Non esiste uno scritto sistematico di don Bosco sulla formazione spirituale dei giovani. Troviamo comunque una quantità di sussidi a stampa, di testimonianze biografiche, di interventi formativi, nei quali è possibile individuare una visione ben definita della vita cristiana, insieme ad alcune specifiche tematiche ricorrenti, a sottolineature di atteggiamenti e di valori, a insistenze su comportamenti virtuosi da curare e su pericoli da evitare. Tutto questo ci permette di ricostruire l'orizzonte spirituale di don Bosco, ben ancorato ai parametri culturali e alle sensibilità tipiche del suo tempo e del suo ambiente, chiaramente debitore di tradizioni spirituali precedenti tuttavia connotato da alcuni principi spirituali e tratti pedagogici che ne sanciscono la peculiarità e ne permettono la trasposizione in contesti storici e culturali diversi da quelli dell'Ottocento italiano. I materiali che qui presentiamo sono significativi ed esemplari a questo scopo.
Quattro parti compongono la sezione.
La prima è costituita dalle porzioni più sostanziose del Giovane provveduto (1847). Libro fondamentale di don Bosco, «adatto ai tempi e alla gioventù"— come egli scrive nelle Memorie dell'Oratorio — «opportuno per le loro idee religiose, appoggiato sulla Bibbia", nel quale si espongono i fondamenti della religione cattolica colla massima brevità e chiarezza'. Non è una semplice raccolta di preghiere, ma un piccolo manuale di vita spirituale con meditazioni, letture edificanti, istruzioni e devozioni mirate ad alimentare lo spirito di pietà, a toccare il cuore dei giovani e orientarli verso un vissuto cristiano integrale e gioioso. Lo studio di questo documento è fondamentale per comprendere i tratti fondamentali della pedagogia spirituale di don Bosco2.
La seconda parte comprende un campione di lettere indirizzate a singoli giovani o a comunità educative salesiane. Risaltano le note caratterizzanti della direzione spirituale di don Bosco, come il realismo operativo e la tendenza alla semplificazione, che non era abbassamento di ideali, ma strategia educativa. L'orientamento cristiano delle sue proposte è molto chiaro. Esigenti e robusti sono i suoi suggerimenti. Evidente è il rimando continuo alla concretezza del quotidiano, alle sue sfide e alle responsabilità che ne derivano. Don Bosco possiede l'arte di prospettare orizzonti di senso trascendenti e visioni di futuro entusiasmanti, tali da ispirare vissuti intensissimi. Convinto dell'azione efficace di Dio nel cuore di ogni uomo, egli sa far leva sui sentimenti migliori dei giovani, sulla loro nativa generosità, per suscitare la collaborazione fattiva con la grazia santificante.
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1 Giovanni Bosco, Memorie dell'Oratorio di S. Francesco di Sales dal 1815 al 1855. Saggio introduttivo e note storiche a cura di Aldo Giraudo. Roma, LAS 2011, p. 164.
2 Cf Pietro STELLA, Valori spirituali nel "Giovane provveduto" di san Giovanni Bosco. Roma, Scuola Grafica Borgo Ragazzi Don Bosco 1960.
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Nella terza parte sono trascritti i regolamenti originali delle Compagnie di San Luigi Gonzaga (1847), dell'Immacolata (1856) e del santissimo Sacramento (1858). Le Compagnie sono state strumenti eccellenti per la formazione spirituale dell'élite giovanile nell'Oratorio e nelle case di don Bosco. Riservate ai giovani più sensibili alla vita interiore, disponibili per un cammino spirituale totalitario, aperti alla collaborazione educativa tra i compagni, furono un vivaio di eccellenti vocazioni salesiane.
La quarta parte accoglie alcuni esempi dei sermoncini di don Bosco ai giovani, in forma di istruzione domenicale, di conversazioni serali (le "buone notti') e di racconto di sogni. Dimostrazioni efficaci di uno stile formativo tutto proprio del santo educatore.
Apparso in prima edizione nel 184Z "Il giovane provveduto " è il libro di don Bosco che ebbe il maggior successo editoriale. L'anno della sua morte venne stampata la 1191 edizione. Se ne fecero ristampe, con pochissimi adattamenti, fino al 19613.È anche il libro al quale don Bosco fu più affezionato e che raccomandò costantemente.
Rappresenta il punto di arrivo delle sue esperienze pastorali tra i giovani del primo Oratorio e costituisce la base per gli sviluppi del suo programma di santità giovanile. In esso troviamo evidenziati i contenuti e i metodi del modello di vita cristiana proposto ai giovani, i suoi inconfondibili "orizzonti di spiritualità giovanile'. Era questa l'intenzione dell'autore, dichiarata fin dal proemio, dove afferma di voler insegnare "un metodo di vita cristiano che sia nel tempo stesso allegro e contento", "breve e facile, ma sufficiente "perché i giovani possano diventare "la consolazione dei parenti, l'onore della patria, buoni cittadini in terra per essere poi un giorno fortunati abitatori del cielo".
Dal punto di vista contenutistico il volume è diviso in tre parti più un'appendice di laudi sacre. La prima parte contiene una serie di istruzioni e riflessioni su Dio, sul suo rapporto privilegiato con i giovani, sui doveri del cristiano, sulle verità eterne e sull'esemplarità di san Luigi Gonzaga.
La seconda parte offre una gamma di "Esercizi particolari di cristiana pietà", che sono peculiari del contesto devoto dell'Ottocento, ma selezionati e strutturati in finzione del particolare tipo di vita cristiana che don Bosco amava proporre e in sintonia con le sue sensibilità personali: preghiere del mattino e della sera; suggerimenti per assistere con frutto alla santa messa e accostarsi ai sacramenti; preghiere per la visita al Santissimo e per la comunione spirituale; coroncine al sacro Cuore di Gesù, a Maria Addolorata e altre pratiche devote; preghiere per l'esercizio della buona morte; un'istruzione sulla scelta dello stato (inserita molto più tardi, dopo il 1878).
3 [Giovanni Bosco], Il giovane provveduto per la pratica de' suoi doveri, 'degli esercizi di cristiana pietà per la recita dell'ufficio della beata Vergine e dei principali vespri dell'anno coll'aggiunta di una scelta di laudi sacre ecc. Torino, Tipografia Paravia e Comp. 1847; Giovanni Bosco, Il giovane provveduto per la pratica de' suoi doveri e degli esercizi di cristiana pietà... 119' ed. Torino, Tipografia e Libreria Salesiana 1888; In., Il giovane provveduto per la pratica dei suoi doveri e degli esercizi di cristiana pietà. Novissima edizione riveduta sul testo originale adattata nella parte devozionale agli usi presenti. Torino, Società Editrice Internazionale 1961.
Cf P. STELLA, Valori spirituali nel "Giovane provveduto"..., pp, 80-126.
La terza parte del Giovane provveduto contiene l'ufficio della Madonna e i formulari per la celebrazione dei vespri in tutto l'anno.
Qui riportiamo integralmente la prima e la seconda parte del Giovane provveduto, incluse quelle formule di preghiera e pratiche devozionali comuni al cattolicesimo ottocentesco. Infatti anche in esse il lavoro editoriale di don Bosco imprime un marchio inconfondibile. È molto istruttivo per il lettore ripercorrere quei testi pregati quotidianamente dai ragazzi di Valdocco, così densi di affetti devoti e di tensione spirituale, così fecondi di risoluzioni operative e responsabilità etica, così mirati all'impegno ascetico e virtuoso.
Gli studiosi hanno individuato gli autori di riferimento di don Bosco, ma hanno anche notato i suoi criteri di selezione e di esclusione, le sue accentuazioni e le sfumature che danno all'operetta un'impronta personale inconfondibile5. Ad esempio, l'accenno agli inganni che il demonio insinua nella mente dei giovani per distoglierli dal darsi a Dio fin dalla giovinezza e l'affermazione della perfetta sintonia tra religione e allegria. Ma soprattutto l'insistenza sulla giovinezza come tempo favorevole all'impegno virtuoso, ad un vissuto battesimale integrale fecondo di frutti per tutta la vita. L'età giovanile, secondo don Bosco, è "chiave di volta dell'intera esistenza terrena, età responsabile e costruttiva, momento felice per entrare in un rapporto privilegiato con Dio e intraprendere un cammino virtuoso e gaudioso verso la santità (Servite Domino in laetitia).
Emergono anche altri temi, che torneranno costantemente nel magistero del santo: la necessità di tenersi sempre pronti perché la morte può sopraggiungere in ogni istante fissando eternamente la nostra sorte; la cura dell'unione con Dio in un rapporto affettuoso e oblativo, fatto di orazione, di pratiche devote, di giaculatorie, di offerte; la devozione mariana; l'esercizio delle virtù specifiche come l'amore e il timore di Dio, l'obbedienza e la purità, la carità e il servizio; il compimento esatto e gioioso dei doveri di stato; la cura della meditazione, dell'ascolto della parola di Dio, dell'istruzione catechistica; la necessità di mortificare i sensi, di fuggire i cattivi compagni e le occasioni di peccato; la centralità strategica dei sacramenti della confessione e della comunione, pilastri del metodo formativo messo in atto da don Bosco.
L'importanza del Giovane provveduto emerge soprattutto quando lo si legge in sintonia con tutto l'insegnamento di don Bosco e "con l'intero sistema e stile di vita" nel quale il santo immergeva i suoi giovani nel quotidiano ddl'Oratoríd . Il lettore potrà rendersene conto mettendolo a confronto con altri testi contenuti in questa antologia, soprattutto con le vite di Domenico Savio, di Michele Magone e di Francesco Besucco.
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Cf Pietro STELLA, Don Bosco nella storia della religiosità cattolica. Vol. II. Mentalità religiosa e spiritualità. Roma, LAS 1981; Francis DESRAMAUT, Don Bosco e la vita spirituale. Leumann (Torino), Elle Di Ci 1970.
6 Pietro BRAIDO, Don Bosco prete dei giovani nel secolo delle libertà. Terza edizione corretta e ritoccata. Roma, LAS 2009, vol. I, p. 232.
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184. Il giovane provveduto per la pratica de' suoi doveri
degli esercizi di cristiana pietà
Ed. a stampa in [Giovanni Bosco], Il giovane provveduto per la pratica de' suoi doveri degli esercizi di cristiana pietà per la recita dell'ufficio della beata Vergine e dei principali vespri dell'anno coll'aggiunta di una scelta di laudi sacre ecc. Torino, Tipografia Paravia e Comp. 1847, pp. 5-143 (OE II, 185-323).
Alla gioventù
Due sono gli inganni principali, con cui il demonio suole allontanare i giovani dalla virtù. Il primo è far loro venir in mente che il servire al Signore consista in una vita malinconica e lontana da ogni divertimento e piacere. Non è così, giovani cari. Io voglio insegnarvi un metodo di vita cristiano che sia nel tempo stesso allegro e contento, additandovi quali siano i veri divertimenti e i veri piaceri, talché voi possiate dire col santo profeta Davide: serviamo al Signore in santa allegria: servite Domino in laetitia. Tale appunto è lo scopo di questo libretto, servire al Signore e stare sempre allegri.
L'altro inganno è la speranza di una lunga vita colla comodità di convertirsi nella vecchiaia ed in punto di morte. Badate bene, miei figliuoli, molti furono in simile guisa ingannati. Chi ci assicura di venir vecchi? Uopo sarebbe patteggiare colla morte che ci aspetti fino a quel tempo, ma vita e morte sono nelle mani del Signore, il quale può disporne come a lui piace. Che se Dio vi concedesse lunga vita, sentite ciò che vi dice: quella strada che un figlio tiene in gioventù, si continua nella vecchiaia fino alla morte. Adolescens iuxta viam suam etiam cum senuerit non recedet ab ea. E vuoi dire: se noi cominciamo una buona vita ora che siamo giovani, buoni saremo negli anni avanzati, buona la nostra morte e principio di una eterna felicità. Al contrario se i vizi prenderanno possesso di noi in gioventù, per lo più continueranno in ogni età nostra fino alla morte. Caparra troppo funesta di una infelicissima eternità. Acciocché tale disgrazia a voi non accada vi presento un metodo di vivere breve e facile, ma sufficiente perché possiate diventare la consolazione dei vostri parenti, l'onore della patria, buoni cittadini in terra per essere poi un giorno fortunati abitatori del cielo.
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7 P. BRAIDO, Don Bosco prete dei giovani..., I, p. 233.
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Questa operetta è divisa in tre parti. Nella prima voi troverete ciò che dovete operare e quanto dovete fuggire per vivere da buoni cristiani. Nella seconda si raccolgono parecchie particolari pratiche devote. Nell'ultima si contiene l'uffizio della beata Vergine coi principali vespri dell'anno,.e coll'aggiunta di alcune canzoncine spirituali.
Miei cari, io vi amo tutti di cuore,• e basta che siate giovani perché io vi ami assai e vi posso accertare che troverete libri propostivi da persone di gran lunga più virtuose e più dotte di me, ma difficilmente potrete trovare chi più di me vi ami in Gesù Cristo e che più desideri la vostra vera felicità. Il Signore sia con voi e faccia sì che praticando questi pochi suggerimenti possiate giungere al salvamento dell'anima vostra e così accrescere la gloria di Dio, unico scopo di questa compilazione.
Vivete felici e il Signor sia con voi.
Affezionatissimo in Gesù Cristo Sac. Bosco Giovanni
Articolo 1° - Conoscenza di Dio
Alzate gli occhi, o figliuoli miei, ed osservate quanto esiste nel cielo e nella terra. Il sole, la luna, le stelle, l'aria, l'acqua, il fuoco sono tutte cose che un tempo non esistevano. Ma c'è un Dio, che colla sua onnipotenza le trasse dal niente e le creò, motivo per cui si nomina Creatore. Questo Dio che sempre fu e sempre durerà dopo di aver creato tutte le cose che nel cielo e nella terra si contengono, diede quindi esistenza all'uomo, il quale di tutte le creature visibili è la più perfetta. Onde i nostri occhi, i piedi, la bocca, la lingua, le orecchie, le mani sono tutti doni del Signore.
L'uomo è distinto fra tutti gli altri animali specialmente perché è fornito di un'anima, la quale pensa, ragiona e conosce ciò che è bene e ciò che è male. Quest'anima non muore col corpo, ma quando esso è portato al sepolcro, quella andrà a cominciare un'altra vita che non finirà più. Se fece bene sarà sempre beata con Dio in paradiso, che è un luogo dove si godono tutti i beni; se operò male verrà punita con un terribile castigo nell'inferno, dove si patirà per sempre ogni sorta di pena.
Badate però, o miei figliuoli, che voi siete tutti creati per il paradiso e Dio prova grande dispiacere quando è costretto mandare qualcheduno all'inferno. Oh! quanto mai il Signore vi ama e desidera che voi facciate buone opere per rendervi poi partecipi della sua gloria in paradiso.
Articolo 2° - I giovanetti sono grandemente amati da Dio
Persuasi, cari figliuoli, che noi siamo tutti creati per il paradiso, dobbiamo indirizzare ogni nostra azione a questo fine. A questo vi deve muovere specialmente ,i1 grande amore che Dio vi porta. Imperciocché quantunque egli ami tutti gli uomini come opera delle sue mani, tuttavia porta una particolare affezione per i giovanetti, formando in essi le sue delizie: Deliciae mene esse cum filiis homínum. Dunque voi siete la delizia e l'amore di quel Dio che vi creò. Egli vi ama perché siete ancora in tempo a fare molte opere buone; vi ama perché siete in un'età semplice, umile, innocente ed in generale non ancora divenuti preda infelice del nemico infernale.
Simili segni di speciale benevolenza diede altresì il Salvatore per i fanciulli. Dice egli che tutti i benefici fatti ai fanciulli si considerano fatti a lui medesimo. Minaccia terribilmente coloro che con parole o con fatti vi danno scandalo. Ecco le parole sue: "Se qualcheduno scandalizzerà uno di questi pargoli che credono in me, per lui meglio sarebbe che si ponesse una macina al collo e fosse gettato nel profondo del mare". Gradiva che i fanciulli lo seguissero, li chiamava a sé, li baciava e dava loro la sua benedizione.
Posto che il Signore tanto vi ami nell'età in cui vi trovate, quale non deve essere il vostro fermo proposito per corrispondergli, procurando di far tutte quelle cose che gli possono piacere, evitando quelle che lo potrebbero disgustare?
Articolo 3° - La salvezza di un figliuolo dipende ordinariamente dal tempo della gioventù
Due sono i luoghi che nell'altra vita stanno a noi preparati. Uri inferno per i cattivi, dove si patisce ogni male. Un paradiso per i buoni ove si godono tutti i beni. Ma il Signore vi fa sapere che se voi comincerete ad esser buoni in gioventù, tali sarete nel resto della vita, la quale sarà coronata con una felicità di gloria. Al contrario la mala vita cominciata in gioventù troppo facilmente sarà tale fino alla morte e vi condurrà inevitabilmente all'inférno. Perciò se voi vedete uomini avanzati negli anni dati al vizio dell'ubriachezza, del giuoco, della bestemmia per lo più potete dire: questi vizi cominciarono in gioventù:
Adolescens iuxta viam suam, etiam cum senuerit non recedet ab ea (Pr 22, 6). Ah! figliuolo, dice Dio, ricordati del tuo Creatore nel tempo di tua gioventù; altrove dichiara beato quell'uomo che dalla sua adolescenza avrà cominciato ad osservare i suoi comandamenti. Questa verità fu conosciuta dai santi, e specialmente da santa Rosa di Lima e da san Luigi Gonzaga, i quali avendo cominciato fin da cinque anni a servire fervorosamente il Signore, fatti adulti non trovavano più gusto se non per le cose che riguardavano a Dio; e così divennero gran santi. Lo stesso diciamo del figliuolo di Tobia, il quale ancor molto giovane già era ubbidiente, sottomesso in tutto alla volontà dei suoi genitori, morti i quali, continuò a vivere virtuosamente fino alla morte.
Ma (taluni diranno) se cominciamo al presente a servire il Signore, diventiamo malinconici. Non è vero, sarà malinconico colui che serve il demonio, il quale comunque si sforzi per mostrarsi contento, tuttavia avrà sempre il cuor che piange, dicendogli: tu sei infelice perché nemico di Dio. Chi più affabile e più gioviale di san Luigi Gonzaga? Chi più lepido e più allegro di san Filippo Neri? Nondimeno la loro vita fu una continua pratica di ogni virtù. Coraggio dunque, miei cari, datevi per tempo alla virtù e vi assicuro, che avrete sempre un cuore allegro e contento e conoscerete quanto sia dolce servire al Signore.
Articolo 4° - La prima virtù di un giovane è l'ubbidienza ai propri genitori
Siccome una tenera pianta sebbene posta in buon terreno dentro un giardino, tuttavia prende cattiva piega e finisce male, se non è coltivata e per dir così guidata fino a certa grossezza, così voi, miei cari figliuoli, piegherete sicuramente al male se nòrr vi lasciate piegare da chi ha cura d'indirizzarvi. Questa guida voi avete nella persona dei vostri genitori, cui dovete esattamente ubbidire. Onora il tuo padre e la tua madre e avrai lunga vita sopra la terra, dice il Signore. Ma in che cosa consiste questo onore? Consiste nell'ubbidienza, nel rispetto e nello assisterli. Nell'ubbidienza, e perciò quando vi comandano qualche cosa fatela prontamente senza mostrarvi ritrosi e guardatevi dall'essere di quei tali, che alzano le spalle, crollano il capo e, quello che è peggio, rispondono insolenze. Costoro fanno grande ingiuria ai loro genitori e a Dio medesimo, il quale per loro mezzo vi comanda questa o quell'altra cosa. Il nostro Salvatore quantunque onnipotente per insegnarci ad ubbidire fu in tutto sottomesso alla beata Vergine ed a san Giuseppe, esercitando l'umile mestiere di artigiano. Per ubbidire poi al suo Padre celeste morì spasimando in croce.
Dovete altresì portare grande rispetto al padre e alla madre. Laonde guardatevi sempre d'intraprendere cosa alcuna senza loro permesso né mostrarvi impazienti in loro presenza o scoprendone i difetti. San Luigi non intraprendeva cosa alcuna senza licenza e non essendovi altri la chiedeva ai suoi servitori. Il giovane Luigi Comollo fu un giorno costretto a star lontano dai suoi genitori più che non gli avevano dato permesso. Ma giunto a casa piangendo chiese umilmente perdono della disubbidienza suo malgrado commessa.
Devesi pure prestare assistenza ai nostri genitori nei loro bisogni, sia per quei servizi domestici di cui siete capaci e molto più consegnando loro ogni danaro, regalo, roba che vi possa venire fra le mani e farne quell'uso che dai medesimi verrà suggerito. Pregate Dio mattina e sera per essi, affinché loro conceda ogni bene spirituale e temporale.
Quanto dico circa i vostri genitori s'intende di ogni vostro superiore ecclesiastico o secolare, come altresì dei vostri maestri, dai quali parimenti riceverete volentieri con umiltà e rispetto tutti gl'insegnamenti, i consigli, le correzioni, tenendo per certo che ogni cosa si fa per vostro maggior vantaggio e che l'ubbidienza prestata ai vostri superiori è lo stesso come se fosse prestata a Gesù Cristo, a Maria santissima ed a san Luigi.
Due cose con tutto il cuore vi raccomando. La prima che siate sinceri coi vostri maggiori, non coprendo con finzioni i vostri mancamenti, molto meno negandoli. Dite sempre con franchezza la verità; perciocché le bugie oltre l'offesa di Dio ci rendono figli del demonio, principe della menzogna e fanno sì che conosciuta la verità voi sarete reputati menzogneri, disonorati presso i vostri superiori e presso i compagni. In secondo luogo che i consigli e gli avvertimenti dei vostri superiori siano regola del vostro vivere e del vostro operare. Beati voi se così farete; i vostri giorni saranno felici; ogni vostra azione sarà sempre bene ordinata e di comune edificazione. Perciò conchiudo con dirvi: datemi un figliuolo ubbidiente e sarà santo. Al contrario sarà privo di ogni virtù.
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Articolo 5° - Del rispetto che devesi alle chiese ed alle cose di religione
L'ubbidienza ed il rispetto ai vostri superiori vuole essere congiunto col rispetto alle chiese e a tutte le altre cose di religione. Siamo cristiani, perciò dobbiamo venerare tutto quello che riguarda a tale stato e'specialmente la chiesa, che è denominata tempio del Signore, luogo di santità, casa di orazione, in cui qualunque cosa venga da noi a Dio domandata si otterrà. In ea omnis qui petit accipit [Lc 11,10]. Ah miei cari figliuoli! che grande piacere recate a Gesù Cristo, che buon esempio date al popolo, standovi con devozione e raccoglimento! Quando san Luigi andava in chiesa la gente correva per osservarlo e tutti erano edificati dalla sua modestia e dal suo contegno. Giunti che sarete in chiesa senza correre o fare strepito prendete l'acqua benedetta e postivi ginocchioni adorate la santissima Trinità con tre Gloria Patri ecc.
In caso .che non sia ancor tempo delle sacre funzioni potrete recitare le allegrezze di Maria o qualche altro esercizio di pietà. Guardatevi poi bene dal ridere in chiesa, o dal parlare senza necessità, perché basta una sola parola od un sorriso per dare scandalo e disturbare quelli che assistono alle sacre funzioni. San Stanislao Costka stava in chiesa con tanta devozione che più volte non udiva le chiamate né sentiva le spinte, colle quali i suoi servitori lo avvertivano perché andasse a casa.
Vi raccomando poi un sommo rispetto ai sacerdoti ed ai religiosi. Perciò ricevete con venerazione quegli avvisi che vi suggeriranno; scopritevi il capo in segno di riverenza quando parlate con essi o li riscontrate per strada. Guardatevi principalmente dal disprezzarli o con fatti o con parole, perché alcuni giovanetti avendo deriso il profeta Eliseo con soprannomi, Dio li castigò •facendo uscire alcuni orsi da una selva, i quali avventandosi sopra quelli ne sbranarono quaranta. Chi non rispetta i sacri ministri deve temere gran male dal Signore. Qualora si parli di essi imitate il giovanetto Luigi Comollo il quale soleva dire: "Dei sacerdoti o parlar bene o tacere affatto". Vi debbo altresì avvertire di non aver rossore di comparire cristiani anche fuori di chiesa. Per lo che quando passerete dinanzi alle chiese o a qualche immagine di Maria o di altri saìifi non trapassate senza scoprirvi il capo in segno di riverenza. Così vi mostrerete veri cristiani e il Signore vi colmerà di benedizioni per il buon esempio che date al prossimo.
Articolo 6° - Lettura e parola di Dio
Oltre le preghiere consuete del mattino e della sera vi esorto pure a spendere qualche tempo a leggere alcun libro che tratti di cose spirituali, come il libro dell'Imitazione di Gesù Cristo, la Filotea di san Francesco di Sales, Apparecchio alla morte di san Alfonso, Gesù al cuor del giovane'.
L'Imitazione di Cristo, la Filotea o Introduzione alla vita devota di san Francesco di Sales e l'Apparecchio alla morte di sant'Alfonso Maria de' Liguori erano opere molto
Se voi leggerete qualche tratto dei libri accennati sarà grandissimo il vantaggio che riporterete per l'anima vostra. Sarebbe poi doppio il merito avanti Dio se quello che leggete lo raccontaste ad altri ovvero leggeste in loro presenza, soprattutto in presenza di quelli che non sanno leggere.
Siccome poi il nostro corpo senza cibo diviene infermo e muore, lo stesso avviene dell'anima nostra se non le diamo il suo cibo. Nutrimento e cibo dell'anima nostra è la parola di Dio, cioè le prediche, la spiegazione del Vangelo e il catechismo. Fatevi pertanto grande premura di portarvi a tempo debito alla chiesa, standovi colla massima attenzione e procurate di applicare per voi quelle cose che fanno per il vostro stato. A voi però importa molto che interveniate al catechismo; né vale il dire: io sono già promosso assoluto per la santa comunione, poiché anche allora l'anima vostra abbisogna di cibo, come altresì ne abbisogna il corpo; e se voi private l'anima vostra di questo nutrimento vi mettete a rischio di gravissimo danno.
Vi raccomando di fare ogni [sforzo] possibile per intervenire alle vostre parrocchie per l'adempimento di questi vostri doveri, essendo il vostro curato in modo particolare destinato da Dio ad aver cura dell'anima vostra. Guardatevi altresì da quell'inganno del demonio quando vi suggerisce: questo fa per il mio compagno Pietro, quello conviene a Paolo. No, miei cari, il predicatore parla a voi e intende di applicare a voi tutte le verità che espone. D'altronde quello che non serve a correggervi, servirà a preservarvi da qualche peccato.
Udendo la predica procurate di tenerla a mente lungo il giorno ed in specie alla sera prima di coricarvi fermatevi un tantino a riflettere sulle cose udite. Se così farete grande vantaggio ridonderà per l'anima vostra.
Articolo 1° - Fuga dell'ozio
L'ozio è il laccio principale che il demonio tende alla gioventù, sorgente funesta di tutti i vizi. Persuadetevi dunque, o miei cari, che l'uome, è nato per il lavoro e quando desiste da esso egli è fuori del suo centro e corre grande rischio di offendere il Signore. Non c'è cosa che tormenti maggiormente i dannati nell'inferno, che l'aver passato in ozio quel tempo, che Dio aveva diffuse ai tempi di don Bosco; Gesù al cuore del giovane era un libretto del canonico Giuseppe Zama Mellini (1788-1838), scritto in forma di colloquio affettuoso tra Gesù e il lettore.
loro dato per salvarsi. Al contrario non c'è cosa che più consoli i beati in paradiso, quanto il pensare che un po' di tempo impiegato per Dio loro procacciò un bene eterno.
Non intendo però che vi occupiate da mattina a sera senza verun sollievo, perciocché ci sono molte cose le quali nel tempo che servono ad occuparvi possono recare diletto anche con grande vostra utilità.
Queste sono per esempio lo studio della storia, della geografia, delle arti meccaniche' e liberali, e di altri studi e lavori domestici, i quali ricreando possono acquistarvi cognizioni utili ed oneste e contentare i vostri superiori; anzi potrete anche divertirvi, ben inteso con giuochi e trattenimenti leciti, atti a darvi ricreazione e non già ad opprimervi. Non portatevi mai a questi divertimenti senza avere prima chiesto la debita licenza e preferite quelli che ricercano destrezza del corpo, come più utili per la sanità. Lungi siano da voi certi inganni, certe frodi e destrezze di mano, bizzarrie di spirito le quali sovente cagionano discordie e offendono la carità dei vostri compagni. Mentre state nel giuoco, nella conversazione od in altro passatempo alzate qualche volta la mente al Signore, offrendo quegli stessi divertimenti a maggior onore e gloria di lui.
Interrogato una volta san Luigi mentre trattenevasi con altri suoi pari allegramente giuocando, che cosa fatto avrebbe se in quel punto fosse stato avvertito da un angelo, che un quarto d'ora dopo il Signore lo avrebbe chiamato al tremendo suo giudizio, egli prontamente rispose che avrebbe seguitato il suo giuoco, perché so di certo, soggiunse, che questi divertimenti piacciono al Signore.
Quello poi che vi raccomando caldamente nei passatempi e nelle ricreazioni si è il più che potete di fuggire come la peste i cattivi compagni.
Articolo 2° - Fuga dei cattivi compagni
Ci sono tre sorta di compagni. Alcuni buoni, altri cattivi; alcuni poi non sono del tutto cattivi, ma nemmeno buoni. Coi primi potete trattenervi e ne avrete vantaggio; cogli ultimi trattare quando lo richiede il bisogno, senza contrarre famigliarità. I cattivi poi si devono assolutamente fuggire. Ma quali sono questi compagni cattivi? State attenti e capite bene quali siano. Tutti quei figliuoli, i quali in vostra presenza non arrossiscono di fare discorsi osceni, proferir parole equivoche o scandalose, mormorazioni, bugie, spergiuri, imprecazioni, bestemmie, oppure cercano di allontanarvi dalle cose di chiesa o farvi trasgredire i vostri doveri, sono compagni cattivi, ministri di satanasso, dai quali voi dovete guardarvi più che dalla peste e dal diavolo stesso. Ah miei cari, colle lagrime agli occhi io vi supplico a fuggire ed abborrire simili compagnie!
Sentite ciò che dice il Signore: Chi cammina col virtuoso, sarà altresì virtuoso. L'amico degli stolti diventerà loro somigliante. Guardati dal cattivo compagno come dal morso di un serpente velenoso: tamquam a fizcie colubri. In somma se voi camminerete coi buoni, io vi assicuro che andrete coi buoni in paradiso. Al contrario frequentando perversi, vi pervertirete ancora voi con perdita irreparabile dell'anima vostra.
Dirà taluno: sono tanti i cattivi compagni, che si dovrebbe andar via da questo mondo per fuggirli tutti. So essere molti i cattivi compagni, ed appunto per questo vi raccomando con gran calore di fuggirli. Che se per non trattare con essi foste costretti a starvene soli, beati voi, avreste in vostra compagnia Gesù Cristo, la beata Vergine, il vostro angelo custode. Potranno trovarsi compagni migliori di questi? Nondimeno si possono anche avere buoni compagni e saranno quelli che frequentano i santi sacramenti, intervengono alle chiese, vi animano all'adempimento dei vostri doveri e non fanno discorsi che offendono il Signore. Frequentate pure costoro e ne trarrete grande profitto. Da che il giovanetto Davide cominciò a frequentare un buon compagno di nome Gionata, divennero buoni amici con reciproco vantaggio; perciocché l'uno incoraggiava l'altro alla pratica della virtù.
Articolo 3° - Evitare i cattivi discorsi
Quanti figliuoli si trovano all'inferno per i cattivi discorsi! Questa verità predicava già san Paolo allorché diceva che le cose sconce non si dovessero nemmen nominare dalla bocca di un cristiano, perché sono la rovina dei buoni costumi: Currumpunt bonos mores colloquia prava. Considerate i discorsi come il cibo: sia pur buona una pietanza, ma una sola goccia di veleno cadutavi sopra basta per dar la morte a quanti ne mangiano; lo stesso fa il discorso osceno. Una parola, un gesto, uno scherzo bastano per inskrnare la malizia ad uno ed anche a più compagni; e quei figliuoli che erano innocenti agnelli di Gesù Cristo, diventano preda infelice del demonio.
Qualcheduno potrà dire: conosco le funeste conseguenze dei cattivi discorsi, ma come fare? Io mi trovo in una scuola, in -una bottega, in un negozio, ad un lavoro dove debbo occuparmi e si fanno' cattivi discorsi. Lo so anch'io che ci sono questi luoghi, perciò vi suggerisco la regola onde liberarvene senza offendere il Signore. Se sono persone a voi inferiori correggetele rigorosamente; qualora siano persone a cui non convenga fare rimprovero fuggite se potete e non potendo state fermi a non prender parte né con parole né con sorriso e nel vostro cuore dite: Gesù mio- misericordia. Non mancherà chi vi metta in canzone e si beffi di voi, ma non importa. Verrà tempo, in cui il ridere ed il burlare dei maligni si cangerà in pianto nell'inferno, ed il disprezzo dei buoni si muterà nella più consolante allegria in paradiso: Tristitia vestra vertetur in gaudium [Gv 16,20]. Stando voi così fermi per la causa del Signore, ne avverrà che quegli stessi vostri dileggiatori saranno costretti a pregiare la virtù vostra, di maniera che non oseranno più molestarvi coi loro perversi ragionamenti.
Dove si trovava san Luigi Gonzaga niuno più ardiva proferire parola meno onesta e sopraggiungendo egli in atto che altri ne pronunziava alcuna, tosto si diceva: zitto, c'è Luigi.
Articolo 4° - Evitare lo scandalo
Quando il demonio non può riuscire a fare preda di qualche figliuolo, si serve degli scandalosi. Di quanti enormi peccati si aggravano la coscienza quei figliuoli, che in chiesa, nelle strade, nelle scuole, od altrove nelle loro occupazioni danno scandalo? Quante sono le persone da cui sono osservati; altrettanti sono i peccati di cui sono colpevoli agli occhi di Dio. Che si dovrà poi dire di coloro, i quali giungono fino ad insegnare la malizia a quelli che ancora sono innocenti? Sentano questi sciagurati ciò che loro significa il Salvatore. Preso egli un giorno un giovinetto per mano e voltosi alle turbe che lo ascoltavano, disse: "Guai a chi darà scandalo ad un fanciullo, purtroppo c'è scandalo nel mondo, iria guai a chi lo dà, meglio sarebbe per lui che si attaccasse una macina al collo e si gettasse nel profondo del mare". Se mai si potessero levare gli scandali dal mondo, quante anime camminerebbero per il paradiso e al contrario vanno eternamente perdute nell'inferno. Guardatevi pertanto da questa razza di scellerati e fuggiteli più che il demonio medesimo. Una fanciulla tenera di età al sentire un discorso scandaloso disse a chi lo faceva: fuggi di qui, o diavolo maledetto. Se voi, o miei cari, volete essere i veri amici di Gesù Cristo e riparare al gran male che fanno alle anime gli scandalosi, procurate di dare buon esempio. Perciò siano i vostri discorsi buoni e modesti; siate devoti in chiesa, ubbidienti e rispettosi ai vostri superiori. Oh quante anime v'imiteranno e cammineranno per la strada del paradiso! E voi sarete sicuri di andarvi, perché colui che procura la salvezza di un'anima può fondatamente sperar di salvare la propria: Animam salvasti, animam team praedestinasti. Queste sono le cose principali che voi, giovani cari, dovete fuggire nel mondo: sono poche, ma bastanti perché possiate formarvi uno stato di vita virtuosa e cristiana. Felici voi se le fuggirete, io vi assicuro che non potrete a meno che giungere alla vostra eterna salvezza.
Articolo 5° - Modo di portarsi nelle tentazioni
Anche nella vostra tenera età il demonio vi tende lacci per rubare l'anima vostra; perciò dovete star bene attenti per non cadere quando siete tentati, ossia quando il demonio vi suggerisce di fare del male. Gioverà moltissimo a preservarvi dalle tentazioni il rimanervi lontani dalle occasioni, dalle conversazioni scandalose, dai pubblici spettacoli, dove non c'è niente di bene, e per lo più s'impara sempre qualche cosa di cattivo. Procurate di star sempre occupati e quando non sapete che fare, adornate altarini, aggiustate immagini o quadrettini, o almeno andate a passare qualche tempo in onesto divertimento, ben inteso con licenza dei genitori. Quando poi siete tentati non fermatevi aspettando che il demonio prenda possesso del vostro cuore, ma fate subito qualche cosa per liberarvene, o per mezzo del lavoro, o per mezzo della preghiera. Se poi la tentazione continua fate il segno della santa croce, baciate qualche cosa benedetta, dicendo: Luigi santo, fate ch'io non offenda il mio Dio. Vi nomino questo santo perché venne proposto dalla Chiesa ad essere protettore speciale della gioventù. Infatti egli per vincere le tentazioni fuggiva ogni sorta di occasione; digiunava sovente a pane ed acqua, si flagellava a sangue per modo che le vesti, le pareti, ed il pavimento erano tinti del suo innocente sangue. Così ottenne Luigi una compiuta vittoria di tutte le tentazioni; così la otterrete anche voi, se procurerete d'imitarlo almeno nella mortificazione dei sensi, soprattutto nella modestia e vi raccomanderete di cuore a lui quando foste per essere tentati.
Articolo 6° - Alcune astuzie che usa il demonio per ingannare la gioventù
Il primo laccio che suole il demonio tendere all'anima vostra è il presentarvi, come sarà mai possibile che per quaranta, cinquanta o sessant'anni che vi promette di vita possiate camminare per la difficile strada della virtù sempre lontani dai piaceri.
Quando il demonio vi suggerisce questo, voi rispondetegli: Chi mi assicura che io giunga fino a quell'età. La mia vita è nelle mani del Signore, può essere che questo giorno sia l'ultimo di mia vita. Quanti erano ieri allegri, benestanti, spiritosi ed oggi sono condotti al sepolcro? E quando anche dovessimo faticare alcuni anni per il Signore, non sarebbero abbondantissima-mente compensati da un'eternità di gloria e di piaceri nel paradiso? Altronde noi vediamo che quelli, i quali vivono in grazia di Dio, sono sempre allegri, ed anche nelle afflizioni hanno il cuor contento. Al contrario coloro che si danno ai piaceri vivono arrabbiati e si sforzano onde trovare la pace nei loro passatempi, ma sono sempre più infelici: Non est pax impiis [Is 48,22].
Soggiungerà ancora qualcheduno: Noi siamo giovani, se ci mettiamo a pensare alla eternità, all'inferno, questo ci fa divenire malinconici, anzi ci farebbe ben anche girar la testa. Io vi concedo che il pensiero di una eternità beata od infelice, il pensare ad un supplizio che non finirà mai più, sia un pensiero tetro e spaventoso. Ma ditemi: se ci fa girar la testa il solo pensarvi, che sarebbe l'andarvi? Meglio è pensarvi adesso per non cadervi per l'avvenire; ed è certo che se noi vi pensiamo ne saremo preservati. Osservate però che se è tristo il pensiero dell'inferno ci colma di consolazione la speranza di urí paradiso, ove si godono tutti i beni. Perciò i santi mentre pensavano seriamente all'eternità delle pene, vivevano in somma allegria colla ferma, fiducia in Dio di evitarle e andare un giorno al possesso dei beni infiniti che il Signore tiene preparati a chi lo serve. Coraggio dunque, o miei cari, provate a servire il Signore e poi vedrete quanto sarà contento il cuor vostro.
Articolo 7° - Avvertimenti per i giovani ascritti a qualche congregazione o a qualche oratorio
Se avete la bella sorte di essere ascritti a qualche congregazione od oratorio procurate di portarvi puntualmente e di osservare con ogni esattezza tutte quelle regole, che vi furono dai superiori spiegate. Soprattutto vi raccomando una somma riverenza ai direttori di quel santo luogo, procurando di chiedere sempre permissione, quando dovete assentarvi. Nella chiesa state con particolare modestia e silenzio, leggendo o udendo leggere qualche libro devoto sinché sia tempo dei divini uffizi. Allora con allegrezza di spirito e con raccoglimento cantate le lodi del Signore. Se dovete confessarvi o fare la santa comunione procurate di farla sempre nella congregazione vostra o nel vostro oratorio, perché questo contribuirà molto al buon esempio e ad animare gli altri alla frequenza dei sacramenti.
Che se poi vi si presentasse nel vostro oratorio la bella comodità della ricreazione per i giorni festivi partecipatene volentieri guardandovi dalle risse, dal mettere soprannomi e dal non mostrarvi soddisfatti di quei divertimenti
che vi sono distribuiti. Qualora poi sentiste qualche cosa che fosse inconveniente a quel santo luogo, correte frettolosi a darne segretamente l'avviso al superiore, affinché s'impediscano i mali che ne potrebbero derivare.
Sarebbe cosa bellissima se i più istruiti si facessero a raccontare qualche esempio agli altri.
Siate sinceri nelle parole e guardatevi dalle bugie, perché se foste colti bugiardi, oltre l'offesa a Dio, verreste disonorati alla presenza dei vostri compagni e dei vostri superiori. Vi raccomando pure di avere una filiale confidenza col direttore ricorrendo a lui quando avete qualche dubbio di coscienza. Usate altresì gran rispetto a tutti i vostri superiori e specialmente se sono sacerdoti, all'incontro dei quali cavatevi tosto il cappello, baciando loro riverentemente la mano. Così quando parlate con essi rispondete alle loro interrogazioni con parole umili e con ogni sincerità. Coloro poi che sono destinati a qualche uffizio di cantori, di assistente e simili, abbiano grande emulazione di mostrarsi i più devoti e i più, zelanti in tutto ciò che riguarda alle pratiche di pietà. A tutti poi raccomando somma esattezza nell'osservanza delle regole, facendo a gara ognuno per mostrarsi il più devoto, il più modesto ed il più esatto negli esercizi di devozione.
Sette considerazioni per ciascun giorno della settimana
Siccome io desidero grandemente che ogni giorno facciate qualche poco di lettura spirituale, per cui non tutti potranno avere i libri convenienti, così io vi presento sette brevi considerazioni, distribuite per ciascun giorno della settimana, le quali saranno di comodità per quelli che non possono avere libri opportuni. Postivi pertanto ginocchioni, direte: Mio Dio, mi pento con tutto il cuore di avervi offeso, fatemi la grazia di ben conoscere le verità che io sono per considerare. Vergine Maria madre di Gesù, pregate per me.
1. Considera, o figliuolo, che questo tuo corpo, quest'anima tua ti furono dati da Dio senza alcun tuo merito creandoti a sua immagine. Egli ti fece suo figlio col santo battesimo. Ti amò e ti ama qual tenero padre e l'unico fine per cui ti creò si è per essere amato e servito in questa vita, per renderti poi felice in paradiso. Sicché non sei al mondo' solamente per godere, per farti ricco, per mangiare, bere e dormire, come fanno le'bestie; ma il tuo fine si è di amare il tuo Dio e salvar l'anima tua. Se farai così, quante consolazioni proverai in punto di morte! Al contrario se non attendi a servire
Dio, quanti rimorsi proverai alla fine dei tuoi dì, quando conoscerai che le ricchezze, i piaceri non fecero che addolorare il tuo cuore! Ti rincrescerà di aver perduto tanto tempo, senza alcun vantaggio dell'anima tua. Figliuol mio, guardati bene dall'essere di quei tali, che solo pensano ai piaceri, ai divertimenti e che in quell'ora estrema andranno eternamente perduti. Un segretario del re di Inghilterra moriva dicendo: misero me! consumai tanta carta per scrivere lettere del mio principe e non usai un foglio per notare i miei peccati e far una buona confessione.
2. Devi altresì considerare, che se salvi l'anima tua, tutto va bene e godrai per sempre; ma se la sbagli, perderai anima e corpo, Dio e paradiso, sarai per sempre dannato. Guardati bene dall'essere di quelli che vanno dicendo: Po questo peccato, dopo mi confesserò, poiché Dio maledice quel figliuolo, che pecca colla speranza del perdono: maledictus homo qui peccat in spe. Tutti quelli che sono all'inferno avevano speranza di emendarsi poi, ed ora sono eternamente perduti. Chi sa se avrai poi tempo di confessarti? Chi ti assicura che tu non muoia subito dopo il peccato e l'anima tua non precipiti giù nell'inferno? Oltre ciò che pazzia è mai farti una piaga colla speranza di avere un medico che ti guarisca? Dunque lascia il peccato che è il sommo di tutti i mali e che ti priva di tutti i beni.
3. Pure quanti sono nel mondo, i quali pensano a tutto, fuorché a salvarsi! Se io dico ad un figliuolo che frequenti i sacramenti, che faccia un po' di orazione al giorno, risponde: ho altro a fare, ho da lavorare, ho da divertirmi. Oh Dio! e non hai l'anima? Perciò quanto fai, parli e pensi, procura che tutto sia per l'anima tua, perché sarebbe massima imprudenza pensare seriamente a quelli) che finisce così presto e pensar tanto poco all'eternità che non finisce mai più. San Luigi 155teva godere piaceri, 'ricchezze 'ed onori, ma a tutto rinunziò dicendo: che mi giova questo per la mia eternità? Quid haec ad aeternitatem.
Concludi anche tu così: ho un'anima; se la perdo, ho perduto ogni. cosa. Se io guadagnassi tutto il mondo con danno dell'anima mia, che mi gioverebbe? Se divento un grande uomo, se acquisto ricchezze, se acquistassi la fama di sapiente, per modo che sapessi tutte le arti e le scienze di meccanica, di musica e se perdo l'anima, che mi giova? Nulla giova tutta la sapienza di Salomone, se te ne vai perduto. Dunque l'anima sola deve essere lo scopo delle mie azioni. Si tratta di essere sempre beato, o sempre infelice, ahi vada ogni cosa purché mi salvi. Mio Dio, perdonatemi i miei peccati e fate che non mi accada mai più la disgrazia di offendervi; anzi io possa fedelmente servirvi per l'avvenire. Maria, mia speranza, intercedete per me.
1. Oh se tu, o figlio, conoscessi che cosa fai quando commetti un peccato mortale! Tu volti le spalle a quel Dio, che ti creò 'e ti fece tanti benefizi: disprezzi la sua grazia e la sua amicizia. Chi pecca dice col fatto al Signore: va, o Dio, lontano da me, io non ti voglio più obbedire, non ti voglio più servire, non ti voglio riconoscere più per mio Signore: Non serviam. Il mio Dio è quel piacere, quella vendetta, quella collera, quel discorso cattivo, quella bestemmia. Si può immaginare un'ingratitudine più mostruosa di questa? Pure, o figliuol mio, questo facesti tu quando offendesti il tuo Signore.
2. Cresce poi questa ingratitudine al riflettere che tu peccando ti servi di quelle medesime cose che ti diede Dio. Orecchie,' occhi, bocca, lingua, mani, piedi, tutto fu donato da Dio e ti servisti di questi ad offenderlo. Oh! dunque ascolta ciò che dice il Signore: Figlio, io ti creai dal niente: ti diedi quanto hai presentemente. Tu eri condannato a morte per il peccato, io morii per te; e per salvarti, sparsi tutto il mio sangue e tu vuoi ancora offendermi? Chi non si sente compreso da rincrescimento per avere fatto ingiuria così enorme ad un Dio sì buono e sì benefico verso di miserabili creature quali siamo noi?
3. Devi considerare in terzo luogo che questo Dio, quantunque buono, tuttavia resta grandemente sdegnato quando l'offendi. Perciò hai molto a temere che quando i tuoi peccati siano pervenuti ad un tal numero, egli ti abbandoni. In plenitudine peccatorum puniet. Non già che manchi la misericordia divina, ma ti manca il tempo a chiedere perdono: perché non merita misericordia chi si abusa della misericordia del Signore per offenderlo. Quanti vivendo nel peccato speravano di pentirsi e intanto venne la morte e sono dannati. Trema che lo stesso non avvenga a te. Dopo tanti peccati che il Signore ti perdonò, giustamente devi temere che ad un altro peccato mortale l'ira divina ti colpisca e ti mandi eternamente dannato. Ringrazialo che ti ha sinora aspettato e fa in questo punti) una ferma risoluzione dicendo: Signore, basta quanto vi offesi; la vita che mi rimane, non la voglio più spendere ad offendervi; la spenderò ad amarvi e a piangere i miei peccati. Me ne pento con tutto il cuore, Gesù mio; vi voglio amare, datemi forza. Santa Vergine madre mia, aiutatemi. Così sia.
1. La morte è una separazione dell'anima dal corpo con un totale abbandono delle cose di questo mondo. Considera pertanto, o figlio, che l'anima
tua avrà da separarsi dal corpo. Ma non sai dove ti sorprenderà la morte. Non sai se ti coglierà nel tuo letto, sul lavoro, per strada o altrove. La rottura di una vena, un catarro, un impeto di sangue, una febbre, una piaga, un terremoto, un fulmine basta a privarti di vita. Ciò può essere da qui ad un anno, ad un mese, ad una settimana, ad un'ora e forse appena finita la lettura di questa considerazione. Quanti la sera si posero a dormire e la mattina trovaronsi morti. Quanti colpiti da qualche accidente morirono all'istante; poi dove andarono? Se erano in grazia di Dio son beati, al contrario sono eternamente perduti. E tu, figliuol mio, se dovessi morire in questo momento, che ne sarebbe dell'anima tua? Guai a te se non ti tieni apparecchiato. Chi oggi non è preparato a morir bene, corre grave pericolo di morir male.
2. Quantunque sia incerto il luogo, incerta l'ora di tua morte, ne è però certa la venuta. Verrà l'ora estrema di tua vita, in cui tu steso in letto ti troverai vicino a passare all'eternità, assistito da un sacerdote che ti raccomanderà l'anima, col crocifisso da un canto, dall'altro con una candela accesa, facendo a te corona i parenti che piangono. Ti sentirai la testa addolorata, gli occhi oscurati, la lingua arsa, le fauci chiuse, oppresso il petto, il sangue gelato, la carne consumata, il cuore trafitto. Spirato che avrai l'anima, il tuo corpo vestito di pochi cenci verrà gettato a marcire in una fossa. Quivi i sorci ed i vermi ti roderanno tutte le carni e di te non altro rimarrà che quattro ossa spolpate ed un poco di polvere fetente. Apri un sepolcro e vedi a che è ridotto quel giovane ricco, quell'ambizioso, quel superbo. Leggi questo, o figlio, e preparati a far una buona morte. Ora il demonio per indurti a peccare copre e scusa la colpa dicendoti che non c'è gran male in quel piacere, in quella disobbedienza, in tralasciare la messa nei giorni festivi, ma in morte ti scoprirà la gravezza dei tuoi peccaIr e te li metterà innanzi. Intanto che farai tu allora sul punto di incamminarti per la tua eternità? Guai a chi si trova in disgrazia di Dio in quel momento.
3. Considera che il punto di morte è quel momento da cui dipende la tua eterna salute, o la tua eterna dannazione. Vicino a morire, vicino a quell'ultimo chiuder di bocca, al lume di quella candela quante cose si vedranno! Due volte ci si tiene accesa innanzi una candela; quando siamo battezzati e al punto di morte. La prima volta vediamo i precetti della divina legge; nella seconda conosciamo se furono da noi osservati. Onde, figlio mio, alla luce dell'accennata candela vedrai se amasti il tuo Dio, oppure se, lo sprezzasti; se avesti in onore il suo santo nome, o lo bestemmiasti; vedrai le feste profanate, le messe tralasciate, le disobbedienze fatte ai superiori, lo scandalo dato ai tuoi compagni; vedrai quella superbia, quell'orgoglio che ti lusingarono, vedrai... Ma oh Dio! tutto vedrai in un momento, nel quale agli occhi tuoi aprirassi la via dell'eternità: momentum a quo pendet aeternitas. Oh punto! oh momento! da cui dipende un'eternità di gloria o di pena. Capisci ciò che ti dico? Voglio dire che da quel momento dipende l'andare per sempre in paradiso o all'inferno; o sempre contento, o sempre afflitto; o sempre figlio di Dio, o sempre schiavo del demonio; o sempre godere cogli angeli e coi santi in cielo, o gemere ed ardere per sempre coi dannati nell'inferno. Temi grandemente per l'anima tua e pensa che dal ben vivere dipende una buona morte ed un'eternità di gloria; perciò non perdere tempo onde fare una buona confessione, promettendo al Signore di perdonare ai tuoi nemici, di riparare lo scandalo dato, di essere più obbediente, di non perdere più tempo, di santificare le feste, di adempiere i doveri del tuo stato. Intanto posto innanzi al tuo Signore digli di cuore così: mio Signore, sino da questo punto io mi converto a voi; io vi amo, vi voglio servire e servirvi fino alla morte. Vergine santissima, madre mia, aiutatemi in quel punto. Gesù, Giuseppe e Maria, spiri in pace con voi l'anima mia.
1. Appena uscita l'anima del corpo subito comparirà davanti al divin Giudice. La prima cosa che rende terribile questa comparsa si è che l'anima si trova sola al cospetto di un Dio che sprezzò, di un Dio il quale conosce ogni segretezza del tuo cuore, ogni pensiero. Quali cose porterai teco? Porterai quel tanto di bene e di male che operasti in vita: refert unusquisque prout gessit sive bonum, sive malum [2Cor 5,10]. Non si può trovare né scusa né pretesto. Al disopra avrai un giudice sdegnato, da un canto i peccati che ti accusano, dall'altro i demoni pronti ad eseguire la condanna, dentro una coscienza che ti agita e ti tormenta, al disotto un inferno che sta per ingoiarti. In tali strettezze dove andrai, dove fuggirai? Beato te, o figliuol mio, se operasti bene in vita tua. Intanto il Giudice divino apre i libri della coscienza e comincia l'esame: Iudicium sedit et libri aperti sunt.
2. Allora dirà il divin Giudice: chi sei tu? Io sono un cristiano, risponderai; bene, se tu sei cristiano vedrò se operasti da cristiano. Indi comincerà a rammentarti le promesse fatte nel santo battesimo, colle quali rinunziasti al demonio, al mondo, alla carne; ti rammenterà le grazie che ti concesse, i sacramenti frequentati, le prediche, le istruzioni, gli avvisi dei confessori, le correzioni dei parenti; ogni cosa ti verrà schierata innanzi. Ma tu, dirà, il divin Giudice, a dispetto di tanti doni, di tante grazie, oh quanto male corrispondesti alla tua professione! Venuta l'età in cui appena cominciavi a conoscermi, tosto cominciasti ad offendermi con bugie, con mancanze di rispetto alle chiese, con disobbedienze ai tuoi genitori e con molte altre trasgressioni dei tuoi doveri. Almeno col crescere degli anni avessi meglio regolato le tue azioni; ma tu crescendo in età aumentasti il disprezzo della mia legge. Messe perdute, profanazioni dei giorni festivi, bestemmie, confessioni malfatte, comunioni talvolta sacrileghe, scandalo dato ai tuoi compagni; ecco ciò che facesti invece di servirmi. Si volterà poi tutto pieno di sdegno verso gli scandalosi e dirà: vedi quell'anima che cammina per la strada del peccato? Sei tu che coi tuoi discorsi scandalosi le insinuasti la malizia. E come cristiano dovevi col buon esempio insegnare ai tuoi compagni la via del paradiso; ma tu tradisti il mio sangue e loro insegnasti la strada della perdizione. Vedi quell'anima che è laggiù nell'inferno? Sei tu che coi tuoi perfidi consigli la togliesti a me, la consegnasti, al demonio e fosti causa della sua eterna perdizione. Ora vada l'anima tua per l'anima che facesti perdere col tuo scandalo: Repetam animam tuam pro anima illius. Che ti pare, o figlio, di questo esame? Che dice la tua coscienza? Sei ancora a tempo, chiedi perdono a Dio dei tuoi peccati con una sincera promessa di non peccar più; e quanto ti toccherà patire di caldo, di freddo, di fame, di sete, di malattie o dispiaceri soffri tutto per il Signore in penitenza dei peccati da te commessi.
3. Al conto rigoroso che il divin Giudice esige dal peccatore, questi tenterà di cercare qualche scusa o pretesto, dicendo, che non pensava di venire a tanto stretto esame. Ma gli sarà risposto: E non udisti quella predica, non leggesti in quel libro che io ti avrei domandato conto di ogni cosa? L'anima si raccomanderà alla misericordia divina e la misericordia non è più per lui, perché colla morte finisce il tempo della misericordia. Si raccomanderà agli angeli, ai santi, a Maria santissima, ed ella a nome di tutti risponderà: chiedi ora il mio aiuto? Non mi volesti per madre in vita, adesso non ti conosco più per figlio, non ti conosco più: nescio vos. Il peccatore non trovando scampo alcuno griderà alle montagne, alle pietre che lo coprano e non si muoveranno; invocherà l'inferno e lo vedrà aperto: Inferius horrendum chaos. Quello è l'istante in cui l'inesorabil Giudice proferirà la tremenda sentenza: figlio infedele, va lungi da me, il mio Padre celeste ti ha maledetto, io ti maledico; vattene al fuoco eterno a gemere e penare coi demoni per tutta un'interminabile eternità: Ite, maledicti, in i gnem aeternum [Mt 25,41]. Proferite queste parole l'anima viene abbandonata nelle mani dei demoni, i quali la strascinano, la urtano e la fanno piombare in quegli abissi di pene, di miserie e di tormenti eterni. Non temi per te una simile sentenza? Ah per amor di Gesù e di Maria preparati con opere buone ,a sentirti la sentenza favorevole e ricordati che quanto più spaventa la sentenza proferita contro del peccatore, altrettanto sarà consolante l'invito che Gesù farà a quel figliuolo che visse cristianamente. Vieni, gli dirà, vieni al possesso della gloria che ti preparai. Tu mi servisti, ora godrai in eterno: Intra in gaudium Domini tui [Mt 25,21]. Gesù mio, fatemi la grazia che io possa essere uno di quelli benedetti; Vergine santissima, aiutatemi voi, proteggetemi in vita ed in morte e specialmente quando mi presenterò al divin vostro Figlio per essere giudicato.
1. L'inferno è un luogo destinato dalla divina Giustizia per punire con supplizio eterno quelli che muoiono in peccato mortale. La prima pena che i dannati patiscono nell'inferno si è il trovarsi in un abisso di fuoco. Fuoco negli occhi, fuoco nella bocca, fuoco in ogni parte. Ogni senso patisce la propria pena. Gli occhi sono accecati dal fuoco e dalle tenebre, atterriti dalla vista dei demoni e degli altri dannati. Le orecchie giorno e notte odono continui urli, pianti e bestemmie. L'odorato è in sommo abborrimento per il fetore di quello zolfo e bitume ardente che li soffoca. La bocca è cruciata da ardentissima sete e fame canina: fizmem patientur ut canes [Sal 58,7]. Il ricco Epulone dal mezzo di quei tormenti alzò uno sguardo e chiese per somma grazia una piccola goccia d'acqua per temperare l'arsura della sua lingua, e una goccia d'acqua gli fu negata. Onde quegl'infelici arsi dalla sete, divorati dalla fame, tormentati dal fuoco piangono, urlano e si disperano. Oh inferno, inferno, quanto sono infelici quelli che vi cadono! Che dici, o figlio, se avessi a morire in questo momento dove andresti? Se ora non puoi reggere un dito sopra il lume di una candela, non puoi soffrire una scintilla di fuoco sulla mano senza gridare, come potrai tu stare tra quelle fiamme per tutta un'eternità?
2. Considera, o figlio, il rimorso che proverà la coscienza dei ("Innati. Penseranno continuamente al motivo per cui si sono perduti, cioè per un piacere, per uno sfogo di passione; questo è quel verme che non muore mai: vermis eorurn non moritur [Mc 9,45]. Penseranno al tempo che loro fu dato da Dio per rimediare alla loro eterna perdizione, ai buoni esempi dei compagni, ai propositi fatti e non eseguiti e questo vedranno in'un tempo, che sarà senza rimedio. La volontà non avrà mai più niente di quello che vuole e al contrario patirà tutti i mali. L'intelletto conoscerà il gran bene che ha perduto, cioè il paradiso. Oh Dio! chi potrà mai resistere a tali tormenti! Mio figlio, che ora non curi di perdere il paradiso e Dio, conoscerai la tua cecità, quando vedrai tanti tuoi compagni più ignoranti e più poveri di te trionfare e godere nel regno dei cieli e tu maledetto da Dio sarai cacciato via da quella patria beata, dal godimento di lui, dalle compagnia della Vergine, degli angeli e dei santi. Orsù dunque penitenza; non aspettare che non vi sia più tempo; datti a Dio. Chi sa che non sia questa l'ultima chiamata, a cui se non corrispondi, Dio ti abbandoni o ti lasci piombare giù in quegli eterni supplizi.
1. Considera, o figlio, che se tu andrai nell'inferno, non uscirai mai più. Là si patiscono tutte le pene e tutte eterne. Passeranno cento anni da che tu sei nell'inferno, ne passeranno mille e l'inferno allora incomincia: ne passeranno cento mila, certo milioni, mille milioni d'anni e di secoli e l'inferno sarà da principio. Se un angelo portasse la nuova ad un dannato che Dio lo vuole liberare dall'inferno quando saranno passati tanti milioni di secoli, quante sono le gocce d'acqua, le foglie degli alberi e i granelli di sabbia del mare e della terra, questa nuova porterebbe la più grande consolazione ad un dannato, il quale direbbe: è vero che hanno da passare tanti secoli, avranno però da finire un giorno. Ma passeranno tutti questi secoli e tutti i tempi immaginabili, e l'inferno sarà sempre da capo. Ogni dannato farebbe questo patto con Dio: Signore, accrescete quanto vi piace questa mia pena:, fatemi stare in questi tormenti per quanto tempo vorrete, basta che mi diate la speranza che finiranno una voltà.-Ma no, questo termine non verrà mai. Almeno il povero dannato potesse ingannar se stesso e lusingarsi con dire: chi sa, forse un giorno Dio avrà pietà di me e mi caverà da questo baratro! No, il dannato si vedrà sempre in faccia scritta la sentenza della sua eternità infelice. Dunque andrà dicendo: tutte queste pene, questo fuoco, queste grida non hanno più a finire per me? No, gli verrà risposto, no mai più. E dureranno sempre? Sempre, per un'eternità. Sempre, non mai, eternità vedrà scritto su quelle fiamme che cruciano; sempre, non mai, eternità sulla punta delle spade che lo trafiggono; sempre, non mai, eternità su quei demoni che lo tormentano; sempre, non mai, eternità su quelle porte che non si apriranno mai più. Oh maledetto peccato! che tremendo supplizio prepari a chi ti commette! Ah! mai più, mai più peccati in vita mia.
2. Quello poi che ti deve colmar di spavento è il pensare che quella orrenda fornace sta pure aperta sotto ai tuoi piedi e che basta un sol peccato mortale a farviti cadere. Che cosa potrai fare, che cosa potrai dire da in mezzo di quelle fiamme, lontano dal tuo Dio, privo per sempre del paradiso? Volgerai per l'ultima volta lo sguardo al cielo e nel colmo della tua desolazione dirai: addio compagni, addio amici, che abitate nel regno della gloria; addio, padre, madre, fratelli, sorelle, voi goderete per sempre, io sarò per sempre tormentato; addio, angelo custode, angeli e santi tutti del paradiso, io non vi rivedrò mai più; addio, o Salvatore, addio, o croce santa, addio, o sangue sparso invano per me, io non vi rivedrò mai più. In questo momento cesso di essere figlio di Dio e sarò per sempre schiavo dei demoni nell'inferno. Capisci, o figlio, ciò che leggi? Una pena eterna per un sol peccato mortale. Dunque usa ogni mezzo per evitarlo. Se la coscienza ti rimorde di qualche peccato va presto a confessarti per cominciare una buona vita; pratica ogni mezzo che ti suggerirà il confessore, fuggi le occasioni pericolose, i cattivi compagni e se Dio ti chiama anche a lasciare il mondo, arrenditi presto. Ogni cosa che si fa per scampare da un'eternità di' pene è poco, è niente: Nulla nimia securitas ubi periclitatur aeternitas (san Bernardo). Oh quanti abbandonarono il mondo, la patria, i parenti e andarono a confinarsi nelle grotte, nei deserti vivendo soltanto a pane e acqua, anzi talvolta a sole radici d'erba e tutto questo per evitare l'inferno! E tu che fai? dopo tante volte che ti meritasti l'inferno col peccato, che fai? Prostrati ai piedi del tuo Dio e digli: Signore, eccomi pronto a far quello che voi volete; datemi pure ogni male, in questa vita, purché io possa salvare l'anima mia.
1. Quanto più spaventa il pensiero e la considerazione dell'inferno, altrettanto consola pensare al paradiso che ti è preparato. Per fartene un'idea considera una notte serena. Quanto mai fa bel vedere il cielo con quella moltitudine e varietà di stelle! Aggiungi la vista di un bel giorno, dimodoché la chiarezza del sole non impedisca la chiara vista. delle stelle nt della luna. Supponi altresì quanto si può ritrovar nel mare, nella terra, nei paesi, nelle città e nelle corti dei re e dei monarchi di tutta la terra. Si aggiunga a questo ogni squisita bevanda, ogni cibo il più saporito, una musica la più dolce, un'armonia la più soave, tutto questo insieme è un nulla paragonato all'eccellenza del paradiso. Oh come è desiderabile e amabile'quel luogo ove si godono tutti i beni! Il beato non potrà a meno di non esclamare: io sono sazio della gloria del Signore: Satiabor cum apparuerit gloria tua [Sal 16,15].
2. Considera poi la gioia che proverà l'anima tua nell'entrare in paradiso. L'accoglienza e l'incontro dei parenti e degli amici; la nobiltà, la bellezza, la moltitudine dei cherubini, dei serafini e di tutti gli angeli, di tutti i santi che a milioni a milioni lodano e benedicono il loro Creatore. Il coro degli apostoli, l'immenso numero dei martiri, dei confessori, delle vergini. Havvi poi una grande moltitudine di giovani, i quali perché conservarono la virtù della purità cantano a Dio un inno che niun altro può imparare. Oh quanto godono in quel regno dei beati! Sono sempre in allegria, senza infermità, senza dispiaceri e senza affanni che turbino la loro allegrezza, il loro contento.
3. Osserva però, o figlio, che tutti i beni considerati sono un nulla paragonati alla grande consolazione che si prova nella vista di Dio. Egli consola i beati col suo amorevole sguardo e sparge nel loro cuore un mare di delizie. Siccome il sole illumina ed abbellisce tutto il mondo, così Dio colla sua presenza illumina tutto il paradiso e riempie quei fortunati abitatori di piaceri inesprimibili. Perciò tutte le schiere degli angeli e dei beati cantano gloria a Dio dicendo: Santo, Santo, Santo è il Dio degli eserciti, a cui sia onore e gloria per tutti i secoli. Coraggio dunque, o figlio; ti toccherà patire qualche cosa in questo mondo, ma non importa, il premio che avrai in paradiso compensa infinitamente tutto quello che avrai a patire nella vita presente. Che grande consolazione sarà la tua quando ti troverai in cielo in compagnia dei parenti, degli amici, dei santi, dei beati e dirai: io sarò sempre col Signore: Semper cum Domino erimus [lTs 4,17]. Allora sì che benedirai quel momento in cui lasciasti il peccato, benedirai il momento in cui facesti quella buona confessione, frequentasti i sacramenti; benedirai quel giorno in cui lasciando i tuoi compagni ti desti alla virtù: e tutto pieno di gratitudine ti volgerai al tuo Dio, a cui canterai lode e gloria per tutti i secoli dei secoli. Così sia.
Un sostegno grande per voi, miei figliuoli, è la devozione a Maria santissima. Ascoltate come ella v'invita: Si quis est parvulus veniat ad me. Chi è fanciullo venga a me. Ella vi assicura che se sarete suoi devoti oltre a colmarvi di benedizioni in questo mondo, avrete il paradiso nell'altra vita. Qui elucidant me vítam aeternam habebunt [Sir 24,31]. Siate dunque intimamente persuasi che tutte le grazie le quali voi chiederete a questa buona madre, vi saranno concesse, purché non imploriate cosa che torni a vostro danno.
Tre grazie in modo particolare le dovrete instantemente chiedere, le quali sono di assoluto bisogno a tutti, ma specialmente a voi che vi trovate in giovanile età. La prima è quella di non commettere mai peccato mortale in vita vostra. Questa grazia voglio che pretendiate a qualunque costo dall'intercessione di Maria, perché ogni grazia sarebbe poco senza questa.
Sapete che cosa dir voglia cadere in peccato mortale? Vuol dire rinunziare all'essere figliuoli di Dio per farci figli di satanasso. Vuol dire perdere quella bellezza che ci rende belli come angeli agli occhi di Dio e diventare deformi al suo cospetto come i demoni. Vuol dire perdere tutti i meriti già acquistati per la vita eterna; vuol dire restare sospesi per un filo sottilissimo sopra la bocca dell'inferno; vuol dire ingiuriare enormemente una bontà infinita, che è il male più grande che si possa immaginare. Ah! sì per molte grazie che vi ottenga Maria vi otterrebbe poco non ottenendovi quella di non cadere mai e mai più in peccato mortale. Questa grazia dovete implorare mattina e sera e in tutti i vostri esercizi di pietà.
La seconda grazia che chieder dovrete è di conservare la santa e preziosa virtù della purità. Se voi custodirete una virtù così bella avrete la più grande somiglianza cogli angeli del paradiso e il vostro angelo custode vi terrà per fratelli, sicché godrà moltissimo della vostra compagnia..
Siccome poi mi sta molto a cuore che voi tutti conserviate questa virtù, così io vi accenno alcuni mezzi onde preservarla da quel veleno che la potrebbe contaminare. Prima di tutto fuggite la compagnia delle persone di sesso diverso. Capite bene: io voglio dire che i giovani non devono mai contrarre alcuna famigliarità con figliuole; del resto questa bella virtù si trova in gran pericolo.
Una cosa la quale giova anche moltissimo alla conservazione della medesima si è la custodia dei sensi e particolarmente degli occhi. Dovete perciò guardarvi da ogni eccesso nel mangiare e nel bere, dai teatri, dai balli e da simili divertimenti che sono rovina dei costumi. Gli occhi poi sono le finestre per cui il peccato si fa strada nel nostro cuore e per cui il demonio viene a prendere possesso dell'anima nostra. Onde non fermatevi mai a rimirare cose le quali siano anche poco contrarie alla modestia. San Luigi Uonzaga non voleva nemmeno che gli fossero veduti i piedi nel porsi a letto o nel levarsi. Non si permetteva di fissar in volto la propria madre. Stette per due anni colla regina di Spagna in qualità di paggio d'onore e non la rimirò mai in faccia.
Un altro giovinetto interrogato perché fosse così cauto negli sguardi, diede questa risposta: Ho risoluto di non guardare sembiante di donna per serbare gli occhi miei a mirare la prima volta (se non ne sarò indegno) il bellissimo volto della madre di purità Maria santissima.
In secondo luogo fuggite la compagnia di quei giovanetti che fanno cattivi discorsi, cioè che fanno certi discorsi i quali non si farebbero alla presenza dei vostri genitori o di qualche persona dabbene. State lontani da questi tali quand'anche fossero vostri parenti. Posso accertarvi che la compagnia di un demonio non porterebbe talvolta un danno uguale a quello che porta la compagnia di costoro.
Quindi nasce la necessità della terza grazia che vi aiuterà anche moltissimo a conservare la virtù della purità ed è quella appunto di fuggire i cattivi compagni. Felici voi, o miei cari figliuoli, se fuggirete la compagnia dei malvagi! Così facendo sarete sicuri di camminare per la via del paradiso; altrimenti correte gravissimo rischio di perdervi in eterno. Perciò quando udirete compagni proferire bestemmie, disprezzare le cose di religione, oppure cercar di allontanarvi dalle cose di chiesa, peggio ancora dir parole anche poco contrarie alla virtù della modestia, come la peste fuggiteli, tenendo per certo che quanto più puri saranno i vostri sguardi, i vostri discorsi, altrettanto Maria si compiacerà di voi e maggiori grazie vi otterrà dal suo Figlio e nostro Redentore Gesù Cristo.
Queste sono le tre grazie più d'ogni altra necessarie alla vostra età e bastanti a farvi tenere sin da giovani quella strada, che vi renderà uomini onorati nell'età avanzata, pegno sicuro di una gloria eterna, che Maria procurerà indubitatamente ai suoi devoti. Quale ossequio offrirete voi a Maria per ottenere le grazie accennate? Poche cose bastano. Chi può reciti il suo rosario, ma non dimentichi mai ogni giorno di recitare tre Ave e tre Gloria Patri colla giaculatoria: Cara Madre Vergine Maria, fate ch'io salvi l'anima mia.
Le sei domeniche e la novena di san Luigi Gonzaga
San Luigi Gonzaga viene proposto ad esemplare d'innocenza e di virtù a tutti, ma specialmente alla gioventù, in favor della quale già impetrò moltissime grazie dal Signore.
I romani pontefici a fine di accrescere il culto di questo gran santo a vantaggio spirituale dei cristiani concederono indulgenza plenaria a tutti quelli che pentiti e comunicati avranno santificato sei domeniche continue precedenti alla festa del santo, od altre nel corso dell'anno con pie opere ed orazioni ad onore del santo medesimo e a gloria di Dio. Tale indulgenza si può lucrare per ciascheduna delle domeniche suddette. Affinché tutti siate in grado di avere le opere e le orazioni da praticarsi furono disposti qui per
ogni giorno quegli esercizi che potranno servire a celebrare le domeniche e la novena di questo santo e partecipare di quelle grazie e di quei favori che tuttodì ottiene ai suoi devoti.
Quantunque si possa dire che san Luigi non abbia mai commesso peccato, tuttavia pianse amaramente ciò che egli riputava colpa; ed era che in età di quattro in cinque anni trovandosi tra soldati tolse un po' di polvere da fuoco per sparare un pezzetto di artiglieria, o proferì altra volta alcune parole men dicevoli udite dai soldati medesimi, ma da lui non capite. Pure su queste due colpe pianse per tutta la vita e la prima volta che se ne confessò fu sorpreso da un pianto, da un affanno, da uno sfinimento sì forte, che cadde svenuto appiè del confessore; né in quel giorno fu possibile di proseguire la confessione e negli anni appresso non se ne ricordava senza lagrime amarissime. Qual rossore per noi che abbiamo commesso tanti e tanto gravi peccati, eppure ce ne ridiamo senza dare alcun segno di pentimento? Ah! se si considerasse che un sol peccato mortale oltraggia un Dio, infinita bontà, ci fa perdere un paradiso che contiene tutti i beni, ci rende meritevoli dell'inferno, ove si contengono tutti i mali, chi potrebbe a tale considerazione trattenere le lagrime? Questo è apponto quello che faceva piangere san Luigi.
Giaculatoria: Amabile mio avvocato, voi che aveste sì poco da piangere e tuttavia piangeste a lagrime sì amare e continue, fate che io pianga le mie colpe e le detesti, onde ottenerne da Dio il perdono.
Pratica: Se trovate la vostra coscienza rea di qualche peccato, chiedetene perdono di cuore al Signore con promessa di confessarvene al più presto possibile.
Preghiera: Luigi santo, di angelici costumi adorno, io indegno vostro devoto umilmente prostrato dinanzi a voi, adoro quella maestà infinita che vi elevò a tanta gloria; benedico mille volte la santa Trinità che vi concedé un'innocenza così illibata e vi adornò di tante eroiche virtù. Deh! per tanti doni sovrumani, per quell'innocenza e penitenza, per quell'amore che portaste a Dio in terra, vi prego umilmente a volermi oggi ricevere fra i vostri devoti e ottenermi una vera contrizione dei miei peccati, una purità di cuore lontana da ogni colpa ed offesa del mio Dio. Vi supplico di essere il mio protettore in ogni azione in vita e specialmente in punto di morte, quando avrò maggior bisogno del vostro patrocinio. E voi, grande regina del cielo, Maria che cotanto amaste e favoriste Luigi mentre viveva in terra, rendete efficaci queste mie preghiere, esauditele voi; non per mio merito, ma per il merito del vostro Luigi e per il vostro materno amore. Fate, o cara madre, che io possa imitare Luigi in vita e dopo una santa morte essere partecipe di quella felicità che in compagnia dei beati si gode per tutti i secoli dei secoli. Così sia.
Sei Pater, sei Ave, e sei Gloria ecc.
Benché la vita di san Luigi sia un complesso delle virtù più pure e sante, tuttavia vi univa le più rigide penitenze. Ancor fanciullo macerava le innocenti sue carni con assidui digiuni. Tutto il suo cibo giunse a restringersi al peso di un'oncia. Flagellavasi a sangue; metteva sotto le lenzuola pezzetti di legno per tormentarsi anche nel sonno; sotto le vesti nascondeva speroni da cavallo perché non aveva cilici; cercava il maggior suo scomodo nello stare, nel sedere, nel camminare. Anzi andò tant'oltre l'ardore di penitenza in Luigi, che essendo moribondo chiese con lagrime al suo superiore di essere in quell'ora estrema senza compassione flagellato da capo ai piedi, il che non ottenuto, supplicò di essere almeno gettato sulla nuda terra e così morire da vero pénitente per amore di chi era morto per lui sopra un duro legno di croce. Se Luigi principe delicato, di sanità cagionevole, puro ed innocente faceva tante penitenze, quale confusione ciò non sarà mai per quei giovani, i quali cercano mille pretesti per fuggire ogni occasione di patire qualche cosa per amore di quel Dio che tanto patì per noi!
Giaculatoria: Glorioso san Lumi, intercedetemi un vivo desiderio di far penitenza per cancellare la moltitudine dei miei peccati, affinché non abbia poi a piangerli inutilmente nell'altra vita tra le pene eterne dell'inferno.
Pratica: Non differite le penitenze alla vecchiaia, quando le forze non più la comportano. A chi vi dice che non conviene usar tanto rigore contro del nostro corpo, rispondete: chi non vuol patire con Gesù Cristo non potrà godere con Gesù Cristo.
Preghiera: Luigi santo, ecc.
Ogni virtù da san Luigi fu portata a un grado molto eminente, ma più di tutte risplendé la virtù della purità. Veniva ordinariamente chiamato col nome di angioletto o di angelo in carne o giovane angelico. Qualora in qualche conversazione si facessero discorsi men puri, al sopraggiungere di Luigi niuno ardiva di proseguirli, stimando di fare un'offesa alla sua modestia, al suo candore. Convien però notare che Luigi per conservar una virtù sì bella custodiva gelosamente tutti i suoi sensi e specialmente gli occhi. Per più anni dovendo ogni dì ritrovarsi coll'imperatrice d'Austria qual paggio d'onore, non la mirò mai in faccia. Anzi colla propria madre stava sempre cogli occhi bassi, onde, diceva di non sapere qual colore ella avesse. Una volta invitato al ballo fuggì sbigottito e si pose segretamente in una stanza a pregare e a flagellarsi a sangue. Aveva solo dieci anni, quando conosciuto il gran pregio di questa virtù, la offrì con voto alla regina dei vergini Maria santissima, la quale gradì per modo tal voto, che san Luigi non provò mai tentazione contro a questa virtù ed ebbe la gloria di portar nell'altra vita senza macchia la stola dell'innocenza battesimale. Giovani miei, se volete voi altresì conservare questa virtù tanto piacevole a Dio, alla beata Vergine ed agli angeli tutti, prendete anche voi per protettrice della vostra purità Maria santissima. Oh quanto mai ella ama ed accoglie le anime pure e caste più delle altre! Quante grazie loro concede! Però questa virtù non si potrà giammai conservare senza fuggire i discorsi disonesti e i cattivi compagni, e custodire i sensi del corpo e specialmente gli occhi.
Giaculatoria: Fate, o san Luigi, che io fugga qual peste tutti quei compagni i quali coi loro pestiferi discorsi cercano la rovina dell'anima mia.
Pratica: Stabilite oggi di non voler mai più riguardare oggetti pericolosi o parlar di cose contrarie alla virtù di cui abbiamo parlato.
Preghiera: Luigi santo, ecc.
Niun bene terreno fu in stima a san Luigi, se non come cosa da nulla. Compativa i ricchi ed i grandi del mondo, che si perdono dietro a beni sì vili e caduchi e che sovente per un po' di danaro e per un palmo di terreno perdono la loro eterna felicità. Disprezzava ogni rispetto umano e sebbene più volte deriso e burlato, tuttavia egli non cessava mai di comparire umilmente vestito anche nei luoghi di comparsa. Lasciava che ognuno parlasse a suo talento ed egli modesto in casa, per le contrade e specialmente in chiesa aveva solo a cuore la frequenza dei sacramenti e tutte quelle cose che riguardavano l'onor di Dio. Ma siccome egli era in mezzo alle grandezze, e perciò il suo cuore in pericolo di affezionarsi ai beni terreni, così egli abbandonò il principato, i parenti, gli amici e dopo moltissimi contrasti da parte degli amatori del mondo si fece religioso nella Compagnia di Gesù, dove pervenne al più alto grado di cristiana perfezione. Se vogliamo anche noi distaccare il nostro cuore dalle cose di questo mondo ed affezionarci alle cose di Dio cominciamo dal disprezzare i beni terreni che c'impediscono e stimare solo quelle cose che giovano per condurci alla beata eternità dicendo come diceva san Luigi: ciò che non è eterno è un nulla: Quod aeternum non est nihil est. Questo si otterrà facilmente se dispregiando ogni rispetto umano attenderemo alle cose che riguardano all'onor di Dio e specialmente alla frequenza dei sacramenti della confessione e comunione che sono i due mezzi più efficaci per vincere i rispetti umani, staccare il nostro cuore dalle cose terrene e innamorarlo delle celesti.
Giaculatoria: Amabilissimo san Luigi, per quella stretta unione che voi aveste con Dio fate che il mio cuore per l'avvenire non pensi più ad altro se non alle cose del cielo ed abbia sempre a vile quelle della terra.
Pratica: Risolviamo oggi di voler frequentare per quanto ci è possibile i sacramenti della confessione e della comunione.
Preghiera: Luigi santo, ecc.
L'amore verso il nostro prossimo è la misura dell'amor di Dio. San Luigi non solo aveva viscere di carità verso il prossimo; ma sapeva meravigliosamente sopportarne i difetti. Fin da fanciullo era sì paziente agl'insulti, agli oltraggi, alle villanie dei compagni, che ben lontano dal mostrarsi offeso gioiva e vedevasi tutto allegro e chi più lo disprezzava, più da lui era amato. Quando poi udiva trovarsi qualche poverello alla porta egli subito lo andava a vedere e tutto allegro correva dalla marchesa sua madre per chiederle qualche cosa, ed ottenutala, voleva andarla a riporre egli stesso nella mano del mendico. Questa carità era molto più ardente per i bisogni dell'anima. Ancora secolare portavasi nelle chiese ad insegnare il catechismo agl'ignoranti, ne correggeva i costumi e studiavasi di acquetarli nelle risse e nelle discordie. Fattosi religioso scorreva per la città di Roma onde istruire i mendichi; quindi li menava seco da qualche confessore affinché fossero assolti dalle loro colpe e rimessi in grazia di Dio. Desiderando di giovar maggiormente al prossimo col dare la propria vita, questo fece ancora; perciocché in una pestilenza avvenuta in Roma ottenne di servire agli appestati e dove più erano schifosi gl'infetti più volentieri Luigi prestava il suo ministero. Si metteva le tasche in collo, camminava per la città accattando limosina di porta in porta, indi se ne ritornava all'ospedale per sovvenire quei miserabili, prestando loro ogni più basso servigio. Ma non andò molto che il Signore appagò i voti di Luigi e permise che egli stesso fosse attaccato da quel morbo contagioso, che il venne lentamente consumando e infine lo tolse di vita. Anche noi, o giovani cari, possiamo imitare san Luigi nelle opere di carità, nel sopportare i difetti dei nostri compagni e perdonar loro quando siamo oltraggiati; ma questa carità è assai più grande se procureremo d'insegnare loro le cose necessarie per la eterna salvezza, o almeno condurli in quei luoghi dove ne possono essere istruiti. Quante anime possiamo levare dal sentiero della perdizione e rimetterle, in quella strada che le conduce a salvamento; ed allora quali grazie da Dio ci otterrà san Luigi!
Giaculatoria: Amabilissimo san Luigi, infiammate il mio cuore del vero amor del prossimo, onde cresca sempre in me l'amor di Dio.
Pratica: Fate ogni vostro possibile per dare buon esempio e condur qualche vostro compagno a sentire la parola di Dio ed a ricevere il sacramento della confessione.
Preghiera: Luigi santo, ecc.
San Luigi nell'amor verso Dio fu un serafino. Tanto ne era acceso che al pensare o udir parlare delle cose del Signore quasi cadeva di sfinimento. Era poi singolare il suo amore per Gesù crocifisso. Ogni volta che veniva da altri disprezzato, oppure pativa dolor di testa o altro incomodo di sanità erane lietissimo e bramava patir di più per il suo Signore. Quale fu poi la tenerezza di Luigi per Gesù sacramentato! Passava più ore al giorno avanti l'altare del sacramento. Impiegava tre giorni a prepararsi alla comunione, tre giorni appresso per farne il ringraziamento. Nel ricevere poi l'ostia santa discioglievasi in tali lagrime e deliqui che spesso non aveva più forze a rizzarsi da terra. Da quale cosa deriva mai che noi proviamo sì poco gusto per le cose spirituali? Questo avviene dall'essere il nostro cuore poco innamorato di Gesù crocifisso e dall'accostarci troppo di rado alla santa comunione o dall'accostarvici indegnamente; perché è impossibile l'avvicinarci a queste due inesauste fornaci dell'amore di Dio, senza sentirci infiammati e provarne conforto e contento. Accostiamoci per l'avvenire con cuore acceso di viva carità e di atti ferventi di fede, di speranza e di dolore; e'allora proveremo anche noi quelle delizie e quelle contentezze che provava san Luigi.
Giaculatoria: O gran serafino d'amore, infiammate il cuor mio del vero
amor divino, sicché per l'avvenire altro più non voglia che amare Dio e a lui solo servire.
Pratica: Procurate di recitare le preghiere del mattino e della sera avanti l'immagine di Gesù crocifisso e baciatelo spesso. I sommi pontefici concedettero molte indulgenze a chi bacia il crocifisso. Quando potete andate a far qualche visita a Gesù sacramentato, specialmente dove è esposto per l'adorazione delle quarantore.
Preghiera: Luigi santo, ecc.
Tre considerazioni che valgono a compiere l'esercizio dei nove giorni per la novena di san Luigi
Per lo più non si conosce il pregio della divina grazia se non quando si è perduta e molti rimediano al passato col piangere i trascorsi che hanno commesso. Di Luigi non fu così. Appena poté conoscere Dio, subito cominciò ad amarlo; le prime sue voci furono i dolci nomi di Gesù e di Maria; le prime inclinazioni furono per la pietà; i primi trattenimenti furono esercizi di sincera devozione; il qual tenore di vita prosegui finché visse. Questo mio figliuolo, testificò sua madre, fu sempre un angiolino. Da sette anni di età fino alla morte sempre tenne una vita santa, una vita angelica e vera idea di perfetta santità. Quanto mai piace al Signore l'essere servito singolarmente in tempo di gioventù. Questo conobbe san Luigi e il Signore lo colmò di tante grazie, che divenne un gran santo. Se san Luigi avesse aspettato sino all'età avanzata a darsi a Dio non-sarebbe senza dubbio divenuto sì gran santo, giacché egli morì molto giovane e può essere che nemmen si fosse salvato. Perché dunque non consacrare al Signore questo tempo di nostra gioventù, che tanto gradisce? Perché differire di giorno in giorno ad abbandonare il peccato e cominciar una vita da fedele cristiano? Tutti quelli che ora si trovano nell'inferno avevano volontà di darsi poi una volta a Dio, ma la morte li prevenne e adesso sono perduti per sempre; e fra quelle fiamme vanno gridando: noi insensati l'abbiamo sbagliata: nos insensati erravimus.
Giaculatoria: Fate, o glorioso san Luigi, che io pianga il tempo perduto e che quello che il Signore mi concederà tutto possa per lui impiegare.
Pratica: Fuggite i cattivi compagni, che sono la cagione funesta di tanto tempo perduto e cominciate oggi una vita nuova che piaccia al Signore.
Preghiera: Luigi santo, ecc.
Questi doni e queste virtù sublimi, di cui era adorno san Luigi, bisogna dirli anche frutto delle sue preghiere. Illuminato egli da Dio sapeva che quanto gli domandiamo per l'anima nostra ci viene concesso: petite et accipietis [Lc 11,9]. Appena poté articolare qualche parola di devozione suggerita dalla pia sua madre, ne rimase altamente affezionato. A quattro anni si assentava dalla presenza altrui e, fatto cercare dalla madre, veniva travato in qualche nascondiglio, ove a terra genuflesso, colle sue manine giunte dinanzi al petto fervorosamente pregava; e quantunque forte chiamato, con difficoltà poteva udire ciò che da lui si voleva, tanto era il diletto che provava in trattenersi con Dio. Questo tenor di vita col crescere degli anni divenne sempre più perfetto e arrivò ad ottenere qual privilegio di non essere più distratto nelle sue orazioni. Anzi bisognava che si facesse grande violenza per cessare dalla preghiera. Con questo mezzo giunse a quel sublime grado di santità che si può quasi dire senza esempio. Procuriamo anche noi di acquistare questo spirito di preghiera. In ogni nostro bisogno, nelle tribolazioni, nelle disgrazie, nell'intraprendere qualche azione difficile non: tralasciamo mai di ricorrere a Dio. Ma soprattutto nei bisogni dell'anima ricorriamo a lui con fiducia e saremo sicuri di essere esauditi. Preghiamo altresì il Signore che ci faccia conoscere in quale stato egli voglia essere servito da noi, affinché possiamo spender bene quel tempo che egli pose in nostro potere e da cui dipende la nostra eterna salvezza.
Giaculatoria: Ottenetemi, o glorioso san Luigi, una scintilla del vostro fervore e fate che sempre cresca in me lo spirito di preghiera e di devozione.
Pratica: Esaminate come vi regolaste per il passato nella preghiera e procurate d'infervorarvi sempre più, massimamente col recitare lungo il giorno qualche giaculatoria a Dio e al vostro avvocato san Luigi.
Preghiera: Luigi santo, ecc.
Le cose che ci possono turbare in punto di morte sono specialmente i peccati della vita passata e il timore dei castighi divini per l'altra vita. San Luigi niente di ciò aveva a temere; la sua vita era stata un continuo pensare alla morte e la considerava come unico mezzo per finire l'esilio di questo mondo e andare al possesso di quei beni celesti che tanto désiderava. Tanti digiuni, così rigide mortificazioni, le austerità, le continue meditazioni e preghiere, insomma la vita veramente angelica che aveva tenuto, quale cosa gli avranno fatto temere? Egli è perciò che all'avviso di morire cantò il Te Deum, e pieno di allegrezza andava ripetendo: Oh che gioia, ce ne andiamo: Laetantes imus. Riseppe da Dio l'istante di sua morte e dopo goduta la gloria del paradiso nell'estasi di una notte che a lui parve un momento, promettendo a tutti gli astanti che avrebbe eseguito le loro commissioni con Dio, con Maria, cogli altri santi, nel bacio di Gesù crocifisso placidamente spirò. Che bel morire! Ci piace senza dubbio la morte preziosa di san Luigi. Se la vogliamo.sarà tale per noi. Ma badiamo che al punto di morte si raccoglie quello che seminato abbiamo nel corso di nostra vita. Se abbiamo fatto opere buone, beati noi, la morte ci riuscirà di contento, il paradiso sarà, aperto per noi; al contrario guai a noi; rimorsi di coscienza nel punto di morte; un inferno aperto che ci aspetta: quae seminaverit homo haec et metet [Gal 6,8].
Giaculatoria: Ottenetemi, o glorioso san Luigi, di poter condurre una vita buona per fare una morte santa.
Pratica: Pensate ogni sera se doveste morire in quella notte quale sarebbe la vostra morte.
Preghiera: Luigi santo, ecc.
La gloria di cui un'anima è coronata in paradiso si misura specialmente da questi tre punti: dall'innocenza della vita, dalla penitenza e dalla carità. Queste virtù furono in san Luigi luminosissime. Non scorgesi in tutta sua vita una colpa che si possa dire certamente veniale. Appena acquistò l'uso di ragione si rivolse di tutto cuore a Dio per amarlo. All'innocenza accoppiò rigorosissima penitenza. Ora se in cielo si tiene conto di un bicchiere di acqua dato per Dio, che sarà di tanto sangue che Luigi sparse ancora fanciullo flagellandosi più volte al giorno da rimanere gli abiti insanguinati? Che diremo del levarsi di notte a pregare genuflesso sul gelido terreno agghiacciandosi al freddo? Che dei digiuni sì austeri? Che di tante invenzioni di flagelli, con cui macerò le sue carni innocenti? Tutto questo quale gloria avrà meritato a san Luigi in cielo! La sua carità verso Dio e verso del prossimo era così intensa, che tutto il viver suo dal primo uso di ragione fino alla morte fu un continuo esercizio di carità verso il prossimo e d'amor verso Dio. Onde non è meraviglia che santa Maddalena dei Pazzi, la quale rapita a contemplare la felicità dei beati vide la gloria di san Luigi, abbia esclamato che se veduto non avesse, non avrebbe mai creduto essere tanta gloria in paradiso, quanto quella di cui era adorno san Luigi.
Ecco, o giovani miei, a che conduce una vita buona e virtuosa, ad una beata eternità di delizie, ad una gloria incomprensibile, dove contempleremo Dio a faccia a faccia, lo loderemo, lo benediremo insieme con Maria, cogli angeli e con tutti i beati per tutti i secoli. Coraggio dunque cominciamo per tempo a lavorar per il Signore, ci tocca patire qualche cosa in questo mondo, ma sarà poi eterno il premio che avremo nell'altro.
Giaculatoria: Pietosissimo san Luigi, fatemi santo e rendetemi un dì partecipe della vostra gloria in paradiso.
Pratica: Offrite al santo tutti gli esercizi di pietà di questo giorno per ottenere il dono della perseveranza.
Preghiera: Luigi santo, ecc.
Parte seconda - Esercizi particolari di cristiana pietà
Preghiere del mattino e della sera
Un buon figliuolo appena svegliato deve fare il segno della santa croce, indi offrire il suo cuore a Dio dicendo: Gesù, Giuseppe e Maria vi dono il mio cuore e l'anima mia. Di poi alzarsi da letto e vestirsi colla massima modestia. San Luigi Gonzaga voleva nemmeno che gli vedessero nudi i piedi, perché giudicava la verecondia come un limpido specchio il quale anche ad un soffio solo si appanna.
Mentre vi vestite potete dire: Angelo del Signore, che siete mio custode per ordine della sua pietosa provvidenza, custoditemi in questo giorno, illuminate il mio intelletto, reggete i miei affetti, governate i miei sentimenti, acciocché io non offenda il mio Signore Dio. Così sia. Gloria al Padre e al Figlio e allo Spirito Santo, siccome sempre fu, è, sarà per tutti i secoli. Così sia. Dicendo questa preghiera si guadagnano molte indulgenze.
Subito vestito vi porrete ginocchioni avanti l'immagine di Gesù crocifisso o della beata Vergine, indi reciterete le seguenti preghiere:
Nel nome del Padre e del Figliuolo e dello Spirito Santo. Così sia. Signor mio, Dio mio, io vi dono tutto il mio cuore.
Vi adoro e vi amo con tutto il cuore; vi ringrazio di avermi creato, fatto cristiano e conservato in questa notte. Vi offro tutte le mie azioni e vi prego di darmi grazia di non offendervi mai, principalmente in questo giorno.
Padre nostro, che sei nei cieli, sia santificato il nome tuo, venga il regno tuo, sia fatta la volontà tua come in cielo, così in terra. Dacci oggi il nostro pane quotidiano e rimetti a noi i nostri debiti, come anche noi il rimettiamo
ai nostri debitori e non c'indurre in tentazione, ma liberaci dal male. Così sia.
Dio ti salvi, o Maria, piena di grazia, il Signore è teco, tu sei benedetta fra le donne e benedetto è il frutto del ventre tuo Gesù. Santa Maria, madre di Dio, prega per noi peccatori adesso e nell'ora della morte nostra. Così sia.
Io credo in Dio Padre onnipotente, creatore del cielo e della terra. Ed in Gesù Cristo suo figliuolo unico Signor nostro: il quale fu concepito di Spirito Santo, nacque di Maria Vergine: patì sotto Ponzio Pilato, fu crocifisso morto e sepolto: discese agl'inferni, il terzo giorno risuscitò da morte: sali al cielo, siede alla destra di Dio Padre onnipotente: di là ha da venire a giudicare i vivi ed i morti. Credo nello Spirito Santo, la santa Chiesa cattolica, la comunione dei santi, la remissione dei peccati, la risurrezione della carne, la vita eterna. Così è.
Dio ti salvi, o Regina, madre di misericordia, vita, dolcezza e speranza nostra. A te ricorriamo noi miseri figliuoli di Eva, a te sospiriamo gemendo e piangendo in questa valle di lagrime. Su dunque, o avvocata nostra, degnati di volgere verso di noi i tuoi occhi misericordiosi e mostraci dopo questo esilio Gesù benedetto frutto del tuo seno. Madre di clemenza, di pietà, di dolcezza, o Vergine Maria.
I comandamenti di Dio sono dieci: 1. Io sono il Signore Dio tuo, non avrai altro Dio avanti di me. 2. Non nominare il nome di Dio in vano. 3. Ricordati di santificare le feste. 4. Onora il padre e la madre, acciocché tu vivi lungo tempo sopra la terra. 5. Non ammazzare. 6. Non fornicare. 7. Non rubare. 8. Non dire il falso testimonio. 9. Non desiderare la donna d'altri. 10. Non desiderare la roba d'altri.
I comandamenti della santa Chiesa sono cinque: 1. Udire la messa intera tutte le domeniche e le altre feste comandate. 2. Digiunare la Quaresima, le quattro tempora ed altre vigilie comandate e non mangiar carne il venerdì e il sabato. 3. Confessarsi almeno una volta l'anno e comunicarsi alla Pasqua. 4. Non celebrare le nozze nei tempi proibiti. 5. Pagar le decime secondo l'usanza.
Atto di Fede: Credo fermamente che vi è Dio, il quale premia i buoni e castiga i cattivi. Credo, che in Dio vi sono tre persone realmente distinte, Padre, Figliuolo e Spirito Santo. Credo, che il Figliuol di Dio si è fatto uomo nel seno purissimo di Maria Vergine per opera dello Spirito Santo: come uomo è morto sulla croce per i nostri peccati, ed il terzo dì risuscitò. Credo queste e tutte le altre verità della nostra santa fede, perché Dio
sommamente verace le ha rivelate alla santa Chiesa e per mezzo della santa Chiesa le insegna a noi.
Atto di Speranza: Mio Dio, perché siete onnipotente, misericordioso e fedele, spero, che mi darete il perdono dei miei peccati, la grazia di vivere e morir bene, ed il paradiso, che mi avete promesso per i meriti di Gesù Cristo, facendo io opere da buon cristiano, come propongo di fare col vostro santo aiuto.
Atto di Carità: Dio mio, vi amo sopra ogni cosa, vi amo per i beni, che ho ricevuto da voi, vi amo per quelli che spero di ricevere; ma vi amo principalmente perché siete Dio d'infinita bontà e perciò degno per voi medesimo di essere amato sopra tutte le cose, ed amo il prossimo come me stesso per amor vostro.
Atto di Contrizione: Misericordia, Signore, mi pento, mi dolgo con tutto il cuore di avervi offeso, mi pento non solo per i beni che ho perduto e per i mali che ho meritato peccando, ma mi pento principalmente perché ho offeso un Dio sì buono e sì grande come siete voi. Vorrei prima esser morto che avervi offeso. E propongo fermamente colla vostra grazia di non offendervi mai più, perché vi amo sopra ogni cosa. Gesù mio, misericordia. (Il regnante Pio IX concede l'indulgenza di cento giorni ogni volta che si dice: Gesù mio, misericordia).
Per il decorso del giorno: Vergine Maria, madre di Gesù, san Luigi Gonzaga, fatemi santo. Finite le preghiere portatevi dai vostri genitori per intendere i loro ordini e non intraprendete cosa alcuna senza il loro consenso.
Alla sera reciterete la terza parte dei rosario (se non l'avete ancora recitata lungo il giorno) in compagnia dei vostri fratelli e delle vostre sorelle, ma devotamente, né troppo in fretta, senza appoggiarvi incivilmente sulla tavola o sugli stagni. Qualora vi manchi il tempo per la recitazione del rosario, dite almeno tre Ave Maria ecc. per ottenere il patrocinio di lei. Direte poi le stesse preghiere del mattino aggiungendo questa breve preghiera a san Luigi Gonzaga: Glorioso san Luigi, io vi supplico umilmente di ricevermi sotto la vostra protezione e di ottenermi dal Signore l'aiuto di praticare le vostre virtù in vita per fare una santa morte ed essere un dì partecipe della vostra gloria in paradiso. Così sia. Pater, Ave e Gloria.
Fermatevi alcuni stanti a considerare lo stato di vostra coscienza e se vi trovate reo di qualche peccato, fate di cuore un atto di contrizione promettendo di confessarvene al più presto possibile. Mentre vi spogliate immaginatevi di vedere i carnefici a levar con violenza le vesti di dosso a Gesù Cristo per flagellarlo. Appena coricato direte: Gesù, Giuseppe e Maria vi dono il mio
cuore e l'anima mia. Gesù, Giuseppe e Maria assistetemi nell'ultima agonia. Gesù, Giuseppe e Maria spiri in pace con voi l'anima mia. Pensando quindi alla presenza di Dio colle mani giunte innanzi al petto prendete riposo.
Lungo il giorno, oppure dopo le preghiere del mattino o della sera leggete un tratto della vita di qualche santo, come di san Luigi, oppure una delle considerazioni poste a pagina 31 [Sette considerazioni per ciascun giorno della settimana], oppure pensate agli avvisi, che il confessore vi diede nell'ultima confessione.
Un buon figliuolo lungo il giorno deve attendere diligentemente a quelle cose che riguardano al proprio stato e indirizzare ogni azione al Signore dicendo: Signore, vi offro questo lavoro, dategli la vostra santa benedizione.
Al mattino, al mezzodì ed alla sera quando suona l'Ave Maria conviene porsi in ginocchio (eccetto il sabato, la domenica ed il tempo pasquale, in cui si sta in piedi) e recitare la seguente orazione:
Angelus Domini nuntiavit Mariae, et concepit de Spiritu Sancto. Ave Maria ecc.
Ecce ancilla Domini, fiat mihi secundum verbum tuum. Ave Maria ecc. Et verbum caro factum est, et habitavit, in nobis. Ave Maria ecc. Tre Gloria Patri.
Orti pro nobis, sancta Dei Genitrix.
Ut di gni efficiamur promissionibus Christi.
Oremus: Gratiam tuam, quaesumus, Domine, mentibus nostris infonde, ut qui, angelo nuntiante, Christi filii tui incarnationem cognovimus, per passionem eius et crucem ad resurrectionis gloriam perducamur. Per eumdem Christum Dominum nostrum. Amen
Benedetto XIV concedé cento giorni d'indulgenza ogni volta che si pratica tale devozione. Ci sono pure parecchie indulgenze per chi accompagna il santo viatico, quando è portato agl'infermi, o non potendo andare, dite un Pater ed Ave. Quando si suona l'agonia molte altre indulgenze si possono lucrare da chi interviene alla chiesa a pregare per quel moribondo e non potendo, recita almeno un Pater ed Ave. Lo stesso dicasi al segno della morte per chi dice tre Requiem aeternam in suffragio di quell'anima passata all'eternità.
Prima di prender cibo fate il segno della santa croce e dite: Signore, date la vostra benedizione a me e ai cibi che prenderò per mantenermi nel vostro santo servizio. San Benedetto un giorno prima di mettersi a tavola fatto secondo il solito il segno della croce, con gran rumore vide spezzarsi un bicchiere entro cui era messo il veleno.
Dopo il cibo: Signore, vi ringrazio dei benefizi che mi avete fatto, datemi grazia che me ne possa servire in bene.
Avvertimento: La messa è l'offerta ed il sacrificio del corpo e del sangue di nostro signor Gesù Cristo che viene offerto e distribuito sotto le specie del pane e del vino consacrato. Capite bene, o figliuoli, che nell'assistere alla santa messa fa lo stesso come se voi vedeste il divin Salvatore uscir di Gerusalemme e portare la croce sul monte Calvario, dove giunto viene fra i più barbari tormenti crocifisso, spargendo fino all'ultima goccia il proprio sangue. Questo medesimo sacrificio rinnova il sacerdote mentre celebra la santa messa con questa sola distinzione che il sacrificio del Calvario Gesù Cristo lo fece collo spargimento di sangue, quello della messa è incruento, cioè senza spargimento di sangue. Siccome non si può immaginare cosa più santa, più preziosa quanto il corpo, il sangue, l'anima e la divinità di Gesù Cristo, così voi quando andate alla santa messa, voglio siate persuasi che fate un'azione la più grande, la più santa, la più gloriosa a Dio e la più utile all'anima propria. Gesù Cristo viene egli stesso in persona ad applicare a ciascuno in particolare i meriti di quel sangue adorabilissimo, il quale sparse per noi sul Calvario in croce. Ciò deve inspirarci una grande idea della santa messa e farci desiderare di assistervi bene. Ma il vedere tanti figliuoli con volontà deliberata distratti starvi irriverentemente senza modestia, senza attenzione, senza rispetto, rimanendosi in piedi, guardando qua e là, ah! costoro rinnovano più volte i patimenti del Calvario con grave scandalo dei compagni e disonore della religione!
Per evitar un male così grande entrate con disposizioni di vero cristiano nello spirito di Gesù Cristo e supponete di vederlo cominciare la sua dolorosa passione, esposto ai più barbari trattamenti per nostra salvezza. Durante la messa state con modestia e raccoglimento tale che alcuna cosa non sia per disturbarvi. Il vostro spirito, il cuore, i sentimenti vostri non siano ad altro intenti che ad onorare Dio. Vi raccomando di avere grande premura per andare alla santa messa e di tollerare a tal fine anche qualche incomodo. Sant'Isidoro che era servo di campagna si levava di buon mattino per andar alla santa messa e trovavasi a tempo debito a fare quelle cose che dal suo padrone gli venivano comandate. Con questo si tirò dal Signore ogni sorta di benedizioni per modo che ogni suo lavoro riusciva bene.
In principio della messa: Signor mio Gesù Cristo, io vi offro questo santo sacrificio a vostra maggior gloria ed a bene spirituale dell'anima mia, fatemi la grazia che il mio cuore e la mia mente ad altro più non pensino che a voi. Anima mia scaccia ogni altro pensiero e. preparati ad assistere a questa santa messa col massimo raccoglimento.
Al Confiteor: Io confesso a Dio onnipotente, alla beata Maria sempre Vergine, al, beato Michele arcangelo, al beato Giovanni Battista, ai santi apostóli Pietro e Paolo e a tutti i santi, perché molto peccai con pensieri, parole ed opere per mia colpa, per mia colpa, per mia grandissima colpa. Perciò prego la beata Vergine Maria, il beato Michele arcangelo, il beato Giovanni Battista, i santi apostoli Pietro e Paolo e tutti i santi ad intercedere per me appresso il Signor nostro Dio.
Il sacerdote ascende all'altare: Tutta la terra vi adori, o Signore, e canti lode al vostro santo nome. Sia gloria al Padre, al Figliuolo, ed allo Spirito Santo. Così sia.
Al Kyrie eleison: Signor mio Gesù Cristo, abbiate misericordia di questa povera anima mia.
Al Gloria: Sia gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini di buona volontà, perché solo Dio è degno di essere lodato e glorificato per tutti i secoli.
All'Oremus: Ricevete, o Signore, le preghiere che da questo sacerdote vi sono indirizzate per me. Concedetemi la grazia di vivere e morire da buon cristiano nel grembo della santa madre Chiesa.
All'Epistola: Infiammate, o Signore, il cuor mio del vostro santo amore, acciocché io vi ami e vi serva tutti i giorni della mia vita.
Al Vangelo: Io sono pronto, o-Signore, a confessare la fede del Vangelo a costo della mia vita professando le grandi verità che ivi sono contenute. Datemi grazia e fortezza per fare la vostra divina volontà e di fuggire tutte le occasioni di peccare.
Al Credo: Io credo fermamente tutte le verità che voi, mio Dio, rivelaste alla vostra Chiesa, perché siete verità infallibile. Accrescete perciò in me lo spirito di viva fede, di ferma speranza e d'infiammata. carità.
All'Offertorio: Vi offro, o mio Dio, per le mani del sacerdote quel pane e quel vino che debbono essere cangiati nel corpo e nel sangue di Gesù Cristo. Vi offro nel medesimo tempo il mio cuore, la lingua mia, affinché per l'avvenire altro non desideri né d'altra cosa io parli, se non di quello che riguarda al vostro santo servizio.
All'Orate fratres: Ricevete, Signore, questo sacrificio per onore o gloria del vostro santo nome, .per mio vantaggio e per quello di tutta la vostra santa Chiesa.
Al Praefittio: Mio cuore abati a Dio e pensa alla passione di Gesù Cristo, che egli va a cominciare per i tuoi peccati.
Al Sanctus: Anima mia unisci ogni tuo affetto al coro degli angeli e canta con essi un inno di gloria dicendo: Santo, Santo, Santo è il Signore, il Dio
degli eserciti. Sía glorificato e benedetto per tutti i secoli: • '
Al Memento dei vivi: Vi prego, o Gesù mio, di ricordarvi 'dei miei genitori, degli altri parenti, dei benefattori, degli amici miei ed anche dei miei nemici; ricordatevi altresì del sommo pontefice 'e di tutta. la Chiesa e di ogni autorità, spirituale o temporale, a cui tutti sia pace, Concordia e benedizione.
All'elevazione dell'ostia: Con tutta umiltà prostrato vi adoro, o Signore, e credo fermamente che esistete in quest'ostia sacra. Oh gran mistero, un Dio viene dal cielo in terra per la mia salute! Sia lodato e ringraziato ogni momento il santissimo e divinissimo sacramento. (100 giorni d'indulgenza ogni volta).
All'elevazione del calice: Signor mio Gesù Cristo, io adoro quel sangue che voi spargeste per salvare l'anima mia. Io ve l'offro in memoria della vostra passione, morte, risurrezione e ascensione al cielo; ricevetelo in sconto dei miei peccati e per i bisogni di santa Chiesa.
Al memento dei morti: Ricordatevi, Signore, delle anime del purgatorio e specialmente di quelle dei miei parenti, benefattori spirituali e temporali. Liberatele da quelle pene e date a tutte la gloria del paradiso.
Al Pater noster: Vi ringrazio, Gesù mio, di questo eccellente modello di preghiera che mi deste, fatemi la grazia che io la possa recitare colla devozione e coll'attenzione che si merita. Concedetemi quanto in essa vi domanda per me quel sacerdote e soprattutto non permettete che nelle tentazioni io cada in mortale peccato, unico e sommo male che può farmi perdere eternamente. Dite il Pater noster ecc.
All'Agnus Dei: Gesù, agnello immacolato, vi supplico ad usare inisericor-. dia a me e a tutti gli uomini del mondo affinché tutti si convertano a voi, per godere quella vera pace che provano coloro i quali sonò in grazia vostra.
Al Domine non sum dignus: O Signore, per la moltitudine dei miei peccati io non son degno che voi veniate ad abitare nell'anima mia; ma dite
solamente una parola e mi sarà rimesso ogni peccato. Oh quanto mi spiace di avervi offeso, fatemi la grazia, che non vi offenda mai più per l'avvenire.
Alla comunione: Se non potete comunicarvi sacramentalmente fate almeno la comunione spirituale che consiste in un ardente desiderio di ricevere Gesù nel nostro cuore, dicendo: Mio caro e buon Gesù, poiché questa mattina io non posso ricevere l'ostia santa, venite nondimeno a prendere possesso di me colla vostra grazia, onde io viva sempre nel vostro santo amore. La grazia che singolarmente vi domando è di potere star lontano dai cattivi compagni, perché se avrò la sorte di frequentare buoni compagni, io pure sarò buono e potrò salvar l'anima mia.
Alle ultime orazioni: Vi ringrazio, o mio Dio, di esservi sacrificato per me. Fate che sin da questo momento tutto io mi possa sacrificare a voi. Dispiaceri, fatiche, caldo, freddo, fame, sete ed anche la morte tutto accetterò volentieri dalle vostre mani, pronto ad offrire tutto e perdere tutto, purché io possa adempiere la vostra santa legge.
Alla benedizione: Benedite, Signore, queste sante risoluzioni; beneditemi per la mano del vostro ministro e fate che gli effetti di questa benedizione siano eternamente sopra di me. Nel nome del Padre, del Figliuolo e dello Spirito Santo. Così sia.
All'ultimo Vangelo: Verbo eterno, fatto carne per salvare l'anima mia, io vi adoro col più profondo rispetto e vi ringrazio di quanto patiste per me. Concedetemi la grazia di conservare i frutti di questa santa messa; perdonatemi se non vi ho assistito colla debita attenzione e fate che uscendo iò di questa chiesa abbiano gli occhi, la lingua e tutti i sensi miei in sommo orrore ogni cosa che si opponga alle verità del vostro santo Vangelo.
Dite una Salve alla beata Vergine ed un Pater a san Luigi, affinché vi aiutino a mantenere i proponimenti fatti e soprattutto di evitare i cattivi discorsi.
Cari figliuoli, se voi non imparate da giovani a confessarvi bene correte pericolo di non apprenderlo mai più in vita vostra ,e per conseguenza di non confessarvi mai a dovere con vostro grave danno. e forse a rischio di vostra eterna salvezza. Prima di tutto vorrei che foste persuasi che qualunque colpa voi abbiate sulla vostra coscienza, vi sarà perdonata nella vostra confessione, purché vi accostiate colle debite disposizioni.
La prima di esse consiste nel fare l'esame di coscienza, vale a dire richiamarvi a memoria le vostre azioni per scoprire quali siano state buone e quali peccaminose. Cominciate dal pregare il Signore che vi illumini dicendo: — Signor mio Gesù Cristo, Redentor dell'anima mia, io mi getto ai vostri piedi supplicandovi ad aver pietà e misericordia di me. Illuminatemi colla vostra grazia, affinché io conosca ora i miei peccati come li farete a me noti quando presenterommi al vostro giudizio. Fate, o mio Dio, che li detesti con vero dolore e ne consegua il perdono per i meriti infiniti del sangue preziosissimo di Gesù Cristo sparso per me sulla croce. Vergine santissima, san Luigi Gonzaga, pregate per me onde possa fare una buona confessione.
Esaminatevi se parlaste male delle cose di religione; se bestemmiaste, nominaste il nome di Dio invano; se ascoltaste la santa messa nei giorni festivi e con esservi occupato in opere di pietà, o piuttosto vi occupaste in lavori proibiti. Esaminatevi se disobbediste ai vostri parenti, superiori o maestri, o deste loro qualche risposta insolente; se foste di scandalo in chiesa o fuori di chiesa, specialmente con discorsi osceni o con cattivi consigli; se rubaste qualche cosa in casa o fuori di casa. Notate che si può anche rubare non occupando il tempo in quelle cose che vi sono comandate. Se diceste, ascoltaste, faceste, permetteste o anche solo pensaste alcuna cosa contro l'onestà. Vi debbo però avvertire riguardo all'esame che non basta esporre semplicemente il peccato, ma dovete dire il numero delle volte che commetteste questo o quell'altro peccato. Per esempio: non basta il dire, ho disobbedito ai miei parenti, ma bisogna soggiungere, ho disobbedito due o tre volte, cioè il numero preciso o approssimativo delle disubbidienze commesse. Lo stesso dite degli altri peccati.
Queste sono le cose principali intorno a cui dovete esaminarvi. Ma non bastano ancora per fare una buona confessione, dovete altresì eccitarvi ad un vero dolore riflettendo seriamente che il peccato è un gran male. Il peccato vi apre l'inferno sotto i piedi. Che gran male, oh spavento! Vi chiude il paradiso: che grave perdita! Vi fa nemici di Dio e schiavi dei demoni. Ogni vostro peccato cagionò acutissimo dolore al cuore amoroso di Gesti, il quale per voi patì flagelli, spine, piaghe, sangue e croce; e voi gli rendeste disgusti, disprezzi e villanie. Il peccato è un'offesa fatta al vostro Dio che è tanto buono ed amabile per se stesso, che vi creò, vi conserva la vita. La sanità, l'aria che respirate, il pane che mangiate sono tutti doni che Dio vi concedé. Egli vi preservò da continue disgrazie e dall'inferno medesimo più e più volte meritato. E a tanti suoi benefici voi corrispondeste colla più mostruosa ingratitudine servendovi di questi ad offenderlo.
Alla vista del gran male che voi faceste peccando dovete avere un grande dolore, ovvero dispiacere di aver offeso Dio più che se vi fosse avvenuta qualunque disgrazia, qualunque castigo da parte dei vostri genitori o di altri. Questo dispiacere vi deve condurre al proponimento, ossia a fare una promessa di non voler mai più offendere Dio per l'avvenire. Per esempio: voi diceste parole cattive, foste disobbedienti, ora affinché la vostra confessione sia valida bisogna che facciate una promessa. al Signore che non volete più commettere tali peccati anche a costo di patire qualunque male.
Dopo questi riflessi fate un atto di contrizione ed accostatevi con tutta umiltà al confessore e se vi toccasse aspettare, non dissipatevi con discorsi o sorrisi guardando qua e là, ma state con raccoglimento aspettando che sia tempo. Vi debbo avvertire di non tacer mai alcun peccato in confessione. Prima che si pecchi il demonio vi dice che non vi è gran male in quell'azione; dopo fa quanto può per farvene vergognare, onde la tacciate e facciate una confessione sacrilega. Perciò non abbiate timore alcuno da parte del confessore, egli si rallegra sentendo che voi gli confidate quello che faceste. Altronde siate certi che il sacerdote non può dire a veruno le cose da voi confessate e non se ne può servire quand'anche si trattasse di evitar la morte. Coraggio dunque, primo confessate quel peccato che vi fa più pena.
Accostato poi al confessore farete il segno della santa croce dicendo: "Beneditemi; o padre, perché peccai". Indi gli direte il tempo che non vi confessaste e gli manifesterete lo stato di vostra coscienza esponendo il numero e la specie dei vostri peccati. Finita l'accusa ascoltate quello che egli vi dirà e mentre vi darà l'assoluzione pensate essere quello il momento in cui si versa sull'anima vostra la virtù del sangue di Gesù Cristo. Onde fate di cuore un atto di pentimento. Terminatala confessione ritiratevi in disparte per ringraziare il Signore del beneficio che vi ha fatto.
Dopo la confessione. Rinnovate di tutto cuore il proponimento già fatto nella confessione, con promettere al Signore di volere praticar tutti i mezzi suggeriti dal confessore per non mai più cadere in peccato facendo queste tre risoluzioni: 1° Di volervi diportare in chiesa con grande devozione; 2° Prestare pronta ubbidienza ai genitori vostri e a tutti gli altri superiori; 3° Essere grandemente animati per l'adempimento dei doveri del vostro stato e di voler lavorare per la maggior gloria di Dio e per la salvezza dell'anima vostra. Poscia dite devotamente questa
Orazione — Quante grazie vi debbo rendere, o mio Dio, per la misericordia che mi avete usata nel perdonarmi tutti i miei peccati! Voi tornate ad amarmi e mi amerete sempre più se io sarò fedele nel servirvi. Oh! sì, io voglio davvero emendarmi. Prometto di evitare tutte le cose che mi potrebbero di nuovo far cadere nel peccato. Non mi scorderò mai che voi siete in ogni luogo e che vedete e sapete tutto quello che io fò e penso. Aiutatemi e datemi piuttosto la morte che io torni ad offendervi. Maria cara mia madre, non permettete che per l'avvenire disgusti il mio buon Gesù col peccato. Angelo mio custode, santi miei avvocati, aiutatemi e custoditemi sempre.
Tre Angele Dei e tre Gloria Patri.
Prima di accostarvi a ricevere l'adorabile corpo di Gesù Cristo» dovete riflettere se avete nel cuore le debite disposizioni. Sappiate dunque che quel figlio il quale dopo di aver peccato non vuole emendarsi, cioè a dire vuole di nuovo offendere il Signore, non e degno di accostarsi alla mensa del Salvatore e comunicandosi, invece di arricchirsi di grazie, si rende più colpevole e degno di maggior castigo.
Al contrario, se siete emendati accostatevi pure a ricevere il Cibo degli angeli ed arrecherete piacere grandissimo a Gesù Cristo. Egli stesso quando era su questa terra sebbene invitasse chiunque a seguirlo, tuttavia mostrava una benevolenza speciale ai pii ed innocenti fanciulli, dicendo: "Lasciate che questi pargoli vengano a me e non iMpediteli"; e dava loro la benedizione. Ascoltate pertanto il suo amorevole invito e andate non solo a ricevere la sua benedizione, ma lui stesso in persona.
Atti da farsi, prima della comunione
Signor mio Gesù Cristo, io .credo con viva fede che voi siete realmente presente nel santissimo sacramento col vostro corpo e sangue, colla vostra anima t divinità. Signore, io vi adoro in questo sacramento e vi riconosco per mio creatore, redentore, sovrano, padrone, sommo ed unico mio bene.
Signore, io non son degno che voi entriate nella povera abitazidne dell'anima mia, ma dite solo una parola e la mia anima sarà salva. Signore, io detesto tutti i miei peccati che mi rendono indegno di ricevervi nel mio cuore e propongo colla vostra grazia di non più commetterli per l'avvenire, di schivarne le occasioni e di farne la penitenza.
Signore, io spero che dandovi tutto a me in questo di4in sacramento mi userete misericordia e mi concederete tutte le grazie necessarie per la mia eterna salute. Signore, voi siete infinitamente amabile, voi siete il mio padre; il mio redentore, il mio Dio, perciò vi amo con tutto il cuor mio sopra ogni cosa e per amor vostro amo il mio prossimo quanto me stesso e perdono di buon cuore a tutti quelli che mi offesero.
Signore, io desidero ardentemente che voi veniate nell'anima mia, affinché non mi separi mai più da voi, ma resti sempre con me la vostra divina grazia.
Voi intanto, o Vergine immacolata, per l'amore che portaste al bambino Gesù, fate che io lo possa degnamente ricevere; e quando mi accosterò all'altare per ricevere l'ostia santa, io supporrò di riceverlo dalle vostre mani medesime accompagnato da tutti i cori degli angeli, i quali in paradiso lo benedicono e lo lodano. Angelo mio custode, san Luigi Gonzaga, miei speciali protettori, pregate il Signore per me ed ottenetemi la grazia di fare una santa comunione. Omnes sancti et sanctae Dei, intercedite pro nobis.
Qui fermatevi alquanto a considerare chi siete per ricevere. Egli è Gesù Cristo, Dio di grandezza e di maestà infinita, Dio di bontà e di misericordia, il quale viene a voi misera creatura, povero peccatore; e viene per farsi vostro padre, vostro fratello, amico e sposo dell'anima vostra. Vuole farsi vostro medico, maestro e cibo. Oh bontà! oh amore! oh misericordia infinita!
Dopo La comunione
Mio Dio, creatore e redentore dell'anima mia, io vi adoro col più profondo rispetto e colla più profonda riverenza. Oh quanto fu grande la bontà vostra! Una maestà così pura, così santa ed infinita venire in persona a visitare una creatura tanto miserabile, un pugno di terra, un peccatore ingrato. Mio caro e buon Gesù, io vi ringrazio di così grande favore, vi lodo, vi benedico dentro me stesso. Potenze dell'anima mia, sentimenti del mio corpo esultate alla presenza del vostro Dio. È poco un cuor solo, o mio buon Gesù, per amarvi, lodarvi e ringraziarvi di tanti benefici e particolarmente per aver dato per cibo dell'anima mia il vostro corpo, il vostro sangue, l'anima vostra e la vostra divinità.
Ah potessi aver il cuore dei serafini del cielo, affinché l'anima mia ardesse mai sempre di amore per il mio Dio, il quale si degnò di eleggere la povera anima mia per sua abitazione, per sua delizia! Ah caro Gesù, quanto è mai dolce e preziosa questa vostra visita, questa vostra dimora, questa vostra unione!
Io non son degno di sì grande favore, nemmeno so che cosa offrirvi in ringraziamento; ma appoggiato ai vostri meriti infiniti vi offro questi meriti medesimi. Vi ringrazio di tutto cuore e protesto che per l'avvenire voi sarete sempre la mia speranza, il mio conforto, voi solo la mia ricchezza, il mio piacere, il riposo dell'anima mia, voi solo il mio bene, il possesso, il tesoro del cuor mio. Vorrei pure io solo potervi dare tutta la lode e la gloria che vi danno i santi in paradiso; e poiché io non posso fare tanto, vi offro tutto me stesso; vi offro questa volontà, affinché non voglia altre cose se non quelle che a voi piacciono; vi offro le mie mani, i miei piedi, gli occhi miei, la lingua, la bocca, la mente, il cuore, tutto offro a voi, custodite voi tutti questi sentimenti miei, acciocché ogni pensiero, ogni azione non abbia altro di mira se non quelle cose che sono di vostra maggior gloria e di vantaggio spirituale dell'anima mia.
Vergine santissima, cara madre del mio Gesù, san Luigi Gonzaga, angelo mio custode, ottenete questa grazia per me, per i miei parenti, per i miei compagni, amici e nemici e specialmente per quelli che si trovano presenti in questa chiesa.
O Vergine Maria io, in fede di esser vostro, vi consacro per tutta la mia vita gli occhi, le orecchie, la lingua, il cuore e tutto me stesso. Voglio essere tutto vostro e voi difendetemi come vostro. Gesù, Giuseppe e Maria, vi dono col mio cuor l'anima mia. Gesù, Giuseppe e Maria assistetemi nell'ultima agonia. Gesù, Giuseppe e Maria, spiri in pace con voi l'anima mia.
Ricordatevi, o figliuoli, che Gesù trovasi nel santissimo Sacramento ricco di grazie da distribuirsi a chi le implora. Un venerabile servo di Dio, visitando Gesù sacramentato, lo vide in forma di bambino che teneva in mano una corona di rose e domandato avendo che cosa significavano quelle rose, Gesù disse: "Queste rose sono altrettante grazie che io comparto a quelli che le vengono a chiedere".
Atti da farsi nel visitare il santissimo Sacramento
Signor mio Gesù Cristo, il quale per amor nostro state notte 'e giorno in questo sacramento, tutto pieno di bontà aspettando, chiamando ed accogliendo tutti coloro che vengono a visitarvi, io credo che nell'ostia santissima c'è il corpo, il sangue vostro, l'anima vostra e la vostra divinità. Vi adoro umilmente e vi ringrazio dei benefizi fattimi, particolarmente di avermi dato voi stesso in questo sacramento, di avermi dato pér avvocata Maria vostra madre e di avermi chiamato a visitarvi in questa chiesa. Io saluto oggi il vostro amarissimo ed amantissimo cuore e intendo salutarlo per tre fini:
1° In ringraziamento di questo gran dono; 2° Per compensarvi di tutte le ingiurie che ricevete in questo sacramento da tutti gli infedeli, da tutti gli eretici e da tutti i cattivi cristiani; 3° Intendo con questa visita di adorarvi in tutti i luoghi della terra, dove voi sacramentato state meno riverito e più abbandonato.
Gesù mio, io vi amo con tutto il mio cuore: mi pento di avere per lo addietro tante volte disgustato la vostra infinita bontà. Propongo colla vostra grazia di nbn più offendervi per l'avvenire. Da oggi avanti voglio essere tutto vostro; fate voi di me tutto quello che vi piace, solo imploro il vostro amore, la perseveranza nel bene e l'adempimento perfetto della vostra volontà.
Vi raccomando le anime del purgatorio, specialmente le più devote del santo sacramento e di Maria santissima; vi raccomando ancora tutti i poveri peccatori. Unisco infine, o mio Gesù, tutti gli affetti miei cogli affetti del vostro amorosissimo cuore e così uniti li offro al vostro eterno Padre e lo prego in nome vostro che li accetti e li esaudisca. Sia lodato e ringraziato ogni momento il santissimo e divinissimo Sacramento. Tre Pater, Ave, Gloria ecc.
Intendete di recitare questa corona al divin Cuore di Gesù per risarcirlo degli oltraggi che riceve nella santa Eucaristia dagli eretici, dagl'infedeli e dai cattivi cristiani. Si dica dunque o da solo o con altre persone raccolte, se si può, dinanzi all'immagine del divin cuore o davanti al santissimo Sacramento.
V/ Deus, in adiutorium meum intende.
R/ DoMine, ad adiuvandum me festiva. Gloria Patri ecc.
I. O Cuore amabilissimo del mio Gesù, adoro umilmente quella dolcissima amabilità vostra, che in singolar modo usate nel divin sacramento colle anime ancor peccatrici. Mi dispiace di vedervi così ingratamente corrisposto ed intendo risarcirvi di tante offese che ricevete nella santa Eucaristia dagli eretici, dagl'infedeli e dai cattivi cristiani. Pater ecc.
II. O Cuore umilissimo del mio sacramentato Gesù, adoro umilmente quella profondissima umiltà vostra nella divina Eucaristia, nascondendovi per nostro amore sotto le specie del pane e del vino. Deh vi prego, Gesù mio, ad insinuare nel mio cuore così bella virtù; io intanto procurerò di risarcirvi di.tante 'offese che ricevete nel santissimo Sacramento dagli eretici, dagl'infedeli e 'dai cattivi cristiani. Pater ecc.
III. O Cuore del mio Gesù desiderosissimo di patire, adoro quei desideri così accesi d'incontrare la vostra passione dolorosissima e di assoggettarvi a
quei torti da voi preveduti nel santissimo Sacramento. Ah Gesù mio! intendo ben, di cuore di risarcirvene colla-mia vita stessa; vorrei impedire quelle offese, che purtroppo ricevete nella divina Eucaristia dagli, eretici, dagl'infedeli e dai cattivi cristiani. Pater ecc.
IV. 0 Cuore pazientissimo del mio Gesù, venero umilmente quell'invincibile pazienza vostra nel sostenere per amor mio tante pene sulla croce e tanti strapazzi nella divina Eucaristia. O mio caro Gesù! poiché non posso lavar col sangue mio quei luoghi dove foste così maltrattato nell'uno e nell'altro mistero, vi prometto, o mio sommo bene, di usare ogni mezzo per risarcire il vostro divin Cuore di tanti oltraggi, che ricevete nella santa Eucaristia dagli eretici, dagl'infedeli e dai cattivi cristiani. Pater ecc.
V. O Cuore, del mio. Gesù, amantissimo delle nostre anime nella istituzione ammirabile della santa Eucaristia, io adoro umilmente quell'amore immenso che ci portate donandoci per nutrimento il vostro divin corpo e divin sangue. Qual è quel cuore che struggere non si debba alla vista di così immensa carità? Oh mio buon Gesù, datemi abbondanti lagrime per piangere e risarcire tante offese che ricevete nel santissimo Sacramento dagli eretici, dagl'infedeli e dai cattivi cristiani. Pater ecc.
VI. O Cuore del mio Gesù sitibondo della salute nostra, venero umilmente quell'amore che vi spinse ad operare il sacrificio ineffabile sulla croce, rinnovandolo ogni giorno sugli altari nella santa messa. Possibile che a tanto amore non arda il cuore umano pieno di gratitudine? Sì, pur troppo, o mio Dio; e perciò vi prometto di fare quanto posso per risarcirvi di tanti oltraggi che ricevete in questo mistero di amore dagli eretici, dagl'infedeli e'dai cattivi cristiani. Pater ecc. (Questo esercizio può servire per fare la novena delle feste di nostro Signor Gesù Cristo):
Orazione al sacratissimo Cuore di Maria
Dio vi salvi, augustissima regina di pace, madre di Dio; per il sacratissimo Cuore del vostro figlio Gesù, principe della pace, fate che l'ira di lui si plachi e che regni sopra di noi in pace. Ricordatevi, o piissima. Vergine Maria, che non si è mai udito al mondo, che da voi sia stato rigettato od abbandonato alcuno, il quale implori i vostri favori. Io animato da questa fiducia mi presento a voi. Non vogliate, o madre del Verbo eterno, disprezzare le preghiere di questo vostro umilissimo figlio, uditele favorevolmente, o clemente, o pia, o dolce Vergine Maria. (Pio IX accorda l'Indulgenza di 300 giorni ogni volta si recita devotamente detta orazione).
O Gesù d'amore acceso non ti avessi mai offeso; o mio dolce e buon Gesù, non ti voglio offender più.
Sacro cuore di Maria, fa' che io salvi l'alma mia. Sacro cuor del mio Gesù, fa' che io t'ami sempre più.
[ Seguono i misteri del rosario e le litanie lauretane, che qui tralasciamo.]
Preparazione. Carissimi fratelli e sorelle in Gesù Cristo, noi facciamo i nostri soliti esercizi meditando devotamente gli acerbissimi dolori che la beata Vergine Maria patì nella vita e nella morte del suo amato figlio, nostro divin Salvatore. Immaginiamoci di trovarci vicini a Gesù pendente in croce e che l'afflitta sua madre dica a ciascuno di noi: Venite e vedete se c'è dolore uguale al mio. Persuasi che questa madre pietosa ci voglia concedere speciale protezione nel meditare i suoi dolori invochiamo il divino aiuto colle seguenti preghiere:
Veni, Sancte Spiritus, reple tuorum corda fidelium et tuí amoris in eis ignem accende.
V. Emitte spiritum tuum et creabuntur, R. Et renovabis faciem terrae.
V. Memento congregationis tuae, R. Quam possedisti ab initio.
V. Domine, exaudi orationem meam,
R. Et clamor meus ad te veniat.
Oremus: Mentes nostras; quaesumus, Domine, lumine tuae claritatis illustra, ut videre possimus, quae agenda sunt, et quae recta sunt agere valeamus. Per Christum Dominum nostrum R. Amen.
Primo dolore: Profezia di Simeone. Il primo dolore fu allora quando la beata Vergine madre di Dio avendo presentato l'unico suo figlio al tempio nelle braccia del santo vecchio Simeone, le fu detto dal medesimo: Questo figlio sarà una spada che trapasserà l'anima tua; la quale cosa denotava la passione e la morte di nostro Signore Gesù Cristo. Un Pater e sette Ave Maria.
Secondo dolore: Fuga in Egitto. Questo dolore si soffri dalla beata Vergine quando le convenne fuggire in Egitto per la persecuzione del crudele Erode che empiamente cercava di uccidere il suo amato figlio. Un Pater ecc.
Terzo dolore: Gesù smarrito nel tempio. Il terzo dolore della beata Vergine fu quando al tempo della Pasqua dopo di essere stata col suo sposo
Giuseppe e coll'amato figlio Gesù in Gerusalemme, nel ritornarsene alla sua povera casa, lo smarrì e per tre giorni continui ne sospirò la perdita. Un Pater ecc.
Quarto dolore: Incontro di Gesù che porta la croce. Il quarto dolore della beata Vergine fu quando s'incontrò col suo dolcissimo figlio che portava una pesante croce sulle delicate spalle sopra il monte Calvario a fine di essere crocifisso per la nostra salute. Un Pater ecc.
Quinto dolore: Crocifissione di Gesù. Il quinto dolore della beata Vergine fu quando vide il suo figlio amato sopra il duro tronco della croce, che da ogni parte del suo sacratissimo corpo versava sangue. Un Pater ecc.
Sesto dolore: Deposizione di Gesù dalla croce. Il sesto dolore della beata Vergine fu allora quando il suo figliuolo essendo ferito nel costato dopo la sua morte e deposto dalla croce, così spietatamente ucciso, venne posto tra le sue santissime braccia. Un Pater ecc.
Settimo dolore: Sepoltura di Gesù. Il settimo dolore di Maria. Vergine signora ed avvocata di noi suoi servi e miseri peccatori fu quando accompagnò il santissimo corpo del suo figlio alla sepoltura. Un Pater ecc.
Si reciteranno 3 Ave Maria in segno di profondo rispetto alle lagrime che sparse la beata Vergine in tutti i suoi dolori, onde impetrare per mezzo suo un simile pianto per i nostri peccati. Ave Maria ecc.
Finita la Corona si recita il seguente inno: Stabat Mater dolorosa ...
V. Ora pro nobis, Virgo dolorosissima!
R. Ut di gni efficiamur promissionibus Christi.
Oremus: Interveniat pro nobis, quaesumus, Domine Iesu Christe, nunc et in hora mortis nostrae apud tuam clementiam beata Virgo Maria Mater tua, cuius sacratissimam animam in hora tuae passionis doloris gladius pertransivit. Per te, Iesu Christe salvator mundi, qui cum Patre et Spiritu Sancto vivis et regnas in saecula saeculoram. R. Amen.
Le sette allegrezze che gode Maria in cielo . .
1. Rallegratevi, o sposa dello Spirito Santo, per quel contento che ora godete in paradiso, perché per la vostra purità e verginità siete esaltata sopra tutti gli angeli e sublimata sopra tutti i santi. Ave Maria ecc. Gloria ecc.
2. Rallegratevi, o madre di Dio, per quel piacere che provate in paradiso, perché siccome il sole quaggiù in terra illumina tutto il mondo, così voi col vostro splendore adornate e fate risplendere tutto il paradiso. Ave Maria ecc.
3. Rallegratevi, o figlia di Dio, per quel contento che godete in paradiso,
perché tutte le gerarchie degli angeli, degli arcangeli, dei troni, delle dominazioni e di tutti gli spiriti beati vi onorano, vi riveriscono e vi riconoscono per madre del loro creatore e ad ogni minimo cenno vi sono obbedientissime. Ave ecc.
4. Rallegratevi, o ancella della santa Trinità, per quell'allegrezza che provate in paradiso, perché tutte le grazie che chiedete al vostro figliuolo vi sono subito concesse; anzi, come dice san Bernardo, non si concede grazia quaggiù in terra, che non passi prima per le vostre santissime mani. Ave ecc.
5. Rallegratevi, o augustissima regina, perché voi sola meritaste sedere alla destra del vostro santissimo figlio, il quale siede alla destra dell'eterno Padre. Ave ecc.
6. Rallegratevi, o speranza dei peccatori, rifugio dei tribolati, per la sublime altezza a cui siete elevata in paradiso, perché tutti quelli che vi lodano e riveriscono in questo mondo, l'eterno Padre li premierà colla sua santa grazia e nell'immensa sua gloria. Ave ecc.
7. Rallegratevi, o madre, figlia e sposa di Dio, perché tutte le grazie, tutti
i gaudi tutte le allegrezze e tutti i favori, che ora godete in paradiso non si diminuiranno mai, anzi aumenterannosi fino al giorno del giudizio e dureranno in eterno. Ave ecc.
Orazione alla beatissima Vergine: O gloriosa Vergine Maria madre del mio Signore, fonte di ogni nostra consolazione, per queste vostre allegrezze di cui con quella devozione che ho potuto maggiore ho fatto la presente rimembranza, vi prego d'impetrarmi da Dio la remissione dei miei peccati ed il continuo aiuto della sua santa grazia, onde io non mi renda mai indegno della vostra protezione, ma bensì abbia la sorte di ricever tutti quei superni favori che solita siete ottenere, e compartire ai vostri servi, i quali fanno devota memoria di queste allegrezze, di cui ridonda il vostro bel cuore, o regina immortale del cielo.
1. Angelo mio custode, voi che non sdegnaste di prendere tanta cura di me abbominevole peccatore, deh! vi prego, avvalorate il mio spirito con viva fede, con ferma speranza e con infiammata carità, sicché disprezzando il mondo io pensi solo ad amare e servire il mio Dio. Tre Angele Dei e tre Gloria Patri.
2. Nobilissimo principe della corte celeste che vi degnaste prendere tanta cura di questa povera anima mia, difendetela voi dalle insidie e dagli assalti
del demonio, onde non mi accada mai più di offendere il mio Signore per l'avvenire. Tre Angele ecc.
3. Gloriosissimo spirito che con assidua benignità vi occupate indefesso per l'anima mia, ottenetemi grazia, che io vi sia sempre devoto e fedele in eseguire tutto ciò che vi degnerete di suggerirmi al cuore. Tre Angele ecc.
4. Pietosissimo custode dell'anima mia voi, che tanto vi umiliaste col venire dal cielo in terra per impiegare il vostro ministero a favore di un essere sì vile qual io sono, fate che possa anch'io acquistare lo spirito di vera umiltà e sia pienamente persuaso, che da per me non posso nulla senza il vostro possente aiuto e senza la- grazia del mio Signore. Tre Angele ecc.
5. Benignissimo spirito, che tante fatiche spendete per salvare l'anima mia, ottenetemi dal Signore, che nell'estremo della mia vita l'anima mia da voi difesa possa passare dalle vostre mani nelle arnorosissime braccia del mio Gesù. Tre Angele ecc.
Orazione: Poiché, amabilissimo mio custode, tutto quello che voi fate per me in questo mondo niente altro ha di mira che la salute dell'anima mia, deh! vi supplico, quando mi troverò nel letto di morte privo di tutti i sensi, immerso nelle angosce dell'agonia e l'anima-si separerà dal corpo per comparire avanti al suo Creatore, voi difendetela' dai suoi nemici e vincitrice conducetela con voi a godere per sempre la gloria del paradiso. Così sia.
Breve modo di praticare la Via Crucis
V. Adoramus te, Christe, et benedicimus tibi.
R. Quia per sanctam crucem et mortem tuam redemisti mundum.
Oremus: Respice, quaesumus, Domine, super hancfamiliam tuam, pro qua Dominus noster Iesus Christus non dubitavit manibus tradi nocentium et crucis subire tormentum. Qui tecum vivit et regnat in saecula saeculorum. Amen.
Atto di contrizione: Mio Redentore, mio Dio, eccomi ai vostri piedi pentito con tutto il cuore dei miei peccati, perché sono offesa della vostra somma bontà; voglio piuttosto morire, che mai più offendervi perché vi amo sopra ogni cosa. Miserere nostri, Domine, miserere nostri.
Santa Madre, deh voi fate, che le piaghe del Signore siano impresse nel mio cuore.
Stabat Mater dolorosa I iuxta crucem lacrymosa I dum peni debat Filius.
V. Adoramus te, Christe, et benedicimus tibi.
R. Quia per sanctam crucem, et mortem tuam redemisti mundum.
Questa prima stazione ci rappresenta il pretorio di Pilato, dove il nostro Redentore ricevé la sentenza di morte. Considera, anima mia, come Pilato condannò a morte di croce il nostro innocentissimo Gesù e come egli volentieri si sottomise a quella condanna, acciocché tu fossi liberata dall'eterna dannazione. Ah Gesù! vi ringrazio di tanta carità e vi supplico di scancellare la sentenza di eterna morte meritata per le mie colpe, onde io sia fatto degno di godere l'eterna vita. Pater, Ave, Gloria ecc. Miserere nostri, Domine, miserere nostri.
Santa Madre, questo fate, che le piaghe del Signore siano impresse nel mio cuore.
Cuius animam gementem, I contristatam et dolentem I pertransivit gladius.
V Adoramus te, Christe et benedicimus
R. Quia per sanctam crucem et mortem tuam redemisti mundum.
Quésta seconda stazione ci rappresenta come Gesù fu caricato del pesantissimo legno della croce. Considera, anima mia, come Gesù sottopose le sue spalle alla croce, la quale era aggravata dai tuoi gravissimi peccati. Ah Gesù! perdonatemi e datemi grazia di non più aggravarvi nel restante di mia vita di nuove colpe, ma bensì di portare sempre la croce di una vera penitenza. Pater, Ave, Gloria ecc. Miserere nostri, Domine, miserere nostri.
Santa Madre, questo fate, ecc.
O quam tristis et afflitta I fuit illa benedicta I Mater Unigeniti!
V. Adoramus te, Christe et benedicimus tibi.
R. Quia per sanctam crucem et mortem tuam redemisti mundum.
Questa terza stazione ci rappresenta come Gesù cascò la prima volta sotto la croce. Considera, anima mia, come Gesù non reggendo il grave peso, cadde sotto la croce con suo gran dolore. Ah Gesù mio! le mie cadute nel peccato ne sono la cagione. Vi supplico di darmi grazia di non rinnovarvi mai più questo dolore con nuovi peccati. Miserere nostri, Domine, miserere nostri.
Santa Madre, questo fate, ecc.
Quae maerebat et dolebat, I pia mater dum videbat / nati paenas inclyti.
V. Adoramus te, Christe et benedicimus tibi.
R. Quia per sanctam crucem et mortem tuam redemisti mundum.
Questa quarta stazione ci rappresenta l'incontro dolorosissimo di Maria Vergine col suo divin Figliuolo. Considera, anima mia, quanto restò ferito il cuor della Vergine alla vista di Gesù, ed il cuore di Gesù alla vista della sua madre affiittissima. Tu fosti la causa di questo dolore di Gesù e di Maria colle tue colpe. Ah Gesù! Ah Maria! fatemi sentire un vero dolore dei miei peccati, onde io li pianga finché viva e meriti d'incontrarvi pietosi alla mia morte. Pater, Ave, Gloria ecc. Miserere nostri, Domine, miserere nostri.
Santa Madre, questo fate, ecc.
Quis est homo, qui non fleret / matrem Christi si videret / in tanto supplicio?
V. Adoramus te, Christe et benedicimus tibi.
R. Quia per sanctam crucem et mortem tuam redemisti mundum.
Questa quinta stazione ci rappresenta come fu costretto Simon cireneo a portare la croce dietro a Gesù Cristo. Considera, anima mia, come Gesù non aveva più forze a reggere la croce, onde gli ebrei con finta compassione lo sgravarono dell'enorme peso di essa. Ah Gesù! a me è dovuta la croce che ho peccato. Deh! fate che io vi sia almeno compagno nel portare la croce di ogni avversità per vostro amore. Pater, Ave, Gloria ecc. Miserere nostri, Domine, miserere nostri.
Santa Madre, questo fate, ecc.
Quis non posset contristari I piam matrem contemplari I dolentem cum Filio?
V. Adoramus te, Christe et benedicimus tibi.
R. Quia per sanctam crucem et mortem tuam redemisti mundum.
Questa sesta stazione ci rappresenta la Veronica, che asciugò il volto a Gesù. Considera, o anima mia, l'ossequio fatto a Gesù da questa donna e come egli la premiò subito dandole il volto suo effigiato in quel lino. Ah Gesù mio! datemi grazia di mondare l'anima mia da ogni lordura e d'imprimere nella mia mente e nel mio cuore la vostra santissima passione. Pater, Ave, Gloria ecc. Miserere nostri, Domine, miserere nostri.
Santa Madre, questo fate, ecc.
Pro peccatis suae gentis I vidit Iesum in tormentis / et flagellis subditum.
V. Adoramus te, Christe et benedicimus tibi.
R. Quia per sanctam crucem et mortem tuam redemisti mundum.
Questa settima Stazione ci rappresenta la seconda caduta di Gesù Cristo con grande suo strapazzo e tormento. Considera, o anima mia, i patimenti di Gesù in questa nuova caduta, effetti delle tue ricadute nel peccato. Ah Gesù! mi confondo avanti a voi e vi prego di darmi grazia che mi alzi in maniera dalle mie colpe, che non ricada mai più. Pater, Ave, Gloria ecc. Miserere nostri, Domine, miserere nostri.
Santa Madre, questo fate, ecc.
Vidit suum dulcem natum I morientem desolatum I dum emisit spiritum.
V „Adoramus te, Christe et benedicimus tibi.
R. Quia per sanctam crucem et mortem tuam redemisti mundum.
Questa ottava stazione ci rappresenta quando Gesù incontrò le donne che piangevano sopra di lui. Considera, anima mia, come Gesù disse a quelle donne che non piangessero sopra di lui, ma sopra di loro stesse, onde tu impari che devi prima piangere i tuoi peccati, indi i suoi patimenti. Ah Gesù! datemi lacrime di vera contrizione, acciocché sia meritoria la compassione mia ai vostri dolori. Pater, Ave, Gloria ecc. Miserere nostri, Domine, miserere nostri.
Santa Madre, questo fate, ecc.
Eia, Mater fons amoris, I me sentire vim doloris I fac, ut tecum lugeam.
V. Adoramus te, Christe et benedicímus tibi.
R. Quia per sanctam crucem et mortem tuam redemisti mundum.
Questa nona stazione ci rappresenta la terza caduta di Gesù con nuove ferite e con nuovi tormenti. Considera, anima mia, come il buon Gesù cadde la terza volta, perché la tua ostinazione al male ti portò a continuare nelle colpe. Ah Gesù! voglio dar fine per sempre alle mie iniquità per dare a voi sollievo. Deh! confermate il mio proponimento e rendetelo efficace colla vostra grazia. Pater, Ave, Gloria ecc. Miserere nostri, Domine, miserere nostri. Santa Madre, questo fate, ecc.
Fac ut ardeat cor meum I in amando Christum Deum, I ut sibi complaceam.
V. Adoramus te, Christe et benedicimus tibi.
R. Quia per sanctam crucem et mortem tuam redemisti mundum.
Questa decima stazione ci rappresenta come Gesù giunto che fu sul Calvario venne spogliato nudo ed amareggiato con fiele e mirra. Considera, anima mia, la confusione di Gesù nell'essere spogliato nudo e la pena di essere abbeverato di fiele o. mirra. Ciò fu in pena delle tue immodestie e golosità. Ah Gesù! mi pento delle libertà mie e risolvo di non più rinnovarvi in tutto il rimanente dei miei giorni tali pene, ma di vivere con tutta modestia e temperanza. Così spero nel vostro divino aiuto. Pater, Ave, Gloria ecc. Miserere nostri, Domine, miserere nostri.
Santa Madre, questo fate, ecc.
Sancta Mater, istud agas, I Crucifixi fige plagas I cordi meo valide.
V. Adoramus te, Christe et benedicimus tibi.
R. Quia per sanctam crucem et mortem tuam redemisti mundum.
Questa undecima stazione ci rappresenta quando Gesù fu inchiodato sopra la croce, essendo presente l'afflittissima sua madre. Considera, anima mia, gli spasimi di Gesù nell'essergli trapassate dai chiodi le mani e i piedi. Oh crudeltà dei giudei! Oh amore di Gesù verso di noi! Ah Gesù mio! voi tanto patite per me ed io tanto fuggo ogni patire. Deh! inchiodate sulla vostra croce la mia volontà risoluta di non più offendervi per l'avvenire, anzi
di patir volentieri qualunque pena per vostro amore. Pater, Ave, Gloria ecc.
Miserere nostri, Domine, miserere nostri.
Santa Madre, questo fate, ecc.
Tui nati vulnerati I tam dignati pro me patì I paenas mecum divide.
V. Adoramus te, Christe et benedicimus tibi.
R. Quia per sanctam crucem et mortem tuam redemisti mundum.
Questa duodecima stazione ci rappresenta la morte di Gesù in croce. Considera, anima mia, che dopo tre ore di agonia morì il tuo Redentore sulla croce per la tua salute. Ah Gesù mio! è ben giusto che io spenda per voi il restante di mia vita avendo voi dato la vostra con tanti spasimi per me. Così risolvo: mi assista la vostra grazia per i meriti della vostra morte. Pater, Ave, Gloria, ecc. Miserere nostri, Domine, miserere nostri.
Santa Madre, questo fate, ecc.
Fac me tecum pie fiere, I Crucifixo condolere I donec ego vixero.
V. Adoramus te, Christe et benedicimus tibi.
R. Quia per sanctam crucem et mortem tuam redemisti mundum.
Questa decima terza stazione ci rappresenta come il corpo santissimo di Gesù fu deposto dalla croce in seno di Maria Vergine sua Madre. Considera, anima mia, il dolore di Maria Vergine in vedersi fra le sue braccia morto il suo divin figliuolo. Ah Vergine santissima! per i meriti di Gesù ottenetemi grazia di non più rinnovare in vita mia la cagione della sua morte, ma che egli viva sempre in me colla sua divina grazia. Pater, Ave, Gloria, ecc. Miserere nostri, Domine, miserere nostri.
Santa Madre, questo fate, ecc.
Iuxta crucem tecum stare I et me tibi sociare I in planctu desidero.
V. Adoramus te, Christe et benedicimus tibi.
R. Quia per sanctam Crucem-it mortem tuam redemisti mundum.
Questa ultima stazione ci rappresenta la sepoltura del nostro Redentore. Considera, anima mia, come il corpo santissimo di Gesù fu seppellito con grande devozione dentro al sepolcro nuovo per lui preparato. Ah Gesù mio! vi ringrazio di quanto patiste per me e vi supplico di darmi grazia di preparare il mio cuore a ricevervi degnamente nella santa comunione e di fare nell'anima mia la vostra abitazione per sempre. Pater, Ave, Gloria ecc. Miserere nostri, Domine, miserere nostri.
Santa Madre, questo fate, ecc.
Quando corpus morietur, I fac ut animae donetur I paradisi gloria. V. Salva nos, Christe Salvator, per virtutem crucis.
R. Qui salvasti Petrum in mari, miserere nobis.
Oremus: Deus, qui unigeniti Filii tui pretioso sanguine vivifi cae crucis ve
xillum sanctificare voluisti, concede, quaesumus, eos qui eiusdem sanctae crucis gaudent honore, tua quoque ubique protectione gaudere. Per eumdem Christum Dominum nostrum. R. Amen.
V. Divinum auxilium maneat semper nobiscum.
R. Amen
Preghiera di Benedetto papa XIII per impetrare da Dio la grazia i non morire di morte improvvisa
Misericordiosissimo signore Gesù, per la vostra agonia e sudor di sangue, per la morte vostra liberatemi, vi supplico, dalla morte subitanea ed improvvisa.
Benignissimo signore Gesù, per l'acerbissima ed ignomignosissima flagellazione e coronazione vostra, per la vostra croce e passione amarissima e per la vostra bontà umilmente vi prego che non permettiate che io improvvisamente muoia e senza i santi sacramenti passi da questa vita all'eternità.
Mio amatissimo Gesù, mio signore e Dio mio, per tutti i travagli e dolori vostri, per il vostro prezioso sangue e per le sacrosante vostre piaghe; per quelle vostre, o mio Dio dolcissimo, ultime parole in croce: Deus, Deus meus, ut qui dereliquisti me? [Mc 15,34]. E per quel forte grido: Padre nelle tue mani raccomando lo spirito mio; ardentissimamente vi prego di non levarmi tosto da questo mondo. Le vostre mani, o mio Redentore, mi hanno fatto e formato tutto interamente. Deh non mi precipitate sì presto; datemi, vi supplico, spazio di penitenza, concedetemi un transito felice ed in grazia vostra, affinché io vi ami con tutto il cuore, vi loda e benedica in eterno.
Signor mio Gesù Cristo, per quelle cinque piaghe, che l'amore verso di noi vi fece in croce, soccorrete ai vostri servi redenti col vostro preziosissimo sangue... Sanguinisque pretiosi quem in mundi pretium. Così sia.
Preghiera a san Giuseppe
Gloriosissimo san Giuseppe, fortunato sposo di Maria, voi che méritaste di essere fatto custode del Salvator del mondo Gesù Cristo e abbracciandolo teneramente godeste anticipato il paradiso, deh! Ottenetemi dal Signore un intero perdono dei miei peccati, la grazia d'imitare le vostre virtù, onde io cammini sempre per la via che conduce al cielo. Siccome voi meritaste di avere Gesù e Maria intorno al vostro letto al punto di molte e tra le loro braccia dolcemente spiraste l'anima beata, vi prego di volermi difendere dai nemici dell'anima mia in quell'ultimo punto di mia vita; di modo che consolato dalla dolce speranza di volare con voi a possedere l'eterna gloria in paradiso spiri pronunciando i santi nomi di Gesù, di Giuseppe e di Maria.
Preghiera per la buona morte
Gesù Signore, Dio di bontà, Padre di misericordia, io mi presento dinanzi a voi con cuore umiliato e contrito: vi raccomando la mia ultima ora e ciò che dopo di essa mi attende.
Quando i miei piedi immobili mi avvertiranno che la mia carriera in questo mondo è presso a finire, misericordioso Gesù, abbiate pietà di me.
Quando le mie mani tremole e intorpidite non potranno più stringervi, crocifisso mio bene e mio malgrado lascierovvi cadere sul letto del mio dolore, misericordioso Gesù abbiate pietà di me.
Quando i miei occhi offuscati e stravolti dall'orror della morte imminente fisseranno in voi gli sguardi languidi e moribondi, misericordioso Gesù abbiate pietà di me.
Quando le mie labbra fredde e tremanti pronunzieranno per l'ultima volta il vostro nome adorabile, misericordioso Gesù abbiate pietà di me.
Quando le mie guance pallide e livide inspireranno agli astanti la compassione ed il terrore e i miei capelli bagnati dal sudor della morte, sollevandosi sulla mia testa annunzieranno prossimo il mio fine, misericordioso Gesù abbiate pietà di me.
Quando le mie orecchie, presso a chiudersi per sempre ai discorsi degli uomini, si apriranno per intendere la vostra voce, che pronunzierà l'irrevocabile sentenza, onde verrà fissata la mia sorte per tutta l'eternità, misericordioso Gesù abbiate pietà di me. --
Quando la mia immaginazione agitata da orrendi e spaventevoli fantasmi sarà immersa in mortali tristezze ed il mio spirito turbato dalla vista delle mie iniquità, dal timore della vostra giustizia, lotterà contro l'angelo delle tenebre, che vorrà togliermi la vista consolatrice delle vostre misericordie e precipitarmi in seno alla disperazione, misericordioso Gesù abbiate pietà di me.
Quando il mio debole cuore oppresso dal dolor della malattia sarà sorpreso dagli orrori di morte e spossato dagli sforzi che avrà fatto contro ai nemici della mia salute, misericordioso Gesù abbiate pietà di me.
Quando verserò le mie ultime lacrime, sintomi della mia 'a distruzione, ricevetele in sacrificio di espiazione, acciocché io spiri come una vittima di penitenza ed in quel terribile momento, misericordioso Gesù abbiate pietà di me.
Quando i miei parenti ed amici, stretti a me d'intorno, s'inteneriranno sul dolente mio stato e v'invocheranno per me, misericordioso Gesù abbiate pietà di me.
Quando avrò perduto l'uso di tutti i sensi ed il mondo intero sarà sparito da me, ed io gemerò nelle angosce della estrema agonia e negli affanni di morte, misericordioso Gesù abbiate pietà di me.
Quando gli ultimi sospiri del cuore sforzeranno l'anima mia ad uscire dal corpo, accettateli come figli di una santa impazienza di venire a voi, e voi misericordioso Gesù abbiate pietà di me.
Quando l'anima mia sull'estremità delle labbra uscirà per sempre da questo mondo e lascerà il mio corpo pallido, freddo e senza vita, accettate la distruzione del mio essere, come un omaggio che io vengo a rendere alla vostra divina maestà ed allora, misericordioso Gesù abbiate pietà di me.
Quando finalmente l'anima mia comparirà dinanzi a voi, e vedrà per la prima volta lo splendore immortale della vostra maestà, non la rigettate dal vostro cospetto; degnatevi ricevermi nel seno amoroso della vostra misericordia, affinché io canti eternamente le vostre lodi: misericordioso Gesù abbiate pietà di me.
Orazione: Oh Dio, che condannandoci alla morte, ce ne avete nascosto il momento e l'ora, fatte ch'io passando nella giustizia e nella santità tutti i giorni della vita, possa meritare di uscire di questo mondo nel vostro santo amore, per i meriti del nostro signor Gesù Cristo, che vive e regna con voi nell'unità dello Spirito Santo. Così sia. (Pio VII accordò l'indulgenza di 100 giorni a chi recita ogni dì detta preghiera e per un mese l'indulgenza plenaria).
Orazione per le anime del Purgatorio
O Signore onnipotente, il quale per l'amore che portaste agli uomini, vi degnaste di prendere umana carne, di vivere fra gli stenti, di soffrire dolorosissima passione e finalmente di spirare in croce, deh! per tanti meriti che ci procuraste col vostro preziosissimo sangue, vi prego di volgere uno•sguardo pietoso ai tormenti che soffrono nel purgatorio quelle anime benedette, che partite di questa valle di pianto in grazia vostra soffrono gli ardori di quelle fiamme per scontare i debiti che hanno tuttora verso della vostra divina giustizia. Accettate dunque, o pietosissimo Dio, le preghiere che per esse umilmente vi porgo, traetele da quel carcere tenebroso e chiamatele alla gloria del paradiso. Vi raccomando particolarmente le anime dei miei parenti, benefattori spirituali e temporali, e in special modo quelle a cui posso essere stato occasione di peccato col mio mal esempio. Vergine santissima, madre pietosa, consolatrice degli afflitti, intercedete voi per quelle anime, affinché per la vostra potentissima intercessione volino a godere quel paradiso che loro sta preparato.
V. Te ergo, quaesumus, famulis tuis subveni.
R. Quos pretioso Sanguine redemisti. Pater, Ave e Requiem.
Sopra la scelta dello stato
Ed. a stampa in Giovanni Bosco, Il giovane provveduto per la pratica dei suoi doveri negli esercizi di cristiana pietà per la recita dell'Uffizio della B. Vergine, dei Vespri di tutto l'anno e dell'Uffizio dei morti coll'aggiunta di una scelta di laudi sacre. Torino, Tipografia e Libreria Salesiana 1880, pp. 75-78.
Nei suoi eterni consigli Dio ha destinato a ciascheduno una condizione di vita e le grazie relative. Come in ogni altra circostanza, il cristiano deve anche in questa, che è capitalissima, cercare della divina volontà, imitando Gesù Cristo che protestava di essere venuto a compiere i voleri dell'eterno Padre. Importa adunque moltissimo, o giovane, accertar questo passo per non impegnati in obbligazioni, a cui il Signore non ti elesse.
A qualche anima che Dio volle favorire in modo singolare, manifestò per via straordinaria lo stato a cui la chiamava. Tu non pretendere tanto; ma consolati colla sicurezza che il Signore ti dirigerà sul retto cammino nei modi, consueti alla sua provvidenza, purché tu non trascuri i mezzi opportuni per una prudente determinazione.
Uno di questi è passare illibata la fanciullezza e la gioventù, o riparare con una sincera penitenza gli affini sgraziatamente trascorsi nel peccato. Altro mezzo è la preghiera umile e perseverante. Ti gioverà ripetere con san Paolo: Signore, che volete che io faccia? Oppure con Samuele: Parlate, o Signore, che il vostro servo vi ascolta. O col salmista: Insegnatemi a fare la vostra volontà, perché siete il mio Dio. O altra consimile affettuosa aspirazione.
Allorché dovrai venire alla risoluzione; rivolgiti a Dio con più speciali e frequenti orazioni, indirizza a quest'intento le preghiere nella santa messa; applica a questo scopo qualche comunione. Puoi anche praticare qualche novena, qualche triduo, qualche astinenza, visitare qualche insigne santuario. Ricorri anche a Maria, che è la madre del buon consiglio, a san Giuseppe suo sposo, fedelissimo ai divini comandamenti, all'ari. gelo custode e a tutti i santi avvocati. Sarebbe ottima cosa, potendo, il premettere a decisione sì rilevante gli esercizi spirituali o qualche giorno di ritiro.
Proponiti di seguire i voleri di Dio checché te ne possa avvenire e malgrado la disapprovazione di chi giudicasse secondo le viste del secolo.
Ove i genitori o altre persone autorevoli ti volessero disviare dal cammino a cui Dio ti invita, ricordati che è quello il caso di mettere in pratica il grande avviso di ubbidire a Dio e non agli uomini. Non dimenticare, no, il rispetto e l'amore dovuto agli oppositori; rispondi e trattali sempre con umiltà e mansuetudine, ma senza pregiudicare al supremo interesse dell'anima tua. Chiedi parere sul tuo contegno da osservare e confida in chi tutto può. Consulta persone timorate del Signore e sagge, specialmente il confessore, dichiarando con piena schiettezza il caso e le tue disposizioni.
Quando san Francesco di Sales ebbe palesato in casa che Dio lo chiamava al sacerdozio, i genitori gli osservarono che come primogenito della famiglia doveva esserne l'appoggio ed il sostegno; che l'inclinazione allo stato ecclesiastico derivava da una devozione indiscreta e che avria ben potuto santificarsi anche vivendo al secolo. E per meglio impegnarlo a secondare le loro intenzioni gli proposero un matrimonio onorevole e vantaggioso. Ma nulla valse a smuoverlo dal santo proponimento. Antepose costantemente la volontà di Dio a quella del padre e della madre, che pur teneramente amava e profondamente rispettava e preferì di rinunciare a tutti i vantaggi temporali anzi che di venir meno alla grazia della sua vocazione. I genitori che, non ostante qualche men retta idea originata da viste mondane, erano persone di pietà, ebbero in seguito a chiamarsi contenti della risoluzione del figlio.
Eccomi ai vostri piedi, o Vergine pietosa, per impetrare da voi la grazia importantissima della scelta del mio stato. Io non cerco altro che di fare perfettamente la volontà del vostro divin figlio in tutto il tempo della mia vita. Desidero ardentemente di scegliere quello stato che vie più mi renderà consolato quando mi troverò in punto della morte. Deh! Madre del buon consiglio, fatemi risuonare agli orecchi una voce che allontani ogni dubbiezza della mente mia. A voi si aspetta, che siete la madre del mio Salvatore, essere altresì la madre della mia salvezza; perché se voi, 'o Maria, non mi partecipate un raggio del divin sole, qual luce mi rischiarerà? Se voi non m'istruite, o madre dell'increata sapienza, chi mi ammaestrerà? Udite dunque, o Maria, le mie umili preghiere. Indirizzatemi dubbioso e vacillante, reggetemi nella:retta via, che conduce all'eterna vita,, giacché voi siete unica speranza di virtù e di vita, i cui frutti non sono altro che frutti di onore e di onestà. Tre Pater, Ave e Gloria.
La corrispondenza di san Giovanni Bosco rispecchia la sua molteplice attività di promotore di opere educative e assistenziali, imprese editoriali e missionarie. Documenta anche la rete vastissima delle relazioni da lui intessute. Le sue sono lettere di un uomo d'azione, di un organizzatore instancabile, di un avveduto comunicatore, di un fondatore religioso e di un appassionato animatore di iniziative cattoliche. Poco spazio è dato agli aspetti spirituali, che egli preferisce trattare nella predicazione, nei colloqui personali o nel contesto del sacramento della Penitenza.
Tuttavia non mancano lettere che, pur nella brevità, propongono indirizzi.spirituali e consigli preziosi, dai quali emerge la sapienza e l'esperienza di un formatore d'anime.
Qui vengono trascritte, a titolo esemplificativo, alcune corrispondenze, indirizzate a ragazzi e giovani, con suggerimenti e piccoli programmi di vita, che ri.Tecchiano i tratti caratterizzanti del suo magistero spirituale, tutto mirato alla concretezza di un vissuto cristiano fecondo di opere e di tensione virtuosa.
Ed. critica in E(m) I, pp. 500-501.
Sant'Ignazio presso Lanzo, 25 luglio 1860
Amatissimo figliuolo,
La lettera che mi hai scritto mi ha fatto veramente piacere. Con essa dimostri che tu hai compreso quale sia l'animo mio verso di te. Sì, mio caro, io ti amo di tutto cuore, ed il mio amore per te tende a fare quanto posso per farti progredire nello studio e nella pietà e guidarti per la via del cielo. Rammenta i molti avvisi che ti ho dato in varie circostanze; sta allegro, ma la tua allegria sia verace come quella di una coscienza monda dal peccato. Studia per diventare molto ricco, ma ricco di virtù, e la più grande ricchezza è il santo timor di Dio. Fuggi i cattivi, sta amico coi buoni; rimettiti nelle mani del tuo signor arciprete e seguine i consigli e tutto andrà bene.
Saluta i tuoi parenti da parte mia; prega il Signore per me, e mentre Dio ti tiene lungi da me lo prego di conservarti sempre suo finché sarai di nuovo con noi, intanto che ti sono con paterno affetto
Affezionatissimo
Sac. Bosco Gio..
Ed. critica in E(m) I, p. 423.
Torino, 5 settembre 1860
Figliuolo dilettissimo,
La tua lettera mi ha fatto piacere. Se tu provasti grande consolazione per un momento di tempo che fummo insieme a fare poche parole, qual gaudio non sarà per noi quando, aiutandoci Dio, vivremo per sempre beati in cielo dove farem una sola voce per lodare il nostro Creatore in eterno?
Coraggio dunque, figliuol mio, sii fermo nella fede, cresci ogni giorno nel santo timor di Dio; guardati dai cattivi compagni come da serpenti velenosi, frequenta i sacramenti della confessione e comunione; sii devoto di Maria santissima e sarai certamente felice.
Quando ti vidi parrai aver ravvisato qualche disegno della divina Provvidenza sopra di te; ora non te lo dico ancora, se verrai altra volta a vedermi parlerò più chiaramente e conoscerai la ragione di certe parole dette allora.
Il Signore doni a te e alla tua madre sanità e grazia; prega per me che ti sono di cuore
Affezionatissimo
Sac. Bosco Gio.
Ed. critica in E(m) I, p. 144.
Calliano, 10 ottobre 1860 [?]
Carissimo Garino,
Ho ricevuto con piacere la tua lettera e godo della tua ferma volontà di farti buono per divenire un ottimo ecclesiastico. Dal canto mio farò tutto quello che posso; ma ho bisogno anche di qualche cosa da parte tua. Di che cosa? Di una confidenza illimitata in tutto ciò che riguarda al bene dell'anima tua. Avrei bisogno di farti cacciatore di anime, ma per il timore che tu rimanga da altri cacciato, ti propongo solo di farti modello ai tuoi Compagni nel bene operare. Peraltro sarà sempre per te una fortuna grande quando potrai promuovere qualche bene od impedire qualche male tra i tuoi compagni.
Amami come io ti amo nel Signore, prega eziandio per me che ti sono di cuore
Affezionatissimo
Sac. Bosco Giovanni
Ed. critica in E(m) I, pp. 459-460.
Torino, 8 settembre 1861
Caro Emanuele,
Mentre tu godi la campagna col buon Stanislao io vengo in compagnia di maman a farti una visita con questo biglietto che sono in dovere di scriverti.
Mio scopo è di farti un bel progetto; ascolta dunque. L'età, lo studio che percorri sembrano sufficienti per essere ammesso alla santa comunione. Io dunque vorrei che la prima Pasqua fosse per te quel gran giorno della santa tua prima comunione. Che ne dici, caro Emanuele? Prova a parlarne coi tuoi genitori e sentirai il loro parere. Ma io vorrei che cominciassi fin d'ora a prepararti e perciò essere in modo particolare esemplare nel praticare:
1° Ubbidienza esatta ai tuoi genitori e ad altri tuoi superiori, senza mai fare opposizione a qualsiasi comando.
2° Puntualità nell'adempimento dei tuoi doveri, specialmente di quelli di scuola, senza mai farti sgridare per adempierli.
3° Fare grande stima di tutte le cose di devozione. Perciò far bene il segno della santa croce, pregare ginocchioni con atteggiamento composto, assistere con esemplarità alle cose di chiesa.
Avrei molto piacere che mi facessi una risposta intorno alle proposte che ti ho fatto. Ti prego di salutare Azeglia e Stanislao da parte mia. State tutti allegri nel Signore. Dio vi benedica tutti; pregate per me; tu specialmente, o caro Emanuele, fammi onore colla tua buona condotta e credimi sempre tuo
Affezionatissimo amico
Sac. Bosco Giovanni
Ed. critica in E(m) I, p. 694.
Dal santuario di Oropa (Biella), 6 agosto 1863 Carissimi figliuoli studenti,
Se voi, o miei cari figliuoli, vi trovaste sopra questo monte ne sareste certamente commossi. Un grande edificio nel cui centro avvi una devota chiesa, forma quello che comunemente si appella santuario di Oropa. Qui avvi un continuo andirivieni di gente. Chi ringrazia la santa Vergine per grazie da lei ottenute; chi domanda di essere liberato da un male spirituale o temporale; chi prega la santa Vergine che l'aiuti a perseverare nel bene, chi a fare una santa morte. Giovani e vecchi; ricchi e poveri; contadini e signori; cavalieri, conti, marchesi, artigiani, mercanti, uomini, donne, vaccari, studenti d'ogni condizione si vedono continuamente in gran numero accostarsi ai santi sacramenti della confessione e comunione e andare di poi ai piè di una stupenda statua di Maria santissima per implorare il celeste di lei aiuto.
Ma in mezzo a tanta gente il mio cuore provava un vivo rincrescimento. Perché? Non vedevo i miei cari giovani studenti. Ah! Sì perché non posso avere i miei' figli qui, condurli tutti ai piè di Maria, offrirli a lei, metterli tutti sotto alla potente di lei protezione, farli tutti Savio Domenico, altrettanti san Luigi?
Per trovare un conforto al mio cuore sono andato dinanzi al prodigioso altare di lei e le ho promesso che giunto in Torino avrei fatto quanto avrei potuto per insinuare nei vostri cuori la devozione a Maria e raccomandandovi a lei ho domandato queste grazie speciali per voi. Maria, le dissi, benedite tutta la nostra casa, allontanate dal cuore dei nostri giovani fin l'ombra del peccato; siate la guida degli studenti; siate per loro la sede della vera sapienza. Siano tutti vostri, sempre vostri ed abbiateli sempre per vostri figliuoli e conservateli sempre fra i vostri devoti. Credo che la santa Vergine mi avrà esaudito e spero che voi mi darete mano affinché possiamo corrispondere alla voce di Maria, alla grazia del Signore.
La santa Vergine Maria benedica me, benedica tutti i sacerdoti e chierici e tutti quelli che impiegano le loro fatiche per la nostra casa, benedica tutti voi. Ella dal cielo ci aiuti e noi faremo ogni sforzo per meritarci la sua santa protezione in vita ed in morte. Così sia.
Affezionatissimo amico in Gesù Cristo
Sac. Bosco Gio.
Ed. critica in E(m) I, p. 607.
Dalla tua villeggiatura di Montemagno — 1° ottobre 1863 Caro Emanuele,
Prima di partire, o caro Emanuele, ascolta due parole di un amico dell'anima tua.
Giunto che sarai al collegio fissato dalla prudenza dei tuoi genitori procura di mettere in pratica questi avvisi:
1° Avrai grande confidenza coi tuoi superiori. 2° Adoperati di mettere in pratica i consigli del confessore. 3° Fuggi l'ozio e quei compagni che per avventura tu udissi a parlar male. 4° Prega ogni giorno la santa Vergine che ti permetta qualunque male, ma non mai di cadere in peccato grave.
Dio ti benedica e ti conservi in sanità e in grazia sua fino al'novello rivederci dell'agosto 1864, se saremo ancora in vita. Amen.
Tuo affezionatissimo in Gesù Cristo
Sac. Bosco Gio.
Ed. critica in E(m) I, pp. 629-630.
Torino, giorno 30 dicembre 1863
Agli amati miei figliuoli del Piccolo Seminario di San Carlo in Mira-bello.
La grazia di nostro signor Gesù Cristo sia sempre con noi. Amen.
I segni di filiale affetto che voi, figliuoli amatissimi, avete a me dato quando ebbi il piacere di farvi una visita, mi avevano fatto risolvére di .recarmi di nuovo presso di voi in questi giorni di feste e di auguri. Ora per le speciali mie occupazioni non potendo ciò fare, mi limito a scrivervi una lettera per manifestarvi alcuni pensieri del mio paterno cuore.
Prima di tutto vi ringrazio di quanto avete fatto per me, dei saluti inviatemi, delle preghiere innalzate a Dio per il bene dell'nima mia; come pure vi ringrazio dell'affetto che portate a don Rua e agli altri superiori di questo seminario. Da che fui tra voi essendo andato più volte a vedervi col
lo spirito, credo bene di dirvi quanto ho osservato in particolare (a questo proposito scrivo biglietti a parte) ed in generale.
Con vera mia soddisfazione ho osservato più frequenza ai santi sacramenti della confessione e della comunione; contegno più devoto in chiesa, nella preghiera specialmente della sera, maggiore carità nel sopportare le molestie dei compagni ed in molti uno sforzo nel progredire nello studio e combattere i vizi e le cattive tentazioni. Ho questo osservato con grande mio piacere, tuttavia me lo permettete, debbo dirvi molte cose che amareggiarono assai l'animo mio.
Osservai alcuni andare in chiesa senza dare alcun segno di entrare in un luogo santo; ascoltar la predica (e non sono pochi) con distrazione continua senza nemmanco portare via una massima da praticare per il bene dell'anima loro. Osservai parecchi altri cominciare le preghiere di poi trovarsene alla fine senza che sappiano di averle dette e per lo più senza aprire le labbra; ne trovai altri che rissarono, altri che non potendo fare vendetta nutrirono la bile e l'odio molto tempo verso i loro rivali.
Avvene poi una serie che scappano dalla fatica come da enorme macigno che loro stia sopra il capo sospeso; ma quello che più mi ha addolorato sono alcuni che si studiarono d'introdurre massime disoneste e discorsi che san Paolo•vuole che siano nemmanco nominati tra i cristiani. Ve ne furono poi alcuni che, assai pochi, i quali, devo dirlo? si accostarono indegnamente ai santi sacramenti.
Queste, miei amati figliuoli, sono le cose che ho notate sopra l'andamento del piccolo seminario di Mirabello. Pensate voi forse che io scriva queste cose per farvi rimprovero? No, le scrivo soltanto per avvisarvi e così i buoni siano incoraggiati a perseverare; i tiepidi procurino di accendersi e riscaldarsi di amor di Dio e chi ne ha bisogno si rialzi dallo stato in cui [si] trova. Qui avrei molte cose a scrivervi, ma mi serbo di farlo alla prossima mia visita che sarò per farvi. Vi dirò per altro quanto il Signore Dio vuole da voi nel corso di questo anno per meritarvi le sue benedizioni.
1° Fuga dell'ozio, perciò somma diligenza nell'adempimento dei propri doveri scolastici e religiosi. L'ozio è padre di tutti i vizi.
2° La frequente comunione. Che grande verità io vi dico in questo momento. La frequente comunione è la grande colonna che tiene su il mondo morale e materiale affinché non cada in rovina.
3° Divozione e frequente ricorso a Maria santissima. Non si è mai udito al mondo che taluno sia con fiducia ricorso a questa madre celeste senza che sia stato prontamente esaudito.
Credetelo, o miei cari figliuoli, io penso di non dire troppo asserendo che la frequente comunione è una grande colonna sopra cui poggia un polo del mondo; la divozione poi alla Madonna è l'altra colonnasopra cui poggia l'altro polo. Quindi dico a don Rua, agli altri superiori, maestri, assistenti, ai giovani tutti di raccomandare, praticare, predicare, insistere con tutti gli sforzi della carità di Gesù Cristo affinché non siano mai dimenticati questi tre ricordi che io vi mando a maggior gloria di Dio, a bene delle anime vostre tanto care al nostro signor Gesù Cristo che col Padre vive e regna nell'unità dello Spirito Santo. Così sia.
Mentre vi assicuro che ogni giorno vi raccomanderò al Signore nella santa messa, raccomando anche l'anima mia alla carità delle vostre preghiere. Tutti i giovani di questa casa si raccomandano eziandio alle vostre preghiere e vi augurano bene dal cielo. La santa Vergine ci conservi tutti suoi e sempre suoi. Amen.
Vostro affezionatissimo in Gesù Cristo
Sac. Bosco Gio.
Ed. critica in E(m) II, p. 57.
Torino, 19 giugno 1864
Al sacerdote don Rua Michele ed a tutti i miei cari figliuoli di Mirabello.
Tu, caro don Rua, e tutti gli altri miei amati figliuoli di Mirabello mi attendete per san Luigi; e vi potete facilmente immaginare quanto grande sarebbe il piacere di potervi appagare. Ma ho alcuni affari in corso che m'impediscono assolutamente; fra gli altri avvi la novella chiesa, di cui si scavano le fondamenta, che vuole continua assistenza per le modificazioni che ad ogni momento occorrono per la linea di demarcazione.13isogna pertanto che tramandiamo questo piacere per la prima quindicina di luglio ed allora potremo chiacchierare, ridere e scherzare con qualche bel brindisi.
Tuttavia io voglio fare di qui con voi la festa di san Luigi ed è che il giorno 21 tra noi non è solenne, trasportandosi la solennità al 29 del corrente, quindi io posso dire la santa messa per i miei amati figli mirabellesi. Uniamoci adunque tutti nello spirito del Signore domandando tre cose a san Luigi:
1° Sanità e grazia a fine di potervi preparare a subire bene i vostri esami affinché siano più gustose le prossime vacanze.
2° Imitare san Luigi nel bubn esempio specialmente colla fuga di parlar male.
3° Che don Rua a mio conto vi faccia stare allegri prima in chiesa, di poi a pranzo ed in fine con una bella passeggiata. Fate così la festa di san Luigi e saremo tutti contenti.
Del resto io vi amo tutti nel Signore e passano poche ore del giorno senza che io vada a farvi visita e con voi mi trattenga.. Amiamoci, ma amiamoci per servire il Signore in tutta la vita e goderlo di poi in eterno.
La grazia di nostro signor Gesù Cristo sia sempre con noi. Amen. Sono con pienezza di affetto il
Vostro affezionatissimo amico
Sac. Bosco G.
P.S. Tanti saluti a tua madre, al suddiacono Franceschino, a don Bonetti e a tutta la famiglia Provera. Così sia.
Ed. critica in E(m) II, pp. 58-59.
[Torino, inizio luglio 1864]
Ai miei cari figliuoli di Mirabello.
Ho ritardato, amati figliuoli, a farvi visita come avevo promesso, ma quello che mi Tincresce si è non aver nemmeno potuto andare a far la festa di san Luigi. Studio ora il modo di ricompensare il ritardo colla più lunga dimora tra voi. Martedì a sera, a Dio piacendo, per l'ultima [corsa] della sera sarò a Mirabello. Ma perché prevenirvi? Non basta intervenire secondo il solito? No, miei cari, non basta. Ho bisogno di parlarvi in pubblica per raccontarvi alcune cose che so tornare di vostro gradimento, di parlarvi privatamente di cose niente piacevoli, ma che è necessario che sappiate; di parlanti poi in un orecchio per rompere le corna al demonio che vorrebbe divenire maestro e padrone di taluni di voi. Qui metto una nota che in una visita fatta testé ho potuto fare di alcuni i quali hanno bisogno d'essere in modo speciale prevenuti e prego il vostro signor direttore a voler dire loro
da parte mia che ho grave bisogno di parlar alla loro anima, al loro cuore, alla loro coscienza, ma questo mio bisogno è solamente per far del bene alle anime loro.
Del resto io vi dico'che nelle frequenti visite che vi fo, ho veduto cose che mi danno molta consolazione; specialmente quelli che frequentano esemplarmente la santa comunione e compiono 'esemplarmente i loro doveri. Ho eziandio notato le piccole negligenze di taluni, ma di queste non ne fo gran caso.
In mezzo a tutto questo non datevi pena di sorta: io vado tra voi come padre, amico e fratello; datemi solamente il cuore nelle mani alcuni istanti, poi, saremo tutti contenti. Contenti voi per la pace e per la grazia del Signore, di cui sarà certamente arricchita l'anima vostra; contento io che avrò la grande e sospirata consolazione di vedervi tutti in amicizia con Dio creatore.
Ma questo ènitto per l'anima e per il corpo c'è niente? Certainente dopo che avremo dato all'anima quanto le occorre, non lasceremo il corpo digiuno. Fin d'ora mi raccomando al signor prefetto che dia gli ordini opportuni per passare una bella giornata e se il tempo lo permetterà di fare anche tutti insieme una passeggiata.
La grazia di nostro signor Gesù Cristo sia 'sempre con voi; e la santa Vergine vi faccia tutti ricchi della vera ricchezza che è il santo timor di Dio. Amen.
Pregate per me che vi sono con tutto il cuore
Affezionatissimo in Gesù Cristo
Sac. Giovanni Bosco
P.S. Speciali saluti ai preti, maestri, assistenti ed alla famiglia Provera, specialmente al caro papà
Ed. critica in E(m) II, p. 60.
Torino,.20 luglio [1864]
r ,
Pregiatissima giovane Pelazza Annetta,
1° L'obbedienza è per voi la via sicura per giungere al cielo.
2° Per mettere in esecuzione il pensiero che da qualche tempo vi occupa
la mente (questo non me lo avete detto, ma parmi di vederlo nella vostra mente: farvi religiosa) mettetevi interamente nelle mani delle vostre sante superiore.
3° Quando avrete bisogno di qualche cosa andatela a domandare a Gesù sacramentato e a Maria Immacolata e sarete sempre esaudita.
Dio vi benedica e ci conceda a tutti di camminare per la via della salvezza dell'anima.
Pregate per me che vi sono in Gesù Cristo
Umile servitore
Sac. Giovanni Bosco
Ed. critica in E(m) II, pp. 97-98.
Torino, 30 dicembre 1864
Ai miei cari figliuoli di Mirabello.
La bontà e i segni di figliale affetto che mi manifestaste, quando ho avuto il bel piacere di farvi una visita, le lettere, i saluti che parecchi di voi mi inviarono e che conserverò come grata memoria, mi stimolavano di ritornare quanto prima a trattenermi alquanto con voi, o cari ed amati miei figliuoli. Non ho potuto finora appagare questo mio desiderio, ma lo appagherò fra breve. Intanto per soddisfare in qualche modo agli affetti del mio cuore stimo di scrivervi una lettera che sarà corriere della mia venuta costà.
Ma che vale una lettera per esprimere le molte cose [che] io vi vorrei dire? Ristringerò le cose a sommi capi.
Vi dirò adunque che io vi ringrazio di tutti i segni di benevolenza che mi avete dato e della confidenza che mi avete usata in quel bel giorno che passai a Mirabello. Quelle voci, quegli evviva, quel baciare e stringere la mano, quel sorriso cordiale, quel parlarci dell'anima, quell'incoraggiarci reciprocamente al bene sono cose che mi imbalsamarono il cuore e per poco non ci posso pensare senza sentirmi commosso fino alle lagrime.
Quindi col mio pensiero vado spesso tra voi e godo nel vedere il bel numero che con frequenza si accosta alla santa comunione; ma se loro non volessi troppo bene vorrei fare una solenne parrucca a Prot Maggiore, a Pernigotti, a Cigorza... mi sfuggirono questi nomi, non voglio più dire niente.
Vi dirò eziandio che voi siete la pupilla dell'occhio mio e che ogni giorno io mi ricordo di voi nella santa messa; domando che Dio vi conservi in sanità, in grazia sua, vi faccia progredire nella scienza, che possiate essere la consolazione dei vostri parenti e la delizia di don Bosco che tanto vi ama.
Ma per strenna che cosa vi darà don Bosco? Tre cose assai importanti: un avviso, un consiglio ed un mezzo.
Un avviso. Fuggite, .o miei cari, ogni peccato dell'immodestia; le opere, pensieri, sguardi, desideri, parole, discorsi opposti al sesto comandamento, abbiano nemmeno, come dice san Paolo, ad essere nominati tra voi.
Un consiglio. Custodite colla massima gelosia la bella, la sublime, la regina delle virtù, la santa virtù della purità.
Un mezzo. Mezzo efficacissimo per atterrare e vincere con sicurezza il nemico e di assicurarvi di conservare questa virtù è la frequente comunione, ma fatta colle debite disposizioni.
Qui io vorrei dirvi più cose, che non comporta una lettera; mi raccomando soltanto a don Rua che faccia il piacere di farvi non meno di tre brevi istruzioni o considerazioni sopra ciascuno dei mentovati argomenti.
In fine, o miei cari, vi dico che io vi porto grande affetto e desidero molto di vedervi e ciò sarà fra breve. Io voglio che voi tutti mi diate il vostro cuore affinché ogni giorno lo possa offrire a Gesù nel santissimo Sacramento mentre dico la santa messa; io vado a vedervi con grande desiderio di parlare a ciascuno delle cose dell'anima vostra e dire a ciascuno tre cose; una sul passato; l'altra sul presente; la terza sull'avvenire.
La santa Vergine ci conservi tutti suoi e sempre suoi e la grazia di nostro Signore Gesù Cristo sia sempre con noi. Amen.
Evviva i miei cari figliuoli di Mirabello.
Affezionatissimo amico in Gesù Cristo
Sac. Bosco Gio.
P.S. Coraggio, pazienza e sofferenza auguro al direttore, prefetto, maestri, assistenti, servienti, al caro papà Provera e a tutta la sua famiglia, a maman Rua e al mio piccolo amico Meliga, a Chiastellardo, al caro Ossella che mi scrisse una bella lettera ecc.
Ed. critica in E(m) II, p. 252.
Torino, 1° giugno 1866
Carissimo Gregorio Garofoli,
Ho ricevuto con piacere la tua lettera ed ho dato le tue notizie ai giovani che fecero parte alla carovana di Tortona. Ne ebbero vero piacere e danno a me il piacèvole incarico di ringraziarti e salutarti. Certamente io vorrei trattenermi alquanto a parlare teco, ma le cose che vorrei dirti non si possono confidare alla carta. Se ti piace di farmi poi una visita nelle prossime vacanze io ti dirò quanto vorrei scriverti.
Come amico dell'anima tua non posso a meno che darti alcuni ricordi fondamentali e sono tre f.f. f Cioè: 1° Fuga dell'ozio. 2° Fuga dei compagni che fanno cattivi discorsi o danno cattivi consigli. 3° Frequenta la confessione e comunione con fervore e con frutto.
Ti prego di salutare i tuoi due. fratelli, Emanuele Canori e gli altri piemontesi di costà che tu ravvisassi di mia conoscenza. Dio ti benedica e ti conservi nella sua santa grazia, prega per me che ti sono
Affezionatissimo nel Signore
Sac. Bosco Gio.
Ed. critica in E(m) II, pp. 279-281.
Torino, 26 luglio 1866
Ai miei cari figliuoli di Mirabello.
Avevo deliberato di recarmi presso di voi nel giorno della domenica prossima; quando imperioso motivo mi fa cangiare divisamento. Mi rincresce assai ed avevo già per fino stabilite le cose che desideravo di dirvi. Pazienza, Dio vuole riserbare questa nostra consolazione dopo le vacanze ed allora non un giorno, ma una settimana spero che passeremo insieme.
Intanto io giudico bene di augurarvi vacanze felici con alcuni paterni avvisi che mi sembrano necessari alle anime vostre.
1° Io ringrazio il vostro direttore, prefetto, i maestri, assistenti e tutti gli altri del piccolo seminario di tutte le cortesie, della pazienza usatemi e delle
preghiere fatte per la povera anima mia. Continuate, o cari figliuoli; io vi assicuro che ogni giorno vi raccomanderò tutti quanti nella santa messa.
2° Ognuno prima di partire pulisca la coscienza con un fermo proponimento di volerla conservare tale fino al ritorno dalle vacanze, per quella settimana e per quel giorno che vi sarà stabilito per ritornare; ma non lasciatevi adescare da alcune frivolezze per rimanere a casa oltre al tempo stabilito, ad eccezione che lo stato della vostra sanità non ve lo permetta.
3° Giunti a casa andate tosto da parte mia e degli altri vostri superiori a salutare i vostri parenti, il vostro parroco, maestri ed altre persone verso di cui abbiate qualche obbligazione. Questo è uriò stretto dovere di gratitudine che farà piacere agli altri e sarà eziandio vantaggioso a voi stessi.
4° Fate a casa la solita meditazione, messa, lettura quotidiana come facevate in collegio. La medesima frequenza nella confessione e comunione.
5° Col vostro contegno in famiglia fate vedere che il vostro anno scolastico non fu perduto; perciò siate modelli agli altri vostri parenti ed amici nella virtù dell'ubbidienza; sopportate con carità le molestie degli altri, siate senza pretese nel cibo, nel riposo, nel vestirvi e simili.
6° Non si possa mai dire di voi che facciate cattivi discorsi od anche solo ne ascoltiate. Occorrendovi di sentire qualcheduno a farne, imitate il nostro protettore san Luigi: o rimproverare chi lo fa o fuggire immediatamente dalla pericolosa compagnia.
7° Procurate di raccontare qualche fatto, 'qualche esempio letto, udito, studiato a quelli che lo voglio [no] ascoltare; oppure leggete qualche buon libro, ma guardatevi dalle cattive letture come da un mortale veleno delle vostre anime.
Certamente, o miei cari figliuoli, io vi direi ancora molte altre cose se la brevità di una lettera lo comportasse. Vi dico per altro ancora che voi andando altrove troverete persone più dotte e di gran lunga più virtuose di me, ma difficilmente potrete trovarne che più di me cerchino il vostro bene.
Perciò voi ricordatevi di me ogni mattino nell'ascoltare la santa 'messa; io non mancherò dal canto mio di fare ogni giorno una commemorazione per tutti voi nel celebrarla. Quale grande consolazione per me, che grande fortuna per voi se andaste a casa e ritornaste senza perdere la grazia del Signore! Del resto riposate, state allegri, ridete, cantate, passeggiate e' fate quanto altro vi piace, purché non commettiate peccati.
Buone vacanze, miei cari figliuoli, e buon ritorno dalle medesime. La benedizione del Signore vi accompagni in ogni passo.
Il direttore delle scuole dia pure a leggere ed anche a copiare, [a] chi la bramasse questa lettera.
La grazia di nostro Signore Gesù Cristo sia sempre con noi e la santa
Vergine Maria ci assista e ci aiuti a perseverare per la via del cielo. Amen. Credetemi sempre con paterno affetto tutto vostro nel Signore Affezionatissimo amico
Sac. Bosco Gio.
Ed. critica in E(m) II, pp. 407-408.
Torino, 26 luglio 1867
Cari figli del collegio di Lanzo,
Ho differito finora a scrivervi, o figliuoli carissimi, perché pensavo di potervi personalmente parlare prima delle vacanze; ma ora veggo che la necessità delle mie occupazioni mi privano di questo piacere, cui studierò di soddisfare colla penna.
Vi dirò adunque che io vi ringrazio dell'offerta che avete fatto per la chiesa di Maria Ausiliatrice e delle care lettere che vi siete compiaciuti di scrivermi. Voi non potete immaginarvi con quanto piacer io le abbia lette ad una ad' una e mi sembrava proprio di parlare con ciascuno di voi. Mentre leggevo col mio cuore facevo a ciascuno la sua risposta, che non fu possibile di estendere per iscritto.
Siate persuasi, o miei cari, vòi- mi avete espresso tanti belli pensieri, ma questi pensieri trovarono eco nel mio cuore e spero che il vostro e il mio cuore faranno una cosa sola per amare e servire il Signore. Siate adunque benedetti e ringraziati della carità e benevolenza che mi avete mostrata.
Intanto avvicinandosi le vacanze, io desidero di darvi l'addio con qualche amichevole parola.
1° Per quanto vi sarà possibile ritornate per il giorno in cui si ricominceranno le scuole che credo sia il 16 del prossimo agosto; ad eccezione che qualche male ve lo impedisca.
2° Salutate i vostri parenti, i vostri parroci, maestri da parte mia.
3° Se incontrerete in vostra patria qualche compagno virtuoso procurate di condurlo con voi al collegio; ma [a] quelli che non vi sembrano buoni non parlate di venire in codesto collegio.
4° Nel tempo che sarete a casa fate almeno la santa comunione nei giorni festivi. Lungo la settimana non tralasciate ogni mattina la vostra meditazione.
5° Ogni mattina dite un Pater ed un'Ave con Gloria Patri al santissimo Sacramento per unirvi con me che vi raccomando ogni giorno nella santa messa affinché niuno di voi resti vittima del colera che si fa terribilmente sentire in parecchi paesi a noi vicini. A proposito di questo brutto male io consiglierei che quelli che hanno il morbo in patria loro non ci andassero per le vacanze per non mettersi in pericolo della vita senza necessità.
Del resto, o cari figliuoli, pregate Dio per me e preghiamo tutti l'un per l'altro affinché possiamo evitare l'offesa del Signore nel corso di questa vita per quindi trovarci tutti insieme un giorno a lodare, benedire e glorificare le divine misericordie in cielo. Amen.
Affezionatissimo amico, padre, fratello,
Sac. Giovanni Bosco
P.S. Evviva il direttore, prefetto, maestri, assistenti e tutti i miei cari figli di Lanzo.
Ed. critica in E(m) II, p. 445.
Torino, 23 ottobre 1867
Carissimo Turco,
La tua lettera mi ha fatto molto piacere e mi riuscì tanto più gradita in quanto che tu mi parli coll'antica nostra confidenza, che per don Bosco è la cosa più cara del mondo.
Posta la tua lettera sotto ad un solo punto di veduta io ringrazio il Signore che in mezzo agli anni più difficili della tua vita ti, abbia aiutate a conservare i sani principi di religione. Si può dire che l'età calamitosa è passata; più progredirai negli anni, più svaniranno le illusioni che l'uomo si fa del mondo e si confermerà vie più in quello che mi dicesti, che solamente la religione è stabile e può in ogni tempo e in tutte le età rendere l'uomo felice nel tempo e nell'eternità.
Fatta così un po' di filosofia ti consiglio a continuare ad occuparti nella professione di geometra in cui ti trovi, di praticare la religione specialmente
colla frequente confessione che per te è un vero balsamo; ma di adoperarti con tutti i mezzi possibili per assistere e consolare il tuo buon padre nella sua attuale vecchiaia, che, grazie a Dio, si può dire floridissima.
Per il passato ti ho sempre raccomandato al Signore nella santa messa e lo farò assai più volentieri ancora per l'avvenire perché me lo domandi. Tu pregherai anche per me, non è vero?
Ho alcuni libretti ameni da tradurre dal francese, ne tradurresti qualcheduno? Sarebbero da stamparsi nelle Letture Cattoliche.
Avrò sempre una consolazione ogni volta che mi scriverai.
Dio benedica te e tuo padre e vi `conservi ambedue ad multos annos con vita felice.
Don Francesia, don Lazzero, Chiapale e molti altri tuoi amici ti salutano ed io ti sarò sempre nel Signore
Affezionatissimo amico
Sac. Giovanni Bosco
Ed. critica in E(m) II, p. 458.
Torino, 11 dicembre 1867
Carissimo Vaccaneo,
Ho ricevuto la tua lettera e mi hai fatto piacere a scrivermi; io non mancherò di raccomandarti al-Signore nella santa messa, prega anche tu per me.
Dio non vuole che per ora possiamo vivere sotto al medesimo tetto; chi sa se ciò avvenga in altro tempo? Sia ogni cosa a sua maggior gloria.
Ti raccomando tre cose: attenzione nella meditazione del mattino; frequenza di compagni maggiormente dati alla pietà; temperanza nei cibi.
Dio benedica te e tutti, i miei figli dell'Oratorio che sono teco; salutali d.2. parte mia, prega per me che ti sono di cuore
Affezionatissimo in Gesù Cristo
Sac. Giovanni Bosco
Ed. critica in E(m) IV, p. 208.
Roma, 20 gennaio 1874
Carissimo don Lazzero e carissimi miei artigiani,
Sebbene io abbia scritto una lettera per tutti i miei amati figli dell'Oratorio, tuttavia essendo gli artigiani come la pupilla dell'occhio mio e di più avendo chiesto per loro una speciale benedizione dal Santo Padre, così credo farvi piacere soddisfacendo al mio cuore con una lettera.
Che io vi porti molta affezione non occorre che ve lo dica, ve ne ho date chiare prove. Che poi voi mi vogliate bene, non ho bisogno che lo diciate, perché me lo avété costantemente dimostrato: Ma 4uefta nostra reciproca affezione sopra quale cosa è fondata? Sopra la borsa? Non sopra la mia, perché la spendo per voi; non sopra la vostra, perché, non offendetevi, non ne avete. Dunque la mia affezione' è fondata sul desiderio che ho di salvare le vostre anime che furono tutte redente dal sangue prezioso di Gesù Cristo, e voi mi amate' perché cerco di condurvi per la strada della salvezza eterna. Dunque il bene delle anime nostre è il fondamento délla nostra affezione.
Ma, miei cari figliuoli, ciascuno di noi tiene veramente una condotta che tenda a salvare l'anima o piuttosto a perderla?
Se il nostro divin Salvatore in questo momento ci chiamasse al suo divin tribunale per 'essere giudicati ci troverebbe tutti preparati? Proponimenti fatti e non mantenuti; scandali dati e non riparati; discorsi che, insegnarono il male ad altri, sono cose intorno a cui noi dobbiamo 'temere di essere rimpròverati.
Mentre però Gesù Cristo -potrebbe a ragione farci questi rimproveri, sono persuaso che se ne presenterebbero non pochi colla coscienza pulita e coi conti dell'anima bene aggiustati e questa è la mia consolazione. Ad ogni modo, o miei cari amici, fatevi coraggio; io non cesserò di prégare per voi, adoperarmi per voi, pensare per voi e voi datemi aiuto col vostro buon volere.
Mettete in pratica le parole di san Paolo che qui vi traduco: Esorta i giovanetti che siano sobri, né mai' dimentichino che è stabilito a tutti di morire e che dopo la morte dovremo tutti presentarci al tribunale di Gesù: Chi non patisce con Gesù Cristo in terra non può con lui essere coronato di gloria in cielo. Fuggite il peccato come il più grande vostro' nemico e fuggite la sorgente dei peccati, cioè i cattivi discorsi che sono la rovina dei costumi. Datevi buon esempio l'un l'altro nelle opere e nei discorsi, ecc. ecc.
Don Lazzero vi dirà il resto. Intanto, o miei cari, mi raccomando alla vostra carità che preghiate in modo particolare per me e quelli della Compagnia di san Giuseppe, che sono i più fervorosi facciano una santa comunione per me.
La grazia di nostro Signore Gesù Cristo sia sempre con noi e ci aiuti a perseverare nel bene fino alla morte. Amen.
Vostro affezionatissimo amico
Sac. G. Bosco
Ed. critica in E(m) IV, pp. 385-386.
Torino, vigilia dell'Epifania [5 gennaio] 1875
Ai miei carissimi figliuoli, direttore, maestri, assistenti, prefetto, catechista, allievi ed altri del collegio di Lanzo
La grazia di nostro Signore Gesù Cristo sia sempre con noi. Amen.
Finora, miei amatissimi figliuoli, non ho potuto soddisfare ad un vivo desiderio del mio cuore che era di farvi una visita. Una serie non interrotta di complicate occupazioni, qualche leggero disturbo della sanità mi hanno tal cosa impedito.
Tuttavia vi voglio dire cosa elie voi stenterete a credere: più volte al giorno io penso a voi ed ogni mattino nella santa messa vi raccomando tutti in modo particolare al Signore. Dal canto vostro date anche non dubbi segni che vi ricordate di me.
Oh! con quale piacere ho letto il vostro indirizzo di buon augurio; con qual piacere ho letto il nome, cognome di ciascun allievo, di ciascuna classe, dal primo all'ultimo del collegio. Mi sembrava di trovarmi in mezzo di voi e nel mio cuore ho più volte ripetuto: Evviva i miei figli di Lanzo!
Comincio adunque per ringraziarvi tutti e di tutto cuore dei cristiani e figliali auguri che mi fate e prego Dio che li centuplichi sopra di voi e sopra tutti i vostri parenti ed amici. Sì. Dio vi conservi tutti a lunghi anni di vita felice.
Volendo poi venire a qualche augurio particolare io vi desidero dal cielo sanità, studio, moralità.
Sanità. È questo un prezioso dono del cielo, abbiatene cura. Guardatevi dalle intemperanze, dal sudar troppo, dal troppo stancarvi, dal repentino passaggio dal caldo al freddo. Queste sono le ordinarie sorgenti delle malattie.
Studio. Siete in collegio per farvi un corredo di cognizioni con cui potervi a suo tempo guadagnare il pane della vita. Qualunque sia la vostra condizione, la vocazione, lo stato vostro futuro, dovete fare in modo che se vi mancassero tutte le sostanze domestiche e paterne, voi possiate altrimenti essere in grado di guadagnarvi onesto alimento. Non si dica mai di noi che viviamo dei sudori altrui.
Moralità. Il legame che unisce insieme la sanità e lo studio, il fondamento sopra cui essi sono basati è la moralità. Credetelo, miei cari figli, io vi dico una grande verità: se voi conservate buona condotta morale, voi progredirete nello studio, nella sanità; voi sarete amati dai vostri superiori, dai vostri compagni, dai parenti, dagli amici, dai patrioti e, se volete che ve lo dica, sarete amati e rispettati dagli stessi cattivi. Tutti andranno a gara di avervi seco, lodarvi, beneficarvi. Ma datemi alcuni di quegli esseri che non hanno moralità: o che brutta cosa. Saranno pigri e non avranno altro nome se non di somaro; parleranno male e saranno chiamati scandalosi da fuggirsi. Se sono conosciuti in collegio vengono abborriti da tutti e si canta il Te Deum nel fortunato giorno che se ne vanno a casa loro. E a casa loro? Disprezzo generale. La famiglia, la patria li detestano, niuno dà loro appoggio, ognuno ne rifugge la società. E per l'anima? Se vivono sono infelici, in caso di morte non avendo seminato che male non potranno raccogliere che frutti funesti.
Coraggio adunque, o cari figli, datevi cura a cercare, studiare, conservare e promuovere i tre grandi tesori: sanità, studio e moralità.
Una cosa ancora. Io ascolto la voce che proviene di lontano e grida: o figliuoli, ò allievi di Lanzo, veniteci a salvare! Sono le voci di tante anime che aspettano una mano benefica, che vada a torti dall'orlo della perdizione e li metta per la via della salvezza. Io vi dico questo perché parecchi di voi siete chiamati alla carriera sacra, al guadagno delle anime.
Fatevi animo; ve ne sono molti che vi attendono. Ricordatevi delle parole di san Agostino: Animam salvasti, animam team praedestinasti.
Finalmente, o figli, vi raccomando il vostro direttore. So che esso non è troppo bene in sanità; pregate per lui, consolatelo colla vostra buona condotta, vogliategli bene, usategli confidenza illimitata. Quéste cose saranno di grande conforto a lui, di grande vantaggio a voi stessi.
Mentre vi assicuro che ogni giorno vi raccomando nella santa messa, raccomando pure me alle buone vostre preghiere, affinché non mi accada la disgrazia di predicare per salvare gli altri e poi abbia da perdere la povera anima'mia. Ne cum aliis praedicaverim, ipse reprobus tfficiar {1Cor 9,27].
Dio vi benedica tutti e credetemi in Gesù Cristo
Affezionatissimo amico
Sac. Giovanni Bosco
N. B. Il sig. direttore è pregato di spiegare queste cose che per caso non potessero essere bene intese.
ASC A1720724 Copie semplici; ed. in E III, P. 390.
Torino, 26 settembre 1878
Carissimo in Gesù Cristo,
La tua schiettezza nello scrivere dimostra il tuo buon volere e mi invita a parlare con tutta confidenza. Dio è grande, Dio è misericordioso. Talvolta non pensiamo a lui, ma egli pensa a noi e vedendoci fuggire lontano ci dà una spalmata sulle spalle e ci arresta e ci fa tornare a lui. Non è vero? Sia dunque in cigni cosa benedetto il Signore e adorati i suoi decreti.
Qualora la tua sanità, dunque, permettesse di ripigliare gli studi, io non sarò alieno dal consigliarti d'andare avanti eziandio sino al sacerdozio. Se tu amassi la vita ritirata in comune e volessi venire con me, io ti annovererei tra i miei cari ed amati figli.
Intanto la preghiera, il lavoro, la mortificazione, colla frequente confessione e comunione ti renderanno vincitore contro quell'antico nemico dell'anima tua. Le altre cose non si possono affidare alla carta.
Addio, caro, Dio ti benedica. Prega per me che ti sarò sempre in Gesù Cristo
Affezionatissimo amico
Sac. Giovanni Bosco
ASC A000206 Conichetta 1878-1879, Quad. 14, ms di Giulio Barberis, pp. 104-106;
ed. in E III, pp. 435-436.
Marsiglia, gennaio 1879
Carissimo don Branda,
Tutte le volte che io penso ai miei cari artigiani e che prego per loro, se andassi a far loro visita, sarei più volte al giorno tra di essi a parlare e consolarli. Tuttavia voglio dimostrare coi fatti che di loro mi ricordo in maniera particolare. Dirai dunque che gli auguri fattimi nelle feste natalizie e di buon capo d'anno mi furono graditi e li ringrazio di cuore. Ho avuto di loro buone notizie e benedico il Signore che dia loro il buon volere e la grazia di essere virtuosi.
Mi trovo qui in questa casa di san Leone, dove sono già un sessanta ragazzi, che poco per volta si faranno veri seguaci degli artigiani dell'Oratorio. Anzi, alcuni hanno dimostrato l'impegno di volerli superare nell'ubbidienza e nella pietà. Ho loro risposto che non vi riusciranno! Vedremo!
Intanto dirai a tutti che raccomando di cuore la frequente confessione e comunione; ma ambedue questi sacramenti siano ricevuti colle dovute disposizioni in modo che per ogni volta si veda il progresso in qualche virtù. Volesse Dio che io potessi dire ogni artigiano essere un modello di buon esempio agli altri compagni! Dipende da voi, o miei cari giovani, il darmi questa grande consolazione.
So che pregate per me e attribuisco il miglioramento della mia vista alle vostre preghiere; continuate. Vi ringrazio e Dio vi ricompenserà.
Il dono che vi chiedo è una santa comunione secondo la mia intenzione.
Dio benedica te, o caro don Branda, benedica tutti gli assistenti, gli operai, tutti gli artigiani e ci conceda la grazia grande di poter fare un cuore solo ed un'anima sola per amare e servire Dio in terra e poterlo poi un giorno lodare e godere eternamente in cielo.
Credimi tutto in Gesù Cristo
Affezionatissimo amico
Sac. Giovanni Bosco
ASC A1920601 Copie semplici; ed. in E III, pp. 476-477.
Torino, 17 giugno 1879
Miei cari figli,
Prima d'ora avrei desiderato di rispondere ad alcune letterine scrittemi dal caro vostro professore e da parecchi di voi. Non potendo ciò fare a ciascuno in particolare, scrivo una lettera per tutti, riserbandomi di parlare a ciascuno privatamente nella prossima festa di san Luigi.
Ritenete dunque che in questo mondo gli uomini devono camminare per la via del cielo in uno dei due stati: ecclesiastico o secolare. Per lo stato secolare ciascuno deve scegliere quegli studi, quegli impieghi, quelle professioni che gli permettono l'adempimento dei doveri del buon cristiano e che sono di gradimento ai propri genitori. Per lo stato ecclesiastico poi si devono seguire le norme stabilite dal nostro divin Salvatore: rinunziare alle agiatezze, alla gloria del mondo, ai godimenti della terra per darsi al servizio di Dio e così vie meglio assicurarsi i gaudi del cielo che non avranno più fine.
Nel fare questa scelta ciascuno ascolti il parere del proprio confessore e poi senza badare né a superiori né ad inferiori né a parenti né ad amici risolva quello che gli facilita la strada della salvezza e lo consoli al punto della morte. Quel giovanetto che entra nello stato ecclesiastico con questa intenzione, ha morale certezza di fare gran bene all'anima propria ed all'anima del prossimo.
Nello stato ecclesiastico inoltre vi sono molte diramazioni che devono tutte partire da un punto e tendere al medesimo centro che è Dio. Prete nel secolo, prete nella religione, prete nelle missioni estere sono i tre campi in cui gli evangelici operai sono chiamati a lavorare ed a promuovere la gloria di Dio. Ognuno può scegliere quello che gli sta più a cuore, più adatto alle sue forze fisiche e morali, prendendo consiglio da persona pia, dotta e prudente.
A questo punto io dovrei sciogliervi molte difficoltà che si riferiscono al mondo che vorrebbe tutta la gioventù al suo servizio, mentre Dio la vorrebbe tutta per sé. Tuttavia procurerò verbalmente di rispondere o meglio spiegare le difficoltà che a ciascuno possono occorrere nel prendere qualcuna di queste importanti deliberazioni.
La base poi della vita felice di un giovanetto è la frequente comunione e leggere ogni sabato la preghiera a Maria santissima sulla scelta dello stato, come sta descritta nel Giovane Provveduto.
La grazia di nostro signor Gesù Cristo sia sempre con voi tutti e vi conceda il prezioso dono della perseveranza nel bene. Io vi raccomanderò ogni giorno al Signore e voi pregate anche per me che vi sarò sempre in Gesù Cristo
Affezionatissimo amico
Sac. Giovanni Bosco
L'educazione cristiana della gioventù in opere popolari di marcato carattere missionario come gli Oratori delle periferie torinesi, frequentati da ragazzi in gran parte abbandonati e incolti richiedeva percorsi adeguati al passo di, ciascuno, graduali. Il Giovane provveduto offriva una proposta completa, ma essenziale, adatta a tutti. A partire da essa don Bosco, attraverso il sacramento della penitenza, i colloqui personali, il suggerimento di pratiche devote elettive e l'offerta di libri di lettura e di meditazione; avviava percorsi personalizzati più consistenti per i giovani capaci di maggiore impegno morale e ascetico.
Memore di feconde esperienze giovanili, come la Società dell'Allegria, da lui animata negli anni della frequenza alle scuole di Chieri, si preoccupò di promuovere tra gli allievi dell'Oratorio e della casa l'organizzazione di compagnie religiose e di libere associazioni amicali con più marcata finalità spirituale e apostolica, per favorire tra ragazzi sensibili e ben disposti lo sviluppo di un vissuto cristiano integrale e virtuoso, e orientarli a operare come lievito nella comunità giovanile.
La fondazione della Compagnia di san Luigi Gonzaga (12 aprile 1847) è frutto del cammino di consolidamento dell'Oratorio festivo e testimonia il passaggio ad un programma formativo più organico, mirato a "dare eccitamento alla pietà con qualche pratica stabile e uniforme", e a stimolare i soci a "dare buon esempio in chiesa e fiori chiesa; evitare i cattivi discorsi e frequentare i santi sacramenti"m.
La Compagnia dell'Immacolata, sorta per iniziativa di Domenico Savio e dei suoi amici nel giugno 1856", rappresenta un'ulteriore evoluzione della proposta spirituale di don Bosco. Era costituita da un gruppo eletto di giovani studenti orientati alla vocazione sacerdotale e decisamente protesi verso la perfezione cristiana e l'azione apostolica tra i compagni" Gli statuti di questa Compagnia contengono "tutto un programma di pedagogia spirituale in perfetta armonia con il Regolamento degli studenti della casa "12.
La sempre più chiara presa di coscienza della centralità dell'Eucaristia come alimento della vita interiore ispirò la fondazione della Compagnia del santissimo
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10 Giovanni Bosco, Memorie dell'Oratorio di S. Francesco di Sales dal 1815 al 1855. Saggio introduttivo e note storiche a cura di Aldo Giraudo. Roma, LAS 2011, p. 170.
11 Giovanni Bosco, Vita del giovanetto Savio Domenico allievo dell'Oratorio di S. Francesco di Sales, in ID., Vite dí giovani. Le biografie di Domenico Savio, Michele Magone e Francesco Besucco. Saggio introduttivo e note storiche a cura di Aldo Giraudo. Roma, LAS 2012, pp. 78-81.
12 P. BRAIDO, Don Bosco prete dei giovani..., I, p. 330.
Sacramento (1858); Più tardi sorse la Compagnia di san Giuseppe (1859) per alimentare la devozione e l'impegno spirituale tra gli artigiani e i giovani operai e promuovere le vocazioni laicali salesiane.
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In questi cenacoli spirituali, vere "scuole di fede operante nella carità "a, si forgiarono i migliori discepoli di don Bosco.
Dai regolamenti delle Compagnie di san Luigi Gonzaga, dell'Immacolata e del santissimo Sacramento, che qui trascriviamo, è possibile constatare la qualità morale e spirituale del metodo educativo di don Bosco e il clima di fervore che, egli sapeva infondere tra i giovani.
ASC A2300201 Compagnia di S. Luigi. Regolamento, ms allog. con correzioni aut. di don Bosco (cf MB III, 216-220).
Lo scopo di questa Compagnia è l'impegnare i giovani a praticare le principali virtù che furono in questo santo più luminose. Perciò ognuno prima di ascriversi avrà un mese di prova, per considerare attentamente le condizioni e non vada avanti se non sentesi di adempierle.
Condizioni
1. Siccome san Luigi Gonzaga fu modello di btion esempio, così tutti quelli che vogliono farsi ascrivere nella sua Compagnia debbono evitare tutto ciò che può cagionare scandalo e procurare di dare buon esempio in ogni luogo, ma specialmente in chiesa. Quando san Luigi andava in chiesa la gente correva per osservarne la modestia e il raccoglimentò.
2. Ogni quindici giorni accostarsi ai santi sacramenti della penitenza e della comunione, ed anche con maggior frequenza soprattutto nelle maggiori solennità della Chiesa. Perché queste sono le armi per cui si porterà sicura vittoria contro il demonio. San Luigi ancora giovinetto si accostava a questi sacramenti ogni otto giorni e divenuto grandicello con maggior frequenza. Chi però per giusto motivo non potesse qualche volta adempiere questa condizione potrà chiedere al superiore in scambio qualche altra pratica di virtù.
3. Fuggire come la peste i cattivi compagni e guardarsi bene dal fare
discorsi osceni. San Luigi non solo evitava tali discorsi, ma ninno ardiva di proferire parole per poco oscene alla sua presenza.
13 Ibid., p. 322.
4. Usare somma carità coi compagni perdonando facilmente a qualunque offesa. Bastava fare un'ingiuria a san Luigi per divenirgli molto amico.
5. Grande impegno per il buon ordine nell'Oratorio, animando gli altri alla virtù e a farsi ascrivere nella Compagnia. San Luigi per il bene del suo prossimo andò a servire gli appestati il che fu cagione di sua morte.
6. Quando un confratello si trova infermo, ciascheduno si farà premura di pregare per lui, ed anche aiutarlo nelle cose temporali nel modo possibile.
7. Mostrare grande amore al lavoro e all'adempimento dei propri doveri prestando esatta ubbidienza a tutte le persone superiori.
ASC E452 Compagnia dell'Immacolata, ms di Giuseppe Bongioanni con annotazioni aut. di don Bosco (cf MB V, 479-483)".
Noi Rocchietti Giuseppe, Marcellino Luigi, Bonetti Giovanni, Vaschetti Francesco, Durando Celestino, Momo Giuseppe, Savio Domenico, Bongioanni Giuseppe, Rua Michele, Cagliero Giovanni, per assicurarci ed in vita ed in morte il patrocinio della beatissima Vergine immacolatamente concetta, per dedicarci interamente al suo santo servizio, nel giorno 8 del mese di giugno [1856], muniti tutti coi santi sacramenti e risoluti di professare verso la madre nostra una figliale e costante devozione, protestiamo davanti all'altare di lei ed al nostro spiritual direttore di volere imitare per quanto possiamo e per quanto permetteranno le nostre forze Luigi Comollo. Onde ci obblighiamo:
1. Di osservare rigorosamente le regole della casa;
2. Di edificar i compagni ammonendoli caritatevolmente ed eccitandoli al bene colle parole, ma molto più col buon esempio;
3. Di occupar rigorosamente il tempo.
Sarà nostra cura d'informar la nostra vita avvenire a quanto di sopra
14 Questo regolamento, con alcune varianti, venne pubblicato da don Bosco nella vita di Domenico Savio, cf Giovanni Bosco, Vita del giovanetto Savio Domenico allievo dell'Oratorio di san Francesco di Sales. Torino, Tip. G. B. Paravia e Comp. 1859, pp. 76-83 (OE XI, 226-233).
ci obblighiamo di adempiere: e perciò poniamo sotto gli occhi del nostro spiritual direttore questo regolamento onde si compiaccia di accordargli la sua approvazione.
La carità ci stabilisca nella perfezione, ma sol coll'ubbidienza e la castità possiamo acquistare questo stato che ci avvicina a Dio.
1. A regola primaria pertanto adotteremo una perfetta ubbidienza ai nostri superiori, cui ci sottomettiamo con una illimitata confidenza.
2. L'adempimento dei propri doveri sia la nostra prima e speciale occupazione, e questo si anteponga a quelle religiose pratiche che non siamo obbligati a osservare.
3. Una carità reciproca unirà i nostri animi, ci farà amare indistintamente i nostri fratelli, i quali con dolcezza ammoniremo quando mostrino di abbisognar una correzione.
4. Si procurerà di scegliere una mezz'ora nella settimana per convocarsi e dopo l'invocazione del Santo Spirito, fatta breve spiritual lettura, si tratteranno i progressi della Compagnia nella devozione e nelle virtù, si scioglieranno i dubbi, si purgheranno quelle pecche che la nostra debolezza avrebbe potuto commettere non però rimproverando apertamente la condotta di alcuno se non quando una troppo colpevole indifferenza abbia in lui scemato lo zelo nell'obbedienza ed il fervore.
5. Separatamente però ci ammoniremo senza alcun riguardo di quei difetti di cui dobbiamo emendarci.
6. Procureremo di evitar fra noi qualunque minimo dissapore sopportando i molesti e studiandoci di usar fra noi scambievoli servizi.
7. Non è fissata alcuna pratica di preghiera, giacché il tempo che rimane dopo compiuto il dover nostro, sarà consacrato a quello scopo che parrà più utile all'anima nostra e ciò per timore che, a cagione del soverchio numero di esse, non venga minacciato l'adempimento di quelle che già ciascuno si è addossato per mancanza di tempo, tanto più che la vera devozione non consiste già in dilungate vocali preghiere, ma piuttosto nella purità del cuore e nel totale sacrificio di nostra volontà. Ammettiamo però queste poche pratiche: la frequenza ai santi sacramenti quanto più spesso ci verrà concesso d'accostarci ad essi. Confidiamo che quanto maggiore sarà l'uso che faremo di un mezzo sì salutare, tanto più ci sentiremo spinti a perseverare nell'intrapresa e tanto maggior forza [avremo] a vincere ogni ostacolo.
8. La santa comunione dovrà consacrar tutte le doméniche, le feste di precetto, quelle dedicate ai santi protettori dell'Oratorio e tutte le solennità di Maria santissima.
9. Nel corso della settimana procureremo di accostarvici costantemente il giovedì, a meno che ne siamo distolti da qualche grave occupazione.
10. Alla frequenza dei santi sacramenti aggiungiamo il santo rosario, di cui vivamente raccomandiamo la recita, senza però determinarla come obbligo giornaliero.
11. Ogni giorno raccomanderemo a Maria la nostra società, pregandola ad ottenerci la grazia della perseveranza, le virtù necessarie per l'esatta osservanza di queste regole ed il suo patrocinio.
12. Ogni sabato procureremo di far qualche mortificazione o preghiera od altra pratica in onor di Maria.
13. Sarà nostra cura di edificare il prossimo. Useremo quindi particolar contegno di modestia nella preghiera, nella lettura, nei divini uffici, nello studio e nella scuola. Custodiremo colla massima gelosia la santa parola di Dio e ne riandremo le verità meditate. Eviteremo qualunque minima perdita di tempo onde assicurar l'animo nostro dalle tentazioni che sogliono fortemente assalirci nell'ozio; e perciò:
14. Dopo aver soddisfatto agli obblighi che incombono a ciascuno di noi consacreremo le ore rimaste in utili occupazioni, come in devote ed istruttive letture o nella preghiera.
15..La ricreazione è tollerata, voluta anzi, dopo il cibo e quando la mente, notabilmente stanca dello studio, non può far a meno di un sollievo, quando inoltre la compagnia di superiori o la civiltà vi ci trattenesse per non peccare di inurbanità.
16. Procureremo di manifestar ai nostri superiori qualunque cosa di qualche rilievo si passi fra noi, per garantire così le nostre azioni sottoponendole nendole al giudizio di essi.
17. Procureremo eziandio di far gran risparmio di quei permessi che vengono largiti dalla benignità dei nostri superiori, imperocché una delle mire principali che ci siamo prefisse è certamente l'osservanza esatta delle regole della casa, troppo spesso offesa dall'abuso di tali permessi.
18. Nello studio osserveremo rigoroso silenzio, allontanando qualunque pretesto fosse per farci parlare, strepitare od uscire. Per l'esecuzione di questa regola raccomandiamo massima cautela e pazienza.
19. Accettiamo dai nostri superiori quello che verrà destinato a nostro cibo, senza farne parte ai compagni né accettando quello che ci potrebbe venir offerto, a meno che ne tornasse danno ad alcuno.
20. Ci asterremo dal lagnarci del cibo e procureremo di distogliere altri dal farlo, qualunque sia il gusto che abbia.
21. Chi bramasse far parte di questa società dovrà anzitutto purgarsi la coscienza al tribunale della confessione e cibarsi alla mensa eucaristica; dar quindi saggio di sua condotta con una settimana di noviziato; leggere attentamente queste regole e prometterne a Dio, a Maria santissima Immacolata ed al suo spiritual direttore l'osservanza esatta.
22. Nel giorno di sua ammissione i fratelli si accosteranno alla mensa degli angeli, pregando sua divina Maestà ad accordar al neofito la virtù della perseveranza e dell'ubbidienza, l'amor di Dio e di Maria nostra madre.
23. La società è posta sotto gli auspici dell'Immacolata Concezione, di cui ricaviamo il titolo ed avremo devota medaglia. Una sincera, figliale, illimitata fiducia in Maria, una tenerezza singolare verso di lei, una devozione costante ci renderà superiori ad ogni ostacolo, tenaci nelle risoluzioni, rigidi verso di noi, amorevoli coi nostri prossimi ed esatti in tutto. Consigliamo inoltre i fratelli a scrivere i santi nomi di Gesù e di Maria, prima nel cuore e nella mente, poi sui libri e sopra tutti gli oggetti che ci possono cadere sott'occhio.
Il molto reverendo signor don Bosco è pregato di esaminar queste regole e manifestarci intorno ad esse il suo giudizio assicurandolo che noi tutti, interamente dipendiamo dalla sua volontà. Egli potrà far subire a questo regolamento quelle modificazioni o cangiamenti, che gli parranno convenienti. Egli sarà, siccome finora fu ottimo e tenero padre e noi saremo (ciò che finora purtroppo non fummo) verso di lui sinceri ed ubbidienti figliuoli.
E Maria? Benedica essa i nostri sforzi giacché l'ispirazione di dar vita a questa pia società fu tutta sua. Arrida alle nostre speranze, esaudisca i nostri voti e noi coperti dal suo manto, forti del suo patrocinio, sfideremo le procelle di questo mar infido, supereremo gli assalti del nemico infernale, saremo l'edificazione dei compagni, la consolazione dei superiori, affettuosa e diletta sua prole.
E se Dio ci concederà grazia e vita per servirlo nel sacerdotale ministero noi ci adopreremo a tutta possa per farlo col massimo zelo e diffidando nostre forze, illimitatamente fiduciosi nel divino aiuto potremo sperare che dopo un felice passaggio da questa valle di pianto, consolati dalla presenza di Maria in quell'ultima ora raggiungeremo sicuri quel guiderdone eterno che Dio può dare a chi lo serve in spirito e verità.
Visto. Si approva colle seguenti condizioni:
1. Che le mentovate promesse non abbiano forza di voto.
2. Non obblighino sotto pena di colpa.
3. Nelle conferenze stabilirsi qualche opera di carità esterna: come la nettezza della chiesa, il patronato di quelli che appaiono più discoli nella casa, o più ignoranti ecc.
4. Dividersi i giorni della settimana in modo che in ciascun giorno ci siano alcune comunioni.
5. Non aggiungere alcuna pratica religiosa senza speciale permesso dei superiori.
6. Proporsi per scopo fondamentale di promuovere la devozione verso di Maria santissima Immacolata e del santissimo Sacramento.
7. Prima di accettare qualcheduno fargli leggere la vita di Luigi Comollo. Le due prime condizioni e la quinta sono obbligatorie, le altre sono consigliate.
Torino, 9 giugno 1856
Sac. Bosco Giovanni
ASC A2300202 Compagnia del SS. Sacramento, ms aut. di don Bosco (cf MB V, 759-761)'s
Ecco i principali articoli del regolamento di questa Compagnia:
1. Lo scopo principale di questa Compagnia si è di promuovere l'adorazione verso alla santissima Eucaristia e risarcire Gesù Cristo degli oltraggi che dagli infedeli e dagli eretici e dai cattivi cristiani riceve in questo augustissimo Sacramento.
2. A questo fine i confratelli procureranno di ripartire le loro comunioni in modo che vi possa essere la Comunione quotidiana. Ciascun confratello col permesso del confessore avrà cura di comunicarsi ogni giorno festivo ed una volta lungo la settimana.
3. Si presterà con prontezza speciale a tutte le funzioni dirette al culto della santissima Eucaristia, come sarebbe servire la santa messa, assistere alla benedizione del Venerabile, accompagnare il viatico quando è portato agli infermi, visitare il santissimo Sacramento quando è esposto nelle quarant'ore.
Ogni socio procuri di imparare a servire bene la santa messa facendo con esattezza tutte le cerimonie e proferendo devotamente e distintamente le parole che occorrono in questo sublime ministero.
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15 Questo documento fu compilato da don Bosco quando scrisse la vita di Michele Magone e riprodotto in una nota del cap. XIII di detta vita, cf Giovanni Bosco, Cenno biografico sul giovanetto Magone Michele allievo dell'Oratorio di S. Francesco di Sales. Torino, Tip. G. B. Paravia e Comp. 1861, pp. 69-70 (OE XIII, 223-224).
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4. Si terrà una conferenza spirituale per settimana, cui ognuno si darà premura di intervenire e d'invitare gli altri a venirvi pure con puntualità.
5. Nelle conferenze si tratteranno cose che riguardano direttamente il culto verso il santissimo Sacramento, come sarebbe incoraggiare a comunicarsi col massimo raccoglimento, istruire ed assistere quelli che fanno la loro prima comunione, aiutare a far la preparazione ed il ringraziamento quelli che ne avessero bisogno, diffondere libri, immagini, foglietti che tendano a questo scopo.
6. Dopo la conferenza si tirerà un fioretto spirituale da mettere in pratica nel corso della settimana.
IV. FORMAZIONE SPIRITUALE DEI GIOVANI ATTRAVERSO LA PREDICAZIONE, LE "BUONE NOTTI" E IL RACCONTO DI SOGNI
Nel sistema educativo di don Bosco riveste particolare importanza la predicazione, sia quella legata al contesto liturgico o catechistico, sia quella informale e familiare. Il santo si rivolgeva spesso alla comunità giovanile, con brevi e fervidi discorsi, mirati a muovere gli affetti, a nutrire l'intelletto, a eccitare buoni propositi e sentimenti di devozione, a prospettare orizzonti stimolanti.
Nei familiari colloqui comunitari prima del riposo serale (le "buone notti') si mescolava il genere oratorio del fervorino' spirituale, il racconto fantastico e allegorico, la comunicazione, il richiamo educativo e l'esortazione.
Il materiale conservato in archivio è vastissimo: noi abbiamo scelto alcuni discorsi che offlono una panoramica dei temi preferiti da don Bosco e del suo stile espressivo. I testi qui riportati sono trascrizioni di appunti presi da alcuni ascoltatori durante o subito dopo l'intervento del santo. Non riferiscono alla lettera tutte le singole sue parole, ma certamente contengono la sostanza del suo discorso. Le Memorie biografiche valorizzano ampiamente questi materiali, correggendone la lingua, integrando il testo e amalgamando le diverse testimonianze. Noi abbiamo preferito attenerci alle fonti.
Nelle "buone notti" ai giovani, don Bosco fece ampio uso del racconto di sogni. Narratore abilissimo e suggestivo, in questo modo egli riusciva ad imprimere stabilmente nella mente degli ascoltatori i messaggi che gli stavano a cuore. Nel racconto di sogni alla comunità educativa di Valdocco "il motivo pedagogico risulta spesso intrecciato con quello ritenuto soprannaturale o scopertamente provvidenziale''''. Lo vediamo nei quattro esempi qid riportati (nn. 210, 213, 21Z 223) che, "nella loro costruzione allegorica", sono un eccellente esempio del suo stile comunicativo e delle sue preoccupazioni pastorali".
I discorsetti serali e la predicazione domenicale vertono generalmente sui temi ricorrenti del peccato e della grazia, della purificazione del cuore attraverso il sacramento della confessione, della frequente comunione, del fervore spirituale, dell'impegno nel compimento esatto dei propri doveri e nell'operare il bene, della tranquillità di coscienza (nn. 211, 214, 216, 218, 219, 220). L'istruzione sulla "bella virtù" (n. 209) — una delle tematiche preferite — è un sermoncino domenicale par
titolarmente interessante, sia per l'argomentazione, tutta costruita con esempi tratti dalla sacra scrittura, secondo un approccio che è caratteristico di don Bosco, sia per la particolare prospettiva spirituale ed escatologica in cui viene presentata la verginità: virtù "bella" che introduce al gusto della vita spirituale; permette un rapporto di più intensa intimità amorosa con Dio; rende capaci di una sequela integrale di Cristo; introduce nelle schiere degli spiriti beati che fanno "corona all'Agnello divino e lo seguono dovunque egli vada".
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16 P. BRAIDO, Don Bosco prete dei giovani..., I, p. 374.
17 Cf P. STELLA, Don Bosco nella storia delle religiosità cattolica..., II, p. 505.
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In particolare emerge l'insistenza sul discernimento vocazionale e sulla scelta dello stato di vita (nn. 212, 215, 221, 222). La conferenza del 19 marzo 1876 (n. 212) — riservata ai salesiani ma aperta a tutti i giovani interessati— rappresenta efficacemente il modo in cui don Bosco sapeva prospettare la vocazione apostolica, spalancando orizzonti di senso ampi quanto il mondo, motivando ed entusiasmando. Tutti, egli afferma, sono chiamati a lavorare, nella vigna del Signore per la salvezza delle anime; è una messe vasta che necessita operai diversificati, alcuni dedicati alla predicazione e all'insegnamento, altri 'ad una varietà di servizi indispensabili; tutti quanti protesi a conquistare i cuori dei giovani per condurli a Dío, attraverso la preghiera; il buon esempio, la parola, le opere di carità, la mansuetudine, la correzione fraterna. L'unica condizione è la retta intenzione, cioè il desiderio sincero di cooperare alla salvezza dei fratelli e la generosa disponibilità a qualsiasi servizio e sacrificio, da buoni discepoli del Cristo crocifisso.
ASC A0040601 Memoria di alcuni fatti 1858-1861, ms di Giovanni Bonetti, pp. 1-718
(cf MB VI, 62-66).
Domenica 17 ottobre 1858
Il mese di ottobre viene dalla Chiesa consacrato in gran parte a Maria santissima. La prima domenica di questo mese è consacrata alla Madonna del rosario in memoria delle innumerevoli grazie ottenute, degli stupendi prodigi per la sua intercessione operati, per stabilire una memoria 'sempre viva nel cuor dei fedeli di tanti favori che Maria santissima invocata con quel titolo compartì ai suoi devoti. La seconda domenica si celebra la maternità di Maria vergine per ricordare ai cristiani che Maria è nostra madre, che noi tutti siamo suoi cari figli. La terza domenica che è quest'oggi si celebra la sua purità, che è quella virtù che la rese tanto grande presso Dio, è quella virtù che la rese la più bella creatura che fosse mai uscita dalle mani del Signore.
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18 Si tratta dell'istruzione pomeridiana, che veniva fatta in chiesa dopo il canto dei vespri, prima della benedizione col santissimo Sacramento.
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Essendo che è già due domeniche che vi sentite narrare le glorie di Maria vergine, io questa sera invece di parlarvi di Maria santissima, parlarvi voglio di questa bella virtù, col dimostrarvi quanta stima ne fecero, non i gentili, che anch'essi onoravano con somma venerazione coloro che custodivano questa virtù, ma bensì vi voglio coi fatti dimostrare quale stima ne abbia fatta Iddio stesso. Oh quanto io mi stimerei felice se in questa sera io potessi insinuare nei teneri vostri [cuori] l'amor di questa angelica virtù! Statemi attenti, ed io incomincerò.
Che cosa è la virtù della purità? Dicono i teologi che per purità si intende un odio, un aborrimento a tutto ciò che è contro il sesto comandamento. Sicché qualunque persona, ciascuno nel suo stato, può conservare la virtù della purità. Questa purità è tanto grata a Dio, che se in ogni tempo punì severamente il vizio che le è contrario, premiò a costo dei più stupendi prodigi coloro che la conservarono. Già fin dai primi tempi del mondo, in cui gli uomini sebbene non si fossero ancora molto moltiplicati avevano già rotto la via al disordine, alla corruttela, come dice la Scrittura: omnis caro corruperat viam suam [Gen 6,12], Iddio premiò la purità. Enoch che tra tutti fu il solo [che] aveva conservato a Dio il suo cuore puro, fu creduto da Dio indegno di star tra quella sì viziosa gente e mandò perciò due dei suoi angeli, i quali tolsero Enoch dal consorzio degli uomini, trasportandolo in un luogo, da dove venne poi introdotto nel cielo da Gesù Cristo dopo la sua morte.
Andiamo più avanti. Già in gran numero essendosi gli uomini moltiplicati sulla terra, scordando-sì del loro Creatore, si erano dati ai piaceri carnali, si erano immersi nei vizi più vituperevoli, nel vizio della disonestà, dell'impurità. Sdegnato Iddio di tanta iniquità stabilì di schiantar la schiatta umana con un universal diluvio. Ma salva dall'universa) sterminio Noè colla sua moglie e tre suoi figliuoli colle loro mogli. Ma perché tanta preferenza a costoro? Perché conservarono la bella ed inestimabilissima virtù della purità.
Veniamo più avanti. Vi erano dopo il diluvio gli abitanti di Sodoma e Gomorra dati ad ogni sorta di disonestà. Determinò Iddio di sterminarli non più con un diluvio di acqua, ma con un diluvio di fuoco. Ma prima che fece? Girò gli occhi su quelle infelici città e vide che Lot colla sua moglie avevano conservato la purità. Subito manda un angelo a dirgli che fugga, che Iddio voleva incenerir tutta quella gente. Appena usciti dalla città ecco che un mar di fuoco con fragori orribili di tuoni e lampi piomba su quelle misere città ed in un cogli abitanti tutti le profondò. Si salvarono Lot e sua moglie dall'incendio, ma sua moglie per un tratto di sua curiosità, non sfuggì lo sdegno di Dio, poiché avendo loro l'angelo proibito di voltarsi indietro quando avessero sentito il castigo di Dio a piombar su quei abitanti, la moglie di Lot all'udire tanti rumori che pareva che l'inferno tutto si fosse colà infuriato, non poté tenersi dal rivoltarsi indietro; ed ecco che nell'istante medesimo rimase una statua di pietra. Così se Iddio l'aveva dal comune eccidio salvata per la sua purità, volle nondimeno castigare la immodestia dei suoi occhi, per dimostrare a noi che dobbiamo tenere gli occhi modesti, non appagar ogni nostra curiosità, altrimenti ne resteremo vittima, non solo nel corpo come fu di Sara, ma anche dell'anima, essendo gli occhi due porte per cui entra quasi sempre il demonio.
Andiamo innanzi. Portatevi col pensiero in Egitto e là vedrete un giovinetto, il quale per non aver voluto acconsentire ad una infame azione disonesta a cui l'impudica sua padrona lo voleva costringere, soffrì mille punizioni e persino la prigionia. Ma che? Permetterà forse Iddio che perisca Giuseppe? No, aspettate e voi lo vedrete ad uscire di prigione ed in un istante salire sul trono d'Egitto; voi lo vedrete che egli solo coi suoi consigli salva dalla morte non solo l'Egitto, ma la Giudea, la Siria, la Mesopotamia e mille altre nazioni. Ma donde tanta gloria? voi mi chiamerete. Da Dio, il quale volle premiar l'eroico atto di Giuseppe di non aver dato ascolto alle lusinghe e volle [premiare] il suo amor verso la bella virtù della parità, volle premiar la sua costanza a conservar casto e puro il suo cuore a costo della persecuzione e della prigionia stessa.
Io non la finirei più se volessi riportar tutti i fatti consimili e di una Giuditta, per la cui purità Iddio salvò Betulla da un esercito intero, di una casta Susanna esaltata fino ai cieli e di un'Ester salvatrice di tutta la nazione Ebrea. Ma perché operò Iddio tanti prodigi a favor di costoro? Per la loro purità. Sì, la virtù della purità è tanto bella, tanto grata a Dio, il quale in tutti i tempi ed in tutte le circostanze non mai lasciò senza protezione coloro che la possedevano.
Andiamo pure avanti, ché questo non basta. Già era giunto il tanto desiderato tempo che nascer doveva il sospirato dalle genti, il Salvator del mondo. Ma chi era colei da cui nascere voleva il figliuolo di Dio, il creator dell'universo? Gira i suoi occhi Iddio su tutte le figlie di Sion ed una ne trova che lo innamora. Ma chi è costei? È Maria santissima. Da costei nacque il Salvator del mondo, non per opera d'uomo, ma per opera dello Spirito Santo, volendo Dio operare un prodigio non mai operato e che non mai più opererà. Ma perché tanti privilegi? Per compensare, per premiare la purità di Maria che fra tutte le creature fu la più pura, la più casta.
Qual credete voi che fosse il motivo che il nostro divin Salvatore tanto aveva amore di stare coi fanciulli, di abbracciarli, se non perché questi non avevano ancora perduto la bella virtù della purità? Volevano gli apostoli cacciarli, perché loro riempivano di schiamazzi le orecchie, ma il divin Salvatore; riprendendoli, loro comandò che li lasciassero venire a lui, sinite pueros venire ad me [Mc 10,14]; loro dicendo che non sarebbero rientrati nel regno dei cieli se non fossero diventati semplici, puri e casti come quei fanciulletti. Risuscitò il divin Salvatore un fanciullo ed una fanciulla, ma perché? Perché, interpretano i santi padri, non avevano perduto la purità.
Perché Gesù Cristo dimostrò tanta, predilezione verso san- Giovanni? Vuole andare sul monte Tabor per la sua trasfigurazione? vuole seco lui san Giovanni. Vuole andare a pescare coi suoi Apostoli? ebbene, preferisce di montare sulla barca di san Giovanni. Va all'orto del Getsemani, ma vuole seco lui Giovanni. Confitto in croce, a Giovanni si rivolge e gli dice: "Figlio ecco qui tua madre; donna ecco qui tuo figlio". Ma come a Giovanni da Gesù viene affidata sua madre, la più grande creatura che sia uscita dalle mani di Dio e che non mai più simile uscirà? Ma perché tanta preferenza? Perché, o cari giovani, Giovanni più di tutti gli altri apostoli aveva conservato la bella virtù della verginità, della purità. Permetteva a Giovanni di riposare il suo capo sul petto divino, perché? Perché Giovanni ha conservato, perché Giovanni possedeva la bella virtù della purità. Se Gesù amò tutti i suoi apostoli con amore particolare, Giovanni fu da lui amato più di tutti; sicché già gli altri credevano cfié Giovanni non avesse a morire, perché Gesù aveva detto a Pietro: e se volessi che costui vivesse sino a che io venga, a te che importa? Difatti san Giovanni fu colui che più di tutti gli altri apostoli visse. Fu a lui che Gesù Cristo fece in spirito vedere la gloria che si godono in cielo coloro i quali hanno in questo mondo conservato la bella virtù della purità. Egli steso lasciò scritto nella sua Apocalisse che, essendo entrato nell'ultimo cielo, vide uno stuolo d'anime vestite di bianco, con un cingolo d'oro e portavano in mano una palma. Queste anime facevano di continuo corona all'Agnello divino e lo seguivano dovunque egli andava. Cantavano un inno così bello, così soave che egli, non potendo più reggere a tanta armonia, era rimasto fuori di sé e rivolto all'angelo che lo accompagnava gli disse: "Chi sono costoro che circondano l'Agnello e che cantano un inno sì bello che tutti gli altri beati non sanno cantare?". Allora l'angelo gli disse:
"Costoro sono quelle anime che hanno conservato la bella virtù della purità, irti sunt qui cum mulieribus non sunt coniugati" [Ap 14,4].
O anime fortunate che non avete ancora perduto la bella virtù della purità, deh! raddoppiate i vostri sforzi per conservarla. Voi avete un tesoro così bello, così grande che fino gli angeli ve lo invidiano. Voi siete, come dice il nostro stesso Redentore Gesù Cristo, voi siete simili agli angeli.
E voi che per vostra disgrazia l'avete già perduta, non perdetevi d'animo, fate ogni vostro possibile per ricuperarla. E vero, non sarete più vergini, non avrete più la bella sorte di essere di quello stuolo che in paradiso hanno un posto separato dagli altri, non potrete più andar [a] cantare quell'inno che solo i vergini possono cantare, ma non importa, un posto vi è ancora per voi in cielo così bello, così maestoso al cui confronto spariscono i troni dei più ricchi imperatori, dei più ricchi re che vi siano stati e che potranno esser su questa terra. Sarete nondimeno ancora circondati di tanta gloria che lingua né umana né angelica può spiegare. Potrete ancora godere quella bella compagnia di Gesù, di Maria, quella nostra buona madre che colà ansiosa ci aspetta, di tutti i santi, di tutti gli angeli che sempre sono pronti ad aiutarci purché ci stia a cuore di conservare la bella virtù della purità.
ASC A0080302 Cronaca dell'Oratorio 1862, ms. di Francesco Provera19, pp. 1-6
(cf MB VII, 238-239. 241-243).
Mercoledì 20 agosto 1862
Voglio raccontarvi un mio sogno fatto poche notti or sono (dev'essere la notte della festa dell'Assunzione di Maria santissima). Sognai di trovarmi con tutti i giovani a Castelnuovo d'Asti a casa di mio fratello. Mentre tutti facevano ricreazione, viene uno (non si sa chi fosse), mi chiama di andare con lui. Menommi nel prato attiguo al cortile e indicommi lì fra l'erba un serpentaccio di lunghezza da 7 a 8 metri e di grandezza straordinaria. Inorridii a tale vista e volevo fuggirmene.
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19 Francesco Provera (1836-1874), nativo di Mirabello Monferrato, entrò nell'Oratorio di Valdocco all'età di 22 anni, nel 1858; fu uno dei soci fondatori della Società salesiana (18 dicembre 1859). Nel 1863, ancor chierico, venne inviato con don Michele Rua ad aprire in Mirabello (suo paese) il primo istituto salesiano fuori di Torino, con la carica di prefetto economo; l'anno successivo passò a Lanzo Torinese con lo stesso incarico, e in quell'anno fu ordinato sacerdote. Morì all'età di 38 anni per un'ulcera al piede che si trasformò in cancrena.
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— No, no, disse quel tale, non fugga, venga qui e veda.
— E come, io risposi, vuoi che io osi avvicinarmi a quella bestiaccia? Non sai che è capace di avventarmisi addosso e divorarmi in un istante?
— Non abbia paura, non gli recherà alcun male. Venga con me. — Ah, non son così pazzo di andarmi a gettare in tal pericolo.
—Allora, continuò, si fermi qui. Poi andò a prendere una corda e la portò là dov'ero io e disse:
— Prenda questa corda per un capo e la tenga ben stretta fra le mani, io prenderò l'altro e andrò alla parte opposta e la sospenderemo sul serpente.
— E poi?
— E poi gliela lasceremo cadere attraverso la schiena.
— Ah! No, per carità! Perché guai se noi faremo questo, egli salterà su indispettito e ci farà a pezzi.
— No, no; lasci far a me.
— Là, là! io non voglio prendermi questa soddisfazione che può costarmi la vita. E già volevo fuggire. Egli insistette di nuovo che non avevo di che temere, che niun male m'avrebbe fatto. V'acconsentii e rimasi. Egli intanto passò ciall'akra parte, alzò la corda e poi giù sulla schiena del serpente. Il serpente fa un salto, volgendo indietro la testa per mordere, in quel che l'aveva percosso, ma invece di mordere la corda ne fu allacciato. Allora gridò quell'uomo:
— Tenga stretto, tenga stretto e non lasci fuggire la corda. E corse ad un pero che era là vicino e legò a quello la corda. Corse quindi da me e mi prese la corda di mano e andò a legarla all'inferriata d'una finestra della casa. Frattanto il serpente si dimena-v-a, si dibatteva, dava giù di tali colpi in terra che laceravasi la carne e faceva saltare i pezzi a buona distanza. Così continuò finché ebbe vita e morì che più non aveva se non lo scheletro spolpato.
Quando il serpente fu morto, quel medesimo slegò la corda, la raccolse in un fascio e poi disse:
— Stia attento, neh! La mise così in una cassetta, la chiuse e poi l'aprì. Fummo tutti stupiti. Quella corda non era più in un fascio, ma s'era disposta in modo che formava le parole Ave Maria.
— Ma come va? ho detto. Fu messa quella corda nella cassetta così alla rinfusa ed ora è così ordinata.
— Ecco, disse: il serpente figura il demonio e la corda l'Ave Maria, o piuttosto il rosario che è una continuazione di Ave Maria, colle quali si possono distruggere tutti i demoni dell'inferno.
Fin qua la prima parte. C'è ancora un'altra parte, la quale è ancor più curiosa e interessa tutti. Ma l'ora è già tarda e perciò differiremo di raccontarla domani a sera. Frattanto teniamo in considerazione quello che disse quel tale riguardo all'Ave Maria: recitiamola devotamente ad ogni assalto di tentazione, sicuri di esserne sempre vittoriosi. Buona notte.
Giovedì 21 agosto 1862
Dietro molte vostre istanze racconterò la seconda parte del sogno, se non tutta, almeno quel tanto che potrò raccontavi. Ma prima debbo premettervi due condizioni. La prima si è che nessuno scriva o si dica fuori quello che io racconterò: parlatene tra di voi, ridete, fate tutto quello che volete, ma tra di voi.
Mentre dunque noi parlavamo della corda, del serpente e dei loro significati, mi volgo indietro e vedo giovani che raccoglievano di quei pezzi di carne del serpente e mangiavano. Gridai io subito allora:
— Ma che cosa fate? Pazzi che siete, non sapete che quella carne è velenosa e faravvi molto male?
— No, no, dicevano essi, è tanto buona. Ma intanto, mangiato che avevano, cadevano in terra, gonfiavano e restavano duri come pietra. Io non sapevo darmi pace, gridavo all'uno, gridavo all'altro; davo schiaffi a questo, pugni a quello, cercando di impedire che mangiassero, ma inutilmente. Quindi cadeva là un altro che si metteva a mangiare.
Allora chiamai i chierici in aiuto e dissi loro che usassero ogni mezzo perché più nessuno assaggiasse quella carne, ma senza effetto. (Interrogato dopo privatamente riguardo ai chierici, rispose che anzi alcuni degli stessi chierici si misero a mangiare e caddero egualmente che gli altri). Io era fuori di me stesso, allorché vidi un gran numero di giovani distesi a terra. Mi rivolsi a quel tale e dissi:
— Ma che cosa vuoi dire che questi giovani vedono che questa carne reca loro la morte, tuttavia la vogliono mangiare? Rispose.egli:
— Sai bene che carnalis homo non percipit quae Dei sunt [lCor 2,14].
— Ma ora non c'è più rimedio per riavere di nuovo questi giovani?
— Sì che c'è. — Qual sarebbe?
— Non v'è altro che l'incudine ed il martello.
— L'incudine ed il martello? Che cosa fare di tali cose?
— Bisogna sottoporli alla loro azione.
— Come, debbo io forse metterli su d'un incudine e poi batterli con un martello? Allora l'altro si spiegò e disse:
— Ecco, il martello significa la confessione e l'incudine la santa comunione. Bisogna far uso di questi due mezzi.
Mi misi all'opera e trovai sì proficuo questo rimedio, ma non per tutti. Moltissimi ritornavano in vita e guarivano, ma [per] alcuni era inutile. Questi erano quelli che non facevano buone confessioni.
ASC A0000309 Piccole locuzioni del molto R.do don Giovanni Bosco, Quad. IX, 1876,
ms di Francesco Ghigliotto20, pp. 3-7 (cf MB XII, 131-132).
Martedì 14 marzo 1876
Ho visitato varie case della Liguria ed ho veduto che c'è molto da fare. Sì, c'è molto bene da fare e se tutti voi che m'ascoltate già foste ordinati sacerdoti e veri operai evangelici, tutti avreste a fare del bene. Mi fece meraviglia il vedere quanto bene si è già fatto con sì pochi operai, e specialmente a Bordighera ove, come sapete, c'è per direttore don Cibrario, il chierico Cerruti per maestro e Martini per coadiutore ed anche sacrestano e che porta le pagnotte e ne mangia anche. [...]
Venendo poi per la riviera del mare, ho potuto vedere questo tempestoso. Per circa cinque giorni fu tempesta in mare, ma specialmente in uno. Io avevo già udito parlare di ciò, ma giammai avevalo veduto, ma so dirvi che mi fece meraviglia. Venivano le onde alte come la nostra casa e correndo l'una contro l'altra, battendo insieme producevano un rumore più cupo e forte di quello che possono fare quattro cannoni. Risultava quindi da questo cozzamento una bianca schiuma e tanto andava in alto che se si fosse trovato tra quell'onde che battevano insieme un bastimento, sarebbe stato gettato in aria e tanto alto che gli uomini che in esso fossero stati, avrebbero avuto tempo a morire per aria. Però nessun bastimento vi era allora. Io mi trovavo circa trecento metri lungi dal mare e spesso ho dovuto ritirarmi per non essere bagnato. Io osservando questo spettacolo ho ammirato in ciò la potenza di Dio, il quale quando vuole fa che il mare sia pacato e tranquillo e che si possa correre su di esso. Ma con una parola sola poi lo mette tutto in moto per una grandissima estensione, tal che fa orrore il vederlo. Fossero allora andati i deputati ed i senatori a gridare al mare che stesse fermo, eh si vedrebbe quanto possono.
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2° Francesco Ghigliotto (1859-1900) in quell'anno era novizio ed aveva ricevuto dal maestro dei novizi don Barberis l'incarico di scrivere i discorsetti di don Bosco ai giovani e ai novizi.
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Osservando il mare io pensavo al peccatore il quale è continuamente in tempesta come allora il mare. Sempre la coscienza lo rimorde e mai ha pace e tranquillità. Ora fa un po' di ricreazione, ora si ritira malinconico. I compagni l'invitano a divertirsi, ma egli crolla le spalle e non ha voglia di ciò fare, perché il cuore lo rimprovera dicendogli: "Tu non sei amico di Dio". Va a pranzo e cerca allora di stare allegro, cercando di scacciare ogni pensiero che lo rimorde, ma intanto il cuore gli dice: "E se ora, mentre ti cibi, morissi, tu saresti escluso dal paradiso e ti sarebbe preparato l'inferno". Va a letto la sera e cerca pure di allontanare da sé i funesti e giusti rimorsi della coscienza dicendo: "Ora voglio mettermi tranquillamente a dormire; almeno sarò libero da questi pensieri tormentosi". Anzi, in quella sera non ha nemmeno recitate le orazioni, per reprimere vieppiù i rimorsi. Ma intanto invano si sforza poiché il cuor gli dice: "E se in questa notte dovessi morire, passeresti all'eternità in disgrazia di Dio". Insomma egli non ha pace e tranquillità, ma sempre è in tempesta.
Questi pensieri mi passavano per la mente al rimirare il mare così tempestoso. Buona notte.
212. Tutti sono chiamati a lavorare nella vigna del Signore ASC A0000408 Conferenze e prediche di D. Bosco 1875/1876, Quad. XIX, ms di Giulio Barberis21, pp. 63-7822 (cf MB XII, 625-631).
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21Giulio Barberis (1847-1927), intimo confidente di don Bosco, venne da lui nominato primo maestro dei novizi della Congregazione (1874), una carica che ricoprì per 25 anni. La sua opera formativa fu determinate per il consolidamento spirituale della Congregazione. Fu membro del Consiglio superiore e, dal 1910, direttore spirituale'generale della Società salesiana. Il suo Vade mecum dei giovani salesiani (1901, 2 voll.; /ed. 1905, 3 voll.) si può considerare il primo testo organico di spiritualità salesiana.
22 Don Barberis introduce il testo con questa annotazione: "Conferenza tenuta dal sig. don Bosco la sera di san Giuseppe, 19 Marzo 1876, dopo le orazioni nella chiesa piccola a tutti i professi, ascritti, aspiranti ed a coloro che desiderano farsi aspiranti nell'Oratorio di San Francesco di Sales. S'erano invitati in pubblico a quella conferenza tutti quelli che appartenevano e coloro che desiderano appartenere alla Congregazione, tra gli adulti furono radunati 203 e fece un grande effetto" (A0000408 Conferenze e prediche di D. Bosco..., p. 63).
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Domenica 19 marzo 1876
Un giorno il divin Salvatore, passeggiando per le campagne vicine alla città di Samaria, volgendo gli sguardi attorno e per le pianure e per le valli, vedendo che la messe in ogni luogo era molto copiosa invitò i suoi apostoli a ricreare anche essi la loro vista a quel ridente aspetto delle campagne, ma subito s'accorsero che malgrado della quantità della messe non vi era nessuno che ne raccogliesse le biade. Allora esso, certo alludendo a qualche cosa ben superiore, voltosi agli apostoli disse loro: Messis quidem multa operarii autem pauci [Mt 9,37], è bensì molta la messe da raccogliersi, ma vedete come sono pochi gli operai. Questo è il grido straziante che in ogni tempo fecero sentire la Chiesa ed i popoli: la messe è molta, ma pochi gli operai.
Il divin Salvatore, e voi lo capite a sufficienza, per campo o vigna che gli stava d'attorno intendeva di parlare della Chiesa e di tutti gli uomini del mondo; la messe da farsi consiste nella salvezza delle anime, ché tutte le anime devono esser raccolte e portate nel granaio del Signore; oh quanto copiosa è questa messe; quanti milioni d'uomini sono su questa terra! quanto lavoro sarebbe ancora a farsi per ottenere che tutti si salvino; ma operarii autem pauci, gli operai son pochi. Per operai che lavorano nella vigna del Signore s'intendono tutti coloro che in qualche modo concorrono alla salvezza delle anime. E, notate bene, che operai qui non s'intendono solo, come alcuno può credere, i sacerdoti, predicatori e confessori, che certo più di proposito son posti a lavorare e più direttamente s'affaticano a raccoglier la messe, ma essi non son soli, né essi basterebbero.
Operai son tutti quelli che in qualche modo concorrono alla salvezza delle anime; come operai nel campo non son solo quelli che raccolgono il grano, ma anche tutti gli altri. Guardate in un campo, questa varietà di operai. Vi è chi ara, chi dissoda la terra; altri che colla zappa l'aggiusta; chi col rastrello o randello rompe le zolle e le appiana; altri getta la semente, altri la copre; chi toglie poi l'erba cattiva, la zizzania, il loglio, la veccia; chi sarchia, chi sradica, chi taglia; altri poi innaffia a tempo opportuno ed incalza; altri invece miete e fa manipoli e covoni e borle23, e chi carica sul carro e chi conduce; chi stende, chi batte il grano; chi separa il grano dalla paglia; altri lo avaccia, lo purga, lo vaglia, lo mette nella sacca, lo porta al molino e qui
da vari si rende in farina; poi chi lo buratta24, chi l'impasta, chi l'inforna. Vedete miei cari, quanta varietà d'operai si richiede prima che la messe possa riuscire al suo scopo a ridarci cioè pane eletto del paradiso.
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23 Borla, in dialetto piemontese significa cumulo di covoni (cf Casimiro ZALLI, Disionari piemonteis, italian, latin e franseis. Carmagnola, Barbiè 1815, vol. I, p. 151).
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Come nel campo, così nella Chiesa, c'è bisogno d'ogni sorta d'operai, ma proprio di tutti i generi; non c'è uno il quale possa dire: "Io benché tenga condotta irreprensibile, sarò buono a niente nel lavorare a maggior gloria di Dio". No, non si dica così da nessuno; tutti possono in qualche modo far qualche cosa. Gli operai son pochi. Oh se si potessero avere tanti sacerdoti da mandare in ogni regione della terra, in ogni città, paese, villaggio, campagna e convertir il mondo. Ma tanti sacerdoti è impossibile averli; bisogna dunque che vi siano anche altri; poi i sacerdoti come potrebbero esser liberi nel loro ministero se non avessero chi loro cuoce il pane e le vivande; se avesse[ro] da sé a farsi le scarpe e gli abiti? Il sacerdote ha necessità d'esser coadiuvato; e io credo di non dire errore se asserisco che quanti siete qui, e preti e studenti e artigiani e coadiutori, tutti, tutti potete essere veri operai evangelici e far del bene nella vigna del Signore. E come? In molti modi.
Tutti ad esempio potete pregare. Certo non c'è chi questo non possa. Oh vedete, tutti dunque potete fare la parte principale di cui parla il divin Salvatore in questo luogo; poiché, dopo d'aver detto che pochi sono gli operai, soggiunge: "Pregate adunque il padrone della messe che mandi gli operai nella messe sua", Rogate ergo dominum messis ut mittat operarios in messem suam [Mt 9,38]. La preghiera fa violenza al cuore di Dio; Dio è in certo qual modo obbligato a mandarli. Preghiamolo per i nostri paesi, preghiamolo per i paesi lontani; preghiamolo per i bisogni delle nostre famiglie e delle nostre città; e preghiamolo per coloro che sono ancora involti nelle tenebre dell'idolatria, della superstizione, dell'eresia. Oh tutti preghiamo di vero cuore, preghiamo molto il padrone della messe.
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24 Burattare è termine arcaico per setacciare.
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Una cosa che si può anche fare da tutti, ed è di massima utilità e un vero lavorare nella vigna del Signore, si è il dare buon esempio. Oh quanto del bene si può fare in questo modo; buon esempio colle parole incoraggiando gli altri al bene, dando buoni avvisi, buoni consigli. Qui c'è and che è in dubbio di sua vocazione; là c'è un altro che è in procinto di prendere una risoluzione che gli arrecherà poi danno sempre; ebbene costoro se sono consigliati, confortati nel bene, quanto non ne potranno avvantaggiare! Molte volte basta una sola parola per far sì che uno stia o si metta sulla buona strada. San Paolo diceva ai fedeli che cercassero di essere lucerna lucens et arder [Gv 5,35]. Se proprio si vedesse in noi questa luce! Che tutti restassero edificati dalle nostre parole. Ma non basta: che ci fossero anche le opere. Ci fosse quella carità infiammata che ci fa tenere in non cale ogni cosa, purché possiamo far del bene ai nostri fratelli; se ci fosse proprio quella castità perfetta che fa riportar vittoria su tutti gli altri vizi; se ci fosse proprio quella mansuetudine che ci attira il cuore degli altri! Oh io credo che tutto il mondo resterebbe attirato nelle nostre reti.
Altra cosa che tutti possono fare si è la frequenza nelle cose di religione, nelle pratiche di pietà, nel prender parte a tutte le cose che possono promuovere la maggior gloria di Dio e la salvezza delle anime. Il parlar bene della Chiesa, dei ministri della religione, del papa in special modo, delle disposizioni ecclesiastiche. Son queste cose che chiunque può fare dal più grande al più piccolo di voi; e tra noi qui in casa, il parlar bene dei superiori, della Congregazione, della casa, degli apprestamenti.
Ma non basta. Una cosa che tutti possono fare si è di aiutare ad estirpare le erbe cattive, la zizania, il loglio, la gramigna, la veccia ed ogni altra erba che non faccia che recar del male; voglio dire che quando c'è qualche scandalo non si tolleri; ma chi è nel caso di poterlo togliere lui, lo tolga e adoperi ogni mezzo per farlo cessare; chi non può, non stia neghittoso, ma ne parli a chi di ragione e se non basta una volta, ne parli due e tre e più; ma che lo scandalo si tolga.
Tutti potete, sentendo qualcuno lamentarsi degli apprestamenti di tavola, correggerlo; vi sarà chi desidera d'uscire senza permesso o chi si lamenta perché non può uscire, tutti potete animarlo, incoraggialo, consigliarlo a pazienza. Una gran cosa poi si è. estirpare la zizzania, cioè lo scandalo col parlare. Avviene molte volte che vi è qualche disordine in casa ed i superiori non lo sanno e perciò non possono porvi rimedio; è di assoluta necessità che voi ne parliate, li rendiate consapevoli del male; voi vi trovate a contatto con costoro mentre dai superiori stanno lontano.
Altro modo di estirpar zizzania si è la correzione fraterna. Avviene e mentre si è qui e mentre si è a casa dei genitori al proprio paese che nostri amici inavvertitamente in nostra presenza tengono discorsi non dicevoli ad un giovane cristiano; scrivono lettere servendosi di frasi non cristiane e d'espressioni che possono suscitare la nostra ira o cattivi pensieri. Ebbene? Si risponda a quel tale con bei modi: "Vedi, tu dici così e così; ma osserva che queste parole non stan bene in bocca a un cristiano. Io so che tu mi sei amico e scrivesti questo senza avvedertene; ma appunto perché amico io
credo che tu non ti offenderai se io ti correggo in questo e quello". Oppure: "Abbimi per scusato, ma io non posso accettare quelle proposte che tu mi fai le quali non son conformi alla vita che deve tenere un giovane cristiano". Molte volte qualche correzione amichevole così fatta produce nel cuore dei compagni e fratelli l'effetto di più prediche, ed avviene che si mettano a servir Dio o per lo meno ad amare più la religione, solo perché trovano questa cortesia di modi in chi sanno che pratica la religione.
E pur troppo che varie volte avviene che coi genitori stessi bisogna usare questa carità di istruirli, correggerli, riprenderli. Si usi fortezza, si faccia anche questo; si faccia coraggiosamente, ma nel modo si usi proprio tutta quella carità, quell'amorevolezza, quella mansuetudine che avrebbe usato san Francesco di Sales trovandosi nel nostro caso. Tutti questi e mille altri sono modi che ciascuno, sia prete, sia chierico, sia laico di qualunque età o condizione, può usare nel lavorare nella vigna del Signore. Vedete adunque che attorno alla messe evangelica tutti possono lavorare in molti e vari modi, solo che ciascuno sia zelante dell'onor di Dio e della salvezza delle anime.
Adesso qualcuno domanderà: "Ma, Signor don Bosco, ed a che cosa vuol ella alludere con questo? Che cosa intende ella di dirci? Per qual motivo ci manifestò queste cose stasera?". Oh, miei cari! quel grido "operarii autem pauci" non si faceva solo sentire nei tempi antichi, nei secoli scorsi; ma a noi, a noi in questi nostri tempi si fa sentire imperioso più che mai. Alla Congregazione salesiana cresce di giorno in giorno così smisuratamente la messe che quasi direi non si sa più da che parte cominciare o come nel lavoro regolarci. Egli è per questo che io vorrei vedervi tutti e presto buoni operai nella vigna del Signore! Le domande di collegi; di case, di missioni vengono in numero straordinario sia dai nostri paesi qui d'Italia, sia dalla Francia, sia dalle estere regioni. Dall'Algeria, dall'Egitto, dalla Nigrizia in Africa, dall'Arabia, dall'India, dalla Cina e dal Giappone in Asia; dall'Australia, dalla repubblica Argentina, dal Paraguay, da Gibilterra e si può dire da tutta l'America si fanno domande di aprire nuove case poiché dappertutto vi è una scarsità tale di operai evangelici che spaventa chi osserva il tanto bene che si potrebbe fare e che si deve lasciar indietro per mancanza di missionari.
Dalla repubblica Argentina poi abbiamo notizie proprio strazianti da don Cagliero. Là per lo più quando vanno a confessarsi non si domanda: da quanto tempo è che non vi siete più confessato, ma si dice vi siete già confessato qualche volta? E non raro capita di avere uomini e donne sui trenta o quaranta anni che non si sono confessati ancora mai. E non è che odino le cose di chiesa o di confessione, no; ma questo avviene perché non ebbero ancor comodità. E figuratevi quanti, oh quanti si trovano in punto di morte e desidererebbero per lo meno allora avere un prete cui confessare le proprie colpe ed averne l'assoluzione, ma neppure quello non è loro concesso perché raramente trovano il sacerdote che possa soddisfarli!
Non è però mio scopo di invitarvi ad andare in luoghi così lontani; questo si può fare da vari e non da tutti, sia perché il bisogno è anche tanto urgente qui, sia perché per varie cagioni non tutti coloro che si sentono chiamati alla Congregazione salesiana sarebbero disposti a recarsi in così immense distanze. Ma in vista di tanti bisogni, di tanta mancanza di operai evangelici, notando che tutti voi chi in un modo chi in un altro potete lavorare nella vigna del Signore, potrei io stare quieto e non manifestarvi il secreto desiderio del mio cuore? Oh sì che desidererei di vedervi tutti slanciati a lavorare come altrettanti apostoli! A questo tendono tutti i miei pensieri, tutte le mie cure, tutte le mie fatiche. Egli è per questo che si accelerano gli studi, si dà ogni comodità affinché si possa far presto ad indossare l'abito ecclesiastico, si imprendono scuole particolari.
E potrei io in vista di tanti e sì pressanti bisogni tacere? E potrei io, mentre da ogni parte ci chiamano e par proprio la voce di Dio che si manifesti per le bocche di tanti, ritirarmi? E, dopo i manifesti segni della divina Provvidenza che tanto grandi cose vuol operare per mezzo dei Salesiani, [potrei io] stare muto e non cercare di aumentare il numero degli apostoli evangelici?
Ora ho ancora una cosa a dirvi ed è la più importante. Nel mentre che io invito tutti voi a star costanti o a farsi iscrivere nella Congregazione salesiana, non voglio che chi non ha là- Vocazione cerchi di entrarvi. Io vedo il gran bene che possiamo fare; vi espongo come sia grande la messe che sta avanti ai nostri occhi, come abbisogni di molti coltivatori la vigna del Signore affinché coloro che si sentono un'interna voce che gli dica: tu nella Congregazione potrai fare più facilmente la salute dell'anima tua e la salute delle anime del prossimo; sappia le cose come stanno ed abbia comodità di farsi inscrivere. Mentre intendo che tutti gli altri secondino la propria vocazione. Quello che voglio e quello su cui tanto insisto si è in questo, che dovunque uno sia, sia proprio, come si legge là nel Vangelo, "lucerna lucens et ardens".
Io non son contrario ad un giovane che voglia andare in seminario e farsi prete nel secolo. Quello che io voglio e su cui insisto e insisterò finché avrò fiato e voce si è che colui il quale si fa chierico sia santo chierico; colui il quale si fa prete sia santo prete; si è che colui il quale vuole partecipare
dell'eredità del Signore abbracciando lo stato ecclesiastico, non si impigli in cose secolaresche, ma intenda solo a salvar delle anime. Questo io domando che tutti, ma specialmente l'ecclesiastico sia luce che illumini tutti coloro che lo circondano e non tenebre che inganni chi lo segue.
Ma questa luce non si manifesti solo in parole: venga alle opere. Ciascuno procuri di ornarsi il cuore di quella carità che fa dar la vita per salvar le anime; la quale fa sì che non si guardi a nessun interesse corporale quando si tratta di far del bene e proprio dire con San Paolo che gli interessi mondani e le cose di questa terra le riteneva come sozzure per far lucro d'anime a Gesù Cristo: omnia arbitror ut stercora ut Christum lucrifaciam [Fil 3,8]. Bisogna che nessun si lasci dominare dalla gola, dall'intemperanza che è quella che miseramente mena a naufragio tanta gioventù e, diciamolo pure, tanti ecclesiastici. Bisogna che si sappia moderare e mortificare specialmente nel vino colui che desidera lavorare con frutto quella vigna del Signore, in qualunque stato si trovi.
Vero operaio evangelico, dovunque si trovi, è colui che prende parte volentieri alle pratiche di religione, le promuove, le rende solenni. Se c'è una novena essi ne sono contenti; fanno essi qualche pratica speciale, invitano altri a farne.
Per esser vero operaio evangelico bisogna non perder tempo, ma lavorare: chi da una parte, chi da un'altra; chi tra gli studi, tra le assistenze e tra le cattedre; chi tra le cose materiali; chi tra i pulpiti e confessionali; chi tra uffizi e prefetture. Ma si tenga bene a mente che il tempo è prezioso e che chi lo perde o non si sforza di occuparlo bene, non potrà mai esser un buon operaio evangelico.
Ecco, miei cari figliuoli, le cose che vi ho esposte per divenir buon operaio evangelico. Oh se queste cose esattamente si praticassero da noi! Volgiamo un po' uno sguardo: si praticano esse nella nostra Congregazione? Oh se io potessi un po' dire che veramente queste cose ci sono e son praticate esattamente; me fortunato, io potrei veramente andarne superbo. Oh se i Salesiani mettessero veramente in pratica la religione nel modo in cui la intendeva san Francesco di Sales, con quello zelo che aveva lui, diretto da quella carità che aveva lui; moderato da quello zelo e da, quella mansuetudine che aveva lui,, sì che potrei andarne veramente superbo e vi sarebbe motivo di sperare un bene immenso nel mondo. Anzi io vorrei dire che il mondo verrebbe dietro a noi e noi c'impadroniremmo di lui.,
Ancora una cosa che io credo d'un'importanza proprio straordinaria e che bisogna che cerchiamo proprio che ci sia in noi ora e che si conservi sempre. Questo è l'amor fraterno. Credetelo, il vincolo che tiene unite le società, le congregazioni è questo amor fraterno. Io credo di poterlo chiamare il vincolo, il perno su cui s'aggirano le congregazioni ecclesiastiche. Ma a che grado dovrebbe esso ascendere? Il divin Salvatore ce lo disse: Diligite vos alterutrum sicut et ego dilexi vos [Gv 13,34]. Amatevi a vicenda nel modo, con quella misura con cui io amai voi. E nelle sacre scritture ad ogni passo è ripetuta questa cosa che noi ci amiamo molto. Ma quest'amore per essere come si richiede dev'essere tale che il bene di uno sia bene di tutti ed il male di uno sia il male di tutti. Bisogna che ci sosteniamo a vicenda e che non mai uno biasimi quello che l'altro fa; non mai si abbia un po' d'invidia: "A quel tale quella carica, a me invece no"; "Quel tale è il più ben visto, mentre io non ho nessuno che mi guardi". "Ecco, se c'è qualche cosa di bello e di buono bisogna che capiti a quel tale mentre a me nessuno pensa". No, bando a queste invidie, il bene di uno deve essere il bene di tutti. Il male di uno poi anche male di tutti. C'è qualcuno che sia perseguitato? bisogna che ci figuriamo perseguitati tutti e compatirlo e aiutarlo. C'è qualcuno malato? esserne malcontento come se lo fossimo noi. Promuovere poi insieme d'accordo le cose buone, l'iniziativa venga da chi si vuole. E si sa ben che non tutti hanno la stessa capacità, studi, mezzi. Adunque grande amor fraterno. Se faremo 'così sapete che ne avverrà? Ne avverrà ciò che venne nella Chiesa. Alcuni erano apostoli, ma oltre gli apostoli vi erano i 72 discepoli; poi vi erano i diaconi, vi erano i cooperatori evangelici; ma tutti costoro lavoravano d'accordo, tutti insieme con grande amor fraterno e per ciò riuscirono a quello che riuscirono, cioè il cambiar la faccia al mondo. Così noi, dovunque siam posti, in qualunque maniera siamo adoperati, purché possiamo salvare delle anime ed in cima a tutte possiamo salvare l'anima nostra e noi ne abbiamo abbastanza.
Ma tutte queste cose non si ottengono se non a prezzo di grandi sacrifici, senza aver da patire qualche cosa. Senza grandi fatiche non si arriva mai a poter fare cose grandi; e perciò noi dobbiamo mostrarci pronti a tutto.
Sì, ciascuno si faccia ascrivere alla Congregazione salesiana, ma dica: io voglio mettermi per questa via col solo motivo di salvar delle anime; inteso che volendo salvarne delle altre voglio prima di tutto salvare la mia. Questo non si può ottenere senza sacrifici? Ebbene, io son pronto a fare qualunque sacrificio. Io mi voglio porre'alla sequela di Gesù crocifisso; se esso muore in croce, patendo orribili dolori, io che voglio essere suo seguace devo mostrar--mi pronto a qualunque patimento, fosse pure di morire in croce con lui.
D'altronde guardate, nel Vangelo io trovo scritto beati i tribolati e non mai, beati coloro che se la godono. Tocca adunque di soffrire qualche cosa? Beato me, così potrò più da vicino seguire le orme del divin Redentore. I gaudenti di questo mondo godono per un momento e poi dei loro goderi ne avran ben poco, anzi nulla e peggio che nulla per l'eternità. I tribolati invece patiscono bensì qualche cosa, ma questo durerà poco ed ogni patimento gli sarà cambiato in gemma preziosa lassù in cielo che li consolerà per tutti i secoli.
Io finisco con quel detto di san Paolo, "Vos delectat magnitudo praemiorum; non vos deterreat magnitudo laborum": vi diletta il pensiero della gran ricompensa del paradiso? Non vi spaventi se dovrete soffrire qualche cosa su questa terra.
ASC A0000301 Conferenze e sogni, Quad. I, 1876, ms di Giacomo Gresino", pp. 1-9
(cf MB XII, 349-356).
Domenica 15 giugno 1876, solennità del Corpus Domini
Mi parve di trovarmi nel mezzo del cortile, che mi avviavo verso la porta d'uscita circondato dai miei giovani, chi per salutarmi, chi per dirmi qualche cosa, secondo il solito. Quando sento dalla parte degli artigiani forti grida: "Ahi! Ahi!"; e vedo che a precipizio fuggono di qua, passando molti dalla porta del fondo del cortile. E quindi anche gli studenti si mettono a gridare, affollandosi a me d'intorno. Volendo io avanzarmi per osservare che mai fosse che così spaventava i miei giovani, essi mi ripetevano che non mi avanzassi, che vi era un mostro che m'avrebbe divorato, ed intanto' mi trattenevano in mezzo al loro numero.
Mentre che così io stavo dubbioso, ecco apparire un orrendo mostro che si avvicinava alla nostra volta. Quell'animale o demonio che si fosse, era. così brutto, schifoso, terribile, enorme che tale non esiste in tutta la terra. Aveva qualche somiglianza coll'orso, ma era di dietro più piccolo a proporzione delle altre membra; aveva spalle e stomaco molto largo e grosso, con una enorme testa ed una smisurata bocca da cui sporgevano fuori due lunghissimi denti a guisa di spade.
25 Giacomo. Gresino (1859-1946) in quell'anno era novizio ed aveva ricevuto dal maestro dei novizi don Barberis l'incarico di registrare le conferenze e i discorsétti di don Bosco.
Tutti i giovani spaventati si rivolgevano a me perché loro dessi qualche consiglio; ma neppure io ero libero dallo spavento ed ero non poco imbarazzato. Dissi pertanto di radunarci tutti qui sotto i portici ed inginocchiati domandare aiuto alla beata Vergine. In un momento fummo tutti qui in ginocchio a pregar con maggior divozione del solito Maria Ausiliatrice a liberarci da quel mostro, che frattanto a lenti passi si avanzava verso di noi, come chi cerca di assalire.
Erano pochi minuti che eravamo lì, quando, non so come né quando, ci trovammo tutti di là nel refettorio dei chierici, il quale era di molto più ampio e comparve tutto illuminato. E nel mezzo si vedeva la Madonna, che aveva somiglianza con la statua che si trova lì a capo dei portici o con quella della cupola o quella della chiesa, non so più bene; ma comunque sia, era tutta raggiante di vivissimi raggi, attorniata da beati e da angeli, talché il refettorio pareva un paradiso. Allo spavento sottentrò lo stupore, noi tutti eravamo rivolti e attenti alla Madonna, la quale sembrava avesse qualche cosa da dirci; ed infatti così ci rassicurò: "Non temete, abbiate fede; questa è solo una prova che di voi vuol fare il mio divin Figlio".
Osservai allora attentamente coloro che facevano corona alla santa Vergine e riconobbi don Alasonatti, don Ruffino e fratel Michele delle Scuole Cristiane, mio fratello ed altri i quali furono anticamente appartenenti alla nostra Congregazione e ora sono in paradiso. Quand'ecco che uno di loro dice ad alta voce: "Surgamus". Noi eravamo in piedi e non sapevamo che cosa volesse dire. Ma la stessa voce ripeté più forte: "Surgamus"; e noi fermi stando lì attenti a vedere come finiva la cosa. Ed io stavo già per domandarne la spiegazione, quando la Madonna così prese a dire, con voce mirabilmente robusta: "Ma tu,- Che sei sacerdote, dovresti intendere questo surgamus: quando celebri la santa messa e dici: Sursum corda, che intendi tu? Intendi forse di alzarti, oppure d'innalzare gli affetti del cuore a Dio?".
Allora così io dissi ai miei giovani: "Facciamo adunque, per quanto meglio possiamo, un atto d'amore e di pentimento a Dio". E tutti gettatici in terra, sommessamente, pregammo. Un momento dopo sentimmo nuovamente un "Surgite" e fummo tutti in piedi. Uscì allora dalla Madonna una voce così armoniosa che cantava l'inno di san Paolo: "Sumite scutum fidei" [Ef 6,16], così unita, organizzata e melodiosa, che noi eravamo come in estasi, poiché in una sola voce si sentivano tutte le note dalla più bassa alla più alta e pareva che cento voci cantassero in una sola.
Mentre che noi stavamo estatici, ascoltando quel concerto, ad un tratto ci trovammo tutti in alto per forza soprannaturale e chi si teneva ad un chiodo, chi alla cornice della volta. Io poi mi tenevo al telaio di una finestra, ed ero stupito che non cadessimo a terra, dove io vedevo una innumerevole quantità di bestie di varia specie, ma tutte feroci, che scorrazzando per il refettorio ci guatavano e pareva che ad ogni momento ci fossero addosso con un salto, ma non si provavano ancora.
Mentre si ascoltava quel canto di paradiso, partirono da attorno alla Madonna molti leggiadri giovanetti forniti di ali ed avvicinandosi a noi posero sul cuore di ciascheduno uno scudo che era nel centro di ferro, vicino al circolo di ferro un cerchio di argento, poscia più in fuori un altro di diamante ed infine uno d'oro. Quando fummo tutti muniti di questo scudo e cessato il canto, si udì questa voce: "Ad pugnam"; vedemmo quegli animali agitarsi maggiormente, lanciare verso di noi palle di piombo, saette ed altro, ma queste cose non ci arrivavano o colpivano i nostri scudi; e tutti dopo lunga pugna ci trovammo incolumi. Si sentì allora la Madonna dire: "Haec est victoria vestra, fides vestra" [lGv 5,4]; e noi ci trovammo tutti in terra, essendo spariti quegli animali.
Subito dopo udimmo strazianti grida nel cortile: erano i nostri giovani che parevano dilaniati da quelle fiere. Io volli uscire dal refettorio per vedere se potevo in qualche modo portar loro sollievo. Non mi volevano lasciar passaggio, per paura non mi accadesse qualche cattivo accidente. Non curai il loro timore e loro risposi: "Voglio andare a vedere che cosa è, a costo di morire con loro". Uscii e vidi uno strazio orrendo: tutti quegli animali inseguivano i nostri giovani, li ferivano, li dilaniavano. Ma soprattutto faceva spaventoso macello quel mostro che prima apparve: egli feriva da ambi i lati dello stomaco, cioè nel cuore e nella parte destra che è a quella mira, con quei due dentacci e molti giacevano per terra, chi morto, chi ferito. Al mio apparire mi corse incontro quel mostro, ma non poteva ferire tanto me quanto alcuni che avevanmi seguito fino sulla soglia, perché eravamo difesi d2llo scudo.
Osservai bene quelle due spade del mostro, che tanto macello facevano dei miei giovani e vidi sulla punta dell'una scritto Otium, dell'altra Gula. Allora capii com'era la cosa, ma non in modo da potermi dar ragione che i miei giovani peccassero di ozio, oppure di gola, essendo ché, mi pare, essi lavorino o studino a tempo e luogo, e in ricreazione non perdano tempo; e riguardo alla gola, mi sembra che non abbiano guari di che essere intemperanti.
Ritornai in refettorio tutto triste e domandai spiegazione di questa cosa ad uno che era colla Madonna, il quale così mi rispose "Eh, mio caro, in questa parte sei ancora novizio, tu che ti credi d'aver molta esperienza. Sappi, dunque, che per ozio non intendesi solo il non lavorare e nemmeno l'occupare o no il tempo di ricreazione in divertirsi, ma sebbene quel tempo che si lascia libero alla immaginazione, a pensare a cose che sono pericolose; quei ritagli di tempo che non si occupano come si deve e specialmente in chiesa. Riguardo poi alla gola, hai da sapere che si può peccare d'intemperanza con sola acqua e quando si mangia o si beve più del bisognevole, è sempre intemperanza. Se potrai ottenere dai tuoi giovani che in queste piccole cose siano temperanti, essi vinceranno sempre il demonio; e colla temperanza verranno loro l'umiltà e la castità e le altre virtù. Se occuperanno interamente il tempo a dovere, non cadranno giammai nella tentazione del demonio e vivranno e morranno da santi cristiani".
Lo ringraziai di così bella istruzione e mi avvicinai a fratel Michele e agli altri che conoscevo, per apprender da loro se quello che io vedevo ed operavo era realtà o puro sogno. Ma mentre io mi provo di stringer loro la mano, resto come fuori di me al non palparla. Vedendo il mio stupore uno di questi così mi parlò: "Dovresti sapere e lo hai studiato, che noi siamo puri spiriti e per farci vedere dai mortali dobbiamo prendere una figura, finché non saremo risuscitati, ché allora prenderemo il nostro corpo che avrà le doti dell'immortalità". Allora volli appressarmi alla Madonna, che pareva avesse qualche cosa da dirmi, ma quando mi trovai quasi vicino, udii di fuori un alto grido, che mi svegliò.
ASC A0000310 Discorsetti di D. Bosco, Quad. X, 1876/1877, ms di Giacomo Gresino, pp. 4-6 (cf MB XII, 557).
Venerdì 27 ottobre 1876
La novena dei Santi va avanti ed io aspetto sempre che alcuno si faccia santo, o almeno faccia dei miracoli: potrebbe essere che alcuno ci sia, ma io non me ne sono ancora accorto. Al tempo di Savio Domenico, di Besucco, di Magone queste novene si facevano con più impegno; non vi era la minima cosa su cui si potesse desiderare di più. Non dico che adesso si facciano male, no, che dei buoni ve ne sono; ma non c'è più quello slancio. Non so da che cosa venga che adesso non sia più così. Forse da parte mia, che non parlo più ai miei giovani, che non mi faccio più capire; oppure da parte loro, che non mi vogliono più capire; oppure anche da tutti e due. Comunque sia, io non vedo più quell'ardore universale come in quei tempi che vi dissi, in cui erano sessanta o settanta giovani e vi erano alla mattina
sessanta o settanta comunioni. Ma c'è ancora tempo. Dico questo perché, stando così, tutto in un momento con uno zolfanello si mette il fuoco in un pagliaio e si desta un grande incendio, un bel falò. Questo può farsi da ciascuno di noi. Ciascuno pensi al paradiso, dove chi ha dei fratelli, delle sorelle, chi degli amici e dei compagni, chi dei superiori o degli inferiori, i quali godono il premio della loro virtù. Essi erano carne ed ossa come noi; e noi siamo fuori dei pericoli, abbiamo comodità di praticare la religione, comodità di aggiustare le cose della propria coscienza: se essi si fecero santi, perché non lo potremo anche noi? — Ma, dice, ci vuole la grazia di Dio! La grazia di Dio, vi assicuro che il Signore ve la dà. — Che cosa ci manca? Ci manca un po' di buona volontà. E se non l'avete la buona volontà, se non potete metterla da voi, domandatela al Signore, domandatela con istanza [insistenza], che egli ve la metterà. E se poi non bastassero le vostre preghiere, rivolgetevi ai santi, che in questo tempo son disposti a tutto per noi e specialmente a Maria santissima: che domandino per voi un ardente amor divino, un amore costante; e il Signore, se a voi non lo concede, non potrà negarlo a tanti santi. Buona notte.
ASC A0000302 Discorsetti di D. Bosco, Quad. II, 1876, ms di Emanuele Dompè26, pp. 7-9 (cf MB XII, 557-558).
Domenica 29 ottobre 1876
Quest'oggi c'è stata una partenza per Roma, non ancora definitivamente per andare in America, no, ma per stabilire un piccolo collegio in un paesello vicino a Roma che si chiama Albano, proprio nello stesso luogo dov'era una volta Alba la Lunga. Poi di qui a tre o quattro giorni vi sarà di nuovo un'altra piccola partenza per stabilire un altro piccolo collegio ad Ariccia; poi un'altra per stabilire un collegetto a Trinità. Noi intanto preghiamo per quelli che sono in viaggio da stasera forse fino a domani alle due pomeridiane. Ora siamo nella novena dei Santi e bisogna ricordarci di non lasciar perdere alcuno di questi giorni, si preghi per quelli che dovranno andare in America, ed anche i sacerdoti li raccomandino nella loro messa. Questa volta partiranno in nu
mero di 24, non so se tutti in una sola volta, ma la differenza di tempo sarà o di una settimana o al più di due settimane, ma il numero dell'esercito per ciò non avrà a diminuire. ______________
26 Emanuele Dompè (1860-1926) in quell'anno era novizio ed aveva ricevuto dal maestro dei novizi don Barberis l'incarico di registrare le conferenze e i discorsetti di don Bosco.
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Adesso che vanno via i più grandicelli bisognerebbe che gli altri piccoli crescessero e facessero al loro posto. Bisognerebbe che le pagnotte, che si fanno qui sotto la protezione di Maria Ausiliatrice, [vi] facessero crescere volta per volta un metro e così farvi tutti grandi in una volta. Ma confidiamo nella divina Provvidenza e spero che coll'aiuto del Signore un po' per volta ci faremo. Intanto avverto che domani a sera forse alle cinque e mezza, come mi hanno detto, vi sarà una conferenza per quelli della Congregazione e lo dico qui in pubblico perché tutti lo sappiano. Intanto teniamoci sempre col Signore, il quale è quello che guida ogni nostra azione; e diportiamoci in modo che egli non abbia poi a rimproverarci nel giorno del giudizio in cui ci verrà a giudicare. Buona sera.
ASC A0000302 Discorsetti di D. Bosco, Quad. II, 1876, ms di Emanuele Dompè, pp. 18-21 (cf MB XII, 565-567).
Giovedì 2 novembre 1876
Domani comincia l'orario regolare. Alcuni cominciavano già a lamentarsi: troppa ricreazione, troppe passeggiate, poco di studio. Domani almeno comincerà l'orario regolare e saranno contentati tutti. Ma non basta che cominci l'orario, bisogna anche studiare; quindi cominciando da domani mettere tutto l'impegno possibile per fuggir l'ozio. Se sapeste quanto è prezioso il tempo! Dicono i savi che il tempo è un tesoro, quindi chi perde un minuto di tempo perde una parte di questo tesoro. Bisogna perciò metterci da principio, acciocché al fine dell'anno non abbiamo a lamentarci del tempo perduto. Ma la vera sapienza viene solo dal Signore: Initium sapientiae est timor Domini [Sa] 110,10]. Perciò dobbiamo prima aggiustar bene la nostra coscienza. Sapientia non introit in animam malevolentem, questo era scritto in un cartello appese nello studio, non so se ci sia ancora, se non c'è più, don Durando ne faccia attaccare un altro. E qui son sempre al medesimo avviso che sono solito dare al principio dell'anno: la frequente confessione e la frequente comunione.
Quanto alla frequente confessione, i santi padri dicono chi ogni settimana, chi ogni quindici giorni o una volta al mese. Sant'Ambrogio e sant'Agostino vanno d'accordo nel dirci: ogni otto giorni. Io per me vi do nessun consiglio speciale, solo [che] andiate dal confessore quando la coscienza vi duole di qualche cosa. Alcuno può stare dieci giorni senza offendere il Signore, altri quindici ed altri anche venti. Ma alcuno può solamente stare tre o quattro giorni e poi cade subito in peccato; costui si accosti più frequentemente, a meno che siano inezie da nulla.
Quanto alla frequente comunione, io non voglio prescrivervi il tempo, voglio però raccontarvi un fatterello. Prima voglio guardare l'orologio se non è ancor troppo tardi: sono solamente le nove e otto minuti. Son fatti che si raccontano in cinque minuti. Vi era un cotal uomo che era solito ad andarsi a confessare da san Vincenzo de' Paoli. Non gli piaceva frequentare questo confessore perché gli ordinava la frequente comunione. Pensò quindi di cambiar consiglio e di andare da un altro confessore e gli disse: "Io era solito andare da padre Vincenzo, ma mi ordinò la comunione troppo frequente, perciò sono venuto da lei per ricevere il suo consiglio". Questo padre si sbrogliò e gli disse: "Figliuol mio, comincia dal poco: andrai ogni otto giorni, poi ogni 15, dopo potrai andare una volta al mese". Seguì questo consiglio il povero uomo ed in poco tempo passò dalla comunione solamente più alla confessione, dalla confessione ai teatri e ai balli, ecc. Poi addio confessione, addio comunione: si diede a menare una vita licenziosa. Ma dopo passato qualche tempo, non era più contento come prima, la coscienza gli rimordeva delle sue colpe, fece ritorno a san Vincenzo e gli disse: "Io vedo che lasciando la santa comunione lascio anche la pietà e divento peggiore; da ora in avvenire voglio seguire il suo consiglio, ed accostarmi di frequente alla santa comunione". Io vi raccomando la medesima cosa, praticatela per conservare senza pena la vostra coscienza se volete acquistare quella vera sapienza del Signore. Buona notte.
Ed. critica in Cecilia ROMERO, I sogni di Don Bosco. Edizione critica. Presentazione di Pietro Stella. Leumann (Torino), Elle Di Ci 1978, pp. 40-4427.
Venerdì 22 dicembre 1876
Una pianura simile al mare quando è in perfetta calma, ma formata di brillanti cristalli. L'occhio si perdeva nella sua vasta superficie.
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27 È un sogno molto valorizzato nella tradizione salesiana. Il, santo scrive in un linguaggio semplice, non studiato; mentre la versione delle Memorie biografiche (MB MI, 586-595) riporta una trascrizione più elaborata, fatta dopo il racconto orale nella buonanotte del 22 dicembre 1876.
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Moltitudine di piante, erbe, fiori, vigneti, boschetti, fiori di ogni qualità coprivano quella superficie. Meravigliosi viali, magnifici edifici aggiungevano ornamento. Erano tutte cose somiglianti a quelle della terra, ma di bellezza, di forma inesprimibile.
Musica strumentale che pareva composta di migliaia di vari strumenti, di cui ciascuno faceva un suono diverso, più alto o più basso, ma sempre con perfetto accordo. Lo stesso dicasi delle voci. Si vedeva un immenso numero di abitanti che tutti si dilettavano nell'udire e nel prendere parte a cantare e a suonare. Più si stava ascoltando più cresceva il desiderio di ascoltare e tutti se ne mostravano sempre più ansiosi.
Ad un certo punto cessò ogni musica ed allora molti uditori si volsero verso di me, che non ero sopra quella meravigliosa superficie, ma colà vicino sopra di un rialzo di terra. Ne conobbi molti. Ma quelli che mi vennero più vicini furono Savio Domenico, don Alasonatti, don Chiala, don Giulitto di cui avevo pensato molto nella passata giornata. Erano alla distanza da potersi toccare la mano. Io ero tremante, non osavo fare parola. Gli altri mi guardarono con volto allegro come se avessero voluto parlare, ma tacevano.
Savio Domenico era vestito così: una veste bianca intrecciata di diamanti gli copriva la persona; una fascia rossa orlata in oro gli cingeva i fianchi. In volto era florido, luminoso, bello come un angelo. Da una mano teneva un mazzo di fiori come per regalare. Ho notato il giglio, la rosa, la violetta, il girasole, la perpetua, la spiga di grano, fiore genziana ed altri, ma con intreccio e di una bellezza indescrivibile.
Savio colla mano che aveva libera mi fe' segno di ascoltar e cominciò a parlare così:
— Perché temi qui dove tutto deve inspirare coraggio?
— Temo per il luogo dove mi trovo e che ignoro; e non so che sia tutto questo e questi che io veggo.
— La terra che tu abiti adesso, se coltivata diverrà un pavimento di pietre preziose in cielo. Costoro sono servi del Signore, che ebbero fede in lui ed ora godono il frutto delle loro fatiche.
— Ma perché parli tu solo e non altri?
— Perché io sono il più frequente e il più antico di quelli che sono qui.
— Che vuol [dire] questa veste bianca che ti copre?
Tacque Savio e gli altri in coro si posero a cantare: Dealbaverunt stolas in sanguine Agni, ideo sunt ante tronum Dei [Ap 22,14].
— Perché questa fascia?
Don Alasonatti, don Chiala ed altri risposero cantando: Habuerunt lumbos praecinctos, virgines enim sunt, ipsi sequuntur agnum quocumque ierit [Ap 14,4].
— Questo giardino è forse il paradiso che voi godete?
— Niente affatto. Non è altro che una bellezza materiale, ogni mortale che vede una luce soprannaturale cadrebbe morto. Vuoi vedere un piccolissimo raggio di luce soprannaturale? Chiudi gli occhi e tosto aprili di nuovo.
Appena aprii gli occhi vidi una luce di cui un piccolissimo raggio come del fulmine veniva verso di me, ma così ardente che mi fece dare un grido involontario come mi fossero strappati gli occhi. Poco dopo riaprii gli occhi ed ogni cosa era come prima.
— Questa, disse Savio, è ancora luce tutta naturale, cioè formata da sostanze materiali ed è cento milioni di volte meno risplendente del più piccolo raggio anzi di un'ombra separata dalla materia. L'uomo finché vive su questa terra non può vedere, alcun raggio di luce divino senza morire. La ragione è questa: la creatura materiale non può reggere in confronto del Creatore infinito che è purissimo spirito. L'anima soltanto come principio spirituale, separata dal corpo, vola a contemplare la luce inaccessibile della divinità e vedrà Dio come è in se stesso.
— Quello che vedo in te è corpo o spirito? Ciò dicendo misi la mia mano sopra la sua. Ma ho toccato niente e fu di me come di chi tocca un'ombra.
— E inutile cercare di toccarmi. Ciò che vedi non è altro che la forma ovvero l'ombra del mio corpo e Dio conserva questa apparenza agli spiriti fino al giorno dell'universale risorgimento, quando ciascuno vestirà la materia immortale ripigliando il corpo che si aveva prima di morire.
— Ma dimmi quale è lo scopo di questa tua visita e prima ancora dimmi se io sono svegliato o nel sonno.
— Né l'uno né l'altro. Sei in atto di ricevere severi ordini dalla parte del Signore e guai a te se non ti adoperi per eseguirli. Alcune cose si riferiscono al passato, altre al presente, non poche si riferiscono all'avvenire. Riguardo al passato è la mancanza di fede, troppa timidità. Guarda quante anime condussero al cielo gli Oratori e ne vediamo moltitudini. Sarebbero cento mila di più se avessi avuto la fede viva come devono avere tutti i ministri del Re dei re.
— Ma tu mi spaventi troppo: dimmi qualche cosa del presente.
— Per il presente avvi qui un bouquet di fiori e prendilo, e fanne un regalo a tutti i tuoi figli di ogni età e condizione e assicurerai loro il regno dei cieli — Ma io non ne comprendo il senso.
— Te ne darò un cenno: la rosa è la carità; la violetta l'umiltà; il giglio la castità; il girasole l'ubbidienza; la perpetua la perseveranza; l'edera la mortificazione; la spiga di grano la santa comunione; la genziana la penitenza. Ognuna di queste cose sia a dovere e a lungo spiegata e darai ai tuoi un tesoro finito che li condurrà ad un premio infinito.
— Aggiungi anche qualche cosa per l'avvenire.
— Non parlo più io, ma è Dio misericordioso che solo il sa e si esprime così: Nell'anno prossimo sarai privato di sei e poi ancora di due altre persone assai care; ma che devono dalla terra essere trapiantate nel luogo di delizia ossia nel paradiso dell'Increato.
Alla Congregazione salesiana spunterà una luminosa aurora dai quattro angoli della terra. Battaglie e trionfi, ma i suoi militi cresceranno assai, se i capi non lasceranno fuorviare le ruote del carro sopra cui è assiso il Signore. E vicino il tempo in cui i buoni ed i malvagi saranno sbalorditi per le meraviglie che si succederanno rapidamente, ma è tutto misericordia ed ognuno sarà consolato.
— Quale è lo stato attuale dei miei giovani?
— Devi dire dei figli di Dio, che te li affidò e di cui dovrai a suo tempo rendere conto. Prendi questi tre fogli e sopra ciascuno vedrai quello che è necessario.
Io presi quei fogli e sopra di uno era scritto quanto segue: Nota di coloro che al presente camminano diritto per la via del cielo. E vidi molti nomi che conoscevo e molti che affatto ignoravo. La seconda nota era intitolata: Vulnerati in basso e il numero era pure grande; ma non come il primo. Nella terza stava questo titolo: Lassati sumus in via iniquitatis [Sap 5,7].
— Le due prime note tu puoi ;:réderle e i loro nomi si possono vedere dagli spiriti. Non così quei della terza. Quelli che abitano in cielo, sebbene siano purissimi spiriti, tuttavia sentono una puzza insopportabile al solo vederli. Se tu vuoi saperne i nomi e vederli volta la nota in parte opposta. Voltai il foglio e in un istante vidi non i nomi, ma gli individui in atto il più aborrevole. Si udì una voce a guisa di un tuono che mi assordò l'udito: Execrabiles viae eorum coram Deo et coram omnibus viventibus.
In quel momento a quel rumore mi svegliai. Alzo lo sguardo, ma tutto era divenuto oscuro, né più vidi alcuno e fu soltanto allora che mi accorsi di essere in letto, ma talmente abbattuto e talmente travagliato da quel sogno, che non potei né riposare, né pensare ad altro se non a quel sogno, che giorno e notte mi travaglia tuttora la mente mia.
ASC A000303 Conferenze, Quad. III, 1877-1878, ms di Giacomo Gresino, pp. 10-13
(cf MB XIII, 427-429).
Martedì 21 agosto 1877
Si avvicina il tempo delle vacanze, tanto per gli studenti come per gli artigiani: gli uni per riposarsi la testa, gli altri per riposarsi le spalle e le braccia; tutti per fare vacanza. E per queste vacanze bisogna che io vi dia qualche consiglio. Il consiglio che io vi do è uno solo ed è che vi poniate pure in libertà, che facciate anche dei disordini, ma che per far questo vi ritiriate in luogo dove Iddio non vi veda. Ciascuno saprà qual sia questo luogo o una casa o il campanile o la cantina. Credo che non vi sarà alcuno così gonzo da credersi di trovare un luogo dove il Signore non possa vederlo. E questo pensiero della presenza di Dio ci deve accompagnare in ogni tempo, in ogni luogo ed in ogni azione. E chi avrà ancora il coraggio di commettere una cosa, che possa offendere il Signore, quando pensa che colui che egli vuole offendere può, sull'istante che egli vuole pronunziare quella parola, inaridirgli la lingua, può fargli paralizzar la mano con cui pensa di peccare?
Non bisogna poi prendere il Signore come tutto giustizia, credete, inflessibile. No, anzi egli è tutto misericordia, bontà, amore. E come deve paventarlo chi l'offende, così deve star contento chi può dir di se stesso: "Io ho nulla sulla coscienza". A costui io dico: va' pure a dormire tranquillo, fa' le allegre tue ricreazioni, vivi felice. Se colui che è in armonia con Dio deve menar vita felice, colui che non potesse dirlo d'essere colla coscienza netta, deve temere che Iddio non gli tolga il tempo. Ieri per esempio passeggiava in giardino il vicecurato di Lanzo col suo parroco, che lodava la predica [che] egli aveva fatto; ed egli ne godeva, perché aveva soddisfatto gli uditori. Quando ad un tratto il curato vide mancarsi da lato don Oggero e guarda e lo vede là per terra: "don Oggero, don Oggero!". Non risponde. Va a scuoterlo: "Che c'è? Come va?". Era già morto. Non è da temere di questo prete, che fu dell'Oratorio e che era una santa persona, ma per dire che si può morire o passeggiando o mangiando, dormendo ed in qualunque momento. Similmente, qualche tempo fa morì in San NicoUs, vicino a don Cagliero, un prete della parrocchia che fu qui, passò all'Oratorio ed io me ne ricordo. Dico di questi due, ma potrei dire di tanti e tantissimi che morirono improvvisamente ed in ogni maniera. Così, domani levandoci potrebbe essere che qualcuno di noi mancasse. Chi è morto? Don Bosco. Oh, come va? Egli non è più. E quel che potrebbe accadere a Don Bosco, lo potrebbe anche di ciascuno di voi. E chi non fosse preparato, pensi a rimediare, pensi ad aggiustar le sue cose. Quando uno è tranquillo della sua coscienza, può vivere allegro, può dormire tranquillo i suoi sonni, perché non ha paura del giudizio di Dio. Buona notte.
ASC A000303 Conferenze, Quad. III, 1877-1878, ms di Giacomo Gresino, pp. 24-26
(cf MB XIII, 438-440).
Domenica 29 ottobre 1877
Il motivo per cui vi ho qui radunati tutti, è per salutarvi tutti insieme e per dirvi alcune parole dopo le vostre vacanze. Una delle quali è fresca fresca, arrivatami or ora da don Ronchail e si è l'apertura di una nuova casa a Cannes, città poco distante da Nizza. Fra poco se ne apriranno altre in altri siti e continueremo fino all'America. Così se ne apriranno a La Navarre, a Tonon, a Marsiglia, a Bordeaux...; avanti: a Barcellona ecc. Tutto il litorale e poi un salto di 15 giorni consecutivi di viaggio a vapore fino a Rio de Janeiro: Ma ho bisogno che voi veniate su buoni preti e buoni maestri.
La cosa, però, che volevo dirvi si è che dopo un viaggio si han sempre le vesti imbrattate di fango o almeno impolverate. E così, sebbene in queste vacanze non vi sia staio fango, della polvere almeno sulle vestimenta o qualche zacchera si è riportata. Delle vacanze più o meno ne avete fatte tutti e perciò bisogna pensare, come dopo il ritorno da un viaggio, a ripulire le vesti. Ora vi è appunto l'opportunità in questa festa dei Santi di far questa rivista della propria coscienza; e perché vi possiate preparare bene si è pensato di far un triduo con una piccola predica alla sera. E voi procurate di eseguire ciò che in essa vi si dirà. Quello che io vi suggerisco in questi giorni, dedicati dalla Chiesa alle anime dei defunti, è di procurar in ogni modo di suffragarle. Coloro che possono far la comunione, la facciano. Tutti poi pregate e pregate molto e le indulgenze specialmente che acquisterete, applicatele a loro, che questo è il più bel modo di suffragare quelle anime. Usate loro questa carità, specialmente a quelle dei vostri parenti, ché, chi più prossimi chi più remoti, dei parenti defunti ne avete tutti. E poi queste preghiere, questo bene che fate alle anime dei purganti, resta in realtà un bene fatto per voi; resta come il cibo, che si dona alla bocca che lo gusta, ma che in realtà nutriste la persona che lo prende.
Vi raccomando adunque che passiate bene questi giorni, facendo una rivista alla propria coscienza, ed offrendo tutto il bene che farete per le anime del purgatorio; e così quando noi ci presenteremo all'eternità ci troveremo già preparato del bene, che ci preserverà dalle fiamme del purgatorio e ci aprirà le porte del paradiso. Buona notte.
ASC A000303 Conferenze, Quad. III, 1877-1878, ms di Giacomo Gresino, pp. 27-30
(cf MB XIII, 417-419).
Mercoledì 28 novembre 1877
Ecco che don Bosco viene a salutarvi tutti insieme ed a portarvi una buona notizia. Domani incomincia la novena di Maria santissima Immacolata. Tra i nostri giovani vi fu sempre una special devozione verso Maria Immacolata. Ed infatti esiste una compagnia chiamata dell'Immacolata, a cui diede principio Savio Domenico, come si trova nella sua vita, insieme col regolamento che egli con vari compagni si prescrissero. A questa compagnia appartengono molti di voi (ma quelli solo che risplendono in tutte le virtù).
Io mi ricordo come al principio della novena dell'Immacolata Concezione Savio Domenico propose di passarla bene; venne da me e volle fare la confessione generale (non l'aveva ancora fatta, per quanto io sappia); e poi conservò talmente in tutta la novena la sua coscienza netta da poter tutti i giorni fare la santa comunione. Come è desiderio ardente della Chiesa che tutti i cristiani, ed io aggiungerò che tutti i giovanetti dell'Oratorio, si regolino [bene] affinché possano tutte le mattine partecipare alla mensa eucaristica.
E per ricordo in questa novena che consiglio vi darò? Ecco, due cose: esattezza e pulitezza. Son due parole che fanno rima insieme e che vanno molto d'accordo. Esattezza nell'osservanza di tutte le regole della casa, di tutte e senza eccezione. Quindi, esattezza nell'andare in chiesa. o nello studio, esattezza nell'andare a mangiare e nell'andare a dormire. Esattezza in tutto. L'altra cosa è la pulitezza, non nel lucidar le scarpe, ma nel tener netta la coscienza. È anche bene il tenersi ben puliti come si conviene, ma se qualcheduno si sentisse un prurito qui nel cuore e dando un'occhiata alle sue confessioni vedesse d'aver sempre le stesse cose: le stesse bugie, le stesse perdite di tempo, le stesse mancanze, di modo che egli si trovasse una serie di peccati e confessioni, di confessioni e peccati; ebbene, costui manifesti queste cose e, se egli lo crede bene, faccia anche una rivista delle sue cose o con una confessione generale o solo su quei punti che crede necessari. Vi sarà un altro che sentirà anche lui un prurito nel cuore e dirà: "Ma io temo di aver fatto male una confessione e di non trovarmi in buono stato; è vero che di quel peccato mi ero dimenticato, ma me n'ero dimenticato apposta". E anche costui — e se ne trovano — parli al proprio direttore di questa cosa e si rimetta interamente a lui. Un altro dirà: "Io da qualche tempo mi trovo inquieto, temo di non aver la mia coscienza in buono stato". Ebbene, si confidi al suo padre spirituale e, se vuole, faccia pur anche una confessione generale, ché questo è appunto tempo opportuno per ciò. Così pure sia detto per tutti coloro che si accorgessero che le loro confessioni mancassero di dolore o di proponimento o di esame.
Ricordatevi dunque, sempre, ma specialmente in questa novena, esattezza e pulitezza. Siate esatti in tutto e conservate la vostra coscienza talmente pulita da poter frequentare la santa comunione. Come mi ricordo che fece tanto esemplarmente Savio Domenico nell'ultima novena dell'Immacolata Concezione, regolandosi in tutto degno imitatore di san Luigi; degno di un giovanetto che all'età di sette anni e mezzo, facendo la prima comunione, si propose: morte, ma non peccati. Così facendo anche noi, Maria Immacolata avrà per tutti un favore da farci e sarà quello che più gioverà all'anima nostra. Buona notte.
ASC A000303 Conferenze, Quad. III, 1877-1878, ms di Giacomo Gresino, pp. 31-35
(cf MB XIII, 752-754).
Domenica 2 giugno 1878
Una parola dopo circa sei mesi! Vedete quanto tempo senza più venirvi a dare la buona sera. Ma se non venni personalmente, la mia mente si trovava sempre qui fra voi. E quando mi trovavo a Roma e quando ero per viaggio a Nizza o a san Pier d'Arena, alla mattina nella messa pensavo a voi, ma alla sera poi irresistibilmente il mio pensiero si portava fra voi. Adesso però da qualche tempo ci troviamo qui e speriamo di non allontanarcene tanto presto. Siamo qui per procurare il vostro vantaggio spirituale ed anche temporale.
La cosa però che son venuto per dirvi è che domani a sera incominceranno gli esercizi spirituali per gli studenti e subito dopo per gli artigiani. Tutte le cose che io sono solito di raccomandare durante gli esercizi si riducono ad una sola: star attento e mettere in pratica quello che si predica o si legge. E come metterlo in pratica? In tutte le prediche, in tutte le letture vi è sempre qualche cosa che fa per noi: ora sarà dell'esame mal fatto o del dolore o del proponimento mancante; ora sarà dei consigli del confessore dimenticati, ecc. Pensiamo a ciò che fu, ciò che è, ciò che sarà; se abbiamo nulla a riprenderci delle nostre passate azioni; se ora camminiamo diritti per la via che ci addita Gesù Cristo e che cosa dobbiamo fare per l'avvenire.
E perciò questo è il tempo più acconcio a pensare alla propria vocazione, perché in solitudine Deus loquitur, e gli esercizi spirituali sono appunto giorni di ritiro e di solitudine. Anche gli artigiani hanno da pensare alla loro vocazione, perché alcuni debbono ponderare se Dio disponga che si fermino a lavorare qui in Congregazione e farne parte o se li chiami a far bene altrove. Tutti poi hanno bisogno di cessare per qualche giorno dalle consuete occupazioni per applicarsi esclusivamente alle cose dell'anima.
Pensate che le grazie grandi non si ricevono tanto sovente; e il poter fare gli esercizi spirituali è una grazia grande. Quanti l'anno scorso erano qui ad udire forse le stesse parole ed ora sono già passati all'altra vita. Credo che tutti abbiano fatto bene gli esercizi dell'anno scorso, ma se non li avessero fatti bene ne avrebbero ancora il tempo? E chi ci promette che un altro anno tutti [noi] che ci troviamo qui potremo farli ancora? Io non posso assicurarvelo. Dio solo che potrebbe dircelo, ci dice anzi il contrario: Estote parati, quia qua hora non putatis filius hominis veniet [Lc 12,40]; e ci mostra coll'esperienza che anche da giovani si muore. Se così è, teniamoci sempre in acconcio, che in qualunque ora venga la morte possiamo presentarci tranquilli alle porte dell'eternità.
Perciò, ora che n'abbiamo comodità, facciamo bene questi esercizi spirituali. E siccome il Signore ci dice: Ante orationem praepara animam tuam [Sir 18,23], così io dico a voi: prima degli esercizi spirituali preparate l'anima vostra; cioè prima d'incominciarli abbiate desiderio di farne profitto.
Io poi in questi giorni, se sempre giorno e notte mi occupo di voi, •in questi giorni degli esercizi io mi consacro tutto interamente per il vostro vantaggio spirituale. Nella messa farò sempre una preghiera speciale per questo fine, che gli esercizi vadano bene — e quello che dico di me intendo anche di dirlo di quelli che fanno parte con me e di quelli che vengono per questo. In queste sere spero di potervi parlare anche altre volte e per non tenervi più a lungo possiamo mettere fine a queste poche parole con questa bella conclusione: il poter fare gli esercizi spirituali è una grande grazia, che non si ha sempre; e perciò dobbiamo farli bene; per farli bene metteremo in pratica quello che ascolteremo nelle prediche e nelle letture; e poi siccome tutti i favori ci vengono dal cielo, io per parte mia e voi per parte vostra, pregheremo Iddio che ci conceda di ricavarne il maggior frutto possibile per le nostre anime. Buona notte.
ASC A000303 Conferenze, Quad. III, 1877-1878, ms di Giacomo Gresino, pp. 35-40
(cf MB XIII, 807-808).
Martedì 18 giugno 1878
In tutte queste solennità che vi furono o che vi sono ancora della Madonna, della Consolata, di san Luigi e di san Giovanni, di san Pietro ed altre che vi saran prima del fine dell'anno, una cosa che sarebbe di grande importanza farsi si è il deliberare sulla propria vocazione. Alcuni vi avranno già meditato e solo aspettavano di settimana in settimana, di giorno in giorno per deliberare definitivamente. Perciò in tutti gli anni io era solito di concedere un tempo per chi volesse parlare di questo ed anche quest'anno son contento che i giovani della 5a e della 4a ed anche gli altri, che volessero deliberare sulla loro vocazione, vengano in mia camera in qualunque festa dopo i vespri.
Tuttavia qualche cosa in generale si può dire anche qui. Quando si conosce che si è chiamati allo stato ecclesiastico, è cosa ancora della maggiore importanza il vedere se sia meglio il gettarsi nel secolo o ritirarsi in qualche religione. Chi poi vuol abbracciare lo stato ecclesiastico deve avere un fine retto e santo: quello, cioè, di salvar l'anima propria. E aiutare i parenti non si potrà? È cosa giusta e santa l'aiutare i parenti; perciò potrete farvi negozianti, calzolai o quel che meglio volete e quindi aiutare i parenti e altri e far quel che vi piace dei vostri guadagni. Ma un prete no, potrà far loro elemosina come a qualunque altro, qualora si trovassero a quel punto, ma non più in là. Si porta sempre a questo proposito là solita obiezione: "Ma molti preti il tale, il tal altro — hanno fatto questo, comprato quello; si sono fatti ricchi, hanno arricchito la famiglia ecc.". Dunque, tutti questi fanno male? Io non voglio qui giudicare nessuno, solamente osservo quel che dice il divi Salvatore e la santa Chiesa. Gesù Cristo dice espressamente: Chi vuol darsi al ministero di Dio, non si occupi dei negozi temporali; anzi, non solo non se ne occupi, ma non implicet se, dice precisamente la Scrittura, non s'impicci, non se ne immischi: non implicet se in negotiis [2Tm 2,4]. Le parole son chiare. E sant'Arnbrogio o san Gregorio dice che ciò che possiede il sacerdote è patrimonio dei poveri: non è neppur suo, vedete, è dei poveri. Le sue fatiche sono per Dio, i mezzi sono di Dio e quindi anche i guadagni devono essere di. Dio e perciò dei poveri. Non deve dunque tendere ad altro il prete che alla salute delle anime: ci vuole, cioè, un fine santo.
Quello ancora che vi posso dire è che colui, che non si sente chiamato allo stato ecclesiastico, non pensi neppure a farsi prete, non ne ricaverebbe nulla di bene. Chi non si sentisse di conservare la virtù della castità, non è fatto per il sacerdozio, si rivolga ad altro, poiché da prete non farebbe che del male a sé e agli altri. Vi dico queste cose perché abbiate tempo a pensare e facciate poi le vostre cose bene. Buona notte.
ASC A000303 Conferenze, Quad. III, 1877-1878, ms di Giacomo Gresino, pp. 41-48
(cf MB XIII, 761-764).
Giovedì 24 ottobre 1878
Io son contento di rivedere il mio esercito di armati contra diabolum. Questa espressione, quantunque latina, è capita anche da Cottini. E tante cose avrei a dirvi essendo la prima volta che vi parlo dopo le vacanze, ma per ora vi voglio solo raccontare un sogno. Voi sapete che i sogni si fanno dormendo e che non bisogna prestarvi fede; ma se non c'è male a non credere, talvolta non c'è male neppure a credere e possono anzi servirci d'istruzione, come per esempio questo.
Io ero a Lanzo alla prima muta degli esercizi e dormivo, come dicevo, quando feci questo sogno. Io mi trovavo in un luogo che non potei conoscere dove fosse, ma ero vicino ad un paese, dove eravi un giardino e vicino a questo giardino un vastissimo prato. Ero in compagnia di alcuni amici che mi invitarono ad entrare nel giardino. Entro e vedo una gran quantità di agnellini che saltavano, correvano, facevano capriole secondo il loro èostume. Quand'ecco s'apre una porta che mette nel prato e quegli agnellini corrono fuori per andare a pascolare. Ma molti non si curano di uscire, si fermano nel giardino e andavano qua e là brucando qualche filo d'erba e così si pascevano, quantunque non vi fosse l'erba in quell'abbondanza che v'era fuori ove accorsero il più gran numero.
"Voglio vedere cosa fanno questi agnellini di fuori". Vi andiamo e li vediamo pascolare tranquillamente; ed ecco, quasi subito, si oscura il cielo, seguono lampi e tuoni e s'approssima un temporale. "Cosa sarà di questi agnellini se prendono la tempesta? andavo dicendo; ritiriamoli in salvo". E andavo chiamandoli. Poi io da una parte, quei compagni miei in altri luoghi, cercavamo di spingerli verso l'uscio del giardino, ma essi non ne volevano sapere. Caccia di qui, scappa di là; eh, sì, avevano le gambe migliori di noi. E frattanto cominciava a gocciolare, poi a piovere e non mi veniva fatto di poterli accogliere. Uno o due entrarono bensì nel giardino, ma tutti gli altri, ed erano in gran quantità; continuarono a stare nel prato. "Ebbene, se non vogliono venire peggio per loro; intanto noi ritiriamoci". Ed andammo nel giardino.
Colà vi era una fontana su cui era scritto a caratteri cubitali: Fons signatus, fontana sigillata. Essa era coperta. Ed ecco che si apre, l'acqua sale in alto, si divide e forma un arcobaleno, ma a guisa di volta come questo porticato. Frattanto si vedevano più frequenti i lampi, seguivano più rumorosi i tuoni e si mise a cader la grandine. Noi con tutti gli agnellini che erano nel giardino ci stringemmo là sotto e non vi penetrava l'acqua e la grandine. "Ma cos'è questo? andavo chiedendo agli amici; e cosa sarà mai dei poveretti che stanno fuori?". "Vedrai, mi rispondevano. Osserva sulla fronte di questi agnelli, che cosa vi trovi?". Osservai e vidi che sulla fronte di ciascheduno di quegli animali eravi scritto il nome di un giovane dell'Oratorio. "Che è questo?". "Vedrai, vedrai".
Intanto io non potevo più trattenermi e volli uscire a vedere cosa facessero quei poveri agnelli che s'erano fermati fuori. "Raccoglierò quelli che furono uccisi e li spedirò all'Oratorio", pensavo io. Presi la pioggia anch'io ed ho vedute quelle povere bestiole stramazzate a terra che movendo le zampe cercavano di venire al giardino, ma non potevano camminare. Apersi l'uscio, ma i loro sforzi erano- inutili. La pioggia e la grandine li aveva così malconci e continuava a maltrattarli che facevano pietà. Uno veniva percosso sulla testa, un altro sulla guancia, questo su un orecchio, quello sulla zampa, altri altrove. Frattanto era cessata la tempesta.
"Osserva, mi dice quegli che avevo accanto, sulla fronte di questi agnelli". Osservai e lessi su ciascuna fronte il nome di un giovane dell'Oratorio. "Ma, dissi io, conosco il giovane che ha questo nome e non mi pare un agnellino". "Vedrai, vedrai". Quindi mi fu presentato un vaso d'oro con coperchio d'argento, dicendomi: "Tocca colla tua mano intinta di questo unguento le ferite di queste bestiole e subito guariranno". Io mi metto a chiamarli: "Berr! Berr!". Ed essi niente, come se nulla fosse. Cerco di avvicinarmi ad uno ed esso via. "Non vuole, peggio per lui!". Vado ad un altro e scappa. E ripetevo inutilmente questo giuoco.
Ne raggiungo uno alfine, che aveva poverino gli occhi fuor dell'orbita così malconci, che era una compassione. Glieli toccai colla mia mano ed esso guarì e se ne andò nel giardino. Molti altri non ebbero più ripugnanza e si lasciarono toccare e guarire, ed entrarono nel giardino. Ma ve ne restarono ancora molti e generalmente i più piagati, che non fu possibile avvicinarli.
— Se non vogliono guarire, peggio per loro; ma non so come potrò farli rientrare in giardino.
— Lascia fare, mi disse uno degli amici che erano con me, verranno, verranno.
— Vedremo. Riposi il vaso dove era prima e ritornai al giardino. Erasi tutto mutato e vi lessi all'ingresso: Oratorio. Appena entrato, ecco che quegli agnelli che non volevano venire, entrano di soppiatto e corrono a rimpiattarsi qua e là; e neppure allora potei avvicinarmi ad alcuno. Vi furono anche parecchi, che non ricevendo volentieri l'unguento, si convertì per loro in veleno che invece di guarirli inaspriva le loro piaghe.
— Guarda, vedi quello stendardo?
— Sì, lo vedo. Vi leggevo a grossi caratteri questa parola: Vacanze.
— Ecco, questo è l'effetto delle vacanze, mi spiegò uno che m'accompagnava, poiché io ero già fuori di me. I tuoi giovani escono con buona volontà di pascolarsi, ma poi sopravviene il temporale, che sono le tentazioni; poi la pioggia, che sono gli assalti del demonio; quindi cade la grandine ed è quando cadono nella colpa. Alcuni risanano ancora colla confessione, ma altri o non ne usano bene o non ne usano punto. Abbilo a mente e non stancarti mai di ripeterlo ai tuoi giovani che le vacanze sono una gran tempesta per le loro anime.
Osservavo io quegli agnelli e vi scorgevo in alcuni ferite mortali; andavo cercando modo di guarirli, quando, come v'ho detto che dormivo, don Scappini fece rumore nella camera attigua alzandosi e mi svegliò.
Questo è il sogno e, quantunque sogno, ha tuttavia un significato che non farà male a chi vi presterà fede. E posso anche dirvi che io notai alcuni nomi fra quegli agnelli del sogno e confrontandoli coi giovani, che questi si regolarono appunto come accadde nel sogno. Comunque stia la cosa, noi dobbiamo in questa novena dei Santi corrispondere alla bontà di Dio che ci vuole usare misericordia e con una buona confessione purgare le ferite della nostra coscienza. Dobbiamo poi metterci tutti d'accordo per combattere il demonio e coll'aiuto di Dio ne usciremo vincitori e andremo a ricevere il premio della vittoria in paradiso.