Rector Mayor

Omelia sul Beato Alberto Marvelli - Rimini 2015.10.18

OMELIA  DEL RETTOR MAGGIORE sul Beato Alberto Marvelli - Rimini 2015.10.18


Il Rettor Maggiore
Omelia Beato Alberto Marvelli
Rimini
2015.10.18

Carissimi sorelle e fratelli tutti, sono felice di essere oggi qui con voi per condividere la nostra fede e celebrare la memoria di questo grande giovane della nostra famiglia spirituale: il beato Alberto Marvelli, proprio in questa terra, la sua terra, la vostra terra.

Voglio sottolineare quattro aspetti della sua santità, che sicuramente voi conoscete molto bene, perché penso possono essere delle scintille preziose che illuminino i nostri cammini personali e comunitari verso la Casa comune del Padre anticipando già qui le sue dolcezze e intensità di comunione.

Per primo, la sua santità. Essere santi è la meta della nostra vita, perché essere santi è vivere la vita in modo tale che valga la pena di essere vissuta. Le circostanze di ognuno, di ogni tempo e luogo sono diverse, ma proprio lì, nelle diverse realtà quotidiane vengono vissute le nostre vite, proprio lì nelle diverse realtà quotidiane possiamo fare, meglio, possiamo collaborare con Dio perché insieme possiamo far sì, che la nostra vita valga la pena di essere vissuta. Così ha fatto Alberto da giovane. Impressiona leggere nei suoi scritti personali, esempio nel suo Diario, come già da giovane aveva capito questo cammino di collaborazione con il Signore e la Madonna per farsi santo. “Ho consacrato il mio cuore a Maria Immacolata” scrive l´8 dicembre del 1934, cioè a 16 anni! E pochi mesi dopo, nella Pasqua del ´35: “Gesù, piuttosto morire che peccare”, le stesse opzioni radicali fatti da Domenico Savio, non ancora dichiarato beato all´epoca. Tre anni dopo, quando Alberto non aveva compiuto i 20 anni, ha già la convinzione forte su quale era la meta nella sua vita: “Questo dev´essere il programma, il proposito, scrisse: imitare Gesù e i santi, ricopiare la loro vita santa” .

Don Bosco ha insegnato a Domenico Savio e agli altri ragazzi che essere santo è facile. Lui lo diceva perché la sua proposta era molto semplice e chiara, ma tutti sappiamo che sempre troviamo degli ostacoli, anche se il cammino per noi sia semplice e chiaro. Anzi troviamo piuttosto un ostacolo: noi stessi. Anche Alberto era a conoscenza di questa difficoltà, e invece di restare a guardare se stesso, prende sul serio la “collaborazione” che ho menzionato prima: “Forse credo di essere così forte da riuscire? Lo sai, o Signore, nulla io posso da me… Confido completamente nel tuo aiuto, e da parte mia cercherò di mettere la maggior volontà possibile” Ecco un bellissimo insegnamento di un giovanotto ventenne! Quindi, cari amici e amiche: accogliamolo e facciamoci santi!

Secondo: le “radici” di Alberto. Come è riuscito lui a avere questo desiderio profondo nel cuore, a fissarsi questa meta così alta? Sicuramente lo Spirito del Signore lo ha fatto, Egli ha seminato nel suo cuore questo profondo desiderio di santità, ma senza dubbio, lo Spirito ha trovato una terra preparata e collaboratori della sua semina, che non solo sono stati in certo senso testimoni di quanto accadeva nel cuore di Alberto, ma anche si sono presi cura di lui. Penso che siano due soprattutto questi collaboratori dello Spirito: i Marvelli, e i salesiani dell’Oratorio. Quando mi riferisco a “i Marvelli” senza dubbio parlo della sua famiglia, una famiglia di intensi valori cristiani.

La prima terra viene preparata dalle proprie famiglie, quindi, prendiamo cura delle nostre famiglie, prendiamo cura del loro accompagnamento. Nessuna famiglia è perfetta, come abbiamo sentito in questi giorni da tanti Padri Sinodali, ma ogni famiglia, donatore del dono della vita, può diventare anche seminatrice dei valori cristiani più profondi, soprattutto del desiderio di Dio, della ricerca fatta insieme di quella vita che valga la pena di essere vissuta da ogni suo membro.

Quando ho parlato de “i salesiani dell’Oratorio” non mi riferivo soltanto ai miei confratelli consacrati, ma a tutti quelli che formiamo parte della famiglia dell´Oratorio. Ecco, che bello, anche qui parliamo di “famiglia”! Senza dubbio, è stato l´Oratorio ad avere un grande influsso sulla vita spirituale e apostolica di Alberto. La proposta oratoriana o è una proposta di vita e di santità o non è niente, solo fuochi d´artificio, che possono essere molto belli, ma sono effimeri. Abbiamo una grande responsabilità nei nostri oratori e nelle nostre opere educativo-pastorali, siano scuole,2 centro di formazione professionale, collegi universitari, parrocchie, ecc. E la sfida è questa: collaborare con lo Spirito del Signore preparando la terra, e seminando insieme a Lui, prendersi cura della vita che cresce, prendersi cura della semente che viene sparsa nei cuori dei nostri ragazzi, delle nostre ragazze e dei nostri giovani. Abbiamo una grande responsabilità. E per compierla, anche noi dobbiamo avere nei nostri cuori quella scintilla di santità propria dei ricercatori di Dio, che in comunione, lavorano per il Regno dei Celi.

Terza sottolineatura che vi propongo: Per vivere intensamente la sua vita e camminare verso la meta della santità, Alberto aveva un segreto molto semplice pur se impegnativo, ma che non diventa mai una fatica in un cuore innamorato: una intensa vita di preghiera. Sentiamo lui: “Gesù mi invita a salire, ad ascendere. Ho un desiderio intenso di farmi santo attraverso la vita che il Signore mi riserva”. E in un´altra occasione: “Qui casca l´asino, è inutile pretendere di voler farsi santi, di essere apostoli, di apparire attivi lavoratori se non si medita, se si corre dietro ad ogni pensiero, se non si è capaci di imporsi un più vivo raccoglimento … una sensibilità viva per tutti quei fenomeni spirituali, politici, sociali, religiosi che si verificano intorno a noi” Questo non ce lo dice uno sperimentato maestro dei novizi, ma un giovane adulto di 28 anni! Un ultimo invito che Alberto fa a tutti noi: “Il silenzio è il mezzo ottimo per santificarsi, per non dire sciocchezze e commettere meno peccati, per abbassare l´orgoglio, esercitare l´umiltà e la pazienza, ed imparare a conversare con Dio” Bello questo: “imparare a conversare con Dio”. Coraggio carissimi fratelli e sorelle! Impariamo a conversare con Dio!

Quarto e ultimo: la sua santità era una santità “in uscita”. Penso quanto si sintonizzerebbe Alberto con le spinte di Papa Francesco! Alberto ha vissuto intensamente la vita dell’Oratorio, ma non è rimasto chiuso nel suo cortile e tra le sue mura. Lui ha imparato ad alzare lo sguardo e vedere le necessità di tanti, le necessità del suo popolo, soprattutto nel periodo della guerra e del dopo guerra.

Congedato dal servizio militare nel settembre del 1944, ritorna a Rimini, dove subito si coinvolge nel servizio alla sua città, ai suoi paesani, che passano vicende drammatiche in una Rimini devastata dalla guerra non ancora finita. Si dedica con slancio alla ricostruzione morale e materiale della città anche con vari incarichi di tipo civile e politico. Ecco una santità in uscita!

Lui aveva imparato nell´oratorio l´amore a tutti, ma soprattutto a quelli preferiti da Gesù: i più poveri.

Rimini ha visto il nostro beato non solo tra le macerie della città, ma anche tra ragazzi, i poveri, i sofferenti. E con una vita piena, una vita che dava tempo all’animazione nell´oratorio, allo sport, alla scuola. Una santità instancabile perché piena di passione, la passione di Gesù che lui ha scoperto anche in Don Bosco e nei suoi salesiani. A 21 anni aveva scritto: “La vita è azione, è movimento, ed anche la mia vita deve essere azione, movimento, continuo, senza soste: movimento ed azione tendenti all´unico fine dell´uomo: salvarsi e salvare… Ho bisogno di aria, di spazio, di orizzonti sconfinati, di cieli luminosi e stellati, di mari ed oceani immensi...” Carissimi fratelli e sorelle, abbiamo un modello, un fratello e accompagnatore nel camino, un intercessore. Lui ci aiuti a farci santi, a prendere cura delle nostre famiglie e la nostra famiglia dell´oratorio, a tuffarci nella profondità dei nostri cuori per trovare lì Dio e conversare con Lui, a vivere una santità autentica ed in uscita, per il Regno, per far sì che la nostra vita valga la pena di essere vissuta.