Francesco Motto, sdb
Per comprendere “l’essere e l’operare” di don Bosco, il primo sforzo da fare è quello di collocarlo all’interno del contesto storico in cui ha vissuto. Da esso ha ereditato concezioni, mentalità, abitudini, retaggi storici e aspirazioni, che poi ha trasmesso all’opera salesiana. Si pensi solo alle sue precomprensioni, quali l’adesione a principi di fede e a una tradizione indiscussa di vita e di pratica cristiana, l’intangibilità della religione e del papato, l'incompatibilità della giustizia cristiana con ogni ribellione alla legittima autorità, la "moralità" di cui deve essere intriso ogni scritto, la lettura provvidenzialistica della storia umana…
Per una valida interpretazione di un testo non basta la semplice comprensione linguistica; occorre rendersi conto del diverso genere letterario: cronachistico, narrativo, biografico, autobiografico, giuridico, apologetico, agiografico, drammatico, edificante, omiletico, confidenziale, didascalico, scolastico, compilatorio, allegorico… Inoltre concetti ed espressioni linguistiche sono sempre relativi all'ambiente che li ha prodotti, alle consuetudini culturali, agli atteggiamenti spirituali dell'epoca. Una stessa parola può indicare contenuti diversi in tempi e luoghi diversi.
Va considerata l’intenzione del redattore: testo ad uso privato o per la stampa, per singolo destinatario o più destinatari, rivolto ad autorità o no, per fini educativi o in difesa del proprio operato, per informare o per formare, provocato o no...
Altri fattori da non trascurare:
- l’esistenza o meno di fasi redazionali precedenti: un testo redatto currenti calamo ha valore diverso da uno molto rielaborato (vedi gli apparati nelle edizioni critiche)
- un testo tutto personale è diverso da uno incorporante citazioni altrui…;
- la maniera in cui DB lo porge: come certo, possibile, dubbioso…;
- il momento e le condizioni in cui lo scrive: in tempo reale o tardivamente, da giovane prete o da anziano fondatore in tempo di bilanci, in periodi di successi o in momenti di crisi, nel pieno vigore delle forze o nei tempi di malattia, stanchezza…
Si deve tener presente la caratteristica fondamentale degli scritti di DB: lo sforzo di esprimersi con la massima semplicità, senza pretese, né speculative né letterarie. Nei suoi scritti e nei discorsi destinati alla formazione dei SDB non vanno cercate complesse pagine di dottrina, profonde analisi di indole sociologica o di introspezione psicologica. DB preferisce proporre riflessioni nate dall’esperienza personale, codificare un sistema educativo vissuto da lui stesso e risultato vincente.
3.5. Ovviamente altri prima di noi hanno letto, contestualizzato, analizzato, interpretato questi scritti. Saggezza vuole che la bibliografia indicata a pie’ pagina e a fine volume, così come le edizioni critiche complete dei singoli testi, facciano parte di una bibliotechina disponibile nel caso del bisogno. Questa serve anche per considerare l’altera pars (ad es. le lettere di Gastaldi contro DB che non sono comprese nel volume).
Gli scritti di DB non sono l’unico strumento per conoscere la sua persona e la sua opera. Essi non sono esenti da limiti, che vengono superati dallo studio del vissuto personale di DB. Gli scritti illuminano l’esperienza vitale in atto, e questa permette di interpretare correttamente i primi.
vedi. pp. LVII-LXI.
José Manuel Prellezo, sdb
Nel mio intervento cercherò di mettere in risalto alcuni punti e temi sviluppati nell’introduzione generale del volume e nella introduzione specifica della seconda parte. Il successivo intervento di don Giraudo sulla tematica della spiritualità – molto vicina, negli scritti e nella pratica di don Bosco, a quella pedagogico-educativa – completerà il quadro d’insieme.
1. Comincio con un’affermazione che può apparire forte: “Un contatto impegnativo di don Bosco con la pedagogia scientifica ufficiale, accademica, non sembra essersi mai seriamente verificato, anche se reali furono le relazioni, perfino di cordialità e di amicizia, con alcuni teorici contemporanei della pedagogia”.
Con altre parole: don Bosco non è un teorico dell’educazione, un “pedagogista”, nel senso preciso del termine. Ma, se questo è vero, è pur vero che egli è autore di apprezzati scritti pedagogici, iniziatore di istituti destinati all’educazione della gioventù, promotore di iniziative educative valide, che hanno destato, e continuano a destare ancor oggi, l’attenzione di educatori e di studiosi di questioni pedagogiche, non soltanto in prospettiva storica.
2. Da questi considerazioni emerge che la figura di “don Bosco educatore” si presenta, direi, più rilevante, attraente e popolare di quella “di don Bosco scrittore”. Ad ogni modo, va ribadito che la produzione bibliografica ed editoriale del fondatore della Società salesiana è piuttosto cospicua; e si può aggiungere – sulla base di studi accreditati – che “non c’è scritto da lui dato alla luce che non abbia un qualche rapporto con l’educazione giovanile e popolare, qualsiasi possa essere il suo carattere: storico, apologetico, didattico, catechistico, religioso agiografico, biografico, normativo”.
3. Tuttavia nella seconda parte del volume – intitolata Scritti e testimonianze sull’educazione e sulla scuola – sono stati inseriti unicamente saggi e documenti che sviluppano direttamente argomenti riguardanti l’educazione o determinati temi strettamente collegati con questioni educative o scolastiche. Si tratta, in generale, di scritti redatti e firmati da don Bosco. In alcuni casi, invece, siamo di fronte a narrazioni o racconti orali, tramandati da testimonianze autorevoli, e riconosciuti o fatti suoi dallo stesso don Bosco. Questa seconda parte è articolata in tre sezioni: 1) Documenti narrativi (don Bosco racconta la sua esperienza educativa); 2) Intuizioni, riflessioni e idee pedagogiche; 3) Regolamenti e programmi.
4. A questo punto devo, però, precisare che nella menzionata seconda parte del volume non sono state inserite tutte le pubblicazioni nelle quali sono presenti cenni, pur significativi, sull’educazione.
Infatti, allo scopo di evitare ripetizioni non pertinenti, alcuni saggi e documenti – soprattutto diverse lettere personali a giovani ed educatori – sono stati collocati nella prima, terza o quarta parte del volume, tenendo presente che, accanto alle considerazioni di carattere pedagogico, il nostro autore riserva pure, in quegli scritti, particolare attenzione a definite questioni storiche ed a temi di carattere religioso-spirituale.
5. In realtà, don Bosco non è giunto ad elaborare un’opera pedagogica sistematica compiuta in termini teoretici. Ciononostante – aperto al contesto pedagogico e sensibile ai bisogni del suo tempo – egli ha riflessamente adottato nei suoi scritti e consapevolmente sperimentato nel suo lavoro educativo tra i giovani, elementi validi e coerenti che gli hanno consentito di plasmare, nell’insieme, una proposta educativa articolata e unitaria, inconfondibilmente sua.
Nella sua proposta sono individuabili “nuclei dottrinali” di notevole “efficacia pratica”. Ne elenco alcuni più rilevanti e noti:
6. Non ho voluto fare un indice di formule generali e astratte. Si tratta, al contrario, di principi e orientamenti che don Bosco ha saputo mettere in pratica con stile personale: prima, in incontri con giovani bisognosi sulle strade torinesi o in istituzioni aperte come gli oratori festivi; poi, in opere sempre più compiute e complesse – scuole ginnasiali interne, ospizi, collegi, laboratori di arti e mestieri… –, apprezzate dai contemporanei, che hanno avuto straordinario sviluppo fino ai giorni nostri.
7. In sintesi. Lo sviluppo delle idee pedagogiche e delle opere educative di don Bosco non è stato il semplice risultato delle sue capacità organizzative e di circostanze saggiamente sfruttate. È stato pure il frutto di una pedagogia vissuta, “coerente nei suoi principi essenziali” e “flessibile nel suo progresso e nelle sue applicazioni nell’ambito delle mutevoli situazioni storiche”. Non ci troviamo neanche di fronte a una pura elucubrazione astratta, ma davanti alla “molla poderosa di una relazione educativa e di un complesso sistema di opere”: uno stile caratteristico di educare.
In tale prospettiva si scopre e delinea il sistema preventivo di don Bosco – nel suo senso più ampio – come progetto necessariamente aperto a integrazioni e sviluppi teorici, storici e metodologici che lo arricchiscano e lo rendano sempre più attuale, senza snaturarne le linee originarie essenziali.
Aldo Giraudo, sdb
Altre due parti completano il volume delle fonti salesiane. La terza è intitolata Scritti e testimonianze di don Bosco sulla vita spirituale; la quarta: Scritti di indole biografica e autobiografica. Quest’ultima comprende le vite di Luigi Comollo, Domenico Savio, Michele Magone, Francesco Besucco e le Memorie dell’Oratorio.
1. Come è stato accennato da don Prellezo, risulta molto arduo (talvolta impossibile) suddividere gli scritti di indole pedagogico-educativa di don Bosco da quelli più marcatamente pastorali e spirituali. Don Bosco ha una visione cristiana plenaria dell’educazione: per lui il fatto religioso è parte essenziale di un processo formativo che investe tutto il ragazzo. È per questo motivo che ha voluto usare il trinomio “Ragione, Religione, Amorevolezza” per descrivere il suo “sistema”, sia quando lo presenta sotto il punto di vista della relazione educativa, del metodo e dei mezzi, sia quando prospetta le mete educative: “buon cristiano e onesto cittadino”. Dunque, nella suddivisione dei testi abbiamo seguito un criterio empirico, quello cioè di considerare l’accentuazione prevalente. Da una parte gli scritti in cui prevale l’attenzione al fatto educativo; dall’altra gli scritti più esplicitamente centrati su tematiche religiose e spirituali. È questo il motivo che ci ha indotti ad inserire una quarta parte con le vite dei tre giovani (Domenico Savio, Michele Magone e Francesco Besucco), e le Memorie dell’Oratorio, che sono insieme testimonianze di spiritualità e di pedagogia narrativa, un manifesto di educazione cristiana.
2. In secondo luogo, per quanto riguarda la terza parte relativa alla vita spirituale, di fronte alla quantità dei materiali, siamo stati costretti a fare una scelta esemplificativa selezionandoli o in base all’importanza che i documenti hanno avuto nella pratica formativa di don Bosco e dei salesiani (per esempio il Giovane provveduto, ristampato centinaia di volte e usato fino alle soglie del Concilio Vaticano II), oppure in considerazione delle tematiche affrontate, in modo da fornire un quadro completo degli elementi spirituali e ascetici cari a don Bosco, senza troppe ripetizioni.
La terza parte (Scritti e testimonianze di don Bosco sulla vita spirituale), che comprende 120 documenti (nn. 184-304) è suddivisa in 6 sezioni:
1. Orientamenti di vita spirituale per i giovani (Il Giovane provveduto; una selezione di lettere a giovani con consigli spirituali; i Regolamenti delle Compagnie; una scelta di prediche, buone notti e sogni);
2. Indirizzi di vita spirituale per i salesiani e le FMA (L’introduzione alle Costituzioni; i documenti costituzionali primitivi SDB e FMA; una selezione di lettere circolari; una scelta di lettere personali; alcune conferenze e sogni raccontati ai salesiani);
3. Orientamenti per un Cristianesimo coerente e di azione, che comprende una scelta esemplificativa testi “spirituali” di don Bosco indirizzati ai cristiani in genere o ai cooperatori (sia laici che ecclesiastici);
4. La dimensione mariana della spiritualità salesiana (alcuni testi che illustrano la “mariologia” di don Bosco);
5. I modelli di riferimento di don Bosco (san Giuseppe Cafasso e san Filippo Neri presentati da don Bosco)
6. Il testamento spirituale (testi tatti dal quaderno chiamato “Testamento spirituale”)
Nella quarta parte, oltre alle tre Vite (Savio, Magone e Besucco) e alle Memorie dell’Oratorio, abbiamo pensato di inserire il primo libro di don Bosco, la vita di Luigi Comollo, nella seconda edizione (1854), quella letta da Domenico Savio, segnalando in corsivo i tanti testi inseriti da don Bosco rispetto alla prima edizione, per mostrare la maturazione del pensiero e della prassi formativa di don Bosco nei suoi primi dieci anni di conduzione spirituale dei giovani.
Il terzo paragrafo dell’introduzione generale, cerca di collocare don Bosco nel contesto della spiritualità del suo tempo per delinearne i tratti caratterizzanti (pp. xxxviii-lvii).
1. Innanzitutto si accenna ai fattori che condizionarono fortemente la religiosità dell’Ottocento: la sensibilità romantica e il riflesso che gli eventi storici ebbero sull’animo dei cattolici. Sono fattori indispensabili per capire la mentalità di don Bosco e il motivo di alcune sue scelte e accentuazioni spirituali. Tuttavia non bastano da soli a spiegare compiutamente i tratti qualificanti del suo carisma, che fanno di lui una delle figure più significative nel panorama della santità e della spiritualità dell’Ottocento. Come non basta – per comprendere la sua proposta spirituale – semplicemente individuarne le fonti o gli autori di riferimento (sant’Alfonso, san Francesco di Sales, san Vincenzo, san Filippo Neri o la letteratura gesuitica). È necessario considerare anche altri aspetti, come la sua personalità e la sua storia, gli ambienti in cui è stato formato, il substrato culturale e religioso popolare da cui proviene, la mentalità e gli aneliti dei ceti giovanili tra i quali ha svolto il suo ministero e gli orizzonti ecclesiali e sociali sempre più vasti nei quali ha proiettato il suo apostolato e la sua missione.
2. Determinante per capire la proposta spirituale fatta ai giovani è la visione che egli ha del cristianesimo come sequela di Cristo nel tessuto concreto della vita quotidiana e della storia umana, a partire dalla decisione battesimale di radicale dono di sé a Dio, amato sopra ogni cosa, e di distacco dal peccato e dal ripiegamento su di sé. Solo a queste condizioni Dio può prendere possesso del cuore ed operare con la grazia santificante. In funzione di questo movimento di conversione, di consegna, di sequela e di santificazione, vanno considerati tutti gli altri fattori a lui cari, come il ruolo centrale dei sacramenti della penitenza e dell’Eucaristia, la devozione mariana, l’esercizio delle virtù, specialmente della carità operativa, l’ascesi dei doveri, l’apostolato, il fervore nella pietà e nella preghiera, la tensione perfettiva.
3. Altrettanto importante per comprendere la sua visione spirituale e operativa di religioso/a salesiani e di laico impegnato, e la conseguente accentuazione ascetico-apostolica, è la considerazione del modello di pastore nel quale è stato formato negli anni del Convitto ecclesiastico: tutto consacrato alla sua missione, dimentico di sé, sobrio e sacrificato, animato da ardente carità, instancabile e creativo, immerso costantemente in mezzo al suo gregge come padre, maestro e fratello. Don Bosco ci aggiunge tratti suoi, profondamente umani, come la gioia e l’amore per la vita, la capacità di amicizia, la relazionalità affettuosa, la cura personalizzata dei singoli ragazzi, il gusto delle cose belle e dell’allegria. Ma anche una visione di futuro connotata dalla speranza, dall’universalità, dall’operosità ardente e dal desiderio di eternità.