Roma - Casa Generalizia, 21 novembre 2003
"Chi ci separerà dall’amore di Cristo?"
(Rom 8, 28-39; Sal 27,1.4.5.7.8.; Gv 15,9-15)
Omelia nella celebrazione funebre di don Pietro Brocardo
Ancora una volta ci raduniamo nel cuore della casa generalizia, la chiesa della comunità, per offrire a Dio il sacrificio gradito del suo Figlio insieme a quello di uno dei nostri confratelli. Quest’oggi il Signore ha voluto unire pienamente a sé il nostro carissimo don Pietro Brocardo, che aveva consacrato sin dal battesimo, per farlo entrare in una alleanza speciale d’amore attraverso la professione di vita salesiana, rendendolo partecipe anche del suo unico e sommo sacerdozio.
Alla famiglia, alla sorella Irma e al fratello Ettore qui presenti, ma anche alla sorella Giuseppina, ammalata, e a tutti i parenti vogliamo porgere le nostre condoglianze. Le accompagniamo con la nostra riconoscenza per il regalo che ci avete fatto nel vostro fratello Pietro, e con la preghiera di suffragio per lui e di consolazione per tutti voi.
Ieri sera, dopo cena, all’improvviso è arrivata una chiamata dalla comunità delle Figlie dei Sacri Cuori che curano l’infermeria dell’UPS, per dirci che don Brocardo stava male, che il suo cuore dava segnali di allarme. Il tempo sufficiente appena per essergli vicini mentre faceva il suo commiato da questo mondo e passava alla casa del Padre. Una morte serena, come era stata la sua vita. Un passaggio tranquillo all’eternità preparato sin dall’inizio della sua esistenza. Anche in questo è stato fortunato e benedetto.
Ho cercato di leggere la storia personale di Don Pietro Brocardo – almeno di quanto ho potuto conoscere – alla luce della Parola di Dio e mi è diventato molto stimolante contemplare quanti testi si addicevano alla sua vita, o meglio quanto essa si adattava alla parola di Dio, proprio come se non avesse voluto avere altro programma di vita che la sua identificazione con il Vangelo. Parlando sovente con lui, si poteva percepire facilmen? te come gli stesse a cuore il suo processo di “cristificazione” così come viene descritto dalla lettera agli Efesini, che parla dei carismi e dei ministeri orientati alla costruzione del corpo di Cristo e precisa: «Finché diventeremo uomini perfetti, degni della infinita grandezza di Cristo. Non saremo allora più come bambini messi in agitazione da ogni nuova idea, portati qua e là come dal vento… Al contrario, vivremo nella verità e nell’amore, per crescere continuamente e per avvicinarci sempre più a Cristo» (4,13b-14a.15).
È da supporre che questa fine sensibilità spirituale sia frutto dell’educazione ricevuta in casa dai genitori, che hanno fatto germinare due stupende vocazioni salesiane e altre tre di laici di forte identità cristiana. Certo, la formazione salesiana, la qualificazione teologica e le mansioni di responsabilità svolte come professore, formatore, direttore sono state altri dinamismi che vennero a configurare la ricca e attraente personalità di don Pietro.
Le letture che così ho scelto per questa eucaristia vogliono essere uno sguardo del profilo spirituale suo e una proposta valida per noi, appunto perché parola di Dio. Anche se diverse tra loro per precedenza, per contesti, si accomunano attorno a un unico tema: la fiducia nell’amore di Dio, che si è manifestato nella salvezza operata dal suo Figlio, il quale ci ha fatto passare dalla condizione di servi a quella di amici, commensali e figli addottivi di Dio, il che ci rende capaci di affrontare e trionfare pienamente su tutte le prove e tentazioni, su tutte le difficoltà esterne e interne della vita umana, cristiana e apostolica. Nessuna forza e nessun avvenimento ci può strappare dall’amore di Dio, e questo amore diventa una energia di bene talmente forte che ci porta a diventare strumenti e segni del suo amore, ad amare gli altri con lo stesso amore con cui siamo? stati amati. Così il brano della lettera ai Romani e quello del vangelo di Giovanni, che sono stati proclamati, illuminano la vita di don Brocardo e progettano la nostra.
La paternità e la fraternità di don Pietro, tanto stimata da tutti – basti pensare a tutti i suoi exallievi della Crocetta che passavano a salutarlo ricolmi di bei ricordi – trovano la loro sorgente in questa esperienza fondamentale, insostituibile per lo sviluppo della persona e il suo perfezionamento, cioè il sentirsi profondamente accettato e amato senza condizioni. Ecco la forza più grande della vita!
Al di là di qualsiasi esperienza, anche la più triste, Dio “illumina il volto di ciascuno di noi”. È una assicurazione di amore che copre la vita di tutte le persone, che va però mediatizzata attraverso l’accoglienza, la bontà, la tenerezza, la stima di quanti ci vogliono bene. L’amore di Dio però si è reso visibile, credibile ed efficace in Cristo. La pagina di Paolo nella lettera ai Romani è un canto al trionfo dell’amore di Dio su ogni negatività della storia. Un amore che si è manifestato in modo supremo nel dono del Figlio e nella gloria della Pasqua, radice della nostra salvezza. Questa è la fonte dell’unione assoluta tra il fedele e l’amore di Cristo. Anche le energie demoniache ostili all’uomo si devono arrestare di fronte a questa intimità di amore tra l’uomo amato e redento e il suo Dio. Se è vero che la sofferenza, soprattutto quella frutto dell’egoismo, continua ad essere oggi la pietra di inciampo per la fede e ragione dell’ateismo, per coloro invece che amano, perché si sono sentiti previamente amati, “tutto concorre al bene loro” e niente né nessuno li potrà mai strappare dall’amore di Dio. Ogni giorno, anzi ogni istante, è nuovo, toccato com’è dall’amore di un Dio eterno.
Questo è il don Brocardo che abbiamo conosciuto, che poteva rispondere ? facendo sue le parole del salmista: «Il Signore è mia luce e mia salvezza, di chi avrò paura?… Una cosa ho chiesto al Signore, questo solo io desidero: abitare tutta la vita nella casa del Signore, per godere la bontà del Signore, e vegliare nel suo tempio…Ripenso alla tua parola “Venite a me”. Eccomi, vengo a te, Signore» (27,1.4.8).
Oggi don Pietro ha ripensato e riascoltato la parola del suo Dio: “Vieni a me”, e lui, che aveva vissuto felice di abitare nella casa del Signore, d’ora innanzi potrà “godere pienamente della bontà del Signore”.
Questo è il frutto per essere stato un tralcio unito alla Vite attraverso l’amore e la fedeltà che si fa sacrificio, secondo la dinamica dell’amore, che ci porta salvezza e ci riempie di gioia. Giovanni lo esprime con un testo dei più densi ed eloquenti del discorso dell’ultima cena: «Come il Padre ha amato me, così io ho amato voi: rimanete nel mio amore! Se metterete in pratica i miei comandamenti, sarete radicati nel mio amore… Vi ho detto questo, perché la mia gioia sia anche vostra, e la vostra gioia sia perfetta». Gesù non chiede tanto di essere amato, ma piuttosto di accogliere l’amore discendente da lui e dal Padre suo e comunicarlo ad altri. Sembra un paradosso, ma è profondamente vero: per l’uomo, amare Dio significa prima di tutto lasciarsi amare da lui, perché amare Dio non è mai iniziativa dell’uomo ma sempre risposta a un dono.
Dicevo che preparando l’omelia la prima cosa che ho fatto è stato scegliere quei testi che meglio potessero illuminare la figura di don Brocardo e progettare la nostra. È così che ho trovato in questi brani tratti che mi sono sembrati il suo programma di vita.
Certo, tutto questo vissuto con una forte identità salesiana. Per lui, la forma d’essere uomo, d’essere cristiano, d’essere religioso passava necessariamente at? traverso la esperienza, il carisma, lo spirito, la spiritualità, la missione di Don Bosco, di cui don Pietro se sentì e fu suo degnissimo figlio.
Ammirava tanto Don Bosco che non dubitò di scrivere Tracce di vita in un libro che è diventato stimatissimo dai salesiani e anche dai non salesiani: Don Bosco profondamente uomo- profondamente santo. In esso dice: “Grande di vita naturale e, cioè, uomo tra gli uomini, anzi, così profondamente uomo che “l’ordinario” parve, a molti contemporanei, velare lo “straordinario” che era in lui. Grande in umanità, Don Bosco fu ugualmente grande di vita sopranaturale, anzi grandissimo, perché la Grazia si sposò con qualità umane superiori a quelle dei comuni mortali e trovò in lui corrispondenza piena e totale, anzi eroica” (p. 19).
Anche se sono tentato di spigolare alcuni brani da questo suo volume, in cui meglio si scopre l’immagine che egli aveva di Don Bosco, mi limito a leggere il ritratto che ne fa alla fine della introduzione: “Abbiamo detto che la sua intimità con Dio – scrive su Don Bosco – restò spessissimo, come in altri santi piemontesi, anzi di regola, un segreto impenetrabile. Ma qualcosa se ne vedeva, se ne intuiva. Della sua magica esistenza qualcosa gli balenava in volto, traluceva dai suoi occhi penetrantissimi, dal suo appena abbozzato e permanente sorriso; qualcosa di sovrumano spirava da tutto il suo comportamento, dalla sua calma sovrana di uomo straordinariamente operoso”.
Con Don Brocardo perdiamo un rappresentante della seconda generazione di salesiani. Ne sentiremo la sua mancanza. Proprio per ció ha più valore il testamento spirituale salesiano che ci lascia Don Pietro: la sua contemplazione di Don Bosco, bel commento forse il più elaborato dell’articolo 21 delle Costituzioni che ? ce lo presentano come padre e modello, appunto perché “splendido accordo di natura e di grazia”, quasi come se la sua ultima parola fosse quella: “Carissimi confratelli, studiatelo, ammiratelo, imitatelo”. A noi il compito sacro di farne tesoro e metterlo a frutto.
Don Pietro, grazie della tua bontà, quella che ti portava a pensare bene di tutti e a parlare bene di tutti. Grazie della tua paternità, quella che era frutto della tua esperienza spirituale salesiana. Grazie della tua semplicità e del tuo fine senso dell’umore, che ti portava a godere la vita e a non amare profeti di sventura. Grazie del tuo immenso amore a Don Bosco e alla Congregazione, quello che ti spingeva a vederla rinnovata spiritualmente, aggiornata nel suo patrimonio educativo, santa.
Don Pascual Chávez Villanueva
Rettor Maggiore