Angelo Card. Amato, SDB
La III Assemblea Generale Straordinaria del Sinodo dei Vescovi ha avuto come tema: Le sfide pastorali sulla famiglia nel contesto dell’evangelizzazione. Vi hanno partecipato vescovi da tutto il mondo e delegati fraterni ortodossi e protestanti. Questa prima parte è durata due settimane, dal 5 al 19 ottobre 2014. Sarà conclusa da una seconda parte nell’ottobre 2015 e durerà tre settimane. Papa Francesco è stato sempre presente alle discussioni delle assemblee generali.
Il 19 ottobre, a conclusione delle discussioni sinodali, c’è stata la beatificazione di Papa Paolo VI, il papa dell’Humanae Vitae (25 luglio 1968), documento contestatissimo a suo tempo, ma ora ritenuto a ragione la risposta profetica della Chiesa al tema della trasmissione della vita.
I lavori sinodali sono stati introdutto dalla Relatio ante disceptationem (6 ottobre 2014) del Cardinale Peter Erdö, arcivescovo di Budapest. Per lui «La famiglia di oggi è non solo oggetto di evangelizzazione, ma anche soggetto primario nell’annuncio della buona novella di Cristo nel mondo. Perciò è necessaria l’incessante comprensione e attualizzazione del Vangelo della famiglia che lo Spirito suggerisce alla Chiesa».
Affermava quindi l’urgenza del Vangelo della famiglia nel constesto dell’evangelizzazione. Di fronte alle numerose difficoltà e ostacoli culturali che assalgono la famiglia, soprattutto in occidente, la Chiesa deve riproporre «il Vangelo della famiglia, che è prima di tutto buona novella di una grazia donata dallo Spirito nel sacramento del matrimonio, da accogliere e celebrare con gioia e gratitudine, a livello sia personale che comunitario».
È urgente quindi una rievangelizzazione del sacramento del matrimonio. La pastorale familiare non può disattendere la conoscenza della parola di Gesù sul matrimonio e la famiglia. Infatti, solo alla luce del Vangelo e solo confidando nella effettiva grazia donata dal sacramento, la fragilità umana trova le motivazioni forti per mantenere la fedeltà coniugale, l’unicità e indissolubilità del vincolo, la perseveranza, l’accoglienza della vita. Solo alla luce del Vangelo possono trovare risposte adeguate le sfide della separazione, del divorzio, dell’aborto, dell’omosessualità, delle teorie e pratiche anticoncezionali ecc.
La chiesa è la casa di tutti e, proponendo la verità, la accompagna con il balsamo della misericordia e del perdono, donando il conforto della sua parola e del suo sostegno, soprattutto a coloro che si trovano in situazione oggettivamente difficili, come i divorziati risposati e gli omosessuali.
A proposito della cura pastorale dei divorziati risposati nella Relatio si dice:
« I divorziati risposati civilmente appartengono alla Chiesa. Hanno bisogno e hanno il diritto di essere accompagnati dai loro pastori (cf Sacramentum caritatis n. 28). Essi sono invitati ad ascoltare la parola di Dio, a partecipare alla liturgia della Chiesa, alla preghiera e a compiere le opere buone della carità. La pastorale della Chiesa deve prendersi cura di loro in un modo tutto particolare, tenendo presente la situazione di ciascuno. Da qui la necessità di avere almeno in ogni chiesa particolare un sacerdote, debitamente preparato, che possa previamente e gratuitamente consigliare le parti sulla validità del loro matrimonio. Infatti, molti sposi non sono coscienti dei criteri di validità del matrimonio e tanto meno della possibilità dell’invalidità. Dopo il divorzio, questa verifica deve essere portata avanti, in un contesto di dialogo pastorale sulle cause del fallimento del matrimonio precedente, individuando eventuali capi di nullità. Allo stesso tempo, evitando ogni apparenza di un semplice espletamento burocratico ovvero di interessi economici. Se tutto questo si svolgerà nella serietà e nella ricerca della verità, la dichiarazione di nullità produrrà una liberazione delle coscienze delle partiۚ».
Nel dibattito, i Padri si sono espressi con grande libertà e chiarezza, soprattutto a proposito delle questioni più spinose. È prevalso il riferimento fondante al Vangelo, alla parola di Gesù, alla tradizione della Chiesa. Si è affermato più volte che la cultura contemporanea disgregatrice della famiglia sta sferrando un attacco frontale alla Chiesa per farla capitolare e farla appiattire sulle decisioni legislative e politiche dei governi.
Da parte mia ho insistito sulla relazione esistente e realmente vissuta tra l’ideale della santità e la famiglia cristiana.
1. Ho richiamato anzitutto l’ispirazione conciliare del capitolo V della Lumen gentium, che afferma che tutti nella Chiesa sono chiamati alla santità. E tale vocazione, ovviamente, riguarda anche la famiglia, genitori e figli. Come riportava l'Instrumentum Laboris: «I coniugi, nel loro mutuo amore, ricevono il dono dello Spirito di Cristo e vivono la loro chiamata alla santità» (n. 5). L'ideale della santità evangelica non è quindi riservata ai sacerdoti e consacrati, ma a tutti i battezzati. Il sacramento del matrimonio fornisce ai coniugi quella speciale grazia sacramentale che quotidianamente li rafforza nella reciproca fedeltà per tutta la loro vita.
La santità coniugale non è più difficile di quella dei sacerdoti e dei consacrati, né è, però, un’utopia irrealizzabile. Nella Chiesa vivono numerosissime famiglie cristiane buone e sante. Sono molte, ad esempio, presso la Congregazione delle Cause dei Santi, le cause di beatificazione e canonizzazione di coppie di sposi.
2. Ho fatto poi qualche esempio: dalla Francia abbiamo la causa dei Beati Maria Zelia Guérin Martin e Ludovico Martin, con un miracolo che prepara la canonizzazione imminente. In Italia abbiamo la causa della Beata Maria Corsini e dello sposo Beato Luigi Beltrame Quattrocchi. Altre cause riguardanti coppie di sposi provengono ancora dall'Italia (quattro), dalla Spagna (due), dal Venezuela (uno), dal Messico (uno), da Malta (uno).
Abbiamo poi 56 cause che riguardano padri di famiglia. Ci sono due Beati entrambi spagnoli (Candido Castán San José) e dall'Austria (Ladislao Batthyany-Strattmann); tre Venerabili: Attilio Giordani (Italia), Giorgio Ciesielski (Polonia), Alberto Capellan Zuazo (Spagna). Cause riguardanti padri di famiglia provengono anche dall'Africa, con 5 Servi di Dio di Tanzania, Madagascar, Burkina Faso, Egitto, Sud Africa (commovente la vicenda del laico e padre di famiglia sudafricano, Benedict Daswa, ucciso in odio alla fede per la sua lotta alla stregoneria); dall'America, con 12 Servi di Dio provenienti dall'Argentina (quattro), dal Messico (tre), dal Brasile (due), dal Guatemala (uno), dall'Ecuardor (uno), dal Venezuela (uno); dall'Asia con la causa di Paolo Xu Guangqui (Cina) e Tommaso Puthenparampil (India); dall'Europa con 30 cause riguardanti padri di famiglia che sono già Servi di Dio: 9 dalla Spagna; 15 dall'Italia; due dalla Francia, e uno dall'Ungheria, Germania, Malta e Svizzera.
3. Numerosissime sono poi la cause riguardanti le madri di famiglia. In tutto sono 68. Sei sono già sante: Zdislava de Lemberk (Repubblica Ceca), Gianna Beretta Molla (Italia); Gioacchina de Vedruna vedova de Mas (Spagna), Elisabetta Anna Bayley, vedova Seton (Stati Uniti d'America). L'ultima canonizzata di una madre di famiglia riguarda la francese Santa Maria dall'Incarnazione, che poi si fece orsolina, missionaria e educatrice dei giovani in Canada.
Nove madri di famiglia sono già Beate: sette dall'Italia, una dalla Francia e una dalla Polonia. Abbiamo poi sette Venerabili (Italia, Messico, Francia e Spagna) e 45 Serve di Dio, provenienti dall'Africa (Lesotho), dall'America (Argentina, Brasile, Messico, Stati Uniti d'America, Venezuela) dall'Asia (India), dall'Europa (Italia, Spagna, Francia, Malta).
4. La geografia delle famiglie cristiane include quindi famiglie sante che mostrano la possibilità di vivere in pieno il matrimonio cristiano con sacrificio e con il perdono quotidiano nello spirito di carità delle beatitudini evangeliche.
Ovviamente, ci sono anche numerose cause (più di cento) che riguardano figli santi, bambini e giovani, che devono molto alla loro educazione familiare. Tra i martiri spagnoli si contano anche molti giovani laici e seminaristi. Il 5 ottobre 2013 è stato beatificato a Modena il quattordicenne seminarista, martire dell’odio contro la Chiesa e i sacerdoti dei partigiani comunisti. Ultimamente, il 7 novembre 2014, Papa Francesco ha approvato il decreto sulle virtù eroiche del dodicenne piemontese Silvio Dissegna.
La santità della famiglia glorifica la Chiesa e ossigena società umana con il profumo delle loro virtù.
Un invito a tutti, anche ai Vescovi, a discernere e a valutare la santità laicale presente nelle loro diocesi ed eparchie. Le testimonianze della famiglie buone e sante possono essere di aiuto e di incoraggiamento ai matrimoni in crisi.
La Chiesa deve sia tener conto delle varie patologie del matrimonio e della famiglia, per poterle sanare, ma anche della possibilità fisiologica, fondata sulla grazia, della famiglia cristiana unita, fedele e culla di figli bene accolti, amati ed educati.
1. Tenendo conto della discussione sinodale, il Card. Peter Erdö ha anzitutto presentato il contesto socio-culturale che mina la famiglia oggi: l’egocentismo, la solitudine, la precarietà lavorativa, legami fragili, unioni non sacramentali, bambini nati fuori dal matrimonio, divorzi, migrazione, fragilità affettiva dei giovani, unioni omosessuali:
«In questo contesto la Chiesa avverte la necessità di dire una parola di speranza e di senso. […] I grandi valori del matrimonio e della famiglia cristiana corrispondono alla ricerca che attraversa l’esistenza umana anche in un tempo segnato dall’individualismo e dall’edonismo. Occorre accogliere le persone con la loro esistenza concreta, saperne sostenere la ricerca, incoraggiare il desiderio di Dio e la volontà di sentirsi pienamente parte della Chiesa anche di chi ha sperimentato il fallimento o si trova nelle situazioni più disparate. Questo esige che la dottrina della fede, da far conoscere sempre di più nei suoi contenuti fondamentali, vada proposta insieme alla misericordia» (n. 11).
2. In un secondo momento il Cardinale ha rivolto lo sguardo a Cristo, autore del vangelo della famiglia: «Il Vangelo della famiglia, mentre risplende grazie alla testimonianza di tante famiglie che vivono con coerenza la fedeltà al sacramento, con i loro frutti maturi di autentica santità quotidiana, nutre pure quei semi che ancora attendono di maturare, e deve curare quegli alberi che si sono inariditi e domandano di non essere trascurati. […] Conforme allo sguardo misericordioso di Gesù, la Chiesa deve accompagnare con attenzione e premura i suoi figli più fragili, segnati dall’amore ferito e smarrito, ridonando fiducia e speranza, come la luce del faro di un porto o di una fiaccola portata in mezzo alla gente per illuminare coloro che hanno smarrito la rotta o si trovano in mezzo alla tempesta» (n. 21.23).
3. In un terzo momento ha enunciato alcune prospettive pastorali sull’annuncio del Vangelo della famiglia tenendo conto dei diversi contesti e situazioni: «L’annunzio del Vangelo della famiglia costituisce un’urgenza per la nuova evangelizzazione. La Chiesa deve attuarlo con tenerezza di madre e chiarezza di maestra (cf. Ef 4,15), in fedeltà alla kenosi misericordiosa del Cristo. La verità si incarna nella fragilità umana non per condannarla, ma per guarirla» (n. 25).
È indispensabile che le famiglie cattoliche diventino protagonisti della testimonianza evangelica. Si deve, inoltre, dare rilievo al primato della grazia e alle possibilità risanatrici che lo Spirito dona al sacramento. Di qui l’urgenza di una adeguata preparazione dei nubendi al matrimonio, di un accompagnamento degli sposi non solo nei primi anni ma anche in seguito, incoraggiando il ricorso alla preghiera, all’accoglienza della vita, alla condivisione dei problemi soprattutto con coppie cristiane sperimentate ed esemplari.
Si tiene conto anche del problema dei divorziati risposati, della loro possibilità di accedere ai sacramenti, dell’invito alla comunione spirituale. Inoltre, non si devono discriminare le persone omosessuali, ma non si può equiparare il matrimonio tra persone dello stesso sesso al matrimonio fra uomo e donna. Si accenna anche alla sfida della denatalità, dell’educazione dei figli soprattutto mediante la testimonianza dei genitori, e del ruolo della famiglia nella evangelizzazione.
Dopo una vivace discussione sia in aula che nei circoli linguistici, i gruppi hanno presentato le loro osservazioni che poi sono confluite nella stesura “definitiva” della Relatio Synodi.
Questa relazione finale è stata votata singolarmente per i 62 numeri che la componevano. La maggior parte dei numeri ha avuto una maggioranza qualificata dei due terzi dei votanti (in totale i votanti erano 183, ma talvolta alcuni non votavano): sono i numeri che riguardano sia le sfide sulla famiglia sia il Vangelo della famiglia. Anche la maggior parte delle prospettive pastorali hanno avuto una discreta accoglienza, ad eccezione di alcuni numeri che o sono stati votati con parecchi voti contrari o addirittura sono stati bocciati.
Alcuni numeri quindi sono risultati problematici, come il numero 25, 28, 41, 42, 54. Altri non hanno ricevuto la maggioranza dei due terzi: 52 (104 placet, 74 non placet), 53 (112-64), 55 (118-62).
«52. Si è riflettuto sulla possibilità che i divorziati e risposati accedano ai sacramenti della Penitenza e dell’Eucaristia. Diversi Padri sinodali hanno insistito a favore della disciplina attuale, in forza del rapporto costitutivo fra la partecipazione all’Eucaristia e la comunione con la Chiesa ed il suo insegnamento sul matrimonio indissolubile. Altri si sono espressi per un’accoglienza non generalizzata alla mensa eucaristica, in alcune situazioni particolari ed a condizioni ben precise, soprattutto quando si tratta di casi irreversibili e legati ad obblighi morali verso i figli che verrebbero a subire sofferenze ingiuste. L’eventuale accesso ai sacramenti dovrebbe essere preceduto da un cammino penitenziale sotto la responsabilità del Vescovo diocesano. Va ancora approfondita la questione, tenendo ben presente la distinzione tra situazione oggettiva di peccato e circostanze attenuanti, dato che “l’imputabilità e la responsabilità di un’azione possono essere sminuite o annullate” da diversi “fattori psichici oppure sociali” (Catechismo della Chiesa Cattolica, 1735).
«53. Alcuni Padri hanno sostenuto che le persone divorziate e risposate o conviventi possono ricorrere fruttuosamente alla comunione spirituale. Altri Padri si sono domandati perché allora non possano accedere a quella sacramentale. Viene quindi sollecitato un approfondimento della tematica in grado di far emergere la peculiarità delle due forme e la loro connessione con la teologia del matrimonio».
«55. Alcune famiglie vivono l’esperienza di avere al loro interno persone con orientamento omosessuale. Al riguardo ci si è interrogati su quale attenzione pastorale sia opportuna di fronte a questa situazione riferendosi a quanto insegna la Chiesa: “Non esiste fondamento alcuno per assimilare o stabilire analogie, neppure remote, tra le unioni omosessuali e il disegno di Dio sul matrimonio e la famiglia”. Nondimeno, gli uomini e le donne con tendenze omosessuali devono essere accolti con rispetto e delicatezza. “A loro riguardo si eviterà ogni marchio di ingiusta discriminazione” (Congregazione per la Dottrina della Fede, Considerazioni circa i progetti di riconoscimento legale delle unioni tra persone omosessuali, 4)».
Per tranquillizzare l’opinione pubblica, che riceveva notizie constrastanti sui lavori sinodali, i Padri hanno inviato un messaggio che, da una parte, non tace circa la situazione reale della famiglia con le sfide, d’altra parte, però, apre un orizzonte di speranza e di luce.
Tra le sfide il messaggio enumera anzitutto la fedeltà coniugale, l’indebolimento della fede, le inevitabili crisi matrimoniali affrontate senza il coraggio della pazienza, della verifica, del perdono reciproco, della riconciliazione e anche del sacrificio. I fallimenti originano nuove relazioni, nuovi matrimoni, creando situazioni complesse e problematiche per la scelta evangelica.
Vengono evocate anche altre sfide: la fatica dell’esistenza (si pensi alla sofferenza di fronte a un figlio handicappato), difficoltà economiche, mancanza di lavoro, povertà, famiglie profughe.
Ma, il messaggio richiama anche la luce che splende nella famiglia. Anzitutto il tesoro prezioso dell’amore coniugale, con la gioia della sessualità, della tenerezza, della bellezza: «Il mio amato è mio e io sono sua… io sono del mio amato e mio amato è mio» (Ct. 2,16; 6,3). L’amore coniugale, unico e indissolubile, persiste nell’umanità, nonostante le tante difficoltà ed è uno dei miracoli più belli dell’esistenza, anche se è il più comune.
C’è poi la diffusione di questo amore nella fecondità non solo della procreazione umana, ma anche del dono della vita divina nel battesimo, nell’educazione e nella catechiesi dei figli.
La famiglia cristiana si edifica giorno per giorno con la preghiera, con la lettura e l’ascolto del Vangelo, con l’Eucaristia domenicale, con la carità anche verso gli altri, gli ultimi e i poveri. Anche ai genitori e ai figli cristiani è possibile raggiungere il Tabor dell’unione con Gesù nella santità.
Il Sinodo non si è ancora concluso. La valutazione di questi primi risultati deve essere fatta alla luce delle seguenti considerazioni:
«Le riflessioni proposte, frutto del lavoro sinodale svoltosi in grande libertà e in uno stile di reciproco ascolto, intendono porre questioni e indicare prospettive che dovranno essere maturate e precisate dalla riflessione delle Chiese locali nell’anno che ci separa dall’Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi prevista per l’ottobre 2015, dedicata alla vocazione e missione della famiglia nella Chiesa e nel mondo contemporaneo. Non si tratta di decisioni prese né di prospettive facili. Tuttavia il cammino collegiale dei vescovi e il coinvolgimento dell’intero popolo di Dio sotto l’azione dello Spirito Santo, guardando al modello della Santa Famiglia, potranno guidarci a trovare vie di verità e di misericordia per tutti. È l’auspicio che sin dall’inizio dei nostri lavori Papa Francesco ci ha rivolto invitandoci al coraggio della fede e all’accoglienza umile e onesta della verità nella carità» (n. 62).
Dopo una parola di ammirazione e di gratitudine a tutti i fedeli per la loro testimonianza quotidiana di fede, di speranza e di carità, il Santo Padre ha concluso esortando a evitare alcune “tentazioni”:
«la tentazione dell' irrigidimento ostile,cioè il voler chiudersi dentro lo scritto (la lettera) e non lasciarsi sorprendere da Dio, dal Dio delle sorprese (lo spirito); dentro la legge, dentro la certezza di ciò che conosciamo e non di ciò che dobbiamo ancora imparare e raggiungere. Dal tempo di Gesù, è la tentazione degli zelanti, degli scrupolosi, dei premurosi e dei cosiddetti - oggi - "tradizionalisti" e anche degli intellettualisti.
- La tentazione del buonismo distruttivo, che a nome di una misericordia ingannatrice fascia le ferite senza prima curarle e medicarle; che tratta i sintomi e non le cause e le radici. È la tentazione dei "buonisti", dei timorosi e anche dei cosiddetti "progressisti e liberalisti".
- La tentazione di trasformare la pietra in paneper rompere un digiuno lungo, pesante e dolente (cf. Lc 4,1-4) e anche di trasformare il pane in pietra e scagliarla contro i peccatori, i deboli e i malati (cf.Gv 8,7) cioè di trasformarlo in "fardelli insopportabili" (Lc 10, 27).
- La tentazione di scendere dalla croce, per accontentare la gente, e non rimanerci, per compiere la volontà del Padre; di piegarsi allo spirito mondano invece di purificarlo e piegarlo allo Spirito di Dio.
- La tentazione di trascurare il "depositum fidei", considerandosi non custodi ma proprietari e padroni o, dall'altra parte, la tentazione di trascurare la realtà utilizzando una lingua minuziosa e un linguaggio di levigatura per dire tante cose e non dire niente! Li chiamavano "bizantinismi", credo, queste cose».
«Personalmente – ha continuato il Papa – mi sarei molto preoccupato e rattristato se non ci fossero state queste tentazioni e queste animate discussioni; questo movimento degli spiriti, come lo chiamava Sant'Ignazio (EE, 6) se tutti fossero stati d'accordo o taciturni in una falsa e quietista pace. Invece ho visto e ho ascoltato - con gioia e riconoscenza - discorsi e interventi pieni di fede, di zelo pastorale e dottrinale, di saggezza, di franchezza, di coraggio e di parresia. E ho sentito che è stato messo davanti ai propri occhi il bene della Chiesa, delle famiglie e la "suprema lex", la "salus animarum"(cf. Can. 1752). E questo sempre - lo abbiamo detto qui, in Aula - senza mettere mai in discussione le verità fondamentali del Sacramento del Matrimonio: l'indissolubilità, l'unità, la fedeltà e la procreatività, ossia l'apertura alla vita».
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C’è adesso un anno per maturare, con vero discernimento spirituale, le idee proposte e trovare soluzioni concrete a tante difficoltà e innumerevoli sfide che le famiglie devono affrontare; a dare risposte ai tanti scoraggiamenti che circondano e soffocano le famiglie. Un anno per lavorare sulla "Relatio synodi" che è il riassunto fedele e chiaro di tutto quello che è stato detto e discusso in questa aula e nei circoli minori. E viene presentato alle Conferenze episcopali come "Lineamenta".