo, promessa da Cristo. Egli stesso ci avverte d'aver obbedito ad una " ispirazione, della cui spontaneità sentimmo nell'umiltà della nostra anima, come un tocco, improvviso ed inatteso " ».
« Questo primo inizio, scoperto nel cenacolo interiore dell'anima del Papa, è già di per sè bellissimo e notevolissimo » e ci sprona a pregare molto per il Sommo Pontefice e per tutte le sue universali santissime intenzioni.
7. — LA PREGHIERA PER IL CONCILIO ECUMENICO. - E giacchè la S. Penitenzieria Apostolica il 23 settembre pubblicò la preghiera per il Concilio Ecumenico, la riportiamo a documento storico e per raccomandarne la recita ogni giorno nelle nostre comunità o dopo la S. Messa al mattino o alle preghiere della sera, come si crederà opportuno:
« O divino Spirito che, inviato dal Padre nel nome di Gesù, assisti e guidi infallibilmente la Chiesa, effondi sul Concilio Ecumenico la pienezza dei tuoi doni.
O soave maestro e consolatore, illumina la mente dei nostri presuli, che solleciti all'invito del Sommo Pontefice romano si riuniranno a solenne adunanza.
Fa' che da questo Concilio maturino frutti abbondanti: ognor più si diffonda la luce e la forza del Vangelo nella umana società, nuovo vigore acquisti la Religione cattolica e il suo impegno missionario; si giunga a più profonda conoscenza della dottrina della Chiesa, e ad un salutare incremento del costume cristiano.
O dolce ospite delle anime, conferma le nostre menti nella verità. E disponi all'obbedienza i nostri cuori, affinchè le deliberazioni del Concilio trovino in noi generoso assenso e pronto adempimento.
Ti preghiamo ancora per le pecorelle che non sono più dell'unico ovile di Gesù Cristo, affinchè anch'esse, che pur si glori ano nel nome cristiano, possano finalmente ritrovare l'unità sotto un solo Pastore.
Rinnova nella nostra epoca i prodigi come di una novella Pentecoste: e concedi che la Chiesa Santa, riunita in unanime, più intensa preghiera attorno a Maria, Madre di Gesù, e guidata da Pietro, diffonda il regno del Salvatore Divino, ch'è regno di verità, di giustizia, di amore e di pace. Così sia ».
Possiamo ben supporre che il famoso messaggio di Fatima, di cui tanto s'è parlato, sia l'invito a questa crociata di preghiere da parte di tutto il popolo cristiano; e a noi religiosi giunge lo speciale invito dal Vescovo a collocarci in prima fila in questa supplica universale. Come potremmo sottrarci a tale desiderio della Madonna? Uniamoci in ispirito nelle nostre Case e Cappelle; e siccome questo invito arriverà a molti di voi con ritardo notevole, vi prego di compiere il desiderio dell'Ecc.mo Vescovo nella prossima festa dell'Immacolata, 1'8 dicembre, o in data a voi più conveniente.
Noi recitiamo tutti i giorni l'Ave Maria « per la pace in casa ». Quale argomento magnifico per i confratelli e per i giovani studiare i mezzi per procurare e conservare la pace con
Dio, col prossimo, con le autorità e con i sudditi, in famiglia e in società.
Pax Domini sit semper nobiscum
La pace sia con noi.
Il miglior modo per concorrere a mantenere la pace nel mondo e la più efficace preghiera sarà il nostro quotidiano impegno a praticarla il più perfettamente possibile ciascuno di noi con l'esercizio della carità fraterna e l'esatto adempimento dei nostri doveri.
10. — VISITATORI STRAORDINARI. - Continueranno anche quest'anno le visite straordinarie di alcuni Superiori Capitolari alle Ispettorie:
Il sig. D. Fedrigotti visiterà l'Olanda e le due Ispettorie della Germania.
Il sig. D. Pianazzi l'Inghilterra e gli Stati Uniti.
Il sig. D. Bellido Equatore e Colombia.
Accompagnateli con molte preghiere e vogliate pure sempre ricordare il vostro
aff.mo in C. J.
Sac. RENATO ZIGGIOTTI
Novembre-Dicembre 1960 N. 216
IL RETTOR MAGGIORE:
1. Novizi, vestizioni e vocazioni. — 2. Due belle notizie : Il PAS a Roma e il Tempio a San Giovanni Bosco al suo Colle. — 3. La Causa di Beatificazione del Ven. Don Rua.
Il Rettor Maggiore
Torino, Festa dell'Immacolata, 1960.
Confratelli e Figliuoli carissimi,
1. — NOVIZI, VESTIZIONI E VOCAZIONI.
Arriverò purtroppo con ritardo, per la maggior parte di voi, a porgervi e ricambiarvi gli auguri del santo Natale e del nuovo Anno; ma mi scuserete certamente se vi dico che ho voluto in ottobre-novembre fare una nuova corsa in tutti i Noviziati e in quasi tutte le Case di formazione d'Italia, a conclusione dell'Anno Centenario e per iniziare il nuovo, esortando i nostri giovani aspiranti, Novizi e Confratelli ad emulare le virtù dei primi figli di Don Bosco, che ci hanno procurato tante grazie celesti e tanta benevolenza dovunque.
Incominciai a Valdocco, nel Santuario di Maria Ausiliatrice, la domenica 23 ottobre, coi Novizi dell'Ispettoria Centrale e Subalpina, e proseguii per Novara, Milano, Verona, Mogliano Veneto; scesi a Roma, ove ci riunimmo nel Tempio di San Giovanni Bosco, e poi a Napoli nella nuova chiesa dell'Istituto professionale in via Don Bosco; raggiunsi Catania San Gregorio ai piedi dell'Etna fumante, ove si volle dare ai Novizi coadiutori l'onore d'una funzione a parte per la consegna della medaglia, nella chiesa parrocchiale cui è annesso l'Istituto professionale. Conclusi poi il giro in Toscana, a Pietrasanta, a fine novembre, con la soddisfazione di aver premiato il lavoro di tutti i Confratelli che meritarono dal Signore la messe di ben 265 Novizi, dei quali 58 Coadiutori.
Contemporaneamente potei accontentare anche i Confratelli di Spagna, inviando il Catechista generale sig. Don Antal a compiere il medesimo rito nei 5 Noviziati, che raccolgono una cifra imponente di ascritti: ben 251, di cui 55 Coadiutori. Anche il numero degli aspiranti va crescendo di anno in anno, preparandoci per i prossimi anni un reclutamento straordinario per le Case e missioni d'Oriente e d'Occidente.
E se io vi dicessi che anche in Polonia e Iugoslavia il Signore quest'anno sta preparando un bel centinaio di Novizi? Sicchè solo in Europa tocchiamo la cifra di 850 di cui ben 230 Coadiutori.
È davvero consolante specialmente per tutti gli anziani, che vedono le necessità crescenti in tutte le Case e Ispettorie e per tutti coloro che giustamente si preoccupano dell'avvenire della Chiesa tra tanti sconvolgimenti e pericoli; è consolante sentire il canto di queste anime giovanili che serrano le file ripetendo al Signore: « Ecce ego, Domine, mitte me - sequar Te, quocumque ieris. Eccomi, o Signore, son pronto a seguirti dovunque mi manderai ».
E da questo spettacolo consolante, ecco scendere il monito solenne per tutti: « Ut multos ac dignos operarios Ecclesiae tuae et Societati nostrae mittere, conservare et sanctificare digneris, te rogamus, aedi nos, Domine. Signore, degnati di mandare alla tua Chiesa santa e alla nostra Famiglia molti e degni operai, e di conservarli e santificarli; ti preghiamo, o Signore! ».
Lavoriamo tutti a procurar vocazioni ai nostri Aspirantati e ai Seminari diocesani; nessuno si sottragga a questa missione, con l'esemplarità della vita, con lo spirito di pietà, con lo zelo per l'estensione del regno di Dio, con la carità fraterna, con la pratica del nostro sistema educativo familiare, e con tutti i mezzi che sapete essere opportuni. Questo sarà il nostro più efficace contributo per iniziare bene il secondo Centenario della Congregazione.
E le Ispettorie che incontrano maggiori difficoltà a trovare vocazioni, facciano un serio esame di coscienza e si domandino se la messe scarsa non dipenda dalla scarsa seminagione, più che dal terreno poco produttivo; perchè San Paolo ai Corinti diceva: Qui parce seminat parce et metet; et qui seminat in benedictionibus de benedictionibus et metet (II Cor., IX, 6). Ed è chiaro che seminare tra le benedizioni è appunto lavorare in modo che Dio ci benedica.
2. — DUE BELLE NOTIZIE: IL PAS A ROMA, IL TEMPIO SAN GIOVANNI Bosco AL SUO COLLE.
Potete pensare con quale soddisfazione intima posso annunciarvi finalmente che i lavori del Pontificio Ateneo a Roma sono incominciati. Gli operai stanno facendo i trasporti di terreno necessari in collina, per preparare i piani dei futuri fabbricati; una casetta fu allestita per la piccola comunità salesiana che dovrà assistere i lavori da vicino; l'abbiamo benedetta e inaugurata in novembre col nostro Economo generale; e ora ci accingiamo a preparare le fondazioni, riservando a momenti più propizi o forse a metà dei lavori una cerimonia di qualche solennità, per incoraggiare anche qualche generoso benefattore a concorrere alle ingenti spese.
Intanto non sarà discaro a voi, cari Confratelli, l'invito a ringraziare il Signore che ci ha concesso di superare le varie difficoltà che si sono frapposte, dal giorno in cui il Capitolo Generale del 1952 propose -ai Superiori il trasporto a Roma del Pontificio Ateneo, che era stato concesso nel 1940 per Torino, presso l'Istituto Teologico Internazionale della Crocetta. Il primo passo fu fatto in occasione della Canonizzazione di San Domenico Savio nel giugno del 1954. Come scrivevo negli Atti del Capitolo n. 180 di quell'anno, mi parve ottima l'idea di chiedere al novello Santo l'intercessione sua presso la Vergine Immacolata, nell'anno centenario della proclamazione del Dogma, per ottenere l'inizio di quell'impresa, cui doveva concorrere tutta la Congregazione. E fu appunto nella vigilia della Canonizzazione di San Domenico Savio che S. Santità Pio XII concedeva a mia richiesta il permesso di trasportare da Torino a Roma la sede, per le ragioni molteplici che avevo elencato nella mia domanda solo due giorni prima.
E da quel giorno eccoci impegnati a compiere i vari passi necessari. La ricerca del terreno ci fu facilitata provvidenzialmente dagli stessi benefattori che costruirono il Tempio a San Giovanni Bosco. I 10 ettari di terreno acquistati in Val Melaina, alla periferia di Roma, non erano ancora entrati nel piano regolatore e dovemmo attendere e sollecitare tale studio fino al 1958. Di poi gradualmente si passò alla preparazione dei nostri progetti, all'esame delle Commissioni municipali, alle variazioni richieste, al progetto definitivo e all'ultima desideratissima approvazione con lode, che giunse solo nel marzo 1960. Mi trovavo nella Casa della Divina Provvidenza a Montevideo-La Teja, a metà di maggio, quando un'aerea del Sig. Don Giraudi mi recò la bella notizia con un pizzico di terra della prima zolla che gli operai avevano sollevato per iniziare i lavori. La Madonna Ausiliatrice aveva voluto che nel suo bel mese cominciassimo l'opera, che sarà dedicata al suo Sacratissimo Cuore Immacolato.
Nel frattempo tutti, o quasi tutti, avete incominciato a inviare le offerte che i signori Ispettori raccolgono per l'anniversario della nascita e della gloriosa morte di San Giovanni Bosco, sicchè l'Economo Generale può già far fronte alle prime spese. Ma ora è giunto il tempo di intensificare e aumentare i contributi, perchè l'impresa è grandiosa e non deve subire arresti per colpa nostra, nè gravare con debiti l'Economato Generale, su cui vigila la S. Congregazione dei Religiosi, giustamente preoccupata del nostro buon nome. Con le risorse accumulate finora potremo proseguire i lavori per un anno; e poi?
È evidente che non dobbiamo arrestarci e che tutti insieme dovremo trovar modo, se occorrerà, di suddividere l'onere dei debiti proporzionalmente alle possibilità di ciascuna Ispettoria. La Madonna però speriamo che susciterà anche benefattori insigni che ci incoraggino nell'impresa; ma anzitutto tocca a noi meritare tale soccorso provvidenziale con le nostre sante industrie personali e collettive. Una più diligente pratica della povertà, qualche rinunzia personale a certe comodità costose, l'economia nei vestiti, nei viaggi, nelle costruzioni locali, il due o tre per cento su ogni entrata della Casa, lotterie, kermesse, iniziative varie, tutto servirà a questo scopo santo.
Vorrei che il prossimo Capitolo Generale del 1964, a Dio piacendo, potesse vedere già completa la sede del nostro Pontificio Ateneo Salesiano, non solo, ma fors'anche potesse svolgere colà le sue sedute e concluderle con un nuovo solenne Te Deum nel Tempio di San Giovanni Bosco.
Però, data la buona occasione, sento il bisogno di fare un'altra raccomandazione pubblica specialmente ai Rev. nostri Ispettori. Il primo e più importante contributo all'Ateneo è preparare candidati scelti per ciascuna Facoltà, in vista dei bisogni futuri di ciascuna Ispettoria. Ciascuno pensi al futuro, perchè nessun Ispettore può godere il personale che manda agli studi: il curricolo è di quattro, sei, sette anni talora; e non devono mancare almeno uno o due allievi di ciascuna Ispettoria per ciascuna Facoltà. Noi prepariamo il posto per 250 teologi, 60 filosofi, 60 sacerdoti studenti di Pedagogia, e per una cinquantina di laureandi in Teologia e in Diritto. Ma, se osservate il catalogo, sono troppo pochi gli studenti di Pedagogia e Diritto e pochissimi pure i laureandi nelle varie Facoltà. Si spiega quindi la continua richiesta che si fa a Torino per provvedere di docenti gli Studentati, di parroci le grandi parrocchie, di maestri di Noviziato, di Superiori per le Case di Formazione. L'Ateneo ha questo compito essenziale: dare a tutte le Ispettorie il personale preparato in tutte le materie ecclesiastiche e con gli studi completi usque ad laureavi. Sarà una ricchezza di cui San Giovanni Bosco si varrà per conseguire nuovi trionfi di bene nell'immenso campo che ci è aperto dalla Divina Provvidenza. Ma dobbiamo noi fare tutto il possibile per realizzare il disegno di Dio negli anni che seguiranno il 20 Concilio Vaticano.
Altra raccomandazione vi faccio pure che si preghi molto e sempre, accompagnando questa costruzione pietra su pietra, affinchè nasca benedetta da Dio e dagli uomini.
AL COLLE DON BOSCO UN TEMPIO A SAN GIOVANNI BOSCO.
La seconda notizia gioiosa è che ci siamo decisi a completare l'Istituto Semeria al Colle Don Bosco, dandogli la sua chiesa e insieme il Santuario in onore del nostro Fondatore, come aureola della casetta, ove ebbe i natali e che è mèta ormai di continui pellegrinaggi. Finora i pellegrini ebbero solo una cappella che non basta a 100 persone e i nostri 200 Aspiranti e 100 Confratelli un'altra Cappella interna, adattata e sempre insufficiente per una così bella comunità.
Adesso per vari motivi ci siamo decisi di lanciare l'idea ai devoti e Cooperatori per la costruzione d'un Tempio-Santuario che possa accogliere in. un'ampia chiesa inferiore la nostra Famiglia, e nel sovrastante Tempio i devoti e i pellegrini in ogni occasione e specialmente nelle feste.
Siamo certi che non mancheranno le offerte per questa desiderata e tanto necessaria opera: Don Bosco saprà cercarsi i benefattori e noi concorreremo pregando per essi con maggior :fervore. Il Bollettino Salesiano nei prossimi numeri presenterà il bozzetto e spero che incontrerà il favore di tutti.
3. — LA CAUSA DI BEATIFICAZIONE DEL VEN. DON REA.
Ora permettetemi, carissimi Confratelli, ch'io vi esponga una grave preoccupazione, dalla quale sono veramente angustiato al chiudersi di quest'anno Centenario, che pure mi ha procurato tante consolazioni. Il 1960 segnava i cent'anni dalla prima Messa e cinquanta dalla morte del 10 Successore di Don Bosco. Venerabile dal 1953, ossia proclamata l'eroicità delle sue virtù, abbiamo presentati due presunti miracoli già da due anni e speravamo che in sì belle coincidenze potessimo giungere alla sua Beatificazione, dando un'eccezionale solennità alla chiusura del nostro primo Centenario; e invece tale grazia non ci fu concessa.
Ora la mia preoccupazione proviene dal dubbio che sia mancata la parte nostra e che il Signore, desideri da noi qualche cosa di più per meritarci sì grande onore. Il Ven. Don Rua ha superato il rigoroso esame dell'eroicità delle virtù e la S. Congregazione dei Riti ha proclamato venerabile il primo grande figlio di Don Bosco, assicurandoci che anche in Paradiso fa a metà col Padre dell'anima sua, come gli era stato predetto dal 1846; ora il passo glorioso della Beatificazione è tutto in mano ai suoi devoti, cui spetta invocarne l'intercessione per ottenere i due veri miracoli necessari; e siccome a questo punto pare si sia arrestato il processo, mi vedo costretto ad invocare da tutta la Famiglia un impegno più fervente, preghiere, richieste di interventi nei casi gravi d'ammalati o di bisogni straordinari, o forse più ancora: promesse, sacrifici, rinunce, opere di zelo, imitazione generosa delle virtù del Venerabile.
Il povero sottoscritto, che come sapete è forse tra i viventi l'ultimo che fece la professione religiosa nelle mani del Venerabile e che ebbe la rara sorte di vegliare per oltre due ore il morente nella notte della domenica precedente il suo trapasso, sente un dovere speciale ora, come suo indegnissimo successore, di procurarne la glorificazione somma, lasciando alla Famiglia Salesiana un modello di santità che illustra più che mai l'aureola di Don Bosco. Egli fu il figlio prediletto, l'interprete fedele, il sostegno suo nelle ore oscure e nella precoce vecchiaia, fu il continuatore intrepido, il custode integerrimo della tradizione e dello spirito salesiano... egli è l'esempio vivo di ciò che può fare ogni figlio di Don Bosco nella vita ordinaria del dovere, perchè nulla di eccezionale ebbe Don Rua quanto ai favori carismatici di cui fu dotato Don Bosco, e tutto ebbe invece di ciò che in Lui dobbiamo imitare: la pietà angelica, lo spirito di mortificazione, l'amore al lavoro, la consacrazione totale al bene della comunità, lo spirito d'ordine e di disciplina, con la più amabile tolleranza dei difetti delle persone, la devozione alle Autorità e ai benefattori d'ogni grado, l'amore alla gioventù, alla Congregazione, alla Chiesa, al Papa.
È per questa incomparabile scuola che Egli ci farà dagli Altari su cui lo porremo, ch'io non dubito a consacrare al Signore il resto della mia povera vita, come fece S. Santità Giovanni XXIII per la riuscita del Concilio Ecumenico, per ottenere presto la Beatificazione del Ven. Don Michele Rua; e sarei lietissimo di abbreviarla quanto piacerà al Signore, per abbreviare anche solo d'un giorno il tempo che ci separa da questo nuovo trionfo di Don Bosco e della sua Famiglia.
Invoco perciò la vostra generosa collaborazione a edificare questo Altare preziosissimo all'inizio del 20 nostro Centenario.
Concludo rinnovando l'augurio e la Strenna della Pace e assicurandovi la mia quotidiana preghiera. Anche voi pregate sempre per il vostro
aff.mo in C. J.
Sac. RENATO ZIGGIOTTI
COMUNICAZIONI E NOTE
1. MOVIMENTO DELLE NOSTRE CAUSE
DI BEATIFICAZIONE E CANONIZZAZIONE
DURANTE L'ANNO 1960
1) Venerabile Don Michele Rua.
Dopo la stampa delle quattro perizie d'ufficio sulle due guarigioni prodigiose attribuite al Venerabile Don Michele Rua, nonchè delle due perizie supplementari di parte destinate a rafforzare e difendere il punto di vista della Postulazione, si ottenne il 3 giugno 1960 un decreto che permetteva di far esaminare i due presunti miracoli da una speciale Consulta Medica anzichè dalla cosiddetta Congregazione Antepreparatoria. La riunione dei medici si ebbe infatti il 13 luglio, ma non essendo stati interamente concordi i diversi pareri, si sta ora studiando e approfondendo il carattere preternaturale delle guarigioni.
La fase dell'approvazione dei miracoli è sempre uno dei momenti più delicati nello svolgimento di una causa, intervenendo nella discussione anche i medici, che possono opporre molte obiezioni contro l'istantaneità, la perfezione e il modo preternaturale della guarigione. La Postulazione confida perciò nelle preghiere dei Confratelli per il raggiungimento di questa mèta.
La seduta ante preparatoria sulle virtù ebbe luogo il 10 marzo 1959, ma il nuovo Promotore Generale della Fede non ci ha ancora consegnato le Novae Animadversiones, alle quali il nostro Avvocato dovrà poi rispondere per preparare la Nova Positio super virtutibus.
E mentre è in corso la discussione sulle virtù di Don Beltrami, è conveniente sollecitare la sua intercessione allo scopo di ottenere da Dio grazie e miracoli.
È stata completata e stampata la Positio super virtutibus. un volume, formato grande di 840 pagine, contenente: l'/nformatio dell'Avvocato, la tabella dei 38 testi processuali, il Summarium, i voti dei teologi censori revisori degli scritti con il relativo decreto di approvazione, le Animadversiones del Promotore Generale della Fede e la Responsio dell'Avvocato. Segue inoltre una nutrita documentazione di oltre 250 pagine, tratta da vari scritti e destinata a lumeggiare sempre meglio le virtù eroiche del Servo di Dio.
Il 12 maggio 1960 una copia di detta Positio fu consegnata al Promotore della Fede; ed ora non resta che attendere il turno per la prima discussione nella Congregazione Antepreparatoria sulle virtù.
Il 15 gennaio 1960, inoltre, si rese necessaria la nomina del Cardinale Ponente o Relatore della Causa, la quale ne era rimasta priva dopo la morte del Card. Verde di s. m. La scelta cadde sul Card. Carlo Confalonieri. L'Eminentissimo Porporato accettò di buon grado la Ponenza della causa del Principe polacco, elevando un gentile e filiale pensiero alla memoria del papa Pio XI, già Nunzio in Polonia.
I processi apostolici sono ancora presso la Cancelleria della S. Congregazione dei Riti che ne sta curando la copia autentica da consegnare alla Postulazione, per l'opportuno studio e la preparazione del relativo Sommario.
Il 12 novembre 1960 abbiamo potuto ritirare le Copie Pubbliche dei processi apostolici. La Cancelleria dei Riti, che è incaricata della traduzione e della copiatura, ci consegnò tre volumi: il primo è dedicato tutto al processo istituito nella Curia Episcopale di Viedma e consta di 205 pagine, tutte trascritte a mano. Il secondo volume contiene i processicoli apostolici svolti presso il Vicariato di Roma (82 pagine), nella Curia argentina di Moròn (61 pagine) e a Torino (175 pagine). Il terzo volume infine, di complessive 174 pagine, riporta vari documenti e relazioni sulla vita e le virtù del Servo di Dio, che furono acquisiti agli atti dal Tribunale del Vicariato di Roma, durante il processo svoltosi nel 1958.
Tutto questo materiale dovrà essere ora attentamente studiato e opportunamente scelto e presentato dall'Avvocato della causa per la preparazione dell'Informati° e del Summarium delle deposizioni dei testimoni.
Il processo apostolico di Barcellona, dopo la sua traduzione in italiano,, è stato consegnato dalla Cancelleria dei Riti ai copisti che preparano la trascrizione manuale, destinata a formare la Copia Pubblica. Si spera di avere tale copia nel prossimo anno 1961.
Al Promotore Generale della Fede fu consegnato nell'agosto del 1959 il volume contenente l'Informati°, il Summarium, i voti favorevoli sugli scritti e le Lettere Postulatorie dei Vescovi, perchè possa stendere le Animadversiones d'ufficio. È a nostra conoscenza che queste sono già a buon punto. Appena il Promotore della Fede le avrà date alle stampe, si penserà da parte nostra alla Responsio.
È degno di nota il fatto che l'intercessione di Don Rinaldi è assai ricercata ed efficace, e sono molte le persone che si rivolgono al Servo di Dio nei loro bisogni. Si prega cortesemente di informare subito la Postulazione o la Direzione del Bollettino Salesiano circa le guarigioni straordinarie ottenute.
Nel mese di gennaio del 1960 il Promotore della Fede richiese alla Postulazione la prima edizione della biografia della Serva di Dio, per approfondirne meglio la vita e, sulla scorta delle deposizioni processuali, stendere le Animadversiones. Si confida che nel 1961 il Promotore possa consegnarci il suo lavoro che consentirà di procedere alla risposta per la preparazione della Positio super virtutibus.
Anche per la Serva di Dio Madre Maddalena Morano ci fu richiesta dal Promotore della Fede, nel mese di aprile, una sua biografia. Ciò fa prudentemente sperare che fra non molto tempo saranno pronte e stampate le Animadversiones sull'Introduzione della Causa.
Dopo varie perplessità della S. Congregazione dei Riti, e particolarmente del Promotore Generale della Fede, sulla questione dell'età della Serva di Dio — questione che, secondo la Postulazione, dev'essere discussa in sede propria e non in occasione dell'approvazione degli scritti — fu deciso di presentare un nuovo promemoria alla S. Congregazione dei Riti, in cui si esponevano i motivi della possibilità dell'eroismo cristiano negli adolescenti, il perfetto sviluppo fisico psicologico e intellettuale di Laura Vicufta e i documenti recanti il parere di Pio XII di s. m. e del regnante pontefice Giovanni XXIII su questa materia.
Il nuovo Promotore Generale della Fede aderì alla nostra richiesta, sicché nella Congregazione Ordinaria, tenuta in Vaticano il 26' aprile 1960, il Card. Aloisi Masella, Ponente della Causa, pose in discussione il quesito sulla revisione degli scritti della Serva di Dio. E gli Em.mi Cardinali decisero concordemente di approvarli e di procedere ad ulteriore. Il giorno seguente il S. Padre, dopo la relazione fattagli dal Cardinale Prefetto dei Riti, approvò e confermò la decisione dei Porporati.
Superato questo ostacolo, la Causa riprende il suo corso, mentre l'Avvocato sta preparando l'Informati°, che insieme con il Sommario, il decreto sugli scritti e le Lettere Postulatorie, verrà consegnata al Promotore della Fede per le opportune Animadversiones.
I tre processi ordinari costruiti a Bogotà sulla fama di santità virtù e miracoli, sugli scritti e sul non culto del Servo di Dio, aperti con regolari decreti a norma del diritto vigente, furono prima tradotti in italiano ed ora se ne sta curando la fedele trascrizione manuale per opera della Cancelleria dei Riti. Si ha motivo di confidare che le relative Copie Pubbliche ci verranno consegnate nell'anno 1961, e così si procederà alla normale procedura del caso.
La Cancelleria dei Riti, terminata la traduzione e la copiatura dei processi informativi di Liegi, ci consegnerà — speriamo nel 1961 — le Copie Pubbliche, sulle quali si dovrà lavorare per preparare l'Informatio e il Summarium.
14) Servo di Dio Mons. Luigi Olivares.
Sotto la data del 19 maggio 1960, anniversario della santa morte di Mons. Olivares, sono stati stampati gli Articoli di prova testimoniale che serviranno per poter iniziare il processo informativo.
I 150 articoli fanno passare rapidamente davanti agli occhi del lettore il profilo biografico, le virtù in genere e in specie, i doni soprannaturali, la morte del Servo di Dio, i solenni funerali, il trasporto della salma dal cimitero al Duomo di Nepi, e la fama di santità in vita, in morte e dopo morte.
Siccome Mons. Olivares morì a Pordenone, dove si era recato a predicare gli Esercizi Spirituali ai giovani di quel Collegio salesiano, si chiese la facoltà di poter celebrare il processo informativo vicino a Roma, e specialmente nelle città di Nepi e Sutri, che furono la sede del suo ministero pastorale. Appena presi gli opportuni accordi con la Curia competente, si potrà dare inizio ai processi ordinari di Mons. Olivares.
L'inizio del processo informativo del Servo di Dio Don Komorek dovette essere rimandato al prossimo anno per varie ragioni.
NB. — Si insiste nella raccomandazione di invocare e far invocare i nostri Servi di Dio, affinchè il Signore voglia esaltare lo splendore delle loro virtù con la prova luminosa dei miracoli. Ciò contribuirà anche a propagare la loro devozione e a farli conoscere da un maggior numero di fedeli, specialmente nelle rispettive nazioni.
Roma, 30 novembre 1960
DON GIULIO BIANCHINI
Postulatore Generale
Come fu annunziato dal Direttore Spirituale nei precedenti Atti del Capitolo Superiore, n. 215, la nostra SEI di Torino ha pubblicato mia edizione che riproduce il testo ufficiale delle nuove Rubricae Breviarii et Illissalis Romani in latino, ricavato dall'Atta Apostolicae Sedis, con i documenti annessi ed un utilissimo indice analitico. Tale edizione, del formato dell'Ordo Missae, deve essere distribuita come libro di consulta, anche por la soluzione dei Casi liturgici, a tutti i sacerdoti, tramite i Sigg. Ispettori, e potrà servire come libro di testo per gli studentati teologici anche in seguito. Per le nostre Case, il prezzo è stato fissato al minimo di lire 150 la copia, più le spese di spedizione. Le copie disponibili, dopo fatta la distribuzione a tutti i sacerdoti e teologi in sacris, saranno spedite secondo l'ordine delle richieste.
Si raccomanda caldamente di essere esatti e puntuali nel compilare le Statistiche delle Case e delle Ispettorie, secondo i moduli spediti a tale scopo, che devono giungere al Capitolo Superiore durante il mese di gennaio susseguente al precedente anno scolastico. Lo stesso si dica delle Cronache delle Case, redatte secondo lo schema e formato corrispondenti alle nuove copertine che si spediranno ogni anno, ed il cui ritorno a Torino non dovrebbe differirsi oltre ai tre primi mesi del nuovo anno scolastico. Per questo sarebbe conveniente che l'incaricato di redigere questa Cronaca preparasse man mano il materiale, diviso secondo i vari punti, durante l'anno scolastico, alla fine del quale sarebbe più facile fare una relazione ordinata e completa. La diligenza in questo lavoro sarà di grande giovamento per la continuazione degli Annali della Congregazione.
Gennaio-Febbraio 1961 N. 217
IL RETTOR MAGGIORE:
1. Impegno per il nostro secondo Centenario. -- 2. Le difficoltà dell'ora e la Strenna sulla pcice. — 3. Cause che minacciano la pace: a) I sette vizi capitali dilaganti nel mondo; b) L'accidia dei buoni. 4. Qual è dunque il nostro compito? 1) Curare la nostra pace interiore con Dio; 2) Pace col prossimo: Superiori, confratelli, allievi. — 5. Il sogno del 31 dicembre 1860. — 6. La festa di San Domenico Savio al 6 maggio. — 7. Per la Causa di Beatificazione di Pio IX. — 8. Visitatori straordinari.
Il Rettor Maggiore
Torino, 31 gennaio 1961.
Confratelli e Figliuoli carissimi,
1. IMPEGNO PER IL SECONDO CENTENARIO.
In questa apertura del nostro secondo Centenario e rileggendo alcune pagine delle Memorie Biografiche del nostro caro Padre, ho pensato con un senso di santa invidia: oh! se la Madonna Ausiliatrice mandasse anche al povero quinto successore uno di quei sogni che aprivano ai suoi occhi i panorami dell'avvenire e le varie necessità delle anime, sicchè anch'io potessi meglio sostenere le volontà nell'arduo compito che oggi è assegnato dalla Divina Provvidenza ai Salesiani della triplice Famiglia, ai nostri giovani e ai fedeli alle nostre cure affidati nelle parrocchie e missioni!
In verità a me fu concesso il privilegio di percorrere in varie e lunghe tappe quasi tutto il periplo del nostro mondo e di vedere e di sentire di casa in casa le vostre sante preoccupazioni, edificandomi di tanto lavoro e di tanti sacrifici compiuti dalle origini ad oggi.
Debbo quindi trarre profitto di questa realtà ed esperienza, per invocare da Dio luce sul dovere di consigliare opportunamente e guidare le vostre anime nell'arduo compito dell'apostolato salesiano, senza deflettere dalle direttive del Padre, in perfetta unione di mente e di cuore col Sommo Pontefice e le Gerarchie ecclesiastiche.
Ora, guardandoci attorno, dobbiamo constatare che viviamo in un'epoca tutt'altro che facile; e se poniamo a confronto gli ultimi anni di Don Bosco in Italia, dal periodo che ora stiamo celebrando della prima unità, dal 1860, all'occupazione di Roma, 1870, alla tribolazione sofferta personalmente dal 1873 al 1883... anche noi oggi vediamo non meno gravi pericoli di contrasti internazionali, di depressione morale, di aberrazioni in quasi tutti i campi, che ci fanno desiderare ed attendere con ansia l'avveramento delle parole più volte ripetute da S. S. Pio XII: « dopo ore di trepidazione, il Signore ci prepara l'arcobaleno della pace, di una pace universale che il mondo non ha mai veduto ».
Si parla molto di pace oggi, con una sincerità assai discutibile su certe labbra blasfeme; ma tutti veramente sognano una pace vera, la concordia, base del benessere sociale. È per questo che mi parve ispirato dal Signore il pensiero della strenna del 1961 sulla pace; e, se mi permettete, come ho fatto alla chiusura dell'anno parlando ai confratelli dell'Oratorio e di Torino, vi dirò qualche cosa su questo argomento, che dovrà essere oggetto di esortazioni frequenti nelle nostre consuete riunioni e conferenze.
Quali vi sembrano le cause vere, profonde, del malessere attuale e dei pericoli di cui parla spesso anche il regnante Pontefice Giovanni XXIII, pur dichiarandosi tranquillo nella barca di Pietro? (Messaggio Natalizio).
Le acque del lago sono tutt'altro che tranquille e la navigazione non è facile. « Satanam, aliosque spiritus malignos qui ad perditionem animarum pervagantur in mondo... in infernum detrude, Sande lllichaél Archangele ». È la preghiera che ripetiamo ogni mattina dopo la S. Messa. E Satana s'incarna e lavora astutissimamente, valendosi dei sette vizi capitali che noi portiamo come conseguenza del peccato d'origine, in radice sempre viva e indistruttibile nell'anima nostra. Il mondo è sempre immerso e innamorato della sua superbia, della sua avarizia, odio, lussuria, gola, invidia ed accidia, e con queste tendenze esacerbate tanto più quanto l'uomo crede di far da solo, senza Dio e senza eternità, senza responsabilità personale, a capriccio e senza amore, anestetizzato il senso del peccato, le onde del mare si accavallano, infuriano, sconvolgono ogni cosa e ci fanno impazzire. Vedete lo zelo di primato delle grandi nazioni? il nazionalismo esacerbato? l'inutile sforzo delle grandi assemblee internazionali, che, abbandonato ogni pensiero religioso, discutono e concludono come la torre di Babele? È frutto della superbia, che alleata all'avarizia, alla fame di ricchezza, di commercio, di influenza sulle aree depresse, provoca l'invidia e l'ira e l'odio reciproco e corre agli armamenti più spaventosi e alle minacce di distruzioni totali... Che se la paura gli uni degli altri e delle responsabilità di chi dichiari la guerra per primo non li trattenesse, rimpiangono di non averla già dichiarata quando l'avversario era forse meno preparato e prolungano l'attesa, spiando solo l'occasione buona per scaricare sul nemico la responsabilità dello scatenamento della macchina distruttrice. Basta una scintilla per provocare l'incendio! E Satana e i suoi satelliti in carne soffiano nel fuoco, ridendosi dell'umanità vittima dei loro inganni.
E non vi pare che l'accidia dei buoni, l'accidia anche nostra, il poco zelo, l'amore delle comodità, del minimo sforzo e sacrificio, la poca santità nostra contribuisca pure a facilitare le rovine che ci minacciano?
Non è vero che nel nostro piccolo anche noi siamo vittime e colpevoli del poco amor di Dio, della minaccia del trionfo di Satana, delle ferite sanguinanti al corpo mistico della Chiesa? Non è vero che è più facile gridare al ladro, che custodire accuratamente il tesoro familiare e crescerlo col risparmio, coll'economia, con la collaborazione laboriosa? Leggevo in questi giorni un pensiero che mi fece riflettere: « L'unica cosa che impressiona i nemici della Chiesa è l'integralismo cattolico, cioè la pratica del Cattolicismo al cento per cento; ma ne hanno paura anche i Cattolici, pare ».
4. QUAL È IL NOSTRO COMPITO?
Ed eccoci al punto che desidero meditare con voi, cari confratelli, affinchè non ci perdiamo in sterili deplorazioni o in accuse inconcludenti: rientriamo in casa dopo aver dato un'occhiata dalla finestra del mondo. Quid agendum? quae ad pacem Tibi? Noi vogliamo la pace — pax Dei quae exsuperat omnem sensum — quella annunciata dagli Angeli agli uomini di buona volontà, quella che invochiamo nella Santa Messa per il popolo, prima della santa Comunione: Pax Domini sit semper vobiscum.
Che ha fatto Gesù per insegnarci le vie della vera pace? Dopo trent'anni di vita nascosta nella pace di Betlemme, d'Egitto e di Nazareth — oh la pace perfetta della Sacra Famiglia! — dopo il digiuno nel deserto e la vittoria sul tentatore insolente e bugiardo — dopo il Battesimo di S. Giovanni e le parole del Divin Padre « questi è il mio Figlio diletto: ipsum audite » ecco le prime parole di pace secondo Dio. (Matt. V) «Beati pauperes spiritu — mites qui lugent — qui esuriunt iustitiam misericordes mundo corde — pacifici — qui persecutionem patiuntur propter iustitiam — beati cupi maledixerint vobis et dixerint omne malum adversus vos mentientes propter me — gaudete et exultate quoniam merces vestra copiosa est in coelis ».
Vedete i nemici dei vizi capitali? vedete le vere sorgenti della pace? Pauperes spiritu contro la superbia e l'avarizia; mites, qui esuriunt et sitiunt iustitiam — misericordes — pacifici, contro l'ira, l'odio, la cattiva volontà, l'invidia; mundo corde contro la lussuria, la gola, le ingiustizie, le persecuzioni.
In queste parole è compreso tutto il programma della vera beatitudine e della pace secondo Dio.
Ed eccoci alla strenna 1961.
1) La pace interiore, personale.
Cari confratelli e figliuoli, anzitutto lavoriamo a procurarci la nostra pace personale, frutto dell'armonia dell'anima con Dio, coi nostri impegni morali, con la nostra coscienza. Il lavorio che ci è stato inculcato dai primi anni della vita religiosa di approfondire ogni giorno più la conoscenza di noi stessi, di seguire e controllare il nostro carattere per renderlo meno superbo, meno egoista, meno iracondo, più mite, più fervente, per vincere la nostra lussuria rinascente, per non trascurare con la nostra freddezza le sorgenti della Grazia, per vivere più uniti e più riverenti a Dio, per coltivare la pietà con spirito di fede, di speranza e di amore sempre più generoso... questo lavorio che costituisce l'essenza della nostra vocazione e della vita religiosa è anche la prima sorgente della nostra pace, pur essendo una continua guerra contro le nostre tendenze naturali istintive.
Hic labor, hic sudor: qui la fatica vera e propria, questo è il sudore che ci frutta la benevolenza di Dio e l'interiore pace con noi stessi e con Dio.
Ma chi può dirsi contento di se stesso nell'adempimento di questi doveri? Chi non ha rimorsi in questo primo esame di coscienza, che tocca la nostra vita interiore, che è affatto sconosciuto a tutti gli altri, controllato soltanto da Dio? E come possiamo procedere tranquilli nel cammino della nostra vita, come potremo costruire un qualsiasi edificio spirituale, se trascuriamo questo fondamento, o non ne facciamo il conto dovuto?
La meditazione, l'esame di coscienza, la confessione, il rendiconto... sono la vera base della pace interiore; chi ne trascura qualcuna non può vivere tranquillo, non è pacifico, non costruisce la sua pace e corre rischio di esser per gli altri un perturbatore della pace familiare.
Perchè sul mio tavolo vedo spesso comparire le domande di dispensa dai voti? Cercate pure la causa profonda, la vera causa della pace perduta, dei dissensi e disgusti, della perdita della Grazia di Dio: è tutta e sempre qui: si trascura Dio e la pace con Lui, con la coscienza nostra, si pensa al mondo e alle cose di mondo, anzichè alle cose di Dio e la pace è perduta, si va a cercarla altrove, fuor della casa religiosa. Invece com'è bello lo spettacolo del religioso fervente che si fa tutto a tutti e non sente il peso della sua intima fatica, perchè Iddio riempie ogni suo desiderio e colma di affetti santi la sua mente e il suo cuore! « Servire Deo regnare est »: guardiamo le figure classiche dei nostri Santi: Don Bosco, Maria Mazzarello, Domenico Savio e i cento e cento che tutti abbiamo conosciuti nella nostra vita di casa in casa, umili e grandi, sapienti della divina Sapienza, lavoratori e servi di tutti; ebbero cura di coltivare la pace interiore con Dio e con la propria coscienza, e profumarono di virtù, di serenità, di pace il cammino della loro vita.
2) Pace col prossimo.
Le nostre case sono cantieri sonanti, alveari in continuo movimento; pur nell'orario che alterna la preghiera allo studio, il lavoro alla ricreazione, è un succedersi continuo di attività e di convivenze che esigono da ciascuno l'impegno della vigilanza su se stesso per concorrere al pacifico succedersi dei doveri quotidiani. Rapporti di superiori con inferiori, di colleghi, di sudditi, di esterni e di amici, di studio e di scuola, di lavoratori e macchine; in reciproche esigenze di vita, non con la fredda esecuzione di un complicato macchinismo, ma con la calda comunione di volontà e di affetto che lega e perfeziona le opere umane. La regolarità e perfezione di tali rapporti produce l'incanto di una vita di comunità cui noi siamo addestrati fin dall'infanzia e che ci sembra naturale, facile, senza grande sforzo. Ma non è così per gli estranei, che vedono in altri aggruppamenti sociali le innumerevoli interferenze, le facili discordie, le segrete ribellioni e proteste, contenute per lo più dall'interesse di uno stipendio da lucrare, di una promozione sperata o di una forzata sopportazione.
Qual è il segreto nostro della pacifica convivenza? della pace in casa?
La comune volontà di essere fedeli alle regole della vita cristiana, della vita religiosa e dei doveri quotidiani spiega come anche una comunità complessa e numerosa possa trascorrere settimane, mesi ed anni senza gravi turbamenti e in perfetta unione di spirito. Ma è necessario l'impegno da parte di tutti per vivere in pace: che tutti siano pacifici, ossia operatori di pace, volontari della pace in casa.
Anzitutto i Superiori col loro spirito di pietà e con la loro esemplarità: omnibus omnia facti: far di tutto per arrivare a tutti, con serena calma e con pazienza indefettibile, avvisando e aiutando, correggendo ma prevenendo, parlando con tutti e spesso, sorridendo ma assistendo, senza amarezze e bronci... Oh quale esercizio di virtù il governo degli uomini! Mi fu detto in una recente predica di Esercizi che il modo migliore per condurre un uomo alla perfezione è collocarlo come superiore di una comunità. Ed è certo che i primi costruttori della pace nelle case sono i superiori, ciascuno nel proprio cerchio d'azione. E siccome la maggior parte di noi ha ufficio di superiore, se non di Direttore, a tutti si possono applicare queste raccomandazioni, e per tutti conviene esercitare l'autorità con queste sante precauzioni.
Se arduo compito è esercitare l'autorità in modo da conservare la pace pur compiendo e facendo compiere il dovere comune, non meno difficile è mantenere i rapporti tra confratelli nell'incrociarsi dei caratteri e delle incombenze. Siamo molto facili a dar la colpa agli altri quando le cose nostre non vanno secondo il nostro genio. Invece per la pace in casa conviene fare un diligente esame di coscienza sul nostro operato, sul nostro modo di pensare e di agire, sulle imperfezioni inevitabili che dipendono dal nostro carattere, dalla nostra suscettibilità, dalla mancanza di previsione, dalla fretta, dalle antipatie segrete... e qui torna a galla il primo requisito per la pace: il lavorio personale nei nostri rapporti intimi con Dio e la costante volontà di perfezione!
Chi non vede che il novantanove per cento delle cause di discordia proviene da questa nostra miseria morale, dallo scarso dominio di noi stessi, dalla presunzione di saper fare meglio degli altri e che tocca agli altri convenire con noi? Non meno complesso è nel campo educativo il nostro modo di esercitare l'autorità tra i giovani, sicché l'esigenza della disciplina si armonizzi con le buone maniere, si ispiri sempre ai grandi principi di religione, ragione e amorevolezza. Quante volte dobbiamo deplorare che la pace venga turbata più dalla nostra impulsività o incapacità che dall'irrequietezza e spensieratezza giovanile! Tutti siamo d'accordo nel constatare che oggi l'opera nostra educativa incontra maggiori difficoltà per innumerevoli, motivi; ma è dovere nostro perfezionare il metodo, escogitare mezzi più efficaci, chiedere insistentemente al Signore lumi e forza, virtù e comprensione dei caratteri, per giungere al risultato di una conquista non superficiale e momentanea che soddisfi la nostra brama di arrivare in pace alla fine dell'anno, ma per convincere le menti e conquistare le volontà al dovere di una vita ordinata, verso un domani virilmente vissuto e cristianamente degno dell'educazione ricevuta. Lavoriamo per la vita intiera dei nostri allievi e non per la breve giornata che devono trascorrere sotto le nostre cure!
Come vedete, confratelli e figliuoli carissimi, il problema della pace in casa è vasto e arduo quasi quanto quello della
pace nel mondo: il nostro piccolo mondo, esaminato così quasi con un'analisi attenta e amorevole, merita tutte le nostre attenzioni e può assorbire l'intera vita nostra procurandoci meriti di vera santità.
Ma di che cosa ci saranno grati tanto i confratelli quanto i giovani se non di avere contribuito alla loro serenità e pace? A chi ci affezioniamo se non a coloro che ci comprendono, ci aiutano, ci sopportano e ci mostrano amore?
Di dove possiamo sperare vocazioni se non da ambienti che sanno mantenere questa intima fraternità e la letizia d'una vera pace?
E quale migliore inizio del secondo Centenario che la riproduzione del cenacolo di Valdocco sotto la guida di Don Bosco, moltiplicata per le migliaia di case, di confratelli e di giovani che oggi cantano le glorie del Padre? « Don Bosco, Don Bosco, è un canto infinito che udranno del mondo le mille città ».
5. IL SOGNO DEL 31 DICEMBRE 1860.
A conclusione di questo breve commento alla strenna, mi piace richiamare alla vostra memoria il sogno che ebbe Don Bosco in tre riprese, un secolo fa, nelle notti che precedevano il 31 dicembre 1860. I giovani dovevano presentar i loro conti — ossia lo stato della loro coscienza — ai tre personaggi: Don Cafasso, Silvio Pellico e il Conte Cays, che avevano trattenuto Don Bosco in lunghe conversazioni su certi punti di religione riguardanti i tempi che correvano, e su casi di coscienza utili per la direzione della gioventù. Si presentano tre categorie di coscienze: di anime ancora innocenti, i cui conti sono semplici, perfettamente registrati e a cui i giudici appongono senz'altro la loro firma. Poi compaiono i soliti ragazzi sventati, disordinati, negligenti, le cui pagelle devono avere correzioni e aggiustamenti. Finalmente ecco i birichini, con le coscienze già oscurate dalla colpa, senza pietà, mal disposti, cattivi verso i superiori e i compagni.
E la scena che segue ce li presenta in cortile, specchio fedele dello stato d'animo dei nostri giovani. I primi festanti, tutti intenti al gioco e col volto illuminato dalla pace interiore.
I secondi non erano molto allegri; chi con la benda agli occhi, chi con una nube attorno al capo, chi col cuore pieno di terra o vuoto delle cose di Dio. Ma il gruppo dei terzi, oh che pena! spettacolo miserando: sudiciume, piaghe, vermi corrosivi, negli occhi, nella lingua, negli orecchi, nel cuore: un vero ospedale!
Povero Don Bosco! che dolorose sorprese per il suo cuore: ecco le cause che turbavano la pace nella casa dei suoi sogni. Mai più avrebbe creduto che ci fossero tanti ragazzi che non stavano in pace con Dio, che non avevano i conti a posto. Però a conclusione di tutto dovette esclamare: « la grazia che è stata concessa in questi giorni, chissà se si ripeterà mai più in avvenire... è stata una pioggia di grazie... tutti si sono messi a posto ».
Merita davvero che vengano riletti quei capi 51 e 52 da pag. 812 a 834 del vol. VI, perchè mentre ci rivelano l'intima costante preoccupazione del Santo, ci dànno pure un chiaro indirizzo per attuare il monito della Strenna: pace interiore, pace in casa, pace con tutti: buone confessioni, sante Comunioni!
Non abbiam potuto arrivare in tempo ad apportare sull'Ordo Missae, una variazione alla data della Festa di San Domenico Savio, che, col cambio delle Rubriche, ci è sembrata subito opportuna. Il 9 di marzo d'ora in poi cadendo nel periodo quaresimale non potrà essere solennizzato liturgicamente come è nei nostri desideri.
Ora per accontentare le esigenze dell'emisfero settentrionale e meridionale e collocare la festa in uno stesso giorno, si è pensato di prendere il 6 Maggio, che non avrà alcun impedimento liturgico. Sarà bene che cominciamo a celebrar la festa già da quest'anno, tutti insieme, dando al nostro piccolo grande Santo quell'importanza, che ormai diventa veramente universale anche per la gioventù cattolica di tutto il mondo.
Giorni sono mi giunse da Roma l'immagine del Papa Pio IX, inviataci dalla Postulazione, di cui mi dò premura di allegarvi copia in questo numero degli Atti.
Del Sommo Pontefice Pio IX, primo cooperatore e insigne benefattore di San Giovanni Bosco, noi dobbiamo essere i più ferventi devoti e imitatori, perché è legato alla nascita e alla approvazione graduale della nostra Famiglia: Salesiani, Figlie' di Maria Ausiliatrice e Cooperatori. Egli comprese subito la missione del nostro caro Padre, lo incoraggiò, ne corresse di suo pugno la prima stesura delle Regole, sollecitò i decreti di approvazione e di lode, accompagnò provvidenzialmente la nascita e la graduale crescita della Congregazione dal 1846 all'ingresso in America nel 1875. Ora, superato trionfalmente l'esame storico della sua vita e specialmente dei 33 anni di difficilissimo Pontificato, la causa si svolge sulla eroicità delle sue virtù e tutto fa sperare che non sia lontano il giorno della sua venerabilità.
Preghiamo, preghiamo per la sua Causa e invochiamone la protezione; parliamo di Lui rileggendo accuratamente la sua vita e le nostre Memorie Biografiche di Don Bosco, che nell'indice analitico a pag. 587-88 occupano quasi due colonne di citazioni interessantissime e preziose.
A memoria perenne vi riporto la bella preghiera stampata sull'immagine, che ciascuno potrà recitare a suo piacimento, se gli Ispettori vorranno tradurla nelle varie lingue, diffondendola su un'immagine dell'angelico santo Pontefice.
PREGHIERA PER IMPLORARE DA Dio LA GLORIFICAZIONE DI PIO IX E PER OTTENERE GRAZIE.
Cuore Sacratissimo di Gesù, esaudite la nostra preghiera e glorificate il vostro servo Pio IX che vi consacrò la Chiesa universale - 3 Gloria.
O Maria concepita senza peccato, pregate per noi che ricorriamo a Voi, esaudite la nostra preghiera e glorificate il vostro servo Pio IX che vi dichiarò Immacolata - 3 Ave.
San Giuseppe sposo purissimo di Maria Vergine, esaudite la nostra preghiera e glorificate il vostro servo Pio IX che vi dichiarò Patrono della Chiesa universale - 3 Pater.
Cuore SS. di Gesù, Maria Immacolata Nostra Speranza, San Giuseppe, esaudite le nostre preghiere e glorificate il vostro servo Pio IX, accordandoci per i suoi meriti ed intercessione la grazia che ardentemente desideriamo.
(Chi riceve grazie è pregato informare la Postulazione della causa Piazza della Cancelleria, 1 - Roma).
8. VISITATORI STRAORDINARI.
Nel prossimo mese di aprile il Rev.mo sig. Don Antal comincerà, a Dio piacendo, la visita straordinaria alle Ispettorie del Messico e Centro America, mentre il Rev.mo sig. Don Borra visiterà l'Ispettoria Argentina di Bahia Bianca e quella del Chile.
Accompagniamoli con le nostre preghiere e vogliate pure
ricordare il vostro aff.mo in C. J.
Sac. RENATO ZIGGIOTTI
COMUNICAZIONI E NOTE
1. Ordo Missae 1961.
Nel caso che qualche Ispettoria o Casa avesse ancora bisogno, per cappelle secondarie, Cappellanie F.M.A. o teologi in sacris, di qualche copia in più dell'Ordo Missae 1961, la Segreteria Generale è in grado di soddisfare ad ulteriori richieste, entro un certo limite.
3. Circa il « Proprio » salesiano.
Il Motu Proprio di S. S. Giovanni XXIII al n. 6 ordinava la revisione di tutti i Calendari e Propri diocesani e religiosi, secondo le norme stabilite dal nuovo Codice e una particolare istruzione inviata in seguito dalla S. Congregazione dei Riti agli Ordinari. Per il Calendario e il Proprio della nostra Società questa revisione è stata sollecitamente compiuta, e se ne è già ottenuta l'approvazione ufficiale.
La principale novità è lo spostamento della festa di S. Domenico Savio dal 9 marzo al 6 maggio e la sua elevazione al grado di II classe. Tutti comprenderanno come questa data sia più opportuna; essa è fuori del periodo quaresimale, è comoda per le case di ambedue i continenti; tale data sarà adottata anche dalle diocèsi e famiglie religiose che celebrassero la festa del Santo.
Essendo ora liturgicamente impedita al 23 giugno, la festa di S. Giuseppe Cafasso è stata riposta al 27 dello stesso mese.
Le lezioni storiche sono state tutte o rifatte o ritoccate.
L'edizione Marietti del Breviario per i Salesiani sarà in commercio verso il principio di marzo, al prezzo di L. 17.000 circa. Esso è in due volumi, legato in marocchino nero, con il taglio oro. La versione dei salmi è quella nuova. I sacerdoti che non hanno bisogno di acquistare questa nuova edizione devono- però provvedersi tutti del nuovo Proprio Salesiano, che sarà pronto verso il principio di aprile; i cambiamenti apportati sono tali, che i vecchi Propri non saranno più utilizzabili.
A chi usa ancora le vecchie edizioni dei Breviari, si suggerisce l'uso di alcuni foglietti stampati da Marietti e da altri Editori, che sono di grande aiuto per la recita dell'Ufficio in particolari giorni o periodi dell'anno.
Comunico inoltre che, nonostante l'indicazione del Codice, delle rubriche, d'accordo con la S. Congregazione dei Riti, nella nostra Società la festa del Patrono dell'Ispettoria non ha particolare celebrazione liturgica. Così si evita di aumentare eccessivamente le feste particolari da aggiungere al calendario. Parimenti non spetta alcuna particolarità liturgica alle feste di S. Luigi Gonzaga (uno dei Patroni della nostra Società) e a Santa Teresa d'Avila (tra le Patrone dell'Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice).
Anno XLII Marzo-Aprile 1961 N. 218
I. - ATTI DEL CAPITOLO SUPERIORE
IL RETTOR MAGGIORE:
1. I nostri compiti all'inizio del secondo Centenario. — 2. Ci sia guida la figura del Ven. Don Rua. — 3. La pratica della povertà. — 4. La circolare sulla povertà.
Il Rettor Maggiore
Torino, 19 marzo 1961. Festa di San Giuseppe.
Confratelli e Figliuoli carissimi,
1. I NOSTRI COMPITI ALL'INIZIO DEL SECONDO CENTENARIO.
L'anno scorso in questi giorni iniziavo l'ultimo viaggio in visita alle Ispettorie di America: Cile, Perù, Bolivia, Paraguay ed Uruguay, che lasciarono nella mia mente e nel mio cuore impressioni e ricordi carissimi, dandomi la conferma conclusiva della ricchezza spirituale trasmessaci in eredità da San Giovanni Bosco per l'educazione della gioventù e insieme per le forme moderne di apostolato parrocchiale e missionario. Ora vado ripensando le varie necessità più urgenti e più generali per aiutare con la preghiera, col consiglio e con l'opera le numerose esigenze nostre di personale e di metodi, di virtù interiori e di aggiornamenti; e ascolto le voci più autorevoli dei Pontefici, dei Vescovi, dei pensatori e degli esperti; mi metto dinanzi le varie relazioni dei nostri Ispettori e Visitatori, discutiamo a lungo nelle nostre sedute capitolari, per meglio applicare i consigli ispirati del nostro Fondatore e dei suoi santi successori, nei singoli problemi che ci si presentano.
Oh quanto sento il bisogno anzitutto delle vostre quotidiane preghiere e dell'impegno personale di tutti, a corrispondere generosamente alla vocazione di santità cui fummo chiamati da Dio! Se non è il Signore che costruisce la nostra casa, lavoriamo tutti invano; e le capacità individuali, le industrie, le umane protezioni e benevolenze serviranno a poco, se mancherà l'anima di ogni singola nostra attività: la divina Grazia, l'approvazione celeste.
2. Ci SIA GUIDA LA FIGURA DEL VEN. DON RUA.
Orbene: in questo primo anno del secondo Centenario mi pare quanto mai opportuno, per concorrere alla migliore pratica attuazione della Strenna sulla Pace interiore, invitarvi nuovamente a contemplare la ieratica figura del Ven. Don Rua in. uno dei suoi aspetti più caratteristici, ascoltando e meditando la sua parola viva in una delle sue famose circolari. Ormai in questi due mesi di marzo e aprile saranno iniziate le due costruzioni che furono annunciate e che troveranno la loro illustrazione gradualmente nel Bollettino Salesiano e nelle vostre pubblicazioni periodiche: Il Pontificio Ateneo Salesiano in Roma e il tempio votivo a San Giovanni Bosco sul colle natio, dinanzi all'umile casetta dei Becchi, la nostra Betlemme. Contemporaneamente in tutte le Ispettorie si nota un fermento consolantissimo di iniziative, per fondare, rinnovare o meglio attrezzare le case di formazione, dai piccoli Aspirantati per chierici e coadiutori, ai Noviziati, Studentati, Magisteri professionali. Dappertutto i nostri benefattori ed amici ci chiamano supplicando a dilatare le nostre tende, a correre incontro alla gioventù bisognosa, a fondare Parrocchie e Missioni nei centri popolosi come nelle zone tuttora depresse e isolate. Come è doloroso rispondere: non possiamo! Non dobbiamo riconoscere forse in queste chiamate un tacito rimprovero della Provvidenza al poco zelo di alcuni per la cura delle vocazioni, per la ricerca costante di esse in tutte le nostre opere, per la loro conservazione, educazione e specializzazione? Se avessimo lavorato meglio, ora potremmo dare un apporto maggiore alla vita della Chiesa nelle nostre Nazioni; e se oggi sapremo lavorare più generosamente, insieme, concordi, è certo che il Signore ripagherà a mille doppi i nostri sforzi.
Ora eccoci al punto che mi interessa proporvi. Tutte queste opere in corso di esecuzione nelle vostre Ispettorie e soprattutto qui al centro, esigono l'impegno generale del risparmio, ossia della pratica più scrupolosa della virtù della povertà. Non mi preoccupo delle cifre di offerta che potrete accumulare, ma della reale pratica personale, dello spirito di povertà che vorrei inculcare a ciascuno, nel campo delle sue possibilità. Chi non vede quali economie si possono realizzare in una casa, soltanto con l'attenzione e l'abilità d'un prefetto, con la presenza di un assistente esperto in certe costruzioni, con l'utilizzazione del tempo e delle piccole economie?
L'anno scorso per il 500 anniversario della sua morte, 6 aprile, abbiamo dato uno sguardo generale alla personalità del Venerabile Don Rua, fedele affezionato discepolo, e interprete genuino dello spirito religioso salesiano. Quest'anno, mentre i nostri cuori sono tesi nell'aspettazione dell'autorevole riconoscimento dei miracoli, suggello divino alla santità dei Servi di Dio, ho pensato di far parlare Lui stesso a tutta la nostra famiglia, per mezzo della lettera circolare che, a detta di tutti, è il suo documento più prezioso e lo specchio perfetto di quella virtù, che anche in bocca al Divino Maestro ebbe l'onore di essere celebrata per prima: « Beati i poveri di spirito perchè di essi è il Regno dei Cieli ».
che egli dettò nel 1907, sulla soglia ormai dell'eternità, dopo l'esperienza di 60 anni di vita salesiana, è un. compendio eloquente e accorato dello spirito d'austerità da cui nacque la nostra Congregazione.
Oggi, è vero, materialmente parlando, non c'è paragone: abbiamo camminato coi tempi: nelle costruzioni, negli ambienti, nel vitto, negli studi, nei mezzi di trasporto e di comunicazione, si è fatta molta strada, anche a memoria nostra! Ma lo spirito di povertà è sempre quello che Gesù ha proclamato e di cui ci ha dato l'esempio: lo spirito di povertà è tutto interiore e si concilia con le austerità di un eremita e con lo splendore d'un palazzo principesco e di una corte papale!
Si può essere veramente poveri di spirito sempre e dappertutto: come San Luigi re di Francia, San Benedetto Labre, San Pio X, il Santo Curato d'Ars, San Giuseppe Cafasso e San Giovanni Bosco.
Il Ven. Don Rua ci invita a questa reale povertà; e siccome quella circolare forse non è in tutte le Case, benchè nel 1940 se ne sia fatta una seconda edizione, ho pensato d'accordo coi Reverendi Superiori Capitolari di ripresentarla in questo numero degli Atti e di inviarne un doppio numero di copie, affinchè più facile ne sia la lettura e qualche copia resti a disposizione di chi ne faccia richiesta per uso personale. Se poi altri ne desiderassero, sarò lieto di inviarla, specialmente in risposta a qualche offerta per la causa di beatificazione di Don Rua.
Si legga dappertutto devotamente e i direttori e predicatori ne facciano tesoro, tornando opportunamente sull'argomento e citando a conferma gli esempi della vita del nostro Fondatore e Padre o di altri santi confratelli.
Sarà pure una lettura edificante la trattazione che fece sulla povertà » il sig. Don Ricaldone, di santa memoria, nel vol. I della serie Formazione salesiana, che mi auguro sia stata tradotta nelle lingue più parlate della nostra Famiglia.
Concludo augurando a tutti sante feste pasquali e raccomandando preghiere per la causa del Ven. Don Rua e dei nostri Servi di Dio.
Vi chiedo tale aiuto pure per me
aff.mo in C. J.
SaC. RENATO ZIGGIOTTI
Il Consigliere generale per la stampa
Vari imponenti fenomeni vediamo svilupparsi dinanzi ai nostri occhi un po' in tutti i paesi: l'urbanesimo, l'industrializzazione e la tecnica in continuo progresso, un più elevato livello di vita e di cultura anche nelle masse operaie, gli esodi settimanali in massa dalle città, l'organizzazione scientifica e massiccia delle ideologie e dei partiti, lo sviluppo sempre crescente e capillare dei canali di informazione quali la Radio, la stampa, la TV.
Questi ed altri complessi fenomeni dànno chiara la sensazione di un mondo in movimento e pongono alla Chiesa ed al nostro apostolato problemi nuovi e gravi. Uno di questi, lo affermano tutti, è certamente quello della stampa. Essa esercita un'influenza sempre più potente sui singoli e sulle masse, ma in pari tempo necessita alla Chiesa, sia per portare a tanti quella Verità che non vanno più a sentire dal pulpito, sia per arginare e controbattere gli assalti concentrici che si sferrano alla fede ed ai costumi dalla stampa a servizio del male. Questa infatti è spesso l'arma violenta dei nemici dichiarati della Chiesa e ancor più spesso ne ignora e calpesta le verità e le norme morali in nome di una libertà che viceversa è licenza.
Purtroppo tanta stampa, anche se non è dichiaratamente anticattolica, per un insieme di cause che vanno dalla impostazione ideologica alle preoccupazioni di cassetta, dalla mentalità naturalistica alla insensibilità morale dei redattori, alle illustrazioni, ai titoli stessi, tutt'altro che formare e difendere la coscienza cristiana del lettore, la addormenta, la svuota, la deforma con un processo lento ma costante e per questo tristamente efficace.
Basta solo accennare ad alcuni elementi paurosamente nocivi che in misura più o meno larga si trovano in tante pubblicazioni definite con il benevolo titolo di « neutre »: naturalismo della vita con conseguente agnosticismo di fronte alla Chiesa, messa sullo stesso piano di ogni altra confessione; sistematica messa in evidenza degli aspetti deteriori e dei sentimenti meno nobili della società attuale: tutta un'opera di esaltazione pratica del paganesimo della vita. Basta pensare ai titoli di tanti giornali, periodici, libri, con l'esposizione e la propaganda di veri errori ed eresie: divorzio, limitazione delle nascite, scuola statalista ecc.
Si tratta di una catechesi rovesciata; che inocula la menzogna e l'errore nella maniera più insinuante, operando un'esiziale abrasione del pensiero, del sentimento e del costume cristiano dall'animo del lettore. Né si può pensare che basti a compensare tale distruttiva erosione il breve sermone festivo (per quelli che l'ascoltano!). E per le masse che non hanno neppur questo minimo di istruzione religiosa?
È evidente allora la funzione insostituibile ed essenziale della stampa buona e sana, della stampa che, nello stile e nelle forme volute dalle odierne esigenze, faccia opera intelligente, discreta, ma efficace di catechesi in tutte le classi sociali, perchè tutte sono ignoranti di religione, e che presenti la vita d'oggi nella luce e nella interpretazione cristiana.
Comprendiamo allora le gravi parole dell'Arcivescovo di Parigi, l'Em.mo Card. Feltin.: « Non c'è opera più necessaria e importante per la salvezza delle anime e del paese che l'opera della buona stampa. Si fondino pure asili, si regolarizzino matrimoni, si raccolgano donne cadute, si costruiscano collegi e ricoveri di mendicità. Ma per quanto voi possiate dare, spendere, essere generosi, non ci saranno scuole, asili, collegi che bastino a far fronte al diluvio di errori che divulga quotidianamente la stampa cattiva, al torrente di corruzione che travolge tante creature, all'imperversare di vizi che corrodono tanta umanità.
La stampa cattolica è la regina delle opere, perchè tutte le riunisce e le sostiene. Pensare a tutte le opere di zelo di una parrocchia, crearle tutte, e trascurare l'opera del giornale cattolico, della stampa cattolica, è voler edificare un edificio di grandi proporzioni, dimenticando di dargli una solida base ».
3. MISSIONE PROPRIA DELLA NOSTRA CONGREGAZIONE.
Pensiamo con commozione e con santo orgoglio di figli a quanto Don Bosco ha detto, ha scritto e soprattutto ha operato, già ai suoi tempi, per diffondere una stampa cristiana che desse, pur in maniera piacevole e adatta al popolo, il pane della Verità e della Giustizia.
Ma dobbiamo anche pensare che la Congregazione ha ricevuto in eredità dal nostro Padre la missione della buona stampa. Lo riscontriamo chiaramente nel primo capitolo delle Costituzioni; dove sono presentati gli scopi della Società nostra ed ancor più chiaramente nei numerosi documenti lasciatici dal nostro Padre.
Ricordiamo con filiale devozione le parole che Don Bosco rivolgeva ai Salesiani nel 1885: « La stampa fu una delle precipue imprese che mi affidò la Divina Provvidenza... La diffusione dei buoni libri è uno dei fini principali della nostra Congregazione ». E concludeva con questo appello: « Vi scongiuro di non trascurare la stampa, questa parte importantissima della nostra missione. Incominciatela non solo tra gli stessi giovinetti che la Provvidenza vi ha affidati, ma con le vostre parole e col vostro esempio fate di questi altrettanti apostoli della diffusione dei buoni libri ».
Le parole del Padre suonano ammonitrici oggi più di ieri, confermate dall'esperienza che tutti viviamo e dall'autorevole parola di Pontefici, di Presuli, di Personalità del clero e del laicato cattolico. Valga per tutti l'alta parola del grande Pontefice Pio XII: « Il primo dovere di ogni Pastore: istruire i fedeli nella verità. Il mezzo che oggi assicura di raggiungere tutti i fedeli, anche i più lontani: la stampa ».
Quali conclusioni dobbiamo ricavare da tutti questi moniti?
Superiori e confratelli, ognuno nell'ambito del suo ufficio e delle sue responsabilità, dobbiamo renderci conto che oggi, ancor più che nel passato, abbiamo in questo campo dei gravi impegni: anzitutto quello di sentire, e fattivamente, il problema della stampa, di occuparcene con idee chiare, con azione concreta e intelligente.
Il grande Pontefice Pio XI, con l'energia che gli era propria, affermava: « Il non impiego o l'impiego negligente della stampa, di questa onnipotenza che si moltiplica al di là di ogni misura, è già una colpevole negligenza, una spaventosa responsabilità ».
4. LA NOSTRA AZIONE NEGATIVA E POSITIVA.
La nostra deve essere anzitutto un'azione negativa, difendendoci dalla penetrazione di tanta stampa tutt'altro che edificante nei nostri ambienti. Tale stampa esercita un'opera di autentica intossicazione morale e spirituale nelle nostre comunità, anche se non avvertita.
Per questo afferma il Card. Montini: « La prima difesa nei riguardi della stampa non nostra è quella di ignorarla ».
E difendiamo la nostra gioventù, i fedeli, quante persone sono legate al nostro ministero, illuminando tutti sui pericoli di certa stampa che ha un triste primato nello sgretolamento dei valori cristiani della società.
Ma sarebbe gravissimo errore voler limitare la nostra azione a quella negativa. Don Bosco non ci ha insegnato questo.
Appoggiamo quindi, nei limiti delle nostre possibilità, ogni iniziativa di stampa buona indirizzata al popolo e alla gioventù.
Ma è chiaro .che a noi Salesiani spetta in modo particolare di potenziare le nostre peculiari attività di stampa. I Superiori incoraggino a questo lavoro i confratelli capaci, consapevoli che l'apostolato stampa è impegno specifico salesiano.
Le nostre pubblicazioni poi, sia per il contenuto che per la forma e per la presentazione, devono rispondere alle giuste e sane esigenze del nostro tempo. Certe produzioni, pur fatte con la miglior intenzione, per le loro manchevolezze, finiscono col provocare reazioni negative, alimentando certi giudizi, esagerati se vogliamo, ma sempre nocivi agli scopi dell'apostolato stampa.
Le nostre Librerie, che hanno una gloriosa tradizione, mantengano alta la bandiera di centri di apostolato del libro, evitando di dare eccessivo sviluppo alla vendita di oggetti vari e di tanto altro materiale a scapito dell'apostolato del libro.
Diffondiamo sistematicamente la stampa sana, cattolica, i libri, i fascicoli, le riviste, i periodici che fanno circolare le idee cristiane, che guidano le anime a vedere e a giudicare il mondo e la vita in senso cristiano. Tali pubblicazioni non vanno confuse con tanti libretti, foglietti, bollettini di propaganda con cronachette di feste e di processioni, pratiche devozionali, grazie e relative offerte.
Indiriziiamo la beneficenza dei nostri benefattori e più ancora dei nostri Cooperatori a questa opera non meno necessaria di un nuovo pavimento della chiesa o di una bella tovaglia d'altare ricamata in oro. Il grande Cardinal Mercier diceva: « Due candele di meno in chiesa e un libro buono di più sul tavolino dei parrocchiani ».
Pensiamo infine all'enorme quantità di persone a cui possiamo arrivare attraverso i nostri Istituti, Oratori, Parrocchie, Organizzazioni: dagli allievi ai loro parenti (che non dobbiamo tralasciare di curare), dagli Exallievi ai Cooperatori, ai fedeli, ai nostri dipendenti. È tutto un mondo a cui possiamo arrivare, di cui dobbiamo difendere e coltivare il senso cristiano. Tante di queste anime solo attraverso la nostra azione, e con la stampa, possono essere illuminate e avvicinate.
Il mondo si evolve e presenta situazioni, costumi, abitudini nuove: il nostro zelo intelligente consiste nel capire i bisogni nuovi ed i metodi più adatti per raggiungere i nostri scopi _ apostolici nelle attuali circostanze.
Teniamo ben presente questa realtà! Eviteremo così di esaurirci in iniziative e attività che apostolicamente rendono poco, trascurandone altre — come la stampa — oggi come non mai essenziali alla difesa e alla diffusione del Regno di Dio sulla terra.
COMUNICAZIONI E NOTE
1. CONCESSIONI E INDULTI
della Sacra Congregazione dei Riti, riguardanti il nuovo Codice delle Rubriche del Breviario e del Messale, alla Società di San Francesco di Sales
1) Approvazione del « Calendarium » proprio della Società di San Francesco di Sales.
SACRA CONGREGATIO RITUUM Prot. N. S. 11/961.
SOCIETATIS SANCTI FRANCISCI SALESII
Praesens Calendarium redactum juxta rubricarum Codicem per Motu Proprio Joannis Papae XXIII « Rubricarum instructum » approbatum, Sacra Rituum Congregatio, vigore facultatum cibi specialiter a Sanctissimo Domino nostro Joanne Papa XXIII tributarum, revisione rite peracta, recognovit ac probavit, illudque in Societate universa S. Francisci Salesii adhiberi concessit: servatis de cetero rubricis, praesertim quoad festa Dedicationis et Tituli ecclesiarum nec non patronorum cuiusque loti. Quod vero spectat ad Sanctos, vel Beatos, qui nec in Romano Martyrologio descripti sunt, nec publico cultu a Sancta Sede certe decreta vel ab eadem confirmato potiuntur, viget Decretum Sacrae Congregationis diei 28 aprilis 1914, juxta quod Eos, si in locis particularibus ex immemorabili consuetudine publico ac religioso cultu honorentur, in Calendario servare liceat, signo aliquo seu asterisco notatos; qua ex inscriptione eorum cultus neque approbatus neque ipsi aequipollenter beati habeantur. Contrariis non obstantibus quibuscumque.
Die 16 februarii 1961
L. 44 CAIETANUS CARD. CICOGNANI
s. R. c. Praef.
HENRICUS DANTE - S. R. C. a Secret.
SACRA CONGREGATIO
RITUUM Prot. N. S. 11/961.
SOCIETATIS SANCTI FRANCISCI SALESII
Post editum novum Rubricarum codicem, Rev.mus Dominus Renatus Ziggiotti, Societatis S. Francisci Salesii Rector Maior, novum Proprium Officiorum et Missarum, iuxta normas noviter datas, parandum sategit, curis commissum virorum de re liturgica optime meritorum. Opus sic absolutum Sacrae Rituum Congregationis iudicio reverenter subiecit pro opportuna approbatione. Et Sacra eadem Rituum Congregatio, vigore facultatum sibi a Sanctissimo Domino nostro Ioanne Papa XXIII tributarum, exhibitum schema Officiorum et Missarum, diligenti studio revisum et emendatum pronti in adiecto prostat exemplari, probavit et in universa Societate S. Francisci Salesii ac in Instituto Filiarum Mariae Auxiliatricis adhibendum benigne concessit. Servatis de cetero Rubricis. Contrariis non obstantibus quibuslibet.
Die 16 februarii 1961.
CAIETANUS CARD. CICOGNANI S. R. C. Praef.
HENRICUS DANTE - S. R. C. a Secret.
SACRA CONGREGATIO RITUUM Prot. N. S. 12/961.
SOCIETATIS SANCTI FRANCISCI SALESII
Instante Rev.mo Domino Renato Ziggiotti, Societatis Sancti Francisci Salesii Reetore Maiore, Sacra Rituum Congregatio, vigore facultatum sibi a SS.mo Domino nostro Ioanne Papa XXIII tributarum, benigne indulsit ut, in omnibus ecclesiis et oratoriis
praedictae Societatis, celebrari valeat unica Missa de Beata Maria Virgine sub titolo « Auxilium Christianorum », uti votiva III classis, die 24 cuiusque mensis, dummodo non occurrat dies liturgicus I et II classis, et excluso toto Adventus, Quadragesimae et Passionis tempore: servatis Rubricis.
Praesenti Indulto ad proximum quinquennium valituro. Contrariis non obstantibus quibuslibet.
Die 3 februarii 1961.
HENRICUS DANTE - S. R. C. a Secret. JOACHIM SORMANTI, Subst.
SACRA CONGREGATIO RITUUM Prot. N. S. 12/961.
SOCIETATIS SANCTI FRANCISCI SALESII
Ad humiles enixasque preces Rev.mi Domini Renati Ziggiotti, Societatis Sancti Francisci Salesii Rectoris Maioris, Sacra Rituum Congregatio, vigore facultatum sibi a SS.mo Domino nostro Ioanne Papa XXIII tributarum, benigne indulget ut, in ecclesiis et oratoriis praedictae Societatis, in quibus sacra exponitur reliquia Sancti Ioannis Bosco, Confessoris, celebrari possit, postremo cuiusvis mensis die, unica Missa de eodem Sancto Ioanne Bosco, uti votiva III classis, dummodo non occurrat dies liturgicus I et II classis, et excluso toto tempore Adventus, Quadragesimae et Passionis: servatis Rubricis. Praesenti Indulto ad proximum quinquennium valituro.
Contrariis non obstantibus quibuslibet.
Die 3 februarii 1961.
HENRICUS DANTE - S. R. C. a Secret. JOACHIM SORMANTI, Subst.
SACRA CONGREGATIO RITUUM Prot. N. S. 31/961.
SOCIETATIS SANCTI FRANCISCI SALESII
Ad humiles obnixasque preces Rev.mi Domini Renati Ziggiotti, Societatis Sancti Francisci Salesii Rectoris Maioris, Sacra Rituum Congregatio, vigore facultatum sibi a Ss.mo Domino nostro Ioanne Papa XXIII tributarum, attentis peeuliaribus in supplici libello expositis adiunctis, benigne indulsit ut, in Oratorio cuiusque Domus praefatae Societatis, dici valeat, tempore quo spirituales peraguntur exercitationes, una Missa de Requie « quotidiana » pro sodalibus Defunctis eiusdem Societatis, minime obstante occurrentia diei liturgici III classis: servatis rubricis. Praesenti Indulto ad proximum quinquennium valituro.
Contrariis non obstantibus quibuslibet.
Die 18 februarii 1961.
HENRICUS DANTE - S. R. C. a Secret. JOACHIM SORMANTI, Subst.
SACRA CONGREGATIO RITUUM Prot. N. S. 31/961.
SOCIETATIS SANCTI FRANCISCI SALESII
Quo facilius satisfieri possit oneribus tum fixis, tum adventitiis Missarum de requie, Rev.mus Dominus Renatus Ziggiotti, Societatis Sancti Francisci Salagli. Rector Maior, a Sanctissimo Domino nostro Ioanne Papa XXIII humillime efflagitavit ut, in singulis ecclesiis et oratoriis publicis praedictae Societatis, liceat Missas de requie « quotidianas » celebrare etiam diebus liturgicis III classis.
Sacra porro Rituum Congregatio, vigore facultatum sibi ah eodem Ss.mo Domino nostro tributarum, ita precibus annuit ut, in memoratis ecclesiis et oratoriis, unica Missa de requie « quotidiana », in cantu vel letta, pro quolibet Defuncto litari valeat duobus cuiusvis hebdomadae diebus liturgicis III classis, excepto tamen toto Adventus, Quadragesimae et Passionis tempore: servatis rubricis. Praesenti Indulto ad proximum quinquennium valituro. Contrariis non obstantibus quibuslibet.
Die 10 februarii 1961.
HENRICUS DANTE - S. R. C. a Secret. JOACHIM SORMANTI, Subst.
SACRA CONGREGATIO RITUUM Prot. N. S. 13/961.
SOCIETATIS SANCTI FRANCISCI SALESII
Rev.mus Dominus Renatus Ziggiotti, Societatis Sancti Francisci Salesii Rector Maior, ad pedes Sanctitatis Suae provolutus, humillime im.ploravit privilegium, quo in omnibus ecclesiis et oratoriis Instituti Filiarum Mariae Auxiliatricis adhiberi possit Calendarium proprium praedictae Societatis Sancti Francisci Salesii.
Sacra porro Rituum Congregatio, vigore facultatum sibi ab eodem Sanctissimo Domino nostro Ioanne Papa XXIII tributarum, attentis expositis, benigne annuit pro gratia iuxta preces: servatis de cetero servandis.
Contrariis non obstantibus quibuslibet.
Die 13 februarii 1961.
HENRICUS DANTE - S. R. C. a Secret. JOACHIM SORMANTI, Subst.
.8) Indulto ai « Sacerdoti Cooperatori Salesiani », per celebrare le Messe proprie del nostro Calendario nel giorno assegnato e in occasione di Convegni o celebrazioni speciali.
SACRA CONGREGATIO RITUUM Prot. N. S. 12/961.
Beatissimo Padre,
Il Rettore Maggiore della Società Salesiana di San Giovanni Bosco, prostrato al bacio del Sacro Piede, chiede umilmente a favore dei Sacerdoti « Cooperatori Salesiani » il privilegio di poter celebrare la Messa dei Santi e Beati della medesima Società Salesiana, dell'Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice e della Pia Unione dei Cooperatori Salesiani, nel giorno assegnato dal Calendario salesiano, anno per anno secondo le regole liturgiche, con lo stesso grado e rito concesso alla Società Salesiana, purché il rispettivo Calendario diocesano non vi opponga una concorrenza liturgica prevalente; le feste finora sono le seguenti: Maria SS. Ausiliatrice, San Francesco di Sales, San Giovanni Bosco, Santa Maria Domenica Mazzarello, San Domenico Savio e San Pio X.
Il medesimo Oratore chiede, inoltre, a favore degli stessi Sacerdoti « Cooperatori Salesiani », la facoltà di poter celebrare le indicate Messe anche in occasioni di convegni o celebrazioni speciali.
E della grazia...
SOCIETATIS S. FRANCISCI SALESII
Sacra Rituum Congregatio, vigore facultatum sibi a Ss.mo Domino nostro Ioanne Papa XXIII tributarum, attentis expositis, precibus benigne annuii, pronti sequitur:
Ad I. Pro gratia.
Ad II. Pro gratia, ad proximum quinquennium, pro una vide-licet Miss'a de praedictis Sanctis, uti votiva III classis, et quidem occasione conventuum nationalium vel regionalium, dummodo non occurrat dies liturgicus I et II classis necnon tempus Adventus, Quadragesimae et Passionis: servatis Rubricis.
Contrariis non obstantibus quibuslibet.
Die 3 februarii 1961.
HENRICUS DANTE - S. R. C. a Secret.
JOACHIM SORMANTI, Subst.
2. Norme pratiche.
1. CIRCA I PRECEDENTI DECRETI
a) Nelle chiese e oratori delle Figlie di Maria Ausiliatrice si deve usare il calendario salesiano nelle feste di San Giovanni Bosco, di Santa Maria Mazzarello e di Maria Ausiliatrice; si deve usare quello diocesano nelle feste dei Patroni locali e della Dedicazione della cattedrale; negli altri giorni si può usare sia quello salesiano sia quello diocesano.
Invece nel giorno 30 gennaio, che è l'anniversario vero e proprio (late sumptum) per i soci e cooperatori defunti, in forza del codice delle rubriche (nn. 394, 418, 419), è consentita una sola Messa di requie per ogni chiesa o oratorio; si usa il formulario della prima Messa del 2 novembre, con l'orazione n. 14 (Deus veniae).
Inoltre gli stessi sacerdoti possono celebrare le suddette Messe, in occasione di convegni nazionali o regionali, con il grado di III classe, cioè con il Gloria e le commemorazioni occorrenti; tali Messe sono vietate nei giorni di I e II classe, come pure nei tempi di Avvento, di Quaresima e di Passione.
k) I sacerdoti che hanno ottenuto o in seguito otterranno per motivi d'infermità, l'indulto di celebrare, invece della Messa del giorno, una Messa votiva o la Messa dei defunti, dovranno adeguarsi per tali Messe alla nuova istruzione che a giorni verrà promulgata dalla Sacra Congregazione dei Riti; essa verrà pubblicata in apposito fascicoletto.
2. DUBBI SULLE RUBRICHE
Crediamo opportuno aggiungere alcune interpretazioni autentiche date dalla Sacra Congregazione dei Riti a dubbi circa i quali sono giunte varie domande.
3. BREVIARIO E PROPRIO SALESIANO
L'edizione del Breviario salesiano preparata da Marietti è già ultimata. Era stata annunciata al prezzo di L. 17.000 circa; il prezzo di catalogo è stato fissato a L. 18.000, il quale tuttavia è suscettibile di sconto. Essa è smerciata direttamente dall'Editore.
È pure pronto il Proprio salesiano, da acquistarsi da tutti coloro che non usano il Breviario salesiano. Esso dev'essere richiesto alla Segreteria del Capitolo. Su richiesta, verrà dato o in fogli sciolti (per chi volesse farlo legare a un Breviario di altra edizione) o rilegato.
3. Circa le Cronache delle Case.
Sono degne di lode le molte Case che hanno procurato uniformarsi alle nuove regole per la redazione della Cronaca, contenute negli Atti del Capitolo Superiore, n. 213 (maggio-giugno 1960) e riassunte nella copertina che per mezzo degli Uffici Ispettoriali si spedisce annualmente a tutte le Case. Si abbia presente che con questo lavoro si contribuisce efficacemente alla compilazione della Cronistoria della nostra Congregazione, tanto utile alle successive generazioni salesiane.
Aggiungiamo qualche norma pratica: