Don Bosco

Concelebrazione eucaristica presieduta dal Card. Raffaele Farina, sdb Congresso Storico Internazionale Casa Generalizia Salesiana

Concelebrazione eucaristica presieduta
dal Card. Raffaele Farina, sdb

Congresso Storico Internazionale Casa Generalizia Salesiana

23 novembre 2014
Introduzione

Cari fratelli, care sorelle,
Concludiamo con la celebrazione eucaristica questi quattro giorni di studio, ma anche di meditazione e preghiera. Vogliamo con questa Celebrazione ringraziare il Signore per i doni ricevuti.
Celebriamo quest’oggi, a conclusione dell’anno liturgico, la solennità di Cristo Re dell’Universo. L’istituzione della festa, più propriamente della solennità, di Cristo Re risale al secolo scorso. Fu istituita da Pio XI con l’Enciclica Quas primas dell’11 dicembre 1925, e stabilita all’ultima domenica di ottobre. Nell’Enciclica, il pontefice dichiara che con questa festività intende affermare la sovrana autorità di Cristo sugli uomini e sulle istituzioni davanti ai progressi del laicismo nella società moderna.
Tale caratterizzazione “socio-politica” della solennità di Cristo Re è stata reinterpretata, dopo il Concilio Vaticano II, in senso più spiritualistico ed escatologico; sia ridimensionando il testo della colletta, sia collocando la solennità all’ultima domenica dell’Anno liturgico, nel contesto escatologico proprio di questa domenica. 

Omelia

Cari fratelli e care sorelle,

vi parlerò ancora di don Bosco, anche se ne siete sazi, dopo quattro lunghi giorni di lavori congressuali. Non vi parlo da storico, anche se è difficile nascondere il mestiere che faccio, ma da ammiratore e innamorato di Don Bosco. Mi rivolgo ai Salesiani, alle Figlie di Maria Ausiliatrice e ai membri della Famiglia Salesiana; e penso di coinvolgere in qualche maniera quanti hanno professato con i voti una consacrazione che è espressione di una chiara identità. Siamo arrivati a Don Bosco per strade e percorsi diversi, ma abbiamo tutti un marchio di fabbrica di eccellenza che ci onora ma soprattutto ci impegna.

Vorrei lasciarvi ora due messaggi.

1. Primo messaggio

Il primo messaggio riguarda il nostro Fondatore. La grandezza di Don Bosco, la sua eredità è quella di essere (lo dico al presente) il Fondatore di due grandi Congregazioni religiose; e di aver messo le basi alla nascita di una grande famiglia salesiana. Don Bosco ha anche avuto un intuizione pedagogica di buon senso, quella del sistema preventivo, ma, notate bene, un sistema che è anche la scelta di una categoria di giovani, tra i quali, senza contravvenire a nessuna delle leggi canoniche, poteva trarne quante più vocazioni poteva. Diciamo pure che la scelta giovanile di Don Bosco, che naturalmente era misurata sulla sua indole, era una scelta dei giovani come futuri salesiani ed eventualmente sacerdoti o laici impegnati.
I Salesiani come tali, le Figlie di Maria Ausiliatrice, i membri della Famiglia Salesiana, con la loro vita consacrata, il loro stile di vita, la testimonianza, avrebbero moltiplicato le vocazioni, di cui lui aveva bisogno per uno spettro di attività che superava e di molto il semplice impegno educativo, da lui attuato nella prima parte, diciamo così, della sua vita. Riscopriamo dunque Don Bosco. È questo, ripeto, il primo messaggio che voglio trasmettervi.
La rivista “Tracce”, periodico internazionale di Comunione e Liberazione, nel numero di gennaio del 2009,[1] inizia la presentazione di alcune figure di santi che in situazioni sociali difficili, usando degli strumenti che la realtà del loro tempo forniva, hanno generato un’umanità nuova. Hanno cioè “messo le mani in pasta”, creando opere che sono ancor oggi un esempio per tutti. La rivista “Tracce” inizia la serie dei Fondatori con S. Giovanni Bosco, «il quale, ha costruito oratori, laboratori, scuole, collegi, dove educava all’umanità, alla dignità, ad essere buoni cittadini ed esemplari cristiani, esigendo da ragazzi e giovani educatori, pur nella povertà, la qualità e l’eccellenza; con l’obiettivo evidente di scegliere i migliori, per farne collaboratori, sacerdoti e laici consacrati, e suore, per creare una o più strutture, che fornissero alla Chiesa, senza trionfalismi, un servizio che spaziava molto oltre la parte ritenuta fondamentale dell’educazione dei giovani: come ad esempio le missioni, l’editoria scolastica e pubblicistica della storia in generale e in particolare della Chiesa, della dottrina della fede, dell’apologetica e della difesa del Papa, dell’episcopato, del clero e del popolo cristiano, mirando anche in questo sempre al meglio, con la curiosità dello sperimentatore continuo, sempre avveduto e tuttavia mai sorpreso di nulla».
Un Don Bosco insomma che noi Salesiani abbiamo, negli ultimi anni, diciamolo pure, ridotto e di molto, messo in un angolo, riducendolo, un uomo che come creatività, progettazione, forza di persuasione e lungimiranza non trova facilmente paragoni e concorrenti, l’abbiamo ridotto - mi riferisco alla realtà di molte situazioni e non alla pubblicità che spesso facciamo del distintivo e marchio di Don Bosco, l’abbiamo ridotto a fare il pastoralista e il teorico dell’educazione.
Usciamo di casa, miei cari, e guardiamo a Don Bosco globalmente in tutto lo spettro della sua attività e della sua novità, mai finita e del tutto scoperta. Don Giussani, Fondatore di Comunione e Liberazione, lo definiva così:
“Quali sono le caratteristiche del santo Don Bosco? 1) Anzitutto una capacità semplice di affermare il reale [un uomo operativamente concreto]. - 2) Poi una capacità di amore al destino riconosciuto della propria vita, [alla missione affidatagli da Dio e da lui totalmente condivisa]. Tale amore unisce persone e cose in quello stesso destino facendone scaturire una smisurata fecondità [vocazioni a non finire...]. - 3) Da ultimo, il nostro santo è caratterizzato da una capacità di gioiache fa intravvedere in questo mondo la dimensione dell’eterno”.[2]

2. Secondo messaggio

Come viviamo noi questo Don Bosco?  domandiamoci: Don Bosco ci attrae ancora, quanto amiamo don Bosco? Uno dei segnali è quello della lettura. Ed è questo il mio secondo messaggio: leggiamo ancora di Don Bosco (ciò che lui ha scritto) e su Don Bosco (ciò che è stato scritto su di lui)?
Non c'è ritorno a Don Bosco, né lettura dei suoi scritti durevole, utile ed efficace, senza fiducia, ammirazione e amore per lui.
«Bisogna credere al maestro», dice San Tommaso citando Aristotele, a cui si ispirava. Lo stesso deve fare il lettore salesiano con Don Bosco. Ripetere ogni tanto il nome di Don Bosco significa per noi sfogliare i nostri titoli di nobiltà, e questo orgoglio ha la bellezza e l'efficacia dell'orgoglio che prova un figlio rispetto a un padre illustre.
Bisogna amare Don Bosco per poterlo leggere con frutto. Mi riferisco non a una lettura generica, ma soltanto a quella specie di lettura che i lettori non fanno abbastanza bene o non fanno per niente, tranne quando amano.
La fiducia, l'ammirazione, l'amore per l’eredità che Don Bosco ci ha lasciato, in scritti e testimonianze, crea tra noi e lui un contatto che ci eléva, con la sua superiorità. Ci dà il tono, ci abitua alle vette; il fatto che lo leggiamo e lo capiamo ci fa pensare che, dopo tutto, siamo della stessa razza. Ci rende capaci inoltre di penetrarlo in profondità e unanimità, e di scoprirne l'essenzialità, i temi principali, la sintesi salesiana, la semplicità.[3] E infine crea quel poliedrico e ricco centro di unità, nel quale convergono, illuminandosi e arricchendosi vicendevolmente, le letture di molti. Cioè di quanti - diversi per cultura, paese, età, sesso, psicologia e ambiente - sono  attratti da ammirazione o da dovere di studio, da curiosità o da amore da un’unica persona, Don Bosco.
Questi sono dunque i due messaggi che voglio lasciarvi questa mattina, sottolineando il fatto che essi non esauriscono quella che è la vocazione salesiana, ma vogliono richiamare l’urgenza della rinascita della Congregazione Salesiana in numero e qualità, tramite: 1) riscattare la nostra vita consacrata e comunitaria; 2) riscoprire la larghezza dello spettro, del raggio di attività apostoliche di Don Bosco e la molteplicità dei destinatari in vista della moltiplicazione dei Salesiani e delle Figlie di Maria Ausiliatrice, di quanti nello spirito di Don Bosco si consacreranno a Dio; 3) leggere Don Bosco, i suoi scritti e quanto è stato tramandato della sua vita, delle sue opere, del suo pensiero, della sua santità.

3. Conclusione

Care sorelle e cari fratelli, dopo la professione di fede, al momento della presentazione delle offerte, rinnoviamo in silenzio, nel nostro cuore, la nostra consacrazione religiosa, e con essa, l’amore a Don Bosco. Sentiamo profondamente la presenza di Dio in mezzo a noi, e rivolgiamo a Lui il nostro pensiero e i nostri affetti. Pensiamo alla festa di quest’oggi. Le letture apocalittiche che abbiamo ascoltato e le preghiere che seguiranno riguardano la Persona che ci ama e che noi adoriamo e amiamo, Gesù nostro Signore e Re, e perciò non ci devono far paura.
La liturgia ci invita a riflettere sul senso di Cristo e della storia nella nostra vita, nella vita di ognuno di noi, nella convinzione che i confini del Regno di Dio sono interiori, passano nell’intimo della nostra anima, e sono veramente noti solo a Dio, alla Santissima Trinità.
E tuttavia la comunità, nella quale viviamo e alla quale apparteniamo, la Chiesa, vive di questa nostra contemplazione e la sublima nella sua essenza, stupita e felice nella sua identità di corpo di Cristo, Cristo Signore e Re: essa si sente del tutto appartenente alla Sua signoria liberatrice. Ognuno di noi, ogni credente, deve vivere questa appartenenza di liberazione nei termini ineffabili della comunione interiore con Lui, che si realizza nella Eucarestia, il corpo di Cristo, e nel rendimento di grazie che pervade ogni momento della nostra giornata e della nostra vita.
Siamo chiari: Eucarestia vuol dire “rendimento di grazie”, ringraziamento. Gesù, Re e Signore, non dimentichiamolo, è un Dio geloso: esaudisce le nostre richieste, gradisce il nostro ringraziamento, ma soprattutto attende da noi una risposta di amore: ognuno di noi sa che cosa Egli ci chiede.

[1] Gennaio 2009, pag. 87-91.

[2] “I Santi”, Grandi Quaderni di Litterae Communionis.

[3] Sertillanges, La vita intellettuale 139.