Don Bosco

L’edizione critica dell’epistolario di don Bosco: fonte per nuove biografie e nuovi studi

L’edizione critica dell’epistolario di don Bosco:
fonte per nuove biografie e nuovi studi

Francesco Motto, sdb

Nel corso del congresso internazionale di studi su don Bosco, tenutosi a Roma-UPS al termine dell’anno centenario della sua morte, tenevo una relazione nella quale indicavo il progetto di edizione critica del suo epistolario che stavo per iniziare, la prassi archivistica che avrei seguito e la prospettiva ermeneutica entro la quale intendevo inquadrare il lavoro di ricomposizione del corpus epistolare stesso. Quanto previsto è stato raggiunto con la pubblicazione di sei volumi di lettere dal dicembre 1991 al giugno 2014 e sarà completato con la pubblicazione di altri quattro volumi, l’ultimo dei quali raccoglierà anche le lettere rintracciate recentemente e gli indici finali di tutto.    
 

1. Consistenza materiale del nuovo epistolario

I sei volumi già editi raccolgono 3120 lettere di don Bosco, collocate in stretto ordine cronologico, ad iniziare dall’epoca del suo primo trasferimento a Chieri per gli studi (1835) fino alla vigilia dell’entrata ufficiale dei salesiani nella Patagonia (dicembre 1879). Com’è ovvio, la frequenza delle lettere è in costante progressione, in quanto si passa dalle 726 lettere del trentennio 1835-1864 alle 422 lettere dei due bienni 1876-1877 e 1878-1879. Per gli otto anni mancanti (1880-1888) disponiamo già di circa 1600 lettere. Nel complesso l’edizione critica dell’epistolario dovrebbe raccogliere circa 4600 lettere, vale a dire circa 1800 lettere in più (65%) della precedente edizione di 2845 lettere curata da Eugenio Ceria [E] negli anni 1955-1959. Si capisce come migliaia di lettere siano andate smarrite. In futuro se ne potrebbero ritrovare ancora – ma non molte – soprattutto negli archivi non ancora inventariati di famiglie nobili; altre potranno sempre riemergere casualmente dal fondo di qualche cassetto o cassapanca di privati.          

2. Alla ricerca di originali

L’edizione dell’epistolario in corso, com’è noto a chi ne ha avuto in mano almeno un volume, è decisamente diversa dalla precedente, nella quale il curatore si era per lo più limitato a rieditare i testi delle lettere presenti nei diciotto volumi delle Memorie Biografiche, con l’aggiunta di quelle recuperate successivamente alla pubblicazione dell’ultimo volume (1939). Nel nostro caso invece il lavoro è stato condotto ex novo.

2.1

Anzitutto fin dall’inizio degli anni ottanta del sec. scorso è stata condotta un’ampia campagna di stampa e radiotelevisiva – la rete web era di là da venire  – per la ricerca delle lettere, sparse ovunque nel mondo. Abbiamo così rintracciato centinaia di originali, che  vennero omaggiate o consegnate in via provvisoria all’Archivio Salesiano Centrale (= ASC). Nel caso in cui queste opzioni risultarono impossibili, abbiamo provveduto, nei limiti del possibile, a prendere diretta visione in situ degli originali per descrivere le caratteristiche del manoscritto non individuabili altrimenti e a farne fotocopia per l’ASC.        

2.2

Avviata tale ricerca a 360 gradi, abbiamo successivamente condotto personali ricerche in molti archivi e biblioteche di diocesi italiane (e non), di istituti e congregazioni religiose, che sulla base delle informazioni in nostro possesso potevano custodire originali di don Bosco.  Gli archivi civili e religiosi di Torino, all’epoca poco ordinati, ci hanno richiesto mesi di lavoro, mentre quelli vaticani almeno due anni continuativi. Ottimi sono stati comunque i risultati ottenuti per quantità di lettere sconosciute recuperate e per altre centinaia di lettere di cui si avevano solo minute o copie semplici. 

2.3

Ovviamente le case SDB e FMA sono state invitate a collaborare a tale ricerca. Alla fine anni ottanta avevamo già recuperato centinaia di lettere e nei decenni seguenti saltuariamente se ne sono aggiunte altre provenienti dai cinque continenti. Ci si è premurati anche di avere fotocopie – o, successivamente, testo scannerizzato – di quelle vendute all’asta, dagli antiquari, in ebay.

3. Criteri di edizione

Recuperate le lettere, le abbiamo pubblicate seguendo le norme date dall’Istituto Storico Salesiano per le edizioni critiche degli scritti di don Bosco e delle fonti salesiane.

3.1

La descrizione
Di ogni lettera s’indicano l’ubicazione geografica, la sua eventuale collocazione archivistica, i caratteri estrinseci (tipo di carta, misure, stato di conservazione, timbri, scrittura, inchiostro…) ed intrinseci (minuta, originale autografo, allografo, copia semplice o autenticata stampa…), eventuale loro pubblicazione in MB e in E ed un breve regesto. Ognuno di questi elementi ha una sua importanza per datare la lettera che ne fosse priva, per valutarne l’autenticità ed il valore documentario, per identificare gli eventuali amanuensi intervenuti, per ricostruire l’itinerario compiuto ed i tempi di percorrenza della posta ecc. Un originale autografo, è evidente, ha ben altro valore di una semplice copia allografa; una minuta stracolma di correzioni è ben diversa da una circolare a stampa; un bigliettino-avanzo di tipografia con un appunto autografo non è la stessa cosa di un duplice foglio formato protocollo con tanto di segnatura archivistica dell’Ufficio ricevente; una lettera di circostanza scritta currenti calamo ad un amico si differenzia decisamente da un'altra inviata ad una autorità, redatta in varie minute, con interventi di più copisti, che affronta un problema scottante. 

3.2

Il testo critico
Segue poi in caratteri più grandi il testo della lettera, sempre preceduta sia dalla data topica, corretta in caso di inesattezza – a certi corrispondenti ed in certe occasioni don Bosco scrive da “Torino” anche quando si trova altrove – e dalla data cronologica, ricostruita a sua volta in caso di assenza sul manoscritto. Si comprende facilmente come anche tale operazione, talora ardua, riveste una sua importanza per poter seguire l’esatto susseguirsi delle pratiche complesse e dei documenti in relazione fra loro.
La lettera sottostante poi è la trascrizione fedele del testo indicato nella suddetta descrizione – originale, minuta, copia… – con minime varianti linguistiche, sempre scrupolosamente precisate nei due apparati sottostanti.  Si può parlare di “testo critico” in quanto non solo è il più fedele possibile alla redazione finale dello scritto, ma anche ricostruito geneticamente sulla base delle “varianti d’autore” recuperabili nelle minute o nelle copie anteriori.  

3.3

L’apparato delle varianti
Tali “varianti d’autore” – correzioni, aggiunte, soppressioni, spostamenti di termini ed intere espressioni – sono collocate ai piedi di ogni singola lettera nel relativo apparato. Di dimensioni molto varie, da una-due parole a una-due pagine, esso risponde a tre criteri fondamentali: la chiarezza, la completezza e la facilità di consultazione. Ogni singolo documento è identificato da una lettera alfabetica, ogni singola sua lezione è inclusa o identificabile ex silentio alla riga indicata,ogni intervento è minuziosamente indicata dalla usuale abbreviazione latina (om, corr, del, add, transp…).  
Va però subito qui aggiunto che molte varianti sono di carattere ortografico, relative alla punteggiatura e dunque di scarso valore contenutistico. Sarà però cura del lettore non frettoloso e dello studioso non trascurarlo di proposito, in quanto alcune gemme preziose si possono trovare al suo interno. Ogni variante può essere significativa a seconda dei propri criteri di studio.           

3.4

L’apparato storico-esplicativo
Collocato dopo quello delle varianti, esso contiene brevi informazioni sul destinatario della lettera, sintesi dell’eventuale richiesta che ha provocato la lettera di don Bosco, notizie su persone, località, istituzioni e  problemi citati, spiegazione di termini rari, rinvii ad altre lettere dello stesso soggetto, e, solitamente alla fine, eventuale seguito della lettera. Abbiamo avuto cura di precisare la fonte delle informazioni date, soprattutto di quelle di difficile reperimento nei comuni dizionari, nelle classiche enciclopedie, ed anche on line. Allo stesso scopo abbiamo sempre indicato le varie collocazioni archivistiche (e le relative microschede) dei documenti citati, la loro eventuale pubblicazione nelle MB, le schede anagrafiche dei salesiani menzionati, i rimandi fra lettera e lettera all’interno dello stesso volume dell’epistolario o nei volumi precedenti. Il senso di tale ricco apparato è illustrato qui sotto.  

4. Valore e utilizzo di un simile epistolario

Una semplice verifica dell’utilizzazione che dell’epistolario in corso è già stata fatta dagli autori delle due ultime voluminose monografie di don Bosco (F. Desramaut 1996, P. Braido 2001), dalla piccola “collana” di studi tratti dalle lezioni del professore italo-americano A. Lenti (2009-2010, tradotte, aggiornate e arricchite in altre lingue) ed anche da biografie divulgative (M. Tosatti 2008…) lascia immediatamente comprendere come le lettere siano uno strumento imprescindibile per lo studio approfondito del personaggio  don Bosco. Non per nulla i tre curatori del volume Fonti Salesiane. 1. Don Bosco e la sua opera  (F. Motto, J. M. Prellezo, A. Giraudo 2014), hanno inserito 200 lettere fra i 300 documenti della rassegna antologica.

4.1

La vita e l’azione di don Bosco fondatore dell’Opera salesiana      
Avendo a disposizione mediamente oltre 2 lettere per settimana negli ultimi 42 anni di vita (1846-1888), mediamente 4 lettere per settimana negli anni 1875-1882 e 3,5 lettere per settimana negli ultimi 5 anni, escluso l’anno 1887 ricco di oltre 200 lettere, risulta evidente che in esse si riflette tutta la vicenda biografica di don Bosco dal momento in cui diede inizio stabile all’Opera degli Oratori (1846) – che sarebbe poi evoluta in Opera salesiana composta da Società di San Francesco di Sales 1859, Associazione dei devoti di Maria Ausiliatrice 1869, Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice 1872, Associazione dei Cooperatori salesiani 1876 – fino alla morte (1888). 
Le lettere si riferiscono anzitutto alla quotidiana amministrazione dell’opera di Valdocco, di Torino e delle case salesiane che via via si fondano, alla loro gestione ordinaria, fatta di personale salesiano da formare ed animare, di giovani da educare con le risorse del sistema preventivo, di autorità locali, politiche e religiose, da contattare per vari motivi, di benefattori da coltivare, di denaro da reperire per spese sempre superiori alle entrate…
Ovviamente la corrispondenza informa, passo dopo passo, del lungo e sofferto processo di approvazione della Società salesiana e delle sue Costituzioni, del più breve ma altrettanto difficile rapporto con mons. Gastaldi di Torino, delle sue continue suppliche alla Santa sede per mille ragioni personali e istituzionali, dei suoi costanti rapporti con i politici torinesi per concessioni edilizie, autorizzazione di lotterie, sussidi economici, presenze ufficiali in determinate circostanze.        
Altrettanto ampia è l’informazione che si può ricavare dalle lettere circa le iniziative straordinarie e di lunga durata, come la complessa fondazione di nuove case, il loro immediato adattamento e ampliamento, la costruzione, talora problematica, di grandi chiese, le costose spedizioni missionarie, la produzione e diffusione delle Letture Cattoliche e delle collane di libri per i giovani e il ceto popolare, i continui rapporti al papa e alle autorità pontificie circa l’evolversi della situazione politica in Italia, con le complesse mediazioni per le nomine vescovili gradite anche alle autorità di governo e l’entrata in possesso, da parte  dei neo nominati, dei beni loro spettanti ecc.
Non mancano neppure, com’è naturale, notizie precise a proposito di gravi emergenze come il colera di Torino del 1854 e di Ancona del 1865, la difesa dell’Oratorio di Valdocco prima (1860) e successivamente delle sue scuole ginnasiali a rischio di chiusura a fine anni settanta, la questione dei Concettini di Roma negli stessi anni, il terremoto della Liguria del 1887. Inutile direi delle numerose emergenze economiche… 
Le lettere consentono poi la conoscenza dei continui viaggi di don Bosco attraverso il Piemonte, l’Italia, la riviera ligure-francese, la Francia (Parigi) e la Spagna (Barcellona), con una breve puntata in Austria. Di tali viaggi in carrozza e in treno – una sola volta in nave Genova-Civitavecchia (1858) – veniamo a sapere la partenza, il percorso, le soste, le persone incontrate, il soggetto dei colloqui, le visite di cortesia, il ritorno, solitamente a tappe.  Il maggior numero di lettere risale proprio ai lunghi periodi di assenze da Valdocco, in quanto don Bosco si teneva in costante contatto con don Rua, con i salesiani (ed i giovani) soprattutto di Torino, con i suoi benefattori. Li informava costantemente dell’andamento degli “affari” per cui si era messo in viaggio, chiedeva loro di eseguire determinati incarichi, rispondeva alle richieste, ricambiava saluti ed auguri, chiedeva preghiere per il buon esito dei suoi incontri.

In sintesi le lettere di don Bosco costituiscono una sorta di un'autobiografia a sua insaputa, restituiscono il colore del tempo e mettono altresì in rilievo i dettagli di situazioni reali, ivi comprese quelle innumerevoli astuzie dell'esistenza che in omaggio alle leggi della proporzione, generalmente la storia sacrifica a cose più grandi, a sintesi interpretative globali. Ma nella storia di una persona nulla è superfluo ed insignificante e la poliedricità delle iniziative di don Bosco si ribella ad eccessive semplificazioni.

4.2

Il pensiero di don Bosco educatore e maestro di spirito
Se è vero che l’indefessa attività imprenditoriale di don Bosco, nelle sue molteplici sfaccettature, sostanzia la sua corrispondenza, non è meno vero che questa ne rivela la ragione di fondo, la  fonte, vale a dire “la fede che si rende operosa per mezzo della carità” (Gal. 5,6). Grazie ad essa ha potuto superare ostilità vere o presunte di avversari, incomprensioni giustificate o meno del clero, abbandoni piuttosto frequenti di collaboratori, momenti non rari di crisi esistenziali, economiche, politiche, ecclesiali.
Nell’epistolario di don Bosco si riflette necessariamente tutta la sua verità di uomo di Dio, di sacerdote zelante, di capace educatore di giovani, di maestro di vita di sacerdoti, chierici, suore, laici, uomini e donne del popolo e dell’aristocrazia.
Invero, tenuta presente l’estrema brevità della massima parte delle sue lettere e le condizioni non facili in cui spesso le scrive  – tempo ridotto, stanchezza fisica e psichica, preoccupazioni costanti, impegni sovrastanti – più che tracciare intense riflessioni o dotti approfondimenti di dottrina spirituale, don Bosco si limita a vergare rapidi accenni alla virtù teologali, lapidarie espressioni di vita cristiana, brevi esortazioni alle usuali pratiche di pietà, fervidi inviti al lavoro, all’ascesi, al  “salvarsi l’anima”. Ma nel loro complesso e nella loro ripetitività permettono di individuare la sua mentalità religiosa, le sue convinzioni teologiche, i suoi atteggiamenti morali, gli obiettivi finali del suo instancabile operare, la sua passione per l’educazione integrale dei giovani.
Con una certa facilità si può inoltre ricavare lo specifico modello di cittadino e di cristiano, di sacerdote e di religioso, di salesiano e di educatore da lui promosso. Se ne rendevano conto gli stessi avversari politici, benché don Bosco si sforzasse di presentare loro semplicemente le finalità sociali, educative e culturali della sua Opera.
Altrettanto si può dire per la conoscenza del Sistema preventivo. Lettere e scritti per direttori salesiani, per singoli confratelli, per suore e giovani offrono molti elementi per completare, arricchire e meglio comprendere quanto altre fonti di indole pedagogica  (Trattatello, Regolamenti, relazioni particolari…), presentano in modo più diretto. Le stesse documentazioni del fallimento dei pur generosi tentativi di fondazioni salesiane stanno a riprova dell’intransigenza di don Bosco nel tutelare i suoi principi pedagogici e difendere la propria prassi educativa. 
Sobrio e laborioso per l'origine, ma anche per scelta, l'educatore di Torino nella sua corrispondenza non entra in diretto dialogo con la pedagogia scientifica dell’epoca, pur conoscendone alcuni esponenti; non si cimenta con complessi trattati educativi, ma si limita a descrivere ai suoi corrispondenti il suo metodo attraverso rapide sintesi, brevi suggerimenti, racconti di esperienze e sogni. 
Ovviamente per una comprensione più profonda e una valutazione decisiva della vita spirituale di don Bosco e del modello educativo da lui proposto le lettere non bastano. Pur sottoposte, come tutte le fonti storiche, all’indispensabile processo ermeneutico, non bastano. Hanno bisogno del confronto e del conforto degli altri scritti di don Bosco, dei suoi discorsi e omelie, delle sue buone notti, delle risonanze dei suoi lettori ed ascoltatori e soprattutto della la sua esperienza di vita, ivi compresi i primi 30-40 anni, raccontati quasi solo dalle Memorie dell’Oratorio.

4.3

Un uomo in carne ed ossa
Soprattutto se considerate in sequenza diacronica o cronologica, le lettere di don Bosco permettono altresì di scoprire altri dimensioni della sua vicenda umana e spirituale.  Nel susseguirsi della corrispondenza emergono infatti i diversi stati di salute del momento, le sue indisposizioni fisiche, i periodi di estrema spossatezza, le sue malattie, le alterne condizioni della vista, della pelle, delle gambe ecc. La stesso discorso vale per le condizioni psicologiche in cui si trova, i suoi stati d’ansia, i momenti di depressione e di euforia, di gioia e di dolore, di speranza e di delusioni. Un attento grafologo potrebbe individuare i diversi momenti psicofisici nei quali qui redige le proprie lettere, che così diventano lo specchio del suo spirito.   
Ad una attenta lettura delle lettere si vede come don Bosco sappia sovente fare appello con squisita delicatezza al cuore del destinatario, con profonda umanità sappia toccare i tasti più sensibili dell’animo umano, che non sempre sono i più teneri, sappia coinvolgere affabilmente il corrispondente nella propria situazione e se stesso in quella del corrispondente.
Franchezza, lealtà, sincerità, onestà di intenti, uniti a qualche furbizia, vanno di pari passo con deferenza, discrezione, umiltà, cortesia, pudore della propria intimità e rispetto dell’intimità altrui; un faire savoir e un  savoir faire  che crea simpatia, empatia e  autentica comunicazione interpersonale. Se, come si die, l’’efficacia della comunicazione epistolare è data dal feed back, per la grande maggioranza dei casi risulta che non è mai esistito un gap tra il messaggio di don Bosco e la risposta del suo destinatario.

4.4

Chiesa e società
Ma il voluminoso epistolario di don Bosco offre anche materiali di studio per quanto siano interessati a ricostruire la storia civile, religiosa, culturale, educativa, addirittura economica dell’Ottocento. Le ideologie dominanti, i movimenti politici, le forze sociali, economiche e religiose in campo, le finalità perseguite e gli esiti raggiunti trovano infatti precisi, anche se limitati, riscontri, nella corrispondenza di don Bosco con molti uomini politici dell’epoca, con le massime autorità della chiesa, con esponenti della società civile e religiosa di tante località italiane, ivi comprese le tre capitali del Regno d’Italia (Torino, Firenze, Roma), con uomini e donne di tutti gli strati sociali. Lungo l’epistolario di don Bosco scorre un insieme di microstorie civili locali e nazionali, di particelle di storia della chiesa in Italia, Europa e America Latina, di umili pagine di storia dei giovani, dell’educazione, della beneficenza, della catechesi e della stampa popolare ecc.

4.5

Fonte linguistica per vari studi
Generalmente ci si trova di fronte a lettere scritte nella massima premura, senza alcuna compiacenza stilistica e letteraria, con l'unica preoccupazione dell'immediatezza del colloquio, della semplicità dell'espressione, della chiarezza del messaggio.  All'immediatezza espressiva fa riscontro la notevole presenza di locuzioni dialettali, di gallicismi e  piemontesismi più o meno scoperti, di anarchia nell'impiego della punteggiatura. Don Bosco scrive alla buona, secondo il modo familiare dei piemontesi di media cultura del suo tempo; nel periodare, talvolta cade in deficienze sintattiche e grammaticali. L’unico ornato retorico è quello applicato di volta in volta secondo i singoli contenuti che lo impongono: informativo, dedicatorio, istruttivo, consolatorio, parenetico, commendatizio, polemico, supplicatorio, anche polemico…; il tutto in un linguaggio diretto, vivo, accessibile al destinatario.

Proprio tali condizioni fanno sì che l’epistolario costituisca anche una fonte linguistica o un esempio di colloquialità tutta privata, tale sia da permettere un’analisi sull’“italiano popolare” o sulla lingua scritta informale, sia da dare il senso dell’alfabetizzazione incipiente e del rapporto tra oralità e scrittura. Dall’osservazione diretta si ricava l’impressione che la dimestichezza quotidiana con lo stesso tipo di messaggio e la carenza di tempo abbia abituato don Bosco a seguire alcune formule costanti, alcuni modi di dire stereotipi. Il suo parlare sembra un po’ sempre uguale e sostanzialmente identico anche quando pare evidente una certa cura della “forma”.

L’epistolario di don Bosco può così essere analizzato alivello contenutistico(scambio di messaggio), a livello relazionale (interpretazione del contenuto) ed a livello personale (creazione di rapporti reciproci, coinvolgimento dei due corrispondenti). Si scoprirà forse che le sue lettere rispondono a moderni criteri di comunicazione che vuole essere efficace, persuasiva e coinvolgente, attraverso la personalizzazione del messaggio, la brevità del testo, la concisione, chiarezza e accuratezza del messaggio, il tono scorrevole, vivace, confidenziale.

 L’epistolario emette dunque segnali in più direzioni e pone diverse possibilità di utilizzazione da parte di linguistici, letterati, storici, semiologi, esperti di comunicazione e informatica, che vi trovano campi d’investigazione seducenti e fecondi. Il computer porta nuove prospettive e possibilità per studiosi. 

Conclusione

Con la mole di dati e di tratti unici nel loro genere, atti ad integrare l’immagine morale e intellettuale del personaggio don Bosco che emerge da altre fonti, l’edizione critica del suo epistolario viene ad essere una decisiva e insostituibile forma d'informazione sul suo “essere” e sul suo “operare”. Permette di costruire una fra le sue migliori fotografie “involontarie”, offrendone un ritratto vivo ed autentico, dai lineamenti più originari, rivissuti, per così dire, dall'interno. A questo punto un’operazione culturale, lunga e anche costosa, come quella in corso ci sembra sia valsa la pena di avviarla tanti anni fa e valga la pena di portarla presto a termine.