Don Bosco

Papa Paolo VI

Don Bosco nell'augusta parola dei Papi

A cura dell'Ufficio Stampa Salesiano
della Direzione Generale Opere Don Bosco Torino

PAOLO VI

Giovanni Battista Montini nacque a Concesio (Brescia) il 26 settembre 1897. Fu nominato « Sostituto» nella Segreteria di Stato in Vaticano il 1937. Nel 1954 Pio XII lo inviò Arcivescovo di Milano. Giovanni XXIII lo creò Cardinale di S. R. Chiesa nel suo primo Concistoro del 15 dicembre 1958. Fu eletto Papa il 21 giugno 1963.

A Roma Mons. Montini, durante la seconda guerra mondiale, fu il grande amico e benefattore dei « Ragazzi di Don Bosco » (gli sciuscià) del Prenestino.

Eletto Arcivescovo di Milano volle celebrare con solennità la prima festa di San Domenico Savio, e ne richiese l´urna, con la sacre spoglie, ai Superiori di Torino. A San Domenico Savio dedicò la nuova parrocchia affidata ai Salesiani. Ad essi affidò pure il Riformatorio per minorenni di Arese, divenuto così il « Centro di rieducazione Domenico Savio ».

Paolo VI ha eletto tre Vescovi salesiani e un Prefetto Apostolico (1965).

INDICE

Domenico Savio, simbolo ammonitore dell´arte educativa (24 aprile 1955) » 167
Scuola di Santi (30 gennaio 1957) » 169
Alle Opere sociali « Don Bosco » (29 marzo 1958) pag. 171
Come Don Bosco ha operato nella Chiesa (21 febbraio 1960) » 173
Oggi è giorno di speranza! (21 aprile 1960) » 175
Don Bosco seppe « tirar fuori » dal ragazzo l´uomo completo (31 gennaio 1961) » 180
Don Bosco e la formula salesiana (31 gennaio 1962) » 185
Symposium di apertura dell´Istituto psico-clinico in Arese (29 maggio 1962) » 190
Giovani, amate la Chiesa! (31 gennaio 1963) » 194
La Società Salesiana una grande cosa nella vita cattolica mondiale (21 maggio 1965) » 199
I Ragazzi di Don Bosco (2 giugno 1965) • » 204
La benedizione del Santo Padre per il 150° anniversario della nascita di San Giovanni Bosco (30 giugno 1965) » 205

DOMENICO SAVIO, SIMBOLO AMMONITORE DELL´ARTE EDUCATIVA

Dal 19 al 24 aprile 1955 le reliquie di San Domenico Savio furono trasferite a Milano per desiderio dell´Arcivescovo S. E. Mons. G. B. Montini.

Domenico Savio, il piccolo Santo dell´Oratorio di Don Bosco, è in questi giorni a Milano. Lo è nelle umili sue reliquie mortali. I Salesiani hanno ceduto alla nostra preghiera e hanno concesso che l´urna benedetta, che contiene le spoglie di questo Fiore, cresciuto fra le mani del loro grande fondatore San Giovanni Bosco, fosse per brevi giorni trasportato nella nostra città per ricevere omaggio amoroso della fanciullezza milanese e per rendere sfolgorante con la sua presenza, col suo esempio, con la sua protezione, l´idea tradizionale e modernissima dell´oratorio destinato all´educazione cristiana della nostra gioventù.

Ringraziamo i Salesiani di questa privilegiata concessione. Veneriamo e celebriamo l´angelico giovanetto che la Chiesa ha posto sui nostri altari, dolce e magnifico esempio di santità giovanile. Ripensiamo all´antica e fiorente istituzione dell´oratorio parrocchiale con piena coscienza di ciò che essa sia, di ciò che deve essere.

Ci obbliga a questa riflessione l´amore per la nostra gioventù. Ci spinge a questo atto di consapevolezza l´evoluzione pedagogica a cui essa oggi è legata. Ci obbliga a questa rivoluzione dello strumento educativo, posto nelle nostre mani pastorali, la minaccia incalzante contro la formazione cattolica, contro la fede religiosa, contro l´integrità morale, contro la rettitudine civica, a cui è esposta la fanciullezza. E dobbiamo senz´altro riaffermare, auspice il giovanetto santo, che l´oratorio è ancor oggi indispensabile mezzo per l´educazione cristiana dei ragazzi nell´ambito della vita parrocchiale.

Invitare il fanciullo all´istruzione religiosa con l´allettamento di una piacevole e onesta ricreazione, aiutarlo nell´adempimento del suo dovere scolastico, assisterlo nelle sue necessità materiali; tale è l´oggetto di questa istituzione che raccoglie i fanciulli di una o più parrocchie, senza distinzioni di condizioni sociali... Tale è l´ampio e caro
ovile, dove il sacerdote sente sè Pastore e Maestro e Amico, — c me San Filippo Neri — «coni fanciulli, fanciullo sapientemente»; ove l´Azione Cattolica Italiana recluta le sue schiere d´elezione e ove esercita il suo pieno, provvido apostolato.

Domenico Savio è fra noi, non solo con le venerande reli uie consumate dalla morte precoce: è fra noi vivo col suo spirito: è fra noi quasi simbolo ammonitore dell´arte educativa della Chiesa.

La nostra devozione sia amore: amore alla gioventù, amore a sua cura e alla sua difesa, amore all´oratorio delle nostre parroco ´e, giardino di innocenza, di santità, di letizia, di giovinezza cristi a ».

SCUOLA DI SANTI

Un giorno S. S. Paolo VI ebbe occasione di assistere a una rappresentazione teatrale nell´Istituto salesiano di Milano. Ne trasse lo spunto per una stupenda esortazione. Pose le due generazioni, la giovane e l´anziana, una di fronte all´altra. E sottolineò i valori che esse possono dirsi, reciprocamente. Indicò la sintesi di un apparente contrasto in una santità lieta.

(30 gennaio 1957)
Io penso che nel sistema educativo salesiano (chiamo voi, giovani, a testimoni; e chiamo voi, educatori, a fare altrettanto) ci sia una stupenda comunicazione tra l´educatore e il ragazzo, il giovane e il suo maestro; che invece di essere l´una contro l´altra, le due generazioni siano mirabilmente intrecciate in quell´armonia che di onda in onda crea la storia: la storia viva dell´umanità...

Ebbene, giovani, continuate il dialogo. Sentirete che la conversazione vi parlerà di grandi cose che guariscono la gioventù dalle stanchezze, dalle delusioni, dalle incapacità, dalle impulsività di tante manifestazioni giovanili del dopoguerra.

Vi parlerà di religione. Sentirete che la religione è una forza, una giovinezza, un arricchimento, qualcosa che fermenta nell´anima.

Vi parlerà il dialogo salesiano di cose grandi e severe: la grande lezione pedagogica che vi darà sarà il dovere. Allora si accenderà in voi quello ch´è uno dei fenomeni più belli della vita giovanile: il saper credere, il saper volere, il saper idealizzare la vita, il saper darsi per qualche cosa, il saper diventare eroe e poeta e soldato e santo.

Il dialogo salesiano vi dirà ancora: giovane, conosci il bene della vita ? Te lo spiegherò io... Uno dei fenomeni più impressionanti del mondo moderno, e non solo della gioventù inesperta dei misteri della vita, ma provato sia dalla letteratura che dalla politica, dalla psicologia ecc. è un enorme pessimismo... Mi viene in mente la parola aperta, forte, soave, penetrante di Don Bosco, che dice: « No! la vita è bella, la vita è buona, puoi vivere senza sfiducia e senza timore: tu puoi essere ottimista, tu puoi essere lieto, puoi andare incontro alla vita con grande fiducia perchè avrai il tuo cuore nella Grazia di Dio.

1
La carità ti spianerà le strade dell´esistenza. Se anche tutto il moTdo fosse cattivo, e tu invece fossi buono, varrebbe la pena di viver la vita con grande fiducia e con grande energia... ».

... Non vogliamo solo dei santi in paradiso. Vogliamo dei s ti
T
in questa terra. E la scuola di Don Bosco crea appunto nella g-iov tù moderna una scuola di santi.

ALLE OPERE SOCIALI « DON BOSCO

S. E. Mons. Giov. Battista Montini inaugurava solennemente il nuovo Centro di Istruzione Tecnica e di Addestramento Professionale a Sesto San Giovanni.

(29 marzo 1958)
Dal discorso di S. E. stralciamo alcuni pensieri:
È guardando specialmente a voi, giovani, che noi abbiamo provato un sentimento vivo e sincero di riconoscenza per quelli che ci hanno preceduto e che hanno lavorato per voi, perchè vediamo nella loro opera una sorgente di bontà per il vostro cuore. E poi ci siamo estasiati ad ammirare questa bellissima opera, questo monumento della vostra città, questo strumento per un mondo da rifare. Guardando questa scuola, le aule, le officine, abbiamo spinto il nostro sguardo nel futuro, nella contemplazione, di una società sbocciata sopra queste fondamenta.

Il nostro Paese mette le radici e si fonda sul lavoro, e al lavoro si dà il più ampio impulso in omaggio al primo solenne articolo della Costituzione del Popolo Italiano. Ma i problemi del lavoro pongono oggi quelli della scuola, perchè bisogna insegnare al popolo il lavoro, bisogna sapere dare una specializzazione all´attività, vi è bisogno di periti e di maestri d´arte e di giovani che conoscano bene il loro mestiere. E questa una precisa indicazione del nostro tempo per l´immenso impiego di macchine nel lavoro. Orbene questa scuola risponde appieno a tutte queste esigenze. D´altra parte essa non rappresenta una novità, perchè qui si compie una tradizione che è ormai secolare nella Chiesa Cattolica e che ha proprio in Don Bosco il suo antesignano. Questa scuola infatti non entra nella storia della Famiglia Salesiana come una cosa insolita, ma non è che lo sviluppo normale e logico di un indirizzo che risale ai primissimi tempi di vita della Congregazione fondata da Don Bosco. La scuola professionale in Italia porta una originale impronta salesiana, e noi, vedendo questa bella realizzazione, attuata con tanto sacrificio, plaudiamo a Don Bosco mirabile precorritore dei bisogni del nostro tempo.

Ed eccone la conclusione :
... voi non potrete dire: « Nessuno mi ha amato ». Avete la vo- ra famiglia, la vostra parrocchia che vi accoglie; avete in questa sc *la la testimonianza che la Chiesa, che la società tutta, che la Patri. vi vuol bene; avete questi figli di Don Bosco che con fedeltà continu. o lo sforzo educativo del Santo della gioventù e si curano di vo e stanno al vostro fianco. Tra di voi Cristo non è morto, e nella vo- ra città, qui, fiorisce la carità di Cristo. Questa testimonianza do -te portarla nel cuore! Dovete portare nella vita ciò che qui impar. e! Qui dovete imparare a elevare il vostro lavoro a Dio con la fo za ardente della preghiera! ».

COME DON BOSCO HA OPERATO NELLA CHIESA

In occasione della celebrazione nell´Aula Magna dell´Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano del Primo Centenario di fondaPione delle Opere Salesiane. Al termine della cerimonia Sua Eminenza il Card. Montini prendeva la parola.

(21 febbraio 1960)
« ... come vescovo di questa diocesi io stesso sono fra i riconoscenti. Le Case che i Salesiani alimentano e reggono con tanto profitto e con tanto buon esempio nella nostra diocesi meritano ´ che io le citi alla gratitudine comune e che esprima pubblicamente i miei auguri perchè abbiano sempre a crescere e a compiere magistralmente ed efficacemente la loro missione. Pensate che abbiamo sei o sette Case magnifiche. Le conoscete del resto. Direi che passarle rapidamente in rivista sia pur segno di riconoscenza e di augurio. Sant´Agostino, che è tutto un alveare di opere, di gioventù, di scuole, di oratorio, di chiesa, di parrocchia. E Arese; ad Arese, io ho avuto l´occasione se non il merito di chiamare proprio i Salesiani a questo terribile centro di gioventù traviata, che è diventato invece un centro di gioventù tanto promettente. Abbiamo Treviglio ; abbiamo, e l´ho visitata la settimana scorsa, Sesto San Giovanni, forse la più bella scuola, almeno di quelle dipendenti dell´Autorità ecclesiastica, della nostra diocesi, la più moderna e la più promettente. Lasciate che davvero io mi compiaccia di questa fioritura e che auguri che possa diventare sempre più efficace e più benefica per la nostra gioventù ».

Sua Eminenza ricordava poi quanto Don Bosco abbia operato per la Chiesa.

«Mi pare che Don Bosco abbia dato alla Chiesa e al mondo una duplice grande testimonianza; la prima, questa; che la Chiesa, che sembrava avesse esaurito davvero la sua capacità istruttiva — pensate all´illuminismo, pensate davvero a tutta la filosofia, a tutte le correnti di pensiero del secolo scorso e ancora del nostro — la Chiesa mediante questo miracolo della Società Salesiana, diventa ancora maestra di folle, immense folle di gioventù. E dice loro parole belle, alte, serene, positive. È una scuola davvero confortevole. Non è una scuola arti
ficiale. Si direbbe sia una scuola cavata nello stesso tempo dall´e)erienza più palpitante della vita moderna come dalla più tradizio fale
i
e fedele parola del magistero ecclesiastico. La Chiesa in questo fe o-meno si è dimostrata capace oggi di essere ancora Maestra delle nu ,ve generazioni.

E poi questo fenomeno si è rivolto risolutamente, prevalentem te verso le classi popolari, verso i figli del popolo, verso quelli che h. o più bisogno, verso quelli che di solito arrestavano la loro istruzi ,ne sì e no alle prime classi elementari. Bisogna cavar fuori un por *lo che sappia vivere, che sappia guadagnarsi il pane. È nata da quest´ . sia di educazione popolare la scuola che noi adesso in Italia celebri. o come la speranza del nostro domani, cioè la scuola professionale he connette alle materie teoriche quelle del lavoro manuale e del lavoro tecnico e professionale.

E anche qui la Chiesa ha avuto testimonianza dalla Società di Don Bosco di essere non soltanto Maestra ma Madre. E noi dobbi. o essere gratissimi alla Provvidenza che sotto i nostri occhi ci fa ve. -re come l´antico seme di Cristo nella sua Chiesa verdeggi ancora • er questi rami così potenti e così fiorenti, che ci fanno vedere nella C • • sa le capacità che il suo divin Fondatore vi ha infuso. Don Bosco è st o, direi, colui che ha tratto fuori queste energie sepolte dal cuore della Chiesa e la Società Salesiana le va sviluppando e diffondendo el mondo ».

OGGI È GIORNO DI SPERANZA!

Tra tutti i Centri Salesiani Milanesi quello di Arese fu certo il più caro al Card. Montini. Fu lui ad affidarlo ai Salesiani, e ne seguì attentamente gli sviluppi ben conoscendo le difficoltà di rieducare giovani socialmente disadattati.

In occasione della benedizione e posa della Prima Pietra del Laboratorio di Tipografia, Sua Eminenza rivolgeva ai giovani questo commovente invito alla gioiosa speranza.

(21 aprile 1960)
1. La speranza. - 2. Un compito difficile. - 3. La speranza nel cuore. - 4. La Madonna, speranza nostra.

Signori, cari Salesiani e voi carissimi figlioli: mentre sto ascoltando e osservando queste belle cose che ho davanti agli occhi, io sto cercando in fondo all´anima mia quale sia il sentimento dominante di questa scena e di tutte queste cose che sono davanti al nostro spirito e ai nostri occhi e, se devo dire quello che spontaneamente mi viene al cuore, il sentimento dominante è quello di una grande speranza.

1. Sapete che cos´è la speranza ? La speranza è il desiderio di qualche bene possibile.

Direte: cosa da nulla. Non è così!
Guardate che il sapere che il bene è possibile, dà all´anima una grande energia e una grande consolazione. In fondo quando ci sono delle cose che non vanno bene in questo mondo, se si va ad approfondire e ad esaminare nei protagonisti, quelli che sono responsabili di queste cose stesse, si vede che sentono la sfiducia, che c´è, vorrei dire una parola grossa, ma che alcune volte è vera: la disperazione.

Quante volte si sente dire dalla gente: « che vuoi farci ? non c´è niente da fare. Non si può. Abbiamo già provato. Eh! Io so io. Che viene a insegnarci lei! Abbiamo già provato tanto e qui non si può fare di più. La gente bisogna prenderla com´è, e a questo mondo bisogna rassegnarci così ». Parole che sembrano essere positive e convincenti, convalidate dall´esperienza; che sembrano essere vere
e che lascerebbero, se davvero fossero vere, una grande delusion e una grande amarezza nel cuore, cioè quella di dire: « non c´è me te da fare ». Quando sono venuto qui, e l´ha ricordato adesso il Salesiko che ha parlato, quattro anni fa, mi ricordo che eravamo un po´ , tti in queste disposizioni d´animo: che si può fare per Arese ? E sicc.´ e non era stato un Istituto senza cure, senza offerte, senza intere-,amenti, senza sforzi di tante che, pur devo dire, saranno certame te delle brave persone, e il vostro Istituto non era allora quello ch è adesso, sembravamo dire: « mah! si potrà far fare qualche cosa di più o non è invece un terreno ingrato, un terreno sterile quello ( he abbiamo davanti, che non può dare altri frutti ? ».

2. E fu lì che si fece il rischio di dire: « proviamo! ».

Io fui esortato e lo devo dire in pubblico, perchè non vorrei he fosse soltanto di quelli che si sono occupati del vostro Istituti il merito della sua rinascita; la prima parola fu di S. E. il Prefetto di Milano, Alberto Liuti, che adesso sta Prefetto a Roma, il q .le mi disse: « Non si può fare qualche cosa ? ». E dire questo a me - ra come mettere alla prova non solo la mia buona volontà, ma la i fede, la fede che rappresento come sacerdote e come vescovo. Possi t ile che il cristianesimo, la religione cristiana non sia capace di fare qual, he cosa di più di quello che è già stato fatto ? Dire così e dover acce e la sfida, dover affrontare la prova, fu la stessa cosa.

Fu allora che ci rivolgemmo ai Salesiani; i Salesiani stessi (bis(); na dirlo non perchè loro fossero stati timidi e timorosi davanti a n grande compito: il cuore di Don Bosco non trema mai davan ai grandi compiti che sono loro messi davanti per il bene della giove ´ , ma perchè da bravi educatori, da gente esperta del mondo giovi t´le
e del mondo moderno intuivano le difficoltà), dicevano: « Tremen3 a-mente difficile! Esige sforzi enormi: come possiamo fare ? ». E fu allora che il Superiore Maggiore della Società Salesiana, Don Ziggi col quale io ho tanti rapporti e al quale mi lega una grande devozi E ne
e una grandissima stima, fu allora che alle mie preghiere egli di .e: « Proviamo! ».

E si provò; e bastò questo, direi, come se fosse da scavare in i terreno dove sotto c´è dell´acqua. La polla di acqua incominciò sui.to ad essere sorgente e ad essere magnificamente promettente e lumi osamente limpida. Perchè ?
Innanzi tutto perchè li conosco questi vostri educatori Salesiani. Essi ci si misero con tutto il loro cuore. E io voglio dire anche a voi, carissimi Confratelli, Figli di Don Bosco, siate contenti di quello che avete compiuto e che vedete, perchè una volta di più vi è data la prova che osando si ottiene, che sacrificandosi non si perde il proprio sforzo, che misurando col cuore e non con altre misure il bene da fare, il bene si apprende e si realizza. Avete compiuto del bene sempre con la vostra arte della dedizione completa, dell´amore ai figlioli, della fiducia in Dio, della fedeltà alle vostre tradizioni, ed ecco il bene lo abbiamo davanti. È stato possibile.

E dietro a questo quant´altro mai! le Autorità, i Comitati e specialmente i Benefattori. Questa gentile e brava, instancabile Benefattrice che abbiamo adesso segnato con un titolo venuto dal grande Pontefice Romano che dice: « Sì, merita di essere citata davanti alla gratitudine e davanti al plauso dei buoni, perchè ha compiuto davvero opera benefica e veramente meritevole di essere chiamata cristiana ». È venuta anche questa cosa che non si aspettava, non era nei calcoli; eppure è venuta, ed ecco che il bene ha avuto una nuova espansione.

Io so che i vostri laboratori si sono rifatti; so che questo cortile ha cambiato volto; so che quest´oggi metteremo delle prime pietre; so che inaugureremo la palestra. Sembra che il vostro Istituto sia pieno di fecondità e di promesse. Sono proprio queste promesse, che traggo dal bene già compiuto, quelle che mi rendono lieto e che mi sono davanti, quasi a ricompensa degli sforzi compiuti e il presagio che altri risultati ed altre conquiste sono davanti a questa che diventa una magnifica istituzione.

3. Il mio pensiero va ancora più profondo e più intimamente: arriva a voi, carissimi giovani, arriva a voi, perchè questa speranza non è soltanto mia e di chi si occupa dell´Istituto, ma deve essere vostra. Io vorrei leggervi nei cuori; vorrei rendermi capace di fare quello che si fa nell´esame di coscienza e cioè di conoscere se stessi. Dite se sbaglio o se voi nei vostri anni e giorni precedenti non avete avuto momenti di collera, di disgusto, diciamo di disperazione ?
Fanciulli e giovani come siete, avete fatto questa triste esperienza del credere impossibile l´essere bravi, impossibile godere le gioie della vita, e vi siete così abbandonati a « quel che veniva, veniva ».

Adesso che siete qui, io vorrei dirvi: guardate che la speri= non la dovete cercare soltanto nelle mura che vi circondano, !elle officine e nelle scuole che sono aperte a voi, nei bei locali che vi • pitano, nell´andamento ordinato di questa casa, nella bontà educa, ´ce dei vostri maestri, nell´interesse di tanti Benefattori e di tante Auto
Sapete: la speranza la dovete cercare nel vostro cuore, anche de tro di voi. La speranza è questa: che voi siete bravi, che voi siete b mni, che voi siete... Voi avete cercato di divertirci un momento fa, ustrando con questa bella scenetta le vostre manchevolezze e ren gendole piacevoli. Ma appunto perchè avete fatto un po´ di fars., su questo, volevate dire il contrario. E il contrario è questo: che - ete bravi ragazzi e che potete fare del bene nella vita e che la vita no vi preclude i suoi sentieri, e che potete guardare lontano anche voi on grande sorriso e con grande desiderio.

I giovani hanno bisogno di andare avanti sul sentiero della ha con la fronte alta, col. cuore teso e con lo sguardo lontano. Qu -sto che vi era ieri quasi interdetto e quasi proibito, oggi vi è riconcc so non solo, ma siete quasi esortati a dire: siate lieti, siate contenti, aggi è giorno di speranza. Da questo Istituto potete guardare com. se
foste davanti ad un osservatorio sul cammino che vi resta. Il . ´no
sarà buono, il cammino sarà bello, se lo volete.

4. La speranza nel cuore io vorrei ridestare quest´oggi in rn:fzo a voi, che vuol dire poi la letizia, la bontà, il buon volere.

Se non bastano le parole, se non bastano i visi che vi circond., o, e se non basta neanche quella scintilla di buona volontà che erto vi scoppia nel cuore, guardate là, la Madonna, che abbiamo ad i.so messo qui in mezzo a voi. Sapete com´è la preghiera che noi Le rivolgiamo ? Spes nostra ! Un latino facile, che vuoi dire « sper. t a nostra ». Io ho letto là sotto che « senza una mamma nella vita on c´è scopo ». La mamma di solito resta dietro a noi, ci precede, ci ha dato la vita, invecchia, e noi passiamo e andiamo avanti per il no- ro sentiero.

Come può essere scopo una mamma ? Lo scopo sta davanti a oi, la mamma invece per natura delle cose sta dietro a noi: ci guida ci educa, ci chiama, ci dice: « avanti, figlioli » e poi ci si congeda ed è il giorno amaro in cui la mamma ti lascia. Ma la Mamma che a -te davanti, è una Mamma davvero che ci ha dato la grande vita cristi. e a,
è quella che ci fa abili al bene, contenti, ma anche una Mamma che ci aspetta. È la Mamma davanti, la Mamma che ci guida, la Mamma che ci chiama, la Madre che ci insegna il sentiero: è davvero la Madre della speranza.

Vorrei che tutte le volte che voi qui entrando, qui giocando, o qui passando La guardaste, sentiste rinascere in voi questo senso di fiducia nella vita, illuminato dallo sguardo dolce e materno di Maria SS.ma, che non si contenta di guardarvi e di lasciarvi lontano e soli, ma con la Sua materna grazia, vi guida, vi parla nel cuore, vi protegge e chiama sopra di voi i favori del cielo.

Sia per tutti questo un giorno di letizia, sia un giorno di gratitudine per il bene compiuto, sia un giorno di contentezza per le cose belle che guardiamo, ma sia anche per tutti e per voi, specialmente, un giorno di speranza perchè è la vita, diciamo veramente, la vita cristiana.

DON BOSCO SEPPE « TIRAR FUORI » DAL RAGAZZO L´UOMO COMPLETO

Omelia tenuta ai giovani dell´Istituto salesiano di Milano Ball´ .rcivescovo Mons. G. B. Montini.

(31 gennaio 1961)
1. Don Bosco sapeva capire i ragazzi. - 2_ Il segreto d´o:.• ragazzo: la bellezza dell´anima. - 3. La sua umiltà e fac" tà a pregare. - 4. L´ottimismo e la grazia. - 5. Un´arte che e. - siasmb Don Bosco: educare.

1. In ogni ragazzo vi è un segreto. Don Bosco considerava i raz . zi come voi considerate un enigma, un indovinello di quelli che bisot, a decifrare. In ogni ragazzo vedeva qualche cosa di profondo, di mis erioso, di difficile da interpretare e si era fatto un occhio straordin. o, diremmo un occhio clinico, un occhio capace di penetrare sub´ o.

Se ne intendeva! E cioè, capiva. Capiva i giovani, capiva i f. ciuffi, capiva i ragazzi.

Se io adesso volessi domandarvi: « Non è forse uno dei vo- ri dispiaceri maggiori quello che vi capita alcune volte quando non si te capiti ? Per esempio, vi capita un castigo, un rimprovero, una tir ta d´orecchi o che so io, e voi, nel vostro cuore, dite: "Non lo merita o; non ha capito, io facevo non per fare il cattivo, ma così..." ».

Cioè, tante volte, nei vostri dispiaceri, anche in casa, anche qu. o
i vostri genitori vi sgridano, voi dite: «Ma perchè, che male c ? Perchè sono così nervose le persone grandi ? ». Non siete abbast. a capiti. E se voi trovate uno che vi capisce (e di solito fra ragazzi d al a stessa età vi capite meglio) allora diventate amici, diventate ap si i con la gente che vi legge nel cuore e vi capisce.

E Don Bosco era uno bravissimo a capire i ragazzi e a vedi re non soltanto la loro faccia così come la può vedere qualcuno, ti a vedere coi raggi che penetrano dentro, vedere all´interno di un ragaz o, sapere leggere nell´anima; era uno dei doni più stupefacenti e • le e sollevavano maggiore meraviglia.

Tante volte nella sua vita, si legge di ragazzi a cui Don Bosco si rivolgeva dicendo: « Tu hai fatto questo. Di´ la verità! ». E il ragazzo restava incantato, stupito e chiedeva: « E come lo sa ? ». Don Bosco aveva l´occhio che vedeva nei ragazzi e si entusiasmava, aveva la passione di leggere nelle anime, come ci sono quelli che hanno la passione di leggere nei libri o di guardare le stelle o di fare i conti... E vedeva che in fondo all´animo del ragazzo c´è un segreto...

2. Che cosa vedeva ?
Vedeva uno specchio. Si, un riflesso. Se voi poteste capire questo, potreste anche capire il segreto di questo entusiasmo per la fanciullezza, per la gioventù, per i bambini, per tutta quest´opera educativa che adesso è tanto sviluppata, ma che ha il suo segreto proprio in questa visione profonda dell´animo del ragazzo. L´anima del ragazzo è come uno specchio. Che cosa riflette ? Eh... Questo è difficile ancora di più a dire. Ma noi lo sappiamo bene quando leggiamo nel Vangelo che ci dice quelle parole che sono l´esaltazione del bambino e del fanciullo, quando Gesù ha preso un fanciullo piccolo e l´ha messo in mezzo alla gente che lo stava ad ascoltare e ha detto a tutti: « Se voi non vi fate piccoli come questo fanciullo, non sarete cittadini del Cielo. E guai, guai a chi scandalizza, a chi profana uno di questi fanciulli, perchè gli angeli — oh, qui andiamo nella visione — perchè gli angeli che li assistono vedono sempre la faccia del Padre Mio ».

C´è una visione dentro l´anima dei fanciulli e dei ragazzi che il ragazzo stesso non conosce: è la faccia di Dio che si rispecchia in fondo al ragazzo...

Figlioli miei, quando vi raccomandiamo: siate puri, non macchiatevi di cattivi pensieri o di cattive azioni, noi vediamo in voi questa bellezza sovrana che non è paragonabile a nessuna bellezza esteriore perchè è una bellezza celeste caduta nella vostra anima.

Siete stupendi come angeli. Siete belli come un incantesimo di. Paradiso, siete più belli delle stelle che noi vediamo nelle notti d´estate sopra il nostro capo, perchè le stelle rappresentano si una bellezza di Dio .e cantano in silenzio la gloria del Signore, ma non sono vive, mentre voi siete vivi, voi siete divini di questa bellezza riflessa che è in voi.

3. Siete piccoli, siete deboli, siete inesperti, vi manca tutto, e in questa vostra bellezza vediamo riflessa una cosa che gli uomini dimen
ticano e che è indispensabile invece per definire l´uomo e per e(i etterlo in relazione con Dio; cioè l´umiltà. La vostra umiltà è . he questo riflesso di Dio. Somigliate tanto alla Madonna che è la j.iù umile di tutte le creature e avete anche il coraggio di dire ciò ch: gli uomini grandi non hanno più il coraggio di dire e cioè: io sono un essere piccolo, sono un essere che ha bisogno, sono un essere ch.. ha fame, sono un essere che sa piangere!
Sapete piangere ? Guardate che è una grande dote nostra, per hè il pianto è un grido. È un grido che si traduce, a saper bene le c se, nella manifestazione più grande dell´anima umana. Qual è la m.$ ´- festazione più grande dell´anima umana e che è tanto vicina la vostra piccola anima ? È il grido di preghiera.

Voi siete i più idonei a pregare. Quando oggi vi sentivo can I4 e con queste voci spiegate, mi venivano le lacrime agli occhi. Sa ete perchè ? Ma perchè davvero questa è voce che il Signore deve ascoltare. Perchè è voce sincera, è voce che non mente quando ce: « Signore, ho bisogno di Te, ho bisogno di essere salvato, ho bis(); o di essere educato, di essere sorretto, Signore dammi il pane quotidi. o. Ho bisogno! ». Mentre gli uomini, quando diventano adulti, facilm te diventano degli illusi e cioè dei superbi che dicono: «Io non ho bisogno di nessuno. Io faccio da me. Io sono sufficiente. Io seno bravo. Non voglio umiliarmi nè a pregare nè a chiedere ». Ed è pro rio questa superbia che li rende opachi, che li rende incapaci di riflet: -re Dio e di parlare con Lui. Voi invece ragazzi, quando siete veram.• te ragazzi, riconoscete la vostra piccolezza e le vostre necessità e d e:
« Signore, dammi il tuo aiuto, dammi il mio pane ». E io non ei
mai di parlarvi se dovessi vedere tutte le ragioni, tutti i titoli he sono stampati nelle vostre anime e che parlano di Dio.

4. E la vostra letizia, figlioli miei! Siete allegri ? Io vi domanda o: sapete piangere ? E adesso vi domando: sapete ridere ? Ma qui.to sorriso è una cosa stupenda, una cosa bellissima. Don Bosco vol va che i suoi ragazzi fossero sempre lieti, fossero sempre allegri; lo voleva San Filippo e lo voleva San Paolo. Lo avete sentito leggi -re adesso nell´Epistola! « Ma state contenti, state lieti ». Il ragazzo = à poco istruito, poco colto, ma ha almeno questo istinto della vita F he è l´ottimismo, il saper godere delle cose, il sapere essere lieto il bisogno di zufolare e di cantare, di ridere e di godersela, qui.ta
smania di felicità che è in voi. Forse sarà una felicità che è improvvisa, quindi felicità che va corretta e va educata. Ma questa vostra attitudine a celebrare la vita e i doni che circondano la vita, anche questa è grazia divina impressa nelle vostre anime.

E volete di più ? Certamente l´occhio di Don Bosco arrivava qui,
e ce lo dice quella sua smania di voler sempre confessare i ragazzi, di voler sempre dare la grazia del Signore. Voi, se siete buoni e veramente ragazzi cristiani, portate il Signore dentro di voi. Siete i tabernacoli più idonei a portare la Grazia di Dio. Ecco perchè noi vogliamo i chierichetti intorno all´altare. Perchè sono i nostri angeli. Ecco perchè coi ragazzi ci troviamo bene, perchè sono davvero facilmente simili agli angeli. Sono facilmente in Grazia di Dio, si pentono volentieri, domandano perdono, si confessano con facilità e poi subito ritornano puri, ritornano innocenti, ritornano santi.

Tutto questo è il segreto vostro, figlioli miei, ed è questo che ha entusiasmato Don Bosco e lo ha reso... e lo ha reso... geloso, geloso di voi. È come quando si vuol bene ad una cosa e quando si ha un tesoro; con che cura bisogna custodirli e non lasciarli per le piazze
e per le case così dispersi. Bisogna trovare, fare delle case per loro, delle scuole, dei giochi, dei dormitori, dei refettori. Bisogna custodirli. E poi, e poi... ha visto che da tutto quello che voi avete, bisogna tirar fuori, questo bel riflesso di Dio, questo colore della Divinità; bisogna metterlo in evidenza.

5. Sapete cosa vuol dire « educazione » ? Nel senso etimologico, ma anche nel senso reale, vuol dire « tirar fuori », « e-ducere ». Ecco perchè Don Bosco è diventato maestro. Ecco perchè Don Bosco è diventato un artefice di cavar fuori da quello che voi avete nell´anima
e che forse voi stessi non conoscete: le grandi virtù, le energie sopite, le capacità nascoste, l´energia che voi avete implicitamente nell´anima. Siete dei semi che potete dare un fiore, un frutto, un albero, una vita completa.

E Don Bosco tirò fuori l´uomo dai suoi ragazzi. Tirò fuori l´operaio, il giovane operaio nuovo, il professionista, lo studente, l´uomo completo dalle virtù naturali energiche e robuste, virili e costanti; l´uomo, ma non soltanto l´uomo a cui mira, in fondo in fondo, l´educazione profana che non conosce questi segreti profondi dell´anima umana, tirò fuori l´uomo, direi, come era Gesù: ambivalente, che vuole dire
dalle due facce, o meglio, dalle due nature. Tirò fuori l´uomo il cristiano, l´uomo umano e l´uomo divino, l´uomo della terra e l´uo o del cielo, l´uomo completo. E questo è il segreto di Don Bosco ed è quest´arte che l´entusiasmò e furono i suoi ragazzi che lo res ro folle di passione e capace di tutti i sacrifici per quest´opera gr. de che non ha l´eguale, quella di cavare dai piccoli uomini delle sta i e perfette e delle creature come Dio le ha concepite: figli della te ra e figli del cielo.

E allora ? Allora comprendete perchè Don Bosco vi ha ama e voi comprendete perchè dovete amare Don Bosco. Figlioli miei, p . - seranno degli anni. Quanti anni resterete qui dentro ? Due, tre, cinq i e, dieci... e poi ? E poi anche voi vi disperderete per le vie della te a, del mondo, chi nelle officine, chi negli uffici, chi nelle scuole, hi in tutte le carriere; vi sparpaglierete in questa società. Ebbene ric )rdetevi di questa festa di Don Bosco e di quello che io vi dico adesso. Ricordatevi che siete stati amati. Ricordatevi che siete stati cap ti. Ricordatevi che nessuno, come questa scuola di Don Bosco, ch. è la scuola cristiana, ha cercato di far di voi dei giganti, degli uom veri, dei cristiani fatti, delle esistenze autentiche. Questo ha fa o l´amore di Cristo per i ragazzi e per la gioventù. E se vi ricorder te di questo, io penso che voi resterete sempre capaci di essere qu o che il Vangelo ci vuole tutti, di essere sempre fanciulli e cioè sem ire puri, sempre capaci di pregare, sempre capaci di sorridere e di s i e-rare nella vita, sempre capaci di riflettere il volto di Dio n1 e vostre anime.

DON BOSCO E LA FORMULA SALESIANA

Discorso del Card. Montini ai giovani dell´Istituto salesiano di Milano.

(31 gennaio 1962)
1. Don Bosco, un amico. - 2. Don Bosco e il gioco. - 3. Don Bosco e lo studio. - 4. Don Bosco e il lavoro. - 5. Formula salesiana.

1. Figlioli carissimi, ci troviamo anche quest´anno con la grazia di Dio, insieme per celebrare la festa del vostro Santo, San Giovanni Bosco, che, dal vostro condiscepolo, che tutti vi ha rappresentati nel dare a me il saluto, è stato giustamente chiamato : « il nostro amico ».

Don Bosco, amico! E con gli amici la festa diventa facile e diventa lieta; ed io vorrei davvero che questa vostra celebrazione che comincia qui con la preghiera e che poi avrà il suo seguito fuori della Chiesa, fosse una celebrazione lieta, festiva; proprio come un incontro con un amico. Vi sarà stato parlato cento volte di Lui e perciò lo conoscete e mi pare che attribuire a Lui questo titolo, non sia difficile. Se Don Bosco non è amico dei ragazzi e dei giovani, chi lo può essere ? Abbiatelo sempre presente e caro sotto questo titolo: Don Bosco, « amico dei ragazzi ». Ma vorrei che ciascuno di voi si appropriasse questo titolo e piuttosto che dire genericamente: « Don Bosco è l´amico della gioventù », ciascuno avesse a dire: « Don Bosco è l´amico mio »; vorrei cioè che ciascuno di voi avesse per lui questi sentimenti affettuosi di fiducia, di stima e di amicizia.

Dimostrare che Don Bosco è l´amico dei ragazzi mi pare superfluo, specialmente qui in questa Casa dove siete circondati da questi vostri bravi educatori che continuano l´opera sua e ne vivono lo spirito e dimostrano tanta e tanta amicizia, tanto interesse per voi, tanta vicinanza di spirito, tanto desiderio di farvi del bene, di farvi contenti. Ripeto, dimostrare che Don Bosco è vostro amico, mi sembra superfluo. Dimostrare il perchè Don Bosco si è così innamorato dei ragazzi è più difficile; qui si dovrebbe andare a tante altre ragioni che adesso non vi dico. Vorrei invece farvi una domanda che deve diventare
in voi una riflessione: come Don Bosco è stato amico dei ragazzi ? Qual è la forma che Lui ha adottato per essere vostro amico ? Co 11,e Don Bosco è stato amico della gioventù ?
Sembra che l´unire questi due termini, « Don Bosco » e « gioventù ), non sia poi così facile. Don Bosco è un prete; lo vediamo semp e vestito da sacerdote ed è caratteristica questa sua figura vestita di nen, la grande tunica nera che porta il sacerdote cattolico. Ora que a tunica nera lo qualifica prete, lo unisce alla Chiesa, all´altare, al a religione piuttosto che alla gioventù. A prima vista sembrerebbe n.. simpatica la figura d´un uomo vestito di nero in mezzo ai ragaz i che sono invece pieni di letizia e di vivacità. Don Bosco invece è diventato amico dei ragazzi. Ma in che modo ? Perchè ha sapu o unire la religione alla ricreazione.

2. Qual è la manifestazione dei ragazzi più spontanea e più cara - teristica ? Qual è la cosa che vi piace di più ? Il gioco. Non abbi. o forse abbastanza riflesso sopra questa prima attività della vita c e nasce, che cresce, attività che noi grandi chiamiamo superflua, inuti e perditempo, magari anche una seccatura. Il ragazzo desidera giocar desidera esplicare le sue facoltà che stanno per destarsi, deside a prendere cosciente consapevolezza delle sue forze, della sua capaci di pensare, di fantasticare, di muoversi. Il gioco sembra una co a distante e quasi non associabile alla religione; infatti, se si gioca p r esempio, in Chiesa, subito si è castigati e ripresi. Si direbbe che n.. si possa unire la religione al gioco, e cioè unire un prete, un Don Bosc 3, alla gioventù; e invece ecco che qui comincia la caratteristica di ques o vostro Santo amico: Lui ha saputo congiungere il gioco alla religione; non ha proscritto il gioco, non ha rimproverato i ragazzi cui piace giocare, non ha bandito dal suo programma educativo la ricreazion , anzi ne ha fatto un capitolo speciale, e ha sviluppato l´attività d -1 gioco: ha creato teatrini, ha creato palestre, cortili, ha cercato che i suoi giovani si avvicinassero a Lui e non in fila come tanti soldati o come tanti chierichetti, ma ha voluto che si avvicinassero a L come ragazzi che corrono, che cantano, che gridano, che si diverton r ; e si è messo in mezzo a loro ed ha saputo (sembra la cosa più sempli t e di questo mondo, ma guardate che è una specie d´invenzione) a saputo unire il cortile del gioco con la Chiesa della preghiera. È a trovata, una bella trovata, che Don Bosco, da occasionale che e, a
prima, ha fatto diventare organica e programmatica; ha svelato agli educatori, a noi preti, ai genitori e a tutti quelli che si occupano dei ragazzi, che si può e si deve benissimo unire la preghiera e la letizia del gioco, l´educazione religiosa e la ricreazione. Proprio perchè ha capito il vostro cuore, la vostra indole, diciamo pure il vostro bisogno di giocare e non l´ha represso, castigato, cacciato lontano, ma ve l´ha coltivato, l´ha reso vivace, lo ha reso nuovo, l´ha reso geniale, l´ha reso spontaneo e l´ha, in un certo senso, consacrato. Ecco perchè Don Bosco si è mostrato vostro amico e, ripeto, ha unito religione a gioco.

´3. Che cosa fa un ragazzo ancora? Qual è l´attività vostra caratteristica ? « Eh! — direte — andiamo a scuola! ». A scuola cosa si fa ? S´imparano tante cose, ci si annoia un po´, si studia, si legge, si conoscono tante scienze. Anche questa cosa, sembra a prima vista distaccata dalla religione, sembra che non abbia niente a che fare la scuola con la chiesa, che l´andare in chiesa sia tutt´altra cosa che andare a scuola, sembra cioè che tra questa attività, che è pure caratteristica
e fondamentale degli anni primi della vostra gioventù, e l´educazione religiosa non sia una possibilità di alleanza. Abbiamo degli esempi che hanno preceduto Don Bosco: quanti Santi sono stati maestri ed educatori! Don Bosco ha, direi, fatto un´alleanza con la scuola ancora più stretta che gli altri Santi, perchè — e qui il mio pensiero va con tanta ammirazione e con tanta gioia ai vostri sacerdoti, ai vostri professori, ai vostri maestri — perchè ha tanto associato la vita religiosa con la vita scolastica che ha obbligato i vostri maestri a convivere con voi, a mangiare con voi, a giocare con voi, a pregare con voi. Ciò non è sempre così nelle altre forme educative che sono pure cattoliche e sono pure buone. Ciò ha stretto ancora di più i vincoli tra scuola e chiesa, e del prete ha fatto un maestro e del maestro ha fatto un educatore e dell´educatore ha fatto un uomo capace di iniziare gli altri ai più alti gradi della vita umana, cioè al contatto ed al colloquio con Dio; ha congiunto preghiera e studio; grandissima cosa! e perciò voi trovate nelle vostre scuole spontaneo
e simpatico e quasi connaturale che dalla chiesa si passi alla scuola
e dalla scuola si passi alla chiesa. Anzi, facciamo una specie di triangolo: chiesa, cortile per giocare, scuola. Questo triangolo è la creazione di Don Bosco.

4. Ho detto male, sapete, dicendo triangolo; avrei dovuto dirci quadrilatero; perchè Don Bosco ha associato un´altra delle vostr - attività alla vita religiosa. Cosa fate voi dopo avere studiato e giocato Voi pensate: « Eh, devo andare a lavorare, bisogna che impari mestiere, bisogna che sappia guadagnare il pane, devo cercare curvarmi anch´io su questo banco di lavoro, su questa terra, su ques materia, per sapere estrarre da questa materia inerte e bruta qualch; cosa di utile, oggi uno strumento di lavoro, domani un oggetto chval qualche cosa; devo imparare un modo di guadagnare la vita, cio il mestiere, la professione, il lavoro ».

Ed anche questa cosa la troviamo tanto naturale in queste belle case dei nostri. cari Salesiani, che uniscono l´officina alla chiesa, all scuola, al cortile; troviamo tanto naturale questa associazione di cos
e di attività. Proprio nel secolo scorso, nel secolo di Don Bosco, • lavoro che si era sempre svolto all´ombra della chiesa e della fed (un grande Santo educatore di popoli, San Benedetto, aveva insegnati la formula « ora et labora » che vuol dire: prega e lavora, e per seco la nostra civiltà aveva tenuto insieme queste due cose) nel secoli, scorso, nel mondo del lavoro, avviene una frattura che dura ancor una separazione, una inimicizia quasi: chi lavora deve essere anzi clericale, chi lavora non deve andare in chiesa, fra lavoro e chies non c´è nessuna parentela.

5. Don Bosco invece ha saldato con vincoli esterni, e con vinco • interni del vostro cuore, questa amicizia e questa alleanza fra lavoro
e preghiera, fra lavoro e chiesa, fra officina e casa di studio e di pre ghiera. Ha fatto un quadrilatero: la chiesa, la scuola, il cortile, l´officin. Questa è la formula di Don Bosco, è la formula che interpreta tua. la vostra attività, la raccoglie e la santifica. Vogliamo ancora giocar con termini geometrici ? Invece di quadrilatero dovremmo dire: u centro con tre raggi: al centro la chiesa, la preghiera, Dio che santific,:
e illumina la vita che cresce, la vita che lavora, la vita che pensa • che studia, e intorno questi tre campi della vostra attività giovanili. IZ vostro gioco santificato e reso lieto e reso vivace ed accolto in pien cittadinanza nel programma di Don Bosco. La scuola, col grand sviluppo di libri, di metodi, di studi e con la grande sapienza i, sapere svegliare dentro il ragazzo le sue energie, la sua capacità i comprendere e di agire. E poi la fatica, il lavoro manuale, l´uso deg •
strumenti, la capacità di essere produttivi nella società, nell´officina, nello ´stabilimento.

Questi tre campi sembrano circolare e incentrarsi nel campo sublime di cui adesso ci stiamo occupando: la preghiera. Per questo,
figliuoli miei, per questo Don Bosco è vostro amico. Io non ho fatto
che accennarvi a delle cose che vi sono davanti tutti i momenti e che vi sono evidenti. Ma pensatele, oggi, celebratele, dite grazie a
Don Bosco come a un vero benefattore, come ad un vero papà, come
a un vero amico. Ha teso le sue mani, ha teso tutta la sua vita, il suo cuore, il suo genio verso di voi e vi ha spianato queste strade
e le ha rese, come dicevo, programma della vostra educazione, le ha rese facili, le ha rese belle, liete, oneste, le ha moltiplicate sulla faccia della terra; e qui, in questa casa benedetta, le offre anche a voi. Dovete volergli bene.

E lasciate che io finisca con una raccomandazione, oltre a quella di pensare a questa formula salesiana, nella quale per vostra fortuna
siete stati accolti. E la raccomandazione è questa: l´alleanza, l´ami
cizia, le parentele che qui avete imparato a stringere fra la ricreazione
e lo studio e il lavoro, tutto ciò dev´essere un´alleanza che rimane,
che rimane domani quando sarete fuori in altre scuole superiori,
domani quando andrete nei campi sportivi a giocare e a divertirvi, domani specialmente quando sarete uomini di lavoro negli studi, negli
uffici e nelle officine, nei posti insomma in cui sarà la vostra vita.

Ditemi una cosa: Lo ricorderete Don Bosco ? E ricorderete che Don Bosco ha trovato il segreto di rendere buoni, onesti, equilibrati
e santi questi campi di attività umana, perchè li ha centrati nella fede, perchè ha proiettato la luce che viene dalla religione e dalla Chiesa sopra questi campi ?
Lo ricorderete ? Cioè saprete unire la fede che qui professate, la preghiera che qui cantate e pronunciate in tutte le altre vostre attività ?
Io taccio; voi ci pensate e nel cuore, mentre diciamo la Santa Messa, dite a Don Bosco: « Si, sì, io sarò per te, o caro Don Bosco, un amico fedele ».

SYMPOSIUM DI APERTURA DELL´ISTITUTO PSICO-CLINICO IN ARESE

Il Centro di rieducazione di Arese nel 1962 si arricchi, a di un nuovissimo Istituto psico-clinico e di orientamento professi. ale.

(29 maggio 1962)
Per concludere questo symposium diremo semplicemente 1 i ae pressione che credo condivisa da tutti i presenti, cioè che q -sta riunione ci è molto istruttiva e molto confortante: istruttiva, pe chè ci fa vedere e osservare sia la realizzazione concreta e pratica e un Istituto modernissimo, ben attrezzato e capace di raggiungere i .uoi scopi, e ci fa vedere aspetti tecnici particolari, scientifici dell´ stituto, che ci dicono quanta saggezza, quanta esperienza, quanta -fficacia deve essere accumulata in questo strumento di rieducazi ne, di orientamento della gioventù.

Molto consolante, perchè immagino che ciascuno di noi ha su ho, specialmente in questi ultimi tempi, l´ingrata impressione, qu. i la paura, di veder crescere una gioventù ribelle, indisciplinata, in ontenibile, che bisogna domare con tutti i soccorsi della viole .1, o degli interventi pesanti o dei castighi, per trovarcela ancora qui ostile, impenetrabile e pronta a delinquere in ogni favorevole occasione
Chi non ha sentito parlare dei teddy-boys come di una e;aga propria della nostra società, non soltanto italiana dove le manif -tazioni, che io sappia, sono molto più contenute che non in altri P : esi. Si direbbe proprio che la nostra organizzazione sociale, la nostra acchina civile produce anche questi scarti, questi cascami umani, che sono poi una grande peste e quasi una visione molto, molto t *ste di qualche errore in radice, che viene alla fine in evidenza.

L´accorgerci che c´è invece un mezzo, il vedere che ai prog essi tecnici della nostra società (come è progredita! come è ricca! me è potente! come è organizzata! come è tecnica! come è scient" • ca!) corrispondono finalmente anche i progressi umani, i progressi mirali, l´adeguazione dello spirito umano al maneggio e al non soffoc. • -nto degli strumenti che l´uomo stesso ha creato, ci reca, ripeto, gr nde
consolazione: cresce il livello morale e uguaglia quello tecnico-scientifico esterno; cresce la ricchezza, la carica di princìpi interiori dell´uomo man mano che crescono i suoi strumenti e la sua potenza esteriore.

Ci fa molto piacere, ripeto, questo, perchè prima di tutto, credo che torni a consolazione dei promotori stessi, cioè dei Salesiani.

Io che sono stato testimone della generosità iniziale con cui loro
hanno preso quest´opera, che non è nata da loro, che esisteva, ma che non aveva trovato ancora la sua capacità educativa e la sua espressione
morale; se la sono presa in mano proprio invocando Don Bosco (sono
stato io l´avvocato e non ho altro merito) con questo argomento: ma se voi educate i ragazzi bravi, sono buoni tutti più o meno; ma
bisogna che vi misuriate con quelli non bravi, con quelli inguaribili,
con quelli ribelli, con quelli pericolosi, con quelli in cui gli altri non riescono: fate vedere, saggiate il vostro metodo. Don Bosco di cui
siete tanto bravi apologeti, fatelo vedere nei fatti! Il Rettor Maggiore,
proprio sei anni fa, accettò quest´opera con generosità e abnegazione, e con una grande fiducia nella sua tradizione salesiana, e dobbiamo
tutti essergli grati; raccolgo la riconoscenza comune delle Autorità che sono presenti, della cittadinanza, delle famiglie, per dire a loro: bravi, grazie!
E sono lieto che quest´opera abbia avuto così rapidi, così evidenti, così splendidi sviluppi, perchè anche questo compenserà, non tutto,
perchè la maggior parte sarà ricompensata da Dio, ma qualche cosa
ricompenserà delle vostre fatiche, dei vostri sforzi, vedendo che non sono nè sterili nè inutili, nè non compresi dalla società che vi circonda.

Così sono lieto perchè qui ci sono dei Benefattori e Benefattrici cospicui; il vedere che la loro beneficienza è raccolta con tanta saggezza, tradotta in strumenti così positivi, così efficaci, così aggiornati con tutte le scoperte e le evoluzioni della scienza pedagogica, medica e psicologica, farà piacere anche a loro !
E io tributo anche a loro, cioè a questi Benefattori, il ringraziamento, il plauso per la loro generosità e per la loro sagacia nel beneficare opere come questa.

Vedo con piacere quindi che Arese cresce e cresce arricchendosi di uno strumento come questo. Io stavo, da incompetente, ascoltando le bellissime relazioni che adesso sono state portate alla nostra attenzione.

Stavo cercando una_ formula riassuntiva. Come posso capir io empirico e incompetente, tutto questo vastissimo e complicatissimo campo che adesso si arricchisce di gergo, di frasi, di tutte le precis oni scientifiche ?
Mi pare che tutta la nostra rieducazione, a prescindere da que.ta, è basata sopra un orientamento che è quello poi che presiede no ra al-mente a chiunque fa scuola, ai genitori che allevano i loro figl oli, ai collegi, alla società, ecc. cioè il culto del dovere. Si dice al rag. zo: tu devi. Tu devi studiare, tu devi andare a scuola, tu devi obbedi e... e l´educazione alcune volte non riesce, perchè essa non risponde a vocazione del dovere.

Questo Istituto considera nell´educazione un altro aspetto, ch: era sempre considerato, ma non era ridotto in termini nè scientifici nè terapeutici, nè così efficaci come qui potranno essere, cioè del po´ ere.

Può questo soggetto compiere quelle date funzioni a cui lo chi. o ? Ha intelligenza per studiare, ha il meccanismo psicologico moral- per obbedire, ha la sua anima pronta per amare la società, per lavorar-... ?
Guardiamoci dentro: ed ecco allora che nasce questa scuola, q -sto Istituto, per guardare dentro all´anima del fanciullo, specialmen i - di quello patologico, di quello malato, di quello anormale, caraffe t;ale. Guardiamo cosa c´è: perché non può ?
E allora qui siamo davanti a delle bellissime cose: prima di do troviamo riflesso nell´anima del fanciullo le colpe della società. Q esto fanciullo è stato abbandonato, questo fanciullo non ha avuto un . r tto, una famiglia, non ha avuto tante cose, e noi facciamo colpa a I di colpe che dovrebbero risalire ai genitori, e in genere all´organizz. A one sociale. Noi lo abbiamo colpito con dei trauma psichici in tu e le maniere: coi nostri divertimenti, con la nostra stampa, con l´es i orlo con una grande imprudenza e direi quasi con incuranza agli urti che la sua psicologia non era idonea a tollerare.

E poi pretendiamo che sia un bravo ragazzo e che righi e • i "do: gli abbiamo messo davanti tutte le scuole del delitto con tutti • esti
film così affascinanti e così impressionanti per il fanciullo, poi
pretendiamo che venga ad essere buono ed a portare il fiorellini alla mamma e farle gli auguri per l´onomastico.

Ma noi lo abbiamo colpito, ferito, sconvolto, e allora dico: l´. alisi ci porta a vedere riflesso in questo specchio dell´animo del fanti-11110 i malanni sociali che cadono su di lui; ci mette davanti le ri.orse
non solo i malanni; scopriamo nella psicologia del giovane e del fanciullo ciò che la redenzione, così severa, così accusatrice delle nostre colpe, così scrupolosa davanti ad ogni minima mancanza, ma col suo trionfante ottimismo afferma: l´uomo è redimibile, l´uomo è guaribile, l´uomo è capace di bontà, l´uomo sul ´suo sottofondo ha ancora implicita una carica di virtù, di saggezza, di « naturaliter » cristiano, che basta un tocco magico — ecco il maestro, ecco il medico, ecco l´educatore — a estrarre queste energie, perché la vita rifiorisca e riprenda!
E quindi questo Istituto di diagnosi, cioè di esame delle cose, poichè sulla diagnosi si fondano la prognosi, la cura, l´educazione e l´orientamento, ci dà e ci darà la gioia di vedere i miracoli delle guarigioni.

E quando tutto questo parte da dati reali, che sono ordinariamente individuali, soggettivi, è sperabile che con tutta la sapienza di cui´ l´arte educativa di Don Bosco e la sua scuola può disporre, sapremo trarre alla luce una gioventù buona, sana, forte e cristiana.

Sarà questo l´augurio che faremo all´Istituto; di poter collaborare così alle glorie della sua tradizione educatrice e al bene del nostro Paese.

GIOVANI, AMATE LA CHIESA!

Il Card. Montini ai giovani dell´Istituto Salesiano di Milano. (31 gennaio 1963)
1. Amare la Chiesa. - 2. Genialità e modernità di Don Bosco. - 3. Lavoro cristiano. - 4. La lampada della Fede.

S. Em. si disse lieto di poter celebrare la festa odierna insieme ai giovani dell´Istituto Salesiano: e poi si chiese che cosa avrebbe detto Don Bosco stesso.

Vi avrebbe parlato di un avvenimento di cui anche voi avete sentito cento volte parlare perchè riempie di sè, diciamo, la nostra storia, i giornali, le voci, i cinematografi, certamente le vostre scuole, le vostre preghiere.

Qual è questo avvenimento ? IL CONCILIO. Io non vi parlo del Concilio adesso, ma dico che Don Bosco vi avrebbe fatto ricordare questo avvenimento. Perchè ? Ma perché questo fa parte del suo programma, del suo spirito, dei suoi desideri, della sua pedagogia.

S. Em. ha poi ricordato l´episodio così significativo dell´obolo di 33 lire raccolto da Don Bosco fra i suoi ragazzi e inviato al Papa Pio IX, in esilio a Gaeta.

1. Quell´episodio, questo bell´episodio, caratterizza tutto il resto della sua vita e dà all´opera di Don Bosco una nota speciale che credo sarebbe il tema del discorso, bellissimo discorso, che vi farebbe Don Bosco se fosse qui a parlarvi in vece mia; vi direbbe: « Giovani, amate la Chiesa! ».

Nel 1870 quando a Roma fu celebrato il Concilio Vaticano I, Don Bosco fu vicino al Papa, si mise in mezzo ai Padri Conciliai per occuparsi delle cose grandi e dei problemi che allora si trattavano. Ora Don Bosco vi direbbe la stessa cosa che disse tante e tante volte ai suoi alunni, e cioè che bisogna amare la Chiesa.

Sapete che cos´è la Chiesa ? La conoscete ? Sapreste dirmi la definizione ? Ne avete il concetto ? Ne avete la visione, sapete che la Chiesa
è la derivazione di Gesù Cristo, e la Sua continuazione nel tempo, e la sua dilatazione su tutta la faccia della terra, è Gesù Cristo vivente.

La Chiesa siamo noi; noi siamo Gesù Cristo; noi siamo Cristiani, noi siamo una riproduzione vitale, in qualche maniera, di Nostro Signore, siamo il Suo Corpo, il Corpo Mistico di Cristo. E quindi abbiamo davanti a noi questa immensa società che si chiama « Cattolica ». Che vuol dire cattolica ? Vuol dire universale, vuoi dire sparsa su tutta la faccia della terra. Abbiamo davanti la più grande società che esista nella storia del mondo, perchè vuol arrivare a tutti i confini della terra, a tutti gli uomini viventi. Abbiamo davanti questa società che potremo chiamare l´umanità, l´umanità redenta, l´umanità benedetta; l´umanità in via di salvezza, l´umanità che vive dello Spirito di Cristo, animata dalla Sua grazia, dal suo flusso che passa attraverso le vene dell´umanità; ebbene questo Corpo, questa Società è la Chiesa.

Io vi dico in nome di Don Bosco, carissimi, amate la Chiesa! Voi forse sentite in questa mia raccomandazione quasi un´eco di un po´ di tristezza; un po´ accorata diventa la mia voce quando raccomando specialmente a ragazzi e a giovani, a studenti, apprendisti e a fanciulli come voi, l´amore alla Chiesa. È perchè nel mondo c´è poco di questo amore, e quello che è più triste ce n´è poco anche nei nostri paesi cristiani, anche in questa nostra Italia che dovrebbe essere cattolica per definizione, per storia, per missione, per destino, per gloria sua. Lo trovate voi l´amore per la Chiesa al di fuori di questa aula, di questo ambiente che chiesa si chiama, voglio dire di questo campo dell´educazione cattolica in cui voi avete la fortuna di essere ?
2. Fra le cose grandi, fra le cose direi originali, fra le cose stupende che noi incontriamo nella vita di Don Bosco, troviamo anche questa; egli ha sciolto in anticipo una delle obiezioni, delle difficoltà più strane, più gravi, e forse anche più ridicole che tormentano l´anima del popolo italiano: ha concordato l´italianità con la cattolicità e ha fatto vedere come si può essere buoni cittadini e buoni cattolici, ancora prima che si facesse il Concordato, cioè la pace fra la Chiesa
e la Società civile, fra il nostro paese costituito in stato indipendente
e libero e la Santa Chiesa Cattolica, fra la nostra anima di credenti
e di fedeli di Cristo e il nostro spirito di fedeli cittadini e di buoni italiani. Don Bosco ha compiuto anche questo che chiamerei quasi
miracolo. Ha avuto l´antiveggenza di comprendere, di mettere in atto la pace che deve esistere fra l´anima di un cattolico e l´anima di u´ cittadino. E l´ha sempre vissuta ed è una delle caratteristiche c e ´notiamo in tutti i suoi oratori, nelle sue opere, sia in Italia, sia all´ester. : la buona lealtà di chi si professa cittadino di questa terra e della s patria, e cittadino di questa società che è un po´ in terra e un p.´ in cielo, che si chiama la Chiesa.

3. Troverete in tre campi, figlioli miei, la difficoltà a nutrire a professare questa pace. La troverete nel campo del lavoro, anch adesso, anche oggi, anche in questa nostra città di Milano, perch il lavoro è quasi sempre qualificato da un istinto di ribellione, • anticlericalismo, è facile ad espressioni anche blasfeme, ha qualch • cosa d´inquieto e di ribelle alla professione cristiana. Ricordatevi e Don Bosco che vi dice: no, no, il lavoro deve essere santificato, lavoro può essere cristiano, la Chiesa ama coloro che faticano e sudano quelli che sono meno ricchi e meno liberi, quelli che sono nelle nostre officine e nei nostri campi. È un torto, è un atto direi di mancanza d´intelligenza non vedere come la Chiesa sia la Chiesa dei poveri la Chiesa dei lavoratori, la Chiesa di quelli che faticano, la Chies. di quelli che hanno il desiderio di guadagnarsi il santo pane, che f. argomento ogni giorno ed ogni momento della nostra preghiera dacci oggi il nostro pane quotidiano. Stabilire inimicizia fra il lavori´ e la Chiesa, cioè fra il lavoro e la religione, è un´insipienza che no ha fondamento; e non credete tanto alle mie parole, quanto propri. all´assicurazione, alla garanzia che di questo vi dà il vostro Maestre e Padre San Giovanni Bosco. Se guardate a lui, ogni anticlericalismo ogni inquietudine, ogni dubbio su questo punto cade e subentra ne vostro cuore la certezza che la Chiesa lavora per dare al lavorator, una grandissima statura e una dignità non solo umana, ma dignif. cristiana che è assai più grande e più piena.

4. Troverete l´ostacolo dell´opposizione alla Chiesa nel campo, della cultura. Sotto questo nome si tenta talvolta di nascondere, come di contrabbando, le bestemmie e i sentimenti più bassi scatenati contro la Chiesa, contro Cristo, contro quelli che gli sono fedeli. Diffidate, figliuoli miei, diffidate dell´opposizione che tante scuole, tanti maestri, tanti libri vogliono mettere fra la fede e la scienza, fra la professione
cristiana e la cultura, fra la scuola e la Chiesa, fra il libro di scienza e il libro di catechismo. Sono opposizioni false. Don Bosco c´insegna invece che per studiare bene occorre sia sospesa sul nostro tavolo la lampada della Luce divina, della Rivelazione, della Fede in questa parola di Dio calata dal cielo, che viene ad illuminare, a farci gustare, comprendere e rendere utile la vita. La Fede è una luce portata nella vita non un ostacolo, e se vogliamo davvero nobilitare il nostro studio, la nostra ricerca delle verità che il Signore ha disseminato nell´Universo in cui siamo, dobbiamo pregare, dobbiamo chiedere a Cristo la parola estrema e dobbiamo sapere che Cristo non indamo ha tenuto ad essere chiamato l´Unico Maestro del Mondo, perchè Lui solo ci può insegnare veramente i segreti e i destini della nostra vita.

E troverete poi opposizione in un certo contrasto in atto nella vita civile. Sono opposizioni sciocche, perchè creano delle difficoltà inutili, tormentano la nostra vita civile dividendo in maniera quasi irriducibile. Si ritiene che chi è cattolico non può essere buon cittadino; per essere buoni cittadini bisogna essere laici e laici vuoi dire essere indifferenti alla religione, e per essere indifferenti bisogna essere contrari: non vogliamo nè Cristo, nè preti, nè catechismi, nè fede, nè religione, nè preghiera, bisogna essere sufficienti a se stessi. Che cosa triste questo orgoglio che acceca la nostra anima, la nostra coscienza, la nostra capacità di essere anche dei bravi uomini per questo nostro cammino terreno. Ricordatevi che Don Bosco vi ha insegnato che per essere bravi cittadini, bisogna essere più fedeli cristiani. Cristo c´insegna l´ordine anche civile di questo mondo; c´insegna îl perchè e il come dobbiamo obbedire e c´insegna come dobbiamo vivere da cittadini liberi, amici, democratici, perchè la democrazia vera non è che fratellanza fra gli uomini, e soltanto Gesù Cristo ce l´ha insegnata per primo e ci garantisce che la fratellanza non è una lotta continua e scatenata fra cittadini e cittadini, nè una lotta di classe, nè una lotta di figlio della stessa terra e della stessa cultura. Dobbiamo essere cittadini che si amano fra di loro, che si comprendono, che si aiutano, che collaborano, che cercano la giustizia, che cercano la libertà comune. E tutto questo ce lo insegna sopra tutti e con parola penetrante e infallibile Nostro Signore Gesù Cristo, ce lo insegna la nostra fede di cui soltanto la Chiesa è Madre e Maestra. Questo tema che troverete andando avanti nella vita e che è così
grave, così grande e sempre così fecondo di considerazioni e anche di difficoltà, ricordate che vi è stato trattato dal vostro Maestro ed Educatore San Giovanni Bosco, il quale ha insegnato a tutti a trovare la concordia, a trovare la collaborazione, a trovare la pace. È questa una delle cose più belle che Don Bosco ha fatto e insegnato per l´educazione del nostro paese e del mondo intero ed è una delle cose più belle che ci introduce nello spirito di questo Concilio, per avere nel nostro cuore una comprensione, un´esaltazione, un amore nuovo alla Santa Chiesa di Dio.

LA SOCIETÀ SALESIANA, UNA GRANDE COSA NELLA VITA CATTOLICA MONDIALE

Discorso di S. S. Paolo VI ai membri del XIX Capitolo Gene
rale dei Salesiani, nella sala concistoriale.

(21 maggio 1965)
1. Dopo cento anni. - 2. Saluto a Don Ziggiotti e a Don Ricceri. - 3. Testimonianza dell´Opera Salesiana. - 4. Riconoscenza della Chiesa. - 5. Perseverare con coraggio. - 6. Progredire.

1. Cari e venerati Figli della Società Salesiana di San Giovanni Bosco!
Siate i benvenuti a questo incontro in un´ora grande e decisiva per la vostra Famiglia religiosa, grande e decisiva per la più larga famiglia della Chiesa Cattolica. Il vostro Capitolo Generale, celebrato a Roma per la prima volta, rinsalda l´inserimento originale e vitale della Società Salesiana sull´albero della Santa Chiesa, ne celebra e ne fa proprio lo spirito costitutivo di unità e di universalità, e presenta con devozione filiale il lavoro compiuto, che conta a più di cento i suoi anni; ne descrive, la storia a cominciare da quella mirabile del santo Fondatore per indicarne lo svolgimento coerente e prodigioso nell´opera dei suoi figli; ne distende i piani di svolgimento, stupendamente sviluppati nel mondo; e, ciò che più conta, qua venendo per chiedere conforto di parola e di benedizione, rinnova il suo cosciente proposito di proseguire fedelmente e generosamente l´ardua, provvida, evangelica fatica intrapresa. Segna una tappa, fa il punto (come dicono i naviganti), conclude un periodo e ne inizia un altro la vostra Società. Diamo avvertenza a questo momento prezioso, a cui si annodano i fili del passato e da cui si snodano quelli del futuro, affinchè la celebrazione di cotesto Capitolo acquisti tutta la sua importanza negli annali della Società stessa e tutta la sua fecondità benefica per quelli futuri.

2. Salutiamo pertanto con affettuosa riverenza il caro Rettore I
e
Maggiore uscente, Don Renato Ziggiotti, col quale Noi stessi avemm felici rapporti di amichevole comprensione e di efficace collaborazion
e del quale seguimmo con ammirazione e con plauso l´opera intelligente, instancabile e tanto positiva. Don Bosco, pensiamo, può esser- contento di lui, come lo sono stati i confratelli e gli assistiti dell. Congregazione Salesiana: il Signore lo benedica!
E salutiamo parimente con venerazione e con beneaugurante asco glienza il nuovo Rettor Maggiore, Don Luigi Ricceri, allenato all´at tività direttiva del grande Sodalizio da lunghi anni di saggia esperienz.

e di amorosa dedizione. A lui i Nostri voti, affinchè nel solco dei suo degnissimi predecessori, sappia guidare la Società Salesiana sul sen tiero tradizionale, ormai suo proprio, rivolto sempre a quegli ulterio sviluppi e a quella sagace aderenza ai bisogni dei tempi, come appunt • esige la giovanile vitalità dei Figli di San Giovanni Bosco. E il voti naturalmente si estende ai suoi collaboratori, e a quanti nella vast. rete della compagine salesiana vi hanno funzioni e responsabilif. direttive.

Poi salutiamo tutti coloro che hanno partecipato al Capitolo Gen - rale ed in loro tutta la Congregazione, che per numero, per compo sizione etnica, per estensione geografica ben possiamo insignire de titolo di ecumenica! E ritornando alle vostre sedi, venerati e carissim figli, portate ai vostri confratelli e a tutti coloro a cui si rivolge i i vostro ministero il Nostro saluto e la Nostra Benedizione.

3. Ma voi ora attendete una Nostra parola consolatrice e orien tatrice. Faremo onore alla vostra intelligenza e alla vostra esperienz. limitandola a qualche breve espressione, anche se le vostre persoti:
e le vostre attività meriterebbero discorso senza fine. Intelligenti, pauca.

Vi diremo dapprima il Nostro riconoscimento e la Nostra riconoscenza. Riconoscimento per quello che siete, per quello che fate. La vostra — o in nome della Chiesa, di cui siete figli elettissimi, - di cui ora siamo la voce — la Nostra Società Salesiana è grande cosa nella vita cattolica mondiale.

Ancor più che alle statistiche, che si descrivono in consolantissirni diagrammi ascendenti, guardiamo alla bontà e alla solidità della vostra Congregazione; guardiamo allo spirito, al fervore, all´abnegazione,
alla fede, alla pietà, che le danno forma e vigore; guardiamo alla missione a cui si è consacrata, l´educazione della gioventù, con preferenza per i figli del popolo; guardiamo alla semplicità, alla sapienza, all´efficacia della vostra pedagogia salesiana; guardiamo alla fiducia, che sapete ottenere non solo nell´ambito ecclesiastico, ma altresì in quello delle famiglie amorose della formazione dei loro figliuoli, e in quello della società civile, che deve riconoscere in voi dei pionieri intelligenti, dei collaboratori preziosi e disinteressati, degli educatori incomparabili; guardiamo ai frutti del vostro multiforme lavoro, che sembrano abbondanti non solo nella quantità, ma nella qualità altresì, se la loro qualità deve desumersi dalla perseveranza della formazione impartita e dall´affezione, che i vostri alunni, anche diventati adulti e immersi nel mare della vita vissuta, conservano per i loro maestri; guardiamo finalmente alla testimonianza, che l´opera vostra dà alla vitalità del Vangelo ed al cuore della Chiesa per i bisogni del mondo, di quello giovanile e di quello lavoratore specialmente, e guardiamo all´onore, all´amore, che da voi sale a Cristo, nostro Signore.

4. I Salesiani rappresentano uno dei fatti più notevoli, più benefici, più esemplari, più promettenti del cattolicesimo nel secolo scorso e nel nostro; e voglia Iddio che così sia in quelli futuri. È un riconoscimento doveroso, che esprimeremo in gratitudine al Signore stesso, primo ed eterno operatore dell´efficienza del Regno di Dio; e che esprimiamo in elogio a voi, bravi operai della sua vigna, non già per lusingare un´interiore ambizione, che deve piuttosto cedere il passo alla coscienza dell´umana insufficienza, ovvero per ripagarvi delle vostre fatiche e dei vostri sacrifici, chè anche il Nostro elogio sarebbe troppo inadeguata ricompensa; ma per rinfrancarvi, per assicurarvi che il cammino percorso è stato diritto e benefico e che deve essere continuato con passo fiducioso e lieto.

Aggiungeremo al riconoscimento una nota cordiale, quella della riconoscenza, e cioè della risposta affettiva che la Chiesa vi deve, della benevolenza che da essa vi siete meritata, della sensibilità divina, osiamo dire, che, come sapete, vibra di compiacenza e di amore per ogni servizio, per ogni atto di pietà e di carità, prodigato ai piccoli e ai bisognosi di questa terra: L´avete fatto a Me. Siamo lietissimi che il Nostro apostolico ministero Ci autorizzi ad anticiparvi queste auguste parole, che decideranno del vero premio, quello dell´eterna felicità.

5. Deriva facilmente da ciò la Nostra seconda parola: coraggio figli carissimi, coraggio; continuate e perseverate. Sappiamo bene ah< non vi manca il coraggio; ma non vi dispiacerà certamente che aneli( Noi lo sosteniamo con la Nostra esortazione. Perseverate con coraggiol
Non vi diciamo quali sottili tentazioni e quali gravi pericoli pos sono attentare alla vostra buona volontà; ogni opera umana vi è1 esposta; talora per le difficoltà inerenti alle proporzioni stesse ch´essa va assumendo; « magnitudine laborat sua » lasciò scritto lo storica antico sull´Impero romano- (cfr. Lavo, Hist. Proéin.); ma oggi penseremmo piuttosto al processo immenso di trasformazione, in corso nella società moderna, non senza forse qualche inquietudine di misteriosa provenienza spirituale, buona o perversa che sia. « Qui se existimat stare videat ne cadat » (1 Cor. 10, 12). Vi diremo piuttosto che il vostro coraggio deve scaturire da una triplice fiducia. Fiducia in Dio;´ non mai superfluo il ricordarlo a persone come le vostre, che ali vita religiosa riconoscono il primato non solo di dignità oggettiva, ma di virtù operativa sia per la propria santificazione, che per l´altrui educazione; e fiducia diciamo tanto più interiormente fondata quanto più l´opera vostra è esteriormente lanciata; Ci sembra ravvisare in ciò una nota peculiare del vostro spirito, semplice, lieto, sereno;´ fidente appunto in quella divina assistenza che dà al bene in via di compimento la sua audacia e la sua costanza. Non indugiamo: voi conoscete molto bene questa psicologia; voi la vivete.

Poi fiducia nelle finalità, a cui la vostra Società è consacrata: potrebbero essere più nobili, più moderne, più urgenti, più conformi al programma apostolico della Chiesa, oggi ? Avete scelto bene. La Chiesa ve ne conferma la certezza e il merito.

E finalmente fiducia anche nelle forme, che dànno alla vostra attività i suoi caratteri particolari. Qui il discorso si fa vigilante, per quel tale invito all´« aggiornamento », che la Chiesa sta predicando ed applicando. Occorrerà distinguere le forme essenziali, da quelle contingenti: le forme interiori, animatrici del vostro sistema pedagogico e della vostra arte di educatori, da quelle esteriori, di per sè suscettibili di perfezionamento e di diverso esperimento; le forme valide sempre da quelle che le mutate condizioni dei tempi rendessero stanche o inefficaci. Gli sviluppi della scuola moderna, della qualificazione professionale, della cultura e dei suoi mezzi didattici, come i cambiamenti della vita sociale reclamano senz´altro queste distin
zioni e queste nuove scelte, già in atto del resto nel campo della vostra pedagogia pratica, la quale però ritrova sempre nel suo nucleo primitivo di conoscenza e di amore della gioventù la sua più vitale radice.

6. Tutte cose che voi conoscete benissimo, e che Ci autorizzano a rinnovarvi il Nostro voto di fiducia e di coraggio. Possiamo perciò concludere queste modeste osservazioni con un´ultima raccomandazione, anche questa degna di voi; e cioè: progredire! È la raccomandazione che ogni maestro di scuola fa ai suoi alunni, e che ogni maestro di spirito fa ai discepoli della perfezione cristiana. Noi la ripeteremo con riferimento al grande sforzo che la Chiesa sta compiendo mediante il Concilio Ecumenico; è uno sforzo verso la sempre migliore fedeltà agli insegnamenti del divino Maestro, è uno sforzo verso il rinvigorimento del suo spirito e delle sue forme, è uno sforzo verso l´autenticità e la santità della vita cristiana, è uno sforzo verso una maggiore comprensione della storia della salvezza e una più fraterna ed apostolica capacità di avvicinare l´uomo moderno, i suoi problemi, le sue debolezze, le sue risorse, le sue aspirazioni.

Chi interpretasse il Concilio come un rilassamento degli impegni interiori della Chiesa verso la sua fede, la sua tradizione, la sua ascetica, la sua carità, il suo spirito di sacrificio e la sua adesione alla parola e alla Croce di Cristo, e come un´indulgente acquiescenza alla fragile e volubile mentalità relativista del mondo senza principi e senza- fini trascendenti, come un cristianesimo più comodo e meno esigente, sbaglierebbe! Il Concilio tende, sì, a più saggia disciplina e a più moderna maniera per la Chiesa di venire a contatto con l´anima umana e con la società odierna; ma non a scapito, sì bene a conforto della sua intima fedeltà a Cristo e della sua generosa testimonianza! Per questo dicevamo che questa ora è grande e decisiva anche per la Chiesa, e che questo incontro acquista anche per voi particolare significato. E siamo lieti di sapere che il vostro Capitolo Generale questo ha compreso e che s´è proposto di trarre dagli insegnamenti del Concilio, dalle due Costituzioni specialmente sulla Liturgia e sulla Chiesa, vitali precetti per il progresso spirituale e pratico della Società Salesiana di San Giovanni Bosco.

Molto bene. Questo meditate, questo fate; e siate sicuri che con la Nostra è con voi la Benedizione di Dio.

I RAGAZZI DI DON BOSCO

Ai ragazzi, e loro parenti, del Borgo Don Bosco del Prenestino (Roma).

(2 giugno 1965)
Quando Paolo VI comparve in fondo alla navata, senti un fragoroso battimani e una vivacità insolita : erano i ragazzi di Don Bosco che esternavano il loro affetto al Papa del Borgo, all´antico Mons. Montini, ospite abituale e munifico del Borgo.

Il Papa, dopo aver enumerato gli altri gruppi presenti, volle rievocare con evidente compiacenza i tempi gloriosi del Borgo.

Adesso, attenti, Ragazzi del Borgo Don Bosco! (applauso prolungato). Ci ascoltate ?... Non possiamo non unirci a questo applauso perchè non va alla Nostra persona, ma va all´istituzione stessa. Sarebbe il momento di farne la storia. Questo Borgo dei Ragazzi di Don Bosco nacque dopo la guerra, quando Roma era invasa dagli sciuscià, dagli scugnizzi, dai ragazzi randagi. E vi fu chi incominciò a raccoglierli. I primi ad allargare le braccia furono i sempre cari e benemeriti Salesiani di Via Marsala; poi si trasportarono in Via Varese; e poi finalmente al Borgo Prenestino. E c´era un bravissimo salesiano che adesso deve star su in Piemonte, ed ebbe per successore don Biavati, che vediamo qui presente e che salutiamo. Vi sono gruppi magnifici di ragazzi della periferia, raccolti ed educati tanto bene. Li abbiamo sentiti cantare tante volte, li abbiamo anche visitati. E, figlioli, chissà che non venga a farvi una visita ? (applauso). Ad ogni modo, grazie della vostra visita. Grazie della fedeltà che voi dedicate a questa opera magnifica. Grazie agli educatori che vi assistono, ai benefattori. Grazie a quelli che hanno organizzato le officine, le scuole. Ed un saluto a tutti gli ex alunni e i parenti, ed un ricordo a quelli che già sono in Paradiso (applauso).

LA BENEDIZIONE DEL SANTO PADRE PER IL 1500 ANNIVERSARIO DELLA NASCITA DI SAN GIOVANNI BOSCO

Lettera al Rettor Maggiore. (30 giugno 1965)
Reverendissimo Signore,
l´Augusto Pontefice, nel Cui animo è ancor vivo il grato ricordo dell´incontro avuto con la Signoria Vostra Rev.ma e con il Capitolo Generale di codesta Congregazione, all´indomani della sua elezione a Rettor Maggiore, ha appreso con particolare compiacimento che la Famiglia Salesiana si appresta a celebrare solennemente il 1500 anniversario della nascita del suo padre e fondatore, San Giovanni Bosco (1815 - 16 agosto - 1965).

Il Santo Padre, pertanto, approfitta volentieri di tale commemorazione per unire la Sua alla loro voce nel ,doveroso ringraziamento a Dio, sorgente ineffabile di ogni vita e santità; per contemplare di nuovo la figura luminosa, sorridente e sacerdotale di Don Bosco; ed infine, per auspicare che detta iniziativa costituisca un insegnamento e uno stimolo per tutti a considerare la propria esistenza — alla luce dell´esempio di lui — come una risposta generosa all´amore di Dio, un impegno serio di fedeltà a Cristo e alla Chiesa, uno sforzo costante per la santificazione personale e del prossimo.

Meditando, invero, la vita di Don Bosco sarà consolante ed utile insieme osservare come il Signore, ancora una volta, si è degnato di compiere cose mirabili in lui e per mezzo di lui.

Per dare un Padre e un Maestro alla gioventù operaia e studiosa dei tempi nuovi, avviati alla elevazione dei ceti popolari, negli arcani disegni della sua Provvidenza Iddio sceglie un figlio dei campi, un discendente di famiglia umilissima che — a guardare le cose con occhio superficiale — non aveva certo facili prospettive nella vita. Gli dona una madre molto virtuosa, lo arricchisce di forte ingegno, di indomita volontà, di robustezza fisica propria della sua gente. Lo colma soprattutto dei suoi carismi: dono di pietà, di intelligenza, desiderio di sapere, ingenito amore ai coetanei, ansia di apostolato,
fortezza nelle avversità e nelle prove. Per difficili sentieri, poi, lo guida al Sacerdozio, comunicandogli la passione delle anime, in particolare, di quelle giovanili: «Da mihi animas, caetera tolle! ».

La sua storia è storia evangelica del granello di senape cresciuto in albero frondoso, i cui rami si estendono su tutte le parti del mondo. Sul tronco della santità paterna sono germogliati nella Chiesa fiori insigni di santità tra gli adulti e tra gli adolescenti, dai quali emerge Domenico Savio.

A 150 anni dalla nascita di Don Bosco Santo è, pertanto, motivo di conforto, di letizia e di speranza la visione della numerosa ed eletta schiera dei Salesiani, delle Figlie di Maria Ausiliatrice, dei Cooperatori e delle Cooperatrici, degli allievi ed ex allievi, che vivono e operano nella Chiesa e nel mondo come fermento di educazione e di vita cristiana.

Ai Figli e alle Figlie spirituali del Santo il Vicario di Cristo, come rinnova l´attestato della Sua stima e benevolenza, così ripete l´esortazione di restare sempre fedeli agli insegnamenti, agli esempi, allo spirito aperto di lui, continuando fidenti il loro lavoro, in armonia con le direttive rinnovatrici degli ultimi Sommi Pontefici e del Concilio Ecumenico Vaticano II.

Invocando, infine, l´abbondanza dei celesti favori, a suggello dei loro propositi e a conforto della loro attività, Sua Santità di cuore imparte alla Signoria Vostra;ai suoi Collaboratori e all´intera e diletta Famiglia Salesiana, una larga, propiziatrice Benedizione Apostolica.

Profitto volentieri della lieta circostanza per confermarmi con sensi di religioso ossequio della Signoria Vostra Rev.ma dev.mo nel Signore.

A. G. Card. CICOGNANI