INTRODUZIONE 91
PRIME MEMORIE DELL'ORATORIO 93
I. INTRODUZIONE
1. Descrizione dei documenti esistenti nell'ASC (Roma) 95
2. Date di composizione dei testi 102
3. Criteri di edizione 104
2. Abbreviazioni utilizzate nell'apparato delle fonti 106
Il. TESTI 108
1. L'«Introduzione» e il «Cenno storico» 108
2. I «Cenni storici» 134
DALLA «STORIA D'ITALIA» ALLA «BREVIS NOTITIA» SULLA SOCIETÀ
SALESIANA 152
I. INTRODUZIONE 152
IL TEsrI 154
Dalla «Storia d'Italia» (1855) 154
Circolare per una lotteria 160
Un giorno di festa all'oratorio di S. Francesco di Sales 163
Regolamento della Congregazione di San Francesco di Sales 165
Vicende per sé quasi naturali, a un certo punto del tutto ovvie, hanno portato don Bosco a fermarsi a Torino, prete proveniente dalla campagna, rapidamente acclimatato col mondo della città e con problemi che rispondevano perfettamente alle aspirazioni e alle ansie che l'avevano orientato all'impegno sacerdotale. Per questo erano stati ardui, al paese, i primi passi segnati dalle concrete difficoltà di studiare e seguire la vocazione, germinalmente intravista e sentita verso i nove-dieci anni. Decisiva fu la scelta operata al termine della sua formazione ecclesiastica, nel 1844. In teoria avrebbe potuto optare per l'universo di origine, ritornare alle «radici» familiari, ambientali, culturali, come semplice «curato di campagna». Ma in pratica le esperienze degli anni 1841-1844 lo avevano orientato in una direzione abbastanza precisa, che nei due anni successivi sarebbe maturata in radicale scelta di vita: occuparsi di ragazzi con particolari problemi morali e religiosi, oltre che materiali, diversi da quelli incontrati nelle sue terre e nel luogo della sua formazione studentesca e seminaristica, la quieta, tradizionale, città di Chieri.
Ha inizio così un'avventura che per cerchi concentrici sempre più dilatati, prima e dopo la morte, lo proporrà alla cattolicità, e oltre, ammirato «padre e maestro dei giovani» in tutti i continenti, con un messaggio «preventivo», spirituale, pedagogico, sociale, che supera di gran lunga gli spazi delle istituzioni da lui messe in opera e direttamente gestite.
Del significato storico globale della sua esperienza e della sua proposta molto è stato scritto e si scriverà. Ma, forse, è particolarmente importante coglierne i tratti essenziali nel momento dell'esplicita scelta decisionale, che fissando una preferenza esclude automaticamente tutte le altre. Tanto meglio se ciò si può ricavare da documenti lasciati dal protagonista stesso.
In verità, uomo di azione, don Bosco non si cimentò mai nel tracciare in modo sistematico il suo pensiero intorno alla propria azione preventiva in favore della gioventù, da lui costantemente definita «povera e abbandonata», addirittura «pericolante e pericolosa». L'unica volta che lo fece di proposito, nel 1877, si limitò ad esporre «alcuni pensieri» sul sistema preventivo in una ristretta angolazione educativa, sperando al più di arrivare in seguito, «per giovare alla difficile arte della giovanile educazione», alla pubblicazione di «una operetta appositamente preparata».
In compenso, egli amò molto spesso «raccontare» la sua esperienza, delineandola «narrativamente» in «cenni storici», «notizie storiche», circolari «informative» e giustificative, «memorie», oltre che in umili «romanzi peda
gogici», quali La forza della buona educazione (1855), Valentino o la vocazione impedita (1866), Severino ossia avventure di un giovane alpigiano (1868); analogamente tramite le significative testimonianze di «pedagogia narrativa» affidate alle biografie di Domenico Savio (1859), Michele Magone (1861), Francesco Besucco (1864).
Ed ancora in discorsi confidenziali e conferenze degli anni '60 don Bosco, con larga indulgenza per gli aspetti «straordinari», rievoca ai primi aderenti alla società salesiana in formazione i momenti salienti della sua preistoria, che coincidono con le fasi capitali delle vicende dell' «oratorio», che è l'essenziale sua occupazione: perciò, «congregazione degli oratori».
Nell'impossibilità di riportare tutta l'ampia documentazione di questo genere, ci si limiterà a presentare di seguito tre serie di brevi documenti.
In primo luogo, vengono riprodotti due notevoli manoscritti di don Bosco sulla storia dell'oratorio, che non è ancora storia «salesiana», ma creazione del prete diocesano don Bosco, specchio dei primi sviluppi torinesi della sua opera: l'Introduzione al regolamento dell'Oratorio di S. Francesco di Sales e il Cenno storico sul medesimo, databili ambedue al 1854. Vi si aggregherà per analogia di contenuti e di significati (non vi si trova nessun riferimento alla incipiente «società salesiana») il documento gemello del 1862, Cenni storici intorno all'Oratorio di S. Francesco di Sales.
Seguono, in secondo luogo, brevi spezzoni relativi a un libro che vuol essere di storia, ma che è ancor più manuale di educazione morale, cristiana e civile, la Storia d'Italia raccontata alla gioventù (1855), e ad echi torinesi dell'attività oratoriana, vista ancora strettamente legata alla realtà diocesana e cittadina: una circolare per la lotteria del 1857 e un articolo del più importante giornale cattolico della metropoli, L'Armonia, che riferisce con simpatia e fedeltà sullo stile di vita dell'Oratorio.
A conclusione della sezione è collocato il primo documento significativo di una «pedagogia narrativa» che non è più solo iniziativa di un uomo solo, ma tende a diventare stile di azione assistenziale e educativa di una «congregazione religiosa» incipiente. La genesi e gli sviluppi dell'interesse per i giovani e della sollecitudine «preventiva» in loro favore, nella rievocazione «funzionale» di don Bosco, finiscono con il fare un tutt'uno con la genesi e gli sviluppi della «Società di san Francesco di Sales», gli uni e gli altri accomunati da quell'8 dicembre 1841, che con le Memorie dell'Oratorio di S. Francesco di Sales degli anni '70, avrebbe visto il fatidico incontro di don Bosco col primo oratoriano-simbolo, Bartolomeo Garelli.
I testi sono tre: 1) un'Introduzione al Piano di regolamento dell'Oratorio festivo; 2) un Cenno storico sullo sviluppo dell'opera degli oratori a Torino dal 1841 al 1854; 3) altri Cenni storici sullo sviluppo dell'opera degli oratori a Torino dal 1841 al 1862.
L'Introduzione e il Cenno costituivano nelle redazioni primitive del regolamento dell'oratorio una specie di parte preliminare giustificativa e storica. Essi scompaiono da copie successive diffuse manoscritte tra i responsabili degli oratori e da quelle preparate per la pubblicazione a stampa e vengono ignorati dall'edizione definitiva ufficiale del 1877.
L'Introduzione è pubblicata per la prima volta, ma incompleta (lin, 1- 25, 47-51), da don Lemoyne nel secondo volume delle Memorie Biografiche e messa in relazione con la data del 3 novembre 1841, quando don Bosco, da pochi mesi sacerdotg, si stabilisce a Torino. «Quali fossero i suoi pensieri ed affetti in quel momento solenne — scrive il biografo, anticipando i tempi della storia reale — ci pare di trovarli riprodotti in una vecchia carta scritta di sua mano in un tempo di poco posteriore a quest'anno».' Trascritta integralmente dall'autografo di don Bosco, appare probabilmente per la prima volta nella raccolta S. GIOVANNI Bosco, Scritti sul sistema preventivo nell'educazione della gioventù, a cura di P. Braido.2
Il Cenno storico, la più antica e interessante testimonianza scritta di don Bosco sui primordi della sua opera, è rimasto finora inedito. Lo conoscono, tuttavia, e vi fanno riferimento i migliori studiosi di don Bosco.'
' MB II 45-46.
2 Brescia, La Scuola 1965, pp. 360-362.
Cfr. per esempio E. CERIA nella edizione delle Memorie dell'Oratorio (1846), p. 146, lin. 103; p. 165, lin. 7; 172-173, lin. 18; P. STELLA, Don Bosco nella storia economica e sociale (1815-1870), p. 160, n. 6.
I Cenni storici, secondo don Lemoyne, dovrebbero essere stati stampati 4 e in quanto tali compaiono elencati nel volume di P. STELLA, Gli scritti a stampa di S. Giovanni Bosco.' Un brano (corrispondente alle lin. 211-237 della presente edizione) viene riprodotto in MB VI 804-805. Le successive correzioni e precisazioni fanno pensare a un testo che viene gradualmente preparato per essere pubblicizzato. Ma non ne è rimasta traccia, nemmeno in archivi e biblioteche di persone che ne potevano essere i più ovvi destinatari (per esempio i vescovi a cui don Bosco chiedeva «commendatizie» per ottenere l'approvazione della nascente Società religiosa).
Per l'essenzialità e linearità del discorso essi sembrano rappresentare quanto di più semplice don Bosco ha tramandato, a livello informativo, sulle vicende «reali» del suo oratorio, senza sovrastrutture, interpretazioni, commenti.
Pare sommamente interessante, d'altra parte, che gli oratori vi siano presentati non ancora quale opera «salesiana», potenziata e limitata insieme da particolari finalità e strutture «religiose», ma semplicemente come istituzione giovanile gestita da ecclesiastici e laici torinesi, tra cui don Bosco stesso,' affiancati da autorità locali e da privati, enti e persone, preoccupati o benevoli secondo le differenti mentalità e opinioni.'
Si ha l'enorme vantaggio che don Bosco, le sue intenzioni e l'iniziativa che egli promuove, dopo e insieme ad altri, compaiono nelle forme più elementari, nei tratti essenziali: quindi con accresciuta ricchezza di virtualità e di universale proponibilità pedagogica.
Anzitutto vi appare don Bosco uomo della sua terra, che conosce la fatica dell'avaro lavoro agricolo, sensibile ai disorientamenti e ai pericoli dei giovani della montagna e della campagna smarriti nell'anonimato e nelle durezze della grande città. In più egli è presente come credente e prete, convinto che senza un principio morale e religioso non si possono risolvere ade
4 «In quanto agli operai, diremo come nel 1862 don Bosco scrivesse un cenno storico sull'Oratorio di S. Francesco di Sales. Questo documento venne stampato» – MB IV 31. Cfr. P. STELLA, Gli scritti a stampa..., p. 40. Il titolo è registrato in base alla testimo-nianza del Lemoyne scarsamente credibile.
Ancora nel 1861 — una data che rende alquanto problematico il discorso — don Bosco scriveva al rettore del Seminario diocesano, il can. Alessandro Vogliotti: «Del resto Ella sa che da vent'anni io ho sempre lavorato e tuttora lavoro e spero di consumare la mia vita lavorando per la nostra diocesi; ed ho sempre riconosciuto la voce di Dio in quella del Superiore ecclesiastico» – lett. del 3 settembre 1861, E I 208.
' Cfr. G. BRACCO, Don Bosco e le istituzioni, in Torino e don Bosco, vol. I Saggi. Torino, Archivio Storico della Città di Torino 1989, pp. 125-159.
guatamente e stabilmente nemmeno i problemi della loro precarietà economica, dell' alloggio, del vitto, del vestito, di un punto di riferimento.
L'umile forma dell'oratorio, adunanza festiva e festosa, che diventerà poi anche «scuola», nelle forme più svariate, e «casa annessa», ospizio (pensionato e internato) si dimostra subito come la più adatta ai «bisogni del tempo». È una prima realizzazione, ma è anche un simbolo di quanto si do-vrebbe e si potrebbe fare per tutti i ragazzi «in difficoltà», «abbandonati», «poveri», perciò «pericolanti» e, potenzialmente, «pericolosi».
Si precisa, insomma, una vasta aspirazione, umanitaria e religiosa, morale e sociale, insieme a un concreto programma, traducibile nelle più svariate iniziative: «Far del bene a quanti si può, del male a nessuno».8
I tre documenti rivelano, dunque, un don Bosco che è di tutti, di quanti in qualsiasi ambito ritengono il problema giovanile estremamente e perennemente serio, per il destino dei singoli e della società.
I testi editi sono già per se stessi ricchi di informazioni storicamente significative. Per un indispensabile inquadramento saranno sufficienti alcune poche notazioni circa il contesto sociale e culturale, oltre le informazioni consuete nell'edizione di testi critici.
I due testi si trovano in quattro manoscritti differenti. Il primo, ms A, autografo di don Bosco, sembra concepito quale integrazione introduttiva al testo del Regolamento del primo oratorio festivo, redatto precedentemente, e che si presenta nella prima o in una delle prime stesure autografe di don Bosco. Due altri manoscritti sono copie, dovute a due diversi amanuensi, che contengono di seguito l'Introduzione, il Cenno storico e il Regolamento. Il quarto, ms B, presenta soltanto il testo dell'Introduzione e del Cenno. Nel medesimo ASC si trovano anche altri manoscritti del Regolamento, privi dell'Introduzione e del Cenno storico. Essi sembrano rispecchiare una fase inter-media tra la prima tradizione manoscritta e la stampa nel 1877.
Si darà una schematica descrizione dei manoscritti che interessano l'Introduzione e il Cenno storico.
MB IX 416.
1. A = ASC 132 Oratorio 1 — microsch. Fondo Don Bosco 1.972 B 3-C 5.
Il documento è costituito da 4 fogli doppi, formato protocollo, mm 300x208, accostati l'uno all'altro, numerotati con numeri romani da I a XV; l'ultima pagina è bianca. La carta, molto ingiallita per l'usura del tempo, è piuttosto leggera, uso mano da tipografia.
Manoscritto autografo di don Bosco con la caratteristica grafia veloce e discontinua. L'inchiostro è nero, generalmente più marcato nelle correzioni.
Molte correzioni e aggiunte ricoprono il largo margine, mm 70/80, lasciato sulla parte sinistra di ciascuna pagina.
Il testo dell'Introduzione occupa le pp. I-II; il testo del Cenno le pagine da III a XV.
A questo gruppo di fogli ne va unito un altro, che ne è la reale continuazione, che contiene il testo manoscritto autografo di don Bosco del Piano di Regolamento dell'Oratorio... — ASC 026 (1) Regolamento dell'Oratorio microsch. 1.955 B 1-D 5. Si tratta di un blocco di fogli semplici (il 1° e il 3°) e doppi (il 2°, 4°, 5°, 6°, 7° e 8°), numerati da 1 a 28.
La carta, la marginatura, l'inchiostro, la grafia presentano le medesime caratteristiche dei fogli occupati dal testo dell'Introduzione e del Cenno. Sono però da notarsi due particolarità: il formato dei fogli è leggermente diverso, 290/300x215 mm; e la grafia si rivela generalmente più leggera nelle correzioni.
Per la datazione, forse, non è lecito assegnare un medesimo tempo ai tre testi, che possono comportare uno dall'altro un'oscillazione di 1 o 2 anni.
2. B = ASC 026 (2) Regolamento dell'Oratorio — microsch. FDB 1.955 D 6-1.956 B 3.
Un unico manoscritto indiviso, tracopiato da un unico amanuense, contiene di seguito i tre elementi, compresi sotto lo stesso titolo Regolamento Primitivo dell'Oratorio di S. Francesco di Sales: l'Introduzione, il Cenno storico, seguito immediatamente dal testo regolamentare.
Apre un foglio di guardia non numerato, semplice, staccato per usura dall'altra metà (che costituisce le pagine 33 e 34 del manoscritto), formato 300x205/206 mm. Esso presenta qualche lacerazione e i segni di una piegatura in senso orizzontale. Nel r è piuttosto annerito, non porta nessun segno di rigatura e presenta nel margine superiore a destra, a tratti calligrafici, in inchiostro nero, il titolo: Regolamento Primitivo dell'Oratorio. Per il resto sia il r che il v sono bianchi.
L'Introduzione è contenuta in un foglio semplice, staccato dal blocco degli altri, formato 306x206 mm. La carta è rigata con largo margine a sinistra, di ca. 50 mm nel r e ca. 70 mm nel v. Le due pagine sono numerate 1 e
2. L'inchiostro è color seppia. Il titolo Introduzione è scritto in grandi caratteri gotici, sottolineato da tre linee curve e da due ramoscelli di foglie. Un ghirigoro chiude la pagina 2 al termine del testo.
Seguono nell'ordine: 5 fogli doppi inseriti l'uno nell'altro; 3 fogli semplici; un foglio doppio; un foglio semplice: insieme costituiscono un fascicolo di 32 pagine, numerate da 3 a 33; l'ultima non è numerata ed è rimasta bianca; da p. 3 a p. 13 si ha anche la numerotazione in numeri romani. La di-mensione dei fogli fino a pag. 24 è identica a quella del foglio che contiene l'Introduzione, 306x206 mm, con margine sinistro di ca. 70 mm, delimitato a pastello azzurro fino a p. 6 e con matita a cominciare da p. 7. Gli altri fogli, numerati da 25 a 33 [e p. 34 non numerata] hanno le medesime dimensioni del foglio di guardia, 300x205/206 mm.
La grafia dell'intero manoscritto è sicura, regolare, piuttosto sottile, inclinata leggermente a destra, spigliata; l'inchiostro è bruno.
Nella parte superiore di p. 3-111 si trova il titolo Regolamento Primitivo dell'Oratorio di S. Francesco di Sales e subito sotto Cenno Storico dell'Oratorio di S. Francesco di Sales.
Il Cenno occupa le pagine da 3 a metà p. 13 (III-XIII). Da metà pagina 13 a p. 33 è contenuto il testo integrale del Regolamento. Nel margine inferiore di p. 33, entro le volute di un ghirigoro sono scritte a caratteri maiuscoli le due parole LAUS DEO e intercalato tra esse il saluto W. GGM (= Viva Gesù, Giuseppe, Maria). Nel margine inferiore a destra di p. 34 (non numerata, bianca) si trova l'indicazione del destinatario e utente del manoscritto, in un tempo ancora lontano dall'edizione a stampa: Direttore.
3. C = ASC 132 Oratorio, 1 (Introduzione) — ASC 026 (3) Regolamento dell'Oratorio (Cenno storico) — microsch. FDB 1.972 C 8-9 e 1.956 B 4- C 2.
Anche questo manoscritto, indivisibile, sebbene il foglio dell'Introduzione abbia una posizione anomala tanto in Archivio quanto nella microschedatura, tracopiato per mano di un unico amanuense, presenta di seguito l'Introduzione, il Cenno storico e il testo del Regolamento.
Manca un presumibile foglio di guardia con un titolo generale, analogamente al ms B.
L'Introduzione occupa la prima e metà della seconda pagina di un foglio semplice, formato 305x208 mm. La carta è piuttosto robusta, con rigatura azzurrognola leggerissima. Il foglio ha subito uno strappo rimediato con adesivo. Il
margine sinistro, delimitato con linea verticale a matita, è largo dai 50 ai 56 mm. La grafia è curata, non bella, leggermente inclinata a destra. L'inchiostro risulta nero e marcato nel titolo e nella citazione giovannea; color seppia, sbiadito nel testo.
Il titolo Introduzione è scritto a grandi caratteri gotici, con tre sottolineature concave, con fregio rappresentante due ramoscelli di foglie, che dal centro si dipartono verso i due lati della pagina.
Immediatamente al di sotto l'ultima linea del testo, al centro della pagina, l' amanuense ha tracciato un piccolo ghirigoro.
In altra posizione archivistica, 026 (3), si trova, preceduto da un foglio semplice, bianco nei due lati, non numerati, un mazzo di 8 fogli doppi (il 6° e il 7° si sono scissi, dando luogo a 4 fogli semplici), formato 305x208 mm, numerati a matita, probabilmente da un archivista da 1 a 31; la pagina 31 è occupata solo per metà e p. 32, non numerata, è bianca. In ciascuna pagina viene delimitato a matita con linea verticale un margine di circa 60 mm. La carta ha una rigatura di colore azzurrognolo appena percettibile.
Le caratteristiche della grafia e dell'inchiostro sono identiche in tutto, nei titoli e nel testo, a quelle segnalate per l'Introduzione.
Il Cenno storico occupa le pagine da 1 a metà p. 11; il testo del Regolamento da metà pagina 11 fino a metà p. 31.
4. D = ASC 132 Oratorio, 1 (Introduzione) — ASC 026 (4) Regolamento dell'Oratorio (Cenno storico) — microsch. FDB 1.972 C 6-7 e 1.956 D 11- E 10.
Il manoscritto occupa due posizioni diverse in archivio e nella microschedatura. Ma è da considerarsi indivisibile. I due testi sono tracopiati da uno stesso amanuense. Per di più, come si preciserà a suo luogo, nel margine superiore del foglio dell'Introduzione don Bonetti scrive: «Manca un po' di esattezza nelle date», inesattezze che vengono poi da lui riscontrate nei fogli, che contengono il Cenno storico.
L'Introduzione occupa le prime due pagine non numerate di un foglio doppio, formato 306x210 mm; le altre due pagine, anche non numerate sono bianche. La carta presenta piccole macchie. Il margine sinistro delle pagine occupate dal testo è delimitato con linea verticale a matita per lo spazio di 60 mm. La grafia, leggermente inclinata verso destra, appare sicura, rapida, corposa e ben marcata, con la d caratterizzata da spire, che pretendono ad eleganza. L'inchiostro è color seppia. Il titolo è a caratteri gotici, ma privo delle sottolineature e del fregio di B e C. Invece, come C, aggiunge un modesto ghirigoro al termine del testo.
Il Cenno è contenuto in un fascicolo costituito da 4 fogli doppi inseriti uno nell'altro cuciti con filo. Il formato è di 308x208 mm. La carta e la marginatura sono identiche a quelle dell'Introduzione. L'inchiostro è nero nei titoli, color bruno nel testo, nel quale comunque appare alquanto sbiadito, anche per la carta ingiallita dal tempo.
Il testo lascia a desiderare quanto a fedeltà; talora 1' amanuense confonde la lettera S con la L (Li = Si; Lassi = Sassi), talora legge equivocando (seguire = regime; appositori torr apparatori = apparitori), influenzato o imitato talora dal ms C o da altro ms a noi ignoto.
Nella prima pagina compare in caratteri calligrafici grandi, in parte gotici, un titolo così concepito: Regolamento Primitivo dell'Oratorio di S. Francesco di Sales, e sotto Cenno storico dell'Oratorio di S. Francesco di Sales. Ma di un testo del Regolamento apparentato per carta, grafia, caratteristiche, non si è trovata traccia.
Come si è detto nell'edizione si seguirà esclusivamente il ms A, l'unico indiscutibilmente riferibile a don Bosco e affidabile. Le insignificanti varianti presenti negli altri sono più che altro dovute a incomprensioni e negligenze. Si segnaleranno in nota, ai rispettivi testi di riferimento, tre interventi di don Giovanni Bonetti nel ms D.9
Dei Cenni storici si trovano nell'ASC 4 esemplari, il primo tutto autografo di don Bosco, gli altri dovuti a tre distinti amanuensi, ma con successivi interventi, correzioni e precisazioni autografe di don Bosco.
9 Don Giovanni Bonetti, nasce a Caramagna (Cuneo) il 5 novembre 1838. A 17 anni entra nell'Oratorio di Valdocco, dove con precedenti conoscenze di latino compie in due anni i primi tre anni del corso ginnasiale. Nel seminario di Chieri percorre nel biennio 1857 e 1858 il corso di umanità e retorica. Il primo gruppo che costituisce la Società Salesiana lo elegge 2° consigliere del Capitolo Superiore nella seduta inaugurale del 18 dicembre 1859. Frequenta i corsi di filosofia e teologia nel Seminario arcivescovile e viene ordinato diacono il 22 aprile 1864 e sacerdote il 17 maggio, martedì di Pentecoste. Ottenuta l'abilitazione all'insegnamento nel ginnasio inferiore nel 1863, nell'autunno del medesimo anno è insegnante e catechista o direttore spirituale nel collegio di Mirabello. È direttore del collegio nella sede di Mirabello dal 1865 al 1870 e nella sede di Borgo San Martino dal 1870 al 1877. È chiamato a Valdocco redattore-direttore del «Bollettino Salesiano» (1877-1886). Viene eletto dal Capitolo Generale IV Direttore Spirituale generale della Congregazione (1886) e ricopre questo ufficio fino alla morte (5 giugno 1891). Scrittore e polemista, fu spesso revisore di scritti di don Bosco in nuova edizione e uno dei suoi uomini di fiducia.
1. A = ASC 132 Oratorio 2,1 – microsch. FDB 1.972 C 10-D 4.
Il testo è contenuto in 3 fogli doppi inseriti uno nell' altro (il primo, che raccoglie gli altri, presenta i due fogli semplici componenti staccati l'uno dall'altro), formato 310x208 mm. La carta è leggera, senza rigatura, ingiallita dal tempo, e l'inchiostro traspare nei due versi. A sinistra viene costantemente conservato un margine di ampiezza variabile, dai 40 ai 50 mm. L'inchiostro è color seppia, piuttosto sbiadito, talvolta nero nelle correzioni. Le pagine sono numerate da 1 a 7; l'ottava è bianca.
Uno strappo nel margine superiore del primo foglio è stato rimediato con adesivo trasparente.
Il manoscritto è interamente autografo di don Bosco, tempestato di correzioni nel testo e nel margine, di non facile lettura; alcune varianti risultano illeggibili.
La composizione va collocata con certezza non prima del 1860, poiché don Rua vi appare già sacerdote (venne ordinato il 29 luglio 1860) e come tale da tempo collaboratore e quasi successore del teol. Roberto Murialdo nella gestione dell'oratorio dell'Angelo Custode; e non dopo la metà del 1863 quando don Bosco sta approssimandosi alla fondazione del collegio di Mira-bello, di cui don Rua sarà nel novembre direttore. L'intero discorso riguarda esclusivamente gli oratori torinesi e si spiega se fatto nel 1862. Qualcuna delle copie, in particolare C e D si collocano nel 1863.
2. B = ASC 132 Oratorio 2,2 – microsch. FDB 1.972 D 5-12.
Il testo è contenuto in un fascicolo, costituito da tre fogli doppi inseriti l'uno nell'altro legati con filo, formato 275x212 mm. La carta è resistente, tipica dei registri per contabilità: con rigatura orizzontale color verde e linee verticali a sinistra e a destra color rosso granata. La carta è ingiallita, l'inchiostro color bruno piuttosto sbiadito. A sinistra di ciascuna pagina è lasciato un margine di ca. 50 mm. L' amanuense, non identificato, presenta una scrittura leggermente inclinata a destra, poco raffinata, non calligrafica, però regolare e adulta.
Il testo sembra ricopiato direttamente dall'originale di don Bosco ed è l'unico veramente fedele ad esso. Don Bosco interviene discretamente nel testo con correzioni e brevi aggiunte e due volte in margine con integrazioni più consistenti.
3. C = ASC 132 Oratorio 2,4 – microsch. FDB 1.972 E 9-1.973 A 6.
Il testo è contenuto in due fogli doppi e uno semplice di carta ruvida scadente da tipografia, accostati l'uno all'altro. Il formato del primo foglio è di
278x190 mm e degli altri due di 300x215 mm. Normale marginatura a sinistra, di circa 25/30 mm. Le pagine sono numerate dalla la alla 9a, que
st'ultima occupata in piccola parte; la decima, non numerata, è bianca. L'inchiostro nero traspare nei due versi. La grafia è veloce, sicura e matura, fortemente inclinata verso destra. È del salesiano laico, cav. Federico Oreglia di S. Stefano.'° Ogni tanto il testo è interrotto da un certo spazio bianco, quasi a voler lasciar possibilità di aggiunte, non consentite dalla ridotta marginatura.
Successivamente nel testo si notano due tipi di intervento: di don Bosco che corregge e precisa; di altro amanuense non identificato, il quale riporta nel testo del cav. Oreglia le correzioni e precisazioni introdotte da don Bosco nel documento D.
Il doc. C ignora il doc. B e gli interventi in esso operati da don Bosco. Esso dipende direttamente da A, ma con varianti di contenuto e di stile ab
bastanza significative. Inoltre in sette luoghi distinti — come verrà eviden
ziato nelle note al testo —1' amanuense aggiunge nel testo tra parentesi brevi osservazioni, richieste di precisazioni, qualche perplessità. Non è arbitrario
pensare che in vista di una eventuale pubblicazione del documento o di una
sua utilizzazione ufficiale, quale responsabile della tipografia il cav. Oreglia sia stato (o si sia sentito) autorizzato, ricopiando il testo, a introdurre e a pro
porre migliorie di dati e di stile. Il cavaliere era persona colta: aveva compiuto gli studi umanistici al collegio gesuita del Carmine a Torino; tanto è vero che presso i gesuiti, dopo il noviziato, per accedere al sacerdozio gli restò da compiere soltanto il corso teologico.
4. D = ASC 132 Oratorio 2,3 – microsch. FDB 1.972 E 1-8.
Il manoscritto è costituito da tre fogli doppi, inseriti uno nell'altro e cuciti insieme con filo, formato 308x207 mm. La carta è leggera, da tipografia senza rigatura, molto ingiallita, con inchiostro color seppia, che traspare nei due versi. La grafia è curata, elegante, inclinata verso destra, con svolazzi
10 Il cav. Federico Oreglia di S. Stefano, figlio del barone Carlo Giuseppe Luigi (17951851), nasce a Benevagienna (Cuneo) il 15 luglio 1830. Incontra don Bosco agli Esercizi spirituali a S. Ignazio sopra Lanzo Torinese nell'estate del 1860 ed entra nell'Oratorio il 16 novembre dello stesso anno. Professa i voti triennali nella Società Salesiana come coadiutore o religioso laico il 14 maggio 1862 e perpetui il 6 dicembre 1865. Appare già come segretario della lotteria del 1862 ed è costituito da don Bosco fin dagli inizi responsabile della gestione della tipografia e della libreria (1862/1863). Nel 1869 lascia la Società Salesiana ed entra nella provincia romana della Compagnia di Gesù (un fratello è già uno dei padri della «Civiltà Cattolica» e un altro, dal 1866, internunzio in Olanda, poi cardinale), nella quale professa nel 1870 e viene ordinato sacerdote. Muore il 2 gennaio 1912.
nella d e nella doppia t. Le pagine non sono numerate: le prime due sono bianche; il testo è contenuto nelle pagine da 3 a 10; le pagine 11 e 12 sono bianche. A sinistra di ciascuna pagina è lasciato un margine di ca. 40 mm.
L' amanuense sembra essere il chierico salesiano Paolo Albera, che aveva professato i voti triennali con il primo gruppo il 14 maggio 1862."
Il rapporto tra i quattro documenti può essere rappresentato con il seguente stemma:
A
B C
D
C x
La composizione dei tre documenti l'Introduzione, il Cenno storico, i Cenni storici si colloca nel periodo che va dal 1854 al 1862/1863. È anzi possibile attribuire a ciascuno una datazione sufficientemente precisa.
Tutti gli elementi materiali e formali, quali risultano anche dalla descrizione dei manoscritti, inducono ad assegnare date piuttosto ravvicinate all'Introduzione e al Cenno storico. Con analoga certezza si può pensare che l'autografo in nostro possesso tramandi la prima stesura del testo. Le ultime righe del Cenno consentono anche di stabilire il tempo nel quale la sua stesura è terminata; non molto discosto, del resto, da quello di inizio. Don Bosco conclude la sua rievocazione storica accennando molto sommariamente a un
" Paolo Albera era nato a None (Torino) il 6 giugno 1845. Entrato all'Oratorio 1'8 ottobre 1858 fece parte del drappello che aprì il collegio di Mirabello Monferrato (20 ottobre 1863). Sacerdote nel 1868 fu poi direttore dell'ospizio di Marassi (1871), trasferito nel 1872 a Sampierdarena: vi rimase fino al 1881 quando fu nominato ispettore (provinciale) in Francia. Dal Capitolo Generale V (1891) fu eletto direttore spirituale generale della Società salesiana. Occupò parecchi anni nella visita di pressoché tutte le opere salesiane nel mondo. Fu eletto a succedere a don Rua come Rettore Maggiore della Congregazione nel 1910, governando fino alla morte avvenuta il 29 ottobre 1921.
elemento decorativo introdotto nella chiesa di S. Francesco di Sales, dono del co. Cays eletto nella Pasqua del 1854 per la seconda volta priore della Compagnia di S. Luigi e sottolinea le angustie dell'annata (ma don Bosco non accenna al cholera morbus manifestatosi anche a Torino ai primi di agosto). Indica pure il numero dei ricoverati nell'ospizio: 86, cifra che sembra corrispondere esattamente all'effettiva realtà del 1854.12
La data di composizione dello scritto non dovrebbe andare oltre l'estate del 1854.
Il Regolamento ha una propria storia autonoma e, almeno nelle parti di cui si conserva la redazione primitiva, potrebbe risalire agli anni 1851/1852, quando don Bosco non era ancora stato dichiarato da mons. Luigi Fransoni direttore capo dei tre oratori di S. Francesco di Sales, di S. Luigi, dell'Angelo Custode.
È significativo che il titolo Piano di Regolamento per l'Oratorio maschile di S. Francesco di Sales in Torino nella regione di Valdocco si trovasse dapprima, con qualche variante, a capo del foglio che contiene l'inizio del testo del Regolamento. E che nel margine superiore a sinistra del medesimo foglio si trovasse il testo giovanneo: Ut filios Dei qui erant dispersi congregaret in unum Ioan. 11,52. I due testi vengono cancellati nel foglio primitivo e il titolo è aggiunto nel margine superiore a sinistra del foglio che contiene l'Introduzione, che a sua volta inizia col passo giovanneo ricordato. Sembra risultare da tali varianti che, contrariamente alle intenzioni espresse nell'Introduzione, il primitivo Piano di Regolamento intendesse regolare soltanto l'oratorio di Valdocco, e quindi sia stato pensato e redatto quando non si era ancora determinaía nei tre oratori l'unità di governo.
I Cenni storici nelle intenzioni di don Bosco non dovevano avere come destinatari preferenziali i propri collaboratori. Potevano invece essere pensati quale essenziale strumento di corretta informazione circa la sua opera in varie
12 La cifra si avvicina molto a quelle date tra novembre 1854 e gennaio 1855 in due lettere, inviate rispettivamente alla «Mendicità Istruita» (13 novembre 1854 - Em I 235: gli ospiti sarebbero 90) e al sindaco di Torino (25 gennaio 1855 - Em I 243: i giovani sarebbero 95). «Nel 1854 don Bosco poteva accogliere circa ottanta ragazzi; tra i quali, alcuni orfani o privi di sostentamento a causa del colera che aveva infierito in Piemonte e specialmente a Torino nei quartieri di periferia» (P. STELLA, Don Bosco nella storia della religiosità cattolica, vol. I, p. 114). In una lettera indirizzata al salesiano don Giuseppe Bologna, direttore dell'opera di Marsiglia, il 6 gennaio 1879, il maestro dei novizi don Giulio Barberis, facendo un elenco di fonti idonee a far conoscere l'anima e lo stile di don Bosco, informa: «11 Tu forse avrai manoscritto un regolamento dell'Oratorio antico — regolamento che non si stampò mai — preceduto da una relazione storica scritta da Don Bosco medesimo — molto importante» (Cronichetta, quid. 14°, p. 75).
direzioni: giudici più o meno benevoli, benefattori, autorità ecclesiastiche e civili. Nel 1860 e 1861 l'Oratorio era stato oggetto di qualche perquisizione o ispezione; e a don Bosco poteva premere di sottolineare lo scopo essenzialmente caritativo della sua opera.
La datazione della stesura autografa risulta relativamente facile. Nell'elenco dei vari laboratori si trovano inclusi i tipografi, ma non i fabbri ferrai. Orbene, l'idea di una propria tipografia si concretezza in don Bosco lungo gli ultimi mesi del 1861; l'autorizzazione della prefettura di Torino è datata al 31 dicembre del 1861 e comunicata a don Bosco dall'autorità di pubblica sicurezza il 2 gennaio 1862; nei mesi seguenti inizia il suo lavoro e nel maggio esce la prima produzione consistente: il fascicolo delle Letture Cattoliche dal titolo Teofilo ossia il giovane romito. Il manoscritto allografo B, il più fedele al testo originario e riveduto da don Bosco, non muta nulla. I fabbri ferrai compaiono nella copia trascritta con una qualche libertà dal cav. Oreglia di S. Stefano, diventato nel 1862 responsabile della tipografia, il quale nel suo manoscritto fissa chiaramente la data del 1863, ripetuta nel manoscritto D strettamente dipendente dal C. Non sembra incongruo supporre che i due manoscritti A e B si debbano far risalire alla prima metà del 1862. Intanto nella seconda metà sorge il laboratorio dei fabbri ferrai, impegnati in lavori connessi con la costruzione di un nuovo corpo di fabbrica (la costruzione durò dall'estate 1862 all'estate del 1863). È probabile che, secondo quanto si è già detto, il cav. Oreglia sia stato incaricato di riprendere il manoscritto in vista di una eventuale pubblicazione e che nel 1863 abbiano luogo le due trascrizioni C e D con l'ovvia inclusione dei fabbri ferrai.
L'edizione dell'Introduzione e del Cenno sarà fatta esclusivamente sul manoscritto autografo di don Bosco. Degli altri non si terrà conto: contengono trascrizioni non sempre accurate di amanuensi e non evidenziano alcun intervento di don Bosco. Si farà riferimento al ms D limitatamente alle tre annotazioni, già accennate, di don Bonetti, che è uno dei primi, in ordine di tempo e di importanza, autorevoli testimoni delle iniziative educative di don Bosco.
Quanto ai Cenni storici si è proceduto diversamente.
Nel lavoro di edizione si poteva scegliere la via più ovvia. Prendere come base il documento D, che è, con tutta probabilità, l'ultimo che don Bosco ha controllato e corretto; e integrare in esso le correzioni compatibili
da lui introdotte nel documento B. L'apparato delle varianti avrebbe dovuto evidenziare l'evoluzione subita dal testo a partire dalla originaria redazione A, tutta autografa di don Bosco, fino al documento finale D.
Ma si è preferito privilegiare ciò che don Bosco effettivamente e direttamente ha scritto di suo pugno. Sulla linea A-C-D è intervenuto qualcosa che è dovuto a Oreglia e che non sembra derivato propriamente da don Bosco, che, quindi, non è rigorosamente suo; e questo è stato poi riversato in D.
Si è, perciò, preferito partire dal documento originario A, arricchendolo e ricostruendolo in base agli espliciti interventi di don Bosco succedutisi in B,
C, D, privilegiando qualche rarissima volta quelli riscontrati in D incompatibili con qualche intervento in B. In apparato sono registrate tutte le varianti, da chiunque introdotte nelle varie fasi redazionali.
Considerato il carattere arcaico dei testi editi ci si è voluti attenere alla mens di don Bosco, intesa nel senso più letterale. Non è esclusa la legittimità
e la validità di un altro tipo di edizione. A livello di interpretazione delle intenzioni e delle idee si è ritenuta più significativa questa, la quale garantisce che ogni parola e sillaba è uscita esclusivamente dalla penna di don Bosco, anche se i testi dei due amanuensi possono aver goduto di una sua tacita approvazione.
In questa edizione, nella quale interessa più la sostanza del documento che talune peculiarità morfologiche o grafiche, non si includono, nell'appa
rato delle varianti, anomalie e particolarità puramente formali: punteggiatura
(quando non sia indispensabile per la comprensione esatta del testo), diverso modo di indicare il pl/urale delle parole terminanti in -io (per es. laboratorii o
laboratori, oratorii o /oratori...), lo scambio di maiuscole e minuscole per molti nomi comuni (per es. Oratorio o oratorio, Falegname o falegname, Istruzione o istruzione...), l'assenza o presenza di sottolineature nei sottotitoli, l'uso per certe forme verbali di accenti e di elisioni (per es. fù-fu, fà-fa) e dell'imperfetto indicativo (facea-faceva, avean-avevano...).
ASC = Archivio Salesiano Centrale - Via della Pisana, 1111 - ROMA.
BARICCO, L'istruzione popolare = L'istruzione popolare in Torino. Monografia del T. C. Pietro Baricco, assessore del municipio e regio ispettore degli studi primari della provincia di Torino. Torino, tip. Eredi Botta 1865, 236 p.
BARICCO, Torino descritta = Torino descritta da Pietro Baricco. Torino, tip. G.B. Paravia e comp. 1869, [IV]-972 p.
Breve ragguaglio = Breve ragguaglio della festa fattasi nel distribuire il regalo di Pio IX ai giovani degli oratorii di Torino. Torino, tip. Eredi Botta 1850, 27 p. — OE IV 93-119.
BS = Bibliofilo cattolico o Bollettino Salesiano mensuale (iniziato a Torino nell'agosto del 1877) e Bollettino Salesiano dal gennaio del 1878, anno II, n. 1.
Cafasso = Biografia del sacerdote Giuseppe Caffasso esposta in due ragionamenti funebri dal sacerdote Bosco Giovanni. Torino, tip. G.B. Paravia e comp. 1860, 144 p. — OE XII 351- 494.
CASALIS, Dizionario XXI = Dizionario geografico storico-statistico-commerciale degli stati di S.M. il re di Sardegna compilato per cura del professore... Goffredo Casalis..., vol. XXI. Torino, presso G. Maspero librajo e G. Marzorati tipografo 1851, 1144 p.
Costituzioni SDB = G. Bosco, Costituzioni della Società di S. Francesco di Sales 1858-1875. Testi critici a cura di Francesco Motto. Roma, LAS 1982, 272 p.
E = Epistolario di S. Giovanni Bosco, vol. I Dal 1835 al 1868, Torino, SEI 1955, XII-624 p.
Em = G. Bosco, Epistolario. Introduzione, testi critici e note a cura di Francesco Motto, vol. I (1835-1863). Roma, LAS 1991.
FDB = Archivio Salesiano Centrale, Fondo Don Bosco. Microschedatura e descrizione. Roma, 1980, 629 p.
La forza = La forza della buona educazione. Curioso episodio contemporaneo per cura del Sac. Bosco Giovanni. Torino, tip. G.B. Paravia e comp. 1855 — OE VI 275-386.
GIRAUDI, L'Oratorio... = F. GIRAUDI, L'Oratorio di Don Bosco. Inizio e progressivo sviluppo edilizio della casa madre dei salesiani in Torino. Torino, SEI 1935, VIII-367 i11., tav.
GP (1847) = Il giovane provveduto per la pratica de' suoi doveri degli esercizi di pietà per la recita dell'uffizio della Beata Vergine e de' principali Vespri dell'anno coll'aggiunta di una scelta di laudi sacre ecc. Torino, tip. Paravia e comp. 1847, [VI]-352 — OE II 183-352.
MB = Memorie biografiche di Don [del venerabile - del beato - di san] Giovanni Bosco, 19 voll. in edizione extra-commerciale. San Benigno Canavese-Torino 1898-1939.
MO = G. Bosco (S.), Memorie dell'Oratorio di San Francesco di Sales dal 1815 al 1855, a cura di Eugenio Celia. Torino, SEI 1946, 260 p.
Mo'rro, L'«oratorio»... = F, MOTTO, L'«oratorio» di Don Bosco presso il cimitero di S. Pietro in Torino, in «Ricerche Storiche Salesiane» 5 (1986), pp. 199-220.
OE = G. Bosco, Opere edite. Prima serie: Libri e opuscoli [ristampa anastatica], 38 vol. Roma, LAS 1977-1987.
Il pastorello = Il pastorello delle Alpi ovvero vita del giovane Besucco Francesco d'Argentera pel sacerdote Bosco Giovanni. Torino, tip. dell'Orat. di S. Frane. di Sales 1864, 193 p. — OE XV 242-435.
Ricordi confidenziali = F. MOTTO, I «ricordi confidenziali ai direttori» di Don Bosco, in «Ricerche Storiche Salesiane» 3 (1984) 125-166.
STELLA, Don Bosco nella storia della religiosità cattolica, vol. I, vol. II = P. STELLA, Don Bosco nella storia della religiosità cattolica, vol. I. Vita e opere. Roma, LAS 1979, 303 p.; vol. II Mentalità religiosa e spiritualità. Ibid. 1981, 585 p.
STELLA, Don Bosco nella storia economica... = P. STELLA, Don Bosco nella storia economica e sociale (1815-1870). Roma, LAS 1980, 653 p.
Storia ecclesiastica = Storia ecclesiastica ad uso delle scuole utile per ogni ceto di persone dedicata a E Ervé de la Croix compilata dal sacerdote B.G. Torino, tip. Speirani e Fen•ero 1845, 398 p. — OE I 160-556.
Storia sacra = Storia sacra per uso delle scuole utile ad ogni stato di persone arricchita di analoghe incisioni Compilata dal sacerdote Gioanni Bosco. Torino, Tipografi-Editori Speirani e Ferrero 1847 — OE III 1-212.
A = redazione manoscritta autografa di don Bosco A', A'... = successivi interventi di don Bosco
Piano di Regolamento p. 1
per l'Oratorio maschile di S. Francesco di Sales in Torino
nella regione Valdocco.
Introduzione.
5 Ut filios Dei, qui erant dispersi, congregaret in unum. Joan. c. 11 v.52.
Le parole del santo Vangelo che ci fanno conoscere essere il di-vin Salvatore venuto dal cielo in terra per radunare insieme tutti i figliuoli di Dio, dispersi nelle varie parti della terra, parmi che si poso sano letteralmente applicare alla gioventù de' nostri giorni. Questa porzione la più dilicata e la più preziosa dell'umana Società, su cui si fondano le speranze di un felice avvenire, non è per se stessa di indole perversa. Tolta la trascuratezza dei genitori, l'ozio, lo scontro de' tristi compagni, cui vanno specialmente soggetti ne' giorni festivi,
1-3 Piano...Valdocco om A add mrg sin A2 4 Introduzione om A add mrg s A2
7-8 ci...terra] dimostrano lo scopo della venuta del Salvatore A ci fanno conoscere essere il divin Salvatore venuto dal cielo in terra per radunare insieme tutti i figliuoli di Dio, dispersi nelle varie parti della terra em mrg sin A2
10-13 «La porzione dell'umana Società, su cui sono fondate le speranze del presente e dell'avvenire, la porzione degna de' più attenti riguardi è senza dubbio la Gioventù. Questa rettamente educata ci sarà ordine e moralità, al contrario vizio e disordine» — Esercizi spirituali alla gioventù. Avviso sacro (1849).
13-18 «Una modesta opera di beneficenza fu intrapresa, or fa dieci anni, nel distretto di questa città sotto il titolo di Oratorio di S. Francesco di Sales, diretta unicamente al bene intellettuale e morale di quella parte di gioventù che per incuria dei genitori, per consuetudine di amici perversi o per mancanza di mezzi di fortuna trovasi esposta a continuo pericolo di corruzione» — Appello per una lotteria, 20 dicembre 1851, Em I 139. — «Cose da fuggirsi massimamente dalla gioventù. Art. 1° Fuga dell'ozio(...). Art. 2° Fuga de' cattivi compagni(...)» — GP (1847) 21-23.
riesce facilissima cosa l'insinuare ne' teneri loro cuori i principii di 15 ordine, di buon costume, di rispetto, di religione; perché se accade talvolta che già siano guasti in quella età, il sono piuttosto per inconsideratezza, che non per malizia consumata.
Questi giovani hanno veramente bisogno di una mano benefica, che prenda cura di loro, li coltivi, li guidi alla virtù, li allontani dal 20 vizio.
La difficoltà consiste nel trovar modo di radunarli, loro poter parlare, moralizzarli.
Questa fu la missione del figliuolo di Dio; questo può solamente fare la santa sua religione. Ma questa religione che è eterna ed immu- 25 tabile in se, che fu e sarà mai sempre in ogni tempo la maestra degli uomini contiene una legge così perfetta, che sa piegarsi alle vicende dei tempi, e adattarsi all'indole diversa di tutti gli uomini. Fra i mezzi atti a diffondere lo spirito di religione ne' cuori inculti ed abbandonati,
19-21 Questi...vizio om A add mrg sin A2 23 post moralizzarli add A questo sco
po tendono gli Oratori di S. Francesco di Sales in Valdocco, di S. Luigi Gonzaga a Porta Nuova, del santo Angelo Custode in Vanchiglia. Ivi mediante istruzione morale e religiosa, piacevole ricreazione, scuole domenicali e serali si ottennero soddisfacentissimi risultati. La prova fatta di oltre dodici anni mi ha assicurato dell'esito felice
di questi oratori A del A' 24-28 Questa...uomini om A add mrg sin A2
28-30 Fra...Oratori om A add mrg sin A2
28-32 «Alcune persong, amanti della buona educazione del popolo, videro con dolore farsi ogni giorno maggiore il numero dei giovani oziosi e malconsigliati(...). Videro pure con sentimento di profonda tristezza molti di coloro che si sono dedicati per tempo all'esercizio delle arti e delle industrie cittadine, andar nei giorni festivi consumando nel giuoco e nelle intemperanze la sottile mercede guadagnata nel corso della settimana, e desiose di portare rimedio ad un male da cui sono a temersi funestissime conseguenze, divisarono di aprire una casa di domenicale convegno, in cui potessero gli uni e gli altri aver tutto l'agio di soddisfare a' religiosi doveri, e ricevere ad un tempo una istruzione, un indirizzo, un consiglio per governare cristianamente e onestamente la vita(...). Varii giocherelli atti a sviluppare le forze fisiche e a ricreare onestamente lo spirito furono pure adottati, e così si studiò di rendere utile ed insieme gradita la loro dimora in quel luogo» — Appello per una lotteria, 20 dicembre 1851, Em I 139. — «Lo scopo di quest'Oratorio è di trattenere la gioventù ne' giorni festivi con piacevole ed onesta ricreazione dopo di aver assistito alle sacre funzioni di chiesa» — prima redazione manoscritta autografa del Regolamento dell'Oratorio effettuata da Don Bosco verso il 1852 — «(...) oso nuovamente esporre li miei gravi bisogni(...): 1° Fitto di due di questi Oratorii, che sono recinti abbastanza spaziosi per capire un considerevole numero di giovani che ivi si radunano per fare ricreazione dopo di aver assistito alle sacre funzioni di chiesa» — Richiesta di un sussidio alla Pia Opera della Mendicità Istruita, 13 nov. 1854, Em I 235.
30 si reputano gli Oratori. Sono questi oratori certe radunanze in cui si trattiene la gioventù in piacevole ed onesta ricreazione, dopo di aver assistito alle sacre funzioni di chiesa.
I conforti che mi vennero dalle autorità civili ed ecclesiastiche, lo zelo con cui molte benemerite persone vennero in mio aiuto e con
35 mezzi temporali e colle loro fatiche, sono segno non dubbio delle benedizioni del Signore, e del pubblico gradimento degli uomini.
Trattasi ora di formare un piano di Regolamento che possa servire p. 2 di norma ad amministrare questa parte di sacro ministero, e di guida alle persone ecclesiastiche e secolari che con caritatevole sollecitudine
40 in buon numero ivi consacrano le loro fatiche.
Più volte ho cominciato, ed ho sempre desistito per le innumerabili difficoltà che eransi a superare. Ora e perché si conservi unità di spirito e conformità di disciplina, e per appagare parecchie autorevoli persone,
30-32 in cui... chiesa om A add mrg sin A2 40 in buon numero om A add sl A2
42-43 e perchè...disciplina, e om A add mrg sin A2
33-36 «Finora ogni cosa progredì coll'aiuto di alcune caritatevoli persone ecclesiastiche e secolari. I sacerdoti che sono a ciò in modo particolare dedicati sono il S. Teol. Borrelli, Teol. Carpano, Teol. Vola, Don Ponte, Don Grassino, Teol. Murialdo, Don Giacomelli, Teol. Prof. Marengo» — agli amministratori della Pia Opera della Mendicità Istruita, 20 febbr. 1850, Em I 96. — «Questo è il mio sentimento: noti però che il governo e la città, propensi per la pubblica istruzione, si mostrano favorevoli agli Oratorii, ed hanno già più volte dimostrato desiderio di stabilire scuole quotidiane in tutti tre gli Oratorii: al che non ho ancora potuto aderire per mancanza di maestri» — lett. a don Carlo Gilardi dell'Istituto della Carità, 15 aprile 1850, Em I 102.
37-40 «Taluno qui dimanderà: Come era possibile tenere la disciplina e conservare l'ordine in mezzo a migliaia di giovanetti di quella fatta? Non è tanto difficile come pare a prima vista. Avvi un Regolamento per l'Oratorio festivo, in cui sono distribuiti i vari uffizi che si riferiscono alla Chiesa ed un giardino di amena ricreazione. Un Direttore che diriga, gli altri che facciano la parte loro fissata, ogni cosa procede colla massima soddisfazione, senza mai dover ricorrere né a minaccia, né a castigo di sorta» — BS 1 (1877) sett., p. 2.
41-42 Don Bosco si riferisce ai gravi dissidi sorti tra lui e alcuni collaboratori sull'unità di direzione degli Oratori negli anni 1851-1852; essi sono rievocati nelle MB IV, capp. XXVII e XXXII-XXXIII, rispettivamente pp. 309-317 e 366-386 sulla scorta di documenti del tempo e di una testimonianza di un laico collaboratore di don Bosco, Giuseppe Brosio (1829-1883), ASC 123 Brosio (Memoria, pp. 16-19). In data 31 marzo 1852 l'arcivescovo mons. Fransoni nominava don Bosco «Direttore Capo» degli Oratori e i teol. Roberto Murialdo e Paolo Rossi direttori, rispettivamente, dell'oratorio dell'Angelo Custode in Vanchiglia e di S. Luigi a Porta Nuova.
che a ciò mi consigliano, mi sono deciso di compiere questo lavoro comunque siasi per riuscire. 45
Premetto anzi tutto che io non intendo di dare né leggi né precetti; mio scopo si è di esporre le cose che si fanno nell'Oratorio maschile di S. Francesco di Sales, in Valdocco; e il modo con cui queste cose sono fatte.
Forse taluno troverà espressioni le quali pajano dimostrare che io so vada cercando gloria od onore, nol creda: ciò attribuisca all'impegno che ho di scrivere le cose come sono realmente avvenute e come tuttora si trovano.
Quando mi sono dato a questa parte di sacro ministero intesi di consacrare ogni mia fatica alla maggior gloria di Dio ed a vantaggio 55 delle anime, intesi di adoperarmi per fare buoni cittadini in questa terra, perché fossero poi un giorno degni abitatori del cielo. Dio mi ajuti di poter così continuare fino all'ultimo respiro di mia vita. Così sia.
p. 3 Cenno storico dell'Oratorio di S. Francesco di Sales. 60
Quest'Oratorio, ovvero adunanza di giovani ne' giorni festivi cominciò nella chiesa di S. Francesco di Assisi. Il Sig. D. Caffasso già da parecchi anni in tempo estivo faceva ogni Domenica un catechismo a' garzoni muratori in una stanzetta annessa alla sacrestia di detta chiesa
44 che...consigliano om A add sl A2 44-45 comunque...riuscire om A add A2
56-57 intesi...cielo onj A add mrg sin A2 60 dell'I su questo A dell'era sl A2
di S. ...Sales om A add 'sl A' 62 ante Il Sig. add Nel 1840 A del A2
50-53 «Ho udito alcuni del clero che interpretavano poco benignamente l'apertura di questi Oratorii di D. Bosco, perché li consideravano un'opera in cui egli cercasse la propria ambizione, ma a me non risultò mai che tale fosse la sua intenzione, e sempre ho ammirato il felice e benefico esito dell'opera sua» — testimonianza di s. Leonardo Murialdo al Processo Ordinario per la beatificazione di don Bosco (20 febbr. 1893), Copia publica transumpti processus, fol. 1046r. — Cfr. anche MB IV 310.
56-57 «Vi presento un metodo di vivere breve e facile, ma sufficiente perché possiate diventare la consolazione dei vostri parenti, l'onore della patria, buoni cittadini in terra per essere poi un giorno fortunati abitatori del cielo» — GP (1847), Alla gioventù, p. 7. 61-62 La chiesa di S. Francesco d'Assisi aveva annesso l'ex-convento dei Minori Conventuali, dal 1817-1818 sede del Convitto ecclesiastico fondato dal teol. Luigi Guala e dal P. Brunone Lanteri — cfr. CASALJS, Dizionario XXI 559-561, 473-477.
62 Cafasso Giuseppe, sac., santo: n. a Castelnuovo d'Asti, diocesi di Torino nel 1811, morto a Torino, rettore del Convitto Ecclesiastico, nel 1860; vi era entrato come alunno nel gennaio del 1834 dopo pochi mesi dall'ordinazione sacerdotale (sett. 1833). Ripetitore di morale dal 1837 assume la responsabilità delle quotidiane «conferenze», privata e pubblica, dal 1843. Insieme alla vasta attività di moralista, confes sore, formatore di sacerdoti e laici qualificati, apostolo tra i carcerati, diede validi sostegni all'opera dei catechismi e degli oratori.
65 . La gravezza delle occupazioni di questo Sacerdote gli fecero interrompere questo esercizio a lui tanto gradito. Io lo ripigliai sul finire del 1841, e cominciai col radunare nel medesimo luogo due giovani adulti, gravemente bisognosi di religiosa istruzione. A costoro se ne unirono altri e nel decorso del 1842 il numero montò a venti e ta
70 lora venticinque. Questi principii mi fecero conoscere due importantissime verità: che in generale la gioventù non è cattiva da per sè; ma che per lo più diventa tale pel contatto dei tristi e che gli stessi tristi gli uni separati dagli altri sono suscettibili di grandi cangiamenti morali.
75 L'anno 1843 il catechismo continuò sul medesimo piede e il nu
mero si portò fino a cinquanta, numero che appunto poteva contenere il luogo assegnatomi. In questo frattempo, frequentando le carceri di
62-63 già...anni om A add sl A2 65 gli om A add sl A2 66-67 sul...del] nel A
sul finire del corr A2 67 due] alcuni A due em sl A2 69 nel...1842] in quel
l'anno A nel decorso del 1842 em sl A2 72 che...pel] diventa tale dal A che per
lopiù diventa tale pel em mrg sin A2 75 1843] 1842 A 1843 corr A2
62-65 Sulla prioritaria origine dei catechismi nel Convitto ad opera di s. Giuseppe Cafasso, ivi Ripetitore di Morale dal 1837, cfr. G. COLOMBERO, Vita del servo di Dio D. Giuseppe Cafasso... Torino, Canonica 1895, pp. 188-189; L. NICOLIS DI ROBILANT, Vita del venerabile Giuseppe Cafasso..., vol. Il. Torino, Scuola Tip. Salesiana 1912, pp. 8-9; P. STELLA, Don Bosco nella storia della religiosità cattolica, vol. I. Roma, LAS 19792, p. 95. Dissente radicalmente in una testimonianza del 1896 il salesiano D. Gioachino Berto (ASC 123 — Microsch. 556 C 8-11), ma soprattutto D. Abbondio Anzini, pure salesiano, nella Vita popolare del Ven. D. Giuseppe Cafasso (San Benigno Can., Libr. Salesiana 1912), pp. 96-103, e in un polemico Memorandum manoscritto del febbraio 1925 (ASC 123 — microsch. 556 B 1-C 4). 66-68 Nessun riferimento all'incontro con Bartolomeo Garelli, diventato nelle Memorie dell'Oratorio il capostipite dei giovani oratoriani: MO 124-127.
75-77 Il numero appare più realisticamente misurato che in Cenni, lin 31-32.
77 Il Cafasso si faceva accompagnare nelle carceri di Torino da sacerdoti del Convitto ecclesiastico o li affidava al tool. Giovanni Borel per i catechismi quaresimali in preparazione alla Pasqua, per esercizi spirituali e per le confessioni: tra essi era anche don Bosco. Prima dell'apertura della «Casa d'educazione correzionale» per giovani discoli (la Generala), nel 1845, ai giovani delinquenti erano riservate alcune stanze del Correzionale per gli uomini presso la chiesa dei ss. Martiri — L. NICOLIS DI ROBILANT, Vita del venerabile Giuseppe Cafasso, vol. II, p. 81, 94, 96.
77-85 Cfr. OE IV 149-154 Appello della Commissione alla pietà dei concittadini in data del 16 gennaio 1852.
Torino ho potuto scorgere che gli sgraziati che trovansi condotti in quel luogo di punizione, per la maggior parte sono poveri giovani che vengono di lontano in città o pel bisogno di cercarsi lavoro o allettati so da qualche discolo. I quali soprattutto ne' giorni festivi abbandonati a se stessi spendono in giuochi o ghiottonerie i pochi soldi guadagnati nella settimana. Il che è sorgente di molti vizi; e que' giovani che erano buoni, diventano ben tosto pericolanti per se e pericolosi per gli altri. Né le carceri producono sopra costoro alcun miglioramento, per- 85 ciocché colà dimorando apprendono più raffinate maniere per far male, e perciò uscendo diventano peggiori. I
p. 4 Mi volsi pertanto a questa classe di giovani come più abbandonati e pericolanti e nel decorso di ciascuna settimana o con promesse, o con regaluzzi procurava di acquistarmi allievi. Aumentai di molto il 90 loro numero, e nell'estate del 1844 essendomi stato accordato locale più spazioso mi trovai talora circondato da circa ottanta giovanetti. Godeva nell'animo mio il vedermi attorniato da allievi, tutti secondo il mio scopo, tutti avviati al lavoro, la cui condotta tanto ne' giorni feriali quanto festivi poteva in certa maniera garantire. Dava sopra 95 di loro uno sguardo e vedeva uno ricondotto ai genitori da cui era fuggito, l'altro collocato a padrone, tutti in via d'istruirsi nella religione.
Ma il regime di comunità, qual è il convitto ecclesiastico di S. Francesco di Assisi, il silenzio e la tranquillità che esigevano le pub- 100 Miche funzioni di quella frequentatissima chiesa inciampavano i miei progetti. E sebben'é il Benemerito Fu T. Guala m'incoraggisse a perseverare, tuttavia io mi accorsi essere indispensabile altro locale. Perché l'istruzione religiosa trattiene i giovani per qualche spazio di tempo, dopo è mestieri qualche sfogo, o passeggiando o trastullandosi.
78 che gli] il maggior numero di quelli che sono condotti A che gli em sl A2
81-85 I quali... altri om A add mrg sin A' 94 avviati al lavoro om A add sl A' la
cui condotta om A em sl A2 94-96 tanto...vedeva om A add mrg sin A2
102 Teol. Luigi Guala (1775-1848), dottore collegiato della Facoltà Teologica dell'Università di Torino, esponente di primo piano dell'Amicizia Cattolica, amico del P. Brunone Lanteri, rettore della chiesa di S. Francesco d'Assisi, nel 1808 inizia un corso di teologia morale ispirato a S. Alfonso; il corso riconosciuto legalmente da Vittorio Emanuele I nel 1814 divenne Convitto Ecclesiastico per l'anno 1817-1818 ed ebbe la definitiva approvazione ecclesiastica dall'arcivescovo Colombano Chiave-roti. «Nasceva una nuova 'scuola' di sacerdoti, formati alla morale alfonsiana e al-l' ultramontanesimo» — G. TUNINETTI, Lorenzo Gastaldi 1815-1883, vol. I. Roma, Edizioni Piemme 1983, pp. 35-37.
105 La provvidenza dispose che sul finire dell'ottobre del 1844 andassi al Rifugio in qualità di Direttore spirituale. Invitai i miei figli a venirmi a trovare nel novello mio soggiorno, e nella domenica successiva si trovarono in numero assai maggiore del solito. Allora la mia camera dillo venne Oratorio e piazza di trastullo. Era un bel vedere! Non vi era sedia, non tavolino od altro oggetto di sorta, che non fosse bersagliato da quell'amica invasione.
Intanto di concerto col Sig.r T. Borrelli, che d'allora in poi fu il braccio più forte dell'Oratorio, abbiamo scelto I una camera destinata a p. 5
115 Refettorio e ricreazione degli ecclesiastici addetti al Rifugio, che ci parve abbastanza spaziosa pel nostro scopo e ridurla a forma di cappella. L'arcivescovo ci fu favorevole, e nel giorno dell'Immacolata Concezione di Maria (8 dicembre 1844) fu benedetta la sospirata Cappella, con facoltà di celebrare il sacrifizio della santa Messa e dare la benedizione col SS. Sacramento. 120
107 spirituale om A add sl A' post spirituale add dell'ospedaletto di S. Filomena ivi annesso A del A'
105 «La ricreazione è il maggiore allettamento per la gioventù; e si desidera che tutti ne possano partecipare, ma solo con que' giuochi che tra di noi sono in uso(...). La ricreazione ha luogo dalle 10 alle 12 del mattino; da 1 ora alle 21/2 pomeridiane; e dal termine delle sacre funzioni fino a notte» — cap. 2° della 2a parte del Regolamento, ms autografo di don Bosco del 1852.
106-107 L'Opera Pia del Rifugio (sotto la protezione di Maria SS. Refugium peccatorum) era stata fondata dalla marchesa Giulietta Falletti di Barolo, nata Colbert, per accogliere gratuitamente donne già incarcerate o sviate, desiderose di cambiare vita. Erano assistite dalle suore dell'Istituto di S. Giuseppe. Vi erano annesse le Maddalene e le Maddalenine, donne e fanciulle orientate a una vita che poteva sfociare nella vocazione monastica. Vi erano già direttori spirituali don Giovanni Borel e don Sebastiano Pac-chiotti. Don Bosco vi si aggiunse, in attesa di diventare direttore spirituale dell'Ospedaletto di S. Filomena, per bambine inferme, che si sarebbe aperto il 10 agosto 1845. 113 Teol. Giovanni Borel, sacerdote torinese (1801-1873), cappellano nelle scuole di S. Francesco da Paola, poi nelle opere della Barolo, predicatore popolare, fervido collaboratore di don Bosco nell'opera degli oratori, come già del Cafasso nell'apostolato nelle carceri. — Sul Borel esiste un breve profilo del salesiano E. CALVI, Il teologo Gio. Battista Borel e il beato Don Bosco. Torino, SEI 1931, 40 p.
117 Mons. Luigi Fransoni, n. a Genova il 29 marzo 1789, rifugiato a Roma dal 1797 al 1814, sacerdote in quell'anno nella città natale, entra nella Congregazione dei Missionari urbani, vescovo di Fossano dal 1821, amministratore apostolico dell'archidiocesi di Torino nel 1831-1832, arcivescovo dal 1832 alla morte, esule in Svizzera nel 1848-1850, espulso dal Regno sardo nel 1850, si stabilisce a Lione, fino alla morte, il 26 marzo 1862. Don Bosco ne riscosse la più ampia fiducia e trovò in lui un decisivo sostegno.
118 Don Bosco scrive: Novembre; Bonetti corregge con: Dic.
La voce di una cappella destinata unicamente per giovanetti, le Sacre funzioni fatte appositamente per loro, un po' di sito libero per saltellare, furono richiami potenti, e la nostra chiesa che, a quell'epoca cominciò ad essere chiamato Oratorio, divenne ristretta. Ci aggiustammo alla bella meglio. Camere, cucina, corridoi, in ogni angolo 125 eranvi classi di catechismo, tutto era Oratorio.
Le cose camminavano di questo passo quando un incidente, o meglio la Divina provvidenza con mire segrete, pose in costernazione il nostro Oratorio. Il 10 agosto 1845 fu aperto l'ospedaletto di S. Filomena, e il locale di cui ci eravamo servito nove mesi dovette subire 130 altra destinazione. Fu d'uopo cercarsi altro luogo. In seguito a formale dimanda il Sindaco di città ci permise di andare nella chiesa di S. Martino vicino ai Molazzi ovvero Mulini della città. Laonde in giorno di domenica si annunzia il cangiamento di nostra dimora. Que' giovanetti parte afflitti perché dovevano abbandonare un luogo 135 amato come loro proprio, parte ansiosi di novità tutti si disponevano alla partenza. Avresti veduto uno portare una sedia, quell'altro una panca, questi un quadro od una statuetta, quell'altro paramentali, o panieri, o ampolline. Altri assai più festosi portavano stampelle o taschette di bocce o piastrelle; ma tutti ansiosi di vedere il novello 140 oratorio.
127-128 o meglio...segréte om A add mrg sin A' 132 post città add che allora era il sig. cav. Pinchia A del A' 133 Molazzi ovvero om A add sl A2
129-131 «Nel recinto del Rifugio e del Monastero delle Maddalene fu fondato nell'anno 1843 (= 1845) quest'ospedale detto di S. Filomena per le povere ragazze dai 4 ai 14 anni, preferibilmente rachitiche. I letti sono 56. Le alunne del Rifugio dopo qualche anno di prova costituiscono una specie di corporazione religiosa detta delle Oblate di M.V., e queste in numero di 26 sono addette al servizio dello Spedale di S. Filomena, di cui hanno la direzione le Suore di S. Giuseppe. Alle fanciulle convalescenti s'insegna il leggere e lo scrivere» — BARICCO, Torino descritta, p. 826.
131-133 Don Bosco, insieme ad altri come don Michele Rua, don Gioachino Berto, don Giovanni Cagliero (il futuro cardinale), colloca la presenza dell'oratorio presso la cappella di S. Martino ai Mulini Dora (o Molassi) prima di quella presso il cimitero di S. Pietro in Vincoli. La documentazione disponibile inverte senza alcuna pos-sibilità di dubbio la fermata nelle due località. In data 12 luglio la Ragioneria concedeva al teol. Borel (e ai colleghi sacerdoti del Rifugio) «la facoltà di servirsi della Cappella de' Mulini per catechizzarvi i ragazzi(...) fissando l'ora di detta catechizzazione dal mezzodì alle tre» — cit. da MOTTO, L'«oratorio»..., p. 215.
Colà passammo tranquillamente due mesi, sebbene le cose si fa cessero solo imperfettamente, giacché non si poteva celebrar messa, né dare la benedizione col Sacramento, I né farsi liberamente ricrea- p. 6
145 zione. Quella calma fu presagio di una burrasca, che doveva mettere a più dura prova l'oratorio. Si sparse voce che tali adunanze di giovani erano pericolose, e che in un momento si poteva passare dalla ricreazione ad una sommossa. Bella sommossa potevano fare giovani ignoranti, senza armi e senza danaro, che unicamente si radunavano
150 per imparare il catechismo, e che sarebbero divenuti tremanti al solo svolazzare di un corvo. Ciò non ostante le dicerie prendono incremento; e si fa una relazione al sindaco, in cui io era qualificato come capo-banda; che ai mulini si faceva uno schiamazzo insopportabile, un disturbo da non tollerarsi, con danno immenso delle mura, dei
155 banchi e del medesimo selciato del cortile. Ebbi un bel dire sull'insussistenza di tali asserzioni; tutto invano. Si spicca un ordine con cui è comandato di evacuare immediatamente dal locale che ci avevano favorito.
Chiesi allora di poter andare alla chiesa del cenotafio del Santissimo Crocifisso detta S. Pietro in Vincoli. Fu permesso. Andammo con 160 gran gioia; ma fu di un solo giorno festivo. Perciocché novelle relazioni fatte per iscritto al Sindaco, in cui qualificavano le nostre adunanze come atti di insubbordinazione; fummo tantosto proibiti di non più porre piede colà.
145-146 mettere...prova] provare se A mettere a dura prova torr A2 mettere a più dura prova corr A' 146 ante l'oratorio add se A del A2 post oratorio add era opera di Dio o degli uomini A del A2
142 I catechismi presso S. Martino — esclusa, però, la celebrazione della Messa e delle funzioni sacre — iniziati il giorno 13 luglio ebbero termine verso la fine dell'anno, poiché il 14 novembre la Ragioneria ordinò al teol. Borel di cessare dal 1° gennaio 1846 di servirsi della cappella dei Mulini – cfr. Mano, L'«oratorio»..., pp. 214-215. 145453 Don Bosco dilata e drammatizza le dimensioni e il significato delle proteste. Esse provengono semplicemente dalla popolazione della zona dei Mulini (piazza Emanuele Filiberto o Porta Palazzo), turbata nella sua quiete dai clamori dei ragazzi. La Deputazione decurionale le accoglierà in data 7 novembre aprendo la via all'intimazione della Ragioneria, di cui è detto sopra.
152 Prima della legge del 17 ottobre 1848 a capo dell'amministrazione comunale era il Vicario, coadiuvato da due sindaci e da cinquantasette decurioni. Nel 1845 i due sindaci erano il conte Giuseppe Bosco di Ruffino e il conte Giuseppe Pochettini di Serravalle.
159-160 La brevissima permanenza a San Pietro in Vincoli ebbe luogo prima di quella presso i Mulini Dora e precisamente la domenica 25 maggio 1845. S. Pietro in Vincoli era stato uno dei due cimiteri stabiliti a Torino nel 1777 (l'altro di S. Lazzaro si trovava al lato opposto, a levante). «Ambidue erano della medesima forma, quadrati con portici a tre lati, in fondo la chiesa, ed in mezzo un cortile coi pozzi dei sepolcri comuni, in cui si accalcavano bare e cadaveri l'uno addosso all'altro, laddove i sepolcri particolari trovavansi nel sotterraneo che girava sotto il portico. Nel cimitero di s. Pietro in Vincoli, detto volgarmente s. Pier de' cavoli (...). Esso rimane aperto ad uso esclusivo di alcune famiglie che vi hanno tombe private. Il municipio torinese vi mantiene a sue spese u.ncappellano residente» – CASALIS, Dizionario XXI 196.
Taccio i nomi degli individui, che presentarono le acri relazioni in 165 città; osservo solo (Dio liberi che io me ne compiaccia) uno sopravvisse un giorno, l'altro tre alla fatta relazione: cosa che fece profonda sensazione sull'animo de' giovani, che di tali cose erano consapevoli.
Che fare? mi trovava un mucchio di attrezzi da chiesa e da ri- 170
creazione; una turba di giovani che mi seguiva ovunque, e non un palmo di terreno ove poterci ricoverare.
Nel timore che li miei figli cessassero d'intervenire loro celava i miei crucci, e ne' giorni festivi li conduceva quando a Sassi, quando alla Madonna di Campagna, quando ai cappuccini del monte. La qual 175 cosa non che diminuire il numero lo accresceva. Intanto avvicinandosi l'inverno, i tempo non più favorevole per le passeggiate campestri, d'accordo col T. Borrelli prendemmo a pigione tre camere in casa Moretta, edifizio non molto distante dall'attuale Oratorio di Valdocco. Du180 rante quell'inverno i nostri esercizi limitaronsi ad un semplice catechismo alla sera di ciascun giorno festivo.
161-162 novelle relazioni] una relazione A novelle relazioni em A2 165-169 Taccio...consapevoli om A add mrg sin A2
160-169 Per l'intera vicenda a S. Pietro in Vincoli e documentate rettifiche delle ricostruzioni finora tramandate, cfr. MOTTO, L'«oratorio»..., pp. 204-211.
170-172 Queste peregrinazioni festive verso diverse chiese di. Torino e dintorni sono piuttosto da assegnare al periodo della fermata ai Mulini Dora, dove erano consentiti soltanto i catechismi.
174-175 Sassi era un piccolo borgo sui 1000 abitanti, in gran parte lavandai, a circa tre chilometri dalla città, sulla riva destra del Po, a sinistra della strada reale di Superga. La parrocchia (S. Giovanni Decollato) era stata reintegrata nel 1821. Il curato teol. Pietro Abbondioli (1812-1893) era amico di don Bosco.
La chiesa parrocchiale della SS. Annunziata detta Madonna di Campagna, officiata dai Padri Cappuccini, si trovava a circa tre chilometri a nord-ovest di Torino oltre la sponda sinistra della Dora e al di qua della sponda destra della Stura, poco lontano dal lato destro della strada che porta a Venaria Reale. Vi era parroco in quel tempo P. Nicolò di Villafranca Piemonte, che nel 1842 aveva aperto una scuola frequentata da 150 tra ragazzi e ragazze, provvedendo i più poveri di vitto e vestiti CASALIS, Dizionario XXI 156-162; BARICCO, Torino descritta, pp. 208-209.
Il Monte dei Cappuccini è un'altura dominante Borgo Po sulla sponda destra del fiume, con chiesa e convento dei Padri Cappuccini.
In questo tempo prevalse un'altra diceria che già prima andavasi propagando: essere gli oratori un mezzo studiato per allontanare la gioventù dalle rispettive parrocchie; per istruirla in massime sospette.
185 Quest'ultima imputazione fondavasi specialmente su ciò che io permetteva ai miei ragazzi ogni sorta di ricreazione purché non fosse peccato e non contraria alla civiltà. In quanto alla prima io cercava scolparmi asserendo che era mio scopo di raccogliere solamente que' giovani che non andavano ad alcuna parrocchia, e di cui la maggior parte,
190 essendo forestieri, nemmen sapevano a quale parrocchia appartenessero. Più io mi sforzava per far conoscere le cose nel vero aspetto, più erano sinistramente interpretate.
Inoltre alcune circostanze concorsero a doverci licenziare da casa Moretta, sicché nel marzo del 1846 dovetti prendere in affitto un 195 pezzo di prato dai fratelli Filippi, dove attualmente avvi una fonderia
180 i nostri...limitaronsi] l'oratorio si limitò A i nostri esercizi limitaronsi em sl A2 187 In... prima om A add sl A'
178-179 La casa con pianterreno e primo piano aveva circa 20 stanze; apparteneva all'ex-cappuccino Giovanni Battista Antonio Moretta (1777-1847). L'oratorio vi fece capo tra il dicembre 1845 e il marzo 1846.
179 Valdocco: zona occidentale di Borgo Dora, tra la riva destra del fiume a nord e Borgo S. Donato al lato sud-ovest.
180-181 Non si trova a questo punto alcun cenno alle scuole serali, di cui don Bosco scrive nelle Memorie dell'Oratorio: «in quello stesso inverno abbiamo cominciato le scuole serali. Era la prima volta che nei nostri paesi parlavasi di tal genere di scuole» (MO 151). Sulle scuole domenicali e serali si veda più avanti nei Cenni storici. 185-187 S. Filippo Neri «correva per le piazze, per le contrade raccogliendo specialmente i ragazzi i più abbandonati, i quali radunava in qualche luogo, dove con lepidezze ed innocenti divertimenti li teneva lontani dalla corruzione del secolo, e li istruiva nelle verità della fede» — Storia ecclesiastica, p. 315. — «Io voglio insegnarvi un metodo di vita cristiano, che sia nel tempo stesso allegro e contento, additandovi quali siano i veri divertimenti e i veri piaceri» — GP Alla gioventù, p. III-IV. — «Potrete anche divertirvi, ben inteso con giuochi e trattenimenti leciti, atti a darvi ricreazione e non già ad opprimervi» — GP 20.
193-194 Le lamentele degli inquilini inducono don Moretta a non rinnovare l'affitto. 194-196 Il prato dei fratelli Pietro Antonio e Carlo Filippi era attiguo, a levante, a casa Moretta. A meno di duecento metri, a nord-ovest, si trovava una tettoia in via di costruzione, appoggiata a casa Pinardi.
di ghisa. Ed io mi trovai là a cielo scoperto, in mezzo ad un prato, cinto da una grama siepe, che ci difendeva solo da chi non voleva entrare; intorniato da circa trecento giovanotti, i quali trovavano il loro paradiso terrestre in quell'Oratorio, la cui volta, le cui pareti erano la medesima volta del cielo. 200
Per aggiunta il Vicario di città, il Marchese Cavour, già prevenuto contro a queste radunanze festive, mi mandò a chiamare, e fattomi un sunto di quanto spacciavasi riguardo all'oratorio finì con dirmi: Mio buon prete: prendete il mio consiglio. Lasciate in libertà quei mascalp. 8 zoni; tali adunanze sono pericolose. Io I risposi: Io non ho altro di mira 205 che migliorare la sorte di questi poveri figli, che se il municipio mi vuole solo assegnare un locale, ho fondata speranza di poter diminuire assai il numero dei discoli, e nel tempo stesso diminuire il numero di quelli che vanno in prigione.
— V'ingannate, mio buon prete, vi affaticate in vano. Dove pren- 210 dere i mezzi? io non posso permettervi tali adunanze.
— I risultati ottenuti mi convincono che non mi affatico in vano: i mezzi sono nelle mani del Signore, il quale talvolta si serve de' più spregevoli strumenti per compiere l' opere sue...
208 assai om A add sl A' e nel tempo stesso om A add sl A' 213 talvolta om A add sl A2
201-233 Dal 1687 al 1848 il vicariato di Torino «era una magistratura complessa, che sosteneva uffizii giudizjarii, di polizia municipale ed amministrativi». Era la suprema autorità municipale. Per quanto riguarda le competenze di polizia, al vicario spettava «promuovere l'osservanza degli ordini concernenti la religione, il buon costume, la salubrità, l'abbondanza e il discreto prezzo dei viveri; la tranquillità e sicurezza e nettezza delle piazze e vie pubbliche» — CASALIS, Dizionario XXI 424.
Michele Benso, marchese di Cavour (1781-1850), figlio primogenito del marchese Filippo e di Philippine de Sales, in gioventù accanito antigiacobino, più tardi vicino, anche per ragioni pratiche, al regime del Consolato e dell'Impero, sposa nel 1805 la ginevrina Adele de Sellon. Dal 1819 è decurione e dal 1833 al 1835 uno dei due sindaci della città di Torino. Nel 1835 è nominato «vicario e sovrintendente generale di politica e polizia della città» e dopo il primo biennio la carica è rinnovata per altri quattro. In essa egli porta «non solo l'inesauribile energia e l'"immense et insatiable activité" che gli erano proprie, ma anche una qualche dose di implacabilità», che gli procurarono giudizi molto duri tra i liberali del tempo e dei decenni successivi R. ROMEO, Cavour e il suo tempo (1810-1842). Bari, Laterza 1984, pp. 607-610.
Ragionevoli e documentate riserve sull'esattezza di quanto don Bosco ricorda circa l'atteggiamento del marchese Michele Cavour nei confronti degli oratori avanza Giuseppe Bracco nell'importante studio su Don Bosco e le istituzioni (nel vol. Torino e Don Bosco I. Torino 1989, pp. 126-130), dove viene riportata la significativa lettera del sacerdote torinese al Vicario di Città del 13 marzo 1846.
215 — Ma io non posso permettervi tali adunanze.
— Non concedetelo per me, Sig. Marchese, ma concedetelo pel bene di que' figli, che abbandonati a loro stessi forse andrebbero a finir male.
— Io non sono qui per disputare: questo è un disordine: io lo vo220 glio impedire; non sapete che ogni assembramento è proibito ove non vi sia legittimo permesso.
— Li miei assembramenti non hanno alcuno scopo politico: è solo per insegnare il catechismo a poveri ragazzi; e questo faccio col permesso dell'arcivescovo.
225 — L'Arcivescovo è informato di queste cose?
— Ne è informato e non ho mai mosso piede senza consiglio e consentimento di lui.
— Ma io non posso permettervi questi assembramenti.
— Io credo, Sig. Marchese, che voi non vorrete proibirmi di fare 230 un catechismo col permesso del mio arcivescovo.
— Andate, parlerò coll' arcivescovo, ma non siate poi ostinato a quegli ordini che vi saranno imposti, altrimenti mi costringete a misure che io non voglio.
L'Arcivescovo era informato di tutto e mi animava alla pazienza
235 ed al coraggio. Intanto per potere attendere più di proposito alla cultura de' miei figli, erami dovuto licenziare dal Rifugio; onde trovavami senza impiego, senza mezzi di sussistenza, ogni mio progetto sinistramente interpretato, sfinito di forze e di sanità; a segno che si andava
dicendo I che io era divenuto pazzo. P. 9
240 Non potendo far comprendere ad altri li miei disegni, studiavami
di temporeggiare, perché io era intimamente persuaso che i fatti avreb
217 abbandonati a loro stessi om A add mrg sin A' 235 Intanto] Ma la molteplicità delle occupazioni A Intanto io oppresso dalla moltiplicità delle occupazioni corr A' Intanto corr A3 235-237 per potere...sussistenza om A add mrg sin A'
235-236 Scaduto il primo anno di impegno con la marchesa di Barolo per l'assistenza spirituale nell'Ospedaletto di S. Filomena, nell'estate del 1846, fatta la scelta in favore dei giovani dell'incipiente oratorio, don Bosco lascia il Rifugio, le sue cose vengono sistemate nelle stanze da lui subaffittate al piano superiore di Casa Pinardi a decorrere dal 1° luglio; in essa entrerà dopo lunga convalescenza, insieme alla madre, il 3 novembre 1846; il 1° dicembre subaffitta da Pancrazio Soave l'intera casa Pinardi con il terreno circostante – STELLA, Don Bosco nella storia economica..., pp. 74-75.
bero giustificato quanto faceva. Di più era sì vivo il desiderio di avere un sito adattato che nella mia mente lo giudicava come fatto e ciò era motivo che li medesimi miei più cari amici mi qualificassero di testa alterata; e li miei cooperatori, poiché non voleva loro accon- 245 discendere, e cessare dalla mia impresa, intieramente mi abbandonarono.
Il T. Borrelli entrava nelle mie idee e non potendo farsi altrimenti egli divisava di scegliere una dozzina di ragazzini, e fare privatamente il catechismo a costoro; aspettando tempi più favorevoli per compiere i nostri disegni. 250
— Non così, io rispondeva, il Signore ha cominciato e deve finire l'opera sua.
— Ma intanto dove radunare i nostri ragazzi?
— Nell' Oratorio. 255
— Dove è questo Oratorio?
— Io lo veggo già fatto – veggo una chiesa – veggo una casa
veggo un recinto per la ricreazione, questo c'è ed io lo veggo.
— Dove sono coteste cose?
— Non so ancora dove siano, ma io le veggo. 260
Ciò diceva pel vivo desiderio di avere tali cose, ed era intimamente
persuaso che Iddio le avrebbe provvedute.
Il T. Borrelli compiangeva il mio stato, e andava anch'egli dicendo, che temeva fortemente che io avessi la testa alterata. D. Caffasso mi diceva di non prendere per allora nissuna deliberazione. L' arcivescovo propendeva .ier la continuazione.
Intanto il Marchese Cavour fermo di voler far cessare questi assembramenti, che egli chiamava pericolosi, e non volendo prendere deliberazioni che potessero tornare spiacevoli all'Arcivescovo i convocò
la Ragioneria, che corrisponde al consiglio municipale, nel Palazzo arcivescovile 270
243-247 e ciò... abbandonarono] Li miei più cari amici mi consigliavano a desistere da tutto, a cui non volendo accondiscendere mi abbandonarono A e ciò era motivo che li medesimi più cari amici mi qualificassero di testa alterata; e non volendo loro accondiscendere, e cessare dalla mia impresa, intieramente mi abbandonarono em mrg sin A' e ciò era motivo che li medesimi miei più cari amici mi qualificassero di testa alterata; e li miei cooperatori, poiché non voleva loro accondiscendere, e cessare dalla mia impresa, intieramente mi abbandonarono corr A3
270 La Ragioneria non coincideva con il consiglio municipale generale. Don Bosco si riferisce o al Consiglio particolare, che si radunava almeno una volta al mese «pel maneggio delle cose giornaliere ed ovvie della città» oppure all'ufficio di ragioneria, che si radunava una volta alla settimana, ma che «aveva particolare ispezione sul governo economico della città» — CASALIS, Dizionario XXI 423.
Mi sembrava, dicevami di poi l'Arcivescovo, che ci dovesse essere il giudicio universale. Dopo breve discussione fu con-chiuso doversi assolutamente vietar tali assembramenti.
Faceva parte della Ragioneria il conte Provana di Collegno allora
275 Ministro del controllo generale. Egli mi aveva sempre incoraggito e mi aveva somministrato sussidi del suo proprio, ed anche da parte di sua Maestà Carlo Alberto. Questo principe di grata memoria amava molto sentire a parlare di quest'oratorio; mi assisteva ne' particolari bisogni; e mi ha fatto dir più volte dal prefato conte di Collegno, che
280 amava molto tale parte di sacro ministero, e che lo riguardava come parte delle missioni straniere, che era suo desiderio, che simili radunante di giovani poveri e pericolanti, avessero avuto luogo in tutte le città de' suoi stati.
Quando venne a sapere la critica mia posizione, mi mandò tre
285 cento franchi per mano del prefato conte con parole d'incoraggiamento, incaricando il medesimo a partecipare alla Ragioneria essere sua intenzione che tali adunanze festive continuassero, e se eravi pericolo di disordini si cercasse modo d'impedirli e di prevenirli. A tale comunicazione il Vicario si tacque e disse che avrebbe provveduto a
290 che non succedessero disordini. I provvedimenti furono di mandare ogni giorno festivo un certo numero di arceri, specie di apparitori, affinché venissero ad assistere le nostre adunanze per farne quindi la debita relazione a chi di dovere.
274 «Faceva parte della Ragioneria il conte Giuseppe Provana di Collegno» — MO 179 (conte Giuseppe, 1785-1854). — «Piuttosto che Giuseppe, potrebbe essere Luigi Provana di Collegno, padre del cavaliere Saverio, a lungo benevolo verso gli oratori e poi verso i salesiani» — P. STELLA, Don Bosco nella storia economica..., p. 80.
275 Era un ufficio del ministero delle finanze con compiti di registrazione e di controllo di tutto ciò che riguardava le finanze, la tesoreria generale e il bilancio dello stato — CASALIS, Dizionario XXI 309-310.
277-288 Carlo Alberto di Savoia (1798-1849), principe di Carignano, del ramo cadetto dei Savoia, succede a Carlo Felice sul trono del regno sardo, per mancanza di eredi maschi nel ramo diretto (1831-1849). — Nella monografia di N. RODOLICO, Carlo Alberto negli anni di regno 1831-1843 (Firenze, Le Monnier 1936) viene più volte sottolineato il fattivo interesse del re per tutte le opere benefiche: ospedali, asili infantili, la Piccola Casa del Cottolengo, gli oratori di don Bosco, i discoli.
288-293 In riferimento ai diversi poteri del Vicario gli arcieri potevano essere semplicemente guardie civiche o più temute guardie di pubblica sicurezza.
Gli arceri assistevano al catechismo, predica, canto e ricreazione, e riferendo puntualmente ogni cosa al Vicario, in pochi mesi gli fecero prendere migliore opinione dell'Oratorio e le cose cominciarono a prendere buona piega.
p,11 Principio dell'attuale Oratorio di Valdocco e suo ingrandimento fino al presente.
Era una sera festiva del quindici marzo, giorno memorando pel 300 nostro Oratorio, quando alla vista di un numero grande di giovanetti che si trastullavano, il vedermi solo in mezzo di loro, sfinito di forze e di sanità, senza sapere dove sarei andato, giacché il prato pigionato doveva avere altra destinazione, io rimasi così commosso che mi cadevano le lagrime. Mio Dio, andava dicendo alzando gli occhi al cie- 305 lo, perché non farmi conoscere il luogo dove volete che io raduni questi miei cari figli? O fatemelo conoscere, o ditemi che cosa debbo fare!
Volgeva in cuor mio tali espressioni, ed ecco un certo Soave Pancrazio mi vien dicendo esservi un cotale Pinardi che aveva un sito da 310 affittarmi, molto adatto al mio scopo. Andai immediatamente; era una rimessa. Parlarci, accordarci sul prezzo del fitto, sul modo di ridurre quel locale in forma di cappella, fu la cosa di pochi minuti. Corsi precipitoso da' miei figli, li radunai e nel trasporto di gioia mi posi a gridare: Coraggio figli, abbiamo un Oratorio. Avremo una chiesa, una sa- 315 crestia, posto per làfscuola e per la ricreazione.
Tale notizia fù accolta con una specie di entusiasmo. E la Domenica di Pasqua nel giorno di aprile furono portati colà tutti gli attrezzi di chiesa e di ricreazione e fu inaugurata la nuova cappella.
296 migliore] buona A migliore em sl A2 299 e suo...presente om A add A2
313-314 precipitoso] con trasporto di gioia A precipitoso em sl A2
309-310 Pancrazio Soave era un immigrato di Verolengo (Torino) che il 10 novembre 1845 aveva preso in affitto l'intero fabbricato di Francesco Pinardi, esclusa una tettoia addossata, in via di costruzione, per impiantarvi una fabbrica di amido. Il 5 giugno 1846 darà in subaffitto a don Bosco tre stanze e il 1° dicembre l'intero edificio. — STELLA, Don Bosco nella storia economica..., pp. 75-76.
310 Francesco Pinardi è un immigrato di Arcisate (Varese). Il 1° aprile affitta a don Bosco la tettoia che diventerà la prima sede stabile dell'Oratorio. Dal 1° aprile 1849, scaduto il contratto d'affitto con il Soave, affitta a don Bosco l'intera casa, che gli vende poi il 19 febbraio 1851 per 28.500 lire — STELLA, Don Bosco nella storia economica..., pp. 75-76, 84-85.
317-318 Nel 1846 Pasqua cadeva nel giorno [12] di aprile.
320 Poco dopo furono pigionate altre camere della medesima casa Pinardi ove si die' principio alle scuole domenicali e serali. Queste scuole piacquero tanto al Cav. Gonella, insigne benefattore di quest' Oratorio, che diede opera p. 12 onde fossero erette a S. Pelagia. Lo stesso municipio prese in considerazione le scuole serali, e ne aprì in parecchi quartieri della città ove
325 oggi si porge comodità d'istruirsi a qualsiasi artigiano che lo desideri.
Le cose posteriori a questo tempo essendo note a tutti io mi limito solo di accennarle.
L'anno 1846 in giorno di Domenica di aprile fu benedetta la chiesa
attuale con facoltà di celebrare la santa messa, catechizzare, predicar, 330 dare la benedizione col SS. Sacramento.
323 post Pelagia add e quindi dilatate ne' varii quartieri A del A2 323-325 Lo stesso...città om A add mrg sin A2
320 Il 1° dicembre 1846 don Bosco subaffitta dal Soave tutto il piano superiore della casa Pinardi.
321-323 Il riferimento esplicito è al cav. Marco Gonella (1822-1886), generoso nel prestare collaborazione e aiuti a don Bosco; ma quanto alle scuole non può essere rimasto estraneo il padre, cav. Andrea (1770-1851), munifico verso l'Opera della Mendicità Istruita. La Direzione di questa, con manifesto del 3 dicembre 1845 annunciava di aver «impetrato da S.M. la facoltà di stabilire scuole serali per gli adulti, affidandole ai Fratelli delle Scuole Cristiane» e che in attesa di predisporre appropriati locali, una ne sarebbe «intanto aperta nei primi giorni del mese di gennaio nella casa medesima dei Fra-telli delle Scuole Cristiane (contrada delle Rosine)», accanto alla chiesa di S. Pelagia, affidata alla Mendicità Istruita dall' arcivescovo Colombano Chiaveroti — cfr. STELLA, Don Bosco nella storia economica..., pp. 64-65; C. VERRI, I Fratelli delle Scuole Cristiane e la storia della scuola in Piemonte (1829- 1859). Contributo alla storia della pedagogia del Risorgimento. Erba (Como), Casa Editrice «Sussidi» [s.d.], pp. 120-121; S. SCAGLIONE, Don Bosco e i Fratelli delle Scuole Cristiane, in «Rivista Lasalliana» 55 (1988) n. 1, pp. 18-23 (Tempi e priorità delle scuole serali in Torino).
323-325 Nella prima metà del 1849 su proposta di due consiglieri comunali, l'industriale cav. Gabriele Capello e il cav. Zenone Quaglia fu istituita una Commissione che studiasse iniziative idonee a «promuovere il miglioramento morale e materiale della classe operaia»; e questa «ottenne dal Consiglio comunale l'adozione delle sue proposte, consistenti essenzialmente nella istituzione di scuole serali esclusivamente a vantaggio dei giovani operai. Il 17 novembre dello stesso anno s'inaugurava solen-nemente la prima scuola» — BARICCO, L'istruzione popolare, pp. 112-113.
328-330 La celebrazione delle funzioni sacre ebbe inizio previa una benedizione impartita da don Bosco il medesimo giorno dell'entrata, il 12 aprile, giorno di Pasqua; la benedizione ufficiale venne data il lunedì di Pasqua dal teol. Borel, a ciò delegato con decreto arcivescovile, nel retro del quale egli ha lasciato scritto: «Il sottoscritto addivenne alla benedizione dell'Oratorio il giorno 13 aprile, correndo la seconda festa di Pasqua».
Progredirono molto le scuole serali e domenicali, l'istruzione era lettura, scrittura, canto, Storia sacra, elementi di aritmetica e di lingua italiana; di che se ne diede pubblico saggio dagli alunni dell'Oratorio.
Al mese di novembre, ho stabilita mia dimora nella casa annessa 335 all'Oratorio. Molti ecclesiastici, tra cui il T. Vola, T. Carpano, D. Trivero presero parte alle cose dell'Oratorio.
Anno 1847. Fu stabilita la compagnia di s. Luigi con approvazione dell'autorità ecclesiastica: fu provveduta la statua del santo, fatte le sei
335 post novembre add anno medesimo in seguito a grave malattia A del A2 338 post 1847 add In questo anno A del A2
331-333 Nell'Oratorio di S. Francesco di Sales «si incominciò ad insegnare prima nelle domeniche, e poi ogni sera nell'invernale stagione la lettura, la scrittura, gli elementi dell'aritmetica e della lingua italiana, ed uno studio particolare si pose per rendere a quei giovanetti volenterosi famigliare l'uso delle misure legali di cui, essendo la più parte addetti a' mestieri, sentivano il maggior bisogno» — Appello per una lotteria, 20 dicembre 1851, Em I 140.
333-334 Si conserva il programma stampato di due saggi, rispettivamente del 1848 e 1849: Saggio dei figliuoli dell'Oratorio di san Francesco di Sales sopra la storia sacra dell'Antico Testamento 15 ag. 1848 ore 4 pomeridiane. Torino, tip. G.B. Paravia e comp. 1848; Saggio che danno i figliuoli dell'Oratorio di S. Francesco di Sales sul sistema metrico decimale in forma di dialogo il 16 dicembre 1849 ore 2 pomeridiane. Assiste l' ill.mo professore D. G. Ant. Rayneri. Torino, tip. G.B. Paravia e comp. 1849. Ad ambedue viene segnalata la presenza anche di F. Aporti: MB III 428 e 601.
335 3 novembre cori la madre, Margherita.
336-337 Il teol. Giovanni Battista Vola (1805-1872) è ricordato spesso nelle lettere di don Bosco a don Borel dal 1846 al 1850 e tra i benefattori da questi accuratamente registrati.
Del teol. can. Giacinto Carpano (1821-1894) don G.B. Francesia fece l'elogio funebre (Il canonico Giacinto G. Carpano. Torino, tip. Salesiana 1894); di agiata famiglia di Bioglio (Biella) aiutò don Bosco con sussidi e la collaborazione negli oratori, estendendo poi la sua azione ad altre opere assistenziali giovanili e in favore degli ex-carcerati.
Aiuta pure don Bosco e i suoi oratori con oblazioni e l'opera don Giuseppe Trivero (1816-1894), custode della cappella della S. Sindone. In una lettera al teol. Borel del 31 agosto 1846 don Bosco scrive: «Va bene che D. Trivero si presti per l'Oratorio; ma stia attento che egli tratta i figliuoli con molta energia, e so che alcuni fu-rono già disgustati. Ella faccia che l'olio condisca ogni vivanda del nostro Oratorio» (Em I 71) — cfr. STELLA, Don Bosco nella storia economica..., pp. 78-82.
338-339 Con l'oratorio stabile ha inizio la compagnia di S. Luigi, per la quale nei primi mesi del 1847 don Bosco redige il Regolamento, approvato dall' arcivescovo il 12 aprile — cfr. STELLA, Don Bosco nella storia della religiosità cattolica, vol. Il, pp. 347-349; ID., Don Bosco nella storia economica..., pp. 259-260.
340 Domeniche precedenti alla solennità di s. Luigi con gran concorso. Il giorno della festa del Santo l'arcivescovo venne ad amministrar il Sacramento della cresima ad un gran numero di ragazzi, e fu recitata una breve commedia con canto e musica.
Furono pigionate altre camere cui mercè si aumentarono alcune 345 classi di scuola serale. Si diede ricovero a due giovani poveri, orfani, privi di professione, rozzi di religione; e così cominciò il ricovero, che andò sempre crescendo.
La grande affluenza de' giovani all'Oratorio, divenuta ristretta la chiesa e il recinto di Valdocco, nel giorno dell'Immacolata Concezione
350 I fu aperto un novello Oratorio a Porta Nuova in casa Vaglienti, ora p. 13 Turvano, sotto al titolo di S. Luigi Gonzaga, e ne fu affidata l'amministrazione al T. Carpano Giacinto. Questo nuovo Oratorio fu iniziato colle medesime norme, e scopo di quello di Valdocco; e fra breve divenne assai numeroso.
355 1848. Il numero de' figli ricoverati si aumentò fino a quindici. In
seguito ad alcune difficoltà insorte per motivo delle promozioni de'
345 poveri om A add mrg sin A2 346 post religione add ed abbandonati A del A2
348 La grande affluenza] Crescendo in maniera straordinaria il numero A La grande affluenza em sl A2 356 difficoltà insorte] inconvenienti insorti A difficoltà insorte em sl A2
339-340 Cfr. Le sei Domeniche e la novena di s. Luigi Gonzaga nel GP (1847) 55-71; P. STELLA, Don Bosco nella storia economica..., pp. 260-261.
341-342 Cfr. Cresimati a Valdocco (1847), in STELLA, Don Bosco nella storia economica..., p. 438.
344 Pancrazio Soave tenne il pianterreno della casa Pinardi per la sua impresa fino al 1° marzo 1847. A quella data don Bosco poté disporre dell'intero edificio STELLA, Don Bosco nella storia economica..., p. 76.
345-346 Nelle MO 199 si descrive come primo ospite della «casa annessa» all'Oratorio un quindicenne della Valsesia. Dai registri risultano, invece, come primi ricoverati due torinesi, uno studente, l'altro artigiano — cfr. STELLA, Don Bosco nella storia economica..., pp. 175-176.
350-352 Il decreto arcivescovile che erige l'oratorio di S. Luigi porta la data del 18 dicembre 1847; ebbe inizio, dunque, la domenica 19. Fu affidato inizialmente al teol. Giacinto Carpano e a don Trivero; poi, nel 1849, a don Pietro Ponte, segretario della Barolo.
Il locale affittato è della vedova Vaglienti, che ne costituisce erede il sig. Giuseppe Turvano, tra l'altro notaio della Mendicità Istruita e di don Bosco, consigliere municipale intorno al 1852, segretario nel 1858 della compagnia della Misericordia, a cui apparteneva anche il Cafasso.
giovani alla santa comunione l'Arcivescovo diede formalmente facoltà di poter promuovere a ricevere la cresima, e la santa comunione, e di adempiere il precetto Pasquale nella cappella dell'Oratorio.
Furono per la prima volta dettati gli esercizi spirituali ad un nu- 360 mero determinato di giovani chiusi nella casa annessa all'Oratorio; e se ne videro ottimi risultati. Il Municipio manda una commissione a visitare gli Oratori, ed in seguito ad una lettera di soddisfazione offerì un sussidio di 600 franchi. Anche l'opera della mendicità venne in ajuto degli Oratorii con un sussidio provvisorio. Si fece una solenne 365 processione al santuario della Consolata per fare una comunione nel mese di maggio in onore di M. SS. Ciò facevasi già da due anni ma non processionalmente. Furono benedetti i quadri della santa Via crucis, si fecero insieme le visite ai Sepolcri al giovedì Santo; ed alla sera di tal giorno ebbe luogo per la prima volta la funzione del 370 Lavabo.
In quest'anno medesimo fu cominciata la scuola di piano e di organo, ed i figli cominciarono ad andare a cantar messe e vespri in musica sulle orchestre di Torino, di Carignano, Chieri, Rivoli etc.
357 l'Arcivescovo om A add sl A2 diede...facoltà] autorizzò A diede facoltà em A2 diede formalmente facoltà torr A' 359 cappella] chiesa A cappella em sl A2
372-374 In...etc. om A add mrg sin A2
360-362 Furono predicati dal teol. Federico Albert (1820-1876), allora cappellano palatino, poi parroco e vicario foraneo a Lanzo Torinese — MO 207 e nota alla lin 72. Quelli del 1849 sono documentati da un foglio a stampa Esercizi spirituali alla gioventù. Avviso sacro. Torino, tip. G.B. Paravia e comp. 1849.
364-365 La prima richiesta formale di «caritatevoli sussidi» agli amministratori della «Mendicità Istruita» sembra essere del 20 febbraio 1850 (cfr. Em I 96-97). L'Opera gli concesse 1.000 lire. Don Bosco vi accenna in una nuova domanda del 18 novembre 1852, «memore tuttora e riconoscente del sussidio che li benemeriti Signori della Pia Opera della Mendicità Istruita or sono tre anni (...) assegnavano a favore dei tre Oratorii in questa città eretti» (Em I 172-173).
365-368 Il santuario della B.V. della Consolata fu più volte meta delle peregrinazioni festive nel 1845 e 1846. Vicino a Valdocco, particolarmente caro alla pietà dei torinesi, esso costituiva un luogo ideale per alimentare la religiosità mariana di don Bosco e dei suoi ragazzi. Negli anni 1834-1857 fu officiato dagli Oblati di Maria V., fondati dal Lanteri. 369 Finita la Messa «In Cena Domini» il giovedì santo le ostie consacrate vengono portate processionalmente nel «luogo della reposizione» in una cappella convenientemente ornata, aperta alle visite dei fedeli per un breve tempo di adorazione, dette volgarmente «visite ai sepolcri».
370-371 Don Bosco chiama impropriamente Lavabo la cerimonia della «lavanda dei piedi» o «Mandato», che al giovedì santo ricorda quanto ha fatto Gesù agli Apostoli nell'ultima Cena, com'è ricordato nel vangelo di Giovanni (XIII, 1-17). Si compiva alla sera, ora inserita nella Messa.
375 1849. Tutta la casa Pinardi, il sito posto avanti e dietro alla casa è
presa in affitto; lo spazio della chiesa è ampliato quasi per la metà: il numero de' giovani ricoverati si estende fino a trenta. Il Papa si allontana da Roma e fugge a Gaeta nel Regno di Napoli, ed i figli degli Oratori fanno una colletta; per cui il Santo Padre ne è teneramente
380 commosso i e fa scrivere una lettera di ringraziamento dal Cardinal An- p. 14 tonelli, e manda la sua santa benedizione ai figli dell'Oratorio. Manda poi da Gaeta un pacco di 60 dozzine di corone pei figli dell'Oratorio, e con gran festa se ne fa solenne distribuzione il 20 luglio. v. libretto stampato in quella circostanza.
375 post è add tutto A del A2 379 per...teneramente] di cui ne è grandemente A per cui il Santo Padre ne è teneramente em sl A' 381-384 Manda...circostanza om A add mrg sin A2
373 I «figli» sono i ragazzi, italianizzazione del termine dialettale piemontese «fieul» (figlio, ragazzo), «fieuj».
374 Carignano, Chieri, Rivoli: città rispettivamente a 18, 15, 11 chilometri a sud, ad est e a ovest di Torino.
375-376 Scaduto il termine del subaffitto dell'intera casa Pinardi e del terreno circostante con Pancrazio Soave, don Bosco affitta il tutto dal proprietario Francesco Pinardi, con decorrenza dal 1° aprile 1849 — cfr. STELLA, Don Bosco nella storia economica..., p. 76.
376 La cosiddetta «tettoia» Pinardi era lunga poco più di 20 metri, larga 6; la cappella lunga 15 metri; trasferendo la sacrestia in una stanzetta di casa Pinardi e trasformando in coro l'altro locale la cappella veniva ad occupare la «tettoia» in tutta la sua estensione — cfr. GIRAUDI, L'Oratorio..., pp. 70-73.
377-384 Pio IX (1792-1878; papa: 1846-1878) si allontana da Roma e ripara a Gaeta, nel Regno delle Due Sicilie, il 24 novembre 1848 dopo l'assassinio del suo ministro Pellegrino Rossi (15 nov.); ritorna, dopo la riconquista di Roma da parte delle truppe francesi (4 luglio 1849), il 12 aprile 1850. Sul coinvolgimento dei giovani degli oratori nel tempo dell'esilio e sulla festa per il ritorno del 20 luglio 1850, don Bosco invita a leggere l'opuscolo da lui compilato: Breve ragguaglio della festa fattasi nel distribuire il regalo di Pio IX ai giovani degli oratorii di Torino. Torino, tip. Eredi Botta 1850, 27 p. — OE IV 93-119.
380-381 Giacomo Antonelli, n. a Sonnino il 12 aprile 1806, m. a Roma il 6 novembre 1876, delegato apostolico successivamente a Orvieto, Viterbo, Macerata, tesoriere della Camera Apostolica nel 1845, cardinale e presidente della Consulta nel 1847; protagonista nell'organizzazione della fuga di Pio IX a Gaeta alla fine di novembre del 1848 e del ritorno a Roma nella primavera del 1850; resse la Segreteria di Stato dal 1850 alla morte.
Per motivo della guerra il Sig.r D. Cocchis chiude l'Oratorio del 385 S. Angelo Custode, rimane chiuso un anno; quindi è da noi subbaffittato, se ne affida l'amministrazione al T. Vola.
La camera dei Senatori, ed il ministero mandano una commissione a visitare gli Oratori e se ne fa relazione e discussione favorevole. v. Gazzetta Piem. del 29 marzo 1849. 390
Savio Ascanio primo giovane dell'Oratorio che veste l'abito chericale.
1850. Si compra la casa Pinardi col sito annesso. Il numero dei ricoverati monta a cinquanta. Il concorso de' giovani all'Oratorio di Francesco di Sales è straordinario, si progetta una nuova chiesa, e il 395 20 luglio il cav. Cotta ne mette la pietra fondamentale, e il canonico
385 Don Cocchis: propriamente Cocchi Giovanni, n. a Druent (Torino) nel 1813, sac. nel 1836, uomo dalle molteplici iniziative, nel 1849-1850 è tra gli animatori della Società di carità a pro dei giovani poveri ed abbandonati; più tardi fonda il Collegio degli Artigianelli, l'Oratorio di S. Martino, la Colonia agricola di Moncucco. Muore il 25 dicembre 1895, ricordato anche dal BS 20 (1896), p. 49.
385-386 Don Bosco accenna alla partecipazione di un gruppo di giovani dell'oratorio dell'Angelo Custode con alla testa don Cocchi a fatti della guerra 1848-1849 del Piemonte contro l'Austria.
386-387 L'oratorio dell'Angelo Custode fu riattivato da don Bosco nell'autunno del 1849 in locali affittati agli avvocati Bronzini Zapelloni e Daziani e rimase sotto la sua alta direzione fino al 1866, quando fu trasferito alla nuova parrocchia di S. Giulia.
388-390 Secondo MB 1; 16-25, 42-51 la visita dei senatori conte Fed. Sclopis, marchese Ignazio Pallavicim e conte Luigi di Collegno sarebbe avvenuta nel gennaio del 1850 e la discussione al Senato il 1° marzo. — «Il Senato del Regno dietro unanime deliberazione instava presso il governo del Re affinché sostenesse un'istituzione così benemerita della religione e della società. Il Municipio delegava un'apposita Commissione per riconoscere il bene che si operava e coadiuvarlo» — L'Armonia, 26 luglio 1850, cit. in Breve ragguaglio, p. 22.
391-392 «Il Savio ricevette l'abito chiericale nel 1848 presso la Casa del Cottolengo, perché il Seminario di Torino era chiuso. Dopo, ottenne di non andare al Seminario di Chieri per restare nell'Oratorio e aiutare don Bosco(...). Nell'Oratorio le prime vestizioni chiericali sono del 1851» — E. CERTA in MO 216, nota alla lin 73. Il Savio (1831-1902) divenne sacerdote e fu rettore del Rifugio.
393-396 Nel margine sinistro del manoscritto allografo B don Giovanni Bonetti scrive: «Sbagliato l'anno: comprata 15-2-51 e la pietra fondamentale il 20-6-51».
«Con atto rogato Turvano, il 19 febbraio del 1851 Francesco Pinardi vendette per la somma di lire 28 mila e cinquecento, in comune ai sacerdoti G. Bosco, teol. Giov. Borel, teol. Roberto Murialdo, Giuseppe Cafasso, i terreni e fabbricati che avevano per coerenti i fratelli Filippi a levante e a notte, la strada della Giardiniera a giorno, e la signora Bellezza a ponente» — GIRAUDI, L'Oratorio..., p. 99.
396 Il comm. Giuseppe Cotta, n. a Torino il 4 aprile 1785, m. ivi il 29 dicembre 1868, senatore dal 1848: il «banchiere della carità» versò in vita e lasciò in eredità in morte cospicue somme in beneficenza. Tra i suoi eredi non comparve don Bosco, col quale, tuttavia, era stato largo di aiuti — cfr. STELLA, Don Bosco nella storia economica..., pp. 65-66.
Moreno la benedice con immensa folla di popolo. Si trascriva l'atto della Funzione.
Il vescovo di Biella con apposita circolare raccomanda la costru
400 zinne della nuova chiesa e vi si ottiene una colletta di Mille franchi. Mancando danaro per la continuazione della chiesa si dà mano ad una Lotteria, che si compie l'anno seguente, che ha favorevolissima accoglienza. Si raccolgono tre mila e trecento oggetti, che, dedotte le spese, danno il risultato netto di 26 mila franchi.
405 Il primo Giugno cominciò la Società di mutuo soccorso, di cui veggansi gli statuti nel libro stampato.
1851. Il 20 di Giugno, giorno della SS. Consolata, con grande apparato, con numeroso intervento di personaggi distinti, con grande trasporto di gioia si benedice la novella chiesa, e vi si fanno per la prima volta le sacre funzioni. La seguente poesia dà un cenno di quanto si 410 fece in quel giorno: Come augel di ramo in ramo etc.
397 trascriva] trascrive A trascriva corr A2 400 vi si ottiene] si fa A vi si ottiene em sl A2 402 che...seguente om A add mrg sin A2 402-403 favorevolissma accoglienza] un favorevolissimo entusiasmo A favorevolissima accoglienza corr A2
405-406 Il primo...stampato om A add mrg sin A2 407 1851 om A add mrg sin A2
396-397 Il can. Ottavio Moreno (1779-1852): v. pag. 63.
397-398 L'atto non risulta trascritto; comunque finora non è stato rinvenuto.
399-400 Era vescovo di Biella Giovanni Pietro Losana, n. a Vigone (Torino) nel 1793, vescovo titolare di Abido e Vicario Apostolico ad Aleppo (Siria), traslato a Biella nel 1833, dove rimase fino alla morte, nel febbraio del 1873. Nell'ASC esistono due copie, una ms e l'altra a stampa, della circolare inviata dal vescovo ai parroci della diocesi in data 13 settembre 1851. Cfr. lettera di don Bosco, del 4 maggio 1852, che ringrazia il vescovo per la circolare e per l'offerta di mille lire — Em I 155-156. 401-404 Più precisamente l'iniziativa della lotteria parte dal 1851 (autorizzazione del 9 dicembre) e si conclude nel 1852 (estrazione nei giorni 12, 13, 14 luglio). Sugli scopi, il regolamento, i promotori, cfr. l'opuscolo Catalogo degli oggetti offerti per la lotteria a beneficio dell'oratorio maschile di S. Francesco di Sales in Valdocco. Torino, tip. dir. da Paolo De-Agostini 1852, XVIII p. — OE IV 145-162. Cfr. G. BRACCO, Don Bosco e le istituzioni, in Torino e Don Bosco I. Torino 1989, pp. 130-133. 405-406 La Società di mutuo soccorso era cominciata mesi prima; intorno a giugno del 1850 viene stampato il regolamento con una Avvertenza firmata da don Bosco. L'articolo 18 e ultimo suona: «Il presente regolamento comincierà essere in vigore il primo di luglio del 1850»: cfr. Società di mutuo soccorso di alcuni individui della compagnia di San Luigi eretta nell'oratorio di San Francesco di Sales. Torino, tip. Speirani e Ferrero 1850, 8 p. — OE IV 83-90.
Si fecero varie provviste per la chiesa, si comperò l'altare di S. Luigi: fu fatta costruire l'orchestra.
p. I5 1852. Lo scoppio della polveriera del 26 aprile anno antecedente
scosse e danneggiò considerevolmente la casa dell'Oratorio perciò in 415 quest'anno si dà principio ad un nuovo corpo di fabbrica. Vicino ad essere coperto (2 dicembre) rovina giù quasi intieramente con grande spavento e danno. Non si ebbe a lamentar alcun danno personale.
Il Sig.r Scanagatti Michele provvede una muta di candellieri eleganti per l'altare maggiore. Si costruisce il campanile. Non essendovi 420 più posto per fare la scuola serale, si combinano le classi nella chiesa nuova. La chiesa antica è ridotta in dormitorio e camere di studio e scuola.
414-416 Lo scoppio...anno om A add mrg sin A2 419-420 Il Sig.r ...maggiore om A add mrg sin A'
407-410 Nel margine sinistro del manoscritto allografo B don Giovanni Bonetti annota: «Si benedice solo la pietra». Effettivamente la benedizione della pietra fondamentale era stata fatta il 20 luglio 1851. La benedizione solenne della chiesa ebbe luogo il 20 giugno 1852.
410-411 Don Bosco fa stampare dalla Tip. Marietti un foglio volante con il testo dell' Ode in 21 quartine. In alto il titolo: Nel giorno in cui si benediceva la nuova chiesa dell'Oratorio di S. Francesco i giovani al medesimo addetti nel colmo della loro gioia i sentimenti della più sincera gratitudine verso i loro Benefattori così esprimevano. Al termin1e dell'Ode, la firma: A nome degli Ecclesiastici e de' Figli dell'Oratorio Il Sacerdote Bosco GIOVANNI. Il testo è riprodotto nelle MB IV 437438 con questa notizia: «Quest'ode fu stampata a migliaia di copie, messa in musica, e i giovani l'avevano imparata».
412-413 I lavori indicati furono fatti dopo l'inaugurazione della chiesa nella seconda metà del 1852.
414 La fabbrica e i depositi di polvere pirica e di esplosivi dell'esercito si trovavano vicino al cimitero di San Pietro in Vincoli, a poco più di 500 metri dall'Oratorio di San Francesco di Sales. Lo scoppio avvenne, provocando una trentina di vittime tra gli operai, alle ore 113/4 del 26 aprile 1852 e non nell' «anno antecedente».
416-418 I crolli si verificarono in due tempi: uno parziale, il 20 novembre 1852, per la rottura di un ponte, il secondo di quasi tutta la nuova costruzione, due settimane dopo, il 2 dicembre. In primavera fu ripresa la costruzione dalle fondamenta. La casa era compiuta nell'ottobre del 1853 — GIRAUDI, L'Oratorio..., pp. 122-124.
419 Michele Scanagatti è un borghese agiato, che compare più volte tra i benefattori; si trova anche nell'elenco dei membri della Commissione della lotteria del 1852 insieme all'avv. Gaetano Bellingeri, che lavorava nell'oratorio S. Luigi, all'ingegnere Giuseppe Blachier e al sig. Federico Bocca, rispettivamente progettista e impresario della costruzione della chiesa di S. Francesco di Sales.
D. Caffasso fa fare il pulpito attuale.
425 1853. Il corpo di casa rovinato è rialzato: si compie, si stabilisce la maggior parte e nel mese di ottobre viene abitato. Il locale nuovo permette che i dormitori, il Refettorio dei giovani ricoverati siano meglio regolarizzati. Il loro numero monta a 65.
Il Sig.r Cav. Duprè compra una balaustrina di marmo, e fa abbellire 430 l'altare di S. Luigi. Il Sig.r Marchese Fassati provvede altare balaustrino in marmo, una muta di candelieri di ottone bronzato per l'altare della Madonna.
Il Sig.r Conte Cays priore della compagnia di S. Luigi compra una campana, ed è benedetta dal Curato di Borgodora. Provvede l'attuale 435 Baldacchino.
Si fa per la prima volta l'esposizione delle quarantore con un ottavario nelle feste pasquali.
Per togliere il disturbo dell'osteria, ed allontanare gente di con
424 D. Caffasso...attuale om A add A2 426 e nel...ottobre] ed è tosto A e nel mese di ottobre em A'
429 È il banchiere Giuseppe Luigi Duprè (t 1884), consigliere comunale, membro della Commissione della lotteria del 1852, figlio di Giuseppe Duprè (1767-1852), pure banchiere.
430 Grande benefattore di don Bosco il marchese Domenico Fassati Roero San Severino era nato a Casale il 4 agosto 1804, maggiore comandante delle guardie del corpo di re Carlo Alberto. Muore a Torino il 3 maggio 1878.
433 Carlo Cays, conte di Gilletta e Caselette, era nato a Torino il 24 novembre 1813. Laureato in giurisprudenza, vedovo a 32 anni, svolse una parte di primo piano nelle attività caritative e sociali torinesi, presidente delle Conferenze di S. Vincenzo de' Paoli, catechista e benefattore negli oratori di don Bosco. Fu anche deputato al Parlamento Subalpino dal 1857 al 1860. Nel 1877 chiese di far parte della Società Sale-siana, nel 1878 divenne sacerdote. Morì il 4 ottobre 1882. Fu Priore della Compagnia di S. Luigi nel biennio 1853-1855.
434 La campana è benedetta da don Agostino Gattino, curato della parrocchia dei SS. Simone e Giuda di Borgo Dora, il medesimo che aveva benedetto solennemente la chiesa il 20 giugno.
436-437 Le Quarantore: un rito extraliturgico, regolato dall'MstruOtio Clementina di Clemente XI (1705), durante il quale il SS. Sacramento rimane esposto nell'ostensorio alla venerazione dei fedeli per lo spazio di 40 ore, di solito distribuite in 3 giorni consecutivi. — Ottavario: commemorazione di Pasqua negli otto giorni successivi alla festa. 438-440 Don Bosco affitta l'intera casa della signora Teresa Caterina Novo vedova Bellezza dal 1° ottobre 1853 a tutto settembre 1856, rinnovando poi il contratto dal 1° ottobre 1856 al 30 settembre 1859 — cfr. STELLA, Don Bosco nella storia economica..., pp. 91-92.
dotta sospetta da casa Bellezza, vicino alla chiesa, si appigiona tutta la casa. 440
1854. Attesa la penuria dell'annata non si ripigliano nuovi lavori. Se ne fanno soltanto ultimare alcuni di prima necessità. Il Sig.r Conte Cays è rieletto priore della compagnia di S. Luigi, ed ha provveduto una panta nuova e lunga facente il giro tutto attorno al cornicione interno della chiesa. 445
La carezza de' commestibili, la mancanza di lavoro, esponendo molti giovani al pericolo dell'anima e del corpo, se ne accolgono molti in casa ed il loro numero aumenta fino a ottanta sei.
441-442 «Se avesse tardato appena di un anno, don Bosco si sarebbe trovato impigliato nella'crisi economica generale del 1853-1854 con le spese edilizie e quelle del sostentamento di un numero di convittori più che triplicato rispetto al 1850» STELLA, Don Bosco nella storia economica..., pp. 90-91.
444-445 Panta è vocabolo dialettale piemontese, desunto dal francese pente, tendaggio corto che orna in alto un baldacchino, un cornicione; questo di cui si parla correva tutto intorno al cornicione superiore della chiesa di S. Francesco di Sales.
446-448 «L'incarimento d' ogni sorta di cibo, il maggior numero di giovani cenciosi ed abbandonati, la diminuzione di molte oblazioni che private persone mi facevano e che ora non possono più, mi hanno posto in tal bisogno da cui non so come cavarmi» — lett. al co. Clemente Solaro della Margherita, 5 gennaio 1854, Em I 212.
— «Ora trovandomi in un caso eccezionale oso nuovamente esporre li miei gravi bisogni, persuaso, che saranno con bontà sentiti; e sono: (...) 3° Mantenere alcuni dei più poveri ed abbandonati, il cui numero in quest' anno dovette accrescersi fino a novanta a cagione de' molti ragazzi rimasti orfani ed abbandonati nella trista invasione del colera morbus» — Agli amministratori della Pia Opera della Mendicità Istruita, anter. 13 novembre 1854, Em I 235. — «La maggior carezza di commestibili e la cessazione di lavoro misero al più grave rischio parecchi giovani abbandonati e pericolanti, i quali forse andrebbero a finir male se non fossero aiutati coi mezzi materiali e morali. Parecchi di costoro, circa cento, in gran parte di quelli fatti orfani nella fa-tale invasione del colera dell'anno scorso, sono attualmente ricoverati in Valdocco»
— Memoria agli amministratori della Pia Opera della Mendicità Istruita, 21 nov. 1855, Em I 271-272.
A = redazione manoscritta autografa di don Bosco A2, A'... = successivi interventi di don Bosco
B = manoscritto di amanuense
B2 = successivo intervento dell'amanuense B Bb = interventi di don Bosco nel manoscritto B
C = manoscritto trascritto dal cav. Oreglia di S. Stefano
C2 = successivi interventi dell'amanuense, il cav. Oreglia
Cb = interventi di don Bosco nel manoscritto C
Cx = trascrizione nel ms C, ad opera di amanuense (P. Albera), delle varianti introdotte
da don Bosco nel ms D
D = manoscritto trascritto da amanuense D2 = successivi interventi dell'amanuense
Db = interventi di don Bosco nel manoscritto D
L'idea degli Oratori nacque dalla frequenza delle carceri di questa città. In questi luoghi di miseria spirituale e temporale trovavansi
s molti giovanetti sull'età fiorente, d'ingegno svegliato, di cuore buono, capaci di formare la consolazione delle famiglie e l'onore della patria; e pure erano colà rinchiusi, avviliti, fatti l'obbrobrio della società. Ponderando attentamente le cagioni di quella sventura si poté
3 degli] di questi A degli em sl A2 3-4 di...città om A add sl A2 4 miseria...temporale] punizione A di miseria spirituale e temporale em sl A2 della patria] de' paesi A della patria em sl A2 8 Ponderando... sventura om A add sl A2 di quella sventura] delle loro sventure A CD della loro sventura B di quella sventura corr Bb
3-4 Evidente discrepanza da quanto don Bosco scrive all'inizio del Cenno storico. 4-22 «Appena egli cominciò a trattare e parlare con quel nuovo genere di uditori, D. Caffasso vien tosto ad accorgersi che costoro sono divenuti sciagurati anzi abrutiti; ma piuttosto da mancanza di istruzione religiosa, che da propria malizia. Parla loro di religione ed è ascoltato; si offre di ritornare ed è con piacere atteso. Continua i suoi catechismi, invita ad aiutarlo altri sacerdoti, e specialmente convittori, e in breve riesce a guadagnarsi il cuore di quella gente perduta; s'incominciano le prediche, s'introducono le confessioni, e in breve tempo quelle carceri, che per imprecazioni, bestemmie ed altri vizi brutali sembravano bolgie infernali, si cangiarono in abitazioni d'uomini che conoscendo d'essere cristiani cominciano a lodare e servire Iddio Creatore innalzando sacri cantici all'adorabile nome di Gesù» — Cafasso, pp. 82-83.
conoscere che per lo più costoro erano infelici piuttosto per mancanza di educazione che per malvagità. Si notò inoltre che di mano in io mano facevasi loro sentire la dignità dell'uomo, che è ragionevole e deve procacciarsi il pane della vita con oneste fatiche e non col ladroneccio; appena insomma facevasi risuonare il principio morale e religioso alla loro mente, provavano in cuore un piacere di cui non sapevansi dare ragione, ma che loro faceva desiderare di essere più buoni. 15 Di fatto molti cangiavano condotta nel carcere stesso, altri usciti vivevano in modo da non doverci più essere tradotti.
Allora si confermò col fatto che questi giovanetti erano divenuti infelici per difetto d'instruzione morale e religiosa, e che questi due mezzi educativi erano quelli che potevano efficacemente cooperare a 20 conservare buoni quando lo fossero ancora e di ridurre a far senno i discoli quando fossero usciti da que' luoghi di punizione.
Per venire a qualche prova cominciarono a farsi appositi catechismi nelle carceri di questa capitale e poco dopo nella sacrestia della chiesa di S. Francesco d'Assisi; e quindi si diede principio alle radu- 25 nanze festive. Ivi erano invitati quelli che uscivano dalle carceri e quelli che lungo la settimana si andavano qua e là sulle piazze, nelle vie ed anche nelle officine raccogliendo. Racconti morali e religiosi, canti di laudi sacre, piccoli regali, alcuni trastulli erano gli amminicoli
che si usavano per trattenerli ne' giorni festivi. 30
9-10 che...inoltre che .om A add mrg sin A2 11 la dignità...che è] che l'uomo ha l'anima A la dignità dell'uomo che è em sl A2 12 con...e om A add sl 14 mente] orecchie A mente corr A2 14-15 un piacere...ragione om A un piacere di cui non sapevano darne ragione add sl A2 un piacere di cui non sapevansi dare ragione corr DbCx 15 loro ... desiderare] si proponevano A li faceva risolvere em il A2 li faceva risoluti B li faceva risolvere CD loro faceva desiderare corr DbCx 18 si confermò col fatto om A add sl A2 19 d'instruzione] di educazione A di educazione corr A2 d'instruzione em sl A' morale om A add sl A2 20 potevano...cooperare a] potevano far buoni i discoli, tanto più A potevano efficacemente cooperare a em mrg sin A2 21 a far senno om A add sl A2 a far bene B a far senno corr Bb alla buona strada CD 21-22 i discoli...punizione om A qualora fossero già traviati add sl A2 quando fossero già traviati B quelli che ne fossero usciti C i discoli quando fossero usciti da que' luoghi di punizione em sl Cb 23 Per...prova] Con tale scopo A Con questo scopo per prova corr A2 Con questo scopo, per prova C Per venire a qualche prova corr Cb 24 nelle carceri om A add mrg sin A2 e poco dopo om A add mrg sin A2 25-26 e quindi...festive om A e quindi si diede principio alle radunanze festive add mrg sin A2 26 erano invitati om A accoglievansi add mrg sin A2 raccoglievansi B si raccoglievano CD erano invitati em sl DBCx quelli...carceri e om A add mrg sin A2
Correva l'anno 1841 ed i giovani che intervenivano in media erano settanta. Con grande soddisfazione l'oratorio continuò tre anni in questo sito di S. Francesco di Assisi, finché lo straordinario numero de' giovani costrinse a scegliere più ampio locale. Laonde l'anno
35 1844 il sac. Bosco per motivo d'impiego ecclesiastico essendo andato alla direzione della pia opera del Rifugio in Valdocco, fu ivi scelto un sito più adattato al bisogno, e il giorno otto dicembre 1844 era be- p. 2 nedetta la prima cappella destinata esclusivamente per la gioventù. Questa chiesa consisteva in due camere attigue all'edifizio destinato
40 pei sacerdoti direttori della mentovata opera del Rifugio. Qui l'Oratorio durò un anno.
Nell'autunno del 1845 pel crescente numero de' giovanetti, che spesso eccedevano i due cento, e l'edifizio che sino a quell'epoca aveva servito di chiesa dovendo avere altra destinazione, fu necessità di cercare luogo più opportuno. Si andò per lo spazio di circa quattro mesi 45 alla chiesa di S. Martino presso ai Mulini di città, donde si cessò per fare posto ad un altro catechismo destinato per le giovani. Il cenotafio di S. Pietro in Vincoli, casa Morettk un recinto di casa Filippi servirono di Oratorio sino alla primavera del 1846.
31 in media om A add sl A2 32-33 Con...questo om A add sl A2 33 sito...di Assisi om A locale add sl A2 locale BC sito di Francesco di Assisi em sl Cb 36 alla direzione] all'Opera A alla direzione em A2 della] del A della corr A2 pia...Rifugio] piccolo Ospedale detto di S. Filomena A pia opera del Rifugio em sl A2 pia opera del Refuggio [Refugio corr Db] CD 37 sito] posto A sito em sl A2 adattato al bisogno] spazioso per la ricreazione, ed una parte A adattato al bisogno em il A2 otto...1844 om A add sl A2 8 dicembre anno 1844 B il giorno otto Dicembre 1844 CD 37-38 era... cappella] L' edifizio era consacrato in chiesa A era consacrata la prima em sl A2 era benedetta la prima capella [chiesa A' capella emend sl A4] cm A' 38 post cappella add dall'autorità ecclesiastica ed anche A previo il consenso dell'autorità ecclesiastica ed anche dell'autorità civile municipale corr A2 del A' destinata... gioventù om A add sl A2 39-41 Questa...durò om A add mrg sin A2 41 un anno] circa due anni A due anni corr A2 due anni circa cioè sino al principio del 1847 corr Cb quasi due anni cioè sino alla fine del 1846 corr Cb2 un anno cioè sino al principio del 1846 corr Cb3 un anno corr Cb4 post anno add l'oratorio fu stabile nel sito accennato A del A2 42 Nell' _1845] ma AB Ma C Allora em sl Cb Nell'autunno del 1845 em Cb2 43-44 aveva... destinazione om ABC aveva servito dovendo avere altra destinazione add il Cb del Cb2 aveva servito di chiesa dovendo avere altra destinazione add sl Cb3
31-32 Cifra più contenuta in Cenno.
32-33 In luogo di «sito di Francesco di Assisi» don Bosco aveva usato il termine generico «locale». Nel doc. C l'amanuense fa seguire la domanda: «(quale?)». Don Bosco emenda, specificando.
41 «un anno»: si ipotizza una successione in larga misura opinabile delle varianti introdotte nel ms C da Cb; don Bosco corregge e ricorregge alla ricerca di una coerenza cronologica, che non gli riesce. Dalla benedizione della cappella di fortuna (8 dicembre 1844) al forzato abbandono per l'apertura dell'ospedaletto di S. Filomena (10 agosto 1845) passano esattamente 8 mesi.
42-56 Cfr. Cenno, lin. 127-200 e le varie informazioni circa le vicende dell'oratorio peregrinante.
In quest'anno fu presa a pigione e di poi comperata casa Pinardi so nella regione Valdocco, dove sorse l'Oratorio di S. Francesco di Sales. Il numero dei giovani crebbe a tale che l'anno 1850 spesso oltrepassavano i due ed anche i tre mila.
A fine di provvedere a questo bisogno l'anno 1851 innalzavasi la chiesa attuale e ciò facevasi con ajuto di Lotterie di oggetti e con altre 55 private oblazioni.
Oratorio di S. Luigi a Porta Nuova. L'anno 1847 visto che pel gran numero i giovani non potevano più essere contenuti nell'Oratorio di S. Francesco di Sales se ne apriva un altro a Porta Nuova tra il viale
45-46 per...mesi om AB qualche tempo C per lo spazio di circa quattro [tre Cb quattro em Cb2] mesi em il Cb 49 sino...1846] fino all'anno 1846 ABC sino alla primavera del 1846 corr Cb del Cb2 sino alla primavera del 1846 add sl Cb3 52 1850] 1860 CD 1850 corr Db 55 Lotterie] una lotteria CD 56 post oblazioni add l'economato vi concorse colla vistosa somma di franchi 10000 A del A2
45 «Per lo spazio di circa quattro (Don Bosco corregge un precedente tre) mesi»: è una precisazione, che ,don Bosco introduce nel doc. C, su invito dell'amanuense, il quale a seguito dell'indicazione contenuta nella prima redazione «per qualche tempo» aggiunge: «(se si può precisare il tempo)».
47 Di seguito alla parola «giovani» nel doc. C l'amanuense aggiunge: «(parmi vi sia stato qualche altro motivo ancora)». Don Bosco non interviene nel testo. Il Cenno storico, lin. 151-155 è più esatto ed esplicito.
49 Di seguito all'indicazione «1846» nel doc. C l'amanuense aggiunge: («parmi che non vadano d'accordo le epoche indicate coll'ultima)». Don Bosco emenda, precisando: «sino alla primavera del 1846».
50-52 Concentrazione sommaria di eventi diversi distribuiti lungo cinque anni.
52-53 La cifra è riferita, certamente, all'insieme degli oratori, nei momenti di punta. Scrivendo il 10 luglio 1850 a un giovane sacerdote, già collaboratore nel primo oratorio e ritornato in Portogallo nel 1848, don Bosco lo informa che nella recente festa di S. Luigi si ebbero 150 cresime e 500 comunioni e che alle funzioni della sera il numero dei giovani presenti oltrepassava i 1600 — lett. a Daniele Rademaker (18281885), Em I 104. — L'Armonia del 26 luglio seguente dice dell'Oratorio di S. Francesco di Sales: «Non conta ancora due lustri di vita e già novera più di un migliaio di giovanetti che assiduamente vi accorrono» — cit. in Breve ragguaglio, p. 22.
54-55 È la chiesa di S. Francesco di Sales.
60 dei Platani e quello del Valentino. La direzione di esso fu affidata al Teol. Carpano Giacinto, di poi passò ad altri, e presentemente il Teol. Leonardo Murialdo ne è zelante direttore. Il numero medio dei giovani è di circa 500.
Oratorio del Santo Angelo Custode. Lo straordinario concorso di 65 giovani all'Oratorio di Porta Nuova fece tosto conoscere essere indispensabile un nuovo sito da scegliersi colà dove maggiore sentivasi il bisogno. Vanchiglia è la sezione di Torino assai popolata e regurgitante di giovanetti che ne' giorni festivi vanno qua e là vagando. Il benemerito D. Cocchi aveva già aperto ivi un Oratorio, che per altre sue occu 70 pazioni dovette abbandonare. In quello stesso luogo e quasi con identico scopo nell'anno 1849 in quella regione si riapriva al pubblico l'Oratorio del Santo Angelo Custode vicino a Po. i La direzione era affi- p. 3 data al Sig.r T. Murialdo Roberto; presentemente essendo esso di sanità
62 Il numero om A add A2 64 Lo...concorso om A add sl A2 65-66 fece...indispensabile] non potè soddisfare al bisogno A fece tosto conoscere essere indispensabile emend sl A2 66-67 nuovo...bisogno om A add mrg sin A2 70-71 In...scopo om A add mrg sin A2 72 vicino a Po] in Vanchiglia A vicino a Po em A2 post Po add dei Signori Daziani e Bronzini che l'appigionavano CD 72-74 La direzione...Michele om A add mrg s A' 73 post presentemente add (1863) CD
61 Teol. Carpano Giacinto: cfr. Cenno, lin. 336-337.
62 Teol. Leonardo Murialdo, santo, cugino del teol. Roberto Murialdo (cfr. lin. 73), n. a Torino il 26 ottobre 1828, sac. il 21 seti. 1851, direttore dell'oratorio di S. Luigi dal luglio del 1857 all'autunno del 1865, quando si recò a Parigi per un anno di studio al Seminario di San Sulpizio, rettore del collegio degli Artigianelli dal 1866, fonda nel 1873 la Pia Società di S. Giuseppe, m. a Torino il 26 marzo 1900.
67-68 Borgo Vanchiglia occupava una vasta zona popolata a nord-est della citta situata tra il fiume Dora, il Po e corso San Maurizio. Propriamente Vanchiglia non era una sezione di Torino, ma apparteneva alla sezione Dora; le altre tre sezioni di Torino erano Po, Monviso, Moncenisio. I borghi erano unità minori: Po, Dora, San Donato, Pallone, Vanchiglia, Rubatto, San Salvatore, San Secondo, Crocetta, Borgo Nuovo. 69-70 Prima di don Bosco, don Giovanni Cocchi, vice-curato nella parrocchia della SS. Annunziata in Vanchiglia, aveva iniziato a Torino l'opera degli oratori, fondandone uno dedicato al S. Angelo Custode: cfr. Programma dell'oratorio e Progetto di scuole domenicali e serali, ivi costituite, in «L'Educatore» 3 (1847) 762-765; sono firmati dai Direttori Sacerdoti D. Gio. Cocchi e Teol. Roberto Murialdo.
73 Teol. Roberto Murialdo (1815-1883), torinese, cappellano di S. Maestà il Re. La sua attività benefica rimase fin dagli inizi intrecciata sia con l'opera di don Cocchi che con quella di don Bosco, con crescenti preferenze per le iniziative del cugino e in particolare per il Collegio degli Artigianelli.
assai cagionevole è affidata al Sac. D. Rua Michele. L'intervento medio di questo Oratorio è di circa quattrocento. 75
Osservazioni generali. Questi Oratori si possono definire luoghi destinati a trattenere ne' giorni festivi i giovanetti pericolanti con piacevole ed onesta ricreazione dopo di aver assistito alle sacre funzioni di chiesa. Quindi oltre le chiese vi sono recinti abbastanza spaziosi per la ricreazione ed appositi locali per le scuole e per riparare gli 80 allievi dalle intemperie nella fredda stagione o in caso di pioggia. I mezzi per allettar ad intervenire sono: piccoli premi, trastulli e buone accoglienze. Medaglie, immagini, frutta, qualche colezione o merenda; talvolta un paio di calzoni, di scarpe od altro abito pei più poveri; collocamento al lavoro; assistenza presso ai parenti e presso agli 85 stessi padroni. I trastulli sono: pallottole o bocce, piastrelle, stampelle, altalene i di vario genere, passo del gigante, ginnastica, esercizi militari, canto, concerti con musica istrumentale e vocale. Ma ciò che più di tutto attrae i giovanetti sono le buone accoglienze. Una lunga esperienza ha fatto conoscere che il buono risultato dell'educazione 90 nella gioventù consiste specialmente nel saperci fare amare per farci di poi temere.
77 ne' giorni festivi om A add sl A2 pericolanti om A add sl A2 79-80 spaziosi] grandi C spaziosi em sl Cb 85 al lavoro] a padrone A al lavoro corr A2 87 altalene...genere] altalena AB altalene di vario genere corr Bb altalena CD 89-90 Una lunga...conoscere che om ABCD add sl Bb 90-91 il buono...gioventù om A per ottenere buoni ristiltati nell'educazione della gioventù add sl A2 per ottenere buoni risultati nell'educazione della gioventù B il buono risultato dell'educazione nella gioventù corr Bb 91-92 consiste...temere] bisogna che facciamo di farci amare e non mai di farci temere A bisogna studiare il modo di farci amare per farci di poi temere corr A2 bisogna studiare il modo di farci amare per di poi farci temere B consiste specialmente nel saperci fare amare per farci di poi temere corr Bb bisogna studiare il modo di farsi amare per farsi poi all'uopo temere CD
74 Don Michele Rua, beato, successore di don Bosco nel governo della Società Salesiana (1888-1910), n. a Torino il 9 giugno 1837, m. il 6 aprile 1910. Giovane chierico studente è attivo già dal 1853 nell'oratorio di S. Luigi; dal 1854 al 1856 collaborò col teol, Paolo Rossi, poi col teol. Leonardo Murialdo. Alla fine del 1857 passa all'oratorio dell'Angelo Custode in Vanchiglia. Ordinato sacerdote il 29 luglio 1860, «avrebbe potuto chiamarsi Direttore, perché nella direzione adempieva le parti più importanti; invece per deferenza a don Roberto Murialdo che continuava ad occuparsene, si considerò per tre anni e si fece chiamare vicedirettore» — E. CERTA, Vita del servo di Dio Don Michele Rua. Torino, SEI 1949, p. 49.
89-92 «Studia di farti amare prima di farti temere» — Ricordi confidenziali, p. 146.
Le funzioni religiose ne' giorni festivi sono come segue: al mattino comodità per chi vuole confessarsi; messa cui segue un racconto di 95 storia sacra od ecclesiastica o l'esposizione del vangelo della giornata; quindi ricreazione. Dopo mezzodì catechismo in classe, vespri, breve istruzione dal pulpito, benedizione col venerabile, cui tiene dietro la solita ricreazione. Terminate le funzioni religiose ognuno è libero di rimanere per trastullarsi o di recarsi a casa. Sul fare della notte si mandano tutti a casa loro e si chiude l'Oratorio.
Vi è un apposito regolamento da cui è guidata ogni cosa nella chiesa, nella ricreazione e nelle scuole. Le persone che prendono parte sono ecclesiastici, cherici ed anche borghesi di civil condizione, che ajutano per ogni occorrenza. In tempo di quaresima vi è in tutti e tre 105 i luoghi il Catechismo quotidiano a mezzogiorno per quelli che non sono liberi in altra ora della giornata. Si celebra eziandio il mese Mariano con predica o lettura spirituale analoga, rosario e benedizione col venerabile o al levar del sole o all'Ave Maria di sera secondo le circostanze.
110 Le persone che presero parte più attiva sul principio degli Oratori, oltre ai menzionati sono: D. Ponte, D. Trivero, D. Pacchiotti, T. Vola Gio. In modo poi particolare si rese benemerito il T. Borrelli Gioanni. Esso ne fu come l'anima ed il sostegno coll'esercitare ivi il sacro Ministero e nell'ajuto materiale e morale. Anche il Cav. T. Baricco ci ha più volte preso parte. I 115
93 ne' giorni festivi om A add sl A2 95 od ecclesiastica om A add sl A2 107 o lettura spirituale analoga om C add sl Cb 113-115 Esso...parte om A add mrg sin A'
92 Di seguito a «temere» del doc. C l'amanuense aggiunge: «(e i libretti del Cattechismo? e le lotterie?)». Don Bosco non interviene.
104-106 «Ho circa quattrocento catechizzandi al catechismo quotidiano del mezzodì. Vuol dire che la moralità ne' poveri giovani non è ancora perduta» — lett. al teol. Pietro Abbondioli, curato a Sassi, 4 aprile 1854, Em I 224-225.
111-112 Don Pietro Ponte (1821-1892), di Pancalieri (Torino), per qualche tempo pensionante presso don Bosco (1847-1848), amico di Silvio Pellico, cappellano e segretario della marchesa Barolo, spesso nominato nelle biografie della marchesa e della seconda superiora generale delle Suore di S. Anna, Maria Enrichetta Dominici (1829-1896).
Don Trivero: cfr. Cenno, lin. 336-337.
Don Pacchiotti Sebastiano (1806-1884), cappellano al Rifugio insieme al teol. Borel, collaboratore nel 1° oratorio, poi canonico di Giaveno (Torino).
Teol. Giov. B. Vola: cfr. Cenno, lin. 336-337.
112-113 Teol. Borelli, Giovanni Borel: cfr. Cenno, lin. 113.
p. 4 Scuole domenicali. Molti giovanetti o per mancanza di mezzi o di comodità si trovavano già ad età alquanto avanzata senza I avere la istruzione necessaria per apprendere un mestiere. Lungo la settimana non potevano frequentar scuola di sorta, quindi la necessità suggerì le scuole domenicali. Queste tra noi cominciarono per la prima volta nel 120 1845. Sul principio sembrava cosa difficile, non esistendo né libri né persone che potessero a ciò dare norme o consigli. Si faceva scuola, s'insegnava, ma lungo la settimana dimenticandosi in gran parte quanto erari insegnato ed imparato la domenica. Tuttavia si giunse a 125 superare in parte questo grave ostacolo, prendendo un solo ramo scientifico per volta e dando una lezione sola da studiarsi lungo la settimana.
120 tra noi om A add sl A2 Per la prima volta om A add sl A2 121 1845] 1846 ABC 1846 D 1845 torr Db Cx Sul principio] Da prima A Sul principio em sl A2 121-123 non...settimana om A add mrg sin A2 123 in gran parte om ABC add sl Cb
114-115 Il teol. cav. Pietro Baricco (1819-1887) era teologo collegiato dell'Università, membro dell'Accademia Solariana, di cui fu preside dal 1846 al 1860; consigliere comunale, assessore all'Istruzione e vicesindaco. Nelle sue pubblicazioni si occupò in particolare dell'Istruzione popolare a Torino.
116-124 «Negli Oratorii festivi, mercé lo zelo di sacerdoti ed anche di laici caritatevoli, si cominciò nel 1846 ad insegnare i primi elementi della lettura, della scrittura e dell'aritmetica, e così fyrono istituite le scuole domenicali» — BARICCO, L'istruzione popolare, p. 126 — La. data del 1846 (e cioè inverno 1846-1847) è la più realistica e coincide con Cenno storico, lin. 179-181, 320-321. — Le Letture di famiglia (18421847) di L. Valerio davano talora notizie sull'apertura qua e là di scuole domenicali e serali. — Sulla diffusione delle scuole domenicali o festive in Germania, Svizzera, Olanda, Inghilterra, Stati Uniti, Regno Lombardo-Veneto informa J.M. DEGÉRANDO, Della pubblica beneficenza, t. III. Firenze, C. Torti 1844, pp. 349-353; F. APORTI, Sulle scuole festive di Lombardia. Lettera ad Alessandro Torri a Pisa, 11 gennaio 1834. Pisa, tip. Nistri 1834; R. LAMBRUSCHINI, Sulla istruzione del popolo. Memoria letta all'Accademia dei Georgofili in Firenze nell'adunanza del dì 4 dicembre 1831, ora in R. LAMBRUSCHINI, Scritti politici e di istruzione pubblica raccolti e illustrati da A. Gambaro. Firenze, La Nuova Italia 1937, pp. 437-450: parla, tra l'altro, della scuola delle feste da lui fondata a Figline Valdarno (Firenze) in favore degli artigiani, «in cui si insegna il disegno lineare applicato alle arti, la prospettiva, e qualche più ovvio principio di geometria e di meccanica» (p. 445); lo scopo era «non levarli dal lavoro nei giorni feriali, e distoglierli dall'ozio e dal gioco nei giorni festivi» (lett. del 3 giugno 1833 allo zio, card. L. Lambruschini, in difesa contro un articolo apparso sulla retriva «Voce della Ragione», che vedeva nell'iniziativa il pericolo del liberalismo e disprezzo per il giorno festivo: A. GAMBARO, Primi scritti religiosi di Raffaello Lambruschini. Firenze, Riv. Bibl. Italiana 1918, pp. 308-310, n. 1).
Con questo mezzo si riuscì a far imparare da prima a leggere e scrivere e successivamente le quattro prime operazioni dell'aritmetica, dipoi gli elementi del sistema metrico, della gramatica 130 italiana e la storia Sacra, ma senza mai passare ad un novello ramo d'insegnamento se non quando fosse bene appreso quello che si aveva tra mani. I pubblici saggi, che furono dati, appagarono gli insigni personaggi, tra quali l'abate Aporti, il Sindaco della città Cav. Bellono ed il Sig. Cav. T. Baricco, i quali ci vollero onorare della loro presenza. 135
124 ed imparato om A add sl A2 126 sola om AB add sl Bb 128 e successivamente om A add sl A2 129 dipoi om A add sl A2 129-130 della...italiana om A add sl A2 130 ma om A add mrg sin A2 senza...passare om A sempre continuando add mrg sin A2 senza mai passare em A' un novello ramo om A materia novella add mrg sin A2 un novello ramo em A' 131-132 d'insegnamento...mani om A add mrg sin A2
127-130 Informando sulla scuola festiva, da lui fondata a Cremona nel 1822-1823, Ferrante Aporti così ne precisa il programma: «La scuola festiva abbraccia: 1° gli insegnamenti del disegno a mano libera e geometrico applicato alle arti, ed accoglie altresì gli istruiti già nella 4' classe, i quali furono emancipati dalle scuole, porgendo loro in tal modo l'opportunità di progredire e perfezionarsi; 2° gli insegnamenti proprj delle prime due classi elementari. Si amò introdurre anche gli insegnamenti della prima classe, perché fosse aperta la via ai più adulti, più prossimi a divenire padri di famiglia, di acquistare le prime cognizioni di religione e di morale, di leggere, scrivere, conteggiare, ortografia ecc., necessarie a tutti di qualunque condizione essi sieno» — F. APORTI, Scritti pedagogici, a cura di A. Gambaro, vol. II. Torino, Chiantore 1945, pp. 221-222. — In Lombardia nel 1834 si contavano 228 scuole festive: in quelle di campagna per lo più si impartivano gli insegnamenti elementari; in città si insegnava soprattutto geometria e disegno applicato alle arti più utili: cfr. G. SACCHI, Intorno all'attuale stato dell'elementare istruzione in Lombardia in confronto di altri Stati d'Italia. Memoria statistica. Milano, Stella 1834, pp. 7-8.
133 Ferrante Aporti, n. nella provincia di Mantova nel 1791, m. a Torino nel 1858, sac., professore di esegesi biblica nel seminario di Cremona e direttore della scuola elementare maggiore della città (1821-1848), fondatore del primo asilo infantile in Italia, tra la fine di agosto e l'inizio di ottobre del 1844 tenne a Torino un corso straordinario di metodica. Compromesso con l'Austria nel 1848 per l'appoggio dato alla guerra di libera-zione, fu esule a Torino, creato senatore da Carlo Alberto, nominato nel 1849 Presidente del Consiglio Universitario della capitale e della Commissione permanente per le scuole secondarie, quindi prima autorità scolastica del Regno dopo il Ministro della P.I. 133-134 Nel doc. C si trova l'indicazione «sindaco della città di Torino»; di seguito l'amanuense scrive: «(si sa il nome?)»; sopra la linea don Bosco aggiunge: «Cav. Bellono»: è l' avv. Giorgio Bellono, deputato di Ivrea, sindaco di Torino dal 1850 al 1852, benevolo verso gli oratori di don Bosco, m. a Torino il 4 dicembre 1854.
Scuole serali. In mezzo alla moltitudine de' giovani che intervenivano apparve un altro bisogno, perciocché sebbene l'istruzione domenicale producesse buoni effetti, tuttavia per molti non bastava. Cominciarono pertanto ad invitarsi a venire lungo la settimana in que' giorni e in quelle ore che tornavano più comode agli allievi. Un gio- 140 vane ingaggiava l'altro ed in breve si giudicò opportuno di stabilire un'ora fissa per tutti e quest'ora fu la sera, quando appunto gli artigiani hanno terminati i giornalieri loro lavori.
Laonde nel 1846 si cominciarono per la prima volta le scuole serali. Il concorso era straordinario, sicché dovemmo limitarci ad un 145 numero di allievi compatibile colla ristrettezza del locale. Siccome le scuole serali furono di poi aperte dal municipio in molti quartieri della città, così cessò il bisogno di questa scuola negli altri oratori. Soltanto nell'Oratorio di S. Francesco di Sales continuarono fino al presente. La materia dell'insegnamento è: Lettura, scrittura, sistema 150 metrico, lingua italiana, canto fermo, musica vocale, musica istrumentale e a qualcheduno disegno, piano forte, organo ed anche lingua francese.
136-144 In mezzo...nel om A add mrg sin A2 144 1846] quaranta sette A 1847 em A2 1847 BCD 1846 torr Db Cx per la prima volta om A add sl A2 144-145 post serali add per quelli che vi potevano prendere parte A del A2 146-148 Siccome...questa om AB Ma poco dopo il Municipio di Torino accorse efficacemente a questo bisogno ed aprì in vari quartieri della città molte classi di scuole serali ben provvedute di maestri add mrg sin Bb Motivi particolari impedirono si continuasse questa CD Siccome 19' scuole serali furono di poi aperte dal municipio in molti quartieri della città, così cessò il bisogno di questa em mrg sin Db il Cx
144 Don Bosco corregge la data indicata nella prima stesura di A, il 1847. Come si è detto per le scuole serali, più realistico e probabile appare l'inverno 1846-1847. «Nel 1847 si aggiunsero nell'Oratorio di San Francesco di Sales le scuole quotidiane serali per l'insegnamento della lingua italiana, della lingua francese, del sistema metrico, della calligrafia e del canto» — BARICCO, L'istruzione popolare, p. 138. — Non sembra disporre di solido fondamento l'anticipo di tale data alla fine del 1844 al Rifugio, sostenuto da E. Cena (e da don Bosco stesso in MO 183), o all'inverno 1845- 46 in casa Moretta indicato da don Bosco nelle MO: cfr. MB XVII 850-858; MO 151, n. alla lin. 33. — Cfr. ancora: «Nel 1846 si cominciarono le scuole serali, che furono visitate da una deputazione di Consiglieri municipali. Se ne mostrarono altamente soddisfatti, e, fattane relazione in pieno Consiglio, fu decretato un dono di mille franchi con annuo sussidio di franchi 300 per le scuole serali, sussidio che si continuò fino al 1877» — L'Oratorio di S. Francesco di Sales ospizio di beneficenza. Esposizione del Sacerdote Giovanni Bosco. Torino, Tipografia Salesiana 1879, p. 4 — OE XXXI 260. 150-153 «Poiché mediante l'assiduità alla scuola serale, Pietro era giunto ad imparare assai bene l'aritmetica ed il sistema metrico cogli elementi della lingua italiana, il suo padrone lo stimò capace di tenere il registro del lavoro di un determinato numero di compagni» — La forza, p. 54. — «Lo stesso caporale furiere essendo stato informato che Pietro aveva un bel carattere a scrivere e sapeva assai bene l'aritmetica ed il sistema metrico decimale, lo applicò in certi lavori di premura, a cui il furiere da solo non poteva dar sesto» — lb., p. 77.
Scuole feriali diurne. Altra classe di giovanetti vagava pericolante 155 per la città, sono costoro que' giovanetti che o per essere male vestiti o per non potersi abituare ad una regolare disciplina non sono accolti nelle pubbliche scuole o ne sono licenziati. Costoro per lo più orfani o trascurati dai loro parenti anche in tenera età scorrono le vie e le piazze rissando, bestemmiando e rubacchiando. Per essi fu aperta 160 una scuola diurna nell'Oratorio di S. Francesco di Sales ed un'altra in quello di S. Luigi.
154 Scuole feriali diurne] Nell'Oratorio di S. Francesco di Sales vi sono eziandio le scuole diurne destinate a A Scuole feriali e diurne em sl A' 154-155 Altra...giovanetti] quella classe di giovanetti A Altra classe di giovanetti vagava pericolante per la città, e sono coloro em mrg sin A2 Altra classe di giovanetti vagava pericolante per la città, e sono costoro B Altra classe di giovanetti vagava pericolante per la città, sono costoro que' giovanetti torr Bb 157-161 Costoro...S. Luigi om A add mrg sin A' 157-158 per...parenti om A' add mrg i A3
154-165 «Non cesso di raccomandarmi alla sua provata carità(...) eziandio per aprire una scuola diurna ad Ognissanti» — lett. alla duchessa Laval de Montmorency, 12 agosto 1856, Em I 297. — «Alla vista del bisogno ognor crescente di istruire i ragazzi appartenenti alla classe bassa del popolo, mi sono determinato di aprire una scuola diurna per accoglierne almeno una parte di quelli che in numero stragrande vanno vagando lungo il giorno, sia perché i parenti non si danno cura di loro sia anche perché si trovano lontani dalle pubbliche scuole; perciocché nel circondario di Borgo Dora, S. Barbara, Piazza Paesana, Borgo S. Donato, Collegno, Madonna di Campagna, trovansi non meno di trentamila abitanti senza che ci sia né chiesa né pubblica scuola. Egli è per occorrere al bisogno di questi ragazzi che ho dato mano alla costruzione di una scuola capace di contenerne circa centocinquanta. Ma siccome ci occorrono spese pei maestri, pei lavori di costruzione, per le provviste di scuola e somministrazione degli oggetti scolastici, così io ricorro alla nota di Lei bontà supplicandola di venire in soccorso di me, che è quanto venire in soccorso di questi giovanetti che si possono chiamare veramente abbandonati, pericolanti e pericolosi» — Circolare del 1° ottobre 1856 — Em I 304.
Tra l'entrata all'Oratorio su via della Giardiniera e la chiesa di S. Francesco di Sales «don Bosco fece innalzare due aule scolastiche(...). In poco tempo le scuole furono pronte per ricevere gli alunni. Sul principio del 1857 molti giovanetti esterni accorrevano alla nuova scuola elementare diurna dalle case dei dintorni dell'Ora-torio» — GIRAUDI, L'Oratorio..., p. 129.
Il loro intervento è assai numeroso in ambidue gli oratori e mediante la cura di maestri accorti e caritatevoli si ottennero soddisfacenti risultati per la moralità e per la disciplina. Parecchi di essi furono poi ammessi nelle classi municipali, altri nelle classi serali, alcuni collocati a padrone. 165
Casa dell'Oratorio di S. Francesco di Sales. Fra i giovani che frequentano questi oratori se ne trovarono di quelli talmente poveri ed abbandonati che per loro riusciva quasi inutile ogni sollecitudine senza un sito dove possano essere provveduti di alloggio, vitto e vestito. A questo bisogno si studiò di provvedere colla casa annessa e 170 detta anche Oratorio di S. Francesco di Sales. Ivi in principio si prese p.5 a pilgione una piccola casa nel 1847 e si cominciarono a raccogliere alcuni de' più poveri. In quel tempo essi andavano a lavorare per la città restituendosi alla casa dell'Oratorio per mangiare e dormire.
161-162 in ambidue gli oratori om A add sl A' 163-165 Parecchi...padrone om A add sl A' 166 Casa dell'] Ricovero annesso all' AB Casa dell' em sl Bb 168 quasi om ABCD add sl Db Cx 173 post poveri add o orfani o trascurati dai parenti CD In...essi] che A Allora em sl A' Allora B In quel tempo essi em sl Bb Nei dì feriali CD
166-171 «Fra i giovani che frequentano gli Oratori della città ce ne sono di quelli che trovansi in condizion tale da render inutili tutti i mezzi spirituali se non si porge loro soccorso nel temporale. S'incontrano talora giovani già alquanto inoltrati nell'età, orfani, e privi dell'assistenza paterna perché i genitori non possono o non vogliono curarsene, senza professione, senza istruzione. Costoro sono esposti a' più gravi pericoli spirituali e corporali, né si può impedirne la rovina, se non si stende una mano benefica che li accolga, li avvii al lavoro, all'ordine, alla Religione. La casa annessa all'oratorio di S. Francesco di Sales ha per iscopo di dare ricetto ai giovani di tal condizione» — Piano di Regolamento per la Casa annessa all'Oratorio di S. Francesco di Sales in Valdocco. Scopo di Questa, redazione ms del 1852 ca. ASC 026 Regolamento. — «La parola Oratorio si prende in varj sensi. Se si considera come adunanza festiva s'intende un luogo destinato a ricreare con piacevoli trastulli i giovanetti, dopo che essi hanno soddisfatto ai loro doveri di religione. Di questo genere sono in Torino l'Oratorio di s. Francesco di Sales in Valdocco; di s. Giuseppe a s. Salvarlo; di s. Luigi presso al viale dei platani; del s. Angelo Custode in Vanchiglia; di s. Martino presso ai molini municipali. Diconsi anche oratorii feriali le scuole diurne e serali che ne' locali mentovati si fanno lungo la settimana per que' giovanetti che per mancanza di mezzi, o perché male in arnese non possono frequentare le scuole della città. Presa poi la parola Oratorio in senso più esteso s'intende la casa di Valdocco in Torino nota sotto al nome di Oratorio di s. Francesco di Sales. I giovanetti possono essere ricevuti in questa casa o come artigiani o come studenti(...)» — Il pastorello, pp. 70-72, n. 1.
170-173 È la casa Pinardi, subaffittata dal Soave il 1° dicembre 1846; col 1° marzo 1847 don Bosco poté disporre dell'intero edificio.
173-174 Le prime redazioni del Piano di Regolamento per la casa annessa... rispecchiano questa situazione: «Scopo di questa. Fra i giovani che frequentano gli Oratorii della città ce ne sono di quelli che trovansi in condizion tale da render inutili tutti mezzi spirituali se non si porge loro soccorso nel temporale(...) né si può impedirne la rovina, se non si stende una mano benefica che li accolga, li avvii al lavoro, all'ordine, alla Religione. La casa annessa all'Oratorio di S. Francesco di Sales ha per iscopo di dare ricetto ai giovani di tal condizione(...). Capo 1. Accettazione. Perché un giovane possa essere accettato, si devono in lui avverare le seguenti condizioni: (...) 4. Che frequenti qualcuno degli Oratorii della città: perché questa casa è destinata a sollevare i figli degli Oratorii, e l'esperienza ha fatto conoscere essere di massima importanza il conoscere alquanto l'indole de' figli prima di riceverli» — ms allografo con correzioni di don Bosco, microschede FDB 1.958 C 9 — ASC 026 Regolamenti. — L'andare e venire quotidiano tra Oratorio e città riguardava non solo gli «artigiani», ma anche gli studenti: cfr, STELLA, Don Bosco nella storia economica..., pp. 177-178.
175 Ma il grave bisogno che da vari paesi di provincia si fece sentire ci determinò di estendere l'accettazione anche a quelli che non frequentavano gli oratorj di Torino.
Cosa chiamò cosa. I giovani abbandonati formicolavano da tutte le parti. Allora si stabilì una base con cui si accettavano soltanto 180 que' giovani che fossero fra gli anni diciotto e i dodici, orfani di padre e di madre, totalmente poveri ed abbandonati. Siccome poi il recarsi in città nelle pubbliche officine produceva cattive conseguenze, così ampliato il locale esistente, se ne costrusse del nuovo ed al presente (i ricoverati sommano a settecento) gli opifici o laboratorj sono tutti qui nella casa. Le arti in cui vengono applicati sono sarti, calzolai, 185 legatori, falegnami, legatori, tipografi e studio per quelli che colla morale condotta e colla singolare attitudine alle scienze se ne rendono degni.
181-183 Siccome...cosi om A add mrg sin A2 181 poi om AB add sl Bb 182 nelle...officine om A2 presso ai pubblici opifizi add sl A' presso ai pubblici opifizi B nelle pubbliche officine corr Bb presso ai pubblici opifizi CD
175-181 In redazioni successive del Regolamento della casa annessa, in fogli volanti e in giornali appaiono condizioni di accettazione semplificate e meno limitative: «Per gli artigiani 1° Siano orfani di Padre e di Madre 2° Abbiano dodici anni compiuti e non oltrepassino i diciotto 3° Poveri ed abbandonati. Per gli Studenti 1° Abbiano compiuto le classi elementari e vogliano fare il corso ginnasiale 2° Siano commendevoli per ingegno e per moralità» — ms autografo degli anni '60, ASC 132 Oratorio 11, 2; cfr. anche «La Buona Settimana» 2 (1857), N° 47, 15-21 nov., p. 392; «Affinché un giovane sia accettato nella casa detta: Oratorio di S. Francesco di Sales in Valdocco...». Torino, tip. dell'Orat. di S. Frane, di Sales 1862, 1 fol.
181 Di seguito ad «abbandonati» nel doc. C l'amanuense aggiunge: «(si potrebbe forse qui tracopiare quelle condizioni d'accettazione stampate)». Don Bosco non interviene. Certamente 1' amanuense si riferisce al foglio stampato nella tipografia dell'Oratorio nel 1862, citato alle lin, 175-181.
181-188 Dal 1853 al 1856 vengono sistemati nell'edificio della casa annessa costruito ex novo i laboratori interni dei calzolai (1853), dei legatori (autunno del 1854), dei sarti, dei falegnami e «minusieri» (stipettai) (1856), dei tipografi (1861-62) e dei fabbri febbrai (1862) e in fine la libreria (1864). Quasi in concomitanza sono aperte le prime tre classi del ginnasio (1855-1857) e poi la quarta e la quinta (1859-1860). 189-194 Nel processo di redazione del testo delle Costituzioni della Società di S. Francesco di Sales ne1,1860-1861 al precedente testo del 1858 don Bosco aggiunge il seguente articolo: «Inhista poi dei gravi pericoli che corre la gioventù desiderosa di abbracciare lo stato ecclesiastico, questa congregazione si darà cura di coltivare nella pietà e nella vocazione coloro che mostrano speciale attitudine allo studio ed eminente disposizione alla pietà. Trattandosi di ricoverare giovani per lo studio saranno di preferenza accolti i più poveri, perché mancanti di mezzi onde fare altrove i loro studi»; negli anni 1863/1864 l'articolo è integrato in questo modo: «purché porgano fondata speranza di riuscita nello stato ecclesiastico. Nella casa di Valdocco sono circa 555 ed in Mirabello oltre a cento i giovani che percorrono i corsi classici con-questo scopo» — Costituzioni SDB, p. 76.
La brama ardente manifestatasi in molti di percorrere i corsi scientifici regolari ha fatto fare qualche eccezione sulle condizioni di accet- 190 tazione. Laonde per lo studio si accettano anche giovani non abbandonati e non totalmente poveri purché abbiano tale condotta morale e tale attitudine allo studio da lasciar non dubbia speranza d'onorevole e cristiana riuscita in una carriera scientifica.
Amministrazione. In questa casa eziandio avvi un regolamento 195 secondo cui è guidata ogni cosa. Vi è un Rettore da cui ognuno dipende; un prefetto ne fa le veci ed è responsale della contabilità e della corrispondenza; un Direttore provvede alle scuole, corrisponde coi maestri, cogli assistenti di studio, coi catechisti ossia direttori spirituali; 200 un economo ha cura delle persone di servizio, delle riparazioni e in generale di tutta l'azienda domestica.
184 gli...laboratorj] Le arti cui A Gli opifici o laboratorj em A2 189-190 scientifici regolari] ginnasiali AB scientifici regolari em sl Bb ginnasiali CD 193-194 onorevole e cristiana om A add A2 scientifica] dello studio A scientifica em A2 195 Amministrazione om A add mrg sin A2 196-197 un Rettore...dipende] un amministratore unico A un Rettore da cui ognuno dipende em sl A2
195-196 La compilazione del Regolamento per le case, che verrà pubblicato nella redazione definitiva e ufficiale alla fine del 1877, ha avuto inizio contemporaneamente al Regolamento per gli esterni, edito congiuntamente al primo. Nell'Archivio Centrale Salesiano sono custodite diverse redazioni manoscritte, in parte autografe di don Bosco, spesso con sue correzioni, che risalgono ai medesimi anni 1852/1853 con il titolo Piano di regolamento per la casa annessa all'Oratorio di S. Francesco di Sales in Valdocco — ASC 026 Regolamenti.
196-202 «Capo 2 Del Rettore 1° Il Rettore è capo dello stabilimento; a lui aspettai' accettare o licenziare i giovani della casa; è responsabile dei doveri di ciascun impiegato; della moralità e della educazione de' giovani della casa(.,.) Capo 3° Del prefetto 1° Il prefetto ha cura di tutta l'azienda della casa e fa le veci del Rettore in sua assenza nell'amministrazione, e in tutte quelle cose di cui fosse espressamente incaricato(...) 9° L'economo, il Direttore delle scuole, lo spenditore della cucina sono in relazione diretta col prefetto(...) Economo 1° L'amministrazione dell'economo è divisa in tre parti: servizio della casa; disciplina dei giovani; conservazione e riparazione delle cose domestiche(...) 4° Egli è incaricato di tutto ciò che riguarda alla pulizia delle persone, degli abiti de' giovani e procurerà che specialmente gli artigiani siano puntuali ai loro doveri(...) 9° Si tenga in relazione diretta co' capi d'arte(...) Capo Quarto Del Catechista 1° Il catechista ossia direttore spirituale ha per iscopo d'invigilare e provvedere ai bisogni spirituali dei figli(...) 13 Il catechista degli artigiani si terrà in relazione diretta co' capi di camerata, coll'economo, col prefetto, per dare e ricevere ragguaglio della condotta di ciascuno 14 Il catechista degli studenti si farà ajutare dagli assistenti dello studio, e si terrà in diretta relazione coi maestri e col direttore delle scuole. Del Direttore delle scuole 1° Il direttore delle scuole è incaricato di quanto riguarda agli allievi, ai maestri, ed alle cose che ai medesimi possono occorrere(...)» — ms autografo di Don Bosco del Piano di regolamento della casa annessa [NB. Solo il 1° art. relativo al Catechista è ricavato da un ms allografo] — ASC 026 Regolamenti, microschede 1.958 D 6-10.
Dall'economo dipendono anche i capi ovvero maestri d'arti di ciascun laboratorio. I Non vi p. 6 sono redditi né entrate fisse. Perciò la casa si sostiene di sola beneficenza per lo più di privati oblatori. Il municipio suole fare una largizione 205 annua di fr. 300 pei lumi e legna per le scuole serali in tempo d'inverno. Non si può calcolare la spesa precisa di tutta la casa o di ciascun individuo, ma si può stabilire a circa 60 centesimi in ciascun giorno per ogni individuo, tutto compreso. La chiesa, il fabbricato, sito per la casa ed oratorio di Valdocco sono proprietà del sac. Bosco. 210 Quelli di Porta Nuova e di Vanchiglia sono pigionati.
Risultati. Per conoscere i risultati ottenuti da queste scuole, dagli
204-205 I1 municipio...300 om A add sl A2 205-206 pei...inverno om ABCD add mrg sin Db mrg i Cx 207 circa om A add sl A2 in ciascun] caduno al A in ciascun em sl A2 208 per...individuo om A add sl A2 tutto compreso om ABCD add sl Db Cx
208-210 Sui modi di proprietà di don Bosco mediante il modulo giuridico della «società tontinaria», cfr. lett. al can. Lorenzo Gastaldi del 24 novembre 1852, Em I 174175; STELLA, Don Bosco nella storia economica..., pp. 84-85, 157.
211-225 Sulla classificazione dei giovani in base a criteri morali e educativi secondo don Bosco, cfr. P. BRAIDO, Il «sistema preventivo» in un «decalogo» per educatori, in RSS 4 (1985) 143-148 (e in questo stesso volume, pp. 277-278, 280-283).
Oratori e dalla casa detta Oratorio di S. Francesco di Sales bisogna dividere in tre classi gli allievi: discoli, dissipati, e buoni. I buoni si conservano e progrediscono nel bene in modo meraviglioso. I dissipati, cioè quelli già abituati a girovagare, poco a lavorare, si riducono 215 anche a buona riuscita coll'arte, coll'assistenza, coll'istruzione e coll'occupazione. I discoli poi danno molto da fare; se si può ad essi far prendere un po' di gusto al lavoro, per lo più sono guadagnati. Coi mezzi accennati si poterono ottenere alcuni risultati che si possono esprimere così: 1° che non diventano peggiori; 2° molti si riduco- 220 no a far senno, quindi a guadagnarsi il pane onestamente; 3° quelli stessi che sotto la vigilanza parevano insensibili, col tempo si fanno, se non in tutto almeno in qualche parte, più arrendevoli. Si lascia al tempo di rendere profittevoli i buoni principii che poterono conoscere come debbansi praticare. 225
Per la qual cosa in ogni anno si è riuscito di collocare più centinaja di giovanetti presso a buoni padroni da cui appresero un mestiere. Molti si restituirono alle loro famiglie da cui erano fuggiti; ed ora si mostrano più docili ed ubbidienti. Non pochi poi furono collocati a servire in oneste famiglie. 230
212 casa...Sales] questo ricovero AB casa detta Oratorio di S. Francesco di Sales em sl Bb questo ricovero CD 214-215 dissipati] e disviati B dissipati corr Bb 217 218 se...guadagnati om A add mrg sin A2 219 Coi...risultati] ma si è provato coll'esperienza che co' [con Aico' em Al mezzi accennati si ottenne con A Coi mezzi accennati si poterono ottenere alcuni risultati em mrg sin A2 222 col tempo] nol sono ed A col tempo corr A2 col tempo B a lungo andare CD 222-224 fanno...praticare] i buoni principj se non fruttano immantinenti, fruttano più tardi A lasciano che i buoni principj acquistati giungano a produrre più tardi il loro effetto corr A2 lasciano che i buoni principii acquistati giungano più tardi a produrre il loro effetto B fanno luogo ai buoni principii acquistati che giungono più tardi a produrre il loro effetto corr Bb si fanno se non in tutto almeno in qualche parte più arrendevoli, e si lascia al tempo di rendere profittevoli i buoni principi che se non appresero a praticare impararono almeno a conoscere C si fanno, se non in tutto almeno in qualche parte, più arrendevoli. Si lascia al tempo di rendere profittevoli i buoni principii che se non appresero a praticare, poterono almeno conoscere D si fanno, se non in tutto almeno in qualche parte, più arrendevoli. Si lascia al tempo di rendere profittevoli i buoni principii che poterono conoscere come debbansi praticare corr Db Cx 227 un mestiere] o si perfezionarono nell'arte loro CD
213 discolo: ribelle ad ogni disciplina, anche amorale; (con valore attenuato) eccessivamente vivace, abitualmente indisciplinato, insofferente di disciplina; birichino: ragazzo vivace, furbo, scaltro, disinvolto; monello.. ragazzo abbandonato a se stesso, ragazzo di strada; (con valore attenuato) molto vivace, sveglio, irrequieto; (peggiorativo) minorenne traviato/a, corrotto.
L'uscita poi e l'entrata de' giovani dell'ospizio di questo Oratorio è di circa tre cento all'anno. Parecchi di essi sono accolti nella musica della guardia nazionale o nella musica militare; altri continuano il mestiere appreso nello stabilimento; alcuni vanno a servire 235 in oneste famiglie; un numero anche ragguardevole si danno all'insegnamento. Costoro subiti i loro regolari esami o rimangono qui in casa o vanno in qualità di maestri in que' paesi dove sono richiesti. Alcuni percorrono anche carrieri civili. p. 7
Fra gli studenti molti intraprendono la carriera ecclesiastica. Co-240 storo, compiuto il corso ginnasiale, per lo più sono rinviati ai rispettivi vescovi che ne prendono la più amorevole cura per assisterli e farli continuare nella carriera cui aspirano. Tra essi è scelto quel numero che esercitano la qualità d'insegnanti in questa casa, fanno i catechismi negli Oratorj, assistono i vari laboratorii e dormitorj. Giunti 245 al sacerdozio parecchi continuano ad esercitare il sacro ministero a favore de' giovani ivi radunati o che frequentano gli altri oratorj della città. Altri secondano la loro inclinazione e vanno a coprire quelle parti del ministero a cui sono dal superiore ecclesiastico giudicati idonei. 250 Una persona assai benemerita degli oratorj e di questa casa è il sac. Alasonatti Vittorio che da molti anni consacra indefesso le sue fatiche per queste opere di beneficenza.
231 ospizio] casa AB ospizio em sl Bb casa CD 232 all'anno om A add sl Az 234-235 alcuni...famiglie om CD 247-249 Altri...idonei om A add A2 250 252 Una persona...beneficenza om AB add mrg sin Bb om CD
231-232 Sul movimento delle accettazioni nella casa dell'Oratorio di Valdocco nel corso di ciascun anno solare dal 1847 al 1869, cfr. STELLA, Don Bosco nella storia economica..., pp. 175-178, 194-196, 439-470.
232-238 «Da alcuni anni in qua venendo le officine ristrette, ed essendo frequentissime le dimande di giovani da ricoverarsi, ho destinato un maggior numero di giovani allo studio. Ora ne ho un buon numero che si guadagnano altrove il pane della vita, chi in qualità di maestro approvato, chi colla musica, ed altri avendo percorso la carriera ecclesiastica lavorano in diversi paesi nel sacro ministero» — lett. al ministro della P.I. Terenzio Mamiani (1799-1885), 12 giugno 1860, Em I 409. — (...) questi nostri ricoverati(...) ne riportarono profitto veramente soddisfacente, a segno che molti di essi ora si guadagnano onesto sostentamento o come maestri di scuola, o nella Tipografia, altri graduati militari, ed altri nella carriera Ecclesiastica, altri infine si trovano ai banchi dei vari dicasteri del Governo — lett. al ministro Michele Amari (1806-1889), 7 marzo 1863, Em I 559.
251 Vittorio Alasonatti, primo prefetto della Società Salesiana, n. ad Avigliana (Torino) il 15 nov. 1812, sac. a Torino il 13 giugno 1835, insegnante, entra all'Orato¬rio il 14 agosto 1854, professo con il primo gruppo di salesiani il 14 maggio 1862, fu prezioso collaboratore di don Bosco soprattutto in campo amministrativo; morì a Lanzo (Torino) il 7 ottobre 1865.
253-225 «Niuno è stipendiato e tutti questi insegnanti impiegano caritatevolmente le loro fatiche» — lett. al Provveditore agli Studi di Torino, Francesco Selmi (1817¬1881), 4 dic. 1862, Em I 542. — «Questi maestri da oltre a sette anni prestano gratuitamente l'opera loro a benefizio di questi nostri ricoverati» — al ministro della P.I. Michele Amari, 7 marzo 1863, Em I 559. — Tra i responsabili dei laboratori o anche persone e operai che prestavano la loro opera c'erano, ovviamente, vari stipendiati: cfr. STELLA, Don Bosco nella storia economica..., pp. 243-246.
G. Bosco, Documenti di pedagogia narrativa 151
In tutto il personale di questa casa e di tutti gli oratorj comprese le persone di servizio non v'è alcuno stipendiato, ma ognuno presta gratuitamente l'opera sua. 255
253 ante oratorj add altri D 253-254 comprese...servizio om AB add Bb 255 post sua add Fra gli ecclesiastici che si resero benemeriti per l'ajuto morale e mate¬riale prestato agli oratorj festivi furono D. Pacchiotti Sebastiano; T. Giacinto Car¬pano, T. Vola Gioanni; D. Trivero Giuseppe, D. Ponte Pietro, T. Leonardo Murialdo, T. Cav. Roberto Murialdo, Sac. Rua Michele; Sac. Alasonatti Vittorio. Ma il Teologo Borrelli Gioanni fu in modo particolare, il promotore, il sostegno prestandosi con opere in modo efficace in tutti i tempi e in tutti i modi A del A'
I brevi documenti presentati a conclusione di questa sezione rappresentano la sintesi delle due fondamentali dimensioni, reali e temporali, dell'intera personalità e azione di don Bosco: la «consacrazione» ai giovani quale prete della diocesi torinese, operante in quella che è diventata la sua città, mediante «l'oratorio» (inteso nel senso più ampio possibile); e la transizione a un'ulteriore specifica «consacrazione» come «religioso» e fondatore di una società di «religiosi» dedita totalmente alla «prevenzione» giovanile, «Società o congregazione degli oratori».1
Alla prima dimensione appartengono i primi tre documenti, due dei quali sempre del tutto aderenti alla primitiva tradizione «oratoriana» torinese. Vi si connette anche la Storia d'Italia, fedele agli scopi e allo stile della Storia ecclesiastica del 1845 e della Storia sacra del 1847. Anche se il terreno su cui lavora è profano, lo scopo è identico: «illuminare la mente per rendere buono il cuore», educare in chiave morale, religiosa, «civile», tre aggettivi che si connettono e ricoprono reciprocamente. Oltre tutto, nella composizione della Storia d'Italia, con tutta probabilità don Bosco si incontra con formule che si avvicinano o si identificano con il programma pedagogico più volte ricorrente nei suoi scritti: «farsi amare piuttosto (o "prima") che farsi temere».2
Quanto al passaggio a un tipo di «pedagogia narrativa» legata al graduale avvento, tra gli ultimi anni del cinquantennio e i primi anni '60 dell'Ottocento, oltre che su elementi di fatto si può contare su un'esplicita testimonianza di don Bosco stesso. Il mercoledì 2 febbraio 1876, discorrendo coi direttori delle sue istituzioni, riuniti a Torino-Valdocco, sull'opportunità che si curasse la storia di ciascuna di esse, quale base di una storia dell'intera istituzione salesiana, osservava: «Io poi ho già scritto sommariamente varie cose che riguardano l'oratorio da principio fin' ora, ed anzi fino al 54 molte cose le ho scritte in disteso; lì nel cinquantaquattro entriamo a parlare della congregazione e le cose si allargano immensamente e prendono un altro aspetto.
1 Il termine ricorre nella redazione di primo getto di un «memoria» allegata alla domanda di approvazione della sua incipiente associazione di salesiani inviata a Roma in data 12 febbraio 1864: cfr. ASC Autografi-Società Salesiana, microsch. FdB 1.924 D 9-10.
2 Se ne troverà un'analisi più diffusa nell'introduzione al testo degli Articoli generali del Regolamento per le case (più avanti alle pp. 273-276).
Tuttavia ho pensato che è cosa che servirà poi molto a quei che verranno e a dar maggior gloria a Dio, perciò procurerò di scrivere». Effettivamente, anche se don Bosco non scriverà per la congregazione qualcosa di simile alle Memorie dell'Oratorio di S. Francesco di Sales, tuttavia comporrà su di essa parecchie «brevi notizie», anche se con diverso scopo e cioè per arrivare ad ottenerne l'approvazione.' Ne verrà pubblicata qui la prima testimonianza, con tante forzature, anche cronologiche, dovute ai fini per cui era compilata: egli, infatti, intendeva ottenere la più rapida approvazione di una istituzione che, per questo, doveva apparire già da lunghi anni iniziata e felicemente collaudata.
A incoraggiare don Bosco verso l'organizzazione in congregazione religiosa di quanti volessero condividere con lui la stessa missione giovanile poteva spingerlo anche il fatto che, nonostante la sottrazione dell' «esistenza legale» o della «personalità civile» alle corporazioni religiose, si lasciava — secondo le esplicite dichiarazioni parlamentari del presentatore del disegno di legge, Urbano Rattazzi — «piena e libera facoltà ai membri delle comunità religiose di radunarsi e di darsi quel genere di vita che loro torni a grado».4
Il testo presentato è quello contenuto in apertura alla prima redazione (ms A) conosciuta delle Costituzioni salesiane, che aveva come titolo Regolamento della Congregazione di San Francesco di Sales, in base all'edizione critica approntata da Francesco Motto, come sarà indicato a suo luogo. Esso risale a un periodo che va dal 1858 al principio del 1859.5 Vi saranno indicate alcune poche variantiicontenute nel testo delle Costituzioni inviate a Lione all'arcivescovo di Torino, Luigi Fransoni in data 11 giugno 1860 (ms D).6
3Un elenco di documenti «informativi» di questo tipo si trova nel saggio di P. BRAIDO, L'idea della Società Salesiana nel «Cenno istorico» di don Bosco del 1873/1874, in «Ricerche Storiche Salesiane» 6 (1987), pp. 255-256. L'ultimo, più esteso, è rappresentato precisamente dal Cenno istorico, di cui nel saggio si riproduce il testo annotato (pp. 276-310).
4 U. RATTAZZI, Discorsi parlamentari. Raccolti e pubblicati per cura dell'avv. comm. Giovanni Scovazzi, vol. III Roma. Per gli Eredi Botta 1877, pp. 218-219. «La libertà del chiostro (...) rimarrà sacra ed intatta, non ostante l'adozione di questa legge, perché l'effetto della medesima, come ho accennato, non è di impedire che chi vuole convivere con altri, conviva; chi vuole dipendere da superiori, ne dipenda, lasciandosi in ciò piena ed assoluta libertà a ciascuno» (p. 234). «Mentre noi sosteniamo che si debbano togliere le personalità civili a quelle corporazioni religiose, d'altro canto ammettiamo che sia lecito a chiunque il dedicarsi a quella vita che stima conveniente, ed anche di darsi alla vita ascetica e contemplativa» (p. 397).
5 Cfr. G. Bosco, Costituzioni della Società di S. Francesco di Sales [1858]-1859. Testi critici a cura di Francesco Motto. Roma, LAS 1982, pp. 22-26.
6 G. Bosco, Epistolario. Introduzione, testi critici e note a cura di Francesco Motto, vol. I (1835-1863). Roma, LAS 1991, p. 406.
SCOPO E DIVISIONE DI QUESTA STORIA
Egli è un fatto universalmente ammesso che i libri debbono essere adattati all'intelligenza di coloro a cui si parla, in quella guisa che il cibo deve essere acconcio secondo la complessione degli individui. A seconda di questo principio divisai di raccontare la Storia d'Italia alla gioventù, seguendo nella materia, nella dicitura e nella mole dei volumi, le medesime regole già da me praticate per altri libri al medesimo scopo destinati.
Attenendomi perciò ai fatti certi e più fecondi di moralità e di utili ammaestramenti, tralascio le cose incerte, le frivole congetture, le troppo frequenti citazioni di autori, come pure le troppo elevate discussioni politiche, le quali tornano inutili e talvolta dannose alla gioventù. Posso nonpertanto accertare il lettore, che non ho scritto un periodo senza confrontarlo coi più accreditati autori, e per quanto mi fu possibile, anche contemporanei, od almeno più vicini al tempo cui si riferiscono gli avvenimenti. Nemmeno ho risparmiato fatica nel leggere i moderni scrittori delle cose d'Italia, ricavando da ciascuno quanto parve convenire al mio intento.
+ «La storia d'Italia raccontata alla gioventù da' suoi primi abitatori sino ai nostri giorni (1855) riprende il titolo (e qualche parte) di una Storia d'Italia dai suoi primi abitatori dopo il diluvio fino ai nostri giorni di un manualetto edito da Giacinto Marietti (1834) che è a quanto pare un rimaneggiamento del gesuita Paolo Beorchia (1795-1859). Ma l'operetta di Don Bosco non attinge a Denina o al Botta o a Cesare Balbo e forse nemmeno al Muratori; e dev'essere accostata ai sentimenti e alle idee dei neo-guelfi e neo-ghibellini di metà Ottocento non perché si ispiri ai grandi storici che rappresentano tali correnti, quanto piuttosto perché ne respira la medesima atmosfera, ne risente il medesimo clima, pur collocandosi nella più modesta serra delle divulgazioni per il popolo e per la gioventù accanto ai compendi della stessa indole dello Sforzosi, del Ricotti, dello Zini; anzi nella sfera ancora più umile dei libri a cui maggiormente attinge: i Racconti morali tratti dalla storia d'Italia, che costituiscono una sezione del Giannetto, fortunatissimo manuale di lettura per le scuole elementari compilato dal pedagogista Luigi Alessandro Parravicini (1799-1880) e il Corso di storia raccontata a' fanciulli di Jules Raymond Lamé-Fleury (1797-1878)» (P. STELLA, Don Bosco nella storia della religiosità cattolica, vol. I, p. 231).
Questa storia è divisa in quattro epoche particolari; la prima comincia dai primi abitatori d'Italia e si estende fino al principio dell'Era volgare, quando tutto l'impero Romano passò sotto la dominazione di Augusto. Quest'epoca si può denominare l'Italia antica o pagana.
La seconda dal principio del Romano impero fino alla caduta del medesimo in Occidente nel 476, e la chiameremo l'Italia cristiana, perchè appunto in tale spazio di tempo il Cristianesimo fu propagato e stabilito in tutta l'Italia.
La terza dalla caduta del Romano impero in Occidente fino alla scoperta dell'America fatta da Cristoforo Colombo nell'anno 1492, ed è la Storia del Medio Evo.
La quarta comprende il resto della Storia sino ai nostri tempi, comunemente appellato Storia Moderna.
Ho fatto quello che ho potuto perchè il mio lavoro tornasse utile a quella porzione dell'umana società che forma la speranza di un lieto avvenire, la gioventù. Esporre la verità storica, insinuare l'amore alla virtù, fuga del vizio, rispetto alla religione, fu lo scopo finale di ogni pagina.
Le buone accoglienze fatte dal pubblico ad alcune mie operette altra volta pubblicate mi fanno pure sperar bene di questo comunque siasi lavoro. Se a taluno riescirà di qualche vantaggio, ne renda gloria al Dator di tutti i beni, cui intendo di consacrare queste mie tenui fatiche.
LA STORIA D'ITALIA
raccontata alla gioventù, da' suoi primi abitatori sino a' nostri giorni, dal Sac. Giovanni Bosco. Torino, tip. Paravia 1856. Un vol. in 16° di 558 pagine.
Il nome dell'egregio Sac. D. Bosco è oggimai un'arra più che sufficiente della bontà de' suoi scritti improntati tutti di zelo, e diretti alla cultura della gioventù al bene di cui da tanti anni lavora con lodevolissima fatica. Questa sua Storia d'Italia in particolare merita elogio per la rara discrezione con cui fu scritta, in maniera che nell'angusto spazio di 558 pagine in 16° vi si raccolgono con diligenza tutti i principali avvenimenti della patria nostra.
+ «La Civiltà Cattolica» 8 (1857), vol. I, 482.
L' affermare che in così arduo lavoro non v' abbia qualche difetto sarebbe cosa ingiusta. Ad ogni modo noi facciam voti, perchè dato bando a tante storie d'Italia scritte con leggerezza od anche con perverso fine, questa del Bosco corra per le mani de' giovani che s'iniziano allo studio delle vicende della nobilissima Penisola.
Ch.mo signore,
Reco disturbo a V.S. Chiarissima per pregarla di due favori. Che voglia gradire copia di Storia d'Italia testè fatta stampare, con preghiera di volerne far cenno nel giornale l'Istitutore con quelle parole che nella sua saviezza meglio giudicherà.
Il mio scopo fu di raccontare alla gioventù que' fatti di nostra storia che sembrano più convenire alla giovanile età. L'ho anche accomodata al programma per l'esame di magistero, pei maestri delle scuole elementari e delle scuole tecniche.
Comunque Ella faccia, io sono assai contento di quest'occasione in cui le posso augurare dal Cielo sanità e grazia, mentre con pienezza di stima mi professo rispettosamente
Di V.S. chiar.ma Obbl.mo servitore Sac. Bosco Gio.
Da casa, 23 settembre 1859.
[Em I 178]
' Nel 1865 Niccolò Tommaseo dedicava il suo volume Nuovi studi su Dante a tre sacerdoti di Torino: il pedagogista G.A. Rayneri, il professore di storia ecclesiastica nella Facoltà teologica Francesco Barone, il direttore del periodico L'Istitutore Giovanni Lanza. In essa egli sottolineava i «pregi morali» del Piemonte tra cui segnalava «l'esercizio della fede religiosa massimamente nelle opere di carità»; e qualche riga più avanti enumerava tra i «monumenti di carità» torinesi «il Collegio dell' ab. Bosco, che prende nome ben augurato da Francesco di Sales, ove meglio che dar pane a più centinaia di poveri, ammaestransi a saperselo guadagnare per tutta la vita». La simpatia per il mondo subalpino era andata crescendo a cominciare dal 1854 quando era arrivato nella capitale e aveva preso alloggio nel borgo Vanchiglia, dove don Bosco gestiva l'oratorio dell'Angelo Custode (1849-1866). Era naturale che Tommaseo accogliesse con favore l'omaggio della seconda edizione della Storia d'Italia del 1859 e ne facesse una benevola recensione nella Rassegna bibliografica dell'Istitutore, di cui era solerte collaboratore. La breve nota del 17 dicembre successivo era diretta a coloro che avevano trovato troppo generosa e acritica la sua valutazione.
Se i libri giudicassersi dall'utilità che recano veramente, se ne avrebbe una misura più giusta di quella che sogliono i letterati adoprare; e correggerebbersi, o almeno si tempererebbero, molte loro sentenze peccanti o di servile ammirazione o di disprezzo tiranno. Ecco un libro modesto, che gli eruditi di mestiere e gli storici retori degnerebbero forse appena di uno sguardo, ma che può nelle scuole adempire gli uffizi della storia meglio assai di certe opere celebrate. A far libri in uso della gioventù, certamente l'esperienza dell'insegnante non basta, ma è grande aiuto, e compisce le altre doti a questo difficile ministero richieste. Difficile segnatamente là dove trattasi di compendii, i quali devono essere opere intere nel genere loro, non smozzicare i concetti, nè offrirne lo scheletro arido. L'Ab. Bosco in un volume non grave presenta la storia tutta d'Italia ne' suoi fatti più memorandi; sa sceglierli, sa circondarli di luce assai viva. Ai Piemontesi suoi non tralascia di porre innanzi quelle memorie che riguardano più in particolare il Piemonte, e insegna fare il simile agli altri maestri, cioè le cose men note e più lontane illustrare con le più note e più prossime. S'intende dunque che ciascun insegnante deve all'uso proprio e de' suoi discepoli saper rifare almeno in parte i libri scolastici, per ben fatti che siano; deve le narrazioni, per vivaci che siano nel libro, saper nella scuola animare di colori noydlli, e applicare e la storia e ogni altro ammaestramento a ciascheduno de' suoi allievi, per quanto si può.
In tanta moltitudine di cose da dire, l'Ab. Bosco serba l'ordine e la chiarezza, che diffondendosi da una mente serena, insinuano negli animi giovanili gradita serenità. Giova a chiarezza, secondo me, anco il raccogliere in un capitolo distinto le considerazioni generali sopra la religione e le istituzioni de' popoli, le consuetudini e gli usi. Questo è stato ripreso in alcuni storici del secolo andato; e richiedevasi che tali notizie fossero a luogo a luogo infuse nella narrazione stessa, e le dessero movimento e pienezza di vita. Io non dico che ogni osservazione generale devasi dalla esposizione dei fatti dividere, che sarebbe un rendere e l'una e l'altra parte imperfetta: ma dico che anco gli storici antichi, maestri imitabili in ciò, o premettevano o inframettevano ai fatti la commemorazione sommaria dei costumi; e dico che, specialmente ne' libri a uso della gioventù, questa cura è sussidio alla memoria insieme e all'intelligenza.
+ «L'Istitutore. Foglio ebdomadario d'Istruzione e degli atti ufficiali di essa» 7 (1859) N° 48, sabato 26 novembre, pp. 764-765.
Nè a proposito di tale o tal caso è possibile indicare con la debita evidenza tutto quello che spetta all'indole costante dei popoli, senza che ricorra tediosa necessità di ripetere a ogni tratto i medesimi accenni.
Io non dirò che l'autore non potesse talvolta approfittare maggiormente delle notizie storiche che la scienza moderna ha accertate, studiando meglio le fonti; non dirò che tutti i giudizi di lui sopra i fatti a me paiano indubitabili, nè i fatti tutti esattamente narrati; ma mi corre obbligo di soggiungere che non poche delle troppo esaltate scoperte della critica moderna rimangono tuttavia dubitabili anch'esse, e versano assai volte sopra circostanze non essenziali all'intima verità della storia; e soggiungere che i più tra i giudizi dell' autore mi paiono conformi insieme a civiltà vera e a sicura moralità. Nel colloquio quasi famigliare che raccontando egli tiene co' suoi giovanetti, saviamente riguarda le cose pubbliche dal lato della morale privata, più accessibile a tutti e più direttamente proficua. Il voler fare dei fanciulli altrettanti uomini di stato, e insegnarli a sentenziare sopra le sorti degl'imperi, e le cagioni che diedero vinta a tale o tal capitano una campale battaglia, è pedanteria non sempre innocente. Perché avvezza le menti inesperte a giudicare dietro alla parola altrui cose che non possono intendere; perchè a questo modo dà loro una falsa coscienza; perchè non le addestra a modestamente applicare i documenti della storia alla pratica della comune vita. Noi vediamo all'incontro i grandi storici e i grandi poeti antichi compiacersi a ritrarre sotto le insegne, e quasi sotto la maschera, dell'uomo pubblico l'uomo privato; a giudicare nel cittadino e nel principe il padre, il figliuolo, il fratello. Quindi, insieme con la sapienza e con l'utilità, la maggiore bellezza delle opere e storiche e poetiche degli antichi. Non pochi de' moderni, in quella vece, nella storia e nella poesia stessa propongono a se un assunto da dover dimostrare, e quello perseguono dal principio alla fine; e a quello piegano e torcono i fatti e gli affetti; dando sempre a vedere se stessi e la propria fissa zione, nei più diversi aspetti del loro argomento ostinandosi a farne sempre apparire il medesimo lato, e sotto forme differenti ripetendo a sazietà la medesima cosa; non narratori nè dipintori, ma declamatori importuni. E non s'accorgono che la storia, e tutta la natura, è quasi una grande parabola agli uomini proposta da Dio; della quale voler fare una applicazione unica isterilisce la fecondità inesausta del vero, ammiserisce il concetto divino.
N. TOMMASEO
Nelle parole che scrissi intorno alla Storia dell'Ab. Bosco, avvertendo che non tutti i giudizi di lui sopra i fatti a me paiono indubitabili, nè i fatti tutti esattamente narrati, e notando che ciascun insegnante deve all'uso proprio e de' suoi discepoli saper rifare almeno in parte i libri scolastici, credevo aver detto assai. Le opinioni mie e quelle dell'Ab. Bosco su certi punti essendo abbastanza distinte, e non abbisognando di professione novella, a me parve, in mezzo agli esempi di quella critica scorticatrice che ci fa libera e dignitosa e gentile la vita, parve meno ingeneroso fermarmi sulle parti lodevoli del lavoro, la cui lettura ho, fra le dolorose mie cure, attentamente ascoltata. Io non amo scomunicare chi pensa altrimenti da me.
N. TOMMASEO
+ «L'Istitutore...» 7 (1859) N° 51, sabato 17 dicembre, pp. 810-811,
' Scrittore, filologo, lessicografo, pedagogista, n. a Sebenico in Dalmazia nel 1802, m. a Firenze nel 1874. Amico di A. Rosmini, A. Manzoni, R. Lambruschini, G. Capponi, collaborò a Firenze all'«Antologia» e compose il Dizionario dei sinonimi (1830). Ebbe vita travagliata: fu in Francia (1834-1839), a Venezia (1840-1849), a Corfù (1849-1854), a Torino (dal maggio 1854 all'ottobre 1859), a Firenze (1859-1874). Scrisse moltissimo su temi letterari, morali, politici, storici, pedagogici.
Torino, [21] febbraio 1857
La carità del Vangelo che inspira all'uomo le più belle opere di beneficenza sebbene rifugga dal richiamare sopra di sé gli sguardi altrui, tuttavia ove la gloria di Dio e il vantaggio del prossimo lo richiedano, non esita di superare la sua ritrosia e stendere la mano alle persone benefiche, e narrare talvolta il bene operato onde serva ad altri d'invito e di eccitamento a venire in aiuto ai bisognosi. Questo riflesso ha fatto deliberare la Commissione costituita per questa Lotteria a dare un cenno delle opere principali che in questi Oratorii si fanno, e così fare a tutti conoscere a che sia destinato il provento che ne fosse per derivare. Crediamo cosa pubblicamente conosciuta come il sac. Bosco Gioanni nel desiderio di promuovere il vantaggio morale della gioventù abbandonata si adoperò che fossero aperti tre Oratorii maschili ai tre principalilati di questa città, ove nei giorni festivi sono raccolti, nel maggior numero che si può, quei giovani pericolanti della città e de' paesi di provincia che intervengono a questa capitale.
+ G. Bosco, Epistolario. Introduzione, testi critici e note a cura di Francesco Motto, vol. I (1835-1863) 1991, pp. 317-320; cfr. Invito ad una lotteria d'oggetti a favore degli oratorii di S. Luigi a Porta Nuova, di S. Francesco in Valdocco, del S. Angelo Custode in Vanchiglia, nell'opuscolo Catalogo degli oggetti posti in lotteria a favore dei giovani dei tre oratorii di S. Francesco di Sales in Valdocco, di S. Luigi a Porta Nuova, del S. Angelo Custode in Vanchiglia. Torino, Tip. di G.B. Paravia e Comp. 1857, OE IX 3-6.
Molto simile è la circolare del 30 gennaio 1862 in favore della più grande lotteria organizzata da don Bosco, quando l'oratorio di S. Francesco di Sales è stato notevolmente ampliato ed è triplicato il numero degli ospiti. Vi si aggiunge: «Questi giovani poi in parte sono della capitale, ma il maggior numero provengono dalle città e dai paesi di provincia recandosi alla capitale in cerca di lavoro o per attendere allo studio: per esempio coloro che sono raccolti e dimorano attualmente nella casa annessa all'Oratorio di San Francesco di Sales in Valdocco ascendono a circa 570, e di costoro solamente 50 sono torinesi; gli altri provengono dalle città e dai paesi di provincia.
Egli è per questo che mentre noi raccomandiamo questa lotteria ai benemeriti nostri concittadini, invitiamo eziandio le persone caritatevoli dimoranti fuori di Torino a venire in aiuto di un'opera che oltre ad essere diretta a promuovere in genere il bene della classe più bisognosa della società, si estende ancora a favore di chiunque ne voglia approfittare, a qualunque città, paese o provincia egli appartenga»: G. Bosco, Epistolario. Introduzione, testi critici e note, a cura di Francesco Motto, vol. I (1835-1863). Roma, LAS 1991, p. 479; cfr. Invito ad una lotteria d'oggetti in Torino a favore degli oratorii di S. Francesco di Sales in Valdocco, di S. Luigi a P" Nuova e dell'Angelo Custode in Vanchiglia, nell'opuscolo Elenco degli oggetti graziosamente donati a benefizio degli oratorii di S. Francesco di Sales in Valdocco, di S. Luigi a Porta Nuova e dell'Angelo custode in Vanchiglia. Torino, Tip. di Giulio Speirani e figli 1862, pp. 3-4, OE XIV 199-200.
In questi Oratorii avvi cappella per le funzioni religiose, alcune camere per la scuola ed un giardino per ricreazione. Ivi sono allettati con premii, e trattenuti con un po' di ginnastica o con altra onesta ricreazione, dopoché hanno assistito alle sacre funzioni. Il numero di quelli che intervengono eccede talvolta i tre mila. Quando le stagioni dell'anno lo comportano, vi è scuola di lettura, scrittura, canto e suono. Un ragguardevole numero di pii signori sono solleciti a prestare l'opera loro col fare il catechismo; coll'adoperarsi che i giovani disoccupati vengano collocati al lavoro presso ad onesto padrone, continuando loro quell'amorevole assistenza che ad un buon padre si conviene.
Nell' Oratorio poi di Valdocco ci sono anche le scuole feriali di giorno e di sera specialmente per quei ragazzi che o per l'umiltà delle lacere vesti, o per la loro indisciplina non possono essere accolti nelle pubbliche scuole.
Le scuole serali sono assai frequentate. Ivi è parimenti insegnata lettura, scrittura, musica vocale ed istrumentale, e ciò tutto per allontanarli dalle cattive compagnie, ove di certo correrebbero rischio di perdere lo scarso guadagno del lavoro, la moralità e la religione.
Tra questi giovani, siano della città, siano dei paesi di provincia, se ne incontrano alcuni (per lo più orfani) i quali sono talmente poveri ed abbandonati, che non si potrebbero avviare ad un' arte o mestiere senza dar loro alloggio, vitto e vestito; e a tal bisogno si è provveduto con una casa annessa all'Oratorio di Valdocco, ove sono accolti in numero di oltre centocinquanta: loro è somministrato quanto occorre per farsi buoni cristiani ed onesti artigiani.
Accennato così lo stato di questi Oratori si può facilmente conoscere ove sia diretto il provento della Lotteria: le spese dei fitti dei rispettivi locali, la manutenzione delle scuole, e delle chiese, dar pane ai centocinquanta ricoverati sono oggetti di gravi dispendi.
Inoltre or sono tre anni nella fatale invasione del colera si dovette riattare un locale apposito, ove in quella congiuntura furono ricoverati in numero di quaranta orfani, parecchi dei quali sono tuttora nella casa. In quest' anno poi si è dovuto ultimare un tratto di fabbrica da alcuni anni messo in costruzione. Tutti questi lavori sebbene eseguiti colla più studiata economia resero indispensabile la spesa di oltre quarantamila franchi. La qual somma coll'aiuto di caritatevoli persone fu già nella maggior parte pagata, ma rimane ancora un debito di dodici mila franchi.
A soddisfare tali spese, a provvedere alla possibilità di proseguire nel bene incominciato, non abbiamo potuto trovare altro mezzo se non una Lotteria di oggetti, come quella che apre la via a qualsiasi condizione di persone di concorrere in quel modo e misura che i mezzi e la carità di ciascuno suggeriscono.
A tal uopo fu chiesta la debita autorizzazione dal Regio Governo che accolse favorevolmente la domanda, e con decreto del 2 corrente febbraio accordò tutte le facoltà che pel buon esito della Lotteria sembrano opportune.
Noi siamo intimamente persuasi che i nostri concittadini e le persone caritatevoli delle provincie, alle quali pure si estende il benefizio degli Oratorii e della casa, vorranno associarsi con noi e prendere non piccola parte, mandando oggetti destinati a servire di premio, e facendo acquisto di biglietti. Un eletto numero di benemerite persone furono cortesi di accettare di farsi promotori e promotrici, impegnandosi a raccogliere oggetti e a smerciare biglietti a norma del piano di regolamento ivi uniti.
Noi abbiamo soltanto esposto lo scopo degli Oratorii ed i mezzi principali che sono posti in opera onde conseguirlo. L'opera ci pare da se stessa abbastanza commendevole, senzaché ci aggiungiamo parola. Notiamo soltanto che prendendo parte a quest'opera di beneficenza si provvede alla pubblica ed alla privata utilità; e voi sarete benedetti da Dio e dagli uomini. Da Dio presso cui non vi verrà meno la ricompensa; dagli uomini poi avrete la più sentita riconoscenza, mentre uno stuolo di giovani benediranno ogni momento la mano benefica che li ha tolti dai pericoli delle strade, avviandoli al buon sentiero, al lavoro, alla salvezza dell'anima.
La Commissione
FESTA ALL'ORATORIO DI S. FRANCESCO DI SALES. — È stata la domenica ora scorsa un giorno di solenne e lietissima festa pei buoni giovanetti dell'Oratorio di S. Francesco di Sales. Orazio, il quale aveva insegnato, che omne tulit punctum qui miscuit utile dulci, non si sarebbe pensato, che il cristianesimo avrebbe suscitato di tali uomini, i quali per segreto e soave impulso della divina grazia, o, come altri direbbe, per felicità di natura, avrebbero in ogni atto largamente applicato quella sua massima, non per guadagnarsi gli applausi, ma per avviare turbe di gente sulla strada del cielo. E uno di cotali uomini è appunto l'egregio e benemerito sacerdote D. Bosco. Del che han potuto averne una prova quelli che ieri furono all'oratorio. Si celebrava la festa del Santo titolare di quella chiesa, e tutta la giornata fu così saviamente distribuita ed avvicendata in cose dilettevoli e sante, che essa passò tutta intiera come un momento a quella moltitudine di giovanetti. Vi fu sul mattino una comunione generale, alla quale si accostarono più di quattrocento fanciulli radianti nel volto per santo gaudio. Vi fu quindi messa solenne, stata cantata dal professore Ramello, che con amore e con gioia da circa un anno aiuta D. Bosco nella santa opera affidatagli dalla Divina Provvidenza. La musica dell'orchestra era composta tutta di quei giovanetti, parte studenti, parte artisti, buoni in generale, alcuni ottimi. Chiunque conosca l'indole irrequieta e mobilissima dei fanciulli, avrebbe agevolmente fatto le meraviglie, che regnasse in quella stipata chiesa tanto raccoglimento, e tanta divozione, e cioè senza gran numero d' assistenti. Pure è così, basta a contenerla nel dovere la virtuale presenza del caro lor Direttore. Il dopopranzo fu rallegrato da belle e svariate sinfonie di quella banda, e reso incantevole da' lieti ed onesti sollazzi di tutta quella vivacissima turba. Dopo il vespro ebbe luogo il battesimo d'un moro adulto, solennemente amministrato dall'Ill.mo e Rev.mo Monsig. Balma, stando a patrini il conte e la contessa di Clavesana, ai quali il suddetto moro va debitore della doppia sua redenzione temporale e spirituale. Compiuto il santo rito, Monsignore, salito all'altare, pronunziò non istudiate, ma commoventi parole in proposito, le quali furono con frutto e religiosamente ascoltate dall' affollata udienza.
+ «L'Armonia della religione con la civiltà» 11 (1858) giovedì 4 febbraio, pp. 107-108.
Terminate così le funzioni religiose colla benedizione del SS. Sacramento, si passò alla distribuzione dei premii, presieduta pur essa dall'esimio Prelato. I premiandi erano parte studenti e parte artisti, né furono i superiori, che quelli aggiudicarono, ma il libero e coscienzioso voto dei compagni. La solita banda rallegrava gli intermezzi. — Fu chiusa la distribuzione con un canto popolare intitolato: Pianto dei Romani per la partenza di Pio VII, egregiamente eseguito dal giovane Tomatis Carlo con un coro di più di venti voci.
Dovette allora Monsignore privare di sua presenza quella cara gioventù da lui benedetta, ma certo porterà con sé lungamente tenera ricordanza di sì devota e lieta funzione, come resteranno incancellabili nel cuore di que' giovani e le savie sue parole e i paterni suoi modi.
Restava ancora la rappresentazione d'un dramma intitolato: Baldini, bellissimo soggetto morale ed educativo. Si tratta d'un nobile cuore, che, trascinato dai cattivi consigli d'un compagno sulla via del delitto, giunge fino al segno di farsi capobanda di briganti. Ma la memoria di sua madre opportunamente rinverditagli, lo richiama all'onore ed alla virtù. La capace e lunga sala, che serve di studio, illuminata a gasse, fu prestamente convertita in teatro. I giovani attori si fecero tutti onore, ma sovratutti si guadagnò la simpatia e gli applausi il signor Fu-mero, stato allievo della casa. Finito il dramma, e rialzato di nuovo il sipario, si vide sulla scena un'urna e un giovane, che andava a depositarvi sopra una ghirlanda di fiori. Quando a poco a poco esce dietro dell'urna un'ombra biancovestita e con in mano una fiaccola, che con bellissimo e funereo canto prese a rimproverare al giovane suo figlio la vanità de' suoi giacinti, e la sterilità delle sue lagrime. Era l'ombra di Vinciguerra, e l'esecutore il già lodato Tomatis, pittore.
In cotal modo miscendo utile dulci, con grandissimo senno e con paterno amore l'esimio e reverendo D. Bosco seppe in un giorno solo santificare e rallegrare tanta gioventù, che egli ama come suoi figli, e cui essi amano come lor padre.
CONGREGAZIONE DI S. FRANCESCO DI SALES
In ogni tempo fu speciale sollecitudine de' ministri della chiesa di adoperarsi secondo le loro forze per promuovere il bene spirituale della gioventù. Dalla buona o cattiva educazione di essa dipende un buono o tristo avvenire ai costumi della società. Il medesimo Divin Salvatore ci diede col fatto evidente prova di questa verità quando compieva in terra la sua divina missione invitando con parziale affetto i fanciulli di appressarsi a lui. Sinite parvulos venire ad me. I sommi pontefici [I vescovi e specialmente i Sommi Pontefici D] seguendo le vestigia del Pontefice eterno, il Divin Salvatore, di cui fanno le veci sopra la terra, promossero in ogni tempo e colla voce e cogli scritti la buona educazione della gioventù, e favorirono in modo speciale quelle istituzioni che a questa parte di sacro ministero dedicano le loro cure.
A' nostri giorni però il bisogno è di gran lunga più sensibile. La trascuratezza di molti genitori, l'abuso della stampa, gli sforzi degli eretici per farsi seguaci, mostrano la necessità di unirci insieme a combattere la causa del Signore sotto allo stendardo della fede [del Vicario di Gesù Cristo D], e così conservare la fede ed il buon costume [add soprattutto D] in quella classe di giovani che per essere poveri sono esposti a maggiori pericoli di loro eterna salute. Egli è questo lo scopo della congregazione di s. Francesco di Sales iniziata in Torino nel 1841.
I tempi rendendosi assai difficili e calamitosi per la religione, il superiore ecclesiastico con tratto di grande bontà approvava il regolamento di questi oratorii e ne costituiva il sacerdote Bosco Direttore capo, concedendogli tutte quelle facoltà che potessero tornare necessarie od opportune a questo scopo.
Molti vescovi adottarono il medesimo piano di regolamento e si adoperarono per introdurre nelle loro diocesi questi oratorii festivi. Ma un bisogno grave apparve nella cura di tali oratorii. Molti giovani già alquanto di età avanzata, non potevano essere abbastanza istrutti col solo catechismo festivo e fu mestieri aprire scuole e catechismi diurni e serali.
+ G. Bosco, Costituzioni della Società di S. Francesco di Sales [1858]-1859. Testi critici a cura di Francesco Motto. Roma, LAS 1982, pp. 58-70.
Anzi molti di essi trovandosi affatto poveri ed abbandonati furono accolti in una casa per essere tolti dai pericoli, instrutti nella religione e avviati al lavoro.
Il che [si fa] tutt'ora specialmente in Torino nella casa annessa al-l' Oratorio di s. Francesco di Sales ove i ricoverati sono in numero di duecento circa. Si fa eziandio in Genova nell'opera detta degli Artigianelli, ove è direttore il Sac. Montebruno Francesco: ivi i ricoverati sono in numero di quaranta. Si fa pure nella città di Alessandria ove per ora la cura è affidata al Chierico Savio Angelo: ivi i ricoverati sono 50.
Fin dall'anno 1841 il sac. Bosco Gioanni si univa ad altri ecclesiastici per accogliere in appositi locali i giovani più abbandonati della città di Torino a fine di trattenerli con trastulli e nel tempo stesso dar loro il pane della divina parola. Ogni cosa faceva d'accordo col-l' autorità ecclesiastica. Benedicendo il Signore questi tenui principii, il concorso de' giovani fu assai grande e l'anno 1844 S.E. Monsignor Fransoni concedeva di ridurre un edifizio a forma di chiesa con facoltà di fare ivi quelle sacre funzioni che sono necessarie per la santificazione dei giorni festivi e per istruzione de' giovani che ogni giorno più numerosi intervenivano.
Ivi l'Arcivescovo venne più volte ad amministrare il Sacramento della Cresima e l'anno 1846 concedeva che tutti quelli che intervenivano a tale istituzione potessero ivi essere ammessi alla Santa Comunione e adempiere il precetto pasquale; permettendo di cantare la Santa Messa, fare tridui e novene, qualora ciò si ravvisasse opportuno. Queste cose ebbero luogo fino all'anno 1847 nell'Oratorio detto di s. Francesco di Sales. In quell'anno crescendo il numero de' giovani, e così divenuta ristretta la chiesa attuale, col consenso sempre dell'autorità ecclesiastica si aprì in altro angolo della città un secondo oratorio sotto al titolo di s. Luigi Gonzaga col medesimo scopo dell' antecedente.
Divenuti insufficienti anche questi due locali, l'anno 1850 se ne apriva un altro in altro lato della città sotto al titolo del Santo Angelo Custode.
Per le radunanze di giovani solite a farsi negli oratori festivi, per le scuole diurne e serali, e pel numero ognora crescente di coloro che venivano ricoverati, la messe del Signore divenne assai copiosa. Onde per conservare l'unità di spirito e disciplina, da cui dipende il buon esito degli oratorii, fin dall'anno 1844 alcuni ecclesiastici si radunarono a formare una specie di congregazione aiutandosi a vicenda e coll'esempio e coll'istruzione.
Essi non fecero alcun voto propriamente detto; tutto si limitò di fare una semplice promessa di non occuparsi se non in quelle cose che il loro superiore giudicasse di maggior gloria di Dio e vantaggio dell'anima propria. Riconoscevano il loro superiore nella persona del sac. Bosco Gioanni. Sebbene non si facessero voti tuttavia in pratica si osservavano le regole che sono ivi esposte. Gl'individu[i] che presentemente professano queste regole sono quindici cioè: sacerdoti N. 5, chierici 8, laici 2.