Cari amici,
il mio cammino salesiano è iniziato quasi 25 anni fa, quando ho risposto alla chiamata al lavoro missionario. Quello che pensavo sarebbe stato un viaggio temporaneo per soddisfare un desiderio profondo è diventato presto la passione della mia vita e il modo in cui esprimo e vivo la mia fede. Ma perché? Cosa spinge il desiderio di donarsi conti-nuamente? Cosa spinge la stragrande maggioranza dei missionari laici che prestano servizio con i Salesiani a tornare, a servire di più e a rimanere in contatto? Le risposte a queste domande non sono sempre state chiare, ma con l'intenzione papale di questo mese per la “missione condivisa”, la risposta è diventata molto più chiara.
Don Bosco ha precorso i tempi in molti modi, sia nel suo approccio all'istruzione, all'emancipazione dei giovani o alla giustizia sociale. Era un innovatore. Una delle sue innovazioni durature è lo spirito di collaborazione con cui i Salesiani svolgono i loro ministeri. Come missionario laico, non sono stati solo i ministeri specifici a farmi tornare, ma questo senso di missione condivisa. Lo spirito salesiano è vivo in questa collaborazione, e sono sempre desideroso di condividere la sua bellezza con gli altri!
In Don Bosco,
▀ Adam Rudin
Direttore, Salesian Lay Missioners, New Rochelle, USA
Il dialogo è un’attività esclusivamente umana e una caratteristica umana fondamentale in cui gli individui o i gruppi si scambiano opinioni, pensieri o punti di vista, considerano diverse opzioni e riflettono anche sulle proprie convinzioni, valori o pregiudizi. Esso presuppone un ascolto attento, discussioni rispettose e richiami cortesi.
Dio ha iniziato un dialogo di salvezza con l’umanità per la sua bontà e il suo amore. L’umanità non meritava questo dialogo. Dio ha amato così tanto il mondo da dare il suo Figlio unigenito (Gv 3,16). Il dialogo di Dio con l’umanità è un appello d’amore per tutti, che permette a ciascuno di accettarlo o rifiutarlo liberamente. Il dialogo è stato anche al centro del ministero di Gesù. In risposta all’amore di Dio e agli insegnamenti di Gesù, siamo chiamati a impegnarci in un dialogo simile con gli altri senza aspettare di essere invitati.
I cattolici credono che l’unica Chiesa di Cristo sussista nella Chiesa cattolica. Tuttavia, riconosciamo anche che i cattolici condividono la responsabilità della divisione esistente nel Corpo di Cristo. È la grazia di Dio che spinge tutti i cristiani a promuovere il dialogo ecumenico per superare le divisioni del passato, a comprendere meglio la loro fede comune in Gesù, a costruire una nuova comunione d’amore attraverso la preghiera e il pentimento, a chiedere perdono per i peccati di divisione passati e presenti, e promuovere la cooperazione (LG 8; UR 3, 4).
Sebbene il dialogo interreligioso faccia parte della missione ad gentes della Chiesa, tuttavia non è un nuovo metodo di conversione al cristianesimo. Nel dialogo interreligioso, i seguaci di diverse religioni sono incoraggiati ad articolare i contenuti delle loro credenze. Inversamente, è anche un’opportunità per i cristiani di scoprire il raggio di verità presente in queste religioni (NA 2).
Ci sono quattro tipi di dialogo ecumenico e interreligioso: il dialogo della vita (condividere la vita quotidiana ordinaria con persone di fedi diverse); il dialogo dell’azione (lavorare insieme sulla base di valori condivisi per promuovere il bene comune per il miglioramento della società); il dialogo dello scambio teologico (discussione tra esperti per capire cosa abbiamo in comune e dove si trovano le nostre differenze religiose); e il dialogo dell’esperienza religiosa (condividere i frutti della preghiera e delle pratiche spirituali nella tradizione religiosa dell’altro).
Ogni discepolo missionario deve essere un costruttore di dialogo. Impegnandosi pienamente nel processo di ascolto, condivisione e riflessione, si diventa testimoni potenti e credibili di Dio, che ha iniziato il dialogo della salvezza.
▀ Don Alfred Maravilla, SDB
Consigliere Generale per le Missioni Salesiane
Caro Rafa, Papa Francesco, a cui tu sei ora molto vicino a Roma, sottolinea concetti come la sinodalità, la corresponsabilità, la partecipazione, la missione condivisa. Cosa significano queste cose per te personalmente?
La missione salesiana, nel partecipare alla vita della Chiesa, in ogni suo ambito pastorale, è l'espressione concreta di questi concetti. Nelle nostre comunità educative pastorali siamo chiamati a offrire programmi rivolti a chi subisce violazione dei diritti, a generare itinerari basati sul rispetto di ogni persona e ad accompagnare i giovani nella scoperta del loro posto nel mondo. Per fare questo dobbiamo essere misericordiosi, sentire l'altro, pensare all'altro, stabilire relazioni sane e inclusive che ci portino a dinamizzare le società in cui viviamo come spazi di calore umano, cioè di amicizia sociale, espressione in cui convergono i concetti di Papa Francesco.
Cosa potremmo fare, noi salesiani, per migliorare questi atteggiamenti?
Siamo figli di un uomo pratico che ha capito che la salvezza dei giovani non è al di là delle nuvole, ma qui e ora, legata alle capacità che danno ai giovani l’accesso alle libertà in una cultura abituata a divorare i suoi individui. Pertanto, pensare in termini salesiani all'amicizia sociale ci porta a considerare innanzitutto le persone che incontriamo ogni giorno. Nell'incontro personale scopriamo quello spazio sacro fatto di persone concrete, punto di partenza per accompagnare il rafforzamento della loro personalità attraverso lo sviluppo dei loro talenti.
Alcuni missionari fanno difficoltà ad entrare in questo paradigma pastorale. Perché, secondo te, è così?
Credo che alcuni salesiani abbiano ancora una mentalità da messaggeri solitari, attivisti e senza progetto. Il magistero della Congregazione, nei suoi vari ambiti, riconosce questi rischi e incoraggia i salesiani a esserne consapevoli e a ridurli. Ogni salesiano è assegnato a un'Ispettoria, nella quale entra a far parte del "Progetto pastorale", frutto di sinodalità e partecipazione, per vivere una missione condivisa. Tutti i salesiani sono chiamati ad essere segno dell'amore di Dio, mettendo in pratica gli insegnamenti del Quadro di riferimento per la pastorale giovanile, che è la lettura missionaria delle nostre Costituzioni.