“Per una rinnovata presenza salesiana in Europa”
Intervento iniziale del Rettor Maggiore nell’incontro con gli ispettori dell’Europa
«Elia, impaurito, si alzò e se ne andò per salvarsi. Giunse a Bersabea di Giuda. La fece sostare il suo ragazzo. Egli si inoltrò nel deserto una giornata di cammino e andò a sedersi sotto un ginepro. Desideroso di morire, disse: “Ora basta, Signore! Prendi la mia vita, perché io non sono migliore dei miei padri.” Si coricò e si addormentò sotto il ginepro. Allora, ecco un angelo lo toccò e gli disse: “Alzati e mangia!”. Egli guardò e vide vicino alla sua testa una focaccia posta su pietre roventi e un orcio d’acqua. Mangiò e bevve, quindi tornò a coricarsi. Venne di nuovo l’angelo del Signore, lo toccò e gli disse: “Sù, mangia, perché è troppo lungo per te il cammino”. Si alzò, mangiò e bevve. Con la forza datagli da quel cibo, camminò per quaranta giorni e quaranta notti fino al monte di Dio, l’Oreb» (1Re 19:3-8).
Carissimi confratelli Ispettori,
innanzitutto vi saluto con il cuore di Don Bosco e vi ringrazio per la vostra presenza in questo incontro, tanto importante per il futuro della nostra Congregazione nel continente che la vide nascere e crescere quasi miracolosamente, a tal punto che il Papa Paolo VI chiamò tale sviluppo “il fenomeno salesiano”.
Ho voluto introdurre questo mio intervento di apertura con l’esemplare episodio della vita del grande profeta Elia. Già il suo nome è carico di significato; Elia significa “Il Signore è Dio”. Secondo la tradizione ebraica, nomen omen: il nome è il destino. Così è anche per Elia. Nel nome sono indicati la sua missione e la sua vita. Ciò appare già dall’inizio della sua missione profetica, quando egli chiede l’intervento di Dio nei confronti dei falsi profeti di Baal: « Questo popolo deve sapere che tu, Signore, sei il vero Dio » (1Re 18:37).
Quando però, dopo la sfida sul Carmelo, la regina Gezabele decide di metterlo a morte, Elia, pieno di paura, fugge nel deserto. Egli dimentica la fierezza di portare il nome di Dio; smarrisce l’entusiasmo della sua missione di rinnovare in profondità il popolo di Israele che ha abbandonato Jahvè e si è lasciato sedurre dagli dèi cananei; perde persino la voglia di vivere. Dove è ora quell’uomo del quale scriverà il Siracide: « Allora sorse Elia profeta, simile al fuoco; la sua parola bruciava come fiaccola » (Sir 48:1)?
La sua preghiera è sfiduciata: « Ora basta, Signore! Prendi la mia vita, perché io non sono migliore dei miei padri ». E così, affaticato, scoraggiato, stanco di vivere, cade in preda al sonno. Eppure egli non è solo. Il Dio dei Padri, di Abramo, di Isacco e di Giacobbe, è lì con lui. Un angelo con cura materna lo rincuora e gli comanda di alzarsi e mangiare. «Egli guardò e vide vicino alla sua testa una focaccia posta su pietre roventi e un orcio d’acqua. Mangiò e bevve, quindi tornò a coricarsi. Venne di nuovo l’angelo del Signore, lo toccò e gli disse: “Sù, mangia, perché è troppo lungo per te il cammino” ».
Con rinnovata vitalità il profeta riprende coraggio ed è pronto all’obbedienza: « Si alzò, mangiò e bevve. Con la forza datagli da quel cibo, camminò per quaranta giorni e quaranta notti fino al monte di Dio, l’Oreb ». Quale energia hanno la Parola e il Pane di Dio!
In seguito, dopo l’incontro con Dio sull’Oreb, la montagna santa, Elia tornerà ad essere “simile al fuoco” e la sua parola diverrà di nuovo bruciante come fiaccola. Così riprenderà la sua missione; ungerà un nuovo re per il regno di Aram e un nuovo profeta per il popolo, Eliseo; radunerà tutti coloro che erano rimasti fedeli a Jahvè (cfr. 1Re 19:9-18). Allora la storia della salvezza può continuare, finché il disegno di Dio sia realizzato.
Questa figura del profeta Elia ritengo possa essere l’icona più appropriata per esprimere ciò che siamo chiamati a fare in questi giorni.
Introduzione
Il “Progetto Europa” (PE) è stato ispirato anzitutto al Rettor Maggiore dalla riflessione sulla situazione della Congregazione in Europa, dopo aver visitato le Ispettorie europee, ascoltato gli Ispettori e i confratelli, analizzato le conclusioni delle Visite d’insieme e preso conoscenza delle varie relazioni dopo le Visite straordinarie. Proposto da lui al CG26, l’Assemblea capitolare l’ha fatto proprio e lo stesso Santo Padre, nella sua lettera in occasione del Capitolo Generale XXVI, lo ha caldeggiato.[1] Così il PE è diventato “un progetto di Congregazione”;[2] essa ne assume quindi tutta la responsabilità.
Con il PE, in realtà, « condividiamo la preoccupazione della Chiesa per le sorti del Vangelo nel mondo occidentale e, in particolar modo, in Europa. […] In forza dell’interdipendenza tra i popoli, il destino dell’Europa coinvolge il mondo intero e diventa preoccupazione della Chiesa universale. Si apre così una nuova frontiera rispetto al passato; per noi Salesiani è un invito a “rivolgere un’attenzione crescente all’educazione dei giovani alla fede’” (Ecclesia in Europa n. 61) ».[3]
Il CG26 ha chiesto al Rettor Maggiore con il suo Consiglio che « definisca la natura e gli interventi della Congregazione per una rinnovata presenza salesiana in Europa».[4] L’obiettivo di questo nostro incontro, come vi ho scritto, è di riflettere con voi e di iniziare insieme a dare concretezza al PE, che mira, quale proposta organica e autorevole, a “rilanciare il carisma salesiano in Europa”[5].
Anche se nell’indirizzo al Santo Padre in occasione dell’Udienza concessa ai membri del CG26[6] e soprattutto nel discorso di chiusura del Capitolo stesso ho anticipato la natura, l’obiettivo ed alcune priorità del PE,[7] mi sembra importante coinvolgere tutti voi, perché vi sentiate corresponsabili nel definirne i contenuti e nel disegnare il programma; molti di voi infatti dovranno portarlo avanti e ne saranno i beneficiari.
In questa prima parte sono raccolte riflessioni, valutazioni, indicazioni o suggerimenti offerti dai contributi trasmessi al Rettor Maggiore a seguito dell’inchiesta promossa nelle Ispettorie di Europa.
1. Cosa si pensa del Progetto Europa
1.1 Apprezzamento
Il PE è un atto di coraggio apostolico e una opportunità di rinascita carismatica; è significativo che sia l’intera Congregazione a farsi carico di questo Progetto. La situazione, letta alla luce della fede, è una nuova chiamata di Dio per noi. Anche se responsabilità di tutta la Congregazione, l’elaborazione e la realizzazione spettano prima di tutto alla Congregazione in Europa.
È un programma ritenuto provvidenziale per assicurare la presenza del carisma salesiano in paesi del continente in cui esso rischia di estinguersi o comunque di essere fortemente ridimensionato. Ridare vitalità al mondo salesiano nel continente di più antica evangelizzazione, dove più ampiamente si è sviluppata la visione cristiana dell’uomo e dove ora si vive una critica situazione di “emergenza educativa”, è indubbiamente strategico per tutta la Congregazione.
Il rilancio del carisma salesiano in Europa va inserito nel più ampio contesto della nuova evangelizzazione, che in misura maggiore o minore tocca tutte le nazioni europee. Una profonda secolarizzazione della società genera un’apostasia silenziosa dalla fede ed un invadente relativismo culturale; tali tendenze fanno facilmente presa sulle nuove generazioni e sfidano seriamente la missione educativa ed evangelizzatrice della Chiesa. Il rilancio del carisma è strettamente legato alla capacità di incontrare “bisogni disattesi”, ai quali non si è ancora data una risposta. Forti indicatori di bisogni inesplorati sono per noi costituiti dalla generalizzata, anche se diversificata, lontananza dei giovani dalla fede, dalla ricerca di senso e dal rifugio in esperienze limite, che vanno insieme al fallimento della famiglia come primo e naturale luogo di umanizzazione e socializzazione.
Inoltre molti giovani, almeno quelli aperti alla formazione, pensano in modo molto più europeo di quanto facciano gli adulti e, purtroppo, tanti salesiani. L’UE, attraverso le proprie norme e decisioni, segna sempre di più la vita di tutti noi. Molte domande, in particolare quelle riguardanti la vita, la famiglia, la giustizia, la povertà, l’immigrazione, la pace e la difesa del creato, devono essere chiarite ed approfondite a livello europeo e globale.
Come SDB abbiamo nella Chiesa una vocazione per l’educazione e la corresponsabilità dell’evangelizzazione, in particolare tra i giovani. Il PE può diventare l’occasione e il motivo per confrontarci in modo più efficace con nuove forme d’evangelizzazione e d’educazione, nella (ri)costruzione della Chiesa in Europa.
Il PE ci dà l’opportunità di riflettere in maniera seria e progettuale sul carisma salesiano in Europa e nello stesso tempo di portare avanti la missione salesiana nel continente con più efficacia e novità di formule. Una di queste modalità, tra le altre, può essere l’investimento di personale scelto, europeo e non, a sostegno di presenze carismaticamente significative. In un’epoca in cui l’Europa diventa una realtà sociale sempre più multiculturale, la presenza di comunità internazionali e multiculturali può diventare in se stessa un fattore di evangelizzazione.
Il fatto che le Ispettorie e le Regioni europee siano state coinvolte nell’elaborazione del PE, come lo saranno nella sua concretizzazione, è un buon augurio e un motivo di speranza. I giovani salesiani percepiscono che il PE potrebbe stimolare un cammino di rinnovamento del modello attuale di vita consacrata, meno preoccupato dell’opere e più portato all’essenziale, evangelicamente centrato sul “porro unum est necessarium”, più aperto alle necessità dei destinatari, quindi più profetico.
1.2 Cautele
Il PE suscita interrogativi e anche sentimenti divergenti. Obiettivi e contenuti del Progetto necessitano di chiarimenti e concretizzazioni. Parlare di “una” Europa sembra irreale; ci sono ‘varie modalità’ di essere Europa: tra l’Europa occidentale, quella centrale, e quella orientale c’è notevole differenza, sia nella sensibilità religiosa, sia nella condizione giovanile, sia nella situazione dei salesiani.
Il Progetto nasce strettamente legato alla preoccupazione che il carisma salesiano venga a mancare in Europa, anzi talvolta sembra che questa sia la sua origine. C’è bisogno di un modello propositivo - si pensi alla lettera postsinodale “Ecclesia in Europa” - che determini le mete e la metodologia del Progetto, fissi i tempi e le verifiche, identifichi compiti e responsabilità, a riguardo dei giovani, dei confratelli, dei collaboratori laici, per offrire un contributo autenticamente salesiano in Europa e dall’Europa.
Il PE non dovrebbe ridursi ad un ridimensionamento delle opere esistenti, né all’accoglienza di confratelli missionari da altri continenti. Senza scartare la possibilità di confratelli che scelgano l’Europa come terra di missione ad gentes, il PE riguarda in primo luogo la “rivitalizzazione” endogena dei confratelli europei. Non deve mancare l’apprezzamento positivo di quanto già è stato fatto da tanti confratelli per l’incarnazione del carisma salesiano in Europa e la sua inculturazione altrove.
Il Progetto dovrebbe anche sottolineare la presenza e il ruolo che i laici sono chiamati a svolgere nella realizzazione del carisma salesiano in Europa, una presenza ed un ruolo che oggi sono divenuti più estesi e visibili che non la presenza e il ruolo degli SDB. Siamo però convinti che per assicurare il presente e il futuro al carisma di Don Bosco c’è sempre bisogno di un gruppo di salesiani consacrati.
1.3 Suggerimenti
Il PE deve essere sviluppato con equilibrio e proporzione, in modo che sia realistico e realizzabile. Lo sviluppo storico delle diverse Ispettorie e le esperienze avute e collaudate in esse, soprattutto in riferimento alle comunità multiculturali, vengano tenute in conto.
Il PE, prima di centrarsi sulla ricerca e sull’invio di personale, dovrebbe proporre criteri di attuazione per un risveglio carismatico, validi per tutta l’Europa, che guidino la creazione di progetti specifici dove siano garantite l’identità salesiana, la visibilità sociale, l’efficacia educativa ed evangelizzatrice, la promozione di una cultura vocazionale.
Elemento strategico è il rafforzamento carismatico della persona del salesiano in Europa. Tanti ancora non vedono l’urgenza del PE, non riescono a capirlo o non sentono di avere forza per sostenerlo. Ci vorrà quindi un cambio di mentalità nei confratelli dell’Europa, perché si aprano alla diversità ed imparino ad assumerla con gioia in comunità.
Si devono poi appoggiare le iniziative già attuate in Europa (cfr. CG26, 102), ricollegandosi a quello che si fa a livello interispettoriale e mondiale.
Aspetto pure importante è la disponibilità e l’invio di nuovi confratelli. Tale invio non deve assolutamente essere finalizzato alla salvaguardia dell’esistente, ma alla elaborazione ed alla gestione di nuove attività e iniziative più corrispondenti alle problematiche odierne e più significative da punto di vista carismatico. L’esigenza non è solo quella di un consolidamento numerico, ma riguarda anche un nuovo “modo di fare”.
Compito prioritario dei confratelli destinati alle Ispettorie europee è l’inculturazione. Come in ogni attività missionaria, fondamentale risulta essere la conoscenza delle condizioni, delle problematiche, delle mentalità, delle lingue. Ci vorrà molto lavoro preparatorio per accogliere i confratelli che saranno inviati e per aiutarli ad identificarsi con il PE.
Siamo in un tempo in cui occorre “riformare” la vita consacrata, soprattutto in Europa; il CG26 è stato per noi un forte richiamo in tal senso. La grande scommessa è quella di favorire la formazione di comunità capaci di riforma: saper individuare dove ci sono i germi di rinnovamento e favorirli; trovare nelle Ispettorie delle comunità che abbiano voglia davvero di rinnovarsi, che abbiano un progetto di vita riguardante la preghiera, la fraternità, la passione per la vita dei giovani; costituire “comunità profetiche”. è un lavoro che richiede molto impegno e tempi lunghi. A questo fine il Progetto Europa è provvidenziale.
2. Compiti per dare vitalità a testimonianza e missione in Europa
L’Europa di oggi, plurireligiosa, multiculturale, multietnica, postcristiana, non è più l’Europa dove siamo nati come salesiani e dove abbiamo lavorato per 150 anni. La presenza salesiana in Europa è cambiata. Il processo di ‘secolarizzazione’ all’interno delle comunità, l’inarrestabile invecchiamento dei confratelli, la scarsità di nuove vocazioni, la pesantezza e la complessità di tante strutture educative ed una certa stanchezza nell’apostolato hanno affievolito il dinamismo missionario e la robustezza carismatica che la caratterizzava.
In quest’ora il PE deve incamminarsi sulla strada tracciata dagli ultimi Capitoli Generali, soprattutto il 25 e il 26, e rendere operative le sue opzioni. Lo diceva il Santo Padre ai Capitolari: « Anche oggi il movimento salesiano può crescere in fedeltà carismatica solo se al suo interno continua a permanere un nucleo forte e vitale di persone consacrate » (CG26, p. 123). In concreto, ciò comporta alcune scelte.
2.1 Convertire la santità in programma personale di vita
Senza trasformazione personale non si trasforma l’Europa, dove il secolarismo ha un forte impatto distruttivo nei confronti dell’identità religiosa, svuota di rilevanza socio-culturale la fede e mina dall’interno l’efficacia della testimonianza evangelica. Ridare a Dio la priorità nella vita quotidiana di ciascun confratello e fare della santità salesiana il progetto personale di vita deve diventare impegno strategico per tutti. Senza rafforzare la propria identità non si diventa significativi; è indispensabile la nostra testimonianza di austerità e di allegria, il che implica anche delle scelte “controcorrente”.
2.2 Verificare l’efficacia evangelizzatrice dell’opera
È importante che le comunità salesiane locali avviino un processo di verifica della propria opera, con speciale attenzione alla sua efficacia evangelizzatrice e alla sua capacità di vivere e testimoniare la fraternità apostolica. Punto di partenza e criterio di verifica sono i bisogni concreti dei giovani, bisogni che tante volte rimangono non espressi o a loro sconosciuti e che noi dobbiamo discernere e formulare. Un più autentico radicamento in Dio della nostra vita salesiana genererà uno spirito apostolico e fraterno nelle nostre comunità e nelle comunità educative pastorali; da queste comunità salesiane rinnovate sorgerà una lettura teologica dei bisogni dei giovani e la conseguente missione tra di loro.
2.3 Ridefinire la presenza in ogni singola ispettoria
L’Europa si presenta culturalmente ben attrezzata, ma è sempre più convinta della necessità di un relativismo religioso; nell’evangelizzazione perciò oggi le motivazioni culturali della fede devono essere esplicite ed espresse, se vogliono sopravvivere. La carta vincente è di mostrare nei fatti il carisma salesiano all’opera, privilegiando le situazioni in cui esso è ben visibile e realmente fecondo.
Ogni Ispettoria dovrà definire il proprio Progetto organico ispettoriale in corrispondenza con gli orientamenti del PE e riesaminare la propria proposta educativo-pastorale. Due sono i criteri di cui tenere conto: innanzitutto risulta necessario porre una speciale attenzione ai luoghi e agli ambiti in cui si genera e si trasmette cultura, le scuole in primo luogo; inoltre si debbono mantenere e rafforzare le presenze che favoriscono l’accompagnamento personale e la fioritura vocazionale.
In concreto occorre
* lasciare strutture ed opere che manchino di identità salesiana, che siano diventate un ostacolo o risultino ormai inefficaci per una reale evangelizzazione dei giovani;
* creare qualche presenza nuova capace di attirare i giovani e rispondere alle loro urgenze, e di dare speranza ai salesiani più sensibili.
2.4 Collaborare interispettorialmente
Nostro compito specifico è di pensare ad una nuova educazione, ad una nuova forma di vicinanza ai giovani; ciò richiederà nuove strutture. Occorre però tener presente che non siamo gli unici ad affrontare tale problematica, ma ci sono tanti altri che si impegnano a farlo, e per questo serve unire le forze e aprirsi alla collaborazione.
Si rende inderogabile avviare un processo di comunicazione ed interscambio di esperienze tra le singole Ispettorie e nelle Regioni di Europa per favorire la conoscenza tra Ispettorie, in specie quelle limitrofe, e incoraggiare una reale cooperazione, avendo come obiettivo prioritario l’attenzione ai destinatari primari della nostra missione: i giovani svantaggiati, immigrati, soggetti a rischio sociale, ecc. Si dia pure rilievo alla prospettiva di progetti integrati a livello europeo nel campo della scuola e della formazione professionale. In questo processo di mutua conoscenza tra le Ispettorie siano presenti i giovani.
In Europa le comunità interispettoriali sono già una realtà. C’è bisogno di riflessione e qualificazione per poter sfruttare al meglio la ricchezza e le possibilità del fatto della multiculturalità per la vita comune e per la missione. L’ampliamento di comunità internazionali va sostenuto e l’apprendimento interculturale è una urgenza.
Il PE impone, come obiettivo strategico, di investire con decisione in una formazione ‘europea’ dei SDB, fomentando centri propri, appoggiando quelli già esistenti e favorendo una mentalizzazione continentale nella mediazione del carisma e la riflessione pastorale e teologica. La formazione culturale e pastorale del personale che sarà impegnato in questa missione dell’Europa è diventata una sfida e un’urgenza decisiva.
Sarà perciò opportuno:
* programmare attività formative per confratelli e collaboratori nel campo dell’evangelizzazione e della comunicazione sociale che favoriscano la crescita di una coscienza europea e la responsabilità per i giovani in Europa;
* pianificare incontri giovanili internazionali, per favorire la conoscenza e una reciproca comprensione ed offrire un preciso cammino di forte spiritualità;
* fare conoscere e favorire le strutture salesiane operanti in Europa, come per esempio il “Don Bosco International”.
3. Priorità strategiche
Il PE deve essere una mirata applicazione del CG26 all’attuale Europa, come viene vista negli ultimi autorevoli interventi della Chiesa: Sinodi, discorsi di Benedetto XVI, ecc.
Ogni Ispettoria possiede energie, presenze significative, confratelli che vivono con dedizione la loro vocazione e sono fedeli alla missione salesiana. Si dovrebbe puntare in primo luogo su di loro. Prima di decidere misure di carattere sovraispettoriale, si deve affrontare la situazione giovanile nelle Ispettorie, senza tuttavia voler necessariamente dar risposta a tutti i problemi. Il criterio prioritario dei nostri interventi è lo stare con i giovani, dove sono e così come sono, lasciandoci coinvolgere anche affettivamente da essi. Da ciò dipende il risveglio vocazionale e l’efficacia dell’evangelizzazione.
3.1 Vita comunitaria
Prima ‘missione’ salesiana in Europa è la presenza e la vita di comunità consacrate a Dio e appassionate della salvezza dei giovani. Le presenze vanno dunque scelte, ridimensionate, ricostituite o create, secondo questo orientamento strategico: solo comunità di chiara e seria vita spirituale e attraente vita salesiana al servizio dei giovani hanno futuro.
Per vivere da consacrati in Europa sembra opportuno avviare un cambiamento della mentalità dei salesiani perché prendano coscienza del bisogno di dare testimonianza di una trasparente e vera identità carismatica, di conoscere e essere capaci di dialogare con le differenti culture e di avvicinare i giovani con simpatia.
3.2 Formazione iniziale
Per ricostruire l’Europa salesiana bisogna partire dai giovani confratelli e puntare decisamente, e in modo strategico, sulla loro formazione verso un’identità forte ed evangelizzata. I giovani confratelli siano quindi formati ad una visione europea, con una scelta ponderata dei centri di formazione, che favoriscano scambi di studio all’estero ed altre esperienze formative, sia culturali che pastorali: campi estivi, esperienze di apostolato più prolungato nel tempo, studio delle lingue, ecc. A livello della missione le priorità devono andare verso progetti di evangelizzazione gestiti insieme con laici, nel quadro di presenze vive e non già nel quadro di strutture fisse.
3.3 Nuove presenze e presenze nuove
Riproporre il carisma salesiano in Europa richiede di avvicinare la gioventù orientando le nostre presenze all’evangelizzazione, collocandole tra i più poveri (emarginati, immigrati, zingari, ecc.) e curando una vera cultura vocazionale. Un’attenzione pastorale che si limiti solo al sociale, oltre che essere irrilevante in Europa, rischierebbe di assorbire personale in continuazione e senza alcuna possibilità di futuro.
Si ritiene che tra i settori da privilegiare vi siano la formazione professionale, formale o meno, e l’oratorio - centro giovanile. Il primo dice un tipo di attenzione verso i ragazzi più bisognosi; il secondo resta uno specifico carismatico e nello stesso tempo dice un’attenzione gratuita ai giovani. Ambedue possono prestare un significativo apporto al problema dell’immigrazione giovanile e alla difesa dei diritti dei più deboli.
Importante è pure la presenza attiva dei salesiani nei movimenti e associazioni non governative, operanti o meno sotto i nostri auspici.
3.4 Formazione dei laici
Il PE ci stimola pure a riflettere sul carisma salesiano, rileggendolo in chiave laicale. Nei paesi secolarizzati l’inserimento nella missione salesiana dei laici e di famiglie cristiane risulta strategico per il rinnovamento della fede e della cultura. Se è auspicabile accogliere missionari dall’estero, non bisogna dimenticare che in Europa ci sono dei laici preparati e impegnati, la cui presenza va potenziata: si sente ormai la forte necessità di costituire “nuclei animatori laicali” di opere gestite esclusivamente da laici.
3.5 Sinergia apostolica
Il PE, oltre a potenziare le strutture e iniziative salesiane europee esistenti, dovrà favorire il lavoro in rete con altre istituzioni dove si decidono le politiche educative e si disegnano interventi che toccano la gioventù. Inoltre potrà contemplare collaborazioni in campi specifici tra le Congregazioni e Ordini religiosi in Europa, in particolare per quanto riguarda la formazione e l’interazione in esperienze di nuova evangelizzazione.
4. Forme di collaborazione a livello europeo e mondiale
Perché ci sia un PE, è necessario un progetto previo, ispettoriale, nazionale e regionale, aperto realmente all’Europa attuale. Anche se si elaborerà un PE unico, la realtà europea non è omogenea; le situazioni nei diversi paesi sono talmente diverse, dal punto di vista storico, sociale, religioso e culturale, che la necessaria collaborazione si deve realizzare mediante iniziative diversificate, a misura delle possibilità.
L’inserimento nella Chiesa locale farà sì che ci possa essere una collaborazione in sinergia con tante altre realtà ecclesiali, specie quelle che sono in crescita, non per dover fare come loro, ma per imparare la novità dell’impegno.
Il PE dovrà pure contemplare una cooperazione aperta ad organizzazioni sociali e a partner extra-ecclesiastici, nel caso ciò agisca da stimolo per i giovani. Si deve pure tener presente che per tutte le forme di collaborazione e di scambio a livello europeo il problema linguistico rimane un serio ostacolo, se non viene favorito lo studio delle lingue.
4.1 A livello europeo
Le diverse iniziative e reti di collaborazione europea, già esistenti, non sono sempre conosciute adeguatamente, né vengono ancora sfruttate con sufficiente efficacia; possono e debbono venir rafforzate le visite d’insieme, le iniziative internazionali a livello della formazione (case di formazione iniziale, centri di formazione permanente, il tirocinio di giovani confratelli in altre Ispettorie) e di pastorale giovanile (MGS, PGS, Youth Net, Eurizon, Confronto), la collaborazione nel mondo della scuola e nella formazione professionale (scambi tra gli allievi, …), il “Don Bosco International”. È necessario sostenerle e renderle strumenti efficaci ed ordinari del PE.
L’ubicazione in Italia dei luoghi salesiani, che sono centri di spiritualità per confratelli e giovani, offre delle opportunità non ancora sufficientemente sfruttate per il rinnovamento spirituale e per un’effettiva collaborazione internazionale, in modo da diventare un’esperienza di conoscenza reciproca e di forte condivisione tra confratelli di paesi diversi. Bisognerà, tra l’altro, inviare personale europeo per l’animazione di tali luoghi.
È auspicabile pure l’incremento della cooperazione nel campo della comunicazione sociale (stampa, internet, radio e TV) e lo scambio di esperienze riuscite con la Famiglia Salesiana, specialmente con i membri che lavorano nelle istituzioni europee.
Ci si domanda se non sarebbe di aiuto la creazione di un centro ‘europeo’ per la formazione salesiana comune di confratelli e laici.
4.2 A livello mondiale
Per facilitare la crescita di una mentalità europea tra i confratelli, soprattutto i più giovani, si pensi ad uno scambio programmato di personale, specie per la realizzazione di progetti, laboratori, anche limitati nel tempo.
Si pensi a creare nuove comunità, nell’ambito delle nuove frontiere, con personale proveniente da varie nazioni: case famiglia, comunità di recupero, esperienze di lavoro con giovani immigrati, residenze per universitari, rete di ostelli per la gioventù nelle strutture salesiane, ecc…, che dovrebbero essere monitorate e collegate in rete.
I giovani immigrati sono ormai una realtà in tutta l’Europa: la scelta di tali giovani come campo di missione, come risorsa per l’evangelizzazione dei giovani più agiati e come via per l’integrazione sociale delle persone di diverse provenienze culturali in Europa, diventa prioritaria. Per attuare ciò la presenza di salesiani di altre nazioni per l’assistenza, l’educazione e la pastorale è una risorsa imprescindibile.
Per il tema specifico degli immigrati presenti in Europa e provenienti dai paesi arabi, si può creare una specie di “osservatorio permanente”, che possa tenere sotto osservazione la problematica, offrire riflessioni adeguate e suggerire proposte ed iniziative.
Si ritiene importante favorire gli incontri giovanili internazionali (Confronto, Eurizon, Campobosco), anche se sembra che la formula in uso non sia più sufficiente e convenga passare a raduni di gruppi omogenei (Volontariato, Ministranti, Animatori di centri giovanili, Gruppi di preghiera, Giovani catechisti, ecc.). Tra i giovani animatori del MGS si favoriscano esperienze di servizio civile internazionale. Là dove consentito, si offrano progetti sociali e pastorali per volontari provenienti da varie nazioni europee.
5. Responsabili, coordinamento e verifica delle iniziative
5.1 Responsabili
* Essendo il PE un progetto di Congregazione, l’ispirazione di fondo, le decisioni strategiche e il monitoraggio ultimo sono responsabilità del Rettor Maggiore, che intende costituire una Commissione, diretta da un suo Delegato personale, che coordina i tre Consiglieri per la missione salesiana, i tre Consiglieri Regionali dell’Europa e tre Ispettori di Europa, nominati dal Rettor Maggiore.
* Scopo di questa Commissione sarà di disegnare un piano realista che delinei la situazione europea con le urgenze e le priorità, le presenze da creare, la fattibilità, il personale, il finanziamento, gli interventi possibili, i responsabili e i tempi. Offrirà tutto questo alle Regioni e alle Ispettorie, più come criteri e orientamenti da concretizzare che come direttive da seguire.
* Sulle singole Ispettorie ricade una grande responsabilità per la realizzazione del PE: esse sono le destinatarie e le beneficiarie principali. A questo livello, la responsabilità compete agli Ispettori con i loro Consigli. Sarebbe augurabile che gli altri membri della FS, specialmente le FMA e i Salesiani Cooperatori, vengano coinvolti nel Progetto in modo significativo.
* Si favoriscano di più le partnership internazionali, cioè la collaborazione con amministrazioni politiche, organizzazioni sociali ed aziende, ecc., nelle quali poter esprimere in modo conscio il nostro stile pedagogico e le nostre opzioni educative. Ciò implica il superamento della mentalità di fare da soli e di avere un’organizzazione salesiana per ogni cosa.
5.2 Coordinamento e verifica
* Un gruppo di lavoro, possibilmente il DBI, i cui componenti principali sono le singole Ispettorie di Europa, potrebbe funzionare come segreteria tecnica per coordinare lo scambio e le attività nei singoli campi della missione salesiana, in stretto contatto e sotto la responsabilità del Delegato del Rettor Maggiore e in accordo con le Ispettorie in Europa.
* Gli Ispettori di tutta l’Europa, in un incontro annuale, potrebbero monitorare lo sviluppo del PE e il coordinamento di idee, progetti, strategie, e le realizzazioni concrete da affidare alle singole Ispettorie interessate. Ad un certo punto anche le Ispettorie che mandano confratelli potranno essere coinvolte nella concertazione.
* Le “Visite d’insieme” sono il momento opportuno per una prima verifica del PE e per nuovi input. Una rapida verifica intermedia può essere fatta dal Regionale durante la sua Visita; così diventerà elemento di animazione dentro l’Ispettoria. La verifica definitiva, fatta alla fine del sessennio dal Rettor Maggiore e il suo Consiglio, sarà presentata al CG27.
Ripensare la presenza salesiana in Europa mira a ridisegnarla “con maggiore incisività ed efficacia”. Si tratta di « cercare una nuova proposta di evangelizzazione per rispondere ai bisogni spirituali e morali di questi giovani, che ci appaiono un po’ pellegrini senza guide e senza meta ».[8]
Tale proposta evangelizzatrice presuppone innanzitutto - e ne sarà la logica verifica - una sincera e profonda conversione personale dei confratelli che dovrà venir accompagnata da una non meno coraggiosa ed articolata trasformazione della presenza salesiana. Il CG26 ci domanda proprio questo, affermando che « per affrontare le esigenze della chiamata e le sfide provenienti dalla situazione e per realizzare le linee di azione conseguenti, è necessario convertire mentalità e modificare strutture ».[9] I due obiettivi, della conversione personale e della trasformazione della presenza salesiana, dovranno essere realizzati al contempo, ma in questo ordine.
1. Verso una rivitalizzazione ‘endogena’ della presenza salesiana
Recuperare carismaticamente il salesiano in Europa è l’obiettivo strategico prioritario, in coerenza con il CG26, che ci chiede di ravvivare il cuore di ogni confratello con la passione apostolica. Ci sono confratelli che ancora non vedono l’urgenza di un PE o che non si sentono più in forza per sostenerlo. “Rilanciare il carisma salesiano in Europa”, che è la vera ragione d’essere del PE, sarà possibile solo se si riuscirà a recuperare il salesiano per una vita spirituale più personalizzata e, quindi, per una presenza apostolica più coraggiosa tra i giovani poveri e a rischio.
Occorrerà vivere in comunità che aiutino a « proporre ai giovani il fascino della vita consacrata, la radicalità di Cristo obbediente, povero e casto, il primato di Dio e dello Spirito, la vita fraterna in comunità, lo spendersi totalmente per la missione ».[10] L’assunzione integra e cordiale e l’adempimento generoso delle linee di azione del CG26 sono il cammino ovvio ed unico. Tre sono le opzioni strategiche che dovranno guidare questo processo nel dare vita e vitalità alla presenza salesiana.
1.1 Fare dell’incontro con i giovani il programma personale e comunitario di vita
Il PE deve prevedere ed organizzare iniziative, non solo di tipo spirituale, che puntino a ridare speranza ai meno convinti ed a fortificare l’impegno apostolico dei più dedicati, ma anche per stimolare un reale ritorno dei salesiani tra i giovani. Senza la presenza fisica del salesiano tra i giovani non si rilancia il carisma salesiano.
1.2 Scommettere per una formazione europea dei giovani confratelli
La diminuzione del numero di salesiani in formazione iniziale e la necessità di costruire nuove e competenti équipes formative hanno portato al ricollocamento e riunificazione delle case di formazione in Europa. Sarebbe auspicabile approfondire questo processo, non tanto per rispondere a urgenze del momento, ma spinti da ragioni di futuro: il rilancio del carisma in Europa avrà più possibilità di buona riuscita se le giovani generazioni salesiane si formano insieme e insieme si familiarizzano con lo spirito europeo.
1.3 Impegnarsi per diffondere il carisma salesiano tra i laici e collaboratori
L’Europa salesiana deve puntare, in primo luogo, a lavorare di più e meglio con le proprie risorse. I gruppi della Famiglia Salesiana e i laici che collaborano con noi, identificati con il carisma salesiano e sostenuti da vera dedizione apostolica, sono divenuti ormai volto visibile della presenza salesiana in Europa. Anche se siamo convinti che per assicurare il presente e il futuro alla missione salesiana in Europa è indispensabile un nucleo di salesiani consacrati, la sinergia che la Famiglia Salesiana e i collaboratori laici ci offrono non può essere sottovalutata e non venire valorizzata.
2. Verso la ricollocazione e il ridimensionamento delle presenze salesiane
Oltre a rinnovare profondamente le attuali presenze in modo da poter offrire proposte di “promozione umana ed educazione alla fede” adeguate alla situazione dei giovani, il risveglio carismatico in Europa non sembra possibile senza « prendere con coraggio, dove è necessario, la decisione di ricollocare e ridimensionare le opere perché siano a servizio dei giovani poveri e dei ceti popolari ».[11]
Questo ridisegno dovrà seguire orientamenti comuni e criteri omogenei che, permettendo l’adattamento alla peculiarità nazionale o ispettoriale, promuovano il rinnovamento e la creazione di opere dove siano garantite l’identità salesiana, la visibilità sociale, l’efficacia educativa ed evangelizzatrice, e la promozione di una cultura vocazionale. Tre opzioni strategiche sono da tenere in conto al riguardo.
2.1 Optare risolutamente per una crescita in qualità carismatica e visibilità sociale
Anche se la presenza di confratelli missionari sembra indispensabile per la continuità di presenze salesiane in alcuni luoghi dell’Europa, la scelta prioritaria sarà di ridurre le presenze che non assicurano alla comunità salesiana una forte vita consacrata, non consentono una efficace evangelizzazione, non fanno sperare fecondità vocazionale. Ciò impegna le comunità, locali e ispettoriali, ad avviare un valido processo di discernimento ed, inevitabilmente, ad arrivare ad ardite decisioni.
2.2 Scommettere decisamente sulla scuola e specialmente sulla formazione professionale
In Europa oggi c’è in atto una situazione di grave emergenza, non solo educativa, come dice il Papa Benedetto XVI, ma pure culturale. Come SDB abbiamo nella Chiesa una vocazione specifica per l’educazione e la corresponsabilità dell’evangelizzazione, in modo particolare tra i giovani; dobbiamo essere presenti, dunque, là dove si fa cultura e si offre educazione. è arrivato per noi il tempo opportuno di « rivolgere un’attenzione crescente all’educazione dei giovani alla fede»:[12] la scuola, e con preferenza la formazione professionale, sono il luogo privilegiato per l’educazione dei giovani europei.
2.3 Riorganizzare prontamente la mappa della presenza salesiana in Europa
L’invecchiamento inarrestabile dei confratelli, la scarsità di nuove vocazioni e la crescente complessità nella gestione delle opere ci hanno condotto ad incrementare la collaborazione dei laici fino a consegnare loro, a volte, l’ultima responsabilità educativa. Ed il processo non è ancora finito.
Per favorire una ripresa carismatica sembra necessario ridisegnare la mappa delle nostre presenze in Europa: oltre che abbandonare opere non più significative per la nostra missione, bisogna continuare senza indugio il processo già iniziato « di accorpamento e di nuova configurazione delle Ispettorie all’interno delle tre Regioni d’Europa ».[13]
3. Europa, terra di missione
Con il PE, last not least, « si tratta di ringiovanire con del personale salesiano le Ispettorie più bisognose per rendere più significativo e fecondo il carisma salesiano nell’Europa d’oggi […] Questo progetto esigerà ovviamente un cambiamento strutturale nelle comunità del Vecchio Continente… Non [è] quindi un’opera di semplice “mantenimento di strutture”, ma un progetto nuovo per esprimere una presenza nuova, accanto ai giovani d’oggi. Ci muoviamo con il cuore di Don Bosco, ricchi della passione per Dio e per i giovani, per collaborare alla costruzione sociale di una Nuova Europa, perché abbia veramente ‘un’anima’, perché ritrovi le sue robuste radici spirituali e culturali, perché a livello sociale dia spazio e pari opportunità a proposte di educazione e cultura, senza discriminazioni o scelte di esclusione sociale ».[14]
Benché in Congregazione abbiamo una più che centenaria esperienza missionaria, il PE è in realtà un progetto inedito. Più che uno splendido programma missionario, come può essere stato il “Progetto Africa”, il PE è una proposta spirituale senza pari; non si tratta di evangelizzazione ad gentes, come ad esempio in Asia o in Africa, né di consolidamento di un’evangelizzazione ormai compiuta, come ad esempio in America Latina; in Europa è in gioco il recupero spirituale e culturale di un continente oramai non-cristiano o post-cristiano. Da ciò conseguono le seguenti scelte.
3.1 Inviati al servizio della spiritualità salesiana
Se la finalità del PE è “rilanciare il carisma”, si dovrà prendere sul serio la natura fondamentalmente spirituale e carismatica dell’impresa, il che ha delle conseguenze ovvie nella scelta del personale da inviare e nella sua preparazione previa. I missionari non vengono in Europa per mantenere opere, per benemerite ed apprezzate che siano, ma per « rafforzare la proposta cristiana, la presenza della Chiesa e il carisma di Don Bosco in questo continente ».[15]
3.2 Provvisti di una robusta formazione
Se il rinforzamento carismatico dovrà essere cercato all’interno di una società come quella europea, colta e profondamente secolarizzata, che sta generando un’apostasia silenziosa dalla fede e un invadente relativismo culturale, l’idoneità dei candidati va esaminata previamente con cura e favorita con una consistente formazione culturale e spirituale. È importante anche individuare le comunità formatrici ed i centri di studio opportuni per garantire soprattutto la salesianità.
3.3 Accolti da comunità aperte e comprensive
Se la presenza di confratelli venuti da altre Regioni convertirà le comunità che li accoglieranno in comunità multiculturali - il che può contribuire a fare di esse uno strumento efficace di evangelizzazione - non è meno certo che esse dovranno percorrere un cammino interiore di conversione per ricevere l’altro come fratello nella vita comune e stretto collaboratore nella missione. Il rilancio del carisma si farà possibile se le comunità riceventi hanno nuove presenze tra i giovani da offrire e si impegnano a vivere in pienezza la fraternità apostolica. La comunione nella diversità è già via efficace di evangelizzazione.
Concludo consegnandovi questo documento e indicandovi il da fare. La prima parte, che raccoglie in forma organica e positiva la riflessione fatta da voi stessi nelle vostre Ispettorie, non è da discutere ma da studiare. La seconda parte invece è quanto vi propongo per il lavoro di queste giornate; essa costituisce il nostro “strumento di lavoro”.
Le domande su ciascuno dei tre punti da me proposti nella seconda parte, alle quali rispondere nei diversi gruppi, sono le seguenti:
Anche se si deve tenere presente che per decisione del CG26 il PE è un progetto della Congregazione, tuttavia la prima e principale responsabilità spetta alle Ispettorie di Europa. Ridurre questo Progetto ad un invio di missionari sarebbe perdere l’opportunità di risvegliare i confratelli in Europa e di chiamarli ad una conversione di vita. In ciò si radica l’opportunità della rinascita. Forse vale la pena di insistere sul fatto che in Europa ci giochiamo la capacità di evangelizzare nell’ambito della educazione, specialmente nella scuola, che è un campo privilegiato, da rafforzare, per creare cultura per la gioventù.
Il frutto della riflessione di questi giorni si convertirà in tema di studio nel Consiglio generale per poi affidarlo alla Commissione per il Progetto Europa, costituita dai 3 Consiglieri per la Missione, dai 3 Consiglieri Regionali d’Europa e da 3 Ispettori.
Don Pascual Chávez Villanueva
Roma “Salesianum”, 28 novembre 2008
[2] CG26, p. 147.
[3] CG26, 99.
[4] CG26, 111.
[5] CG26, 108.
[6] Cfr. CG26, pp. 120-121.
[7] Cfr. CG26, pp. 147-148.
[8] CG26, p. 147.
[9] CG26, 104.
[10] Benedetto XVI, CG26, p 92.
[11] CG26, 107.
[12] Ecclesia in Europa 61.
[14] CG26, p. 147.148
[15] Benedetto XVI, CG26, p. 92.