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Formazione del Personale Salesiano Noviziato: Torino, 24 Aprile 1939. Atti 93

FORMAZIONE
DEL
PERSONALE SALESIANO
NOVIZIATO
Torino, 24 aprile 1939.

Figliuoli carissimi in G. C.,
Il 10 gennaio 1876, parlando delle vocazioni, il nostro santo Fondatore, dopo aver constatato con gioia il loro costante e rapido aumento, aggiungeva: «Il grande punto però si è che non ci rendiamo indegni dei favori e delle grazie del Cielo. Finchè si conserverà il vero spirito, la Congregazione andrà avanti a gonfie vele» (1).

Ora è precisamente per contribuire alla conservazione del buono spirito ch´io mi accingo oggi a trattare, con una certa ampiezza, l´importante tema del Noviziato. I novizi, o ascritti come sono chiamati nelle Costituzioni, furono sempre oggetto di cure del tutto particolari da parte del nostro santo Fondatore. Il 10 gennaio, scrivendo a Don Barberis, egli li chiamava « pupilla degli occhi suoi, gaudio e corona del suo cuore », e si augurava « che lo avessero a consolare sempre colle gioie della loro condotta esemplare » (2).

Se effettivamente noi formeremo i nostri cari ascritti secondo il cuore di Don Bosco, e cioè nella purezza e pienezza del suo spirito, noi avremo assicurato un fecondo e glorioso avvenire alla nostra Congregazione. Perchè questo augurio abbia a tradursi in consolante realtà, v´invito a riconsiderare con me le prescrizioni della Chiesa e quelle contenute nelle Costituzioni e nei Regolamenti, riguardanti i noviziati e gli ascritti, alla luce degl´insegnamenti del nostro grande Padre.

1. - ENTRATA IN CONGREGAZIONE
Chiunque faccia domanda di entrare nella nostra Società e venga accettato, deve fare, a norma delle nostre Regole, la prima prova, quella cioè dell´aspirantato. Questo punto fu svolto ampiamente parlando degli Aspiranti (3): ed il presente richiamo non ha altro scopo che di esortare gl´Ispettori a vigilare preventivamente ed i Direttori e Maestri dei noviziati ad esaminare coscienziosamente i documenti dei singoli ascritti per assicurarsi che ogni cosa sia stata fatta giusta le prescrizioni delle leggi canoniche e delle nostre Regole.

In alcuni Istituti per incominciare il postulato si esigono quasi tutte le condizioni richieste per l´ammissione al noviziato. Questa norma preventiva ha lo scopo di impedire, fin dall´inizio,.l´ingresso a coloro che non potessero poi essere ammessi al noviziato, evitando così sgradevoli sorprese e perdite di tempo e di danaro.

Per questo motivo credo necessario elencare, sulla scorta dei canoni e a titolo di richiamo, le condizioni necessarie per l´ammissione e gli impedimenti che la rendono invalida o illecita.

Il can. 538 dice che « qualunque cattolico che non abbia legittimi impedimenti, che sia mosso da retta intenzione e sia in grado di compiere i doveri della Religione alla quale vuole essere ammesso, può essere accettato ».

Quali sono tali impedimenti?
Il can. 542 dice che sono ammessi invalidamente al noviziato:
1°- Quelli che hanno aderito ad una stata acattolica;
2° - Quelli che non hanno l´età richiesta (15 anni compiuti);
3° - Quelli che entrano in religione indotti da violenza, da grave timore o da inganno; come pure quelli che il Superiore riceve indotto allo stesso modo;
4° - Ogni coniugato, durante il matrimonio;
5° - Quelli che sono o sono stati legati dal vincolo della professione religiosa;
6° - Quelli cui sovrasta qualche pena pér un grave delitto commesso o di cui furono o possono essere accusati;
7° - Ogni Vescovo, sia residenziale sia titolare, quantunque sia stato solo nominato dal Romano Pontefice;
8° - I chierici che per disposizione della Santa Sede sono tenuti con giuramento a prestare l´opera loro in bene della propria diocesi o delle missioni, per quel tempo che dura l´obbligo del giuramento.

Sono illecitamente ammessi al noviziato:
1° - I chierici ordinati in sacris senza  consultar prima l´Ordinario o nonostante che egli si opponga, perciò la loro partenza torna in grave danno delle anime, che non si possa evitare in altro modo;
2° - Quelli che sono carichi di debiti, cui non sono in grado di pagare;
3° Quelli che hanno da rendere dei conti o che si trovano impigliati in affari secolareschi, in modo che la Religione possa temere delle liti o delle molestie.

4° - I figli, i quali debbono aiutare i parenti, cioè il padre o la madre, o l´avolo o favola che si trovano in grave necessità, ed i parenti, la cui opera sia necessaria per sostentare ed educare i figliuoli;
5° - Quelli che nella Religione sono destinati al sacerdozio, dal quale però ne siano rimossi per una irregolarità o qualche altro impedimento canonico;
6° - Gli. Orientali nelle religioni di rito latino, senza la licenza scritta della Sacra Congregazione per la Chiesa Orientale.

Anche nelle nostre Costituzioni, art. 176, è detto espressamente che nessuno venga ammesso al noviziato se non sia immune da qualsiasi dei legittimi impedimenti enumerati nel canone 542, che sono appunto quelli testè ricordati. Inoltre l´articolo 177 aggiunge che « per ammettere novizi che abbiano qualche irregolarità e che vogliano abbracciare lo stato ecclesiastico, si richiede la dispensa dall´Apostolica Sede ».

Gli impedimenti che costituiscono irregolarità per gli aspiranti al sacerdozio sono enumerati nei canoni 984-985 del Diritto canonico (4).

Nelle case di aspirantato, nel periodo del postulato, ma soprattutto quando si debba procedere all´accettazione degli ascritti, si abbiano presenti le norme suindicate per evitare noie e disgusti ai candidati e alla Congregazione.

2. - LA RESPONSABILITÀ DELLA SCELTA
I Direttori, gli altri superiori delle case di formazione, e in modo particolare l´Ispettore e i suoi consiglieri, pensino alla grande loro responsabilità quando dovranno procedere all´ammissione degli ascritti.

La negligenza, l´inconsideratezza od anche solo una soverchia condiscendente bonarietà a questo proposito potrebbero condurre l´Istituto alla rovina. Nessuno dia il suo voto prima di essersi formato un´idea chiara circa l´idoneità o meno del soggetto. Non si richiede per certo una sicurezza matematica: è però necessaria una sicurezza morale, basata su ragioni positive attinte dall´attento esame della condotta dei candidati.

Santa Teresa di Gesù scrisse che «la scelta e l´ammissione dei novizi è non solo un affare della più alta importanza, ma che da esso dipende il bene dell´Ordine ». Per questo essa voleva che ogni religioso se ne preoccupasse seriamente, e che, prima di decidere, si raccomandasse al Signore, e nel decidere s´innalzasse al disopra di ogni considerazione umana (5).

« Considerate, osserva ancora a questo proposito la stessa Santa, che i religiosi destinati a vivere insieme, a sopportarsi vicendevolmente, a soffrire tutto ciò che di disagio ha anche la vita religiosa, provano una grande pena allorchè dovranno riconoscere di essersi ingannati nell´ammissione di qualche soggetto» (6).

Don Bosco, era d´avviso che, . quando si avessero positive ragioni di dubitare della bontà del soggetto, fosse assai meglio respingerlo, anzichè esporsi al pericolo di ammettere un indegno.

Santa Giovanna di Chantal vuole che l´esame sia fatto molto seriamente, e dice appunto ciò ch´io riudii ripetutamente dal Santo Padre Pio XI, e cioè che, « una volta avvenuta l´accettazione, si trovano poi troppi pretesti per non rimandare il candidato., e così si finisce per tenere in Congregazione soggetti che la trascineranno man mano alla rilassatezza ». È meglio vigilare alla´ porta d´entrata: da questa diligente vigilanza dipende l´onore della Congregazione. « Nel nome di Dio, continua la Santa, vi prego di tenere fermo su tale riguardo. Vorrei scrivere ciò col mio sangue, tanto è importante » (7).

S. Francesco di, Sales voleva che si procedesse con maggior ponderazione nell´ammettere al noviziato che al postulato. Eppure egli suppone che, nel periodo del postulato, si sia studiato diligentemente il soggetto per conoscerne l´indole, il carattere, le abitudini, le tendenze e le passioni. Inoltre consiglia di fare ai candidati delle chiare esortazioni sulle rinunzie che dovranno compiere, spiegando loro che debbono essere disposti a lasciarsi configgere con Gesù sulla croce mediante la mortificazione dei sensi, della fantasia, della volontà, del cuore. « Se pensate, dice il Santo, di essere venuti per godere maggior riposo che nel mondo, v´ingannate a partito: noi invece siamo qui adunati per attendere con diligenza a sradicare dall´animo le cattive inclinazioni, a correggere ;i nostri difetti, ad acquistare le virtù: ma benedetta questa fatica che ci procurerà il riposo eterno » (8).

S. S. Leone XIII così parlava nel 1887 a Don Bosco, ch´era accompagnato da Don Rua: « A voi e al vostro vicario mi preme di raccomandare che siate solleciti, non tanto del numero dei Salesiani, quanto della santità di quelli che già avete. Non è il numero che aumenta la gloria di Dio, ma la virtù, la santità dei soci. Perciò siate molto cauti e rigorosi nell´accettare nuovi membri nella Congregazione: badate anzitutto che sieno di moralità provata » (9). Lo stesso Sommo Pontefice diceva più tardi a Don Rua: « Dai novizi dipende in massima parte il buono o cattivo andamento dell´intera Congregazione. Bisogna stare attenti che non entri nessuno che abbia cattivo spirito ».

3. - DUE SCOGLI DA EVITARE
Nell´accettazione degli ascritti si debbono evitare due scogli: l´eccessiva severità e l´eccessiva larghezza. Purtroppo in generale si è più portati all´eccessiva facilità nell´ammettere i meno degni che all´eccessiva severità nell´escludere i soggetti degni. Ed è anche vero che non sempre nè da tutti si è in grado di conoscere la vera virtù, che talvolta può confendersi colla parvenza e sotto la larva di essa. « Non abbiate fretta, insiste ancora santa Giovanna di Chantal, e state sicuri che i soggetti degni non vi mancheranno. Se non fate così, le vostre case saranno ben presto ripiene di povertà spirituale e temporale » (10).

Un giorno il nostro santo Fondatore chiedeva a Don Cagliero quanti fossero i Salesiani. Egli, che tutti li conosceva uno ad uno, non aveva certamente bisogno di saperne il numero da Don Cagliero. Con quella domanda intendeva piuttosto mettere sull´avviso quel suo caro discepolo che non è il numero, ma bensì la qualità dei soggetti che deve starci a cuore, perchèvi possono essere dei soggetti che portano il nome di religiosi senza averne le virtù e lo spirito.

Ora è precisamente quando si tratta delle ammissioni che non dobbiamo lasciarci trascinare dalla febbre del numero. I soggetti non si contano, ma si pesano: il numero può essere la causa dei maggiori disastri. Un esercito di soldati non selezionati e mal preparati va più facilmente a sicura sconfitta.

- Per questo dai maestri di perfezione la troppa facilità nell´accettazione dei soci è considerata come il male più grande per una famiglia religiosa. S. Ignazio, negli ultimi anni della sua vita, ripeteva sovente: « Se desiderassi di aver prolungata la vita, sarebbe per raddoppiare di sorveglianza nella scelta dei nostri soggetti» (11). santa Teresa avrebbe voluto che in tutti i candidati vi fossero tali doti da essere capaci e degni di divenire superiori. Ciò non potrà mai avverarsi; ma l´aspirazione della Santa c´indica con quanta accuratezza debba farsi la selezione.

S. Tommaso fa poi osservare che il Superiore, non deve accontentarsi di non saper nulla di male a riguardo del candidato, ma ch´è dover suo accertarsi della bontà positiva di esso (12).

Presso di noi la selezione diviene fortunatamente di anno in anno più accurata, e se ne avvertono i benefici effetti. E poichè l´umile nostra Società, benedetta da Dio in modo veramente straordinario, vede aumentare costantemente in notevole misura i suoi membri, urge raddoppiare la diligenza per salvaguardarne la compagine e l´avvenire con soggetti degni.

Per buona ventura anche su questo punto non abbiamo che da seguire le direttive e gli esempi del nostro " santo Fondatore.

Per l´accettazione di un ascritto egli esigeva generalmente tre cose: nel Superiore, conoscenza esatta del soggetto; nel soggetto, grande confidenza col Superiore; e soprattutto moralità sicura (13). « Certuni che facevano dipendere la loro risoluzione dai genitori, vennero consigliati da Don Bosco a non entrare in Congregazione, benchè fossero buoni e dessero speranza di riuscita » (14). Sopra un punto di tanta importanza, Don Bosco voleva la maggior libertà di scelta.

Durante il terzo Capitolo generale, discutendosi di ordinamenti professionali e di vocazioni religiose tra gli artigiani, si parlò anche della necessità di allontanare certi soggetti. Don Bosco prendendo la parola disse che conveniva fare come coloro che vagliano il grano. « Una volta, soggiungeva, vedendo vagliare il grano e molte persone occupate in questo, dissi: — Voglio imparare anch´io a vagliare il grano. — Ebbene, mi si rispose, faccia così come facciamo noi. — Vi era uno che teneva un sacco e versava nel crivello. Scotendosi il crivello cascavano di sotto tanta terra e pietruzze, che io credevo bell´e finita l´operazione. Ma quel grano si passava in un secondo crivello, ed ecco cadere altrettanto loglio. Allora credetti che bastasse; eppure no. Un terzo crivello scartò ancora materie eterogenee. — Ma ora basta, feci io; altrimenti è un perder tempo! — No, veda, osservi bene. Questo frumento non è purgato; questi granelli che sembrano abbastanza buoni, se fa bene attenzione, scoprirà che sono guasti. Non si può vagliare col solo crivello, ma bisogna aver pazienza e, con le proprie mani, levar tutti questi granelli, che guasterebbero la futura messe» (15).

È vero, anche il nostro "buon Padre aggiungeva che non si deve cadere in esagerazioni di rigore; ma dalle sue parole balza fuori assai chiaramente il suo pensiero, ch´è quello di usare somma vigilanza e accurata selezione.

Nella Instructio, pubblicata d´ordine di S. S. Pio XI per impartire precise disposizioni intorno alla formazione clericale e religiosa, è detto che, « nella stessa guisa che la bellezza dei fiori e delle piante dipende dalla cultura e dal lavoro che vi si spende attorno, così la prosperità delle Congregazioni dipende dalla formazione degli alunni» (16). Stabilito questo principio l´Istruzione non solo raccomanda la massima diligenza e prudenza nell´accettazione dei candidati, evitando ogni precipitazione e volendo che si assumano le più ampie informazioni, ma ricorda ai superiori la tremenda loro responsabilità qualora procedessero alla cieca o leggermente.

E qui è bene notare che, trattandosi di soggetti per la nostra Società, non basta avere un´idea generale del candidato, ma è necessario esaminare se abbia le doti che lo rendano atto alla nostra peculiare missione: e cioè salute, scienza, buon criterio, attitudini pedagogiche, carattere aperto e serenamente allegro, generosità nel lavoro e nei sacrifici, profonda pietà eucaristica, e soprattutto .quella santità ch´è purezza, e che deve costituire la caratteristica dei figli di S. Giovanni Bosco.

E poichè la responsabilità principale dell´ammissione al Noviziato gravita sull´Ispettore, è bene ch´egli faccia frequenti visite alle case di aspirantato, che vi si trattenga coi candidati, ed esorti i superiori a coltivarli e studiarli diligentemente. Soprattutto poi esiga che l´esame di ammissione sia fatto con serietà e libertà di giudizio, affinchè ognuno possa dare il proprio voto con vera conoscenza del soggetto. Certe votazioni stentate e stracche mentre lasciano perplessità e timori nei votanti, possono riservare alla Congregazione dolorose sorprese.

4. - PRATICHE PER L´AMMISSIONE
Il candidato che desidera entrare nella nostra società deve presentare questi documenti:

  1. La domanda fatta per iscritto al direttore della casa ove l´aspirante fece la prima prova;
  2. Attestato di legittimi natali;
  3. Attestato di battesimo;
  4. Attestato di crestina;
  5. Certificato di buona condotta rilasciato dal parroco;
  6. Lettere testimoniali dell´Ordinario di origine, e d´ogni altro Ordinario nel cui territorio abbia dimorato oltre un anno moralmente continuo, dopo compiuto il quattordicesimo anno di età (17);
  7. Attestato di studi compiuti;
  8. Attestato di vaccinazione recente;
  9. Pei candidati provenienti da seminari o da collegi, come pure per chi fu già postulante o novizio in un altro istituto religioso, si richiedono inoltre rispettivamente le lettere testimoniali del Rettore del seminario, ovvero del Superiore (se non generale, almeno provinciale), dell´istituto di provenienza (18);
  10. Se si tratta di chierici propriamente detti si richiedono, oltre l´attestato di ordinazione, le lettere testimoniali degli Ordinari nelle cui diocesi abbiano dimorato´ oltre un anno moralmente continuo dopo ricevuta l´ordinazione, salvo sempre quant´è prescritto nel numero precedente;
  11. Per gli aspiranti che hanno compiuto gli ann 8 d´età e non provengono da un seminario o collegio si richiede pure il certificato di stato libero e la fedina penale.

I certificati che abbiamo elencato si richiedono per gli ascritti studenti e coadiutori. Per questi ultimi però, invece dell´attestato di studio, si richiede quello di sufficiente abilità od almeno di compiuto tirocinio con esito buono, nella propria arte. Si avverta infine che per ammettere come aspirante un religioso che, per indulto apostolico ottenga di passare da un altro istituto alla nostra Società, è sufficiente un attestato del Superiore Maggiore (generale o provinciale) dell´Istituto di provenienza (19).

5. - OSSERVAZIONI RIGUARDANTI I DOCUMENTI
I documenti devono essere, tutti senza eccezione, in possesso dell´Ispettore prima della discussione, acciocchè egli ed i consiglieri ispettoriali li possano esaminare diligentemente.

Non è lecito accettare ascritti di cui non si abbiano tutti i documenti. Nè basta dire: e furono richiesti, verranno presto; frattanto però il novizio può incominciare il noviziato ». Questo procedere, oltrecchè essere contrario a tassative disposizioni canoniche e regolamentari, può riservarci sgradevoli sorprese, le cui conseguenze saranno forse irrimediabili. È bene pertanto che l´Ispettore insista presso i direttori delle case di aspirantato, affinchè preparino per tempo tutte le carte.

Le informazioni da chiedersi nelle lettere testimoniali sono elencate nel can. 545, § 4. Gli Ordinari, dopo aver fatte diligenti indagini, anche in via confidenziale, devono, nelle loro lettere testimoniali, riferire circa i natali dell´aspirante, i costumi, l´ingegno, la vita, la fama, la ´ condizione, la scienza: se sia colpito da qualche censura, irregolarità od altro impedimento canonico; se la sua famiglia sia bisognosa di aiuto; e finalmente, qualora si trattasse di soggetti vissuti in seminario, in collegi o che avessero fatto il postulato o il noviziato in altre religioni, per quali motivi ne sieno usciti o ne sieno stati allontanati.

Il Codice stabilisce che resti gravemente onerata la coscienza dei Prelati sulla verità delle loro asserzioni; per lo stesso motivo le lettere testimoniali devono essere confermate con giuramento. Qualora poi il superiore, cui furono richieste, rispondesse di non conoscere sufficientemente il candidato, l´Ispettore supplisca chiedendo informazioni confidenziali a persone degne di fede. Se poi l´Ispettore non ricevesse risposta, ne informi il Rettor Maggiore.

Non basta però essere in possesso dei documenti; ma è necessario vigilare e insistere perchè sieno tutti esaminati con vera diligenza. Se per trascuratezza si ammettesse qualche soggetto indegno, si farebbe un torto, non solo alla Congregazione, ma anche al candidato, esponendolo a perdite di tempo, di danaro e forse della sua stessa riputazione.

Un´attenzione particolare dev´essere rivolta alle condizioni fisiche per evitare l´accettazione di soggetti con tabe ereditaria — scrofola, epilessia, affezioni polmonari, malattie mentali, ecc., — o minacciati da gravi malori. La vita di comunità, essendo vita di sacrifizio, esige costituzioni robuste` e libere da difetti, vizi organici, debolezze e morbosità.

Un decreto della S. C. dei Vescovi e Regolari del 28 giugno 1901 stabiliva che u una delle condizioni necessarie per essere ammessi in religione è quella di avere una sanità sufficiente per adempiere tutti gli obblighi dell´istituto ». Ora è bene ricordare che la missione del Salesiano e lo speciale lavoro ch´egli deve compiere richiedono una salute a tutta prova. Conviene pertanto non ammettere i soggetti, se non dopo accurata visita sanitaria ed aver ottenuto serie assicurazioni da un medico che conosca bene le esigenze della nostra vita.

Sopra un altro punto è bene fare un esame diligente, ed è quello delle doti intellettuali del candidato. Non si può esigere che tutti sieno d´ingegno eletto, ma non si può neppure prescindere da una abbondante sufficienza. In certi casi non basteranno forse i voti delle pagelle per farsi un adeguato giudizio del soggetto; e allora sarà bene chiedere speciali informazioni a tranquillità della propria coscienza, o ricorrere a previi esami.

Vi è poi una categoria di soggetti, che non si dovrebbe mai accettare nella nostra Società: quelli cui sia manata affatto l´educazione cristiana nella famiglia. Vi potranno essere delle lodevoli eccezioni; ma l´esperienza sta ad ammonirci ch´è difficile colmare la lacuna della mancata prima educazione cristiana. Sarà facile talvolta supplire alle deficienze di un´educazione civile; ma difficilmente si avrà una base su cui appoggiare l´edilizio religioso, ove manchi il fondamento delle virtù cristiane sbocciate al calore di un´educazione familiare pervasa di fede. Nè basterà in molti casi il lavoro dei Superiori o l´ambiente della comunità per trasformare chi ebbe la sventura di crescere in un focolare privo di luce spirituale e di calore di pietà: è anzi da temere che quel poveretto eserciti una funesta influenza, su coloro che lo circondano. Vi possono essere consolanti eccezioni; ma si ricordi che in questo punto è doveroso procedere con grande, circospezione. Una particolare vigilanza dev´essere pure rivolta ai soggetti già adulti: qui è bene stare in guardia per non lasciarci lusingare nè da titoli accademici nè da miraggi finanziari.

Prima di chiudere quest´argomento è utile richiamare il can. 546, che ricorda lo stretto obbligo di mantenere il segreto circa le notizie avute e le persone che le diedero. L´Ispettore ritorni di quando in quando su quest´argomento.

6. - LE VOTAZIONI PER L´AMMISSIONE AL NOVIZIATO
La prima votazione si fa nella casa ove l´aspirante fece i suoi studi o l´aspirantato: di essa si parlò nella circolare n. 78, a pag. 127. La seconda si fa dall´Ispettore in unione dei suoi consiglieri. A questo ´proposito giova ricordare che i consiglieri del Capitolo della casa, in base all´art. 262 dei Regolamenti, hanno solo voto consultivo nell´accettazione degli ascritti: invece i membri del Consiglio Ispettoriale hanno voto deliberativo. Non si pensi però che la prima votazione debba considerarsi di poca importanza: al contrario essa ha in generale un valore quasi decisivo, perchè i consiglieri ispettoriali devono logicamente, nella quasi totalità dei casi, servirsi delle notizie, dei giudizi e naturalmente della votazione dei membri dei capitoli delle case per formarsi una giusta idea dei candidati e decidere della loro idoneità.

Conviene pertanto che ambedue le votazioni sieno fatte con grande ponderatezza e diligenza, e a tal fine si ricordino opportunamente le norme già date. Non si abbia /retta, specialmente se i candidati sono molti: sono queste le azioni più importanti che un Salesiano possa compiere a vantaggio della Società. Tutto sia diligentemente esaminato e discusso, affinchè la votazione riesca veramente cosciente e dia sicuro affidamento pel nostro avvenire.

7. - LA CASA DI NOVIZIATO
Prima di parlare dell´entrata degli ascritti nella casa di noviziato, sarà bene parlare dell´erezione canonica del Noviziato stesso e delle norme che devono regolarne il retto andamento.

L´articolo 190 delle Costituzioni dice che: « il Rettor Maggiore, col consenso del Capitolo Superiore, esaminerà in quali case sieno da stabilirsi i noviziati: ma non potrà mai erigerli senza la licenza della S. Congregazione dei Religiosi ».

Il canone 554, § 1 vuole che, « la casa di noviziato sia eretta a norma delle Costituzioni », e aggiunge che, « trattandosi di religione di diritto pontificio, per erigerla è richiesta la licenza dell´Apostolica Sede ».

Risulta pertanto che, per aprire una casa di noviziato, oltre a ciò che è prescritto dal Codice di Diritto, canonico e dalle Costituzioni per l´apertura di qualsiasi casa, è richiesta una speciale licenza della S. Congregazione dei Religiosi.

In generale da noi si segue questa prassi. Quando un ispettore, d´accordo col suo Consiglio, ha stabilito d´erigere un noviziato, ne studia il progetto, esaminan~Yo quale sia il luogo più adatto alla buona formazione dei novizi. È bene fare questo studio . con molta ponderazione, perchè il Codice stabilisce che, qualora il noviziato dovesse trasferirsi in altro luogo, si richiede un nuovo permesso della S. Sede. Determinato il luogo e le altre modalità, l´Ispettore propone l´erezione al Rettor Maggiore, il quale la discute coi membri del Capitolo Superiore. Se la proposta viene approvata, se ne informa l´Ispettore affinchè chieda il permesso all´Ordinario del luogo. Avuto il relativo documento lo si manda al Rettor Maggiore, il quale inoltra la domanda alla S. Congregazione dei Religiosi. Ottenuto il Rescritto favorevole, il Rettor Maggiore ne dà esecuzione con apposito Decreto, da redigersi in triplice copia, una per l´archivio del noviziato, la seconda per l´archivio Ispettoriale, la terza per l´archivio generale delle Società. Il noviziato rimane effettivamente eretto con la data del decreto di erezione canonica.

Si avverta che il già citato canone 554 al § 20 vieta che nella stessa Ispettoria. si apra più di un noviziato, a meno che ciò sia richiesto da gravi ragioni e si ottenga uno speciale indulto apostolico.

8. IL PRIMO NOVIZIATO DELLA CONGREGAZIONE
In queste circolari, che sono documenti di famiglia, non mi pare sia fuori di proposito accennare agli umili inizi dei nostri noviziati, non solo a comune edificazione, ma per stimolarci alla riconoscenza verso Dio che volle, in modo veramente meraviglioso, benedire l´umile nostra Società. Ecco come ce ne parla l´indimenticabile D. Giulio Barberis, primo maestro dei novizi, eletto dallo stesso Don Bosco ed entrato in carica il 7 novembre 1874.

« A Torino il primo noviziato incominciò all´Oratorio medesimo in una camera segregata al primo piano, presso la scaletta del campanile della chiesetta di S. Francesco di Sales: camera che, adoperata poi come scuola, indi come refettorio dei Superiori, fu in seguito occupata dal Direttore della casa » (20). Dopo due anni fu stabilito pel noviziato un cortile a parte nel lato occidentale della casa, e si fece servire da sala del noviziato la, • medesima grande sacrestia di Maria Ausiliatrice, quella che prima dell´ampliamento trovavasi al lato occidentale della chiesa e serviva per camera del clero degli artigiani.

S´era agli inizi e il nostro santo Fondatore, col suo grande spirito di adattabilità alle circostanze, si accontentava anche delle forme più modeste, studiando e dandosi attorno nel frattempo per dare alle cose la voluta sistemazione.

Infatti nel 1879 il noviziato fu trasportato nella casa di San Benigno ove era possibile, non solo una maggiore separazione, ma anche una cura più assidua dei novizi in locali e con personale ad essi particolarmente destinati.

Quando poi gli ascritti raggiunsero un numero assai considerevole venne destinata ai chierici una casa speciale a Foglizzo.

Ricordando quegli umili inizi e soprattutto gli sforzi ed i sacrifizi del nostro santo Fondatore, proponiamoci di seguire i suoi esempi lavorando pure noi con amore fattivo e pratico interesse in favore dei noviziati: ciascuno, nella sua sfera di azione, si stilli onorato di poter procurare alle case di noviziato ascritti e mezzi per formarli al nostro apostolato.

9. - SPECIALI CONDIZIONI DELLA CASA DI NOVIZIATO.

Abbiamo visto che il noviziato può essere costituito presso un´altra casa od anche formare una casa a sè, del tutto separata dalle altre.

Particolari circostanze suggeriranno ciò che meglio convenga. Se l´ispettoria è incipiente, oppure non ha speranza di poter avere anche in seguito un numero notevole di ascritti, sarà forse meglio collocare il noviziato a fianco di un´altra casa con relativa economia di spese e di personale. Ma anche in questo caso si ricordino le prescrizioni del canone 564, § 1, riprodotte dall´articolo 191 delle Costituzioni, ov´è detto che, « il noviziato sia, per quanto è possibile, separato da quella parte della casa in cui dimorano i professi, cosicchè, senza speciale motivo e senza il permesso del superiore e del maestro, i novizi non abbiano relazione coi professi, nè questi coi novizi ».

Quando invece si vorrà che il noviziato costituisca una casa a sè, sarà bene scegliere anzitutto un luogo salubre, studiare il buon orientamento e la conveniente distribuzione dei locali, procurando inoltre che non manchi un po´ di campagna, anche per occuparvi, in certe ore, i confratelli coadiutori. In tutte le nostre case, ma specialmente nei noviziati, la cappella_ sia effettivamente il cuore della casa: la sua ben studiata ubicazione, l´ampiezza, la forma, l´attrezzatura siano tali da permettere lo svolgersi decoroso delle funzioni liturgiche e da contribuire al fomento della soda pietà eucaristica.

Anche gli altri ambienti, e cioè il dormitorio, lo studio, le aule pei chierici e pei coadiutori, il refettorio, la prefettura, il parlatorio, i piccoli laboratori, la cucina, le dispense, tutto insomma sia pedagogicamente distribuito e tenuto con proprietà e nel massimo ordine. Così pure gli uffici ove il Direttore e il Maestro ricevono gli ascritti siano di facile accesso e arredati con quelle norme di povertà che irradino luce di buon esempio. Si avverta che gli uffizi non devono mai essere camere da letto: le porte degli uffizi abbiano sempre i vetri trasparenti.

10. - NOVIZIATO UNICO
Il canone 554, § 20, stabilisce che, nelle congregazioni divise in Province o Ispettorie, non vi possano essere, in ciascuna ispettoria, più noviziati, se non per gravi cause e con particolare indulto apostolico.

Qualcuno potrebbe domandare se, nella nostra Società composta di chierici e di coadiutori, vi debbano essere due noviziati distinti, uno pei chierici e l´altro per i coadiutori.

In non poche riunioni, tenutesi per trattare delle case di noviziato, questa questione fu oggetto di particolare studio: anzi si fecero anche qua e là diverse prove per avere i dettami dell´esperienza. La conclusione fu pel noviziato unico, e ciò per parecchie ragioni. Anzitutto premettiamo che, quantunque il canone 564, § 2° stabilisca che nel noviziato sia assegnato ai conversi un posto separato, nella nostra Società non esiste di fatto quella differenza che si avvera in altri ordini religiosi, tra i chierici e i coadiutori. Inoltre, precisamente per rendere sempre più forte l´unione tra tutti i soci, è bene affratellare, fino dal noviziato, i chierici e i coadiutori, essendo che essi dovranno poi ritrovarsi costantemente a contatto nei nostri istituti per attuarvi il programma salesiano nelle molteplici sue estrinsecazioni. La separazione nel noviziato potrebbe quasi avere il sapore, se non il significato, di una diversità di ideali, mentre invece i figli di S. Giovanni Bosco hanno bisogno di affiancarsi, di completarsi, di procedere fraternamente uniti nell´attuazione delle identiche finalità della loro missione. Il coadiutore salesiano, anche se non è sacerdote, è e dev´essere anzitutto un educatore, e questo suo apostolato egli dovrà compierlo con identità di intenti e generalmente nello stesso campo dell´Oratorio festivo, delle Scuole professionali e agricole, delle Missioni, nell´assistenza, nella scuola, nel laboratorio, a fianco e in unione de´ suoi fratelli sacerdoti e chierici a vantaggio delle stesse anime.

È bene pertanto che i chierici e i coadiutori abbiano la stessa formazione spirituale, ascoltino le stesse norme e direttive pedagogiche, si abituino a vivere affratellati, a conoscersi, ad amarsi, a capire insomma che, nel pensiero di S. Giovanni Bosco, essi non sono elementi separati, o comecchessia divergenti, ma gli eredi, gli strumenti, gli esecutori di uno stesso divino programma, destinati ad essere poi i partecipi e possessori fortunati di uno stesso premio.

È sapiente disposizione pertanto quella che unisce e stringe i nostri chierici e coadiutori durante il noviziato in quella cappella, in quelle aule, in quelle funzioni, in quei canti, in quelle ricreazioni, in tutte quelle estrinsecazioni insomma di vita salesiana che costituiscono l´ambiente, la preparazione, il preludio di quella che sarà poi la loro stessa vita nelle case. La carità, che li stringe nel cuore di don Bosco Santo nei giorni indimenticabili del noviziato, sarà sicura caparra della carità che li terrà uniti in seguito e sempre, nei più svariati campi del loro apostolato.

Pertanto la pratica ch´è in uso presso di noi esclude che debba applicarsi ai religiosi della Società il canone 558 ove si dice che « nelle religioni; nelle quali vi sono due classi di membri, il noviziato fatto per una categoria non è valido per l´altra »: nella nostra Congregazione v´è una sola categoria di soci. La accidentale diversità delle attribuzioni altro non fa che integrare, perfezionare e rafforzare l´omogeneità delle finalità e del corpo stesso della Congregazione. D´altronde l´articolo 12 delle Costituzioni, parlando della forma della Società, dice espressamente che la nostra Società consta di ecclesiastici e di laici, che conducono la stessa vita comune, stretti dal vincolo della carità fraterna, che li unisce in guisa da formare un cuor solo ed un´anima sola, per servire ed amare Iddio.

Naturalmente l´unione nello stesso noviziato dei chierici e dei coadiutori esige che, nell´attrezzare la casa che li deve accogliere, si tenga conto di tutto ciò ch´è richiesto per la conveniente formazione delle diverse categorie dei nostri coadiutori, provenienti dalle Scuole professionali, agricole e dalle altre case e ´mansioni. Non è il caso di organizzare dei veri e grandi laboratori, anche perchè le ore destinate agli esercizi manuali sono piuttosto ridotte. In pratica s´è visto ch´è relativamente facile provvedere il fabbisogno dei sarti, calzolai, falegnami, scultori; anche per i meccanici ed elettricisti si può man mano, avere gli elementi più indispensabili. Per tutti poi, e particolarmente per gli allievi delle scuole del libro, si dia maggior comodità di esercitarsi nel disegno. Gli agricoltori avranno modo di lavorare nell´orto, nel giardino e nelle industrie agricole: gli altri coadiutori potranno dare un aiuto efficace nelle svariate faccende domestiche.

L´essenziale si è che sia ben studiato l´orario e la conveniente. distribuzione del lavoro, come pure la necessaria assistenza. perchè tutto proceda bene. Si faccia in modo che le occupazioni si avvicendino serenamente e costantemente. Una organizzazione difettosa o stracca potrebbe ingenerare disordini o quella funesta svogliatezza ch´è l´anticamera dell´ozio, causa di tanti mali.

11. - IL DIRETTORE DEL NOVIZIATO
L´articolo 268 dei Regolamenti dice che «in via ordinaria non si dia la carica di direttore al maestro degli ascritti ».

In passato, per scarsità di personale, si affidò talvolta al Maestro dei novizi anche la carica di Direttore, specialmente quando il noviziato costituiva una piccola casa a sè.

Ma lo spirito e la lettera  del canone 559 vogliono che il Maestro sia libero da oneri e occupazioni che possano impedirgli la cura dei novizi. Per questo, nelle già accennate riunioni dei Direttori e Maestri di noviziato, dopo aver esaminato questo punto alla luce dell´esperienza, si vide la convenienza di liberare il Maestro dei novizi dalla direzione, salvi casi veramente eccezionali.

Le difficoltà che potrebbero addursi sono più apparenti che reali. Infatti non vale dire che il direttore in -mia piccola casa di noviziato avrebbe poco da fare, perchè, oltre ad occuparsi dell´andamento generale della casa, egli potrebbe prestarsi per l´insegnamento di parecchie materie che fanno parte, del programma del noviziato. Neppure vale prospettare il pericolo di disaccordo tra il Direttore e il Maestro. È vero, ovunque vi sieno molteplici autorità è sempre possibile qualche divergenza o contrasto: anzi questo pericolo generico può essere maggiore quando la duplice autorità si svolga in uno stesso campo, specialmente se ristretto, con inevitabili interferenze. Ma una consolante esperienza ci dimostra che il suaccennato pericolo è assai minore di quanto possa sembrare. Identica difficoltà fu prospettata, in altri tempi, quando si ebbero nelle case ispettoriali due autorità: l´Ispettore e il Direttore; ed, in certe case, il Direttore e il Parroco. Fortunatamente la buona volontà dei figli di Don Bosco ha fatto sparire e saprà superare anche in seguito le suaccennate difficoltà. Lo stesso si può dire ormai delle case di noviziato ove si trovano il Direttore e il Maestro. Fu rilevato giustamente che tali situazioni si risolvono con due elementi: la carità e l´umiltà praticata da ambe le parti. Se, anzichè accampare diritti, si pensa a compiere, da tutti e diligentemente, i propri doveri, allora regna la pace e con essa l´efficacia e la fecondità del lavoro.

D´altronde altri incovenienti e non minori si avrebbero nei noviziati dove il Maestro rivesta la carica di Direttore. Anzitutto egli sarebbe inevitabilmente distratto da non poche preoccupazioni, che toglierebbero tempo e forza alla sua particolare mansione. Inoltre egli si vedrebbe forzatamente trascinato ad occuparsi d´affari finanziari e disciplinari, con scapito di quella paterna spiritualità che deve costituire la caratteristica del Maestro dei novizi. Infine, siccome in generale le case di noviziato sono di loro natura piuttosto piccole, non sarebbe facile poter avere in esse. il prefetto, il catechista ed il consigliere scolastico, mancandovi il lavoro sufficiente. Da ciò nascerebbe il grave inconveniente di avere assommate quasi tutte le cariche in una sola persona, quella cioè del Direttore-maestro, sul quale .verrebbe a pesare la pressochè totale responsabilità, non solo della formazione, ma anche dell´ammissione dei novizi alla professione.

Pertanto, pur non volendo escludere in modo assoluto che il Maestro, per circostanze eccezionali, possa anche essere Direttore, tuttavia è bene che ci uniformiamo, con spirito di fede, alle disposizioni canoniche, riservando le eccezioni per casi veramente straordinari. Se il Direttore di una casa di noviziato rileggerà e praticherà attentamente, non solo gli articoli delle Costituzioni e dei Regolamenti che riguardano i direttori in genere, -ma più particolarmente le disposizioni regolamentari dall´art. 269 al 275, sarà facile l´intesa e il perfetto accordo tra le due autorità a vantaggio dei novizi. S´avverta ancora che l´unione e la cordiale fraternità non basta che esistano, ma devono apparire nelle manifestazioni di ogni giorno. Naturalmente potranno esservi a volte differenze di vedute e di valutazione, ma, nel crogiolo della carità, ogni scoria verrà eliminata, senza che ne abbia a perdere l´unità direzione e la cordialità dei rapporti. I frequenti avvicinamenti e scambi di idee fomenteranno l´unione delle menti e dei cuori nell´ambiente dell´umiltà che sa cedere e tacere quando non viene intaccata la sostanza, e nel calore della carità che tutto dona, tutto perdona, tutto dimentica per Iddio e per le anime. Ciò valga specialmente per ciò che riguarda il sermoncino della buona notte che potrebbe farsi alternativamente o . con identica frequenza dal Direttore o dal Maestro; per la corrispondenza dei novizi che il Direttore, volendo, potrebbe anche tralasciare di leggere sapendo ch´è già letta dal Maestro, e per altre circostanze, nelle quali è bene vi sia da ambe le parti una santa gara di cortesie e arrendevolezze.

12. - IL MAESTRO DEI NOVIZI
Le nostre Costituzioni all´articolo 192 dicono che «il Maestro dei novizi sarà eletto dal Rettor Maggiore e dal suo Capitolo, udito l´ispettore e il suo consiglio. Egli durerà in carica tre anni e potrà essere rieletto ».

Per essere eletto a quest´ufficio, è necessario essere sacerdote, avere almeno trentacinque anni d´età, essere professo nella Società da dieci anni, e possedere le doti necessarie e opportune. Queste doti vengono enumerate nel canone 559, ov´è detto che il maestro dei novizi dev´eccellere per prudenza, carità, pietà ed osservanza religiosa.

In passato, pel rapido sviluppo della Congregazione e il conseguente moltiplicarsi dei noviziati, si dovettero chiedere a Roma dispense per alcuni maestri che non avevano l´età canonica. Ora che, grazie, a Dio, il personale ´è più numeroso, sarà bene evitare tali richieste. A proposito dell´età s´avverta che il canone e la regola dicono almeno: il che fa supporre che, nello spirito della Chiesa e della Congregazione, se non si esige, certo si desidererebbe, una età anche maggiore, in vista appunto della maturità ch´esige una carica tanto delicata. D´altronde è bene che, chi debba formare i futuri Salesiani, abbia, non solo una profonda conoscenza di tutto ciò che riguarda la nostra vita, ma che possibilmente tale conoscenza sia frutto di personale esperienza acquistata nelle diverse mansioni della nostra operosità.

Per questo sarebbe opportuno scegliere i Maestri tra quei soci che, negli oratori festivi, nei collegi, nelle scuole professionali o agricole, nelle missioni, ebbero agio di trovarsi a_ contatto diretto colla gioventù nelle condizioni più svariate e difficili del nostro lavoro educativo. In tal modo la formazione avrà tale carattere di praticità da renderla solida e costruttiva.

Il canone 559 enumera, tra le doti del Maestro dei novizi, la prudenza, la carità, la pietà e l´osservanza religiosa.

È impossibile infatti che i Maestri sieno i depositari di quanto di più sacro si racchiude nel cuore degli ascritti, se loro mancasse la prudenza, che di quelle confidenze dev´essere vigile custode.

Le Costituzioni, all´articolo 195, vogliono che il Maestro dei novizi metta il massimo impegno nel dimostrarsi talmente amabile, mansueto e pieno di bontà, che i novizi gli aprano il loro cuore e abbiano in lui tutta la fiducia.. È questa appunto la carità di cui parlano i canoni. Ma invano lavorerebbe il maestro, se venissero a mancare le benedizioni celesti, concesse alla preghiera umile e fiduciosa. Siccome poi il lavoro formativo riceve particolare efficacia dall´esempio, — il quale nell´educazione, se non è, tutto, è quasi tutto — per questo, vuole la Chiesa nostra Madre, che il Maestro risplenda per la sua osservanza religiosa. È bene che i Maestri di noviziato facciano frequenti e seri esami sulle suaccennate virtù, e mettano il maggior impegno per rivestirsene.

Le nostre Costituzioni stabiliscono che il Maestro dei novizi duri in carica tre anni e possa essere rieletto. A questo proposito credo opportuno rilevare che tale ufficio è tra i più gravosi e sfibranti, sia pel lavoro personale del Maestro,  sia per la vigilanza e la responsabilità della formazione degli ascritti. Non è bene pertanto lasciare lo stesso individuo troppo a lungo in detta carica. Dopo un sessennio gioverebbe al Maestro rientrare nei ranghi, sia per godere di un relativo sollievo dedicandosi ad altre occupazioni, sia anche per ritrovare, nella vita pratica delle altre case, nuovi tesori d´esperienza, che più tardi potrebbero giovare alla Congregazione, agli ascritti e al Maestro stesso qualora ´l´ubbidienza lo destinasse´ nuovamente al noviziato.

Conviene inoltre che, anche durante l´anno, il Maestro si assenti tratto tratto, sia pure un solo giorno ogni volta, per procurarsi il sollievo di un momentaneo cambiamento di lavoro, ed anche, in qualche caso, .per ritornare più sereno alla sua missione.

Ogni anno poi l´ispettore trovi modo di concedere anche al Maestro degli ascritti un po´ di riposo. Passati quattro o cinque mesi, gli ascritti in generale sono avviati e, in quell´epoca, l´assenza del Maestro, per una quindicina di giorni, non dovrebbe causare scosse nell´andamento della casa. Il Direttore potrà supplirlo: se poi lo stesso Ispettore potesse in quei giorni trovarsi in mezzo agli ascritti, procurerebbe loro gioia e vantaggio, mentre avrebbe . modo di conoscerli sempre meglio.

L´esperienza c´insegna che l´arco troppo teso si spezza, e così certi maestri finirono per rovinarsi, quando sarebbero bastati pochi giorni perridare loro, colla distensione e col riposo, rinnovate energie.

13. - BREVI RICORDI. AI MAESTRI DEI NOVIZI
Un maestro dei novizi, di recente nomina, mi chiese alcuni consigli, per meglio esercitare la sua delicata carica. Cercai di mandargli, raccolto in pochi punti, ciò che mi parve più sostanziale. Seppi che quel povero mio scritto, uscito più dal cuore che dalla penna, aveva fatto a lui e poi ad altri un po´ di bene. Lo riproduco con qualche modificazione e aggiunta, augurandomi che possa in avvenire giovare anche ad altri. Scrivevo allora:

  1. Anzitutto metti la tua confidenza in Dio. Se riconosci la tua pochezza, imparerai a pregare con confidenza: diffidando di te, procederai con prudenza, chiederai consiglio, saprai trarre da tutto sentimenti di umiltà, sui quali scendono sempre co- piose le benedizioni celesti.
  2. Nell´opera di formazione di codesti figliuoli non metterci nulla di tuo: fòrmali secondo la mente, ed il cuore del nostro santo Fondatore. Perciò studia Don Bosco nella sua vita, nei suoi scritti, nelle sue virtù, nel suo sistema educativo. Non dire mai: Voglio così: in quella vece esca spontanea e sempre dalle tue labbra quest´altra espressione: Don Bosco dice, fece, vuole così. Ricordati che formi dei Salesiani, ed essi si devono formare nelle genuine _ fonti dello spirito salesiano.
  3. La pietà salesiana sia quale risulta dalle regole, dai regolamenti, dalle tradizioni, e come l´hai veduta praticare nelle case più esemplari. Non introdurre divozioni nuove, cerca invece di rendere praticamente efficaci le nostre. A tal fine coltiva le Compagnie religiose, il cui còmpito principale è soprattutto e precisamente quello di ravvivare la pietà salesiana, tutta pervasa di. amore Eucaristico. Essa non vada mai disgiunta da quella sua particolare veste di atteggiamento semplice, di umiltà interiore, di filiale confidenza, nè da quelle manifestazioni esterne nelle cerimonie e nel canto, che sono caratteristiche dei nostri Istituti.
  4. Ricorda che il lavoro precipuo da compiersi, nel tempo del noviziato, è-quello di sradicare l´amor proprio, di sostituire generosamente . e praticamente alla nostra volontà malata e difettosa la volontà divina; è questo il caposaldo basilare della vera perfezione. Pertanto su questo argomento, argue, obsecra, opportune et importune, in omni patientia et dottrina.
  5. Vedi di abituare gli ascritti alla serietà del raccoglimento, della riflessione, dell´esame di coscienza, e soprattutto dell´esame particolare sul difetto dominante. Istruiscili pazientemente fino a convincerli che non devono avere la pretesa di santificarsi di botto o in poco tempo: ma che solo col lavoro diuturno, . serio, costante, giungeranno ad un vero controllo di se stessi e a quella emendazione che, spogliandoli gradatamente delle loro piccole scorie, li andrà arricchendo man mano di sode virtù.
  6. La perfezione, la cui essenza è la carità, deve alimentarsi alle sorgenti inesauribili di questa stessa virtù, la quale si estrinseca, non in teorie ciarliere, mascheranti forse sentimenti di alterigia, ma nella pratica giornaliera del pensar bene, delle maniere cortesi, del desiderio di far del bene a tutti e sempre.
  7. Punto importantissimo della formazione degli ascritti è la loro schiettezza e confidenza coi Superiori. Chiarezza e confidenza senza infingimenti nè occultazioni, senza restrizioni o vie traverse, senza accorgimenti umani; la semplicità loro dev´essere veramente filiale, se vogliono in effetto essere conosciuti ed in tal modo ben diretti. Chi s´illudesse di ingannare il superiore, inganna se stesso, scavando la fossa della propria rovina.
  8. Cure del tutto speciali devono essere rivolte agli ascritti perchè imparino a far bene il rendiconto. Tu pel primo ispira loro la maggior confidenza, ascoltandoli con pazienza, e lasciando che aprano filialmente il cuore: la confidenza non s´improvvisa, ma si rafforza colla mutua conoscenza, che accresce la stima e santifica l´affetto. Evita nel rendiconto riprensioni o parole dure. Le correzioni e le parti disciplinari affidale al socio o ad altri: qualora poi stimassi proprio necessario intervenire tu stesso personalmente, non fare la riprensione nell´ora e nell´ambiente del rendiconto per non turbarne le finalità: esso è destinato ad aprire i cuori e a rendere sempre più intima, sincera e pura´ la confidenza. Avverti che non sono le carezze, nè le forme comecchessia leziose o deboli che guadagnano i cuori; esse all´incontro compromettono la vera formazione. Il rendiconto si svolga con tutti e sempre santificato dalle cautele di angelici rapporti, volute dal nostro santo Fondatore.
  9. Indaga e studia per conoscere se i novizi, oltre all´equilibrio e al criterio pratico, siano veritieri, non esaltati, e se sappiano moderare gli affetti del cuore, evitando perniciose simpatie, amicizie o pericolose tendenze. Tratta di queste cose con quella riguardosa delicatezza che l´argomento stesso ri- chiede, presentandole nella luce della vita morale e nella cornice del nostro lavoro educativo, allo scopo di far capire agli ascritti che senza mortificazione del cuore, distacco dalle creature, dominio degli affetti, non potranno riuscire nè buoni religiosi nè santi educatori.
  10. Ispira nei novizi un grande amore verso della Congregazione, mettendone in rilievo lo spirito, le opere e specialmente la santità e la grandezza del Fondatore: parla sovente dei Salesiani morti in concetto di santità, dei missionari e del loro apostolato. Infondi nei loro cuori sentimenti di affettuosa devozione verso i successori di Don Bosco, i Superiori lontani e vicini, senza distinzione di persone, Di questo entusiasmo per le cose nostre e di questa rispettosa adesione ai Superiori sfòrzati di dare agli ascritti pratico e costante esempio; come pure di stima ed affetto verso dei tuoi collaboratori.
  11. Abitua i novizi all´ordine, alla pulizia del loro piccolo corredo, alla manutenzione dei libri e della casa, avvezzandoli così alla vita pratica di educatori e di oculata economia.
  12. Sia tuo particolare impegno instillare in tutti le care divozioni di Maria Ausiliatrice e di S. Giovanni Bosco.

14. - DEL PERSONALE DELLA CASA DI NOVIZIATO
Il canone 554, § 3 dice che « I Superiori non devono destinare al noviziato e alle case di formazione se non religiosi esemplari per la loro regolare osservanza ». Si tratta di una disposizione tassativa e non deve patire eccezioni. La casa di noviziato è certamente tra le più importanti, perchè in essa nascono, in certo modo, alla nostra vita, i futuri Salesiani. È preferibile che non vi abbondi il .personale, anzichè esporre le tenere pianticelle, al loro schiudersi, a influssi che possano danneggiarle e perderle. Chi manchi di serietà nel parlare e nel giudicare; chi dimostri di non capire la delicatezza e la responsabilità di lavorare nella casa di noviziato; chi non sia edificante nelle manifestazioni della vita di comunità, non può essere o rimanere destinato alla formazione degli ascritti.

Quanto al numero dei confratelli da destinarsi alle case di noviziato, dovrà tenersi conto della condizione in cui esso si trova e del numero dei novizi.

Se il noviziato è annesso a una casa regolare, la soluzione non offre in ´ generale gravi difficoltà. In questo caso basterà che nel noviziato risiedano il Maestro, il socio, un altro sacerdote, ove sia possibile, e qualche confratello coadiutore addetto ai servizi. Alle scuole e alle confessioni possono essere destinati sacerdoti della casa. Sarebbe anzi preferibile che gli insegnanti del noviziato fossero membri del capitolo della casa, perchè così avrebbero modo di avvicinare frequentemente e di meglio conoscere gli ascritti, per poter esprimere poi, con conoscenza di causa, il loro giudizio su di essi nelle riunioni per gli scrutini . e per l´ammissione alla professione. È vero che il canone 561 assegna al solo Maestro il diritto e l´ufficio della formazione dei novizi, e vieta a chiunque d´immischiarvisi per qualsiasi motivo; ma siccome i superióri del Capitolo della casa, pur rispettando le funzioni del Maestro, dovranno poi dare il loro voto sui novizi, è bene che abbiano occasione e modo d´avvicinarli e conoscerli nelle scuole, nelle ricreazioni e in altre circostanze. Quando invece il noviziato forma una casa separata, allora, come già si disse, è bene ch´essa abbia il suo Direttore distinto dal Maestro. A lui, dice l´articolo 269 dei Regolamenti, spettano gli stessi diritti e doveri d´ogni altro Direttore Salesiano, salve le attribuzioni assegnate al Maestro dai sacri canoni. Il Direttore riceverà in consegna il danaro e ogni altro oggetto di valore che in qualunque modo pervenisse agli ascritti (art. 271). La corrispondenza in arrivo e in partenza dev´essere consegnata al direttore, ma sarà sempre esaminata dal Maestro (art. 270). Il direttore può e deve suggerire al Maestro quanto crederà utile pel bene del noviziato. Con lui s´intenderà quando i novizi dovessero insegnare il catechismo ai fanciulli, giusta l´articolo 196 delle Costituzioni, come pure per le modificazioni dell´orario e per altri eventuali provvedimenti. Indipendentemente dai rendiconti inviati dal Maestro, il direttore dovrà fare relazione dell´andamento dellà casa all´ispettore.

I Regolamenti, all´articolo 274, stabiliscono che il Direttdre, ogni quindici giorni, raduni il Capitolo della casa. È necessario pertanto che detto Capitolo effettivamente esista. Già si disse che il numero dei consiglieri dipenderà dalla maggiore o minore importanza del noviziato e specialmente dal numero dei novizi; ma in ogni caso converrà che, oltre al Direttore, sianvi almeno altri -due consiglieri. Quali cariche potranno essere loro assegnate?
Si fa giustamente osservare che, nel noviziato, non si vede la necessità d´avere chi eserciti la carica di catechista, le cui funzioni sono disimpegnate quasi integralmente dallo stesso maestro. Inoltre non parrebbe nemmanco necessario un consigliere scolastico, sia perchè l´insegnamento è assai limitato, sia per la presenza del socio o assistente che può compiere facilmente, e forse senza creare intralci, in conformità dell´articolo 287 dei Regolamenti, tale mansione.

E poichè il direttore, giusta il pensiero di Don Bosco, non deve, salvi casi speciali, occuparsi direttamente della parte finanziaria, nè di quella disciplinare, forse sarebbe bene che, anche nel noviziato, vi fosse un prefetto. In tal modo si potrebbero avere nel Capitolo della casa almeno tre sacerdoti, oltre il maestro, con reali vantaggi soprattutto per le riunioni quindicinali, gli scrutini e le votazioni: - trattandosi, come fu indicato, di un noviziato numeroso.

15. - IL SOCIO DEL MAESTRO DEI NOVIZI
Il canone 559, § 20, parlando del socio da darsi in aiuto al Maestro, quando il numero dei novizi o altri motivi giusti lo esigano, dice ch´egli dovrà avere almeno trent´anni di età ed essere professo nella Società almeno da cinque anni. Naturalmente dovrà possedere le doti richieste, essere all´immediata dipendenza del Maestro in tutte le cose riguardanti il noviziato, e venire esonerato da quelle cariche od occupazioni che lo distolgono dalla cura e formazione degli ascritti.

Pertanto non può considerarsi e chiamarsi socio il chierico, che talvolta viene assegnato agli ascritti come assistente. Invece il socio sacerdote può formar parte del Capitolo della casa (Costit. art. 194).

Anche il Maestro sarà membro di detto Capitolo. È vero ch´egli è il depositario a volte di cose intime e delicate: la sua prudenza però saprà servirsene con giustizia e carità, avendo solo in vista il bene delle anime a lui affidate. Ma poichè nel capitolo della casa si tratta appunto di tutto ciò che possa giovare al buon andamento del noviziato e alla formazione dei singoli ascritti, non deve il maestro essere estraneo a tali trattazioni.

Inoltre gli stessi Regolamenti vogliono: ch´egli partecipi ogni quindici giorni alle riunioni capitolari per le opportune osservazioni sugli ascritti (art. 274); che, al termine d´ogni trimestre, dia per iscritto relazione all´Ispettore intorno ai singoli ascritti (art. 282); e che infine intervenga quando nel Capitolo della casa si discuteranno le domande per l´ammissione ai voti temporanei (art. 304). A lui infatti, anzi soprattutto a lui, toccherà esporre, informare, chiarire, acciocchè le votazioni siano poi fatte con piena conoscenza è illuminata responsabilità.

16. I CONFESSORI NEI NOVIZIATI
I nostri Regolamenti, parlando del confessore del noviziato, riproducono anzitutto le disposizioni del canone 566, il quale stabilisce che « ogni noviziato abbia, secondo il.. numero degli ascritti, uno o più confessori ordinari, e che oltre a questi ne siano designati altri, cui possono gli ascritti liberamente ricorrere in casi particolari ». Lo stesso canone, al § 4, prescrive che «almeno quattro volte all´anno (per noi preferibilmente in occasione dell´Esercizio della buona morte) si dia agli ascritti un confessore straordinario, al quale tutti dovranno presentarsi, almeno per ricevere la benedizione ».

Se, in ogni nostro istituto è da aver cura perciò sianvi confessori prudenti e saggi, è fuor di dubbio che tali specialmente devono essere i confessori destinati al noviziato. Si ritenga però che il confessore dei noviziati, non è il cosiddetto direttore spirituale, stabilito dal canone 1358 per i seminari. Nel noviziato, il vero direttore spirituale dei novizi è il Maestro, anche senza esserne il confessore. I maestri di spirito, spiegando i doveri del direttore spirituale, dicono appunto ch´egli, oltre ascoltare le confessioni, deve compiere ancora l´ufficio che compie nelle case religiose il Maestro dei novizi. Risulta pertanto che, nei noviziati, l´ufficio di confessore e di direttore spirituale, sono esercitati da due persone distinte, per esplicita disposizione del Diritto canonico. Da ciò risulta di quale grande prudenza debba essere fornito ´il confessore nei noviziati, dovendo egli bensì cooperare e nel modo più efficace alla formazione dei novizi, ma senza sostituirsi al Maestro. Il direttore spirituale nei seminari può anche ricevere i seminaristi nel suo ufficio per -dirigerli, mentre presso di noi è il Maestro che riceve e guida gli ascritti.

Tuttavia, pur limitando il suo lavoro al tribunale della penitenza, il confessore del noviziato non dovrà dimenticare mai ch´egli non confessa dei semplici cristiani, ma delle anime elette tendenti alla perfezione. Non si limiti pertanto a dare 1´assoluzione, ma, quando scorgesse nel penitente delle manchevolezze tali da renderlo indegno della vita religiosa o meno atto alla nostra missione specialmente tra i giovani, sarà, suo dovere dire la parola chiarificatrice. Ricordino i confessori il monito del nostro santo Fondatore: « Chi non ha fondata speranza di poter conservare, col divino aiuto, la virtù della castità, nelle parole, nelle opere, e nei pensieri, non professi in questa Società, perchè sovente si troverebbe in pericolo. ». Specialmente quando si tratti di questa virtù, che dev´essere la caratteristica dei Figli di San Giovanni Bosco e la loro particolare santità, dovranno i confessori seguire le norme lasciateci dal Padre, che ormai costituiscono una luminosa e gloriosa tradizione.

In tutte le case, e maggiormente nei noviziati, il confessore sia diligente nel trovarsi al suo posto, e non manifesti fretta di sorta. Si assenti il meno possibile, ma in pari tempo sia contento di cedere il posto ogni volta che, secondo lo spirito della Chiesa e le nostre tradizioni, siano invitati altri confessori, in occasione di feste, dell´Esercizio della buona morte, e specialmente le quattro volte prescritte dal canone 566. Sarebbe anzi consigliabile che, mentre altri confessano, egli si mantenga in disparte, salvo casi eccezionali, per non turbare neppure minimamente la libertà degli ascritti.

S. Alfonso, parlando dei confessori degli alunni del santuario, li vuole prudenti, esemplari, dotti e forti. Soprattutto nei confessori dei nostri noviziati dovrebbero risplendere tali doti. Senz´indugiarmi a commentarle, mi limito ad osservare che i confessori devono essere disposti, sia pure con soave prudenza, ad agire coraggiosamente quando si tratti di allontanare gl´indegni. Nè basta il dire che i novizi debbano intendersi col loro Maestro, al quale spetta l´iniziativa di simili deliberazioni. Il confessore non può ignorare che il novizio non è obbligato a svelare i segreti di coscienza fuori di confessione: perciò chi li conosce ed .è chiamato a consigliare in nome di Dio, non può esimersi dal dovere di dire la parola decisiva per evitare alla Chiesa e alla Congregazione la sventura di un membro non degno.

Naturalmente il confessore raccomanderà con frequenza agli ascritti la semplicità, la docilità, la confidenza col proprio Maestro, senza la quale è impossibile la buona riuscita: li esorti soprattutto a manifestare, con prontezza e candore, al medesimo ogni dubbio sulla vocazione, com´è raccomandato dalle regole. In tal modo, coll´opera concorde di tutti, la formazione degli ascritti riuscirà, tale da assicurare un fiorente avvenire alla nostra Società.

17. - EPOCA DELL´INGRESSO AL NOVIZIATO
Esigenze di studi, di clima e d´altro genere non permei= teranno forse che gli ascritti della nostra Società entrino tutti alla stessa epoca nel noviziato. Tuttavia nel XV Capitolo Generale fu stabilito che, nel Vecchio Continente e nelle nazioni aventi con esso parità di calendario scolastico, gli ascritti incomincino il noviziato il 15 agosto, solennità di Maria SS.ma Assunta in Cielo, affinchè possano. poi fare la professione il giorno 16 agosto, natalizio di S. Giovanni Bosco. Negli altri noviziati invece gli ascritti incomincino il noviziato il 30 gennaio per finirlo il 31 dell´anno seguente, festa di S. Giovanni Bosco.

Queste disposizioni offrono non lievi vantaggi. In primo luogo avremo associate nella gioia delle nuove professioni in due, date memorande, tutte le ispettorie della nostra Società. In secondo luogo quelle date fisse renderanno più regolari le registrazioni e le rinnovazioni delle professioni. Sapendosi da tutti che, l´emissione dei voti, si fa sempre, sia la prima che le altre volte, in quei due giorni determinati, non si avranno più à lamentare dimenticanze e irregolarità.

In ogni caso, come già fu detto, al termine della prova dell´aspirantato, si abbia la massima cura dei nuovi ascritti. In parecchie ispettorie vi è la lodevole pratica d´inviarli subito al noviziato, ov´essi debitamente assistiti passano un breve periodo di vacanze fino al giorno in cui iniziano il noviziato. Durante quel periodo, pur senza partecipare alle conferenze nè ad altre pratiche degli ascritti, possono prendere contatto colla vita del noviziato, avvicinare il- Maestro, avere qualche istruzione o conferenza speciale, e avviarsi insensibilmente al nuovo genere di vita.

È bene insistere perchè non si permetta ai nuovi ascritti, dopo fatti gli esercizi spirituali, di recarsi a passare le vacanze. in famiglia. Vi potrà essere qualche eccezione, ma, in tali casi, non si parli di vacanze, bensì di visite ai parenti per motivi speciali. Le vacanze invece le passino nel noviziato, oppure in qualche altra casa, ove sieno oggetto di assistenza e cure speciali.

L´essenziale si è che l´Ispettore, d´intesa coi superiori del noviziato, combini le cose in modo che gli ascritti inizino tutti il noviziato così da potere poi fare la professione lo stesso giorno, evitando per quanto è possibile ogni ritardo.

È questo forse il luogo per ricordare a chi di ragione il dovere di mandare gli ascritti al noviziato convenientemente provvisti di corredo. Se le singole case fanno qualche sacrificio, coadiuvate ´dai parenti o benefattori degli stessi ascritti, si alleggerirà di molto l´onere delle case di noviziato. D´altronde la circostanza dell´entrata in noviziato e della non lontana vestizione è assai favorevole per benevoli interventi di persone caritatevoli.

18. - LE PRIME IMPRESSIONI
È detto giustamente che le prime impressioni restano. Ciò significa ch´esse sono così importanti, non solo da lasciare una forte impronta in chi le riceve, ma da indurre talvolta a radicali decisioni. Una cattiva impressione può affievolire ed anche stroncare una vocazione. Conoscendo quanto sia impressionabile l´età giovanile è dover nostro far di tutto perchè gli ascritti, entrando in noviziato, restino gradevolmente impressionati.

Se fin dal loro ingresso vi troveranno il tradizionale accogliente sorriso di Don Bosco e si sentiranno circondati dalle cure dei superiori, essi riusciranno a vincere facilmente le inevitabili difficoltà di chi deve adattarsi a un nuovo ambiente, e quelle ancor maggiori dell´inizio di una nuova vita.

In quei primi giorni, che generalmente. sono ancora nell´epoca delle vacanze, è bene che l´orario e la stessa disciplina abbiano una maggior ampiezza di respiro, e che i nuovi arrivati trovino aiuto, consiglio e compatimento. Specialmente i giovani che non provengono direttamente dalle case di aspirare, tato hanno bisogno di maggior benevolenza e di sentire tutto il calore della vita di famiglia.

Una delle prime e più gradevoli impressioni devono riportare gli ascritti dall´ordine e proprietà della casa in generale e dei singoli ambienti. Più ancora essi rimarranno piacevolmente edificati dalla regolarità ed esemplarità della vita in un. ambiente di serena letizia. Le ricreazioni animate, la giocondità dei canti e delle passeggiate, renderanno loro più facili lo studio e le pratiche religiose.

L´allenamento all´osservanza delle regole e dei regolamenti, l´iniziazione all´esercizio dell´umiltà nei lavori manuali e nelle prestazioni anche più modeste, riuscirà loro più agevole se troveranno, nei superiori e nei fratelli maggiori, piuttosto la soavità dell´invito che la forza del comando: soprattutto poi se ogni manifestazione della nuova vita verrà facilitata dall´esempio più che dalla legge. Le stesse mortificazioni ch´essi dovranno compiere, spogliandosi del danaro e d´altri oggetti in conformità dei Regolamenti e delle nostre tradizioni, sieno sempre agevolate e raddolcite dalla bontà del superiore che fa capire la ragionevolezza e l´utilità delle prescrizioni.

Due osservazioni è bene qui aggiungere, che forse non troverebbero luogo più appropriato altrove.

La prima riguarda gli ascritti entrati nella casa del noviziato prima d´aver compiuto l´anno quindicesimo d´età. L´esperienza c´insegna non essere conveniente fare notevoli dispense a questo riguardo. Siccome non possono emettersi i voti prima dei sedici anni compiuti, ed il noviziato deve durare un anno intero, ne consegue che gli ascritti per essere ammessi ad incominciare il noviziato dovrebbero avere compiuti i quindici anni: le eccezioni sieno limitate ad un massimo di due o tre mesi. Si avverta però che l´ascritto, anche se non ha l´età richiesta, deve seguire in tutto la vita del noviziato senza eccezione di sorta. Naturalmente egli dovrà poi completare regolarmente il suo noviziato e solo al termine di esso potrà fare la professione. Ad eliminare le eccezioni deve anche indurci la considerazione del grave disagio in cui viene poi a trovarsi il giovane confratello, che finisce il noviziato uno o due mesi dopo gli altri: egli sarà obbligato a passare subito dal noviziato allo studentato filosofico, o ai corsi di perfezionamento se coadiutore, senza nessun periodo di riposo, sottoponendosi così a sforzi che potrebbero anche nuocere alla sua salute per mettersi alla pari coi compagni che già iniziarono l´anno scolastico. La seconda osservazione riguarda l´amministrazione dei beni. Quantunque il novizio non sia obbligato a cedere l´amministrazione delle sue sostanze „e a disporre del loro uso ed usufrutto se non prima dell´emissione dei voti semplici sia temporanea che perpetua (can. 569, § 1), tuttavia sarebbe bene che disponesse le sue cose in modo da non aver preoccupazioni e noie amministrative durante l´anno di noviziato.

19. INIZIO, DURATA E INTERRUZIONE DEL NOVIZIATO
L´art. 174 delle Costituzioni dice che il « noviziato comincia quando l´aspirante, ammesso dall´Ispettore coll´approvazione o la conferma del suo consiglio, entra nella casa di noviziato e si pone sotto la dipendenza del Maestro ».

L´aspirante viene ordinariamente ammesso dall´ispettore col voto favorevole del suo consiglio prima di essere inviato al noviziato. È anzi desiderabile e da procurarsi in tutti i modi che avvenga sempre così. Ma se, per motivi veramente eccezionali, il consiglio non avesse potuto radunarsi prima, e l´Ispettore avesse ugualmente inviato l´aspirante al noviziato, anche in questo caso il noviziato avrebbe inizio all´entrata dell´ascritto nella casa del noviziato, sempre che il consiglio approvi poi l´accettazione fatta dall´Ispettore. Le Costituzioni infatti dicono che « il noviziato comincia quando l´aspirante è ammesso dall´Ispettore coll´approvazione o la conferma del suo consiglio ». Si ha l´approvazione quando il consiglio si è tenuto prima; si ha la conferma invece quando il consiglio ha luogo dopo. Quantunque l´articolo 174 conceda questa facoltà agli Ispettori, tuttavia si ´faccia di tutto perchè il voto del consiglio ispettoriale preceda sempre l´andata dell´aspirante al noviziato.

L´art. 263 dei Regolamenti stabilisce che « il noviziato deve durare un anno intero e continuo (non computando il giorno in cui, a norma dell´art. 174 delle Costituzioni, ha principio) trascorso sotto la guida del Maestro ». Pertanto praticamente l´anno di noviziato, perchè sia intero, deve computarsi in base al can. 34, § 3: esso cioè deve durare un anno intero e continuo, senza contare perciò il giorno di entrata. Le questioni sollevate a questo proposito furono definitivamente chiarite e troncate dalla Commissione incaricata di interpretare il Codice. Se, ad esempio, il noviziato incomincia il 15 agosto 1939 al mattino, esso avrà termine il 15 agosto 1940 a mezzanotte. I voti perciò si possono emettere soltanto il 16 agosto. Queste prescrizioni sono così tassative che, se non venissero osservate, la professione risulterebbe invalida (21).

I Regolamenti all´art. 264 dicono che «il noviziato rimane interrotto così da doversi ricominciare: 10 quando l´ascritto esce dalla casa perchè licenziato dal Superiore; 20 quando lascia la casa senza il permesso del Superiore, e con la volontà di non ritornarvi; 30 quando, per qualunque motivo, anche se col permesso del Superiore, sta fuori della casa per più di trenta giorni, siano o no consecutivi» (can. 566, § 1).

Il noviziato invece non rimane interrotto se l´ascritto sta fuori della casa, ma non più di 30 giorni. In tal caso, se i giorni d´assenza sono più di 15, per la validità del noviziato egli deve supplirli; se non superano i 15, è in facoltà dell´Ispettore di farglieli supplire, ma non è richiesto per la validità del noviziato (can. 566, § 2; art. 287). Lo stesso canone esige che i superiori non concedano la licenza di star fuori del recinto del noviziato, senza un giusto e grave motivo (art. 266). Il cambiamento di casa non porta interruzione al noviziato, purchè il novizio non rimanga fuori della casa di noviziato più di 30 giorni. Trattandosi di materia tanto delicata, che intacca la validità stessa del noviziato, è bene prendere nota esatta di tutte le assenze: queste poi, anche per altre ragioni intuitive, debbono sempre essere ridotte al minimo e concesse solo per gravi motivi. È bene pertanto che i novizi non si assentino, neppure durante il giorno, dalla casa del noviziato se non in casi eccezionali.

20. - LA VESTIZIONE E L´IMPOSIZIONE DELLA MEDAGLIA
Fu ricordato altrove che l´abito religioso è una specie di sacramento. Infatti i segni sensibili dell´abito simboleggiano le disposizioni e i sentimenti che l´anima dovrebbe avere internamente nel ricevere e nel portare quella religiosa divisa.

La vestizione, pertanto, non dev´essere considerata soltanto come un giorno di gioia, ma soprattutto come una mèta di perfezione raggiunta e un punto di partenza per mete più alte.

Presso di noi vi è la- tradizione di non compiere subito la cerimonia della vestizione e dell´imposizione della medaglia. Nella pedagogia salesiana tutto dev´essere santamente messo a profitto, non solo quando si tratti degli alunni, ma ancora e dovremmo dire assai più pel progresso spirituale di quelli che si preparano al nostro apostolato. Diceva giustamente Don Bosco che è premio tutto ciò che si fa servire come premio; e d´altronde additare un premio significa stimolare, esigere sforzi, incoraggiare a compierli per meritarlo.

Ora la vestizione, essendo un grande premio, può e dev´essere stimolo a grandi cose.

Parlare per tempo della vestizione, spiegarne i magnifici simboli, preparare gli animi al grande giorno, è tutto un lavorio spirituale da compiere; è mettere davanti agli ascritti la trasformazione da operarsi . mediante lo spogliamento dell´uomo vecchio e il rivestimento dell´uomo nuovo; è insomma la vestizione dell´anima, e non solo quella del corpo, che effettivamente deve compiersi.

Quando dovrà farsi la vestizione? Certo, non subito, ma quando abbia a dare frutti più abbondanti. Naturalmente anche il soverchio indugio potrebbe essere contraproducente. Nel XV Capitolo Generale fu stabilito ch´essa ordinariamente non si compia prima di un mesee non dopo di tre dall´entrata in noviziato.

Come dovrà farsi la preparazione alla vestizione? Nulla di speciale fu determinato dalle Costituzioni e dai Regolamenti: nell´ultimo Capitolo Generale fu stabilito ch´essa sia preceduta da un triduo. Ma la miglior preparazione dovrà consistere specialmente negli sforzi individuali degli ascritti, nelle esortazioni- dei superiori e in appropriate conferenze del maestro.

Quando il giovanetto Bosco deliberò di entrare in Seminario, combinò col suo prevosto Don Michele Cinzano il giorno della vestizione chiericale, che ebbe luogo nella parrocchia di Castelnuovo il 25 ottobre. 1835. Egli stesso raccontava poi che erasi in precedenza raccomandato a vari amici perchè pregassero per lui; anzi, non pago di ciò, volle fare una novena con particolari esercizi di pietà.

Forse pel desiderio di imitare il nostro Padre in qualche noviziato si fece talvolta precedere la vestizione da pratiche speciali. Ora però, colla deliberazione del Capitolo Generale, si è venuto incontro al desiderio manifestato da molti: il triduo contribuirà a rendere più proficua la vestizione; ed inoltre si avrà in tal ,modo perfetta uniformità in tutti i noviziati. Durante i giorni del triduo, invece della conferenza solita del Maestro, vi sarà una predica prima dell´Esposizione del Santissimo: soprattutto poi si esortino gli ascritti a fare con maggior diligenza i propri doveri, per ottenere maggior abbondanza di grazie. Ogni altra pratica, anche se autorizzata con speciale permesso, resta abolita.

Da alcuni anni la vestizione chiericale e l´imposizione delle medaglie si svolgono con apposito cerimoniale e formulario.

Per rendere uniformi anche queste funzioni verrà messo in appendice di questa circolare, il formulario, che dovrà considerarsi, da tutti, come direttiva ufficiale e praticarsi senza modificazioni di sorta. Sarebbe bene e riuscirebbe una assai opportuna preparazione alla vestizione, spiegare detto formulario, nel quale è raccolta abbondante materia atta a proficue considerazioni.

E qui conviene fare alcune osservazioni per evitare che, col tempo, abbiano a introdursi abusi in occasione della vestizione, la quale deve mantenere il suo carattere profondamente religioso.

Si evitino pertanto in quella circostanza teatri e cose simili. Sarebbe invero disdicevole che, chi ha di fresco vestito la sacra divisa, si presenti poche ore dopo camuffato da menestrello o pagliaccio. D´altronde certe accademie e teatri esigono una accurata preparazione, che, nel caso nostro, sarebbe tutta a scapito della preparazione all´importante atto della vestizione. Ciò non vieta che, sul finire del pranzo, si leggano alcuni componimenti allietati da qualche canto.

In alcuni luoghi erasi introdotta l´usanza di invitare i parenti alla vestizione: È bene subito chiarire che tale usanza non risale ai tempi del nostro santo Fondatore nè del suo immediato successore. L´esperienza poi ha dimostrata che, da tale pratica, potrebbero nascere inconvenienti anche gravi. Essendosene trattato nell´ultimo Capitolo Generale, si prese la deliberazione di ritornare alla primitiva tradizione, tralasciando di fare detti inviti. La vestizione è soprattutto simbolo di rinuncia; e i nostri cari ascritti sapranno, nel giorno stesso della vestizione, compierne generosamente una, che attirerà su di loro e sui loro parenti speciali benedizioni.

È pure recente l´usanza di stampare immagini e ricordini individuali e collettivi, in occasione della vestizione ed anche della professione. Oltre alle ragioni di economia, ve n´è un´altra per sconsigliare simile usanza: non è mai bello produrre documenti destinati a mettere in luce possibili defezioni.

Non voglio chiudere questo capitolo senza far noto un desiderio espresso da molti. Ricorderete che, in occasione del centenario della vestizione chiericale del nostro santo Fondatore, fu disposto che la vestizione dei novizi fosse fatta, anzichè nel noviziato, nelle diverse case dell´ispettoria. La soddisfazione allora provata fu generale, e grandi pure ne furono i vantaggi, come lo attestano molte relazioni. Per questo appunto molti desidererebbero che la vestizione dei novizi venisse fatta con maggior frequenza nelle case. Si può forse obbiettare che le case non si prestano tutte nè sempre a tale scopo. Niente vieta però che, in occasione di qualche speciale ricorrenza, di giubilei o di commemorazioni centenarie, od anche solo dopo un certo periodo di anni, ad esempio un quinquennio, si possa, ad edificazione e fomento delle vocazioni sacerdotali e religiose, fare in tutte le case od almeno nelle principali, e particolarmente in quelle ove maggiormente possa convenire, la funzione della vestizione o dell´imposizione delle medaglie come si fece nel 1935.

21. - LA VITA DEL NOVIZIATO
Non vorrei che taluno avesse a pensare che la vita del noviziato debba essere qualche cosa di affatto od almeno assai differente dalla vita delle nostre case. Sarebbe questo un gravissimo errore di funeste conseguenze. Non deve infatti esistere quasi un contrasto, od un vero distacco, tra la vita dei novizi e quella dei confratelli. La ragione è ovvia: il novizio è in germe il futuro confratello, il quale dovrà ´poi continuare nelle case il lavoro di perfezione religiosa iniziato durante l´anno di noviziato.

È vero, nel noviziato tutto deve contribuire alla formazione del futuro Salesiano: l´ambiente, il personale, il con-, tatto coi superiori e coi compagni, le occupazioni, il costante richiamo degli esempi e insegnamenti di San Giovanni Bosco e dei suoi Successori, e soprattutto l´impegno comune di far fiorire in tutta la sua bellezza lo spirito del grande Padre. Questo magnifico insieme darà certamente alla vita che si svolge nel noviziato quell´aspetto di serena gaiezza nell´operosità del lavoro; di modesto raccoglimento nella pietà spontanea, sentita, disinvolta; quel particolare carattere di vita di famiglia che si manifesta nella serenità dei volti, nell´unione dei cuori, nella reciprocità delle volonterose prestazioni, nella generosità dei mutui sacrifici, nell´entusiasmo santo di sentirsi figli di Don Bosco, eredi del suo spirito, continuatori del suo santo, apostolato. Ma non è forse altrettanto vero che la bella e gioconda vita or ora descritta, se è il patrimonio dei novizi, lo è pure, e dev´esserlo a maggior ragione, di ogni Salesiano senza eccezione?
È questo un punto sul quale è bene insistere. La fisonomia dei noviziati dev´essere la fisonomia stessa delle case salesiane: altrettanto dicasi di ogni altra casa di formazione. Non distacchi pertanto, non salti, non soluzioni di continuità, tra la vita dei novizi e quella dei confratelli. Gli uni, è vero, saranno occupati in un modo, e gli altri in un altro; ma lo spirito, l´atteggiamento, la fisonomia, la vita insomma dev´essere una sola, identica per tutti: la vita salesiana, la vita appresa dalle labbra e dagli esempi luminosi del Padre.

Perciò, ad eccezione di certe pratiche religiose e di determinate occupazioni proprie del noviziato, non vi debbono essere esteriorità od atteggiamenti incompatibili col nostro tenore di vita; non rigidità compassate, silenzi fuori di luogo che potrebbero forse convenire a religiosi eremitici, non mortificazioni inconsulte e incontrollate, non penitenze esteriori: nulla insomma che non ci sia stato insegnato da Don Bosco e non sia entrato nelle nostre sane tradizioni.

L´esperienza ci ammaestra che certe esagerazioni e superfluità orientate verso un mal inteso misticismo non stanno sempre ad indicare i migliori novizi; anzi talvolta tali esteriorità potrebbero anche indicare poco criterio pratico, mancanza d´equilibrio, talvolta persino una mal celata vanità e sempre poca attitudine alla nostra vita: la quale, dovendo svolgersi in mezzo ai giovani, esige, nell´interno e nell´esterno, doti non comuni di serena compostezza e di carattere equilibrato.

È precisamente nel noviziato che si acquista la fisonomia salesiana da conservarsi per tutta la vita. Nulla pertanto dev´esservi nel novizio di posticcio, di provvisorio, di represso, di affettato, nulla di cui egli debba spogliarsi domani perchè meno consentaneo al nostro spirito.

Possono essere diverse le occupazioni e le prescrizioni regolamentari, ma non la tonalità dell´ambiente, il ritmo, le cala sagoma e lo svolgersi della vita.

Tutti abbiamo udito le tante volte raccomandare ai professi che si conservino novizi, non solo col fervore, ma collo spirito acquistato durante il tempo del noviziato. È doveroso pertanto che i superiori del noviziato,  e particolarmente l´Ispettore nelle sue frequenti visite, si industrino per ottenere che la vita del noviziato sia tale da servire di modello alla vita delle case.

Ed ora. a questa raccomandazione di indole generale aggiungeremo alcune norme particolari riguardanti la formazione morale, ascetica, pedagogica degli ascritti.

22. - FORMAZIONE MORALE
A meglio comprendere la necessità della accurata formazione degli ascritti sarà bene riudire dalle labbra stesse di San Giovanni Bosco quali sieno la natura e le finalità del noviziato. e Esso, dice il buon Padre, fu stabilito affinchè l´ascritto misuri le sue forze; se cioè la sua debolezza, prodotta specialmente dal non aver eseguito la sua vocazione, non lo rende inabile a quella santa vita; è stabilito perchè. il Superiore veda se l´individuo ha realmente in sè la forza, la virtù e la voglia risoluta di seguire la sua vocazione. Il noviziato è stabilito perchè ciascuno si impratichisca bene nelle regole, e dopo possa disimpegnare i suoi doveri con facilità e prontezza. Il noviziato è stabilito perchè ciascuno si fortifichi nelle virtù: affinchè, dopo d´avere colla professione religiosa riacquistata l´innocenza battesimale, non abbia di nuovo, in forza delle ancor vive ed immortificate passioni, a perderla » (22).

Non si sarebbe potuto esprimere in modo più chiaro e completo il lavoro da compiersi nel noviziato dai superiori e dagli ascritti: nulla è dimenticato.

Il novizio deve provare le sue forze, le sue attitudini, le sue disposizioni all´acquisto delle virtù. I superiori alla loro volta devono formarsi un´idea esatta della forza, della virtù, della buona volontà dell´ascritto allo scopo di giudicare rettamente circa la sua vocazione.

L´ascritto poi, per fare bene questa prova, deve non solo conoscere le regole e i doveri del nuovo stato di vita che intende abbracciare, ma impratichirsi in essi in modo tale da poterli compiere con facilità e prontezza. Anzi egli deve irrobustirsi talmente nella virtù da assicurare la sua perseveranza nell´innocenza riacquistata mediante la professione religiosa.

E qui mi sia permessa una considerazione. Durante il primo Capitolo Generale, nell´ottava seduta, si ribadiva il principio che la Congregazione non ha per fine di riformare una vita mondana, riducendola colla preghiera, la meditazione e la penitenza all´osservanza della legge di Dio e alla pratica della perfezione cristiana; ma ha bisogno di individui di vita già buona e provata, i quali vogliono consacrare ingegno e fatiche alle opere di carità verso i loro simili (23). Il Cardinale Cagliero, che fungeva allora da Relatore, scrisse: «Ii nostro noviziato non è di natura tale che possa cambiare i costumi già depravati, ma è fatto perchè ciascuno possa istruirsi sul genere di vita che vuol abbracciare, e sulle cose che dovrà fare nel rimanente del viver suo. Questo fine del noviziato e della nostra Congregazione è da tenersi altamente impresso nella mente; il non badarvi può produrre pessime conseguenze » (24).

La categorica affermazione del Capitolo Generale, fatta ´ alla presenza del nostro Fondatore, ci dice chiaramente quali debbano essere i criteri della formazione morale salesiana.

Vi è in essa, come or ora abbiam visto, una parte negativa, sulla quale Don Bosco ritornò con insistente frequenza, ed è l´esclusione dalla nostra Società di coloro che, dopo una vita burrascosa, intendessero ritirarsi nei nostri istituti per fare vita di espiazione. Costoro devono essere indirizzati agli Ordini e alle Congregazioni religiose sorte con tali finalità. Don Bosco dice chiaramente che tali soggetti non sono fatti per noi, perchè nell´esercizio del nostro apostolato potrebbero trovare e creare pericoli.

La parte positiva invece riafferma il principio già enunciato, e cioè che, nel noviziato, l´ascritto si istruisce e forma circa quel genere di vita e « sulle cose che dovrà fare nel rimanente del viver suo ».

Parlando di formazione morale è bene aver presente la grande e insistente raccomandazione del nostro Padre. « Ricordatevi, egli diceva, de moribus ». È questo il suo grande precetto! Egli era convinto che, per educare i giovani, il primo requisito fosse ´la moralità, e perciò voleva che la nostra santità e il nostro distintivo fosse la purezza. La rinnovazione dei costumi nel mondo depravato non sarà mai possibile, ove nei sacerdoti e negli educatori non risplenda il candore della vita. Il nostro Padre su questo punto è di una inflessibile rigidità, e vuole che senz´altro sieno chiuse le porte della nostra Società a chiunque « non abbia fondata speranza di conservare, col divino aiuto, la virtù della castità, nelle parole, nelle opere e nei pensieri; perchè si troverebbe in pericolo » (25).

Su questo punto i maestri degli ascritti ritornino con frequenza, sempre però con grande prudenza, senza dimenticare mai con quale riserbo ci abbia insegnato il nostro santo Padre a  trattare questa delicata materia:
Soprattutto poi si insista sui principali mezzi raccomandati dai Santi e dai maestri di spirito per salvaguardare e irrobustire la moralità: la pietà eucaristica, la, custodia dei sensi, la fuga delle occasioni, lo spirito di mortificazione, la confidenza coi superiori, l´umiltà profondamente sentita, la devozione a Maria Ausiliatrice, il frequente ricorso all´Angelo Custode, le visite e l´uso delle Comunioni Spirituali e sante giaculatorie. Si faccia capire a chi non fosse moralmente sicuro circa questa indispensabile qualità che potrebbe andare incontro a gravi pericoli, compromettendo al tempo stesso gli interessi della Chiesa e della nostra Società.

Sarà bene richiamare alla mente degli ascritti gli insegnamenti di S. Giovanni Bosco racchiusi nella circolare Santità è purezza.
23. - FORMAZIONE ASCETICA.

L´ascetica fissa i principi e dà le norme della vita spirituale, tracciando così le vie della perfezione cristiana. E poichè nella immensa cornice della perfezione evangelica vi furono e vi saranno ancora, nel succedersi dei tempi, a riprova della perpetua vitalità della Chiesa, orientamenti spirituali diversi, costituiti il più delle volte dall´insieme delle norme particolari di vita adottate da famiglie religiose, così ne consegue che l´ascetica, — pur rimanendo unica nella sua origine, la carità, e nella sua finalità, la perfezione, — sí pratica però e si svolge con differenti modalità, le quali costituiscono appunto quel particolare atteggiamento spirituale che si chiama lo spirito, e perciò l´ascetica o la spiritualità, di un Ordine o di una Congregazione religiosa.

Nell´ampiezza di questo significato anche l´umile nostra Società può dire di avere la sua ascetica. S. Giovanni Bosco, per un senso di profonda umiltà, non volle dare ai suoi figli il proprio nome, ma quello di un grande Santo, intendendo fissare in quel nome l´ascetica ch´essi avrebbero dovuto praticare. Il nostro Padre, dal cuore traboccante dí carità operosa e sacrificata, si propose appunto a modello di ascesi S. Francesco di Sales, dottore e apostolo della carità che s´immola a salvezza del prossimo: e di questa ascetica fattiva fece la norma della sua e nostra vita.

Nel pensiero dell´intrepido Apostolo del Chiablese, l´ascetica non è solo luce che rischiara, non è virtù semplicemente meditata; meno ancora essa è sentimentalismo che snatura la pietà cristiana abbassandola a manifestazioni meno composte od altiere: no, l´ascetica salesiana è soprattutto fiamma di zelo che irradia e conquista. Essa è bensì scienza che illumina, ma per indicare le vie da percorrere e la mèta da raggiungere; è strategia che traccia i piani delle sante battaglie; è idea e dottrina che istruisce ad irrobustire . e distendere il braccio per l´azione vigorosa; è fuoco che sprigiona energie di spirituali conquiste; è il celeste liquore che si riversa dal calice della carità sui sentieri degli apostoli per sospingerli, su per l´erta del Calvario, fino a impossessarsi dell´aureola dei santi, e quando Iddio lo esige, della corona dei martiri. Insomma l´ascetica salesiana è più che altro potenza operatrice, immolazione di menti e di cuori pei regno e il trionfo di Dio: è, come dice lo stesso nostro santo Patrono, « l´amore in ardore »: è carità sitibonda di anime. È questa l´ascetica che i nostri ascritti devono sforzarsi di imparare e praticare durante il tempo del noviziato.

Chiamati ad una vita eminentemente attiva, piuttosto che indugiarsi nelle speculazioni e nelle sottigliezze, che potrebbero facilmente degenerare in incomprensioni perniciose .o peggio in tumori di alterigia, essi devono adoprarsi a irrobustire la volontà, arricchendola di abiti che ne plasmino il carattere, e allenandola a quell´azione disinteressata che si prefigge, non il godimento spirituale dell´individuo, ma la salvezza del prossimo.

L´ascetica salesiana non è fine a se stessa, ma addestramento alla redenzione delle anime. Per questo essa è tutta basata sulla pietà eucaristica: d´altronde l´ascetica dell´amore non può alimentarsi se non alla più ricca sorgente dell´amore, l´Eucaristia. Ond´è che, non solo l´orientamento della pietà salesiana, ma l´intiera vita salesiana è spiccatamente eucaristica, a tal punto che la stessa nostra pedagogia, che ha essa pure come essenza la carità, fu da S. Giovanni Bosco basata prevalentemente sul Sacramento dell´amore, dal quale trae tutta la sua efficacia. La pietà eucaristica, forza ed ambiente della nostra vita, viene a pervadere e vivificare il nostro sistema e lavoro pedagogico così intimamente che, presso di noi, vita e pedagogia, pietà e lavoro, perfezione e salvezza dell´anima, vengano a costituire come una stessa ed identica finalità.

Chi consideri superficialmente la nostra Società potrà forse pensare che i Salesiani non abbiano quell´abbondanza di pratiche di pietà che si trovano presso altre famiglie religiose. È fuor di dubbio però che il nostro santo Fondatore diede a´ suoi figli, anche nel campo della pietà, i mezzi necessari per raggiungere la perfezione religiosa ch´essi professano; è poi evidente che la Chiesa non avrebbe approvato le Costituzioni, se in esse avesse riscontrato manchevolezze a questo riguardo.

Ma a dissipare ogni dubbio faremo un´altra considerazione.

Iddio aveva suscitato Don Bosco a fondare due famiglie religiose di vita spiccatamente operosa, in un´epoca di attività prodigiosa dispiegata in tutti i campi, e purtroppo non sempre a vantaggio, ma ben più a detrimento delle anime. S. Francesco di Sales, missionario, scrittore, pastore consacrato tutto e sempre alle anime attraverso l´apostolato della parola e della penna; operatore instancabile con tutti, in tutti i campi e con ogni mezzo; educatore sagace di volontà e di cuori; sapiente organizzatore della teologia dell´amore che si traduce in manifestazioni pratiche di zelo; propagatore di una vita devota che rende accessibili a tutti le vie della perfezione: questo santo, ripeto, colla sua dolcezza, colle sue direttive, coi tesori della sua carità inesauribile che si sforzò di ricondurre gli uomini tutti alle pure fonti del Vangelo, parve al nostro. Fondatore e Padre il . santo da scegliere come Patrono e da lasciare a´ suoi Figli come modello da imitare.

Gesù aveva detto che dobbiamo pregare sempre, senza stancarci mai: e S. Paolo, esemplificando questo genere di pietà ai primi cristiani, insegnava loro a vivere .costantemente uniti a Gesù, compiendo anche le più umili azioni con Dio e per la sua gloria.

S. Giovanni Bosco intuì che, per i suoi figli, destinati a un apostolato che non deve conoscere riposo, non erano sufficienti le pratiche di pietà regolamentari; perciò, coll´esempio e colla parola, c´insegnò ad operare ed insieme a pregare incessantemente. Non verrà dato ai Salesiani di effondersi nella prolungata o prolissa preghiera di cui parla Sant´Agostino; ma sarà loro possibile il diuturno affetto, e cioè l´unione costante con Dio: anche quando la voce sarà silente; canterà il cuore, sussulteranno gli affetti, proromperanno le opere del lavoro santificato, vibreranno le corde del salterio di una vita santa, effusa in manifestazioni di zelo a salvezza delle anime.

L´ascetica di S. Francesco di Sales e di. S. Giovanni Bosco, per essere quale´ essi l´intesero e praticarono, deve pervadere tutta e sempre la vita. Il nostro Padre fu giustamente chiamato dal grande Cardinale Alimonda « l´unione con Dio »: è qui il segreto della sua serenità imperturbabile, della sua operosità meravigliosa, della sua costanza eroica. Far nascere dalla pietà eucaristica la costante presenza e l´unione di Dio è rendere santo il lavoro; è far sì che tutta la nostra operosità sia un inno di lode e di feconde immolazioni all´Altissimo. Formare dei religiosi capaci di santificare, con ritmo incessante, ogni loro attività nelle più svariate occupazioni, mediante una pietà che li conservi dolcemente stretti a Dio in ogni ora ed istante della giornata operosa: ecco il compito dei nostri Maestri di noviziato.

Per questo nel gennaio del 1923 il compianto Don Rinaldi, convocando ad una serie di conferenze i Maestri dei novizi, scriveva loro: « Abbiamo bisogno che i nostri ascritti vengano aiutati a distaccarsi non solo a parole, ma realmente, dai beni della terra e avvezzati a praticare la povertà, l´ubbidienza, l´umiltà e la mortificazione. secondo lo spirito di Don Bosco: abbiamo bisogno che siano nutriti di una pietà soda, congiunta a quella spigliatezza ch´è indispensabile per esercitare con frutto il nostro apostolato in mezzo alla gioventù ». E soggiungeva: « In generale si abbia di mira, nella formazione degli ascritti, di unire strettamente l´azione colla vita interiore. Il Salesiano, secondo Don Bosco — qualis esse debet  è uomo di lavoro e temperante, in tutto e sempre; e queste due qualità devono essere sorrette costantemente da un vivo spirito di fede, speranza e carità ». In queste ultime parole è tutto lo spirito del nostro Padre. Le virtù teologali, dalle quali trae origine e forza la religione e su cui poggia la pietà eucaristica, sono il divino ambiente nel quale deve svolgersi l´attività salesiana fortificata dalla temperanza, irradiata di serenità, di equilibrio, di costanza e di santa letizia.

Se poi dovessero fissarsi le caratteristiche´ dell´ascetica salesiana, potremmo dire che essa, nascendo e svolgendosi nella carità operosa, mentre è tutta pervasa di semplicità e dolcezza, si fa tutta a tutti, immolandosi giocondamente nel lavoro generoso e santificato a vantaggio delle anime.

Naturalmente, chi dice carità operosa, dice zelo, ch´è esplosione redentrice di amore. Ma chi vuole effettivamente il bene delle anime avvisa ai mezzi adatti per salvarle. Ed ecco perchè S. Francesco di Sales e S. Giovanni Bosco rivestono la loro parola, parlata o scritta, d´incantevole e diafana semplicità, per penetrare in tutte le menti e trovare le vie di tutti i cuori. Ambedue, attraverso uno sforzo continuo, fatto di umiltà e di sacrificio, riusciranno ad esporre i concetti più difficili del dogma e della morale con mirabile chiarezza unita a classica proprietà di linguaggio..

La semplicità rifugge dall´artifizio, dalle cose complesse, elaborate, pretenziose, come pure dalla rigidità, angolosità o sostenutezza. Anche ai nostri ascritti possono applicarsi le parole che S. Giovanni Bosco, nella vita di Magone Michele; indirizza a coloro che si occupano della gioventù. Il nostro Padre, dopo aver enumerati i mezzi e le pratiche di cui quel santo giovanetto si serviva per conservare il giglio della purità e progredire nella perfezione, continuava così: u Forse taluno dirà che simili pratiche di pietà sono triviali. Ma io osservo che, siccome lo splendore della virtù di cui parliamo può oscurarsi e perdersi ad ogni piccolo soffio di tentazione, cosa qualunque più piccola cosa che contribuisca a conservarla, deve tenersi in gran pregio. Per questo, continua Don Bosco, io consiglierei di caldamente invigilare che- siano proposte cose facili, che non ispaventino e neppure stanchino il fedele cristiano, massime poi la gioventù. I digiuni, le preghiere prolungate o simili rigide austerità, per lo più o si omettono, o si praticano con pena e rilassatezza. Teniamoci alle cose facili, ma si facciano con perseveranza. Questo, aggiunge Don Bosco, fu il sentiero che condusse il nostro Michele ad un meraviglioso grado di perfezione » (26).

Queste ultime parole sintetizzano mirabilmente una delle più caratteristiche doti dell´´ascetica salesiana: con mezzi semplici ed agevoli, ma praticati con costanza, si può raggiungere la più alta perfezione.

Per questo stesso motivo S. Francesco di Sales e S. Giovanni Bosco rifuggivano dalle elucubrazioni, dalle sottigliezze, dalle dispute e preferivano alla controversia l´esposizione chiara ma soda della verità: sodezza che deve richiamarci a quanto v´è di più sostanzioso nel Vangelo, alla vita stessa di Gesù che tutta si svolge a Betlemme, a Nazaret, nell´apostolato catechistico della vita pubblica, nelle tragiche ore della passione dal Getsemani al Calvario. Le poche volte che il Divin Salvatore è provocato a discutere coi Farisei e coi dottori della legge, egli si sforza di farli scendere, dalle loro rabbinistiche e tendenziose sottilità circa l´interpretazione della legge, al terreno pratico dell´attuazione della carità, attraverso le rinunzie del nostro amor proprio e l´aiuto fattivo ai nostri fratelli. Questo indirizzo sodamente costruttivo arricchisce l´ascetica salesiana di feconda praticità; la quale, per raggiungere e far raggiungere la perfezione, deve estrinsecarsi e apparire anche nelle modalità. Per questo S. Francesco di Sales lavorò senza posa e seppe compiere rinunzie e sacrifici anche eroici per acquistare e conservare la virtù della dolcezza, a tal punto da essere oggi ancora chiamato per antonomasia il santo della dolcezza. Della bontà di Don Bosco sono profumate le pagine tutte della sua vita. E qui credo farvi cosa gradita . ricordandovi una definizione altrettanto ingenua quanto profondamente vera, che di lui mi diede un bimbo di sette anni.

Nel luglio del 1932, viaggiando verso Roma, mi fermai a celebrare la Santa Messa in un paese dell´Appennino toscano. Me la servì, in modo veramente inappuntabile e con devoto atteggiamento, un grazioso piccino. Giunto in sacrestia e svestiti i paramenti sacri, mentre mi congratulavo col minuscolo serviente, trassi dal breviario una immagine del nostro Padre per fargliene omaggio. Prima però gli rivolsi questa domanda: — Dimmi, su, bravo bambino, conosci tu Don Bosco? — Il frugolino ebbe un lampo di gioia negli occhi e scattando mi rispose: — Don Bosco! Ah, sì, quello che vuole tanto bene ai bimbi!
Sapiente e magnifica risposta! Ma non .solo ai bimbi, a tutti voleva bene Don Bosco: e ciò spiega perchè da tutti egli fosse così intensamente riamato.

Ora è appunto l´amabilità e la dolcezza che rendevano cara e accetta la parola di S. Francesco di Sales e di S..Giovanni Bosco, e fecondo il loro apostolato. La dolcezza è virtù irresistibilmente conquistatrice, che soavemente s´impossessa delle menti e dei cuori. Per questo essi la vollero e se ne servirono sempre come manifestazione e strumento di zelo. La dolcezza è il fior fiore della carità e dell´amore. Ma l´amore che porta e unisce a Dio, da Dio e con Dio trasporta alle anime., È amore che, dopo essersi innalzato sulle ali della pietà fino alla Divinità, ridiscende al campo del lavoro e si traduce in sacrifici e immolazioni a salvezza delle anime. Insomma l´ascetica salesian a vuol formare, anzichè dei teologi dell´amore, degli ardenti teofili: piuttosto che dei ragionatori, dei conquistatori e degli apostoli che, coi sussidi e coi carismi della pietà, mentre raggiungono la propria perfezione, di questa si servono • per la salvezza e perfezione altrui. E ciò senza riserve di dedizione, ma con un amore forte come la morte.

24. - PRATICHE CONSEGUENZE
Da queste premesse scaturiscono alcune pratiche conseguenze.

1° È necessario anzitutto che i Maestri di noviziato abbiano ´ idee precise dell´ascetica in generale e dell´ascetica salesiana in particolare. Sarebbe utile a questo proposito radunare di tempo in tempo i nostri Maestri per dare loro istruzioni, norme, direttive pratiche circa il lavoro da compiersi cogli ascritti durante l´anno di noviziato. Se ogni cinque anni essi potessero avere un mese, durante il quale, con apposite conferenze, venisse illustrato ampiamente e praticamente il regolamento dei noviziati, la formazione dei nostri ascritti ne avvantaggerebbe assai. Alla stessa guisa poi che venne compilato il Vademecum per gli ascritti, speriamo si possa avere a suo tempo un Manuale pei Maestri di noviziato.

2° Nel corso delle conferenze, che si fanno ai chierici dei nostri studentati, è bene venga fatta una breve ma soda e organica trattazione di ascetica salesiana. Questa importante materia abbia sempre il suo posto di onore nei programmi dei nostri studentati teologici: dato il suo indirizzo eminentemente pratico, potrebbe forse essere inquadrata nella teologia pastorale.

A questo proposito è bene avere presenti le raccomandazioni fatte nel Motu proprio dell´8 settembre 1910 di Pio X, il quale dopo aver ribaditi molti insegnamenti dell´Enciclica Pascendi, esortava i chierici ad evitare ogni lettura estranea, per poter così meglio attendere alle scienze sacre, e, fra queste, alla scienza della pietà e dei loro doveri, cioè all´ascetica. Analoghe raccomandazioni vennero fatte da Benedetto XV e da Pio XI.

D´altronde il canone 1367 § 5 e la Sacra Congregazione degli Studi e dei Seminari prescrivono almeno una lezione di ascetica per settimana. La stessa S. Congregazione in una Circolare del giorno 8 settembre 1935 esorta gli Ordinari a far sì che gli alunni del santuario conoscano, non solo i migliori libri di meditazione, ma anche le opere più egregie di ascetica.

È così che noi verremo preparando man mano anche gli insegnanti di questa importante materia.

3° Frattanto i Maestri dei novizi si andranno formando essi pure un bel corredo di scienza ascetica per darne le prime nozioni agli ascritti. Non si dimentichi però che l´ascetica non è solo scienza, ma anche arte, e che non sarebbe bene svolgere con eccessiva ampiezza l´insegnamento teorico a scapito delle pratiche applicazioni. I particolari minuti, e soprattutto le discussioni e controversie delle differenti scuole, sono da `escludersi senz´altro. Si dia agli ascritti, in un breve corso di speciali e organiche conferenze, un cibo sodo, sicuro e ammannito colla massima semplicità.

Non esistendo ancora presso di noi un tassativo programma, nè uno speciale testo, si potrebbe, per ora, svolgere le grandi linee programmatiche indicate nel n. 23 di questa Circolare; frattanto i nostri bravi Maestri si andranno provando a tracciare dei programmi da discutersi e completarsi poi in eventuali convegni dei Maestri di noviziato.

Riguardo ai libri da cui potranno attingere il materiale necessario, raccomando specialmente: il Vademecum del compianto D. Giulio Barberis, le operette dei nostri confratelli D. Terrone (Il Salesiano), D. Zolin (Piccolo Manuale di vita religiosa), D. Ceria (La vita religiosa negl´insegnamenti di S. Francesco di Sales; Don" Bosco con Dio).
Inoltre si potrà attingere con . frutto alle . Opere di S. Francesco di Sales, del Rodriguez, Scaramelli, Faber ed altre.

Per noi Salesiani, poi, tutto ciò che riguarda la Vita, le Memorie, gli scritti di S. Giovanni Bosco e gli studi fatti su di essi, specialmente dal Caviglia, saranno sempre fonti e sussidi utilissimi di formazione ascetica salesiana.

4° S. Giovanni Bosco non voleva che i suoi figliuoli fossero oberati da pratiche troppo numerose: ne preferiva poche, ma sostanziose e praticate in profondità: Per lo stesso motivo rifuggiva da certi elenchi di divisioni e suddivisioni dei gradi delle virtù che stancano la mente, confondono le idee e, anziché incoraggiare, spaventano i novizi. D´altronde non è facile trovare il bisturi anatomico, che spezzetti con matematica esattezza le nozioni ascetiche delle virtù con innumeri, divisioni e suddivisioni, senza che esse, e più ancora il loro complesso, non ne ricevano nocumento. Al nostro Padre importava sopra tutto di presentare la virtù in tutta la sua bellezza; e dopo averne illustrati la necessità ed i vantaggi, egli scendeva subito ad indicare i mezzi più facili e agevoli per acquistarla.

5° L´essenziale si è che il Maestro stabilisca ogni anno il suo programma di lavoro e lo compia fedelmente. Va da sè che le grandi linee saranno e dovranno essere sempre le stesse; ma le circostanze di tempo, la preparazione o l´indole degli ascritti, particolari avvenimenti, potranno suggerire modificazioni o aggiunte che diano al programma una fisionomia nuova e soprattutto meglio rispondente allo scopo, che è quello di formare Salesiani che raggiungano la più alta perfezione per essere più utili alle anime.

6° I Maestri abbiano una idea chiara delle prescrizioni del Codice di Diritto Canonico e di quelle contenute nelle nostre Costituzioni, nei Regolamenti e nelle tradizioni salesiane: è da questo "insieme che deve scaturire appunto il programma da svolgersi.

Il can. 565 stabilisce che i novizi, sotto la disciplina del Maestro: a) attendano allo studio delle Regole e Costituzioni;
b) si dedichino assiduamente alla meditazione e alla preghiera; e) s´istruiscano bene in tutto quello che riguarda i voti e le virtù; d) si applichino ai vari esercizi atti ad estirpare radicalmente i vizi, a reprimere le passioni, ad acquistare le virtù.

Questo stesso programma è spiegato nell´art. 195 delle Costituzioni. Il nostro Padre, raccomanda anzitutto che « il Maestro dei novizi metta il màssimo impegno nel dimostrarsi talmente amabile, mansueto e pieno di bontà, che i  novizi gli aprano il loro cuore e abbiano in lui ´tutta la fiducia ». E poi aggiunge: « Li istruisca bene riguardo alle Costituzioni, e principalmente riguardo ai voti di povertà, castità ed obbedienza. Similmente si adoperi a far loro compiere e praticare in modo al tutto esemplare gli esercizi di pietà prescritti nella Società. Di più si studierà di raccomandare con insistenza e d´istillare con dolcezza nell´animo dei novizi la mortificazione interna ed esterna, e soprattutto la sobrietà, procedendo però con prudenza, perchè non se ne indeboliscano le forze fisiche. Inoltre tenga loro ogni settimana almeno una conferenza sul catechismo e sulle cose riferentesi alla Società ». Identiche e più ampie istruzioni sono contenute negli articoli 291-294 dei Regolamenti.

I punti enumerati si prestano a una serie ordinata di conferenze ed istruzioni, che se saranno ben preparate e arricchite di dottrina e di esempi ricavati dagli scritti e dalle Vite di San. Francesco di Sales e di S. Giovanni Bosco, e particolarmente dalle Memorie Biografiche, potranno costituire un ricco patrimonio di ascetica salesiana.

Spiegando ai novizi il significato dello stemma salesiano si faccia loro capire che la nostra ascetica è bellamente compendiata nel motto che S. Francesco di Sales scelse come norma di vita fin dall´inizio del suo apostolato e che S. Giovanni Bosco lasciò come programma a´ suoi figli: Da mihi animas,.coetera tolle. Essi pure dovranno poi, con spirito di ardente carità che si traduce in attività di apostolato, sotto l´amorosa assistenza di. Maria Ausiliatrice, Madre, Stella, Ancora sicura di speranza, slanciarsi fiduciosi, nella selva oscura ed aspra e forte della vita, alla conquista delle anime.

25. - FORMAZIONE PEDAGOGICA
L´art. 290 dei Regolamenti, enumerando le materie che dovranno studiare gli ascritti, colloca la pedagogia subito dopo il catechismo e la storia sacra.
La ragione è ovvia: nel noviziato salesiano, non si forma solo il religioso che tende alla perfezione, ma anche l´educatore. Anzi abbiamo appunto dimostrato che la perfezione nostra dev´essere messa tutta a profitto delle anime, particolarmente nell´educazione della gioventù.
Taluno potrà obiettare che, durante il noviziato, non si dovrebbero, giusta le . prescrizioni canoniche, indirizzare di proposito gli ascritti a studi scientifici, che li distraggano da ciò che costituisce lo scopo precipuo del noviziato, che è la formazione religiosa e spirituale dei novizi.

L´obiezione può valere per altre discipline, ma non per la pedagogia, almeno come l´intese S. Giovanni Bosco e dobbiamo intenderla noi.

La pedagogia salesiana scaturisce dalla carità e si sviluppa nell´ambiente della pietà eucaristica, che altro non è se non la carità nella sua manifestazione più bella. Tutto ciò che tenda a fomentare la pietà eucaristica — e perciò la confessione come preparazione, e le altre pratiche come mezzi per mantenerla e accrescerla: le visite, le orazioni, le istruzioni religiose, il sermoncino della sera, tutto il corredo insomma di spiritualità che Don Bosco fornì a´ suoi figli — fu nelle sue mani, e dev´esserlo nelle nostre, strumento pedagogico ed aiuto, potente all´educatore.

S. Giovanni Bosco ripetè frequentemente che « i più validi sostegni della gioventù sono il sacramento della Confessione e la Comunione ». Anzi, nella vita di Francesco Besucco, parlando dei vari sistemi di educazione, dice categoricamente ch´egli, « non trova alcuna base sicura, se non nella frequenza della Confessione e della Comunione »; e aggiunge:
« Credo di non dir troppo asserendo che, omessi questi due elementi, la moralità resta bandita ». Chi abbia studiata la vita approfondito lo spirito di Don Bosco sa ch´egli, la forza del suo lavoro pedagogico, l´attinse sempre dalla pietà eucaristica.

È bene pertanto, nel noviziato, inculcare agli ascritti queste idee fondamentali. La pedagogia, come scuola, verrà sviluppata poi organicamente durante i tre anni di studi filosofici; ma poichè la base e la forza del nostro lavoro educativo è nell´ambiente della pietà e soprattutto della pietà eucaristica, è necessario completare, e armonizzare la formazione ascetica con quella pedagogica: d´altronde l´una e l´altra procedono dalla stessa causa: l´amore. Se gli ascritti usciranno dal noviziato intimamente persuasi di queste verità, che dovranno rischiararli e sostenerli negli ardii sentieri dell´apostolato, si saranno effettivamente gettate le basi di una buona formazione salesiana.

Il programma pedagogico da svolgersi nell´anno di noviziato è tutto nelle magnifiche pagine che il nostro Santo Fondatore scrisse su Il Sistema Preventivo nella educazione della gioventù. Chi dovrà essere l´insegnante di questi elementi di pedagogia? La risposta non può essere dubbia: colui che abbia la miglior preparazione e le doti necessarie. A volte potrà essere lo stesso Maestro degli ascritti; altre volte invece il Direttore della casa o un professore che possegga e illustri praticamente l´importante materia. Sarebbe bene che d´ora innanzi i professori di pedagogia, non solo avessero a loro disposizione tutto ciò che riguarda il nostro Padre e le opere salesiane, ma che potessero trovare, nella biblioteca del noviziato, una ben scelta collezione di libri pedagogici per preparare e documentare meglio le loro lezioni. Tutti però si persuadano che, per mettere in bella e pratica luce le mirabili pagine del Sistema Preventivo, la più ricca miniera d´insegnamenti e di esempi la troveremo sempre negli scritti, nelle vite, nelle Memorie. Biografiche di San Giovanni Bosco. Ed è precisamente di queste idee e di queste notizie che giova arricchire le menti e i cuori dei nostri ascritti durante il noviziato.

Se poi i nostri maestri di pedagogia non si limitassero a prendere. degli appunti per fissarli nel diario scolastico, ma, durante alcuni anni, si volessero sottoporre alla dolce e fruttuosa fatica di ´stendere e correggere le loro lezioni, noi saremmo in grado di avere fra pochi anni, a disposizione della Congregazione, un ricco materiale, utilissimo per.. futuri lavori da darsi alle stampe,
26. - FORMAZIONE CATECHISTICA
La nostra Società è sbocciata dal Cuore dolcissimo di Gesù 1´8 dicembre 1841, solennità della Vergine SS. Immacolata. Questa data memoranda deve soprattutto ricordarci due cose: la prima che, nati nel giorno della Vergine tutta Pura, noi dobbiamo fare sì che effettivamente la perfezione e la santità nostra sia purezza; la seconda, che l´Opera nostra, nata col catechismo, dovrà logicamente dare sempre al catechismo la massima importanza. Se vi è una materia, nella quale i Figli di S. Giovanni Bosco dovrebbero essere eminenti ed abili maestri, è proprio il catechismo.

Non basta pertanto che i Regolamenti, parlando delle principali materie di studio degli ascritti, collochino prima di ogni altra il catechismo; ma è necessario che effettivamente esso sia tenuto in grande stima e venga spiegato con molta cura e per intero tanto ai chierici che ai coadiutori. Naturalmente si deve supporre che i nostri ascritti abbiano già imparato bene a memoria il catechismo durante il loro aspirantato: così l´insegnante avrà agio durante le sue lezioni di esporre agli ascritti anche delle nòrme pratiche per insegnarlo ai giovanetti. A tale scopo sarebbe bene che ogni noviziato avesse una ben fornita biblioteca di opere catechistiche e soprattutto che, in apposito locale, venissero ordinatamente raccolti tutti quei sussidi didattici che meglio possano giovare all´insegnamento del catechismo. In tal modo sarà facile fare di tanto in tanto, e con grande vantaggio degli ascritti, qualche lezione pratica di catechismo, per l´applicazione delle norme didattiche da seguirsi in questo insegnamento.

In parecchi noviziati ormai è tradizione che gli ascritti coadiutori si preparino tutti a subire, se non durante il tempo del noviziato almeno più tardi, l´esame per l´abilitazione all´insegnamento del catechismo presso la speciale Commissione Diocesana, od anche solo presso apposita Commissione nominata dall´Ispettore. È questo il modo migliore di stimolare i nostri bravi coadiutori a prestarsi poi volonterosamente ad insegnare il catechismo, quando saranno nelle case e specialmente negli oratori festivi. Se poi presso il noviziato vi fosse un oratorio, i Maestri potranno inviarvi gli ascritti a insegnare la dottrina cristiana, aiutandoli e sorvegliandoli paternamente, affinchè tale apostolato riesca proficuo e giovi alla loro formazione.

27. - FORMAZIONE LETTERARIA
L´art. 565 del Codice di Diritto Canonico stabilisce che i novizi non debbono attendere di proposito agli studi letterari e scientifici.

La ragione è evidente: se i novizi dovessero compiere un corso regolare di studi, verrebbe frustrato in gran parte lo scopo del noviziato. Il Sommo Pontefice Pio X aveva ema´ nato un decreto col quale si permetteva ai novizi di attendere allo studio delle suddette materie per una sola ora al giorno, eccetto i festivi (27). Il canone sopra citato non rinnova quella prescrizione, ma autorevoli canonisti insegnano che, nel tracciare ai novizi un regolamento per lo studio, è lecito ispirarsi a. quel decreto (28).

L´art. 293 dei nostri Regolamenti, dopo avere elencate come materie principali di:studio degli ascritti il catechismo, — che dev´essere spiegato per intero e con molta cura, — la storia sacra, gli elementi di pedagogia salesiana e di liturgia, cerimonie e canto ´gregoriano, aggiunge che, oltre che in queste materie sacre, essi « si eserciteranno nella lingua nazionale, nella latina, nella greca e nella italiana usando testi di argomento sacro. Inoltre vi sarà pure_ una lezione settimanale di buona creanza e una di calligrafia ».

Come ben vedete, accennando a queste materie, che non sono strettamente sacre, non si parla di vero studio, ma di esercizio; ed esso ha, più che altro, lo scopo di non lasciar dimenticare quanto era stato studiato precedentemente.

Per questo l´art. 292 dei Regolamenti dice appunto: ; « Si può permettere agli ascritti di esercitarsi nelle materie scolastiche e nelle arti e mestieri, regolandosi in modo che non abbia a risentirne alcun danno la loro formazione spirituale ». Sempre collo stesso intendimento si raccomandano, ´anche per le materie letterarie, testi di argomento sacro. Anzi, la . stessa intonazione della scuola deve contribuire alle finalità del noviziato, e perciò i professori, senza convertire la cattedra in pergamo, non tralascino, spiegando il testo, di trarre quelle considerazioni che abbiano a giovare alla formazione degli ascritti.

Ma, fermo restando che nel noviziato non si deve attendere di proposito alle materie letterarie e scientifiche, e che quel periodo di tempo non dev´essere destinato deliberatamente a rafforzare l´ascritto in qualche materia ove fosse più debole, o a prepararlo ad esami allo scopo di fargli forse guadagnare un anno, tuttavia la scuola dev´essere fatta con serietà e discernimento. L´esempio stesso dei professori sarà uno stimolo per gli alunni, i quali mentre impareranno praticamente le regole di una saggia didattica, si abitueranno al lavoro, al buon uso del tempo, ed a servirsi rettamente della scienza, che dovrà più tardi essere nelle loro mani strumento di bene.

In modo analogo devesi procedere circa il lavoro e lo studio degli ascritti coadiutori. Essi, nei tempi liberi dalle pratiche religiose e dagli esercizi proprii del noviziato, verranno occupati nei lavori domestici, agricoli e professionali. Qui soprattutto giova raccomandare che non si passino i limiti stabiliti. Potrebbe succedere infatti che la presenza di . parecchi ascritti falegnami, fabbri, calzolai, sarti o di altri mestieri, la si ritenesse particolarmente giovevole agl´interessi della casa, e che perciò si moltiplicassero le ore o le modalità del lavoro con scapito della pietà e della formazione religiosa. I superiori ed i professi siano i primi a far capire ai novizi che lo scopo principale del noviziato va rispettato e favorito in tutti i modi. La paterna carità del Maestro dei novizi non trascuri nulla e nessuno: perciò in certi giorni di festa si rivolga un pensiero praticamente affettuoso ai cuochi, ai refettorieri, a coloro insomma che si sacrificano per noi, privandosi della partecipazione alle funzioni sacre o ricreative.

In appendice si troveranno pubblicati gli orari ed i programmi, fissati dai Regolamenti e approvati dal XV Capitolo Generale. Anche da un esame sommario apparisce subito che le materie sono molte, mentre il tempo è ristretto, È bene per tanto che i professori si rendano conto delle speciali esigenze del noviziato, e non assegnino lavori eccessivi nè pretendano più di quanto gli ascritti possano dare.

Prima di por termine a questo argomento sarà bene dire una parola circa la banda di musica e il teatrino.

Nei noviziati vi può essere la, banda di musica? Se gli ascritti coadiutori sono in buon numero, o almeno sufficienti all´uopo, è, bene che vi sia la banda: in tal modo i coadiutori si mantengono in esercizio, e al tempo stesso saranno giocondate le feste. È solo da stare attenti che non vi si impieghi soverchio tempo, e che la musica non sia mai a discapito delle pratiche del noviziato. Non è però consigliabile d´istituire una banda, quando i coadiutori sieno pochi, specialmente poi se non fossero già suonatori. Neppure è bene iniziare chierici, durante il noviziato, al suono di strumenti, solo per accrescere il numero dei musici: quando invece essi fossero già suonatori, potranno prendere parte ai concertini nell´interno del noviziato, salvo sempre il decoro dell´abito in determinate circostanze. Si eviti poi ad ogni costo che la musica degeneri in certe forme svenevoli, purtroppo in voga, che non dovrebbero mai profanare l´ambiente del noviziato.

E che dire del teatrino nei noviziati? Nulla vieta che gli ascritti si esercitino nella declamazione. Certo nei noviziati. sono da preferirsi le accademie, brevi e ben preparate. S´incominci fin d´allora a fare capire quale cosa disdicevole sieno le lungaggini, accompagnate per ciò stesso da impreparazione, che convertono certe accademie in un vero disagio pel pubblice lasciano poco lieto ricordo. D ´altronde le accademie si prestano meglio alla estrinsecazione dei sentimenti degli ascritti e permettono a quasi tutti di prendervi parte, sia pure in diversa misura e a titolo di esercizio: esse giovano inoltre ad abituare i novizi a presentarsi al pubblico, a porgere con correttezza, e costituiscono un utile esercizio di memoria e di ginnastica intellettuale.

Le rappresentazioni teatrali invece dovrebbero essere poche e limitate all´epoca del carnevale, con esclusione, per quanto è possibile, di persone esterne.

Sarebbe cosa ottima spiegare ai novizi, sia pure brevemente, il regolamentino del teatrino, nel quale è tanta  ricchezza di sapienti e pratiche direttive.

Il cinema invece dovrebbe essere bandito dai noviziati: qualche straordinaria e rarissima eccezione potrebbe farsi per un film missionario o -religioso. Altrettanto dicasi della radio.

28. - FORMAZIONE -SALESIANA,
Dopo quanto è stato detto parlando della formazione ascetica e pedagogica nella luce e nella cornice delle idee, norme e direttive di S. Francesco di Sales e di S. Giovanni Bosco, parrebbe quasi superfluo indugiarsi ancora sulla formazione salesiana. Ma poichè il successo del nostro apostolato, e perciò dell´intiera nostra -vita, è in proporzione diretta della nostra salesianità, se così possiam dire, e cioè della maggiore o minore abbondanza di spirito salesiano che avremo acquistato, dobbiamo preoccuparci di conoscerlo e possederlo in tale copia da poter riuscire, nella estrinsecazione della nostra missione, ovunque piacerà al Signore di collocarci, dei veri e degni Figli di S. Giovanni Bosco, eredi ed emuli delle sue virtù ed operose conquiste spirituali.

Per questo motivo è bene che i nostri cari ascritti approfittino del tempo propizio del noviziato per conoscere, amare ed imitare sempre più e sempre meglio. S. Giovanni Bosco, che, dello spirito di S. Francesco di Sales, è per noi il più fedele interprete e perfetto modello.

Si dia agio pertanto ai novizi di leggere la vita e gli scritti - del nostro Padre, e nelle conferenze si presentino loro in modo adatto quei punti delle Memorie Biografiche che meglio possano giovare alla loro formazione. Si parli frequentemente delle opere e cose nostre, illustrandone convenientemente e mettendone in evidenza le belle e alte finalità; in particolare si dia loro modo di conoscere ed apprezzare il magnifico lavoro evangelico che, in tutte le parti del mondo, si compie, con tanto zelo ed eroismo, dai nostri missionari. Il Maestro abbia cura di mettere man mano a disposizione dei novizi le vite dei nostri Servi di Dio e le biografie dei Salesiani defunti meglio rispon, denti -ai bisogni della loro formazione.

Si cerchi di far loro capire i capisaldi della vita salesiana e i punti fondamentali del nostro spirito. È necessario che i cari ascritti si affezionino sempre più a colui che chiamano e sarà veramente loro Padre: che penetrino nella sua mente per conoscerne le sapienti direttive, nel suo, cuore per sentine i possenti palpiti di zelo, nelle sue opere per ammirarne la fecondità redentrice.

Essi devono persuadersi che la nostra santità è purezza, perchè questo è il distintivo che San Giovanni Bosco lasciò a´ suoi Figli: su questo punto s´insista con delicata fermezza.

Della pietà eucaristica come fonte, ambiente e mezzo della nostra santificazione e dell´opera nostra pedagogica abbiamo esposto più sopra alcune considerazioni generali, che verranno poi ampiamente svolte nella strenna della pietà. È bene però aggiungere qui qualche applicazione pratica che inizii gli ascritti alla vita vissuta di pietà eucaristica.

Si persuadano i novizi che le pratiche di pietà pei Salesiani hanno lo scopo precipuo di mantenerli uniti a Dio durante la giornata, santificandone in tal modo le azioni. Nella meditazione, ad esempio, il lavoro più importante per noi, senza perder di vista la verità propostaci, vuole essere consacrato all´esame della nostra situazione giornaliera, delle difficoltà e dei pericoli che incontreremo, per procedere alla ricerca dei mezzi più atti a superarli e a formulare dei propositi pratici da ricordarsi frequentemente durante il giorno e in particolari momenti o situazioni.

Dalla Santa Messa e dalla Comunione dobbiamo ricavare, - più che la risoluzione, . il bisogno- di ripetere, nel corso della giornata, — ad ogni -ora, ad ogni cambio d´occupazione, ogni volta che fisseremo il Crocifisso, con molta frequenza insomma fervorose Comunioni spirituali. -Le visite devono divenire per noi una necessità: saranno brevi, ma sentite, "´affettuose, ardenti: è dalle frequenti visite che deve rafforzarsi in noi l´abito della presenza di Dio, per mezzo di giaculatorie e sante aspirazioni durante il lavoro e particolarmente nei momenti difficili, nelle prove, nelle tentazioni. La Confessione deve abituarci al controllo -delle nostre azioni, alla umiltà vissuta, che vuole tutta la luce della verità e gli accenti della più ingenua sincerità nel riconoscere e manifestare i nostri peccati, le manchevolezze e imperfezioni. La lettura spirituale dobbiamo considerarla come un faro di luce che, nel corso della giornata, viene a rischiarare le azioni già compiute per constatare se furono fatte rettamente, e, ad illuminare quelle che ancora ci restano da compiere, indicandoci gli ostacoli da evitare ed i mezzi da prendere per la loro buona riuscita.

L´esame di coscienza, più che una anatomia di noi stessi e un eccessivo indugio sulle manchevolezze, deve convertirsi in una santa officina, ove si ´preparano le armi e gli spirituali congegni di cui dovremo servirci per liberarci dai difetti e acquistare le virtù. Gli esami che conducono allo . scoraggiamento e paralizzano il progredire nella perfezione, sono frutto di scarsa formazione ascetica, di amor proprio e mal celata alterigia.

Vere pietre miliari nel corso dell´anno, e veri rifugi o stazioni di rifornimento, sono gli Esercizi della buona morte. S. Giovanni Bosco diede a questa pratica somma importanza, e non dubitò di affermare ch´egli riteneva assicurata la salvezza di colui, che ogni mese fa bene l´Esercizio della buona morte. Abituare gli ascritti a compiere questa pratica coll´indirizzo voluto dal nostro Padre è recare un benefizio grande alla nostra Società. Il Salesiàno che avrà acquistato l´abito di disporre ogni mese le sue cose spirituali e temporali, come se realmente dovesse morire, sarà un degno figlio di Don Bosco e vivrà da religioso esemplare.

Quando poi si tratti degli Esercizi spirituali, si faccia capire ch´essi devono segnare un vero rinnovamento di fervore nell´osservanza religiosa e nella santificazione del lavoro. Per questo, nei nostri esercizi, le meditazioni e le istruzioni hanno un indirizzo eminentemente pratico: più che ad istruirci tendono a migliorarci, mettendoci dinanzi le mancanze commesse nel corso dell´anno e stimolandoci a prendere. pochi, ma appropriati mezzi pratici per non inceppare negli stessi difetti e per farci acquistare le virtù più necessarie alla nostra. missione. Sono i propositi presi negli Esercizi spirituali che, ricordati poi frequentemente nelle meditazioni e nelle visite, settimanalmente quando ci prepariamo alla confessione, e soprattutto nell´Esercizio della buona morte, contribuiranno in modo efficace a mantenerci nel fervore e a farci, progredire nella perfezione.

Infine i tridui, le novene, i mesi di S. Giuseppe, di Maria Ausiliatrice, del S. Cuore, il 24 e l´ultimo martedì del mese, i fioretti, le prediche, le conferenze, il ricordo dei vantaggi spirituali della vita religiosa, delle indulgenze e di altri favori a noi concessi, i sermoncini della sera e particolarmente i rendiconti fatti con filiale confidenza, sono altrettanti mezzi di particolare efficacia che la Divina Provvidenza ci offre man mano, durante l´anno, per ravvivare quel fuoco di carità che, spingendoci e stringendoci a Dio, rende più feconda la missione nostra a vantaggio del prossimo.

Altro caposaldo della vita, e perciò della formazione salesiana, è la santificazione del lavoro: incoraggiare gli ascritti. ad acquistare quest´abito è mettere nelle loro mani un efficace strumento di perfezione, col quale riusciranno ad accrescere il tesoro dei loro meriti pel Cielo.

Il Maestro in particolare e quanti sono destinati alla formazione dei novizi, non devono dimenticare mai che la loro missione´è quella di dare alla nostra Società dei buoni Salesiani, il che vuol dire dei religiosi ferventi e degli educatori secondo il cuore di S. Giovanni Bosco. È una formazione abbinata ed inscindibile: il buon religioso non potrà soddisfare alle esigenze della vita salesiana se non è al tempo stesso un buon educatore: ma d´altra parte non potrebbe essere educatore efficace il Salesiano che non fosse anche religioso esemplare. Perciò s´insista sulle virtù che costituiscono l´essenza, la base, l´ossatura del Sistema preventivo.

Della carità in tutte le sue manifestazioni non si tratterà mai a sufficienza. Si spieghi specialmente la natura e le caratteristiche della dolcezza salesiana: essa non è svenevolezza, nè comecchessia debolezza; non è sorriso di simpatia, nè sentimentalismo che va in cerca di consensi e di terrene corrispondenze; ma è all´incontro bontà che s´immola, mansuetudine che sopporta, sorriso che affiora talvolta tra -le spine dell´ingratitudine, che si mantiene inalterabile per tutti e in tutte le circostanze, specialmente quando vuol ricondurre all´ovile la pecora smarrita e rimettere sul buon sentiero chi, ingratamente e forse malignamente, s´era sviato dal bene. Se i Salesiani saranno intimamente convinti, come il loro Patrono e il loro Padre, che la dolcezza è la virtù delle conquiste, che trionfa di tutto e di tutti, saranno costantemente fedeli nella pratica del Sistema preventivo e coroneranno il loro apostolato di splendidi trionfi.

Nel sogno dei quattro chiodi, dei quali parleremo più innanzi, il fatidico personaggio, mettendo dinanzi a Don Bosco il campo sterminato ove avrebbero lavorato i suoi, Figli, gli disse: « — Vedi quanto sia immensa la messe? I Salesiani che vedi sono i lavoratori di questa vigna del Signore. Molti lavorano, e tu li conosci. L´orizzonte poi si allarga, a vista d´occhio, di gente che tu non conosci ancora: e questo vuol dire che, non solo in questo secolo, ma ben anche nell´altro e nei futuri secoli, i Salesiani lavoreranno nel proprio campo. Ma sai a quali condizioni si può eseguire "quello che vedi? Te lo dirò io, guarda: bisogna che tu faccia stampare queste parole che saranno come il vostro stemma, la parola d´ordine, il vostro distintivo. Nòtale bene: Il lavoro e la temperanza faranno fiorire la Congregazione Salesiana. Queste parole le farai spiegare, le ripeterai, insisterai. Farai stampare il manuale che le spieghi e faccia capir bene che il lavoro e la temperanza sono l´eredità che lasci alla Congregazione, e nello stesso tempo ne saranno anche la gloria. — Io risposi: — Questo lo farò molto volentieri; questo è tutto secondo il nostro scopo, è quello che vo già raccomandando tutti i giorni, e vo insistendo semprecchè me ne capiti l´occasione., — Sei dunque ben persuaso? Mi hai bene capito? Questa è l´eredità che lascerai loro, e dì pure chiaro che fintantochè i tuoi figli corrisponderanno, avranno seguaci al mezzodì, al nord, all´oriente e all´occidente» (29).

S´incominci pertanto dal tempo del noviziato a spiegare agli ascritti che questo è il vero, stemma della ´Congregazione Salesiana. Anni addietro fu inesattamente fissato, nell´inno della nostra Società, lo stemma salesiano colle parole: Lavoro e preghiera. Noi abbiamo già visto quale grande importanza abbia dato il nostro santo Fondatore alla preghiera e più ancora alla pietà, ch´egli volle potentemente orientata verso il sacramento della Confessione e la ´Santa Comunione. Per questo motivo non ci stancheremo di ripetere che la pietà eucaristica è 1a fonte, il mezzo, la mèta della nostra perfezione e del nostro apostolato. Ma ci pare doveroso rimettere lo stemma salesiano nella sua vera luce e cornice, presentandolo ai novizi, ai Salesiani, a coloro che verranno dopo di noi, quale ce lo diede Don Bosco nel magnifico binomio: Lavoro e temperanza. Questo concetto venne ribadito frequentemente dal nostro Padre, il quale era stimolato a ciò da ´quanto gli veniva supernamente indicato nei sogni o visioni. Il 9 maggio 1879 egli raccontava il sogno cosidetto dei mostri, nel quale, con sapienti consigli, premuniva i Salesiani per le future lotte che avrebbero dovuto affrontare nell´adempimento della loro missione. A. un certo punto il nostro Padre rivolge al personaggio, che rispecchiava le fattezze di S. Francesco di Sales, questa domanda: — Durerà molto la nostra Congregazione ? — Essa durerà, gli fu risposto, fino a che i soci ameranno il lavoro e la temperanza. Mancando una di queste  due colonne . il vostro edificio andrà, in rovina, schiacciando superiori ed inferiori ed i loro seguaci´ (30).

L´insistenza con cui Don Bosco ritornava su questa raccomandazione deve persuaderci della sua enorme importanza e stimolarci a ripeterla e commentarla a tutti i soci, ma particolarmente ai novizi acciocchè, fin dall´inizio della loro vita religiosa, si convincano che, senza di essa, non potranno essere veri e degni Figli di S. Giovanni Bosco.

Nel sogno testè citato S. Francesco di Sales, a un certo punto senza dir parola, offerse un libro a Don Bosco´. Questi chiese che fosse. — Leggi nel libro, — gli fu risposto. Aperse il libro, ma stentava a leggere. Potè però , rilevare ´queste parole: Ai novizi: «Ubbidienza in ogni cosa. Coll´ubbidienza meriteranno le benedizioni del Signore e la benevolenza degli uomini. Colla diligenza combatteranno e vinceranno le insidie degli spirituali ´ nemici » (31).

È vero che l´ubbidienza è già, per la sua stessa natura, una virtù alla quale, nel periodo di formazione, si dà somma importanza: ma vedendola raccomandata, in forma del tutto soprannaturale, da S. Francesco di Sales e dal nostro santo Fondatore, dobbiamo dedurre ch´essa dev´essere oggetto di particolari illustrazioni ed insistenze, associandola alla* diligenza nel combattere e vincere le insidie degli spirituali nemici.

Tra gli altri argomenti, che i maestri dei novizi dovranno spiegare . con particolare impegno e ampiezza agli ascritti, vi sono i cosiddetti quattro chiodi  di cui il fatidico personaggio parlò a Don Bosco in uno dei sogni più istruttivi che abbia avuto il nostro Padre. Giudico opportuno riferirne integralmente la quarta parte, che il personaggio stesso disse essere la più importante.

  1. Vedi là quel carro?
  2. Lo vedo.
  3. Sai che cosa è?
  4. Ma non vedo bene.

— Se vuoi veder bene, avvicinati. Vedi là quel cartellone?
Avvicinati, osservalo; su quel cartello vi è l´emblema: da quello conoscerai.

Io mi avvicino e vedo su quel cartello dipinti quattro chiodi molto grossi. Mi rivolsi a lui dicendo:

  1. Ma non capisco nulla, se non mi spiega.
  2. Non li vedi quei quattro chiodi? Osservali bene. Sono i quattro chiodi che tormentano le Congregazioni religiose. Se eviti questi quattro chiodi, cioè se farai sì che la tua Congregazione non resti tormentata da essi, se saprete tenerli lontani, allora le cose andranno bene e voi sarete in salvo.

— Ma io ne so come prima, risposi: che cosa significano questi quattro chiodi?

  1. Se vuoi sapere meglio, visita questo carrozzone che ha i chiodi per emblema. Vedi, questo carrozzone ha quattro scompartimenti, ciascuno dei quali corrisponde a un chiodo.
  2. Ma e questi scompartimenti che cosa significano?
  3. Osserva il primo scompartimento.

Osservo e leggo sul cartello: Quorum Deus venter est.

  1. Oh! adesso comincio a capire qualche cosa.

Quel tale mi risponde: — Questo è il primo chiodo che tormenta e manda in rovina le Congregazioni religiose. Egli farà strage anche di voi, se non stai attento. Combattilo bene e vedrai che le cose tue prospereranno.

  1. Ora veniamo al- secondo scompartimento: leggi l´iscrizione del secondo chiodo: Quaerunt quae sua sunt, non quae Jesu Christi. Quivi sono quelli che cercano le proprie comodità, gli agi e brigano pei bene proprio e forse anche dei parenti, e non cercano il bene della Congregazione, che è quello che forma la porzione di Gesù Cristo. Sta attento, allontana questo flagello e vedrai prosperare la Congregazione.

Terzo scompartimento: osservo l´iscrizione del terzo chiodo, ed era: Aspidis lingua eorum. — Chiodo fatale per le Congregazioni sono i mormoratori, i sussurroni; quelli che cercano sempre di criticare per diritto e per traverso.

Quarto scompartimento: Cubiculum otiositatis. Qui sono gli oziosi in gran numero, e quando si incomincia ad introdurre l´ozio, la comunità resta bell´e rovinata; invece finchè si lavorerà molto, nessun pericolo per voi. Ora osserva una cosa che vi è in questo carrozzone a cui molte e molte volte non si bada, ed io voglio che tu osservi con attenzione tutta speciale. Vedi quel ripostiglio che non fa parte di nessun scompartimento, ma si estende un poco in tutti? È come un mezzo scompartimento o distretto.

— Vedo; ma non c´è che rimasugli di foglie, di erbaccia alta: altra più bassa ingarbugliata.

  1. Bene, bene; è questo che voglio che tu osservi.
  2. Ma che cosa posso io ricavar da questo?
  3. Osserva bene l´iscrizione che sta quasi nascosta. — Osservo bene e vedo scritto: Latet anguis in herba.
  4. Ma e con questo?
  5. Guarda, vi sono certi individui che stanno nascosti; non parlano; non aprono mai il cuore ai superiori; ruminano sempre in cuore i loro segreti; sta attento; Latet anguis in herba. Sono veri flagelli, vera peste delle Congregazioni. Ancorchè cattivi, se fossero svelati, si potrebbero correggere; ma no, stanno nascosti, noi non ce ne accorgiamo, ed intanto il male si fa grave, il veleno si moltiplica nel cuore di costoro, e quando fossero conosciuti non vi sarebbe più tempo a riparare il danno che già hanno prodotto. Impara dunque bene le cose che devi tener lontane dalla tua Congregazione: tieni bene a mente quanto hai udito; dà ordine che queste cose siano spiegate a lungo. Facendo così, sta tranquillo sulla tua Congregazione, che le cose prospereranno un dì più dell´altro.

Don Bosco concludeva la narrazione del sogno in questo modo: « Vi ho raccontato il sogno in questa circostanza, prima di separarci, ben persuaso di poter dire ´con tutta verità, che sarebbe degna conclusione degli Esercizi, se noi proporremo di attenerci al nostro stemma: Lavoro e temperanza; e se procureremo a tutt´uomo di evitare i quattro grandi chiodi che martoriano le Congregazioni. Il vizio della gola, il cercar le, agiatezze, le mormorazioni e l´ozio; a cui è da aggiungere che ciascuno sia sempre aperto, schietto e confidente coi propri superiori. In questo modo faremo del bene alle anime nostre e nello stesso tempo potremo anche salvare quelle che la Divina Provvidenza affiderà alle nostre cure » (32).

Abbiamo detto che questo sogno è uno dei più istruttivi raccontati da Don Bosco, e che perciò deve più fortemente incidere nel lavoro, di formazione salesiana. I Maestri di noviziato, da questo e da altri sogni del nostro Padre, potranno ricavare materia abbondante per conferenze, che avranno tutto il profumo della dottrina del nostro Fondatore e al tempo stesso come una aureola di luce soprannaturale.

Formiamo adunque i cari ascritti, che sono la più promettente speranza della nostra Congregazione, nella conoscenza sempre più perfetta, nell´amore sempre più intenso, nell´imitazione sempre più fedele e perseverante, del nostro grande Maestro e Padre, S. Giovanni Bosco.

29. - LA SELEZIONE
Una delle maggiori pene dei Superiori, e particolarmente di coloro che lavorano attorno alle vocazioni, è quella di vedere assottigliarsi man mano le file dei candidati. Come il giardiniere o l´agricoltore che, dopo aver lavorato tutto l´anno, vedano ad un tratto rovinato dalla gragnuola il frutto dei. loro sudori, così essi non possono non sentirne grande dolore. Dopo essersi prodigati durante quattro o cinque anni attorno alle care pianticelle néi giardini dei nostri aspirantati e parecchi mesi in quello del noviziato, ´è con vero strazio ch´essi assistono agli irreparabili danni della bufera che stronca e sradica steli, fiori e frutti ormai prossimi a maturare. Però, quantunque triste e dolorosa, tale condizione di cose è purtroppo inevitabile in questa terra di esilio.

Il nostro santo Fondatore che, fin dagli inizi, ebbe a sperimentare tutta l´amarezza di questa pena, vedendosi abbandonato da quei primi ch´erano stati oggetto delle sue cure più affettuose e sollecite, volle premunirci con sapienti norme perchè non avessimo a smarrirci quando ci fossimo trovati nelle ore dolorose della prova.

Il 13 dicembre 1878 egli raccontava al compianto D. Giulio Barberis, incaricato degli ascritti, in presenza anche di altre persone, questo sogno.

« Mi pareva di trovarmi ai Becchi avanti alla mia casa, quand´ecco mi fu presentato un grazioso paniere. Guardo e vedo che vi sono colombe, ma ancora piccole e implumi. Osservo   ancora e di li a poco mi accorgo che han già messo le penne e cambiato, per dir così, fisonomia. A tre di. esse erano spuntate penne così nere che sembravan corvi. Meravigliato io dissi fra me: — Qui c´è qualche stregoneria. — E guardavo attorno come per vedere se vi fosse un fattucchiere.. In quel mentre m´avveggo che le colombe sono volate via e le scorgo in aria che si allontanano. Se non che un tale, che era li vicino, dà di piglio a un fucile, prende la mira e spara. Due colombe cadono e la terza si dilegua. Io corsi dove le aveva. viste cadere e le pigliai e, le teneva così in mano e mi rincresceva di vederle morte. Sentivo grande malinconia e,le lisciava dicendo: — Poveri animaletti! Mentre stavo intento a guardarle, ecco che all´improvviso, non so come, si mutano, e diventano due chierici. Strabiliato allora temo sempre più che sia l´opera di qualche fattucchiere e guardo, guardo da ogni lato. In quel punto non so bene se fosse il viceparroco di Buttigliera o di Castelnuovo, che mi toccò nel braccio e mi disse: — Capisci? Di tre, due; dillo a Don Barberis. — Nel cestello vi erano più di tre colombe; ma alle altre io non´ badai. Così finì il sogno. Io volevo sempre narrartelo; ma me ne dimenticavo quando eri presente; e lo ricordava appena tu eri andato via. Adesso a te e a lor signori la spiegazione ».

...I commenti si intrecciavano. Ma Don Bosco tirò questa conclusione: « Il ´cestello con molte colombe implumi . figura l´oratorio. Fra quei che divengono chierici nel cestello, cioè nell´oratorio, di tre perseverano due. Non c´è da illudersi; su tutti si spera, ´ma, uno per malattia, l´altro per morte, questo per causa dei parenti, quello per vocazione perduta, sempre ne vengono a mancare, ed è assai se di tre ne riescono due a farsi preti nella Congregazione » (33).

Sullo stesso argomento scrisse a Don Barberis, che gli aveva manifestato la sua pena per alcune defezioni, una lunga lettera, della quale è bene riportare qui l´ultima parte.

« Ora voglio raccontarti un sogno o favola o storia che si fabbricò nella mia mente la notte della festa di S. Anna. Ho veduto un pastore che lavorava per nutrire, pascolare, tener lontane dal pericolo le sue pecorelle. Lavorava da un anno, aveva sudato assai, ed era assai contento delle sue, fatiche, perchè le pecore divennero tutte assai´ grasse e ben cariche di lana; davano molto latte. Venuto il tempo di tosare, ne fissò il giorno e invitò alcuni amici per fare un po´ di festa. Il buon pastore entrò per tempo nell´ovile e si accorse che alcune pecore mancavano. — Dove sono andate le pecorelle che mancano? — si fece a chiedere. Fu risposto: — Venne _ un uomo, propose pascoli, migliori e così adescate andarono con lui. Non ne sappiamo di più. — Povero me! disse il pastore afflitto. Per quelle pecorelle, che ho pur lavorato ,e sparso sudori, io mi pensavo raccogliere un po´ di lana ed anche un po´ di cacio, ed ora mi accorgo che ho lavorato invano. — No, risposero tutte le pecorelle con un linguaggio capito da tutti, no: alcune pecore ti portarono via la lana, ma noi ti compenseremo non solo colla nostra lana, ma ben anche con tutta la nostra pelle. Il pastore ne fu contento e fece mille carezze alle pecorelle che rimasero fedeli nell´ovile, nel pascolo, nè si lasciarono sedurre da lusinghieri, inviti. Un bel premio a chi mi sa dare la spiegazione di quanto sta qui esposto » (34).

Ma il buon Padre, mentre vuol versare balsamo di conforto  sulle ferite che le defezioni, anche nel tempo di noviziato, aprono nel cuore della nostra Madre, la Congregazione, ci esorta allo stesso tempo e con accorata insistenza a studiare bene gli ascritti, per conoscere quali siano effettivamente atti alla vita e all´apostolato salesiano. Ne´ suoi scritti ed ancora ne´ suoi sogni, egli ci dà consigli e direttive per tale delicato studio e selezione. Il pensiero del nostro Padre fu mirabilmente compendiato nell´articolo 305 dei Regolamenti che dice così: « Nel deliberare dell´ammissione ai voti s´abbia cura di escludere coloro che non mostrano sufficiente criterio, gli stravaganti, i misantropi, i troppo melanconici, i non sicuri in fatto di moralità; e inoltre quelli di carattere impetuoso e collerico, i propensi alle amicizie sensibili, alla poltroneria e alla golosità, qualora durante l´anno di noviziato non avessero saputo vittoriosamente combattere . queste loro inclinazioni ».

È una enumerazione negativa, ma che possiamo ritenere completa. I Regolamenti infatti, mettendoci innanzi i difetti di. cui devono essere spogli i nostri ascritti, c´indicano chiaramente ch´essi devono essere adorni delle virtù che a quei difetti si oppongono.

In primo luogo vengono nominati i soggetti di poco criterio. Sonvi talvolta dei giovani dotati di buona memoria, d´ingegno discreto e di belle apparenze, i quali però mancano di criterio pratico, non sanno fare giusti apprezzamenti degli uomini e delle cose, nè moderare prudentemente le loro azioni. Data la natura della nostra Società che ci mette in costante contatto col mondo, attraverso i giovanetti affidati alle nostre cure, le loro famiglie, il ministero sacerdotale, la mancanza, di criterio è tale deficienza da farci escludere senz´altro chi ne sia affetto.

L´esperienza lo dimostra e lo confermano uomini eminenti e non pochi santi che l´individuo scriteriato difficilmente si corregge. Santa Teresa dice che « tali soggetti non devono essere accettati, perchè non saranno mai-in grado di comprendere gli avvisi che loro verranno dati, essendochè si credono più´ savi degli altri e non bisognevoli di consiglio » (35). Purtroppo in molti casi lo scarso criterio non è disgiunto da, amor proprio e cocciutaggine. «È un male incurabile, dice la Chan tal, e tali candidati non si devono ricevere in Congregazione» (36). Lo scriteriato potrà magari essere in tutto il rimanente esemplare e lavoratore: andrà avanti bene anche dei mesi intieri, ma quando meno ci si pensi può incorrere in gravissime imprudenze e rovinare ad un tratto i più alti interessi della nostra Società, collocandoci in situazioni quanto mai imbarazzanti anche di fronte alle Autorità: mentre egli potrà forse essere convinto di aver prestato un importante servizio alla Comunità.

Va da sè che gli stravaganti non saranno mai in . grado di esercitare la nostra missione in mezzo ai giovani: ne diverrebbero tosto lo zimbello, con scapito dell´autorità e della disciplina.

Anche i misantropi non sono fatti per noi, poichè essi amano vivere ritirati e nascosti, mentre il nostro posto è nelle movimentate ricreazioni, nelle scuole, tra i giovani insomma: inoltre i misantropi sono in generale tristi e melanconici, e S. Francesco di Sales disse bene che < un santo triste è un tristo santo ». Il nostro Fondatore lasciò scritto che costoro sono facile preda del demonio, perchè in realtà essi sono dei deboli. Infine il Salesiano deve portare dovunque e a tutti il sorriso incoraggiante e conquistatore: il malinconico invece è nube che oscura e rattrista; è macigno che opprime e soffoca.

Per quanto riguarda i non sicuri in fatto di moralità, San Giovanni, Bosco ci diede norme e direttive chiarissime. Su questo punto egli vuole che siamo, non solo fermi, ma intransigenti. Il suo accorato grido De moribus! dovrebbe risuonare costantemente all´orecchio di coloro cui è affidata la delicata e tremenda missione di ammettere i soggetti nella nostra Società. Nessuna considerazione umana, nessun riguardo a parenti o benefattori, nessuna debolezza di fronte a raccomandazioni anche insistenti, nulla deve farci indietreggiare quando si tratta di evitare alla Congregazione e alla Chiesa la sventura di un religioso o di un sacerdote mal sicuro in fatto di moralità.

I nostri Regolamenti vogliono esclusi i soggetti di carattere impetuoso e collerico. Costoro mancano di quella virtù che costituisce una delle caratteristiche dello spirito salesiano, la mitezza: essi poi non sapranno mai mettere in pratica le sapienti norme educative che Don Bosco tracciò a´ suoi figli nel Sistema preventivo. Al collerico mancherà sempre la nota più necessaria all´educatore, che è l´equanimità, l´uguaglianza e la serenità di carattere. L´impetuoso procede a scatti, distrugge in un attimo il lavoro di mesi, forse di anni, compiuto da altri per formare un giovanetto: i suoi modi violenti, le parole non misurate e offensive, l´ironia, la satira, il sorriso beffardo, e financo gli atteggiamenti maneschi e le percosse di conseguenze funeste, lo rendono pericoloso in´ mezzo ai giovani e alla comunità.

E si avverta che in generale il collerico, l´iroso, il prepotente, il violento appartengono alla categoria dei deboli di cuore, di coloro che sono propensi alle amicizie sensibili, cui accennano i Regolamenti. Sono come il pendolo che passa da un estremo all´altro, dalle villanie alle moine, dalle parole ingiuriose alle svenevoli, dalle battiture alle carezze. Questi caratteri disgraziati possono rovinare ad un tratto il buon nome di un istituto.

Per ultimo S. Giovanni Bosco vuole esclusi i poltroni ed i golosi: sono due vizi che in generale procedono appaiati in stretta e funesta combutta. La nostra vita,. vibrante di attività, si esplica in incessanti e rinnovantesi iniziative. Il poltrone è la negazione della operosità salesiana; è un infingardo che non sente lo stimolo dello zelo; è una gravezza morta che appesantisce la vita de´ suoi fratelli addossando su di essi l´onere e le responsabilità del suo lavoro; è un cattivo esempio per gli stessi giovani che vogliamo e dobbiamo educare al lavoro fecondo. Giustamente diceva Don Bosco che il Paradiso non è fatto pei poltroni, e perciò neppure è fatta per loro la vita religiosa che, nel pensiero dei Santi, è l´anticipazione del Paradiso in terra. Il pigro è uno schiavo del corpo e conseguentemente un goloso. Chi va in cerca della vita comoda, l´adoratore del ventre, l´eterno scontento delle vivande, è incapace di pensieri nobili, di sante conquiste: egli pensa alle sue comodità, a soddisfare la sua ingordigia; sarà amante del bere, cadrà nei peggiori eccessi e, -se disgraziatamente riuscisse a penetrare nella Congregazione, ne diverrebbe il tormento e il ludibrio. Il Regno di Gesù Cristo esige sforzo  e violenza: solo chi sappia portare generosamente la croce della mortificazione riuscirà a conquistarlo e a raggiungere la mèta.

I superiori del noviziato pertanto, ed in modo particolare il Maestro dei novizi, studino accuratamente i figliuoli che la Provvidenza ci manda, per vedere se abbiano le doti richieste onde essere domani gli eredi e i continuatori dell´opera del nostro grande Padre. È vero che il germe dei difetti e dei vizi suindicati è in tutti noi, perchè il peccato di origine ha ferito l´umana natura; ma è altrettanto vero che, quando la grazia di Dio invocata colla preghiera corrobora la volontà generosa, si possono sradicare i vizi, correggere i difetti, modificare e arricchire il carattere. Ed è questo appunto lo studio e il lavorio da compiersi nel tempo del noviziato: esaminare cioè se, come dicono i Regolamenti, dagli ascritti si è saputo combattere vittoriosamente, vincere le cattive tendenze e rivestirsi di virtù. Omnia probate, ci ripete Don Bosco: assoggettate cioè gli ascritti a un serio esame, a una prova coscienziosa, a un vaglio accurato; quod bonum est tenete: preoccupatevi di conservare solo il buon grano e di dare alla Congregazione dei soggetti degni ed esemplari.

30. - LA ELIMINAZIONE
Parlando della responsabilità della scelta, abbiamo già fatto a suo tempo, parecchie considerazioni. Esse avevano lo scopo di mettere dinanzi ai superiori incaricati della porta di entrata della nostra Società le gravissime conseguenze dell´ammissione di un soggetto indegno. Ora non si tratta più della porta di entrata, ma di quella di uscita. Gli ascritti furono ammessi, non- però definitivamente, bensì alla seconda prova: avvicinandosi il termine dell´anno, fa d´uopo esaminare se la prova sia o no riuscita. I superiori, chiamati a giudicare, devono essere compresi essi pure delle loro non meno gravi responsabilità. Il loro giudizio, oltre che sui criteri generali per le accettazioni, può appoggiarsi ora sopra argomenti e dati più sicuri. Gli ascritti hanno ormai passato un anno sotto gli occhi del Maestro e degli altri superiori. Durante questo tempo ebbero´ agio di studiare la vita salesiana, di sforzarsi per prati- carla, di rendersi conto se effettivamente sia essa la vita a cui sono chiamati. I superiori, alla loro volta, dopo averli .conosciuti nel giornaliero convivere e nell´estrinsecarsi delle loro attitudini, tendenze, buona volontà e fermezza di propositi, nonchè nelle riunioni regolamentari, dovranno ora procedere alla ammissione definitiva degli idonei e alla eliminazione degli inetti. Trattandosi di deliberazioni di grande momento, non è fuor di proposito aggiungere ancora qualche considerazione in aiuto di coloro che saranno chiamati a giudicare ed a vantaggio della nostra Società. Queste considerazioni contribuiranno anche, in caso necessario, a far tacere la . voce del sentimento e ad infondere il coraggio richiesto dal penoso dovere di qualche eliminazione.

S. Alfonso diceva bellamente che « gl´istituti religiosi si rilassano più per emicrania che per podagra » (37): e voleva dire che la colpa del poco buono spirito è più da attribuirsi, in certi casi, alla debolezza dei Superiori, alla poca vigilanza di chi dirige, alla mancata energia nell´eliminare fin dagli inizi, che non ai sudditi.

Basterebbe ´ rileggere le raccomandazioni dei Padri e dei Santi, le norme e direttive dei Sommi Pontefici, le speciali istruzioni delle Congregazioni "Pontificie, per convincersi della importanza somma di procedere colla maggiore diligenza in un affare di così capitale trascendenza. Il S. Padre Leone XIII, rivolgendosi ai Vescovi d´Italia 1´8 dicembre 1902, scriveva: « Si rimandino quei chierici che, nel corso della loro formazione, manifestino tendenze meno convenienti alla vocazione sacerdotale» (38).

Il grande pontefice Pio XI, il cui ricordo sarà perennemente in benedizione tra i Figli di S. Giovanni Bosco, nella magnifica enciclica Sul sacerdozio riassume e illustra in sapienti ed energiche norme la dottrina della Chiesa a questo riguardo.

Lo stesso Pontefice, nelle udienze benevolmente a me concesse, ritornò, tutte le volte e con crescente insistenza, su questo argomento che pareva lo preocupasse più di ogni altro. Egli non si limitava a raccomandare accurata diligenza, ma voleva che ci fosse rigore, anzi sommo rigore nell´ammettere i candidati. « L´avere molti novizi, mi diceva, è un duplice beneficio della Provvidenza: in primo luogo perchè si vede che il Signore benedice e quasi predilige la vostra Congregazione inviandovi soggetti tanto numerosi; in secondo luogo perchè, mandandovene molti, v´ingiunge e vi dà modo di fare un´accurata selezione. L´averne pochi può a volte costituire una tentazione, un vero pericolo: i superiori infatti, dopo tanti sacrifici compiuti, non hanno sufficiente coraggio di privarsi di quei pochi, e forse possono essere indotti a chiudere un occhio su certi difatti che, col loro progressivo ingigantire, diventano poi causa di rilassatezza e rovina della Congregazione ». e Su questo tavolo, soggiungeva, vengono poi a finire i ricorsi di coloro che, per giustificare la loro uscita di religione, generalmente incolpano i superiori di averli accettati e talvolta incoraggiati ad entrare in Congregazione, senza ch´essi ne fossero del tutto convinti e sicuri. Soprattutto quando manifestassero dubbi positivi su certi punti delicati è preferibile allontanarli, anzichè dir loro che forse le ansietà potrebbero in seguito anche cessare ».

La parola sommo rigore, più sopra accennata e che a taluno potè forse parere dura, è anche del benignissimo S. Alfonso. « Sommo rigore ed inflessibilità bisogna adoperare nell´espellere non solo i discoli, gli scandalosi, gli insubordinati, i cocciuti, i vendicativi; ma anche quelli che, pur non avendo alcun vizio notevole, non hanno però quella bontà positiva, cioè quella spiccata pietà che si manifesta chiaramente nel gusto e nell´impegno con cui frequentano i sacramenti, amano le pie letture, cercano di giovare ai compagni nello spirito e compiono tutti i doveri. Soprattutto spiccata pietà, che è il segno fondamentale della vocazione» (39). Fin qui S. Alfonso.

Anche S. Carlo Borromeo, tra i motivi di eliminazione dei candidati al sacerdozio, enumera « il niente o poco progredire nella pietà ».

In generale i santi Fondatori, pur così propensi alla bontà, erano di una energia incrollabile quando si trattava di eliminare soggetti non degni.

S. Giovanni Bosco ci diede più di una volta questa direttiva: essere meglio licenziare un soggetto degno, ma che a noi non risulta tale, anzichè correre il pericolo di ammettere uno ch´è indegno. Nel sogno del 1883, durante il quale egli ricevette molti utili avvisi pel buon governo della Congregazione, si svolse tra lui e Don Provera questo dialogo:

  1. E pei confratelli? — gli chiese Don Bosco. — Ai confratelli della nostra Congregazione, — rispose l´interrogato — comandi e raccomandi il fervore.
  2. Come fare per ottenerlo?
  3. Ce lo dice il Capo supremo dei Maestri. Prenda un falcetto bene arrotinato e faccia da buon vignaiolo: tagli i tralci secchi od inutili per la vite. Allora essa diventerà vigorosa e farà copiosi frutti, e, quello che ci importa assai, frutterà per molto tempo.

Nel pensiero del nostro Padre, il fervore, vale a dire l´esemplare osservanza, è intimamente collegato all´eliminazione degli elementi inutili, nocivi e pericolosi: e ciò deve farsi tempestivamente e senza vani timori.

Il nostro santo Fondatore, la cui grande bontà e longanimità è a tutti nota, era però d´irremovibile fermezza nell´esigere la serietà nella vita religiosa, la generosità nel distacco, la prontezza nello spirito di lavoro e sacrificio.

.« Un novizio, un po´ per astio e un po´ per puntiglio, voleva essere dispensato da certi studi letterari. Don Barberis gli aveva risposto un no assoluto; ma quel caparbio insisteva egualmente per ottenere. Nel riferirne a Don Bosco il Maestro diceva che il novizio era un giovane di ingegno non comune e di carattere fermo, e di molta virtù, quando, calmato il bollore, si mettesse a fare bene; domandava perciò se fosse opportuno, senza mostrare di cedere, chiudere un occhio, lasciando fare e cercando di coprire e di aggiustare le cose alla meglio. No, rispose Don Bosco, procedi pure con le dolci, non dirgli parola da irritato, dagli pure a divedere che non fai gran caso della sua pertinacia e che l´attribuisci a leggerezza giovanile; ma tieni fermo sul punto di volere che faccia quanto gli hai detto di fare. Su ´questo non transigere; altrimenti, quando saranno professi, bisognerà trattarli coi guanti, e lasciarli liberi nei loro capricci o mandarli via» (40).

Quando poi non scorgeva impegno nel correggersi o volontà decisa di migliorare, troncava ogni indugio ed era fermissimo nelle sue decisioni.

A comune insegnamento ricorderò alcuni fatti che serviranno a farci capire sempre meglio il pensiero e lo spirito del nostro Padre.

Nel luglio del 1875 Don Barberis accompagnando Don Bosco fuori di casa approfittò dell´occasione per parlargli di alcuni . ascritti che non gli parevano fatti per essere salesiani. Uno di costoro spargeva tra i compagni che era risoluto di andarsene a casa sua. « Procura che se ne vada presto, fece subito Don Bosco. Digli da parte mia che in qualunque giorno voglia partire, io lo lascio in libertà; tuttavia, finchè si ferma con noi, metta un lucchetto alla bocca e non faccia più parola di questo coi compagni, perchè in caso contrario io sarò costretto a prendere misure severe ».

Don Barberis fece ancora delle difficoltà, proponeva altra proroga per molte ragioni di famiglia: il novizio pareva disposto. a restare in Congregazione per compiere i suoi studi facendo scuola e prestando assistenza ai giovani, ma Don Bosco non cedette: « Non conviene, non conviene. Stare cogli altri, avere l´aria di far parte della famiglia e non farne parte, non mi sembra conveniente. Procura che si sbrighi a cercarsi un posto, poichè temo che qui non faccia più nulla di bene » (41).

Di questa salutare lezione è bene tenere conto specialmente quando si pensasse di ritardare l´uscita di qualche socio, o per favorirlo con eventuali esami o per utilizzare i suoi servizi nell´assistenza o nella scuola. Se un soggetto non ha più il cuore in Congregazione, non può rimanervi senza recarvi grave danno: esteriormente forse non affiorerà nulla; si capirà invece, quando sarà troppo tardi.

« Altra volta un ascritto insisteva per rimanere in Congregazione: pareva buono e forse lo era in effetto, ma aveva un carattere chiuso, si teneva lontano dai superiori, nè mostrava confidenza con essi. Don Bosco per questi soli motivi non lo giudicò atto, e fu allontanato dalla Congregazione » (42).

Il nostro Padre amava grandemente la schiettezza e quando trovava qualcuno mancante di sincerità non lasciava di richiamarlo con fermezza. Diceva un certo chierico: « Io mi sono fatto ascrivere alla Congregazione senza conoscerne lo spirito. Io ignorava che fosse una congregazione religiosa. Ora che alle conferenze ne apprendo lo scopo non ho più intenzione di ah-dare avanti; massime ché, essendo morto qualcuno dei miei parenti, non c´è più chi pensi a un mio fratello, io andrei a casa per entrare poi in Seminario ».

Don Bosco gli rispose: « Tu, mio caro, sei liberissimo di fare come credi, da questo istante io lascio che tu abbracci il partito che vuoi. Solamente bada bene che il dire di esserti fatto ascrivere senza conoscere il passo che facevi, è una parola mal detta; poichè questo sarebbe un darti dello sciocco da te stesso. Durante gli Esercizi di Lanzo hai sentito leggere le Regole, hai udito le conferenze che le spiegavano, e non hai capito nulla? Poi sarebbe un dare dello sciocco a Don Bosco, quasi che egli accetti a occhi chiusi, contro tutti i. canoni, un giovane al noviziato, prima d´avergli fatto conoscere le cose come stanno ». Il chierico non seppe che rispondere e partì (43).

Diceva in altra circostanza, il nostro buon Padre a Don Barberis: « La sola frequenza ai Sacramenti non è indizio di bontà. Vi sono di quelli che, sebbene non facciano sacrilegi, vanno però con molta tiepidezza a ricevere la Comunione; anzi la loro mollezza non lascia che capiscano tutta l´importanza del Sacramento cui si accostano. Chi non va alla Comunione col cuore vuoto di affetti mondani e non si getta amorosamente nelle braccia di Gesù, non produce i frutti, che si sa teologicamente essere effetto della Santa Comunione » (44).

Il 17 febbraio 1873 il nostro Santo ebbe una interessante conversazione intorno al modo di trattare e di giudicare gli ascritti: la riporto perchè tutti ne facciano tesoro.

« Di alcuni ascritti si dànno buone notizie, ma si vedono instabili nella loro volontà. Vanno avanti anche per vari mesi, ma poi mutano. In quei mesi sono tutti fuoco e fiamma, e chi non li conosce a fondo, si forma sul loro conto grandi speranze. Ma dopo cominciano a dar giù, passa il fervore, e si vede che era cosa effimera: infatti cambiano proposito ed escono dalla Congregazione. Invece altri vanno molto adagio a farsi iscrivere nella Società, fanno progressi nel bene quasi invisibili, ma si osserva che da anni progredirono sempre e mai diedero un passo indietro. Costoro, da chi li conosce poco, sono tenuti come tiepidi nel bene o per lo meno come mediocri. Però chi li conosce bene e da lungo tempo, fonda su loro le più grandi speranze. Costoro vanno adagio a fare un passo; ma fatto che l´abbiano, non dànno indietro. Prendono adagio una risoluzione, ma presa che l´abbiano, nessuno è più capace di smuoverli e si è certi di vederli continuamente progredire nella virtù. Si faccia adunque gran conto di un giovane, quando è costante nel bene, quantunque non paia tanto infervorato in esso » (45).

Gl´insegnamenti ed esempi di S. Giovanni Bosco ci siano luce e .stimolo a seguirne le direttive. Il suo cuore paterno provava vera pena ogni volta che doveva allontanare giovani che avrebbero desiderato fermarsi in Congregazione: ma quando si era convinto che eranvi segni sicuri di mala riuscita o_ di poca moralità era inesorabile. Anche noi pertanto dobbiamo, quando ne sia il caso, saper compiere tutto e sempre il nostro dovere, mettendo da parte qualsiasi sentimento od umana considerazione.

31. - GLI SCRUTINI
L´articolo 100 dei Regolamenti stabilisce che: « i Superiori della casa col Maestro facciano durante l´anno di noviziato quattro scrutinî, cioè uno ogni trimestre, sul profitto e l´idoneità dei singoli ascritti possibilmente sotto la presidenza dell´Ispettore ». In queste parole è chiaramente indicato lo scopo degli scrutinî. Ma perchè la rassegna sia accurata e completa è necessario che ad essa intervengano tutti, senz´eccezione, i Superiori incaricati in un modo o in un altro degli ascritti, dóvendo ciascuno riferire circa la sua parte di responsabilità. Non basta però ch´essi intervengano: è inoltre indispensabile che il loro intervento sia preceduto da seria preparazione, da giusta valutazione delle persone e delle loro azioni, da fervente preghiera per impetrare copiosi i lumi dello Spirito Santo sopra una riunione, dalla quale può dipendere la vocazione e perciò la salute eterna di tanti cari figlioli, come pure il buono spirito e l´avvenire della nostra Congregazione. Talvolta una asserzione infondata, una frase meno ponderata, un´insinuazione non ben valutata, possono decidere della sorte di un´anima che, per molti motivi, dev´esserci particolarmente cara:
E si avverta che lo scrutinio ha di mira, non solo l´esame del profitto dell´ascritto, ma soprattutto la sua idoneità. Può succedere infatti che i Superiori, studiando un candidato, abbiano riconosciuto in lui reale profitto ed avanzamento nel bene, ma vi scorsero al tempo stesso tali qualità negative da non farlo giudicare idoneo alla nostra Società. L´idoneità deve manifestarsi in quell´insieme di qualità e disposizioni che rendano l´ascritto atto alla vita ch´egli intende abbracciare. Possono esservi talvolta qualità e disposizioni lodevoli in un soggetto ed anche profitto . nella pietà e nell´osservanza; ma se i superiori avranno avvertito, ad esempio, che quel poveretto manca di criterio, dovranno convincersi che non è idoneo alla nostra missione.

Se tutti i superiori interverranno, allo scrutinio con accurata preparazione e intimamente persuasi delle proprie responsabilità, ne avvantaggerà assai lo spirito e l´avvenire della Congregazione.

Gli scrutinî devono svolgersi nell´ambiente di una grande carità e nella luce della verità: tutti poi abbiano unicamente di mira il bene dei singoli e quello generale della Società e della Chiesa.

.La sala degli scrutini non è sala operatoria ove si compiono delle vivisezioni, e meno ancora tavolo anatomico per ridurre a pezzi informi i poveri ascritti. Perchè se è vero che si hanno dinanzi uomini difettosi, non è men vero che, in generale, i primi a volersi liberare dai difetti sono proprio i bravi ascritti, i quali compiono, con quest´intento, sforzi meritevoli di ogni encomio. Avrete avvertito che i medici, parlando delle malattie dei loro pazienti, hanno sempre parole di grande commiserazione per gli ammalati che ne sono affetti, mentre lasciano pure capire il loro grande studio e impegno per liberarveli. È precisamente con questi sentimenti di bontà compassiva che si deve parlare delle manchevolezze degli ascritti: non per accusarli, ma col vivo desiderio di guarirli. Giustizia vuole che, accanto ai difetti, siano messe in chiara vista le loro belle qualità, soprattutto, quando fesse palese il proposito generoso di fare meglio. Nei primi scrutinai specialmente dev´esservi, da parte di tutti, un impegno vivissimo di avvisare ai mezzi più efficaci per aiutare quei cari figliuoli a spogliarsi dalle loro imperfezioni, dovute, il più d´elle volte, alla leggerezza propria dell´età ed a poca conoscenza delle esigenze della nuova vita.

Quando poi le deficienze e la colpevolezza fossero manifeste, soprattutto dopo opportuni avvisi e sante esortazioni, anzi specialmente allora, si dovrà sentire maggiore pena nel dover procedere alla eliminazione.

Alla carità però deve sempre andare congiunta la verità. Coloro pertanto che intervengono allo scrutinio non dimentichino lo stretto loro dovere di dirla tutta e per tutti la verità.

Non vi devono essere accettazioni di persone, simpatie, considerazioni umane che ci distolgano dal, corrispondere serenamente ma compiutamente alle esigenze delle nostre responsabilità. Allo stesso modo che noi abbiamo il diritto di conoscere le osservazioni e il pensiero degli altri, questi, alla loro volta, hanno identico diritto di udire da noi ciò che sappiamo e pensiamo degli ascritti. Il tacere, in certi casi, può anche diventare una grave colpa: quella cioè di dare alla Congregazione e alla Chiesa un soggetto indegno, forse uno scandaloso. Il consigliere perpetuamente muto lascia, per ciò stesso, di essere un consigliere: che avverrebbe se tutti agissero così? È vero, si può anche avverare l´eccesso opposto: e cioè di colui che, non solo parli troppo, e perciò talvolta forse poco a proposito, ma che, ad ogni costo e ostinatamente, voglia far prevalere la sua opinione. Costui, oltre che alla prudenza e alla carità, mancherebbe alla giustizia. Il dovere degli scrutatori è quello di esporre serenamente e chiaramente il proprio parere: non già d´imporlo. Quando un superiore, dopo aver, esposto il suo pensiero una o due volte, si è convinto che gli altri lo hanno. capito, non deve insistere oltre, e meno ancora accaldarsi, alzare magari la voce o perturbare l´ambiente con qualche insinuazione o frizzo sgarbato.

I superiori incaricati dello scrutinio devono inoltre rammentare che essi sono i rappresentanti di S. Giovanni Bosco e della Congregazione . dall´una parte, mentre dall´altra rappresentano pure i parenti o i tutori dei nostri cari ascritti. Come rappresentanti degli uni e degli altri essi si trovano sempre dinanzi a carissimi figlioli, il cui vero bene devono procurare con tutte le loro forze. A nessuno si deve far torto: non alla Congregazione, dandole dei figli indegni; non ai parenti, indirizzando i loro figli per una via che non sia la loro, o allontanandoli da essa, quando ne fossero degni; non agli ascritti, mancando di giustizia o di carità verso di essi, con decisioni non ben ponderate o meno conformi a verità.

Perchè gli scrutini riescano veramente, ben preparati si osservi fedelmente l´articolo 278 dei Regolamenti, il quale dispone che: « ogni quindici giorni sotto la presidenza del direttore si raduni il capitolo . della casa, coll´intervento del maestro e del suo socio o assistente, per le opportune osservazioni sulla condotta degli ascritti ». Queste riunioni si svolgeranno, nello stesso ambiente di carità e di verità e cogli stessi intendimenti, di cui abbiamo parlato or ora trattando degli scrutini. È evidente che, negli scrutinî successivi, si devono avere sott´occhio le osservazioni di quelli precedenti, per rendere più agevole e pratico il giudizio sul reale progresso dell´ascritto.

È ormai tradizione, fissata in antico nei Regolamenti, di classificare gli ascritti in quattro categorie. Alla categoria A vengono assegnati coloro, di cui si è pienamente soddisfatti e che potremmo senz´altro chiamare admittendi; alla categoria B quelli che, ben chè diano molta speranza di riuscita, tuttavia lasciano ancora a desiderare: essi sono buoni, dànno buone speranze, ma non sarebbero, lì per lì, pronti per la professione; alla categoria C si assegnano coloro che dànno poca speranza di riuscita: non si licenziano ancora per quel senso di longanimità. tanto caro a Don Bosco, il quale non voleva fosse spento il lumicino tuttora acceso; essi non sono di cattivo esempio, non v´è nulla di veramente grave a loro riguardo, ma sono manchevoli in molte cose, ed hanno bisogno di dare prove efficaci di buona volontà nell´emendarsi; infine alla categoria D appartengono i novizi dimittendi, quelli cioè che non hanno corrisposto alla loro vocazione, e che dànno segni inequivocabili di inettitudine alla vita salesiana.

È bene ricordare che gli scrutini trimestrali si fanno senza alcuna votazione, nè pubblica nè segreta. I presenti, dopo aver espresso nel modo già indicato, il loro parere, procurano accordarsi sulla lettera da assegnare´ ad ogni ascritto, rimettendosi di buon grado, nei casi dubbi, all´Ispettore che ordinariamente presiede quelle riunioni. È pure da avvertire che queste riunioni, per quanto importanti, non hanno carattere deliberativo e decisivo, salvo per le eventuali dimissioni che si determinano sempre, giusta l´articolo 301 dei Regolamenti, previa intelligenza coll´Ispettore..

Gli scrutinî debbono essere valorizzati: è bene che non sòlo i superiori, ma anche gli ascritti, praticamente si persuadano che viene data ad essi grande importanza. E poichè, quando si tratta delle riunioni quindicinali, gli avvisi vengono comunicati agli ascritti dal socio o da altro sacerdote a seconda delle circostanze, così sarebbe bene che, dopo gli scrutini, fosse lo stesso Direttore della casa a comunicare ad essi la classifica meritata colle opportune osservazioni. Nulla vieta che, in qualche particolare circostanza, lo faccia lo stesso Ispettore. In quella circostanza è doveroso spiegare loro le cose nel modo più chiaro, acciocchè si rendano conto della importanza e delle conseguenze sia della classifica che degli avvisi, soprattutto quando si trattasse di venire poi a decisioni estreme. Si procuri, per quanto dipende dai superiori, di non dare motivo a nessuno di poter dire più tardi che, s´egli avesse capito bene, si sarebbe emendato, o di addurre consimili pretesti.

Taluno potrà chiedere se convenga che lo stesso Maestro comunichi agli ascritti gli avvisi quindicinali o trimestrali. Rispondiamo non essere ciò conveniente. Il Maestro ha sempre modo di dire ad ogni ascritto ciò che giudicherà meglio, ma naturalmente egli lo farà con quel carattere di paternità che serva a rafforzare la filiale confidenza dell´ascritto verso di chi paternamente lo dirige.

Insomma lo scrutinio vuol essere efficace sussidio formativo e soave medicina: in casi estremi, potrà convertirsi, oltrechè in esortazione, anche in richiamo chiaro e paterno, cosa da persuadere l´ascritto che deve operare con impegno generoso un radicale cambio per evitare le conseguenze dolorose di una eventuale eliminazione.

Prima di porre termine a quest´argomento è bene ricordare che il noviziato è la seconda prova, e non l´ultima. Perciò quando nel novizio si scorgono segni di volontà seria e decisa di volersi correggere, e d´altronde non vi sono mancanze gravi, ma solo leggerezze e difetti dell´età giovanile, non dimentichiamo la bontà longanime di S. Giovanni Bosco circa certe modalità accidentali: siavi invece fermezza assoluta circa i punti essenziali e le qualità indispensabili all´adempimento della nostra missione.

32. - L´INVITO A RITIRARSI
L´articolo 301 dei Regolamenti dice che: « verso la metà dell´anno di prova, previa intelligenza coll´Ispettore, siano in bel modo invitati a ritirarsi quegli ascritti che non risultino idonei e non diano fondata speranza di miglioramento ». Ciò naturalmente non toglie che possano licenziarsi anche prima quelli che dessero chiari segni di non essere adatti alla nostra vita.

È senza dubbio un passo doloroso questo di allontanare qualcuno di cocesti cari figliuoli che, forse da cinque o più anni, vivono con noi e sui quali si erano concepite le più promettenti speranze; passo doloroso sì, ma purtroppo, in certi casi, necessario. D´altronde non solo il bene della Congregazione, ma quello stesso dell´ascritto lo rende doveroso.

Quando ci siamo convinti che la vita salesiana non è fatta per un determinato soggetto, si mancherebbe alla carità e alla giustizia non persuadendolo a scegliersi un´altra via. Nella nostra Società egli sarebbe un osso fuori posto, vivrebbe una vita infelice, creerebbe costanti disagi a coloro che lo circondano, potrebbe anche essere forse più tardi motivo di scandalo con perniciose conseguenze.

Può anche succedere che sia lo stesso ascritto a chiedere di ritirarsi. In tal caso è dover nostro fargli le opportune considerazioni esortandolo a ponderare bene ogni cosa, a pregar molto, a non precipitare le decisioni, a non lasciarsi impressionare dalle prime difficoltà. Si è visto più di una volta che, passata l´iniziale crisi d´incertezza o di smarrimento, certi cari figlioli si dedicarono poi con slancio ad acquistare e perfezionare il corredo delle virtù religiose e salesiane. Ma mentre è doverosa questa paterna nostra assistenza per evitare che l´ascritto dia un passo inconsiderato, del quale potrebbe poi e forse anche presto pentirsene, è non meno conveniente evitare qualsiasi pressione diretta o indiretta, atta ad indurre l´ascritto a cedere forse per umane considerazioni. Sarebbe una grave sventura se l´ascritto si accomodasse a restare, per simpatie personali . o sentimentali, per un falso rispetto, per timidità, o per altro, in una vita  alla quale non si sente chiamato, per adattarsi alla quale dovrebbe elaborare tutta una catena di forzati accomodamenti, d´insincerità e infingimenti. Purtroppo presto o tardi costui, uscendo di congregazione, dopo avervi compiuti gli studi, addurrà forse a scusa del suo operare i consigli, le insistenze e le pressioni dei Superiori.

Soprattutto se l´ascritto manifesta fondati dubbi riguardo alla moralità, non se ne ostacoli l´uscita: su questo punto il pensiero di San. Giovanni Bosco non potrebbe essere più chiaro.

Altri invece dovremo esortarli noi a lasciare il noviziato. L´articolo già citato dice che « anche prima della metà dell´anno », vale a dire in qualunque tempo, possono essere allontanati coloro che chiaramente manifestano di non essere adatti alla nostra vita. E qui è forse bene osservare che una eccessiva longanimità potrebbe nuocere al buon andamento del noviziato, quando cioè la presenza di qualche soggetto riuscisse dannosa all´ordinamento in generale o a qualche ascritto in particolare: in simili casi la tolleranza sarebbe debolezza ed ingiustizia.

È nello spirito della Chiesa e delle nostre tradizioni che, in simili circostanze, dolorose, abbondi la carità e la prudenza. L´articolo 302 dei Regolamenti, giusta il primo paragrafo .del canone 571, dice che « non vi è obbligo di manifestare all´ascritto licenziato la causa del suo licenziamento ». Tuttavia se l´ascritto sarà stato tempestivamente avvertito delle sue manchevolezze, specialmente dopo gli scrutini, e gli si fece allora capire chiaramente che, senza un notevole miglioramento, si sarebbe esposto a non venire poi accettato; se, ripeto, avremo agito così, l´ascritto, potrà bensì dolersi, ma non stupirsi della decisione. Ad ogni modo gli si usi grande carità; inoltre, per mezzo suo o direttamente, si facciano avvisati i parenti, e, per quanto è possibile, non lo si faccia uscire in modo da danneggiarne la fama. La forma più semplice e più conforme a verità è quella di ricordare che il noviziato è un periodo di prova, durante la quale l´ascritto vede e studia se la vita religiosa è fatta per lui: mentre dall´altra anche la Congregazione esamina il soggetto per vedere se ha le doti richieste per divenire un buon religioso. Ora nessuno deve meravigliarsi se, o all´ascritto non torna conveniente quella vita, oppure se la Congregazione non giudica atto il soggetto. Questa motivazione non nuoce a nessuno, ed è la più `rispondente alla realtà. A rendere poi l´allontanamento meno penoso dovrà concorrere lo stesso ascritto, al quale, per una norma di elementare prudenza, conviene evitare commiati penosi, che creano veri disagi, tanto più se, come chierico, dovesse in . virtù dell´articolo 303 dei Regolamenti, deporre´ l´abito ricevuto in Congregazione. Il Direttore ed il Maestro, in modo speciale, si mostrino veramente e praticamente padri, mettendosi anche al disopra di certe miseriucce amministrative, per ciò che riguarda il corredo e il viaggio.

La stessa carità si usi colle famiglie o coi benefattori del-l´ascritto. Si faccia loro capire che la Congregazione sarebbe stata ben lieta, specialmente dopo i molti sacrifici fatti, di accogliere un soggetto di più, se lo avesse ritenuto adatto; e che allontanandolo si fa un benefizio allo stesso ascritto, dandogli modo di abbracciare uno stato più confacente al suo bene. Anche in seguito, avendone l´opportunità, i superiori non tralascino di aiutare con esortazioni e consigli i poveri figlioli allontanati dal noviziato. Non sarebbe certo prudente lasciarli ritornare subito in mezzo ai loro compagni: i motivi sono facili a intuirsi; la carità però potrà manifestarsi con loro in altri modi. Per una simile bontà non pochi divennero ottimi nostri Cooperatori e conservarono sempre  sincero affetto ai loro superiori e alla Congregazione, dalla quale s´erano allontanati con "rammarico.

33. L´AMMISSIONE
L´ammissione di un ascritto alla professione religiosa è regolata da tassative disposizioni del Codice di Diritto canonico, delle Costituzioni e dei nostri Regolamenti.

L´articolo 180 delle Regole stabilisce che «trascorso l´anno di noviziato, se il novizio avrà rivelato di avere di mira in tutte le cose la maggior gloria di Dio e d´essere imbevuto delló spirito della Società, e si sarà mostrato esemplare nelle _ pratiche di . pietà e nell´esercizio delle buone opere, si potrà ritenere compiuto per lui l´anno della seconda prova, e il Capitolo della casa di noviziato tratterà dell´ammissione del novizio alla professione ». Inoltre l´articolo 175 delle stesse Costituzioni dichiara che, « a norma del diritto, l´Ispettore compirà le pratiche riguardanti l´ammissione alla professione », facendo in modo che tutto proceda nel modo voluto.

Anzitutto egli provvederà perchè in tempo opportuno si compia quanto è disposto dall´articolo 304 dei Regolamenti, il quale stabilisce che, circa due mesi prima del termine del noviziato, s´inviti ciascun ascritto a presentare la domanda per l´ammissione ai voti temporanei. La domanda sarà indirizzata e consegnata al direttore. In alcuni noviziati v´è l´usanza di fare stendere detta domanda in qualche solennità speciale, ad esempio nel giorno di Maria Ausiliatrice pel Vecchio Continente o in quello dell´Immacolata pel Nuovo. Potranno i Maestri servirsi anche di queste circostanze per rendere più memorando e ricco di frutti l´atto della domanda. Si abbia presente che, per una speciale disposizione della Instruetio, n. 14, i chierici, nello stendere la domanda dei voti, devono anche dichiarare espressamente la volontà di consacrarsi per sempre allo stato religioso e chiericale (46).

Ricevute le domande, il Direttore convocherà i membri del Capitolo per trattarne insieme con loro. E qui è bene ricordare quali siano i requisiti da parte dei candidati, e quali i doveri dei superiori della casa riguardo all´ammissione.

Giusta il canone 572, il cui contenuto è riprodotto nelle Costituzioni e nei Regolamenti, per la validità di quest´ammissione e conseguentemente della prima professione, si richiede:
1° che il candidato abbia compiuto il sedicesimo anno di età (46);
2° che l´ammissione sia fatta dal legittimo superiore secondo le Costituzioni, cioè dall´Ispettore col suo Consiglio, previo il voto favorevole del Capitolo della casa di noviziato;
3° che il candidato abbia compiuto il noviziato validamente. I superiori della casa di noviziato chiamati a dare il voto ricordino che la loro responsabilità è ben grande, sia perchè il loro voto è deliberativo, ed anche perchè, il più delle volte, esso avrà una importanza decisiva, sul voto dei consiglieri ispettoriali, i quali generalmente formano il loro criterio circa ogni ascritto appoggiandosi sulla relazione del Maestro dei novizi e sul parere dei superiori della casa di noviziato. È bene pertanto rinnovare loro la raccomandazione di mirare unicamente al bene generale della nostra Società e a quello spirituale del postulante. È dovere loro studiare diligentemente il candidato nelle sue qualità fisiche, intellettuali e morali, nel suo spirito religioso, e di pietà e nella sua attitudine alle occupazioni proprie della nostra Società, specialmente per ciò che riguarda l´assistenza e la scuola. Il nostro santo Fondatore diceva che « il tempo di vera prova, o iscrizione, o noviziato, è per noi come un crivello per conoscere il buon frumento e ritenerlo se conviene. Al contrario si sarchi l´erba non buona e quindi, colla volva e colla gramigna, si getti fuori del nostro giardino » (47). Vuole ancora il nostro Padre che, nel periodo di prova, « si osservi bene in pratica la santità, la moralità, la scienza e se ne dia conto esatto ». Raccomanda pure al Direttore del noviziato — e perciò al Maestro ed agli altri superiori — « di non presentare per le accettazioni quei novizi di cui coscienziosamente non si fosse sicuri della moralità » (48). Vuole infine che, dai chiamati a deliberare, « si dica pro e contro di ciascun candidato », e che « la votazione sia sempre secreta, in modo che un membro del Capitolo non conosca il voto dell´altro ».

Abbiamo già indicato quanto siano accurate le sollecitudini, e sempre più sapientemente e paternamente rigorose le ingiunzioni della Chiesa, a questo riguardo. Il Sommo Pontefice Pio X avrebbe detto ch´era meglio sbagliarsi nel non accettare dieci soggetti buoni, che nell´ammettere uno cattivo.

Il Direttore pertanto, avute le domande degli ascritti, convocherà i membri del Capitolo della casa per trattarne in unione con loro: all´adunanza e alla votazione interverrà anche il Maestro dei novizi (49).

Le norme date per gli scrutini, ed altre accennate nel corso della trattazione, servono´ anche per queste riunioni.

Discusse e votate le domande, verrà redatto un verbale, che, unitamente alle domande, sarà trasmesso all´Ispettore. Il Maestro dei novizi alla sua volta manderà allo stesso Ispettore una relazione per iscritto su tutti e singoli i novizi, confermata con giuramento.

L´Ispettore, avuti questi documenti, li esamini diligentemente, tenendo presenti i vari impedimenti indicati nel canone 542, che possono renderò invalida o illecita la professione religiosa. Si dia premura inoltre di assumere quelle altre informazioni che crederà opportune, onde conoscere meglio i candidati prima di ammetterli alla professione. Ove poi l´Ispettore non potesse compiere personalmente queste pratiche, può incaricarne un suo delegato.

Quando tutto sarà pronto, l´Ispettore convocherà il suo Consiglio: all´adunanza interverrà, ma solo. con voto consultivo, anche il Maestro dei novizi, il quale potrà essere interrogato e dare gli schiarimenti opportuni.

L´Ispettore ricordi ai consiglieri le loro gravi responsabilità: sarebbe anzi bene rileggere di quando in quando gli articoli delle Costituzioni e dei Regolamenti riguardanti quest´importante materia.

Per la valida ammissione del candidato si richiede la maggioranza favorevole dei voti deliberativi. In caso di parità tra i voti favorevoli e contrari l´Ispettore è autorizzato a decidere dopo il terzo scrutinio (50).

Tanto nelle riunioni del Capitolo della casa che in quelle del Consiglio ispettoriale, l´esito delle singole votazioni colle osservazioni generali verrà redatto sui moduli a stampa appositamente preparati; essi saranno firmati da tutti coloro che hanno preso parte alla votazione, e muniti del timbro della casa e dell´ispettoria. È sempre meglio poi inviare su fogli separati le osservazioni di carattere riservato.

L´Ispettore, entro tre mesi dall´avvenuta votazione, trasmetterà tutti gli atti, originali o in copia, al Capitolo Superiore, per il tramite del Direttore spirituale generale. Questi, dopo averle esaminate, le passerà al segretario del Capitolo Superiore, per la regolare compilazione dell´anagrafe.

34. - IL PROLUNGAMENTO DEL NOVIZIATO
Il canone 571, § 2 e le nostre Costituzioni all´articolo 181 stabiliscono che l´ascritto, al termine del noviziato o viene ammesso alla professione oppure dovrà ´essere licenziato.

Qualora però vi fossero ancora dei dubbi circa la sua idoneità, l´Ispettore può fargli prolungare la prova del noviziato, non mai però oltre sei mesi. Questa prova dev´essere fatta in casa di noviziato.

Il prolungamento della prova è ammesso; ma non si dimentichi che costituisce un´eccezione: moltiplicare le eccezioni è togliere forza alla regola.

D´altronde l´esperienza dimostra che in generale chi non ha saputo approfittare di dodici mesi di cure, di grazie, di benedizioni incessanti, difficilmente lo farà nei mesi di , proroga. Anche il nostro santo Fondatore era di questo parere.

È bene pertanto ridurre e circondare queste eccezioni di grande serietà, acciò non avvenga che il prorogante, appunto perchè vive in condizioni affatto eccezionali riguardo ai compagni, all´orario e alle sue mansioni, trovi più facilmente modo di eludere il controllo e l´osservanza.

Ma il tempo del noviziato può o dev´essere prolungato anche per altri motivi. Il primo quando un ascritto, col permesso dei superiori o costretto da forza maggiore, sotto l´ubbidienza del superiore, fosse rimasto fuori della casa di noviziato non più di 30 giorni, anche se non consecutivi. In questo caso il noviziato non resta interrotto, ma semplicemente sospeso. Se però i giorni di assenza superano i quindici è necessario, per la validità del noviziato, che il novizio li supplisca tutti. Invece se non superano i quindici, vedrà l´Ispettore se convenga o no farglieli supplire (51).

Il secondo motivo di prolungamento o meglio di completamento di noviziato ha luogo quando l´ascritto, al termine dell´anno regolare degli altri novizi, non avesse ancora raggiunta l´età canonica, oppure dovesse. rimanervi per ragioni di salute.

In tutti questi casi siavi grande vigilanza e si dispongano le cose in modo che i proroganti non abbiano a trovarsi comecchessia abbandonati con pericolo proprio e altrui. Il ,Maestro si assicuri ch´essi occupino bene, il tempo e sieno caritatevolmente assistiti. Compiuta la proroga, o il novizio è giudicato degno di venire ammesso alla professione religiosa, e. allora si compiono le pratiche relative già indicate: o non è giudicato degno, e in tal caso si deve licenziare.

Si procuri che anche i novizi´ proroganti si preparino convenientemente alla professione con alcuni giorni di raccoglimento. Se non avessero fatto gli esercizi cogli altri ascritti, si dia loro modo di farli con serietà.

35. - PREPARAZIONE ALLA PROFESSIONE RELIGIOSA
In verità l´intiero anno di noviziato è una preparazione alla professione religiosa: ma la preparazione remota dev´essere coronata con una accurata preparazione prossima. A tale scopo si sforzino di concorrere il Maestro, gli altri superiori, e soprattutto  gli ascritti.

Il Maestro veda di .riassumere i. punti più importanti della vita religiosa, inculcandone con maggior insistenza la pratica esatta. Certe cose, che al principio riuscivano forse meno chiare e apprezzate, dopo dieci e più mesi di lavorio indefesso e di serena riflessione, si presenteranno sotto una luce nuova ai novizi, che si sentiranno più fortemente stimolati a formulare saldi propositi di osservanza esemplare.

Soprattutto si metta sempre meglio in rilievo la grazia della vocazione, l´eccellenza, i vantaggi della consacrazione a Dio per mezzo dei santi voti: chiarendo bene al tempo stesso i doveri che ne derivano e suggerendo i mezzi più adatti a superare le difficoltà, fuggire i pericoli, vincere i nemici.

Si formi nei loro cuori la radicata persuasione che, senza una profonda umiltà, essi non sapranno mai pregare; perchè dalle labbra del superbo esce solo la preghiera del fariseo altiero, e su di essa non scendono le benedizioni che Iddio tiene , riservate agli umili. Si convincano inoltre che, senza vera umiltà, non riusciranno mai a praticare l´ubbidienza filiale, poichè il superbo non vuol sottostare, non sa piegarsi, ed altro non agogna che dignità e comando: ed infine che senza la pratica dell´umiltà sarà loro difficile la vita di comunità, che è vita di famiglia tutta pervasa di carità e mitezza; il superbo all´opposto è egoista, unicamente geloso del proprio benessere; degli altri solo si preoccupa, in quanto possano essere gradini per l´ascesa e l´esaltazione del suo orgoglio. Ma soprattutto si ripeta loro che l´esperienza dei secoli ha. dimostrato, con esempi senza numero e lezioni e cadute terrificanti, che, senza una grande umiltà, è impossibile conservare il prezioso tesoro della purezza. Il fango fu sempre il castigo e l´abisso dei superbi, che, con presuntuosa baldanza, si buttano caparbiamente nei pericoli: gli allettamenti mondani, dopo aver loro offuscata la mente e pervertito il cuore, li travolgono nell´abisso della più avvilente luridezza.

Un secondo punto sul quale è bene insistere, in quegli ultimi giorni, quando gli animi sono meglio disposti ai generosi propositi, è quello della mortificazione. Gli immortificati sono facile preda delle passioni, incappando stoltamente nei lacci del demonio. Si faccia loro capire ´che, se è importante la mortificazione dei sensi e particolarmente degli occhi, non è meno necessaria la mortificazione della fantasia che follemente sconfina; della intelligenza che s´ingolfa in morbose indagini e curiosità pericolose; della volontà che testardamente vuole solo il proprio parere con idolatrico egoismo; del cuore sempre incline alle simpatie o antipatie, ai sentimentalismi e agli affetti pericolosi.

Infine non s´insisterà mai abbastanza sulla vita di pietà eucaristica intensamente vissuta. Se avremo dei Salesiani che sappiano correre quasi istintivamente ai piedi del santo Tabernacolo per effondere le proprie pene nel Cuore del Divin Salvatore e impetrare da Lui luce e forza: se i nostri cari ascritti si saranno persuasi che il conforto non dovranno andarlo a cercare alle fonti umane, alle cisterne dissipate, ma attingerlo da Dio e dai suoi rappresentanti: se si saranno abituati all´unione con Dio; per mezzo di frequenti Comunioni spirituali e di sante giaculatorie: se infine avranno profondamente radicata nel cuore la divozione a Maria Ausiliatrice e un tenero e forte affetto al nostro Padre S. Giovanni Bosco, allora potremo confidare che i nostri cari ascritti preparino alla Congregazione un promettente avvenire.

Il Maestro e gli altri superiori insistano su questi punti nelle´ conferenze, nelle prediche, nei rendiconti, nei sermoncini della Buona Notte ed ogni volta che se ne presenterà l´occasione.

Ma all´intensificato lavoro . dei superiori deve corrispondere lo slancio generoso dei novizi. I loro sforzi s´indirizzino anzitutto ad assecondare le direttive del Maestro e di coloro che li guidano. Speciale attenzione essi devono rivolgere all´adempimento perfetto delle azioni ordinarie: è questo il grande caposaldo della vita religiosa, la quale non è fatta di grandi cose, ma all´incontro tutta poggia sulla perfezione delle azioni, anche le più umili, della giornata. Inoltre si sforzino di abituarsi alla riflessione, all´esame, al controllo. Molte volte ai piedi di Gesù o di Maria Ausiliatrice trarranno maggior profitto impiegando alcuni minuti a pensare, ad esaminarsi per vedere se i propositi della confessione e quelli giornalieri della meditazione furono mantenuti, anzichè recitando forse troppo affrettatamente e distrattamente certe preghiere. L´esame soprattutto sia oggetto di speciali sollecitudini. Abituarsi all´esame vuol dire acquistare l´abito della riflessione, del controllo delle nostre azioni: è dare consistenza e costanza ai propositi presi. In tal modo sapranno più tardi ponderare le proprie iniziative, compierle con prudente avvedutezza per Iddio e con Iddio, condurle a compimento colla santa tenacia di chi cerca solo il bene delle anime. Sarà questa una utilissima preparazione prossima.

Mentre si preparano ai santi voti, gli ascritti dovranno anche compiere alcune disposizioni contemplate dalle leggi ecclesiastiche e dalle Regole. L´art. 26 delle Costituzioni, confermando quanto è disposto nel can. 569, § 3, stabilisce che « ogni novizio, avanti la prima professione, faccia liberamente il suo testamento circa i beni che già possiede o che verranno in suo possesso per l´avvenire ». Sia questa d´ora innanzi la prassi comune in tutti i noviziati. È bene far capire ai novizi ch´essi godono della più ampia libertà e possono lasciare i loro beni, presenti o futuri, a chi crederanno meglio: o alla Congregazione o ad altri. Al tempo stesso si facciano loro ´conoscere le modalità con cui il testamento dev´essere fatto, per impedire noie e vertenze incresciose. Qualora poi il testamento fatto dal novizio non avesse validità di fronte alle leggi civili delle rispettive nazioni, o per l´età, o per altri motivi, lo si può rifare a tempo,. opportuno per renderlo tardo, senza bisogno di ricorrere alla Santa Sede, purchè non s´introducano modificazioni contrarie al can. 583, § 2.

Oltre, al testamento, i novizi, qualora sia il caso, devono compiere, prima ´della professione, un ´altro atto, prescritto dal can. 569, § 1 e dall´artièolo 25 delle Costituzioni. È stabilito infatti che « avànti la prima professione essi devono cedere, per tutto il tempo in cui saranno astretti dai voti, l´amministrazione dei beni di loro proprietà a chi vorranno, e disporre liberamente dell´uso ed usufrutto di essi ». Abbiamo già detto che sarebbe assai meglio, se il novizio facesse tale cessione prima d´iniziare il noviziato per liberarsi così da preoccupazioni che possano distorlo dallo scopo principale della sua vocazione: qualora però detta cessione, per qualsiasi motivo, . non fosse stata fatta prima, la si faccia in tempo opportuno, trattandosi di una disposizione tassativa. Anche in questo si lasci ai novizi la più ampia libertà, limitandoci a fornire istruzioni e consigli, se espressamente richiesti. Si ricordi pure che l´art. 27 delle Costituzioni « vieta ai professi di rinunziare, mediante atto tra i vivi, al dominio dei proprii beni a titolo gratuito ».

36. LA PROFESSIONE RELIGIOSA
Allontanata ormai ogni preoccupazione temporale ed infiammati gli animi di santo entusiasmo, i nostri cari novizi potranno, adesso pensare unicamente al grande atto della professione. Sarà un mezzo di eccellente preparazione prossima lo studio ed un appropriato commento del rito della professione, contenuto nelle Costituzioni e nell´apposito Manuale. Anche gli Esercizi spirituali si potranno far precedere da qualche pratica speciale, — triduo, od altro, — approvata dal Maestro: ma dette pratiche sieno individuali e molto sobrie per non opprimere le forze fisiche o turbare comecchessia quella particolare e giuliva serenità che deve pervadere l´anima degli ascritti. È con questi sentimenti ch´essi dovranno entrare e santamente infervorarsi negli Esercizi spirituali.

Il can. 574, § 1 e l´articolo 307 dei nostri Regolamenti stabiliscono che la prima professione dei novizi si faccia nella stessa casa del noviziato. La funzione della professione religiosa ha un carattere particolarmente intimo e perciò non è bene vi intervengano persone estranee. Tuttavia, senza turbarne il sereno e giulivo raccoglimento, la si circondi di tale solennità, che serva a renderla memoranda.

L´alba del grande giorno verrà salutata dai cari novizi con un sussulto di giubilo e con ardenti aspirazioni e sante giaculatorie. Essi porteranno alla S. Comunione e stringeranno sul cuore, affidandoli a Gesù Sacramentato, i propositi formulati nei Santi Esercizi, e approvati dal Maestro, e che dovranno essere anche in seguito norma, sussidio e programma - di vita. Giunta poi l´ora tanto sospirata dell´emissione dei voti, ciascuno si raccolga santamente in se stesso, e s´immagini di vedere Gesù stesso che, dall´altare, gli apre le braccia invitandolo a fare generosamente l´atto della sua totale consacrazione all´augustissima Trinità. Tutto compreso della grandezza dell´atto che sta per compiere, dopo aver invocato l´aiuto della tenera nostra Madre Maria Ausiliatrice, di San Francesco di Sales e del nostro Padre S. Giovanni Bosco, il novizio pronunci con devozione e amore la formula dei Santi Voti. Anche mentre si reca a firmare il modulo della professione e nel rimanente della funzione, conservi il massimo raccoglimento, chiedendo a Gesù, nel momento della bendizione eucaristica, che confermi i suoi propositi di voler essere in tutto e sempre un degno figlio di S. Giovanni Bosco. Con questi sentimenti nel cuore chiuda santamente l´indimenticabile giornata, rinnovando la promessa di voler osservare fedelmente, in ogni circostanza e per tutta la vita, le Costituzioni, il cui libro, secondo una bella e ormai tradizionale consuetudine, viene consegnato solennemente ad ogni novizio dal Superiore che riceve la professione.

Prima di por termine a quest´argomento, è bene ricordare che, giusta il can. 576, § 1, nell´emissione della professione religiosa, si deve osservare il rito prescritto dalle Costituzioni. Tutti pertanto, in cosa di così grande importanza, si facciano un dovere di seguire quanto è stabilito, senza pretendere d´introdurvi modificazioni o aggiunte di sorta.

Si ricordi infine . che il già citato canone, al § 2, prescrive che il modulo firmato dal novizio ed almeno dal Superiore che ricevette la professione, sia conservato nell´archivio dell´ispettoria, quale documento della professione fatta, ´mentre copia autentica verrà spedita al Direttore spirituale generale, per l´archivio della Società.

Infine l´art.. 308 dei Regolamenti prescrive che « si avvertano i nuovi professi che, finito il tempo in cui si sono fatti i primi voti, non si deve frapporre alcun indugio alla seconda professione. Perciò circa due mesi prima  è loro dovere di presentare al proprio superiore la relativa` domanda »
37. - USCITA DAL NOVIZIATO
Se le nostre case di noviziato avessero modo di ospitare allo stesso tempo, oltrecchè gli antichi, anche i nuovi ascritti venuti per incominciare l´anno di prova, sarebbe da consigliare senz´altro che i neoprofessi passino il tempo, che loro rimane prima ´d´iniziare l´anno scolastico, nella stessa casa di noviziato. La loro presenza gioverebbe ad istradare insensibilmente i nuovi nelle pratiche della vita religiosa e darebbe alla famiglia una giocondità particolare. L´orario verrebbe temperato da una ragionevole larghezza per rinvigorire, con gite e passeggiate, le forze fisiche nella serenità dello spirito e in un ambiente di santa emulazione.

Ma purtroppo, nella maggior parte dei casi, ciò non è possibile; e allora bisogna pensare alla partenza, la quale generalmente si effettua un giorno o due dopo la professione. I superiori facciano in modo che tutto proceda ordinatamente, cosicchè i nuovi confratelli non abbiano a soffrire scosse o turbamenti. I partenti siano assistiti e aiutati, sia nella dovuta preparazione del corredo, sia nelle modalità della partenza e del viaggio.

In primo luogo si eviti che i neoprofessi vadano in famiglia a titolo di svago o vacanza: questo passaggio dal noviziato al mondo potrebbe riuscire fatale. Così pure l´Ispettore non permetta ch´essi vengano dispersi nelle altre case dell´ispettoria. Se è possibile si mandino subito coi chierici dello Studentato filosofico al quale verranno poi destinati, oppure si trovi modo di collocarli tutti in una stessa casa, ove, mentre godono di alcuni giorni di riposo, siano convenientemente diretti e assistiti. ´È indispensabile che, pur nella ragionevole larghezza dei giorni di vacanza, vi sia un orario ben determinato e osservato con regolarità, specialmente per le pratiche di pietà. Ciò che si dice pei chierici vale anche pei coadiutori, i quali, se artigiani o agricoltori, dovranno poi andare a far i corsi di perfezionamento, mentre gli altri saranno di preferenza indirizzati, durante i primi anni, a case di formazione o di esemplare osservanza. Se poi vi. fossero dei neoprofessi che dovessero recarsi direttamente alle case, perchè sacerdoti o per aver già compiuti gli studi filosofici o teologici, si abbia cura. di metterli sotto la guida di un esperto Direttore, che continui l´opera iniziata nel noviziato.

38. - CONCLUSIONE
Nelle pagine precedenti ci siamo sforzati di ricordare e commentare tutto ciò che le leggi canoniche, le Costituzioni, i Regolamenti e le nostre tradizioni inculcano per la conveniente´ formazione dei nostri ascritti. Lo scopo precipuo di questo lavoro è quello di rendere sempre più forte l´unità che ci stringe sotto i vessilli del nostro glorioso Padre; di ottenere che vi siano, nelle nostre case di noviziato, le stesse norme formative e disciplinari, identiche direttive, la stessa regolarità di orario, così da dare ai novizi salesiani, sotto . tutti i cieli e nelle più svariate e remote regioni, la stessa fisonomia caratteristica, quella cioè di S. Giovanni Bosco. Per questo motivo ho voluto aggiungere, a mo´ di appendice, le norme regolamentari approvate ad sexennium dal XV Capitolo Generale, seguite dagli orari, dai programmi di studio, e dal formulario della vestizione.

Prima di finire v´invito ad applicare anche a tutto questo sapiente insieme di disposizioni canoniche e regolamentari le parole che il nostro grande benefattore Pio IX rivolse a Don Bosco: u Se i Salesiani, senza pretendere di migliorare le loro Costituzioni, si studieranno di osservarle con precisione, la loro Congregazione sarà ognor più fiorente ». Evitiamo pertanto qualsiasi prurito di riforma, ch´è uno dei tarli che, secondo l´ac
corata raccomandazione del nostro Padre, potrebbero causare la rovina dell´osservanza religiosa e della Congregazione. Viviamo nell´unità, filialmente stretti a Don Bosco, sotto il manto materno di Maria Ausiliatrice. Se questa unità sarà vigorosa e costante in tutti i nostri noviziati, noi avremo con essa assicurato un fecondo avvenire alla nostra Società.

Moltiplichiamo le nostre preghiere per ottenere da Dio, che i nostri propositi e ardenti voti si traducano in consolanti realtà.

Vi benedice di cuore
il vostro aff.mo in Cristo
Sac. PIETRO RICALDONE.

 

NOTE
ALLA CIRCOLARE SUL NOVIZIATO

  1. Mem. Biogr., vol. XII, pag. 11.
  2. Id., vol. XIV, pag. 25. (3 Vedi Atti del Capitolo, n. 79, pag. 124.
  3. Can. 984: Sunt irregulares ex defectu: 1° Illegitimi, sive illegitimitas sit publica sive occulta, nisi fuerint legitimati vel vota sollemnia professi. 2° Corpore vitiati qui secure propter debilitaten, vel decenter propter deformitatem, altaris ministerio defungi non valeant. Ad impediendum tamen exercitium ordinis legitime recepii, gravior requiritur defectus, neque ob hunc defectum prohibentur actus qui rite poni possunt. 3° Qui epileptici vel amentes vel a daemone possessi sunt vel fuerunt; quod si post receptos ordines tales evaserint et iam liberos esse certo constet, Ordinarius potest suis subditis receptorum ordinum exercitium rursus permittere. 4° Bigami, qui nempe duo vel plura matrimonia valida successive contraxerùnt. 50 Qui . infamia iuris notantur. 6° Judex qui mortis sententiam tulit. 7° Qui munus carnificis susceperint eorumque voluntarii ac immediati ministri in exsecutione capitalis sententiae.
  4. Can. 985: Sunt irregulares ex delieto: 1° Apostatae a fide, haeretici, schismatici. 2° Qui, praeterquam in casu extremae necessitatis, baptismum ab acatholicis quovis modo sibi conferri siverunt. 3° Qui matrimonium attentare aut civilem tantum actum ponere ansi sunt, vel ipsimet vinculo matrimoniali aut ordine sacro aut votis religiosis etiam simplicibus ac temporariis ligati, vel cum muliere iisdem votis ade.tricta aut matrimonio valido coniuncta. 40 Qui voluntarium homicidium perpetrarunt aut foetus human abortum procuraverint, effectu secuto, omnesque cooperatores. 50 Qui seipsos vel alios mutilaverunt vel sibi vitam adimere tentaverunt. 6° Clerici medicam vel chirurgicam artem sibi vetitam exercentes, si exinde mors sequatur. 7° Qui actum ordinis, clericis in ordine sacro constitutis reservatum, ponunt, vel eo ordine carentes, vel ab eius exercitio poena canonica. sive personali, medicinali aut vindicativa, sive locali prohibiti.
  5. S. TERESA, Cammino di perfezione, Cap. XV.
  6. ID., A Maria di Mendora, 7, III, 1572.
  7. VALUY, lib. VI, cap. I, § 4.
  8. S. FRANCESCO DI SALES, Lettera 747.
  9. Mem. Biogr., vol. XVIII, pag. 331.
  10. VALUY, lib. VI, cap. Í, § 6.
  11. Ibidem.
  12. S. THou. Suppl. XXXVI, art. IV, ad III.
  13. Mem. Biogr., XI, pag. 350.
  14. Ibidem.
  15. Id., vol. XVI, pag. 415-16.
  16. Instructio S. C. de Religiosis, «Quantum religiones omnes », 1, XII, 1931.
  17. Can. 544, § 2.
  18. Can. 544, § 3.
  19. Can. 544, § 5.
  20. BARBERIS, Vademecum, ediz. II, 1905, parte II, cap. V, lett. 5.
  21. Acta Apostolicae Sedis, 1922, pag. 661, risposta 13, XI.
  22. Mem. Biogr., vol. XI, pag. 513.
  23. Id., vol. XIII, pag. 268.
  24. Id., vol. XIII, pag. 268.
  25. Costituz., art. 35.
  26. S. GIOVANNI Bosco, Vita di Michele Magone, cap. IX.
  27. Decr. « Ad explorandum animum », Pii X, Acta Apost, Sed., pag. 730, sq. II, 1910.
  28. VERMEERSCH, Summa nov. juris, n. 207.
  29. Mem. Biogr., vol. XII, pag. 466-67.
  30. Id., vol. XIV, pag. 124.
  31. Id., vol. XIV, pag. 123-24.
  32. Id., vol. XII, pag. 468-69.
  33. Id., vol. XIII, pag. 811-812.
  34. Id., vol. XII, pag. 387-88.
  35. S. TERESA, Cammino di perfezione, Cap. XV.
  36. CHANTAL, Lettere, t. II, pag. 390.
  37. Monaca santa. Cap. XXIII, n. 1.
  38. Lett. Encicl., 8, XII, 1902.
  39. Monit. Ecclesiast., 1909, pag. 79.
  40. Mem. Biogr., vol. XI, pag. 278-79.
  41. Id., pag. 275.
  42. Id., pag. 277.
  43. Id., pag. 277-78.
  44. Id., .pag. 278.
  45. Instr. S. C. de Relig. «Quantum religiones omnes »,1, XII, 1931, n. 14. «Novitii, ante professionem votorum temporalium, quae omnino praecedere debet promotionem ad tonsuram et ad ordines minores, Superiori petitionem scripto deferant, in qua expressis verbis testimonium fcrant de sua ad statum religiosum et clericalem vocatione, simulque firmum propositum pandant perpetuo se militiae clericali in statu regulari maneipandi » (Can. 973, § 1).
  46. Can. 573, Gostituz., art. 182.
  47. Memorie confidenziali di San Giov. Bosco: Ascritti e novizi.
  48. Ibidem.
  49. Regolam., art. 304.
  50. Can. 101, § I, n. 1.
  51. Cfr. Can. 556, § II.

VESTIZIONE DEGLI ASCRITTI


Vicino all´altare, sopra di un tavolo, si preparino tante candele quanti sono gli ascritti, e tante .medaglie da benedire quanti sono gli ascritti coadiutori.
Coloro che devono fare la vestizione si radunino in chiesa prima della funzione, nei banchi avanti la balaustra, portando ognuno il proprio abito da benedire sul braccio.
Il Superiore che compie la vestizione, in cotta e stola bianca, accompagnato da due o più sacerdoti o chierici in cotta, procede all´altare, sul quale si saranno accese almeno quattro candele. Quivi giunti e fatta la debita riverenza si intona il

VENI, CREATOR SPIRITUS

Veni, Creàtor Spíritus,
Mentes tuórum visita:
Imple supérna gratia
Quae tu creasti péctora.

Qui díceris Paràclitus,
Altissimi donum Dei,
Fons vivus, ignis, càritas
Et spiritàlis únctio.

Tu septifórmis múnere,
Dígitus patérnae déxterae,
Tu rite promíssum. Patris,
Sermóne ditans gúttura

Accénde lumen sénsibus,
Infúnde amórem córdibus,
Infirma nostri córporis
Virtúte firmans pérpeti.

Hostem repéllas lóngius,
Pacémque dones prótinus:
Ductóre sic te, praévio
Vitémus omne nóxium:

Per te sciamus da Patrem,
Noscamus atque Fílium:
Teque utriúsque. Spíritum,
Credamus omni témpore.

Deo Patri sit glória,
Et Fílio, qui a mórtuis
Surréxit, ac, Paraclito,
In saeculórum saécula.
Amen.

t. Emítte Spíritum tuum et creabúntur..
Et renovabis faciem terrae.
OREMUS
Deus, qui corda fidélium Sancti Spíritus illustratióne docuísti, da nobis in eódem Spíritu recta sapere, et de eius semper consolatióne gaudére. Per Christùm Dóminum nostrum. Rz. Amen.
Poscia il Superiore, rivolto ai candidati, farà loro il seguente breve

INTERROGATORIO
PER I CHIERICI.
Superiore. Figli miei, che domandate?
Ascritti-Chierici. Domandiamo, nostro Reverendo Superiore, di "venire l´abito chiericale nella Congrepazion Salesiana.
Superiore. Conoscete che significa vestire questo santo abito e quali obblighi vi impone?
Ascritti. Sì, Reverendo Superiore. Vestire l´abito chiericale significa entrare decisamente nella carriera ecclesiastica separandoci dal mondo e dalle sue vanità per rivestirci di Gesù Cristo. Esso ci obbliga ad attendere con rinnovato ardore all´acquisto delle virtù religiose e specialmente dell´umiltà, della purezza della vita e della carità verso Dio e verso il prossimo, che ci devono rendere come la luce che risplende in mezzo alle tenebre del secolo.

PER I COADÌUTORI.
Superiore. Figli miei, che domandate?
Ascritti-Coadiutori. Domandiamo, -nostro Reverendo Superiore, la Medaglia-distintivo del Confratello-Coadiutore Salesiano.
Superiore. Conoscete il significato di questo distintivo e quali obblighi esso vi impone?
Ascritti- Coadiutori. Sì, Reverendo Superiore. Questo distintivo significa il vincolo anche esterno che più strettamente ci lega allo stato religioso ed alla Congregazione Salesiana. Esso ci obbliga ad attendere con rinnovato ardore all´acquisto delle virtù religiose e specialmente dell´umiltà, della purezza della vita e della carità verso Dio e verso il prossimo, che ci renderanno degni di cooperare alla salvezza delle anime in questa Congregazione.
Il Superiore, rivolto a tutti, chierici e coadiutori.
Superiore. Faccia Iddio, per intercessione della Vergine Santissima, Ausiliatrice dei Cristiani, che vi manteniate fedeli per tutta la vita ai nuovi doveri cui vi sottoponete.
Quindi il Superiore benedice gli abili che gli aEscritli 6csten. gono 8ul braccio, -.

BENEDIZIONE DEGLI ABITI.
Adiutórium nostrum in nómine Dómini.
#. Qui fecit caelum et terram.
 Dóminus vobiscum.
Et cum spíritu tuo.
OREMUS
Dómine Iesu Christe, qui tégumen nostrae mortalitàtis in- dúere dignàtus es, obsecràmus imménsam tuae largitàtis abundantiam: ut hoc genus vestiménti, quod saneti patres ad innocéntiae vel humilitàtis indícium, deponéntes ignomíniam saeculàris hàbituS, ferre sanxérunt, tu ita bene}Ddícere dignéris, ut hi fàmuli tui, qui hoc indúti fúerint vestiménto, te quoque indúere mereàntur, et tibi agnoseantur esse dicati. Qui vivis et regnas Deus in saéeula saeculórum.
#. Amen.
Il sacerdote asperge gli abiti con acqua benedetta.

BENEDIZIONE DELLE CANDELE.
OREMUS
Dómine Deus, Pater omnípotens lux vera et fons lúminis omnis, effúnde benedictiónem tuam super céreos istos; et sicut illuminasti Móysen exeúntem de Aegypto, ita illúmina hos servos tuos, qui mundum hódie pro tui nóminis amóre déserunt; ut ad vitam et lucem aetérnam pervenire mereàntur. Per Christum Dóminum nostrum.
 Amen.
Il sacerdote asperge le candele con l´acqua benedétta.
BENEDIZIONE DELLE MEDAGLIE..
. Adiutórium nostrum in nómine Dómini.
#. Qui fecit caelum et terram.
. Dóminus vobíscum.
#. Et cum spíritu tuo.

OREMUS
Omnípotens, sempitérne Deus, qui sanctórum tuórum effigies seùlpi non réprobas; ut quóties i11as, óculis córporis intuémur, tóties, eórum actus et sanctitàtem ad imitàndum, memóriae óculis meditémur: has, quaésumus, sculptúras in honórem et memóriam Beàtae Mariae Vírginis, Christianórum Auxiliatrícis, et Saneti Francisci Salésii, benepdícere et sanctifieàre dignéris: et "praesta, ut quicúmque coram illis Beatíssimam Vírginem et Sanetum Francíscum supplíciter cólere et honoràre studúerint, illórum méritis et obténtu a te gràtiam in presénti, et aetérnam glóriam in futúrum consequàntur. Per Christum Dóminum nostrum: . Amen.
Il sacerdote asperge le medaglie con acqua benedetta.

VESTIZIONE.
Finite le benedizioni il Celebrante siede avanti l´altare. Gli ascritti chierici, uno per uno, gli si accostano portanda sul braccio il proprio abito benedetto, e mentre, aiutati dai chierici assistenti, tolgonsi la giubba, il Celebrante recita la seguente formula:
N. N:, éxuat te Dóminus véterem hóminem cum móribus et àetibus suis, et induat te novum hóminem, qui secúndum Deum creàtus est in iustitia et sanetitàte veritàtis.
L´ascritto e gli assistenti rispondono: Amen.
Nel proferire le parole e et induat... » il Celebrante mette sulle spalle dell´ascritto la nuova talare, al collo il colletto, e mentre consegna la berretta l´ascritto. gli bacia la mano destra e si ritira in sacrestia a completare il suo abbigliamento.
Finita la vestizione dei chierici, i coadiutori, uno per uno, si recano a ricevere la medaglia dalle mani del Superiore. Questi la consegna con le seguenti parole:
N. N., àccipe signum vocatiónis tuae.
Il coadiutore bacia la medaglia e la mano del Superiore, si pone devotamente la medaglia al collo e, portandola in modo visibile, va in sacrestia ad unirsi ai chierici.
Durante questo tempo la Schola canta il Salmo 83, Qnam, dilécta tabernàcula tua Dómine virtútum, od altro mottetto d´occasione.
Frattanto i chierici nella sacrestia completato il loro abbigliamento ed indossata anche la cotta, si dispongono a due a due, e dietro di loro i coadiutori similmente a due a due, e tutti rientrano processionalmente, per longiorem, in chiesa cantando il Magnificat.

CONSEGNA DELLA CANDELA.
Terminato il canto del Magníficat, gli ascritti, a due od a quattro secondo il numero, di nuovo si accostano al Celebrante, il quale consegna loro la candela accesa, con questa formola:
Accípite, filii dilectíssimi, corpóreum hoc lumen,. caeléstis lúminis symbolum, ad quod Christus lesus vos vocat.
Gli ascritti ricevono la candela , baciando prima la candela stessa e poi la mano dei Celebrare "e si recano al proprio posto,
Indi il Celebrante recita il seguente:

OREMUS
Dómine Iesu Christe, lumen mundi indeficien s et splendor glóriae Dei Patris, illúmina fàciem tuam super hos fàmulos tuos, ut lúmine vultus tui illustràti, et igne tui amóris accénsi, quae tibi sunt plàcita cognóscant, et éadem fidéliter ac sine fine perficiant. Qui vivis et regnas Deus in saéeula saeculórum.
#. Amen.
In fine il sacerdote dà la benedizione con le parole:
Benedictio Dei omnipoténtis, Pattis, et Fílii; et Spíritus Saneti, deseéndat super vos, et màneat semper. . Amen.
A questo punto il Superiore farà un diseorsino per meglio illustrare il significato della, funzione compiuta ed i doveri ´che essa impone.
Se non segue altra funzione si termina col canto del
SALMO 116
Laudàte Dóminum, omnes gentes: *laudàte eum, omnes pópuli:
Quóniam confirmata est super nos misericórdia eius: *et véritas Dómini manet in aetérnum.
Glória Patri, et Fílio, *et Spirítui San cto:
Sicut erat in principio et nunc, et semper, *et in saécula saecúlórum. Amen.

APPENDICE
REGOLAMENTO PER IL NOVIZIATO

CAPO I
Ammissione.

  1. - IMPEDIMENTI. - Nelle accettazioni si tengano presenti per la validità e liceità, gli impedimenti elencati nel Cani 542; inoltre, per i Chierici, le irregolarità contenute nei: Can. 984 e 985.
  2. - Coloro che fanno le accettazioni al Noviziato ricordino la grande responsabilità che hanno davanti alla Chiesa ed alla Congregazione. Meglio correre rischio di escludere uno degno, che ammettere uno indegno.

Pratiche per l´ammissione.

  1. - I candidati al Noviziato debbono presentare i documenti elencati nel modulo prescritto.
  2. - I documenti richiesti per l´ammissione al Noviziato siano tempestivamente preparati, in modo che l´Ispettore col suo Consiglio possano esaminarli prima di trattare dell´ammissione del. candidato.
  3. - Qualora il Superiore,, a cui furono richieste le lettere testimoniali, non rispondesse, l´Ispettore ne informi, per i passi ulteriori, il Rettor Maggiore. Quando invece rispondesse di non conoscere sufficientemente il candidato, l´Ispettore vi supplisca chiedendo informazioni confidenziali a persone degne di fede. (Cfr. Can. 545, 3).
  4. - Non si ammetta alcuno, se non dopo accurata visita di un medico, che conosca le esigenze della nostra vita e che rilasci relativo certificato.
  5. - Si tenga molto conto delle doti intellettuali del candidato; nei casi dubbi lo si sottometta ad un esame speciale.
  6. - Si dia grande importanza alle informazioni assunte sopra le condizioni della famiglia dei candidati a norma dell´Instr. S. C. Rel.; 10 die. 1931, n. 6 e dell´articolo 5 del Regol. degli Aspiranti.
  7. - I candidati al Sacerdozio dovranno anche dare segni speciali di vocazione ecclesiastica.
  8. - Non si ammettano nella nostra Società quelli che non dimostrano buon criterio e, ordinariamente, quelli cui fosse mancata affatto la buona educazione cristiana di famiglia.
  9. - Si ricordi lo stretto obbligo di mantenere il segreto circa le notizie avute e le persone che le diedero. (Can. 546 e Regol., 156).

Votazione per l´ammissione al noviziato.

  1. - L´Ispettore col voto consultivo del Capitolo della Casa, ove il candidato fece l´Aspirantato, e con quello deliberativo del Consiglio Ispettoriale ammette gli Aspiranti al Noviziato.

CAPO II
Casa del Noviziato.

  1. - In una sola Ispettoria non vi può essere che un solo Noviziato, a meno che ragioni gravi richiedano differentemente e se ne ottenga uno speciale Indulto Apostolico (Can. 554, 2).
  2. La Casa di Noviziato abbia possibilmente un poco di campagna e piccoli laboratori per esercizio dei´ Coadiutori.
  3. La Cappella sia effettivamente il cuore della Casa, e la sua ubicazione, l´ampiezza, la forma, gli arredi siano tali da permettere lo -svolgersi decoroso delle funzioni liturgiche e da fomentare la soda pietà eucaristica.

CAPO III
Personale della Casa di Noviziato.

  1. - In via ordinaria non si dia la carica di -Direttore al Maestro dei Novizi. (Regol., art. 268).
  2. - Il Maestro deve avere almeno 35 anni: si faccia il possibile per non chiedere dispensa di età.
  3. - Il Maestro abbia ogni anno un po´ di riposo fuori del Noviziato, e l´Ispettore provveda -alla necessaria supplenza.
  4. - I Confessori del Noviziato ricordino che coltivano anime che hanno il dovere di tendere alla perfezione. Nei riguardi della castità si attengano agli insegnamenti di D. Bosco.

Raccomandino con frequenza agli Ascritti la semplicità, la docilità e la confidenza col proprio Maestro, al quale unicamente spetta la formazione spirituale dei Novizi (cfr. Can. 561), esortandoli soprattutto a manifestargli con prontezza e candore ogni dubbio sopra la vocazione.
I Confessori siano salesiani.

  1. - I confratelli destinati al Noviziato ed alle Case di formazione devono essere esemplari nell´osservanza religiosa. (Cfr. Can. 554, 3).
  2. - Se il Noviziato è annesso a una Casa regolare, basterà che nel recinto del Noviziato risiedano il Maestro e il suo Socio con qualche Coadiutoro addetto ai lavori domestici. All´insegnamento scolastico siano preferibilmente destinati membri del Capitolo della Casa, affinchè possano conoscere meglio i Novizi:
  3. - Il Noviziato, quando forma casa a sè, abbia un Capitolo regolare costituito possibilmente dal Direttore, dal Maestro e da qualche altro Sacerdote.

CAPO IV
Prima del noviziato.

  1. - Per le esigenze di studi o di clima o per altre ragioni non è possibile fissare la stessa data dell´ingresso al Noviziato in tutta la Congregazione. Tuttavia si stabilisce che:
  2. nel vecchio continente e nelle nazioni aventi con esso parità di calendario scolastico, gli Ascritti incomincino il Noviziato il 15 agosto, solennità di Maria SS.ma Assunta in Cielo, affinchè possano poi fare la professione il giorno 16 agosto, natalizio di S. Giovanni Bosco; - -
  3. negli altri Noviziati gli Ascritti comincino il Noviziato il giorno 30 gennaio per finirlo il 31 dell´anno seguente, festa di S. Giovanni Bosco.
  4. - Il Noviziato incomincia come è stabilito all´articolo 174 delle Costituzioni. L´approvazione del Consiglio Ispettoriale, per via ordinaria, preceda l´ammissione; ma se, per ragionevole motivo, ciò non fosse avvenuto, la- conferma, che seguirà al più presto possibile da parte del Consiglio Ispettoriale, rende valida la precedente ammissione fatta dall´Ispettore.
  5. - Se, terminati gli Esercizi spirituali; gli Ascritti non incominciano subito il Noviziato, passino il tempo che lo precede o nella Casa di Noviziato o in - altra, ma siano sempre diligentemente e amorevolmente assistiti, e, per quanto sarà possibile, non vadano a passare questo tempo in casa dei parenti.
  6. - Gli Ascritti siano provvisti del corredo necessario dalle Case che li mandano; queste, se non possono ottenerlo dalle famiglie o dai benefattori, lo somministrino esse stesse.
  7. - Si procuri che i Novizi abbiano a riportare subito buone impressioni del Noviziato; perciò si faccia loro buona accoglienza, si trattino con amorevolezza; nella Casa regni ovunque l´ordine e la serena allegria, ottenuta con ricreazioni animate, canti, passeggiate, ecc.
  8. - Non si ammettano al Noviziato coloro che non hanno l´età canonica. Si può fare eccezione per quelli cui mancassero- ° solo due o tre mesi; questi però, una volta entrati nel Noviziato, seguano in tutto l´ordinamento della Casa come gli altri, fermo restando che il loro Noviziato va computato dal giorno dopo che avranno- compiuto i 15 anni.
  9. - Chi possedesse sostanze, disponga le cose in modo da -non avere preoccupazioni amministrative durante il Noviziato.

CAPO V
Vestizione e imposizione della medaglia.

  1. - La vestizione e imposizione della medaglia ordinariamente non si compia prima di un mese e non dopo tre dall´entrata in Noviziato.
  2. - La vestizione, preceduta da un triduo predicato, si compia secondo il formulario apposito, che si trova in fine del « Regolamento degli Esercizi ».
  3. - Nè perla vestizione, nè più tardi per la professione, vengano stampate immagini-ricordo, individuali o collettive.

CAPO VI
Vita del Noviziato.

  1. - La vita del Noviziato sia regolata in modo conforme colla vita dei confratelli che vivono nelle altre Case; perciò´ si procuri che basata su di una regolarità e d´un fervore esemplare, essa si svolga in un ambiente di naturalezza e semplicità, secondo il volere di D. Bosco e la sana tradizione salesiana, evitando singolarità ed esagerazioni.
  2. - L´orario ed il programma scolastico possono variare secondo le esigenze dei luoghi, dei tempi e secondo la categoria e l´istruzione dei Novizi; ma ogni Casa procuri di modellarsi, per quanto è possibile, sull´orario che proponiamo in appendice.
  3. - L´articolo 195 delle Costituzioni e gli articoli 279, 280, 291 e 305 dei Regolamenti contengono in breve un programma completo di formazione salesiana; ad essi sopratutto si attenga il Maestro.
  4. - Agli scrutini, di cui parla l´articolo 300 dei Regolamenti, interven-` gono il Direttore ed il Maestro con gli altri membri del Capitolo della Casa. Si comunichino al Novizio le osservazioni fatte a suo riguardo. Chi viene giudicato inetto, sia licenziato al più presto possibile.

CAPO VII
Pratiche di pietà.

  1. - MEDITAZIONÉ. = La meditazione si faccia in ginocchio eccetto che preceda o segua immediatamente la S. Messa, nel quale caso si suole fare stando seduti.
  2. - S. MESSA. — Nei giorni feriali durante la S. Messa si recitino le preghiere delle « Pratiche di pietà in uso nelle Case salesiane » con l´aggiunta del canto di un mottetto eucaristico dopo l´elevazione.

NELLE FESTE: a) Alla prima Messasi recitino le preghiere fino al Rosario, dopo le quali si incominci la Messa dialogata. Dopo il « Pater noster» si recitino le preghiere in preparazione alla Comunione, e dopo la Comunione quelle del ringraziamento. Finita la Messa, seguono le altre preghiere del mattino, eccetto il Rosario e le Litanie Lauretane.
b) La seconda Messa sia cantata nelle feste di precetto e nelle Domeniche di prima e seconda classe; nelle altre, durante la Messa letta, si canti l´Ufficio della Beata Vergine.

  1. - VISITE AL SS:MO SACRAMENTO. — Si favoriscano visite individuali al SS.mo Sacramento. Pubblica e generale sia solamente quella delle 11,35 secondo i Regolamenti. (Cfr. art. 295, 2). Nelle feste e domeniche in questa visita si recita il Rosario e poscia si fa l´esame di coscienza senza altra aggiunta.
  2. - CIRCOLI DI PIETÀ.  Se ne faranno almeno tre per settimana, in gruppi fissati dal Maestro.
  3. - COMPAGNIE RELIGIOSE. — A seconda del numero dei Novizi si introducano tutte le nostre Compagnie o solamente alcune.
  4. - -ESERCIZI SPIRITUALI. — Oltre gli Esercizi prescritti dalle Costituzioni e dai Canoni (cfr. Cost., 159; Can. 541 e 571, 3), che si fanno prima del Noviziato e della professione, vi sia una muta di cinque giorni verso la metà dell´anno.
  5. - TRIDUI. — Si facciano con predica i tridui che precedono la vestizione le feste di S. Francesco di Sales e di S. Giovanni Bosco.
  6. .. - NOVENE.  Si faccia con lettura appropriata la novena dell´Immacolata e con predica quella del Natale.
  7. - MESI. — Si celebrino i mesi di S. Giuseppe, della Madonna e del Sacro Cuore con lettura adatta.

È lodevole l´usanza di alcuni Noviziati, nei quali il mese di Maria viene celebrato con un breve sermoncino quotidiano fatto dai Novizi stessi, per turno, fuori di Chiesa.

  1. FESTA DEL SACRO CUORE. — Nei Noviziati la festa del Sacro Cuore si celebri solennemente nel giorno in cui cade.
  2. - PRIMO VENERDÌ DEL MESE. — Ogni primo venerdì del mese alla Messa della comunità si canterà un mottetto e si reciteranno le Litanie in onore del Sacro Cuore di Gesù; alla sera vi sarà benedizione solenne colla recita dell´Atto di Consacrazione e col canto di un mottetto di occasione.
  3. - IL 24 DEL MESE. Al 24 di ogni mese si dirà la Messa di Maria Ausiliatrice all´Altare ove sia eretta l´Associazione dei suoi divoti, e alla sera si canterà il Saepe duna, Christi e si darà la benedizione solenne.
  4. - ULTIMO MARTEDÌ DEL MESE. — In onore di S. Giovanni Bosco nell´ultimo martedì di ogni mese: a) Nel sermoncino della sera precedente si parli del nostro S. Fondatore; b) Se ne esponga la Reliquia prima della Messa della comunità; e) La lettura prescritta dopo le orazioni ciel mattino sia su S. Giovanni Bosco, terminandola con l´invocazione: Sante Joannes, ora pro nobis. - Agimus... ecc.           -

CAPO VIII
Professione.

  1. - I Chierici, nella domanda dei voti, devono anche dichiarare espressamente la volontà di consacrarsi per sempre, allo stato religioso e clericale.(Cfr. Instr., n. 14).
  2. - Si preparino debitamente i Novizi al grande atto della professione religiosa, trattandone sovente nelle conferenze, istruzioni, e buone notti.
  3. Non si facciano inviti a persone estranee per la funzione della professione religiosa.
  4. - Si continui la bella consuetudine di consegnare nell´atto della professione il libretto delle Regole ai nuovi confratelli.
  5. - Non si conceda ai nuovi professi di andare a fare vacanza in famiglia o in diverse Case nostre; ma, debitamente assistiti, prendano il necessarto riposo tutti insieme nella Casa più adatta, fissata dall´Ispettore.

Materie d´insegnamento
e ore di scuola per ciascuna materia.

Catechismo e nozioni di catechetica  ................................... 3 ore
Liturgia .....................................................................  1 ora
Vangelo di S. Luca .....................................................................  1 »
Storia Sacra .....................................................................  2 ore
Istruzione sullo Stato religioso ..........................................  2 »
Lingua nazionale ..................................................................... 2 »
Italiano, nei Noviziati fuori d´Italia ..........................................  2 »
Latino ....................................................................................  2 »
Greco ................................................................................   1 ora
Pedagogia ...........................................................................  1 »
Canto Gregoriano ...........................................................  3 ore
Cerimonie                                                                             1 ora
Galateo .................................................................................  1 »
Calligrafia  ............................................................................ 1 »
TESTI
Si prendano di preferenza testi salesiani.
PER I COADIUTORI
I Novizi Coadiutori frequenteranno coi Chierici quelle lezioni che, a giudizio dei Superiori, corrispondono alla loro cultura ed alle loro occupazioni. Ove occorra, si farà loro separatamente scuola di lingua nazionale, di aritmetica, di cerimonie della Messa e di liturgia relativamente ai servizi di sacrestia, ecc. Per quelli che appresero un´arte o un mestiere vi sarà ogni settimana qualche ora di disegno. Tutti però dovranno avere da due a tre ore di scuola al giorno, e, nel resto del tempo che non è occupato dalle pratiche di pietà o da altri atti della vita comune, si eserciteranno nel loro mestiere o in lavori della. Casa.

ORARIO GIORNALIERO


GIORNI FERIALI

GIORNI FESTIVI

GIORNI DI VACANZA

ORE

ORE

ORE

5,30 Levata

6 Levata

5,30 Levata

6 Meditazione

6,30 Meditazione

6 Meditazione

6,30 Studio

7 Studio

6,30 Studio

7,30 Messa

7,30 Messa

7,30 Messa

8,15 Colazione - Occupazioni- Ricreazione

8,15 Colazione - Ricreazione

8,15 Colazione - Occupazioni- Ricreazione

9,15 Scuole

9,30 Messa 2a - Spiegazione Vangelo

9,30 Studio

11 Ricreazione

10,30 Ricreazione

11 Ricreazione

11,35 Visita

11 Studio

 

12 Pranzo

12 Pranzo

12 Pranzo

12,45 Ricreazione

12,45 Ricreazione

13,30 Pulizia

13,45 Studio

14 Studio

14 Passeggio

14,15 Scuola

15,30 Vespro-Predica- Benedizione

 

16,15 Ricreazione

 

16,45 Ricreazione

17 Lettura Spirituale -- Benedizione

16,30 Ricreazione

17 Lettura -Benedizione

17,30 Conferenza

 

17,30 Conferenza

18,15 Studio

18 Studio

18,15 Studio

20 Cena

19,30 Cena

20 Cena

21 Preghiere - Riposo

20,45 Preghiere - Riposo

21 Preghiere - Riposo

NB. - 1) Nella stagione più cruda e in casi speciali si può ritardare di mezz´ora la levata.
2) I Coadiutori avranno il passeggio la domenica.
ORARIO GIORNALIERO DELLE VACANZE ESTIVE


GIORNI FERIALI

GIORNI FESTIVI

Ore

Ore

6 Levata

6 Levata

6,30 Meditazione

6,30 Meditazione

7 Studio

7 Studio

7,30 S. Messa

7,30 S. Messa

8,15 Ricreazione Occupazioni Ricreazione

8,15 Colazione Ricreazione

9,30 Scuola

9,30 Messa 2a - Spiegazione Vangelo

10,30 Studio o lavoro

10,30 Ricreazione - Visita 1a mensa

11,15 Ricreazione - Visita 1a mensa

 

11,35 Visita

11,35 Visita

12 Pranzo

12 Pranzo

12,45 Ricreazione

12,45 Ricreazione

14 Riposo nello studio

14 Riposo Studio

 

 

15 Scuola

15,30 Vespro - Predica - Benedizione

16 Ricreazione - Lavoro

 

17 Lettura Benedizione

16,30 Ricreazione

17,30 Conferenza

17,30 Studio

18,15 Studio - Lavoro all´aperto

19 Ricreazione

19,30 Cena

19,30 Cena

21 Preghiere - Riposo

21  Preghiere - Riposo

NB. - 1) Al giovedì non c´è scuola.

  1. Al martedì, giovedì e sabato vi è passeggio ordinario pei Chierici.
  2. Durante il periodo delle vacanze estive si sogliono fare due passeggiate di una giornata intera da tutta la casa, ed ogni settimana due passeg- giate di mezza giornata.

INDICE

  1. Entrata in Congregazione                                                           pag. 166
  2. La responsabilità della scelta                                                    » 168
  3. Due scogli da evitare                                                                  » 169
  4. Pratiche per l´ammissione                                                          » 172
  5. Osservazioni riguardanti i documenti                                       » 173
  6. Le votazioni per l´ammissione al noviziato                               » 175
  7. La Casa di noviziato                                                                     » 176
  8. Il primo Noviziato della Congregazione                                    » 177
  9. Speciali condizioni della Casa di noviziato . . .                      » 178
  10. Noviziato unico                                                                             » 179
  11. Il Direttore del noviziato                                                               » 181
  12. Il Maestro dei novizi                                                                      » 184
  13. Brevi ricordi ai Maestri dei novizi                                              » 186
  14. Del personale della Casa di noviziato                                      » 189.
  15. Il socio del Maestro dei novizi                                                     » 191
  16. I confessori nei noviziati                                                              » 191
  17. Epoca dell´ingresso al noviziato                                                » 194
  18. Le prime impressioni                                                                    » 195
  19. Inizio, durata e interruzione del noviziato                               » 197
  20. La vestizione e l´imposizione della medaglia                          » 198
  21. La vita del noviziato                                                                     » 201
  22. Formazione. morale                                                                      » 203
  23. Formazione ascetica                                                                    » 206
  24. Pratiche conseguenze                                                                » 212
  25. Formazione pedagogica                                                              » 216
  26. Formazione catechistica                                                             » 218
  27. Formazione letteraria                                                                  » 219
  28. Formazione salesiana                                                                 » 222
  29. - La selezione                                                                               » 230
  30. La eliminazione                                                                               » 236
  31. Gli scrutini                                                                                        » 242
  32. L´invito a ritirarsi                                                                             » 247
  33. L´ammissione                                                                                   » 249
  34. Il prolungamento del noviziato                                                     » 252
  35. Preparazione alla professione religiosa                                     » 254
  36. La professione religiosa                                                               » 257
  37. Uscita dal noviziato                                                                     » 259
  38. Conclusione                                                                                    » 260

Note alla Circolare sul noviziato                                                         » 263
Vestizione degli ascritti (Rito della)                                                     » 265
Regolamento per il noviziato                                                               » 273