LAS - ROMA
Questa seconda parte è composta di cinque sezioni:
1. Il nostro Dio è amorevole e misericordioso (pp. 91-95).
2. Le risorse spirituali del cristiano (pp. 96-110).
3. Maria Auxilium Christianorum (pp. 111-114).
4. Uniti siamo più forti: "Vis unita fortior" (pp. 115-128).
5. Consigli spirituali ad amici, Cooperatori e benefattori (pp. 129-138).
Al cuore della spiritualità di don Bosco c'è il pensiero di Dio, Padre misericordioso e provvidente, tutto proteso nella sua azione salvifica con amore tenerissimo verso ogni creatura. Egli incessantemente invita l'uomo a rispondere al suo amore ed entrare in comunione con lui. Non è soltanto un appello alla conversione, ma un invito ad una consegna incondizionata di sé affinché Dio possa regnare nel nostro cuore e santificarlo. Attraverso l'assistenza religiosa prestata nell'Opera del Rifugio per le ragazze traviate e l'esperienza personale tra i giovani pericolanti, don Bosco scoprì i prodigi dalla grazia divina nei cuori sinceramente pentiti. Su invito della marchesa di Barolo, nel 1847 compose un Esercizio di devozione alla misericordia di Dio, dal quale trascriviamo due accorate meditazioni.
1
Tutta la terra, dice la sacra Scrittura, è piena della divina misericordia, misericordia Domini piena est omnis terra.2 Non possiamo in nessun luogo portare i nostri sguardi senza che sentiamo i benefizi di Dio. L'aria che ci dà il respiro, il sole che c'illumina, gli elementi che ci sostentano, il fuoco, l'acqua che ci serve a tanti usi, gli animali mansuefatti per nostro comodo, quanto si vede di bello, di prezioso o di magnifico per ogni dove tutto dimostra la bontà divina. A quanti accidenti va soggetta la vita dell'uomo di giorno, di notte, nel cibo, nella bevanda, nelle strade, negli impieghi e in ogni altra azione, eppur Dio ci ha conservati sinora.
Ciò noi vediamo operarsi in quanto alle cose temporali; che diremo poi di quanto fa Iddio intorno alle cose spirituali? L'intelletto per cui l'uomo conosce la verità, la ragione per cui si distingue il bene dal male, la volontà con cui l'uomo può seguire la virtù e meritare avanti al Signore, la memoria, la facoltà di parlare, ragionare, conoscere, insomma il principio pensante, ovvero l'animo, sono doni del Signore che ci ha dati e colla quotidiana sua bontà o provvidenza per noi conserva. Le chiese, i sacramenti, tutti gli altri conforti spirituali fanno vieppiù palese questa misericordia divina a beneficio degli uomini.
Eppure il Signore ci assicura che questi benefizi compartisce indistintamente ai giusti ed ai peccatori. "Egli fa risplendere il suo sole sopra i buoni e sopra i malvagi e fa cadere la rugiada del cielo tanto sopra i giusti, come sopra i peccatori".3 Siccome poi il peccatore peccando perde molti di questi doni, così pare che il Signore vada in cerca di lui onde beneficarlo e restituire quanto ha perduto col peccato. Vediamo come fa parlare un santo suo profeta:
1 [G. Bosco,] Esercizio di divozione alla misericordia di Dio, Torino, Tipografia Eredi Botta 1847, pp. 29-38 (OE II, 99-108).
2 Sal 33, 5.
3 Cf Mt 5, 45.
"L'uomo peccatore lasci la strada del male e ritorni al suo Signore, egli avrà di lui compassione".4 Venite a me, dice in un altro posto, ed io vi renderò quanto avete perduto nel tempo che viveste lontani da me,' vi renderò non solo ciò che non avete, ma quello che nemmeno vi pensate.
Lo stesso viene dimostrato dal nostro Salvatore, il quale nel mistero ineffabile dell'Incarnazione avrebbe dovuto avere particolar riguardo alle anime giuste che da tanto tempo l'aspettavano; pure egli medesimo ci assicura che non è venuto a prendere umana carne e operare quanto nel santo Vangelo leggiamo per i giusti, ma per i peccatori, non veni votare justos sed peccatores,6 ed altrove: io sono venuto a salvare ciò che era perduto: veni salvum facere quod perierat.7 Quasi volesse dire: il peccatore colla colpa disprezza e rigetta da sé tutti i favori della bontà divina e non altro più si merita che la morte eterna; io sono venuto a ridonargli la speranza di vita e rendergli quanto ha perduto: veni salvum facere quod perierat. Inoltre dopo il peccato tutte le creature si ribellano contro del peccatore. Dice san Tommaso che il fuoco, la terra, l'acqua, l'aria per loro naturale istinto tenderebbero a punire il peccato per vendicare l'ingiuria fatta al loro Creatore. Omnis creatura excandescit adversus iniustos.8 Solo Iddio per la sua pietà, mentre tutti gli elementi verrebbero ad sterminare dalla faccia della terra l'uomo peccatore, non solamente li trattiene, ma fa che continuino servire all'uomo, quasi, secondo l'espressione della sacra Scrittura, egli dissimuli la vista ch'egli ha dei peccati degli nomini affinché si ravvedano. Dissimulans peccata hominum propter paenitentiam .9 Egli continua a spandere i suoi doni a tutti indistintamente; guarda con occhio di rincrescimento il peccatore lontano da lui, lo favorisce in mille guise, gli vuole usare misericordia.
Pure chi lo crederebbe? a dispetto di sì commoventi tratti di bontà del nostro Iddio molti vivono quasi insensibili nei disordini della loro vita, senza badare che possa finire per loro il tempo di misericordia e sottentrarvi la rigorosa sua giustizia. Questo pur troppo avviene, che il peccatore lontano dal suo Dio più non pensa a lui, e mentre egli lo cerca per usargli misericordia, sembra che esso faccia a gara per irritarlo e muoverlo al castigo. Ponderiamo bene questi tratti della divina bontà, e mentre ogni giorno li vediamo rinnovati a nostro vantaggio, deh! non siamo più ingrati; e se mai il peccato ci tiene lontani da Dio, detestiamolo di vivo cuore e facciamo quanto prima a lui ritorno.
4 Cf Is 55, 7.
5 Cf Ez 18, 32.
6 Lc 5, 32.
7 Le 19, 10.
8 Tutte le creature si adirano contro gli ingiusti; rimando alla Vulgata: «Creatura enim tibi Fattori deserviens, exardescit in tormentum adversus iniustos (Sap 16, 24): la creazione infatti, a te suo Creatore obbedendo, si irrigidisce per punire gli ingiusti.
9 Non guardi ai peccati degli uomini in vista del pentimento (Sap 11, 23).
E poiché il peccatore per lo più dopo la caduta più non pensa di ritornare al suo Signore, noi in questo giorno, in modo speciale da Dio illuminati, prostriamoci davanti al trono della divina misericordia e invochiamola che faccia discendere la sua divina grazia sull'ostinato peccatore, lo illumini affinché a lui ritorni. Piangendo lo stato infelice di tutti i peccatori, detestiamo i nostri propri peccati; diciamo a Dio così: ah! mio Signore, intendo che a quest'ora mi toccherebbe stare nell'inferno e per la vostra misericordia mi è ancor dato questo giorno di gettarmi ai vostri piedi e sentire che voi mi volete usare misericordia e perdonarmi purché io mi penta delle ingiurie a voi fatte.
Sì mio Dio, io vi ringrazio di tutti i benefici che mi avete fatti e che ogni giorno andate facendo; vi fui sconoscente per lo passato, ma ora vi amo con tutto il mio cuore, mi pento d'avervi oltraggiato, mi rincresce più di avervi offeso che qualunque male avessi potuto incorrere; deh illuminatemi o bontà infinita, fatemi conoscere la mia grande ingratitudine; ah non vi avessi mai offeso! O Gesù mio perdonatemi e fate che da oggi in avanti io non ami altri che voi, viva solo per voi che siete morto per me. La grazia che domando per me, la domando altresì per tutti i peccatori affinché tutti conoscano la vostra grande bontà in beneficarli, lascino una volta lo stato infelice in cui si trovano e ritornino a gustare le delizie di un padre amante quale siete voi. Questa grazia domando per i meriti infiniti del vostro divin figliuolo e nostro salvatore Gesù Cristo. E voi, o amorosa Madre delle misericordie, dolcezza e conforto dei peccatori, fate ch'io sia esaudito, giacché non si è mai domandata grazia a Dio per voi la quale non sia stata concessa.
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Sebbene siano innumerabili i motivi che ci muovono a ringraziare Iddio, tuttavia pare che meriti speciale rendimento di grazie per l'amorevolezza con cui accoglie il peccatore, e ciò farà che esso con maggior confidenza si presenti al suo offeso Signore, il quale amorosamente lo chiama.
I principi della terra non sempre si decidono ad ascoltare i sudditi ribelli che vanno a chiedere loro perdono, e a dispetto dei più vivi segni di pentimento bisogna pagarla colla vita: Iddio non fa così con noi. Ci assicura che non volterà giammai da noi la sua faccia ogni volta che faremo a lui ritorno; no, poiché egli stesso c'invita e ci promette accoglienze le più pronte ed amorevoli. Revertere ad me et suscipiam te: ritorna a me, o peccatore, ed io ti riceverò (Ger 3, 1)." Convertimini ad me, et convertar ad vos, ait Dominus: solo che vogliate ritornare a me, io correrò ad incontrarvi (Zc 1, 3).
10 [G. Bosco,] Esercizio di divozione alla misericordia di Dio, pp. 76-84 (OE II, 146-154).
11 Citazione a senso dalla Vulgata: "Revertere ad me, dicit Dominus, et ego suscipiam te" (Ger 3, 1c): Torna da me, dice il Signore, e io ti accoglierò.
Ah con che amore, con che tenerezza abbraccia Iddio un peccatore quando a lui ritorna! Ricordiamo nuovamente la già mentovata parabola della pecorella smarrita. Il buon pastore la ritrova, se la stringe sulle spalle, la porta a casa e chiama gli amici a rallegrarsene seco gridando: rallegratevi con me perché ho trovato la pecora che avevo smarrita. Congratulamini mihi quia inversi ovem quae perierat.12 Questo maggiormente significò il Redentore colla parabola del figliuol prodigo, dicendo che egli è quel padre il quale vedendo ritornare il figlio perduto gli corre all'incontro; e prima che quegli parli l'abbraccia, lo bacia teneramente, e quasi vien meno di tenerezza per la consolazione che prova (Le 15, 11-32).
Una cosa che potrebbe allontanare i peccatori da questo ritorno è il timore che Iddio rinfacci loro le offese cagionate; cosa che ha luogo negli uomini, i quali dimenticano le offese per qualche tempo e ad un piccolo accidente novellamente le suscitano. Del Signore non è così: egli giunge a dire che se il peccatore si pente, egli vuole anche scordarsi dei suoi peccati come se quegli non lo avesse mai offeso, ascoltate le sue precise parole: se l'empio farà penitenza avrà il perdono ed io mi dimenticherò affatto di tutte le sue iniquità: si impius egerit paenitentiam vita vivet; omnium iniquitatum ejus non recordabor .13 Dice ancor di più (e pare che non possa andar più oltre la misericordia divina): venite et arguite me, dicit Dominus: si fuerint peccata vestra ut coccinum, quasi nix dealbabuntur (Is 1, 18).14 E vuoi dire, venite, o peccatori, e fate la prova; quand'anche l'anima vostra fosse nera per mille iniquità, se io non vi perdono, arguite me, riprendetemi e trattatemi da infedele. Ma no che Dio non sa disprezzare un cuore contrito ed umiliato;15 piuttosto si gloria il Signore allorché usa misericordia e perdona ai peccatori: exaltabitur parcens vobis (Is 30, 18);16 e quel che deve maggiormente consolare il peccatore si è che egli non avrà molto da piangere: alla prima lacrima, al primo dire "Io mi pento", il Signore si muoverà subito a pietà, statim ut audierit, respondebit tibi;" subito che tu ti penti e gli domandi perdono, subito egli ti perdona.
12 Rallegratevi con me perché ho trovato la pecora che era perduta (Lc 15, 6).
13 Se il malvagio farà penitenza, vivrà; non saranno ricordati tutti i suoi misfatti. Citazione a senso e contratta dalla Vulgata: "Si autem impius egerit poenitentiam ab omnibus peccatis suis quae operatus est, et custodierit omnia praecepta mea, et fecerit judicium et justitiam, vita vivet, et non morietur. Omnium iniquitatum ejus quas operatus est, non recordabor" (Ez 18, 21-22): Se il malvagio farà penitenza di tutti i suoi peccati che ha commesso e custodirà tutti i miei precetti e agirà con rettitudine e giustizia, egli vivrà, non morirà. Tutte le colpe da lui commesse non saranno ricordate.
14 Venite e discutiamo, dice il Signore; anche se i vostri peccati fossero come scarlatto, diventeranno bianchi come la neve.
15 Cf Sal 51, 19.
16 Sorgerà avendo pietà di voi.
17 Appena udrà, ti darà risposta (Is 30, 19).
Forse diranno le anime timide, è vero la misericordia del Signore è grande, ma niuno può negare che egli sia anche un giudice giusto, il quale ci tratterà come meritano le nostre colpe. Pur troppo vi sono molti peccatori, i quali spaventati dall'idea di trovare in Dio un giudice severo, non osano fare a lui ritorno. Tali sono i giudici di questo mondo i quali trattano i delinquenti secondo la gravità del misfatto. Ma, lo ripetiamo, Dio non tratta così coi peccatori. Egli usa bensì qualche volta di sua giustizia, ma questo solo per emendare il peccatore e farlo ritornare al suo ovile; egli è terribile, ma per chi ritorna a lui è tutto amabile, e tutto carità; Deus caritas est." Forse ci atterriranno gli oltraggi fatti al divin Salvatore? Nemmeno questo ci deve atterrire: Gesù Cristo è nostro giudice, ma è anche nostro amico, vos amici mei estis,19 sono sue parole. Anzi Gesù Cristo è venuto per salvare i peccatori. Veni salvum facere quod perierat." Per il peccatore discese dal cielo in terra, nacque nella povertà, visse fra gli stenti, diede la vita fra dolori e sparse tutto il suo preziosissimo sangue per salvare il peccatore. Perciò non può a meno che provare soddisfazione quando vede i suoi patimenti produrre frutti col ravvedimento del peccatore. Questo volle egli stesso dimostrare allorché disse che al ravvedimento di un peccatore tutti i beati ne godono e fanno festa per tutto il paradiso.2' Via dunque ogni timore per il rigore della giustizia divina; ringraziamo piuttosto il nostro buon Dio dei tanti benefizi che ci ha compartiti nel corso di nostra vita e specialmente coll'averci aspettati a penitenza. Promettiamogli di cuore che per l'avvenire gli saremo sempre fedeli e costanti nel servirlo. E diciamogli con amore che per gli innumerabili tratti di bontà che ci ha usati, qualunque pena, tribolazione, patimento, la vita ed anche la morte non basterebbero a ringraziarlo secondo il nostro immenso debito. Intanto noi, riconoscenti a tanti segni della bontà divina e animati dalle amorevoli accoglienze con cui ci riceve, accostiamoci con confidenza al trono della grazia," e sicuri di ottenere il perdono dei nostri peccati promettiamo a Dio d'impiegare ogni momento di nostra vita nel ringraziarlo, benedirlo e lodarlo. Laonde tutti i giorni che a lui piacerà lasciarci in questa vita altro non siano che un continuo rendimento di grazie per la bontà a noi usata, affinché esaltando la sua misericordia qui in terra la possiamo un giorno lodare ed esaltare con tutti i santi ed i beati in paradiso: Misericordias Domini in aeternum cantabo.23
18 Dio è amore (1 Gv 4, 8).
19 Voi siete miei amici (Gv 15, 14).
20 Sono venuto a salvare ciò che era perduto (Lc 19, 10).
21 Cf Le 15, 7.
22 Eb 4, 16,
23 Canterò senza fine la misericordia del Signore (Sal 89, 2).
Nella Chiesa si trovano tutti i mezzi di salvezza, vi fiorisce la santità e la carità. Don Bosco incessantemente invita giovani e adulti a cooperare all'azione della grazia con fede, speranza e carità, con l'offerta generosa della propria vita, con la preghiera costante, con la frequenza ai santi sacramenti; soprattutto facendosi imitatori di Gesù Cristo in una vita virtuosa e ricca di opere di carità.
1
L'apostolo san Paolo dice che senza la fede è impossibile piacere a Dio, sine fide impossibile est piacere Deo.' Noi dunque dobbiamo sempre tenere accesa nel nostro cuore questa fiaccola della fede. Abbiamo bisogno che la fede ci illumini in tutti i passi della nostra vita. La fede deve essere il cibo che ci sostenta nella vita spirituale, secondo quello che dice la sacra Scrittura: justus ex fide vivit, l'uomo giusto vive di fede.' Affinché questa fede che noi abbiamo da Dio ricevuto nel santo battesimo non venga mai meno nel nostro cuore dobbiamo spesso eccitarla. Dobbiamo per ciò fare sovente atti di fede; protestare col cuore che noi crediamo fermamente alle principali verità della cattolica religione e a tutto quello che Dio per mezzo della sua Chiesa volle che ci fosse insegnato. Ciò che noi facciamo recitando la formola dell'atto di fede.
Ma, caro cristiano, la fede non basta per l'eterna salute, ché ci è pur anche necessaria la virtù della speranza, la quale ci faccia abbandonare noi medesimi nelle mani di Dio, come un figlio nelle braccia della tenera madre. Noi abbiamo bisogno di ottenere da Dio molti favori e questi non soglionsi da Dio concedere se noi non li speriamo. Noi abbiamo commesso chi sa quanti peccati; abbiamo perciò bisogno che Dio ci usi misericordia e ce li perdoni. Abbiamo continuamente bisogno dell'aiuto della grazia di Dio per vivere santamente su questa terra. Ora questa misericordia, questo perdono, questo aiuto della sua grazia Iddio non vuole concederlo se non a chi lo spera. Inoltre Iddio tiene preparato nell'altra vita un mare di delizie; ma nessuno potrà giungere a goderlo senza la virtù della speranza. Per la qual cosa noi dobbiamo fare frequenti atti di questa virtù; ravvivando nel nostro cuore una grande fiducia di tutto ottenere dalla somma bontà di Dio per i meriti del nostro signore Gesù Cristo.
1 [G. Bosco,] Il cattolico provveduto per le pratiche di pietà con analoghe istruzioni secondo il bisogno dei tempi, Torino, Tip. dell'Oratorio di S. Frane. di Sales 1868, pp. 87-91 (OE XIX, 95-99). Questo volumetto è stato compilato da don Bosco con la collaborazione di don Giovanni Bonetti.
2 Eb 11, 6.
3 Gal 3, 11.
Per risvegliare e mantenere sempre viva in noi questa virtù recitiamo dunque con divozione la formola dell'atto di speranza.
Fra tutte le virtù poi la carità è la maggiore e la più eccellente. Senza di essa tutte le altre non potrebbero farci ottenere l'eterna salute. Ma in che consiste questa virtù della carità? Consiste nell'amar Dio sopra tutte le cose ed il prossimo come noi stessi per amor suo. L'amore dunque verso Dio e verso il prossimo deve sempre essere come un fuoco acceso nel nostro cuore. Primieramente noi dobbiamo amare Dio con tutto il cuore perché egli è uno spirito perfettissimo, un essere d'infinita bontà, un bene sommo. Dobbiamo anche amarlo perché egli ci ha colmati d'innumerevoli benefizi; ci ha cavati dal nulla col crearci; ci ha fatti nascere nella religione cattolica che è la sola che ci possa condurre al porto della salute. Egli, sebbene da noi tante volte offeso, non ci colpì colla morte come avrebbe potuto fare e come fece a molti altri ai quali dopo il primo peccato non diede più tempo a pentirsi. Egli per nostro amore discese dal cielo in terra fra gli stenti e le pene; per noi soffrì la morte la più dura. Egli per un eccesso d'amore si lasciò per nostro cibo nella santa Eucaristia. Egli infine ci tiene preparato un bel posto in cielo per tutta un'eternità. E chi è mai colui, il quale considerando questi tratti d'amore di Dio verso di noi non si senta ardere il cuore verso Dio?
Ma noi dobbiamo anche amare il prossimo come noi stessi. Tutti gli uomini del mondo sono nostri fratelli, perché figli di uno stesso padre che è Dio. Tutti hanno diritto che noi li amiamo. E Gesù Cristo di ciò fece un espresso comando dicendo; hoc est praeceptum meum ut diligatis invicem: questo io vi comando che vi amiate l'un l'altro.4 E non solo dobbiamo amare gli amici, ma anche i nemici. Il nostro divin Salvatore ce ne diede l'esempio perdonando e pregando per gli stessi suoi crocifissori.5 Sia dunque sempre acceso in noi questo fuoco della carità. Per questo fine facciamo frequenti atti di questa virtù recitando la formula dell'atto di carità.
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Ed oh qual benefizio inapprezzabile fu il crearci capaci di profittare della sua grazia e di andare in paradiso! qual benefizio particolarmente per noi l'averci fatto nascere in paesi cattolici ove abbiamo tanti aiuti per salvarci! Come Signore supremo ci ha dato l'esistenza; come padre ci ha conservati; come redentore ci ha riscattati.
4 Gv 15, 12.
5 Cf Le 23, 34.
6 [G. Bosco,] Esercizio di divozione alla misericordia di Dio, pp. 103-110 (OE II, 173-180).
E che diremo d'un beneficio così grande qual è il sacramento della penitenza, la cui mercé noi possiamo riacquistare l'amicizia di Dio perduta col peccato? Però non finirono qui i divini favori; volle di più provvederci di tutti i mezzi necessari a fortificare la nostra debolezza, e mantenerci in grazia sua. Ci ha dato le chiese dove noi possiamo intervenire alle sacre funzioni; ci assicura che questo santo luogo è casa sua e che chiunque ivi domanderà qualche cosa, ne sarà infallibilmente esaudito: in ea omnis, qui petit, accipit.7 Inoltre il misericordioso nostro Iddio conoscendo la nostra inclinazione al male, le passioni, gli abiti cattivi che ci portano e stimolano a nuove ricadute, per rimedio efficacissimo alla nostra fragilità istituì il sacramento eucaristico in cui col proprio suo corpo e col suo sangue preziosissimo ci fortifica contro ad ogni assalto del nemico dell'anima nostra e ci fa invincibili ai suoi sforzi. Siccome per lo stato miserabile in cui ci troviamo potremmo essere atterriti dalla grandezza di questo sacramento, così egli c'invita con quelle amorosissime parole: Venite a me, o voi tutti, che siete affaticati e deboli, io fortificherò la vostra stanchezza: venite ad me omnes qui laboratis et onerati estis, et ego reficiam vos .8 Comanda poi ai suoi ministri che facciano a noi una dolce violenza e quasi ci costringano a frequentar questo grande sacramento, compellite intrare.9
Noi non sappiamo il modo di pregare né quali cose si debbano a Dio domandare; il divin Salvatore ci ha insegnato il Pater, che è un'orazione colla quale noi possiamo pregare efficacemente Iddio senza pericolo di domandare cose le quali non facciano per la nostra salvezza.
Il tempo in cui più d'ogni altro abbiamo bisogno della misericordia divina è senza dubbio il punto di morte, quando sfiniti di forze il demonio si adoprerà con ogni arte a fine di guadagnarci. Oh quanti rimedi ci procurò Iddio! Il viatico che ci fortifica, l'estrema unzione, la quale cancella i peccati se ancor in noi ne rimanessero, la benedizione papale, per cui ci viene compartita l'indulgenza plenaria; molte altre benedizioni e preghiere che la Chiesa impone di fare per tutti coloro che si trovano in quegli ultimi momenti; questi sono tutti tratti di pura misericordia e bontà divina per dimostrarci quanto gli sia cara la nostra salvezza.
Ma a che tendono tutti questi tratti della misericordia divina? Tendono ad innamorare quelli che vivono ancora nella Chiesa militante della celeste gioia che si gode nella Chiesa trionfante. Imperciocché lo stesso Salvator nostro Gesù Cristo è capo della Chiesa in cui noi ancora viviamo, la quale altro non è se non un passaggio alla gloria della Chiesa trionfante, della quale parimente è capo lo stesso Gesù Cristo, delizia di tutti quei beati.
7 In essa tutti coloro che chiedono, ricevono (Mt 7, 8).
8 Mt 11, 28,
9 Spingeteli ad entrare (cf Le 14, 23).
Egli desidera grandemente fare di queste due chiese un solo regno di santi, perciò non ha risparmiato alcuna cosa che potesse giovare alla salvezza delle anime, talmente che chiunque si perda, è di sua propria colpa non volendosi servire dei mezzi che Iddio gli ha procurati. Ma quando verrà quel desideratissimo tempo in cui lasciando l'esilio di questo mondo, ci uniremo perfettamente con Dio nella Chiesa dei beati? Fedeli miei cari, è certo che abbiamo lassù un posto preparato per ciascuno di noi; è certo che il Signore ci vuole tutti salvi con lui; è certo altresì che breve è il tempo della vita presente e da questo tempo dipende la nostra celeste beatitudine.
Eh coraggio adunque, il regno della gloria ci fu acquistato dal nostro Salvatore, egli è il mezzo, la guida e la corona, e non vi manca altro che la nostra cooperazione. Ci toccherà patire qualche cosa in questi pochi giorni di vita che ancora ci restano; ma se paragoniamo questi brevi patimenti col premio eterno che ci è apparecchiato in cielo, ah no, non hanno paragone alcuno. Qui si patisce per poco, là si godrà per sempre; qui ci toccherà patire fame, sete, tribolazione ed anche la morte; non importa, questo sarà compensato con un gaudio, con un'allegrezza di perfetta e compiuta felicità e con quella gloria che noi possiamo immaginare bensì, ma non mai comprendere, né mai esprimere, se non con dire che saremo per sempre col Signore: semper cum Domino erimus.1°
11
Disse un giorno Iddio a Mosè: "Ricordati bene di eseguire gli ordini miei, e fa' ogni cosa secondo il modello che ti ho mostrato sopra la montagna"» Lo stesso dice Iddio ai cristiani. Il modello che ogni cristiano deve copiare è Gesù Cristo. Niuno può vantarsi di appartenere a Gesù Cristo se non si adopera per imitarlo. Perciò nella vita e nelle azioni di un cristiano devonsi trovare la vita e le azioni di Gesù Cristo medesimo.
Il cristiano deve pregare, siccome pregò Gesù Cristo sopra la montagna con raccoglimento, con umiltà, con confidenza:3
Il cristiano deve essere accessibile, come lo era Gesù Cristo, ai poveri, agli ignoranti, ai fanciulli." Egli non deve essere orgoglioso, non aver preterizione, non arroganza. Egli si fa tutto a tutti per guadagnare tutti a Gesù Cristo.
10 1 Ts 4, 17.
11 G. Bosco, La chiave del paradiso in mano al cattolico che pratica i doveri di buon cristiano, Torino, Tip. Paravia e Comp. 1856, pp. 20-23 (OE VIII, 20-23).
12 Cf Es 25, 40.
13 Cf Lc 6, 12.
14 Cf Le 18, 15-17.
Il cristiano deve trattare col suo prossimo, siccome trattava Gesù Cristo coi suoi seguaci: perciò i suoi trattenimenti devono essere edificanti, caritatevoli, pieni di gravità, di dolcezza e di semplicità.
Il cristiano deve essere umile, siccome fu Gesù Cristo, il quale ginocchioni lavò i piedi ai suoi apostoli e li lavò anche a Giuda, quantunque conoscesse che quel perfido doveva tradirlo» Il vero cristiano si considera come il minore degli altri e come servo di tutti."
Il cristiano deve ubbidire come ubbidì Gesù Cristo, il quale fu sottomesso a Maria e a S. Giuseppe," ed ubbidì al suo celeste Padre fino alla morte e alla morte di croce." Il vero cristiano obbedisce ai suoi genitori, ai suoi padroni, ai suoi superiori, perché egli non riconosce in quelli se non Dio medesimo, di cui quelli fanno le veci.19
Il vero cristiano nel mangiare e nel bere deve essere come era Gesù Cristo alle nozze di Cana di Galilea e di Betania,2° cioè sobrio, temperante, attento ai bisogni altrui e più occupato del nutrimento spirituale che delle pietanze di cui nutrisce il suo corpo.21
Il buon cristiano deve essere coi suoi amici siccome era Gesù Cristo con S. Giovanni e S. Lazzaro.22 Egli li deve amare nel Signore e per amor di Dio; loro confida cordialmente i segreti del suo cuore; e se essi cadono nel male, egli mette in opera ogni sollecitudine per farli ritornare nello stato di grazia.
Il vero cristiano deve soffrire con rassegnazione le privazioni e la povertà come le soffrì Gesù Cristo, il quale non aveva nemmeno un luogo ove appoggiare il suo capo.23 Egli sa tollerare le contraddizioni e le calunnie, come Gesù Cristo tollerò quelle degli scribi e dei farisei,24 lasciando a Dio la cura di giustificarlo. Egli sa tollerare gli affronti e gli oltraggi, siccome fece Gesù Cristo allorché gli diedero uno schiaffo, gli sputarono in faccia e lo insultarono in mille guise nel pretorio.25
Il vero cristiano deve essere pronto a tollerare le pene di spirito, siccome Gesù Cristo quando fu tradito da uno dei suoi discepoli, rinnegato da un altro ed abbandonato da tutti. 26
15 Cf Gv 13, 4-15.
16 Cf Mc 9, 35. '7 Cf Lc 2, 51. Cf Fil 2, 8.
19 Cf Ef 6, 1-7.
20 Cf Gv 2, 1-11; Lc 10, 38-42.
21 Cf Gv 4, 34.
22 Cf Gv 11, 5; 13, 23-25.
23 Cf Mt 8, 20.
24 Cf Mt 27, 12-14.
25 Cf Mt 27, 27-31.
26 Cf Mt 26, 45-50, 56. 69-75.
Il buon cristiano deve essere disposto ad accogliere con pazienza ogni persecuzione, ogni malattia ed anche la morte, siccome fece Gesù Cristo, il quale colla testa coronata di pungenti spine, col corpo lacero per le battiture, coi piedi e colle mani trafitte da chiodi, rimise in pace l'anima sua nelle mani del suo celeste Padre.
Di maniera che il vero cristiano deve dire coll'apostolo S. Paolo: Non sono io che vivo, ma è Gesù Cristo che vive in me. 27 Chi seguirà Gesù Cristo, secondo il modello quivi descritto, egli è certo di essere un giorno glorificato con Gesù Cristo in cielo e regnare con lui in eterno.
28
Pregare vuol dire innalzare il proprio cuore a Dio e intrattenersi con lui per mezzo di santi pensieri e devoti sentimenti. Perciò ogni pensiero di Dio e ogni sguardo a lui è preghiera, quando va congiunto ad un sentimento di pietà. Chi pertanto pensa al Signore o alle sue infinite perfezioni e in questo pensiero prova un affetto di gioia, di venerazione, di amore, di ammirazione, costui prega. Chi considera i grandi benefici ricevuti dal Creatore, Conservatore e Padre, e si sente da riconoscenza compreso, costui prega. Chiunque nei pericoli della sua innocenza e della virtù, conscio della propria debolezza supplica il Signore ad aiutarlo, costui prega. Chi finalmente nella contrizione del cuore si volge a Dio e ricorda che ha oltraggiato il proprio Padre, offeso il proprio Giudice ed ha perduto il più gran bene e implora perdono e propone di emendarsi, costui prega.
Il pregare è perciò cosa assai facile. Ognuno può in ogni luogo, in ogni momento sollevare il suo cuore a Dio per mezzo di pii sentimenti. Non sono necessarie parole ricercate e squisite, ma bastano semplici pensieri accompagnati da devoti interni affetti. Una preghiera che consista in soli pensieri, per esempio in una tranquilla ammirazione della grandezza ed onnipotenza divina, è una preghiera interna o meditazione oppure contemplazione. Se si esterna per mezzo di parole si appella preghiera vocale.
Sia l'una che l'altra maniera di pregare deve essere cara al cristiano, che ama Iddio. Un buon figlio pensa volentieri al proprio padre e sfoga con lui gli affetti del proprio cuore. Come mai dunque un cristiano potrebbe non pensar volentieri a Dio, suo amorosissimo Padre e a Gesù suo misericordioso Redentore ed esternargli sentimenti di riverenza, di riconoscenza, di amore e con soave confidenza pregarlo di aiuto e di grazia? [...]
Affinché la preghiera del cristiano sia pienamente accetta a Dio e ottenga infallibilmente il suo effetto, deve avere alcune condizioni:
27 Gal 2, 20,
28 [G. Bosco,] Il cattolico provveduto, pp. 1-3, 7-13 (OE XIX, 9-11. 15-21).
1. Chi prega deve essere nello stato di grazia santificante, cioè non avere sulla coscienza alcun peccato mortale che non sia stato cancellato colla confessione sacramentale o con la contrizione. Perché, come dice la Scrittura, il Signore si tiene lontano dall'empio, ed egli esaudisce la preghiera dei giusti (Pr 15, 29). Ciò nonostante chi è in stato di peccato mortale, se ha almeno un qualche desiderio di correggersi e prega con l'intenzione di onorare Iddio, quantunque egli non abbia diritto di essere esaudito, perché non è in amicizia con Dio, tuttavia la sua preghiera è sommamente utile e per la infinita bontà divina non manca mai di ottenere delle grazie.
2. Deve pregare inspirato da viva fede, perché senza la fede è impossibile piacere a Dio (Eb 11, 6) e dove manca la fede o non si prega di cuore, non si rende alla bontà, sapienza ed onnipotenza di Dio l'onore che egli da noi esige.
3. Deve pregare con umiltà e sentire per una parte il bisogno della grazia, per l'altra la totale mancanza in se stesso di qualunque merito o titolo atto ad ottenere quanto domanda. Imperocché Iddio resiste ai superbi e dà agli umili la sua grazia (Gc 4, 6).
4. Inoltre il cristiano nella preghiera deve osservare un ordine riguardo alle cose che domanda. Cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia e il resto vi sarà dato per giunta (Mt 6, 33), ci dice Gesù Cristo. Perciò dobbiamo cercare in primo luogo i beni spirituali, come sono il perdono dei peccati, i lumi per conoscere la divina volontà e i nostri errori, la forza, l'aumento e la perseveranza nella virtù. Dopo ciò possiamo anche chiedere i beni temporali, la sanità, i mezzi onde campar la vita, la benedizione celeste sulle nostre occupazioni, sui nostri negozi, sulle nostre campagne e sulle nostre famiglie, l'allontanamento delle disgrazie, dei dolori e delle afflizioni in cui ci troviamo. Così c'insegna la quarta domanda del Pater noster e l'esempio di Gesù Cristo nell'orto degli Olivi. Ma questa domanda deve essere fatta colla condizione se è volontà di Dio, non dannosa all'anima nostra. Padre, non come voglio io, ma come vuoi tu (Mt 26, 39).
5. Bisogna pregare in nome di Gesù Cristo, conciossiaché nessuna grazia si possa ottenere da Dio, se non pei meriti del nostro divin Redentore.
6. Bisogna pregare con una illimitata speranza di essere esauditi. Chi prega dubitando di essere esaudito fa ingiuria a Dio, il quale assicura di esaudirci purché lo preghiamo con fede viva, cioè con ferma speranza di essere da lui ascoltati ed esauditi. Perciò quando gli domandiamo un favore, abbandoniamoci in lui come un figlio si abbandonerebbe nelle mani della cara madre sicuro di essere da lei aiutato. La preghiera fatta in questo modo è onnipotente; e non si è mai udito al mondo né mai si udirà che alcuno il quale sia ricorso con fiducia a Dio, non sia stato esaudito.
Il nostro divin Redentore così ci assicura: Qualunque cosa domandiate
nell'orazione abbiate fede di conseguirla, e l'otterrete.29 L'apostolo s. Giacomo avverte il cristiano di pregare senza esitare e senza dubitare se vuole ottenere quanto domanda."
7. Unire la nostra preghiera alle preghiere e ai meriti di Maria santissima, degli angeli e dei santi che sono nel cielo, delle anime del purgatorio e di tutti i giusti che vivono sulla terra.
8. Finalmente bisogna perseverare nella preghiera secondo ciò che ci raccomanda Gesù Cristo. Egli dice: Bisogna pregar sempre e non mai cessare.31 E se si chiede fino a quando dobbiamo durarla nella preghiera, si risponde: fino al termine della vita.
Molti cristiani pensano che le loro preghiere siano inutili o perché non ne veggono tosto l'effetto o non ottengono quelle grazie determinate che essi domandano. Ma è necessario sapere che Iddio esaudisce le nostre preghiere in quel modo ed in quel tempo che egli vede più opportuno e conveniente per la santificazione delle nostre anime e per l'avanzamento del suo regno, senza lasciarci sempre conoscere questo modo e questo tempo. Quando saremo nell'altro mondo, vedremo chiaro che neppure una parola delle nostre preghiere rimase senza effetto. Del resto tutte le volte che le nostre preghiere mancano di frutto, la colpa è nostra ché non preghiamo colle dovute disposizioni.
Per compimento di questa breve istruzione devesi osservare che non si può pregar bene senza preparazione. Prima dell'orazione prepara l'anima tua e non sii qual uomo che tenta Iddio (Sir 18, 23). Rifletti quale onore sia presentarti al Signore re del cielo e della terra, rifletti anche a ciò che vuoi chiedere a Dio; scegliti una formula di preghiera che sia adattata alle tue circostanze e ai tuoi bisogni; mettiti alla presenza di Dio e fa' che quelle parole le quali tu pronunzi a memoria o leggi sul libro, vengano dal cuore. In questo modo tu pregherai in spirito e verità»
Sebbene tu possa pregare devotamente in qualunque posizione, tuttavia è bene che tu scelga quella più atta a dimostrare anche esteriormente l'interna tua fede e devozione. Così vediamo il divin Salvatore, l'apostolo Paolo, il pubblicano, Maria Maddalena, Mosè, Salomone, Daniele, Michea pregare a mani giunte, in ginocchio, collo sguardo verso il cielo come in segno di fede o verso la terra come per sentimento d'umiltà. S'intende che pregando in chiesa dobbiamo tenere in modo particolare un contegno rispettoso e devoto, sia per rispetto al santissimo sacramento dell'altare, in cui sta presente Gesù Cristo, sia per non dare cattivo esempio agli altri, ai quali dobbiamo anzi essere di edificazione col nostro esteriore atteggiamento.
29 Cf Mt 21, 22.
30 Cf Gc 1, 6-8.
32 Cf Le 18, 1. 32
33 Gv 4, 23.
33
1. Un tratto grande della misericordia di Dio verso i peccatori abbiamo nel sacramento della confessione. Se Dio avesse detto di perdonarci i nostri peccati solamente col battesimo e non più quelli che per disgrazia si sarebbero commessi dopo aver ricevuto questo sacramento, oh quanti cristiani certo se ne andrebbero alla perdizione! Ma Iddio conoscendo la nostra grande miseria stabilì un altro sacramento, con cui ci sono rimessi i peccati commessi dopo il battesimo. È questo il sacramento della confessione. Ecco come parla il Vangelo: Otto giorni dopo la sua risurrezione Gesù apparve ai suoi discepoli e loro disse: la pace sia con voi. Come il Padre celeste mandò me, così io mando voi, cioè la facoltà datami dal Padre celeste di fare quanto si giudica bene per la salvezza delle anime, la medesima io do a voi. Di poi il Salvatore soffiando sopra di loro disse: ricevete lo Spirito Santo, quelli a cui rimetterete i peccati, sono rimessi; quelli a cui li riterrete, saranno ritenuti» Ognuno comprende che le parole ritenere o non ritenere vogliono dire, dare o non dare l'assoluzione. Questa è la grande facoltà data da Dio ai suoi apostoli e ai loro successori nell'amministrazione dei santi sacramenti. Da queste parole del Salvatore nasce una obbligazione ai sacri ministri di ascoltare le confessioni, e nasce egualmente l'obbligazione per il cristiano di confessare le sue colpe, affinché si conosca quando si deve dare o non dare l'assoluzione, quali consigli suggerire per riparare il male fatto, dare insomma tutti quei paterni avvisi che giudica necessari per riparare ai mali della vita passata e non commetterli più per l'avvenire.
2. Né la confessione fu cosa praticata solamente in qualche tempo e in qualche luogo. Appena gli apostoli cominciarono a predicare il Vangelo, tosto cominciò a praticarsi il sacramento della penitenza. Leggiamo che quando san Paolo predicava in Efeso, molti fedeli che già avevano abbracciata la fede venivano ai piedi degli apostoli e confessavano i loro peccati. Confitentes et annunciantes actus suos.35 Dal tempo degli apostoli fino a noi fu sempre osservata la pratica di questo grande sacramento. La Chiesa cattolica condannò in ogni tempo come eretici quelli che ebbero l'ardimento di negare questa verità. Neppure avvi alcuno il quale se ne sia potuto dispensare. Ricchi e poveri, servi e padroni, re, monarchi, imperatori, sacerdoti, vescovi, i medesimi sommi pontefici, tutti devono piegare le ginocchia ai piedi di un sacro ministro per ottenere il perdono di quelle colpe che per avventura avessero commesse dopo il battesimo.
33 G. Bosco, Il mese di maggio consacrato a Maria SS. Immacolata ad uso del popolo, Torino, Tip. G. B. Paravia e Compagnia 1858, pp. 124-129 (OE X, 418-423).
34 Gv 20, 19-23.
35 Confessavano e rivelavano le loro azioni (At 19, 18).
Ma ohimè! quanti cristiani approfittano di rado o approfittano male di questo sacramento! Chi si accosta senza fare esame, altri si confessano con indifferenza, senza dolore o senza proponimento, altri poi tacciono cose importanti in confessione o non adempiono le obbligazioni imposte dal confessore. Costoro prendono la cosa più santa e più utile per servirsene a rovina di loro medesimi. Santa Teresa ebbe a questo proposito una tremenda visione. Ella vide che le anime cadevano giù all'inferno come cade la neve d'inverno sul dorso delle montagne. Spaventata di tale rivelazione, domandò a Gesù Cristo la spiegazione e ne ebbe in risposta che coloro andavano alla perdizione per le confessioni mal fatte in vita loro.
3. Coraggio, o cristiani, approfittiamo di questo sacramento di misericordia, ma approfittiamone colle dovtite disposizioni. Preceda un diligente esame delle nostre colpe, confessiamole tutte, certe come certe, dubbie come dubbie in quel modo che le conosciamo, ma con un gran dolore di averle commesse; promettiamo di non più commetterle in avvenire. Ma soprattutto facciamo vedere il frutto delle nostre confessioni con un miglioramento nella nostra vita. Dio dice nel Vangelo che dal frutto si conosce la bontà dell'albero, così dal miglioramento della nostra vita apparirà la bontà o la nullità delle nostre confessioni: ex fructibus eorum cognoscetis eos."
Esempio - Un giovanetto della città di Montmirail nella Francia era vissuto cristianamente fino all'età di quindici anni, quando ebbe la sventura di frequentare cattivi compagni. I cattivi discorsi, la lettura di libri pessimi lo gettarono nell'abisso dell'incredulità e del libertinaggio. I suoi genitori si adoperarono per condurlo a buoni sentimenti, ma non potendo riuscire andarono in chiesa nella sera dell'Immacolata Concezione (8 dicembre 1839) e lo raccomandarono alle preghiere degli aggregati al sacro Cuore di Maria. La sera stessa in cui era stato raccomandato, viene il giovine a casa, e senza dire nulla, contro il suo solito, se ne va a riposo. Egli non pensava a Maria, ma ella pensava a lui. Il 10 dicembre quasi fuori di sé chiama suo padre e gli dice: "Padre mio, io sono infelice e soffro assai, sono trentasei ore dacché non mi è più dato né di mangiare né di dormire. Io sono un leone arrabbiato e non so più né che dire né che fare; forza è che io vada dal curato". Se ne parte, va dal curato e tutto agitato dai rimorsi della coscienza lo supplica di confessarlo. "Vi prego, disse al curato, di confessarmi subito. Non posso più vivere in questo stato". Il parroco lo animò, lo confortò e di lì a poco ascoltò la sua dolorosa confessione. Ricevuta l'assoluzione, sentì tosto inondarsi il cuore di tale consolazione che non la poteva in sé contenere. Giunto a casa manifesta al padre la grazia ricevuta e la tranquillità di paradiso che gustava. Ciò che ancora gli stava a cuore, era il ravvedimento di coloro che aveva coi suoi scandali trascinati al male.
36 Dai loro frutti li potrete riconoscere (Mt 7, 20).
Pieno di cristiano coraggio, nulla curandosi di quello che avrebbero detto i suoi antichi compagni, manifestò loro l'accadutogli, le consolazioni che provava dopo la confessione e li esortò quanto seppe, a fare anch'essi la prova. Insomma questa novella preda della misericordia di Maria fece come il penitente Davide quando per riparare lo scandalo dato procurava di guadagnare anime a Dio. Docebo iniquos vias tuas.37
Giaculatoria: Da Dio impetrami, Madre d'amore / delle mie colpe vivo dolore.
38
1. Comprendi, o cristiano, che cosa vuol dire fare la santa comunione? Vuol dire accostarsi alla mensa degli angeli per ricevere il corpo, il sangue, l'anima e la divinità di nostro signor Gesù Cristo che viene dato in cibo all'anima nostra sotto alle specie del pane e del vino consacrato. Alla messa, al momento che il sacerdote proferisce sul pane e sul vino le parole della consacrazione, il pane ed il vino diventano corpo e sangue di Gesù Cristo. Le parole usate dal nostro divin Salvatore nell'instituire questo sacramento sono: Questo è il mio corpo, questo è il mio sangue: hoc est corpus meum, hic est calix sanguinis mei." Queste medesime parole usano i sacerdoti a nome di Gesù Cristo nel sacrificio della santa messa. Pertanto quando noi andiamo a fare la comunione riceviamo il medesimo Gesù Cristo in corpo, sangue, anima e divinità, cioè vero Dio e vero uomo, vivo come è in cielo. Non è la sua immagine, nemmeno la sua figura, come è una statua, un crocifisso, ma è Gesù Cristo medesimo siccome è nato dall'Immacolata Vergine Maria e per noi morì sulla croce. Gesù Cristo medesimo ci assicurò di questa sua reale presenza nella santa Eucaristia quando disse: Questo è il mio corpo che sarà dato per la salvezza degli uomini: corpus, quod pro vobis tradetur.4° Questo è quel pane vivo, che discese dal cielo: hic est panis vivus, qui de cado descendit. Il pane che io darò è la mia carne. La bevanda che io do è il mio vero sangue. Chi non mangia di questo corpo e non beve di questo sangue, non ha con sé la vita.'"
2. Gesù avendo istituito questo sacramento per il bene delle anime nostre desidera che noi vi ci accostiamo sovente. Ecco le parole con cui egli ci invita: Venite a me tutti, o voi che siete stanchi ed oppressi ed io vi solleverò: venite ad me omnes qui laboratis et onerati estis, et ego reficiam vos.42
37 Insegnerò ai peccatori le tue vie (Sal 51, 15).
38 G. Bosco, Il mese di maggio, pp. 139-144 (OE X, 433-438).
39 i Col. 11, 24-25.
40 1 Cor 11, 24.
41 Gv 6, 48-58.
42 Mt 11, 28.
Altrove diceva agli Ebrei: "I vostri padri mangiarono la manna nel deserto e morirono; ma colui che mangia il cibo figurato nella manna, quel cibo che io do, quel cibo che è il mio corpo e il mio sangue, egli più non morrà in eterno. Colui che mangia la mia carne e beve il mio sangue egli abita in me ed io in lui; imperocché la mia carne è un vero cibo e il mio sangue una vera bevanda".43 Chi mai potrebbe resistere a questi amorevoli inviti del divin Salvatore? Per corrispondere a questi inviti i cristiani dei primi tempi andavano ogni giorno ad ascoltare la parola di Dio ed ogni giorno si accostavano alla santa comunione. Egli è in questo sacramento che i martiri trovavano la loro fortezza, le vergini il loro fervore, i santi il loro coraggio. E noi con quale frequenza ci accostiamo a questo cibo celeste? Se esaminiamo i desideri di Gesù Cristo e il nostro bisogno dobbiamo comunicarci assai sovente. Siccome la manna ogni giorno servì di cibo corporale agli Ebrei in tutto il tempo che vissero nel deserto, finché furono condotti nella terra promessa, così la santa comunione dovrebbe essere il nostro conforto, il cibo quotidiano nei pericoli di questo mondo per guidarci alla vera terra promessa del paradiso. Sant'Agostino dice così: Se ogni giorno domandiamo a Dio il pane corporale, perché non procureremo, anche di cibarci ogni giorno del pane spirituale colla santa comunione? San Filippo Neri incoraggiava i cristiani a confessarsi ogni otto giorni e comunicarsi anche più spesso secondo l'avviso del confessore. Finalmente, la santa Chiesa manifesta il suo vivo desiderio della frequente comunione nel Concilio tridentino, ove dice: "Sarebbe cosa sommamente desiderevole che ogni fedel cristiano si mantenesse in tale stato di coscienza da poter fare la santa comunione ogni volta che interviene alla santa messa". Il pontefice Clemente XIII per incoraggiare i cristiani ad accostarsi con gran frequenza alla santa confessione e comunione concedette il seguente favore: quei fedeli cristiani che hanno la lodevole consuetudine di confessarsi ogni settimana possono acquistare indulgenza plenaria ogni qualvolta fanno la santa comunione.
3. Taluno dirà: io sono troppo peccatore. Se tu sei peccatore, procura di metterti in grazia col sacramento della confessione e poi accostati alla santa comunione e ne avrai grande aiuto. Un altro dirà: mi comunico di rado per avere maggior fervore. È questo un inganno. Le cose che si fanno di rado per lo più si fanno male. Altronde essendo frequenti i tuoi bisogni, frequente deve essere il soccorso per l'anima tua. Alcuni soggiungono: io sono pieno d'infermità spirituali e non oso comunicarmi sovente. Risponde Gesù Cristo: quelli che stanno bene non hanno bisogno del medico;44 perciò quelli che sono maggiormente soggetti ad incomodi, loro è mestieri essere sovente visitati dal medico.
43 Cf Gv 6, 49, 57-58.
44 Cf Mt 9, 12.
Coraggio dunque, o cristiano, se tu vuoi fare un'azione la più gloriosa a Dio, la più gradevole a tutti i santi del cielo, la più efficace per vincere le tentazioni, la più sicura a farti perseverare nel bene, ella è certamente la santa comunione.
Esempio - Un giovanetto di nome Savio Domenico per il vivo desiderio di piacere a Maria le offriva ogni giorno qualche preghiera, ma ogni sabato faceva la santa comunione in onore di colei, che egli soleva chiamare madre carissima. L'anno 1856 fece il mese di Maria con tale fervore che i suoi compagni ne erano tutti edificati. Ogni giorno domandava a Maria che lo togliesse dal mondo piuttosto che avesse da perdere la virtù della purità. Nel giorno poi della chiusa domandò una sola grazia: di poter fare una buona comunione prima di morire. La santa Vergine lo esaudì. Nove mesi dopo (9 marzo 1857) egli moriva in età di anni quindici dopo di aver ricevuto il santissimo viatico coi più grandi trasporti di tenerezza e di divozione. Negli istanti che passavano tra il ricevimento del viatico fino alla sua morte, egli andava sempre dicendo: "O Maria, voi mi avete esaudito, io sono ricco abbastanza. Altro da voi non domando se non che mi assistiate in questi ultimi momenti di vita e mi accompagniate da questa vita all'eternità". Quasi nel momento stesso che egli cessava di proferire queste parole, l'anima sua volava al cielo certamente, accompagnata da Maria di cui in vita era stato fervoroso devoto.
Giaculatoria: Vi adoro ogni momento / o vivo pan del ciel / gran sacramento.
45
Dio è infinitamente ricco e di generosità infinita. Come ricco può darci largo guiderdone per ogni cosa fatta per amor suo; come Padre di generosità infinita paga con buona ed abbondante misura ogni più piccola cosa facciamo per suo amore. Voi, dice il Vangelo, non darete un bicchiere d'acqua fresca in mio nome ad uno dei miei minimi, ossia ad un bisognoso, senza che abbiate la sua mercede."
L'elemosina, ci dice Dio nel libro di Tobia, libera dalla morte, purga l'anima dai peccati, fa trovare misericordia nel cospetto di Dio e ci conduce alla vita eterna. Elemosina est quae a morte liberat: purgat peccata, facit invenire misericordiam et vitam aeternam.47
45 G. Bosco, Inaugurazione del Patronato di S. Pietro in Nizza a Mare. Scopo del medesimo con appendice sul sistema preventivo della educazione della gioventù, Torino, Tipografia e Libreria Salesiana 1877, pp. 34-40 (OE XXVIII, 412-418).
46 Cf Mt 10, 42.
47 L'elemosina salva dalla morte e purifica da ogni peccato, merita la misericordia e la vita eterna (Tb 12, 9).
Fra le grandi ricompense avvi pure questa che il divin Salvatore reputa fatta a sé stesso ogni carità fatta agli infelici." Se noi vedessimo il divin Salvatore camminare mendico per le nostre piazze, bussare alla porta delle nostre case, vi sarebbe un cristiano che non gli offra generosamente fin l'ultimo soldo di sua borsa? Pure nella persona dei poveri, dei più abbandonati è rappresentato il Salvatore. Tutto quello, egli dice, che farete ai più abbietti lo fate a me stesso. Dunque non sono più poveri fanciulli che domandano la carità, ma è Gesù nella persona dei suoi poverelli.
Che diremo poi della mercede eccezionale che Dio tiene riservata nel più importante e difficile momento in cui sarà decisa la nostra sorte con una vita o sempre beata o sempre infelice? Quando noi, o signori, ci presenteremo al tribunale del Giudice supremo per dar conto delle azioni della vita, la prima cosa che amorevolmente ci ricorderà non sono le case fabbricate, i risparmi fatti, la gloria acquistata o le ricchezze procacciate; di ciò non farà parola, ma unicamente dirà: Venite, o benedetti dal Padre mio celeste, venite al possesso del regno che vi sta preparato. Io avevo fame, e voi nella persona dei poveri mi avete dato pane; avevo sete e voi mi deste da bere; io ero nudo, voi mi avete vestito; ero in mezzo d'una strada, e voi mi avete dato ricovero." Tunc dicet rex his qui a dextris eius erunt: Venite, benedicti patris mei, possidete paratum vobis regnum a constitutione mundi. Esurivi enim et dedistis mihi manducare; sitivi et dedistis mihi bibere; hospes eram et collegistis me; nudus et cooperuistis me (Mt 25, 34-35)."
Queste e più altre parole dirà il divin Giudice siccome stanno registrate nel Vangelo: dopo di che darà loro la benedizione e li condurrà al possesso della vita eterna.
Ma Dio, padre di bontà, conoscendo che il nostro spirito è pronto e la carne assai inferma," vuole che la nostra carità abbia il centuplo eziandio nella vita presente." In quanti modi, o signori, su questa terra Dio ci dà il centuplo delle opere buone? Centuplo sono le speciali grazie di ben vivere e di ben morire; sono la fertilità delle campagne, la pace e concordia delle famiglie, il buon esito degli affari temporali, la sanità dei parenti e degli amici; la conservazione, la buona educazione della figliuolanza. Ricompensa della carità cristiana è il piacere che ognuno prova nel cuor suo nel fare un'opera buona.
48 Cf Mt 25, 40.
49 Mt 25, 34-36.
50 Allora il re dirà a quelli che stanno alla sua destra: Venite, benedetti dal Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla fondazione del mondo. Perché io ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete ospitato, nudo e mi avete vestito.
51 Cf Mt 26, 41.
52 Cf Mt 19, 29.
Non è grande consolazione quando si riflette che con una piccola limosina si contribuisce a togliere degli esseri dannosi alla civile società per farli divenire uomini vantaggiosi a se stessi, al suo simile, alla Religione? Esseri che sono in procinto di diventare il flagello delle autorità, gli infrattori delle pubbliche leggi e andare a consumare i sudori altrui nelle prigioni, e invece metterli in grado di onorare l'umanità, di lavorare e col lavoro guadagnarsi onesto sostentamento e ciò con decoro dei paesi in cui abitano, con onore delle famiglie a cui appartengono?
Oltre a tutte queste ricompense che Dio concede nella vita presente e nella futura, àvvene ancor una che devono i beneficati porgere ai loro benefattori. Sì, o signori, noi non vogliamo defraudarvi di quella mercede che è tutta in nostro potere. Ascoltate: tutti i preti, i chierici, tutti i giovani raccolti ed educati nelle case della Congregazione salesiana e più specialmente quelli del Patronato di S. Pietro, innalzeranno al cielo mattino e sera particolari preghiere per i loro benefattori. Mattina e sera i vostri beneficati con apposite preghiere invocheranno le divine benedizioni sopra di voi, sopra le vostre famiglie, sopra i vostri parenti, sopra i vostri amici. Supplicheranno Dio che conservi la pace e la concordia nelle vostre famiglie, vi conceda sanità stabile e vita felice, da voi tenga lontano le disgrazie tanto nelle cose spirituali, quanto nelle cose temporali, e a tutto ciò aggiunga la perseveranza nel bene e, al più tardi che a Dio piacerà, i vostri giorni siano coronati da una santa morte. Se poi nel corso della vita mortale, o signori, avremo la buona ventura di incontrarvi per le vie della città od in qualsiasi altro luogo, oh sì allora ricorderemo con gioia i benefizi ricevuti e rispettosi ci scopriremo il capo in segno d'incancellabile gratitudine sulla terra, mentre Iddio pietoso vi terrà assicurata la mercede dei giusti in Cielo. Centuplum accipietis et vitam aeternam possidebitis.53
53 Riceverete il centuplo e possederete la vita eterna (Mt 19, 29).
Don Bosco, instancabile apostolo della devozione mariana, nel Giovane provveduto e nella predicazione sottolinea soprattutto il ruolo della santa Vergine nel cammino della vita in ordine alla salvezza individuale: ella è mediatrice di grazie, difesa dagli assalti del male, sostegno nell'impegno di vita cristiana e nel cammino verso la santità) Col passare degli anni, il santo prospetta la devozione a Maria in uno scenario ecclesiale più vasto e in prospettiva apostolica. L'associazione dei devoti di Maria Ausiliatrice risponde alla sensibilità religiosa del secondo Ottocento, ma fiorisce in stretto legame con la diffusione mondiale dell'azione salesiana per la salvezza della gioventù e il servizio alla Chiesa universale.
2
Il titolo di Ausiliatrice, attribuito all'augusta madre del Salvatore, non è cosa nuova. Negli stessi libri santi Maria è chiamata regina che sta alla destra del suo divin Figliuolo, vestita in oro e circondata di varietà. Adstitit regina a dextris tuis in vestitu deaurato, circumdata varietate (Sal 45, 10).3 Questo manto indorato e circondato di varietà, secondo lo spirito della Chiesa, sono altrettante gemme e diamanti, ovvero titoli, con cui si suole appellare Maria. Quando pertanto chiamiamo la santa Vergine Aiuto dei Cristiani, non è altro che nominare un titolo speciale, che a lei conviene, come diamante sopra i suoi abiti indorati. In questo senso Maria fu salutata Aiuto del genere umano_ fino dai primi tempi del mondo, quando Adamo cadendo nella colpa, fu promesso un liberatore, che doveva nascere da una donna, la quale coll'imma--colato suo piede avrebbe schiacciato il capo del serpente insidiatore.
Difatto questa gran donna è simboleggiata nell'albero della vita, che esisteva nel paradiso terrestre; nell'arca di Noè, che salva dall'universale diluvio gli adoratori del vero Dio; nella scala di Giacobbe, che si solleva fino al cielo; nel roveto di Mosè, che arde e non si consuma e che allude a Maria vergine dopo il parto; nell'arca dell'alleanza; nella torre di Davide, che difende da ogni assalto; nella rosa di Gerico; nella fontana sigillata; nell'orto ben coltivato e custodito di Salomone; è figurata in un acquedotto di benedizione: nel vello di Gedeone. Altrove è chiamata stella di Giacobbe, bella come la luna, eletta come il sole, iride di pace, pupilla dell'occhio di Dio, aurora portatrice di consolazioni, vergine e madre e genitrice del suo Signore. Questi simboli ed espressioni, che la
1 Cf sopra, pp. 24-25.
2 G. Bosco, Associazione de' divoti di Maria Ausiliatrice canonicamente eretta nella chiesa a lei dedicata in Torino. Con ragguaglio storico su questo titolo, Torino, Tip. dell'Orat. di S. Franc. di Sales 1869, pp. 5-9 (OE XXI, 343-347).
3 Alla tua destra è assisa la regina in vesti dorate, circondata di bellezza.
Chiesa applica a Maria, fanno manifesti i disegni provvidenziali di Dio, che voleva farcela conoscere prima della sua nascita come la primogenita fra tutte le creature, la più eccellente protettrice, aiuto e sostegno, anzi ripaiLanicedei mali, cui soggiacque il genere umano.
Nel Nuovo Testamento non è solo con simboli e profezie appellata aiuto degli uomini in genere, ma aiuto, sostegno e difesa dei cristiani. Non più figu, re, non più espressioni simboliche; nel Vangelo tutto è realtà e avveramento del passato. Maria è salutata dall'arcangelo Gabriele che la chiama piena di rcsic rimira Iddio la grande umiltà di Maria e la solleva alla dignità di madre del Verbo eterno. Gesù, Dio immenso, diventa figliuolo di Maria. Da lei nasce, è educato, assistito; e il Verbo eterno fatto carne sottomettesi in tutto all'ubbidienza dell'augusta sua genitrice. A richiesta di lei Gesù opera il primo dei suoi miracoli in Cana di Galilea; sul Calvario è costituita di fatto madre comune dei cristiani. Gli apostoli se la fanno guida e maestra di virtù. Con lei si raccolgono a pregare nel Cenacolo; con lei attendono all'orazione e in fine ricevono lo Spirito Santo. Agli apostoli dirige le sue ultime parole e se ne vola gloriosa al cielo.
Dall'altissimo suo seggio di gloria volge i suoi materni sguardi e va dicendo: Ego in altissimis habito, ut ditem diligentes me et thesauros eorum repleam.4 Io abito il più alto trono di gloria per arricchire di benedizioni quelli che mi amano e per riempiere i loro tesori di celesti favori. Onde dalla sua Assunzione al cielo cominciò il costante e non mai interrotto concorso dei cristiani a Maria né mai si udì, dice san Bernardo, che alcuno abbia con fiducia fatto ricorso a questa pietosissima Vergine, e non sia stato esaudito. Di qui si ha la ragione per cui ogni secolo, ogni anno, ogni giorno e, possiamo dire, ogni momento è segnalato nella storia da qualche gran favore concesso a chi con fede l'ha invocata. Di qui pur-117 per cui ogni regno, ogni città, ogni paese,
ogni famiglia ha una chiesa, una cappella, un altare, una immagine, un dipinto o qualche segno che rammenta la venerazione universale prestata a Maria e nel tempo stesso ricorda alcuna delle nYértegiTzTé—c-orieégéa chi fece a lei ricorso nelle necessità della vita.
5
1. Nella chiesa dedicata "in Torino a Maria Ausiliatrice con autorizzazione di sua eccellenza reverendissima l'arcivescovo di Torino è canonicamente instituita una Associazione di suoi devoti che si propongono di promuovere le glorie della divina Madre del Salvatore per meritarsi la protezione di lei in vita e particolarmente in punto di morte.
4 Abito nei cieli per far ricchi coloro che mi amano e riempirli di tesori (cf Pr 8, 21).
5 G. Bosco, Associazione de' divoti di Maria Ausiliatrice..., pp. 48-50 (OE XXI, 386-388).
2. Due mezzi speciali si propongono: dila_tardaslirozione alla beata Vergine e la venerazione a Gesù sacramentato.
3. A tale uopo si adopereranno colle parole, col consiglio, colle opere e coll'autorità di promuovere il decoro e la divozione nelle novene, feste e solennità che nel corso dell'anno si compiono ad onore della beata Vergine Maria e del santissimo sacramento.
La diffusione di buoni libri, immagini, medaglie, pagelle, intervenire e raccomandare l'intervento alle processioni in onore di Maria santissima e del santissimo sacramento, la frequente comunione, l'assistenza alla Santa Messa, l'accompagnamento al viatico sono le cose che gli aggregati si propongono di promuovere con tutti i mezzi compatibili al loro stato.
4. Gli associati si daranno massima cura per sé e presso alle persone da loro dipendenti d'impedire la bestemmia e gualunque discorso contrario alla religione e per quanto sta in loro togliere qualunque ostacolo che possa impedire la santificazione dei giorni festivi.
5. Ogni associato secondo i consigli dei catechismi e dei maestri di spirito è caldamente esortato di accostarsi alla santa confessione e comunione ogni quindici giorni od una volta al mese e di ascoltare ogni giorno la santa messa purché le obbligazioni del proprio stato lo permettano.
In onore di Gesù sacramentato gli associati ogni giorno, dopo le ordinarie preghiere del mattino e della sera, reciteranno la giaculatoria: Sia lodato e ringraziato ogni momento il santissimo e divinissimo sacramento. Ed in onore della beata Vergine: Maria, Auxilium Christianorum, ora pro nobis. Pei sacerdoti basta che nella santa messa mettano l'intenzione di pregare per tutti gli aggregati a questa pia associazione. Queste preghiere serviranno come di vincolo ad unire tutti gli associati in un cuor solo ed un'anima sola per rendere il dovuto onore a Gesù nascosto nella santa Eucaristia ed all'augusta sua genitrice, a partecipare di tutte le opere di pietà che si compiranno da ogni associato.
6
Vergine Maria, regina del cielo e della terra, in cui dopo Dio ho posto tutta la mia confidenza, mi getto umilmente ai vostri piedi, come l'ultimo dei vostri servi, per consacrarmi al vostro servizio in questa pia Associazione eretta sotto la vostra protezione e prometto con tutto il mio cuore di praticare tutte le cose che le Regole di essa prescrivono colla maggior possibile divozione, affinché per i meriti di Gesù Cristo vostro caro figliuolo e per la vostra potente intercessione tutti gli associati siano preservati da ogni male spirituale e corporale nella loro vita; che siano benedetti dal Signore in tutte le loro azioni e che finalmente ottengano la grazia di morire della morte dei giusti.
6 Ibid., pp. 56-59 (OE XXI, 395-397).
Siccome il solo desiderio di piacervi è quello che mi porta ad abbracciare questa devota associazione; così umilmente vi supplico, o santa Vergine, di volermi ricevere nel novero dei vostri figli e ottenermi la grazia di corrispondere colla bontà dei costumi e colla santità delle opere all'eccelso carattere di vostro servo.
O gloriosa Vergine Maria, degnatevi dall'alto vostro trono di guardarmi con quel benigno occhio che è sempre aperto per chi si è consacrato al vostro servizio; e poiché oggi faccio notare il mio nome nel libro di questa pia Associazione, così degnatevi di scriverlo nel vostro materno cuore; pregate il vostro divin Figliuolo affinché si compiaccia annoverarmi fra coloro, che sono scritti nel libro dell'eterna vita. Così sia.
Atto di filiazione con cui si prende per madre Maria Vergine - Signor mio Gesù Cristo, vero Dio, e vero uomo, figliuolo unico di Dio e della santa Vergine, io vi riconosco e vi adoro come mio primo principio ed ultimo fine. Vi supplico di rinnovare in favor mio quel misterioso amorevole testamento che avete fatto sulla croce, dando al prediletto apostolo san Giovanni la qualità ed il titolo di figliuolo della vostra madre Maria. Ditele anche per me queste parole: Donna, ecco il tuo figlio. Fatemi grazia di poter appartenere a lei come figliuolo e di averla per madre in tutto il tempo della mia vita mortale su questa terra.
Beatissima Vergine Maria, mia principale avvocata e mediatrice, io N. N. peccatore miserabile, il più indegno e l'infimo dei vostri servi, umilmente prostrato dinanzi a voi, affidato alla vostra bontà e misericordia, ed animato da un vivo desiderio d'imitare le vostre belle virtù, vi eleggo quest'oggi per mia madre, supplicandovi, che mi riceviate nel numero fortunato dei vostri cari figliuoli. Vi faccio una donazione intera ed irrevocabile di tutto me stesso. Ricevete di grazia la mia protesta; gradite la confidenza, con cui mi abbandono nelle vostre braccia. Accordatemi la vostra materna protezione in tutto il corso della mia vita e particolarmente nell'ora della morte, onde l'anima mia, sciolta dai lacci del corpo, passi da questa valle di pianto a godere con voi l'eterna gloria nel regno dei cieli. Così sia.
Preghiera di sua santità Pio IX - Signore, Dio onnipotente, che permettete il male per ricavarne il bene, ascoltate le nostre umili preghiere, colle quali vi domandiamo di restarvi fedeli in mezzo a tanti assalti e perseverare fedeli fino alla morte. Nel resto dateci forza colla mediazione di Maria santissima, di poter sempre uniformarci alla vostra santissima volontà.
L'approvazione pontificia della Società di S. Francesco di Sales e delle sue Costituzioni evidenzia la separazione giuridica tra consacrati e non consacrati nella missione salesiana. Don Bosco, dopo aver tentato la strada dei "membri esterni", configura un'organizzazione di maggior respiro e fonda l'Associazione dei Cooperatori Salesiani, con una propria spiritualità apostolica. In questa "pia unione" confluiscono profili diversi: l'idea del "terziario" o del religioso salesiano nel secolo, proteso alla perfezione cristiana e all'azione caritativa e apostolica; l'idea del collaboratore nelle opere salesiane, attraverso catechismi, scuole e altre attività; l'idea del benefattore, del sostenitore e del simpatizzante; I'dea del laico impegnato in opere giovanili alla dipendenza dei parroci e dei vescovi. Il risultato è la nascita di una vasta rete di cooperazione, che si diffonde a livello mondiale grazie all'impegno personale di don Bosco e dei successori. Ogni gruppo locale, affidato alla cura del direttore, diventa partecipe della missione salesiana sul territorio ed elemento strategico per la fecondità e lo sviluppo delle opere.
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1. Qualunque persona anche vivendo nel secolo, nella propria casa, in seno alla propria famiglia può appartenere alla nostra società.
2. Egli non fa alcun voto; ma procurerà di mettere in pratica quella parte del regolamento, che è compatibile colla sua età, stato e condizione come sarebbe fare o promuovere catechismi a favore dei poveri fanciulli, procurare la diffusione di buoni libri; dare opera perché abbiano luogo tridui, novene, esercizi spirituali ed altre simili opere di carità che siano specialmente dirette al bene spirituale della gioventù o del basso popolo.
3. Per partecipare dei beni spirituali della società bisogna che il socio faccia almeno una promessa al rettore d'impiegarsi in quelle cose che egli giudicherà tornare a maggior gloria di Dio.
4. Tale promessa per altro non obbliga sotto pena di colpa nemmeno veniale.
5. Ogni membro della Società che per qualche ragionevole motivo uscisse dalla medesima è considerato come membro esterno e può tuttora partecipare dei beni spirituali della intera Società, purché pratichi quella parte del regolamento prescritta per gli esterni.
1 G. Bosco, Costituzioni della Società di S. Francesco di Sales [1858]-1875. Testi critici a cura di F. Motto, Roma, LAS 1982, p. 208; è un testo collocato alla fine del manoscritto delle Costituzioni salesiane presentato nel 1864 per il Decretum laudis. La Santa Sede stabili che non si poteva ammettere l'affiliazione di esterni ad una società di consacrati. Don Bosco chiese che gli fosse permesso di inserite questo testo almeno in appendice alle Costituzioni, ma non fu possibile (cf ibid., pp. 233234).
2
Appena s'incominciò l'opera degli Oratorii nel 1841 tosto alcuni pii e zelanti sacerdoti e laici vennero in aiuto a coltivare la messe che fin d'allora si presentava copiosa nella classe dei giovanetti pericolanti. Questi collaboratori o cooperatori furono in ogni tempo il sostegno delle opere pie che la divina Provvidenza ci poneva tra mano. Ognuno studiava di lavorare ed uniformarsi alla disciplina vigente e alle norme proposte, ma tutti solevano reclamare un regolamento che servisse come di base e di legame a conservare l'uniformità e lo spirito di queste popolari istituzioni. Tale desiderio speriamo che ora rimarrà soddisfatto col presente libretto. Esso non contiene regole per Oratori festivi o per case di educazione, ché tali regole sono descritte a parte, sebbene un vincolo con cui i cattolici che lo desiderano possono associarsi ai Salesiani e lavorare con norme comuni e stabili affinché stabili ed invariabili se ne conservino lo scopo e la pratica tradizionale. [...]
Così coloro che vorranno esercitare la loro carità nel lavorare per la salvezza delle anime oltre alla grande mercede proclamata da sant'Agostino: animam salvasti, animam tuam praedestinasti,3 assicurano eziandio un grande tesoro per le anime loro mercé le sante indulgenze.
Il signore Iddio, ricco di grazie e di benedizioni, spanda copiosi i suoi celesti favori sopra tutti coloro che prestano l'opera loro per guadagnare anime a Gesù Salvatore, fare del bene alla pericolante gioventù, preparare buoni cristiani alla Chiesa, onesti cittadini alla civile società, e così tutti possano divenire un giorno fortunati abitatori del cielo. Così sia.
Torino, 12 luglio, 1876.
Sac. Giovanni Bosco
In ogni tempo si giudicò necessaria l'unione tra i buoni per giovarsi vicendevolmente nel fare il bene e tener lontano il male. Così facevano i cristiani della Chiesa primitiva, i quali alla vista dei pericoli che ogni giorno loro sovrastavano, senza punto sgomentarsi, uniti con un cuor solo ed un'anima sola, animavansi l'un l'altro a stare saldi nella fede e pronti a superare gl'incessanti assalti da cui erano minacciati.
2 G. Bosco, Cooperatori salesiani, ossia un modo pratico per giovare al buon costume ed alla civile società, San Pier d'Arena, Tipografia e Libreria di S. Vincenzo de' Paoli 1877, pp. 3-4, 27-36 (OE XXVIII, 341-342, 365-374).
3 Hai salvato un'anima, dunque hai predestinato la tua anima.
Tale pure è l'avviso datoci dal Signore quando disse: le forze deboli quando sono unite diventano forti e se una cordicella presa da sola facilmente si rompe è assai difficile romperne tre riunite: Vis unita fortior, funiculus triplex difficile rumpitur.4 Così sogliono fare eziandio gli uomini del secolo nei loro affari temporali. Dovranno forse i figliuoli della luce essere meno prudenti, che i figliuoli delle tenebre? No certamente. Noi cristiani dobbiamo unirci in questi difficili tempi, per promuovere lo spirito di preghiera, di carità con tutti i mezzi, che la religione somministra e così rimuovere o almeno mitigare quei mali che mettono a repentaglio il buon costume della crescente gioventù, nelle cui mani stanno i destini della civile società.
Questa Congregazione, essendo definitivamente approvata dalla Chiesa, può servire di vincolo sicuro e stabile per i Cooperatori Salesiani. Di fatto essa ha per fine primario di lavorare a beneficio della gioventù sopra cui è fondato il buono o tristo avvenire della società. Con siffatta proposta non intendiamo di dire che questo sia il solo mezzo per provvedere a tale bisogno, perciocché ve ne sono mille altri che noi altamente raccomandiamo perché siano posti in opera. Noi a nostra volta ne proponiamo uno ed è l'opera dei Cooperatori Salesiani, pregando cioè i buoni cattolici che vivono nel secolo a venire in aiuto ai soci di questa Congregazione. È vero che i membri di essa sono cresciuti notabilmente, ma il lor numero è assai lontano dal poter corrispondere alle quotidiane richieste che si fanno in vari paesi d'Italia, d'Europa, della Cina, dell'Australia, dell'America e segnatamente della Repubblica Argentina. In tutti questi luoghi si fanno quotidiane richieste di sacri ministri, affinché vadano a prendere cura della pericolante gioventù, che vadano ad aprire case o collegi, ad iniziare o almeno sostenere missioni, che sospirano la venuta di evangelici operai. Egli è per accorrere a tante necessità che si cercano Cooperatori.
Scopo fondamentale dei Cooperatori Salesiani si è di fare del bene a se stessi mercé un tenore di vita, per quanto si può, simile a quello che si tiene nella vita comune. Perciocché molti andrebbero volentieri in un chiostro, ma chi per età, chi per sanità o condizione, moltissimi per difetto di opportunità ne sono assolutamente impediti. Costoro facendosi Cooperatori Salesiani possono continuare in mezzo alle loro ordinarie occupazioni, in seno alle proprie famiglie e vivere come se di fatto fossero in Congregazione. Laonde dal sommo pontefice quest'Associazione è considerata come un terz'ordine degli antichi, colla differenza che in quelli si proponeva la perfezione cristiana nell'esercizio della pietà; qui si ha per fine principale la vita attiva nell'esercizio della carità verso il prossimo e specialmente verso la gioventù pericolante.
4 Le forze unite sono più forti; una corda a tre capi si rompe più difficilmente (cf Qo 4, 12).
Ai Cooperatori Salesiani si propone la stessa messe della Congregazione di san Francesco di Sales, cui intendono associarsi.
1. Promuovere novene, tridui, esercizi spirituali e catechismi, soprattutto in quei luoghi dove si manca di mezzi materiali e morali.
2. Siccome in questi tempi si fa gravemente sentire la penuria di vocazioni allo stato ecclesiastico, così coloro che ne sono in grado prenderanno cura speciale di quei giovanetti ed anche degli adulti, che forniti delle necessarie qualità morali e di attitudine allo studio dessero indizio di esserne chiamati, giovandoli coi loro consigli, indirizzandoli a quelle scuole, a quei collegi o a quei piccoli seminari, in cui possono essere coltivati e diretti a questo fine. L'Opera di Maria Ausiliatrice tende appunto a questo scopo.
3. Opporre la buona stampa alla stampa irreligiosa, mercé la diffusione di buoni libri; di pagelle, foglietti stampati di qualunque genere in quei luoghi e fra quelle famiglie, cui paia prudente di farlo.
4. In fine la carità verso i fanciulli pericolanti, raccoglierli, istruirli nella fede, avviarli alle sacre funzioni, consigliarli nei pericoli, condurli dove possono essere istruiti nella religione, sono altra messe dei Cooperatori Salesiani. Chi non fosse in grado di compiere alcuna di queste opere per sé, potrebbe farle per mezzo di altri, come sarebbe animare un parente, un amico a volerle prestare. Tutto quello che si raccomanda per i fanciulli pericolanti, si propone eziandio per le ragazze che si trovano in pari condizione.
5. Si può cooperare colla preghiera o col somministrare mezzi materiali dove ne fosse mestieri, ad esempio dei fedeli primitivi che portavano le loro sostanze ai piedi degli apostoli, affinché se ne servissero a favore delle vedove, degli orfani e per altri gravi bisogni.
1. Chiunque ha compiuti i sedici anni può farsi Cooperatore, purché abbia ferma volontà di conformarsi alle regole quivi proposte.
2. L'Associazione è umilmente raccomandata alla benevolenza e protezione del sommo pontefice, dei vescovi, dei parroci, dai quali avrà assoluta dipendenza in tutte le cose che si riferiscono alla religione.
3. Il superiore della Congregazione salesiana è anche il superiore di quest'Associazione.
4. Il direttore di ogni casa della Congregazione è autorizzato ad ascrivere gli associati, trasmettendo di poi nome, cognome e dimora al superiore, che noterà ogni cosa nel comune registro.
5. Nei paesi e nelle città, dove non esiste alcuna di queste case e dove gli associati giungono a dieci, sarà stabilito un capo col nome di decurione, che sarà preferibilmente un prete o qualche esemplare secolare. Esso corrisponderà col superiore o col direttore della casa più vicina.
6. Ogni Cooperatore occorrendo può esporre al superiore quelle cose che giudica doversi prendere in considerazione.
7. Ogni tre mesi ed anche più sovente con un bollettino o foglietto a stampa si darà ai soci un ragguaglio delle cose proposte, fatte o che si propongono a farsi. Sul fine poi di ogni anno ai soci saranno comunicate le opere che nel corso dell'anno successivo sembrano doversi di preferenza promuovere, e nel tempo stesso si darà notizia di quelli, i quali nell'anno decorso fossero stati chiamati alla vita eterna, i quali verranno raccomandati alle comuni preghiere. Nel giorno di san Francesco di Sales e nella festa di Maria Ausiliatrice ogni direttore, ogni decurione radunerà i suoi Cooperatori per animarsi reciprocamente alla divozione verso di questi celesti protettori, invocando il loro patrocinio a fine di perseverare nelle opere cominciate secondo lo scopo dell'Associazione.
1. I membri della Congregazione salesiana considerano tutti i Cooperatori come altrettanti fratelli in Gesù Cristo e a loro s'indirizzeranno ogni volta l'opera di essi può giovare alla maggior gloria di Dio e a vantaggio delle anime. Colla medesima libertà, essendone il caso, i Cooperatori si rivolgeranno ai membri della Congregazione salesiana.
2. Quindi tutti i soci, come tutti figli del nostro Padre celeste, tutti fratelli in Gesù Cristo, coi mezzi materiali loro propri o con beneficenze raccolte presso persone caritatevoli, faranno quanto possono per promuovere e sostenere le opere dell'Associazione.
3. I Cooperatori non hanno alcuna obbligazione pecuniaria, ma faranno mensilmente oppure annualmente quella oblazione che detterà la carità del loro cuore. Queste offerte saranno indirizzate al superiore in sostegno delle opere promosse dall'Associazione.
4. Ogni anno si faranno almeno due conferenze: una nella festa di Maria Ausiliatrice, l'altra in quella di san Francesco di Sales. In ciascuna di queste conferenze si farà una colletta come nel numero 3 antecedente. Nei luoghi dove i Cooperatori non potessero costituire la decuria e quando alcuno non potesse intervenire alla conferenza, si farà pervenire a destinazione la propria offerta col mezzo a lui più facile e sicuro.
1. Sua santità il regnante Pio IX, con decreto in data 30 luglio 1875, comunica ai benefattori di questa Congregazione e ai Cooperatori Salesiani tutti i favori, le grazie spirituali e tutte le indulgenze concesse ai religiosi Salesiani, eccettuati quelli che si riferiscono alla vita comune.
2. Parteciperanno di tutte le messe, preghiere, novene, tridui, esercizi spirituali, delle prediche, dei catechismi e di tutte le opere di carità, che i religiosi Salesiani compieranno nel sacro ministero in qualsiasi luogo ed in ogni parte del mondo.
3. Saranno parimenti partecipi della messa e delle preghiere, che ogni giorno si fanno nella chiesa di Maria Ausiliatrice in Torino a fine d'invocare le benedizioni del cielo sopra i loro benefattori, le loro famiglie e specialmente sopra coloro che moralmente o materialmente fanno qualche benefizio alla salesiana Congregazione.
4. Il giorno dopo la festa di san Francesco di Sales tutti i sacerdoti Salesiani e i loro Cooperatori celebreranno la santa messa pei confratelli defunti. Quelli che non sono sacerdoti procureranno di fare la santa comunione e di recitare la terza parte del rosario.
5. Quando un confratello divenisse ammalato se ne dia tosto avviso al superiore. Esso darà tosto ordine che siano innalzate a Dio particolari preghiere per lui. Lo stesso verrà fatto nel caso di morte di qualche Cooperatore.
1. Ai Cooperatori Salesiani non è prescritta alcuna opera esteriore, ma affinché la loro vita si possa in qualche modo assimilare a quella di chi vive in comunità religiosa, loro si raccomanda la modestia negli abiti, la frugalità nella mensa, la semplicità nel suppellettile domestico, la castigatezza nei discorsi, l'esattezza nei doveri del proprio stato, adoperandosi che le persone dipendenti da loro osservino e santifichino il giorno festivo.
2. Sono consigliati di fare ogni anno almeno alcuni giorni di esercizi spirituali. L'ultimo [giorno] di ciascun mese od altro giorno di maggior comodità, faranno l'esercizio della buona morte confessandosi e comunicandosi come realmente fosse l'ultimo della vita. Sia negli esercizi spirituali, sia nel giorno in cui si fa l'esercizio della buona morte, si lucra indulgenza plenaria.
3. Ciascuno reciterà ogni giorno un Pater, Ave a san Francesco di Sales secondo la intenzione del sommo pontefice. I sacerdoti e coloro che recitano le ore canoniche o l'uffizio della beata Vergine sono dispensati da questa preghiera. Per essi basta che nel divino ufficio aggiungano a quest'uopo la loro intenzione.
4. Procurino di accostarsi colla maggior frequenza ai santi sacramenti della confessione e della comunione; perciocché ciascuno può ogni volta guadagnare indulgenza Plenaria.
5. Queste indulgenze plenarie e parziali, per modo di suffragio si possono applicare alle anime del purgatorio, eccetto quella in articulo mortis, che è esclusivamente personale e si può solamente acquistare quando l'anima separandosi dal corpo parte per la sua eternità.
5
Torino, settembre 1877
Nel nostro Regolamento, o benemeriti Cooperatori, è prescritto il Bollettino mensile che a suo tempo sarebbesi pubblicato per darvi ragguaglio delle cose fatte o da farsi onde ottenere il fine che ci siamo proposto. Secondiamo ora il comune desiderio, affinché ognuno possa prestare l'opera sua con unità di spirito e rivolgere unanimi le nostre sollecitudini ad un punto solo: la gloria di Dio, il bene della civile società.
A quest'uopo giudichiamo di servirci del Bibliofilo, bollettino che da quest'anno si stampa nella nostra tipografia di Torino e che per l'avvenire sarà stampato nell'Ospizio di Sampierdarena. Questo nostro Bollettino esporrà:
1° Le cose che i soci o i loro direttori giudicano proporre per il bene generale e particolare degli associati, cui seguiranno le norme pratiche pei Cooperatori.
2° Esposizione dei fatti che ai soci riuscirono fruttuosi e che possono servire ad altri di esempio. Quindi gli episodi avvenuti, uditi, letti: purché siano collegati col bene dell'umanità e della religione; le notizie e le lettere dei missionari che lavorano per la fede nell'Asia, nell'Australia e specialmente dei Salesiani, che sono dispersi nell'America del Sud in vicinanza dei selvaggi, è materia per noi opportuna.
3° Comunicazioni, annunzi di cose diverse, opere proposte; libri e massime da propagarsi sono la terza parte del nostro Bollettino.
Esposti così i nostri pensieri rispondiamo alla domanda che ci vien fatta da tutte le parti di sapere, cioè, quale sia lo scopo pratico dei Cooperatori.
Il titolo del diploma o del libretto presentato ai Cooperatori spiega quale ne sia lo scopo. Diamone tuttavia breve spiegazione. Diconsi Cooperatori salesiani coloro che desiderano occuparsi di opere caritatevoli, non in generale ma in ispecie, d'accordo e secondo lo spirito della Congregazione di S. Francesco di Sales.
Un Cooperatore di per sé può fare del bene; ma il frutto resta assai limitato e per lo più di poca durata. Al contrario unito con altri trova appoggio, consiglio, coraggio e spesso con leggera fatica ottiene assai, perché le forze anche deboli diventano forti se vengono riunite. Quindi il gran detto che l'unione fa la forza, vis unita fortior.
5 E(m) V, pp. 441-443.
Pertanto i nostri Cooperatori seguendo lo scopo della Congregazione salesiana si adopereranno secondo le loro forze per raccogliere ragazzi pericolanti ed abbandonati nelle vie e nelle piazze; avviarli al catechismo, trattenerli nei giorni festivi e collocarli presso ad onesto padrone, dirigerli, consigliarli, aiutarli per quanto si può per farne buoni cristiani ed onesti cittadini.
Le norme da seguirsi nelle opere, che a tale uopo si proporranno ai Cooperatori, sarà materia del Bollettino Salesiano.
Si aggiungono le parole: Modo pratico, per notare che qui non si stabilisce una confraternita, non un'associazione religiosa, letteraria e scientifica, nemmeno un giornale; ma una semplice unione di benefattori dell'umanità, pronti a dedicare non promesse, ma fatti, sollecitudini, disturbi e sacrifici per giovare al nostro simile. Si è messa la parola: un modo pratico, perché non intendiamo dire che questo sia il solo mezzo per far del bene in mezzo alla civile società; anzi noi approviamo ed altamente lodiamo tutte le istituzioni, le unioni, le associazioni pubbliche e private che tendono a beneficare l'umanità e preghiamo Dio che a tutti mandi mezzi morali e materiali per conservarsi, progredire e conseguire il fine proposto.
Noi a nostra volta qui intendiamo proporre un mezzo di operare e questo mezzo lo proponiamo nell'Associazione dei Cooperatori Salesiani.
Le parole: giovare al buon costume, danno ancora più chiaramente a conoscere ciò che vogliamo fare e quale sia il comune nostro intendimento.
Estranei affatto alla politica, noi ci terremo costantemente lontani da ogni cosa che possa tornare a carico di qualche persona costituita in autorità civile ed ecclesiastica. Il nostro programma sarà inalterabilmente questo: lasciateci la cura dei giovani poveri e abbandonati, e noi faremo tutti i nostri sforzi per far loro il maggiore bene che possiamo, ché così crediamo poter giovare al buon costume ed alla civiltà.
Sac. Gio. Bosco
6
16 maggio 1878
Io non so, benemeriti Cooperatori e Cooperatrici, non so se io debba prima ringraziare voi o invitarvi che insieme ringraziamo il Signore, per averci radunati in un corpo compatto e messi nella posizione di poter fare del gran bene e d'averci stasera radunati insieme qui a fare la prima conferenza che si tenga dai Cooperatori Salesiani in Torino.
6 ASC A0000205: Cronachetta, Quad. V (1877-1878), ms di Giulio Barberis, pp. 48-61 (cf MB XIII, 624-630). È la prima conferenza fatta da don Bosco ai Cooperatori Salesiani di Torino; fu tenuta il pomeriggio del 16 maggio 1878, in Valdocco, nella chiesa di S. Francesco di Sales.
Prima però di venire ad altro, voglio raccontarvi un po' di storia, la quale ci farà conoscere che cosa hanno già fatto qui in Torino i Cooperatori Salesiani e quale sia il loro compito in questo tempo. Ascoltate.
Trentacinque anni fa l'area che presentemente è occupata da questa chiesa serviva da luogo come di convegno a molti giovani discoli i quali venivano a far battaglie, risse, a dir bestemmie. Qui accanto vi erano due case in cui si offendeva assai il Signore: una era una bettola in cui venivano gli ubriaconi ed ogni genere di cattiva gente; l'altra, posta qui nel luogo dov'è il pulpito ed allungantesi verso la mia sinistra, era una casa di scostumatezza e d'immoralità. Allora arrivava qui un prete povero affatto ed appigionava a grandissimo prezzo due camere di questa medesima casa. Quel prete era accompagnato dalla sua madre. Loro scopo era veder modo di fare un po' di bene alla povera gente del vicinato. Tutto il loro patrimonio consisteva in un cestello che si portava al braccio, in cui vi erano vari oggetti. Ebbene, questo prete vide i giovani che si radunavano qui per malfare, poté avvicinarsi a loro ed il Signore fece sì che la sua parola fosse ascoltata e compresa. Si vide subito la necessità di avere una cappella da dedicarsi al divin culto. Partendo dalla parte dell'epistola di questo altar maggiore andando verso destra di chi guarda, vi era una tettoia che serviva di rimessa. Si poté averla e non avendo altro si adattò a forma di chiesa. Quei giovani discoli poco alla volta si lasciarono attrarre e vennero in chiesa, ed in poco il loro numero si accrebbe talmente che era piena e nel piazzaletto stesso, ove ora è questa chiesa, si faceva il catechismo non potendo la chiesa tenerli tutti.
Ora questo prete era solo. Aveva bensì in suo aiuto quello zelantissimo teologo Borel che fece tanto del bene a Torino; ma egli, occupato com'era nelle carceri, nell'assistere i condannati a morte, nelle opere del Cottolengo, della marchesa Barolo, del Rifugio ed altre, non poteva attendere che poco, avendo tutta la sua vita altrove. Il Signore provvide quanto mancava e poco alla volta vari benemeriti ecclesiastici si unirono col povero prete e, chi a confessare, chi a predicare, chi a fare i catechismi, prestavano l'opera loro. Ed ecco quell'opera dell'Oratorio essere sostenuta da questi benemeriti ecclesiastici. Ma questo non bastava. Crescendo i bisogni anche per scuole serali e domenicali non bastavano alcuni preti. Ed ecco che vari signori portarono anch'essi l'opera loro. Era proprio la divina Provvidenza che li mandava e col loro mezzo il bene si andò moltiplicando. Questi primi Cooperatori Salesiani, sia ecclesiastici che secolari, non guardavano a disagi ed a fatiche, ma vedendo il bene che si faceva e come proprio molti giovani discoli si riducessero nella via della virtù, sacrificavano loro stessi. Molti io ne vidi lasciare i comodi loro e venire non solo tutte le domeniche, ma ben anche tutti i giorni della quaresima, sebbene in ora per loro incomodissima, ma che era la più comoda per i ragazzi, venire ad aiutare l'opera dell'Oratorio.
Intanto si scorse e si fece vieppiù sentire il bisogno di aiutare anche materialmente questi fanciulli. Ve n'erano di coloro i cui calzoni e la giubbetta erano a brandelli e pendevano i pezzi da ogni parte, anche a scapito della modestia; eravene di quelli che non avevano mai da cambiare quello straccio di camicia che avevano indosso. Fu qui che cominciò a campeggiare la bontà e l'utilità che arrecavano le Cooperatrici. Io vorrei ora, a gloria delle signore torinesi, raccontar ovunque come molte di esse, sebbene di famiglie molto delicate, tuttavia non avessero a schifo prendere quelle giubbe, quei calzoni rattopparli colle loro mani; prendere quelle camicie già tutte lacere, ma forse ancor mai passate nell'acqua, prenderle esse stesse, dico, lavarle, rattopparle per consegnarle poi nuovamente ai poveri ragazzi, i quali attirati dall'odore della carità cristiana perseverarono nell'Oratorio e nella pratica delle virtù. Varie di queste benemerite signore poi mandavano vesti, danari, commestibili e quant'altro potevano. Alcune sono presentemente qui ad ascoltarmi e molte altre furono già chiamate dal Signore a ricevere il premio delle loro fatiche ed opere di carità.
Ecco adunque come col concorso di molte persone, Cooperatori e Cooperatrici, si poterono fare cose, che ciascuno separatamente non avrebbe mai più potuto fare. Coll'aiuto così potente di sacerdoti, signori e signore che avvenne? Migliaia di giovani vennero a prendere l'istruzione religiosa in quel medesimo luogo dove [prima] s'imparava a bestemmiare; vennero ad imparare la virtù in quello stesso luogo che era centro d'immoralità. Si poterono aprire scuole serali e domenicali ed i più poveri ed abbandonati dei giovani furono ritirati, ed il piccolo piazzale nel 1852 diventò questa chiesa e quella casa diventò l'ospizio dei poveri ragazzi. Tutto questo [è] opera vostra, o benemeriti Cooperatori e Cooperatrici.
I medesimi continuando i loro aiuti ed altri ogni giorno aggiungendosene si poté in due altri punti di questa città aprire due altri Oratori, uno in Vanchiglia chiamato dell'Angelo Custode, che poi, eretta la chiesa parrocchiale di santa Giulia, si trasportò accanto a detta parrocchia; l'altro detto di san Luigi fu aperto a Porta Nuova. Accanto a questo si va ora erigendo la chiesa di san Giovanni Evangelista.
Ma i bisogni sentiti in Torino cominciarono a sentirsi potentemente anche in altre città e paesi, e continuando sempre l'aiuto dei Cooperatori, si poterono stabilire regole e poi anche estendersi fuori di Torino. Era necessario che si supplisse dai Cooperatori la grande deficienza di clero che tutto giorno si faceva sentire per tutto il Piemonte e fuori. Come fare? La religione cattolica non guarda a luogo, città, a paese; essa è universale e dovunque vuole che si faccia del bene e dovunque siavi bisogno maggiore quivi la religione richiede che maggiori siano gli sforzi. Ed ecco comincia ad aprirsi una casa in Mirabello, poi altra a Lanzo, poi altre ed altre. Ora sono cento e più tra chiese e case aperte ed oltre a 25 mila tra [ragazzi] interni ed esterni che ricevono istruzione religio
sa nelle nostre case. Chi fece tutte queste cose? Un prete? No! due, dieci, cinquanta? Neppure, non avrebbero potuto fare tanto. Furono i tanti Cooperatori e Cooperatrici i quali in ogni parte, in ogni paese e città si unirono d'accordo ad aiutare questi pochi preti. Sì, sono essi, ma non solo essi. Bisogna, oh! bisogna riconoscere la mano di Dio, che dal niente volle far sorgere tanta opera. Sì, è la divina Provvidenza che mandò tanti mezzi onde poter salvare tante anime. Se non fosse stato che proprio il Signore voleva questo, io riputerei impossibile che chiunque potesse far tanto. Ma il bisogno era reale e grande ed il Signore ai grandi bisogni manda grandi aiuti. Questi bisogni si fanno tutti i giorni più grandi e sentiti. Ci abbandonerà il Signore?
Questo che vi dico, che i bisogni si sentono tutti i giorni di più, non è che una molto soda verità. Oh se voi vedeste quante domande da ogni parte del mondo vengono fatte perché apriamo case per poveri giovani abbandonati. Se sapeste in quanti luoghi si fa ora sentire questo bisogno che nei tempi andati non pareva necessario se non nella città grandi. Vi è da sbalordirsi. E poi per le missioni quanto non cresce ora il bisogno? E notate che già più non si tratta di andare a cimentare la propria vita tra i selvaggi con pericolo di martirio o di grandi patimenti. Ora sono i barbari stessi che cominciano a conoscere il miserando loro stato e desiderano d'istruirsi. Sono essi stessi, direi, che allungano le braccia verso di noi, chiedendo che si vada ad incivilirli, ad insegnar loro quella religione senza della quale si accorgono che la loro vita è infelice. Da tutte parti vengono queste domande di missioni. Dall'India, dalla Cina, da Santo Domingo, Brasile, Repubblica Argentina ci si fanno accalorate domande, in modo che se io in questo momento in cui vi parlo avessi duemila missionari, sull'istante saprei dove collocarli, sicuro del frutto che apporterebbero. Ebbene anche nelle missioni del bene se ne è già fatto coll'opera degli Oratorii e speriamo che col sostegno e l'aiuto dei Cooperatori e Cooperatrici questo bene si possa a mille doppi aumentare a maggior gloria di Dio.
Vi è poi un'altra opera fatta e prodotta da questi Oratorii, opera che non desidero che sia pubblicata, ma che da voi è bene che sia conosciuta. Questa è di cercare giovani di buona volontà e mettere loro in mano i mezzi onde poter farsi sacerdoti. Il numero dei ministri del Signore, lo vedete, ogni giorno diminuisce con una proporzione spaventosa. Si cercarono adunque per ogni dove giovani che dessero ferme speranze, si radunarono, si fecero studiare ed ecco che, benedicendo il Signore quest'opera, già centinaia e centinaia di preti uscirono dalle nostre case. Volete che vi dica con tutta segretezza il numero dei chierici che si fece l'anno scorso? Ascoltate. Tra tutte le nostre case sparse in Italia, in Francia, nell'Uruguay e nella Repubblica Argentina nel corso dell'anno passato si fecero 300 chierici. Questi in massima parte vanno nelle proprie diocesi e tanto per dirvi di una, vedete la diocesi di Casale, di 42 chierici che sono in seminario, 34 uscirono dalle nostre case. Altri poi si fanno religiosi, altri vanno alle missioni od anche si fermano con noi ad aiutarci con ogni loro possa. Vedete dove approdano le vostre elemosine, i vostri aiuti, la vostra carità?
Altra opera non piccola si è mettere un argine all'eresia che minaccia invadere tante città e paesi. Essa fa strage nei paesi cattolici e va dilatandosi tanto più quanto più cresce la libertà nel mondo politico; poiché quando col titolo di libertà si dà campo aperto al male di operare, ed intanto s'inciampa l'opera dei buoni, si avranno sempre delle conseguenze funeste. Si cercò adunque di opporre un argine all'eresia ed all'empietà sia con libri ben ordinati a questo scopo, i quali con grande fatica e spesa si facevano e si diffondevano tra il popolo cattolico. Ma i libri non fan tutto. Si vide bisogno come di una sentinella che stia alle vedette nei luoghi dove maggiore è il pericolo e nei luoghi acconci dove il pericolo è continuo mettere proprio un picchetto di soldati per paralizzare almeno il male ed ecco che qui in Torino, presso la chiesa dei protestanti, fino dal 1847 si aprì l'Oratorio di S. Luigi, ed ora dopo tanti studi e fatiche si riesce a tirarvi su la chiesa di S. Giovanni Evangelista che si sta costruendo.
A S. Pier d'Arena l'eresia era anche minacciante e quivi si pose un ospizio. In Nizza Mare, proprio daccanto alla chiesa protestantica, s'innalzò il Patronato di S. Pietro. A Spezia l'eresia fece già progressi straordinari: qui si fece ogni sforzo ed ecco che sono aperte scuole apposite. Ma per non stare a nominare tutto, racconterò quanto avvenne presso Ventimiglia. Quivi in pochi anni crescendo il numero degli abitanti si riempì di case una valle detta Valle Crosia. Il numero degli abitanti crebbe a centinaia ed anche a migliaia. Essendo tutte case nuove, non si pensò o non si poté erigervi nessuna chiesa. I protestanti, vista la convenienza, vi eressero nel bel centro un grande edificio, perché servisse d'ospizio e di scuole, ed una loro chiesa. Gli abitanti di questa valle, non avendo altre scuole, furono attratti ad andare a queste e poi anche da vari si andava alla loro chiesa. Il vescovo non sapeva come fare; erigere una chiesa, dotarla come parrocchia sono cose che ai nostri giorni non si possono più fare da persona privata. Chiamati noi prestammo volentieri l'opera nostra. Non vi erano mezzi, ma la Provvidenza ci aiutò e non potendo di più, si affitta una casa, nel magazzino a pian terreno si aggiusta un po', si fa un altare ed ecco la chiesa fatta. Nelle camere a destra e al primo piano si aprono due scuole per i ragazzi; nelle camere a sinistra di questa piccola chiesa si chiamano le suore di Maria Ausiliatrice e si aprono scuole per le ragazze. Ecco mutazione! L'oratorio festivo attira piccoli e grandi e tutti gli abitanti del dintorno hanno comodità di udire la santa messa; le scuole dei ragazzi sono subito frequentate; quelle delle ragazze pure. Le cose si prendono così con impegno, che ora le scuole dei protestanti sono assolutamente chiuse perché non vi è più neppure uno, né tra i fanciulli né tra le fanciulle, che le frequentino. Anche vari che si erano messi a frequentare la chiesa protestantica, potutisi attrarre in bel modo ai sacramenti per la Pasqua, lasciarono abbandonato un sito che era per diventare centro dell'eresia in Liguria.
Tutte queste varie opere è impossibile che si facciano da uno isolatamente. È necessario avere dei Cooperatori. I loro sussidi aiutano per esempio a poter andare fin là, e a fare i primi impianti: quando si è là si uniscono Cooperatori sul luogo stesso e si procede avanti. Senza l'opera dei Cooperatori, i Salesiani sarebbero ben incagliati e non potrebbero esercitare il loro zelo. È vero che delle difficoltà se ne incontrarono sempre per compiere queste opere; ma il Signore dispose che sempre si potessero superare.
Quest'anno poi le difficoltà si moltiplicarono; tuttavia noi vediamo che la mano del Signore sempre ci sostiene. È morto in quest'anno l'incomparabile nostro benefattore Pio IX; quel Pio IX che approvò l'associazione dei Cooperatori e la arricchì di tanto insigni indulgenze; quel Pio IX che volle essere ascritto per il primo tra i Cooperatori Salesiani; quel Pio IX che non lasciava mai passare occasione che gli si presentasse propizia per beneficarci. Egli è morto bensì, ma il Signore dispose che gli succedesse un Leone XIII. Io mi sono presentato a lui, gli ho parlato dei Cooperatori Salesiani. L'ho pregato che permettesse che il suo augusto nome, come già il nome del suo antecessore di felice memoria, comparisse tra i Cooperatori Salesiani. Egli informatosi bene del loro spirito, soggiunse: "Non solo Cooperatore Salesiano intendo essere, ma operatore. Il papa non deve essere egli il primo a dare incremento alle opere di carità?". Ecco dunque come, perduto un padre, il Signore ce ne ha procurato un altro non meno benevolo del primo. In questo medesimo anno morirono vari benemeriti signori tanto propensi a beneficare l'Oratorio; ma il Signore dispose che altri li surrogassero e la carità dei fedeli non ci lascia mancare quello che è necessario.
Ora dunque ecco quale dev'esser più direttamente lo scopo dei Cooperatori Salesiani; ecco in che cosa debbono occuparsi. Bisogna continuare le opere cominciate, delle quali parlai; anzi queste opere bisogna centuplicarle. Per questo vi è bisogno di persone e di mezzi. Noi sacrifichiamo le nostre persone: il Signore tutto giorno ci manda personale pronto a qualunque sacrificio, anche dare la vita per la salute delle anime. Le persone non bastano: ci vogliono i mezzi. I mezzi tocca a voi il procurarli, o benemeriti Cooperatori. Io incarico voi dei mezzi materiali; procurate che non manchino. Notate bene come è grande la grazia del Signore che vi mette in mano i mezzi per cooperare alla salute delle anime. Eh sì, in mano vostra sta la salute di molte anime. Si è visto, col fatto nostro, finora narrato, che dalla cooperazione dei buoni ne risulta la salute di tante anime.
Ora sarebbe il caso che io vi facessi i ringraziamenti. Ma che ringraziamenti? Io non posso farveli. Sarebbe troppo piccola ricompensa alle vostre opere buone il ringraziarvene io. Lascerò al Signore che vi ringrazi poi esso. Sì, lo disse più volte che esso considera come fatto a lui quanto si fa al prossimo. D'altra parte è certo che la carità non prettamente corporale, ma che ha uno scopo anche spirituale, ha un merito ancor maggiore. E vorrei dire, non solo ha un pregio maggiore, ma ha del divino. I santi padri vanno d'accordo nel ripetere quel detto di S. Dionigi, che dice: Divinorum divinissimum est cooperaci Deo in salutem animarum.7 E spiegando questo passo con S. Agostino si dice che questa opera divina è un pegno assoluto della predestinazione propria: Animam salvasti, animam tuam praedestinasti.8
Volete fare una cosa buona? Educate la gioventù. Volete fare una cosa santa? Educate la gioventù. Volete fare cosa santissima? Educate la gioventù. Volete fare cosa divina? Educate la gioventù. Anzi [questa] tra le divine è divinissima.
Oh! adunque, voi col concorrere a fare questi grandi beni a cui si accennò, voi potete star sicuri di mettere in salvo l'anima vostra. Io lascio perciò di farvi speciali ringraziamenti. Sappiate solo che nella chiesa di Maria Ausiliatrice mattino e sera, e posso dire tutto il giorno, si fanno speciali preghiere per voi, affinché il Signore possa esso farvi i ringraziamenti con quelle parole che vi dirà nel giorno decisivo del giudizio. Euge, serve bone et fidelis ...9 Voi fate dei sacrifici, ma tenete a mente che Gesù Cristo fece di sé sacrificio ben più grande e non ci avvicineremo mai abbastanza al sacrificio che fece egli per noi. Ma coloro che si sforzano di imitarlo [nel] fare sacrifici per salvare delle anime, possono stare tranquilli che l' animam salvasti, animam tuam praedestinasti non è esagerato e saranno certamente coronati coll' intra in gaudium Domini tuil° che a tutti tanto ardentemente desidero e prego.
7 Tra le cose divine la più divina è cooperare con Dio per la salvezza delle anime.
8 Hai salvato un'anima, dunque hai predestinato la tua anima.
9 Vieni, servo buono e fedele... (Mt 25, 21).
10 Prendi parte alla gioia del tuo Signore (Mt 25, 21).
La corrispondenza di don Bosco con i Cooperatori e gli amici, laici ed ecclesiastici, contiene sempre qualche orientamento di vita spirituale essenziale, ma ben mirato a proporre un cammino di vita interiore che tenga insieme la devozione, il fervore spirituale, l'esercizio delle virtù, la carità operativa e i doveri del proprio stato compiuti per amore e con fedeltà.
1
Torino, 24 settembre 1862 Carissimo nel Signore,
La grazia di nostro signore Gesù Cristo sia sempre con noi.
Ho ricevuto a suo tempo le due lettere che ebbe la bontà d'indirizzarmi, e non le risposi perché incerto del luogo di sua permanenza.
Le unisco il biglietto rosso [della lotteria], anzi due affinché guadagni due premi. I biglietti che le avevo mandati non erano tanto da smerciarsi, ma piuttosto da ritenersi da lei e così aiutasse il povero D. Bosco a dar pane ai suoi poveri giovanetti.
Ripigliando le cose della sua prima lettera, io ammiro molto lo slancio del suo cuore nel voler seguire ciecamente i consigli di un povero prete quale io sono. La cosa è ardua per ambedue, ma proviamo.
Come ho da fare per intraprendere una vita, ella diceva, che stacchi dal mondo e mi leghi questo cuore col Signore in modo che ami costantemente la virtù?
R. La buona volontà coadiuvata dalla grazia di Dio produrrà questo effetto meraviglioso. Ma per riuscire ella deve adoperarsi per conoscere e gustare la bellezza della virtù e la gioia che prova in cuore chi tende a Dio.
Consideri poi la nullità delle cose del mondo. Esse non possono darci la minima consolazione. Metta insieme tutti i suoi viaggi, quanto ha veduto, goduto, letto ed osservato. Confronti tutto colla gioia che prova un uomo dopo che si è accostato ai santi sacramenti, si accorgerà che le prime sono un nulla, che il secondo ha tutto.
Stabilita così una base veniamo alla pratica. Ella: 1° Ogni mattino messa e meditazione. 2° Nel dopo mezzogiorno un po' di lettura spirituale. 3° Ogni domenica predica e benedizione. 4° ... Adagio, ella mi grida, poco per volta. Ha ragione; cominci a mettere in pratica quanto qui le scrivo di passaggio e se ella sentesi di tenermi passo, io spero, coll'aiuto del Signore di poterla condurre al terzo cielo.
1 E(m) I, pp. 525-526; lettera a Ugo Grimaldi.
Quando verrà a Torino ci parleremo di progetti un po' più in grande. Intanto non manchi di pregare il Signore per me, che di vivo cuore le auguro ogni bene dal Signore e mi professo di vostra signoria carissima
Aff.mo servitore amico Sac. Bosco Gio.
2
Torino, 22 luglio 1866
Pregiatissima signora,
La tiepidezza, quando non è promossa dalla volontà, va totalmente scevra di colpa. Anzi io credo che tale tiepidezza, che prende il nome di aridità di spirito, sia meritoria davanti al Signore. Tuttavia se vuole alcuni fiammiferi che eccitano scintille di fuoco, io li ritrovo in giaculatorie verso il santissimo sacramento, qualche visita al medesimo, baciare la medaglia od il crocifisso. Ma più di ogni altra cosa il pensiero che le tribolazioni, le pene e le aridità del tempo sono altrettante odorifere rose per l'eternità. .
Io non mancherò di raccomandarla debolmente al Signore nella santa messa e, nell'atto che raccomando me e i miei poveri giovanetti alla carità delle sante sue preghiere, ho l'onore di potermi professare con gratitudine sincera di vostra signoria pregiatissima
Obbl.mo servitore Sac. Bosco Gio.
3
Settembre 1867
Eccellenza,
La grazia di nostro Signor Gesù Cristo sia sempre con noi. Amen.
Eccomi a parlare con vostra eccellenza come farei con mio fratello. Quanto le scrissi in agosto non è né minaccevole né di tempo instante; ma è tutta [cosa] amorevole e preventiva. Ciò posto ella deve portar il suo pensiero sopra tre cose: sé — suoi — cose sue.
Sé. Dia un'occhiata sui proponimenti fatti in confessione e non mantenuti; sui consigli avuti per evitare il male e praticare il bene, ma dimenticati.
2 E(m) II, p. 276; lettera alla suora domenicana Margherita Stoli.
3 E(m) II, pp. 423-424.
Anche un gran difetto nel dolore dei peccati. Ciò si potrà rimediare colla meditazione e coll'esame di coscienza alla sera o in altra ora a lei più adattata. Al presente Dio vuole maggior pazienza nelle sue occupazioni, specialmente in famiglia; più confidenza nella bontà del Signore; più tranquillità di spirito, né mai avere timore che la morte la sorprenda di notte od altro tempo inaspettato. Faccia uno sforzo per praticare la virtù dell'umiltà e fiducia nel Signore e non tema niente. Per [il] futuro frequenti la confessione e comunione in modo da servire di modello a quanti la conoscono.
Suoi. Vedere che i suoi dipendenti compiano ed abbiano tempo di compiere i loro doveri religiosi, disporre le cose che loro riguardano in guisa che nella morte e dopo morte abbiano motivi di benedire il loro padrone. In famiglia carità e benevolenza con tutti; ma non mai lasciar fuggire alcuna occasione per dare avvisi o consigli che possano servire di regola di vita e di buon esempio.
Sue cose. Qui bisognerebbe scrivere molto. Lunedì debbo andare in Alessandria e di là farò una gita a Mombaruzzo, dove spero di scrivere o parlarle con qualche tranquillità. La cosa che Dio vuole specialmente da lei si è di promuovere per quanto può la venerazione a Gesù sacramentato e la divozione verso la beata Vergine Maria.
Dio ci aiuti a camminare per la via del cielo. Così sia.
Con gratitudine mi professo della eccellenza vostra
Obbl.mo servitore Sac. Gio. Bosco
4
Torino, 23 ottobre 1867
Carissimo Turco,
La tua lettera mi ha fatto molto piacere e mi riuscì tanto più gradita in quanto che tu mi parli coll'antica nostra confidenza, che per D. Bosco è la cosa più cara del mondo.
Posta la tua lettera sotto ad un solo punto di veduta io ringrazio il Signore che, in mezzo agli anni più difficili della tua vita, ti abbia aiutato a conservare i sani principi di religione. Si può dire che l'età calamitosa è passata; più progredirai negli anni, più svaniranno le illusioni che l'uomo si fa del mondo e si confermerà vie più in quello che mi dicesti, che solamente la religione è stabile e può in ogni tempo e in tutte le età rendere l'uomo felice nel tempo e nell' eternità.
4 E(m) II, p. 445.
Fatta così un po' di filosofia, ti consiglio a continuare ad occuparti nella professione di geometra in cui ti trovi; di praticare la religione specialmente colla frequente confessione che per te è un vero balsamo; ma di adoperarti con tutti i mezzi possibili per assistere e consolare il tuo buon padre nella sua attuale vecchiaia che, grazie a Dio, si può dire floridissima.
Per il passato ti ho sempre raccomandato al Signore nella santa messa e lo farò assai più volentieri ancora per l'avvenire perché me lo domandi. Tu pregherai anche per me, non è vero?
Ho alcuni libretti ameni da tradurre dal francese, ne tradurresti qualcheduno? Sarebbero da stamparsi nelle Letture Cattoliche.
Avrò sempre una consolazione ogni volta che mi scriverai. Dio benedica te e tuo padre e vi conservi ambedue ad multos annos con vita felice.
D. Francesia, D. Lazzero, Chiapale e molti altri tuoi amici ti salutano ed io ti sarò sempre nel Signore
Aff.mo amico Sac. Gio. Bosco
5
11 settembre 1869
Per mano della zelante suor Filomena ho ricevuto la vistosa somma di fr. 10.000 che nella sua carità offre ad onore di Maria Ausiliatrice e da impiegarsi pei vari e gravi bisogni di questo novello edificio. Io non ho potuto trattenermi a parlare con quella religiosa se non di volo e perciò non potei incaricarla dei miei sentiti ringraziamenti di cui volevo pregarla. Ora mentre compio questo mio dovere di gratitudine l'assicuro che continuerò a fare in comune ogni giorno speciali preghiere all'altare di Maria Ausiliatrice e spero che la grazia che domanda le verrà senza fallo concessa.
Ella dice che finora non si è ancora ottenuta; mi dice che è una tribolazione di famiglia, che non so quale sia, ma ecco quanto le posso dire di positivo: continui a pregare e si rassegni ai divini voleri. La tribolazione volge al suo fine. Vi sono cose che adesso sembrano spine, che Dio cangerà in fiori. Un guardo al crocifisso ed un fiat voluntas tua, è quello che Dio vuole da lei.
Intanto prenda questo consiglio: le piaghe in famiglia si devono medicare e non amputare. Dissimulare ciò che dispiace, parlare con tutti e consigliare con tutta carità e fermezza è il rimedio con cui ella guarirà ogni cosa. Mi perdoni questa libertà: io do lezioni a Minerva, me ne dia compatimento.
Domani (12) io celebrerò la santa messa ed i miei ragazzi faranno la loro comunione secondo la pia di lei intenzione.
5 E(m) III, pp. 133-134.
Dio benedica lei e tutta la sua famiglia e a tutti conceda lunghi anni di vita felice col prezioso dono della perseveranza finale.
Gradisca i profondi atti della mia gratitudine con cui ho l'onore di potermi professare di vostra signoria benemerita
Obbl.mo servitore Sac. Gio. Bosco
6
Torino, 28 maggio 1870
Chiarissima signora,
Ho ricevuto la onorata sua lettera e mi ha fatto veramente piacere.
Da essa scorgo che il suo cuore è tutto esacerbato per la perdita del compianto marito, ma si è alquanto calmato per dar luogo alla rassegnazione ai divini voleri cui, volere o non volere, è d'uopo sottomettersi. Non tema che diminuisca l'affetto del marito per lei nell'altra vita, anzi, sarà di gran lunga più perfetto. Abbia fede; ella lo vedrà in una posizione molto migliore di quando era tra noi. La cosa più gradita che ella possa fare per lui si è di offrire a Dio ogni affanno per riposo dell'anima di lui.
Ora mi dia un po' di libertà di parlare. È di fede che in cielo si gode una vita infinitamente migliore della terrestre. Dunque perché dolersi se suo marito ne andò al possesso? È di fede che la morte presso noi cristiani non sia separazione, ma dilazione di vedersi. Dunque pazienza quando qualcuno ci precede; egli non fa altro che andare a preparare il luogo.
È pure di fede che ella ad ogni momento colle opere di pietà e di carità può fare del bene all'anima del defunto: dunque non deve godere in cuor suo se Dio le ha concesso di sopravvivere? Poi l'assistenza dei bambini, il conforto al bon père, la pratica della religione, diffondere buoni libri, dare buoni consigli a chi ne ha bisogno non sono tutte cose che ci devono, ad ogni momento, far benedire il Signore per gli anni che ci concede?
Vi sono poi ancora altri motivi che per ora non giudico ancora di manifestare.
Insomma, adoriamo Iddio in ogni cosa, nelle consolazioni e nelle afflizioni e stiamo sicuri che è un buon padre e che non permette afflizioni oltre le nostre forze ed è onnipotente e perciò può sollevarci quando vuole.
Intanto ho sempre raccomandato lei e la sua famiglia al Signore nella santa messa e continuerò a far lo stesso sia in particolare sia nelle comuni preghiere che si fanno all'altare di Maria.
6 E(m) III, pp. 211-212; lettera alla marchesa Carmes Maria Gondi.
Dio benedica Lei e le sue fatiche; preghi per me che con gratitudine mi professo di vostra signoria illustrissima
Obbl.mo servitore Sac. G. Bosco
7
Torino, 13 luglio 1870
Carissimo nel Signore,
Dio sia in ogni cosa benedetto. Non diasi pena perché non può fare molte cose. Davanti a Dio fa molto chi nel poco fa la sua santa volontà. Prenda adunque dalla santa mano del Signore gli incomodi cui va soggetto, faccia quel poco che può e stia per ogni lato tranquillo.
In questi tempi si fa gravemente sentire il bisogno di propagandare la buona stampa. È un campo vasto, ciascuno facendo quello che può si potrà ottenere molto.
Non mancherò di pregare per lei e per tutti i suoi compagni. Me li riverisca tanto nel Signore. Preghi anch'ella per me che con verace affezione mi professo Aff.mo amico Sac. Gio. Bosco
8
Roma, 8 maggio 1876
Car.mo D. Perino,
Godo assai della tua promozione a parroco di Piedicavallo.
Avrai più vasto campo di guadagnar anime a Dio. Il fondamento della tua buona riuscita parrocchiale è di aver cura dei fanciulli, assistere gli ammalati, voler bene ai vecchi.
Per te: confessione frequente, ogni giorno un po' di meditazione, una volta al mese l'esercizio della buona morte.
Per D. Bosco: diffondere le Letture Cattoliche e venire a pranzo all'Oratorio ogni volta che verrai a Torino. Il resto a voce.
Dio benedica te, le tue fatiche, la tua futura parrocchia e prega per me, che ti sarò sempre in Gesù Cristo
Aff.mo amico Sac. Gio. Bosco
7 E(m) III, pp. 227-228; lettera al commendator Luigi Corsanego Merli.
8 E(m) V, p. 142; lettera a don Luigi Perino.
9
Roma, 12 [gennaio] 1878
Mio caro Don ....
Dio ti permette una grande prova, ma ne avrai grande guadagno. La preghiera supererà tutto. Lavoro, temperanza specialmente alla sera, non fare riposo lungo il giorno, non mai oltrepassare le sette ore in letto, sono cose utilissime.
Pricipiis obsta; perciò appena ti accorgi d'essere tentato mettiti a lavorare, se di giorno; a pregare, se di notte; non sospendere la preghiera, se non vinto dal sonno. Metti in pratica questi suggerimenti; io ti raccomanderò nella santa messa, Dio farà il resto. Coraggio, caro Don ...; chiudi il cuore, spera nel Signore e va' avanti senza inquietarti.
Prega per me che ti sarò sempre in Gesù Cristo
Aff.mo amico Sac. Gio. Bosco
10
Roma, 7 febbraio 1878
Carissimo e reverendissimo monsignore,
A suo tempo ho ricevuto da Torino e poi dalla cara sua lettera come il gran pontefice Pio IX portò il paterno suo pensiero sopra di lei e lo proclamava vescovo di Susa. Io sono stato non poco meravigliato, perché conosco quanto ella senta basso di se stesso e come dovrà prendere un atteggiamento nuovo verbo et opere." Ma ho tosto benedetto il Signore, perché ne era e ne sono convinto che la Chiesa acquistava un vescovo secondo il cuore di Dio e che ella avrebbe fatto molto bene alla diocesi di Susa.
Io ne godo assai e con tutto l'affetto del cuore, le offro tutte le case della nostra Congregazione per qualunque servizio possano prestare alla rispettabile di lei persona o alla diocesi che la divina Provvidenza le ha affidato.
Io non pretendo farla da maestro, ma credo che ella avrà presto nelle mani il cuore di tutti:
1° Se prenderà cura speciale degli ammalati, dei vecchi e dei poveri fanciulli.
9 E(c) III, pp. 271-272.
10 E(c) III, pp. 293-294. Mons. Edoardo Giuseppe Rosaz (1830-1903), fondatore delle suore Missionarie Francescane (1874) per l'educazione delle ragazze povere ed orfane, era stato nominato vescovo di Susa nel concistoro del 31 dicembre 1877.
11 Nel modo di parlare e di agire.
2° Andare molto adagio nel fare mutazioni nel personale già stabilito dal suo antecessore.
3° Fare quello che può per guadagnarsi la stima e l'affetto di alcuni che tenevano o tengono posti elevati in diocesi; i quali giudicano di essere stati trascurati e vostra signoria preferita.
4° Nel prendere misure severe contro a chicchessia del clero, vada cauto e per quanto potrà ascolti l'imputato. Del resto spero che in marzo potremo parlarci personalmente.
Oggi circa alle tre e mezza si estingueva il sommo e incomparabile astro della Chiesa, Pio IX. I giornali le daranno i particolari. Roma è tutta in costernazione e credo lo stesso in tutto il mondo. Entro brevissimo tempo sarà certamente sugli altari.
Credo che vostra signoria mi permetterà di sempre scrivere colla confidenza del passato; e pregando Dio che la illumini e conservi in buona sanità, mi raccomando alla carità delle sante sue preghiere e mi professo colla massima venerazione
Di vostra signoria reverendissima e carissima
Aff.mo amico Sac. Gio. Bosco
12
Torino, 26 settembre 1878
Stimatissima in Gesù Cristo,
Riguardo alla vostra coscienza ritenete:
1° Non mai cercare di rifare le confessioni passate.
2° I pensieri, i desideri ed ogni cosa interna non sia mai materia di confessione.
3° Confessate soltanto le opere, i discorsi che il confessore giudicherà colpevoli e non altro.
4° Ubbidienza cieca al confessore.
State tranquilla di coscienza e pregate per me che vi sarò sempre in Gesù Cristo
Umile Servitore
Sac. Gio. Bosco
12 E(c) III, pp. 388-389; lettera A Giuseppina Armelonghi.
13
Torino, 25 ottobre 1878
Carissimo nel Signore,
Ho ricevuto la sua buona lettera e i franchi 18 entro la medesima. La ringrazio: Dio la rimeriti. È manna che cade in sollievo delle nostre strettezze. Ella poi stia tranquilla. Non parli d'esentarsi dalla parrocchia.
C'è da lavorare? Morrò nel campo di lavoro, sicut bonus miles Christi." Sono buono a poco? Omnia possum in eo qui me confortat."
Ci sono spine? Con le spine cangiate in fiori gli angeli tesseranno per lei una corona in cielo.
I tempi sono difficili? Furono sempre così, ma Dio non mancò mai del suo aiuto. Christus Neri et hodie. l'
Domanda un consiglio? Eccolo: prenda cura speciale dei fanciulli, dei vecchi e degli ammalati e diverrà padrone del cuore di tutti. Del resto quando venga a farmi una visita, ci parleremo più a lungo.
Sac. Gio. Bosco
17
Torino, 11 novembre 1878 Rispettabile signora,
È certamente una cattiva posizione quella di suo figlio. Età, scienza, sostanze sono lacci terribili di cui il demonio si serve per condurre tanti incauti giovanetti alla rovina spirituale e corporale. Una madre cristiana in questi casi deve:
1° Prenderlo alle buone, accompagnarlo ovunque, se egli lo soffre. Ragionarlo, consigliarlo ai santi sacramenti, alle prediche, alle buone letture. Se non si arrende, abbia pazienza, ma continui.
2° Se vuole può dire con certezza che se non si regola meglio, la sua vita sarà di molto abbreviata e forse...
3° Si adoperi per associarlo con parenti o con altre persone oneste e di allontanarlo dai cattivi compagni.
4° Preghiera a Dio e a santa Monica.
Nella mia pochezza farò anche speciali preghiere a Maria Ausiliatrice.
13 E(c) III, p. 399.
14 Come un buon soldato di Cristo (2 Tm 2, 3).
15 Tutto posso in colui che mi dà la forza (Fil 4, 13).
16 Cristo è lo stesso ieri e oggi (Eb 13, 8).
17 E(c) III, pp. 411-412.
Io poi ho molto bisogno della sua carità spirituale e corporale. Ho una messe copiosissima tra mano; si potrebbero guadagnare molte anime, ma mi mancano i mezzi materiali.
Dio benedica lei, la sua famiglia tutta e preghi anche per me che le sarò sempre in Gesù Cristo
Umile servitore Sac. Gio. Bosco