Cari amici,
Mi chiamo Mateo del Blanco e sono stato nominato responsabile della Delegazione Nazionale di Animazione Missionaria in Spagna.
La mia vita salesiana è stata incentrata sulla scuola, su compiti educativo-didattici, per cui il tema delle Missioni è stato poco presente nelle mie occupazioni. Facendo parte della Procura Missionaria di Madrid e assumendo quest'anno la responsabilità della Delegazione Nazionale, sono pienamente immerso in questo impegno e, mentre cercherò di fare del mio meglio, incoraggio coloro che sono già coinvolti, a continuare a promuovere le Missioni, ognuno nel proprio ambiente, come mezzo per vivere meglio la vita cristiana nella mono-tonia della vita quotidiana.
Un abbraccio fraterno.
▀ Don Mateo Del Blanco SDB
Delegato Nazionale dell'Animazione Missionaria per la Spagna
Per migliaia di anni i popoli indigeni hanno seguito stili di vita che hanno mostrato un grande rispetto per il creato. Per loro la terra è un dono del Creatore e degli antenati che in essa riposano, uno spazio sacro con cui hanno il bisogno di interagire per alimentare la loro identità e i loro valori. (cfr. Laudato Si', 146). Le loro credenze tradizionali, le pratiche culturali e la visione del mondo esprimono il riconoscimento di un Essere Supremo. Alcune delle loro pratiche culturali e superstizioni potrebbero sminuire la dignità umana, mentre le loro numerose usanze e tradizioni danno grande importanza ai valori sociali incentrati sulla preoccupazione per gli altri.
Nel corso della storia, numerosi vescovi, sacerdoti, religiosi e fedeli laici hanno dato la loro vita in difesa della dignità dei popoli indigeni, affinché potessero conoscere Gesù Cristo e il suo Vangelo. Tuttavia, è un dato di fatto che atti immorali contro di loro sono stati compiuti, a volte, senza l'opposizione dei leader religiosi. Per questo, "è necessario riconoscere in tutta sincerità gli abusi commessi a causa della mancanza di amore da parte di quelle persone che non hanno saputo vedere i popoli indigeni come loro fratelli e sorelle, come figli dello stesso Padre". (San Giovanni Paolo II, Santo Domingo, 13 ottobre 1992).
La nostra sollecitudine per le popolazioni indigene non è a sostegno di alcuna ideologia o gruppo di lobby. È invece radicata nella nostra identità fondamentale di creati a immagine e somiglianza di Dio, che è più profonda di qualsiasi identità indigena. Pertanto, la Chiesa abbraccia i popoli indigeni con le loro culture affinché possano scoprire i punti di accordo tra i loro valori e tradizioni indigene e gli insegnamenti di Gesù Cristo. Questo dialogo ci insegna ad apprezzare la nostra inalienabile responsabilità di preservare l'ambiente, la nostra cultura e le nostre tradizioni nel modo eccellente in cui lo hanno fatto loro. A loro volta, essi sono aiutati a scoprire i riflessi del "raggio di quella Verità che illumina tutti" (Nostra Aetate, 2) nei loro valori, culture e tradizioni indigene.
Don Bosco inviò i suoi missionari ai popoli indigeni della Patagonia. Oggi i salesiani promuovono e preservano attivamente l'identità dei popoli indigeni istituendo musei culturali, scrivendo dizionari e libri e promuovendo programmi che favoriscono la loro evangelizzazione integrale. In effetti, il nostro lavoro tra le popolazioni indigene è un'importante espressione dell'impegno salesiano per i poveri e gli emarginati.
▀ Don Alfred Maravilla, SDB
Consigliere generale per le Missioni
Caro don Antonio, com'è la situazione dei confratelli malati nella vostra casa
e come li aiutate a non sentirsi inutili e rifiutati?
All’interno della casa salesiana di El Campello c’è la casa di riposo El Mirador. Attualmente vi sono 8 confratelli con necessità di assistenza quotidiana. La casa è gestita da un'équipe di infermieri, che lavorano in tre turni, coprendo 24 ore al giorno.
Noi sei confratelli attivi della comunità collaboriamo in modo molto diretto con i nostri confratelli malati della casa di cura El Mirador. Jesús si occupa delle questioni di farmacia, delle visite ai medici e dell'assistenza in ospedale. Félix li accompagna quotidianamente nelle passeggiate intorno alla casa, assistendo alle loro visite. Manolo Bellver celebra quotidianamente l'Eucaristia e le preghiere con loro. Io, come direttore, mi occupo delle visite quotidiane, le conversazioni, l'ascolto e l'attenzione ai loro bisogni, insieme agli altri confratelli della comunità. Per farli sentire attivi, li incarichiamo di compiti specifici. Poi, quando un confratello compie gli anni, ci riuniamo tutti insieme e facciamo una cena. Lo facciamo anche nelle grandi feste salesiane, Natale e Pasqua.
Qual è il maggior contributo dei confratelli anziani e malati alla missione salesiana?
Abbiamo sempre sostenuto - e lo sappiamo per esperienza diretta - che i confratelli malati hanno dato tutta la loro vita per la Congregazione, si sono dati anima e corpo e hanno contribuito alla crescita della presenza salesiana nell'Ispettoria, ovunque abbiano fatto parte di comunità salesiane. Sono confratelli con una grande traiettoria missionaria: hanno suscitato vocazioni, hanno accompagnato i giovani nella loro crescita nella fede e continuano a essere un autentico esempio vivente di Don Bosco con la loro presenza.
Come imparare ad accettare l'invecchiamento, i nostri limiti e le nostre incapacità?
Essere parte di questa presenza salesiana, con una piccola comunità di confratelli che vivono con altri salesiani malati, è una benedizione, un premio che il Signore ci concede. Imparo molto durante la mia vita quotidiana insieme e, senza dubbio, è una vera scuola che insegna ad essere salesiani anziani, malati e dipendenti dagli altri. Sono lezioni che i nostri confratelli ci offrono ogni giorno, senza perdersi d’animo, con speranza cristiana, offrendo sempre la propria situazione personale a Dio Padre.