vi scrivo nella solennità del Natale del Signore, in cui celebriamo con tutta la Chiesa la grande gioia che ci è stata annunciata: «oggi vi è nato nella città di Davide un Salvatore, che è il Cristo Signore. Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, che giace in una mangiatoia» (Lc 2,11-12). Mentre vi porgo i migliori auguri di una profonda esperienza di Dio nel bimbo di Maria, vi invito a mettervi in cammino e, come i pastori o come i magi, andare a Betlemme a vedere «questo avvenimento che il Signore ci ha fatto conoscere» (Lc 2,15).
Questa è la forma migliore di vivere questo speciale tempo di grazia che è l’Anno della Fede, perché – come dice Benedetto XVI – all’inizio di essa c’è “l’incontro con un avvenimento, con una Persona che dà alla vita un nuovo orizzonte e con ciò la direzione decisiva”.[1] “Anche ai nostri giorni la fede è un dono da riscoprire, da coltivare e da testimoniare, perché il Signore conceda a ciascuno di noi di vivere la bellezza e la gioia dell’essere cristiani”.[2]
[1] Benedetto XVI, Lett. Enc. Deus caritas est, 25 dicembre 2005, n. 1.
[2] Benedetto XVI, Omelia nella Festa del Battesimo del Signore, 10 gennaio 2010.
Devo dire che la riflessione sulla nuova evangelizzazione ha già una storia. Anche se l’espressione come tale è stata coniata da Giovanni Paolo II, ne possiamo trovare riferimenti e fondamenta nei messaggi di Pio XII, nel discorso di Giovanni XXIII all’apertura del Concilio Vaticano II, nei principali documenti conciliari e nella dottrina di Paolo VI sull’evangelizzazione, e più recentemente negli interventi di Giovanni Paolo I e Benedetto XVI.
Evidentemente ciò non esclude la risposta umana: al contrario, la rende possibile ed anzi la "esige", come ha sottolineato molto bene Papa Benedetto XVI: «L'Onnipotente attende il 'sì' delle sue creature come un giovane sposo quello della sua sposa (...) Sulla Croce è Dio stesso che mendica l'amore della sua creatura: Egli ha sete dell'amore di ognuno di noi».12 Questo lo possiamo applicare, in primissimo luogo, a Maria. A questo riguardo è interessante l'osservazione di un teologo specialista, Alois Muller: «Dal punto di vista storico, non si parlò dapprima, a dire il vero, della concezione immacolata di Maria, ma dell'assenza di peccato nella sua vita»13 : questo significa che da sempre la Chiesa ha visto nella "piena di grazia", non solo il dono gratuito di Dio, ma anche la risposta di amore, piena e totale, di Maria.
12 Benedetto XVI, "Volgeranno lo sguardo a Colui che hanno trafitto". Messaggio per la Quaresima 2007.
Scrive Benedetto XVI nella sua Enciclica sulla speranza, dirigendosi a Maria:
«Quando poi cominciò l'attività pubblica di Gesù, dovesti farti da parte, affinché potesse crescere la nuova famiglia, per la cui costituzione Egli era venuto e che avrebbe dovuto svilupparsi con l'apporto di coloro che avrebbero ascoltato e osservato la sua parola (cf. Lc 11,27s) (...) Così hai visto il crescente potere dell'ostilità e del rifiuto che progressivamente andava affermandosi intorno a Gesù fino all'ora della croce, in cui dovesti vedere il Salvatore del mondo, l'erede di Davide, il Figlio di Dio morire come un fallito, esposto allo scherno, tra i delinquenti (...) La spada del dolore trafisse il tuo cuore. Era morta la speranza? (...) In questa fede, che anche nel buio del Sabato Santo era certezza della speranza, sei andata incontro al mattino di Pasqua (...) Così tu rimani in mezzo ai discepoli come la loro Madre, come Madre della speranza. Santa Maria, Madre di Dio, Madre nostra, insegnaci a credere, sperare ed amare con Te».25
25 Benedetto XVI, Lettera Enciclica Spe Salvi, Roma, 30 novembre 2007, n.50
Osservando la situazione attuale della Chiesa, e in essa della nostra Congregazione, non possiamo ignorare che la chiamata alla “radicalità evangelica” costituisce una necessità urgente e un tema di grande attualità, a partire dalla pratica dei consigli evangelici. Per esempio, a riguardo alla castità consacrata, sono sorti negli ultimi anni, suscitando grande scandalo, i problemi della pedofilia e degli abusi sessuali;[20] essi, come lo stesso Benedetto XVI ha scritto, «hanno oscurato la luce del vangelo a un punto tale cui non erano giunti neppure secoli di persecuzione»,[21] anche se conviene ricordare che il problema non è di oggi.
Non è però soltanto l’aspetto della castità consacrata ad essere problematico; molto spesso, infatti, le difficoltà in questo campo sono conseguenza ed espressione di altre situazioni negative relative ai consigli evangelici della povertà e dell’obbedienza. In particolare, la pratica della povertà, che è uno dei punti centrali del CG26 (cf. nn. 79-97), è diventata più impellente, in seguito al crollo finanziario ed economico avvenuto a livello mondiale. In quanto religiosi non possiamo ridurre la povertà a una più vigilata correttezza nella gestione delle risorse, peraltro doverosa; la povertà infatti investe il modo di intendere e di vivere un valore evangelico fondamentale per la nostra consacrazione. Lo stesso Santo Padre Benedetto XVI, a questo riguardo, ha espressioni molto forti ed illuminanti, sulla radice morale dell’attuale crisi economica.
In una delle mie prime lettere, «Sei Tu il mio Dio, fuori di Te non ho altro bene»,[22] ho voluto fare un’analisi approfondita dell’attuale situazione, provocata da un “modello liberale” di vita consacrata, che intacca particolarmente l’obbedienza. Sono convinto infatti che uno dei punti là indicati può essere riconosciuto come una delle radici della problematica attuale; si tratta dell’individualismo, che talvolta si nasconde dietro il diritto alla “privacy”, realtà questa che spesso, parafrasando il testo biblico, “copre una moltitudine di peccati”. Tutto ciò è legato indissolubilmente alle difficoltà nell’obbedienza; riconoscevo infatti tale legame anche nella citata lettera: «Si è introdotta così una grande dose di individualismo, che rende l’obbedienza quasi impossibile».[23]
[21] BENEDETTO XVI, Lettera apostolica ai cattolici di Irlanda, Roma 19 marzo 2010, n. 4.
Ricercatori di Dio (Cost 85-95)
Parlando ai partecipanti all’Assemblea della USG (Unione dei Superiori Generali) e della UISG (Unione Internazionale delle Superiore Generali), nella Sala Clementina del Vaticano, il 26 novembre 2010, il Papa Benedetto XVI ci diceva: «Le vostre due ultime Assemblee sono state dedicate a considerare il futuro della vita consacrata in Europa. Questo ha significato ripensare il senso stesso della vostra vocazione, che comporta, prima di tutto, il cercare Dio, quaerere Deum: siete per vocazione cercatori di Dio. A questa ricerca consacrate le migliori energie della vostra vita. Passate dalle cose secondarie a quelle essenziali, a ciò che è veramente importante; cercate il definitivo, cercate Dio, mantenete lo sguardo rivolto a Lui. Come i primi monaci, coltivate un orientamento escatologico: dietro il provvisorio cercate ciò che rimane, ciò che non passa (cf. Discorso nel Collège des Bernardins, Parigi, 12 dicembre 2008). Cercate Dio nei confratelli che vi ha dato, con i quali condividete la stessa vita e missione. Lo cercate negli uomini e nelle donne del nostro tempo, ai quali siete inviati per offrire loro, con la vita e la parola, il dono del Vangelo. Lo cercate particolarmente nei poveri, primi destinatari della Buona Notizia (cf. Lc 4,18). Lo cercate nella Chiesa, dove il Signore si fa presente, soprattutto nell’Eucaristia e negli altri Sacramenti, e nella sua Parola, che è via maestra per la ricerca di Dio, ci introduce nel colloquio con Lui e ci rivela il suo vero volto. Siate sempre appassionati cercatori e testimoni di Dio!».
Il termine “continente digitale” è una felice intuizione di Papa Benedetto XVI, espressa nel suo Messaggio per la Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali del 2009, in un contesto che chiamava i giovani ad evangelizzare i loro compagni.
La Chiesa ha senso solo come segno e strumento per comunicare questo amore “missionario” del Dio Trino; infatti, “tutte le attività della Chiesa sono pervase dell’amore” divino, che è “la fonte della missione della Chiesa”.[2] Ed è a questa missione che, per vocazione, noi siamo associati, essendo “nella Chiesa segni e portatori dell’amore di Dio ai giovani, specialmente i più poveri” (Cost 2).
[2] Cf. Benedetto XVI, Discorso ai partecipanti alla X Assemblea Plenaria del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso, Roma, 7 giugno 2008.
Attraverso le nostre presenze apostoliche, e prima di tutto all’interno delle nostre comunità religiose, sempre più pluriculturali, siamo chiamati a vivere e testimoniare una comunione nella quale “l'attenzione reciproca aiuta a superare la solitudine, la comunicazione spinge tutti a sentirsi corresponsabili, il perdono rimargina le ferite …. In comunità di questo tipo, la natura del carisma mobilita le energie, sostiene la fedeltà ed orienta il lavoro apostolico di tutti verso l'unica missione. Per presentare all'umanità di oggi il suo vero volto, la Chiesa ha urgente bisogno di simili comunità fraterne, le quali con la loro stessa esistenza costituiscono un contributo alla nuova evangelizzazione, poiché mostrano in modo concreto i frutti del «comandamento nuovo»”.[7]
[7] VC 45. Cf. Benedetto XVI, Omelia nella Solemnità del Corpus Domini (23 giugno 2011).
Vivendo da fratelli tra noi e da operatori di pace e solidarietà con tutti, promoviamo l’unità della famiglia umana e la trasformazione del mondo secondo il cuore di Dio; “dalla fede vissuta con coraggio scaturisce, anche oggi come in passato, [quella] feconda cultura fatta di amore alla vita”[8] , che contraddistingue il carisma salesiano.
[8] Benedetto XVI, Discorso all’Assemblea del II Convegno di Aquileia (7 maggio 2011), Il Regno. Documenti 56 (2011) pp. 322-323.
La Chiesa si è impegnata da tempo a “costruire ponti di amicizia con i seguaci di tutte le religioni, al fine di ricercare il bene autentico di ogni persona e della società nel suo insieme”.[10]
[10] Benedetto XVI, Discorso ai Rappresentanti delle Chiese e comunità ecclesiali e di altre Religioni non cristiane, Roma, 25 aprile 2005..
Per noi il dialogo, più che un ‘metodo’ per svolgere la missione salesiana, è il ‘modo’ stesso per realizzarla. E se c’è un “dialogo dell’azione” che ci sprona a cercare forme concrete di leale collaborazione, “mentre applichiamo le nostre intuizioni religiose [e carismatiche] al compito di promuovere lo sviluppo umano integrale, lavorando per la pace, la giustizia e la salvaguardia del creato”, dovremmo soprattutto centrarci, come educatori, sul “dialogo della vita” che implica semplicemente di “vivere fianco a fianco ed imparare l’uno dall’altro, in maniera di crescere nella reciproca comprensione e nel reciproco rispetto”.[15]
[15] Benedetto XVI, Discorso ai Rappresentanti istituzionali e laici di altre religioni, Londra, 17 settembre 2010.
Il centro è ancora Dio, naturalmente, e Cristo è la guida, ma “… l’annuncio di Cristo nel mondo delle nuove tecnologie suppone una loro approfondita conoscenza per un conseguente adeguato utilizzo”.[25]
[25] Benedetto XVI, Messaggio per la LXIII Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali (24.01.2009).
L’opzione di “attaccarsi alla massa del popolo coll’educazione della povera gioventù”[43] non fu solo un indovinato, perché efficace, metodo di evangelizzazione[44] ma fu ed è la scelta strategica che definisce la dimensione missionaria del carisma salesiano[45] : “senza educazione, in effetti, non c’è evangelizzazione duratura e profonda, non c’è crescita e maturazione, non si dà cambio di mentalità e di cultura”.[46]
[46] Lettera di Sua Santità Benedetto XVI a Don Pascual Chávez, Rettor Maggiore S.D.B. in occasione del Capitolo Generale XXVI, in “Da mihi animas, cetera tolle”. Documenti Capitolari. CG26, Editrice S.D.B., Roma 2008, p. 91.
Maturare il riconoscimento di Gesù, come il Signore Risorto e come senso supremo della propria esistenza. Le motivazioni vocazionali devono fondarsi nella riconoscenza all'iniziativa di Dio che ci ha amati per primo. Come spiegava il Papa Benedetto XVI ai giovani di Roma e del Lazio: « Il Signore è sempre presente e guarda ognuno di noi con amore. Solo che noi dobbiamo trovare questo sguardo e incontrarci con lui. Come fare? Direi che il primo punto per incontrarci con Gesù, per fare esperienza del suo amore è conoscerlo... Per conoscere una persona, anzitutto la grande persona di Gesù, Dio e uomo, ci vuole la ragione, ma nello stesso tempo anche il cuore. Solo con l'apertura del cuore a lui, solo con la conoscenza dell'insieme di quanto ha detto e di quanto ha fatto, con il nostro amore, con il nostro andare verso di lui, possiamo man mano conoscerlo sempre di più e così anche fare l'esperienza di essere amati... In un vero colloquio, possiamo trovare sempre di più questa strada della conoscenza, che diventa amore. Naturalmente non solo pensare, non solo pregare, ma anche fare è una parte del cammino verso Gesù: fare le cose buone, impegnarsi per il prossimo ».21
21 BENEDETTO XVI, Incontro con i giovani di Roma e del Lazio in preparazione alla Giornata Mondiale della Gioventù, 25 marzo 2010.
Mi sento in piena sintonia con il Papa Benedetto, e gli sono tanto grato,24 per aver affermato che, anche se in mezzo a questa bufera stiamo vivendo sotto gli attacchi del mondo che ci parlano dei nostri peccati, le vicende della pedofilia e delle sofferenze ad essa connesse “vengono proprio dall’interno della Chiesa, dal peccato che esiste nella Chiesa”25 stessa. “Non sono mai mancate per i cristiani le prove, che in alcuni periodi e luoghi hanno assunto il carattere di vere e proprie persecuzioni. Queste, però, malgrado le sofferenze che provocano, non costituiscono il pericolo più grave per la Chiesa. Il danno maggiore, infatti, essa lo subisce da ciò che inquina la fede e la vita cristiana dei suoi membri e delle sue comunità, intaccando l’integrità del Corpo mistico, indebolendo la sua capacità di testimonianza, appannando la bellezza del suo volto”.26
Infatti, “la più grande persecuzione della Chiesa non viene dai nemici fuori, ma nasce dal peccato nella Chiesa; […] la Chiesa quindi ha profondo bisogno di reimparare la penitenza, di accettare la purificazione, di imparare da una parte il perdono, ma anche la necessità della giustizia. Il perdono non sostituisce la giustizia”.27 “Il vero nemico da temere e da combattere”, dunque, “è il peccato, il male spirituale, che a volte, purtroppo, contagia anche i membri della Chiesa […] Noi cristiani non abbiamo paura del mondo, anche se dobbiamo guardarci dalle sue seduzioni. Dobbiamo invece temere il peccato e per questo essere fortemente radicati in Dio, solidali nel bene, nell’amore, nel servizio […] Proseguiamo insieme con fiducia questo cammino, e le prove, che il Signore permette, ci spingano a maggiore radicalità e coerenza”.28
24 Cf. P. CHÁVEZ, Lettera Del Rettor Maggiore e dei Salesiani Vescovi al Santo Padre Benedetto XVI, Torino, 23 maggio 2010. A tale lettera il Santo Padre ha risposto con una lettera al Rettor Maggiore in data 14 giugno 2010, nella quale così si esprime: «Tale premuroso pensiero di solidarietà, manifestato in un frangente delicato anche per tutta la Chiesa, ha suscitato nel mio animo profonda riconoscenza, anche perché è segno di quella intensa comunione e di quell’ardente affetto che i figli spirituali di San Giovanni Bosco da sempre nutrono nei confronti del Successore di Pietro. Desidero, pertanto, ricambiare il cortese attestato, che ho molto apprezzato, con l’assicurazione del mio costante ricordo nella preghiera, con la quale volentieri accompagno i lodevoli propositi di rinnovamento spirituale e di sempre più convinta adesione al Vangelo manifestati, a nome dell’intero Istituto, da Lei e da quanti hanno preso parte al significativo incontro».
25 BENEDETTO XVI, Ai giornalisti nel volo da Roma a Lisbona, 11 maggio 2010.
26 BENEDETTO XVI, Omelia alla Messa per i santi Pietro e Paolo, 29 giugno 2010, in L’Osservatore Romano (30 giugno-1 luglio 2010) p. 8.
27 BENEDETTO XVI, Ai giornalisti nel volo da Roma a Lisbona, 11 maggio 2010.
28 BENEDETTO XVI, Regina Coeli, 16 maggio 2010.