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Missionari Salesiani in Europa (2016) a cura di Don Alfred Maravilla

Missionari Salesiani in Europa
ATTi degli incontri dei Missionari per il Progetto Europa
a cura di Alfred MARAVILLA
SDB Settore per le Missioni
2016

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Editrice S.D.B.
Edizione extra commerciale
Direzione Generale Opere Don Bosco Via della Pisana, 1111 Casella Postale 18333 00163 Roma

Presentazione

 

Con gratitudine e con fede ci avviamo verso la fine del primo decennio del Progetto Europa dei Salesiani di Don Bosco. Questo Progetto, come sappiamo, è stato voluto e richiesto dal Capitolo Generale 26º nel 2008.
Con soddisfazione sentiamo echeggiare, nel contesto di questo progetto missionario salesiano, le primissime parole della nostra Regola di Vita: “Con senso di umile gratitudine crediamo che la Società di san Francesco di Sales è nata non da solo progetto umano, ma per iniziativa di Dio” (Cost. 1). Lo crediamo e lo vediamo, anche in riferimento al piccolo Progetto Europa.
All’alba della prima evangelizzazione, nel Nuovo Testamento il principio di Gamaliele, dottore della Legge, ci offre anche in quest’ora una via sicura, rasserenante e piena si speranza: “Per quanto riguarda il caso presente, ecco ciò che vi dico: Non occupatevi di questi uomini e lasciateli andare. Se infatti questa teoria o questa attività è di origine umana, verrà distrutta; ma se essa viene da Dio, non riuscirete a sconfiggerli; non vi accada di trovarvi a combattere contro Dio!” (Atti 5, 38 – 39).
Un segno chiaro che ci fa credere che questo progetto “viene da Dio”, è che il Signore stesso lo sta benedicendo e continua ad inviare i suoi collaboratori: “ogni chiamata manifesta che il Signore ama la Congregazione, la vuole viva per il bene della sua Chiesa e non cessa di arricchirla di nuove energie apostoliche” (Cost. 22). È questo esattamente quello che sta succedendo con il Progetto Europa. Giovani confratelli, venuti da tutte le Regioni delle Congregazione, continuano ad essere inviati come missionari ad gentes, si formano in contesto europeo, s’inseriscono attivamente e creativamente nelle nostre comunità e contribuiscono con le loro peculiarità alla crescita del carisma di Don Bosco nel Vecchio Continente. D’altra parte le Ispettorie dell’Europa, aperte all’accogliere dei missionari, anche se nella fatica della ricerca e del discernimento, trovano in questo progetto missionario della Congregazione una strada provvidenziale e preferenziale per la rinascita del carisma di Don Bosco nel Vecchio Continente.
Purtroppo la nostra memoria tende ad essere corta e un po’ debole. Già Papa Francesco ci ha parlato di una sorta di “alzheimer spirituale”. È vero che la storia del Progetto Europa è appena incipiente, però è anche vero

che in questo quasi primo decennio, abbiamo avuto abbondantissime illuminazioni e attorno al Progetto Europa sono sorte iniziative che costituiscono già oggi un bel patrimonio della storia Salesiana da non trascurare.
Ecco dunque il motivo che sta alla base di questa raccolta e questa edizione: offrire in forma assai sintetica, ma completa, i principali interventi dei primi tre incontri dei missionari del Progetto Europa (Roma 2010, Torino 2013, Monaco di Baviera 2016), la finalità è anzitutto, mantenere viva la memoria di questo Progetto.
Il prezioso materiale che trovate in questo volume potrà essere utilizzato come:
Materiale di formazione – iniziale e permanente – in particolare per la formazione missionaria di ogni Salesiano1, valido per qualunque Salesiano nel mondo, ma più specificamente per i Salesiani che vivono e che lavorano in Europa.
Strumento di discernimento pastorale per le nuove frontiere che le sfide missionarie del Progetto Europa costantemente ci offrono. Un esempio: l’elaborazione di questa raccolta avviene nei giorni in cui la Gran Bretagna ha deciso (gli adulti e non i giovani!) di staccarsi dall’Europa e in cui, allo stesso tempo, l’Ispettoria Salesiana della Germania ha incorporato tra le sue case la presenza salesiana d’Istanbul. Due segni molto eloquenti che indicano come la missione in Europa si trova in costante evoluzione, ciò richiede dalle nostre comunità missionarie in Europa un lucido e audace discernimento pastorale. Questa preziosa raccolta potrà e dovrà illuminare e dare ancora più qualità ad un delicato discernimento che urge fare in questa appassionate ora storica e missionaria dell’Europa.
Strumento d’iniziazione per i nuovi missionari che stanno arrivando e che arriveranno ancora, per unirsi alla missione della Chiesa e della Congregazione in Europa. Il delicato processo della loro inculturazione dovrà passare anche attraverso la paziente comprensione del cammino che è stato già fatto e a confrontarsi con le principali intuizioni e opzioni che sono state alla base di questo percorso missionario europeo.
1 Vede “Formazione Missionaria dei Salesiani di Don Bosco,” (SDB Dicastero Missioni: Roma, 2013).

Materiale a disposizione delle Chiese locali, delle Congregazioni religiose, dei movimenti, ecc. in particolare di quelli che cercano di rispondere alle nuove sfide missionarie presenti nel continente Europeo.
Ringrazio vivamente tutti quelli che hanno reso possibile la compi - lazione di questa raccolta: al mio predecessore come Consigliere per le Missioni, Don Vàclav Klement; ai diversi membri del Consiglio Generale della Congregazione Salesiana; ad ognuno degli autori dei diversi testi e interventi, in modo particolarissimo al nostro caro Rettore Maggiore Emerito, Don Pascual Chàvez; ai diversi traduttori e correttori; ed in modo molto speciale a chi ha sostenuto il maggior peso di questo lavoro di qualità e di pazienza, Don Alfred Maravilla, membro del Settore Missioni.
Per concludere, ascoltiamo le parole pronunciate da Giovanni Paolo II nello storico pellegrinaggio a Santiago di Compostela nel 1982 e riprese da Papa Ratzinger nell’Angelus del 24 luglio 2005: “Ti rivolgo, O vecchia Europa, un grido pieno d’amore: Torna a te medesima, sii te stessa! Riscopri le tue origini. Ravviva le tue radici. Rivivi quei valori autentici che hanno fatto gloriosa la tua storia e benefica la tua presenza tra gli altri continenti”. Il IV~ Incontro dei Missionari in Europa avrà luogo nel febbraio del 2018, esattamente a Santiago di Compostela. Possa dunque questa raccolta, che ho adesso il privilegio di presentarvi, costituire un passo in avanti in questo risveglio cristiano e salesiano dell’Europa.
Don Guillermo Basanes, SDB Consigliere per le Missioni
29 giugno 2016
Festa dei Santi Pietro e Paolo

introduzione

 

i greci avevano due termini per indicare “tempo”. il primo era chrónos che esprime una sequenza di momenti lineari. Così, gli eventi sono disposti su una linea temporale seguendo un ordine di successione tra passato, presente e futuro, come granelli di sabbia che scivolano attraverso una clessidra. L’altra parola greca era kairós, che esprime “opportunità”, o “un tempo predestinato” che sta scorrendo in vista di un’azione che si terrà, senza alcun riferimento alla durata.
San Paolo considerava il tempo come una serie di opportunità, quindi, ha incoraggiato i suoi primi cristiani a non smarrirsi nei loro affari quotidiani – e perdere le opportunità che il Signore ci offre. il kairós è il tempo stabilito da Dio per agire. Si tratta di un momento privilegiato in cui lo Spirito Santo manifesta la sua presenza, al fine di realizzare il rinno - vamento o la trasformazione dinamica di persone, comunità o situazioni particolari. Perciò San Paolo ha esortato le sue comunità cristiane a prestare attenzione e approfittare del tempo, cogliendo i momenti opportuni: “Ecco ora il momento favorevole [kairós], ecco ora il giorno della salvezza” (2Cor 6, 2)!
infatti, Dio ci sorprende continuamente affettando perfettamente e tempestivamente il nostro chrónos con il suo kairós. Eppure, non sappiamo quando questo kairós terminerà e così rischiamo davvero di perdere questi momenti decisivi di kairós. Solo un discernimento serio e attento ai movimenti dello Spirito ci aiuterà a cogliere questi momenti opportuni!
Quelli che vedono il crescente agnosticismo religioso, e il relativismo morale e legale che sta diffondendosi come una conferma del declino della fede religiosa che portano inevitabilmente alla ‘morte di Dio’ annunciata da Nietzsche nel XiX secolo, rivelano una visione del tempo come chrónos. in questo Continente, che sembra essere un po’ invecchiata e compressa e senza memoria delle sue radici cristiane, gli indagini spesso prevedono l’avvento di un periodo “post-cristiano” in Europa. Ciò induce molti cristiani

ad avere una profonda sensazione di stanchezza, disorientamento e incertezza e spesso a cedere alla tentazione di perdere la speranza.1
Dove c’è la stanchezza della fede la presenza rinnovatrice dello Spirito ci sfugge. Eppure, con gli occhi della fede possiamo vedere nell’Europa di oggi, pur con le sue contraddizioni, la presenza dello Spirito di Dio che rinnova, trasforma e rivitalizza questo vecchio Continente! infatti, è solo con la fede che possiamo percepire che siamo davvero al kairós dell’Europa!
Una fede profonda nel Signore della storia ci aiuta a vedere i segni traboccanti di speranza in Dio, che trasforma il male in bene e la morte in vita: la preoccupazione di salvaguardare le condizioni e le modalità del rispetto dei diritti umani e la qualità della vita; forme di riconoscimento reciproco, di cooperazione e scambi che portano ad una maggiore coscienza europea. Certo, qui più che mai, la Chiesa è chiamata a vivere la sua missione come “la voce nel deserto” per garantire il primato dei valori etici e spirituali nell’Europa secolarizzata di oggi. Tuttavia, tale missione offre anche nuove possibilità di azione pastorale: la possibilità di concentrarsi sulla sua missione spirituale e sul suo impegno primario di evangelizzare; l’accresciuta presa di coscienza della missione propria di tutti i battezzati, l’aumentata presenza, in particolare delle donne, nelle strutture e negli ambiti della comunità cristiana.2
La deliberazione iniziale del CG25 di studiare la possibilità di “una nuova distribuzione e organizzazione delle ispettorie di Europa” (CG25, 129) e la decisione del CG26 di “rilanciare il carisma salesiano in Europa” (CG26, 108) sono stati, forse, una sorpresa per molti salesiani, che ormai erano rassegnati alla realtà di un rapido invecchiamento delle comunità e alla continua diminuzione delle vocazioni. in realtà, ci sono ancora quelli che resistono a questo Progetto; alcuni l’abbracciano con scetticismo, mentre altri lo accettano con riluttanza. Eppure, D. Angel Fernandez aveva insistito nel suo discorso alla chiusura del CG27 che il Progetto Europa continuerà.3 Poi, nella sua lettera agli ispettori d’Europa nel marzo del 2016, ha delineato la strada da percorrere: l’approfondimento della nostra identità salesiana,
1 GiovANNi PAoLo ii, Esortazione Apostolica Postsynodale Ecclesia in Europa (vaticano: Libreria Editrice vaticana, 2003), n. 7, 9; FRANCESCo, “Discorso al Parlamento Europeo” (25 novembre 2014), in AAS vol. 106 n.12 (2014) 995.
2 GiovANNi PAoLo ii, Ecclesia in Europa, n. 11, 12.
3 ANGEL FERNANDEZ ARTiME, “Discorso alla Chiusura del CG27”, in SDB Capitolo Generale XXVII, in ACG 418, p. 129.

il ridisegno delle presenze e la formazione delle comunità internazionali, nonché la valorizzazione della presenza dei missionari in Europa.´
In effetti, il Progetto Europa non può essere visto come una mera strategia congregazionale di sopravvivenza. Né potrebbe essere ridotto solo all’invio di missionari. No! Il Progetto Europa in primo luogo consiste nel rafforzare la fede e la vita consacrata di ogni salesiano, in modo che egli diventi un testimone convincente del Vangelo e del carisma salesiano per i giovani europei di oggi. Questo richiede, a sua volta, un ridisegnamento in modo che le nostre presenze siano ‘in uscita’ verso le periferie per evangelizzare i giovani, soprattutto i più poveri (gli emarginati, migranti, zingari, ecc.). Infine, l’invio di missionari e la formazione di comunità multiculturali ed internazionali mirano a favorire e rafforzare questi primi due obiettivi.
Questi Atti dei tre incontri dei missionari in Europa mostrano l’impegno della Congregazione proprio per cogliere questo kairós. Durante l’incontro a Roma (2011) l’attenzione era concentrata sulla comprensione del motivo che stava all’origine del Progetto Europa e dell’accoglienza dei missionari nelle Ispettorie europee. A Valdocco (2013) la riflessione riguardava l’accompagnamento dei missionari e il modo con cui hanno arricchito le loro nuove Ispettorie. Infine a Monaco di Baviera (2016) la discussione verteva sul ruolo avuto dai missionari nella rivitalizzazione del carisma salesiano nel Continente.
Gli interventi dei Rettori Maggiori durante gli incontri degli Ispettori d’Europa sono inclusi come appendici a questa pubblicazione perché aiutano il lettore a capire la crescita, lo sviluppo e la strada da percorrere per il Progetto Europa.
Guardando indietro con gli occhi della fede ci rendiamo conto che lo Spirito stava preparando la Congregazione per affrontare la nuova realtà dell’Europa, in modo da poter essere più consapevoli delle nostre risorse e come pure delle sfide, e con speranza per rilanciare il carisma salesiano nel Continente. Solo con la fede possiamo riconoscere il Progetto Europa come segno tangibile della presenza attiva dello Spirito nella nostra Congregazione, il quale “la vuole viva per il bene della sua Chiesa e non cessa di arricchirla di nuove energie apostoliche” (Cost. 22).
Affinché possiamo cogliere questo kairós – il tempo stabilito, il momen
´ IDEM. “Lettera agli Ispettori di Europa (29 marzo 2016). Vede Appendice VI di questa pubblicazione.

to opportuno – per tutta la Società Salesiana di rivitalizzare il carisma di Don Bosco in Europa, abbiamo bisogno di concentrarsi prima di tutto sulla nostra conversione pastorale: noi, i pastori, convertiamoci al Signore in modo che possiamo vedere la realtà di oggi con gli occhi del nostro Pastore Supremo. Solo allora possiamo assumere ancora più decisivamente la conversione istituzionale tanto necessaria in modo che possiamo lasciare entrare l’aria fresca del rinnovamento, rendendo più leggero il nostro compito di gestire le nostre istituzioni, più fraterne le nostre relazioni, più evangelica la nostra missione, e possiamo vivere la nostra la vita consacrata con ancora maggiore speranza e ottimismo.5 Questo, a sua volta, ci aiuta a passare dalla tristezza del fatalismo alla gioia della carità inventiva. La nostra fedeltà al nostro carisma implica di purificare le espressioni culturali che non sono più feconde o significative alla luce della radicalità evangelica, e cercare nuove espressioni, alla luce della nostra realtà attuale, in modo da poter portare frutti più abbondanti.6
Sono convinto che il Progetto Europa è un’ispirazione dello Spirito; è allo stesso tempo un invito per tutta la Società Salesiana ad essere aperta a una nuova realtà per quanto riguarda il nostro concetto di missione e di vita fraterna. in un momento in cui Papa Francesco invita tutta la Chiesa a uscire verso le periferie, il Progetto Europa è il kairós, che potrebbe aprire una nuova era di rifondazione e lanciare iniziative coraggiose e audaci, per mantenere acceso il fuoco degli inizi del nostro carisma e per trasformare le sfide dell’Europa come opportunità per riempire il vuoto “dell’uomo sazio che vive come se Dio non esistesse”.7
“La fede ci apre il cammino e accompagna i nostri passi nella storia”.8 Effettivamente, potremmo cogliere questo kairós solo se siamo persone di profonda fede. in ultima analisi il Progetto Europa punta tutto sull’approfondimento della la nostra fede nel Signore, il quale ci dà la capacità di passare dal chrónos al kairós!
D. Alfred Maravilla, SDB
5 LUiS A. GoNZALo DiAZ, “En Salida, En Movimiento y con vitalidad”, in Vida Religiosa Monográfico, vol. 120, n.2 (2016), 7-10.
6 BRUNo SECoNDiN, “Los Actuales Desaf~os de la vida Consagrada en Europa (iii)”, in Vida Religiosa, vol. 121, n.6 (2016), 31.
7 GiovANNi PAoLo ii, Ecclesia in Europa, n. 9.
8 FRANCESCo, Enciclica Lumen Fidei (vaticano: Libreria Editrice vaticana, 2013) n.8.

 

Discorso di Apertura

D. Vàclav Klement, SDB
Consigliere per le Missioni
Carissimi fratelli in Don Bosco!
Sono molto contento di darvi il benvenuto per il primo incontro dei missionari presenti in Europa. Veramente oggi è un giorno storico! Benvenuti nella casa del Rettor Maggiore!
Tutto il cammino del Progetto Europa è coordinato e monitorato dalla Commissione presieduta da Don Francesco Cereda e rende conto al Rettor Maggiore e al raduno biennale di tutti gli Ispettori d’Europa. Il nostro raduno è convocato in seguito alla Programmazione degli interventi operativi per il 2011 - 2012, approvata dal Rettor Maggiore dopo ultimo incontro dei 28 Ispettori d’Europa, svoltosi nel novembre 2010: 3.1.2. Il Settore per le missioni, insieme ai Consiglieri Regionali di Europa, continui a seguire il discernimento, la formazione missionaria e l’accompagnamento dei nuovi missionari che si offrono per il Progetto Europa; faciliti lo scambio delle esperienze tra le Ispettorie che hanno ricevuto missionari negli ultimi dieci anni; favorisca un incontro dei missionari in Europa.
Dopo una seconda visita alle cinque Ispettorie che hanno già ricevuto i missionari (Gennaio - Aprile 2011) e dopo la consulta agli Ispettori, sono stati individuati obiettivi specifici per l’incontro:
1. Approfondire la conoscenza su obiettivi e strategie del Progetto Europa.
2. Che cosa significa essere ‘missionario in Europa’?
3. Favorire scambio delle esperienze di vita e relazioni fraterne fra i missionari del PE.
4. Favorire relazioni fraterne e istituzionali tra i Delegati per il Progetto Europa.
Partecipanti dell’incontro: sono stati invitati alcuni confratelli dalle 8 Ispettorie che hanno ricevuto missionari negli ultimi anni: AUS, BEN, CEP, FRB, GBR, ICP, IRL e UNG. Sono stati invitati pure tutti i missionari e i delegati ispettoriali per il Progetto Europa, e anche formatori o direttori.
Metodologia: Ascoltare le esperienze personali dei missionari ed espe

rienze ispettoriali che ricevono i missionari. Condividere in piccoli gruppi le esperienze e riflessioni, per preparare alla fine dell’incontro alcuni suggerimenti concreti per migliorare tutte le dinamiche a livello personale, ispettoriale ed europeo.
La sfida linguistica tra i Salesiani d’Europa è un dato di fatto. Anche tra i partecipanti del nostro incontro troviamo richieste per le traduzioni in 5 lingue per una partecipazione attiva (italiano, inglese, vietnamita, polacco e francese). Facciamo uno sforzo per superare la barriera linguistica grazie ad alcuni interpreti tra di noi, grazie al lavoro nei gruppi linguistici, dove ciascuno dovrebbe sentirsi libero di esprimersi a sufficienza.
Siamo insieme per un solo breve weekend. Per questo motivo invito tutti a creare tra di noi un intenso spirito di famiglia missionaria. Auguro che tutti noi possiamo contribuire a un primo incontro dei missionari in Europa per diventare veramente un’esperienza salesiana carismatica.

inviare e Accogliere Missionari in Europa: Sfide e opportunità

D. Vàclav Klement, SDB
Consigliere per le Missioni
Carissimi confratelli!
1. Introduzione
Sono già passati quasi quattro anni, da quando il Capitolo Generale 26 ha deliberato – nel Marzo 2008 – l’inizio del Progetto Europa. Senza dubbi uno dei tre obiettivi principali del PE ‘Europa terra di missione’ ha suscitato molto interesse da tutte le parti – sia dentro la Congregazione sia fuori; ha offerto più visibilità del Progetto Europa e a volte offre il punto da cui cominciare un discorso salesiano sullo stesso PE. Allo stesso tempo bisogna riconoscere che è anche un argomento difficile per tutte le parti coinvolte: sia per i confratelli missionari arrivati dalle diverse ispettorie d’Europa sia per i confratelli delle ispettorie europee che hanno ricevuto e stanno accompagnando e aiutando il loro inserimento nei primi anni di permanenza in Europa.
Come consigliere per le missioni ho dovuto affrontare molte volte, negli ultimi due anni, il tema dell’invio e dell’accoglienza dei missionari in Europa – durante le visite alle ispettorie che hanno già ricevuto alcuni missionari negli ultimi anni, nelle visite d’insieme in cinque diverse regioni della congregazione, nei colloqui personali o nelle conferenze.
Possiamo dire, che essere missionario in Europa oggi non è molto diverso dall’essere inviato come missionario ad gentes in altri continenti: necessità di formazione prima della partenza, saper affrontare lo shock culturale, imparare le lingua ed impegnarsi nella conoscenza della cultura, etc. Allo stesso tempo però troviamo alcuni elementi specifici che hanno bisogno di approfondimento durante il nostro lavoro. Nella nostra riflessione accogliamo le sfide come opportunità di crescita, per fare un passo avanti nelle dinamiche del Progetto Europa.
Anzitutto il Continente europeo è ancora una terra di tantissimi mis

sionari ad gentes che lavorano in altri continenti. Nello stesso tempo non possiamo negare che in molti Paesi d’Europa (occidentale) troviamo già un 15% del clero diocesano proveniente dall’estero, specialmente dai Paesi non europei. Per esempio nell’Italia troviamo circa 2000 sacerdoti Fidei donum dall’estero impegnati nella pastorale, quando sono ancora 900 sacerdoti italiani del Fidei donum missionari ad gentes in diversi continenti. La missione è ormai diventata pluridirezionale. Bisogna riconoscere che questa realtà non è molto percepita dai nostri confratelli. Quindi uno sguardo al Progetto Europa nel contesto della nuova geografia ecclesiale, di vita consacrata ci aiuta per avere una visione più equilibrata.
2. Le Aspettative e le Riflessioni sull’‘Invio e sull’Accoglienza dei Missionari in Europa’
Durante gli ultimi sei mesi, nel preparare il nostro incontro, ho colto alcune aspettative da parte di alcuni di voi qui presenti oppure dai vostri Ispettori. Ci fa bene a condividerle:
Aspettative dei missionari: Come facilitare l’accomodamento alle culture europee oppure il cammino dell’inculturazione (2 Ispettorie)? Come migliorare la comunicazione inter-culturale con i giovani o laici collaboratori?
Aspettative degli ispettori europei o degli accompagnatori dei missionari: Come costruire un clima d’integrazione dei missionari e Salesiani europei (2 Ispettorie)? Come trovare le forme adeguate nella formazione iniziale (scrutini, programmi speciali per i missionari)?
Aspettative dei delegati ispettoriali di animazione missionaria: Che tipo di contributo possono offrire i missionari all’animazione missionaria delle Ispettorie sia europee sia Ispettorie d’origine? Si intende che un missionario presente in Europa possa influire molto all’immagine del Progetto Europa nelle Ispettorie non europee, oppure promuovere le dinamiche nelle Ispettorie d’Europa.
Dall’altra parte abbiamo già diverse riflessioni del Consigliere per le Missioni condivise a livello istituzionale con diversi Consigli ispettoriali o con gli Ispettori d’Europa, tutti disponibili nel continente digitale (sito www.sdb.org/ AGORA – Missionari Progetto Europa, Migrantes.
1) Relazione all’Incontro Ispettori Progetto Europa (Novembre 2010)

‘Europa terra di missione’ accompagnata da alcuni allegati: Discernimento della vocazione missionaria per il Progetto Europa, Scheda per l’accoglienza ed accompagnamento dei missionari in Europa, Lista dei missionari arrivati per il Progetto Europa 2002-2010 (aggiornata 2011).
2) Intervento – Illuminazione sul tema ‘Europa Terra di Missione’, Visita d’insieme della Regione Europa Ovest (Agosto 2011).
3) Commissione Progetto Europa – Progetto Migrantes 2012 (Santiago de Compostela, Agosto 2011), una riflessione iniziale e primi passi per la ricerca a livello europeo.
Inoltre ho potuto raccogliere un po’ di materiale durante le visite di animazione (2008-2011) alle Ispettorie che hanno già ricevuto i missionari (AUS, BEN, CEP, GBR, ICP, IRL, UNG): contributi dei singoli missionari, riflessione dei consigli ispettoriali oppure degli incaricati dei missionari nell’Ispettoria. Si vede un cammino lento ma deciso in tutte le Ispettorie coinvolte per migliorare accoglienza, formazione, integrazione ed inserimento dei missionari.
3. Alcuni Passi o Elementi dell’‘Invio e dell’Accoglienza dei Missionari in Europa’
Come dato di fatto, negli ultimi dieci anni (2002-2011) sono stati inviati nelle Ispettorie europee circa 80 confratelli, quando contiamo tutte le Ispettorie con i loro diversi territori missionari ‘aggiunti’ fino all’Africa, Europa Est o Asia. Circa 20 missionari non sono più presenti nelle Ispettorie della prima destinazione per diverse ragioni (ritornati nelle loro Ispettorie – 13, rinviati per una nuova missione – 3, deceduti – 2, usciti – 2: cfr. Allegato). Dopo l’avvio ufficiale del PE quasi 40 confratelli sono arrivati nelle Ispettorie dell’Europa.
Fino ad oggi possiamo individuare alcuni elementi dell’invio-accoglienza dei missionari.
Non si tratta di una scala dei passi successivi, ma come ogni processo si tratta di un processo ciclico che, nell’insieme, sta crescendo e migliorando:
1) Richiesta delle Ispettorie al Rettor Maggiore per l’invio dei missionari (‘progetto’).
2) Valutazione della richiesta, lista annuale dei bisogni missionari (aggiornata a luglio).

3) Cammino del discernimento della vocazione missionaria per il Progetto Europa.
4) Formazione dei nuovi missionari prima dell’invio (Ispettoria d’origine, corso annuale).
5) Preparazione, accoglienza e accompagnamento dei nuovi missionari nelle Ispettorie.
6) Integrazione o inserimento dei missionari nella missione delle Ispettorie Europee.
Bisogna riconoscere che siamo agli inizi di un Progetto ‘inedito’ senza precedenti, quindi nessuno dei sei (6) elementi è tutto chiaro in tutte le parti coinvolte. Ora tutti gli elementi sono in continua riflessione, verifica e miglioramento. La nostra riflessione odierna è un importante contributo per questo cammino delle Ispettorie d’Europa.
4. Alcune Sfide e Opportunità Incontrate nel Cammino dell’Invio e Accoglienza
4.1. Richiesta delle Ispettorie al Rettor Maggiore per l’invio dei missionari
Nei primi tre anni sono stati presentati al Rettor Maggiore 11 richieste da 9 Ispettorie dell’Europa (AUS, BEN, CEP, FRB, GBR, ICC, IME, ILE, IRL). Nel raduno della Commissione per il PE (Fatima, Gennaio 2010) è stata preparata una scheda modello per presentare nel futuro le richieste. La richiesta è indirizzata al Rettor Maggiore e si presenta sotto forma di progetto. Tale richiesta ha un nome: Progetto per... Ogni richiesta contiene un solo progetto. Il Progetto deve essere formulato con questi elementi:
(1) Chiamata di Dio o Orizzonte
A che cosa è chiamata l’Ispettoria con questo progetto e come si situa questo progetto nella vita, nelle opere e nei campi privilegiati di intervento dell’Ispettoria?
(2) Situazione e sfide
Quale è la situazione dell’Ispettoria in riferimento al progetto che si intende realizzare?

(3) Obiettivi o focus
In quali campi e opere l’Ispettoria vuole concentrare personale e risorse per questo progetto? Quale missione oggi? Quali prospettive per la missione? Quale piano immediato e concreto? Quale piano a medio e lungo termine?
(4) Confratelli richiesti e motivazioni per la loro richiesta
(5) Caratteristiche specifiche dei confratelli richiesti per il progetto
(6) Come l’ispettoria intende accogliere, formare, accompagnare i nuovi confratelli?
La sfida principale: alcune delle Ispettorie presentano progetti poco chiari o specifici La Commissione per il PE non è ancora arrivata ad una valutazione che aiuti il cammino.
La richiesta indirizzata al Rettor Maggiore è il punto di partenza di tutto il cammino. Una riflessione per rivedere il progetto insieme con gli occhi dei nuovi arrivati potrebbe essere molto utile. A volte i missionari portano alcune dinamiche educativo-pastorali inedite nel contesto europeo (cfr. Comunità ecclesiale di base, spirito missionario dei laici - leader, energie delle comunità dei migranti recentemente arrivati in Europa etc).
4.2. Valutazione della richiesta, lista annuale dei bisogni missionari
Non è facile una valutazione delle richieste. La risposta alle domande è riflessa in modo concreto nella lista dei bisogni urgenti delle missioni salesiane, aggiornata ogni Luglio dal Rettor Maggiore in vista della spedizione missionaria dell’anno successivo. Finora la lista è l’unico strumento che raggiunge tutte le Ispettorie. Alcune Ispettorie chiedono la descrizione dei bisogni in modo più dettagliato.

EUROPA – Progetto Europa – in vista della spedizione del 2012
AUS - Austria
Tedesco
Centri giovanili - Oratori, Parrocchie, Opere per i migranti, MGS
BEN - Belgio
Fiammingo -
Olandese
Opere per i migranti, richieste delle comunità internazionali
CEP - Bulgaria
Bulgaro,
Lingue Rom
Bisogno di internazionalizzare le comunità; opera per l’etnia Rom
EST - Russia
Russo
Mosca, Gatchina, Rostov (scuola, centro giovanile, parrocchia)
FRB - Francia- Belgio sud
Francese
Parrocchia-Centro giovanile, Pastorale migranti (Bruxelles, Francia)
GBR - Gran Bretagna
Inglese
Scuole; centro di spiritualità, migranti, bisogno dei giovani SDB
IRL - Irlanda
Inglese
Scuole; centro di spiritualità giovanile, bisogno dei giovani SDB
IME - Albania, Kosovo
Albanese,
Italiano
Prima evangelizzazione, poco personale, specialmente coadiutori
ICC - Italia: Migranti
Italiano, Spagnolo, Inglese
Progetto Genova (ecuadoriani), Progetto Sacro Cuore (Roma)

Dal punto di vista operativo delle richieste pervenute al Rettor Maggiore, la Commissione per il PE costata il bisogno di essere priorizzate secondo le urgenze del tempo e del progetto:
(A) richieste per i progetti molto urgenti (non c’è personale, specialmente giovane),
(B) richieste per i progetti importanti ma non troppo urgenti (attesa del ridimensionamento),
(C) richieste importanti, molto specifiche (qualifiche, capacità, lingua, ...) a lunga scadenza.
Quindi anche nella lista per il 2012 non troviamo tutte le Ispettorie che hanno chiesto l’invio di missionari.
4.3. Cammino del discernimento della vocazione missionaria per il Progetto Europa
La difficoltà principale è che sono pochi i candidati che chiedono esplicitamente al RM di essere inviati in Europa. In alcune Regioni non Europee i confratelli giovani sentono paura davanti all’immagine superfi

ciale di un continente secolarizzato, dove non è facile lavorare da religiosi. Alcune ispettorie esprimono esperienze del passato di una certa discriminazione durante gli anni trascorsi in Europa (tirocinio o studi di teologia). Per la scarsità di candidati espliciti, il Consigliere per le missioni inizia un dialogo con alcuni candidati che mostrano interesse o delle caratteristiche espresse nei criteri individuati per il PE.
Una breve lista dei Criteri per il discernimento della vocazione missionaria salesiana è stata offerta a tutte le ispettorie della Congregazione come frutto delle riflessioni europee:
Qualità espresse dalle Ispettorie d’Europa che richiedono e accolgono
– Saper lavorare nella cultura secolarizzata, consumista (testimonianza di povertà)
– Saper lavorare con i laici, sotto i laici delle nostre opere (scuole, opere sociali)
– Aver creatività ed entusiasmo, flessibilità nell’adattamento alle culture, ai giovani
– Saper imparare dalla cultura salesiana locale (ricchezza carismatica – santità)
Qualità espresse dai missionari stessi già presenti in Europa
– Una vocazione Salesiana robusta (apertura verso gli altri, relazione interpersonale matura, spirito di preghiera, spirito di gioia).
– Umiltà e pazienza nell’aiutare i Salesiani locali nel loro protagonismo:
l’Europa è evangelizzata alla fin fine in primo luogo dagli Europei. – Apertura e flessibilità di adattamento alle culture locali d’Europa che
dura tutta la vita.
Sarebbe molto utile riflettere sulle motivazioni della vocazione missionaria salesiana in Europa e le aspettative ‘vitali’ dei missionari. A volte ci vuole un lungo cammino di approfondimento.
4.4. Formazione dei nuovi missionari prima dell’invio (ispettoria d’origine, corso annuale)
Al missionario, con la destinazione già ricevuta, prima che arrivi a Roma, oppure nella ispettoria di destinazione, è richiesto di cominciare lo studio della lingua locale e raccogliere alcune informazioni fondamentali sul

paese o sull’Ispettoria di destinazione. Alcune Ispettorie europee aiutano molto bene prima dell’arrivo con l’invio di CD per studi linguistici e con alcune informazioni sulla cultura, opera salesiana etc.
Il corso per i neo missionari (4 settimane, ogni settembre, Roma – Torino) offre gli elementi generali per tutti i missionari: durante la prima settimana nel nucleo ‘culturale’ sono offerte le indicazione per le dinamiche culturali (valori, dinamiche, shock, inculturazione, Vangelo – culture). A partire dal 2009 abbiamo inserito alcuni interventi specifici per i missionari del PE (presenza di un primo direttore indiano in Europa, presenza dell’Ispettore GBR durante 3 giorni del corso, un modulo esplicito sul - l’evangelizzazione – educazione nel contesto europeo).
4.5. Preparazione, accoglienza ed accompagnamento dei nuovi missionari nelle Ispettorie
Sicuramente il primo passo da parte dell’Ispettoria che accoglie è la sensibilizzazione di tutti i confratelli prima dell’arrivo dei nuovi missionari. Nell’Ispettoria dell’Ungheria hanno nel 2005 l’Ispettore ha fatto pregare la Famiglia salesiana per un anno intero prima dell’arrivo dei primi confratelli del Vietnam e dell’India. Il fatto che la comunità ispettoriale ‘vuole ricevere’ i missionari (ownership) è molto importante.
L’accompagnamento dei tirocinanti, studenti di teologia venuti da altre Ispettorie d’Europa, oppure dalle Ispettorie non europee a volte non è molto differente dall’attenzione offerta ai missionari. A volte i confratelli di una certa età non riescono a cogliere subito la differenza nello stato d’animo di un missionario che viene per ‘vivere e morire’ al suo paese da un semplice studente che ritorna dopo due o tre anni nella sua Ispettoria d’origine.
Siamo agli inizi. Anche per facilitare il visto di entrata per i nuovi missionari in alcuni casi abbiamo bisogno di aspettare undici mesi. Alcune Ispettorie sono ben organizzate, alcune si stanno organizzando, altre possono servire come modello.
Come uno dei primi strumenti per facilitare un buon livello d’accoglienza e accompagnamento dei nuovi missionari serve la lista prodotta nell’Ispettoria GBR (2009).
Ci manca ancora un programma d’introduzione dei nuovi missionari nel primo anno della loro permanenza: nucleo culturale, nucleo salesiano (non solo letture o studi, ma anche la visita alle principali comunità dell’Ispet

toria – conoscenza vitale), nucleo ecclesiale e nucleo della pastorale giovanile. Un programma dell’Ispettoria cinese (biennale, prodotto nel 2009) ci può servire come modello.
L’accompagnamento a livello del personale (direttore spirituale, formatore, ispettore), a livello ispettoriale (un incaricato, delegato dell’Ispettore, raduni regolari di tutti i missionari presenti nell’Ispettoria) sono già buone pratiche in corso di alcune Ispettorie.
La maggioranza dei nuovi missionari arriva durante il periodo della formazione iniziale. Una domanda aperta sorge per la formazione specifica (teologia). Oltre Gerusalemme non esiste un’opzione salesiana per questa tappa nel contesto europeo in lingua inglese. Diverse esperienze che approfittano dei centri dove viene usata la lingua locale (FRB - Università cattolica di Lyon, AUS - Università Cattolica di Wien, UNG - Seminario maggiore interdiocesano e intercongregazionale) richiedono anche un impegno dell’Ispettoria a livello salesiano.
4.6. Integrazione o inserimento dei missionari nella missione delle Ispettorie Europee
Quando arriva anche un solo missionario in un’Ispettoria mono-culturale d’Europa, l’Ispettoria cambia. In quel momento scattano dinamiche multiculturali, interazione tra le diverse culture ed anche tra le diverse culture di vita ecclesiale o salesiana. Il processo d’inserimento richiede sempre un impegno attento da tutte le due parti.
L’ultimo elemento dei 6 sembra il più impegnativo soprattutto per i sacerdoti o i coadiutori con i voti perpetui, che arrivano per il Progetto Europa. A differenza dei giovani tirocinanti o studenti di teologia, questi loro devono ‘subito’ inserirsi pienamente nel lavoro pastorale e possono vedere i frutti del loro ministero.
Ci sono due parti che sono in dialogo nel lungo cammino di un vero inserimento nella vita e missione delle Ispettorie d’Europa. Alcuni punti hanno bisogno di un dialogo aperto, onesto nello stile di famiglia a livello delle persone e comunità locali. A livello ispettoriale ci vuole anche qualche piattaforma istituzionale (incontri, portare alla conoscenza dei direttori e del consiglio ispettoriale alcuni punti concreti, notiziario ispettoriale):
– Da parte dei missionari ci vuole un impegno continuo, paziente e umi

le di conoscere meglio la lingua, cultura e situazione della nuova Ispettoria. Da parte delle Ispettorie europee ci vuole sia un aiuto continuo per appoggiare i missionari nell’inculturazione, sia l’apprezzamento e la conoscenza delle esperienze salesiane dei nuovi arrivati.
– Come in tutte le parti del mondo, bisogna evitare la tentazione delle Ispettorie di pretendere un’integrazione dei missionari come adeguarsi in tutto al modo di vivere e operare a cui tutti i confratelli locali sono abituati. Dall’altra parte i missionari devono portare con umiltà e creatività le ricchezze del carisma salesiano vissuto in patria, evitando la tentazione di adeguarsi allo stile facile di vita nelle società consumiste oppure un’accettazione acritica di tutto quanto incontrano nell’Ispettoria.
– Da parte delle Ispettorie ci vuole coscienza che con l’arrivo dei missionari hanno ricevuto una ricchezza culturale e salesiana, e da parte dei missionari ci vuole pazienza nel discernere il loro contributo specifico alla vita e alla missione.
5. Opportunità che hanno Bisogno di un’Attenzione Speciale
Ogni sfida offre un’opportunità. Ci sono alcune opportunità da sviluppare, già emerse durante gli ultimi tre anni del cammino. Voglio semplicemente elencarne alcune per il vostro approfondimento:
5.1 I missionari presenti in Europa possono facilitare la recezione del progetto Europa nelle Ispettorie non europee. Comunicando nelle Ispet - torie d’origine la loro esperienza di vita, possono sciogliere alcuni dubbi e obiezioni al riguardo del PE. La conoscenza della molto variegata situazione europea può essere comunicata in modo più immediato, credibile e convincente.
5.2 Molte Ispettorie non europee temono che i missionari inviati non siano benvenuti oppure poco accompagnati sia dalla Ispettoria di origine sia dalla nuova Ispettoria o addirittura discriminati (inchiesta luglio - ottobre 2010, 10/38 Ispettorie).
5.3 Incontrando i missionari presenti in Europa, ho sentito spesso alcuni dubbi essenziali: Quale contributo specifico possono offrire i nuovi confratelli? In modo concreto si chiedono come un africano, asiatico o americano potrebbe esercitare un impatto nella cultura europea? Che cosa

pensano su di noi i confratelli europei? Questi dubbi ci fanno vedere già alcune opportunità o cammini da fare.
5.4 A livello operativo si vede il bisogno di uno scambio di esperienze tra i confratelli incaricati dell’accompagnamento dei nuovi arrivati nelle Ispettorie. Mi aspetto che dopo questo raduno scatti un lavoro in rete tra le diverse Ispettorie, scambiando in modo più regolare esperienze, programmi e materiale, facilitando raduni tra le Ispettorie vicine.
5.5 L’impegno per e con i migranti in Europa offre sicuramente alla missione salesiana moltissime possibilità anche a livello vocazionale. Grazie ai confratelli missionari possiamo essere più vicini ai migranti come una risorsa educativa e pastorale.
5.6 L’inserimento dei missionari recentemente arrivati in Europa nei gruppi di animazione e riflessione ispettoriale offre diverse opportunità (GBR - commissione per la formazione, FRB - commissione per la comunicazione sociale).
Conclusione - Domande per il Lavoro dei Gruppi
Noi siamo probabilmente la prima congregazione internazionale che ha lanciato un progetto per rivitalizzare il proprio carisma nel Continente europeo. Dopo il 2008 non poche Congregazione che sono legate alle radici europee hanno cominciato un Progetto Europa con simili motivazioni. È un atto profetico che richiede molta fede, coraggio e pazienza nel cammino.
Alla fine vi offro alcune domande per capire questa riflessione nei gruppi di lavoro, anche in vista di alcune linee operative.

Domande per la Condivisione in Gruppo
1. Quali sono le due principali sfide nelle dinamiche dell’invio e accoglienza dei missionari in Europa? Perché?
2. Quali sono le due principali opportunità che troviamo nelle dinamiche dell’invio e accoglienza dei missionari in Europa? Perché?
3. Quale dei sei elementi dell’invio e accoglienza dei missionari in Europa ha bisogno di un’attenzione particolare? Qualche suggerimento concreto per migliorare l’elemento concreto a livello individuale, ispettoriale o di Congregazione?

 

 

Motivazioni e Impegni del Progetto Europa

D. Francesco Cereda, SDB
Consigliere per la Formazione Coordinatore del Progetto Europa
Carissimi Confratelli,
Sono contento di potere incontrare e conoscere tutti voi, proporre alcune riflessioni sulle motivazioni e impegni del Progetto Europa e soprattutto ascoltare la vostra esperienza e il vostro modo di vivere la vocazione di “missionari” in Europa. Presenterò ora una sintesi delle motivazioni del Progetto Europa e passerò poi in rassegna le due prime aree del Progetto.
1. Motivazioni del Progetto Europa
Il Capitolo Generale 26° indica come compito esplicito: “rilanciare il carisma salesiano in Europa” (CG 26, 108); esso impegna il Rettor Maggiore con il Consiglio a definire “la natura e gli obiettivi dell’intervento per una rinnovata presenza salesiana in Europa” (CG 26, 111).
Le ragioni di questo impegno, formulato in modo così conciso ma anche tanto solenne, vengono fornite nel quinto nucleo del Capitolo Generale stesso, che tratta delle nuove frontiere. L’Europa è infatti una delle nuove frontiere per la Congregazione; così il CG26 individua questa frontiera.
“Condividiamo la preoccupazione della Chiesa per le sorti del Vangelo nel mondo occidentale e, in particolar modo, in Europa. Si va infatti indebolendo sempre più il riferimento alle radici cristiane che hanno contribuito alla identità del Continente, ispirato pensiero, costume ed arte, orientato la storia dei popoli, arricchito la Chiesa di splendide figure di santità, nutrito per secoli lo slancio missionario in tutto il mondo. In forza dell’interdipendenza tra i popoli, il destino dell’Europa, coinvolge il mondo intero e diventa preoccupazione della Chiesa universale. Si apre così una nuova frontiera rispetto al passato: per noi Salesiani è un invito a ‘rivolgere un’attenzione crescente all’educazione dei giovani alla fede’ (Ecclesia in Europa 61)” (CG 26, 99).
Se questo è lo scenario, è lecito chiedersi: non vi sono anche in altri contesti regionali sfide urgenti? Perché quest’attenzione privilegiata al

l’Europa? Le necessità della prima evangelizzazione in Asia e in Africa, la sfida della povertà, delle sette e dell’incontro del vangelo con i popoli indigeni nell’America Latina, le presenze salesiane nei contesti islamici non sono fronti altrettanto urgenti?
Il Capitolo Generale dà una risposta precisa al riguardo, descrivendo con lucidità e sinteticamente la situazione complessiva della Congregazione in Europa:
“Negli ultimi decenni abbiamo assistito ad un progressivo indebolimento della presenza salesiana in alcune nazioni d’Europa. Il preoccupante calo delle vocazioni ha impegnato i confratelli a mantenere il più possibile le presenze coinvolgendo i laici, a ridefinire i confini delle Ispettorie, a costruire progetti comuni per meglio rispondere alle sfide dell’educazione e della evangelizzazione. Si percepisce la non sostenibilità di tale sforzo senza un progetto coraggioso da parte di tutta la Congregazione” (CG 26, 102).
Il carisma salesiano rischia di scomparire dall’Europa o da alcune zone di essa. Se dovesse continuare questa tendenza, l’Europa perderebbe una grande risorsa, proprio in questo momento in cui c’è un’emergenza educativa. La situazione giovanile diventa appello a trovare una risposta.
Il Papa Benedetto XVI non nasconde il pericolo della marginaliz za - zione del vangelo in Europa e della scomparsa o della forte riduzione del carisma di Don Bosco in questo Continente. Lo esprime nella Lettera indirizzata al Rettor Maggiore e ai membri del Capitolo generale, il 1´ marzo 2008:
“In un momento in cui in Europa le vocazioni diminuiscono e le sfide dell’evangelizzazione crescono, la Congregazione salesiana deve essere attenta a rafforzare la proposta cristiana, la presenza della Chiesa e il carisma di Don Bosco in questo Continente. Come l’Europa è stata generosa con l’invio di numerosi missionari in tutto il mondo, così ora tutta la Congregazione, facendo appello specialmente alle Regioni ricche di vocazioni, sia disponibile nei suoi confronti” (CG 26, p. 92).
Il Rettor Maggiore aveva già individuato la necessità di un intervento speciale a favore dell’Europa, a partire dal Primo Incontro degli Ispettori Europei del dicembre 2004 e già da allora aveva inviato missionari in Europa. Non c’è dubbio che l’intervento del Sommo Pontefice ha aiutato i Capitolari a giungere progressivamente a questa scelta per tutta la Congregazione. Nel discorso di chiusura del CG26 il Rettor Maggiore chiarisce che si tratta

di un progetto deliberato da un Capitolo generale per l’intera Congregazione, che coinvolge “tutte le Regioni e le Ispettorie con l’invio di personale”.
2. Ridare Vitalità al Carisma Salesiano
Per tutta la Congregazione, e particolarmente per le Ispettorie europee, il Progetto Europa è un’opportunità formidabile per ridare vitalità al nostro carisma. Esso ci sta aiutando, coerentemente con il CG26, a riscoprire alcuni tratti della nostra identità e del nostro spirito. In questa prospettiva la situazione che stiamo vivendo in Europa diventa una opportunità e non una minaccia.
Delle tre aree indicate nel Progetto Europa, la prima è decisiva: la “rivitalizzazione endogena dell’identità carismatica”. In essa si denuncia la scarsa incidenza del carisma. Infatti il carisma salesiano in diverse parti dell’Europa non è in grado di rigenerare se stesso; ha perso attrattiva vocazionale; risulta perdente di fronte alle sfide della secolarizzazione; rischia di scomparire.
Per questo è necessario porre sul tappeto il vero problema: il carisma salesiano in Europa è in grado di rigenerarsi? Se ha capacità e forza di riprendere vitalità, quali sono le vie da percorrere? Saranno importanti aiuti dall’esterno, ma primariamente la rivitalizzazione deve essere “endogena”. La rigenerazione del carisma riguarda in particolare la persona del salesiano, la comunità, la missione.
– Persona del salesiano in Europa
Qual è la sua identità? Cosa lo definisce: il ruolo e il servizio? Come la consacrazione dà senso alla sua vita (Cost. 3)? Che posto ha la mistica e la preghiera nella sua vita?
Quali sono le “patologie” che egli manifesta: superficialità spirituale, attivismo, mancanza di fiducia, ripiegamento su di sé, disaffezione allo studio e alla formazione continua?
Perché la sua vita risulta insignificante? Ciò è forse dovuto alla perdita di identità e alla debole profezia della vita che si è impegnato a professare nella obbedienza, povertà, castità?
– Comunità salesiana in Europa
Come si pone la comunità di fronte alle sfide della cultura? Cos’è una comunità salesiana in Europa? È la residenza di operatori pastorali o una organizzazione che gestisce opere?
Quali sono le sue “patologie”: rapporti funzionali, carenza di fraternità e

di condivisione, suddivisione funzionale del lavoro, difficoltà a riflettere e pregare insieme?
Come vive e manifesta la sua identità di vita consacrata? Come è percepita nel territorio? Che volto ha la comunità salesiana entro un contesto di comunità educativa pastorale?
– Missione salesiana in Europa
Perché la nostra missione risulta debole? Perché non arriva a provocare domande profonde e a generare alla fede? Perché manca di coraggio? Perché si ferma spesso alla soglia?
Quali sono le sue “patologie”? Può la missione ridursi al mantenimento delle opere? Può accontentarsi di una buona organizzazione? Si può essere apostoli senza essere discepoli?
Come la missione è in grado di coniugare educazione ed evangelizzazione? Come si pone di fronte ad una gioventù indifferente e incredula? Come risponde ai bisogni dei giovani?
Di fronte a questi interrogativi suggerisco alcune vie per ridare vitalità al carisma in Europa.
* La prima via domanda di partire dalla conoscenza e dal confronto con la cultura europea e con le diverse subculture presenti in Europa. La cultura crea mentalità, offre modelli di vita, genera comportamenti, permea il vissuto. L’approfondimento della cultura suggerirà come rispondere agli interrogativi sopra menzionati. Se questo è il contesto in cui viviamo, che salesiano deve essere e diventare? Se il clima culturale è caratterizzato da questi tratti, che modello di comunità costruire, perché sia profetica, provocante, attraente? Se il contesto si presenta diffidente e indifferente di fronte alla fede, come modificare la nostra azione pastorale? Senza una preparazione culturale seria, non si potrà essere significativi in questo contesto. Occorrono quindi Salesiani preparati.
* La seconda via consiste nel discernere i segni di vitalità che si intrav - vedono nella vita consacrata e nella Congregazione in Europa oggi, per rafforzarli o farli nascere. Dobbiamo discernere in che direzione lo Spirito sta soffiando. Solo uomini spirituali potranno scoprire e provocare i segni dei tempi, che sono segni dello Spirito; È dunque necessario individuare gli aspetti positivi e le attese presenti nelle Società e nelle Chiese d’Europa, nella Vita consacrata e nella Congregazione. Occorre trovare quei germogli che indicano la vita nuova che sta crescendo. Tale ricerca di vitalità deve riguardare proprio il salesiano, la comunità e la missione in Europa.
* La terza via riguarda proprio la formazione. Se questa è la cultura e se questi sono i segni dello Spirito presenti in essa, quale formazione propor

re in Europa? Non si tratta solo di individuare una formazione in contesto europeo, ma, molto di più, favorire una “formazione europea”. Anche in questo caso la formazione dovrà interrogarsi sul profilo del salesiano europeo, sia esso originario o missionario, sull’identità alla comunità salesiana, sul tipo di missione. Non ci sarà rivitalizzazione del carisma senza un grande impegno di una nuova formazione, sia iniziale che permanente. La formazione deve favorire la conversione personale, comunitaria e istituzionale. Se il cuore dei confratelli non cambia e se nella comunità non c’è passione apostolica, non potremo portare il fuoco sulla terra. Si tratta di una formazione, che è soprattutto trasformazione del cuore e della mente. Una formazione che non trasforma la persona, la comunità e la missione, e quindi che non aiuta il processo di conversione spirituale e pastorale, è solo conformazione e adattamento.
3. Ridisegno delle Presenze Salesiane nell’Ispettoria
Parlare di “ridisegno delle presenze salesiane nell’Ispettoria” aiuta a precisare i tre aspetti del problema: la parola “ridisegno” indica non solo il risultato, ma soprattutto il processo che deve mirare a trasformare la situazione esistente; il termine “presenze salesiane” offre una prospettiva di concretezza per ogni singola comunità e opera; il riferimento “nell’Ispettoria” chiede che questo processo riguardi ogni singola Ispettoria e avvenga all’interno di ogni Ispettoria.
Il processo di ridisegno delle presenze è un’applicazione del Progetto Europa. Infatti al punto 2.3.1 degli interventi del Progetto Europa per il 2011-2012 si dice: “L’Ispettore con il suo Consiglio, all’interno del POI, ridisegni le presenze dell’Ispettoria, individuando come rendere significative le presenze e con quali interventi, scegliendo le presenze da ridimensionare o semplificare, trovando nuovi bisogni e nuove frontiere a cui rispondere con nuove presenze, attività, opere”.
Questa linea operativa del Progetto Europa chiede di realizzare tre processi: la risignificazione, il ridimensionamento e la ricollocazione. Il primo processo ha lo scopo di rendere nuove e significative le presenze di una Ispettoria; il secondo processo intende ridurre, razionalizzare, semplificare le presenze di una Ispettoria, per rafforzare le altre; il terzo processo riguarda i nuovi bisogni a cui rispondere, le nuove frontiere, le nuove presenze da aprire.

3.1. Significato di “presenza salesiana”
Mentre le Costituzioni e i Regolamenti parlano 22 volte di “opere”1, il termine “presenza”, come sinonimo di attività od opera, ricorre solo 2 volte2. Il termine “presenza” ha un significato più dinamico e più ampio di quello di “opera”. A partire dal CG24, si è preferito parlare della comunità salesiana come animatrice, insieme ai laici, non di opere, ma di comunità educative pastorali. Nel CG25 la comunità salesiana anima, insieme ai laici e alla Famiglia salesiana, una presenza. Vediamo ora cosa la lettura ufficiale della Congregazione intende per presenza.
Nel 1998 il Rettor Maggiore Don Juan Vecchi tenne una relazione all’Unione dei Superiori Generali, intitolata “Ridisegnare le presenze: criteri, prospettive, ristrutturazione”3. Questo è un testo di riferimento ancora per tutti noi oggi. In esso egli descrive come intendere la presenza.
Nel 2002 il CG25 utilizza questo termine soprattutto nel terzo nucleo, dove si parla della “presenza animatrice tra i giovani”; ciò che è interessante è che questo Capitolo ne descrive pure il significato; possiamo dire che il CG25 ufficializza la terminologia utilizzata da don Vecchi. Il CG25 dice:
“Dove esiste una comunità salesiana, è presente un dono di Dio: esperienza di fede e di comunione, rete di relazioni, molteplici forme di servizio ai giovani. La comunità rende visibile la presenza salesiana, la anima e ne promuove la crescita. Anche se non è possibile identificare missione ed opera, la presenza salesiana tra i giovani dà forma ad un’opera e può essere da questa manifestata. La presenza si esprime progressivamente come capacità di accoglienza e comunione, come impegno di educazione ed evangelizzazione, come proposta di accompagnamento e ricerca vocazionale” (CG25, 38). “La presenza salesiana è una realtà dinamica, una rete di relazioni, un insieme di progetti, e di processi, attivati dalla carità pastorale e realizzati con i giovani, i laici e la Famiglia Salesiana. Si è reso sempre più palese che il soggetto di tale presenza non è esclusivamente la comunità salesiana” (CG25, 42).
La presenza rimanda a qualcos’altro che si rende presente; si tratta al
1 Cost. 40, 41, 58, 77, 132, 165, 181, 187; Reg. 1, 3, 10, 59, 60, 148, 167, 190, 198, 201.
2 Reg. 10, 22.
3 J.E. VECCHI, Ridisegnare le Presenze: Criteri, Prospettive, Ristrutturazione, in USG, Per una Fedeltà Creativa. Rifondare, Atti 54° Conventus Semestralis, Roma, 1998, p. 86ss.

lora di una realtà simbolica. Essa rinvia al nostro carisma. Per avere continuità nel tempo e avere visibilità, il carisma deve incarnarsi in opere concrete e riconoscibili. Non è però scontato che un’opera per il fatto di esistere, renda presente il carisma, né che la vitalità del carisma si misuri dal permanere delle opere. Le opere possono continuare a procedere per moto inerziale, perdendo progressivamente capacità propositiva, vitalità e significatività; possono avere una grande storia da raccontare, ma non avere più una parola da dire per il futuro. È necessario perciò ridisegnare le presenze, e quindi la presenza del carisma, piuttosto che far “sopravvivere” a ogni costo delle opere.
3.2. Risignificazione: rendere nuove le presenze e capaci di avere un impatto
Una presenza salesiana è significativa, se ha una identità che la distingue, una visibilità che la rende individuabile, una credibilità che la rende efficace. Il CG25 enumera al riguardo sette criteri:
“Nell’elaborazione e revisione del Progetto Organico Ispettoriale, l’Ispettore e il suo Consiglio, coadiuvato da un’équipe operativa, valutano la significatività della missione delle singole opere e presenze sulla base dei seguenti criteri:
– la consistenza qualitativa e quantitativa della comunità salesiana;
– la possibilità di una vita religiosa fraterna secondo lo stile salesiano, leggibile e significativa per i giovani e per i laici collaboratori;
– la presenza tra i giovani, specialmente i più poveri e bisognosi, vivendo intensamente il Sistema Preventivo;
– la capacità di offrire risposte di qualità educativa ed evangelizzatrice alle sfide che provengono dal mondo giovanile e dal contesto sociale;
– la capacità di aggregare altre forze (laici, giovani, Famiglia Salesiana, altre Ispettorie ed organizzazioni) e di suscitare vocazioni ecclesiali, con attenzione particolare per la Famiglia Salesiana;
– la promozione di presenze agili e leggere, che permettano un dinamico adeguamento al cambiamento delle realtà;
– la capacità di collaborare e di incidere in modo efficace e profetico nella trasformazione evangelica del territorio” (GC25 n.84).
Il primo criterio riguarda la persona del salesiano. Chi fa la differenza nella comunità è un salesiano di qualità, sereno, preparato, motivato, equilibrato. Impegni sproporzionati o prematuri per coprire ad ogni costo un

ruolo si pagano talvolta a caro prezzo. La diminuzione delle forze dispo nibili o l’aumento non controllato delle opere o della loro complessità possono creare delle urgenze o un clima di perenne emergenza che schiaccia le persone e rompe quel delicato equilibrio tra la missione apostolica, la comunità fraterna, la pratica dei consigli evangelici (cfr. Cost. 3) in cui consiste la nostra consacrazione.
il secondo tratto è la realizzazione della vita fraterna. Un numero sufficiente di confratelli, impegni apostolici commisurati alle forze disponibili, modalità organizzative intelligenti, orari coerenti con gli impegni della nostra vita consacrata, un progetto di vita comunitario condiviso, la reale disponibilità di confratelli adatti a compiti direttivi sono alcune “variabili” che influenzano significativamente la vita fraterna e fanno di una comunità una “casa” accogliente.
il terzo elemento è dato dalla possibilità di contatto diretto con i giovani. La presenza, per essere salesiana, deve avere una chiara connotazione giovanile, deve strutturalmente consentire l’incontro dei giovani con i Salesiani. inoltre, la vicinanza e l’aiuto ai più poveri sono oggi segni eloquenti che parlano direttamente del vangelo, ci rendono più credibili e autentici nel vivere la nostra vocazione e realizzare la nostra missione, affascinano tante persone e le smuovono a operare in solidarietà.
il quarto è la qualità educativa e pastorale che riusciamo a garantire nelle nostre opere; non solo quella auspicata, dichiarata o programmata, ma quella effettivamente percepita e verificata. È facile a questo punto scambiare le buone intenzioni con l’efficacia delle realizzazioni. Essa fa riferimento alla capacità di attuare quella “pedagogia della fede” che è il sistema preventivo.
Un quinto fattore che può contribuire a “rendere nuova” una comunità è la sua fecondità vocazionale. Si tratta di curare nella comunità gli elementi vitali: la preghiera comune e la dedizione apostolica, la fraternità, la presenza tra i giovani e la capacità di accoglierli a condividere alcuni momenti, la testimonianza di vita obbediente povera e casta e la vicinanza ai problemi dei giovani e della gente. Questo convince, attira, provoca e renda credibile la proposta vocazionale esplicita.
il sesto criterio riguarda la capacità di aggregare altre forze per le quali la comunità salesiana può diventare centro di comunione e di partecipazione. Si è significativi quando chi vuole impegnarsi trova nella nostra

comunità riferimento, appoggio e accoglienza. In tal senso la comunità salesiana diventa nucleo animatore di una più vasta comunità educativa pastorale. In tale ottica va compresa la sua consistenza quantitativa, che va coniugata sempre con la consistenza qualitativa.
L’ultimo elemento di significatività riguarda l’impatto e l’inserimento nel territorio sociale ed ecclesiale. La presenza è significativa se diventa punto di riferimento per iniziative sociali, culturali e religiose; se da essa partono messaggi; se è in dialogo con la realtà circostante, con le istituzioni educative, con la chiesa locale, se sa costruire reti di relazioni e lavora in rete.
Vi ringrazio dell’attenzione. Mi auguro che alcuni spunti proposti possano essere utili per un confronto arricchente.

La Strada da Percorrere

 

1. Missionari in Europa
Come posso (personalmente) contribuire alla rivitalizzazione del Carisma? Con i seguenti atteggiamenti:
– Conoscere e far conoscere Don Bosco, il Sistema preventivo.
– Costruire la comunità locale e contribuire allo spirito di famiglia.
– Crescere come un uomo di Dio, persona spirituale.
– Essere più presente tra i giovani, ai quali sono mandato.
– Testimonianza della vita positiva, ottimista e piena di gioia, nonostante
le sfide.
Come posso contribuire a rendere la presenza salesiana più significativa?
– Dare un contributo personale nella missione verso i giovani più poveri e per i migranti.
– Con le strade creative di pastorale giovanile, dare più tempo nel contatto personale coi giovani!
– Sviluppare forti relazioni personali con i confratelli, testimonianza di comunione come prima missione (= nella comunità locale). il nostro essere è più importante del nostro fare!
– Formazione permanente nella vita quotidiana, animare meglio la nostra liturgia.
– Condividere il carisma salesiano nella vita e missione, con i laici collaboratori e i giovani, ricuperando le nostre tradizioni catechetiche.
Come posso inserirmi meglio nella nuova Ispettoria?
– Continuo apprendimento della lingua e cultura locale, della storia ispettoriale e del sistema dei valori della nuova cultura.
– Essere più coinvolto nella mia comunità locale: aprirmi di più agli altri, offrendo più informazione su me stesso e sulla mia cultura d’origine. Più tempo nel contatto personale con i Salesiani locali e più trasparenza dei contatti locali e degli amici fuori della comunità.

– Essere più inserito, coinvolto nelle dinamiche della comunità ispettoriale (accettare le responsabilità a livello ispettoriale – lavoro delle commissioni, partecipazione attiva agli eventi e celebrazioni ispettoriali, costruire ponti tra le diverse generazioni, visitare le altre case dell’ispettoria.
– Qualificazione in un campo specifico della missione.Sviluppare alcuni atteggiamenti o capacità personali (apertura alle nuove idee, coraggio, pazienza con me stesso, ascolto, apprendimento, non giudicare e far crescere un atteggiamento positivo).
2. Accompagnatori dei Missionari (Formatori & Direttori)
Cosa facciamo noi come comunità ispettoriale, e come regione per rivitalizzare il carisma?
– il Progetto Europa è per noi una chiamata alla conversione e al rinnovamento personale di ogni confratello. Non ci chiediamo solo che cosa ha fatto Don Bosco, ma anche perché lo ha fatto?
– Ci sono due gruppi dei Salesiani nell’ispettoria, uno che vuole continuare come nel passato, ed un altro che sta cercando nuovi cammini creativi nella pastorale giovanile.
– Un E-notiziario ispettoriale settimanale offre uno spazio per un commento ad un articolo delle costituzioni. Stiamo rinnovando la meditazione, che è stata quasi dimenticata. Siamo convinti che il rinnovamento comincia dal cuore di ogni confratello.
– ogni giovane confratello è invitato a contribuire ad una commissione ispettoriale.
– Come ispettoria non sentiamo la mancanza del personale, però sentiamo la mancanza di spiritualità.
– Alcuni eventi ispettoriali organizzati: ascolto ai giovani animatori sul futuro dell’ispettoria; Workshop sulla rivitalizzazione carismatica; dare più visibilità a Don Bosco nel nostro paese.
– ogni confratello è invitato a rinnovare la vita spirituale attorno alla persona di Don Bosco. il Sogno dei 10 diamanti sia per i confratelli, sia per i giovani. Dio è 1, noi siamo 0, insieme siamo 10!

Cosa facciamo per fare nostre presenze più significative? Esperienze ispettoriali
– Sono state aperte nuove iniziative pastorali: un oratorio per gli studenti poveri, un incontro mensile per i vocazionabili.
– L’Ispettoria ha elaborato 3 criteri per il ridimensionamento: presenze multiformi, servizio ai giovani poveri e possibilità di lavorare insieme come Famiglia Salesiana.
– Testimonianza comunitaria nel mondo individualista: non solo lavorare insieme, ma anche pregare insieme, progettare insieme, comunità aperta alle permanenze brevi dei giovani.
– Non siamo più preoccupati di raccontare Gesù, oggi circa il 50% del tempo nell’Oratorio è legato alle differenti attività della catechesi – aiutando i giovani ad incontrare Dio.
Cosa facciamo per l’accoglienza dei missionari nelle comunità ispet - toriali?
– Programma d’orientamento all’inizio, seguito dall’accompagnamento, aiutando a rimuovere i pregiudizi dei missionari (es: aspettare moltitudini di giovani come nel loro paese d’origine). Presentato il Manuale per i nuovi arrivati e loro direttori: GBR, 3~ edizione di novembre 2011 (www.salesianformation.co.uk: Welcome to the Salesian GBR province!)
– I missionari ci aiutano a cambiare i nostri paradigmi, siamo prima di tutto uomini di Dio!
– Le Ispettorie lentamente migliorano i loro programmi per i nuovi missionari. Tutte le Ispettorie sentono il bisogno di preparare due curricoli – uno per i giovani in formazione, l’altro per gli quelli arrivati già come sacerdoti). Rilevata importanza di un confratello incaricato dei programmi!
– L’integrazione dei missionari è molto aiutata dall’offerta di una par te - cipazione attiva nelle commissioni ispettoriali, visite guidate alle case, raduni regolari sia dei missionari, sia con i confratelli giovani dell’Ispettoria.
Un suggerimento e una domanda aperta a livello europeo (2013)
– Gli incaricati dell’accompagnamento suggeriscono un incontro biennale a livello europeo, con un possibile ritmo biennale dei raduni tra due Ispet

torie vicine (per esempio: FRB e BEN, AUS e UNG, IRL e GBR). Quindi si prospetta un secondo raduno europeo per il 2013, preceduto da eventuali raduni delle Ispettorie vicine nell’anno successivo.
– Una domanda aperta rimane dopo il raduno: ci vuole un simile incontro per gli altri confratelli che lavorano nei Paesi dell’Est Europeo (10 Paesi dalla Bulgaria fino alla Lituania).

Partecipanti

 

MISSIONARI

AUS
1. D. Blazej IDCZAK
2. S. Praveen RAJ
3. S. Simplice THOUCHGANG
BEN
4. S. Antonius BEREK
5. S. Andreas JEBARUS
6. S. Simon NONGRUM
CEP (Bulgaria)
7. S. Ekka SURESH
FRB
8. S. Pierre Min Chien HOANG
9. S. Pierre Ngoc Luan NGUYEN
10. D. Jean Baptist QUANG
11. S. Vincent Minh Liem TRAN
GRB
12. D. Benett ARANJO
13. D. Cyril John EDAMANA
14. S. Joseph Tran Hoang PHUC
15.
D. Roman SZCYPA
16. D. Jeon Shik Mark YANG
ICP (Lithuania)
17. S. Francis Xavier Quoc Ky DOAN
18. D. Vincent Kim Hoan NGUYEN
19. S. Davide PEREGO
IRL
20. D. Alphonse ARULANANDAM
21. D. Daniel CORONEL
22. S. Dominic Vien Binh NGUYEN
23. S. Paul Xuan Binh TRAN
UNG
24. D. Robert KUKUCZKA
25. D. Claudius MISQUITA
26. S. James Hai Ly NGUYEN
27. S. Savio Quoc Thai Hung PHAM
28. S. Lytton QUADROS
29. S. Derossi RAJA
30. S. Rajesh SALAGALA
31. S. Paul Dinh Biet TRAN

 

ACCOMPAGNATORI
32. D. Jean Noel CHARMOILLE (FRB)
33. D. Jos CLAES (BEN)
34. D. Petr CVRKAL (CEP)
35. D. Anthony FERNANDES (GRB)
36. D. Wolfgang GRACHER (AUS)
37. D. Francis Si Nghi TRAN (UNG)
38. D. Tim WRENN (IRL)

RMG
(Casa Generalizia)
39. D. Vàclav KLEMENT (Consigliere per le Missioni)
40. D. Alfred MARAVILLA
(collaboratore - Settore Missioni)
41. D. Stanislaw RAFALKO
(collaboratore - Settore Missioni)

 

 

Discorso di Apertura

D. Vàclav Klement, SDB
Consigliere per le Missioni
Carissimi fratelli in Don Bosco!
Sono contento di darvi benvenuto al Secondo incontro dei missionari del Progetto Europa. Ci raduniamo due anni dopo il Primo incontro (Roma, 2011) e tre mesi prima del CG27, che è stato preceduto dai Capitoli ispettoriali, anche con la vostra partecipazione.
Questo incontro viene convocato come parte dell’accompagnamento di 70 confratelli, inviati dalle ispettorie madri per il Progetto Europa. Alla conclusione del Primo incontro (2011) sono stati richiesti incontri dei missionari in Europa: ogni due anni un incontro europeo e in mezzo un incontro inter-ispettoriale (BEN-FRB, IRL-GBR, AUS-UNG-CEP).
Nella lettera di convocazione (6 gennaio 2013) ho comunicato due obiettivi specifici:
1) Continuare le buone esperienze dei missionari e delle Ispettorie che accolgono
2) Imparare dalle esperienze riuscite per migliorare l’accompagnamento, la formazione e l’integrazione dei missionari nelle loro nuove ispettore (per il sessennio 2014-2020)
I Partecipanti all’incontro sono invitati dalle 12 Ispettorie che hanno ricevuto i missionari negli ultimi 10 anni: AUS, BEN, CEP, FRB, GBR, ICC, ICP, IME, IRL, ISI, POR e UNG. Sono stati invitati i missionari con i loro accompagnatori (delegati ispettoriali), formatori o direttori delle loro comunità.
La Metodologia del secondo incontro dovrebbe aiutare la verifica del cammino negli ultimi 6 anni (Terza priorità del PE: Europa - Terra di Missione). Vogliamo insieme riflettere: sulle esperienze dei missionari nel contesto della situazione europea segnata dai rapidi cambi (relazione 1: Klement), imparare dall’esperienza dei Verbiti (SVD) che hanno iniziato loro Progetto Europa già 25 anni fa (relazione 2: Maravilla) e riflettere sul nostro cammino negli ultimi 6 anni nell’accogliere ed accompagnare i nuovi missionari in Europa (relazione 3: Cereda).

Alcuni di voi avete condiviso le attese dell’incontro: Approfondire la coscienza sugli obiettivi principali del Progetto Europa, condividere le buone pratiche ispettoriali (comunità, preghiera e missione) e facilitare uno scambio continuo tra i missionari e loro accompagnatori.
L’Elemento linguistico nell’Europa salesiana è una sfida continua. Noi facciamo lo sforzo di superare il gap linguistico lavorando con alcuni interpreti nell’assemblea e facilitando il lavoro nei gruppi linguistici, dove tutti possono capire ed esprimersi con facilità e libertà.
Come luogo per l’incontro abbiamo scelto valdocco, la Casa Madre della Congregazione.
Da questo sfondo possiamo attingere le ispirazioni e la luce dalla stessa esperienza di Don Bosco vissuta in questa casa per quasi 40 anni! Mi auguro che questi 3 giorni diventino una esperienza veramente salesiana e carismatica per tutti noi!

Europa: Terra di Missione
Il Progetto Europa nel Contesto della Chiesa d’Europa

D. Vàclav Klement, SDB
Consigliere per le Missioni
1. Introduzione
Auguro una buona giornata a tutti voi! Anzitutto voglio dire, che la Congregazione Salesiana è fiera di voi! Essere missionario in Europa oggi è una grazia e anche un compito non facile! Ringrazio per la vostra risposta di ogni giorno alla chiamata di Dio per essere discepoli e missionari di Gesù oggi in Europa!
Iniziamo un nuovo giorno qui a Valdocco, un quartiere di Torino, in Italia, uno dei Paesi europei! Sono contento di incontrarvi proprio qui! Compito di questa conferenza è di far nascere in voi una riflessione continua sulla Chiesa in Europa! Come seconda Congregazione maschile più nu - merosa nella Chiesa, possiamo facilmente perdere il nostro ‘sentire cum Ecclesiae’ (Cost. SDB, art. 6). Il Progetto Europa, lanciato dal Capitolo Generale 26 dei Salesiani, ha messo in moto varie dinamiche, può essere disgiunto dalla Chiesa in genere, ed anche dalla realtà ecclesiale che affrontano i Cristiani in Europa.
Questa riflessione è un secondo tentativo di guardare attorno a noi non tanto per seguire I trend culturali, religiosi o giovanili, ma per riflettere sulle esperienze emergenti della Chiesa in Europa oggi. Alcuni di voi hanno già letto e commentato la mia prima riflessione sullo stesso tema, condivisa a Lione (Francia, Visita d’insieme della Regione Europa Ovest, agosto 2011).
Gli ispettori salesiani d’Europa si sono già radunati 4 volte (2004, 2008, 2010, 2012) con il Rettor Maggiore per discernere il cammino del Progetto Europa. Molti ospiti d’onore hanno aiutato gli ispettori a leggere i segni dei tempi. Hanno approffondito 3 priorità, obiettivi o principi del Progetto Europa: la rivitalizzazione endogena, il ridimensionamento della missione, l’invio e l’accoglienza dei missionari in Europa.
Sicuramente non è facile motivare i 6000 Salesiani presenti nelle 29 ispettorie d’Europa. Non è facile cogliere i differenti movimenti del rinno

vamento, nel vecchio Continente e nelle diocesi, della vita consacrata o dei vari movimenti ecclesiali. Nel 2012 il Rettor Maggiore ha detto che ancora il 34% dei confratelli europei sono poco convinti degli obiettivi del Progetto Europa. Gli obiettivi sono chiari, però il cammino è lento. In verità se vogliamo una conversione, un cambio di mentalità – dobbiamo puntare su un processo a lungo termine. Questa breve riflessione vuol guardare il contesto delle Chiese e specialmente della Chiesa cattolica in Europa. È un tentativo di offrirvi alcuni punti per una continua riflessione. Essere mandato come Salesiano dall’Africa, America o Asia in Europa è un privilegio non facile. Questa riflessione vuole aiutarvi ad aprirvi dagli orizzonti locali (la mia comunità, la mia scuola/parrocchia e la mia Ispettoria) verso una visione e mentalità più europea come cittadini, fedeli e confratelli d’Europa. Ci aiuterà ad abracciare il significato della vostra presenza (più di 60 confratelli missionari) tra più di 6000 Salesiani in Europa.
In ciascuno dei quattro punti della riflessione si trovano due domande che vi aiutano oggi e nel futuro a pensare e respirare di più con la Chiesa in Europa!
2. Quale Chiesa nell’Europa nel 2050?
Negli ultimi 100 anni la Chiesa di Europa è cambiata moltissimo. Uno sguardo attento sul mosaico ecclesiale ci aiuterà puntare sui segni veramente essenziali per il futuro della Chiesa cattolica in Europa. Invito ad immaginare quale sarà il volto delle Chiesa e della vita salesiana d’Europa nel anno 2050, a quaranta anni dal oggi.
È un dato di fatto, che mentre la Chiesa sta numericamente crescendo in quasi tutto il mondo, in Europa diminuisce. Ci sono molteplici motivazioni di questa situazione. Nello stesso tempo magari non vediamo tanti segni di rinascita, di purificazione, della nuova primavera. Però crediamo che da ogni crisi nasce una nuova vita ancora più dinamica.
La Chiesa del 2050 in Europa sarà probabilmente una minoranza creativa: dopo alcuni secoli del monopolio della Chiesa a livello di Stato o della società, passerà a diventare una minoranza numerica. In alcuni Paesi è già diventata oggi una Chiesa della diaspora, dove tutti i cristiani formano neppure il 10% della popolazione. Altrove il comunismo ha quasi distrutto tutte le strutture e istituzioni non facili da ricostruire; in parecchi

Paesi mancano due generazione di fedeli e di pastori della Chiesa. Invece in altri posti vediamo alcune comunità molto vivaci animate dalla prima o seconda generazione di cattolici provenienti dal Sud Globale. Dopo alcuni secoli di impegno missionario ad extra, la Chiesa di Europa diventerà veramente una Chiesa che dà e riceve nello stesso tempo. Sicuramente sarà una Chiesa più cattolica nel senso della varietà dei gruppi etnici o nazionalità, dei nuovi ed antichi movimenti ecclesiali, con più laici impegnati al servizio delle comunità con i religiosi e sacerdoti provenienti dagli altri continenti. Nello stesso tempo il secolarismo e il rinnovamento, invecchiamento e giovani sono un quadro molto complesso.
Alcune tendenze riportate nelle statistiche sulla Chiesa in Europa: “Quando esaminiamo i dati della Cristianità in Europa, vediamo alcuni schemi coerenti. Numericamente tutte le Chiese cristiane in tutto il Continente sono in declino grazie alle defezioni (ateismo e agnosticismo, secolarismo), mentre il numero dei cristiani cresce grazie alle nascite nelle famiglie cristiane e grazie all’immigrazione. Sia l’emigrazione in declino, sia le conversioni non esercitano nella crescita un ruolo sostanziale. Così la crescita delle comunità cristiane in Europa sembra essere nelle mani degli immigrati dai Paesi non-europei. Inoltre è in declino la partecipazione attiva nella vita ecclesiale nell’Europa occidentale. Questo mostra che il rinnovamento della Chiesa diventerà la priorità: per esempio nel 1910 il Movimento carismatico contava in Europa solo 26.000 aderenti, mentre nel 2010 conta circa 31 milioni” (Atlas of Global Christianity, Edinburgh, 2010, p. 156 – elaborato da un gruppo ecumenico per il centenario del primo congresso missionario ecumenico a Edinburgh).
Dalla visione ormai classica del cardinale Leo Suenens nel suo libro “La Chiesa in stato di missione” (1956) fino al Sinodo sulla Nuova evangelizzazione, convocato per il 2012, possiamo rintracciare un cammino che porta al futuro: Cominciando dal primo annuncio di Gesù ai post-cristiani o mezzo-cristiani d’Europa con tanti pregiudizi fino ad una pastorale missionaria e un continuo impegno per le missioni ad gentes negli altri continenti.
Per esempio nel Regno Unito (UK) la Conferenza episcopale promuove la Giornata missionaria del 2013 sul tema ‘Come aiutare i 4 milioni di cattolici ‘spenti’ nel ritorno alla comunità ecclesiale’.

3. Europa - Terra dei Missionari e Terra di Missione
Già Don Bosco si era sentito dire da un vescovo missionario, Mons. Amando Joseph Fava di Grenoble, che “... purtroppo anche i nostri Paesi cattolici non sono forse diventati, per dire così, terre di missione? L’ignoranza religiosa e l’indifferentismo, affiancano l’odio contro la religione alimentato dall’ignoranza e fomentato da empi eccitamenti, fanno progressi ogni dì maggiori. Sia mille volte ringraziato il Signore per quello che si degnò di suscitare qui, sotto il manto verginale della Madre sua, uno stuolo cioè di operai istruiti e zelanti, che, laici o sacerdoti, verranno a suo tempo in aiuto della Chiesa, mantenendo nelle anime il rispetto, la conoscenza, l’amore e la pratica della nostra santa religione” (MB 17,20, del Gennaio 1885).
Cento anni fa erano presenti in tutto il mondo circa 60.000 missionari di tutte le Chiese cristiane, 40.000 di loro erano europei. Ora contiamo a livello globale circa 400.000 missionari cristiani, dei quali solo 132.000 vengono dai Paesi Europei. Nello stesso tempo l’Europa riceve circa 90.000 missionari cristiani, lo stesso numero come l’Africa. Lo scenario delle missioni è cambiato profondamente, vediamo i movimenti missionari multi direzionali.
Nello stesso tempo la percentuale dei cristiani in Europa è scesa di circa il 20%. Quasi la totalità della popolazione cristiana oggi conta un quinto di agnostici, atei e musulmani.
Cento anni fa, le grandi religioni mondiali non avevano le loro missioni. Invece oggi troviamo già in tutti i continenti le missioni dei buddhisti, dei musulmani o induisti. A volte essi copiano le strutture, le strategie e i metodi delle missioni cristiane.
Nello stesso tempo cambia anche il volto dei sacerdoti e dei religiosi/e in Europa. In tutti i Paesi dell’Europa cresce la cattolicità grazie all’arrivo del clero non europeo e di alcune vocazioni provenienti dai migranti presenti in Europa. Secondo dati recenti la percentuale del clero non europeo

supera in Francia il 10% , in Spagna il 15%, in Belgio il 14% , nella Svizzera francese circa il 22%. Ovviamente nel 2050 queste percentuali saranno più alte! Nello stesso tempo in Italia lavorano circa 15.000 religiose non italiane, quando circa 8.000 suore italiane missionarie ad gentes lavorano all’estero. Anche i sacerdoti diocesani di “Fidei Donum” presenti nell’Italia sono già circa 2000, però i sacerdoti italiani impegnati all’estero sono circa 900. Nelle diocesi della Germania lavorano già più di 30 sacerdoti vietnamiti nati in Germania! Questi dati non è facile trovarli, solo la Conferenza episcopale francese li offre in modo ufficioso (i missionari francesi nel mondo erano, nel 1994, 7000 e 40 anni dopo nel 2005 erano solo 3700. Invece le suore straniere presenti in Francia sono 5000, i sacerdoti 11009 (www.coop-miss75.org).
L’Esortazione apostolica post-sinodale Ecclesia in Europa di Giovanni Paolo II (n. 46) invita al primo annuncio di Cristo e ad una rinnovata proclamazione del Vangelo, riconoscendo nel Continente vaste aree sociali e culturali le quali hanno bisogno della vera missione ad gentes’. Quasi tutte le conferenze episcopali d’Europa negli ultimi dieci anni invitano a un rinnovato slancio missionario: la Germania (nel 2004, La salvezza per tutti i popoli), la Spagna (nel 2008, Actualidad de la Misiòn ad gentes en Espana), il Portogallo (nel 2010, Para um rostro missionario da Igreja em Portugal). È interessante notare che questo impegno mette in risalto uno stretto collegamento tra la missio ad gentes all’estero e la rievangelizzazione nel proprio paese. Il messaggio dei pastori è chiaro: se la Chiesa in Europa non diventa una Chiesa missionaria, non può avere un futuro. Mons. Luc Van Looy non è l’unico missionario che è stato nominato come vescovo di una diocesi dell’Europa occidentale negli ultimi anni. Mons. Luc Van Looy ha scritto un libro insieme a molti collaboratori sacerdoti e laici “Per una Chiesa missionaria” (Gent, 2009) su questo argomento.
Quale risorsa per l’evangelizzazione nelle ispettorie europee possiamo sfruttare dalla testimonianza di circa 1200 missionari Salesiani europei impegnati nelle frontiere missionarie di tutti i continenti? Come esempi molto recenti possiamo vedere il film sul D. Michal Moskwa (missionario polacco, 98 anni, lavora per 76 anni in Giappone) o l’altro film sul D. Frangois Guezou (missionario francese in India 1952-2009).
Non a caso, tutti e due i film sono fatti per iniziativa di due missionari – un diacono polacco e uno studente indiano di teologia in Francia.

illuminante è una confessione del vescovo di Erfurt, Joachim Wanke, responsabile della nuova evangelizzazione in Germania: “La visione della Chiesa? – Portare la luce sul lucerniere! Dobbiamo riscoprire il coraggio di parlare sulla nostra fede (in prima persona). Siamo pronti a parlare di Dio e della nostra fede? Alla Chiesa in Germania manca qualche cosa: Non sono i soldi, non sono i fedeli. La debolezza primaria della nostra Chiesa è che ci manca una convinzione: che possiamo generare i nuovi Cristiani! Siamo radicati nei pregiudizi, che le missioni valgono solo per l’Africa o l’Asia, però non valgono per la nostra Hamburg o Erfurt” (Lasst uns das Licht auf den Leuchter stellen, Impulse für Christen, St. Benno Verlag, GmbH Leipzig, 2001, p. 120).
4. Indicatori per il Futuro della Congregazione in Europa
Nonostante le poche vocazioni e l’invecchiamento dei Salesiani in Europa, siamo presenti nell’Europa con un numero notevole. Più di seimila (6000) Salesiani delle 28 ispettorie, sono più di 40% della Congregazione, frutto di una storia ed eredità carismatica molto ricca. La mentalità strategica sarebbe di formare la mentalità missionaria in ciascuno dei 6000 Salesiani. Se riconosciamo che i nostri Paesi europei sono terra di missione, abbiamo già fatto il primo passi nel cammino di una conversione radicale per addestrarci a questa nuova situazione: (cfr. La Formazione Missionaria dei Salesiani di Don Bosco, ed. 2013 e Il Primo Annuncio di Gesù Cristo in Europa, Praha 2010).
a. La Vita consacrata è sempre un nucleo catalizzatore della missione i consacrati sono i migliori missionari nella storia della Chiesa. La vita

religiosa è centro che sprigiona energie per la costruzione della Chiesa, per portare avanti la sua missione.
Guardando con onestà la nostra vita, scopriamo alcune strade che non portano verso il futuro voluto dal Signore che ci manda; è il primo passo della conversione da fare:
– Alcuni fanno finta come niente fosse cambiato nella società, nella Chiesa e nel mondo dei giovani e continuano vivere ed agire come ieri.
– Altri credono in alcune strade sbagliate che non portano verso il futuro (per esempio seguendo il modello liberale di vita consacrata; lasciando il nostro posto al centro della missione ai laici, altri si arrendono davanti all’apparente sterilità vocazionale; altri ancora si ritirano dai posti più strategici come la scuola o i centri di formazione professionale).
– Altri si abbandonano alla stanchezza vitale che non vede Cristo al centro della storia.
– Altri ancora si nascondono dietro alcune strategie esterne, senza una conversione e il nostro ripartire da Cristo come persone e comunità (una Chiesa ‘mondana’ sulla quale richiama spesso il Papa Francesco).
b. Un altro passo della nostra conversione è di lasciarsi aiutare con umiltà
Dobbiamo riconoscere che ci manca slancio ed entusiasmo di lasciarci sorprendere di nuovo da Gesù. Abbiamo bisogno di rinnovare la vita di fede per centrarci nuovamente sull’essenziale. Lasciare dietro le pretese che siamo già abbastanza evangelizzati. Significa anche investire molto di più per rievangelizzare il cuore del Salesiano. vuol dire diventare i cercatori di Dio, sempre in cammino. Abbiamo bisogno non solo di una conversione personale, ma anche pastorale e comunitaria.
c. Alcuni atteggiamenti e strategie per un terzo passo della conversione quale ci è richiesto per una vitalità della vita consacrata apostolica salesiana in Europa:
– Una mentalità più aperta verso i giovani, senza paura di incontrarli là dove si trovano
– Una mentalità più aperta per varcare senza paura i confini ispettoriali e nazionali
– Una mentalità più coraggiosa per lasciare il comodo dello stare in casa, per lasciare il comodo materiale delle strutture, per lasciarsi convertire dai “nostri” giovani.

– Un cuore salesiano attratto da Gesù fa sì che ogni attività educativa o “sociale” può diventare un’opportunità evangelizzatrice per ogni salesiano.
– Un cuore umile per camminare a fianco dei nostri collaboratori laici (anche di altre religioni) per sviluppare con creatività la nostra presenza tra i giovani d’oggi.
5. I Confratelli Missionari Aiutano lo Sviluppo del Progetto Europa
Negli ultimi dieci anni sono stati inviati alle ispettorie d’Europa circa 70 Salesiani. Non è un numero grande. Però la presenza dei missionari rende visibile il Progetto Europa sia all’interno delle nostre ispettorie, sia all’esterno. Ci fa pensare alle motivazioni della missione, esprime un forte segno della multiculturalità di alcune comunità o ispettorie che pochi anni fa erano chiuse nella loro cultura. La loro presenza diventa anche un segno della mobilità che è fondamentale per la missionarietà. La maggioranza dei nuovi arrivati dopo l’inizio ufficiale del Progetto Europa sono ancora in formazione iniziale (tirocinanti o studenti di teologia). Siamo solo all’inizio del cammino.
Le ispettorie stanno imparando come accogliere, come accompagnare i nuovi arrivati, come aiutarli ad inserirsi nelle comunità, come affidare ai nuovi missionari le prime responsabilità nella vita e nella missione delle comunità. inoltre abbiamo già alcuni direttori e un consigliere ispettoriale missionari in Europa. il primo raduno dei missionari presenti in Europa nel novembre 2011 fu il primo passo di verifica nel cammino. Durante i due anni passati si sono tenuti raduni regolari ispettoriali o interispettoriali dei missoinari in Europa. Anche alcuni di voi hanno partecipato ai Capitoli ispettoriali del 2013 con molto frutto!
L’impatto dei nuovi confratelli venuti per il Progetto Europa non si può

misurare solo con i parametri “del contributo al lavoro apostolico”. Secondo l’esperienza di alcune ispettorie italiane negli ultimi 20 anni, che hanno ricevuto decine di tirocinanti dall’Asia, dall’Est Europeo o dall’Africa, si vedono alcuni effetti della loro presenza:
a. A livello vocazionale, sono vicini ai giovani animatori e ai pochi giovani confratelli locali.
b. Ringiovaniscono le comunità che hanno dimenticato, come Salesiani, i giovani in cortile.
c. Aiutano a creare le comunità più fraterne ed aperte.
Ormai in quasi tutte le comunità dell’Europa incontriamo negli Oratori, Centri giovanili, Case famiglia, Parrocchie, Scuole e Centri di formazione professionale giovani migranti. Dai tempi di Don Bosco i migranti nelle strade di Torino erano i nostri primi destinatari, i migranti nell’America Latina erano i primi destinatari dei nostri missionari ad gentes. Nel Progetto Europa dobbiamo vedere qual è il nostro contributo specifico educativo – pastorale per i giovani migranti. La ricerca europea sul nostro impegno verso i migranti (Vito Orlando, L’attenzione ai migranti e la Missione salesiana nelle società multiculturali d’Europa, UPS 2012, 300 p.) e la Giornata missionaria salesiana 2014 (Noi siamo gli altri, Condividere l’amore di Cristo con i migranti) porta il campo migratorio all’attenzione dei confratelli in tutto il mondo – sono le letture d’obbligo per tutti voi.
Probabilmente uno dei campi più adatti ai nuovi confratelli provenienti dalle Ispettorie non europee sta nella missione per i giovani migranti. Essendo voi stessi stranieri in Europa, anche se non parlate le stesse lingue degli immigranti, potete diventare migliori educatori ed evangelizzatori nel campo vastissimo della migrazione. Come missionari in Europa siete un gruppo piccolo nel grande movimento di 50 milioni di persone che si sono spostate da altri continenti in Europa negli ultimi 30 anni.

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6. Conclusione
Voglio ritornare alle parole del Rettor Maggiore sul Progetto Europa
Primo: nel secondo incontro con gli ispettori d’Europa nel novembre 2008: `Il progetto Europa è una proposta spirituale senza pari; non si tratta di evangelizzazione ad gentes, come ad esempio in Asia o in Africa, né di consolidamento di un’evangelizzazione ormai compiuta, come ad esempio in America Latina; in Europa è in gioco il recupero spirituale e culturale di un continente oramai non-cristiano o post-cristiano”. Sì, siamo sulle strade inedite, piene di sfide, però con la fede che il Signore cammina con noi e la Madonna ci precede.
Secondo: quando Don Chàvez presenta la verifica del Progetto Europa (novembre 2012) durante il quarto incontro degli ispettori (Verifica della realizzazione del Progetto Europa e Linee del futuro): `In questi anni in cui stiamo realizzando il Progetto Europa l’invio ed accoglienza di missionari procedenti da ispettorie dell’Europa stessa verso ispettorie più deboli e bisognose di personale o da ispettorie di altri continenti è stata una delle dimensioni meglio riuscite, pur restando ferme alcune sfide, riguardanti la selezione dei confratelli che arrivano, la loro preparazione linguistica e culturale, la loro capacità di inserimento, l’accoglienza e l’accompagnamento da parte degli ispettori e direttori delle ispettorie che accolgono”.
io sono convinto che il Salesiano d’Europa è la prima terra di missione: soltanto rimanendo fedele alla sua intimità con Dio il Salesiano europeo missionario nella propria terra potrà essere il profeta che aiuta a scoprire le nuove strade nell’annuncio del Vangelo. Sentiamo un forte bisogno di continuare il cammino di rinnovamento del “Da mihi animas, cetera tolle” voluto dal CG26, specialmente nelle ispettorie d’Europa. Ad ogni salesiano è chiesto di evangelizzare prima il proprio cuore, affinché possa diventare un testimone credibile e visibile del Vangelo in Europa oggi.
In verità la presenza umile, fedele e dinamica di migliaia di religiosi, sacerdoti e laici arrivati nel Continente europeo (tra di loro troviamo anche 70 Salesiani) è un prezioso contributo (come lievito o come catalizzatore) nel cammino della Chiesa in Europa.
Credo, che voi non aspettate molte e facili soddisfazioni, grandi risultati o applausi! Siete molto benvoluti dai giovani e da un buon numero di laici collaboratori, però vi trovate ancora in diverse difficoltà con i confra

telli europei (alcuni ancora esitano e chiamarvi missionari). Sicuramente uno sguardo più largo sulla realtà di migliaia di missionari in Europa (sacerdoti, seminaristi, religiosi e laici) può aiutarvi sempre a prendere un nuovo respiro, radicare di più la vostra speranza e le convinzioni sul significato del vostro contributo in quest’ora storica dell’Europa.
Maria, Madre della Chiesa, prega per noi! San Giovanni Bosco, prega per noi!
Beato Ceferino Namuncurà, prega per noi!

i Missionari verbiti (SvD) non-Europei in Europa: Una visione Multidirezionale della Missione
Spunti per la Riflessione

D. Alfred Maravilla, SDB
Settore per le Missioni
Mentre noi Salesiani stiamo lottando per trovare la nostra strada come rivitalizzare il nostro carisma in Europa, come richiesto dal CG 26, 20 anni fa, i verbiti (Società del verbo Divino) avevano invitato i confratelli a lavorare in Europa, che hanno chiamato “Progetto Europa.”1 Rifletteremo su un sondaggio della loro esperienza al fine di far emergere alcuni punti per la nostra riflessione.
I Verbiti in Europa: Lo Sviluppo Storico
Durante il loro 12° Capitolo Generale, nel 1982 è diventato ovviamente chiaro ai delegati europei verbiti che la loro Congregazione non solo diventa meno europea, ma anche che i delegati provenienti da altri continenti sono molto più preparati e hanno coordinato il loro sforzo su questioni che li interessano. Dopo il loro Capitolo gli ispettori europei hanno deciso di riunirsi in Polonia nel 1984, dove si era discusso “il lavoro dei verbiti in Europa” e la promozione vocazionale nel Continente.
Da allora in poi decisero di incontrarsi ogni 2 anni. Alla luce dei profondi processi di trasformazione in atto in Europa, nel loro incontro a Roscommon, in irlanda, nel 1990, hanno sottolineato che “l’Europa era diventata un Continente di missione,” e questo “chiede un cambiamento di atteggiamenti mentali a tutti i livelli, in Europa e nella Società nella sua totalità.”2 Hanno preso la risoluzione del Roscommon che ha proposto “la possibilità
1 LADiSLAv NEMET, ed., Today’s Europe and the SVD. Reflections on Mission (Steyler Missionswissenschaftliches institut: Sankt Augustin, 2007), 5.
2 LADiSLAv NEMET, 20.

di un primo appuntamento di confratelli provenienti da tutto il mondo per la missione in Europa.”3
ispirato dalla risoluzione del Roscommon, il loro Capitolo Generale del 1994 ha sottolineato “l’importanza del lavoro missionario in Europa.” E similmente ha chiesto al Consiglio Generale dei verbiti “di far conoscere a tutta la Società la necessità di personale internazionale per nominarlo per la zona europea.”4
il carisma dei verbiti è la missione ad gentes in senso stretto. Oggi popoli, gruppi e contesti in cui Cristo non è conosciuto o dove la comunità cristiana non è sufficientemente matura si trovano in Europa. Oltre al problema della povertà, migrazioni e rifugiati, l’Europa deve affrontare anche il pluralismo religioso e culturale. C’è anche un numero crescente di cristiani battezzati che hanno perso la loro fede, mentre ci sono anche molti che cercano il senso della vita nella pratica della religione. Così “la missione dei verbiti in Europa è e rimane radicata nella missio ad gentes”. in pratica questo implica che “le parrocchie sotto la nostra cura deveno avere un volto missionario. Ci sentiamo in dovere di avere un ministro per i migranti, i più poveri tra i poveri in Europa, e di entrare in dialogo con le altre religioni e culture.”5
I Non-Europei in Europa: Un Sondaggio
Un recente sondaggio ha indicato che nel 2008 vi erano 204 vebiti non-europei (137 sacerdoti, 62 studenti per il sacerdozio, 5 fratelli), che lavoravano e studiavano in Europa. Molti di questi missionari in Europa provengono da famiglie religiose e numerose di lavoratori e contadini. Sono accademicamente ben addestrati. La maggior parte di loro aveva fatto gli studi filosofici nei Paesi di origine. Dei 113 intervistati solo 4 avevano fatto i loro studi filosofici in Europa.
in generale, i missionari non europei giudicano la loro accoglienza nelle Province europee come buona, anche se ci sono state difficoltà soprattutto da parte dei verbiti più anziani. Tuttavia molti si considerano non ben pre
3 idem, 21.
4 KARL JOSEF RiviviUS, “The Resolution of Roscommon,” in Martin 0ffing, ed., Non-European Missionaries in Europe (Steyler Missionswissenschaftliches institut: Sankt Augustin, 2011), 10.
5 idem, 110.

parati per il loro compito in Europa. L’indagine ha mostrato che i Vebiti non europei riconoscono il problema della lingua, lo prendono sul serio e si sforzano di risolverlo. La buona padronanza della lingua locale europea sembra essere il motivo principale per cui i Vebiti non europei gestiscono bene e si sentono a casa. Tuttavia, la mancanza di un programma o preparazione di introduzione appositamente per l’Europa, così come la mancanza di accompagnamento sono le principali lamentele degli intervistati.
in genere, la grande maggioranza dei Vebiti non europei si sono sentiti a casa nel loro nuovo ambiente e hanno avuto una esperienza positiva della Chiesa. Coloro che hanno lavorato in Europa per qualche tempo considerano la loro esperienza come un aiuto per se stessi per avere un orizzonte più ampio. Purtroppo, le esperienze negative sono soprattutto con i loro confratelli europei e meno con i non-europei. Essi hanno espresso le loro esperienze in questi termini: “alcuni confratelli dominano,” “alcuni ci insultano,” e “alcuni sono burberi e ci considerano come mendicanti o persone di seconda classe.” in ultima analisi, la presenza dei Vebiti non europei è stata vista come una risorsa nel promuovere il volto internazionale dei Verbiti in Europa.6
Analisi del Sondaggio
La presenza dei Vebiti non europei in Europa rivela che vi è una necessità, una lacuna che gli europei stessi non possono riempire. Tuttavia essi non possono essere considerati semplicemente come “tappabuchi”, o “oggetti secondari” nel lavoro missionario in Europa. Hanno bisogno di aver spazio per poter arricchire ed in qualche modo cambiare la tonalità della presenza Verbita in Europa.7
A questo proposito è una necessità assoluta avere un programma introduttivo completo e ben costruito che consiste nella preparazione linguistica approfondita, nell’introduzione alla storia europea locale, nelle tradizioni e nei costumi che sono una conditio sine qua non per il successo della loro
6 WALDEMA WESoLY, “Non-European Confreres in Europe,” in Non-European Missionaries in Europe, 13-74.
7 PoLYxAxP ULiN AOA, “Paradigm Shift Bon from Necessity. Analysis of a Survey among Non-European SVD Confreres in Europe,” in Non-European Missionaries in Europe, 104 106, 107-108.

permanenza in Europa. Corollario di questo è la formazione teologica in Europa come preparazione dei non-europei per il loro servizio in Europa. È stato anche suggerito che le case di formazione in Europa siano aperte ai Vebiti che sono interessati ad avere la formazione in un contesto multiculturale come preparazione al lavoro in Europa e in altri continenti.8
La presenza dei missionari non europei in Europa sottolinea l’importante messaggio che la missione non è una strada a senso unico, ma un movimento multi-direzionale di missionari che “non sono visitatori, in arrivo oggi e in patenza domani, osservati come esterni, ma piuttosto compagni di viaggio con un sacco di domande, che sono comunque disposti ad accettare l’incomprensibile, come parte del loro cammino verso di Colui che l’ha chiamato a seguirlo.”9
Riflessioni Salesiane
Non è raro sentire Salesiani provenienti da Paesi tecnologicamente sviluppati chiedere: “Perché mandare missionari a noi? non siamo un paese povero!” Allo stesso modo, anche alcuni missionari provenienti da Paesi una volta considerati ‘terra di missione’ domandano il senso di essere inviati presso un Paese materialmente benestante o tecnologicamente sviluppato. Per molti Salesiani qui sta il ‘problema’ non verbalizzato per quanto riguarda la direttiva dell’ultimo Capitolo Generale di rilanciare il carisma in Europa, per fare gli interventi necessari per il rinnovo della presenza salesiana nel Continente (CG 26, 108, 111), ora conosciuto come ‘Progetto Europa.’
in realtà il problema è più profondo di un semplice problema socio-geografico! È radicato nella comprensione selettiva di ‘missione’ espressa in Ad Gentes n. 6, intesa esclusivamente come un movimento unidirezionale da Paesi “cristiani” verso terre “pagane” e in Evangelii Nuntiandi n. 31, in cui la promozione e lo sviluppo umano sono visti come i componenti più importanti della missione. Sembra che la comprensione della missione da parte di alcuni si sia fossilizzata qui. Così che alcuni considerano quasi offensivo o addiritura umiliante chiamare Europa “terra di missione”!
8 MARTiN OFFiNG, “Non-Euopean Missionaries in Europe: A Missiological Reflection, in Non-European Missionaries in Europe, 145. See also 147-149.
9 PoLY~ ULiN AGA, “Paradigm Shift Born from Necessity,” 103

Eppure, già nel lontano 1991, Giovanni Paolo II aveva insistito, nella Redemptoris Missio nn. 33-34, che la missione non può essere vista solo in termini geogragrafici unidirezionali, ma primariamente come l’annuncio di Gesù Cristo nei contesti che si compenetrano, in cui vi è la necessità sia della missio ad gentes, dell’attività pastorale ordinaria o di nuova evangelizzazione. Così, ha invitato di promuovere l’interdipendenza e l’assistenza reciproca tra le chiese in ciò che è stato chiamato tradizionalmente come ‘Paesi cristiani’ e ‘terre di missione.’ È in questa luce che Papa Benedetto XVI ha invitato la Chiesa in Africa “a contribuire alla nuova evangelizzazione anche nei Paesi secolarizzati” che “oggi mancano di vocazioni.” Questo – ha sottolineato – non sminuisce lo slancio missionario ad gentes, ma è “un segno concreto” della sua “fecondità”! (Africae Munus, n. 167). Con questa rinnovata visione della missione, Papa Francesco continuamente invita i cattolici ad andare “alle periferia della società” per annunciare il Vangelo.
Così l’insistenza del Rettor Maggiore sul fatto che il Progetto Europa è un “Progetto di Congregazione” che coinvolge “tutte le Regioni e le Ispettorie” (CG 26, p.147) ed esige in primo luogo da tutti i Salesiani una conversione della mente e del cuore per appropriarsi di questo cambio epocale nella comprensione della ‘missione.’ Solo allora ci sarà uno scambio multidirezionale di missionari salesiani animati da fiducia e da apertura reciproca che, in ultima analisi, arricchirà tutte le Ispettorie e rinnoverà tutta la Congregazione!
Domande per la Riflessione e Condivisione in Gruppo
1. Preparazione
– condividere le proprie intuizioni per quanto riguarda l’accoglienza dei missionari in Europa alla luce dell’esperienza dei Verbiti
2. Comprensione di Missione
– come potresti favorire una migliore comprensione di ‘missione’ tra i confratelli europei, e tra i missionari in Europa?
3. Arricchire la tua Ispettoria
– In qual modo la tua Ispettoria è stata arricchita dalla tua presenza?

 

 

 

Progetto Europa: Invio e Inserimento dei Missionari

D. Francesco Cereda, SDB
Consigliere per la Formazione Coordinatore del Progetto Europa
Carissimi Confratelli,
sono contento di partecipare a questo “Secondo incontro dei missionari del progetto Europa”; esso sarà per me un momento di ascolto e condivisione. Ciò ci offrirà elementi per una valutazione dell’esperienza vissuta in questi sei anni dall’entrata in vigore del progetto, ma ci potrà anche dare spunti per una progettazione del suo cammino futuro. Voi infatti avete vissuto in modo diretto questa esperienza con le sue gioie e speranze, ma anche con le sue difficoltà e sofferenze; voi inoltre guardate al futuro con speranza per una rinnovata presenza salesiana in Europa.
Nel primo incontro abbiamo approfondito le motivazioni del progetto e le sue due prime aree: rivitalizzazione endogena del carisma e ridisegno delle presenze salesiane in Europa; abbiamo cercato insieme lo specifico apporto dei missionari in Europa alla loro concretizzazione. In questo secondo incontro ci soffermeremo sulla terza area del progetto: “Europa, terra di nuova evangelizzazione”, in particolare sull’invio e inserimento dei missionari in Europa; non si tratterà solo di farne una valutazione, ma di cercare pure nuovi traguardi e nuovi passi da compiere.
1. Invio dei Missionari in Europa
L’invio di missionari in Europa richiede un cammino di robusta pre - parazione. Prima di giungere alla consegna del crocifisso missionario da parte del Rettor Maggiore nella Basilica di Maria Ausiliatrice a Torino, occorre realizzare alcuni processi: formare nell’Ispettoria allo spirito missionario; suscitare nell’Ispettoria vocazioni missionarie; far conoscere nell’Ispettoria l’impegno della Congregazione per il progetto Europa; discernere le motivazioni, attitudini, qualità, idoneità per la vocazione missionaria in Europa; fare la domanda al Rettor Maggiore per il progetto Europa. La preparazione di una buona vocazione missionaria richiede tempo e formazione.

1.1. Formare nell’Ispettoria allo spirito missionario
Noi siamo consapevoli dell’attenzione missionaria che Don Bosco ha sviluppato progressivamente nella sua vita fino all’invio della prima spedizione missionaria l’11 novembre 1875 e delle spedizioni successive. Conosciamo pure i “Ricordi ai missionari” di Don Bosco, che il Rettor Maggiore don Pascual Chavez ha commentato nella sua lettera “L’inculturazione del carisma salesiano” (ACG 412, Roma 2011). Vediamo infine anche ai nostri giorni il costante impegno missionario della Congregazione, che è codificato nell’articolo 6 delle Costituzioni.
Nel gennaio di quest’anno 2013 il Rettor Maggiore con il Consiglio generale ha approvato alcuni orientamenti per la “Formazione missionaria dei Salesiani di Don Bosco”. Senza un’attenzione specifica alla formazione missionaria non possono nascere buone vocazioni missionarie. Le riflessioni e proposte di questi orientamenti desiderano tenere vivo lo spirito missionario della Congregazione; in particolare si propongono un duplice obiettivo.
Innanzitutto essi intendono far crescere in ogni confratello la sensibilità missionaria e la capacità di fare animazione missionaria tra i giovani e i laici. Noi conosciamo infatti le potenzialità evangelizzatrici e vocazionali dei gruppi missionari e del volontariato missionario: essi aprono i giovani a stili di vita sobri e solidali, li impegnano per la causa del vangelo e li interrogano sulla vocazione consacrata salesiana. Ciò rafforza i cammini di fede dei giovani. Spetta a tutti noi, e anche a voi in Europa, diventare animatori missionari dei giovani e dei laici.
In secondo luogo essi offrono criteri di discernimento e indicano un itinerario per scoprire, discernere e approfondire una vera vocazione salesiana missionaria. Tale vocazione nasce, cresce e si sviluppa come dono di Dio, sulla scia dell’impegno evangelizzatore di Gesù e per impulso dello Spirito Santo; nello stesso tempo trova condizioni storiche che richiedono la nostra cooperazione. Essa richiede generosità, apertura ad altre culture, zelo apostolico per le anime e per il vangelo, spirito di sacrificio, ..., ma anche un clima missionario nelle ispettorie.
Questo documento intende quindi incoraggiare ogni salesiano attraverso la formazione a mantenere vivo lo zelo missionario di Don Bosco, sia abilitandolo a essere un animatore missionario sia aiutandolo a discernere se Dio lo chiama alla missione “ad gentes”.

1.2. Suscitare nell’Ispettoria vocazioni missionarie
L’articolo 6 delle Costituzioni indica i compiti che abbiamo nella Chiesa: ´La vocazione salesiana ci situa nel cuore della Chiesa e ci pone interamente al servizio della sua missione. Fedeli agli impegni che Don Bosco ci ha trasmesso, siamo evangelizzatori dei giovani, specialmente dei più poveri; abbiamo una cura particolare per le vocazioni apostoliche; siamo educatori della fede negli ambienti popolari, in particolare con la comunicazione sociale; annunciamo il Vangelo ai popoli che non lo conoscono. Contribuiamo in tal modo a edificare la Chiesa come Corpo di Cristo affinché, anche per mezzo nostro, si manifesti al mondo come ‘sacramento universale della salvezza’”.
Questo articolo si riferisce ad ogni salesiano, comunità e Ispettoria. La realizzazione dei fini della Congregazione è responsabilità di tutti; ciò vale per l’educazione e l’evangelizzazione dei giovani, specialmente i più poveri, per le vocazioni apostoliche, per l’educazione alla fede negli ambienti popolari in particolare con la comunicazione sociale, e appunto per l’annuncio del vangelo ai popoli che non lo conoscono. Non è quindi compito esclusivo del Consigliere per le missioni realizzare questo quarto compito della Congregazione e suscitare vocazioni missionarie, ma di tutti noi.
Per le nostre ispettorie c’è il rischio che Papa Francesco denuncia per la Chiesa: la chiusura. Una Ispettoria autoreferenziale e chiusa sui suoi bisogni, che non va sulla strada e non si spinge sulle frontiere, si ammala. Ci sono ispettorie con abbondanza di vocazioni, che pensano solo a se stesse; ci sono ispettorie povere che ricevono missionari e che anche ne inviano. La Chiesa e la Congregazione si rinnovano con l’impegno missionario e con lo scambio dei doni vocazionali; ecco perché sono importanti le comunità internazionali; esse sono il segno che la Congregazione è viva, perché in essa c’è la disponibilità alla generosità e mobilità missionaria.
Ci sono ispettorie che hanno fatto poco per il progetto Europa; esso è un impegno di Congregazione richiesto a tutti dal CG26. Il CG27 dovrà certamente indicare in che direzione tale progetto deve ora muoversi per il nuovo sessennio 2014-2020. Ci domandiamo allora: come ognuno di noi può lavorare per l’animazione missionaria di giovani e laici? Come può operare per suscitare vocazioni missionarie per il progetto Europa?

1.3. Far conoscere nell’Ispettoria il progetto Europa e le sue necessità
L’animazione missionaria oggi, come lo fu per il progetto Africa, chiede che ogni Ispettoria offra motivazioni, promuova, faccia conoscere ai confratelli e ai giovani cosa sia il progetto Europa della Congregazione e quali siano le sue necessità. Ciò è chiesto a tutti: alle ispettorie europee e a quelle non europee. In ogni Ispettoria ciò è domandato specialmente all’ispettore, ai delegati ispettoriali, ai formatori. Anche le regioni debbono mobilitarsi per tale impegno.
Questo è un compito anche vostro: conoscere e far conoscere il progetto Europa. Le vocazioni nascono da una testimonianza attraente. Se voi siete contenti della vostra vocazione missionaria in Europa, allora ne parlate bene nella vostra Ispettoria di origine, specialmente con i giovani confratelli; ciò crea un movimento di simpatia per il progetto Europa e può far nascere vocazioni missionarie. Anche attraverso la comunicazione sociale la Congregazione ai vari livelli deve far conoscere maggiormente le esperienze e i testimoni di questo progetto.
Ci sono ancora delle riserve sul progetto Europa? Ci sono ancora pregiudizi che frenano la risposta di giovani confratelli per la vocazione missionaria in Europa? Ci sono ispettorie europee che hanno ancora difficoltà a comprendere questo progetto e ad accogliere missionari? Sono desideroso di conoscere cosa dirà il Rettor Maggiore nella sua relazione al CG27 al riguardo. E tu personalmente cosa pensi? Quali passi sono stati compiuti e quali devono essere ancora fatti?
Personalmente penso che le ispettorie europee in generale sono cresciute in consapevolezza circa tale progetto, più a livello di governo ispettoriale che di confratelli. Il progetto Europa ha dato loro unitarietà nel cammino di crescita carismatica. La rivitalizzazione è un processo lungo; sono maturati soprattutto l’identità salesiana e l’identificazione con Don Bosco. Sulla seconda area occorre lavorare di più; siamo ancora indietro nel cammino di ridisegno delle presenze e di conversione pastorale. L’invio dei missionari infine è l’aspetto più visibile; dove ci sono missionari, le ispettorie cominciano a cambiare; abbiamo insistito maggiormente sulle prime due aree del progetto, mentre sulla nuova evangelizzazione, sulle immigrazioni in Europa, sull’invio dei missionari siamo ancora all’inizio della riflessione e della concretizzazione.

1.4. Discernere motivazioni, qualità, attitudini, idoneità per la vocazione missionaria in Europa
Il salesiano che sente la chiamata ad essere missionario fuori della propria patria, dal proprio ambiente culturale e gruppo linguistico (ad exteros)10, tra coloro che non hanno ancora ascoltato il vangelo e dove la Chiesa non è ancora completamente stabilita (ad gentes)11, con un impegno per tutta la vita (ad vitam)12, può offrirsi in qualsiasi momento per il servizio nelle missioni.
Si preferiscono i confratelli giovani per la loro facilità di imparare una nuova lingua e cultura e il loro spirito di adattamento; generalmente si desidera che finiscano il processo del discernimento della loro vocazione missionaria durante il postnoviziato, ma è possibile anche durante la formazione specifica del salesiano prete e del salesiano coadiutore.
Il Capitolo Generale XIX ha aperto anche la possibilità per i Salesiani di essere missionari ad tempus, per almeno 5 anni, “purché siano considerati idonei”. Ciò può essere fatto per compiti specifici e urgenti nell’attività missionaria della Congregazione o per aiutare il confratello a discernere meglio la sua vocazione salesiana missionaria ad vitam.
Il processo di discernimento è un percorso graduale e progressivo con l’aiuto di un accompagnatore spirituale. In questo processo il candidato impara come la vergine Maria ad ascoltare la voce dello Spirito, a purificare e approfondire le sue motivazioni, a discernere la sue qualità e atteggiamenti che determinano la sua idoneità per la vita missionaria salesiana.
Pure la comunità formatrice ha un ruolo importante in questo cammino. Si utilizzano per questo esercizio i Criteri per il discernimento della vocazione salesiana missionaria13. È anche possibile che al candidato missionario venga concessa, per esempio, a titolo di prova per un anno, l’esperienza di lavorare in un contesto missionario fuori della propria Ispettoria. Anche questa esperienza potrebbe servire per il discernimento della sua chiamata missionaria salesiana. Ci domandiamo a questo punto se ci
10 Cf. FABC OFFICE OF EvANGELISATION, “Consultation on Asian Local Church and Mission ad Gentes”, a cura di FRANz JOSEF EILERS, For All the Peoples of Asia, III, n.5, Claretian Publications, Quezon City 2002, p. 222.
11 Cf. Ad Gentes, n. 6.
12 Cf. Redemptoris Missio, n. 66.
13 RETTOR MAGGIORE E CONSIGLIO GENERALE, Formazione Missionaria dei SDB, Roma, 24 gennaio 2013.

siano aspetti specifici del profilo del missionario in Europa e quindi alcuni criteri di discernimento propri per tale vocazione; infatti ci possono essere confratelli che scoprono la vocazione missionaria, ma non è facile per tutti sentirsi inviati all’Europa.
1.5. Fare la domanda al Rettor Maggiore per il progetto Europa
Quando, come frutto del discernimento, il candidato arriva alla conclusione di essere chiamato al servizio nel campo missionario, invia una lettera al Rettor Maggiore in cui manifesta esplicitamente questo suo desiderio e si mette a disposizione della Congregazione. Ciò non toglie la possibilità di esprimere le sue preferenze o predisposizioni concrete per un determinato territorio missionario; in modo particolare ciò vale per il progetto Europa.
il Rettor Maggiore, tramite il Consigliere per le missioni, entra in dialogo con l’ispettore del confratello, sollecitando da lui e dal suo Consiglio l’opinione scritta sulla vocazione missionaria del candidato, sempre in riferimento ai Criteri di discernimento della vocazione salesiana missionaria. Concluso positivamente il discernimento e ottenuto il parere del - l’ispettore per rilasciare il confratello per le missioni, il Rettor Maggiore assegna al candidato una destinazione.
Osservazione conclusiva sul primo punto
Concluso questo primo punto, voi mi potreste dire che la fase del l’invio per voi è già terminata e che quindi è meglio passare senza indugio alla fase dell’inserimento nell’ispettoria. Mi pare sia stato importante soffermarsi anche sulla fase di invio. infatti per noi è istruttivo tenere conto della vostra esperienza per migliorare tale processo; inoltre per voi è utile essere consapevoli di come sia avvenuto il vostro invio: se alcuni passi sono stati da voi compiuti in modo affrettato, occorre porvi rimedio; infine nel processo di invio voi avete una parte attiva come testimoni, capaci di suscitare vocazioni missionarie per l’Europa e di accompagnare l’invio e l’inserimento di nuovi missionari.
2. Inserimento dei Missionari in Europa
Una volta che è stata accolta la domanda da parte del Rettor Maggiore e che è stata decisa la destinazione per una ispettoria europea, ci sono ancora altri passi da compiere per realizzare un vero inserimento: assicurare

la preparazione immediata, accogliere il missionario nell’Ispettoria, favorire la conoscenza della cultura, della lingua e dell’Ispettoria, inserirsi nella vita e nelle responsabilità educative pastorali dell’Ispettoria, valutare l’esperienza che si sta facendo e l’esperienza fatta.
2.1. Assicurare la preparazione immediata
Nel periodo che interviene prima della partenza, l’Ispettoria offre al futuro missionario, per quanto possibile, l’opportunità di imparare la lingua e la cultura del luogo a cui è destinato; di prendere parte a incontri o corsi organizzati dalla Conferenza dei religiosi o dalla Conferenza episcopale per candidati alle missioni; di conoscere i concetti fondamentali dell’antropologia culturale e della dinamica del dialogo interculturale. Essa invia il missionario a partecipare al corso di orientamento per i nuovi missionari organizzato dal Settore per le missioni prima della consegna del crocifisso missionario; prega e fa pregare per il confratello che viene inviato come missionario.
Da parte sua il confratello missionario si mette nelle stesse disposizioni di animo, di vita spirituale e di preghiera, di formazione linguistica, culturale e pastorale. Egli coinvolge anche i suoi famigliari e la sua comunità di appartenenza, presentando loro la nuova destinazione. In questo modo egli inizia ad assumersi responsabilità per la propria preparazione e a coinvolgere nel suo impegno missionario coloro che lo inviano: egli non si sente solo, ma un inviato da una comunità e Ispettoria.
2.2. Accogliere il missionario nell’Ispettoria
Oggi l’accoglienza dei missionari in Europa è più facilitata perché ci sono già missionari che possono favorire l’inserimento e perché le ispettorie europee hanno già avviato delle buone pratiche al riguardo. Le comunità sono più pronte per comprendere e facilitare i processi di interculturalità; anche le esperienze educative pastorali in contesti pluriculturali con i migranti o le minoranze etniche facilitano l’attenzione alle diversità. Le ispettorie hanno spesso un confratello che è vicino ed è incaricato di accompagnare e di avere attenzione ai primi bisogni e alle prime difficoltà.
Oltre l’Ispettoria e le comunità, che creano un clima di calore e sono attente alle prime impressioni e difficoltà del nuovo missionario, i missionari già presenti nell’Ispettoria hanno una funzione di raccordo tra il contesto

di provenienza e il contesto di approdo del nuovo missionario. Essi sono già passati attraverso le diverse fasi dell’inserimento e soprattutto dei primi momenti; essi sapranno incoraggiare e indicare i modi concreti di superamento delle situazioni. Anche per questo aiuto il nuovo missionario non si sente solo; solitudine e lontananza dal proprio paese creano difficoltà.
A sua volta il nuovo missionario sarà aperto e accogliente, supererà le paure e le diffidenze del primo impatto, saprà creare subito relazioni; cercherà condivisione e comunicazione. Certamente saprà anche essere capace di attendere e di avere pazienza, perché questo processo di accoglienza dipende anche dalla sua attitudine e iniziativa. Egli sa che lo scoraggiamento può essere una difficoltà, ma la vicinanza dei confratelli e la vita spirituale lo potranno sorreggere. Se il nuovo missionario giungerà insieme a un altro nuovo confratello, tutto ciò potrà essere più facile.
2.3. Favorire la conoscenza della cultura, della lingua e dell’Ispettoria
Per facilitare l’inserimento nel nuovo ambiente culturale, sociale ed ecclesiale, l’ispettoria offre al missionario fin dall’inizio un programma di orientamento che gli faccia conoscere non solo la storia, la cultura e i valori del paese, ma anche la storia, la missione e le opere dell’ispettoria; gli garantisce il tempo adeguato per apprendere la lingua; gli assicura l’accompagnamento mediante una guida spirituale, che lo consiglia ascoltando le sue attese, approfondendo le sue motivazioni, rimuovendo eventuali pregiudizi, aiutandolo a redigere il suo progetto di vita salesiana missionaria.
L’ispettoria inoltre agevola il suo inserimento evitando di nominarlo subito in posizioni di responsabilità; gli dà la possibilità di partecipare all’orientamento per i nuovi missionari organizzato sia dalla Conferenza dei religiosi che dalla Conferenza episcopale; organizza incontri regolari dei nuovi missionari insieme ai loro formatori, direttori e incaricato ispettoriale.
il missionario che si trova ancora nel periodo della formazione ini ziale, completa le fasi formative, fa la professione perpetua e riceve l’ordinazione presbiterale. Per il tirocinio si computano i due anni previsti, a partire dal suo inserimento educativo pastorale nella comunità locale, senza contare i tempi esclusivamente destinati allo studio della lingua o alle procedure migratorie.

2.4. Inserirsi nella vita e nelle responsabilità educative pastorali dell’Ispettoria
Dopo i primi passi di inserimento, il missionario avrà imparato a conoscere l’Ispettoria: i confratelli, le comunità, il suo stile di vita, il lavoro educativo pastorale, il contesto. È perciò in grado di contribuire al processo di discernimento che egli farà con l’ispettore per vedere in quale campo di azione ispettoriale egli si sente di assumere responsabilità.
Se l’Ispettoria avrà compiuto il processo di ridisegno delle sue presenze e avrà cercato di renderle significative e di individuare le nuove frontiere del suo lavoro apostolico, sarà più facile per il missionario in Europa trovarsi a suo agio. Infatti può capitare che il lavoro apostolico prospettato non risponda sempre alle proprie attese di impegno nelle nuove frontiere e tra i più poveri. Egli dovrà quindi dare il suo apporto alla seconda area del progetto Europa, ossia al ridisegno delle presenze, in modo da renderle significative e da aprire ai nuovi bisogni dei giovani europei.
Il missionario in Europa dovrà dare il suo apporto anche alla prima area del progetto Europa, ossia alla rivitalizzazione del carisma. Egli dovrà contribuire a discernere i segni di vitalità che si intravvedono nella vita consacrata per rafforzarli o farli nascere; a individuare in che direzione lo Spirito sta soffiando; a trovare quei germogli della vita nuova che sta crescendo. Solo uomini spirituali potranno scoprire e provocare i segni dei tempi, che sono segni dello Spirito.
Egli dovrà partire dalla conoscenza e dal confronto con la cultura europea. La cultura crea mentalità, offre modelli di vita, genera comportamenti, permea il vissuto. L’approfondimento della cultura suggerirà come rispondere agli interrogativi riguardanti il profilo del salesiano, della comunità e della missione. Se questo è il contesto in cui viviamo, che salesiano essere e diventare? Se il clima culturale è caratterizzato da questi tratti, che modello di comunità costruire, perché sia mistica, profetica, serva? Se il contesto si presenta diffidente e indifferente di fronte alla fede, come modificare la nostra azione pastorale? Senza una preparazione culturale seria, non si potrà essere significativi in questo contesto. Occorrono quindi missionari salesiani preparati.
Il missionario, che s’inserisce pienamente nel lavoro missionario del - l’Ispettoria, fa attenzione alla sua formazione continua, usufruendo anche delle opportunità offerte dall’Ispettoria per approfondire il suo rapporto

personale con Cristo come fonte del suo ardore missionario, ed inculturarsi sempre alla luce della fede cristiana e del carisma salesiano. Prende parte ai vari incontri nell’Ispettoria, nel paese o nell’Università Pontificia Salesiana che offre il corso di formazione permanente per i missionari. Se possiede i doni necessari e se questi corrispondono alle esigenze dell’Ispettoria, il missionario viene invitato a qualificarsi in pastorale, missiologia, antropologia, dialogo interculturale, dialogo interreligioso, nuova evangelizzazione, ...
2.5. Valutare l’esperienza che si sta facendo e l’esperienza fatta
È importante che ogni anno il missionario valuti la sua esperienza missio - naria in Europa, prima di tutto con la guida spirituale e poi con il direttore e l’ispettore. Anche il confronto annuale con i missionari che si trovano nella stessa Ispettoria, aiuta il missionario a comprendere meglio la situazione ispettoriale e la sua situazione personale. Ciò lo conduce quindi a ridefinire il proprio cammino con traguardi da raggiungere e passi da compiere. Questo è il lavoro tipico del progetto personale di vita che richiede un processo di discernimento con un momento valutativo del cammino fatto e uno prospettico del cammino da compiere.
Dopo cinque anni il missionario viene aiutato a valutare la sua esperien - za missionaria, e in particolare la sua integrazione nella vita e apostolato della sua Ispettoria; il suo inserimento nella cultura locale, e particolarmente tra i giovani a lui affidati, la sua capacità di apertura; il suo ardore apostolico e impegno nella vita missionaria.
Osservazione conclusiva sul primo punto
Questa fase dell’inserimento riguarda soprattutto le ispettorie europee; è una fase che richiede attenzione, perché dalla sua riuscita dipende l’effica cia e la credibilità del progetto Europa. Se i missionari inseriti in Europa si trovano bene, allora sarà più facile la realizzazione delle tre aree del progetto Europa e sarà più entusiasmante il coinvolgimento di altri missionari dalle ispettorie non europee. Per questo anche voi missionari avete una grande responsabilità per la sua riuscita.
Vi ringrazio dell’attenzione. Mi auguro che alcuni spunti proposti possa no essere utili per un confronto arricchente. La nostra condivisione ci aiuterà anche a trovare vie nuove.

 

Atti degli Incontri Missionari per il Progetto Europa
Domande per la Riflessione e Condivisione in Gruppo

1. Processo di invio
– Quale valutazione positiva e negativa date circa il processo di invio? – Quale traguardo e quali passi suggerite per migliorare il processo di invio?
2. Processo di inserimento
– Quale valutazione positiva e negativa date circa il processo di inserimento?
– Quale traguardo e quali passi suggerite per migliorare il processo di inserimento?
3. Qual è il profilo del missionario in Europa?
– La risposta a questa domanda è utile per il processo di invio: criteri di discernimento; la risposta è anche utile per il processo di inserimento: criteri di crescita.

 

 

 

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La Strada da Percorrere

 

1. Ciò che i Missionari Hanno Imparato dalla Missione Evangelizzatrice della Chiesa in Europa
– È una responsabilità privilegiata essere missionario in Europa in un momento in cui un nuovo modello di Chiesa viene proposto in questo continente.
– Le nostre esperienze ci insegnano che un missionario in Europa oggi può lasciare una traccia significative: offre l’opportunità di condividere la nostra fede con gli altri al fine di ri-evangelizzare il continente. Per questo, ocorre avere il coraggio di parlare di Gesù Cristo.
– L’incontro con altri missionari religiosi che mostrano una grande dedizione per lo studio della lingua e della cultura è uno stimolo a integrarsi nella cultura in cui uno è stato chiamato a vivere e lavorare.
– Il missionario in Europa ha bisogno di molta fede, pazienza e umiltà, di una visione rinnovata della pastorale “per trasformare il nostro posto di lavoro in una nuova Valdocco”. Ha bisogno, soprattutto, di pregare per i giovani e dare una testimonianza della sua vita sacerdotale e religiosa.
2. Come la Presenza di Missionari ha Arricchito le Ispettorie
– Le Ispettorie che ricevono missionari apprezzano la nuova energia e il dinamismo giovanile che essi portano. All’interno della comunità stessa, essi portano una presenza che arricchisce tutti.
[L’interscambio culturale dei missionari con i confratelli aiuta la comunità e l’Ispettoria ad avere una visione più ampia. In alcune Ispettorie l’arrivo dei nuovi missionari ha avviato opere tra gli immigranti e i rifugiati. A causa della loro vicinanza ai giovani immigranti, in particolare, e la loro capacità di relazionarsi facilmente con loro, i missionari fungono da ponte tra questi giovani e i confratelli del paese.]
– I missionari sono catalizzatori di cambiamento.
[Essi vedono le necessità pastorali in modo diverso: hanno il coraggio di fare

con i giovani ciò che i confratelli locali non hanno più il coraggio di fare. La loro apertura per incontrare i giovani incoraggia i confratelli a fare lo stesso.]
– La presenza dei missionari testimonia che nell’Europa occidentale la Chiesa, la vita religiosa e quella salesiana sono ancora molto vive. Essi sono una risorsa per promuovere vocazioni alla vita salesiana
[Il loro buon esempio è uno stimolo che porta una certa vitalità: con la gioia e l’ottimismo favoriscono un buon spirito di comunità nella casa. Rafforzano la vita di preghiera della comunità con la loro regolarità nelle pratiche di pietà (il rosario quotidiano, la lettura spirituale, la meditazione ...)]
– I missionari si sentono confusi quando notano una certa indifferenza verso la vita e l’attività spirituale.
[Sono sorpresi che alcuni sacerdoti partecipino alla Messa come fedeli invece di concelebrare e il non facciano uso dei paramenti liturgici per celebrare la Messa.]
3. Verso una Più Profonda Comprensione della “Missione” tra i Confratelli Europei ed i Missionari in Europa
– Per contribuire ad una comprensione più profonda di “missione” tra i confratelli europei, è importante in primo luogo che i missionari siano accettati dagli stessi confratelli europei.
– Gli europei tendono a guardare i missionari provenienti da Paesi extraeuropei con una certa diffidenza: “Perché sono qui”? Oppure, c’è la tendenza di vedere i missionari come persone che vengono per riempire alcuni buchi nella comunità.
[La maggior parte delle Ispettorie europee hanno avuto una lunga e forte tradizione nell’inviare missionari in Africa, Asia e Sud America. Esse sono state abituate ad inviare missionari invece di ricevere missionari. Ecco perché i missionari del Progetto Europa sono percepiti in modo diverso: sono accolti come individui, ma non come missionari.]
– Il concetto di “missione” sta gradualmente cambiando, e gli europei stanno lentamente cominciando ad accettare missionari. Tuttavia, c’è ancora molta strada da fare. I missionari hanno bisogno di essere coinvolti in qualche progetto o nella pianificazione della missione della Ispettoria per il futuro.
[I missionari stessi possono contribuire a favorire una migliore comprensione

e accettazione di se stessi nella comunità, prendendo l’iniziativa di interagire con i loro confratelli europei, vale a dire: parlando con loro, lavorando con loro, chiedendo loro consigli e suggerimenti per l’apostolato nella zona, e entrando nella loro mentalità e cultura.]
– È necessario ogni anno o due anni, un incontro di tutti i missionari con i confratelli del Paese per parlare della nuova visione della missione salesiana e per condividere l’idea del Progetto Europa, come previsto dal Capitolo Generale.
[I confratelli locali devono essere coinvolti in questo dialogo come parte del processo, e così rinnovare la loro comprensione. In particolare, i Direttori delle comunità hanno bisogno di una più chiara comprensione del Progetto Europa e dei missionari.]
– La presenza dei missionari fa sorgere iniziative con spontaneità. Questo significa molto per la Chiesa locale e porta gioia e freschezza nel contesto europeo, oltre che offrire un contributo specifico alla missione dell’ispettoria.
[I missionari credono molto nella capacità pedagogica del Vangelo, perché attraverso l’educazione sono in grado di avvicinare i giovani e di evangelizzarli, stabilendo relazioni calde che aiutano a raggiungere il cuore dei giovani. Il loro incontro personale in modo salesiano ha un forte impatto su tutti.]
– i missionari riconoscono che essi non sono sempre ben preparati per lavorare con i laici.
[Hanno bisogno di imparare dai loro confratelli europei ciò che riguarda le sfide della comunità educativa - pastorale e il consiglio educativo-pastorale. Hanno bisogno anche di imparare a formare i laici.]
4 . Il Processo nell’Invio d’un Missionario
– La Congregazione preferisce inviare in missione giovani salesiani dopo il loro postnoviziato, perché sono più facilitati, nell’imparare una nuova lingua e nell’adattarsi ad una nuova cultura e situazione.
– Si desidera più dialogo tra il Consigliere per le Missioni e il confratello missionario, coinvolgendo allo stesso tempo l’ispettoria che invia e l’ispettoria che riceve. Ciò al fine di aiutare nella scelta di una destinazione più adatta alle capacità del missionario e per fornirgli le possibilità di prepararsi nel suo Paese d’origine, per quanto è possibile, prima di partire per la sua destinazione missionaria.

– È auspicabile che i missionari non siano inviati da soli a una comunità, ma abbiano possibilmente almeno uno o due compagni missionari.
– Le ispettorie che ricevono i missionari preferiscono che lo studio della teologia sia fatto nella nuova ispettoria come parte del processo di inserimento, pur riconoscendo il valore dello studio svolto in un contesto internazionale, interculturale.
5. Il Processo d’Inserimento del Missionario nella sua Nuova Ispettoria
– È necessario aver cura di preparare i confratelli dell’ispettoria che riceve, affinché il missionario sia accolto e si senta benvenuto, non solo al suo arrivo, ma anche prima.
– Una volta che un missionario è informato della sua destinazione, e prima che inizi il suo viaggio verso il suo nuovo campo di lavoro, si sforza di apprendere tutto ciò che gli è possibile sul Paese di destinazione e, per quanto possibile, comincia ad imparane la lingua.
– Alcune semplici iniziative che in questi ultimi tempi hanno contribuito ad accogliere i missionari come i “benvenuti”:
* L’ispettore che riceve scrive una lettera al missionario, mentre lui è ancora nel suo Paese d´origine.
* L’ispettore dell’ispettoria che invia, a volte accompagnato da un gruppo di suoi confratelli, prende parte alla Santa Messa della consegna della croce missionaria al missionario, e poi accompagna il missionario alla sua nuova ispettoria.
* Al suo arrivo in ispettoria, il missionario è accolto calorosamente da tutti, così da sentirsi come a casa sua. Egli viene dotato di tutto ciò di cui ha bisogno (vestiti, cancelleria, ecc.)
* Al suo arrivo, i confratelli mostrano interesse per portare il missionario in giro per la ispettoria, e presentarlo alle comunità e ai confratelli. Gli facilitano una conoscenza di base della storia dell’ispettoria.
* in occasione del prossimo incontro ispettoriale, il nuovo missionario viene presentato a tutti, e l’ispettoria pubblica la sua foto e un suo profilo.
* i giovani confratelli dell’ispettoria prendono contatto con il missiona

rio e, mentre lo accolgono, si scambiano i dati necessari per comunicare reciprocamente.
* Al missionario viene dato adeguato tempo per imparare la lingua e la cultura, e per pianificare il suo campo desiderato di apostolato con l’Ispettore.
– Viene incaricato un confratello che abbia esperienza e comprensione per accompagnare il missionario nei primi mesi dopo l´arrivo in Ispettoria e presentargli la realtà della Chiesa, del Paese, dell’Ispettoria salesiana e con la sua storia e la cultura locale.
– È importante che l’Ispettoria proponga al missionario al momento opportuno un piano specifico e concreto e un paio di progetti ben mirati, in cui può collaborare con alcuni confratelli dell’Ispettoria.
– Fin dall´inizio il missionario, da parte sua, si astenga da ogni confronto con la sua Ispettoria di origine e cerchi di inserirsi pienamente nella sua nuova Ispettoria.
6. Il Profilo di un Missionario in Europa
Il documento, La Formazione Missionaria dei Salesiani di Don Bosco, enuncia i criteri per una vocazione missionaria salesiana destinata a qualsiasi parte del mondo. Tuttavia, ogni Regione e Paese ha le proprie esigenze particolari. Ad ogni modo, alcuni criteri che sono specifici per i missionari in Europa sono i seguenti:
* L’apertura ad un’esperienza interculturale: la disponibilità ad inserirsi in una comunità internazionale e lavorare tra gli immigranti e le minoranze etniche; la volontà di entrare nella mentalità di confratelli e giovani europei con un atteggiamento di rispetto per la loro cultura e un approccio senza pregiudizi per il loro stile di vita, per cercare insieme nuove vie per l’evangelizzazione dell’Europa.
* Un’atteggiamento positivo verso le lingue: ci vuole tempo per apprendere non solo la lingua del Paese europeo di destinazione, ma anche altre lingue internazionali, come l´inglese e l´italiano. Non bisogna avere fretta di inserirsi nel lavoro pastorale se non si è preparati.
* Capacità di lavorare in collaborazione con i laici: capacità di lavora

re anche alle loro dipendenze, anche con le donne, riconoscendo che alcuni di loro sono a volte molto più qualificato e che hanno molta più esperienza dei missionari stessi.
* La formazione permanente: la disponibilità a qualificarsi per essere efficaci nel proprio lavoro insieme con i confratelli dell’ispettoria.
* L’umiltà e la pazienza: il riconoscimento e l´apertura ad accettare diversi modi di vivere il carisma salesiano evitando i confronti, non tenendo conto dei difetti o debolezze percepiti, sapendo offrire con umiltà le ricchezze della propria esperienza e del proprio modo di vivere il carisma salesiano.
* Unità: riconoscendo, rispettando e apprezzando le differenze tra le culture, le ispettorie, il modo di vivere il carisma salesiano; saper vedere i limiti e le debolezze; ma soprattutto riconoscendo che gli elementi che i missionari salesiani hanno in comune con i loro confratelli europei sono molto di più che i punti di differenza tra di loro.

Partecipanti

 

MiSSiONARi

AUS
1. S. Leo DHANRAJ
2. D. Tony D’SOUZA
3. S. Simplice THOUCHGANG
BEN
4. D. Pedro AYALA
5. S. Antonius BEREK
6. S. Andreas JEBARUS
7. S. Simon NONGRUM
CEP (Bulgaria)
8. S. Donbor JYRWA
9. S. Ekka SURESH
FRB
10. S. Pierre Min Chien HOANG
11. S. Jean Paul SWAMINATHAN
12. S. Vincent Minh Liem TRAN
GRB
13. D. Cyril John EDAMANA
14. D. Saju MULLASSERIL
15. S. Joseph Tran Hoang PHUC
16. D. Peter PAGAC
17. D. Roman SZCYPA
iCC
18. D. Daniel CORONEL

iCP (Lithuania)
19. S. Francis Xavier Quoc Ky DOAN
20. D. Vincent Kim Hoan NGUYEN
iME (Albania)
21. D. Hien Huu KHONG
iSi
22. D. Antony Samson DAVID
iRL
23. D. Alphonse ARULANANDAM
24. D. Lukasz NAWRAT
25. S. Dominic Vien Binh NGUYEN
26. D. Casimir Raj
27. S. Paul Xuan Binh TRAN
POR
28. L. Crispin HORNAY
UNG
29. D. James CHERUVATTHAR
30. D. Claudius MISQUITA
31. S. James Hai Ly NGUYEN
32. Dc. Lytton QUADROS
33. S. Derossi RAJA
34. D. Joseph SABU
35. S. Rajesh SALAGALA
36. S. Paul Dinh Biet TRAN
1.
ACCOMPAGNATORI
37. D. Dominic SALM (FRB)
38. D. Alix CLOUTTE (BEN)
39. D. Jos CLAES (BEN)
40. D. Jiri SVOBODA (CEP)
41. D. Anthony FERNANDES (GRB)
42. L. Hannes WIEDEMAYR (AUS)
43. D. Koenraad VAN GUCHT (IRL)
RMG
(Casa Generalizia)
44. D. Francesco CEREDA (Consigliere per la Formazione)
45. D. Vàclav KLEMENT (Consigliere per le Missioni)
46. D. Alfred MARAVILLA (collaboratore - Settore Missioni)
47. D. José Miguel NUNEZ
(Consigliere Regionale Europa Ovest)
48. D. Chrys SALDANHA
(collaboratore - Settore Formazione)

 

 

 

 

 

Discorso di Apertura

D. Guillermo Basañes, SDB
Consigliere per le Missioni
Carissimo Don Pascual Chàvez, nostro caro Rettor Maggiore Emerito, Cari confratelli,
Incominciamo questa sera il nostro terzo incontro dei missionari per il Progetto Europa. Siamo riconoscenti al Signore che ci ha protetti e benedetti nei nostri diversi viaggi e percorsi per arrivare qui, al Salesianum di Monaco di Baviera, sani e in tempo.
Ringrazio molto cordialmente ognuno di voi per lo sforzo fatto e per la vostra disponibilità a partecipare in questo incontro. Questo ringraziamento va indirizzato anche ai direttori e confratelli delle vostre comunità i quali in questi giorni sentiranno la vostra assenza, così come agli Ispettori e accompagnatori qui presenti che hanno saputo generosamente lasciare da parte altri impegni importanti per essere qui con noi.
In modo molto speciale ringraziamo e benediciamo il Signore per la presenza del IX Successore di Don Bosco che ha subito accettato il nostro invito e, malgrado i suoi molteplici impegni, volentieri si è reso presente tra noi. Grazie Don Pascual! Sappiamo come il Signore nella Congregazione ti abbia scelto per dare inizio a questo fantastico progetto missionario che è il Progetto Europa. Questo tuo spirito pionieristico, le profonde intuizioni e i chiari lineamenti che hai saputo darci all’inizio di questo Progetto danno oggi a questo incontro una qualità ed uno spessore carismatico tutto particolare. Ne siamo molto riconoscenti a te personalmente, a Don Bosco, al Dio Provvidente.
Tre sono le caratteristiche che illuminano questo nostro III Incontro dei Missionari per il Progetto Europa:
Anzitutto si svolge dopo che abbiamo appena concluso l’anno giubilare del Bicentenario della nascita del nostro Padre Don Bosco. In ognuna delle nostre Ispettorie, tutti abbiamo potuto godere e crescere tanto durante quest’anno di celebrazione e di grazia. Vogliamo sperimentare in questo nostro incontro come il Progetto Europa sia anche un frutto maturo di que

sto Bicentenario. Il miglior regalo dunque che possiamo continuare a fare a Don Bosco e ai giovani in Europa è la consistenza e la fecondità del nostro carisma in questo amato vecchio continente. Ce lo auguriamo all’inizio di questo incontro.
Poi, stiamo vivendo in pieno quest’Anno della Misericordia. Infatti, il carisma di Don Bosco si sta rinnovando in Europa, perché stiamo lasciando che il cuore misericordioso del nostro fondatore, tutto pieno della compassione di Gesù, diventi una realtà ogni volta più palpabile per i cari giovani che sono in Europa. Questo vale in modo particolare per quelli che sono più poveri, quelli che soffrono di più, privi di sogni o di speranze, i giovani rifugiati e giovani migranti. Vi auguro che in queste ore di condivisione possiamo sperimentare ancora una volta la dolcezza della misericordia del Signore, il quale ci fa veri fratelli fra di noi, anche se provenienti da Paesi e da culture così diverse, e vi invia rinnovati a portare consolazione e pace a tutti i giovani in Europa.
Per ultimo, stiamo vivendo con intensità la Strenna di quest’anno 2015, Strenna dell’avventura dello Spirito, percorsa insieme e con Gesù. Il Progetto Europa è per noi Salesiani di Don Bosco, un’avventura missionaria nello Spirito. “Avventura”, perché ascoltando ancora una volta le mille e una storie che avremo da condividere in questi giorni, toccheremo con mano quanto originali e pieni di novità siano i sentieri che stiamo percorrendo nella nostra vita missionaria europea. E “nello Spirito”, perché la nostra con - divisione e la nostra ricerca insieme, le viviamo da credenti, non da avventurieri, ma da uomini e da fratelli di fede. Crediamo che lo Spirito del Signore è molto presente nel cuore di questo Progetto Europa, e lo vivifica.
Cari confratelli, vi auguro giorni di gioia, di crescita, di pace, anche sotto la cura e la benedizione della nostra cara Madre, Maria Ausiliatrice. La sua devozione è molto presente qui, nel popolo cattolico di Baviera e di Austria, già dal secolo XV~. Che la sua intercessione sempre antica e sempre nuova ci assista nei nostri lavori.
Auguri e benvenuti a tutti!

Sintesi delle Risposte al Questionario

D. Alfred Maravilla, SDB
Settore per le Missioni
Ciò che segue è la sintesi delle risposte al questionario inviato a tutti i partecipanti al III Incontro dei Missionari del Progetto Europa, nonché ai Consigli Ispettoriali delle Ispettorie che hanno ricevuto i missionari. Questa sintesi è importante perché potrebbe offrire alcuni suggerimenti da prendere in considerazione perché dopo 8 anni di Progetto Europa essa rivela alcuni punti forti e deboli, come pure le opportunità e le sfide.
Risposte dei Missionari
* Qual è la tua più grande gioia come missionario in Europa?
I missionari esprimono che la fonte primaria della loro più grande gioia è la consapevolezza di aver risposto alla chiamata di Dio a condividere il Vangelo con i cittadini europei. L’apertura dei confratelli ai cittadini, il benvenuto ricevuto nella loro nuova Ispettoria e lo spirito di reciproca apertura e di reciprocità contribuiscono a sostenere questa gioia.
La possibilità di imparare una nuova cultura per aiutare a condividere la fede e il carisma salesiano così pure il lavoro con i giovani, soprattutto i più poveri e gli emarginati, come i migranti, i rifugiati e gli zingari danno senso al loro apostolato missionario in Europa.
* Qual è il tuo più grande dolore come missionario in Europa?
In generale il dolore dei missionari proviene da tre motivi: personale; comunitario e ambientale.
A livello personale c’è la sensazione di diventare di nuovo un bambino che impara una nuova lingua, una nuova cultura e che deve comprendere diversi modi di pensare anche essere lontano dai giovani a causa della mancanza di competenze linguistiche è causa iniziale di difficoltà. Col passare del tempo si comincia a sentire dolore per la sensazione che i confratelli non hanno fiducia in loro, di essere inutili, ignorati, rifiutati o di essere lasciati soli a operare senza alcun lavoro di squadra (teamwork). La sensazione di essere considerati dai Salesiani europei come inferiori a loro, così pure il

loro rifiuto di accettare la diversità e rigettare “l’altro” sono anche cause di dolore per molti.
Col passar del tempo ci si rende conto che è necessario disimparare un vecchio modello di essere missionari che uno ha visto nel proprio paese dove il missionario era spesso l’unico protagonista (one-man show). D’altronde, mentre si comincia ad abituarsi al contesto europeo vi è anche il pericolo di cadere a poco a poco nella trappola della routine col pericolo di cedere alla noia e ciò potrebbe portare alla perdita di zelo e inventiva pastorale. La difficoltà di avere un direttore spirituale regolare potrebbe anche danneggiare gradualmente la loro vita di preghiera e la vita spirituale.
A livello comunitario le cause del dolore per il missionario potrebbero essere la paura percepita nella ispettoria nell’iniziare una nuova presenza; la mancanza nella comunità di una interculturalità, di un progetto comune per rinnovare il carisma salesiano; il vedere i Salesiani abbandonare i nostri ambienti salesiani per lavorare in altri ambienti non salesiani; una vita comunitaria debole e un vita di preghiera debole.
Un’ultima causa di dolore è l’ambiente europeo segnato da secolarismo aggressivo, il relativismo, e l’individualismo, che inducono molti giovani a perdere la loro fede. Eppure uno vede che c’è tanta fame di Dio che viene spesso confusa con ignoranza, malintesi e pregiudizi contro la Chiesa e la fede cristiana.
* Secondo te quale sarebbe il cammino da seguire per rendere pienamente vivo il posto dove stai lavorando adesso?
– avere il coraggio dei primi missionari salesiani per trovare nuovi modi di essere attivamente presenti tra i giovani; per raggiungere i giovani forse bisogna avviare una nuova opera o una nuova presenza a favore degli emarginati, i migranti, i rifugiati e favorire l’interculturalità e l’integrazione.
– rafforzare la nostra presenza come Salesiani nei nostri ambienti volendo decisamente mettersi in contatto reale con i giovani.
– aiutare i missionari (dando loro il tempo e l’opportunità) a imparare bene la lingua e ottenere qualificazioni civili.
– Non c’è futuro senza vocazioni! Noi Salesiani dobbiamo essere convinti della nostra identità e della necessità di vivere secondo il carisma di Don Bosco. Solo così la pastorale vocazionale sarà presa sul serio e Don Bosco e il carisma salesiano potranno essere resi noti al giovane.

Risposte dei Consigli Ispettoriali
* In quale modo la presenza dei nuovi missionari ha arrichito il compito che la Congregazione ha affidato a noi nel redefinire il proprio Piano Organico Ispettoriale d’accordo con gli orientamenti del Progetto Europa e nell’esaminare la propria proposta educativo-pastorale?
i nuovi missionari hanno avuto un’influenza positiva nel rinnovamento dell’ispettoria. La loro semplice presenza ha reso i Salesiani europei più consapevoli della loro età avanzata e della mancanza di giovani salesiani. il loro entusiasmo giovanile, la gioia salesiana e la loro generosità hanno portato vivacità, vitalità, novità, e freschezza giovanile nella comunità locale ed ispettoriale. Alcuni Salesiani europei hanno trovato la loro pietà o pratica religiosa ‘scomoda’ perché sfidano il modo in cui la fede si esprime in una società secolarizzata. Anche i confratelli più anziani possono imparare qualcosa della cultura salesiana e religiosa da questi giovani confratelli. La loro presenza ha aiutato la sostenibilità e la significatività della presenza salesiana nelle nostre opere, consentendo ai Salesiani di rendersi più visibili. Attraverso di loro i giovani hanno avuto la possibilità di essere in contatto di nuovo con i giovani salesiani e ciò apre possibilità alle vocazioni.
La presenza dei nuovi missionari ha internazionalizzato le nostre comunità e ha rafforzato l’esperienza dei Salesiani europei di appartenere ad una Congregazione mondiale, in cui la diversità è apprezzata come ricchezza. La loro presenza sfida i confratelli locali per una maggiore capacità di accogliere e comprendere la diversità, aiutandoli a integrarsi nella nuova realtà e nella comunità locale. La loro presenza è diventata un impulso che ha portato alla formulazione e realizzazione di un Manuale ispettoriale e di un programma di informazione, inculturazione e formazione.
* Quali sono le sfide che avete avuto come Ispettoria nel ricevere i nuovi missionari?
– Da parte delle ispettorie che ricevono:
Le sfide incontrate dalle ispettorie che ricevono potrebbero essere raggruppate in tre punti:
La mancanza di comprensione o la sfiducia nel Progetto Europa mostrato da un atteggiamento negativo da parte di alcuni confratelli, causa una attenuazione della forza morale e dell’entusiasmo della ispettoria. Alcune

Ispettorie che ricevono, inizialmente si sono trovate impreparate a ricevere i nuovi missionari, anche se hanno fatto del loro meglio; ma ora riconoscono che avrebbero potuto agire in un modo migliore, per esempio sforzandosi di conoscere meglio l’Ispettoria di provenienza dei nuovi missionari, la loro cultura, ecc.
Molti Consigli Ispettoriali ritengono che si sarebbe potuto avere un migliore dialogo e discernimento tra il Consiglio Generale (in particolare col Consigliere per le Missioni) e le esigenze dell’Ispettoria circa le qualifiche necessarie, le qualità e l’idoneità dei missionari che arrivano. È importante che le Ispettorie che ricevono presentino un piano concreto per i nuovi missionari prima di riceverli.
Le Ispettorie hanno capito anche la l’inadeguatezza circa: programma e processo di formazione, direttive e persone addestrate per accompagnare i nuovi missionari (soprattutto quelli in formazione iniziale), in vista della loro integrazione nella nuova cultura e in un contesto ecclesiale, sociale e culturale diverso. Di conseguenza, c’è una difficoltà sentita nel discernere le possibilità di coinvolgere attivamente i nuovi missionari nella vita e nell’apostolato dell’Ispettoria.
– Da parte dei missionari che arrivono
Le sfide incontrate da parte dei nuovi missionari potrebbero essere raggruppate in tre punti:
* La sfida di imparare molto bene la lingua e di inculturarsi nel contesto della società europea, nello stile di vita, come pure nelle realtà ecclesiali, salesiane e giovanili. Queste sono difficoltà derivanti dalle differenze culturali, dalle aspettative, dalle esperienze di chiesa e dalle espressioni di spiritualità.
* La mancanza di una formazione professionale, di qualificazioni pedagogiche, di requisiti legali richiesti da parte del governo e le restrizioni del Visa danno loro meno possibilità di essere coinvolti attivamente nella missione educativa ed evangelizzatrice o di essere impegnati nel mondo dei giovani nelle nuove circostanze.
* L’auspicata nuova presenza in nuovi luoghi, in risposta a nuove esigenze non c’è stata e ha provocato un profondo senso di frustrazione tra i nuovi missionari.

* Le sfide per il futuro per il Progetto Europa
1. La padronanza della lingua e l’inculturazione sono una necessità as - soluta. Questo è un processo graduale: da un lato, i missionari devono dedicarsi seriamente a questo; dall’altro lato, l’Ispettoria dovrebbe dare loro il tempo e la possibilità necessari. Lo studio della teologia nel Paese è un mezzo importante per aiutarli ad acquisire il sensus ecclesiae locale, così come comprendere le opportunità e le sfide per vivere la fede nel nuovo contesto.
2. L’accompagnamento vocazionale per mantenere vivo l’entusiasmo dei missionari, lo spirito di servizio, la motivazione e un chiaro senso della nostra chiamata salesiana e vita consacrata.
3. La formazione permanente dei missionari per rispondere meglio alle esigenze del primo annuncio e alla nuova evangelizzazione in un’Europa in continua evoluzione.
4. La necessità di una aggiornata teologia della missione e prassi per il contesto europeo. La comprensione non aggiornata del termine “missionario” e “primo annuncio”.
5. La necessità di creare e promuovere comunità internazionali che siano veramente interculturali.
6. L’animazione e la leadership nel governo in modo che il Progetto Europa possa portare i frutti desiderati.
Osservazioni Generali
Vorrei sottolineare 4 punti che personalmente considero importanti per la nostra riflessione e la discussione nei prossimi giorni:
* È evidente che non si può pretendere che il Progetto Europa sia stato chiaramente compreso da tutti coloro che sono coinvolti in esso. Quindi, è importante che sia spiegato e rispiegato a tutti i confratelli. Un dialogo e un discernimento continuo devono essere mantenuti tra l’Ispettore e il suo Consiglio e il Consiglio Generale, attraverso il Consigliere per le Missioni. Questo è un processo lento e graduale, ma necessario affinché il Progetto Europa abbia i risultati sperati.
* Maggiore importanza deve essere data all’apprendimento delle lingue e all’accompagnamento dei missionari. La selezione dei missionari che

hanno la capacità di imparare bene la lingua è fondamentale, perché da questo dipende la loro inculturazione e l’efficacia pastorale. Allo stesso modo ogni Ispettoria ha bisogno di identificare una persona di riferimento che dovrebbe garantire ai nuovi missionari un confratello che possa accom - pagnarli non solo spiritualmente.
* Per il successo del Progetto Europa non è sufficiente creare comunità internazionali. Ciò che è fondamentale è aiutare i confratelli in modo che in queste comunità ci sia una vera interculturalità in cui vi sia apertura per la diversità, accogliendola come un arricchimento al modo in cui il carisma salesiano è vissuto ed espresso oggi in Europa. È l’interculturalità che rende una comunità internazionale una vera fraternità profetica!
* Alla luce della ecclesiologia della comunione è importante che i confratelli europei siano aiutati a capire che la missiologia oggi nella Chiesa concepita come comunione non c’è più solo il ‘centro’ o ‘il paese cristiano’ o Europa che invia e ‘le missioni’ o ‘terre di missioni’ che ricevono. Tutta la Chiesa è missionaria e tutte le Ispettorie hanno la responsabilità mis - sionaria per tutta la Congregazione. Quindi tutte le Ispettorie mandano e ricevono. Ispettorie di altri continenti mandano dalla loro povertà di personale e le Ispettorie europee ricevono questi missionari come un dono che arricchisce tutta l’Ispettoria. Qui si tratta di scambio dei doni!
26 anni fa San Giovanni Paolo II aveva insistito già nella Redemptoris Missio n.33-34 che d’ora in poi le missioni non possono essere comprese solo in termini geografici.1 No! Le missioni oggi sono intese anche in termini culturali e sociologici che si compenetrano: ad gentes (tra coloro che non sono cristiani), l’attività pastorale ordinaria (per rafforzare la fede dei cristiani) e la nuova evangelizzazione (tra coloro che hanno abbandonato la loro fede). Infatti, Giovanni Paolo II aveva insistito sul fatto che questi tre contesti avrebbero poturo essere trovati spesso in una parrocchia, scuola, centro giovanile, ecc. Allora “le missioni” potrebbero essere in Africa, Asia, America, Oceania e, ovviamente, in Europa! Collegato a questa è la rin novata comprensione dei termini “missionario” e “attività missionaria”, come primariamente far conoscere e amare Gesù e non solo aiutare i poveri,
1 Già D. Egidio Viganò aveva insistito su questo nel suo circolare “L’Apello del Papa per le Missioni”, in ACG 336 (1991), pp. 5-12.

anche se questo è una dimensione importante dell’annuncio evangelico. Questa vecchia ecclesiologia tra confratelli europei, nonché tra i nuovi missionari potrebbe essere in realtà la causa principale della resistenza passiva, ma non verbalizzata, per il Progetto Europa tra molti confratelli dell’ispettoria che riceve!
Quando il Progetto Africa è stato lanciato nel 1980, le ispettorie europee non hanno risparmiato il personale e le risorse, spesso a costo di grandi sacrifici, per avviare la presenza salesiana in quel Continente e raccogliere fondi per sostenere progetti in Paesi in cui oggi il carisma salesiano sta dando i frutti abbondanti. in molte ispettorie europee il servizio di volontariato ha avuto il suo inizio proprio per fornire personale e supporto logistico a queste opere salesiane che stavano iniziando. Con questo in mente si può comprendere il motivo per cui oggi non è facile per molti confratelli europei chiamare l’Europa ‘terra di missione’ e quelli inviati qui come ‘missionari’. infatti una volta mi era stato detto: “perché inviare missionari qui? Noi non siamo un paese povero!”
Quindi è di massima importanza per il successo del Progetto Europa che i confratelli dell’ispettoria che riceve e i nuovi missionari siano aiutati a possedere questa rinnovata comprensione ecclesiologica di missioni. il documento La Formazione Missionaria dei Salesiani di Don Bosco pubblicato dai Settori per la Formazione e le Missioni nel 2013, mira proprio a formare i Salesiani in questa luce.
Una preghiera
vorrei concludere questa Sintesi delle Risposte al Questionario, con una preghiera di San Giovanni Paolo ii presa dalla Ecclesia in Europa:
Maria, Madre della speranza, cammina con noi!
Insegnaci a proclamare il Dio vivente;
aiutaci a testimoniare Gesù, l’unico Salvatore;
rendici servizievoli verso il prossimo, accoglienti verso i bisognosi,
operatori di giustizia,

costruttori appassionati
di un mondo più giusto;
intercedi per noi che operiamo nella storia certi che il disegno del Padre si compirà.
Maria, donaci Gesù!
Fa’ che lo seguiamo e lo amiamo! Lui è la speranza della Chiesa, dell’Europa e dell’umanità! Amen.

D. Pascual Chàvez Villanueva, SDB
Rettor Maggiore Emerito
Due Eventi Precedenti
Il primo è stato l’incontro del Rettore Maggiore, Don Juan Edmundo Vecchi, e il Consiglio intermedio cui fui invitato a partecipare, con l’Ispettore e alcuni consiglieri ispettoriali della Ispettoria dell’Olanda, in seguito alla Visita Straordinaria e alla susseguente relazione del visitatore, Don Luc Van Looy, al Consiglio. Era il 27-29 marzo 1999.
Lo studio della relazione in sede del Consiglio Generale aveva destato la preoccupazione sulla identità e futuro della presenza salesiana in questa nazione e si decise di convocare l’Ispettore ad un incontro con il Rettore Maggiore per maggiori chiarimenti.
Mentre Don Vecchi invitava da una parte a riconoscere che alcune delle scelte fatte 25 anni prima erano state sbagliate e si erano dimostrate così dal momento che da allora non avevano avuto più vocazioni, e, d’altra parte, a concentrare le energie disponibili in due o una presenza dove potessero essere più significativi e fecondi, l’Ispettore insisteva che non avevano sbagliato e che la Congregazione in Europa avrebbe seguito i loro passi, frutto della crescente secolarizzazione del Continente.
Il risultato dell’incontro fu solo la riaffermazione dell’Ispettore di allora della loro convinzione che il carisma ormai era passato ai laici e che la presenza degli SDB era destinata a finire.
Il secondo è stato la mia esperienza all’interno del Consiglio Esecutivo della USG (Unione Superiori Generali) in cui sentivo sempre più condivisa da alcuni Superiori Generali la loro testimonianza sulla mancanza di futuro della vita consacrata delle loro Congregazioni o Istituti in Europa, non solo come conseguenza dell’inarrestabile invecchiamento del personale e dello scarso o nullo flusso vocazionale, ma soprattutto della convinzione dei religiosi che questa VC aveva raggiunto il capolinea. Da lì la decisione di non fare nessuna pastorale vocazionale, ma anche di non accettare nessuno

che bussasse alle porte delle loro case, perché non sembrava onesto a loro di accogliere nuovi religiosi per prendersi cura di confratelli anziani o ammalati. Così, nel dicembre 2005, in una udienza privata con il Santo Padre, Benedetto XVI, tra altre cose gli parlai della preoccupazione sul futuro della vita consacrata nel vecchio Continente. Non ne era informato o almeno non era consapevole di questa situazione. Da quel momento decise di tornare ad incontrare regolarmente il Consiglio Esecutivo della USG. Si capisce allora ciò che disse e che Papa Francesco ha ripetuto nella Lettera Apostolica ai Consacrati nell’Anno della Vita Consacrata: “Non unitevi ai profeti di sventura che proclamano la fine o il non senso della vita consacrata nella Chiesa dei nostri giorni; piuttosto rivestitevi di Gesù Cristo e indossate le armi della luce – come esorta san Paolo (cfr. Rm 13,11-14) – restando svegli e vigilanti”2.
Ecco, fu proprio in quella occasione della prima udienza privata che ebbi con Papa Benedetto XVI, che gli parlai del Progetto Europa che stava già balenando nella mia mente. Lui rimase incantato dall’idea.
Le ragioni che avevo per cominciare a pensare e, difatti, a parlare di un Progetto Europa a livello di Congregazione erano sì le difficoltà che stanno attraversando le presenze e ispettorie in Europa, di modo particolare – ma non solo – nel Centro e Nord, ma soprattutto un senso profondo di gratitudine a ispettorie che sono state nel passato assai generose inviando migliaia di missionari in tutto il mondo quando erano ricche di vocazioni. Grazie a loro il carisma di Don Bosco si diffuse ovunque. Non potevamo dunque restare indifferenti alla nuova situazione che adesso stavano vivendo e che rischiava di vedere sparire una ad una le presenze salesiane in questo Continente.
Inoltre perché mentre esistono ragazzi, ci sono motivi perché i Salesiani ci siano. E non bastano i laici. Pensare questo, significherebbe andare contro l’esperienza personale di Don Bosco che cominciò a lavorare con collaboratori che, però, dopo un poco di tempo lo lasciavano. Allora egli capì che aveva bisogno di persone consacrate che condividessero a pieno il suo ‘sogno’, il suo progetto. I laici, senza un nucleo di persone consacrate, finiranno per abbandonare tutto. A questo si deve aggiungere, come abbia
2 FRANCESCO, Lettera Apostolica a Tutti Consacrati in Occasione dell’Anno della Vita Consacrata (21 Nov 2014), I.3.

mo detto nelle due assemblee della USG sul tema della Vita Consacrata in Europa, che se questa così come oggi la conosciamo nacque qui, anche negli altri continenti finirebbe per seguire questo cammino. Il Progetto Europa aveva quindi un forte senso di responsabilità istituzionale e di Chiesa.
Nascita del Progetto Europa´
Prima del CG26, che si realizzò nei mesi di febbraio e marzo 2008, ebbi ancora un’altra udienza con Papa Benedetto, in cui gli dissi che volevo coinvolgere tutta la Congregazione nel Progetto Europa. Lui approvò l’idea in modo tale che nel suo messaggio al Capitolo Generale invitò formalmente alla Congregazione a prendere questo tema in considerazione. Così fu e il CG26 lo assunse dando una indicazione concreta al Rettore Maggiore di definire bene la natura e il programma del Progetto Europa.
Il “Progetto Europa” approvato dal CG26, nella linea di azione n. 16, impegna l’intera Congregazione a “rilanciare il carisma salesiano in Europa” e chiede al Rettor Maggiore, con il suo Consiglio, che “definisca la natura e gli obiettivi dell’intervento della Congregazione per una rinnovata presenza salesiana in Europa” (CG26, 111).
L’Obiettivo del Progetto Europa
Il Progetto Europa intende impegnare tutta la Congregazione nel rafforzamento del carisma salesiano in Europa, soprattutto mediante un profondo rinnovamento spirituale e pastorale dei confratelli e delle comunità, al fine di continuare il progetto di Don Bosco a favore dei giovani, specialmente i più poveri.
Il PE è un atto di coraggio apostolico e una opportunità di rinascita carismatica; è significativo che sia l’intera Congregazione a farsi carico di questo Progetto. La situazione, letta alla luce della fede, è una nuova chiamata di Dio per noi. Anche se responsabilità di tutta la Congregazione, l’elaborazione e la realizzazione spettano prima di tutto alla Congregazione in Europa.
´ “Per una Rinnovata Presenza Salesiana in Europa”, Intervento Iniziale del RM nell’Incontro con gli Ispettori dell’Europa (Roma, 28 novembre 2008).

È un programma ritenuto provvidenziale per assicurare la presenza del carisma salesiano in Paesi del Continente in cui esso rischia di estinguersi o comunque di essere fortemente ridimensionato. Ridare vitalità al mondo salesiano nel Continente di più antica evangelizzazione, dove più ampiamente si è sviluppata la visione cristiana dell’uomo e dove ora si vive una critica situazione di “emergenza educativa”, è indubbiamente strategico per tutta la Congregazione.
il rilancio del carisma salesiano in Europa va inserito nel più ampio contesto della nuova evangelizzazione, che in misura maggiore o minore tocca tutte le nazioni europee. Una profonda secolarizzazione della società genera un’apostasia silenziosa dalla fede ed un invadente relativismo culturale; tali tendenze fanno facilmente presa sulle nuove generazioni e sfidano seriamente la missione educativa ed evangelizzatrice della Chiesa. il rilancio del carisma è strettamente legato alla capacità di incontrare “bisogni disattesi”, ai quali non si è ancora data una risposta. Forti indicatori di bisogni inesplorati sono per noi costituiti dalla generalizzata, anche se diversificata, lontananza dei giovani dalla fede, dalla ricerca di senso e dal rifugio in esperienze limite, che vanno insieme al fallimento della famiglia come primo e naturale luogo di umanizzazione e socializzazione.
La Priorità Strategica: Rinnovamento della Vita Consacrata Salesiana
Prima ‘missione’ salesiana in Europa è la presenza e la vita di comunità consacrate a Dio e appassionate della salvezza dei giovani. Per vivere da consacrati in Europa sembra opportuno avviare un cambiamento della mentalità dei Salesiani perché prendano coscienza del bisogno di dare testimonianza di una trasparente e vera identità carismatica, di conoscere e essere capaci di dialogare con le differenti culture e di avvicinare i giovani con simpatia.
Benché in Congregazione abbiamo una più che centenaria esperienza missionaria, il Progetto Europa è in realtà un progetto inedito. Più che uno splendido programma missionario, come può essere stato il “Progetto Africa”, il Progetto Europa è una proposta spirituale senza pari; non si tratta di evangelizzazione ad gentes, come ad esempio in Asia o in Africa, né di consolidamento di un’evangelizzazione ormai compiuta, come ad esempio

in America Latina; in Europa è in gioco il recupero spirituale e culturale di un Continente oramai non-cristiano o post-cristiano. Da ciò conseguono le seguenti scelte.
“Questo progetto esigerà ovviamente un cambiamento strutturale nelle comunità del Vecchio Continente... Non [è] quindi un’opera di semplice “mantenimento di strutture”, ma un progetto nuovo per esprimere una presenza nuova, accanto ai giovani d’oggi. Ci muoviamo con il cuore di Don Bosco, ricchi della passione per Dio e per i giovani, per collaborare alla costruzione sociale di una Nuova Europa, perché abbia veramente ‘un’anima’, perché ritrovi le sue robuste radici spirituali e culturali, perché a livello sociale dia spazio e pari opportunità a proposte di educazione e cultura, senza discriminazioni o scelte di esclusione sociale”.4
Una Rivitalizzazione Endogena
La prima ‘missione’ salesiana in Europa è la presenza e la vita di comunità, consacrate a Dio e appassionate della salvezza dei giovani. Le presenze vanno dunque scelte, ridimensionate, ricostituite o create, secondo questo orientamento strategico: solo comunità di chiara e seria vita spirituale e attraente vita salesiana al servizio dei giovani hanno futuro.
Per vivere da consacrati in Europa sembra opportuno avviare un cambiamento della mentalità dei Salesiani perché prendano coscienza del bisogno di dare testimonianza di una trasparente e vera identità carismatica, di conoscere e essere capaci di dialogare con le differenti culture e di avvicinare i giovani con simpatia.
Il Progetto Europa non dovrebbe ridursi ad un ridimensionamento delle opere esistenti, né all’accoglienza di confratelli missionari da altri continenti. Senza scartare la possibilità di confratelli che scelgano l’Europa come terra di missione ad gentes, il Progetto Europa riguarda in primo luogo la “rivitalizzazione” endogena dei confratelli europei. Non deve mancare l’apprezzamento positivo di quanto già è stato fatto da tanti confratelli per l’incarnazione del carisma salesiano in Europa e la sua inculturazione altrove.
4 “Discorso del RM alla Chiusura del CG26”, in ACG 401 (2008), p. 148.

Il Progetto dovrebbe anche sottolineare la presenza e il ruolo che i laici sono chiamati a svolgere nella realizzazione del carisma salesiano in Europa, una presenza e un ruolo che oggi sono divenuti più estesi e visi bili che non la presenza e il ruolo degli SDB. Siamo però convinti che per assicurare il presente e il futuro al carisma di Don Bosco c’è sempre bisogno di un gruppo di salesiani consacrati.
Ridisegnare le Presenze Salesiane
È importante che le comunità salesiane locali avviino un processo di verifica della propria opera, con speciale attenzione alla sua efficacia evangelizzatrice e alla sua capacità di vivere e testimoniare la fraternità apostolica.
Ogni Ispettoria dovrà definire il proprio Progetto organico ispettoriale in corrispondenza con gli orientamenti del Progetto Europa e riesaminare la propria proposta educativo-pastorale. Due sono i criteri di cui tenere conto: innanzitutto risulta necessario porre una speciale attenzione ai luoghi e agli ambiti in cui si genera e si trasmette cultura, le scuole in primo luogo; inoltre si debbono mantenere e rafforzare le presenze che favoriscono l’accompagnamento personale e la fioritura vocazionale.
In concreto occorre
* lasciare strutture ed opere che manchino di identità salesiana, che siano diventate un ostacolo o risultino ormai inefficaci per una reale evangelizzazione dei giovani;
* creare qualche presenza nuova capace di attirare i giovani e rispondere alle loro urgenze, e di dare speranza ai Salesiani più sensibili.
Inviare Missionari Ben Preparati
Anche se l’invio di nuovi confratelli è un aspetto importante, tale invio non deve assolutamente essere finalizzato alla salvaguardia dell’esistente, ma alla elaborazione ed alla gestione di nuove attività e iniziative più corrispondenti alle problematiche odierne e più significative da punto di vista carismatico. L’esigenza non è solo quella di un consolidamento numerico, ma riguarda anche un nuovo “modo di fare”.
Quindi, i missionari non vengono in Europa per mantenere opere,

per quanto benemerite ed apprezzate siano, ma per “rafforzare la proposta cristiana, la presenza della Chiesa e il carisma di Don Bosco in questo Continente”.5
In questa luce, il compito prioritario dei confratelli destinati alle Ispettorie europee è l’inculturazione. Come in ogni attività missionaria, fondamentale risulta essere la conoscenza delle condizioni, delle problematiche, delle mentalità, delle lingue. Ci vorrà molto lavoro preparatorio per ac - cogliere i confratelli che saranno inviati e per aiutarli ad identificarsi con il Progetto Europa.
Conclusione
Oggi più che prima sono convinto della validità del Progetto Europa, che deve andare avanti con convinzione, strategia e volontà politica cercando di non dimenticare qual è l’obiettivo principale: “rilanciare il carisma salesiano nel Continente” e quali sono le tre grandi scelte: 1) rivitalizzazione endogena del carisma nei confratelli e nelle comunità; 2) ridisegnare le presenze salesiane nelle Ispettorie; 3) inviare missionari ben preparati dal punto di vista linguistico, culturale e missionario.

5 BENEDETTO XVI, “Lettera al RM in Occasione del CG26”, in ACG 401, p. 92.

La Congregazione Salesiana in Europa Sfide e Opportunità per il Futuro

D. Pascual Chàvez Villanueva, SDB
Rettor Maggiore Emerito
“Le riflessioni teologiche o filosofiche sulla situazione dell’umanità
e del mondo possono suonare come un messaggio ripetitivo e vuoto,
se non si presentano nuovamente a partire da un confronto
con il contesto attuale, in ciò che ha di inedito per la storia dell’umanità.”
(Laudato Si’, n.17)
Con queste parole inizia Papa Francesco il primo capitolo dell’Enciclica Laudato Si’ nella quale esamina la situazione del mondo attuale. Oggi possiamo fare nostre queste parole quando vogliamo impostare l’analisi della missione che portiamo avanti come Congregazione in Europa. Senza una conoscenza sufficiente della realtà socio-storica che ci tocca vivere, il nostro servizio alla missione può concludersi come una semplice proiezione dei nostri propri gusti e comodità.
Da qui vogliamo guardare ora il mondo attuale per ottenere chiavi dalle quali discernere la missione. Questo sguardo al mondo si converte in una vera sfida dovuta all’enorme complessità del nostro mondo in questi momenti e al grande numero di problemi da affrontare. In generale possiamo dire che siamo in un mondo in transizione dove si mettono in dubbio grandi status quo stabiliti alla fine della Seconda Guerra Mondiale senza che siano chiare le alternative a tutto questo. E questa situazione si vive, in modo particolare nell’Europa di oggi, in quanto scenario del flusso inarrestabile di rifugiati politici ed immigranti dal Medio Oriente e dall’Africa.
L’Uomo del Secolo XXI
La Congregazione, come pure la Famiglia Salesiana, si trovano in tutti i Continenti, compresso quello digitale. Questo ci porta a dire una parola sull’uomo del secolo XXI. So che è una questione molto ampia, che richiede una vera differenziazione, in considerazione delle situazioni e circostanze tanto variopinte in cui vivono le persone.

Pretendere di parlare dell’uomo del XXI secolo senza badare alla grandissima differenza tra una persona dell’Europa, una dell’America, una dell’Asia o dell’Oceania o dell’Africa, comporterebbe inevitabilmente di cedere alla tentazione eurocentrica. È vero che avendo dovuto girare nei cinque continenti, come altri Superiori Generali di Congregazioni presenti in tutto il mondo, ho avuto il vantaggio di avere una visione universale e, per la stessa ragione, più attenta a ciò che caratterizza ogni popolo. Tuttavia la globalizzazione sta provocando un’omogeneizzazione dei popoli, appiattendo le culture e offrendo un modello sociale unico.
Tenendo presente questo, si potrebbe dire che il nuovo umanesimo secolare che si viene configurando, conosciuto come “cultura planetaria”, sta trasformando tutto il mondo in un “villaggio globale”, in cui vivono tutti gli uomini, senza alcuna importanza dell’ubicazione geografica o delle radici culturali particolari. Esito dell’influsso dei mezzi di comunicazione sociale, i crescenti scambi di relazioni interculturali, le migrazioni, il turismo, il neoliberismo e altre forme d’inter-relazionarsi degli uomini fanno sì che si produca una confluenza verso forme comuni di cultura, senza che questo sia di ostacolo per poter dimostrare l’esistenza di tentativi di conservazione e difesa delle peculiarità culturali di ogni popolo e regione.
I tratti positivi più spiccanti di questa nuova cultura possono essere i seguenti: lo sforzo dell’umanità per raggiungere un continuo progresso integrale, che le consenta di vivere in un ambiente più umano, al servizio di tutti gli uomini e i popoli del pianeta; il rifiuto radicale di ogni tipo di totalitarismo, dogmatismo o fanatismo che non facilitino l’accesso comodo al sistema politico della democrazia; il rispetto dei diritti delle persone e dell’esercizio della libertà; l’aggressività di fronte agli imperialismi e ai privilegi ingiustificati di certi settori o ceti sociali; l’aspirazione al sistema di relazioni più giuste, più ugualitarie e più solidali; la stima per il pacifismo e l’ecologismo, che dà origine alla valorizzazione del dialogo, della convivenza pacifica e di nuovi modi di relazionarsi con la natura.
Ma nel contempo è evidente che stiamo assistendo ad una profonda crisi di valori che sta erodendo i principi. L’uomo del XXI secolo ha perso la speranza nelle utopie e, perciò, è incapace di assumere impegni seri e di lunga durata; essendo toccato dal pessimismo e dallo scetticismo, dinanzi alla realtà e al futuro del mondo ha una sensazione di stanchezza e sommerge nella cultura del gran vuoto che si caratterizza per l’assenza di valori, la ca

renza di ideologie e ideali, provocando un pensiero debole. A sua volta, questo genera un’etica della pura coesistenza e un acuto relativismo morale; il crollo di valori stabili invita a vivere al menu e a fare di una cultura imperante una schiavitù alla moda, sempre passeggera; erose le fondamenta della fede nella ragione, si vive con una grande confusione: è la cultura del frammento, dove i “grandi racconti” non hanno senso, senza più orizzonte che il momento immediato.
– Visione dell’Europa
Sono stato sempre un profondo e convinto ammiratore dell’Europa, soprattutto per l’umanesimo che l’ha caratterizzata e che si è tradotto in un brillante pensiero filosofico; in un diritto civile che ha saputo mettere al centro la dignità della persona; in una democrazia che è la base di una buona relazione sociale; in una letteratura capace di approfondire i temi più rilevanti per l’uomo; in un’arte scultorea, pittorica, musicale, filmica, che ha raggiunto livelli tali da diventare punto di riferimento e scuola per altri; in una costante capacità di innovazione e di ricerca, cercando di fare sempre più umana la vita; in una sensibilità sociale ed ecologica attenta alla unità nella diversità delle persone e alla salvaguarda del creato. Insomma, l’Europa è un continente che ha contenuti, che ha anima. Ciò non significa che io sia qui a canonizzarla! Anzi, la lunghissima storia di questo Continente ci parla di guerre devastanti, di espressioni del male le più abominevoli, di sfruttamento di popolazioni in varie parti del mondo. Riferendomi più in concreto all’oggi, la vedo con uno sviluppo scientifico e tecnologico che sembra non avere limiti, ma con un’apertura a scelte di vita personale e sociale che sembrano obbedire più a pressioni di gruppo che al vero rispetto della persona e della società, appunto per la mancanza di valori morali oggettivi. Soprattutto è evidente l’impegno a escludere Dio dallo Stato, dalla società e persino dalla coscienza delle persone.
La lettera postsinodale di Giovanni Paolo II “Ecclesia in Europa” parla di una apostasia silenziosa. Il Papa Benedetto XVI parla di un’Europa che odia se stessa. Papa Francesco parla di un’Europa anziana senza capacità di rinnovamento. Dovendo lavorare con i giovani, io posso cogliere la confusione e lo smarrimento che sta provocando questa trasformazione culturale, sociale e familiare, cui si aggiunge un individualismo tale che fa sentire soli, abitanti di un mondo diverso da quello degli adulti, insicuri, avvolti

da cose e di beni e orfani di affetto, attirati dal desiderio di divertimento e vuoti di senso dell’esistenza. Sembrerebbe come se la società si fosse impegnata a promuovere una stagione di adolescenza dei ragazzi e delle ragazze pensando solo allo svago, senz’altra preoccupazione che l’oggi, privi di radici e senza orizzonti, lasciando per il domani, se e quando arriverà, di prendere responsabilmente delle decisioni. in questo contesto è ovvio che la Congregazione salesiana deve ridefinire la sua offerta educativa pastorale, sì da evitare di dare risposte a problemi non posti, e di non rispondere invece agli interrogativi che attanagliano la vita dei ragazzi. Questo è il senso che ha, tra altro, il “Progetto Europa” che avevo lanciato da tempo e che la Congregazione continua a realizzare in forma sistematica. Come Don Bosco, dobbiamo andare avanti come il Signore ispira e come le circostanze esigono, ma con coraggio e fiducia.
– Religione
Credo che possiamo dire con sicurezza che nei prossimi anni le religioni saranno elementi sempre più importanti dello sviluppo sociale e internazionale. Questa importanza è già un fatto per la parte che svolgono come motori dei principali eventi della politica internazionale. Probabilmente quello che più ci viene in mente nel pensare alla parte che hanno le religioni è il terrorismo fondamentalista e altri tipi di conflitti nei quali la religione può essere presente. Tuttavia bisognerebbe vedere, quanto c’è in esse di manipolazione politica della religione. Però è anche possibile identificare una parte crescente delle religioni e la motivazione religiosa nelle società che sta dando un grande contributo al bene comune delle società. Cercheremo di identificare queste forme di presenza più positive delle religioni.
Posto della Religione nelle Democrazie Plurali Moderne6
Nel 1994 José Casanova riteneva che la visione sociologica delle religioni fino ad oggi, difende la secolarizzazione come un processo necessario della scomparsa delle religioni, era sbagliata. Casanova, di fronte alla
6 Cf. JOSÉ CASANOVA, “Public Religions Revisited”, a cura di HENT DE VRiES, Religion Beyond a Concept, (New York: Fordham University Press, 2008), 101-19.

secolarizzazione come privatizzazione e scomparsa delle religioni, parlava di un processo contrario della deprivatizzazione delle religioni come mostra l’influenza crescente del suo influsso nelle società nell’ultimo terzo del secolo XX (Cristianesimo fondamentalista negli Stati Uniti, rivoluzione dell’Iran, influenza della Chiesa cattolica nella democratizzazione di vari Paesi...)´. In uno studio del 2008 Casanova confermava la sua tesi a partire dalla evoluzione del mondo in questi anni. Possiamo così affermare che nel mondo futuro le religioni avranno una parte sempre più grande e più influente nelle società. Questa tesi la conferma il fatto che il filosofo miscredente Jürgen Habermas riconosce un processo simile che egli chiama società post-secolare8.
Casanova, davanti a questa deprivatizzazione delle religioni, invitava queste ad adottare caratteristiche che permettessero loro di partecipare pienamente alle democrazie pluraliste: rispetto della libertà religiosa, accettazione piena dei diritti umani, accettazione della separazione religione-Stato. Quando le religioni rispettano questi valori Casanova le chiama religioni pubbliche. Le religioni che hanno integrato già queste caratteristiche, come la Chiesa cattolica dopo il Vaticano II, divengono così importanti attori in favore del bene comune delle società democratiche moderne.
Una prima intuizione, pertanto, di fronte ai prossimi anni, è che le religioni e il religioso, avrà una voce sempre più forte nelle società. I diversi attori sociali dovranno tenere sempre più presenti le convinzioni religiose dei cittadini per disegnare le loro politiche.
Però questa maggior presenza delle religioni nel pubblico non consiste in un ritorno ai tempi antichi delle religioni ufficiali nei Paesi, ma in un processo di crescente pluralismo, dove ci sono diverse e nuove posizioni religiose insieme alle tradizionali (le differenti confessioni cristiane, l’Islam, il Buddismo, l’Induismo...) senza poter reclamare nessuna parte privilegiata. La società ascolterà le religioni però non si lascerà guidare da nessuna in concreto.
´ Cf. JOSÉ CASANOVA, Public Religions in the Modern World (Chicago: University of Chicago Press, 1994).
8 Cf. JORGEN HABERMAS, “La Religión en la Esfera Pública. Los Presupuestos Cognitivos para el “Uso Público de la Razón” de los Ciudadanos Religiosos y Seculares”, in Entre Naturalismo y Religión (Barcelona: Paidós, 2006), 122-55.

Le religioni da parte loro, dovranno abituarsi a questo pluralismo e imparare che la loro voce è una tra tante altre e che è necessario il dialogo con altre tradizioni religiose se si vuole influire nella società dalla posizione di credenti. Tutto questo sempre dal presupposto dei valori democratici del pluralismo e del rispetto dei diritti umani.
Nel suo saggio del 2008 completando la visione precedente, Casanova identifica varie espressioni nuove della presenza delle religioni nella società che saranno molto presenti nei prossimi anni. in primo luogo Casanova relativizza l’esperienza della secolarizzazione europea impostandola come un’eccezione in un mondo dove la religiosità è accettata dalla maggioranza con una certa naturalezza (come succede negli Stati Uniti, in Asia o in Africa). Con frequenza si è voluto imporre il paradigma secolarizzatore europeo a tutto il mondo da una posizione molto eurocentrica.
in secondo luogo, Casanova riconosce che l’influenza delle religioni nelle società si sta facendo più forte e audace di come si pensava in principio. Questa influenza non si sta limitando a ispirare movimenti della società civile, ma sta entrando direttamente nel campo politico con l’apparizione di partiti confessionali in molte società (come per esempio i partiti ispirati dai Fratelli Mussulmani o i partiti confessionali calvinisti in Olanda).
Finalmente, Casanova riconosce che questa influenza delle religioni avviene in un modo globale che oltrepassa i confini nazionali. Così molti grandi movimenti di ispirazione religiosa sono movimenti globali capaci di influire su società molto diverse nello stesso tempo (es: i Fratelli Mussulmani, il movimento di appoggio al Dalai Lama o la GMG cattolica).
L’esperienza, tuttavia, dimostra anche, specialmente in Europa, che insieme a questa tendenza generalizzata di desprivatizzazione delle religioni, che non si può fermare, si danno in modo parallelo alcuni movimenti più puntuali del laicismo escludente molto forti9. Questi movimenti possono essere forse reazioni appunto a questa presenza più forte delle religioni in pubblico. Questo si vede per esempio nel forte e combattivo movimento ateo nel Regno Unito, o nelle tendenze laiciste escludenti dei nuovi partiti spagnoli.
9 Cf. ERiN WiLSON, “Rethinking Religion and Politics in Postsecular Europe”, a cura di CHRiSTOPH JEDAN, Constelations of Value: European Perspectives on the Intersection of Religion, Politis and Society (Münster: Lit Verlag, 2013), 121-38.

– Islam
Le notizie che ci vengono sulle atrocità di Daesh e dei giovani europei, che vanno in Siria a incorporarsi a questo gruppo, possono portarci a guardare con grande negatività lo sviluppo dell’Islam. Tuttavia, una conoscenza più diretta permette di relativizzare questa situazione. Prima di tutto dobbiamo capire che le iniziative nell’Islam come Al-Qaeda o Daesh sono espressione non tanto di un aumento di forza e indebolimento teorico dell’Islam, ma di una profonda crisi di esso nel momento di integrare la modernità. Riconoscere la crisi culturale e religiosa che c’è in profondità ci può permettere di identificare altre risposte più positive che si danno ad essa. Benché abbiano visto andare a vuoto le loro aspettative, le primavere arabe parlano della ricerca da parte della popolazione delle società mussulmane di altre alternative.
In primo luogo, davanti alla radicalizzazione dell’islamismo politico, è necessario rinforzare la conoscenza della pluralità interna del medesimo Islam. Questa pluralità esiste a molti livelli, dalle diverse scuole teologiche nel corso della storia alle diverse scuole giuridiche attuali: hanafi, malikí, Shafi’í, hanbalí. La coscienza di questa pluralità innata all’Islam, e il fatto di portarla alla luce, è un antidoto di fronte alle presentazioni artificialmente omogenee di questa religione. In questo senso, la necessità per l’Islam di convivere con comunità cristiane nel vicino oriente e la stessa ricchezza e pluralità interna di queste comunità ricorda all’Islam la necessità di accettare questa pluralità. Qualcosa di simile può succedere con la presenza dell’Islam nell’Europa attuale sempre più pluralista.
D’altra parte, l’Islam politico non è l’unica corrente dell’Islam attivo oggi, nonostante la sua grande presenza nei mezzi di comunicazione. È possibile trovare un certo numero di intellettuali mussulmani che si sforzano per mettere in dialogo i valori delle democrazie plurali occiden - tali con la tradizione mussulmana (An-Na’im, Sachedina, Ramadan). Benché molti lavorino in Paesi occidentali, ci sono anche rappresentanti in società di tradizione mussulmana. I fallimenti dell’Islam politico, come nel caso dell’Egitto, o il rifiuto che provoca la barbarie del yihadismo, trasforma il lavoro di questi autori in un’alternativa sempre più attraente. Questo succede specialmente nel caso di molti mussulmani desiderosi di poter adottare i valori democratici senza perdere la propria identità mussulmana.

La Convivenza Interreligiosa nel Medio Oriente 10
La presenza di comunità cristiane nel Medio oriente ha vissuto diverse fasi. Fino al secolo XIX erano sotto lo statuto del dhimmis tradizionale mussulmano, questo assicurava una certa protezione che non evitò nessun massacro. A partire dal primo terzo del secolo XX, i cristiani poterono partecipare alla costruzione dei nuovi Stati Nazionali sorti dopo la Prima Guerra Mondiale e si convertirono in minoranze dinamiche e molto attive.
A partire dagli anni ‘70, l’aumento dell’Islam politico ha causato una crescente pressione sui cristiani dell’oriente minacciando la loro integrità e spingendo a un esodo da quella terra. Questo esodo è una tragedia per tutto il Medio oriente. Storicamente, non è mai esistito un Medio oriente esclusivamente mussulmano come l’Islam politico sogna di creare.
Inoltre, di fronte alla violenza crescente scatenata in vari Paesi tanto dei mussulmani contro altre minoranze, come fra gli stessi gruppi mussulmani, la coscienza attuale è che l’unica soluzione per le società del Medio Oriente è la costruzione di società democratiche dove religione e Stato siano separati. Non si tratta di costruire Stati laicali allo stile francese, dove la religione viene ignorata, ma società aperte e favorevoli alla religione che sappiano separare entrambe le sfere, quello che si è chiamato “società civile”. La presenza dei cristiani è un elemento fondamentale per la costruzione di queste società per la loro tradizione e per quello a cui possono contribuire, il loro esodo si fa preoccupante per tutto il vicino oriente11.
Tuttavia, è necessario vedere accuratamente la situazione di queste comunità cristiane. Infatti il numero totale dei cristiani nel Medio Oriente è aumentato passando da 4 milioni nel 1910 a 13 milioni nel 2010. Il problema è che è diminuita la percentuale che rappresentano nell’insieme queste società (attualmente sono lo 0,6%) questo suppone una minore significatività e influenza in dette società. È chiaro che la situazione è molto dramma
10 Cf. MICHEL YoUNÈS, “La Vocation des Chrétiens d’orient dans leur Rapport à l’Islam et aux Musulmans”, a cura di MARIE-H$LÈNE RoBERT and MICHEL YoUNÈS, La Vocation des Chrétiens d’Orient. Défis Actuels et Enjeux d’Avenir dans leurs Rapports à l’Islam, (Paris: Karthala, 2015), 45-69.
11 Cf. CHRISTIAN CANNUYER, “Les Chrétiens d’orient, Héritiers d’une Histoire en demi-teinte dans un Contexte International Dangereux”, a cura di MARIE-HtLÈNE RoBERT and MICHEL YoUNÈS, La Vocation des Chrétiens d’Orient. Défis Actuels et Enjeux d’Avenir dans leurs Rapports à l’Islam (Paris: Karthala, 2015), 23-26.

tica per le comunità cristiane nei vari Paesi del Medio Oriente, comunque la situazione è disuguale secondo i Paesi. I cristiani che si trovano in una migliore situazione sono quelli del Libano e della Giordania, quelli che stanno in peggiore situazione sono quelli dell’Iraq e della Siria.
A sua volta, riconoscendo e rifiutando le situazioni tragiche che si producono in Siria e in Iraq, è possibile identificare un effetto positivo a lungo termine nell’attuale esodo delle comunità dei cristiani dall’Oriente. Questo effetto positivo richiede come condizione che la maggior o minor presenza cristiana nel Medio Oriente continui e che la diaspora si mantenga in contatto con essa. Da una parte, la presenza crescente di cristiani del Medio Oriente nei Paesi occidentali può permettere un maggior appoggio finanziario e politico a queste minoranze. Dall’altra parte, questa presenza in occidente può offrire a queste comunità cristiane l’esperienza di società democratiche plurali moderne che diano l’idea per il miglioramento delle società dell’Oriente e uno stimolo ai cristiani di quelle zone per non cadere in una chiusura identitaria.
Per il professore Michel Younès la costruzione delle società civili aperte nel Medio Oriente, grazie alla convivenza di cristiani e mussulmani, esige due condizioni: in primo luogo l’accesso condiviso al potere senza fare differenze di tradizione religiosa, lo sviluppo di un sistema educativo che trasmetta questi valori di pluralità e tolleranza.
– Chiesa
I prossimi 5 o 6 anni della vita ecclesiale continueranno ad essere caratterizzati dal progetto ecclesiale di Papa Francesco così come si va disegnando nei documenti che ha pubblicato fino adesso. Detto progetto implica chiaramente un desiderio di rinnovamento ecclesiale, però questo rinnovamento si vorrebbe che derivasse dall’impulso apostolico e non da una visione ideologica della vita ecclesiale. Dopo gli anni di assestamento e di affermazione del pontificato di Giovanni Paolo II, il progetto di Papa Francesco richiede di riprendere la dimensione di rinnovamento del Concilio Vaticano II. Tuttavia, in questa situazione, grazie all’esperienza degli anni trascorsi, detto rinno - vamento si fa con maggior realismo e saggezza. L’età di Papa Francesco, invita, in ogni caso, a pensare che alla fine del periodo, che stiamo considerando, probabilmente ci sia un cambio di leadership nella Chiesa e bisognerà vedere se le linee principali di questo progetto si confermeranno.

Il Progetto di Papa Francesco: Una Chiesa in Uscita
Cercando di formulare qual è il progetto di Papa Francesco nella sua missione nella Chiesa, possiamo valorizzare l’espressione che ha utilizzato nell’Evangelii Gaudium: “Una Chiesa in uscita” (EG 20). Si tratta di una comprensione della Chiesa come essenzialmente missionaria che si sforza di prendere l’iniziativa, per “primerear” (EG 24), per arrivare a tutti, specialmente ai più lontani, abbandonando per questo le proprie sicurezze.
In questo senso si percepisce in Papa Francesco che la sua esperienza ecclesiologica parte dalla missione prima di tutto. Normalmente vi sono due principi che possono dare origine all’ecclesiologia: la missione (essere inviati in missione come gli apostoli), e la comunione (formare il Corpo di Cristo). Entrambi i principi sono necessari, però è legittimo accentuarne uno più dell’altro in funzione della propria spiritualità ed esperienza.
Papa Francesco mette chiaramente per primo il principio della missione come punto di origine della Chiesa. La Chiesa è se stessa, e trova la sua autentica identità nell’incontro con il Signore Gesù, quando si impegna con tutte le sue forze a realizzare l’invio evangelizzatore che le ha dato il Signore Gesù. Lo sforzo per fare un’evangelizzazione più effettiva, più persuasiva, capace di giungere molto lontano, non è solo virtuosismo pastorale. Si tratta della risposta fedele del credente e della comunità cristiana alla chiamata del Signore e la modalità di incontrarsi più pienamente con Lui. Visto che giungere più lontano nell’evangelizzazione è compiere meglio e in modo più coraggioso l’invio del Signore, la comunità cristiana si sente stimolata ad essere audace, ad andare ai luoghi più difficili, più lontani, più bisognosi e ad adattare il suo messaggio e il suo modo di esprimersi, ad essere “Chiesa in uscita”.
Però Papa Francesco, nel rilevare le conseguenze di questa dimensione missionaria dell’ecclesiologia, non cerca solo di proporre una sua visione particolare. Egli sembra indicare qui un cammino di superamento di fronte alle difficoltà, controversie e opposizioni interne della Chiesa dopo il Vaticano II. L’autentico rinnovamento ecclesiale non avverrà nell’adottare misure e posizioni più liberali e mondane, nemmeno verrà da una controriforma rigida e difensiva... l’autentico rinnovamento verrà dall’assumere e dedicarsi all’impegno missionario al quale ci invia il Signore Gesù (EG 27).
Papa Francesco vede in questa accentuazione del carattere missionario l’idea di “Chiesa in uscita”, non solo come strategia pastorale. Vede questo

programma come un cammino spirituale di guarigione, come una “conversione pastorale” (EG 25) che può aiutare a superare attuali ferite e blocchi ecclesiali, includendo anche la sua struttura e organizzazione.
Il dinamismo missionario al quale è lanciata la Chiesa, l’urgenza di raggiungere sempre più gente e i più lontani, fa che l’attenzione alla parte umana e la compassione per l’umano acquisti un’importanza enorme. Questo permette di rileggere le situazioni ecclesiali sempre dalla parte della misericordia (EG 46) e dalla preoccupazione di accogliere e guarire.
Dimensione Sociale della Fede nel Progetto di Papa Francesco
Per la visione teologica che è propria di Papa Francesco, le condizioni della realtà hanno una grande importanza. vi è infatti un’influenza del “vedere Dio in tutte le cose” ignaziano in questa posizione di Papa Francesco. È anche prodotto di questa ecclesiologia della missione che mette assolutamente al centro l’attenzione all’essere umano per portargli il vangelo, questo esige di conoscere le condizioni e le esperienze della persona. Tutto questo fa che nel progetto di Papa Francesco di “una Chiesa in uscita” ci sia sempre un primo passo che sia di attenzione e di analisi credente della realtà sociale e storica. Solo da qui possiamo trovare con certezza quello che Dio ci sta chiedendo. in questo senso, si percepisce in Papa Francesco una ripresa dello schema classico vedere-giudicare-attuare, sebbene al momento di giudicare ci sia un maggiore sforzo di far dialogare realtà e rivelazione.
Se osserviamo nella lettura che fa Papa Francesco della situazione del mondo, circa il discernimento cristiano di questa realtà, vediamo alcune accentuazioni profetiche nella sua posizione.
È chiaro che il Papa è molto critico verso il sistema economico attuale, principalmente perché non tiene conto delle conseguenze delle misure economiche sugli esseri umani, che si pospongono in favore dell’obiettivo di massimizzare i benefici. Papa Francesco chiama questo una “economia che uccide” o l’economia dell’esclusione (EG 53). Papa Francesco denuncia le posizioni economiche che chiedono di prendere vittime e sacrifici umani da parte della popolazione in favore di un maggior beneficio con la promessa di una futura ricchezza e posteriore “spargimento” di essa (EG 54). Queste posizioni economiche esigono sempre una libertà assoluta

dei mercati che non ammettono nessun regolamento che impedisca di aumentare i benefici di quelli che partecipano ad essi.
Al di là del dibattito economico teorico, Papa Francesco vuole connettere queste con le conseguenze culturali dell’imposizione di questa ideo logia economica. Accettare l’“esclusione” e il fatto che ci siano persone “eccedenti” che si possano scartare economicamente provoca un’autentica crisi antropologica. L’essere umano diventa scarto e il denaro, il beneficio, si converte in un idolo, in un valore assoluto nella vita umana e sociale (EG 55). Questa visione antropologica che si impone a livello culturale svuota la vita di senso e ruba la gioia agli esseri umani. Papa Francesco difende che di fronte a questa crisi antropologica è necessaria una reazione umana e politica che riordini le priorità.
in Laudato Si’ Papa Francesco allarga il suo campo di visione e vede l’essere umano in connessione con tutto il resto della creazione. La crisi antropologica che aveva identificato nella Evangelii Gaudium ha gravi conseguenze non solo per l’essere umano e per la società, ma per tutto il pianeta e la nostra giusta relazione con lui.
L’idolatria del denaro e l’economia che uccide occorre intenderle come effetti del trionfo e dell’imposizione di un paradigma tecnocratico che dà alla tecnica e alla scienza – inclusa la scienza economica – un valore assoluto (LS 106). Questo valore assoluto è al di sopra dei principali valori spirituali umani come possono essere l’etica o la ricerca del bene comune nella politica così come della natura (LS 109).
Papa Francesco vede in questa tecnocrazia l’espressione del desiderio umano di controllare, manipolare e usare a suo profitto senza limite alcuno (LS 105). Questo va unito ad un antropocentrismo esacerbato che mette al di sopra di tutto le necessità e i gusti di quelli che possono permetterselo (LS 115). Questa è l’origine della società di consumo.
Tali atteggiamenti sono quelli che stanno alla radice dell’attuale crisi ecologica, che impediscono all’uomo di avere una relazione sana con la natura della quale forma parte e che separano l’essere umano da se stesso. Questa rottura della relazione dell’uomo con la natura sta alla fine minacciando l’integrità del creato, che è un dono di Dio, e sta mettendo in pericolo la continuità della vita nel nostro pianeta.
Papa Francesco denuncia con forza e coraggio le realtà sociali del - l’idolatria del denaro e della crisi antropologica. Quando poi propone una

serie di azioni di fronte ad esse si mostra particolarmente saggio e prudente. Così per generare cambi sociali, Papa Francesco propone sempre come strumento il dialogo con tutte le parti, rifiutando completamente l’imposizione (EG 209; LS 164ss). Si percepisce così in Papa Francesco una rilettura della teologia della liberazione dell’America Latina fatta a partire dalla prudenza e dall’esperienza di quello che funziona e di quello che non funziona. Si tratta di una rilettura della teologia della liberazione fatta dal teologo Lucio Gera, denominata “teología del pueblo”12.
Conseguenze del Progetto di Papa Francesco sulla Vita Consacrata
Il progetto teologico, sociale ed ecclesiale di Papa Francesco ha anche altre conseguenze interessanti che ci permettono di capire meglio le linee che sta seguendo.
In quanto alla considerazione della vita religiosa, si vede chiaramente la profonda valorizzazione che Papa Francesco fa di essa, frutto tra l’altro di essere egli stesso religioso. Papa Francesco valorizza quello che la vita religiosa offre come apporto carismatico, libero e agile alla vita della Chiesa. In questo senso, si sforza di trasmettere questo apprezzamento e cerca di aiutare la vita religiosa a recuperare la stima di sé in momenti nei quali il calo di vocazioni rischia di minarla. Tuttavia, il progetto di Papa Francesco non si limita a risarcire la vita religiosa che da alcuni anni ha una minore influenza ecclesiale e una diminuzione numerica. Lo stesso dinamismo del suo progetto ecclesiale porta Papa Francesco ad avvicinarsi in modo esigente alla vita religiosa, chiedendole che si rinnovi nella dimensione missionaria ed evangelizzatrice. Nei testi di Papa Francesco si possono incontrare forti richiami, fatti con profondo affetto, per possibili derive di mondanità spirituale o accomodamento della vita religiosa. Si chiede così di recuperare l’impulso carismatico dei Fondatori in quello che hanno di radicalità evangelica e di andare in cerca dei più poveri e bisognosi13.
12 Cf. JUAN CARLOS SCANNONE, “El Papa Francisco y la Teología del Pueblo”, Razón y fe, no 1395 (2014): 31-50.
13 Cf. FRANCISCO, Lettera Apostolica a tutti i Consacrati in Occasione dell’Anno della Vita Consacrata (Vaticano: Libreria Editrice Vaticana, 2014).

– Vita Salesiana nell’Europa di Oggi
“La vita consacrata non potrà mai mancare né morire nella Chiesa: fu voluta da Gesù stesso come porzione irremovibile della sua Chiesa.”14 Queste parole che il Papa Benedetto XVI rivolse il venerdì 5 novembre del 2010 ai Vescovi della Conferenza Episcopale – Regione Sud 2 – del Brasile, in visita “ad limina”, come quelle che Papa Francesco ci rivolge invitandoci ad “abbracciare il futuro con speranza” sono voci rassicuranti che suonano inconfutabili: il calo delle vocazioni, l’invecchiamento degli Istituti non sono il segno di un declino che porterà prima o poi all’estinzione della vita religiosa nella Chiesa, specialmente in Europa. Semplicemente, essa non potrà scomparire perché “ha avuto origine con il Signore stesso che scelse per sé questa forma di vita verginale, povera e obbediente”.15
Vengo ora a dar risposta alla vostra richiesta di esporre “la finalità originaria del Progetto Europa, la sua attualità e le sfide e opportunità che la migrazione massiccia presenta ai Salesiani in Europa oggi”.
In poche parole il Progetto Europa aveva lo scopo fondamentale di ravvivare il carisma salesiano nel Vecchio Continente, per cui richiedeva la rivitalizzazione endogena del carisma in ciascuno dei confratelli e comunità, il ridisegno delle presenze nelle Ispettorie, e l’invio di missionari. Oggi alla luce di quello che ho detto sopra sono convinto che il Progetto è più valido che mai, ma oggi si trova con uno scenario sociale, economico, culturale, politico, diverso appunto per la quarta rivoluzione industriale in corso (in cui non più la catena dalla produzione al consumo dei beni, ma piattaforme che connettono la domanda e l’offerta di beni e servizi in modo mai visto prima dell’internet attraverso big data, algoritmi per interpretare
i dati raccolti e software per disegnare la migliore interfaccia possibile con i consumatori) e, di modo specifico, per il flusso inarrestabile di rifugiati politici e immigranti.
– Aspetti della ‘crisi’ europea che toccano la Vita Consacrata
Questa situazione attuale della Europa non è da viversi da noi, Salesiani, in senso soltanto o soprattutto negativo: può diventare addirittura un’op
14 “Benedetto XVI ai Vescovi della Conferenza Episcopale Regionale Sul 2 del Brasile in Visita ‘ad limina’”, L’Osservatore Romano, sabato 6 novembre 2010, p. 8.
15 Ibid.

portunità, un passaggio in cui qualcosa deve morire perché nasca qualcosa di nuovo.
Nel nostro caso, una vita salesiana magari più povera e debole, meno visibile, ma più profetica e più centrata sul suo essenziale che è la gloria di Dio e non la propria sopravvivenza, che è rappresentare Dio e non difendere le proprie opere; una vita salesiana meno clericale ma più evangelica, più ‘leggera’ e vicina alla gente, più capace di leggere i bisogni del nostro tempo e di intercettarne le domande e di dare, con la testimonianza della vita gioiosamente donata, risposte con un linguaggio che tutti, specialmente i giovani, possano capire.
Riconoscere la debolezza e fragilità della vita salesiana può essere realmente un’esperienza di grazia e di rinascita della fede: dopo i “giorni dell’onnipotenza” e dell’onnipresenza (i numeri, il potere, le forze e le strutture degli anni ‘60, con cui spesso, anche inconsapevolmente, facciamo il paragone) non vengono necessariamente i giorni dell’impotenza e della scomparsa, ma i giorni del rinascimento più lucido della potenza di Dio che “apre strade nuove al suo popolo nel deserto”, perché, come dice San Paolo “quando sono debole, è allora che sono forte”.
La crisi è un momento di purificazione, di chiamata alla conversione personale e istituzionale: ci sta aiutando a riflettere e ad andare all’essenziale delle nostre vite; guardata così, è un tempo gravido di speranza.
La nostra rilettura e comprensione del tempo che stiamo vivendo e delle sue difficoltà chiede di avere sempre come sfondo una visione teologica che poggia sulla convinzione che Dio salva nella storia, il che ci permette di stare con gioia dentro il tempo che Dio ci ha dato e di amarlo, perché Dio lo ama e ci ama.
Nello stesso tempo possiamo, dobbiamo, accettare la realtà ed essere trasparenti fra noi: i dati oggettivi ci dicono che noi Salesiani in Europa stiamo invecchiando e diminuendo. E questi fatti sono storia di salvezza.
Gli aspetti della crisi culturale e morale che maggiormente toccano anche il nostro mondo possono essere così evidenziati:
* Il primo e fondamentale aspetto della crisi europea ci supera largamente: è la mancanza di fede, il tentativo di esiliare Dio, di renderlo insignificante, di metterlo fuori causa, fuori dalla vita delle persone e delle loro relazioni e, a maggior ragione, fuori dalle scelte politiche degli Stati e della società. In tale situazione è ben difficile pensare che la gioventù possa

avere una vita come la nostra, che vuole essere una rappresentazione di Dio, memoria esistenziale di Cristo Gesù.
* La cultura individualista e il cosiddetto “diritto a stare bene” sono entrati nel ritmo vitale di molti religiosi; alcuni dei nostri fratelli vivono un ben assunto e indiscusso ‘ateismo pratico’: talvolta, le nostre case e il nostro stile di vita ci allontanano dai poveri e dagli esclusi e ci sintonizzano piuttosto con quei ceti sociali che godono di un buon livello di benessere. Tutto ciò ha un impatto negativo sulla spiritualità del religioso e sulla dinamica delle nostre comunità.
* Il mondo in costante cambiamento, in una società che non offre certezze, l’instabilità delle persone, conseguenza di una certa immaturità psicologica, e la difficoltà o l’incapacità spesso dei giovani di assumersi impegni definitivi, mettono in crisi la proposta di un impegno per sempre, così proprio della Vita Consacrata.
* La frammentazione è un’altra caratteristica della vita delle persone e della società europea attuale. Un fenomeno che non ci è estraneo. Bisognerà lavorare per raggiungere una vera armonia fra le diverse dimensioni della vita religiosa, ma questo soltanto è possibile sulla base di una profonda vita di fede, di una forte consistenza vocazionale, frutto di una solida formazione che porti alla piena identificazione con Cristo obbediente, povero e casto. Dovremo insistere sul bisogno di creare relazioni interpersonali nella comunità, in modo tale che si crei quella comunione che è segno della novità del Regno e che aiuta a resistere alle forze che portano alla disgregazione. La bellezza della vita salesiana dipende dalla felicità dei religiosi, e questa è frutto di un’esperienza dell’amore di Dio, della gioia della fraternità e della pienezza della persona consegnata agli altri.
* La paura di ciò che è nuovo e sconosciuto, che si osserva nella società europea, sempre più popolata di persone provenienti da contesti culturali diversi, accentuata con l’attuale inarrestabile corrente di rifugiati e immigranti, si percepisce anche nella Congregazione in Europa. Non solo i nostri destinatari provengono da ambienti multiculturali, ma anche i confratelli. Dove ci portano questi cambiamenti? ci si domanda. Che cosa significano per il nostro stile di vita e per le nostre prospettive apostoliche? Il discernimento è un compito urgente che deve coinvolgere tutti i membri della comunità.
In sostanza, la sfida della vita consacrata oggi è vivere la sua identità “profetica”, quella che la porta a vivere testimoniando il modo in cui Gesù

visse sulla terra, sapendo scrutare la storia, interpretare gli eventi alla luce del Vangelo, parlare con parresia, essere sensibili ai bisogni dei più poveri. Solo così la nostra vita ritornerà ad essere significativa, valorizzando come un dono anche la “minorità”, la perdita di rilevanza sociale o di significatività, “l’invisibilità”: difatti nell’Europa odierna siamo poco conosciuti, meno apprezzati, non ritenuti ‘necessari’, almeno in alcuni Paesi... ma non importa. Importa essere fino in fondo ciò che siamo chiamati ad essere nella Chiesa e nel Mondo; importa come ci vede Dio e non come ci riceve il mondo: una provocazione evangelica, una fratellanza possibile dei diversi, una testimonianza credibile, una speranza per i più poveri.
Non conta in fondo essere tanti o pochi, conta essere pienamente e gioiosamente se stessi: trasmettere ai fratelli l’esperienza quotidiana che facciamo di Gesù Cristo, nostro unico Bene. Tornare a Gesù e alla sequela radicale di Lui: questo è per noi l’essenziale! E, nondimeno, essergli grati per il dono della vocazione salesiana e testimoniarlo con gioia e con fierezza.
Con tutto ciò la Vita Consacrata è chiamata a fare uno sforzo per re cuperare una sua voce dentro la società europea, non tanto o non solo per ricuperare lo spazio sociale ma per rimanere fedele alla sua vocazione. Non è questione di fascino bensì di fedeltà, non è questione di rilevanza ma di identità.
Il problema sta nel far giungere il messaggio a chi non è interessato ad ascoltarlo: per poter raggiungere le persone dell’Europa di oggi, special - mente i giovani, dovremo assumere una vera attitudine di dialogo con la cultura e una reale sintonia con la vita della gente.
– Sfide, Possibilità, Segni di Speranza
Le sfide che abbiamo davanti ci indicano pure degli spazi nuovi e propri che si aprono alla vita salesiana nell’Europa di oggi, pur nell’avvertita consapevolezza della nostra fragilità. Sembrerebbe paradossalmente che quanto più bisogno ha della VC questa Europa, tanto meno pronta essa sia per questa missione.
1. La sfida più grande che la vita salesiana deve affrontare è se stessa, ricominciando ad avere piena fiducia che il Signore, come al Mar Rosso, apre sicuramente una strada per superare le difficoltà. Ciò richiede essere attenti allo Spirito che sicuramente crea novità e rinnova la faccia della terra anche oggi!

2. Vi è poi la sfida del linguaggio, della capacità di far comprendere la vocazione salesiana. Occorre individuare modalità nuove per far percepire quello che siamo e viviamo. Non è solo questione di “abito” – ormai in disuso – ma della capacità di suscitare interroganti, di farci percepire come persone che vivono insieme per un ideale, che esprimono un’autentica fraternità, che operano non per volontà di potenza, ma per rendersi samaritani verso i poveri.
3. Altra sfida è di riaffermare valori che ci contraddistinguono e che forse non vengono più capiti: la definitività di una scelta di consacrazione, la castità, l’obbedienza, ecc.: la difficoltà a far comprendere il valore di queste scelte non ci esime dal testimoniarle con gioia e dal continuare a proporle ai giovani, che, pur confusi e frammentati, sono ancora affascinati da scelte radicali e da figure veramente profetiche ed alternative.
4. Un’ulteriore sfida è la testimonianza della comunione a tutti i livelli (anche fra Istituti e fra carismi differenti): trovarci insieme, riflettere insieme, lavorare insieme in una società che si divide, che si chiude nel privato e nell’individualismo.
5. Siamo oggi sfidati a vivere il voto di povertà, come stile di vita (potremmo chiederci, per esempio, quanto ci tocca o ci ha toccato la crisi economica e finanziaria attuale), ma anche come capacità di situarci sulla frontiera dell’emarginazione. Lasciare che i poveri siano i nostri maestri. Povertà vissuta anche come libertà di fronte alle strutture: a volte sembriamo come soffocati nella gestione di strutture che non hanno futuro. Forse ci sono strutture che non rispondono più ai bisogni odierni... E già sappiamo – come dice Gesù – che gli otri vecchi non possono contenere il vino nuovo! Bisogna forse pensare la nostra vita in un altro modo, sbarazzandoci coraggiosamente di molte cose che ci impediscono di essere con quelli cui dovremmo essere vicini. Questo modo di vivere la povertà è fedeltà allo Spirito ed è una testimonianza cui la società odierna è molto sensibile.
6. La situazione “generazionale” della Vita Consacrata in Europa (tanti anziani e pochi giovani) è una doppia sfida: anzitutto la sfida a valorizzare gli anziani che sono fra noi, a non farli sentire un peso nelle nostre comunità, ma piuttosto a valorizzarli come una risorsa di esperienza, di fedeltà e di saggezza; e, nel contempo, ad educare ed educarci a invecchiare bene, per poter continuare a dare il proprio contributo positivo nella comunità e nella missione. Allo stesso tempo, c’è la sfida di un’adeguata integrazione

dei religiosi più giovani, poiché spesso manca una generazione intermedia che faciliti questa integrazione; c’è da porsi il problema di come dare maggior protagonismo ai giovani: a volte, sono superprotetti, perché sono pochi o forse non si dà a loro responsabilità; a volte però, sono sovraccarichi di lavoro e hanno la responsabilità di portare avanti opere oltre misura.
7. In generale, ci viene richiesta un’attenzione speciale alla situazione dei giovani. Bisogna imparare a dialogare con loro, usando i loro linguaggi ed educare noi stessi a sintonizzarci con la loro cultura, le loro aspirazioni e preoccupazioni. Spesso i giovani non comprendono il nostro linguaggio, né incontrano, con frequenza, nelle nostre comunità chi li accompagna nei loro itinerari spirituali e in quelle esperienze di fraternità e comunione che vanno cercando. C’è una sfida di visibilità, ma ricordiamoci che il vero segno di visibilità è l’amore che noi abbiamo gli uni per gli altri, anzitutto nella nostra vita comunitaria che deve essere nutrita dall’apertura nell’accoglienza e dal rispetto per l’altro nella sua originalità. La comunità deve poter essere guardata dai giovani come affascinante e piena di senso. Nelle periferie caratterizzate da una forte presenza di stranieri, la natura internazionale ed interculturale delle nostre comunità può essere una testimonianza profetica che si può vivere bene insieme, anche se si è differenti.
– Ricordando l’esperienza di Don Bosco
“Dare di più a chi ha avuto di meno” è stata la scelta con cui Don Bosco ha operato a favore dei ragazzi più svantaggiati. Esso mi porta in mente l’ultimo film su Don Bosco, che ha appunto il merito di evidenziare la sua figura come prete dei giovani senza parrocchia, dei ragazzi perduti, maltrattati, vittime di soprusi e angherie, come il santo educatore che ha trovato nuove forme di opporsi al male e di invertire la tendenza culturale e sociale attraverso la sua opera educativa, quelle che lo hanno fatto essere conosciuto e ammirato ovunque come “un santo del sociale”.
Ebbene, è stata la sua esperienza di fronte ai ragazzi del carcere di Torino quella che lo ha sconvolto e sollecitato a una nuova maniera d’essere prete: “Vedere turbe di giovanetti sull’età da 12 a 18 anni; tutti sani, robusti, di ingegno svegliato; ma vederli là inoperosi, rosicchiati dagli insetti, stentare di pane spirituale e temporale, fu cosa che mi fece inorridire”16.
16 BoSCo, G., Memorie dell’Oratorio, a cura di FERREIRA A. (LAS: Roma, 1992), p. 104

Ecco un primo elemento da registrare: Don Bosco ha visto, ha saputo cogliere la realtà sociale e leggerne il significato e tirarne le conseguenze. Da questa esperienza nacque in Don Bosco una immensa compassione per quei ragazzi, i più diseredati e sfruttati e quindi l’urgenza di offrire loro un ambiente d’accoglienza e una proposta educativa secondo i loro bisogni: “Fu in quella occasione che mi accorsi come parecchi erano ricondotti in quel sito perché abbandonati a se stessi. Chi sa, diceva tra di me, se questi giovani avessero fuori un amico, che si prendesse cura di loro, li assistesse e li istruisse nella religione nei giorni festivi, chi sa che non possano tenersi lontani dalla rovina o al meno diminuire il numero di coloro che ritornano in carcere? Comunicai questo pensiero a Don Cafasso e col suo consiglio e coi suoi lumi mi sono messo a studiare il modo di effettuarlo”."
Questo è un secondo elemento da percepire: la fantasia pastorale, quella che ti porta a creare con immaginazione e generosità risposte adeguate alle nuove sfide, il che implica farsene carico e creare quelle strutture che rendano possibile un mondo alternativo migliore per quei ragazzi.
Don Bosco pensa soprattutto di prevenire queste esperienze negative accogliendo i ragazzi che arrivano alla città di Torino in cerca di lavoro, gli orfani o quelli di cui i genitori non possono o non vogliono prendersi cura, i vagabondi, ma che non sono ancora discoli. offre loro una proposta educativa centrata nella preparazione al lavoro che li aiuta a ricuperare la fede in se stessi e il senso della propria dignità, un ambiente positivo di gioia e amicizia nel quale assumano quasi per contagio i valori morali e religiosi, una pratica religiosa adeguatamente proposta e vissuta in tal modo che i giovani ne restino spontaneamente invogliati. Consapevole dell’importanza dell’educazione della gioventù e del popolo per la trasformazione della società, Don Bosco si fa promotore di nuovi progetti sociali di prevenzione e di assistenza; si pensi al rapporto col mondo del lavoro, ai contratti, al tempo libero, alla promozione dell’istruzione e cultura popolare.
Ecco un terzo elemento a mio avviso molto incisivo da avvertire: Don Bosco sa che non basta attutire la situazione di disagio e abbandono in cui vivono quei ragazzi, ma si sente portato a fare un cambiamento culturale attraverso un ambiente e una proposta educativa che coinvolgono moltissime persone identificate con lui e con la sua missione.
17 idem.

Sembra, in generale, che ci manchi la capacità di approfondire le domande fino a trovare le risposte che stiamo cercando. Si enumerano le sfide e si danno i nomi ai problemi. Si cominciano processi di ricerca delle risposte, ma si abbandonano troppo facilmente, senza averle trovate.
Dobbiamo imparare a rileggere la storia e anche a saper identificare quelle risposte che sono state inadeguate, perché cadiamo con troppa frequenza negli stessi errori del passato. Dall’altra parte, bisogna saper guardare al futuro senza lasciarsi bloccare dai problemi di ogni giorno: avere una “visione” è una condizione indispensabile per avanzare dinamicamente verso il futuro e promuovere i cambiamenti necessari.
– Cosa farebbe Don Bosco oggi?
Non lo so. Questa è una domanda che mi pongono sovente e alla quale di solito rispondo dicendo che davvero non so che cosa farebbe Don Bosco se vivesse oggi. Però conosco bene ciò che ha fatto nel passato, quando egli visse, la forma in cui affrontò le sfide e le scelte fatte; e conoscendo la sua storia, le sue intuizioni, ispirazioni e scelte so quello che devo fare io per essere fedele a lui.
in modo particolare, vorrei ribadire qualcosa che ho detto tante volte come Rettore Maggiore: Se la vita salesiana prendesse sul serio l’appello di lasciare i nidi ed andare nelle periferie geografiche, culturali, esistenziali, potrebbe rinnovarsi profondamente all’interno e nella sua missione. Penso che potrebbe ricuperare la sua freschezza, il suo slancio, la sua audacia, la semplicità delle origini, la forza della sua fraternità e la significatività della sua presenza e azione. Capita sovente che la storia provochi nelle istituzioni quello che gli anni producono nella persona umana: più esperienza e meno energia, più struttura e meno creatività, più sicurezza e meno audacia, più rilevanza sociale e meno identità evangelica. il meglio sarebbe naturalmente un equilibrio di questa serie di fattori.
Perciò mi auguro e faccio voti che dopo la celebrazione del bicentenario della nascita di Don Bosco, nel 2015, possiamo ripartire da lui, dalle sue grandi ispirazioni, motivazioni e scelte, perché abbiamo non solo una bella storia da raccontare ma anche ancora una stupenda storia da scrivere.
Grazie!

Paolo un Missionario del Progetto di Dio per l’Europa (1Ts 2.1-12)

D. Martín Lasarte, SDB
Settore per le Missioni
La passione apostolica di Paolo, venuto dall’Asia e l’adesione alla fede da parte di una delle prime comunità cristiane europee, sono aspetti che ci stimolano ad approfondire alcuni punti della nostra spiritualità missionaria. Abbiamo scelto un testo molto significativo, 1Ts 2,1-12, perché è lo scritto più antico nel NT, e è a sua volta un bellissimo ritratto di un missionario zelante, che arriva per la prima volta in Europa. Ricordiamo, che secondo At 16,6-10, Paolo non pretendeva di venire in Europa, ma è proprio il Signore che gli indica il cammino: Un Macedone, in una visione notturna, gli dice “Passa in Macedonia e aiutaci”!
La Tessalonica di Paolo
L’attuale Salonicco, capitale economica greca, era, ai tempi di Paolo, una città popolosa, commerciale e cosmopolita. La Via Egnaziana e un dinamico porto servivano di nesso tra Roma e Oriente. Paolo arriva nell’anno 49-50, proveniente da Filippo e accompagnato da Silvano e Timoteo (At 17,1-10.13). Seguendo il suo metodo missionario, inizia con l’inserirsi in ciò che già esisteva: la sinagoga. Entra in contatto con i giudei, e predica nella loro comunità per 3 sabati. Rifiutato da loro, non si dà per vinto e cerca nuove strade di evangelizzazione. Va alla casa personale di Giasone. L’apostolato in questo nuovo contesto ha un ottimo esito, e ciò provoca l’invidia e la ribellione degli ebrei. Essi furono accusati secondo le leggi civili di essere nemici di Cesare. I missionari, per non creare difficoltà alla nuova comunità, scappano di sera dalla città verso Berea.
Tessalonica era una città multietnica: greci, italici, orientali, siri, egiziani, ebrei; e anche multi religiosa: c’era una sinagoga con ebrei influenti sulla politica della città; il dio Dionisio era particolarmente onorato; c’era un tempio dedicato a Serapide; era anche diffuso il culto al “divino imperatore”, esistevano, pure, culti a Eracle, Apollo, Afrodite, ai Dioscuri, e culti egiziani a Osiride e Iside.

il Testo
1Voi stessi infatti, fratelli, sapete bene che la nostra venuta in mezzo a voi non è stata vana. 2Ma dopo avere prima sofferto e subìto oltraggi a Filippi, come ben sapete, abbiamo avuto il coraggio nel nostro Dio di annunziarvi il vangelo di Dio in mezzo a molte lotte. 3E il nostro appello non è stato mosso da volontà di inganno, né da torbidi motivi, né abbiamo usato frode alcuna; `ma come Dio ci ha trovati degni di affidarci il vangelo così lo predichiamo, non cercando di piacere agli uomini, ma a Dio, che prova i nostri cuori. ´Mai infatti abbiamo pronunziato parole di adulazione, come sapete, né avuto pensieri di cupidigia: Dio ne è testimone. 6E neppure abbiamo cercato la gloria umana, né da voi né da altri, pur potendo far valere la nostra autorità di apostoli di Cristo. ´Invece siamo stati amorevoli in mezzo a voi come una madre nutre e ha cura delle proprie creature. ´Così affezionati a voi, avremmo desiderato darvi non solo il vangelo di Dio, ma la nostra stessa vita, perché ci siete diventati cari.
´Voi ricordate infatti, fratelli, la nostra fatica e il nostro travaglio: lavorando notte e giorno per non essere di peso ad alcuno vi abbiamo annunziato il vangelo di Dio. 10Voi siete testimoni, e Dio stesso è testimone, come è stato santo, giusto, irreprensibile il nostro comportamento verso di voi credenti; 11e sapete anche che, come fa un padre verso i propri figli, abbiamo esortato ciascuno di voi, 12incoraggiandovi e scongiurandovi a comportarvi in maniera degna di quel Dio che vi chiama al suo regno e alla sua gloria.

Il Contesto del Brano Scelto
Dopo l’indirizzo e il saluto classici, l’apostolo fa una retrospettiva su come è stato predicato, ricevuto e conservato fedelmente il Vangelo a Tessalonica (1,2 -3,13). In questa lettera si manifesta il cuore apostolico che ha dentro di sé la preoccupazione per la sorte della sua amata comunità, tanto che afferma: “Ora sì che noi viviamo, poiché voi state saldi nel Signore” (3,8). La seconda parte della lettera si compone di diverse esortazioni.
La chiesa di Dio nasce dalla proclamazione della Parola di Dio (1,5-6); a imitazione del Signore, gli apostoli e le chiese della Palestina, nella tribolazione (1,6-8), hanno ricevuto anche il kerigma che li portò alla conversione dagli idoli (1,9-10).
Paolo, in questo testo, racconta ciò che ebbe successo quando è stato a Tessalonica: il soggiorno, la visita dell’apostolo. Ricorda il suo ministero apostolico che generò la chiesa.
V.1: Fratelli: La chiesa locale è una comunità determinata per la fraternità. La statistica così l’indica: la parola “fratelli”, in questa lettera, Paolo la utilizza 16 volte e altre due al singolare. È un vocabolo frequente nelle associazioni dell’epoca, ma Paolo la cristianizzò facendo approfondire le sue radici in Dio Padre attraverso Gesù Cristo (1Tes 1,4; 3,11-13; 2Tes 2,13-16).
Conosciamo la parola “esodo”, “sinodo”, ma qui utilizza “eisodo” (eisodos), che significa letteralmente “andare in cammino dentro”, inserirsi, visitare, entrare, accogliere. Qui appare con il significato di “visita”; in 1,9 con il significato di accoglienza. Per cui evangelizzare significa entrare nella vita delle persone, inserirsi nel loro mondo, nella loro cultura.
Il testo ci suggerisce alcune importanti qualità degli apostoli europei:
– Coraggio
– Retta intenzione – Amorevolezza
1) Il coraggio
V. 2: La storia dei conflitti di Paolo non inizia a Tessalonica, ma i conflitti provengono già dalle terre europee di Filippi, e ancora prima. Il conflitto, la contro-cultura forma parte del primo annuncio dei processi di

evangelizzazione. L’audacia, il coraggio e la perseveranza non sono virtù solamente umane, ma provengono da Dio, da Colui che li invia, dalla coscienza di essere inviati.
L’annunzio è animato dalla fede, che suscita entusiasmo e fervore nel missionario. Come si è detto, gli Atti definiscono tale atteggiamento con la parola parresìa, che significa parlare con franchezza e coraggio, e questo termine ricorre anche in san Paolo: «Nel nostro Dio abbiamo avuto il coraggio di annunziarvi il Vangelo di Dio in mezzo a molte lotte». (1 Ts 2,2) «Pregate. . . anche per me, perché quando apro la bocca, mi sia data una parola franca per far conoscere il mistero del Vangelo del quale sono ambasciatore in catene, e io possa annunziarlo con franchezza come è mio dovere». (Ef 6,18) (RM 45)
il termine parresia, dal significato originale, di parlare francamente, con libertà, passò poco a poco ad allargare il suo campo semantico: audacia, franchezza, fiducia. Nella tradizione salesiana, sia nelle Memorie Biografiche, come negli scritti di Don Bosco, troviamo una espressione che in dica l’opposto di parresia, è ciò che si chiama “rispetto umano”. È quel vano timore che inibisce la manifestazione della nostra fede, carità, di quei valori di cui siamo convinti, davanti alla pressione dell’ambiente, al timore di essere ridicolizzati, sprezzati.

Diceva Don Bosco agli allievi di Lanzo prima che andassero in vacanza:
“Dite francamente con S. Paolo: ‘Non erubesco evangelium’ (non mi vergogno del Vangelo). Siate uomini e non frasche: ‘Esto vir!’ (sii uomo) Fronte alta, passo franco nel servizio di Dio, in famiglia e fuori, in chiesa e in piazza. Che cosa è il rispetto umano? Un mostro di carta pesta che non morde. Che cosa sono le petulanti parole dei tristi? Bolle di sapone che svaporano in un istante. [...] Fate insomma che la gente vedendovi senza rispetto umano, fedeli alle leggi di Dio e della Chiesa, interrogando chi siate, possa sentirsi rispondere stupefatta: – Egli è un figlio di D. Bosco!” (MB VIII, 165).
Il rispetto umano, oggi è particolarmente radicato in una cultura fortemente secolarizzata, che pretende di emarginare ogni riferimento a qualsiasi simbolo pubblico religioso, fino a sostenere un laicismo virulento. Fino qua, è la logica del Vangelo: “essere perseguitati”. Il problema serio è quando quella secolarizzazione entra dentro di noi e incominciamo un processo di auto-negazione della fede, manifestandosi in presenze educative evangelicamente irrilevanti, pastorali timide e paurose nel presentare Gesù Cristo, una vita religiosa che tralascia di essere luce e sale.
2) La retta intenzione
V. 3: La proclamazione del Vangelo, porta alcune esigenze etiche. Qui sono presenti, in forma negativa, tre atteggiamenti dei falsi missionari che sono in relazione con la retta intenzione, cioè:
La seduzione, volontà di inganno, errore (pláné). È errore che ha una apparenza affascinante che ci impedisce di prendere coscienza dello smarrimento che ne segue. Nel NT è molto legato alla deviazione della fede. (Cf. Mat. 18:12; 24:4.5.11.24; 27:64; Mc. 13:5. 6; Lc 21:8; Rom. 1:27; Ef. 4:14; 1Tes 2:3; 2Tes. 2:11; St 5:19.20; 2Pt. 2:18; 3:17; 1Gv. 4:6; Jd 1:11.13; Ap 20:3.8).
I motivi torbidi: impurità, malafede, (akatharsía). L’impurità nella Bibbia ha molte volte un senso rituale, la mancanza delle condizioni per avvicinarsi alla divinità e compiere gli atti di culto. Nella nostra lettera, in 4,7, è in rapporto all’aspetto morale, a riguardo di qualche disordine sessuale, non conforme al Vangelo. Pare che il termine nel nostro contesto non sia semplicemente spirituale, cioè mancanza d’intenzioni rette o trasparenti. Ma l’uso del termine indica che gli apostoli non sono venuti alla comunità per trovare avventure facili, come era il caso dei predicatori ambulanti del

mondo ellenistico. Qui si apre un campo molto suggestivo di riflessione a riguardo delle così chiamate “compensazioni affettive” nel campo pastorale. (Cf. Mat 23:27; Rom 1:24; 6:19; 2Cor. 12:21; Gal 5:19; Ef. 4:19; 5:3; Col. 3:5; 1Tes. 2:3; 4:7)
La frode, inganno, tradimento, furbizia, astuzia (dólos). Ha un senso di trappola, come forma per sedurre gli incauti. Al contrario, il Vangelo lascia libere le persone di aderire ad esso, senza manipolazioni emozionali o opportunistiche.
V. 4: Il verbo “discernere” (dokimcz?) che ha molteplici significati: testare, essere trovato degno, esaminare, interpretare, scoprire, approvare, provare, dimostrare...
La parola “discernere” sta legata al concetto di essere approvato, testato. Tecnicamente si utilizzava per le monete per verificare se sono secondo la norma. In seguito il termine venne applicato alle persone degne di fiducia. Perciò l’espressione, nella maggioranza delle volte, è relazionata a “fare un test, una prova”, per scoprire ciò che è autentico da ciò che è falso. Nel mondo giuridico ellenistico l’espressione aveva assunto il significato di “verificare le competenze dei candidati” per le cariche pubbliche.
Nella Versione dei LXX il termine assunse il senso di “esaminare, provare, sottomettere alla prova”. In questo senso significa: verificare l’autenticità della moneta o del metallo prezioso; in senso metaforico: conoscere le persone scrutando i reni e cuori. Si utilizza anche un altro verbo ebraico tradotto ugualmente come dokimazô che significa: “purificare il metallo attraverso il fuoco”; in quella maniera si ottiene una migliore qualità, bruciando le impurità. Nell’AT l’azione di “purificare e provare” è attribuita a Dio. Egli è il metallurgico che introduce l’uomo nel crogiuolo, togliendolo purificato e santificato. Questa purificazione forgerà il prescelto a essere idoneo per una determinata missione.
La partecipazione alle sofferenze della passione di Cristo è che lo trasforma in persona scelta per essere un autentico apostolo. Già il v.2 parlava di come l’apostolo è stato maltrattato e insultato, essendo usate le stesse espressioni che appaiono nei sinottici nella passione del Signore. Paolo ritornerà sull’argomento nelle sue successive lettere. In 2,9 parlerà di “fatica” e “travaglio”. In 1,6 e 3,7 di “tribolazione”.
Il tema delle sofferenze purificatrici, che sono preziose per il raffor

zamento della fede e della speranza è classico nella catechesi apostolica antica (Gc 1,2-3; 12,1; 1Pt 1,6-7; Rom 5,2-~). Le difficili condizioni della vita apostolica, le sofferenze e le persecuzioni autenticano gli apostoli come veri ministri del Vangelo. Dio continua a provare i suoi apostoli come annunziatori di Cristo morto e resuscitato, facendoli partecipi della Passione di Cristo.
Perciò gli apostoli non devono essere “popolari” o “populisti” cercando di “piacere agli uomini, ma non a Dio”, come persone desiderose di vedere aumentare la loro accettazione sociale. Piacere (aréskó), nel mondo ellenistico, implica più che realizzare le aspettative che si hanno sulla persona, cerca di conformarsi alle intenzioni di colui che invia.
V. 5: Troviamo una nuova triade: adulazione, cupidigia e gloria umana.
Nessuna adulazione: Questa s’ispira all’interesse, nella ricerca di influenze per vantaggi personali (arrivismo, privilegi). I tessalonicesi sanno che gli apostoli non li adulano, ma denunziarono i loro vizi e le loro insufficienze.
“Da molti Paolo viene presentato come uomo combattivo che sa maneggiare la spada della parola. Di fatto, sul suo cammino di apostolo non sono mancate le dispute. Non ha cercato un’armonia superficiale. Nella prima delle sue Lettere, quella rivolta ai Tessalonicesi, egli stesso dice: «Abbiamo avuto il coraggio ... di annunziarvi il vangelo di Dio in mezzo a molte lotte ... Mai infatti abbiamo pronunziato parole di adulazione, come sapete» (1Ts 2,2.5). La verità era per lui troppo grande per essere di sposto a sacrificarla in vista di un successo esterno. La verità che aveva sperimentato nell’incontro con il Risorto ben meritava per lui la lotta, la per - secuzione, la sofferenza. Ma ciò che lo motivava nel più profondo, era l’essere amato da Gesù Cristo e il desiderio di trasmettere ad altri questo amore. Paolo era un uomo colpito da un grande amore, e tutto il suo operare e soffrire si spiega solo a partire da questo centro. I concetti fondanti del suo annuncio si comprendono unicamente in base ad esso.
(Benedetto XVI, Apertura dell’Anno Paolino, 2008)
– Nessuna cupidigia: essa letteralmente indica “avere di più” (pleonexías). Alcuni traducono “ambizione”, “ricerca di denaro”. Il motivo delle preoccupazioni di Paolo non è arricchirsi. Sarà più esplicito in 1Cor 9,3-8. Il suo vanto sarà di annunziare gratuitamente il Vangelo. Soltanto dai filippensi accetterà qualche aiuto economico.

V. 6: Nessuna ricerca di gloria umana: Essa è la ricerca del successo personale, la stima o l’ammirazione da parte degli altri.
Prendiamo soltanto una delle sue parole-chiave: la libertà. L’esperienza dell’essere amato fino in fondo da Cristo gli aveva aperto gli occhi sulla verità e sulla via dell’esistenza umana – quell’esperienza abbracciava tutto. Paolo era libero come uomo amato da Dio che, in virtù di Dio, era in grado di amare insieme con Lui. Questo amore è ora la «legge» della sua vita e proprio così è la libertà della sua vita. Egli parla ed agisce mosso dalla responsabilità dell’amore. Libertà e responsabilità sono qui uniti in modo inscindibile. Poiché sta nella responsabilità dell’amore, egli è libero; poiché è uno che ama, egli vive totalmente nella responsabilità di questo amore e non prende la libertà come pretesto per l’arbitrio e l’egoismo. Nello stesso spirito Agostino ha formulato la frase diventata poi famosa: Dilige et quod vis fac (Tract. in 1Jo 7 ,7-8) – ama e fa’ quello che vuoi. Chi ama Cristo come lo ha amato Paolo, può veramente fare quello che vuole, perché il suo amore è unito alla volontà di Cristo e così alla volontà di Dio; perché la sua volontà è ancorata alla verità e perché la sua volontà non è più semplicemente volontà sua, arbitrio dell’io autonomo, ma è integrata nella libertà di Dio e da essa riceve la strada da percorrere.
(Benedetto XVI, Apertura dell’Anno Paolino, 2008)
3) L’amorevolezza
V. 7a: Gli apostoli rinunciano ai loro “diritti” (cf. 1Cor 9). Essendo l’apostolo un rappresentante di Cristo, ha dei diritti che potrebbe far valere. L’autorità apostolica si basa sull’affetto per la sua comunità e non sui “diritti”.
Alcuni manoscritti riportano la dicitura: “Siamo stati bambini”, (n?pioi), altri amorevoli, affettuosi (?pioi). Tutte e due diciture avrebbero senso. La prima in sintonia con i sinottici: “essere come bambini”, come coloro che non hanno i supposti diritti degli apostoli e avrebbe il senso di essere umili, condiscendenti. La seconda opzione “affettuo-si” (cf. 2Tim 2,24) darebbe il tono a tutta la sezione, che si riferisce all’affetto apostolico, in contrapposizione alla prepotenza e ricerca personale di gloria. Altri testi della Versione dei LXX (Ester greco), Flavio Giuseppe ci presentano questo termine in relazione con chi ha autorità ma la esercita con mansuetudine e umanità. È proprio la nostra “amorevolezza” salesiana.
Quest’immagine affettuosa di Paolo la fa visibile con la immagine della “nutrice” (trofós), che è la donna incaricata di allattare i bambini ed avere cura di loro fino al tempo dello svezzamento. Questa nutrice ama e acca

rezza i bambini come propri figli. Il paragone è con la donna che alimenta i figli e veglia per loro finché siano capaci di affrontare loro stessi le difficoltà della vita. La trasmissione del Vangelo è paragonato all’alimentazione dei bambini. Il paragone accentua l’amore con il quale la donna nutre i lattanti.
In questo contesto, viene quella potente appassionata dichiarazione d’amore di Paolo per i suoi: “Così affezionati a voi, avremmo desiderato darvi non solo il vangelo di Dio, ma la nostra stessa vita, perché ci siete diventati cari”. Qui siamo arrivati al nucleo delle attitudini dell’apostolo: l’amore senza condizioni e totale: la carità pastorale. Questa espressione ci porta alla mente l’espressione del Vangelo: “dare la propria vita”. In questo testo si utilizza la parola “condividere la vita” (metadoúnai) più che dare la vita. È possibile comprendere il concetto alla luce della “nutrice”, così come gli apostoli volevano dare il meglio di se stessi, del loro cuore, della loro vita interiore, di ciò che li anima nella loro missione, la con - vinzione del v. 12: “Dio che vi chiama al suo regno e alla sua gloria” significa perciò che vale la pena il cambiamento radicale della vita.
L’opera dell’evangelizzazione suppone nell’evangelizzatore un amore fraterno sempre crescente verso coloro che egli evangelizza. L’Apostolo Paolo, modello di ogni evangelizzatore, scriveva ai Tessalonicesi queste parole. che sono un programma per tutti noi: «Così affezionati a voi, avremmo desiderato darvi non solo il Vangelo di Dio, ma la nostra stessa vita, perché ci siete diventati cari» (1Th 2,8: cf. Ph 1,8.). Quale è questa affezione? Ben più di quella di un pedagogo, essa è quella di un padre; e ancor più: quella di una madre (cf. 1Th 2,7 1Th 2,11 1Co 4,15 Ga 4,19,). Il Signore attende da ciascun predicatore del Vangelo e da ogni costruttore della Chiesa tale affezione. Un segno d’amore sarà la cura di donare la verità e di introdurre nell’unità. Un segno d’amore sarà parimente dedicarsi senza riserve, né sotterfugi all’annuncio di Gesù Cristo. (EN 79)
La famosa lettera di Don Bosco, scritta da Roma nel 1884, è una rilettura dell’affetto apostolico di Paolo in chiave salesiana:
“la famigliarità porta amore, e l’amore porta confidenza. Ciò è che apre i cuori e i giovani palesano tutto senza timore ai maestri, agli assistenti ed ai Superiori”. (ACS I,1920, 40-48)
4) La disponibilità e la gratuità
V. 9: Anche il testo mette in relazione l’amore e la vita. L’autenti-co amore dà la vita. Paolo non semplicemente condivide il suo tempo, i suoi

insegnamenti, la sua fede, ma anche la propria vita. L’aga-pe del Vangelo non è solo un sentimento, ma un amore manifesto. Gli apostoli hanno dato mostra di quest’amore: sofferenze, stanchezze, assumendo la durezza di una vita di servizio per la loro comunità. Questo si esprime nel lavoro realizzato con le proprie mani. Il significato di fundo è la gratuità del - l’annuncio. Non chiedono nulla in cambio per annunciare il Vangelo (cf. 1Cor 9). Dice 2Ts 3,8-9: “Né abbiamo mangiato gratuitamente il pane di alcuno, ma abbiamo lavorato duramente, notte e giorno, per non essere di peso ad alcuno di voi. Non che non ne avessimo diritto, ma per darci a voi come modello da imitare”. Il tema sarà approfondito in 4,9-12.
5) L’autenticità di vita
I versetti 10-12 allungano l’orizzonte, fino ad essere la conclusione di qu esta pagina di attitudini missionarie. Gli apostoli non soltanto lavorano per il Vangelo: tutto il loro comportamento è stato conforme alla sua predicazione. I tessalonicesi sono testimoni di ciò. Il comportamento è accennato per una nuova triade: santo, giusto e irreprensibile; che contesta le attitudini negative iniziali. Le due prime qualità sono un binomio che si trova nel bendictus (Lc 1,75): “servire in santità e giustizia” (cf. Ef 4,24; Tt 1,8).
* Santo (hosíós). Ci sono diverse traduzioni: santo, pietoso, devoto, retto, puro, rispettoso. Questo termine nella cultura ellenistica significa “forma di essere graditi a Dio”; vivere conforme alle regole tracciate. Perciò è una forma di condotta motivata religiosamente.
* Giusto (dikaíós). Indica la giustizia, nel senso di “fare ciò che è giusto”, indicando la persona sensibile in relazione alle altre persone.
* irreprensibile (amémptós). Significa “nulla si può censurare a qualcuno”. Questa innocenza è chiesta da Paolo a Dio (3,13; 5,23). Nelle lettere pastorali indicano le qualità dei ministri (1Tm 3,2; Tt 1,6.7).
6) La paternità
Vv. 11-12: La paternità è sottolineata in questi due ultimi versetti. Il paragone è focalizzato nel padre educatore. Questo padre utilizza i mezzi pedagogici affinché i suoi figli arrivino alla meta. È la pedagogia apostolica al servizio della educazione dei credenti di modo che essi rendano più salda la loro esistenza. Questo paragone è comune nella letteratura greca, nella quale il padre si adatta alla condizione emozionale dei suoi figli.

Questa sarà, secondo D. Rinaldi, la qualità distintiva di Don Bosco: “Il nostro fondatore, non è stato mai altro che Padre... Tutta la sua vita è un trattato completo della paternità che viene dal Padre Celeste e che il Beato ha praticato quaggiù in grado sommo, quasi unico ... E come la sua vita non è stata altro che paternità, così i suoi figli non possono sussistere senza di essa” (ACS 56, 939-940)
Il testo indica tre verbi sull’azione della paternità:
– Esortare (parakaloúntes). Per Paolo, l’esortazione è uno dei compiti principali di un fondatore di Chiesa. Si distingue della semplice imposizione di regole morali. Il verbo può avere tante sfumature: ravvivare le forze, allentare, chiedere, supplicare. È un composto del verbo “chiamare”, che suggerisce una interpretazione forte, caricata con tutto il peso delle convinzioni comuni di colui che esorta i suoi ascoltatori. Per l’apostolo sarà una vera proclamazione del Vangelo in riferimento all’aspetto concreto delle sue conseguenze pratiche, esigenze inerenti alla fede. Qui fa riferimento ad una “tradizione” e non a cose nuove.
– incoraggiare (paramuthoúmenoi). In 1Cor 14,3 ha due accezioni fondamentali: esortare e consolare, avendo come obiettivo fondamentale l’edificazione della comunità. Questo uso mostra che il compito dei missionari fondatori di chiese non finisce quando le persone iniziano a radunarsi nella fede, speranza e carità, dopo d’avere messo le fondamenta (cf. 1Cor 3,10), ma essi devono ancora assicurare la solidità della costruzione. Perciò, il termine, equivale molto bene a quello che intendiamo per “animare”.
– Scongiurare (marturómenoi): è nel senso della esortazione, ma come forma insistente, cercando di convincere i cristiani a prendere la decisione migliore e a mantenerla ferma.
Una caratteristica di questa animazione è la personalizzazione “a ciascuno di voi”, essendo una delle grandi sfide della nostra pastorale, che include l’idea di accompagnamento. Questa nuova esistenza, non è etico - filosofica, ma si fonda sulla chiamata di Dio (i membri della ekklesia, sono membri dell’assemblea convocata da Dio). La Chiesa arriverà alla sua meta quando venga ad essere Regno di Dio, ciò che in Paolo, a differenza dei sinottici, si riferisce alla crescita storica della chiesa. La gloria di Dio rivela in maniera universale e definitiva la presenza beatificante di Dio. I credenti devono vivere in maniera degna di quest’appello.

Domande per la Condivisione in Gruppo
1) Quale è la mia maggiore gioia apostolica?
2) Ho cercato inserirmi nella comunità a la quale il Signore mi ha inviato?
3) A chi procuro soddisfare con la mia vita e missione?
4) Quali sono le virtù apostoliche che Dio mi chiede per la missione?
5) Sono coraggioso o mi lascio inibire per l’ambiente secolarizzato?
6) Amo di cuore le persone a me affidate?
7) Sono gratuito e non ho seconde intenzioni, compensazioni affettive?

 

25 Anni di Presenza
dei Missionari SVD in Europa
Le Sfide che Affrontano e il Contributo dei Missionari SVD in Europa

P. Martín Úffing, SVD
Incaricato del Roscommon Consensus18 dei Verbiti
La Società del Verbo Divino (SVD - Verbiti) è stata presente in Europa sin dalla sua fondazione nel 1875. Ma solo dal 1990 è considerata come una “reale” presenza missionaria, e cioè una presenza in “situazioni di missione”, di fronte a “sfide missionarie” e in cerca di “risposte missionarie”. Inoltre, dal 1990 le nostre comunità e province sono state consapevolmente internazionalizzate e ora stiamo attuando almeno un qualche tipo di interculturalità.
* Attualmente ci sono 1121 SVD in Europa. Di questi, 258 provengono da fuori dell’Europa.
* I Verbiti (SVD) lavorano in Germania, Austria e Croazia, Paesi Bassi e Belgio, Polonia e Ucraina, Slovacchia e Repubblica Ceca, Ungheria e Serbia, Svizzera e Francia, Italia e Romania, Moldavia e Albania, Irlanda e Inghilterra, Spagna, Portogallo, Russia e Bielorussia.
* Oltre ai confratelli locali e a quelli provenienti da altri Paesi Europei, ci sono degli SVD inviati in Europa da altre 22 nazioni: Indonesia, Filippine, India, Vietnam, Cina, Ghana, Congo, Togo, Angola, Benin, Kenya, Messico, Fiji, Brasile, Argentina, Timor-Leste, Sud Africa, Zambia, Corea, Australia, Colombia e USA.
Alcune di queste persone extra-Europee sono ancora in formazione iniziale, e cioè prima della professione perpetua. Essi hanno iniziato la formazione nei loro Paesi d’origine e poi hanno scelto (talvolta sono stati mandati) a continuare in una casa di formazione in Europa (queste comunità di formazione internazionali si trovano nei seguenti Paesi: Germania, Polonia, Slovacchia, Ungheria, Irlanda, Spagna, Portogallo).
18 I Provinciali europei SVD, riuniti a Roscommon, Irlanda nel 1990, hanno riconosciuto che l’Europa ha una nuova composizione sociale, culturale e religiosa che ha posto enormi sfide alla chiesa. Ormai l’Europa è considerata come una terra di missione e la Roscommon Consensus ha chiesto al Superiore Generale di non dimenticare le province SVD di questo continente al momento della distribuzione delle prime destinazioni dei missionari.

Ci sono diverse aree di lavoro: parrocchie, comunità di migranti (Filippini, Vietnamiti, Ghanesi, Indonesiani, Cinesi, ecc.) lavoro con i rifugiati, lavoro di formazione, ricerca (ad es. Etnologia, Missiologia, Sinologia, Teologia, ...) e insegnamento, pastorale giovanile, consapevolezza della missione, amministrazione.
La Missione degli SVD in Europa
La nostra missione è di partecipare alla stessa missione di Dio (“missio Dei”). Noi vogliamo proclamare la Parola di Dio con la nostra vita e le nostre azioni nelle diverse “situazioni missionarie” del nostro tempo.
Per prepararci a rispondere a questa realtà, siamo chiamati a riflettere più intensamente su alcune cose che stiamo già facendo:
– Lavorare seriamente sugli Orientamenti della Congregazione scelti al XVII Capitolo Generale, sia Ad Intra che Ad Extra.
– Muoversi oltre gli apostolati tradizionali, dando maggiore atten zione alla dimensione missionaria delle nostre parrocchie e istituzioni attraverso le Dimensioni Caratteristiche.
– Dare maggiore attenzione al nostro motto, “Mettere gli ultimi al primo posto”, concentrandosi sugli emarginati e i meno privilegiati.
– Coinvolgere il laicato nel nostro lavoro missionario e collaborare nella loro missione con gruppi di laici e ONG con analoga finalità.
– Valutare e decidere sulle istituzioni sotto-utilizzate che hanno già servito al loro scopo originario e ora stanno diventando meno importanti.
– Continuare e crescere nella collaborazione nelle sub-zone degli SVD (province vicine) ed essere aperti a eventuali fusioni delle province per un funzionamento più efficace ed efficiente.
Cambiamenti nella comprensione della missione sono stati espressi all’incontro dei provinciali SVD d’Europa a Roscommon, Irlanda: “La Società del Verbo Divino in Europa vede la sua funzione missionaria non più esclusivamente nella missione ad gentes in altri continenti, perché ci sono molte situazioni missionarie nella stessa Europa che meritano i servizi missionari della Società.”19
19 Cf. Steyler Missionswissenschaftliches Institut, “Today’s Europe and the SVD”, Sankt Augustin 2007, 11-27: A Historical Overview of the SVD in Europe. Vede anche in questa pubblicazione il contributo di Rivinius.

È stata necessaria una campagna di intensa informazione ed argomentazione per persuadere coloro che avevano delle riserve o erano critici di questo nuovo concetto della missione degli SVD in Europa, adottata dal XIV Capitolo Generale della Società nel 1994. Esso dichiarava: “Di fronte alla sfida della realtà della secolarizzazione, dell’apertura all’Europa dell’Est, della moderna migrazione dei popoli e del declino delle vocazioni religiose, la Società del Verbo Divino in Europa si rivolge all’intera Società con la seguente richiesta: fare giustizia alle situazioni di missione in Europa..., la zona Europea chiede la cooperazione internazionale dalle altre zone della Società...”20
Il XV Capitolo Generale del 2000 introdusse l’espressione “Dialogo Profetico” come “la comprensione più profonda e migliore” della missione degli SVD.21 Si è affermato che le discussioni al Capitolo hanno confermato che la comprensione degli SVD della missione ad gentes si è mossa da un orientamento esclusivamente geografico a uno che include situazioni di missione. “Dalle nostre Costituzioni, dal lavoro dei recenti Capitoli, come pure dal contesto più ampio in cui si svolge la missione oggi, noi identifichiamo quattro situazioni dove sentiamo una speciale chiamata a rispondere: la prima evangelizzazione e la ri-evangelizzazione, l’impegno per i poveri e gli emarginati, la testimonianza inter-culturale e la comprensione interreligiosa.”22 Questa comprensione ha confermato – da una prospettiva Europea – il ‘Roscommon Consensus’, mentre allo stesso tempo sfidava la presenza e la missione degli SVD in Europa e ne faceva una preoccupazione per tutta la Società. I compiti che ne derivavano erano molteplici: dovevano essere identificate le situazioni missionarie cui gli SVD si sentivano chiamati a rispondere, si dovevano esplorare i modi di risposte specifiche degli SVD, si doveva tradurre il concetto di Dialogo Profetico nei contesti europei e si doveva continuare l’internazionalizzazione degli SVD Europei.
Nella sua circolare “Con gratitudine e speranza”23 indirizzata a tutti i confratelli dell’Europa, il precedente Superiore Generale degli SVD, Anto
20 Our Mission at the Service of Communion, 1994, 12.
21 IDW (In Dialogue with the Word, SVD Publication) 1, 2000, 53.
22 IBID., 52.
23 Del 15 aprile 2003, pubblicato in: Divine Word Missionaries, SVD Mission 2006, Roma 2006, 225-230.

nio Pernia, sottolineava il bisogno di una “spiritualità missionaria.” Basandosi sulla comprensione della missione come “dialogo profetico”, i missionari sono chiamati a essere in dialogo con Dio come fondamento stesso della loro missione. “Anche se molti Europei non si considerano più cristiani, essi hanno ancora fame di valori spirituali... Ma oggi essi ripongono più fiducia nei testimoni che nei maestri, più nell’esperienza che nell’insegnamento, e più nella vita e nelle azioni che nelle teorie’ (RM 42). E se ascoltano i maestri, è solo perché questi maestri sono prima testimoni (cf. EN 41).” P. Pernia definisce la mediazione della nostra esperienza di Dio agli altri come lo scopo della nostra vita religiosa e missionaria. Come dicono le Costituzioni degli SVD “Noi ci proponiamo di rendere la bontà e la dolcezza di Dio visibili nella nostra vita e nel nostro servizio” (Prologo). “Davvero, noi dobbiamo diventare missionari che annunciano ‘ciò che abbiamo udito, ciò che i nostri occhi hanno visto, ciò che abbiamo osservato e che le nostre mani hanno toccato’ (1Gv 1,1), la Parola di Vita, Gesù Cristo.”
Può anche essere di aiuto uno sguardo all’attuazione dei recenti Capitoli Generali degli SVD nelle province europee. Le relazioni per il XVI Capitolo Generale del 2006 danno una visione di insieme di ciò che è successo.
Negli ultimi anni la Zona Europea degli SVD ha fatto esperienza di uno sviluppo che potremmo classificare come “un cambio di stagione.” Il primo effetto visibile di questo cambio si vede nei nostri numeri: da più di 2.400 missionari che gli SVD avevano in Europa nel 1965, oggi ce ne sono meno di 1.300. Questo declino dei membri, combinato con l’invecchiamento di quei confratelli europei che sono ancora in vita, ha prodotto dei profondi cambiamenti nelle nostre comunità.
Il fatto che non eravamo più in grado di continuare alcune delle nostre attività tradizionali, ci ha obbligato a chiudere o a trovare nuovi obiettivi per alcune delle nostre case e a considerare la fusione di alcune province. Tutto questo significa dire addio ad alcuni modelli di vita religiosa e di presenza missionaria in Europa. Dove una volta noi vedevamo il reclutamento e la preparazione dei missionari per altri continenti come fosse, più o meno, la nostra sola ragione di esistere in Europa, ora siamo venuti a capire che anche l’Europa è territorio di missione come lo è ogni altro angolo del mondo.
Oggi, nelle nostre province e case di formazione noi abbiamo confratelli provenienti da tutto il mondo. In Est Europa i nostri confratelli hanno grandi opportunità di impegnarsi in un dialogo fruttuoso con i nostri fratel

li e sorelle ortodossi come pure con il mondo dell’Islam. Nell’Europa occidentale è urgente avvicinarsi al mondo di coloro che cercano la fede. L’Europa ha bisogno di missionari che siano capaci di entrare in dialogo con questi nuovi compagni sulla strada della vita.
Per poter conoscere la nostra situazione reale, per imparare una delle nostre lingue ed essere preparati a lavorare con gioia in Europa o in altre parti del mondo, sembra opportuno che noi accogliamo nelle nostre case di formazione dei giovani SVD che siano interessati a partecipare alla loro formazione in un contesto multiculturale. La vita in queste case di formazione è già una buona preparazione al loro futuro lavoro. Future comunità piccole e vive, inserite in un contesto multiculturale europeo possono essere un segno della presenza del Regno di Dio in mezzo a noi. Esse dovrebbero essere delle “scuole di dialogo autentico” nel terzo millennio dell’Europa.
Proprio come il nostro Fondatore, Sant’Arnoldo, si interessò sin dall’inizio alla situazione degli emigranti europei in America Latina, oggi gli SVD hanno liberato alcuni confratelli per lavorare con gli immigranti in Europa. Questi confratelli sono normalmente ben integrati nel Piano Pastorale della Diocesi. Questo compito è un campo privilegiato di attività; sia per i confratelli europei che per quelli che sono venuti da altri continenti.24
Infine, il XVI Capitolo Generale ha riconfermato la comprensione della missione come dialogo profetico e ha affermato: “Sulla base delle intuizioni dei Capitoli Generali del 1988 e del 1994 (andare oltre, frontiere, e missione al servizio della comunione), il Capitolo Generale del 2000 ha presentato dei concetti chiave per stimolare il nostro pensiero e per animare la nostra pratica della missione. Essi erano: Testimoniare il Regno di Dio, Dialogo Profetico e Dimensioni Caratteristiche. Se noi paragoniamo il nostro impegno missionario a un viaggio, possiamo dire che la nostra testimonianza del Regno di Dio ha a che fare con lo scopo del nostro viaggio; il dialogo profetico si focalizza sui compagni con cui condividiamo il viaggio e il modo con cui ci relazioniamo con loro; e le dimensioni caratteristiche indicano il sentiero che dobbiamo seguire. Noi diamo testimonianza del Regno di Dio attraverso il dialogo profetico segnato dalle dimensioni caratteristiche.”25 L’approfondimento della comprensione della Testimonianza del Regno di
24 IBID., 222-223.
25 IDW 6, 2006, 3.

Dio, del Dialogo Profetico e delle Dimensioni Caratteristiche (Apostolato Biblico; Animazione Missionaria; Giustizia - Pace - Integrità della Creazione; Comunicazione) come pure la presentazione delle cinque dimensioni della nostra vita come religiosi missionari SVD (spiritualità, comunità, leadership, finanze, formazione) offrono una prospettiva più chiara della comprensione che gli SVD hanno della missione e indicano alcuni passi da fare.
Il XVI Capitolo Generale ha continuato ciò che aveva cominciato il XV e lega la questione missionaria all’identità religiosa (consacrata) degli SVD. Possiamo persino comprendere l’espressione “dialogo profetico” come espressione che lega la dimensione consacrata e quella missionaria della vita degli SVD. Sin dal Vaticano II, si è sottolineata la dimensione profetica della vita consacrata. Allo stesso tempo, la missione è stata intesa in termini di dialogo.26
Il concetto di missione degli SVD si è sviluppato, e oggi è incapsulato nell’espressione dialogo profetico. Dopo un lungo viaggio di coinvolgimento della missione e in risposta alla situazione del mondo di oggi, ascoltando la chiamata dello Spirito siamo giunti a questa nuova consapevolezza del nostro antico carisma della missione ad gentes (oppure, nel frattempo, “missione inter-gentes”). La missione oggi deve essere compresa meno in senso geografico e più nel senso di situazioni missionarie o di persone alle quali ci rivolgiamo.
La missione dgli SVD oggi ha a che fare con coloro che sono i partner del nostro dialogo. Il nostro primo impegno missionario è verso la gente che non ha nessuna comunità di fede o verso chi cerca la fede, verso persone che sono povere ed emarginate, persone di diverse culture, e persone di differenti tradizioni religiose e di ideologie secolari.27 La missione non è una comunicazione a senso unico; è una condivisone dalle due parti, un cercare insieme il raggiungimento della piena verità. Essa riguarda il riconoscimento del nostro peccato e del nostro impegno per una conversione costante. Non è un ascolto passivo ma un chiaro impegno per la nostra fede, una testimonianza onesta e coraggiosa di questa fede. Questo nuovo modo di fare missione è il riferimento per il rinnovamento della nostra vita.28
26 Vede: M. OFFING, “Prophetischer Dialog”, in Verbum SVD 47 (2006) 7-26.
27 IDW 1, 2000, 52-71.
28 IDW 7, 2007, 16-17.

Missionari per l’Europa
– La promozione delle vocazioni è diventata una sfida in Europa e chiede metodi sempre nuovi, mentre il “metodo” più efficace sarebbe di lottare per vivere la nostra vocazione in comunità interculturali (ad intra) per una missione interculturale (ad extra).
– I nuovi missionari vengono in Europa non per tenere vive le province, ma per rispondere alle necessità missionarie in collaborazione con i sacerdoti e i religiosi locali. Ogni confratello locale dovrebbe accogliere i missionari provenienti da fuori dell’Europa dome membri uguali della provincia e condividere con loro con gioia e gratitudine tutte le responsabilità e le posizioni di leadership. I programmi di introduzione di nuovi missionari in Europa sono una parte essenziale di questa nuova realtà.
– La nostra vita e missione interculturale, che è il DNA della nostra Società, ha un grande valore di testimonianza. Essa deve passare dalla tolleranza all’apprezzamento e all’apprendimento reciproco. Questa rimane una sfida continua, che include possibili tensioni fra “interculturalità” e “inculturazione”...
– I missionari stranieri devono scegliere le missioni in Europa con motivazioni pure e chiare. Se il motivo è misto o sbagliato, esso non potrà sostenerli a lungo nelle sfide e nelle esigenze in Europa. Mentre si immergono nella cultura e nella realtà locale, essi dovrebbero anche arricchire la Chiesa locale con i valori e la ricchezza spirituale delle loro culture.
– La maggior parte dei missionari stranieri proviene da società tradizionali, dove la Chiesa è attiva e i preti/religiosi hanno un ruolo importante nella società. Così il processo di essere esposti a una società secolare con scarso interesse per la Chiesa tradizionale e per le pratiche religiose potrebbe portarli a uno shock culturale. Nella loro mente potrebbero sorgere delle domande: Perché si trovano qui? Che cosa ci fanno qui? Sono essi davvero importanti per i confratelli che li hanno invitati qui? In questo contesto, la cura dei nuovi missionari diventa il dovere più importante delle province/regioni che li accolgono (cf. c. 518). Sarebbe di grande aiuto assegnare un consigliere ai giovani missionari (per circa cinque anni) e avere incontri regolari per condividere e valutare le loro esperienze.
Una delle sfide più grandi per la missione degli SVD in Europa è di trovare personale disponibile. In molte province, c’è la questione dell’invec

chiamento degli SVD. Anche i nostri benefattori e sponsor stanno invecchiando, e in molte parrocchie e istituti sono soprattutto le persone anziane che partecipano attivamente e sono coinvolte. Mancano le vocazioni locali, non solo per gli SVD, ma per quasi tutte le altre comunità religiose e per la Chiesa locale. Dal ‘Roscommon Consensus’ del 1990, i confratelli di altri continenti hanno ricevuto un mandato di missione per l’Europa. Molte cose non sarebbero più possibili senza la loro presenza, e in futuro saranno soprattutto loro che porteranno avanti il nostro impegno missionario in Europa.
Il Vangelo deve essere testimoniato, e per questo ha bisogno di testimoni. Il Regno di Dio, il suo “mondo nuovo” deve essere costruito, e per questo Dio ha bisogno di collaboratori. Poiché è Dio stesso che chiama, non è concepibile che non ci siano più vocazioni missionarie in Europa. L’Europa non è un continente abbandonato da Dio. Anche l’Europa è un “continente di Dio”.29 Noi dobbiamo essere attenti a Dio che chiama le persone oggi, collaborare con loro ed essere loro alleati nel promuovere le vocazioni.
1. Promozione delle Vocazioni, Partner nella Missione e Azione in Rete
Nel contesto dell’Europa, il ministero vocazionale deve essere inteso primariamente come accompagnamento delle persone, che si vedono sfidate a contribuire al “mondo giusto di Dio”. Non è più possibile concepire il ministero vocazionale come uno “scremare un latte cattolico solidamente nutrito.”30 Le Chiese e le scuole cristiane, che una volta producevano giovani ben preparati, formati e forti nella loro fede cristiana, che erano per di più interessati a una professione clericale, praticamente non esistono più. Con le parole dell’Abate Britannico in pensione, specialista nella promozione delle vocazioni, Christopher Jamison oSB, “La realtà contemporanea è che il latte cattolico è evaporato e non c’è alcuna scrematura da fare.”31
29 IBID. Jamison.
30 CHRISToPHER JAMISoN oSB, “Compass in the Catholic Church: Finding a Path to Vocation Discernment”, in GEMMA SIMMoNDS CJ (ed.), A Future Full of Hope? Dublin: The Columba Press, 2012, p. 81.
31 IBID. Jamison.

Come rispondere? Ogni comunità religiosa si trova di fronte a una sfida, cominciare dal suo carisma unico e da un chiaro profilo distintivo, per creare un nuovo tipo di “biotopo”, dove la vita e l’appartenenza siano possibili in diverse forme e manifestazioni. Questa immagine di un nuovo tipo di biotopo suggerisce dinamismo e diversità, anche se può probabilmente fare anche l’esperienza di qualche crisi di trasformazione dovuta al mutare delle stagioni o del clima. L’immagine potrebbe aiutarci a comprendere la promozione vocazionale della nostra Congregazione in Europa, e a svilupparla in mezzo alla crisi di trasformazione.
Il punto importante è chiarire il tipo di vita di Chiesa e di impegno che noi vogliamo. La Società del Verbo Divino vuole una Chiesa che sia impegnata nelle sfide sociali nel mondo. Inoltre, i Missionari del Verbo Divino rappresentano una Chiesa che pensa e agisce globalmente marcata dalla sua disponibilità al dialogo e che è impegnata in attività interculturali e inter-religiose. Se noi mostriamo un profilo così chiaro, e se esso ci guida nella nostra vita e nelle nostre attività, allora da esso nasceranno situazioni e aree in cui noi ci possiamo impegnare. Ed esso ci metterà in contatto con persone che possono essere interessate a questa specifica espressione della vita e dell’impegno della Chiesa, e che possono voler pregare, lavorare e vivere insieme con noi. Queste persone vivranno in forme diverse di appartenenza o di affiliazione, come volontari o impiegati, come benefattori o sponsor, come membri di gruppi della Bibbia o di preghiera, o persino come membri a pieno titolo per un certo periodo di tempo, o condivideranno permanentemente con noi la vita e la missione del Verbo Divino. Noi dobbiamo lasciarci arricchire da loro e imparare da loro, e allo stesso tempo, possiamo offrire loro compagnia e accompagnamento spirituale.
Il ministero vocazionale visto in questo modo è strettamente legato all’animazione della missione e al nostro impegno per la giustizia, la pace e l’integrità della creazione. Così, nel contesto dell’Europa, il suo scopo è guadagnare la gente al “giusto piano di Dio”. Ciascun confratello, come pure l’intera provincia, è responsabile, mentre allo stesso tempo c’è bisogno di chi si sente specificamente responsabile per esso e cerca attivamente di stabilire un contatto con questi partner nella nostra missione, e si occupa del loro accompagnamento spirituale. Molte persone, specialmente i giovani nell’Europa postmoderna, sono influenzati da una società consumistica, nella quale possono sempre scegliere ciò che al momento sembra

loro interessante e appagante. È molto difficile per loro un impegno definitivo e finale a cose, persone o istituzioni. Occorrono perciò membri specialmente preparati che li accompagnino nel discernimento e nei processi decisionali, e li aiutino ad arrivare a scelte a lungo termine che possano sostenerli in momenti di cambiamento e di crisi. Occorrono comunità che siano preparate e siano capaci di connettersi con loro, dove coloro che sono interessati possano fare esperienza di una comunità viva e di missione con il Verbo Divino e possano avere un senso di appartenenza.
Queste comunità si trovano di fronte alla sfida di dare un’autentica testimonianza cristiana di vita e di rendere visibile il chiaro profilo della nostra missione. Le persone che sono e che vogliono essere partner nella nostra missione cercano un incontro faccia a faccia, e sono grati per l’opportunità di condividere la vita spirituale di questa comunità e di parte cipare a corsi spirituali ed eventi per approfondire la loro fede cristiana. Attraverso i nostri giovani confratelli, che provengono quasi esclusivamente, o in gran parte, da altri continenti, la diversità della Chiesa universale e le ricchezze di una vita di comunità interculturale possono essere sperimentate nelle nostre comunità. Certamente, queste comunità con i giovani confratelli che possono essere costruttori di ponti per i giovani, li ispirano ed entusiasmano a una missione con un chiaro profilo SVD.
2. Opportunità con i Missionari di Altri Continenti
Molte opportunità e nuove possibilità si aprono con l’arrivo in Europa di missionari da altri continenti.32
I sacerdoti e i confratelli giovani riescono ad avvicinarsi meglio ai giovani. Sarà importante che essi lavorino specificamente con adolescenti e giovani adulti, motivati dalla loro fede cristiana o guidati dai valori cristiani, il lavoro per la giustizia, la pace e l’integrità della creazione, la solidarietà con i gruppi di emarginati, e l’integrazione dei disadattati. In questo contesto, una attenzione particolare è riservata al programma MaZ (missionario per qualche tempo), che rappresenta una speciale opportunità per
32 Per maggiori informazioni su questo argomento vedi MARTIN OFFING (ed.), Non-European Missionaries in Europe, Roscommon 25 (Sankt Augustin: Steyler Missionswissenschaftliches Institut, 2011).

incontri intensivi e l’accompagnamento in Europa di giovani specificamente interessati al nostro carisma missionario.
In molti Paesi europei, la xenofobia sta aumentando.33 Insieme a questi giovani confratelli, noi possiamo mandare un messaggio forte che nelle società che son sempre più divise e lacerate fra gente di diversi background culturali, vivere insieme in diversità culturale non solo è possibile, ma è anche gratificante e appagante. Di una Chiesa globale si può fare esperienza localmente, quando questi confratelli danno una testimonianza personale di come è vissuta la fede nei loro Paesi di origine.
In un momento in cui alcuni cattolici fondamentalisti demonizzano gli impulsi spirituali e le forme di preghiera di altre religioni, come lo yoga e lo Zen, c’è bisogno di confratelli che abbiano integrato quelle forme nella loro vita di preghiera. A motivo del loto background personale e biografico, essi possono fugare incomprensioni o cercare il dialogo con persone che hanno trovato un nuovo approccio alla vita spirituale proprio in queste tecniche di meditazione, ma che non riescono a collegarle con la tradizione cristiana. Anche nell’area diffusa del benessere spirituale, questi confratelli potrebbero essere importanti partner di dialogo per persone che cercano un senso alla loro vita. Lo stesso si dica delle nuove pratiche delle religioni naturali o dello shamanismo, che si stanno risvegliando in Europa in tempi di cambio di clima e di ricerca di una spiritualità olistica cosmica, e rappresentano un terreno di sfida per il dialogo profetico. Potrebbero dei confratelli con un background religioso culturale nell’adorazione della natura avere qui una missione?
Attraverso la loro esperienza pastorale, i confratelli di altri continenti possono portare validi impulsi ai processi di trasformazione ecclesiastici in Europa. Esperienze di vita con una comunità multi-culturale e multi-religiosa, con cura pastorale in e per larghe aree con una Chiesa pastoralmente attiva e politicamente impegnata e con l’inculturazione della fede nella Chiesa locale, può aiutare la Chiesa in Europa a trovare un maggiore arricchimento. Queste esperienze pastorali non si possono trasferire direttamente, ma vanno modificate e adattate alle diverse situazioni pastorali. Non possono essere consegnate come prodotti già finiti. Possono essere offerte co
33 Cf. POLA~, Religion im Kontext, p. 107.

me suggestioni e nutrimento per il pensiero. L’Europa ha bisogno di storie di speranza e di vitalizzazione della fede da altrove, in modo che la fede possa essere rinnovata qui!
La nostra Congregazione è un grande segno di speranza per la Chiesa e per la società in Europa. I confratelli provenienti da altrove vedono la realtà con occhi nuovi, sfidano le Chiese locali e le province con nuove idee, e sviluppano qualcosa di nuovo con rinnovato vigore e giovanile energia. In un’Europa che invecchia, c’è il rischio di stagnazione, e la stessa cosa si può dire della nostra SVD che invecchia. Dove manca la gioventù, la vita muore. Dove la gioventù è impegnata, molto si muove – forse con dispiacere degli anziani, che devono riconoscere che la storia va avanti senza di loro e diversamente da come si sarebbero aspettati. La questione in realtà è: i giovani provenienti da altri continenti hanno la libertà e l’opportunità di agire come pionieri di una Chiesa e di una Società rinnovate, e possono essi attuare con pieno vigore ed entusiasmo le loro idee del “giusto mondo di Dio” in Europa?
3. Sfide e Ostacoli per i Missionari Provenienti da Altri Continenti
La xenofobia menzionata sopra rappresenta una sfida significativa per i missionari provenienti da altri continenti. Essa può costituire un ostacolo serio a entrare in contatto con le persone. L’indossare abiti clericali può ovviare a questo problema, ma allora esso può dare all’incontro un carattere puramente ecclesiastico. Siccome l’immagine della Chiesa, per persone che sono distanti dalla Chiesa, è spesso piuttosto negativa, tale abito non è di aiuto per un dialogo profetico. È meglio condividere consapevolmente in solidarietà la sorte di altri stranieri e mostrare in questo modo un segno di apertura.
Riguardo alla xenofobia, anche la popolazione dei Paesi a cui appartengono i nuovi missionari si trova in una situazione analoga. I contatti con loro sono gesti di una solidarietà vissuta, e aiutano anche loro a non perdere le proprie radici culturali. Essi possono anche costituire un grave ostacolo nel processo di inculturazione nella società europea, perché possono distrarre il missionario da una analisi più profonda del nuovo contesto sociale e culturale. Anche l’apprendimento della lingua può essere influenza

to da ciò. Se i frequenti contatti con i parenti e gli amici attraverso le risorse dei media moderni quali internet, telefoni cellulari e social networks diventano un’abitudine, con ore spese su musica, film, e notizie del Paese di origine, allora il lavoro missionario diventa virtualmente impossibile. Un buon accompagnamento dei missionari nei primi anni assicura che l’integrazione nel nuovo contesto abbia una chiara priorità sui contatti con la cultura di origine e la sua gente. Allo stesso tempo, è vero anche quanto segue: “Per quanto il missionario cerchi di inculturarsi nella sua casa adottiva (...), rimarrà sempre uno straniero perché non potrà mai liberarsi completamente della propria cultura.”34
Talvolta è difficile ottenere i permessi di residenza per il lavoro missionario nei Paesi europei perché le leggi per gli stranieri stanno diventando più restrittive. in molti Paesi è possibile ottenere i visti e i permessi di residenza tramite le diocesi come datori di lavoro. Ma questo è anche legato a un impegno esplicito di lavoro pastorale, che potrebbe significare una restrizione al mondo istituzionale intra-ecclesiale, non permettendoci molto contatto con i nostri partner prioritari di dialogo e più specialmente coinvolti nelle quattro dimensioni caratteristiche. Le Chiese Evangeliche sollecitano cosiddetti “missionari-fabbricanti di tende” per l’Europa: cristiani con qualifiche professionali, che sono richiesti nei settori del business privato dell’Europa ed entrano in questo ambiente di non-chiesa per dare una testimonianza di fede cristiana.35 Ad esempio, potremmo noi avere dei giovani confratelli preparati come assistenti sociali per la cura dei rifugiati in Europa? Quali altre professioni e campi di applicazioni si possono concepire? Forse è possibile guadagnare nuove prospettive attraverso questa sfida. Forse è ora di preparare professionisti focalizzati sulla missione in Europa!
in alcune Chiese locali in Europa, è difficile per le diocesi fornire le parrocchie di personale per la mancanza di preti. Dei confratelli ordinati provenienti da altri continenti possono essere subito impegnati in questo campo per la loro educazione ed ordinazione. il ministero parrocchiale, in
34 MARTiN OFFiNG, “Missionar-Sein in Europa: Missionswissenschaftliche Oberlegungen”, in MARTiN OFFiNG (Hg.), Mission seit dem Konzil. Studi instituti Missiologici SVD an
98 (Skt Augustin: Steyler Verlag, 2013), p. 217.
35 DiETER TRETZ, “Paradigmenwechsel des Begriffs ‘Missionar’”, in Evangelikale Missiologie 30, 2014, p. 120.

molti modi, li porta a contatto con le persone e può essere di grande aiuto nel trovare il proprio posto nel nuovo contesto Europeo. I salari derivanti da questi contratti di impiego sono una importante risorsa finanziaria per le province. Ciò che sembra essere una grande opportunità può anche essere una grande sfida. L’immagine del prete che i confratelli portano con sé dagli altri continenti può portare a conflitti con i parrocchiani, specialmente con donne impiegate. Essi sono abituati a uno stile di leadership collegiale o partecipato e si aspettano di essere coinvolti nei processi decisionali. I consigli parrocchiali sono strutture democratiche che devono essere prese sul serio. Solo allora la gente è disposta a contribuire e a lasciarsi coinvolgere. Molte donne hanno un ruolo importante in Europa e vogliono un incontro personale e spazio libero per disegnare il loro apostolato, per lavorare indipendentemente e per prendere decisioni. Dove manca il necessario rispetto per loro, ci possono essere scontri massicci e disordini nella vita della parrocchia. Un’altra sfida da un punto di vista SVD è che la preoccupazione per la cura pastorale ordinaria in alcune parrocchie può richiedere tutte le nostre energie e le nostre forze, e così non c’è alcun punto di partenza verso i nostri partner primari del dialogo.
Un’altra sfida deve essere affrontata apertamente. Molti missionari provenienti da altri continenti vengono da contesti segnati dalla povertà materiale. Questo risulta un problema che si manifesta in diversi momenti e a livelli diversi. Forse essi avevano già dovuto affrontare nel loro paese di origine un certo scetticismo, mentre davano la loro disponibilità per una missione nella ‘ricca’ Europa. In Europa, essi fanno esperienza – specialmente da parte dei parrocchiani cattolici più anziani – della volontà di offrire un supporto materiale. Ed è anche possibile che ci siano delle aspettative da parte dei parenti a casa, o che si trovino di fronte ad acuti bisogni materiali delle loro famiglie di origine o della loro parrocchia in patria. Tutto questo significa che c’è la tentazione di raccogliere denaro per bisogni concreti, bypassando gli Uffici delle Missioni, cosa che non è conforme alle relative regole degli SVD. Alcuni missionari di altri continenti lasciano anche gli SVD e cercano di essere incardinati in una diocesi europea, per avere così maggiore indipendenza, soprattutto finanziaria. Rispetto a questa sfida, è necessario un buon accompagnamento in un clima aperto di discussione, e insieme a questo impegno, sono necessarie regole chiare, che da una parte corrispondano alle regole applicabili degli SVD e dall’altra

prendano anche in considerazione le necessità dei confratelli e delle loro famiglie di origine.
Le sfide e gli ostacoli appena menzionati sono punti importanti per l’apprendimento in uscita (“exit-learning”) e l’apprendimento in entrata (“entry-learning”) dei missionari.36 Le implicazioni di questi due devono perciò dar forma al processo di preparare alla missione in Europa già nel Paese di origine (“exit-learning”) come pure nel paese di destinazione (“entry-learning”). Ma in particolare bisogna notare che, a motivo della complessità della missione nel contesto della crisi di trasformazione in Europa, una esperienza oTP in un Paese europeo costituisce un grande aiuto nella preparazione per la futura missione. Essa può aiutare a chiarire le motivazioni e a valutare meglio le sfide associate all’impegno missionario in Europa. Il modo migliore per prepararsi ad essa sarebbe – anche durante il periodo di tirocinio durante i voti temporanei – di vivere in piccole comunità di formazione, situate in un grande ambiente urbano in una provincia SVD in Europa. Allora lo studio della teologia potrebbe essere fatto nel contesto europeo, con i suoi punti specifici, oppure corrispondente ai bisogni della missione in Europa in un tirocinio vocazionale con un titolo riconosciuto nel Paese europeo. D’altra parte, c’è anche la sfida che alcuni giovani confratelli non sono preparati ad adattarsi all’ambiente secolarizzato e post-cristiano.
4. La Sfida della Vita Comunitaria
La sfida della vita comunitaria missionaria in Europa è specialmente degna di nota. È finito il tempo delle grandi comunità che hanno formato il personale per la “Missione nel Mondo” in un’atmosfera di seminario. Spesso in queste case – dove ancora esse esistono – vivono principalmente confratelli anziani. Se queste case devono continuare, non solo occorre essere chiari sulla loro manutenzione e sul loro uso, ma anche sulla presenza di una comunità SVD il cui stile di vita sarà differente da quello familiare a causa del suo carattere internazionale. I confratelli provenienti da altri conti
36 Su questo argomento, vedi tra gli altri, l’articolo provocante di JoN P. KIR~Y and KoFI RoN LANGE, “The Crisis in Missionary Formation” (2000), (http://sedosmission.org/old/eng/ kirby_1.htm).

nenti dovranno avere responsabilità in queste case, ma anche spazio per cercare e mettere in pratica nuove forme di vita comunitaria.
Negli ultimi decenni in molti posti, è successo di passare a una vita in piccole comunità ed essere più vicini alla gente. Se il ritmo della vita sinora è stato piuttosto monastico e simile a quello di un grande seminario, ora la sfida è di trovare una struttura giornaliera o settimanale in cui la vita comunitaria sia coerente con le attività missionarie. Dato che queste comunità sono spesso internazionali nella loro composizione, ci sono delle questioni che vanno chiarite, quali ad esempio: Che cosa mangiamo, e quando? Come e quando preghiamo? Come e quando facciamo ricreazione come comunità? ecc. Se queste semplici questioni non sono affrontate e risolte, possono sorgere grandi difficoltà nella vita comunitaria. A motivo del contesto locale, specialmente nell’ambiente urbano, che diventa sempre più multiculturale, e per il fatto che ci sono spesso pochi o anche nessun confratello indigeno nella comunità, non si può semplicemente assumere una chiara cultura “indigena”. Molto deve essere ben discusso, negoziato e deciso. Rispondendo apertamente alle difficoltà, si richiedono la volontà di discutere in gruppo, la responsabilità personale e l’impegno alla vita comunitaria.
In una comunità, alcuni confratelli vengono da culture in cui il clan/la famiglia o le autorità della comunità hanno molto da dire e decidono le regole della comunità, e questa è una grande sfida per adattarsi alla vita di comunità. Ora questi punti di riferimento mancano, ed è la comunità stessa che deve formare la vita comunitaria con la discussione e il mutuo consenso. In questo processo, il background culturale di ogni singolo membro della comunità deve essere considerato e valutato. Ma questo non deve risultare in uno stile di vita dove ognuno chiede di vivere secondo il proprio background culturale. È importante accettare la vita interculturale come una “doppia appartenenza”, dove gli individui giungono a capire e ad accettare sempre più la condotta culturalmente decisa e i valori di ciascuno, imparano a vedere le differenze, a difendere quello che essi ritengono valori non negoziabili, imparano a condividere altre forme di comportamento e di valori per amore della vita comunitaria e della missione condivisa, e, se necessario, abbandonano i propri modelli culturali. Alcuni confratelli possono venire da culture e società in cui una singola persona ha poca opportunità di cercare la realizzazione personale perché la cultura regola e deter

mina la vita sino a un alto punto. Questi confratelli devono trovare la loro via fra la realizzazione personale da una parte e l’impegno a una vita comunitaria e missionaria condivisa dall’altra. È molto importante capire che è impossibile la libertà individuale, senza la responsabilità e la considerazione per la vita comunitaria religiosa e missionaria.
I Missionari del Verbo Divino di altri continenti sono spesso molto più giovani dei missionari nativi in Europa. Per trovare ampio spazio per sviluppare nuove idee, è anche consigliabile che essi non vivano soli tra molti confratelli indigeni più anziani. Molti “nonni” per uno o due “nipoti” potrebbero creare una situazione in cui i giovani confratelli si sentono come ragazzi che devono obbedire alle idee e all’autorità dei vecchi. Questo impedirebbe di prestare attenzione ai nuovi sviluppi richiesti con urgenza dalla missione in Europa. I confratelli giovani dovranno re-inventare la missione degli SVD in Europa secondo la loro analisi della realtà, i loro contatti con la gente e il loro modo di vedere. Questo è possibile solo se gli anziani consegnano (trasmettono) responsabilità e competenze. I confratelli anziani devono considerarsi come vecchi contadini che consegnano la fattoria alla nuova generazione. Facendo così, il vecchio contadino deve accettare volentieri alcuni cambiamenti nella gestione della fattoria, anche se questo può talora essere difficile da capire.37
37 Cfr. L’Articolo stimolante di BERTRAM DICKERHOF SJ, “Gibt es auch in Zukunft noch Ordensleben im deutschsprachigen RaumT” (http://www.ashram-jesu.de/_pdf/AshramJesu_ Texte_2011_Zukunft_Ordenslebens_deutschsprachiger_Raum.pdf).

Allegato
Missionario in Europa:
Condivisione di un’Esperienza Personale

 

Sono invitato a condividere la mia esperienza di essere missionario in Europa: qual è stata la mia esperienza e che cosa ho imparato. La mia presentazione sarà perciò una condivisione della mia esperienza in Europa dalla fine degli anni ‘80 sino al 2001.
La mia condivisione sarà molto personale, basata sul mio viaggio qui in Europa. Sono venuto come seminarista nel 1988, sono stato ordinato nel 1993, e come parte dell’attuazione del ‘Roscommon Consensus’, sono stato mandato per tre anni in Svizzera. Poi sono andato a Friburgo in Germania per il mio dottorato. Durante i miei studi continuavo ad aiutare in alcune parrocchie in Svizzera. Anche se la mia condivisone è basata su esperienze personali, spero di poter individuare alcune preoccupazioni comuni. Io guardo indietro sempre con gratitudine al tempo che ho passato in Europa. Sono stato benedetto in un triplice modo, e ciò determina e mette in luce la mia esperienza del ‘Roscommon Consensus’ e dà forma alla mia comprensione e alla mia vita di missione, specialmente nel mio ministero nella casa di formazione in Ledalero, Indonesia.
Primo, Imparare a Trattare con i miei Pregiudizi
Sono venuto al seminario in Europa, come seminarista, all’età relativamente giovane di 23 anni. Questo mi ha dato dei vantaggi nell’apprendimento della lingua, della cultura e della storia della gente. Il tempo di formazione mi ha aiutato molto a sentirmi a casa con le realtà europee e a crescere nella comprensione di me come missionario. Ricordo che ero venuto con molte domande, e la più critica era: Che cosa vuol dire essere missionario in Europa? Mi era chiaro che stavo andando là sia come studente che come missionario. Le sfide e le opportunità di uno studente in patria non sarebbero molto diverse da quelle in Europa. Ma essere missionario in Europa?
Andare dal Sud al Nord non era e forse ancora non è così facile. Ho let

to da qualche parte che, a motivo della sua storia, l’Europa ha un triplice livello di superiorità: politica, economica e religiosa. Mi immaginavo che, consapevoli o meno, intenzionalmente o no, i miei confratelli europei fossero anch’essi influenzati da questa realtà. D’altra parte la storia del mio Paese e la mia esperienza di Chiesa, in qualche modo avevano forgiato il mio senso di inferiorità. L’Europa era troppo fredda, troppo secolarizzata, troppo intellettuale e troppo ricca per me. Tuttavia, il tempo passato insieme nella comunità di formazione mi aiutò a superare questo senso di inferiorità. E fu anche importante scoprire che spesso la superiorità degli Europei era un’immagine che mi ero creata io. Ho iniziato a mettere in discussione i miei pregiudizi. Solo allora e lentamente scoprii che io avevo qualcosa da dare a questa Europea fredda, intellettuale e ricca.
Pensavo che l’Europa fosse troppo fredda. Sorridere costa caro. Vivendo in Europa bisognava guadagnarsi la fiducia. Nulla è gratis. Era necessario offrire qualcosa per essere accettati. Essere forti e fiduciosi è la via per essere riconosciuti. Tuttavia, col tempo ho imparato che essendo semplicemente un essere umano, onesto e semplice, umile e ferito, una persona può trovare vie per toccare il cuore della gente in Europa. Il lavoro sistematico è importante, ma allo stesso tempo è apprezzato l’approccio umano. L’amministrazione deve essere fatta, ma ci si attende anche la presenza fra la gente. L’apostolato della presenza, dell’essere con la gente senza guardare troppo spesso all’orologio e senza pretendere di avere le risposte a tutte le domande, si dimostrò un approccio missionario significativo. Ho imparato l’apertura di ascoltare le storie della gente che aspetta che ci siano persone che li ascoltano.
Nella mia immaginazione, l’Europa era troppo intellettuale. I miei professori che mi insegnarono filosofia e teologia erano europei o laureati in università europee. Così io pensavo, se solo potessi portare qualche argomento forte, allora sarò ascoltato. Ma l’esperienza reale mi ha dimostrato che anche per gli europei la vita è più dei soli argomenti logici. La coerenza logica è importante, ma anche la dialettica nella storia di ciascuna persona umana attira l’attenzione. È vero, la gente è incline ad avere idee chiare, alla serietà nelle azioni e alla pianificazione a lungo termine, ma è anche vero che la spontaneità nelle reazioni e l’attenzione alle situazioni concrete può dare un buon contributo a questa società.
Avevo imparato prima di venire che l’Europa è molto secolarizzata. Mi

era stato detto che in Europa avrei trovato a stento persone che volessero parlare di religione. Come trattare con loro? Ma in realtà ho incontrato in vari luoghi e occasioni persone che sono alla ricerca del senso della vita. Persone che hanno il coraggio di mettere in discussione molte verità accettate. Spesso mi sono reso conto che questa ricerca di senso permette alle per sone di proiettarsi in aiuto agli altri, specialmente a quelli che sono nel bisogno. La mia fede ebbe una diversa qualità per il mio incontro con queste persone alla ricerca.
Sapevo già da anni che la Chiesa in patria, come pure la mia formazione nella Società, erano finanziate dalla generosità degli europei. L’Europa è ricca e generosa. E io sono povero e bisognoso. Ho imparato negli anni quanto possa essere cruciale il rapporto ricco-povero. Si può usare male la generosità della gente, raccontando storie interessanti e avvincenti sulla tua gente in patria, e potresti raccogliere molti soldi. E talvolta succedeva così. Ma questo non era certo il significato di essere missionario in Europa; e questa non è tutta la verità dei missionari in Europa. Era sempre doloroso sentire i commenti di alcuni confratelli e della gente che i non europei sono qui per chiedere soldi. L’onestà e la responsabilità dei missionari sono un contributo importante per costruire la giusta immagine di un missionario straniero che lavora in Europa. D’altra parte, per il nostro vivere e lavorare insieme, è importante evitare generalizzazioni.
Secondo, Imparare a Preparare Missionari anche per l’Europa
Entrai in un seminario SVD in Europa quando c’era una comunità formativa dinamica e internazionale. Allora eravamo 25 persone di 11 nazionalità. Non posso dire che fra noi ci fosse tensione culturale. I confratelli erano accoglienti e comprensivi. Attraverso questa comunità l’Europa mi è diventata familiare. Pregavamo e discutevamo insieme, preparavamo eventi per i giovani e celebravamo insieme. Visitavamo le famiglie e ricevevamo visite. Io ero formato non solo dai miei formatori e amici al seminario. Anche le famiglie dei miei confratelli e i giovani contribuivano alla mia formazione. Questa atmosfera mi aiutò a minimizzare il clericalismo e a vedermi principalmente come un missionario che deve lavorare con i laici. Inoltre, la teologia che studiavamo era una teologia che promuoveva molto

la collaborazione con i laici. Più tardi, quando già lavoravo in un Paese europeo e nel mio paese d’origine, mi sono reso conto di quanto sia importante la collaborazione con i laici. La missione, anche in Europa, significa lavorare mano nella mano con i laici, che spesso sono teologicamente più competenti e più creativi e più dediti alla missione di quanto lo siamo noi.
La comunità del seminario era molto aperta. Questa apertura rendeva facile per la comunità accettare la proposta della comunità degli studenti con uno dei nostri formatori, di accogliere dei rifugiati dal Kosovo. Questa sensibilità sociale e il coraggio di prendere decisioni coraggiose per amore delle persone bisognose fu una delle lezioni che imparai allora in quella comunità. La sfida per un missionario in Europa non è solo di rendere la gente consapevole dei problemi degli altri continenti, ma anche di promuovere la solidarietà verso coloro che sono ai margini della società europea. inoltre, la decisione della comunità di accogliere dei rifugiati rese molto chiaro che la vicinanza a coloro che soffrono può cambiare la nostra vita personale e la vita di una comunità e di una provincia. Le grandi strutture possono essere cambiate quando ci sono persone aperte a chi si trova nel bisogno.
L’interazione con le persone fu un buon complemento al corso di lingua. Avevamo molto tempo per imparare con i confratelli e con la gente. imparare la lingua è molto importante ovunque. Apprezzo molto il tempo e i soldi che le province spendono per permettere ai confratelli di imparare la lingua. Ci vuole molta pazienza e comprensione per accompagnare i confratelli che imparano una lingua straniera all’età di 25 o 35 anni. Anche noi dobbiamo essere realisti: è molto difficile che i confratelli possano raggiungere un livello di perfezione (linguistica).
Un’esperienza scioccante durante il mio primo anno in Europa fu vedere come la gente criticava apertamente in pubblico l’autorità della Chiesa. Se non avessi avuto un’esperienza molto positiva in patria, non so come sarei sopravvissuto. Di grande aiuto fu anche il contatto con gruppi di laici quali la Comunità di Emmaus, che si occupa degli alcolisti. Guardando alla mia esperienza di Chiesa in patria, ma anche essendo aperto alle iniziative positive della Chiesa in Europa, mi ha aiutato a tenere acceso il fuoco della mia fede. Ci sono molte ragioni per criticare la Chiesa in Europa, e non ci mancano i profeti che profetizzano la fine della Chiesa Cattolica, anche nei nostri ambienti. Nei primi mesi del mio lavoro in parrocchia, dovevo lottare contro la frustrazione, perché, dopo dieci anni di formazione,

venivo in una parrocchia a celebrare messa principalmente per signore anziane, che già erano con almeno un piede alla porta del paradiso, alle quali non interessava quello che dicevo. Poi ho capito che questo non poteva essere l’intero senso dell’essere missionario qui. Ho cominciato a tenere dei corsi di religione, a visitare le famiglie e ad accompagnare gruppi di giovani, senza l’intenzione di portarli alla Chiesa. La sfida nel preparare nuovi missionari è di aiutarli a mantenere le basi della loro gioia di essere cristiani e della gioia di essere chiamati ad essere missionari.
Io ero seminarista quando fu fatto il ‘Roscommon Consensus’. Quante volte abbiamo sentito questo dal provinciale che, pieno di entusiasmo, ci metteva al corrente e discuteva con noi sull’Europa come continente di missione. La missione in Europa dipende molto dall’entusiasmo dei nostri confratelli, specialmente degli europei stessi. I giovani missionari provenienti dall’estero devono orientarsi sull’esperienza dei confratelli, specialmente europei, che sono convinti e appassionati della missione qui. Vivere e lavorare insieme in una mutua relazione di fiducia, ispirata ai confratelli con una visione più ampia, rende possibile che ai confratelli non europei vengano date responsabilità di leadership, e che essi stessi desiderino servire come leader.
Questi confratelli di esperienza, appassionati e convinti sono di grande aiuto, specialmente per coloro che non hanno il privilegio di fare tutta o parte della loro formazione iniziale qui in Europa. Ovviamente è molto più facile aiutare quelli che hanno fatto la loro formazione iniziale qui. Tuttavia, la realtà della nostra Società non permette di avere solo nuovi missionari che vengono formati qui. Ma ritengo che gli aspetti che ho menzionato sopra possono essere elementi importanti per introdurre nuovi missionari: la collaborazione con il laicato, basata sulla riflessione teologica e l’esperienza di lavorare insieme, la sensibilità sociale, l’importanza delle capacità linguistiche, una positiva esperienza di Chiesa e l’assumere e dare responsabilità. Questi sono anche gli elementi che ho cercato di trasmettere ai confratelli giovani nella loro formazione in patria, quando preparavo i giovani confratelli alla missione della congregazione per tutto il mondo, anche per l’Europa. Certo, spesso senza molto successo.
Una domanda che mi sono posta parlando di formazione è questa: se noi dobbiamo chiudere i nostri centri di formazione nelle province dove non abbiamo più candidati locali, possiamo ancora garantire una buona inculturazione per i nuovi arrivati se non c’è nessuno del paese stesso fra i

confratelli in formazione? Riflettendo sull’importanza dei laici nella mia casa di formazione in Europa, e pensando a comunità di formazione come a Melbourne in Australia, dove ho passato alcuni mesi, direi che anche senza nessun confratello locale in formazione iniziale, una provincia può continuare a dare una buona formazione agli altri confratelli. La condizione è che ci deve essere una buona connessione con le famiglie e gli amici. Essi aiuteranno i nostri formandi ad essere inculturati.
Terzo, Imparare ad Essere Uno Straniero
Dopo la mia ordinazione, ho lavorato per circa tre anni in due diverse parrocchie in un altro Paese europeo. Religiosamente parlando, gli abitanti di queste parrocchie sono secolarizzati. Non molti venivano in chiesa, molte famiglie avevano già deciso di lasciare la Chiesa. Da una prospettiva politica, la maggior parte di loro erano conservatori. Comunque, la gente era molto gentile con me. Abbastanza presto mi sono sentito a casa in quella parrocchia e avevo l’impressione che la gente mi trattasse come uno di loro. Ma dopo qualche tempo ho iniziato a chiedermi se essere uno di loro fosse l’obiettivo finale del mio essere missionario. È forse il mio sentirmi accolto che prova che io sono un missionario buono e di successo? C’è qualcosa di più?
La domanda divenne più forte quando mi trovai in una discussione con alcuni uomini dopo la nostra attività ginnica settimanale. L’argomento era la politica del governo verso gli immigranti. Essi erano tutti contro gli immigranti, con molti argomenti. Mi sentivo a disagio di sedere lì. Rendendosi conto della mia situazione, uno di loro disse: “Ma questo non è contro di te. Tu non sei uno di loro!” Perché io non sono uno di loro? Io sono uno di loro. Mi sentii molto triste.
Penso che un missionario deve trovare modi per essere uno con la gente, accolto dalla gente e integrato nella loro vita. Tuttavia, allo stesso tempo deve rimanere con lo spirito dello straniero, per aprire gli occhi della gente agli stranieri e agli outsider. Egli è un insider, ma deve anche rimanere un outsider, per allargare gli orizzonti della gente, per motivarli a uscire dalla loro area di comodità. Per una cultura dominante come quella europea, che tende a determinare e a definire ogni cosa, la presenza di un insider – outsider può essere arricchente.

La celebrazione dei 25 anni del ‘Roscommon Consensus’ ci permette, come Società, di riconoscere che con la pianificazione e la visione, il nostro lavoro e la nostra missione può raggiungere nuove altezze e prendere nuove vie. È un invito alla gratitudine verso tutti coloro che hanno iniziato questo progetto che oggi continua a modellare la missione della nostra Società in Europa e nel modo intero. La missione in Europa arricchisce tutta la nostra Società.
Io penso che il mio viaggio personale in Europa potrebbe anche essere stato il viaggio di quei missionari che sono venuti in questo Continente. Abbiamo attraversato momenti difficili, momenti di sfida ma anche allo stesso tempo gratificanti. Mentre gli anni del ‘Roscommon Consensus’ continuano a dare forma alla nostra missione, essi hanno dato anche a molti confratelli provenienti da altri Paesi un’opportunità di lavorare in questa “missione in Europa.” La Missione in Europa non è sempre facile, ma non è una “missione impossibile”.

IL SECoLARISMo EURoPEo
Sfide per la Vita Salesiana e Opportunità per il Primo Annuncio

D. Alfred Maravilla, SDB
Settore per le Missioni
Come missionari in Europa, è cruciale per noi comprendere chiaramente la realtà del secolarismo in questo Continente. oggi secolarismo e secolarizzazione sono termini usati spesso ma sono intercambiabilmente confusi. Pertanto, è importante comprendere prima chiaramente questi termini.
Secolarizzazione e Secolarismo
Dobbiamo riandare alla storia europea per comprenderla oggi anche solo in maniera schematica. Il Continente che noi oggi chiamiamo Europa si è formato per l’evoluzione di tre elementi: il monoteismo Giudeo-Cristiano che ha contribuito a modellare le sue feste, le settimane e gli anni del suo calendario; il razionalismo greco che ha enfatizzato la ragione e la coscienza retta; e l’organizzazione romana che le ha dato i sistemi giuridici, le università e i consigli. Queste sono le fondamenta di arte, scienza, filosofia, teologia e letteratura che sono fiorite in Europa.
Alla fine si è formata l’unità di Chiesa e Stato. I rituali religiosi al - l’incoronazione di Re e Regine e la “Chiesa di Stato” sono esattamente alcune espressioni di questa unità. Ma anche le guerre religiose sono state effetti disastrosi di questo. L’Illuminismo ha infine aperto la strada alla separazione della Chiesa Cristiana e dello Stato civile che ha portato al - l’emergere di una società civile dove c’è una pluralità di prospettive e di visioni del mondo.38
La Secolarizzazione è certamente un processo complesso che apre la via a un fenomeno ambivalente. Per il nostro scopo, possiamo dire che esso è
38 J. o’CoNNELL, “The Making of Modern Europe: Strengths, Constraints and Resolutions”, University of Bradford Peace Research Report no. 26 (Bradford: 1991).

un processo nel quale si vedono differenti sfere della vita umana come governate da leggi proprie, processi e autorità e non dalle autorità religiose. Si deve sottolineare che la secolarizzazione non è totalmente negativa. infatti, nei primi secoli la Chiesa stessa promosse un tipo di secolarizzazione quando demitizzò gli dei pagani e li denunciò come idoli creati dagli uomini. Gaudium et Spes al n. 36 parla di questa progressiva autonomia delle realtà temporali.39
il secolarismo invece è un “prodotto secondario del processo di secolarizzazione” che causa “soprattutto la perdita della capacità della religione di determinare la politica e la legge”.40 Esso è radicato nell’illuminismo e nella Rivoluzione Francese che hanno forgiato la laicità e l’hanno proclamata come elemento costitutivo dell’identità nazionale francese. Questa dottrina politica, che ora è diventata un’ideologia agnostica e atea di molti stati europei, spesso si esprime nell’opposizione a ciò che è religioso e specialmente alla Chiesa come istituzione. Questo pervade oggi, nella cultura europea, il potere politico e i mezzi di comunicazione sociale.41 Questo secolarismo militante, che nel suo nucleo è profondamente intollerante dei credenti, intende la libertà religiosa come libertà dal credere piuttosto che come libertà di credere. Nel nome della libertà di religione e della libertà di parola, coloro che la propongono negano ai credenti gli stessi diritti che sono contenuti in queste libertà che essi sostengono con veemenza. Alcune espressioni di questo persistente sospetto riguardante la religione di tutti i tipi sono la proibizione di esporre o indossare segni religiosi negli edifici governativi; il dibattito concernente il riferimento al Cristianesimo nel preambolo della Costituzione Europea, e la nozione che la reli
39 GS 36: “Se per autonomia delle realtà terrene si vuol dire che le cose create e le stesse società hanno leggi e valori propri, che l’uomo gradatamente deve scoprire, usare e ordinare, allora si tratta di una esigenza d’autonomia legittima: non solamente essa è rivendicata dagli uomini del nostro tempo, ma è anche conforme al volere del Creatore (...) A questo proposito ci sia concesso di deplorare certi atteggiamenti mentali, che talvolta non sono mancati nemmeno tra i cristiani, derivati dal non avere sufficientemente percepito la legittima autonomia della scienza, suscitando contese e controversie, essi trascinarono molti spiriti fino al punto da ritenere che scienza e fede si oppongano tra loro”.
40 YvES BizEUL, Secularism in Europe, European Liberal Forum asbl (Brussels, n.d.), 6.
41 ANGELO AMATO, “Catholicism and Secularism in Contemporary Europe”, Canonic institute for European Studies, University of Notre Dame (Notre Dame, 2009) 8; L. RUSS BUSa, “What is SecularismT” in Southwestern Journal of Theology 50, no 1 (Fall 2007): 20-56.

gione è un affare privato, e che perciò il discorso religioso o i simboli religiosi non hanno alcun posto nella sfera pubblica.
Come fenomeno sociologico, il secolarismo ha causato una diffusa caduta del credo e della pratica religiosa. In una cultura secolarizzata la fede in Dio è considerata solo come una delle molte opzioni. In questo ambiente molti trovano difficile difendere la propria fede, alcuni sentono che l’ambiente li costringe ad abbandonarla, mentre per altri la fede non è mai sembrata una opzione possibile. In questo contesto, un discorso religioso serio nella vita pubblica è spesso minimizzato e in definitiva diventa estraneo ad essa. Comunque, ciò che è più pervasivo in Europa oggi, è una cultura secolare soft, che “sembra essere, se non un’epidemia, per lo meno una diffusa tossina”. Infatti, “un’alta percentuale di ‘credenti’ sono relativisti la cui condotta differisce poco da quella di non credenti dichiarati”.42 Questo promuove l’indifferenza che, a sua volta, considera il fatto di evitare di appassionarsi al proprio credo o al credo degli altri come atteggiamento che è ‘politicamente corretto’.
La Religione nelle Società Europee Secolarizzate
È importante per noi tener presente che qui stiamo parlando di un fenomeno complesso. Ciò che io vorrei presentare brevemente qui sono solo alcuni elementi di una delle sue dimensioni: gli effetti del secolarismo sulla religione.
Una ricerca finanziata dal Parlamento Europeo afferma che “in Europa la religione ha essenzialmente rinunciato alla sua capacità di determinare il comportamento dell’individuo e a creare un solido legame sociale. Anche il sistema di valore dominante è basato molto meno sulla religione di quanto non lo fosse in passato.”43
Il Pew Research Centre nel 2010 ha rivelato che l’Europa è un continente cristiano perché tre quarti degli Europei si identificano come cristiani. Tuttavia, “si prevede che fra il 2010 e il 2050 ‘il numero di cristiani in
42 DoUGLAS GRooTmUS, “Why Truth Matters Most: An Apologetic for Truth-Seeking in Postmodern Times,” in Journal of Evangelical Theological Society vol. 47, no. 3 (September 2004): 450. vedi anche 441-443.
43 YvES BIZEUL, Secularism in Europe, 14.

Europa calerà di circa 100 milioni, da circa 553 milioni a 454 milioni, e che una parte sempre minore di cristiani nel mondo vivrà in Europa.”44
L’effetto del secolarismo varia anche da stato a stato, rendendo il panorama religioso europeo variegato e molto differenziato. in generale, i Paesi che sono stati più a lungo attaccati a un modello di stato-chiesa, come pure quelli che erano tradizionalmente considerati ‘Protestanti’ sono più secolarizzati dei Paesi ‘Cattolici’ o ‘ortodossi’.45 Delle indagini mostravano che “in media, il 51% dei cittadini dell’UE dicevano di credere in Dio, 25% credevano in uno spirito o in una specie di forza che guida la vita e il 20% di quelli intervistati negavano di credere in qualsiasi tipo di Dio, spirito o forza che guida la vita.”46 La maggior parte della popolazione che si dichiarava ‘atea’ si trovava nell’ex Germania dell’Est (52,10%), nella Repubblica Ceca (39,9%), in Francia (23,30%) e nei Paesi Bassi (19,70%).47
Mentre più del 70% in Estonia, Repubblica Ceca, Danimarca, Francia, Gran Bretagna, Norvegia, Svezia consideravano la religione come non importante nella loro vita, per contrasto la religione rimane importante in Romania, Polonia, Cipro, italia e Portogallo.48 Mentre meno del 10% a Cyprus, in Grecia, Malta e Polonia dicevano che non andavano mai alle cerimonie religiose, più del 60% nella Repubblica Ceca hanno dato la stessa risposta data da Francia, Gran Bretagna e Belgio.49 Anche se il 70.5% degli Spagnoli si considerano cattolici, solo il 13% praticano regolarmente la religione.50
Questa situazione religiosa in Europa è meglio descritta nell’espressione “credere senza appartenere”. Essa esprime la disgiunzione fra credo, comportamento e appartenenza. Essi non si comportano e non appartengono automaticamente anche se credono; oppure, non credono e non appartengono, ma si comportano bene; oppure non credono e non si comporta
44 PEW RESEARCH CENTRE in http://tinyurl.com/ku7jbtq (accesso 10 Feb 2016).
45 YvES BizEUL, Secularism in Europe, n. 32, 34.
46 iBiD. 21.
47 vede l’Allegato di questo articolo. vedi anche YvES BizEUL, Secularism in Europe, 57.
48 vede l’Allegato di questo articolo. vedi anche YvES BizEUL, Secularism in Europe, 58.
49 IBID. 27. Giovanni Paolo ii la chiama “una ‘apostasia silenziosa’ da parte dell’uomo sazio che vive come se Dio non esistesse”. GiovANNi PAoLo ii, Esortazione Apostolica Post-sinodale Ecclesia in Europa (vaticano: Libreria Editrice vaticana, 2003), n. 9.
50 YvES BizEUL, Secularism in Europe, 36.

no, eppure appartengono perché l’appartenenza è più fortemente affermata del semplice credere.
infatti la ricerca ha dimostrato che anche se il battesimo e il matrimonio in Chiesa è diminuito in Europa in questi ultimi due decenni, non è diminuita la richiesta di cerimonie religiose per i morti. È ai funerali che molti europei vengono a diretto contatto con le loro Chiese. Essi si aspettano che i rituali tradizionali siano saldamente conservati e si sentirebbero profondamente offesi se non fossero eseguiti o se la loro richiesta per un servizio funebre venisse respinta.51
L’Europa da molti anni ormai sta facendo esperienza dell’afflusso dei migranti. Da una parte, i migranti da culture prevalentemente cattoliche dell’America Latina, dei Caraibi, e delle Filippine hanno ridato vita a molte parrocchie attraverso il loro impegno e la pratica religiosa. Dall’altra, provenendo da un ambiente dove la propria religiosità si esprime in una cultura condivisa dalla maggior parte degli abitanti di un villaggio o di un paese, questi migranti sono trapiantati in una nuova cultura in cui regna l’indifferenza religiosa, sentono la solitudine anche in una parrocchia multiculturale, e sono spesso attirati dagli Evangelici.52 Ma anche la migrazione ha reso l’Europa sempre più multi-religiosa. Tutti questi migranti si volgono alla propria religione e alle sue istituzioni per un supporto emotivo e sociale e come modo per affermare la propria identità culturale. Tuttavia ciò non comporta automaticamente una maggiore pratica religiosa. La propria identità religiosa spesso diventa qualcosa di meramente culturale che, a sua volta, ridefinisce il proprio attaccamento alla religione. La nuova generazione diventa presto secolarizzata.53
La crisi umanitaria causata dal recente massiccio afflusso in Europa di rifugiati da Paesi musulmani, da una parte, ha riportato la religione nella sfe
51 GRACE DAViE, “Religion in Europe in the 21st Century: The Factors to Take into Account”, in Archives Europeennes de Sociologie, XLVii, 2 (2006), 278-279; See also YVES BizEUL, Secularism in Europe, 15.
52 ANDR~S GALLEGo GARCiA, “Evangelizar en la Ciudad. Pequeuas Reflexiones desde América Latina,” Misiones Extranjeras, vol. 253 (2013): 212-213 ; BERNARDo LiNDNER, “iDios Presente en Todo! Vivir y Aprender la Fe en al Mundo Andino,” Páginas vol. 229 (March 2013): 54-56.
53 JoCELYNE CESARi, “Religion and Diasporas: Challenges of the Emigration Countries,” Religion and Diasporas: Challenges of the Emigration Countries, (European University institute: San Domenico di Fiesole, 2013): 1-5; REBECCA Y. KiM, “Religion and Ethnicity: Theoretical Connections,” in Religions vol. 2 (2011): 317-318.

ra pubblica. D’altra parte, però, ironicamente, essa ha fatto scattare non solo nuove espressioni di xenofobia e islamofobia, ma ha anche portato il Cristianesimo ancor più fuori dello spazio pubblico per ‘rispetto’ o per ‘correttezza politica’ (‘political correctness’). Eppure, come Joseph Ratzinger aveva da tempo indicato, non è la menzione di Dio che offende i seguaci di altre religioni in Europa, ma piuttosto il tentativo di costruire una comunità umana assolutamente senza DioP4 infatti, se l’Europa perde la consape - volezza della propria identità cristiana, non riuscirà a integrare i migranti. E allora invece, o li chiuderà in ghetti, oppure si arrenderà alla loro cultura.55
Sfide per la Vita Salesiana
il secolarismo europeo non solo pone serie sfide per la nostra missione salesiana di educatori alla fede, ma ci dà anche maggiori opportunità di annunciare il vangelo. Eppure, la prima sfida per ogni Salesiano in Europa è di non vedere il secolarismo con pessimismo, ma di considerarlo come un dato di fatto, come il contesto necessario da cui uno deve scoprire molti elementi positivi che potrebbero essere il punto di partenza per la nuova evangelizzazione.
Charles Taylor fa presente che in Europa occidentale noi vediamo oggi crescere generazioni che hanno perso il contatto con il linguaggio tradizionale della fede, ma che sono intensamente alla ricerca di forme adeguate di vita spirituale. vediamo, specialmente fra i giovani, il fenomeno di “essere spirituali, ma non religiosi”, dove la vita spirituale è promossa conservando elementi tradizionali delle loro tradizioni religiose, ma lon tani dalle discipline e dall’autorità delle confessioni religiose come pure dall’appartenenza istituzionale permanente.56 Essi credono in un Essere Divino impersonale piuttosto che in un Dio personale, e così discutono l’etica derivata dalla fede cristiana senza discuterne anche le origini e le implicazioni dottrinali di queste credenze. Di conseguenza, “la maggior parte dei giovani hanno dei valori morali basati su decisioni personali.”57
54 JoSEPH RATzi~GER, L’Europa di Benedetto nella Crisi delle Culture (Cantagalli: Siena, 2005), 37.
55 MARCELLo PERA, Perché Dobbiamo Dirci Cristiani. Il Liberalismo, l’Europa, l’Etica (Mondadori: Milano, 2008), 5.
56 CaARLES TAYLoR, The Secular Age (Cambridge: The Belknap Press, 2007), 533-535.
57 YvES BizEUL, Secularism in Europe, 14.

Tuttavia, essi sono profondamente toccati dalla povertà e dall’ingiustizia. Essi sono anche seriamente interessati ai diritti umani e alla cura del creato e si offrono con generosità come volontari per aiutare i poveri per ragioni umanitarie. Bizeul la definisce una “religiosità ibrida”.58
Questo contesto secolarizzato causa una apertura alle realtà spirituali sempre in calo. il desiderio innato del cuore umano di cercare risposte alle domande fondamentali della vita, alla ricerca di senso e di direzione nella vita è oscurato.59 Questo, a sua volta, rende l’annuncio del vangelo non solo inefficace, ma la stessa fede e la sua trasmissione non sono assolutamente possibili.60 Per cui le persone non solo sono incapaci di credere in Dio (crisi di fede), ma specialmente il loro cuore diventa incapace di percepire le mediazioni della fede (crisi dell’immaginazione). in questo contesto, il primo annuncio che un bambino/a riceve dalla sua famiglia spesso non è sufficientemente adeguato per permettergli di diventare il fondamento di una fede robusta, e di conseguenza la catechesi diviene sterile.61 Così non è una sorpresa che ci sia un numero crescente di coloro che si identificano come atei, agnostici o di nessuna religione.
zygmunt Bauman rileva che la nostra cultura attuale manca di punti di riferimento fermi, precisi e solidi, come un qualsiasi liquido. in tale cultura liquida nessuno sembra avere il controllo delle forze che modellano la nostra vita, causando un profondo senso di insicurezza del presente e di incertezza del futuro, specialmente fra i giovani. E così essi cercano conforto nelle sette, nell’esoterismo, nei Movimenti New Age come pure nei gruppi fondamentalisti di qualsiasi tradizione religiosa.62
in un contesto secolarizzato, uno può anche percepire una evidente “stanchezza della fede” e il “senso di averne avuto abbastanza del Cristianesimo”.63 Ciò causa un senso di vuoto che porta le persone a rivalutare
58 IBID. 42-43, 45.
59 GiovANNi PAoLo ii, Enciclica Fides et Ratio (vaticano: Libreria Editrice vaticana, 1998), n. 1.
60 JoSE CHUNKAPURA, “An Ever-Waning openness to the Transcendent, a Key issue for New Evangelization,” in Salesianum vol. 75 (2012): 57-64.
61 JoSEPa GEvAERT, Prima Evangelizzazione (Leumann, Torino: LDC, 1990), 68-71; 80-81.
62 zYGMUNT BAUMAN, Liquid Times (Malden, MA: Polity, 2007), 26; YvES BizEUL, Secularism in Europe, 15-16.
63 BENEDETTo Xvi, “Discorso alla Curia Romana. Dicembre 22, 2011,” AAS vol. 104 n. 1 (2012) 38.

la religione. In assenza di proposte religiose autentiche che li aiutino a incontrare Dio, si sviluppano e si diffondono forme di religiosità senza Dio e sette pseudo-religiose.64
In tale situazione, la sfida è di non lasciarci “tentare da un offuscamento della speranza” né di cedere al disorientamento o all’incertezza.65 È anche necessario resistere al pericolo di cedere all’accidia pastorale o a una psicologia della tomba, come pure a una tristezza dolciastra, senza speranza, che lentamente consuma tutto lo zelo per l’apostolato che in definitiva ci ruba la gioia dell’evangelizzazione.66
Sfortunatamente, in Europa possiamo anche trovare religiosi anziani che vivono praticamente come atei. Essi vivono anni di vita religiosa, eppure pensano, giudicano e agiscono come se Dio non esistesse e ogni volta che aprono la bocca rivelano quel senso interiore di essere stati ingannati nell’aver dato la propria vita a Dio!67 Davvero, l’Europa secolarizzata non ha posto per missionari secolarizzati!68 Ciò di cui abbiamo bisogno in Europa è di aiutare a scuotere in tutti i Salesiani lo zelo missionario,69
64 CARLoS MARIA GALLI, Dios Vive en la Ciudad (Barcelona: Herder, 2015), 163-164.
65 GIoVANNI PAoLo II, Ecclesia in Europa, n.7.
66 FRANCESCo, Esortazione Apostolica Evangelii Gaudium (Vaticano: Libreria Editrice Vaticana, 2013), n.82-83.
67 M. BEA= MAYHoFER, “Paradigma Innovador en la Vida Consagrada”, in Vida Religiosa. Monografico 5, 16 (2014), 64-65.
68 Don Vecchi aveva messo in guardia dalla secolarizzazione della Domenica considerata solamente come “giorno svago o riposo contro lo stress del lavoro e dei rapporti funzionali. È questa una mentalità che può penetrare anche tra di noi, dedicati al lavoro educativo durante la settimana. Se così fosse, apparirebbe come un sintomo grave.” Similmente egli aveva messo in guardia da “una cosidetta laicità della attività educativa” che non consinterebbe le celebrazioni liturgiche nei nostri istituti, come pure dalla “resistenza delle culture secolarizzate ad accogliere l’indispensabile mediazione della Chiesa e il valore dei momenti sacramentali, (che) si traduce anche per i presbiteri in una certa difficoltà a riconoscere la celebrazione dell’Eucaristia come parte eminente del loro ministero.”. JUAN EDMUNDo VECCHI, “Questo è il Mio Corpo, offerto per Voi”, in AGC 371 (2000), 10-13.
Sulla stessa linea, Don Luc Van Looy rilevava che una mentalità secolarizzata presenta il rischio di fraintendere una giusta creatività nelle celebrazioni liturgiche con l’invenzione di parole e azioni inappropriate; l’Eucaristia celebrata in luoghi non adatti, come pure “l’abitudine che si può introdurre in alcuni parti, di tralasciare l’uso dei paramenti liturgici, richiesti pure per la concelebrazione, o anche il fatto che alcuni sacerdoti invece di con - celebrare, preferiscono partecipare all’Eucarestia come fedeli laici”. LUC VAN LooY, “La Celebrazione Eucaristica della nostra Comunità – Esame della Qualità,” in Idem, 53-54.
69 Don Chàvez aveva avvertito già che “l’indifferentismo religioso e il relativismo culturale, che segnano in particolare l’occidente tendono (...) a favorire un riflusso della fede

vivendo la propria vita in un “stato permanente di missione”!70
I missionari sono coloro che lasciano la propria cultura, la propria gente e il proprio Paese per annunciare il vangelo a coloro che non conoscono il Cristo. voi siete missionari qui in Europa, nel senso più pieno del termine, primariamente perché avete scoperto la vostra vocazione missionaria dentro la vostra vocazione salesiana e vi siete offerti ad essere mandati dove il Rettor Maggiore vi manderà. Non siete voi che avete chiesto di venire in Europa. voi siete stati mandati in Europa! Ma il luogo è secondario. Come abbiamo detto sinora, l’Europa ora ha bisogno di sentire di nuovo l’annuncio del vangelo. voi siete dei veri missionari, non dei Gastarbeiter (lavoratori ospiti) e neppure degli ouvriers étrangers (lavoratori stranieri)! Tuttavia, voi non siete qui per pensare, giudicare e agire come missionari in Africa, Asia, America o Oceania. voi dovete decostruire e recostruire la vostra immagine o concetto di missionario appresa o vista nel vostro contesto! Il modo di essere missionari qui non è lo stesso che essere missionari in Asia, Africa, America o Oceania! L’Europa ha bisogno di missionari che siano capaci di annunciare il vangelo in un contesto aggressivamente secolarizzato. Come si può fare questo? Attraverso il primo annuncio!
Che Cos’è il Primo Annuncio?
Dal 2010 al 2015 il Settore delle Missioni insieme alle FMA ha organizzato le Giornate di Studio sul Primo Annuncio. Queste serie di Giornate di Studio hanno disegnato una definizione che è importante per noi per comprendere e riflettere. L’espressione “primo annuncio” si riferisce alla testimonianza di vita di ciascun cristiano e dell’intera comunità cristiana, a qualsiasi attività o insieme di attività, o a un breve e gioioso
nel privato (...) da cui ovviamente non può venire alcuna spinta missionaria (...). E pure le comunità salesiane, rischiano di essere contagiate fino a non avvertire più l’urgenza di evangelizzare, di aprirsi all’esterno, di incontrare il fratello diverso, di osare il rischio di un coinvolgimento della testimonianza in prima persona.” PASCUAL CHAvEZ vILLANUEvA, “Spiritualità e Missione”, in AGC 410 (2011) 12. Questo “processo di secolarizzazione, in continuo sviluppo, è diventato un rischio vero anche per noi salesiani, e non solo per quanti lavorano in Paesi molto sviluppati ma anche per quanti vivono tra popolazioni che ancora conservano un profondo senso religioso.” PASCUAL CHAvEZ vILLANUEvA, “Testimoni della Radicalità Evangelica”, in AGC 413 (2012) 14.
70 FRANCESCO, Evangelii Gaudium, n. 25.

annuncio di Gesù mirante a stimolare un interesse verso la Sua persona, mentre si salvaguarda la libertà della coscienza, che in definitiva conduce a una adesione iniziale a Lui o alla rivitalizzazione della fede in Lui. Questo segue una pedagogia graduale che è attenta al contesto culturale e socio-storico dell’interlocutore.71
– Il Primo Annuncio come ‘Innamoramento’
vorrei fare un’analogia fra il primo annuncio e l’innamoramento. Quando due persone di diverso background si incontrano e in qualche modo provano un sentimento l’uno per l’altra, la curiosità iniziale si sviluppa nell’interesse di conoscersi meglio. Tutto inizia dal livello del sentimento, dal livello esperienziale. Allo stesso modo in cui l’amore si sviluppa solo quando due amanti imparano ad accettare la reciproca unicità come pure a considerare le loro differenze come arricchimento reciproco, così il primo annuncio comporta sempre una inculturazione attraverso la consapevolezza e la comprensione della lingua, della cultura, dei bisogni, delle potenzialità di coloro ai quali esso è rivolto, come pure la capacità di discernere i semi della Parola nel loro contesto.
Quando un giovane finalmente dice alla sua amata “Ti amo”, questa trita espressione verbale è, di fatto, il risultato di passi precedenti timidi e talora impacciati per conoscersi meglio l’un l’altra. Per l’amante questo non è un semplice cliché. invece, esso svela, rivela e rivivifica il senso profondo di tutti i bei momenti precedenti che entrambi hanno trascorso insieme. Anche se è una espressione strausata che rischia di perdere il suo significato, per queste due persone “Ti amo” diventa un invito che impegna e al quale si può rispondere.
Allo stesso modo in cui due persone non pianificano di innamorarsi, anche il primo annuncio non è pianificato o organizzato. Esso non è né un programma né un metodo, né un’attività o una celebrazione. Di conseguenza, noi non facciamo il primo annuncio. Esso avviene “nella vita ordinaria”: in famiglia, nella scuola, nella comunicazione sociale, nel mondo
71 XAviER MGRLANS, El Primer Anuncio. El Eslabon Perdido (Madrid: PPC, 2009), 29- 31; SERGE TvvAERT, “De la Première Annonce à la Nouvelle Évangelisation,” Cahiers Internationaux de Théologie Practique, n. 10 (2012): 97-99.

della cultura, del lavoro e dell’economia, nella politica, nel tempo libero, nella salute e nella malattia”72, in varie forme che dipendono dalla cultura, dal contesto, dal ritmo di vita e dalle situazioni socio-storiche delle persone alle quali esso è diretto. È un invito libero e rispettoso all’interlocutore che liberamente decide di accettare o respingere tale invito, esemplificato nell’incontro di Gesù con la Samaritana al pozzo di Giacobbe (Gv 4,3-42).73
il primo annuncio può essere assomigliato alla scintilla che infine accende il fuoco. È primo (iniziale) perché è quel momento, preceduto da altre condizioni indispensabili, che, attraverso il potere dello Spirito, può accendere un interesse iniziale alla persona di Gesù Cristo o suscitare domande che riguardano il posto che uno riserva a Dio nella propria vita.74 in questo modo, è necessario, in primo luogo, creare l’ambiente, l’atmosfera attraverso il contatto personale e discernere il momento giusto e il metodo più appropriato che potrebbe stimolare e promuovere il desiderio di conoscere Gesù Cristo.
Di conseguenza, la preoccupazione prioritaria del primo annuncio non è di annunciare chi è Gesù, quanto piuttosto di come guidare gli altri a scoprire e ad essere affascinati dalla persona di Gesù Cristo che solo li porta alla fede. La testimonianza di vita, la relazione interpersonale e il dialogo preparano il cuore al primo annuncio. La fede non è il frutto di un programma educativo o di uno studio scientifico. Essa è solo il risultato di un incontro con Dio che si rivela liberamente in Gesù Cristo.75
Dopo essersi conosciuti meglio, il giovane è costantemente alla ricerca del momento magico in cui dire all’amata “Ti amo”. Non c’è un piano preciso in cui di fatto far conoscere all’amata i propri sentimenti. Perciò un missionario salesiano in Europa, che vive permanentemente in stato di
72 GiovANNi PAoLo ii, Ecclesia in Europa, n. 58.
73 ALFRED MARAviLLA, “Dio Abita col Suo Popolo in Questa Citta. Sfide e opportunità per il Primo Annuncio nei Contesti urbani.” Documento di Lavoro in Preparazione per le Giornate di Studio sul Primo Annuncio in Città, (Roma, 15-21 novembre 2015), 2-8.
74 JoSEPH HERvEAU, Moment 3. Le Bulletin de la Première Annonce, n. 1 (aprile 2012), 2; ANDRÉ FoSSioN, “La Désirabilité de la Foi Chrétienne comme Condition de l’Évangélisation et de l’initiation à l’Expérience Chrétienne,” Revue Théologique de Louvain, vol 44 (2013): 45-53.
75 BENEDETTo Xvi, Enciclica Deus Caritas Est (vaticano: Libreria Editrice vaticana, 2006), n. 1.

missione, è sempre alla ricerca di cogliere qualsiasi opportunità per il primo annuncio, come una sentinella sempre pronta a rendere ragione della propria speranza.76
A Chi è Indirizzato il Primo Annuncio?
Il primo annuncio, per sua stessa natura, è direttamente rivolto a
1) coloro che non conoscono Gesù Cristo (coloro che non sono cristiani)
2) i cristiani che hanno ricevuto inadeguatamente il primo annuncio del vangelo e che perciò,
a) dopo aver conosciuto Gesù Cristo, lo hanno poi abbandonato;
b) vivono la loro fede come qualcosa di culturale senza prestare culto con la comunità senza ricevere i sacramenti, né lasciarsi coinvolgere nella vita e nell’attività della Parrocchia;
c) credono che lo hanno già conosciuto abbastanza, vivono la loro fede in maniera abitudinaria o come qualcosa di culturale;
d) hanno una identità cristiana debole e vulnerabile;
e) oppure non praticano più la loro fede;
3) coloro che cercano Qualcuno o qualcosa che sentono ma a cui non sanno dare un nome;
4) coloro che vivono la propria vita quotidiana come priva di alcun senso.
Il Primo Annuncio è Orientato alla Catechesi
Sappiamo che innamorarsi è solo l’inizio, Ad esso deve seguire il fidanzamento, la proposta, il matrimonio e l’impegno per tutta la vita. Per cui, quando uno decide di conoscere la persona di Gesù Cristo, “il contenuto della fede”77 viene spiegato usando una pedagogia graduale. Il primo annuncio perciò non deve essere considerato isolato, ma come necessariamente legato e orientato al catecumenato, ai Riti di Iniziazione Cristiana, alla vita sacramentale e alla formazione integrale permanente, per vivere la vita cristiana e condividerla con gli altri.71
76 BENEDETTO XvI, Esortazione Apostolica Post-sinodale Africae Munus (vaticano: Libreria Editrice vaticana, 2011), n.30.
77 GIOvANNI PAOLO II, Ecclesia in Europa, n. 47.
78 SERGE TYvAERT, “De la Première Annonce à la Nouvelle Évangelisation,” 104.

Testimone di Vita
il primo annuncio ruota sullo stile di vita del cristiano e dell’intera comunità cristiana che ispira, domanda e sfida, e diventa un invito attraente a conoscere le motivazioni e l’ultima ragione di questo stile di vita. Così esso diventa “un sentiero veramente propedeutico alla fede.”79 Un testimone che sia credibile sfida l’altro a esaminare il proprio stile di vita, i valori e le priorità. Similmente, ogni salesiano è chiamato (sfidato) a vivere radicalmente la propria consacrazione religiosa e divenire egli stesso un primo annuncio di Gesù Cristo. Questo è simile in Madre Teresa che prese un indù dal secchio della spazzatura, lo portò alla sua Home for the Dying (Casa per i Moribondi), lo lavò e lo nutrì senza dire molto. Un giorno l’indù le chiese: “Perché lei mi tratta così, mentre i miei figli mi hanno buttato via?”. La sua risposta fu semplice: “Perché io amo Gesù.” Allora l’indù le chiese: “Per favore mi dica chi è questo Gesù, perché lo voglio conoscere”! Questo è ciò che intendo per testimone di vita che sfida, pone in questione e perciò diventa primo annuncio.
Possono le nostre attività con i giovani, la nostra presenza nelle scuole, negli internati, in parrocchia, nella comunicazione sociale, ecc., suscitare interesse nelle persone per conoscere Gesù? Come la testimonianza di vita di Madre Teresa? Ritengo che il pericolo reale sia di perdere di vista il primo annuncio come fine ultimo delle nostre attività con i giovani, del nostro apostolato educativo o del nostro lavoro sociale. Senza questa preoccupazione prioritaria di promuovere il primo annuncio, queste attività si riducono a filantropia e noi diventiamo dei semplici assistenti sociali. Eppure, noi non siamo una ONG!!80
Opportunità per il Primo Annuncio
oggi il primo annuncio non solo è necessario in varie parti dell’Europa. Tutta l’Europa ha bisogno di un rinnovato annuncio, anche quelli già battezzati, perché molti europei oggi non hanno la conoscenza dei più basila
79 GiovANNi PAoLo ii, Fides et Ratio, n. 67.
80 SDB CAPITOLO GENERALE XXVII, n.38 in AGC 418, p.35.

ri elementi e nozioni della fede cristiana.81 Questo, a sua volta, richiede una chiara comprensione del complesso fenomeno del secolarismo e del processo di secolarizzazione.
Come missionari, non possiamo permetterci di lamentarci per questa situazione apparentemente pessimistica dell’Europa secolarizzata. Il nostro zelo missionario ci spinge a scoprire nel nostro contesto europeo i semi della Parola, i numerosi elementi positivi, e a usare queste opportunità per suscitare un interesse per la persona di Gesù Cristo. Allora la sfida per ogni Salesiano è di discernere il modo migliore per promuovere il primo annuncio in tutte le attività pastorali ordinarie e nelle celebrazioni dei sacramenti, specialmente del battesimo, del matrimonio e dei funerali.
Conclusione
È davvero difficile essere missionari in un’Europa secolarizzata. La buona volontà non basta. Abbiamo bisogno di capire bene che il nostro secolarismo ha un effetto profondo sulla popolazione e sulla cultura europea. La nostra breve analisi ha pure mostrato che ci sono oggi molte opportunità per il primo annuncio nel contesto europeo. Non possiamo perciò ritirarci in una pastorale di mantenimento, o peggio, cedere alla accidia pastorale, o a una psicologia della tomba. Noi siamo portatori di speranza che, attraverso la nostra inventiva pastorale, promuoviamo il primo annuncio del Vangelo che è il primo passo necessario per una nuova evangelizzazione dell’Europa.82
Domande per la Condivisione in Gruppo
Quale opportunità di primo annuncio ho io nel mio contesto?
81 GIOVANNI PAOLO II, Ecclesia in Europa, n.47.
82 CONGREGAZIONE PER IL CLERO, Direttorio Generale per la Catechesi (Vaticano: Libreria Editrice Vaticana, 1997), 62.

Allegato
Risultati dei Sondaggi sulla Fede in Dio, l’Ateismo e Ruolo della Religione nella vita

 

Fede in Dio83
Paese

Fede in Dio Fede in una forza spirituale o altro che guida la vita
Nessuna fede in Dio
o in una forza spirituale
o altro che guida la vita
Non
specificato
Rep. Ceca
16%
44%
37%
3%
Estonia
18%
50%
29%
3%
Svezia
18%
45%
35%
3%
Francia
27%
27%
40%
6%
Danimarca
28%
47%
24%
1%
Paesi Bassi
28%
39%
30%
3%
Slovenia
32%
36%
26%
6%
Finlandia
33%
42%
22%
3%
Bulgaria
36%
43%
15%
6%
Belgio
37%
31%
27%
5%
Gran Bretagna
37%
33%
25%
5%
Lettonia
38%
48%
11%
3%
Austria
44%
38%
12%
6%
Germania
44%
25%
27%
4%
Ungheria
45%
34%
20%
1%
Lussemburgo
46%
22%
24%
8%
Lituania
47%
37%
12%
4%
Spagna
59%
20%
19%
2%
Slovacchia
63%
23%
13%
1%
Croazia
69%
22%
7%
2%
irlanda
70%
20%
7%
3%
Portogallo
70%
15%
12%
3%
italia
74%
20%
6%
0%
Grecia
79%
14%
5%
2%
Polonia
79%
14%
5%
2%
Cipro
88%
8%
3%
1%
Romania
92%
7%
1%
0%
Malta
94%
4%
2%
1%

83 Dati da Eurobarometer 2010 come citati da YvES BizEUL, Secularism in Europe, 56.

“Ateismo” e “Fede forte”84
Paese
Non credo in Dio
Io so che Dio esiste realmente
e non ho alcun dubbio in merito
Cipro
1,90%
59,00%
Polonia
3,30%
62,99%
Irlanda
5,00%
43,20%
Portogallo
5,10%
50,90%
Italia
5,90%
41,00%
Irlanda del Nord
6,60%
45,60%
Austria
9,20%
21,40%
Svizzera
9,30%
25,00%
Spagna
9,70%
38,40%
Germania (ex Ovest)
10,30%
26,70%
Slovacchia
11,70%
39,20%
Slovenia
13,20%
23,60%
Ungheria
15,20%
23,50%
Norvegia
17,40%
14,80%
Danimarca
17,90%
13,00%
Gran Bretagna
18,00%
16,80%
Svezia
19,30%
10,20%
Paesi Bassi
19,70%
21,20%
Francia
23,30%
15,50%
Repubblica Ceca
39,90%
11,10%
Germania (ex Est)
52,10%
7,80%

La religione ha un ruolo importante nella tua vita?85
Paese
Risposta: NO
Paese
Risposta: NO
Paese
Risposta: NO
Romania
18%
Slovacchia
51%
Lettonia
62%
Polonia
23%
Lituania
52%
Finlandia
69%
Cipro
24%
Germania
57%
Gran Bretagna
71%
Italia
26%
Ungheria
59%
Francia
73%
Portogallo
27%
Slovenia
59%
Rep. Ceca
74%
Croazia
30%
Spagna
59%
Norvegia
78%
Grecia
30%
Paesi Bassi
61%
Danimarca
80%
Austria
42%
Belgio
61%
Svezia
83%
Irlanda
42%
Bulgaria
62%
Estonia
84%

84 Dati da Smith, T.W, Beliefs about God across Time and Countries (2012) come citati in IBID. 57.
85 Dati da Gallup Poll2008 come citati in IBID. 58.

intuizioni durante l’incontro

 

LIVELLO PERSONALE
1. Abbiamo una responsabilità personale nel dare grande importanza alla nostra vita spirituale e mantenere vivo il nostro zelo ed entusiasmo missionario. Da parte sua l’ispettoria ha il dovere di assicurare che sia nominato un confratello come accompagnatore dei missionari.
2. i missionari hanno bisogno di tempo e spazio per integrarsi gradualmente nella vita e attività dell’ispettoria. Sembra che le piccole comunità siano più adatte a introdurre e accompagnare i nuovi missionari.
3. Quando le relazioni personali sono create, nascono la mutua fiducia e il rispetto mutuo e si superano i pregiudizi. L’interculturalità presuppone una mutua apertura da parte sia dei missionari sia dei confratelli locali. Quando è possibile le posizioni di responsabilità possono essere affidate gradualmente ai missionari, secondo la loro capacità e qualificazioni, con l’appoggio continuo della comunità.
APOSTOLATO
4. Una giusta comprensione del primo annuncio ci fa capire che i nostri ambienti e le attività giovanili ci offrono innumerevoli possibilità per il primo annuncio. Dobbiamo riscoprire il Sistema Preventivo non solo come un metodo pedagogico ma soprattutto come un modo per favorire il primo annuncio nel nostro contesto europeo.
5. La missione è affidata alla comunità. La sfida di rispondere alle nuove frontiere di un’Europa che sta diventando sempre più multiculturale e multireligiosa, e al flusso dei migranti e rifugiati chiede che ogni iniziativa sia sempre un progetto comunitario/ispettoriale.
CONFRATELLI
Chiediamo agli ispettori di prendere in considerazione l’importanza di dare ai (giovani) europei la possibilità di vivere e lavorare per qualche tempo fuori dall’Europa.

La Strada da Percorrere

D. Guillermo Basañes, SDB
Consigliere per le Missioni
Abbiamo bisogno di dare continuità ai contenuti che abbiamo ricevuto in questo incontro il che significa non solo mettere le conferenze negli archivi. Il materiale ricevuto dai relatori è molto ricco. Dobbiamo continuare a leggerlo, riflettere su di esso e vedere come possiamo metterlo in pratica.
Vi affidiamo la parola chiave: DiALOGO. Si è chiarificato che è importante sottolineare il nostro bisogno di crescere nel dialogo a due prospettive e collegato a due articoli delle nostre Costituzioni.
Il dialogo ci fa crescere e maturare, favoriamo il rafforzamento della nostra identità. Cost Art 46 sui giovani salesiani parla del contributo dei giovani salesiani alla vita salesiana, perché sono “più vicini alle nuove generazioni, capaci di animazioni ed entusiasmo, disponibili per soluzioni nuove”. Ma dice anche che “la comunità, incoraggiando e orientando questa generosità, aiuta la loro maturazione religiosa apostolica.”
Il dialogo come discernimento pastorale. Abbiamo molte preoccupazioni e il discernimento pastorale avviene attraverso il dialogo. Quando non c’è dialogo c’è il rischio dell’individualismo pastorale e della disobbedienza. L’obbedienza salesiana è una ricerca pastorale della volontà di Dio. CostArt 66 dice che “nelle cose di rilievo cerchiamo insieme la volontà del Signore in fraterno e paziente dialogo e con vivo senso di corresponsabilità”, dove si cerca di stimolare “la partecipazione di tutti”!
Vorrei invitarvi a scoprire buone e intelligenti strategie per favorire il dialogo in modo che possiamo veramente discernere la volontà di Dio.
Nella vostra prossima riunione voi dovreste essere in grado di valutare la vostra capacità di dialogo, crescita e maturità personale come pure quella della comunità a cui è stata affidata una missione importante.
Per compiere tale impegno devono avvenire alcuni incontri a tre livelli.
* A livello ispettoriale: i missionari nella Ispettoria hanno bisogno di avere incontri regolari secondo il ritmo di ogni Ispettoria e in varie modalità.

* A livello inter-ispettoriale: i missionari si incontreranno in gruppo di ispettorie nel mese di febbraio 2017.
GBR + UNG + ICC + IME
FRB + AUS + BUL (CEP) + LIT BEN + IRL
* A livello Europeo: IV Incontro dei Missionari in Europa a Santiago de Compostela, Spagna nel feb 2018.

Partecipanti

 

[Da questo incontro sono stati pressi i seguenti criteri per la partecipazione: Entro i primi 5 anni dall’ordinazione sacerdotale per coloro che sono arrivati come tirocinanti; Primi cinque anni dall’arrivo per coloro che sono arrivati come sacerdoti o coadiutori professi perpetui.]
MiSSiONARi

AUS
1. S. Leo DHANRAJ
2. D. Tony D’SOUZA
3. S. Praveen Antony RAJ
4. S. Simplice THOUCHGANG
BEN
5. D. Pedro AYALA
6. S. Antonius BEREK
7. D. Andreas JEBARUS
8. S. Simon NONGRUM
CEP (Bulgaria)
9. D. Jaroslav FOGL
10. S. Donbor JYRWA
FRB
11. D. Rodney BARLATHIER
12. D. Pierre Min Chien HOANG
13. D. Jean Claude KAZADI
14. D. Jean Paul SWAMINATHAN
15. D. Vincent Minh Liem TRAN
16. D. Christian Tshala WIKA
GRB
17. L. Duc Quoc Joseph DAO
18. S. Gregory ECHEGWO
19. S. Joseph Tran Hoang PHUC
20. D. Peter PAGAC
21. D. Roman SZCYPA

iCC
22. D. Daniel CORONEL
iCP (Lithuania)
23. D. Francis Xavier Quoc Ky DOAN
24. D. Vincent Kim Hoan NGUYEN
iME (Albania)
25. D. Hien Huu KHONG
26. S. Don NYIKA
27. S. Giuseppe Andres LIANO
iRL
28. D. Lukasz NAWRAT
29. S. Dominic Vien Binh NGUYEN
30. S. Paul Xuan Binh TRAN
SLK (per i Zingari)
31. D. Marian ONDRIAS
32. D. Josef ZEMBERA
UNG
33. D. Claudius MISQUITA
34. S. James Hai Ly NGUYEN
35. D. Savio Quoc Thai Hung PHAM
36. D. Lytton QUADROS
37. S. Derossi RAJA
38. S. Rajesh SALAGALA

ACCOMPAGNATORI
39. D. Renato COLUCCI (IME)
40. D. Jos CLAES (BEN)
41. D. Anthony FERNANDES (GRB)
42. D. Koenraad VAN GUCHT (IRL)
43. D. Wilfried WAMBEKE (BEN)
ISPETTORI
44. D. Daniel FEDERSPIEL (FRB)
45. D. Petrus OBERMOLLER (AUS)
46. D. Marc TIPS (BEN)

INVITATI
47. D. Pascual CHAVEZ (Rettor Maggiore Emerito)
48. D. Martin OFFING SVD (Relatore)
RMG
(Casa Generalizia)
49. D. Guillermo BASANES (Consigliere per le Missioni)
50. D. Martín LASARTE
(collaboratore - Settore Missioni)
51. D. Alfred MARAVILLA
(collaboratore - Settore Missioni)
52. D. Tadeusz ROZMUS
(Consigliere Regionale Europa Centro Nord)

 

 

Appendice I
“Insieme per i Giovani dell’Europa”
Come Don Bosco Ha Fatto e Farebbe Oggi
Conclusioni del Rettor Maggiore
D. Pascual Chàvez Villanueva, SDB
Salesianum, Roma, 5 dicembre 2004. I Incontro degli Ispettori d’Europa.
Carissimi fratelli e sorelle,
Siamo ormai giunti alla conclusione di questo Incontro degli Ispettori di Europa, in cui abbiamo avuto un’esperienza intensa di comunione, confronto, approfondimento e condivisione. Ci siamo trovati “per analizzare insieme la situazione sociale, politica, economica, culturale, religiosa” in cui come Salesiani siamo chiamati a vivere la nostra vocazione e missione, cercando di “vagliare le possibilità e le risorse, affrontare le sfide e disegnare una presenza di futuro” in questo Continente (Discorso del Rettor Maggiore di apertura dell’Incontro).
Come Salesiani desideriamo contribuire allo sforzo della Chiesa per “dare un’anima” cristiana al processo di integrazione dell’Europa, perché essa attui quella vocazione chiara nel progetto dei padri fondatori: essere una famiglia di popoli uniti e di nazioni riconciliate, impegnate nella costruzione dell’unità dell’intera famiglia umana. Desideriamo anche dare il nostro apporto carismatico all’opera della nuova evangelizzazione, per contribuire all’edificazione della “Ecclesia in Europa”.
La motivazione iniziale del nostro incontro è stata determinata da un orientamento del CG25, che chiedeva al Rettor Maggiore e al Consiglio Generale di prospettare “una nuova distribuzione e organizzazione delle Ispettorie in Europa” (CG25 129). Nel Consiglio si era visto che oltre alla sola configurazione delle Ispettorie e Regioni era più importante “la definizione del tipo di presenza che vogliamo per questa Europa d’oggi e di conseguenza il cambio strutturale che la rendono possibile” (Discorso del Rettor Maggiore di aper tura dell’Incontro). Per questo il nostro ritrovarci ha assunto una maggior ampiezza di compiti e di prospettive.
Fin dall’inizio ci siamo lasciati guidare dal testo degli Atti degli Apostoli che riguarda la fondazione della Chiesa di Antiochia (At. 11, 19-26). Esso ci ha offerto un modello concreto e l’atteggiamento più adeguato per affrontare la situazione presente.

Ad Antiochia si sviluppa un nuovo modello di Chiesa, una comunità di pagani convertiti, che nasce dalla persecuzione ed in cui si intrecciano una diversità di lingue, culture, razze. Essa vive la grazia e la libertà della fede; per questo supera il pericolo di chiudersi nell’ambito della cultura giudaica. Il vangelo manifesta la sua spinta missionaria e i discepoli per la prima volta sono chiamati cristiani.
Ad Antiochia Barnaba esercita il discernimento sulla nuova situazione: “vide la grazia del Signore, si rallegrò e da uomo virtuoso qual era e pieno di Spirito santo e di fede, esortava tutti a perseverare con cuore risoluto nel Signore”. Il discernimento avviene nello Spirito e nella fede, riconosce la grazia di Dio, provoca gioia ed induce a perseverare.
Noi ci siamo radunati come Barnaba per leggere la realtà della nuova Europa, per assumere le sfide che ci presenta, per fare i conti con le risorse disponibili, per dare spazio a una presenza salesiana con futuro, per suscitare persone capaci di dare una svolta. L’Europa è un mondo pluriculturale, multietnico e plurireligioso, in cui le nostre comunità possono vivere la gioia dello Spirito, esercitare il discernimento e trovare le nuove vie della missione.
Abbiamo vissuto questo incontro con la passione del “da mihi animas” di Don Bosco, con il suo cuore pieno di carità pastorale e di dinamismo giovanile, con la sua fiducia illimitata nei giovani, con la sua fede nella loro educazione ed evangelizzazione. Resi capaci di vedere sempre i semi di bene presenti in qualunque situazione, anche la più difficile, possiamo scoprire la grazia del Signore e rallegrarsene, e divenire come comunità salesiane profezia nella nostra cultura europea.
1. Orizzonti dell’Europa
Nel nostro itinerario ci hanno accompagnato figure eminenti della cultura, della Chiesa e dell’economia in Europa. Ci è stato di grande aiuto l’aver potuto acquisire una visione ampia, una base solida, per un’apertura profonda sulla situazione del Continente. I testimoni privilegiati che ci hanno introdotto nella comprensione della storia, delle dinamiche e delle prospettive dell’Europa, ci hanno condotto subito ad un livello alto della riflessione e ci hanno fatto comprendere che la posta in gioco del nostro compito era grande.
Il Cardinal Joseph Ratzinger ci ha aiutato a comprendere l’identità europea, che è nata dall’incontro di varie culture e che ha trovato la sua unità nell’annuncio missionario e nel dinamismo dell’evangelizzazione. La fede cristiana ha offerto la prospettiva dell’universalità e l’attenzione alla razionalità. L’illuminismo ha provocato una forte divaricazione tra il vangelo e la cultura;

oggi siamo in un momento serio della storia dell’Europa, in cui si può profilare lo scontro con il cristianesimo o se ne può propiziare l’incontro. Il pericolo maggiore è il laicismo che, affievolendo il rapporto vicendevole tra la ragione e la religione, minaccia le fondamenta stesse dell’umanesimo che ha caratterizzato la cultura europea e richiede nei cristiani la ricerca di una nuova sintesi positiva tra la ragione umana e la fede religiosa, come aveva già prospettato il Concilio Vaticano Secondo.
Monsignor Aldo Giordano ci ha aiutato a riflettere sui due fatti nuovi della Europa di oggi: l’allargamento dell’Europa verso Est con la questione cruciale dei suoi confini ed il nuovo Trattato costituzionale europeo, con la questione delle radici cristiane. La Chiesa in Europa è testimone del Signore Gesù, Crocifisso e Risorto, per questo offre il suo impegno di nuova evangelizzazione, aiuta lo sviluppo della cattolicità e del dialogo, porta avanti il cammino ecumenico, incontra le diverse religioni, aiuta l’Europa a capire la sua vocazione culturale, tiene aperta la prospettiva della visione escatologica.
Il Dottor Antonio Fazio ha sviluppato il tema della globalizzazione e l’Europa. Percorrendo il cammino del Continente europeo nel quadro dell’evoluzione dell’economia e dei sistemi sociali, ha rilevato che la globalizzazione ha reso attuale la necessità di un nuovo ordine internazionale. Esso deve porre al centro la persona umana e il bene comune, promuovere il superamento del problema della povertà e dell’emarginazione attraverso un robusto e sostenuto sviluppo economico e l’affermazione della pace. In questo sforzo della costruzione europea ha rilevato anche il problema della scristianizzazione, frutto di un “iperliberismo”, che promuove una mentalità materialista, consumista e individualista.
2. Sfide alla Vocazione Salesiana in Europa
Illuminati da questi riferimenti, abbiamo scoperto le sfide principali che presenta questa realtà europea alla nostra vocazione salesiana. L’unificazione europea offre nuovi modi di agire aldilà delle frontiere; offre la possibilità di essere più aperti ad altre culture, al dialogo interreligioso ed interculturale; offre l’opportunità di ripartire con un nuovo inizio.
2.1. La profezia della comunità
Di fronte alla società europea, che spesso si costruisce sempre più su una cultura individualista, autoreferenziale e consumista e su un’antropologia senza Dio e senza Cristo, noi Salesiani ci sentiamo chiamati a dare una testimonianza profetica della nostra vita comunitaria. Il centro di questa profezia è la

testimonianza di Dio, il cui amore può colmare la nostra vita e condurci a vivere la santità. È pure profezia di una fraternità vissuta felicemente, ed espressione del fatto che persone di diverse età e culturale possano vivere insieme. È anche profezia di un impegno per Dio che dura tutta la vita. Finalmente è profezia del dono di sé e della dedizione senza risparmio della propria vita per gli altri, per i giovani. Riteniamo che noi abbiamo un ruolo profetico importante nella situazione giovanile in Europa oggi; a noi raccogliere la sfida di mostrare e realizzare comunità, in cui si vive la passione per Dio e la passione per i giovani.
2.2. La proposta dell’evangelizzazione
Di fronte alla cultura di un’Europa chiusa in se stessa, che ha smarrito la memoria dell’eredità cristiana e di fronte alla domanda religiosa dei giovani spesso confusa e vaga, con risposte insoddisfacenti e fuorvianti, noi Salesiani ci sentiamo interpellati a vivere il nostro impegno carismatico nel campo dell’evangelizzazione, come risposta ai grandi interrogativi di senso dei giovani, come promozione dei valori della dignità della persona e del gusto della vita, come offerta del sistema preventivo in dialogo con la cultura stessa, in termini di educazione, di progresso sociale e sviluppo politico, come valorizza zione della comunicazione sociale in quanto presenza in spazi visibili, come proposta esplicita dell’incontro con il Signore Gesù e dei cammini di fede. Riteniamo che abbiamo un carisma tipico nell’avvicinare i giovani, nell’essere presenti tra loro, nel farci loro compagni di viaggio, nell’aiutarli nella loro crescita, nel proporre loro l’annuncio evangelico e l’incontro con Cristo, nell’aiutarli a scoprire la propria vocazione; la sfida che ci provoca è trasmettere la fede alle nuove generazioni.
2.3. Il compito dell’inclusione
Di fronte alle nuove povertà, materiali e spirituali, che affliggono in special modo i giovani in Europa, e al rischio crescente dell’esclusione sociale, noi Salesiani ci sentiamo coinvolti nel superamento delle varie forme di emarginazione giovanile, nel favorire l’inclusione, nel trovare spazi di integrazione. infatti la situazione dei giovani sta cambiando; emergono fenomeni quali povertà, migrazione, emarginazione, mancanza di esperienza di Dio, consumismo, relativismo etico, ricerca di valori, mobilità interna all’Europa vissuta come ricerca di spazi più vivibili, famiglie conflittuali o disgregate, ecc... Riteniamo che l’impegno di don Bosco per i giovani poveri e la nostra storia salesiana ci chiedano di rispondere a questa sfida, rendendo più visibile il nostro impegno per i giovani poveri, per gli immigrati, per i giovani di altre religioni,

cercando le vie dell’integrazione, del dialogo interreligioso, dell’esperienza interculturale, dell’aiuto alle famiglie.
3. Presenza Nuova e Nuove Presenze in Europa
Nell’Europa dobbiamo rendere nuove le presenze che già abbiamo e nello stesso tempo pensare anche ad alcune nuove presenze per rispondere meglio ai bisogni dei giovani. Per fare questo, la prima novità nelle nostre presenze siamo noi stessi, ispettori, direttori, singoli confratelli, comunità salesiane, se riusciamo a vivere come don Bosco. Egli è stato un uomo di una sola causa e di una grande passione; fu tutto per i giovani, per i quali ha consegnato totalmente ed esclusivamente la sua vita; la sua passione furono “le anime”. Allora saremo capaci di vivere in ogni nostra presenza l’esperienza di Don Bosco a Valdocco, che “rimane criterio permanente di discernimento e di rinnovamento di ogni attività e opera” (Cost. 40).
3.1. Presenza nuova
Per rendere nuove le opere istituzionali che abbiamo, quali le Scuole, i Centri di Formazione Professionale, le Parrocchie, gli Oratori e Centri giovanili, le Residenze universitarie, ... si tratta di
– centrare il compito della comunità salesiana non tanto nella gestione e organizzazione dell’opera quanto nell’accompagnamento e nella formazione degli educatori e dei giovani, nell’animazione di un cammino graduale di educazione e di evangelizzazione fino a proposte di vita cristiana impegnata, nel coinvolgimento di un vasto movimento di persone attorno ad un Progetto educativo pastorale salesiano aperto e condiviso;
– avere un’attenzione privilegiata e decisa per i giovani a rischio, in modo speciale per la realtà dell’immigrazione.
3.2. Nuove presenze
Dobbiamo però impegnarci anche ad avere nuovi tipi di presenze:
– presenze con proposte forti di evangelizzazione e di educazione alla fede, di formazione salesiana dei collaboratori con équipes che animano case salesiane di spiritualità, centri di catechesi, centri di formazione dei laici collaboratori;
– presenze di animazione e proposta esplicita vocazionale: accompagnamento vocazionale, accoglienza in comunità, comunità proposta, aspirantato;
– presenze di animazione e guida delle associazioni e movimenti giovanili di evangelizzazione e d’impegno: diversi gruppi e associazioni che costituiscono il MGS, il volontariato sociale e missionario; ...;

– presenza con gli Amici di Don Bosco, un movimento che raduni, coordini, accompagni e stimoli nella formazione, impegno ed esperienza dello spirito e missione salesiana i giovani e adulti collaboratori, volontari, animatori.
3.3. Condizioni per la novità delle presenze
Per rendere nuove le presenze si debbono assicurare alcune condizioni
– Dare importanza alla formazione
* mettendo i confratelli in stato di formazione permanente; considerando la comunità e la vita quotidiana come luogo privilegiato di formazione; continuando a proporre il giorno della comunità, la lectio divina, la buonanotte, ritiri ed esercizi spirituali; garantendo un atteggiamento positivo davanti alla cultura giovanile e davanti alle sfide educative e pastorali; rendendoci capaci di leggerle in profondità e di risponderne con qualità ed efficacia;
* assicurando la formazione pastorale e spirituale dei laici collaboratori per assicurare l’identità salesiana delle presenze;
* facendo spazio alla formazione insieme di SDB e laici.
– Fare della comunicazione sociale una risorsa strategica per arrivare ai giovani, attraverso l’educomunicazione, servizi ai giovani attraverso internet, ...
– Sentire con la Chiesa: vivere e lavorare in comunione con le Chiese locali, apportando in esse la ricchezza del nostro carisma.
4. Collaborazioni da Realizzare in Europa
Consapevoli che abbiamo già fatto alcuni passi, abbiamo affrontato il tema delle collaborazioni a livello dei Settori di animazione e governo della Congregazione, considerando le esperienze che sono già in atto nelle Regioni dell’Europa e le prospettive di futuro. Ci si è soffermati sul fatto che occorre creare una mentalità di collaborazione che superi l’ambito delle ispettorie e delle Conferenze, ma anche quello delle tre Regioni salesiane presenti in Europa; si tratta di pensare e progettare come Europa, in senso unitario.
Formazione. Si potenzi la proposta dei noviziati “europei” di Pinerolo e Genzano, con un’armonizzazione dei cammini di prenoviziato, con l’allargamento del Curatorium, con una maggior conoscenza della lingua italiana, con la possibile presenza di altri formatori. Si favorisca la nascita di una comunità di formazione specifica per salesiani coadiutori a Torino o Roma. Si studi come valorizzare per tutta l’Europa la comunità formatrice e il centro di studio di Benediktbeuern. Si incrementi lo studio delle lingue per i giovani confratelli, soprattutto italiano e inglese. È da studiare qualche iniziativa comune per la formazione di Salesiani e laici insieme. Si studino strategie europee e strutture comuni per la formazione.

Pastorale Giovanile. Si continui a lavorare con le forme di coordinamento europeo che si stanno realizzando nella scuola e formazione professionale, nell’emarginazione, nelle associazioni del tempo libero, nel MGS ed aprire nuove possibilità nel campo della evangelizzazione e catechesi e nell’ambito della cultura. Si appoggino le iniziative giovanili europee, promosse dalle diverse ispettorie e Centri salesiani. Si promuovano strumenti efficaci di informazione e di scambio di esperienze e progetti, approfittando dei moderni mezzi di comunicazione. Si promuova Don Bosco International, come strumento di comunicazione e di coordimamento tra le diverse realtà, organizzazioni e proposte salesiane a livello europeo.
Missioni. Si aiutino le ispettorie e le Regioni a riscoprire la missionarietà all’interno dell’Europa stessa e a valorizzare la reciprocità nella conoscenza dei valori culturali e religiosi di tutte le nazioni.
Comunicazione Sociale. Si curi la formazione dei Salesiani e dei laici alla comunicazione sociale. Si valorizzi lo scambio delle nostre iniziative, attività ed eventi che si svolgono nelle nostre ispettorie. investire sulla nostra agenzia ANS attraverso un responsabile che comunichi le notizie e faccia conoscere le informazioni salesiane all’interno delle nostre ispettorie e ad extra e diffondere il Bollettino Salesiano. Studiare la trasmissione dei contenuti nelle varie lingue. Collaborare a creare programmi e a formare delle équipe di produzione di mezzi di comunicazione sociale e stimolare l’esistente collaborazione interispettoriale tra editrici.
Famiglia Salesiana. Si valuta positivamente l’esistenza della Consulta ispettoriale della FS, come espressione di comunione e di condivisione da potenziare, con attenzione alla formazione, spiritualità salesiana e pastorale giovanile. Si sia maggiormente presenti come Famiglia Salesiana nei dibattiti culturali, sociali, politici e religiosi che trattano di giovani ed educazione.
Economia. Si favoriscano alcune linee convergenti: concepire l’economia a livello ispettoriale ed interispettoriale come organizzazione della solidarietà; favorire la trasparenza nell’amministrazione e la comunicazione dell’informazione, soprattutto con la valorizzazione del bilancio preventivo e consuntivo; testimoniare la povertà religiosa; amministrare con criteri di professionalità e con la consulenza di esperti competenti; aiutare i confratelli a percepire i vantaggi di una corretta centralizzazione di aspetti generali senza deresponsabilizzare le comunità locali; viste le competenze richieste dalla gestione economica e amministrativa, ridefinire il ruolo dell’economo locale e ispettoriale.

5. Difficoltà e Scelte dell’Europa Salesiana 5.1. Difficoltà e scelte a livello di Ispettorie
Davanti a questi traguardi nelle Ispettorie si riscontrano alcune difficoltà.
– Esiste un grande squilibrio tra il numero di Salesiani e la quantità di opere e attività da animare; per questo i confratelli debbono assumere una molteplicità di compiti; la conseguenza è che la vita comunitaria non è sempre facile, i confratelli non hanno possibilità di formarsi, l’animazione delle opere non è sempre sufficientemente garantita.
– La garanzia dell’identità delle opere viene meno, per mancanza di una comunità che sia animatrice, o a causa di laici non formati, per la mancanza di una struttura di governo che sia adeguata a prendere delle decisioni, per l’eccessivo impegno dei confratelli nella gestione e organizzazione. Questo significa che la comunità salesiana non ha ancora pienamente assunto il nuovo modello di animazione della comunità educativa pastorale.
– Mancano Salesiani adeguatamente preparati per l’animazione delle opere e delle nuove presenze. Talvolta non ci sono direttori preparati. La complessità delle competenze richieste dalla gestione economica e amministrativa delle comunità e delle opere crea la difficoltà di gestione da parte dell’economo locale e ispettoriale.
– L’invecchiamento dei confratelli e la mancanza di vocazioni rendono difficile ogni processo di rinnovamento.
Per questo si propongono le seguenti scelte.
– Curare la formazione dei Salesiani: svolgano l’animazione comunitaria e pastorale dei laici e dei giovani, sviluppino il proprio ruolo comunitario all’interno della CEP; lavorino con i giovani a rischio; siano presenti tra i giovani positivamente senza paura senza pregiudizi. Curare anche la scelta e la preparazione dei laici, in vista della gestione e animazione salesiana delle opere.
– Coinvolgere tutte le comunità e preparare alcuni confratelli per la promozione delle vocazioni alla vita salesiana.
– Favorire la realizzazione dell’identità salesiana delle opere, creando équipes consistenti di pastorale, dando un protagonismo corresponsabile ai giovani, cercando risolutamente delle risposte alle nuove situazioni di povertà dei giovani e curando le vocazioni. Rafforzare l’equipe ispettoriale di animazione e governo aiuta l’animazione dei confratelli e delle CEP.
Semplificare le opere e fare scelte di priorità, perché l’impegno dei confratelli e della comunità sia veramente educativo e pastorale, attraverso il ridi

mensionamento, decentramento, delega, distribuzione armonica dei compiti tra i confratelli e i laici.
5.2. Difficoltà e scelte a livello di Regioni e di Europa
Nelle Regioni e nell’Europa si riscontrano le seguenti difficoltà.
– Manca una mentalità europea che aiuti a superare una visione solo ispettoriale, nazionale e regionale e di conseguenza non ci sono vie efficaci che possono garantire la solidarietà interispettoriale, la collaborazione alla costruzione di una Europa unita, l’inserimento del carisma di Don Bosco nella nuova Europa.
– La divisione dell’Europa salesiana in tre Regioni non favorisce i processi di comunicazione, coordinamento, collaborazione interispettoriale; alcune forme di coordinamento regionale non aiutano a superare la frammentazione.
– La diversità delle lingue è una ricchezza, però significa pure una sfida alla comunicazione dei messaggi e dei contenuti tra le Ispettorie, tra le Regioni, tra il Centro della Congregazione e le diverse Ispettorie e Regioni.
Per questo si propongono le seguenti scelte:
– Creare una mentalità europea in tutti i confratelli, ma soprattutto nei giovani salesiani, offrendo qualche iniziativa concreta, come per esempio incontri di giovani confratelli delle varie tappe di formazione iniziale, esercizi spirituali per ispettori, scambi di giovani in ambito europeo, ...
– Rivedere nelle tre Regioni dell’Europa la configurazione delle Ispet torie, favorendo processi di accorpamento.
– Coordinare nell’ambito europeo da parte dei Consiglieri di settore i vari delegati ispettoriali di Formazione, Pastorale Giovanile, Missioni, ...
– Pensare un modello di coordinamento delle Regioni, che promuova delle strategie europee per i vari settori di animazione e governo e che favorisca l’accompagnamento con il governo e l’animazione delle Ispettoria.
– Fare un piano strategico per attendere solidalmente i bisogni concreti che si possono presentare in qualche Ispettoria dell’Europa: risposta all’immigrazione, comunità salesiane internazionali, progetti specifici di evangelizzazione, ...
– Ridefinire i centri di animazione nazionali e il loro compiti nei confronti delle Ispettorie.

6. Per Concludere
Don Bosco incominciò la sua particolare esperienza spirituale apostolica in un sogno in cui si sentì chiamato ad essere un segno dell’amore di Dio per i giovani, specialmente i più poveri, bisognosi e pericolanti.
E sin dall’inizio contò sulla presenza materna di Maria Immacolata e Ausiliatrice, alla cui scuola imparò la missione da svolgere a favore dei suoi destinatari e il metodo per realizzarla. Non è stato mai indifferente per lui il fatto che la sua opera avesse avuto inizio l’8 dicembre (1841), festa della Immacolata.
In quanto Immacolata, Maria rappresentò per Don Bosco la pedagogia divina, il dinamismo dell’amore che ha l’immensa energia di aprire i cuori di uomini e donne, quindi quelli dei giovani, che “li fa sentire amati” – direbbe lui –, che li porta a “imparare a vedere l’amore in quelle cose che a loro naturalmente piacciono poco, come sono la disciplina, lo studio, la mortificazione di se stessi, e a fare queste cose con amore” (MB XVII, 110). Non è da meravigliarsi che Don Bosco centrasse tutta la sua pedagogia nell’amore e nella amorevolezza. Questo lo spinse a fare proprio il Sistema Preventivo, che mette l’accento nell’andare incontro ai giovani, nel fare sempre il primo passo, nel prediligere gli ultimi, nel credere alle loro energie di bene. L’Immacolata rappresentò per Don Bosco l’incarnazione dell’amore preventivo di Dio.
In quanto Ausiliatrice, Maria rappresenta sia la difesa dei più bisognosi e sfiniti, che la cura materna di chi ti prende per la mano e ti guida, ti educa e ti forma. Senza dubbio, il titolo di Ausiliatrice aveva altre risonanze nei tempi di Don Bosco, differenti da quelle che può avere in questo tempo. Il vero è che le principali vittime delle espressioni negative del modello sociale attuale in Europa sono i giovani, o perché, privi dalle cose necessarie, compromettono il loro sviluppo normale; o perché si sentono tentati a cercare forme di vita che non sbocciano nella pienezza di questa; o perché, chiusi in loro stessi e nella ricerca del confort, perdono il senso della vita, la capacità di donarsi, la gratuità e il servizio, e finiscono per organizzare la loro vita al margine della realtà di Dio, fonte della vita.
Il nostro incontro si conclude nell’inizio del triduo della Festa dell’Im - macolata, quando la Chiesa sta per celebrare appunto il 150° anniversario della proclamazione del dogma. Mentre la ringraziamo per continuare ad essere presente tra noi e guidarci nel cammino della storia, affidiamo a Lei le nostre persone, le nostre ispettorie dell’Europa e le nostre grandi convinzioni:
– Europa è uno spazio per i Salesiani, perché in essa i giovani, soprattutto quelli più a rischio, hanno bisogno del carisma di Don Bosco.
– I giovani sono la nostra ragione d’essere, perché ci sono stati dati come

vocazione e missione, e abbiamo tanto bisogno di loro come loro di noi.
– L’educazione è il dono più prezioso che possiamo offrire per il loro sviluppo integrale, fino alla pienezza in Dio, e il nostro contributo alla lievitazione della odierna cultura europea.
– Il nostro compito è dire e dare Dio a loro, così come ci è stato ri velato in Cristo Gesù, manifestazione suprema del mistero di Dio e dell’Uomo, attraverso l’evangelizzazione.
– L’Oratorio è la patria del carisma salesiano, il quale più che una struttura è un tipo di rapporto tra gli educatori e i giovani.
Sappiamo che questo è un lungo cammino, ma nelle realizzazioni già in atto ne vediamo i semi; perciò ci impegniamo nei prossimi anni a ridare un nuovo volto alla presenza salesiana in Europa.
Vogliamo superare le nostre paure e resistenze rinnovando la nostra passione per Dio vissuta nella passione per i giovani, rendendo vivo Don Bosco, il suo cuore, la sua mente, la sua parresia, la sua creatività apostolica.

Appendice II
Per una Rinnovata Presenza Salesiana in Europa
Intervento Iniziale del Rettor Maggiore
D. Pascual Chàvez Villanueva, SDB
Salesianum, Roma, 28 novembre 2008. II Incontro degli Ispettori d’Europa.
“Elia, impaurito, si alzò e se ne andò per salvarsi. Giunse a Bersabea di Giuda. La fece sostare il suo ragazzo. Egli si inoltrò nel deserto una giornata di cammino e andò a sedersi sotto un ginepro. Desideroso di morire, disse: “Ora basta, Signore! Prendi la mia vita, perché io non sono migliore dei miei padri.” Si coricò e si addormentò sotto il ginepro. Allora, ecco un angelo lo toccò e gli disse: “Alzati e mangia!”. Egli guardò e vide vicino alla sua testa una focaccia posta su pietre roventi e un orcio d’acqua. Mangiò e bevve, quindi tornò a coricarsi. Venne di nuovo l’angelo del Signore, lo toccò e gli disse: “Sù, mangia, perché è troppo lungo per te il cammino”. Si alzò, mangiò e bevve. Con la forza datagli da quel cibo, camminò per quaranta giorni e quaranta notti fino al monte di Dio, l’Oreb” (1Re 19:3-8).
Carissimi confratelli Ispettori,
Innanzitutto vi saluto con il cuore di Don Bosco e vi ringrazio per la vostra presenza in questo incontro, tanto importante per il futuro della nostra Congregazione nel Continente che la vide nascere e crescere quasi miracolosamente, a tal punto che il Papa Paolo VI chiamò tale sviluppo “il fenomeno salesiano”.
Ho voluto iniziare il mio intervento di apertura con questo esemplare episodio della vita del grande profeta Elia. Già il suo nome è carico di significato; Elia significa “Il Signore è Dio”. Secondo la tradizione ebraica, nomen omen: il nome è il destino. Così è anche per Elia. Nel nome sono indicati la sua missione e la sua vita. Ciò appare già dall’inizio della sua missione profetica, quando egli chiede l’intervento di Dio nei confronti dei falsi profeti di Baal: “Questo popolo deve sapere che tu, Signore, sei il vero Dio” (1Re 18:37).
Quando però, dopo la sfida sul Carmelo, la regina Gezabele decide di metterlo a morte, Elia, pieno di paura, fugge nel deserto. Egli dimentica la fierezza di portare il nome di Dio; smarrisce l’entusiasmo della sua missione di rin

novare in profondità il popolo di Israele che ha abbandonato Yahvé e si è lasciato sedurre dagli déi cananei; perde persino la voglia di vivere. Dove è ora quell’uomo del quale scrisse il Siracide: «Allora sorse Elia profeta, simile al fuoco; la sua parola bruciava come fiaccola» (48:1)?
La sua preghiera è sfiduciata: «Ora basta, Signore! Prendi la mia vita, perché io non sono migliore dei miei padri». E così, affaticato, scoraggiato, stanco di vivere, cade preda del sonno. Eppure egli non è solo. Il Dio dei Padri, di Abramo, di Isacco e di Giacobbe, è lì con lui. Un angelo con cura materna lo rincuora e gli comanda di alzarsi e mangiare. “Egli guardò e vide vicino alla sua testa una focaccia posta su pietre roventi e un orcio d’acqua. Mangiò e bevve, quindi tornò a coricarsi. Venne di nuovo l’angelo del Signore, lo toccò e gli disse: “Sù, mangia, perché è troppo lungo per te il cammino”.
Con rinnovata vitalità il profeta riprende coraggio ed è pronto all’obbedienza: “Si alzò, mangiò e bevve. Con la forza datagli da quel cibo, camminò per quaranta giorni e quaranta notti fino al monte di Dio, l’Oreb”. Quale energia hanno la Parola e il Pane di Dio!
In seguito, dopo l’incontro con Dio sull’Oreb, la montagna santa, Elia tornerà ad essere “simile al fuoco” e la sua parola diverrà di nuovo bruciante come fiaccola. Così riprenderà la sua missione; ungerà un nuovo re per il regno di Aram e un nuovo profeta per il popolo, Eliseo; radunerà tutti coloro che erano rimasti fedeli a Yahvé (cfr. 1Re 19:9-18). Allora la storia della salvezza può continuare, finché il disegno di Dio sia realizzato.
Questa figura del profeta Elia ritengo possa essere l’icona più appropriata per esprimere ciò che siamo chiamati a fare in questi giorni.
Introduzione
Il “Progetto Europa” (PE) è sorto inizialmente dalla riflessione del Rettor Maggiore sulla situazione della Congregazione in Europa, dopo aver visitato le Ispettorie, ascoltato gli Ispettori e i confratelli, analizzato le conclusioni delle Visite d’insieme e preso conoscenza delle varie relazioni dopo le Visite straordinarie. Proposto da lui al CG 26, l’Assemblea capitolare l’ha fatto proprio e lo stesso Santo Padre, nella sua lettera in occa sione del Capitolo Generale XXVI, lo ha caldeggiato1. Così il PE è diventato “un progetto di Congregazione”;2 essa ne ha quindi tutta la responsabilità.
1 CG26, p. 91-92.
2 CG26, p. 147.

Con il PE, in realtà, “condividiamo la preoccupazione della Chiesa per le sorti del Vangelo nel mondo occidentale e, in particolar modo, in Europa. [...] In forza dell’interdipendenza tra i popoli, il destino dell’Europa coinvolge il mondo intero e diventa preoccupazione della Chiesa universale. Si apre così una nuova frontiera rispetto al passato; per noi Salesiani è un invito a ‘rivolgere un’attenzione crescente all’educazione dei giovani alla fede’ (Ecclesia in Europa n. 61)”.3
Il CG26 ha chiesto al Rettor Maggiore con il suo Consiglio che “definisca la natura e gli interventi della Congregazione per una rinnovata presenza salesiana in Europa”.4 L’obiettivo di questo nostro incontro, vi avevo scritto, è di riflettere con voi e di iniziare insieme a dare concretezza al PE, che mira, quale proposta organica e autorevole, a “rilanciare il carisma salesiano in Europa”´.
Anche se nell’indirizzo al Santo Padre in occasione dell’Udienza concessa ai membri del CG266 e soprattutto nel Discorso di Chiusura del Capitolo stesso ho anticipato la natura, l’obiettivo ed alcune priorità del PE,7 mi sembra importante coinvolgere tutti voi, perché vi sentiate corresponsabili nel definirne i contenuti e nel disegnare il programma; molti di voi infatti dovranno portarlo avanti e ne saranno i beneficiari.
I. Risultato dell’Inchiesta
1. Cosa si pensa del Progetto Europa 1.1. Apprezzamento
Il PE è un atto di coraggio apostolico e una opportunità di rinascita carismatica; è significativo che sia l’intera Congregazione a farsi carico di questo progetto. La situazione, letta alla luce della fede, è una nuova chiamata di Dio per noi. Anche se responsabilità di tutta la Congregazione, l’elaborazione e la realizzazione aspettano primo di tutto alla Congregazione in Europa.
È un programma ritenuto provvidenziale per assicurare la presenza del carisma salesiano in Paesi del Continente in cui esso rischia di estinguersi o comunque di essere fortemente ridimensionato. Ridare vitalità al mondo salesiano nel Continente di più antica evangelizzazione, dove più ampiamente si è sviluppata
3 CG26, 99.
4 CG26, 111. ´ CG26, 108.
6 CG26, pp. 120-121.
7 CG26, pp. 147-148.

la visione cristiana dell’uomo e dove ora si vive una critica situazione di ‘emergenza educativa’, è indubbiamente strategico per tutta la Congregazione.
Il rilancio del carisma salesiano in Europa va inserito nel più ampio contesto della nuova evangelizzazione, che in misura maggiore o minore tocca tutte le nazioni europee. Una profonda secolarizzazione della società genera un’apostasia silenziosa dalla fede e un invadente relativismo culturale; tali tendenze fanno facilmente presa sulle nuove generazioni e sfidano seriamente la missione educativa ed evangelizzatrice della Chiesa. Il rilancio del carisma è strettamente legato alla capacità di incontrare “bisogni disattesi”, per i quali non si è ancora data una risposta. Forti indicatori di bisogni inesplorati sono costituiti dalla generalizzata, anche se diversificata, lontananza dei giovani dalla fede, dalla ricerca di senso e dal rifugio in esperienze limite, che vanno insieme al fallimento della famiglia, come primo e naturale luogo di umanizzazione e socializzazione.
Inoltre molti giovani, almeno quelli aperti alla formazione, pensano in modo molto più europeo di quanto facciano gli adulti e, purtroppo, tanti Salesiani. L’UE, attraverso le proprie norme e decisioni, segna sempre di più la vita di tutti noi. Molte domande, in particolare riguardanti la vita, la famiglia, la giustizia, la povertà, l’immigrazione, la pace e la difesa del creato, devono essere chiarite ed approfondite a livello europeo e globale.
Come SDB abbiamo nella Chiesa una vocazione per l’educazione e la corresponsabilità dell’evangelizzazione, in particolare tra i giovani. Il PE può diventare l’occasione e il motivo per confrontarsi in modo più efficace con nuove forme d’evangelizzazione e d’educazione, nella (ri)costruzione della Chiesa in Europa.
Il PE ci dà l’opportunità di riflettere in maniera seria e progettuale sul carisma salesiano in Europa e nello stesso tempo di portare avanti la missione salesiana con più efficacia e novità di formule nel Continente. Una di queste modalità, tra le altre, può essere l’investimento di personale scelto, europeo e non, a sostegno di presenze significative carismaticamente. In una epoca in cui l’Europa diventa una realtà sociale sempre più multiculturale, la presenza di comunità internazionali e multiculturali può diventare in se stessa un fattore di evangelizzazione
Il fatto che le Ispettorie e le Regioni europee siano state coinvolte nel - l’elaborazione del PE, come lo saranno nella sua concretizzazione, è un buon augurio e un motivo di speranza. I giovani salesiani percepiscono che il PE potrebbe stimolare un cammino di rinnovamento del modello attuale di vita consacrata, meno preoccupato dell’opere e più portato all’essenziale, evangelicamente centrato sul “porro unum necessarium est”, più aperto alle necessità dei destinatari, quindi più profetico.

1.2. Cautele
Il PE suscita interrogativi e anche sentimenti divergenti. Obiettivi e con - tenuti del progetto necessitano chiarimenti e concretizzazioni. Parlare di una Europa sembra irreale: ci sono ‘varie modalità’ di essere Europa; tra l’Europa occidentale, quella centrale, e quella orientale c’è notevole differenza, sia nella sensibilità religiosa sia nella condizione giovanile sia nella situazione dei Salesiani.
Il progetto nasce strettamente legato alla preoccupazione che il carisma salesiano venga a mancare in Europa, anzi talvolta sembra che questa sia la sua origine. C’è bisogno di un modello propositivo – si pensi alla lettera postsinodale “Ecclesia in Europa” – che determini le mete e la metodologia, fissi i tempi e le verifiche, identifichi compiti e responsabilità, a riguardo dei giovani, dei confratelli, dei collaboratori laici, per offrire un contributo autenticamente salesiano in Europa e dall’Europa.
Il PE non dovrebbe ridursi a un ridimensionamento delle opere esistenti né all’accoglienza di confratelli missionari da altri continenti. Senza scartare la possibilità di confratelli che scelgano l’Europa come terra di missione ad gentes, il PE riguarda in primo luogo la “rivitalizzazione” endogena dei confratelli europei. Non manchi quindi l’apprezzamento positivo di quanto già è stato fatto da tanti confratelli nell’incarnazione del carisma salesiano in Europa e nella sua inculturazione altrove.
Il progetto dovrebbe anche sottolineare la presenza e il ruolo che i laici sono chiamati a svolgere nella realizzazione del carisma salesiano in Europa, una presenza e un ruolo che oggi sono divenuti più estesi e visibili che non la presenza e il ruolo degli SDB. Siamo però convinti che per assicurare il presente e il futuro al carisma di don Bosco c’è bisogno di un gruppo di salesiani consacrati.
1.3. Suggerimenti
Il PE deve essere sviluppato con equilibrio e proporzione, in modo che sia realistico e realizzabile. Lo sviluppo storico delle diverse Ispettorie e le esperienze avute e collaudate in esse, soprattutto in riferimento alle comunità multiculturali, vengano tenute in conto.
Il PE, prima di centrarsi nella ricerca e nell’invio di personale, dovrebbe proporre criteri di attuazione per un risveglio carismatico, validi per tutta l’Europa, che guidino la creazione di progetti specifici dove siano garantite l’identità salesiana, la visibilità sociale, l’efficacia educativa ed evangelizzatrice, la promozione di una cultura vocazionale.

Elemento strategico è il rafforzamento carismatico della persona del salesiano in Europa; tanti ancora non vedono l’urgenza del PE, non riescono a capirlo o non si sentono di avere forza per sostenerlo. Ci vorrà un cambio di mentalità nei confratelli dell’Europa, perché si aprano alla diversità e imparino ad assumerla con gioia in comunità.
Si devono poi appoggiare le iniziative già attuate in Europa (CG26 102), ricollegandosi a quello che si fa a livello interispettoriale e mondiale.
Aspetto pure importante è la disponibilità e l’invio di nuovi confratelli. Tale invio non deve essere assolutamente finalizzato alla salvaguardia dell’esistente, ma alla elaborazione e alla gestione di nuove attività e iniziative più corrispondenti alle problematiche odierne e più significative da punto di vista carismatico. L’esigenza non è solo quella di un consolidamento numerico, ma riguarda anche un nuovo “modo di fare”.
Lavoro prioritario dei confratelli destinati alle ispettorie europee è l’inculturazione. Come in ogni attività missionaria, fondamentale risulta essere la conoscenza delle condizioni, delle problematiche, delle mentalità, delle lingue. Ci vorrà molto lavoro preparatorio per accogliere i confratelli che saranno inviati e per aiutarli ad identificarsi con il PE.
Siamo in un tempo in cui occorre “riformare” la vita consacrata, soprattutto in Europa; il CG26 è stato un forte richiamo in tal senso. La grande scommessa è quella di favorire la formazione di comunità capaci di riforma: saper individuare dove ci sono i germi di rinnovamento e favorirli; trovare nelle ispettorie qualche comunità che ha voglia davvero di rinnovarsi, che abbia un progetto di vita riguardante la preghiera, la fraternità, la passione per la vita dei giovani; costituire “comunità profetiche”. È un lavoro che richiede molto impegno e tempi lunghi. Per questo fine il Progetto Europa è provvidenziale.
2. Compiti per dare vitalità a testimonianza e missione in Europa
L’Europa di oggi, plurireligiosa, multiculturale, multietnica, postcristiana, non è più l’Europa dove siamo nati come Salesiani e dove abbiamo lavorato per 150 anni. La presenza salesiana è cambiata. il processo di ‘secolarizzazione’ all’interno delle comunità, l’inarrestabile invecchiamento dei confratelli, la scarsità di nuove vocazioni, la pesantezza e complessità di tante strutture educative e un certa stanchezza nell’apostolato hanno affievolito il dinamismo missionario e la robustezza carismatica che la caratterizzava.
in quest’ora il PE deve incamminarsi sulla strada tracciata dagli ultimi CG, soprattutto il 25 e il 26, e fare operative le sue opzioni. Lo diceva il Santo Padre ai Capitolari: “Anche oggi il movimento salesiano può crescere in fedeltà

carismatica solo se al suo interno continua a permanere un nucleo forte e vitale di persone consacrate” (CG26, 123). In concreto, ciò comporta alcune scelte.
2.1. Convertire la santità in programma personale di vita
Senza trasformazione personale non si trasforma l’Europa, dove il secolarismo ha un forte impatto distruttivo nei confronti dell’identità religiosa, svuota di rilevanza socio-culturale della fede e mina dall’interno l’efficacia della testimonianza evangelica. Ridare a Dio la priorità nella vita quotidiana di ciascun confratello e fare della santità salesiana il progetto personale di vita deve diventare l’impegno strategico per tutti. Senza rafforzare la propria identità non si diventa significativi; è indispensabile la nostra testimonianza di austerità e di allegria, che implica anche delle scelte “controcorrente”.
2.2. Verificare l’efficacia evangelizzatrice dell’opera
Le comunità salesiane locali avviino un processo di verifica della propria opera con speciale attenzione alla sua efficacia evangelizzatrice e alla sua capacità di vivere e testimoniare la fraternità apostolica. Punto di partenza e criterio di verifica sono i bisogni concreti dei giovani, bisogni che tante volte rimangono non espressi o a loro sconosciuti e che noi dobbiamo discernere e formulare. Un più autentico radicamento in Dio della nostra vita salesiana genererà uno spirito apostolico fraterna nelle nostre comunità e nelle comunità educative pastorali; da queste comunità salesiane rinnovate sorgerà una lettura teologica dei bisogni dei giovani e la conseguente missione tra di loro.
2.3. Ridefinire la presenza in ogni singola Ispettoria
L’Europa si presenta culturalmente ben attrezzata ed è sempre più convinta della necessità del relativismo religioso; nell’evangelizzazione perciò oggi le motivazioni culturali della fede devono essere esplicite ed espresse, se vogliono sopravvivere. La carta vincente è mostrare nei fatti il carisma salesiano all’opera, privilegiando le situazioni in cui esso è ben visibile e realmente fecondo.
Ogni Ispettoria dovrà definire il proprio Progetto organico ispettoriale in corrispondenza con gli orientamenti del PE e riesaminare la propria proposta educativo pastorale. Due sono i criteri da tenere in conto: innanzitutto risulta necessario porre una speciale attenzione ai luoghi e agli ambiti in cui si genera e si trasmette cultura, le scuole in primo luogo; inoltre si debbono mantenere e rafforzare le presenze che favoriscono l’accompagnamento personale e la fioritura vocazionale.
In concreto occorre:

* lasciare strutture ed opere che manchino di identità salesiana, che siano diventate ostacolo o risultino ormai inefficaci per una reale evangelizzazione dei giovani;
* creare qualche presenza nuova capace di attirare i giovani, perché rispondono alle loro urgenze, e di dare speranza ai Salesiani più sensibili.
2.4. Collaborare interispettorialmente
Nostro compito specifico è pensare a una nuova educazione, a una nuova forma di vicinanza ai giovani; ciò richiederà nuove strutture. Occorre però tener presente che non siamo gli unici ad affrontare la problematica, ma ci sono tanti altri che si impegnano a farlo, e per questo serve unire le forze e aprirsi alla collaborazione.
Si rende inderogabile avviare un processo di comunicazione e interscambio di esperienze tra le singole Ispettorie e nelle Regioni di Europa per favorire la conoscenza tra Ispettorie, in specie limitrofe, e favorire una reale cooperazione, avendo come obiettivo e priorità l’attenzione ai destinatari primari della nostra missione: i giovani svantaggiati, immigrati, soggetti a rischio sociale, ... Si dia pure rilievo alla prospettiva di progetti integrati a livello europeo nel campo della scuola e della formazione professionale. In questo processo di mutua conoscenza tra le Ispettorie siano presenti i giovani.
In Europa le comunità interispettoriali sono già una realtà. C’è bisogno di riflessione e qualificazione per poter sfruttare meglio la ricchezza e le possibilità del fatto della multiculturalità per la vita comune e per la missione. L’ampliamento di comunità internazionali va sostenuto e l’apprendimento interculturale è una urgenza.
Il PE impone, come obiettivo strategico, di investire con decisione in una formazione ‘europea’ dei SDB fomentando centri propri, appoggiando quelli già esistenti e favorendo una mentalizzazione continentale nella mediazione del carisma e la riflessione pastorale e teologica. La formazione culturale e pastorale del personale che sarà implicato in questa missione dell’Europa è diventata una sfida e un’urgenza decisiva.
Sarà perciò opportuno:
* programmare attività formative per confratelli e collaboratori nel campo dell’evangelizzazione e della comunicazione sociale che favoriscano la crescita di una coscienza europea e la responsabilità per giovani in Europa;
* pianificare incontri giovanili internazionali per favorire la conoscenza e una reciproca comprensione e offrire un preciso cammino di forte spiritualità;
* fare conoscere e favorire le strutture salesiane operanti in Europa, come per esempio il “Don Bosco International”.

3. Priorità Strategiche
Il PE deve essere una mirata applicazione del CG26 all’attuale Europa, come viene vista negli ultimi autorevoli interventi della Chiesa: Sinodi, discorsi di Benedetto XVI.
Ogni Ispettoria possiede energie, presenze significative, confratelli che vivono con dedicazione la loro vocazione e sono fedeli alla missione salesiana. Si dovrebbe puntare in primo luogo su di loro. Prima di decidere misure a carattere sovraispettoriale, si deve affrontare la situazione giovanile nelle Ispettorie, senza però cercare di dare risposte a tutti i problemi. Il criterio prioritario dei nostri interventi è lo stare con i giovani, dove sono e così come sono, lasciandoci coinvolgere anche affettivamente da essi. Da ciò dipende il risveglio vocazionale e l’efficacia della evangelizzazione.
3.1. Vita comunitaria
Prima ‘missione’ salesiana in Europa è la vita di comunità, consacrate a Dio e appassionate della salvezza dei giovani. Le presenze vanno dunque scelte,ridimensionate, ricostituite o create, secondo questo orientamento strategico: solo comunità di chiara e seria vita spirituale e attraente vita salesiana al servizio dei giovani hanno futuro.
Per vivere da consacrati in Europa sembra pertinente avviare un cambiamento della mentalità dei salesiani perché prendano coscienza del bisogno di dare testimonianza di una trasparente e vera identità carismatica, di conoscere e essere capaci di dialogare con le differenti culture e di avvicinare i giovani con simpatia.
3.2. Formazione iniziale
Per ricostruire l’Europa salesiana bisogna partire dai giovani confratelli e puntare decisamente, e in modo strategico, sulla loro formazione verso una identità forte ed evangelizzata. I giovani confratelli vengano formati ad una visione europea, con la scelta ponderata dei centri di formazione, che favoriscano scambi di studio all’estero ed altre esperienze formative sia culturali che pastorali: campi estivi, esperienze di apostolato più prolungato nel tempo, studio delle lingue ... A livello della missione le priorità devono andare verso progetti di evangelizzazione gestiti insieme con laici, nel quadro di presenze vive e non già nel quadro di strutture fisse.
3.3. Nuove presenze e presenze nuove
Riproporre il carisma salesiano in Europa richiede di avvicinare la gio

ventù orientando le nostre presenze all’evangelizzazione, collocandole tra i più poveri (emarginati, immigrati, zingari, ecc.) e curando una vera cultura vocazionale. Un’attenzione pastorale che si limiti solo al sociale, oltre ad essere irrilevante in Europa, rischierebbe di assorbire personale in continuazione e senza alcuna possibilità di futuro.
Si ritiene che tra i settori da privilegiare vi siano la formazione professionale, formale o meno, e l’oratorio - centro giovanile. il primo dice un tipo di attenzione verso i ragazzi più bisognosi; il secondo resta uno specifico carismatico e nello stesso tempo dice un’attenzione gratuita ai giovani. Ambedue possono prestare un significativo apporto al problema dell’immigrazione giovanile e alla difesa dei diritti dei più deboli.
importante è pure la presenza attiva dei Salesiani nei movimenti e associazioni non governativi, operanti o meno sotto i nostri auspici.
3.4. Formazione dei laici
il PE ci stimola a riflettere sul carisma salesiano, rileggendolo in chiave laicale. Nei Paesi secolarizzati l’inserimento nella missione salesiana dei laici e di famiglie cristiane risulta strategico per il rinnovamento della fede e della cultura. Se è auspicabile accogliere missionari dall’estero, non bisogna dimenticare che in Europa ci sono dei laici impegnati, la cui presenza va potenziata: si sente ormai la forte necessità di costituire “nuclei animatori laicali” di opere gestite esclusivamente da laici.
3.5. Sinergia apostolica
il PE, oltre a potenziare le strutture e iniziative salesiane europee esistenti, dovrà favorire il lavoro di rete con altre istituzioni dove si decidono le politiche educative e si disegnano interventi che toccano la gioventù. inoltre potrà contemplare collaborazioni in campi specifici tra le congregazioni e ordini in Europa, in particolare per quanto riguarda la formazione e l’interazione in esperienze di nuova evangelizzazione.
4. Forme di Collaborazione a Livello Europeo e Mondiale
Perché ci sia un PE, è necessario un progetto previo, ispettoriale, nazionale e regionale, aperto realmente all’Europa attuale. Anche se il PE è unico, la realtà europea non è omogenea; le situazioni nei diversi Paesi sono talmente diverse, dal punto di vista storico, sociale, religioso e culturale, che la necessaria collaborazione si deve realizzare mediante iniziative diversificate, a misura delle possibilità.

L’inserimento nella Chiesa locale fa sì che vi possa essere una collaborazione in sinergia con tante altre realtà ecclesiali, specie quelle che sono in crescita, non per dover fare come loro, ma per imparare la novità dell’impegno.
Il PE dovrà pure contemplare una cooperazione aperta ad organizzazioni sociali e a partner extra-ecclesiastici, nel caso ciò agisca da stimolo per i giovani. Per tutte le forme di collaborazione e di scambio a livello europeo il problema linguistico rimane un serio ostacolo, se non viene favorito lo studio delle lingue.
4.1. A livello Europeo
Le diverse iniziative e reti di collaborazione europea, già esistenti, non sono sempre conosciute adeguatamente né vengono ancora sfruttate con sufficiente efficacia; possono e debbono venir rafforzate le visite d’insieme, le iniziative internazionali a livello della formazione (case di formazione iniziale, centri di formazione permanente, il tirocinio di giovani confratelli in altre Ispettorie) e di pastorale giovanile (MGS, PGS, Youth Net, Eurizon, Confronto), collaborazione nel mondo della scuola e nella formazione professionale (scambi tra gli allievi, ...), il Don Bosco International. È necessario sostenerle e renderle strumenti efficaci ed ordinari del PE.
L’ubicazione in Italia dei luoghi salesiani, che sono centri di spiritualità per confratelli e giovani, offre delle opportunità ancora non espletate per il rinnovamento spirituale e per una effettiva collaborazione internazionale, in modo da diventare un’esperienza di conoscenza reciproca e di forte condivisione tra confratelli di Paesi diversi. Occorre anche inviare personale europeo per l’animazione di tali luoghi.
È auspicabile pure l’incremento della cooperazione nel campo della comunicazione sociale (internet, stampa, radio e TV) e lo scambio di esperienze riuscite con la Famiglia Salesiana, specialmente con i membri che lavorano nelle istituzioni europee.
Ci si domanda se non sarebbe di aiuto la creazione di un centro ‘europeo’ per la formazione salesiana comune di confratelli e laici?
4.2. A livello mondiale
Per facilitare la crescita di una mentalità europea tra i confratelli, soprattutto i più giovani, si pensi a uno scambio programmato di personale, specie per la realizzazione di progetti, laboratori anche limitati nel tempo.
Si pensi a creare nuove comunità, nell’ambito delle nuove frontiere, con personale da varie nazioni: case famiglia, comunità di recupero, esperienze di lavoro con giovani immigrati, residenze per universitari, rete di ostelli per la

gioventù nelle strutture salesiane, ecc..., che dovrebbero essere monitorate e collegate in rete.
I giovani immigrati sono ormai una realtà in tutta l’Europa: la scelta di tali giovani come campo di missione, come risorsa per l’evangelizzazione dei giovani più ricchi e come via per l’integrazione sociale delle persone di diverse provenienze culturali in Europa, diventa prioritaria. Per attuare ciò la presenza di Salesiani di altre nazioni per l’assistenza, l’educazione e la pastorale è una risorsa imprescindibile.
Per il tema specifico degli immigrati presenti in Europa e provenienti dai Paesi arabi, si può creare una specie di “osservatorio permanente” che possa tenere sotto osservazione la problematica, offrire riflessioni adeguate e suggerire proposte e iniziative.
Si ritiene importante favorire gli incontri giovanili internazionali (Confronto, Eurizon, Campobosco), anche se sembra che la formula in uso non sia più sufficiente e convenga passare a raduni di gruppi omogenei (Volontariato, Ministranti, Animatori di centri giovanili, Gruppi di preghiera, Giovani catechisti, ecc.). Tra i giovani animatori del MGS si favoriscano esperienze di servizio civile internazionale. Là dove consentito, si offrano progetti sociali e pastorale per volontari provenienti da varie nazioni europee.
5. Responsabili, Coordinamento e Verifica delle Iniziative 5.1. Responsabili
* Essendo il PE un progetto di Congregazione, l’ispirazione di fondo, le decisioni strategiche e il monitoraggio ultimo sono responsabilità del Rettor Maggiore, che intende costituire una Commissione diretta da un suo Delegato personale, che coordina i tre Consiglieri per la missione salesiana, i tre Consiglieri Regionali dell’Europa e tre Ispettori di Europa, nominati dal Rettor Maggiore.
Scopo di questa Commissione sarà disegnare un piano realista della situazione europea con le urgenze e le priorità, le presenze da creare, la fattibilità, il personale, il finanziamento, le abilità, gli interventi possibili, i responsabili e i tempi. Offrirà tutto questo alle Regioni e alle Ispettorie, più come criteri e orientamenti da concretizzare che come direttive da seguire.
* Sulle singole Ispettorie ricade una grande responsabilità nella realizzazione del PE; esse sono le destinatarie e le beneficiarie principali. A questo livello, la responsabilità compete agli Ispettori con i loro Consigli. Sarebbe augurabile che gli altri membri della FS, specialmente le FMA e i Salesiani Cooperatori vengano coinvolti nel progetto in modo significativo.
* Si favoriscano di più le partnership internazionali, cioè la collaborazio

ne con amministrazioni politiche, le organizzazioni sociali ed aziende, ecc., nelle quali poter esprimere in modo conscio il nostro stile pedagogico e le nostre opzioni educative. Ciò implica il superamento della mentalità di fare da soli e di avere un’organizzazione salesiana per ogni cosa.
5.2. Coordinamento e verifica
* Un gruppo di lavoro, possibilmente il D13I, i cui soci fondamentali sono le singole Ispettorie di Europa, potrebbe funzionare come segreteria tecnica per coordinare lo scambio e le attività dei singoli campi della missione salesiana, in stretto contatto e sotto la responsabilità del Delegato del Rettor Maggiore e in accordo con le Ispettorie in Europa.
* Gli Ispettori di tutta l’Europa, in un incontro annuale, potrebbero monitorare lo sviluppo del PE e il coordinamento di idee, progetti, strategie, e l’attuazioni concrete da affidare alle singole Ispettorie interessate. Ad un certo punto anche le Ispettorie che mandano confratelli potranno essere coinvolti nella concertazione.
* Le ‘Visita d’insieme’ sono il momento opportuno per una prima verifica del PE e per nuovi input. Una rapida verifica intermedia può essere fatta dal Regionale durante la sua Visita; così diventerà elemento di animazione dentro l’Ispettoria. La verifica definitiva, fatta alla fine del sessennio dal Rettor Maggiore e il suo Consiglio, sarà presentata al CG27.
II. Per una realizzazione del Progetto Europa
Ripensare la presenza salesiana in Europa mira a ridisegnarla “con maggiore incisività ed efficacia”. Si tratta di “cercare una nuova proposta di evangelizzazione per rispondere ai bisogni spirituali e morali di questi giovani, che ci appaiono un po’ pellegrini senza guide e senza meta”´.
Tale proposta evangelizzatrice presuppone innanzitutto – e ne sarà la logica verifica – una sincera e profonda conversione personale dei confratelli che dovrà venir accompagnata da una non meno coraggiosa ed articolata trasformazione della presenza salesiana. Il CG 26 ci domanda proprio questo; infatti esso afferma che “per affrontare le esigenze della chiamata e le sfide provenienti dalla situazione e per realizzare le linee di azioni conseguenti, è necessario convertire mentalità e modificare strutture”.´ I due obiettivi della con
8 CG26, p. 147. ´ CG26, 104.

versione personale e della trasformazione della presenza salesiana dovranno essere realizzati al contempo, ma in questo ordine.
1. Verso una Rivitalizzazione ‘Endogena’ della Presenza Salesiana
Ricuperare carismaticamente il salesiano in Europa è l’obiettivo strategico prioritario, in coerenza con il CG26 che ci chiede di ravvivare il cuore di ogni confratello con la passione apostolica. Ci sono confratelli che ancora non vedono l’urgenza di un PE o che non si sentono più in forza per sostenerlolo. “Rilanciare il carisma salesiano in Europa”, che è la vera ragione d’essere del PE, sarà possibile solo se si riuscirà a ricuperare il salesiano per una vita spirituale più personalizzata e, quindi, per una presenza apostolica più coraggiosa tra i giovani poveri e a rischio.
Occorrerà vivere in comunità che aiutino a “proporre ai giovani il fascino della vita consacrata, la radicalità di Cristo obbediente, povero e casto, il primato di Dio e dello Spirito, la vita fraterna in comunità, lo spendersi totalmente per la missione”.10 L’assunzione integra e cordiale e l’adempimento generoso delle linee di azione del CG26 sono il cammino ovvio ed unico. Tre sono le opzioni strategiche che dovranno guidare questo processo nel dare vita e vitalità alla presenza salesiana.
1.1. Fare dell’incontro con i giovani il programma personale e comunitario di vita
Il PE deve prevedere ed organizzare iniziative, non solo di tipo spirituale, che puntino a ridare speranza ai meno convinti e a fortificare l’impegno apostolico dei più dedicati, ma anche per stimolare un reale ritorno dei Salesiani tra i giovani. Senza la presenza fisica del salesiano tra i giovani non si rilancia il carisma salesiano.
1.2. Scommettere per una formazione europea dei giovani confratelli
La diminuzione del numero di Salesiani in formazione iniziale e la necessità di costruire nuovi e competenti equipes formative hanno portato al ricollocamento e riunificazione delle case di formazione in Europa. Sarebbe auspicabile approfondire questo processo non più per rispondere a urgenze del momento, ma spinti da ragioni di futuro: il rilancio del carisma in Europa avrà più possibilità di buona riuscita se le giovani generazioni salesiane si formano insieme e insieme si familiarizzano con lo spirito europeo.
10 CG26, p 92.

1.3. Impegnarsi per diffondere il carisma salesiani tra i laici e collaboratori
L’Europa salesiana deve puntare, in primo luogo, a lavorare di più e meglio con le proprie risorse. I gruppi della Famiglia Salesiana e i laici che collaborano con noi, identificati con il carisma salesiano e sostenuti da vera dedizione apostolica, sono divenuti ormai volto visibile della presenza salesiana in Europa. Anche se siamo convinti che per assicurare il presente e il futuro alla missione salesiana in Europa è indispensabile un nucleo di Salesiani consacrati, la sinergia che la Famiglia Salesiana e i collaboratori laici ci offrono non può essere sottovalutata né non venir valorizzata.
2. Verso la Ricollocazione e il Ridimensionamento delle Presenze Salesiane
Oltre a rinnovare profondamente le attuali presenze in modo di poter offrire proposte di “promozione umana e di educazione alla fede” adeguate alla situazione dei giovani, il risveglio carismatico in Europa non sembra possibile senza prendere con coraggio “la decisione di ricollocare e ridimensionare le opere perché siano a servizio dei giovani poveri e dei ceti popolari”.11
Questo ridisegno dovrà seguire orientamenti comuni e criteri omogenei, che, permettendo l’adattamento alle peculiarità nazionale o ispettoriale, promuovano il rinnovamento e la creazione di opere dove siano garantite l’identità salesiana, la visibilità sociale, l’efficacia educativa ed evangelizzatrice, e la promozione di una cultura vocazionale. Tre opzioni strategiche sono da tenere in conto al riguardo.
2.1. Optare risolutamente per una crescita in qualità carismatica e visibilità sociale
Anche se la presenza di confratelli missionari sembra indispensabili per la continuità di presenze salesiane in alcuni luoghi dell’Europa, la scelta prioritaria sarà ridurre le presenze che non assicurano alla comunità salesiana una forte vita consacrata, non consentono una efficace evangelizzazione, non fanno sperare fertilità vocazionale. Ciò impegna le comunità, locali e ispettoriali, ad avviare un valido processo di discernimento ed, inevitabilmente, ad arrivare ad ardite decisioni.
11 CG26, 107.

2.2. Scommettere decisamente per la scuola e specialmente per la formazione professionale
in Europa oggi c’è in atto una situazione di grave emergenza, non solo educativa come dice il Papa Benedetto Xvi, ma pure culturale. Come SDB abbiamo nella Chiesa una vocazione specifica per l’educazione e la corresponsabilità dell’evangelizzazione, in modo particolare tra i giovani; dobbiamo essere presenti, dunque, dove si fa cultura e si offre educazione. È arrivato per noi il tempo opportuno di “rivolgere un’attenzione crescente all’educazione dei giovani alla fede”12: la scuola e con preferenza la formazione professionale, sono il luogo privilegiato per l’educazione dei giovani europei.
2.3. Riorganizzare prontamente la mappa della presenza salesiana in Europa
L’invecchiamento inarrestabile dei confratelli, la scarsità di nuove vocazioni e la crescente complessità della gestione delle nostre opere ci hanno condotto ad incrementare la collaborazione dei laici fino a consegnare loro, a volte, l’ultima responsabilità educativa. Ed il processo non è ancora finito.
Per favorire una ripresa carismatica sembra necessario ridisegnare la mappa delle nostre presenze in Europa; oltre ad abbandonare opere non più significative per la nostra missione, bisogna continuare senza indugio il processo già iniziato “di accorpamento e di nuova configurazione delle ispettorie all’interno delle tre Regioni d’Europa”.13
3. Europa, Terra di Missione
Con il PE, last not least, “si tratta di ringiovanire con del personale salesiano le ispettorie più bisognose per rendere più significativo e fecondo il carisma salesiano nell’Europa d’oggi”. “Questo progetto esigerà ovviamente un cambiamento strutturale nelle comunità del vecchio Continente... Non [è] quindi un’opera di semplice ‘mantenimento di strutture’, ma un progetto nuovo per esprimere una presenza nuova, accanto ai giovani d’oggi. Ci muoviamo con il cuore di Don Bosco, ricchi della passione per Dio e per i giovani, per collaborare alla costruzione sociale di una Nuova Europa, perché abbia veramente ‘un’anima’, perché ritrovi le sue robuste radici spirituali e culturali, perché a livello sociale dia spazio e pari opportunità a proposte di educazione e cultura, senza discriminazioni o scelte di esclusione sociale”.14
12 GiovANNi PAoLo ii, Ecclesia in Europa 61.
13 CG26, 115.
14 CG26, p. 147.148

Benché in Congregazione abbiamo una più che centenaria esperienza missionaria, il PE è in realtà un progetto ancora inedito. Più che uno splendido programma missionario, come può essere stato il “Progetto Africa”, il PE è una proposta spirituale senza pari; non si tratta di evangelizzazione ad gentes, come ad esempio in Asia o in Africa, né di consolidamento di una evangelizzazione ormai fatta, come ad esempio in America Latina; in Europa è in gioco il ricupero spirituale e culturale di un continente oramai non-cristiano o post-cristiano. Da ciò conseguono le seguenti scelte.
3.1. Inviati al servizio della spiritualità salesiana
Se la finalità del PE è “rilanciare il carisma”, si dovrà prendere sul serio la natura fondamentalmente spirituale e carismatica dell’impresa; il che ha delle conseguenze ovvie nella scelta del personale da inviare e nella sua preparazione previa. I missionari non vengono in Europa per mantenere opere, per benemerite ed apprezzate che siano, ma per “rafforzare la proposta cristiana, la presenza della Chiesa e il carisma di Don Bosco in questo Continente”.15
3.2. Provvisti di un robusta formazione
Se il rinforzamento carismatico dovrà essere cercato all’interno di una società come quella europea, colta e profondamente secolarizzata, che sta generando un’apostasia silenziosa dalla fede e un invadente relativismo culturale, la idoneità dei candidati va esaminata previamente con cura e favorita con una consistente formazione culturale e spirituale. È importante anche individuare le comunità formatrici ed i centri di studio opportuni per garantire soprattutto la salesianità.
3.3. Accolti da comunità aperte e comprensive
Se la presenza di confratelli venuti da altre Regioni convertirà le comunità che li accoglieranno in comunità multiculturali – il che può contribuire a fare di esse un strumento efficace di evangelizzazione – non è meno certo che esse dovranno percorre un cammino interiore di conversione per ricevere l’altro come fratello nella vita comune e stretto colla boratore nella missione. Il rilancio del carisma si farà possibile se le comunità riceventi hanno nuove presenze tra i giovani da offrire e si impegnano a vivere in pieno la fraternità apostolica. La comunione nella diversità è già via efficace di evangelizzazione.
Atti degli Incontri Missionari per il Progetto Europa

15 CG26, p. 92.

215

Conclusione

Concludo consegnandovi questo documento e indicandovi il da fare. La prima parte, che raccoglie in forma organica e positiva la riflessione fatta da voi nelle vostre Ispettorie, non è da discutere ma da studiare. La seconda parte invece è quanto vi propongo per il lavoro di queste giornate; essa costituisce il nostro “strumento di lavoro”.
Le domande su ciascuno dei tre punti da me proposti nella seconda parte, a cui si deve rispondere nei gruppi, sono le seguenti.
1. Per ognuna delle tre aree indicate sono appropriate le scelte presentate? Vi sono integrazioni o modifiche in qualche parte?
2. Per ognuna delle tre aree quali obiettivi, quali strategie e processi, quali interventi, realizzare? Ossia cosa fare, come e quando fare gli interventi?
3. Chi e con quale processo elaborare il PE?
4. Chi fa la verifica del PE, in che modalità e con quali tempi?

 

Anche se si deve tenere presente che per decisione del CG26 il PE è un progetto della Congregazione, tuttavia la prima e principale responsabilità spetta alle Ispettorie di Europa. Ridurre questo Progetto ad un invio di missionari sarebbe perdere l’opportunità di risvegliare i confratelli in Europa e di chiamarli ad una conversione di vita. In ciò si radica l’opportunità della rinascita. Forse vale la pena insistere sul fatto che in Europa ci giochiamo la capacità di evangelizzare nell’ambito della educazione, specialmente nella scuola, che è un campo privilegiato, da rafforzare, per creare cultura per la gioventù.
Il frutto della riflessione di questi giorni si convertirà in tema di studio nel Consiglio generale per poi affidarlo alla Commissione per il Progetto Europa, costituita dai 3 Consiglieri per la Missione, dai 3 Consiglieri Regionali d’Europa e da 3 Ispettori.

Appendice III
PROGETTO EUROPA Quadro di Riferimento
Sessennio 2008-2014

31 gennaio 2009
Presentazione
Attento alle sfide e alle nuove frontiere individuate dal CG26, il Progetto Europa intende impegnare tutta la Congregazione nel rafforzamento del ca - risma salesiano in Europa, soprattutto mediante un profondo rinnovamento spirituale e pastorale dei confratelli e delle comunità, al fine di continuare il progetto di Don Bosco a favore dei giovani, specialmente i più poveri. Esso è stato preparato dal Rettor Maggiore e dal Consiglio Generale, a cui il CG26 ha affidato tale compito, dopo avere coinvolto gli Ispettori di Europa con i loro Consigli ispettoriali.
Il Quadro di Riferimento è costituito dallo “Strumento di lavoro” preparato dal Rettor Maggiore e da lui presentato nell’Incontro degli Ispettori di Europa, che ha come titolo “Per una rinnovata presenza salesiana in Europa”. In esso vengono indicati la natura, gli obiettivi e le strategie del Progetto, che sono poi da concretizzare da parte della Commissione per il Progetto Europa nominata dal Rettor Maggiore. Il Progetto non si sofferma quindi sugli obiettivi e sulle strategie, ma presenta solamente le aree e gli interventi; le aree stanno ad indicare le priorità, mentre gli interventi propongono le azioni concrete da realizzare.
Le aree del Progetto sono state individuate nell’Incontro degli Ispettori di Europa. Esse indicano le tre scelte prioritarie del Progetto e riguardano: la rivitalizzazione endogena della presenza salesiana, la ricollocazione e il ridimensionamento delle presenze, il rafforzamento delle Ispettorie più bisognose con personale salesiano. Tali aree non sono diverse dalle priorità del CG26; ne sono invece una concretizzazione per l’Europa. Al riguardo nell’Incontro degli Ispettori di Europa il Rettor Maggiore ha affermato che “l’assunzione integra e cordiale e l’adempimento generoso delle linee di azione del CG26 sono il cammino ovvio ed unico” del Progetto Europa.

Per questo la prima e fondamentale priorità del Progetto Europa consiste nel fortificare l’esperienza di fede e l’opzione vocazionale del salesiano, la sua formazione e spiritualità, la vita della comunità, la cura delle vocazioni alla vita consacrata salesiana. La seconda priorità sta nella ricollocazione e ristrutturazione delle presenze in base a criteri di significatività, al fine di indicare dove e come condurre avanti la missione salesiana nell’avvenire. Infine, la terza priorità sta nel creare le condizioni necessarie per l’accoglienza cordiale dei salesiani di altre Regioni della Congregazione, che si impegnino nell’evangelizzazione dell’Europa con un’attenta inculturazione.
Gli interventi del Progetto si riferiscono a tre livelli diversi: Rettor Maggiore e Consiglio generale, Regioni, Ispettorie. In ognuno dei tre livelli gli interventi cercano di tenere presente la molteplicità dei soggetti coinvolti; altri soggetti già esistenti dovranno essere meglio specificati. Per esempio, oltre al Rettor Maggiore e al Consiglio, ci sono i Dicasteri e la Commissione per il Progetto Europa. A livello di Regioni, non sono le stesse le responsabilità delle Regioni di Europa rispetto a quelle delle altre Regioni della Congregazione; ci sono poi le Conferenze degli Ispettori della Regione, le Visite di insieme, gli Incontri degli Ispettori di Europa, ecc. Un’analoga diversificazione si ha anche a livello ispettoriale. La Commissione per il Progetto Europa potrà valutare meglio in seguito i diversi soggetti e processi di coinvolgimento.
L’approvazione di questo documento del Progetto Europa è avvenuta nella seduta del Consiglio Generale di martedì 27 gennaio 2009.
1. Prima Area:
Rivitalizzazione Endogena della Presenza Salesiana in Europa
1.1. Rettor Maggiore e Consiglio Generale
1.1.1. La Commissione per il PE stimola le Regioni ad organizzare iniziative che puntino sull’esperienza spirituale e pastorale dei confratelli salesiani europei, in vista di un vero rinnovamento carismatico e di un reale ritorno tra i giovani.
1.1.2. Il Dicastero per la Formazione, in dialogo con la Commissione per il PE, continua a favorire il processo di collaborazione interispettoriale nella formazione iniziale tra le Ispettorie Europee, al fine del ricollocamento delle comunità formatrici, della qualità della proposta formativa e dell’attenzione formativa al contesto europeo.
1.1.3. Il Dicastero per la Formazione organizza l’incontro congiunto di tut

ti i Delegati ispettoriali di formazione delle tre Regioni ogni due anni e favorisce le sinergie necessarie per potenziare una formazione iniziale di qualità, sia per le comunità formatrici che per i centri di studio, con solide équipes interispettoriali di formatori e docenti.
1.1.4. Il Dicastero per la Formazione stimola le Ispettorie Europee ad avere una programmazione concreta rivolta a tutti i formandi per lo studio delle lingue, specialmente l’italiano e l’inglese, nei curricoli di studio, nel tempo estivo e nella fase del tirocinio e ne segue la realizzazione.
1.1.5. I Dicasteri per la missione salesiana, in dialogo con la Commissione per il PE, coordinano e promuovono gli incontri europei degli organismi di collegamento già costituiti, al fine di favorire la crescita di una mentalità europea, la formazione alla evangelizzazione, la costituzione di sinergie.
1.1.6. I Dicasteri per la missione salesiana promuovono incontri europei di salesiani e laici su temi nuovi ed obiettivi definiti, come per esempio la educazione ed evangelizzazione in contesti multireligiosi e multiculturali, i gruppi di evangelizzazione dei giovani, le scuole di preghiera, i pellegrinaggi giovanili, il volontariato europeo, l’evangelizzazione attraverso la musica, il teatro, la radio, internet, la comunicazione sociale, ecc.
1.1.7. La Commissione per il PE individua le esperienze più significative in ciascuna Regione europea sulle tre priorità del Progetto del Rettor Maggiore per il sessennio, ne cura la diffusione e ne valuta la trasferibilità in altre Regioni Europee.
1.1.8. La Commissione per il PE invia alle Ispettorie della Congregazione almeno due volte all’anno una comunicazione, che mantenga desta l’attenzione verso il Progetto Europa, offrendo informazioni sulle fasi di avanzamento del Progetto. Il Dicastero della Comunicazione Sociale favorisce la diffusione di notizie su singole realizzazioni, interviste, proposte di articoli di riflessione, video, offre stimoli e motivazioni sui grandi orizzonti del Progetto.
1.2. Regioni di Europa
1.2.1. Ciascuna delle Regioni di Europa, attraverso le sue forme di animazione, cura l’attuazione delle tre priorità del Progetto del sessennio, “Ritornare a Don Bosco per ripartire da lui”, “Mantenere viva l’urgenza di evangelizzare e la necessità di convocare”, “Promuovere la semplicità di vita e l’impegno su nuove frontiere”, per rivitalizzare in forma endogena la presenza salesiana in Europa.
1.2.2. Ogni Regione si impegna a seguire i processi per suscitare vocazioni alla vita consacrata salesiana tra i giovani europei, compresi anche i giovani immigrati.

1.2.3. Le Regioni organizzano insieme iniziative congiunte di formazione permanente dei salesiani e in modo particolare dei formandi e dei confratelli che hanno un ruolo di animazione e di governo.
1.3. Ispettorie di Europa
1.3.1. L’Ispettoria assume gli impegni del CG26 e del Progetto di animazione del sessennio della Regione, come espressione concreta della volontà di rilancio del carisma salesiano.
1.3.2. L’Ispettoria cura la dimensione evangelizzatrice del progetto educativo pastorale, ispettoriale e locale, e rafforza gli itinerari sistematici di educazione alla fede dei giovani nei diversi ambienti, gruppi e associazioni.
1.3.3. L’Ispettoria continua a sviluppare l’impegno di ogni attività, comunità educativa pastorale, gruppo e associazione, per creare una cultura vocazionale, con un piano di animazione che coinvolga tutte le comunità nella preghiera, nella proposta vocazionale e nell’accompagnamento dei giovani.
1.3.4. L’Ispettoria individua in un Delegato ispettoriale il referente per il Progetto Europa, che tenga vivo il collegamento con il Consigliere regionale, e coinvolge nella informazione e nella riflessione anche i laici responsabili all’interno delle opere.
2. Seconda Area:
Ricollocazione e Ridimensionamento delle Presenze in Europa
2.1. Rettor Maggiore e Consiglio Generale
2.1.1. Il Dicastero di Pastorale Giovanile, i Consiglieri regionali di Europa e la Commissione per il PE aiutano le Regioni a riflettere sulla significatività delle presenze salesiane, in particolare alla luce dei criteri di significatività, del CG26 e delle scelte strategiche dell’evangelizzazione e delle nuove frontiere in Europa.
2.12. La Commissione per il PE e il Dicastero di Pastorale Giovanile promuovono decisamente la scelta prioritaria della presenza salesiana nella scuola e nella formazione professionale.
2.1.3. Il Dicastero di Pastorale Giovanile favorisce, coinvolgendo i laici, la riflessione, lo scambio di esperienze, lo studio di proposte, il coordinamento dell’impegno salesiano in Europa nella scuola e nella formazione professionale, attraverso la Consulta europea della scuola e la Consulta europea della formazione professionale, e ne condivide i risultati con la Commissione per il PE.

2.1.4. Il Rettor Maggiore ed il Consiglio generale promuovono ed accompagnano il processo già iniziato di nuova configurazione delle Ispettorie delle Regioni Europa Ovest ed Europa Nord.
2.1.5. La Commissione per il PE riflette lungo il sessenio sul ridisegno delle Regioni dell’Europa, per offrire proposte al Rettor Maggiore e al Consiglio Generale in vista del CG 27.
2.1.6. La Commissione per il PE sottopone agli Incontri degli Ispettori di Europa del 2010 e 2012 il risultato del lavoro delle Regioni circa la ricollocazione ed il ridimensionamento.
2.2. Regioni di Europa
2.2.1. Ogni Regione coordina, attraverso il Consigliere regionale e la Conferenza regionale degli Ispettori, i processi di ricollocazione e di ridimensionamento delle presenze salesiane in atto nelle Ispettorie e promuove le sinergie possibili.
2.2.2. Ogni Regione, oltre alla promozione di progetti che richiedono il contributo di personale salesiano inviato dal Rettor Maggiore, studia e propone alla Commissione per il PE progetti interispettoriali di collaborazione tra le Ispettorie europee sulle tre aree del progetto del Rettor Maggiore e del Consiglio generale per il sessennio 2008 - 2014.
2.3. Ispettorie di Europa
2.3.1. L’Ispettoria continua i processi di ricollocazione e ridimensionamento delle presenze salesiane e promuove le sinergie possibili con altre Ispettorie di Europa.
2.3.2. L’Ispettoria individua e segnala alla Commissione per il PE eventuali “presenze nuove o nuove presenze”, che siano di particolare significatività e richiedano la collaborazione di altre forze.
3. Terza Area:
Europa Terra di Missione
3.1. Rettor Maggiore e Consiglio Generale
3.1.1. La Commissione per il PE aiuta a “ringiovanire le Ispettorie più bisognose con del personale salesiano” e quindi offre al Dicastero per le missioni criteri per il discernimento dei candidati che devono essere inviati, per le comunità che li devono accogliere, per la loro formazione alla interculturalità, per una loro positiva integrazione nelle comunità di Europa.

3.1.2. Il Dicastero per le Missioni esamina e valuta gli interventi che ciascuna Regione o Ispettoria presenta al Rettor Maggiore, al fine di richiedere l’invio del personale salesiano. La Commissione per il PE aiuta il Dicastero per le Missioni, definendo le priorità, in base alla maggiore significatività dell’intervento ed alla maggiore garanzia di integrazione dei confratelli.
3.2. Regioni
3.2.1. Ogni Consigliere regionale di Europa chiede alle Ispettorie, che intendono domandare al Rettor Maggiore nuovo personale salesiano, di elaborare uno o più progetti di rilancio del carisma salesiano nei quali impegnare tale personale inviato dal Rettor Maggiore
3.2.2. La Conferenza degli Ispettori di ogni Regione di Europa valuta la consistenza di tali progetti di rilancio del carisma, seleziona quelli più significativi e concretamente realizzabili e li presenta al Rettor Maggiore con una propria valutazione.
3.2.3. Ogni Regione di Europa riflette sulle esigenze di scambio di personale salesiano europeo, sulla possibilità di una ridistribuzione di personale salesiano, sulla necessità di collaborazioni interispettoriali e presenta tali riflessioni alla Commissione per il Progetto Europa.
3.2.4. Le altre Regioni della Congregazione vengono coinvolte nella riflessione sulle proposte, mantengono i contatti con i confratelli inviati, sono informate attraverso la Commissione per il PE e attraverso i Consiglieri regionali delle necessità delle Ispettorie di Europa.
3.3. Ispettorie
3.3.1. Ogni Ispettoria di Europa valuta la modalità di partecipazione al Progetto Europa ed elabora dei progetti da presentare prima alla Conferenza regionale degli Ispettori e poi al Rettor Maggiore.
3.3.2. Ogni Ispettoria di Europa si impegna nell’accompagamento, nella formazione e nell’inserimento dei confratelli che vengono inviati per progetti concreti, revisionati dalla Commissione per il PE e approvati dal Rettor Maggiore.
3.3.3. Ogni Ispettoria della Congregazione valuta e comunica al Dicastero per le Missioni la sua modalità di partecipazione al Progetto Europa; si rende poi disponibile al Rettor Maggiore con l’invio di qualche confratello a tale scopo.

Appendice IV
Vita Salesiana nell’Europa d’Oggi
Intervento Iniziale del Rettor Maggiore
D. Pascual Chàvez Villanueva, SDB
Salesianum, Roma, 26 novembre 2010. III Incontro degli Ispettori d’Europa.
“La vita consacrata non potrà mai mancare né morire nella Chiesa: fu voluta da Gesù stesso come porzione irremovibile della sua Chiesa.”16
Carissimi confratelli Ispettori dell’Europa,
Ho voluto incominciare questo mio discorso di apertura dell’Incontro degli Ispettori di Europa con le parole che il Santo Padre, Benedetto XVI, ha rivolto venerdì 5 novembre ai Vescovi della Conferenza Episcopale - Regione Sud 2 - del Brasile, in visita “ad limina”.
Quella del Papa è una voce rassicurante che suona inconfutabile: il calo delle vocazioni, l’invecchiamento degli Istituti non sono il segno di un declino che porterà prima o poi all’estinzione della vita religiosa nella Chiesa. Semplicemente, essa non potrà scomparire perché “ha avuto origine con il Signore stesso che scelse per sé questa forma di vita verginale, povera e obbediente”.1~
Con questo mio intervento, che voglio sia tanto spontaneo come chiaro, desidero non solo fare il punto sul cammino di riflessione che stiamo portando avanti insieme con il “Progetto Europa”, ma soprattutto aiutarvi a centrare il lavoro da fare in questi giorni identificando le sfide concrete che affrontiamo e segnalando le opzioni di governo da attivare. Lo faccio servendomi della riflessione che i Superiori Generali hanno compiuto sul tema Europa; così il mio contributo si presenta più autorevole e ci libera della paura di essere i soli ad affrontare questa situazione critica.
Dapprima mi riferirò ai fatti della crisi culturale e morale che nell’Europa incidono maggiormente sulla Vita Consacrata (VC), in genere, e sulla nostra vita salesiana. Poi, segnalerò le sfide che questa situazione presenta alla VC e gli
16 “Benedetto XVI ai Vescovi della Conferenza Episcopale Regionale Sul 2 del Brasile in visita “ad limina”, L’Osservatore Romano, sabato 6 novembre 2010, p. 8.
17 Ibid.

spazi che si aprono ad essa. Per finire, elencherò le scelte strategiche di governo, che dovremmo studiare ed assumere per farle criterio della nostra animazione nelle Ispettorie.
1. Aspetti della “Crisi” Europea che Toccano la Vita Consacrata
La situazione attuale della VC in Europa non è da viversi in senso soltanto o soprattutto negativo: può diventare addirittura un’opportunità, un passaggio in cui quello che muore deve morire perché nasca qualcosa di nuovo.
Nel nostro caso, una VC magari più povera e debole, meno visibile, ma più profetica e più centrata sul suo essenziale che è la gloria di Dio e non la propria sopravvivenza, che è rappresentare Dio e non difendere le proprie opere; una VC meno clericale ma più evangelica, più ‘leggera’ e vicina alla gente, più capace di leggere i bisogni del nostro tempo e di intercettarne le domande e di dare, con la testimonianza della vita gioiosamente e liberamente donata, risposte con un linguaggio che tutti possano capire.
Riconoscere la debolezza e fragilità della Vita Consacrata può essere realmente un’esperienza di grazia e di rinascita della fede: dopo i “giorni dell’onnipotenza” e dell’onnipresenza (i numeri, il potere, le forze e le strutture degli anni ‘60, con cui spesso, anche inconsapevolmente, facciamo il paragone) non vengono necessariamente i giorni dell’impotenza e della scomparsa, ma i giorni del rinascimento più lucido della potenza di Dio che “apre strade nuove al suo popolo nel deserto”, perché, come dice San Paolo “quando sono debole, è allora che sono forte”.
La crisi è un momento di purificazione, di chiamata alla conversione personale e istituzionale: ci sta aiutando a riflettere e ad andare all’essenziale delle nostre vite; guardata così, è un tempo gravido di speranza.
La nostra rilettura e comprensione del tempo che stiamo vivendo e delle sue difficoltà chiede di avere sempre come sfondo una visione teologica che poggia sulla convinzione che Dio salva nella storia, il che ci permette di stare con gioia dentro il tempo che Dio ci ha dato e di amarlo, perché Dio lo ama e ci ama.
Nello stesso tempo possiamo, dobbiamo, accettare la realtà ed essere trasparenti fra noi: i dati oggettivi ci dicono che stiamo invecchiando e diminuendo. E questi fatti sono storia di salvezza.
Gli aspetti della crisi culturale e morale che maggiormente toccano anche il nostro mondo possono essere così evidenziati:
* Il primo e fondamentale aspetto della crisi europea ci supera largamente: è la mancanza di fede, il tentativo di esiliare Dio, di renderlo insignificante, di

metterlo fuori causa, fuori dalla vita delle persone e delle loro relazioni e, a maggior ragione, fuori delle scelte politiche degli Stati. In tale situazione è ben difficile pensare che la gioventù possa avere una vita come la nostra, che vuole essere una rappresentazione di Dio, memoria esistenziale di Cristo Gesù.
* La cultura individualista e il cosiddetto “diritto a stare bene” sono entrati nel ritmo vitale di molti religiosi; alcuni dei nostri fratelli vivono un ben assunto e indiscusso ‘ateismo pratico’: talvolta, le nostre case e il nostro stile di vita ci allontanano dai poveri e dagli esclusi e ci sintonizzano piuttosto con quei ceti sociali che godono di un buon livello di benessere. Tutto ciò ha un impatto negativo nella spiritualità del religioso e nella dinamica delle nostre comunità.
* Il mondo in costante cambiamento, in una società che non offre certezze, l’instabilità delle persone, conseguenza di una certa immaturità psicologica, e la difficoltà o l’incapacità spesso dei giovani di assumersi impegni definitivi, mettono in crisi la proposta di un impegno per sempre, così proprio della VC.
* La frammentazione è un’altra caratteristica della vita delle persone e della società europea attuale. Un fenomeno che non ci è estraneo. Bisognerà lavorare per raggiungere una vera armonia fra le diverse dimensioni della vita del religioso, ma questo soltanto è possibile sulla base di una profonda vita di fede, di una forte consistenza vocazionale, frutto di una solida formazione che porti alla piena identificazione con Cristo obbediente, povero e casto. Dovremo insistere nell’approfondire le relazioni interpersonali nella comunità, in modo tale che si crei quella comunione che è segno della novità del Regno e che aiuta a resistere alle forze che portano alla disgregazione.
* La paura di ciò che è nuovo e sconosciuto, che si osserva nella società europea, sempre più popolata da persone provenienti da contesti culturali diversi, si percepisce anche nella VC. Non solo i nostri destinatari provengono da ambienti multiculturali, ma anche i nuovi confratelli. Dove ci portano questi cambiamenti? ci si domanda. Che cosa significano per il nostro stile di vita e per le nostre prospettive apostoliche? Il discernimento è un compito urgente che deve coinvolgere tutti i membri della comunità.
In sostanza, il problema della VC è vivere la sua identità “profetica”, ritornando ad essere significativa, valorizzando come un dono anche la “minorità”, la perdita di rilevanza sociale o di significatività, “l’invisibilità”: difatti nell’Europa odierna siamo poco conosciuti, meno apprezzati, non ritenuti ‘necessari’, ... ma non importa. Importa essere fino in fondo ciò che siamo chiamati ad essere nella chiesa e nel mondo, importa come ci vede Dio e non come ci riceve il mondo: una provocazione evangelica, una fratellanza possibile dei diversi, una testimonianza credibile, una speranza per i più poveri.

Non conta in fondo essere tanti o pochi, conta essere pienamente e gioiosamente se stessi: trasmettere ai fratelli l’esperienza quotidiana che facciamo di Gesù Cristo, nostro unico Bene. Tornare a Gesù e alla sequela radicale di Lui: questo è per noi l’essenziale! E, nondimeno, essergli grati per il dono della VC e testimoniarlo con fierezza.
Con tutto ciò la VC è chiamata a fare uno sforzo per recuperare una sua voce dentro la società europea, non tanto o non solo per ricuperare lo spazio sociale ma per rimanere fedele alla sua vocazione. Non è questione di fascino bensì di fedeltà.
Tutto questo esige un’analisi profonda dei fenomeni che caratterizzano questa società e una grande chiarezza riguardo alle prospettive nelle quali la VC vive e si situa con i suoi pronunciamenti.
Il problema sta anche nel far giungere il messaggio a chi non è interessato ad ascoltarlo: per poter raggiungere le persone dell’Europa di oggi, la VC dovrà assumere una vera attitudine di dialogo con la cultura e una reale sintonia con la vita della gente.
2. Sfide, Possibilità, Segni di Speranza
Le sfide che abbiamo davanti ci indicano pure degli spazi nuovi e propri che si aprono alla VC nell’Europa di oggi, pur nell’avvertita consapevolezza della nostra fragilità. Sembrerebbe paradossalmente che quanto più bisogno ha della VC questa Europa, tanto meno pronta essa sia per questa missione.
1. La sfida più grande che la VC deve affrontare è se stessa, ricominciando ad avere piena fiducia che il Signore, come al Mar Rosso, apre sicuramente una strada per superare le difficoltà.
2. Vi è poi la sfida del linguaggio, della capacità di far comprendere la VC. Molto spesso ci rendiamo conto che la gente ha una conoscenza limitata e distorta dei religiosi. Occorre individuare modalità nuove per far percepire quello che siamo e viviamo. Non è solo questione di “abito”, ma della capacità di farci percepire come persone che vivono insieme per un ideale, che esprimono un’autentica fraternità, che operano, non per volontà di potenza, ma per rendersi samaritani verso i poveri.
3. Altra sfida è di riaffermare valori che ci contraddistinguono e che forse non vengono più capiti: la definitività di una scelta di consacrazione, la castità, l’obbedienza, ecc.: la difficoltà a far comprendere il valore di queste scelte non ci esime dal testimoniarle con gioia e dal continuare a proporle ai giovani, che, pur confusi e frammentati, sono ancora affascinati da scelte radicali e da figure veramente profetiche ed alternative.

4. Un’ulteriore sfida è la testimonianza della comunione a tutti i livelli (anche fra Istituti e fra carismi differenti): trovarci insieme, riflettere insieme, lavorare insieme in una società che si divide, che si chiude nel privato e nell’individualismo.
5. C’è una grande sfida che riguarda la posizione della vita consacrata nella Chiesa: sembra necessario “declericalizzare” la VC, in una Chiesa che si presenta spesso molto clericale; in alcune Congregazioni, infatti, il modo di esercitare il ministero sacerdotale sembra aver annullato alcuni aspetti più caratteristici della VC.
6. Siamo oggi sfidati nel vivere il voto di povertà, come stile di vita (potremmo chiederci, per esempio, quanto ci tocca o ci ha toccato la crisi economica mondiale), ma anche come capacità di situarci sulla frontiera dell’emarginazione. Lasciare che i poveri siano i nostri maestri. Povertà vissuta anche come libertà di fronte alle strutture: a volte sembriamo come soffocati nella gestione di strutture che non hanno futuro. Forse ci sono strutture che non rispondono più ai bisogni odierni... E già sappiamo – come dice Gesù – che gli otri vecchi non possono contenere il vino nuovo! Bisogna forse pensare la nostra vita in un altro modo, sbarazzandoci coraggiosamente di molte cose che ci impediscono di essere con quelli cui dovremmo essere vicini. Questo modo di vivere la povertà è fedeltà allo Spirito ed è una testimonianza cui la società odierna è molto sensibile.
7. Una sfida importante oggi – anche nella formazione – è l’uso adeguato delle nuove tecnologie, in modo che ci aiutino ad incrementare il nostro servizio, anziché essere un ostacolo. Di certo esse incidono nella nostra vita comunitaria, nella nostra vita personale: occorre discernimento.
8. La situazione “generazionale” della VC in Europa (tanti anziani e pochi giovani) è una doppia sfida: anzitutto la sfida a valorizzare gli anziani che sono fra noi, a non farli sentire un peso nelle nostre comunità, ma piuttosto a valorizzarli come una risorsa di esperienza, di fedeltà e di saggezza; e, nel contempo, ad educare ed educarci a invecchiare bene, per poter continuare a dare il proprio positivo contributo nella comunità e nella missione. Allo stesso tempo, c’è la sfida di un’adeguata integrazione dei religiosi più giovani, poiché spesso manca una generazione intermedia che faciliti questa integrazione; c’è da porsi il problema di come dare maggior protagonismo ai giovani: a volte, sono superprotetti, perché sono pochi o forse non gli si dà responsabilità; a volte però, sono sovraccarichi di lavoro e hanno la responsabilità di portare avanti opere oltre misura.
9. In generale, ci viene richiesta un’attenzione speciale alla situazione dei giovani. Bisogna imparare a dialogare con loro, usando i loro linguaggi ed edu

care noi stessi a sintonizzarci con le loro aspirazioni e le loro preoccupazioni. Spesso i giovani non comprendono il nostro linguaggio, né incontrano, con frequenza, nelle nostre comunità chi li accompagna nei loro itinerari spirituali e quelle esperienze di fraternità che vanno cercando. Nei processi formativi bisognerà essere disposti ad accompagnare e a lasciare che siano gli stessi giovani che trovano le nuove espressioni del carisma che poi si traducano in risposte valide per le sfide del mondo odierno.
Come accogliere i giovani d’oggi? C’è una sfida di visibilità, ma ricordiamoci che il vero segno di visibilità è l’amore che noi abbiamo gli uni per gli altri, anzitutto nella nostra vita comunitaria che deve essere nutrita dal rispetto per l’altro nella sua originalità, dall’apertura nell’accoglienza. Essa deve poter essere guardata dai giovani come affascinante e piena di senso. Nelle periferie caratterizzate da una forte presenza di stranieri, la natura internazionale ed interculturale delle nostre comunità può essere una testimonianza profetica che si può vivere bene insieme, anche se si è differenti.
Sembra, in generale, che ci manchi la capacità di approfondire le domande fino a trovare le risposte che stiamo cercando. Si enumerano le sfide e si danno i nomi ai problemi. Si cominciano processi di ricerca delle risposte, ma si abbandonano troppo facilmente, senza averle trovate.
Dobbiamo imparare a rileggere la storia e anche a saper identificare quelle risposte che sono state inadeguate, perché cadiamo con troppa frequenza negli stessi errori del passato. Per altra parte, bisogna saper guardare al futuro senza lasciarsi bloccare dai problemi di ogni giorno: avere una “visione” è una condizione indispensabile per avanzare dinamicamente verso il futuro e promuovere i cambiamenti necessari.
La grande sfida è sempre di saper “celebrare” la nostra vita, cioè viverla e proporla con semplicità e con gioia e recuperare la dimensione della gratuità, così necessaria in un mondo come il nostro che si fonda principalmente sull’efficienza e sul guadagno.
Dalle sfide scaturiscono i percorsi e gli impegni per noi:
* C’è nei giovani una ricerca del senso della vita, una sete di senso e di umanità, una sete anche di riconoscimento. Anche se non credono più, i giovani hanno in se stessi molta umanità e molta generosità: nelle loro vite c’è un grande bisogno di accompagnamento, dove noi dobbiamo e possiamo essere presenti.
* La vita comunitaria che noi viviamo con le sue gioie e le sue difficoltà, in mezzo alla gente, mostra alle persone che noi non siamo al di sopra di loro, ma come loro, con le nostre fragilità anche noi: anche per noi vivere insieme è fatica talvolta, ma ha un senso.

* La nostra presenza solidale accanto a quelli che vengono messi da parte testimonia loro che anch’essi sono amati. Il nostro impegno è di essere dei fratelli che aiutano altri fratelli a vivere di più e meglio la fraternità.
* Anche la secolarizzazione, in fondo, è un’opportunità per noi se sappiamo essere abbastanza umili per camminare accanto agli altri, come loro fratelli in umanità, e davanti al Signore.
* L’ecumenismo e il dialogo interreligioso sono dei luoghi importanti dove noi dobbiamo esser presenti, e lavorare insieme con i laici e fra religiosi.
Gli impegni per noi sono:
* costruire comunità dove si vive con gioia il dono della fraternità: in una società spesso multiculturale che soffre tensioni a causa di questo, la testimonianza di comunità formate da persone di differente provenienza geografica e culturale che vivono gioiosamente il dono della fraternità, è una testimonianza importante del potere trasformante del Vangelo e, allo stesso tempo, è una parabola che indica cammini di futuro per le società europee;
* offrire itinerari seri di cammino spirituale a quelle persone che cercano risposte alle loro inquietudini religiose e sentono una certa nostalgia di Dio. Questo esige, naturalmente, che noi approfondiamo la nostra esperienza spirituale e creiamo ambienti e progetti comunitari che aiutino in tal senso;
* recuperare la centralità della missione e servirla con più trasparenza. La VC deve smettere di pensare primariamente a se stessa, e collocare invece al centro delle sue preoccupazioni le sfide della missione. In tale contesto risulta imprescindibile ripensare i carismi e le loro espressioni;
* valorizzare l’esperienza della condivisione dei laici che desiderano vivere il carisma di un Istituto. Il ruolo dei religiosi in questo contesto è quello dell’accoglienza, della formazione, dell’accompagnamento;
* sostenere le nuove presenze apostoliche messe in atto in questi ultimi tempi da diversi Istituti religiosi. Tornare nelle periferie, ai margini, essere meno istituzionalizzati significa, tra l’altro, recuperare una dimensione nella quale la VC è stata sempre particolarmente significativa;
* vivere in profondità l’esperienza dell’interculturalità, nella pro spettiva dell’arricchimento reciproco, senza sensi di superiorità, e tornare, in Europa, a “respirare con i due polmoni”: uno sguardo più attento al l’Oriente ci potrebbe offrire spunti di ripensamento e di azione.
Dobbiamo, e possiamo, guardare al futuro con speranza.
* La accettazione, sincera ed umile, della presente debolezza come opportunità per radicarsi più profondamente nei valori evangelici costituisce un fattore di crescita spirituale.

* La VC continua fedelmente nella sua vocazione di situarsi alle frontiere geografiche, sociali e culturali della missione. È vero che i condizionamenti dell’età e la diminuzione dei religiosi stanno colpendo questa dimensione profetica, però resta viva la coscienza che questa è la missione della VC e resta salda la volontà di esservi fedeli.
* La crescente presenza di laici che vogliono condividere il carisma è una realtà che anima e interpella i consacrati a riscoprire la ricchezza del proprio patrimonio carismatico ed esige una maggiore fedeltà.
* Il sorgere di nuove forme di vita religiosa e di nuove comunità che tentano di rispondere in modo diverso ai nuovi bisogni della nostra società è un fatto positivo, indica apertura alle suggestioni dello Spirito e dinamismo nella vita della comunità ecclesiale. Esige, nello stesso tempo, processi di discernimento molto attenti, per i quali gli Istituti con maggiore tradizione possono essere di aiuto. Questa realtà, da conoscere ed accostare con positività e benevolenza, è uno stimolo al rinnovamento per tutti.
* Lo sforzo che si sta facendo per individuare prospettive di futuro è fonte di speranza; l’assenza di orizzonti infatti non aiuta a crescere. È fondamentale sognare il futuro con coraggio e costruirlo con realismo. L’impegno con il quale le comunità che stanno diminuendo elaborano progetti per il futuro è un chiaro segno di speranza.
3. Strategie di Governo
Nell’Europa è nata la VC e anche la vita salesiana, e nell’Europa c’è il rischio che possa sparire, almeno nelle forme finora conosciute. La sua scomparsa metterebbe a rischio non soltanto tanti carismi, ma anche l’evangelizzazione. Resta nostra responsabilità davanti a Dio e ai giovani fare tutto il possibile per assicurare il futuro alla VC e alla vita salesiana in Europa.
Fare, se non tutto, il nostro meglio implica la conversione personale e comunitaria, il ritorno alle radice della VC: Cristo, unico fondamento di essa. Il futuro della VC non dipende tanto da una sua riorganizzazione, pur necessaria, anche se profonda e dolorosa, da una migliore utilizzazione delle risorse, personali e finanziarie, da una ricollocazione delle presenze, ma, primariamente e per sé, da una sincera e radicale ricerca di Dio, da una conversione totale a Cristo.
1. La conversione del cuore del salesiano deve essere priorità del governo ordinario in Congregazione. Dovremmo identificare i mezzi più adeguati per concretizzare questo obiettivo fondamentale.
2. L’ascolto delle vere necessità dei giovani è la norma e il cammino del discernimento che ci porterà a incontrare “quello che vuole Dio per le sue chie

se”. i giovani d’oggi spesso non danno voce ai loro desideri e necessità, a volte perché non li riconoscono, a volte per paura di mostrare debolezza. Siamo noi che dobbiamo fare, con loro e per loro, il discernimento e sentire la voce di Dio nei gridi e nei silenzi dei giovani.
3. il cammino di conversione e discernimento è un processo comunitario. La comunità locale, guidata ed accompagnata dalla comunità ispettoriale, esamina la validità carismatica della presenza nel territorio. La comunità ispettoriale, che ha stabilito i criteri comuni di ricerca, studia la mappa dell’opere e decide come situarsi nel territorio.
4. Nucleo animatore del processo è la comunità di consacrati. Tutti, membri della FS, laici collaboratori, giovani..., ne sono responsabili, ma è la comunità a loro inviata da Dio che deve guidare e sostenere i processi.
Nelle comunità, adulti e giovani sono mutuamente attori imprescindibili del processo. Gli anziani hanno un ruolo fondamentale: hanno impegnato la vita nelle opere esistenti a favore della missione salesiana e portano con sé la memoria storica e il vissuto reale del carisma salesiano in loco. Ma i giovani, su cui sarà caricato il peso del cambio e la responsabilità di realizzarlo, devono essere non solo ascoltati ma soprattutto coinvolti in tutto il processo.
5. il Progetto Europa è, innanzitutto, endogeno. Prima di pensare a ricevere aiuto e risorse da altrove, le ispettorie devono programmare la loro ‘rinascita’ in un piano organico, elaborato, discusso e accettato in Assemblea ispettoriale, consapevoli che si tratta di una rinascita spirituale del carisma in ciascuno dei confratelli, di una necessaria ristrutturazione delle presenze salesiane, di un’apertura incondizionata ai nuovi missionari.

Appendice V
Verifica della Realizzazione
del Progetto Europa e Linee di Futuro
Intervento Iniziale del Rettor Maggiore
D. Pascual Chàvez Villanueva, SDB
Salesianum, Roma, 30 novembre 2012. IV Incontro degli Ispettori d’Europa.
I. Sommario e Breve Valutazione delle Risposte
1. in che misura il Progetto Europa, nelle sue tre linee fondamentali, è stato conosciuto e accolto dai confratelli dell’ispettoria?
Il 10,8 %: bene. Il 51,8%: sufficiente. Il 29,6%: poco. Il 3,7%: niente.
Sembra dunque che la trasmissione del PE sia, in genere, riuscita. Forse il PE è arrivato ai Salesiani un po’ all’improvviso. In quattro ispettorie viene conosciuto/accolto poco.
2. in che misura il Progetto Europa ha ispirato l’animazione del l’ispet - toria e le scelte di governo dell’ispettore con il Consiglio ispettoriale?
Il 7.4%: molto bene. Il 37.0: bene. Il 51.8: sufficiente. Il 3,2: poco. Sembra che il governo ispettoriale abbia preso più sul serio il PE che non i confratelli.
3a. Quali processi si sono rivelati più efficaci per la rivitalizzazione del carisma nelle comunità?
Le ispettorie rispondono secondo la loro situazione e il proprio cammino. Si avverte una convergenza unanime nel ricupero della conoscenza di Don Bosco e della sua spiritualità, una cura maggiore della vita comunitaria, anche mediante la programmazione comunitaria e l’urgenza di formare e accompagnare i direttori locali, un ritorno a una evangelizzazione più esplicita dei giovani, basata sull’accompagnamento personale, e la cura della cultura vocazionale, un più convinto lavoro con i collaboratori laici. Tutto ciò fa parte del processo di “rivitalizzazione endogena”.

3b. Quali sono stati gli ostacoli più rilevanti per la rivitalizzazione del carisma nelle comunità?
Sembra che l’ostacolo più decisivo si collochi nella persona del salesiano che, oltre all’età o alla demotivazione vocazionale, non riesce a capire la situazione culturale della società e del modo di essere dei giovani d’oggi. Sono presenti quasi ovunque l’individualismo, o una debole animazione comunitaria. Il problema oggi è culturale.
4. Quali decisioni dall’ispettore con il Consiglio ispettoriale sono state prese per ridisegnare la presenza salesiana nella ispettoria?
La maggioranza delle ispettorie ha messo in atto un processo di ristrut - turazione serio, anche se non sempre profondo e coraggioso. Non tutti i Sa - lesiani si rendono conto del problema, così come esso è percepito dagli or - ganismi di governo ispettoriale. È da auspicare che il prossimo CG fissi dei principi che aiutino ispettorie e regioni a situarsi meglio nel servizio ai giovani del territorio.
5a. Quali positività sono state riscontrate nell’accoglienza di confratelli “missionari”?
Non tutte l’ispettorie in Europa si trovano nella stessa situazione. Quelle che hanno ricevuto “missionari”, oltre a riconoscere il rinvigorimento interno, accusano difficoltà nell’integrazione di confratelli che hanno formazione e culture diverse.
5b. Quali punti critici sono state riscontrate?
L’immersione linguistica e culturale sono requisiti necessari per i missionari che vengono in Europa; tali requisiti devono essere garantiti prima di operare come missionari.
6a. Nel caso l’ispettoria abbia inviato confratelli “missionari” quali positività sono state riscontrate?
C’è una nuova situazione su cui riflettere: dall’Europa salesiana che inviava missionari “ad gentes” all’Europa che riceve e riceverà missionari “ex gentes”. Si dovrà preparare sia il missionario che viene sia la comunità che lo riceve.
6b. Quali difficultà?
Anche se la penuria vocazionale in Europa continua, ci si deve impegnare ancora a rivitalizzare il carisma salesiano con una vera animazione vocazionale e missionaria tra i Salesiani europei, e non solo giovani.

II. Linee di Futuro
1. Il Contesto Sociale ed Ecclesiale
Sia il Concilio Vaticano IIº, in cui la Chiesa si scoprì come ‘mistero’ e non più come ‘società perfetta’, come serva del mondo e non più come signora, come ‘sacramento di salvezza che illumina le genti con la luce di Cristo’, solidale con le sue gioie e speranze, con le sue tristezze e angosce; sia il Sinodo sulla Nuova Evangelizzazione per la trasmissione della fede cristiana, chiamato a rispondere ai grandi bisogni dell’uomo odierno attraverso la comunicazione dell’Amore di Dio rivelato in Cristo Gesù; sia l’Anno della Fede, che ci invita a varcare la soglia della porta che ci apre all’incontro con il Padre e a una vita abitata dallo Spirito Santo come figli di Dio, discepoli del Signore Gesù e fratelli, impegnati nella costruzione della Civiltà dell’Amore, sono un potente stimolo per il rinnovamento della vita cristiana, in genere, e della nostra vita consacrata, in particolare.
Non c’è dubbio che ormai tutto il mondo è diventato terra di missione – sia l’Europa che l’America, l’Africa, l’Asia e l’Oceania –, e che oggi abbiamo a che fare con una serie di nuovi scenari in cui si vive la vita umana, si rende testimonianza della VC e si sviluppa la missione della Chiesa.
Il contesto economico, oggi messo alla prova da una crisi senza precedenti, è causa di migrazioni, di tensioni sociali e forme di violenza, di un rinnovato e più marcato divario tra ricchi e poveri. Il quadro politico mondiale sta cambiando profondamente a causa della presenza di nuovi attori, come il mondo islamico, e della forza emergente dei grandi stati dell’Asia. La ricerca scientifica e tecnologica, pur benefica per tanti aspetti, sembra non conoscere limiti naturali né riferimenti morali; si nutre talvolta di pretese illegittime, dimenticandosi di dialogare su valori importanti, che stanno alla base dell’etica umana; anzi si presenta quasi come una specie di nuova religione. Abbiamo infine la sfida del mondo della comunicazione sociale. Da una parte, essa offre accesso a numerose informazioni, dà maggiore possibilità di conoscenza, di scambio, di solidarietà, favorisce una cultura sempre più mondiale; dall’altra, promuove una crescente attenzione ai soli bisogni individuali, provoca l’indebolimento e la perdita del valore oggettivo di esperienze profondamente umane, indice la riduzione dell’etica e della politica a strumenti di spettacolo; tutto ciò rischia di favorire una cultura dell’effimero, dell’immediato, dell’apparenza, senza memoria né futuro.1~
18 Cfr. La Nuova Evangelizzazione per la Trasmissione della Fede. Instrumentum Laboris (Vaticano: Libreria Editrice Vaticana, 2012) n. 51-52

Inaugurando l’Anno della Fede, Benedetto XVI ha affermato che “In questi decenni è avanzata una «desertificazione spirituale»... È il vuoto che si è diffuso. Ma è proprio a partire dall’esperienza di questo deserto, da questo vuoto, che possiamo nuovamente scoprire la gioia di credere, la sua importanza vitale per noi uomini e donne... E nel deserto c’è bisogno soprattutto di persone di fede che, con la loro stessa vita, indicano la via verso la Terra promessa e così tengono desta la speranza.”19 Non è forse questa la nostra vocazione e missione? Dobbiamo perciò imparare a vedere Dio in tutto e, nello stesso tempo, considerare che tutte queste sfide sono anche delle opportunità, sono crocevia per il dialogo.
La comunicazione vitale e orale della fede non si può mai imporre, ma si realizza in un grande clima di libertà e di proposta, che apre spazio alla interazione con tutte le culture, al dialogo interreligioso fra gli uomini e donne di tutte le credenze, all’ecumenismo fra i cristiani delle diverse confessioni, all’inculturazione lì dove viviamo. Perciò la prima e più attraente e convincente espressione della evangelizzazione è la testimonianza, personale e comunitaria.
Su questa scia la Vita Consacrata oggi è chiamata a rinnovarsi, lasciandosi evangelizzare, e a convertirsi pastoralmente, per essere apportatrice gioiosa e convinta, credibile ed efficace, della Buona Novella.
2. Nella Fede Evangelizziamo
La Vita consacrata si è sempre distinta per il suo impegno a favore della prima evangelizzazione; nella “missio ad gentes” della Chiesa il suo apporto è stato ed è tuttora determinante. Lo stesso impegno essa ha dimostrato e continuamente profonde per l’evangelizzazione ordinaria, favorendo l’accoglienza del vangelo e la costruzione della comunità cristiana, contribuendo al rinnovamento della pastorale e dedicandosi con le sue varie espressioni in campi specialistici quali l’educazione, la sanità, l’assistenza, la comunicazione sociale, la carità verso i poveri ed emarginati, il dialogo culturale, ecumenico e interreligioso.
La Vita consacrata, che è nata per ripresentare la forma di vita di Gesù e testimoniare la bellezza del vangelo vissuto con radicalità, è chiamata a spendersi anche per la nuova evangelizzazione, ossia a riproporre il vangelo a chi è già stato annunciato e vive la lontananza e l’indifferenza della fede.
Il suo contributo fondamentale in questo campo è la gioiosa testimonianza della vita trasformata dal vangelo; senza una testimonianza radicale, felice, co
19 BENEDETTO XVI, “Omelia nella messa di Inaugurazione dell’Anno della Fede”, in L’Osservatore Romano, venerdì 12 ottobre 2012, p. 12.

raggiosa non si potrà suscitare una nuova attrazione per il vangelo; solo la testimonianza appassionata, bella e profetica diventa credibile, visibile e feconda. La Vita consacrata serve il vangelo mettendosi prima di tutto al seguito del Signore Gesù; la sua testimonianza aiuta a suscitare il bisogno di spiritualità, la domanda su Dio, l’interrogativo sul senso della vita; mostra la profezia della fraternità; esprime la carità di Dio, che è amore, nella dedizione ai poveri.
3. Linee di Futuro
Nel discorso tenuto il sabato 17 novembre 2012 a un gruppo di Presuli della Conferenza Episcopale di Francia in Visita «ad Limina Apostolorum», il Santo Padre Benedetto XVI ha detto alcune cose che ritengo particolarmente importanti e programmatiche, così da potercene servire per individuare meglio le linee di futuro del Progetto Europa, avendo sempre fisse le tre grandi aree che avevo tracciato nel 2008: 1. La rivitalizzazione endogena del carisma, 2. La ristrutturazione delle opere, 3. L’invio di missionari.
Devo confessarvi che ho visto con grande soddisfazione come il Progetto Europa in genere, così come le sue tre linee portanti, sono sempre più condivise dagli Ordini, Congregazioni e Istituti di Vita Consacrata in Europa20. Vedo inoltre assai provvidenziale il fatto che l’Anno della Fede, il Sinodo sulla Nuova Evangelizzazione per la trasmissione della fede e il tema del CG 27 siano una conferma del nostro Progetto Europa e rafforzino le scelte che abbiamo fatto e che dobbiamo far diventare operative con sempre maggiore convinzione.
3.1. Il rapporto Chiesa - Mondo
Mentre facevo un bilancio del recente Sinodo, a cui ho avuto la grazia di partecipare, constatavo la presenza di due grandi linee di pensiero, specchio di una doppia ecclesiologia: una rappresentata da chi pensa che dopo il Concilio Vaticano II la Chiesa è invecchiata e ritiene che l’unica cosa da fare sia rin - novarla, come si rinnova una casa restaurandola o ammodernandola; l’altra rappresentata da chi si rende conto che la società è profondamente cambiata ed è mutata la forma di abitare nella casa, e che dunque sia necessario l’intervento di un architetto per rivedere completamente la sua pianta interna; egli cerca le cause di questo cambiamento per sapere come deve essere la Chiesa oggi. Di fronte a queste due visioni ritengo che il problema fondamentale sia il rapporto Chiesa - Mondo.
20 Cfr. L. PREZZI, “I Religiosi e l’Europa”, in Testimoni (Bologna, 31 ottobre 2012) pp. 24-29

E paradossalmente la risposta si può trovare nel Concilio Vaticano II stesso che, come ricorda Benedetto XVI nel discorso sopra menzionato al Gruppo di Vescovi francesi, «è stato e rimane un autentico segno di Dio per il nostro tempo». E continua “Ciò è particolarmente vero nell’ambito del dialogo tra la Chiesa e il mondo, questo mondo «con il quale vive e agisce» (cfr. Gaudium et spes, n. 40 § 1) e sul quale vuole diffondere la luce che la vita divina irradia (Ibidem, § 2). Più la Chiesa è consapevole del suo essere e della sua missione, più è capace di amare questo mondo, di volgere su di esso uno sguardo fiducioso, ispirato da quello di Gesù, senza cedere alla tentazione dello sconforto o del ripiegamento. E «la Chiesa, compiendo la sua missione già con questo stesso fatto stimola e dà il suo contributo alla cultura umana e civile» (Ibidem, n. 58, 4), dice il concilio.”
Proprio perché si guarda il mondo con lo sguardo di Dio e lo si ama con il Suo cuore, non si può tacere la fede e testimoniare il messaggio di Cristo «in modo tale che tutte le attività terrene dei fedeli siano pervase dalla luce del Vangelo» (Gaudium et spes, n. 43 § 5).
Oggi è necessario un più convinto impegno ecclesiale a favore di una “nuova evangelizzazione” per riscoprire la gioia nel credere e ritrovare l’entusiasmo nel comunicare la fede. La fede, infatti, cresce quando è vissuta come esperienza di un amore ricevuto e quando viene comunicata come esperienza di grazia e di gioia. Nello stesso discorso ai Vescovi francesi il Papa aggiunge: “In quante occasioni abbiamo constatato che sono le parole della fede, parole semplici e dirette, cariche della linfa della Parola divina, a toccare meglio i cuori e le menti e ad apportare le luci più decisive? Non dobbiamo quindi aver paura di parlare con un vigore tutto apostolico del mistero di Dio e del mistero dell’uomo, e di mostrare instancabilmente le ricchezze della dottrina cristiana. In essa ci sono parole e realtà, convinzioni fondamentali e modi di ragionare che sono i soli a poter portare la speranza di cui il mondo ha sete.”
E continua il Papa nello stesso discorso: “Nei dibattiti sociali importanti, la voce della Chiesa deve farsi sentire senza posa e con determinazione. ... Proprio l’armonia che esiste tra la fede e la ragione vi dà una certezza particolare: il messaggio di Cristo e della sua Chiesa non è solo portatore di un’identità religiosa che esigerebbe di essere rispettata come tale; esso contiene anche una saggezza che permette di esaminare con rettitudine le risposte concrete alle questioni pressanti, e talvolta angoscianti, del tempo presente. Continuando a esercitare, come voi fate, la dimensione profetica del vostro ministero episcopale, portate in questi dibattiti una parola indispensabile di verità, che rende liberi e apre i cuori alla speranza. Questa parola, ne sono convinto, è attesa. Essa trova sempre un’accoglienza favorevole quando viene presentata con cari

tà, non come il frutto delle nostre riflessioni, ma prima di tutto come la parola che Dio vuole rivolgere a ogni uomo.”
E, richiamando alla memoria l’incontro avuto nel Collège des Bernardins con gli intellettuali e uomini della cultura, afferma: “Credenti o non credenti, essi sono consapevoli delle immense sfide della nostra epoca, in cui il messaggio cristiano è un punto di riferimento insostituibile. Può essere che altre tradizioni intellettuali o filosofiche si esauriscano, ma la Chiesa trova nella sua missione divina la sicurezza e il coraggio di predicare, in ogni occasione opportuna e non opportuna, la chiamata universale alla Salvezza, la grandezza del disegno divino per l’umanità, la responsabilità dell’uomo, la sua dignità e la sua libertà, – e malgrado la ferita del peccato – la sua capacità di discernere in coscienza ciò che è vero e ciò che è buono, e la sua disponibilità alla grazia divina. Nel Collège des Bernardins ho voluto ricordare che la vita monastica, interamente orientata alla ricerca di Dio, il quaerere Deum, risulta fonte di rinnovamento e di progresso per la cultura ... La vita religiosa, al servizio esclusivo dell’opera di Dio, alla quale nulla può essere preferito (cfr. Regola di san Benedetto), è un tesoro. Essa offre una testimonianza radicale sul modo in cui l’esistenza umana, proprio quando si pone interamente nella sequela di Cristo, realizza appieno la vocazione umana alla vita beata. L’intera società, e non solo la Chiesa, viene profondamente arricchita da tale testimonianza. Offerta nell’umiltà, nella dolcezza e nel silenzio, essa apporta per così dire la prova che nell’uomo c’è di più dell’uomo stesso.”
La fede inoltre non va solo confessata con la vita e la parola, ma anche celebrata. Perciò il Papa afferma: “come ricorda il Concilio, l’azione liturgica della Chiesa fa anche parte del suo contributo all’opera civilizzatrice (cfr. Gaudium et spes, n. 58, 4). La liturgia è in effetti la celebrazione dell’evento centrale della storia umana, il sacrificio redentore di Cristo. Per questo testimonia l’amore con il quale Dio ama l’umanità, testimonia che la vita dell’uomo ha un senso e che egli è per vocazione chiamato a condividere la vita gloriosa della Trinità. L’umanità ha bisogno di questa testimonianza. Ha bisogno di percepire, attraverso le celebrazioni liturgiche, la consapevolezza che la Chiesa ha della signoria di Dio e della dignità dell’uomo. Ha diritto di poter discernere, al di là dei limiti che segneranno sempre i suoi riti e le sue cerimonie, che Cristo «è presente nel sacrificio della Messa, e nella persona del ministro» (cfr. Sacrosanctum concilium, n. 7). Conoscendo le cure di cui cercate di circondare le vostre celebrazioni liturgiche, v’incoraggio a coltivare l’arte di celebrare, ad aiutare i vostri sacerdoti in tal senso, e di lavorare senza posa alla formazione liturgica dei seminaristi e dei fedeli. Il rispetto delle norme stabilite esprime l’amore e la fedeltà alla fede della Chiesa, al tesoro di grazia che essa custodisce

e trasmette; la bellezza delle celebrazioni, molto più delle innovazioni e degli accomodamenti soggettivi, fa opera duratura ed efficace di evangelizzazione.”
Infine parlando della catechesi, il Papa dice: “Sapete anche che in questo ambito le sfide non mancano: siano esse la difficoltà legata alla trasmissione della fede ricevuta, – familiare, sociale – quella della fede accolta personalmente alla soglia dell’età adulta, o ancora, la difficoltà costituita da una vera rottura nella trasmissione, quando si succedono diverse generazioni ormai allontanatesi dalla fede viva. C’è anche l’enorme sfida di vivere in una società che non sempre condivide gli insegnamenti di Cristo, e che a volte cerca di ridicolizzare o di emarginare la Chiesa, volendo confinarla nella sola sfera privata. Per accogliere queste immense sfide, la Chiesa ha bisogno di testimoni credibili. La testimonianza cristiana radicata in Cristo e vissuta nella coerenza di vita e con autenticità, è multiforme, senza alcun schema preconcetto. Nasce e si rinnova incessantemente sotto l’azione dello Spirito Santo. A sostegno di questa testimonianza, il Catechismo della Chiesa Cattolica è uno strumento molto utile, perché mostra la forza e la bellezza della fede. V’incoraggio a farlo ampiamente conoscere, in particolare in questo anno in cui celebriamo il ventesimo anniversario della sua pubblicazione.”
Non è per niente difficile vedere come questa sfida del rapporto Chiesa Mondo sia fortemente sentita anche da noi, nel vissuto della nostra vita consacrata e nella realizzazione della missione salesiana, e come questi orientamenti del Santo Padre siano davvero illuminanti ed incoraggianti per il nostro impegno espresso nel Progetto Europa.
3.2. Il triplice asse del Progetto Europa
– Rivitalizzazione endogena del carisma e conversione personale
Sin dall’avvio del Progetto Europa abbiamo detto con convinzione che in Europa il futuro della Vita Consacrata, in genere, e della Vita Salesiana, in particolare, dipende dalla capacità di ciascuno dei confratelli di riscoprire il valore del dono della vita religiosa. Stupisce il fatto che alcuni laici, che conoscono l’Europa, la sua evoluzione, il suo momento odierno, e che conoscono la vita consacrata, apprezzino più di noi questa vocazione e la considerino davvero come valida risposta alla situazione presente.
La rivitalizzazione del carisma salesiano in Europa sarà possibile a condizione che si prenda sul serio l’esigenza della conversione personale, che ci porta a salire sulla montagna in contemplazione, a essere testimoni della Bellezza di Dio rivelata in Cristo, e non solo della Sua Bontà e della sua Verità; che ci fa essere Testimoni del Dio vivente, perché lo abbiamo visto e non parliamo di

Lui per sentito dire; che si esprime nell’accoglienza cordiale, sempre rinnovata, del doppio imperativo di Gesù: “Vieni”, che ci invita ad essere suoi discepoli alla scuola del Vangelo, e “Andate”, che ci manda come apostoli suoi.
Non c’è bisogno di cambiare le dimensioni della Vita Consacrata Salesiana: esperienza di Dio, comunione fraterna, missione apostolica. Ciò che deve cambiare è la qualità con cui si coltiva la spiritualità nella preghiera personale e comunitaria, nella celebrazione accurata della liturgia, nel progetto di vita personale, nella responsabilità nel vivere obbedienti, poveri e casti come Gesù; ciò che deve cambiare è la qualità della vita fraterna, dei rapporti interpersonali, del clima di famiglia, dell’animazione della comunità, del progetto di vita comunitario; infine, ciò che deve cambiare è la qualità della proposta educativo pastorale, la passione apostolica e il dinamismo con cui ci votiamo al servizio dei giovani, specialmente dei più poveri e bisognosi. Siamo chiamati, dunque, a cambiare noi, e radicalmente. E questo è proprio l’appello del CG27: siamo chiamati infatti alla conversione per poter essere testimoni del vangelo vissuto radicalmente.
– Ristrutturazione delle opere e conversione pastorale
Per la prima volta ad Aparecida (Brasile), nella Va Conferenza Generale della CELAM, si parlò non solamente del bisogno di ‘conversione personale’ per definire meglio la condizione del discepolo di Gesù, come una persona che per primo si sottomette alla signoria di Gesù e della sua Parola, per poter diventare un suo ardente missionario, capace di comunicare la fiamma della carità e convinto che solo in questo accendere il cuore dell’altro cresce realmente l’evangelizzazione, la presenza del Vangelo, che non è più solo parola, ma realtà vissuta. Qui si cominciò a parlare dell’esigenza della ‘conversione pastorale’, come conseguenza ed espressione della ‘ conversione personale’.
Questo ci fa capire che la ristrutturazione non è fondamentalmente un atto amministrativo o giuridico, ma è un’azione pastorale, perché significa renderci presenti dove siamo in forma nuova, più rispondente ai bisogni dei destinatari, e renderci presenti in campi dove finora non siamo stati e dove oggi è più rilevante la nostra presenza.
Su questo punto abbiamo già parlato più di una volta, affermando che non si tratta di ritirarsi o di ammainare le vele, ma del triplice e simultaneo processo di risignificazione, ridimensionamento e ricollocazione. Anche se più di una Ispettoria e più di qualche confratello potrebbero pensare o dire che ormai la nostra presenza in Europa, o almeno in qualche paese, è arrivata al capolinea, dobbiamo sapere che è in corso il significativo passaggio dal “welfare state”, in cui lo Stato si faceva garante del benessere, alla “welfare society”, in cui tut

ti siamo chiamati a coinvolgerci per assicurare ciò che lo Stato non riuscirà mai più a garantire, vale a dire, il bene comune.
A ciò si aggiunge la consapevolezza che l’attuale crisi economica, una crisi senza precedenti, non è una crisi dialettica, tipica del capitalismo che conosce ciclicamente fasi di declino e fasi di ‘boom’, ma è una crisi entropica, perché si è perso il senso e la direzione. Mentre la crisi dialettica richiede bravi tecnici e può essere risolta dopo alcuni anni, secondo i meccanismi propri del capitalismo che prevede ciclicamente momenti di caduta e momenti di risalita, la crisi entropica richiedi testimoni ed educatori, come San Benedetto di Norcia, come San Francesco d’Assisi, come Sant’Ignazio di Loyola, come Don Bosco.
Detto con altre parole, oggi siamo più che mai necessari in Europa, proprio perché il problema è culturale; esso si potrà risolvere con un progetto educativo che sappia coniugare valori e ideali, saperi e conoscenze, impegno sociale e cittadinanza attiva, in modo da essere capaci di superare la cultura dell’avidità nelle persone, cioè la passione dell’avere senza limiti, e la separazione tra il mercato e la democrazia nelle strutture, che fa sì che le decisioni dei governi obbediscano più alle leggi della finanza, che non al bene comune.
Ciò implica una autentica conversione pastorale perché significa ‘fare’ meno e ‘agire’ di più, dediti meno alla trasformazione delle cose e più alla trasformazione delle persone, facendo trionfare la Carità nella Verità. Dovremmo dunque concentrare la nostra presenza e le nostre migliori energie là dove la trasformazione delle persone è più urgente. Conversione pastorale implica di conseguenza prendere delle decisioni coraggiose.
– Invio ed accoglienza di missionari
Il PE pur essendo diverso dal Progetto Africa o dal Progetto Cina, per vari motivi contempla l’invio e, di conseguenza, l’accoglienza di missionari.
In questi anni in cui stiamo realizzando il Progetto Europa l’invio e l’accoglienza di missionari provenienti da ispettorie dell’Europa stessa verso ispettorie più deboli e bisognose di personale, o da ispettorie di altri continenti, è stata una delle dimensioni meglio riuscite. Permangono tuttavia alcune sfide, riguardanti la selezione dei confratelli che arrivano, la loro preparazione linguistica e culturale, la loro capacità di inserimento, l’accoglienza ed accompagnamento da parte degli ispettori e direttori delle ispettorie che accolgono i missionari.
Per una migliore conoscenza di questa situazione di invio e accoglienza, si è tenuto qui alla Casa generalizia un incontro dei missionari in Europa nel novembre 2011, che è servito per fare il punto sulla situazione in vista di un miglioramento di questa scelta. Qui non avrei niente da dire, se non congratular

mi con le Ispettorie di Europa che hanno elaborato il piano di ristrutturazione e di futuro e hanno reso possibile la realizzazione di questa dimensione e ringraziare i confratelli che si sono resi disponibili per il PE e le loro ispettorie di origine. C’è stato un bel movimento di confratelli che sta dando e darà ancora frutti. Si può confrontare l’allegato che mostra la situazione attuale dell’invio dei missionari. La presenza a questo incontro di tutti i Consiglieri regionali, potrà aiutare ulteriormente questo impegno.
3.3. Sinergia - networking - laici
Oggi il PE richiede di sviluppare questi tre assi portanti, cercando una maggiore e convinta collaborazione interispettoriale e una qualificata comunicazione per il lavoro in rete. Noi non partiamo da zero, ma in tanti ambiti e iniziative ci trovano già in collaborazione: sia nel campo della formazione (comunità formatrici internazionali, equipe interispettoriali di formatori e docenti, formazione dei laici, ...), sia nel campo della pastorale giovanile (MGS, scuola, formazione professionale, ambito della emarginazione, DBI, ...), della comunicazione sociale (Bollettino Salesiano, editrici, radio e TV, websites...), delle missioni (Procure, ONGs...), sia nel campo della Famiglia Salesiana. Già in questi ambiti di collaborazione in Europa occorre proseguire con maggior determinazione, conoscendosi, maggiormente, superando paure, evitando chiusure e particolarismi.
Tuttavia ciò non basta; oggi è necessario il networking, il lavoro in rete; esso va oltre la sola informazione e collaborazione, che talvolta sono realizzate più per esigenze esterne che per convinzione del valore di questa nuova prospettiva. Il lavorare in rete richiede certamente una migliore comunicazione, ma soprattutto la condivisione di risorse e conoscenze.
In tutto il Progetto Europa è indispensabile che assumiamo tutti, una volta per tutte, le grandi scelte del CG24, che ci impegnava a condividere con i laici spirito e missione. Dobbiamo dare loro ciò che hanno come diritto per vocazione cristiana e non come semplice mano d’opera, come se fossero un ‘male necessario’: male perché non sono SDB e necessario perché non abbiamo altre scelte. No! Essi sono chiamati non soltanto ad essere impiegati e collaboratori, ma veri corresponsabili della missione.
Abbiamo questa immensa risorsa dei laici, che non sappiamo valorizzare; talvolta sentiamo la loro presenza come una minaccia, pensando che se li coinvolgiamo, essi diventano padroni. Non dimentichiamo che Don Bosco sentiva che aveva sempre bisogno di tutti; questa era la sua originale concezione dei Cooperatori salesiani: persone che condividessero il suo spirito e la sua passione per la salvezza dei giovani attraverso l’educazione! Il nostro ruolo è quello di

essere il cuore, la mente e l’anima delle presenze, essere “nucleo animatore” di una sempre più grande comunità educativo pastorale. Ciò richiede un cambio di paradigma; questo è ciò che oggi dobbiamo assumere e promuovere.
Mi auguro che la strenna del 2013, che ci invita a contemplare Don Bosco educatore, a studiare la sua originale esperienza di Valdocco, ad aggiornare il suo Sistema Preventivo, a fare nostra la sua capacità di farsi santo aiutando i suoi collaboratori e i suoi ragazzi a essere santi, ci impegni a rinnovarci e a interpretare con fedeltà dinamica il suo carisma, come un grande dono per i giovani dell’Europa di oggi.
Affido a Maria Immacolata Ausiliatrice questa rinascita della presenza salesiana in Europa. Sia Lei a guidarci come ha fatto con Don Bosco all’inizio della sua opera e lungo la storia.

Appendice VI
Congregazione Missionaria: Quando la Diversità è Ricchezza
Intervento Iniziale del Rettor Maggiore
D. Àngel Fernàndez Artime, SDB
Salesianum, Roma, 29 novembre 2014.V Incontro degli Ispettori d’Europa.
Negli Atti del Consiglio Generale no. 419 ho presentato una riflessione sulla dimensione missionaria della Congregazione; la pongo ora qui di seguito in queste pagine che commento. Ciò vale in particolare anche per il Progetto Europa, che deve avere presente anche gli altri fronti missionari della Congregazione e che nello stesso tempo deve essere realizzato con spirito missionario.
Con il titolo Congregazione missionaria: quando la diversità è ricchezza voglio dire qualcosa di semplice e chiaro: La dimensione missionaria fa parte della nostra IDENTITA e la diversità culturale, la multiculturalità e la interculturalità sono una ricchezza verso cui camminare in questo sessennio.
Secondo la ‘Evangelii Gaudium’21 l’annuncio del Vangelo è missione di tutto il popolo di Dio ed è annuncio per tutti, dove “non c’è Giudeo né Greco... perché tutti voi siete uno in Cristo Gesù” (Gal 3,28). Implica l’essere fermento di Dio in mezzo all’umanità, una umanità e un Popolo di Dio con molti volti, con molti sviluppi storici e culture diverse, dove tutti siamo dei discepoli missionari.
Il Papa fa una chiamata all’Evangelizzazione di tutti i popoli e noi dirigiamo il nostro sguardo, sempre per riconoscerci nella nostra identità, verso il carattere missionario della nostra Congregazione. Don Bosco volle che la Società Salesiana fosse decisamente missionaria. Nel 1875, tra il piccolo gruppo dei primi Salesiani, ne scelse dieci perché andassero in America. Prima della sua morte aveva già inviato 10 spedizioni missionarie e 153 si trovavano in America al momento della sua morte, quasi il 20% dei Salesiani del momento, secondo il catalogo della Congregazione del 1888.
Questa identità missionaria, conservata e curata col passar degli anni, portò il Capitolo Generale Speciale a fare una chiamata speciale che io vorrei rinnovare oggi, alle porte del Bicentenario della nascita di Don Bosco e come omaggio
21 FRANCESCO, Evangelii Gaudium, n.111, 115 e 120

vivente a lui: ´Il Capitolo Generale Speciale lancia un appello a tutte le Ispet torie, anche a quelle più povere di personale, perché, obbedendo all’invito del Concilio e sull’audace esempio del nostro Fondatore, contribuiscano, con personale proprio, in forma definitiva o temporanea, all’annuncio del Regno di Dio`.
Credo sinceramente, cari Confratelli, che questa chiamata abbia oggi piena attualità nella realtà della nostra Congregazione. Quando parlo di omaggio a Don Bosco nella celebrazione del Bicentenario della sua nascita, non lo dico in un contesto celebrativo vuoto o per fare statistiche, ma perché credo veramente – ed è stata la sensibilità del CG27 – che una grande ricchezza della nostra Congregazione sia proprio la sua capacità missionaria, la possibilità di essere lì dove si ha più bisogno di noi nell’Evangelizzazione, anche se tutte le forze sono molto valide in qualsiasi posto ci troviamo. In questo senso approfitto di questa occasione per invitare tutti i Salesiani SDB – e di cuore estendo il mio invito a tutta la Famiglia Salesiana – affinché, al momento opportuno, la ‘Evangelii Gaudium’ sia letta, meditata e condivisa. Certamente ci farà molto bene; in molti posti non è ancora conosciuta.
1. Perché ci sono Campi di Missione dove Siamo Molto Necessari in questo Momento...
In questo senso, e non solo per l’anno 2015 ma per tutto il sessennio, vogliamo che si traduca in realtà l’aiuto reale in alcune aree di missione, che presentano una maggiore fragilità in questo momento, per esempio, tra le altre:
– Il lavoro missionario in Amazzonia, specialmente a Manaus, Campo Grande, Venezuela, ...
– Il lavoro missionario nel Chaco Paraguayo.
– Il lavoro missionario in alcune regioni della Pampa e della Patagonia Argentina.
– La presenza missionaria presso comunità di immigranti negli Stati Uniti.
– La presenza missionaria in Medio Oriente, tremendamente castigata per di più da diversi conflitti bellici, come ben sappiamo.
– La presenza missionaria tra i mussulmani, dal Nord Africa fino ai Paesi del Golfo Arabico o il Pakistan...
– La nuova presenza missionaria che richiede il Progetto Europa e che ha molto a vedere con gli ultimi, attratti dalle diverse migrazioni.
– Rinforzare le giovani presenze missionarie di prima Evangelizzazione in Asia e Oceania: Mongolia, Cambogia, Bangladesh, Laos...
22 Capitolo Generale Speciale, n. 477.

2. E perché la Diversità è Ricchezza
in più di una occasione, nella mia vita salesiana, ho sentito dire da chi aveva più vocazioni che essi, nel proprio paese o ispettoria non avevano bisogno di aiuti, poiché avevano un numero sufficiente vocazioni. Ma proprio per questo, e perché la differenza, la diversità, la multiculturalità e interculturalità è una ricchezza, diventa ogni volta più necessario tale aiuto, anche per garantire l’identità del carisma salesiano, che non sia monocolore, per favorire l’interscambio di confratelli tra le ispettorie per alcuni anni, offrire temporaneamente confratelli alle ispettorie più bisognose, oltre a quelli che si offrono come missionari ‘ad gentes’ in risposta a questa chiamata e ad altre che verranno; e in tal modo anche preparare i confratelli, in tutte le parti del mondo, con uno sguardo più globale e universale. Noi Salesiani di Don Bosco, anche se abbiamo una organizzazione giuridica che si concretizza nelle ispettorie, non facciamo professione religiosa per un luogo, una terra o una appartenenza. Siamo Salesiani di Don Bosco nella Congregazione e per la Missione, là dove più ci sia bisogno di noi e dove sia possibile il nostro servizio.
Sono consapevole che questo messaggio può risultare sorprendente, ma dobbiamo essere arditi nel sognare, cari Confratelli, e non aver paura della novità, per quanto esigente sia, se è buona in se stessa. Una concretizzazione semplice ma immediata di questo che dico è, per esempio, la necessità di preparare i giovani salesiani nell’apprendimento delle lingue; quante più lingue, tanto meglio. È passato il tempo, che io stesso ho vissuto, in cui imparare una lingua estera era qualcosa di superfluo e quando andare nel paese vicino, anche se la frontiera distava solo cinquanta chilometri, era ‘andare all’estero’ e riusciva molto difficile ottenere i permessi all’interno della Congregazione. Dobbiamo preparare le nostre nuove generazioni, pertanto, nell’apprendimento degli idiomi e, tra essi, l’apprendimento della lingua italiana perché non avvenga, col tempo, che l’accesso alle fonti e agli scritti originali del nostro Fondatore e della Congregazione siano qualcosa di proibitivo, data l’ignoranza.
Così pure desidero sottolineare che non dobbiamo avere paura e fare resistenza al fatto che i nostri giovani confratelli studino fuori della propria ispettoria. Non si ama meno la propria terra, le proprie radici e le proprie origini per il fatto di non studiare nello stesso luogo. Non è vero, e non vi è nessun pericolo di perdere il senso della realtà. Al contrario, si allarga molto lo sguardo e la capacità di capire la diversità e la differenza, qualcosa di essenziale nel nostro mondo di oggi e di domani.

Appendice VII
Lettera agli Ispettori d’Europa

D. Àngel Fernàndez Artime, SDB
Roma, 29 marzo 2016 Prot. 16/0115
All’attenzione dei
Reverendi ISPETTORI
Regione Europa Centro e Nord
Regione Mediterranea Loro Sede
Oggetto: Progetto Europa Carissimo Ispettore,
Giunga a te un saluto molto cordiale in questo tempo pasquale. Spero che tu e i confratelli dell’Ispettoria stiate bene e che il vostro lavoro proceda serenamente.
Ti raggiungo per comunicarti il frutto di visite e riflessioni che, insieme al Consiglio Generale, ho maturato dopo l’incontro avuto con voi nel mese di novembre 2014. Dopo quell’incontro e soprattutto a partire dal mese di luglio 2015 con il Consiglio generale, e ultimamente nel Consiglio generale intermedio di marzo 2016, ho approfondito il tema del Progetto Europa e sono ora in grado di offrire alcune proposte per il proseguimento di questo cammino.
Da parte mia intendo coinvolgere te insieme con il consiglio ispettoriale. Pertanto penso di accompagnarvi, mediante il lavoro del Consiglio generale e in particolare dei Consiglieri regionali delle due Regioni di Europa e dei Consiglieri di settore. In occasione dei raduni degli Ispettori di ognuna delle due Regioni è importante dare spazio all’ascolto di ciò che sta accadendo in Europa. Dobbiamo prestare attenzione alle politiche giovanili e agli interventi sociali e rimanere in comunione con la Chiesa e con le sue decisioni per un’evangelizzazione più efficace nelle mutate circostanze in cui ci troviamo a vivere e a lavorare.
In questi anni abbiamo riflettuto molto, stimolati dalle istanze presenti nel Progetto Europa lanciato al termine del CG26 da Don Pascual Chàvez. Si tratta ora di assumere con maggiore convinzione questa bella sollecitazione e compiere passi ulteriori.

La storia sinora vissuta segnala, tra gli aspetti positivi, la rivitalizzazione generata dall’invio di confratelli provenienti da altre ispettorie, europee e non europee; il clima positivo degli incontri che si sono svolti; alcuni frutti maturati grazie alle sinergie attivate fra le varie ispettorie. Quanto sinora compiuto deve rimanere come memoria in grado di fecondare il futuro delle nostre presenze.
Non sono mancate resistenze o limiti nell’accogliere e affrontare queste sfide: il differente grado di coinvolgimento delle ispettorie di Europa; la convinzione di poter far fronte da soli alle nuove situazioni facendo a meno della collaborazione e dell’aiuto di altri; l’impreparazione di alcuni confratelli giunti in Europa; la carenza di riflessione sul contesto europeo da parte degli stessi confratelli europei; scarsa collaborazione; la mancanza di una visione comune sulla formazione.
Come è facile comprendere, i passi che ci attendono sono tanti e richiedono di individuare meglio i campi in cui intervenire e per i quali concentrare efficacemente le forze. L’indicazione, data da Don Pascual Chàvez e riaffermata anche da me in varie occasioni, chiede discernimento e approfondimento, ma esclude inerzia e improvvisazione. Ecco perché la partecipazione di ciascuna ispettoria – Salesiani, laici, giovani, ecc. – è determinante per il proseguimento di questo cammino.
Aree di Intervento
Come Consiglio generale pensiamo di concentrare l’attenzione attorno a tre aree sulle quali, di volta in volta, riflettere e avviare processi. Tali aree, pur con nomi diversi, si riferiscono alle tre formulazioni indicate dal Progetto Europa fin dal 2008.
1. Prima area: identità salesiana in Europa
Per quest’area segnaliamo i seguenti argomenti: la visione antropologica dell’Europa, la formazione iniziale e permanente, la significatività della vita consacrata, la formazione all’identità salesiana dei laici, la famiglia, le vocazioni, la presenza dei migranti, il disagio e l’emarginazione giovanile, il dialogo interreligioso soprattutto con l’islam, i progetti educativi nella scuola e formazione professionale. in particolare si intende proseguire il cammino della formazione iniziale nelle comunità internazionali e valorizzare i luoghi salesiani a servizio della pastorale giovanile di tutti i giovani, soprattutto di quelli europei, e della formazione dei laici.

2. Seconda area: ridisegno significativo delle presenze in Europa
In quest’area indichiamo alcuni processi: la costituzione di comunità internazionali all’interno di ogni Regione e di ogni Ispettoria (cf. CG 27, 75 § 5) che possano servire a progetti educativi pastorali nei confronti di presenze multietniche e pluriculturali; il consolidamento delle presenze nei Paesi affidati alle diverse ispettorie: Albania-Kossovo, Bielorussia, Lituania, Russia, Turchia, Romania, Moldavia, Georgia, Azerbaigian, Marocco, Ucraina, Bosnia-Erzegovina, Serbia, Bulgaria, Tunisia, Siberia, Svezia; la nascita di presenze nuove in collaborazione che rispondano a bisogni, formativi e pastorali, da realizzare con l’apporto di confratelli e volontari europei.
3. Terza area: valorizzazione della nostra vocazione missionaria
In quest’area desideriamo rafforzare in Europa l’impulso della presenza di confratelli provenienti da altri continenti, attraverso i seguenti processi: favorendo il cambio di mentalità circa la visione teologica del missionario in Europa; suscitando la mobilità dei confratelli in Europa, in modo che i primi missionari siano i confratelli europei; partecipando all’invio di missionari in Europa non solo da parte di confratelli di Asia e Africa, ma anche di America e Oceania.
Metodologia di Lavoro
Il processo di riflessione e condivisione sarà svolto attorno a temi desunti dalle tre aree. L’obiettivo è quello di offrire una piattaforma per un dialogo che inizia all’interno delle ispettorie per poi essere condiviso a livello delle conferenze interispettoriali delle singole Regioni.
Come secondo passo si propone che tale processo di riflessione regionale costituisca la base per un ulteriore approfondimento durante gli incontri degli ispettori d’Europa, già programmati per l’inizio di dicembre 2016 e anche per l’incontro del 2018.
Suggeriamo che la discussione ai vari livelli abbia l’atteggiamento di ascolto delle esperienze del territorio in cui operate; sia arricchita da una conoscenza degli orientamenti ecclesiali; abbia la capacità di lasciarsi guidare dal carisma salesiano. Le sfide che abbiamo davanti si svolgono in una Europa in piena evoluzione, politica e culturale, che non può essere ignorata.
L’itinerario metodologico e la riflessione non hanno come obiettivo la stesura di un documento, ma di servire alla vita delle singole ispettorie.

Temi Principali sui Quali Riflettere
il discernimento compiuto all’interno del Consiglio generale ci ha portato a indicare questi tre argomenti principali per il prossimo incontro:
1. pastorale giovanile e famiglia in Europa
2. risposta salesiana all’accoglienza dei migranti
3. presenza dei “missionari”
Tappe di Lavoro
i processi che si intendono proporre in vista dell’incontro di dicembre 2016 sono i seguente:
– pastorale giovanile e famiglia in Europa
il Dicastero per la pastorale giovanile sta preparando alcune domande in vista di una riflessione ampia sul tema che costituirà una pista di riflessione in sintonia con il cammino del Sinodo sulla famiglia; tale questionario sarà inviato una volta che siano terminati i vari Capitoli ispettoriali;
– risposta salesiana all’accoglienza dei migranti
si inviteranno le ispettorie a offrire una breve relazione sul come stanno rispondendo alla emergenza emigrazione; tra l’altro, alcuni ispettori – e li ringrazio – mi hanno già comunicato i passi e le iniziative intraprese a favore dell’accoglienza dei migranti. All’incontro europeo di dicembre 2016 si farà una presentazione delle risposte, sfide e prospettive future;
– presenza dei “missionari”
si offrirà un rendiconto dell’accompagnamento da parte del Dicastero per le Missioni, invitando qualche missionario e/o alcuni dei loro accompagnatori a condividere le loro esperienze;
vi saranno pure informazioni sul processo per il ridisegno delle comunità formatrici in Europa e sul processo di valorizzazione dei luoghi salesiani per i confratelli, i giovani e i laici.
in un secondo tempo offrirò, con il Consiglio generale, le indicazioni metodologiche per l’incontro con gli ispettori d’Europa previsto per il mese di dicembre 2016.
Carissimo ispettore, giunto al termine di questa presentazione desidero, insieme ai membri del Consiglio generale, ringraziarti e incoraggiarti per la dedizione e il lavoro che porti avanti insieme ai confratelli per il bene dei giovani affidati alla cura della tua ispettoria.

 

 

 

 

oggi il Signore desidera che la nostra presenza in Europa, continente che affonda le proprie radici e la propria identità nella fede cristiana, sia ancora significativa e capace di parlare come don Bosco al cuore di tanti giovani.
Non mancano le forze e neppure le risorse. Questa nostra cara e “vecchia” Europa ha ancora tanto da offrire al mondo. Noi Salesiani non possiamo mancare a questo appuntamento. Ce lo chiede il Signore, ce lo chiede don Bosco e ce lo chiedono soprattutto i giovani per i quali abbiamo deciso di consegnare la nostra vita.
Maria Ausiliatrice, presente all’inizio della vita della Chiesa e della Congregazione, ci sia vicino sempre.

Indice

 

PRESENTAZIONE 3
INTRODUZIONE 7
Io INCONTRO DEI MISSIONARI IN EUROPA 11
Casa Generalizia, Roma, 25-27 novembre 2010
Discorso di Apertura 13
Yúclav Klement, SDB
Inviare e Accogliere Missionari in Europa: Sfide e Opportunità 15
Yúclav Klement, SDB
Motivazioni e Impegni del Progetto Europa 27
Francesco Cereda, SDB
La Strada da Percorrere 37
Partecipanti 41
IIo INCONTRO DEI MISSIONARI IN EUROPA 43
valdocco, Torino, 31 ottobre - 3 novembre 2013
Discorso di Apertura 45
Yúclav Klement, SDB
Europa: Terra di Missione
Il Progetto Europa nel Contesto della Chiesa d’Europa 47
Yúclav Klement, SDB
I Missionari Verbiti (SVD) non-Europei in Europa:
Una Visione Multidirezionale della Missione 59
Spunti per la Riflessione
Alfred Maravilla, SDB
Progetto Europa: Invio e Inserimento dei Missionari 65
Francesco Cereda, SDB
La Strada da Percorrere 77
Partecipanti 83

III° INCONTRO DEI MISSIONARI IN EUROPA 85
Salesianum, Múnchen, 15 ottobre - 17 febbraio 2016
Discorso di Apertura 87
Guillermo Basañes, SDB
Sintesi delle Risposte al Questionario 89
Alfred Maravilla, SDB
Progetto Europa
Origini e Sviluppo 97
Pascual Chávez Villanueva, SDB
La Congregazione Salesiana in Europa
Sfide e Opportunità per il Futuro 105
Pascual Chávez Villanueva, SDB
Paolo un Missionario del Progetto di Dio per l’Europa (1Ts 2.1-12) ... 127
Martín Lasarte, SDB
25 Anni di Presenza dei Missionari SVD in Europa
Le Sfide che Affrontano e il Contributo dei Missionari SVD in Europa 139
Martin Üffing, SVD
Allegato: Missionario in Europa:
Condivisione di un’Esperienza Personale 156
Il Secolarismo Europeo
Sfide per la Vita Salesiana e Opportunità per il Primo Annuncio 163
Alfred Maravilla, SDB
Allegato: Risultati dei Sondaggi sulla Fede in Dio,
l’Ateismo e Ruolo della Religione nella Vita 177
Intuizioni durante L’Incontro 179
La Strada da Percorrere 181
Guillermo Basañes, SDB
Partecipanti 183

APPENDiCi 185
i. “insieme per i Giovani dell’Europa”
Come Don Bosco Ha Fatto e Farebbe Oggi 187
Pascual Chávez Villanueva, SDB
ii. Per una Rinnovata Presenza Salesiana in Europa 199
Pascual Chávez Villanueva, SDB
iii. Progetto Europa. Quadro di Riferimento
Sessennio 2008-2014 217
iv. Vita Salesiana nell’Europa d’Oggi 223
Pascual Chávez Villanueva, SDB
V. Verifica della Realizzazione del Progetto Europa
e Linee di Futuro 233
Pascual Chávez Villanueva, SDB
vi. Congregazione Missionaria: Quando la Diversità è Ricchezza 245
fingel Fernández Artime, SDB
vii. Lettera agli ispettori di Europa 249
fingel Fernández Artime, SDB

Pubblicazioni del Settore per le Missioni
(per titolo e anno di pubblicazione)
1. Il Missionario (1980)
2. Salesian Africa (1986)
3. Pastoral Amazónica. Semana de Estudos Missionários - Campo Grande (1986)
4. Evangelization in India. Study Sessions for the Salesian Family on Evangelization in Tribal Areas of India - Shillong (1987)
5. Africa Salesiana. Visita d’Insieme - Lusaka (1988)
6. Spiritualità Missionaria Salesiana I. La Concezione Missionaria di Don Bosco (1988)
7. Spiritualità Missionaria Salesiana II. L’Educazione Cristiana e Missionaria di Don Bosco (1988)
8. Salesian Missionary Spirituality III. Prayer and the Salesian Missionary (1988)
9. Espiritualidad Misionera Salesiana IV. The Ideal of Mission (1988)
10. Spiritualité Missionnaire Salésienne V. The Missionary Project of the Salesians of Don Bosco (1988)
11. Pastorale Salesiana in Contesto Islamico (1989)
12. Animazione Missionaria Salesiana II. Secondo Incontro di Studi per DIAM Madrid (1989)
13. Pastoral Mapuche. Encuentro DIAM Salesiano - Junin de los Andes (1989)
14. The Far East. Cultures, Religions, and Evangelization - Hua Hin (1989)
15. Lettura Missionaria di “Educare i Giovani alla Fede” CG XXIII. Incontro di Procuratori e DIAM dell’ Europa - Roma (1991)
16. Animación Misionera Salesiana. Primer Encuentro de DIAM de America Latina - Lima (1991)
17. Missionary Animation. First Meeting of the PDMA for Asia and Australia Bangalore (1992)
18. Spiritualité Missionnaire Salésienne, Les Jeunes Africains en Quête de Leur Identité. Séminaire d’Animation - Yaounde (1992)
19. Evangelización y Cultura en el Contexto de Pastoral Amazonica. Seminario de Animación - Cumbayà (1993)
20. Evangelización y Cultura en el Contexto de Pastoral Andina. Seminario de Animación - Cumbayà (1994)
21. Evangelización y Cultura en el Contexto de Pastoral Mapuche. Seminario de Animación - Ruca Choroi (1993)
22. Evangelization and Interreligious Dialogue. Missionary Animation Seminar Batulao (1994)
23. Evangelization and Interreligious Dialogue. Missionary Animation Seminar Hyderabad (1994)
24. Evangelización y Cultura en el Contexto de Pastoral Mesoamericana. Seminario de Animación - Mexico (1994)

25. The Volunteer Movement and Salesian Mission (1995) – ENG, ESP, ITA, FRA, POR
26. Educare alla Dimensione Missionaria (1995) – ENG, ESP, ITA, FRA, POR
27. Presenze dei Salesiani in Africa (directory published annually from 1986 to 1996)
28. Church - Communion and Mutual Missionary Relationship. Missionary Animation Seminar - Addis Abeba (1997)
29. Incontro Europeo Delegati Ispettoriale per l’Animazione Missionaria [DIAM] Roma (1997)
30. National Missionary Animation Meeting for PDMA - Mumbai (1997)
31. Manual of the Provincial Delegate for Missionary Animation (1998)
32. Uniqueness of Salvation in Jesus Christ and Need of Primary Evangelization. Animation and Missionary Formation Seminar SDB-FMA East Asia Oceania - Hua Hin (1998)
33. Missionary Praxis and Primary Evangelization. Animation and Missionary Formation Seminar SDB-FMA - Calcutta (1999)
34. Seminário de Pastoral em Contexto Afro-Americano. Seminario de Animaçào e Formaçào Missionária-Belo Horizonte (1999)
35. G. Ballin, I Fioretti d’un Missionario. Paraguay Cuore d’America (1999)
36. Le Projet-Afrique face au Defi de la Première Evangelisation et de la Phase de Consolidation. Seminaire d’Animation et de Formation Missionnaire Yaounde-Mbealmayo (1999)
37. La Primera Evangelización en Diálogo Intercultural. Experiencias y Formación de Catecquistas. Seminario de Animación y Formación Misionera en el Contexto Pastoral Andino y Mesoamericana - Cumbayà (2000)
38. Seminário Sobre a Práxis Missionaria na Regiào Amazônica. Seminario de Animaçào e Formaçào Missionária - Manaus (2000)
39. Missionari nel Paese del Sol Levante Discepoli di Don Cimatti. Figure che Parlano ancora (2000)
40. P. Baldisserotto, Rio de Agua Viva. Cartas de Pe. Antonio Scolaro Para a Missào e Testemunho (2000)
41. Sprazzi di Vita. Figure che Parlano Ancora (2000)
42. Project Africa Between the Challenges of First Evangelization and the Phase of Consolidation. Animation and Missionary Formation Seminar SDB-FMA – Nairobi (2001)
43. Seminario di Animazione e Formazione Missionaria. SDB-FMA in Contesto Islamico - Roma (2001)
44. Presenza Salesiana SDB-FMA in Contesto Ortodosso. Seminario di Animazione e Formazione Missionaria - Roma (2002)
45. Salesian Family Missionary Seminar. Mission Animation Notes 1 - Port Moresby (2005)
46. East Asia and the Challenges of Mission Ad Gentes. Salesian Family Missionary Seminar. Mission Animation Notes 2 - Hua Hin (2005)
47. Planning and Development Office. Proceedings of the Seminar - Roma (2005)

48. Les Défis de la Mission Ad Gentes en Afrique. Seminaire de Missiologie de la Famille Salesienne. Animation Notes 3 - Kinshasa (2006)
49. Mission Ad Gentes Today in Africa. Challenges to Mission Ad Gentes in the English Speaking Provinces of Africa in the Light of the Apostolic Exhortation Ecclesia in Africa. Mission Animation Notes 4 - Nairobi (2006)
50. Pueblos Indígenas y Evangelización. V Encuentro de Misioneras y Misioneros Salesianos en Contextos Pluriculturales – Cumbayà (2006)
51. Project Africa [1980-2005] (2006)
52. Impegno Salesiano nel Mondo Islamico. Dossier (2008)
53. Il Volontariato nella Missione Salesiana (2008) – ENG, ESP, ITA, FRA, POR
54. Mantén Viva tu Llama Misionera. II Seminario Americano de Animación Misionera SDB-FMA - Cumbayà (2012)
55. Oficinas de Planificación y Desarrollo al Servicio del Carisma Salesiano en la Provincia - Hyderabad (2012) – ENG, ESP, FRA, POR
56. Procuras Misioneras Inspectoriales al Servicio del Carisma Salesiano - Bonn (2012) – ENG, ESP
57. Giornate di Studio sulla Missione Salesiana in Situazione di Frontiera e Primo Annuncio Cristiano in Europa Oggi - Praga (2013)
58. Study Days on the Salesian Presence Among Muslims (2013) – ENG, ITA, FRA
59. Study Days on the Salesian Mission and the Initial Proclamation of Christ in Oceania in the Context of Traditional Religions and Cultures and Cultures in the Process of Secularisation – Port Moresby (2013)
60. Study Days Study Days on The Salesian Mission and the Initial Proclamation of Christ in the Three-fold Context of East Asia – Sampran (2013)
61. Study Days Study Days on The Salesian Mission and the Initial Proclamation of Christ in the Three-fold Context of South Asia – Kolkata (2013)
62. La Formazione Missionaria dei Salesiani di Don Bosco (2014) – ENG, ESP, ITA, FRA, POL, POR
63. Journées d’Étude sur la Mission Salésienne et la Première Annonce du Christ en Afrique & Madagascar – Addis Abeba (2014) – ENG, FRA, POR
64. Jornadas de Estudio del Primer Anuncio al Discipulado Misionero en América y el Caribe (2014) – ESP, POR
65. Missionari Salesiani in Europa. Atti degli Incontri dei Missionari per il Progetto Europa (2016) – ITA, ENG

Tipolitografia Istituto Salesiano Pio XI - via Umbertide, 11 - 00181 Roma Tel. 067827819 • tipolito@donbosco.it
Finito di stampare: Luglio 2016

“Ti rivolgo, O vecchia Europa,
un grido pieno d’amore:
Torna a te medesima, sii te stessa!
Riscopri le tue origini.
Ravviva le tue radici!”
(San Giovanni Paolo II, Santiago de Compostela, 1982)