CAPITOLO GENERALE XX della Congregazione Salesiana
A cura di don Juan E. Vecchi e CSPG - Roma
Roma, 31 gennaio 1972
Carissimi,
Nel giorno dedicato dalla Chiesa a celebrare il «Dies Natalis» del nostro Santo Fondatore, a meno di un mese dalla conclusione del nostro Capitolo Generale Speciale, ho la gioia di presentarvo i Documenti che ne sono il frutto, se non unico, certo il più sostanzioso e concreto. Sono Raccolti in due volumi, dei quali uno, che vi presento, contiene gli Orientamenti dottrinali-pastorali oltre a quelli operativi, l´altro le Costituzioni e Regolamenti che, come è ovvio, hanno il valore normativo e direttivo universale tutto loro proprio.
In apertura a questo volume degli ORIENTAMENTI desidero farvi alcune considerazioni che mi sembrano importanti per la valutazione ed attuazione di essi, come di tutto il lavoro realizzato nel nostro Capitolo Generale Speciale. Nel volume delle Costituzioni e Regolamenti troverete pure una mia breve presentazione; mi pare che giovi per introdursi alla loro lettura.
1. SENSO DEL CAPITOLO GENERALE SPECIALE.
Il Capitolo XX è stato senz´altro il più lungo della nostra storia, ma dobbiamo anche riconoscere che ad esso era stato affidato dalla Chiesa e quindi dalla Congregazione un mandato straordinario e delicatissimo. Pensando quindi alla mole e novità del lavoro che si è dovuto affrontare, alla serietà e profondità con cui lo si è affrontato, sette mesi non parranno lunghi. Del resto tante altre Congregazioni hanno dedicato al loro Capitolo Speciale ancora maggior tempo, anche se lo hanno dovuto dividere in due sessioni.
Riscoperta della nostra identità
Il Capitolo, proprio per dare sostanza e fondamento non superficiale ma sicuro al Rinnovamento richiesto dalla Chiesa e per tanti aspetti imposto dalla profonda evoluzione avvenuta nella società fra i giovani destinatari della nostra missione, ha voluto rivedere in profondità la nostra identità alla luce delle realtà di oggi, secondo le direttive della Chiesa Conciliare, in risposta alle istanze provenienti dalla stessa Congregazione. Il Capitolo Generale Speciale è stato, come dissi a conclusione delle sessioni Capitolari, un grande evento spirituale ecclesiale e salesiano di straordinaria importanza nella storia della nostra famiglia, un fatto di larghissima collaborazione responsabile, accompagnato e illuminato continuamente dalla preghiera corale di migliaia e migliaia di anime interessate spiritualmente ad una presenza efficace dello Spirito Santo in tutti i lavori del nostro Capitolo. Guardando indietro, mi pare di poter dire che, malgrado le deficienze, le debolezze e gli errori, frutti dei limiti dell´uomo, il nostro Capitolo è stato permeato di Spirito Santo. Non era certamente un compito semplice da affrontare: se ne ebbe sempre chiara la coscienza lungo tutto lo svolgimento.
Fedeltà a Don Bosco
Per questo il leit motiv che ha accompagnato in ogni passo il nostro Capitolo è stato: «guardare a Don Bosco oggi» Come deve operare lo spirito di Don Bosco nelle circostanze e situazioni, nelle difficoltà di oggi e di domani, di fronte alle trasformazioni profonde e celeri della società secolarizzata del nostro tempo? Il Capitolo si è sforzato di comprendere sia il compito che la Provvidenza ci propone oggi, sia il cuore, il genio, il carisma soprannaturale con cui Don Bosco rispose alla missione che la Provvidenza gli affidava per la Società del suo tempo. Ma anche nei momenti di particolare difficoltà e tensioni, guardando sempre a Don Bosco, abbiamo avuto la chiara consapevolezza che la vitalità della Congregazione e il successo del suo apostolato negli anni venturi dipenderanno in maniera determinante dall´indirizzo che il Capitolo avrebbe impresso alla sua attività, e ancor più dal volto con cui la nostra Congregazione si presenterà nella Chiesa, ai giovani di oggi, al mondo e, prima ancora, a Dio. Tutti questi interrogativi e queste inquietudini, che ci hanno accompagnato senza sosta e spesso hanno portato a stati di profonda sofferenza, anche per la naturale diversa valutazione dei problemi e delle relative soluzioni, trovano una risposta, non dico completa e perfetta in assoluto (le cose umane non possono avere tale pretesa), ma, a mio parere, molto chiara ed esauriente negli Orientamenti che vi presento. Essi, pur senza avere un valore normativo, sono tuttavia di fondamentale importanza in quanto contengono le idee»: sono esse che in definitiva conducono la vita. Le stesse Costituzioni e i Regolamenti hanno nelle pagine di questo volume le loro motivazioni, i principi da cui promanano; gli orientamenti operativi poi ne sono i corollari concreti. Come vedete, si tratta di documenti della massima importanza per ogni Salesiano.
Superare le tentazioni
1) I preconcetti della sfiducia e della delusione.
Il celebre fisico Einstein soleva dire che è più facile rompere l´atomo che non un preconcetto. Ci può essere forse un preconcetto (non saprei in che misura diffuso) che, per motivi diversi e forse anche opposti, porta a svalutare a priori il valore intrinseco di tutto il lavoro del Capitolo Speciale. Non sto ad enumerare gli pseudomotivi - o meglio - le apparenti ragioni che si vorrebbero mettere avanti a giustificazione di simili atteggiamenti: dico solo che un simile comportamento, comunque motivato, sarebbe di gravissimo danno alle Comunità, perchè comprometterebbe l´efficacia dell´immenso lavoro compiuto e degli indicibili sacrifici di ogni genere a cui la Congregazione ai vari livelli si è sottoposta; sarebbe un atto di sfiducia e di poca docilità verso la Chiesa che ha voluto il Capitolo Generale Speciale proprio per il Rinnovamento della Congregazione; sarebbe infine un atto di orgogliosa presunzione individuale di fronte al pronunciamento dell´ Organo Supremo della Congregazione. E´ da aggiungere che chi ragionasse e agisse così non si potrebbe riconoscere come figlio di quel Don Bosco che fu sempre pronto ad attuare con filiale generosità ogni disposizione della Chiesa e del Papa, né amante della Congregazione, la quale ha bisogno in questo momento di vedere tutte le forze dei suoi figli tese unitariamente verso il Rinnovamento.
2) La strumentalizzazione dei Documenti.
E´ avvenuto, purtroppo con grave danno nella Chiesa, per i Documenti Conciliari che spesso, estrapolati dal contesto, siano stati interpretati arbitrariamente in appoggio a idee e a linee di azione del tutto soggettive, in assoluto contrasto con il contesto e con la mens degli stessi Documenti Conciliari. Invito tutti ad evitare un simile comportamento nei confronti del nostro Capitolo Generale Speciale. Esso con l´insieme dei suoi Documenti è un corpus armonico inscindibile, anche se non tutti hanno lo stesso valore normativo, e se per forza di cose i Documenti e gli Orientamenti hanno spesso una stesura stilistica diversa, un´angolazione dei problemi ed una presentazione redazionale varia l´una dall´altra: ma, anche se talvolta può mancare l´ omogeneità, c´è sempre l´ organicità globale tra i singoli Documenti. Non vien meno per questo la loro validità. Non sarebbe ammissibile che del Capitolo Generale Speciale si volesse accettare solo ciò che serve ad appoggiare la propria tesi personale o i propri orientamenti di vita e di pensiero. Per motivi, che chiamerei di onestà e di rispetto alla verità, il Capitolo Generale va accettato per tutto quello e in tutto ciò che nei suoi documenti oggettivamente insegna, senza parentesi e senza forzature, evitando sottolineature o silenzi di comodo o comunque interpretazioni che non si possono onestamente desumere dal contesto e da tutta la mens del Capitolo, quale risulta dall´insieme dei Documenti stessi.
Il nostro dovere
Ma io, carissimi, amo sempre pensare che il vostro atteggiamento, giovani o anziani che siate, Coadiutori o Sacerdoti, da veri figli di Don Bosco e della Congregazione, è quello che ci chiedeva Paolo VI nella cordialissima udienza concessaci il 20 dicembre scorso. Sappiamo - Egli diceva - che nelle lunghe e laboriose discussioni del vostro Capitolo avete elaborato i canoni del vostro aggiornamento. Sappiamo con quanta ampiezza e competenza avete trattato i diversi problemi; a noi non resta che raccomandare di far tesoro di tanto studio e di dare volenterosa applicazione alle prescrizioni a cui vi siete impegnati. In pratica: perché la paterna e chiara parola del Papa diventi per ciascuno feconda realtà, portandoci a quella volenterosa applicazione delle prescrizioni a cui Egli ci invita, occorre tenere presenti alcune considerazioni che in realtà ne sono condizioni e premesse. E´ vero: come non sono i Documenti ma le persone che fanno la storia, così sono e saranno i Salesiani e non uno o più volumi di documenti che rinnoveranno la Congregazione. Ma è anche vero che per divenire persone atte a realizzare questo impegno storico del Rinnovamento è condizione indispensabile anzitutto conoscere seriamente tutti i Documenti per assimilarne i contenuti e quindi calarli nella realtà esistenziale dei singoli e delle comunità ai vari livelli.
a) Leggere, anzi, studiare i Documenti Capitolari non è solo un´esigenza di docilità allo Spirito e di gratitudine per la sua presenza feconda nel Capitolo, ma è anche un vero dovere intimamente legato alla nostra professione religiosa. Oggi, infatti, il Salesiano non potrebbe essere fedele alla sua vocazione se in qualsiasi modo rifiutasse di passare attraverso il Capitolo Generale Speciale XX. Chi volesse prescindere da questi Orientamenti e più ancora dalle Costituzioni e Regolamenti rinnovati, lasciatemelo dire, verrebbe meno a quella fedeltà viva e dinamica a Don Bosco che ci chiede la Chiesa oggi. Ecco allora la parola d´ ordine per tutti. Ognuno trovi il tempo per leggere personalmente questi Documenti, ma con una lettura pacata, sistematica, approfondita, che consenta di assorbire i molti valori dei vari contenuti; si leggano in comunità, soffermandosi a commentare, a dibattere, a confrontare anche certi punti per poterne puntualizzare la portata e gli impegni che derivano: siano letti specialmente con completezza e serietà nei Consigli Ispettoriali e nelle Commissioni preparatorie ai Capitoli Ispettoriali. Una tale lettura servirà a dare la chiara percezione dello spirito che permea tutti i Documenti e in pari tempo mostrerà senza equivoci i motivi, le dimensioni e i limiti di tutti quei poteri demandati, in virtù del decentramento e della sussidiarietà, a vari organi nelle Ispettorie. Si eviteranno così errori di impostazione, eventuali omissioni e vuoti nello studio e nelle soluzioni dei vari problemi che Ispettorie o Conferenze Ispettoriali dovranno affrontare. Ho accennato ai Capitoli Ispettoriali: essi avranno una funzione di notevole importanza per l´attuazione di tutto il Capitolo Generale Speciale nella Ispettoria. E´ questo lo scopo per cui saranno indetti e organizzati, è questo l´ambito dentro cui ogni Capitolo Ispettoriale dovrà agire: non altro. Non ha dunque il compito di proporsi nuovi problemi, ma solo di studiare e trovare i modi più atti per attuare il Capitolo Generale: così, se ben preparato e condotto, offrirà un efficacissimo apporto al Rinnovamento della Ispettoria.
b) Assimilare profondamente. Ho insistito sulla lettura dei Documenti, ma è evidente che essa non può essere fine a se stessa. Come ho accennato, dovrà servire primariamente a fare assorbire e assimilare tutta la ricchezza dei Documenti, affinché dalla convinta accettazione intellettuale, i contenuti e lo spirito dei Documenti si trasformino e vengano calati nella vita: infatti lo scopo ultimo di tutto l´immane lavoro del Capitolo è appunto questo: portare i Salesiani ad essere i realizzatori e gli operatori convinti ed entusiasti del Rinnovamento sia personale che comunitario, così come è uscito dal travaglio fecondo dello stesso Capitolo. Carissimi, ricordiamolo bene: non saranno le impazienze o le intemperanze dei contestatori, né le profezie di sventura dei nostalgici di cose passate ma non più valide, a rinnovare la Congregazione, ma il lavoro paziente e generoso di quanti con animo umile ma aperto e disponibile avranno saputo riascoltare la voce di Don Bosco attraverso tutti i Documenti Capitolari, specialmente in quelle che risultano come le grandi strutture portanti del Rinnovamento.
LE STRUTTURE PORTANTI DEL RINNOVAMENTO POST-CONCILIARE.
Sinora ho parlato del Rinnovamento in termini ampi e conseguentemente piuttosto generici. Ma gli impegni del post-Capitolo esigono scelte operative ben determinate ed una concretezza e gradualità nella azione che, delimitando l´ampiezza dei temi globali del Capitolo rispondono al bisogno di convogliare e concentrare, almeno per i prossimi anni, su poche linee essenziali tutto lo sforzo del nostro Rinnovamento. Secondo una promessa fatta ai Capitolari nella fase conclusiva dei lavori, perché si evitino dispersioni di energie e l´impegno di tutti in Congregazione sia omogeneo, irrobustendo nella Congregazione l´unità nello sviluppo, desidero indicarvi cinque grandi linee su cui dovremo concentrare nei prossimi anni tutta la nostra attenzione e indirizzare gli sforzi concreti. Indicherò assai brevemente il senso di ognuna di queste linee. I Documenti Capitolari ne illustrano largamente i contenuti. Qui si vuole solo mettere in evidenza quali dovranno essere i centri di convergenza del concreto lavoro post-Capitolare.
1. Senso vivo della presenza attiva di Dio.
Nel 1° art. delle nuove Costituzioni proclamiamo la nostra convinzione che la nostra Società è nata non da solo progetto umano ma per iniziativa di Dio e che la presenza attiva dello Spirito è il sostegno della nostra speranza e l´energia per la nostra fedeltà. In queste parole dobbiamo vedere sintetizzato il primo centro di convergenza del nostro impegno postCapitolare di rinnovamento: partire dalla intensificazione personale e quindi comunitaria del senso vivo della presenza di Dio tra noi. E´ riposta qui la base insostituibile di un´autentica vocazione salesiana. Sarebbe un gravissimo e irreparabile errore spostare su altri elementi il punto basilare del nostro Rinnovamento. Lo stesso Capitolo Generale Speciale, mentre tiene conto di tutte le risorse umane della Congregazione e del concetto sociologico della sua azione, pone sempre in evidenza che i Salesiani sono mossi dall´alto attraverso i vari strumenti con cui Dio agisce ordinariamente per i suoi piani. Contro il pericolo di guardare solo agli elementi ed agli strumenti umani lo stesso Capitolo Generale Speciale, specialmente attraverso le nuove Costituzioni, fa un richiamo vivo e stimolante, più frequente che nelle antiche Costituzioni, all´aspetto sovrannaturale della presenza di Dio nella Congregazione. Essa infatti non è una qualsiasi associazione benefica o sociale, ma una grande comunità di anime consacrate, unite nella carità per una Missione del tutto sovrannaturale.
Vengono qui opportune le parole rivolteci da Paolo VI: «Se il desiderato aggiornamento non riconducesse il dinamismo apostolico ad un più intimo contatto con Dio, ma portasse a cedere alla mentalità secolaresca, ad assecondare mode ed atteggiamenti effimeri e mutevoli o mondani, a mimetizzarsi col mondo nelle sue forme e senza discernimento, allora sarebbe il caso di riflettere seriamente sulle severe parole del Vangelo: Se il sale diventa scipito, non vale più a nulla, serve solo per essere buttato via e calpestato dagli uomini. Lo spirito del vostro Santo Fondatore, che in vita fu così aperto ai bisogni delle anime giovanili ma sempre così unito con Dio, sembra a noi che oggi vi chieda soprattutto questo particolare impegno: e siamo certi che voi, come sempre, più di sempre, ne asseconderete l´impulso.»(Discorso di Paolo VI ai membri del Capitolo Generale Speciale). Tutto questo importa in concreto per noi uno sforzo energico per ridonare di fatto il primato assoluto alla vita di fede (Cfr Cost. 52). Tale primato si ottiene attraverso un duplice costante esercizio, quello di una preghiera rinnovata e quella di una vita quotidiana di testimonianza (Cost. 2; 54).
2. Missione Giovanile e Popolare
L´art. 3° delle nuove Costituzioni ci ricorda che con la missione si specifica il compito che abbiamo nella Chiesa e il posto che occupiamo tra le famiglie religiose: essa dà il suo tono concreto a tutta la nostra vita (Cost. 3). Nei lunghi mesi di lavoro capitolare ci si è preoccupati di ridefinire, con la maggior precisione possibile, la Missione che Iddio ha affidato a Don Bosco ed ai suoi figli nella Chiesa. Essa appare come il punto focale di tutta la nostra vocazione. Da essa parte l´iniziativa e la creatività per una vera crescita della fedeltà ella nostra vocazione. Dobbiamo pensarci seriamente: il Rinnovamento della nostra missione giovanile e popolare condiziona la totalità di un vero aggiornamento della Congregazione. Se ci sono quindi degli anacronismi, se riscontriamo umilmente delle infedeltà da correggere, se ci sono delle sfide della storia a cui oggi siamo chiamati a rispondere, se c´è bisogno di crescere e di progredire, dovremo concentrare l´attenzione della nostra fede e della nostra ricerca sulla missione specifica di noi Salesiani nella Chiesa. E´ qui che troviamo il parametro sicuro e definitivo della nostra identità. II Capitolo Generale Speciale, oltre a darcene le ragioni, ci indica anche tre grandi strade da percorrere per rinnovare la nostra Missione giovanile e popolare. Queste strade noi dovremo decisamente percorrerle superando difficoltà, abitudini, pregiudizi. Esse sono: - La strada dei poveri (Cost. 10; specie 87-88-89). - La strada della catechesi (Cost. 20; Regol. 12). - La strada delle Missioni (Cost. 20; 24).
Ma per raggiungere con amore la gioventù povera, e per renderci ad essa credibili, per lo stesso risveglio in Congregazione dello spirito missionario e di evangelizzazione, per esser sensibili all´urgenza della nostra fondamentale missione di catechizzare, dobbiamo farci anzitutto un cuore povero che viva ed ami quella povertà vera che, rendendoci liberi, ci fa disponibili per le anime sotto tanti aspetti povere. Perciò la lotta contro il borghesismo, sia personale che comunitario, in tutte le sue multiformi espressioni, deve essere condotta in questo postCapitolo senza alcuna falsa indulgenza. Tante grandi e meravigliose conquiste spirituali del nostro domani, crediamolo, dipendono da qui: sento che è Don Bosco a ripetercelo. Leggiamo dunque attentamente gli articoli delle Costituzioni corrispondenti a queste strade, illuminandoli con gli orientamenti e vedremo aprirci un panorama concreto di avvincente lavoro: sarà appunto questo coraggioso ritorno a Don Bosco, a quello dei prati di Valdocco, che ridarà fiducia ed entusiasmo alla nostra vocazione. La sincerità poi e la efficacia degli impegni postCapitolari ognuno di noi - secondo le sue peculiari responsabilità - potrà misurarle verificando il suo cammino per queste strade maestre della Missione Salesiana.
3. Costruzione della comunità
Un terzo centro di vigoroso e fattivo interesse indicatoci dal Capitolo Generale Speciale ai fini del nostro Rinnovamento è certamente la dimensione comunitaria della nostra vita salesiana, affermata come esigenza fondamentale e via sicura (Cost. 67) nella realizzazione della nostra vocazione. La comunità di cui parla il Capitolo Generale Speciale è quella Religiosa, cioè quella i cui membri vivono uniti anzitutto dal vincolo della carità e della comune consacrazione e missione. Già il Capitolo XIX se ne era occupato e aveva dato nuovo e largo spazio alla vita comunitaria. Nella costruzione della comunità religiosa il Capitolo Generale Speciale sottolinea l´aspetto della Comunione di fraternità, da ottenersi nelle singole case (Cost. 58-59-60) e la speciale importanza che viene ad acquistare in Congregazione la Comunità Ispettoriale (Cost. 64-106-187-180-196 Regol. 1-4-7-44-47-52-62-64-90-95-172-177). In questo campo bisognerà concretare gli sforzi su due piani: quello della corresponsabilità e partecipazione dei soci nelle attività della Congregazione (Cost. 25), e quello della sussidiarietà e decentramento che faccia sviluppare e crescere l´unità viva della Congregazione nella variante pluralità delle situazioni (Cost. 126). Tutto questo importerà un accresciuto e vigile senso del significato profondo di questi principi a cui si è ispirato il Capitolo alla luce del Vaticano II. Sarebbe grave danno appigliarsi a qualche frase staccata dal suo contesto, per dedurne illazioni ben lontane dai principi del Capitolo XX. Esso, ad esempio, valorizzando la Comunità, non ha mai inteso annullare il valore e la funzione dell´autorità. Il Capitolo Generale XX mette in evidenza la realtà della comunione tra i confratelli per cui essi partecipano di tutti i beni spirituali della comunità e di tutte le responsabilità apostoliche. Il Salesiano, cioè, non è un isolato che persegue una finalità individuale con la sua personale iniziativa, ma vive insieme agli altri nella carità, agisce con gli altri in attività comuni, porta il suo contributo alla vita spirituale della comunità e ne riceve aiuto e conforto, condivide le responsabilità della comunità nella ricerca, nel prendere le decisioni, nella attuazione delle attività. Mentre il Salesiano compie il proprio ruolo nella vita della Comunità, egli rispetta quello degli altri, in primo luogo quello dell´autorità. Questa concezione della Comunità è, di fatto, quella che corrisponde alla concezione propria di Don Bosco, che ha sempre pensato alla Comunità Salesiana come ad una famiglia. Ma per attuare la famiglia di Don Bosco non bisogna procedere con spirito di rivendicazione dei propri diritti, mortificando quelli degli altri o esasperando il contrasto tra autorità ed ubbidienza. La famiglia salesiana (e cioè la nuova Comunità voluta dal Capitolo Generale XX) si attua se si parte dal principio di voler valorizzare tutte le forze spirituali dei confratelli, di volerle unite dal vincolo soprannaturale dell´amore per il Padre celeste e dalla comune missione. Nella Comunità Salesiana, giova ancora ricordarlo, l´elemento fondamentale è la carità: solo quando ci sia la presenza operante della carità si attuano serenamente le altre forme di partecipazione.
4. Valorizzazione e rilancio della «Famiglia Salesiana».
I Salesiani - dice il documento 1 (N. 151) - non possono ripensare integralmente la loro vocazione nella Chiesa senza riferirsi a quelli che con loro sono i portatori della volontà del Fondatore. Per questo ricercano una migliore unità di tutti, pur nell´autentica diversità di ciascuno. Sono vari i gruppi che vivono dello stesso spirito di Don Bosco. L´art. 5 delle Costituzioni rinnovate ci dice che tali gruppi insieme a noi formano la Famiglia Salesiana. In essa abbiamo particolari responsabilità (Cost. 5). Ed eccoci di fronte a un´altra grande direttrice di marcia del nostro rinnovamento per questi prossimi anni, un altro indispensabile punto di convergenza del lavoro postCapitolare. E´ urgente ridonare alle nostre comunità la dimensione di nucleo animatore di altre forze spirituali e apostoliche: ne trarranno esse stesse grandi vantaggi spirituali e apostolici. Questa è stata una delle caratteristiche della carità pastorale di Don Bosco. Non mi soffermo qui sugli impegni e rapporti nostri con i singoli e diversi gruppi della nostra famiglia. Ma sento di dover richiamare la vostra attenzione su una nostra precisa responsabilità fattasi oggi più grave, anche perché è una delle esigenze del rinnovamento ecclesiologico del Vaticano II: l´ ora dei laici nella Chiesa, Popolo di Dio. Non possiamo continuare ad ignorare o far languire, svuotandolo, questo preciso impegno che poi si traduce, come accennavo sopra, in nostro prezioso interesse. Parlando di nostri laici, intendo riferirmi in particolare ai COOPERATORI SALESIANI. La duplice dichiarazione del Capitolo Generale Speciale ai Cooperatori ed ai confratelli deve servire di piattaforma concreta per l´attualizzazione del progetto originario di Don Bosco sul Cooperatore Salesiano. Appunto nel progetto di deliberazioni preparato personalmente da Don Bosco per il I Capitolo Generale della Congregazione si leggono parole come queste: Un´associazione per noi importantissima, che è l´anima della nostra Congregazione, è l´ Opera dei Cooperatori Salesiani. Sono parole profondamente impegnative. In quest´ ora della nostra storia in cui fra l´altro sentiamo il bisogno di essere affiancati e integrati da laici formati e imbevuti del nostro spirito, non possiamo permettere che la parola del nostro Padre resti ancora una volta vana retorica: l´unica cosa da fare è rimboccarsi le maniche traendo dalle profetiche affermazioni di Don Bosco tutte le feconde e rinnovatrici conseguenze.
5. Cura dell´unità nel decentramento
La nostra Comunità non è solo quella locale o quella ispettoriale: l´una e l´altra sono cellule vive del grande organismo che forma la grande Comunità mondiale: la Congregazione tutta (Cost. 6-63-123-130-131-132-135-152-160-161). Una Comunità che nei prossimi sei anni deve essere costruita con particolare impegno. Il motivo che ci chiede di concentrare qui sforzi ed attenzione del nostro Rinnovamento lo si trova appunto nella fase di decentramento in cui entra la Congregazione con il Capitolo Generale Speciale: fase assai delicata. Rileggiamo gli articoli costituzionali e regolamentari che demandano ai Capitoli e alle Conferenze Ispettoriali dei nuovi importanti compiti. Come si può constatare, il decentramento implica, pur nei limiti segnati dalle Costituzioni, forme e impegni pluralistici che, se non sono equilibrati da più profonde esigenze di unità, potrebbero portare irreparabili danni, vera disgregazione, un processo di dissolvimento alla Comunità mondiale, cioè alla Congregazione. Questo, certamente, come è stato ripetuto in Capitolo, nessuno io vuole, ma non bastano i buoni desideri: in questo campo specialmente, bisogna operare con vigile saggezza per evitare passi che possano compromettere quell´unità che è conditio sine qua non per la vita e l´avvenire della Congregazione. C´è bisogno dunque che, mentre si costruiscono le comunità ai vari livelli, ci si preoccupi direttamente e con fatti concreti di tutto quanto serve a costruire e mantenere l´unità vitale della Congregazione a livello mondiale contro eventuali tendenze centrifughe da non confondersi col vero decentramento. E´ una gravissima responsabilità da tenere ben presente nei prossimi anni soprattutto da parte di Ispettori e relativi Consigli, ma non solo da essi. Lo sforzo comune dovrà concentrarsi su due piani complementari: L´identità dello spirito nella stessa Missione (Cost. Cap. 6°), la vincolazione permanente e viva con il Rettor Maggiore e il suo Consiglio (Cost. 130-131-132-135-145). Se è vero, come si afferma nelle Costituzioni che riecheggiano l´insegnamento del nostro Padre in fedeltà alla nostra costante tradizione, che il Rettor Maggiore è il Centro di Unità e che Egli, in comunione col Consiglio Superiore, promuoverà una costante e rinnovata fedeltà dei soci alla vocazione salesiana (Cost. art. 1303, si comprende facilmente come sia essenziale che in ogni parte della Congregazione ci sia e si alimenti in tutti i modi questa concreta vincolazione. Qui sarà la nostra forza, di qui verrà la sicurezza di camminare e progredire con Don Bosco.
CONCLUSIONE
Carissimi, ho voluto indicarvi quelle che mi sembravano le strutture portanti del nostro Capitolo Generale Speciale, e questo non tanto per spiegarvene i contenuti quanto perché vediate l´importanza e quindi l´urgenza delle scelte operative su cui si dovranno concentrare tutti i nostri sforzi nei prossimi sei anni. Esaminando bene, si può dire che su queste cinque grandi linee confluisce e da esse promana l´insieme di principi, di norme e direttive contenute nei Documenti Capitolari. Avete dunque nelle vostre mani un materiale ricchissimo e quanto mai interessante per farvi operatori del Rinnovamento della Congregazione. Avanti, dunque: il tempo della ricerca, delle discussioni e dei confronti è finito. La Congregazione, nel suo Organo Supremo, ha concluso tutta una fase faticosa ma feconda, e ci presenta ora il frutto di tutto questo immane comune lavoro. Da oggi comincia in Congregazione il tempo di operare, attuare, eseguire; ognuno, nell´ambito delle sue mansioni e responsabilità senta il dovere e la gioia di dare a tal fine i suo personale contributo. Ma ricordiamo ancora una volta che il Rinnovamento non avverrà attraverso programmi anche i più elaborati a attraverso rotture puramente esteriori e non facilmente assimilate, ma attraverso gli atteggiamenti interiori: sono essi che animano e determinano le espressioni di vita. Il Rinnovamento sarà vero e autentico quando avremo la sicurezza di aver ritrovato e riprodotto Don Bosco in noi. Amo pensare che Don Rua, alla cui beatificazione ci andiamo preparando e al quale affidiamo tutta l´ opera del nostro postCapitolo, non ci parlerebbe diversamente. La Vergine Ausiliatrice, sempre maternamente presente a tutte le svolte decisive della Congregazione, sia in questo nuovo cammino della nostra storia la stella che dà sicurezza e conforto.
Sono per tutti affezionatissimo
D. LUIGI RICCERI
Rettor Maggiore
Parte Prima
SEZIONE PRIMA
La nostra missione apostolica
Documento 1
I SALESIANI DI DON BOSCO NELLA CHIESA
Identità e vocazione attuale della Società Salesiana
«La vita religiosa, per rinnovarsi, deve adattare le sue forme accidentali ad alcuni cambiamenti che toccano, con rapidità ed ampiezza crescenti, le condizioni di ogni esistenza umana. Ma come giungervi mantenendo quelle forme stabili di vita (1) riconosciute dalla Chiesa, se non mediante un rinnovamento dell´autentica ed integrale vocazione dei vostri Istituti. Per un essere che vive, l´adattamento al suo ambiente non consiste nell´abbandonare la sua vera identità, ma nell´affermarsi, piuttosto, nella vitalità che gli è propria. La profonda comprensione delle tendenze attuali e delle istanze del mondo moderno deve far zampillare le vostre sorgenti con rinnovato vigore e freschezza. Tale impegno è esaltante, in proporzione delle difficoltà.(2)
INTRODUZIONE
IL NOSTRO RINNOVAMENTO
RIATTUALIZZARE IL DONO SPIRITUALE
DELLO SPIRITO SANTO
A DON BOSCO E AI SUOI FIGLI
A) LA CHIESA SI RINNOVA SOTTO L´INFLUSSO DELLA SPIRITO SANTO
1
1. Lo Spirito Santo rinnova la Chiesa
a) Giovanni XXIII ha raccontato che l´idea e la decisione di riunire un concilio gli sono venute improvvisamente il 25 gennaio 1959 come una esplosione di primavera: sentiva il fatto come un´audace docilità a un impulso dello Spirito.(3)
Lo Spirito Santo che guida, unifica, istruisce e dirige la Chiesa(4) è difatti 1´ispiratore di tutti i suoi rinnovamenti soprannaturali: Manda il tuo Spirito e tutto è creato e rinnoverai la faccia della terra.(5) Il Concilio, radunato nello Spirito Santo(6) ha approvato, decretato e stabilito il contenuto di tutti i documenti nello Spirito Santo. Ha ricordato con precisione nei suoi testi che lo Spirito spinge la Chiesa a ringiovanirsi e a non cessare di rinnovarsi.(7)
2
b) In che cosa consiste essenzialmente questa opera rinnovatrice? Già Paolo VI l´indicava nell´enciclica Ecclesiam Suam (6 agosto 1964): lo Spirito aiuta la Chiesa da una parte a conoscersi meglio e a rinnovarsi interiormente, dall´altra a rivolgersi più decisamente al mondo per meglio adempiere a suo riguardo la propria missione di salvezza. Questa duplice intenzione ha segnato tutti i lavori del Concilio.(8)più chiaramente la Chiesa si presenta d´ ora in poi come un sacramento o segno e strumento della presenza salvatrice e riconciliatrice di Cristo nel mondo,(9) e vuole presentare l´autentico messaggio del Vangelo in un linguaggio accessibile all´uomo d´ oggi.(10)
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2. Lo Spirito Santo rinnova gli istituti religiosi
a) Gli Istituti religiosi, prima di essere oggetto di autentificazione dall´autorità gerarchica, sono nella Chiesa il frutto speciale del´impulso carismatico dello Spirito, sia nei loro Fondatori, sia nella loro realtà di Istituti, sia in ciascuno dei loro membri.(11) E´ dunque naturale che il rinnovamento della Chiesa trovi negli Istituti religiosi un luogo privilegiato di applicazione: Questo rinnovamento della vita religiosa deve attuarsi sotto l´influsso dello Spirito Santo e la guida della Chiesa.(12)
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b) Sulla linea di quanto ha affermato per la Chiesa, il Concilio indica con la massima chiarezza in che cosa consiste il rinnovamento della vita religiosa: Comporta il continuo ritorno alle fonti di ogni forma di vita cristiana e all´ispirazione primitiva degli Istituti, e nello stesso tempo l´adattamento degli Istituti stessi alle mutate condizioni dei tempi(13) E´ fondamentale comprendere bene questa definizione. Secondo il pensiero dei Padri conciliari, questi due elementi non sono da considerare come separati e successivi, ma costituiscono piuttosto un unico movimento vitale che ha come due poli: un ritorno alle fonti e l´adattamento alle mutate condizioni dei tempi. Si tratta di incarnare più realisticamente nel mondo attuale una vita religiosa che si vuole più autentica. Si chiariscono così il senso dei quattro principi del rinnovamento indicati in PC 2: nel ritorno alle sorgenti si deve curare la fedeltà allo spirito del Vangelo e all´intenzione del Fondatore; nell´adattamento all´attualità occorre mantenersi sensibili al moto di rinnovamento della Chiesa e all´appello del mondo.
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c) A questi principi se ne aggiunge un quinto, che si rivolge direttamente ai singoli religiosi e al quale spetta sempre il primo posto, perché condiziona e unifica la realizzazione degli altri quattro: è il rinnovamento spirituale. Esso consiste fondamentalmente nell´attitudine di ascolto e di docilità allo Spirito Santo: Il carisma della vita religiosa... è il frutto dello Spirito Santo che sempre agisce nella Chiesa. E´ precisamente qui che trova la sua risorsa il dinamismo proprio di ciascuna famiglia religiosa.(14) Lo Spirito vivente conduce i religiosi a riscoprire Cristo e il suo Vangelo, perché Lui è il Maestro interiore; aiuta a ritrovare lo spirito del Fondatore, perché è Lui che tale Fondatore ha chiamato e arricchito di doni; fa partecipare vivamente alla vita della Chiesa, perché Egli ne è la Pentecoste permanente; e, infine, abilita a cogliere gli appelli del mondo, perché Egli ne è il fermento nascosto, che lavora misteriosamente nel cuore di tutti gli uomini.(15)
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3. Lo Spirito Santo ispiratore del nostro rinnovamento
Partiamo da questo atto di fede: lo Spirito che ha suscitato san Giovanni Bosco come padre e maestro degli adolescenti e che per mezzo di lui ha fatto fiorire nella Chiesa nuove famiglie religiose(16) vuole ancora oggi ispirare i membri di queste famiglie e aiutarli a realizzare meglio la loro missione nella Chiesa. Sotto il suo impulso, devono approfondire la conoscenza genuina del loro spirito primitivo(17) e percepire di nuovo i valori evangelici che Don Bosco perseguì come ideale della sua vocazione, ma proprio affinché possano riattualizzarli nel mondo di oggi, secondo tutti gli adattamenti necessari.
L´importanza e la complessità di questo compito richiedono qualche chiarimento.
B) DON BOSCO, DOCILE ALLO SPIRITO SANTO, HA REALIZZATO LA SUA VOCAZIONE NEL CONTESTO DEL SUO TEMPO.
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1. Don Bosco, «uomo di Dio»
Don Bosco è stato senza dubbio un grande uomo carismatico che Dio ha suscitato nella Chiesa. L´intensità della iniziativa divina in lui si manifesta non soltanto nella sua santità personale, solennemente riconosciuta dalla Chiesa, ma anche nella sua opera di fondatore, essa pure riconosciuta dalla Chiesa nella approvazione ufficiale delle Costituzioni dei Salesiani e delle FMA e dell´associazione dei Cooperatori Salesiani.
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Per riconoscerlo come strumento di Dio, la Chiesa ha usato prima di tutto il criterio fondamentale della saggezza cristiana: l´autenticità evangelica delle virtù e opere del nostro Padre. Ma è anche legittimo per noi osservare come lui stesso, nello sviluppo della esperienza) acquistò la certezza di essere condotto dalla Provvidenza Anzi volle che i suoi figli non perdessero mai di vista l´intensità di questo intervento divino. A questo scopo scrisse il documento Memorie dell´ Oratorio: A che potrà servire questa cosa? ... A far conoscere come Dio abbia Egli stesso guidato ogni cosa in ogni tempo.(18)
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2. La vocazione di Don Bosco: suo ruolo nella Chiesa
Nel corso della sua vita tanto complessa, Don Bosco svolse un certo numero di attività legate a situazioni transitorie, come quella per esempio di servire da intermediario tra la Santa Sede e il governo italiano dopo il 1870. Ma ciò che qui ci interessa sono le linee fondamentali della sua vocazione di fondatore, cioè l´ opera che lo Spirito di Dio gli ha ispirato di fondare non solamente per il presente, ma anche per il futuro della Chiesa:
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a) chiamato per una missione permanente: un servizio di carità pastorale per i giovani, soprattutto poveri, e la classe popolare. A Giovanni Bosco, giovane prete torinese nel 1841, lo Spirito Santo diede una sensibilità speciale per percepire, attraverso diverse esperienze, la sventura e i pericoli nei quali si trovavano i giovani, che sradicati dalle loro campagne, accorrevano in una città in pieno rinnovamento sociale, politico e religioso. Fu chiamato così a consacrare la sua vita per aiutarli a divenire onesti cittadini e buoni cristiani, e per creare, a tale scopo, una serie di opere di carità corporale e spirituale rispondenti alle loro necessita. Il suo zelo si volse pure verso quegli adulti del basso popolo, specialmente dei paesi di campagna,(19) insidiati da una corrente di anticlericalismo, e senza una cultura, specialmente religiosa. più tardi, infine, la sua carità fu stimolata dalla miseria materiale e spirituale delle lontane regioni pagane. Lo Spirito gli fece scoprire gradualmente che questa missione complessa si doveva dilatare nello spazio e nel tempo, a beneficio di popoli diversi e di numerose generazioni;
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b) chiamato a realizzare questa missione secondo un particolare stile di vita e di azione. Lo stesso Spirito gli donò lo zelo apostolico e la bontà di cuore di San Francesco di Sales, così da poter personificare in Sé, attraverso l´apporto delle sue ammirevoli qualità umane, un particolare stile di vita, di azione, di preghiera, di rapporti pastorali, che egli avrebbe inculcato a tutti i suoi figli e ai suoi collaboratori. In particolare diede vita ad un sistema di educazione tutto penetrato della carità di Cristo;
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c) chiamato a fondare la Congregazione salesiana ed altre Istituzioni religiose. Una tale missione da realizzarsi con un tale spirito, come duraturo servizio ecclesiale, esigeva uomini capaci di lavorare con Don Bosco e istituzioni atte ad assicurarne la continuità nella fedeltà dinamica. Sotto l´impulso dello Spirito, Don Bosco comprese ben presto che questo pesante compito poteva poggiare solo su uomini che vi si consacrassero interamente; lo Spirito stesso fece nascere nel cuore dei suoi primi discepoli la chiamata alla consacrazione totale nella vita religiosa. La vita di Don Bosco si identifica in parte (soprattutto dal 1859 al 1874) con la fondazione paziente della Società Salesiana. più tardi, avendo avuto la certezza essere volontà di Dio che si occupasse anche delle fanciulle.(20) fondò la Congregazione delle Figlie di Maria Ausiliatrice (FMA). Infine era sua ferma convinzione che il più grande numero possibile di cristiani dovessero unire le loro forze per il bene delle anime, soprattutto dei giovani poveri. Comprese allora che la Società salesiana doveva essere come il lievito animatore di un vasto movimento di carità, in cui uomini e donne sarebbero stati partecipi della sua missione, e del suo spirito, ognuno secondo il proprio stato di vita: così nacque l´associazione dei Cooperatori, terza istituzione portatrice del suo carisma. Veramente a Don Bosco Dio ha dato un cuore vasto come l´arena del mare... Sperò contro ogni speranza, e divenne padre di molte nazioni.(21).
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3. Aspetti permanenti e contingenti nelle realizzazioni di Don Bosco.
a) Sottolineare, come noi abbiamo fatto, l´ispirazione divina nella vita di Don Bosco, non significa, in alcun modo, che la sua opera e le sue realizzazioni si debbano divinizzare e siano intoccabili. L´azione o i doni dello Spirito non sono cose, perfette in sé e trasmissibili. Essi sono nelle persone: da una parte lo Spirito che agisce liberamente, dall´altra creature sempre limitate e sempre storicamente situate, che ricevono questo influsso e vi rispondono nei limiti della loro libertà e delle contingenze storiche. Un carisma è sempre concretamente a incarnato, e quindi le sue manifestazioni esteriori sono sottomesse al movimento delle realtà umane.
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b) Don Bosco seguì l´ispirazione del Signore facendo sempre coincidere la sua azione e le sue opere con le esigenze del tempo e del luogo.(22) L´azione divina non impedì che egli si nutrisse della teologia e della spiritualità del suo tempo.(23) Partecipe della coscienza che la Chiesa aveva di se stessa sotto il pontificato di Pio IX, sensibile al tipo di società preindustriale e politicamente liberale dell´italia tra il 1848 e il 1880, la sua opera si rivolse ai giovani di un ben definito contesto socioeconomico e religioso, ed assunse le forme allora più opportune. Le stesse istituzioni religiose che egli fondò seguirono le esigenze canoniche dell´epoca... Tutto ciò è più che naturale.
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c) Da tutto questo nasce una costatazione importante: nella vita, pensieri e opere concrete di Don Bosco, e a maggior ragione nelle opere, tradizioni e strutture della Congregazione del passato, è anche necessario operare un discernimento:
- tra ciò che corrisponde alle intenzioni permanenti di Dio sulla Congregazione, colte attraverso il Fondatore, la realtà vitale ed essenziale della sua missione, del suo spirito e della sua istituzione: tutto questo non solo non deve cambiare, ma deve incessantemente essere riscoperto, purificato e migliorato;
- e ciò che è espressione dei condizionamenti variabili e delle forme storiche concrete nelle quali si è incarnata questa realtà vitale-essenziale. Alcune di queste forme contingenti, ancora pienamente valide, devono essere conservate; altre, decadute o inadeguate, devono essere sostituite o rinnovate sotto la spinta dello sviluppo dogmatico-ascetico, pastorale e canonico della Chiesa, e del nuovo contesto socioculturale del mondo, e in particolare dei giovani.
Così la missione, lo spirito, la vita religiosa, e l´istituzione salesiana, sempre identiche nella loro realtà profonda, potranno esprimersi nelle forme nuove che permetteranno loro di raggiungere il loro SCOPO OGGI, al servizio della Chiesa e degli uomini del nostro tempo.(24)
C) I SALESIANI DOCILI ALLO SPIRITO SANTO DEVONO REALIZZARE LA LORO VOCAZIONE NEL CONTESTO DI OGGI
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1. Difficoltà del compito
Questo compito di discernimento e di rinnovamento è difficile, delicato e urgente. Difficile soggettivamente perché il suo processo mette psicologicamente alla prova e non si fa senza una dose di coraggio e di spirito di sacrificio (è più facile fermarsi ai modi abituali di pensare o di fare). Delicato oggettivamente, perché non si vede sempre di colpo, né sempre con chiarezza, quali sono gli aspetti permanenti e gli aspetti contingenti di una realtà tanto complessa come la nostra Congregazione. La posta in gioco è importante: sopprimere o cambiare un aspetto essenziale porterebbe a sopprimere la vera Congregazione salesiana per formarne un´altra; non cambiare e non rinnovare quanto si deve, sarebbe impedirle di essere la Congregazione salesiana oggi. Bisogna dunque essere fedeli nel progresso vitale. E infine questo compito è urgente e grave, perché quella attuale è un´epoca di una straordinaria evoluzione: il mondo subisce mutamenti rapidi e profondi;(25) la Chiesa opera svolte decisive ... e essa stessa ci comanda di rinnovarci per aiutarla nella sua missione. Cosa fonda la nostra speranza di poter superare le difficoltà per raggiungere questo discernimento e questo rinnovamento? Il primo luogo la presenza attiva dello Spirito Santo nella comunità di quelli che Lui ha chiamati al seguito di Don Bosco.
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2. Colui che ha ispirato Don Bosco è presente per aiutarci ancora
L´affermazione d´una specie di permanenza della presenza attiva dello Spirito nella Congregazione si fonda nel fatto che questo stesso Spirito ha manifestato, nel carisma di fondazione, la sua volontà di dotare la Chiesa di un corpo specializzato per il servizio dei giovani poveri. Essendo logico con se stesso, fedele, generoso, si è in qualche modo impegnato a dare figli e discepoli al nostro Fondatore: lungo il tempo, non cessa quindi di chiamare altri cristiani per continuare la sua missione. L´esperienza secolare della Congregazione (e segnatamente la presenza in essa di molti uomini di Dio) ci invita a pensarlo, e la Chiesa ce ne dà assicurazione.
Ora è questa presenza dello Spirito che fonda oggi la nostra speranza di essere fedeli a Don Bosco e alla sua missione: tra di noi è attivamente presente Colui stesso che ha suscitato e guidato Don Bosco. Al livello più profondo realizza la nostra unione con Don Bosco, e quindi la nostra comunione di salesiani. E come ha condotto Don Bosco a realizzare la sua missione in profonda coerenza con la Chiesa e il mondo del suo tempo, così oggi conduce anche noi a realizzarla in coerenza col mondo odierno. Egli vuole aiutarci, con un unico movimento, ad essere con Don Bosco e coi tempi (Don Albera), meglio ancora a essere Don Bosco oggi.
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3. Quest´azione dello Spirito richiede da noi attenzione e collaborazione continua.
Tutto questo lavoro dello Spirito è un invito alla nostra libertà. Un dono dello Spirito non può mai essere un deposito statico, né un insieme di costumi o di regole, pur certo rispettabili; non può trasmettersi automaticamente attraverso qualche rito, dottrina o abitudine che sia, neanche attraverso l´appartenenza materiale alla Congregazione. Non possiamo neppure riposarci in modo imprudente e temerario sulle meraviglie passate. Il dono dello Spirito alle persone diventa efficace nella misura in cui esse sono docili e generose nelle risposte e nella vita, ogni giorno. Si può benissimo resistere allo Spirito,(26) spegnere lo Spirito,(27) che allora potrebbe affidare ad altri la missione salesiana... Il nostro primo compito è, dunque, la conversione spirituale: riconoscere la nostra insufficienza per rivolgerci verso lo Spirito senza cui non possiamo far NIENTE di valido per il Regno di Dio, e metterci in un atteggiamento di supplica, di ascolto e di docilità. Per operare il discernimento e il rinnovamento necessari, gli storici non bastano, né i teologi, né i politici, né gli organizzatori: sono necessari gli uomini chiamati spirituali,(28) uomini di fede, sensibili alle cose di Dio e pronti all´ obbedienza coraggiosa, come lo fu il nostro Fondatore. La vera fedeltà a Don Bosco consiste non nel copiarlo esteriormente, ma nell´entrare nella fedeltà di Don Bosco allo Spirito Santo. Tutto questo deve essere fatto comunitariamente, perché io Spirito di verità è anche lo Spirito di carità: si manifesta alla comunità radunata in suo nome nell´amore. Appare allora un secondo compito, incluso nel precedente: i diversi membri insieme, ciascuno secondo il proprio dono e la propria responsabilità, devono ricorrere con umiltà e lealtà ai criteri della presenza autentica dello Spirito: persone, opere, esperienze sono da giudicare secondo la loro coerenza al Vangelo,(29) al senso comune del Popolo di Dio,(30) al magistero, ai valori profondi della tradizione salesiana, alle urgenze del momento. La certezza prudente, ma relativa, a cui si giunge è sufficiente per andare avanti con pace e speranza, ma obbliga anche a restare sempre attenti insieme all´azione misteriosa di Dio.
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4. La docilità allo Spirito legge fondamentale PERMANENTE della Congregazione.
Quest´atto di fede primordiale nella presenza . dello Spirito ci fornisce allora il massimo criterio del nostro rinnovamento: non si tratta di rinforzare una istituzione ecclesiastica, sia pure molto venerabile, ma di riattualizzare un dono di Dio alla sua Chiesa. Ci fornisce anche il principio di base permanente di tutta la vita della Congregazione: alza il suo sguardo al livello del mistero dell´azione divina che si serve di poveri uomini; e le permette d´acquistare lo stile di vita e di azione che assicuri ad un tempo la più grande santità dei suoi membri e la più grande fecondità del suo apostolato. Tale stile caratteristico potrebbe esprimersi così: gli elementi istituzionali, le strutture, le forme organizzative, le leggi scritte e anche gli interventi dell´autorità non sono fini ma mezzi necessari per il servizio della vocazione e della missione date dallo Spirito, e d´altra parte non esauriscono mai le esigenze concrete suggerite dallo Spirito. Egli è il grande Vivente: nella misura in cui Lo si ascolta, Egli ispira il riadattamento incessante dei mezzi, impedisce la routine, ispira fini e modi concreti d´azione che non sono mai totalmente indicati in anticipo nei programmi ufficiali. Indichiamo alcuni aspetti di questa vita in riferimento allo Spirito, ma molto brevemente, perché saranno ripresi in altri documenti.
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a) Stile di mutue relazioni. Prima di essere una istituzione, la Congregazione e, ai suoi diversi livelli, una comunione di cristiani che hanno ricevuto il dono di una identica vocazione. L´azione dello Spirito ispira, dall´interno, il loro stile di vita fraterna e di esercizio dell´autorità; li fa entrare insieme in uno stesso movimento di dedizione apostolica; fa anche l´unità e il dinamismo di tutti i membri della famiglia salesiana.
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b) Stile di lavoro apostolico. Dinamismo e entusiasmo: ci sentiamo immessi e corresponsabili in una iniziativa di vina; lo Spirito è questo soffio della Pentecoste che infonde coraggio, audacia, fortezza d´animo nella sofferenza. Realismo e creatività: lo Spirito ci invita a mantenere flessibili ed adeguati i mezzi di azione per la salvezza concreta degli uomini. Attualità ecclesiale: ci fa percepire il senso della nostra vocazione originale nella Chiesa e ci ispira il modo più concreto di renderle il servizio che essa attende da noi.
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c) Stile di vita personale. Sul piano interiore: esigenza di ascolto dello Spirito, di docilità ai suoi impulsi, quindi di continua conversione fino alla santità intesa come la realizzazione del piano di Dio sul singolo consacrato. Sul piano degli impegni: il salesiano mette in azione tutte le sue risorse personali; ma sa anche agire come membro della comunità, ricordando che lo Spirito dona i suoi carismi non per l´individuo, ma per la comunità, in vista dell´incremento della carità.(31) Infine la gioia di appartenere a Dio per sempre è un incomparabile frutto dello Spirito Santo, che voi avete già assaporato. Animati da questa gioia... sappiate guardare con fiducia all´avvenire.(32)
CAPO PRIMO
LA MISSIONE
E I SUOI DESTINATARI(33)
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PREMESSA
Perché la parola missione, piuttosto che fine?
La Chiesa adopera questo termine trattando del suo mistero;(34) ciò significa che, nel prolungamento della missione del Figlio e dello Spirito Santo, essa (e ogni organismo autentico in essa) non pone da Sé il fine da raggiungere, ma lo riceve da Dio Padre e quindi si sente obbligata a ricercarlo con maggiore urgenza e zelo.(35) Inoltre questo termine richiama anche coloro verso i quali la Chiesa è mandata per realizzare un tale scopo: gli uomini da salvare. Parlare della missione dei Salesiani significa dunque evidenziare fin dall´inizio il senso della loro vocazione e della loro presenza nella Chiesa; Dio li chiama e li invia per rendere un servizio specifico nella Chiesa: cooperare direttamente alla salvezza integrale dei giovani, soprattutto poveri. Di qui l´importanza del tema che tenta di stabilire con chiarezza la carta d´identità dei salesiani oggi.
A) ALCUNI RICHIAMI DOTTRINALI SULLA MISSIONE
La nostra missione partecipa alla missione del popolo di Dio, che è, a sua volta, partecipazione alla missione del Figlio: Come il Padre mi ha mandato così anch´io mando voi.(36)
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1. Dimensione teologale di ogni missione nella Chiesa.
a) Situazione della missione. - Nella missione ci sono due poli in continua e viva tensione: Dio e il mondo. Il centro di gravitazione è Dio. perché la missione dipende tutta dalla sua iniziativa e ha come scopo finale condurre il mondo fino alla pienezza della vita divina. L´unità di questa tensione è infrangibile perché Dio ama il mondo in un modo così definitivo che ha inviato suo Figlio a salvarlo.(37)
Il Cristo sintetizza in sé questa tensione: con il suo essere di Figlio divino, diventato vero uomo, non può esistere né agire se non in relazione simultanea con entrambi i poli.
La Chiesa intera, Corpo di Cristo, unita vitalmente al suo mistero pasquale, partecipa anche necessariamente del suo mandato di Servo del Padre e di Buon Pastore degli uomini. Nel Vaticano II la Chiesa ha ripreso viva coscienza che il suo essere mistico si identifica concretamente con la sua missione dinamica.
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b) Obiettivi della missione. - L´ obiettivo specifico di questa missione, la Chiesa lo ha espresso, nel Concilio, in questi termini: La Chiesa è, in Cristo, un sacramento o segno e strumento dell´intima unione con Dio e dell´unità di tutto il genere umano.(38) E´ in primo luogo il segno visibile e la testimone del Cristo vivente e del suo amore redentore; perciò deve rinnovarsi sempre perché il segno di Cristo risplenda più chiaramente sul volto della Chiesa.(39) E´ , in secondo luogo, lo strumento dell´azione di Cristo che per mezzo di essa realizza il regno del Padre. La Chiesa stessa è il germe reale e crescente di questa doppia comunione degli uomini con Dio e tra loro; essa compie la funzione di segno e di strumento sotto due forme complementari e indissolubili: propagare direttamente la fede e la salvezza, e ordinare tutto l´universo a Cristo:(40) La missione della Chiesa non è soltanto portare agli uomini il messaggio e la grazia di Cristo, ma anche impregnare e perfezionare tutto l´ ordine temporale collo spirito evangelico.(41) La missione autentica supera quindi ogni dualismo che scinderebbe l´evangelizzazione dalla promozione umana. Infine notiamo che questo compito a favore degli uomini torna a gloria del Padre: la missione suprema della Chiesa è quella liturgica. L´apostolato stesso è concepito da San Paolo come una liturgia,(42)che viene direttamente espressa nell´azione eucaristica.
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c) Spiritualità della missione. - Questa situazione mediatrice di ogni apostolo e questi suoi compiti suppongono in lui una consacrazione da parte di Dio e richiedono da lui atteggiamenti interiori precisi: una intensa presenza a Colui che chiama e la disponibilità per essere il suo strumento e, nello stesso tempo, un´intensa presenza di servizio per coloro a cui è mandato.(43) L´uno e l´altro sono resi possibili ed armonizzati solo dall´energia della carità che lo Spirito Santo diffonde nel cuore.(44) Carità unica ma con la interna subordinazione dei suoi aspetti, ossia con la dipendenza della carità verso Dio. così l´apostolo, preservato da ogni pericolo di secolarismo, può vivere un´autentica mistica di partecipazione alla missione e al cuore stesso di Cristo apostolo del Padre.(45)
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2. Dimensione ecclesiale della nostra missione
a) Triplice senso ecclesiale della nostra missione.
1. La nostra missione non è diversa dalla missione della Chiesa, ne è soltanto una partecipazione, un aspetto determinato, un ministero particolare; riceve quindi tutta la autenticità e la forza della sua inserzione nella missione globale della Chiesa. La dottrina conciliare al riguardo è chiara: un Istituto religioso è un dono carismatico con cui lo Spirito Santo arricchisce la Chiesa perché compia la sua opera.
2. A proposito degli Istituti attivi, il Concilio aggiunge che il loro sacro ministero e le loro opere di carità sono stati loro affidati dalla Chiesa e devono essere esercitati in suo nome.(46) E´ vero che l´ origine primaria della missione della nostra Società è la libera iniziativa dello Spirito Santo, ma questa missione interiore e invisibile deve essere riconosciuta ufficialmente dalla Gerarchia, e inserita visibilmente nella missione concreta della Chiesa.(47) Perciò mentre manteniamo l´ originalità del nostro carisma, lavoriamo con il senso dell´ obbedienza e dell´unità della Chiesa.
3. Infine è chiaro che lavoriamo per la Chiesa: i giovani e gli adulti, a cui siamo mandati, dobbiamo formarli membri della Chiesa, coscienti della loro responsabilità. Va così respinto ogni atteggiamento che rinchiudesse attorno a noi i nostri giovani, gli exallievi, i cooperatori, ecc...
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b) Compito di servizio alla Chiesa locale e universale. Il Concilio indica tra i criteri di rinnovamento degli Istituti religiosi una partecipazione più impegnata a tutto l´attuale movimento pastorale della Chiesa.(48) Una caratteristica di questo movimento è il risalto dato alla Chiesa locale come prima responsabile e organizzatrice della missione per un determinato gruppo di uomini. Una più concreta inserzione nella pastorale d´insieme del luogo richiede da noi decentramento e pluralismo. Questo va fatto alla luce di una ecclesiologia di collegialità in cui il senso della nostra esenzione viene rinnovato e approfondito.(49) L´esenzione assicura una particolare disponibilità di servizio a favore degli impegni della Chiesa ai vari livelli (diocesano, nazionale o regionale e universale); inoltre contribuisce a mantenere l´unità della Congregazione, tanto più necessaria quanto più diversificato diventa il pluralismo delle situazioni.(50)
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c) La comunità, primo titolare della missione. - Cristo ha affidato la sua missione alla Chiesa globalmente presa e in essa in modo speciale, al collegio apostolico guidato dal primato di Pietro. Nella Chiesa, la missione salesiana, a partire dal Fondatore, vien affidata non al singolo, ma alla Congregazione intera e alle sue comunità ispettoriali e locali. Ne consegue che ogni salesiano riceve una parte della missione salesiana da compiere a titolo di membro, e quindi in stretta solidarietà con i suoi confratelli;(51) perciò ogni servizio nella comunità, anche se non è apostolato diretto, partecipa di detta missione ed è un servizio e una testimonianza dalle dimensioni ecclesiali.
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3. Compimento concreto della missione: unità di missione pluralismo di pastorali
Una missione non si compie fuori della Chiesa e del mondo, ma viene incarnata e compiuta nella pastorale concreta. All´articolo 6 dell´aD GENTES il Concilio afferma che questo compito (di tutta la Chiesa) è uno e immutabile in ogni luogo e in ogni situazione, anche se in base al variare delle circostanze non si applica allo stesso modo. Le differenze non nascono dalla natura intrinseca della sua missione, ma solo dalle circostanze in cui la missione stessa si esplica. Tali condizioni dipendono sia dalla Chiesa (dal suo grado di presenza) sia dai popoli, dai gruppi o dagli uomini, a cui la missione è indirizzata.(52) Tale affermazione è preziosa per aiutarci a risolvere il nostro problema dell´unità e del pluralismo: unità della nostra specifica missione, ma anche differenziazione pastorale e creatività apostolica.
La pastorale è la concretizzazione operativa della missione sotto la guida dei pastori. Questo suppone sensibilità ai segni dei tempi e senso di adattamento al determinato momento storico e alla situazione locale. Ne deriva necessariamente un pluralismo di pastorali, ossia di scelte concrete della Chiesa (universale e locale) nel triplice servizio profetico, liturgico e di guida della comunità.(53) così si spiegano le pastorali diverse secondo l´età, il sesso, il contesto socioculturale, il grado di fede, la pastorale d´insieme del paese.
L´apostolato, nel senso usato nel decreto AA, è più ampio della pastorale. E´ ogni attività cristiana vincolata con la missione salvifica della Chiesa, ma che si realizza a un livello che può stare anche più in là della coordinazione dei pastori e dell´impegno specifico della comunità ecclesiale (ad es. l´azione sociale di un cristiano). In un´ ora di rinnovamento la fedeltà stessa alla missione richiede che si risvegli nel cuore degli apostoli la creatività dell´invenzione pastorale e dell´iniziativa apostolica affinché essa sia riattualizzata, sotto l´impulso dello Spirito, con apertura e con coraggiosa audacia.(54) La fedeltà alla nostra missione richiede una vera comprensione delle realtà concrete che circondano la comunità salesiana, una valutazione evangelica e salesiana di tali realtà ed infine un impegno personale e responsabile nell´apostolato.
B) IL NUOVO CONTESTO DELLA NOSTRA MISSIONE OGGI
Non è nostro compito fare qui un trattato sociologico e dottrinale sul mondo e sulla Chiesa di oggi; vogliamo richiamare soltanto alcuni aspetti fondamentali che bisogna tenere presenti nel rinnovamento della nostra missione. Questi aspetti certo non si riscontrano ugualmente nei diversi paesi dove lavoriamo, ma sono fatti dinamici, che a scadenza più o meno lunga, interessano tutti.
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1. Il mondo oggi.
Ricordiamo solo, tra gli altri, tre fatti decisivi.
a) Mondo in via di secolarizzazione(56)
Se si ha cura di distinguere tra secolarizzazione (processo storico) secolarità (qualificazione obiettiva) e secolarismo (dottrina erronea), si può dire che la Chiesa conciliare stessa ha riconosciuto conforme al disegno di Dio il processo di secolarizzazione, cioè l´aspirazione dell´uomo a prendere in mano la propria storia e tutto il creato; ha visto legittima la secolarità, cioè l´autonomia dell´ ordine temporale quale la spiega il Concilio,(57) che è autonomia reale, ma aperta al riconoscimento del Dio-Amore, Principio e Fine; ed ha respinto invece il secolarismo che nega o misconosce una tale dottrina. Questo fa sì che sempre più la Chiesa si astenga dall´intervenire in modo categorico e ufficiale non soltanto nella cultura e nella scienza, ma anche nell´ organizzazione sociale-politica della vita. D´altra parte, numerosi servizi di ordine culturale e sociale, assunti una volta dalla Chiesa, sono ora garantiti dalla società civile.
Quali le conseguenze per la Chiesa di oggi?
Un fatto decisivo per il compimento della sua missione: un nuovo tipo di presenza e di azione. La Chiesa si rivolge verso il mondo per amarlo con la carità di Dio e per camminare con lui condividendo la sua sorte.(58) Non vuole né sostituirsi al mondo nel compimento delle sue responsabilità, né usare il potere temporale, né apparire con strutture esteriori potenti. La sua presenza si fa discreta, più direttamente spirituale come il fermento e quasi l´anima della società umana (ivi); e soprattutto non è mossa da alcuna ambizione terrena; essa mira a questo solo: a continuare l´ opera stessa di Cristo, il quale è venuto... a servire e non ad essere servito.(59)
Questa sua presenza umile la Chiesa la giudica più necessaria che mai, e la vuole intensa, per poter rendere al mondo il doppio servizio compreso nella sua missione: penetrare con lo Spirito evangelico(60) tutti i problemi concreti di questo mondo secolarizzato, soprattutto per mezzo dei laici, e portare esplicitamente il messaggio e la grazia di Cristo.(61) così fa fronte al pericolo attuale del secolarismo e dell´ateismo, e aiuta gli uomini ad aprirsi ad una fede diventata più personale e più difficile, perché non più preservata e trasmessa da un contesto sociologico di tipo sacrale. Tutto questo incide anche direttamente sulla missione salesiana.
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b) Mondo in situazione d´ingiustizia (62)
Uno dei problemi più scottanti del nostro mondo sia per i suoi aspetti quantitativi e qualitativi, sia per le gravissime tensioni sociali che ne emergono è quello del sottosviluppo e della disuguaglianza fra gli uomini. Il sottosviluppo non è soltanto uno stadio di arretramento generale; è fondamentalmente il frutto di strutture economiche, sociali e politiche di dominazione, e l´ oppressione e lo sfruttamento dei poveri sono il risultato di decisioni deliberate dei gruppi che hanno la ricchezza e il potere. Congiungendosi all´esplosione demografica e allo sviluppo delle scienze e delle tecniche, l´accrescimento disordinato della produzione fa sì che la società moderna sia una macchina per la fabbricazione di poveri. Esiste così lo scandalo di una crescente opposizione tra paesi e classi dell´abbondanza e paesi e classi della miseria. Folle immense mancano dello stretto necessario... Molti mancano quasi totalmente della possibilità di agire di propria iniziativa o sotto la propria responsabilità.(63) I popoli attanagliati dalla fame chiamano in causa i popoli ricchi.(64) I poveri stanno prendendo coscienza della loro situazione(65) e lo sforzo per la loro promozione umana viene fatto collettivamente.
Quali le conseguenze per la Chiesa di oggi?
Un più deciso atteggiamento evangelico a favore dei poveri: il rifiuto di tutto ciò che sarebbe un compromesso con qualsiasi forma di ingiustizia sociale;(66) il dovere positivo di destare le coscienze di fronte al dramma della miseria e alle esigenze della giustizia sociale del Vangelo e della Chiesa (ivi); un amore concreto e privilegiato per i poveri stessi, con l´aiuto diretto e soprattutto con una educazione al senso della loro dignità; infine la testimonianza del proprio distacco dai beni terreni. Tutto questo deve far vibrare intensamente una Congregazione che si indirizza con priorità ai giovani più poveri (e agli adulti del ceto popolare) in vista di un aiuto spirituale e corporale, e i cui membri consacrati a Dio con la povertà evangelica, sono invitati a sentire il grido dei poveri(67) come un appello urgente all´azione.
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c) Mondo alla ricerca della sua unità nel pluralismo
L´altro problema scottante, legato al precedente, è quello della promozione della pace e della costruzione della comunità dei popoli.(68) L´intera società umana è giunta a un momento sommamente decisivo nel progresso della sua maturazione. Mentre a poco a poco va unificandosi e in ogni luogo diventa ormai meglio consapevole della propria unità(69) e della mutua interdipendenza dei singoli in una necessaria solidarietà, violentemente viene spinta in direzioni opposte a causa di forze tra loro contrastanti.(70) C´è, insomma, l´anelito a costruire una vera comunità internazionale(71) in cui ogni nazione sarà riconosciuta coi suoi originali valori e ricchezze materiali e culturali, di modo che fra tutte si instauri una vera cooperazione in spirito fraterno. In tale contesto la continuazione di guerre diventa un altro scandalo nel nostro mondo.
Quali le conseguenze per la Chiesa di oggi?
Una più viva coscienza e attualizzazione della propria cattolicità. La Chiesa può e deve aiutare molto questo movimento dei popoli verso la loro unità nell´espressione delle legittime diversità, perché è consono con il suo mistero e la sua missione. Il Vaticano II ha restituito il loro valore alle Chiese particolari: la loro varietà non impedisce l´unità del popolo di Dio; la realizza piuttosto con una comunione di carità e di servizio mutuo, sotto la presidenza del Successore di Pietro. così nasce il consenso universale della fede, viene realizzata la missione universale e consolidata la fratellanza di tutto il genere umano.(72) Lo spirito di cattolicità anima le Chiese locali e la Chiesa universale nel dialogo ritrovato coi fratelli separati e con le religioni non cristiane.(73)
Tutto questo tocca direttamente una congregazione esente e internazionale, e le impone di ricercare l´accordo tra pluralismo legittimo e unità.
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2. I giovani oggi in questo mondo e in questa Chiesa.
I giovani in astratto non esistono. Esistono soltanto giovani inseriti e impegnati nel loro ambiente di origine, e dipendenti da esso. E´ una semplice costatazione che aiuta a capire due cose:
- Dai tempi di Don Bosco ad oggi il mondo ha sperimentato profondi e rapidi mutamenti...; una vera trasformazione sociale e culturale.(75) I giovani sono cambiati nella stessa misura. E l´esperienza, oggi, ci fa scoprire una gioventù in continua evoluzione.
- E´ quasi impossibile parlare della gioventù: ci sono mille gioventù concrete il cui volto riflette la situazione del paese a cui appartengono. Ma è forse possibile delineare alcuni tratti piuttosto comuni, nella misura in cui l´umanità stessa incomincia ad unificarsi. I mezzi di comunicazione sociale permettono un´informazione universale e immediata; c´è un´aumentata e progressiva partecipazione di tutti a valori comuni.
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a) «L´enorme peso che ha preso nel mondo il problema dei giovani»
Il fatto più notevole è l´importanza che i giovani hanno assunto nella società moderna:
1. Demograficamente, il numero dei fanciulli, degli adolescenti e dei giovani è cresciuto in modo straordinario per la diminuzione della mortalità infantile. Si è calcolato che i giovani dai 15 ai 24 anni che nel 1960 erano 520.000.000 saranno 1.120.000.000 nel 2000. Accanto all´importanza quantitativa della gioventù, bisogna sottolineare la sua significazione qualitativa. La gioventù costituisce il costante rinnovamento della vita dell´umanità anche nel senso culturale e spirituale. L´aumento e l´ascesa dei giovani è impressionante soprattutto nei paesi del terzo mondo. La speranza di poter studiare e lavorare più facilmente provoca un´emigrazione in massa verso le grandi città con conseguenze di inadattamento e di emarginazione sociale. Il problema della gioventù urbana, già avvertito da Don Bosco, ha oggi dimensioni nuove: più le città sono popolate, più fanno per noi, scriveva Don Bosco al vescovo di Frejus.(77)
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2. Socialmente i giovani hanno preso coscienza di Sé come di un gruppo originale e consistente. Hanno i loro valori, il loro senso di autonomia, linguaggio, ideali e costumi loro. Si distaccano più rapidamente dalle loro famiglie; vivono accompagnandosi volentieri tra loro in gruppi spontanei di ragazzi e di ragazze; per natura non sono razzisti. Pur avendo, a secondo del popolo a cui appartengono, un loro proprio volto psicologico-sociale, a poco a poco si costituiscono in una specie di Internazionale Giovanile, con interessi, ideali comuni e anche con tendenze regressive (per es., concilio dei giovani a Taizè, cantieri di lavoro internazionale, protesta giovanile che unanimemente contesta il sistema sociale stesso, convegno di musica pop...). C´è dunque un problema attuale per gli educatori, quello di avvicinare e di conoscere i giovani. Forse è l´ ora di concepire un modo nuovo di convivenza: come farsi accettare nel loro mondo?
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3. Politicamente la gioventù è sempre più oggetto di cura da parte dei governi La scuola con i suoi gradi diversi, l´apprendistato e la formazione professionale, lo sport e gli svaghi diventano dappertutto settori importanti dell´ organizzazione nazionale (alcuni paesi hanno un ministero della gioventù e non soltanto dell´insegnamento). Il patrimonio di forza e di speranza costituito dai giovani provoca in molti paesi il loro indottrinamento, l´allestimento politico e anche quello partitico. I giovani stessi prendono coscienza di questo fatto. In alcuni paesi il diritto di voto è già concesso a 18 anni. D´altronde, nei paesi sviluppati sono divenuti anche un potere d´acquisto e c´è un settore economico che si indirizza ad essi per sfruttarli. Nasce dunque un problema grave di responsabilità collettiva degli adulti a riguardo della formazione dei giovani e del senso che essa deve avere: sono utilizzati, messi dentro modelli prefabbricati o sono educati in modo disinteressato e liberatore?
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4. Ecclesialmente essi sono per lunga tradizione soggetti d´interesse e di cure da parte della Chiesa. La Storia della pedagogia conta molti grandi cristiani, anche santi, tra cui Don Bosco. La nostra epoca ha visto nascere i movimenti apostolici giovanili fortemente incoraggiati dal Concilio: I giovani debbono divenire i primi e immediati apostoli dei giovani, esercitando da loro stessi e fra di loro l´apostolato, tenendo conto dell´ambiente sociale in cui vivono.(78) Il Concilio si è occupato anche direttamente del problema dell´educazione cristiana e della scuola.(79) L´ 8 dicembre 1965, il suo ottavo e ultimo messaggio fu indirizzato ai giovani: E´ per voi, giovani, per voi soprattutto, che la Chiesa con il suo Concilio ha acceso una luce, quella luce che rischiara l´avvenire, il vostro avvenire. Nello stesso messaggio, la Chiesa trova nei giovani un segno di se stessa, un segno della novità racchiusa nel Vangelo che annuncia il nuovo senso di tutte le cose, rinnova e ringiovanisce l´umanità. però, nei paesi di tradizione cristiana, il problema di fondo è quello della fede stessa. La gioventù è il luogo privilegiato dell´incontro difficile tra la Chiesa e il mondo, il punto più sensibile del processo di secolarizzazione. Sorge, quindi, il problema decisivo di formare giovani che vengono da un mondo e che dovranno vivere in un mondo in cui la fede non è più quasi naturale, ma diventa oggetto di una scelta personale: come favorire questa scelta? Don Bosco si è interessato concretamente ai giovani e ha saputo adattarsi a loro come erano nel suo ambiente. Anche noi, spinti dallo stesso amore e dalla stessa volontà di servizio, dobbiamo scoprire il cuore della gioventù che incontriamo. Uno sguardo veramente salesiano saprà indovinare tutte le ricche possibilità dei giovani e poggiando su questo fondo come fece Don Bosco potremmo condurre a buon termine il nostro lavoro educativo.
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b) La situazione critica dei giovani della società agiata
Nei paesi sviluppati è bene in vista la crisi di questa gioventù diventata forza nuova e decisiva. Questa crisi sorge, almeno in parte, dal fatto che i giovani si sentono sprovvisti di un appoggio sufficiente della famiglia e di ferme norme morali sia per difetto di religione sia per assenza di tradizione familiare. Viene originata anche dal tipo di società in cui i giovani entrano e che crea in loro desideri immensi che poi non permette di soddisfare. La critica dei giovani verso gli adulti scava e allarga il divario tra le generazioni, rendendo difficile il dialogo. Gli adulti reagiscono spesso con la sfiducia, l´incomprensione e l´autoritarismo, oppure, al contrario, con la paura, la debolezza, la rinuncia. In questo contesto l´educazione è opera molto ardua.
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1. L´impulso vitale che sentono. - Lo sviluppo materiale e culturale ha creato nei giovani di oggi una straordinaria e ambigua volontà di vivere e di sperimentare le possibilità offerte alle loro energie. Vogliono vivere personalmente, al di là delle forme tradizionali, dei modelli ufficiali che sono loro presentati, come responsabili di una esperienza nuova che sia tutta loro. Vogliono vivere interamente, al di là delle leggi, considerate banali costrizioni. Vogliono provare tutte le esperienze offerte e ricercarne sempre di nuove (la straordinaria seduzione della droga). Vogliono provare l´efficacia della loro azione, sensibili alle grandi cause per la costruzione di un mondo migliore. Un problema attuale molto grave: un educatore che abbia atteggiamento di paura di fronte alla vita, che non è entusiasta, non sarà mai accettato da questa gioventù. Ma essa, forse, è anche pronta per ascoltare Colui che ha detto: sono venuto affinché abbiano la vita, in abbondanza.(80)
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2. Le forze alienatrici che subiscono. - La società dei consumi offre loro un contesto di sollecitazioni tanto vario e contrastante che raddoppia l´ambiguità del loro impulso vitale e, tragicamente, impedisce di acquistare la vera libertà e la vera identità. Sono tuffati in un clima tecnicista, che li chiude alla dimensione umana e spirituale delle cose e dei problemi, e al senso della gratuità (a l´uomo unidimensionale); in un clima relativista che destruttura in loro i sistemi tradizionali di verità e di valori per farli dubitare di tutto; in un clima edonista che li rende schiavi del denaro, del conforto, di una sessualità disordinata, di svaghi troppo facili; in un clima di propaganda molestante, in cui la massificazione dei mezzi di comunicazione sociale, l´ opinione pubblica, gli slogans, la moda, i divi e le dive del giorno... li rendono passivi impedendo loro di realizzarsi; infine in un clima che tende al secolarismo e all´ateismo, che rende loro difficile la fede e la fedeltà alla fede. Il problema che si pone all´educatore è l´esigenza di trovare e di far accettare alla loro vita la presenza di forze liberatrici.
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3. Il disagio che sentono, fino alla contestazione. Tutto questo impedisce ai giovani di entrare nella società con la sicurezza di cui hanno bisogno e con l´iniziativa che desiderano avere. Spesso si trovano davanti a degli adulti che li trattano come oggetti, passivamente, piuttosto che riconoscerli nella loro personalità; che parlano in modo moralistico, piuttosto che dar loro l´esempio di una vita diritta; che li sfruttano, piuttosto che infondere loro fiducia e renderli corresponsabili. La conseguenza più grave è che molti di questi giovani 51 ritrovano senza punti di appoggio; non li trovano negli adulti, né in se stessi, sganciati, come sono, da una adesione ferma a principi e valori di pensiero e di condotta. Isolati, disorientati, deboli, inquieti davanti all´avvenire, pieni di contraddizioni si uniscono tra loro per rivolgersi contro gli adulti, con la critica amara, con l´evasione, con comportamenti strani, a volte con la contestazione violenta: manifestano ad un tempo il loro rifiuto del tipo di società che è loro imposto e la loro propria insicurezza. Raramente ci sono stati tra noi tanti giovani spiritualmente poveri e pericolanti e tanto profondamente poveri. Si impongono all´educatore due gravi problemi: essere vicini a questi giovani e comportarsi in maniera che abbiano fiducia in lui e trovino in lui un appoggio sicuro; capire il fondo della ribellione giovanile e contestare con loro, pacificamente ma con forza, la società attuale in tutto ciò che in essa non è umano né cristiano.
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4. Le risorse e le esigenze di cui dispongono per la loro liberazione. L´educatore deve aiutare questi giovani a sviluppare in essi alcune risorse, prima che esse vengano svuotate dal male: il gusto della grandezza e dell´autenticità, il senso della solidarietà e della fratellanza; la sensibilità ai valori sociali di giustizia, di concordia universale, di aiuto ai più miseri. Col maturare della coscienza della propria personalità, spinti dall´ardore della vita e dalla loro esuberanza, assumono le proprie responsabilità e desiderano prendere il loro posto nella vita sociale e culturale.(81) Facendo questo, hanno coscienza di essere responsabili e creatori del loro proprio destino, Poiché agiscono sulla società e sulla Chiesa in cui sono chiamati a vivere e ad operare domani. La forza liberatrice più potente è senza dubbio la fiducia degli adulti, specialmente dei genitori e degli educatori, e la fortuna di trovare in loro i testimoni e le guide, che insegnano i valori, e soprattutto la fede, con la loro vita più ancora che con le parole; educatori saldi, sicuri, lieti di aver ricevutola verità, ma che non cessano mai di ricercarla. Molti giovani di oggi sono come gli oziosi della parabola evangelica: aspettano la voce di qualcuno che faccia loro sentire i grandi appelli umani e cristiani: Andate anche voi nella mia vigna.(82)
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c) La situazione tragica dei giovani degli ambienti più poveri
Ma ci sono altre masse di giovani che non contestano, non perché non ne hanno i motivi, ma perché non ne hanno la forza. Si trovano nei paesi del Terzo Mondo. Si è calcolato che tre quarti dei giovani del mondo abitano in paesi sottosviluppati; però si trovano anche in alcune zone dei paesi più sviluppati, specialmente alla periferia delle grandi città, nelle città di emergenza e negli ambienti del proletariato e del sottoproletariato (chiamato talvolta Quarto Mondo).(83) Sono essi i sacrificati all´espansione, perché lo stesso sviluppo genera disuguaglianza sociale e povertà. In questa povertà potremmo distinguere due gradi. La povertà-emarginazione: è il processo secondo il quale individui e gruppi, già vulnerati nella loro esistenza materiale e sociale, sono a poco a poco scartati dai circuiti economici e politici, fino ad essere emarginati dalla società alla quale sembrano appartenere. Giunta al suo termine, questa emarginazione diventa povertà-esclusione, miseria fatta dal cumulo infernale dei fattori della povertà. E questo, che esiste per alcuni gruppi nel mondo occidentale, si ritrova analogamente, però su scala nazionale, nella società del Terzo Mondo. Qual è questo cumulo di fattori di povertà, di cui milioni di fanciulli e di giovani sono vittime? Il povero-abbandonato è colui al quale è capitato, riguardo all´istruzione, di rimanere analfabeta; colui che non essendo qualificato per un lavoro professionale, non trova da impiegarsi ed ha quindi i redditi più bassi; colui che ha scarsa possibilità di avere un alloggio decente; colui nel quale la mancanza di beni materiali e culturali, i ripetuti smacchi e le continue umiliazioni hanno ucciso ogni responsabilità creatrice e ogni interesse di valori; colui che si sente escluso dalla società viva, e quasi non rappresentato nelle istituzioni pubbliche. Nei fanciulli e giovani di tali ambienti si verificano ritardi nello sviluppo psichico e mentale, con inevitabili disturbi della personalità; la più tragica povertà di questi giovani sarà, in una parola, l´impossibilità di diventare un uomo. Oggi immensi gruppi di giovani non possono vivere la loro giovinezza, perché sono immediatamente integrati nel sistema di produzione o sfruttati da es so: passano direttamente dalla fanciullezza all´età adulta. Si può affermare che la maggior parte di queste persone fra i 14 e i 25 anni non sono mai stati giovani e non lo saranno mai.(84) Il problema qui è di sapere se i figli di Don Bosco hanno qualche provvidenziale missione verso questa categoria di giovani poveri che aspettano dei liberatori attraverso i quali potranno riconoscere il Salvatore. In sintesi. Possiamo costatare che l´insieme della gioventù, soprattutto povera, è oggi un vasto settore degno dello sforzo dei Salesiani: la nostra Congregazione ha oggi più che mai un servizio specifico opportuno da rendere alla Chiesa e al mondo.
C) I DESTINATARI CONCRETI DELLA NOSTRA MISSIONE
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1. Priorità assoluta ai «giovani», e tra loro, priorità assoluta ai giovani «poveri e abbandonati».(85)
Questa doppia priorità appare chiaramente nella vita, nelle parole e nei sogni di Don Bosco, nelle nostre Costituzioni,(86) nella nostra tradizione,(87) nella coscienza dei confratelli di oggi.(88) Cinque punti sono da chiarire:
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a) «giovani»
La Chiesa chiama Don Bosco adolescentium pater et magister. La nostra Società pensa di essere mandata proprio ai preadolescenti, agli adolescenti, ai giovani, secondo l´età che nei diversi paesi e nelle diverse culture corrisponde a questa tappa decisiva della vita umana. Non si esclude che ci si debba occupare dei fanciulli; questo impegno resta però occasionale, e come preparazione alla tappa seguente.
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b) «poveri, abbandonati e pericolanti»(89)
1. Quali poveri? Quelli che sono colpiti da qualunque forma di povertà: - dalla povertà economica, fonte di tante altre privazioni e che perciò occupa il primo posto delle nostre preoccupazioni; - dalla povertà sociale e culturale, sentita come frustrazione (Non sono riconosciuto, accettato; non ho ciò che ho diritto di avere) e come alienazione (Dipendo dall´altro, non posso esprimermi secondo le mie iniziative); - dalla povertà affettiva (orfano, non bene accettato dai suoi), morale e spirituale (senza conoscenza dei valori e soprattutto del vero Dio; fortemente esposto al peccato).
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2. I più poveri e abbandonati. Don Bosco stesso usa frequentemente l´espressione, in particolare nell´articolo 1 delle Costituzioni.(90) C´è quindi anche una priorità nella priorità: l´aiuto ai più bisognosi. ciò si verifica: - quando l´una o l´altra delle povertà sopra accennate è sperimentata a un grado speciale di gravità: i giovani che, nella miseria, hanno fame, sono analfabeti, non hanno quasi possibilità di vita normale, se non sono aiutati; i giovani tormentati da problemi religiosi e morali, i giovani disadattati sulla via della delinquenza, usciti di prigione, disperati, non credenti o atei, drogati. - quando vi è accumulazione di queste forme di povertà: ciò si verifica spesso nei paesi del Terzo Mondo e nelle grandi città dei paesi sviluppati (gioventù proletaria e sottoproletaria delle bidonvilles, gioventù emigrata; Quarto Mondo).(91) Molti confratelli pensano che anche in un contesto in cui lo Stato interviene in forme generali per attuare la giustizia sociale, rimane sempre un margine di giovani e di poveri non raggiunti da queste riforme. Il compito dei figli di Don Bosco è proprio quello di andare verso coloro che nessuno aiuta e di testimoniare che Dio ama e vuole salvare i più perduti. Il mondo ci riceverà sempre con piacere fino a tanto che le nostre sollecitudini saranno dirette ai fanciulli più poveri, più pericolanti della società. Questa è per noi la vera agiatezza che niuno verrà a rapirci.(92)
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3. I giovani del ceto popolare che si avviano al lavoro(93) L´esempio di Don Bosco e una lunga tradizione indirizzano la nostra missione verso quei giovani che, anche se non vivono in condizioni di miseria, appartengono ai ceti popolari meno fortunati: gli apprendisti e i giovani operai delle città e delle campagne. Spesso sono pieni di risorse umane e cristiane da sviluppare a vantaggio loro e del loro ambiente.
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c) Le vocazioni
Il CG XIX ha ricordato chiaramente, tra gli scopi della Società, la cura speciale dei giovani che danno segni di vocazione sacerdotale o religiosa.(94) Il Concilio stesso ha richiamato l´urgenza di questo impegno.(95) La preoccupazione di Don Bosco al riguardo fu quella di suscitare vocazioni in ambienti organizzati con questo scopo. Egli pure aiutò giovani anche più maturi (Figli di Maria) che, presentando speranza di vocazione, per la loro povertà non potevano fare gli studi necessari in un ambiente adatto. Sotto la sua cura sorsero vocazioni per le sue opere, per le diocesi e per altre congregazioni. Questa nostra caratteristica deve rimanere. Tuttavia l´evoluzione della Chiesa verso una diversificazione delle vocazioni, in coerenza con la promozione del laicato, e la nostra tradizione ci spingono anche verso quei giovani capaci di diventare apostoli laici.(96) Bisogna notare che la Congregazione non si rifiuta per qualsiasi ceto di persone, ma preferisce di occuparsi del ceto medio e della classe povera come quelli che maggiormente abbisognano di soccorso e di assistenza (97)
Così i giovani delle classi benestanti, in situazioni normali, non sono esclusi dalla nostra missione. Ma, potendo essi trovare educatori in altre Congregazioni, se vengono da noi li dobbiamo accettare solo con lo scopo manifesto di coltivare in essi il senso del servizio e dell´apostolato, da esercitare poi nel loro ambiente e a favore dei poveri.
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d) Le giovani
Qui ci chiediamo soltanto se la nostra missione è indirizzata anche alle giovani. Una risposta opportuna sembra richiedere due affermazioni complementari. La nostra missione è diretta senza dubbio ai ragazzi: le nostre opere e le nostre attività sono concepite per loro. D´altra parte dobbiamo tener conto di una doppia serie di fatti. Siamo condotti ad occuparci delle ragazze nei diversi tipi di responsabilità pastorale che noi stiamo accettando sempre più (parrocchie, missioni, cappellanie di gruppi misti, ad es. nelle scuole statali, o quelle delle opere delle FMA). Inoltre, la vita sociale di oggi (diversa nei vari paesi) mette i giovani in contatto quasi permanente con le loro compagne. La convivenza mista sta diventando un´esperienza di cui bisogna prendere atto.(98) Sorge dunque l´esigenza pedagogica di un´educazione integrale dei nostri giovani. In essa tutti i valori della vita (amore, bellezza, ecc.), visti alla luce del disegno divino, saranno elementi preziosi per maturare la personalità del giovane. In determinati ambienti sorgerà l´esigenza di un impegno specifico per un´educazione mista. ciò comporta per noi la responsabilità di una cura più diretta anche delle giovani. Il problema del come (discrezione, senso soprannaturale, stretta collaborazione con le educatrici, ecc.) è importante ma va trattato altrove.(99)
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e) Cosa significa «priorità»?
Abbiamo preferito usare questa parola per tradurre specialmente usato da Don Bosco. L´importanza e l´urgenza dei bisogni dei giovani e l´apostolato che vi corrisponde è la ragione stessa della nostra scelta prioritaria. Tra le esigenze pastorali della Chiesa la priorità per i giovani qualifica oggettivamente la nostra missione e la specifica in modo più preciso. Abbiamo detto che vi sono dei gradi nella priorità (giovani, giovani poveri, giovani più poveri), per cui le urgenze concrete sono senza dubbio da prendere in considerazione. La preferenza si situa al livello psicologico di quelli che sono mandati: è nello stesso tempo un motivo della missione e una conseguenza. E´ possibile affermare la priorità dei giovani in tutti i casi perché anche nei salesiani che sono direttamente consacrati agli adulti, si suppone una preferenza cordiale per i giovani, una mentalità sensibile ai loro problemi e una cura speciale per loro ogni volta che se ne presenta l´ occasione.
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2. Gli adulti destinatati complementari della nostra missione
Che gli adulti sono destinatari complementari della nostra missione ce lo assicurano Don Bosco e le nostre tradizioni, che prendono forma di legge nelle Costituzioni e che si ritrovano, largamente, negli Atti del CG XIX(101) e nelle risposte dei confratelli.(102) Il problema è complesso: a quali adulti e qual è il senso di questa missione? E´ vista per se stessa e in se stessa, aggiunta parallelamente a quella verso i giovani o si articola con essa, in funzione e come integrazione dell´apostolato giovanile? Anche la risposta è complessa. Le ragioni per cui andiamo verso gli adulti possono chiarire in parte questa complessità:
1. Lo zelo di Don Bosco, tanto ardente e vasto, lo ha spinto a lavorare direttamente per l´elevazione del livello culturale, umano e religioso degli adulti del basso popolo.(103)
2. La Chiesa ha insistito spesso per farci accettare alcune responsabilità apostoliche verso gli adulti, soprattutto quando si è trattato di parrocchie in zone povere. Vengono poi ragioni più direttamente legate alla nostra missione salesiana.
3. In molti casi l´educazione dei giovani è tanto legata alle condizioni concrete dell´ambiente familiare, sociale, anche politico, che non si può far qualcosa di utile per loro senza lavorare anche al progresso collettivo di questo ambiente, e quindi per gli adulti.
4. L´ampiezza e la complessità della promozione integrale della gioventù e le esigenze della pastorale d´insieme ci inducono a compiere la missione anche con un´azione indiretta, agendo cioè sul più gran numero possibile di adulti e di organismi che hanno influsso sulla gioventù.(104) In questa prospettiva si pongono il nostro interesse e la nostra responsabilità a riguardo dei laici, nostri collaboratori diretti, e dei cooperatori salesiani. Alla domanda: Ci occupiamo degli adulti per se stessi o in funzione dei giovani?, rispondiamo quindi SI a tutte e due le alternative. E possiamo distinguere questi adulti in due grandi gruppi:
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a) Gli adulti dei ceti popolari
Non siamo mandati per un´azione diretta a qualsiasi categoria di adulti, ma chiaramente a quelli del basso popolo.(105) In questo settore quindi, come già in quello dei giovani, la preferenza di Don Bosco va ai poveri, che hanno bisogno di essere aiutati in modo speciale per la loro promozione umana e religiosa. Di modo che questa missione educatrice si congiunge a quella operata a favore dei giovani: c´è un´unità interna tra la nostra missione giovanile e quella popolare. Questo spiega il fatto che, là dove abbiamo una missione direttamente rivolta agli adulti, troviamo spontaneamente lavoro educativo da svolgere anche a favore dei giovani poveri dell´ambiente. Capita specialmente nelle parrocchie, che dobbiamo preferire nelle zone popolari e povere. Il problema attuale è quello di prendere coscienza del nuovo contesto in cui vive questa gente e del senso nuovo attuale del termine popolo (o ceto popolare). Sulla bocca di Don Bosco voleva significare quasi solamente quella categoria socioculturale e socio-religiosa di gente semplice, a cui si doveva insegnare un po´ di cultura, il catechismo e le buone devozioni. Oggi designa anche una categoria socioeconomica e sociopolitica, che possiede la coscienza di classe (e talvolta di lotta di classe). Designa infine ambienti specifici, diversi gli uni dagli altri: rurali, emigrati, ecc... ciò comporta da parte nostra una vera conversione di mentalità e un adattamento conveniente della pastorale se vogliamo portare efficacemente la luce del Vangelo. Inoltre tra gli adulti oggetto delle nostre cure poniamo gli Exallievi.
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b) Gli adulti responsabili dei giovani
Siccome la prima educazione è data dalla famiglia e in molti casi proprio dalla prima educazione dipende la promozione umana del giovane, i salesiani aiuteranno il meglio possibile, anche con scritti e conferenze, i genitori, specialmente giovani, nell´educazione cristiana e umana dei loro figli. I laici responsabili diretti dei giovani hanno anche loro un influsso determinante sulla evoluzione dei giovani. Per questa ragione, moltiplicheremo con essi contatti e incontri. Possiamo anche essere mandati a numerose altre persone di livello socioculturale più elevato, le cui responsabilità sociali e politiche, e le diverse competenze scientifiche e pastorali possono influire molto sulla situazione sull´educazione dei giovani.(106)
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3 I nostri destinatari nei paesi di missione
Merita un accenno a parte, perché ha occupato nella mente di Don Bosco e nelle nostre tradizioni un posto tutto speciale, solennemente ricordato dal Capitolo Generale XIX (107) e riaffermato dai confratelli.(108) Senza essere annoverata tra le Congregazioni esclusivamente missionarie, la nostra Società, nel pensiero del suo Fondatore, è autenticamente e a essenzialmente missionaria. Si potrebbe dire che questo aspetto costituisce un´applicazione privilegiata e una posizione avanzata della nostra missione verso il ceto popolare e verso i giovani poveri, perché, nella maggioranza dei casi, il servizio missionario è indirizzato a popoli ancora non cristiani con preferenza a zone materialmente e spiritualmente povere, in cui s´incontra una gioventù numerosa e un campo apostolico dagli orizzonti immensi.
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4. Conseguenzee psicologiche e pratiche per il salesiano
La specificazione dei diversi destinatari della nostra missione manifesta nel salesiano un´esigenza di speciale aderenza ai giovani poveri ed anche agli adulti del ceto popolare. Il salesiano è in simpatia spontanea con queste due categorie. Presente e solidale con esse, ne apprezza le qualità, i gusti, gli interessi, le iniziative legittime. Dà alla sua vita uno stile giovanile e sa adattarsi all´ambiente popolare. Sono alcuni tratti del suo spirito originale.(109) Ma, aver affermato la priorità della missione giovanile, non significa che gli altri settori diventino marginali e meno salesiani. Quelli di noi che si consacrano all´apostolato tra gli adulti sono tanto salesiani quanto quelli che si dedicano ai giovani: tutti sono mandati dallo stesso Cristo e mettono in opera lo stesso dono dello Spirito.
CAPO SECONDO
IL SERVIZIO
RESO DALLA NOSTRA MISSIONE
A) PROSPETTIVA GENERALE
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1. Dio ci chiama e ci invia come «segni-testimoni» del Suo Amore salvatore
In coerenza con la missione della Chiesa, cui partecipiamo,(110) possiamo così descrivere la nostra missione: i Salesiani sono nella Chiesa come segni-testimoni dell´amore privilegiato di Cristo per i giovani, soprattutto poveri; amore che in definitiva mira ad operare il loro incontro (comunione) con Dio Padre e tra di loro, figli dello stesso Padre.(111) Mediante la dedizione, la gioia, la fiducia, il dinamismo, devono far percepire ai giovani soprattutto poveri che questo Cristo non è soltanto un personaggio del passato, ma il Risorto vivente e presente, che li raggiunge e li chiama per amarli, aiutarli, perfezionarli, salvarli ed unirli; così danno la prova che la salvezza agisce oggi per ognuno di loro L´amore di Cristo è un amore che propone se stesso alla libera risposta di ogni uomo, e invita ad una risposta sempre più completa. L´intensità della liberazione è proprio misurata dalla qualità di questa risposta di amore. I Salesiani, quindi, non possono compiere la loro missione se non partecipando alla carità salvatrice di Cristo per i giovani; e la loro carità, divenuta pastorale educativa, mira a suscitare una risposta di libera fedeltà all´amore ricevuto: Io conosco le mie pecore ed esse conoscono me;(112) è questo il nucleo centrale dello spirito salesiano e del sistema preventivo di Don Bosco.
2. Come testimoni del Cristo, i Salesiani educano i giovani e gli adulti del ceto popolare alla loro promozione integrale cristiana
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a) Ampiezza e integralità del servizio salesiano
La nostra missione partecipa dell´ampiezza del servizio reso da Cristo e dalla Chiesa all´uomo visto nella sua vocazione integrale.(113) Cristo è venuto a salvare l´uomo intero: nel Vangelo rivela la sua carità attiva non soltanto insegnando la Parola e perdonando i peccati, ma guarendo gli ammalati e nutrendo le folle. La Chiesa ha ripreso coscienza nel Vaticano II della sua ampia responsabilità di lavorare per il Regno di Cristo, in una missione che comprende due aspetti inseparabili: evangelizzare e santificare gli uomini nella loro realtà penetrando l´ ordine temporale con lo spirito evangelico per orientarlo verso il Cristo-Re.(114) Don Bosco, lo sappiamo, ha voluto il bene totale dei suoi giovani. Ha stabilito che scopo della sua azione è ogni opera di carità spirituale e corporale;(115) e il frutto atteso da queste opere è fare dei giovani onesti cittadini e buoni cristiani, renderli felici in questa vita e nella vita eterna.
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b) Unità (soprannaturale) della missione salvatrice salesiana, nella distinzione dei due tipi di servizi resi.
La nostra complessa missione partecipa dell´azione di Cristo e della Chiesa, che è unitaria. Certo, dal punto di vista del risultato oggettivo, guarire e nutrire il corpo, e illuminare o guarire l´anima sono azioni di ordine diverso, che toccano la felicità umana e terrena dell´uomo, e quella sovrumana ed eterna. Il Concilio afferma chiaramente l´unica vocazione dell´uomo alla comunione con Dio in Cristo,(116) ma riconosce la legittima autonomia delle realtà terrene.(117) Concretamente, un salesiano sa benissimo distinguere tra il servizio di dare ricovero, vitto e vestito(118) agli orfani, e quello di donare il perdono di Dio con la Penitenza sacramentale. però questa distinzione è assunta in una reale unità superiore. Non ci sono due missioni, l´una naturale, l´altra soprannaturale. C´è un´unica missione di natura religiosa (cristiana, ecclesiale, apostolica, salvifica) che tende a realizzare la compenetrazione della città celeste e quella terrestre;(119) si tratta di comunicare la vita divina, e rendere più umana la famiglia e la storia degli uomini.(120)questa unità la si può percepire da diversi punti di vista:
a) Unità del Regno di Cristo e del disegno del Padre che richiedono la diversità di questi servizi. Il progresso terreno è ordinato all´avvento del Regno di Dio. L´ ordine spirituale e l´ ordine temporale, sebbene siano distinti, tuttavia nell´unico disegno divino sono così legati che Dio stesso intende ricapitolare in Cristo tutto il mondo,(121) Tutti i valori terrestri, l´amore, la dignità dell´uomo, la fraternità e la libertà resteranno anche nel Regno, ma trasformati e purificati.(122)
b) Unità del giovane da amare nella sua unica vocazione integrale (= diventare un vero uomo, un uomo completo adottato come figlio di Dio), e da servire concretamente, in tutti i suoi bisogni, per promuovere la sua salvezza totale.
c) Unità del salesiano che ama i giovani con la coscienza di essere mandato da Cristo, e che vive la sua carità e il suo spirito evangelico nella diversità delle mansioni. Se la promozione umana e l´evangelizzazione sono compiute in un unico movimento di carità (= la missione integrale salesiana che realizza le opere di carità spirituale e corporale), si eviterà tanto lo spiritualismo angelista quanto il sociologismo orizzontalista. Crediamo che il Da mihi animas di Don Bosco legava indissolubilmente i due aspetti, con un punto di insistenza sull´aspetto religioso. Questo legame intrinseco viene ribadito oggi dal Concilio: La Chiesa ha il dovere di occuparsi dell´intera vita dell´uomo, anche di quella terrena in quanto connessa con la vocazione celeste,(123) Scopriamo inoltre che il livello umano e il tipo di vita terrestre condizionano parzialmente la fede; infatti occorre un po´ di felicità terrena per scoprire l´amore che vuole la salvezza integrale dell´uomo, un minimo di libertà e di cultura per accettare la fede. A sua volta la fede trova nella vita terrestre il suo contesto concreto di applicazione. Ad Gentes dice che la presenza di servizio disinteressato tra gli uomini è la prima tappa e, in un certo senso, una tappa permanente dell´ opera missionaria stessa. L´annuncio del Dio di amore va sempre accompagnato dai segni della sua autenticità: l´amore in atto. La nostra missione si fonda sulla visione pienamente umana e pienamente cristiana dell´uomo; e il nostro rinnovamento consiste nel dedicarsi specialmente ai giovani, per aiutarli ad essere se stessi, a vivere autenticamente la propria esperienza umana e cristiana, facendo loro trovare nell´amicizia col Redentore il fulcro animatore della loro completa formazione (124)
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c) Come esprimere questa unica e complessa missione
Si potrebbe scegliere la parola evangelizzazione, ma il linguaggio abituale (in senso stretto) la riserva all´annuncio che si propone di suscitare quel primo atto di fede,(125) con cui gli uomini aderiscono alla parola di Dio(126) e credono al Cristo. Abbiamo scelto due espressioni complementari. 1) Promozione integrale cristiana: promozione indica il processo di sviluppo della persona; integrale indica tutto l´arco di questo processo, fino alla figliolanza divina e alla santità; cristiana indica che la fonte e l´energia che animerà tutto il processo è la stessa carità di Cristo. 2) Educazione liberatrice cristiana: esprime l´ opera da fare e lo stesso processo dal punto di vista del salesiano educatore; liberatrice sottolinea l´aspetto dinamico del processo storico di crescita dell´uomo a partire dalla situazione di schiavitù in cui si trova: schiavitù multiforme di ordine materiale, psicologico, intellettuale, sociale, e soprattutto etico-religioso (con il riferimento alla schiavitù del peccato, come lo descrivono il Vangelo e San Paolo; da questa schiavitù Cristo ci ha liberati). Parliamo di educazione liberatrice cristiana perché si tratta di un´attività apostolica che viene realizzata secondo lo spirito del Vangelo riletto alla luce del Vaticano II. Don Ricceri nella sua lettera sul sottosviluppo afferma che quest´ opera liberatrice deve giungere a far maturare uomini con una personalità integrale, capaci di liberarsi, ma anche di essere liberatori dei loro fratelli; uomini capaci di farsi portatori della speranza cristiana, anche quando l´ orizzonte umano offre pochi motivi di speranza.(127) Inoltre l´espressione indica che l´educazione deve essere liberatrice non soltanto negli obiettivi, ma anche nei metodi, coll´appello continuo alla responsabilità e alla partecipazione personale dell´educando.(128)
B) IL COMPITO DI EVANGELIZZAZIONE
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1. Come testimoni di Cristo i Salesiani educano i giovani e gli altri destinatari della loro missione a ricevere e a vivere la fede cristiana fino alla santità.
Il Concilio insegna che la missione della Chiesa per tutti gli uomini mira a condurli con l´esempio della vita, con la predicazione, con i Sacramenti e con i mezzi della grazia, alla fede, alla libertà ed alla pace di Cristo, rendendo loro facile e sicura la possibilità di partecipare in pieno al mistero di Cristo(129) 20 Sinteticamente tutta l´ opera si riduce a manifestare il messaggio di Cristo (evangelizzare) e a comunicare la sua grazia (santificare).(130) L´esempio e le direttive di Don Bosco e la nostra tradizione hanno visto i Salesiani dedicarsi a tale opera con uno zelo entusiasta e instancabile, coscienti della grandezza divina del servizio reso sia ai giovani che agli adulti. La fedeltà dinamica alla missione ricevuta esige da noi di continuare tenendo conto del contesto attuale della Chiesa e del mondo.
I punti essenziali sono:(131)
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a) Destare e coltivare la fede
Accogliendo i giovani e gli adulti secondo il loro grado di vita spirituale, dobbiamo preparare il terreno per farli incontrare con Cristo; presentare quindi esplicitamente il disegno di Dio e il mistero del suo Figlio Salvatore, fino a che le menti e i cuori si schiudano a Lui con una fede sincera. Viene, in seguito, la cultura di questa fede coll´insegnamento adeguato della dottrina del Vangelo e della Chiesa, di modo che il cristiano sappia rendere ragione a chiunque della sua speranza (132) Questo è il momento o l´aspetto particolare della pastorale della Parola, in cui i salesiani devono avere una particolare competenza.
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b) Iniziare all´incontro con Dio e alla vita liturgico-sacramentale
La prima espressione della fede è l´adorazione del Padre in spirito e verità. Il Salesiano educa alla preghiera come incontro amoroso e intimo con Gesù Salvatore e col Padre. In questa strada la Vergine Maria è un´ ottima guida. La vita cristiana giunge poi alle sue espressioni più significative nei Sacramenti e nella partecipazione liturgica. Il salesiano sovente deve preparare giovani e adulti al Battesimo e alla Cresima (talvolta al Matrimonio). Ma alla Penitenza e soprattutto all´eucaristia, centro della vita liturgica, dedicherà una cura particolare a causa delle loro ricchezze di grazia e delle loro risorse di eccezionale valore per l´educazione umana e cristiana. Questo è l´aspetto della pastorale liturgica e sacramentale, altro settore in cui i Salesiani devono impegnarsi a fondo.
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c) Aprire al senso della Chiesa e del servizio umano
Questa educazione integrale che si fa in un contesto ecclesiale, tende a sviluppare l´amore alla Chiesa, della quale ognuno si sentirà membro attivo. Il frutto supremo della formazione è ottenuto quando i giovani o gli adulti, trovando ognuno il proprio posto nella Chiesa e nella società, danno il loro apporto all´aumento del Corpo mistico: promuovono l´elevazione in senso cristiano del mondo(133) e si impegnano per la giustizia e la pace, evitando quello che la GS annovera tra i più gravi errori: Il distacco tra fede professata e vita quotidiana.(134) Questo è l´aspetto della pastorale ecclesiale dei gruppi e dei movimenti di formazione e d´azione apostolica, e la pastorale delle vocazioni, altro settore privilegiato dell´azione salesiana. In sintesi. Ogni intervento educativo pastorale esige la compresenza di questi tre aspetti della pastorale in reciproca integrazione. L´armonico svilupparsi di queste tre dimensioni maturerà delle autentiche personalità cristiane. Quindi la nostra missione non mira che a formare dei santi. La figura di Domenico Savio, sorta proprio all´inizio dell´ opera salesiana, ci ricorda questo con forza e con speranza. Non è inutile rilevare che Domenico Savio è uno dei frutti migliori del sistema preventivo. Questo metodo pastorale salesiano è in coerenza perfetta con lo scopo dell´educazione cristiana: appoggiandosi ragione, religione e amorevolezza, fa appello alle forze interiori più profonde dell´uomo, di modo che l´educando possa diventare un uomo libero e un cristiano cosciente, ridestando in se stesso, con la grazia di Dio, le energie necessarie per costruire ]a sua personalità e dedicarsi al servizio di Dio e degli altri.
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2. Come testimoni di Cristo i Salesiani cooperano a piantare la Chiesa in gruppi umani non cristiani
L´ originalità del compito missionario richiede che sia indicato a parte questo aspetto importantissimo della missione salesiana. Si tratta infatti di incarnarsi in un gruppo umano determinato che non crede ancora o non crede più in Cristo, e di realizzarvi l´evangelizzazione e la fondazione della Chiesa (135) In questo vasto contesto trovano totale applicazione tutti i compiti precedenti. Questo è l´aspetto della pastorale missionaria.(136)
C) L´IMPEGNO DEI SALESIANI PER LA GIUSTIZIA NEL MONDO
Nella spirito delle beatitudini evangeliche i Salesiani si impegnano in una azione intensamente educativa che testimoni e promuova la giustizia nel mondo.
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Premessa: l´urgenza attuale per l´avvento della giustizia nel mondo
L´agire per la giustizia e il partecipare alla trasformazione del mondo ci appaiono chiaramente come la dimensione costitutiva della predicazione del Vangelo, cioè della missione della Chiesa per la redenzione del genere umano e la liberazione da ogni stato di cose oppressivo.(137) Uno dei segni dei tempi è la presa di coscienza, soprattutto da parte dei giovani, dell´ingiustizia che impedisce l´equilibrio della società e la realizzazione di una totale liberazione dell´uomo. Il sottosviluppo, l´analfabetismo, la miseria e la fame nel mondo sono oggi di tale ampiezza e gravità che non è sufficiente un soccorso immediato, ma occorre agire sulle cause profonde di tale situazione. Si tratta infatti di strutture che spesso ostacolano gravemente o addirittura impediscono l´essenza del Vangelo predicato e vissuto: non permettono ai poveri e agli oppressi di scoprire in loro l´immagine di Dio, né di credere che il Regno sia arrivato in questo mondo, né di avviarsi verso il cammino della salvezza integrale. Sono dunque strutture di peccato.(138) D´altra parte la promozione umana dei poveri, per essere tale, richiede che siano loro a prendere coscienza della situazione, e che i cambiamenti siano fatti da loro stessi, collettivamente uniti. Tutto ciò significa che vengono aiutati da persone e da istituzioni che lavorano per la giustizia. Qui un ruolo di primaria importanza spetta alle comunità cristiane.(139) In tale situazione, qual´ è il compito dei salesiani(140) che il Cristo manda tra i giovani soprattutto i più poveri, e a quali condizioni la loro azione rimarrà apostolica e salesiana? Don Bosco distingueva un doppio impegno possibile sulle strutture sociali:
a) un impegno dall´ orizzonte ampio, dove la Politica (con la P maiuscola) è la politica del Pater Noster: questa è inerente all´evangelizzazione cristiana intimamente connessa con la promozione integrale della persona umana; qui i salesiani operano principalmente con il loro compito educativo;
b) una visione più ristretta, limitata entro le prospettive dei partiti politici, dalla quale Don Bosco volle assolutamente l´astensione sua e dei suoi figli. Se vogliamo andare avanti - diceva Don Bosco - bisogna che non si parli mai di politica, né pro né contro.(141) La nostra risposta oggi nella linea dell´impegno per la giustizia nel mondo si pone in un contesto culturale nuovo: non viene sollecitata da motivi contingenti di fazioni politiche e di ideologie del momento, ma dalle esigenze che pone oggi all´educatore cristiano la formazione integrale del perfetto cristiano e dell´ onesto cittadino: sono la Chiesa e il mondo che ci chiedono di formare uomini capaci di portare la giustizia nel nostro mondo denso di gravi problemi.(142)
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a) Azione intensamente educativa verso i giovani e verso gli adulti responsabili della liberazione di poveri.
1) Verso i giovani ai quali siamo mandati. La nostra collaborazione per lo sviluppo è principalmente l´educazione, la qualificazione e la formazione degli uomini che sono i fattori principali dello sviluppo.(144) La nostra prima responsabilità concerne la massa dei giovani che hanno bisogno di un´educazione aperta e completa: comprensione dell´attualità sociale, conoscenza della dottrina della Chiesa, formazione alla responsabilità civica, sociale e politica, iniziazione ad un impegno progressivo di servizio concreto. La nostra azione educativa si innesterà così nella realtà circostante suscitando cristiani impegnati per la liberazione dei loro fratelli. Come Don Bosco, siamo particolarmente sensibili ai bisogni di coloro che rimangono emarginati dalla società perché analfabeti: Un analfabeta è uno spirito sottoalimentato,(145) Collaboriamo con gli organismi nazionali e internazionali che promuovono tra i poveri l´educazione di base e l´alfabetizzazione, affinché questi nostri fratelli emarginati possano liberarsi dalla schiavitù dell´ignoranza e partecipare alla vita socioculturale.
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2) Verso gli adulti impegnati per la giustizia. Come pastori dobbiamo illuminare e stimolare i laici all´impegno per la giustizia (i parrocchiani, i movimenti cristiani, gli exallievi, i cooperatori, i laici nostri collaboratori...). E´ compito dei pastori enunciare con chiarezza i principi evangelici e magistrali e alimentare la vita spirituale e il senso apostolico di questi adulti o dei loro gruppi.(146) Perciò è nostro urgente dovere approfondire la dottrina sociale per renderci capaci di un compito così delicato.(147)
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b) L´impegno per una testimonianza di giustizia nel mondo, riflesso nel nostro impegno educativo.
Il nostro impegno educativo per la giustizia nel mondo, quindi, diventa credibile nella misura in cui ogni salesiano, singolarmente, ed ogni comunità, a tutti i livelli, sono autentici testimoni della giustizia. Il Sinodo dei Vescovi ricorda che nell´uso delle cose temporali non si deve mai giungere a rendere ambigua la testimonianza evangelica che la Chiesa deve rendere. E benché in generale sia difficile stabilire un limite tra ciò che è necessario per il retto uso e ciò che è richiesto dalla testimonianza profetica, non c´è dubbio, però, che si debba ritenere fermamente il principio: la nostra fede esige da noi una certa parsimonia nell´uso delle cose, e la Chiesa è tenuta a vivere e ad amministrare i propri beni in modo da annunciare il Vangelo ai poveri. Se al contrario la Chiesa si presenta come uno dei ricchi o dei potenti di questo mondo, risulta diminuita la sua credibilità.(148) La testimonianza esterna dei valori evangelici che sostengono la nostra vita religiosa è una dimensione permanente del nostro essere, ed è essa stessa una forma efficacissima di educazione: si educa più per quello che si è che non con quello che si dice. La nostra missione per i giovani, soprattutto i più poveri, richiede alle nostre comunità un tipo di presenza e di atteggiamento globale verso i poveri stessi e verso il movimento (più o meno organizzato) con cui essi tentano di conquistare i loro diritti ad una vita più umana. Come religiosi dobbiamo testimoniare lo spirito delle beatitudini: il Signore ci ha dato questa speciale vocazione, e gli uomini esigono da noi questo servizio. Perciò l´impegno nostro per la giustizia nel mondo non deve offuscare mai la chiarezza di questa testimonianza, che ognuno realizzerà secondo il dono ricevuto dallo Spirito. La nostra testimonianza-servizio per la giustizia sorge dalla carità e mira ad una più profonda comunione tra gli uomini.
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c) Un´azione efficace per l´avvento della giustizia in coerenza con gli orientamenti della Chiesa locale e della nostra Congregazione.
Precisiamo subito che il nostro impegno per la giustizia nel mondo non significa affatto un impegno di partito, che compete ai laici e non ai religiosi o ai sacerdoti.(149) In questo campo sorgono necessariamente divergenze e contrasti, e gli educatori e i pastori non possono compromettere la Chiesa in tali opzioni, anzi hanno il dovere di curare l´unità del popolo di Dio.(150) ciò impedisce (anzi esige) che come Gesù Cristo e la Chiesa, anche noi ci dedichiamo di preferenza a servire con predilezione coloro che soffrono, i poveri e gli oppressi, i quali per tanto tempo son vissuti in situazioni apertamente contrarie alla loro condizione e dignità di figli di Dio.(151) L´anelito ad una giustizia nel mondo non scaturisce in noi dall´ odio di classe, né propugna un´azione violenta, ma rimane espressione di carità attinta dalle sorgenti evangeliche. L´azione specificamente cristiana dei fedeli per la giustizia è nel loro modo di vivere il Vangelo (nelle famiglie, sul lavoro, nelle scuole, nella vita sociale, culturale e politica). E´ evidente che l´educazione, ossia la formazione dei cristiani, rappresenta il prioritario contributo della Chiesa. Ma un´autentica educazione rifiuta qualsiasi dicotomia tra fede e vita, non è: un´informazione, ma cambiamento del cuore verso la giustizia e verso l´amore di Dio e dell´uomo; e non ammette compromessi con istituzioni che non sono al servizio della giustizia e lo sviluppo integrale. Essa deve rendere gli uomini capaci di analizzare e criticare le situazioni ingiuste che esistono nella loro società, cercando nuove forme di vita collettiva. Deve, altresì, consentire una liberazione degli uomini dalla manipolazione tramata ai loro danni e rendere gli stessi davvero padroni del proprio destino.(152) Mettiamo in risalto alcuni aspetti che interessano particolarmente noi salesiani ora a livello della Congregazione come tale, ora a livello di comunità ispettoriale locale, ora a livello individuale.
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1) Scegliamo la linea del progresso dei popoli. La lotta contro il sottosviluppo appartiene all´essenza stessa della Congregazione salesiana. Essa si sente quindi impegnata a fondo in questa lotta. Ma lo deve fare secondo il suo carisma, cioè nella linea, nello stile, nello spirito di Don Bosco, e quindi con coraggio, con intelligenza, con realismo, e sempre con carità... E´ e deve essere un principio vitale saturo di implicanze che si deve tradurre in linea di azione.(153)
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2) Rifiutiamo ogni compromesso con qualsiasi forma di ingiustizia sociale(154) e ogni collusione con la ricchezza e la potenza,(155) E´ la forma più elementare di testimonianza evangelica per una società più giusta. Nella predicazione, nella catechesi orale e scritta, nelle relazioni pastorali, dobbiamo avere il coraggio di denunciare le ingiustizie e di ricordare tutte le esigenze di un Vangelo che impegna la vita personale e collettiva.(156)
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3) Collaboriamo per la promozione del mondo operaio e degli emigranti. La nostra missione giovanile e popolare implica: un´attenzione per la realtà sociale e storica del mondo operaio; lo sforzo di scoprire i suoi valori educativi, umani ed evangelici; la preoccupazione di collaborare coi movimenti dediti all´evangelizzazione di questo ambiente, non trascurando che il valore principale a cui dobbiamo tendere è che i poveri stessi prendano responsabilmente in mano la loro promozione umana e cristiana. Analogamente collaboriamo con gli incaricati della pastorale degli emigrati. La nostra vocazione salesiana reclama la nostra presenza presso questi fratelli che aspirano ad una vita più umana in situazioni molto disagiate. Non sarà difficile a noi, Congregazione internazionale, di prestare un servizio qualificato soprattutto per l´assistenza e l´educazione dei figli degli emigrati.(157)
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4) Adottiamo uno stile di vita povera: liberarsi da una mentalità borghese.(158) Questo aspetto viene trattato ampiamente nel documento sulla povertà salesiana. Qui ricordiamo soltanto che la nostra povertà religiosa esige uno stile di vita austera che ci permetta di inserirci tra i giovani poveri sull´esempio di Cristo incarnato.
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5) Poniamo alcuni gesti profetici, che manifestino più chiaramente il nostro amore privilegiato per i poveri con modalità aderenti alla realtà di oggi. Paolo VI dice ai religiosi: Il grido dei poveri... induce certuni tra voi a raggiungere i poveri nella loro condizione, a condividere le loro ansie lancinanti.(159) Anche noi abbiamo molto bisogno di ciò che lo spirito vuol dirci attraverso la voce dei poveri. E´ in accordo col nostro spirito e con la nostra missione oggi che alcuni di noi vadano a vivere tra i più poveri, se l´analisi comunitaria della situazione dimostra che questo è il modo più vero di lavorare, dal di dentro, alla loro formazione umana e alla loro evangelizzazione. Parimenti può essere opportuna l´esperienza di alcuni salesiani operai che vogliono raggiungere meglio gli operai, adulti e giovani, se questo modo di fare è richiesto dalle esigenze della missione locale> in coerenza con la pastorale d´insieme e in pieno accordo con la gerarchia. Tutto questo sia lasciato all´approvazione, e, meglio, alla iniziativa degli Ispettori e del Consiglio Ispettoriale, sempre in accordo con l´episcopato della Chiesa locale.
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d) Lo spirito apostolico del nostro impegno per la giustizia nel mondo
Il nostro impegno per la giustizia è un elemento della nostra missione, compiuta da gente consacrata a Dio, e in riferimento permanente al Vangelo. Quindi deve essere realizzato sempre in spirito autenticamente religioso e apostolico in stretta unione con l´evangelizzazione; infatti:
1) ha come sorgente e anima viva la carità del Cristo Salvatore;
2) ha come motivazione le esigenze del Vangelo e la volontà di soccorrere Cristo stesso nei poveri: avevo fame, mi avete nutrito;(160)
3) ha come SCOPO di cooperare alla missione della Chiesa che tende ad animare l´ ordine temporale con lo spirito evangelico;
4) ha come effetto immediato cooperare alla manifestazione di un aspetto particolare dell´amore di Cristo e della sua opera di salvezza;
5) ha come stile quello di Don Bosco: una bontà dialogante fatta di ragione, religione, amorevolezza, per cui l´impegno per la giustizia nel mondo si pone nel contesto più ampio di una promozione integrale e di un´educazione liberatrice cristiana. Per questo l´annuncio esplicito del Regno viene fatto ad ogni uomo qualunque sia il suo livello di sviluppo umano.
In sintesi. La nostra vera missione richiede un doppio legame: non separare mai l´assistenza immediata ai poveri dall´ opposizione alle cause esterne della povertà collettiva; e non separare questo sforzo di promozione umana dall´autentica evangelizzazione dei poveri e dei ricchi. In altre parole: non evangelizzare gli individui senza mirare all´evangelizzazione collettiva del loro ambiente.
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D) LAVORO INSERITO NELLA PASTORALE DELLA CHIESA LOCALE
La natura, L´ampiezza e la complessità della nostra missione richiedono che essa venga compiuta come un´ opera d´insieme, in cui le diverse responsabilità sono esercitate in spirito di col laborazione. I confratelli chiedono con insistenza una inserzione più completa della nostra azione in quella della Chiesa locale,(161) e, all´interno delle nostre comunità, si augurano una cura più viva della corresponsabilità apostolica nel rispetto della figura e del compito particolare di ognuno, compresi i nostri collaboratori laici.
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1. La nostra missione è compiuta al servizio della Chiesa locale
a) Natura ecclesiale e missionaria della Chiesa locale
1) I singoli Vescovi sono il visibile principio e fondamento dell´unità nelle loro Chiese particolari, formate ad immagine della Chiesa universale, e in essa e da esse è costituita l´una e l´unica Chiesa cattolica.(163) Ogni Chiesa particolare o locale concretizza per una porzione di credenti il mistero intero e la missione della Chiesa stessa. Ne consegue che la Chiesa locale è la prima e diretta responsabile e organizzatrice della missione per tale gruppo di uomini. Perciò il Vaticano II raccomanda ai religiosi di collaborare nei vari ministeri pastorali, tenute tuttavia presenti le caratteristiche di ciascun Istituto. Ed i Superiori religiosi, per quanto possono, stimolino i loro dipendenti a prestare tale collaborazione....(164) La esenzione permette ai religiosi di essere più disponibili per un gruppo di Chiese particolari con una presenza carismaticamente differenziata. Questo vuol dire che il nostro servizio salesiano si deve inserire nella pastorale della Chiesa locale. I giovani e gli adulti a cui siamo mandati sono membri del popolo di Dio: noi andiamo loro incontro e li accogliamo per educarli come membri della Chiesa locale.
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2) D´altra parte, una Chiesa locale non esiste soltanto per ragioni di praticità nell´ organizzazione dell´annuncio evangelico e della vita cristiana, ma anzitutto per realizzare la cattolicità della Chiesa. Ha la funzione originale di ordinare a Dio le ricchezze umane di tale popolo e di farle servire a un´espressione particolare della grazia redentrice. Perciò occorre adattare la pastorale generale della Chiesa al carattere concreto e ai bisogni speciali di questo popolo, organizzandolo in una pastorale locale. Quindi la nostra pastorale giovanile aperta al ceto popolare, pur restando autenticamente salesiana, deve inserirsi nella pastorale d´insieme; deve prestare un servizio originale, ma anche deve ispirarsi, coordinarsi e realizzarsi in stretta collaborazione con tutti i responsabili della regione. L´unità della nostra missione qui si articola in un pluralismo di pastorali. L´equilibrio tra la fedeltà al nostro carisma e la disponibilità alla pastorale della Chiesa locale(165) darà ad ogni Ispettoria salesiana (o gruppo di Ispettorie) una fisionomia originale e una particolare unità pastorale.
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b) Inserzione del nostro servizio della missione della Chiesa locale
Il nostro lavoro è sempre servizio reso alla Chiesa locale, ma questo servizio può essere fatto sotto due forme principali.
1) Servizio pastorale nelle istituzioni pastorali stesse della Chiesa locale.
La Chiesa locale ha un livello più o meno alto di organizzazione nei diversi settori della pastorale (catechetica, liturgia, associazionismo, cura delle vocazioni, scuole, movimento ecumenico...).
Gruppi di Salesiani possono rendere alla Chiesa locale servizi validi mettendosi direttamente a sua disposizione nei settori che corrispondono alla loro missione: evangelizzazione dei giovani e degli adulti del ceto popolare. In alcuni ambienti sarà un gruppo che riceverà la responsabilità integrale di un servizio pastorale (come avviene per le parrocchie); altrove, invece, saranno singoli confratelli che, d´accordo con la comunità, porteranno il loro contributo in un servizio complesso.
La Chiesa locale inoltre deve garantire l´animazione evangelica delle realtà temporali. Ordinariamente questo compito è realizzato dai laici; ma può accadere che la presenza di religiosi o di sacerdoti venga riconosciuta opportuna o necessaria. Perciò alcuni salesiani possono essere chiamati sia per il servizio religioso dei movimenti apostolici di laici responsabili, sia per una presenza in istituzioni civili di educazione, di cultura, di servizio sociale..., soprattutto per la promozione dei più poveri.
Tutto questo viene indicato qui non per descrivere diverse forme possibili di apostolato salesiano, ma per sottolineare il modo corresponsabile e cooperante con cui compiamo la nostra missione nella Chiesa. In tali casi i salesiani saranno in collaborazione più diretta e permanente con i responsabili diocesani, dove spesso potranno trovarsi nella posizione più umile di servitori.
2) Servizio salesiano alle nostre istituzioni rispondenti alle necessità locali.
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Questo è il caso comune delle nostre opere attuali Qui basta ricordare che la nostra relativa autonomia (che ha i suoi vantaggi) non può mai significare autosufficienza pastorale, ma deve apparire come forma valida di servizio e partecipazione alla missione della diocesi o della religione. ciò è richiesto sia per la natura stessa dell´ opera, che deve corrispondere a veri bisogni locali, sia per il modo di condurla, in coerenza, cioè, con la pastorale d´insieme. Di fatto capita spesso che una casa salesiana abbia confratelli che rendono queste due forme di servizio ecclesiale.
Perché il nostro inserimento nella pastorale d´insieme avvenga in forma di vera corresponsabilità, c´è da augurarsi che molti salesiani vengano scelti come membri dei Consigli presbiterali e pastorali.
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c) Coerenza del nostro servizio con quello delle altre forze salesiane nella Chiesa locale
E´ un altro aspetto della corresponsabilità e della collaborazione, e una forma originale di lavoro nello stesso tempo salesiano e diocesano. Le FMA e le VDB sono al servizio della diocesi come noi. Per i Cooperatori Don Bosco dice: L´associazione avrà assoluta dipendenza dal Sommo Pontefice, dai Vescovi, dai Parroci, in tutte le cose che si riferiscono alla religione.(166)
Occorre formare i Cooperatori a prendere coscienza delle loro responsabilità salesiane e ecclesiali, perché compiano la missione salesiana in forme più ampie e più efficaci. Si pone il problema di un più organico collegamento tra le diverse forze salesiane di una zona nel contesto della pastorale d´insieme.
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2. La comunità salesiana è il primo titolare della missione
Ogni salesiano deve agire avendo coscienza di essere membro solidale coi suoi fratelli nel compimento della missione. Il nostro servizio pastorale si innesta sempre nella Chiesa locale; la comunità ispettoriale ha un particolare rilievo nella responsabilità del nostro lavoro apostolico; infatti costituisce l´unità istituzionale salesiana che corrisponde meglio a una Chiesa locale. In parecchi casi il raggruppamento delle Ispettorie di uno stesso paese o regione in Conferenze Ispettoriali riveste, dal punto di vista della missione da compiere, una speciale importanza; perciò, a questi livelli, si richiedono delle strutture valide di collaborazione, e, più ancora, una coerenza nelle prospettive e nel dinamismo pastorale. La comunità locale esprime la sua profonda unità attuando la comune missione con lo stesso spirito salesiano. Tuttavia i diversi tipi di servizio che ci vengono richiesti, e l´apporto personale di ogni confratello ci manifestano che questa unità della comunità è proprio il contrario della uniformità: è l´unità di un corpo organico, in cui ogni membro, solidale con gli altri, compie una sua funzione originale. La ricchezza e la varietà del servizio apostolico è fatta dall´incontro di funzioni complementari.(167) E´ anche chiaro che l´appartenenza prioritaria alla comunità religiosa non impedisce l´appartenenza (con modalità diverse) ad altre comunità apostoliche, cosa che accade soprattutto nel caso di salesiani al servizio diretto di istituzioni pastorali della Chiesa locale.
CAPO TERZO
LO SPIRITO SALESIANO
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Cosa significa «spirito salesiano»
Nel Capo I sulla spiritualità della missione abbiamo notato che essa è costituita da un atteggiamento interiore di presenza a Dio e agli uomini, reso possibile soltanto dall´energia della carità diffusa dallo Spirito nel cuore dell´apostolo. E´ a livello di questa carità pastorale, così come fu vissuta da Don Bosco in tutta la sua vita, che si pone questa presentazione dello spirito salesiano.
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1. Ogni istituto religioso ha un proprio spirito
Proponendo i principi generali del rinnovamento della vita religiosa, il PC 2 afferma: Torna a vantaggio della Chiesa stessa che gli Istituti abbiano una loro propria fisionomia ed una loro propria funzione. Perciò fedelmente si interpretino e si osservino lo spirito e le finalità proprie dei fondatori.... Il presente documento adopera la parola spirito nel senso globale incluso nelle espressioni di uso comune: spirito dei fondatori, lo spirito delle regole, ecc.(168) Sommariamente si può definire lo spirito salesiano il nostro proprio stile di pensiero e di sentimento, di vita e di azione, nel mettere in opera la vocazione specifica e la missione che lo Spirito non cessa di darci. Oppure, più dettagliatamente, lo spirito salesiano è il complesso degli aspetti e dei valori del mondo umano e del mistero cristiano (Vangelo anzitutto, Chiesa, Regno di Dio...) ai quali i figli di Don Bosco, accogliendo l´ispirazione dello Spirito Santo e in forza della loro missione, sono particolarmente sensibili, tanto nell´atteggiamento interiore quanto nel comportamento esteriore.
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2. Spirito «salesiano» oggi
Parlando di spirito salesiano, ci riferiamo prima di tutto al suo fondamento e alla sua origine che è lo spirito di Don Bosco (la sua vocazione, vita, opera e insegnamenti), poi allo spirito partecipato e vissuto storicamente nella sua famiglia (la vita e le sane tradizioni(169) dei salesiani), ed infine alla coscienza espressa dai Salesiani di oggi attraverso i CIS. E´ difficile determinare lo spirito, realtà vivente incarnata necessariamente in un involucro storico e locale; però è possibile comprenderlo nella sua essenziale vitalità a partire dalla riflessione dei salesiani sulla loro esistenza: oggi lo spirito vive! In questa linea la consultazione generale fatta tramite i CIS è di una importanza difficilmente sottovalutabile.(170) Un´analisi frammentaria delle varie fonti potrebbe far pensare che gli elementi componenti lo spirito salesiano non siano originali e si ritrovino anche altrove; però, visti nel loro insieme e nelle modalità di incidenza di ognuno sugli altri, ce ne rivelano tutta l´ originalità. La peculiarità dello spirito salesiano, mentre fonda la nostra unità, costituisce l´anima del rinnovamento postconciliare; non solo dei salesiani, ma anche di tutti i membri della famiglia salesiana.
N.B. Precisiamo che questo documento non intende dare una presentazione assoluta né definitiva dello spirito salesiano. Solo costituisce un tentativo di risposta ad una richiesta sentita oggi nell´insieme della Congregazione. L´esperienza e lo studio ci aiuteranno a completare il nostro sforzo.
A) LO SPIRITO SALESIANO NEL SUO ELEMENTO CENTRALE E NELLA SUA ISPIRAZIONE EVANGELICA
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1. Alla ricerca della ispirazione unificatrice
Capire uno spirito è comprendere una ispirazione organizzatrice, questa è come l´anima che pervade tutto il corpo e ne costituisce la complessa unità. Don Bosco è il santo in cui il tratto forse più stupendo è l´unità della persona, della vita e dell´ opera. La sua personalità si costruiva armonicamente e progressivamente a partire dal nucleo dinamico. in cui lo Spirito del Cristo risorto Si incontrava con un cuore ricco e generoso. Tentiamo il delicatissimo sforzo di entrare nell´anima di Don Bosco per coglierne l´elemento più atto a spiegare l´uomo, l´ opera e lo stile di vita.
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2. Il centro della personalità del salesiano e la fonte più profonda della sua unità
Al centro c´è il DA MIHI ANIMAS CAETERA TOLLE, cioè la carità, pervasa da. un fervore che .la porta a dedicarsi al bene degli altri, e in particolare della gioventù, per la gloria di Dio: proprio la passione apostolica tutta animata da ardore giovanile. Ora i Salesiani di oggi, come Don Bosco nella prima stesura del 1° articolo delle Costituzioni,(171) riferiscono questo zelo, come a sua fonte, al Vangelo, alla persona e al cuore di Cristo, apostolo del Padre, il cui riflesso di luce appare in Don Bosco.(172) In questo ritorno al Vangelo, i confratelli sono stati ispirati segretamente dallo Spirito Santo, esplicitamente dalla Chiesa Conciliare. Difatti i Salesiani ricevono dallo Spirito Santo il dono di una riscoperta delle stesse percezioni evangeliche di Don Bosco, cioè di un certo modo salesiano di intuire il volto e la missione di Cristo; il nostro patrimonio spirituale è prima di tutto in questa lettura del Vangelo. D´altra pare, lo slancio di rinnovamento che pervade la Chiesa ci permette di conoscere più profondamente il Cristo del Vangelo e il modo con cui Don Bosco l´ ha compreso e imitato; questo ci rende capaci di riattualizzare le intuizioni evangeliche dello spirito salesiano e di potenziarle secondo le nuove possibilità e gli immensi bisogni del mondo odierno.(173) Queste realtà giustificano il nostro modo di esporre adesso le nostre maggiori percezioni evangeliche, partendo dalla nostra esperienza salesiana di fede e di carità.
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3. Filiale gratitudine al Padre per il suo disegno di salvezza.
Nello sua risposta di fede all´azione dello Spirito che vuole assimilarlo a Cristo Figlio, il salesiano scopre la paternità infinita di Dio e la sua generosità nel dare all´uomo una vocazione divina.(174) Vive quindi davanti al Padre celeste con un cuore ripieno di gioiosa gratitudine e di fiducia. Si sente anche chiamato ad essere il rivelatore di questo Padre, padre lui stesso dei suoi giovani, che vuole promuovere secondo tutta la loro dignità di figli di Dio. così il salesiano comprende più a fondo Don Bosco nella sua unione con Dio e nel suo senso straordinario di paternità.(175) Capisce anche il modello supremo di Don Bosco, il Cristo, nell´elemento più profondo della sua anima, la figliolanza, che lo spingeva a vivere sempre nell´intimità del Padre, a esultare di gioia davanti al suo disegno,(176) a vedere tutti gli uomini come figli del Padre. Il mondo attuale ha bisogno urgente di scoprire questo vero volto di Dio e questa vocazione filiale di ogni uomo.
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4. Amore privilegiato per i «piccoli» e i «poveri»
Docile all´azione dello Spirito che lo conduce a Cristo Salvatore e povero dei poveri, il salesiano sceglie oggi di nuovo di andare, con amore liberatore, ai giovani soprattutto poveri e alla gente umile, perché si è fatto sensibile tanto al valore decisivo dell´adolescenza, quanto agli appelli dei poveri. Guidato da questa esperienza, egli penetra nel cuore di Don Bosco totalmente dedito ai giovani poveri, nei quali vedeva la persona di Cristo. Penetra nel cuore di Cristo stesso, attirato in modo particolare dai piccoli e dai poveri, cioè da quelli che sentono i loro limiti e sono pronti a ricevere il Regno e la sua salvezza.(177) In un mondo in cui aumenta il numero dei giovani poveri, il salesiano capisce meglio l´importanza rinnovata della sua vocazione: render loro presente l´amore di Cristo.(178)
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5. Zelo per salvare l´uomo, sotto l´urgenza del Regno
Sotto l´influsso dello Spirito che vuole configurarlo a Cristo Servo zelante del Padre, il salesiano scopre con meraviglia di essere nelle mani di Dio uno strumento liberamente efficace per la salvezza dei bisognosi. Spinto dalla imminenza del Regno che ogni giorno viene, si dedica con ardore alla loro salvezza integrale ed accetta di essere consumato da questo lavoro. Scopre così, attraverso il cuore di Don Bosco, immenso come l´arena del mare, lo zelo struggente di Cristo, e percepisce il sentimento di urgenza con cui compiva le sue opere doppiamente salvatrici: Percorreva tutta la Galilea insegnando e guarendo,(179) Il mondo attuale ha molto acuito il senso di una storia che si costruisce con il lavoro febbrile di tutti in una città secolare; ciò rende urgente allo zelo apostolico l´annuncio del Regno.(180)
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6. Metodo del «Buon Pastore»
Spinto dallo spirito che vuole conformarlo al Cristo dolce e umile di cuore, il salesiano sceglie la carità come mezzo e metodo fondamentale del suo apostolato, conscio delle sue esigenze di contatto cordiale, di pazienza e di morte a se stesso, ma anche della forza vittoriosa del Risorto. In questa luce percepisce più chiaramente il metodo pastorale di San Francesco di Sales, a cui si è ispirato Don Bosco, promotore dell´amorevolezza instancabile e della familiarità, nomi salesiani della carità applicata ai giovani.(181) Scorge quanto questo metodo dei due Santi si ispiri direttamente al Cristo del Vangelo apparso in mezzo a noi come la bontà e la benignità umanizzata di Dio.(182) E´ la figura di Cristo Buon Pastore (183) a cui i Salesiani di oggi sono particolarmente sensibili. Il movimento del dialogo cordiale con tutti, inaugurato dalla Chiesa di oggi, spinge il Salesiano a una più forte adesione al suo metodo proprio. In questo contesto ecclesiale e salesiano è da collocare la nostra fedeltà a uno stile educativo che Don Bosco stesso ha chiamato sistema preventivo.
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7. Desiderio di radunare i suoi nell´unità
Infine, illuminato ed animato dallo Spirito che lo unisce al Cristo Maestro dei discepoli, il salesiano sceglie di vivere in comunità fraterna in profonda amicizia coi suoi fratelli, e contribuisce con tutte le forze a costruire l´unità a tutti i livelli, specialmente raccogliendo i giovani abbandonati in una nuova famiglia. In questa luce e attraverso Don Bosco preoccupato dell´unità dei suoi figli nell´amore fraterno e nell´azione pastorale, raggiunge le intenzioni di Cristo Fratello ed Amico dei suoi apostoli, e allo stesso tempo Capo e Maestro.(184) Il Salesiano trova nell´ambiente attuale ragioni e appelli nuovi per impegnarsi di più nella ricerca di una fraternità apostolica. Il Concilio ha ridefinito la Chiesa come comunità di amore, a cui tutti sono chiamati. Le comunità religiose devono essere la manifestazione più credibile.(185)
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Sintesi. Queste cinque vive percezioni evangeliche non sono senza legami tra di loro. Paternità di Dio, preferenza per i poveri e i piccoli, mistero dell´apostolato, onnipotenza della carità pastorale, valore unico della comunità: tutto questo partendo da Cristo si riferisce all´amore salvatore di Dio visto nella sua sorgente, nei suoi destinatari privilegiati, nel suo strumento, nel suo metodo e nei suoi frutti.
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B) LO SPIRITO SALESIANO IN AZIONE
Alla luce di queste percezioni evangeliche che ispirano la carità pastorale del salesiano, vorremmo tentare di determinare i principali comportamenti nei quali essa si manifesta e si incarna ogni giorno. Questi atteggiamenti sorgono, maturano e si integrano vicendevolmente soprattutto nel contesto vitale di una comunità permeata di spirito di famiglia. Volendo percepire oggi lo spirito che vive tenteremo di descriverlo organicamente partendo da ciò che è più esterno fino a raggiungere il nucleo intimo. La carità pastorale ed evangelica ispira: 1) il nostro stile di azione; 2) il nostro stile di mutua relazione; 3) il nostro stile di preghiera o di relazione con Dio, che anima le due precedenti componenti. Questa presentazione coincide con il trittico della tradizione salesiana viva: lavoro, spirito di famiglia, preghiera.
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1. La carità evangelica ispira il nostro stile di azione
a) Operosità instancabile e rinuncie («Lavoro e temperanza»)
Lavoro e temperanza faranno fiorire la Congregazione(186) Il primo elemento dominante dello spirito salesiano è la prodigiosa attività sia collettiva che individuale.(187) Il salesiano si dà in un dono totale al suo compito apostolico. Per lui, religioso in maniche rimboccate, questo lavoro è, ad un tempo, mistica (lavoro di Dio), ascesi (accettazione di ogni sacrificio), e esigenza di consacrazione nella libertà gioiosa che nasce dalla castità, dalla povertà e dalla ubbidienza. Questo atteggiamento mette il salesiano in sintonia con l´uomo di oggi che ha coscienza di essere homo faber, trasformatore del mondo e attore della storia. Con la sua fatica di lavoratore del Regno, si impegna a dare il suo contributo per animare cristianamente questo movimento.
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b) Creatività e flessibilità di fronte alle urgenze
Sono sempre andato avanti come il Signore mi ispirava e le circostanze esigevano,(188) Come Don Bosco, il salesiano comincia la sua azione partendo dall´attenzione al reale. Vuole che le sue opere siano risposte adeguate e tempestive ai bisogni del momento e del luogo. Di qui il suo spirito di iniziativa e di inventiva; il suo impegno nell´affrontare i problemi e ricercare le soluzioni, la sua costanza nel voler superare le difficoltà; di qui ancora l´audacia di opere e di metodi che lo spinge ad usare i mezzi più efficaci e moderni. Comprende che l´adattamento è sempre da rifarsi secondo il ritmo dell´evoluzione storica, oggi rapida, soprattutto nel mondo giovanile. Anche qui il salesiano si trova d´accordo con l´uomo contemporaneo, preso nel movimento accelerato della storia e attento a rispondere agli appelli che lo lanciano verso l´avvenire.
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c) Senso della crescita e dell´unità della Chiesa
Qualunque fatica è poca quando si tratta della Chiesa e del papato,(189) Don Bosco viveva immerso nella realtà ecclesiale del suo tempo. Il Salesiano, cosciente che la Chiesa è il sacramento di salvezza, partecipa attivamente alla pastorale della Chiesa locale; è aperto ai problemi della Chiesa universale; manifesta sincera venerazione ai vescovi e particolarmente al Papa, segno vivo dell´unità della Chiesa. Nel desiderio ardente di far crescere il Corpo di Cristo, egli sente più urgenti i problemi riguardanti le vocazioni sacerdotali e religiose, l´animazione dei laici all´apostolato ed al lavoro per le missioni; e nel desiderio che si risponda meglio agli immensi bisogni della gioventù, cerca una comunione viva e una collaborazione attiva cogli altri gruppi della Famiglia Salesiana.
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2. La carità evangelica ispira il nostro stile di mutue relazioni
a) Amorevolezza casta e virile
Che i giovani non solo siano amati, ma che essi stessi conoscano di essere amati,(190) L´azione apostolica mette il salesiano in contatto con molte persone: confratelli, giovani, adulti; perciò egli chiede allo Spirito Santo il dono della simpatia, modellata sulla mitezza del cuore di Cristo. Coltiva il senso del contatto concreto con ciascuna persona (fosse anche il più timido dei ragazzi), disposto sempre a fare il primo passo, ad avvicinare tutti con rispetto, con il desiderio di comprendere e di aiutare, con la gioia di essere presente (in questo contesto si capisce il vero senso della assistenza salesiana) tra i giovani poveri e abbandonati. E´ questa la amorevolezza salesiana: un vero affetto fatto ad un tempo di calore umano e di delicatezza soprannaturale.(191) può superare la ricerca egoistica di Sé, perché ha promesso una castità totale, generosa, senza nessun compromesso. Essa si irradia nel metodo educativo salesiano in modo da poter diventare per i giovani esempio trascinante. Nell´atmosfera odierna impregnata di erotismo, l´impegno del salesiano è un contributo per una azione liberatrice mediante il suo messaggio e la sua mistica di purezza che orienti e promuova tutte le forze dei giovani verso un amore autentico.(192)
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b) Spirito di famiglia
Quando l´affetto ottiene la reciprocità si crea una vera comunità (sia religiosa tra i confratelli, sia educativa con i giovani) di carattere familiare. La mutua confidenza si esprime in una intensa intercomunicazione nel bisogno e nella gioia di condividere tutto, e in relazioni regolate più dall´appello alle capacità interiori di ognuno (affetto, ragione, libertà, fede) che dal ricorso alla legge e alla autorità.(193) Di qui uno stile familiare di autorità e di obbedienza, e una coesione fraterna nell´azione. A Dio non piacciono le cose fatte per forza. Egli, essendo Dio d´amore, vuole che tutto si faccia per amore (194) Il nostro spirito di famiglia offre una valida risposta a due appelli del mondo moderno, soprattutto giovanile: il riconoscimento del valore della propria personalità, e l´ansia di vivere una esperienza di vela fraternità.
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c) Ottimismo e gioia
Niente ti turbi! Sii allegro, diceva spesso Don Bosco. Il vero salesiano non si lascia mai scoraggiare dalle difficoltà che incontra: Tutto crede, tutto spera, tutto sopporta (195) Il suo umanesimo ottimista, ispirato a San Francesco di Sales, lo porta ad apprezzare tutto ciò che è umano e ad avere fiducia nelle risorse naturali e soprannaturali dell´uomo, pur non ignorando le sue debolezze (soprattutto quelle dei giovani). Sa cogliere ed apprezzare tutti i valori presenti nel mondo e nella storia; rifiuta di gemere sul proprio tempo, ritiene tutto quello che è buono,(196) soprattutto se piace ai giovani. In uno stile di vita semplice nello sguardo e nei contatti, egli nutre una gioia permanente, dote necessaria all´educatore dei giovani, ed esprime, nei limiti del possibile, un temperamento felice, ma più ancora una fede radiosa: il frutto dello Spirito è carità, gioia, pace.(197) Nel contesto odierno, nel quale i giovani son diventati spesso scettici, tristi e talvolta disperati, oppure ingenuamente ottimisti di fronte al futuro, la gioia del salesiano, con tutto il suo realismo, serve a dare incoraggiamento agli uni e a ricondurre alla realtà gli altri.
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3. La carità evangelica ispira il nostro stile di relazione con Dio
a) Preghiera semplice e vitale
Noi lavoriamo contemplando. Noi siamo attivi e contemplativi. Don Bosco era così.(198) Il salesiano percepisce Dio molto vicino, presente in tutti gli avvenimenti, e quindi intrattiene con Lui un dialogo col cuore, quasi continuo, semplice e filiale. Le sue pratiche di pietà sono poche, quelle proprie di un religioso di vita attiva; ma coltiva soprattutto lo spirito di pietà e l´unione con Dio. E´ un contemplativo nell´azione, dove percepisce il senso profondo del mistero incluso nel suo apostolato. Il Concilio ha rilanciato il messaggio di San Paolo riguardo al culto spirituale che comprende l´intera vita del fedele: il lavoro salesiano, lavoro santificato, trova in questo messaggio un motivo di approfondimento illuminato.(199)
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b) Apertura viva al mondo sacramentale
L´eucaristia è centro e culmine della vita del cristiano, come pure forza di coesione e nucleo dinamico della comunità. E´ incontro con la pienezza di quello stesso mistero di salvezza al cui servizio spende la vita. Su questa verità è particolarmente fondata la vita del salesiano. Dal mistero eucaristico traggono origine lo slancio e la ricchezza di ogni sua attività. Per questo il salesiano coltiva il senso della celebrazione liturgica e delle sue esigenze tanto di interiorità quanto di bellezza esteriore, consapevole che i giovani sono attratti dallo splendore e dalla verità delle celebrazioni.(200) Nel sacramento della Penitenza, il salesiano incontra il Cristo che gli perdona e gli infonde il senso della permanente necessità dello spirito penitenziale, non soltanto per i suoi peccati, ma anche per i peccati dei giovani, nell´espiazione dei quali vuole prendere solidariamente la sua parte. La frequente confessione e la frequente comunione... sono le colonne che devono reggere un edificio educativo.(201)
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c) Fiducia speciale in Maria
Maria Santissima è la fondatrice e sarà la sostenitrice delle nostre opere.(202) Il salesiano è convinto del ruolo indiscutibilmente speciale che Maria, sempre serva di Dio e cooperatrice del suo Figlio, ha avuto nella vita di Don Bosco e della Congregazione. E´ la Madre vigilante dei suoi giovani e la loro educatrice interiore. E´ inoltre la sua Madre; ha quindi per Essa, in quanto Immacolata e Ausiliatrice, una devozione tenera e virile, semplice e vera, illuminata e dinamicamente pratica. La prospettiva mariologica aperta dal Vaticano II, che inserisce il mistero di Maria in quello di Cristo e della Chiesa, offre al salesiano una solida base teologica per rinnovare e intensificare la sua tradizionale devozione mariana, in quanto mostra Maria Immacolata assunta alla pienezza escatologica del Cristo, e con Lui Ausiliatrice realmente impegnata nella storia per la salvezza dell´uomo. - Non possiamo infine dimenticare il contenuto pedagogico di questi elementi dello spirito salesiano. La sua ricchezza, dono dell´unico Spirito, deve diffondersi con attiva fecondità tra i destinatari della nostra missione apostolica.
CAPO QUARTO
LA NOSTRA CONSACRAZIONE RELIGIOSA
PREMESSA
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La missione salesiana è vivificata dalla consacrazione religiosa
La missione che ci è stata assegnata dal Signore ha un obiettivo che supera le nostre forze. Sappiamo però che Iddio, dandoci una missione, ci abilita a compierla con efficacia. E´ in questo ambito dell´iniziativa generosa di Dio che dobbiamo ripensare oggi la nostra consacrazione religiosa. Chiamandoci alla missione salesiana nella vita religiosa, il Signore attua il suo patto di alleanza con noi attraverso un legame peculiare di consacrazione che pervade tutto il nostro modo cristiano di essere e di agire. Tale consacrazione comporta uno stile di totalità nel Cristo per cui la maniera di essere suoi discepoli e la capacità di essere suoi collaboratori si arricchisce di un valore speciale di segno e di efficacia. Questo però non è qualcosa di estraneo alla consacrazione battesimale, ma un modo di vivere l´impegno del battesimo, in una delle diverse e complementari vocazioni cristiane, tutte suscitate dallo Spirito. Non ci sono due piani di tale vocazione: quello della vita religiosa un po´ più alto, e quello della vita cristiana un po´ più basso. Per chi è religioso, testimoniare lo spirito delle beatitudini colla professione dei voti è la sua unica maniera di vivere il battesimo e di essere discepolo del Signore, compiendo così un servizio differenziato nella missione globale della Chiesa. In tale vocazione, consacrazione religiosa e missione apostolica si compenetrano in forma inseparabile. Sono elementi essenziali della nostra identità nella Chiesa; e per questo ritrovare il senso vivo di tutti e due e della loro unità vivente interessa direttamente il nostro rinnovamento. Concepire la missione salesiana prescindendo dalla nostra consacrazione religiosa, o questa consacrazione prescindendo dalla missione sarebbe una irreparabile perdita di identità. Vogliamo quindi approfondire l´intimo legame di questi due aspetti, considerando:
A) la consacrazione religiosa nel mistero della Chiesa;
B) la consacrazione religiosa dei Salesiani di Don Bosco nell´esercizio della loro missione.
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A) LA CONSACRAZIONE RELIGIOSA NEL MISTERO DELLA CHIESA
E´ il mistero di Cristo e della sua Chiesa che dà alla nostra consacrazione il suo senso e il suo valore.
1. Senso fondamentale della consacrazione in contesto cristiano
Essa è insieme un atto della libera iniziativa di Dio e un atto della libera risposta dell´uomo. Due atti correlativi quindi, che però non possono essere messi sullo stesso piano né ricevere la stessa forza. Consacrare è proprio un atto di Dio. Non è un gesto magico o un semplice rito che tenta di superare il dualismo tra sacro e profano: si tratta di una relazione personale. Il Dio tre volte santo, a per il beneplacito della sua volontà (203) e secondo il suo piano di salvezza del mondo, prende l´iniziativa di entrare in dialogo con l´uomo per farne un suo interlocutore e un suo collaboratore: la consacrazione è proprio questo legame originale che Dio propone all´uomo, aspettando la sua libera risposta. Sotto l´impulso dello Spirito, L´uomo accetta questo legame che lo trasforma: dona a Dio la totalità del suo essere e del suo agire, per collaborare alla salvezza di tutti In senso largo, si può dire che si consacra a Dio; però l´impegno spirituale e morale della sua risposta non ha lo stesso carattere dell´atto divino. E´ quindi meglio dire che a si dona a Dio, in un impegno che non è mai realizzato automaticamente, ma che esige una volontà di donazione continuamente rinnovata: infatti potrebbe essere infedele, anche rimanendo sempre consacrato dalla fedeltà di Dio. così la consacrazione si presenta legata al mistero dell´alleanza. In essa convergono in modo meraviglioso due atti di amore, correlativi, ma in una subordinazione: Dio consacra a Sé, l´uomo si dona a Dio.
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2. Gesù è il «Cristo»
Gesù presenta in Sé la pienezza della consacrazione, perché realizza nel suo essere di Figlio incarnato la Nuova Alleanza stessa. La rivelazione ci dice che a il Verbo si è fatto carne: la Persona divina del Verbo ha pienamente assunto la natura umana. Ma Colui che si è incarnato è e rimane il Figlio del Padre: la Sacra Scrittura presenta Gesù come Colui che il Padre ha consacrato a Sé, unto e sigillato come suo Figlio nello Spirito, in un modo così radicale e completo che Gesù riceve il nome di Consacrato-Unto: è il Messia, il Cristo. Il fatto più significativo è che questa consacrazione di Gesù è intimamente ordinata alla sua missione di Salvatore. Riceve l´unzione dello Spirito per essere il Servo di Jahve;(204) questa unzione arricchisce la sua natura umana di ogni capacità, anzi della stessa energia divina, di cui il Cristo avrà bisogno per realizzare nella storia la salvezza degli uomini. Questo compito è così legato al suo essere che viene espresso nel suo stesso nome: Gesù, perché è Lui che salverà il suo popolo dai suoi peccati (Mt 1,21). Con profonda intuizione, la tradizione ha unito indissolubilmente i due termini in un solo nome proprio: Gesù Cristo. Il Vangelo ci attesta che nel cuore di Gesù non c´è nessun dualismo tra a essere Figlio di Dio e a agire per gli uomini. Al contrario: vive con la coscienza permanente di essere il Figlio mandato come Servo: Lo Spirito del Signore è sopra di me, giacché Egli mi ha consacrato attraverso l´unzione e mi ha inviato per portare la buona novella ai poveri.(205) La stessa compenetrazione dei due aspetti si verifica nella risposta perfetta che Egli dà al Padre: vive da Figlio nell´intimità con Lui, ma sempre da Figlio obbediente, che anela arrivare alla sua ora pasquale, in cui il dono di Sé sarà supremo e totale. Il suo amore per il Padre è la sorgente stessa del suo amore salvatore per gli uomini. Insomma c´è una mutua e intrinseca funzionalità tra la consacrazione realizzata nell´incarnazione e la missione compiuta nella redenzione; la missione motiva la consacrazione, le conferisce la sua storicità e dinamicità (e in questo senso ha una priorità), mentre la consacrazione risolve le richieste e le angustie che emergono dalla missione e le apporta l´energia salvatrice di Dio (e in questo senso appare come principale).
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3. La consacrazione battesimale e le diverse vocazioni cristiane.
La Chiesa, Corpo di Gesù, partecipa della sua consacrazione e missione. Essa è simultaneamente la Sposa che il Cristo ha consacrato e unito a Sé(206) e la Sposa resa feconda, la Madre dei discepoli, inviata a tutti gli uomini. Unita a Cristo, anch´essa viene consacrata e mandata dal Padre: Popolo della nuova Alleanza, acquistato da Dio, Nazione consacrata, votata alla sua gloria.(207) così la presenta il Concilio, mettendo in rilievo la sua unione col Cristo risorto e il suo compito di essere il segno e lo strumento (sacramento) universale del Regno. A sua volta, ogni membro della Chiesa partecipa necessariamente alla sua consacrazione e missione. E´ questo il senso dei due fondamentali sacramenti del battesimo e della confermazione, e del loro carattere: ogni battezzato e cresimato diventa cristiano e riceve la sua missione di contribuire alla funzione sacramentale della Chiesa, cioè di testimoniare, in quanto segno del mistero di Cristo, e di servire, in quanto strumento della sua comunicazione agli uomini. E´ chiamato a realizzare questa vocazione battesimale colla carità evangelica, ispirata alle beatitudini: un unico comandamento, l´amore filiale per il Padre e fraterno per il prossimo, sull´esempio di Cristo, è per tutti i battezzati l´unica strada verso la stessa santità. però tutto questo non si esplica in modo uniforme, ma secondo una varietà di vocazioni concrete. La Chiesa difatti è una realtà organica, le cui funzioni sono complesse, ed è animata dallo Spirito Santo, che vuole sempre arricchirla e rinnovarla. così si può parlare di forme subordinate di consacrazione, distinte da quella battesimale, anche se innestate su di essa, e di espressioni diverse della santità cristiana: qui si colloca la nostra consacrazione religiosa.
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4. La consacrazione religiosa
a) Una forma eminente di carità evangelica, mediante la pratica dei consigli.
Il Concilio caratterizza la consacrazione religiosa dicendo che essa opera un radicamento interiore più profondo (Intimius consacratur, intime radicatur) e una espressione esteriore più ricca (plenius exprimit) della consacrazione battesimale.(208) Il religioso è colui che, spinto dallo Spirito Santo, vuole intensificare al massimo la sequela del Cristo secondo il Vangelo, nella ricerca dell´amore. In questo slancio dell´anima che prende tutta la persona per metterla a disposizione di Dio, egli sceglie un progetto di vita originale: fare dei consigli evangelici la sua professione, il suo impegno principale nella Chiesa. Delle tre realtà del celibato, della povertà e dell´ obbedienza, egli fa tre mezzi convergenti per entrare più profondamente nel mistero della Pasqua del Signore, e così amare più direttamente e più intensamente Dio e il prossimo, e partecipare di più alla missione del Regno. Esprime questo impegno con voti o altri legami simili(209) che la Chiesa accoglie nel nome di Dio.(210)
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b) Un modo di praticare i consigli che suscita una forma di vita nuova e una missione speciale nella Chiesa.
Il membro di un Istituto secolare professa i consigli evangelici in un modo discreto, quasi invisibile, come un fermento nascosto immesso nella pasta del mondo.(211) Il religioso invece li professa in maniera visibile, rinunciando alla forma di vita abituale e ai valori che essa include, per instaurare in piena libertà una forma nuova di vita in cui i valori trascendenti del Regno prendono un rilievo nuovo, in qualche modo istituzionale, e dove la carità trova condizioni privilegiate per svilupparsi. così questa novità sbocca necessariamente nella formazione di un gruppo sociale particolare: la comunità fraterna fondata sulla comune sequela del Cristo secondo il Vangelo. Insomma la vita religiosa è un nuovo tipo di esistenza in cui tutto lo spirito del Vangelo si esprime in strutture di vita anche dettate da esso. Raggiunge proprio il genere di vita verginale e povero che Cristo Signore si scelse per Sé.(212) La Chiesa accoglie con gioia questo tipo di esistenza cristiana consacrata: dichiara che appartiene fermamente alla sua vita e alla sua santità(213) e gli riconosce una funzione unica e insostituibile nella sua missione di segno e strumento della salvezza universale. La comunità religiosa invero, per la sua stessa originalità, esprime visibilmente il mistero ecclesiale della salvezza: mostra la realtà e la potenza della grazia del Cristo risorto, capace di riunire gli uomini attorno a Lui, in una umanità nuova, secondo gli stessi principi che reggeranno la comunità eterna. Questa funzione di essere i segni escatologici del Regno, i testimoni della Città di Dio, il Concilio l´ ha espressa fortemente;(214) e Paolo VI la sottolinea anche nella sua esortazione,(215) Poiché è diventata più urgente nella nuova città secolare che rischia di dimenticare il suo ultimo destino e il bisogno che ha del Cristo per la rettitudine dei suoi impegni temporali. Questa testimonianza eccezionale (Paolo VI) è dunque il servizio fondamentale che tutti attendono dai religiosi. Le verità precedenti fanno vedere quanto la vita religiosa ha la capacità di mettere in rilievo le dimensioni stesse dell´esistenza battesimale: 1) cristologico-teologale: è attraversata da uno slancio potente di amore verso il Cristo e il Padre; 2) ecclesiale: è per gli uomini un segno del mistero della Chiesa e prende viva parte alla sua missione; 3) escatologica: afferma che il dinamismo della pasqua di Cristo opera nella storia umana.
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c) Valore sempre valido dell´impegno definitivo
E´ importante sottolineare oggi una caratteristica della consacrazione religiosa: il suo aspetto di scelta definitiva tradotta in uno stato di vita. L´ opzione vocazionale fatta dal religioso nella professione perpetua dei voti è messa in crisi dall´attuale processo di secolarizzazione. Le scienze antropologiche hanno fatto non poche critiche, talvolta utili e oggettive, alla vita religiosa. però qualcuno è andato oltre, fino ad affermare che la consacrazione religiosa non può essere, di per Sé, che temporanea. Senza dubbio ci possono essere degli impegni religiosi temporanei degni di ogni lode; ma in tali casi, non si tratta di una opzione fondamentale propria della essenza stessa della consacrazione religiosa. Nella professione dei voti perpetui, non si realizza soltanto un atto; bensì si assume un progetto di tutta la vita per amore del Regno di Dio, i cui valori trascendono per se stessi ogni situazione transitoria. E´ espressione di forte personalità sapersi impegnare per tutta la vita. Per questo precisamente tali vocazioni suppongono un dono particolare del Signore. E´ vero che la libertà umana può distruggere oggi ciò che ha edificato ieri, e a sono dei casi in cui un religioso può e deve cambiare il suo stato di vita. La grandezza della libertà personale non è la sua indifferenza o la possibilità di cambiare, ma l´ opzione dei grandi valori e la fedeltà nel viverli; e la fedeltà ha la sua piena espressione nel donare se stesso fino alla morte. Essere persona è essere fedele. Come si spiegherebbe altrimenti la vita di Cristo, dei suoi apostoli, dei santi? Se Don Bosco avesse pensato che la sua vocazione era momentanea e da riconsiderare alla luce di altri valori scoperti più tardi, non avrebbe approfondito il contenuto dei valori supremi già scelti e non avrebbe trovato mai l´energia eroica per superare tante difficoltà nella vita.
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5. I religiosi di vita attiva
La vita religiosa, modo speciale di vivere la consacrazione battesimale, comporta una diversità di realizzazioni concrete, secondo la diversità dei carismi. Nulla di più equivoco oggi che questi studi di carattere generale sui diversi aspetti della vita consacrata che non sottolineano la varietà di applicazione che suppone la vita monastica o la vita degli Istituti votati all´apostolato.(216) Ora la nostra Congregazione è un autentico istituto religioso, ma di vita attiva: accoglie quindi pienamente le caratteristiche della consacrazione religiosa, ma le vive secondo la propria vocazione di servizio della gioventù povera. E´ chiaro che questo comporta aspetti nuovi di particolare importanza per il rinnovamento.
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a) L´aspetto particolare degli istituti «di vita attiva»
Il Concilio ha espresso con formule felici l´ originalità degli Istituti di vita attiva: sono votati alle diverse opere di apostolato.(217) All´interno della vocazione generale di tutti gli Istituti, questi hanno una loro missione più specifica: compiere nella Chiesa un servizio pastorale o caritativo preciso, secondo il carisma proprio ricevuto dallo Spirito. L´attività apostolica non costituisce per loro un fatto diffuso o marginale: è riconosciuta nella sua nobiltà e utilità speciale: Rientra nella natura stessa della vita religiosa in quanto costituisce un ministero sacro e un´ opera di carità che sono stati loro affidati dalla Chiesa.(218) Difatti essa concentra l´interesse di questi religiosi, riempie le loro giornate, detta loro un determinato stile di vita attiva, in una parola realizza l´unità concreta di questo genere di esistenza cristiana. Questo fatto introduce una novità nelle relazioni tra i due aspetti di testimonianza e di servizio che la vita religiosa compie in partecipazione alla missione ecclesiale di segno e di strumento della salvezza. Mentre la pura testimonianza brilla negli Ordini contemplativi o monacali, nelle Congregazioni di vita attiva l´accento viene messo sul servizio effettivo; presso queste ultime la stessa testimonianza si esprime attraverso il servizio più ancora che attraverso uno stile religioso della vita.
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b) La vita «religiosa» viene vissuta nel servizio apostolico
L´azione apostolica attira a Sé non solo una parte della funzione di testimonianza, ma la vita religiosa stessa. Gli Istituti di vita attiva rimangono autentici istituti religiosi; però le esigenze evangeliche, la ricerca dell´amore perfetto, la pratica dei consigli, la comunione fraterna, ecc. sono vissute nel contesto e secondo le esigenze dell´ opera apostolica da compiere e che apportano ad essa il loro eminente valore. Se l´azione pastorale o caritativa diviene l´anima, la vita religiosa diventa apostolica, e l´apostolato diventa religioso in quanto impegnato ad accentuare lo spirito di trascendenza e di ricerca di Dio. C´è insomma integrazione vitale tra i due elementi, influsso dell´uno sull´altro, osmosi e arricchimento mutuo, come l´afferma la famosa formula conciliare: tutta la vita religiosa dei membri sia compenetrata di spirito apostolico, e tutta l´azione apostolica sia animata di spirito religioso.(219)
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Ne consegue che i religiosi attivi, purché siano fedeli al loro carisma e alla loro vera identità nella Chiesa, sono capaci di realizzare la loro unità vitale nel movimento di un solo dinamismo: raggiungono la loro santità personale e compiono la loro testimonianza religiosa nell´esercizio soprannaturale del loro apostolato. Nella ricca sintesi della loro vocazione, la loro dedicazione a Dio è religiosa-apostolica; e con la loro professione, si impegnano a seguire Cristo nel suo esercizio attivo del Padre come nella piena libertà di questo servizio mediante la verginità e la povertà. Nello slancio di un unico amore, Dio è riconosciuto e servito come Principio e Fine tanto nell´azione apostolica quanto nelle osservanze religiose che la sostengono. Tutto questo vale per 12 vita attiva dei Salesiani di Don Bosco.
B) LA CONSACRAZIONE RELIGIOSA DEI SALESIANI NELL´ESERCIZIO DELLA LORO MISSIONE
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1. Don Bosco, fondatore di un istituto religioso di vita attiva.
Don Bosco è stato chiamato da Dio per realizzare nella Chiesa un servizio apostolico giovanile e popolare. In questo clima ha vissuto i vari doni ricevuti dal Signore: la sua consacrazione sacerdotale, il suo carisma di fondatore, ma anche una donazione di Sé a Dio secondo il più autentico spirito evangelico. Illuminato dallo Spirito e seguendo i consigli di persone competenti,(220) egli volle chiaramente che i suoi più intimi collaboratori fossero impegnati nell´attuazione della loro missione con la consacrazione religiosa.(221) fondando la Società di San Francesco di Sales (18 dic. 1859), non ebbe altro scopo che dare alla Chiesa apostoli totalmente consacrati nel loro servizio ai giovani.(222)
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L´impegno del nostro rinnovamento richiede che siano chiarite le ragioni per cui Don Bosco ha legato al servizio dei giovani poveri la vita evangelica religiosa. Di per Sé, infatti, non c´è legame assoluto: ci si può dedicare alla gioventù abbandonata, anche ispirandosi allo stile salesiano, senza essere religiosi, ed è in particolare il caso dei nostri collaboratori laici e di molti cooperatori.
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Le ragioni del legame assoluto, per noi, sul piano dell´esistenza concreta, sembrano venire da due punti di vista. In primo luogo, bisogna affermare che si tratta di un problema vocazionale: non è una ideologia, ma l´iniziativa gratuita dello Spirito Santo che ha spinto Don Bosco a fondare una società di educatori evangelici, in cui lo stile della vita attiva veniva animato dalla più autentica consacrazione religiosa. E questo fatto si ripete per la vocazione di ognuno di noi: un´autentica chiamata ci impegna all´unico e ricco progetto di vita religiosa attiva salesiana, senza che un aspetto venga esaltato a scapito dell´altro.
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Ma c´è anche un´altra ragione, in qualche modo inclusa nella precedente. Nel suo zelo, Don Bosco voleva che i suoi salesiani fossero pronti ad impegnarsi a fondo per salvare effettivamente migliaia di giovani, in un´ opera stabile e destinata a durare. Ora lo Spirito Santo gli ha fatto percepire, attraverso l´esperienza, tutte le risorse obiettive e le promesse di fecondità della vita evangelica consacrata a questa missione. Difatti la vita religiosa sia nella sua realtà istituzionale, sia più ancora nel suo dinamismo interiore tende a rafforzare la qualità e l´efficacia della nostra azione apostolica e dello spirito che la caratterizza. Tra questi due aspetti, ci sono affinità profonde, molteplici convenienze,(223) una coerenza interna, uno stesso orientamento dinamico di fondo verso Dio, che spiegano l´unità concreta della vita salesiana.
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2. Come la consacrazione evangelica, coi suoi valori propri, anima la nostra missione
Un testo conciliare può appoggiare la nostra riflessione; parlando della professione dei consigli evangelici, vi si spiega come essi contribuiscono allo sviluppo della persona: I consigli ... 1) giovano non poco alla purificazione del cuore e alla libertà spirituale; 2) tengono continuamente acceso il fervore della carità; ... 3) hanno soprattutto la forza di maggiormente conformare il cristiano al genere di vita verginale e povera che Cristo Signore si scelse per Sé.(224) Un altro testo interessante(225) indica quattro benefici apportati ai membri dell´istituzione religiosa: stabilità, dottrina, comunione fraterna, libertà.... Nel caso della vita attiva, tutti questi apporti positivi si riversano sull´esercizio della missione. Raggruppiamoli attorno alle tre serie di valori riconosciuti, sopra, alla consacrazione religiosa.
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a) La consacrazione evangelica anima con i suoi valori cristologicila nostra missione
La missione che compiamo verso i giovani e gli adulti è ben altra cosa che un´ opera filantropica. E´ una impresa divina, che suppone in noi un senso radicale di Cristo-Dio e del suo Regno. Tutto viene da Lui che ci manda come semplici servitori e ci anima colla sua propria carità per il Padre e per le anime. E tutto va verso di Lui, perché lo scopo specifico del nostro lavoro educativo è di condurre i giovani al Cristo e al suo Padre. Non è certamente necessario essere religiosi per avere tale senso e amore di Dio e della sua gloria. Il Concilio afferma per esempio che il prete secolare trova nella sua consacrazione e nel ministero le sue proprie risorse spirituali.(226)Ma è significativo che, subito dopo, lo inviti a intensificare tale amore apostolico mediante la pratica dell´ obbedienza, del celibato e di una certa povertà, secondo lo spirito del Vangelo.(227) Questo è ciò che opera per noi la consacrazione religiosa, secondo le sue forme proprie. Di fatto essa è caratterizzata dalla radicalità del suo dinamismo: è liberazione per compiere una sequela Christi integralmente evangelica; è risposta e dono totale di Sé a Dio che ci consacra a Sé. Nella misura in cui accettiamo e viviamo questa realtà, il nostro impegno pastorale rivela tutta la sua garanzia di autenticità e di efficacia soprannaturale. Siamo aiutati ad annunciare Cristo come Verbo di vita che noi abbiamo toccato(228) in una intimità speciale, a riconoscerlo e servirlo nei suoi membri,(229) a condurre al Padre i giovani che il battesimo ha fatto rinascere come figli di Dio. La crescita della nostra interiorità impedisce che la nostra azione degradi in umana iniziativa. Animata dallo spirito religioso,(230) la nostra vita riceve uno slancio filiale e sacerdotale: diventa liturgia vivificata dallo zelo ardente per la gloria di Dio che tanto brillò nel nostro Fondatore.
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b) La consacrazione evangelica anima con i suoi valori ecclesiali la nostra missione.
La nostra missione è opera ecclesiale in quanto la Chiesa manda la comunità salesiana per lavorare in suo nome,(231) e in quanto esprimiamo verso i giovani l´amore salvatore della Chiesa per essi. Il nostro compito richiede quipes ben amalgamate, coerenti nel metodo e nell´azione; richiede anche uno spirito di famiglia particolarmente cordiale, tutto ciò viene sostenuto dai valori evangelici della vita religiosa. Don Bosco è stato estremamente sensibile alle conseguenze fraterne dei nostri voti, vincoli di amore:(232) nella misura in cui li pratichiamo, contribuiscono non poco ad approfondire e a stabilire i legami della nostra comunione, a rinforzare la coesione e il dinamismo apostolico delle nostre comunità, ad irradiare insieme lo spirito salesiano. Anche a livello ispettoriale e mondiale, la comunità religiosa permette di costituire e di accrescere incessantemente, nel tempo e nello spazio, un prezioso capitale di tradizione spirituali, pastorali e dottrinali che assicurano l´unità e l´incremento del nostro carisma, a vantaggio della Chiesa nel suo servizio al mondo. I valori evangelici della vita religiosa favoriscono altrettanto il nostro servizio di salvezza integrale dei giovani e del ceto popolare, e lo spirito di zelo e di bontà affettuosa con cui dobbiamo compierlo. Ci permettono di realizzare il caetera tolle che condiziona la pienezza del da mihi animas: di fatti ci rendono disponibili nella nostra vita esteriore come nel profondo del cuore. Il salesiano rinuncia ad avere figli attraverso il matrimonio, per amare come suoi i giovani tra i quali vive e lavora. Rinuncia a possedere beni di fortuna per mettere se stesso e i beni che riceve al servizio dei poveri. Rinuncia a disporre della vita a suo piacere per essere mandato là dove il servizio è più necessario. Il suo spirito religioso lo aiuta a rendersi pronto a sopportare... tutti i sacrifici (233) richiesti da questo servizio.
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La vita evangelica rende il salesiano non soltanto disponibile, ma abile nel suo compito. La sua castità dona alle sue relazioni di paternità spirituale trasparenza e forza di simpatia. La sua vita di libera dedizione lo pone in con naturalità col suo impegno di educazione liberatrice: puro e amorevole, saprà formare i giovani alla purezza e all´amore; povero, saprà educarli al senso cristiano dell´uso dei beni; obbediente, saprà iniziare alla vera libertà negli impegni della vita.
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c) La consacrazione evangelica anima con i suoi valori escatologici la nostra missione.
Ogni missione apostolica e particolarmente ogni annuncio della Parola, ha bisogno, per essere efficace, di essere confermata da segni che l´accompagnano.(234) Il segno più eloquente è la testimonianza stessa della vita del messaggero (cfr Gesù, Giovanni Battista...). Ora la nostra consacrazione religiosa apporta a questa testimonianza un particolare vigore, perché ci impegna a vivere proprio i valori evangeliche che dobbiamo insegnare ai nostri giovani. Ci diventa più facile annunciare il Vangelo nella misura in cui la nostra vita, comunitaria e individuale, lo irradia in permanenza. Le realtà decisive a cui diamo questa testimonianza vitale sono molteplici: Dio esiste, il suo amore è sufficiente per riempire una vita, ecc... Ma la pratica generosa dei tre consigli ha una particolare potenza educativa, perché è in relazione ai tre beni fondamentali verso cui i giovani sono più sensibili: a le forze di amore, il bisogno di possedere e la libertà di regolare la propria vita.(235) L´apostolo religioso stima molto questi valori, ma la sua vita consacrata ne contesta le deviazioni (erotismo, ricchezza ingiusta, potere oppressivo), ne manifesta i limiti, ne annuncia il superamento nella pasqua di Cristo Liberatore.
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3. Contributi della nostra consacrazione religiosa alla vita dell´intera Famiglia Salesiana.
La consacrazione religiosa salesiana è vissuta in un contesto nel quale essa deve apparire non come un privilegio di maggior perfezione a riguardo degli altri, ma come una vocazione di maggior servizio, o, per così dire, come un diritto degli altri in favore dei quali il Signore ci ha chiamati e consacrati. Ogni carisma nella Chiesa è dato per il bene della comunità. Sotto questa angolatura, appare che la consacrazione religiosa dei Salesiani è indispensabile nell´insieme dei gruppi della Famiglia Salesiana, anche se la loro missione e il loro spirito sono vissuti e partecipati da gruppi importanti che non sono religiosi. Di questa Famiglia invero, la Congregazione secondo le richieste e le esigenze costituisce il nucleo animatore, con ragione quindi, gli altri gruppi ci richiedono di essere autenticamente noi stessi; questo è un appello a riscoprire il dinamismo arricchente della nostra consacrazione religiosa nella sintesi concreta della nostra vita. In un´ ora di profondo rinnovamento per la Famiglia salesiana nella ricerca promettente della sua vera identità, e nella visione del bene immenso che essa è chiamata a compiere a favore di tanti ambienti giovanili e popolari, è importante sentire quest´appello all´autenticità. In particolare una più viva coscienza dell´aspetto religioso della nostra vocazione ci renderà capaci di aiutare i Cooperatori ed altri gruppi laici a vivere la loro vocazione con un più vivo senso del Vangelo e delle beatitudini.
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4. Urgenza di sintesi nell´attività
Il progetto di vita che ci ha lasciato Don Bosco ci spinge a meditare su due affermazioni complementari: - più il salesiano è apostolo, più è autenticamente religioso, perché la sua concreta vocazione apostolica gli fa comprendere l´indispensabilità della sua consacrazione religiosa per Sé e per gli altri. - più il salesiano è religioso, più è autentico apostolo, perché il suo concreto spirito religioso lo spinge a esprimere la sua donazione totale a Dio in una generosa azione apostolica. Il buon apostolo salesiano vuol vivere, come Don Bosco, in unione con Dio; e il buon religioso salesiano è colui che perde la vita per i giovani. Lo Spirito Santo chiama il salesiano ad una opzione di esistenza cristiana che è simultaneamente apostolica e religiosa. Gli dona perciò la grazia di unità per vivere il dinamismo dell´azione apostolica e la pienezza della vita religiosa in un unico movimento di carità verso Dio e verso il prossimo. Questo tipo di vita non è qualcosa di fisso e prefabbricato, ma è un progetto in permanente costruzione. La sua unità non è statica, ma è una unità in tensione, e nella continua necessità di equilibrio, di revisione, di conversione e di adattamento. Il rinnovamento della nostra vocazione presenta, dunque, una doppia urgenza; occorre ravvivare due grandi valori correlativi: a) il senso apostolico della nostra consacrazione religiosa, con la riattualizzazione dei suoi valori specifici; b) il senso religioso della nostra missione giovanile e popolare. Dalla riscoperta di questa unità vocazionale scaturirà la luce della nostra identità salesiana e la possibilità di quel tipo di salesiano richiesto oggi dai segni dei tempi.
CAPO QUINTO
LA FORMA
DELLA CONGREGAZIONE SALESIANA
INTRODUZIONE
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IL RINNOVAMENTO DELLA FORMA DELLA CONGREGAZIONE
1. La forma
Chiamiamo forma storica concreta della Congregazione quella secondo la quale essa esiste nella Chiesa come istituto religioso di vita attiva che incarna il suo spirito, la sua vita e la sua azione in un insieme di strutture istituzionalizzate: la forma della comunità ai diversi livelli, i modi concreti di praticare i voti, la vita fraterna, la preghiera, i rapporti con la Chiesa e il mondo, la formazione, gli organi di governo e i modi di esercitare l´autorità, i vari tipi di attività e di funzioni che richiedono leggi o che si appellano a tradizioni e a usi diversi. Chiamiamo poi forma canonica della Congregazione quella che, tra i diversi tipi di Istituti religiosi, la cataloga come congregazione clericale esente.
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2. Il rinnovamento della forma
Il problema che ci si presenta è questo: come vivere, coll´aiuto dello Spirito Santo, la nostra forma di vita di religiosi attivi nella Chiesa, oggi?
a) I testi del Magistero
Richiamiamo le indicazioni date dal Concilio nel Perfectae Caritatis:
1. Per tutti gli Istituti il modo di vivere, di pregare e di agire (e di governare) deve convenientemente adattarsi alle condizioni fisiche e psichiche attuali dei religiosi; alle condizioni economiche, sociologiche e culturali del momento e del luogo; alle esigenze dell´apostolato.(236) A questi criteri bisogna aggiungere quelli dedotti dal rinnovamento dell´ecclesiologia e dalle iniziative della Chiesa.(237)
2. Per gli istituti di vita attiva, la vita religiosa dedita ad opere apostoliche riveste molteplici forme.(238) Questi istituti adattino convenientemente le loro osservanze e i loro usi alle esigenze dell´apostolato cui si dedicano, ciascuno tenendo conto del suo carattere originale, di modo che la vita dei membri a servizio di Cristo sia sostentata con mezzi propri e rispondenti allo scopo.(239)
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b) I criteri del rinnovamento
Alla luce di questi testi possiamo ridurre a tre i criteri del rinnovamento istituzionale:
1. I cambiamenti del mondo che toccano le persone e i gruppi sociali nel loro essere, nei loro modi di vivere e nella loro attività di relazione;
2. I rinnovamenti operati dalla Chiesa stessa, a partire dalla ecclesiologia e dalla costatazione del processo di secolarizzazione: la Chiesa, popolo di Dio e corpo di Cristo incaricato di significare e di portare la salvezza al mondo, sente il bisogno di rinnovare il suo apparato istituzionale perché esprima meglio il suo mistero e serva più efficacemente alla sua missione;
3. La natura originale della nostra Società, che è un istituto religioso di vita attiva: questo fatto ci rende particolarmente sensibili alle urgenze apostoliche attuali secondo quello spirito di flessibilità e di creatività che Don Bosco ci ha trasmesso. Gli elementi permanenti sono quelli di cui si è detto nei capitoli precedenti: missione e spirito propri, e consacrazione in una forma stabile di vita fraterna con la professione dei consigli evangelici Ai tempi di Don Bosco e nei cento anni di vita della Congregazione questi elementi si sono incarnati in forme istituzionali che non sono sfuggite al processo storico e alle imperfezioni di cui essa è normalmente portatrice. Queste imperfezioni, per loro natura, portano con Sé il rischio della sclerosi e del formalismo(240) che imprigiona lo spirito. In un periodo di ripensamento e di mutazioni come il nostro è dunque normale che i Salesiani verifichino le forme esteriori che custodiscono lo slancio vitale della loro vocazione.
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GLI ARGOMENTI CHE TRATTIAMO
Rimandando ad altri schemi la trattazione diffusa della maggior parte dei contenuti della Forma della Congregazione, ci sembra necessario chiarire in questo documento, per la natura che gli è propria, questi quattro punti:
A) L´azione esige strutture flessibili: il nostro modo di essere e di vivere ha bisogno, senza che si corrano rischi per la consacrazione, di accettare pienamente lo stile di vita dei religiosi attivi;
B) La Congregazione, senza che vi siano pericoli per l´unità, ha bisogno di essere decentralizzata;
C) L´efficacia della nostra azione richiede che le funzioni originali dei membri siano rivalorizzate.(241)
A) IN QUANTO ISTITUTO DI VITA APOSTOLICA DOBBIAMO ACCETTARE PIENAMENTE LO STILE DI VITA DEI RELIGIOSI ATTIVI
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1. Don Bosco fonda una vera Congregazione religiosa ma con caratteristiche sue proprie
a) Don Bosco fonda la sua Congregazione
Un fondatore ha sicuramente, sotto l´impulso carismatico dello Spirito, l´idea e la forza di tracciare vie nuove, anche se si ispira a situazioni a lui contemporanee e in qualche misura simili a quelle che egli intende creare. ciò si verifica circa lo stile di vita religiosa attiva che Don Bosco vuole per i suoi figli. Fonda la sua congregazione in un momento in cui, in Italia, veniva messa in discussione la reputazione dei religiosi e il senso stesso della loro esistenza. La fonda e la vuole caratterizzata da uno straordinario dinamismo pastorale appunto per dare una risposta ad alcune urgenze molto concrete, sociali ed ecclesiali.
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1. E´ una Congregazione di religiosi vicini a tutti gli uomini, loro fratelli
Esteriormente e socialmente i suoi religiosi salesiani non conservano nessuna di quelle esteriorità che potevano indurre a rappresentarseli in modi sfavorevoli e scostanti. Allora infatti sentimenti di avversione verso i religiosi frati erano favoriti da esperienze negative e decadenti della vita religiosa degli ultimi secoli. Don Bosco vuole che non esista nessun diaframma tra i salesiani, religiosi nuovi, e gli uomini del loro tempo: nessun abito speciale li distingue, sono inseriti nel popolo, restano autentici cittadini. Questa cura si rispecchia persino nei termini che preferisce: dà alla Congregazione l´appellativo di società; chiama i superiori con termini propri del linguaggio corrente: direttore, ispettore; i membri conservano il diritto di proprietà: il Signore si è servito di noi per proporre un nuovo modello riguardo al voto di povertà secondo i bisogni dei tempi.(242)
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2. E´ una Congregazione di religiosi al servizio degli uomini loro fratelli
Non senza fondamento, ma senza dubbio anche con illazioni ingiuste, nell´ ottocento si accusavano i religiosi di essere inutili parassiti della società. Don Bosco ai suoi religiosi, grandi lavoratori, domanda lo spirito di preghiera più che lunghe preghiere: La vita attiva cui tende principalmente la Società fa sì che i soci non possano fare molte pratiche di pietà in comune (243) Il loro lavoro è un servizio esplicito e permanente alla società e particolarmente a coloro che hanno bisogno di essere più aiutati. Per Don Bosco ogni vita spirituale fiorisce nella carità concreta e ogni apostolato ha una portata sociale. Il salesiano civilizza evangelizzando ed evangelizza civilizzando.
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b) Don Bosco e il suo spirito creativo
Già prima e circa non pochi contenuti importanti Don Bosco aveva mostrato questo caratteristico suo spirito: non fisso o inerte, non chiuso, non attaccato all´una o all´altra delle sue esperienze. Bada piuttosto alla loro validità, al rapporto ch´esse hanno con lo sviluppo degli avvenimenti. Ha l´occhio attento alle iniziative che sorgono attorno, è pronto ad assimilare quanto, con singolarissimo intuito, trova assimilabile e utile per realizzare la sua multiforme opera di carità. Ma tutto pensa e ricompone man mano che i tempi, con i loro segni e le loro urgenze, suggeriscono cambiamenti. Quando si frappone un ostacolo e non può rimuoverlo, lo aggira e va avanti. Per promuovere l´educazione dei giovani artigiani adotta prima contratti di lavoro, poi organizza lui stesso i laboratori. Fonda nel 1850 la Società di mutuo soccorso per i giovani della compagnia di san Luigi, ma poi aderisce a iniziative delle società operaie. Programma i membri esterni alla società salesiana tra il 1864 e il 1874, ma è pronto a riprendere l´idea nella Unione dei Cooperatori salesiani. La stessa condizione di congregazione clericale esente in tanto aveva un senso per Don Bosco in quanto rispondeva alla sua vocazione educativa universale, in sintonia con la mobilità di vita del mondo moderno, al di là dei confini locali e libera da tendenze troppo ristrette e centripete. Don Rinaldi espresse bene questa novità: Lo spirito nuovo cui Don Bosco aveva improntato le Costituzioni, spirito precursore dei tempi, sollevò molti ostacoli all´approvazione; ma egli lavorò, insistette, pregò... e attese per ben quindici anni, ammettendo nelle sue Costituzioni solo quei mutamenti che potevano conciliarsi con la loro indole moderna, agile, facilmente adattabile a tutti i tempi e luoghi. Egli aveva ideato una pia società che, pur essendo vera congregazione religiosa, non ne avesse l´aspetto esteriore tradizionale: gli bastava che vi fosse lo spirito religioso, unico fattore della perfezione dei consigli evangelici; nel resto credeva di poter benissimo piegarsi alle esigenze dei tempi. Questa elasticità di adattamento a tutte le forme di bene che vanno di continuo sorgendo in seno all´umanità è lo spirito proprio delle nostre costituzioni.(244) Questa apertura ai tempi, questa agilità mentale, questa speciale creatività che consiste nel saper ripensare le proprie iniziative e le altrui, devono oggi più che mai penetrare nel cuore dei Salesiani e indurli a riscoprire la vitalità che proviene dalla simpatia e dalla consonanza con questo spirito di Don Bosco.
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2. Aspetti del nostro rinnovamento di Istituto di vita attiva
a) Un ambiente di vita che assicuri la nostra autenticità spirituale di educatori «religiosi»
Il Concilio ha anche parlato di adattamento alle condizioni fisiche e psichiche dei religiosi di oggi. Esso deve andare di pari passo con l´adattamento alle urgenze apostoliche nel mondo. Il salesiano non può compiere la sua azione con efficacia che nella misura in cui è un uomo interiore,(245) capace di mantenere la sua libertà spirituale e di resistere alla forza di usura dell´azione svariata e alle tentazioni molto reali del mondo. Una vera vita spirituale non è possibile all´apostolo e alla comunità di apostoli se non ci sono ritmi e luoghi di riposo, di raccoglimento e di spirituale ristoro che permettono loro di rispettare le leggi della psicologia e salvare il loro equilibrio umano e religioso minacciato continuamente dal regime di tensione del mondo moderno.(246) così le nostre strutture di vita devono assolutamente provvedere a questo bisogno. Abbiamo, come guida su questo punto, la parte forse più nuova e più originale della esortazione di Paolo VI: i numeri 32-38 della ET. Il papa ci invita ad adattare la nostra forma di vita ordinandola alla costruzione dell´uomo interiore: a Un eccessivo desiderio di flessibilità e di spontaneità creativa può far tacciare in effetti di rigidezza il minimum di regolarità nelle consuetudini che la vita delle comunità e la maturazione delle persone ordinariamente richiedono (247) La comunità religiosa deve restare in un ambiente di vita, che offrendo il contesto fraterno di una esistenza regolare con le sue discipline liberamente accettate, permette a ciascuno di diventare uomo unificato e aperto,(248) in cui l´essere poco a poco è cristianizzato fin nelle sue profondità secondo le beatitudini evangeliche (249) Soltanto a questa condizione, il salesiano potrà assicurare in mezzo ai giovani immersi nel mondo una presenza qualificata.
b) Uno stile di vita e una presenza «adattati alle necessità dell´apostolato» salesiano di oggi.(250)
Ma nelle stesse strutture societarie date da Don Bosco alla Congregazione (il modo concreto di praticare i voti, quello di vivere insieme, le nostre forme di preghiera ecc...) devono apparire nella loro radicale funzionalità e relativa contingenza. La nostra presenza infatti, soprattutto al mondo dei giovani, deve essere un´attitudine di attenzione e di volontà d´incontro. Deve indicare la ricerca di vivere con loro per partecipare ai loro ideali e alle loro imprese, alle gioie e alle pene che incontrano. E´ il desiderio di evitare tutto ciò che nei modi di pensare, di parlare e di vivere ci rende estranei o poco accoglienti. Questa presenza così qualificata è una funzione della Chiesa: è partecipazione, secondo il carisma dell´istituto(251) alla missione che la Chiesa ha riaffermato di se stessa: «essere nel mondo di oggi» per purificarlo, animarlo e salvarlo.
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B) IN QUANTO ISTITUTO DI SERVIZIO APOSTOLICO VERAMENTE ADATTATO DOBBIAMO ACCETTARE IL PLURALISMO NELL´UNITA´
1. Necessità delle strutture di unità
Proprio a partire dall´unità, dal fatto cioè di essere se stessi e dalla volontà di adottare i mezzi efficaci per esserlo, i Salesiani potranno realizzare la loro missione in una diversità di pastorali adattate. L´unità nella missione, nello spirito vissuto in tutta la sua ricchezza, nei valori della consacrazione apostolico-religiosa, l´unità nella realtà di una comunione di tutti i gruppi i membri in una istituzione giuridica riconosciuta dalla Chiesa dev´essere fortemente mantenuta e cercata attraverso strutture di corresponsabilità, di formazione, di comunicazione, di scambio e di governo molto adatte ed efficienti. Proprio perché l´unità, oggi, si intende sempre più come un fatto dello spirito corresponsabile, capace di dialogo e irradiante salesianità che non un frutto della legge.
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2. Ragioni attuali del decentramento
a) La Chiesa
Arricchita la visione gerarchica del Vaticano I con la sottolineatura degli aspetti di comunione del popolo di Dio fatta dal Vaticano II, la Chiesa universale, oggi, si percepisce come una comunione di Chiese particolari unite in Cristo e nel suo Vicario che presiede la carità. A partire da questa unità e da questa comunione essa può farsi serva del mondo che vuole animare ed evangelizzare e che si presenta col pluralismo dei suoi popoli e delle sue culture.
b) I religiosi di vita attiva
I religiosi di vita attiva, perché sono Chiesa e perché nella Chiesa si presentano come un organismo per sua natura più disponibile alla flessibilità e più aderente alla vita, devono realizzare la loro missione apostolica in una diversità di pastorali adattate.(252)
c) I Salesiani
La ragione d´essere dei salesiani nella Chiesa è la salvezza dei giovani degli ambienti popolari in contesti socioculturali diversissimi. La nostra azione è azione ecclesiale, inserita perciò nella pastorale d´insieme della Chiesa locale. Per questo la pastorale adattata ed efficace di una Congregazione mondiale suppone necessariamente il pluralismo.(253)
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3. Punti di applicazoine del pluralismo e della flessibilità
L´applicazione concreta di questo pluralismo consiste nel riconoscere la relativa autonomia di ogni Ispettoria (o gruppi di Ispettorie secondo le unità nazionali o culturali). Ciascuna di esse è una comunità vitale e una unità istituzionale che ha il compito di realizzare la missione di Don Bosco nella Chiesa locale. L´ispettoria deve curare le strutture di unità col centro e all´interno di se stessa, ma insieme quelle che le permettano di realizzare la missione salesiana in maniera conforme alle esigenze locali.
Bisogna dunque accettare lealmente, come esigenza della missione, il decentramento e il pluralismo che ne deriva:
- nel tipo di pastorale salesiana dei giovani e degli adulti: scelta di attività, di opere, di esperienze;
- nella formazione che prepara a questi modi di azione;
- nella legittima colorazione dei modi di espressione della salesianità attraverso le caratteristiche culturali e religiose di ciascuna regione. Un tale pluralismo che, proporzionatamente, deve estendersi fino alle comunità locali permetterà ai salesiani di esprimere la ricchezza del loro carisma per un migliore servizio alla Chiesa.
C) IN QUANTO ISTITUTO DI VITA FRATERNA APOSTOLICA NOI DOBBIAMO RIVALORIZZARE LA FIGURA DEI SOCI AFFERMANDONE L´UGUAGLIANZA FONDAMENTALE E SPECIFICANDONE LE FUNZIONI
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Premessa
Una delle caratteristiche che i biografi attenti di Don Bosco credono di dover sottolineare in lui è la tendenza all´azione, anzi la tendenza all´ operosità spesso tesa sotto lo stimolo dell´urgenza e nella coscienza di una missione celeste. Questo atteggiamento pone Don Bosco su una linea di una spiritualità di vita attiva che fa sì che egli si distingua dallo stesso Francesco di Sales e da quanti, nonostante una vita di operosità intensa, nella propria coscienza spirituale danno largo posto all´impegno psicologico e anche psicosensorio per portarsi a uno stato di unione con Dio nella preghiera.(254)
Molte creazioni di Don Bosco manifestano questa sua nativa praticità, e la figura dei suoi salesiani, sacerdoti e coadiutori, si colloca nel contesto di questa sua iniziativa spirituale.
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1. IL SALESIANO SACERDOTE
a) La «crisi di identità» del salesiano sacerdote oggi
Il salesiano sacerdote può risentire oggi dei profondi interrogativi e delle inquietudini che assillano il sacerdote in genere. I laici sostituiscono il sacerdote come figura centrale nell´insegnamento, nell´educazione popolare, nell´assistenza sociale, nell´aiuto ai paesi in via di sviluppo, come animatore culturale e consigliere matrimoniale e, a volte, anche come specialista in catechesi ed evangelizzazione creativa. Che cosa gli resta?
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b) La «sua identità»
Questo mondo che si configura secondo determinate caratteristiche(255) e che ridimensiona, per così dire, i molteplici ruoli ch´egli svolgeva prima in forme sussidiarie, è l´ oggetto di una sua azione specifica e insostituibile. Il sacerdote è l´uomo spirituale che deve avere sempre dinnanzi agli occhi l´immagine di Cristo, servo e pastore. Il suo ministero è un servizio di virtù attiva, propriamente escatologica, i suoi segni visibili sono, benché a titolo diverso, la predicazione evangelica e le azioni sacramentali.(256) Egli, per ufficio e pubblicamente, annuncia il Cristo salvatore di questo mondo, raccoglie insieme la fraternità cristiana, la raduna nel sacrificio di Cristo e, come guida, attraverso Cristo, nello Spirito, la conduce al Padre.(257) Questo mistero pasquale è il principio di identità del sacerdote.
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c) Il Salesiano sacerdote
Il salesiano sacerdote è chiamato a esercitare questo medesimo ministero specialmente verso i giovani particolarmente bisognosi e secondo lo spirito di Don Bosco. Lavora in una molteplicità di impegni e di servizi diversi, a seconda dei luoghi e delle circostanze, preferendo sempre quello che più direttamente i giovani stimano, amano e vogliono da lui per dare ad essi ciò di cui egli solo, per dono di Dio, è portatore.
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d) Il contesto della sua missione di educatore della fede
Il salesiano sacerdote deve riproporre a se stesso come ideale e come criterio della sua attività educativa la grandissima capacità di adattamento ai tempi che Don Bosco possedeva. Se oggi, per esempio, si notano, tra gli altri, come tratti distintivi dei rapporti tra gli uomini il senso della responsabilità comune nelle cose che riguardano tutti; una nuova concezione dell´autorità e delle relazioni interpersonali; e la coscienza della dimensione globale che ha la giustizia nel mondo, in una società che si evolve, dev´essere sua cura acquistare questa nuova sensibilità che gli darà modo di esercitare il suo proprio ministero pastorale nel mondo dei giovani che vivono in quel contesto. Non solo; ma tutta la comunità salesiana di cui è parte viva deve svolgere la sua azione pastorale nella coscienza di queste situazioni nuove. E dovrà trovare nella sua carità pastorale, consacrata dall´ ordine, l´elemento base di coesione, di educazione e di guida.
2. IL SALESIANO COADIUTORE
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1. L´idea di Don Bosco
Don Bosco trova il tipo del confratello laico già in altri istituti, tra i Pavoniani di Brescia per esempio. In questo senso il suo religioso laico non è originale. Ma con il senso pratico che lo contraddistingueva, assimila l´idea e la ripensa per il suo complesso di iniziative: mette il coadiutore nella sua organizzazione, lo fa tipografo, calzolaio, fabbro, factotum (sul tipo del coadiutore Rossi), e lo lancia anche nella misura massima possibile (Dogliani, apprezzato maestro e discreto compositore).
2. Le caratteristiche fondamentali
Le caratteristiche fondamentali del salesiano coadiutore e i rapporti d´integrazione ch´egli ha con il ministero del salesiano sacerdote potrebbero essere delineate brevemente così:
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a) Una fondamentale uguaglianza
Don Rinaldi scrisse nel 1927: Quando Don Bosco cominciò a pensare alla fondazione di una nuova Società religiosa, volle che tutti i membri, sacerdoti, chierici e laici, godessero degli stessi diritti e privilegi... I coadiutori non costituiscono un secondo ordine, ma sono veri salesiani obbligati alla medesima perfezione e ad esercitare l´identico apostolato che forma l´essenza della Società salesiana (258) Una fondamentale uguaglianza dunque: l´unica consacrazione religiosa e l´identica missione apostolica fondano l´uguaglianza tra coadiutore e sacerdote: ove questa non ci sia non vi può essere nemmeno una autentica vita comunitaria.
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b) Una integrazione dei compiti
Se l´identica missione apostolica è una realtà complessa, i compiti distinti, esercitati da ciascun membro, dovranno corrispondere alla vocazione di ognuno. Al di là dei diritti e degli obblighi... che scaturiscono dall´ ordine sacro, al di là del servizio che il salesiano sacerdote, all´interno della comunità ideata da Don Bosco, deve rendere ad essa attraverso la carità pastorale consacrata dall´ ordine, si apre al coadiutore una grande varietà di ministeri, alcuni dei quali si addicono più alla sua vocazione laicale che non a quella sacerdotale.
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c) Una profonda unità
Si dovrà comprendere come, piuttosto che stabilire rigidi confini e netta separazione, sia meglio creare nel campo della educazione dei giovani una profonda unità di intenti e di opere. Proprio la diversità delle funzioni è motivo di unità e di efficacia apostolica, non di dispersione: esse infatti sono giudicate e vissute come elemento di solidarietà nella convergenza delle ricchezze proprie a ciascuno e come elemento di complementarietà per una maggiore efficacia apostolica.
I figli di san Giovanni Bosco hanno bisogno di affiancarsi, di completarsi, di procedere fraternamente uniti nella attuazione delle identiche finalità della loro missione... Essi non sono elementi separati o divergenti, ma gli eredi, gli strumenti, gli esecutori di uno stesso divino programma,(259) Se questa verità della mutua indigenza e del mutuo servizio sarà intimamente assimilata, si scorgerà da tutti come nella Congregazione esiste solo Gesù Cristo che sta sopra a tutti e che si completa nel ministero dei singoli per la salvezza dei giovani.
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d) La dimensione laicale della vocazione del coadiutore
La dimensione laicale della vocazione del coadiutore presenta questi tratti particolari: - Egli vive con le caratteristiche proprie della vita religiosa la sua vocazione di laico che cerca il Regno di Dio trattando le cose temporali e ordinandole secondo Dio; - esercita il sacerdozio battesimale, la sua funzione cultuale, profetica e di testimonianza e il suo servizio regale, in modo da partecipare veramente alla vita e alla missione di Cristo nella Chiesa; - realizza con l´intensità che deriva dalla sua specifica consacrazione e per mandato della Chiesa, non in persona propria come semplice secolare, la missione di evangelizzazione e di santificazione non sacramentale; - svolge la sua azione di carità con maggior dedizione all´interno di una Congregazione che si dedica alla educazione integrale dei giovani particolarmente bisognosi; - infine, come religioso, anima cristianamente l´ ordine temporale, avendo egli rinunciato alla secolarità, con un apostolato efficacissimo, educando i giovani all´animazione cristiana del lavoro e degli altri valori umani. In molti settori potrà avere un ruolo insostituibile: Vi sono cose che i preti e i chierici non possono fare e lo farete voi, diceva Don Bosco.(260) E´ dunque necessario che si prepari a fare esperienze più importanti di quelle tentate finora; il tempo attuale e la promozione della vocazione originale del coadiutore lo domandano.
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3) IL SALESIANO DIACONO
Don Bosco non ha mai rifiutato di inserire come forze capaci e complementari per la sua missione, quelle figure ecclesiastiche o laiche che il suo tempo gli presentava. Il Concilio ha rivalutato nella ecclesiologia della LG(261) la figura e le funzioni del diacono. E´ opportuno, dunque, che la Congregazione tenga in conto questa possibilità, là dove necessità particolari della Chiesa locale specialmente quelle proprie dei territori di missione, lo suggeriscono. Poiché il diacono permanente ha una vocazione specifica e diversa da quella del coadiutore e del sacerdote, la Congregazione è cosciente del fatto che egli non porta mutamenti alla sua natura, che anzi può essere, come si è detto, particolarmente utile al compimento della sua missione; dovrà però curarne l´adeguata preparazione al ministero che gli è proprio e prospettarsi con concretezza le condizioni della sua vita nei luoghi dove lavora o in quelli ove venisse trasferito. Infatti una Congregazione come la nostra, che opera a raggio universale, può assicurare ai confratelli diaconi il loro inserimento dove le esigenze della Chiesa sono più urgenti. Gli esperimenti al riguardo dovranno dunque nascere sotto la spinta di necessità ben individuate e procedere secondo la gradualità e le direttive del magistero della Chiesa.
CAPO SESTO
LE PROSPETTIVE
DELLA «FAMIGLIA» SALESIANA OGGI
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1. Necessità del tema «Famiglia» nel rinnovamento salesiano.
I Salesiani non possono ripensare integralmente la loro vocazione nella Chiesa senza riferirsi a quelli che con loro sono i portatori della volontà del Fondatore. Per questo ricercano una migliore unità di tutti, pur nella autentica diversità di ciascuno.
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2. Il termine «Famiglia»
La parola evoca il fatto di relazioni interpersonali e anche un certo stile proprio a queste relazioni in coloro che hanno lo spirito salesiano, che è appunto spirito di famiglia. Il termine è continuamente adoperato nella tradizione salesiana per indicare, in forma generica, i legami che intercorrono tra i Salesiani, le FMA, i Cooperatori, gli allievi e gli Exallievi. Da un esame attento si arriva alla conclusione che il concetto di famiglia si applica in modo diverso ai vari gruppi a seconda della natura del loro rapporto. I Cooperatori, per es., appartengono alla Famiglia salesiana perché come associazione e personalmente assumono l´impegno di attuare nel mondo la missione che il Fondatore ha loro affidato, in unione con la Congregazione e secondo il suo spirito. Gli allievi e gli exallievi invece appartengono alla Famiglia salesiana ad altro titolo, soprattutto in quanto sono stati o continuano ad essere i destinatari dell´educazione salesiana che può suggerire loro vari tipi di impegno apostolico.
A) IL FATTO E IL PROBLEMA DELLA FAMIGLIA DA DON BOSCO FINO AD OGGI
Il problema sorge a partire da un dato storico complesso. Don Bosco per attuare la sua vocazione di salvezza della gioventù povera e abbandonata, cercò un´ampia unione di forze apostoliche nell´unità articolata e varia di una Famiglia.
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1. Don Bosco fondatore carismatico
Nel fondare i Salesiani, le Figlie di Maria Ausiliatrice e i Cooperatori che lavorassero nella missione secondo il suo spirito, Don Bosco diede alla Congregazione salesiana un ruolo speciale. Dal 1841 al 1888 manifestò, pur nella complessità delle scelte diverse, una omogeneità d´intenzione: quella di riunire, in qualche modo, in un vasto insieme tutti coloro che accettavano di lavorare con lui. ...Dobbiamo unirci in questi difficili tempi... (262) Unirci tra noi e tutti con la Congregazione... Uniamoci (dunque) col mirare allo stesso fine e con l´usare gli stessi mezzi per conseguirlo... Uniamoci come in una sola famiglia coi vincoli della carità fraterna che ci sproni ad aiutarci e sostenerci vicendevolmente a favore del nostro prossimo (263) Questo sforzo di riunione e di comunione prese, ancora vivente il Fondatore, forme diverse a seconda del grado di partecipazione e dei servizi a cui si impegnavano i membri. Ricordiamo per titoli: servizio dell´ Oratorio di San Francesco di Sales; dopo il 1850 partecipazione in forme diverse alla Società Salesiana fin dalle sue prime origini (1855-1858); partecipazione giuridicamente possibile, ma non chiaramente definita né attuata di fatto, di membri esterni affiliati a questa Società tra il 1864 e il 1874; unione spirituale con le Figlie di Maria Ausiliatrice, attraverso la persona del Rettor Maggiore, fino agli inizi del ventesimo secolo, e già dal 1872 circa; partecipazione, infine, come Cooperatori, laici o ecclesiastici, a partire dal 1874. Esiste una celebre pagina di Don Bosco che esprime questo disegno: Ma un´associazione per noi importantissima, che è l´anima della nostra congregazione e che ci serve di legame ad operare il bene d´accordo e con l´aiuto dei buoni fedeli che vivono nel secolo, è l´ opera dei Cooperatori Salesiani. Abbiamo la pia Società Salesiana per coloro che vogliono vivere ritirati e consacrati a Dio con la professione religiosa. Abbiamo l´istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice per le giovani che vogliono imitare i Salesiani, per le persone di altro sesso. Ora è necessario che noi abbiamo nel secolo degli amici, dei benefattori, della gente che praticando tutto lo spirito dei Salesiani, vivano in seno alle proprie famiglie, come appunto fanno i Cooperatori Salesiani; sono essi il nostro aiuto nel bisogno, il nostro appoggio nelle difficoltà; i nostri collaboratori in quello che si presenta da farsi per la maggior gloria di Dio, ma che a noi manca nei mezzi personali o materiali. Questi cooperatori devono moltiplicarsi quanto è possibile....(264) Il pensiero di Don Bosco sui Cooperatori è da completare con un´altra visione: quella che li colloca nell´insieme della Chiesa locale, rimanendo fedeli allo spirito salesiano. Ho studiato molto - avrebbe detto a Don Lemoyne il 16 febbraio 1884 - sul modo di fondare i Cooperatori Salesiani, ma di prestare aiuto alla Chiesa, ai Vescovi, ai Parroci sotto l´alta direzione dei Salesiani nelle opere di beneficienza, come i catechismi, educazione di fanciulli poveri e simili. Soccorrere i Salesiani non è altro che aiutare una delle tante opere che si trovano nella Chiesa Cattolica. E´ vero che ad essi si farà appello nelle urgenze nostre, ma essi sono strumento nelle mani del Vescovo... non si deve aver gelosia dei Cooperatori Salesiani, Poiché sono cosa della diocesi, e che tutti i parroci dovrebbero con i loro parrocchiani essere Cooperatori.(265)
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2. I diversi gruppi e la loro storia: coscienza di un bene comune salesiano e di una reale unità
a) Appartenenti «in senso stretto» alla Famiglia Salesiana
1) I Cooperatori. Nella storia trascorsa, a parte un certo travaglio per assestare entro regole giuridiche l´appartenenza dei Cooperatori alla famiglia salesiana, non è mai venuta meno sostanzialmente la coscienza del fatto dell´appartenenza: i Cooperatori sono illuminati e chiamati, per grazia divina, a partecipare della missione del Fondatore, secondo differenti stati di vita, e richiamandosi al suo spirito. Questa coscienza vive nel Regolamento della loro Associazione: Associazione che ha per fine principale la vita attiva nell´esercizio della carità verso il prossimo e specialmente verso la gioventù pericolante.(266) Ai Cooperatori Salesiani si propone la stessa messe della Congregazione di San Francesco di Sales cui intendono associarsi.(267) I membri della Congregazione salesiana considerano tutti i Cooperatori come altrettanti fratelli in Gesù Cristo e a loro s´indirizzano... Colla medesima libertà, i Cooperatori si rivolgeranno ai membri della Congregazione Salesiana.(268) Pio XII nel discorso del 12 settembre 1952 indirizzato ai Cooperatori in occasione del loro 75° di fondazione afferma una loro identità salesiana: Cooperatori Salesiani, ausiliari efficacissimi dell´azione Cattolica... nuovo provvidenziale movimento del laicato cattolico... Intimamente impregnati dello spirito salesiano... Uomini e donne che attuino appieno l´ideale salesiano... L´urgenza stessa del vostro molteplice lavoro... vi obbliga alla più gelosa cura della vostra vita interiore, di quella vita a cui ben provvide la sapienza del Santo dell´azione, dettando a voi non meno che alla sua duplice famiglia dei Salesiani e delle Figlie di Maria Ausiliatrice una regola di vita spirituale, ordinata a formarvi, pur senza la vita comune, alla religiosità interna ed esterna di chi seriamente fa sua l´ opera della perfezione cristiana (269) I Cooperatori oggi manifestano questa loro chiara coscienza di vera appartenenza alla famiglia salesiana persino nel loro Messaggio ai membri del Capitolo Salesiano Speciale: Consapevoli di appartenere per il comune Fondatore, per il fine a cui tendiamo, per l´ oggetto precipuo dell´apostolato, per la comunione dei beni spirituali e per gli stessi superiori all´unica famiglia salesiana.
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2) Le Figlie di Maria Ausiliatrice. Anche le vicende che coprono l´arco di tempo 1872-1969 vedono da una parte variare le forme giuridiche del rapporto con le FMA dalla dipendenza dal Rettor Maggiore alla loro autonomia, ma insieme rivelano la preoccupazione di Don Bosco, dei suoi successori e delle stesse FMA, che pur con queste variazioni, fosse sempre possibile salvaguardare e alimentare uno spirito evangelico particolare, quello salesiano, per la missione a cui erano chiamate.
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3) Altri membri. Anche altri Istituti religiosi e secolari (ad es. le VDB), o gruppi organizzati che, in linea con la ispirazione di Don Bosco, sono chiamati a realizzare la sua missione secondo il suo spirito, appartengono in senso stretto a questa Famiglia.
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b) Appartenenti «a titoli diversi» e «in senso largo» alla Famiglia Salesiana
1) Gli Allievi e gli Exallievi. Il modo di appartenenza degli Allievi e del Movimento degli Exallievi alla Famiglia salesiana sorge, ordinariamente, come si è accennato, soprattutto dal fatto che essi sono o sono stati i a destinatari della nostra educazione nel clima tutto particolare dello spirito di famiglia. Gli educatori dovranno curare la permanenza di questi legami; in tal senso si esprime la Dichiarazione sulla Educazione cristiana: continuino una volta terminati i corsi scolastici ad assistere gli alunni con il loro consiglio, con la loro amicizia e anche promuovendo associazioni di exalunni in cui aleggi il vero spirito ecclesiale(270). E´ quanto ci chiedono i nostri exallievi ed è quanto si prefigge l´attuale Confederazione mondiale degli Exallievi di Don Bosco.(271) E´ auspicabile, comunque, che all´interno del Movimento Exallievi per l´educazione salesiana che essi hanno ricevuto, quelli che ne abbiano il dono e la volontà si impegnino o come Cooperatori o in gruppi apostolici per una più intima partecipazione allo spirito e all´azione della Famiglia salesiana nelle opere che le sono proprie e nella Chiesa locale.
2) Si può parlare poi di appartenenza in senso largo alla Famiglia di quanti, simpatizzanti e benefattori, mantengono qualche legame con l´ Opera salesiana.
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3. Le urgenze attuali pongono i termini nuovi il problema dell´unità e della comunione
a) La posizione dei CIS
I CIS in genere hanno auspicato un rinnovato impegno dei Salesiani nel promuovere maggiore unione e più stretta collaborazione tra quanti partecipano allo spirito di Don Bosco e condividono la stessa missione.(272)
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b) La realtà ecclesiale della Famiglia Salesiana
Il contesto infatti in cui si muove oggi la realtà della Famiglia salesiana e di cui devono avere coscienza i membri che la compongono è che: - la Famiglia salesiana è una realtà ecclesiale che diventa segno e testimonianza della vocazione dei suoi membri per una missione particolare, secondo lo spirito di Don Bosco; - la Famiglia salesiana esprime - sulla linea di quanto la Chiesa ha detto di se stessa - la comunione tra i diversi ministeri al servizio del popolo di Dio; e integra le vocazioni particolari perché sia manifesta la ricchezza del carisma del Fondatore; - la Famiglia salesiana sviluppa una spiritualità originale di natura carismatica che arricchisce tutto il Corpo della Chiesa e diviene un modello pedagogico cristiano tutto particolare. La Famiglia salesiana dunque, vista nel mistero della Chiesa, dovrà definire la sua identità, la sua missione e le sue forme alla luce delle dimensioni essenziali della Chiesa; ciò richiede che si parli di vocazione, missione, servizio, testimonianza, comunione, storicità e rinnovamento permanente come di altrettante componenti essenziali di questa famiglia.
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c) I segni dei tempi
L´ampiezza straordinaria e la complessità dei problemi giovanili odierni sprona il nostro zelo ad accentuare le forme di ripartizione delle forze operanti in questo settore e la loro mutua collaborazione. Non si tratta soltanto di una semplice strategia dell´azione a livello umano, ma di costruire insieme un futuro alla luce del Vangelo, con il dinamismo della speranza cristiana(273) e sotto la spinta dell´azione di Dio che realizza nella storia umana il suo Regno.(274)
B) L´UNITA´ E LA COMUNIONE DELLA FAMIGLIA (in senso stetto) NELLA SUA DIVERSITA´ (Un solo corpo con diversi membri complementari).
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1. Gli elementi comuni
Volendo rintracciare gli elementi che sono comuni tra i vari gruppi della famiglia salesiana, bisogna ricordare che essi fondamentalmente si riducono al fatto di essere chiamati per l´unica missione salvatrice propria di Don Bosco da realizzare secondo il suo spirito. Si può dire che la missione sia unica, quella ispirata a Don Bosco, ma anche che si realizza in una grande diversità di pastorale e di iniziative apostoliche. Vediamo brevemente prima gli elementi comuni:
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a) La consacrazione battesimale (e cresimale) è l´elemento base comune a tutti i membri della Famiglia salesiana. In forza di questa consacrazione essi sono chiamati da Dio alla santità cristiana: Tutti i fedeli di qualsiasi stato o grado sono chiamati alla pienezza della vita cristiana e alla perfezione della carità.(275) In questo senso tutti i cristiani sono chiamati a condividere lo spirito dei consigli evangelici,(276) traducendolo ed incarnandolo nel proprio stato di vita. Per i Salesiani e le FMA ciò è evidente professando essi i voti religiosi, ma questo spirito anima pure la vita dei Cooperatori. Nel loro Regolamento Don Bosco richiama una certa similarità e reciproca attrazione tra la vita dei religiosi salesiani e quella dei Cooperatori: Ai Cooperatori salesiani non è prescritta alcuna opera esteriore, ma affinché la loro vita si possa in qualche modo assimilare a quella di chi vive in comunità religiosa, loro si raccomanda la modestia negli abiti, la frugalità nella mensa, la semplicità nel suppellettile domestico, la castigatezza dei discorsi, l´esattezza nei doveri del proprio stato.... In altre parole facendosi Cooperatori salesiani, possono continuare a stare in mezzo alle loro ordinarie occupazioni, in seno alle proprie famiglie, e vivere come se di fatto fossero in Congregazione,(277)
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b) La comune vocazione e missione. Tutti i membri della Famiglia salesiana ricevono dallo Spirito Santo una grazia speciale di illuminazione e di decisione di fronte alle urgenze concrete della gioventù povera e abbandonata. Questi due movimenti della vocazione e della missione sono correlativi e sostengono la decisione concreta di chi risponde positivamente a questa grazia. Va subito notato che questa risposta si articola diversamente a seconda dello stato di vita del singolo (religioso, religiosa, membro di Istituto secolare, o semplice battezzato). Questa comune vocazione si indirizza (in tutti i gruppi suddetti) agli stessi destinatari. Basti riportare poche parole del Regolamento per i Cooperatori: Ai Cooperatori Salesiani si propone la stessa messe della Congregazione di S. Francesco di Sales, cui intendono associarsi,(278)
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c) Il comune spirito salesiano. E´ l´aspetto tipico e lo stile speciale con cui, nella Chiesa di Dio, i Salesiani portano ai giovani di oggi l´amore pienamente salvatore di Cristo. Era questa la volontà del nostro santo Fondatore che scriveva: Ora è necessario che noi abbiamo nel secolo degli amici, dei benefattori, della gente che praticando tutto lo spirito dei Salesiani, vivano in seno alle proprie famiglie, come appunto fanno i Cooperatori Salesiani... (279)
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d) Secondo una forma di fraternità apostolica che parte dal comune zelo per la salvezza dei giovani e che si differenzia nelle sue espressioni. L´azione di tutti i membri della Famiglia salesiana (intesa come promozione integrale ed educazione alla fede dei giovani poveri) assume un indirizzo comunitario fraterno e si muove in una linea di corresponsabilità comune; però le espressioni di questa complessa azione apostolica saranno diverse a seconda dei tempi, delle persone e dei luoghi. Questa varietà è richiesta considerando, all´interno del movimento stesso, la diversità dei gruppi che lo compongono e quella delle loro mutue relazioni, all´esterno, L´inserimento dell´azione salesiana nella pastorale d´insieme a livello parrocchiale, diocesano e regionale. Pur in tanta varietà di espressioni lo stile familiare, caratteristico di Don Bosco, sarà elemento di unità nei rapporti fra i membri della Famiglia salesiana e nota tipica del loro apostolato.
1662. Le differenze
Il tipo di consacrazione e la forma di vita concreta propria di ogni singolo membro della Famiglia salesiana danno origine ai modi diversi secondo cui si realizza la missione salesiana e si vive lo spirito salesiano. Fa parte, infatti, della cattolicità della Chiesa una pluralità di grazie, di ministeri e di operazioni(280) in vista della missione comune; così è all´interno della Famiglia salesiana. Alla sorgente ritroviamo sempre una differente vocazione concreta.
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a) I Salesiani e le Figlie di Maria Ausiliatrice, avendo ricevuto da Dio il dono della vocazione religiosa sono tenuti ad un impegno maggiore, corrispondente al loro tipo di consacrazione, nella realizzazione della missione salesiana. La loro castità, abbracciata per il Regno dei cieli e segno palese di un amore indiviso al Cristo, diventa stimolo della carità e speciale sorgente di spirituale fecondità (281) nel mondo giovanile di oggi. L´appello di Dio alla povertà, che ricorda agli uomini come il loro ultimo progresso consiste nel partecipare come figli alla vita del Dio vivente,(282) li rende anche grati e sensibili all´appello dei giovani poveri. Finalmente con la professione dell´ obbedienza sull´esempio del Cristo, venuto ad adempiere la volontà del Padre e in comunione con Lui, ... sono vincolati più strettamente al servizio della Chiesa e dei fratelli,(283) realizzato nella vita in comune. All´interno della Congregazione salesiana e rispetto alle FMA l´unica vocazione religiosa riceve un´ulteriore diversificazione dal fatto che essa è vissuta in base alla consacrazione battesimale-cresimale e sacerdotale oppure battesimale e cresimale soltanto.
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b) così è anche per gli altri Istituti religiosi femminili, mentre gli Istituti secolari, le Volontarie di Don Bosco per es., portano a maturità la loro consacrazione battesimale-cresimale con la professione dei consigli evangelici, unite, nella particolare esperienza di carità a cui si dedicano, dallo spirito salesiano. E realizzano ciò non a partire dalla vita in comune, ma come dall´interno delle strutture del mondo, immerse in esse come il fermento che anima e incrementa il Corpo di Cristo: Nell´attuazione di questa consacrazione secolare, le Volontarie si ispirano al messaggio spirituale di Don Bosco, al quale si ricollegano idealmente attraverso il Servo di Dio Don Filippo Rinaldi,(284)
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c) I Cooperatori Salesiani. Gli impegni cristiani che scaturiscono dalla consacrazione battesimale-cresimale, orientati dalla vocazione a far parte dell´associazione dei Cooperatori Salesiani, vedranno questi ultimi, immersi nelle attività temporali,(285) orientati alla promozione integrale dei giovani poveri e abbandonati, pur senza l´impegno specifico di una consacrazione religiosa e secolare.
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d) Altri gruppi possibili che si organizzino in linea con la ispirazione di Don Bosco, a seconda della fisionomia che si danno e che è loro riconosciuta dalla Congregazione, potranno essere efficacemente presenti in questa Famiglia coi loro valori e i loro preziosi ministeri.
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3. La comunione nella stessa vocazione di base e il minimo di unità istituzionale
a) Lo Spirito Santo tiene uniti questi convocati. Alla base della nostra salesianità c´è la chiamata dello Spirito Santo per la realizzazione organica, pur nella sua complessità, della salvezza dei giovani poveri e abbandonati secondo lo spirito di Don Bosco. In questo senso tutti i membri della Famiglia salesiana sentono autentici i loro legami reciproci. Don Bosco esprimeva ciò nel Regolamento dei Cooperatori: I membri della Congregazione Salesiana considerano tutti i Cooperatori come altrettanti fratelli in Gesù Cristo....(286) I Cooperatori Salesiani sono coscienti di questa vocazione comune e la esprimono nel Messaggio ai membri del Capitolo Generale Speciale: Crediamo... che i tempi siano maturi perché tra i Salesiani religiosi e i Salesiani Cooperatori si instauri, ad ogni livello, un rapporto vicendevole di vera fraternità, che costituisca, d´ ora in poi, il nuovo stile di vita salesiana all´interno delle comunità educative, opportunamente aperte ai Cooperatori, e al di fuori di esse.
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b) L´unità istituzionale. I diversi elementi che compongono la Famiglia Salesiana richiedono tutti qualche espressione esterna ed istituzionalizzata. Sappiamo con quale insistenza Don Bosco voleva riunire pubblicamente (anche se con molta flessibilità) le forze dei suoi diversi collaboratori. Non è qui il luogo di determinare i modi concreti di questa unità visibile e di questa organizzazione. Basta affermarne il principio indiscutibile. Va garantita l´autonomia di ogni gruppo della Famiglia, perché ogni gruppo possa esprimere integralmente le proprie ricchezze; ma va parimenti riaffermato il legame esterno e funzionale dei gruppi, espressione di una comune vocazione salesiana.
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c) Il ruolo particolare della Società Salesiana. A partire dalla iniziativa dello Spirito Santo che ha ispirato a Don Bosco di compiere una determinata missione con un determinato spirito, vediamo il ruolo dei Salesiani nella Famiglia Salesiana. Essi hanno innanzitutto una funzione di stabilità: vivono la missione e lo spirito salesiano nella consacrazione religiosa, secondo la pienezza desiderata da Don Bosco. La loro professione dei consigli evangelici fornisce gli aiuti necessari per la stabilità e la coerente creatività (nei confronti della missione e dello spirito salesiano) all´esterno nella Chiesa, e all´interno nei confronti dei gruppi che compongono la Famiglia. Essi hanno inoltre una funzione di animazione. I Salesiani realizzando in se stessi la pienezza della consacrazione (battesimale, cresimale e per alcuni anche sacerdotale), sono i portatori e gli animatori, nella Chiesa e nella stessa Famiglia salesiana, della missione vista nella sua integralità: dalla promozione umana fino alla pienezza della vita cristiana. Infine essi svolgono una funzione di unione, sia all´interno dei vari gruppi in virtù dell´animazione di cui sopra, sia all´esterno perché in spirito di servizio propongono i legami con i singoli gruppi e con i gruppi fra loro.
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C) L´INTERCOMUNICAZIONE E LA COLLABORAZIONE
1. Ragioni profonde e scopi da perseguire
Le riflessioni precedenti devono necessariamente portare a comunicare le ricchezze di ciascun gruppo perché possano diventare le ricchezze di tutti. E´ fedeltà dinamica allo Spirito e ai suoi doni, perché il modo originale ed inventivo di ciascun gruppo realizzi la causa comune della Famiglia salesiana. Per tale intercomunicazione saremo tutti più illuminati sulla verità attuale e sulla autenticità del dono fatto a Don Bosco e dei doni che, in linea con quello, lo Spirito elargisce anche a noi; percepiremo meglio la forza e la fecondità apostolica della nostra missione e del metodo da adottare; giungeremo a vivere l´esperienza evangelica che comunicando tra noi e collaborando nell´azione, ci arricchiamo reciprocamente. La fedeltà dinamica a Don Bosco nell´intercomunicazione e nella collaborazione farà dilatare lo spazio della sua intuizione pastorale e della paternità, che splenderà più luminosa perché ogni aumento di sentimenti fraterni, di unione e di impegno, tra coloro che si riconoscono suoi figli ne esalterà la dimensione. Questa paternità acquisterà dimensioni ecclesiali: Don Bosco infatti è sorgente di religiosi, religiose, laici impegnati e consacrati secolari che sono diretta emanazione del suo lavoro o scaturiti dalla santità dei suoi figli. Attraverso la corresponsabilità e il dialogo le insopprimibili doti dei singoli e le indispensabili varietà dei ministeri, da un lato faranno superare l´uniformità, dall´altro realizzeranno e rafforzeranno l´unità. Coloro che hanno il servizio dell´autorità hanno il dovere di stimolare tale contributo utile all´edificazione del Corpo di Cristo.(287)
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2. Contenuti e modi dell´intercomunicazione e della collaborazione
a) I contenuti. La mutua collaborazione e l´intercomunicazione tra i vari gruppi salesiani potranno avere per oggetto: 1) la situazione concreta nel settore della evangelizzazione giovanile e popolare secondo le modalità della nostra missione;(288) 2) i rapporti con le organizzazioni esterne nella visione di una pastorale d´insieme della Chiesa locale; 3) i mezzi utili per una informazione e una formazione comune in ordine alla missione da compiere.
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b) I modi L´intercomunicazione e la collaborazione non sono da identificarsi con la dipendenza dei vari gruppi dalla Congregazione salesiana. Riaffermiamo, invece, la loro autonomia, sia pure in forme diverse, nella conduzione interna, come anche nel settore amministrativo. L´intercomunicazione e la collaborazione deve avvenire nel settore dell´apostolato salesiano inserito nella Chiesa locale. Le modalità di questo interscambio (rapporti) saranno quindi dettate, di mutuo accordo, dalla realtà della pastorale della Chiesa locale e dalla natura specifica dell´apostolato salesiano.
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3. Conclusioni
La capacità di evidenziare l´unità della missione e dello spirito salesiano nella pluralità delle forme e delle espressioni, la creatività e l´inventiva proprie di ogni gruppo a vantaggio degli altri, ci renderanno più credibili nella Chiesa, comunione di salvezza, più efficaci nel concreto lavoro apostolico, più ricchi nelle realizzazioni personali. L´apostolato associato corrisponde felicemente alle esigenze umane e cristiane dei fedeli e al tempo stesso mostra come segno della comunione e dell´unità della Chiesa in Cristo che disse: Dove sono due o tre riuniti in mio nome, io sono in mezzo a loro (289)
CAPO SETTIMO
ORIENTAMENTI OPERATIVI
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Il Capitolo Generale Speciale affida alle Conferenze Ispettoriali, ai Capitoli Ispettoriali, ai Consigli Ispettoriali l´applicazione pratica degli ORIENTAMENTI che propone ai Confratelli per l´auspicato rinnovamento. Sarà preoccupazione di tali organismi studiare iniziative e determinare interventi atti ad assicurare la graduale realizzazione sia a livello personale che comunitario.
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1. Riscoperta del vero senso della missione
Essendo la MISSIONE un elemento specificante l´identità del salesiano, gli orientamenti operativi al riguardo si considerino decisivi per il rinnovamento.
E´ urgente presentare ai confratelli il senso soprannaturale della nostra missione, nei suoi aspetti teologici ed ecclesiali, come partecipazione alla missione del Cristo e partecipazione alla missione del Popolo di Dio.
E´ urgente presentare ai confratelli le risorse spirituali racchiuse nella nostra missione, che aiuta a vivere pienamente la consacrazione religiosa e lo spirito di Don Bosco.
Con i mezzi più adeguati (quali l´approfondimento della teologia della vita religiosa attiva, incontri vari di categoria, convegni ed esercizi spirituali organizzati attorno al tema della missione, revisioni comunitarie circa l´ideale della missione e la pratica delle attività pastorali, ecc...) sia a livello individuale, sia a livello di comunità locale che ispettoriale si aiutino i confratelli a vivere generosamente la loro missione salesiana.
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2. Priorità assoluta della pastorale giovanile
Riconoscendo che la nostra missione è a vantaggio innanzitutto della gioventù e che questa ha oggi nella società moderna enorme peso, urge per noi un triplice impegno:
a) conoscenza diretta e riflessa della gioventù attuale e dei suoi problemi;
b) disponibilità piena alla pastorale giovanile sia a livello ispettoriale sia a livello diocesano;
c) ridimensionamento delle nostre opere ed attività nel senso di un servizio adeguato in questa pastorale, per ridestare in tutti i confratelli la carità apostolica di Don Bosco verso i giovani.
Conseguentemente, priorità assoluta alla pastorale giovanile vorrà significare:
-da una parte che le attività e le opere a favore della gioventù impiegheranno la maggior parte del nostro tempo, del nostro sforzo, del nostro personale;
- dall´altra che le attività e le opere a favore degli adulti, compiute secondo le loro esigenze, conserveranno la preoccupazione attenta per i giovani.
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3. Priorità assoluta ai «poveri»
Approfondendo la missione lasciataci da Don Bosco a vantaggio dei giovani, specialmente più poveri(290) e degli adulti più bisogno si del ceto popolare, minacciati nella fede oltre che nella sopravvivenza umana, e notando come il mondo moderno abbia aumentato, spesso tragicamente, il numero e la condizione miserevole degli uni e degli altri, si ricordano gli impegni apostolici verso i giovani specialmente più poveri e gli adulti più bisognosi, con l´intenzione di aiutarli per la loro integrale liberazione materiale, sociale, culturale e religiosa. Questo implica scelte precise: a) orientare gradualmente le nostre forze verso i giovani più poveri e gli adulti più bisognosi, cioè verso quelli che sia nei paesi del sottosviluppo sia nei paesi dell´ opulenza hanno meno possibilità di realizzare nella loro vita il disegno di Dio; b) correggere certe ipertrofie di opere orientate in un senso che non testimonia chiaramente il carisma salesiano (per i poveri) e una atrofia propria di quelle opere congeniali e caratterizzanti del carisma salesiano;(291) c) sensibilizzare di fronte al fenomeno della povertà e illuminati dalla dottrina del Concilio e delle encicliche sociali capire il valore evangelico e apostolico dell´impegno per la giustizia nel mondo, in vista dell´avvento di un mondo più umano; d) accettare chiaramente, in tale spirito, questo impegno con le dovute precisazioni e delimitazioni, e senza mai separarlo dall´impegno direttamente evangelizzatore; e) orientare più nettamente il nostro sforzo verso il servizio del terzo mondo, pur senza detrimento del nostro impegno in altri settori ugualmente bisognosi.(292)
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4. Il nostro servizio per la alfabetizzazione
La nostra missione educativa verso i giovani, specialmente i più poveri, viene oggi richiesta in modo urgente nei paesi in via di sviluppo, Poiché il primo obiettivo di un piano organico di sviluppo sociale è l´educazione di base.(293) Pertanto la Congregazione salesiana, attraverso il suo Capitolo Generale, si impegna a collaborare validamente con gli organismi sociali che promuovono l´avvento della giustizia nel mondo con l´educazione di base, a cominciare dall´alfabetizzazione.
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5. Il salesiano diacono permanente
Il nostro CGS si inserisce secondo lo spirito di Don Bosco nel moto di rinnovamento della Chiesa postconciliare che, tra l´altro, ha rivalutato la figura e le funzioni del diacono. L´eventuale diacono salesiano si pone tra i responsabili della missione salesiana, senza alterare la natura della Congregazione, anzi completandola nella articolazione del suo ministero salvifico, in stretta collaborazione col sacerdote (missioni, parrocchie, animazione di gruppi giovanili). affinché nel prossimo sessennio si possa sperimentarne la validità, sarà opportuno che, dove le necessità particolari della Chiesa locale, lo richiedano, i Capitoli Ispettoriali (e i rispettivi Consigli): a) studino le modalità di una sua eventuale istituzione; b) curino l´adeguata preparazione dei candidati al ministero diaconale; c) d´accordo con la pastorale locale, seguano attentamente questa sperimentazione anche in vista di una futura istituzionalizzazione.
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6. Il coadiutore salesiano
Nell´intento di realizzare una sempre più intensa comunione, anche di corresponsabilità direttiva, il CGS, dopo aver ampiamente dibattuto sul coadiutore salesiano nel contesto dell´attuale nostro rinnovamento, dispone che i confratelli coadiutori possano essere immessi nei Consigli ai vari livelli (locale, ispettoriale, mondiale). E´ indispensabile, quindi, provvedere adeguatamente e gradualmente per rendere operativa questa decisione.
Perciò:
1) ogni ispettoria si impegni ad offrire un´adeguata preparazione religiosa e teologica e una qualificazione tecnico-professionale ai confratelli coadiutori, anche in vista delle nuove possibili responsabilità;
2) dovunque è possibile, si affidino ai coadiutori responsabilità direttive nei diversi settori di cui si compone l´ opera, e in cui si esprime la presenza salesiana, così: scuole, oratori, editrici, ecc.;
3) il lavoro più importante e decisivo da compiere rimane, però, la sensibilizzazione o mentalizzazione, come si dice, dell´intera Congregazione di fronte al Coadiutore salesiano;
4) si prevedano e si organizzino possibilmente:
a) durante il primo biennio dopo la conclusione del CGS un Convegno di confratelli coadiutori in ogni gruppo regionale (o almeno interispettoriale) per chiarire i loro problemi e per orientare pratiche applicazioni alla luce delle deliberazioni del CGS;
b) durante il secondo biennio dopo la conclusione del CGS un Convegno dei confratelli coadiutori a scala mondiale, con rappresentanti di ogni regione.(294)
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7. La pastorale di ogni ispettoria nel contesto della Chiesa locale
Il servizio ecclesiale reso da Don Bosco al Papa e ai Vescovi, il valore conferito alle Chiese locali nel rinnovamento attuale, ci inducono a considerare la consistenza pastorale originale di ogni Ispettoria. Un inserimento più adeguato del servizio pastorale salesiano nella pastorale d´ ogni Chiesa locale esige che ogni ispettoria e, ancor più, ogni gruppo di ispettorie studino il modo di presenza originale richiesto. Ne conseguono, per le comunità ispettoriali, l´impegno di un accordo più organico con gli altri organismi locali, soprattutto con quelli che concorrono all´evangelizzazione dei giovani, e un´attenzione speciale agli orientamenti dei Vescovi e delle Conferenze Episcopali interessate. Si rendono indispensabili organi tecnici, come ad esempio, un´équipe di intercomunicazione e di informazione, con ruolo di animazione e di scambio. Questo legittimo pluralismo richiede maggiore impegno per coltivare l´unita, quali il senso della missione e dello spirito comuni, scambi fraterni e frequenti fra le varie comunità ispettoriali e con il Rettor Maggiore, segno sensibile della nostra unità.
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8. Centro di salesianità
Consapevoli quanto la conoscenza approfondita dello spirito salesiano sia di aiuto per il rinnovamento nella Congregazione, auspichiamo la creazione di un Centro di Salesianità, dove vengano studiati i vari aspetti dello spirito salesiano (storico, pedagogico, spirituale, ascetico...). L´attività scientifico-pastorale del Centro tenderà ad offrire ai confratelli, particolarmente ai confratelli in formazione, una dottrina che alimenti e consolidi la loro vocazione e ispiri la loro azione apostolica.
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9. Conoscenza di alcuni scritti importanti di Don Bosco
L´auspicato ritorno alle origini richiede che venga riattualizzato lo spirito del Fondatore.
E´ indispensabile conoscere perciò gli scritti più significativi di Don Bosco. Conseguentemente si dia a tutti i confratelli la possibilità di accostare personalmente le fonti salesiane nella lingua nazionale o più familiare.
Sarà preoccupazione dei responsabili provvedere opportunamente alle varie traduzioni di quanto si ritiene più importante per la conoscenza di Don Bosco e del suo spirito, quali le Memorie dell´ Oratorio, il Testamento spirituale, il Sistema Preventivo, la Lettera del 1884, l´epistolario.
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10. Presenza educativa tra i giovani
Poiché Don Bosco è stato Padre e Maestro dei giovani facendo sue le loro angosce, le loro speranze e le loro gioie, la fedeltà al sistema preventivo ci domanda di continuare lo stile di vita iniziato da lui: vivere con i giovani, in mezzo a loro e per loro; è un impegno di presenza tra i giovani. Nei cambiamenti attuali si sappia restare fedeli al Sistema Preventivo, che esige una presenza costante. Nelle situazioni dei giovani d´ oggi il sistema preventivo esige che si ricerchi una presenza nuova. L´efficacia nostra educativa è legata alla fedeltà rinnovata al sistema preventivo di Don Bosco.
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11. I Salesiani per la Famiglia Salesiana
Essendo i Salesiani, per volontà e desiderio di Don Bosco come il vincolo, la stabilità e l´elemento propulsore della Famiglia, ci impegniamo a promuovere in spirito di servizio scambi fraterni, nei modi e nei tempi ritenuti più opportuni, per un reciproco arricchimento e per una maggiore collaborazione e fecondità apostolica. Ci impegniamo a studiare insieme, nell´accettazione corresponsabile della pastorale della Chiesa locale, le condizioni concrete per un´efficace evangelizzazione e catechesi; di studiare insieme le strutture di informazione e di formazione che ci rendono abili per questo servizio ecclesiale e i mezzi più idonei a realizzarlo.
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12. I Salesiani per i Cooperatori
Accogliendo fraternamente il Messaggio dei Cooperatori ai membri del Capitolo Generale Speciale, proponiamo un lavoro d´insieme per la redazione di un programma di formazione laicale salesiana e per la compilazione di un volume di letteratura salesiana pertinente. Proponiamo che un gruppo di esperti, Salesiani e Cooperatori, rediga il loro nuovo Regolamento, dove si precisino, alla luce della dottrina conciliare e del pensiero di Don Bosco, i rapporti ai vari livelli tra l´associazione e la Congregazione Salesiana.
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13. I Salesiani per gli Ex-allievi
Considerato che gli Exallievi sono il frutto della nostra missione educativa e che essa non si esaurisce al momento in cui lasciano le nostre opere, che anzi esige che sia prolungata e sviluppata nel tempo; e tenuto conto anche delle istanze sorte nel loro Congresso Mondiale:
proponiamo che la cura degli Exallievi sia considerata una delle attività specifiche e preferenziali della Congregazione;
proponiamo che ogni comunità programmi e realizzi questa educazione permanente senza ridurre i nostri contatti con loro solamente ai ricordi del passato;
proponiamo che ogni comunità sia aperta e pronta a ricevere gli aiuti di collaborazione, di consiglio e di sana critica ai metodi educativi che gli Exallievi sono in grado di portare.
(1)LG 43.
(2)ET 51.
(3)Cfr AAS 51 (1959) p 68; 52 (1960) p 183; 54 (1962) p 787 (discorso di apertura del Concilio).
(4)LG 4.
(5)Ps 104, 30.
(6)LG 1.
(7)LG 4; 8 c; cfr LG 8 a; 9 d; GS 21 c.
(8)Questo emerge in particolare dai quattro documenti fondamentali: la Chiesa (LG) ritorna alle sue sorgenti (DV; SC) e si apre al mondo (GS).
(9)LG 1.
(10)LG 44 b.
(11)Cfr AA.VV., Linee di rinnovamento, Torino - LDC 1971, p 112 e Paolo VI, ET 11; 32.
(12)PC 2 a.
(13)PC 2.
(14)ET 11-12.
(15)Cfr per questi quattro aspetti: Gio 14, 26; 16, 13-15; ET 11; LG 4; AG 4; GS 22; 38.
(16)Orazione della festa di S. Giovanni Bosco.
(17)ES 16, 3.
(18)MO, (1873) inizio. E il 2 febbraio 1876, dice ai direttori: Non diede un passo la Congregazione senza che qualche fatto soprannaturale lo consigliasse, non mutamento o perfezionamento o ingrandimento che non sia stato preceduto da un ordine del Signore (MB XII, 69; citato da Don Ceria nell´ Introduzione alle MO, p 3). Cfr anche la Messa del 16 maggio 1887 al Sacro Cuore di Roma, in cui capisce, piangendo, tutta la sua vita (MB XVII, 340).
(19)Manoscritto Costituzioni 1859, ACS 022 (1), p 5-7.
(20)MB X, 597.
(21)Canti di introito e di comunione della liturgia del 31 gennaio.
(22)Possiamo trovare espresso questo fatto nella risposta di Don Bosco alla domanda del rettore del seminario di Montpellier sul sistema preventivo: Sono sempre andato avanti come il Signore mi ispirava e le circostanze esigevano (luglio 1886; MB XVIII, 127). Cfr anche Don B. FASCIE, Il metodo educativo di D. Bosco, SEI, pp 20-22.
(23)Cfr studi di Don P. Stella e Don F. Desramaut.
(24)Per chiarire questa visuale tanto importante, ci si potrà riferire alle seguenti fonti: 1. PC 2-3; la parola di Paolo VI ai Capitolari salesiani del 1965 riguardo a questo discernimento (ACG XIX). 2. La spiegazione del rinnovamento degli Istituti religiosi data dal P. Tillard O.P. nel grande Commento al PC: Il rinnovamento della vita religiosa, Vallecchi, pp 92-92. 3. AA.VV., Linee di rinnovamento LDC 1971, i nn 22-27, intitolati: Lo Spirito aiuta gli Istituti religiosi a incarnare il loro carisma in forme concrete sempre aggiornate.
(25)GS 4.
(26)Atti 7, 51.
(27)1 Tess 5, 19.
(28)Cfr ET 38.
(29)Li riconoscerete dai loro frutti (Mt 7, 15-20), questi frutti dello Spirito bene indicati da San Paolo in Gal 5, 22-24.
(30)LG 12 a.
(31)Cfr 1 Cor 12, 32.
(32)ET 55.
(33)Si ` invitati a prendere conoscenza del pensiero della Congregazione su questo tema fondamentale: 1. Radiografia I CIS Ecco ciò ... vol I, pp 68-133; 156-157. 2. Problemi e Prospettive, II, p 23-44; 45-49. 3. Radiografia II CIS, 2 fasc, Istanze 22-48.
(34)Cfr LG 1.
(35)Cfr AA.VV., Linee di rinnovamento, Torino-LDC 1971, II nn 18-26 pp 63, 64, 71-76.
(36)Gio 20, 21; cfr AG 1.
(37)Cfr Gio 3, 16.
(38)LG 1.
(39)LG 15.
(40)Cfr AA 2; AG 5.
(41)AA 5; cfr GS 40 c.
(42)Cfr Rom 15, 16; Fil 2, 17.
(43)AG 5.
(44)Cfr Rom 5, 8.
(45)Cfr PO 10-12.
(46)PC 8.
(47)così si spiega la missione canonica (cfr LG 45).
(48)PC 2 d indica diversi aspetti.
(49)Cfr LG 45; CD 35; ES 1 parte n 22 ss; cfr Linee di rinnovamento, Torino LDC 1971, II n 34 pp 81-82.
(50)CD 35, 2; ET 50.
(51)Cfr PO 7-8.
(52)Cfr AA 2.
(53)Ciò importa evidentemente una concezione chiara della missione da applicare hic et nunc.
(54)Questo appare soprattutto negli schemi dell´ azione salesiana. A noi tocca determinare costituzionalmente i contenuti permanenti della missione salesiana ma anche dimostrare l´ effetto che subisce questa missione nell´ incontro con la situazione globale della Chiesa, del mondo e della gioventù nell´ attuale svolta storica.
(55)Cfr GS 1-39; Linee di rinnovamento I pp 15-37.
(56)Cfr Linee di rinnovamento I nn 22-27 pp 30-33.
(57)Cfr GS 36; 41 bc; AA 7.
(58)GS 40 b.
(59)GS 3; cfr 40.
(60)AA 5.
(61)AA 5.
(62)Cfr GS e PP.
(63)GS 63 c.
(64)GS 9 b; cfr 66 a-b; 69 a; 71 f; f; 63-68.
(65)Cfr GS 9 b.
(66)ET 18.
(67)ET 17 ss.
(68)GS 77.
(69)GS 77.
(70)GS 4.
(71)GS 83-90; 75.
(72)Cfr LG 13 bc; 23 d; 28 bcd; AG 1920, 22, 35; Linee di rinnovamento, LDC, II nn 31-55 pp 79-83.
(73)LG 15-17; NAE 1-2; ES.
(74) Questa parte ha per scopo di indicare non i modi né i mezzi della nostra pastorale giovanile (ciò che compete ai documenti sulla azione salesiana), ma l´ impostazione in parte nuova della nostra missione come tale e la sua rinnovata opportunità e urgenza.
(75)GS 4.
(76)Card. Villot, Lettera a don Ricceri, 26 aprile 1971.
(77)Lettera 1620.
(78)AA 12.
(79)GE.
(80)Gio 10, 10.
(81)AA 12 b.
(82)Mt 20, 3-7; cfr sul tema "Il servizio salesiano ai giovani", LDC 1970, studi di don Perez e di don Gambino.
(83)cfr Il Servizio salesiano ai giovani, LDC 1970, studio di H. Lecomte pp 85-96.
(84)Juventud y Cristianismo en America Latina, Bogotà 1969 p. 29.
(85)Cfr Costituzioni 1.
(86)art 1; poi 3-7.
(87)CG XIX, doc IX.
(88)Cfr PeP pp 26-27; 36-37 e le risposte alle istanze 33-35.
(89)Cfr PeP istanze 37-41 e le risposte alle istanze 36-44.
(90)Cfr Commento Fr. Desramaut.
(91)Cfr risposte a PeP, Istanze 4344, RICCERI, Lettera sul sottosviluppo, ACS luglio 1970.
(92)MB XVII, 272; Cfr XVII, 207.
(93)Cfr Cost art 5.
(94)ACG XIX doc II, terzo paragrafo; cfr MB V, 411; XII, 87; Cost art 6-7 col commento Fr. DESRAMAUT; Annali della Congregazione, I cap 20 pp 207-215.
(95)PC 24-25; OT 2; PO 11.
(96)Cfr PeP istanze 67-68, formazione dei leaders.
(97)Regolamento per le Case, 1877 parte II capo I p 59.
(98)ACG XIX p 196.
(99)Cfr Documento della CISI, maggio 1969.
(100)Cost art 7 b-10.
(101)ACG XIX doc XII, XVI, XVII.
(102)Cfr risposta all´ Istanza 35 di PeP.
(103)Cfr Testo primitivo delle Costituzioni: Scopo di questa Società, art 6, redazione edita in MB V, 933.
(104)Cfr i 41 Contributi di studio all´ istanza 4 di PeP, sintetizzati alle pp 43-54 della Radiografia II CIS.
(105)Riferendosi all´ azione del suo tempo, don Bosco diceva: i rozzi e gli ignoranti.
(106)Cfr la lista suggestiva in PeP p 42. Da un certo punto di vista qui rientra il problema dei Cooperatori salesiani.
(107)Doc XVIII.
(108)Cfr PeP p 54-55, risposte alle istanze 77-80.
(109)Cfr P. Stella, vol II p 369.
(110)Cfr n 25.
(111)Cfr LG 1.
(112)Gio 10, 14.
(113)GS 11.
(114)Cfr LG 31-36; AA 2-5-7; GE Proemio; AG 5-12; GS 40-43.
(115)Cost 1.
(116)GS 22.
(117)GS 36; cfr sopra n 31.
(118)Cost 5.
(119)GS 40.
(120)GS 40 c.
(121)AA 5.
(122)Cfr GS 39; GS 41 dice che nello stesso ordine divino si identificano il Signore della storia umana e il Signore della storia della salvezza; Cfr GE 1 c; 9.
(123)GS Proemio.
(124)Card Villot, Lettera a don Ricceri.
(125)CD 11; 13; AG 6-13-14.
(126)DCG 17.
(127)ACS n 261 p 38-39.
(128) Cfr GE 1 b; Linee di rinnovamento, LDC 1971, II nn 45/2 e 47/2 pp 97-99-102.
(129)AG 5 a; cfr GE 2.
(130)AA 6 a.
(131)Rimandiamo, per uno sviluppo più ampio, al documento sulla Evangelizzazione e catechesi.
(132)1 Pt 3, 15.
(133)GE 2.
(134)GS 43.
(135)AG 6 c.
(136)AG II; Il Capitolo Generale speciale tratta diffusamente di ciò nel documento 7 su L´ azione missionaria salesiana.
(137)Sinodo dei Vescovi La giustizia nel mondo, Città del Vaticano 1971.
(138)Cfr Rom 8, 20 seg.
(139)Cfr OA 4.
(140)Non affrontiamo qui il problema del come andrà realizzato questo impegno. Responsabile ` la comunità salesiana a tutti i livelli (mondiale, ispettoriale, locale); essa studia programma realizza e rivede questo settore del nostro apostolato. Si tratterà, in concreto, di articolare responsabilmente un servizio pastorale che tenga conto delle persone, delle possibilità, delle situazioni, dei luoghi etc.
(141)Ep Vol III, 167.
(142)Cfr OA 2.
(143)La dottrina conciliare dà soltanto i principi (Cfr AA 13-14; 24 GS 63-72, 83-86; cfr pure PP; OA; ET. Il Sinodo dei Vescovi (Doc. Cat. pp 19-21) espone con chiarezza i contenuti e i modi con cui realizzare questa educazione alla giustizia.
(144)Lettera di don Ricceri, ACS n 261 p 36.
(145)PP 35.
(146)AA 7 d; 25 b; cfr pure LG 37 C; GS 43 b; PO 9.
(147)Cfr OA 42 s.
(148)Sinodo dei Vescovi La giustizia nel mondo, Città del Vaticano 1971 p 18.
(149)Cfr Sinodo dei Vescovi Il sacerdozio ministeriale, Città del Vaticano 1971 pp 20-21.
(150)Cfr GS 43; AA 25; PO 9c.
(151)Cfr OA 23; ET 17-18.
(152)Mons. T. ALBERTO Y VALDERIAN Una sintesi del documento sulla giustizia nel mondo (Osserv. rom. 4-11-1971, pp. 1-2).
(153)Don Ricceri, l.c. pp 22-23.
(154)ET 18.
(155)Don Ricceri, l.c. p 25.
(156)Cfr GS 76 e.
(157)Problemi delle migrazioni oggi - Un documento della Commissione Episc. italiana per le migrazioni (Osserv. rom. 19 novembre 1971, p 2).
(158)Don Ricceri, l.c. p 1; cfr ET 18-19-22.
(159)ET 25, 35.
(160)Mt 25, 35.
(161)Cfr Radiografia I CIS, tutto il capo 5 soprattutto pp 97-109, in cui si parla di volontà plebiscitaria della Congregazione; risposte a PeP 54; 62-64.
(162)Per la dimensione ecclesiale della nostra missione cfr sopra nn 27-29-33. Per Chiesa locale intendiamo la diocesi (chiamata dal Concilio Chiesa particolare CD 11), ma più ancora il raggruppamento delle diocesi in Conferenza Episcopale, in vista di promuovere le forze e i metodi di apostolato che sono appropriati alle circostanze.
(163)LG 23 a; cfr 26 a; CD 11.
(164)CD 35, 1.
(165)ET 50.
(166)Regolamento 1876, III.
(167)Per i principi e le modalità con cui si eserciterà nelle nostre comunità salesiane il servizio dell´ autorità, cfr i documenti 12, 14, 15, 16.
(168)Cfr LG 45 a; PC 2 b; ET 11; poi PC 20, 21, 22; ET 32. L´ espressione ricorre in Conferenze, in lettere, in altri manoscritti di don Bosco, e la tradizione viva l´ ha resa familiare a noi Salesiani (cfr anche DON RICCERI, Introduzione alle Costituzioni, 1966 p 58 c).
(169)Sane tradizioni: lo spirito di un Istituto religioso non nasce, né si trova o si conserva allo stato puro, ma si incarna in forme concrete di esistenza, di struttura, in metodi che in qualche modo lo esprimono e servono come veicoli di trasmissione dello spirito nel tempo. L´ insieme di tali forme, strutture, metodi sono le sane tradizioni che, secondo il Concilio Vaticano II (PC 2 b), assieme allo spirito ed alle finalità del Fondatore, di cui sono espressione, costituiscono il patrimonio di ciascun Istituto.
Se rinnovarsi ` ritornare alle fonti vive del Vangelo e del carisma del Fondatore, non ` tuttavia un ricominciare da capo. Se alcune di queste tradizioni, in quanto legate al tempo in cui sono sorte, devono essere superate o, meglio, sostituite da altre che dian modo alla vitalità dello spirito di esprimersi in forme nuove, meglio adeguate alla sensibilità degli uomini ed ai segni dei tempi, altre sono così intimamente legate allo spirito del Fondatore, che il loro abbandono sarebbe un impoverimento del patrimonio spirituale ereditato dall´ Istituto, una colpa di infedeltà al suo spirito, una alterazione della fisionomia che il Signore gli ha impresso.
Da ciò nasce l´ obbligo grave per ogni Congregazione o Istituto religioso di osservare e fedelmente interpretare tali tradizioni. Fedeltà che non ` una monotona ripetizione del passato, ma ` un continuo attingere alle fonti vive da cui si alimenta la sua stessa vita: uno svilupparsi ed un espandersi a partire dalla radice e dal tronco da cui giunge la linfa.
(170)a) FONTI: - Scritti di don Bosco: Memorie dell´ Oratorio; Biografia di Domenico Savio; Francesco Besucco; Sistema Preventivo; Sogno di San Benigno 1881; Lettera da Roma 1884; Testamento spirituale 1884-86; Epistolario; Ricordi ai Missionari 1886, Conferenze (manoscritte) ai Salesiani; Ricordi confidenziali ai Direttori 1875; - Atti Ufficiali della Congregazione; - Documentazione dei I e II CIS. b) STUDI: Memorie Biografiche; Studi di E. CERIA, A. CAVIGLIA, P. BRAIDO, F. DESRAMAUT, P. STELLA. Merita particolare attenzione lo studio sulla formazione spirituale di don Bosco (gli influssi di Mamma Margherita, di San Francesco di Sales, di don Cafasso e della Teologia del tempo).
(171)Lo scopo di questa Congregazione si ` di riunire insieme i suoi membri ... a fine di perfezionare se medesimi imitando le virt del nostro divin Salvatore, specialmente nella carità verso i giovani poveri.
(172)Ecco ciò che pensano i Salesiani della loro Congregazione oggi, vol I p 44.
(173)Linee di rinnovamento, LDC 1971, p 52-54.
(174)Cfr Ef 1, 5.
(175)Cfr P. BRAIDO, Scritti sul Sistema Preventivo, p 28-29.
(176)Lc 10, 22.
(177)La parola i piccoli ` usata spesso nel Vangelo in senso metaforico. Ad es. in Mt 18, 1-6 il Signore accoglie i fanciulli e li presenta come modelli di ogni discepolo che deve divenire piccolo-semplice. In Mt 11, 25 Dio nasconde i suoi misteri ai dotti e sapienti e li rivela ai piccoli cio` alle anime rette e semplici, e quindi accoglienti, a quelle cui la Sapienza rivolge il suo invito (Pr 1, 4; 9, 4). Questi testi toccano gli adolescenti nella misura in cui la loro età e la loro situazione sociale favoriscono quest´ atteggiamento interiore di semplicità accogliente.
(178)Cfr Linee di rinnovamento, LDC 1971, II 45, p 96-100.
(179)Mt 4, 23.
(180)Cfr Linee di rinnovamento, LDC 1971, II 21-22 e 45, p. 66-69 e 96.
(181)Ricordiamo le due ragioni profonde per cui don Bosco ha scelto come Patrono della Congregazione san Francesco di Sales, santo allora venerato in Piemonte (per es. dalla Marchesa Barolo): il Vescovo di Ginevra gli apparve come un modello di zelo per le anime, per la difesa della verità, per la fedeltà alla Chiesa Cattolica, e soprattutto come modello di un metodo tutto evangelico di esercitare questo zelo: carità e dolcezza, buone maniere, grande calma, straordinaria mansuetudine dice don Bosco stesso. (MO p 141; Regolam. dell´ Oratorio, 1877 p 4).
(182)Tito 3, 4.
(183)Gio 10, 34.
(184)Lc 22, 24-27
(185)MB XII, 143.
(186)MB XII, 143.
(187)DON CERIA, Annali I, p 722.
(188)MB XVIII, 36.
(189)MB V, 577.
(190)MB XVII, 11.
(191)Sistema Preventivo in Regolamenti art 86-88.
(192)MB XII, 224; IX, 705.
(193)Cfr Sistema Preventivo in Regolamenti art 86.
(194)MB VI, 15.
(195)1 Cor 13, 7.
(196)1 Tess 5, 21.
(197)Gal 5, 22.
(198)Da una Conferenza di don RINALDI nel 1927.
(199)Cfr Linee di rinnovamento, LDC 1971, III 60-63, p 145-148.
(200)E. CERIA, Annali I, p 728.
(201)Sistema Preventivo in Regolamenti art 92.
(202)MB VII, 334.
(203)Ef 1, 5.
(204)Cfr Is 11, 1-5; 42, 1-4; 61, 1-2.
(205)Lc 4, 18; Cfr Gio 10, 36.
(206)Cfr Ef 5, 26-27.
(207)1 Pt 2, 9-10; Cfr LG 10.
(208)Importanti LG 44 a, PC 5 a.
(209)LG 44 a.
(210)Cfr LG 45 c.
(211)Cfr PC 1.
(212)LG 44 b.
(213)LG 44 d.
(214)LG 44 c; 46 b; 38 a.
(215)Cfr ET 1, 3, 13, 31, 34, 42, 50, 53.
(216)J. BEYER SJ, prefazione al libro di P. OLPHE-GAILLARD, Chr tiens consacr s, Paris Lethielleux 1971 p 6.
(217)PC 8.
(218)PC 8.
(219)PC 8.
(220)Ad es. Pio IX: cfr Proemio alle Costituzioni p 24.
(221)Michele Rua, chierico, fu il primo ad emettere i voti privatamente, il 25 marzo 1855.
(222)Cfr prima redazione dell´ art 1 delle Costituzioni del 1858 sullo scopo della Congregazione: perfezionare se stesso imitando le virt del Salvatore, specialmente nella carità verso i giovani poveri (Archivio salesiano 022).
(223)Espressione di cui fa uso il Concilio a tradurre il rapporto tra ministero sacerdotale e celibato: PO 16 b.
(224)LG 46 b.
(225)LG 43 a.
(226)Cfr PO 12-14.
(227)PO 15-17.
(228)1 Gio 1, 1.
(229)Cfr PC 8.
(230)PC 8.
(231)PC 8.
(232)Cfr Proemio alle Costituzioni p 24.
(233)Cfr Costituzioni art 188 e Sistema Preventivo in Regolamenti art 97.
(234)Mc 16, 17-20.
(235)ET 7.
(236)PC 3 ab, cfr 20 a.
(237)Cfr PC 2 c.
(238)PC 8 b.
(239)PC 8 b. Questi testi fondamentali sono da completare con la Ecclesiae sanctae II, 16-18, 25-27.
(240)ET 12.
(241)Cfr P. STELLA, La società salesiana in don Bosco, vol I cap 6 pp 129-165; M. MIDALI, Carisma salesiano e istituzione salesiana, in Il carisma permanente di don Bosco, LDC 1970, pp 123-155.
(242)MB IX, 502.
(243)Costituzioni 152.
(244)ACS 1923 p 41.
(245)ET 32.
(246)ET 33.
(247)ET 32.
(248)ET 34.
(249)ET 36.
(250)PC 8.
(251)ET 32.
(252)Cfr nn 30-33.
(253)Cfr più diffusamente i nn 28, 30, 33, 78-84.
(254)P. STELLA, Don Bosco nella storia della religiosità cattolica, PAS Verlag, II p 15.
(255)Cfr nn 31-33.
(256)PO 12.
(257)PO 6.
(258)ACS 24 luglio 1927 p 574.
(259)Don RICALDONE, ACS 1939 p 180.
(260)MB XVI, 312.
(261)LG 29 e Lettera Apostolica - Motu Proprio Sacrum Diaconatus Ordinem.
(262)Dal Regolamento dei Cooperatori, Introduzione anno 1876.
(263)Bollettino Salesiano, genn. 1878 pp 1-3.
(264)Progetto di deliberato per il Capitolo Generale, 1, 1877; Manoscritto di don Bosco.
(265)MB XVII, 25, citato in P. STELLA, Don Bosco nella storia della religiosità cattolica, PAS Verlag, I pp 220-221.
(266)Regolamenti I, 1963 p 8.
(267)Ivi p. 9.
(268)Ivi p. 13.
(269)Regolamento I, 1963 p. 28.
(270)GE 8.
(271) Statuto art. 7.
(272)Cfr I e II CIS.
(273)LG 10 a; 35 a; 48 b; UR 2 e; 12 a; GS 93 a.
(274)LG 5; 9 b; 35 h; 36 a; AG 42 b; GS 38 a; 39 b.
(275)LG 41.
(276)LG 42.
(277)Regolamento VI p 16.
(278)Ivi p. 13.
(279)Manoscritto citato.
(280)Cfr LG 32 c.
(281)LG 42 c.
(282)PC 13.
(283)ET 23.
(284)Costituzioni delle VDB (Volontarie don Bosco) art 5.
(285)Cfr GS 43.
(286)Regolamento IV p 13.
(287)Cfr AA 3 d: PO 9 b.
(288)Cfr cap II nn 58-84.
(289)Mt 18, 20; AA 18.
(290)Art 1 Costituzioni.
(291)DON RICCERI, Lettera... p 20.
(292)n.b.: per gli orientamenti operativi sulla Evangelizzazione e Catechesi cfr Documento 3.
(293)Cfr p 35.
(294)Per la elezione e la rappresentatività dei singoli coadiutori, si potrà studiare una formula analoga alla elezione e rappresentatività dei Delegati al Capitolo Generale Speciale.
CAPITOLO GENERALE XX della Congregazione Salesiana
A cura di don Juan E. Vecchi e CSPG - Roma
Documento 2
DON BOSCO NELL´ORATORIO
criterio permanente di rinnovamento dell´ azione salesiana
INTRODUZIONE
192
IL RINNOVAMENTO della nostra azione apostolica non si esaurisce con le disposizioni straordinarie di un Capitolo Speciale; rimane un´ esigenza permanente della Congregazione Salesiana, per il fatto che e costitutiva dell´ organismo ecclesiale.(295) Sono due le esigenze essenziali di un autentico rinnovamento, a norma del Concilio: il ritorno (reditus) alle fonti e l´ adattamento (aptatio) alle mutate condizioni dei tempi.(296)
193
L´ accettazione del Vangelo come norma fondamentale del rinnovamento include anche il rispetto per le sfumature della sua particolare incarnazione in ogni famiglia religiosa. Il profilo del Salesiano è quindi il risultato di una lettura del Vangelo fatta da Don Bosco; è sottomesso perciò alla legge di fedeltà dinamica.(297) L´ esperienza insegna che nel difficile processo di ritorno al fondatore e di adattamento ai tempi esplodono divergenze e tensioni. C´è infatti il rischio di ridurre la fedeltà a pura ripetizione meccanica e il pericolo opposto, di scivolare cioè verso il relativismo, in nome di un progresso non ben assimilato.
194
E´ necessario un criterio che consenta di sceverare le autentiche formule del rinnovamento dalle sue eventuali contraffazioni. Perché un CRITERIO possa dirsi ideale, occorre che sia: certo nella sua funzione di segno distintivo; specifico nell´ indicazione concreta della realtà specificata; universale, cioè accessibile a tutti, dappertutto e sempre. Di conseguenza, un tale criterio non può essere che oggettivo ed esterno. Non sembrano rispondere a tali esigenze né il ricorso al solo spirito del Fondatore né le sole sue opere concrete. Non il solo spirito, perché a causa forse di apprezzamenti soggettivi non di rado diventa problematico e perciò bisognoso a sua volta di criterio. Non le sole opere, perché non essendo immuni da eventuali idealizzazioni e perfino deformazioni, esigono una previa discriminazione. Ne deriva dunque che il criterio di fedeltà dinamica per il rinnovamento della nostra azione specifica deve essere una realtà incarnata per rispettare la funzione di segno, senza però identificarsi con un´ opera singola. Anche l´ opera più geniale del resto è sempre legata a delle coordinate spazio-temporali assolutamente irrepetibili.
195
Il DON BOSCO DELL´ ORATORIO sembra rispondere alle esigenze del criterio ideale. Occorre riferirsi alla persona di Don Bosco, vivo e operante in mezzo ai suoi ragazzi, lungo l´ arco completo della sua vita apostolica. Occorre poi riferirsi all´ Oratorio, dando a questa parola la pienezza di significato che ebbe sotto la penna dei biografi e rispettando il fascino dei primi tempi. Non va quindi intesa come un´ opera concreta, contrapposta ad altre opere di Don Bosco, ma piuttosto come la matrice, come la sintesi, come la cifra riassuntiva delle geniali creazioni apostoliche del Santo Fondatore: il frutto maturo di tutti i suoi sforzi.
196
Per noi Salesiani il ritorno al Fondatore significa risalire al Don Bosco dell´ Oratorio. Alla sua scuola è necessario imparare il modo di reagire agli stimoli della storia. Cioè: il criterio del nostro rinnovamento - in quanto Salesiani - è la persona di Don Bosco che per primo, nell´ Oratorio, ci dà una lezione esemplare di fedeltà dinamica alla sua vocazione apostolica. La storia dell´ Oratorio ci mostra Don Bosco tenacemente attaccato alla sua missione tra i giovani. Eppure quel servizio permanente (diaconia) che fu la costante indefettibile della sua vita, non gli impedì mai tutta quella serie di iniziative diversissime che rispondevano ai richiami contingenti della storia, momento per momento: Bisogna che cerchiamo di conoscere i nostri tempi e di adattarvici.(298)
197
Il Don Bosco dell´ Oratorio, fedele e dinamico, docile e creativo, fermo e flessibile a un tempo, rimane un modello di comportamento per tutti i suoi figli.(299) Costoro infatti, più che ripetere servilmente quello che lui fece, sono invitati a fare come lui; invece che impegnarsi nella ripetizione meccanica di un suo gesto caduco, sono chiamati a comprendere la legge profonda a cui si ispirava il suo operare, espressa con semplicità nella sua dichiarazione: Sono sempre andato avanti come il Signore mi ispirava e le circostanze esigevano.(300) Fu questa la legge che assicurò ieri il successo del suo apostolato e condiziona oggi l´ omogeneità del suo sviluppo ulteriore.
198
Il nostro schema si propone di rievocare anzitutto l´ interferenza esemplare di costanti e variabili nell´ azione apostolica di Don Bosco. Cerca poi di dimostrare che la vera aderenza al Fondatore esige FEDELTA´ alla missione nel dinamismo delle iniziative e DINAMISMO coraggioso senza detrimento dell´ autentica fedeltà.
CAPO PRIMO
RIEVOCAZIONE DEL CRITERIO
199
L´ opportunità di un ritorno all´ Oratorio, in quest´ ora di ripensamento di tutta la nostra azione pastorale, è stata rilevata e particolarmente richiesta da parecchi Capitoli Ispettoriali.(301) Riandando all´ Oratorio, però, ciò che noi cerchiamo non è tanto la successione storica degli avvenimenti, quanto l´ idea che Don Bosco si era formato della sua missione e le formule escogitate per realizzarla.
200
1. Origine dell´Apostolato
Se è vero che l´ Oratorio di Don Bosco rappresenta l´ incarnazione concreta della sua missione, lo studio delle origini ci porta alla radice del suo ideale.(302) Colpisce fin dal primo momento la sua volontà decisa di dare una risposta intelligente e fedele alla vocazione divina.
201
a) La chiamata divina ricevuta da Giovannino, tende fin dall´ inizio verso quel tipo di opera che egli aveva intravveduto nel misterioso sogno fatto a nove anni.(303) così si spiega perché dei sacerdoti, suoi antichi compagni di studi già avanzati in età, riconoscessero realizzato a Valdocco quello che Don Bosco seminarista molti anni prima aveva già descritto, come se avesse veduto coi propri occhi ciò che mostrava.(304)
202
b) La risposta alla missione ricevuta dall´ alto fu l´ attività intrapresa da Don Bosco a favore dei giovani, che si svolse in sintesi nell´ Oratorio. Fu Don Bosco stesso a considerare una specie di Oratorio i suoi primi tentativi apostolici iniziati all´ età di dieci anni, subito dopo l´ invito rivoltogli nel primo sogno.(305) Fu anche Don Bosco a interpretare come inizio e principio dell´ Oratorio l´ incontro con Bartolomeo Garelli e la prima catechesi iniziata il giorno storico dell´ Immacolata.(306) Egli ha coscienza di trovare nell´ Oratorio la sua piena risposta alla chiamata di Dio, lo scopo della sua vita: Quando mi sono dato a questa parte del sacro ministero, intesi di consacrare ogni mia fatica a Dio e a vantaggio delle anime.(307)
203
Una tale convergenza ci permette di ricostruire il pensiero di Don Bosco sul suo apostolato, sia discendendo dalla vocazione iniziale per giungere fino alla sua opera realizzatasi nell´ Oratorio, sia ascendendo dal complesso delle attività fino ai motivi che le ispirarono.
204
La semplice rievocazione dei sogni vocazionali da una parte, e la lettura dei Regolamenti dell´ Oratorio dall´ altra, rispondono esattamente a questo programma. Consideriamo i Sogni come una ricostruzione autobiografica della vocazione di Don Bosco. Si direbbe che nell´ evocazione letteraria Don Bosco cerchi di assicurare alla sua missione quel carisma che viene dall´ alto. Il nostro studio si limita a enucleare l´ idea del narratore, piuttosto che a discutere la realtà oggettiva dei fatti narrati; possiamo quindi risparmiarci non lievi questioni di critica riguardanti il genere letterario della narrazione.
205
I Regolamenti, scritti da Don Bosco, rappresentano una testimonianza eloquente dell´ indirizzo che egli intendeva dare, anche in piano istituzionale, alla sua azione formativa.
2. Lineamenti dell´Azione Apostolica
206
a) Nei ripetuti accenni ai Sogni della sua infanzia, Don Bosco lascia trasparire una piena consapevolezza di doverli interpretare come segni evidenti di una vocazione superiore, marcata da tratti specifici indicatigli dall´ alto. Dai racconti dei sogni vocazionali, densi di reminiscenze bibliche, balza fuori un Don Bosco convinto di essere chiamato da Dio al ministero di pastore dei giovani. Pastore è l´ immagine insistentemente ripetuta fin dall´ inizio in tutti i sogni vocazionali.(308)
207
I sogni lo presentano come un futuro pastore, destinato alla custodia dei giovani (Mi ordinò di mettermi alla testa di quei fanciulli) che sono oggetto della predilezione di Cristo (Sinite parvulos venire ad me), e che costituiscono la porzione più delicata e più preziosa dell´ umana società;(309) i suoi prediletti saranno i giovani più poveri e abbandonati.(310) Il motivo è che essi, appunto perché più bisognosi, sono i primi destinatari del Vangelo e l´ attività evangelica svolta tra loro costituisce il segno della divina salvezza già in atto. (Pauperes evangelizantur).(311)
208
La pastorale giovanile affidata al nostro Fondatore si ispira anzitutto agli esempi del vero pastore evangelico: Don Bosco dovrà essere buono (Non con le percosse, ma con la mansuetudine e con la carità...) e sollecito (Mettiti adunque immediatamente a fare una istruzione....(312)
209
Vi sono sfumature particolari che specificano ulteriormente la missione di Don Bosco essenzialmente evangelica e catechistica:
- il DOCETE rivolto da Cristo ai suoi apostoli si concretizza, nel caso di Don Bosco mandato a dei poveri ragazzi, in una formula realistica in apparenza modesta, ma di contenuto densissimo e piena di tatto pedagogico: Insegna il catechismo (Mettiti a fare loro una istruzione sulla bruttezza del peccato e sulla preziosità della virtù);(313)
210
- l´ EGO VOBISCUM SUM abituale nella missione biblica come pegno di autenticità e di fedeltà di Dio alle sue promesse si modula in chiave di tenerezza materna a favore dei giovani abbandonati. Si direbbe che Cristo intendesse rendersi visibile nel ministero affettuoso di sua Madre, per rispondere all´ inadeguatezza del pastore, povero pastorello dei Becchi (Io ti darò la Maestra),(314) e anche alle carenze delle pecorelle, prive del calore di una famiglia e dell´ affetto di una mamma. (Ciò che vedi in questi animali... tu lo vedrai fare per i miei figli).(315) Questo quadro stupendo in cui si alternano tratti di saggezza pedagogica e di bontà evangelica sintetizza l´ idea di Don Bosco. Egli vuole che i suoi figli si formino alla sua missione; a suo avviso è chiaramente soprannaturale, ma anche squisitamente umana.
211
L´ Oratorio, per volontà del Signore nei sogni, è destinato a diventare una casa della catechesi per i giovani abbandonati. Dovrà essere anzitutto una palestra, dove essi possano acquistare una formazione integrale delle verità vive del Vangelo; e anche (poiché la Maestra è Madre) un´ autentica famiglia, dove i poveri orfani siano in grado di scoprire la bontà salvifica del Padre incarnata in segni a loro accessibili, perché ispirati alla pedagogia del Vangelo, che è pedagogia di amore.
212
b) Nel Regolamento dell´ Oratorio. Volendo passare dalla prospettiva del progetto al piano della realizzazione storica, non vi è nulla di più espressivo che il Regolamento per l´ Oratorio, dove i tratti caratteristici della pastorale di Don Bosco diventano norma di azione specificamente salesiana. In questo scritto Don Bosco mette a fuoco la finalità assegnata alla sua istituzione: Quegli sforzi che il Verbo Divino fece per radunare i figli di Dio che erano dispersi, parmi che si possano letteralmente applicare alla gioventù dei nostri giorni.(316)
213
L´ Oratorio in questa prospettiva acquista vere dimensioni evangeliche. Il Regolamento, per sua natura arido e necessariamente normativo, non impedisce di rilevare come i lineamenti apostolici dell´ Opera corrispondano fedelmente ai progetti profetici.
214
a) La cura dei giovani nell´ Oratorio non è austera, rigida, scostante. E´ invece allegra, piacevole, attraente. Scopo dell´ Oratorio è di trattenere la gioventù nei giorni di festa, con piacevole e onesta ricreazione.(317) Ma allo stesso tempo è formativa, è educativa, è salvifica, in accordo con il comando registrato nei sogni vocazionali. L´ istruzione religiosa è lo scopo primario, il resto è accessorio, come allettamento ai giovani per farli intervenire.(318)
215
b) L´ Oratorio è cattolico, cioè universale, in quanto aperto a tutti i giovani: si hanno specialmente di mira i giovanetti operai... non sono però esclusi gli studenti.(319) Il motivo della preferenza per quelli che sono poveri, più abbandonati e più ignoranti (320) è in linea perfetta con la finalità primordiale dell´ Oratorio, con la preoccupazione cioè apostolica, perché hanno maggior bisogno di assistenza per tenersi nella via dell´ eterna salute.(321) L´ Oratorio è integrale in quanto si rivolge a tutto il giovane, senza dicotomie, in un´ azione che lo considera allo stesso tempo uomo e cristiano: fare buoni cittadini in questa terra, e poi, un giorno, abitatori del cielo.(322)
216
In conclusione, l´ Oratorio aspira a essere: una casa, per quelli che non l´ hanno,(323) una parrocchia, per chi non conosce la parrocchia,(324) una scuola, accessibile a chi altrove troverebbe difficoltà, forse insormontabili.(325)
217
c) Lo stile caratteristico di cui è sostanziata questa pastorale giovanile ha vibrazioni intense di carità evangelica. Questo Oratorio è posto sotto la protezione di San Francesco di Sales, perché coloro che intendono dedicarsi a questo genere di occupazione, devono proporsi questo santo modello della carità nelle buone maniere, che sono le fonti da cui derivano i frutti che si sperano dall´ opera degli Oratori.(326) Una simile affermazione trova un riscontro eloquente nello scritto di Don Bosco sul SISTEMA PREVENTIVO.
218
E´ appunto questa carità autenticamente soprannaturale, ma realmente incarnata, che diventa percettibile dai giovani: pervasa da serena letizia, vissuta in chiave di amicizia vera e in clima di famiglia, ispirata alla tenerezza materna di Maria, che informa tutta la metodologia del lavoro nell´ Oratorio:(327) - sia nel momento ricreativo, procurando un clima caldo e sereno come sfondo per i trattenimenti giovanili, - sia nel momento formativo integrale; tanto nell´ aspetto personale di comunicazione della Verità (catechesi) e della Vita (frequenza dei sacramenti) quanto in quello comunitario di scambio reciproco di esercitazione pratica all´ apostolato (compagnie).
219
3. Permanenza e contingenza
Nella missione di Don Bosco c´è dunque una coincidenza innegabile tra due prospettive: vocazione e risposta; programma e realizzazione. Occorre sottolineare i tratti che consideriamo normativi per l´ odierno rinnovamento: continuità e novità. Sono senza dubbio le due dimensioni costitutive dell´ azione di Don Bosco.
220
a) Continuità
Nel primo sogno vocazionale sembra quasi che la missione sia affidata in forma esclusiva alla persona di Don Bosco. Ma, dato che il brano presenta lo stile proprio delle vocazioni bibliche, non è arbitrario intravvedere l´ alternativa abituale di partecipazione e successione, resa poi più esplicita dai documenti posteriori. Infatti nei sogni ulteriori, che venivano a precisare il primo, si trovano indicazioni significative. A un certo momento si accenna alla stanchezza di Don Bosco: (oppresso dalla stanchezza volevo sedermi in una strada vicina). Non gli fu permesso un riposo che avrebbe lasciato un lavoro urgente ancora incompiuto (ma la pastorella mi indicò di continuare).(328) Bisognerà assicurarsi dei collaboratori. E fu appunto in quel momento che sopraggiunsero parecchi pastorelli per aiutare nel lavoro cresciuto a dismisura.(329)
221
Questi primi collaboratori però non risolvevano il problema, per mancanza di continuità: essi fermavansi poco, e tosto partivano. Non era la maniera di portare avanti un lavoro fruttuoso. Si imponeva la ricerca di una soluzione adatta. E allora succedette una meraviglia.(330) La meraviglia fu che l´ Oratorio arrivò a maturità, diventando fecondo fino al punto di essere in grado di procurarsi i propri pastori. Molti allievi cangiavansi in pastorelli che, crescendo, prendevano cura degli altri. L´ Oratorio potè espandersi, portando in altri luoghi la stessa fiamma di apostolato giovanile. (Crescendo i pastorelli in gran numero, si divisero e andarono altrove per accogliere altri animali e guidarli in altri ovili).(331) Non tutto però era risolto. Don Bosco accusava con dolore la discontinuità dei suoi collaboratori. (Avevo coadiutori dei preti che mi aiutavano e poi fuggivano. Io cercavo con grandi fatiche di attirarmeli, ed essi, dopo, se ne andavano e mi lasciavano solo). Ancora una volta la Madonna dei suoi sogni gli venne incontro: Vuoi tu sapere come fare perché non ti scappino più? Prendi questo nastro bianco e lega loro la fronte. Prendo riverentemente il nastrino bianco dalla sua mano, e vedo che sopra c´era scritta questa parola: obbedienza.(332)
222
La Congregazione dunque, con il suo voto di obbedienza, nella visuale del Fondatore, non è che la formula per assicurare, in maniera stabile e permanente, il lavoro apostolico a lui affidato e da lui partecipato ai collaboratori immediati. Questo effetto sempre cresceva, mentre io continuavo nella missione conferitami, poiché da costoro si lasciava affatto il pensiero di andarsene altrove, e si fermarono ad aiutarmi. così venne costituita la Pia Società Salesiana.(333)
223
b) Contingenza
Pur nella fedeltà alla missione originaria, Don Bosco fu sempre pronto a includere nella sua attività le richieste che l´ evoluzione delle situazioni ambientali, le svolte nel campo politico ed ecclesiastico i bisogni dei suoi ragazzi, gli andavano man mano presentando.(334) così fin dall´ inizio, lo si vide desideroso di un nuovo tipo di sacerdote, meno austero e più accessibile ai giovani.(335) Alle difficoltà provenienti da sospetti e da persecuzioni, alla mancanza di mezzi, seppe sempre rispondere con un´ azione positiva, duttile ma tenace.(336) Le vicende dell´ Oratorio peregrinante dal Convitto ecclesiastico al Rifugio, ai prati della periferia, sono una prova della sua inventiva.(337) Predicava insistentemente l´ abbandono nelle mani della Provvidenza, ma fu tra i primi a insistere per contratti di lavoro per apprendisti;(338) offrì la sua vita per i giovani poveri, ma accettò, anche se a malincuore, opere che parevano in contrasto con la sua vocazione originaria - come i collegi di Valsalice e di Alassio, per i giovani di classe più abbiente. Fu pronto a collaborare con un governo anticlericale per risolvere il problema delle sedi vescovili vacanti, quantunque si dichiarasse estraneo alla politica. Non esitò a imprimere un corso nuovo - certamente molto sentito nell´ ambito dell´ Oratorio - assumendo l´ assistenza degli emigranti in America e le missioni.
224
L´ accettazione di questi e altri nuovi centri d´ interesse fu evidentemente non il frutto di improvvisazione o di arbitrio, ma la docilità piena alle leggi dello sviluppo di un organismo vivente. Uno stesso principio vitale si affermava in campi sempre nuovi, e sotto aspetti diversi: la ricerca del dialogo con il giovane, per aiutarlo, elevarlo, portarlo a Dio. Quel dialogo pedagogico iniziato con Bartolomeo Garelli nella sagrestia della Chiesa di San Francesco d´ Assisi, non si interruppe mai. Per salvare le anime dei suoi giovani, Don Bosco si dichiarava pronto a qualsiasi cosa, persino a levarsi il cappello davanti al diavolo.
Con questo spirito è naturale che Don Bosco ci appaia come un esempio di apertura e di disponibilità a tutto ciò che i nuovi tempi gli presentavano. Lo fece con coscienza riflessa, fino al punto di potersi dichiarare, senza timore di smentite, un assertore entusiasta del progresso.(339)
225
c) Sintesi: fedeltà dinamica
così, dunque, Don Bosco ci si rivela come un modello sia di docilità al carisma originario, sia di apertura illuminata ai segni dei tempi. Nell´ ambito dell´ Oratorio egli ci offre un esempio permanente di questa fedeltà dinamica nel lavoro di formazione dei giovani. Il suo esempio è norma. Di fronte alle varianti della storia, egli ci confessa di aver sentito il bisogno di ricorrere alle fonti originarie della sua missione, in cerca di orientamenti sicuri: Allora - scrive dopo la narrazione dei sogni vocazionali - ne compresi poco il significato, perché poca fede vi prestavo, ma capii le cose di mano in mano che avevano il loro effetto. Anzi, più tardi, congiuntamente ad altro sogno, mi servì di programma nelle mie deliberazioni.(340)
226
E´ questa anche la regola di condotta per noi Salesiani, stimolati sia dal desiderio di fedeltà alla vocazione, sia dalla necessità di rispondere positivamente alle variabili di uno sviluppo vertiginoso della società e della storia. Reagire alle esigenze delle situazioni concrete alla luce del mandato originario, è qualcosa che supera la semplice imitazione. A questo invitava Don Bosco quando affidò per iscritto ai figli le sue confidenze, con l´ intenzione di mettere a loro disposizione una norma per superare le difficoltà future, prendendo lezioni dal passato(341)
227
Il ritorno dunque al Don Bosco dell´ Oratorio, visto come criterio di rinnovamento, non è un postulato aprioristico, né una intuizione geniale, si tratta piuttosto di un atto di fedeltà dinamica alla missione originaria del nostro Fondatore. Per indovinare la formula di sviluppo omogeneo, per trovare le scelte operative che impone la fedeltà della missione salesiana, per sapere quello che oggi Don Bosco farebbe, cioè quello che noi dobbiamo fare in quanto salesiani, non conosciamo altro metodo che risalire all´ Oratorio, dove il suo apostolato esemplare è germogliato e si è sviluppato.(342)
CAPO SECONDO
FEDELTA´ NEL DINAMISMO
228
L´ applicazione del criterio per il rinnovamento dell´ attività salesiana comporta due tempi: a) un ESAME critico per stabilire se le svariate opere che oggi sosteniamo rappresentino una fedele continuazione della missione di D. Bosco; b) una PROGRAMMAZIONE per assicurare che le nostre attività future rispondano alle esigenze dei tempi, in coerenza con lo spirito primigenio. Sono due momenti complementari: controllare la fedeltà nel dinamismo odierno e garantire il dinamismo nella fedeltà al nostro apostolato di domani.
229
Nell´ accingerci a un´ analisi critica delle nostre attività odierne anticipiamo due premesse: la fedeltà a Don Bosco non significa ripetizione meccanica delle sue iniziative, ma consonanza col suo fine e col suo stile.(343) La fedeltà in secondo luogo implica lo sforzo di assimilazione delle istanze odierne; in armonia col nostro Fondatore sensibilissimo ai richiami del suo tempo.
1. Qualità delle opere
230
a) Criterio
Per controllare la fedeltà dinamica delle nostre opere, il primo compito è di vedere se conservino intatto l´ orientamento impresso da Don Bosco. Tre requisiti sono indispensabili perché un´ attività sia veramente salesiana: - essere al servizio della gioventù, soprattutto più bisognosa; - avere una finalità integralmente pastorale, - essere impregnati di quello spirito che informava l´ azione di Don Bosco nel suo Oratorio di Valdocco. Tenteremo un´ analisi rapida sia della natura, sia dello spirito delle nostre opere attraverso una critica oggettiva. Essa non si limita alla denuncia delle eventuali deviazioni, ma si preoccupa di orientare proficuamente le energie vitali, persuasi come siamo che una sana critica delle opere, diventa, in definitiva, una ricostruzione ideale dell´ opera.
231
b) Problamatica
L´ applicazione del nostro criterio (Don Bosco nell´ Oratorio) mette a prima vista in crisi la legittimità di certe prestazioni dei Salesiani in opere ritenute tradizionali. Basta gettare uno sguardo all´ interno delle nostre comunità: non è frequente trovare dei confratelli che vivono e lavorano in un certo disagio.
232
Alcuni non hanno un´ occupazione che li metta a contatto diretto con i giovani, temono quindi di essere esclusi dal vero apostolato salesiano. Si domandano se merita il nome di apostolo della gioventù chi rimane lontano dai giovani per esigenze di altre attività. Altri, benché a contatto permanente con i giovani, sono scontenti: hanno l´ impressione che il loro compito (quello di insegnanti per esempio) limiti o addirittura renda impossibile o precario un lavoro specificamente pastorale. E ciò appare ingiustificabile ai loro occhi in un tempo in cui scarseggiano i ministri del Signore. Altri infine che pur si trovano immersi in un lavoro tipicamente pastorale (come per esempio nelle parrocchie e nelle missioni) credono di trovare motivi di tensione fra le esigenze della missione ecclesiale e le esigenze specifiche imposte dall´ apostolato schiettamente salesiano.
233
c) Risposta
C´è una risposta alla luce degli insegnamenti di Don Bosco? Pensiamo di sì. Fu Don Bosco stesso ad assegnare ai collaboratori decisi a rimanere con lui le occupazioni più disparate, non esclusi quei lavori che non consentivano il contatto diretto coi giovani. Data la natura comunitaria della sua opera, egli li considerava membri del suo organismo apostolico, ed essi si sentivano inseriti nella missione salesiana.
234
Fu Don Bosco a mandare i suoi alle Università statali affidando loro in seguito l´ insegnamento anche di materie profane. Don Bosco aveva idee molto chiare sull´ unità dell´ uomo e conseguentemente sulle necessità di un´ azione educativa integrale. Sapeva infatti che un´ azione pastorale forma allo stesso tempo degli onesti cittadini e dei buoni cristiani. In questo senso vedeva nella scuola un momento formativo provvidenziale.(344) Il discorso sembrerebbe meno conseguente allorché si cerca di interpretare l´ invio dei primi salesiani in Missione, come espansione dell´ Oratorio e il loro inserimento nelle parrocchie, che con le Missioni hanno delle analogie.
235
Una riflessione sulla storia dell´ Oratorio e sugli scritti di Don Bosco, circa l´ impresa missionaria, ci autorizza alle seguenti conclusioni: - le Missioni hanno bisogno dei Salesiani, perché vi sono schiere di giovani pagani che da loro attendono l´ annuncio gioioso del Vangelo;(345) - a loro volta i Salesiani hanno bisogno delle Missioni perché non è possibile formare i giovani senza quella vibrazione particolare che offre l´ esperienza viva di una Chiesa costituzionalmente missionaria.(346)
236
Le Missioni rappresentano dunque per i Salesiani una dimensione essenziale del loro apostolato. A loro è richiesto dalla Chiesa di lavorarvi nello spirito e con lo stile specifico del Fondatore. Il discorso sarebbe parallelo a proposito del nostro inserimento nei quadri istituzionali della Chiesa locale.
2. Dinamismo delle opere
237
a) Tensioni attuali
Date le tensioni straordinarie che oggi travagliano la Chiesa e il mondo, avvertiamo la necessità di applicare il criterio che ci assicuri la fedeltà dinamica al nostro Fondatore. Vi possono essere dei Confratelli che guardano con prevenzione al Vaticano II e dubitano che la fedeltà a Don Bosco sia compatibile con l´ accettazione sincera e coerente del messaggio conciliare. Come pure vi possono essere d´ altra parte dei Salesiani che, alla luce del Concilio, ritengono superate non poche tradizioni. Don Bosco, a loro parere, fu un genio nel suo secolo, ma sarebbe un anacronismo il mantenere i suoi metodi in un contesto del tutto diverso.
238
b) Tentativi di soluzione
Il riferimento all´ Opera del Santo ci permette di intravvedere una via di soluzione a questa problematica. Ci sarebbe una formula semplice e valida per qualunque situazione presente o futura. Don Bosco mise come principio fondamentale della sua azione apostolica la sottomissione filiale e devota alle indicazioni del Magistero autentico.(347) L´ atteggiamento genuinamente salesiano sarà dunque di fedeltà ai Pastori della Chiesa in modo che, ferma restando l´ identità salesiana, si arrivi perfino al sacrificio di alcune care tradizioni di famiglia. Ma tale formula, per taluni troppo semplice, lascerebbe l´ impressione di un certo automatismo, difficilmente accettabile nel nostro tempo, e di un certo autoritarismo nell´ esercizio del Magistero, in contrasto con la recente ecclesiologia.
239
Occorre ricercare un´ applicazione del criterio in forma più modulata, più aderente alla storia dell´ Oratorio; vi si vede Don Bosco umile e obbediente, ma nello stesso tempo tenace difensore del suo carisma di fronte a pressioni di ecclesiastici non sufficientemente illuminati.(348) La risposta va cercata non in superficie ma nella convergenza profonda ed evangelica tra gli orientamenti di base dell´ Oratorio e quelli del Vaticano II. Esiste una vera sintonia, nonostante le apparenti contrapposizioni dovute ai diversi contesti della situazione storica. Orbene, questa convergenza è innegabile. Alla base dell´ inflessione ecclesiologica del Vaticano II si trova appunto l´ accettazione dei tre segni dei tempi che porta con sé l´ integrazione antropologica della pastorale:
- riconoscimento della dignità della persona umana;
- rapporti di fraternità nella comunità degli uomini;
- dinamismo autentico di progresso delle realtà umane.
240
Il Concilio potè fare suoi questi valori per un innesto vivificante della dottrina evangelica. Questa, infatti, innalza l´ uomo alla sua vocazione di tiglio di Dio; trasforma la tendenza alla socialità umana in comunione reale nel corpo mistico di Cristo; e appaga l´ ansia di proiezione verso il futuro col panorama sconfinato di una vita cristiana essenzialmente escatologica.(349)
241
Nell´ Oratorio di Don Bosco si può vedere di fatto assimilato questo umanesimo cristiano nel rispetto della persona del giovane, nello sforzo di inserirlo preparato nella società e nello sviluppo delle sue potenzialità, sia nel campo naturale che in quello della grazia.(350)
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c) Il fondo della convergenza
Questa sintonia di fondo tra i principi dell´ Oratorio e gli indirizzi del Vaticano II non si deve attribuire solo al genio di un educatore che, come Don Bosco, valica le frontiere del proprio secolo, affacciandosi al futuro; ma all´ approfondimento spirituale di un apostolo, che meditando sulla propria diaconia alla luce del Vangelo seppe scoprire i valori permanenti e perciò sempre attuali della gioventù.(351)
Il rinnovamento della Chiesa deriva dalla sua ansia apostolica. L´ attualità di Don Bosco e della sua Congregazione affonda le radici nella partecipazione viva allo slancio apostolico della Chiesa. Le opere dunque rispondenti al criterio ideale non saranno necessariamente quelle che fissano con rigidità strutture antiche, ma quelle che sviluppano in forma armonica i germi già latenti nell´ opera personale di Don Bosco.
3. L´opera-radice delle opere
a) Modalità dell´opera
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La diaconia in favore della gioventù offre alla creatività dei figli di Don Bosco un campo aperto a nuove e molteplici iniziative. Si direbbe che le opere salesiane spuntino alla maniera dei rami di un albero. Innestate nello stesso tronco originario, rappresentano il naturale sviluppo dell´ opera del Padre.(352) La cura pastorale dei giovani bisognosi, improntata allo stile caratteristico dell´ Oratorio, dovrà conseguentemente informare ogni iniziativa, di qualunque tipo.
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Occorrerà riconsiderare le opere giovanili tradizionali. Al riguardo non vi sono né preferenze né esclusivismi. Quello che conta è la sintonia con l´ opera di Don Bosco. Piuttosto che l´ enumerazione di possibili opere interessa concentrare l´ attenzione sul nocciolo dell´ azione salesiana. Sono tre i principi che reggono la sua legittima espansione:
- che essa tenda al reperimento e alla preparazione degli educatori;
- che sia orientata verso la formazione umana e cristiana dei giovani;
- che serva a favorire l´ incontro dei protagonisti nell´ azione educativa.
245
b) Radice profonda
Conviene ricordare infine due punti fondamentali: anzitutto la linfa vitale dell´ Opera meravigliosa di Don Bosco fu la sua intensa vita interiore; il segreto della sua fecondità apostolica ha le radici nel cuore del Padre. Servo fedele e prudente, ebbe la saggezza di rafforzare la sua missione con l´ apporto potente della consacrazione religiosa.
I Salesiani, docili all´ appello del Vaticano II che desidera un inserimento più intenso nell´ apostolato ecclesiale, non mancheranno di rinvigorire la fedeltà alla loro consacrazione, per rinnovare la vitalità originaria della loro missione giovanile.
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Il criterio di rinnovamento garantisce dunque questo esame a fondo del nostro orientamento operativo per assicurare la FEDELTA´ ALLA MISSIONE DI DON BOSCO.
Non c´è da temere nessuna limitazione arbitraria del vero dinamismo apostolico già in atto. Anzi la fedeltà vera all´ opera di Don Bosco ci spinge a delle imprese ancora inedite per esplicitare quel suo zelo ardente che lo costringeva a scegliere i posti di avanguardia trattandosi del bene dei giovani e a rischiare coraggiosamente fino alla temerarietà.
CAPO TERZO
IL DINAMISMO NELLA FEDELTA´
247
1. Non sarebbe legittimo restringere il criterio a una semplice norma di prudenza, destinata a frenare sistematicamente ogni iniziativa per paura di eventuali infedeltà. La fedeltà vera al Don Bosco dell´ Oratorio ci impone di considerare anche come normativo lo zelo audace e coraggioso del nostro Padre nell´ esercizio del suo ministero.
248
2. Per rispondere adeguatamente ai bisogni dell´ ora presente, ci si chiede un incremento apostolico. Resta da vedere se basta un allargamento di tipo quantitativo, oppure se e doveroso un salto qualitativo. a) Si impone senz´altro un raggio di azione più ampio in maniera che, con un pieno rispetto alla tradizione, si risponda davvero alle dimensioni della nuova civiltà. Don Bosco si sentiva chiamato alla salvezza di tutta la gioventù. Se i suoi figli prendono sul serio la stessa missione, certa mente scopriranno oggi degli ambienti non ancora raggiunti e delle iniziative ancora inedite. b) Questo però non ingloba e non esaurisce totalmente il problema: vi sono infatti delle istanze del tutto nuove, alle quali non sembra che si possa rispondere senza operare un salto qualitativo, sia per la meta da raggiungere, sia per la strada da percorrere. Abbiamo coscienza di toccare dei problemi ardui, per i quali non è possibile improvvisare risposte definitive. Riteniamo però doveroso l´ invito alla riflessione.
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1. Incremento quantitativo
Siamo persuasi che il nostro criterio autorizza iniziative, che pur conosciute di fatto a Don Bosco, si trovano sulla linea di sviluppo del suo ministero. Crediamo con molti CIS che un rinnovamento fedele, sia allo spirito originario, sia alle esigenze dei tempi, postuli: - uno sforzo di tutti - per potenziare il nostro lavoro tra i giovani - con una dedizione piena.
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a) Sforzo di tutti
Chi oggi intende seguire Don Bosco non può misconoscere il dinamismo del suo apostolato: non soltanto mise in azione TUTTE le forze che aveva a sua disposizione (chierici e laici; consacrati e secolari; salesiani, cooperatori e benefattori) ma si adoperò attivamente per individuare vocazioni e per formarsi i futuri collaboratori a costo di enormi sacrifici.(353)
L´ odierna ecclesiologia offre nuove risorse per l´ espansione del Regno di Dio: gli Istituti Secolari, sorti come entità intermedia tra i consacrati (religiosi) e i non consacrati (secolari). Si assiste oggi a una esplosione dello Spirito che spinge molte anime generose alla consacrazione nel secolo.
In consonanza con il desiderio di Don Bosco di mobilitare tutte le forze al servizio della causa dei giovani, dovremmo essere pronti a collaborare per il consolidamento di un eventuale Istituto Secolare che rinforzi le file degli apostoli salesiani in forma analoga a quello che avviene in campo femminile con le Volontarie di Don Bosco.
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La nuova situazione sociologica ha portato alla creazione di organismi di carattere internazionale, forniti di mezzi imponenti, al servizio dell´ umanità (ONU, UNESCO, FAO, COE, ecc.). L´ assistenza alla gioventù è generalmente uno dei loro obiettivi.
Fedeli alla sollecitazione di D. Bosco, che mobilitò tutte le forze allora disponibili a favore della gioventù, i Salesiani non dovrebbero lasciare intentate le varie possibilità di collaborazione con questi organismi.
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b) Per i giovani
I CIS, interpreti dell´ ansia apostolica di Don Bosco, hanno auspicato un maggior dinamismo della nostra azione, tale da sollecitare la ricerca e l´ incontro con i giovani lontani, piuttosto che aspettarli passivamente. Questa nostra missione si è fatta più urgente, in quanto non solo il numero dei giovani poveri e abbandonati è in continua crescita, ma il futuro del mondo dipende da loro in misura sempre maggiore. Elenchiamo alcune categorie che l´ ansia apostolica di Don Bosco oggi avrebbe raggiunto:(354)
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- I figli degli emigrati: vivono sradicati dalla patria, dal corpo familiare o dall´ effetto di un ambiente naturale ormai perduto. Sono dei veri poveri. Molte delle iniziative assistenziali in loro favore sono di tipo laicista e l´ assistenza religiosa, quando esiste, è generalmente ristretta ai soli adulti. Dato che noi abbiamo opere sia nei loro paesi d´ origine che in quelli di lavoro, ci troviamo in condizioni ideali per portare il nostro contributo di assistenza.
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- I giovani apprendisti: devono venire aiutati non solo nel tempo della loro qualificazione, ma soprattutto nel momento particolarmente difficile dell´ inserimento nel mondo del lavoro. Sull´ esempio di Don Bosco, che per loro ebbe premure paterne e promosse iniziative eccezionali, ai suoi tempi, potremmo pensare alla formazione dei leaders, dei cappellani del lavoro, mense, assistenza ai pendolari, pensionati, ecc.(355)
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- I giovani sbandati: sono ormai molto numerosi, soprattutto in alcuni paesi, quelli che si staccano dal proprio nucleo familiare per costruirsi, ancora immaturi, una vita autonoma, abbandonandosi spesso alla droga, a utopie assurde, a vizi degradanti, giungendo persino al suicidio. Per loro dove occorre e secondo opportune direttive bisognerà rendere più elastici e adeguati i nostri quadri attuali, per incontrarli dove effettivamente si trovano, guadagnarsi la loro fiducia, potenziare i loro desideri di amicizia, di associazionismo, di generosità.
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c) Con dedizione piena
Nessuno può ritenersi dispensato dall´ usare tutti i mezzi, che una carità illuminata suggerisce e che servono in particolare per esercitare le tre funzioni salvifiche di Cristo, messe in piena luce dal Concilio:
- Il movimento biblico ha aperto alla evangelizzazione nuove strade, che Don Bosco appena intravvide. Il successo delle iniziative, come dei focolarini, dei cursillos de cristianidad, delle comunità di base, e lo stesso movimento di Taizè, ci assicurano che i nostri giovani sono molto sensibili alla voce sempre attuale del Vangelo. A tale riguardo dovremmo ancora chiederci se abbiamo saputo sfruttare al servizio dell´ evangelizzazione le moderne tecniche di comunicazione sociale.(356)
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- Il rinnovamento liturgico ha riconfermato che la Eucaristia costituisce il fulcro della vita cristiana. Don Bosco l´ aveva messa come colonna portante del suo Oratorio. Ai giorni nostri il desiderio di molti giovani anche non cattolici di partecipare alle liturgie di gruppo, la volontà di ricevere insieme il Pane Eucaristico, come segno di fraternità e di comunione di vita, e perfino le loro intemperanze di fronte alle leggi canoniche, debbono far riflettere. L´ esame di coscienza infatti verte inevitabilmente sulla nostra incapacità a scuotere i giovani di certi nostri ambienti dalla loro indifferenza a riguardo del Sacramento dell´ Amore.(357)
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- Il movimento pastorale che è il più vistoso risultato del Vaticano II ci offre delle opportunità che Don Bosco sarebbe ben lieto di cogliere. Alla luce delle sue intuizioni e del suo ardimento non vediamo perché non potremmo collaborare con organismi ecclesiastici e civili:
- per l´ orientamento della catechesi nazionale,
- per la formazione pedagogica dei candidati al sacerdozio,
- per influire sull´ orientamento della legislazione scolastica,
- per la formazione all´ uso degli audiovisivi e alla sana lettura,
- per iniziative di tipo culturale, come campagne di alfabetizzazione,
- per incanalare attività inedite, sempre sulla linea genuina del nostro specifico apostolato, quali l´ apprendimento delle lingue, i contatti culturali e le organizzazioni turistiche e qualunque altra iniziativa riguardante il tempo libero,
- infine per l´ assistenza ai giovani, che manifestano particolare sensibilità per il servizio sociale e per l´ apostolato laico nei Paesi in via di sviluppo.
Non sono che esempi. I CIS hanno sottolineato gli sforzi e la creatività che dovrebbero spingerci all´ azione e che siamo ben lontani dall´ avere esaurito.
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2. Salto qualitativo
Di fronte a certe istanze di cambio radicale, assistiamo a delle reazioni spontanee, giustificabili forse in piano logico, ma che sembrano urtare contro la parola e l´ esempio di Don Bosco. La finalità del nostro studio non ci consente di scendere a delle applicazioni particolari, ma ci obbliga a rimanere su un livello teorico Non sarebbe realistico, è vero, rifiutare, a nome della tradizione, gli autentici valori di un nuovo mondo per il quale dobbiamo formare i nostri giovani. Ma si può parlare ancora di fedeltà in tale dinamismo? Nella tensione permanente tra continuità e novità si è già raggiunto un certo consensus. Non si può misconoscere l´ esigenza di una sintesi. Ciò che rimane problematico è il dosaggio delle due componenti. Può essere utile anche in questo campo il nostro criterio? Pensiamo di sì. La fedeltà dinamica non esclude per principio delle variabili qualitativamente diverse.(358) E´ chiaro che, una volta accettate, impongono dei cambiamenti di rotta ANCHE VISTOSI.
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a) Struttura della sintesi
Il nostro problema non è che un aspetto particolare della svolta rinnovatrice della Chiesa. In essa infatti la fedeltà alla tradizione è postulata dalla nostra fede. La condiscendenza poi alla statura reale degli uomini è legge fondamentale dell´ incarnazione. La traiettoria storica della Chiesa è dunque la risultante di quelle due componenti: conservazione di un deposito e servizio all´ appello dei destinatari della sua missione salvifica. Al livello del Vaticano II si possono individuare due svolte tipiche nella marcia del popolo di Dio:
261
1) Nel cammino di pellegrinaggio, in quanto comunità terrena, la Chiesa sente l´ attrazione verticale del suo Signore che la richiama a una purificazione continua. La risultante è una traiettoria di riforma permanente. Oggi siamo in grado di interpretare serenamente il senso dell´ Ecclesia sancta semper reformanda.
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2) Nella sua dispensazione ministeriale dei tesori divini, la Chiesa non resta mai sorda ai richiami degli autentici valori secolari. La risultante è questa volta una piena disponibilità al DIALOGO che oggi domina per intero la pastorale della Chiesa.
Sia il postulato permanente di riforma che la promulgazione conciliare del dialogo, appunto perché incidono sulla nostra vita cristiana, si proiettano anche sul nostro comportamento specificamente salesiano. Le due variabili introducono degli aspetti profondamente nuovi. Non c´è da meravigliarsi che sia anche nuovo l´ itinerario imposto dalle sintesi.
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b) Il criterio in azione
Non ripugna dunque ad un´ autentica fedeltà l´ ipotesi di un vistoso mutamento di rotta.
Tuttavia l´ operazione della sintesi è estremamente delicata. Si avverte più che mai l´ urgenza del criterio per discernere la vera traiettoria di marcia.
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PROBLEMATICA
All´ ora del nostro rinnovamento, i problemi sorgono dappertutto. La problematica si orienta sostanzialmente in tre sensi: educazione, educando, azione educativa. Non di rado troviamo delle istanze che non si appagano con una semplice intensificazione degli sforzi, ma richiedono un salto qualitativo. Vorremmo considerare alcuni aspetti di questa tematica:
a) Di fronte alla questione degli EDUCATORI, una delle costanti della strategia salesiana è l´ uso organico di tutte le forze disponibili in favore dei giovani bisognosi.(359) Ma la collaborazione odierna presenta delle esigenze e offre dei modelli totalmente sconosciuti nel passato. Quale dovrà essere l´ articolazione che, in linea con la mente di Don Bosco, assicuri il massimo di efficienza apostolica?
b) In rapporto agli EDUCANDI, tra le caratteristiche della nostra famiglia emerge il messaggio di purezza,(360) considerato decisivo nella formazione integrale dei giovani. Alla luce delle variabili sociologiche del nostro tempo di una conoscenza più approfondita della psicologia infantile, come fare a recare questo messaggio e inserirlo in un ambiente giovanile in cui la separazione dei sessi tradizionalmente sostenuta dalle nostre istituzioni, non è più possibile?
c) Sull´ AZIONE EDUCATIVA: non c´è dubbio alcuno sulla fermezza di Don Bosco a riguardo della politica: non la credeva compatibile con la sua funzione educativa dell´ Oratorio.(361) Di fronte all´ insistenza della Chiesa, della nuova struttura della società e delle responsabilità civiche a cui dobbiamo formare i cittadini di domani, si rende doverosa una svolta decisiva nel nostro orientamento tradizionale?
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Potremmo riferirci ad altri aspetti delle esigenze del momento attuale: c´è un clima diverso a riguardo della parrocchia, dell´ università, dei pensionati, dei mezzi di comunicazione sociale, dei centri giovanili; nella collaborazione con la famiglia, nella forma di struttura delle opere... dappertutto è facile rilevare l´ urto tra le tradizioni e le esigenze odierne. Urge risolvere in sintesi le tensioni.
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ATTIVITA´
Non è facile offrire una risposta convincente. Di fronte alle divergenze di posizioni, si impone un esercizio corretto del criterio. A nostro avviso esso comporta due fasi:
a) Anzitutto bisogna precisare i due elementi, che dovranno integrarsi in sintesi organica: è necessario infatti purificare la presunta tradizione, per liberarla dalla scoria dell´ abitudine che deforma il suo vero volto (momento di RIFORMA). E´ necessario altresì individuare le presunte variabili odierne, e assicurarsi che non siano illusorie, ma autentici valori di ordine secolare e ecclesiale (momento di DIALOGO).
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b) In secondo luogo, bisogna calcolare con esattezza la risultante dell´ articolazione organica di ambedue le componenti. Si tratta di una traiettoria che sintetizza i valori tradizionali e gli odierni. Ne segue che dovrà considerarsi vera quella formula - e soltanto quella - che assicura la convergenza armonica di una vera CONTINUITA´ con il passato genuino e di una autentica NOVITA´ in linea con i segni dei tempi. In piano criteriologico una tale convergenza deve rendersi visibile, per l´ esigenza del segno.
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APPLICAZIONI CONCRETE
Ci sia permesso a questo punto solo un esempio. Abbiamo sentito molte volte in questi ultimi tempi l´ esigenza odierna di una svolta e di una sterzata, da Don Bosco polemista ai suoi figli ecumenisti. E´ un salto qualitativo nella nostra tradizione di famiglia. Possiamo considerarlo legittimo in base al criterio di FEDELTA´ DINAMICA?
Incominciamo col purificare due elementi:
- che cosa significa esattamente in Don Bosco l´ atteggiamento polemista? Non si può negare l´ evidenza storica; risulta dal comportamento e dagli scritti.(362) Bisogna Tuttavia non dimenticare che la polemica del nostro Padre era improntata a un servizio generoso della Verità della fede, insieme a una sollecitudine amorosa per i suoi Giovani minacciati di errore.
- Cosa comporta il nuovo orientamento conciliare? Una pastorale di dialogo generalizzato non poteva evidentemente escludere i cristiani separati da Roma. Lo conferma il Decreto Unitatis Redintegratio, in cui si impone espressamente un rispetto totale per gli interlocutori cattolici, nonché l´ apertura sincera e comprensiva per il loro deposito di Verità evangelica.
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Riesce l´ ecumenismo a sintetizzare in forma armonica i valori della tradizione con le esigenze legittime di oggi? Possiamo scorgere la CONTINUITA´ organicamente articolata con la NOVITA´? - Non si può mettere in dubbio la CONTINUITA´ vera del Salesiano ecumenista con l´ intenzione profonda che dominava l´ opera positiva del Padre; in ambedue emerge lo stesso servizio alla Verità cattolica e la stessa sollecitudine amorosa in favore dei Giovani pericolanti nella fede. Ma tutto ciò senza detrimento della NOVITA´. L´ ecumenismo del Salesiano aggiunge degli elementi, che mancano nel panorama storico di Don Bosco, perché essi erano totalmente sconosciuti nella Chiesa del suo tempo. Oggi il suo sguardo non si arresta alla verità espressa nel nostro Credo, ma considera tutti gli aspetti validi delle confessioni di fede altrui. Le sue braccia non stringono soltanto i giovani cattolici, ma si allargano anche con amore sincero verso tutti i nostri fratelli che non vivono in perfetta comunione con Roma. L´ integrazione ecumenica rappresenta una vera mutazione riguardo all´ esempio di Don Bosco. Tuttavia la svolta resta nell´ orbita della FEDELTA´ DINAMICA. Don Bosco non fu ecumenista; ma l´ ecumenista salesiano realizza l´ intenzione di Don Bosco, con delle sfumature addirittura più perfette, più sviluppate. L´ ecumenismo è un fiore sconosciuto nell´ Oratorio, ma sboccia dalla stessa pianta come naturale sviluppo della sua vitalità interna e della sua assimilazione ambientale.
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Non è che un esempio. Ci siamo fermati su questo argomento perché non se ne fa parola in altri documenti del Capitolo, e perché ci sembra illuminante. Non sempre sarà limpida la formulazione dei dati tradizionali, né facile la lettura dei segni dei tempi. Tuttavia a noi interessa mettere in luce la natura e la funzione del criterio di rinnovamento, che resta valido anche nei casi estremi.
Il nostro criterio ci sembra utile: scarta l´ involuzione portando l´ azione al di là di quanto Don Bosco potè fare e immaginare; elimina la deformazione del suo spirito, assicurando l´ autentica fedeltà, che è più profonda, più intensa del semplice gesto: cioè una FEDELTA´ DINAMICA.
Riassumendo:
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l) CRITERIO. Il nostro studio si muove in un campo ristretto. Si limita a dare consistenza riflessa a un criterio da noi conosciuto e applicato in forma spontanea. Ci piace osservare che anche nelle origini cristiane, la vita ecclesiale precedette sempre la riflessione ecclesiologica.
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2) DI RINNOVAMENTO... Tuttavia non riteniamo superfluo lo sforzo. Il rinnovamento della Congregazione non finisce col Capitolo. Rimane come esigenza permanente per la sua natura ecclesiale: la Chiesa peregrinante è chiamata da Cristo a una continua riforma. (363) Non dobbiamo però subirla; dovremmo al contrario sapervi scoprire i segni di una vitalità, che, appunto perché potenziale, necessita di nuovi canali. Ogni rinnovamento della Chiesa infatti, consiste essenzialmente nell´ accresciuta fedeltà alla sua vocazione,(364) Ed è appunto questa fidelitas aucta questa fedeltà in progresso, questa fedeltà dinamica, che diventa criterio allorché si rende visibile nel Don Bosco dell´ Oratorio.
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3) ... SALESIANO. E´ un criterio la cui consistenza e perennità spera e confida di aver radici profondamente evangeliche. Questa fiducia risale allo stesso Don Bosco. Nel Piano di regolamento per l´ Oratorio, egli collega espressamente il ministero nell´ Oratorio con la missione salvifica del Verbo incarnato. Le parole del Santo Vangelo (365) che ci fanno conoscere essere il Divin Salvatore venuto dal cielo in terra per radunare insieme tutti i figli di Dio, dispersi nelle varie parti della terra, parmi che si possano letteralmente applicare alla gioventù dei nostri giorni... la difficoltà consiste nel trovar modo di radunarli, o per parlare loro, moralizzarli. Questa fu la missione del Figlio di Dio; Questo può solamente fare la santa religione. (366) Inoltre l´ economia della salvezza di Cristo si ispira a due principi: la solidità della religione, perché è eterna ed immutabile in sé; e la flessibilità, in quanto, sa piegarsi alle vicende dei tempi e adattarsi all´ indole diversa di tutti gli uomini. (367) La tenacità e flessibilità del Don Bosco dell´ Oratorio, risente dunque una profonda ispirazione evangelica. Questo è il motivo decisivo della scelta di esso come criterio permanente del nostro rinnovamento. Ci riempie di gioia vedere le nostre intuizioni allinearsi con la mentalità di Don Bosco. Alla fine della sua vita egli lasciò ai suoi figli la sua autobiografia con lo scopo esplicito che servisse di norma a superare le difficoltà future, prendendo lezioni dal passato.(368) In questo contesto, la lezione acquista una densità straordinaria. Ci sembra di risentire l´ eco dell´ invito di San Paolo: Imitatores mei estote, sicut et ego Christi.
Documento 3
EVANGELIZZAZIONE E CATECHESI
PREMESSA
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1. Il Documento a Evangelizzazione e Catechesi è una risposta impegnativa della Congregazione agli appelli della Chiesa per un servizio più fedele e moderno della Parola. Cerca di mettere in evidenza gli orientamenti catechistici più significativi, in vista del rinnovamento della Congregazione. Essendo diretto a confratelli di nazioni che presentano situazioni e necessità diverse, ha tenuto conto di quella che potrebbe chiamarsi la situazione media(369) e va dunque guardato e giudicato secondo questa sua particolare impostazione e angolatura. Non si preoccupa di elencare esaustivamente dei principi, ma piuttosto di far sentire l´ urgenza d´ un cambio di mentalità nel campo della evangelizzazione.
2. L´ ordine scelto negli orientamenti pastorali tiene conto della diversità di situazioni nel mondo salesiano. Il Direttorio Catechistico Generale dice infatti che è legittimo partire da Dio per giungere a Cristo e viceversa; ugualmente è possibile partire dall´ uomo per arrivare a Dio, e viceversa, ecc. Le opzioni sull´ ordine metodologico da seguire nella esposizione catechistica dei contenuti dipendono dalle circostanze concrete in cui si trova la comunità ecclesiale o i singoli fedeli ai quali la catechesi si rivolge.(370) Ma per non compromettere in questa scelta un punto fondamentale del rinnovamento - partire dall´ uomo concreto per farlo arrivare all´ incontro con Cristo - il Documento tiene presente l´ opzione antropologica in tutte le sue parti e mette in continuo rapporto tra loro l´ uomo concreto, la Parola di Dio, la comunità. Questo permette di sottolineare la priorità della Parola di Dio come criterio primordiale di rinnovamento e di affermare che tutto il processo che si svolge pastoralmente dall´ uomo verso Cristo si ispira a Cristo fin dall´ inizio.(371)
3. Il Documento vuol far prendere coscienza della ricchezza di prospettive aperte alla catechesi, come chiaramente ammonisce il DCG: La catechesi si rivolge alla comunità, senza trascurare i singoli fedeli. E´ collegata con le altre funzioni pastorali della Chiesa, senza perdere la sua specificità. Svolge contemporaneamente opera di iniziazione, di educazione e di insegnamento.(372)
4. Il Concilio Vaticano II parla della catechesi come del primo e più adeguato mezzo per la educazione cristiana;(373) il Capitolo Generale XX, in continuità con la tradizione salesiana, sottolinea il contesto educativo nel quale si è sempre svolta la catechesi nella nostra Congregazione, e approfondisce qui la fonda mentale caratteristica della missione salesiana che è l´ evangelizzazione, perché la nostra azione catechistica si innesti in queste rinnovate prospettive pedagogiche della Chiesa.(374)
INTRODUZOINE
LA NOSTRA ANSIA EVANGELIZZATRICE
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Questa società era fin dall´ inizio un semplice catechismo (375) Con queste parole, nel 1868, Don Bosco presentava la sua Congregazione al Vescovo di Casale. Per lui, in un certo senso, Società Salesiana ed arte di educare alla fede erano sinonimi. Già nei primi anni di sua vita egli aveva appreso l´ arte di educare alla fede da Mamma Margherita. Si direbbe che il carisma di catechista dalla sorgente nativa che è lo Spirito Santo passasse nel piccolo Giovanni attraverso il cuore materno. Da adolescente sviluppò la sua passione apostolica, imparando l´ arte di inserire la lezione di catechismo nel tessuto delle azioni quotidiane e di farla nascere dagli stessi giochi. Scoprì ben presto che l´ annuncio della Buona Novella è connaturale alla letizia giovanile, perciò si mise gioiosamente in ascolto della Parola di Dio che gioiosamente trasmetteva adattandola alla mentalità dei suoi ascoltatori. Per Giovanni Bosco la fede diventava vita, la vita si irradiava in testimonianza, la testimonianza si faceva insegnamento, l´ insegnamento fioriva in letizia. La Società dell´ Allegria era il clima in cui il Santo giovanetto cresceva coi coetanei nella fede vissuta, e sua delizia - dirà - era fare il catechismo ai fanciulli.(376)
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Da Sacerdote, per la carità che lo spingeva verso i giovani, si rese conto che il Padre gli affidava la missione di portare Cristo ai ragazzi poveri; il suo incontro con Bartolomeo Garelli ne fu la conferma. Organizzò ben presto una intensa azione catechistica scegliendo collaboratori tra il clero, i laici colti, gli studenti e i ragazzi più giudiziosi e impegnati del suo stesso Oratorio. Confermò nelle sue Costituzioni: La prima opera di carità sarà quella di raccogliere i giovanetti più poveri ed abbandonati, per istruirli nella Santa Religione.(377) Nella sua opera di educatore, adattò alle situazioni concrete dei giovani il messaggio, impregnando di Vangelo la realtà quotidiana e sperimentando concretamente nell´ educare alla fede, la felice formula di evangelizzare civilizzando e di civilizzare evangelizzando.(378)
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La Congregazione Salesiana ha fatto suo lo zelo evangelizzatore di Don Bosco portandolo ovunque, tradotto in azione apostolica, in centri, opere, iniziative per confermare e incoraggiare nella fede, per istruire, per aiutare a guadagnarsi il pane e ad essere onesti cittadini e buoni cristiani.(379) In particolare i Successori di Don Bosco, nel fondare il CENTRO CATECHISTICO SALESIANO di Torino-Leumann e il PAS, hanno posto delle valide premesse per uno studio sempre più profondo e per un continuo aggiornamento e rinnovamento dell´ azione catechistica, di modo che l´ attività dei Salesiani in questo settore, inserita nella corrente ecclesiale del rinnovamento della catechesi, ha partecipato notevolmente alla pastorale della Chiesa sia a raggio universale che su piano nazionale e diocesano.
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Oggi, la Congregazione ricordando l´ ansia apostolica del suo Fondatore e la sua storia di evangelizzazione vuole rispondere, in continuità con il suo Spirito, alla preoccupazione fondamentale della Chiesa, di annunciare e promuovere la fede nella società degli uomini del nostro tempo, sottoposta a profonde trasformazioni socioculturali.(380)
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Il Capitolo Generale XX ritiene opportuno fare proprio quanto aveva autorevolmente affermato il Capitolo XIX: I Salesiani, consacrati al servizio dei giovani, specialmente i più poveri, per essere tra loro presenza efficace dell´ Amore di Dio, considerano la catechesi giovanile come la prima attività dell´ apostolato salesiano; essa chiede perciò ripensamento e riorganizzazione di tutte le opere in funzione prevalente della formazione dell´ uomo alla fede.(381)
CAPO PRIMO
IL MINISTERO DELLA PAROLA DI DIO
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Siamo testimoni della nascita di un nuovo umanesimo, in cui l´ uomo si definisce anzitutto per la sua responsabilità verso i fratelli e verso la storia.(382)
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In questo contesto, i seguenti orientamenti dottrinali pastorali ricevono il loro valore e aprono la nostra coscienza ad un vivo interrogativo: Come far penetrare il messaggio evangelico nella civiltà delle masse? Come agire ai livelli in cui si elabora una nuova cultura, in cui si instaura un nuovo tipo di uomo, che crede di non avere più bisogno di redenzione?.(383) In particolare, come portare ai giovani di oggi il Vangelo? Il ministero della parola diventa per noi di particolare e urgente attualità e le diverse forme con cui viene esercitato devono diventarci più familiari; tra esse 1´evangelizzazione o predicazione missionaria, che suscita il primo atto di fede e tende a impregnare la realtà nuova con lo spirito del Vangelo; e la catechesi, che ravviva la fede e la rende cosciente ed operosa.(384)
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Il Capitolo Generale Speciale dà alcuni significativi orientamenti per suscitare in ogni confratello la più viva attenzione a questa dimensione fondamentale della missione salesiana e per risvegliare la coscienza delle comunità, la loro missione profetica, in modo che, in un mondo incredulo e segnato dall´ assenza di Dio, ogni Salesiano sia e si senta evangelizzatore e testimone della Parola e ogni comunità divenga evangelizzatrice e catechistica.
1. Riascoltare la Parola di Dio
283
Per operare questo rinnovamento occorre anzitutto riscoprire il misterioso legame che unisce la comunità cristiana e la Parola di Dio. LA PAROLA, religiosamente ascoltata,(385) costruisce la comunità, la converte al Vangelo, la educa alla fede e alla carità; e la comunità a sua volta, mettendosi a servizio della Parola, la vive, ne è responsabile, la proclama con la vita dei suoi membri, porta nel mondo un dinamismo di liberazione che è lievito nella pasta e diventa per gli altri salvezza. Le comunità saranno nuove se in esse la Parola di Dio viva ed efficace, avrà il suo giusto posto di ascolto e di celebrazione.
284
Nella Chiesa Apostolica delle origini la fede nel Signore Risorto era celebrata nella comunità eucaristica e confrontata in ogni avvenimento nuovo con quello che Lui aveva fatto e detto. Da questo accostare con fedeltà e continuità il Mistero di salvezza sorsero gli scritti del Nuovo Testamento, per ispirazione dello Spirito Santo,(386) quale espressione genuina della verità divinamento rivelata.
285
La Sacra Scrittura è per la Chiesa la chiave per interpretare la storia dell´ uomo, per ritrovare la traccia del progetto di Dio e per svelare il senso delle cose. Ogni generazione ha interrogato il Vangelo partendo dalla sua esperienza vissuta e sofferta, dalla sua sensibilità, dalle sue aspirazioni e dai suoi problemi, e vi ha trovato originalità, attualità e novità. La valorizzazione di questa fonte prima e la sua meditazione orante è alla base del rinnovamento catechistico. Ma questo richiede un ripensamento personale e in comunità della Parola di Dio incarnata nella storia, una nuova capacità di ascolto e di lettura in ogni avvenimento, una attenzione continua ai problemi umani, un incessante confronto tra la Parola di Dio e gli avvenimenti che viviamo.
286
Sotto l´ influsso dello Spirito Santo, la Chiesa, con la guida del Magistero che ne garantisce l´ autenticità, adempie costantemente il mandato di rinnovare la freschezza dell´ annuncio mettendo in comunicazione il Dio Vivente e l´ uomo concreto; questa è la missione mediatrice che Essa svolge in fedeltà a Dio e in fedeltà all´ uomo, interpretando e proponendo il Vangelo ad ogni nuova generazione: La prima preoccupazione del Magistero è che la forza della Parola di Dio sia incessantemente liberata da tutti gli ostacoli che la trattengono, e che il suo dinamismo penetri nella vita di tutti gli uomini, rivelando loro il mistero della buona novella.(387)
287
Ma nell´ ascolto della Parola di Dio l´ uomo trova seri ostacoli: non ultimo la presentazione monotona, astratta, stanca, quasi invecchiata nel cuore di chi parla. Un annunciò fatto così annoia specialmente i giovani di oggi: sia quelli che guardano il mondo con occhi nuovi e vivono il futuro come realtà già presente, sia quelli che appaiono precoce mente invecchiati dallo spreco della propria gioventù. Anche il Salesiano, nella molteplicità delle sue occupazioni, incontra ostacoli all´ ascolto. Tentato dalla fretta e dalla superficialità, troverà il segreto del suo rinnovamento soprattutto nella Parola di Dio seriamente approfondita; seguendo l´ atteggiamento di Maria che ascoltava e meditava nel suo cuore (388) rinnoverà la sua capacità di ascolto.
288
Per questo le nostre comunità devono sentire la viva responsabilità di celebrare con più amore e cura il Ministero della Parola di Dio; di meditarla quotidianamente nelle letture del breviario e del lezionario, di convertirsi ad essa, di testimoniarla fermamente, di prenderla come criterio nella interpretazione dei fatti e della vita e così rendersi piena mente disponibile allo Spirito nell´ evangelizzare: guai a me se non evangelizzerò.(389)
2. Annunciare la Parola di Dio dal di dentro dell´uomo
289
La Comunità salesiana illuminata dal Vangelo deve mettersi in sintonia con il mondo in cui essa vive e cercare all´ interno di questa situazione il punto di inserzione e d´ incontro per annunciare la Parola di Dio. Non si salva il mondo dal di fuori; come il Verbo di Dio che si è fatto uomo, occorre immedesimarsi in certo modo nelle forme di vita di coloro a cui si porta il messaggio di Cristo; senza porre distanza di privilegi o diaframma di linguaggio incomprensibile, occorre condividere il costume, purché umano e onesto, quello dei più piccoli specialmente, se si vuole essere ascoltati e compresi.(390) Chi resta al di fuori dell´ esistenza concreta dell´ uomo non può evangelizzarlo; potrà, forse, farne un erudito delle verità rivelate, ma non riuscirà a fare la strada insieme con lui verso il Signore.
290
Una rinnovata azione di evangelizzazione e catechesi cerca ogni modo per innestarsi nella storia concreta d´ ogni giorno, cerca di cogliere e capire gli interrogativi che assillano il cuore dell´ uomo, di vivere il processo di maturazione di ogni comunità umana, di illuminare l´ esistenza con la luce del Vangelo non accanto o dopo, ma dall´ interno dei problemi umani. Senza una conoscenza profonda e una accettazione aperta e franca delle trasformazioni sociali attuali, è impossibile rendere comprensibile l´ annuncio.
291
La catechesi non può dunque disinteressarsi dei problemi che incontra oggi un credente, giustamente desideroso di progredire ulteriormente nell´ intelligenza della sua fede. Questi problemi dobbiamo conoscerli per accogliere le giuste richieste, sul piano propriamente nostro, quello della fede....(391) Diventa perciò necessaria una espressione più attuale della fede che superi i vincoli di formule poco comprensibili, legate a culture lontane dalla realtà contemporanea. Occorre dunque ricercare, volta per volta, un linguaggio che sia piena comunicazione, più confacente con la vita moderna e plasmato con la materia viva d´ ogni comunità. Si domandi ai catechizzandi, soprattutto quando si tratta di adulti, come essi comprendono il messaggio cristiano e con quali parole lo riesprimerebbero.(392) I giovani in particolare hanno bisogno d´ un nuovo linguaggio: sottoposti a un continuo e disorientante bombardamento di idee, di affermazioni, di avvenimenti, essi vivono intensamente il nascere della loro personalità, la scoperta e la riscoperta dei valori fondamentali della vita e lo sviluppo travagliato della società in cui si trovano. Il loro vocabolario è in continua evoluzione, da una civiltà lineare basata sulla lettera scritta al mondo audiovisivo dell´ epoca della televisione.
292
Tutto il loro sistema di comunicazione ha uno stile caratteristico, nel quale il Vangelo deve essere ripensato e riespresso, affinché sia anche per loro un annuncio di gioia. Il Salesiano deve cercare di impossessarsi di questo linguaggio per presentare il Vangelo con l´ atteggiamento semplice e cordiale e la maniera popolare e immediata di cui Don Bosco è stato maestro nelle parole e negli scritti. Tutto questo nuovo atteggiamento di attenzione all´ uomo e comprensione dei suoi problemi va anche unito a un rinnovato studio della teologia e della Scrittura perché l´ annuncio sia fatto in adesione fedelissima alle parole e al pensiero di Cristo, nel ricordo riverente dell´ insegnamento autorevole della tradizione ecclesiastica e nella docilità alla interiore illuminazione dello Spirito Santo.(393)
3. Testimoniare la Parola di Dio
293
L´ evangelizzazione e la catechesi non si esauriscono nell´ annuncio della Parola; esigono, per essere credibili, di essere testimoniate. L´ uomo scopre il Cristo nella vita personale del credente e nella comunità cristiana che annuncia il messaggio. Se in loro il volto di Cristo appare velato o deturpato, gli uomini si fermano delusi. Credono invece a cristiani, simili al Cristo che predicano.
294
Le comunità, fraternamente unite nella carità (segno della koinonia) e impegnate nel servizio di tutti (segno della diakonia) e unite per la fede nella Eucaristia, si presentano davanti al mondo come il messaggio dei messaggi, alla cui forza evangelizzatrice difficilmente l´ uomo resiste; ce lo insegna la secolare vita della Chiesa. Di qui appare quanto sia necessario che le Comunità ecclesiali, secondo l´ insegnamento della Chiesa e guidate dai Pastori, eliminino e correggano ciò che sfigura il volto della Chiesa e costituisce per gli uomini un ostacolo per la fede,(394) poiché la buona volontà di molti evangelizzatori e catechisti può essere annullata o resa molto difficile dalle controtestimonianze di persone, di istituzioni, di opere.
295
I giovani in particolare hanno vivo il senso dell´ autenticità. Il fascino che essi provano davanti a uomini e a comunità che vivono ciò che dicono, il bisogno che sentono di trovare incarnati i valori di cui loro si parla, indica chiaramente quale è l´ efficacia dell´ esempio personale e comunitario nell´ educazione e la forza della fede - non soltanto predicata - ma creduta e vissuta. Più che la totalità e la radicalità del messaggio evangelico, ciò che li colpisce è la totale e radicale disponibilità e donazione dei testimoni del Vangelo. I giovani non ci rimproverano di essere troppo cristiani, ma di esserlo troppo poco. Si resta ammirati per l´ ardore di fede che Don Bosco riusciva a suscitare tra i giovani, e ripensando a come egli parlava ed esortava i piccoli e i grandi, in casa e fuori, avvertiamo che la forza di attrattiva e di convinzione che egli e la sua comunità dell´ Oratorio irradiavano era frutto di una eccezionale ed evangelica testimonianza di cui i protagonisti ugualmente generosi erano i salesiani e i giovani.
296
Un simile clima di testimonianza fatto rifiorire nelle comunità, specialmente in quelle educative, RENDE EVANGELIZZATRICE TUTTA LA COMUNITA´, perché offre a chi vi è membro l´ esperienza della vita cristiana che è esperienza del divino, indispensabile per il risveglio e la conservazione della fede. Fede cristiana e vita cristiana sono impensabili senza una comunità che faccia sperimentare efficacemente l´ amore di Dio.
CAPO SECONDO
SIGNIFICATO VITALE DELLA CATECHESI
1. Evangelizzare «in dialogo» in un mondo pluralista
297
Preoccuparsi del futuro delle giovani generazioni che nascono nella Chiesa segnate col battesimo non deve significare che limitiamo ad esse il nostro sforzo. Il vero evangelizzatore ha un atteggiamento aperto a tutti; scopre Cristo nei fratelli delle altre Chiese e comunità cristiane e assume un atteggiamento ecumenico disponibile e leale; si impegna ad avvicinare i lontani dalla fede.
298
Riconosce l´ esperienza religiosa ovunque si trovi: cioè la ricerca di Dio, la fede nell´ Assoluto, l´ incontro nascosto di grazia con il Divino, valori che sono alla base di molte Religioni non cristiane. Tali valori, oggi insidiati dal nostro tipo di civiltà, devono essere scoperti, sviluppati, liberati da ambiguità e fatti oggetto d´ un nuovo atteggiamento da parte dei credenti. Insieme a queste realtà religiose, l´ evangelizzatore trova il fenomeno più grave del nostro tempo:(395) l´ ateismo. Comprendere la complessità dell´ ateismo, ascoltare le sue critiche, allontanare lo scandalo d´ un Vangelo adulterato, riconoscere i veri valori umani e la possibilità di salvezza nell´ ateismo vissuto in buona parte e nello stesso tempo rendere presenti e quasi visibili Dio Padre e il Figlio suo incarnato(396) tutto questo è un compito serio e impegnativo per la Chiesa evangelizzatrice del nostro tempo.
299
In un mondo in via di secolarizzazione, la Chiesa riscopre la sua missione profetica di messaggera della buona novella della salvezza; non rimane neutrale, giudica tutte le realtà, personali e collettive, che gli uomini vivono, presenta a tutti Colui il cui interrogativo non cessa di echeggiare di generazione in generazione: E voi chi dite che io sia?.(397)
300
L´ arte difficile del dialogo trova tempo propizio per essere assimilata nella giovinezza che è tempo di apertura, di crescita, d´ incontro. Il giovane moderno tende a superare le frontiere, a muoversi senza scandali in una cultura pluralistica, ad aprirsi spregiudicatamente a tutti e a rifiutare un Vangelo chiuso. Per il salesiano non è solo questione di un atteggiamento di dialogo nell´ atto di evangelizzare o di fare catechesi, a cui già è allenato dal Sistema Preventivo; la situazione di diaspora in cui il cristiano e l´ ateo, il protestante e il cattolico collaborano nella vita quotidiana, gli fa obbligo di preparare e allenare i suoi giovani al dialogo, che oggi appare come una dimensione costante e indispensabile della società e quindi della evangelizzazione. Bisogna, ancor prima di parlare, ascoltare la voce anzi, il cuore dell´ uomo; comprenderlo, e, per quanto possibile, rispettarlo; e quando lo merita, assecondarlo. Bisogna farsi fratelli degli uomini nell´ atto stesso che vogliamo essere loro pastori e padri e maestri. Il clima di dialogo è l´ amicizia, anzi, il servizio.(398) Il contatto coi giovani, l´ ascolto, il rispetto, l´ assistenza fraterna, la presenza abituale fra essi vanno riviste in questa luce. Le comunità quindi non saranno delle isole, ma, aperte con simpatia all´ ambiente, vivranno in mezzo agli uomini come in mezzo a fratelli.(399)
2. Far incontrare Gesù Cristo, centro vivo della storia
301
E´ questo il punto centrale della nostra catechesi: qui sta il vero rinnovamento a cui le comunità devono guardare.
302
Evangelizzare è annunciare la Persona Vivente di Cristo ieri, oggi, nei secoli: Gesù Cristo, Uomo-Dio, punto focale fra l´ amore divino e quello umano; è annunciare un fatto storico: Gesù di Nazareth, Figlio di Dio incarnato, crocifisso e risorto; è annunciare una presenza sempre attuale nella Chiesa: comunità che ha incontrato il Signore e che mossa dallo Spirito tende verso il suo ritorno; è annunciare il Cristo totale nella sua dimensione storica e in quella della sua Risurrezione: sempre vivo tra gli uomini e nel mondo, quale dinamico Signore della storia. La catechesi presenta la vita di Cristo come un amore di Figlio che fa vedere il Padre, come un amore di fratello che, risorto ed asceso al cielo, non lascia orfani i suoi fratelli, ma invia loro lo Spirito per la nuova creazione. La catechesi dunque non predica una ideologia, né un sistema di verità astratte, ma Gesù, nella sua esistenza concreta e nel suo integro messaggio, e cioè introduce gli uomini nella mirabile pienezza della sua vita, perché possano riconoscere e partecipare al mistero di Dio, comunione trinitaria.
303
Gesù Cristo è la risposta inesauribile della Chiesa all´ uomo che s´ interroga sul senso ultimo della vita sentita come problema, enigma e mistero. Di fronte a Cristo, Persona viva e non personaggio del passato, appare evidente che il deismo vago che domina certe forme di catechesi non è il fedele annuncio degli apostoli.
304
In particolare i giovani, proprio perché accettano solo personalità integre e coerenti. si aprono più volentieri ad una catechesi che presenta Cristo come l´ Amore aperto a tutti, che attua la liberazione dell´ uomo col dono totale di sé nel sacrificio. Essi si interrogano in profondità sul senso della vita e della sofferenza, e sotto il pungolo delle esperienze non sempre positive dell´ amicizia, dell´ amore, del lavoro, cercano Dio tentando di sentirlo e di afferrarlo.(400) Per loro Cristo può diventare l´ unica risposta di un fascino irresistibile.
305
Ma c´è un fatto che sconcerta e scoraggia: il Cristo presentato da noi sembra spesso non interessare i giovani. La misteriosa libertà umana può persino rifiutare la presenza redentrice del Signore; una sostanziale immaturità, provocata dall´ ambiente, può portare a una vera incapacità di ascoltare il messaggio di salvezza; la nostra catechesi non riesce ad essere mediazione trasparente del mistero di Cristo. Forse non usa un linguaggio accessibile, non risponde agli interrogativi e si disinteressa dei problemi che incontra oggi un credente; forse si serve ancora di un bagaglio superato di prediche e lezioni e di una impostazione astratta e polemica; insomma, non è una catechesi genuinamente evangelica.
306
Per il Salesiano, una gioventù senza Cristo e un Cristo che non trova posto tra la gioventù, oltre ad essere un rimorso, è una sfida e una spinta a rinnovarsi, a cercare vie nuove, ad osare tutto, pur di annunciare efficacemente la salvezza di Dio e aiutare i giovani ad essere se stessi e a vivere autenticamente la loro esperienza umana e cristiana, facendo loro trovare nell´ amicizia col Redentore il fulcro animatore della loro completa formazione.(401)
Per fare incontrare Gesù Cristo ai giovani e alla gente, attraverso le comunità salesiane, occorre prima averlo incontrato personalmente.
3. Educare progressivamente alla fede
307
Catechizzare è più che predicare, insegnare religione, fare catechismo; è tutta un´ azione educativa per aiutare il battezzato a organizzare globalmente i valori della sua personalità dal punto di vista del Vangelo e orientarlo verso una fede adulta.
308
L´ educazione alla fede è un graduale e continuo avanzamento verso la scoperta di una Persona. Se ogni persona è un mistero, lo è soprattutto Dio; lo si scopre poco alla volta, a gradi, durante tutta la vita. Per questo la catechesi si estende a tutte le ore, a tutti gli avvenimenti, a tutte le età e a tutti gli aspetti della vita; non ha esaurito il suo compito nella iniziazione ai sacramenti, non ha mai detto abbastanza, non ripete fastidiosamente le stesse parole allo stesso uomo. Dio si rivela in continuità, l´ uomo si fa poco alla volta capace di conoscere la sua iniziativa di salvezza e di rispondergli liberamente nella fede. Questo pellegrinaggio verso il Signore, questa progressiva scoperta della sua rivelazione in Cristo Gesù, comporta diverse tappe e non si deve passare al momento successivo, prima che quello precedente non sia bene assimilato; prima di arrivare ai sacramenti occorre avere raggiunto, con la evangelizzazione e la catechesi, i traguardi essenziali della conversione e della fede.
309
L´ educazione progressiva nella fede porta a una lenta ma radicale trasformazione dell´ uomo a immagine di Cristo; formare il cristiano a una autentica mentalità di fede significa partire insieme a lui alla scoperta di Cristo vivo e poi educarlo al pensiero di Cristo presente: a vedere i fatti come Lui, ad amare e ad aprirsi agli uomini come Lui, a vivere con Lui la comunione con il Padre nello Spirito Santo.
310
In questo processo educativo in cui Dio e l´ uomo si incontrano, assume particolare valore l´ educare la COSCIENZA del credente per rendere attiva e responsabile la sua risposta alla chiamata di Dio; e l´ educarlo alla LIBERTA´, evitando forzature di ritmi e di tempi. Si favoriscono così le disposizioni necessarie per rispondere pienamente all´ azione di Dio. In questa crescita graduale, la catechesi s´ inserisce con novità di metodo: aiuta l´ uomo a scoprire a poco a poco la sua risposta personale e libera all´ appello di Dio; gli fa ritrovare le dimensioni e i contenuti fondamentali della morale nell´ impegno evangelico della carità; lo conduce ad esprimere una opzione di vita profondamente unitaria e coerente incarnando questa scelta di carità evangelica in ATTI DI VITA. Forma cioè gradualmente la coscienza nella morale dei comandamenti di Dio, ispirandosi alla persona di Cristo, al suo programma nel discorso della Montagna, e al suo precetto di carità, amore a Dio e amore al Prossimo.
311
L´ originalità propria della morale cristiana sta qui, nel riassumere e accentrare ogni impegno etico, precetti e consigli, in quell´ elemento che ne è come l´ anima, cioè in una fede che opera nella carità;(402) oggi si cercano nuove modalità per presentarla più fedelmente ai credenti. Educare alla fede resta sempre un impegno grave; ma nel nostro tempo, in una cultura di dialogo, di partecipazione crescente delle masse a tutti i livelli, chi catechizza deve essere chiaramente un animatore più che un insegnante, simile a Don Bosco nella bontà, costanza e impegno per salvare la gioventù. NON SI EDUCA DA SOLI.
4. Sviluppare una fede integrata e impegnata
312
Non è possibile impostare una educazione alla fede se non inserendola all´ interno di un processo di umanizzazione; per questo la catechesi si orienta oggi più attentamente verso una vera promozione della persona. Quando la fede è pienamente integrata nella vita del credente, allora la coscienza del cristiano non conosce fratture, è profondamente unitaria e tende a giudicare e agire con vigore ed entusiasmo.
313
Le espressioni fede e vita, fede impegnata, fede integrata, mentalità di fede, maturità della fede, così frequenti nella letteratura pastorale odierna, rilevano la realtà di una fede che, secondo la vocazione data all´ uomo da Dio, tende a diventare pienezza e vertice di unità di tutto l´ uomo, sicché ogni crescita nella fede fa l´ uomo più grande, e ogni crescita in umanità è crescita verso il divino.
314
E´ la fede che libera l´ uomo dalla schiavitù radicale, che è il peccato, e dalle alienazioni personali e sociali che ne sono conseguenze; lo invita ad entrare nello spazio della libertà offerta da Cristo, per cui lo schiavo del peccato diventa figlio di Dio e impara ad amare come cristiano, a sentire l´ esistenza e la libertà come cristiano. La vita umana a sua volta, col suo carico di prove, di preoccupazioni e di incertezze, illuminata dalla fede che è luce di Dio, sente presente Cristo che opera e trasforma.
315
Da questa continuità dinamica tra fede e vita nasce l´ impegno della promozione umana come segno che accompagna l´ annuncio. La promozione non si identifica con la evangelizzazione, ma non si può ammettere una evangelizzazione che sia insensibile alle aspirazioni umane. Il Vangelo non sarà credibile se il cristiano non cercherà di affrontare e di risolvere i grandi problemi del mondo contemporaneo immergendosi in essi; è una esigenza d´ incarnazione, essenziale al cristianesimo e voluta dal Figlio di Dio che ha preso dimora tra noi.(403) Dalla attuazione di questo vasto impegno di coerenza al Vangelo, dipende la sorte stessa del Cristianesimo, particolarmente presso le generazioni dei giovani.(404) La fede impegnata illumina particolarmente il tema che discrimina credenti e non credenti, cioè il modo di concepire la libertà dell´ uomo e quindi la liberazione. Chi lavora a sviluppare la fede nei credenti, rivela loro la dimensione liberatrice della Parola di Dio, fa prendere coscienza della dimensione sociale e pubblica del messaggio cristiano, rivalorizza la centralità della Croce, educa ad un atteggiamento di energia, di lotta, di martirio.
316
Nuove prospettive si aprono al Salesiano impegnato a sviluppare nei giovani e negli adulti una fede integrata nella vita e attenta alla promozione umana. Nuove scelte stanno avvenendo in tema di liberazione e di giustizia, di pace e di sviluppo, di società e di mondo del lavoro; il nostro rinnovamento sarà nella linea tracciata dalla Chiesa che attueremo con la concretezza pedagogica di Don Bosco espressa in queste semplici parole: Fare onesti cittadini buoni cristiani. Il pericolo di una frattura tra fede e vita all´ interno della persona è sempre presente, ed anche il Salesiano e la Comunità non sfuggono alla tentazione di separare religione e cultura, preghiera e lavoro, liturgia e azione, relazione e comunione; col rischio di non riuscire poi a comunicare da persona a persona l´ annuncio del Regno.
317
Questa pericolosa dicotomia altera inevitabilmente anche l´ impegno di promozione umana del credente che non testimonia più la presenza di Cristo nella storia del mondo.
CAPO TERZO
IL LINGUAGGIO CATECHISTICO
DELLA COMUNITA´
1. Catechizzare attraverso autentiche comunità
318
La Chiesa che vogliamo impiantare e costruire si rivela fondamentalmente come comunione fra cristiani che si riuniscono nel nome del Signore ad ascoltare la Parola di Dio e a celebrare l´ Eucaristia in unione con il Vescovo. Essa acquista figura nel tempo e nello spazio solo attraverso l´ azione di uomini uniti e solidali dei quali si possa dire come dei primi cristiani: Guarda come si amano. Dio infatti condiziona la promessa della sua presenza alla pratica dell´ amore fraterno. Dove tale amore si esplica in un servizio, esso diventa anche comunicazione e sostegno della fede.
319
Per quanti si aprono alla fede, la comunità costituisce l´ ambiente nel quale essa trova il suo nutrimento; a quanti cercano la fede, la comunità trasmette l´ annuncio attraverso la parola di chi catechizza e attraverso la vita stessa dei fratelli; a quanti crescono nella fede, la comunità comunica la forza illuminante e persuasiva della testimonianza; a quanti invece sono minacciati nella fede, la comunità trasmette la consapevolezza di sentirsi aiutati e sostenuti, e crea, attraverso la correzione fraterna, l´ atmosfera più propizia alla conversione.
320
La comunità diventa così l´ ambiente e il segno per l´ annuncio della Parola di Dio, la norma vivente per la formazione della coscienza dei credenti, il sacramento attraverso cui Cristo opera nel mondo. Questo ci dice quanto sia necessario il costruire la comunità, L´ educare ad essere nella comunità, l´ allenare a partecipare alla sua vita. Quando l´ istruzione religiosa si accompagna a questo impegno di educazione e di approfondimento della fede comune, allora si compie una vera catechesi. Tutto questo non è senza conseguenze anche per la comunità religiosa, la quale non differisce in ciò da ogni comunità cristiana; dovrebbe anzi esserne esempio e modello. Tutto questo non resta privo di conseguenze per la stessa catechesi, la quale deve essere fatta in modo che catecumeni, allievi, fedeli, si sentano costruttori della loro comunità. Il Sacerdote, l´ educatore, il catechista, non sono gli esclusivi annunciatori del messaggio; anche chi ascolta realizza l´ annuncio.
321
Ma perché le comunità possano diventare veramente evangelizzatrici, e perché il singolo possa inserirsi nella comunità cristiana, occorre oggi più che in altri tempi una scelta di metodo: il gruppo. Qui davvero ognuno si sente membro responsabile ed ascoltato; qui la comunanza degli atteggiamenti facilita la maturazione della fede; qui gli esempi viventi vengono accolti come autentici valori, e la realtà della salvezza diventa esperienza di vita. Don Bosco e il sistema salesiano hanno educato facendo gruppo: il sistema preventivo, lo spirito di famiglia, le compagnie, i giovani più grandi impegnati per lievitare la massa, sono indicazioni della nostra tradizione per scoprire il gruppo come modo nuovo di evangelizzare.
2. Iniziare al mistero liturgico
322
Nella liturgia i fedeli recano, per offrirlo umilmente a Dio, il frutto di ogni azione di carità, di giustizia, di pace e ne attingono la parola di vita e la grazia, per essere in grado di professare nel mondo la verità nella carità in comunione con Cristo.(405) La catechesi introduce il credente nella esperienza delle celebrazioni liturgiche, lo educa a comprendere l´ espressione umana, a leggere il segno, lo dispone all´ incontro col Padre attraverso il Cristo e all´ incontro dei membri del Popolo di Dio tra loro.
323
A sua volta la liturgia si fa catechesi e col suo linguaggio concreto di parole, di canti, di gesti, di riti, di azione, di vita, tocca e impegna tutto l´ uomo, cuore-intelligenza-sensi; annuncia gli aspetti del mistero di Cristo; diventa luogo della esperienza integrale della fede dove l´ azione si fa contemplazione; presenta al credente l´ occasione per ricuperare se stesso e sentirsi salvato da Dio. In questo modo si fa guida al cristiano nel percorrere l´ itinerario di tutta la realtà. Nel rinnovamento liturgico la catechesi svolge una funzione sua propria di stimolo e di illuminazione: anzitutto ricorda ai responsabili il carattere della Parola di Cristo che converte e trasforma, suscita pacifici combattimenti e anche tensioni; e provoca a mutar vita; è il segno d´ una vera pasqua: i sepolcri si spalancano e quelli che erano morti risorgono. Le nostre assemblee liturgiche attendono che la parola da noi presentata sotto la forma di predicazione o di preghiera venga proclamata con tutta la sua forza e verità, domandano per l´ omelia una più attenta preparazione possibilmente comunitaria.
324
La catechesi ricorda a tutti i battezzati che le celebrazioni liturgiche sono la espressione sacramentale della vita dei cristiani e della loro storia; e quindi li educa alla continuità tra Eucaristia e impegno comunitario, tra Messa e liturgia della vita, tra liberazione del male chiesta nella preghiera e liberazione attuata nella società, tra gesto liturgico di pace e la pace vera portata dove uno vive; e non si stanca di ripetere che una celebrazione che non trasforma, che non è sincera, che si fa abitudine, diventa alienazione.
325
Anche la preghiera esprime questa continuità tra esperienza e fede: per il rinnovamento della preghiera personale la catechesi apre gradatamente il cuore dei credenti ai sentimenti di Cristo nella preghiera filiale al Padre e all´ atteggiamento di Maria nell´ Annunciazione: adorazione, lode, ringraziamento, domanda.
326
Più delle precedenti generazioni i giovani di oggi, quelli religiosamente impegnati, si accostano con fatica a un tipo di liturgia che appaia loro solenne, quasi magica, poco attenta al presente. Nei piccoli gruppi, che sono per i giovani una necessità vitale,(406) essi attuano talvolta celebrazioni che sembrano originate da smania di novità. Per loro la catechesi deve inventare un linguaggio più agile e moderno e comprensibile; deve incoraggiare il loro apporto personale di ricerca, considerandolo come un contributo che la generazione nuova dà alla Chiesa. Essi vengono così aiutati a superare la tentazione di allontanarsi dalla Chiesa.(407) Per entrare meglio nello spirito della riforma liturgica e tenendo conto del bene dei giovani, il catechista dovrà conoscere le variazioni permesse nei riti liturgici ufficiali e le numerose modalità di incontri liturgici non ufficiali, quali le celebrazioni della parola, agapi, veglie bibliche, liturgie penitenziali, prediche dialogate, preparazione in comune all´ omelia, musiche, ecc., per dar vita a iniziative che possono ampiamente impegnare la creatività giovanile senza cedere all´ arbitrio di innovazioni abusive. Incoraggiare, porgere comodità di approfittare dei sacramenti, far rilevare la bellezza, la grandezza, la santità della religione, mai obbligare, agire in modo che i giovani restino spontaneamente invogliati ai sacramenti, vi si accostino volentieri con piacere e con frutto, sono espressioni chiare del sistema preventivo che ci parlano della sensibilità educativa e della pedagogia sacramentale di Don Bosco.
3. Animare di gioia l´azione evangelizzatrice
327
Evangelizzare è annunciare una gioia esistenziale e concreta, perché il mistero di Cristo, Dio incarnato, morto e risorto, si affonda intimamente nella realtà umana. Il Vangelo è l´ assoluto messaggio di gioia che ha la forza e il coraggio di superare ogni tristezza.(408) La fede è sorgente di gioia, e questa è la prova della fede; caratteristica della catechesi deve essere la gioia testimoniata nel lavoro, nella liturgia, nel dolore, nella comunità, nella vita. Essa deve far sentire che il Vangelo è un soffio vitale di speranza: speranza nel Signore che è tra noi e che viene; speranza della vita futura già incominciata; speranza che provoca la gioia, che nessuno potrà togliere dal nostro cuore,(409) speranza che anima l´ impegno concreto e storico nel realizzare la vocazione umana. Che cosa vogliono gli uomini se non una scintilla di gioia evangelica? La catechesi risponde a questo acuto bisogno, rivelando che essa sboccia e fiorisce nella Chiesa, ha le sue radici nel suolo della speranza, che in Cristo nasce e in Cristo si compie.(410)
328
Qui più che altrove bisogna riscoprire il genuino spirito di Don Bosco che faceva sperimentare ai Salesiani e ai giovani la fede come felicità e la capacità della comunità di moltiplicare la forza di questo gaudio. La letizia che fioriva in ogni angolo dell´ Oratorio era fatta programma di santità: Noi facciamo consistere la santità nello stare molto allegri; questa gioia divina diventava umanissima nel cortile, nel refettorio, nelle feste; si convertiva in clima e stile apostolico di amorevolezza; si radicava nel cuore della Chiesa con l´ Eucaristia; era illuminata dalla speranza del paradiso oltre l´ aspro limite della morte; era mossa da una presenza materna, Maria.
329
Educatore e catechista sereno e fiducioso, il Salesiano porta in ogni aspetto della vita questo tono di festa, di giovinezza, di gioia, e la sua catechesi resta illuminata da questa calda testimonianza che è frutto della speranza cristiana. La comunità salesiana irradia questo umano e cordiale calore di simpatia e di entusiasmo che apre la strada dei cuori. Il rinnovamento deve farci riscoprire il modo caratteristico del lieto annuncio di liberazione e di salvezza fatto dal Salesiano al giovane e all´ uomo di oggi, in modo che gustando egli ed amando la sua fede e di essa godendo, possa comunicare a tutti il segreto della sua felicità.
4. Formare catechisti nuovi
330
Le attese di una chiesa e di una società in evoluzione rendono sempre più urgente la richiesta di una catechesi capace di formare cristiani responsabili, di rivelare a ognuno il senso della vita, di manifestare agli uomini il progetto di Dio. In questa prospettiva non possiamo dimenticare che ogni cristiano deve essere catechista; anzi dobbiamo operare in modo che l´ educazione alla fede sia anche una prima formazione al servizio della parola, trasformando, così al più presto i destinatari in operatori, i credenti in testimoni, e riconoscendo quale grande riserva di potenziale profetico è il Popolo di Dio, il cristiano di base, il credente ordinario.
331
L´ originalità della funzione catechistica esige però una attenzione più specifica da parte di chi è responsabile della pastorale. Il catechista è un inviato della comunità profetica, è un testimone coerente di Cristo, è un interprete dei segni dei tempi: egli insegna, cioè fa percepire e capire la realtà di Dio che si rivela e si comunica; ma soprattutto educa, cioè aiuta i fedeli a sviluppare in pieno la loro personalità cristiana.
332
Come educatore della fede, il catechista ha bisogno di una accurata preparazione teologica, antropologica e metodologica, senza trascurare le distinte tecniche; come animatore della comunità ecclesiale ha bisogno di compiere la sua formazione in comunità che profondamente credono, sperano, amano; questi due aspetti richiedono poi una formazione ed un aggiornamento permanente. Infatti, qualsiasi attività pastorale che non sia sostenuta da persone veramente formate è condannata al fallimento. La formazione catechistica, pertanto, ha la priorità sul rinnovamento dei testi e sul rafforzamento dell´ organizzazione catechistica.(411) Di questi apostoli della parola c´è grande necessità in tutti gli ambienti, nelle famiglie, nella scuola, nel posto di lavoro, perché il bisogno di Dio è sempre e ovunque presente. Lo Spirito di Cristo che è nel mondo per liberarlo e salvarlo, chiama evangelizzatori e catechisti da ogni settore, ma soprattutto li fa uscire da comunità di intensa vita ecclesiale, dove la Parola di Dio è ascoltata e vissuta, dove le persone sono rese sensibili all´ immane problema della evangelizzazione e catechesi e dove esiste un formatore di catechisti.
333
Le urgenze di evangelizzazione del mondo e la precisa missione catechistica della Congregazione salesiana ci chiedono di scoprire e di stimolare quelle energie profetiche che lo Spirito Santo semina in tutte le comunità a vantaggio della Chiesa. Ogni Salesiano oltre che essere catechista deve sentirsi formatore di catechisti; e ogni comunità salesiana deve studiare il modo per diventare gruppo di evangelizzazione e centro di promozione della catechesi; un gruppo che anima i laici al servizio della Chiesa locale, che ridesta nei giovani il desiderio della azione apostolica e li avvia presto all´ impegno catechistico. Si può ben dire che la vitalità di una comunità cristiana dipende in maniera decisiva dalla presenza e dal valore dei catechisti, e si esprime tipicamente nella sua capacità di prepararli.(412)
334
Tutto stimola a farsi nuovo, vigile, intenso. Tutto suggerisce una catechesi aperta alle nuove culture, ai nuovi quesiti, a un mondo secolarizzato e pluralista; aperta, al dramma dell´ ateismo e dell´ indifferenza religiosa; aperta, insomma, alla Chiesa alla storia di oggi, dove Dio continuamente interroga e chiama. Il lavoro comincia oggi e non finisce mai. E´ questa la legge del nostro pellegrinaggio sulla terra e nel tempo.(413)
CAPO QUARTO
ORIENTAMENTI OPERATIVI
1. La Congregazione salesiana in stato di missione evangelizzatrice
335
Nel particolare momento che la Chiesa sta vivendo, la Congregazione salesiana orienta decisamente la sua azione verso la pastorale catechistica e perciò si impegna a tutti i livelli nella catechesi, cioè nella educazione alla fede, e promuove il RINNOVAMENTO DELLE SINGOLE COMUNITA´ affinché diventino autenticamente evangelizzatrici.
336
La Congregazione farà quindi ogni sforzo: per riscoprire e rinnovare questa dimensione essenziale della sua missione; per sostenere o creare quegli organismi che favoriscono lo studio, l´ aggiornamento, la ricerca, quali l´ Istituto di Catechetica del PAS e i vari Centri Catechistici; per potenziare quei centri che si adoperano nel diffondere la Parola di Dio attraverso i mezzi di comunicazione sociale; per promuovere incontri di esperti su temi di comune interesse e utilità catechistica. Segue in questo suo lavoro le linee tracciate dal Direttorio Catechistico Generale.
2. L´Ispettoria «comunità a servizio» per la evangelizzazione
337
Nel momento in cui l´ Ispettoria riceve dal Capitolo XX una più chiara fisionomia di comunità ispettoriale, appare evidente che le sue strutture devono mettersi a servizio dei confratelli nel particolare compito della evangelizzazione. ALL´ ISPETTORIA tocca il compito di rinnovare lo slancio apostolico delle comunità e dei confratelli, la responsabilità nella formazione del personale, il ridimensionamento delle opere per una migliore evangelizzazione, la programmazione ispettoriale dell´ azione catechistica. (414)
a) Il primo Capitolo Ispettoriale dopo il Capitolo XX valuti seriamente l´ incidenza evangelizzatrice delle singole comunità, decida il ridimensionamento delle opere, elimini eventuali controtestimonianze che annullano la credibilità dell´ annuncio.(415)
b) L´ Ispettore col suo Consiglio faccia elaborare al più presto un piano di qualificazione catechistica dei sacerdoti e dei coadiutori (formazione permanente) e quindi offra la possibilità di frequentare corsi organizzati dalla chiesa locale o studi con la Conferenza Ispettoriale altri corsi di aggiornamento(416).
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c) Ogni Ispettoria organizzi un servizio specializzato ed agile per animare l´ azione catechistica di ogni comunità, per aiutare i confratelli nel continuo aggiornamento di mentalità e di metodi, per coordinare l´ azione catechistica dei gruppi della Famiglia Salesiana: a questo scopo è indispensabile l´ opera di esperti in catechetica. La predicazione di esercizi spirituali, corsi, ritiri - ai giovani, al popolo, ai religiosi, al clero - richiede sempre più qualità specifiche. Si scelgano i confratelli che hanno doti speciali per il ministero della parola e, dopo la dovuta preparazione, si rendano disponibili per le comunità.
3. Ogni comunità salesiana una comunità evangelizzatrice
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Il Capitolo XX fa leva per il rinnovamento sulle comunità salesiane a cui tocca però operare un cambio di mentalità, adottare un nuovo stile comunitario di riflessione e di azione e farsi presenti nel mondo in modo nuovo. E´ urgente rispondere a questa istanza della nostra missione, poiché la comunità sarà salesiana nella misura in cui sarà evangelizzatrice.
Per questo ogni comunità deve diventare:
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Comunità in ascolto: ascoltare insieme, meditare insieme, commentare insieme la Parola di Dio; è un esercizio nuovo e rinnovatore da attuale con riflessioni comunitarie sulla Scrittura e su argomenti della vita, durante i ritiri o nei momenti di meditazione e nelle omelie compartecipate.
Comunità in ricerca: accettare una revisione periodica e leale della efficacia del proprio lavoro apostolico e del ruolo effettivo che ognuno svolge nella catechesi; esaminare in particolare le gravi difficoltà che si incontrano nell´ evangelizzare i giovani e la crescente problematica della scuola di religione.
Comunità inserita nella Chiesa locale, poiché si catechizza in comunione con essa e non staccati da essa: nell´ affrontare i problemi di evangelizzazione della zona si operi in stretta collaborazione con gli altri responsabili della pastorale e si seguano, ove esiste, le indicazioni del direttorio catechistico particolare.
Comunità educativa: si realizzi una catechesi diretta puntando sulla collaborazione di tutti i suoi membri (ogni insegnante sia un animatore), utilizzando tutti i mezzi a sua disposizione (sussidi, riunioni, coordinamento) dimostrando una coerente testimonianza di vita. Si provvedano quelle attrezzature (testi, guide, riviste, sussidi audiovisivi) che facilitano la riflessione e permettono alla comunità di essere un centro aggiornato di catechesi.
Comunità animatrice: è suo compito corresponsabilizzare i laici, specialmente i giovani più maturi dei nostri centri, alla evangelizzazione; formare catechisti, assistere genitori, educatori, insegnanti in questo apostolato. La priorità finanziaria sia rivolta verso la formazione di catechisti prima che verso la costruzione di edifici anche se utili alla catechesi.
4. Ogni salesiano un evangelizzatore
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Ogni salesiano è per vocazione e missione un evangelizzatore, un catechista, sempre e dovunque. Per questo egli deve trovare nei periodi della sua formazione degli esperti in catechesi che lo aiutino a operare la saldatura tra insegnamento religioso (o teologico) e insegnamento profano, tra esperienza di vita comunitaria e azione di pastorale diretta. Appresa questa arte, si metta con entusiasmo e costanza a disposizione della comunità per tutta la vita in questo prioritario servizio di evangelizzare e catechizzare.
Documento 4
RINNOVAMENTO PASTORALE
DELL´AZIONE SALESIANA TRA I GIOVANI
INTRODUZIONE
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E´ per voi giovani, per voi soprattutto, che la Chiesa con il suo Concilio ha acceso una luce, quella luce che rischiara l´ avvenire, il vostro avvenire. Siate generosi, puri, rispettosi, sinceri. E costruite nell´ entusiasmo un mondo migliore di quello attuale! Guardate la Chiesa e voi ritroverete in essa il volto di Cristo, il vero eroe, umile e saggio, il profeta della verità e dell´ amore, il compagno e l´ amico dei giovani.(417) La Congregazione è un dono dello Spirito alla Chiesa perché nella scia di Don Bosco trasmetta questa luce ai giovani, specialmente ai più poveri. Don Bosco e con lui i Salesiani si caratterizzarono fin dall´ inizio per la capacità di adattarsi alle esigenze dei tempi. La missione di formare i giovani onesti cittadini e buoni cristiani ha trovato sempre la maniera di esplicitarsi secondo forme che rispondessero ai loro bisogni concreti. così sono nate e si sono sviluppate tante forme diverse di attività e di servizi in seno alla Congregazione. Oggi, noi Salesiani ci troviamo eredi di tutto il bene realizzato dalla Congregazione e anche di una missione da attuare in un mondo in costante evoluzione, con un vastissimo campo di lavoro in cui situazioni ed esigenze nuove sfidano e sollecitano il nostro slancio apostolico. Ciò crea un problema nell´ ora del nostro rinnovamento, un problema che è aggravato da una critica situazione vocazionale sofferta anche in Congregazione.
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La riflessione dei Salesiani nei CIS e nel CGS ha messo in luce tre aspetti generali del problema, che vanno affrontati, e degli elementi da cui si intravvede una traccia di soluzione: - lo scopo pastorale delle nostre attività; - l´ aggiornamento pastorale delle comunità salesiane; - il ridimensionamento delle attività e dei servizi.
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a) Scopo pastorale delle nostre attività
Noi salesiani abbiamo intrapreso molte attività diverse - di tempo libero, di scuola, di forme assistenziali... - per rispondere alle esigenze della situazione dei giovani; abbiamo dato a queste attività un senso pieno come fattori di una promozione integrale.(418) Di fatto, però, queste attività non sempre raggiungono a sufficienza il loro scopo globale. Appare perciò necessaria una fattiva consapevolezza che ogni nostra attività comunitaria e personale trova la sua giustificazione soltanto se indirizzata, organizzata e realizzata in vista dell´ evangelizzazione dei giovani.
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b) Aggiornamento pastorale della comunità salesiana
Per raggiungere la pastoralizzazione di ogni nostra opera, sono indispensabili autentici apostoli e comunità apostoliche. Non è possibile una presenza costruttiva, se questa non è sorretta da un´ adeguata preparazione pastorale e da una mistica apostolica. I giovani oggi percepiscono più che mai i rapidi e costanti mutamenti di questo mondo in evoluzione. Questo ci obbliga a un atteggiamento costante di adattabilità e di creatività per rispondere subito alle nuove situazioni e più ancora per prevenirle. Tutto ciò implica amore e dedizione totale ai giovani, così come fece Don Bosco. Implica studio e riflessione, umiltà e coraggio di ricominciare di nuovo ogni giorno.
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c) Ridimensionamento delle attività e dei servizi
Il rinnovamento della nostra azione esige uno studio accurato delle nostre opere e impegni attuali e uno sguardo al futuro. Oltre la validità delle opere e la rispondenza alle situazioni, bisogna considerare la priorità e urgenza dei bisogni. Il ridimensionamento coraggioso e profondo delle nostre opere, fatto ai diversi livelli come espressione dell´ aggiornamento pastorale delle comunità e delle attività, darà alla Congregazione un volto rinnovato; e i giovani vi vedranno riflesso il volto di Cristo. Il CGS ha preso coscienza di questa problematica e, più che fermarsi alla considerazione forzatamente frammentaria e parziale di ognuna delle attuali opere in cui si svolge l´ azione salesiana, ha voluto cogliere gli elementi fondamentali e comuni a tutta l´ attività salesiana per i giovani. I principi presentati in questa trattazione, anche se esplicitamente riguardano i giovani, valgono anche per gli adolescenti e preadolescenti: di loro si fa riferimento specifico solo quando la trattazione non può essere comune.
347
Il Capitolo Generale è convinto che solo nell´ attuazione equilibrata di questi elementi essenziali in ciascuna delle nostre opere attuali, queste troveranno la via per la loro pastoralizzazione. E´ convinto che nella situazione attuale il fulcro del rinnovamento consiste nel mettere al centro la vita e l´ azione pastorale delle comunità, gli obiettivi e il metodo dell´ azione.
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Il documento sottolinea diversi aspetti della nostra azione pastorale:
- I principi a cui si ispira.
- Le caratteristiche del nostro servizio.
- Gli atteggiamenti e le attuazioni.
- Gli obiettivi e il metodo pastorale di evangelizzazione liberatrice.
- Le principali strutture in cui si svolge.
CAPO PRIMO
PRINCIPI ISPIRATORI
349
I principi, alla cui ispirazione i Salesiani dovranno rifarsi costantemente per il rinnovamento della loro azione tra i giovani, costituiscono il fondamento unificatore e dinamico del loro slancio pastorale. Nella riflessione personale e nel dialogo comunitario su questi principi l´ azione dei Salesiani troverà l´ aggiornamento e l´ adeguamento pastorale indispensabili.
a) Il nostro rinnovamento pastorale deve partire dalla comprensione e accettazione personale e comunitaria delle esigenze evangeliche, in un progressivo atteggiamento di conversione individuale e collettiva al Padre, nell´ amore dei fratelli.
b) L´ immagine rinvigorita della Chiesa Conciliare ci spinge a rinnovare il nostro servizio nell´ apertura a nuove forme di dialogo con tutto ciò che la vita dei giovani racchiude di gioia, di speranza e di tensioni.
c) La missione dei Salesiani verso i giovani, specialmente verso i più poveri, nello stile pastorale di Don Bosco, fatto di dialogo e di amorevolezza, è criterio fondamentale di rinnovamento della nostra azione salesiana. Con la sua carità ardente, sgorgata dal Cuore di Cristo, Don Bosco ci sprona a servire i giovani, ci stimola alla scoperta più profonda dei valori pastorali di ricerca, di incontro, di presenza, di comprensione, di dialogo e di evangelizzazione, e alla fedeltà dinamica a questi valori.
Come Don Bosco trovava nei giovani la sua ricchezza, allo stesso modo, oggi, i Salesiani ritrovano nel servizio ai giovani la ricchezza della loro identità. La situazione psicosociologica dei giovani si presenta oggi, come non mai, in rapida evoluzione. Perciò il rinnovamento dell´ azione esige dai Salesiani:
- grande sensibilità e capacità di cogliere e capire le tendenze giovanili;
- penetrazione profonda nel fenomeno della nuova cultura e della contestazione giovanile, come segno di trasformazione sociologica;
- capacità di comprendere le deviazioni, le idolatrie della gioventù naturalizzata;
- dedizione alla liberazione e alla promozione dei giovani emarginati nelle zone del sottosviluppo, non solo economico, ma anche sociale e morale.
CAPO SECONDO
CARATTERISTICHE DEL NOSTRO SERVIZIO PASTORALE
350
L´ azione salesiana tra i giovani è un SERVIZIO COMUNITARIO ed ecclesiale offerto a tutti i giovani globalmente e a ciascuno singolarmente, nella propria situazione concreta di vita e di ambiente. In questa prospettiva:
a) Al centro stanno i giovani, specialmente i più poveri, nel contesto socioculturale della zona in cui vivono;
b) AL LORO SERVIZIO STA LA COMUNITA´ SALESIANA. Essa anima e coordina un insieme di attività e di servizi con fini pastorali, che si svolgono entro la Comunità Educativa, nel contesto più ampio della Comunità Ecclesiale in cui vivono i giovani.
351
Un servizio offerto ai giovani
Don Bosco ha avuto un vero rispetto per la persona del giovane, e di fronte ad essa si è posto sempre in atteggiamento di autentico servitore: I giovani sono i nostri padroni.... Il Salesiano, senza mai abdicare alla sua funzione di pastore e di guida stimolatrice ed esigente, offre il suo servizio pastorale in un clima di famiglia e di fraternità, di ragionevole e responsabile autonomia e di libertà. Sapendo che i giovani oggi vogliono più che mai essere protagonisti della propria storia, non li costringe mai a ricevere passivamente, ma li stimola a collaborare, come soggetti attivi, nella scoperta e nello sviluppo di quelle doti diverse e originali che ognuno ha ricevute dalla natura.(419) Conosce d´ altra parte la debolezza dei giovani e, sempre nel rispetto della loro personalità, con mezzi proporzionati e ambientali aiuta l´ irrobustimento e l´ esercizio della vera libertà. Come un vero agente di mutamento, l´ azione del Salesiano li aiuta a crearsi una mentalità più giusta e più fraterna.(420)
352
Un servizio situazionale e concreto
In tutto il mondo i Salesiani devono far fronte a situazioni molto disparate. La nostra azione deve tener conto delle responsabilità che ci riguardano nei problemi e nelle speranze suscitate dalle nuove situazioni sociali, culturali, religiose del mondo giovanile. Siamo invitati a partire non solo dalla situazione delle nostre opere in generale, ma anzitutto dalle situazioni concrete di famiglia, di cultura, di relazioni, di vita spirituale, ecc. dei giovani a cui doniamo il nostro servizio, in modo da adeguarne il contenuto e lo stile (con progressiva inventività) all´ evoluzione dei loro bisogni ed esigenze. I nostri servizi pastorali, infatti, devono indirizzarsi primariamente ai bisogni e alle esigenze della persona. Nel pluralismo delle situazioni in cui viviamo, l´ adattabilità e la creatività del nostro servizio pastorale sgorga da una vera comunità missionaria, capace di informare del suo spirito qualunque struttura.
353
Un servizio totale
Il nostro è un servizio totale perché offerto a tutti i giovani senza discriminazione di età, di condizione sociale, di credo e di pensiero politico. Predilige soltanto i bisognosi nella loro gamma più ampia. Facciamo nostre a questo riguardo le parole di Paolo VI: La povertà non è più soltanto quella del denaro, ma anche la mancanza di una qualifica professionale, la mancanza di relazioni, le menomazioni fisiche e mentali, le vicissitudini familiari e tutte le frustrazioni che provengono da incapacità a inserirsi nel gruppo umano più vicino. Il povero non è colui che non conta, in definitiva colui che non si ascolta mai, di cui si dispone senza chiedere il parere, colui che affonda in un isolamento tanto doloroso da essere spinto, talvolta, fino ai gesti irreparabili della disperazione?.(421) Questo servizio totale investe tutte le vere esigenze e i reali bisogni del giovane nel suo corpo, nel suo spirito, nel suo cuore. La formazione integrale esige, quanto più è possibile, un servizio integrale anche se offerto con diversità di forme e di contenuto, secondo le possibilità.(422) La necessità di cultura, di alloggio, di attività e di convivenza nel tempo libero, di ambienti educativi pieni di vitalità, ci devono spingere a creare in noi un atteggiamento di servizio veramente creativo. Tra i vari problemi che si riferiscono alla completa formazione del giovane, alcuni saranno trattati più avanti. Qui ci fermiamo a quello della sua piena maturità umana o dei gruppi misti. Con gli adolescenti e i preadolescenti la nostra azione sarà diversificata con una progressiva e proporzionata apertura verso i valori e le situazioni giovanili.
354
a) Progressiva maturazione del giovane
Il giovane ha bisogno di passare dalla sua naturale insicurezza a quella maturità di sentimenti che caratterizza l´ uomo e la donna in età adulta. E´ tutto un processo di maturazione biopsichica e di rapporti tra persone che si sviluppa in una donazione sempre più piena di sé a Dio e agli altri. Per questo è necessaria una progressiva liberazione dall´ ignoranza di quanto normalmente accade in sé e negli altri in ciò che concerne il mistero della vita; dalla schiavitù dell´ egoismo nel vivere gli istinti e i sentimenti; da ogni tendenza a chiudersi nel proprio mondo interiore, non sempre sereno. Per questo è necessaria la confidenza con qualcuno, a cui aprirsi sui propri problemi. E´ indispensabile che il giovane venga illuminato sulla debolezza naturale inerente alla sua condizione umana. Di conseguenza, deve acquistare la convinzione della necessità di rendersi padrone delle proprie tendenze, di saper disciplinare la propria curiosità, di tendere all´ irrobustimento della propria volontà attraverso la rinuncia volontaria a certe comodità e piaceri, anche leciti, attraverso il ricorso costante e fervente a Colui che è sempre il suo Amico e Confidente di tutte le ore. Ma questo non è ancora sufficiente. Dopo l´ incontro con se stesso, viene l´ incontro con l´ altro. Il fanciullo e l´ adolescente ha bisogno di essere aiutato ad aprirsi alla scoperta dei valori altrui e alla donazione di sé agli altri. Il Salesiano li aiuti ad amare Dio come Padre, a cercare l´ amicizia di Cristo, a ricorrere all´ esempio e all´ aiuto della Vergine e a scoprire mediante la fede la presenza del Signore negli uomini. Il Salesiano poi aiuti il giovane a far convergere le sue potenze affettive e sensibili in un ideale che costituisca la miglior espressione del dono di sé (sia la formazione di una famiglia, o il servire più da vicino il Signore) che impegni tutta la generosità del suo cuore, in un clima di profonda fede e di allegria.(423)
355
b) Gruppi misti
Il contesto sociologico dei giovani d´ oggi e la necessità di un´ educazione integrale ci consigliano, in certi luoghi e circostanze, l´ accettazione di gruppi e di attività miste, con tutte le riserve e responsabilità che comportano. Sarà una risposta all´ esigenza pedagogica che impone di assumere il giovane al completo, immerso nel suo mondo, per tentarne una promozione integrale. Queste attività sono un´ ottima occasione perché il giovane impari a prendere atteggiamenti di rispetto e di delicatezza verso la donna, soprattutto nell´ età in cui essa diviene oggetto di una nuova attenzione ed emozione.(424) Bisogna curare, al riguardo, sia la maturità e la preparazione dei confratelli, sia la collaborazione di laici qualificati, sia la disposizione di locali idonei a questo tipo di attività nelle nostre opere. Tuttavia le attività dei gruppi misti veramente educativi devono tendere a sviluppare gli interessi formativi e sociali, per potersi aprire, in questo clima, a ulteriori manifestazioni dettate dalle situazioni concrete dei luoghi e della maturità e capacità dei giovani e degli educatori.
356
La programmazione e la revisione delle iniziative e delle attività dei gruppi misti devono farsi dalla Comunità, secondo i criteri e le modalità determinate dalla pastorale d´ insieme diocesana e dalle norme ispettoriali al riguardo.
Rapporti con la famiglia
L´ azione salesiana consideri il giovane in rapporto alla sua famiglia, per integrarne, supplirne o rettificarne l´ opera educativa. E´ compito delle nostre Comunità cercare di mantenere coi genitori una collaborazione e un´ intesa profonda nella comune responsabilità e azione. Le forme di questa collaborazione sono varie. L´ importanza di questa fusione tra la famiglia e noi nella formazione del giovane ci deve spingere a rinnovarci.
357
Un servizio comunitario
La formazione di vere comunità pastorali, basate sulla corresponsabilità e sulla collaborazione, è uno dei principali obiettivi del nostro rinnovamento pastorale. Prima di tutto perché il nucleo fondamentale da cui sgorga l´ azione salesiana è la COMUNITA´ CONSACRATA in Cristo Risorto: il nostro servizio, oltre che fedeltà a Dio, è anche testimonianza ai fratelli e ai giovani. Nella nostra azione va integrata poi tutta la COMUNITA´ EDUCATIVA. Insieme con noi, ne sono membri attivi i genitori, i collaboratori laici, gli stessi giovani, uniti in dialogo e in corresponsabilità a diversi livelli, in tutte le fasi del lavoro educativo, che va svolto sempre in un profondo clima di famiglia, con un impegno personale, ma non individualista.(425) Il nostro servizio va offerto ai giovani nel contesto dei loro gruppi naturali di vita e di lavoro, cercando di sviluppare tutte le loro potenzialità dall´ interno, dai loro interessi, al loro ritmo, mediante l´ azione di tutto il gruppo che lavora su se stesso e si esplica all´ esterno.
358
Un servizio ecclesiale
L´ azione salesiana fa parte della Pastorale della Chiesa. In questo senso il nostro servizio ai giovani è di per sé, ecclesiale. Riconosciamo però che la dimensione ecclesiale del nostro servizio va pensata in termini più ampi. Davanti al fatto di una gioventù che si allontana silenziosamente dalla Chiesa, e che non capisce la sua mentalità, il suo linguaggio e le sue norme, dobbiamo, non solo come persone singole, ma principalmente come Congregazione, essere portavoce delle ansie dei giovani nei riguardi della Chiesa, e di quelle di tutta la Chiesa nei riguardi della gioventù. Questo implica ricerche, esperienze, studi. Per agire con serietà in questo campo specifico del proprio apostolato, la Congregazione Salesiana dovrebbe chiedere alle competenti autorità ecclesiastiche tutte le facoltà necessarie, tra le quali quella di adattare la liturgia alla cultura giovanile, come lo fanno i missionari per le culture dei diversi popoli.
359
I Salesiani, in spirito di collaborazione e di attiva adesione, partecipino alla pastorale delle Chiese locali, portandovi la ricchezza del carisma del Fondatore.(426) Lo faranno specialmente con la partecipazione, per quanto possibile attiva, ai diversi organismi e movimenti ecclesiali che si rivolgono alla gioventù. La nostra presenza in blocco, la nostra sensibilità, la nostra animazione concreta, siano l´ espressione del rinnovamento del nostro servizio ecclesiale. Sarà d´ altra parte compito delle singole comunità salesiane rendere presenti nel mondo giovanile, attraverso il proprio lavoro educativo, le grandi idee e direttive della Chiesa.
CAPO TERZO
ATTEGGIAMENTI
E ATTUAZIONI PASTORALI
360
La comunità salesiana, alla luce della situazione dei giovani d´ oggi e della natura del nostro servizio pastorale, dev´ essere portata a un rinnovamento profondo dei suoi atteggiamenti e delle sue situazioni pastorali, cercando di far rivivere Don Bosco, inviato da Dio come Padre e Maestro dei giovani. I Salesiani, nel rinnovamento di questi atteggiamenti e situazioni pastorali, in una viva espressione del Sistema Preventivo, dovranno adoperare le forme concrete che si adeguano alle esigenze proprie delle diverse tappe - preadolescenza, adolescenza, gioventù - dello sviluppo evolutivo dei giovani.
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a) Atteggiamento pastorale di ricerca
I Salesiani, nelle loro opere, lavorano tra centinaia e migliaia di giovani e di ragazzi. Tante volte però si sentono imbarazzati pensando ai tanti giovani che sfuggono alla Chiesa e sono in preda a situazioni alienanti. E´ vero che molti giovani trovano già aiuto per la loro formazione nei nostri ambienti. Ma la casa salesiana, anche se aperta ai bisogni della gioventù della zona, non realizza completamente la missione apostolica della sua comunità, se rimane l´ unico luogo dove si possono incontrare i giovani. Come Don Bosco, e imitando lo zelo e l´ amore del Buon Pastore, i Salesiani devono cercare i giovani dove si trovano, recandosi dove essi vivono e dove lavorano. In certe zone e in certe circostanze, uscendo fuori dai nostri schemi abituali, gruppi di Salesiani, secondo la programmazione e il consenso della Comunità locale e ispettoriale, dovranno svolgere un vero lavoro di ricerca missionaria, proiettandosi nell´ animazione di gruppi e di attività giovanili, anche fuori delle nostre opere. Il CGS invita a moltiplicare le forme di presenza e di servizio dei Salesiani tra i giovani. Considera perciò vera azione salesiana tutto quello che una comunità salesiana, insieme o tramite alcuni dei suoi membri, fa per i giovani, secondo lo spirito di Don Bosco, dentro e fuori delle nostre opere, in attività organizzate da noi o da altri.(427) Le caratteristiche di questo servizio devono essere frutto della prudente e CORAGGIOSA RESPONSABILITA´ DELLA COMUNITA´ LOCALE, d´ intesa coi Superiori (Ispettore, Consiglio, Capitolo), dentro la pastorale della Chiesa locale, dopo di aver studiata la situazione reale della gioventù del luogo e le possibilità concrete della Comunità.
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b) Atteggiamento d´incontro
La nostra ricerca dei giovani ci porta all´ incontro personale coi gruppi e con ognuno. Il Salesiano, sull´ esempio di Gesù, che ama e cerca l´ incontro personale, in atteggiamento di umiltà e di fiducia. e imitando la bontà di Don Bosco, metta alla base delle sue relazioni pastorali coi giovani il rispetto della persona, l´ accoglienza cordiale, attenta e premurosa, la capacità di ascolto, l´ interessamento per i loro problemi, desideri, divertimenti, iniziative, ecc.(428) Questo incontro progressivo viene cercato dai Salesiani soprattutto negli ambienti e nelle attività in cui i giovani si comportano più spontaneamente. Con spirito di virile semplicità i salesiani cerchino di essere collaboratori e amici dei giovani, sì da arrivare a un vero incontro spirituale, rispettoso e profondo, secondo lo stile e l´ esempio di Don Bosco. Lo zelo pastorale ci spinge sempre a cercare delle occasioni d´ incontro coi giovani più lontani da Dio, anche se tante volte membri delle nostre stesse comunità educative. Questo atteggiamento esige umiltà, rispetto della libertà di coscienza, capacità di sofferenza e opportuna compartecipazione alla loro vita in tutto ciò che è loro gradito.
363
c) Atteggiamento di presenza
Il nostro incontro coi giovani non può essere occasionale, anche se pieno di bontà e di premuroso rispetto: dobbiamo arrivare a stabilire con loro una permanente presenza nel loro mondo, come Gesù che piantò la sua tenda in mezzo a noi, come Don Bosco, che formò coi giovani una vera famiglia. E dobbiamo pure dare ad essi la possibilità di vivere il loro mondo anche all´ interno delle nostre opere. Noi Salesiani oggi dobbiamo quindi ad ogni costo essere fedeli a questa presenza attiva, stimolante, portatrice di vita, adeguata alle esigenze giovanili, rispettosa della loro vera libertà. E´ così che si riscopre e si rivive il vero senso dell´ assistenza salesiana.(429) La Congregazione inoltre deve esaminare se la presenza dei Salesiani tra i giovani sia tale da determinare un influsso benefico su quella parte dei giovani che condiziona la condotta degli altri (universitari, gruppi operai o di giovani poveri, immigrati, ecc.). Nuove opere ed esperienze saranno necessarie per poter essere presenti tra questi settori della gioventù. La collaborazione dei laici arricchirà la nostra presenza tra i giovani, e ci permetterà anche una distribuzione del personale secondo le necessità dei giovani della zona, con esperienze in centri giovanili, in fabbriche, in rioni di periferia.
364
d) Atteggiamento di comprensione
Il mondo giovanile oggi ha un volto nuovo. l suoi valori e le sue manifestazioni sono tanto diversi dal nostro modo di concepire e di vivere la realtà. La permanente presenza e convivenza porta i Salesiani e i giovani alla necessità di una comprensione mutua, viva e concreta.(430) Sulla scia di Gesù, Don Bosco cercò di amare e di capire i giovani e le loro situazioni concrete; capi le loro possibilità e risorse, le limitazioni e le debolezze esistenti nel profondo dei loro cuori. Noi Salesiani dobbiamo cercare di conoscere le tendenze e le esigenze dei giovani, i conflitti sociali di cui sono sovente dei veri accumulatori, gli ambienti pieni di difficoltà e di pericoli ideologici e morali in cui vivono, il ritmo di vita, le leggi della loro convivenza, le apparenze esterne di felicità, le colpe e le debolezze interne.(431) Per favorire questa comprensione, la Comunità dovrà preoccuparsi di essere profondamente giovane e umana, capace di valutare tutte le ricchezze giovanili della società odierna. Abbiamo bisogno di studiare, di riflettere, di osservare, di convivere e di ascoltare i giovani singolarmente e in gruppi, evitando la condanna sistematica e il rifiuto dei loro valori e atteggiamenti. Dobbiamo giudicarli e capirli nell´ ambito del loro contesto e della loro mentalità. Base di ogni comprensione non sono tanto le idee e i ragionamenti, quanto l´ amore.(432)
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e) Atteggiamento di dialogo
Non possiamo rimanere a livello di comprensione dei giovani, ma dobbiamo guadagnarci la loro fiducia per poter arrivare a un dialogo nella ricerca del bene. Don Bosco, seguendo la metodologia del Vangelo, esercitò le diverse modalità di dialogo nel suo Sistema Preventivo, con rapporti di ragione, di religione e di amorevolezza... senza bruciare le tappe, cercando di renderli poco a poco responsabili della loro formazione, da uomini e cristiani liberi. Il dialogo dei Salesiani coi giovani è un richiamo permanente e paziente alla loro libertà interiore, alla loro iniziativa, entro rapporti di comunione fraterna, stimolatrice di vita. A livello personale i Salesiani esercitano il dialogo nel colloquio personale, sia come educatori (nel proporre indirizzi e consigli, dando agio ai giovani di esprimere liberamente i loro pensieri), sia come pastori (nel colloquio personale - anche sacramentale - sui problemi di formazione alla vita di fede, di pietà e d´ impegno apostolico.(433) Il Salesiano non deve dimenticare che il dialogo non si fa solo con le parole, ma soprattutto con la testimonianza e L´ ESEMPIO DELLA VITA. La nostra azione pastorale deve aiutare il giovane ad arrivare, attraverso la parola, a quella vita che è dall´ inizio nella Parola di Dio, luce del mondo, fatta Uomo vivente vicino a noi. Come Don Bosco, i Salesiani inviati da Dio ai giovani si mettono accanto a loro per offrire ad essi un aiuto in Cristo Liberatore.
CAPO QUARTO
OBIETTIVI
E METODO PASTORALE
DI EVANGELIZZAZIONE LIBERATRICE(434)
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Gli atteggiamenti e le attuazioni pastorali del nostro servizio ai giovani, devono essere unificati in vista di uno scopo specifico: L´ educazione a una fede impegnata.(435) Cristo ha vissuto in pienezza la realtà umana; e ogni uomo è chiamato a vivere, in Lui, la propria realtà. Questo implica il passare costantemente (azione pasquale di Cristo) da uno stile egoista di vita a una vita di comunione piena. A ciò tende l´ evangelizzazione liberatrice della Chiesa, attraverso la Parola proclamata (catechesi), la Parola celebrata (Liturgia), la Parola vissuta (gruppi, comunità). La formazione a una fede impegnata ha una sua dinamica che deve coinvolgere tutti questi elementi. Qui risiede il fulcro del rinnovamento pastorale delle nostre comunità e dell´ intera Congregazione. Ci incontriamo con adolescenti e giovani riuniti in gruppi spontanei (o meno) nella scuola, nei centri giovanili, nei pensionati, nei convitti, nei movimenti apostolici (JOC, Azione Cattolica, ecc.). Soltanto nello studio reale di questi gruppi e nella scoperta dei processi da promuovere troveremo la nostra ubicazione di educatori. Se le comunità salesiane non organizzeranno le proprie attività alla luce di questa dinamica, si troveranno al margine della vita dei giovani, anche se tante volte saranno vicine a loro nello spazio, per le esigenze dell´ opera in cui si incontrano.(436) Ma così il messaggio liberatore del Cristo non opererà la trasformazione dei giovani, non impegnerà la loro vita nella fede. Analizziamo brevemente gli elementi graduali e complementari di questa dinamica.
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a) A partire dalla realtà
Il nostro servizio pastorale deve avere il suo punto di partenza dalla realtà concreta delle persone a cui si rivolge. Per i preadolescenti e gli adolescenti è il loro mondo interiore che ha bisogno di strutturarsi, di mutarsi e di aprirsi verso le persone e l´ ambiente che li circonda. La realtà del giovane è il trovarsi inserito in un determinato ambiente e processo storico, e sentirsi animato da un particolare bisogno di trasformare le condizioni di vita sociale. La scoperta della relazione e dell´ influsso, e quindi della responsabilità, del proprio agire su questa realtà è il primo passo (Pasqua) da fare: è il campo naturale nel cui ambito si dovranno sviluppare poi ulteriori e progressivi compiti. Per questo, tutta la nostra azione, dentro o fuori delle nostre opere, deve cooperare come autentico reattivo di mutamento allo scopo di instaurare il Regno di Dio.
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b) Ripensata e vissuta in gruppo
Troviamo il giovane immerso nel gruppo naturale, in una veloce ricerca di obiettivi diversi, tante volte carichi di interessi momentanei, superficiali e alienanti. Il nostro servizio pastorale deve impegnarsi nella promozione e animazione dei gruppi, innestandoli nelle realtà concrete, offrendo iniziative capaci di interessare i giovani, stimolando la loro creatività e la scoperta dei valori evangelici spesso già presenti in esse. La vita ordinaria opportunamente utilizzata, offre occasione ad attività di gruppo nei diversi settori: sociale, culturale, apostolico, ricreativo... Mediante tali attività aiutiamo i giovani e i gruppi all´ impostazione dei problemi e alla corrispondente riflessione.(437) Gli interrogativi più fondamentali della vita, enucleati in questa riflessione di gruppo a partire dalle attività e dall´ esperienza, sono la piattaforma della pedagogia della fede: creano nel giovane il bisogno di risposte e di soluzioni universali e definitive. Tale dinamica di attività-riflessione del gruppo aiuta i giovani a prendere coscienza della situazione reale della loro vita nel mondo.
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c) Mediante la Parola di Dio
La Parola di Dio studiata e meditata personalmente e nel gruppo, fa trovare al giovane la risposta agli atteggiamenti di Cristo. In contatto con lo Spirito di Dio e con l´ esperienza cristiana della comunità, egli incomincia a partecipare all´ autentica comunione di fede e acquista una progressiva coscienza cristiana.
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La presa di coscienza implica l´ analisi e il giudizio di se stesso e dell´ ambiente; lo stimola a impegni progressivi sia nella scoperta dei valori cristiani e umani sia nella denuncia dei disvalori esistenti nella propria vita e nelle ingiuste situazioni sociali.(438) La Parola di Dio accolta nell´ intimità e vivificata nella comunità in preghiera, nutre la progressiva conversione del giovane, maturandolo nella mentalità impregnata delle beatitudini, e liberandolo dalle categorie imposte da una società consumista, schiava dell´ utilità e del piacere. Dobbiamo impegnarci nei mezzi rinnovati e aggiornati che offrono ai giovani la possibilità dell´ incontro con la Parola viva del Signore: la Liturgia, lo studio e la meditazione della Bibbia, la riflessione personale, la revisione di vita in gruppo, il colloquio breve e profondo coll´ educatore, la buona notte come mezzo che illumina sul valore cristiano degli avvenimenti...(439)
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d) Nella Liturgia
La Parola del Signore, viva ed efficace nella Liturgia, porta il giovane alla scoperta e all´ identificazione col Cristo Risorto: desta in lui l´ atteggiamento pasquale di morte e risurrezione a vita. Inserito in Cristo vivo e presente, il giovane crede e partecipa alla risurrezione di Gesù come a un proprio avvenimento attuale. Attraverso la croce Gesù si fa veramente libero e, risorto, diventa per sempre il Grande Liberatore degli uomini. Il giovane, che nella Liturgia si unisce in Cristo ai fratelli, scopre il senso della lotta per la liberazione dal peccato proprio e altrui, come da una situazione di ingiustizia e di negazione dell´ uomo nuovo. Il corpo di Cristo risorto; ricevuto nella mensa fraterna dell´ Eucaristia, trasforma la vita del giovane, lo libera dall´ egoismo e lo sprona all´ impegno per gli altri con un senso di festa nell´ interno e di comunione visibile con tutta l´ umanità.(440) La Liturgia penitenziale nella confessione-sacramento fa sperimentare ai giovani la gioia della riconciliazione con Dio e coi fratelli, e la vera liberazione che è anche tensione costante verso la santità, verso l´ assoluto dell´ amore di Dio e del fratello,(441)
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Oggi più che mai dobbiamo aiutare i giovani a riscoprire il valore impegnativo della preghiera: essa rinvigorisce la fede, desta atteggiamenti di ascolto, di ricerca e di adesione allo Spirito, favorisce l´ interiorizzazione e fa comunità con Cristo e in Cristo. Nella certezza che Cristo è vivo e presente, nella lotta gioiosa e illuminata, i giovani vivono la purezza positiva e serena, come vera liberazione da ogni egoismo, pienezza dell´ amore e slancio per l´ impegno apostolico. Come Don Bosco, noi Salesiani consideriamo nostro pregio e caratteristica il proposito di stimolare la purezza nei giovani, come segno della presenza di Cristo, in essi operante.(442) Accanto ai giovani si trova Colei che è Madre e Ausiliatrice della loro vita e della Chiesa.(443) E´ il loro modello nell´ azione cristiana. Con il suo fiat dà loro l´ esempio del mettersi a disposizione de] piano di amore con cui Dio ha voluto liberare gli uomini in Cristo. Fedeli anche in questo a Don Bosco, noi Salesiani rinnoviamo il nostro impegno per portare i giovani, sin da piccoli, alla devozione e all´ amore a Maria Ausiliatrice, rivivendo e aggiornando a questo scopo le più svariate iniziative.
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e) Per l´impegno apostolico in comunità
La conversione attraverso la parola di Dio e la trasformazione tramite la vita liturgica, fa dei gruppi giovanili vere comunità cristiane, impegnate nel servizio concreto, integrale, verso i più poveri. Imparano così a scoprire, amare e fare Chiesa come segno efficace di comunione e servizio, testimone e messaggero fedele di un Vangelo che libera l´ uomo e fa rivivere il programma della Cresima. Nel seno dei gruppi cristiani, è nostro compito aiutare i giovani a vivere i loro impegni sociali, dal dovere professionale di ogni giorno, fino allo sforzo per la liberazione dei fratelli e l´ instaurazione, in sé negli altri, della giustizia e dell´ amore. A tale scopo gioverà molto il contatto e anche l´ integrazione con movimenti cristiani già esistenti; ciò dà ai giovani un maggior senso di efficacia, una progressiva coscienza di Chiesa, e una maggiore garanzia di continuità. Il vero impegno sociale e politico deve sgorgare dalla riflessione sulla Parola di Dio e dalla preghiera comunitaria. Senza predeterminare da parte nostra i giovani a opzioni concrete, la nostra azione illuminatrice deve aiutarli a scoprire le situazioni obiettive di peccato, trovarne gli interrogativi sottostanti, interrogare il Vangelo, instaurare una vera e spassionata riflessione e scegliere l´ azione sempre rinnovata, che corrisponde progressivamente alle esigenze evangeliche. Il nostro aiuto dovrà essere sempre vicino ad essi, in base alla nostra missione di pastori nelle loro comunità.(444)
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Come Don Bosco, dobbiamo impegnarci nell´ orientamento, nella formazione e maturazione delle vocazioni apostoliche nella Chiesa: gruppi di leaders, vocazioni sacerdotali e religiose. E´ il coronamento di tutto il lavoro pastorale coi giovani: aiutarli a individuare il proprio posto nella Chiesa, a fare opzione per uno stile di vita dichiarata, in base a questa visione cristiana Questa pastorale specifica delle vocazioni suppone la pastorale generale giovanile e si innesta in essa; esige un serio lavoro di valutazione e di ridimensionamento della nostra azione. Senza trascurare la formazione di ambienti e di gruppi più estesi, dovremo curare molto la formazione dei giovani più scelti, da parte di confratelli qualificati nella conoscenza dei valori giovanili attuali, ma soprattutto dotati di grande spirito di fede. Questi con l´ esempio più che con le parole sapranno suscitare nei cuori dei giovani amore ed impegno per la causa del Vangelo.
CAPO QUINTO
PRINCIPALI STRUTTURE DI ATTUAZIONE
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L´ azione salesiana si svolge entro alcune strutture, che devono incarnare le sue caratteristiche e nelle quali la Comunità Educativa può assumere gli atteggiamenti voluti. La nostra trattazione si occuperà soltanto di quelle strutture che per la riaffermazione della loro attualità o per la maggior risposta che danno alle esigenze locali, sono più diffuse, senza escludere la validità di ogni altra forma che incarna la missione e lo spirito di Don Bosco tra i giovani. Tratteremo anche dell´ azione in strutture non salesiane.
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Oratorio-Centro Giovanile
I confratelli quasi all´ unanimità hanno confermato la priorità e l´ attualità di quest´ opera.(445) Si accusa la precaria situazione generale dell´ Oratorio quasi dappertutto, e se ne propone un rilancio effettivo. Ciò comporta un aggiornamento metodologico, un´ apertura a tutta la gioventù alla cui formazione si impegnano i Salesiani con una sensibilità viva dell´ ambiente in cui operano.(446) La grande plasticità di quest´ opera, che è una delle manifestazioni più genuine di come viene assimilato il pensiero di Don Bosco in Congregazione, ha portato a una grande versatilità e a una grande diversità di maniere di organizzarla.
I tratti più comuni che la caratterizzano sono:
- esistenza di gruppi numerosi di fanciulli e di giovani, principalmente bisognosi, con diverse organizzazioni o attività proprie;
- diverso grado di maturità umano-cristiana e di impegno dei singoli e dei gruppi, come pure una gradualità del loro inserimento nelle attività e nella vita dell´ Oratorio-Centro Giovanile;
- insieme variato di attività sviluppatesi, tra l´ altro, in un impiego formativo del tempo libero;
- un clima di spontaneità e di famiglia in cui i Salesiani, i loro collaboratori e i giovani condividono tutto, creando tra loro un vivo senso di fiducia e di appartenenza.(447)
Non solo quanto all´ organizzazione, ma anche quanto al nome troviamo una grande diversità in Congregazione: Oratorio, Centro Giovanile, Club dei Giovani, Club Don Bosco... Per ragioni pratiche il CGS rinuncia a tentare una uniformità di terminologia a livello mondiale. Ogni Ispettoria o Regione userà il nome che parrà più adeguato alle circostanze locali.
Quest´ opera è un servizio comunitario che tende alla evangelizzazione e catechesi dei giovani di una zona, con attività prevalentemente di tempo libero organizzate in forme aperte, innestate nella vita, aderenti alla loro psicologia e rispondenti ai loro interessi più vivi e vari. Ha una dimensione missionaria molto più chiara che altre opere giovanili. L´ azione pastorale, oltre che estendersi anche alle famiglie, si dirige ad altri giovani, ragazzi e fanciulli che si trovano fuori delle sue mura.(448)
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E´ indispensabile che si crei nell´ Oratorio-Centro Giovanile la Comunità Educativa.(449) Gli Ispettori destinino a quest´ opera, con priorità, personale salesiano dotato di creatività pastorale e capace di lavoro inéquipe. I Collaboratori laici, oltre all´ occuparsi di quei ruoli amministrativi che si crederà più conveniente affidare loro, arricchiscono l´ azione pastorale nell´ animazione dei gruppi, nella catechesi e in altre attività formative. Danno inoltre una testimonianza di vita cristiana in forma diversa dalla nostra.(450) Si cerchi in modo speciale la collaborazione dei genitori. Nell´ Oratorio-Centro Giovanile si impone anche la formazione di collaboratori tra i fanciulli e i giovani, che dimostrino più abilità e disposizione per le diverse mansioni che si possono loro affidare.(451) Il personale salesiano e laico sia adeguatamente preparato e si impegni in una continua riqualificazione del proprio servizio.
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In quest´ Opera, noi Salesiani vogliamo offrire ai giovani l´ occasione di superare se stessi, di scoprire e sviluppare le proprie risorse. Perciò più che preoccuparci delle cose che attirano i giovani, dobbiamo svegliare in loro i grandi problemi e gli ideali latenti; guidare e vivere la loro trasformazione, aiutandoli sulla via delle realizzazioni concrete, con la testimonianza dell´ esempio più che con le parole.(452) La nostra preoccupazione consisterà sempre nel creare un ambiente ideale per l´ incontro tra educatori ed educandi, cercando insieme di arrivare alla formazione della mentalità propria dell´ uomo nuovo in Cristo, per l´ instaurazione del Regno di Dio. Sarà allora una mentalità nuova di impegno per la giustizia, che farà dell´ opera salesiana un vero fattore di mutamento delle realtà umane e sociali. Le diverse attività dell´ Oratorio-Centro Giovanile offrono all´ azione pastorale molti mezzi, valori e occasioni per la completa formazione del ragazzo e del giovane. Con esse si riesce a dare un indirizzo ricreativo e formativo all´ impiego del tempo libero. I diversi gruppi trovano le più svariate possibilità di coltivare le loro attitudini, di sviluppare il senso sociale mediante la convivenza e la collaborazione, di sensibilizzarsi ai valori spirituali e di partecipare al processo di evangelizzazione liberatrice. Poiché la promozione e la formazione cristiana dei giovani deve innestarsi nella loro vita, si ammette la partecipazione delle ragazze in quelle attività in cui, secondo le esigenze concrete dei diversi luoghi, è conveniente la loro presenza.(453)
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Non tutti i giovani né tutti i gruppi giovanili che vengono all´ Oratorio-Centro Giovanile hanno lo stesso grado di maturità umano-cristiana. Un´ organizzazione flessibile deve permettere l´ esistenza di gruppi con impegno sempre più serio, sia in campo religioso che in quello sociale. Dobbiamo riconoscere che una delle attuali difficoltà in cui si trova questa opera è appunto la mancanza di possibilità di intraprendere, da parte dei giovani, un´ azione a fondo per soddisfare ideali di aiuto al prossimo e di servizio di Dio come laici. Come cambia continuamente la situazione sociogeografica delle città, così si deve rivedere e ridimensionare continuamente l´ azione dell´ Oratorio-Centro Giovanile nelle sue diverse forme, adeguandola alle nuove richieste. Le attività dell´ Oratorio-Centro Giovanile siano inserite entro la Pastorale d´ insieme della Chiesa locale. Uno speciale rapporto lo abbia con la parrocchia salesiana se è nel suo territorio. Si prendano accordi opportuni per i necessari collegamenti con i movimenti e le organizzazioni apostoliche laiche e con le argomentazioni civili che si interessano della gioventù.
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La scuola
Il nostro mondo è sottoposto a rapidi e profondi mutamenti in tutti i settori della vita. L´ esplosione demografica, il fenomeno della socializzazione e pianificazione regionale di tutte le attività e la promozione socioculturale hanno delle risonanze significative in campo scolastico, provocando crisi sulla natura, funzione, contenuti e metodi di essa. E´ in corso in molti Paesi una completa ristrutturazione rispondente alle esigenze della nuova cultura. Tutti avvertiamo la gravità ed espansione di questo disagio che coinvolge una buona parte del nostro tradizionale campo educativo. Le linee di soluzione di questo complesso settore dovranno essere studiate e avviate d´ accordo con le singole Conferenze Episcopali alle quali le nostre scuole vanno soggette.(454) Meritano speciale attenzione le condizioni concrete di esistenza e di funzionamento delle nostre scuole, principalmente perché molti confratelli non vedono realizzate in esse le condizioni che rendono pienamente pastorale la loro azione.(455) Il CGS invita quindi le singole comunità ispettoriali e locali a vedere se nelle molte scuole salesiane, anche in quelle di istruzione tecnico-professionale, si verificano le condizioni stabilite dal CG XIX e da questo documento, perché le scuole siano un vero apostolato salesiano.(456)
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Il Concilio Vaticano II ha situato la scuola cattolica in una prospettiva molto valida nella crisi attuale: essa è, anzitutto, una comunità, permeata dello spirito evangelico di libertà e di carità.(457) Spetta a tutti, educatori e giovani, il compito di costruire la comunità di vita con la collaborazione dei genitori.(458) Ma tocca al Salesiano una parte speciale. Il sacerdote, in quanto ministro della Parola e dei Sacramenti e in quanto pastore, ha dei compiti propri, entro i quali si inserisce la sua funzione di insegnante.(459) Al confratello Coadiutore, soprattutto nelle scuole di istruzione tecnica e professionale, spetta in modo speciale il dare ai giovani una visione cristiana del lavoro,(460) che li aiuti a inserirsi nel mondo della loro professione con tutti i suoi problemi, senza perdere di vista i valori soprannaturali. In questo aiuta molto lo stare in contatto con quei movimenti apostolici che si occupano dell´ evangelizzazione della classe operaia.
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Perché la scuola sia comunità, l´ insegnamento non può essere un puro fatto tecnico. ma un incontro tra persone. Si esige dagli insegnanti che rispettino il pluralismo dei doni e l´ originalità dei singoli e che portino tra i giovani una presenza diretta di testimonianza, di educazione e di evangelizzazione graduale. Solo così la scuola sarà un apostolato, in cui essi sono maestri di vita nella verità, nella giustizia e nell´ amore.(461) La comunità scolastica è una comunità aperta al dialogo. In essa il giovane sviluppa in maniera creativa la propria personalità. Sempre in comunità, vi approfondisce la propria ricerca sino a scoprire il vero senso del creato e della storia, che si nasconde in ciò che studia e nelle tecniche che impara.(462) Il dialogo riguarda anche il futuro del giovane. La scelta di uno stato o di una professione ha un´ importanza trascendente. E´ un´ opera di tutta l´ azione pastorale della comunità aiutare il giovane a conoscere la propria vocazione, approfondirne i motivi e prepararsi a viverla pienamente. Sarà cura precipua delle nostre scuole la ricerca e l´ orientamento di buone vocazioni ecclesiastiche e religiose, fra il mezzo milione di giovani che le frequentano. Imprescindibile è anche la loro funzione di formare dirigenti cristiani per la società, professionalmente e tecnicamente capaci di essere fermento cristiano in mezzo agli altri che non hanno ricevuto l´ educazione cristiana.
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Le scuole salesiane conservino la loro tradizionale caratteristica popolare, che evita ogni discriminazione economica, sociale, razziale. Nei nostri ambienti la convivenza di giovani di origine e di indole diversa, se vissuta in clima di comprensione e di dialogo, arricchisce molto l´ educazione e porta allo stabilirsi di amicizie veramente cristiane. L´ Ispettore col suo Consiglio, udito il parere della comunità locale, studi il modo di risolvere il problema economico e finanziario per non chiudere le porte ai giovani poveri e bisognosi. Nei casi in cui ciò si rendesse impossibile, studi la possibilità di cambiare alla comunità il tipo di servizio che offre alla gioventù. Il CGS insiste che le nostre scuole siano SCUOLA A TEMPO PIENO, con la promozione di tutte le attività parascolastiche ed extrascolastiche atte a completare la formazione del giovane, nello spirito di famiglia proprio della Casa salesiana.(463) Queste attività, pur nella loro semplicità, non si cristallizzino in schemi abituali; vi collaborino tutti gli educatori, salesiani e laici. A seconda della maturazione degli alunni, si sviluppi l´ associazionismo attraverso i diversi gruppi di riflessione e di vita.(464)
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Siano anche SCUOLA APERTA alle necessità locali più urgenti per la diffusione della cultura tra i giovani poveri e per la qualificazione tecnica e umanistico-culturale delle classi popolari, specialmente degli emarginati dalla cultura. Con tutti i mezzi suggeriti da un´ immaginazione creatrice, si promuova l´ impostazione di maniere di vivere più umane e più giuste, e perciò stesso più cristiane.(465) Speciale cura si deve avere per non creare nei giovani l´ ambizione di avere sempre di più, invece che tendere a essere sempre più. Ugualmente si eviti di offrire l´ occasione a ogni specie di evasione o di alienazione dall´ ambiente sociale da cui provengono gli allievi. Per questo le scuole siano profondamente inserite nella società locale. Per incidere positivamente nel processo di evoluzione della scuola e per mantenerla in costante rinnovamento, i Salesiani propongano e promuovano nella Comunità educativa una costante verifica e revisione dei contenuti dell´ insegnamento, delle dinamiche impiegate, della cultura che vi si trasmette, dei valori ricercati e ricreati insieme, delle loro relazioni col sistema sociale, del modello di uomo che vi si forma, dell´ educazione alla fede che garantisce e della pastorale vocazionale che si svolge in essa.(466) Le nostre scuole cerchino un´ intima collaborazione con gli altri istituti educativi nell´ ambito della pastorale d´ insieme, a tutti i livelli. Dove sia possibile, Salesiani sufficientemente preparati cerchino di intervenire, in maniera diretta o indiretta, negli organi competenti dai quali dipende l´ orientamento e l´ ordinamento del sistema educativo nazionale e regionale.(467)
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Sarà opera di un ridimensionamento non solo quantitativo, ma anche qualitativo delle scuole, il metterle in condizione di raggiungere gli scopi sopramenzionati. Se da un esame attento della situazione risultasse che qualche nostra scuola non corrisponde a queste esigenze, sarà nostro dovere verso la Chiesa, verso la società civile e la Congregazione, il passare coraggiosamente al rinnovamento di questa scuola, oppure alla sua chiusura d´ accordo con l´ autorità ecclesiastica locale, se questo si rendesse necessario.(468) Per evitare una tale situazione critica, le scuole salesiane assumano quegli atteggiamenti veramente pastorali che, nello spirito del sistema educativo di Don Bosco, fanno della scuola la parrocchia dei giovani. Là il salesiano, nella ricerca, nell´ incontro, con la sua presenza, con la comprensione e nel dialogo porterà il giovane al Vangelo che lo libera e lo salva.
Pensionati e Convitti
Il Pensionato è un´ istituzione in cui vive il giovane, che va a scuola o al lavoro fuori della casa salesiana. Il Convitto (o collegio) è un´ istituzione, in cui il giovane vive e insieme frequenta i corsi scolastici. a) Servizio che offrono ai giovani
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a) Servizio che offrono ai giovani
Il Pensionato e il Convitto vengono incontro ai bisogni di tante famiglie che sono obbligate a inviare i figli in centri di studio o di lavoro, o che vogliono dare ai figli un´ educazione cristiana più intensa.(469) Quanto ai Pensionati, si deve fare menzione anche di quelli per lavoratori o per studenti universitari, lontani dalle loro famiglie. I Convitti poi vengono incontro anche a uno dei più gravi problemi attuali nel campo giovanile: quello dei giovani orfani o comunque abbandonati a se stessi. Oltre la considerazione del servizio sociale che offrono queste opere, è necessario, per stabilire la loro validità quanto alla missione dei Salesiani oggi, considerare l´ azione pastorale che vi si può svolgere. Offrono ai giovani una concezione della vita e una formazione morale e religiosa, che non riceverebbero se abbandonati a se stessi. Li aiutano a prepararsi a un inserimento attivo e cosciente negli ambienti di scuola o di lavoro e poi nella società, con senso cristiano e apostolico.(470) Tutto questo fa sì che sia valido il mantenere Pensionati e Convitti, quando nella COMUNITA´ EDUCATIVA si creano le condizioni adatte per rendere possibile l´ attuazione degli atteggiamenti pastorali di cui parla questo documento.(471)
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b) Rinnovamento pastorale dei Pensionati
Le case siano tali da promuovere quell´ atmosfera familiare, che è tanto necessaria in questo tipo di lavoro salesiano. E´ fondamentale che ogni categoria di giovani abbia il suo ambiente distinto. Le norme disciplinari, poi, siano adattate all´ età e allo sviluppo dei giovani. Gli educatori, salesiani e laici, che lavorano nei Pensionati, cerchino di aggiornarsi continuamente in tutto quanto riguarda il proprio lavoro. Abbiano frequenti contatti con l´ ambiente di scuola o di lavoro dei giovani, il che è necessario per il fatto che questi vanno a scuola e al lavoro fuori di casa. I giovani siano aiutati, quando è possibile, a mantenere frequente contatto con i propri insegnanti. Siano anche invitati a recarsi frequentemente in famiglia, sviluppando così ulteriormente le loro relazioni naturali con essa. I giovani, a seconda della loro età e sviluppo, partecipino alla organizzazione della vita del Pensionato. Ci sia una programmazione delle attività dirette alla formazione dei giovani come cristiani autonomi e coscientemente responsabili. Queste non si restringano alla vita nell´ ambiente del Pensionato, ma portino a un dialogo che abbia come base i problemi della società che si riflettono negli ambienti di scuola e di lavoro che frequentano.(472) In tale maniera, vengono preparati ad adempiere la loro missione nella famiglia, nella società e nella Chiesa.
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c) Rinnovamento dei Conviti
Non è possibile pensare al rinnovamento delle nostre opere per giovani interni se non le consideriamo fondamentalmente come fatto di vita più che come fatto scolastico. Solo nell´ ambito della comunità educativa, facendo leva sulla situazione dei giovani, si potrà ottenere una convivenza serena e allegra tra educatori ed educandi, una spontaneità di atteggiamenti e una graduale ma sempre più intensa disponibilità a una mutua collaborazione.(473) Il giovane convittore va formato come personalità dotata di coscienza attiva e libera, così che la vita cristiana possa essere gradualmente vissuta in sempre maggior profondità e la responsabilità possa essere la più spiccata dote di un uomo, che in un prossimo futuro dovrà fare scelte impegnative di fronte a Dio, a se stesso e alla società.
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I Salesiani devono essere convinti che è necessaria una graduale partecipazione sia dei giovani che dei genitori, all´ organizzazione della vita e della attività del convitto. I giovani devono essere considerati come corresponsabili nel lavoro educativo dei Convitti e formati per le responsabilità, che dovranno assumere progressivamente durante il tempo della loro permanenza tra di noi. Si programmino con loro le varie iniziative evitando in accordo con i tre capisaldi del nostro sistema (ragione, religione e amorevolezza) ogni imposizione non motivata, per quanto riguarda soprattutto la vita di preghiera. La formazione alla vita sociale e apostolica, a cui non deve essere estranea la famiglia quando sia possibile, trova nel Convitto un campo propizio: sono molte le responsabilità che si possono affidare ai convittori. Attraverso la formazione di gruppi più impegnati, animati da un educatore, i giovani vengono a contatto con i vari problemi della regione. Per tutto questo ci sia un´ organizzazione flessibile delle diverse attività del convitto.(474) Un problema da curare attentamente è quello della perseveranza. Si formino convinzioni profonde e si tenga sempre presente la vita del giovane dopo uscito dal Convitto, più che la sua vita nel Convitto stesso, specialmente per ciò che riguarda la formazione catechistica e liturgica.(475)
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Il CGS invita perciò le Ispettorie a promuovere esperienza ben condotte di Convitti organizzati in maniere di verse e adatte ai bisogni dei giovani d´ oggi.
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Servizio fuori delle nostre opere
Molti giovani non possono essere raggiunti attraverso le nostre opere ordinarie, ma soltanto nel loro ambiente naturale e nel loro stile di vita spontaneo. In collegamento con le istanze educative e pastorali della Chiesa locale, e inviati dalla comunità Ispettoriale o locale, i Salesiani portino tra questi giovani una presenza diretta di testimonianza, di educazione e di graduale evangelizzazione. Però sia sempre la comunità ad assumersi la responsabilità, anche perché ci sia continuità in questo lavoro.(476) In questo servizio enumeriamo le cappellanie e l´ assistenza che diamo alle Figlie di Maria Ausiliatrice, ai nostri Cooperatori e agli Exallievi. Ci possono essere inoltre tanti bisogno della Chiesa locale, con cui i Salesiani sono invitati a collaborare, in istituzioni o in movimenti apostolici non diretti da noi, oppure con la creazione di comunità destinate a un servizio speciale nel settore della Pastorale Giovanile. L´ Ispettore col suo Consiglio, entro le possibilità concrete della Ispettoria, provvede a questi bisogni.(477)
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Il CGS crede questo argomento così importante e attuale che tutta la Comunità Ispettoriale deve prenderne coscienza. Per questo motivo, pur riservando all´ Ispettore col suo Consiglio quella libertà di provvedere ai singoli casi nella misura in cui lo richiede il bene delle anime, il CGS giudica molto opportuno e conveniente che l´ argomento del servizio salesiano fuori delle nostre opere sia trattato con realismo e coraggio dal Capitolo Ispettoriale, il quale terrà conto della situazione e dei bisogni delle nostre opere. Per le modalità pratiche di quanto si espone in questi orientamenti dottrinali-pastorali, si vedano le Costituzioni e i Regolamenti.
CAPO SESTO
ORIENTAMENTI OPERATIVI
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Alcune constatazioni, ricavate dalla Relazione Generale sullo stato della Congregazione e dalla documentazione dei CIS, mettono in luce alcuni aspetti su cui basare i nostri sforzi per un rinnovamento efficace.(478) a) In molti posti dove sono state applicate le deliberazioni pastorali del CG XIX non si è dovuto attendere molto per constatare la fecondità della nostra azione pastorale, che si è rivelata più profonda e incisiva. Le iniziative, in questi casi, erano state studiate, programmate e attuate con impegno da tutta la comunità. b) In altre parti però il rilancio dell´ azione pastorale dei Salesiani e l´ applicazione degli indirizzi proposti dal CG XIX hanno trovato incertezze e ritardi. Molte volte è venuta meno la corresponsabilità della comunità, che stentava a fare in forma comunitaria la programmazione, la realizzazione e la revisione degli obiettivi fondamentali delle opere e del lavoro che si svolgeva. Inoltre, non si è raggiunta la piena collaborazione dei laici: essi, oltre a lasciarci un ruolo pastorale più diretto, ci permetterebbero una dedizione maggiore ad attività schiettamente pastorali. I laici dovrebbero assumersi funzioni amministrative attualmente esercitate da noi. In mancanza di ciò hanno preso un posto troppo prevalente altre preoccupazioni, importanti sì, ma secondarie, quali la disciplina, l´ economia, i risultati scolastici o sportivi, ecc. c) Infine può essere mancata la preparazione o l´ inclinazione a rispondere alle esigenze della pastorale giovanile in determinate opere. E´ stata assente anche l´ inventiva apostolica. La missione salesiana non ha saputo trovare in molti posti quella PRESENZA NUOVA che esigeva un mondo in trasformazione. Molto del CG XIX è rimasto sulla carta.
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Consapevole di questo, nella speranza di poter ottenere un´ applicazione fruttuosa di quanto è stato presentato sopra, il CGS fa suoi i seguenti orientamenti operativi:
A) Riguardo alla pastoralizzazione dell´azione.
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1. Il rinnovamento dell´ azione pastorale della Congregazione e delle singole Ispettorie, nella mente del CGS, si otterrà soprattutto mettendo decisamente in pratica i seguenti postulati della dottrina sulla COMUNITA´ EDUCATIVA: a) la corresponsabilità (nel governo delle opere) degli educatori religiosi e laici, dei giovani e delle loro famiglie; b) la programmazione e la revisione periodica di tutta l´ azione educativa della Comunità; c) la creazione di un autentico clima di famiglia, nel quale la presenza attiva e fraterna dell´ educatore è condizione indispensabile; d) la demassificazione di tutta la comunità giovanile, organizzandola, secondo l´ età e la preparazione, in sezioni e gruppi.
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2. Il Salesiano educatore, responsabile davanti a Dio e alla società di un servizio che deve essere il più adatto ai bisogni del giovane in concreto, deve stare in continuo atteggiamento di creatività e slancio pastorale; questa creatività individuale, inserita nella comunità locale e ispettoriale, vi troverà la sua guida e il suo stimolo.
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3. Elemento essenziale della nostra azione pastorale e sua conseguenza naturale è la promozione e la cura delle possibili vocazioni religiose e sacerdotali, e di quelle di giovani impegnati, come uno dei servizi più responsabili e immediati della nostra azione pastorale.
B. Riguardo ai nostri servizi nelle diverse strutture.
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I Capitoli Ispettoriali e i Consigli Ispettoriali e locali studino la realtà attuale dei loro servizi alla Chiesa e ai giovani, per realizzare quanto prima un coraggioso e sereno ridimensionamento delle opere, sia riguardo al loro numero e complessità, sia riguardo alla loro finalità specifica e alla loro ubicazione. I criteri che devono dirigere questo ridimensionamento si riassumono nelle seguenti linee: a) Il principale criterio perché un´ opera rimanga aperta o venga chiusa è la possibilità o meno di autentica azione pastorale in essa: è inammissibile, parlando in generale, che continui a esistere un´ opera che logora e consuma i confratelli in un´ organizzazione meccanica e pastoralmente inefficace; b) Le opere devono aprirsi decisamente ai bisogni concreti della zona in cui si trovano; c) Si riduca la complessità delle opere quanto a sezioni, insegnamento e altre attività, semplificando la loro finalità e, se necessario, frazionando le opere con personale proporzionato; d) Le attività tra i giovani in strutture da noi non organizzate devono essere proporzionate all´ urgenza del nostro servizio di animazione, alle richieste della pastorale d´ insieme e alle possibilità dei nostri impegni.
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2. Si organizzino servizi o Centri di Pastorale Giovanile a livello ispettoriale, nazionale o regionale, con Salesiani adeguatamente preparati e dediti completamente a questi compiti.
295)Cfr UR 6.
(296)Cfr PC 2.
(297)La FEDELTA´ allo spirito del Fondatore è uno dei principi del rinnovamento in corso e uno dei criteri più sicuri di ciò che ciascun Istituto deve eventualmente intraprendere (ET 11).
(298)MB XVI, 416.
(299)MB VII, 457.
(300)MB XVIII, 127.
(301)Non è un´ istituzione, ma piuttosto una caratteristica dello spirito salesiano che pervade tutte le forme dell´ influsso apostolico della gioventù maschile e femminile, indistintamente, complessivamente. Per l´ Oratorio, così come don Bosco storicamente l´ ha attuato, non intendiamo l´ istituzione ma piuttosto uno spirito di inserimento nell´ ambiente con sensibilità missionaria nei confronti dei giovani poveri... così inteso l´ Oratorio richiama veramente quanto don Bosco ha fatto ed ha voluto, e l´ Oratorio diventa ancor oggi la matrice delle opere salesiane e il continuo appello a ciò che il Salesiano deve essere. (Radiografia I CIS, Ispettoria Lombarda). L´ Oratorio così concepito non sarebbe più un´ opera salesiana tra le altre, ma la formula fondamentale di tutte le opere salesiane di pastorale giovanile, portata avanti da una comunità di salesiani, pastori di giovani, al servizio di tutti i giovani di una zona, con un movimento delle attività più diverse... Del resto nelle origini l´ Oratorio è stato proprio questo. (Radiografia I CIS).
(302)P. RICALDONE, L´ Oratorio festivo, Torino 1940 p 2.
(303)ALBERA, Lettera Circolare p 123.
(304)All´ età di dieci anni io facevo quello che era compatibile alla mia età, e che era una specie di Oratorio festivo (MO p 27).
(305)MB I, 425.
(306)Questo è il primordio del nostro Oratorio che, benedetto dal Signore, prese quell´ incremento che certamente non avrei potuto allora immaginare (MO p 127).
(307)Don Bosco: Piano Regolamento per l´ Oratorio in P. BRAIDO, Scritti sul Sistema Preventivo, Brescia 1965 p 362.
(308)MO p 22 ss.
(309)MB II, 462.
(310)MB XVIII, 528.
(311)MB I, 32; II, 298.
(312)MO p 23 n 158.
(313)MO p 23.
(314)MO p. 24.
(315)MO p. 24.
(316)Don Bosco: Piano di Regolamento per l´ Oratorio in P. BRAIDO, Scritti sul Sistema Preventivo, Brescia 1965 p 360.
(317)Piano... p 361.
(318)MB IX, 295. Secondo la mente di don BOSCO, quegli Oratori in cui non si facesse il Catechismo, non sarebbero che ricreatori (M. RUA, Lettere Circolari Torino 1965, cfr P. ALBERA, Lettere Circolari p 130) p 388.
(319)Piano... p 369.
(320)Piano... p 380.
(321)Piano... p 162.
(322)Piano... p 362.
(323)MB IX, 569; XIV, 90.
(324)MB III, 196-197.
(325)MO p. 194.
(326)Piano... p 363-364.
(327)MB II, 98; cfr Cost. e Regol. 1966 p 171; art 86, 87, 88, 101.
(328)MO p 135.
(329)MO p 135.
(330)MO p 135.
(331)MO p 135.
(332)MB II, 299.
(333)MB II, 300.
(334)Sono sempre andato avanti come il Signore mi ispirava e le circostanze esigevano (MB XVIII, 127).
(335)MO p 35.
(336)Tre note caratteristiche disse appartenere all´ indole della Congregazione: grande attività, non mai urtare di fronte gli avversari, e, se non si può lavorare qua, andare là (MB XI, 83).
(337)PO p 153
(338)MB IV, 295-298.
(339)MB XVI, 323.
(340)MO p 136.
(341)MO p 16; cfr MB V, 882; VII, 587 sul mandato di Pio IX a don Bosco di scrivere le sue memorie.
(342)Vi parlerò... degli Oratori festivi, di quest´ apostolato che diede occasione a tutte le Opere salesiane e alla nostra stessa Pia Società (M. RUA, Lettere Circolari, Torino 1965 p 101). Questa pietra angolare su cui poggia l´ opera nostra è formata dagli Oratori festivi (P. ALBERA).
(343)Nel suo piano di Regolamento per l´ Oratorio, don Bosco distingue espressamente OPERE/SPIRITO: Mio scopo si è di esporre le cose che si fanno nell´ Oratorio maschile di san Francesco di Sales in Valdocco; e il modo in cui queste cose sono fatte (Piano... p 361).
(344)MB X, 1018-1019.
(345)Ep 2033; 3, 568.
(346)Ep 2035; 3, 577.
(347)I nostri pastori e specialmente i vescovi ci uniscono al Papa, il Papa ci unisce con Dio (MB IV, 226). Sono Superiore di comunità, voglio lasciare un ricordo ai miei soggetti che serva loro di norma e nel caso presente e in ogni altro che possa succedere, in avvenire. Direi: Figlioli, seguite la sentenza che arride al Papa, anche solo come filosofo, come teologo, come dottore privato (MB XV, 443-444).
(348)Cfr MB X; XVIII, 124-143; CERIA, Annali I, 474-484.
(349)GS 5, 12 ss; 23 ss; 33 ss.
(350)Nelle case di don Bosco nessuno sta per forza (MB XIII, 205); I giovanetti sono la delizia di Gesù e Maria (MB XVIII, 482); Sono essi i prediletti nobilissimi figli del Re dei re (MB X, 1081); Trattiamo i giovani come tratteremmo Gesù Cristo stesso (MB X, 847).
(351)Siccome non v´ è terreno ingrato e sterile che per mezzo di lunga pazienza non si possa finalmente ridurre a frutto, così dell´ uomo terra morale, la quale per quanto sia sterile e restia, produce nondimeno tosto o tardi pensieri onesti e poi atti virtuosi quando un direttore con ardenti preghiere aggiunge suoi sforzi alla mano di Dio nel coltivare e nel renderla feconda e bella. In ogni giovane anche il più disgraziato, vi è un punto accessibile al bene: è dovere primo dell´ educatore di cercar questo punto, questa corda sensibile del cuore e di trarne profitto (MB V, 367).
(352)Epperò l´ Oratorio di don Bosco che si dilata sempre più, riproducendosi in mille luoghi e tempi diversi, ma sempre unico nella sua natura, è l´ anima della nostra Pia Società (P. ALBERA, Lettere Circolari p 124).
(353)Don Bosco stesso fa a speciale menzione d´ alcuni di quei primi nostri maestri, il cui nome - dice - mi rimane indelebile nella mente e nel cuore. Tra gli altri ci fu Giovanni Coriasso, ora maestro falegname; Feliciano Vergano, ora negoziante passamanaio; Paolo Delfino, il quale è oggi professore di Corso tecnico. A questi si aggiunsero poscia Antonio e Giovanni Melanette, il primo droghiere e il secondo confetturiere; Felice e Pietro Ferrero, questo sensale e l´ altro compositore e Giovanni Piola, falegname, ora padrone di bottega (MB II, 559; cfr inoltre M. RUA, Lettere Circolari p 492).
(354)Dappertutto, dove si trovano figli di don Bosco, deve fiorire il suo Oratorio, aperto a tutti i giovani, per poterli radunare, parlare loro, moralizzarli e renderli degni cittadini della terra non solo, ma soprattutto degni abitatori del cielo (P. ALBERA, Lettere Circolari, p 124-125).
(355)In generale l´ Oratorio era composto di scalpellini, muratori, stuccatori, quadratori e di altri che venivano da lontani paesi (MO, p 129). Nel 1853 don Bosco istituisce i primi laboratori-scuola (MB IV, 657 ss).
(356)Il nocciolo del movimento biblico è la Parola di Dio spezzata al popolo fedele. Orbene don BOSCO fu catechista nato: radunare i giovani per fare loro il catechismo... formava il mio vivo desiderio; ciò sembravami l´ unica cosa che dovessi fare sulla terra (MB I, 143). Leggiamo nella prefazione della sua celebre Storia sacra: A fine di riuscire a questo, narrai ad un numero di giovani di ogni grado, tutti ad uno ad uno i fatti della sacra bibbia, notando minutamente quale impressione faceva in loro il racconto e quale effetto produceva di poi. Questo mi serve di norma, per omettere alcuni, accennare appena alcuni altri, ed esporre altri con le relative circostanze... (P. BRAIDO, Scritti pp 560-561).
(357)Oltre l´ importanza che don BOSCO diede alla liturgia culturale (piccolo clero, canto liturgico - MB III, 151 -) centrò l´ attenzione sulla pietà sacramentaria (i più validi sostegni della gioventù - MB IV, 145 -; il mezzo sicuro della loro eterna salvezza - MB XVI, 16 -; i] cardine del buon andamento della casa - MB VII, 795).
(358)Nelle cose che tornano a vantaggio della pericolante gioventù o servono a guadagnare anime a Dio, io sono avanti, fino alla temerità (MB VIV, 602). Quando si tratta di qualche cosa che riguarda la grande causa del bene, don Bosco vuol essere sempre all´ avanguardia del progresso (MB XIX, 157, 320).
(359)Cfr Costituzioni art 1 e 4.
(360)Che tutti ci sforziamo di possedere perfettamente questa virtù e di inculcarla, di piantarla nel cuore altrui (MB XII, 224).
(361)Nell´ Oratorio è proibito parlare di politica... (Regol. Oratorio 2, 3; BRAIDO, op. cit. p 381). Come prete io amo la religione, come cittadino desidero di fare quanto posso per il governo... Siccome io sono affatto estraneo alla politica ed alle cose pubbliche, così, se la E.V. giudicasse di servirsi della mia povera persona, non vi sarebbe alcun timore di pubblicità inopportuna (Ep 1, 20; 2, 313). Cfr anche i nn 12 e 13, terza decade (184-656) delle MO pp 216-220.
(362)Nel 1847, quando ebbe luogo l´ emancipazione degli ebrei e dei protestanti, divenne necessario qualche antidoto da porre in mano ai fedeli cristiani in genere, specialmente della gioventù... I protestanti si diedero a fare propaganda con tutti i mezzi loro possibili... Ciò mi persuase della necessità di qualche mezzo popolare con cui agevolare la coscienza dei principi fondamentali del cattolicesimo. Fu fatto quindi stampare un librettino con il titolo "Avvisi ai cattolici", che ha lo scopo di mettere i cattolici all´ erta e non lasciarsi cogliere nella rete degli eretici (MO pp 240-241).
(363)UR 6.
(364)UR 6.
(365)Gio 11, 52.
(366) Piano... p. 361.
(367)Ibid.
(368)MO p. 16.
(369)DCG Introduzione.
(370)DCG 46.
(371)GS 3, 10-11.
(372)DCG 31.
(373)GE 2.
(374)GE 2.
(375)MB IX, 61.
(376)MB II, 18.
(377)Cost. art 4.
(378)Pio XI.
(379)Cost. art 4-5-8.
(380)DCG 1.
(381)ACG XIX, 187.
(382)GS 55.
(383)ET 52.
(384)DCG 17.
(385)DV 1.
(386)Cfr Lc 1, 1-3; DV 11; DCG 12.
(387)Paolo VI CIC 1971.
(388)Lc 2, 19.
(389)1 Cor 9, 16.
(390)ES 49.
(391)Paolo VI CIC 1971.
(392)DCG 75.
(393)Paolo VI, 29 settembre 1963.
(394)GS 19.
(395)ES 55.
(396)GS 21.
(397)Mt 16, 15; Paolo VI CIC 1971.
(398)ES 49.
(399)PO 3.
(400)Atti 17, 26-27.
(401)CARD. VILLOT, Lettera a don Ricceri, 26 aprile 1971.
(402)DCG 64.
(403)Gio 1, 14.
(404)RdC 97.
(405)DCG 48.
(406)DCG 76.
(407)DCG 82.
(408)Rom 9, 2.
(409)Gio 16, 22.
(410)CIC Roma 1971.
(411)DCG 108; cfr n 71.
(412)RdC 184.
(413)ES 68.
(414)Cfr DCG 103.
(415)Cfr DCG 99-107.
(416)Cfr DCG 108-115.
(417)Vaticano II: Messaggio all´ umanità.
(418)Cfr Documento 1 (I Salesiani di don Bosco nella Chiesa) e 3 (Evangelizzazione e catechesi).
(419)Mt 23, 14-30.
(420)Cfr MB XVII 10-114; ACG XIX 102, 108, 111.
(421)Paolo VI, 1 luglio 1970.
(422)ACC XIX 183, 189, 199.
(423)ACG XIX 194, 198.
(424)ACG XIX 196.
(425)ACG XIX 186.
(426)CD 35.
(427)Cfr ACG XIX 104.
(428)Cfr MB XVII 107-114.
(429)ACG XIX 60, 108, 186.
(430)Cfr MB XVII 107-114.
(431)Cfr ACG XIX 183.
(432)Cfr MO 36; ACG XIX 192-194.
(433)Cfr Sistema Preventivo in Regol. 92-94.
(434)Questa parte viene trattata più profondamente nello Schema sulla Evangelizzazione e Catechesi (Doc. 3).
(435)ACG XIX 182.
(436)MB XVII 107-114.
(437)Cfr Sistema Preventivo, Regolam. 91.
(438)Cfr ACG XIX 195.
(439)Sistema Preventivo, Regolam. 94.
(440)Taizè, Annuncio del Concilio dei giovani; cfr Sistema Preventivo, Regol. 92.
(441)PAOLO VI, Discorso Pax Romana, 22-1-1971.
(442)Cfr ACG XIX 195.
(443)Cfr ACG XIX 190.
(444)Cfr OA passim.
(445)ACS 203 p. 47.
(446)ACG XIX 134-140: Relazione generale sullo stato della Congregazione, di DON RICCERI, 105-107.
(447)MB XVII 14.
(448)Cfr n 363; MB VI 11, 542. VII, 54-55; XIX, 216; DESRAMAUT, Les Constitutions salésiennes de 1966, 29-32.
(449)Cfr n 357; ACG XIX 139.
(450)Cfr n 368.
(451)CISI, La comunità educativa 15.
(452)MB II, 530; III, 620; IV, 514.
(453)Cfr nn 355-356.
(454)CD 35.
(455)PeP ist 6 e 8.
(456)ACG XIX 105.
(457)GE 8; cfr Lettera del CARD. VILLOT al Presidente dell´ APEL (Osservat. romano 13 novembre 1971).
(458)Cfr n 356.
(459)PO 4-6.
(460)GS 67.
(461)Cfr MB X 1018; XVIII 442.
(462)Cfr GS 61.
(463)Cfr n 364; cfr anche CG XIX Semiconvitti ed esternati.
(464)Cfr n 357.
(465)GE 12; GS 60, 66, 85; PC 13, GE 9; OA 11.
(466)Nota della S. Sede sui temi dell´ anno internazionale dell´ educazione, febbraio 1971; RICCERI, Relazione generale sullo stato della Congregazione 110; ACS 252.
(467)GE 12.
(468)CD 35; ACG XIX 105.
(469)Cfr ACG XIX 111.
(470)Cfr ACG XIX 105, 111.
(471)Cfr nn 363-368.
(472)ACG XIX 111.
(473)GE 8; ACG XIX 108.
(474)ACG XIX 108; GE 4.
(475)GE 4.
(476)GE 2.
(477)ACG XIX 154-167.
(478)DON RICCERI, Relazione generale sullo stato della Congregazione 103-110.
CAPITOLO GENERALE XX della Congregazione Salesiana
A cura di don Juan E. Vecchi e CSPG - Roma
CAPO PRIMO
CARATTERISTICHE SALESIANE
DELLA PARROCCHIA
1. Missione salesiana e apostolato parrocchiale
400
L´ ansia apostolica del nostro Padre, sempre viva nel cuore dei figli, e le necessità pastorali delle Chiese locali, hanno portato la nostra Congregazione ad aprirsi largamente al ministero parrocchiale. Lo viviamo come vero apostolato salesiano nella misura in cui restiamo fedeli alla nostra missione e rendiamo attuale il carisma del Fondatore, nel servizio dei giovani e del ceto popolare.
401
Rispondendo, con dedizione umile e grata, alla Chiesa che ci chiama alla cura del popolo di Dio in forme sempre più incisive e dirette, noi troviamo nel ministero parrocchiale vaste possibilità e favorevoli condizioni per adempiere alle finalità proprie della nostra missione e, in particolare, per l´ educazione dei giovani di estrazione popolare o povera. Possiamo infatti avvicinarli con un contatto più autentico e una migliore conoscenza nel loro ambiente naturale e nei loro concreti problemi di vita e relazione. Ci è dato seguirli durante l´ intero ciclo educativo dalla fanciullezza alla maturità, in continuo diretto rapporto con le loro famiglie. Questo è tanto più necessario oggi perché, in un contesto sociale che - quasi ovunque - non può più dirsi cristiano, l´ educazione dei giovani diventa aleatoria se contemporaneamente non si cerca di rievangelizzare la famiglia e la società in cui vivono. La complessità del lavoro parrocchiale e la ricerca dei modi pastorali più adatti per l´ evangelizzazione di tutta una zona ci fanno inoltre trovare una vera ricchezza nella possibilità di unificare, in fecondo apostolato comunitario, l´ azione dei vari gruppi della Famiglia Salesiana, per inserirli, come espressione ecclesiale unitaria, nell´ ambito più vasto della pastorale d´ insieme diocesana. Con animo grato pensiamo a quei confratelli che, in alcuni paesi e in determinate situazioni, ormai da molti anni mantengono viva la vocazione salesiana, pur avendo come unico campo di azione l´ apostolato parrocchiale. Essi sentono di essere pienamente e autenticamente salesiani, nella vita e nella missione, e che, seguendo Don Bosco con generosità, hanno aggiunto efficacia alla loro azione pastorale.
2. Impegno per il rinnovamento
402
Il Concilio ci avverte che il rinnovamento delle nostre comunità non può avvenire senza la partecipazione alla vita della Chiesa.(479) Ora, è in una Chiesa locale che noi concretamente ci inseriamo, come parte integrante della sua unità, offrendo - anche per mezzo del ministero parrocchiale - il nostro particolare carisma, nella comune responsabilità della unica missione di salvezza e secondo la complementarietà dei doni di cui il Signore arricchisce la sua Chiesa. Di conseguenza ogni comunità ispettoriale che voglia rinnovare la sua azione dovrà necessariamente riflettere sul come inserirsi più efficacemente nella pastorale organica diocesana, sulle caratteristiche che il nostro servizio deve avere, sulla sua efficienza, particolarmente nel settore della pastorale giovanile parrocchiale. Occorre, d´ altra parte, tener presente che vi sono delle priorità da rispettare, nel vasto pluralismo delle opere della Congregazione: in ogni Ispettoria - salva la particolare situazione di alcuni paesi - deve cioè avere il primo posto l´ impegno per l´ apostolato direttamente giovanile.
403
Il Capitolo Generale tiene conto della vastità e varietà del nostro impegno parrocchiale,(480) e invita a ricordare che i primi orientamenti pastorali, che le parrocchie salesiane devono seguire, sono quelli delle Chiese locali in cui prestano il loro servizio. In questa prospettiva si devono accogliere i criteri generali di rinnovamento che qui si suggeriscono, per favorire l´ unità dello spirito e dello stile, nel pluralismo delle situazioni. Per essere efficace, il rinnovamento dovrà coinvolgere le persone, i campi d´ azione, il programma, il metodo e lo stile della nostra azione.
3. Le persone
404
Non saranno primariamente nuove strutture o metodi a fare, della parrocchia, una Chiesa in missione a servizio degli uomini. Ciò che prima di tutto va rinnovato sono le attitudini dei Salesiani, la loro preparazione, lo slancio e gli orientamenti della loro azione. L´ impegno parrocchiale è molto complesso e richiede confratelli in numero adeguato con una formazione specifica, se si vuol svolgere un apostolato efficiente tra le diverse categorie di persone, nei quartieri, nelle scuole, nelle fabbriche, nei gruppi spontanei, nelle famiglie, e specialmente nel settore della pastorale giovanile, dove più vive sono le attese della Chiesa locale nei nostri confronti.
405
E´ necessario quindi che, dove è possibile, si costituisca una comunità religiosa di impegno parrocchiale che viva, preghi e lavori insieme, che offra ai suoi membri un ambiente atto a realizzare in modo pieno la loro maturazione umana, sacerdotale e salesiana, che sappia operare una revisione continua del proprio metodo pastorale, soggetto alla usura del tempo e al logoramento delle situazioni. Il parroco dovrà perciò distinguersi non solo per le capacità pastorali, ma anche per le doti proprie del superiore salesiano, specialmente per la sollecita attenzione nell´ edificare la comunità fraterna.
406
La prima caratteristica quindi di una parrocchia salesiana è di essere guidata da una comunità religiosa che vuol vivere, nella Chiesa, la sua specifica missione. Ci caratterizziamo cioè per quello che siamo: per il nostro modo di vivere fraternamente insieme e di svolgere il nostro apostolato in forma comunitaria, secondo lo stile di Don Bosco.
407
Pertanto, la comunità salesiana di impegno parrocchiale:
a) si sforzerà di essere, nel quartiere in cui lavora, un segno e una testimonianza di quei valori spirituali, legati ai consigli evangelici, che devono animare tutta la vita della comunità parrocchiale;
b) farà vedere la centralità dell´ impegno apostolico nella sua azione, - il DA MIHI ANIMAS di Don Bosco, - facendosi tutta a tutti, senza risparmio e con semplicità;
c) rivivrà nel secolo XX, a favore di tutti, ma in particolare dei giovani, dei poveri, dei lontani, la straordinaria esperienza religiosa di Don Bosco, che volle essere parroco dei giovani che non avevano parrocchia.(481)
CAPO SECONDO
CAMPI DI AZIONE
Partire dalla situazione
408
Chiamati a vivere tra la gente, constatiamo con acuta sofferenza come spesso il pensiero e lo sforzo degli uomini che ci circondano sono concentrati quasi esclusivamente sulla città terrena e come, per molti, Dio è assente o estraneo. Moltitudini crescenti praticamente si staccano dalla fede. A differenza dei tempi passati, negare Dio, o la religione, o farne praticamente a meno, non è più un fatto insolito e individuale.(482) Anche dove le condizioni religiose sono migliori, restano incertezze e ambiguità. Non si è di fronte né ad una società che possiede in maniera sicura i principi cristiani, per cui rimanga solo il problema della coerenza di comportamento, né ad una società così scristianizzata da richiedere solo strutture di rievangelizzazione. In tutte queste situazioni i giovani sono i più esposti allo smarrimento, e sembrano incamminarsi verso un futuro dove la fede convinta ed operosa appare come spenta o emarginata. E´ appunto in questa società che la parrocchia è chiamata a svolgere la sua funzione.
409
Oggi si rimprovera ad essa di essere più istituzione che comunità, di essere disinserita dai problemi degli uomini di oggi, incapace di evangelizzare la gente che vive nel suo territorio, e di costituire ancora un centro di potere del clero che lascia poca responsabilità ai laici, e di aver conservato una struttura di tipo rurale non più idonea all´ ambiente urbano. Tutto questo specialmente a causa delle dimensioni della sua struttura giuridico-territoriale e della pesantezza delle sue funzioni burocratico-amministrative.
Sforzo di ricerca
410
A queste obiezioni dobbiamo essere in grado di rispondere, partecipando allo sforzo di ricerca e rinnovamento, che in ogni chiesa locale si va facendo, per spingere in senso più aperto e dinamico la struttura parrocchiale. Se oggi che i sacerdoti in cura d´ anime sono sempre più chiamati a svolgere il loro servizio in forma più collegiale (consigli presbiterali) , inseriti in unità pastorali più ampie (zone, decanati, vicariati) , o mandati a particolari settori (mondo del lavoro, delle migrazioni, ecc.) , i salesiani devono sentirsi missionari dei giovani e degli ambienti popolari in forma più duttile. Occorre perciò rivivere, nel lavoro apostolico, non solo la dedizione di Don Bosco, ma anche la sua freschezza inventiva, il suo coraggio nell´ affrontare situazioni nuove, con metodi nuovi. Le strutture vanno viste in funzione delle possibilità che ci offrono per la salvezza dei fratelli; i segni dei tempi ci spingono ad adeguarle ai bisogni concreti delle persone e dei luoghi. Il Capitolo Generale, mentre invita le comunità ispettoriali a domandarsi quale servizio specifico le chiese locali nelle loro situazioni concrete richiedono ai salesiani attraverso l´ impegno parrocchiale, segnala alcuni campi preferiti d´ azione, dove è urgente portare la creatività dello spirito del nostro Fondatore e aprire nuove strade per incontrare il mondo moderno e annunciare il vangelo.(483)
a) Le parrocchie popolari
411
I grandi agglomerati dei quartieri popolari o poveri abbiano la nostra preferenza, quando la Chiesa ci chiama all´ impegno parrocchiale, anche per la più facile opportunità di servire i giovani poveri. In queste zone, spesso in progressiva fase di scristianizzazione, affiorano difficili problemi pastorali che ci obbligano a cercare forme più adatte per testimoniare e annunciare Cristo. Qui potrebbe svilupparsi l´ azione di piccoli gruppi di confratelli, vitalmente inseriti nell´ ambiente sociale concreto, per raggiungere i poveri nella loro condizione e condividere le loro ansie lancinanti.(484) Alla comunità ispettoriale, in accordo col Vescovo, spetta verificare l´ opportunità, programmare la realizzazione e mantenere stretti contatti con questi nuclei missionari.
b) Le parrochie giovanili
412
Seguiamo con attenzione il sorgere della parrocchia intesa come comunità cristiana che svolge un servizio pastorale di categoria, anche al di fuori dei tradizionali limiti giuridici e territoriali. In questa linea ci prepareremo per renderci disponibili alla chiamata del Vescovo per le parrocchie giovanili: degli apprendisti, studenti, universitari, militari, ecc. Questo non per portare i giovani a costituire dei circoli chiusi ma per creare, a livello giovanile, un servizio ecclesiale efficiente, pienamente innestato nella pastorale di insieme locale. Può presentarsi anche la possibilità di avere confratelli inseriti inéquipes di sacerdoti diocesani per un servizio specifico nel campo della catechesi, della assistenza religiosa ai movimenti giovanili (Azione cattolica, gioventù operaia, ecc.) . In questi casi venga garantita la possibilità della vita comunitaria e quindi l´ appartenenza - non solo formale - alla comunità religiosa.
c) Azione pastorale nel mondo del lavoro
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L´ azione pastorale e di testimonianza tra i lavoratori è uno degli impegni che caratterizzano la nostra vocazione di servizio delle classi più bisognose. Sacerdoti e coadiutori, chiamati a questa missione, dovranno prima di tutto approfondire l´ ascolto e la conoscenza delle masse operaie, dei loro problemi ansie e aspirazioni, delle cause del loro atteggiamento nei confronti della Chiesa e della fede. Seguendo le direttive delle Chiese locali, cercheranno di costituire comunità ecclesiali con modalità nuove e criteri rispondenti alle condizioni sociali e religiose dei lavoratori. Base indispensabile sarà la formazione di un laicato missionario aperto a quanto vi è di cristiano nell´ ideale di fraternità e di fierezza operaia, e impegnato a rendere, operando nell´ ambiente di lavoro tutta la forza innovatrice e di liberazione presente nel messaggio evangelico. I confratelli mobilitati in questa missione apostolica considereranno grande vantaggio continuare a vivere in comunità, sia per i momenti di preghiera, sia perché avranno così la possibilità di una continua verifica della propria vita sacerdotale e religiosa e di una riflessione comune sulle iniziative ed esperienze dei singoli.
d) Le parrocchie degli Emigranti
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Il fenomeno della migrazione della mano d´ opera, impressionante per la sua vastità, non può lasciarci indifferenti, perché coinvolge soprattutto masse di giovani che vengono sradicati da ogni struttura familiare civile e religiosa, che in qualche modo avrebbe potuto sostenere la loro fede. I salesiani, prendendosi cura di questi giovani, potrebbero usufruire dei grandi vantaggi di un´ azione concordata con le comunità salesiane delle nazioni di partenza, (attraverso corsi di preparazione e orientamento) , e delle nazioni ospitanti (per iniziative di inserimento nel nuovo ambiente sociale) .
e) Pastorale del turismo
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Il fenomeno del turismo, che coinvolge milioni di uomini, è per se stesso un fatto buono. Una pastorale attenta prende posizione di fronte ad esso per vederne ed assimilarne i valori. Sarà nostro compito, al riguardo, formare dei laici adulti perché, dovunque si rechino, siano sempre e davvero araldi itineranti di Cristo, e perché sappiano offrire al turista quell´ ospitalità attiva che il Concilio ha chiaramente raccomandato.(485) Occorre perciò che le comunità locali si impegnino apostolicamente in ordine alle correnti turistiche, spesso internazionali, per favorire il loro inserimento, sia pure provvisorio, nella nuova comunità cristiana. Sono possibili al riguardo notevoli forme di collaborazione pastorale tra le varie parrocchie salesiane, a livello nazionale e internazionale, con la creazione - ad esempio - di centri di informazione e di accoglienza, a servizio specialmente dei giovani turisti. Le consulte dei parroci studino opportune iniziative di coordinamento.
Il programma
Evangelizzare
non è per me un vanto, perché è necessità
che mi si impone.
Guai a me se non annunziassi il Vangelo!(486)
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La Chiesa viene presentata dal Concilio in termini di comunione; e il popolo di Dio come una comunità costituita per essere strumento della redenzione di tutti.(487) Quando perciò i Salesiani sono chiamati dal Vescovo alla cura pastorale di una zona, o di un settore del popolo di Dio, assumono, di fronte alla Chiesa, l´ esaltante impegno di costruire - in piena corresponsabilità con i laici - una comunità di fratelli, riuniti nella carità, per l´ ascolto della Parola, la celebrazione della Cena del Signore e per l´ annuncio del messaggio di salvezza.(488)
Un tale impegno missionario, secondo il comando del Signore, si rivela di particolare urgenza nell´ ora attuale, ed esige una comunità non solo in esercizio di culto, ma in stato di vita e di azione, per partecipare attivamente alla sollecitudine pastorale dei sacerdoti verso la massa dei non praticanti, dei non credenti e di coloro che sono di confessione diversa dalla nostra. così la parrocchia, organizzata localmente sotto la guida di un pastore che vi rende presente il Vescovo, si inserisce nella Chiesa universale, in quanto cellula viva della diocesi e sua manifestazione privilegiata.(489) Ma perché sia segno sempre più credibile della Chiesa locale, deve tendere a esprimere e a viverne tutta la missione, integrandosi in realtà pastorali più ampie, a livello cittadino o zonale. L´ azione salesiana deve quindi favorire la comunione interparrocchiale e interdiocesana, valorizzando i doni di una vocazione specifica e di uno stile proprio, partecipando senza riserve al piano pastorale del Vescovo, visibile principio e fondamento di unità,(490) armonizzando strutture e azioni per offrire un servizio più esteso e qualificato, specialmente nel settore giovanile e della catechesi. Dobbiamo essere esemplari nella ricerca di questa dimensione comunitaria, a tutti i livelli, perché è un´ esigenza della missione stessa della Chiesa e non per una semplice strategia organizzativa.
I momenti fondamentali
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La vita comunitaria, l´ evangelizzazione e la catechesi, la liturgia sono elementi fondamentali per i quali il popolo di Dio, al cui servizio noi ci mettiamo, si costituisce - sotto l´ azione dello Spirito Santo - come Corpo mistico di Cristo e come Regno del Padre.
A) Vita comunitaria
Il primo posto spetta alla vita comunitaria, non in ragione di un ordine cronologico, ma per il fatto che ogni azione pastorale si realizza al di dentro di una comunità, sempre in costruzione ecclesiale. Perché dunque la parrocchia - territoriale o settoriale - divenga segno della Chiesa visibile stabilita su tutta la terra(491) e adempia alla sua missione di vivificare col Vangelo la realtà in cui è inserita, deve costruirsi come comunità. Ora, siccome qualsiasi comunità si forma attorno a degli ideali che valgono e a cui tutti possono aspirare e contribuire e siccome richiede momenti di conoscenza e di scambio amichevole fra i membri, è evidente che la comunità parrocchiale è troppo vasta per rendere possibile il superamento dell´ anonimato, lo sviluppo di rapporti di fraternità e la reale partecipazione di tutti alla vita della comunità stessa. D´ altra parte, se la Chiesa che vogliamo costruire è mistero di comunione, occorre prima che si formino delle piccole comunità cristiane che anticipino, a modo di segno e strumento, questo mistero. E´ la legge del seme e del lievito.
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Nei piccoli gruppi ecclesiali (o Comunità di Base) , formate da nuclei familiari, chiese domestiche, comunità giovanili, gruppi associativi e spontanei, ecc., diventa più facile conoscersi, amarsi, aiutarsi concretamente gli uni gli altri, approfondire la fede e il Vangelo in vera fraternità e avvertire l´ urgenza dell´ annuncio agli altri fratelli. Il nuovo diacono permanente può trovare qui il suo ruolo prezioso di animatore e guida. E´ indispensabile tuttavia che queste piccole comunità sappiano superare la tentazione di chiudersi in se stesse e di porsi quindi al di fuori dei reali problemi della vita e della Chiesa locale. Devono perciò cercare frequenti occasioni di incontro e di verifica con altri gruppi, facendo centro nella parrocchia come a naturale punto di collegamento e di unione. La parrocchia diventa così la famiglia di Dio che raccoglie e unifica in un unico popolo, per il suo legame col Vescovo, le comunità cristiane di base, per celebrare l´ Eucaristia per la vita di tutti.
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Le principali linee operative per la formazione di queste comunità di base sono:
a) la liturgia e le riunioni per l´ ascolto, la meditazione e il confronto con la parola di Dio,
b) la preghiera celebrata insieme per rafforzare la comunione dei fratelli che in Cristo ringraziano il Padre;
c) l´ esercizio della carità, specialmente verso gli ammalati, gli anziani e mediante forme concrete di impegno per i poveri, per gli emarginati i disoccupati gli immigrati, per tutti coloro che vivono nella povertà di salute di affetto di beni;
d) l´ attiva partecipazione alla vita del quartiere, della città e nazione, per il loro sviluppo e la soluzione dei problemi della convivenza civile, soprattutto per destare le coscienze di fronte al dramma della miseria e alle esigenze di giustizia sociale del Vangelo e della Chiesa .(492) Questo impegno sociale è determinante se si vuol vivere nella coerenza della carità e nella sincerità di una fede, che intendiamo testimoniare come Salvezza piena dell´ uomo. Occorre mettere la fede al centro dei problemi di questa vita, per dimostrare che la religione non è un occuparsi di altre cose, meravigliose, straordinarie, fuori del mondo, ma è un occuparsi delle stesse cose di cui si occupano tutti, in modo però diverso;
e) la formazione di un laicato missionario, ecclesialmente corresponsabile. Questa è una delle nostre fondamentali sollecitudini pastorali, sull´ esempio del nostro Fondatore, che foggiò numerosi apostoli. Era il suo segreto per creare la comunità e conservarla nello spirito di famiglia: fare in modo che tutti si impegnassero a cercare di accrescere negli altri l´ amore di Dio. Diceva: Fatevi del bene gli uni gli altri; sarà prova che tutti vi amate a vicenda come fratelli.(493)
f) la cura specialissima della gioventù e l´ impegno per le vocazioni sacerdotali e religiose, come presupposto determinante dell´ avvenire della comunità. I giovani vengano aiutati a scoprire e a realizzare la loro personale vocazione nella società e nella Chiesa, come risposta all´ amore di Dio, nel servizio ai fratelli. Si comunichino loro motivazioni e valori, più che norme; si punti soprattutto sui mezzi soprannaturali, formandoli alla frequenza dei sacramenti, alla vita di preghiera sia liturgica che personale. Siano condotti a fare la loro esperienza di Chiesa in seno alla comunità cristiana, specialmente nell´ esercizio della carità. Il lavoro educativo di orientamento vocazionale sia sempre fatto con delicatezza, nel più profondo rispetto dell´ azione di Dio sulle anime.
B) Evangelizzazione e Catechesi
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Rimandiamo per questo argomento a quanto il Capitolo Generale ha detto nel documento specifico. Occorre solo insistere perché in ogni nostra iniziativa pastorale sia sempre presente la preoccupazione di arrivare a tutti i fedeli e di raggiungere particolarmente coloro che sono lontani, per sensibilizzarli all´ appello della fede. Una comunità cristiana che non riesca a essere missionaria ed evangelizzatrice fallisce per se stessa; non è più comunità di Cristo, che ha dato la sua vita perché tutti avessero la vita e l´ avessero in maniera abbondante .(494)
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Si studino con diligenza le occasioni per un catecumenato degli adulti, particolarmente nei momenti in cui avvicinano la Chiesa per il matrimonio, per il battesimo o per la prima comunione e cresima dei figli. Si avvii con loro una riflessione sulla fede, in un rapporto da persona a persona, cercando poi di prolungarlo attraverso incontri regolari con altre persone allo stesso livello di fede.
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Il ruolo rinnovato e l´ accurata organizzazione della catechesi, nei settori degli adulti e della gioventù, trovino il loro centro unificatore nella famiglia, considerata non solo come oggetto, ma specialmente come soggetto di azione pastorale. Per l´ educazione dei giovani alla fede occorre portare la famiglia ad adempiere i suoi doveri cristiani, poiché appunto attraverso la famiglia i giovani vengono gradualmente introdotti nel consorzio civile e nel popolo di Dio .(495) I genitori vengano quindi preparati a essere per i loro figli i primi annunciatori della fede ,(496) i primi catechisti. Ciascun coniuge poi si renderà educatore e aiuto complementare dell´ altro nel cammino della vita cristiana. Infine, se la famiglia cristiana è il luogo dove la fede viene accolta, sorge anche il dovere che essa, tutta intera, renda testimonianza al Vangelo. Si promuovano a questo scopo i gruppi di spiritualità familiare. Si formino dei coniugi disposti ad assumere un impegno pastorale nella comunità, in particolare per la preparazione dei giovani e dei fidanzati al matrimonio. così la famiglia diventerà Chiesa domestica , primo seminario ,(497) comunità aperta , e riscoprirà nella fede una dimensione nuova dell´ amore, della libertà, del servizio con gli altri e per gli altri.
C) Liturgia
Momento culminante, traguardo e sorgente della vita di comunità è, senza dubbio, la Liturgia. L´ evangelizzazione e la catechesi costruiscono la comunità riunendola per l´ ascolto della Parola di Dio e per l´ annuncio di ciò che Cristo ha fatto per noi. La Liturgia è attuare ciò che si annuncia mediante la gioiosa celebrazione del Salvatore risorto, presente in mezzo a noi, che sospinge la comunità a vivere il suo mistero pasquale nel mondo. La Liturgia è anzitutto opera di Dio Padre in Cristo per la comunità radunata; è un servizio di amore che Dio presta al suo popolo con segni efficaci di salvezza; è anche la nostra riconoscenza e risposta, forse ancora esitante, al Padre nella comunione con i fratelli in Cristo.
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La Liturgia dev´ essere sempre un´ espressione degna e efficace della comunità, con la partecipazione piena, attiva e ricca di letizia interiore da parte di tutti i fedeli. Una Liturgia giovane con le caratteristiche di dinamismo, di ritmo, di ricerca proprie della gioventù, costituirà un mezzo di riconciliazione permanente tra giovani e adulti, grazie all´ impegno educativo di mediazione dei Salesiani. In questo campo c´è una preziosa tradizione da conservare e da accrescere: la formazione sacramentale e liturgica che promuova la vita fraterna, incentrata nell´ Eucaristia. La frequenza ai sacramenti è garanzia di irraggiamento evangelizzante, di spirito missionario nella comunità.
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Nel grande e unitario piano liturgico della Chiesa ha un posto di primo piano la Madonna, Madre di Dio, che svolge il suo servizio a Dio e la sua missione nella Chiesa come Ausiliatrice del popolo cristiano, raccogliendo i suoi figli nell´ unità. Capire l´ intimo legame che unisce a Maria con il mistero di Cristo e della Chiesa, e quindi il posto che Dio le ha assegnato nella storia della salvezza, ci porterà - secondo le nostre più belle tradizioni - a promuoverne efficacemente il culto, specialmente liturgico. Inviteremo perciò i fedeli a una professione di filiale amore e a una pratica di sincera imitazione delle virt— della Madre di Dio e Madre nostra.
Caratteristiche pastorali
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Il nostro modo di lavorare dovrà ritrovare, per rinnovarsi, le caratteristiche dello spirito di Don Bosco. Ne sottolineiamo alcune che ci sembrano indispensabili nel ministero parrocchiale:
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a) lo spirito di famiglia. Uno stile di sincera fraternità, di amorevolezza, di accoglienza aperta, di contatto umano semplice e cordiale con tutti, deve animare l´ azione dei Salesiani per inserirli pienamente nel gruppo umano presso cui svolgono la loro missione. Questo stile di famiglia li porterà a favorire lo scambio, l´ aiuto, i cordiali rapporti col clero diocesano e con gli altri Istituti religiosi. Li farà entrare in dialogo con i non credenti, specialmente con quelli che hanno influsso nel quartiere per la loro posizione politica o amministrativa o per il loro impegno sociale.
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b) l´ attenzione alla persona singola e ai gruppi, per valorizzarne la collaborazione. Don Bosco era l´ uomo della relazione, del dialogo, dell´ amicizia, sempre alla ricerca, tra gli stessi suoi giovani, di collaboratori entusiasti. Anche noi dobbiamo essere generosamente aperti nel rendere corresponsabili del nostro lavoro pastorale i laici che hanno una parte propria e assolutamente indispensabile nella missione della Chiesa .(498) Per questo occorre programmare e realizzare l´ azione pastorale in forma comunitaria, mettendoci costantemente in atteggiamento di servizio per favorire la partecipazione attiva di tutti, secondo le forme suggerite dalla Chiesa locale. I consigli pastorali e amministrativi, le assemblee parrocchiali devono essere segno di comunione ed espressione, non soltanto formale, della partecipazione ecclesiale. I primi collaboratori nel lavoro apostolico e nell´ assunzione delle responsabilità che competono ai laici devono essere i Cooperatori salesiani, che più direttamente partecipano del nostro spirito e della nostra missione.
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c) bontà ed equilibrio. Un genuino senso pastorale di bontà e di equilibrio anima ogni nostro atto, specialmente nella celebrazione dei sacramenti. Non ne siamo noi i padroni, ma solo i dispensatori, bisognosi noi stessi per primi dei doni divini che dispensiamo agli altri. Si deve esigere la fede in coloro che richiedono i sacramenti, perché questi non diventino gesti superstiziosi o magici (ricordiamo il "Ne mittatis margaritas...") .(499) D´ altra parte non bisogna rischiare di spegnere la fiammella fumigante: Lumen fumigans nolite extinguere .(500) Cristo ha istituito i sacramenti con volontà di perdono e di salvezza per tutti. Ci saranno casi in cui si dovrà preferire un sacramento in meno e un assillo in più nell´ anima; ma se nell´ incertezza si deve correre un rischio, Don Bosco ci avverte che è meglio sbagliare per misericordia che per rigore.
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d) gioia. Si deve essere attenti a non perdere o sciupare un valore molto caratteristico dello spirito salesiano: quello della gioia, dell´ allegria spontanea e serena. Era il clima dell´ Oratorio di Don Bosco. Noi potremo ravvivare la gioia specialmente per mezzo delle feste che celebrano nella liturgia gli avvenimenti e le speranze della storia della salvezza. Una cornice di fresca, giovanile e rasserenante letizia farà scaturire in tutti la gioia di vivere, e il ringraziamento a Dio per la gratuità dei suoi doni. così la celebrazione del giorno festivo riaccenderà la speranza e l´ ottimismo in tutta la comunità, costituendola come una presenza positiva nel mondo e non come un´ isola.
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Il Capitolo Generale, mentre invita tutti i confratelli impegnati nel ministero parrocchiale a intensificare il loro zelo secondo lo spirito di Don Bosco, si augura che per ogni parrocchia salesiana si verifichi quanto è scritto nel verbale del Capitolo Superiore del 22 aprile 1914, presente Don Albera, a proposito dell´ accettazione della parrocchia di S. Leonardo in Messina: I Superiori maggiori, saputo che vi predominavano operai e poveri, ritennero che quello fosse, più di ogni altro, un campo tutto salesiano, nel quale si sarebbero meritate le benedizioni di Dio e si sarebbe fatto un gran bene alle anime .(501) 20
CAPO QUARTO
PROBLEMI PARTICOLARI
1. Parrocchia e Oratorio-Centro Giovanile
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E´ evidente che l´ apostolato parrocchiale abbraccia come suo elemento necessario e insostituibile l´ apostolato giovanile dell´ Oratorio .(502) L´ Oratorio-Centro Giovanile, pur restando aperto con spirito missionario e di dialogo a tutti i giovani della città, curerà in modo particolare l´ accostamento e la formazione della gioventù della parrocchia. In questo senso il Direttore dell´ Oratorio è il viceparroco per il settore giovanile, e deve inserire il suo lavoro e quello dei suoi collaboratori, salesiani e laici, nella pastorale d´ insieme locale, sotto la guida coordinatrice del parroco. I parroco poi, nel settore dei giovani e dei loro gruppi, deve fondare la sua presenza e la sua posizione più sulla stima e sull´ ascendente derivatigli dalla sua competenza, dal suo effettivo aiuto, dalla sua cordialità e comprensione piuttosto che sui titoli giuridici ufficiali.
2. Parrocchia e altre Opere Salesiane
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Un secondo problema molto vivo è la composizione in armonia fraterna e funzionale dei rapporti tra la parrocchia e le altre opere salesiane. Possono sorgere difficoltà in ordine alla vita comune, alla programmazione e all´ attuazione dell´ impegno pastorale, all´ impiego dei confratelli e ai rapporti finanziari. Occorre tener presente che la parrocchia pastorale e missionaria del post-Concilio è una comunità di fedeli presieduta dal parroco, che ne ha la diretta responsabilità, dove i laici hanno diritto a una partecipazione attiva ai livelli organizzativi e, in determinati campi, anche ai livelli decisionali. Come tale, la comunità della parrocchia ha esigenze, poteri e attività molto diverse e più estese di quelle della comunità educativa giovanile. Le linee di soluzione che qui si prospettano non possono evidentemente rispondere a tutta la gamma delle situazioni locali: devono perciò essere responsabilmente vagliate e adattate ai casi concreti dall´ Ispettore col suo Consiglio, dopo aver interpellato in merito le comunità interessate.
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a) Dove il servizio pastorale della parrocchia è molto vasto e vario, tanto da richiedere un adeguato numero di confratelli, e dove esiste la possibilità di una netta separazione, sul piano dell´ attività, degli ambienti e dell´ economia, si proceda all´ erezione canonica della comunità addetta alla parrocchia, con un proprio Direttore-Parroco. Le due comunità giuridicamente distinte dovranno trovare le forme per una stretta collaborazione fraterna e apostolica.
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b) Dove le circostanze fanno ritenere conveniente conservare la distinzione dei due uffici di Direttore e di Parroco, con una sola comunità, il Direttore è il responsabile e la guida spirituale di tutta la comunità religiosa, compresi i confratelli impegnati nel ministero parrocchiale. - Questi cercheranno di adeguarsi alla vita di comunità, salve sempre le esigenze del loro servizio pastorale, e daranno quella collaborazione al lavoro di tutta la comunità che è consentita dai loro impegni. - Il Direttore farà in modo che la corresponsabilità e la partecipazione di tutta la sua comunità all´ attività pastorale della parrocchia avvenga attraverso il coordinamento del Parroco, che è responsabile, con gli altri suoi più stretti collaboratori, della grande comunità parrocchiale, di cui fa parte anche la comunità religiosa. Quanto ai rapporti amministrativi, le norme vengano determinate per i singoli casi dai Consigli Ispettoriali e approvate dai Capitoli Ispettoriali, nel rispetto delle convenzioni con l´ Ordinario diocesano e degli obblighi verso la comunità parrocchiale, la Casa religiosa e la comunità ispettoriale. - Ma più che da un dosaggio di competenze e di doveri, da stilare in regolamenti, l´ accordo va raggiunto sul piano di una feconda coesistenza dei vari gruppi operativi a livello di persone, che sappiano comprendersi con buona volontà e aiutarsi fraternamente.
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c) Ma la soluzione ideale potrebbe scaturire da un cambiamento di prospettive e mentalità in determinate situazioni possono infatti realizzarsi le felici premesse per sviluppare tutta una pastorale d´ insieme attorno alla parrocchia, non più vista come un´ opera a sé stante, a fianco del collegio o della scuola, ma come il vero centro e perno del nostro servizio alla comunità ecclesiale locale. In questa prospettiva, la parrocchia si presenta come un campo di lavoro che ha al centro una comunità di Salesiani, a cui la Chiesa affida il mandato della diffusione del Regno di Dio. Alla base di tutto cioè non sono più le Opere , ma la presenza viva e vivificante di una comunità salesiana che si assume con pienezza l´ impegno di evangelizzare tutta una zona, di costruire una comunità cristiana, nella quale i giovani sono la porzione prediletta. Non è più questione allora di dividere le comunità; è questione di unire volontà, intelligenze e mezzi perché ne sgorghi un lavoro più fecondo, armonizzando le strutture al compito apostolico. Sotto la guida del Direttore che coordina il lavoro dei responsabili dei vari settori, nel rispetto dei ruoli assegnati a ciascuno, vengono fissate comunitariamente le linee della pastorale d´ insieme, vengono programmate le attività, scelte le opere che meglio possano rispondere ai bisogni concreti dell´ evangelizzazione della zona. La Casa salesiana entra così in una nuova visuale di servizio organico, unitario e corresponsabile, per lo sviluppo umano, civile e religioso del quartiere in cui è inserita. Diventa centro aperto e dinamico di azione pastorale, coordinando e animando tutte le attività pastorali, scuola compresa, al servizio prima di tutto della gioventù della zona. La continua attenzione ai segni dei tempi suggerirà l´ aggiornamento di quelle forme di impegno, che non risultassero più adeguate alle esigenze e alle situazioni concrete della comunità cristiana.
3. Ridimensionamento
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Le mutazioni sociali possono modificare profondamente il carattere popolare delle parrocchie a noi affidate, oppure rendere meno urgente la nostra conduzione di esse, sia per quanto riguarda il nostro apostolato specifico sia per quanto riguarda il servizio da rendere alla Chiesa locale. Occorrerà allora vagliare attentamente tutti gli elementi per vedere, con realismo e prudenza, se esiste la possibilità di restituirle alle diocesi. Diversamente bisognerà che il nostro lavoro apostolico, inserito per forza di cose in un contesto sociologico diverso da quello che aveva orientato in origine la nostra scelta, si proponga di portare giovani e adulti a partecipare attivamente alla costruzione di una società più giusta, e a diventare strumenti di evangelizzazione anche per altre zone più popolari e povere.
CAPO QUINTO
ORIENTAMENTI OPERATIVI
1. Corresponsabilità nella Chiesa locale
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E´ urgente accrescere la nostra sensibilità, in base a un elemento importante di rinnovamento offerto dal Vaticano II: la riscoperta della Chiesa locale, a tutti i suoi livelli, dalla comunità di base alla Conferenza episcopale. Di conseguenza, per le scelte operative di ogni Ispettoria e di ogni Casa, vi sia una priorità di considerazione per il nostro inserimento nella Chiesa locale in forma sempre più completa e generosa. La nostra esenzione va considerata come un servizio più che un privilegio: così da renderci maggiormente disponibili nella linea della nostra missione. I Salesiani impegnati nel ministero parrocchiale apportino continui criteri pratici di rinnovamento in questo senso, partecipando attivamente allo sforzo di ricerca di nuove e più efficienti forme di azione pastorale. Occorre tenere conto che la concezione di pastorale missionaria e organica si va spostando dal piano territoriale a quello sociologico e settoriale; perciò le parrocchie salesiane si mostrino stimolanti sulla via di questa evoluzione che può offrire un campo di servizio più aderente alle finalità della nostra missione. Ci si prepari specialmente per le parrocchie settoriali o di categoria: per i giovani, per gli emigranti, per i lavoratori.
2. Rinnovamento
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Per restituire alla parrocchia un ruolo dinamico e uno slancio missionario occorre: - liberarla da molte strutture che le danno il volto di organismo amministrativo più che di comunità;
- farne un centro irraggiante di evangelizzazione e di catechesi con la formazione di un vero laicato missionario, un centro di dialogo con i lontani, di aiuto ai poveri, di accoglienza aperta, mettendo l´ accento sulla testimonianza più che sulla organizzazione;
- realizzare programmi non imposti, ma scelti secondo le esigenze delle situazioni locali, in comunione con i laici corresponsabili nel lavoro pastorale;
- darle un carattere giovane, uno stile giovanile, in cui l´ Oratorio, particolarmente curato, si apra a tutta la gioventù con forza e impulso missionario e ne sia la caratteristica;
- trasformarla in una comunione di varie comunità fraterne e vitali, impegnandosi seriamente nella formazione delle comunità di base. Riteniamo che l´ accettazione piena di quest´ ultimo impegno porterebbe a una radicale revisione di tutta la programmazione pastorale e a una vera conversione all´ ecclesiologia del Vaticano II.
3. Formazione
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L´ orientamento apostolico della vocazione salesiana esige che tutti i confratelli, nel loro periodo di formazione, abbiano la possibilità di prepararsi alle diverse forme di servizio ecclesiale con l´ esercizio pratico e con lo studio della problematica e metodologia essenziale delle loro possibili mansioni pastorali future. Prima di destinare un confratello al ministero parrocchiale, è indispensabile dargli la possibilità di una preparazione specifica, attraverso lo studio e un adeguato periodo di rodaggio pratico. In questa formazione va curato non solo l´ aggiornamento culturale e tecnico, ma anche quello spirituale e pastorale.
4. Consulte
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Si perfezionino e si rendano sempre più efficienti, per i loro compiti di studio e stimolo e per lo scambio di esperienze, le Consulte per l´ apostolato parrocchiale. Esse abbiano anche l´ incarico di preparare, per il Direttorio dell´ Ispettoria, quanto si riferisce all´ azione parrocchiale.
Documento 6
LE COMUNICAZIONI SOCIALI
NELLA PASTORALE SALESIANA
CAPO PRIMO
IL FENOMENO DEGLI
STRUMENTI DI COMUNICAZIONE SOCIALE
... Siamo alle soglie di un´ era totalmente nuova nel campo delle comunicazioni sociali.(503)
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Tra le meravigliose invenzioni tecniche(504) che favoriscono e incrementano le comunicazioni sociali tra gli uomini, il cristiano scopre gli strumenti preparatigli dalla Provvidenza di Dio per facilitare l´ unione fra tutti quelli che sono quaggiù pellegrini in terra.(505)
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Gli SCS (stampa, cinema, radio, TV) sviluppatisi vertiginosamente, possono raggiungere istantaneamente ogni ceto di persone e trasmettergli i più svariati contenuti con una potenza enorme di suggestione; rappresentano quindi uno dei fattori più importanti che fanno accelerare la storia. Incidono fortemente nel collocare l´ uomo al centro della storia. L´ uomo viene ad acquistare così un maggior senso di responsabilità, sente maggiormente la sua dignità di essere persona, avverte il suo diritto alla libertà di parola, all´ informazione, al dialogo, alla critica. Ma se l´ uomo non viene educato all´ uso opportuno degli SCS rischia una massificazione che lo spersonalizza. E ne subisce le conseguenze: superficialità e radicalizzazione; limitazione dell´ oggettività del suo senso critico e della sua libertà spirituale; disorientamento nel valutare le notizie, nel vagliare le dottrine, nell´ interpretare gli avvenimenti; e perfino la perdita della fede e della dignità morale. L´ uomo rischia di sentirsi vittima di tensioni laceranti a vicolo cieco. La pubblicità inoltre insidia la sua autonomia e gli crea necessità artificiali.
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Questi pericoli dipendono non solo dai contenuti di bene o di male che gli Strumenti gli forniscono, ma soprattutto dal dominio smisurato che lo strumento tecnico tende a esercitare sulla persona umana. Sotto la pressione di un dirigismo nel campo delle informazioni l´ azione congiunta degli strumenti di comunicazione sociale riesce ormai a foggiare la coscienza all´ insaputa dell´ individuo, invade a poco a poco tutta la sua attività mentale e determina atteggiamenti che vengono considerati spontanei.(506)
445
Fra i giovani, gli SCS hanno contribuito a far sorgere gruppi spontanei omogenei, di ricreazione e sport, di intonazione artistica, di lavoro, di solidarietà e anche di contestazione e di lotte. A volte li stimolano a tentare esperienze che scavalcano il contesto familiare e sociale in cui vivono, ad accettare modelli di vita e di comportamento tali da scardinarli e alienarli da se stessi e dal loro ambiente.
capo secondo
ATTEGGIAMENTO DELLA CHIESA
Non obbedisce al comando di Cristo chi non sfrutta convenientemente le possibilità offerte da questi strumenti per estendere al maggior numero di uomini il raggio di diffusione del Vangelo.(507)
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La Chiesa istituita da Gesù Cristo per portare la salvezza a tutti gli uomini e spinta dalla necessità di diffondere e propagandare il messaggio evangelico non ha indugiato a utilizzare le meravigliose invenzioni tecniche che l´ ingegno umano è riuscito, con l´ aiuto di Dio, a trarre dal creato,(508) Nell´ adozione immediata della stampa e della radio si avverte la sollecitudine materna con cui la Chiesa non solo accoglie e utilizza ma anche collabora perché questi strumenti, doni di Dio,(509) siano davvero mezzi efficaci per l´ unione e il progresso della società umana.
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Il Concilio Vaticano II ha messo in rilievo nei vari documenti e soprattutto nel decreto INTER MIRIFICA l´ utilità e l´ efficacia insostituibile degli strumenti. Ha voluto perciò la celebrazione della Giornata Mondiale perché i fedeli di tutto il mondo venissero istruiti sui loro doveri in questo settore. Ha creato la Pontificia Commissione per le comunicazioni sociali; e per l´ applicazione dei principi e delle norme circa gli SCS ha pubblicato un´ apposita Istruzione Pastorale, preparata con la collaborazione di periti scelti nelle varie nazioni.
448
L´ Istruzione Communio et Progressio del 23 maggio 1971, in risposta al desiderio del Concilio, sottolinea il cambio di prospettiva operato nella Chiesa: al timore e alla riserva di fronte ai mass-media viene sostituita una visione cristianamente positiva. Tutto ciò è perfettamente consono con i dati essenziali della rivelazione cristiana: cioè, il Figlio di Dio, immagine perfetta del Padre, nella sua incarnazione è diventato il perfetto comunicatore(510) che rivela agli uomini i misteri di Dio e li rende partecipi della sua stessa vita; con la istituzione dell´ Eucaristia ha fatto dono della più alta forma di comunione che potesse venire partecipata agli uomini.(511) E´ Lui quindi la causa esemplare di ogni espressione, di ogni immagine o di ogni tecnica di cui l´ uomo si serve per allacciarsi ai suoi fratelli e comunicare con loro.
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Su questa linea il Popolo di Dio sta al passo con gli avvenimenti che tessono la trama della storia e volge con immensa fiducia lo sguardo al futuro, sia come comunicatore che come recettore. Anzi già intravvede quanto sia promettente la nuova era spaziale delle comunicazioni sociali.(512)
CAPO TERZO
ATTEGGIAMENTO DELLA CONGREGAZIONE
Vi prego e vi scongiuro di non trascurare questa parte importantissima della nostra missione.(513)
450
Don Bosco ebbe coraggio e zelo apostolico nel realizzare iniziative di avanguardia in questo settore. La stampa fu una delle principali imprese che mi affidò la Divina Provvidenza. Non esito a chiamare divino questo mezzo, poiché Dio stesso se ne giovò a rigenerazione dell´ uomo.(514) Sono parole della Circolare di Don Bosco ai Salesiani del 19 marzo 1885: compendiano il pensiero e l´ opera di Don Bosco e sono come la Magna Charta dell´ azione salesiana in questo settore. Il suo amore ai giovani spinse Don Bosco a escogitare tutti i mezzi per creargli un ambiente propizio alla loro formazione integrale. Nel teatro vide un valido elemento di formazione e di sviluppo della personalità giovanile; nella musica un veicolo di idee sane e un mezzo per suscitare un clima di limpida allegria. Al futuro Papa Pio XI il Santo ebbe a dire: In questo (campo) Don Bosco vuole essere sempre all´ avanguardia del progresso.(515) Intendeva dire di voler essere sempre il primo nell´ adottare i più moderni ritrovati tecnici per intensificare l´ apostolato della buona stampa.
451
Don Bosco aveva affermato che la buona stampa era uno dei fini principali della Congregazione.(516) Con ciò impegnava i Salesiani alla produzione e diffusione di libri e periodici, soprattutto nel settore giovanile e popolare. Venne a mancare però un´ organica programmazione. Attualmente l´ attività salesiana nel campo editoriale si concentra su una stampa fiancheggiatrice del nostro apostolato (come il Bollettino Salesiano e altre pubblicazioni che appoggiano diverse iniziative di bene) ; sui periodici che si propongono di orientare e diffondere una visione cristiana della vita; sulla stampa specializzata (catechesi, pastorale giovanile, ecc.) ; e infine sui libri scolastici e culturali per far penetrare il messaggio evangelico nel mondo della scuola e del pensiero.
452
In linea con la missione educativa del Fondatore, la Congregazione nei primi tempi sviluppò il teatro e la musica come mezzi di svago e di formazione. In questi ultimi anni si assistette a una rinascita del teatro e della musica, di interesse e di attrazione per i giovani; manca però la nostra presenza. La comparsa dei potenti SCS (cinema, radio, TV) , soprattutto come mezzi ricreativi, ha destato all´ inizio nella Congregazione un atteggiamento di riserva e di preoccupazione; ne derivarono diverse norme restrittive durante alcuni decenni. Tuttavia la validità apostolica di questi strumenti, la necessità di attirare ai nostri oratori e centri i giovani, le nuove dimensioni formativo-educative assunte dagli SCS aprirono lentamente la Congregazione a una visione più ampia e serena.
453
Il Capitolo XIX aveva riaffermato che gli SCS occupano un posto preminente nel nostro apostolato e aveva formulato un vasto programma di iniziative per sensibilizzare i confratelli. Ne erano derivate alcune valide esperienze; ma non è stato promosso un impegno sistematico, coordinato e adeguato all´ importanza e attualità degli SCS, così utili per il rinnovamento della nostra pastorale.(517) L´ intoppo fu dovuto alla disparità delle situazioni nazionali, alla gravità dei problemi relativi, alla mancanza di consapevolezza del nostro impegno e alla carenza di personale qualificato.
CAPO QUARTO
LA PREPARAZIONE DEL SALESIANO
Oggi è necessaria a tutti gli uomini una formazione che aiuti a comprendere a fondo i principi di base circa l´ utilizzazione degli strumenti della comunicazione sociale nella comunità.(518)
454
Occorre iniziare tempestivamente, nei candidati alla vita salesiana, l´ educazione graduale al gusto artistico, al senso critico, alla coscienza dei doveri morali nella scelta delle letture, degli spettacoli cinematografici, delle trasmissioni radiofoniche e televisive che li possano arricchire intellettualmente e spiritualmente. Vi bisogna quindi una lunga preparazione. I Salesiani considerino gli SCS come una grande acquisizione dell´ umanità con evidenti vantaggi pedagogico-pastorali. Si persuadano che il loro uso intelligente e illuminato diventa apostolato e, per di più, apostolato schiettamente salesiano. Per un annuncio sempre fresco e vitale del Vangelo, per una catechesi essenziale e incisiva, per una liturgia più giovanile e festosa e anche per un dialogo educativo più efficace, il Salesiano si deve impegnare ad apprendere e ad adoperare il linguaggio del suo tempo e del suo ambiente e in particolare il linguaggio audiovisivo, così vicino alla mentalità dei giovani.
455
I Salesiani in formazione siano educati all´ uso intelligente, cosciente e responsabilmente libero degli SCS, a servizio della pastorale. Solo così potranno presentarsi a suo tempo ai giovani come guide e compagni di viaggio. E´ questa una meta da raggiungere con gradualità, alla luce della fede, delle direttive della Chiesa e degli insegnamenti di Don Bosco. Vanno preparati inoltre a esercitare un serio autocontrollo per evitare che, attratti dal richiamo estetico delle opere presentate o dalla curiosità che esse suscitano, finiscano per tralasciare urgenti doveri o per sprecare inutilmente il tempo.(519) In tutte le fasi quindi di formazione dell´ educatore salesiano bisognerà curare, nelle dovute proporzioni: - una formazione generale per tutti; - una formazione specializzata per coloro che dovranno essere animatori delle attività degli SCS nelle Case, Ispettorie, Opere della Chiesa locale; - una formazione scientifica per coloro che si inseriranno come produttori (scrittori - editori - diffusori) nel circuito della stampa e come consulenti o comunicatori in quello del cinema, della radio e della TV.
CAPO QUINTO
IL NOSTRO SPAZIO: L´ EDUCAZIONE
Gli istituti religiosi devono prendere coscienza delle molteplici e importanti responsabilità ecclesiali nel campo delle comunicazioni sociali e considerare attentamente quale possa essere lo spazio concreto per la loro partecipazione a questo apostolato. (520)
Liberazione
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Ogni forma di comunicazione sociale è un valore da coltivare in sé, perché espressione di un verbo umano, assimilato e ancorato al Verbo divino. Non è quindi lo strumento in se stesso, ma il suo cattivo uso e abuso che va condannato quando viene messo a servizio del male. Occorre sottolineare l´ enorme influsso degli SCS sulla vita di ogni giorno: si leggono giornali, riviste, libri; si ascoltano radio, dischi, musicassette; si affollano teatri, cinema, televisori. Gli SCS sono divenuti indispensabili non solo per la ricreazione e lo svago, ma anche per la diffusione della cultura, per la promozione dello sviluppo, per la formazione sociale e politica del cittadino, per la costruzione del Regno di Dio nella carità e nella solidarietà. E´ anche vero che attraverso contenuti corrosivi e scadenti, attraverso la speculazione commerciale e la pubblicità sfacciata e immorale vengono attentati e misconosciuti i valori fondamentali della vita umana. Ne consegue che il nostro compito specifico è di impostare un´ operazione liberatoria (che per il giovane diventa educazione) da tutti i condizionamenti negativi prodotti dall´ abuso degli SCS. La nostra azione educativa dovrà facilitare e, se occorre, stimolare nelle anime giovanili una liberazione spontanea e attiva e avviarle a una personale e libera scelta.(521)
Corresponsabilità
457
Oggi si impone un atteggiamento reattivo in tutti gli aspetti dell´ educazione. Cioè ogni educatore deve sviluppare nei giovani recettori la rispondenza e quindi il senso critico, sia estetico che morale; deve quindi mettere i suoi giovani in atteggiamento di dialogo con gli SCS. Bisogna quanto prima iniziare il giovane alla comprensione del linguaggio degli SCS; aiutarlo a vedere, al di là dello strumento, il comunicatore che esprime una ideologia, un sistema, un gruppo di potere; condurlo al dialogo con lui, attraverso proposte, risposte, discussioni, critiche, lettere personali e collettive, visite... Il traguardo della nostra azione educativa sarà toccato quando, nei nostri gruppi giovanili e nelle nostre comunità sarà penetrato il concetto di corresponsabilità: cioè, non l´ accentuazione puramente passiva delle nostre proposte di spettacoli e dei nostri giudizi critici, ma l´ intervento attivo dei nostri interlocutori, soprattutto giovani, nello scegliere, nel dibattere e nel verificare gli SCS.
Creatività
458
L´ educatore deve scoprire e stimolare la fantasia creativa dei giovani in questo campo. I mezzi e le occasioni sono svariati: bacheche, riviste, clubs di lettura, di foto o di cinepresa; complessi teatrali, orchestrine musicali; studio di tecniche, stampaforum, cineforum; tavole rotonde, contatto con scuole specializzate, con gruppi affini. Sono iniziative extrascolastiche che vanno potenziate al massimo. Qui sta il vertice del nostro lavoro educativo: sviluppare nei giovani l´ esercizio gioioso e generoso dei loro talenti individuali.
LO SPAZIO DEI LAICI: LA PROMOZIONE
459
La Congregazione Salesiana considera come uno degli aspetti importanti del suo rinnovamento nella Chiesa la promozione del laicato, specialmente dei Cooperatori ed Exallievi. Dovrà quindi dialogare e agire con loro quando si tratta di promozione (creazione e produzione) degli SCS. Li dovrà responsabilizzare, anche in associazioni, e stimolare a determinati compiti che finora erano quasi esclusivamente riservati ai religiosi. E´ compito anzitutto dei laici animare di valori umani e cristiani gli SCS, perché rispondano pienamente alle grandi attese dell´ umanità e ai disegni di Dio.(522)
CAPO SESTO
ORIENTAMENTI OPERATIVI
Per impegnarci sempre più nella nostra azione sugli SCS, proponiamo tre specifici orientamenti di azione:
460
1. Il Consigliere Superiore incaricato crei un Segretariato Centrale che avrà il compito di dirigere il centro di documentazione degli SCS; di coordinare le iniziative di promozione e uso degli SCS; di studiare la collaborazione con istituti e organizzazioni che lavorano nel campo degli SCS secondo le direttive della Chiesa. Si auspica la creazione di uffici analoghi, nell´ ambito di conferenze ispettoriali, di nazioni e di ispettorie, allo scopo anche di sostenere, con l´ appoggio dei Cooperatori e Exallievi, le associazioni che si propongono di educare i recettori e di moralizzare i programmi audiovisivi.
461
2. Le nostre editrici e tipografie tengano sempre presente la loro missione di diffondere il messaggio evangelico tra i giovani e nel popolo. E´ anche in questo modo che i confratelli addetti alla stampa realizzano la loro vocazione salesiana e apostolica.
462
3. Le editrici salesiane di una stessa nazione o di una stessa lingua siano avviate a una stretta coordinazione tra loro e inoltre a uno scambio reciproco su piano internazionale.
Documento 7
L´AZIONE MISSIONARIA SALESIANA
PREMESSA
"Andate, fate discepoli tutti i popoli".(523) "Io sono venuto perché abbiano vita e l´ abbiano in abbondanza".(524)
463
Oggi viviamo un momento di crisi missionaria nella Chiesa e nella Congregazione. Questa crisi si fa sentire specialmente nel declino delle vocazioni missionarie e nell´ indebolimento dell´ entusiasmo e dello slancio per le missioni. Oggi però viviamo anche un momento forte per il rilancio robusto dell´ azione missionaria. La crisi nella Chiesa, più che un segno di tramonto delle missioni, è un indice di crescita e di sviluppo. Esige atteggiamenti e orientamenti nuovi, richiesti dalle mutate condizioni missionarie, dall´ intervento di organismi nazionali e internazionali che si propongono la promozione dell´ uomo, e dalla necessità di un ridimensionamento. In questa situazione emerge come elemento incoraggiante la generosità dei giovani. Ai giovani non manca una piena disponibilità; manca loro una sufficiente chiarezza delle motivazioni missionarie. Tocca a noi illuminarli e far loro comprendere che l´ evangelizzazione rispondendo alle più nobili aspirazioni dell´ uomo, diventa anche un fermento di sviluppo.(525) Alcune iniziative sbocciate nella nostra Congregazione accennano a un risveglio missionario. Sono segni di speranza: la generosità dei Volontari per l´ America Latina; le prime iniziative missionarie delle Volontarie di Don Bosco; il costituirsi del laicato missionario Terra Nova; l´ interessamento di numerosi Gruppi Giovanili per il Terzo Mondo; la campagna della solidarietà salesiana; le realizzazioni concrete delle Procure salesiane e dell´ Ufficio missionario. L´ auspicata rifioritura dell´ azione missionaria per molti confratelli potrà significare una riscoperta della loro vocazione salesiana. Il Concilio dice: La grazia del rinnovamento non può avere sviluppo alcuno nelle comunità, se ciascuna di esse non allarga la vasta trama della sua carità sino ai confini della terra, dimostrando per quelli che sono lontani la stessa sollecitudine che ha per coloro che sono i suoi propri membri.(526) Il rilancio missionario sarà quindi un termometro della vitalità pastorale della Congregazione e un mezzo efficace contro il pericolo dell´ imborghesimento. Occorre risvegliare la coscienza missionaria di tutti i Salesiani, ripensare la metodologia attuale, impegnare a fondo la Congregazione, perché, sull´ esempio di Don Bosco, possa moltiplicarsi il numero degli evangelizzatori.
CAPO PRIMO
LA CHIESA MISSIONARIA
1. Vocazione missionaria della Chiesa
464
La vocazione missionaria della Chiesa sgorga dalla sua stessa natura e si fonda sulla sua apostolicità. Dagli Apostoli la Chiesa, animata dallo Spirito Santo, desume tre grandi mandati complementari: continuare la missione affidata dal Padre Celeste al Figlio Gesù,(527) predicare il Vangelo a tutte le creature,(528) fare discepoli.(529)
2. Che cosa sono le Missioni
465
Predicare il Vangelo e impiantare la Chiesa tra i popoli e i gruppi umani che ancora non credono in Cristo costituisce ciò che comunemente si è soliti chiamare Missione L´ attività missionaria differisce quindi dall´ attività pastorale tra i fedeli e dall´ apostolato ecumenico. Rientra nell´ attività missionaria anche il servizio alle comunità ecclesiali già costituite, ma ancora in via di consolidamento. Ugualmente è azione missionaria il riannuncio del Vangelo e la conseguente reimpostazione della Chiesa in zone scristianizzate.(530) Il fatto che tutta la Chiesa sia per sua essenza missionaria non esclude, anzi esige, che alcuni (preti, diaconi, religiosi, laici) siano messi a parte per un apostolato strettamente missionario.(531)
3. Apporti del Vaticano II per il rinnovamento
466
Le nuove direttive del Vaticano II richiedono dai missionari maggiore adattabilità. Il Vaticano II considera in una luce nuova il mondo non cristiano. Invita a rispettare i non cristiani nella loro libertà umana e religiosa; il missionario deve saper scoprire nelle religioni non cristiane ciò che vi è di preparazione al Vangelo per condurle alla pienezza di Cristo.(532)
L´ ateismo, in molti casi, si presenta come una specie di reazione alle colpe e alle infedeltà dei cristiani; tocca ai missionari dimostrare la perenne validità di certi principi e valori umani che sono stati talvolta da noi trascurati.(533)
Il concetto stesso di evangelizzazione ne risulta amplificato; non si tratta soltanto di proclamazione della fede; si tratta di impregnare tutte le realtà umane con lo spirito del Vangelo. Ne consegue che anche la promozione umana dei popoli rientra nell´ attività missionaria.(534)
467
E´ stato rinnovato il senso dell´ ecclesialità: la dottrina Collegialità Episcopale comporta una maggiore adesione e collaborazione con le diverse Conferenze Episcopali a servizio del Vangelo;(535) la corresponsabilità di tutto il popolo di Dio esige che l´ azione missionaria impegni solidariamente la gerarchia (vescovi, sacerdoti, diaconi) , i religiosi e i laici;(536) l´ ecumenismo, col conseguente dialogo ecumenico, invita a promuovere, d´ intesa con le diverse autorità ecclesiastiche, una cooperazione con le diverse confessioni cristiane che lavorano nelle Missioni.(537) La Chiesa missionaria non fa altro che continuare nel tempo e in mezzo a tutti i popoli l´ opera dell´ Incarnazione e della Redenzione. E´ quindi sempre attuale e valida la necessità dell´ annuncio della Parola, della conversione, della fede e del battesimo per la salvezza.(538) Pur nel massimo rispetto della libertà religiosa, la Chiesa riafferma, nel Decreto AD GENTES, che è suo compito imprescindibile e insieme suo sacrosanto diritto il diffondere il Vangelo(539)
4. Pastorale missionaria
468
Il Vaticano II ha redatto una pedagogia missionaria che serve a edificare la Chiesa in mezzo ai popoli. L´ attività missionaria, nel pensiero del Concilio, ha inizio con una presenza e con un dialogo intrecciato per conoscere gli evangelizzandi e per stringere con loro amicizia. Una tale presenza non consiste solo nel dare, ma anche nell´ assumere tutto ciò che vi è di buono nella cultura locale.(540) Il periodo del catecumenato si apre con una graduale formazione a una visione cristiana integrale. Occorre in questo periodo saper illuminare con la luce del Vangelo i valori che i popoli già possiedono nella loro cultura.(541) Intanto prende forma la comunità cristiana locale. Il lavoro missionario mira a far sorgere comunità di fede, di culto e di carità e a dotarle di tre elementi indispensabili alla loro vita: i catechisti, il clero e le vocazioni religiose. Bisognerà poi aiutare la nuova Chiesa a giungere a maturità per inserirsi profondamente nel contesto sociale e culturale del proprio popolo, acquistando maggior saldezza e stabilità. Avrà allora una sua fisionomia particolare con ricchezza liturgica e creatività apostolica propria.(542) Questa graduale maturazione richiede, senza dubbio, da parte del missionario una continua revisione di metodi, un´ intelligente duttilità di pianificazione, un´ umile disponibilità.
CAPO SECONDO
LA CONGREGAZIONE MISSIONARIA
1. Risponde all´appello conciliare
469
Il Vaticano II ha lanciato accorato appello a tutti gli Istituti religiosi di vita attiva, anche se non strettamente missionari, perché collaborino all´ estensione del Regno di Dio tra i popoli nelle missioni. Allarga l´ invito agli Istituti contemplativi e secolari.(543) Perciò, anche se nella tradizione salesiana non ci fosse stato un indiscutibile fatto missionario, occorrerebbe oggi rispondere generosamente all´ appello esplicito del Concilio.
2. In forza del suo carisma missionario
470
Don Bosco, da giovane, accarezzava il sogno di consacrarsi alle missioni: Il pensiero di essere missionario non lo abbandonava mai. Sentiva in sé una forte inclinazione di portare la luce del Vangelo agli infedeli. Don Cafasso :gli sbarrò la strada dicendogli: Voi non dovete andare nelle missioni.(544) Don Bosco però non abbandonò mai quel suo desiderio missionario e lo realizzò per mezzo dei suoi figli. .Molte volte esclamava: Oh, se avessi molti preti e molti chierici, vorrei mandarli a evangelizzare la Patagonia e la terrà del Fuoco, perché quei popoli finora furono i più abbandonati.(545) I motivi che più di tutto determinarono Don Bosco a iniziare l´ attività missionaria della sua Congregazione furono l´ ideale di portare il Vangelo a coloro che ancora non lo conoscevano e le necessità spirituali degli emigranti.
471
Don Bosco volle fortemente missionaria la sua Società Salesiana. Nel 1875 fu lui a scegliere nel mazzo dei primi Salesiani i dieci da inviare in America. Prima di morire aveva già lanciato dieci spedizioni missionarie. Parallelamente partivano per le Missioni anche le Figlie di Maria Ausiliatrice, che da allora affiancarono sempre l´ opera dei missionari salesiani. Alla morte di Don Bosco, nel 1888, i Salesiani oltre mare erano 153, cioè quasi il 20% dei soci di allora.(546) I successori di Don Bosco, fedeli allo spirito del Fondatore, hanno curato sempre in modo particolare l´ azione missionaria della Congregazione.(547) Il Capitolo Generale XIX sottolineò il fatto che la Congregazione deve rivivere l´ ideale di Don Bosco, il quale volle che l´ opera delle Missioni fosse l´ ansia permanente della Congregazione, in modo tale da formar parte della sua natura e del suo scopo.(548)
CAPO TERZO
DIRETTIVE PASTORALI
472
Don Bosco aveva il cuore colmo di gioia quando mirava la Congregazione rassodata che, pur nella sua pochezza, collaborava attivamente all´ estensione del Regno di Dio.(549) Il Capitolo Generale Speciale vede con particolare predilezione i Salesiani impegnarsi nell´ attività missionaria; per aiutarli nel loro difficile compito, traccia alcune linee programmatiche.
1. Il salesiano nell´azione missionaria
Ogni missionario salesiano deve sentirsi in obbligo di studiare a fondo la dottrina missionaria della Chiesa, specialmente il decreto AD GENTES, considerandolo come il suo Direttorio ufficiale. Per rendere maggiormente efficace la sua azione apostolica, il Salesiano cercherà di coltivare e di vivere una profonda spiritualità missionaria fatta di fedeltà all´ evangelizzazione, di audacia nel suo apostolato, di pazienza gioiosa nel diffondere il Regno del Padre, di fiducia incessante nell´ aiuto di Maria Ausiliatrice, Madre della Chiesa. Il missionario salesiano consideri sempre attuali le raccomandazioni fatte da Don Bosco ai primi missionari; procuri quindi di seguire nel suo lavoro lo stile del nostro Fondatore. Coraggioso, intraprendente, creativo, aperto alle nuove iniziative, si mostrerà duttile, come Don Bosco, nell´ adattarsi ad ogni situazione. Darà massima importanza alla catechesi, alla pastorale vocazionale, alla preparazione dei catechisti, maestri e laici che possano inserirsi efficacemente come fermento cristiano nella società. Nel caso che questo lavoro non fosse possibile, la sua umile testimonianza di bontà e di servizio sarà una presenza evangelica che favorisce l´ avvento del Regno di Dio. Il Salesiano, anche nell´ azione missionaria, si impegnerà specialmente nell´ apostolato giovanile. L´ educazione liberatrice dei giovani e il suscitare tra loro dei leaders cristiani è il più efficiente apporto allo sviluppo dei popoli.
2. Formazione del missionario salesiano
473
Si abbia a cuore la formazione umana dei futuri missionari: con le virt— molto apprezzate nella società,(550) si inculchino il senso comunitario e una grande apertura all´ ambiente umano come servizio, specialmente verso i più poveri. Il missionario va formato fin dall´ inizio a essere uomo di preghiera, animato da viva fede, da incrollabile speranza e da sincera carità; a lavorare con spirito di sacrificio e con zelo apostolico, sempre unito a Cristo nell´ obbedienza al Padre, per essere, in sintonia con l´ autorità gerarchica, il continuatore della missione del Figlio di Dio.(551)
474
Quanto alla formazione dottrinale, va messo in primo piano lo studio della Sacra Scrittura e della Catechesi, indispensabili per trasmettere il messaggio evangelico. La storia e la conoscenza delle religioni nel mondo faciliteranno il dialogo con le culture non cristiane. Occorre inoltre iniziare i futuri missionari alla missionologia e alle scienze antropologiche, con uno studio accurato delle lingue e culture locali, se è possibile nell´ ambiente delle stesse missioni.(552) E´ utile completare la normale formazione teologica e spirituale dei missionari, anche sacerdoti, con una specializzazione nelle cosiddette scienze umane.(553) Va curata anche la formazione sociale e una conoscenza critica dei sistemi ideologici, economici e politici più diffusi nel mondo e in particolare nei Paesi di missione. Anche i Salesiani volontari ad tempus riceveranno un´ adeguata preparazione al loro servizio missionario.
3. Rapporti con il paese di provenienza
475
Pur riconoscendo l´ assoluta necessità di una completa incarnazione del missionario nella nazione in cui lavora, si ritiene necessario coltivare, con un nuovo e pieno significato, i legami che lo tengono unito all´ Ispettoria e al suo Paese di origine. . La destinazione dei nuovi missionari viene fatta ordinariamente dalla Direzione Generale. Ma ogni Ispettoria, nel permettere a un suo membro di seguire la vocazione missionaria, non gli dà semplicemente un nulla osta per recarsi in missione: lo invia nel senso totale della parola. Ciò mette in spiccato risalto la comune vocazione missionaria dell´ Ispettoria, rappresentata e espressa in questi suoi figli privilegiati; e i missionari si sentiranno seguiti, aiutati, appoggiati dall´ Ispettoria di cui costituiscono l´ avanguardia. Tali vincoli, evidentemente, sono di ordine spirituale e non giuridico. Ogni ritorno temporaneo in patria (che non deve mai avere intenzionalità né apparenza turistica) deve servire a rafforzare: questi vincoli spirituali e dar modo al missionario di compiere i propri doveri verso la sua famiglia, di ristorarsi fisicamente e spiritualmente e di ricevere il necessario aggiornamento. L´ Ispettoria di origine si faccia un dovere di accogliere con fraterna ospitalità e dare cordiale assistenza ai missionari in ritorno temporaneo o definitivo. I missionari a loro volta daranno il loro contributo alla cura e all´ incremento della coscienza missionaria dell´ Ispettoria.
4. Rilancio missionario
476
Per favorire la grazia del rinnovamento nell´ intera Congregazione, i Salesiani vivano lo spirito missionario nel loro lavoro quotidiano e siano generosamente disponibili all´ eventuale chiamata di Dio per un lavoro nelle missioni. Occorre alimentare nelle nostre opere il fervore missionario. Già fin dalla prima formazione si prospetti ai giovani salesiani, in forma oggettiva ma attraente, l´ ideale missionario, illuminandone il contenuto; si diffonda la conoscenza e si promuova l´ ammirazione per le imprese missionarie della nostra Congregazione; si studi la storia e la figura dei grandi missionari; e soprattutto si coltivi lo zelo apostolico e lo spirito soprannaturale di generosità, base di ogni vocazione missionaria. Di grande importanza è l´ animazione e la preparazione di laici, specialmente giovani cooperatori ed ex-allievi, che prestino la loro opera missionaria e tecnica come volontari. La loro preparazione potrà effettuarsi presso organizzazioni locali, anche non nostre, che abbiano questo scopo. Bisogna valorizzare i Movimenti Giovanili in servizio alle Missioni: esercitano una forte attrattiva sui giovani. E perché questi possano svolgere un vero servizio, occorre addestrarli e prepararli con chiare motivazioni missionarie.
477
Il Capitolo Generale Speciale lancia un appello a tutte le Ispettorie, anche a quelle più povere di personale, perché, obbedendo all´ invito del Concilio(554) e sull´ audace esempio del nostro Fondatore, contribuiscano, con personale proprio, in forma definitiva o temporanea, all´ annuncio del Regno di Dio.
CAPO QUARTO
ORIENTAMENTI OPERATIVI
478
1. Per animare, coordinare e promuovere l´ attività missionaria salesiana a tutti i livelli, la nostra Società dispone di un Segretariato Centrale per le Missioni, alle dirette dipendenze del Consigliere delle Missioni.
479
2. La Congregazione curi la formazione in campo missionario, e nel campo delle scienze che con esso hanno relazione, di specialisti che siano a servizio delle missioni e dell´ aggiornamento dei missionari.
480
3. Le Missioni interessano tutta la Congregazione; quindi tutti i Confratelli vi sono, in diversi modi, impegnati. così acquista un senso speciale la solidarietà, promossa dal Rettor Maggiore, sia per quanto riguarda il personale missionario che per gli aiuti economici. Perciò: - gli Ispettori siano generosi nel permettere a chi lo chiede, e ne abbia i requisiti necessari, di consacrarsi alle Missioni; - le Ispettorie coltivino le vocazioni missionarie, presentando la Congregazione come missionaria e assicurando ai giovani volonterosi l´ opportunità di realizzare questo ideale; - le Comunità abbiano cura di conoscere i problemi missionari della Chiesa e della Congregazione; coltivino in casa un vero spirito missionario; si preoccupino di creare un clima favorevole alle vocazioni e di programmare iniziative in favore delle Missioni.
SEZIONE SECONDA
La nostra vita di comunione
Documento 8
LA COMUNITA´ FRATERNA
ED APOSTOLICA SALESIANA
481
Fra i componenti la Famiglia Salesiana, i salesiani sono coloro che, seguendo una vocazione particolare, vivono in comunità fraterna ed apostolica, si donano totalmente a Dio con la professione dei consigli evangelici e si rendono così del tutto disponibili per compiere la missione che è loro propria, secondo il carisma salesiano.(555)
482
Essi sono chiamati a vivere in modo più intenso il mistero della Chiesa, comunione degli uomini tra loro e con Dio, in vista della missione. Come la comunione si manifesta ed attualizza nella vita fraterna, così la missione ha il suo compimento nel servizio apostolico. Consacrazione, missione, comunione di vita e di apostolato si integrano a vicenda come elementi inscindibili di una medesima realtà dinamica. In tal modo i salesiani realizzano nella comunità un giusto equilibrio di elementi umani e soprannaturali; seguono Cristo a più da vicino(556) ed abbracciano uno stato di vita che non si oppone al vero progresso della persona umana, ma per sua natura, gli è di grandissimo giovamento (557) e la comunità come famiglia unita nel Signore gode della sua presenza .(558) La vita comunitaria salesiana trova il suo stile particolare nello spirito di famiglia, come Don Bosco l´ ha ideato e vissuto ed i suoi figli l´ hanno arricchito e sviluppato.(559)
CAPO PRIMO
COMUNITA´ FRATERNA
A) VALORE UMANO DELLA COMUNITA´ SALESIANA
Le richieste dei confratelli
483
Con molto realismo i Confratelli delle Case hanno denunciato da una parte freddezza e superficialità di rapporti, per cui la vita comunitaria non appaga le loro aspirazioni, non favorisce le relazioni fraterne ed il lavoro apostolico e non attira le vocazioni. Dall´ altra parte si lamenta la ritrosia di molti a partecipare alle manifestazioni ed agli incontri comunitari.(560) I confratelli chiedono - perciò che si realizzi nella comunità un ambiente: - di maggiore calore umano caratteristico della vita di famiglia - di amicizia concreta, fondata sul rispetto e stima vicendevole, - di corresponsabilità apostolica con partecipazione di tutti al dialogo, alla programmazione ed alle decisioni comunitarie, - di apertura al mondo, alla Chiesa, alla Congregazione.(561) Essi hanno in mente una carità molto concreta, che si incarni nelle esigenze di situazioni, ambienti, attività, tempi, uomini in modo che sia possibile realizzare l´ amicizia fraterna. Con questo non intendono negare il primato del soprannaturale, ma affermare che, per testimoniare nel mondo la carità comunitaria e il servizio apostolico, l´ aspetto umano è molto importante, anche se richiede, naturalmente, l´ accettazione di limiti e sacrifici personali, imposti dalla vita fraterna e dalla missione.(562)
Aprirsi ai segni dei tempi
484
I fenomeni attuali della socializzazione e della personalizzazione ci avvertono che l´ uomo è sempre più orientato alla ricerca di molteplici rapporti con i propri simili, mediante i quali realizza meglio la sua personalità e meglio concorre alla promozione, sviluppo e progresso sociale e personale. Perciò noi religiosi, per l´ esigenza di aggiornamento, promosso dal Concilio, con un´ adeguata conoscenza dei tempi, degli uomini e dei bisogni della Chiesa (563) dobbiamo rinnovarci nella nostra vita comunitaria e personale, per essere più efficaci nella nostra azione.(564)
Comunità per salvare l´uomo
485
Per evitare che la socializzazione sconfini nel livellamento dell´ uomo o nella demagogia e che la personalizzazione sfoci in un individualismo egoista, è necessario che gli uomini coltivino tra loro rapporti comunitari per integrarsi senza perdere la propria originalità: nella comunità, attraverso le relazioni reciproche, si attua quella attenzione alle persone che rende possibili la corresponsabilità, il decentramento, il pluralismo e la sussidiarietà, favorisce la creatività, porta a considerare gli altri come collaboratori e ad armonizzare, in un dialogo libero ed aperto, i valori personali nell´ alveo dell´ impegno comune che diviene più efficace, mentre le persone diventano più ricche.(565)
Comunità per maturare l´uomo
486
In un ambiente che appaghi le sue aspirazioni fondamentali, quali la capacità di dialogo, la collaborazione, il buon impegno delle sue doti, l´ attenzione ai suoi desideri, lo spirito di iniziativa, l´ uomo diviene gradualmente maturo e contribuisce alla maturazione della comunità.(566) Segno della maturazione del singolo sono l´ apertura verso gli altri, il rispetto dei rapporti reciproci di giustizia, l´ adempimento dei doveri e la partecipazione al lavoro, l´ adesione interiore alla disciplina e la fedeltà alla Regola, liberamente accettata. A sua volta la comunità dimostra di essere matura quando, evitando di fare gruppo a sé, sa coltivare relazioni cordiali e pienamente umane con altre persone ed ambienti, a cui è legata da vincoli che le derivano dalla sua vita e dal suo lavoro. Si stabilisce così un interscambio di ricchezze personali e comunitarie per un lavoro più aggiornato e tempestivo.(567)
Comunità di amicizia autentica
487
Siccome la mancanza di doti e di virtù umane e la trascuratezza di tali valori mette in crisi comunità e confratelli, l´ amicizia fraterna, che si fonda sulla lealtà, onestà, collaborazione, corresponsabilità, generosità, capacità di rinuncia, volontà di fare quipe... deve essere considerata una meta della vita comunitaria e deve creare il clima in cui il confratello si senta a suo agio, personalmente valorizzato.(568) La comunità insomma, che si fonda per vocazione divina e lavoro apostolico, deve sforzarsi continuamente- di realizzare tra i suoi componenti una vera comunione di affetto sentito e di amicizia fraterna e di integrare in sé ognuno di essi. Inoltre, poiché la comunità religiosa non sfugge al dinamismo d´ ogni gruppo umano, deve valorizzare gli aiuti che offrono le scienze dell´ uomo (Psicologia-Sociologia, ecc.) ; applicando tali aiuti si avrà una comunità più armoniosa ed equilibrata, nella quale sarà più fecondo l´ inserimento della Grazia, più agevole ed efficace il compimento della missione, a cui tutti portano, con gioia, un contributo desiderato.
Incontri comunitari
488
La comunione degli spiriti, la fraternità e l´ amicizia, in ogni gruppo umano tendono a manifestarsi, rafforzarsi ed approfondirsi mediante incontri ed azioni comuni. Per questo, anche in una comunità religiosa hanno importanza decisiva tali incontri a ritmo regolare o suggeriti da situazioni particolari: ogni membro con la sua diligenza nell´ intervenire agli atti comunitari - di preghiera, di dialogo, di lavoro, di vita (mensa, distensione, aggiornamento, ecc.) - reca un grande aiuto alla intesa fraterna, mentre con l´ assenteismo impoverisce se stesso, compie una mancanza verso gli altri e rischia di emarginarsi dalla comunità.
B) VALORE SOPRANNATURALE DELLA COMUNITA´ SALESIANA
Comunità umana e religiosa
489
Dio ha tenuto conto della natura sociale dell´ uomo, ne ha attuato il destino soprannaturale nella Chiesa, comunione degli uomini in Cristo per mezzo dello Spirito. Tale comunione si realizza in modo eminente nella comunità religiosa, che è partecipazione alla vita trinitaria e deve divenirne segno; in essa il dialogo diventa ricerca comune della volontà di Dio che attende da ogni uomo una libera adesione personale. E così essa è una risposta accentuata al fervore comunitario che si nota oggi nella Chiesa e nel mondo, specie tra i giovani, come frutto del rinnovamento conciliare e singolare ritorno allo spirito delle origini.(569)
Comunità apostolica e comunità religiosa
490
Il disegno di salvezza si realizza nella Chiesa, che nasce quando Gesù chiama attorno a sé gli Apostoli, diversi per provenienza, carattere ed aspirazioni, li considera amici e fratelli, condivide con loro il tempo, il lavoro, la missione, lo scambio dei beni, i carismi straordinari, le sue relazioni col Padre e forma con essi una vera famiglia.(570) Non è difficile scorgere in questo modo di agire di Gesù un paradigma della vita religiosa comunitaria, appunto per questo chiamata apostolica e prima realizzazione della sequela Christi .(571) In questo senso, più per la vita da Lui condotta che per le cose dette, Cristo può essere considerato il Fondatore della vita religiosa comunitaria.
La prima comunità di Gerusalemme
491
Anche la prima comunità di Gerusalemme, proposta dal Concilio come modello delle comunità religiose, si sviluppa sotto la guida di Pietro e degli Apostoli come comunità fraterna, attorno a Maria, Madre di Gesù e della Chiesa. Tutti erano un cuor solo ed un´ anima sola nello ascolto della Parola, nella preghiera, nella celebrazione dell´ Eucaristia, nella comunicazione dei beni, nella carità verso i bisognosi. Le vicende successive della Chiesa han dimostrato che le Comunità religiose sono nella situazione migliore per continuare tale tipo di testimonianza.(572)
La comunità religiosa nella comunione ecclesiale
492
La comunità religiosa è una forma di comunione secondo la ecclesiologia del Vaticano II, che accentua la qualità di popolo di Dio e Corpo mistico , per cui nella Chiesa, .vige una mirabile comunione in modo che la varietà non nuoce alla sua unità, ma anzi la manifesta .(573) In questo senso va intesa l´ affermazione del Concilio che la vita religiosa pur non appartenendo alla struttura gerarchica della Chiesa, appartiene però fermamente alla sua vita ed alla sua santità ,(574) cioè alla sua struttura carismatica, specialmente nell´ aspetto di comunione.
La carità soprannaturale anima della comunità
493
La pratica della legge della carità, promulgata da Cristo come condizione della sua Presenza, genera ed alimenta la comunione tra i fratelli ed è testimonianza altissima delle realtà celesti per una comunità che si raduna nella fede, cammina nella speranza e vive nell´ amore. La comunità religiosa dona ai suoi membri, tra gli altri aiuti, quelli della comunione fraterna nella milizia di Cristo, di una libertà corroborata dall´ ubbidienza, cosicch possano adempiere con sicurezza e custodire con fedeltà la loro professione religiosa e progredire gioiosi nella via della carità .(575) Per questa carità i religiosi si comunicano non solo i beni derivanti dal Battesimo e dalla Cresima, ma anche quelli provenienti dalla professione, per cui essi manifestano a tutti i credenti i bene celesti già presenti in questo mondo, testimoniano la vita nuova ed eterna acquistata da Cristo, preannunciano la futura Risurrezione e la Gloria del Regno .(576) Inoltre con l´ approvazione di una Famiglia religiosa la Chiesa riconosce i legami di carità di ogni comunità con tutte le altre sparse nel mondo, già unite tra loro dall´ identità di carisma, di missione, di spirito e dalla comunione di tutti gli altri beni.
Comunità di uomini imperfetti
494
Ogni fratello può arricchire con i suoi doni, ma, a causa del mistero di iniquità , che contrasta con la Grazia,(577) può anche impoverire con i suoi limiti, tutti gli altri; la carità supplirà allora con la pazienza, il perdono, la correzione fraterna evangelica,(578) specie per coloro che, con il carattere o l´ indole, possono creare qualche difficoltà alla vita comune.(579) Appunto perché composta di uomini imperfetti, la comunità diventa anche occasione di sacrificio personale. Essa richiede da tutti il contributo di impegno e talora di sofferenza per la sua crescita continua. Lo sforzo di tutti serve a far progredire la comunità verso una maggiore pienezza, superando le sempre possibili difficoltà e tensioni quotidiane. legate alla natura stessa della vita quotidiana. Perciò anche la comunità religiosa, come la Chiesa, deve mantenersi costantemente in atteggiamento di riconciliazione e di penitenza; partecipa così al mistero pasquale di Cristo e collabora con Lui a togliere le macchie e le rughe mediante il confronto incessante con il Vangelo nella revisione di vita ,(580)
Comunità di consacrati
495
La comunione ecclesiale è originata dal Battesimo. La professione religiosa cerca di valorizzarlo in forma cosciente, ed orienta alla vita comunitaria a cui tende per sé l´ ideale religioso, che si esprime per mezzo dei consigli evangelici.
In particolare il religioso:
- con la castità apre il cuore ad un amore delicato e disinteressato verso i fratelli; il celibato volontario è sorgente e sostegno di una vera fratellanza nata non dalla carne o dal sangue ma da Dio;(581)
- con la povertà mette i beni personali, materiali e spirituali, a disposizione dei fratelli, con distacco dai propri interessi e così ognuno, arricchito dalla povertà di tutti gli altri, testimonia con la carità fraterna, l´ amore di Dio;(582)
- con l´ obbedienza unifica gli spiriti alla ricerca comunitaria della volontà di Dio, li impegna ad orientarsi a Dio e a Cristo, condividendo la responsabilità per la missione comune.(583)
C) ORIZZONTE SALESIANO
La prima comunità salesiana
496
Don Bosco fu ispirato soprannaturalmente a creare una comunità di religiosi, all´ interno della Famiglia che a lui si ispira, con una funzione specifica di fermento animatore dell´ identica missione. Egli attuò per gradi il suo disegno, stabilendo dapprima vincoli di amicizia con i suoi giovani migliori, impegnandoli poi in una prova di esercizio pratico di carità verso il prossimo, per venire quindi ad una promessa e portandoli infine alla consacrazione religiosa mediante i voti.(584) Nasceva così la prima comunità salesiana, in cui Don Bosco appare come il maestro, l´ animatore, il padre, la guida suscitata dallo Spirito Santo e dall´ amore materno di Maria Ausiliatrice e come tale accettata da tutti i suoi figli.
La comunità nelle Costituzioni
497
Don Bosco volle che nelle Costituzioni venissero affermati espressamente tutti gli elementi caratteristici di una comunità di religiosi, fraternamente uniti per una missione apostolica:(585) - la perfezione cristiana come scopo ultimo della Congregazione; - la missione verso i giovani specialmente più poveri: praesertim si pauperiores sint, e quindi il carattere apostolico della Società; - la consacrazione religiosa mediante la professione dei voti, che produce la communio ; - la vita comune, sorretta dalla carità fraterna, che rende di un cuor solo e un´ anima sola; - il servizio e l´ amore di Dio; - la parità dei soci: ecclesiastici, chierici e laici.(586)
La comunità salesiana nel pensiero e nella prassi di Don Bosco
498
Commentando, nel 1869, alla prima comunità salesiana l´ approvazione della Congregazione da parte di Pio IX, Don Bosco diceva che il destino dell´ istituzione era legato alla vita comune: essa consiste - continuava egli - nella gioia dell´ habitare fratres in unum :
- in unum locum, fisicamente, cioè in ogni manifestazione esterna della vita comune;
- in unum spiritum: vi deve essere unità di spirito e di volere, cioè la carità;
- in unum agendi finem, che è il raggiungimento, nell´ obbedienza, della missione comune: lo scopo della società, che è l´ educazione morale e scientifica dei giovani poveri ed abbandonati.(587)
Questo che egli lasciò come ricordo nel suo Testamento,(588) fu anche ispirazione concreta della sua azione di Fondatore e Superiore. Egli dimostrò una grande capacità di dialogare, di corresponsabilizzare anche i più giovani suoi collaboratori, di armonizzare nel lavoro apostolico e missionario le doti di persone molto diverse per temperamento, di trovare ad ognuno un lavoro congeniale all´ indole, all´ ingegno, alla formazione, in modo che ognuno si trovasse a suo agio.
Lo spirito di famiglia
499
Elemento primario della comunità salesiana è lo spirito di famiglia, che Don Bosco trasmise alla sua opera come esperienza vissuta e fatta vivere ai suoi primi collaboratori e che animò la tradizione salesiana dalle origini. Tale inconfondibile prerogativa sembra consistere in un clima di affetto ricambiato, fatto essenzialmente di stima e di confidenza reciproca, che porta allo scambio fraterno e alla condivisione dei beni tra i confratelli, sorretti dalla ragione, dall´ amorevolezza, dallo spirito di fede che crea la libertà dei figli di Dio. Ne sono frutto lo stile fraterno di autorità ed ubbidienza, il dialogo, la corresponsabilità nelle iniziative e nell´ azione.(589) Nell´ ambito della famiglia si deve avere particolare attenzione ai giovani confratelli, per aiutarli ad integrare le loro energie nel ritmo della vita comune, che li renderà più maturi per continuare la missione salesiana; essi poi, con la loro sensibilità, individuano talora con chiarezza il senso e gli interrogativi che gli avvenimenti pongono alla vita ed all´ attività comunitaria.(590)
Carità più premurosa per chi ne ha più bisogno
500
Il clima di famiglia si sviluppa in modo singolare verso quei confratelli che richiedono una carità più attenta, come i malati e gli anziani. I membri della comunità vedono nei sofferenti il segno di Cristo Redentore, li accolgono e li circondano di cure affettuose, li aiutano anche a scoprire la preziosità della loro missione di offerta e di preghiera per l´ apostolato comune. Agli anziani, poi, si offre la riconoscenza per il loro lavoro, si richiede la collaborazione secondo le loro possibilità, oltre che il dono del consiglio e dell´ esperienza. La comprensione, il conforto, la preghiera e la delicatezza della comunità rinfrancano ed illuminano gli incerti nella fede e nella vocazione.(591) Gli ospiti saranno onorati come coloro che vengono a noi in nome di Cristo.(592)
L´ottimismo e la gioia
501
Nella comunità salesiana regna l´ ottimismo, che nasce da una visione soprannaturale della salvezza e dall´ abbandono alla Provvidenza, oltrech dalla fiducia nell´ uomo e nei valori umani, secondo l´ umanesimo cristiano che la Chiesa riconosce a Don Bosco; regna anche la gioia che è sorretta dalla speranza ed è frutto della pace interiore e godimento dei beni che si partecipano.
Il superiore nella comunità salesiana
502
Come Don Bosco, il superiore è centro di unità e animatore della comunità dei fratelli. Egli esercita l´ autorità in atteggiamento di servizio, valorizza le doti e rispetta i carismi di ognuno in vista del bene e dello sviluppo della comunità; rende tutti corresponsabili all´ adempimento della missione comune, con la fedeltà alla Regola ed alla disciplina di cui è il garante e con la correzione fraterna,(594) ma soprattutto presiedendo nella carità.(595) Egli deve essere un fratello, che, a imitazione di Gesù, si pone tra i fratelli come rivelatore e segno della paternità di Dio .(596)
Evoluzione costante della comunità salesiana
503
Come testimoniano le successive mutazioni dei testi costituzionali e regolamentari, il senso concreto portò Don Bosco a continui aggiornamenti delle sue comunità, perché la sua sensibilità lo induceva ad adeguarsi alle situazioni che mutavano incessantemente ed alle esigenze diverse degli ambienti in cui si estendeva la sua opera, salvi però sempre la missione e lo spirito.(597) Don Bosco ha così impresso un particolare dinamismo alle sue comunità, accogliendo e favorendo anche opportune sperimentazioni. (598) Nata dai giovani e per i giovani, la Comunità salesiana SI RINNOVERA´ ADATTANDOSI AL PLURALISMO DELLE SITUAZIONI secondo il ritmo voluto ed avviato dal Fondatore. Alla luce del pensiero e della prassi di Don Bosco, nasce così una comunità non uniforme, ma articolata, in cui i fratelli hanno la loro guida nel direttore, per facilitare la vita comunitaria e programmare e coordinare l´ azione apostolica.
CAPO SECONDO
COMUNITA´ APOSTOLICA
La missione salesiana nella Chiesa
504
Comunità di consacrati, chiamati ad una identica missione, i salesiani esercitano un servizio apostolico e partecipano in modo speciale della missione della Chiesa, utilizzando nel suo ambito il carisma proprio, tutti ugualmente orientati all´ apostolato, anche se con uffici differenti. Come Cristo e gli Apostoli vissero insieme per predicare e testimoniare il Regno, come la comunità di Gerusalemme si riunì per attuarlo, così la vita comunitaria salesiana si costituisce in vista di un servizio apostolico da rendere alla Chiesa, quale allargamento della carità che unisce i fratelli con Cristo e tra loro.
Comunità aperta alla Chiesa
505
Partecipe della vita, segno della Comunione e corresponsabile della missione di salvezza, la comunità religiosa è particolarmente aperta alle esigenze della Chiesa universale, ne segue con attenta informazione le vicende, adegua le sue strutture al lavoro apostolico per rendere attuale nei tempi e nei luoghi in cui si trova il suo particolare carisma, ricchezza di tutto il popolo di Dio.(599) Le comunità salesiane, perciò, evitando ogni particolarismo che le chiude in se stesse e coltivando il proprio carisma specifico, si inseriscono e collaborano con la Chiesa locale e con le altre Famiglie religiose, mediante la testimonianza e l´ azione pastorale come un corpo specializzato, che offre un suo attivo e tempestivo servizio, riconosciuto dalla Chiesa nella sua autonomia originale mediante l´ esenzione.
Comunità mondiale ispettoriale locale
506
Come nella Chiesa universale l´ unità si articola nel pluralismo delle Chiese particolari e nei gruppi di base, così la Congregazione salesiana si articola nelle comunità ispettoriali e, queste, in quelle locali, che sono il luogo ed il modo concreto in cui si realizza la vocazione salesiana. La comunione tra esse è favorita ed alimentata dal carisma e dalla missione comune, dallo spirito di Don Bosco, dalla comunicazione dei beni e delle esperienze, dalla solidarietà a tutti i livelli e dal servizio reso all´ opera pastorale della Chiesa. LA COMUNITA´ ISPETTORIALE E´ RESPONSABILE DELLA COMUNIONE tra le singole comunità e dell´ inserimento del servizio salesiano nella Chiesa locale.
Comunità irradiante
507
Partecipe del dinamismo della Chiesa, la comunità, è inviata ed aperta al servizio dei fratelli ed offre a tutti le grazie di cui il Signore l´ ha colmata. Essa coltiva con gioia e vivifica con la fede le relazioni che ha con altre persone ed ambienti per vincoli di parentela, di ispirazione, di lavoro, di ideali o per dovere di giustizia, di convenienza, di amicizia, di carità.(600) In questi contatti esterni la comunità, oltre che dare senso pieno ai rapporti con il mondo, viene arricchita di nuovi valori da integrare nei doni spirituali della sua missione ed è aiutata a realizzare più adeguatamente la propria azione apostolica. Questo deve avvenire soprattutto con i giovani e con i nostri collaboratori laici in ogni opera ed attività, formando una comunità educativa, animata dall´ interno dai confratelli che vi irradiano la ricchezza della comunione salesiana ed estendono lo spirito di famiglia anche ai giovani, applicando sempre più perfettamente il Sistema Preventivo. In tal modo si crea l´ ambiente adatto per il fiorire delle vocazioni.
Vita comunitaria ed apostolato
508
La vita comunitaria salesiana è diretta alla missione apostolica. Perciò la composizione della comunità, le sue strutture di vita, di lavoro, di organizzazione, di orario, sono tali da facilitare l´ esercizio dell´ apostolato, nel rispetto della vita comunitaria e delle sue esigenze e manifestazioni.(601) Ogni comunità deve sforzarsi di superare le eventuali tensioni che si creano nella sua vita religiosa, in modo tale che i suoi singoli membri, come Don Bosco, realizzino l´ unione tra le esigenze della vita comune e quelle dell´ apostolato, momenti diversi ma inscindibili della carità apostolica. Per l´ ordinato svolgersi della vita comunitaria e per una migliore efficienza nell´ apostolato, sembra opportuna una certa stabilità dei confratelli nei loro uffici.
Unità e pluralismo
509
Essendo la pluralità dei carismi una caratteristica dello Spirito, che li dona per una missione specifica nella Chiesa, i singoli devono tener conto dell´ unità di missione, e la comunità, guidata dal Superiore, deve discernere e rispettare, nei limiti del possibile, la varietà dei carismi e delle doti personali,(602) ordinandoli al bene comune. E´ proprio tale rispetto che rende più fecondo l´ apostolato comunitario e gli dà la possibilità di rispondere alle multiformi esigenze del mondo e della Chiesa, senza mortificare l´ iniziativa personale. A sua volta il Salesiano, adattando il carisma individuale a quello comunitario, è in grado di scoprire in sé stesso nuove risorse nell´ apostolato e di valorizzarle con originalità, diversamente ignorata.
Verso NUOVE FORME DI COMUNITA´
510
La Chiesa invita le comunità religiose ad organizzarsi secondo le nuove situazioni ed a promuovere sperimentazioni per il rinnovamento della vita comunitaria e per l´ aggiornamento della missione apostolica.(603) Perciò è necessario rinnovare le nostre comunità, piccole e grandi, perché siano costantemente animate dallo spirito evangelico, alimentate dalla preghiera e contrassegnate generosamente dalla mortificazione dell´ uomo vecchio, dalle discipline necessarie per la formazione dell´ uomo nuovo e dalla fecondità del sacrificio della Croce .(604) Inoltre per noi religiosi di vita attiva la prima testimonianza è data dal servizio in esecuzione della missione propria della Chiesa. In questa luce sono da valutare gli esperimenti delle cosiddette fraternità o piccoli gruppi o piccole comunità,(605) da prendere in considerazione come esigenza maturata dai tempi e appello dello Spirito Santo da accogliere con docilità. La NOVITA´ di questo tipo di comunità è data, oltre che dal desiderio di una intensa comunione tra le persone, anche dalla vocazione ad inserirsi in speciali ambienti di vita e di lavoro per attuare una testimonianza di carità e di animazione cristiana, specie tra gli emarginati sociali. Questa testimonianza si traduce in un servizio permanente, conforme alla missione salesiana, prestato in modo speciale alla gioventù della zona, dove questo piccolo gruppo vive ed agisce, in collegamento con l´ Ispettoria e con i confratelli ed in comunione con la Chiesa locale.
511
Da questi elementi pare che la COMUNITA´ RELIGIOSA SALESIANA si possa descrivere come un gruppo di persone, che, chiamate dallo Spirito a vivere in comunione la loro consacrazione battesimale e religiosa per una particolare missione nella Chiesa, trovano in Cristo la ragione della loro esistenza e nella testimonianza del mistero pasquale al mondo il motivo di un loro qualificato servizio ai fratelli, specialmente ai giovani poveri ed abbandonati, secondo il carisma di Don Bosco. La comunità, nata dalla Grazia di Dio, diviene segno della Comunione ecclesiale, strumento di servizio pastorale, pienezza di relazioni interpersonali, stile di vita nell´ attuazione dello spirito salesiano.
CAPO TERZO
ORIENTAMENTI OPERATIVI
1. La comunità ispettoriale
512
Il Capitolo Generale ritiene elemento fondamentale del rinnovamento della vita religiosa salesiana LA RISCOPERTA E RIVALUTAZIONE DELLA COMUNITA´ ISPETTORIALE, come mediatrice di unione delle comunità locali tra loro, con le altre ispettorie e con la comunità mondiale. Tale coscienza permette al salesiano di realizzare in modo concreto e convincente la solidarietà di tutti i confratelli dell´ ispettoria e di inserire il suo apostolato nella Chiesa locale. Spetta al Capitolo ispettoriale ed al Consiglio ispettoriale individuare le finalità comuni dell´ Ispettoria, promuovere la realizzazione di tali fini e programmare le esperienze ed i mezzi di attuazione secondo le urgenze più sentite.
2. Rinnovamento e semplificazione delle comunità locali
513
Come il Capitolo Generale XIX ha fatto leva sulla figura del Salesiano, così il Capitolo generale XX concentra la sua attenzione sulla Comunità.(606) La comunità è l´ idea centrale del rinnovamento, promossa da questo Capitolo Generale e da attuarsi in tutta la Congregazione, secondo precise richieste dei Confratelli.
In questo nuovo spirito, che richiede nuova mentalità ed organizzazione, con prudenza ma anche con premura(607) dopo studio attento, occorre sperimentare:
a) la riduzione della dimensione numerica delle comunità troppo grandi o la loro articolazione in gruppi distinti;
b) la semplificazione delle opere troppo complesse, in modo che le attività a cui si dedicano i Confratelli siano più omogenee;
c) l´ eventuale distinzione dell´ ambiente di vita da quello di lavoro, quando ciò non sia in contrasto con l´ esercizio della nostra missione e se ne riconosce la possibilità, la convenienza, l´ utilità comune;
d) la riunione in apposite comunità di quei confratelli che
o svolgono una specifica attività salesiana con cooperatori, ex-allievi, cappellanie ecc.;
o esercitano attività di tipo salesiano in opere giovanili non nostre (scuole, centri culturali e ricreativi, ecc.) ;
o sono destinati a servizi particolari nella chiesa locale.(608)
3. Composizione e funzionamento delle comunità
514
A) NEL COSTITUIRE LE COMUNITA´ SI DEVE TENER CONTO: - delle esigenze del servizio apostolico; - del rispetto delle leggi psicologiche che regolano la vita dei gruppi e facilitano il lavoro apostolico e l´ esercizio della carità; - della convenienza d´ una certa stabilità per assicurare la coesione fraterna e la continuità del lavoro, salve le esigenze fondamentali della disciplina religiosa.
B) PER IL FUNZIONAMENTO DELLA COMUNITA´: - ciascuna di esse organizzerà la sua vita ed azione secondo i regolamenti generali ed ispettoriali; - ogni Confratello sarà fedele alle norme fissate, evitando l´ individualismo disgregatore.
4. «Piccole» comunità
515
In conformità agli Orientamenti Dottrinali-Pastorali (n. 510) l´ eventuale esperimento di Piccole Comunità va attuato, tenendo presenti alcune condizioni:
a) Le piccole comunità sono espressione ed emanazione della comunità ispettoriale, vincolate alla Congregazione ed in comunione con la Chiesa locale;
b) esse nascono, non per contestare la vita religiosa, ma per una ricerca di testimonianza e di servizio in ambienti particolarmente difficili da evangelizzare, come risposta ad urgenti appelli di animazione cristiana, specie tra giovani emarginati sociali;
c) esse sono in linea con la nostra vocazione e missione, perché intendono realizzare con particolare slancio l´ ideale missionario ed apostolico di Don Bosco;
d) esse, anzich presentare una forma di vita più facile, si rivelano più esigenti per i loro membri .(609) I Confratelli, ritenuti adatti allo scopo, devono vivere impegnati in una intensa comunione evangelica ed in una reciproca e fraterna assunzione di responsabilità ;(610)
e) spetta agli organi ispettoriali studiarne la possibilità e convenienza e stabilirne le modalità, comprese quelle relative all´ esercizio dell´ autorità;
f) inoltre l´ ispettore con il suo Consiglio faccia periodicamente una revisione e valutazione di simili esperienze assieme al gruppo e, in caso di mancata riuscita, ci sia la possibilità di cercare nuove forme per realizzare più adeguatamente tale apostolato; g) infine, i Confratelli di tali comunità conservino la disposizione a rientrare nelle comunità salesiane abituali per arricchirle della loro esperienza. Invece si ritiene di dover escludere quelle esperienze di piccole comunità o fraternità che sono originate dal desiderio di evasione dalla comunità, ricerca esclusiva di maturazione umana, proposito di risolvere un problema personale e si rivelano come fenomeni di individualismo non conforme alla vita religiosa.
5. Comunicazoine entro e fuori la Congregazione
516
Per favorire una conveniente comunicazione a tutti i livelli, si utilizzino i seguenti mezzi:
A) A LIVELLO LOCALE promuovere: a) riunioni comunitarie con libertà di parola, facilità di dialogo, ricerca serena della verità, rispetto delle opinioni altrui; b) debita informazione della comunità su ciò che interessa la sua vita.
B) A LIVELLO ISPETTORIALE promuovere una esauriente informazione per mezzo di Notiziari, che interessino e colleghino comunità e confratelli su problemi riguardanti l´ Ispettoria e favoriscano iniziative libere, proposte di incontri, ricerca di soluzione ai problemi e diano occasione di confronto e di revisione di idee, esperimenti, metodi, orientamenti.
C) A LIVELLO MONDIALE promuovere una comunicazione intensa e tempestiva circa decisioni di interesse generale, con più vasto sguardo all´ incidenza mondiale del nostro apostolato e con attenzione particolare ad avvenimenti e circostanze che si prestano a facili deformazioni od a conclusioni arbitrarie. Soprattutto in questi casi è compito dei superiori favorire un´ obiettiva circolazione di notizie, in modo che i confratelli possano esserne informati. Ogni confratello, però, conscio che la comunicazione entro e fuori la congregazione è a servizio della comunione fraterna e non la deve mai ledere, si sforzerà di non servirsene per interessi individuali o di gruppo, in contrasto con il bene comune, la missione, l´ impegno apostolico, lo spirito di famiglia e il rispetto alle persone ed alla verità.(611)
Documento 9
LA COMUNITA´ ORANTE
CAPO PRIMO
LA PREGHIERA IN UN MONDO CHE CAMBIA
517
Una costatazione: oggi più che mai si assiste nella Chiesa a una crisi grave e preoccupante ma nello stesso tempo significativa e promettente, riguardo alla vita di preghiera. La crisi ha delle ripercussioni anche nei nostri ambienti.
518
Le cause di questa crisi crediamo di poterle individuare, da una parte, in un insieme di circostanze e di realtà provenienti dai diversi contesti (socio-culturale, ecclesiale, salesiano...) in cui noi salesiani ci troviamo necessariamente coinvolti, sia a livello personale che comunitario; dall´ altra parte, nella profonda crisi di fede che travaglia il mondo in trasformazione e la Chiesa in rinnovamento, con risonanze evidenti anche tra noi. Ci sono poi difficoltà connesse con la preghiera, soprattutto quando si consideri il cambiamento che si è operato nel nostro mondo circa l´ immagine di Dio, e quindi circa il modo di concepire le relazioni tra l´ uomo e Dio.
519
Tutte queste difficoltà possono incidere (e incidono di fatto) negativamente sulla nostra vita di preghiera, personale e comunitaria.(612) Ma nello stesso tempo - e vogliamo sottolinearlo con particolare rilievo - offrono una felice occasione per un serio esame di coscienza e per un rinnovato impegno nella vita di preghiera. Sta qui il punto centrale, anzi il vero segreto de´ rinnovamento della nostra vocazione salesiana, oggi.
520
A livello personale queste difficoltà ci possono aiutare a purificare la nostra fede, facendola poggiare fondamentalmente sulla Parola di Dio, obbligandoci a personalizzarla. La fede ci si rivela come un incontro e un impegno personale con un TU sommamente amato, che richiede da noi un atteggiamento di costante disponibilità. La purificazione e la personalizzazione della nostra fede ci aiuteranno a superare la tentazione, oggi particolarmente forte, di credere inutile la preghiera o di sostituirla semplicemente con un servizio anche generoso ai fratelli. L´ atteggiamento di disponibilità, a sua volta, ci permetterà di fare progressivamente il passaggio da una vita di preghiera a un´ autentica VITA-PREGHIERA.
521
A livello comunitario le difficoltà in cui ci troviamo hanno già provocato qua e là positive ricerche e forme nuove di autentica pietà; ci devono perciò aiutare a riscoprire il valore insostituibile della Comunità nella nostra vita di preghiera. In effetti, la preghiera comunitaria assicura la presenza del Signore in mezzo a noi,(613) permette di scoprire costantemente la presenza del Dio vivente nella storia umana e nel mondo e ci sospinge maggiormente a un impegno apostolico comunitario più audace e tempestivo.
522
Il nostro lavoro apostolico dovrà ricavare dei vantaggi da queste serie difficoltà. Infatti se vogliamo rivelare il volto autentico di Dio(614) in maniera adeguata e valida, ci occorre riscoprire NUOVE FORME di relazione con Lui, più consone con le categorie mentali dell´ uomo contemporaneo e particolarmente della gioventù d´ oggi. Dovremo inoltre insegnare ai giovani - più con la testimonianza personale che con le parole - che la preghiera, anche dal punto di vista umano, è un autentico bisogno dell´ uomo, una vera necessità per acquistare e assicurare la pace del cuore, per mantenere l´ equilibrio interiore, per fare l´ esperienza personale della gioia.
CAPO SECONDO
IL NOSTRO RINNOVAMENTO
NELLA VITA DI PREGHIERA
Accorato appello al rinnovamento
523
In una situazione come l´ attuale, preoccupante e nello stesso tempo promettente, noi siamo chiamati a un rinnovato impegno nella nostra vita di preghiera. Siamo convinti che la fedeltà alla preghiera o il suo abbandono sono il paradigma della vitalità o della decadenza della nostra vita religiosa.(615) Siamo convinti che solo una rinascita spirituale e non una semplice ristrutturazione darà il via a una nuova epoca nella storia della Chiesa. Essa ci invita a coltivare una preghiera - soprattutto mentale - qualitativamente valida e in piena rispondenza alla spiritualità specifica della nostra vocazione.(616) Occorre superare ogni pericolo di formalismo; bisogna sentirsi sospinti non da una legge da osservare, ma dalla riconosciuta intrinseca importanza della preghiera e della sua utilità pastorale e ascetica.(617)
524
L´ impegno di rinnovamento bisogna realizzarlo a livello personale e comunitario. I due aspetti della preghiera apostolica (il personale e il comunitario) sono realmente inseparabili. Non possiamo contrapporli né eliminare l´ uno a spese dell´ altro; dobbiamo anzi integrarli in un´ unità vitale che li arricchisca entrambi.
525
Del processo di maturazione spirituale, per cui ci siamo impegnati con la nostra professione religiosa, il singolo individuo e la comunità sono corresponsabili. La Chiesa, ricevendo i voti di quelli che fanno professione,(618) si assume la responsabilità del loro impegno vocazionale. Ognuno di noi deve quindi sentirsi responsabile di far progredire la vocazione apostolica della comunità in quanto tale. Una Comunità orante non può costituirsi se i suoi membri non sono personalmente uomini di preghiera. Nella misura infatti in cui lo siamo, la Comunità orante diventa una realtà viva. A questo riguardo ogni membro dovrebbe dare un apporto insostituibile anche col solo fatto della sua presenza fisica nei diversi incontri comunitari di preghiera. La sua presenza ha sempre un valore di testimonianza e di stimolo vicendevole.
526
Il Direttore, come guida della comunità, ha una responsabilità del tutto particolare nella vita di preghiera. Nelle conferenze, nei colloqui privati, meglio ancora con il suo esempio, procuri di suscitare nei confratelli il bisogno e il gusto della preghiera. Cerchi di creare le condizioni adeguate e favorisca la preghiera tutelando il diritto di ogni confratello a pregare. Eviti perciò di affidare incombenze che li possano distogliere dalla preghiera, e li aiuti a rimuovere eventuali ostacoli.
Preghiera di religiosi apostoli
527
La nostra vita di preghiera deve anzitutto ispirarsi a Cristo Signore e a Maria, Madre nostra, sotto la guida dello Spirito Santo.
Cristo Signore
528
Il Signore Gesù è il supremo orante; la sua è la preghiera massima di tutti i tempi. Durante la sua vita terrena ci ha dato continui esempi di preghiera: gli evangelisti lo presentano spesso in preghiera. Lo si vede prender parte alle preghiere comunitarie del Tempio e della sinagoga e alle preghiere private recitate dai pii israeliti.(619) Anche risorto dai morti e sempre vivo, prega per noi(620) presso il Padre. L´ attività giornaliera di Gesù si connetteva strettamente alla sua preghiera, anzi sgorgava da essa(621) in maniera tale da rivelare che la preghiera era ciò che animava il suo ministero messianico e il suo passaggio pasquale.(622)
529
La nostra preghiera è sostanzialmente un´ inserzione e una partecipazione alla preghiera del Cristo. Con tutta la Chiesa la preghiera prolunga in terra la glorificazione del Padre nella redenzione dell´ uomo; e Gesù con la sua risurrezione l´ ha fissata per sempre nell´ eternità.(623) La preghiera ci fa scoprire il senso vitale della nostra adozione a figli di Dio, è la base del nostro servizio apostolico verso tutti gli uomini, nostri fratelli, e particolarmente verso i giovani più poveri e bisognosi. Appunto perché figli del Padre comune, siamo fratelli e servitori di tutti.(624) La preghiera non soltanto ci aiuta a vincere le tentazioni e gli sconforti della vita apostolica, ma deve mantenere accesi in noi la gioia e l´ entusiasmo della nostra totale donazione a Dio, nel servizio della gioventù e del popolo.(625)
Lo Spirito Santo
530
Nella nostra vita apostolica lo Spirito Santo - Maestro unico di vita interiore - ci dà la grazia di scoprire il volto del Signore nel cuore degli uomini.(626) E´ Lui a guidarci nel difficile compito di rintracciare e trovare Dio anche nelle attuali condizioni di esistenza, contrassegnate da ritmi sempre più accelerati, dal frastuono e dalle sollecitazioni delle realtà effimere.(627) Il mondo però dev´ essere una realtà presente al centro della nostra vita di preghiera e di offerta,(628) Dobbiamo quindi imparare da Gesù - sotto la guida dello Spirito Santo - a contemplare nel cuore del Padre Celeste, per farlo attivamente nostro, il disegno di redenzione di tutta l´ umanità. Come Lui, dobbiamo imparare ad agganciarci a Dio nell´ azione apostolica e ardere di zelo apostolico nella nostra preghiera.
Maria, madre nostra
531
La Madonna, unita al Cristo come nessun´ altra creatura, ci stimola all´ imitazione della sua docilità verso lo Spirito Santo nella fede. così cresce in noi il Cristo e ci possiamo sentire figli nel Figlio, nei nostri rapporti col Padre. In noi, a somiglianza di Maria, la grazia ricevuta deve diventare grazia sviluppata e partecipata, soprattutto nell´ impegno apostolico assunto con la nostra professione religiosa.
Caratteristiche della nostra Spiritualità
A) LA VITA DI DON BOSCO E DEL SALESIANO COME VERA LITURGIA
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Don Bosco ha mostrato in sé e ha voluto per i suoi figli una pietà semplice, concreta e profonda.(629) La Parola rivelata ci assicura che la comunità di fede (vera famiglia che lega noi e i nostri giovani) è il vero Tempio(630) nel quale si celebra la Liturgia della vita apostolica. Consiste nell´ annunzio gioioso della Buona Novella che è Gesù Cristo,(631) centro della storia e significato ultimo dell´ esistenza umana.
533
Don Bosco l´ ha vissuta in spirito e verità,(632) praticando la religione pura e immacolata "(633) in una vita tutta consacrata al servizio dei giovani poveri e abbandonati, e nel suo impegno incessante di distruggere il peccato, causa di ogni male nel mondo.
534
Con il lavoro instancabile, che volle distintivo della nostra spiritualità, Don Bosco si inserì nel popolo sacerdotale che regna sulla terra,(634) Per mezzo del lavoro, intese collaborare attivamente ed efficacemente al piano salvifico di Dio, ubbidendo al mandato di dominare la terra(635) per trasformarla a servizio dell´ uomo. Con il lavoro realizzato in spirito di amore, glorificò Dio, e si offrì come ostia viva e gradita in un vero atto di culto spirituale.(636) Il fondamento di questa sintesi, che lo fece vivere costantemente in una profonda unione con Dio rendendolo un vero contemplativo dell´ azione, fu appunto la sua fede concreta ed esistenziale, che lo portò a scoprire Dio nelle realtà di ogni giorno, e lo spinse a un costante impegno per liberare, attraverso il lavoro, tutte le realtà spesso intrise di peccato.
535
Alla luce di questo atteggiamento spirituale occorre interpretare l´ importanza data da Don Bosco alle pratiche di pietà: erano per lui, oltre che mezzi di santificazione personale, momenti di allenamento per collaborare sempre più intensamente alla trasformazione del mondo secondo il piano di Dio.
536
Questo indirizzo della spiritualità di Don Bosco appare oggi particolarmente attuale per il nostro mondo, e urgente per il nostro rinnovamento. Solo celebrando in pienezza la liturgia della nostra vita apostolica supereremo qualsiasi pericolo di orizzontalismo, perché pregheremo in modo che anche la nostra vita di impegni e di attività divenga stimolo e perfino oggetto della nostra preghiera. I momenti comunitari di preghiera, le celebrazioni liturgiche - specialmente l´ Eucaristia - non saranno per noi una parentesi o una fuga dalla realtà concreta, ma costituiranno il culmine e la fonte,(637) l´ espressione sacramentale più efficace e intensa della storia umana e del nostro lavoro apostolico.
537
Diventerà allora una realtà in noi, come lo fu già per Don Bosco, ciò che afferma la LAUDIS CANTICUM: L´ intera vita dei fedeli costituisce come una vera "leitourghia" con cui essi si offrono in servizio di amore a Dio e agli uomini aderendo all´ azione di Cristo che con la sua dimora tra noi e l´ offerta di se stesso ha santificato la vita di tutti gli uomini.(638)
B) LA NOSTRA VITA DI PREGHIERA COMUNITARIA E PERSONALE
a) Rinnovata visione della Comunità orante.
538
I momenti forti di preghiera esplicita, in cui la fede l´ unità la carità apostolica della comunità vengono espresse nutrite e rinnovate, sono assolutamente necessari per ogni Comunità: momenti di riunione nella preghiera della nostra piccola Chiesa, espressione della grande Comunità orante che è la Chiesa universale.
539
La nostra Comunità fraterna e apostolica diventa e si costituisce vera Comunità orante quando, in quanto Comunità: - ha coscienza che tutti insieme rendiamo presente il Signore e siamo veramente partecipi di tale presenza; - percepisce la risposta comune all´ amore di elezione da parte di Dio, che ci ha fatto fratelli; - stabilisce un dialogo vivo e sincero non con un Dio generico, ma col Dio della nostra storia, che attende da noi un impegno comunitario nella missione specifica che ci ha affidato: un dialogo di ricerca nella Fede, di collaborazione nella Speranza, di assoluta disponibilità nell´ Amore-Carità; - cerca delle espressioni proprie del suo dialogo con il Signore. La dimensione comunitaria, d´ altra parte, dev´ essere uno dei frutti più preziosi dell´ ineffabile mistero dell´ inabitazione della Trinità nei nostri cuori.
b) La Parola che convoca e interpella.
540
Convocata dalla Parola di Dio, la Comunità apostolica salesiana vive incentrata su questa Parola; da essa si lascia illuminare, guidare e interpellare costantemente. Da quando la Parola di Dio si è fatta Uomo, la Parola autentica di Dio è sempre una Parola incarnata e storica,(639) che ci rivela continuamente il mistero di Dio e del suo amore per noi, il suo piano di salvezza, le promesse divine del suo Regno, che noi, aiutati dal Cristo risorto, dobbiamo convertire in realtà. Specialmente attraverso la lettura frequente della Sacra Scrittura, come pure attraverso i segni dei tempi, la Parola di Dio ci rivela quello che Dio vuole da noi, chiamandoci a renderLo presente nella storia umana. E´ quindi una Parola concreta, che interroga la nostra Comunità e ognuno di noi personalmente sull´ hic et nunc della nostra esistenza; una Parola viva ed efficace) (640) incessantemente operante,(641) una Parola che esige necessariamente una risposta che si rifletta nella vita personale e comunitaria. Questa scoperta costante nella vita ordinaria del Cristo vivo e operante, rivelatore del senso profondo e ultimo del mondo e dell´ uomo, frutto di una mentalità evangelica di fede, viene resa possibile in maniera tutta particolare grazie alla pratica della REVISIONE DI VITA.
c) La conversione del cuore.
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La Parola di Dio ci chiama a una continua conversione del cuore, una grazia sovrana che va sempre chiesta al Signore, Padre delle misericordie. L´ autenticità della nostra risposta sarà messa in rilievo sia da una frequente celebrazione del Sacramento della Penitenza a livello personale e comunitario, sia da una vita di vera austerità, espressione fedele di un atteggiamento penitenziale.(642) In linea con lo spirito del nostro Fondatore, affermiamo che il nostro atteggiamento penitenziale ha un carattere ascetico di tipo spiccatamente apostolico. Don Bosco ci ha lasciato un programma tanto caro al suo cuore: Lavoro e Temperanza ci ha chiesto di essere pronti a sopportare il caldo, il freddo, la sete, la fame, le fatiche e il disprezzo, ogni qualvolta queste cose servano alla maggior gloria di Dio, allo spirituale profitto del prossimo e alla salvezza dell´ anima propria.(643) Ci ha incoraggiato a far penitenza nell´ adempimento perfetto del Sistema Preventivo.(644) E´ questo per noi un aspetto specifico della vita apostolica celebrata come vera Liturgia della vita.
d) L´ Eucaristia centro della Comunità apostolica.
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L´ Eucaristia è il culmine e la fonte dell´ azione e della santità della Chiesa. E´ quindi, oggettivamente, il centro vitale della Comunità orante. La preghiera cristiana non si esaurisce nella partecipazione alla sola liturgia eucaristica, ma la prepara, l´ accompagna, la segue. Soprattutto aiuta ad avere nel cuore gli stessi sentimenti di Gesù nell´ Ultima Cena e sulla Croce, per divenire, come Lui, un´ offerta eterna,(645) In spirito di fedeltà alla costante tradizione della nostra Famiglia, dobbiamo sentire il bisogno di riconquistare, nella ricchezza di una visione rinnovata secondo il Vaticano II, la centralità dell´ Eucaristia nella nostra vita personale e in quella della nostra Comunità apostolica come educatori della gioventù.(646)
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In questa prospettiva l´ Eucaristia appare anzitutto come il Sacramento dell´ unità ecclesiale. Nell´ incessante costruzione della Comunità, lo strumento fondamentale e decisivo è appunto l´ Eucaristia, segno e causa dell´ unità (647) fermento ed esigenza di unità allo stesso tempo: segno, cioè, di quell´ unità che è meta della nostra vita. Segno, però, nella misura in cui viviamo già di fatto e ci impegniamo incessantemente a fare comunione tra noi. In questa misura il sacramento è anche causa di unità. Comunicarci di Cristo significa accettare in noi non soltanto la sua Carne ma tutta la sua Persona. E´ un impegnarci a modellare la nostra mentalità pensando come pensa Lui sulla vita (beatitudini) , sugli uomini (Comandamento nuovo) , su Dio (Padre) ; volere ciò che Lui vuole (la volontà del Padre) , quelli che Lui vuole (tutti gli uomini) e sempre come Lui li vuole (fino alla morte) . E´, in particolare, un impegnarci a fare vita della propria vita la Parola ascoltata nella liturgia. L´ Eucaristia, d´ altra parte, è punto di partenza e punto di arrivo di tutto il lavoro apostolico della Comunità. Alla luce dunque e con la forza dell´ Eucaristia, dovrà irrobustirsi e svilupparsi incessantemente la carità pastorale,(648) l´ impulso apostolico della Comunità salesiana e di ognuno dei suoi membri. Tutti questi aspetti centrali del dinamismo ecclesiale proprio dell´ Eucaristia si esprimono mirabilmente nella Concelebrazione eucaristica, che significa e causa allo stesso tempo l´ unità di tutta la Chiesa, l´ unità del sacerdozio di Cristo partecipato in diverse forme e a distinti livelli da tutti i membri della nostra Comunità apostolica. In intima connessione col sacrificio eucaristico, dobbiamo valorizzare in modo speciale i sacrifici che comporta in sé la vita cristiana in genere e la vita consacrata apostolica in specie. Infatti, al momento della nostra professione religiosa siamo stati offerti a Dio dalla Chiesa in intima unione al sacrifico eucaristico.(649) Di qui deriva che prendano anche un vero significato apostolico e redentivo le prove cui andiamo incontro, le tante disgrazie e sofferenze ingiuste che colpiscono i nostri fratelli (650)
e) La preghiera liturgica.
544
La funzione sacerdotale di Cristo si prolunga attraverso la sua Chiesa che loda incessantemente il Signore e intercede per tutto il mondo non solo con la celebrazione dell´ Eucaristia, ma anche e specialmente coll´ Ufficio divino: inno di lode e ringraziamento, preghiera d´ intercessione e di petizione, che Cristo unito al suo Corpo eleva al Padre. Fedeli agli esempi di Don Bosco che ai suoi tempi appariva ed era un vero innovatore nell´ ambito della Liturgia giovanile, accogliamo con vero entusiasmo e facciamo operativamente nostri gli indirizzi e le linee rinnovatrici della Chiesa oggi nel campo liturgico. In particolare, una celebrazione comunitaria dell´ Ufficio divino è da preferirsi per quanto è possibile alla celebrazione individuale e quasi privata,(651) giacché quando una Comunità si riunisce per la recita dell´ Ufficio, manifesta la vera natura della Chiesa in preghiera e appare come suo segno meraviglioso (652)
f) La devozione a Maria Ausiliatrice.
545
La lunga e ininterrotta tradizione mariana della nostra Famiglia, fondata sulla persuasione che Maria ha fatto tutto perché Ella è la Fondatrice e la Sostenitrice della nostra Opera, dovrà continuare a caratterizzare la spiritualità e la mistica apostolica dei figli di Don Bosco.(653) Nell´ ambito della Chiesa in cammino, secondo il Vaticano II, dobbiamo situare l´ eredità mariana, impegno specifico della nostra Famiglia, e far sì che la devozione a Maria Ausiliatrice, raggiungendo la profondità voluta da Don Bosco, abbia tutta la portata da lui assegnatale. I nostri tempi non sono meno difficili dei suoi,(654) e la nostra epoca, come la sua, è dolorosamente travagliata da una profonda trasformazione. Nella svolta sociale che il mondo d´ oggi esige dalla Chiesa di Dio, la presenza di Maria, Madre della Chiesa e Ausiliatrice dei battezzati, è un impulso e uno stimolo efficace. L´ invocazione di Maria come Ausiliatrice dei cristiani risponde pienamente ad alcune delle aspirazioni più profonde dell´ uomo contemporaneo.(655) La devozione a Maria Ausiliatrice deve suscitare in noi, come in Don Bosco, un ardente zelo apostolico nella lotta contro il peccato e contro una visione del mondo e dell´ uomo contraria alle Beatitudini e al Comandamento nuovo. Questa devozione dev´ essere nelle nostre mani un potente strumento per suscitare nei battezzati di oggi un vivo e dinamico senso della Chiesa.
g) Carattere gioioso e pasquale della nostra pietà.
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Nell´ azione pastorale di Don Bosco, come anche nella sua spiritualità, appare vivo e operante il senso escatologico della vita, in ordine al raggiungimento della salvezza eterna. Questo atteggiamento spirituale informa il lavoro e particolarmente la pietà salesiana, che egli ha voluto ricca di stile giovanile, di partecipazione comunitaria, di gioia pasquale, di spontaneità e aderenza alla vita concreta, con preghiere semplici e vive, con musica toccante e festosa. In questa forma gli incontri di preghiera - specialmente la celebrazione dell´ Eucaristia - avevano nel pensiero di Don Bosco il valore decisivo di assicurare e anticipare nella fede l´ incontro definitivo col Padre.
h) La vita di preghiera personale.
547
La nostra vita spirituale non si esaurisce nella partecipazione alla sacra Liturgia e nella preghiera comunitaria extraliturgica. (656) Abbiamo bisogno di una preghiera individuale vera, autentica, vitale. Questa preghiera personale non è altro che un dialogo di amore profondo tra Dio che lo inizia e noi che lo accettiamo; (657) 43 si sviluppa incessantemente nella misura in cui siano realtà vive e consapevoli la presenza in noi della SS.ma Trinità, e la nostra partecipazione alla Vita divina.
548
La preghiera personale è assolutamente necessaria perché la preghiera comunitaria - particolarmente quella liturgica - sia sempre più fruttuosa, e si eviti la partecipazione formalistica e meccanica. Diventa allora una preparazione indispensabile per vivere pienamente la Liturgia, ed è allo stesso tempo un prolungamento e una testimonianza di averla vissuta con autenticità. Nei momenti di sconforto di incertezza e di crisi - che non mancano mai nella vita apostolica - come pure nelle grandi decisioni da prendere, la preghiera personale e intima sarà luce per chiarire il cammino e forza per percorrerlo. E quanto più aumenteranno le difficoltà tanto più si dovrà intensificare questa comunicazione con il Padre, a imitazione di Gesù che nel Gentleman, in preda all´ angoscia, più intensamente pregava.(658)
549
La preghiera personale che deve accompagnare la lettura assidua della Sacra Scrittura e da essa sostanzialmente nutrirsi,(659) troverà alcune delle sue manifestazioni più significative nei momenti in cui ci raccogliamo nella nostra stanza per pregare il Padre in segreto:(660) la Meditazione quotidiana, di vitale importanza per il nostro impegno apostolico; il dialogo con Cristo Signore realmente presente tra noi nell´ Eucaristia nella visita; l´ esame di coscienza quotidiana, che ci fa scoprire la nostra reale situazione davanti a Dio riguardo all´ impegno assunto con la professione religiosa; l´ amore e la devozione filiale verso Maria, Ausiliatrice dei cristiani e Regina degli apostoli.
550
Da sottolineare è il tipo di preghiera più caro al nostro Patrono san Francesco di Sales: la breve preghiera spontanea o preghiera giaculatoria. Nell´ uso della giaculatoria, secondo lui, si fonda la grande opera della pietà.(661) Anche Don Bosco le attribuiva un grande valore, addirittura come eventuale forma sostitutiva dell´ orazione mentale.(662) Se nelle nostre attività apostoliche ci accompagna abitualmente un atteggiamento interiore di fede e di amore, noi saremo portati a esprimere spontaneamente a Dio, col cuore più che con le labbra, ciò che l´ amore suggerisce anche nei momenti più critici del nostro lavoro.(663)
CAPO TERZO
FORMAZIONE ALLA PREGHIERA
551
La preghiera cristiana, dono di Dio, è anche frutto di un insegnamento.(664) L´ unico Maestro di essa è lo Spirito Santo presente in Noi che, dal profondo del cuore, grida: Abbà, Padre!. Tuttavia, è necessaria una pedagogia della preghiera, poiché lo stesso Spirito chiede a noi, uomini liberi, sforzo e collaborazione.
552
La formazione alla preghiera richiede una iniziazione sia agli elementi fondamentali della preghiera (Liturgia, Iniziazione biblica e teologico-spirituale) , sia ad alcune condizioni che si rivelano particolarmente decisive a questo riguardo. Bisogna rilevare, tra queste, la purificazione del cuore, l´ abnegazione, la pace interiore, e in modo particolare il silenzio di tutto l´ essere,(665) il quale non è la semplice assenza di rumore e di parole, ma nasce dal bisogno di procedere sempre più nell´ intimità col Dio sommamente amato,(666) un silenzio che ci metta nelle condizioni di ascoltare veramente Dio, e di identificarci col suo disegno di redenzione. Secondo l´ insegnamento del Vaticano II,(667) il Salesiano dev´ essere iniziato non soltanto allo spirito di preghiera, ma alla preghiera stessa fatta non di semplici riflessioni discorsive, ma di comunione cordiale: colloquio di amore con UNO di cui sappiamo che ci ama! Nella preghiera infatti non si tratta di riflettere su una verità, ma di mettersi con fede semplice e profonda alla presenza di Dio Padre o del Cristo risorto, ascoltarne la Parola e lasciarcene penetrare, cercando la sua Volontà per conformarvisi sempre più... Il giovane confratello dev´ essere iniziato, fin dai primi anni della sua formazione, al carattere apostolico della nostra preghiera, facendo della propria vita una vera e costante celebrazione liturgica. Deve sentirsi incoraggiato a progredire, guidato dello Spirito Santo e con l´ aiuto della direzione spirituale, nella via della preghiera per raggiungere nella sua vita apostolica le vette della santità, a imitazione di Don Bosco.
553
La pedagogia della preghiera deve riuscire a creare nel Salesiano quegli atteggiamenti che assicurino una autentica e crescente vita di preghiera. Ciò presuppone la formazione a una vita consacrata seria in cui la preghiera stimoli a impegni apostolici validi e ben definiti, e l´ esperienza di una vita comunitaria ricca e profonda, come condizione determinante per l´ esperienza dialogale con Dio nella preghiera. Siccome la preghiera cristiana, in quanto dialogo con un Dio che si dona gratuitamente, è un moto profondamente libero e frutto di una seria opzione personale, bisogna formare ad una giusta spontaneità e autenticità nella preghiera. Bisogna educare alla ricerca delle motivazioni che stimolano all´ incontro e al dialogo individuale e comunitario con Dio, e a una incessante flessibilità e creatività nella ricerca di una preghiera comune e personale sempre viva e rinnovata. così si supera ogni pericolo di formalismo, di abitudinarietà e di passività nell´ accettazione delle forme comuni e obbligatorie di preghiera. Queste saranno vissute e godute come frutto di una progressiva conquista personale.
554
La educazione alla preghiera deve seguire delle tappe graduali in maniera tale che accompagni armonicamente i diversi momenti di maturazione psicologica e di impegno vocazionale, in cui è diviso l´ arco della nostra formazione. La preghiera è una realtà viva e operante e perciò mai ne è finito lo studio e l´ esercizio: richiede una formazione permanente da parte di tutti noi. E´ necessario che le Ispettorie procurino ai confratelli tutti quei mezzi e sussidi, che possono assicurare un progresso costante, approfondito e rinnovato. La pedagogia della preghiera richiede, infine, la tempestiva preparazione di veri Maestri di spirito,(668) capaci non soltanto di istruire saggiamente, ma anche e soprattutto di trascinare con il loro esempio i giovani confratelli a una preghiera vissuta continua e impegnata. E´ necessario che abbiano anche viva esperienza pastorale, e spiccata capacità di relazione con le persone.
555
Imitando la docilità di Don Bosco all´ insegnamento del Papa, studiamoci di mettere in pratica il monito di Paolo VI: "Abbiate dunque coscienza dell´ importanza dell´ orazione nella vostra vita, e imparate ad applicarvici generosamente; la fedeltà alla preghiera quotidiana resta sempre per ciascuno di voi una necessità fondamentale e deve avere il primo posto nelle vostre Costituzioni e nella vostra vita".(669)
Roma, 5 gennaio 1972
-------------NOTE------------
(479) PC 2 c.
(480) Sono attualmente 665 le parrocchie a noi affidate, per un totale di 7.440.000 abitanti.
(481) MB III 197.
(482) GS 7.
(483) PO 22.
(484) ET 18.
(485) Cfr AA 11-14.
(486) 1 Cor 9, 16.
(487) LG 9.
(488) Cfr LG 26.
(489) Cfr SC 42; AA 10.
(490) LG 23
(491) SC 42.
(492) ET 18.
(493) MB XII, 601.
(494) Gio 10, 10.
(495) GE 3.
(496) LG 11.
(497) Cfr LG 11; OT 2.
(498) AA 1.
(499) Mt 7, 6.
(500) Cfr Is 42, 4 in Mt 12, 20.
(501) CERIA, Annali IV, 119.
(502) ACG XIX 130.
(503) CP 181, 187.
(504) IM 1.
(505) CP 12.
(506) Segreteria di Stato a Settimana sociale di Francia 1955.
(507) CP 126.
(508) IM 1.
(509) Miranda prorsus in AAS XXIV (1957) 765; CP 2.
(510) CP 11.
(511) CP 11.
(512) CP 187.
(513) Ep IV, 321.
(514) Ep IV, 318-319.
(515) MB XIX, 322.
(516) Ep IX, 320.
(517) RICCERI, Relazione sullo stato della Congregazione, 147.
(518) CP 64.
(519) CP 52.
(520) CP 177.
(521) IM 9.
(522) IM 3.
(523) Mt 28, 19.
(524) Gio 10, 10.
(525) Messaggio di Paolo VI per la Giornata Missionaria 1971.
(526) AG 37.
(527) Cfr Gio 21, 21.
(528) Cfr Mt 16, 15-18.
(529) Cfr Mt 28, 18.
(530) Cfr AG 6.
(531) Cfr AG 27; ES III n 6.
(532) Cfr DH 4, 10, 12; AG 13; LG 16, 17; NAE 2 bc.
(533) Cfr AG 10; GS 19-21; NAE 5.
(534) Cfr AA 5; GS 42; AG 8; D. RICCERI in ACS 261 p 35 ss; Inoltre Messaggio per la giornata missionaria del 1970; J. JOBLIN, Chiese locali e sviluppo in Civiltà Cattolica 1971, III p 352.
(535) Cfr ES III n 17.
(536) Cfr LG IX n 17; AA 2.
(537) Cfr. AG 15.
(538) Cfr AG 5-7; DH 2.
(539) AG 7.
(540) AG 11-12.
(541) Cfr AG 15-19.
(542) Cfr. AG 19-22; ES III n 18.
(543) Cfr. AG 40.
(544) MB II, 203-204.
(545) MB III, 363.
(546) Elenco generale della Pia società salesiana 1888.
(547) Cfr CERIA, Annali II-IV passim; ACS, indici alla voce "missioni".
(548) ACS 244, gennaio 1966 p 178 ss.
(549) Cfr MB XI 386.
(550) Cfr PO 3.
(551) Cfr AG 24 ss.
(552) Cfr. AG 26.
(553) Cfr. CARD. AGAGIANIAN in Bibliografia Missionaria 34 (1970) quad. 13 p 22.
(554) Cfr AG 40.
(555) Cfr LG 44 a.
(556) PC 1.
(557) LG 46.
(558) PC 15.
(559) Cfr St pr, p 187-201.
(560) D. RICCERI, Relazione sullo stato della Congregazione, p 19 ss.
(561) Cfr risposta all´ istanza 110 di PeP.
(562) Documentazione I e II CIS.
(563) PC 2 d.
(564) Cfr GS 4-10; AA 14 c; DH 15 c; MM 45-64; St pr I n 10; 15; 16, 21.
(565) Cfr GS 6, 25; PC 14.
(566) PeP II CIS.
(567) Cfr risposta all´ istanza 110 di PeP.
(568) Cfr ACG XIX, p 86; risposta II CIS prop 115 di PeP; ET 39.
(569) Cfr PC 15 a; Proemio Costituzioni ed. 1966, p 37.
(570) Cfr Mc 3, 13-35; LG 19.
(571) PC 2 a; MIDALI, La nostra vita comunitaria, ed. lit. CISI. p 78.
(572) Atti 2, 42; 4, 32; LG 46 b; PC 15.
(573) OE 2; Cfr GOZZELINO, La vita religiosa come segno e testimonianza in Per una presenza viva dei Religiosi nella Chiesa e nel mondo, Torino LDC 1969.
(574) LG 44 d; PC 2 c; LG 44 b; PC 1, 5.
(575) LG 43 a.
(576) LG 44 c; ET 7.
(577) GS 13, 1 a b.
(578) Cfr Mt 15, 18; ET 38-39.
(579) Cfr ET 38-39.
(580) Cfr AA 30 h.
(581) Cfr PC 12; ET 13-14; MATURA, Celibato e comunità, Queriniana 1969.
(582) Cfr. PC 13; ET 21; OPTATUS A VEGEL, Povertà, Queriniana 1969.
(583) Cfr PC 14.
(584) MB VIII, 596; STELLA, don Bosco, v 2 p 153; 350-351; WIRTH, don Bosco et les Salesiens, p 103, LDC 1970; DESRAMAUT, D. Bosco et la vie spirituelle, LDC 1970 P 29; CERIA, Annali I pp 30-33; MIDALI, Carisma permanente di don BOSCO, LDC p 97; ACG XIX p 95-100.
(585) Costituzione art 12; Cfr DESRAMAUT, Les Constitutions salesiennes, vol 1 p 16.
(586) MB XII, 152; BRAIDO, Religiosi nuovi per il mondo del lavoro, SEI p 27.
(587) MB IX, 571 ss; vedi anche Costituz. art 13.
(588) Cfr MB XVII, 257; 265.
(589) Cfr Documento 1 sullo Spirito salesiano p. 77.
(590) Cfr Regola san Benedetto n 3 abbiamo detto di convocare tutti al Consiglio perché è al più giovane che Dio rivela la decisione migliore.
(591) Cfr risposta alla risposta 110 di PeP.
(592) Mt 25, 35-46; Ebr 13, 2; ET 31. Cfr MB IX, 39; XI 313; XIII, 850 etc.
(593) Cfr Documento 1, p 77.
(594) ET 25; progetto Costit. n 102; cfr anche documento 12 sull´ Obbedienza
(595) IRENEO, Adversus Haereses, III, 3.
(596) (Abbas) Christi enim agere vices in monasterio creditur (Regola san Benedetto, II) .
(597) WIRTH, Op. c., capi 8, 9, 10, 12, 18; DESRAMAUT, Les Constitutions salesiennes.
(598) Cfr Annali della Società salesiana, I, capo 2, dove si descrive il passaggio dall´ Oratorio all´ Ospizio, dalle scuole esterne a quelle interne, alla fondazione dei collegi, alla chiusura di opere, come per es. Marassi, Mirabello, etc.
(599) Cfr LG 44 h; PC 1, 2, 8; CD 35; ES 2, 22-40.
(600) Cfr LG 45 b; CD 35, 3; risposta dei CIS al n 113 di PeP.
(601) Cfr ES 2, 25 CD 35, 1.
(602) Cfr 1 Cor 12, 13; 1 Cor 14, 12; Rom 12, 6; PC 1 b; ET 32, 33; CAMBIER, Realtà carismatica ed ecclesiale nella vita religiosa in Per una presenza viva dei religiosi nella Chiesa e nel mondo, Torino LDC 1969, P 229-281; cfr ancora risposta dei CIS alla proposta 32 di PeP.
(603) Cfr PC 2; 3, 4, dove si parla di aggiornamento pastorale della vita religiosa; ES 2, 6 concede anche esperimenti contrari al diritto comune; ET 2, 5, 6.
(604) ET 41.
(605) Cfr PAOLO VI, Discorso ai Superiori Generali, 22 novembre 1960 (Bollettino UISG, 1 e 2 trim 1970) ; ET 26, 35, 40.
(606) Cfr II CIS a.
(607) PC 4: ES 2. introduzione.
(608) Cfr ET 33 - si tratta di 27 I CIS e di 10 II CIS che lo chiedono assieme ad una gran parte di Confratelli.
(609) ET 40.
(610) ET 40.
(611) Cfr CCP 29, 30, 42.
(612) Cfr RICCERI, Relazione generale sullo stato della Congregazione, p 27, 29, 31-32.
(613) Cfr Mt 18, 20; Gio 13, 35; 17, 21; inoltre Institutio generalis de Liturgia Horarum n 9.
(614) GS 20 c.
(615) ET 42; cfr ET 45; DON BOSCO, Proemio alle Costituzioni Pratiche di pietà.
(616) Cfr ET 2, 2i; PC 3 a, 8 c.
(617) Laudis Cantium in AAS 83 (1971) 534; cfr Institutio generalis de L.H, n 9.
(618) LG 45; cfr ET 7.
(619) Cfr Mc 11, 25 SS; 14, 19; 15, 36; 19, 13; Mc 1, 35; 6, 41-46; 7, 34; 8, 7; Lc 2, 41-49; 3, 21-22; 4, 16; 5, 16; 6, 112; 10, 21 ss, Gio 6, 11.
(620) Ebr 7, 25.
(621) Inst. gen. de L.H., n 4.
(622) Ibidem.
(623) Cfr Inst. gen. de L.H., nn 6-7.
(624) Cfr Mt 5, 45 23, 8; 25, 40-45; Lc 9, 48; 1 Gio 3, 1.
(625) Cfr 2 Cor 1, 4: LG 43: DON BOSCO. Proemio alle Costituzioni Pratiche di pietà.
(626) ET 44.
(627) ET 33.
(628) ET 49.
(629) Cfr Cost 152, 153, 155
(630) 1 Cor 3, 16-17.
(631) Cfr Rom 15, 15-16; Fil 2, 17; Col 3, 17; SC 10-12.
(632) Cfr Gio 4, 24
(633) Giac 1, 27, cfr MB XVIII, 258.
(634) Apoc 5, 10; cfr Regol. L´ operosità instancabile santificata dalla preghiera e dall´ unione con Dio deve essere la caratteristica dei figli di san Giovanni Bosco
(635) Gen 1, 28.
(636) Cfr Rom 12, 1.
(637) SC 10.
(638) LAUDIS CANTICUM in AAS (1971) 533.
(639) Gio 1, 14; 8, 35; Rom 1, 3; Gal 4, 4; Ebr 1, 2; 13, 8; DV 4.
(640) Ebr 4, 12; Ef 6, 17.
(641) DV 8 c.
(642) Cfr Lc 13, 3-5; inoltre Decreto Dum canonicarum sull´ uso ed amministrazione del Sacramento della Penitenza dei religiosi (8 dicembre 1970)
(643) Costituzioni 188.
(644) Cfr Regolamenti 97, 109.
(645) Ebr 9, 28; 10, 10-18; Cfr Lc 22, 19.
(646) Cfr DON Bosco, Sistema Preventivo II, Regolamenti 92; MB VI, 185-388; VII, 795; XII, 610-641; XVII, 271-272.
(647) LG 11 a; cfr LG 3; 7 b; 11; 26 a; CD 5 b; PO 6 e; UR 2 a; ET 47-48.
(648) PO 13 d; 14 b; 15 b; cfr SC 10 a; CD 15 b; 30 f; UR 2 a; AG 9 b.
(649) ET 47.
(650) ET 48.
(651) SC 83-84; Inst. gen. de L.H., nn 6-7.
(652) SC 27 a; cfr Inst. gen. de L.H., nn 9, 26, 32, 37, 40.
(653) Laudis Canticum; n AAS 83 (1971) 532.
(654) MB V, 155; XIV, 18; XVII, 439.
(655) MB VII, 334.
(656) Cfr DH 1, 4, 11, 15; GS 2 b, 3 b, 4 d; 6, 9, 23, 24 25, 30, 55, 95; AG 7 c, 8; NAE 5; AA 8, 14 b.
(657) SC 12.
(658) Cfr Apoc 3, 20.
(659) Lc 22, 44.
(660) DV 25.
(661) SC 12.
(662) Oeuvres, III p 100
(663) Costituzioni 155.
(664) Cfr Lc 11, 1.
(665) ET 46.
(666) LG 44 a.
(667) PC 6 b; ES 2, 21.
(668) Cfr PC 18; OT 5 a; ES 2, 21.
(669) ET 45.
CAPITOLO GENERALE XX della Congregazione Salesiana
A cura di don Juan E. Vecchi e CSPG - Roma
SEZIONE TERZA
La nostra consacrazione
Documento 10
LA CASTITA´ SALESIANA OGGI
Premessa
556
Il rinnovamento della vita religiosa nella Chiesa esige dai salesiani l´ impegno di rendere attuale il loro messaggio di purezza. Urge inserirsi nell´ evoluzione della società cercando di animarla con i valori della nostra vocazione. Già il Capitolo Generale XIX indicava chiaramente il nostro compito al riguardo: I salesiani come congregazione e come singoli individui prendano acuta coscienza che essi hanno un messaggio speciale di purezza da trasmettere al mondo attuale e una missione particolare presso i giovani, per educarli a una purezza vigorosa.(670) Nell´ intento di offrire una risposta efficace alle istanze dei Confratelli,(671) e di contribuire ad una trasmissione sempre più viva di questo messaggio, il Capitolo Generale Speciale ispira le sue linee dottrinali-pastorali di rinnovamento ai contenuti del Concilio Vaticano II e della tradizione salesiana.
CAPO PRIMO
SITUAZIONE DEL MONDO DI OGGI E RIPERCUSSIONI SULLA NOSTRA CASTITA´
557
Alcuni tra i valori del mondo d´ oggi, che costituiscono progresso e arricchimento della vita umana, sono molto sentiti ed apprezzati specialmente dai giovani. Ne facciamo un breve cenno: Gli sviluppi delle scienze antropologiche e del costume sociale moderno hanno notevolmente accresciuto la coscienza del valore che ha la persona umana - personalizzazione - a tutti i livelli e in tutti i suoi aspetti, compreso quello della sua sessualità, la quale investe l´ uomo d´ oggi e si riflette in lui in maniera spiccata.(672)
558
Si assiste, inoltre, alla rivalutazione di un umanesimo comunitario - socializzazione(673) - che tenta di reinterpretare le relazioni umane in chiave di totale parità delle persone e dei sessi. In particolare è da segnalare una tendenza generalizzata e precoce della convivenza mista, come preparazione alla vita. Va indicato ancora, come effetto congiunto della personalizzazione e della socializzazione, un fatto che ha particolare incidenza sui giovani, l´ accentuata presenza e partecipazione della donna a tutte le forme di vita fuori dell´ ambito domestico.(674)
559
QUESTI VALORI offrono vasto campo all´ azione salesiana ma non mancano di ripercussione sulla nostra vita religiosa e la nostra attività. Occorre perciò che i salesiani, davanti all´ ambiguità con la quale talvolta questi valori si presentano, siano messi in grado di agire sempre e dovunque da veri salesiani, senza problemi ed angustie di coscienza.(675) La nostra missione inoltre potrà comportare con frequente responsabilità, che esigano maggiore collaborazione femminile, religiosa e laica.(676) La convergenza di intenti apostolici, il lavoro, le difficoltà e le sofferenze comuni, la necessità di mutuo sostegno e simili, potranno far sorgere rischi da non sottovalutare, da non affrontare con superficialità. C´è pure il caso di confratelli che vivono in condizioni di interiore disagio, o perché le novità socio-culturali li hanno posti in crisi, o perché davanti ai sacrifici richiesti dalla castità religiosa subiscono la tentazione di abbandonare i loro impegni. Un aiuto alla ripresa talora difficile non può essere né trascurato né differito. Non si tratta evidentemente soltanto di custodire questi confratelli - la sola preservazione comporterebbe insoddisfazioni e frustrazioni - ma di sostenerli e aiutarli a proseguire nel cammino intrapreso.(677)
CAPO SECONDO
PROSPETTIVE PER UN RINNOVAMENTO
DELLA VITA DI CASTITA´
CONSACRATA NEL CELIBATO
1. Atteggiamenti di fronte ai valori umani
560
Il Concilio Vaticano II ci presenta il rinnovato atteggiamento della Chiesa di fronte ai valori umani. Nei testi, che indugiano sui valori del creato, è facile trovare quelli specificamente connessi con la castità, come il sesso, l´ amore, il matrimonio. Vi è da parte del Concilio una chiara accettazione di tali valori, senza traccia di pessimismo o di manicheismo.(678) E´ UNA LINEA DI RINNOVAMENTO DA SEGUIRE.
561
La Costituzione LUMEN GENTIUM, in particolare, vede nel matrimonio cristiano un genere di vita per mezzo del quale, si può e si deve progredire nella Fede, nella Speranza, nella Carità, e raggiungere così l´ unica santità proposta a quanti sono mossi dallo Spirito di Dio.(679) A sua volta la GAUDIUM ET SPES, che con la sua dottrina spazia sul mondo, afferma che Cristo ha effuso l´ abbondanza delle sue benedizioni sull´ amore coniugale e familiare, sgorgato dalla fonte della divina carità e strutturato sul modello della sua unione con la Chiesa.(680) Ed ancora la Lumen Gentium sottolinea che la professione dei Consigli evangelici comporta la rinuncia di beni certamente molto apprezzabili.(681) Da ciò consegue che la libera scelta del celibato per il Regno, anzich derivare da minore stima del matrimonio, attinge forza e preferenza da un intrinseco valore: dalla realtà misteriosa e sacramentale della Chiesa, Corpo Mistico di Cristo, nel quale trovano ragione di essere tanto la castità religiosa quanto le nozze cristiane.
562
Gli stessi documenti mettono opportunamente in rilievo gli aspetti positivi del corpo umano (682) e la funzione che spetta alla sessualità nello sviluppo, nella maturazione, e nella graduale manifestazione della personalità. Avendo Dio creato i sessi su un piano complementare in vista della missione affidata all´ uomo di conservare, propagare, e proteggere la vita,(683) gli ha offerto anche le vie per la manifestazione e attuazione dell´ amore reciproco e fecondo. Ma ha pure disposto che fosse possibile all´ uomo prescindervi, per potersi esprimere ed attuare in un amore preferenziale a Gesù Cristo e ai fratelli. Ciò fa comprendere e consente di affermare che la castità consacrata nel celibato, anzich significare rinuncia alla capacità e all´ arricchimento dell´ amore umano, mette il religioso in una profonda e vitale relazione d´ amore con Dio Quindi, lungi dal vanificare o frustrare l´ uomo, lo può completare, potenzia l´ aspetto dialogico e la capacità di comunicazione,(684) spinge la persona umana a trascendere le forze della sessualità per inserirsi e per rendersi feconda sul piano di un amore che sorpassa ogni amore creato, come quello che attinge alla comunicazione diretta con Dio.(685)
2. Esigenza di maturità per vivere la castità consacrata
563
La dottrina del Vaticano II circa i rapporti tra valori umani e castità religiosa sottolinea la necessità di un lavorio lento e progressivo - in concomitanza col processo psicologico di costruzione della personalità - per maturarla alla scelta che il celibato evangelico comporta e viverle con senso di totale donazione a Dio e piena consapevolezza umana. Ciò suppone la stima serena della sessualità e dell´ amore umano, come anche della donna; collaboratrice dell´ uomo nel mistero della salvezza. Per questo il Concilio chiede che i candidati alla vita coniugale per il Regno dei Cieli (686) possano aderire a Dio con cuore indiviso... ed abbiano una conveniente conoscenza dei doveri e della dignità del matrimonio cristiano che rappresenta l´ unione di Cristo con la Chiesa,(687) ma sappiano comprendere la superiore eccellenza della verginità consacrata a Cristo, in modo da fare a Dio la donazione completa del corpo e dell´ anima per mezzo di una scelta operata con matura deliberazione e magnanimità.(688) così, alla luce delle motivazioni evangeliche, il celibato per il Regno appare come un progetto di vita autentico, originale e degno dell´ uomo che vi è chiamato. Accolto e vissuto in pienezza è un bene per lo sviluppo integrale della persona umana (689) capace di portarla verso la misura che conviene alla piena maturità di Gesù Cristo.(690)
564
Giova però ricordare che, aprirsi al dono insigne del celibato significa assumere un compito mai finito. Le debolezze della natura umana lo provano. Per questo il Concilio opportunamente suggerisce di non trascurare quelle norme ascetiche che sono garantite dall´ esperienza della Chiesa, e che nelle circostanze odierne non sono meno necessarie.(691) così pure chi vi è chiamato dovrà rinunciare prontamente anche alle cose per sé lecite, ma non convenienti(692) e respingere quasi per istinto soprannaturale tutto ciò che può mettere in pericolo la castità(693)
Rimane inoltre da osservare che, nonostante la continua vigilanza su di sé, il dinamismo della personalità sessuata potrà talora manifestarsi in diverse forme. Occorrerà in tal caso affrontare le tensioni dello spirito alla luce della fede e della carità, per valutarne il significato in relazione con la fedeltà ad una scelta di vita, che intende imitare e riprodurre quella di Cristo sulla terra.
3. Valori del celibato evangelico
565
Il Vaticano II non solo ha rivalutato il voto di castità nella vita religiosa e nella vita della Chiesa, ma gli ha aperto nuove prospettive.
Nei documenti conciliari si rileva una innovazione sintomatica; l´ ordine nell´ enunciazione dei voti religiosi è cambiato. A quello tradizionale di povertà, castità e obbedienza, viene preferita la nuova successione: castità, povertà ed obbedienza.(694)
Anzi la Costituzione Dogmatica sulla Chiesa nel tracciare le vie e nell´ indicare i mezzi, per raggiungere l´ unica santità alla quale tutti i fedeli sono chiamati e che essenzialmente consiste nella perfezione della carità, indica, dopo il martirio, i consigli, che il Signore nel Vangelo propone all´ osservanza dei suoi discepoli. E a tutti gli altri antepone il consiglio della castità presentandolo con queste parole: Tra essi eccelle il prezioso dono della grazia divina dato dal Padre ad alcuni,(695) perché più facilmente con cuore indiviso (696) si consacrino solo a Dio nella verginità o nel celibato,(697)
A sua volta il decreto Perfectae Caritatis, approfondendo e completando la dottrina precedente, attribuisce a questo dono una funzione speciale nella vita della Chiesa, sacramento universale di salvezza, in quanto lo considera segno particolare dei beni celesti nonch mezzo efficacissimo offerto ai religiosi per poter dedicarsi generosamente al servizio divino e alle opere di apostolato, e ne sottolinea l´ intimo legame con la pratica di un vero amore fraterno tra i componenti la comunità religiosa.(698)
566
Il rilievo dato dal Concilio a questi elementi riconferma esplicitamente il valore che la tradizione evangelica ha sempre riconosciuto al celibato scelto per il Regno, e offre al rinnovamento della nostra vita di castità una linea di forza che rinvigorisce l´ impegno salesiano per vivere e trasmettere al mondo - specialmente giovanile - un irradiante messaggio di purezza.
CAPO TERZO
RISCOPERTA
DI ALCUNE DIMENSIONI TEOLOGICHE
DELLA CASTITA´
1. Dimensione evangelica
567
La castità religiosa è una realtà evangelica: nasce, cresce e si sviluppa nella dinamica dell´ incarnazione, che libera dalla corruzione della colpa e dalle ambiguità del mondo. E´ grazia, anzi, dono privilegiato del Padre a quanti egli chiama.(699) Invitando alla sua sequela, Gesù stesso affermò che non tutti sono in grado di comprendere il valore della rinuncia al matrimonio, ma solo quelli cui Dio fa grazia (700) Non tutti sono chiamati ad imitare e, in certa misura, a rappresentare davanti agli uomini la forma di vita che il Figlio di Dio abbracciò quando venne nel mondo per fare la volontà del Padre, e che egli stesso propose ai discepoli che lo seguivano(701) Chi asseconda questo dono si apre all´ intimità con Gesù Cristo e gode di una sua speciale presenza, fino a significare e simboleggiare il vincolo di carità che unisce il Salvatore alla Chiesa e che nella sua pienezza apparirà soltanto in cielo.(702) Per questo chi vive nella fede e nell´ amore il dono del celibato evangelico intende portare la consacrazione battesimale ad esprimere, in maniera singolare ed eminente, tutte le ricchezze del mistero pasquale.
568
Questo rapporto inscindibile tra CELIBATO EVANGELICO E PASQUA DEL SIGNORE è denso di conseguenze ed esigenze. Eccone alcune: Pasqua è anzitutto MISTERO DI LIBERAZIONE L´ uomo morto con Gesù Cristo. risorge a nuova vita libero dai legami del peccato.(703) così anche la castità, per arrivare allo splendore della maturità e della vita nuova, deve attraversare le oscurità della rinuncia, delle sofferenze, della morte liberatrice. Perciò il Concilio afferma che a l´ osservanza della continenza perfetta tocca le più profonde inclinazioni della natura umana, e ammonisce i religiosi che, sforzandosi di mantenere fede alla loro professione e fidando nell´ aiuto divino, non presumano delle loro forze, ma pratichino la mortificazione e la custodia dei sensi (704)
2. Dimensione comunitaria-ecclesiale
569
La Pasqua del Signore però non è soltanto mistero di liberazione, è anche e primariamente MISTERO DI ALLEANZA E DI COMUNIONE. Essa ci libera per portarci, con tutti i fratelli redenti, alla comunione di vita con il Padre, il Figlio e lo Spirito.(705) La castità religiosa, per il dinamismo che le proviene dalla inserzione nel mistero pasquale, tende alla perfezione della carità verso Dio e i fratelli. Non può isolarsi e chiudersi in se stessa. Ha bisogno di espandersi e raggiungere i fratelli nella preghiera, nell´ amore, nell´ azione. E´ sacramento di carità; segno di fratellanza e servizio. Questo dinamismo manifesta apertamente la dimensione comunitaria della castità religiosa; richiama cioè la comunità della quale ha bisogno per situarsi e diventare feconda e che, a sua volta, contribuisce a fondare e vivificare. La castità crea nella comunità religiosa uno stile caratteristico di rapporti interpersonali, origina nuovi vincoli di solidarietà e rende pienamente ed universalmente disponibili alle urgenze dell´ amore.
570
Per questo la comunità fraterna - nella quale abitualmente si vive la castità consacrata - si apre generosamente e gioiosamente alla più vasta comunità ecclesiale ed umana mediante l´ azione evangelizzatrice, missionaria, educativa, assistenziale in favore dei fratelli, e per noi salesiani particolarmente a favore dei giovani, specie i più poveri. In questo ministero la nostra castità, attraverso la comunità nella quale la viviamo, accresce le forze e libera da ogni legame l´ ardore della nostra carità.
3. Dimensione Escatologica
571
Una autentica comunità religiosa - frutto e sostegno della castità, figura e anticipazione del Regno da cui attendiamo l´ avvento e la pienezza - è un ideale che i membri di ogni comunità salesiana rinnovata debbono perseguire, camminando e lavorando insieme, giorno per giorno.
LE PIU´ ALTE REALTA´ ESCATOLOGICHE del cristianesimo si rendono presenti e visibili in maniera espressiva e profetica nella comunità salesiana, che vive la vocazione alla castità consacrata. Tale comunità infatti annuncia ed anticipa fin da questa terra quell´ unione verginale con Cristo che sarà la condizione degli eletti al suo ritorno; e mentre testimonia una forma di vita e di rapporti basati sull´ amore e sulla totale disponibilità in favore dei fratelli, è segno, nel mondo che passa, della vita futura alla quale Dio ci chiama. Rappresenta così agli occhi dei fedeli quel mirabile connubio che unisce la Chiesa a Cristo... suo unico sposo e che integralmente si manifesterà solo nel secolo futuro,(706) Per questo ogni salesiano e ogni comunità possono testimoniare i beni celesti che ora possediamo in forma incipiente nella fede, e che attendiamo, nella realtà integrale, dalle promesse di Dio. La nostra castità operosa rivelerà così, specie ai giovani, la forza dello Spirito, l´ efficacia liberatrice dell´ amore di Dio, l´ amabilità e disponibilità di Gesù Cristo. Da ultimo, per rinvigorire questa testimonianza il Salesiano si rispecchia in Maria, immagine ed inizio della Chiesa che dovrà avere il suo compimento nell´ età futura;(707) ne invoca assiduamente l´ aiuto e ne imita gli esempi ricordando che la vita di Lei è modello per tutti.(708)
CAPO QUARTO
ALCUNI ASPETTI SALESIANI DELLA CASTITA´
572
Don Bosco scelse di vivere il celibato evangelico come espressione del suo grande amore a Dio e per la sua missione di padre e pastore della gioventù, alla quale lo sollecitava la sua vocazione sacerdotale. Il dono totale di sé alla Chiesa e in modo speciale ai giovani lo rese geniale e fecondo nelle iniziative e nelle opere; gli infuse ottimismo e gioia nel lavoro apostolico e conferì al suo zelo uno slancio instancabile. La stima ch´ egli ebbe della castità traspare dal calore e dall´ enfasi con cui ne parlava in pubblico e in privato. Egli intese la purezza non solo come abito virtuoso, ma come forma concreta di amore di Dio e come stile di vita, che implica e riassume le virt—. Per questo la mise al centro del suo messaggio educativo. Come Fondatore, la considerò elemento determinante della vita religiosa: Con la castità, scriveva, il religioso ottiene il suo scopo di essere consacrato a Dio (709) Dai suoi figli egli ne richiede la testimonianza come nota caratterizzante la vita e l´ apostolato della Congregazione: Ciò che deve distinguerci dagli altri - insegnava - ciò che deve essere il carattere della nostra Congregazione, è la virt— della castità... Essa deve essere il perno di tutte le nostre azioni... fa bisogno in noi di una modestia a tutta prova e di grande castità...; sarà questo il trionfo della Congregazione (710) Il Signore disperderebbe la Congregazione se noi venissimo meno alla Castità.(711) Rileggendole in questa chiave, che ne mette in luce i valori evangelici perenni, le pagine di Don Bosco sulla castità ci trasmettono ancor oggi tutta la ricchezza e l´ attualità del suo insegnamento. Nella Introduzione alle Costituzioni leggiamo: La virt— sommamente necessaria, virt— grande, virt— angelica cui fanno corona tutte le altre, è la virt— della castità. Chi possiede questa virt—, può applicarsi le parole dello Spirito Santo che sono: E mi vennero insieme con lei, tutti i beni.(712) Non è necessario sottolineare che Don Bosco incarnava questo insegnamento in ogni suo atteggiamento, mostrandone così la possibilità di realizzazione e la efficace di testimonianza.
573
Alla luce di questi esempi ed insegnamenti anche il salesiano vive, giorno per giorno, la propria vita al servizio della Chiesa e dei giovani. Per lui, come per Don Bosco, la castità è incarnazione di amore: dell´ amore che viene da Dio e porta a Lui. Alla base dello stile salesiano di vivere la castità evangelica c´è un particolare impegno di carità. Nella lettera da Roma del maggio 1884, Don Bosco asserisce la necessità di amare i giovani per essere da loro riamati e poterli così più facilmente guidare nelle vie della formazione cristiana. I giovani non solo siano amati, ma... essi stessi conoscano di essere amati.(713)5 E´ questo uno dei principi maggiori del sistema salesiano - tutto fondato sulla ragione, la religione e l´ amorevolezza - che dell´ educazione fa opera d´ amore. Per questo Don Bosco raccomanda di misurare le proprie forze prima di entrare in Congregazione: bisogna amare tutti e ciascuno come segni viventi e trasparenti dell´ amore di Dio e della benignità e umanità di Gesù Cristo. Questo è lo stile della nostra castità. Il giovane nel salesiano che lo ama così troverà luce, forza ed entusiasmo per mantenersi e crescere nella purezza, e con essa nella vita cristiana.
CAPO QUINTO
ORIENTAMENTI OPERATIVI
1. Il sostegno offerto alla castità nella comunità salesiana rinnovata
574
E´ necessario ed urgente che la comunità salesiana, nel ricercare il suo rinnovamento in tutte le dimensioni, rafforzi quegli impegni che consentono di offrire ad ogni confratello validi aiuti per vivere la castità consacrata nel celibato e testimoniarla efficacemente. Il Capitolo Generale Speciale ne sottolinea alcuni di particolare ed evidente importanza:
1) L´ impegno di fare di ogni nostra comunità, come voleva Don Bosco, una famiglia, nella quale ogni salesiano si senta a suo agio, accettato, amato, valorizzato nelle sue capacità e doti, e pienamente inserito nel compito pastorale che essa svolge. In questa famiglia ricca di realtà soprannaturali il salesiano trovi inoltre QUEI VALORI CHE LA FAMIGLIA NATURALE OFFRE A OGNI SUO MEMBRO, specie nell´ età giovanile, onde condurlo alla piena maturità e conservarlo nella sua efficienza.
2) L´ impegno di creare in seno alla comunità una atmosfera cordiale e serena nella quale possa nascere e crescere l´ amicizia, ricca di comprensione, di calore umano, di spirito cristiano.
3) L´ impegno d´ andare incontro con bontà e senza pregiudizi al confratello che avesse bisogno di speciale aiuto, nelle deficienze e debolezze, offrendogli la correzione fraterna che incoraggia alla ripresa personale e permette alla comunità di provare la propria testimonianza evangelica.
2. Il celibato evangelico progetto autentico, attuale, originale di vita
575
Non si possono ignorare né sottovalutare le obiezioni che oggi si muovono alla scelta del celibato evangelico come forma di vita, e che affiorano particolarmente, anche se non esclusivamente, negli anni della formazione.(714) Tali obiezioni non vanno risolte in maniera superficiale, sentimentale, o discusse da angolature soltanto dialettiche per superare difficoltà transitorie o momenti di crisi. Il salesiano sa che il motivo supremo della sua scelta è l´ amore preferenziale per Gesù Cristo. Egli sa ancora che la sua scelta, essendo risposta di fede ad una chiamata divina, può contare sempre sull´ aiuto della grazia. Perciò mentre vive coerentemente il suo impegno e accetta volentieri le rinuncie che comporta, nella concretezza esistenziale delle molteplici e diverse contingenze della vita, rimane saldo nell´ ideale abbracciato, integrando armoniosamente i valori di natura e di grazia che strutturano l´ uomo di Dio. così, mentre progredisce verso la conquista del proprio ideale, sperimenterà che la scelta fatta è un valido, originale, attualissimo progetto di vita.
3. La nostra castità stimolo e garanzia della nostra Pastorale Vocazionale
576
E´ compito irrinunciabile della Congregazione trasmettere al mondo giovanile uno speciale messaggio di purezza, fonte di vocazioni sacerdotali e religiose. Mantenuto nel primo secolo della storia salesiana, non deve venir meno in avvenire. Oggi senza dubbio urge più che nel passato. La efficacia della nostra pastorale vocazionale fu e rimane legata alla trasmissione di questo messaggio. Se i giovani vedranno che i salesiani vivono con perseveranza e gioia la scelta della castità, saranno sensibili al segno che essa rappresenta; ne avvertiranno il valore e la bellezza; non si lasceranno scoraggiare dall´ arduità che comporta qualora la grazia dello Spirito muovesse i cuori alla sequela di Cristo e si ripetesse per loro il Vieni e seguimi (715)
Documento 11
LA POVERTA´ SALESIANA OGGI
CAPO PRIMO
LA COSCIENZA DELLA CONGREGAZIONE
577
A) Il tema della povertà ci pone di fronte ad uno dei problemi-chiave posti in questo momento alla Congregazione, ad uno degli impegni considerati come segno fondamentale del rinnovamento.(716) Vogliamo cogliere gli aspetti più importanti dell´ accresciuta sensibilità dei Confratelli, le ansie e le attese di tutta la Congregazione.
578
B) I Salesiani vogliono anzitutto nelle nuove regole una povertà più autentica, non fatta di scarne norme giuridiche, ma chiaramente evangelica; vogliono che si ponga fine alla povertà dei permessi, per dar luogo ad una effettiva imitazione del Cristo povero.(717) E mentre viene deplorato l´ estendersi in Congregazione del preoccupante fenomeno dell´ imborghesimento con la ricerca delle comodità,(718) si desidera una povertà che sia testimonianza concreta di distacco personale e di solidarietà con il mondo dei poveri. D´ altra parte si insiste per una maggiore personalizzazione della pratica della povertà: si vuole una povertà da adulti, cosciente e responsabile(719).
579
C) Particolarmente sensibili sono i Salesiani alla testimonianza collettiva della povertà. La povertà dei singoli non può non essere condizionata dalla povertà delle stesse istituzioni.
D) C´è nella Congregazione un generale consenso che dobbiamo smentire con i fatti la fama di ricchezza che in alcuni luoghi ci siamo acquistata.(720) SI PONGONO GRAVI INTERROGATIVI: Nella mutata sensibilità dei tempi l´ impressione di grandiosità di molte nostre opere è compatibile con una vita di effettiva povertà?(721) La nostra solidarietà con i poveri non deve portarci a condividere la loro vita, la loro insicurezza, le loro lotte per una liberazione?(722) Le nostre opere sono veramente un servizio sempre rispondente ai nuovi bisogni dei giovani poveri?
E) Si va prendendo coscienza che la comunità stessa, mondiale ispettoriale e locale, deve testimoniare la sua povertà: - con un livello di vita semplice ed austero, (723) caratterizzato dall´ esempio di lavoro generoso e costante;(724) - con l´ esclusione di qualsiasi collusione coi ricchi e con i potenti;(725) - con una decisa lotta ad ogni forma di lusso, lucro, comfort eccessivo.
580
F) Soprattutto i Salesiani sono concordi nell´ affermazione che la nostra povertà deve essere collocata nella linea della nostra missione: come figli di Don Bosco noi abbiamo contratto un impegno storico di servizio ai giovani poveri.(726) In questa linea i Salesiani prendono maggior coscienza delle loro responsabilità nei riguardi dei problemi del sottosviluppo e, in generale, dell´ impegno di promozione umana e cristiana nella realtà in cui sono chiamati a svolgere la loro missione.(727)
581
Di fronte alla complessità dei problemi posti noi avvertiamo chiaramente il senso della NECESSITA´ DI UN CAMBIO, dell´ urgenza e dell´ ampiezza della decisione da prendere: la Congregazione deve fare una virata,(728) ma siamo consapevoli che essa sarà frutto specialmente di una mentalità rinnovata dall´ ascolto dei segni del tempo e della fedeltà al Vangelo ed allo spirito di Don Bosco.
1. Il grido dei poveri
582
Ascoltiamo i segni del tempo nel grido dei poveri più incalzante che mai, drammatico fino alla tentazione della violenza.(729) In un mondo tutto proteso verso il progresso noi osserviamo il tragico quadro della povertà fatta di indigenza personale e miseria collettiva, di abbandono e degradazione morale.
583
L´ insistente appello dei poveri proviene anzitutto dalle grandi masse dei paesi del sottosviluppo. Qui la povertà si manifesta nella moltitudine dei nostri fratelli, in gran parte giovani, che, nonostante il loro affaticante lavoro, non riescono a crearsi un livello di vita conforme alla dignità umana e vivono in un profondo stato di alienazione e nella insicurezza del domani. Le stesse strutture economiche e politiche, legate alla dinamica della società consumistica, provocano condizioni di povertà caratterizzate dallo sfruttamento e dalla disuguaglianza fra le classi, dalla mancanza di abitazioni, dalla sottoalimentazione che giunge fino alla miseria ed alla fame. A questa realtà si accompagnano molte altre forme di emarginazione sociale, culturale e morale, coi fenomeni diffusi dell´ analfabetismo, della disintegrazione familiare, della delinquenza.(730) Anche nei paesi dello sviluppo sentiamo l´ appello dei poveri nelle contraddizioni della civiltà dei consumi. Da una parte permangono gravi ingiustizie sociali, che creano gruppi di emarginati; d´ altra parte, dove il benessere è più elevato, esiste una degradante forma di povertà morale che, insensibile ai valori dello spirito ed alla gioia del condividere, giunge all´ idolatria del danaro e del piacere e all´ alienazione dell´ uomo, con i conseguenti fenomeni del pansessualismo, della droga, della delinquenza.
584
Nel mondo socializzato, mentre si tende ad una sempre più effettiva uguaglianza fra le classi sociali, elevando il lavoro ad onore, diritto e compito di ogni cittadino, emergono contraddizioni e deviazioni che giungono al mito del progresso economico, all´ idolatria del lavoro e ad una limitazione della libertà personale: di qui il preoccupante rischio di impoverimento di valori spirituali soprattutto fra i giovani. Ovunque inoltre attira la nostra attenzione il fenomeno dell´ urbanesimo: nella crescita disordinata delle città nascono nuovi poveri, accampati specialmente nelle cinture di miseria delle periferia; si fomentano nuove forme di sfruttamento e di dominio e condizioni di vita disumanizzanti, di cui i più deboli, specialmente i giovani, sono le vittime.(731)
585
Di fronte a questa realtà di povertà dolorosa, noi Salesiani - alla luce di Gesù povero e sull´ esempio del nostro Padre, profondamente impegnato nelle situazioni del suo tempo - siamo chiamati ad interrogarci, a confrontarci, ad una conversione delle mentalità e degli atteggiamenti,(732)
2. L´immagine della povertà in Gesù
586
La nostra povertà è una scelta umana, libera ed originale, che si spiega solo nel mistero di Cristo. E´ imitazione e partecipazione della povertà di Gesù, Figlio di Dio, il quale da ricco ch´ egli era si fece povero per amor nostro allo scopo di farci ricchi con la sua povertà,(733) Nella sua vita e nella sua parola noi scopriamo il valore redentivo, anche se paradossale, dello svuotamento di sé(734) ed il significato evangelico dell´ essere cristianamente poveri.
587
Profondamente inserito in Israele, il popolo dei poveri di Jahve,(735) Gesù proclama la beatitudine della povertà (736) anzitutto come un atteggiamento religioso di vita, riconoscimento che la realtà terrena è dono di Dio a tutti gli uomini, e gioiosa ricerca del Regno (737) nella fiducia alla promessa del Padre.(738) Perciò Egli apprezza le cose, le usa con semplicità,(739) ma predica la rinuncia e il distacco dai beni terreni,(740) dai familiari (741) e dalla vita stessa (742) in vista del Regno e come piena disponibilità alla missione.(743)
588
Affinché il suo messaggio di interiore povertà sia pienamente accolto, Egli sceglie volontariamente di essere il figlio del falegname,(744) appartenendo alla classe dei lavoratori e condividendo la condizione dei bisognosi.(745) Gesù ama i poveri e ci insegna a vedere Lui nella persona di chi ha bisogno.(746) Fa scopo di tutta la sua missione l´ evangelizzare i poveri, per liberarli dalla loro oppressione.(747) In questa situazione Gesù, con l´ audacia dell´ amore, denuncia profeticamente gli abusi dei ricchi e dei potenti,(748) non esige per sé dei privilegi (749) e getta le basi di un nuovo ordinamento sociale.(750) Ci insegna infine la beatitudine del DARE, proclamando che è più bello dare che ricevere.(751) Il messaggio di Gesù rimane vivo e palpitante nelle prime comunità cristiane, per le quali povertà diviene comunione portata al livello dei beni temporali e del servizio ai poveri: come conseguenza della raggiunta comunione dei cuori. Comunione e servizio creano serenità e gioia nella comunità, anticipo della gioia definitiva, potente testimonianza della resurrezione del Signore.(752)
3.«Lo spirito di povertà e di amore gloria e segno della Chiesa di Cristo»
Davanti al «grido di angoscia»(754) dei poveri del nostro mondo, la Chiesa prende rinnovata coscienza della sua missione:
«come Gesù Cristo è stato inviato dal Padre a dare la buona novella ai poveri, così pure la Chiesa circonda d´ affettuosa cura quanti sono afflitti dall´ umana debolezza, anzi riconosce nei poveri e nei sofferenti l´ immagine del suo Fondatore, povero e sofferente, si premura di sollevarne l´ indigenza, e in loro intende di servire a Cristo.»(755)
Nella Chiesa noi religiosi siamo chiamati ad essere testimonianza più evidente del messaggio di povertà e di amore del Cristo e del vero volto della Chiesa stessa:« si rallegra la Madre Chiesa di trovare nel suo seno molti uomini e donne che seguono più da vicino l´ annientamento del Salvatore e più chiaramente lo mostrano, abbracciando la povertà nella libertà dei figli di Dio» (756)
Il Concilio Vaticano II ed il recente Magistero della Chiesa ci indicano il significato della povertà religiosa e ci aiutano a scoprirne il mistero evangelico e gli aspetti più apprezzati dal nostro tempo.(757)
a) Al seguito di Cristo
590
La povertà del religioso è anzitutto un atto di fede. Al seguito di Cristo povero, il religioso vive il mistero evangelico della povertà con l´ atteggiamento di chi riconosce in tutta la sua vita il dono di Dio e si affida fiduciosamente alla Provvidenza del Padre Celeste.(758) Considera i beni terreni come valori autentici, ma relativi, dati all´ uomo per lo sviluppo della sua persona e per il servizio dei fratelli. Ne usa perciò con semplicità e distacco,(759) non lasciandosi invischiare dalla seducente ricchezza del possedere, del sapere e del potere,(760) ma dando ai beni della terra il significato ed il fine dell´ eterno disegno di Dio.(761)
b) Testimonianza e segno
591
L´ atteggiamento evangelico interiore si traduce in testimonianza concreta e luminosa. Tendendo alla santità con uno stile di austerità gioiosa ed equilibrata,(762) il religioso dimostra nella vita quotidiana le prove anche esterne dell´ autentica povertà,(763) che lo rende effettivamente solidale con il mondo dei poveri, fino a raggiungerli nella loro condizione, a condividere le loro ansie lancinanti.(764) Questa testimonianza di effettiva povertà diventa per gli uomini nostri fratelli SEGNO della presenza liberatrice di Gesù nel mondo, della primarietà del Regno di Dio(765) e del valore divino dei beni terreni e di ogni progresso umano.
c) Carità e servizio dei poveri
592
La povertà religiosa ha il suo fondamento nella carità. Il distacco interiore e l´ austerità esteriore non sono fini a se stessi, ma provengono dall´ amore e si traducono in amore. Perciò il religioso ama i poveri nelle viscere di Cristo,(766) riconosce nei poveri l´ immagine del Cristo, si premura di sollevarne l´ indigenza ed in loro intende di servire a Cristo,(767) In questa linea di servizio, mentre la concreta solidarietà con i poveri interdice ogni compromesso con qualsiasi forma di ingiustizia,(768) è compito particolarmente attuale del religioso di destare le coscienze di fronte al dramma della miseria ed alle esigenze di giustizia sociale del Vangelo e della Chiesa(769) e di promuovere l´ elevazione umana e lo sviluppo dei popoli.(770)
d) Il lavoro
593
Una forma particolarmente espressiva ai nostri giorni per una reale testimonianza di povertà ed un generoso servizio è il vivere del proprio lavoro. Sottomessi alla comune legge del lavoro(771) i religiosi ne attestano il senso umano(772) e ne fanno mezzo per guadagnare la propria vita ed aiutare concretamente i poveri.
e) Povertà comunione e compartecipazione
594
La povertà religiosa assume pienezza di testimonianza e segno se vissuta comunitariamente. I religiosi, sull´ esempio della prima comunità cristiana, manifestano la spirituale comunione che li unisce, mettendo in comune i frutti del loro lavoro.(773) La Chiesa ci addita come particolarmente urgente questa testimonianza collettiva di povertà, che si esprimerà sia nella fraterna compartecipazione di beni fra i confratelli e gli istituti a favore anche delle altre necessità della Chiesa,(774) sia nell´ evitare ogni controtestimonianza comunitaria (lusso, lucro eccessivo, accumulazione di beni).(775)
f) Nuove forme di povertà
595
In questo spirito la Chiesa fa appello all´ inventiva dei religiosi e domanda loro di adattare coraggiosamente le forme della loro povertà alle esigenze del mondo attuale, di ricercare nuove forme di povertà(776) perché la loro povertà sia più realisticamente feconda.
4. Don Bosco povero per i poveri
596
« Io amo meglio essere povero... Ho più caro il Paradiso che tutte le ricchezze e i danari del mondo.» (777)
La vita di Don Bosco povero si svolge tra queste parole di Giovannino agli eredi di Don Calosso fino a quelle rivolte a Don Viglietti sul letto di morte:
«Fammi il piacere di osservare nelle tasche dei miei abiti... Voglio morire in modo che si dica: Don Bosco è morto senza un soldo in tasca.» (778)
Don Bosco, figlio di Margherita, magnifica maestra di povertà,(779) fu povero per vocazione ed insieme per profonda convinzione promanante da acuta sensibilità evangelica.(780) Noi cogliamo i tratti caratteristici di questa povertà in un´ incrollabile fiducia nella Divina Provvidenza, nella semplicità austera, nell´ esemplare sobrietà, in un senso quasi sacro del risparmio e dell´ economia, per cui considerava il danaro come dono e strumento di bene. Visse distaccato dai beni e dal danaro con uno spirito di allegrezza anche in mezzo alle privazioni per essere più libero e disponibile al dono di se stesso. Don Bosco, così povero, volle una Congregazione povera e tutta al servizio della gioventù povera. Questa volontà esplicita, decisa, assoluta, lo accompagnò senza mai un´ incertezza, un cedimento in tutta la sua vita.(781) Risuonano le accorate parole scritte nella lettera-testamento:
«Amate la povertà... La nostra Congregazione ha davanti un lieto avvenire preparato dalla Divina Provvidenza... Quando cominceranno fra noi le comodità e le agiatezze, la nostra Congregazione ha finito il suo corso,»(782)
597
Ai suoi figli Don Bosco insegnò una povertà autentica e funzionale, tutta protesa al compimento della missione; una povertà che è insieme
- distacco personale e ricerca industriosa dei mezzi a favore delle opere per i giovani poveri;
- fiducia audace nella Provvidenza e lavoro incessante come se tutto dipendesse da noi;
- poco per se stesso e molto per le opere;
- cercare e valorizzare il danaro, ma spenderlo tutto subito nella religiosa fiducia che Dio domani provvederà.(783)
Sensibile al suo tempo che molto valorizzava la laboriosità e, spinto dall´ interiore zelo, Don Bosco volle una Congregazione fondata sul lavoro instancabile:
«Siamo in tempi in cui bisogna operare(784)
Anche i cattivi sanno apprezzare quando si lavora veramente senza interesse e si lavora molto(785)
Oggi, oltre al pregare, che non deve mancare mai, bisogna operare, intensamente operare; se no, si corre alla rovina.»(786)
Volle soprattutto che le sue opere e il lavoro dei suoi Salesiani fosse tutto per la gioventù povera:
« Il mondo ci riceverà sempre con piacere fino a tanto che le nostre sollecitudini saranno dirette ai fanciulli più poveri, più pericolanti della società. Questa è per noi la vera agiatezza che nessuno verrà a rapirci.»(787)
Tra i ricordi ai primi missionari, Don Bosco dava una consegna che ancor oggi risuona per tutti i suoi figli:
« Prendete cura speciale dei poveri... Fate che il mondo conosca che siete poveri negli abiti, nel vitto, nelle abitazioni e voi sarete ricchi in faccia a Dio e diverrete padroni del cuore degli uomini.»(788)
598
Tutta la TRADIZIONE SALESIANA riconferma i tratti fondamentali di quell´ immagine di povertà che fu vissuta dal Padre e lasciata come prezioso patrimonio ai suoi figli.(789) .
CAPO SECONDO
LINEAMENTI FONDAMENTALI
DELLA POVERTA´ SALESIANA OGGI
599
L´ esigenza evangelica di seguire Cristo, l´ invito della Chiesa ad ascoltare il grido dei poveri, l´ insegnamento e l´ esempio trascinatore di Don Bosco sono per i Salesiani i punti di partenza per il rinnovamento della loro povertà. Nel desiderio di rispondere a questi appelli del Vangelo, della Chiesa e del mondo d´ oggi ed alle attese dei Confratelli, il Capitolo Generale offre alla Congregazione una descrizione delle linee fondamentali della povertà salesiana rinnovata.
600
Due linee ci sembrano oggi essenziali alla povertà del religioso salesiano: LA TESTIMONIANZA ED IL SERVIZIO. Due forme di incarnazione della povertà che si esigono e si completano mutuamente: né la testimonianza può essere vuota esibizione esterna, né il servizio ai poveri può essere reso con ostentazione di ricchezza e di potere. Testimonianza e servizio hanno un´ unica radice: la carità. Carità verso Dio che si traduce in carità verso il prossimo come dono ai fratelli. Il Cristo si fece povero per arricchirci, assunse cioè volontariamente lo stato di povertà, dandone testimonianza nella condizione di umile lavoratore e nella solidarietà con i poveri, ma fece ciò allo scopo di dare se stesso in dono totale agli uomini. Allo stesso modo la testimonianza di povertà del religioso, che trae origine dall´ amore a Dio e ai fratelli, si traduce necessariamente nel dono di sé e nell´ effettivo servizio ai poveri. La carità potenzia ogni forma di povertà: fa che la testimonianza sia modesta e servizievole, e che il servizio sia umile e luminoso.
1) SERVIZIO
601
La nostra povertà ha il suo fondamento ed il suo pieno significato alla luce della MISSIONE salesiana. Al seguito di Cristo venuto ad evangelizzare i poveri, inviati nel nome di Don Bosco per educare cristianamente i giovani più poveri ed abbandonati, i Salesiani esprimono anzitutto la loro povertà come donazione totale di sé e dei loro beni al servizio dei giovani poveri. Oggi più che mai Don Bosco e la Chiesa ci mandano di preferenza in mezzo ai poveri, ai meno favoriti, al popolo (790) Questo servizio salesiano si realizza particolarmente nel lavoro, negli impegni apostolici e nelle opere.
a) Il lavoro
602
Il lavoro è l´ espressione più forte e più concreta del servizio salesiano alla gioventù povera. Sensibile alla consegna del Padre che raccomandava Oggi bisogna operare, intensamente operare, il Salesiano pratica con i fatti la povertà con un impegno reale nel lavoro, ricordando che è giudicato ricco colui che non ha bisogno della propria fatica per vivere.(791)
b) Le nostre attività apostoliche e le opere
603
Le nostre attività apostoliche e le opere sono la risposta di servizio che noi Salesiani, fedeli al carisma di Don Bosco, offriamo alle necessità dei luoghi in cui siamo chiamati dalla Provvidenza. Perciò la scelta delle attività, l´ ubicazione delle opere, la loro apertura concreta verso i bisognosi, i servizi che prestiamo debbono essere lo specchio della nostra povertà. In questo senso tutte le iniziative della creatività propria dello spirito salesiano dovranno puntare tenacemente su questo fondamentale servizio delle opere salesiane nella Chiesa. Questo stile di servizio indurrà i salesiani anche a raggiungere più direttamente i poveri nella loro condizione, a stare con loro, a condividere le loro ansie.(792) In particolare, come risposta attuale ai bisogni del nostro tempo, in tutte le attività ed opere della Congregazione i Salesiani dovranno prendere sempre maggior coscienza del loro impegno - nei riguardi del sottosviluppo per una vera educazione liberatrice, agente di promozione umana e cristiana;(793) - nel mondo del benessere e della socializzazione per una educazione pure liberatrice dall´ idolatria delle cose, dalle degradanti forme di povertà morale e da ogni spersonalizzante tecnocrazia.
2) TESTIMONIANZA
604
L´ imitazione del Cristo povero, sull´ esempio luminoso del Fondatore, porta il Salesiano personalmente e tutta la comunità a vivere la povertà come testimonianza concreta e leggibile. Il dono di sé ed il servizio disinteressato, mentre dimostrano che mettiamo noi stessi ed i nostri beni a disposizione di Dio nei fratelli, esigono una vita di distacco e di reale povertà, che ci renda solidali con i poveri e testimoni credibili del messaggio delle beatitudini.
A) TESTIMONIANZA PERSONALE
605
Facendo propria la beatitudine proclamata da Gesù, il Salesiano manifesta personalmente la sua povertà nella rinuncia volontaria e nel distacco interiore ed effettivo dai beni temporali, in atteggiamento di gioiosa fiducia nella parola e nella promessa di Dio Padre. Questo impegno personale di povertà, che il Salesiano vive non a parole, ma con amore e coi fatti,(794) è condizione indispensabile per costruire la comunità povera e per rendere efficace il servizio ai fratelli. Ogni Salesiano perciò, sostenuto dalla forza profetica della fede e da profondo senso di responsabilità, vive praticamente da povero:
1) in un livello di vita personale semplice ed austero, che rifiuta comforts e comodità di tipo borghese. Egli ricorda e rivive la caratteristica temperanza di Don Bosco nell´ abitazione, nei cibi, nell´ abito, nelle vacanze e nei viaggi, nella stessa malattia; ed è pronto a partecipare in qualche modo a quella insicurezza che segna la vita del vero povero.
2) nell´ operosità instancabile, che appare come dedizione completa alla missione.
3) nell´ uso dei beni: considera il suo tempo e i suoi talenti non come beni personali, ma come beni consacrati a Dio e messi a disposizione dei fratelli; la povertà professata non gli impedisce di tenere in uso, con il consenso del Superiore, ciò che è necessario ad un lavoro apostolico efficiente; tuttavia il suo modo di usare del danaro e dei mezzi rimane sempre quello del povero, che si deve accontentare soltanto del necessario.
B) Testimonianza collettiva
606
La testimonianza di povertà è particolarmente leggibile quando è vissuta in comunità. Essere povero - ci dice San Francesco di Sales - significa vivere in comunità.(795) Sull´ esempio vitale di Gesù e dei primi cristiani, per cui la povertà si traduceva nel dare, nel condividere, cioè in carità come partecipazione, i Salesiani si riuniscono in comunità, mettendo in comune le doti e capacità personali e tutti i frutti del proprio lavoro per porli a servizio dei poveri. In tal modo la nostra povertà diviene COMUNIONE DI BENI per il servizio dei poveri, intrinsecamente legata alla missione salesiana: non è semplice rinuncia ai beni economici, ma è un uso speciale di essi a favore dei giovani e dei poveri; è cioè un segno della nostra carità operosa per i bisognosi. Ma non dobbiamo dimenticare che la credibilità e l´ efficacia della nostra comunione di beni esigono una vera testimonianza collettiva di distacco ed una reale solidarietà con il mondo dei poveri da parte dell´ intera comunità. Gli Istituti stessi - ci dice il Concilio - cerchino di dare una testimonianza collettiva di povertà.(796) Questa testimonianza collettiva sarà vissuta concretamente:
1) nell´ austerità della vita in comune: nella frugalità del vitto, nel rifiuto del superfluo, nella funzionale semplicità degli edifici, dobbiamo sentirci più vicini ai poveri. Ci aiuterà il contatto con i giovani poveri, con la gente semplice, il dialogo vivo con essi, il condividere le loro sofferenze e difficoltà;
2) nel modo di possedere: tutto ciò che abbiamo e siamo lo mettiamo in comune per la nostra missione, con una vera compartecipazione nell´ uso dei beni e nella gestione amministrativa ci sentiamo tutti responsabilmente compro messi nella povertà di famiglia;
3) nella pratica di una generosa solidarietà con le case e le ispettorie della Congregazione e le varie necessità della Chiesa e del mondo.
607
Come mezzo potente per un´ efficace testimonianza di povertà e come sprone ad un continuo rinnovamento, i Salesiani saranno fedeli ad una VERIFICA COMUNITARIA PERIODICA, in cui, facendo un veritiero esame del proprio stato di testimonianza e di servizio, si pongano in umile e leale confronto con gli ideali posti dal Vangelo e dalla Missione. Il motto lasciatoci da Don Bosco Lavoro e Temperanza sintetizza programmaticamente la povertà salesiana che nel servizio di un lavoro instancabile e nella vita di gioiosa temperanza rende testimonianza indiscussa davanti a tutti.
3) ALCUNE PARTICOLARI QUESTIONI
1. Povertà evangelica o socio-economica?
608
Nella pratica della povertà si pone frequentemente una importante obbiezione: La povertà del religioso è solo un atteggiamento interiore di rinuncia e disponibilità al servizio (povertà evangelica o apostolica) o involve necessariamente una solidarietà effettiva con i poveri in senso anche socio-economico? Dobbiamo giustamente distinguere:
a) la povertà come privazione dei beni di questo mondo, necessari perché gli uomini vivano in quanto tale un male. Essa è denunciata dalla Scrittura come contraria alla volontà di Dio e spesso come il frutto dell´ ingiustizia e del peccato.
b) La povertà evangelica come atteggiamento di fondo di ogni cristiano è l´ attitudine di apertura a Dio, di disponibilità di chi pone in Dio tutta la sua fiducia. Valorizza i beni di questo mondo, ma non si appaga in essi, riconoscendo il valore superiore dei beni del Regno.(797)
c) La povertà che il Concilio Vaticano II addita ai religiosi è una povertà-segno, povertà-sacramento che li impegna ad essere in modo evidente poveri di fatto e nello spirito.(798) I religiosi tendono, come tutti i cristiani, alla povertà evangelica e, per essere segno nella Chiesa della beatitudine di questa povertà, volontariamente e per amore assumono la stessa condizione sociale dei bisognosi di questo mondo e partecipano delle loro privazioni, per testimoniare la libertà spirituale di- fronte ai beni terreni, per servire i poveri ed aiutarli nel loro sforzo di liberazione. Essi seguono in questo l´ esempio di Cristo che ha fatto proprie tutte le conseguenze della nostra condizione umana per salvarci.
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d) Certo si deve tener presente che l´ immagine concreta della povertà socio-economica del religioso e quindi la sua realtà di segno, oltre che dipendere dalla diversità dei carismi delle singole famiglie religiose, varia secondo i diversi ambienti e paesi, le differenti culture e civiltà e le particolari situazioni. Per questo la pratica della povertà è soggetta al principio del pluralismo e deve essere coraggiosamente tracciata da ogni Istituto religioso e, nell´ interno di esso, dalle comunità regionali o ispettoriali, con riferimento ai bisogni ed alle urgenze dei luoghi. Non si dovrà mai tuttavia trascurare la reale solidarietà a livello mondiale, che ci fa scoprire e condividere le tragiche condizioni di povertà che esistono anche lontano dai nostri paesi.
2. Testimonianza o servizio?
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Un altro inquietante interrogativo angustia la pratica della povertà del Salesiano: come è compatibile una testimonianza che deve giungere fino alla piena solidarietà con il mondo dei poveri, con le necessità del servizio di educatori che richiede mezzi funzionali e strutture adeguate? E possibile essere poveri in una istituzione che assume talvolta apparenza di grandiosità? La soluzione di questo conflitto, che costituisce spesso un vero caso di coscienza di fedeltà alla vocazione salesiana, pensiamo si debba trovare nella linea stessa di Don Bosco, che additava ai Salesiani una povertà autentica ma funzionale, sempre protesa al compimento della missione, e che nella sua quotidiana azione, mentre era esemplarmente austero con sé e per la vita della sua comunità, non esitava a cercare i mezzi per lo sviluppo delle opere. Invero, collocandoci nella missione salesiana, noi pensiamo che la prima e più importante testimonianza dei Salesiani è lo stesso servizio che essi prestano ai giovani, soprattutto ai più poveri, col proprio lavoro e col mettere a loro disposizione tutto ciò che sono e tutto ciò che hanno. E´ questo servizio, umile generoso evidente, che, spingendoci a un dono costante a chi è bisognoso, ci fa necessariamente evitare ogni controtestimonianza, che ci porrebbe in palese contrasto con coloro che vogliamo servire ed annullerebbe l´ efficacia della nostra azione.
3. Formazione alla povertà
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La povertà è una scelta che, per il quotidiano impegno di una fedeltà continuamente minacciata dall´ insensibile attaccamento alla vita borghese, esige coscienza formata e delicata. E´ necessaria quindi una vera educazione alla povertà, che deve iniziare negli anni di formazione del giovane confratello per proseguire ed approfondirsi in tutta la vita del Salesiano.
Vogliamo delineare alcune mete di questa formazione.
a) Mentalità
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Occorre creare nei giovani salesiani, fin dai primi anni, una mentalità che sappia cogliere le linee-forza della povertà salesiana: - partecipazione al mistero dell´ impoverimento di Cristo, nella radicalità di una sincera rinuncia ai beni ed alle apparenze di questo mondo;
- disponibilità totale della persona per il compimento della missione;
- conversione della mentalità individualistica alla preoccupazione sociale per il bene comune;
- amore di predilezione per i poveri.
b) Educazione vitale
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Questa mentalità deve tradursi nella vita quotidiana all´ interno della comunità formatrice. I giovani salesiani saranno formati concretamente a vivere la povertà ogni giorno:: - in una vita austera e sacrificata; - nella fedeltà allo studio e nell´ educazione al lavoro, anche manuale, come mezzo di sostentamento; - nella generosità del condividere; - nella conoscenza del mondo dei poveri, dei lavoratori, imparando a sintonizzarsi con essi, ad entrare con loro in amichevole ed aperto contatto e partecipando all´ impegno per vincere la loro emarginazione. Infine il giovane confratello sarà educato alla responsabilità nell´ uso del danaro, pienamente introdotto nella conoscenza degli aspetti economici della sua vita, reso opportunamente partecipe della gestione amministrativa dell´ intera comunità.
4. Amministrazione
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Per promuovere lo spirito di povertà della Congregazione, il Capitolo Generale non può restare insensibile agli aspetti finanziari ed amministrativi della vita delle comunità. La comunità possiede quei beni che le sono necessari per il compimento della sua missione; la Chiesa ci chiede che anche nel possesso e nell´ uso di questi beni noi diamo testimonianza collettiva di povertà.(799) Una saggia amministrazione oltre che essere una giusta valorizzazione dei beni per il servizio dell´ uomo,(800) è anche strumento per una più chiara testimonianza di povertà. La povertà religiosa esige che la nostra amministrazione sia tale da escludere l´ accumulazione e l´ eccessiva preoccupazione dei beni materiali, l´ affarismo, il gigantismo nelle imprese ed ogni forma di controtestimonianza. Sappiamo di amministrare i beni dei poveri, secondo le parole di Don Bosco: Ricordatevi che quello che abbiamo non è nostro, ma dei poveri; guai a noi se non ne faremo buon uso(801) Il Capitolo Generale offre le seguenti indicazioni per un rinnovamento anche dell´ aspetto amministrativo delle nostre case:
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a) Amministrazione ed economia sono compito di tutta la comunità: tutti i Confratelli devono sentirsi veramente corresponsabili ed impegnati nell´ andamento economico della casa; per questo devono essere sviluppati i mezzi di partecipazione comunitaria alla gestione amministrativa (bilanci preventivi e consuntivi, programmazioni, verifiche comunitarie...) .
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b) Per una maggior efficienza di servizio la gestione ordinaria è affidata ai confratelli economi " d´ intesa e con il controllo del Direttore. I Confratelli che assumono incarichi amministrativi rendono un vero servizio all´ intera comunità; sacrificano il loro tempo e le loro energie in un lavoro pesante e spesso ingrato per creare alla comunità le condizioni necessarie per un lavoro pastorale più efficiente. Essi si sforzano perciò di conoscere i principi ed i criteri di una sana amministrazione; ricordano che non devono agire come proprietari, perché sono solo i depositari dei beni della comunità; la loro gestione è guidata da grande cura per il bene comune unita alla giustizia ed alla carità.
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c) L´ amministrazione salesiana infine, caratterizzata dallo stile del servizio, sarà sempre aperta alla collaborazione e partecipazione, nei modi e nelle forme più convenienti, degli esperti laici e di tutti coloro ai quali prestiamo la nostra opera.
CAPO TERZO
ORIENTAMENTI OPERATIVI
Per il rinnovamento della povertà dei Salesiani, il Capitolo Generale presenta alcune scelte operative a livello pastorale ed apostolico che sembrano particolarmente urgenti.
1. Ridimensionamento delle opere
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Il Capitolo Generale sottolinea l´ importanza che il mondo attuale attribuisce al segno collettivo di povertà e l´ urgenza di un rinnovato impegno di tutta la Congregazione per essere più fedele all´ immagine di povertà voluta dal nostro Fondatore. DELIBERA perciò che: I Capitoli ispettoriali, convocati quanto prima per stabilire le tappe di applicazione del CGS, assumano come punti fondamentali del ridimensionamento: a) un serio esame dello stato di povertà delle comunità della Ispettoria; b) una decisa ricollocazione delle opere secondo le linee tracciate dalla missione salesiana, nei due aspetti fra loro complementari: - una maggior coscienza sociale nei nostri impegni apostolici di promozione umana; - ed una ricollocazione geografica della nostra presenza fra i socialmente poveri;(802) c) rientra nel piano di ridimensionamento di questo sessennio il destinare primariamente i frutti del nostro lavoro alla qualificazione culturale, professionale, pastorale dei Confratelli, che costituiscono la nostra unica ricchezza.
2. Sperimentazioni
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Rispondendo all´ invito della Chiesa di testimoniare in modi nuovi la nostra povertà, e nella consapevolezza che un efficace rinnovamento incomincia spesso dalle iniziative di uomini e gruppi particolarmente disponibili, il Capitolo Generale incoraggia opportune sperimentazioni di nuove forme di testimonianza e servizio in mezzo ai più poveri, secondo lo spirito missionario di Don Bosco pronto ad intervenire dove più urgenti sono le necessità. Queste sperimentazioni, assunte dalla comunità ispettoriale o dalle comunità locali, saranno approvate dall´ Ispettore con il suo Consiglio.
3. Testiminianza di povertà delle istituzioni
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La vita di povertà, come compito di tutta la comunità salesiana, esige una reale corresponsabilità che impegni tutti e ciascuno. Perché tale corresponsabilità sia praticamente possibile, e perché le stesse istituzioni diano più chiara testimonianza di povertà, può essere conveniente: a) separare l´ amministrazione dell´ opera da quella della comunità religiosa; ed anche possibilmente distinguere l´ ambiente di vita della comunità dall´ opera in cui essa svolge il suo lavoro; b) cercare la consulenza e la collaborazione dei laici nella amministrazione delle opere, costituendo eventualmente dei consigli di amministrazione in cui essi siano attivamente presenti; c) rendere consapevoli, nei modi opportuni, coloro cui prestiamo il nostro servizio dell´ andamento economico delle nostre opere. Il Capitolo Generale invita i Capitoli ed i Consigli ispettoriali a studiare la possibilità di applicare questi suggerimenti nel contesto delle situazioni locali.
4. Lotta contro l´«imborghesimento»
621
Perché la povertà di ogni salesiano sia un segno manifesto della sua scelta del Cristo povero, il Capitolo Generale invita tutti i Confratelli ad un serio impegno per una decisa lotta contro l´ imborghesimento. Ognuno accetti con gioia uno stile di vita austero, la dipendenza dai Superiori nell´ uso del danaro e delle cose personali e le inevitabili limitazioni e privazioni proprie della vita dei poveri. Ciascun Confratello pensi che la sua povertà personale è una pietra necessaria nella edificazione della comunità povera. In particolare, il Capitolo invita oggi i Salesiani a RINNOVARSI NELL´ ASSIDUO E INTRAPRENDENTE SPIRITO DI LAVORO insegnatoci da Don Bosco come espressione di povertà evangelica. Ogni Confratello senta ]´obbligo di un orario lavorativo non inferiore a quello della gente povera. Anzi, in un momento di emergenza come il nostro, ognuno deve essere pronto ad un lavoro straordinario, per rendere possibile la qualificazione del personale e il sostentamento delle opere indispensabili.
5. Uso delle assicurazioni sociali
622
La comunità salesiana vive del lavoro dei suoi membri e ripone la sua fiducia nella Provvidenza che l´ assiste e l´ aiuta. Partecipando pienamente alla vita dei lavoratori, potrà essere conveniente utilizzare i servizi degli Istituti di assicurazione e previdenza sociale, secondo le situazioni dei diversi paesi. Il Capitolo Generale invita i Capitoli ed i Consigli ispettoriali a studiare la possibilità ed il modo di applicare queste indicazioni, in armonia con le condizioni locali.
6. Solidarietà
623
Per realizzare una generosa solidarietà fra i Confratelli e le comunità della Congregazione, il Capitolo Generale propone:
a) che le comunità ispettoriali si sforzino realmente di eliminare le differenze stridenti fra le case di una stessa ispettoria;
b) che si studi, con sincerità e carità, nell´ ambito delle Conferenze ispettoriali la possibilità di collaborare con personale, mezzi economici... per aiutare le ispettorie più povere del gruppo;
c) che sull´ esempio della Chiesa primitiva e come esercizio di fraterna carità, ogni Ispettoria, pur nelle sue strettezze e povertà, stabilisca un piano di aiuti alla Direzione Generale, per la soluzione dei problemi economici di tutta la Congregazione.
Documento 12
L´OBBEDIENZA SALESIANA OGGI
CAPO PRIMO
ESIGENZE DI RINNOVAMENTO
"I religiosi con la professione di obbedienza... si uniscono alla volontà salvifica di Dio... mossi dallo Spirito Santo, ad imitazione di Gesù Cristo. I Superiori esercitano l´ autorità in spirito di servizio verso i fratelli... con rispetto della persona umana... in maniera tale che i religiosi cooperino con una obbedienza attiva e responsabile» (803)
624
L´ esigenza di approfondire e rinnovare la concezione e l´ esercizio dell´ obbedienza e dell´ autorità è vivamente sentita e manifestata da molti confratelli. Essi chiedono che il rinnovamento si compia nella fedeltà a Don Bosco, nelle norme e nello spirito del Vaticano II e anche nella valutazione attenta del contesto storico in cui viviamo. Il mondo contemporaneo è caratterizzato da un insieme di fenomeni, che hanno un riflesso molto forte, anche in campo religioso, sulla concezione e sulla prassi dell´ obbedienza e dell´ autorità. Il valore della persona è fortemente affermato. Insito nella natura umana, proclamato dal Vangelo che innalza l´ uomo alla dignità di figlio di Dio, tale valore è vivamente sentito e rivendicato oggi. L´ uomo dichiara la sua maturità di adulto; vuol essere non solo oggetto, ma anche soggetto della storia di cui è parte. Chiede il riconoscimento della sua libertà, del diritto di prendere le sue iniziative, di esercitare la sua creatività.
L´ interdipendenza sempre più grande degli uomini tra di loro spinge ad unirsi, a sentire la corresponsabilità dei singoli e del gruppo.
La secolarizzazione afferma l´ autonomia dei valori temporali. Il ritmo e il carattere attuale della storia fanno sentire la necessità di diversificare i compiti e di tener conto delle competenze di ciascuno. L´ obbedienza e l´ autorità sono spesso viste soprattutto come strumenti di efficienze e di utilità; devono quindi favorire e armonizzare l´ iniziativa e la creatività della comunità e dei singoli, riconoscendo e valorizzando le capacità di ciascuno.
625
Alcune strutture non rispondono più in modo adeguato alle esigenze di oggi. Coloro che hanno responsabilità di governo provano difficoltà accentuate nello svolgere il loro compito e sono talora indotti ad un atteggiamento passivo, a non intervenire, a non agire, a non prendere provvedimenti anche quando lo dovrebbero fare. I vari elementi e tendenze, propri della società attuale, hanno una parte considerevole nell´ evoluzione in atto nella nostra Congregazione, anche a riguardo dell´ obbedienza e dell´ autorità. Si è compiuto un cammino, un progresso, sotto l´ impulso di motivi propriamente religiosi e anche per l´ esigenza dei tempi nuovi: nella ricerca di un´ obbedienza attiva e responsabile; nell´ avvio di un dialogo fraterno; nell´ esercizio della corresponsabilità. Ma, come sempre in tempi di trasformazioni profonde, vi sono anche forme e atteggiamenti non equilibrati e poco religiosi: un sentimento esagerato del valore della persona, della libertà, della iniziativa individuale; una certa insofferenza per ogni autorità; un atteggiamento anti-istituzionale; un diminuito senso della disciplina religiosa; una disistima diffusa nell´ efficacia normativa della regola; e d´ altra parte talora una difficoltà nei superiori a conformarsi pienamente ai rinnovati modi di esercitare l´ autorità. In un indebolimento e talora in una crisi della fede si diffonde una mentalità, che non discerne più chiaramente i valori superiori dell´ obbedienza religiosa. Si manifesta così il pericolo che la concezione dell´ autorità e dell´ obbedienza rimanga troppo sul piano naturale.
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Ora si chiede UN RINNOVAMENTO NELLA CONCEZIONE DELLA OBBEDIENZA, che tenga conto delle giuste esigenze dei tempi, rispetti i valori della persona e della comunità, e insieme riaffermi vigorosamente il suo valore soprannaturale; e un rinnovamento nel modo di praticarla; affinch vi sia un impegno più profondo e più comunitario nel perseguire i fini della nostra vita religiosa, il compimento della nostra missione. E si domanda un modo di esercitare l´ autorità, che sia un vero servizio evangelico ai singoli, alla comunità, alla missione della Congregazione. Si desidera inoltre un´ applicazione più decisa dei principi di sussidiarietà, di decentramento e di corresponsabilità.
CAPO SECONDO
L´ OBBEDIENZA OGGI
A. PRINCIPI
627
L´ obbedienza religiosa è espressione concreta della nostra fede cristiana. Ciò significa un atteggiamento assai più profondo della semplice dipendenza sociale di un suddito dal suo superiore; è una vera vocazione di discepolo impegnato non solo nell´ imitazione, ma anche dalla partecipazione della salvezza umana. In Gesù l´ obbedienza al Padre è la sintesi della sua vita e del suo mistero pasquale di morte e di risurrezione. Essa rivela la sua identità di Figlio e insieme di Servo, mostrandolo unito in modo indicibile e assolutamente unico al Padre, e, perciò, totalmente docile a Lui. Della nostra inserzione battesimale nel Cristo e nell´ amore che lo unisce al Padre e ai fratelli trae la sua vera origine la nostra obbedienza.
628
La Chiesa, che è in Cristo come un Sacramento o segno e strumento dell´ intima unione con Dio e dell´ unità di tutto il genere umano,(804) nel suo cammino terrestre è sempre in ascolto dello Spirito. Essa continua l´ obbedienza di Cristo nella fedeltà alla sua missione di instaurare in tutte le genti il Regno.(805) In quanto comunità religiosa la comunità salesiana, inserita nella Chiesa, partecipa alla sua vita(806) e, animata dallo Spirito Santo, vuol vivere anch´ essa intensamente l´ atteggiamento di ascolto e di obbedienza salvifica di Cristo. Il Salesiano, entrando nella Congregazione, con la professione del voto di obbedienza, fa totalmente sua la volontà di Dio e si impegna, con Cristo, a essere disponibile al suo servizio, vivendo in una comunità di confratelli secondo le Costituzioni liberamente accettate.
629
L´ obbedienza religiosa è, come elemento vitale nella Chiesa mistero di salvezza, un atteggiamento-segno al servizio della figliolanza battesimale, per farci vivere la piena docilità al Padre. I religiosi prestano assenso a uomini, non per se stessi, ma in quanto questi li aiutano a seguire Cristo e concorrono a manifestare a loro la volontà concreta di Dio: essi cioè, per amore di Dio, in ciò che riguarda la perfezione, si sottomettono all´ uomo al di là della stretta misura del precetto, al fine di conformarsi più pienamente a Cristo obbediente.(807)
630
La volontà di Dio la troviamo nei molteplici segni in cui viene manifestata. Tra questi segni sono di grande importanza gli avvenimenti e le situazioni concrete del momento, sia di portata generale come i segni dei tempi, sia di portata particolare come la necessità, le urgenze, le esigenze e i problemi dei singoli tempi, luoghi, comunità e individui. Ma questi segni non sempre si possono interpretare con chiarezza e facilità. Per scoprirne il significato ci vuole anzitutto una attitudine di fede, che è fonte di luce. IL VANGELO è la regola suprema e il primo strumento per la ricerca. Il Magistero ecclesiastico, assistito dallo Spirito, in questo ci guida autenticamente. LE COSTITUZIONI sono un altro strumento specifico per noi: costituiscono il nostro punto di vista evangelico per approfondire la realtà; la loro approvazione da parte della gerarchia ci garantisce che esse tracciano per noi una via pratica e sicura, e nello stesso tempo ci uniscono in spirito di obbedienza alla Chiesa.
631
Un segno di speciale valore è per noi lo spirito e la missione della Congregazione. Sappiamo che il progetto del Padre comporta che la nostra vita si svolga in un ambito ben definito. Questo ci lascia ancora un ampio spazio di ricerca, ma è già una delimitazione e, quindi, una vera indicazione di ciò che Dio chiede: quanto si oppone alla missione e allo spirito della Congregazione non può essere la volontà del Padre. In questo ambito hanno un ruolo proprio, segno concreto del volere divino, quali la comunità a tutti i livelli e i superiori che la guidano responsabilmente nella fedeltà al Vangelo, alla Chiesa e alle Costituzioni. Tra i nostri superiori il Sommo Pontefice, rappresentante di Cristo in terra, sarà il primo.
B. ESERCIZIO DELL´OBBEDIENZA
1. In spirito di comunione
632
La ricerca della volontà di Dio sarà anzitutto comunitaria. I rapporti tra i confratelli con distinte funzioni sono animati dallo spirito di famiglia, che caratterizza la comunità salesiana e fa di essa un solo cuore e un´ anima sola. Tutti svolgono il proprio compito in spirito di umile servizio,(808) consapevoli del la propria limitatezza e debolezza umana, cercando di realizzare insieme, nel dono gioioso e generoso di sé, la propria consacrazione nell´ adempimento della comune missione. Pertanto, al servizio del bene comune, l´ autorità e l´ obbedienza si esercitano come due aspetti complementari della stessa partecipazione all´ offerta di Cristo: per quelli che operano in autorità si tratta di servire nei fratelli il disegno d´ amore del Padre; mentre con l´ accettazione delle loro direttive, i religiosi seguono l´ esempio del divin Maestro, e collaborano all´ opera di salvezza.(809)
2. Tutti corresponsabili
633
Alla Congregazione Cristo ha rivolto l´ invito ad impegnarsi per realizzare il suo Regno e per compiere una missione di salvezza fra gli uomini. Ognuno, insieme agli altri, è responsabile nell´ attuare la carità nella comunità, la comune missione nel mondo e quella personale nella propria vocazione. Il Vat. II ha dato rilievo al principio della corresponsabilità nella Chiesa e in ogni Istituto religioso. Nella vita e nell´ azione la corresponsabilità si esercita soprattutto in tre momenti: la ricerca, la decisione e l´ esecuzione.
Nella ricerca
634
La ricerca della volontà di Dio appare un compito assai delicato per la Comunità e per i singoli, se si considera l´ oscurità della fede e la fragilità umana. Di qui l´ importanza del DIALOGO COMUNITARIO nel quale tutti, in sincerità leale, daranno la propria capacità e competenza, tenendo sempre presente il bene della comunità e delle anime ad essa affidate. Ciò si farà non solo per giungere a decisioni importanti, ma anche per aspetti della vita ordinaria. Animati da spirito costruttivo tutti, nel dialogo aperto e nella cordiale disponibilità, aiuteranno i superiori ad adempiere il loro difficile compito di guida ed il loro servizio per il bene dei fratelli. In unione fraterna, attraverso un fiducioso scambio di idee, si procederà insieme per conoscere la volontà di Dio; la ricerca sarà compiuta in particolare dal superiore col confratello interessato quando si tratterà di una situazione personale; con la comunità quando la decisione da prendere la riguarda direttamente.(810)
Nelle decisioni
635
Nella vita ordinaria molte decisioni emergono spontaneamente dal parere comune. Quando sarà necessario il superiore, animatore e centro propulsore della comunità, nel suo compito di guidare i confratelli ad un´ obbedienza attiva e responsabile,(811) ma anche di decidere e comandare ciò che si deve fare,(812) farà in modo che la sua ultima parola sia il naturale suggello della convergenza delle idee. In molti casi però dovrà cercare di ottenere l´ unità delle volontà e dei cuori anche nella diversità dei pareri. Nelle decisioni più significative, sentirà il parere del Consiglio competente, o di un gruppo di confratelli o anche di tutta la comunità, secondo i casi. Talvolta il Consiglio stesso ha un valore solo consultivo: il superiore, nella sua prudenza, ne terrà conto nel prendere la sua decisione. Anche se non legato da una maggioranza, prenderà una decisione del tutto personale solo quando ne vedrà chiari e validi motivi. E´ lui però il primo responsabile della comunità, come pure dei rapporti con l´ intera Congregazione, con la Chiesa locale, con l´ ambiente esterno.
636
La corresponsabilità comporta l´ applicazione dei principi della sussidiarietà e del decentramento anche nelle decisioni. Ove basta una direttiva generale - salva l´ animazione e il coordinamento necessario - le decisioni ulteriori saranno lasciate ai responsabili, singoli o gruppi. Questo farà evitare il PATERNALISMO da una parte e l´ INFANTILISMO dall´ altra, permettendo il rispetto e una reale maturazione delle persone.
Nella esecuzione
637
Nel momento dell´ esecuzione l´ obbedienza si impegna concretamente, suscitando la ricchezza delle iniziative personali e la generosità del sacrificio. Liberamente, responsabilmente, attivamente, la comunità tutta, o il singolo interessato, entrano nella adesione al Padre con i fatti, ossia con il compimento di ciò che è stato deciso. Lo fanno in nome della fede sempre, ma soprattutto nei casi in cui la decisione diverge dai pareri personali. Lo fanno con l´ intelligenza e con il cuore, lo fanno con lealtà e con responsabilità, prendendo le iniziative convenienti nell´ ambito delle direttive date, in una collaborazione piena e cordiale, in un clima di famiglia unita nell´ amore, anche nel lavoro molteplice. Mentre i casi di decisione comunitaria si presentano in alcune particolari situazioni, la fase dell´ esecuzione sarà il campo quotidiano della virt— dell´ obbedienza. Il suo valore testimoniale si farà sentire particolarmente nel terribile quotidiano, nella disponibilità continua, nella gioiosa e generosa donazione di sé alla missione affidata. In questa attitudine si crea il vero spirito di comunione, necessario per realizzare con senso di corresponsabilità i piani di Dio attraverso la storia di ogni giorno.
3. Per la Chiesa
638
Attenti alle necessità della Chiesa locale, nella quale sono parte viva ed attiva, le comunità parteciperanno alla pastorale d´ insieme, obbedienti al Vescovo e fedeli al proprio spirito e alla propria missione.(813) Ogni confratello deve essere consapevole di lavorare, nell´ ambito della sua obbedienza, per la missione salvifica della Chiesa, svolgendo nel suo posto un compito veramente ecclesiale.(814)
4. Obbedienza di persone libere e mature
639
La corresponsabilità esercitata ad ogni livello, secondo le direttive del Vaticano II che anche in questo vuole un riconoscimento della dignità della persona, contribuirà alla maturità del religioso. Nella fase di ricerca, questa maturità si manifesterà con la libera e fraterna discussione, con la critica costruttiva e rispettosa; accettando corresponsabilmente le decisioni prese, in spirito di fede e di carità comunitaria, superando ogni individualismo; e nell´ esecuzione, con la lealtà, le iniziative personali e la propria creatività, con la solidarietà e lo spirito d´ quipe, con la fedeltà alla missione comune. L´ obbedienza non sarà un atto infantile, ma un atteggiamento da adulti; non una rinuncia alla volontà e alla personalità, ma il volere fortemente il compiersi della volontà divina, preferendola ai propri desideri. E´ questa la via alla vera liberazione dell´ uomo.
5. Coscienza e obbedienza
640
Dove tutti i confratelli sono sinceramente impegnati a vivere con generosità lo spirito del Vangelo, nella fedeltà all´ insegnamento della Chiesa e sull´ esempio di Don Bosco, in una corresponsabilità fondata nell´ unione degli animi in spirito di famiglia, l´ esercizio dell´ obbedienza e dell´ autorità può essere assai agevolato. Tuttavia, a causa della debolezza umana e dei limiti di ognuno, possono sorgere difficoltà anche gravi. Può talora esservi un conflitto tra l´ autorità del superiore e la coscienza del religioso. In tale situazione possono far luce principi e di rettive dottrinali ispirati dalla fede, presentati ai religiosi recentemente nell´ EVANGELICA TESTIFICATIO. La coscienza non è da sola l´ arbitra del valore morale delle azioni che ispira, ma deve riferirsi a norme oggettive e, se è necessario, deve riformarsi e rettificarsi. Fatta eccezione per un ordine che fosse manifestamente contrario alla legge di Dio o alle Costituzioni dell´ Istituto, o che implicasse un male grave e certo - nel qual caso l´ obbligo di obbedire non esiste - le decisioni del superiore riguardano un campo, in cui la valutazione del bene migliore può variare secondo i punti di vista. Il voler concludere, dal fatto che un ordine dato appaia oggettivamente meno buono, che esso è illegittimo e contrario alla coscienza, significherebbe misconoscere, in una maniera poco realistica, l´ oscurità e l´ ambivalenza di non poche realtà umane. Inoltre, il rifiuto di obbedienza porta con sé un danno, spesso grave, per il bene comune. Un religioso non dovrebbe ammettere facilmente che ci sia contraddizione tra il giudizio della sua coscienza e quello del suo superiore.(815)
641
Qualora si abbia un contrasto tra ciò che il religioso ritiene essere la volontà di Dio a suo riguardo e l´ obbedienza, la vita, l´ impegno della comunità; tra la propria visione delle situazioni, della missione, dell´ apostolato e quella del superiore e della comunità, vi sia un dialogo aperto e paziente. La soluzione non può essere imposta unilateralmente dal superiore. Si può interpellare anche la comunità. Bisogna rispettare la coscienza della persona e salvare nello stesso tempo l´ unità della comunità e i valori della vita religiosa. Nel caso in cui il dialogo col superiore immediato non riesca a risolvere il conflitto, è consigliabile consultare persone competenti, eventualmente scelte di comune accordo. In mancanza di soluzione, si può ricorrere alle autorità superiori. Quando da tutto questo risultasse che il religioso dovesse, o momentaneamente oppure per sempre, rinunciare a quanto credeva fosse un bene da realizzare, gioverà alla sua fede il ricordare che liberamente ha emesso la professione salesiana. Questa chiede di accettare in sincera coerenza le scelte e le direttive della Congregazione che parla e agisce attraverso i suoi organi responsabili; è una condizione essenziale a cui non si può rinunciare, se si vuole continuare ad essere parte viva della Società Salesiana.
6. Aspetto ascetico dell´obbedienza
642
L´ obbedienza religiosa suppone un atteggiamento di ascolto e di disponibilità alla voce interiore di Dio. Ciò esige da noi un´ attitudine costante di purezza di cuore, di superamento di noi stessi secondo lo spirito delle Beatitudini. Il partecipare alla comunione e alla missione della comunità può esigere da noi il distacco dai propri progetti e iniziative per accettare lealmente quelle della comunità e dei superiori, l´ abbandono dei desideri, anche legittimi e profondi, cose tutte che possono rendere l´ obbedienza veramente crocifiggente. Occorre ricordare che la ragione ultima sta nella partecipazione profonda alla vita di Cristo, che è stato obbediente fino alla morte di Croce, e che attraverso la sua obbedienza ha meritato la sua risurrezione e la nostra redenzione. Per il religioso, come per Cristo, viene operata attraverso l´ obbedienza, l´ oblazione di ciò che costituisce il nucleo più profondo della sua personalità, la volontà. Ma in questa stessa oblazione sta la realizzazione suprema di sé sul piano soprannaturale, e il massimo di fecondità in ordine al Regno di Dio.
643
Per poter compiere o mantenere la sua oblazione, egli ricorrerà spesso a quella sorgente di carità, che è anche la continuazione dell´ offerta di Cristo: l´ Eucaristia. Egli contemplerà un modello splendido e incoraggiante di obbedienza in Maria,(816) che più di ogni altra creatura ha partecipato al mistero pasquale della Redenzione, accettando pienamente la volontà salvifica del Signore e offrendosi insieme al suo Figlio per la salvezza degli uomini.
CAPO TERZO
L´ AUTORITA´ OGGI
644
Ogni comunità (locale, ispettoriale, mondiale) è chiamata a dare testimonianza di docilità e disponibilità alla volontà del Signore; in essa i membri obbediscono nelle diverse funzioni esercitate da ciascuno. Una funzione essenziale nella comunità è l´ autorità: necessaria per costruire e mantenere l´ unione di ideali e di cuori nella carità; per aiutare nell´ interpretazione del volere di Dio a riguardo della comunità e dei singoli; per guidare e coordinare l´ opera dei confratelli nell´ adempimento della missione. La presenza e l´ accettazione dei superiori sono indispensabili in ogni comunità (817) Le Costituzioni, approvate dalla Chiesa,(818) sono la via per la quale i superiori ricevono la loro autorità. Ogni superiore deve adempiere la sua funzione in spirito di umiltà evangelica,(819) precedendo tutti con l´ esempio della fedeltà a Dio(820) e con senso di profonda responsabilità, sapendo che dovrà rendere conto a Dio dei suoi fratelli.(821) Modello è Cristo, che riflette l´ amore del Padre per gli uomini e non venne per farsi servire, ma per servire.(822)
645
Nella comunità salesiana (Congregazione, Ispettoria, Casa), il Superiore rappresenta Cristo che unisce i suoi nel servizio del Padre.(823) Rimane fratello tra i fratelli, ricercando con e nella comunità, obbediente e docile, la volontà di Dio, sempre nei limiti delle Costituzioni. Nello stesso tempo è il centro propulsore e la guida della comunità.
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Esercitare l´ autorità evangelicamente in mezzo ai fratelli significa servirli, sull´ esempio di Cristo che diede la sua vita per gli uomini.(824) Il servizio che il superiore rende ai membri della comunità è molteplice:
a) Essere guida di una comunità religiosa vuol dire impegnarsi seriamente nel rinnovamento della propria Vocazione comune, approfondirne lo spirito e riattualizzarne la missione secondo le autentiche esigenze dei tempi, alla luce del Vangelo e del Fondatore.
b) Poiché il vincolo, che unisce i membri della comunità, è anzitutto la carità,(825) il superiore si adopererà per realizzare e per mantenere la comunione fraterna. Manifesterà la sua bontà anche come un segno della carità con cui Dio ama i fratelli.
c) Si dedicherà principalmente e generosamente alla cura della sua comunità; come buon pastore curerà che tutti i confratelli abbiano ciò che è necessario e utile per la loro vita spirituale.(826) Cercherà di rendersi capace di svolgere il ruolo di maestro della comunità, specialmente per la vita religiosa e per la missione apostolica specifica. così egli potrà anche suscitare nei confratelli la stima e la simpatia, che rendono più facile l´ obbedienza.
d) E´ dovere del superiore il promuovere il buon spirito salesiano e la sana disciplina religiosa, secondo le Costituzioni, come un bene vero della comunità, non il mantenere solo l´ ordine con un´ osservanza formalistica. In questo compito cercherà il vero bene dei fratelli, più che il loro plauso. Tutti i membri della comunità collaboreranno con l´ accettazione sincera e costante degli impegni assunti dai confratelli nella professione religiosa. Il superiore saprà valutare situazioni personali e circostanze per agire con prudenza e con molta comprensione.
e) La vita religiosa non è esente da tentazioni e da crisi. Il superiore aiuterà i confratelli a essere fedeli nello adempimento dei loro doveri di religiosi e di apostoli, cercando di curare, convincere, guidare, incoraggiare tutti con la parola, con l´ esempio e con la preghiera. Qualora ne sia il caso, richiamerà e farà correzioni con tatto, con opportunità e soprattutto con carità fraterna.
f) Il superiore ha il compito di cercare la volontà di Dio, riguardo alla comunità e ai confratelli. Avvierà e guiderà il dialogo, in clima di fede e di carità; concluderà il momento della ricerca con opportune decisioni; incoraggerà la fedeltà di tutti nella esecuzione. Nel prendere decisioni, ricorderà la sua fallibilità umana e perciò terrà conto degli apporti di ognuno. In cose di particolare importanza, non prenderà una decisione senza il suo Consiglio. Agirà con prudenza e insieme con coraggio; la profonda fede in Dio, l´ esempio di Don Bosco, le direttive delle Costituzioni lo aiuteranno nelle incertezze della vita quotidiana.
g) E´ un dovere e un servizio del superiore lo stare sempre a disposizione dei confratelli per ascoltarli e guidarli, specialmente col colloquio personale, che illumina e conforta, incoraggia e sostiene.
h) Procurerà che la sua comunità si senta unità alle altre comunità, all´ Ispettoria, alla Congregazione, con l´ informazione, con la stima, con il cuore e, qualora se ne vedesse la necessità, anche con la disposizione a dare un aiuto fraterno.
647
Pur avendo piena coscienza della sua responsabilità e dei suoi compiti, il superiore consideri che, specialmente oggi, essendo sempre più complessa l´ attività, la responsabilità dovrà essere partecipata e diversificata nella comunità. Ogni confratello ha una propria responsabilità, condivisa con gli altri, al servizio della comunità e della missione.
CAPO QUARTO
LA PAROLA E IL MODO DI AGIRE
DI DON BOSCO
"L´ obbedienza... è il perno su cui si regge tutta la nostra società... se regna l´ obbedienza si formerà un corpo solo e un´ anima sola per amare e servire il Signore"(827)
"La carità sarà la veste quotidiana di chi comanda... Si avrà una famiglia di fratelli intorno al loro Padre"(828)
648
Don Bosco con la parola e con l´ esempio è per noi guida nel rinnovare la concezione e l´ esercizio dell´ obbedienza e dell´ autorità. Egli ha modi di pensare e di esprimersi che sono naturalmente condizionati dalla mentalità e dal costume del suo tempo. Ma studiando tutto Don Bosco, tutto il suo insegnamento e il suo comportamento con i salesiani, vediamo in Lui elementi essenziali per il rinnovamento oggi voluto; e li scorgiamo talora sviluppati già pienamente, talora solo in parte, ma suscettibili di svolgimento. Egli è persuaso che l´ obbedienza porta a realizzare i fini della vita consacrata; a formare l´ unità, soprattutto quella degli animi; in particolare, torna più volte a mostrare come essa è disponibilità ad accettare il lavoro, che Dio chiede a noi per il suo Regno, per la salvezza delle anime; a compiere in collaborazione ordinata e fraterna e con più ampia efficacia la missione voluta da Dio. Se noi, considerandoci come membri di questo corpo, che è la nostra Società, ci acconceremo a qualunque funzione ci tocchi fare, e questo scopo sarà animato dallo spirito di carità, e guidato dall´ obbedienza, avrà in sé il principio della propria sussistenza e la energia di operare grandi cose a gloria di Dio, al bene del prossimo a salute dei suoi membri.(829)
649
Lo spirito di famiglia è un´ idea centrale e orientatrice di Don Bosco. Ad essa si riferisce spesso nel parlare e nello scrivere; si ispira nel dar vita alla sua opera e nel reggerla; ad essa richiama i salesiani, quando vede delle deviazioni. Vuole la comunità come una sana, ordinata e concorde famiglia; l´ amore vi deve regnare e deve ispirare la vita, il lavoro, i rapporti reciproci; in essa il superiore è come amico, fratello, padre. Scriveva ad un salesiano, al quale aveva affidato la direzione di una Casa: Va´ in nome del Signore, va´ non come superiore, ma come amico, fratello e padre. Il tuo comando sia la carità, che si adopera di fare del bene a tutti, del male a nessuno.(830) A Don Rua, direttore a Mirabello, aveva dato la norma: Studia di farti amare prima di farti temere; nel comandare e correggere fa sempre conoscere che tu desideri il bene e non mai il tuo capriccio.(831)
650
Don Bosco, che vuole sempre nella comunità un clima schiettamente e serenamente familiare, chiede ai suoi figli un´ obbedienza vera; un´ obbedienza autentica e piena, generosa e pronta, umile e semplice, cordiale e gioiosa. Nel discorso tenuto ai confratelli di Varazze sulla strenna per il 1872 parla della vera obbedienza, cioè quella che ci fa abbracciare con volto ilare le cose che ci sono comandate e le abbracciamo come buone perché ci vengono imposte dal Signore,(832) Perché possa essere un´ obbedienza piena, la vuole animata dalla fede. A Don Bosco obbedivano facilmente e volentieri, anche perché profondamente amato e stimato; ma egli si preoccupava che l´ obbedienza prestata a Lui o ad altri superiori non poggiasse troppo su simpatia o altri motivi umani; voleva che si ispirasse prima di tutto a ragioni più alte di fede: L´ obbedienza non sia personale, ma religiosa. Non si obbedisca mai perché è il tale che comanda, o perché comanda in bel modo, ma si obbedisca perché si è certi di fare la volontà di Dio.(833) Don Bosco, così deciso nell´ affermare il significato e il valore dell´ obbedienza, mostra con la parola e l´ esempio a chi ha il compito di superiore che egli deve essere sempre disposto ad un servizio vero, umile, sacrificato, amoroso, pronto a tutto, verso quelli che sono affidati a lui. Riguardiamo come nostri figli quelli sui quali abbiamo da esercitare qualche potere. Mettiamoci quasi al loro servizio, come Gesù che venne ad obbedire e non a comandare, vergognandoci di ciò che potesse avere l´ aria in noi di dominatori; e non dominiamoli che per servirli con maggior piacere. così faceva Gesù con i suoi apostoli,(834) Insieme Don Bosco afferma con chiarezza che, chi ha la responsabilità di superiore, ha vera autorità. Egli ha il compito e la responsabilità di prendere le decisioni e dare le disposizioni opportune; egli è guida, centro animatore e propulsore della comunità, dei confratelli, della loro azione una e molteplice. Perché una società come la nostra prosperi, è necessario che sia ben organizzata; che vi sia chi comandi e chi obbedisca... In ogni corpo vi deve essere una mente che regga i suoi movimenti.(835)
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I rapporti tra Don Bosco e i confratelli non sono quelli tra un padre e i figli sempre minorenni; anche se sono stati suoi giovani, vissuti e cresciuti nella sua casa, egli li tratta sempre con delicatezza e rispetto, con considerazione e riconoscimento concreto della loro capacità. Affida a loro compiti importanti; li riconosce come adulti e li mette in situazioni in cui sono stimolati ad approfondire la loro maturità. Li lancia avanti con fiducia; traccia direttive, li segue con consigli e incoraggiamenti; ma insieme li spinge all´ iniziativa nella loro piena responsabilità. Non ha timore neppure della loro giovinezza e inesperienza; sa che dando loro incarichi impegnativi ne farà collaboratori e uomini maturi e capaci; è suo merito aver fatto sì che uomini modesti divenissero delle personalità.
652
Don Bosco ha creato un´ opera vasta e molteplice, che si può dire veramente sua, ma nel parlare e nell´ agire con i suoi collaboratori la fa sentire opera di tutti. Chiede e riconosce con sincero apprezzamento la partecipazione di tutti al suo lavoro e alla sua missione, e non solo nel momento in cui occorre lavorare per eseguire quanto è stato progettato e disposto. V´ è tra lui e i suoi un vero dialogo confidente e continuo: con loro non ha segreti e li tiene informati di tutto, ne chiede il parere e li ascolta. Quel vedere come non avesse per loro segreti li affezionava sempre più alla persona e alle sue opere, con vantaggio incalcolabile della solidarietà fondamentale dell´ unione che fa la forza.(836) E quando le Costituzioni salesiane prevedono decisioni collegiali, egli sottopone il proprio parere ed i propri progetti all´ esame ed all´ approvazione dell´ organo competente.(837) Questi modi di parlare e di agire li troviamo ampiamente documentati nelle Memorie Biografiche. A questi insegnamenti si riferirono nelle loro direttive ed esortazioni i suoi successori e i Capitoli Generali.
653
I confratelli chiedono che oggi essi, nella pienezza del loro autentico valore, siano ispirazione e norma delle nostre comunità; sentono che nel loro significato essenziale e profondo sono in armonia con lo spirito del Vaticano II, con le esigenze dei tempi e con le loro aspirazioni.
CAOP QUINTO
ORIENTAMENTI OPERATIVI
Educare alla rinnovata concezione e pratica dell´obbedienza
654
L´ obbedienza attiva e responsabile richiede da tutti i confratelli una chiara presa di coscienza delle nuove modalità dell´ esercizio di questa virt— religiosa, che oggi esige più profondità e più spirito di fede. Per creare questa mentalità si raccomanda che: a) i confratelli siano sensibilizzati sul rinnovamento attraverso conferenze, incontri comunitari e letture adatte; b) l´ autorità sia esercitata in modo da favorire nei confratelli la maturità necessaria ad assumere responsabilmente i propri impegni nella comunità; c) ogni ispettoria e ogni comunità organizzi questo lavoro di rinnovamento in forma sistematica.
Formazione all´esercizio dell´autorità
655
Si sente sempre più impellente la necessità di superiori capaci e preparati a tutti i livelli. Ciò richiede una preparazione adeguata. Il retto disimpegno dell´ ufficio di superiore sia dunque il risultato di un´ attenta formazione, che include: a) una preparazione remota, in cui, mediante lo studio personale, gli incontri comunitari e l´ esercizio di cariche subalterne, si impari a dialogare, a collaborare e ad assumere responsabilità; b) una preparazione prossima con la preghiera, gli esercizi spirituali e le giornate di studio in corsi appositamente organizzati; c) un aggiornamento periodico, mediante incontri, per superiori.
Formazione al dialogo
656
Nella convivenza familiare e nel lavoro apostolico il dialogo è necessariamente presente. Questo esige: a) sforzo per stabilire relazioni interpersonali, piene di mutua fiducia e di rispetto; per accettarsi gli uni gli altri, senza pregiudizi; per ridurre al minimo l´ istintivo atteggiamento di difesa personale; b) opportunità, per ognuno, di partecipare e collaborare al massimo alla vita e alle attività comuni; c) sincerità, spirito di fede e umiltà per vedere le ragioni dell´ interlocutore, evitando di snaturare il dialogo in un mezzo di cui il confratello, il gruppo si possa servire per imporre le proprie idee o per condizionare negativamente la comunità. All´ acquisto di una formazione al dialogo e al suo uso frequente e fruttuoso gioveranno la lettura di libri adatti, le conversazioni comunitarie sull´ argomento, guidate dal superiore o da altre persone competenti, la tecnica della dinamica di gruppo.
SEZIONE QUARTA
La nostra formazione
Documento 13
LA FORMAZIONE
ALLA VITA SALESIANA
PREMESSA
1. Situazione attuale
657
La rapida evoluzione della società, che spesso avviene disordinatamente, con il conseguente cambiamento di mentalità e di strutture, incide profondamente sulla formazione dei candidati alla vita salesiana e sui Salesiani stessi. I giovani in formazione riflettono più o meno la situazione e la problematica del mondo attuale.(838)l In generale il clima nei nostri ambienti formativi è pressappoco come quello della maggioranza delle altre istituzioni similari: spirito di generosità, atteggiamento di sincerità, autenticità, sensibilità ai bisogni del mondo odierno, ansia di libertà, timore del condizionamento psicologico da parte dell´ istituzione formativa, insofferenza delle regole e di un´ autorità che non sia quella fraterna, sete di esperienze e timore di essere tagliati fuori dalla vita, ritrosia a prendere impegni che leghino troppo per il futuro, mancanza di una autentica mistica apostolica la quale provoca, come reazione, un attivismo che spesso ignora o non comprende il raccoglimento, il silenzio, la preghiera, poco apprezzamento per uno studio che non sia considerato pastorale.(839) Non risulta facile per i responsabili della formazione adempiere in questo ambiente il loro delicato compito. Esso diventa ancor più difficile quando viene a mancare quella continua e familiare convivenza tra formatori e confratelli in formazione, e quando aumentano e si irrigidiscono diversità di pareri e di modi di agire tra i formatori stessi. Queste e altre difficoltà, non sempre felicemente superate, hanno portato alle seguenti conseguenze: aumenta il numero dei confratelli, specialmente giovani, che lasciano la Congregazione;(840) il numero dei novizi è molto diminuito in questi ultimi anni;(841) e ci sono dei giovani che non trovano le motivazioni sufficienti per decidersi a entrare in Congregazione. I candidati per gli Aspirantati in molte Ispettorie hanno avuto un forte calo.(842) Vari studentati si sono chiusi.(843) Pur tenendo conto di questa allarmante situazione di dimensioni mondiali che tocca nel vivo la vita stessa della Congregazione, il Capitolo Generale Speciale volge il suo sguardo con ottimismo a quanto si è fatto, e nella buona volontà di tutti, giovani e formatori, vede la speranza di risolvere positivamente questo problema.
2. Scopo del Documento
658
Per aiutare a risolvere l´ importante problema della formazione, il Capitolo Generale Speciale non intende fare una trattazione teorica generale di formazione umana, cristiana, religiosa e sacerdotale. Vuole solo dare le linee generali di una RATIO INSTITUTIONIS salesiana, in modo che possano venire sviluppate dalle varie Ispettorie, in armonia con le norme delle Chiese locali e le esigenze dei vari luoghi. Indica perciò solo quegli orientamenti che permettano, nel campo formativo, realizzazioni rispondenti alle esigenze del nostro tempo, nella fedeltà a Cristo, alla Chiesa e al genuino pensiero di Don Bosco.(844) In questo suo lavoro il Capitolo Generale Speciale ha preso come punto di partenza la problematica, i bisogni e le aspirazioni che i confratelli hanno espresso attraverso i CIS e le risposte a PROBLEMI E PROSPETTIVE. In tutta la trattazione sulla formazione ha cercato di tener presente e di rispondere a questa problematica viva della Congregazione. Ha meditato sia il Vaticano II che la documentazione post-conciliare. Ha voluto essere fedele al pensiero di Don Bosco. Sono queste le sue preoccupazioni centrali.
3. Importanza della formazione
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E´ fondamentale l´ importanza della formazione. Da essa dipende, in gran parte, la realizzazione personale di ogni Salesiano e l´ unità di spirito di tutta la Congregazione. Essa ha un´ incidenza decisiva sul rinnovamento, perché l´ aggiornamento degli Istituti dipende in massima parte dalla formazione dei membri (845) Essa riguarda direttamente il personale in formazione, ma tocca e interessa anche tutti i confratelli, perché ognuno, al proprio livello, è impegnato in un processo di continuo adattamento personale alle esigenze della missione, e di continua crescita spirituale e responsabile nella comunicazione vitale della missione e dello spirito salesiano attraverso la sua testimonianza.
4. Formazione centrata sulla vocazione salesiana religiosa
660
Lungo tutto l´ arco formativo saranno maggiormente sottolineati, con senso vitale e coerente, gli elementi comuni e le realtà di fondo della vita salesiana religiosa. Infatti, sia i coadiutori che i futuri sacerdoti, ciascuno a proprio modo,(846) partecipano in maniera plenaria e identica alla stessa vocazione salesiana religiosa. Però la fedeltà a questa comune vocazione non deve impedire che siano rispettate tanto la condizione propria del coadiutore quanto quella propria del sacerdote. In questo documento si insisterà prevalentemente sulla formazione alla comune vocazione salesiana. Non possiamo tuttavia dimenticare che, se per il candidato alla vita sacerdotale la Congregazione è chiamata soprattutto a ristrutturare, o meglio a puntualizzare il curriculum formativo già stabilito in linea di massima dalla Chiesa, per i coadiutori si tratta molto spesso di potenziare, se non addirittura di creare, quella prassi formativa, che garantisca l´ armonioso e completo sviluppo della loro personalità umana e religiosa in vista della missione apostolico-educativa che sono chiamati a compiere in seno alla Congregazione.
CAPO PRIMO
ASPETTI GENERALI DELLA FORMAZIONE
661
1) Ogni uomo riceve da Dio, in modo personale, l´ invito a realizzare il proprio essere come risposta storica, libera e responsabile, al Suo atto creativo e salvatore.(847)
Ogni vocazione, come manifestazione dell´ incalcolabile ricchezza di Dio, deve essere profondamente stimata e coltivata con la massima sollecitudine.(848) Tutti i cristiani, in forza del battesimo e della cresima, partecipano del potere sacerdotale,(849) profetico (850) e regale (851) di Cristo.(852) A ognuno di loro il Padre affida un particolare compito nella Chiesa di Cristo, che corrisponde a una vocazione in seno al popolo di Dio.
662
2) Il cristiano, attraverso un´ autentica educazione nella fede, percepisce, nella realtà della sua vita letta alla luce del Vangelo, la propria vocazione specifica nella Chiesa.
Perciò l´ essenza di una pastorale vocazionale è una autentica educazione cristiana.(853) La nostra Società, che ha ricevuto la specifica missione dell´ evangelizzazione dei giovani, è chiamata a realizzare nell´ ambito ecclesiale questo lavoro vocazionale. In modo particolare essa ha la missione di assistere i giovani nello sforzo di definire la propria posizione e di scoprire i propri compiti nella comunità umana e nella Chiesa. Una cura speciale debbono avere i Salesiani per aiutare la formazione di quelli che il Signore chiama alla totale consacrazione a sé per una missione apostolica.(854) Se il giovane vi trova le condizioni e l´ assistenza adatte,(855) possono essere ambienti atti e sufficienti a favorire il raggiungimento del livello di maturità vocazionale richiesto per l´ entrata in noviziato: la famiglia, la scuola, le associazioni, i gruppi giovanili di carattere formativo e apostolico, ecc.(856) L´ Aspirantato, come ambiente caratterizzato da un intenso orientamento vocazionale, rimane una forma valida per aiutare i giovani a discernere la propria vocazione e rispondervi consapevolmente. La pastorale di orientamento vocazionale, mentre realizza il fondamentale scopo di aiutare tutti i giovani a scoprire e a sviluppare la propria vocazione, sarà ancora la sorgente naturale dei nuovi membri della Congregazione.
663
3) Il candidato alla vita salesiana e il Salesiano in formazione cercano nella Chiesa una via sicura e uno stimolo per lo sviluppo aggiornato della loro vocazione. Il grande orientamento della Chiesa sulla formazione religiosa è che ciascun istituto mantenga e sviluppi dinamicamente nei suoi membri, secondo la sua particolare fisionomia, l´ autentico spirito del Fondatore nella linea della sua missione.(857) Questi e altri orientamenti dati dalla Chiesa, soprattutto quanto detto al N. 18 del PC, sono da tener presenti e da applicarsi nella formazione dei Salesiani religiosi.(858)
664
4) Il candidato alla vita salesiana e il Salesiano in formazione realizzano il loro sviluppo cristiano e religioso, seguendo la regola suprema del Vangelo.(859) Seguire Cristo e imitarlo è dovere fondamentale di tutti i battezzati, poiché attraverso il battesimo partecipano della stessa vita di Cristo.(860) Seguire Gesù più da vicino e imitarlo più per fettamente è la scelta fatta da quei battezzati, i religiosi, che hanno ricevuto da Dio il carisma speciale della vocazione religiosa. Questa vocazione si attua in una donazione totale per una specifica missione di servizio agli uomini, a bene della Chiesa, e non rappresenta già un gesto eccezionale, ma è la forma costante della loro esistenza, vissuta non soltanto in senso affettivo, ma anche in senso effettivo, cioè, in forme concrete e abituali di vita.(861) Il giovane Salesiano, figlio del suo tempo - poiché vive e lavora in esso - deve rispondere a questa specifica chiamata di Dio. E´ compito della formazione aiutarlo in questa donazione completa di sé a Dio, mediante la sequela e l´ imitazione di Cristo. Per arrivare a ciò, la formazione dev´ essere centrata sulla persona e sul mistero di Cristo, fondata sul mistero della Chiesa e su una viva esperienza di fede.(862) Dovrà essere permeata di spirito di preghiera e alimentata alle fonti genuine della spiritualità cristiana: la Sacra Scrittura, la Liturgia, e soprattutto il mistero della Eucaristia,(863) fonte e culmine della vita cristiana.(864) Anche Maria Santissima dev´ essere presentata nel mistero del Verbo Incarnato e della Chiesa,(865) nel suo compito di aiuto dei cristiani (866)
665
5) Il candidato alla vita salesiana e il Salesiano in formazione realizzano il loro sviluppo personale tenendo conto della situazione concreta del mondo attuale con le sue esigenze, poiché in esso vivono e agiscono come uomini, come cristiani e come Salesiani. L´ insieme dei bisogni e delle aspirazioni della nostra epoca(867) dà ad ogni vera vocazione la sua forza. Don Bosco ebbe in grado elevato la sensibilità alle esigenze dei tempi: in vista di esse ideò la Società Salesiana e seppe misurarla alle aspirazioni spirituali e sociali della sua epoca. I suoi primi collaboratori vennero formati a questo spirito. Urge attualizzare oggi pienamente questa sua caratteristica, anche nel campo formativo. Come Don Bosco, bisogna che il Salesiano sappia decifrare i segni dei tempi. La società moderna coi suoi cambiamenti rapidi e profondi esige un nuovo tipo di uomo,(868) capace e di superare l´ ansia provocata dai cambiamenti e di continuare a cercare senza adagiarsi in soluzioni fatte; disposto a imparare e ad affrontare il nuovo, a dialogare senza chiudersi, ad accettare l´ interdipendenza e a esercitare la solidarietà; capace di distinguere il permanente dal mutevole, senza estremismi; capace finalmente di vivere da religioso in un mondo secolarizzato. Le strutture della formazione, adattandosi ai bisogni dei tempi dei luoghi e delle persone, dovranno essere pluralistiche, decentrate, flessibili, funzionali. Il giovane deve formarsi a contatto con la realtà dell´ ambiente in cui vive: la famiglia, i giovani suoi coetanei, la vera vita salesiana con le sue attività apostoliche. Tutto questo in vista del servizio che dovrà rendere in modo consono alla sua personalità e alle sue caratteristiche individuali. In un clima di dialogo aperto costante e sincero(869) egli si sentirà corresponsabile della sua formazione e, in proporzione alla sua maturità, dell´ andamento della casa.
666
6) Il novizio o confratello in formazione si permea, in modo autentico personale e vivo, dello SPIRITO dello stile di vita e di lavoro proprio del carisma permanente di Don Bosco. Ciò implica una sintesi vitale e un certo stile di vita spirituale, di equilibrio e di rapporti umani: elementi tutti che rappresentano altrettanti tratti della personalità del Salesiano e che debbono essere visti come gli obiettivi della sua formazione specifica.
667
a) Lo stile salesiano di vita spirituale, esige di essere:
- centrato sulla visione di Dio Padre e di Cristo Salvatore;
- espresso in uno spirito di carità, ispirata alla dolcezza di San Francesco di Sales;
- sostenuto da una fede concreta, che gli fa scoprire Dio Salvatore nella storia e negli eventi umani;
- alimentato da una speranza, che è fonte di ottimismo e di gioia, anche in mezzo alle difficoltà e sofferenze;
- illuminato da una pietà semplice, eucaristica e mariana;
- impegnato in un´ ascesi reale, fatta di lavoro e temperanza;
- vissuto finalmente in una forma di vita consacrata in cui la castità evangelica si esprime nella amorevolezza educativa, l´ obbedienza in spirito di famiglia, la povertà in temperanza, in lavoro instancabile e in servizio ai giovani poveri.
668
b) Lo stile nell´ equilibrio umano dei figli di Don Bosco è fatto di duttilità alle circostanze, di laboriosità intensa e multiforme, di semplicità e austerità di vita, di inserimento semplice e naturale nell´ ambiente, di gioia e ottimismo, di spinta al continuo superamento.
669
c) Lo stile nei rapporti umani, o pervaso di giovialità, sincerità, lealtà e entusiasmo, renda il Salesiano capace di mettersi di fronte alle persone, specialmente ai giovani, con atteggiamento comprensivo, pronto al dialogo e al servizio; capace di una vera amicizia, sapendo unire la spontaneità alla delicatezza. Questo stile di rapporti fraterni, caratterizzato dallo spirito di famiglia ", deve fare della comunità salesiana una comunità di amore fraterno, basata sull´ identità di ideale e di missione, che armonizzi l´ obbedienza con la libertà, che superi le antipatie e le simpatie, che riconosca e promuova la ricchezza e il valore di ognuno dei suoi membri, che renda possibile l´ amicizia e abbia nella vita di preghiera e nello ascolto della parola di Dio, specialmente nella celebrazione dell´ Eucaristia, la radice(870) e allo stesso tempo l´ espressione più bella.(871)
670
7) Il novizio o confratello in formazione acquista questo spirito salesiano iniziandosi alla vera vita salesiana e esercitando l´ apostolato proprio della nostra missione. Secondo Don Bosco, il Salesiano non dovrebbe essere formato, nemmeno durante il Noviziato, distaccato dalla vita salesiana reale. Per lui l´ esercizio di quelle opere, che saranno esercitate per tutta la vita, ha un valore determinante nella formazione, perché la sua non è una Congregazione di oranti o di penitenti, ma di educatori.(872)35 Egli voleva che il giovane si formasse vivendo la vita salesiana reale nel lavoro apostolico propria della nostra Congregazione. Perciò lo spirito salesiano, che il formando deve acquistare, si assimila nell´ esercizio della nostra missione di evangelizzare i giovani specialmente poveri e abbandonati (873) e di formarli secondo la spiritualità del sistema preventivo. Questo spirito è vissuto e come incarnato nella vita della comunità salesiana.
671
8) Seguendo questo processo formativo, che dura per tutta la vita, il Salesiano riuscirà a vivere nello spirito salesiano il mistero della salvezza umana, armonizzando, come fece Don Bosco, due istanze fondamentali di un´ unica realtà: a) realizzazione delle proprie aspirazioni personali e della propria consacrazione battesimale e religiosa;(874) b) la piena solidarietà con la comunità umana, specialmente giovanile, coi suoi problemi e aspirazioni, sempre in evoluzione, nella linea della missione salesiana tra tutti gli uomini cristiani, non cristiani e non credenti, in totale servizio di amore e di testimonianza.(875)
672
9) Nel processo formativo, in seno alla comunità unificata dalla carità sotto la guida del direttore, l´ quipe dei formatori ha una missione specifica e necessaria da compiere.(876) Le sorti del rinnovamento formativo restano legate soprattutto alla capacità dei formatori immediati. I confratelli, chiamati a svolgere ruoli formativi nella Congregazione, abbiano perciò la viva consapevolezza di quanto possa dipendere dal loro modo di pensare e di agire la formazione degli alunni.(877)Inoltre i formatori manifestino sempre, sia con la vita vissuta che con la parola, un atteggiamento di piena fedeltà alla Rivelazione, al Magistero della Chiesa e alle direttive della Congregazione, in nome della quale essi formano i giovani salesiani.(878) L´ quipe dei formatori sia composta, per quanto è possibile, di personalità complementari e diverse, perché solo così si potranno offrire ai giovani in formazione modelli variati di comportamento. La comunità formativa si ispiri costantemente al modello delle prime comunità apostoliche e alla comunità familiare di Valdocco, animata dalla presenza viva di Don Bosco e dallo spirito di dolcezza di San Francesco di Sales. Formatori e giovani in formazione vivano in stretta comunione di vita, di azione e di spirito sotto la guida del direttore. Ma la formazione dev´ essere la risultante dell´ azione concorde di tutti i confratelli, sia della comunità locale sia di quella ispettoriale. Tutti devono perciò sentire di essere comunità formatrice in grado di mostrare nella propria vita vissuta gli autentici valori della vocazione salesiana,(879) e di alimentare tra gli alunni la gioia della propria vocazione.(880)
CAPO SECONDO
DELIBERAZIONI CAPITOLARI
A. ASPETTI GENERALI DELLA FORMAZIONE
1. Alcuni aspetti della formazione umana
673
La maturazione umana dei giovani in formazione sia fatta in maniera atta a produrre in essi l´ equilibrio interiore indispensabile alla vita religiosa e salesiana.
Alcune indicazioni a questo scopo:
a) Utilizzazione delle risorse delle scienze psicologiche e pedagogiche (881)
Si utilizzino in forma abituale e sistematica (e non solo per alcuni casi difficili? le varie risorse delle scienze psicologiche e pedagogiche (cartella psicologica, medica, ecc.), alla luce di un´ adeguata visuale teologica. Questo aiuterà i singoli giovani a conoscersi e maturare meglio. Ai formatori servirà di aiuto per ispirare la loro azione adattandola ai bisogni concreti di ciascun giovane. In tutto questo ricordiamo il grave dovere di rispettare la libertà della persona, la sua dignità e il segreto professionale.
b) Contatti con la propria famiglia (882)
674
Durante la formazione, come in tutta la vita salesiana, vengano conservati i dovuti rapporti e contatti con essa. La loro frequenza e modalità devono essere valutate in relazione alle esigenze dell´ amore verso i genitori e la propria famiglia, alla concreta efficacia formativa di tali contatti, alle esigenze della vita religiosa. Si aiutino le famiglie con opportuna assistenza a collaborare alla maturazione vocazionale dei figli, rispettando la loro libertà.
c) Maturazione nei rapporti umani
675
Si coltivi il senso della missione e la disposizione continua di servizio, per cui ci si rende atti a trattare con tutti (giovani e adulti) con comprensione, gentilezza, discrezione e carità.(883) Per facilitare la maturazione affettiva e sessuale si eviti di creare nei formandi un atteggiamento artificiale e negativista riguardo a questo problema, in particolare, nei contatti con la donna. E´ vero che il semplice contatto con il mondo femminile, di per sé, non è una soluzione al problema affettivo, e, se mal condotto, può essere anzi dannoso. Ma i giovani salesiani si educhino, con l´ aiuto dei formatori, a un atteggiamento sereno e naturale, senza equivoci e chiaro, per far capire bene la portata dell´ impegno del celibato consacrato.
d) Attività parascolastiche
676
Sull´ esempio di Don Bosco, si dia l´ importanza dovuta a quelle attività fisiche e culturali le quali pur non appartenendo strettamente al curriculum scolastico, possono essere di grande aiuto nella formazione, come la ginnastica, lo sport, la musica, l´ arte di esprimersi, il teatro, ecc. Tra queste merita una cura speciale la formazione artistica, anche perché di grande importanza nella pastorale giovanile e nell´ azione liturgica.
2. Crescita nella fede: integrazione della fede nella vita
677
Una presa di coscienza più acuta dell´ autonomia dei valori temporali e dei cambiamenti di prospettiva nei rapporti dell´ uomo con il mondo e con Dio esige una adeguata educazione della fede. La formazione perciò: - presenti le realtà terrestri e umane come valori che hanno in se stessi una propria consistenza e bontà,(884) meritevoli di essere riconosciute come tali e come il luogo dove Dio opera la salvezza;(885) - purifichi la fede dei giovani in formazione mediante una chiara distinzione tra l´ essenziale e l´ accessorio; - insegni a trovare nella parola di Dio la critica del mondo e dei suoi valori e nel mondo l´ appello alla parola di Dio;(886) - mostri ai formandi la presenza, sebbene non sempre riconosciuta, di Cristo risuscitato, nel mondo e negli uomini, per renderli atti a testimoniare in una società secolarizzata che Dio è il solo bene assoluto. così si opererà una sintesi vitale tra lo sforzo umano e i valori religiosi.(887)
3. Direzione spirituale
678
Tenuto conto dell´ importanza della direzione spirituale nella formazione dei confratelli e per facilitare la sua insostituibile pratica, rendendola più efficace e profittevole, il Capitolo Generale ricorda che:
a) E´ indispensabile distinguere due ambiti nella direzione spirituale: quello comunitario e quello personale o di coscienza;(888)
b) Nella comunità formatrice la direzione spirituale comunitaria è compito del Direttore, animatore spirituale della comunità. Egli la compie attraverso l´ esercizio della autorità paterna, le conferenze, le buone notti, le esortazioni pubbliche e private, i colloqui, ecc.(889) Oltre ai compiti della direzione spirituale comunitaria il Direttore ha anche quello di Maestro di spirito per il personale in formazione, cioè egli è responsabile principale dell´ andamento formativo della comunità e dei singoli.(890)
c) Nell´ ambito personale, i Salesiani in formazione abbiano libertà nella scelta del loro direttore di coscienza. Assecondando un desiderio della Chiesa,(891) secondo l´ esempio di Don Bosco e in linea con la tradizione salesiana, il Direttore della comunità è sempre anche il Direttore spirituale proposto, non imposto, ai singoli confratelli.(892) Perciò sia rivalorizzata la sua figura come vero direttore di spirito attraverso una seria preparazione a questo importantissimo compito. Ma i confratelli in formazione possono rivolgersi, oltre che al Direttore, anche ai confessori o ad altri confratelli capaci e preparati. Gli incontri fraterni, se tendono alla ricerca comune della volontà di Dio favoriscono il fervore della carità, la fecondità dell´ apostolato, la gioia spirituale dello stare insieme. La psicologia, l´ esperienza delle anime e la prassi costante della Chiesa insegnano che essi possono aiutare, ma non sostituire, la direzione spirituale.
4. Esperienza personale
679
Per attuare una formazione a contatto con la realtà, necessaria sia per la maturazione personale che per l´ inserimento apostolico del giovane in processo di formazione(893) il Capitolo Generale sottolinea alcuni aspetti importanti derivanti da questa esigenza di concretezza formativa:
a) Inserimento della comunità formativa nell´ ambiente
Perché il contatto del giovane con la realtà sociale sia naturale è necessario che la stessa casa di formazione, di qualunque livello, sia inserita e si senta parte viva, in quanto comunità salesiana, nel contesto civile ed ecclesiale nel quale deve svolgere il suo compito e la sua missione culturale e apostolica. Non è sufficiente per la loro formazione integrale che i giovani, singolarmente o a gruppi, prendano contatto con l´ ambiente.(894)
b) Ambiente socio culturale della formazione e specializzazione
La formazione di base per tutti, siano sacerdoti, possibili diaconi o coadiutori, si svolga, salvo motivate eccezioni nell´ ambiente socio-culturale in cui si dovrà lavorare. La specializzazione potrà essere fatta anche all´ estero ma in linea di massima solo dopo qualche anno di attività pastorale.
c) Uso dei mezzi di comunicazione (895)
L´ uso dei mezzi di comunicazione sociale è un canale indispensabile per un ampio contatto con la realtà umana. Si intensifichi, perciò la preparazione intellettuale, spirituale e tecnica dei giovani circa l´ uso critico di questi mezzi, perché possano essere sensibilizzati e aiutati ad affrontare i complessi problemi che agitano il mondo di oggi e che richiedono una risposta da parte della Chiesa.
d) Inserimento dei giovani in formazione nelle attività apostoliche di gruppi giovanili
Si favorisca un conveniente, graduale e programmato inserimento dei giovani in formazione nelle attività apostoliche dei gruppi giovanili, preferibilmente nelle nostre opere. Questo è necessario per una maggiore e adeguata sensibilizzazione ai problemi dei giovani e della loro evangelizzazione. In questo si abbia soprattutto di mira di irrobustire la loro spiritualità salesiana e di dare un senso radicalmente pastorale all´ impegno serio e scientifico dei loro studi. Questo si faccia sotto la responsabilità della comunità formativa.
e) Lavoro manuale
I confratelli in formazione si educhino allo stile della vita sacrificata anche attraverso la generosa prestazione nei lavori manuali richiesti dalla comunità. Si tratta di una testimonianza di povertà e di un rendersi conto delle difficolta concrete della vita reale. Esperienze di lavoro fuori del nostro ambiente dipendono dal permesso dell´ Ispettore con il consenso del suo Consiglio.
5. Vita comunitaria
Perché la comunità nelle case di formazione sia veramente formativa si osservi quanto segue:
a) Comunità di amore fraterno
680
La vita di comunità sia intessuta di autentici rapporti umani e di comunicazione sincera, di amore fraterno, unificata dall´ identità di ideale e di missione, tale da integrare i valori dell´ ubbidienza con quelli della libertà.(896) Molti pensano oggi che la comunità si debba costituire sul fondamento della omogeneità, intesa come affinità di carattere, di idee, di mentalità, ecc. e sulla spontaneità amichevole. Si tratta, indubbiamente, di autentici valori umani, ma le esigenze della carità su cui deve fondarsi la comunità religiosa(897) esigono che la vera omogeneità sia ricercata, non attraverso l´ affinità naturale, ma attraverso la volontà di fare comunità in Cristo. I giovani confratelli siano perciò aiutati a fare l´ esperienza di una vera comunità di carità, ad accettare incondizionatamente i fratelli che Dio ha loro dato con le loro doti e i loro difetti, a superare le antipatie e le simpatie. Amicizie autentiche e profonde debbono nascere e debbono essere favorite dalla comunità fraterna; ma non possono essere un requisito obbligato per formare la comunità.
b) Comunità che celebra l´ Eucaristia(898)
681
La comunità formativa sia una comunità orante nella quale la celebrazione dell´ Eucaristia sia il cuore, e allo stesso tempo l´ espressione più bella della sua unità. Perciò la Santa Messa abbia un posto di centralità e di priorità in tutto il processo formativo. La Messa quotidiana non si riduce a un´ obbligatorietà meramente esterna, ma è il frutto di quella partecipazione voluta e convinta che è indice e segno della maturità spirituale necessaria alla vita religiosa. L´ educazione alla fede vissuta (catechesi) avrà come frutto questa partecipazione voluta e convinta alla Messa.
c) Il dialogo comunitario
682
Le attività formative si svolgono attraverso un dialogo comunitario aperto, costante e sincero, come esigono la natura stessa del processo formativo che è sempre comunicazione-assimilazione vitale di valori.(899) Solo così le attese dei giovani in formazione potranno essere messe chiaramente a confronto con le reali esigenze della missione e della vita salesiana in un clima di collaborazione fraterna e di corresponsabilità. Risulta perciò naturale la limitazione di alcuni valori personali per chi vive in comunità.
d) La comunità formatrice
683
E´ importante notare che nessuna formula risolve automaticamente il problema dell´ edificazione della comunità formatrice. I giovani salesiani devono comprendere, soprattutto con l´ esempio dei formatori, che alla comunione di spiriti si arriva soltanto attraverso un paziente lavoro di rinuncia a se stessi e di apertura agli altri. E´ forse questa l´ esperienza più importante che essi debbono fare e ad essa siano indirizzati con opportune riflessioni comunitarie.(900)
e) Formatori
Nell´ intento di assecondare il desiderio della Chiesa,(901) e tenendo conto della istanza fondamentale della Congregazione, il Capitolo Generale stabilisce quanto segue:
684
a) Per essere interlocutori validi ed efficaci dei giovani confratelli, di oggi e di domani, i formatori abbiano al loro attivo un periodo di conveniente esperienza pratica apostolica; siano persone ricche di calore umano e di spirito soprannaturale; posseggano in misura notevole le qualità di contatto e di influsso, tanto necessarie nella vita di relazione dell´ uomo moderno. Si sforzino di avere, sull´ esempio di Don Bosco, uguaglianza di carattere, sicurezza e dominio di sé, capacità di accoglienza, di accettazione, di comprensione, di dialogo, sincerità, serenità d´ animo e ottimismo.
685
b) I confratelli destinati ad assolvere compiti formativi vi si preparino con apposita formazione specifica e organica.(902) Abbiano anche una formazione di base nei diversi settori della vita salesiana:
- sul piano dottrinale: una soda teologia della vita religiosa e delle relazioni Chiesa-Mondo, le linee essenziali della spiritualità apostolica, un contatto con la cultura moderna;
- sul piano pedagogico e psicologico: conoscenza pedagogica di base, conoscenza dei giovani d´ oggi, educazione alla vita di relazione;(903)
- sul piano salesiano: familiarità con la spiritualità di Don Bosco, con il sistema preventivo e con la vita della Congregazione;
- sul piano pastorale: esperienza di vita acquisita nel nostro apostolato e adeguato inserimento e contatto con esso.(904)
686
c) L´ aggiornamento del personale formativo sia continuo.(905) Si favorisca la creazione di centri di studi della spiritualità salesiana che, tra l´ altro, aiutino a preparare salesianamente i futuri formatori.
7. Formazione dottrinale e tecnica
a) Serietà del lavoro intellettuale
687
Professori e alunni attendano con serietà al lavoro intellettuale e professionale per essere in grado di annunziare, con efficacia e con il grado di cultura preteso dalla mentalità moderna(906) il messaggio evangelico agli uomini del nostro tempo: ricordino, tuttavia, che la formazione dottrinale non deve tendere a una semplice comunicazione di nozioni, ma a una vera formazione interiore degli animi.(907)
b) Formazione intellettuale dei coadiutori
688
Nella formazione dei coadiutori, la teologia deve permeare tutta la loro cultura. E´ alla luce della teologia che la formazione e l´ istruzione acquistano il loro profondo significato. Il livello della teologia sia proporzionato al grado di cultura da loro raggiunto negli altri settori di studio e di qualifica. I coadiutori abbiano anche le conoscenze filosofiche, psicologiche, pedagogiche, catechistiche e altre, indispensabili alla formazione dell´ educatore specialmente religioso. Ma non si perda mai di vista, lungo l´ intero curriculum formativo, la formazione apostolica e pastorale, sia per mezzo dell´ insegnamento di discipline di ordine apostolico e pratico.
c) Sintesi tra cultura profana e cultura religiosa
689
Tutta la formazione dottrinale e tecnica sia tale da operare una felice sintesi tra la cultura profana seria, intesa essenzialmente come ricerca e rispetto dei valori umani, e la solida formazione religiosa, anche dal punto di vista culturale; la formazione culturale e tecnica non costituisca fine a se stessa, ma conduca i confratelli in formazione alla promozione umana e cristiana della persona.
d) Insegnanti salesiani negli Istituti non salesiani
690
Siano impegnati, nella misura del possibile, insegnanti salesiani negli istituti, seminari, centri o consorzi di studio, frequentati dai nostri confratelli.(908)
e) Centri di studio salesiani
I centri di studio salesiani abbiano un corpo docente qualificato e sufficiente, integrato, se necessario o opportuno, anche da professori non salesiani.(909)
f) Formazione permanente e aggiornamento
Negli ordinamenti degli studi di ogni Ispettoria siano indicate le iniziative atte ad attuare la formazione permanente e l´ aggiornamento culturale e professionale.
B. LE FASI DELLA FORMAZIONE
1. Continuità del processo formativo
691
Il processo formativo dev´ essere unitario e continuo nelle sue varie fasi. Ogni fase dev´ essere continuazione della precedente e preparazione alla seguente. Perché questo sia possibile è necessario un coordinamento ispettoriale di tutto il lavoro formativo e periodici incontri tra i formatori per scambi di idee e di vedute in ricerca di criteri comuni validi e possibili.
2. Pastorale vocazionale
a) Movimenti di formazione spirituale e di servizio
692
Si sviluppino tra i giovani i movimenti di formazione spirituale e di servizio sociale, missionario e apostolico: predispongono i cuori alla chiamata divina. Si attiri con frequenza la loro attenzione sugli immensi bisogni della Chiesa e del mondo, e specialmente della gioventù.(910) Si ricordi che la libertà dei giovani dev´ essere rispettata, ma insieme aiutata.
b) Vocazioni adulte
Sull´ esempio di Don Bosco cerchiamo di aiutare quei candidati al sacerdozio o alla vita religiosa i quali, a motivo dell´ età avanzata, non possono facilmente seguire la loro vocazione.(911)
c) Pastorale vocazionale in collaborazione(912)
Nella pastorale vocazionale ci sia la più fraterna collaborazione fra i Salesiani e le Figlie di Maria Ausiliatrice. Si incoraggi e si organizzi la collaborazione nella pastorale vocazionale dei Cooperatori, VDB, Ex-allievi e altre associazioni e famiglie con cui siamo in contatto.
d) Valorizzazione della vocazione salesiana nelle sue due modalità
Nella promozione vocazionale siano presentate e ugualmente valorizzate la vocazione del Salesiano sacerdote e del Salesiano laico. Il coadiutore sia presente anche nel lavoro della pastorale vocazionale.
e) Nucleo di giovani predisposti alla vita salesiana laicale
Le Ispettorie, nella misura del possibile, s´ impegnino a creare in ogni scuola tecnica un nucleo di allievi predisposti alla vita salesiana laicale. Siano essi seguiti particolarmente da un coadiutore ed esercitati nell´ apostolato tra gli apprendisti.
f) Revisione della fecondità vocazionale
La fecondità vocazionale è un criterio per misurare l´ efficacia della nostra azione apostolica tra i giovani. La mancanza di vocazioni sacerdotali, religiose e di leaders laici è sintomo chiaro che non abbiamo aiutato i giovani a scoprire il loro impegno cristiano durante il processo formativo. Un serio scrutinium sul clima e la cura delle vocazioni, a livello ispettoriale e locale, faccia consapevole la comunità ispettoriale e locale e ogni confratello della responsabilità concreta di creare con la loro azione e soprattutto con il loro modo di essere una mistica vocazionale che aiuti la generosità dei giovani a rispondere a un´ eventuale chiamata del Signore.
3. Preparazione al Noviziato
693
Sia accolta con spirito di comprensione la richiesta da parte di qualsiasi candidato di un periodo di prova prima di andare in Noviziato. Tale prova, da compiersi anche fuori delle case della Congregazione, può essere consigliata dai formatori stessi. Nel determinare le modalità di questa prova si cerchi di precisare il modo col quale sarà assicurata l´ assistenza e la direzione dei candidati.(913)
4. Noviziato
a) Rapporti del novizi con I professi
694
I rapporti dei novizi con i professi si svolgano in un clima di naturalezza(914) perché la formazione, specialmente del Noviziato, deve essere la risultante del lavoro concorde di tutta la comunità. Essa dev´ essere una vera comunità formativa e come tale in grado di comunicare, mediante la vita vissuta, gli autentici valori del carisma salesiano.(915)
b) Vestizione
La vestizione dell´ abito o la consegna di un distintivo siano lasciate alla decisione di ciascuna Ispettoria.
5. Ammissione alla prima professione
a) Criteri di ammissione ai voti
695
Si segnalano i seguenti criteri principali di ammissione in Congregazione. I soci devono avere:
a) Salute sufficiente e una qualificazione utile alla azione salesiana, oppure, trattandosi di persone giovani, attitudine sufficiente ad acquistarla;
b) Uno sviluppo adeguata della capacità di contatto umano che li renda sensibili alla dignità personale dei fratelli e li stimoli a proporsi la realizzazione dei loro valori vitali e spirituali come uno dei massimi ideali per la propria esistenza;
c) Un´ affettività ricca ed equilibrata per cui sono capaci di legarsi interiormente con altri, in maniera oblativa e pacifica, e sono in grado di usare con libertà interiore dei valori umani e dell´ ambiente come fonte di gioia creatrice;
d) Un´ esperienza cristiana profonda e assimilata, per cui il Padre e Cristo sono in maniera sufficiente il movente della loro esistenza e gli altri valori sono subordinati e orientati alla Salvezza;
e) Un´ assimilazione sufficiente dello spirito salesiano, che li porta ad abbracciare coscientemente, con entusiasmo e con realismo, la missione propria della Società e li rende capaci di mettere a disposizione di essa tutte le proprie energie.
b) Ingresso responsabile In Congregazione
L´ ingresso nella vita religiosa salesiana significa per il candidato un impegno di tale importanza che dev´ essere l´ effetto di una decisione personale, presa con la collaborazione della comunità, più che il risultato di una semplice ammissione unilaterale. E´ vero che spetta soltanto ai superiori ammettere ai voti e agli ordini in nome della Chiesa e della Congregazione.(916) Però l´ azione dei Superiori, il loro giudizio o parere è e dev´ essere, fondamentalmente, un aiuto offerto al giovane in formazione perché possa formulare, responsabilmente, le proprie decisioni davanti a Dio, alla Chiesa e alla propria coscienza.
6. Periodo di voti temporanei
a) Tirocinio
696
Perché l´ esperienza vitale del tirocinio diventi veramente formativa, sia fatta possibilmente a gruppi. Il tirocinante trovi nella comunità e specialmente nel Direttore un atteggiamento di comprensione, di stimolo e di appoggio favorevole alla sua maturazione.
b) Criterio per la rinnovazione dei voti
697
Nell´ accettazione da farsi per la rinnovazione dei voti temporanei i Superiori distinguano nettamente il processo di maturazione dalla non attitudine alla vita religiosa salesiana. Quelli che non danno speranza di potere, in futuro, essere ammessi ai voti perpetui, non siano ammessi ai voti temporanei.(917)
c) Riammissione senza rifare il noviziato
698
Qualora un socio che abbia legittimamente lasciato la Congregazione, sia allo scadere della professione temporanea, ovvero con dispensa dai voti, chiedesse di esservi riammesso, il Rettor Maggiore con il consenso del suo Consiglio potrà riammetterlo, a norma dell´ Istruzione Renovationis Causam n. 38, II, senza l´ obbligo di rifare il noviziato. L´ uscita temporanea prima dei voti perpetui non deve essere considerata come una fase del processo normale della formazione, ma piuttosto come un´ eccezione da applicarsi soltanto in quei casi nei quali la revisione della propria posizione da parte del religioso lo richiedesse.
d) Preparazione alla professione perpetua
La professione perpetua, come punto culminante dell´ impegno religioso, sia preceduta da un periodo conveniente di preparazione.(918)
7. Formazione permanente - Piano di qualificazione
699
Ogni Ispettoria o Gruppo di Ispettorie programmi un piano di qualificazione in modo da fare assegnamento su un numero di confratelli specializzati nei vari aspetti dell´ attività salesiana.
CAPO TERZO
DISPOSIZIONI TRANSITORIE
700
1. Siccome il Capitolo Generale Speciale si limita a indicare i principi che debbono reggere la formazione salesiana, finch le Ispettorie, a norma dell´ art. 106 delle Costituzioni, non avranno formulato il loro modo di attuare la formazione e l´ ordinamento dei loro studi, il Capitolo Generale vuole che le norme vigenti rimangano in vigore. Gli Ispettori con il loro Consiglio faranno soltanto quelle modifiche necessarie e urgenti in conformità coi principi enunciati in questo documento.
701
2. Nei prossimi sei anni:
a) si provveda, con carattere di grave urgenza ad un piano di aggiornamento, attraverso il Magistero ufficiale della Congregazione e con l´ organizzazione di frequenti corsi intensivi di studio e di riflessione ed altre attività, specialmente a livello ispettoriale;
b) i coadiutori abbiano la possibilità di frequentare corsi regolari di Teologia e di Catechesi che li abilitino all´ insegnamento della Religione.
CAPO QUARTO
IL PONTIFICIO ATENEO SALESIANO
Orientamenti Operativi del Capitolo Generale Speciale
702
Il C.G.S. ratifica l´ orientamento degli Statuti del P.A.S., riguardante la sua struttura come UNIVERSITA´ PONTIFICIA SALESIANA con le seguenti caratteristiche principali:
A. in quanto università:
a) preoccupazione primaria per l´ insegnamento e la ricerca scientifica;
b) autonomia accademica nei limiti riconosciuti dagli Statuti, e sostegno economico necessario per la sua efficienza;
c) corpo di professori sufficiente in numero e qualifica;
d) aperta anche ad alunni esterni, ecclesiastici e laici.
B. in quanto Pontificia:
a) al servizio della Chiesa per diffondere il pensiero cristiano e promuovere la cultura nel campo specifico della missione salesiana;
b) fedele alla Tradizione e al Magistero cattolico.
C. in quanto Salesiana:
a) diretta e sostenuta dalla Congregazione Salesiana, nel clima della Ecclesiologia del Concilio Vaticano II;
b) al servizio della Congregazione per promuovere, a livello di insegnamento e di ricerca scientifica, la missione e l´ unità della medesima;
c) al servizio prioritario della formazione del personale salesiano;
d) essere un centro di promozione, insegnamento e ricerca nei campi:
- dell´ educazione, con una speciale sottolineatura per quanto si riferisce al sistema educativo di Don Bosco;
- della Pastorale giovanile e Catechesi;
- della Spiritualità salesiana, specialmente secondo l´ incarnazione fatta da Don Bosco.(919)
703
Il C.G.S. dichiara che la specifica finalità del P.A.S. deve essere lo studio, con stile salesiano, della realtà giovanile, principalmente nei suoi aspetti teologico-pastorale, catechistico, educativo, psico-sociale, ecc. Perciò ogni Facoltà e Istituto del P.A.S., nei suoi contenuti, metodi e impostazione, deve indirizzarsi chiaramente a questa finalità.(920)
3. Scopo precipuo del P.A.S. è di dare ai propri alunni salesiani una formazione universitaria, conferendo i gradi accademici in ordine alle varie forme di apostolato proprie della nostra Società e all´ insegnamento negli Studentati Filosofici e Teologici.(921)
4. E della massima importanza scegliere accuratamente i soggetti (professori e alunni) da inviarsi al P.A.S., sia per quanto riguarda la fermezza nella vocazione, l´ equilibrio della personalità e lo spirito religioso, sia riguardo alle loro qualifiche, capacità e attitudini intellettuali.(922)
704
5. Il Consiglio Superiore, dal quale dovrà dipendere direttamente il P.A.S., tramite il Consigliere della Formazione o un Delegato, si impegnerà per studiare un sistema di scambio di docenti tra i diversi salesiani di studi superiori di tutto il mondo, in modo da favorire: a) una stabilità dell´ incarico per un corpo-base di docenti, garantita la sua internazionalità; b) un aiuto razionale di quelle Ispettorie che possono fornire dei docenti a tempo limitato, senza creare dei disagi nelle proprie sedi regionali.(923)
6. Essendo il P.A.S. al servizio di tutta la Congregazione, le Ispettorie sono tenute a fornire il personale dirigente e docente, su richiesta del Consiglio Superiore.(924)
7. Tenuto conto della finalità del P.A.S. (cfr.: 1ø Orientamento) e della sua importanza fondamentale per il rinnovamento della Congregazione, ogni Ispettoria si impegnerà a inviare periodicamente alunni all´ Ateneo, mantenendosi poi in stretto contatto con i responsabili di esso.(925)
Orientamento operativo transitorio:
705
8. Il C.G.S. stabilisce che il Consiglio Superiore nomini una Commissione post-capitolare che, alla sua diretta dipendenza, attui quanto sia necessario per il rinnovamento del P.A.S.; in particolare quanto segue:
a) L´ elaborazione di un piano, a scadenze fisse, per operare la riforma (a tutti i livelli) del P.A.S., in modo tale che questa Istituzione raggiunga i suoi scopi universitari e le finalità di natura salesiana e formativa fissate dal C.G.S;
b) revisionare gli Statuti in modo tale che si accordino pienamente alle direttive del C.G.S. e alla missione della Congregazione;
c) studiare quali Facoltà e Istituti del P.A.S. devono essere potenziati, creati o soppressi, e attuare il loro ridimensionamento;
d) pianificare i mezzi più idonei per garantire lo sviluppo del Centro di Studi Don Bosco e analizzare la convenienza della creazione di un Istituto Superiore di Spiritualità Salesiana;
e) studiare il modo per la ristrutturazione e unificazione della gestione amministrativa del P.A.S., e cercare i mezzi più idonei per garantirgli definitivamente una autonomia economica atta a sostenere i suoi scopi specifici;
f) elaborare delle norme che garantiscano, alla luce del Capitolo, un serio ridimensionamento del personale dirigente e docente del P.A.S.; tali norme, tra l´ altro, dovranno stabilire:
1) le rispettive competenze delle autorità religiose e accademiche, principalmente circa la selezione e preparazione del personale docente;
2) il cursus accademico che deve essere percorso da tutti i docenti;
3) le esigenze accademiche di studio, lavoro, pubblicazioni, ecc. per tutti i professori;
4) le modalità, competenze e responsabilità accademiche e religiose per la promozione, rimozione e licenziamento dei docenti;
g) studiare il modo di realizzare la separazione del Centro di studio e le Comunità di vita e di formazione, in modo tale che vengono garantiti gli scopi fondamentali di entrambi;
h) analizzare quindi la convenienza della continuazione dell´ esistenza del P.A.S. come Ispettoria a sé stante;
i) determinare l´ iter e le scadenze fisse per l´ applicazione degli Orientamenti Operativi fissati dal C.G.S., tenendo presente la diagnosi preparata dalla Commissione Capitolare Speciale per il P.A.S., in modo che si possa presentare al prossimo Capitolo Generale una valutazione esauriente sull´ operato durante i prossimi sei anni.
(670)ACG XIX pp 84-85.
(671)Cfr Ecco ciò che pensano i Salesiani della loro Congregazione oggi vol II pp 96-111; Schema Precapitolare 11 b, p 34-41.
(672)Cfr GS 12, 25, 27; Schema Precapitolare 11 b La castità salesiana nn 1-9; St pr p 31-34.
(673)Cfr GS 24-26; St pr p 22-26.
(674)Cfr GS 9, 29, 49, 60; AA 9; St pr p 32.
(675)Cfr RICCERI, Relazione geneerale sullo stato della Congregazione, p. 6-9.
(676)Ivi, p 117, 157.
(677)Ivi, p 38-42.
(678)Cfr LG 11, 32, 41; GS 12-14; 27-29; 47-52; 60; 67; GE 1, 8.
(679)Cfr LG 41.
(680)GS 47-52.
(681)LG 46.
(682)Cfr. GS 14; CD 12.
(683)Cfr GS 49-51; GE 1, 8.
(684)Cfr GS 19, 92; DH 9-10.
(685)Cfr PC 1, 5, 12.
(686)Cfr Mt 19, 12.
(687)Cfr Ef 5, 32.
(688)OT 10.
(689)PC 12.
(690)Ef 4, 13.
(691)PO 16.
(692)OT 9.
(693)PC 12.
(694)Cfr LG 43; PC 12-14.
(695)Cfr Mt 19, 11; 1 Cor 7, 7.
(696)Cfr 1 Cor 7, 32-34.
(697)LG 42.
(698)Cfr PC 12.
(699)Cfr LG 42-43; PC 5, 12; OT 10; PO 16.
(700)Mt 19, 11.
(701)LG 44.
(702)Cfr PC 12; LG 42; ET 13.
(703)Cfr Rom 6, 1-11.
(704)PC 12.
(705)Cfr 1 Gio 1, 3.
(706)Cfr PC 12.
(707)LG 68.
(708)PC 25.
(709)MB XIII 799.
(710)MB XII 244-245; cfr X 35.
(711)MB XIII 83; cfr XI 299.
(712)MB V, 167 ss.
(713)MB XVII, 110.
(714)Cfr PO 16; PC 12; OT 10; ENC. Sacerdotalis coelibatus; ACG XIX, 83; RICCERI, Relazione generale sullo stato della Congregazione, pp 6-9; Schema precap. 11 b, p 43.
(715)Mt 19, 21.
(716)Cfr I CIS II, p. 112.
(717)Cfr I CIS II, p 114-116.
(718)Cfr I CIS II, p 133-134; RICCERI, Relazione generale... p 12.
(719)Cfr I CIS II, p 117.
(720)Cfr PeP ist 136.
(721)Cfr PeP prop 143; I CIS II, p 127-129.
(722)Cfr I CIS II, p 121.
(723)Cfr I CIS II, p 127.
(724)Cfr I CIS II, p. 120; RICCERI, Relazione generale... p 12.
(725)Cfr I CIS II, p 129.
(726)Cfr I CIS I, p 80 ss.
(727)Cfr I CIS I, p 92-94.
(728)ACS Don RICCERI 261, p 1109.
(729)Cfr ET 17.
(730)Cfr PP; CELAM Medellin; CLAR Pobreza.
(731)Cfr OA 8-13.
(732)GS 63; cfr ET 17.
(733)2 Cor 8, 9.
(734)Fil 2, 7.
(735)Sof 2, 3; 3, 11.
(736)Mt 5, 3.
(737)Cfr Mt 6, 3.
(738)Cfr Mt 6, 25.
(739)Cfr Mt 11, 19; Mc 2, 19.
(740)Cfr Mt 6, 19; 19, 21; Lc 14, 33.
(741)Cfr Mt 10, 35-37.
(742)Cfr Lc 9, 24.
(743)Cfr Mt 10, 9 ss.
(744)Mt 13, 55.
(745)Cfr Mt 8, 20.
(746)Cfr Mt 25, 37.
(747)Cfr Lc 4, 18.
(748)Cfr Lc 6, 24; 13, 31-34.
(749)Cfr Mt 17, 24-27.
(750)Cfr Lc 6, 27.
(751)Atti 20, 35.
(752)Atti 2, 42 ss; 4, 32 ss; 6, 1 ss.
(753)GS 88 a.
(754)PP 3.
(755)LG 8 c.
(756)LG 42 d.
(757)Cfr PC 13; ET 16.
(758)PC 13 b.
(759)Cfr PC 13; ET 18.
(760)ET 19.
(761)Cfr AA 7.
(762)ET 30.
(763)ET 18.
(764)Cfr ET 18.
(765)Cfr Mt 6, 33; LG 44.
(766)PC 13 e.
(767)LG 8.
(768)Cfr ET 18.
(769)ET 18.
(770)Cfr PP 12 e passim.
(771)PC 13 c.
(772)ET 20, PP 27.
(773)Cfr ET 20.
(774)Cfr PC 13 e.
(775)Cfr PC 13 f.
(776)PC 13 a; ES II, 23.
(777)MB I, 217-218.
(778)MB XVIII, 493
(779)Cfr MB I, 296.
(780)Cfr ACS 253 (Don RICCERI) p 541.
(781)Cfr ivi.
(782)MB XVII, 271-272.
(783)Cfr STELLA II p 413-414.
(784)MB XIII 126.
(785)MB XI 168.
(786)MB XIX 157.
(787)MB XVII 272.
(788)MB XI 389-390.
(789)Indichiamo alcuni elementi della tradizione salesiana ricorrenti nella voce dei Successori di Don Bosco: - La povertà è un segno indispensabile per il nostro apostolato: Noi lavoreremmo inutilmente se il mondo non vedesse e non si convincesse che noi non cerchiamo ricchezze e comodità (D. RUA, Circolare 31 gennaio 1907, p 438). - La povertà salesiana include un´ ascetica personale di distacco e rinuncia (Cfr Don RICALDONE in ACS 82, p 91 e passim; D. ALBERA, Circolare 23 aprile 1917; D. RICCERI in ACS 253, p 549 ss). - Le nostre opere, il danaro come ogni altro nostro bene deve essere strumento a servizio della nostra missione in ACS 253, p 574 e p 559). Miei carissimi figli, vi scongiuro... di volgere il vostro sguardo alle immense moltitudini di fanciulli imploranti intorno a voi e in tutta la terra...; dovete essere pronti a fare tutti i sacrifici per alleviarli e rifocillarli nell´ anima e nel corpo. (Don RINALDI in ACS 57, p 967). - Il lavoro è la gloriosa divisa del Salesiano, grande inconfondibile eredità lasciataci da don Bosco (D. RICCERI in ACS 253, p 563). - Mezzo essenziale per la pratica della povertà è la vita comune, per cui il Salesiano forma una cosa sola con la comunità (Don RUA, Circolare 31 gennaio 1907, p 441). In questo spirito deve essere coltivata la solidarietà sia con i poveri, sia fra le case e le ispettorie (D. RICCERI in ACS 253, p 568-573, Don RINALDI in ACS 57, p 568). - Come obiettivo particolarmente urgente ed attuale per il Salesiano d´ oggi viene proposta la lotta contro il sottosviluppo che appartiene all´ essenza stessa della Congregazione (D. RICCERI in ACS 261, p 1110-1111).
(790)AGG XIX in ACS 244, p 81-82.
(791)D. RICCERI in ACS 253, p 44-45.
(792)Cfr ET 18.
(793)D. RICCERI in ACS 261, p 68.
(794)MB XV 184.
(795)Oeuvres de St Fran‡ois de Sales, Ed Annecy, vol IX p 229.
(796)PC 13.
(797)CELAM Medellin 14, 4.
(798)PC 13 b.
(799)Cfr PC 13, ET 18.
(800)Cfr GS 65.
(801)MB V 682.
(802)Cfr Documento Capitolare n 1, capo 1 I destinatari della nostra missione.
(803)PC 14.
(804)LG 1.
(805)LG 5.
(806)Cfr PC 2.
(807)LG 42.
(808)Cfr LG 32; ET 25.
(809)Cfr ET 25.
(810)Cfr ET 25.
(811)Cfr PC 14.
(812)PC 14.
(813)Cfr CD 35.
(814)Cfr ET 50.
(815)ET 28.
(816)Cfr LG 56, 60, 63, 65.
(817)ET 25.
(818)Cfr LG 45 a.
(819)Cfr Mt 20, 28.
(820)Cfr 1 Pt 5, 3.
(821)Cfr Ebr 13, 17; PC 14; CD 15.
(822)Cfr Mc 10, 45.
(823)Cfr PC 14.
(824)Cfr Lc 22, 26-27, Gio 13, 14; ET 24.
(825)Cfr PC 15.
(826)Cfr ET 26.
(827)Discorso di don Bosco ai membri della Società salesiana, 11 marzo 1869, BM IX 573.
(828)Lettera di don Bosco alla comunità salesiana di Valdocco, Mirabello e Lanzo, 9 giugno 1867, MB VIII 829.
(829)Discorso di don Bosco ai membri della Società salesiana, 11 marzo 1869, MB IX 573.
(830)Lettera a don Pietro Perrot, inviato Direttore a La Navarre, 2 luglio 1878, MB XIII 723.
(831)MB VII 524.
(832)Discorso tenuto da don Bosco il 31 dicembre 1871 ai Confratelli di Varazze sulla strenna per il 1872, MB X 1037.
(833)MB X 1112; Conferenza di don Bosco ai Salesiani, 16 settembre 1875, MB XI 356.
(834)Lettera di don Bosco ai salesiani, 2 gennaio 1883, Ep IV, 205 n 2395. Le parole di don Bosco riguardano propriamente i rapporti tra i salesiani e gli alunni, ma possono esprimere bene anche il suo pensiero sui rapporti tra i superiori ed i confratelli.
(835)Don Bosco ai membri della Società salesiana, 11 marzo 1969, MB IX 573-575.
(836)Annali I 307.
(837)MB XIII 243.
(838)Cfr D. RICCERI, Relazione generale sullo stato della Congregazione, Intr. 2.
(839)Cfr D. RICCERI, Relazione generale sullo stato della Congregazione, p 63.
(840)Cfr D. RICCERI, Relazione generale sullo stato della Congregazione, p 33-34.
(841)Cfr D. RICCERI, Relazione generale sullo stato della Congregazione, p 56.
(842)Cfr D. RICCERI, Relazione generale sullo stato della Congregazione, p 43.
(843)Cfr D. RICCERI, Relazione generale sullo stato della Congregazione, p 62.
(844)Cfr RC proemio.
(845)PC 18.
(846)Cfr LG 43b.
(847)Cfr PP 15.
(848)Cfr RF 6.
(849)Cfr LG 10.34; PO 2.
(850)Cfr LG 12.
(851)Cfr PO 2.
(852)Cfr RF 5.
(853)Cfr OT 2a.
(854)Cfr PC 24; RF 7.
(855)Cfr RC 5.
(856)Cfr OT 2a.
(857)Cfr PC 2c, RC proemio.
(858)Cfr PC 18, RM ES OT RF; Ratio delle varie conferenze Episcopali Nazionali.
(859)Cfr PC 2b.
(860)Cfr Rom 6, 3-4.
(861)Cfr Per una Presenza Viva dei Religiosi nella Chiesa e nel Mondo, LDC p 227-228.
(862)Cfr SC 9a.
(863)Cfr PC 6; ET 47.
(864)Cfr UR 15.
(865)Cfr LG 54.
(866)Cfr LG 62-67; PeP, ist 181.
(867)Cfr GS 4-10.
(868)Cfr RF 2.
(869)Cfr RF 24; Intr. 2.
(870)Cfr PO 6.
(871)Cfr PeP 70-71.
(872)Cfr STELLA, Don Bosco nella Storia della Religiosità Cattolica, vol II, p 386-392.
(873)Cfr. Cost A 1.
(874)Cfr LG 46.
(875)Cfr LG 40-44-46.
(876)Cfr OT 5.
(877)Cfr OT 5; PC 18.
(878)Cfr RF 87.
(879)Cfr OT 2.
(880)Cfr OT 5.
(881)Cfr RC 11; RF 39; Enc. Sacerdotalis coelibatus 63; OT 11.
(882)Cfr RF 12.
(883)Cfr OT 11a; RF 51.
(884)Cfr GS 36-41.
(885)Cfr GS 62.
(886)Cfr GS 62; RF 58.
(887)Cfr GS 43a.
(888)Cfr OT 8.
(889)Cfr ACS 244, p 99.
(890)Cfr ACS 244, p 96.
(891)Cfr OT 8.
(892)Cfr ACS p 95.
(893)Cfr RF Intr. 2.
(894)Cfr RF 12.
(895)Cfr IM 16.
(896)Cfr ET 25-27.
(897)Cfr PC 15.
(898)Cfr ET 48.
(899)Cfr RF Intr. 2, RF 24.
(900)Cfr RF 46.
(901)Cfr PC 18; OT 5.
(902)Cfr RF 34.
(903)Cfr RF 35.
(904)Cfr RF 37.
(905)Cfr RF 31-36.
(906)Cfr RF 59
(907)Cfr OT 17.
(908)Cfr RF 21.
(909)Cfr RC 38.
(910)Cfr OT 2d.
(911)Cfr Cost A 6.
(912)Cfr RF 8.
(913)Cfr RC 4-12.
(914)Cfr RC 28.
(915)Cfr RC 5.
(916)Cfr OT 2.
(917)Cfr RC 6.
(918)Cfr RC 9.
(919)G.E.; Normae quaedam; Regolamenti 321, 323; Statuta Generalia: art. 2, 1; 2, 2; 3; 3, 5; 6, 7; 21, 22; 27, 1.
(920)C.G.S. documento 1.4; Statuta Generalia: art. 2, 2.
(921)Regolamenti, art. 322; Statuta Generalia: art. 2, 1-2, 27, 1.
(922)Regolamenti, art. 326.
(923)Statuta Generalia, art. 3, 4; 5; 20, 4; 30.
(924)Regolamenti, 328.
(925)Regolamenti, 325.
CAPITOLO GENERALE XX della Congregazione Salesiana
A cura di don Juan E. Vecchi e CSPG - Roma
SEZIONE QUINTA
L´organizzazione della nostra Società
Documento 14
PRINCIPI E CRITERI
DI ORGANIZZAZIONE
PER LA NOSTRA SOCIETA´
CAPO PRIMO
LE NOSTRE STRUTTURE
706
1. La vita religiosa è di natura carismatica, perciò comporta una dimensione spirituale, nella quale risiede la sua vitalità. Ma ha bisogno di una espressione istituzionale che la sostenga. Dal momento che i religiosi sono uomini ed hanno fini concreti da raggiungere in comune, essi si devono costituire e organizzare come società.
2. Le strutture devono essere a servizio della Comunità e delle singole persone, affinch queste possano adempiere fedelmente la loro vocazione. A questo scopo il nostro Fondatore stabilì fin dall´ inizio le principali strutture e ne espresse la loro portata nelle Costituzioni.
3. Le nostre strutture hanno concretamente come fine di sostenere la vita e l´ attività della Congregazione, creando una serie di legami stabili che collegano le funzioni e i ruoli dei salesiani, stabilendo una rete di rapporti d´ interrelazione all´ interno e all´ esterno della medesima, in vista del raggiungimento della sua finalità.
4. Esse vogliono servire la realizzazione armonica di due elementi complementari: l´ unità e la pluralità. Difatti le nostre strutture vogliono rendere possibile l´ espressione della diversità dei doni personali e dei valori di ogni comunità e ragione e facilitare l´ adattamento alle esigenze educative e pastorali dei diversi ambienti socio-culturali e delle chiese locali. Le situazioni di pluralismo delle idee, delle opinioni, delle ricerche, delle opere, delle attività, delle forme di vita concreta esigono dalle nostre strutture una maggiore unità spirituale e giuridica, perché unica è la nostra missione, identica è la consacrazione e lo spirito; e la diversità dei doni e dei compiti deve orientarsi verso lo scambio, la collaborazione, la comunione fraterna ed ecclesiale.
707
5. Le nostre Costituzioni e Regolamenti, appunto per la loro natura di strutture suppongono una continuità e stabilità nel tempo, non di carattere statico, ma dinamico come quelle di un organismo vivo. Sono stabili in quanto devono rispettare il fine, la natura, lo spirito, il carattere proprio della nostra Congregazione e le sane tradizioni,(926) ma allo stesso tempo sono mutabili riguardo al modo di vivere, pregare, agire, governare,(927) così da permettere la vitalità, lo sviluppo, l´ adattamento ai tempi.
6. Siccome esse sono in funzione della nostra specifica vocazione e non viceversa, il loro eventuale rinnovamento sarà fatto in fedeltà allo spirito del Fondatore e alle concrete esigenze della nostra vita religiosa e apostolica. Viste al loro giusto posto, le nostre strutture rivestono un´ importanza singolare nel campo operativo. Praticamente possono permettere o meno, dare vigore o infirmare tutto il rinnovamento, perché istituzionalizzano e trasmettono modi di fare e di pensare comuni.
7. Nel quadro generale delle strutture, oltre a quelle di governo, rientrano le strutture di attività, di formazione, dell´ economia, di adattamento, di contatto, ecc. Di queste si tratta nei temi corrispondenti. Le linee di forza di queste diverse strutture vengono espresse negli articoli costituzionali. Qui ci si limita alle strutture di governo, che hanno come scopo principale l´ organizzazione e il buon funzionamento di tutte le altre, e come obiettivo concreto di stabilire gli organi direttivi e di consulta e le loro funzioni, e di rendere effettivo il servizio dell´ autorità, in modo di coordinare i compiti, le iniziative e l´ attività di tutti i salesiani. 8. Per la materia che queste strutture toccano, esse hanno uno stile e un linguaggio di carattere giuridico, ma resta sempre fermo che esistono appunto in funzione pastorale. Di fatto la nostra Congregazione appartiene alla Chiesa e questa è comunione fra tutti i suoi membri: quindi le nostre strutture, anche quelle di governo, tendono a realizzare questa comunione fra tutti i salesiani e a raggiungere i destinatari della missione, che sono primariamente i giovani.
CAPO SECONDO
ORIENTAMENTI OPERATIVI
A. Senso ecclesiale
708
Parte viva del popolo di Dio, la Congregazione salesiana compie una missione d´ interesse ecclesiale. E´ importante e necessario per essa ascoltare la voce degli altri membri della Chiesa, nella quale tutti concorrono al suo bene e alla sua crescita. Dovremo quindi cercare esplicitamente e ascoltare con molta attenzione il parere dei vescovi, dei componenti l´ intera famiglia salesiana, delle altre congregazioni e di movimenti laicali, specialmente quelli che si occupano della gioventù operaia. Converrà che ogni Capitolo Ispettoriale o Generale, convinto di questa necessaria apertura, l´ attui nelle forme e disposizioni migliori.
B. Metodologia dell´adattamento
Le necessità pastorali sempre cambianti richiedono la nostra disponibilità e attenzione per un periodico ridimensionamento e adattamento della nostra attività. Nell´ adattamento si dovrà progredire sempre armonicamente, senza rompere l´ equilibrio indispensabile nelle comunità, fissando una linea generale di metodologia per la conoscenza, l´ assimilazione e l´ attuazione delle nuove strutture. Anche se l´ adattamento talvolta esige cambi profondi e urgenti, non potrà essere realizzato bruscamente senza aver prima reso possibili sperimentazioni serie e prudenti. La serietà e il buon esito di tali sperimentazioni devono essere garantiti dalla chiarezza delle mete che si vogliono raggiungere, dalla precisione dei mezzi che si desidera usare a tale scopo e da una coraggiosa riflessione comunitaria realizzata periodicamente per valutare con oggettività i risultati, studiare miglioramenti e apportare le necessarie modifiche. Dobbiamo evitare che quanto viene inizialmente denominato sperimentazione si trasformi automaticamente in una scelta irreversibile.
C. Servizi tecnici
In materia di organizzazione occorre superare la mentalità dell´ approssimazione e della sola buona volontà. Per meglio studiare e attuare la pianificazione delle nostre attività si richiede il concorso degli esperti e degli organi di servizi tecnici. Per la loro propria libertà di ricerca, d´ investigazione, di studio e di esperienze, non siano rivestiti di autorità giuridica; la loro competenza sta nella linea del servizio tecnico.
D. Caratteristiche delle strutture
709
Quando i diversi organi di governo dovranno, secondo le proprie competenze, assegnate dalle Costituzioni e Regolamenti Generali, creare nuove strutture o modificare le già esistenti, procureranno che queste siano sobrie, funzionali, definite con chiarezza: stabilendo l´ ambito dei fini, delle funzioni e delle competenze, adattate ai tempi, ai luoghi e alle urgenze concrete; e flessibili: autorizzando le iniziative che l´ evoluzione rende necessarie ed utili.
Documento 15
STRUTTURE A LIVELLO LOCALE
ORIENTAMENTI OPERATIVI
1. Assemblea comunitaria
710
Dove è conveniente, a giudizio della comunità locale, nelle Opere salesiane si costituisca l´ Assemblea Comunitaria pastorale, composta di salesiani e loro collaboratori, compresi giovani. Essa, per quanto è possibile, riunisca i rappresentanti di tutte le sezioni dell´ opera impegnati in attività educative e pastorali. Tale Assemblea si proporrà di creare un clima di corresponsabilità comunitaria e personale fra tutti coloro che collaborano per una maggiore efficienza dell´ opera salesiana. Il suo potere sarà consultivo e la si convocherà almeno due volte all´ anno. La particolarità della sua composizione e del suo funzionamento sono da determinarsi dalle singole comunità.
711
N.B. - Quando i Confratelli sono consultati per la scelta dei membri del Consiglio Ispettoriale, tengano conto dei Coadiutori idonei a questo compito e della convenienza di una loro presenza nel Consiglio Ispettoriale.
2. Strutture per la pastorale
712
Le nostre strutture mirano ad essere pastorali. Esistono perché comunità ed opere possano essere lievito cristiano. Devono favorire l´ integrazione della fede nella vita, giacché mentalità, coscienza, attività, rapporti e comunione con gli altri, tutta la persona dell´ uomo insomma, hanno bisogno di essere convertiti dalla parola salvatrice di Dio. La nostra azione quindi non sarà organizzata sulla base di una separazione del sacro dal profano. Le nostre strutture devono far comprendere meglio ed esprimere la complementarietà ed unità di tutti i valori in Cristo. Sacro e profano saranno distinti sì, ma non divisi o messi in condizione di ignorarsi a vicenda. Il salesiano non curerà esclusivamente, con visuale unilaterale, o il profano (studi, mezzi di comunicazione sociale, sport, tempo libero...) o il sacro (preghiera, insegnamento religioso, cappella, movimenti apostolici). La sua preoccupazione non sarà, ad esempio, quella di salvare ad ogni costo gli studi a scapito di attività formativo-apostoliche troppo invadenti - o viceversa - ma piuttosto di armonizzare ed equilibrare tutte le esigenze del giovane. Allora avremo maggiori probabilità di fare opera unificante della persona, non dimenticando nessuna zona dell´ essere umano, e risponderemo ai desideri del Vaticano II, il quale proclama che l´ errore più grande oggi è il divorzio tra fede e sviluppo.(928) Se è vero che l´ opera di salvezza attraverso l´ educazione dipende prima di tutto dagli uomini, ossia dagli educatori che ad essa mirano, noi vogliamo preparare per loro delle strutture che siano di aiuto e non di ostacolo per una autentica pastorale.
Documento 16
STRUTTURE DI GOVERNO
A LIVELLO MONDIALE
CAPO PRIMO
IL PENSIERO DI DON BOSCO
713
Le strutture di governo hanno una funzione solo di mezzo per raggiungere determinati fini di una Società. A seconda della diversità di livelli, essi devono accentuare o sottolineare con maggior forza alcuni valori anche se non sono di rigida assolutezza e anche se non possono venire disgiunti dal conglobamento con gli altri valori della stessa Società. Le strutture a livello mondiale vogliono assicurare, difendere e promuovere uno dei massimi valori che è l´ UNITA´ VIVA della Congregazione. Ciò risulta chiaro sia dal pensiero di Don Bosco, sia dalla funzione specifica delle strutture centrali in una Congregazione che, come la nostra, ha dimensioni continentali.
714
Il pensiero di Don Bosco ha per noi un valore di primo piano perché ci rivela ciò che costituisce quel patrimonio spirituale da cui non possiamo separarci nemmeno nel campo delle strutture; anzi ci traccia la linea obbligata per attuare il rinnovamento. Don Bosco volle una vera Congregazione religiosa, la volle ben organizzata in maniera tale che a uno stile familiare nell´ esercizio dell´ autorità unisse una struttura pedagogicamente centralizzata attorno alla persona del superiore. Per Don Bosco, una funzione primaria è il ministero dell´ unità assegnato alla persona del superiore. Questo compito mira ad assicurare uno svilup po armonioso e il sussistere permanente del carisma, dello spirito e delle opere. Cioè, per Don Bosco l´ unità era una conditio sine qua non alla sopravvivenza della sua Congregazione. Spigoliamo al riguardo alcune citazioni, tra le moltissime che si trovano sparse nelle Memorie Biografiche e nel suo Epistolario.
715
a) La Congregazione nacque con una chiara coscienza dell´ importanza della sua unità. Nella lettera all´ arcivescovo Fransoni(929) si afferma: Per conservare l´ unità di spirito, di disciplina e mettere in pratica i mezzi conosciuti utili allo scopo proposto, abbiamo formulato alcune Regole, a guisa di Società religiosa...,(930) Nella lettera al Can. Zappata, Vicario Generale, Don Bosco dà come ragione specifica nell´ aver fondato la Congregazione il maggior bisogno di un vincolo sicuro e regolare che unisca gli spiriti e si conservino invariabili quelle pratiche le quali poterono conoscersi maggiormente fruttuose al bene delle anime.(931) Appena approvata la Congregazione (1809), Don Bosco in una conferenza programmatica rivelò la sua preoccupazione di assicurare l´ unità, quale elemento basilare e indispensabile: ...Perché una Congregazione come la nostra prosperi, è necessario che sia bene organizzata... Una congregazione religiosa deve, come un corpo umano, constare del capo e delle membra, le une subordinate alle altre, tutte poi subordinate al capo. Un sol capo si richiede, poiché, essendo come un corpo, se a questo corpo si sovrappongono due o più teste, diventa un mostro.(932)
716
b) Per Don Bosco, l´ unità si coagulava concretamente attorno a dei centri di unità che erano le Regole e i Superiori, visti come incarnazioni e custodi delle Regole: "Tra di noi il Superiore sia tutto. Tutti diano mano al Rettor Maggiore, lo sostengano, la aiutino in ogni modo; si faccia da tutti un centro unico intorno a lui. Il Rettor Maggiore ha poi le Regole; da esse non si diparta mai, altrimenti il centro non resta più unico, ma duplice, cioè il centro delle Regole e quello della sua volontà. Bisogna invece che nel Rettor Maggiore quasi si incarnino le Regole: che le Regole e il Rettor Maggiore siano come la stessa cosa. Ciò che avviene per il Rettor Maggiore riguardo a tutta la Società, bisogna che avvenga per il Direttore in ciascuna casa. Esso deve fare una cosa sola col Rettor Maggiore e tutti i membri della sua casa devono fare una sola cosa con lui. In lui ancora devono essere come incarnate le Regole.... E dopo aver riconosciuta la necessaria autonomia nello svolgimento del proprio ufficio, avverte: Ma si abbia sempre lo sguardo rivolto al centro di unità.(933)
717
c) Volgendo lo sguardo al futuro, Don Bosco prevedeva dei pericoli reali per questa unità essenziale. Preavvertiva perciò i suoi figli raccomandando di stringere di più i vincoli di unione tra l´ Oratorio e le singole case: Temo - disse nel novembre 1878 - che questi vincoli si vadano rallentando. Finch saranno direttori dei collegi coloro che furono educati da Don Bosco stesso, le cose procederanno bene: ma, cominciandosi ora a far direttori individui che stettero poco tempo al fianco di Don Bosco, c´è pericolo di vedere scemate le relazioni così cordiali fra gli uni e gli altri.... Per evitare questo rischio e cementare l´ unità, aggiunse: Bisogna proprio che il Capitolo Superiore venga esonerato dalle faccende particolari dell´ Oratorio e che si occupi attivamente di tutti i collegi...,(934) Concluse con una constatazione che ci sorprende: Finora s´ è andato tanto alla buona che, continuandosi di questo passo, un direttore che volesse far scisma quasi ne avrebbe la possibilità. Tuttavia al giorno d´ oggi una tal cosa non può accadere, a motivo dell´ affezione che tutti portano a Don Bosco.(935) Nel 1ø Capitolo Generale Don Bosco aveva già espresso lo stesso timore: Noi siamo ancora nei nostri principi; il nostro numero non è ancora straordinariamente grande e finora l´ Oratorio è stato centro per tutti... Ma andando avanti, se non si studia ogni modo di rannodare questo vincolo, in breve entrerà uno stadio eterogeneo e non vi sarà più assoluta unità fra noi. Bisogna far di tutto per vincolarci in un solo spirito.(936)
718
d) Le strutture e l´ organizzazione date da Don Bosco alla sua Congregazione e soprattutto la forte esigenza di unità non erano semplicemente un prodotto delle correnti centraliste dell´ epoca. Erano un´ esigenza intrinseca e emanavano dal modo tutto concreto con cui Don Bosco volle impostare la sua Congregazione. In una conversazione con don Barberis rilevò la differenza fra la nostra e le altre Congregazioni che avevano avuto negli inizi l´ aiuto di persone dotte che si erano associate al fondatore: Fra noi - disse Don Bosco - no; sono tutti allievi di Don Bosco Questo mi costò un lavoro faticosissimo e continuo di circa trent´anni, con il vantaggio però che, essendo stati tutti educati da Don Bosco, ne hanno i medesimi metodi e sistemi. E dopo aver rilevato alcuni inconvenienti dell´ altro metodo, specialmente riguardo alla carenza di unità, concludeva: Non capirà l´ importanza di questo punto chi non abbia meditato che cosa siano le Congregazioni e gli Ordini religiosi. Ma chi riflette bene sulle cause d´ ingrandimento e di decadenza dei vari Ordini e sull´ origine di varie scissioni, a cui tanti Ordini andarono soggetti, troverà che questo avveniva per mancanza di omogeneità fin dal principio della fondazione dell´ Ordine.(937) Nel 1864, inviando al Papa Pio IX il progetto delle Costituzioni, dopo aver premesso che lo scopo di questa società, se si considera nei suoi membri, non è altro che un invito a volersi unire in spirito tra di loro per lavorare a maggior gloria di Dio e per la salute delle anime... aggiungeva una richiesta di giurisdizione, giustificata così: I membri di essa (la Congregazione) hanno per iscopo di esercitarlo (il ministero) verso la gioventù, che è un lavoro delicato e difficile e che per lo più non s´ impara che coll´ esperienza e con lungo studio, specialmente vivendo e trattando con coloro stessi di cui si vuole prendere cura. Questa esperienza, questa unità di spirito si potrebbe difficilmente acquistare e mantenere, senza che il Superiore generale abbia piena giurisdizione sopra i membri della Società (938)
719
Storicamente quindi la Congregazione Salesiana nacque e si sviluppò a partire da un nucleo originario (l´ Oratorio di Valdocco), di vita intensamente comunitaria, riunito attorno a un centro vitale di unità, che era la persona di Don Bosco. Un tale rapporto col fondatore-padre si conservò anche quando il primo nucleo si frazionò in altre fondazioni, in Europa e in America. Le nuove fondazioni, pur con la necessaria autonomia richiesta dal lavoro che dovevano svolgere e pur con una loro inconfondibile fisionomia acquisita nell´ adattarsi alle condizioni locali, continuarono sempre a rimanere unite alla Casa Madre. Anzi consideravano come condizione di sopravvivenza il mantenere un riferimento costante al Centro, da cui ricevevano ispirazione e forza. Questo rapporto di unità aveva come termine vitale di riferimento la persona di Don Bosco. Morto lui, si accentrò, in un certo senso, nella venerazione, nella stima, nel rispetto, nell´ amore filiale e nella sottomissione al Rettor Maggiore, chiamato sempre Successore di Don Bosco: era una maniera concreta di esprimere il vincolo ininterrotto che li allacciava al Fondatore e Padre. Il vincolo con Don Bosco, anzi la presenza continua di Don Bosco nelle nostre opere fu espressamente riconosciuta dal Papa Pio XI quando, dopo la lettura del Decreto sulla eroicità delle virt— nel nostro Fondatore, manifestò la sua ammirazione per la nostra unità ed espansione nel mondo: Cresce il conforto quando si pensa che tutto questo magnifico, questo meraviglioso sviluppo di opere risale direttamente, immediatamente a Lui; che proprio Egli continua ad essere il direttore di tutto, non solo il Padre lontano, ma l´ autore sempre presente, sempre operante nella vivacità perenne dei suoi indirizzi, dei suoi metodi, e soprattutto dei suoi esempi (939)
CAPO SECONDO
UNITA´ E DECENTRAMENTO
720
Oggi, a cent´anni di distanza, la Congregazione, per bontà e grazia di Dio, ha preso dimensioni mondiali. Insieme al legittimo pluralismo di opere, nella ricca differenziazione delle comunità ispettoriali sparse nei cinque continenti, si sente molto forte il bisogno di chiarificare e di rinforzare le linee essenziali dell´ unità, per salvaguardare il progetto originario del santo Fondatore e mantenere la vita e l´ efficacia della Congregazione. La nostra missione e consacrazione a Dio, lo spirito che ci anima, il vincolo della carità, l´ amore al nostro Fondatore e Padre, ecc. sono elementi costitutivi dell´ unità. L´ UNITA´ a livello mondiale che trova la sua prima espressione nelle Costituzioni. Queste tracciano infatti per tutto il mondo salesiano, le linee fondamentali del nostro credo, della nostra vita e della nostra missione. Ma le Costituzioni da sole non bastano. Occorre un governo centrale efficiente, che promuova e assicuri il necessario collegamento, che solleciti e favorisca la convergenza delle varie correnti, per loro natura centrifughe, in un´ unità organica. Ai diversi livelli (locale, ispettoriale e mondiale) il centro che garantisce l´ unità, nel pensiero di Don Bosco è il rispettivo Superiore. E per la Congregazione, vista nella sua totalità, il centro dell´ unità per eccellenza è il Rettor Maggiore col Consiglio Superiore. Per questa ragione, a livello mondiale, senza negare o misconoscere altri valori ed elementi dell´ organizzazione e della struttura della Congregazione, si è voluto sottolineare, con certa insistenza, il valore fondamentale della unità, per cui non sarebbe sbagliato dire che le strutture a livello mondiale sono le strutture dell´ unità. Questa prospettiva esige da tutti i confratelli uno sforzo di comprensione e di buona volontà, per superare una certa miopia che li rinchiude nell´ orizzonte necessariamente angusto e parziale della loro comunità locale o ispettoriale e gli impedisce di vedere nella sua ricchezza la dimensione mondiale della Congregazione, che è come un corpo efficiente e duttile al servizio della Chiesa. Spesso infatti le legittime esigenze della vita, la pastorale e l´ adattamento necessario alle circostanze geografiche e socioculturali, erano facilmente tensioni e forme di espressione che possono di fatto compromettere l´ unità. L´ unità di cui parliamo è un´ unità ministeriale che deve fondere organicamente tutti nella medesima vocazione. Oggi è urgente incrementare la comunione. L´ unità ministeriale richiede perciò, come suo termine indispensabile, complementare e integrativo, il decentramento, che è l´ espressione concreta e pratica della sussidiarietà. Lasciando agli organi inferiori ciò che può essere fatto da loro, il governo centrale, oltre a una funzione suppletiva e correttiva, conserva quei poteri irrinunciabili, la cui cessione potrebbe incrinare direttamente o indirettamente l´ unità essenziale. Il decentramento provvede alla necessaria distribuzione dei poteri: si arriva così a una più sciolta e rapida soluzione dei problemi, a una maggiore efficienza e a una più ampia valorizzazione delle persone. La realizzazione concreta del decentramento la si rileva con maggior evidenza nelle strutture a livello regionale, ispettoriale e locale; è qui il luogo naturale dove si esprimono i poteri decentrati. Un ordinato e fruttuoso decentramento va però attuato con gradualità e, secondo la prassi di Don Bosco, va preceduto da una conveniente esperimentazione.
CAPO TERZO
PARTECIPAZIONE E CORRESPONSABILITA´
721
I Superiori a livello mondiale sono anche espressione della partecipazione e corresponsabilità di tutta la Congregazione. Attraverso diversi Superiori eletti dal Capitolo Generale, e che esprimono quindi la volontà effettiva di tutta la Congregazione, questa si sente una e universale. Un´ altra espressione di questa partecipazione e di questa unione la si trova nell´ articolo 8, in base al quale i Superiori, a tutti i livelli, partecipano di un´ unica e stessa autorità e la esercitano in comunione col Rettor Maggiore e per il bene di tutta la Congregazione. Va ricordato che tra noi l´ autorità dei diversi Superiori non deriva immediatamente da un´ eventuale volontà designativa da parte della base, ma ha origine nell´ atto di erezione canonica della Società. Esiste quindi in tutta la Congregazione un solo nucleo, un solo centro sorgivo di autorità. E questa autorità ricevuta dalla Chiesa, passa attraverso la volontà elettiva del Capitolo Generale per concentrarsi, secondo le Costituzioni, nel ministero del Rettor Maggiore e del Consiglio Superiore. Da questo centro ministeriale dipende formalmente la nomina dei Superiori a livello Ispettoriale e locale. Ciò non significa che i Superiori ai livelli sopraddetti abbiano un´ autorità delegata dal Rettor Maggiore. No, hanno un´ autorità propria e ordinaria, che proviene però da un´ unica sorgente. Nell´ articolo citato si sottolinea inoltre un aspetto molto importante: la preoccupazione e interessamento che tutti i Superiori devono avere per il bene, per l´ unità e per l´ incremento di tutta la Congregazione, al di sopra degli interessi immediati della propria circoscrizione o comunità.
722
La partecipazione assume aspetti maggiormente concreti nelle diverse consulte, sia di esperti come di Superiori per categorie e per servizi. Tali consulte si dovranno organizzare dal governo centrale per promuovere il bene della Congregazione, per chiarificare i grossi problemi e per prospettare soluzioni. In forma stabile, questa partecipazione si esprime attraverso l´ opera del Consiglio Superiore che condivide con il Rettor Maggiore le preoccupazioni per il governo di tutta la Congregazione. La sua compartecipazione, espressione di una corresponsabilità collegiale, è, in alcuni casi, specificamente vincolante: per esempio, quando è richiesto un voto deliberativo. Ciò succede negli affari di maggior importanza per la vita e l´ andamento della Congregazione (nomina di superiori, apertura e soppressione di Case, di Ispettorie, ecc.). Oltre a questa specifica compartecipazione, i Consiglieri Generali sono incaricati di servizi speciali, affidati a loro dal Capitolo Generale: devono disimpegnarli sotto l´ alta responsabilità del Rettor Maggiore. In questo modo, il governo centrale assume caratteristiche sue proprie, con due funzioni di rilievo: la comunicazione e il servizio. L´ opera dei Superiori, soprattutto degli incaricati di settori speciali, è fondamentalmente di collegamento e di comunicazione dei beni. Essi promuovono, stimolano, orientano, incoraggiano, animano e offrono un servizio tecnico prezioso, tramite il lavoro dei diversi Segretariati e Uffici Tecnici. E´ così che la Congregazione, nella sua dimensione mondiale, si mette a servizio di tutte e singole le Comunità,
CAPO QUARTO
STRUTTURE REGIONALI
723
Per un collegamento maggiore delle Ispettorie con il Centro, per una soddisfacente coesione e un funzionale coordinamento delle Ispettorie fra di loro, il Capitolo Generale XIX aveva introdotto ad experimentum la figura dei Consiglieri incaricati di Gruppi di Ispettorie (chiamati poi Consiglieri Regionali) e le Conferenze Ispettoriali (940) Nel suo insieme, l´ esperienza può ritenersi positiva. Ciò risulta dai giudizi espressi dai primi CIS.(941) Anche i secondi CIS, con una percentuale dell´ 86,11%, e i confratelli con il 77,87% ne confermarono la validità. La Relazione sullo stato della Congregazione così si esprime: Pensiamo che sia stato provvidenziale il continuo contatto dei Regionali con tutte le parti della Congregazione per conoscere la realtà, per orientare e per incoraggiare a risolvere i non facili problemi, per portare al Centro le esperienze delle Ispettorie e interpretarne le aspirazioni.(942) Nel corso dell´ esperimento risultò che, superata una certa spiegabile incertezza nei primi anni, dovuta al necessario rodaggio e a una non precisa definizione dei compiti, il cosiddetto collegamento verticale funzionò abbastanza bene, mentre quello orizzontale fu meno soddisfacente, a causa di difficoltà reali e intrinseche. Effettivamente, nella maggior parte delle regioni mancava l´ indispensabile denominatore comune (uguaglianza di situazioni socio-culturali-geografiche, affinità etniche, linguistiche, ecc.) che facilitasse il rapporto orizzontale nelle Conferenze Ispettoriali. Ecco perché vere Conferenze Ispettoriali si ebbero quasi unicamente quando un gruppo relativamente numeroso di Ispettorie apparteneva a una stessa nazione, come per esempio in Italia, Spagna, Brasile, Argentina, India. In quasi tutti questi casi si ottennero dei sicuri vantaggi: Si sono scambiate esperienze, si sono individuati e trattati problemi di comune interesse e si è cercata unità di orientamenti ideologici e pratici... Si è ottenuto un certo coordinamento e una certa collaborazione nelle attività. Sono anche stati segnalati vari difetti, come per esempio l´ eccessiva dispersione nella problematica delle discussioni senza giungere a precise conclusioni operative, la mancata solidarietà nell´ esecuzione delle decisioni collegiali, ecc..(943) Convinto quindi della validità sostanziale dell´ esperimento il Capitolo Generale Speciale riconferma, migliorandola e precisandola, la struttura a livello regionale. Nella figura del Consigliere Regionale si dà più stacco e rilievo alla sua qualità, per così dire, di rappresentante delle Ispettorie, delle quali deve tutelare gli interessi, promuovere il bene, ecc. Ma per confermare la sua qualità di Membro del Consiglio Superiore, a pari diritto con gli altri (il che sembra indispensabile per lo svolgimento delle sue funzioni) non si è voluto che venisse eletto unicamente dal Gruppo regionale. Per il collegamento orizzontale si è fatta una distinzione precisa tra Conferenza Ispettoriale e Gruppo di Ispettorie. La Conferenza si ha solo quando l´ affinità e la comunanza di situazioni e di problemi permettono un collegamento più stretto tra alcune Ispettorie.(944) In tutti gli altri casi si ha solo il Gruppo in cui è prevalente il collegamento dell´ Ispettoria con il Centro. Non si escludono però, anzi si incoraggiano, tutte le altre forme di collegamento e di cooperazione interispettoriale.
CAPO QUINTO
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a) La struttura regionale è una struttura di decentramento. Offre infatti la piattaforma giuridica per trasferire (d´ accordo con le esigenze dei tempi e per una maggiore efficacia e speditezza nell´ esercizio dell´ autorità)(945) a livelli intermedi poteri e funzioni che in precedenza venivano esercitati solo dal Centro. Vanno segnalati due aspetti notevoli: 1. la funzione del Consigliere Regionale permette non soltanto che nelle decisioni del Consiglio Superiore siano tenute in conto le esigenze, i desideri, la situazione reale delle diverse Ispettorie, ecc., ma anche le decisioni siano prese attraverso un dialogo continuo con le singole Ispettorie, ecc. 2. le Conferenze, qualora funzionino bene, mediante l´ analisi e lo studio dei problemi, mediante il coordinamento dell´ azione salesiana comune in settori come la formazione, la qualificazione, l´ aggiornamento, la disciplina, le iniziative apostoliche, ecc. hanno un campo vastissimo e possono realmente promuovere un´ azione molto più efficace che nel passato.
b) Evidentemente non basta che esista la struttura giuridica perché la realtà sia perfetta. La realtà è ancora in cammino e si va costruendo a poco a poco. Perché la struttura possa dare i risultati che la Congregazione si attende è necessario: 1. che si faccia da tutti uno sforzo per superare il concetto troppo angusto e troppo ristretto di chi vede e interpreta tutta la realtà solo e esclusivamente in riferimento alla propria Ispettoria, dimenticando non solo la dovuta apertura alla Chiesa locale e alla Comunità mondiale, ma anche alle Ispettorie vicine, con le quali si può e si deve intavolare un dialogo vantaggioso per offrire la propria collaborazione e il proprio apporto e arricchirsi con quello delle altre Ispettorie;
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2. che su questa linea venga favorito incessantemente, già fin dagli inizi della formazione, lo spirito di unione e di carità: aiuterà a superare coraggiosamente ogni forma di particolarismo e di egoismo anche collettivo, allargando prontamente e generosamente la propria preoccupazione al bene di tutta la Congregazione e delle Ispettorie del rispettivo Gruppo o Conferenza.
c) Le deliberazioni relative alle Conferenze e alla cooperazione interispettoriale saranno efficaci solo se i superiori interessati avranno: 1. le qualità e le doti indispensabili perché si possa creare tra di loro una vera e feconda collaborazione, cioè un´ apertura di mente che gli permetta di cogliere i problemi in una visione più ampia e più profonda, in un contesto più vasto e trascendente, piuttosto che nella piatta realtà immediata; 2. un´ indole tale che renda facili e sincere le relazioni e il dialogo con gli altri.
Documento 17
AMMINISTRAZIONE DEI BENI TEMPORALI
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Il primo dovere dei Soci è quello di salvaguardare i valori fondamentali che costituiscono i fini e caratterizzano l´ attività della Società Salesiana, conservare cioè intatto e genuino il contenuto religioso-apostolico, che le ha dato il Fondatore. Questo compito è affidato a comunità di uomini, che per vivere, agire, organizzarsi, istituire e alimentare attività apostoliche, hanno bisogno di mezzi economici, di quei beni cioè dai quali essi con il voto di povertà si sono distaccati. Potrebbe però accadere che i religiosi si attacchino nuovamente a questi, ne facciano un uso sbagliato, siano ingannati dal loro complesso ingranaggio o li sciupino per incapacità, per impreparazione, per trascuratezza o per abuso. Di qui è facile dedurre quanto siano importanti la formazione e la scelta di buoni amministratori e quanto sia indispensabile organizzare, a tutti i gradi, una amministrazione ordinata, controllabile, impostata con tecnica moderna, proporzionatamente alla sua importanza. Tale amministrazione, mentre mutua dalle amministrazioni civili strutture e metodi, va realizzata con criteri che non possono prescindere dalle norme e dai principi morali di una Congregazione religiosa. I Soci in tutte le loro attività considereranno i beni temporali un mezzo per conseguire i fini istituzionali della Società. Gli addetti alla gestione dei beni, oltre ad avere cura scrupolosa di una sana amministrazione che è garanzia alla osservanza della povertà individuale e collettiva, agiranno come depositari di beni della Chiesa e non si permetteranno alcun uso personale e arbitrario. Nel costante ricordo che quello che si amministra è frutto prezioso del lavoro dei Confratelli e segno tangibile della Provvidenza che ci sostiene attraverso la generosità e i sacrifici, talora incalcolabili, di benefattori, essi troveranno il segreto per agire sempre fedelmente e con amore, dando quella testimonianza di povertà che attirerà la benedizione di Dio sulla Società, infonderà fiducia nei confratelli e susciterà la benevolenza degli uomini.
SEZIONE SESTA
Cooperatori ed Ex-Allievi
Documento 18
I COOPERATORI SALESIANI
CAPO PRIMO
DICHIARAZIONE
DEL CAPITOLO GENERALE SPECIALE
Al COOPERATORI
in risposta al Messaggio del 2 luglio 1971
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Carissimi,
abbiamo ricevuto il Messaggio sincero ed accorato, che avete voluto indirizzare a noi, membri del Capitolo Generale Speciale. Abbiamo accolto il Messaggio con soddisfazione e con interesse: ve ne ringraziamo. Nella vigilia della Festa dell´ Immacolata, a 130 anni dall´ inizio della nostra Opera, il Capitolo Generale Speciale ha approvato un documento sulla identità e sulla vocazione della Società Salesiana oggi. Questo documento, che porta il titolo I Salesiani di Don Bosco nella Chiesa" ha trattato ampiamente il tema della Famiglia Salesiana in genere e dei vari gruppi che in diversa forma ed a diversi livelli di impegno la compongono. Fra questi gruppi vi trovate in modo tutto particolare voi, Salesiani Cooperatori. Ora vogliamo, alla luce del vostro Messaggio e del Documento da noi approvato, darvi la nostra risposta franca ed aperta. Quello che vi offriamo non è un documento, ma un insieme di riflessioni sui principi da noi esposti ed approvati, per arrivare, assieme a voi, a conclusioni e impegni concreti.
1. Il contesto storico attuale
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Innanzi tutto vi possiamo dire di essere coscienti come voi del nuovo contesto sociale ed ecclesiale in cui ci troviamo e delle conseguenze decisive che da esso dovranno derivare per le nostre reciproche relazioni: a) il contesto sociale particolarmente sensibile al processo di socializzazione ci porta alla necessità di evitare qualsiasi forma di isolamento, di autosufficienza ed all´ urgenza di unire tutte le forze per conseguire più sicuramente e più efficacemente le mete a noi proposte;
b) il contesto ecclesiale, da parte sua, con la riscoperta del Popolo di Dio come grande protagonista della storia della salvezza e, conseguentemente, della promozione del laicato, che prende nella Chiesa il proprio posto in piena corresponsabilità con la Gerarchia e con i Religiosi, ci offre la possibilità di realizzare il grande progetto di Don Bosco: l´ unione di tutti coloro che si sentono di lavorare nel suo spirito per la gioventù. Crediamo che il contesto sociale ed ecclesiale in cui ci avete chiesto di aiutarvi a scoprire la vostra identità nel seno della Famiglia Salesiana, non soltanto non nega la geniale intuizione, il progetto originale di Don Bosco, ma lo rende ancora attuale ed urgente.
2. Alla scoperta della vostra identità
Se vogliamo sul serio scoprire la vera identità del Cooperatore, problema che urge e rende ansiosi anche noi, bisogna andare necessariamente alla ricerca dell´ idea primigenia di Don Bosco.
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Di fronte alle molteplici forze del male, innegabilmente efficaci perché unite, di fronte alla messe abbondante che si presentava agli occhi e, più ancora, al cuore di Don Bosco, egli volle preparare una vera schiera di apostoli, strettamente uniti e disciplinati in un lavoro deciso ed efficace per la salvezza della gioventù pericolante. Alcuni di questi apostoli, rispondendo ad un dono particolare del Signore, decisero di rimanere stabilmente nell´ Oratorio, facendo vita comune con Don Bosco, sempre pronti ai suoi comandi.(946) Altri invece, sentendo di dover seguire la strada comune a tutti i cristiani, dimoravano a casa loro impegnandosi sul serio, secondo il proprio stato, le proprie possibilità, i propri doni personali, ad una vita apostolica che in qualche modo rispecchiasse, completasse ed arricchisse quella dei primi. Tutti però, in quanto rispondenti ad una comune vocazione di servizio a favore dei giovani, si impegnavano a vivere e praticare tutto lo spirito dei Salesiani,(947) in un pluralismo di forme, secondo la situazione concreta di ognuno ed i bisogni reali della gioventù in un determinato luogo, in una determinata ora. Nella mente e nel cuore di Don Bosco, dunque, la Famiglia Salesiana è UNA! L´ unità originale di questa famiglia ha la sua radice ultima nella comunanza dello spirito e della missione a servizio totale della gioventù e del popolo. Realizza così, a livello superiore, una vera comunità nella quale tutti i membri sono integrati secondo i propri doni, le loro specifiche funzioni e le diverse forme di vita possibili in seno alla Chiesa.
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Il Cooperatore, perciò, nel pensiero primigenio di Don Bosco, è un vero Salesiano nel mondo, cioè un cristiano, laico o sacerdote, che - anche senza vincoli di voti religiosi - realizza la propria vocazione alla santità impegnandosi in una missione giovanile popolare secondo lo spirito di Don Bosco, al servizio della Chiesa locale ed in comunione con la Congregazione salesiana. Questa riscoperta deve oggi portare voi - come anche noi - ad un cambio radicale di mentalità. Infatti bisogna prendere coscienza chiara che impegnarsi come Salesiano Cooperatore è rispondere ad una vera chiamata: è dunque accettare una autentica vocazione salesiana, è rispondere ad una vera vocazione apostolica. Voi siete illuminati e chiamati per grazia divina a partecipare della missione del Fondatore, secondo differenti stati di vita e richiamandovi al suo spirito "(948)
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Una vocazione che don Bosco andò esplicitando sempre di più. Nei diversi suoi scritti espresse con parole ardenti ed incisive il suo pensiero. La vocazione del Cooperatore è essenzialmente un appello a servire nella Chiesa. Il Cooperatore non è stato pensato per servire la Congregazione Salesiana, ma per servire la Chiesa nei molteplici bisogni che sorgono incessantemente in essa. Il vostro vero scopo diretto è quello di prestare aiuto alla Chiesa, ai Vescovi, ai Parroci, sotto l´ alta direzione dei Salesiani. Voi siete "strumenti nelle mani del Vescovo.(949) Il servizio richiesto dalla vostra vocazione è agile ed opportuno, va verso la gioventù in pericolo con movimenti rapidi e mezzi efficaci. Esso risponde audacemente alle urgenze da cui è sollecitato. Saranno i bisogni a determinare di volta in volta le forme di servizio da rendere, senza mai retrocedere davanti a difficoltà di sorta. Lo stile salesiano implica normalmente la presenza di chi offre un servizio accanto a colui cui il servizio è diretto. Bisogna trovarsi sempre là dove c´è un male da impedire od un bene da promuovere.(950) Ed è appunto il carattere laicale della maggior parte dei Cooperatori che permette di assicurare, in qualsiasi luogo, una efficace presenza cristiana, oggi più che mai necessaria Finalmente il servizio salesiano è realizzato nell´ unità. E´ veramente impressionante la insistenza di Don Bosco nell´ inculcare a tutti i suoi seguaci il bisogno assoluto dell´ unione: se in ogni tempo fu giudicata utile l´ unione tra i buoni cristiani per promuovere e sostenere il bene, per impedire e distruggere il male, oggidì è necessaria ed indispensabile. Bisogna unirci tra noi e tutti con la Congregazione. Uniamoci dunque con il mirare allo stesso fine e con l´ usare gli stessi mezzi per conseguirlo... Uniamoci dunque come una sola famiglia con i vincoli della fraterna carità.(951) In questo movimento di unità, preoccupazione assillante nel pensiero di Don Bosco, c´è un elemento veramente fondamentale che garantisce in modo particolare l´ unione di tutti noi e l´ efficacia apostolica da essa derivante: il Rettor Maggiore, Superiore e Padre comune dei Salesiani e dei Cooperatori. In lui, come Successore di Don Bosco, troviamo il vincolo esterno più stabile, la garanzia più sicura di una unità organica ed efficace.(952)
3. Chi siamo noi per voi
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Siamo i vostri fratelli religiosi. Ce lo avete ricordato nel vostro Messaggio e noi lo riconosciamo con tutta chiarezza e gioia, perché è stato Don Bosco per primo a volerlo e rammentarlo: i membri della Congregazione salesiana considerano tutti i Cooperatori come altrettanti fratelli in Gesù Cristo.(953) Abbiamo poi preso coscienza del nostro ruolo veramente specifico e decisivo in seno alla Famiglia salesiana:
1) pensiamo di essere il vincolo sicuro e stabile voluto espressamente da Don Bosco a garanzia di unità nello stesso spirito, di efficacia apostolica nella comune missione, di vitalità perenne nell´ Opera da lui fondata, di forza ed entusiasmo vocazionale nel rilancio d´ un vasto ed organico movimento di salvezza della gioventù povera o pericolante...;(954)
2) pensiamo di dover essere sempre più il centro propulsore di questo movimento apostolico di battezzati, che, nello spirito di Don Bosco, si mettono completamente al servizio della Chiesa per la salvezza della gioventù. Vi sentiamo, in conseguenza, impegnati concretamente con noi nei problemi e nelle ansie apostoliche della Congregazione, fino al punto di pensare che, senza di voi, non soltanto non potremmo assolvere in pienezza la missione affidataci dal Fondatore per mancanza di mezzi personali o materiali,(955) ma nemmeno saremmo quello che Don Bosco ha pensato e voluto che noi fossimo.
4. Chi siete voi per noi
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Nel progetto di deliberazioni preparato personalmente da Don Bosco per il Primo Capitolo Generale della Congregazione del 1878 (di cui si conserva ancora il manoscritto), si leggono delle parole che mettono in piena luce la natura della vostra Associazione nei riguardi della Congregazione Salesiana: una associazione per noi importantissima, che è l´ anima della nostra Congregazione è l´ Opera dei Cooperatori salesiani. Noi non potremmo pronunciare parole più profonde e più impegnative nei vostri riguardi. Pensiamo perciò che l´ unica cosa da fare, affinch queste parole non restino nella retorica, sia quella di prenderle sul serio e trarne rinnovatrici conseguenze. Alla luce di questa affermazione ci sentiamo obbligati ad essere sempre più noi stessi, cioè sempre più salesiani e più religiosi. La vostra presenza così vicina ci sprona ad una maggiore e più dinamica fedeltà alla comune vocazione salesiana, che noi vogliamo vivere da religiosi, cioè da battezzati che si propongono un ideale di vita evangelica: castità verginale, distacco assoluto nella povertà, disponibilità totale nella obbedienza. D´ altra parte, nel pensiero di Don Bosco, voi Cooperatori siete corresponsabili con noi, nell´ ambito della vostra specifica vocazione, dei destini della famiglia salesiana. Siete i nostri primi e necessari collaboratori, specificamente diversi da altri collaboratori laici: i nostri collaboratori, in quello che si presenta da fare per la maggior gloria di Dio, ma per cui a noi mancano i mezzi materiali o personali(956).
5. Il nostro impegno oggi
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In quest´ ora decisiva di rinnovamento, che ci avvicina alle ore febbrili sofferte da Don Bosco nella Fondazione della sua FAMIGLIA, noi tutti ci sentiamo chiamati ad un impegno molteplice e ben definito verso di voi. Pensiamo anzitutto, con voi, che i tempi siano maturi. Crediamo di dover coltivare il germe che Don Bosco ha seminato da 100 anni; di dover avanzare decisamente per redigere, particolarmente in questo campo, la bella copia di quel progetto veramente geniale di cui Don Bosco ha potuto appena fare l´ abbozzo.(957) Abbiamo preso coscienza chiara che sarebbe un vero tradimento se non riuscissimo a fare questo lavoro, e crediamo che a ragione voi lanciate il vostro appello. In fedeltà dinamica dunque al Fondatore ci dichiariamo desiderosi e pronti a rivitalizzare la vostra associazione, perché, finalmente si completi il geniale progetto tanto caro al Fondatore.(958) Questa stessa fedeltà ci porta a fare sì che voi possiate diventare collaboratori coscienti, integrali, a fianco a noi, non sotto di noi; non solo quindi fedeli e docili esecutori, ma capaci di responsabilità apostolica,(959) sempre nel contesto ecclesiale di una pastorale d´ insieme. Del resto questo lavoro ci permetterà di instaurare ad ogni livello, come suggerite anche voi, un rapporto vicendevole di vera fraternità, che costituisca d´ ora in poi un nuovo stile di vita salesiana all´ interno delle comunità educative e al di fuori di esse.(960)
6. Come si articola e concretizza questo impegno
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Analogamente a quanto dovremo fare con i nostri Confratelli, la vostra formazione salesiana sia spirituale che apostolica costituirà la nostra prima urgenza pastorale. Crediamo così di soddisfare il vostro desiderio, di fare cioè un autorevole invito ai Salesiani sacerdoti perché come maestri di spirito e di dottrina, si rendano completamente disponibili per la formazione e la guida spirituale dei Cooperatori. Meta di questa formazione dovrà essere il pieno raggiungimento dell´ impegno specifico che spetta alla maggior parte di voi, come laici: l´ animazione cristiana delle realtà terrestri in spirito salesiano.(961) Noi non possiamo e non dobbiamo prendere il vostro posto, sostituendovi nei compiti che sono specificamente vostri.(962) Vogliamo perciò essere accanto a voi, per aiutarvi senza paternalismo a prendere e portare avanti il vostro ruolo nel comune dovere di edificazione della Chiesa.(963) Un passo successivo, in fedeltà al geniale progetto tanto caro al Fondatore, sarà il vostro inserimento, con tutte le conseguenze che ne derivano, nella programmazione, realizzazione e valutazione del piano pastorale delle Comunità salesiane cui appartenete.
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Il Delegato locale, vi sarà sempre accanto. Ma vogliamo ribadire, con particolare forza, che, secondo il pensiero di Don Bosco, deve essere tutta la comunità a prendersi l´ impegno di essere vocazionalmente feconda anche nei vostri riguardi. La Comunità deve essere sinceramente interessata a formare e vincolare i salesiani Cooperatori, per assicurare più efficacemente la salvezza della gioventù, motivo essenziale della nostra presenza in un determinato luogo. Per concretizzare questa rinnovata visione ed assicurare la comune efficacia apostolica, il Capitolo Generale Speciale stabilisce che una Commissione composta di Salesiani e Cooperatori, prepari una bozza di nuovo Regolamento da sperimentare localmente, che sia sintesi del Regolamento di Don Bosco e dell´ attuale visione del laico nella Chiesa. Ma dobbiamo pure ricordare che, al di sopra di qualsiasi preoccupazione organizzativa, pur sempre necessaria, daremo la priorità pastorale alla formazione degli uomini.
7. Alcuni campi del vostro lavoro nella comune missione
Le riflessioni che abbiamo condotto ci portano a segnalarvi alcuni campi della missione salesiana che dobbiamo condividere in una forma sempre più organica, anche se con diversa specificità.
1) L´ impegno nei settori e nei problemi in cui si trova socialmente e spiritualmente più bisognosa la gioventù di oggi.(964)
2) La preoccupazione per i problemi riguardanti la famiglia in genere e in specie l´ educazione dei figli e la preparazione dei giovani al matrimonio.(965)
3) Il serio lavoro catechistico nelle forme attuali e con i mezzi corrispondenti alle esigenze della nostra società secolarizzata.(966)
4) La ricerca e la promozione delle vocazioni sacerdotali, religiose e laicali, specialmente missionarie.(967)
5) L´ impegno per la giustizia nel mondo, attuato opportunamente e nelle diverse forme politicamente e socialmente possibili.(968)
6) La piena inserzione nei movimenti apostolici mondiali, specialmente in quelli che hanno di mira il servizio della gioventù.
7) La promozione e valorizzazione cristiana dei mezzi di comunicazione sociale.(969)
Tutti questi compiti ed altri che sorgeranno certamente, a seconda dei bisogni, nei diversi luoghi e nei diversi tempi, potranno essere disimpegnati da voi nell´ ambito delle opere educative della Congregazione, come anche in opere ed ambienti non propriamente salesiani. In particolare, sarà nostra preoccupazione inserirvi più pienamente, secondo le vostre possibilità e la vostra preparazione, nelle opere educative nostre e studiare il modo di affidarvi altre opere apostoliche più confacenti al vostro carattere laicale.
* * *
Carissimi, noi vi siamo riconoscenti della vostra vicinanza, del vostro affetto, della vostra fiducia. Vi sarà gradito sapere che il Capitolo Generale Speciale ha lanciato un appello altrettanto sincero e concreto a tutti i Confratelli. Siamo sicuri che esso sarà accolto anche dalle Figlie di Maria Ausiliatrice. Ci ritroveremo sempre nella preghiera e nel comune amore al nostro Fondatore, con l´ aiuto di Maria.
Roma, nella festa del Natale 1971
CAPO SECONDO
DICHIARAZIONE
DEL CAPITOLO GENERALE SPECIALE
SUI COOPERATORI
"...direttive pratiche per ridestare nei SALESIANI l´ interesse e l´ impegno verso i COOPERATORI..."(970)
Carissimi,
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il Capitolo Generale Speciale, nel documento sull´ identità e vocazione della Società Salesiana oggi, documento che porta il titolo I SALESIANI DI DON BOSCO NELLA CHIESA ha trattato nelle sue linee generali della Famiglia Salesiana in genere e dei vari gruppi che in diversa forma e a diversi livelli la compongono. Precedentemente il Capitolo Generale Speciale aveva ricevuto un Messaggio, datato da Roma il 2 luglio, inviato da un gruppo qualificato di Cooperatori appartenenti a ben 9 Nazioni. Il Messaggio è veramente sentito e vivo; prima di concludere assicurano che è il caso di dire: O ADESSO O MAI PIU´. Noi abbiamo dato a questo Messaggio una risposta franca e aperta. Ora sentiamo il bisogno di rivolgerci a tutti voi per dirvi la nostra parola fraterna ma ugualmente franca e impegnativa. E vi presentiamo alcuni sviluppi, sul piano operativo, dei principi contenuti nel documento da noi approvato, nella speranza di poter arrivare ad alcune conclusioni e precisazioni concrete.
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Vi esprimiamo anzitutto la nostra preoccupazione in questo momento. Il Capitolo Generale XIX aveva emesso il proprio documento sui Cooperatori, documento approvato per acclamazione in omaggio al nuovo Rettor Maggiore Don Ricceri, ma i risultati di esso, a dire il vero, non sono stati molto incoraggianti. D´ altra parte in Congregazione, stando ai dati pervenutici dai diversi CIS, di fronte a questo tema si sente una vera inquietudine, un certo disagio, insieme al desiderio di una vera e definitiva riscoperta della figura del Cooperatore secondo il progetto ben preciso e pensato da Don Bosco. Si sente l´ ansia di arrivare finalmente a un rilancio decisivo di questi veri salesiani nel mondo. Ci domandiamo il motivo di questa situazione e crediamo di dover rispondere quanto segue: la geniale intuizione di Don Bosco sui Cooperatori non è ancora stata capita da tutti noi, in tutta la sua profondità e in tutte le sue conseguenze. Bisogna dunque riandare all´ idea primigenia del nostro Fondatore per poter scoprire la vera identità di questi confratelli. Segnaliamo alcune tracce. Di fronte alle molteplici forze del male, innegabilmente efficaci perché unite, di fronte alla messe abbondantissima che si presentava agli occhi e, più ancora, al cuore di Don Bosco, egli volle preparare una vera schiera di apostoli, strettamente uniti e disciplinati, per un lavoro deciso ed efficace per la salvezza della gioventù pericolante...(971) Alcuni di questi apostoli, rispondendo a un dono particolare del Signore, decisero di rimanere stabilmente nell´ Oratorio, facendo vita comune con Don Bosco, sempre pronti ai suoi comandi.(972) Altri invece, sentendo di dover seguire la strada comune a tutti i cristiani, dimoravano a casa loro, impegnandosi sul serio, secondo il proprio stato, le proprie possibilità, i propri doni personali ad una vita apostolica che in qualche modo rispecchiasse, completasse ed arricchisse quella dei primi. Tutti però, in quanto rispondenti ad una comune vocazione di servizio a favore dei giovani, si impegnavano a vivere e a praticare tutto lo spirito dei salesiani,(973) in un pluralismo di forme, secondo la situazione concreta di ognuno e i bisogni reali della gioventù, in un determinato luogo, in una determinata ora.
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Nella mente e nel cuore di D. Bosco dunque la Famiglia Salesiana è UNA! L´ unità originale di questa Famiglia ha la sua radice ultima nella comunanza dello spirito e della missione ed è indirizzata a servizio totale della gioventù e del popolo. Realizza così, a livello superiore, una vera comunità nella quale tutti i membri sono integrati secondo i propri doni, le loro specifiche funzioni e le diverse forme di vita possibili nella Chiesa. Questo vuol dire, e bisogna riconoscerlo con tutta chiarezza, che la vocazione salesiana è salesiana prima di essere religiosa. Vuol dire che il carisma salesiano si estende oltre i confini della sola nostra Congregazione. Il Cooperatore perciò, nel pensiero primigenio di Don Bosco, è un vero salesiano nel mondo, cioè un cristiano che risponde alla propria vocazione alla santità, impegnandosi - anche senza vincoli di voti religiosi - in una missione giovanile o popolare secondo lo spirito di Don Bosco al servizio della Chiesa locale e in comunione con la Congregazione Salesiana. E´ questa la realtà veramente rinnovatrice di cui dobbiamo prendere coscienza sul serio se vogliamo pensare ad un rilancio vero e impegnativo dei Cooperatori. Ci vuole un cambio radicale di mentalità a tutti i livelli. Infatti, finch i Cooperatori restano come qualcosa di estraneo a noi, come dei collaboratori occasionali, come dei laici che ci sono in verità molto utili, ma non essenzialmente indispensabili, come dei laici di cui in definitiva non possiamo fare a meno per svolgere, in pienezza, la nostra opera apostolica, noi dimostreremo di non aver capito il pensiero di Don Bosco né riusciremo a realizzare il suo genuino e primitivo progetto.
Chi sono i Cooperatori per noi
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D. Bosco preparò per il 1ø Capitolo Generale della Congregazione Salesiana (1877) un progetto di deliberazioni in cui affermava schiettamente che l´ associazione dei Cooperatori è l´ anima della nostra Congregazione. Questa affermazione veramente ardita del nostro Fondatore pensiamo abbia un valore concreto per noi anche oggi. La figura del Cooperatore, infatti, come l´ ha intuita Don Bosco, non solo non svuota il contenuto della nostra realtà come Salesiani e come Religiosi ma ne richiede una autenticità ancor più profonda. a) Come Salesiani questa figura deve far prendere alla nostra vocazione un dinamismo e un vigore tutto particolare. Infatti, se i Cooperatori, come Salesiani esterni devono essere fervorosi, dinamici, efficienti, quanto più dovremo esserlo noi che, nella mente del nostro Padre, siamo chiamati ad essere come il motore, il centro propulsore, la garanzia di questo dinamismo apostolico? b) Come Religiosi, il valore di segno e di testimonianza propri della nostra vocazione specifica, potremo e dovremo offrirlo anzitutto e soprattutto a questi nostri veri fratelli esterni. Essi dovranno a loro volta sentirsi spinti e incoraggiati ad una vita apostolicamente e fortemente impegnata, guardando noi, che di questo impegno apostolico siamo stati talmente presi da arrivare ad una consacrazione in castità verginale, in povertà generosa, in obbedienza agile e disponibile.
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Nel pensiero di D. Bosco, esposto in molteplici scritti, i Cooperatori sono corresponsabili con noi, nell´ ambito della loro specifica vocazione, dei destini della Famiglia Salesiana. Essi lo hanno intuito e ce l´ hanno ricordato nel loro Messaggio. Questo vuol dire che sono i nostri primi, diretti, necessari collaboratori, specificamente diversi da altri collaboratori laici: i nostri collaboratori in quello che si presenta da farsi per la maggior gloria di Dio, ma per cui a noi mancano i mezzi personali e materiali.(974) Senza questi collaboratori, possiamo dirlo, noi non saremmo quello che Don Bosco ha pensato e voluto che noi fossimo. D´ altra parte, il Vaticano II ci ha insegnato che i laici devono apportare ai Sacerdoti e ai Religiosi, particolarmente se appartengono in qualsiasi maniera alla stessa famiglia religiosa,(975) una visione più realista, in ordine all´ efficienza del lavoro pastorale da svolgere.(976) Don Bosco, con linguaggio proprio della sua epoca, scrisse che i Cooperatori danno alla Congregazione la sicurezza di combattere più audacemente le battaglie del Signore.(977) I Cooperatori dunque sono chiamati a darci un contributo essenziale e specifico perché noi possiamo comprendere più realisticamente il mondo e lavorare in esso in chiave salesiana.
Chi siamo noi per i Cooperatori nella mente di Don Bosco?
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Siamo i loro fratelli religiosi. I Membri della Congregazione Salesiana considerano tutti i Cooperatori come altrettanti fratelli in Gesù Cristo....(978) E´ veramente interessante vedere come essi lo hanno intuito profondamente e come lo mettono ripetutamente in rilievo nel loro Messaggio. La Congregazione, in conseguenza, ha un ruolo suo proprio, specifico e insostituibile. Essa è chiamata ad essere il Centro di unità di tutti quelli che sentono di doversi impegnare nel lavoro apostolico giovanile, secondo lo spirito di Don Bosco; il principio dinamico di quella unità che fu una idea veramente assillante nella mente del Fondatore e si presenta anche a noi come uno dei bisogni più urgenti e decisivi ai nostri tempi.(979) ...Dobbiamo unirci tra noi e tutti con la Congregazione... Uniamoci dunque col mirare allo stesso fine e coll´ usare gli stessi mezzi per conseguirlo... Uniamoci come in una sola famiglia, con i vincoli della carità fraterna che ci sproni ad aiutarci e sostenerci vicendevolmente a favore del nostro prossimo.(980) La Congregazione dunque è per i Cooperatori il vincolo sicuro e stabile, voluto espressamente da Don Bosco come garanzia inequivoca di unità e fedeltà nello stesso spirito, di efficacia apostolica nella comune missione da lui affidataci, di tempestività apostolica, di risposta ai bisogni sempre nuovi, di vitalità perenne nell´ opera da lui fondata, di forza nel rilancio di un vasto ed organico movimento di salvezza della gioventù povera o in pericolo.(981)
Il nostro impegno
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In quest´ opera decisiva di rinnovamento, che ci avvicina alle ore febbrili sofferte da Don Bosco nella fondazione della sua Famiglia, noi tutti siamo chiamati ad un impegno molteplice e ben definito verso i Salesiani Cooperatori: a) innanzitutto impegno di vivere pienamente e coltivare con serietà la nostra spiritualità salesiana, per essere in grado di risvegliare e sviluppare profondamente nei Cooperatori la comune vocazione apostolica salesiana; b) impegno di studiare nella sua linea più genuina questa figura, come Don Bosco l´ ha intuita, per poter arrivare anche in questo, a redigere la " bella copia del progetto appena abbozzato dal Fondatore;(982) c) impegno di rivitalizzare l´ Associazione perché finalmente si completi a il geniale progetto tanto caro al Fondatore;(983) d) impegno di portare i Cooperatori a diventare collaboratori coscienti, integrali, a fianco a noi, non sotto di noi: non solo quindi fedeli e docili esecutori, ma capaci di responsabilità apostoliche,(984) sempre nel contesto ecclesiale di una pastorale d´ insieme. Questi impegni ci permetteranno di instaurare ad ogni livello un rapporto di vera fraternità, che costruisca d´ ora in poi il nuovo stile di vita salesiana all´ interno delle comunità educative e al di fuori di esse,(985)
Come si articola e concretizza questo impegno
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a) Analogamente a quanto dovremo fare tra noi, la nostra prima urgenza pastorale sarà curare la formazione salesiana degli uomini, sia spirituale che apostolica. Al di sopra di ogni preoccupazione organizzativa, pur sempre necessaria, la nostra priorità pastorale sarà la formazione degli uomini. Nel loro Messaggio i Cooperatori chiedono da noi esplicitamente questo impegno formativo. Con parole vive ed incisive, ci chiedono di rendersi completamente disponibili per la loro formazione e la loro guida spirituale.
b) Una seconda urgenza dobbiamo sentire. Inserirli sul serio, con tutte le conseguenze, nella programmazione, realizzazione e valutazione del piano pastorale della comunità salesiana a cui appartengono. La loro presenza, in alcune particolari circostanze e per determinati problemi, nei Consigli sia locali che Ispettoriali e Superiore, mentre arricchirà certamente le nostre deliberazioni, sarà allo stesso tempo un segno efficace della serietà con cui abbiamo preso il rinnovamento.
c) Perseguire, anche a loro riguardo, una vera pastorale vocazionale in modo particolare nel settore giovanile. Infatti impegnarsi come Salesiano Cooperatore è rispondere a una vera chiamata; è dunque accettare un´ autentica vocazione apostolica. Bisogna badare perciò fondamentalmente alla qualità dei candidati, piuttosto che alla loro quantità. Anche se la loro crescita sarà lenta non diminuirà il nostro entusiasmo, perché il nostro lavoro ne acquisterà in efficacia e sicurezza.
d) Meta della loro formazione è aiutarli a mettersi in grado di poter adempiere in pienezza e con competenza il loro impegno specifico di animazione cristiana del temporale(986) in spirito salesiano, che essi dovranno assolvere sia che lavorino assieme a noi in opere nostre, sia che lavorino in opere dirette da loro stessi. e) Per assicurare la maggior efficacia apostolica e pastorale al lavoro dei Cooperatori sarà sempre accanto ad essi il Delegato locale. Riconosciuta l´ importanza di tale settore, è evidente che il Delegato dei Cooperatori sarà membro del Consiglio, a norma degli articoli 188-189 delle Costituzioni. Ma vogliamo ribadire con particolare forza che, secondo il pensiero di Don Bosco, deve essere tutta la comunità a prendersi l´ impegno di essere feconda vocazionalmente anche nei loro riguardi. E´ la comunità che dev´ essere sinceramente interessata a formare e impegnare i Salesiani Cooperatori come una longa manus per assicurare più efficacemente la missione di salvezza della gioventù, motivo essenziale della nostra presenza in un determinato luogo.
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Prima di finire vogliamo ancora una volta rinnovare il nostro accorato appello:
- riscopriamo il pensiero di Don Bosco, ardito nei disegni e audace nelle realizzazioni - diamo vita rinnovata a questa associazione, secondo il genuino pensiero del Fondatore - rilanciamo questo nostro movimento da lui voluto, unendo con pari audacia ed entusiasmo attorno a noi cristiani veramente impegnati nella salvezza della gioventù e del popolo.
Non ci risulterà strano, del resto, il fatto che forse non tutti noi riusciremo a comprendere pienamente la portata di quest´ appello e l´ atteggiamento veramente rinnovato da prendere d´ ora in poi. Lo stesso Don Bosco ha già riscontrato tra i suoi primi collaboratori una vera e propria incomprensione... Infatti, quando nel 1874 comunicò il suo progetto sui Cooperatori ai membri del Capitolo, vari opposero difficoltà, ritenendo l´ Associazione una confraternita e una semplice compagnia di devozione, come le tante già esistenti, e quindi di poco e di nessun vantaggio. Don Bosco sorrise a quelle osservazioni e infine esclamò: Voi non avete ben compreso il mio pensiero.(987) A 100 anni di distanza, dopo lo studio accurato dei documenti del Vaticano II vorremmo meritare anche noi lo stesso rimprovero? Cari Confratelli, in questo rilancio, che è risposta pienamente aderente alle esigenze della Chiesa e ai segni dei tempi ed insieme vero atto di fedeltà a Don Bosco, ci assista Colei che è stata e rimane sempre la Fondatrice e Ausiliatrice di tutta la nostra opera.
Documento 19
L´AZIONE SALESIANA
PER GLI EXALLIEVI
CAPO PRIMO
ORIGINE ED ESSENZA
DEL MOVIMENTO EXALLIEVI
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Come è noto, il sorgere del movimento ex-allievi risale all´ iniziativa del modesto gruppetto di dodici artigiani del primo Oratorio di Torino che, guidati da Carlo Gastini, si presentarono a Don Bosco il giorno del suo onomastico, il 24 giugno 1870, per esprimergli la loro riconoscenza. In pochi anni questo ritorno spontaneo e informale divenne tradizione e, alimentato dal fascino del Santo, trasfuso poi ai suoi figli, si concretizzò nel movimento degli ex-allievi oggi sparso in tutto il mondo. Una progressiva maturazione, convalidata dalla nuova teologia del laicato, emersa dai documenti del Concilio Vaticano II, ha dato forme più organiche e contenuto più apostolico all´ Associazione degli Ex-allievi, la prima del genere sorta tra quelle attualmente esistenti. L´ Associazione, nelle sue attuali strutture, si articola sul piano locale nelle Unioni, nei Gruppi e nei Nuclei; sul piano ispettoriale nelle Federazioni ispettoriali; sul piano nazionale nelle Federazioni nazionali; sul piano internazionale nella Confederazione Mondiale. Fanno parte dell´ Associazione anche gli Ex-allievi di religione non cattolica, limitatamente agli impegni non derivanti espressamente dalla nostra fede.
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Ovviamente l´ Associazione non comprende e non esaurisce tutta la numerosa schiera degli ex-allievi, ma certamente la rappresenta, la interpreta, ne costituisce l´ anima. Infatti gli ex-allievi, associatisi liberamente, possono e debbono essere considerati: 1) lo strumento primario per il collegamento della massa degli ex-allievi da lievitare cristianamente, e per il ritorno dei lontani; 2) uno strumento, non secondario nell´ azione educativa della Congregazione, che trova negli ex-allievi collaboratori qualificati per le loro specifiche competenze e soprattutto per la loro testimonianza.
CAPO SECONDO
IL PENSIERO DEGLI EXALLIEVI
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Lo Statuto della Confederazione Mondiale degli exallievi afferma che il movimento si ispira al sentimento di affetto e di devozione filiale che lega gli ex-allievi alla famiglia salesiana, alla esigenza di conservare e sviluppare gli insegnamenti ricevuti alla scuola di Don Bosco, all´ intento di improntare la loro vita ai valori spirituali della Congregazione Salesiana, per diffondere con la loro azione, individualmente e collettivamente, lo spirito salesiano nel mondo (988) Nella mozione conclusiva del Congresso Mondiale del Centenario (1970) si legge quanto segue: L´ organizzazione degli ex-allievi di Don Bosco, nata e consolidata ispirandosi alla paternità di Don Bosco e dei suoi continuatori, conserva questa fisionomia attuando, in amorevole e leale dialogo con il Rettor Maggiore e i Superiori, la sua responsabile partecipazione alla missione apostolica della Congregazione e della Chiesa. Il Congresso ... fa voti che ... siano accordate ai sacerdoti salesiani Delegati all´ assistenza degli ex-allievi una posizione di prestigio e autorità in seno alle comunità salesiane, e una maggiore disponibilità di tempo e di mezzo, sicch possano svolgere più efficacemente la loro insostituibile missione morale e spirituale,(989)
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Nella comunicazione Idee e Direttive pratiche emerse con maggior rilievo durante i lavori del Congresso del Centenario fu rilevato quanto segue.
a) Un´ attenzione di particolare rilievo è stata rivolta al problema dei giovani, sia per le proporzioni e la gravità che il fenomeno viene prendendo nel nostro tempo, sia per partecipare alla missione propria e distintiva della Congregazione salesiana.
b) Trattando il tema dei giovani, si è richiamata la necessità di preparare opportunamente gli allievi a passare nell´ associazione degli ex-allievi e di venire incontro alle esigenze speciali dei giovani di oggi, i quali non vogliono più essere soggetti passivi di una associazione, ma assumersi responsabilità di governo e compiti concreti di azione.(990) Nel Promemoria presentato dalla Confederazione alla la Commissione A del CGS, il 30 luglio 1971, al numero III A a, si legge: Ogniqualvolta un salesiano educa e istruisce un ragazzo, preoccupandosi di farne un uomo, prepara un ex-allievo. Perciò non vanno trascurati quegli accorgimenti pratici e quelle iniziative particolari, mediante cui si può ottenere che i ragazzi imparino tempestivamente a conoscere e amare il movimento ex-allievi.
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In sintesi, il pensiero degli ex-allievi è il seguente.
a) Tutti gli ex-allievi appartengono alla Famiglia salesiana, per un particolare legame contratto col fatto di essere stati educati in una delle sue opere, ivi comprese le case di formazione.
b) La Congregazione deve prendere più chiara coscienza della propria responsabilità verso gli ex-allievi e deve assumersi più precisi impegni formativi verso le loro associazioni, e sensibilizzare con più insistenza i confratelli per questo settore che dev´ essere tra quelli considerati preferenziali nel proprio apostolato.
c) Spetta agli ex-allievi assumere più diretta responsabilità nella dirigenza delle loro associazioni.
d) I Delegati siano messi in condizione di svolgere con efficienza il loro ufficio di assistenza spirituale e di collegamento tra gli ex-allievi e la comunità salesiana, e perciò facciano parte del Consiglio della Casa.(991)
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Gli exallievi intendono partecipare responsabilmente alla missione apostolica della Congregazione e della Chiesa:
1) con la testimonianza, davanti agli allievi e alle loro famiglie, della validità dell´ educazione ricevuta;
2) con la collaborazione nell´ attività educativa della Congregazione;
3) con la diffusione della tipica spiritualità salesiana;
4) con la presenza apostolica specializzata nel campo dell´ associazione ex-allievi per il ritorno dei lontani, nel campo della scuola e della famiglia per la salvezza della gioventù, in collaborazione con le altre associazioni di ex-alunni della scuola cattolica (OMAEEC);
5) con la presenza più ampia, in ogni campo delle attività ecclesiali, sociali e politiche, per l´ animazione cristiana delle realtà temporali.(992)
CAPO TERZO
LA NOSTRA RISPOSTA
"Gli exallievi sono il frutto delle nostre fatiche... sono la nostra corona... la nostra ragione di esistere, perché essendo noi una congregazione educatrice, è chiaro che non educhiamo per il collegio (né per la scuola] ma per la vita; orbene, la vera vita, reale, comincia per essi quando lasciano la nostra casa"(993) "Penso che il vastissimo apostolato tra gli exallievi, ben compreso e meglio realizzato in un clima di autentico e costruttivo rinnovamento, possa essere un elemento non secondario di questo nostro apporto ai bisogni della Chiesa e della Società oggi".(994)
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Il CGS, mentre ricerca modi e mezzi di rinnovamento dell´ apostolato dei laici, prende atto con vivo compiacimento della cordiale adesione e della disponibilità verso la Congregazione espressa dagli ex-allievi in occasione del Congresso Mondiale del Centenario(995) e accoglie con simpatia l´ appello ad esso rivolto perché promuova un efficace interessamento e una valida azione dei Salesiani nei riguardi della loro associazione. Il CGS pertanto, per rispondere a una delle esigenze preferenziali della missione educativa salesiana e sensibile alle indicazioni del Congresso Mondiale, invita tutti i Confratelli, particolarmente quelli che seguono gli allievi dei corsi superiori, a prendere coscienza delle precise e gravi responsabilità che hanno di fronte agli ex-allievi.(996)
1. Fondamento del nostro impegno
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a) La nostra condizione di educatori cristiani e salesiani è la ragione fondamentale del nostro impegno tra gli ex-allievi.
b) Il Concilio Vaticano II ha precisato il compito degli educatori cristiani verso i loro antichi allievi nella Dichiarazione sull´ educazione cristiana: (Gli educatori) continuino, una volta terminati i corsi scolastici, ad assistere gli alunni, con il loro consiglio, con la loro amicizia e anche promovendo associazioni di ex-alunni in cui aleggi lo spirito ecclesiale "(997)
c) Quando la Provvidenza invia un giovane nelle nostre opere si crea fra lui e il salesiano un rapporto spirituale che non ha più termine e ci impone una grave responsabilità. L´ ex-allievo deve poter contare sempre sui suoi educatori, che lo possono aiutare nelle scelte importanti e nello svolgimento delle sue responsabilità familiari, professionali e sociali.(998)
d) Una istituzione educativa come quella salesiana deve portare il suo contributo al rinnovamento promosso dal Concilio nel campo specifico della preparazione dei laici. E poiché la storia della Chiesa è caratterizzata ai nostri tempi dalla presenza operante e responsabile dei laici anche il rinnovamento della Congregazione dovrà essere attuato ricercando una più stretta ed efficiente collaborazione con essi. La nostra azione fra gli ex-allievi assume il suo vero significato in questo vasto e impegnativo contesto ecclesiale.
e) Noi abbiamo il dovere di continuare l´ azione di Don Bosco il quale animò, sostenne e incoraggiò l´ organizzazione degli ex-allievi. Considerò la formazione dei giovani non come apostolato terminale, ma come preparazione alla vita.
2.I nostri compiti verso gli Ex-allievi
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I nostri rapporti con gli exallievi sorgono e si mantengono spontaneamente per la forza dell´ amicizia che li unisce a noi in una sola famiglia. Rispondendo a un più impegnativo intento apostolico, che gli ex-allievi attendono e sollecitano con insistenza, noi esprimiamo la nostra piena disponibilità per la loro guida spirituale, per una loro sempre più solida formazione cristiana e per impegnarli attivamente, ciascuno secondo la propria maturità, a un autentico apostolato. Per questo noi siamo loro vicini nella loro vita familiare, professionale e sociale, li orientiamo ad assumere con spirito e coraggio cristiano le loro responsabilità, sia singolarmente sia come associazione, nella vita della Chiesa e nella vita pubblica, li invitiamo a collaborare alle opere della Congregazione. Questo impegno con gli ex-allievi dovrà essere considerato come parte integrante e non marginale della vita della Casa.(999) In particolare:
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a) Tutta la comunità come tale - Direttore, Delegato e confratelli - è responsabilmente interessata nei confronti di tutti gli ex-allievi, siano associati o no; li fa partecipare, con cordiale accoglienza, alla vita della famiglia salesiana, in cui essi devono poter trovare, da parte di ogni salesiano, l´ antico maestro, amico ed educatore; offre ogni possibile aiuto per la vita e le iniziative dell´ Associazione e apre ai più impegnati un più largo campo di lavoro apostolico.(1000)
b) Il compito più importante e insostituibile verso gli ex-allievi è quello del Delegato, quale rappresentante del Direttore e di tutta la Comunità, come coordinatore delle attività in questo settore. Unanime è il riconoscimento da parte degli ex-allievi del compito primario che egli è chiamato a svolgere quale assistente spirituale e pertanto si impone una particolare attenzione nella scelta di questo confratello.(1001)
c) E´ compito di ogni salesiano far sì che gli allievi vengano a conoscere in anticipo il movimento ex-allievi; questo faciliterà il loro inserimento nell´ Associazione, per continuare nella vita gli impegni spirituali e apostolici a cui li deve preparare tutta la nostra educazione.
d) Gli ex-allievi sentano, come singoli e come associazione, la responsabilità di partecipare attivamente al rinnovamento cristiano della società. I salesiani condividano con gli ex-allievi la coscienza di questo dovere e assecondino, per quanto sta nella propria competenza, questo servizio reso alla società. Come guide spirituali del movimento i salesiani collaborino perché 1) gli ex-allievi studino, facciano propri e affrontino con coraggio i problemi concreti della Chiesa locale e della società;
2) siano preparati a rendersi disponibili alla promozione della giustizia sociale e ad assumersi le proprie responsabilità nella vita pubblica, secondo le indicazioni della gerarchia nei singoli paesi.
CAPO QUARTO
LA COLLABORAZIONE DEGLI EXALLIEVI
CON LA CONGREGAZIONE
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I Salesiani offrono la loro amicizia e il loro appoggio spirituale agli ex-allievi, consapevoli di ricevere da essi l´ apporto di preziose risorse per lo svolgimento della loro missione.
a) Gli ex-allievi portano alla Congregazione l´ arricchimento di quegli autentici valori umani di cui i laici fanno diretta esperienza nella loro vita familiare, professionale e sociale. Il contatto con gli ex-allievi rende le nostre comunità più aperte alle esigenze e ai problemi della vita e quindi della propria azione fra gli uomini.
b) Gli ex-allievi possono diventare dei validi collaboratori nei compiti educativi delle singole comunità salesiane, tra i giovani e i loro parenti, partecipando ai vari consigli della Casa, con l´ apporto della loro esperienza e con la loro consulenza tecnica.
c) La collaborazione degli ex-allievi infine si può allargare a tutti i settori delle attività della Congregazione, nel servizio che essa rende alla Chiesa e alla Società. Gli ex-allievi partecipano così, ciascuno secondo le proprie disposizioni, alla missione stessa della Congregazione e ne allargano nel mondo le dimensioni e l´ efficacia, con i valori umani e religiosi vissuti da loro nello spirito di Don Bosco. Amate la vostra Associazione, siate fedeli, e soprattutto adoperatevi con tutte le forze per irradiarne lo spirito negli altri, con una testimonianza cristiana, franca, aperta, generosa, dispensatrice di serenità e di letizia, conforme agli insegnamenti di Don Bosco. Di questa testimonianza ha urgente bisogno il mondo che ci circonda. Ve lo chiede la Chiesa oggi con la voce autorevole del Concilio Vaticano II(1002)
CAPO QUINTO
ORIENTAMENTI OPERTIVI PER IL RINNOVAMENTO DELL´ AZIONE SALESIANA PER GLI EXALLIEVI
1) E´ necessaria una nuova presa di coscienza e di responsabilità da parte di tutti i Confratelli e di tutte le comunità salesiane di fronte alla realtà degli ex-allievi e in rapporto alla preparazione degli allievi a diventare ex-allievi, buoni cristiani e onesti cittadini.
2) La Comunità salesiana sia sensibilizzata ai problemi degli ex-allievi in modo da comprendere la convenienza che uno dei settori di attività, per il quale è necessaria la presenza di un membro nel Consiglio della Casa, sia appunto la cura amorosa e intelligente degli ex-allievi.
3) Ogni Comunità sia pronta e aperta a ricevere gli aiuti di collaborazione, di consiglio, e di sana critica ai metodi educativi che gli ex-allievi sono in grado di portare a vantaggio di tutte le iniziative, specialmente di quelle a vantaggio della gioventù.
4) Il primo impegno della Congregazione verso gli ex-allievi in genere e verso i loro dirigenti in particolare sia quello della formazione, attuando una educazione permanente che li orienti a un impegno di apostolato nello spirito del Vaticano II, mediante una comune riflessione cristiana.
5) E´ auspicabile per questo una partecipazione più responsabile e diretta alla missione salesiana nella Chiesa per cui gli ex-allievi, pur continuando a svolgere la loro attività nella propria Associazione, siano inseriti con libera scelta personale anche fra i Cooperatori.
6) I Salesiani riconoscano di fatto all´ Associazione degli ex-allievi le caratteristiche proprie di una associazione di 758 laici, ai cui dirigenti, come è affermato dallo Statuto della Confederazione Mondiale, spettano i compiti di governo, l´ organizzazione delle attività e in genere la responsabilità della vita associativa.
7) I Salesiani prendano conoscenza dello Statuto e dei Regolamenti degli ex-allievi e, pur nella diversità delle singole situazioni, cooperino per la loro attuazione, affinché l´ associazione possa essere operante a livello locale, ispettoriale, nazionale e mondiale.
8) La programmazione delle attività delle Case tenga conto di quella settoriale delle attività degli ex-allievi, elaborata di comune accordo.
9) Particolare sollecitudine sia dedicata, da parte dei Salesiani, agli ex-allievi giovani, perché più immediatamente destinatari della missione salesiana, per la vastità e la gravità dei problemi giovanili, in vista del loro inserimento nella vita delle realtà civili, ecclesiali e del mondo del lavoro. Essi dovranno operare per aiutare e seguire specialmente i più bisognosi a superare le difficoltà morali e materiali cui vanno incontro, in modo particolare quando sono forzatamente lontani dalla famiglia per ragioni di lavoro e di studio.
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10) Presso ogni opera salesiana sorga un centro locale di ex-allievi, con proprio Delegato e con propria sede.
11) Qualche Dirigente dell´ Associazione ex-allievi, a livello locale, ispettoriale, nazionale e mondiale, quando sia necessario od opportuno, venga invitato a partecipare ai Consigli salesiani, sia pure con voto semplicemente consultivo.
12) I Salesiani facciano opera di persuasione perché i Dirigenti dell´ Associazione si aprano alla solidarietà e alla collaborazione con le altre istituzioni ecclesiastiche e civili, locali, ispettoriali, nazionali e internazionali, particolarmente con le Associazioni ex-allievi delle altre Congregazioni religiose (OMAEEC), per essere presenti con le altre forze alle sorti del mondo moderno.
13) Si attui infine quanto è stato suggerito dal Capitolo Generale XIX: Si incominci dalle Case di formazione a preparare i Confratelli a intendere l´ importanza del movimento degli ex-allievi e a conoscere con studio diretto l´ Associazione nella sua organizzazione e nelle sue attività.(1003)
Documento 20
ITER POST-CAPITOLARE
Indicazioni più urgenti
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1. Prima di lasciare il Capitolo Generale, Ispettori e Delegati si riuniscano a livello ispettoriale, interispettoriale o nazionale, per studiare insieme quali linee comuni possano essere tracciate, in modo da lasciare tuttavia ampio margine alla creatività e alle iniziative delle singole Ispettorie secondo gli obiettivi generali proposti.
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2. Punto focale del rinnovamento sarà il Capitolo Ispettoriale. La sua preparazione costituirà il mezzo più opportuno per suscitare la partecipazione dei confratelli allo studio e alla attuazione delle decisioni capitolari.
3. L´ Ispettore con il suo Consiglio fissi la data di convocazione del Capitolo Ispettoriale che dovrà essere celebrato non oltre un anno dopo la chiusura del Capitolo Generale Speciale.
4. Sarà però conveniente che le elezioni dei delegati delle case e dell´ Ispettoria al Capitolo Ispettoriale si facciano appena possibile (dopo la necessaria presa di visione da parte dei confratelli dei documenti capitolari ed eventuale convocazione di assemblee plenarie secondo i modi ritenuti più opportuni).
5. I delegati così eletti saranno subito impegnati:
a) nello studio dei documenti,
b) nell´ opera di informazione e mentalizzazione delle comunità locali in collaborazione con i Direttori delle medesime,
c) a dare il loro contributo secondo le proprie competenze per l´ organizzazione e lo svolgimento degli incontri per gruppi di confratelli.
6. Perché si proceda da tutti concordemente, l´ Ispettore, una volta che siano stati eletti i delegati, li convochi in seduta informale insieme ai Direttori per una presa di visione del lavoro da svolgere.
7. Dove ciò è giudicato opportuno si formino delle commissioni preparatorie al Capitolo Ispettoriale per l´ approfondimento dei temi. A queste commissioni i confratelli invieranno le loro proposte o contributi di studio per l´ applicazione a raggio ispettoriale delle direttive e decisioni capitolari e per la compilazione del Direttorio dell´ Ispettoria.
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8. Al Capitolo Ispettoriale siano chiamati, come periti - nel caso non venissero eletti - i Delegati al Capitolo Generale.
9. Il Capitolo Ispettoriale prenda le decisioni secondo i compiti demandati dal Capitolo Generale. L´ approvazione delle scelte più impegnative riguardanti il ridimensionamento, l´ eventuale ricollocazione delle opere, il Direttorio, ecc. sia preceduta da ampio studio da parte di commissioni tecniche. Se necessario, il Capitolo Ispettoriale potrà svolgersi in due sessioni.
10. Le deliberazioni del Capitolo Ispettoriale dopo la ratifica del Rettor Maggiore e del Capitolo Superiore, saranno riviste dal Capitolo Ispettoriale che si terrà dopo tre anni, secondo i Regolamenti.
11. Le Conferenze Ispettoriali (riorganizzate, se ciò sarà giudicato opportuno dal Rettor Maggiore con il suo Consiglio, e sentito il parere degli interessati), procurino di assolvere appena possibile ai compiti immediati assegnati loro dal Capitolo Generale. Si eviti, con ogni cura, la promulgazione di nuovi documenti e dichiarazioni.
12. Il Rettor Maggiore e alcuni membri del Consiglio Superiore a tempo opportuno promuovano incontri con gli Ispettori delle diverse regioni per fare il punto sull´ attuazione del Capitolo Generale. Prima di questo incontro gli Ispettori inviino al Consiglio Superiore una relazione preparata insieme al loro Consiglio e approvata dal Capitolo Ispettoriale, in cui si darà conto dell´ applicazione nell´ Ispettoria dei decreti del Capitolo Generale Speciale.
Altri suggerimenti
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1. Giornate di ritiro trimestrale e Esercizi Spirituali
a) Siano impostate sullo studio e spiegazione dei documenti capitolari riguardanti la missione, la vita religiosa, lo spirito salesiano.
b) Per la preparazione di dette giornate si susciti la collaborazione dei confratelli, particolarmente delle case di formazione.
c) Al termine degli Esercizi si faccia in forma più solenne la rinnovazione dei voti, secondo la nuova formula.
2. Il libro delle Costituzioni rinnovate, accompagnato da una lettera personale del Rettor Maggiore a ciascun confratello, sia consegnato in forma dignitosa, possibilmente durante una funzione religiosa, in un giorno di pausa, di riflessione, di ritiro spirituale. Nell´ occasione si ricordi che le migliori forme di aggiornamento non potranno avere successo se non saranno animate da un rinnovamento spirituale dei singoli nel loro impegno di seguire Cristo più da vicino (PC). E questo impegno personale non richiede ulteriori decisioni di assemblee o capitoli, ma deve manifestarsi subito, in tutti coloro che vogliono realmente il bene della Congregazione.
3. Notiziario
a) Si pubblichi il Notiziario per i confratelli dell´ Ispettoria:
- per mettere in evidenza particolari punti del CGS;
- per registrare i suggerimenti, le proposte dei confratelli;
- per dare notizie di quanto si va facendo nella propria e nelle altre Ispettorie in ordine al rinnovamento.
b) I Notiziari delle singole Ispettorie siano inviati al Consiglio Superiore che provvederà a mandare tempestivamente alle Ispettorie un estratto delle principali iniziative in atto nel mondo salesiano per il rinnovamento.
4. Coadiutori
a) Quale segno di adesione a quanto il CGS ha detto sul Coadiutore, si studi di rendere effettiva la possibilità che, almeno in quelle Ispettorie in cui il numero di Coadiutori è superiore o si avvicina alle proporzione numerica dei Coadiutori in Congregazione, vi sia un Coadiutore nel Consiglio Ispettoriale. Si operi proporzionalmente allo stesso modo per quanto riguarda i Consigli delle Comunità locali.
b) Durante il primo biennio post-capitolare si realizzino possibilmente convegni per Coadiutori allo scopo di studiare i documenti capitolari in ciò che li riguarda e di suggerire le applicazioni specifiche. Essi si svolgeranno in ogni Ispettoria, con la partecipazione di tutti i Coadiutori; in seguito in ogni Gruppo di Ispettorie, con la partecipazione di Coadiutori eletti dalla propria Ispettoria; infine si svolgerà un Convegno su scala mondiale, con rappresentanti di ogni Regione.
5. Consiglio della Comunità
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Il delegato della casa, eletto al Capitolo Ispettoriale, sia chiamato alle riunioni del Consiglio della Comunità quando si programma tutto ciò che si riferisce all´ azione di rinnovamento. 6. In relazione al nostro impegno di rinnovamento potrà essere opportuno richiedere ai Vescovi di segnalarci quali sono i servizi più urgenti che, nella linea della nostra missione, la Chiesa locale aspetta da noi. Ogni comunità esamini il suo rapporto con la pastorale della Chiesa locale e studi il modo di un suo più profondo inserimento. 7. L´ Ispettore col suo Consiglio verifichi la convenienza di costituire una o più comunità locali veramente affiatate e decise a mettersi con entusiasmo sulla linea del rinnovamento. Tali comunità potranno diventare esemplari e stimolanti nei confronti delle altre.
Documento 21
DELIBERAZIONI DEL C.G.S. CIRCA LA FACOLTA´
CONCESSA DAL M.P. ECCLESIAE SANCTAE, ii, 1, 7
I. Facoltà concessa dal M.P. Ecclesiae Sanctae II, 1, 7
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1) Il Motu proprio Ecclesia Sanctae, II, I, 6 concede al C.G.S. il potere di modificare a titolo di esperimento certe prescrizioni delle Costituzioni... purch siano rispettati il fine, la natura e il carattere dell´ Istituto. Esperienze contrarie al diritto comune, ma fatte con prudenza, saranno, secondo l´ opportunità, autorizzate dalla Santa Sede Queste esperienze possono protrarsi fino al prossimo C.G. ordinario, il quale avrà la facoltà di prolungarle, ma non oltre il Capitolo immediatamente seguente.
2) Il n. 7 del medesimo documento aggiunge: Il Consiglio Generale gode della medesima facoltà nell´ intervallo di tempo che corre tra questi Capitoli, secondo le condizioni determinate dai capitoli stessi ".
3) L´ oggetto di questa facoltà comprende ovviamente le prescrizioni delle vecchie Costituzioni che sono state riprese nelle nostre nuove Costituzioni o Regolamenti, come pure le esperienze contrarie al diritto comune, fatte con prudenza e con l´ autorizzazione della Santa Sede. A questo riguardo il C.G.S. DECIDE CHE L ESERCIZIO DEL POTERE CONCESSO DAL M. P. ECCLESIAE SANCTAE, II, 1, 7 RICHIEDA UNA DELIBERAZIONE DEL CONSIGLIO SUPERIORE, APPROVATA ALMENO DAI 2/3 DEI MEMBRI.
II. Poteri speciali dalegati del C.G.S.
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Per le altre deliberazioni capitolari, il C.G.S. DA´ MANDATO AL CONSIGLIO SUPERIORE (alle stesse condizioni di cui sopra: maggioranza dei 2/3 dei membri) DI COMPLETARE LE EVENTUALI GRAVI LACUNE DEL TESTO DELLE NUOVE COSTITUZIONI E REGOLAMENTI, NELLA LINEA DELL OPERA DI RINNOVAMENTO DEL PRESENTE C.G.S.
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III. Le facoltà di cui ai paragrafi 1 e 2 avranno valore fino al prossimo C.G. il quale dovrà pronunciarsi sulla loro proroga.
IV. Rimane valida la disposizione costituzionale la quale concede al Rettor Maggiore la facoltà di interpretare le Costituzioni per la direzione pratica.
Documento 22
MESSAGGIO DEI MEMBRI
DEL XX CAPITOLO GENERALE
A TUTTI I CONFRATELLI DELLA CONGREGAZIONE
Carissimi confratelli,
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prima della chiusura del Capitolo Generale Speciale, mentre ci accingiamo a tornare alle nostre comunità, desideriamo indirizzare questo messaggio a voi, che abbiamo sentiti spiritualmente vicini durante sette mesi di lavoro. La vostra presenza era ad un tempo uno stimolo ed un interrogativo che ha dominato tutto il Capitolo: Chi siamo noi salesiani oggi nella Chiesa?. Lo studio si è alternato alla ricerca al dibattito, alla riflessione. Abbiamo cercato vie nuove; ma ogni giorno ci siamo accorti di riscoprire lentamente e con gioia la nostra identità vocazionale, il volto del nostro Fondatore e la sua idea genuina sulla Congregazione. Non è stato senza fatica. Abbiamo fatto l´ esperienza che è il Signore a costruire la casa, servendosi della nostra debolezza. Sorretti dall´ Eucaristia e dalla preghiera, abbiamo constatato che il rinnovamento è un progetto insieme con gli occhi fissi in Cristo e secondo la geniale intuizione di Don Bosco. Sulla scia di Don Bosco si è delineata dinanzi a noi l´ immagine di Cristo Emmanuele: un Cristo amico e comprensivo, che mangia il pane povero, che abita nelle nostre comunità, che si dona ai poveri e ai piccoli, un Cristo che prega il Padre. Abbiamo così sentito un Don Bosco testimone di Dio, uomo scelto dal Padre per far comprendere quanto Dio ami gli uomini. Con senso di umile gratitudine crediamo che la Società salesiana è nata non da solo progetto umano, ma per iniziativa di Dio (Art. 1 delle Nuove Costituzioni).
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Ripensando la nostra vocazione alla luce del carisma di Don Bosco, siamo stati consapevoli che si trattava di una operazione delicata di ringiovanimento. Appunto per questo doveva compiersi con attenzione e rispetto. Era come incidere in un corpo vivo di chi ci ha rigenerato (Don Ricceri). così siamo arrivati alle Costituzioni rinnovate. Esse non sono opera esclusiva di noi capitolari, sono opera di tutta la Congregazione: della comune riflessione fatta attraverso le comunità locali e i capitoli ispettoriali in questi tre lunghi anni di lavoro. Sono frutto della preghiera e della sofferenza di tutta la Famiglia Salesiana, sostenuta dalla materna presenza di Maria, Virgo fidelis. Nei documenti capitolari troverete il Don Bosco di sempre, troverete quella stessa Congregazione plasmata con la fedeltà serena e gioiosa degli anziani, con la forza e l´ impulso dei confratelli maturi, con le intuizioni e i sentimenti vivaci dei giovani. Tutti certamente sentirete nelle Costituzioni rinnovate la voce dei confratelli che hanno costruito la tradizione salesiana. Essi hanno pregato e sofferto silenziosamente per questa ora di grazia. Vi sono i nostri santi, vi sono i nostri martiri di ieri e di oggi. Ma troverete soprattutto presente Don Bosco, con la ricchezza del suo cuore apostolico e delle sue intuizioni di amore verso i giovani, con il suo senso di fedeltà alla Chiesa. Don Bosco, uomo di Dio e uomo di Dio per i giovani, che, inserito nel loro mondo con l´ audacia dello Spirito, è stato profeta, ha antiveduto i bisogni, ci ha messi su una via che sfida i tempi (Paolo VI, ai membri del Capitolo Generale Speciale). Questi documenti, è vero, portano l´ impronta della nostra fragilità; ma sappiamo che lo Spirito, che ha voluto esprimersi attraverso le nostre parole, supera tutti noi. Per questo confidiamo che le decisioni capitolari diverranno luce e forza per la nostra vocazione salesiana, segno e base di unità, strada di santità nella Chiesa e nella storia. Tutte le lingue della Congregazione diventano nelle Costituzioni una sola voce, affinch tutti realmente possiamo sentirci cor unum et anima una.
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Usciamo da questi giorni di grazia con una nuova coscienza e spronati dalla carità di Cristo e dall´ anelito di Don Bosco che ci spinge verso il meraviglioso e sconvolto mondo dei giovani. Anche se essi non lo sanno, ci gridano: Vogliamo vedere Gesù. Noi lo sappiamo: essi desiderano incontrare il Cristo vivente. Vogliono vederlo con i loro occhi, toccarlo con le loro mani. Dobbiamo essere così saggi e così sapienti da trovare la chiave per entrare nella psicologia contorta e avviluppata di questa nuova gioventù; ed avere l´ amicizia e la pazienza per rifarli nell´ ordine della grazia e della sapienza umana (Paolo VI, ib.). Oggi più che mai dobbiamo credere nell´ attualità della tradizione educativa di Don Bosco che porta in sé valori che non invecchiano. Non è difficile scoprire il segreto, giacché tale incomparabile tradizione di umanesimo pedagogico cristiano affonda le sue radici nel Vangelo, dove vediamo Cristo abbassarsi per innalzare la creatura a Dio, farsi debole coi deboli per elevare l´ uomo alla verità e alla bontà. E questo lo compie non con l´ autorità estranea di chi impone pesantemente la legge, ma di chi con gravità e mitezza espone la legge di Dio come espressione del Suo amore, condizione della nostra salvezza, ed insieme come l´ educando alla stessa legge ubbidisce. In altre parole Don Bosco trovò il segreto nella carità, che è come il compendio della sua opera educativa (ib.). Tutto questo esige che sia dato spazio primario alla conversione del cuore, punto di partenza di ogni sincero rinnovamento; esige una attitudine di rinnovamento comunitario. Questa è l´ ora delle comunità-testimonianza! Il compito è difficile perché la vera comunità evangelica sfida l´ egoismo del cuore umano. La strada è difficile, ma in questo i giovani riconosceranno che in mezzo a noi c´è Qualcuno che parla a loro e che essi potranno riconoscere. Noi proviamo un senso di sgomento davanti a tanti problemi che toccano la radice della Fede, della Chiesa, della Congregazione. Ma non per questo la speranza deve svanire. Anzi è ora di vera speranza, che non significa chiudere gli occhi davanti ai pericoli, ma aprire il cuore alla Parola di Dio che non passa, e scendere nel mondo, sicuri della Sua presenza. Mettiamo insieme speranza e coraggio. Insieme e tutti andiamo incontro a questo mondo, dove il Signore ci ha scelti per essere, oggi, testimoni della Sua presenza e vicari del Suo amore. Maria Ausiliatrice, ispiratrice e maestra di Don Bosco, confermi con materna assistenza il nostro programma di rinnovamento e suggelli la nostra fedeltà.
Roma, 5 gennaio 1972
(926)Cfr PC 2, ES 2, 6.
(927)Cfr PC 3.
(928)GS 43.
(929)Giugno 1860.
(930)MB VI 631.
(931)Ep I, p 263, 23 marzo 1863.
(932)MB IX 672.
(933)MB XII 81: dal discorso di don Bosco in occasione delle Conferenze dei direttori, 3 febbraio 1876.
(934)MB XII 885.
(935)Settembre 1877.
(936)MB XIII 286.
(937)MB XII 221; cfr anche XII 300.
(938)MB VII 623.
(939)MB XIX 82.
(940)ACS n 244, p 21 ss.
(941)Ad eccezione di due Ispettorie, tutte le altre confermano la necessità del Consigliere Regionale. Anzi 19 Ispettorie ne desiderano un numero maggiore, con competenze ben definite; cfr Radiografia dei primi CIS, IV p 95.
(942)Relazione sullo stato della Congregazione, CGS, p 160.
(943)D. RICCERI, Relazione generale sullo stato della Congregazione p 162.
(944)Art 61.
(945)ES 2, 18.
(946)P. STELLA, Don Bosco. Vol. I, p 140.
(947)Cfr I Capit. Gen. 1877.
(948)Documento 1.
(949)MB XVII 25.
(950)Bollettino Salesiano, gennaio 1878.
(951)Ivi.
(952)Cfr Regol. 1876, V 3.
(953)Regolam. 1963, p 13.
(954)MB V 692; VII 611; X 663; XI 85.
(955)Capitolo Generale I, 1877.
(956)Ivi.
(957)Cfr MB XI 309.
(958)Messaggio 2 luglio 1971.
(959)D. RICCERI.
(960)Messaggio v.s.
(961)Cfr LG 36-37; AA 7.
(962)Cfr GS 43 b.
(963)Cfr AA 25; AG 21.
(964)Cfr GS 7; AA 12; Regolam. 1876 IV, 4.
(965)Cfr GS 52; AA 11; GE 3.
(966)Cfr LG 35; GS 32; CD 30; AA 10; Regolam. 1876 IV, 1.
(967)Cfr PO 11; OT 2; Regolam. 1876 IV, 2.
(968)Cfr LG 36; GS 75, 88, 90; AA 13.
(969)Cfr IM 13; Regolam. 1876 IV, 3.
(970)Documento 1.
(971)Cfr Bollettino salesiano, agosto-settembre 1877.
(972)P. STELLA, Don Bosco vol I, p 140, nota 34.
(973)I Capitolo Generale 1877.
(974)DON Bosco, Progetto I Capitolo Generale 1877.
(975)Cfr PC 22, AA 25.
(976)Cfr LG 30, 31 36, 37; PO 9; GS 43; AA 25.
(977)Bollettino salesiano, gennaio 1878.
(978)Regolamento, IV.
(979)Cfr MB X 1311, Boll. sal., agosto-ottobre 1877.
(980)Bollettino salesiano, gennaio 1878, p 1-3.
(981)Cfr MB V, 692; VII, 622; X, 663; XI, 85.
(982)Cfr MB XI, 309.
(983)Messaggio v.s.
(984)DON RICCERI.
(985)Messaggio v.s.
(986)Cfr LG 36-37; AA.
(987)MB X 1309.
(988)Proemio Statuto Confederazione mondiale.
(989)Atti Congresso Mondiale, p. 207 ss.
(990)Atti Congresso Mondiale, p 287.
(991)Promemoria consegnato alla I Comm. A il 30 luglio 1971: n. III C, 3 b.
(992)Promemoria cit. n. I B.
(993)DON RINALDI citato in ACG XIX, p 160.
(994)DON RICCERI in ACS, n 262-270.
(995)Settembre 1970.
(996)DON RICCERI, Relazione generale sullo stato della Congregazione, p. 139 ss.
(997)GE 8.
(998)Cfr Lettera del Rettore Maggiore ai Salesiani in ACS n 262.
(999)ACG XIX 163.
(1000)ACG XIX 163.
(1001)ACG XIX 162.
(1002)Paolo VI agli Exallievi, 23 settembre 1970.
(1003)ACS 244, 163.
CAPITOLO GENERALE XX della Congregazione Salesiana
A cura di don Juan E. Vecchi e CSPG - Roma
Parte Seconda
ALLEGATI
Allegato 1
Lettera del Card. G. Villot
Segretario di Stato di Sua Santità
al Rettor Maggiore
SEGRETERIA DI STATO
N. 182803
Dal Vaticano 26 Aprile 1971
Reverendissimo Signore,
II Sommo Pontefice ha appreso con soddisfazione che il 10 giugno p.v., nella nuova Casa Generalizia di via della Pisana in Roma, avranno inizio i lavori del Capitolo Generale Speciale della Congregazione fondata da S. Giovanni Bosco.
Per tale avvenimento, molto importante nella storia della Società Salesiana come segno della sua sempre giovane vitalità e del suo desiderio di adeguarsi intimamente alle direttive della Santa Sede e del Concilio Vaticano li, Sua Santità desidera esprimere voti e assicurare preghiere, affinchè la riunione di sì numerosi e sperimentati Religiosi, che portano con sè le esperienze, gli echi, le attese della grande famiglia di Don Bosco, sparsa in tutto il mondo, rechi i frutti che Ella, i Superiori e i Confratelli si attendono.
Non sfugge, in realtà, al Santo Padre, che cotesto Istituto tiene il Capitolo in un particolare momento storico, pieno di promesse, ma non scevro di difficoltà e di crisi, sia esterne - per le trasformazioni in atto nella società in cui viviamo, che rendono più difficile la penetrazione del messaggio cristiano - sia interne -per le ripercussioni che dette mutazioni hanno, in genere, sulla vita religiosa che interroga se stessa, le sue finalità, i suoi risultati, e, in specie, anche sulla grande Famiglia Salesiana -. Infatti, se si pensa all´enorme peso che ha preso nel mondo il problema dei giovani, a cui essa dedica le sue migliori energie, ai fermenti che lo permeano e lo agitano, alla apparente inefficacia che viene attribuita ai tradizionali metodi pedagogici, e alla esigenza variamente sentita e sperimentata di nuove tecniche educative, non si può non rilevare quali grossi problemi si pongano alla riflessione, alla discussione e alla preghiera dei Padri Capitolari.
Il Sommo Pontefice, mentre plaude alla nobile impresa che si propone di aggiornare le direttive apostoliche e religiose dei Salesiani, sottolinea al tempo stesso che la soluzione dei problemi più urgenti è da ricercare anzitutto nello studio cosciente e nella volonterosa applicazione dei documenti conciliari, relativi alla vita sacerdotale e religiosa, intesa come totale consacrazione a Cristo e alla Chiesa per servire le anime. Nel caso di cotesta Congregazione, ciò vorrà dire dedicarsi specialmente ai giovani, -per aiutarli a essere se stessi, a vivere autenticamente la propria esperienza umana e cristiana, facendo loro trovare nell´amicizia col Redentore Divino, coltivata con lealtà e fragranza di sentimenti, il fulcro animatore della loro completa formazione, ´incentrata nella vita sacramentale della Chiesa e nella carità verso i fratelli. Ma tale programma, che non è altro che quello del Fondatore di codesta Famiglia religiosa, non può essere pienamente applicato senza la riscoperta dei genuino spirito di Don Bosco, che ha dato finora una impronta inimitabile alle sue opere, ed è stato principio fecondissimo di bene per la Chiesa e per l´umanità, puntando ogni sforzo nella cura della gioventù; e, anche oggi, questo è e rimane il compito primario di chi, come i Salesiani, ama i giovani e vuole assicurarne le forze intatte al servizio degli ideali del Vangelo, alla difesa dei sani valori della persona, della famiglia e della società.
Il Vicario di Cristo, mentre rinnova voti e direttive, rivolte ai membri della Congregazione Salesiana, nella recente Udienza del 3 aprile 1971 (cfr « L´Osservatore Romano », 4 aprile 1971), è perciò lieto di. esprimere a Lei e ai suoi Collaboratori vivo compiacimento e incoraggiamento per la loro azione orientatrice e stimolatrice e per gli intenti che li muovono nel celebrare il Capitolo.
In particolare, il Santo Padre conosce le ansie e sollecitudini quotidiane, apprezza il suo lavoro, non facile nè di riposo, e vuole assicurarLa che, in questo momento delicato, Le è vicino con la Sua paterna benedizione e con la Sua preghiera, per invocare su di Lei l´onnipotente assistenza del Signore, per intercessione di Maria Ausiliatrice e di San Giovanni Bosco, del quale la Signoria Vostra Rev ma ha raccolto la grave , eredità, e che dal Cieloo non mancherà di proteggere e vivificare la Famiglia da lui fondata.
Il Santo Padre accompagna questi voti con la Sua propiziatrice Benedizione Apostolica, che di gran cuore imparte a Lei, ai Capitolari, ed ai membri tutti della Congregazione.
Esprimo a mia volta cordiali auguri di buon lavoro, mentre mi valgo della circostanza per confermarmi con sensi di religioso ossequio
della Signoria Vostra Rev.ma
Dev.mo nel Signore
G. Card. Villot
Allegato 2
Discorso del Rettor Maggiore in apertura
del Capitolo Generale Speciale
Carissimi,
non vi nascondo la mia commozione in questo momento: passano e urgono nel mio animo tanti sentimenti. Gioia, perché, fratelli provenienti dalle regioni più diverse, ci ritroviamo qui chiamati dallo stesso ideale, mossi dallo stesso spirito, nel nome del Padre comune. Soddisfazione, perché la vostra presenza in questa sala rappresenta visibilmente il coronamento del lungo laborioso iter di preparazione a questo Capitolo. Fiducia vivissima e fondata che con la grazia del Signore, viribus et cordibus unitis, sapremo realizzare felicemente il mandato veramente eccezionale che la Congregazione, in ottemperanza alla volontà della Chiesa, ci ha affidato. Purtroppo dobbiamo costatare con profonda tristezza che nella nostra Assemblea mancano dei fratelli a tutti noi particolarmente cari. Non è loro concesso di vivere con noi questi giorni di fraterna, salesiana e costruttiva carità. Essi soffrono intensamente per questa forzata assenza, ma in pari tempo trovano nell´ amore alla Congregazione la forza per trasformare la sofferenza in olocausto di preghiera per tutti noi, per i nostri lavori. Insieme a questa preziosa preghiera essi offrono alla Congregazione un dono non meno prezioso: la fedeltà. Stralcio da una recente lettera proveniente da oltre cortina: Ci creda, non abbiamo amato tanto la nostra vocazione come ,l´ abbiamo amata nelle prove... La assicuriamo della nostra fedeltà promettendo le nostre modeste ma fervide preci, perché il Capitolo Generale porti una salutare rinnovazione e un miglioramento della vita nella grande famiglia di Don Bosco. A tutti questi nostri fratelli, dovunque e in qualsiasi modo impediti di esercitare il loro diritto di uomini liberi, il nostro pensiero affettuosamente ammirato e riconoscente tradotto in preghiera, mentre raccogliamo da essi il monito e l´ esempio di quella fedeltà alla Congregazione tanto più sentita e generosa quanto più irrorata di lacrime e di sofferenze.
«Il Signore sia con voi»
Nel dichiarare ufficialmente, a norma dell´ art. 138 delle nostre Costituzioni, l´ apertura del Capitolo Generale Speciale XX, non saprei esprimere un saluto più bello per me, e certamente più gradito a voi, di questo: Il Signore sia con voi!. Il Signore Gesù ce lo ha assicurato: Ogni volta che due o tre sono riuniti in suo Nome, Egli è in mezzo a loro. Avevo già scritto queste parole quando pensai di consultare le Memorie Biografiche per vedere che cosa aveva detto il nostro Padre ai nostri fratelli convocati il 5 settembre 1877 a Lanzo per il Primo Capitolo della Congregazione. Ecco le sue parole: "Il Divin Salvatore dice nel santo Vangelo che dove sono due o tre congregati nel suo Nome, ivi si trova Egli stesso in ,mezzo a loro. Noi non abbiamo altro fine ,in queste adunanze che la maggior gloria di Dio e il bene delle anime redente dal prezioso Sangue di Gesù Cristo. Possiamo dunque essere certi che il Signore si troverà in mezzo a noi e condurrà Egli le cose in modo che tutte ridondino a Sua maggior gloria. Come vedete c´è una coincidenza di pensiero e di sentimento che ci spinge ad accogliere e vivere intensamente il saluto che viene non tanto da me, quanto dal nostro stesso Padre: Il Signore sia con voi.
Il nostro è un servizio straordinario
Il Signore dunque ci ha riuniti qui attraverso le vie misteriose della Sua Provvidenza. Perché? La risposta è semplice. Siamo chiamati qui per un Servizio Straordinario alla Congregazione nostra amatissima. Certo, il partecipare ad un Capitolo Generale è sempre un servizio fuori dell´ ordinario, ma partecipando a questo Capitolo Generale sentiamo che il nostro è un servizio veramente straordinario, si può senz´altro dire unico. Il nostro, lo sappiamo bene, è un Capitolo che si differenzia da tutti gli altri. E´ speciale, e questo per volontà della Chiesa, che ha dato pure norme, direttive e criteri per la sua preparazione e attuazione: non solo, ma ne ha indicato chiaramente i fini e le mete. E noi, sulla linea del nostro Padre, ci siamo impegnati a fondo per attuare fedelmente la volontà della Chiesa. Per questo la preparazione è stata straordinaria: per la sua durata, circa tre anni, per la vasta capillarità delle consultazioni allo scopo di conoscere la mens di tutti i confratelli della Congregazione sui numerosi problemi della medesima, per la partecipazione e il contributo di studio da parte di confratelli, gruppi e comunità, e per l´ aumentato numero dei partecipanti ai due Capitali Ispettoriali e quindi al Capitolo Generale. Ma non è tutto qui. E´ giusto ricordare tutto l´ ottimo lavoro realizzato nei due Capitoli Ispettoriali e nelle rispettive Commissioni di studio, in un clima di libertà, di rispetto e di dialogo; e ancora il lavoro intelligente, paziente e generoso sino al sacrificio compiuto dalle varie Commissioni centrali. Desidero specialmente segnalare alla comune riconoscenza quegli ottimi confratelli che a Villa Tuscolana nei pressi di Roma, per vari mesi, instancabilmente e in clima di salesiana fraternità e di preghiera esemplarmente e comunitariamente vissuta, si sono sobbarcati ad una fatica veramente eccezionale per riuscire ad approntare, attraverso pazienti elaborazioni e rielaborazioni, i documenti-base o piste di lavoro, chiamiamole così, che sono già nelle vostre mani. Ad essi, a tutti quanti in qualsiasi modo e misura hanno dato nelle varie fasi di preparazione il loro contributo, al carissimo Regolatore Don Scrivo, che ha coordinato tutto questo immenso lavoro e ne è stato l´ animatore, il grazie nostro e quello di tutta la Congregazione per il prezioso servizio che essi le hanno reso.
La sede che ci accoglie
Ancora in tema di preparazione speciale non possiamo passare sotto silenzio quella logistico-tecnica. Dopo che il Capitolo Generale XIX deliberò che la Casa Generalizia fosse trasferita a Roma, ci si preoccupò perché si creasse anche la possibilità di ospitare il Capitolo Generale. Non era impresa da poco. Provvedere ad alloggiare 250 e più persone, con tutti i servizi inerenti, non è impresa semplice. Si trovò la formula creando due opere: la Casa Generalizia e quella per Esercizi Spirituali e Convegni. Si fece un atto di fiducia nella Provvidenza e si iniziò! Vi confesso che abbiamo avuto a varie riprese momenti di serie preoccupazioni, quando sorgevano ostacoli e difficoltà impreviste per il tempestivo approntamento degli ambienti e delle attrezzature che avrebbero dovuto accogliere i Capitolari e consentire il funzionamento di tutta la macchina organizzativa del Capitolo stesso. Dobbiamo dire che è stato un vero record l´ esser potuti riuscire, malgrado i numerosi e grossi imprevisti, ad essere pronti almeno per i servizi essenziali nei due complessi, la Casa Generalizia e l´ attigua Casa di Ritiri e Convegni. Credo di interpretare il vostro sentimento esprimendo qui il meritato grazie al nostro carissimo Economo Generale Don Pilla, che non si è dato tregua, lottando contro tutti gli ostacoli di ogni genere per superarli ad ogni costo, ed ai suoi immediati e preziosi collaboratori. E´ vero, non tutto troverete messo perfettamente a punto, sia nella Casa Generalizia che nell´ altra, ma la vostra comprensione, il vostro spirito di adattamento e di sacrificio sapranno supplire tutte le eventuali manchevolezze.
Il nostro compito fondamentale e speciale
Detto questo, è assai importante che tutti abbiamo la coscienza piena del mandato affidatoci dalla Chiesa e dalla Congregazione. Il compito fondamentale di ogni Capitolare è questo: noi siamo chiamati qui come legislatori per tutta la Congregazione, siamo qui col mandato di ricercare e procurare il bene comune della Congregazione nel suo insieme. A ciascuno di noi incombe il dovere di procurare il bene comune, sapendo all´ uopo sacrificare interessi particolari. Questo, a mio parere, è lo spirito che deve animare il Capitolare Legislatore, che sente di avere un mandato di interesse e di ambito universale. Quanto allo scopo, che rende veramente speciale questo nostro Capitolo, voi lo sapete quale è: promuovere una accomodata renovatio, un rinnovamento adattato della vita religiosa nella nostra Congregazione. Queste due parole contengono un enorme programma e implicano grossi e complessi problemi che noi siamo chiamati a studiare e risolvere. Basta leggere il n 3 del Perfectae Caritatis per rendersi conto della competenza vastissima, anzi universale che viene attribuita al Capitolo Generale in materia di rinnovamento. "Il modo di vivere, di pregare e di agire deve convenientemente adattarsi alle odierne condizioni fisiche e psichiche dei religiosi; come pure, per quanto è richiesto dalla natura di ciascun Istituto, alle necessità dell´ apostolato, alle esigenze della cultura e alle circostanze sociali ed economiche; e ciò dovunque, ma specialmente nei luoghi di missione. Anche il modo di governare deve essere sottoposto ad esame secondo gli stessi criteri. Perciò, le Costituzioni, i " direttori", i libri delle usanze, delle preghiere e delle cerimonie ed altri simili codici, siano convenientemente riveduti e, soppresse le prescrizioni che non sono attuali, vengano modificati in base ai documenti emanati da questo Concilio " PC 3). Questa sola assai sintetica enumerazione potrebbe in qualcuno, come è già successo, suscitare una certa reazione. Si cambia tutto? Non rimane nulla allora del nostro passato? Conviene rifarsi alla sostanza e al significato radicale della parola rinnovamento per farne una valutazione che risponda alla realtà. Esso suppone la continua identità del soggetto attraverso il processo del rinnovamento stesso: non si tratta dunque di distruggere o di sostituire il soggetto, cioè la Congregazione, con un altro, e neppure si postula una nuova fondazione. Noi non siamo qui per fare una nuova Congregazione: non avremmo affatto né i carismi né il mandato per farlo. E´ la stessa identica Congregazione che è chiamata a rinnovarsi, rimanendo sostanzialmente quella che Don Bosco ha voluto per ispirazione del Cielo e come si è sviluppata nell´ alveo della sana tradizione. Si tratta di una operazione delicata di ringiovanimento: appunto per questo deve compiersi con estrema attenzione e massimo rispetto. E´ infatti un affondare il bisturi in un corpo vivo, e per di più nel corpo di chi ci ha generato. Chi si accinge a farlo dovrebbe essere rivestito e posseduto dallo spirito carismatico del nostro Padre. Almeno accingiamoci a questa operazione con delicatezza, fatta specialmente di umiltà e di profondo rispetto, con la filiale preoccupazione di interpretare la mens del Padre, senza cadere nella tentazione di sostituirci a Lui. Ci muoveremo su terreno sicuro appoggiandoci costantemente alla guida della Chiesa: Duce Ecclesia!. Essa ci offre tutti quei sussidi che ci facilitano l´ esplicazione del mandato di legislatori del rinnovamento della Congregazione.
Una guida sicura nell´insagnamento del magistero
Il primo sussidio, che è insieme garanzia di lavorare al sicuro, lo troviamo nei documenti Conciliari, postconciliari, e quindi nel magistero pontificio e della gerarchia. Del resto, la Chiesa stessa nell´ ordinare il Rinnovamento degli Istituti religiosi indica chiaramente che esso deve ispirarsi al Concilio, tutto il Concilio, con ciò che esso comprende e rappresenta di spirito rinnovatore e anche innovatore , secondo le parole di Paolo VI. Superfluo dire che tra tutti i documenti conciliari e postconciliari presteremo primaria e costante e approfondita attenzione a quelli che ci riguardano direttamente. Ma è chiaro che non possiamo restringere solo a questi documenti la nostra continua attenzione. Tutto il Concilio, nei suoi documenti, ci deve essere presente, integrato specialmente dal Magistero Pontificio che in questi anni, proprio sul Rinnovamento, è stato largo di ricchi insegnamenti e di continue aggiornate puntualizzazioni. Sarebbe un grave peccato di omissione e un gesto di infedeltà al nostro Padre, così filialmente attento alla parola del Pontefice, se noi dovessimo ignorare questa autorevole e magisteriale parola. Con ciò non si esclude affatto tutta quella interessante, rinnovatrice letteratura che si occupa - sulla linea autentica del Concilio - del rinnovamento della vita religiosa. Come Capitolari Salesiani un sussidio indispensabile lo cercheremo nella letteratura salesiana. Comprendo che non ci può essere tempo per tutto: ma pure dobbiamo su tanti punti salesianamente essenziali cercare di documentarci. Non possiamo prendere determinate posizioni su problemi anche fondamentali senza esserci bene assicurati. A tal fine il programma dei lavori sarà certamente organizzato in modo da consentire almeno il tempo minimo per tale necessario studio.
Trattiamo gli affari di Dio
Arrivati a questo punto, mi pare necessario che noi prendiamo ancora più chiara e approfondita coscienza della natura del nostro compito; da questa concreta presa di coscienza derivano conseguenze che sono essenziali per la riuscita dell´ impresa alla quale ci accingiamo. Non presumo atteggiarmi a maestro di fronte a voi, carissimi, ma per la responsabilità che sento pesarmi sulle spalle quale successore di Don Bosco, credo mio dovere richiamare anzitutto a me e quindi a voi la parola dell´ apostolo: Videte quod tractatis. La nostra non è un´ assemblea di azionisti di una industria, non è un´ assemblea politica con le fazioni dai contrastanti interessi economici, di prestigio, di ambizioni. Noi siamo qui Chiesa, meglio, assemblea di uomini consacrati, riuniti nel nome del Signore, votati totalmente a un ideale sovrannaturale: noi sentiamo di essere uomini di fede, le cui preoccupazioni hanno le loro radici nella fede e la cui attività, anche questa in atto, è tutta illuminata, ravvivata e motivata dalla fede. Siamo qui infatti non per interessi in qualsiasi modo umano, ma per gli interessi di Dio, del suo Regno, della sua Chiesa. Siamo qui per gli interessi delle anime, primariamente dei nostri Confratelli, e di quelli che la Provvidenza ci affida: per questo, anche se dobbiamo occuparci di argomenti organizzativi, economici, essi ci interessano solo in quanto necessari strumenti per la nostra missione; e le scienze stesse sociologiche, statistiche, storiche, filosofiche di cui ci serviamo, sono tutte in funzione della missione a cui siamo votati, che è missione spirituale, sovrannaturale. Se noi sentiamo veramente di essere qui per trattare gli affari di Dio, delle anime, non stenteremo a convincerci che tutti i sussidi umani che noi abbiamo potuto mettere in atto, e non sono pochi!) varrebbero ben poco se nell´ esplicare il nostro mandato non ci mettessimo sulla linea di Dio; più chiaramente, su un piano ed una visione sovrannaturale.
Il rinnovamento ha un nome: santità
Vengono allora ovvie e insieme utili alcune considerazioni. In riferimento al Capitolo Generale la parola Rinnovamento ricorre ad ogni piè sospinto. Ma qualsiasi piano di rinnovamento, anche il più perfetto, a nulla approderebbe se non dovesse trasformarsi in vita vissuta nei singoli membri. Questo vivere i valori - tutti i valori del rinnovamento - ha un nome: santità. Dobbiamo affermarlo chiaramente: come consacrati, nostra vocazione specifica, professionale, è, e sarà sempre, tendere alla santità più e meglio dei semplici battezzati; tutto e tutti ce lo ricordano: la Chiesa, il Concilio, il postconcilio. Ma già il nostro Don Bosco non si stancava di ripeterlo ai nostri predecessori. In una Circolare del 9 giugno 1867 con accenti decisi scriveva: Primo oggetto della nostra Società è la santificazione dei membri. Ognuno se lo imprima bene nella mente e nel cuore; cominciando dal Superiore Generale fino all´ ultimo dei Soci niuno è necessario nella Società. Dio solo ne deve essere il Capo, il Padrone assolutamente necessario (Ceria, Epistolario di S. G. Bosco, Lettera 559). Ma anche la base della Congregazione manifesta il bisogno e la volontà di questo rinnovamento profondo che ha un solo nome: santità. Ora noi dobbiamo chiederci con estrema franchezza - è una nostra primaria responsabilità -: "Come il Salesiano risponde oggi a questo suo perentorio impegno e bisogno? Come nella nuova situazione e nel nuovo clima, venuti a crearsi nel mondo in cui il salesiano deve oggi anche vivere e per cui deve operare, può essere fedele a questo impegno? Il nostro organismo, così come si trova e funziona oggi, riesce a dare al salesiano quella carica sovrannaturale di cui egli ha assoluto bisogno? Come riesce a produrre e a comunicare la vitalità autenticamente apostolica che nel passato galvanizzava il Salesiano? Questo organismo accusa un certo illanguidimento? E vero che nelle comunità si costata un sensus ed una mens e quindi un modo di vita borghese, secolarizzante, mondano, con un cristianesimo facile, senza sacrificio, senza doveri, senza rinunzie, senza superiori, senza dolore, che si allontana verbo et opere dai postulati della vita consacrata e salesiana? Quali sono i perché, tutti i perché di questa situazione? E allora, ci si domanda, i mezzi e le vie che oggi la Congregazione offre al salesiano per tendere alla santità si dimostrano adeguati alle nuove situazioni? E come sono utilizzati? E forse il caso di sostituirli con altri mezzi e modi efficaci pur sempre ispirati a un grande zelo per la santità e per la perfezione? Gli stessi interrogativi si debbono porre per l´ apostolato, il vero apostolato, primariamente tra i giovani, specie poveri, bisognosi e abbandonati. Il S. Padre nel suo messaggio al nostro Capitolo ce lo ricorda autorevolmente: Se si pensa - egli dice - all´ enorme peso che ha preso nel mondo il problema dei giovani, ai fermenti che lo permeano o lo agitano, alla apparente inefficacia che viene attribuita ai tradizionali metodi pedagogici e all´ esigenza variamente sentita e sperimentata di nuove tecniche educative, non si può non rilevare quali grossi problemi si pongono alla riflessione... dei Padri Capitolari....
Rinnovamento in chiave salesiana
Gli stessi primordiali e fondamentali problemi sono posti con una gamma di sfumature in tutta la Congregazione, come appare dai Capitoli Ispettoriali. Ripeto, la Congregazione deve e vuole rinnovarsi anzitutto nella sua vita religiosa, spirituale e insieme apostolica, e voi comprendete quale arco di valori si contengono in queste parole. Ma vorrei aggiungere subito che tali valori devono essere rinnovati in chiave salesiana, per il salesiano, pensando al suo spirito, alla sua missione, alla sua natura che non è quella dei Piccoli Fratelli di Gesù o dei Gesuiti o dell´ Opus Dei... Per questo non nascondiamoci la realtà, non chiudiamo gli occhi dinnanzi alle nostre deficienze, ai nostri punti deboli, e non fermiamoci su di essi, se non per farli sparire.
Dalla preghiera il «recta sapere»
Dinanzi a problemi di tale portata appare evidente tutta l´ importanza, anzi la necessità che noi, in clima di Cenacolo, come gli Apostoli, uniamo i nostri cuori nella preghiera. Avvicinandosi il Capitolo Generale Speciale tutta la nostra molteplice famiglia si è sentita più intensamente impegnata alla preghiera, compresa dell´ assoluto bisogno dell´ aiuto divino. Da ogni parte del mondo ho avuto assicurazioni e direi documentazioni di questo immenso coro di preghiera; penso specialmente a tante anime che hanno offerto al Signore non solo sofferenze spesso anche acutissime, ma financo la vita. Per questo oggi noi, grati per tanta carità, ci sentiamo confortati e fiduciosi. Ma è chiaro che non possiamo delegare ad altri la parte di preghiera che tocca a noi, appunto per le peculiari responsabilità che ci attendono. Il filosofo Peter Wust, a coronamento di tutta la sua vita, lasciava ai suoi discepoli queste parole: Ho scoperto con assoluta certezza la chiave, la magica chiave, della Sapienza: essa è la preghiera. Noi abbiamo appunto bisogno, in questa nostra grande fatica, della sapienza che viene da Dio ancora più abbiamo bisogno di averne la chiave: con la preghiera. Il Signore ha detto: Il Padre darà lo Spirito Santo a coloro che lo pregano. E che cosa è lo Spirito Santo se non la Sapienza infinita di Dio? Per questo noi ci rivolgiamo giorno per giorno a Lui affinch, arricchiti della sua Sapienza, possiamo recta sapere, cioè vedere chiaramente per valutare saggiamente e quindi deliberare rettamente. Noi abbiamo inoltre la fortuna di vivere questi giorni straordinari insieme. Ci ritroveremo insieme, prima che nei lavori, nell´ incontro comunitario con Dio. La nostra preghiera sarà quindi enormemente potenziata, esaltata: ce lo ha assicurato il Signore. Ma abbiamo ancor di più: noi ci troveremo ogni giorno raccolti attorno alla Mensa Eucaristica. Il nostro non sarà uno spettacolo più o meno suggestivo, no: sarà il rivivere con la fede stessa dei discepoli il mistero del Giovedì Santo. Riuniti con Lui, in Lui, per Lui, nutriti dello stesso cibo e della stessa bevanda, ci sentiremo abbracciati dalla solidarietà di Cristo; dopo aver portato i nostri problemi, i nostri dubbi, la nostra vita quotidiana all´ Eucaristia, riporteremo da essa quel robur et auxilium di cui abbiamo tanto bisogno. Ma la nostra preghiera personale e comunitaria, la stessa Eucaristia, potrebbero essere come vanificati nei loro divini effetti, se noi dovessimo presentarci al Signore privi anzitutto di quell´ umiltà che è la conditio sine qua non che Egli pone per dare la sua grazia: Resistit superbis, humilibus dat gratiam. E una legge del Signore.
L´umiltà: presupposto per costruire insieme
Appunto perché siamo convinti di questa Legge dell´ umiltà, staremo bene attenti a difenderci dall´ agguato dell´ io, dell´ amor proprio, sempre pronto a sbucare fuori, camuffandosi anche in forme suadenti e suggestive. Il P. Voillaume parlando a cardinali, vescovi, al Papa stesso, raccolti in Esercizi, a proposito della parola di Gesù: Se non riceverete il regno di Dio come un bambino, non vi entrerete, spiega che in questa parola di Gesù c´è tutta l´ umiltà dell´ intelligenza, e la povertà del cuore. E proprio questo l´ atteggiamento e lo spirito che ognuno di noi deve portare nel Capitolo. Il dialogo, è qui il caso di accennarlo, così importante e insostituibile per uno studio efficace dei problemi, è fondato anzitutto sull´ umiltà, e quindi nel rispetto dell´ altro e sulla fiducia. Esso sarà fecondo se nessuno si atteggia ad onnisciente e in pieno possesso della verità e non può consistere in un pretendere la resa incondizionata dell´ altra parte. Questo importa allora che l´ animo sia benevolmente disposto non a sentire solamente ma ad ascoltare l´ altro. In tema ancora di umiltà, vorrei aggiungere un´ altra parola: con l´ umiltà personale, portiamo in Capitolo quella - come dire? - collettiva o collegiale. Don Rua, e mi è tanto caro citarlo, mentre ci avviciniamo alla sua Beatificazione, in una circolare del lontano 29 gennaio 1894, così scriveva ai Salesiani: Egli è certo che esaminando per poco lo stato attuale della nostra Pia Società, noi vi scorgeremo di leggieri molte imperfezioni: così permette Iddio per mantenerci nella santa umiltà. Non si può dire proprio che Don Rua sia un trionfalista! E noi? Dovremo avere la lealtà, la franchezza e la " santa umiltà di riconoscere le deficienze, le infedeltà, le miserie che eventualmente si riscontrano nella Congregazione, evitando ogni posizione preconcetta e, in fondo, orgogliosa, di chi non vuole riconoscere le realtà meno gradite. Questo non sarà un erigersi quali giudici che condannano uomini e cose della Congregazione, ma viceversa sarà per tutti un esame di coscienza mosso dall´ amore verso di Lei, che vogliamo appunto sine macula et sine ruga.
I due poli della nostra fedeltà
Un aspetto direi conseguente dell´ umiltà che deve guidare il nostro agire in Capitolo è la fedeltà. Essa infatti suppone un guardare, meglio un aderire con fiducia, senza esitazioni, decisamente a qualcuno, a qualcosa di importante: Dio, la Chiesa, la Congregazione, rinunciando anche a se stessi, alle proprie cose, alle proprie vedute. Nei lavori capitolari questa parola fedeltà, come già nei documenti dell´ iter preparatorio al Capitolo, ricorrerà molte volte. La fedeltà, è stato scritto, è la tensione verso la roccia da cui siamo scaturiti e contemporaneamente verso il punto finale a cui siamo diretti. La fedeltà dunque è la continua riscoperta del nesso profondo e inscindibile che unisce questi due poli: è la penetrazione, oltre le cortine fumogene della superficialità, nella ragion d´ essere di ciò che si accetta e si professa; in breve, è una legge della vita. Il senso quindi della fedeltà non può confondersi col consuetudinarismo e con l´ immobilismo, ma esige un costante, consapevole atteggiamento, vivificato dalla luce dell´ esperienza. Quello che importa è questo: che ognuno di noi qui si persuada che la fedeltà, in momenti di rinnovamento come quello che noi viviamo e di cui dobbiamo essere operatori, è un atteggiamento in sé stesso positivo e dinamico: non è e non deve essere, la passiva acquiescenza a qualcosa che si è ereditato ed è entrato nel nostro patrimonio, ma piuttosto la cura operosa di trafficarlo e di portarlo alla massima espansione. Non ha parentela, la fedeltà, con un immobilismo geloso, né con il timido tradizionalismo, ma si impasta di attività, e insieme di riflessione, di meditazione. La fedeltà, in fondo, è espressione dell´ amore (nel nostro caso l´ amore a Don Bosco e alla Congregazione), e l´ amore vero, intelligente, autentico; vuole che la persona e la cosa amata non si trasformi in oggetto archeologico, ma rimanendo se stessa, viva di vita attiva, dinamica, feconda. Ma dobbiamo anche convincerci che la fedeltà non può avere alcuna parentela con certo inconsulto progressismo che vuole il nuovo per il nuovo; che punta in pratica, anche senza averne coscienza, sull´ eversione, che accredita ed accetta ogni ipotesi come dimostrabile o dimostrata; che, in nome di aperture, svuota e laicizza il salesiano e con lui la sua missione. Detto ciò, riconosco che il discorso, nella pratica, rimane sempre molto delicato, come molto delicate e complesse sono le situazioni concrete a cui si devono applicare questi principi. Ma appunto per questo dovremo procedere con grande senso di responsabilità per evitare Scilla senza andare a sbattere in Cariddi.
Un cuor solo nella carità
Carissimi, iniziando il mio discorso, vi ho invitati a fare di questa grande e bella famiglia un cenacolo vivo ed operante. Ma sento che Cenacolo non potremo essere senza quella che ne è l´ anima: la fervida carità fraterna. La celebrazione Eucaristica, diligentemente e fecondamente vissuta, sarà certamente la prima sorgente alimentatrice della nostra fraternità. Ma tanti altri elementi, spirituali ed anche umani, contribuiscono a tenere vivo tra noi il clima di quella carità che unisce i cuori nella comprensione, nel compatimento, nella collaborazione, nella gioia. Un motivo specifico, e direi di particolare interesse, noi abbiamo per farci tutti costruttori del nostro Cenacolo di carità. Ho letto, in un libro che tratta del rinnovamento, queste parole che non ho dimenticato, anche perché vengono da persona di larghissima esperienza di vita religiosa e di Capitoli Generali: Il rinnovamento non può compiersi senza la carità. Rinnovamento infatti significa un amore più grande e strutture migliori per dare impulso a questo amore più grande. Quanto sono lontani dal vero coloro che pensano che per amore delle riforme può essere violata la carità! Noi abbiamo creduto, e vogliamo credere nel senso più pieno, alla carità. Proveniamo da tutti gli angoli della terra, apparteniamo a tante diverse culture e civiltà e costumi. La gamma delle nostre età è abbastanza differenziata; anche idee e punti di vista non sempre potranno coincidere. Tutto questo sarà superato dalla nostra fraternità. Non per nulla ci diciamo e sentiamo di essere figli dello stesso Padre.
Dalla integrazione delle nostre forze la conquista dell´unità
Il frutto più prezioso e ambito di questa carità di Cenacolo sarà l´ avveramento della preghiera-testamento di Cristo, ut unum sint, riecheggiata alle origini della Congregazione sulle labbra del nostro Padre. Nel lontano 1869, appena Don Bosco potè avere da Roma la sospirata approvazione della Congregazione, riunì quei primi nostri fratelli e tenne una lunga conferenza su questo argomento, a vivere in unum, sviluppando i tanti motivi e gli aspetti di questo vivere in unum (MB IX, 571 ss.). In questo momento sento di essere l´ eco della voce accorata del Padre: viviamo, operiamo con la volontà protesa verso l´ unità. Facciamo veramente comunione. Lo so, noi portiamo nel nostro cuore le inquietudini, le tensioni, le istanze, le impazienze, i mille aspetti della crisi che travaglia la Chiesa e la società, ed è presente nella Congregazione. Come dicevo prima, portiamo qui, per un insieme di cause, mentalità, sensibilità e preoccupazioni spesso forse assai diverse. Le diversità saranno una provvidenziale ricchezza, se agiranno in un piano superiore di una vera ed autentica comunione. Nessuno però può pensare e tanto meno desiderare un´ unità precostituita, diremmo quasi prefabbricata, un unanimismo u artificiale e per nulla fecondo. Noi pensiamo e auspichiamo un´ unità conquistata perché sinceramente voluta, ricercata e sofferta anche: dico sofferta, e a ragione. Il Card. Doepfner, aprendo i lavori del grande Sinodo dei Cattolici della Germania Federale, li invitava all´ unità citando le parole di S. Paolo agli Efesini: Siate zelanti nel conservare l´ unità che dà lo Spirito. Ma faceva notare che poco prima l´ Apostolo invitava gli stessi cristiani a sopportarsi l´ un l´ altro con amore fraterno, meglio ad accettarsi gli uni gli altri. Queste parole - dice il Cardinale - suppongono conflitti, divergenze di idee, controversie, punti di attrito. Noi aggiungeremmo: ciò è nell´ ordine delle cose; non sarebbe normale se non fosse così. Ma il travaglio e la sofferenza vicendevole nella ricerca della verità, se animato da vero e concreto amore fraterno, e specialmente dall´ amore puro e sincero per Don Bosco, per la Congregazione, ci faranno accettare gli uni gli altri e ci faranno trovare nei tanti problemi il punto di incontro, la sintesi per la miglior soluzione, che sarà frutto felice dell´ integrazione delle diverse e preziose energie presenti nel Capitolo.
Al lavoro, con coraggio e fiducia!
Carissimi Capitolari, confido che mi abbiate perdonato il lungometraggio di questo mio discorso. Spero che non sia a scapito dell´ efficacia delle cose dette con cuore di fratello, nel solo intento di rendere il mio doveroso servizio alla comune Madre, la Congregazione. Ed ora, al lavoro con coraggio e con fiducia! Affrontiamo i problemi che ci attendono, con animo scevro da ogni trionfalismo o da semplicistico facilismo. Noi non dobbiamo e non vogliamo aver paura di guardare in faccia i problemi, l´ ho già detto, ma non vogliamo neppure farci prendere, dinnanzi alla mole di problemi che la situazione ci impone, dallo scoraggiamento dei pavidi, da un pessimistico disfattismo. Il nostro Capitolo vuole agire partendo da un realismo visto però con coraggio. Ma quale coraggio? Quello che è virt—, e virt— dei forti e quindi dei saggi, ch la fortezza vera non può essere disgiunta dalla saggezza. Questo coraggio, dunque, frutto della fortezza e della sapienza unite in felice simbiosi, non si può confondere con l´ avventatezza spavalda di chi corre verso l´ ignoto. Il nostro dunque sarà anzitutto il coraggio degli uomini forti che pensano prima di osare. Ma sarà anche qualcosa di più. Sentiamo rivolte a noi le parole dette da Gesù agli Apostoli: Non abbiate paura, sono io!. E Gesù, ricordiamolo, . è il padrone dell´ impossibile, come scrive P. De Foucauld, con quella padronanza delle cose e dei cuori che dà, a quanti si abbandonano a Lui, il senso della sicurezza e della pace in mezzo ai marosi: "Nulla ti turbi!".
Le ragioni della nostra fiducia
Ho invitato anche alla fiducia, e ben fondata. Abbiamo in Congregazione forze sane, e tante, in tutte le categorie, i livelli, le età, in ogni angolo della terra. Bisogna conoscere la Congregazione, tutta la Congregazione, in tutte le sue componenti, per rendersene conto. Vorrei specialmente mettere in evidenza che abbiamo in Congregazione una gioventù, certo, con idee, atteggiamenti, esigenze, sensibilità spesso assai diverse da quelle delle generazioni precedenti, talvolta anche vittima dell´ insicurezza, di un problematismo esasperato, di un secolarismo che oscura e cancella il sovrannaturale; ma fra questa gioventù ci sono anche elementi magnifici sotto ogni aspetto: vivono generosamente la loro consacrazione, amano sinceramente Don Bosco e la Congregazione, pur vedendone i difetti e le inefficienze, sono pronti a donarsi fino al sacrificio, hanno una pietà solida, convinta: sono le nostre speranze, il domani della Congregazione. Lasciate che vi dica ancora. La Chiesa ha fiducia nella Congregazione, una fiducia che viene da chi ci conosce su un piano possiamo dire universale, una fiducia che certe volte mi fa quasi paura. Ancora nell´ ultima udienza accordatami, Paolo VI, con espressioni che mi confondevano al pensiero delle nostre tante deficienze, ha voluto confermare questa grande fiducia sua e della Chiesa nella nostra Congregazione. Parlando poi con Generali di altri Ordini e Congregazioni ho modo di ridimensionare il giudizio sulla nostra realtà pur con tutte le deficienze che non dobbiamo ignorare né sottovalutare. Fra l´ altro vedo che tutti ci dibattiamo tra difficoltà assai simili. Ma abbiamo ancora motivi di fiducia, direi, familiari, del tutto speciali. E´ forse un fatto unico: nelle origini della Congregazione c´è una presenza del sovrannaturale senz´altro eccezionale. Parlando della Congregazione, del suo nascere, del suo sviluppo, Don Bosco diceva testualmente: Si può dire che non ci sia cosa che non sia stata conosciuta prima. Non diede passo la Congregazione senza che qualche fatto sovrannaturale non lo consigliasse, non mutamento o perfezionamento o impedimento che non sia stato preceduto da un ordine del Signore. E qui perciò - è ancora Don Bosco che parla - giudico bene che si lasci l´ uomo... A me che cosa importa che di questo parlino in bene o in male? Che mi importa che gli uomini mi giudichino più in un modo che in un altro? Ma è necessario che le opere di Dio si manifestino! (MB XII, 69). Non può far meraviglia allora l´ affermazione impressionante di Don Bosco: " Fra tutte le Congregazioni e gli Ordini religiosi forse la nostra fu quella che ebbe più parola di Dio (MB XVI, 305). Stando così le cose, come possiamo pensare che nel momento in cui la Congregazione, per volontà della Chiesa e quindi di Don Bosco stesso, è chiamata come ad una rinascenza, il Signore la abbandoni lasciandole mancare quella presenza d´ ispirazione e di guida di cui le è stato tanto generoso alle origini? Abbiamo tutto il diritto di contare sull´ aiuto del Signore: Adiutorium nostrum in nomine Domini!
«E´ Maria che ci guida»
Questo aiuto cercheremo di meritarlo, ma ci sarà più facile ottenerlo tramite la Vergine Ausiliatrice. Due figure sono inscindibili, anche se per motivi diversi, nella vita e nella missione di Don Bosco: il giovane e la Madonna. In quella lontana mattina dell´ Immacolata del 1887 Don Bosco, come voltandosi a guardare il lungo non facile cammino della sua vita, ai Salesiani che lo circondavano commossi, disse: " Abbiamo camminato sul certo: non possiamo errare. E´ Maria che ci guida! (MB XVII, 349). Era una verità che Don Bosco ripeteva abitualmente, confermata in mille occasioni ed in mille modi: Maria fu sempre la mia guida! (MB V, 155). Se lo è stata per il nostro Padre, Maria non vorrà essere guida a noi che nella fedeltà incondizionata a Don Bosco vogliamo in questi mesi lavorare perché la Congregazione esca da questo Capitolo qualis esse debet? Con la fiducia illimitata del nostro Padre in Maria, col fervore degli Apostoli nel Cenacolo, stringiamoci attorno a Lei ripetendole con cuore filialmente umile: O Maria, sei stata guida sicura al nostro padre nel nascere e nello svilupparsi della nostra Famiglia. Sii anche a noi, consapevoli della nostra debolezza e insicurezza, guida sicura nel cammino che la Provvidenza ci ha segnato, per portare la nostra amata Congregazione a quel vero e fecondo rinnovamento, che sia per essa una rinascita di primavera! ".
Roma, 10 giugno 1971
Allegato 3
Presentazione del Rettor Maggiore
della «Relazione Generale
sulla Stato della Congregazione»
Carissimi Capitolari,
sono qui ad adempiere al mandato del Capitolo Generale XIX. All´ art. 31 del Regolamento dello stesso Capitolo si legge: In una delle sedute iniziali del Capitolo il Rettor Maggiore farà una relazione generale sullo stato della Congregazione ". Data la novità della cosa, ho cercato di vedere il modo più atto per rispondere e interpretare la volontà del Capitolo Generale XIX. Dico interpretare, perché è chiaro che una relazione "sullo stato della Congregazione", - sono queste le sole parole del Regolamento - in mancanza di ogni altra concreta indicazione, può essere impostata in forme diverse. Appunto per questa difficoltà e nella preoccupazione di fare opera utile a tutti ho voluto servirmi della collaborazione del Consiglio.
La collaborazione del Consiglio Superiore
Viene qui opportuno far presente che - come per questa relazione così per ogni altro problema che fosse anche solo di qualche rilievo - abbiamo sempre lavorato collegialmente con evidente frutto e vantaggio. Sono infatti sempre più convinto che, oggi specialmente, è possibile affrontare utilmente i problemi e risolverli adeguatamente, solo mettendo insieme, in libero, sereno e rispettoso confronto, angolazioni, punti di vista, valutazioni. Ho potuto costatare sempre che tale confronto di idee e di mentalità, attuato in questo clima di assoluta libertà e insieme di vicendevole rispetto e stima, porta sempre a quelle sintesi conclusive che rappresentano il meglio a cui, omnibus perpensis, chi ha l´ ultima responsabilità decisionale può arrivare. E appunto a questo metodo, del resto sostanzialmente indicato e caldeggiato sia dal Vaticano II che dallo stesso Capitolo Generale XIX, ho cercato di attenermi con la cordiale, fraterna e costruttiva collaborazione di tutti i membri del Consiglio. E qui credo mio preciso e gradito dovere dinanzi a questa solenne assemblea dare atto di questa feconda opera svolta attorno a me dai membri del Consiglio Superiore. Mi pare di poter dire che sempre abbiamo lavorato in unità di intenti per servire la Congregazione nei suoi veri interessi, e in particolare per realizzare le deliberazioni vivificanti uscite dal Capitolo Generale XIX e immettere e fare circolare in Congregazione lo spirito rinnovatore che ne era venuto. Questo impegno - voi avrete modo di costatarlo anche attraverso la lettura della relazione - iniziato e portato avanti con tanto slancio subito dopo il Capitolo, si è trovato quindi dinanzi a difficoltà di vario genere. Una è la seguente: mentre infatti si iniziava l´ azione per la messa in atto delle deliberazioni del Capitolo Generale XIX già avanzava quello che è stato detto da qualcuno il vento del post-concilio. Di fatto la Congregazione è venuta a trovarsi, per così dire, nell´ occhio del ciclone, proprio nel momento in cui si era messa in moto la macchina destinata a rendere operante il Capitolo Generale XIX che aveva recepito non pochi valori conciliari. Questa coincidenza, giova tenerlo presente, ha avuto ripercussioni e conseguenze ben rilevanti, aggravate dal fatto che contemporaneamente abbiamo dovuto mobilitare e convogliare le nostre forze per circa tre anni alla preparazione del Capitolo Speciale voluto dall´ Ecclesiae Sanctae. Certo è stato un bene, un gran bene, oltrech un dovere verso la Chiesa e la Congregazione; ma non si può negare che non poche deliberazioni e orientamenti del Capitolo Generale XIX per forza di cose non hanno potuto portarsi avanti.
Caratteristiche della relazione
Tornando alla relazione che viene presentata alla vostra attenzione, come accennavo sopra, essa è frutto del lavoro congiunto di tutti i membri del Consiglio, che vi hanno apportato prima suggerimenti e idee per la sua impostazione, e quindi, ognuno nell´ ambito delle sue competenze, tutti gli elementi d´ informazione di prima mano a loro disposizione sui vari argomenti trattati nella relazione. In un secondo tempo essa è stata ancora esaminata e discussa collegialmente e quindi rielaborata e - per così dire - armonizzata dal Rettor Maggiore tenendo conto dei rilievi e delle osservazioni ricevute. Malgrado questo lavoro, la relazione non può avere la pretesa di essere perfetta ed esauriente. A parte la difficoltà e l´ incertezza derivante dal fatto che è la prima volta che si appronta un simile documento, c´è da dire che ci si è trovati dinanzi a difficoltà non lievi e di varia indole. Eccone una. La Congregazione è una realtà viva e composita, con differenze di situazioni spesso assai notevoli: di qui la difficoltà di presentare una relazione che, senza perdersi in particolareggiate analisi, dia nello stesso tempo un´ immagine fedele della realtà dell´ insieme della Congregazione. Mi pare però che, malgrado le sue manchevolezze e i suoi limiti, la relazione non è solo un atto di ubbidienza al Capitolo Generale XIX, ma viene ad offrire a noi, e quindi alla Congregazione, una certa radiografia di essa. I Capitoli Ispettoriali Speciali hanno avuto in mano una radiografia di quello che pensava la Congregazione. Questa relazione, pur nei suoi limiti, si può dire una radiografia di quello che la Congregazione di fatto opera e del come opera nei fondamentali settori della sua vita. Ho parlato di radiografia: forse la parola non è esatta, non si tratta neppure di N fotografia panoramica della Congregazione. La roto è essenzialmente statica, coglie un momento di una realtà. La relazione che si offre alla vostra attenta lettura è invece - si comprenda la parola - dinamica. Essa infatti non si preoccupa tanto di fissare lo stato della Congregazione oggi, quanto di far vedere - in prospettiva dinamica - come si è arrivati allo stato attuale attraverso l´ evoluzione di questi sei anni. La relazione oltreché dinamica è - almeno relativamente - sintetica. Le più che cento pagine però, come potete costatare, appunto perché sintetiche, sono dense e sono integrate da statistiche raccolte in apposito fascicolo. Esse, lette e interpretate rettamente, servono a dare una visione panoramica, aggiornata e documentata della Congregazione in tutti gli aspetti essenziali della sua vita. Aspetti particolari e dettagliati della vita della Congregazione saranno illustrati e, quando occorre, sviluppati man mano che il Capitolo si addentrerà nei singoli, specifici argomenti. Per concludere questa prefazione che mi è parsa necessaria, penso e spero che la relazione che il Rettor Maggiore vi presenta a nome del Consiglio verrà fra l´ altro a facilitare il vostro lavoro in quanto vi offrirà una visione non solo settoriale della vita della Congregazione, ma generale o almeno assai ampia, - anche se non assolutamente completa - e insieme, nei limiti del possibile, aggiornata. Vi potrete così rendere conto dell´ humus su cui dovete seminare, delle situazioni vive e reali alle quali dovete interessarvi, del clima nel quale devono calarsi le nostre deliberazioni.
Il salesiano al centro dell´interesse della Congregazione
La relazione ha un´ impostazione, e conseguentemente segue un filo conduttore che risponde ai ricchi orientamenti usciti dal Capitolo Generale XIX. Il Salesiano al centro dell´ interesse della Congregazione, è stato uno degli orientamenti più significativi, più fecondi e impegnativi datici da quel Capitolo. Esso, nel porre il salesiano al centro, evidentemente intendeva farlo più salesiano, meglio salesiano; mirava a promuoverlo nella sua interezza e totalità, come uomo e come battezzato, come consacrato e come apostolo, specificatamente dedicato a continuare la missione di Don Bosco, nel suo spirito, col suo stile. La Congregazione infatti non sono le opere, ma i Salesiani, e la Congregazione in tanto è attiva e feconda in quanto ogni salesiano risponde all´ immagine ideale che la Chiesa e la società stessa se n´ è fatta. Tale impostazione, rispondendo ad istanze profonde, sentite e assai valide in Congregazione, se è vero che ha trovato rispondenza e sviluppo, non può dirsi per altro che l´ abbia avuta nella misura e nei modi che ci si ripromettevano. Non è il momento per fare una diagnosi approfondita e particolareggiata delle cause, invero assai complesse e collegate anche con situazioni estranee alla Congregazione, che hanno potuto limitare l´ attuazione irradiante e capillare di questo vitale orientamento: il Salesiano al centro dell´ interesse della Congregazione. Quel che si può dire però con umile e serena sincerità si è che del cammino se n´ è fatto in questo senso. La relazione, anche se non appare con chiara evidenza, di fatto accompagna e presenta gli aspetti e i momenti della vita del Salesiano, che è vita di consacrazione, di preghiera, di fraterna e operante convivenza, di apostolato.
I momenti della formazione
Ma il Salesiano come tale non nasce adulto, formato. Ecco allora tutte le fasi di questo sviluppo, dalla nascita al coronamento del periodo detto strettamente formativo, con tutti gli elementi che tale periodo implica. Ma se è vero che c´è un periodo dedicato specificatamente alla formazione, non è men vero che anche dopo tale periodo permane in tutti il bisogno e quindi l´ impegno di quella che oggi si chiama "la formazione permanente". L´ esperienza del così detto secondo noviziato realizzatosi a Caracas per una trentina di sacerdoti, dimostra tutta la vitale importanza di questa formazione permanente. La relazione tocca tutti questi momenti e aspetti della formazione che interessano la vita e il domani della Congregazione, alla luce della realtà di questi anni certamente non facili, che, per un insieme di motivi di varia natura a tutti ben noti hanno messo la Congregazione, e in particolare i responsabili della formazione in tutti gli stadi, dinanzi a problemi nuovi e complessi senza soste e con sempre maggior rapidità. Il fenomeno, presente, pur con diverse e talora anche notevoli gradazioni, in tutto il nostro mondo, ha accentuazioni acute e talvolta anche gravi in certe zone: la relazione cerca di dare un´ immagine quanto più possibile realistica della situazione. Occorre però tenere presente, come già detto, la diversità di situazioni, spesso anche assai notevoli, che si riscontrano in Congregazione. A mio parere in tema di formazione, alla luce dell´ esperienza nostra e altrui, specie in questi ultimi anni, bisognerà rivedere tutto quanto il contenuto dell´ arco che abbraccia la formazione del Salesiano, dal primo manifestarsi della vocazione al raggiungimento delle mete essenziali, al suo continuo alimentarsi e rinnovarsi. Gli eventuali errori del passato anche più recente ci dovranno servire a correggerli col necessario coraggio, non disgiunto da sano realismo per battere anche vie nuove che portino il Salesiano del nostro tempo a vivere una vocazione autentica, convinta, robusta, specifica e feconda. Ancora a proposito di formazione, nella relazione troverete trattati a parte i problemi del P.A.S. Dalla lettura di quelle pagine vi renderete senz´altro conto che si tratta di un argomento di particolare importanza. Il Capitolo che rappresenta tutta la Congregazione non solo ne prenderà responsabile visione, ma dovrà studiare, almeno nelle grandi linee, le soluzioni dei problemi che si pongono; in modo particolare mi sembra che il massimo consesso della Congregazione, alla luce dell´ esperienza, dovrà responsabilmente indicare che cosa la Congregazione attende ed esige dal P.A.S., quali orientamenti intende dare, perché ai sacrifici anche assai gravi che la Congregazione sopporta per la vita del P.A.S. rispondano adeguati frutti non solo intellettuali e culturali, ma insieme spirituali e apostolici, salesianamente validi.
La crisi delle vocazioni
Un argomento che nella relazione troverete trattato con certa abbondanza anche di dati è quello doloroso della crisi delle vocazioni. Il tema non riguarda solo la diminuzione dell´ afflusso di nuove vocazioni, di cui pure si parla, quanto il fenomeno triste di quelli che lasciano la congregazione nei vari momenti del nostro curriculum. E´ sempre penoso vedere fratelli che ci lasciano, ma lo è assai più quando si tratta di fratelli ormai avanti negli anni, legati già definitivamente alla Congregazione, alcuni anzi unti del carisma sacerdotale. Tutti sappiamo che si tratta di un fenomeno che affligge tutta la Chiesa, gli Ordini e le Congregazioni religiose maschili e femminili. Forse anzi non tutti sanno che la nostra Congregazione, se negli ultimi tre anni ha sofferto le perdite più sensibili, tuttavia nella scala statistica delle grandi Congregazioni maschili, almeno come risulta dai dati a noi pervenuti, avrebbe la percentuale tra le più basse di perdite. Un elemento che influisce notevolmente a determinare questa nostra situazione è il fatto che il numero globale dei neo-professi, pur essendo assai diminuito rispetto agli anni che potremmo chiamare del boom delle vocazioni, tuttavia si mantiene ancora ad un livello che compensa in discreta proporzione le perdite dovute alle uscite di Congregazione. Ma è chiaro che questa costatazione non può assolutamente farci chiudere gli occhi dinanzi alla realtà grave che incombe su Ispettorie e Congregazione. In modo particolare non possiamo per nulla sottacere e sottovalutare il fenomeno della emorragia anche grave e talvolta quasi cronicizzata di cui soffrono varie Ispettorie, concomitante con quello conseguente dell´ invecchiamento del personale e della sua inadeguatezza ai compiti precedentemente assunti. Il problema, anzi la serie dei problemi, che impone la crisi delle vocazioni non è semplice né facile, ed è strettamente connesso con molti altri problemi, dei quali alcuni, ad un osservatore superficiale, potrebbero sembrare estranei ad esso. Come apparirà dalla relazione, si sono fatti dei passi avanti nell´ affrontare ai vari livelli il problema quale si presenta oggi, ma mi pare di poter dire che c´è da fare ancora molto cammino, e cammino aspro e difficile. Bisognerà armarsi di tanta umiltà per esaminarci realisticamente e vedere con chiarezza, per quanto dipende da noi, le cause che hanno determinato e determinano questa emorragia, per affrontare decisamente, nei giusti termini e nei modi più opportuni, tutto il problema, in tutte le sue componenti. Il Capitolo Generale Speciale nelle cui mani è, possiamo dire, la vita e il domani della Congregazione, si occuperà a fondo del problema delle vocazioni, della loro crisi e di tutti i fenomeni che vi sono connessi. L´ apporto di uomini così qualificati provenienti dai luoghi più diversi, ricchi delle esperienze più varie e specialmente animati da amore sincero e concreto a Don Bosco, che vive e si perenna nella Chiesa attraverso la Congregazione, sarà prezioso per rianimare nella Congregazione quella duplice feconda vitalità spirituale e apostolica che, mentre da una parte attenua le dolorose perdite, dall´ altra attira e si fa credibile alla gioventù di questo nostro tempo.
I salesiani coadiutori
A proposito del " Salesiano e delle vocazioni e delle relative crisi, la relazione - a ragione - si sofferma a illustrare la situazione riguardante i nostri carissimi confratelli, i salesiani coadiutori, vista nei suoi vari aspetti e momenti. Dico subito che abbiamo in Congregazione, un po´ in tutti i vari continenti, tanti magnifici salesiani coadiutori, non solo di età matura ma anche assai giovani, che sono sotto ogni aspetto esemplari: generosamente laboriosi, molto spesso veramente sacrificati; molti ormai dotati di una preparazione culturale e tecnica che li ha portati a disimpegnarsi brillantemente in incarichi non sempre facili. Anche la loro presenza nelle strutture di governo e nell´ azione educativa si è dimostrata assai positiva. Ma quello che mi pare doveroso mettere qui in evidenza è la loro vita religiosa e salesiana vissuta con consapevole e spesso sofferta coerenza: dico sofferta, perché non sempre hanno al riguardo quegli aiuti diretti o indiretti che avrebbero diritto di attendersi. Fatta questa doverosa costatazione, debbo precisare che purtroppo alle perdite si aggiunge il fatto assai grave del ristagno delle vocazioni di coadiutori, al punto che numerose Ispettorie mancano, e non da oggi, di coadiutori, sia nel noviziato che negli anni seguenti. Questo vuoto non può lasciarci indifferenti. Pur riconoscendo le svariate cause che hanno concorso e concorrono a determinarlo, mi pare che siano anche cause dipendenti da noi. Il Capitolo - alla luce di tutta la realtà della situazione - non mancherà certamente di identificarle per trovare i mezzi e i modi più atti per eliminarle o almeno diminuirle. In Congregazione la presenza del salesiano coadiutore con le inconfondibili caratteristiche che lo distinguono nettamente dal laico delle tante altre Congregazioni (realtà non sempre e dovunque compresa) è qualcosa di essenziale. Come ho detto in altre occasioni, la Congregazione, a mio parere, non sarebbe quella che Don Bosco ha concepita e voluta, se per ipotesi assurda dovesse in un domani essere priva della componente tutt´altro che accidentale del salesiano coadiutore. Per questo l´ argomento sarà certamente approfondito in questa sede, guardando a Don Bosco e a tutta la costante linea sviluppatasi in merito attraverso i suoi successori e, in pari tempo, guardando alla rinnovata valorizzazione data dal Concilio Vaticano II ai laici nella Chiesa e nella vita religiosa e alle vivificanti prospettive che ne derivano.
L´azione salesiana e la gioventù operaira
Ma il salesiano, - sia come persona che come elemento vivo della comunità a livello locale, ispettoriale e di Congregazione -, per vivere la sua peculiare vocazione deve essere un realizzatore della missione che la Provvidenza ha affidato alla Congregazione. Salesiano e missione del salesiano sono due elementi che si richiamano necessariamente a vicenda. Ecco quindi la seconda parte della relazione che il Consiglio vi presenta: l´ azione salesiana. Vi troverete illustrati, con i criteri che ho accennato sopra, senza cioè scendere a particolari, i settori in cui si sviluppa e si articola il nostro apostolato nel mondo. E´ superfluo che tale apostolato, mentre ha un´ area nettamente preferenziale nella gioventù specialmente povera e bisognosa, è anche vero che si esplica, sin dalle origini, in un certo pluralismo. A proposito di apostolato tra la gioventù povera, di opere di assistenza e promozione sociale, per avere ed offrire una conoscenza il più possibile completa e aggiornata abbiamo chiesto a tutte le Ispettorie un´ ultima fatica in questa laboriosa preparazione del Capitolo Generale. Più che un arido e atono elenco abbiamo chiesto una relazione che presenti e descriva oggettivamente gli aspetti e le implicanze in tutte le attività che comunità, gruppi ovvero singoli confratelli esplicano nelle forme più varie a servizio dei poveri, giovani anzitutto. Desidero ringraziare qui i confratelli che nelle rispettive Ispettorie si sono sobbarcati al lavoro di sistematica raccolta di tutto il materiale informativo richiesto. Ma in questo momento credo di interpretare il sentimento unanime della assemblea esprimendo la riconoscenza della Congregazione alle migliaia di confratelli che sotto tutti i cieli, nelle forme più diverse e ardite, con senso di totale dedizione, sempre fasciata di umiltà e semplicità, schiva da ogni ricerca di riconoscimenti o comunque di pubblicità, guardano sempre a Cristo e a Don Bosco, sono i buoni samaritani di tanti poveri fratelli bisognosi. Poco tempo fa Paolo VI parlandomi dei nostri confratelli che operano - poveri tra i poveri - nella immensa e misera baraccopoli di Tondo (Manila), da lui visitata, mi ripeteva con accenti di profonda, convinta commozione: Sono eroi! Sono eroi!. Come i confratelli di Tondo, moltissimi altri meritano questo elogio. Infatti, grazie a Dio, i confratelli di Tondo non sono i soli in Congregazione a lavorare con spirito di sacrificio animato da quella gioia che viene dalla fede. Con la energica spinta che verrà dal Capitolo speriamo che il loro numero si accresca, e, col numero, quello spirito di carità sovrannaturale che è l´ unico efficace propellente capace di spingere a queste generose salesiane attività. Tornando alla documentazione delle attività a servizio dei poveri, penso che in essa i Capitolari troveranno materiale sufficiente per rendersi conto della reale posizione della Congregazione in questo campo così congeniale alla Congregazione e a cui oggi nella Chiesa e nel nostro ambiente si è - a ragione - particolarmente sensibili specie da parte dei giovani. Questa documentazione verrà messa a disposizione dei Capitolari nella sua forma originale così come è pervenuta dalle singole Ispettorie. Nella documentazione, facilmente, accanto a molte lodevoli luci si troveranno notevoli ombre, opacità e forme che tradiscono una sensibilità attenuata e forse in certi casi anche necrotizzata. Compito del Capitolo sarà evidentemente quello di trovare forme nuove per ridare ove occorra rinnovato e coraggioso slancio al lavoro a servizio della gioventù povera nel solco e nello spirito del nostro Padre.
I centri giovanili
Proprio a proposito di questo nostro insostituibile apostolato che è anzitutto e prevalentemente diretto ai giovani, credo opportuno, riferendomi alla relazione sullo stato della Congregazione, sottolineare due fatti che mi sembrano assai indicativi, e tra loro interferenti . Nel 1967 il Rettor Maggiore aveva lanciato l´ iniziativa della creazione di un centro giovanile in ogni Ispettoria, trasformando anche qualche opera preesistente, con lo scopo di poter presentare, in ogni Ispettoria, un´ opera che, pur nella fedeltà sostanziale all´ idea dell´ Oratorio di Don Bosco, la rinnovasse adattandola con coraggio al nostro tempo e mettendola a servizio dei giovani di oggi, con attività che rispondessero alle vere e varie esigenze dei tempi. Questo invito, è chiaro, importava anzitutto uno sforzo e un impegno per cercare vie nuove rispondenti ai bisogni di oggi. In omaggio alla verità e con tutta sincerità, debbo dire che l´ invito non consta abbia avuto molta fortuna: qualcosa si è fatto, e sono lieto di darne il meritato riconoscimento, ma si deve ammettere che è stata poca cosa, quando non si è trattato di applicare una etichetta che in qualche modo canonizzasse iniziative ben lontane dall´ idea del vero Centro Giovanile. Il fatto, a mio parere, va sottolineato, non tanto per quello che può essere in se stesso quanto per le motivazioni e le situazioni che esso sottintende e per la sua strettissima relazione con l´ altro fatto di più vasta dimensione e gravità di cui si occupa la relazione al Capitolo Generale e sul quale desidero richiamare la vostra particolare attenzione.
Il ridimensionamento e i suoi riflessi
In ottemperanza al deliberato del Capitolo Generale XIX il Rettor Maggiore col suo Consiglio, dopo un lungo e approfondito studio di preparazione, invitò la Congregazione in tutti i suoi membri attraverso i vari organi di governo a collaborare per la realizzazione di quella vasta, complessa e vitale operazione che andava sotto il nome di Ridimensionamento delle opere. Anche se imperfetto, era comunque il primo tentativo - si direbbe ante litteram - di interessare tutti i membri della Congregazione a problemi della medesima. I risultati di questa operazione quali furono? Dobbiamo sinceramente riconoscerlo: non furono brillanti. D´altronde le molte cause del mancato successo, ad un esame sereno e approfondito, si sono potute ridurre ad una. E qui dobbiamo con tutta umiltà dirlo: nelle varie componenti della Congregazione non si era preparati né psicologicamente né tecnicamente ad affrontare, e con la necessaria chiarezza e con l´ ancor più necessario coraggio, la somma dei problemi che il ridimensionamento imponeva, né a rendersi conto concretamente dei tanti valori e interessi spirituali, apostolici e formativi che esso voleva non solo difendere ma potenziare, tenendo conto della realtà in cui la Congregazione vive e delle prospettive a cui inesorabilmente va incontro nel prossimo futuro. Infatti non si trattava solo di chiudere delle opere, ma di studiare tutto un piano operativo realistico, lungimirante e a largo raggio di cui la riduzione delle opere era solo una parte o meglio un punto di partenza. Ma come ho detto sopra non si era allora sufficientemente preparati e maturi per un´ operazione di queste proporzioni. Debbo tuttavia dire che questi ultimi anni hanno registrato su questo punto una positiva evoluzione nel nostro mondo. Una prova evidente di ciò la troviamo nel fatto che in non poche Ispettorie l´ operazione del Ridimensionamento è stata ripresa, spesso anche in Capitoli Ispettoriali e con criteri decisamente diversi da quelli piuttosto negativi del primo tempo. Segno evidente che le idee giuste, se pur lentamente, camminano e finiscono col farsi strada e trovare accoglienza nelle anime aperte alla verità e al vero bene. Comunque il ridimensionamento ha portato qualche frutto: il blocco quasi totale di nuove opere... Ma quanta fatica per resistere alle pressioni! Il mancato pronto successo del Ridimensionamento, per i motivi accennati, mi pare un richiamo realistico: nel formulare piani di lavoro si deve sempre tenere conto del terreno su cui devono poggiare e prima ancora degli uomini che devono saperli e poterli realizzare.
I Dirigenti
Col Ridimensionamento era ed è intimamente connesso il problema dei Dirigenti a tutti i livelli nella Congregazione. Tale problema, conviene dirlo subito, è sentito anche fuori della Congregazione, nella Chiesa e nella società civile e in settori particolarmente importanti: politica, industria, economia, sindacati, ecc.; e questo per cause complesse che non è qui il caso di elencare. Esaminando il nostro ambiente, tutti costatiamo ogni giorno le difficoltà per reperire dirigenti che rispondano alle esigenze di oggi nelle comunità e nelle opere. Le difficoltà sono aggravate anzitutto dal gran numero di posti dirigenziali da coprire; faccio notare che non sono solo gli Ispettori e i Direttori ad avere compiti direttivi. Pensate, ad esempio, ai Vicari Ispettoriali - per non parlare dei locali - , ai Parroci (circa 700 parrocchie!) ai Presidi, agli Economi Ispettoriali, ai Maestri dei novizi, ai Direttori di oratorio, ecc. Un computo con buona approssimazione porta a questa conclusione: da ogni 2-3 sacerdoti salesiani bisogna ricavare un Dirigente. Questo può spiegare tante situazioni, diciamolo pure, tante deficienze nei più vari settori della nostra vita, da quello religioso a quello pastorale, da quello organizzativo a quello amministrativo. E´ vero, si è cominciato a dare una certa specifica preparazione ai nuovi Ispettori; qua e là da qualche anno si organizzano corsi per neo-direttori e per altri responsabili di particolari settori. Molto bene: ma tutto questo non risolve il problema, che è assai vasto ed ha incidenze non certamente positive nella vita della Congregazione. Quello della carenza del personale dirigente, già da solo assai grave, si accompagna ad altre situazioni provenienti, almeno in notevole proporzione, dalla stessa matrice: la sproporzione tra personale e impegni di attività. Più chiaramente, come è stato ripetutamente fatto osservare, c´è stato uno sviluppo eccessivo in senso quantitativo: voglio dire, si sono moltiplicate le opere, talvolta anche in concomitanza del calo evidente delle vocazioni, con conseguenze che non è difficile costatare. A me pare che, anche per l´ emorragia che affligge in questi momenti la Congregazione, bisognerà con estremo coraggio restringere i fronti, studiando bene le nostre scelte. Solo così la Congregazione potrà operare il suo vitale ed indilazionabile sviluppo qualitativo in profondità, potrà cioè curare la qualificazione anzitutto spirituale-teologica-pastorale - oggi più che mai necessaria - e insieme quella culturale-professionale-tecnica dei confratelli. Penso, per esempio, al bisogno che abbiamo di confratelli preparati in Teologia Spirituale, in Catechesi, in Liturgia: penso come occorra preparare soggetti nei vari settori delle Comunicazioni Sociali, in primo luogo la stampa. E´ vero che qua e là si è avvertita questa grave necessità e ci si muove, ma non basta: occorre - a mio parere - un´ azione nella Congregazione che risponda a piani concreti con criteri realistici . Auspico che i Capitolari, riprendendo le preoccupazioni che già furono del Capitolo Generale XIX, diano alla Congregazione quelle chiare e precise direttive atte a salvare queste due esigenze vitali: la qualificazione dei salesiani specie per le case di formazione, e insieme l´ adeguamento del personale dirigente ai bisogni di oggi .
Le missioni
Una parola sul tema delle Missioni. All´ invito del Rettor Maggiore per l´ America Latina hanno risposto ogni anno un buon numero di sacerdoti: la necessità di forze nelle Ispettorie di origine non ha consentito sempre di accogliere molte domande; ma quelli che abbiamo potuto mandare hanno portato un valido aiuto in numerosi luoghi di missione o paramissione che ne avevano grave e urgente bisogno. Rimangono aperti vari grossi problemi. Mentre l´ Asia, specialmente l´ India, nel complesso si muove verso una certa autoalimentazione di vocazioni autoctone, l´ Africa a questo riguardo si trova in una certa difficoltà e penso che il Capitolo - trattando delle Missioni - porterà la sua attenzione su questo enorme continente che offre un campo non solo vasto, ma aperto all´ evangelizzazione. Problema grave, - anche per le responsabilità che ci derivano sia dai motivi storici che dalla nostra notevolissima presenza in quel continente - , è quello dell´ America Latina. Paolo VI nella suaccennata udienza mi diceva testualmente: Aiutateci a salvare l´ America Latina!. Noi sentiamo tutto l´ accoramento di questo invito paterno e l´ impegno che rimbalza nei nostri cuori. Don Bosco non sarebbe certamente rimasto insensibile; ma non possiamo nasconderci il calo sensibile e costante delle nostre forze in America Latina, malgrado l´ apporto dell´ Europa. Il Capitolo si occuperà di questo grande e difficile problema, ma penso che appunto la difficoltà stessa del problema ci impegnerà a trovare anche altrove adeguate soluzioni: una, mi pare, si deve cercare nel preparare laici espressi dalle nostre opere, per avere consapevoli e validi collaboratori nei disparati settori del nostro apostolato. Purtroppo sinora poco si è fatto da noi per valorizzare l´ apporto prezioso dei laici. Si è appena iniziato qui a Roma qualcosa appunto per preparare seriamente laici che collaborino con noi nei paesi che ne necessitano, ma mi auguro che non solo in Europa, ma negli stessi Paesi dell´ America Latina e di altri continenti, dopo il Capitolo Generale, ci si impegni seriamente a promuovere simili iniziative utilizzando l´ esperienza di chi ci ha preceduto. Ne verrà doppio vantaggio: a chi riceverà l´ aiuto di questi laici e, non meno, ai laici stessi che ne ricaveranno non poco arricchimento sia spirituale che apostolico e salesiano.
La solidarietà fraterna
Non posso tralasciare almeno un cenno sulla solidarietà fraterna". L´ iniziativa, come si è ripetuto, scritto e detto, ha lo scopo di rompere certe barriere psicologiche e sviluppare una sensibilità comunitaria e insieme missionaria che si esprima con fatti concreti. Si rifà, lato sensu, al Perfectae Caritatis, anzi, all´ idea conciliare. L´ aiuto economico che ne è venuto per molte nostre opere che versavano in gravi difficoltà è stato certamente un frutto tangibile dell´ iniziativa. E qui torno a ringraziare Ispettorie, comunità e confratelli che, compresi del significato e dello scopo dell´ iniziativa, hanno voluto, - anche con notevoli sacrifici - venire incontro ai bisogni dei confratelli e delle opere in necessità. Ma la solidarietà non può e non vorrà fermarsi all´ aiuto economico, anche se apprezzabile. La solidarietà, come del resto si incomincia a costatare, si dovrà allargare in campi e settori molto più impegnativi, che riusciranno fecondi per chi dà e per chi riceve. Sarà il segno e il frutto di quella carità che è alla base di tutto il rinnovamento nella Chiesa come nella Congregazione. Seguendo gli orientamenti del Perfectae Caritatis con il frutto della solidarietà abbiamo prestato il nostro fraterno aiuto anche fuori della Congregazione, a diocesi del Vietnam, a Vescovi e Religiosi del Pakistan e dell´ India, ad opere sociali diverse in Brasile.
Apostoli sociali
Dalla lettura della relazione sugli Apostoli Sociali emergerà chiaro, col cammino fatto, quanto ce n´ è ancora da fare e quanto spazio rimanga ancora aperto alla nostra attività per i Cooperatori; e questo sia per gli orientamenti del Concilio sull´ Apostolato dei laici, sia per il potenziale preziosissimo di molteplice collaborazione cosciente e qualificata che noi possiamo trovare nei nostri laici e di cui abbiamo sempre più evidente e grave necessità. E´ questo, a mio parere, un punto tra i più vivi e interessanti, connessi con la grande idea di Don Bosco che il Capitolo vorrà studiare per ricavare profonde e chiare conclusioni. Quanto agli Exallievi si sono ottenuti progressi in varie parti della Congregazione per organizzarli ed assisterli, ma bisognerà su questo argomento sviluppare la nostra sensibilità a tutti i livelli di responsabilità. La cura degli Exallievi non è un´ attività superflua le cui sorti siano legate al modo di vedere dell´ uno o dell´ altro, ma il naturale e necessario completamento della nostra educazione costata anni ed anni di lavoro sacrificato di tanti salesiani. Anche essa quindi è una responsabilità che deve assumere la Comunità, anche se debbono essere incaricate necessariamente le singole persone. Comunque, il trascurare questa attività crea un vuoto e un danno come di mutilazione all´ intera nostra opera educativa. Anche per gli Strumenti di Comunicazione Sociale potete costatare che si è cercato di fare dei passi avanti tenendo presenti norme e orientamenti del Concilio e della Gerarchia. E da notare che questo settore dell´ apostolato fa parte degli scopi specifici della nostra Missione nella Chiesa. Il problema più grave e, diciamolo pure, non avviato a decisa soluzione, è quello delle persone preparate per questa forma di apostolato, oggi più che mai attuale sotto ogni aspetto. Ma anche qui il discorso si deve rifare al ridimensionamento delle opere, alla loro gerarchizzazione e alle conseguenti qualificazioni dei confratelli.
Governo e strutture
E veniamo al governo e alle strutture della Congregazione, come oggi si sogliono chiamare. Nella relazione, anche senza abbondanti dettagli, si trova sufficientemente descritto il lavoro di non piccola mole, che si è potuto compiere in questi anni a tutti i livelli, e, più ancora, l´ evoluzione che si è andata maturando e traducendo in un nuovo stile e nuovi criteri di governo, evoluzione che apparirà tanto più notevole quando si confronti con la prassi e la mentalità stessa esistente ancora pochi anni fa, quando si diede il via alle deliberazioni del Capitolo XIX, che avevano trovato autorevolissime conferme nel Vaticano II. Un mazzo di idee è stato alla base di tutto questo lavoro che dal centro si è irradiato capillarmente e fruttuosamente nella Congregazione. Esse sono: corresponsabilità, cointeresse, partecipazione, informazione, dialogo. A queste idee rispondono moltissimi incontri del Rettor Maggiore con Ispettori, Consigli Ispettoriali, Direttori, Confratelli, se specialmente responsabili di particolari settori (es. Case di formazione) nei vari continenti, e in numerosi incontri di altri Superiori sia dei Dicasteri che Regionali con le Conferenze Ispettoriali e con altri gruppi e categorie di Confratelli. E stato osservato che mai in questi anni c´è stato un contatto così frequente e intenso fra il centro e la periferia. L´ osservazione risponde a verità: aggiungerei che questi incontri in clima di fraterna comprensione, nell´ intento di rendersi conto insieme e in loco dei problemi, sono - se ben preparati e programmati - uno strumento assai efficace per un governo che vuole ottenere non tanto un´ esecuzione di deliberazioni comunque imposte dall´ alto e da lontano, quanto la ricerca delle soluzioni più opportune alla luce della realtà, dei luoghi e dei tempi, e mettendo in comune e a fronte i frutti delle varie esperienze. Un aspetto molto positivo di questa collaborazione e corresponsabilità è risultata la consultazione dei confratelli in relazione a nomine per incarichi di particolare responsabilità. Nella grande maggioranza dei casi si è costatato assennatezza e maturità nei giudizi, e, conseguentemente, indicazioni bene centrate e felici. L´ esperienza dimostratasi nel suo insieme assai positiva, come tante altre esperienze, sarà ben definita e perfezionata dal Capitolo Generale. Ma mi pare si possa senz´altro affermare che siamo sulla via giusta.
L´economia
E siamo all´ ultimo punto della relazione: l´ economia. Per venire al concreto, su questo delicato settore l´ azione dell´ Economo Generale, in continuo contatto col Rettor Maggiore e col Consiglio, si è sviluppata nelle due direttrici indicate dalle Costituzioni: guida e servizio alle Ispettorie, amministrazione di beni non appartenenti ad alcuna Ispettoria e cura delle attività proprie della Direzione Generale. La relazione vi dà ampio ragguaglio di quanto si è fatto per dare alle amministrazioni sia ispettoriali che locali un´ impostazione rispondente all´ importanza, alla delicatezza e in molti casi anche alla complessità del fatto amministrativo. I convegni a tutti i raggi e livelli, i corsi, la ininterrotta consulenza e i continui contatti tra periferia e centro, sono stati ottimi strumenti per migliorare molte situazioni nel settore amministrativo-economico-finanziario che ha bisogno di persone preparate debitamente. Permangono deficienze di varie forme e proporzioni, dovute a diverse cause: penso che il Capitolo vorrà insistere ed anche perfezionare questa azione che, se ben compresa, è un servizio necessario e quanto mai utile alla comunità e al suo lavoro apostolico. In secondo luogo, come accennato, l´ attività dell´ Economato Generale si è esplicata in tutti i settori di competenza propri della Direzione Generale. Debbo dire che anche questo è stato un lavoro che merita tutto il nostro riconoscente apprezzamento. La lettura della relazione servirà certamente a rendersi conto al di là di fantasie e di leggende anche variamente pubblicate, con danno evidente della Congregazione, della realtà, quella vera, assai diversa dalle suddette fantasie. La prima realtà che salta agli occhi di chi prende visione della relazione è questa: la Direzione Generale della Congregazione per affrontare le urgenti spese che importano tutte le sue attività non ha nessun cespite o contributo sicuro o fisso, né dalla Congregazione, né da fondi stabili. Come potrete costatare dalla lettura del resoconto, la Direzione Generale, con tutto ciò che questa parola importa e sottintende di oneri e di impegni a raggio mondiale, vive di quanto la Provvidenza manda attraverso i benefattori, spessissimo assai modesti e quasi esclusivamente dall´ Italia: l´ apporto di qualche casa - degno sempre di apprezzamento - rappresenta una goccia nel mare dei bisogni.
Viviamo con la carità dei benefattori
L´ attività della Direzione Generale dunque in pratica è poggiata tutta sulla beneficenza. Ma vi verrà spontaneo chiedervi quali sarebbero le conseguenze di una cessazione ovvero anche di un ristagno di questa benefica fonte. Don Bosco che è sempre andato avanti fra debiti e benefattori non permetta che i suoi figli perdano quella credibilità che attira a Lui la benedizione del Signore anche attraverso l´ aiuto materiale. Ad ogni modo penso che l´ interrogativo bisognerà porselo, anche in vista del trasferimento a Roma della Direzione Generale, nell´ eventuale ipotesi che il Capitolo volesse cercare altri orientamenti in relazione alla vita di tante nostre opere nel mondo alimentate dalla Direzione Generale. E´ chiaro poi che noi viviamo e dobbiamo vivere anzitutto del nostro lavoro: ma deve essere altrettanto chiaro che, per i motivi più diversi, il nostro lavoro spesso non è sufficiente a mantenere le opere (penso alle enormi difficoltà che trovano non poche Ispettorie per sopperire alle spese del personale in formazione), tanto meno a crearne delle nuove, specialmente quando si tratta di certi tipi di opere che sono pure nella linea della nostra missione, come può essere una scuola professionale, un´ opera di assistenza o una casa di Esercizi, ovvero l´ Ateneo o la Casa Generalizia. In questi e in altri simili casi la Congregazione ha sempre avuto bisogno di benefattori, persone o enti, che in un modo o nell´ altro sono venuti a supplire alla nostra assoluta mancanza di mezzi finanziari. Penso in questo momento, e solo a titolo di esempio, all´ enorme mole di bene operato dalle case missionarie che per decenni hanno fornito a centinaia confratelli, si può dire, a tutto il mondo salesiano. Una documentazione fa ammontare il numero di salesiani usciti da queste case a circa 2.500. Ebbene, quelle grandi e benemerite opere portano dei nomi: Rebaudengo, Bernardi-Semeria, ecc. Sono i grandi benefattori che hanno dato i mezzi per costruirle o attrezzarle. E l´ elenco potrebbe continuare; non solo in Italia, ma un po´ in tutti i Paesi tante nostre opere esistono e vivono per la generosità di cui ho detto sopra. Anche recentemente si sono potute realizzare certe opere solo per l´ aiuto offertoci da nuovi benefattori. Ma questo aiuto, dovunque ci è stato offerto, non ha mai condizionato in alcun modo il nostro apostolato, i nostri metodi, la nostra libertà di azione; non ci ha mai impigliato o invischiato in operazioni o situazioni comunque contrastanti o solo meno convenienti con la nostra condizione di religiosi, di salesiani. Certo non si possono distrarre ad altri scopi - che pure sarebbero di successo in certe particolari situazioni - beni ricevuti solo per determinati fini consentanei alla nostra missione. Io comprendo la sensibilità odierna e sono convinto che, tutt´altro che ignorarla, dobbiamo tenerla ben in conto e trarne le necessarie conseguenze anche operative. Il Capitolo si occuperà certamente di questo argomento che ha riflessi e ripercussioni di vasta portata in tanti settori della nostra missione. Ma mi parrebbe ingiusto e irrazionale anzitutto voler giudicare le situazioni passate o comunque provenienti dal passato con i criteri e la sensibilità di oggi. E poi mi pare che di fronte alle situazioni, sensibilità e istanze odierne dobbiamo procedere con quella serena e saggia visione di chi sa distinguere l´ oro dalla ganga, ciò che è solo contingente, frutto di una certa ondata del momento, da ciò che ha valore perenne: così penso che Don Bosco anche in questa congiuntura saprebbe sentire rettamente i segni dei tempi. E´ tempo di finire! Evidentemente, l´ economia, debitamente inquadrata e nel ruolo che le spetta, ha la sua funzione strumentale nella vita della Congregazione, ma non è certamente questo il problema centrale di essa.
Il problema centrale è sempre il salesiano
Per me, e credo di avervi tutti d´ accordo, il problema centrale della Congregazione su cui il Capitolo concentrerà il suo interesse e da cui tutti gli altri problemi dovranno prendere sostanza è il Salesiano, la sua identità, la sua missione, la sua formazione, lo stile di vita e tutti i valori che vi convergono. E´ il salesiano la struttura viva, veramente portante della Congregazione, meglio, il cuore, la vita, la ragion d´ essere della Congregazione. Per questo permettete che esprima ancora una mia ferma convinzione che, ancorata al Concilio, a tutto il magistero post-conciliare, alle esperienze raccolte in incontri con Superiori Generali, mi è stata suggellata dai contatti, numerosi e assai vari, che ho potuto avere nei vari continenti, con centinaia e centinaia di confratelli. A nulla servirebbe tutto l´ immane lavoro sinora affrontato dalla Congregazione per preparare questo Capitolo e quello non meno impegnativo e pesante al quale ci accingiamo se, quod Deus avertat, da questo Capitolo non dovesse uscire un salesiano concretamente e vitalmente rinnovato. Ma possiamo con piena fiducia dire che l´ ipotesi manca assolutamente di base: ne abbiamo i motivi. Per questo, riferendoci alla relazione che vi ho presentato e commentato, essa, con tutto quanto di positivo e di negativo offre alla vostra considerazione, mentre vi presenta un quadro il più possibile realistico, esistenziale della Congregazione, non vuole affatto indurre nella tentazione di indugiare in uno sterile criticismo, ma intende solo offrirvi una concreta piattaforma da cui ripartire con rinnovato slancio, dopo una coraggiosa e feconda revisione, per attuare il programma che già a conclusione del Capitolo Generale XIX dava con sintesi felice alla Congregazione Paolo VI e che non ha perso nulla della sua attualità: progredire. E´ caro ed augurale ripetervi oggi questa parola anche perché in essa mi pare di sentire l´ eco della parola sempre viva e attuale del nostro dolcissimo Padre: Noi non possiamo fermarci ". La Vergine Ausiliatrice ci aiuti a raccogliere concretamente il duplice, paterno invito: della Chiesa - nella persona del Papa - e del nostro Padre Don Bosco.
Allegato 4
Indirizzo di omaggio del Rettor Maggiore
al Santo Padre
in apertura dell´udienza concessa ai Capitolari
Beatissimo Padre,
sei anni fa, prima che il Concilio Vaticano Secondo celebrasse l´ultima sessione, la Santità Vostra si degnava accogliere i membri del Capitolo Generale Salesiano XIX e rivolgere ad essi una preziosa esortazione. Ci è parso, allora, che l´idea centrale fosse il ripetuto invito a « progredire ». In questi sei anni, certo non sempre facili, quella parola è stata per noi guida e sprone.
Anche le direttive inviate nell´aprile scorso al nostro Capitolo Generale Speciale, che oggi ho la gioia di presentare a Vostra Santità, e in particolare l´Esortazione Apostolica « Evangelica Testificatio », pervenutaci in un momento quanto mai propizio, e, recentemente, i documenti sinodali ci hanno illuminato e sorretto nelle nostre fatiche.
Tuttavia nell´animo di tutti i membri dell´assise capitolare era vivo il desiderio di un incontro con Vostra Santità per sentire ancora una parola di luce e di incoraggiamento nel lavoro che stiamo ultimando e in quello non meno impegnativo che ci attende dopo il Capitolo, per confermare al Papa la nostra filiale obbedienza e devozione, per riceverne l´apostolica benedizione.
In nome dei presenti e dell´intera Congregazione che essi rappresentano, ringrazio Vostra Santità per la benevolenza che ancora una volta ha voluto dimostrare agli umili figli di San Giovanni Bosco.
I nostri lavori, preparati da amplissima e direi appassionata partecipazione di tutti i Salesiani dei vari continenti e nazioni, durano da oltre sei mesi, e solo adesso, con la elezione dei membri del nuovo Consiglio Superiore, sono entrati nella fase conclusiva.
Li abbiamo condotti nel solco degli insegnamenti della Chiesa, del Concilio e del Magistero Ecclesiastico. Abbiamo avuto la preoccupazione fondamentale di operare, nell´ambito della nostra vita religiosa, quel rinnovamento di cui Vostra Santità offre alla Chiesa il più alto esempio e traccia le vie più sicure e feconde.
II nostro impegno costante durante tutti i lavori è stato quello della fedeltà a Don Bosco, alla nostra missione, in filiale devozione al Papa. Innanzi tutto fedeltà a Don Bosco, uomo di Dio e instancabile uomo di azione. Siamo persuasi che il miracolo delle sue opere ha una sola sorgente: la sua fede, vissuta secondo una spiritualità tanto semplice quanto profonda ed efficace; una fede cristocentrica, e perciò stesso ardentemente eucaristica e filialmente mariana.
La fedeltà al Fondatore ha necessariamente postulato la nostra fedeltà alla missione che Dio. gli ha affidato, e che noi ereditiamo dal suo zelo: i giovani, specialmente i più poveri, e i ceti popolari. Qui affiorano tutte le implicanze, i problemi e gli impegni del nostro servizio educativo nella Chiesa e nel mondo di oggi.
È noto poi a Vostra Santità l´amore di Don Bosco al Papa e alla Chiesa, della quale in tutte le circostanze volle essere obbediente e fedele servitore. I membri del Capitolo Generale Speciale hanno inteso fare propri, in questo nostro tempo, gli atteggiamenti e i sentimenti del Padre e Fondatore.
Ancorata a questi principi la Congregazione potrà osare nuove vie e nuovi strumenti di azione, col coraggio e l´audacia di Don Bosco, per svolgere nel mondo moderno quella azione cristianizzatrice e salvatrice ch´egli svolse in altro contesto sociale. E questo soprattutto in favore della gioventù, oggi specialmente oggetto di tante speranze, anche se talora miste ad ansie e perplessità.
Non ignoriamo le difficoltà ed angustie che ci attendono lungo il cammino del rinnovamento. Non vogliamo però che ci sorprendano la sfiducia e la stanchezza. Ci dà forza e vigore la coscienza della causa alla quale siamo votati nella vita della Chiesa.
Padre Santo, prima di concludere, permetta che le presenti una duplice filiale offerta, che però ha un unico sentimento e significato. Questa mattina abbiamo avuto la gioia di concelebrare nella Basilica di S. Pietro: tutti noi concelebranti abbiamo voluto applicare il santo sacrificio secondo le Sue intenzioni.
Le presento pure un´offerta per i Paesi più bisognosi e le situazioni più dolorose che toccano il cuore di Vostra Santità. Essa è frutto dei sacrifici, delle rínuncie di tanti salesiani sparsi nel mondo, che vogliono far sentire, come i concelebranti di stamane, tutta la loro filiale adesione alle Sue ansie di Supremo Pastore, di Padre e di Operatore di Pace e di Unità.
Accetti, Padre Santo, questa duplice offerta come nostro filiale omaggio natalizio. Ora attendiamo dalla parola di Vostra Santità o dalla Benedizione Apostolica, che vorrà impartirci, la luce e il conforto per la fatica che ci attende. Questa speciale benedizione la chiedo, Beatissimo Padre, sulla mia persona, sentendo in questo momento tutto il peso della rinnovata fiducia del Capitolo Speciale per il governo della Congregazione; la chiedo sul venerando Don Ziggiotti, Rettor Maggiore emerito; sui membri Bel nuovo Consiglio Superiore, che rispettosamente presento, e su quelli che, dopo lunghi anni di generoso servizio, lasciano l´incarico; su tutti i Capitolari presenti, e sull´intera Famiglia Salesiana, spiritualmente unita in questo atto di devota adesione al Vicario di Cristo, e di attuare il suo rinnovamento nello spirito e sotto gli auspici della desiderosa Chiesa
Roma, 20 dicembre 19
Allegato 5
Discorso di S.S. Paolo VI
durante l´udienza accordata
ai membri del Capitolo Generale Speciale *
Venerabili confratelli, figli di Don Bosco: a doppio titolo Noi vi potremmo parlare. Trascureremo il primo e cercheremo il secondo. Il primo sarebbe quello personale: memorie, incontri, relazioni, ... obbligazioni che uniscono la mia persona, la mia memoria alla vostra famiglia spirituale. E l´altro è quello che ci viene dall´ufficio che la Provvidenza ci ha dato, in virtù del quale, sì, vi rivolgeremo alcune parole, ma che non possono fare altro che rimare con quelle pronunciate testò dal... come lo chiamate? Superior Maggiore? (Rettor Maggiore)... Rettor Maggiore... siamo precisi! (risata). E se la nostra parola d´ordine nell´incontro precedente fu quella
di r progredire s la seconda parola, nel suo significato, può accor
darsi con questo che sto per dire a voi tutti, e, adesso, con maggior cognizione di causa, perchè negli anni che sono passati tante volte ho avuto modo di conoscere la vostra attività e le vostre degne persone; parola che sarà: « perseverare A, perseverare, essere fedeli. E così sia.
Non posso rinunciare, però, anche per il titolo primo, ai ricordi che affiorano nella memoria pensando a Don Bosco, e con cui si potrebbe formare l´oggetto di una pagina - come dire? - autobiografica.
Quando ho conosciuto Don Bosco? Non l´ho conosciuto personalmente, perchè sono vecchio, sì, ma non tanto! (risata). Bambino ricordo che nello studio di mio padre, proprio di fronte alla sua scrivania, in un angolo, c´era un quadretto per vedere il quale da vicino noi bambini, ragazzi, montavamo su una sedia; ed era un ritratto di Don Bosco, che aveva scritto, sotto, queste parole, credo autografe: «In fine di vita si raccoglie il frutto delle opere buone n. Quante volte, quante volte abbiamo visto questo quadretto e letto appunto la firma di questo che non era ancora nè beato nè santo, ma era già celebre e già conosciuto; e per di più conosciuto nell´ambiente della mia famiglia!
lo ho avuto uno zio, anche questo abbiamo impresso nei ritordi personali e marginali, che aveva studiato medicina a Torino, e che, non so come, sposò poi una mia zia, morti tutti e due a Milano; questo sì conobbe Don Bosco. E Don Bosco gli avrebbe detto queste parole: = Tu sarai il medico del mio corpo; ed io sarò il medico della tua anima Sono parole che sono passate, diciamo, nel patrimonio di memorie della nostra famiglia e che hanno sempre fatto impressione anche a me.
E poi, e poi vennero le conoscenze personali su cui sorvolo, a cominciare da quella carissima di Don Cojazzi. Don Cojazzi ebbe il merito, un merito che, come sono quelli nel nostro campo cristiano, hanno anche il loro lato di dolore; fece amicizia con un mio nipote. Si chiamava... Don Luigi, non è vero? Era un ragazzo pieno di vita, e chi non lo ha conosciuto non sa! insomma, non studiava niente (risata). Era esuberante di energie, di vivacità. Sua madre, ottima, santa donna, me lo affidò; lo avevo qualche anno di più, ero appena prete. Occorreva farlo pensare un po´, almeno per passare gli esami! (risata). Lo sforzo non fece onore nè al maestro nè all´allievo. Ma questa brava madre, che lo seguiva con grande intelligenza e sapienza materna, lo incoraggiava: passeggiate, escursioni, eccetera. Non so, non so come avvenne che conobbe in una escursione Don Cojazzi. Da qui nacque niente meno che una vocazione salesiana. E lo lo accompagnai a Torino, e lui finì che stette 17 anni a Macao, non è vero?
Mi ricordo quando ritornò, dopo 17 anni. Suo padre, ormai vecchio, aveva per il figlio un´affezione che si era accresciuta, condensata in quei 17 anni in cui era vissuto strappato dalla famiglia, dalla casa, ... insomma, sì, missionario, missionaria... Volete un altro piccolo particolare? Partendo questo ragazzo disse a sua madre: • Se avessi un´automobile per laggiù! _. Sua madre la fece trovare a Venezia sulla nave. Allora era già tanto! Beh, rientrando a Ciampino, ricordo che aveva cambiato completamente fisionomia. Era arrivato un uomo; aveva anche la barba, e suo padre non lo riconobbe: « E´ Luigi questo? E´ lui? A. Dire così e scoppiare in pianto, come può essere in un incontro in queste circostanze e con questo affetto e con questi sentimenti, fu la stessa cosa.
Ma dobbiamo andare avanti, se no non la finiremmo più.
Qui rientrano incontri personali romani. Voi sapete che sono stato Assistente ecclesiastico del Circolo degli Universitari Romani. Chi era il mio predecessore? Era Don Munerati, fatto allora vescovo di Volterra. Tanto bastò perchè noi si facesse recapito a San Giovannino della Pigna, che è diventata la chiesina degli Universitari romani. Erano molto pochi ma ogni venerdì del mese si trovavano a San Giovannino della Pigna. lo ero dunque il loro Assistente e lì abbiamo sentito tante vicende, che adesso risparmio, riguardanti il periodo dii assistenza del mio grande predecessore, che è Don Munerati, e poi vescovo di Volterra, dicevo, grande giurista, molto conosciuto, veronese... benòn, benòn! (risata). Ma aveva anche lui le sue Regole, era un salesiano; e quello che gli premeva di più, ad un certo momento della sua assistenza al circolo di Roma - cosa che raccolgo da testimoni oculari e auricolari -, era di finire alle ore otto, perchè alle ore otto e un quarto lui doveva essere a tavola (risata). Erano tempi tempestosi, come questi press´a poco; non c´era contestazione, ma insomma non si andava mai d´accordo... E una volta ebbe la felice idea, ma, ahimè, un po´ ingenua, di dire: - Sentite, figlioli, finiamo! Guardate, andate da Benedetto (Benedetto era il sacrestano, un ometto tanto caro), portategli questo biglietto -. E scrisse: - Date ai portatori di questo´ biglietto due bottiglie di vino, perchè finiamo facendo un brindisi alla nostra adunanza -. Partirono come frecce e tornarono in un istante. Ma non tornò il biglietto, che rimase in tasca agli studenti (risata), i quali, di tanto in tanto, senza dir niente a Don Munerati, tornavano da Benedetto (risata), il quale in perfetta buona fede dava Il vino. Arrivò un momento che Don Munerati se ne accorse e... « ma che cosa succede?´ disse. E l´episodio finì.
Ma gli altri episodi non sono finiti, perchè... perchè ho avuto tante occasioni poi di incontrare vostri confratelli. Accenno a Don Biavati, per esempio.., oh eccolo, bravo! Accenno a Don Sinistrero, tanto bravo, che è a Villa Sora, mi pare, no?
Non parliamo di Don Tomasetti, compianto, molto bravo. E il suo successore Don Castano. E così via.
Ma dato che Don Ricceri ha detto che una delle prerogative, dei segni distintivi della vostra vocazione è di occuparvi dei poveri, dei giovani, di quelli che non hanno altra assistenza... (voi siete dei supplenti nell´assistenza normale che la Società e la Chiesa non possono dare a certe categorie della nostra società), accennerò a uno degli ultimi incontri di cui ho scolpita nell´animo, ancora, la commozione, la gioia, nel quartiere famoso, più celebre, più misero di Manila... come si chiama, Tondo? sì Tondo! Feci una visita proprio passando fra casupole su pantano. I Salesiani erano là. E mi ricordo che uno parlò; parlava naturalmente nella sua lingua, poi fu tradotto. lo rimasi estremamente colpito di questa dedizione così eroica e così efficace e così sapiente, data proprio ad un livello di cui sarebbe difficile trovarne un altro inferiore. Onore a voi, quindi, carissimi confratelli e carissimi figli di Don Bosco! Siete sopra una grande strada maestra, ed ecco perchè la mia parola d´ordine questa volta è questa: = PROGREDIRE E PROSEGUIRE, PERSEVERARE! »; perchè davvero siete sopra la via tracciata dal vostro Fondatore, che è poi quella tracciata da Nostro Signore Gesù Cristo. E quindi...
Salutiamo con affettuosa riverenza i membri del Capitolo Generale Speciale Salesiano, riuniti in Roma per l´aggiornamento delle loro Costituzioni e desiderosi, prima di ripartire per le rispettive sedi, di prestare la testimonianza della loro filiale devozione al Vicario di Cristo.
Vi ringraziamo di cuore, figli carissimi! E´ sempre motivo di gioia per noi, ogni qualvolta ci è data la possibilità di incontrarci coi figli di San Giovanni Bosco. L´odierna visita, tuttavia, in una circostanza solenne come questa, che ci fa vedere presenti qui davanti a Noi i rappresentanti delle settantatre Ispettorie salesiane sparse in ogni parte del mondo, richiama alla nostra mente, più vivo e commovente che mai, il significato, il ruolo e l´impegno che la vostra grande famiglia religiosa svolge in seno alla Chiesa di Dio. Pensiamo all´immensa fioritura di opere e di attività dovute allo zelo e ai sacrifici talvolta eroici di voi e dei vostri confratelli.
Proprio quando ci si sente quasi soffocati da tante difficoltà, da tanti dispiaceri, da tante infedeltà, da tante gratuite contestazioni, comunque da tante miserie - perchè siamo uomini, e si sente quasi mancare il respiro - unico conforto del Papa è quello di aprire la finestra, dico la finestra metaforica, e cioè guardare il panorama e vedere appunto dei campi coltivati come il vostro. Ci sono i Salesiani nella Chiesa! Ci sono altre famiglie religiose, ma non parliamo di loro adesso. Ah, davvero che si torna a respirare con fiducia e si ha la prova quasi sensibile che il Signore è con noi, che lavora davvero con le mani della Sua Chiesa per questa opera di evangelizzazione che non ha mai fine e che non lo avrà che alla fine del mondo...
Ma, vi vediamo sotto un aspetto che mette la gioia e la gratitudine nel cuore. li lavoro è fiorente, l´opera si estende, gli operai sono bravi, sono fedeli, sono uniti, sono veramente rappresentativi di questa tradizione su cui tutti adesso hanno qualche cosa da dire, una tradizione che parte da Cristo, che ha trovato in Don Bosco un interprete e un rinnovatore, che continua attraverso di noi. Deo gratias, Signore! E si riprende il lavoro proprio con nuova fiducia. E di questo devo veramente, Rettor Maggiore per primo, Rettor Maggiore emerito poi, e tutti voi altri, cordialmente, in nome di Cristo, ringraziarvi.
Pensiamo a tanta gioventù bisognosa che trova nei vostri Istituti una educazione sana e la possibilità d´inserirsi degnamente nella vita civile. Pensiamo al vasto campo delle Missioni, dove il vostro Istituto si è reso così altamente benemerito.
Sono stato anche vescovo di Milano e so qualche cosa di voi, no? Sant´Agostino, e poi la bella e grande Istituzione di Sesto San Giovanni. Oh che bellezza! tutti giovani operai che si avviano al lavoro, ma temprati come l´acciaio buono, per affrontare la vita da uomini e da cristiani.
Abbiamo avuto la gioia di darvi anche... una grande noia, partendo da Milano, quella di fondare una parrocchia, Domenico Savio; fu decretata, credo, da me, ma non l´ho vista costruita. Questo per dirvi quanta stima e quanti saggi noi possediamo della vostra attività: la testimonianza viva e operosa che voi date al Vangelo.
Quanti motivi per ringraziare il Signore e felicitarci con voi! Siatene benedetti, figli carissimi.
La benedizione che vi daremo alla fine non è un segno convenzionale. Essa vuoi essere davvero una effusione di cuore, e se Dio la riempie della Sua grazia vuoi essere efficace per consolarvi, per santificarvi nella vostra vocazione, per aumentare le vostre energie, per darvi un po´ di felicità per quello che fate e per quello che farete.
Difficoltà non ne mancano certamente anche a voi; ma che possiate portare sempre questa sorgente segreta, che è quella di sapere che serviamo Gesù Cristo, che Lo portiamo con noi e che Lo diamo
agli altri.
La Chiesa di Dio si onora della vostra diffusione, del vostro evangelico esempio, della vostra generosa dedizione apostolica.
Ma è chiaro che la continuità e l´efficienza del vostro lavoro non si conseguono senza una messa a punto coraggiosa, un adattamento serio delle vostre Costituzioni, per dare alla vostra Congregazione quella fisionomia aperta ed aggiornata che è richiesta dalle istanze di rinnovamento conciliare e dalla necessità dei tempi.
Precisamente questo è stato ed è il compito a cui da un semestre siete applicati. Sappiamo che nelle lunghe e laboriose discussioni del vostro Capitolo voi avete già elaborato i canoni del vostro aggiornamento. Sappiamo con quanta ampiezza e competenza avete trattato i diversi problemi; e a noi non resta che raccomandarvi di far tesoro di tanto studio e di dare volenterosa applicazione alle prescrizioni a cui vi siete impegnati.
Ma l´affetto che portiamo alla vostra Congregazione e l´importanza della sua missione in seno alla Chiesa di Dio ci spingono a manifestarvi alcuni pensieri che la vostra visita sveglia nel nostro spirito. Non si tratta di riflessioni nuove, perchè sono già state trattate nel corso delle vostre riunioni.
E voi siete maestri, più che non possa esserlo la mia esperienza. Ma ripetute da noi in questo significativo incontro, potranno dare a voi e ai vostri confratelli il conforto di sapere che il Papa è in consonanza di spirito con le vostre linee direttive.
Indubbiamente voi vi siete prefisso - come il Concilio prescrive e´ come ´vuole la ragion d´essere di ogni Istituto religioso - di ripensare alle origini, prima di tutto.
. Strano, ma bello: per trovare la giovinezza di un Istituto bisogna risalire alla sua vecchiaia, cioè ai suoi principi, che alcune volte sono distanti di secoli. Ma è così con le cose del Regno di Dio: le sorgenti.
Questo è il primo rinnovamento: una più sentita esigenza di vivere autenticamente la propria vocazione religiosa in conformità allo spirito primitivo. L´albero vive delle sue radici. E non vi è dubbio che la vostra più vitale radice sono gli esempi e gli insegnamenti dì San Giovanni Bosco. Ogni opportuno adattamento non mai deve dimenticare, o peggio, alterare la fisionomia caratteristica che il vostro Fondatore ha voluto fin dall´inizio imprimere al vostro Istituto. E perciò: l´educazione della gioventù, la evangelizzazione degli infedeli, l´apostolato catechistico, l´amore alla Chiesa e al Papa, la devozione alla Vergine Maria Santissima Ausiliatrice restano i tratti caratteristici della vostra Congregazione. E tali siano. Abbiateli cari, così cari da considerarli come prezioso retaggio, di cui dovete essere legittimamente fieri, e che vorrete conservare intatto, nella vostra azione, anche se fiorente di nuove forme e di nuove opere; oggi specialmente che una mentalità eversiva tenta di sottomettere al vaglio di una critica corrosiva e di una revisione totale e impietosa ogni istituzione, anche la più sacra.
A questo punto, per l´affetto che abbiamo sempre portato alla gioventù, ed ora ancor più per la carità paterna e pastorale dei nostro apostolico ufficio, non possiamo non rallegrarci nel vedere da voi riconfermata la sollecitudine per i giovani, specialmente i più poveri e bisognosi.
Come ha detto bene! Son inquieti, sono, non si sa come, o ribelli o stanchi. Che psicologia si è venuta maturando in loro! Qualunque sia, deve crescere il nostro amore per i giovani! Non frenarlo, non diminuirlo! Dobbiamo essere così saggi e così sapienti da trovare la chiave per entrare nella psicologia contorta e avviluppata di questa nuova gioventù; ed avere l´amicizia e la pazienza per rifarli nell´ordine; quell´ordine della grazia e della sapienza anche umana in giovani di una generazione degna di stampare nella storia un buon ricordo e una buona risultanza. Si potrebbe fare qui una divagazione importantissima, ma non ne avete bisogno; e cioè, se dopo cent´anni, diciamo subito, non ci sia ormai da abbandonare le posizioni iniziali; se sia cioè anacronistico il vostro modo di educare, di avvicinare i giovani, di lavorare. Non lo è! Giovanni Bosco è stato profeta, ha antiveduto i bisogni, vi ha messi su una via che sfida i tempi! E oggi voi vi trovate all´avanguardia della pedagogia cristiana e civile, per fare dei giovani uomini buoni e forti.
Nello stesso tempo però sorge spontaneamente la domanda circa l´attualità della tradizione educativa di Don Bosco, vissuto in tempi così diversi dai nostri; se abbia qualche cosa ancora da dire il suo metodo ai nostri giorni, e se risponda ai bisogni della gioventù di oggi, così precocemente svegliata alla sensibilità, alla coscienza, alla scelta dei valori della vita, e nello stesso tempo così piena di difficili e complessi problemi. A questo dubbio subito risponde un fatto reale, che è la presenza dei vostri oratori, delle vostre scuole, dei vostri istituti professionali, dovunque diffusi ed ancora così vivi e fiorenti.
Un piccolo episodio. Intersechiamo. Quando noi siamo andati l´anno scorso nel lungo viaggio verso l´Estremo Oriente, abbiamo fatto scalo durante la notte a Teheran - non è vero? - perchè doveva l´apparecchio rifornirsi di carburante. E ricordo benissimo, passando dall´aereo, attraverso le ali di popolo che ci circondava, (pochi, ma era già mezza notte inoltrata, non si poteva pretendere molto, e poi era buio), a un certo punto sento dirmi in italiano: - Oh Don Montini, l´Assistente dei giovani! - Erano i vostri giovani della Scuola Salesiana di Teheran. Anche laggiù! Sono piccole cose, che dicono però a voi che abbiamo nel cuore una grande gioia e una grande commozione, e che per noi sono una testimonianza di quello che siete e di quello che sapete fare.
Ciò significa che i principi umani e cristiani sui quali si basa la sapienza educatrice di Don Bosco, portano in sè valori che non invecchiano. Non è difficile scoprirne il segreto, giacchè tale incomparabile esempio di umanesimo pedagogico cristiano, come già avemmo occasione di dirvi in un altro memorabile incontro, « affonda le sue radici nel Vangelo, dove vediamo Cristo abbassarsi per innalzare la creatura a Dio, farsi debole coi deboli per elevare l´uomo alla Verità e alla Bontà, non con l´autorità estranea di chi impone pesantemente la legge, ma di chi con gravità e mitezza espone la legge di Dio come espressione del suo amore e condizione della nostra salvezza, ed insieme con l´educando alla stessa legge ubbidisce. In altre parole, Don Bosco trovò il suo segreto nella carità, che è come il compendio della sua opera educativa» (Discorso al PAS, 26 ottobre 1966)
Un´ultima raccomandazione abbiamo da farvi. Di fronte ai rischi dell´eccessivo attivismo e all´influsso della secolarizzazione a cui oggi più che mai sono esposte le comunità religiose, le vostre specialmente che sono lanciate verso l´azione, fate in maniera che occupino sempre il primo posto nella vostra esistenza la cura della vita interiore, la preghiera, lo spirito di povertà, l´amore al sacrificio e alla Croce. Se il desiderato aggiornamento non riconducesse il dinamismo apostolico ad un più intimo contatto con Dio, ma portasse a cedere alla mentalità secolaresca, ad assecondare mode ed atteggiamenti effimeri e mutevoli e mondani, a mimetizzarsi col mondo nelle sue forme e senza discernimento, allora sarebbe il caso di riflettere seriamente sulle severe parole del Vangelo: «Se il sale diventa scipito, non vale più nulla, serve solo per essere buttato via e calpestato dagli uomini = (Mt 5, 13). Lo spirito del vostro santo Fondatore, che in vita fu così aperto ai bisogni delle anime giovanili ma sempre così unito con Dio, sembra a noi che oggi vi chieda soprattutto questo particolare impegno: e siamo certi che voi, come sempre, più di sempre, ne asseconderete l´impulso.
Ed ora un augurio e una preghiera. Che Maria Santissima Ausiliatrice, la-buona stella di Don Bosco, l´ispiratrice, la guida, il conforto in ogni sua impresa, irraggi della sua luce la grande famiglia salesiana, rinnovata non solo nelle strutture esteriori, ma ancor più nel suo spirito genuino; Ella accresca sempre in voi, figli carissimi, l´amore per le anime; Ella vi faccia conoscere l´urgenza e la molteplicità dei bisogni della Santa Chiesa; Ella vi guidi sul sentiero di nuove ascensioni spirituali; Ella vi introduca un giorno nel posseso di Cristo e della sua gloria, a cui tutta la vostra vita vuole essere fin d´ora consacrata. E su ognuno di voi, sui vostri lavori, sull´intera vostra Congregazione discenda, larga e confortatrice, l´Apostolica Benedizione che in questo momento di gran cuore vi impartiamo.
Roma, 20 dicembre 1971
* La parte in corsivo è quella che il S. Padre improvvisò intrattenendo amabilmente i presenti su impressioni e ricordi personali.
Allegato 6
Discorso del Rettor Maggiore
alla chiusura
del Capitolo Generale Speciale
Dopo quasi sette mesi di convivenza che ci ha visti insieme a pregare, operare e soffrire - spesso oppressi dalla fatica, dalle difficoltà di vario genere accresciute dal prolungarsi dei lavori, ma sempre intesi a cercare di rispondere nel modo più efficace al mandato della Chiesa e della Congregazione, e animati da un grande amore, sempre più grande di ogni difficoltà, l´ amore a Don Bosco e alla Congregazione - oggi con la grazia di Dio vediamo coronate le nostre fatiche: il Capitolo Generale Speciale XX si conclude. E, fatto nuovo e ricco di evidente significato, si chiude davanti a rappresentanze qualificate di gruppi della nostra grande Famiglia: Figlie di Maria Ausiliatrice, Volontarie di Don Bosco, Cooperatori, Ex-Allievi. Ne siamo felici, perché si dà così il via ad una più intensa, cosciente ed efficace collaborazione, frutto di quella unità di spirito e di missione che, pure in varie forme e misure, ci ricollega e ci unisce tutti nel comune Padre: DON BOSCO. Sono particolarmente lieto in questa solenne occasione di presentare ufficialmente ai carissimi Cooperatori la Dichiarazione del Capitolo Generale Speciale in risposta al loro Messaggio: facendo voti che dalla risposta data loro, come dal Messaggio inviato ai Salesiani, venga realmente - tanto più oggi con la valorizzazione dei laici voluta col Concilio dal Capitolo - un rinnovato impegno e risveglio di vita non solo per i Cooperatori, ma direi ancora di più per i Salesiani, dai quali i Cooperatori attendono quell´ animazione specialmente spirituale di cui sentono vivissimo bisogno. Ai carissimi Ex-Allievi ho il piacere di consegnare la Dichiarazione, che è un impegno del Capitolo sugli Ex-allievi. Anche voi, a titolo e con modi diversi, siete strettamente uniti alla Congregazione: lo sappiamo e lo constatiamo ogni giorno. Io spero fermamente che questa Dichiarazione serva non solo a rinsaldare i vincoli che ci stringono con vicendevole affetto, ma faccia, attraverso la fattiva azione dei Salesiani, della vostra Confederazione una forza viva e feconda di penetrazione e diffusione nella società di quel senso cristiano e salesiano che è il dono più ricco portato nella vostra vita dalla educazione ricevuta nella casa di Don Bosco. Alle Figlie di Maria Ausiliatrice ho già fatto di recente gli auguri per il loro Centenario: li rinnovo solennemente con tutta l´ Assemblea e la Famiglia Salesiana, ripetendo i sentimenti che hanno animato i primi. Alle Volontarie di Don Bosco, felici per aver ottenuto da poco il primo riconoscimento dalla S. Sede, l´ augurio che presto, divenute Istituto Secolare di diritto pontificio, avanzino ancora più decisamente, qualificando i loro membri anzitutto spiritualmente e quindi nella loro azione di peculiare e non facile apostolato nello spirito di Don Bosco. E torniamo al nostro Capitolo che si chiude. Non mi pare esagerato affermare che esso è stato un evento spirituale di straordinaria importanza per la Famiglia Salesiana tutta, per la Congregazione anzitutto, in quanto ha la responsabilità della animazione dei vari gruppi di tutta la Famiglia. Certo è uno degli avvenimenti più densi di significato dei nostri cento anni di storia. Possiamo asserire che Dio ci ha visitato, e questo malgrado, anzi pur attraverso le nostre debolezze, le nostre deficienze, i nostri errori, i nostri peccati. L´ alleanza iniziata dallo Spirito Santo col nostro Padre e Fondatore si è confermata e rinnovata. Un sentimento di ammirazione e di riconoscenza, anzi una convinzione intima, guardando a tutto quanto abbiamo in questi mesi ricevuto, ci porta a esclamare: Iddio ci ama. Il Signore vuole la nostra vocazione nella Chiesa! La Madonna è con la nostra Congregazione come ai tempi della fondazione. Questa constatazione ci porta a nutrire nell´ animo la fiamma dell´ ottimismo boschiano che, mentre ci fa guardare con realismo le difficoltà dell´ ora, non ci fa perdere la serena fiducia ancorata nella fede. E´ vero infatti che assistiamo a un cambio di cultura, è vero che i segni dei tempi stanno forgiando un uomo nuovo, è vero che il processo di secolarizzazione obbliga a fare una revisione molto profonda di tante tradizioni a noi care; ma è pur vero che Iddio è con noi, per suggerirci la risposta opportuna alle richieste della storia che viene. Lo ha fatto prima per la Chiesa il Concilio Vaticano 11; lo ha fatto per noi Salesiani questo Capitolo Generale Speciale. Noi ne siamo testimoni. Se siamo convinti di questo, prima di ritornare alle trincee dove ci attendono i mille problemi come avversari armati, affidiamoci fidenti alla promessa di Gesù: lo Spirito vi insegnerà tutto, vi suggerirà tutto. E se accettiamo di essere stati, per bontà di Dio, malgrado le nostre non poche miserie, i nostri errori personali e comunitari, attori di un eccezionale evento spirituale di cui è stato misterioso protagonista lo Spirito, proprio per questo stesso senso di fede profonda dobbiamo accettare senza remore e senza restrizioni mentali di portare dal Capitolo la coscienza profonda di un preciso impegno. Quale? Il Capitolo Generale Speciale importa per tutti, e per noi anzitutto che ne siamo stati artefici, un impegno coerente di rinnovamento. L´ iniziativa voluta dalla Ecclesiae Sanctae, lo svolgimento e l´ impostazione di tutto il Capitolo Generale Speciale hanno una sola ragione di essere: il rinnovamento della nostra vocazione salesiana nella Chiesa. Possiamo dire che questo Capitolo Speciale, innestandosi ufficialmente nella Pentecoste del Vaticano II, esige da noi un ritmo di maggiore autenticità vocazionale secondo la definizione di rinnovamento data dal Concilio: accresciuta fedeltà alla propria vocazione (U.R. 6). I grandi interrogativi sulla nostra identità vocazionale: chi siamo nella Chiesa? che cosa dobbiamo fare? quale testimonianza ci compete? hanno avuto una risposta dal Capitolo su tutti i punti ed aspetti. Bisogna ora tradurre pienamente nella vita di ognuno questa risposta, iniziando con decisione la lunga strada che ci attende. Inoltrandoci in questo cammino sarà necessario guardarsi da pericoli tutt´altro che immaginari, i quali potrebbero infirmare e forse addirittura svuotare tutta la grande opera del rinnovamento. Il Capitolo Generale Speciale dice che nelle comunità rinnovate, dopo la comune ricerca, viene il momento della decisione responsabile. E dopo tale momento non c´è più luogo a ricerche, ma inizia la doverosa e costruttiva opera di ognuno per collaborare alla esecuzione corresponsabile di quanto è stato stabilito. E´ il caso del nostro Capitolo Speciale. In esso c´è stata una comune ricerca, si è venuti, spesso con larghissima convergenza, sempre con qualificata maggioranza, a decisioni che impegnano ciascuno ad ogni livello, dovunque si trovi ad eseguirle. Sarebbe atteggiamento penosamente negativo e certamente non segno di amore a Don Bosco e alla Congregazione accentuare solamente quella parte in cui riconosciamo il nostro personale modo di vedere. Il rinnovamento viene da un insieme di dottrina e di norme di vita che formano un totum inscindibile per i Salesiani e per le Ispettorie di tutto il mondo, per il professore di università e per il maestro elementare, per gli anziani e per i giovani. Non sono semplici orientamenti o pie esortazioni; e per questo ci impegnano tutti nel loro tutto. E questo vale specialmente per le Costituzioni e per i Regolamenti generali. Il Capitolo con le sue deliberazioni, a cominciare dalle Costituzioni, perché possa operare positivamente il rinnovamento va accettato tutto, senza parentesi, senza arbitrarie mutilazioni, sine glossa, così come è, illuminato - e tanto bene - dagli abbondanti orientamenti dottrinali. Dirò di più. Nel corso delle discussioni si è notato che certe tesi, certe opinioni, certi orientamenti venivano sostenuti con citazioni bibliche, teologiche, canoniche, conciliari, salesiane, ma in modo non sempre pertinente, esatto. Ora bisogna che questo non avvenga con i testi capitolari. Facciamo tutti uno sforzo di citazione onesta, di interpretazione globale della volontà del Capitolo Generale Speciale, che non è negli interventi variopinti e assai diversi od opposti talvolta opinabili e discutibili, ma nelle decisioni. Si deve sempre evitare che citazioni e autorità del Capitolo Generale Speciale possano servire quale strumento per suffragare idee proprie, personali, non affatto o non del tutto in sintonia col vero Capitolo. Ci sia invece una vera conversione ", da parte di ognuno alla totalità del pensiero capitolare anche dove non è secondo il nostro punto di vista. E´ così che potremo creare davvero quella comunione " salesiana di cui tanto abbiamo parlato in Capitolo. Una parola su due atteggiamenti che possono anche gravemente compromettere il rinnovamento del Capitolo, e a cui dobbiamo reagire. Il primo è l´ indifferenza che può provenire da svariate cause; l´ altro la delusione che può minacciare chi si attende dal Capitolo ciò che esso non può dare. Il Capitolo infatti, per la sua ragion d´ essere, non può che offrire una decisa e vigorosa affermazione delle esigenze austere di una vita religiosa veramente rinnovata. Il Capitolo Speciale, col ritorno alle vere fonti evangeliche e salesiane, richiama alla sequela generosa di Cristo povero, casto, obbediente: richiama a quel rinnovamento interiore fatto di autentica preghiera, di vita spirituale impegnata che sono le premesse alimentatrici dello slancio veramente apostolico a cui ci chiama la nostra missione. Per tutto questo occorre operare subito, prendere l´ iniziativa, scuotere dalla eventuale indifferenza, mobilitare gli animi e le forze con metodo e gradualità, ma sempre con fede ed entusiasmo: un entusiasmo non fatuo e frutto di idealismo frondoso, di frasi fatte. Il nostro entusiasmo infatti proviene da una maturità consapevole della posta in gioco; ma in pari tempo è confortato dalla fede, tanto più robusta quanto più umile; quella fede che infonde un coraggio fattivo, un coraggio tenace, un coraggio insomma alla Don Bosco che contra spem in spem credidit. Ricordiamoci che sarebbe opera vana quella di chi fra noi non presentasse in se stesso il tipo esemplare del salesiano rinnovato dal Capitolo Generale. Fratelli e - permettete - figliuoli carissimi: dopo sette mesi di comune faticoso cammino dobbiamo separarci. Non è un bisticcio di parole il mio: separiamoci... uniti! Durante i lavori, inevitabilmente, idee, visioni, valutazioni di uomini e di cose hanno potuto trovarci divisi. Da questo momento, no: unum simus! Dimentichiamo e non portiamo da qui nelle Ispettorie nessun ricordo che non sia di fiducia, di carità, di comunione. Pensiamo ai giovani, alle folle di giovani affamati di amore e spesso di pane e di tutto, ai giovani che ci attendono per averne il conforto, la luce, la guida. Essi - ricordiamolo - sono essenziali alla nostra missione, sia come destinatari di essa sia come nostri futuri fratelli. Essi da noi meno giovani, più che dai loro capi, attendono esempi, vogliono uomini dedicati a loro, che aprano loro la difficile strada con l´ esempio. E´ l´ idea di un vecchio statista non credente ma saggio, un ex-allievo. Ebbene, a questi giovani che sono lo scopo della nostra missione e della nostra speranza, presentiamoci UNITI nelle idee, nei metodi, nelle mete indicateci dal Capitolo Speciale, nella carità che da esso portiamo. Solo così apriremo loro la strada, spianeremo loro il duro cammino del domani. Ho finito. Mentre ringrazio tutti quelli del Capitolo, specialmente i maggiori artefici, le più insigni e speciali vittime del Capitolo Generale Speciale, in quanto ne hanno portato l´ enorme peso, prego tutti di recare il mio saluto dovunque. Mi è caro chiudere rivolgendo il pensiero filiale a Colei che è stata sempre presente, maternamente operante in tutti i momenti della nostra storia: MARIA IMMACOLATA AUSILIATRICE. E Don Bosco ci veda sempre suoi autentici figli e ci sia largo della sua paterna benedizione.
Roma, 5 gennaio 1972
Allegato 7
Cronistoria del Capitolo Generale Speciale XX
I Notiziari del Capitolo Generale, editi nelle varie lingue, hanno fatto già conoscere ai Confratelli le vicende del Capitolo Generale Speciale XX. Pertanto questa cronistoria si limiterà a ricordare brevemente gli avvenimenti principali.
1. Agli Esercizi Spirituali in preparazione al CGS, fatti dai Capitolari nella propria sede, seguì, all´inizio dei Capitolo, il 9 giugno, il Ritiro Spirituale predicato dai P. Roberto Moretti, Carmelitano, del « Teresianum » di Roma. Concluse la giornata la Concelebrazione con Omelia del Rettor Maggiore.
2. I partecipanti al Capitolo Generale sono elencati a parte. Furono assenti gli Ispettori e Delegati delle Ispettorie della Cecoslovacchia e Ungheria.
Su invito dei R.M., erano presenti come osservatori, senza di
ritto di voto, i confratelli di cui nell´allegato 8.
Furono pure invitati come esperti i Confratelli, di cui nello stesso allegato.
3. I lavori del XX Capitolo Generale Speciale ebbero inizio nella nuova Sede della Casa Generalizia (Via della Pisana, Roma) il giorno 10 Giugno 1971, Festa del Corpo e Sangue di Cristo, con la Concelebrazione solenne, seguita dalla Riunione di apertura. Presiedette il Rettor Maggiore con a fianco i Vescovi Mons. Carretto e Mons. Prata e il Regolatore D. Scrivo Gaetano.
Presenti pure la Madre Generale delle FMA e la sua Vicaria, la Presidente delle VDB, Membri dei Consiglio Nazionale degli Ex-Allievi, dei Cooperatori e della Gioventù Salesiana.
Dopo la preghiera dell´Adsumus, venne costituita la Segreteria dei CGS (D. Alessandro Machuy e D. Giov. Battista Lucetti) e si diede lettura dei messaggio del Card. G. Villot, Segretario di Stato di S. Santità e delle numerose adesioni, pervenute al Rettor Maggiore da autorità e Confratelli.
Il Discorso di apertura del XX CGS, tenuto dal Rettor Maggiore, è riportato nell´Allegato 2.
4. Nei giorni seguenti si iniziarono subito i lavori con la presentazione, da parte del Rettor Maggiore, della « Relazione » sullo
stato della Congregazione (vedi allegato 3), con la composizione della Commissione per la revisione del Regolamento del CGS e dei « Gruppi informali », costituiti per lo studio degli schemi precapitolari di Frascati.
Si formarono inoltre le Commissioni, suddivise in Sottocommissioni, con il compito d´elaborazione, studio e sviluppo dei temi fondamentali del Capitolo, già noti a tutta la Congregazione attraverso la precedente consultazione biennale (1969-1970).
Su richiesta dei Capitolari si aggiunsero, a quelle previste, altre 3 Sottocommissioni e, precisamente, su « La Evangelizzazione e Catechesi », « L´Oratorio paradigma di rinnovamento dell´Azione Salesiana » e « il PAS ».
5. Durante i lavori capitolari, che in parte coincisero con la celebrazione del Sinodo, non mancarono:
a) Visite illustri:
- dei cardinali: Ildebrando Antoniutti, Prefetto della S. Congregazione dei Religiosi e Istituti Secolari, Gabriele Maria Garrone, Prefetto della S. Congregazione per l´Educazione Cattolica, Angelo Rossi, Prefetto della S. Congregazione per l´Evangelizzazione dei popoli, Michele Pellegrino, Arcivescovo di Torino, Raul Silva Henriquez, Arcivescovo di Santiago (Cile), Stefano Wyszynski, Primate di Polonia, Giuseppe Hoeffner, Arcivescovo di Kóln.
- di numerosi Vescovi, fra cui Mons. Andrea Pangrazio, Vescovo diocesano della nostra sede generalizia e Segretario della CEI, Vescovi dell´Africa, America, Asia ed Europa.
- di Conferenzieri: P. G. Beyer, Decano della Facoltà di Diritto alla Pontificia Università Gregoriana, Fratel C. Carretto, D. P. Brocardo, D. E. Marcoaldi e D. D. Bertetto (gli ultimi 4 per i Ritiri Mensili).
- del Dr. Josè M. Taboa da Lago, Presidente Confederale degli ExAllievi, Prof. Aldo Angelini, Vice Presidente Confederale degli ex-Allievi, Prof. Augusto Vanistendael, Presidente degli ex-Allievi del Belgio e Segretario Generale della CIDSA, Avv. Nicola Ciancio, Presidente degli ex-Allievi d´Italia, Sig. Hofacher, Segretario dell´Adveniat.
b) Ricorrenze particolari:
- 21 Giugno, S. Luigi, Onomastico del Rettor Maggiore; la giornata segnò un momento felice di vita di famiglia salesiana.
- 29 Giugno: festa del Papa; nel pomeriggio i Capitolari si recarono a S. Pietro per assistere alla Messa celebrata dal S. Padre.
- nel mese di settembre: celebrazione della giornata del digiuno per i fratelli del Pakistan.
- 8 Dicembre: conclusione in clima di intimità del 50° di Ordinazione Sacerdotale di D. Renato Ziggiotti, Rettor Maggiore emerito.
6. La giornata dei Capitolari si apriva solitamente con la Concelebrazione o plenaria o per gruppi linguistici. Buona parte del mattino e del pomeriggio era impegnata in ore di lavoro assembleare o di sottocommissione. La giornata si concludeva con la preghiera serale seguita dalla Buona Notte, cui si alternarono Superiori, Ispettori e Delegati di tutte le regioni.
li regolare lavoro delle riunioni assembleari richiese:
- l´approvazione del Regolamento per il Capitolo Generale (30 Giugno);
- l´elezione di tre Moderatori (Mario Seren Tha, D. Edoardo Fox, D. Giuliano Gouriou (26 Giugno);
- la costituzione della Commissione Centrale di Coordinamento (CCC), composta dal Presidente del Capitolo Generale, dal Regolatore, dai tre Moderatori, dai Presidenti delle Commissioni e da un Segretario Capitolare;
- l´istituzione di nuove « Commissioni Speciali «: Commissione per le informazioni ai Confratelli, Commissione per le Costituzioni
• Regolamenti, Commissione per l´Iter postcapitolare; e di altri Gruppi ristretti: per l´elaborazione del Documento sugli Exallievi,
· della Dichiarazione ai Cooperatori, per il problema delle defezioni.
- le riunioni plenarie che si svolsero dapprima nell´Aula dei « 200 », quindi, dall´inizio di luglio, nell´Aula Magna, modernamente attrezzata con i dispositivi di votazione elettronica segreta, traduzione simultanea e richiesta di parola;
- la presentazione degli Schemi, che subiva il primo vaglio d´un dibattito « generale », seguito dalla votazione del testo proposto come base di lavoro; ne subiva un secondo con la rielaborazione « per partes «, con la enucleazione di « problemi particolari A emersi dalle schede inviate da singoli o da gruppi per proposte di « modi » (per uno schema si arrivò a quota 1000) ; quindi, dopo eventuali quesiti-sondaggio, si procedeva all´approvazione definitiva in altri due tempi intervallati dall´invio e dall´esame di nuovi « modi » e costituenti la prima e seconda votazione finale.
7. In queste fasi di lavori capitolari accaddero alcuni avvenimenti importanti.
a) Il 6 dicembre 1971, il Rettor Maggiore, in spirito di coerenza
con una recente votazione, rimise il suo mandato nelle mani dell´Assemblea, appositamente convocata, con queste parole:
« Dopo l´approvazione dell´articolo costituzionale dello schema 18, che stabilisce la durata del mandato del Rettor Maggiore in sei anni, per un senso di rispetto verso la Congregazione da voi qui rappresentata, sono venuto "coram Domino" alla conclusione che ora porto a vostra conoscenza.
• Pur essendo stato eletto dal Capitolo XIX per dodici anni, e pur non avendo la nuova legge alcun effetto retroattivo, tuttavia rimetto il mio mandato nelle vostre mani perché voi,, in piena libertà, possiate esprimere con il vostro voto quello che nel Signore credete meglio per gli interessi della Congregazione., .
• Affinché possiate avere un congruo tempo di riflessione lungo la giornata, prego il Regolatore di voler disporre perché nel quarto tempo di lavoro di oggi siate riconvocati per dare il vostro voto a quanto ho esposto.
• Il nostro Padre Don Bosco ci assista e la Vergine Immacolata Ausialiatrice ci illumini tutti ».
L´Assemblea Capitolare, alle ore 18 dello stesso giorno, espresse a gran maggioranza il suo placet alla continuazione del mandato del Rettor Maggiore per altri 6 anni.
b) Dal 9 all´11 Dicembre 1971 ebbero, luogo le elezioni dei nuovi membri del Consiglio Superiore.
Risultarono eletti:
- Vicario del Rettor Maggiore: D. Gaetano SCRIVO.
- Consigliere per la Formazione salesiana: D. Egidio VIGANO´. - Consigliere per la Pastorale Giovanile: D. Rosalio CASTILLO. - Consigliere per la Pastorale degli Adulti: D. Giovanni RAINERI. - Consigliere per le Missioni: D. Bernardo TOHILL. - Economo Generale: D. Ruggero PILLA.
- Consigliere Regionale per:
Italia, Medio Oriente: D. Luigi FIORA.
Antille, Messico, Centro America, Venezuela, Colombia, Equa
tore, Perù, Bolivia, Cile: D. Giuseppe HENRIQUEZ.
Argentina, Brasile, Paraguay, Uruguay: D. Giuseppe GOTTARDI. Austria, Germania, Belgio, Francia, Olanda, Jugoslavia, Africa
Centrale: D. Giovanni TER SCHURE.
Spagna, Portogallo: D. Antonio MELIDA.
USA, Inghilterra, Irlanda, Australia, India, Thailandia, Cina, Giappone, Filippine: D. Giorgio WILLIAMS. Per la Polonia provvederà direttamente il Rettor Maggiore.
c) Il 20 Dicembre 1971, nel ritmo dei lavori capitolari, segnò una parentesi attesa e felice: Concelebrazione in S. Pietro insieme con una larga rappresentanza della grande Famiglia Salesiana e filiale incontro con il S. Padre in una indimenticabile Udienza Speciale (vedi Allegati 4-5).
8. Nel periodo natalizio i lavori capitolari si avviavano alla conclusione.
Si procedette pertanto all´approvazione definitiva degli articoli Costituzionali e Regolamentari (a maggioranza qualificata di 2/3) e dei vari Documenti capitolari elaborati definitivamente dalle Sottocommissioni.
La conclusione del CGS si ebbe il giorno 5 gennaio 1972. Nella 140a Riunione plenaria i Capitolari si raccolsero per l´ultima volta nell´Aula Magna. La « Famiglia Salesiana = era tutta rappresentata. Agli ex-Allievi e Cooperatori il Rettor Maggiore consegnò il Documento e la Dichiarazione del CGS, a conclusione dell´« evento spirituale del CGS ».
Terminato il discorso conclusivo del Rettor Maggiore, il Regolatore, con l´assenso dell´Assemblea, dichiarò chiuso il XX Capitolo Generale Speciale.
Una Concelebrazione plenaria nella mattinata fu l´ultimo atto capitolare a suggello di tante fatiche e di tante speranze.
Allegato 8
Elenco dei partecipanti
al Capitolo Generale Speciale Salesiano
1. RICCERI Don Luigi - Rettor Maggiore
2. FEDRIGOTTI Don Albino - Prefetto Generale 3. BELLIDO Don Modesto - Catechista Generale 4. PILLA Don Ruggiero - Economo Generale
5. PIANAZZI Don Archimede - Consigliere Generale 6. SCRIVO Don Gaetano - Consigliere Generale 7. FIORA Don Luigi - Consigliere Generale 8. GIOVANNINI Don Ernesto - Consigliere Regionale ´9. SEGARRA Don Isidoro - Consigliere Regionale
10. TER SCHURE Don Giovanni - Consigliere Regionale 11. TOHILL Don Bernardo - Consigliere Regionale 12. GARNERO Don Pietro - Consigliere Regionale 13. CASTILLO Don Rosalio - Consigliere Regionale 14. LUPO Don Tiburzio - Segretario Generale 15. ZIGGIOTTI Don Renato - Rettor Maggiore Emerito 16. CASTANO Don Luigi - Procuratore Generale
I GRUPPO: Ispettorie dell´Italia e del Medio Oriente
17. MAGNI Don Dante - Ispettore - Italia-Centrale 18. VIGANO´ Don Angelo - Delegato - Italia-Centrale 19. SEREN THA Mario - Delegato - Italia-Centrale
sostituito da
GAMBA Luigi dal 9/10 - Supplente - Italia-Centrale
20. BAVA Don Mario - Ispettore - Italia-Subalpina
21. ZANELLA Don Lodovico - Delegato - Italia-Subalpina 22. DEFILIPPI Angelo - Delegato - Italia-Subalpina
23. BONGIOANNI Don Egidio - Direttore Casa Madre di Torino 24. MORLUPI Don Arturo - Ispettore - Italia-Adriatica 25. DI MEO Don Vincenzo - Delegato - Italia-Adriatica 26. COZZI Don Stefano - Delegato - Italia-Adriatica 27. ARACRI Don Cesare - Ispettore - Italia-Campano Calabra 28. L´ARCO Don Adolfo - Delegato - Italia-Campano Calabra
29. MARTINELLI Don Antonio - Delegato - Italia-Campano Calabra 30. RAINERI Don Giovanni - Ispettore - Italia-Ligure Toscana
31. NATALI Don Paolo - Delegato - Italia-Ligure Toscana
32. SANGALLI Don Giuseppe - Delegato - Italia-Ligure Toscana 33. BERTOLLI Don Giuseppe - Ispettore - Italia-Lombardo Emil. 34. SANGALLI Don Giovanni - Delegato - Italia-Lomb. Emiliana 35. MARACCANI Don Francesco - Delegato - Italia-Lombardo Emil. 36. SARTOR Don Tullio - Ispettore - Italia-Novarese 37. LUCETTI Don Giovanni Battista - Delegato - Italia-Novarese 38. DE MAGISTRI Don Luigi - Delegato - Italia-Novarese 39. DE BERNARDI Don Secondo - Ispettore Italia-Romano Sarda 40. JACOANGELI Don Porfirio - Delegato - Italia-Romano Sarda 41. BIAVATI Don Cadmo - Delegato - Italia-Romano Sarda 42. LICCIARDO Don Demetrio - Ispettore - PAS 43. DHO Don Giovenale - Delegato - PAS 44. JAVIERRE Don Antonio - Rettore Magnifico - PAS 45. MARRONE Don Antonio Ispettore - Italia-Pugliese Lucana 46. RUOCCO Don Alfonso - Delegato - Italia-Pugliese Lucana 47. VERDECCHIA Don Amedeo - Ispettore - Italia-Sicula 48. NICOLETTI Don Stefano - Delegato - Italia-Sicula 49. FRATALLONE Don Raimondo Delegato - Italia-Sicula 50. LANARO Don Giuseppe - Ispettore Italia-Veneta Est 51. ZULIANI Don Antonio - Delegato - Italia-Veneta Est 52. TRENTI Don Zelindo - Delegato - Italia-Veneta Est 53. BOSCAINI Don Luigi - Ispettore - Italia-Veneta Ovest 54. COLLI Don Carlo - Delegato - Italia-Veneta Ovest 55. POJER Don Guido - Delegato - Italia-Veneta Ovest 56. MORAZZANI Don Guglielmo - Ispettore - Medio-Oriente 57. CHARBEL Don Antonio - Delegato - Medio-Oriente
II GRUPPO: Ispettorie dell´Austria, Belgio, Cecoslovacchia, Francia, Germania, Jugoslavia, Olanda, Polonia, Ungheria, Africa Centrale
58. PENZ Don Francesco - Ispettore Austria
59. SCHWARZ Don Ludovico - Delegato - Austria
60. OERDER Don Carlo - Ispettore - Germania Nord 61. HELBING Don Reinardo - Delegato - Germania Nord 62. BURGER Don Francesco - Ispettore - Germania Sud 63. SÒLL Don Giorgio - Delegato - Germania Sud
64. FEUERLEIN Don Riccardo - Delegato - Germania Sud 65. MOUILLARD Don Michele - Ispettore Francia Sud 66. DESRAMAUT Don Francesco - Delegato - Francia Sud 67. KLENCK Don Edmondo Delegato - Francia Sud 68. LORRIAUX Don Giorgio - Ispettore - Francia Nord
69. GOURIOU Don Giuliano - Delegato - Francia Nord 70. GIRARDI Don Giulio - Delegato - Francia Nord
sostituito da:
LECOMTE Don Uberto dal 16/6 - I Supplente - Francia Nord
GAUDILLIERE Don Renato dal 27/9 - Il Supplente - Francia Nord 71. COENRAETS Don Paolo - Ispettore - Belgio Sud 72. VIVIER Don Pietro - Delegato - Belgio Sud 73. VANSEVEREN Don Ruggero - Ispettore - Belgio Nord 74. QUARTIER Don Maurizio - Delegato - Belgio Nord 75. DESMET Don Luciano - Delegato - Belgio Nord 76. RAIJMAKERS Don Giovanni Ispettore - Olanda 77. VAN LUYN Don Adriano - Delegato - Olanda 78. PAVICIC Don Nicola - Ispettore - Jugoslavia-Zagabria 79. GULESIC Don Francesco - Delegato - Jugoslavia-Zagabria 80. ZERDIN Don Stefano - Ispettore - Jugoslavia-Lubiana 81. DERMOTA Don Walter - Delegato - Jugoslavia-Lubiana 82. DZIENZIEL Don Agostino - Ispettore - Polonia-Cracovia 83. NOCON Don Guglielmo - Delegato - Polonia-Cracovia 84. MAJEWSKI Don Miecislao - Delegato - Polonia-Cracovia
sostituito da
RUBINKIEWICZ Don Riccardo dal 27/9 - Suppl. - Polonia-Cracovia 85. ZOLNOWSKI Don Felice - Ispettore - Polonia-Lodz 86. STYRNA Don Stanislao - Delegato - Polonia-Lodz 87. PROS Don Stefano - Delegato - Polonia-Lodz 88. VAN ASPERDT Don Francesco - Ispettore - Africa Centrale 89. VERBEEK Don Leone - Delegato - Africa Centrale
III GRUPPO: Ispettorie Portogallo, Spagna, Messico, Antille, America Centrale
90. PINHO Don Emanuele - Ispettore - Portogallo 91. MAJO F. Don Giuseppe - Delegato - Portogallo
sostituito da
CASTRO F. Don Carlo Alberto dal 23/12 - Supplente - Portogallo 92. ANJOS Don Amatore.- Delegato - Portogallo 93. CANALS Don Giovanni - Ispettore - Spagna Barcellona 94. MANERO Don Antonio - Delegato - Spagna-Barcellona 95. OLIVAN Don Francesco - Delegato - Spagna-Barcellona 96. PUYDENA Don Luigi - Ispettore - Spagna-Bilbao 97. PEREZ ALVAREZ Don Giuseppe L. Delegato - Spagna-Bilbao 98. BASTARRICA CELAVA D. Salvatore - Delegato - Spagna-Bilbao 99. ALTAREJOS GARCIA Don Antonio - Ispettore - Spagna-Cordoba 100. NUAEZ Don Gian Narciso - Delegato - Spagna-Cordoba
177. VELASCO GARCIA Don Ignazio - Delegato - Venezuela 178. DIVASSON Don G. Angelo - Delegato - Venezuela
VI GRUPPO: Ispettorie dell´Argentina, Paraguay, Uruguay, Bolivia, Cile, Perù
179. MORENO Don Eraclio - Ispettore - Bahia Bianca
180. VECCHI Don Giovanni Delegato - Bahia Bianca 181. SANTECCHIA Don Benito - Delegato - Bahia Bianca 182. SOL Don Giovanni - Ispettore - Argentina-Buenos Aires 183. FOGLIO Don Pietro - Delegato - Argentina-Buenos Aires
184. GALANT Don Salvatore - Delegato - Argentina-Buenos Aires 185. GHIGO Don Francesco - Ispettore - Argentina-Cordoba 186. BARUTTA Don Tomaso - Delegato - Argentina-Cordoba 187. MERINO Don Giovanni. - Delegato - Argentina-Cordoba 188. HERNANDO Don, Emilio - Ispettore - Argentina-La Plata 189. MOURE Don Argimiro - Delegato - Argentina-La Plata 190. GLOMBA Don Giovanni - Ispettore - Argentina-Rosario 191. TESSAROLO Don Francesco - Delegato Argentina-Rosario 192. TOTI Don Andrea - Ispettore - Paraguay 193. HEYN Don Carlo - Delegato - Paraguay 194. GOTTARDI Don Giuseppe - Ispettore Uruguay 195. LECUONA Don Ettore - Delegato - Uruguay 196. CASANOVA Don Giorgio - Ispettore - Bolivia 197. ARTALE Don Ermanno - Delegato - Bolivia 198. VIGANO´ Don Egidio - Ispettore - Cile 199. CUEVAS LEON Don Sergio - Delegato - Cile 200. CALERO DE LOS RIOS Don Antonio - Delegato - Cile 201. VALEBUONA Don Emilio - Ispettore - Perù 202. BLONDET Don Cesare - Delegato - Perù
OSSERVATORI
1. ACQUISTAPACE Don Mario - Delegato dell´Ispettore per il Viet Nam
2. AINSWORTH Don Guglielmo - Delegato dell´Ispettore per il Sud Africa
3. RUZZEDDU Don Mario - Delegato dell´ispettore per la Corea
4. ZAVATTARO Don Giuseppe - Delegato dei Rettore Maggiore per le Figlie di Maria Ausiliatrice
5. ANNOE´ Sig. Ernesto - Italia-Centrale
6. BURGGRAEVE Don Ruggero - Belgio-Nord 7. CORO´ Sig. Giuseppe - Centro America
8. COZATTI Ch. Dilermando - Brasile-S. Paulo
9. DAROS Ch. William - Argentina-Rosario 10. FERRER Sig. Giuseppe - Filippine 11. FIANDRI Ch. Mario - Italia-Romana
12. SUESCUN Sig. Antonio - Spagna-Madrid
ESPERTI
1. AUBRY Don Giuseppe - Francia-Lione
2. LECLERC Don Gustavo - PAS
3. SOMMA Don Pasquale - Argentina-Cordoba 4.
STELLA Don Pietro – PASS.
INDICE
Lettera di presentazione del Rettor Maggiore v
Codice delle abbreviazioni . XXIII
PARTE PRIMA - DOCUMENTI CAPITOLARI
Sezione Prima - LA NOSTRA MISSIONE APOSTOLICA
Documento 1 - I Salesiani di Don Bosco nella Chiesa 1
Introduzione - Il nostro rinnovamento - Riattualizzare il dono spiri
tuale dello Spirito Santo a Don Bosco e ai suoi figli 5
Capo I - La missione e i suoi destinatari . 18
Capo II - Il servizio reso dalla nostra missione 45
Capo III - Lo spirito salesiano 66
Capo IV - La nostra consacrazione religiosa 81
Capo V - La forma della Congregazione Salesiana 98
Capo VI - Le prospettive della « Famiglia » salesiana oggi . 114
Capo VII - Orientamenti operativi 129
Documento 2 - Don Bosco nell´Oratorio 131
Introduzione 139
Capo I - Rievocazione del criterio 142
Capo Il - Fedeltà nel dinamismo 153
Capo III - Il dinamismo nella fedeltà 161
Documento 3 - Evangelizzazione e Catechesi _ 175
Premessa 177 Introduzione - La nostra ansia evangelizzatrice 179
Capo I - Il mistero della Parola di Dio . 182
Capo II - Significato vitale della Catechesi 189
Capo III - Il linguaggio catechistico della comunità 197
Capo IV - Orientamenti operativi 205
Documento 4 - Rinnovamento pastorale dell´azione salesiana tra i giovani 209 Introduzione 211
Capo I - Principi ispiratori . - 214
Capo II - Caratteristiche del nostro servizio pastorale 216
Capo III - Atteggiamenti e attuazioni pastorali . 223
Capo IV - Obiettivi e metodo pastorale di evangelizzazione
liberatrice , 228
Capo V - Principali strutture di attuazione : 234
Capo VI - Orientamenti operativi 247
Documento 5 - L´azione salesiana nelle Parrocchie 251
Capo I - Caratteristiche salesiane della Parrocchia . 253
Capo I I - Campi di azione 257
Capo III - Il Programma 261
Capo IV - Problemi particolari 271
Capo V - Orientamenti operativi 275
Documento 6 - Le comunicazioni sociali nella pastorale salesiana . 279
Capo I - Il fenomeno degli strumenti di comunicazione sociale 281
Capo II - Atteggiamento della Chiesa 283
Capo III - Atteggiamento della Congregazione 285
Capo IV - La preparazione del Salesiano 287
Capo V - Il nostro spazio: l´educazione 289
Capo VI - Orientamenti operativi 292
Documento 7 - L´azione missionaria salesiana 293
Premessa 295
Capo I - La Chiesa missionaria 297
Capo II - La Congregazione missionaria 300
Capo III - Direttive pastorali 302
Capo IV - Orientamenti operativi 306
Sezione Seconda - LA NOSTRA VITA DI COMUNIONE
Documento 8 - La comunità fraterna ed apostolica salesiana 307
Capo I - Comunità fraterna 310
Capo II Comunità apostolica 323
Capo III - Orientamenti operativi 328
Documento 9 - La comunità orante 333
Capo I - La preghiera in un mondo che cambia 335
Capo II - Il nostro rinnovamento nella vita di preghiera . 337
Capo III - Formazione alla preghiera 350
Sezione Terza - LA NOSTRA CONSACRAZIONE
Documento 10 - La castità salesiana oggi 353
Premessa 355
Capo I - Situazione del mondo di oggi e ripercussioni sulla
nostra castità 356
Capo Il - Prospettive per un rinnovamento della vita di castità
consacrata nel celibato 358
Capo III - Riscoperta di alcune dimensioni teologiche della
castità 363
Capo IV - Alcuni aspetti salesiani della castità 367
Capo V - Orientamenti operativi 369
Documento 11 - La- povertà salesiana oggi 373
Capo I - La coscienza della Congregazione 375
Capo Il - Lineamenti fondamentali della povertà salesiana oggi 387
Capo III - Orientamenti operativi 397
Documento 12 - L´obbedienza salesiana oggi 401
Capo I - Esigenze di rinnovamento 403
Capo II - L´obbedienza oggi 406
Capo III - L´autorità oggi 415
Capo IV - La parola e il modo di agire di -Don Bosco 418
Capo V - Orientamenti operativi 422
Sezione Quarta LA NOSTRA FORMAZIONE
Documento 13 - La formazione alla vita salesiana 425 Premessa 427
Capo I - Aspetti generali della formazione 431
Capo II - Deliberazioni capitolari 439
Capo III - Disposizioni transitorie 454
Capo IV - Il Pontificio Ateneo Salesiano . 455
Sezione Quinta - L´ORGANIZZAZIONE DELLA NOSTRA SOCIETÀ
Documento 14 - Principi e criteri di organizzazione della nostra Società 459
Capo I - Le nostre strutture 461
Capo II - Orientamenti operativi 463
Documento 15 - Strutture a livello locale 465
Orientamenti operativi 467
Documento 16 - Strutture di governo a livello mondiale 469
Capo I - Il pensiero di Don Bosco . 471
Capo II - Unità e decentramento 476
Capo III - Partecipazione e corresponsabilità 478
Capo IV - Strutture regionali 480
Capo V 482
Documento 17 - Amministrazione dei beni temporali 485
Sezione Sesta - COOPERATORI ED EX-ALLIEVI
Documento 18 - I Cooperatori salesiani 489
Capo I - Dichiarazione del Capitolo Generale Speciale ai
Cooperatori 491
Capo II - Dichiarazione del Capitolo Generale Speciale sui
Cooperatori 501
Documento 19 - L´azione salesiana per gli Ex-Allievi 511
Capo I - Origine ed essenza del movimento Ex-Allievi 513
Capo II - Il pensiero degli Ex-Allievi 515
Capo III - La nostra risposta 518
Capo IV - La collaborazione degli Ex-Allievi con la Congre
gazione 522
Capo V - Orientamenti operativi per il rinnovamento dell´azione
salesiana per gli Ex-Allievi 523
Documento 20 - Iter post-Capitolare 527
Indicazioni più urgenti 529
Documento 21 - Deliberazioni del C.G.S. circa la facoltà concessa dal
M. P. Ecclesiae Sanctae, II, 1, 7 535
Documento 22 -Messaggio dei Membri del XX Capitolo Generale a
tutti i Confratelli della Congregazione 539
PARTE SECONDA - ALLEGATI
1.-Lettera del Card. G. Villot, Segretario di Sua Santità, al Rettor Maggiore 547
2. Discorso del Rettor Maggiore in apertura del Capitolo Generale
Speciale 549
3. Presentazione del Rettor Maggiore della « Relazione Generale sullo
stato della Congregazione » 565
4. Indirizzo di omaggio del Rettor Maggiore al Santo Padre in apertura dell´udienza concessa ai Capitolari . 584
5. Discorso di S.S. Paolo VI durante l´udienza accordata ai membri del
Capitolo Generale Speciale . 587
6. Discorso del Rettor Maggiore alla chiusura del Capitolo Generale
Speciale 595
7. Cronistoria del Capitolo Generale Speciale XX 600 8. Elenco dei partecipanti al
Capitolo Generale Speciale _ 605 indice 613