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Don Giulio Barberis - Vademecum dei giovani Salesiani (parte 1)

 

Sac. Teol. GIULIO BAEBERIS

 

IL VADEMECUM DEI GIOVANI SALESIANI

Nuova edizione riveduta e corretta

TORINO SOCIETA’ EDITRICE INTERNAZIONALE

 Corso Regina Margherita, 176

Agli ascritti ed agli studenti della Pia Società di San Francesco di Sales.

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Il giorno 7 novembre 1899, ora scorso, si compirono i 25 anni dacchè, per la volontà di Dio e dei nostri ottimi superiori, di Don Bosco specialmente, io presi la vostra direzione, o miei buoni giovani. Voi non avete voluto lasciar passare sotto silenzio la fausta circostanza, anzi avete voluto, .e con accademie, e con preghiere speciali, e con lettere, ed in mille altri modi dimostrarmi il vostro affetto e la vostra gratitudine.

Io andava pensando come avrei potuto darvi un segno di gradimento di queste cordiali attestazioni, quando mi pervenne insistente la preghiera, prima di uno, poi di vari dei vostri Direttori e Maestri, di scrivere qualche ricordo, che servisse d´istruzione e d´incoraggiamento a percorrere con sicurezza e con profitto il tempo sì importante del noviziato e dello studentato. A queste insistenze essendosi ancora aggiunto l´incoraggiamento del Rev.mo nostro Superior Maggiore, l´instancabile Don Michele Rua, io, nella speranza di fare opera utile per la nostra Pia Società, mi risolsi di pubblicare alcune di quelle esortazioni e di quegli ammaestramenti, che per tanti anni dì esposi a viva voce. Ed ecco che ora ve le mando stampate come in attestato di gradimento delle cordiali dimostrazioni fattemi.

Tralasciai non pertanto qui molte cose particolari, che veniva dicendovi secondo le occasioni, e mi attenni alle cose utili a tutti e adatte a tutte le circostanze. Neppure svolsi i punti già sufficientemente svolti nelle nostre sante Regole e nelle Deliberazioni dei Capitoli Generali, ne quelli già tratteggiati, con tanta unzione e perizia da Don Bosco stesso nell´aurea sua Prefazione alle Regole. Tutte queste cose vi saranno spiegate nelle quotidiane conferenze del vostro Maestro. Qui troverete quegli ammaestramenti ascetici e quei consigli che giudicai più opportuni per animarvi, affinchè vi possiate presto rendere degni figli di Don Bosco; ammaestramenti e consigli che non si trovano sempre nei libri, e che siccome direttamente applicati a voi, devono essere patrimonio della nostra Pia Società, Voglio sperare che tutto sia secondo lo spirito di Don Bosco. La maggior parte degli ammaestramenti non sono che una ripetizione quasi letterale di quanto il buon Padre diceva a noi, nei tempi in cui egli stesso ci faceva le conferenze; gli esempi sono dì giovani da lui educati. Gli altri ammaestramenti poi che vi troverete non sono per niente miei, bensì raccolti qua e là, alcune volte riportati quasi letteralmente, da vari celebrati autori, che io solo cercai di adattare interamente allo spirito salesiano ed alla vostra età e condizione [1].

Accettate, giovani miei carissimi, questi ammaestramenti e questi consigli con quel cuore con cui io ve li porgo. Accettateli ancora come se direttamente a voi provenissero da Don Bosco medesimo; figuratevi anzi che provengano dal Sacro Cuore dì Gesù ; vo´chè da esso scaturirono ed in esso io intendo deporti, pregandolo che egli voglia benedirli, affinchè possiate trarne a vostro vantaggio frutti di vita eterna.

Aff.mo in Corde Jesu Sac. Giulio Barberis (Torino, Oratorio Salesiano, 31 gennaio 1900, decimosecondo anniversario della morte del nostro amato padre don Bosco.)

 

Ai miei cari figliuoli, gli ascritti e gli studenti della nostra Pia Società di San Francesco di Sales.

Il vostro amato Maestro in questi mesi scorsi compiva il venticinquesimo anno dacchè fu eletto al delicato incarico di dirigervi.

In sì fausta occasione, incoraggiato da me, si decise di dare alle stampe i principali ammaestramenti, che, in così lunga esperienza, conobbe essere più adatti, per guidarvi bene, in questi anni così importanti per la vostra vita, essendo gli anni della vostra formazione.

Io mi felicito con lui perchè il lavoro gli riuscì quale io me lo aspettava, e godo di questa circostanza per testimoniargli il mio gradimento e per augurargli molti anni di vita e di sanità, affinchè possa ancora per molti anni lavorare con lena a bene della nostra Pia Società.

Incoraggio poi caldamente voi ad eseguire quanto in questo Vade-Mecum egli vi espone, certo che se praticherete questi ammaestramenti, questi consigli e questi esempi, vi vedrà progredire velocemente nelle vie del Signore, che è quanto ardentemente io bramo. E’ consolante vedere come rapidamente andà estendendosi la nostra Pia Società, e come tuttora vada sempre crescendo la messe che il Signore va preparandoci; ma quanto più cresce il lavoro, e quanto più aumenta il numero dei confratelli, tanto più è necessario che cresca il buono spirito tra di noi; ed io sono persuaso che questo buono spirito crescerà in proporzione del vostro impegno nel praticare gli ammaestramenti che qui dì son dati. E seguendo queste tracce, che la nostra umile Associazione corrisponderà .sempre meglio a quanto il Signore vuole da lei, che è la sua maggior gloria e la salvezza di molte anime, specialmente dei giovani più poveri ed abbandonati.

Vivete felici, o miei buoni figliuoli, e credetemi sempre Vostro aff.mo nel S. Cuore di Gesù Sac. Michele Rtja.

NB. - Tutti gli ascritti abbiano una copia di questo manualetto: procurino, nell´anno del noviziato, e in pubblico e privatamente, di leggerlo più volte con attenzione e riverenza, e di praticarlo con esattezza. I Maestri poi vadano spiegandolo accuratamente nelle loro conferenze, alternativamente con le Regole e le Deliberazioni. Esso dovrà servir loro ancbe negli anni seguenti; perchè quanto è qui espresso non è esclusivo per Tanno di noviziato, bensì deve servire ancbe pei vari anni di formazione, e generalmente pel tempo dei voti triennali, che dalle nostre Costituzioni sono considerati come una terza prova.

 

PARTE PBIMA INDIRIZZO E FORMAZIONE RELIGIOSA SECONDO LO SPIRITO DELLA SOCIETA’ SALESIANA

 
Capo 1 DELLO STATO RELIGIOSO IN GENERALE

 

Seguire Gesù .

La Redenzione è il fatto più grande che sia avvenuto nel mondo. Per essa l´uomo, figlio prodigo, ribelle e decaduto, fu ricondotto nella famiglia di Dio, rialzato alla prima nobiltà, e reso nuovamente capace dei suoi eterni e divini destini. Per Gesù noi ricevemmo di nuovo la vita soprannaturale, e la riavemmo con maggior abbondanza. Anzi egli stesso divenne nostra vita. Nè solo questo: la Redenzione ci segnò la via alla vita, ce ne donò un modello divinamente ed umanamente perfetto. Tutto sta nel vivere di Gesù e seguirlo. Seguendolo, noi arriviamo alla vita di lui. E se vivere soprannaturalmente è un precetto di Dio ed una nostra necessità, tale diventa in un certo senso anche il soavissimo invito di Gesù : t Venite dietro a me » . Infatti chi non è con Gesù , è contro di lui; chi si separa da Gesù , è messo fuori come tralcio sterile ed arido, destinato ad ardere eternamente nell´inferno, Bisogna camminare con lui e camminare in lui.

 

Le due vie.

Ma vi sono due modi di seguire il Divin Redentore. - Un giorno si avvicina a Gesù un giovane e gli dice: « Maestro, che ho da fare per avere la vita eterna?» . E il Divin Salvatore: « Osserva i comandamenti » . Il buon giovane potè soggiungere: « Già li ho osservati fin dall´infanzia; che cosa di più ho da fare?» . Gesù lo guardò con occhio di predilezione e gli disse: « Se vuoi essere perfetto, va´, vendi ciò che hai, dallo ai poveri... e vieni e seguimi [2] » . Si può adunque seguire Gesù nello stato ordinario di buon cristiano, osservando i comandamenti; e si può seguirlo più da vicino, praticando non solo i comandamenti ma anche i consigli. Queste due vie adunque: l´ordinaria del buon cristiano e la religiosa di chi vuol seguire Gesù più da vicino, hanno il medesimo fondamento: la dottrina e l´autorità del Divin Redentore. Ma l´una differisce dall´altra quanto al termine: l´adempimento dei precetti è il termine delle obbligazioni della vita ordinaria; la vita religiosa invece abbraccia anche l´adempimento dei consigli evangelici, sotto la guida d´una regola.

Nella vita ordinaria del buon cristiano il fedele rimane in mezzo alle ricchezze, agli onori ed ai piaceri del mondo. Questi possono dare alimento alla sua concupiscenza, ma sorretto dalla grazia del Signore e guidato dai suoi precetti, egli domina le sue cattive inclinazioni, soffoca nel cuore l´amore disordinato a questi beni caduchi; « gode cioè di essi, dice san Paolo, come se non ne godesse » . Nella vita religiosa il cristiano per mettersi maggiormente al sicuro, va più avanti: in conformità ai consigli del Signore, egli si consacra alla privazione di lutti i beni terrestri, e se ne separa per sempre. Perciò la vita religiosa è una vita di separazione dalle cose mondane e terrene.

Nella vita ordinaria del buon cristiano, il fedele ritrae nella sua condotta la santa vita del Salvatore; stabilisce in se il regno di Dio, per quanto torna possibile il farlo in mezzo alla corruzione del mondo, ed alle occupazioni distraenti del secolo. Nella vita religiosa egli fa ii più : separato da tutto, libero dalle pastoie terrene, si unisce esclusivamente a Dio, partecipa più efficacemente di lui, e gli consacra in una vita in qualche modo celeste, l´uso di tutte le sue facoltà esteriori ed interiori. Perciò la vita religiosa è una vita di speciale unione e partecipazione di Dio.

 

Vita religiosa.

Essa pertanto è ad un tempo una vita di riparazione dal mondo e dai suoi falsi beni, ed una vita di unione con Dio, vita di santità, di perfezione.

È vita di perfezione, ed i santi voti sono la spada che separa il religioso dalla terra; vita di unione, e questi medesimi voti sono il vincolo misterioso che l´unisce con Dio. Nulla vi ha al mondo di più ragionevole e di più savio, che questa tua separazione dal mondo perverso e dai suoi pericoli. Se la fai ora, ne ritrai gran merito; mentre ciò avverrebbe parimenti fra poco colla morte, e allora senz´altro tuo merito.

Nulla parimenti di più ragionevole e di più savio che far subito quest´unione con Dio. Egli, per la sua bontà, trova le sue delizie nell´abitare coi figliuoli degli uomini, per riempirli della propria felicità. Tu correresti pericolo di perdere quest´unione, se rimanessi in mezzo alle seduzioni del mondo.

Pertanto nel seguir Gesù più da vicino praticando anche i consigli evangelici, nella separazione dal mondo consiste appunto lo stato religioso che tu vuoi abbracciare. Questo stato non è obbligatorio per tutti, perchè il Signore disse: « Se vuoi essere perfetto » . Ma è uno stato di maggior perfezione e chi lo abbraccia fa molto piacere a Gesù : Tu, che sei deciso di far piacere a Gesù in tutti i modi a te possibili, fai certamente bene ad abbracciarlo. Abbraccialo con cuore allegro e generoso, ed il Signore sarà in eterno il tuo gaudio e la tua corona.

 

Lo stato religioso viene da Dio.

Resta anche assodato essere Gesù Cristo medesimo che ha istituita la vita religiosa, per rappresentare e propagare tra gli uomini la perfezione della vita cristiana, il vero spirito del Vangelo. Egli la sostenne con la sua grazia, affinchè in tutti i secoli essa fosse fedele a realizzare questo suo intento. È Dio medesimo che va inspirando a molti di abbracciarla, dandone la vocazione. Fu lui che diede la vocazione anche a te, dandoti la buona volontà di farti ascrivere tra i fortunati figli di Don Bosco. Tu pertanto sappi approfittarne, e ringraziare il Signore.

 

I Santi Padri e la vita religiosa.

Tutti i Santi Padri riconobbero la maggior perfezione della vita religiosa, e ne fecero ì più lusinghieri encomi. Eusebio di Cesarea, dopo aver stabilito che il Divin Maestro diede ai suoi discepoli dei precetti per l´universalità dei fedeli, e dei consigli per le anime più generose, ne fa emergere questa naturale conseguenza: « Vi sono nella Chiesa di Dio due differenti generi di vita: l´uno è meno elevato e più accessibile alla debolezza umana: il cristiano che l´abbraccia contrae un onesto matrimonio, per avere figliuoli, s´occupa degli interessi della famiglia, intima ordini, e fa camminare insieme la coltura della terra e la mercatura colla pratica della religione. Ecco il primo grado: la vita cristiana. Il secondo stato è al disopra della condizione di natura e della condotta che segue la maggioranza degli uomini. In questo i cristiani, non cercando nè nozze, nè posterità, nè ricchezza, aprono il cuore ad un desiderio immenso dei celesti tesori, e si dedicano unicamente al servizio di Dio. Questa è la via della perfezione » (Demonstratio Evangelica, I, 8).

San Cipriano indirizzandosi alle vergini cristiane dice: « Il Signore non comanda di abbracciare la continenza perfetta, ma ci esorta alla medesima. Egli non impone all´uomo il giogo della necessità, dacchè gli lascia il libero uso della sua volontà; ma se insegnandoci che nella dimora di suo Padre vi sono molte mansioni, fa risaltare le più fortunate. Voi pertanto, o sante vergini, siete quelle che prendete queste mansioni migliori per vostra porzione. Reprimendo ogni concupiscenza della carne voi vi assicurate nei cieli una ricompensa più nobile e più abbondante » (Lib. de hàbitu virginum).

« L´arbitro dei combattimenti, dice san Girolamo, propone il premio, invita alla corsa, fa brillare nelle Sue mani la corona destinata alla verginità. Egli fa vedere una sorgente limpida e grida: se qualcuno ha sete venga e beva. Non dice: bisogna buono o mal grado refrigerarvi a questa fontana, o dovete correre nell´arringo; bensì: chi vuole bere, chi si sente il coraggio di slanciarsi nella corsa, lui otterrà quella corona, lui sarà saziato. È appunto per questo che chi entra nello stato religioso offre al Signore più di quanto egli non comandi, e viene a formare l´oggetto della sua predilezione. È più meritorio offrire più di quel che devi, che non il proporti di restituire solo quanto strettamente ti è chiesto » (Contra Jovinianum).

Ascoltiamo ancora Sant´Ambrogio. Egli afferma che « colui il quale pratica i comandamenti potrà dire al Signore: sono un servo inutile perchè ho solo fatto quel che dovevo fare. Ma colui che ha rinunziato a tutto, ed è entrato nello stato religioso per seguire Gesù può dire cogli Apostoli: Ecco che per amor vostro vi abbiamo seguito; dateci pertanto la dovuta nostra ricompensa » .

 

San Giovanni Bosco e la vita religiosa.

San Giovanni Bosco ebbe una venerazione straordinaria, ed un´attrazione speciale verso gli ordini religiosi. Egli stesso vedendone l´utilità grande, e l´aiuto che offrono per conservare l´innocenza dei giovani, mentre stava per compire il suo ginnasio, ebbe in animo di farsi religioso, entrando nell´ordine francescano. Procuratisi i documenti ed accettato formalmente stava già per entrarvi. Non sarebbe certo tornato indietro, se (oltre ad un sogno avuto, nel quale capì che non avrebbe trovato pace in quel convento) non l´avessero assolutamente dissuaso varie persone illuminate, e specialmente San Giuseppe Galasso. Tuttavia molte volte anche in seguito rivenne sul pensiero di entrare in qualche istituto religioso. Non desistette se non quando, dissuaso da varie persone dotte ed illuminate, chiaramente conobbe essere volontà di Dio, ch´egli stesso fondasse una nuova congregazione.

Amò sempre questo stato di maggior perfezione, e si mantenne costantemente in relazione ottima ed intima con molti religioni. Vari padri Cappuccini del Monte e della Madonna di Campagna presso Torino, erano da lui in molte circostanze visitati e consultati, e questi alla lor volta erano attratti da Don Bosco a venire all´Oratorio. I padri Francescani delle varie famiglie, i padri Domenicani di Chieri, di Torino e quelli di Roma ricordano ancora come Don Bosco fosse ad essi affezionato, e come si recasse da loro a consigliarsi ed a consolarsi in certe difficili circostanze della vita. I padri Benedettini di Roma, gli Scolopi, specie di Firenze, i Passionisti, erano da lui ricordati con frequenza. Tutti gli antichi di casa ricordano in quanta intimità si conservasse, ad esempio, col padre Secondo Franco e col padre Rostagno della Compagnia di Gesù , che considerava come suoi sostegni e consiglieri. Essendo a Torino alla direzione del Santuario della Consolata i padri oblati di Maria, si unì in tale intrinsichezza con loro, che vari credevano Don Bosco volesse entrare in quella congregazione. Ugual cosa avvenne coll´Istituto della Carità fondato dall´abate Rosmini, coi preti della Missione, coi Redentoristi. Egli venerava tutti sii ordini religiosi, perchè amava lo stato religioso in genere. E ciò perchè era convinto del gran bene fatto dai religiosi, e vedeva, riprodotta in essi la vita di Gesù Cristo.

A noi poi raccomandò incessantemente di rispettarli e venerarli tutti, di considerarli come nostri padri e fratelli maggiori. Ci proibì sempre di dir male di qualcuno, e nemmanco degli individui appartenenti a dette corporazioni. C´inculcava anzi che, con la parola e con gli scritti, occorrendo, sapessimo combattere quel pregiudizio mondano di chi dice, l´epoca nostra non essere più epoca da frati e da monache. Nè contento di ciò , anche ne´ suoi scritti sempre sostenne la santità e l´utilità dello stato religioso, ed il bene immenso che portarono e che tuttora portano all´umanità.

 

Differenza tra i comandamenti e i consigli.

Nel Vangelo, accanto ai comandamenti che obbligano, si trovano ad ogni pie sospinto indicati i consigli che invitano. Basta comprendere il significato di queste due parole per capire la differenza che esiste tra le due idee che esse esprimono. Resta adunque assodato che si può servire a Dio nella vita comune dei fedeli cristiani, e si può servirlo meglio nello stato di perfezione. Tutti devono essere fedeli nell´osservanza dei precetti; e quelli che lo desiderano possono elevarsi più alto colla pratica dei consigli. E tu che hai avuto la fortuna di ascoltare questa santa ispirazione, ringraziane il Signore dal fondo del tuo cuore. Pensando ai meriti sterminati che con questo ti accumuli per tutta l´eternità in paradiso, non lasciarti spaventare dagli scogli che devi superare, e dagli sforzi che devi fare. Cammina coraggioso per questo arringo, e Dio sarà per tutta l´eternità la tua mercede sovrabbondante, secondo che egli stesso ha la bontà di dirci [3].

Capo II FORME DI VITA RELIGIOSA

Sarebbe ora assai edificante poterci intrattenere alquanto ad esporre le diverse forme con cui vengono praticati nella Chiesa i Consigli Evangelici; e come siano sbocciati in seno ad essa, attraverso i secoli, secondo il bisogno dei tempi e dei luoghi, quelle che comunemente chiamiamo le famiglie religiose. Ma mi limiterà a pochi concetti adeguati, indispensabili per dare una giusta idea di quello magnifico tesoro della Chiesa madre nostra, che, depositaria della santità stessa infinita di Gesù Cristo, riproduce nelle varie famiglie religiose i vari ed inesauribili aspetti della santità del suo Divin Fondatore.

Benchè le differenze di vita fra le varie famiglie religiose possano sembrare profonde, in realtà, comune è l´intento, che costituisce sempre il fine essenziale di ogni ordine e congregazione religiosa: la santificazione cioè dei propri membri; come di ugnai natura sono pure i mezzi, che ricevono maggiore o minore estensione secondo le regole e le costituzioni del proprio fondatore.

In generale si dicono di vita contemplativa gli ordini puramente monastici; perchè in essi gli esercizi dell´orazione hanno la prevalenza sull´azione, che però non manca mai, anche se essa si riduca qualche volta a un solo lavoro materiale di vantaggio alla comunità.

Occorre notare che la vita eremitica degli antichi anacoreti che vivevano isolati, non è più riconosciuta dalla Chiesa come un vero stato religioso, per il quale è indispensabile la vita di comunità.

Questa prevalenza adunque della contemplazione sull´azione, è ristretta a questi ordini religiosi, venerandi per la loro antichità e per i grandi benefici apportati in ogni tempo alla Chiesa, fiorenti tutt´ora per lo spirito di santità che in essi regna.

Nelle altre famiglie religiose, che sono in genere tutte le congregazioni di ambo i sessi, gli esercizi di pietà sono interrotti dall´apostolato di bene in mezzo al prossimo, sotto le svariatissime forme della carità cristiana. Ecco l´attività di N. S. Gesù Cristo durante la sua vita pubblica, imitata da tante anime religiose come mezzo di santificazione propria e altrui. E questa mescolanza di preghiera e azione, ha fatto chiamare questi religiosi comunemente col nome di religiosi di vita mista, non dandosi più al giorno d´oggi religiosi di vita puramente attiva, come erano gli antichi ordini cavallereschi.

Lasciando da parte i rapporti di precedenza che gli ordini e le congregazioni hanno con la Chiesa nell´ordine giuridico, non è chi non veda come agli occhi di Dio e della Chiesa, le famiglie religiose siano tutte ugualmente care: tutte figlie della Divina Predilezione, che con somma generosità ha voluto rifornire ognuna riccamente di mezzi atti a portare i propri membri ai più alti gradi della santità. Giacchè è bene ricordarlo che una santità più o meno elevata non è annessa in modo di privilegio più all´una che all´altra delle varie forme di vita religiosa; e sarebbe inganno credere di poter giungere più facilmente alla santità, col scegliere un genere piuttosto che un altro, credendolo più perfetto; la santità è frutto del proprio lavorio nella corrispondenza alla grazia; ed è data dal grado di vita interiore e di perfetta carità raggiunta da ognuno nella pratica delle virtù cristiane. Tale delicato e difficile lavoro viene facilitato dalla grazia, che Iddio copiosamente concede a chi si trova nel proprio cammino: quindi non a quello che pare più perfetto, ma a quello a cui chiama una vocazione ognuno deve aderire, sicuro di trovare in quello la propria salvezza. Il Signore liberamente invita un´anima alla perfezione per un genere di vita piuttosto che per un altro: gli uni chiama al raccoglimento della vita contemplativa, libera dalla maggior parte delle incombenze che trae con sè un apostolato attivo in mezzo al prossimo; e per quella via li vuole nella perfetta carità; altri chiama alla partecipazione di quella divina attività che Egli mirabilmente esplicò nei tre anni della sua vita pubblica; e in questo caso, la santità sarà il frutto di un lavoro svolto sulla base della più tenace vita interiore e di unione al Padre, come fu il suo, senza di cui ogni attività non varrebbe a santificare. Così è stata precisamente la vita del nostro Santo fondatore Don Bosco, che con anima di perfetto contemplativo per la sua unione continua con Dio, svolse la sua missione di bene per la gioventù ; ed è stato uno dei santi la cui attività più ha commosso il mondo intero.

In questo stato di vita più che mai è essenziale il bisogno di ricopiare dalla vita contemplativa una conveniente misura di esercizi spirituali senza di cui, in mezzo alle occupazioni esteriori, infallantemente si cadrebbe in pericolo di dimenticare quello che si deve alla propria perfezione e allo stesso personale affare della propria salute.

Ama adunque, caro ascritto, la tua vocazione, che ti mette in uno stato così privilegiato, a cui sono annesse le più belle speranze per questa e per l´altra vita.

 

I religiosi e la gioventù .

Fra le opere di carità della vita attiva, è evidente che l´educazione della gioventù tiene, specialmente ai nostri giorni, il primo posto. I giovani formarono sempre il principale og getto delle predilezioni del Signore. Già nell´Antico Testamento il Signore volle darci un segno di questa predilezione per i giovani, nell´ispirare alla figlia del Faraone di Egitto di salvare Mosè . Consegnando essa il bambino alla mamma, Dio le fece dire (e per mezzo suo, fece dire anche a noi) quelle memorande parole: « Prendi questo fanciullo e nutrilo per me; io ti darà la conveniente ricompensa [4].

I giovani formarono sempre come la pupilla dell´occhio di Gesù . Egli medesimo voleva j giovanetti intorno a sè, riprendeva coloro che volevano allontanarglieli, e nel Vangelo si protesta che tien come fatto a se stesso tutto il bene che vien fatto ai minimi tra i suoi fratelli [5].

 

Importanza dell´educazione della gioventù .

I giovani sono come cera molle, e ricevono l’ impronta che loro si dà. È nella tenera età che l´uomo si forma al bene o al male. Allora egli contrae le abitudini buone o cattive, poichè è allora che le cose gli s´imprimono più

facilmente nell´animo. Le più forti inclina zioni dell´uomo sono quelle prese nella gioventù . È pertanto in quell´età che bisogna gettar con cura la preziosa semente delle virtù cristiane, ed estirpare le inclinazioni viziose che incominciassero a sviluppare il loro germe funesto. Dice lo Spirito Santo, che le virtù od i vizi di cui l´uomo ha contratto l´abito nella giovinezza lo accompagneranno fino al termine della sua vita. [6].

Anche l´esperienza ci fa vedere, e tutti i grandi pensatori lo notano, che, riformata la gioventù , è cambiata la faccia del mondo. L´umana società non è un fantasma, bensì l´unione di tutti gli uomini, di tutte la famiglie. I giovani d´oggi saranno gli uomini di domani; ben educato il giovane, tutta la società è migliorata. Perciò nessun´opera è più importante, ed in conseguenza più cara al Signore e più meritoria di questa. È per questo che il Signore medesimo ci anima all´opera promettendoci beni ineffabili [7].

Non si può negare che questa trasformazione e rigenerazione della società, che si produce per mezzo della educazione della gioventù non sia un vero apostolato. Se pertanto gli Apostoli ed i loro successori (secondo l´espressione di un Santo Padre) compariranno davanti al Dio rimuneratore seguiti dalle nazioni da essi convertite alla fede, la stessa cosa sarà di coloro che spendono la vita nell´educare la gioventù . Essi compariranno avanti a Gesù Cristo, seguiti dai loro innumerevoli allievi da loro educati. Qual cosa più consolante di questa? Riconosci pertanto il beneficio che ti fece il Signore dandoti questa vocazione, in cui puoi farti dei meriti tanto straordinari, occupandoti attorno ai giovani, e sappi approfittarne.

 

Don Bosco e i salesiani per i giovani.

Il nostro santo fondatore fu suscitato da Dio per la gioventù . Fin da bambino conobbe prodigiosamente ed esercita efficacemente questa sua missione. Era cosa del tutto mirabile vederlo ragazzetto di 10, 12 e 14 anni, attirare intorno a sè dozzine e alle volte centinaia di giovani, molti dei quali più adulti di lui, tenerli pendenti dal suo labbro, divertirli e pregare insieme. Studente´ di ginnasio ebbe l´istinto, o meglio l´ispirazione e la virtù di fondare la « Società dell´Allegria » , che già adombra in lui il futuro legislatore e nell´opera la sua congregazione. Fatto sacerdote rinunciò a rutto ed a tutti per i suoi « birichini » , di cui fu padre ed amico. Tutta la vita sua si informò a questo grido ed a questa passione santa: « salviamo la gioventù » . Perciò istituì gli oratori festivi, le scuole professionali, gli ospizi, i collegi, le tipografie. Salviamo la gioventù » , grida Don Bosco; e guidato da Dio raccoglie intorno a sè i migliori suoi figli, li informa del suo spirito, loro trasfonde i suoi ideali ed il suo zelo, li associa alle sue fatiche d´apostolo ed alle sue tenerezze di padre, li stringe a sè e a Dio con vincoli indefettibili, li slancia nel mondo cristiano ed in quello idolatra: ecco i Salesiani. Dopo di loro migliaia e migliaia d´altri, tutti sullo stesso stampo e cogli stessi ideali. « Salviamo la gioventù  grida Don Bosco, ed istituisce le Figlie di Maria Ausiliatrice, monumento vivente e grandioso della più tenera gratitudine alla sua Celeste Patrona, e le manda tra le ragazze a fare quello che lui ed i suoi figli facevano e fanno per i giovani. E questo non bastò a quel cuore grande e santo: chiama a suoi cooperatori tutti i buoni, facendone dei Salesiani nel mondo, cogli stessi programmi e sistemi. L´amore divino si diffuse in quel cuore, fece posto a tutte le anime: ma riserva il privilegio ai giovani, che furono la sua delizia. Da quel santuario come da una fonte perenne sgorga tuttora la fervida vena di vita cui tu attingi, o carissimo: Don Bosco è vivente ed operante nella grande e bella famiglia salesiana.

 

La grande e bella missione.

Ti ricordi il grido enfatico ed ispirato del grande Apostolo: « Siamo i cooperatori di Dio» {1 Cor., Ili, 9) nel salvare le anime, in questo ministero che San Dionigi l´Areopagita dice il più divino fra i divini? Sarai continuatore di Gesù e di Don Bosco: qual gloria, e quanta responsabilità! Ti sorrida e t´accompagni la speranza del premio speciale che t´è riservato in cielo, ove è grande « chi fa ed insegna » , e dove « coloro che ammaestrano molti nella santità, splenderanno come stelle nei secoli eterni» [8].

 
Capo III PREZIOSITà DELLA VOCAZIONE Vocazione cristiana.

Dio creà l´uomo come una tra le più belle effusioni del suo amore. Ne fece un suo figliuolo, un partecipante della sua natura e della sua gloria, il re dell´universo. Ma il peccato strappa l´uomo a Dio, e ruppe tutti questi rapporti di privilegio. Gesù Cristo riallacciò i primi vincoli e li rese anzi più stretti. Egli ci unì a sè così intimamente ed efficacemente da poter dire: « Io sono la vite e voi i tralci, e rimanendo uniti a me darete molto frutto» . Come nella vite l´umore vitale che le viene dalle radici si comunica ai tralci e li fa vivere e fruttificare, così dalla vite che è Gesù Cristo ci viene la linfa di vita, che ci fa produrre opere soprannaturali, meritevoli d´eterna ricompensa. Gesù è il capo, dice San Paolo, e noi siamo le membra. La santa Chiesa è il corpo mistico di Cristo. Come dal capo viene la vita, così da Gesù Cristo viene a noi la grazia. Per questa unione vivificatrice noi diventiamo figli di Dio, e la nostra anima diventa fortunata sposa dello Spirito Santo. Perciò il Padre non ci riguarda più come figli colpevoli d´Adamo peccatore, ma come fratelli di Gesù , e quindi suoi figliuoli adottivi. Questo innesto alla vita divina si compie nel santo battesimo, e si svolge e perfeziona negli altri sacramenti. Questa è la vita che vive e si nutre di Dio per Gesù Cristo. Tutto ciò gratuitamente, per libera degnazione del Signore. Riconosci, o figliolo, la tua grandezza; e ringrazia il buon Dio di averti degnato di tanta scelta. È la prima vocazione fatta di te dal Signore, cui tu devi corrispondere e cooperare.

 

 Vocazione religiosa.

Fin qui però siamo ancora nella sfera dell´ordinaria vita cristiana. Ma per noi religiosi tì è ben altro di assai più sublime. Iddio, impietosito di noi, creò un giardino speciale per noi, ripieno di ogni bene, e volle prenderci e trapiantarci in quello, per comunicarci grane anche più elette. Questo è segno di sua predilezione. Sì: ogni ordine religioso, ogni congregazione, anzi ogni convento, ogni monastero, ogni casa religiosa è davvero un Bardino, un nuovo paradiso terrestre, in cui Iddio pone i suoi privilegiati. Egli ci ha chiamati ad una vita più perfetta, a rappresentare sulla terra, in questo mistico giardino, la perfezione della vita cristiana. E tutto questo senza alcun nostro merito, forse in mezzo ai nostri demeriti, per pura sua bontà. Per mezzo di questa vocazione egli stesso ci previene nei nostri bisogni e ci si propone per guida.

La vocazione religiosa Perciò è a noi quale stella condottiera, ch´egli fa risplendere sul nostro capo. È , come agli Ebrei nel deserto, colonna di nube e di luce, che per ordine di Dio cammina incessantemente innanzi a noi. Essa è la sua propria mano raggiante ed amante, che segna la via alla nostra fede, e serve di focolare al nostro amore. Essa è il se me infallibile della nostra perfezione, l´elemento della nostra forma celeste, la sostanza della nostra beatitudine.

Non è possibile riflettere alla grandezza della grazia della vocazione, senza essere condotti ad ammirare stupefatti l´opera sublime che il Signore volle produrre in noi. Ogni grazia procede dal cuore di Dio; quindi è che anche la più piccola ha uno smisurato valore. Ma quella della vocazione religiosa viene certamente dalla parte più santa e più amante di quel Cuore medesimo. Essa è un dono squisito dove pare che tutte le divine perfezioni siano state prodigate in maggior copia, e diletto più grande. Non dunque con indifferenza devi corrispondere a così grande grazia, a questa santa, misericordiosa e beatificante chiamata; bensì riceverla coi ginocchi a terra, colla fronte nella polvere, col cuore acceso e pieno di desiderio di far qualunque sacrificio per corrispondervi.

 

Vocazione sacerdotale.

Ma vi è qualche cosa dì più elevato ancora della semplice vocazione allo stato religioso. Chi è chiamato al sacerdozio è da Dio scelto à suo coadiutore nell´apostolato delle anime, a Suo intermediario tra il cielo e la terra, a suo rappresentante diretto. La dignità del sacerdozio supera tutte quelle del mondo, ed è formidabile agli angeli stessi: solo la divina maternità di Maria la supera. Eppure Iddio volle scegliere te, e adesso, per tratto dell´ineffabile sua bontà e misteriosa degnazione, sia qui abilitandoti. Oh come dovresti corrispondere, e procedere nel prepararti con sollecito impegno e rispettoso timore´ Avessi mai fatto nessun peccato neppur veniale; ti fossi dato da bambino alle opere buone, e ti fossi esercitato in esse con zelo immenso e sempre crescente; avessi fatto tutte le preghiere dei solitari, tutte le penitenze dei martiri, con tutto ciò non ne saresti affatto degno. Quanto hai da essere riconoscente al Signore! Ma anche quanto devi sforzarti per prepararti bene, molto tempo innanzi, cominciando subito, appena indossata la veste religiosa chiericale!

 

Preparazione alla vocazione.

Rifletti molto sulla vocazione sublime, a cui sei chiamato, e preparati. Noè lavorò cent´anni per preparare l´arca di salvamento; Abramo non dubitò di sacrificare il medesimo suo figlio per corrispondere alla vocazione del Signore; Isacco, Giacobbe dovettero superare difficoltà immense, per poter essere progenitori del Messia; Mosè sopportò noie infinite, per compiere la missione affidatagli da Dio; pose cure estreme per edificare convenientemente il tabernacolo per il Dio vivente e l´arca dell´alleanza; Davide spese tutta la sua vita a preparare il materiale onde fabbricare su questa terra un´abitazione meno indegna del Signore; i profeti sopportarono persecuzioni, fame, sete, martiri, per eseguire l´opera loro affidata dal Signore; gli Apostoli furono tutti martirizzati dopo inaudite e lunghissime persecuzioni; i santi, giudicarono sempre d´aver fatto troppo poco per il Signore. E tu che hai avuto una vocazione così sublime non ti scuoterai, e non ti deciderai a voler cominciare subito per non trovarti poi al tempo di emettere i santi voti a mani vuote? Tu che sei chiamato a cose tanto grandi, al sacerdozio, non impiegherai tutto il tempo del tuo chiericato per prepararti bene alla missione che Dio ti vuole affidare?

 

Doveri verso la vocazione.

Su adunque: riconoscenza, umiltà, corrispondenza! Ne, per carità di te stesso, lasciati mai tradire dall´idea d´aver tu reso un bene ciò alla congregazione, con esserti fatto ascrivere ad essa; oppure aver con ciò fatto un beneficio al Signore. È un favore immenso che il Signore rese a te chiamandoti a servirlo più da vicino, ed una grazia grande che ti fece la congregazione accettandoti nel suo delizioso giardino, tanto prediletto da Gesù .

Cerca pertanto di ben comprendere, che è meglio per l´anima tua un giorno solo passato eoi Signore, che mille passati nel secolo [9]. Procura di persuaderti ben bene che sono beati quelli che abitano la casa del Signore [10]; e Perciò dovresti distruggerti dal desiderio di riuscirvi, ed esclamare col cuore pieno di riconoscenza: come son belli i tuoi tabernacoli, o Signore delle virtù ! L´anima mia vien meno di gioia negli atrii del Signore [11].

La vita religiosa è quel tesoro di cui parla il Vangelo, per avere il quale s´ha da essere disposti a vender tutto: è quella perla preziosa, per trovar la quale bisogna esser pronti a metter sossopra la casa, e, se occorre, a dare anche la vita. Alla vocazione possiamo ben applicare quelle parole della Sapienza: Con questa mi vennero tutti i beni [12]. Pertanto tu immaginati di essere uscito dal mondo come da una terra maledetta, che divora i suoi abitanti; di essere come i figli di Israele, usciti dall´Egitto che maltrattava il popolo di Dio; e che ora, per segnalato prodigio del Signore, che tanto ti amò, stai camminando verso la terra promessa, dove scorre latte e miele. E compreso d´ammirazione e di gratitudine, intona anche tu il cantico intonato da Mosè nell´uscire dal Mar Rosso: Cantiamo a! Signore, perchè ha fatto meraviglie. Egli è la mia forza e la mia lode, e divenne il mio Salvatore: egli è il mio Dio ed io lo glorificherà , egli è il Dio dei miei padri ed io lo esalterà in eterno [13].

 

Come il Signore chiama alla vita religiosa.

Bisogna tuttavia che cerchi di assicurarti bene, se questa tua vocazione poggi davvero su salde basi. Vi sono delle vocazioni straordinarie come quella di San Paolo; ma di queste non si parla qui. Per le vocazioni ordinarie si può tenere, che in due modi Iddio fa per lo più conoscere la sua volontà a quelli che egli chiama allo stato religioso. Il primo è un attraimento sensibile, che l´eletto prova fin dall´infanzia per abbracciare in generale la vita religiosa, ed anche per abbracciare un certo ordine o congregazione determinata, o per andar missionario. Questo attraimento è accompagnato da disprezzo per le cose del mondo, da stima per quelle della religione, e da un desiderio costante di consacrarsi tutto interamente a Dio e di salvare delle anime, Se tu hai avuta la tua vocazione in questo modo è un dono gratuito. Egli te lo comparti senza che tu per nulla te lo meritassi, e ti liberà in questo modo da mille angustie e prove, che avrebbero potuto farti soccombere. Nel secondo modo Dio chiama per via di ragionamento e di vocazione. Si comincia dal considerare più seriamente del solito l´obbligo d´attendere alla salvezza dell´anima: si passa a considerare, che per salvarsi è necessario praticare le massime del Vangelo, e lo si desidera vivamente. Non occorre gran considerazione per constatare quanto sia difficile tal pratica stando nel mondo, e così si insinua poco a poco nell´anima il pensiero di lasciarlo e di ritirarsi per vivere tutti di Dio.

Questo lume interiore si forma lentamente, per una serie di convizini già dedotte le une dalle altre, e produce già, mentre l´individuo vive ancora nel secolo, un gran progresso nel bene. È un lume che poco per volta si fa così chiaro, da non potere non capirsi che esso viene certamente da Dio. Se ciò non venne prima, tiene specialmente nei primi mesi del noviziato, forse dopo alcune prove più o meno dolorose. Ed allora si resta tutti consolati, nella certezza di non essersi sbagliati nella scelta dello stato. Se a te venne la vocazione in questo ‚modo, sappi che devi seguirla, quantunque questo lume non sia mai stato accompagnato da attraimento sensibile verso lo stato religioso. Per abbracciarlo basta sapere che in questo stato puoi amare di più il Signore, e lo puoi servire meglio, che puoi guadagnarti con più sicurezza il paradiso. Ti sentissi pure difficoltà gravi, e persin ripugnanza, va´ avanti con sicurezza, che la via ti fu, insensibilmente sì, ma certamente tracciata dal Signore. In molte altre maniere può il Signore far conoscere la sua volontà. Alcune volte si serve delle disgrazie, della povertà, dei dispiaceri di famiglia, delle persecuzioni; altre volte il Signore giunge fino al punto di bontà di prendere occasione dai maggiori peccati commessi da uno, per aprirgli gli occhi, farlo disgustare del mondo, e condurlo alla religione. Ma qualunque mezzo Iddio abbia voluto adoperare verso di te, tu che ti sei sentito chiamato alla vita religiosa, e che essendo stato accettato dai superiori ne hai già avuto una conferma, devi ringraziare il Signore e mettere tutte le tue forze per corrispondere, e rendertene meno indegno che ti sia possibile. E se, per riuscire a questo, dovessi ben anche far gravissimi sacrifici, non lasciarti intimorire: ricordati che i Santi Padri concordemente tengono la vocazione come un segno sicuro di predestinazione. Sant´Alfonso dà per.certo, e Don Bosco ce Io conferma, che nessuno, il quale debitamente perseveri in congregazione, si dannerà. E, per non scoraggiarti, ricordati inoltre che non devi far tutto da te; anzi il più lo ha da fare e  lo fa certamente quel Signore, che ti diede la vocazione. « Chi ha incominciata l´opera buona, la condurrà a termine » . La parte tua è che tu corrisponda, cioè che non metta ostacolo con la tua cattiva volontà alle grazie che il Signore vuol farti, e che faccia quello che puoi per assecondare quelle che ti ha già fatto. La Madonna ti farà in ogni caso da mamma tenerissima, se tu le sarai divoto e la invocherai con filiale fiducia.

Pertanto tu procura di non esitare un istante a seguire la vocazione quando l´avessi sentita. Imita gli Apostoli ed i santi. San Pietro e Sant´Andrea mentre stavano pescando furono chiamati dal Divin Maestro a seguirlo, ed essi, dice il Vangelo, « lasciate le reti lo seguirono » . Anche San Giacomo e San Giovanni erano nella barca col padre quando Gesù li chiama ; ed essi senz´altro « lo seguirono abbandonando il padre e le reti » . Sant´Antonio abate sente in chiesa a leggere il Vangelo dove Gesù dice ad un giovane: Va´, vendi ciò che hai, dallo ai poveri e seguimi » . Tenne queste parole come dette a sè: andò , vendette, diede ai poveri, si ritirò nel deserto; santificò sè e fu padre d´innumerevoli santi. Mentre invece, di un giovane che avrebbe voluto seguirlo ma domandava dilazione, Gesù disse: « Non è atto per il regno di Dio » . Coraggio : qualunque difficoltà  s´interponga tu di´: il Signore lo vuole, andiamo. E non badare ad altro; le difficoltà si scioglieranno in seguito.

Capo IV NECESSITA’ DI CORRISPONDERE ALLA VOCAZIONE, E MODO DI CORRISPONDERE BENE

 

I chiamati e gli eletti.

Conviene che il religioso abbia sempre davanti agli occhi che la vocazione, e la perseveranza nella vocazione, sono due grazie distinte e non da confondersi l´una con l´altra. La prima è generalmente un dono affatto gratuito, e conceduto senza alcun merito precedente; ma la seconda deve sempre meritarsi cella preghiera, colle buone opere, colla corrispondenza fedele alla grazia. « Si può esser chiamati da Dio, dice Sant´Alfonso, anche in mezzo ai nostri demeriti; ma non si può avere la grazia della perseveranza se non la meritiamo con la preghiera e con le buone opere » .Perciò non ti rincresca, o mio buon ascritto, che ancor una volta ti trattenga su questo argomento, e ti scongiuri per le viscere di Gesù Cristo, a meritarti coi tuoi sforzi grandi r continui, questa eletta grazia della perseveranza. Ricordati, che a chi ben comincia il premio si promette solamente, ma non si dà se non a chi persevera [14]. Tieni sempre altamente impresso nella tua niente quel detto evangelico che: « molti son chiamati ma pochi gli eletti [15]» . E questo ti faccia tosto rinsavire, quando cominciassi a dare indietro nei tuoi buoni propositi. Ricorda sempre che furono più di seicentomila gli uomini, senza contare le donne ed i fanciulli, che uscirono dall´Egitto tra i miracoli ed i prodigi; ma tra tanti non furono che due i quali entrarono nella terra promessa; tutti gli altri morirono nel deserto essendo stati infedeli alla grazia del Signore, essendosi lasciati portare alle mormorazioni, alle disubbidienze, e ad altri peccati. Ricorda che Saulle fu scelto re di Israele da Dio medesimo, e consacrato tale dal profeta Samuele; tuttavia, non avendo corrisposto alla grazia, fu riprovato. La vocazione di Giuda all´apostolato fu certa e vera, poichè essa veniva direttamente da Gesù ; ma, avendo mancato alla grazia della vocazione, Giuda divenne un traditore ed un demonio [16]. Dopo sì terribile esempio qual religioso oserebbe star tranquillo dicendo a se stesso: Io sono sicuro di me, la mia vocazione è certa; essendo il Signore che mi ha chiamato, io non temo di nulla? Senza la corrispondenza a nulla ti servirebbe la tua vocazione: anzi ti servirebbe a condanna.

 

Dovere di corrispondere alla vocazione.

Non basta pertanto l´aver conosciuta la preziosità della vocazione: bisogna che ti occupi seriamente a ben corrispondere ad essa, come la cosa più necessaria per la tua perseveranza e per la tua eterna salute. Essendo la grazia della vocazione allo stato religioso un beneficio talmente grande, che, oltre quello della redenzione, nessun altro è maggiore, ciascuno deve corrispondere a proporzione della sublimità del dono. « Grande, diceva ai suoi religiosi San Bernardo, grande assai è sopra di noi la misericordia del Signore, che per virtù ineffabile del divino suo spirito, e per dono inestimabile della sua grazia, ci ha sottratti alla vana conversazione del secolo ingannatore [17]» . Che se ognuno di noi, continua a dire questo santo, attentamente considera non solo donde sia stato tolto, ma eziandio dove sia stato collocato; non solo a quali mali sia stato sottratto, ma anche di quali beni sia stato colmato; non solo da che luogo sia stato liberato ma anche a che sia stato chiamato, rileverà senza fallo, che il cumulo di questa misericordia sorpassa oltremodo la grandezza e la misura di ogni altra grazia. Apparirà anzi, segue a dire San Bernardo, tanto più smisurata l´estensione di questa misericordia, se si rifletterà, che Iddio ci chiamò a sè nella religione sebbene non abbia in noi ravvisato merito veruno, anzi avendo in noi visti demeriti, e talvolta ancora demeriti grandi e molti, e avendoci Perciò visti ingrati ed immeritevoli di sì gran dono.

Piacesse però al cielo, conclude il santo, che spesso si facesse presente agli occhi del nostro cuore la tetra immagine delle nostre tenebre e della detestabile nostra malvagità, onde attentamente riflettendo alla grandezza della nostra meschinità, venissimo a conoscere, se non interamente almeno a sufficienza, quanto sia stata grande la misericordia del nostro Divin Liberatore, per concepirne la dovuta stima e mostrargliene grata corrispondenza.

 

Che sia il corrispondere alla vocazione.

Vedasi ora in che consista la corrispondenza, che il religioso deve alla misericordia del suo buon Dio per la grazia della vocazione. Allorchè il Signore volle sottomettere il suo popolo a tutte le osservanze e ai riti legali prescritti dal Levitico, non gli prospettò , per obbligarlo a una inviolabile ubbidienza, che il beneficio dispensatogli dalla sua destra, onnipotente coll´averlo sottratto alla schiavitù d´Egitto e guidato per vie mirabili verso la terra promessa. « Rammentatevi, disse loro, che io sono stato il vostro Dio, il vostro liberatore, colui che vi sciolse dalle catene, in cui, meschini, eravate avvinti sotto la barbara cattività di Faraone . Io sono il Signore che vi ha liberato dalla schiavitù di Egitto. Per gratitudine dovuta al dono della mia clemenza dovete puntualmente eseguire le mie intenzioni, osservando quanto vi si prescrive nelle mie leggi; affinchè non abbiate a macchiare le vostre anime col trasgredirle. Badate alla vostra santificazione, dovendo essere santi ancor voi siccome santo sono io. Ciò che pretese Iddio dal suo popolo in corrispondenza d´averlo liberato dall´Egitto, pretende similmente dai religiosi, liberati anch´essi per sua infinita misericordia dall´Egitto del secolo, e collocati in seno alla religione, ove vuole che essi si facciano santi e perfetti come santo e perfetto è lui stesso, il Signore. E la perfezione e santità, a cui Iddio vuole che tenda con ogni sua forza il religioso, è quella che deriva dall´esatto adempimento di tutti i doveri del proprio stato. Questo è il vero contrassegno della riconoscenza alle misericordie del Signore. Il gran punto per consolidare la propria vocazione, e corrispondere con perseveranza, sta nel far bene e per amore del Signore i propri doveri, ed esercitarsi nelle virtù proprie dello stato, che s´intraprende. È l´apostolo San Pietro che c´inculca con gran forza questa verità. O fratelli, dice, studiatevi di rendere certa la vocazione ed elezione vostra per mezzo delle buone opere, poichè facendo in questo modo, non peccherete giammai [18]. Dunque è necessario che le tue buone opere siano straordinarie. Per te ora nel noviziato esse consistono nell´essere fedele alla grazia, tenace alla regola, attivo nel praticare i suggerimenti del Maestro; in nessuna cosa cercare il piacere o la comodità tua, ma fare sempre ciò che piace di più al Signore. Se pertanto tu ti sforzi e t´abitui a questo nei tre anni almeno che devi passare nelle case di formazione, tu puoi stare quasi certo che persevererai nella vocazione. Conserverai per tutta la vita quell´ardore nel bene, quella tenacia nell´osservanza delle regole, quel fondo di pietà e di regolarità, quel carattere mite, paziente e caritatevole che vi avrai acquistato.

 

 Come corrispondere.

Ma bisogna pensare sul serio a regolare i tuoi pensieri, le tue parole e le tue azioni. La norma suprema, semplicissima, sicurissima per regolare bene e pensieri, e parole ed opere, è il tenersi sempre alla presenza di Dio. Questo si può chiamare farmaco universale^ e mezzo generale per arrivare alla perfezione. Non lasciarti scaldare la fantasia da progetti inopportuni e chimerici. Essi fomentano la vaiuta e l´orgoglio, logorano le forze interiori.´ e impediscono di applicarti seriamente al lavoro ed alla preghiera.

Sventa l´arte finissima di Satana, presentando a Dio ed al tuo direttore di spirito ciò che ti sembra avere qualche importanza pratica; e rigetta tutte le altre fantasmagorie. Vivi le verità che impari e le convinzioni che ti formi. Per regolare le proprie parole, applicati ad acquistare lo spirito del silenzio religioso. San Giacomo ci insegna ad essere pronti ad ascoltare ma tardi nel parlare, e.

dice chiaro: Vana è la religione di colui, che, pensa d´esser religioso non raffrenando la sua lingua [19]. Devonsi infine regolare le proprie azioni badando all´intenzione con cui le opere si fanno, e alla loro esecuzione. Desidera di glorificare Dio in ogni cosa, e proverai la gioia piacergli. Nei piccoli e grandi doveri ‚abituati ad essere sempre giudizioso preferendo il buono all´utile, il meglio al bene, e sii in tutto diligente. Nelle tue azioni procura d´essere anche diligente e pronto, e di condurle a termine nel tempo e modo prescritti. Infine ti gioverà moltissimo alla perseveranza nella tua vocazione l´osservanza esatta delle regole. Sono le regole che formano e custodiscono i religiosi! Permettimi ti aggiunga, che se vuoi davvero essere perseverante nella tua vocazione, alle cose fin qui dette, devi ancora unire una tenera divozione alla Beata Vergine. Questa nostra Signora Immacolata, potente Ausiliatrice dei Cristiani, è la buona Mamma dei Salesiani; essa che ti diede il principio della vocazione te ne darà anche la perseveranza. Vorrei dire, che chi vuol perseverare nella vocazione, e non è divoto della Madonna, « sua disianza vuol volar senz´ali » . Nè dimenticare di chiedere l´intercessione di San Giuseppe, nonchè del nostro buon padre e fondatore Don Bosco, e di Don Beltrami, e di quegli altri santi confratelli, della nostra Pia Società che emersero più in virtù . Essi sono i nostri modelli nella vocazione; siano pure i nostri protettori.

 
Capo V DEL FINE E DELLA NATURA DEL NOVIZIATO

 

Fine del noviziato.

Il fine del noviziato è doppio: cioè 1° provare ed essere provati; 2° insegnare teoricamente la vita religiosa. Lo stato religioso per mezzo dei santi voti stringe tra l´istituto e l´individuo che vi entra una specie di contratto, che porta da ambe le parti conseguenze gravissime e per tutta la vita. L´istituto si obbliga di mantenere il confratello e somministrargli i mezzi di santificazione; e l´individuo si obbliga di vivere secondo lo spirito dell´istituto, tendendo alla perfezione ed osservando le regole ed i santi voti che vi emette. Non conviene Perciò nè che l´individuo abbracci l´istituto con dati dubbi o poco conosciuti, nè che l´istituto accetti chi non avesse il suo spirito e le qualità necessarie per farsi santo in esso.

 

L´ascritto prova se stesso e la congregazione.

Dunque per prima cosa il noviziato è fatto perchè l´individuo, prima di abbracciare lo fiato religioso, provi in pratica lo stato che » vuole abbracciare. Anche le anime meglio intenzionate, stando nel mondo, per lo più non hanno idee esatte sulla vita religiosa. Alle volte si decidono ad abbracciarla attratte più dall´immaginazione che dalla riflessione: non conoscono le proprie forze, nè le obbligazioni ne s´impongono. Conviene perciò , che prima di obbligarvisi definitivamente, provino e vendano bene alla pratica, e vedano chiaramente le cose coi propri occhi. E questo è appunto dà che si fa nel tempo del noviziato. Discernerai molto meglio se la congregazione è fatta per te con la pratica, che con la considerazione. Qui avrai campo a giudicare meglio se i tuoi doveri concreti sono proporzionati alle tue inclinazioni, al tuo carattere, alle tue tendenze ed alle medesime tue forze fisiche. Qui vedi le cose in pratica, senti leggere e spiegare le regole; qui ricevi continuamente avvisi e ammaestramenti opportuni, e vieni a conoscere esattamente i doveri che t´incombo‚e il peso che avresti da addossarti per ratta la vita. Guai se tu passi questo tempo senza riflettere seriamente sopra te stesso, e senza consolidarti nei sodi principi della vita religiosa! Serviti quindi bene di questo tempo.

Questo è anche il motivo principale per cui, quelli che fanno il loro anno di probazione, devono osservare le pratiche dell´istituto con tanta esattezza, sebbene non abbiano ancora contratto con l´istituto medesimo vincolo alcuno, colla professione. Tu sappi pertanto che non devi osservare le regole solo per obbedienza e per reciproca edificazione, ma anche per motivo di prudenza; onde conoscere cioè se sarai capace in seguito di osservarle bene, tutte, sempre. Perchè se nel noviziato non le osservi bene, non potresti capire abbastanza se ti sentirai di osservarle per tutta la vita, e se Perciò la congregazione è fatta per te, e se tu sei fatto per la congregazione. Cerca anche di capire in pratica che farsi religioso vuol dire: mi lego strettamente a Gesù Cristo per seguirlo dappertutto, Fino al Calvario, sino a lasciarmi configgere in croce con lui.

Gesù dice schietto a chi si mette alla sua sequela: Rinnega te stesso, abbraccia i flagelli, le spine, la croce. Ebbene: provati sodamente durante il noviziato, per vedere se sei capace di abituarti a queste cose. Bisogna che ti formi alla rinuncia dei tuoi gusti e delle tue abitudini per prendere in tutto i gusti e le abitudini di Gesù . Ciò è troppo importante affinchè una volta impegnato a seguir Gesù Cristo in una congregazione, non trovi poi la via troppo dura ed abbi poi a dire: Oh se avessi saputo...! Tu prova bene nel tempo del noviziato, e vedrai quel che puoi e quel che non puoi sopportare. Iddio non ti lascerà mancare la sua grazia e le necessarie consolazioni; ma assolutamente vuole da te generosità e perseveranza. In pratica pertanto devi scrutare te stesso, e venire a conoscere se hai la decisione assoluta d´abbracciare la nostra società. Devi istruirti sui doveri che la vita religiosa prescrive, e vedere se hai le qualità necessarie per poter farti santo in essa. Specialmente devi esaminarti se, col divino aiuto il quale non manca mai), ti senti le forze sufficienti per eseguire poi, per tutta la vita, sii obblighi che il nuovo stato di vita t´impone. Poichè abbracciare le regole e poi non praticarle, fare i voti e poi trasgredirli, promettere stabilità perpetua nella congregazione e poi uscirne, è un vero spergiuro. Perciò il Signore se ne mostra gravissimamente offeso, e fulmina coloro che così agiscono con quelle terribili parole: Costoro non sono atti per il regno dei cieli.

 

Nel noviziato l´istituto prova il novizio.

D´altra parte conviene che un istituto, prima di accettare un confratello, lo provi in ogni modo, e non lo accetti se non lo trova proprio ben preparato e ben adatto. Molte volte chi a primo aspetto si giudicherebbe ottimo, scrutate le cose a fondo si scorge essere ben lungi da quello che a primo aspetto appariva; e chi si giudicherebbe atto, dà poi prove evidenti di essere affatto inetto agli uffici della società che abbraccia. Non sono mai troppe le cure che si prende una congregazione per assicurarsi di coloro che ammette nel suo seno, e la rigorosità nel non ammettere se non quelli che danno morale certezza d´essere chiamati da Dio a farne parte. Questo giova al conveniente funzionamento della congregazione stessa ed in pari tempo giova agli individui, cui impedisce un passo sbagliato. Si investighi assai se essi abbiano le forze sufficienti, un carattere adatto, attitudini convenienti allo stato che essi desiderano abbracciare, e se dan segno di sufficiente fortezza per corrispondere alla grazia della vocazione; se han tanto zelo, fin dal noviziato, che meritino davvero di essere ammessi alla professione dei santi voti religiosi. Se pertanto i superiori non trovassero in te, o mio buon ascritto, le doti opportune, come se la tua salute non reggesse, i tuoi talenti per gli studi non fossero sufficienti per il nostro stato di vita; se trovassero che il tuo carattere, i tuoi difetti, che potrebbero anche non impedirti d´andare in paradiso, fossero tali da turbare l´armonia generale della comunità, e per queste cose essi ti licenziassero: tu non avresti motivo a lamentarti di queste disposizioni.

Dovresti separarti da loro senza fare il minimo lamento persuaso che uscendo non fai male, e che non vi è ragione da parte tua ad inquietudine alcuna.

 

 Nel noviziato l´ascritto si prepara alla vita religiosa.

Oltre questa duplice prova, il noviziato ha anche un altro fine: esso è una preparazione, o scuola preparatoria, nella quale gli ascritti si abilitano alla vita che devono poi condurre. In questa scuola sono istruiti, e come condotti per mano alla perfetta vita cristiana ed alla vita religiosa. Poichè è da conoscer bene, che la vita religiosa è diametralmente opposta alla vita condotta secondo i soli movimenti della natura. Il religioso che guarda le cose della fede, deve considerare come spazzatura, e calpestare ciò che i mondani amano ed adorano; e per sè deve cercare e scegliere ciò che i mondani hanno in orrore. Il giovane che viene dal mondo, anche quando vi abbia vissuto piamente, non prende subito lo spirito della comunità; nè si forma così presto a quella vita soprannaturale, che è la vita di ogni persona consacrata a Dio. Inoltre lo spirito d´ogni istituto religioso ha un´atmosfera speciale, che s´insinua poco a poco, che impregna le anime ed i caratteri, e dà loro per così dire, una novella natura. Essa agisce tanto più sicuramente quanto più trova le anime ben preparate. Ma per riuscire a questo, la scuola deve essere ben energica, perchè in fin dei conti ha da rifare tutto l´uomo.

 

Necessità di questa preparazione.

E se questo cambiamento di te stesso tu non lo attui nel noviziato, come puoi sperare clie lo praticherai poi per tutta la vita? Questa abilitazione, questo mutamento di costumi e di gusti, questa totale mortificazione delle passioni, dev´essere la mèta, a toccar la quale devi applicarti con tutta la potenza del tuo spirito e con tutta l´energia del tuo cuore.

Poichè non è da considerarsi come facile. Anche le anime più rette e prudenti, sebbene entrando conoscano in generale che la vita religiosa è una vita di abnegazione e di sacrificio, non conoscono i particolari di questi sacrifizi, e non hanno ancora imparato il modo di superarli; ond´è che alla prova vari non resistono, e tornano indietro. Essi, prima di entrare non videro che il lato brillante del distacco e del sacrifizio, senza indagare le forze che si richiedono per essere perseveranti in essi, e senza aver imparato il modo pratico di superare le difficoltà, che si frappongono per compire il loro disegno. Si è in una età in cui la vita si mostra ridente, e non si bada a quel che viene dopo. Si sa che bisogna far violenza al proprio cuore nel lasciare la famiglia, nell´abbracciare la castità perfetta, nell´eseguire la vera povertà in pratica e il rinnegamento della propria volontà. Il cuore generoso fa con slancio questi sacrifizi; ma se non è ammaestrato ben bene nel noviziato sul modo pratico di superarli con calma e senza esagerazione, si vede poi in faccia a difficoltà che non potrà colle forze ordinarie superare, e si scoraggerà. Invece se fosse stato ben ammaestrato prima, e avesse prese le cose bene per il loro verso, tutto sarebbe riuscito. In fondo del cuore il giovane dice: « Ho da superare grandi sacrifici; ma una volta che abbia fatto i miei voti, sarà felice ». Ed invece accade alle volte che, non avendo fatto abbastanza profitto nella scuola del noviziato, non saprà poi prendere le cose sotto il loro vero aspetto, e verrà il rimpianto della vita ideale alla presenza della vita reale. Oh sì! te lo assicuro, tu sarai davvero felice nella vita religiosa: il tuo cuore e la tua anima vi troveranno una pace ed una gioia inenarrabile! Ma ciò a due condizioni: che cioè vi sia stata prima una vera vocazione, e non sia entrato con fini storti o sbadatamente; e poi che nella scuola del noviziato abbia acquistato l´energia e imparato il modo pratico di superare le difficoltà per corrispondere a detta vocazione. Non andare avanti senza il consiglio dei superiori, i quali, avendoti conosciuto molto a fondo nel noviziato, possono giudicare e della vocazione avuta e della tua energia per corrispondervi. E questi superiori non vi è pericolo che cerchino, come si suol dire qualche volta, di tirar l´acqua al proprio mulino, cioè di consigliarti ad emettere i santi voti, se non ti trovano perfettamente atto al loro stato di vita! Anzi hanno interesse di non ammettere nella comunità una vocazione vacillante, o dubbiosa, o mal atta. In questo caso, senza poter riuscire a santificar te, si prenderebbero in seno chi darebbe loro dei fastidi forse per tutta la vita.

 

Nel noviziato l´ascritto si prepara alla vita propria dell´istituto.

Il noviziato deve anche considerarsi come una palestra di abilitazione allo stato che si vuole abbracciare, per un altro motivo. Oltre ´ alle virtù e doti generali, che si debbono avere per abbracciare lo stato religioso, è necessario che il postulante venga a conoscere pienamente e particolareggiatamente il fine e l´indole dell´istituto a cui desidera venire aggregato, ne impari e anticipatamente ne adempia le obbligazioni. Ora, duplice è il fine del nostro pio istituto: Il primo consiste nella propria santificazione, il secondo nel procurare la virtù e felicità degli altri, e specialmente della gioventù più povera ed abbandonata. Il primo fine lo abbiamo comune con tutti gli altri istituti religiosi. Perciò nella nostra Società, come in tutte le altre religioni, si fanno i tre voti consueti di povertà, di castità e di obbedienza, con l´esecuzione dei quali si tende alla perfezione. II secondo fine ci distingue da tutti gli ordini puramente contemplativi. E quantunque conveniamo con altre congregazioni religiose, le quali pure hanno per fine la vita attiva, ed alcune anche l´educazione della gioventù , la nostra ha la nota specifica che, senz´essere estranei nelle altre opere buone, « noi esercitiamo ogni opera di carità spirituale e corporale verso i giovani, specialmente i più poveri » .

 

Qualità necessarie alla vita salesiana.

Che se in realtà questo scopo è il più nobile ed il più bello, bisogna considerare che il suo effettuamento richiede fatiche e violenze tali contro il proprio naturale, richiede tante attitudini fisiche ed intellettuali, e sodezza tale di virtù , che non sono alla portata di tutti. Non vi riescono a pieno se non quelli che sanno continuamente mortificarsi e combattere contro se stessi, che sanno per tutta la vita rinunziare alle proprie comodità, per adattarsi alle comodità dei giovani; coloro che hanno virtù tali da poter camminare sulle brage senza abbruciarsi, cioè che sono d’una castigatezza tale di costumi da poter con sicurezza di se stessi trattare con giovani, che già bevettero a larghi sorsi il calice di Babilonia, e vengono a noi tuttora mal avvezzati e capaci ad essere provocatori; coloro me hanno carattere tale, che anche in mezzo alle contraddizioni ed inavvertenze, inevitabili nelle grandi case, in mezzo a caratteri! d´ogni sorta, sanno tollerar tutto, e non pensano che a camminar dritti verso la loro metal allegramente, anche passando tra fittissime] spine. Tu pertanto alla palestra del noviziato! procura di renderti forte e robusto nelle virtù addestrato ad ogni sacrifizio. E se non ti sentissi capace a vincerti, e fossi inclinato ad una vita comoda, a stare da te solo, a pensar solo alla tua santificazione, e specialmente se non ti sentissi capace a raffrenarti dal--, l´ira, fermissimo nel prendere i mezzi peti conservare la castità più perfetta, e per assoggettar bene la tua volontà, torna indietro! cerca altra congregazione. Non incaponirti! a voler seguire una via che non è la tua. A questo punto specialmente rileggi e considera le parole di Don Bosco nella prefazione! delle regole, al capo in cui si parla della castità; vedi quanto occorre fare, ed operai energicamente.

 

Come riuscire?

Mettiti pertanto di tutta buona volontà | all´opera. Spogliarti dell´uomo vecchio, scacciare dall´animo lo spirito mondano, vincere e distruggere le prave inclinazioni e le cattive usanze; rivestire l´uomo nuovo ed innestare nel tuo cuore i germi delle sante virtù: ecco l´opera alla quale devi applicarti con zelo generoso ed instancabile, zelo che ti presta lo stesso tuo ardore giovanile di novizio. Per dar comodità a questa riforma, nelle case di noviziato e di studentato è allontanata ogni occasione, che possa impedire il progresso nelle virtù . Tutte le azioni sono regolate da norme adatte, ed ogni casa è così ordinata, da rappresentare l´immagine di quel sacro collegio, nel quale Gesù benedetto formò i suoi dodici discepoli all´apostolato. Considerandoti pertanto come bambino nella via della virtù , lasciati guidare dal Maestro, con una semplicità di cuore tutta straordinaria, stando ‚nelle sue mani come un bambino nelle braccia della madre. Considerati come cera molle, che ha da prendere la forma che il superiore si sforza di darle; come materia gregna, che dal superiore ha da essere cambiata m vaso di elezione. Considerati, in una parola, come un piccolo discepolo; il superiore è il Signore; i compagni sono gli altri discepoli, che insieme a te devono in breve essere cambiati in altrettanti apostoli, atti a procurare, ‚gl´interessi di Gesù , ed a salvare le anime.

In ultimo devi ben comprendere, che la vita religiosa è un olocausto perfetto, che uno fa di se stesso a Dio. All´appello della grazia, ´ anima fedele che viene dal secolo, e che si presenta per essere accettata in una congregazione, domanda Perciò d´immolarsi a Dio per il resto della sua vita. Può essere che quest´anima non conosca appieno la grandezza del favore che domanda; ma in realtà la grazia della vocazione la conduce all´immolazione di se stessa a Dio. Solo in paradiso comprenderà la meravigliosa importanza di una grazia così preziosa! Essa pertanto viene al noviziato come ad un tempio, dove ha da farsi questa immolazione assoluta e perpetua di se stessa a Dio; ed il tempo del noviziato è stabilito perchè quest´anima si prepari con fervore ad essere offerta come vittima. Questa preparazione consiste in una purificazione sempre più perfetta di se stessa, affinchè nel giorno della consacrazione definitiva a Dio e quindi della sua immolazione, il giorno in cui si emettono i voti, essa sia veramente degna di colui, avanti al quale si consumerà l´olocausto. Tale è l´idea che devi farti del noviziato, e tale è la preparazione che devi premettere ai santi voti.

Utili paragoni del noviziato.

Vuoi ancora sempre meglio capire che cosa sia il noviziato? Ecco: il noviziato deve essere come una fornace, da cui l´anima deve uscire purificata dai suoi difetti. Da tenace nella tua volontà, devi divenire sottomesso; da egoista, affabile; da irascibile, mansueto come un agnello; da suscettibile e sensuale, forte, coraggioso, mortificato. - Il noviziato deve essere una forma da cui l´anima deve ,: uscire formata alla vita nuova. Il noviziato deve essere come un arsenale, in cui l´anima trova e prende le armi opportune, difensive ed offensive, contro il comune nemico; e dove essa stessa fabbrica una corazza, che la renda quasi invulnerabile. Il noviziato deve essere come una nuova creazione, in cui uno crea quel che gli manca, e forma realmente l´uomo nuovo secondo Iddio. Il noviziato dev´essere un focolare, a cui si attinga il fervore dovuto; dev´essere una fucina, dove il ferro si rammollisce per poter essere lavorato; - deve essere una lima, che raffina le virtù , da rudi che prima erano.

Che si deve fare nel noviziato.

La formica immagazzina d´estate quanto le abbisogna per l´inverno, e lo Spirito Santo ci manda dalla formica ad imparare: « Va´, o pigro, dalla formica e impara . Nel tempo del noviziato e dello studentato tu devi fare come fa la formica d´estate, e procurare di immagazzinare virtù e scienza, in modo che abbiano a servirti per tutta la vita. - Lo scultore, che da un rozzo masso di pietra o di marmo vuole trarre una magnifica statua, che cosa fa? Dà di piglio ad uno scalpello e ad un martello, e non cessa di battere adeguatamente finchè dal masso non scaturisca, bella, fina e delicata la figura che vuol riprodurre. Il masso non si lamenta d´esser martirizzato con tanti replicati colpi, perchè sa venir da quelli perfezionato; anzi pare gioirne perchè vede ridursi a magnifica statua. Tu pure devi capire esser questa l´opera che deve fare il superiore con te. Sei un rozzo masso: vuoi che egli ti riduca a bellissima statua da poter fare bella figura in paradiso? Lasciati martellare, lasciati battere, lasciati martirizzare ben bene. Tu stesso devi desiderare, che con replicati colpi di ammaestramenti, d´avvisi, di ammonizioni, di rimproveri, e se occorre anche di disciplina, il superiore ti rifini, ti ripulisca, ti perfezioni. - I medici dicono che bisogna rendere robusto il corpo nella gioventù ; altrimenti rimane poi anemico, rachitico, debole per tutta la vita, o si muore presto. Così tu nel noviziato e studentato devi cercare d´irrobustirti nelle virtù ; altrimenti sarai poco virtuoso per tutta la vita, od anche morrai presto alla grazia di Dio, e persino alla religione, da cui defezioneresti per tua somma sventura. - Per rinforzarsi, il celeberrimo igienista mons. Kneipp dice convenire passeggiar scalzi, addestrarsi alla vita dura, all´aria libera, a ribi parchi e sostanziosi. E tu per renderti robusto nelle virtù religiose scalzati bene della propria volontà, addestrati alla vita dura della mortificazione, all´aria libera da rispetti umani, a cibi sostanziosi di preghiera e d´istruzione religiosa. Quando un terreno fu per HI molto tempo incolto, non basta togliere da quello le spine e le erbe cattive, non bastano le piccole cure: ci vuole addirittura uno scasso profondo. Così del cuore di chi viene al noviziato: alle volte esso è terreno da molto tempo incolto, ed è necessario uno scasso profondo. Senza questo scasso, che si può fare solo con un noviziato serio e rigoroso, non si riuscirà a nulla. Le piccole cure a tempi diversi non approdano; il terreno è troppo duro, ed appena l´anno intero del noviziato è sufficiente. San Luigi soleva dire d´aver imparato dal marchese suo padre questa verità: che quando una persona piglia a fare qualche cosa, deve sforzarsi di farla con la maggior perfezione possibile; o non addossarsi un impegno, o, accettato, disimpegnarlo bene; e che avendo avuto questo sentimento suo padre nelle cose del mondo era più doverono che egli lo avesse nelle cose di Dio. Tu col fatto devi dimostrare quanto sia giusto questo principio, e devi farlo tuo. « Dacchè cominci, comincia bene » dice San Bernardo.

Storia dei nostri noviziati.

Nel 1879 il giorno 6 luglio, si inaugurò a San Benigno il noviziato della nostra società. Ma fattosi stragrande il numero degli ascritti, nel 1886 dovette dividersi in due: a San Benigno si lasciarono gli artigiani ed a Foglizzo si portarono i nuovi chierici. Nell´anno dopo, 1887, si aperse quello di Valsalice. Nel corso dei circa trent´anni che passarono da quell´epoca ad oggi, si studia continuamente il modo pratico per dare al noviziato un sempre migliore indirizzo. Nel primo sessennio, non essendovi ancora regole scritte, si continua a praticare le costituzioni, e quanto Don Bosco aveva fatto fino allora. Intanto il buon padre medesimo andava indicando al Maestro degli ascritti, quei miglioramenti, che credeva più opportuno introdurre, per avere un noviziato secondo il suo spirito. In seguito, messe per iscritto le regole principali, esse ?i andarono via via ritoccando e migliorando; e intanto si praticarono nei vari noviziati che si apersero, ed andarono così limandosi e perfezionandosi. Il noviziato così regolarmente costituito, ebbe ben presto una speciale benedizione del santo padre Pio IX, grande nostro benefattore, ed indimenticabile sostenitore delle opere salesiane. In un´udienza che diede a Don Bosco nella vigilia di Pasqua nell´anno 1876. il Santo Pontefice, benedicendo in particolare gli ascritti, soggiunse queste testuali parole: « I novizi sono olivi novelli, che bisogna coltivare; ma bisogna che queste tenere pianticelle permettano al coltivatore di tagliare le radici ed i germogli inutili, d´allontanare la gramigna ed il tarlo, che potrebbe rovinarle. Queste pianticelle devono crescere per sè, e poi fare frutti per il loro padrone. Guai se la pianta rimanesse inoperosa e non fruttasse! tornerebbe affatto inutile al suo coltivatore. Dio benedica questi cari novizi: Dio li diriga, e li faccia fruttare a sua maggior gloriai. Nel novembre poi dello stesso anno 1876, il medesimo Pio IX di felice memoria, nella sua bontà, scrivendo di suo pugno alcune parole sotto un indirizzo che gli ascritti avevagli mandato, si esprimeva così: « Dio vi benedica, o tenere pianticelle; ma crescete per fare un gran frutto nella vigna del Signore » . Così benedetto il noviziato andò sempre più prosperando. Ancora maggior incremento gli fu infuso quando il 16 marzo 1878 il santo padre Leone XIII, nella prima udienza che diede a Don Bosco, benedicendo in particolare il noviziato, rivolse al nostro buon Padre queste parole: « Ai novizi ricordo le piante chiuse in un giardino. Guai se si rompe la siepe! i ladri entrano, derubano tutto. Dunque ai novizi, alle speranze della Congregazione Salesiana, si raccomandi la ritiratezza e la pratica di quelle virtù , in cui dovranno esercitarsi per tutta la vita. Si abbia cura della loro Sanità: è questo un potentissimo mezzo per fai del bene a sè ed al prossimo. Loro si ricordi spesso il pensiero di San Girolamo: Non mai dimenticare quello che eri nel secolo, nè nidi pretendere più di quello che avevi, godevi, possedevi prima di entrare in religione. Si faccia calcolo delle virtù acquistate, e non di quelle da acquistare. Il maestro dei novizi deve usare rigore su questo punto > (vedi relazione di detta udienza scritta da Don Bosco medesimo). Finalmente il 12 marzo 1893, in una carissima udienza, che il signor Don Rua ebbe con vari altri superiori della nostra Pia Società, il Santo Padre rivoltosi al Maestro dei novizi presente, soggiunse: « Dai novizi dipende in massima parte il buono o cattivo andamento della intera congregazione. Bisogna stare attenti che non entri nessuno che abbia cattivo spirito. Venendo dal mondo molti portano uno spirito mondano: guai se questi germi non si estirpano subito, fin dalla radice. Bisogna che i novizi si lascino formar bene allo spirito di Don Giovanni Bosco; e colui che non si lasciasse formare, andrebbe subito tolto dal numero degli ascritti. Poichè fino a tanto che conserverete lo spirito del fondatore tutto andrà bene; ma appena vi allontanaste dal suo spirito, dai suoi insegnamenti, il Signore non vi benedirebbe più e la congregazione comincerebbe a decadere » . Seguendo questi preziosi ammonimenti di chi in terra tiene le veci di Gesù Cristo medesimo, si arriva a regolare completamente il noviziato; poi. con la grazia di Dio, ad accrescere notevolmente il numero degli ascritti: finalmente, ad aprire altre case di noviziato. Ed oggi grazie all´immensa misericordia di Dio, il numero degli ascritti ascende a oltre un migliaio distribuiti in molti no viziati. Ammiriamo Perciò la bontà del Signore, e ciascuno lo ringrazi con tutto il cuore delle benedizioni, che tanto abbondantemente versa sulla nostra Pia Società. Procuri ciascun ascritto di rendersi sempre più degno della vocazione avuta e cerchi efficacemente di dare frutti di vita eterna, attendendo a ciò con tutte le forze. Preghiamo anche il Padrone della messe, affinchè ci mandi molti buoni operai. Tu dunque, o tenera pianticella, potrai farti il più gran bene, se praticherai con precisione quanto a tuo pro ti viene esposto in questo Vade Mecum. Ricordati che sono tutte cose secondo lo spirito di Don Bosco, ed atte a renderti degno della tua vocazione.

 
Capo VI IMPORTANZA DI FAR BENE IL NOVIZIATO

Importanza del noviziato per la congregazione e per l´ascritto.

Nelle cose di molta importanza sarebbe temerità il procedere alla leggera. È per questo che la Chiesa, madre di sapienza e di prudenza stabilì che prima di abbracciare lo stato religioso, tanto importante e sublime, vi fosse almeno un anno intiero di noviziato. E questo noviziato deve essere fatto molto seriamente e senz´altra occupazione, se non quella di pensare alla vita santa che si avrà da condurre in seguito. Nulla giova maggiormente al bene degli eserciti, quanto la buona scelta e la buona istruzione delle nuove reclute; e nulla giova maggiormente per l´avvenire di un religioso, o di un istituto religioso, quanto un buon noviziato. È in esso che si pongono le basi solide e veramente soprannaturali dell´edilizio della perfezione; e si sa che i religiosi restano ordinariamente per tutta la vita quali si ridussero al tempo della loro probazione. Questo anno di noviziato fu stabilito anche per te, ed ora ti trovi appunto in tale stadio, in cui hai tutta la comodità di riflettere, di pregare e di consigliarti. Guarda pertanto di servirti bene di questo tempo e così ti troverai ben tracciata la via per tutta la vita. Se non facessi bene il noviziato, vi sarebbe pericolo di far poi, in fin dell´anno, i santi voti alla leggera, e senza sufficiente preparazione; e poi ti troveresti in continuo pericolo di trasgredirli. La prima cosa adunque di cui ti devi ben persuadere è , che l´anno di noviziato è il più importante della tua vita. Tutto il progresso del religioso nel bene o nel male, dipende, per regola generale, dal buono o dal cattivo impiego del tempo del noviziato. E sappi che da esso dipende non solo il progresso che farai in questo primo anno della vita religiosa, ma anche in ratto il corso della vita tua.

L´esperienza di tutti i religiosi e l´insegnamento di tutti i maestri di spirito (insegnamenti che Don Bosco ci ripetè moltissime volte sono unanimi nel giustificare la verità del proverbio: « Tale novizio, tale professo» . Quale sarà la semente che porrai nel noviziato, tale ancora sarà la raccolta del restante della vita. È nel noviziato che si pianta l´albero, il quale, se è mal piantato, resterà con perpetuo vizio. È nel noviziato che si gettano le fondamenta della casa, che, se sono deboli, quanto più alta sarà la fabbrica, tanto maggiore in breve ne sarà la rovina ed il precipizio. Il che vuol dire in conclusione, che se I tempo del noviziato fu fervoroso, vi è tutto i sperare che il tempo che seguirà la professione, sarà anche improntato di un vero e colante fervore. Ma se, per disgrazia, il noviziato passasse nella negligenza e nella tiepidezza, tutta la vita religiosa se ne risentirebbe. E se mi è permesso di fare un´osservazione sul proverbio sopraccennato, essa è questa: che non è raro vedere un novizio fervoroso decadere dal primitivo fervore, mentre rarissimo e quasi inaudito che un novizio tepido si faccia poi un religioso fervente.

Le prime impressioni.

Le prime impressioni si scolpiscono così profondamente nella mente e nel cuore, che non si cancellano generalmente più . Difficilmente si perde la prima forma ricevuta, dice San Bonaventura. Se pertanto tu ti adatterai a ben formarti nell´interno e nell´esterno, in questi anni in cui hai da fermarti nel noviziato e nello studentato, che sono gli anni della formazione, conserverai per tutta la vita quell´aria di religiosità, quel fondo di pietà, quell´attenzione per la regolarità, quell´impegno per il lavoro, quella dolcezza di carattere, che vi avrai acquistato. Ed anche supposto che ti dimenticassi per un po´ di tempo dei tuoi doveri, potrai sempre sperare di ritrovare il primitivo fervore, grazie all´impulso avuto nella prima educazione. Al contrario ti avverrebbe, se fossi stato negligente nel tuo noviziato. Un alberello storto è facile a raddrizzarsi finche è ancor tenero; ma se lo si lascia crescere col suo difetto, esso lo terrà sempre, e si romperò piuttosto che drizzarsi. Nel medesimo modo, dalla buona o mala piega che prenderai, dipende in massima parte la direzione del resto di tua vita.

Ricordati sempre di questo detto di San Bonaventura: Chi nel principio della nuova vita che intraprende disprezza la disciplina, difficilmente poi a quella si sottoporrà; e la forma che prima si riceve, difficilmente si abbandonerà. Don Bosco ripeteva spesso: Non sarà certo un buon professo chi non fu buon ascritto. Sforzati pertanto a tutto tuo potere, fin dal primo istante della tua entrata in noviziato, ad assuefarti a quelle sante e lodevoli pratiche, che una buona e forte istituzione t´impongono, benchè queste ti tornassero molto aspre e ripugnanti alla natura. Esse ti produrranno un bene, che durerà per tutta la tua vita, anzi per tutta l´eternità.

La parabola della semente.

È sempre sommamente istruttiva, e qui ben appropriata al caso nostro, la parabola della semente. Di questa, parte cadde sulla pubblica strada e non nacque neppure, ma fu portata via dagli uccelli dell´aria; altra cadde in terreno pietroso, e appena nacque seccà , non avendo potuto metter buone radici; altra cadde tra le spine e crebbe, ma non produsse frutto, perchè soffocata dalle spine stesse; altra finalmente cadde su buon terreno, e questa produsse; ma anche di questa, quale produsse il trenta, quale il sessanta, quale il cento per uno. Nel noviziato non si fa che seminare la parola di Dio. Si semina certamente un buon grano, cioè gli ammaestramenti sono eccellenti; com´è , che qualcuno non ne trae frutto di sorta, altri pochissimo ‚frutto, e pochi in conclusione si fan santi? Tutto avviene secondo che si è preparato il terreno del proprio cuore; tutto pertanto, nella vita religiosa, dipende dal fare più o meno bene il noviziato, in cui si prepara il cuore alle cose perfette. Nell´anno in cui faceva il noviziato Don Beltrami, che fu il primo di Foglizzo, vi erano ben ottanta altri ascritti in quella casa, e tutti udivano le stesse esortazioni ed avevano i medesimi mezzi: com´è che egli progredì tanto nelle virtù da farci meravigliare, mentre altri si mantennero mediocri, ed altri ancora abbandonarono la vocazione? Egli aveva ben preparato il suo cuore: la parola del Signore cadde in buon terreno. Le medesime cose udivano gli altri, le medesime cose odi tu. Prepara bene il tuo cuore come egli lo aveva preparato e ti farai santo come lui.

Le piccole osservanze.

Alcune cose del noviziato sembrano bensì un punto impercettibile, di nessuna, o almeno di pochissima importanza, ma tu non ritenerle cose da poco, poichè anche posto che una ad una prese separatamente siano piccole, il loro complesso è d´importanza capitale. Una goccia d´acqua è cosa impercettibile; ma l´acqua che ti spegne la sete, l´acqua che ti salva dalle immondezze, l´acqua che ti irriga le campagne e le rende produttive, è formata di molte gocce unite insieme. Così è del complesso di quanto s´impara nel noviziato: cosa per cosa sembra di poca importanza; ma è dal noviziato che si ricava il vero spirito salesiano; è dal noviziato che partono coloro i quali possiedono lo spirito della congregazione. Bisogna pertanto che tu abbia amore, brande amore al noviziato: ed a tutte anche alle minime sue pratiche. Nessuna particella di bene ti sfugga, ci fa dire il Signore (Eccli., XIV, 14). Temi che se trascuri anche la più piccola cosa, Dio ti diminuisca le grazie; e m, vittima volontaria della tua debolezza, cada di colpa in colpa fino all´abisso. Invece se osservi con gran cura il poco, il Signore ti andrà aumentando tutti i giorni le grazie. Così progredirai impercettibilmente di virtù in virtù , e ti farai santo. Pertanto entrando in noviziato proponiti l´osservanza esatta di tutte le regole anche minime. Non trascurare nulla. Niente è di poco conto, se può dare a Dio gusto, e giovarci per la vita eterna. Le grandi virtù sono figlie delle piccole, non viceversa. Le piccole cose quotidiane sono la trama della nostra vita, gli zampilli del suo ruscello che scorre. Non abbiamo che raramente grosse monete da offrire al buon Dio: paghiamo con gli spiccioli! Tutto è metterci ‚molto amore in queste piccole osservanze, ciacche l´amore tutto impreziosisce. Sant´Agostino dice: « Le piccole cose son certo piccole, ma è grande cosa Tesser fedele nelle piccale cose» . Ricordalo!

Le tre virtù dei voti ed i nostri ideali.

Nel noviziato devi specialmente imparare a radicar bene le tre virtù dei santi voti, e quei tre grandi ideali che formano la nostra caratteristica, cioè : il cercare sempre la propria perfezione, l´acquistare grande zelo della salvezza delle anime, ed amare tenerissimamente la gioventù , specie quella più povera ed abbandonata. È vero che per tutta la vita deve durare il lavorio del nostro perfezionamento; ma è anche al tutto necessario che esso incominci nel noviziato. In seguito si svilupperò , si estenderà, e si fortificherà; ma riuscirebbe ogni cura inutile se non fosse cominciato qui. Riuscirebbero affatto inutili tutte le cure e le fatiche che l´agricoltore ponesse attorno al suo campo, se la semente non fosse buona, o se non si fosse seminata nella stagione propizia, o con le debite avvertenze.

Amor della croce.

Comprendi bene che la vita religiosa consiste nel seguire Gesù , dovunque vada. Devi essere pronto a dire: ti seguirà dovunque andrai. E non lusingarti: lo sai che il Signore montò sino al Calvario, e si lasciò crocifìggere! Farsi religioso vuol dire essere crocifissi con Gesù ; i tre voti sono come i chiodi che lo tenevano confitto in croce. Ti senti ? Coraggio, Gesù è con te, e ti aiuterà. Rifuggi da tanto? Dà indietro: Gesù è più contento di pochi e generosi, che di molti ma deboli nella fede. Specialmente per l’entrata in religione devi applicarti il fatto di Gedeone. Aveva molti soldati, ma timorosi. Per comando di Dio, Gedeone ordina che i timidi vadano alle case loro: molti se ne vanno. Ma restavano ancora in buon numero. Iddio comanda a  Gedeone che li sottoponga ancora ad una prova; e restano più piccoli. Ma fu con quei pochi che il Signore ottenne la salvezza del popolo eletto. Applichiamo la cosa a noi: è molto meglio averne pochi e ben scelti, che molti e fiacchi. Per carità, non sia mai da applicarsi a noi il detto di Isaia: hai moltiplicata la nazione ma non la letizia( Is. IX, 3). Ripetiamolo : Meglio, molto meglio, pochi e santi, che molti e tiepidi.

Non potrai più fare poi quello che non fai ora

Un´ultima riflessione, che deve eccitarti a far bene il noviziato, ed è questa: Ciò che ‚non si fa in quest´anno non si fa più in appreso. Se adesso, con tante conferenze ed inazioni, con tanti esempi e tante sollecitarmi, fai poco profitto, che sarà quando lavorando nelle varie case avrai meno mezzi, - 68 - e quando specialmente troverai ostacoli ed impedimenti d´ogni sorta e da tutte le parti? Ascolta questo come se fosse direttamente Don Bosco che te lo dicesse: Adesso che sei nel noviziato, hai molto tempo per applicarti al tuo avanzamento spirituale, e molti mezzi che possono contribuire ad esso. I superiori non pensano ad altro che ad aiutarti, essendo questo il loro ufficio principale. Tu inoltre hai avanti agli occhi gli esempi degli altri ascritti, i quali non pensano che a santificarsi e l´esempio fa ordinariamente tanta impressione su di noi, che vivendo continuamente con persone tutte dedite alla virtù è difficile, per tiepidi che si sia, di non sentirsi eccitati ad uscire dalla tiepidezza. Tu inoltre sbarazzato da tutte le cose terrene, non hai occasione alcuna che ti storni dalla virtù , mentre ne hai mille che ti portano al bene. Se dunque ora, che sei qui per nient´altro che per farti buono e virtuoso, e non hai da occuparti se non di te e dell´acquisto delle virtù , non fai alcun progresso e non ammassi nessun capitale di virtù per l´avvenire, che sarà quando avrai il cuore ripieno di mille cose che te lo dividono? Se ora con tante comodità, tanta facilità e tanti soccorsi, tu non fai bene nè i tuoi doveri, nè le pratiche di pietà; se non eseguisci con esattezza le cose che ti si dicono, che sarà di te quando sarai sul lavoro, nelle cariche e nei vari ministeri esteriori?

 Perciò approfitta di questo tempo prezioso.

Un noviziato mal fatto è una grande disgrazia che si ripara difficilmente. Fa´ dunque molti sforzi, occupa veramente bene questo tempo prezioso che il Signore ti dà. Pensa che forse non avrai più tanta comodità di lavorare per il tuo progresso spirituale, e fanne tesoro per tutta la vita. Non perdere nemmeno un giorno, nemmeno un´ora. Qui specialmente è il caso di dire: Ogni momento di tempo è un tesoro. Ascoltami, e riuscirai un buon salesiano, ed il Signore ti sceglierà a salvare molte anime. Animati continuamente col detto di San Bernardo: Ad quid venisti? A che fare sei venuto qui? Sei venuto per fare la tua volontà? No: sei venuto per godere? No. Sei venuto per salvarti più facilmente e più sicuramente l´anima, in uno stato in cui tutto parla di Dio, dove tutto conduce a Dio, dove tutto si fa nel nome di Dio. Sei venuto per farti religioso, cioè per vivere con maggior perfezione, e legarti a Dio con legame eterno: sei venuto per far penitenza dei tuoi peccati, per farti santo e per servire d´istrumento alla gloria ed alla misericordia di Dio. Chi ?a che il Signore non si voglia servire di te per salvare molte anime, con l´insegnamento religioso ai giovanetti di ogni età e condizione, o con scuole diurne o serali, negli Oratori festivi; o salvare molte anime con la direzione e con la predicazione, o con la stampa, oppure nelle missioni!? Chi sa che Dio non voglia essere grandemente glorificato da te con la vita nascosta nella preghiera e nei patimenti, come richiese da Don Beltrami: o in un ospedale od in un lazzaretto, come richiese da Don Unia! Ma tu ad ogni modo cerca di corrispondere. Oh ! non rimpiangere i sacrifici che hai fatto per stringerti più fortemente al Signore! Per quanto doloroso sia il loro ricordo, offriti pronto al Signore di rinnovarli ancora, ed, occorrendo, farne altri ancor più grandi, pur di poter perseverare nella vita intrapresa, e corrispondere alla chiamata del Signore.

Salva l´anima tua.

Per animarti a fare tutte le opere tue con questo ardore, con questo buono spirito, con questa costanza sopra indicata, scolpisciti profondamente nell´anima e custodisci con ogni diligenza nel tuo cuore, quel grande ammaestramento del Divin Redentore: che una cosa sola al mondo è necessaria: salvarsi l´anima [20].

E quell´altro: Che giova all´uomo di guadagnare tutto il mondo, se poi perde l´anima? [21]. Nel tuo noviziato si tratta per te dell´uno necessario, della tua eterna salute. Non vi è affare più importante nè più urgente di questo; tutto il resto è vanità, persuaditene bene, nient´altro che vanità. Il pensare ad altro senza pensare a questo, è davvero tutta fatica buttata al vento; poichè: passa la scena di questo mondo e tutta la sua gloria è come fior di erba: l’erba si secca e il fiore ne cade (I Pietr., 1, 15), Se questa verità ti sarà sempre avanti agli occhi, facilmente sosterrai le molestie che porta seco la vita religiosa, niun sacrificio ti sembrerà troppo penoso, niuna vittoria riportata su te stesso ti parrà di troppo caro prezzo, e persevererai nella vocazione ed avrai la vita eterna.

 
Capo VII LE PRIME CURE ESTERIORI DEGLI ASCRITTI

Necessità dell´ordine esteriore.

Tutto è ordine mirabile nelle opere del Creatore, guai se quest´ordine prestabilito cessasse per un solo istante! Tutto sarebbe caos e confusione. Il medesimo ordine prestabilito deve essere l´ideale di una casa religiosa, « pecie delle case di noviziato e di studentato. Guai se si turba anche per poco quest´ordine! tutto sarebbe sconquasso e confusione, e non si avrebbe più la vera vita religiosa. Tu pertanto, che sei venuto al noviziato per ordinare la tua vita in modo da piacere completamente al Signore, bisogna che attenda ad ordinare bene il tuo esteriore, e che abbracci con tutto il tuo cuore la disciplina della casa. È con quest´ordine esteriore, che i giovani incominciano ad assuefarsi alla legge razionale del dovere; ed è con la ben regolata disciplina, che si rende proficuo l´insegnamento onde possa servire ai bisogni reali della vita. Poichè l´ordine esteriore serve a rimuovere tutto ciò che potesse far ostacolo alla tua conveniente educazione nello stato religioso. Cerea pertanto con ogni sforzo e con amore di praticare gli ammaestramenti che qui si espongono.

Spogliati di tutto.

Entrando nel noviziato consegna subito al superiore danari, oggetti preziosi, francobolli, timbri, ed ogni cosa che tenessi di superfluo. Specialmente poi, se prima fossi vissuto un po´ mondanamente, ed avessi ancora sigari, tabacco, liquori, essenze odorose, o cose simili, liberatene subito. Sii pure esatto nel non tenere con te alcun denaro, neppure un centesimo. E questa consegna falla con lealtà e sincerità. Non occultare neppure uno spillo, affinchè meglio possa incominciare il tuo anno di noviziato, mortificando fin da principio quell´attacco naturale alle cose terrene, che ti avvelenerebbe tutta l´annata, e t´impedirebbe il progresso nelle virtù . Chi avesse avuto, prima di entrare in noviziato, abitudini d´annusar tabacco, di fumare, di bere liquori e cimili, procuri di sradicarlo subito fin dal primo giorno. Quelli venuti da famiglie signorili o delicate, accostumate a far uso di pomate, cosmetici, acque odorose, saponi profumati, lascino subito queste delicatezze e leziosaggini, e cerchino d´accomodarsi in guisa al vivere comune ed alla domestica disciplina, che in nulla uno resti differente dagli altri. Non voler ammettere particolarità alcuna, benchè dai superiori ti sia spontaneamente profferta. Anzi con sommo gusto procura di adattarti subito a tutti gli esercizi domestici, per vili e bassi che siano, come se fossi sempre stato abituato a servire; e bada a non lasciarti servire da chicchessia. San Luigi arrivato al noviziato, vedendo che gli altri novizi non usavano vesti di panno come quella che gli aveva preparata la madre, prega con molta istanza il superiore perchè gli facesse dare berretta e veste simile alle ordinarie dei novizi. Nè contento di questo, avendo il libro di divozione con arte e copertina dorate, ottenne di cambiarlo con un altro usato, degli ordinari di casa. Parimenti poco a poco si privò e si spogliò di quanto aveva portato con se, non volendo ritenere alcuna cosa che gli puzzasse di mondo. Oli ! vedi d imitare San Luigi almeno in queste cose! Darai subito una nota dei libri che hai al superiore, e gli consegnerai tutti quelli giudicati inutili, o superflui, od inopportuni. E tieni bene a mente, che non è permesso fare o ricevere doni, o dispensare cosa alcuna che sia in casa, senza che il superiore abbia dato il suo consenso. Nè basta che ti spogli di quanto hai con te: conviene che pensi se a casa tua, o presso altri hai qualche cosa che possa recarti sollecitudine, disturbo, o nuocerti comecchessia. In questo caso, prima, prostrato avanti al Signore, cerca di distaccare il cuore da quelli; e poi. intesoti bene col maestro sul modo pratico, cerca di liberarti da ogni cura e responsabilità. Ti dico però di rimetterti al maestro ed al direttore qualora, in vista della tua sanità, del tuo carattere, o di altre circostanze, si credessero opportune delle eccezioni.

Relazioni esterne.

Per quanto è possibile, nessun ascritto deve parlare con chicchessia estraneo al noviziato, nè permettere che altri parli con lui, se non presente qualche superiore, o con sua espressa licenza. Se pertanto ti venisse occasione di parlare con estranei, procuratene prima il permesso. E se accadesse la cosa senza averne avuto il tempo, non dire che il puro necessario per non mostrarti incivile; poi recati subito dal maestro a dar ragione del tuo operato, e dire su che cosa ti sei trattenuto con lui. Impara fin dai primi mesi a dominare la tua lingua; e spesso ricorda il detto dell´apostolo San Giacomo: Colui che non pecca colla lingua è un uomo perfetto. Farai Perciò bene a prendere come orazione giaculatoria, e ripetere di tanto in tanto quel detto del salmo: « Poni, o Signore, una guardia alla mia bocca, ed un uscio alle mie labbra, che interamente le chiuda, affinchè la mia bocca non abbia a lasciarsi scappare mai parola di malizia » [22]. Nell´anno di prova non è vietato di scrivere lettere; ma non far questo con frequenza e senza una vera convenienza. Nè mai spedisci o ricevi lettere senza che siano passate per le mani dei superiori; nè leggile, comunque ti siano pervenute, senza che le abbia prima vedute il maestro. Avverti di non parlare o scrivere di cose riguardanti esclusivamente le pratiche del noviziato e della congregazione; e fintanto che si è nel noviziato, nessuno dica di essere salesiano, o si sottoscriva come tale.

 Le pratiche di pietà.

Le orazioni in comune dille veramente bene, e adagio, con pronuncia chiara, devota e distinta. Impegnati affinchè il canto riesca grave, le cerimonie dignitose, il portamento modesto. Non alzar Perciò troppo la voce nè nelle preghiere, nè nel canto, e neppur tacere, ne articolar solo a mezza bocca quando gli altri pregano o cantano. Guarda di sapere bene le cerimonie, e non farle sbadatamente o con mala grazia. Vigila perchè in chiesa, o nelle conferenze, non abbia ad incoglierti di dormire.

L´ubbidienza.

L´ubbidienza tua sia così esatta, che il primo tocco di campana sia unito col movimento per eseguire l´ordine che essa impone. Fin dal momento della levata, fatto il segno di croce e dette le giaculatorie d´uso, offri subito le azioni della giornata al Signore, e proponi di voler passare tutta la giornata in unione con Dio, di mantenere in tutte le azioni una perfetta modestia, e di fare in tutto l´ubbidienza. Proponi pure di non voler dare il minimo mal esempio con qualche negligenza nei tuoi doveri, o con dire parola fuori posto, o con arrivar tardi a qualche azione comune, perchè ogni ritardo produce sempre qualche disordine. Indossando la veste, baciala, come solean fare San Giovanni Berchmans e il nostro Don Beltrami, e ripeti la formula della vestizione: Indue me Domine novum hominem..., pensando che la reste deve essere la salvaguardia contro le tentazioni e le insidie dello spirito mondano. I coadiutori s´abituino, a baciare col medesimo fine la medaglia dell´ascrizione. Nel tempo del noviziato tutti, anche i coadiutori, imparino oltre le preghiere ordinarie, l´Angelus Domini e il De profundis, e le altre preghiere che si sogliono dire in lingua latina. Imparino anche i misteri del rosario, che devono saper guidare; come pure sappiano tutti servire la santa messa. Ogni volta che avessi a mancare a qualche esercizio di pietà, o arrivassi in ritardo, o dovessi partirtene prima della fine, chiedine scusa e permesso al superiore. Da´ importanza alle varie letture ed impara a legger bene, con voce chiara e spiccata, con senso, con cadenze regolari.

Pulizia ed ordine.

Cura anche la pulizia, poichè anche questo contribuisce all´ordine. Il tuo letto sia sempre ben assestato, non abbia ingombri sotto che impediscano la pulizia; anche i tuoi libri siano in ordine, le pagine pulite, nè gettar mai nulla sotto i banchi. Non imbrattarti le dita d´inchiostro, non asciugarti la penna alle vesti, non imbrattare o alterare comecchessia le pareti o le carte o i quadri che vi fossero appesi. Non sputare sul pavimento degli studi, delle scuole, e tanto meno su quello della chiesa. Non portare mai veste stracciata, o sdruscita nei gomiti; ma dalla a rammendare subito, quando comincia ad averne bisogno, e così durerà di più . Altrettanto è da dirsi delle scarpe, le quali anche devi tener pulite e mai slacciate. Tieni poi la berretta ben messa in capo, e non per traverso, o troppo indietro. Anche maggior cura è da usare per il cappello quando esci, e non mettere mai la mantellina a tracolla. Mantieni sempre bene le file, e non precipitare o correre per le vie della città. Saluta sempre riverentemente i superiori, e sta´ a capo scoperto parlando con loro, finchè essi t´impongono di coprirti. Tratta i compagni con dolcezza e bei modi, badando che non abbia mai a mancare di carità con loro.

II portamento esterno.

Fa´ attenzione a camminare in punta di piedi, ed a non far rumore quando entri iu chiesa, in scuola, in studio, quando gli altri sono già entrati. Il medesimo farai passando per i corridoi, quando altri studia o prega nelle camere attigue: specie poi alla sera dopo le orazioni, e al mattino prima della levata. Non sbattere mai usci e finestre. Il tuo camminare sia generalmente grave senza affettazione; non passeggiar mai dando braccetto o dando mano ai compagni. Non tener mai le mani in saccoccia. Il tuo portamento generale poi sia dignitoso e modesto: ornai è tempo di lasciare quelle bambolaggini, che alle volte non disdicono nelle famiglie, e nei collegi; ma che non stanno più bene in un giovane serio, quale dev´essere un novizio.

Nei tuoi giochi espanditi pure gaiamente, ma non far mai sguaiatezze, non correre nel fango, non dir mai parola risentita; nè mai contestare con animo alterato. Non cercar l´uscita di casa, se non nel passeggio comune, ed evita di passare per la città. Se si fanno le squadre, sta´ volentieri con quella che ti è assegnata...

In refettorio.

Nella refezione del corpo osserva temperanza, modestia e decenza. Metti in pratica le regole del galateo: per quanto puoi, non lasciare in tavola pezzi di pane o briciole. Procura di stare attento alla lettura, di non far rumore, specie in principio, perchè essa possa sentirsi da tutti. Non dire allora neppure .ina parola. Anche dopo, quando è permesso parlare, fallo moderatamente. Parla solo - 0 - coi vicini e senza gridare od alzar la voce. Guardati pure dall´uscire in atti smodati di ilarità o di disapprovazione, ed anche dal correggere il lettore. Ove poi fossi corretto tu stesso, non alterarti, ma tranquillo ripeti secondo la correzione. A questo proposito ricorda l´esempio dell´angelico San Tommaso d´Acquino, che, corretto dal superiore per svista, si arrese a pronunciare dòcere invece di docère come già egli aveva enunciato. A chi poi gliene faceva quasi confidente rimostranza, dava quella sapiente risposta: « Poco monta pronunciare breve o lunga una parola; invece assai importa praticare l´ubbidienza e l´umiltà. Meglio violare le regole dei grammatici, che quelle della perfezione religiosa » .

Buona educazione.

Considerando che San Francesco di Sales, nostro titolare, e Don Bosco, nostro Padre e Fondatore, furono modelli di educazione e di garbatezza, e che a suo tempo dovrai trattare con persone d´ogni condizione, poni gran cura, nell´anno di prova, d´imparare anche le regole di buona creanza, e fatti un dovere di metterle in pratica esattamente. Ricorda pure quello che con una delle sue felici espressioni diceva il medesimo nostro San Francesco di Sales : « La civiltà è la siepe della carità » .

Capo VIII ALTRE CURE ESTERIORI CHE DEVONO AVERE GLI ASCRITTI

Ben comportarsi.

Per la buona formazione degli ascritti, non bastano le norme generali fin qui date. Conviene esporre ancora il modo pratico di comportarsi in alcune azioni, che occorrono nella giornata e lungo l´anno. È questa precisione anche nelle piccole cose, che rende poi il giovane ben formato, e pronto al bene per tutta la vita. Per questo credo conveniente indicar qui il modo pratico di comportarsi in chiesa ed in alcune pubbliche funzioni, specie nelle processioni e sepolture, e in alcune circostanze, che occorrono nella giornata, affinchè non ci si trovi poi impacciati. Si ritenga anche profondamente, che, sebbene l´ordine esterno non sia lo scopo vero ed ultimi che si vuole ottenere, esso tuttavia giova sempre Dottissimo, non solo al buon esempio che il religioso è obbligato a dare agli altri e che i religiosi devono darsi vicendevolmente; ma incile a ben comporre e regolare l´interno.

 In chiesa.

Avvezzati a comportarti in chiesa con gran rispetto e con una santa riverenza. Iddio ordinò agli Israeliti di essere ben compresi da timore e tremore, quando entravano nel suo santuario. Quanto più vuole egli che si abbia di venerazione per le chiese, di cui il santuario israelitico non era che l´ombra e la figura! Invero è nelle nostre chiese, che la maestà di Dio risiede in un modo tutto speciale. In esse specialmente egli ascolta le preghiere che gli indirizziamo e spande le sue benedizioni con maggior abbondanza. Là Gesù benedetto è presente così realmente come in cielo, circondato dagli angeli, sempre pronto a ricevere i nostri omaggi, ed a colmarci dei suoi favori. E per questo che i santi, e tra gli altri il nostro carissimo Don Beltrami, provavano tutta la loro consolazione a passare lunghe ore del giorno e della notte in chiesa, per pregarvi, ed offerire se stessi a Dio. Ed è questo medesimo rispetto e venerazione che li faceva stare in chiesa sempre in contegno devotissimo, ginocchioni e molte volte prostesi a terra, in segno di più profonda adorazione. Sull´esempio di questi grandi modelli, gli ascritti devono fare loro delizia del santuario, trattenervisi con altrettanto rispetto, quanto se fossero in cielo. Devono stare in esso raccolti e non proferire parola profana, nè occupare il proprio spirito di nessun pensiero terreno. Si ricordino dell´esclamazione che Giacobbe proferì quando si svegliò, dopo aver veduto in misterioso sogno una scala che andava dalla terra al cielo, con angeli che incessantemente discendevano e montavano. Colpito da timore, a cagione delia presenza di Dio, esclamò tutto tremante: Oh com´è terribile questo luogo! Qui è la casa di Dio, e la porta del cielo » . [23] Invero la chiesa è veramente la casa di Dio, di dove gli angeli ascendono continuamente al cielo per recarvi le nostre preghiere; e nella quale essi discendono per apportarci le benedizioni celesti. Conviene anche penetrare nei sentimenti di Davide quando esclamava: Io entrerà , Signore, nella vostra casa, io vi adorerà nel vostro santo tempio, con l´animo pieno del vostro timore [24]. Ed ancora: « Alla presenza degli angeli io canterà salmi a vo-tra gloria; io vi adorerà nel vostro santo tempio, e benedirà il vostro nome » [25]. Riempito pertanto di questi sentimenti di rispetto e di santo timore, procura di entrare in chiesa con grande raccoglimento e spirito di adorazione, con gli occhi bassi, mani giunte, e gravità. Prendi sempre devotamente l´acqua benedetta; e quando si entra in fila, porgila al compagno che entrasse teco; fa´ anche sempre la genuflessione posatamente col compagno, due a due. Arrivato e ben composto al tuo luogo, dirai qualche preghiera, finchè comincino le orazioni comuni, o le funzioni ecclesiastiche. Bada di non dare alcun segno di noia o di rincrescimento, qualora non si cominciasse subito. Sarebbe cosa indegna del luogo santo l´entrarvi come uno stordito, con precipitazione, la testa levata, gli occhi sviati, le braccia penzoloni, senza dare o ricevere l´acqua benedetta, secondo che entrando od uscendo sei dalla parte dell´acquasantino o dall´altra, e senza aspettare il compagno e fare la genuflessione insieme. Questi modi indevoti danno cattivo esempio, e fan capire che non si pensa a Dio, e non si è compresi della santità del luogo in cui uno si trova. Per abituarti a star veramente bene, e con raccoglimento in chiesa, sia per quanto riguarda l´esteriore, sia riguardo all´interiore, giova pensare soventi volte che in chiesa si è circondati dai santi angeli presenti nei nostri templi. Conviene specialmente penetrarsi della presenza reale di Gesù Cristo, richiamandosi alla memoria, ch´egli è il giudice dei vivi e dei morti, che egli ricompenserà col centuplo le preghiere rispettose e ferventi, mentre punirà severamente le negligenze, alle quali uno si fosse lasciato andare nel suo santuario, il come castigò e cacciò a staffilate i profanatori del tempio di Gerusalemme, che della casa del Signore non facevano casa d´orazione.

In processione.

In quasi tutte le città o paesi, dove vi è casa di noviziato o studentato, si ha da partecipare a qualche processione in pubblico, ed a qualcuna nell´interno della casa. Può .anche occorrere di aver a partecipare a qualche sepoltura. Sono queste azioni importanti, che occorre siano ben previste e ordinate. Attendendo in chiesa che venga il proprio turno di uscire, procura di tenere un contegno al tutto rispettoso e divoto, e per nulla divagato. Conviene pensare attualmente a Gesù benedetto, alla Beata Vergine, od al santo in onore del quale si fa la processione.

Non svagarti ad osservare chi passa, nè a sorridere o a dir paroline vicendevoli: questo sarebbe davvero biasimevole. Sta´ inginocchiato finchè non sia il tuo turno di uscire, e intanto prega. Che se si dovesse attendere molto, si potrebbe stare in piedi od anche seduti (secondo il cenno che farà l´assistente), ma continuando a pregare od a leggere qualche buon libro, di cui bisogna sempre essere muniti. Bisogna assistere alle processioni con spirito interiore di compunzione e di umiltà, per piegare la giustizia di Dio, placare la sua ira, attirare su di noi le sue misericordie. Bisogna anche assistervi con grande raccoglimento es te fiore, camminare con passo grave, ritti di corpo, cantare con voce accordata con gli altri. Tieni gli occhi bassi, in modo di non vedere che a pochi passi avanti a te, senza guardare di qua e di là, e per quanto si può non attendere nè a quadri, nè ad addobbi, nà . a decorazioni che vi fossero o in chiesa o lungo le vie, nè alle persone che sono alle finestre, nè a chi passa; ma alla santità dell´azione che si compie. Questa modestia e raccoglimento è dovuta a Dio, a te stesso, alla congregazione a cui appartieni, ed al prossimo. A Dio, perchè queste processioni essendo preghiere pubbliche, conviene comparirvi con rispetto per una Divina Maestà. Quando poi si porta in trionfo Gesù nel Santissimo Sacramento, si dovrebbe stare come i serafini che in cielo circondano il trono di sua Divina Maestà. Si deve pure essere modestamente raccolti per prudenza, cioè per non esporre se stesso a qualche tentazione. Poichè se uno lascia andare liberamente gli sguardi da una parte e dall´altra, vi è a temere, che, tra tante cose differenti, o tra una gran folla che assiste, non si trovi qualche oggetto capace a produrre nocive impressioni nel tuo spirito e nella tua immaginazione. Lo stato religioso, che è uno stato di rinnegamenti e di mortificazione, richiede pure che noi pratichiamo queste virtù in pubblico, seguendo questo sacro corteggio. Poichè saper contenere i propri sguardi, e tenerli bassi per privarli della soddisfazione che potrebbero avere col riguardare oggetti gradevoli, è una mortificazione difficile, meritoria, salutare; e l´occasione allora si rinnova ad ogni passo, e riesce di buon nome a tutta la congregazione quando i soci sanno comportarsi così mortificatamente. Finalmente il prossimo aspetta da noi questo comportamento. I secolari, quei medesimi che sono i più dissipati, non possono capire, nè scusare che i religiosi manchino di raccoglimento. Essi ne restano talmente scandalizzati, che van notandolo tra loro a voce alta durante la processione medesima; ed al contrario restano edificatissimi vedendo passare le comunità che lo praticano. Ed avvenne il caso che qualcuno ne fu così tocco, da essere indotto a convertirsi, a disprezzare le false massime del mondo, ed anche ad abbandonarle affatto per entrare in religione. E con questo mezzo che un religioso fervente diviene, secondo l´espressione di San Paolo, il buon odore di Gesù Cristo e l´edificazione del suo prossimo; mentre invece un religioso dissipato e immodesto si rende facilmente soggetto di scandalo. Per riuscire a mantenere un contegno cosi raccolto, lontano tuttavia da affettazioni, durante tutto il tempo della processione, conviene, oltre il cantare devotamente quando ne è il tempo, l´occuparsi interiormente di qualche buon pensiero, come della presenza di Dio che ci penetri intimamente, o di qualcuno dei novissimi, e del soggetto della meditazione fatta al mattino. Giova specialmente il mettersi a recitare il santo rosario, meditandone pacatamente ogni mistero, e recitando i Pater e le Ave Maria adagio e posatamente; così si può aver donde star raccolto e riflessivo per lungo tempo; ed anche fino al fine della processione. Queste precauzioni sono importanti, e la loro esecuzione produrrà gran effetto alle anime nostre ed altrui. Questo raccoglimento non impedirà di star attenti a non camminare nè troppo in fretta nè troppo adagio, in modo da non addossarsi a quel che precede o da lasciar intervallo tra gli uni e gli altri. È da stare attenti che tra ciascun religioso vi sia la distanza di un buon passo. Il che li impedirà dal dire anche qualche parola sola, o far sorrisi quando qualche cosa di curioso avvenisse.

Nelle passeggiate.

Nè solo è da comportarsi con gravità e compostezza trattandosi di funzioni sacre: eliche nelle cose profane è da aver riguardo, poichè anche in queste si può riuscire di buon esempio o di scandalo. Quando si esce per la passeggiata, finchè si è nell´abitato, o vicino all´abitato, si cammini sempre in fila e parlando sottovoce. Quando si è all´aperta campagna si può procedere un po´ più liberamente: ma ´bada sempre di non parlare troppo forte, di non andar mai per traverso nei campi seminati, o passare sull´erba dei prati. È questa un´avvertenza grave, poichè può implicare il danno dei terzi, ed anche fare avere gravi dispiaceri ai superiori. La passeggiata non deve essere una corsa; e la circostanza che si dà di sollevarsi nel fisico, non deve riuscire a stancare invece di più . Quelli che hanno molta forza muscolare devono, per ragion di carità verso gli altri, adattarsi alla delicatezza t debolezza altrui. Sotto l´aspetto di passeggiata non è permesso di fare alcuna visita, nè entrare in alcuna casa, senza permesso speciale. Neppure è permesso mai separarsi, andando alcuni da una parte, altri da un´altra; nè restar a casa mentre gli altri escono. Sappi santificare le passeggiate più lunghe, pregando un poco in mezzo ad esse. Se, per esempio, dopo mezz´oretta di camminata, o da solo o con qualche compagno ti mettessi a recitare la terza parte del santo rosario, questo non farebbe male a nessuno, e tu dopo avresti ancora il tempo di trattenerti in alleare conversazioni. Anche in questa cosa, di santificare il passeggio colla preghiera, bisogna che formi proponimento per il resto della tua vita. Un cuore che ama molto il Signore, non può stare gran tempo senza rivolgersi a lui.

Essendo ospite in case salesiane.

Quando per ragione di salute o di vacanza, si fosse mandati in qualche altra casa, specialmente se quivi vi fosse un santuario, converrà riguardare quest´andata come un pellegrinaggio, per domandare a Dio. per l´intercessione di Maria SS. o del Santo Protettore del luogo verso cui uno si indirizza, di poter santificare la ricreazione che si va a prendere. Bisogna Perciò mantenere bensì l´allegria, ma santamente e non dimenticarsi lungo il viaggio di dire giaculatorie, innalzando il pensiero al Signore, e recitare privatamente o a piccoli crocchi il santo rosario. Arrivati alla casa destinata conviene, potendo, sempre per prima cosa, riverire il superiore della medesima, e poi recarsi in chiesa a far visita al SS. Sacramento ed a Maria SS. per ringraziarli d´avervi liberati da ogni disgrazia, e per domandare la grazia di ben profittare del tempo che si avrà da passare in detto luogo di spasso. Non resta permesso uscire dalla casa senza licenza. Per quanto è possibile conviene essere sempre tutti insieme, e non mai molto sbandati. Non si può star in casa a leggere o studiare in tempo di ricreazione, senza espressa licenza: e se qualcuno lo facesse agirebbe contro l´intenzione dei superiori. Poichè queste vacanze di corpo e di spirito, che si prendono lasciando gli esercizi ordinari, sono precisamente destinate a renderci più abili agli studi ed al servizio del Signore; è Perciò sua volontà che se ne approfitti con semplicità e riconoscenza. Si abbia cura alla sera dopo cena, di non fermarsi all´umidità dove ce n´è . Nei tempi di silenzio esso si farà rigoroso come quando si e nelle proprie case; e si farà tanto più fedelmente quanto più fu permesso d’indulgenza di parlare lungo la giornata. Deve servire di grande consolazione, lungo le vacanze, dacchè si ha tempo libero di andare di tanto in tanto a passare qualche minuto in cappella per visitare Nostro Signore Gesù Cristo e la Beata Vergine, e mettersi ‚ñ†-otto la loro protezione. Non si tocchi mai frutta in giardino, benchè ve ne fosse di quella caduta dall´albero. E ciò tanto meno quando si andasse in giardini di altre case, o di proprietari. Neppure si tocchi qualora se ne trovasse per terra nei luoghi pubblici per cui -I passa. Solo è permesso, dandosene propizia occasione, servirsi di alcune more quando fossero in siepi pubbliche, e senza il pericolo di sdruscire gli abiti; o raccogliere funghi qualora si andasse per i boschi. Sappi, prilla di partire, ringraziare cogli altri il superiore della casa che ti ospita ; e mai partire senza ringraziare sentitamente Iddio per averti dato vacanze tali, forse più gaie e più comode che non abbiano per lo più gli stessi ricchi del mondo. Domanda perdono dei falli commessi durante la tua lontananza dal noviziato o dallo studentato; e sollecita la grazia di poter spendere per lui solo le forze acquistate nelle vacanze. Arrivato poi al tuo nido rendi al più presto conto del tuo diportamento nel tempo delle vacanze al tuo maestro, e procura di rifarti dal fervore svanito.

In casa dei parenti.

Non si permette mai ai novizi di far visite ai parenti, fuori del caso d´infermità mortale del padre o della madre. Ma qualche volta può venire la necessità di permetterne agli studenti. Venendo questo caso procurino essi di precisare prima col maestro o col direttore il giorno del ritorno. Ed a casa non si divaghino girando di qua o di là: ma, fatta subito la prima doverosa visita al parroco, si restringano a visitar solo i parenti più prossimi, e, se vi fosse, qualche famiglia grandemente benefattrice dell´istituto. Devi specialmente evitare, e ciò anche per qualunque altra circostanza della vita, di andare a trovare persone giovani, sebbene divote, tanto meno poi quando si sapesse che non vi sono in casa i loro genitori. Quando vera necessità obbligasse a qualcuna di queste visite, si procuri di avere per compagno un religioso posato, virtuoso e d´età; assolutamente da esso non si separi, neppure per un istante; e si sia d´accordo con quello di fare al più presto possibile. Andato un religioso al paese nativo, o al paese di qualcuno dei suoi parenti, vien subito giudicato dagli estranei secondo le visite che fa. Se è frequente alla chiesa ed al parroco e del resto ritiratissimo, allora per lo più la sua permanenza in paese arreca ammirazione, e Perciò non dà scandalo. Quando invece per ogni piccola circostanza si vede girare per il paese, si tiene subito per un religioso dissipato, tutto esteriore, che ama poco il suo stato; e darà, con più o meno ragione, un certo pretesto che si mormori sul *uo conto e sullo stato religioso.

Ricevendo visite.

Quando venissero i parenti a trovarti al noviziato, tu non ti presenterai loro senza previo permesso del maestro. Bisogna che ti mostri grazioso con essi; ma non invitarli a prolungare la visita, o a venir di nuovo altre volte. Bisogna che stia con loro in parlatorio, e che non ti prenda da te la libertà di condurli per la casa e per il giardino: puoi tuttavia, occorrendo, averne facilmente il permesso, ed all√≥ra ti regolerai secondo il permesso avuto. Se le persone con cui ´ino si trova prendono piacere a parlar di Dio, della religione, della vita dei santi, od altri soggetti edificanti, te ne approfitterai per far cadere su questi la tua conversazione. Quando si ama Dio, e si è penetrati di cose sante, è gradevole potersi intrattenere lungo tempo su questi soggetti, e se ne parla con piacere, poichè la bocca parla dall´abbondanza del cuore. Ma se si ha da trattare con persone mondane, che non hanno troppe attrattive per la divozione, si è certi di stancarli parlando continuamente di cose di pietà. Val meglio contentarsi di fare scorrere nel corso della conversazione e a data occasione, qualche buona massima, o qualche tratto edificante e nulla più . Alle volte una parola edificante gettata là, bene a proposito, ma come di passaggio, farà maggior frutto che un intiero trattenimento di cose di pietà.

 
Capo IX PRIME CURE INTERIORI DEGLI ASCRITTI

Tre sono le cose che devi fare avanti tutto, per formare il tuo interno, e per metterti sulla via della perfezione. È necessario prima di tutto l´osservanza esatta delle regole, poi l´esercizio dell´umiltà e carità fraterna, 95 e più che tutto l´apertura del cuore ai tuoi superiori.

Osservanza delle regole.

Appena entrato in noviziato procura di conoscere e praticare esattamente le regole della nostra Pia Società, le deliberazioni dei Capitoli Generali ed il Regolamento delle case. Nel ricevere il libro delle Costituzioni figurati di riceverlo dal Signore medesimo, il quale anche ti dica: « pratica queste regole ed avrai la vita eterna [26] » . Procura Perciò di dare grande importanza anche alle regole più piccole e sii deciso d´osservarle rigorosamente, anche quando costano sacrificio. Va´ a gara coi migliori per dare buon esempio nella perfetta loro esecuzione. San Giovanni Berchmans fu così esatto e costante in questo, che in punto di morte potè asserire di non aver mai trasgredito nessuna regola, fosse pur stata piccola, in tutta la sua vita religiosa; e fu appunto questo che lo eleva ad un alto grado di santità. Del nostro impareggiabile Don Beltrami possiamo dire lo stesso: dal dì che entrò in noviziato fino al fine della sua vita fu così attaccato all´osservanza delle Costituzioni anche delle minime, che non ne avrebbe trasgredito un apice per qualunque cosa del mondo. Egli era solito dire: vai più l´osservanza di una regola, che guadagnar tesori. Si devono tenere le Costituzioni come il sentiero tracciato da Dio, seguendo il quale sii arriva al paradiso. Sono come i binari delle ferrovie che guidano diritto il treno, senza che possa deviare, finchè arrivi alla mèta desiata; o come quei parapetti collocati sui due lati di un ponte innalzato sopra un fiume od un torrente profondo, che riparano dalle cadute. Le regole sono ancora come le ruote d´un carro, che lo aiutano a correre con facilità anche portando un gran peso; o come le ali di un uccello che lo sostengono nel volo. Oh quanto devi considerarti fortunato di avere avuto da Dio tanti riguardi, avendoti egli medesimo indicata la strada, poste le guide, munito di parapetti, e fornito di ruote per correre e di ali per volare sicuramente al cielo! La regola dev´essere la tua parola d´ordine, la tua aspirazione, la tua vita. Iddio nel giudicare il religioso in fin di vita, l´esaminerà sulla osservanza delle regole: chi le osserva tutte e sempre, e bene, è certo della ricompensa eterna; chi non le osserva tutte, o non le osserva sempre e bene, si priva di molte grazie del Signore, e Perciò è in pericolo di non arrivare alla vita eterna.

Quando si trattò della Beatificazione di San Giovanni Berchmans fu fatto osservare al Papa che mancavano dei miracoli; il Santo Padre disse che l´aver sempre osservato bene tutte le regole equivaleva a tanti miracoli quanti sono gli articoli delle regole medesime. E Benedetto XIV promise di canonizzare un novizio che durante tutto il noviziato avesse perfettamente osservato tutte le regole del suo istituto. Vedi adunque che importanza ha l´osservanza delle regole. Sappi approfittare del tempo del noviziato per fartene un´abitudine, onde poterle osservare poi per tutta la vita.

Perchè osservare le regole.

Mi domanderai: perchè tanta cura per osservare le regole? Ed io ti rispondo: - 1. Perchè Iddio lo vuole; tu ne sei sicuro avendone avuto la vocazione, essendo stato ammesso in società dai superiori, ed essendo le regole state approvate dalla Santa Sede. - 2. Per i grandi meriti che te ne provengono; coll´osservarle fedelmente dai, in tutti gli istanti del giorno e della notte, un segno di amore al buon Dio; ed il Signore non lascia mai un atto tale di amore senza ricompensa; e siccome la regola abbraccia tutti i momenti e tutti gli atti, senza lasciar niente al capriccio, niente alla propria volontà, così questi meriti si moltiplicano infinitamente. - 3.Coll´osservare le regole si dà gloria a Dio, riconoscendo il suo dominio sopra di noi. 4. Tu gli fai piacere, perchè con questo cerchi di imitare Gesù Cristo, che non cercava altro che ubbidire al suo Eterno Padre. - 5. Perchè l´osservanza delle regole è ciò che ti rende felice. Iddio non si lascia vincere in generosità: più tu dai, più egli ti renderà; più metterai la tua applicazione a servirlo, ed essergli fedele a non dispiacergli, e più egli ti consolerà, ti proteggerà, ti ricompenserà, ti renderà felice. Perciò non ti scoraggino le sofferenze e gli sforzi: ogni pena passa ed ogni merito dura, ed è ricompensato per tutta l´eternità.

Le regole non obbligano sotto pena di peccato

Ma dirai: le regole nostre non obbligano sotto pena di peccato. Questo è vero, e lo dichiarò espressamente la Chiesa; ma - 1. certamente entrando in congregazione, non cerchi solo di non offendere Iddio, ma bensì di fare tutto quello che maggiormente gli piace cioè ; vuoi dar gusto a sua Divina Maestà, in tutti i modi che puoi. Ora: è vero, sì o no, che osservando la regola dai gusto a Dio, e che non osservandola lasci una occasione propizia di dargli gusto? Dunque non lesinare col Signore se sia peccato o no, ed osservale rigorosamente sempre, tutte, sapendo che con questo dai gusto a Dio. - 2. Sebbene solo direttive, le regole sono ciò che costituiscono il salesiano. Un francescano è francescano in quanto osserva le regole dei francescani: un domenicano è domenicano in quanto osserva le regole dei domenicani; e tu sarai salesiano in quanto osserverai le regole dei salesiani. Sebbene non commetta peccato trasgredendole, non opereresti da salesiano; e se tu ti sei fatto tale, è per vivere come tale. Piuttosto, dacchè sei ancora in tempo, non farti salesiano; ma se ti fai, vivi tutto da salesiano. - 3. Con l´osservanza delle regole ti fai infiniti meriti; se non le osservi ti privi di tutti questi meriti, e ti troveresti poi a mani vuote. - 4. Le regole sono come un forte avanzato che impediscono di trasgredire i voti: se cominci a trasgredire le regole, ti metti in pericolo di trasgredire poi anche i voti, e la trasgressione dei voti è certo sempre peccato. - 5. I diversi punti della regola non obbligano sotto pena di peccato, ma il motivo che ti porta a trasgredirne volontariamente alcuna per lo più è peccaminoso. Questo è o la pigrizia, o l´orgoglio, o la sensualità, o qualche altro motivo disordinato. Sant´Alfonso afferma, che egli crede non si possa ordinariamente trasgredire qualche regola senza che vi sia peccato, e questo o mortale o veniale secondo la materia; e dice che questa è la sentenza comune dei dottori. San Tommaso parlando di quelle regole, che per sè non obbligano sotto pena di peccato nè mortale nè veniale, dice precisamente: « Dopo i voti la trasgressione o l´omissione di qualche regola o costituzione non si può scusare da peccato veniale. Che se alla trasgressione si unisce il disprezzo formale, non si può scusare da peccato mortale. Ma non può avvenire che qualcuno trasgredisca volontariamente e costantemente le regole, senza che vi sia disprezzo; secondo San Bernardo, il violarle volontariamente è già un disprezzarle. Poichè, sebbene si conceda che questo disprezzo non sia aperto ed espresso, non si può negare, come dice questo medesimo santo, che vi sia disprezzo tacito od occulto, il che è certo sufficiente perchè si commetta peccato, almeno veniale » Perciò non è conveniente, dice il Suarez, che noi c´implichiamo in questa questione, se cioè la regola obblighi sotto peccato o no, quando è difficilissimo disgiungere la volontaria violazione di essa dal peccato. Tu pertanto pensa e medita bene queste sentenze di quattro tra i più insigni dottori di santa Chiesa, e ti deciderai con sempre maggior fermezza a non mai trasgredire una regola, dopo di aver promesso al Signore di volerle osservare.

Esercizio dell´umiltà.

Ricordati poi che sei novizio, e che novizio non altro vuol dire che un principiante, un inesperto, un rozzo, privo di scienza, povero di consiglio, senza virtù , e bisognoso di direzione. Il che intendendo, cerca di abbassarti < di umiliarti quanto più puoi, e metti da parte ogni pensiero umano, ogni opinione, parere, giudizio od arbitrio, con cui forse prima, libero di te, ti reggevi. Persuaditi di non saper nulla, e usa ogni industria per riacquistare quella santa ingenuità infantile, tanto encomiata dal nostro San Francesco di Sales, perchè raccomandata dal Divin Redentore, quando c´insegnà a farci come fanciulli. « Se con diventerete come fanciulli non entrerete nel regno dei cieli  [27]» . Procura di persuaderti intimamente che le virtù nascoste piacciono di più al Signore di quelle che esteriormente rifulgono; quelle son anche più sicure per conto tuo, mentre queste potrebbero metterti in pericolo di vanagloria. Abituati pertanto a queste virtù interne e poco appariscenti. Ricorda a te stesso il detto dello Spirito Santo: « Ogni splendore tuo viene dal.´interno  [28]» . Chi viene al noviziato, di qualunque età o condizione od educazione esso sia, specie poi se è già adulto, e se già prima fu padrone di sè, od esercità cariche, deve persuadersi, entrando, che in lui vi è molto da riformare e da correggere. Credilo pure, e credilo fermamente. Non si può far conto delle virtù che si avevano prima. Alle volte alcuno, tenuto prima per santo, nel noviziato lascia apparire un cumulo di difetti. Il mondo fa presto a canonizzare uno, chiamandolo santo; basta che si abbia un esteriore composto e divoto. Ma la santità consiste nel continuo rinnegamento di se stesso, affine di far in tutto ciò che piace di più al Signore; e questo rinnegamento richiede grande vigilanza sopra i propri atti, e costa grandi sacrifici. Pertanto quelli che vengono ad abbracciare la vita ! religiosa, e che sembrano a primo aspetto averne le qualità, ma che in conclusione non sanno, non hanno la forza di rinnegare così se stessi, alla prova si scorgono affatto inetti. È Perciò importante convincerti bene di questa grande verità. Il noviziato deve produrre in te il più grande e il più radicale cambiamento. Devi considerarlo come un crogiuolo, in cui devi esser gettato, affinchè la tua forma presente sia distrutta ed annientata, crogiuolo da cui devi uscire tutto trasformato, secondo la immagine del divino ed unico modello, Gesù Cristo. Nè ti sembri troppo rigoroso questo mio detto. Ascolta se il nostro amatissimo San Francesco parla altrimenti! Ad una postulante, che arrivava al ´ monastero, rivolse queste parole: « Eccovi adunque tutta morta al mondo, ed il mondo -ulto morto per voi. Ma sappiate che questo distacco dal mondo non è che la prima parte bell´olocausto; restano ancora due parti: l´una è di scorticarne la vittima, l´altra di bruciarla di renderla in cenere >.

Esercizio della carità.

Il noviziato deve divenire per te un piccolo paradiso; ma condizione indispensabile, per. uè riesca tale, si è che, oltre l´umiltà, ognuno vada a gara per esercitare la carità fra‚ñ∫ ma. Figliuoli miei amatevi scambiev√≥lmen:?! Queste tenere parole dell´apostolo San Giovanni, andrebbero ripetute ogni giorno agli ascritti, radunati per il primo esercizio Iella giornata: Miei buoni figliuoli amatevi molto, amatevi molto! La carità deve essere ´a virtù di predilezione delle case religiose; ssa è la virtù speciale del Cuore di Gesù Cristo. Ma tu in pratica nota bene che amarsi importa sopportarsi, aiutarsi, stimarsi, ararsi e sostenersi reciprocamente: senza di 3 aesto la carità è di sole parole.

Motivi di carità.

Perchè si deve usare tanta carità vicendevole? - Per tre motivi: a) perchè Dio lo comanda : « il mio comando è che vi amiate scambievolmente » . H questo è detto da Gesù « il mio comandamento » ed è comandamento che forma il carattere distintivo dei veri fedeli di Gesù Cristo: « Vi riconosceranno per miei discepoli se avrete carità gli uni per gli altri . A quello stesso modo che non può salvarsi chi non ama Dio, non può salvarsi chi non ama il suo prossimo: I due comandamenti non ne fanno che uno, secondo la parola di Gesù Cristo.

b) Il merito grande di questa virtù . - Charitas operit multitudinem peccatorum, dice San Pietro: la carità copre la moltitudine delle colpe. Dio ci ha formalmente promesso di fare per noi tutto quello che noi avremo fatto per gli altri: se noi perdoniamo al nostro prossimo Iddio perdonerà a noi.

c) L´esempio di Gesù Cristo. - Per l´amore che portà a noi egli è venuto su questa terra; per amor nostro ha sofferto ed è morto in croce. La sua vita, i suoi esempi furono tutta carità. Noi dobbiamo imitarlo se! vogliamo essere veri religiosi; e dobbiamo´ essere pronti per amor di Dio, a dare la vita per il prossimo.

Pratica della carità.

 Per esercitare davvero questa carità, procura di avere grande stima dei tuoi fratelli - 10 - Richiama continuamente a memoria, e figurati che Gesù dica direttamente a te: Come tu amerai i tuoi confratelli io amerà te; ciò che tu farai per loro lo farà a te; come tu li giudicherai io giudicherà te. Va´ con loro e trattienti con viso franco, semplice, amorevole; sopporta tutto con candore ed allegria. Va´ con tutti senza eccezione, stando con chi primo incontri, come se la Provvidenza te lo mandasse vicino apposta, affinchè eserciti la carità con lui. Fa´ loro tutti i servizi che ti sono possibili; vieni in aiuto di chi ne ha bisogno; alleggerisci chi è più carico di lavoro. Consola anche i confratelli che fossero nella afflizione, circonda chi stesse solo; sii più dolce e cortese con chi fosse inquieto. Ma il più è che non ti offenda mai con nessuno, qualunque cosa ti dicano, qualunque cosa ti facciano; sappi anzi domandar scusa se qualcuno è un po´ irritato, contro di te. Fatti una legge di scusar tutti; fa´ di far rilevare le buone qualità degli altri, e di coprire sempre i loro difetti se ne avessero. San Francesco di Sales commenta come sia un atto di grande virtù il sapere apportare da per ratto la pace e la gioia, mantenendo tra tutti la più schietta ilarità. Quanto Gesù sarà contento di te, se riuscirai a far star allegri e divertire i tuoi compagni!

Fiducia nel maestro.

Oltre al procurarti l´umiltà e la carità, il sentimento che deve di più animarti nell´entrare in noviziato, è questo: di gettarti nelle braccia del superiore, lasciarti da lui trattare e rimaneggiare come vuole, e con gran docilità ed umiltà lasciarti imprimere la forma che egli vuole darti. Proponiti proprio d´avere in tutte le cose gran fiducia nel tuo Maestro. Devi dimenticare tutto quello che eri, per apprendere qui tutto quello che devi essere. Non devi aver confidenza in nessuna tua abilità; ma solo nell´abilità di chi ti guida. Bisogna dire schietta la parola già pronunciata dalla vittima divina: « Ecco che io vengo, o Dio, per fare la tua volontà » . Ecco che vengo, e per nient´altro, che per fare la volontà di Dio. E al tutto necessario che tu rammenti sempre il divin mistero dell´annichilimento di Gesù , e della sua oblazione tanto perfetta, tanto assoluta. E senza più , considerati sempre come un´ostia offerta all´adorabile maestà, per distruggere nella tua anima, e nel tuo corpo, tutto ciò che spiace al Dio di tutta santità, e per entrare in tutte le disposizioni, che procurano, il più efficacemente possibile, la gloria di questo unico Signore e Padrone nostro, centro e termine di tutta la nostra vita.

Considerandoti pertanto come principiante nella vita spirituale, e bisognoso d´esser cor retto, appena entrato in noviziato delibera e proponi di sottometterti in tutto al volere di chi ti ha da dirigere. Abbilo in conto di Dio medesimo, e Perciò fatti da lui conoscere bene e completamente, per poter avere così gli opportuni avvisi e le necessarie correzioni. È Gesù medesimo, che, per toglierci ogni dubbio, ci assicura che il superiore tiene le sue veci, dicendo ai suoi ministri: « Chi ascolta voi, ascolta me; chi disprezza voi, disprezza me  [29]» . Perciò mettiti tutto nelle sue mani con gran sincerità. Un ascritto che non metta fin da principio tutta la sua confidenza in chi lo dirige, non passerà certo un bell´anno di noviziato, non potrà mai diventare un buon confratello, e difficilmente persevererà nella sua vocazione.

Confidenza nel maestro.

Ti gioverà grandemente il fare dopo alcune settimane di noviziato, o alla prima circostanza possibile, al maestro, in una o più volte, a voce, o meglio anche per iscritto, un rendiconto accuratissimo di tutta la tua vita. Nell´aprirti al superiore manifesta tutto te tesso. Non aver timore di palesare gli abiti cattivi contratti nella vita passata, e tutti i propri difetti. Manifesta pure lo stato della tua famiglia, le compagnie che frequentavi, da quando e come abbia cominciato la tua vocazione, le difficoltà che hai incontrate per seguirla, i mezzi che hai presi a tal uopo. Fa´ note anche le virtù , le mortificazioni, le divozioni speciali che avevi, tutto nel desiderio di essere ben diretto; e sii pronto ad eseguire quelle cose che il superiore ti suggerirà, ed a lasciare quanto egli ti dicesse di lasciare. Ricordati sempre che è questo l´anno in cui devi farti ben conoscere dai vari superiori, i quali hanno poi da decidere del tuo progresso nelle virtù , de´ tuoi sforzi per l´avanzamento in esse, specialmente per darti consiglio intorno al giudicarti preparato o meno per la professione religiosa; ed in appresso devono poi pensare alla tua destinazione in anni avvenire. Questa chiarezza di coscienza, che hai cominciato ad avere in principio del noviziato, la continuerai lungo tutto l´anno. Anzi proponiti fin d´ora di voler continuarla per tutta la vita tua, con gli ispettori e direttori, che Iddio si compiacerà di darti. Di più mostrati sempre prontissimo a sopportare ogni sorta di riprensioni, di mortificazioni, di umiliazioni che ti dessero. Capisci bene che queste prove ti si danno come medicine, e salutiferi rimedi, per le tue infermità spirituali. Non solo non offendertene; ma abbine grandissimo obbligo, e rendine infinite grazie al maestro per un tanto -- 109 - amore che ti porta, avvisandoti e correggendoti con tanta sollecitudine. Dandoti così totalmente in mano al superiore sarai con minor fatica formato, e più facilmente condotto nella via spirituale.

Ama con tutto il tuo cuore tale maestro, e con ogni soggezione e rispetto riveriscilo. Avendolo così in luogo di padre, arditamente e con una libera fiducia, insieme coi pensieri ed affetti dell´animo tuo, scoprigli anche le battaglie e le tentazioni, affinchè da lui possa conoscere le insidie, le arti, gl´inganni e la fallacia dell´astuto demonio, e possa essere provveduto degli opportuni rimedi. E nota bene, che questa apertura di cuore deve comprendere totalmente il bene ed il male, il contento ed il disgusto, il dolce e l´aspro, ed ogni cosa più segreta; sicchè il maestro deve venire, in certo modo, a sapere meglio di te stesso come te ne stia nel tuo interiore. Che se il demonio tentasse di suggerirti qualche sinistro giudizio contro il maestro medesimo, confidentemente palesaglielo, e così facilmente ed efficacemente farai riuscir vani i suoi sforzi. Si deve cavar il serpente fuori della tana, per ucciderlo; perchè se sta nascosto esso si rinforza e vive, e venendo alla luce languisce e muore.

E tutto ciò devi fare mentre la ferita è recente che altrimenti essa s´allarga a poco a poco, così che diventerebbe più incurabile.

Tentazioni contro la confidenza col maestro.

Il nemico delle anime intende benissimo quanto questa completa manifestazione sia espediente ed utile per purgarti dai vizi, e per acquistare la perfezione. È per questo che usa ogni industria per impedirla. Il che tenta con mille arti, e cerca di insinuarsi per diverse vie. Ora suggerisce nell´animo che la tentazione è di poco momento, e che per così piccola cosa non si deve disturbare il superiore; ma da questo potrebbe avvenire che da una piccolissima scintilla ne divampasse un grandissimo incendio. Altra volta ti metterà avanti agli occhi la vergogna, ed il rossore che ne avrai, manifestando la sozza ed immonda tentazione. Spesso si serve della superbia, tanto a lui familiare, facendoti parere che sei in grado di ben reggerti da te stesso, senza che sia necessario l´aiuto d´altri. Alcune volte ingerirà nel tuo cuore poca stima e riverenza del superiore medesimo, facendoti intravvedere in lui difetti tali, che ti tolgono quasi la forza di manifestarti a lui, non isperandone soccorso e rimedio.

Talora anche ti metterà un certo timore, nato da superbia e da amor proprio; e ti farà dubitare che, mostrando le tue magagne, sarai dal superiore avuto in minor pregio e stima e ti farà anche venire paura di perdere la riputazione, o quel luogo di grazia che presso di lui tieni; ed anche ti farà temere che manifestando tante cose, egli cerchi di mandarti via, od almeno al fin dell´anno non ti lasci poi fare i santi voti, centro di ogni tua aspirazione. Con queste ed altre innumerevoli arti s´affatica il demonio di irretire i principianti, perchè non si scoprano nelle cose più importanti, specialmente in materia di costumi, e in quanto riguarda dubbi di vocazione.

Come vincere queste tentazioni.

Sappi pertanto esser questa un´astuzia e frode del nemico; il quale nulla tralascia per farti del male. Resisti fortemente: apri ancor meglio il cuore, quanto più grande è la ripugnanza. Poichè se vedrà il demonio che Is sue suggestioni ed i suoi inganni sono appalesati, è tanto superbo il malvagio, che abbandonerà l´impresa, e finirà col non più tentarti. Per ottenere forza e fare tutte le cose esposte, oltre che all´incessante preghiera, ricorda sempre che nell´anno di noviziato devi porre il fondamento per tutta la tua vita. Sappi che le virtù , che vai acquistando, sono hasi che vanno radicate profondamente nel cuore, e non trascurate mai. Vi furono novizi osservantissimi della regola, i quali, dopo fatti i santi voti, non persistettero nella virtù , e perdettero anche la vocazione. L´edificio della perfezione da essi fondato ebbe qualche vizio occulto; le virtù si erano attaccate all´uomo esteriore, ma non avevano penetrato abba^ stanza l´uomo interiore: esse cioè ne avevano l´apparenza, senza averne la realtà. Non erano fondate su un´umiltà sufficiente. È pertanto della massima importanza che sul principio del tuo noviziato tu ponga profonde radici nel bene e specialmente che ti ponga ad osservare tutte le regole, anche le più piccole con intimo convincimento; che pratichi l´umiltà e la perfetta soggezione della volontà; e che ti persuada che, senza sincerità e una chiarezza completa di coscienza, non riuscirai a costrurre un edificio duraturo.

 
Capo X I PRIMI MESI DEL NOVIZIATO

Il fico infruttuoso.

Il Divin Salvatore ci raccontò a grande nostro ammaestramento, la parabola del fico infruttuoso, che il padrone della vigna voleva svellere. Pregato a concedere ancora un po´ di tempo perchè lo si potesse concimare e coltivar meglio, accondiscese; ma, passato un anno, vedendo che continuava ad essere infruttuoso, disse: « Che cosa sta ancora a far qui? [30] » e diede ordine che fosse divelto e striato nel fuoco. Tu, o mio buon amico, dorresti immaginarti di essere quella pianta ànora infruttuosa: il Signore vuol darti ancora un anno di tempo nella speranza che fruttificherai. Fatti coraggio: il Signore mette attorno a te tanti mezzi come di bonificazione, ti fa coltivare bene; avrai tutte le comodità di farti santo; ma bada che se alla fine dell´anno il Signore continuasse a vederti infruttuoso, senza misericordia darebbe ordine di estirparti da questo suo giardino prediletto della congregazione, e ti farebbe mandare nel fuoco del mondo e delle tribolazioni spirituali.

Comincia subito.

Ma se vuoi riuscire a passare bene l´anno, bisogna che cominci subito. Guai se ti lasci prendere dall´inerzia sul principio, lusingandoti col dire: domani vedrò , domani farà ! Sant´Agostino si lasciava lusingare anch´egli col dire domani, domani, cras, cras; e intanto non si convertiva. S´accorse che questo procrastinare era come il non mai fare: allora ruppe ogni indugio, e si convertì. E dopo, piangendo, ammonisce noi di non dire: farà poi; che, questo poi è fratello del mai; e c´invita a far subito, e dire: comincio ora. Sì, bisogna che tutti i giorni anche tu ti animi dicendo: comincio adesso; allora sta´ certo che il Signore farà maraviglie in te. Bada, che se non comincerai a far bene nei primi mesi, non farai più bene in tutto l´anno. Credilo pure, che avviene in questo come nella matematica: in essa chi perde le prime lezioni, non capisce più nulla. Qui, se perdi i primi mesi, molto difficilmente potrai rimetterti! dopo. E venendo alla pratica: nei primi mesi bisogna specialmente che faccia tre cose: 1° regolare bene le pratiche di pietà;    2°imparare a far le cose non più per fini umani, ma.; sempre per il Signore; 3°metterti energicamente a far guerra ai tuoi difetti, incominciando a combattere con tutte le tue forze i più gravi; quelli cioè che in passato ti avessero prodotte maggiori cadute.

Far bene le pratiche di pietà.

Tra le pratiche di pietà, quelle nelle quali devi metterti con maggior impegno, sono le] confessioni e le comunioni, perchè affatto fondamentali; così la meditazione e l´esame di coscienza, perchè non eri solito a farle prima. Riguardo al modo di fare con profitto queste pratiche, ne tratteremo nella terza parte di ‚ñ† questo manualetto. Per ora mi limito a fartene una raccomandazione, insistente e pressante. Da fanciullo poi, benchè non cattivo, i savi fare le cose senza pensare granchè; ‚operavi forse per fare buona figura, per piacere al superiore, e per non essere castigato. Ora è al tutto necessario che cambi registro; e questo, subito, fino dai primi mesi. Bisogna che ti proponga assolutamente di fare le tue azioni con l´unico scopo di piacere a Dio. Questo assurgere al sovrannaturale nelle tue opere, è punto di primissima importanza. Proponiti adunque fermamente di non voler cercar più di far bella figura; di non badar più se il superiore ti vede o non ti vede; di non operare più per semplice affetto al superiore, e tanto meno, per timore di castigo. Ora se vuoi metterti su d´una via di perfezione, è necessario che faccia tutto con lo scopo diretto di piacere a Dio.

Tutto alla presenza di Dio.

Proponi pertanto di renderti abituale e familiare, per quanto puoi, il pensiero della presenza di Dio. Egli ti vede, e qual padre amoroso si occupa di te: anche le piccole mancanze in te gli spiacciono. E tu pratica il sursum corda, in alto i cuori! In ogni operazione imita le galline quando bevono, che ad ogni sorso alzano la testa in su; e tu alza il pensiero a Dio. Regolati, come ci ammonisce  la Chiesa, di tenere cioè il cuore fisso là, dove : sono i veri gaudi [31]. Non camminare più terra-terra! Ricorda sempre: cammina alla, presenza del Signore e sii perfetto. Degli antichi patriarchi e profeti, tanto lodati dalla, Sacra Scrittura, si legge che stavano sempre alla presenza di Dio. Viva il Signore alla presenza del quale io sto: così erano soliti dire, e con questo gran mezzo si rendevano perfetti nelle virtù . Tu pure riuscirai nel tuo intento di santificarti se ti addestri a tener il pensiero della presenza di Dio, ed a fare tutte le azioni direttamente per piacere a lui. Imparerai così anche ad imitare il nostro protettore San Francesco di Sales, nonchè il nostro Padre Don Bosco che dal cardinal Alimonda, nell´elogio funebre di « trigesima » venne definito l´unione con Dio. Così si legge nella vita di San Luigi Gonzaga, che sempre faceva le opere sue pensando al Signore. Ed in particolare si racconta, che nel tornare a Roma dopo aggiustate le faccende del fratello Rodolfo a Castiglione delle Stiviere, « aiutava, con licenza del superiore, a chi serviva in cucina ed in refettorio, portando acqua al fuoco, lavando pentole, asciugando cucchiai » . Quando apparecchiava il refettorio, per istare più unito con Dio e fare quei servigi con maggior merito, poneva alle tavole diversi nomi santi, è con quelli compiva poi con tale affetto e con tanta divozione quell´uffizio, come se realmente a quelle tavole avessero a sedere Gesù Cristo, la Madonna, e i ‚santi ai quali s´immaginava di servire.

Combatti i tuoi difetti.

La terza cosa, cui devi accingerti con tutte le tue forze nei primi mesi, anzi fin dai primi giorni del tuo noviziato, si è di muover guerra continua ai tuoi difetti, e di estirpare almeno i più gravi, quelli che ti facevano cadere con più frequenza. Se tu ora ti sei abituato a fare un po´ d´esame di coscienza ammodo, non penerai molto a conoscere quali sono le tue inclinazioni peggiori. Coraggio: la grazia del Signore, sta´ certo, sarà abbondante! Ci riuscirai; ma occorre energia. Osserva pertanto ben bene se in te regna la vanagloria, o la voglia di dominare sugli altri, o quella di comparire. Devi comportarti, con questi difetti, come fanno i fanciulli quando hanno tra mano una lumaca, che continuamente mette fuori i suoi cornetti: dan del dito prontamente sul corno che comincia a -puntare. E per quanto la lumaca sia persistente nel continuare a metter fuori le corna, essi sono sempre pronti a fargliele rientrare. Fa´ così coi tuoi difetti, senza stancarti; appena mettono fuori il capo, appena vogliono spuntare, combattili. Per quanto siano persistenti, sii tu più persistente di loro: poco per volta riuscirai.

Combattere specialmente le cattive abitudini.

Che se poi avessi avuto antecedentemente qualche cattiva abitudine di pensieri o cose immodeste, qui sarebbe il tempo di una guerra aspra e decisa. Con queste assolutamente non potresti andare avanti per la via del sacerdozio, nè potresti farti religioso. Guerra decisiva, ho detto! Bada però bene, che in questo ottieni di più . prendendo buoni mezzi e togliendo occasioni cattive o pericolose, che non combattendo direttamente. Procura Perciò di pregare molto bene, di essere ben mortificato negli occhi, nelle mani; assolutamente non voler contentare la gola; tronca anche violentemente, se occorre, ogni amicizia particolare; stancati volentieri sul lavoro, non perdendo briciolo di tempo; e specialmente sii umile. Con questi mezzi anche le abitudini più terribili ed inveterate a poco a poco scompaiono. Ti Confortino pure, e ti siano di celestiale attrattiva quelle mirabili parole dell´apostolo: Non sapete che siete tempio di Dio, e che lo spirito di Dio abita in voi? Se alcuno violerà il tempio di Dio, il Signore lo sperierà. Poichè santo è il tempio di Dio, che siete voi [32].

E quelle altre parole del medesimo, con cui conferma la nostra sublime e divinizzata dignità: ^Non sapete voi che le nostre membra >on tempio dello Spirito Santo, il quale è in voi, e che fu a voi dato da Dio, e che non -iete di voi stessi? Poichè siete stati comperati a caro prezzo. Glorificate e portate Dio nel vostro corpo [33]. Ciò che ti dissi di questi due difetti della vanagloria e dell´impurità, applicalo a tutti gli altri: Se ti senti assalire dall´iracondia; se la gola vuol prendere sopravvento; se trovi difficoltà ad accomunarti con tutti; se l´assoluta osservanza delle regole ti pesa; se devi combattere per aprirti completamente coi superiori; se la pigrizia ti domina, o se ti costa fatica studiare o leggere le materie assegnate, per la propensione che hai di studiare o leggere cose di tuo genio; o se qualunque olirà erba cattiva vuol pullulare, mano alla falce e giù colpi alla radice! Non far pace, per carità: non far pace con questi difetti! Sant´Alfonso era solito a dire ai suoi religiosi: « Non mi fa pena vedere che si abbiano difetti; siamo uomini, siamo deboli! Ciò che mi atterrisce si è quando vedo che si fa pace coi difetti, o non si combattono energicamente » . Lo stesso dico io a te: Non temo se hai molte inclinazioni cattive, molti difetti, quando ti vedo combattere energicamente e con costanza: temo invece e ti darei come perduto, se, anche con pochi difetti, non cercassi energicamente di correggerli.

Sopportare le sofferenze.

In generale la vita è piena di dolori, ed i momenti delle afflizioni possono giungere anche per te. Questi sono i momenti più importanti, nei quali cioè puoi farti maggiori meriti se ti diporti bene. E possono anche esserti esiziali e farti perdere i meriti, e ben anche condurti ad una inconsiderata deliberazione di lasciar la vocazione, se non sai sopportarli bene. Conviene quindi che impari e ti abitui a pensare a Gesù sofferente ed alla Beata Vergine Addolorata. Il pensiero tuo, come lo sguardo, vada subito sui dolori da Gesù sofferti nella sua dolorosissima passione. Tienti sempre il Crocifisso avanti gli occhi, o l´immagine del Sacro Cuore, o quella della Beata Vergine Ausiliatrice; qualche cosa insomma che continuamente ti rammenti il Signore o la. Madonna, ed in conseguenza il gran merito che vi è nei patimenti. Così facendo riuscirai vincitore anche nelle lotte più terribili.

 
Capo XI LA VESTIZIONE RELIGIOSA

Ecco avvicinarsi il giorno da te tanto sospirato, quello della vestizione chiericale. Appositamente si stabilì tra noi di tardare alquanto questa funzione, perchè ne intendessi di più l´importanza, e vi ti preparassi meglio.

Sono tre le cose che specialmente devi fare per disporviti bene: purificare l´anima tua; capire bene quel che significa la vestizione religiosa; prendere i mezzi per portare degnamente la divisa indossata.

Purificare l´anima.

Dicendo purificare l´anima tua, certo s´intende per prima cosa che ti purifichi dal peccato mortale, se l´avessi, e, per quanto puoi, anche dal veniale, con sentito dolore e con una buona confessione. Ma di ciò ti ho già parlato, e non è tutto. Conviene ancora che veda se nelle prime settimane hai proprio fatto quanto ti dissi nei capi antecedenti. Non devi considerare purificata l´anima tua se non hai imparato ad assurgere allo spirituale, cioè a far le opere unicamente per piacere a Dio, e se non ti sei occupato energicamete per estirpare i tuoi difetti. Se non lo avessi fatto abbastanza, procura, nella novena che si suol fare precedere alla vestizione, di farlo con tale energia, che serva a supplire alla negligenza antecedente. Coraggio; purificati sempre meglio. Eliseo comandò a Naaman Siro di lavarsi sette volte nel Giordano, se voleva guarire dalla lebbra. Ed io ti dico: dopo esserti ben purificato dai tuoi difetti, hai bisogno di purificarti ancora; e dopo (Tesserti purificato la seconda volta, hai bisogno di purificarti la terza, senza cessar mai. Non siamo abbastanza puri avanti a quel Dio che vede macchie persino negli angeli [34].

Cambiamento radicale.

Nell´atto della vestizione religiosa il superiore anzitutto ti intima di svestirti dell´uomo vecchio, dell´antico Adamo co´ suoi cattivi abiti. Quindi dandoti l´abito religioso ti impone di rivestire l´uomo nuovo, di rivestirti cioè di Gesù Cristo; poichè egli ornai dev´essere il tuo modello, il tuo duce, il tuo esemplare, colui che deve eliminare il vecchio fermento e vestirti della nuova creatura. In che poi consista questo cambiamento dell´uomo vecchio nell´uomo nuovo, lo spiega molto bene San Paolo medesimo scrivendo agli Efesini.« Svestitevi, dic´egli, dell´uomo vecchio che va sempre viziandosi dietro agli errori seguendo i desideri della carne, del mondo e del demonio, appresso cui correste, mentre vivevate avvolti nelle cupidige, fra le immondezze, fra gli altri vizi consimili. Indi rinnovatevi nello spirito della vostra mente, vestendovi di un uomo nuovo, creato a somiglianza di Dio, colla giustizia e colla santità della verità, discacciando primieramente da voi lo sdegno, la malvagità, il turpiloquio, la maldicenza ed ogni altra malnata passione: assumendo di poi, siccome eletti, santi ed amati da Dio, viscere di misericordia, di benignità, di umiltà, di modestia, di pazienza: compatitevi l´un con l´altro, e perdonatevi scambievolmente le offese, siccome il Signore a voi le perdonò . Conservate soprattutto fra di voi una reciproca carità, che è il vincolo della perfezione; e la pace di Gesù Cristo nella quale siete stati chiamati a formare un sol corpo, tenga contento e lieto il vostro cuore » . Se sotto le vesti di religioso tu conservassi le inclinazioni ed i costumi secolareschi, saresti mentitore. La cerimonia esteriore è segno dell´operazione interiore. Quivi agisce una grazia speciale di trasformazione, di rinnovamento, se tu corrispondi. Pensa sempre che coll´atto della vestizione chiericale tu non resti più tuo, ma di Gesù . Esteriormente vi resta bensì la pelosità di Esaù , ma sotto deve esserci il vero Giacobbe; esteriormente comparisci tu, ma in realtà deve vivere Gesù in te, come dice San Paolo di se stesso: Vivo; ma non sono più io che vivo; è Gesù Cristo che vive in me [35]. Sì: far scomparire te medesimo, e far vivere Gesù in te, è la grande mutazione che deve produrre la vestizione religiosa! Quando il santo abate Bernardo, era avvisato esser giunto a Chiaravalle un qualche giovane risoluto di farsi religioso, andando ad incontrarlo alla porta del monastero, prima d´introdurlo nel chiostro gli diceva: « se voi anelate, figliuol mio, alla vita religiosa che qua dentro si mena, lasciate qui fuori le prave inclinazioni che avete portate dal secolo » [36]. Così io dico a te: bisogna lasciar fuori tutto ciò che non tende a perfezione; e bisogna incominciar subito quest´opera del rinnovamento tuo.

Significato della vestizione religiosa.

Bisogna poi che comprenda bene, e che t´imprima nell´animo il significato della vestizione. Con essa tu indossi una nuova divisa, impugni una nuova bandiera, entri in un nuovo arringo, ti poni sotto una regola. Vestire l´abito religioso vuol dire vestire la divisa dei seguaci, anzi dei ministri di Gesù ; vuol dire che non devi più restare quel che eri prima, e come eri prima. Il color nero della veste deve dirti che ormai tu non sei più di questo mondo; anzi che fai lutto al mondo. Tu pertanto devi poter cantare con Sant´Alfonso: « Mondo più per me non sei: - io per te non sono più : - tutti già gli affetti miei - ho donati al buon Gesù » . Questo è punto capitale: vestendo l´abito religioso tu cambi famiglia. Prima eri della famiglia di cui portavi la divisa; ora avendo preso le divise di Gesù , entri nella famiglia di Gesù . Egli ci dice chiaro che chi vuol andare dietro a lui, deve rinnegare tutto, ed anche rinnegare se stesso, e la propria volontà; che bisogna portare la croce; che i suoi seguaci devono crocifiggere la propria carne e tenerla soggetta allo spirito: dice che non devono temere se il mondo lo odia, perchè fu egli pel primo ad essere odiato dal mondo [37]. E soggiunge che il segnale per vedere se si è suoi o si è del mondo, è il vedere se il mondo ci ama o ci odia.

Distacco da tutto e da tutti.

Tra quel mondo cui devi fare il lutto bisogna pure comprendere la tua patria terrena, la tua casa nativa, i tuoi possessi e perfino la tua famiglia. Tra noi il vestire l´abito chiericale non è solo come di uno che vada in seminario, il quale rinuncia a ciò che di peccaminoso vi è nel mondo restando pur sempre in mezzo ad esso. Ma vuol dire rinunciare completamente al medesimo per amor di Gesù , affine di poterci consacrare interamente al nostro profitto spirituale ed alla salvezza dell´anima. Giacchè il nostro è abito religioso, l´abito che ci costituisce nella Pia Società Salesiana. Tutta la Sacra Scrittura è piena di questi ammaestramenti. La legge naturale, la legge mosaici e la legge di grazia son d´accordo nell´inculcare questo distacco. Nella legge naturale vediamo che il Signore volendo fare grandi cose di Abramo, prima gli comanda di abbandonare tutto, patria, casa, parenti. Ed infine lo mette ancora al più duro cimento, per vedere se era pronto persino a sacrificargli il figlio. Solo allora che Abramo abbandonò tutto e si mostrò pronto a tutto, il Signore Io elesse a divenire padre di molta generazione, progenitore del suo Divin Figlio Unigenito [38]. Nella legge scritta vediamo che Mosè stando per morire ci lasciò questo bel ricordo, che specialmente s´appartiene alle persone religiose: Solo coloro che sanno a tempo e luogo abbandonare i parenti, ed occorrendo anche rinnegarli, avranno la grazia di conservare in tutto il patto del Signore e farsi santi {Deut, XXXIII, 9). Il che vale quanto dire, che coloro i quali non hanno tanta forza, non riusciranno a santificar se stessi, e tanto meno a salvare altre anime. Nella legge di grazia Gesù cominciò a dire che tutti quelli, i quali abbandonerebbero la casa, i fratelli, i genitori per la sua gloria, avrebbero ricevuto il centuplo su questa terra e la gloria eterna in paradiso (Matteo, XIX, 29). Poi parlà più alto, ed a quel giovane, che era chiamato a seguirlo, e voleva ancora andare a seppellire suo padre, soggiunse: « lascia che i morti seppelliscano i loro morti [39] » . Ed infine alludendo a quando i parenti impediscono la vocazione, o vorrebbero qualche cosa che diminuisce lo zelo per la salute delle anime, disse schietto : < se alcuno viene a me e non odia suo padre e sua madre, non può essere mio discepolo [40] » . Ma perchè tanto rigore? perchè tanto impegno per separarci dai parenti? Ne dà la ragione lo stesso Divin Salvatore soggiungendo, che i parenti molte volte sono i nemici del nostro profitto spirituale [41]. Ciò che Gesù ci insegnà coi suoi ammaestramenti, l´aveva già praticato esso prima. A dodici anni, quando la madre lo trovà nel tempio e si lamentà perchè si era fatto tanto cercare, disse schietto: Non sapevate che mi devo occupare delle cose riguardanti mio padre? [42]. Ed ai suoi apostoli che gli dissero, mentre stava predicando alle turbe, che sua madre lo cercava, soggiunse: Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli? [43]. Riguardo al distacco dalla patria il Signore fa dire all´anima religiosa: Ascolta, o figlia, e considera, e porgi le tue orecchie, e scordati del tuo popolo e della casa del tuo padre, ed il re amerà la tua bellezza [44]. Poi Gesù stesso ci dà una sentenza molto seria. Lo invitavano i suoi compatrioti a fare nel suo paese quello che faceva altrove; e Gesù rispose deciso: Nessun profeta è accetto in sua patria [45]. Per questo sogliono molti ordini religiosi non mandare e non lasciare i religiosi nei propri paesi; Perciò Don Bosco ci animava a domandare d´andar lontano dai parenti il più che fosse possibile.

Ma in pratica come ti diporterai riguardo ai parenti? Amali d´un amore spirituale, e non di un amore terreno; Perciò prega per loro. Occorrendo dà loro dei buoni consigli e per lettera ed a voce, ma non lasciarti indurre dal loro affetto a trascurare qualche bene spirituale, sia riguardo all´anima tua, sia riguardo allo zelo per la salute delle anime. Non immischiarti assolutamente mai nei loro interessi materiali, e non volere neppure che te li raccontino. Tanto meno cerca di ingerirti nei loro contratti, nelle loro relazioni con chicchessia. Devi rinunciare alle visite in famiglia, anche in tempo di vacanze, tranne malattia mortale dei genitori, ed a loro istanza. Non sollecitar mai i parenti che vengano a visitarti, e quando vengono trattali gentilmente ma abbrevia quanto puoi la visita, senza però mai mancare di carità.

Come portare degnamente la veste.

Ricordati che devi anche prendere i mezzi per portar degnamente la divisa indossata. E la prima cura sìa di non imbrattarla questa cara veste, poi di non sdruscirla, quindi spazzolarla di quando in quando. Capisci che non parlo di queste operazioni materialmente, bensì moralmente. Si macchia col peccato: macchie gravissime se il peccato fosse mortale; macchie più o meno gravi quando fosse veniale. Verrebbe sdruscita, quando non si tenesse ferma la vocazione; quando lasciassi risorgere il desiderio delle cipolle d´Egitto, di attacco alle cose lasciate. Pertanto farai cosa buona se indossando la veste chiericale, domanderai la grazia al Signore di poterla portare fino alla morte; anzi domanda addirittura la morte piuttosto che averla a deporre.

Ma anche conviene portarla dignitosamente, spazzolarla con frequenza togliendone la polvere. Bisogna che ti animi sempre più a questo: anche il solo mirarti vestito da chierico, deve servirti di ritegno a fuggire le mancanze, aver più orrore ai piccoli difetti cui prima badavi poco, fuggire le ragazzate e bambolaggini che prima non disdicevano gran fatto, ma che ora sarebbero riprovevoli. E poi, settimana per settimana, togliere la polvere, esaminandoti accuratamente, pentendoti profondamente delle mancanze, anche solo della tiepidezza spirituale, della non sufficiente corrispondenza alle grazie del Signore. E confessartene con gran pentimento, poichè è col dolore e con la confessione che ripulirai le macchie dell´anima tua.

 
Capo XII I QUATTRO FRUTTI PRINCIPALI CHE SI DEVONO RICAVARE DAL NOVIZIATO

Secondo che c´insegnano i vari maestri di vita religiosa, e specialmente il ven. Padre Lancizio, quattro sono i frutti principali e fondamentali che devono provenire da un noviziato ben fatto. Essi devono poi durare per tutta la vita, e formare come l´atmosfera in cui ha da vivere continuamente il religioso. E Perciò quattro sono le cose a cui maggiormente devi impegnarti tu, o mio buon ascritto, se vuoi che il tuo noviziato ti riesca proficuo per tutta la vita e per tutta l´eternità.

Attendi bene e fanne tesoro.

Odio al peccato.

Per prima cosa un noviziato ben fatto deve produrre e ingenerare nella mente e nel cuore del novizio un sommo odio ed orrore a qualunque peccato deliberato, fosse pur piccolo; in guisa che non vi sia nessuna osa al mondo dalla quale maggiormente aborrisca, quanto dalla minima offesa di Dio. Se il noviziato non ingenerasse questo sommo orrore per ogni peccato e per ogni difetto deliberato, non potrebbe dirsi un noviziato ben fatto. Ciò perchè , come c´insegna San Basilio: il principio, la base, il fondamento per ricevere qualunque bene, è l´emendazione della vita e l´allontanamento dal male. E questo! sforzo per allontanare costantemente il male non sarà duraturo senza previo odio e detestazione del peccato. E poi, come dice Sant´Ambrogio: Quando si rinuncia al male, subito s´incomincia ad acquistar la virtù . Poichè con lo stesso sforzo con cui si allontana il male, si acquista il bene.

Per questo motivo le nostre costituzioni vogliono, che prima di cominciare il noviziato ognuno passi dieci giorni nel fare gli esercizi spirituali. In essi deve esaminare accuratissimamente la propria coscienza ripensando alla vita passata, e fare la confessione generale e meditare sui propri peccati. Tali cose tutte ben penetrate colla divina grazia, procurano uno stabile odio al peccato, ed orrore a qualunque offesa di Dio. Anche per questo motivo generalmente le regole degli istituti religiosi vogliono, che ciascun novizio abbia grande chiarezza di coscienza manifestando al superiore tutte quelle cose che´ sono di maggior momento. Poichè sebbene ciascun fallo considerato da solo devo, già ingenerare in noi grande orrore ed odio al medesimo, molto più orrore e odio si solleva nel io nostro cuore al considerarli tutti insieme penetrandone la bruttezza, la gravità e la moltitudine. Tutte coteste considerazioni devono spingere fortemente alla fuga energica, ed all´evitare d´ora in avanti ogni anche minima offesa del Signore.

Bruttezza del peccato.

L´anno intero del noviziato poi deve per te principalmente avere questo intendimento, di venire a conoscere sempre meglio la bruttezza del peccato, e imparare a detestarlo con tutte le forze. Bisogna guardare bene da vicino questo mostro per conoscerne l´orribilità. Daniele ai Babilonesi, che adoravano un immane e mostruoso dragone, si propose di far capire a quei folli qual brutta cosa adoravano. Avutone il permesso riuscì facilmente ad ucciderlo; e morto che fu si sentì ovunque una puzza orribile. Daniele mostrando quel cadavere così puzzolente al popolo, disse: Ecco chi adoravate: Ecce quem colebatìs; e tutti ne furono presi da orrore straordinario, e non sapevan più che dirsi. Anche tu forse sei andato dietro a questo mostro del peccato, più brutto e puzzolente di quell´immane dragone, e ti sarà parso come impossibile distruggerlo, essendo tu tanto attaccato a lui. Ma ora che essendo venuto al noviziato ci sei riuscito, e l´hai finalmente distrutto, devi guardarlo, com´è brutto e puzzolente, per prenderne un orrore immenso e non aver più mai a contaminartene, con lasciarti ancor vincere da lui.

Domanda al vero Daniele eterno, a Dio, che te ne faccia comprendere la bruttezza immensa ed il suo fetore affinchè ne possa prendere sempre maggior schifo ed orrore. E bada che non devi solo detestare quell´orribilissimo mostro, che è il peccato mortale: ma anche venir a conoscere il gran male che è , e detestare anche il peccato veniale e qualunque offesa di Dio, fosse pure di quelle che sembrano piccolissime; perchè , per piccole che sembrino, essendo una offesa di Dio, saran sempre una cosa più orribile e puzzolente di quel mostro adorato dai Babilonesi.

Necessità di quest´odio.

Si è fatta osservazione, che uno, uscendo dalle case di formazione, e andando a lavorare nei collegi senza questo odio intenso ed orrore ad ogni difetto, comincia subito a vivere rimessamente, e poco per volta a cadere in molti difetti e peccati veniali. Invece se nel noviziato, con meditazioni, conferenze, prediche, e considerazioni efficaci uno si è preparato e scolpito sodamente nel cuore la gravità e la nefandità di ogni peccato sebben minimo, talmente viene ad abborrire ogni caduta, che amerebbe meglio esser sottoposto a tutti i patimenti del mondo, piuttosto di cadere ancora in un solo e piccolo peccato deliberato. È la poca ponderazione del male che è il peccato, e il non averne concepito un intenso orrore la prima causa per cui, molti, appena usciti dal noviziato, o dallo studentato, si uniscono ai compagni meno ferventi, e cominciano liberamente a mancare ed a trasgredire le regole. Tu pertanto procura seriamente di riportare dal noviziato quell´odio implacabile e quell´orrore profondo ad ogni sorta di mancamento; e vivrai nella religione perfettamente, terrai conto dell´osservanza di tutte le regole, farai molto progresso, ubbidirai perfettamente e vivrai in perfetta pace e con edificazione degli altri.

Perciò non finisco di raccomandarti, o mio buon amico, che voglia fondarti proprio bene su questo punto, ora che ne hai ogni comodità, se vuoi fare molto progresso nella vita spirituale e perseverare degnamente nella tua vocazione.

Come riuscire a quest´odio santo.

E per riuscire a questo, bisogna che profondamente e minutamente vada considerando avanti a Dio, che cosa sia il peccato, la natura sua, le sue conseguenze, e le punizioni che ci attira, e che con ugual profondità e minutezza mediti i novissimi. È questo il motivo principale per cui io raccomando sempre che nei primi mesi del noviziato per libro di meditazione si preferisca l´Apparecchio alla morte di Sant´Alfonso o qualche simile libro che tratti a lungo sui novissimi. Con questo s´ingenera meglio questo orrore ad ogni benchè piccolo peccato. Oh io vorrei inginocchiarmi ai tuoi piedi, mio caro principiante, e pregarti per le piaghe di Gesù ad approfondirti bene su queste considerazioni, ed a prender un orrore intenso al peccato, altrimenti io vedo approssimarsi la tua rovina! A Santa Teresa, in .ma celebre visione, il Signore mostrò il suo posto preparato nell´inferno, facendole capire che ciò sarebbe stato in punizione di piccole imperfezioni. Ma come, mi dirai tu, per piccole imperfezioni veniva condannata all´inferno, mentre si sa che solo il morire in peccato mortale vi ci può far cadere? Ed io ti rispondo, come anche fu istruita Santa Teresa in quella circostanza. È ben certo che per il peccato veniale non veniamo condannati all´inferno; ma è anche certo che il Signore vuole che noi corrispondiamo con sincerità e slancio alle sue grazie più elette. Se si corrisponde, ad una grazia ne succede un´altra più eletta ancora, e si procede di virtù in virtù . Ma se invece si comincia a non corrispondere ad una prima grazia, il Signore diminuisce i suoi favori, e dopo si resta ancor meno disposti a corrispondere. Iddio diminuirà ancora le sue grazie, comincerai a cadere qualche volta anche nei mortali, a poco a poco acquisterai l´abitudine anche di questi, non avrai più forze a sollevarti dal lezzo di questi peccati, e precipiterai nel più orrendo baratro della dannazione.

Desiderio della perfezione.

Il secondo gran frutto che si deve portare dal noviziato, e che deve durare nel religioso per tutta la vita, si è l´acquisto di un ardente desiderio di perfezione: cioè la risoluzione pratica di fare ogni azione perfettamente. E questo si viene ad acquistare specialmente col meditare bene i misteri della vita di Gesù Cristo. Ma questa meditazione va fatta accuratamente e profondamente, affinchè entri fin nelle più intime fibre del nostro cuore l´idea di voler operare con perfezione, conformando le nostre azioni, le nostre parole, i nostri pensieri al modo con cui opererebbe, parlerebbe, penserebbe Gesù nelle nostre circostanze. Lo sai che la nostra perfezione consiste in questa perfetta e completa imitazione di Gesù ! E perchè questa imitazione di Gesù sia proprio completa, è necessario che nel meditarne la vita ne consideriamo sempre a fondo sia le opere, che le parole ed i pensieri, affinchè ogni nostra cosa interna ed esterna si conformi a questa norma. Nelle tue meditazioni pertanto sulla vita di Gesù Cristo, procura sempre efficacemente di acquistare uno stabile ed ardente desiderio della perfezione; ed a ciò accostumati anche coi colloqui spirituali.

Se t´impossessi bene di questo desiderio, e lo riduci in proposito incrollabile, anche quando andrai a lavorare nelle case vivrai con grande edificazione, e con consolazione dei superiori e di Dio. Sappi che il Signore certo non si lascia vincere in generosità; e quando vede uno sodamente impegnato per imitare le sue virtù , allarga il suo cuore, s´intenerisce e ne lascia uscire in suo favore tali e tante grazie, ed infonde nel suo cuore doni così esimi ed un grado così insigne di virtù , che fa stupire chi osserva le continue ascensioni di quest´anima generosa.

Di più : è costume di Dio di comunicarsi molto largamente a tutti quelli che ardentemente desiderano la perfezione, secondo quelle parole di Gesù : Beati coloro che hanno fame e sete della giustizia, poichè saranno saziati [46]. E secondo il detto della Beata Vergine: Iddio riempie di beni coloro che ne hanno fame. A questo proposito San Gregorio Nazianzeno dice che Iddio tiene in gran conto lo stesso desiderio; e spiega come il Signore nella su esposta beatitudine con la parola giusti7àa intende precisamente la perfezione, ossia la santità. Io pertanto ti raccomanda 

che nella santa messa subito dopo l´elevazione domandi sempre gran fame e sete della giustizia, cioè della perfezione; ed allora avverrà ciò che dice Sant´Ambrogio (in Ps., 118) : « Quando Dio vede un´anima piena di desiderio la riempie di beni » .

Necessità di tale desiderio.

Il non radicar abbastanza negli anni della formazione questo profondo desiderio della perfezione, è la seconda causa per cui molti, finito il noviziato, subito cominciano a vivere tiepidamente. Se tu avrai la disgrazia di partir da quello senza una base abbastanza stabile, senza un convincimento abbastanza profondo del bisogno assoluto che hai di acquistare un ardente desiderio di perfezione, tu puoi considerarti come perduto per la vita religiosa. Mentre se vi fosse stato questo desiderio proprio ben radicato, faresti bene tutte le cose, anche le più difficili; e ciò con perseveranza, anche nei momenti di maggiori distrazioni, e quando s´incontrano impedimenti da ogni parte. Il tuo sguardo deve poggiare in alto, e devi avere dei grandi desideri. Ma non devi fermarti a questi! Devi sapere che vi sono due sorta di´ desideri: Quelli di Daniele tanto lodati da Dio, e quelli del pigro che uccidono la sua anima. Se colla tua pretesa buona volontà ami i tuoi comodi, scansi la fatica, ti turbi nelle difficoltà e t´arresti in esse, i tuoi desideri ti meritano il castigo che il Signore minaccia al pigro: De stercore boum lapidatus est (Eccli K XXII, 2).

Non ti turbi il pensiero che arrivare alla santità è difficile. Dio è con te: egli t´ha chiamato, t´accompagnerà, sostenendoti ed aiutandoti. Con te è anche Maria Ausiliatrice, che t´ha scelto, t´ha condotto qui, nè t´abbandonerà di certo, essa che è la nostra Mamma.

Non scoraggiarti.

I giovani han cuor generoso, ed intraprendono volentieri le opere ardue ed alte. Ma di fronte alle difficoltà son facili allo scoraggiamento. Se esso facesse capolino nel tuo animo, umiliati e confida. Lo sapevi ben che sei buono a nulla! Perchè ora te ne meravigli? Tu presumevi, mio buon figliuolo, e Dio ti corregge lasciandoti cadere. Riconosci volentieri il tuo niente e la tua cattiveria. Ripeti con San Luigi: la terra mia ha dato il suo frutto. Poi... coraggio! Colui che in te ha cominciato, condurrà a termine l´opera. Prova ancora e sempre, sforzati con tutta energia, con tutta fiducia in Dio. Riuscirai quando egli vi porrà la sua mano. II re di Danimarca, più volte sconfitto e scoraggiato, entra in una casa di contadini per riposare. Osserva un ragno che tenta e ritenta per ben undici volte di salire per una parete liscia, ed alla dodicesima riesce. « Ilo perduto anch´io, dice il re, undici battaglie; tenterà la dodicesima .Vinse e la Danimarca non fu soggetta alla Norvegia. Dunque: più confidenza e più energia, ma sempre coraggio!

Amore alla croce.

Il terzo frutto che si deve ricavare sodamente dal noviziato si è un grande amore alla croce, cioè un desiderio di contraddizione, di patimenti, di sofferenze, e avversione a tutte le cose da cui possa provenire allettamento, stima ed onore. E questo grande amore alla croce verrà in te colla meditazione della passione e della morte del Divin Salvatore, e colla viva apprensione dei peccati commessi. Perciò sono convenienti le asprezze di questa vita: come le mortificazioni, le penitenze, le accuse, le calunnie, gli obbrobrii e le umiliazioni. E quando il desiderio della perfezione è ardente, vien pure ardente l´amore e il desiderio della croce. L´imitazione dei patimenti di Gesù Cristo è parte precipua della vita del cristiano e specialmente del religioso. È pertanto cosa ben appropriata a te, dice San Bernardo nel 2°sermone sulla cena del Signore, di patire, morire, esser sepolto con Gesù ; poichè essendo membro di Gesù , se vuoi rimaner tale devi camminare come camminò Gesù , e come patì Gesù patirei ancora tu. San Paolo c´insegna, che chi è di Gesù Cristo desidera di essere simile a luiil cercando anche egli di crocifiggere la sua] carne [47].

Bisogna amar la croce.

Il non acquistare abbastanza sodamente] questo ardente desiderio di patire per il SIgnore, e per scontare i propri peccati, e questo essere mal fondati sull´amore della croce, è la terza causa per cui dopo il noviziato molti si conturbano e vacillano attorno alla vocazione. Ciò sarà appena siano contraddetti, o quando vengano accusati e puniti per le loro trasgressioni; oppure quando siano molestati da qualche socio o da professori; o] quando non siano promossi a scuole od a cariche superiori; ovvero quando non vengano ascoltate le loro ragioni per essere cambiati di casa o d´occupazione; o quando siano., tolti da certe cariche ambite, e posti in altre a loro ripugnanti. Oh, se ti sta a cuore la tua perseveranza nella vocazione, non contentarti nel noviziato di riscaldarti all´amore di Gesù , ma abituati al pensiero e all´esercizio di patir molto per lui! Generalmente quelli che vendono al noviziato, devono considerarsi come ferri storti, che vengono alla religione apposiaamente per essere raddrizzati e lavorati bene. E come del ferro non basta metterlo al fuoco e farlo arroventare, ma bisogna che col martello si batta quanto occorre, fino a tanto che si sia reso quale si vuole; così noi dobbiamo prima esser posti al fuoco e fatti « roventare nella fornace dell´amor di Dio; per essere poi battuti, drizzati e lavorati col martello della mortificazione, finchè riusciamo quali il Signore ci vuole.

Conformità alla volontà divina.

Il quarto gran frutto che si deve ricavare dal noviziato, e che compendia tutti gli altri, e che porta il Religioso all´apice della perfezione, quando è proprio bene e costantemente praticato, è l´acquisto della perfetta conformità alla volontà di Dio, con la rinuncia alla propria volontà ed a tutte le altre cose terrene. A questo punto devi cercare di arrivare tu, prima di terminare il tuo noviziato. E per arrivare a questo devi essere deciso di lavorare tutto l´anno attorno all´anima tua; poichè la cosa in pratica è di ben difficile riuscita. Ma con la grazia di Dio ci arriverai certamente, se porrai in questa un forte e costante volere. Si tratta di spogliarti completamente della volontà propria e in tutto] cercare la volontà di Dio; si tratta di dire in ogni opera: nulla e mai ciò che piace a me, tutto e sempre ciò che piace a Dio. Si tratta di arrivare al punto di poter dire con San Paolo : son morto al mondo; vivo, non io, ma Gesù vive in me. Questo è assolutamente richiesto da chi vuole avere un ardente amore di Dio. È impossibile amare Dio davvero, senza ridursi a voler altro se non quello che piace a lui, conformando la nostra volontà alla sua. Perciò devi, con tutte le tue forze, cercare fin dal principio del tuo noviziato d´acquistare questa perfetta conformità alla volontà di Dio, con il rinnegamento completo d´ogni attacco alla propria volontà di qualunque altra cosa terrena. Devi Perciò studiarti ancora di non eleggere, e neppur desiderar nulla di tuo proprio arbitrio riguardo alle occupazioni, l´abitazione, le cariche, e qualunque altra cosa che ti possa accadere nel corso della vita. Lascia tutte queste cose al Signore Iddio, affinchè egli, per mezzo dei superiori, disponga ed imponga quanto è pel tuo meglio. Cerca Perciò efficacemente, di far sempre ed in tutto quel che i superiori dispongono di te; e lasciati maneggiare a loro piacimento. Non rifiutare altro che il peccato, se a quello per disgrazia anche nel noviziato fossi eccitato.

Efficacia di questa conformità.

Si rende visibile questa disposizione d´animo per tutto il resto della vita, in tutti coloro che passarono bene il loro tirocinio. Essi niente curano, niente pretendono, niente desiderano di speciale per sè; ma abbracciano con slancio quanto viene indicato dai superiori. Se sono applicati a studi, si pongono a studiare; se si indica loro di darsi ad un genere di studi invece che ad un altro, subito ed allegramente fanno quanto è loro ingiunto; se fossero tolti dallo studio e messi in altra occupazione da coadiutore, non si lamenterebbero; se sono prima del tempo ordinario rimossi dallo studio per andare a compire altre occupazioni nelle case, non fanno la minima difficoltà, vedendo in queste disposizioni dei superiori espressa la volontà di Dio. Sì, addestri a questa continua e perfetta conformità alla volontà di Dio, e ti manterrai sempre un religioso fervente, ed il Signore si servirà di te per fare del gran bene anche agli altri. Ma ricordati che per arrivare a questo bisogna saper morire interamente a se stessi. Ricordati il detto del Vangelo: se il grano di frumento cadendo in terra non vi muore, rimane lui solo; ma se muore, dà molto frutto. Non porterai gran frutto, se prima non morrai a te stesso.

 Come acquistare tale conformità.

E come mezzo speciale di arrivare a questo punto proponiti la considerazione della potenza e bontà di Dio, e delle sue perfezioni ed attributi. Devi capire che un capello del tuo capo non cade senza il Padre Celeste; che il Signore ha cura degli uccelli dell’aria e del fiore del campo, e che Perciò tanto maggior cura avrà di te. Lasciati pertanto guidare dalla sua provvida mano, e vedi in tutto quello che ti avviene la volontà sua. San Francesco di Sàles si protestava d´aver già poche inclinazioni e volontà proprie: ma che se avesse avuto da rinascere avrebbe voluto non averne nessuna, per lasciarsi in tutto e sempre come un bambino guidare dalla benevola mano della Divina Provvidenza.

Come stabilirsi nei quattro propositi suddetti.

Secondo la dottrina dei filosofi e teologi, l´abito di una virtù si accresce col moltiplicarne gli atti. La goccia scava il sasso, a forza di cadere molte volte. Affinchè queste quattro cose vengano da te ben acquistate, e perchè in quelle fii possa ben fondare, così che dopo il noviziato non svaniscano subito e ricompaia in te l´uomo vecchio, ti devi abituare a ripetere frequentemente questi propositi. Ciò sia nelle meditazioni quotidiane e negli esami di coscienza, sia nel tempo della santa messa, specie nel momento dopo l´elevazione; e più che tutto ancora dopo ogni comunione. Fallo molto brevemente ma molto ardentemente, offrendo questi propositi al Signore, e domandando ferventemente la grazia di poter ottenere di praticarli sempre per tutta la vita. Allo stesso scopo giova stabilire nel noviziato medesimo delle considerazioni atte e dei mezzi ben fermi e pratici, per cui la volontà venga mossa costantemente all´esecuzione delle medesime, specialmente nelle occasioni più difficili. Conviene al novizio porsi sotto gli occhi le difficoltà maggiori e gli impedimenti che possono sopravvenire nel resto della vita, sia nel tempo degli studi, sia specialmente quando sarà nelle varie case a lavorare. Queste considerazioni seno alle volte ispirate da Dio alle anime pure, nelle meditazioni, nelle comunioni e simili. Altre volte ci provengono dalla lettura della vita dei santi e dei libri spirituali, altre volte dai colloqui spirituali e circoli di pietà, che io non cesso d´inculcarti grandemente se vuoi diventare un salesiano degno figlio di Don Bosco. Gioverà poi anche di più lo scriverti accuratamente questi propositi nel noviziato e rileggerli con frequenza dopo, specie nell´occasione degli esercizi di buona morte.

  Modi pratici d´acquistare i quattro frutti del noviziato.

Ma con quali modi pratici e particolari si può molto aiutare il novizio per acquistare^ fin dal principio del suo tirocinio le quattro cose sopraddette, e poi perseverare a vivere sempre a norma di quelle? In generale si può giovare di tutti quei mezzi, che dalla^ Sacra Scrittura e dai Santi Padri e dai maestri della vita spirituale si sogliono suggerire] per l´acquisto delle virtù e sono: la preghiera, la mortificazione, la confidenza, ecc. Ma venendo ai particolari, dalla esperienza mi persuasi riuscire grandemente utili i mezzi seguenti, che io ti pongo raccomandandotene l´esecuzione: 1) Cerca di compenetrarti bene, del fine per cui fu creato l´uomo. Medita a lungo su questo punto, scrutando profondamente, nelle meditazioni e dopo le sante comunioni, i vari punti particolari che da questo generale ne emergono. E torna più volte lungo l´anno e negli anni seguenti su queste considerazioni. 2) Pensa molto attentamente:´ se un dannato per misericordia di Dio fosse, per essere assoggettato ad una nuova prova, richiamato al mondo, oh quanto perfettamente eseguirebbe queste quattro cose, gli costassero pure inauditi sforzi! Dovesse pure per praticarle soffrire tutte le pene del mondo. Ora tu conosci che molto maggior beneficio è il non essere dannati dopo tanti peccati, che esserne liberato dopo che uno fu dannato; e Perciò devi deciderti a voler esaurire queste quattro cose perfettamente e sempre, ti costassero pure inauditi sforzi e tutte le pene del mondo. 3) Procura di avere un´apertura di cuore assolutamente completa col maestro, e proponi che gli anni successivi porrai la medesima fiducia negli altri superiori che ne terranno le veci. Anzi riduciti a fare con loro di tanto in tanto qualche atto che tu conosca farti del bene, quantunque si trattasse di atto eroico e molto umiliante per te, e che confonda al cospetto degli altri, come sarebbe: il non scusarti in una mormorazione grave o calunnia fatta contro di te, o fare un rendiconto generale a quel direttore della casa cui fosti mandato, quando questo direttore ti ripugnasse molto; e non solo manifestare le cose e circostanze necessarie, ma anche quelle non necessarie che arrecano molto rossore e confusione in chi le manifesta. E ciò per addestrarti nell´umiltà e nel vincere te stesso, e così dar gusto a Dio con questa tua confusione. Appena si può dire quanto bene spirituale arrecano questi atti così eroici e non imposti ma fatti solo pel bene dell´anima propria! 4) Parlare spesso di cose spirituali, e cercar di ridurre a scopo buono ed edificante i discorsi indifferenti da altri incominciati; conversare preferibilmente con le persone maggiormente edificanti, fuggendo in. bel modo conversazioni puramente amene. 5) Imponiti rigorosamente che fuori delle Cose obbligatorie, non leggerai che libri al tutto edificanti, e non ti lascerai adescare a leggere nessun libro o giornale che non sìa al tutto buono, e mai e poi mai per pura curiosità e senza espressa licenza. 6) Sii costante nel fare con molta diligenza gli esami di´ coscienza particolari, e notarti giorno per giorno i propositi, e confrontare il giorno precedente col presente, la settimana precedente colla seguente. Sii anche costante ora, e prometti di esser costante ed esattissimo per tutta la vita anche nelle circostanze più ´ difficili, a voler assolutamente fare la confessione settimanale e la comunione, per quanto ti sarà possibile, quotidiana. 7) Prenditi impegno per iscritto dei tuoi propositi, e prometti molto sodamente al Signore di voler per tutta la vita conservare lo stretto silenzio nei tempi prescritti, di star costante ad osservare esattamente e sempre le altre regole, che dai tiepidi sono frequentemente tenute per piccole, in modo da non violarle mai una volta. Se ti senti, prometti pure di non volerti mai scusare delle cose che si diranno contro di te, fuori che ne fossi espressamente richiesto dal superiore. 8) Non Voler condannare nè i detti nè le azioni di alcuno, nè colle parole nè colla mente. Anzi interpreta sempre tutto in bene, secondo gli ammaestramenti di San Francesco di Sales il quale di 99 aspetti cattivi che avesse un’azione ed un solo buono, l´interpretava sempre dal lato buono. Procura di fare sempre ciò per puro amore di Dio, considerando che tutti sono immagini di Dio, da lui redenti, e sue creature. 9) Fa´ con frequenza atti di umiltà, posponendoti a tutti i confratelli della casa; e cerca di esercitare la carità, in modo che tutti abbiano ad essere edificati dal tuo contegno. 10) Procura di non voler perdere neppure un briciolo di tempo, ma sempre occupalo in cosa grata a Dio, conforme alla mente del superiore e conveniente al tuo presente stato e condizione ed Occupazione, li) Prega con frequenza e con affetto per quelle persone dalle quali avessi ricevuto ingiurie, persecuzioni, dispiaceri. Poichè questo ti concilia grazia presso Dio, e muove la sua liberalità a conferirti insigni doni spirituali.

Capo XIII PUNTI DELLE COSTITUZIONI CHE NEL NOVIZIATO SONO PIU’ DA PRATICARSI Tutti i punti delle nostre costituzioni sono da praticarsi nel tempo del noviziato, per acquistarne l´abito, ed eseguirle poi bene nel rimanente della vita. Ma alcuni di essi, o perchè più difficili, o perchè d´uso più frequenti, o perchè fondamentali, o più importanti per la vita nostra, bisogna siano eseguiti con impegno speciale. Senza questa avvertenza uno potrebbe poi trovarsi imbro´ gliato nelle difficoltà che certo sorgeranno in seguito.

Catechizzare i fanciulli poveri.

Il primo esercizio di carità che deve praticare un salesiano secondo le costituzioni, è quello di catechizzare i fanciulli poveri e abbandonati. È questo l´esercizio più utile e fruttuoso per le anime. Una buona massima suscitata nel cuore ancor tenero del fanciullo, germinerà ed arrecherà frutto senza fallo. Una volta che conosca bene e capisca il catechismo, il giovane può dirsi per metà già salvo. Può bensì ancora entrare la corruzione nel suo cuore: ma in qualche circostanza solenne nella vita, almeno in occasione di disgrazie, od in vecchiaia, i buoni ammaestramenti rivivranno e si verrà a migliori consigli, e si riceveranno bene i sacramenti. Oh chi pensasse, che facendo con amore e bene il catechismo, si opera direttamente ed efficacemente a salvare anime, quanto più volentieri e con spirito di sacrificio attenderebbe a quest´opera! Ognuno deve perciò desiderare di essere occupato in quest´ufficio. Tu pertanto non badare a stenti ed a fatiche, purchè possa insegnare la via del paradiso ai fanciulli! Non meriterebbe il nome di salesiano chi si rifiutasse a questo ufficio, o lo facesse a malincuore. Nè solo fallo volentieri ora, se ne fossi incaricato; ma prometti al Signore di volerlo far volentieri per tutto il resto della tua vita, ancorchè fossi già molto occupato in altro, e il farlo ti costasse gran sacrificio.

Cura degli artigiani.

Il secondo esercizio di carità proposto dalle regole è di aver cura degli orfani, e dei giovani più poveri ed abbandonati, ammaestrandoli, in appositi ospizi, oltrechè nella santa religione, anche nelle arti e nei mestieri. È questa la cosa che attira le maggiori simpatie alla nostra società. Perchè tutti ormai conoscono che la questione operaia s´impone; e che se l´operaio non viene educato cristianamente da giovane può riuscire come una belva feroce, che unito ad altri soci spaventerà l´intera società. Oh la gran buona ispirazione che ebbe Don Bosco di occuparsi per render buon cristiano l´operaio! Ma l´educazione del giovane operaio è difficile; richiede fatiche e sacrifici. Che importa? purchè si ottenga la gloria di Dio, la salute delle anime, il bene della società! Ognuno pertanto deve fin d´ora preferire, nel proprio cuore, l´occupazione tra gli artigiani alle altre, come quella che per essere più umile e necessaria, è più gradevole al Signore. E se tu ti sentissi qualche ripugnanza in questo impiego, credendoti d´essere quasi umiliato per essere posto ad assistere poveri artigianelli, domanda perdono al Signore di sì fatta viltà del tuo cuore, e superbia della mente; e procura di volere d´ora innanzi pensar solo alla salvezza delle anime, ed alle cose che possono fare maggior bene, e non a ciò ch´è più onorifico, o ti piace di più . Che se questa tua ripugnanza venisse perchè d´ospizi e di cose di artigiano sei meno pratico che di quelle degli studenti, pensa che ciò avviene anche agli altri; Perciò invece di ritirarti fatti avanti, cercando di impratichirti, mettendoti di gran buona volontà, e ringraziando il Signore che ti dà un´occasione di farti maggior bene all´anima.

Carità fraterna.

Cerca di essere ben penetrato del significato dell´articolo dodicesimo del secondo capo delle costituzioni, dove si dice che la carità fraterna deve unire talmente i confratelli da formare un cuor solo ed un´anima sola. Compè netrati del bisogno di avvezzarti a sopportare i difetti degli altri, e a non mai offenderti quando ricevi qualche sgarbatezza od offesa. Per regolata e santa che sia una comunità, Iddio permette spesso che vi siano in essa caratteri diversi, vedute contrarie, impegni contraddicentisi, e piccole gelosie. È necessario prender le cose come sono, e tenere continuamente lo sguardo al Signore, armandosi di una perfetta conformità ai divini voleri, pensando praticamente che tutto è disposto, o almeno permesso o tollerato dal Signore. Pensando a questo ti accostumerai a conservare la pace, ed anche a propagarla negli altri, e con buoni consigli, e specialmente con eroici esempi. Assuefatti a non mai criticare alcuno; interpreta bene le azioni e specialmente le intenzioni altrui; sii accondiscendente ai desideri onesti degli altri; tieni in gran conto ed interesse qualunque cosa riguardi le opere della nostra Pia Società, e dei singoli suoi membri, in particolare di chi esercita qualche grado di superiorità nella medesima. San Francesco di Sales assicura che è più meritorio avanti a Dio il fare un piacere ad un compagno, l´accondiscendere ai suoi desideri, il sopportarne uno noioso, a spargere un po´ di allegria, di gioia, di felicità in famiglia, nella comunità, che non i grandi digiuni, le aspre discipline, e le austere penitenze corporali.

Cura della vocazione.

Non è mai abbastanza ripetuto l´articolo ventuno di cotesto medesimo capo II, dove le costituzioni ci pongono sotto gli occhi le gravissime parole del Divin Redentore: chi dà indietro dalla vocazione è chiamato reprobo dal Signore [48]. Perciò sappi bene tener conto più della propria vocazione, che di ogni altra cosa del mondo. Richiama con frequenza alla mente questa verità, e, se ti ; sta a cuore l´eterna salute, prendi mezzi efficaci per conservare questo preziosissimo dono che ti ha fatto il Signore. Va´ a rilento a dare il tuo nome per entrare nella Società Salesiana; ma se l´hai dato dopo considerazione, preghiera e consiglio, e sei persuaso che vi sia la vocazione, devi essere pronto a sudar sangue per rendertene degno, per sradicare i tuoi difetti per cambiare il tuo carattere, È Dio che lo vuole, e tu non devi mostrarti vile. Dacchè ti ha chiamato, ti darà certo le grazie opportune; ma tu devi corrispondergli, avessi pure da sostenere sforzi duri fino alla morte, come dice lo Spirito Santo [49]; niente è troppo trattandosi della salute dell´anima. Ad ogni modo l´essere ascritto, vuol dire essere in tempo di prova. Posto che non ti senta, è molto meglio tornare indietro ora, che non hai ancor messa definitivamente la mano all´aratro, o l´hai messa solo per prova, che tornare indietro dopo fatta la professione. Va´ pertanto ancor più a rilento a domandare di fare i santi voti. A tutti i costi procura prima di emendarti bene dei tuoi difetti, di praticar bene le regole e le virtù che senti raccomandarti. Non fidarti di far poi in anni avvenire ciò che non sai fare in quest´anno. Non far domanda finchè non ti senti franco, e, con la grazia del Signore, sicuro di poter poi conservare i santi voti sino alla fine della vita. Perchè è troppo terribile la minaccia del Signore, a chi, dopo fatti i santi voti, retrocede.

Ubbidienza ed apertura col superiore.

Tra i punti principali della regola vi è quello che insinua « l´obbedienza al proprio superiore, tenendolo in ogni cosa qual padre amorosissimo, ubbidendogli senza riserva alcuna, prontamente, con animo ilare e con umiltà, persuaso che nella cosa comandata viene manifestata la stessa volontà di Dio » . Abituati pertanto a questa ubbidienza semplice e perfetta, ed a questa chiarezza di « scienza illimitata, di cui ti ho già parlato. Sii persuaso che senza questo farai naufragio immancabilmente, e non persevererai nella vocazione. Epperò non aver cosa della vita passata, dello stato presente, o delle aspirazioni riguardo il futuro, che non sia ben conosciuta dal superiore. E bada anche alle singole altre parole di questo articolo, specialmente a queste: tenendolo in ogni cosa come padre amoroso; ed a queste altre: persuaso che nella cosa comandata viene manifestata la volontà di Dìo. Se ora ed in seguito troverai difficoltà nell´ubbidire, tieni pure: è perchè non consideri il superiore come padre amoroso. Tu forse, vedendolo un po´ aspro e severo, sarai portato a non crederlo tale; mentre forse egli, padre davvero amorosissimo, vedendo il bisogno che hai tu di essere corretto, si fa alle volte una tremenda violenza al cuore per correggerti efficacemente e salvarti. E il maggior male ancora si è , che non si vede in ogni obbedienza la volontà di Dio. Oh se ti accostumassi davvero a vedere in ogni cosa Iddio, non troveresti dura l´obbedienza! Con che slancio faresti la cosa, anche la più dura ed a te ripugnante, se ti comparisse Gesù e ti dicesse che gli piace quella cosa e che desidera che tu la faccia! Ebbene: nell´ubbidienza avviene sempre, invisibilmente bensì, ciò che questa volta ti sarebbe avvenuto visibilmente. Addestrati a questo, e nella società condurrai vita felice e piena di meriti.

Cura della castità.

La virtù poi, che sopra le altre Don Bosco cercà in ogni guisa e con mille industrie d´inculcare, e che lasciò come sua eredità alla congregazione, è la castità. Nelle costituzioni egli ci fece dire : « Essa è la virtù che deve essere sommamente da noi coltivata. Usa Perciò tutte le sollecitudini per assicurare meglio in te l´esercizio di questa virtù . Richiama anche con frequenza a mente l´articolo terzo del capo della castità, dove si dice: « Le parole, gli sguardi anche indifferenti sono talvolta malamente interpretati dai giovani che sono già stati vittima delle umane passioni >. E tu, a tenore delle costituzioni medesime, usa « massima cautela discorrendo e trattando coi giovani di qualsiasi età e condizione » . Qui nessuna raccomandazione è superflua, nessuno sforzo è troppo grande, nessun mezzo che si prenda è soverchio. Devi figurarti, come dice San Pietro, che il demonio ti stia sempre attorno, per farti cadere. Devi capire che tra noi vi può essere più pericolo di mancare che tra altri, dovendo noi lavorare e stare giorno e notte coi giovani. I giovani alle volte vezzosi, semplici, affascinanti, incauti, possono servirti di pericolo; perchè la fantasia non lascia di lavorare, e le passioni di stimolare. Alle volte, maliziosi e furbi, son capaci essi stessi di cercare di prendere in trappola l´assistente e il maestro. Sempre poi porti con te il fuoco della giovinezza. Non ti dico altro: vigila, vigila, osserva bene le regole e le deliberazioni, prega e sta´ cum timore et tremore. Dio è con te: a chi fa ciò che può , Dio non nega la sua grazia. Ma il Signore vuole l´efficace tua cooperazione.

Della confessione settimanale.

Un altro articolo da eseguire bene, anche quando sopravvenisse ripugnanza, è quello che inculca ad ogni socio di confessarsi bene, in qualunque casa vada, da confessori autorizzati dal Rettor Maggior o dall´Ispettore ad esercitare questo ministero verso dì essi; e di non oltrepassare la settimana senza confessarsi. Perciò proponiti di eseguir.; entrambi questi punti con esattezza. Nè solo prometti di farlo nell´anno dì noviziato, ma notalo come uno dei proponimenti più importanti da eseguirsi per tutta la vita. Promettilo pure solennemente a Gesù nel giorno in cui farai i santi voti, e ripetilo coi proponimenti, che anno per anno farai negli esercizi spirituali, persuaso che questi sono propositi di capitale importanza, l´adempimento dei quali ti tornerà di sommo vantaggio. Proponi anche con egual solennità, di non voler lasciare mai passare un mese senza far bene l´esercizio della buona morte, e senza fare il tuo rendiconto.

Delle corrispondenze.

Non meno importante per il buon andamento delle case è la regola di non spedire lettere e non riceverne, senza che queste passino per le mani dei superiori. Oh! chi potesse farsi anche solo un´idea del danno che può produrre e per la vocazione, ed alle volle per la reputazione d´una casa, e dell´intera Pia nostra Società, il trasgredire anche una volta sola questa regola, ben si guarderebbe dal farlo! Non sono mai sufficienti le precauzioni.

Dell´andata in famiglia.

Don Bosco insisteva anche sul punto del silenzio dopo le orazioni e di non voler andare in vacanza presso i parenti. Tu pertanto ricorda le parole di Don Bosco, da lui stampate nella prefazione delle regole: « Io non ricordo d´aver letto o di aver udito a raccontare, che un religioso si sia recato in patria sua e ne abbia riportato qualche vantaggio spirituale. Al contrario se ne annoverano migliaia, che, non mostrandosene persuasi, vollero farne esperienza ma ne provarono amaro disinganno; anzi non pochi rimasero vittima della loro imprudenza e temerità » . E nelle deliberazioni antiche fatte dal nostro buon Padre era scritto (art. 403): quelli che non si sentono di sacrificare questa andata nel secolo danno indizio di non essere chiamati allo stato religioso. Questi punti formino materia speciale dei proponimenti che farai nell´emissione dei voti, e scriviteli fra quelli da osservare per tutta la vita e da rivedere ogni anno negli esercizi spirituali.

 Delle abitudini.

Bisogna poi che ti riduca, direi così, in succo e sangue l´articolo 188 delle costituzioni: « Ognuno stia attento a non lasciarsi legare da abitudini di nessun genere, neanche di cose indifferenti. Gli abiti e la stanza di ciascuna siano puliti e decenti; ma si evi-tino con ogni impegno l´affettazione e l´ambizione. Niente meglio adorna un religioso, che la santità della vita, per cui in tutto sia d´esempio agli altri » . Tutti i mesi nell´esercizio di buona morte, ed ogni anno negli esercizi spirituali, dopo aver pensato un poco all´osservanza dei tre voti, riserva un momento per vedere se stai prendendo qualche abitudine non conforme allo spirito della congregazione, e se tieni qualche cosa di superfluo, o se ti pare di andar in qualche modo dietro all´ambizione personale.

Della sofferenza.

Anche l’articolo seguente va ben osservato: « Ciascuno sia pronto a sopportare quando occorra il caldo, il freddo, la sete, la fame, le fatiche ed il disprezzo, ogniqualvolta queste cose servano alla maggior gloria di Dio, allo spirituale profìtto del prossimo ed alla salvezza dell´anima propria » . Sì, mio caro, preparati nel noviziato a soffrire quanto occorre, anche moltissimo, quando si tratta della gloria di Dio e della salvezza delle anime. Presentati a Gesù , pronto a tutto. Ma per riuscirci, comincia ad addestrarti volentieri ai piccoli continui sacrifici; poichè è solo in questo modo che si arriva poi a farne volentieri dei grandi, quando ne viene l´opportunità. Questi sono punti capitali, attorno ai quali s´aggira tutta la vita salesiana, e formano, può dirsi, lo Spirito della nostra società. Perciò bisogna imprimerseli bene in mente nel noviziato, e praticarli poi per tutta la vita. Essi formeranno la felicità nostra e la salvezza di molte anime; e tu eseguendo con fedeltà e costanza questi grandi ammaestramenti; sta´ certo che non mancherai di riuscire a buon fine, e di essere contento nel tempo e nell´eternità.

Del silenzio.

V´è un silenzio che direi essenzialmente sacro: quello prescritto dall´articolo 15 delle costituzioni, per la sera dopo le preghiere in comune e per il mattino fin dopo la santa messa. Questo l´osserverai rigorosamente, eccetto il caso di obbedienza o di necessità. Ma vi è anche la virtù del silenzio, che consiste nel saper tacere a tempo e luogo, e parlare sempre con moderazione. Si è sempre fatto grande stima del silenzio, ovunque si è coltivato lo spirito religioso. Esso è la salvaguardia del raccoglimento e della pietà. Abituati fin d´ora a far gran conto del silenzio, e sii sempre fedele. Anche in tempi in cui è lecito parlare, e specialmente in refettorio dopo la lettura, non gridare, non parlar forte; e Perciò non parlar coi lontani ma solo con quelli della tua tavola. Nelle ricreazioni poi non emettere grida sguaiate, non zufolare, cose tutte che hanno molto del secolaresco.

 
  Capo XIV LO SPIRITO DEL NOVIZIATO

Quale sia.

Il noviziato nella vita religiosa, è come l´infanzia nella vita umana. Nel noviziato specialmente deve regnare lo spirito di Dio e lo spirito di semplicità. Lo spirito del noviziato deve essere spirito di Dio, perchè Iddio vi deve dominare come maestro, vi è tenuto come unico vero Signore, e tutto si fa approvato da lui, volato da lui, comandato da lui. Deve anche essere spirito di semplicità, perchè ogni azione dev´essere fatta ingenuamente, cordialmente, spontaneamente, come si farebbe da un fanciullo. È nell´interno specialmente, che deve operare questo spirito. Nell´interno deve farsi la trasformazione, che la nostra società attende dalle giovani anime, cui essa sottomette alla prova del noviziato. È Perciò nell´interno che tu devi cambiare: far tutto dal fondo del cuore per Iddio, farlo ingenuamente e con semplicità di cuore. Se noi mettiamo, dice il Gersen nell´aureo libro dell’Imitazione di Cristo, tutto l´avanzamento della vita cristiana e religiosa nell´osservanza esatta delle cose esteriori, la nostra virtù non durerà guari... Un buon religioso deve essere più santo e più puro nel fondo del cuore di quanto compare al di fuori, perchè Dio è lo spettatore e il giudice. Tieni ben a mente questo ammaestramento, perchè dovrà servirti di norma per tutta la vita. Buon novizio non è quello che non manca ad alcuna regola del noviziato, che è pronto al mattino a levarsi, che è il primo ad andare in chiesa, in scuola, in studio, che fa i suoi doveri puntualmente, che non trova mai a ridire contro i comandi, che è ritenuto nelle sue parole, che si presta facilmente alle esigenze altrui... Senza fallo son necessarie tutte queste cose per un buon novizio; ma tutto questo non basta ancora. Il più importante sta in questo, che tutte queste cose siano praticate con lo scopo diretto di piacere a Dio, di obbedire a Dio, di dar gloria a Dio. Fare tutto per il Signore, niente per noi. Bisogna pertanto che tu fin dai primi giorni cerchi di ben penetrarti di questo spirito, che deve formare come l’atmosfera del noviziato.

Spirito di fede.

È pertanto necessario un vero spirito di fede, che ti faccia vedere il noviziato come la casa di Dio, nella quale Dio solo è maestro e sovrano; che ti faccia vedere la regola come l´espressione non della volontà della tale o della tal altra persona, bensì della volontà di Dio; i superiori come se fossero Iddio medesimo; e l´espressione della volontà loro come l´espressione diretta della volontà di Dio. Ed avviene invero alle volte, che Dio ti vuol purificare per il carattere bisbetico di tal compagno, per le ingiurie del tal altro, per le riprensioni di qualche superiore, per la monotonia del tuo impiego, per le sofferenze di qualche infermità, per l´umiliazione di qualche circostanza ecc. Questo medesimo spirito di fede deve renderti sempre contento in qualunque anche critica circostanza in cui ti trovi, perchè sempre vedi Dio che veglia su di te; ed anche devi renderti sempre costante nel bene, pensando che neppure un atto di virtù passa inosservato al Signore, e che di ogni sforzo per emendarti, sebbene ben piccolo, egli te ne darà ampia retribuzione.

Spirito di sacrificio.

Devi procurarti un vero spirito di sacrificio. Questo ti farà dire con fermezza fin dai primi giorni di noviziato: io non devo più essere mio; ma sono del Signore, dei superiori che ne tengono le veci. E perciò , con la -tessa semplicità con cui rimetteresti ad un superiore un oggetto materiale di cui volessi disfarti, tu offrigli la tua volontà, il tuo intelletto, le tue abilità. E gli darai tutta la libertà di aggiungere, di togliere, di modificare. In vero San Tommaso c´istruisce che lo stato religioso deve essere considerato come un olocausto, per mezzo del quale uno si dona a Dio tutto interamente. « Sai tu che voglia dire essere religioso? esclama San Francesco di Sales. Vuol dire esser legato al Signore un seconda volta colla continua mortificazione di noi medesimi, e di non vivere che per il Signore. Non bisogna dir a coloro che entrano in congregazione, che facendosi religiosi il Signore li condurrà sul Tabor, per esclamare con San Pietro: È buona cosa,! o Signore, lo star qui! Al contrario bisogna dire che occorre incamminarsi al monte Calvario, per ivi essere crocifissi continuamente con Gesù . Bisogna crocifiggere il vostro intendimento, facendolo ragionare non secondo il mondo, ma secondo la vocazione che avete avuta. Bisogna crocifiggere la vostra memoria, per non ammettere ricordi di cose mondane, o di quanto voi avete lasciato al mondo. Bisogna anche crocifiggere ed attaccare bene alla croce di Nostro Signor Gesù Cristo la vostra propria volontà, per non servirvene più a vostro piacimento » .

Allegria.

Nel noviziato non è meno necessario lo spirito di allegria, per fare tutte queste cose con un certo contento, sapendo render gaie anche le croci e le tribolazioni; e ciò otterrai col far tutto pensando al Signore. Il Signore ama chi si dà a lui con spirito di allegria. S. Giovanni Berchmans, per prendere tutto con allegria fece questo proponimento : « Io mi terrà come, ammesso in congregazione per grazia speciale; e tutto ciò che mi sarà dato lo riceverà come se non lo meritassi » . Così qualunque cosa ricevesse per lui era già troppo.

Confidenza ed abbandono.

Anche lo spirito di confidenza e di abbandono in Dio è ben necessario. Devi abbandonarti interamente alla direzione del tuo maestro, che è l´inviato di Dio presso di te, che fa con te da padre e da madre, che è il responsabile della tua riuscita. Il tuo cuore dev´essere tutto nel suo cuore; l´anima tua va conglutinata con la sua. Senza questo non aleggerebbe nel noviziato il vero spirito.

Come conoscere se hai lo spirito del Signore.

Puoi conoscere praticamente se sei animato dallo spirito vero del Signore, che dev´essere lo spirito del noviziato, se operi con queste tre qualità.

a) con esattezza, non omettendo nulla volontariamente, facendo tutto al tempo stabilito, nel luogo indicato, nel modo prescritto. Chi è esatto non vede e non conosce che la regola. Appena la regola lo esige, egli lascia un´occupazione, egli ne comincia un´altra; egli lascia il luogo dove è , e va dove deve andare. Per lui il suono della campana è come la stella risplendente che chiamò i Magi alla culla di Gesù ; la voce del Superiore è come la voce di Dio che chiamava Samuele; come la voce di Gesù , quando diceva: « Venite, seguitemi » .

b) Con fervore. Nota solo che questo non consiste nel fare le cose con gusto o piacere sensibile! Poichè uno può essere ferventissimo ed avere un disgusto naturale per tutto ciò che fa, sentire ripugnanza per un lavoro, provare ripugnanza per un compagno. Il vero fervore consiste nell´operare con fermezza e coraggio, non lasciando intravedere le impressioni che si sentono ed animandosi col pensiero, che uno fa le cose sotto gli occhi di Dio, e con lo scopo diretto di volerlo contentare.

e) Con perseveranza. Questo è il punto essenziale per gli ascritti. L´aver buona volontà, e intraprendere anche differenti cose con slancio, è facile; ma il perseverare è difficile. Il fare oggi ciò che si è fatto ieri, ciò che si sa doversi di nuovo fare domani e sempre; e farlo sempre con la medesima attenzione, con la medesima cura, con la stessa perfezione: questo è il difficile. Eppure il Signore ci dice che solo questa perseveranza sarà coronata. L´ascritto, che persevera in questo modo, è sicuro di farsi in seguito un santo religioso. Egli, dicono i santi, subirà lentamente un martirio dei più dolorosi, ma anche dei più meritori. Leva lo sguardo al cielo, vedi la corona del martire che ti attende, e sii perseverante.

La semplicità.

La semplicità dovrebbe esser tutta propria dei novizi. Questa cara virtù dà a chi la possiede tutta l´amabilità dell´infanzia, tutta la grazia della prima età, tutto il candore di un cuore che non ha amato altri che Dio e Maria SS-, e che conosce appena di nome il peccato. Il nostro patrono San Francesco di Sales è entusiasta di questa virtù : « La semplicità, dice, ci rende simili ai fanciulli che parlano ed operano spontaneamente e senza malizia: credono tutto quello che loro si dice: non hanno di se stessi sollecitudine o timore, bastando loro di essere protetti dai loro genitori. I semplici prendono ogni cosa in buona parte, rallegrandosi sinceramente, senza voler curiosamente scrutare le ragioni per cui una cosa si fa. e gli effetti che produce. E una virtù che tende dritto alla verità, al dovere, a Dio » .

La semplicità nella verità.

Colui che è semplice tende dritto alla verità, e non cerca di nasconderla con atti ipocriti, nè con parole ambigue o per mezzo di restrizione o di tergiversazione. Quando ha commesso un errore lo confessa ingenuamente, e sopporta con calma l´osservazione o l´umiliazione che gliene viene. Egli proferisce schiettamente ciò che pensa, ogni volta che è opportuno parlare; evitando però anche la loquacità, la mormorazione ed ogni imprudente espressione, che potrebbe offendere la suscettibilità altrui. Di riscontro poi, colui che ama la semplicità non ha sospetti sulle parole dei superiori e dei compagni; pur evitando una sciocca credulità, accoglie volentieri le parole altrui. Nelle stesse dispute cerca spassionatamente la verità, tutto disposto a rinunciare al suo parere quando s´accorge che esso non è secondo la verità.

Semplicità nel dovere.

Si conosce parimenti chi è semplice da ciò : egli fedelmente pratica quanto è di dovere, senza che umani riguardi lo inducano a lasciare timidamente ciò che dovrebbe fare, od a fare ipocritamente ciò che altrimenti avrebbe tralasciato. Impara a far sempre tutto senza pretensione, non credendo di far meglio - 173 - degli altri, nè volendo essere notato. Non far confronti, non vantarti delle doti naturali, nè delle grazie spirituali che Iddio ti ha dare; e soprattutto, non preferirti ad alcuno.

Semplicità nell´andare a Dio.

L´occhio di Dio penetra nell´anima semplice come i raggi del sole nell´acqua limpida e tranquilla. L´uomo semplice non si giudica per via di paragoni coi compagni, ma ritiene la massima che l´uomo vale, quanto vale presso Dio. Dio dirige i suoi passi e gli uomini restano ammirati e rapiti nell´opera di colui, che in tutti i suoi portamenti fa trasparire la pace e l´ordine di un´anima posseduta da Dio. Tu bada a serbare un timore filiale senza turbamento e senza inquietudine, una confidenza in Dio affettuosa senza presunzione, una fedeltà esatta senza troppe minuzie e sottigliezze, un desiderio continuo di piacere a Dio e di fare in tutto la sua volontà, come il figliuolo che ama teneramente suo padre, e che comprende l´affezione che esso ha per lui.

Necessità della semplicità.

La semplicità è indispensabile a chi desidera consacrarsi all´apostolato, specialmente fra la gioventù . Il mondo vive d´artificio, di raggiri, d´inganni; pure non può a meno d´ammirare chi ad esso si presenta con semplicità e senza pretese. Tu pertanto devi considerare come rivolte a te le parole del Divin Salvatore, che dice: Se non vi farete come i I fanciulli non entrerete nel regno dei cieli: Nisi efficiamini sicut paruuli non intrabitis in regnum coelorum. Tra i proponimenti di San Giovanni Berchmans vi è questo: « Io mi lascerà condurre come un bambino. Coi miei fratelli sarà sempre pieno di rispetto e di umiltà » . Tu cerca d´imitare questi esempi. Non sia mai che entri in una casa di novrziato la doppiezza, la malizia, l´ipocrisia, anche nelle piccole cose. Il  cuore di Gesù , nemico della finzione, non può benedire una comunità in cui non regni la carità nel giudicare, nel parlare e nell´operare.

Semplicità anche esteriore.

La semplicità religiosa si manifesta anche nel portamento esteriore. Nessuna esagerazione ed affettazione nel portamento della persona, nel vestire, nel contegno familiare, nel] parlare senza malizia od astuzia, o con parole ricercate; ed anche semplicità negli esercizi di pietà: non esteriore esagerato, ma neppure indifferenza; non troppa vivacità, ma neppure grettezza od impaccio. Don Bosco « il suo contegno modesto e grave, composto e disinvolto, raccolto e sorridente, sia sempre I tuo modello; ed allora tu riuscirai di modello e d´incoraggiamento a quanti avranno da convivere con te.

Semplicità e prudenza.

Questa semplicità non deve essere per nulla opposta alla prudenza: che anzi queste due virtù devono mirabilmente accordarsi tra loro, secondo il comando del Divin Salvatore che disse: Siate prudenti come i serpenti e semplici come le colombe [50]. Chi infatti sarà più prudente di quel religioso, che confida illimitatamente in Dio e nei suoi superiori, più che nella perizia propria e nei mezzi che adopera? Chi più prudente di colui che non ragiona sugli ordini ricevuti? e che trascurando la parte sua, si mostra sempre tranquillo, qualunque sia per essere Tesilo delle sue imprese? In questo modo egli fa sua tutta l´esperienza e prudenza dei superiori. Del resto, ecco la sentenza di San Francesco di Sales sopra l´accoppiamento della semplicità con quella prudenza che talora le si oppone: « Sì, proprio, le semplicette e candide colombe mi son molto più care dei serpenti! E volendo riunire le qualità dell´uno con quelle dell´altro io non darei la semplicità della colomba al serpente, ma darei la prudenza del serpente alla colomba, la quale resterebbe sempre bella ad un modo. Su dunque (continua San Francesco, e così conchiudo io), diamoci a questa santa semplicità, figlia dell´innocenza, e sorella della carità! Mi si dice che in un secolo malizioso come il nostro ci vuole la prudenza del serpente per non lasciarsi cogliere, ed io non ho che dire contro tal massima. Ma un buon cristiano (e anche più un buon religioso), certo preferirà sempre di essere incudine piuttosto che martello, derubato che ladro, ucciso che uccisore, martire che tiranno. Morte alla prudenza del secolo. È meglio essere buono e semplice, che astuto e di mala fede

 
Capo XV DELLE CONSOLAZIONI SPIRITUALI, DELLE ARIDITA’ E DELLA TIEPIDEZZA

 Consolazioni spirituali.

Vi sono molte anime pie, che nelle meditazioni, o trattenendosi avanti al Santissimo Sacramento provano alle volte sì grande contentezza e gustano tali dolcezze, che il cuor - 11 - loro dà in veri trasporti verso Dio, brame infuocate di molto amarlo, ed anche desiderio e prontezza a fare immensi sacrifici, e ad operare grandi cose per la gloria del Signore. E molte volte per la piena del gaudio che le inonda, danno in sussulti; o per l´acutezza del dolore che provano per i loro peccati, si sciolgono in tenerissimi pianti, con cui danno sfogo alle interne emozioni del cuore. Anime tali non incontrano nessuna fatica o travaglio nell´attendere alle pratiche di pietà; mentre gli affetti divoti e i teneri colloqui con Dio scorron loro spontaneamente dal cuore. Anzi sospirano l´ora in cui possano trattenersi col loro Divino Sposo, il quale di sè tanto fortemente le alletta, ed a sè sì potentemente le attrae.

Loro efficacia.

È cosa buona, e di gran giovamento all´anima provare tali consolazioni spirituali. Per esse l´anima si annoia dei piaceri del mondo, si stacca dai beni della terra e li prende in orrore; si unisce sempre più con Dio, e lo ama, lo loda, lo prega; e specialmente vieppiù prende coraggio e forza per combattere le passioni, mortificare le proprie inclinazioni, ed amare i sacrifici ed i patimenti; e si accende di desiderio di annientare se « tessa, per attirare anime a Dìo. È cosa buona, dico, per sè; ma queste consolazioni e trasporti non aumentano le virtù ed i meriti, anzi a qualche anima leggera e vanerella posson servire d´incitamento ad insuperbirsi ed a credersi qualche cosa. Perciò conviene stare perfettamente conformati alla volontà di Dio: se ce le dà, prenderle con riconoscenza: se non ce le dà, non lamentarsi, ma farne per quanto si può volentieri sacrifizio al Signore.

A chi Dio le concede.

Il Signore sovente concede questa grazia, qual zuccherino, alle anime deboli ed incostanti nella vita divota, e molte volte a principianti, affinchè , allettate da dolcezze spirituali, si distacchino affatto dai beni e dai piaceri del mondo, li prendano in abborrimento, e così, libere e sciolte da ogni fango terreno, perseverino nel bene intrapreso, e si dispongano ad attendere alla perfezione ed a farsi sante; e le toglie poi quando l´anima è ben confermata nelle virtù . Tu ammira sempre più la sapienza e la bontà di Dio nel guidare così provvidenzialmente le anime, e sempre più cerca di conformarti in tutto alle divine disposizioni. Tuttavia anche di frequente Iddio le concede alle anime ferme nella virtù , ed avanzate nella santità. E questo non tanto a premio delle loro mortificazioni e buone opere, quanto affinchè col loro esempio mostrino al mondo, che il suo giogo è soave ed il suo peso è leggero; e per tal modo allettino le anime dissipate e mondane al suo amore ed alla sua sequela. Così Iddio le compartì a San Filippo Neri, il quale alle volte era inondato nel cuore di tali celesti dolcezze e di sì amorosi trasporti, che cadeva per terra come morto, e piangendo e sospirando esclamava: « Non più Signore, non più : basta, basta, che non posso più reggere a tanto gaudio, ecco che io muoio » .

Giusto valore delle consolazioni.

La gran cosa pertanto, che praticamente tu devi notare a riguardo di queste consolazioni spirituali, si è , che desse non son per niente segno che l´anima già possieda grandi virtù . Anzi molte volte, come ti dissi, esse non sono altro che dolci e zuccherini, che il Signore dà alle anime deboli per animare al bene le persone imperfette e ancor malferme nella vita divota. E che questo fervore sensibile non sia punto indizio nè prova che l’anima possegga grandi virtù e santità, si ricava benissimo da ciò , che molti, privati di questo fervore e gusto spirituale, rimangono amareggiati e malinconici, e si scoraggiano. Perdono a poco a poco, e spesso tutto d´un tratto, ogni buona volontà: ed eccoli lasciare - liti le pratiche di pietà, trascurare le mortificazioni, e cadere anche nel baratro del peccato, ed abbandonare la vita religiosa intrapresa. Che vuol dire ciò ? Vuol dire che quel tale amava le consolazioni di Dio, e non il Dio delle consolazioni e delle aridità: vuol dire che la sua virtù e la sua santità non era che un´ombra vana, un puro sentimento del cuore, e alle volte anche un semplice attacco all´amor proprio. Se pertanto il Signore ti concede tali fervori, ringrazialo della sua bontà, riconosci la tua pochezza nell´aver ancora bisogno di questi incentivi per tenerti su nel bene. Cerca sempre sodamente di far propositi incrollabili di voler amare sempre più il Signore, e di sforzarti sempre meglio per far bene, sia nelle consolazioni come nelle aridità, nel dolce come nell´amaro, nella gioia come nei patimenti. Anzi nel mentre stesso che ringrazi il Signore delle consolazioni, va anche preparandoti alle aridità, alle tentazioni, alle croci, alle prove. E sta all´erta! Poichè alle volte, come insegna San Filippo Neri, il gusto spirituale è preannunzio di qualche pericolo per l´anima.

L´aridità.

L´aridità spirituale consiste nella mancanza di lumi, di fervori, di trasporti, di conso» - 181 - lazioni e di dolcezze di spirito. Consiste quindi nella oscurità della mente, in una certa ripugnanza della volontà alle pratiche di pietà; e nella durezza del cuore a compungersi. Alcune volte si viene al punto di sentire direttamente avversione e ripugnanza per le pratiche di religione, per le opere buone, e specialmente per le mortificazioni. Nelle pratiche di pietà, uno si sente come un tronco, trova la sua volontà come legata, e in tutto sente un profondo disgusto; non può intenerirsi nè commuoversi a forti affetti: il cuore è di ghiaccio, l´anima insensibile. A questo alle volte si aggiunga che l´anima, non conoscendo il perchè di questo stato deplorabile, viene assalita da mille dubbi e timori e tentazioni: Crede che sia per colpa sua, e di essere abbandonata dal Signore. Per di più sopraggiungono gravi tentazioni o contro la fede o contro la bella virtù , o di orgoglio quasi satanico, e molte volte di scrupolo, sembrandole tutto mal fatto e peccaminoso quello che fa.

Condotta di tenersi.

Quando questa aridità spirituale venisse a te, che cosa devi fare? Non devi turbarti! Esaminati se viene per tua negligenza e trascuratezza, cioè se stai così freddo e trascurato per tua negligenza volontaria. Allora risolutissimamente pensa a non fare apposta nessuna cosa che ti meriti questa aridità e queste tentazioni. Ma se non fai apposta, cioè non dai cause conosciute, ti ripeto, sta´ tranquillo, non è nulla! Ma, dirai, mi sento tentazioni orribili e pensieracci spaventevoli, che non vorrei neppure che l´aria lo sapesse. Sta´ tranquillo, ti ripeto ancora una volta, non è nulla! Se non vuoi neppure che l´aria le sappia quelle tentazioni, è segno che le abborri e le detesti. - Ma, dirai, mi vengono anche stimoli impuri e movimenti cattivi tali che non li ho mai provati in vita mia, neppure quando ero peccatore nel mondo! - Dimmi: Sei contento di questi stimoli? le desideri queste cose? Oh no! piuttosto... Sta´ tranquillo: è niente. In tutto questo non vi è neppure peccato veniale. È puro effetto fisico del corpo che, giunto ad una certa età, o poste circostanze speciali, produce tali effetti. Ma non vi è proprio nulla? Nulla, ti ripeto, se tu prendi i mezzi che conosci e fai quello che sai, o che ti è stato suggerito dal confessore o dal maestro in simili casi! Ma pure mi par proprio di acconsentire, perchè quelle tentazioni durano giornate e nottate intere, e sempre con maggior veemenza...! Dà gloria a Dio; non è niente, assolutamente niente, purchè tu non faccia nulla di quanto sai esserti pericoloso.

 Norme pratiche.

Nelle aridità tieni queste norme: 1) Guarda di far ciò che sai per acquistare il fervore; fa´ quel che puoi per pregar bene, far buone comunioni, far tutto per il Signore. 2) Non lasciar nessuna pratica di pietà perchè ti senti arido: falle ugualmente, sempre, tutte; proprio come prima. Specialmente sta´ attento a non lasciar la santa comunione, per non dar ansa al demonio. 3) Domanda al Signore che, se è sua volontà, ti liberi da quello stato; che del resto ti dia forza a ricavarne frutto per l´anima tua, stando nella perfetta conformità alla volontà sua. 4) Alle volte serve a scuoterci qualche mezzo esterno, come facendo qualche penitenza o leggendo qualche libro spirituale. Fa´ questa prova: nel tempo delle aridità, leggi tutti i giorni qualche pagina della vita di Don Beltrami, e t´assicuro ne proverai profitto. 5) Ma, per carità, sta" fermo come un macigno a non voler fare neppure il minimo peccato veniale accorgendoti! Specialmente sta´ attento che il tuo cuore non sia per nulla attaccato alle creature, o ad amicizie sensibili e particolari, o al voler comparire. Son queste le cause principali della tiepidezza ed aridità spirituale.

Progressi dell´anima nelle aridità.

Quando l´anima devota attende con premura alla fuga d´ogni peccato e difetto deliberato, attende alla mortificazione di se stessa, fa quello che può per fare bene le pratiche di pietà e per avanzarsi nella virtù , e fa tutte queste cose non ostante le noie, le ripugnanze e le difficoltà che vi incontra, quest´anima è sicura di progredire avanti a Dio. Sono incredibili le grazie che il Signore dà ad uno che, sebbene in mezzo alle aridità, alle tentazioni, agli scrupoli, si sforza continuamente d´amarlo sempre meglio, e di servirlo sempre più fedelmente. Nella via spirituale generalmente si progredisce molto di più in mezzo alle aridità, quando esse si sopportano nel modo sopraindicato, che nelle consolazioni di spirito.

Della tiepidezza.

Ma se non è cattivo segno avere aridità di spirito, ben cattivo e dannosissimo sarebbe il lasciarsi cadere nella tiepidezza. Il divario che vi è tra aridità e tiepidezza è enorme. Abbiamo detto in che consista l´aridità: vediamo in che consista la tiepidezza, e quali danni arrechi. La tiepidezza è lo stato di quell´anima, la quale è rallentata nella volontà e nella premura di servire Iddio. L´anima tiepida trascura la mortificazione delle passioni, la fuga delle occasioni pericolose, la pratica delle virtù , l´orazione, i sacramenti; nè si dà premura di correggersi dei difetti. Onde col condurre vita sì trascurata ed immortificata, dimostra ben chiaro d´essere molto lassa nella volontà, e molto rallentata nella premura di servire Iddio.

Segni di tiepidezza.

Sta´ pertanto ben attento a non confondere l´aridità con la tiepidezza. L´arido desidera, fa gli sforzi, ha la volontà veramente buona, prende i mezzi che conosce per fare il bene, per rialzarsi, per correre al Signore.

Il tiepido invece non ha il vero desiderio, nè fa degli sforzi veri. Non ha una volontà veramente buona, e Perciò non prende i mezzi che conosce per rialzarsi dal suo letargo, per slanciarsi nel bene. Anzi egli, contento di non lasciarsi cadere generalmente in colpe mortali, trascura le piccole mancanze. Non fa con impegno le opere di pietà, quindi poco o nulla attende alle orazioni libere ed alle visite al Santissimo Sacramento; e nelle orazioni comuni, e nella meditazione, sta distratto e svogliato, senza fare sforzi. Egli non bada all´esecuzione fedele e costante delle sue regole, con la scusa che esse non obbligano sotto pena di peccato. Il tiepido non si risolve mai a mortificare bene i suoi sensi, lascia liberi gli occhi a mirare oggetti profani, non raffrena la lingua, accontenta la gola, trascura di mortificare le passioni; onde involontariamente è impaziente, un po´ collerico, invidioso, vanerello. Ama il vestire appariscente, conforme le fogge e le forme del secolo: nutre le piccole amicizie sensibili; usa volentieri la compagnia di persone dissipate e mondane, si trattiene con gusto a leggere libri profani e leggeri. In una parola il tiepido volontariamente si lascia cadere nelle colpe veniali e non cerca per niente lo slancio nel bene. Nè per essere tiepidi occorre avere tutti i sopraccennati segni, e cadere in tutti i difetti notati: anche uno solo di questi difetti, tenuto volontariamente ed accarezzato, forma il religioso tiepido. Avverti poi che questi difetti, mentre sono chiarissimi segni che l´anima è già raffreddata nel bene, e Perciò è tiepida, sono in pari tempo le vere cagioni che fan cadere l´anima nello stato di tiepidezza e che in esso la mantengono. Se tu pertanto non vuoi cadere in questo stato miserando è necessario che con energia e risolutezza fugga tutti i difetti soprannotati. Scuotiti: per carità, scuotiti! Altrimenti ascolta la terribile sentenza, che pronuncia per te lo Spirito Santo: « Poichè sei tiepido comincerà a vomitarti dalla mia bocca  [51]» .

 Effetti della tiepidezza.

È chiaro che la tiepidezza impedisce direttamente l´acquisto della perfezione, perchè moltiplica i peccati veniali, e perchè rende la persona trascurata nel praticare la mortificazione dei sensi e la fuga delle occasioni. Ne segue che le passioni piglian forza gagliarda, di più la persona rimane priva di molte grazie di Dio, ond´essa cade sempre in maggior numero di difetti e di peccati veniali d´ogni sorta. Perciò l´anima tiepida è molto opposta, benchè in cose non tanto gravi, alla divina volontà, ond´è imperfettissima. Perde poi tanti meriti pel paradiso, e si acquista pene lunghissime per il purgatorio. Se pure direttamente l´anima tiepida non viene a precipitare in cose molto peggiori! Poichè sta scritto, che chi disprezza le cose piccole poco alla volta cadrà nelle gravi [52]. È chiaro che il peccato veniale predispone al mortale, e pone l´anima in gran pericolo di cadervi. E, d´altra parte, in qual modo Iddio vorrà trattare l´anima tiepida? Egli la misurerà con la sua stessa misura; ossia sarà men largo di grazie con lei, a quale è con lui così avara di mortificazione, di sacrifizi, di virtù . Le negherà gli aiuti più speciali, ritirerà le sue aspirazioni più forti, e così a poco a poco cadrà. Sant´Alfonso spiega così : « Lascerà il Signore di dare all´anima tiepida, come soleva, quei lumi di fede, quei desideri santi, e quelle chiamate amorose. Indi l´anima comincerà a languire nell´orazione, nelle comunioni e nelle visite, o le farà con gran tedio, svogliatezza e distrazione; sicchè, svogliata, non trovando nel fare il bene alcun sollievo, ma solo pena e rincrescimento, abbandonerà finalmente tutto, e si rilasserà, e cadrà in colpe maggiori » . Oh tu, amico mio, temi e trema di cadere nello stato di tiepidezza! Poichè quanto più Iddio ti ha] privilegiato con darti la vocazione e tante altre grazie, tanto più è in diritto di esigere da te corrispondenza maggiore. E come vuoi che il Signore continui a darti doni speciali, a farti favori non comuni, se tu non curi le piccole Cose, e Perciò non corrispondi? Odi ancora un´altra minaccia di Gesù contro le anime tiepide ed infedeli, che non ricavan frutto dalle sue grazie. Egli dice: « A chi ha, sarà dato e si troverà nell´abbondanza; ma a chi non ha, sarà tolto anche quello che gli sembra di avere » [53]. Colle quali parole intende significare il Divin Maestro, che chi tiene i doni di Dio in quel pregio in cui debbono essere tenuti, cioè corrisponde alle grazie, e fa fruttare i talenti che ha ricevuto, sarà benedetto ed avrà l´aumento dei medesimi doni, e ciò con misura sovrabbondante. Ma chi per negligenza, o per poca stima di essi, tiene inoperose le grazie ricevute, e non corrisponde al Signore, cioè il tiepido, sarà abbandonato, e perderà ancora quel poco che aveva.

Mezzi per non cadere nella tiepidezza.

Prendi pertanto risolutamente i mezzi per non cadere in codesta deplorevole tiepidezza: fuggi tutte le occasioni che potrebbero raffreddare il tuo fervore, come sarebbe il frequentar persone tiepide o mondane, letture leggere e piacevoli, e simili. Poniti con costante energia ad osservar perfettamente e sempre tutte le regole, ed a fare con impegno grande tutte le pratiche. Gettati con animo semplice e risoluto tra le braccia del tuo maestro o direttore, e del padre spirituale; fa´ che ti conoscano perfettamente, e pratica esattamente i loro consigli. Sforzati di crescere nella virtù , e specialmente nell´umiltà e nello spìrito di mortificazione, e proponi fermissimamente di fuggire anche le minime mancanze avvertite. Allora il Signore t´aiuterà, ti manterrai in fervore; e se fossi caduto in tiepidezza ti rialzerai. Così riuscirai a servire bene il :>ignore su questa terra, e ne avrai premio straordinario ed eterno in cielo.

 
 Capo XVI LA PROVA DEL NOVIZIATO

Necessità delle prove.

L´umana superbia fa si, che noi teniamo sempre noi stessi per più abili di quel che non siamo in realtà; che ci crediamo più forti nel bene, più stabili nei propositi, più decisi d´evitare ogni difetto, di quel che in realtà non siamo. Cosicchè avviene alle volte, che, colui il quale oggi si credeva invincibile, domani sia miseramente caduto, vinto, anche in difficoltà non gravi. Ci vogliono le prove: è nelle prove che si conosce la tempra, ed è con le prove che la tempra medesima si fortifica.  È lo Spirito Santo che ci dice: « Che ne sa colui che non è tentato?  [54]» .

Quando un novizio non è messo a prove serie, vi è pericolo che dopo o dia indietro o resti sempre un confratello di poco spirito. Le prove del noviziato debbono essere serie ed un po´ dure. Le congregazioni che non hanno un noviziato molto serio, ed in cui in generale gli ascritti non siano ben provati, o in cui si vada avanti rimessamente, o, come malamente si dice, alla buona, quelle congregazioni possono tenersi perdute. Disgraziatamente se ne vide più d´una a decadere: se si va a studiare l´origine del decadimento, si trova nella debolezza dei superiori nel mantenere la perfetta disciplina, e specie nel noviziato, in cui non si provano abbastanza gl´individui. Tu pertanto godi se il noviziato dove ti trovi è piuttosto rigoroso: è meglio che sia così se vuoi renderti degno dello stato religioso, e degno dello stato sublimissimo del sacerdozio cui aspiri. Ciò che scoraggia sovente i novizi e li persuade che essi non hanno vocazione, è che essi sentono delle pene nella vita religiosa. Queste pene loro provengono, o da Dio che li tenta; o dalle pratiche della vita religiosa, che loro paiono troppo pesanti; o dai superiori che li umiliano, li provano, li castigano: o dagli uguali che hanno modi difficili: o da se stessi, a causa delle cattive inclinazioni che li agitano, o dei combattimenti che sentono in se stessi. Ma essi non devono per tutte queste difficoltà abbattersi o disgustarsi. Faran  ben meglio a ricorrere a Dio con la preghiera, domandandogli la sua grazia per poter sopportare tutte queste pene per amor suo. Si ricordino d´esser venuti in religione in vista d´assicurare la loro salvezza con lu vita ritirata e mortificata. Invece adunque di lamentarti e scoraggiarti, tu ringrazia il Signore che ti dà l´occasione di trovare nella casa religiosa ciò che eri venuto a cercare, e persuaditi che, col soccorso della grazia, la tua fatica divenuta amabile non ti sarà più di pena. O non si fatica più , o si ama la stessa fatica [55], dice Sant´Agostino.

Tutti han da soffrire quaggiù .

I novizi, entrati giovani nello stato religioso, molte volte credono che solo in congregazione vi sia da soffrire, e così si disaffezionano dalla loro vocazione. Grande errore! Vi è ancor più da soffrire nel mondo, anche limitandoci a far solo le cose necessarie per la propria salvezza. Alle volte chi vive nel mondo ha da soffrire per le opposizioni dei parenti, altre volte dagli insulti da parte dei libertini, altre dalle contraddizioni che provengono da parte delle massime corrotte del secolo. Neppure i cattivi, scrollando il giogo di Dio si sbarazzano dalla necessità di soffrire; anzi finiscono anche su questa terra di soffrire più degli altri. Provar delle pene è eredità del peccato originale. Essa è cosa comune a tutti gli stati. Ma vi è questa notevole diversità: i mondani soffrono per forza, col lamento sulle labbra e la rabbia nel cuore, e non si fanno alcun merito per il paradiso; i buoni cristiani soffrono con rassegnazione e si fan dei meriti; il fervente religioso si esercita a soffrire per puro amore, cioè con gioia, e così tesoreggia meriti infiniti per il paradiso. Amare dunque i patimenti e le prove le più dure, è nel tuo interesse.

Prove dello spirito.

Alcune volte Iddio direttamente mette alla prova un povero novizio, il quale, prima tutto fervore e desiderio di consacrarsi completamente al divino servizio, ad un tratto si sente arido, svogliato, anzi viene a concepire una vera ripugnanza allo stato religioso; e per sforzi che faccia, passa delle settimane e dei mesi in questo stato così penoso. Che fare allora? Bisogna star forte e dire: Iddio mi ha chiamato, questa è una prova che mi manda; avessi da morirne per gli sforzi, voglio morire in religione. Altra volta è uno stato di dubbio di vocazione che s´impossessa talmente dell´ascritto, che per un dato perìodo di tempo egli anche nelle preghiere e nelle meditazioni viene quasi quotidianamente a conchiudere che Iddio non lo vuole in questo stato, o perchè la sua vocazione non fu vera, o perchè , con colpa o senza colpa, se ne è reso indegno. Altra volta il povero ascritto è sovrappreso da scrupoli o meticolosità nel veder peccati da per tutto; e così non può essere diretto, ed egli si persuade sempre più di essere un reietto dal Signore, e si decide di abbandonar tutto. Altra volta ancora essendosi il maestro od altro superiore mostra-´ to un po´ rigoroso con lui, avendogli posto sott´occhi i suoi difetti, o forse avendolo ripreso fortemente, egli si persuade di non essere capace a sopportare quella prova o quella umiliazione. Altre volte si è presi da nostalgia. Il certo si è che il Signore permette ordinariamente qualche prova un po´ aspra. Coraggio: in tutto quel che avviene vedi sempre la mano di Dio. Guai se cominci a tentennare un po´! Bisogna dire con animo generoso: non muove foglia senza che Dio lo voglia. Queste cose adunque non sono che prove permesse dal Signore: egli le permette per mio bene. Avessi pur da morirne, morrà qui; non dà indietro. Bisogna che, precluso subito ogni adito allo scoraggiamento, risoluto dica: morrà qui. ma non mi muovo: e intanto fare « alla lettera » quello che il maestro consiglia.

Prove da parte dei parenti.

Altre grandi prove vengono pure da Dio, mediante circostanze esteriori. O sono i genitori, i quali si oppongono: od anche i parenti, ed i vicini danno loro ansa: talora persino i preti ed il parroco sono dalla parte dei parenti! E tu, poveretto, ricevi di qua e di là lettere di fuoco, e vieni fino al punto di lasciarti opprimere da queste insistenze. Non temere: chi incominciò l´opera buona, la finirà. È il Signore che ti ha ispirato il desiderio di farti salesiano, è Maria Ausiliatrice che t´ha condotto qui, come per mano. Essi non lasceranno l´opera incompiuta, Essi .a condurranno a termine. Ma per parte tua, quanto più sono violente le prove, tanto più sii costante e sta´ fermo nei tuoi propositi. Tieni sempre a mente che è Dio che permette, e che vuole queste prove; e che egli, per io più , le manda più aspre a chi predilige. Ad Abramo domandò persino il sacrifizio dell’unico figliuolo, a Giobbe mandò prove inaudite, a Tobia mandò la cecità, ai profeti mandò le persecuzioni, i santi li fece passare per lo più per vie difficili. E se volle che San Luigi servisse di esempio al mondo, lo fece combattere per tre anni prima che potesse riuscire nella vocazione. E se Santa Giovanna di Chantal doveva fondare il monastero della Visitazione, che fa tanto bene, dovette passare sul corpo del proprio figlio. Se Santa Teresa potè riformare i Carmelitani dovette soffrire per tutta la vita pene indicibili. Se ?an Francesco d´Assisi, Sant´Ignazio, San Giovanni Bosco fecero tanto bene, dovettero, come si direbbe, sudar sangue e passare per trafile difficilissime. Tu pertanto rallegrati, ì considera che sempre quanto più grandi ed aspre e durature furono le prove, tanto più abbondanti furono le grazie. Abramo diventò progenitore del Messia, Giobbe esempio a tutto il mondo, Tobia riebbe la vista e fu prosperato nella famiglia, i profeti facevano tremare gli stessi re, e via via. E se tu sei molto provato, è segno che il Signore vuol fare di te grandi cose. Coraggio! Rispondi debitamente ai genitori ed a coloro che ti ostacolano; e quando non sapessi come rispondere, prega il maestro che favorisca rispondere lui a quelle lettere. Anzi pregalo che in seguito non te le faccia più vedere, poichè ti conturberebbero troppo, senza nessun buon risultato. E d´altronde ricorda sempre che chi non è pronto ad abbandonar tutto, a soffrir tutto per Gesù , non è atto per il regno dei cieli. Ricordati che prima di entrare hai pensato a tutto. I superiori ti hanno interrogato se i parenti erano nel bisogno grave; e tu allora capivi che avrebbero potuto fare senza di te. Ora non pensarci più ; gettati nelle braccia del Signore e dei superiori, e lascia che essi ti guidino in tutto.

Prove nella sanità.

Altra prova terribile proviene dalla sanità, che può indebolirsi ed uscirne una malattia. Anche per questo, non scoraggiarti: è il Signore che guiderà tutto. Se proprio i superiori vedessero che il tuo fisico non è equilibrato, ti direbbero essi stessi che tu non puoi fare per la vita comune; e allora rassegnati. Iddio parla per mezzo dei superiori; ma tu da parte tua non dire una parola perchè ti mandino a curarti a casa od altrove. Ti sembrerà che sia l´aria del luogo che non ti fa bene, che siano i cibi, che sia qualche altra circostanza. Tieni sempre a mente: Non un capello del tuo capo cade senza la volontà di Dio. Rimani, fa´ quel che puoi: segui la regola del noviziato. Non domandar eccezioni; solo accettale se è il superiore che te le offre, e vedrai che Iddio farà scaturire la sua volontà.

Prove nella capacità intellettuale.

Altre volte è la scienza che sembra deficiente; tu fa´ quello che puoi davvero, e sta´ nelle mani del superiore. Quando si ha molta virtù , non compare tanto la deficienza negli studi. È quando si è superbi, e che uno non si contenta dei posti e delle occupazioni in cui è messo, che compare la deficienza degli studi. Tu non volerti per nulla incaponire, e aspetta se i superiori indicassero proprio che non hai la sufficienza. Ma, se non sono i superiori che ti trovano inetto, tu raccomandati a Gesù che è la Sapienza Incarnata, raccomandati alla Madonna che è la Sede della Sapienza: e intanto va´ avanti senza timore. È bensì vero che son necessarie due ali per volare, e queste due ali del sacerdote sono la pietà e la scienza; ma è anche vero, dice San Francesco di Sales, che sebbene ci vogliano due occhi per vedere, la Chiesa dispensa dall’irregolarità quando vi è l´occhio del Canone, che in questo caso è la virtù . Ma tutto il mio punto d´insistenza sta qui: che non ti scoraggi, che confidi nel Signore; che per quanto sta da te, dopo d´aver fatto il possibile, stia nelle mani del Signore.

Prove da parte dei superiori.

Altre volte vengono dai superiori. Essi sono obbligati a provar bene gl´individui prima di incorporarseli. Guai se entrano giovani senza le doti necessarie! I superiori sarebbero responsabili del decadimento della nostra società. Il maestro deve stritolare quella tua superbia, quella tua caparbietà, quella tua testardaggine. E come il fabbro ferraio tanto batte colla mazza sul ferro finchè l´abbia ben raddrizzato, cosi devi desiderare tu che faccia il superiore con te: che non lasci di provarti, finchè non t´abbia ridotto bene. Di questo prega insistentemente tu stesso il maestro, che non ti lasci in pace finchè non ti spogli completamente della tua volontà, e non ti distacchi da tutto. Pregalo che ti faccia cambiare le inclinazioni, i giudizi, la volontà. Guai a te, per il tuo avvenire, se il maestro si mostra indulgente con te e te le lascia passare! Pregalo specialmente che renda magnanimo il tuo cuore, che rompa in te ogni sdolcinatura di sentimenti, ogni amore bisbetico, che ti spoltrisca bene, e ti tratti senza compassione.

Ciò che ne dice San Francesco di Sales.

Attendi a quanto San Francesco di Sales, nostro amabile titolare dice ad altri, e figurati che dica queste cose direttamente a te. Sappiate bene, che se il grano di frumento cadendo in terra non muore, resterà solo; ma ?e marcisce nel seno della terra, fruttificherà il centuplo. È il Signore che lo dice; e la parola di nostro Signore è molto esplicita. Per conseguenza voi, che volete esser religiosi, guardate bene più di una volta, se avete ferma risoluzione di morire a voi stessi, e vivere solo per Iddio. Ponderate bene tutto, ve lo dichiaro e non voglio punto ingannarvi: Chiunque desidera vivere secondo la natura, resti nel mondo. Soltanto coloro che sono determinati di vivere secondo la grazia, entrino il congregazione; in essa altro non v’è, che una serie di abnegazioni e di mortificazioni di se stesso » .

 Le prove presso di noi.

Una grande osservazione deve fare l´ascritto e deve ripetere il professo: queste prove sono assolutamente necessarie, e tu le devi prendere bene. Ma bada che da noi non vi sono prove propriamente dette, cioè prove studiate ed artificiali. Ciò non pertanto noi abbiamo prove che si potrebbero dire ancor più assicuranti: il dovere, la disciplina, le contrarietà. La nostra gran prova sta nel vedere se si è capaci a far bene, con perseveranza, spontaneamente, sempre, ciò che è di dovere, ciò che forma la vita comune; vedere se si eseguisce allegramente ciò che richiede da noi la vita pratica. Quando si riesce costantemente a far questo, la prova è superata; ma se non si riesce a questo, ogni altra prova potrebbe essere illusoria. È per i questo che si raccomanda ai superiori, ai maestri, agli assistenti di far eseguire la disciplina regolare un po´ rigorosamente e senza riguardi. Tu capisci bene questo, che i superiori devono fare così per il tuo bene. Per carità, non pensar mai che i superiori facciano ciò per capriccio, per antipatia, per irascibilità. Che se ti si avvisa e ti si sgrida e castiga, questo è solo per tuo bene. I superiori fanno questo solo per correggerti; ed è fortuna per te di subire queste prove. Se hai un po´ di senno, se ti sta veramente a cuore il tuo avanzamento nelle vie del Signore, e vuoi ridurti abile a fare poi del bene, dovresti desiderare maggior rigore, maggior austerità, e dovresti pregare e supplicare in ginocchio ed a calde lacrime il maestro, e gli altri superiori, a non risparmiartene una, ma a provarti fortemente per renderti più robusto nell´esercizio delle virtù della vita religiosa. Una delle prove consiste nel dover ubbidire talvolta a compagni, più giovani forse o più indietro di te, stabiliti quali sorveglianti. Altra prova che capita è l´essere stabilito a compiere un lavoro con uno che non piace o col quale si ha antipatia. Altra volta si inibisce lo studio del pianoforte o altro studio più piacevole: altra volta ancora si è stabiliti per una sezione di studi mentre si vorrebbe essere stabiliti in altra. Ora si è messi a recitare nelle accademie o nei teatrini, mentre non si riesce o non piace: ovvero mentre piace e si riuscirebbe bene, non si è messi: si domanda più spesso il resoconto della meditazione a chi meno lo desidera, o si accresce il numero delle mortificazioni giornaliere a chi manca di semplicità ecc. Cose tutte che bisogna superare con animo generoso, ringraziando ancora il Signore ed il superiore che per il tuo bene ti addestrino a continue piccole prove. Aiutali tu, accostumandoti da te stesso a contraddirti in tutti i tuoi desideri poco moderati; e allora, se verrai contraddetto da altri, sarai già accostumato, e non ne patirai più .

...La vita di comunità.

La vita comune è senza dubbio la maggior prova, come è la maggior penitenza dello stato religioso. Senza dubbio la regola non impone obblighi superiori alle forze ordinarie della natura! Tuttavia quel non poter mai fare come si vuole, quel dover sempre adattarsi agli altri, quell´avere tutte le ore compassate, sono cose gravi per Fumana natura. Ma tutte queste circostanze e tutti questi obblighi sono già conosciuti, si sono studiati; ed ognuno si è potuto convincere, ch´essi non hanno niente di troppo penoso. Ciò non ostante la loro osservanza completa e costante è la miglior prova che si possa avere della adattabilità e perseveranza di un ascritto nella vocazione. Chi pertanto vuole assicurare la sua perseveranza, non ostante le prove anche aspre che possono venire, bisogna che non si faccia illusioni sul genere di vita che definitivamente vuole abbracciare. Che non si pensi di trovare un paradiso in terra e un altro in cielo! Per assicurarsi il paradiso in cielo bisogna aspettarsi il Calvario qui in terra. La divisa e l´aspirazione di un religioso dev´essere: soddisfare per quanto si può qui in terra alla giustizia di Dio, riconoscere i suoi innumerevoli benefici, ed attestargli la propria riconoscenza, il proprio amore, colla preghiera, col lavoro, colla sofferenza. Sia questa la tua unica ambizione, la tua divisa, e diverrai degno figlio di Don Bosco.

« Sapete che cosa voglia dire monastero ? scriveva San Francesco di Sales ad una aspirante all´ordine della Visitazione. È come un laboratorio chimico, una palestra, una fucina, dove ogni anima deve farsi correggere, deve apprendere a farsi rimaneggiare, limare, pulire; affinchè divenendo perfettamente liscia e pulita, possa unirsi e perfettamente aderire alla volontà di Dio » . In altro luogo il medesimo santo scrive: « Ogni monastero è come un ospedale di malati spirituali, che cogliono essere guariti e che per esserlo, si sottopongono a soffrire il salasso, la lancetta, il rasoio, il fuoco, e le amarezze d´ogni sorta di medicamenti. Bisogna volere questo, quando voi entrate in religione; e non tenere in alcun conto quello che l´amor proprio potrà dire in senso contrario. Bisogna prendere con pacatezza e con coraggio questa risoluzione: "o guarire o morire", e giacchè non voglio morire spiritualmente, voglio guarire. E per guarire voglio soffrire qualunque cosa, e supplicare i medici, cioè i superiori, di non risparmiare punto ciò che mi può far soffrire perchè io possa sicuramente guarire » . È questo in conclusione, ciò che ci disse Gesù , che se amiamo l´anima nostra dobbiamo perderla, cioè morire al mondo: e che chi non la perde non avrà la vita [56].

... I compagni.

Altre prove provengono da parte dei compagni. Non vi ha dubbio che lo spirito di carità regna nelle case religiose, e specialmente nei noviziati. Ciò non di meno, i caratteri diversi, le prevenzioni, la gelosia, inerenti alla natura di certi temperamenti, i diversi modi di vedere le cose, sono quasi continuamente un´occasione di piccole sofferenze. Ciò può avvenire specialmente nelle nostre case, dove il numero dei confratelli è grande, la diversità delle occupazioni è molta, il lavoro è sovrabbondante; dove anche abbiamo confratelli di tutte le regioni d´Italia, ed anche di tutte le nazioni d´Europa. Anche senza malizia scappano apprezzamenti contrari, e si toccano sensibilità delicatissime. Vi sono poi delle noie in casa, come ne troveresti dovunque, specie colla compagnia di chi avesse carattere opposto al tuo. Se tutte queste cose pertanto ti facessero soffrire anche in modo considerevole, prendi tutto con generosità di cuore. Alle volte un po’ di generosità dissipa mille nebbie;ma mai e poi mai per questo ti devi scoraggiare od adirarti!

 Utili considerazioni.

Pensa che sei venuto apposta in congregazione per mortificare te, onde seguire Gesù ; e che sei venuto per seguire Gesù fino al monte Calvario. Pensa anche che questi patimenti non sono poi altro in conclusione, che una giusta espiazione della tua troppo grande indipendenza del passato; e tira avanti in nomine Domini. Pensa che con queste prove ti abbrevi il purgatorio, e ti accresci i meriti pel paradiso. Conviene anche considerare, che in tutto ciò che avviene vi è l´espressione tacita della volontà di Dio. E con queste considerazioni sarai animato a tutto sopportare per Iddio, per il bene dell´anima tua, per la salvezza di tante anime che il Signore ti affiderà, e che tu potrai condurre in porto, *e perseveri costante nella tua vocazione. Le prove della vita religiosa prese con generosità, sono le cose che ci procurano i maggiori meriti avanti a Dio.

 
Capo XVII DELLE TENTAZIONI E DEL MODO DI VINCERLE

Tu dunque, o mio buon ascritto, ti sei messo con tutte le tue forze a farti buono, a vincere i tuoi difetti, a procurarti le virtù convenienti al tuo nuovo stato. Tutto questo è bene! Ma forse tu t´illudi, credendo con ciò che tutto ti andrà bene per l´avvenire, e che tu non avrai più delle tentazioni. Sappi che ordinariamente non è così: poichè il Signore ci dice chiaramente, che colui, il quale propone di servirlo più da vicino, deve preparare l´anima sua alla tentazione [57]. Tu pertanto ascolta l´istruzione che ti dà riguardo queste tentazioni, e sappi farne tesoro.

Causa delle tentazioni...

1° i demoni.

Diverse sono le cause che producono le tentazioni: il demonij, l´umana natura, il mondo e gli scandali, noi medesimi. I demoni tentano le anime al peccato. Questi nostri infernali nemici odiano immensamente le anime: sì, perchè sono la viva immagine di quel Dio che essi cotanto odiano, perchè li bandì dal cielo e li confina negli abissi dell´inferno: come perchè sono da Dio create, redente, santificate, e destinate poi a godere in vece loro nei seggi celesti l´eterna felicità. Perciò si argomentano con ogni sforzo, con ogni arte di indur queste anime all´offesa di Dio, cioè al peccato, per privarle così del cielo e trarle con loro all´eterna perdizione. Ed è certo che i demoni tentano le anime, poichè l´apostolo San Pietro dice ai fedeli: Siate temperanti e vegliate, perchè il diavolo, vostro avversario, come leone che rugge sen va attorno, cercando chi divorare [58]. E San Paolo ci raccomanda di vestirci della armatura di Dio, affinchè possiamo resistere alle insidie del diavolo [59]. I demoni poi per riuscire alla rovina delle anime non si servono di un mezzo solo o di un´arte sola, ma di molte, specie delle tentazioni, degli inganni, degli scrupoli. Colle tentazioni accendono le passioni, e così scopertamente spingono l´anima al peccato. Cogli inganni rappresentano alle anime il male rivestito colle forme ed apparenze di bene, e con ciò illudendole le traggono al peccato. Cogli scrupoli poi rappresentano alle anime false ragioni, colle quali le spaventano, le avviliscono, le riducono a far male le pratiche di pietà, anzi a tralasciarle; ed anche le spingono a disperare dell´eterna salute, e quindi a darsi in preda al peccato.

...2 la natura.

La stessa natura umana tenta grandemente le anime al peccato. Poichè, per il peccato originale, le passioni, specialmente poi quelle della carne e dell´amor proprio, non più . essendo soggette alla ragione ma sciolte e libere, spingono l´uomo a beni, a piaceri, a soddisfazioni proibite. Perciò l´apostolo San Giacomo dice: Ciascuno è tentato dalla propria concupiscenza, che lo attira e lo alletta [60].

...3 il mondo e gli scandali.

II mondo pure, col presentar beni e piaceri che ridestano e lusingano le passioni, fortemente tenta al peccato; onde dice San Giovanni: Tutto quello che è nel mondo è concupiscenza della carne, concupiscenza degli occhi e superbia della vita.[61] Anche le persone che sono nel mondo tentano al peccato, quando coi loro scandali e mali esempi, coi loro inviti ed eccitamenti danno l’occasione e la spinta a commetterlo. Togliete lo scandalo, ed avrete tolto una delle cagioni principali di peccato.

… 4 noi stessi

Finalmente l’uomo stesso molte volte tenta se medesimo al peccato, e così anch’egli divien causa delle proprie tentazioni. Ciò succede specialmente quando esso, per avere nel passato acconsentito spesse volte al peccato ha formato in sé l’abito a consentirvi ed a commetterlo. Ora le malvage abitudini tentano più del demonio, ed anche senza il demonio.

Dio non tenta

 È di fede però che Iddio non tenta  mai al peccato; ma solo permette che siamo tentati. Onde di san Giacomo : Nessuno, quando è tentato, dica che è tentato da Dio; perché Dio non è tentatore di cose male [62].

 

Ma permette le tentazioni.

Per quali ragioni Iddio permette che siamo soggetti alle tentazioni? Specialmente per due ragioni: 1) per lasciare operare in noi la nostra natura, cioè per non toglierci la libertà. Egli aveva creato l´uomo libero e senza fomite al male; ma avendo l´uomo abusato di questo gran dono della libertà, la sua natura venne corrotta ed inclinata al male, ed ora deve sopportarne le conseguenze. Il peccato originale, benchè distrutto e rimesso col battesimo, pure lascia nell´umana natura il fomite della concupiscenza. Per questo le passioni della carne e dell´amor proprio divengono sciolte e libere, cioè indipendenti dalla volontà, e ribelli alla ragione. Esse allettano e trascinano la volontà a beni ed a piaceri opposti al nostro fine soprannaturale, ossia all´eterna salute, e con ciò lo tentano al peccato. 2) Per esercizio di virtù ed acquisto di meriti. Poichè il nostro fine è una felicità, eterna ed immensa, è ben giusto che noi, per conseguire un sì gran bene cotanto superiore alla dignità, alla capacità, alle forze della nostra natura, a noi non dovuto per nessun titolo, anzi da noi demeritato, sosteniamo combattimenti e trionfi, esercitiamo le cristiane virtù « ci acquistiamo molti meriti, e così ce ne rendiamo in qualche modo degni e meritevoli. Disse però San Paolo: Non sarà coronato se non chi avrà legittimamente combattuto. E San Bernardo: È necessario che vengano le tentazioni; poichè chi otterrà la corona della gloria, se non colui che avrà legittimamente combattuto? Ma in che modo si potrebbe combattere se mancasse chi tenta? Ed il Santo Giobbe dichiarò fin dagli antichissimi tempi, che la vita dell´uomo sopra la terra è una milizia: militia est vita hominis super terram (VII, 1); significando esser l´uomo posto in continua battaglia contro i nemici spirituali.

Le anime pie sono spesso più tentate.

Non tutti sono ugualmente soggetti alle tentazioni. Alcuni sono tentati poco e di rado, altri molto e di frequente; ed alcuni pressochè del continuo, e con grande violenza. Ora l´esser molto e di frequente tentato, dipende dalla maggior fragilità del naturale o temperamento, dalla cattiva educazione, dalle abitudini viziose, dalle occasioni in cui uno >i trova, ciò permettendo Iddio nei suoi fini I :i: imperscrutabili. E le anime pie e divote che attendono alla perfezione cristiana, sono assai volte più dei mondani esposte agli assalti delle tentazioni; anzi pare che per loro le tentazioni siano necessarie. Disse Perciò l´angelo Raffaele a Tobia: Perchè tu eri caro a Dio fu necessario che la tentazione ti provasse [63]. Si potrebbe domandare: e perchè mai le anime divote sono molte volte più esposte a tentazioni? Ciò avviene per due ragioni: 1) Per l´odio speciale che il demonio ha contro di loro. Poichè ben vede il nemico, che tali anime per le loro virtù recano a Dio grande gloria, e si rendono quasi sicure di salire a quell´ineffabile felicità donde egli fu bandito. Perciò , mosso da dispetto contro Dio, e da invidia contro di esse, le odia e perseguita fieramente e sforzasi in tutti i modi di indurle al peccato. Vuol così rubare a Dio la gloria che ne riceve, e privare quelle anime della felicità del cielo, e trarle con sè nell´eterna infelicità. Per te poi in particolare, che sei per abbracciare lo stato religioso, non è a stupire che ti tenti ancora di più . Sa il maligno, che se tu ora gb sfuggi dagli artigb, e riesci a fare i santi voti, egli non potrà più nulla su di te, forse per tutta la vita, e sarai del Signore per tutta l´eternità; Perciò s´appresta a perseguitarti più di prima, per ricondurti nel mondo e poi farti suo. Non così s´adopera per tentare i peccatori. Questi per la loro perversa volontà, amando il peccato, lo commettono quasi senza bisogno delle sue suggestioni, e Perciò per lui sono una preda già assicurata le anime loro. 2) Per l´amore speciale che Dio loro porta. Poichè Iddio amando queste anime, che si elesse a sue spose, di un amor particolare, permette loro molte e forti tentazioni, affinchè dal combatterle e vincerle ne ricavino beni e vantaggi, sia per la sua maggior gloria, che per la loro maggior santificazione. Onde dice lo Spirito Santo nell´apocalisse: < Io quelli che amo li riprendo e li castigo [64] » .

Buoni effetti delle tentazioni.

Tu pertanto devi persuaderti bene, che le tentazioni per sè non sono d´impedimento a camminare per la via della perfezione. Anzi, se tu le combatti e le vinci, ti sono ancora un gran mezzo ed aiuto per arrivare ad essa.

Potrebbero esserti di grande impedimento e di rovina; ma solo quando tu loro acconsentissi deliberatamente. Che poi le tentazioni possano essere un gran mezzo per giungere alla perfezione cristiana, si ricava dal vedere che da esse vengono all´anima grandissimi beni e vantaggi. Questi ora desidero metterti sott´occhio, affinchè conoscendo tu il profitto grandissimo che dalle tentazioni puoi ricavare, sì per la maggior gloria di Dio come per il tuo spirituale avanzamento, ti faccia animo e coraggio, e procuri di ricavarne un tal profitto. Pertanto i beni principali che ci provengono dalle tentazioni so no i seguenti:

... i danno gloria a Dio.

Col combattere e vincere le tentazioni si dà gloria e gusto al Signore, provandogli così il proprio amore e la propria fedeltà. Prima che fossi stato tentato tu non potevi dire con sicurezza che amavi molto e fortemente il Signore, e che eri pronto a mortificarti, a vincere te stesso, a far sacrifizi per amor suo. È ben vero che lo dici quando fai la meditazione, quando vai alla comunione, o fai le visite in chiesa; e lo dici anche di cuore; ma non le parole mostrano e provano l´amore, bensì i fatti; mentre quelle costano poco, questi moltissimo! Ora in quali occasioni proverai tu col fatto, che molto e fortemente ami il Signore e che la tua fedeltà al suo amore è irremovibile? Appunto nelle prove e nelle tentazioni: cioè combattendo e vincendo tutte le tue passioni per non recargli disgusto alcuno. Abramo, Giobbe, Tobia e cento e mille altri molto amavano Iddio, e fedelmente lo servivano. Ma come gli provarono l´amor loro di fortissima tempra e la loro invincibile fedeltà? Nelle tentazioni e nelle prove in cui Dio li mise. Dunque dalle tentazioni viene questo gran bene, che con esse l´anima prova a Dio il suo amore e la sua fedeltà, e con ciò gli reca grandissima gloria e piacere.

... 2 irrobustiscono la virtù .

Per le tentazioni uno si rende più forte nelle cristiane virtù . Dice San Paolo: la virtù si perfeziona nelle difficoltà [65]. E San Filippo Neri soggiungeva: « Quando Iddio vuol concedere ad uno qualche virtù , permette che questi sia travagliato dal vizio contrario » . La virtù consiste in una facilità e prontezza, ossia abitudine di fare il bene. Ma di regola ordinaria essa non si acquista se non dopo d´aver ripetuto spesso e per lungo tempo gli atti buoni e virtuosi: cioè si acquista dopo lungo e continuo esercizio. E qui avverti come soltanto di rado si farebbero gli atti di virtù se mancasse l´occasione delle tentazioni; come per esempio chi non è angustiato da tribolazioni poche volte farà atti di conformità alla volontà divina. Dunque senza le tentazioni l´anima, in via ordinaria, non esercita le virtù , quindi non le acquista, e molto meno si rende forte e si perfeziona nelle medesime. Pertanto un´anima non provata da tentazioni, d´ordinario non avrà che una bontà negativa, cioè non farà il male perchè non è nell´occasione; e non sarà punto fornita di virtù molto sode, nè quindi sarà perfetta e santa. Capisci ora almeno quanto bene ti fanno le tentazioni, dal momento che ti sono occasione per acquistar sode e grandi virtù , e quindi per crescere in perfezione e santità.

... 3 aiutano l´umiltà.

Le tentazioni aiutano a mantenersi nell´umiltà. Dice lo Spirito Santo: chi non è stato tentato che ne sa egli? [66] E ben può affermarsi, che riguardo a se stesso nulla sa, nulla conosce: non la perversità del proprio naturale e la malizia del cuor suo, non la propria debolezza e miseria, non la propria disposizione e capacità ad ogni male, poichè, come può aver sperimentato tutto ciò , se la tentazione non gli ha discoperta la propria innata corruzione e fragilità? Sarà quindi privo della cognizione pratica del proprio nulla, privo Perciò di umiltà, e molto inclinato a superbia. Perchè San Pietro con tanta sicurezza protestò al suo Divin Maestro, ch´egli sentivasi la volontà e la forza di dar la vita per lui? Perchè non essendo ancora stato provato dalla tentazione, ignorava la propria debolezza ed il proprio nulla. In seguito, quando, caduto nella tentazione ed ammaestrato da essa conobbe la sua pochezza, operò ben diversamente. Dunque le tentazioni sono utilissime ai principianti nella vita religiosa, affinchè acquistino la cognizione del proprio nulla, ossia l´umiltà: ed alle anime ricche già di virtù e di doni straordinari, affinchè non si elevino a vanagloria ed a stima di se medesime, ma si mantengano in umiltà. Ed è questo un fine, per cui Iddio alle anime sante e da lui singolarmente favorite permette gravissime ed orribili tentazioni, come le permise a San Paolo. Il santo apostolo, come narra egli stesso, dopo che fu rapito al terzo cielo, fu assalito da violentissime tentazioni di senso, affinchè da queste fosse tenuto nel sentimento umile e nel dispregio di se medesimo. Onde dice egli stesso: Affinchè la grandezza delle rivelazioni non mi elevasse in superbia, mi è dato lo stimolo della carne, quasi angelo di satana, che mi schiaffeggi [67].

 

 ... 4 aiutano l´orazione.

Le tentazioni ci aiutano ad essere nell´orazione più pronti, attenti e fervorosi, ed anche più perseveranti in essa. L´anima non tentata, non conoscendo la propria miseria, non avvertendo il pericolo di cadere in peccato e di dannarsi, non ha tanti stimoli per darsi all´orazione; quindi prega più poco e più languidamente. Ma l´anima tentata, specialmente se è tentata molto e del continuo, trema per il pericolo di peccare e di dannarsi. Quindi spesso, la mattina e la sera, fra giorno e lungo la notte, ricorre a Dio coll´orazione, e prega con premura, con fervore, con istanza, e si mortifica: prega con perseveranza per mesi, per la vita intiera. Qual mezzo quindi più efficace per condurre un´anima a pregare, quanto la tentazione?

... 5 distaccano dal mondo e dalla vita.

Le tentazioni ci distaccano dal mondo, dai suoi beni e dai suoi piaceri, dalla vita, stessa. Non trovando noi pace in questa vita, anzi soltanto angustie e timori per vederci del continuo tentati, e quindi in gran pericolo di peccare e dannarci, concepiamo in cuore avversione al mondo ed alla vita presente, desiderio di giungere una buona volta alla beatitudine e sicurezza della vita futura. E così solo al cielo rivolgiamo i nostri desideri ed i nostri affetti. Onde San Paolo, ripensando alle gravissime tentazioni che soffriva, si accendeva di vivissima brama della gloria celeste, esclamando: Infelice me! chi mi libererà da questo corpo di morte? [68]. E poi ripeteva: Bramo di sciogliermi da questi lacci terreni, ed esser con Cristo [69].

... 6 arricchiscono l´anima.

Infine per le tentazioni un´anima si arricchisce di maggiori meriti, di grazia e di santità in questa terra, e di gloria grandissima in paradiso. Infatti pensa che ad ogni tentazione che discacci, tu fai un atto buono soprannaturale col quale ti acquisti un merito. Ad ogni merito corrisponde un aumento di grazia santificante; e quindi quanto maggiori meriti ti acquisti scacciando molte tentazioni, tanto maggior grazia diffonde Iddio nell´anima tua, e Perciò tu vieppiù diventerai santo e caro al suo divino cospetto. Pensa poi che alla quantità dei meriti, alla copia della grazia, al grado di santità corrisponde proporzionata diminuzione di pene nel purgatorio, e maggior grado di gloria in paradiso. Per il che combattendo e superando ogni giorno molte e violente tentazioni, con : ciò ogni giorno pratichi molti atti di virtù , ogni giorno accumuli molti meriti: quindi diventi ognor più santo e caro agli occhi di Dio, sconti su questa terra le pene del purgatorio e in paradiso t´apparecchi tale una gloria e beatitudine smisurata, qual certo non otterresti se a molte tentazioni non fossi soggetto.

Si può pregare d´esserne liberati.

Eccoti i grandi vantaggi che ci derivano dalle tentazioni. Or tu mi dirai: « Se le tentazioni producono tanti beni, perchè il Signore ci fa pregare d´esserne liberati, insegnandoci a dire: Et ne nos inducas in tentationem? Dovremmo al contrario desiderarle e pregare il Signore che ce ne mandi molte ^ e terribili! » Ti rispondo subito, che facendoci il Signore domandare di non essere indotti nelle tentazioni non ci fa domandare di non avere delle tentazioni, bensì di non lasciarci cadere nelle tentazioni, ossia la grazia di aver forza a vincerle. E poi devi capire di esser  debole e fragile, e devi temere di non saper superarle: Spiritus quidem promptus, caro autem infirma; e Perciò domanda al Signore che non te ne mandi, se non vede che sei capace a superarle.

Condotta da tenersi nelle tentazioni.

Tu pertanto da giovane prudente, non metterti mai da te nelle tentazioni, perchè lo Spirito Santo ci ammaestra, che chi ama il pericolo perirà in esso. Ma nello stesso tempo quando le tentazioni venissero, non sconcertarti. Comincia dall´imprimerti nella mente e nel cuore questa glande verità: che il demonio può nulla senza la permissione di Dio; e che Iddio permette le tentazioni solo per addestrarti alle battaglie, e per purificarti. Non affannarti, non darti pena. Piuttosto fissa bene nel tuo cuore che il Signore non permette mai tentazioni superiori alle nostre forze; che anzi, se noi facciamo il possibile, ne usciremo sempre con provento [70].

Perciò attendi bene ad alcune regole che ti dà per non cadere negl´inganni del demonio, negli scrupoli, nello scoraggiamento.

Prevenire le tentazioni.

Oltre a quanto già ti dissi, di non dare occasione e di non metterti mai da te nei pericoli e nelle tentazioni, bisogna attendere a due cose: cioè a prevenire le tentazioni affinchè non vengano per tua causa; e venute combatterle. Il modo di prevenirle, ci è chiaramente esposto dal Signore in principio della sua passione, là dove disse agli Apostoli di vigilare e pregare per non essere tentati [71]. È necessaria pertanto grande vigilanza su di noi, e molta preghiera. Quando poi la tentazione è venuta, necessita un pronto ricorso a Dio, e pronta rimozione da noi, colla mortificazione, di quanto potrebbe contribuire a dar ansa ad essa. Sì, sta´ certo: con la grande preghiera e con la vera mortificazione, vincerai ogni tentazione. Cerca di prevenire le tentazioni adoperando i loro contrari. Perciò quando t´accorgessi d´esser propenso alla superbia, procura di esercitarti in cose abbiette, e cerca occasioni di umiliarti. Quando ti sentissi inclinato a brutte passioni, sappi mortificare gli occhi e la gola, an- I che più rigorosamente del solito; sappi stancarti bene sul lavoro, ed anche fare qualche altra penitenza, e specialmente crescere la divozione e l´uso delle giaculatorie. Quando ti sentissi proclive all´ira, sta´ attento a reprimere i primi moti, fatti avvisare da qualche compagno e metti in pratica quegli altri suggerimenti che ti darà il direttore dell´anima tua. San Francesco di Sales si metteva la mano sul petto e diceva ripetutamente: « Cuor mio, statti in pace » .

Distinguere tra tentazione e consenso.

Grande danno ricevono specie i principianti dalle tentazioni quando si lasciano sopraffare da timore, da scrupolo, da scoraggiamento. Per non lasciarti prendere da questo dannosissimo scoraggiamento, ritieni che regola generalissima ed infallibile nelle tentazioni è : senza consenso non si pecca mai; non è peccato se non è volontario. Il consenso è un atto deliberato della volontà: quando la volontà deliberatamente non acconsente, non vi è di che temere. Per argomentare con prudenza, se uno abbia acconsentito, si danno tre norme: a) Affinchè uno abbia avvito il vero e pieno consenso bisogna che prima conosca ed avverta pienamente il pensiero che rarità o lo alletta. Ogni qual volta ciò manchi, o non vi è per nulla il consenso, o questo è imperfetto, e Perciò certamente non vi è il peccato mortale. Quindi qualunque pensiero o immagine impura, o contro la fede, od altro, che come mosca insolente e noiosa ti torni anche molto ripetutamente alla fantasia, ma che tu cerchi energicamente di scacciare, non è mai peccato. Che se usassi qualche negligenza nel discacciarla, allora potrebbe esserci peccato veniale di negligenza, però non mortale.

b) Allora uno acconsente davvero, quando, avvertendo prima pienamente il pensiero, non lo discaccia, non resiste, nè dissente punto da esso; anzi lo ama, e se le circostanze Io permettessero vorrebbe eseguire quanto ha escogitato. Il resistere poi non consiste, come alcuni fanno, nello scuotere il capo, o come che sia in agitazioni del corpo, e neppure nello sgomentarsi, nell´affliggersi e tribolarsi; ma in una interna negazione risoluta. Lascia pure che il demonio, come moscone, continui a sussurrare quanto gli piace, o come cane arrabbiato continui ad abbaiare a suo piacimento: tutto questo non forma peccato se in te non vi è l´atto positivo della volontà che consenta. Ben dice il nostro caro titolare San Francesco di Sales: « Lasciate che il demonio bussi alla porta del cuore quanto vuole: se busserà è buon segno; vuol dire che certamente non gli avete ancora aperta la porta, ed egli non è ancora entrato » .

c) Affinchè poi l´uomo tentato giunga a peccare mortalmente è necessario che la volontà, accecata dall´appetito sensitivo, presti - Sin il consenso elettivamente, e quindi il tentato dica nel suo cuore: voglio far la tal cosa, che so esser peccato. Finchè non si è arrivati a questo punto, ed a questo spero che tu non arriverai assolutamente mai, non vi è certamente il peccato mortale.

d) Si richiede inoltre, affinchè il peccato sia mortale, che si tratti di materia grave. Poichè se tu per esempio avverti benissimo un pensiero di negligenza nei tuoi doveri scolastici, e deliberatissimamente acconsenti, e non fai quel dovere, il peccato resta veniale, perchè si tratta di materia leggera. Fatti pertanto coraggio. Iddio che ti vuole bene, e che nell´infinita sua bontà ti ha chiamato a servirlo più da vicino, ti darà grazia a ricavare ancora vantaggio dalle tentazioni; ma vuole che tu assolutamente non dia nessuna occasione volontaria alla tentazione, e che quando la tentazione vi fosse, tu faccia quanto dipende da te, per non lasciarti vincere da essa, praticando le cose che sopra ti ho esposte.

 
Capo XVIII LE TENTAZIONI DEL NOVIZIATO

Ecco ora le tentazioni con le quali, secondo Sant´Alfonso, gran maestro in questa materia, più ordinariamente il demonio vuol tentare i novizi; e colle quali potrebbe tentare anche te. Sta´ attento, poichè il conoscere le insidie del demonio è già gran cosa; che se prenderai i rimedi che contro le medesime ti suggerisco, riuscirai per certo vincitore, ed il Signore, dopo di averti purificato con quelle, ti darà grazie ancora maggiori.

1. Affezione disordinata ai parenti.

La prima tentazione è l´affezione disordinata ai parenti. Sant´Alfonso ricorda gran numero di fini tragiche avvenute a vari religiosi, che abbandonarono la vocazione per assecondare il naturale attacco verso i parenti. Don Bosco ci ripeteva ad ogni pie sospinto le medesime cose, e ci raccontò (e molti li abbiamo visti coi nostri occhi medesimi), i modi terribili con cui il Signore volle punire alcuni che, per aiutare i parenti, uscirono dalla congregazione. Poni mente ai begli ammaestramenti che dà Sant´Alfonso in proposito: « Sta´ sopra te stesso; considera che se i parenti ti amano da molti anni e con tenerezza, Dio ti ama ben prima di loro e con tenerezza ben più grande. Non son più che quindici, venti o trent´anni che i parenti ti amano; Dio ti ama da tutta l´eternità: in charitate perpetua dilexi te. I tuoi parenti hanno per certo fatto qualche spesa e sopportato qualche incomodo per te; ma Gesù Cristo ha sacrificato per te tutto il suo sangue e la sua vita. Così, quando tu proverai qualche sentimento affettuoso pei tuoi parenti, e ti sembra che la riconoscenza richieda di non far loro dispiacere, ricordati che tu devi esser ben più riconoscente verso Iddio, perchè più di tutti egli ti ha amato e favorito. Di´ allora a te stesso : « Se io abbandono i miei cari parenti, li abbandono per Iddio, che merita ben più di loro » . In questo modo tu vincerai questa terribile tentazione dell´eccessivo amore verso i parenti, tentazione che per un gran numero di religiosi fu causa precipua di rovina in questa e nell´altra vita.

Un nostro buon ascritto, entrato da noi contro il parere dei genitori fu visitato da un amico il quale venne a dirgli, che se egli persisteva nella presa risoluzione, sua mamma sarebbe morta di disgusto. Il buon ascritto rispose: « Spero che questo non avverrà; mia mamma è una buona cristiana, e, superato il colpo momentaneo, saprà offrire tutto al Signore e si farà dei meriti. D´altronde sappi, che il Divin Salvatore non è disceso dalla croce per risparmiare a sua madre i dolori, che acerbissimi le causava la sua passione! Ed io farà lo stesso; resterà sulla Croce che abbracciai, poichè Gesù disse chiaro: Chi ama suo padre o sua madre più di me non è degno di me [72]» . Così rispondeva egli, ed occorrendo sappi anche tu persuaderti coi medesimi argomenti e dire altrettanto, e persevererai tranquillo nella tua vocazione.

2. Timori della salute.

Un´altra grande tentazione per vari novizi è il timore di rovinarsi la sanità, e poi non essere più buoni nè per sè, nè per la società. Devi rigettare questa tentazione, colla considerazione che il Signore, il quale ti diede la vocazione, ti darà ugualmente la sanità necessaria per seguirla. Ordinariamente la vita regolata della congregazione giova anche alla sanità, ed allunga gli anni. Che se davvero ti nuocesse un poco e t´abbreviasse la vita, che farci? In fin dei conti tu non sei entrato in congregazione se non per piacere a Dio, e Perciò devi rassegnarti e ragionare teco stesso così: io non ho nascosto e non nascondo lo stato di mia salute ai superiori; essi mi ricevettero nello stato di salute in cui sono, e non mi rinviano; è dunque volontà di Dio che io resti qui. E se tale è la volontà di Dio, dovessi io pure soffrirne e morirne, che m´importa? Quanti anacoreti non hanno sofferto di più nelle grotte e nelle foreste! Quanti martiri non diedero la vita per Gesù ! Se dunque anche dovessi morire, meglio per te morire qui dove Dio ti ha chiamato, e dove hai tanti pegni di fare una santa morte, che uscire e metterti in pericolo di morire poi in disgrazia di Dio. Che se i superiori vedessero che la sanità è un assoluto impedimento per abbracciare definitivamente questo istituto, e te lo dicessero, e ti licenziassero, allora farai come essi ti diranno, sicuro di fare anche in ciò la volontà di Dio. Ma, credilo pure: generalmente il timore di non poter resistere per sanità, è una tentazione. Mettiti nelle mani di Dio, non temere, e tutto finirà bene.

5. Gl´incomodi della vita comune, sono pure uno spauracchio per alcuni.

Quando fossi mai assalito da questa tentazione, cerca d´imitare San Bernardo, il quale di tanto in tanto domandava a se stesso: Perchè sei venuto in religione? Bernarde, ad quid venisti? Allora ti ricorderai che sei venuto nella società non per condurre una vita comoda, ma per farti santo. E come perverrai a santificarti? Forse cercando le tue comodità ed i tuoi piaceri? Oh no, ma soffrendo morendo a tutti gli appetiti sensuali. Santa Teresa diceva: t È un errore il credere che il Signore ammetta alla sua amicizia le persone che cercano i loro comodi. Le anime che amano veramente Iddio, non cercano mai riposo. Così chi non è ben risoluto a soffrire, ed a soffrire qualunque cosa, non si farà mai santo » . Il caro nostro confratello Don Andrea Beltrami provava tale piacere, quando aveva qualche contrarietà o qualche dolore fisico, che si vedeva raggiante fino all´esteriore. E quando più incrudivano i patimenti, egli ancora soggiungeva: « Di più , Signore, di più ; e degnatevi di prolungare in me questi patimenti fino al dì del giudizio universale, purchè per mezzo di questa sofferenza possa santificarmi meglio » . Offriva poi tutto per la conversione dei poveri peccatori, per gli agonizzanti, e in suffragio delle anime sante del purgatorio. Così nei suoi immensi dolori era sempre allegro e desideroso di soffrire di più . Ma qui occorre che faccia ancora un´altra considerazione: credi tu che se fossi altrove avresti meno da soffrire? Questo è un inganno: fuori avresti tribolazioni anche più gravi. È un errore il credere che fuori si soffrirebbe meno! Un ammalato cerca di cambiare posizione nella speranza di trovare sollievo; ma poco dopo sta peggio di prima, perchè il male lo porta con sè. È segno che tu sei ben ammalato di spirito, se credi di aver bisogno di cambiare, per non avere incomodità da soffrire! Resisti, e almeno questi pochi patimenti che soffrirai ti serviranno di merito: se no soffrirai anche di più , ma senza merito.

4. Mancanza di confidenza nel superiore.

È questa una prova veramente dura. Si trova tanta consolazione quando ci si può aprire completamente col proprio superiore! Che fortuna il trovare un cuore che comprenda il nostro, e nel quale possiamo riversare tutte le nostre pene! Ma persuaditi esser il demonio che vuol riuscire a farti credere, che coloro i quali ti guidano son prevenuti contro di te, che essi non ti amano, che non ti credono. Tu trionferai di questa tentazione, se comprenderai, che non dipende se non da te l´aver confidenza nei tuoi superiori. Non hai che da fare uno sforzo un po´ energico sopra te stesso! Qual superiore non resterà tocco dalla semplicità, dalla rettitudine colla quale tu gli esprimerai le tue miserie? E più queste miserie saran grandi, più la sua commiserazione verso di te si farà vedere. Non è forse questo il sentimento che tu stesso provi verso chiunque si aprisse in questo modo a te? D´altronde, non vi è forse ordinariamente qualche altro superiore cui aprirti? Ma più che tutto, non vi è forse sempre e a tutte l´ore nel tabernacolo Gesù che ti attende? Il nostro non mai abbastanza ricordato Don Beltrami, tanto amante del Sacro Cuore di Gesù , diceva: « Una comunione, mezz´ora di orazione avanti al SS. Sacramento, consolano di tutto; quando si può pregare e fare la comunione, non v´è nulla di cui potersi lagnare » . Ascolta bene questa mia esortazione: fatti coraggio e va´ avanti. Quel che oggi ti sembra una trave, vedrai che è una festuca. Vinci te stesso, apriti bene ugualmente e ne sarai contento. Anzi tieni questo come una grazia del Signore, che ti pone in condizioni di farti maggiori meriti. Proponiti anche di preferire sempre e di amare teneramente quei superiori che ti tengono alle strette, e che ti sgridano per ogni più piccola cosa. Questo loro modo di agire ti farà progredire grandemente, se saprai servirtene bene. Le medicine sono ordinariamente amare, eppure sono esse che arrecano la guarigione.

5- Scoraggiamenti.

Un´altra tentazione propria specialmente dei principianti di buona volontà, è il sentirsi aridi nelle cose di spirito, dal che nasce lo scoraggiamento, ed il timore di non riuscire a vincere i propri difetti. Oh com´è terribile questa tentazione, specialmente per certe animucce timorose e facili a sconcertarsi! Per vincerla è da capir bene, che noi da noi siamo capaci a nulla; e che certo se la riuscita dovesse dipendere da noi non ci riusciremmo; ma la riuscita dipende dal Signore il quale, avendoci data la vocazione, ci darà i mezzi per vincere i nostri difetti, per renderci degni della medesima. D´altronde il Signore non ha bisogno del fervore sensibile nostro per farci progredire! Anzi le aridità sono mezzi che egli adopera con le anime che più ama, e che vuole far progredire di più . Devi poi pensare che la terra è il luogo dove abbiamo da farci dei meriti, e non dove si possa vivere felici! La vera felicità non consiste nei beni del mondo, nè nelle consolazioni spirituali, ma unicamente nella conformità alla volontà di Dio. Oh com´è cara a Dio un´anima fedele, che fa le sue preghiere, la sua meditazione, le sue comunioni e tutte le altre pratiche senza consolazione, solo per piacere a Lui! Qual merito hanno le opere buone, quand´esse son fatte senza ricompensa su questa terra! San Francesco di Sales scriveva un giorno ad un´anima desolata: « Portar la croce con Gesù senza consolazione, ecco ciò che fa correre, anzi volare le anime alla perfezione. Quando pertanto tu ti trovassi nello stato d´aridità e di scoraggiamento, invece di penarti, dirai al Signore: voi volete tenermi in questo stato di perturbazione, in questa privazione d´ogni sollievo, io voglio restarvi quanto tempo a voi piacerà. Io non voglio abbandonarvi; eccomi pronto a soffrire queste pene ed altre maggiori che vogliate mandarmi, per tutta la vita e fino al giorno dell´universale giudizio, se voi lo volete. Mi basta sapere che così piace a voi, e so che voi finirete per darmi la grazia di vincere i miei difetti ed essere tutto vostro: in voi confido» . Per altro, ritieni pure, che è il padre della menzogna quegli che cerca farti credere che questo stato durerà sempre! Il Signore dopo la tempesta fa risottentrare la calma; e dopo le lagrime ed i sospiri, sparge la più pura allegrezza.

6. Il dubbio della vocazione.

Il dubbio della vocazione è la tentazione più terribile che possa incoglierti. Vedi a questo riguardo quanto dice Don Bosco nella prefazione delle regole. Figurati, rileggendo quel capitolo, che il buon padre ti conosca, ti ami, ti veda e che rivolga quelle parole direttamente a te. E di più considera che dal momento che il Signore ti diede l´ispirazione di farti ascrivere alla congregazione, non hai impedimenti, i superiori ti ammisero, e d´altronde hai l´intenzione retta, tu devi camminare avanti con tutta sicurezza. Riconosci che è tentazione e non badarci. È chiaro che il demonio, vedendo che tu sei per isfuggirgli dalle unghie, mette in opera tutti i mezzi possibili ed immaginabili per non lasciarti scappare. Ma tu dagli delle bastonate, rompigli le corna, con lo star costante nel luogo dove Iddio ti ha messo. Un punto importante per vincere questa tentazione consiste nel troncare gli indugi e le tergiversazioni, e dire risolutamente tra te: »O dubbi o non dubbi, vedo che qui mi posso più facilmente far santo, e qui mi decido irremissibilmente di rimanere. Se ho da morire morrà , se ho da penare penerà ; tanto morrei e penerei anche altrove! È meglio che peni e che muoia qui nella casa del Signore ». Danno gran forza alla tentazione le tergiversazioni e le instabilità della mente; e Perciò bisogna troncarle subito. Conferma pertanto totalmente il tuo cuore nel santo proposito della perseveranza. È ottima cosa, con la divina grazia rendere stabile il proprio cuore [73]. E per confermarti sempre più , pensa a quanti di ogni età e di ogni condizione hanno potuto e possono fare quanto tu ora temi di non riuscire a fare. Ma essi poterono perchè pregarono: prega anche tu e potrai anche tu. Tieni sempre a mente quel che l´Apostolo dice ai Tessalonicesi, che cioè Iddio il quale vi ha dato la vocazione è fedele, tiene la parola, e come ha cominciato l´opera così la finirà.

7. Esser liberi di darsi alla divozione.

L´idea che nel mondo si era più liberi per darsi alla divozione e alle opere buone è una tentazione che non è da tutti; ma potrebbe essere per qualcuno che prima di entrare in congregazione già faceva molte pratiche di pietà e persino delle penitenze e tante opere buone. Che sproposito è mai questo! esclama qui Sant´Alfonso. Un novizio, che presta orecchio ad una simile tentazione, mostra di ignorare affatto la grandezza del merito dell´obbedienza. Ricordati che tutto ciò che fai con la comunità è orazione. Ora colui che offre a Dio delle preghiere, delle limosine, dei digiuni, delle penitenze, gli dona una parte di quanto ha o gli dona anche quanto ha; ma non gli dona se stesso. Al contrario chi rinunzia alla sua propria volontà col voto d´ubbidienza, dona tutto se stesso interamente a Dio, in modo che può dirgli: Signore, avendovi consacrata tutta la mia volontà e tutto il mio cuore, non ho più altro da darvi » . Il merito di costui è immensamente maggiore. Inoltre esso è continuo, poichè tutto quello che si fa in congregazione è merito. Perciò uno si fa merito non solo quando prega o digiuna; ma anche quando studia o fa ricreazione, o si nutre, o si riposa. San Luigi Gonzaga diceva che < nel battello dello sfato religioso anche colui che non remiga si avanza quanto gli altri » .

8. Fare maggior bene.

È pure suggerimento del demonio l´idea che uno farebbe maggior bene al prossimo nel proprio paese. Quando fossi preso da questa tentazione, devi prima di tutto riflettere, che il più gran bene che noi possiamo fare, è quello che il Signore vuole da noi. Dio non ha bisogno di nessuno; e se vuole che un maggior soccorso sia dato al tuo paese, egli può agevolmente procurarlo con altri mezzi. Così, caro mio figliuolo, avendoti Dio chiamato a farti figlio di Don Bosco, il bene che egli vuole da te si è che tu attenda seriamente ad eseguire le tue regole, ed a fare quanto i tuoi superiori ti comandano. E poi, qual bene si può fare nel proprio paese? Gesù Cristo stesso, invitato a predicare ed a fare del bene nel suo paese, rispose: « Nessun profeta è accetto nella sua patria [74]» . È questo un grande inganno del demonio per farti rinnegare la vocazione. Quando poi fos?: nel tuo paese per fare del bene, egli ti metterà tali intoppi e farà sorgere tante difficoltà, che non solo non potrai fare il bene ‚Ä¢?he ti eri proposto ma ne avrai ancora danno all´anima tua.

9. Bisogno di penitenza.

L´ultima tentazione contro cui intendo premunirti, mio buon ascritto, è questa: Il demonio può suscitarti nel cuore, che avendo tu commessi molti peccati, ed avendo tu molte cattive inclinazioni, ti senti necessità di far maggior penitenza che non si faccia tra noi, e quindi la voglia d´entrare in un istituto di vita più rigorosa. A primo aspetto questo pensiero pare una buona ispirazione; ma Don Bosco assicura che essa è pretta tentazione. Il demonio non cerca altro che di turbarti, e di farti perdere il bene che presentemente possiedi. Quando tu fossi uscito, egli cercherebbe ogni modo per non lasciarti entrare in un altro luogo; e per lo più vi riesce. Poi Iddio vuole da te questo bene, e non altro: la prima vocazione è sempre la migliore. E se tu vuoi fare penitenza osserva le regole e lavora quanto i superiori ti indicano. Don Bosco disse chiaro che in nessun luogo si può far più penitenza che tra noi, non avendo un momento libero per noi medesimi, sacrificandoci totalmente a bene dei giovani.

Quando è bene cambiare istituto.

Sai quando il pensiero di mutar congregazione può esser buono? Quando i superiori per le tue inclinazioni e cadute, vedessero che il vivere in mezzo ai giovani ti è troppo pericoloso, non essendo capace e costante nel prendere i mezzi che ripetutamente già ti suggerirono, e volessero licenziarti per questo dalla congregazione. Allora sì che con « anto coraggio dovresti dire: son pronto a tutto, ma non voglio ritornare a quel mondo, che ho trovato tante volte traditore; vado anche a seppellirmi, se occorresse, in un deserto, ma non voglio dare indietro dallo stato religioso; essendo per me troppo pericoloso il trattare coi giovani, andrà a nascondermi in un chiostro di vita contemplativa e penitente, ma al secolo non voglio tornare! In questo caso certamente questo coraggio ti sarà computato a gran merito, ed il Signore ti darebbe forza a sostenere qualunque vita austera che fossi per intraprendere. Fuori di questo caso, tieni sempre per tentazione del demonio il pensiero dell´uscita dalla congregazione sotto aspetto di vita più perfetta.

Mezzi per sventare la tentazione.

Queste sono le tentazioni che potrebbero più facilmente venire a conturbarti nel tempo del tuo noviziato: ed ora ecco i tre granii mezzi che il medesimo Sant´Alfonso ti consiglia, per sventare tutte queste e qualunque altra tentazione: a) evita con gran cura di cader in falli pienamente volontari, sebbene piccoli, e specialmente nei peccati d´orgoglio, perchè Iddio resiste ai superbi e le sue grazie le dà agli umili [75]; b) scopri subito la tentazione ai superiori: niente ti gioverà meglio di questa apertura filiale verso chi ha l´incarico di guidarti; e) prega molto e con perseveranza; non già per poter conoscere la volontà di Dio, poichè già la conosci, o ti vien significata per bocca del superiore; ma perchè Iddio ti dia la forza di fare ciò che conosci dover fare, e ciò che ti suggeriscono i superiori.

Rafferma, o Signore, ciò che operasti in noi [76]. Fa´ questo e sarai costante, ed il Signore sarà con te, ed anche ti eleggerà ad essere la salute di altre anime. Tre altre cose ti aiuteranno ancora assai a vincere qualunque tentazione, e sono queste: 1) Con animo gagliardo e subito, senza alcun ritardo, fa´ resistenza ai princìpi delle tentazioni e dei cattivi pensieri. 2) Non fidarti di te solo. Ricorri subito non solo all´aiuto del tuo confessore e del tuo maestro; ma, occorrendo, anche a quello di quegli altri superiori e compagni che siano tenuti come più avanti nelle vie dello spirito, affinchè la debolezza tua, con l´aiuto di molti, sia sostenuta. Dice il Savio che un fratello aiutato da un altro fratello è come una forte e sicura città eie non si può espugnare [77]. Invece chi non si azzarda di scoprire ai superiori la sua piaga, costui per la sua negligenza e per la sua superbia meritamente perisce.

3) Giova anche a vincere le tentazioni cambiare posizione, cambiar occupazione, cambiar luogo; poichè molte volte mentre si cambia luogo, si muta anche l´affetto. Ma per conclusione di quanto si disse fin qui è da tenere, che il più sta nel confidare tutto in sua Divina Maestà. Essendosi egli degnato di cavarti dalla fornace di Babilonia, cioè dalle ardenti fiamme dei vizi, e dal mondo maligno e corrompitore, voglia anche condurle a fine quel bene che ha in te incominciato. La frequente e fervente orazione distrugge ogni male; nè mai osano i demoni approssimarsi a chi ferventemente prega, siccome in un vaso che con buon fuoco bolle non cadono le mosche, le quali neppur osano accostarsi.

 
Capo XIX DIFETTI PRINCIPALI DA CORREGGERSI NEL NOVIZIATO

I difetti che si portano dal mondo, ad estirpare i quali bisogna con forza lavorare nel noviziato, sono di tre sorta: di spirito, di cuore, di corpo. Ti nominerà i principali, indicandoti anche il modo più pratico di correggerli. Scruta profondamente te stesso per conoscerli, e proponiti di estirparli. Che se ne trovassi molti e molto radicati, non scoraggiarti, ma umiliati avanti al Signore, domandandone a lui la forza; egli non ti lascerà certamente inesaudito. Però te ne prego, non far assolutamente pace con questi difetti; anzi muovi loro una guerra senza tregua, finchè siano affatto scomparsi.

I. Difetti di spirito...  1. Orgoglio.

Tra i difetti di spirito, il primo, il più comune, il più dannoso, il più importante a correggersi, è l´orgoglio, che con una tenacia diabolica cerca di ingerirsi in tutti i pensieri ed in tutte le azioni. Alle volte si nasconde, sembra morto, ma risuscita. Se tu non cerchi di distruggerlo nel noviziato, e di sradicarlo fino all´ultima barbatella, quanto danno ti porterà in appresso! L´orgoglio porta a preferirti agli altri, a farti credere superiore agli altri, a stimarti come avente miglior ingegno o maggior abilità degli altri, a crederti più esatto, più virtuoso, più fervoroso, più meritevole degli altri, e quindi a parlare assai volentieri di te ed a mostrarti a tutti superiore. L´orgoglio ti porta ad esaminare gli altri, perfino i superiori, e ti conduce poco per volta fino al segno da farti credere che molti punti della regola avrebbero bisogno di riforma; che in congregazione non vi è lo spirito che vi era una volta, che il medesimo maestro od il direttore dovrebbero essere più fatti nel tal modo che nel tal altro, avere piuttosto le tali qualità che le tali altre. T´insinua pensieri di indipendenza, di sprezzo delle piccole cose, e specialmente ti disgusta delle correzioni. Ti fa venire il desiderio d´esser veduto nelle cose buone, di non voler che si sappiano le cattive; ti fa venir pena nel domandare i dovuti permessi, e prendere qualche libertà non compatibile colla regola. Alle volte poi porta fino al punto di far dare risposte brusche ed anche impertinenti ai superiori, o almeno alla diminuzione di quella deferenza e soggezione che loro sempre si deve. Coraggio; è qui il nemico più acerrimo da combattere tutti i giorni. È un serpe così maligno che tenta perfino di sedurti con smaglianti colori; se tu non te ne guardi, se anzi non ti dai gran cura di disfartene, il suo veleno ti riuscirà fatale.

2. Leggerezza.

Il secondo difetto di spirito è la leggerezza, che nuoce immensamente ad ogni progresso nella virtù . Il leggero prima di tutto dimentica subito le raccomandazioni che si ricevono, le risoluzioni che si prendono, le promesse che si fanno. Il leggero è verboso e nelle ricreazioni trasmoda e stordisce tutti, nei tempi di silenzio si dimentica con tutta facilità di osservare questo punto della regola. Egli è distratto, incapace a star fisso in Una meditazione, neppure ad una lettura: scambia un comando con un altro; fa le cose fuor di tempo. Il leggero è specialmente incostante: egli tutti i momenti sente bisogno di cambiar posto, cambiar occupazione. È incapace d´intraprendere lavori seri: comincia un libro e non lo finisce, e negli studi seri si annoia. Sebbene la leggerezza per se non sembri un difetto così grave, esso è gravissimo oltre ogni dire, perchè è fonte di mille altri difetti, e impedisce di correggersi di quelli che si hanno. Coraggio adunque: presto, emendati mentre sei giovane; che altrimenti non arriverai mai a liberartene. Tre sono i rimedi principali oltre la preghiera e la docilità al maestro: Grandi sforzi per far bene la meditazione, seri esami di coscienza, forti studi ed occupazioni costanti.

3. Mondanità.

Il terzo gravissimo difetto cui devi far implacabile guerra, si è lo spirito mondano o secolaresco. Consiste questo nel conservare nel noviziato i costumi, le abitudini, le idee, le maniere di vedere e di giudicare, che si avevano nel secolo. Il mondano non ama le funzioni e le cerimonie ecclesiastiche, il canto gregoriano che è il canto proprio della Chiesa. Per lui il servire la messa è cosa volgare, e quando la serve lo fa distrattamente e in modo alterato. Egli piuttosto di discorsi ascetici o di circoli di pietà, parla volentieri di ciò che faceva o riceveva, delle feste profane a cui interveniva. Parla volentieri di cavalli, di cacce, di soldati e cerca di sapere con avidità le cose politiche e le notizie del mondo. Si riconosce poi anche lo spirito mondano in tutto l´esteriore di quel giovane, poichè egli non si accomuna nè si adatta a tutti; cerca di comparire, di avere abiti e calzature migliori, capelli acconciati ricercatamente; e persino nei modi di camminare e di parlare è affettato.

Questo spirito, se non è reciso completamente fin da principio, ripullulerà più avanti con gran danno dell´anima tua, e danno della comunità. Qui è da capir bene lo spirito religioso, lo spirito di abnegazione, lo spirito di sacrificio. Noi dobbiamo cercare unicamente di piacere a Dio, e non al mondo, o a noi stessi. Reprimiti energicamente appena ti viene la voglia di comparire; mortificati bene quando ti vien voglia di parlare, o d´udire a raccontare cose del mondo. Quanto più propendi a questo spirito, tanto più mortificati e vedrai che in breve perderai il gusto mondano e persino ne proverai noia. Vincendo questo, potrai pure vincere il rispetto umano, che ne suole provenire, e t´informerai così ad uno spirito tutto del Signore.

4. Singolarità.

Altro gran difetto è lo spirito di singolarità. Consiste nel tendere a non fare ciò che fanno gli altri, ed a fare ciò che gli altri non fanno; ma specialmente nel voler fare le cose in modo diverso dagli altri, o in tempo diverso, o volerle fare per più lungo tempo. Altre volte questo spirito si manifesta mostrando un´aria malinconica nei giorni di gioia generale, o aria spigliata ed allegra nei giorni di generale afflizione, per qualche disgrazia avvenuta od in mille altri simili casi. Persino è difettoso questo nelle pratiche di pietà, come quando si vuol pregare più che gli altri contro l´avviso del superiore, o nell´avere divozioni speciali, non raccomandate nel noviziato, o nel fare mortificazioni in più o in modo diverso da quanto fanno gli altri. Esaminati bene se hai questo difetto; se ti accorgi di averlo, bisogna che perseguiti anche questo in ogni luogo, ed in ogni modo.

Si richiede molta pazienza e fermezza per reprimerlo; ma sappi che è uno dei difetti che più direttamente si oppongono alla vita religiosa. Don Bosco ripetutamente ci raccomandava di fare come le api che tutte si aiutano, ma tutte sempre a modo [78]. Attento che lo spirito di singolarità è basato sulla superbia; Perciò fa sforzi straordinari per renderti umile.

5. Buffonerie.

Anche lo spirito beffardo, di metter cioè tutto in ridicolo e di ridersi di tutto, di burlarsi di tutto, è difetto grave e grandemente nocivo, che impedisce l´azione della grazia in chi ne è dominato. Questo difetto è uno dei più opposti alla vita religiosa, sebbene a prima vista esso sembri piacevole. L´allegria è buona e raccomandata; ma essa va esercitata nel modo vero. Ridere su ogni piccolo incidente, ad ogni piccolo errore che sfugge a chi legge, deridere i compagni o per difetti fisici, o per difetti d´intelligenza, o per difetti morali, o anche fantastici, e il farli rilevare agli altri, non è più allegria ma mancanza di carità. Lo scimmiottare poi certi modi dei superiori, contraffare la loro voce, i loro gesti, i loro modi di esprimersi, e così metterli in ridicolo, è assolutamente irriverenza, sfacciataggine ed arroganza. Questo modo di fare distrugge la carità, si comunica con grande rapidità a tutti gli altri, ferisce spesso profondamente le persone che ne sono l´oggetto, e qualche volta induce perfino qualche confratello ad abbandonare quella casa e quella congregazione dove si vede umiliato. San Basilio conobbe il pessimo uomo che sarebbe divenuto un giovane suo compagno studente alla università di Atene, dal vederlo mettere tutto in burla, e disse: che mostro nutre l´impero! E il giovane diventò Giuliano l´Apostata. Se tu riconoscessi in te questo difetto, combattilo specialmente colla meditazione seria della passione di Gesù , e con domandare speciali umiliazioni ogni volta che ti capita di mettere in burla qualcuno, per avere così un mezzo di stare in guardia, e non averlo più a commettere altra volta.

 6. Spirito di critica.

Ultimo difetto di spirito, che qui ti fo notare, si è lo spirito di critica. Sì, combatti acremente anche questa propensione se la trovassi in te, perchè è delle più dannose. Consiste essa nell´osservare i difetti degli altri, e persino dei superiori, osservarne anche le azioni, e giudicare delle intenzioni, e portare il proprio giudizio, per lo più sfavorevole, su tutto. Disgraziato il novizio che ebbe da natura o da educazione questo spirito! Provenendo esso da superbia, è difficilissimo a conoscersi ed a sradicarsi, perchè sempre si trova modo di scusarlo. Ancor più dannoso riesce quando non solo qualcuno si induce a giudicare interiormente ma anche a comunicare i propri giudizi agli altri; nel che appunto consiste la mormorazione. Essa fa tre mali: male a chi la fa, male a colui col quale si fa, male a colui del quale si fa. Trovandoti affetto di qualcuno dei sopraccennati difetti, poniti avanti a Gesù Crocifisso: domandagli pietà per l´anima tua. Te infelice se non ti emendi presto da essi! Non scoraggiarti tuttavia, poichè al noviziato possono applicarsi le parole dell´apostolo: ecco ora il tempo della misericordia, ecco ora i giorni di salute: Ecce nuc tempus acceptabile, ecce nunc dies salutis (II Cor. VI, 2). La grazia del Signore è certo abbondante e riuscirai; ma bisogna che ti metta subito, che ti  metta energicamente, e che prenda, per emendartene, quei mezzi che ti indicherà al fine di questo capitolo, e tutti quelli che il superiore ti suggerirà.

II. Difetti di cuore...   1. Indifferenza.

Tra i difetti di cuore, il primo è l´indifferenza od apatia. È propria dei naturali freddi, difficili a commuoversi, e che nel mondo sarebbero divenuti egoisti. Costoro molte volte sono esatti nei loro doveri, regolari, anche ammanierati. Ma essi non prevengono gli altri nei loro bisogni, e non li compatiscono nelle loro sofferenze; non avran cuore nè verso i giovani coi quali avessero da fare, nè verso i propri confratelli. Costoro sotto buone apparenze, sono un disastro per una comunità. Se tu fossi per disgrazia nel numero di costoro, per correggertene devi cercare di farti penetrare il cuore da profonda pietà. Ti gioverà quindi meditare specialmente l´immenso amore che Dio ebbe per te, e quanto Gesù , che non aveva bisogno di te tanto meschino, fece per salvarti; egli che pure era Dio infinito, onnipotente! Ti gioveranno poi anche ad emendartene lo sforzarti di seguire a puntino i precetti della carità fraterna, e il pensare che ogni confratello, ogni giovane a te affidato è l´immagine di Dio. Egli te l´ha posto accanto perchè vi aiutiate insieme, o sotto la tua custodia appunto perchè tu lo perfezioni, e faccia in lui risplendere bene l´immagine di Dio, già un po´ offuscata dai difetti e dalle cattive pieghe prese per l´innanzi. Scuotiti da questa indifferenza e apatia per tutte le cose, e il Signore ti sceglierà ancora per fare del bene anche tra gli altri. Se non ti scuotessi, diventeresti niente altro che un egoista, spiacente a Dio ed agli uomini.

2. Antipatia.

L´antipatia non è meno dannosa. Chi se ne lascia dominare allontana da sè chiunque abbia carattere diverso dal suo. Dall´antipatia provengono le avversioni, i dispetti, le piccole vendette, l´affettazione nel rilevare i loro difetti, le impazienze, le risposte dure. Chi nutrisce antipatia verso alcuno, interpreta tutto male, e se anche quel tale facesse dei miracoli evidenti egli troverebbe ancora qualche cosa a ridire, o qualche ragione per contraddirgli. Son necessari sforzi violenti e costanti, per vincersi da questo naturale così disgraziato. Ci voglion sforzi continuati, sia nel pensiero, non fermandoti su giudizi temerari o comunque sfavorevoli; sia nelle parole, non lasciandoti mai sfuggir motto contrario; sìa nelle opere, non lasciandoti mai trasportare ad atto, che possa sembrare sfogo di questa antipatia. Converrà anzi prendere l´arma offensiva contro questo difetto, umiliandoti appositamente, e facendo maggiori piaceri a coloro contro cui tu sentissi antipatia, andandoli a cercare e frequentando la loro compagnia, sforzandoti di avere con loro parole caritatevoli e modi gentili e prevenienti. Se non sei così energico nel noviziato, e non prendi questi mezzi efficaci, in avanti non ti vinceresti più .

3. Simpatia.

Il terzo e più grave difetto di cuore, è il lasciarsi portare alla simpatia ed attacco sensibile verso qualcuno. Queste simpatie ed attacchi da principio possono parerti buoni e provenienti da carità; ma attento, che « sotto l´erba s´asconde il serpente [79]» . La carità che ti porta a voler bene a tutti, a far dei piaceri a tutti, è virtù . Ma è assoluto difetto, e difetto grave, quando tu vieni a preferire l´uno all´altro. L´attacco verso i pochi non è mai soprannaturale: non è amore proveniente dall´amore di Dio; ma bensì naturale, cioè sensibile, e consiste nell´amare uno perchè piace. Ma di ciò tratterà diffusamente più avanti.

4. La malinconia.

La malinconia è difetto, in una comunità, più grave di quel che non sembri a prima vista. Qui parlo di un naturale malinconico, non di accessi passeggeri di tristezza, possibili a chiunque, e di cui abbiam già detto. Santa Teresa e la Chantal raccomandano espressamente di non ammettere nei loro ordini queste nature malinconiche. Sant´Alfonso chiama questo difetto la peste della divozione e la causa di mille difetti. San Filippo Neri, seguito da Don Bosco, esclamava: « Scrupoli e malinconia fuori di casa mia » . La malinconia nuoce all´anima, come la tignola nuoce alla stoffa che essa consuma; la rende a poco a poco insensibile a tutto, e la lascia interamente abbandonata al demonio. Non vi è eccesso, anche del peccato più turpe, a cui non renda proclive la malinconia. Fa arrivare fino alla tentazione dell´omicidio e del suicidio, e non rare volte conduce alla pazzia. Una confidenza illimitata col maestro; il non mai star solo quando si è più oppressi da essa; un lavoro intenso, perseverante, confacente a noi; la lettura assidua di libri riguardanti la bontà e misericordia del Signore, il paradiso, la bellezza delle virtù e delle consolazioni della vita spirituale, una tenera, tenerissima divozione al Sacro Cuore di Gesù ed a Maria SS., sono i rimedi principali.

III. Difetti di corpo.

Resta ora a conoscere e combattere i difetti di corpo. Non s´intendon qui con questo nome i difetti fisici, naturali, ma i difetti morali, che si palesano nel modo esteriore di comportarsi, di vestire, di camminare, o che tendono a mancanza di civiltà. Questi difetti si riducono specialmente a tre: rusticità nel trattare, trascuratezza, ricercatezza.

1. Rusticità.

Sebbene ti sia fatto religioso; e non debba curare le cose di mondo, non devi per nulla essere rustico nel trattare. I bei modi provengono dalla carità, e tu devi praticarli. Se tu fossi di carattere rustico, dovresti porre energia nel vincerti, e ritener bene che non vieni a piacere completamente al Signore, se non vieni ad acquistare modi belli e caritatevoli verso gli altri. Nè puoi trincerarti sotto il comodo pretesto di dire: io sono così fatto. Se sei così fatto procura di rifarti: il noviziato è stabilito apposta, affinchè ti disfaccia da tutto quello che non è perfetto, e ti faccia e ti formi come devi essere. Finchè sei giovane, questa trasformazione può ancora, mediante energia, essere fatta completamente; se aspetti, allora certo non vi riuscirai più .

 2. Trascuratezza.

Devi anche vincerti della trascuratezza esteriore, che si manifesta in chi non cura la pulizia, in chi porta i capelli arruffati, le vesti sdruscite, le scarpe slacciate, le unghie lunghe e nere, o fa altre analoghe sconvenienze. Questi difetti, disdicono affatto, e bisogna che tu capisca che questi son veri difetti morali. Nè devi scusarti mai col dire: questo è niente, le macchie esteriori non intaccano l´anima! Io ti dico che in te intaccano l´anima, perchè indicano poco buona volontà, disobbedienza, mancanza di carità e di riguardi verso i compagni, e verso la medesima congregazione, che resta in questo modo da te disonorata.

3. Ricercatezza.

Ma se è da bollarsi così gravemente la trascuratezza, non vorrei poi che tu cadessi nel vizio opposto della ricercatezza, la vaghezza di comparire o nei capelli, o nelle forme esteriori, o negli abiti e calzature mondane, o fuori dell´ordinario. Questo in un religioso sarebbe difetto peggiore dell´antecedente. Pertanto tu ricerca la pulizia e non l´affettazione; ricerca gli oggetti di vestiario adattati, ma non l´attillatura o le cose nuove, o le fogge mondane. Procura di avere il necessario per essere presentabile, e non far scomparire i compagni; ma poi non cercar mai il superfluo, e tutto ciò che può sembrare prodotto di leggerezza e di vanagloria.

Mezzi per correggersi.

In generale per correggersi di tutti i soprannotati difetti e di tanti altri, che possono essere penetrati nell´anima tua, oltre ai mezzi già indicati, tre sono le cose principali che bisogna fare: a) Per primo bisogna conoscerli. Molte volte noi non conosciamo noi stessi. Bisogna fare esami di coscienza accurati, e penetrare anche sempre più a fondo in noi nelle meditazioni. Bisogna poi che altri ci aiuti a farceli conoscere. Prega Perciò istantemente il maestro che ti avvisi sempre, che non te ne lasci passar una. E pregalo pure che ti stabilisca uno o più monitori segreti, i quali ti osservino attentamente e non ti risparmino. b) Devi essere docile ed umile nell´accettare di cuore gli avvisi che ti vengono dati, le osservazioni che ti vengono fatte, ed anche i rimproveri ed i castighi che ti venissero inflitti. Le umiliazioni sono il mezzo più potente, più sicuro e più rapido, per arrivare alla perfezione. c) Procurati, con assidua preghiera e continuati piccoli sacrifizi, un carattere fermo I e costante, continuando anche per anni ed anni energicamente la lotta contro questi difetti. Sant´Alfonso era solito dire: « Non mi spaventa il vedere che i miei religiosi abbiano ancora dei difetti: ciò che mi spaventa è quando vedo fiacchezza nel combatterli, o che si fa pace con loro » . Tu pertanto sii costante ed energico nel combatterli, e "vedrai che con la grazia del Signore ci riuscirai, e potrai vivere da religioso fervoroso ed osservante.

 
Capo XX LE VIRTU’ PRINCIPALI DA ACQUISTARSI NEL NOVIZIATO

Necessità per il novizio d´acquistare le virtù ...

Le virtù sono abiti, che non si acquistano se non con un numero molto ripetuto di atti. Ed è Perciò di somma importanza che nel noviziato si cominci a formare l´abito di quelle cose che sono poi da esercitarsi per ratta la vita. Ricordati che non potresti poi tranquillamente fare la domanda dei santi voti, se già non hai acquistato gli abiti nuovi relativi ai medesimi. Nè è sufficiente la buona volontà di eseguire in appresso le virtù Bisogna averle acquistate prima, poichè se prima dei santi voti non si fecero già le buone abitudini, si corre troppo pericolo di mancare poi ai santi voti, ed anche di perdere la vocazione. Ed in generale uno manca alla vocazione, perchè fece i voti senza aver prima poste sufficienti basi di abiti buoni. Per carità, non avvenga così di te! È chiaro che per far l´abito delle virtù si richiedono grandi sforzi, grandi sacrifici. Ma tu fatti coraggio; nulla t´arresti: ogni sforzo, ogni sacrifizio ti sarà largamente ricompensato.

... specialmente quelle del proprio stato.

Tutte le virtù invero devono formare la tua sollecitudine. Ma tra esse ve ne sono alcune che servono di base a tutte le altre, e che Perciò più delle altre sono da praticarsi nel noviziato, o perchè più adatte, o perchè essendo più necessarie per il resto della vita religiosa, devono porre più profonde e solide radici. È massima generale, non mai abbastanza inculcata per l´acquisto delle virtù , che un novizio deve sempre prendere la parola del superiore come parola di Dio. Ricordati che il Signore dice del superiore: Qui dos audit, me audit. Sentita pertanto un´esortazione, bisogna subito accingersi a praticarla. Altra massima non mai abbastanza osservata si è di non mai offenderti di niente, e di non mai stare sulle tue; esser sempre contento di tutti e di tutto. Ma oltre queste massime generali ti vengo ricordando qui le virtù principali, secondo lo spirito delle nostre regole.

Tendere alla perfezione.

L´articolo primo delle nostre costituzioni, dice chiaro che lo scopo fondamentale della nostra Società Salesiana, è la santificazione dei suoi membri. Don Bosco ci ripeteva: O santi salesiani o niente salesiani. Ricordati pertanto che sei obbligato a tendere con tutte le tue forze alla perfezione, cioè alla santificazione propria. Non sarebbe quindi un buon salesiano chi, contento di non fare mancanze, non si sforzasse positivamente a perfezionare se stesso, emettendo atti positivi e frequenti di virtù . Questo impegno deve essere poi ancora più grande nell´ascritto, poichè se una cosa ardua non si comincia con ardore, non si riuscirà certamente ad attuarla.

Non si pretende da te una perfezione assoluta, la quale è propria solo di Dio; nè una perfezione compita, che cioè non abbi più assolutamente d´or avanti a mancare in nulla; questo è proprio solo dei beati comprensori in paradiso. Nella vita presente niun´anima può avere sì squisita nettezza, che - 260 - vada esente da ogni neo avanti agli occhi finissimi e scrutatori di quel Dio, che fin negli angeli trova delle macchie. Ma si richiede da te, che cerchi con tutte le forze quella perfezione, che è compatibile con l´umana natura, pur tanto fragile e soggetta a tante miserie. Questa in noi può dirsi perfezione vera; anzi se molto cresce e si rafforza può dirsi alta perfezione, perfezione grande, perfezione eminente. È di questa perfezione che s´intende di parlare in questo Vade mecum ogni volta che si nomina la parola perfezione.

In che consiste la perfezione.

Ma in che cosa sta la sostanza di questa perfezione in noi? Vari autori dicono variamente, ma l´angelico San Tommaso, da par suo, scioglie ogni disputa, ed asserisce chiaramente che « tutta l´essenza della perfezione cristiana consiste nella carità » . E si poggia sulle parole di San Paolo, il quale ci anima all´acquisto della divina carità, col bel motivo di essere ella il vincolo della perfezione [80], il pieno e completo adempimento della legge cristiana [81]. E in conseguenza tanto più grande resta la perfezione, quanto più grande è la carità in noi. Che se mi si chiedesse ancora in che cosa praticamente consiste la carità, io risponderei che vi sarebbe solo da cambiare i termini delle parole dell´apostolo. Siccome egli dice che la pienezza della legge è la carità, cambiando i termini abbiamo: La carità è l´adempimento di tutta la santa legge di Dio. Perciò in pratica la perfezione consiste nell´adempiere completamente e costantemente la santa legge di Dio.

Dovendo ogni salesiano, in forza dell´art. 2°delle regole, sforzarsi con tutto suo potere ad imitare Gesù Cristo, coll´esercitarsi egli stesso nelle virtù prima di farsi maestro agli altri, ciascuno contrae l´obbligo spseialmente nell´anno di noviziato ed in quelli dello studentato, di amare la ritiratezza e la vita nascosta. È assai lodevole lo zelo ed il desiderio di lavorare molto per salvare anime; ma sarebbe intempestivo e male ordinato qualora si desiderasse accorciare il tempo della preparazione morale e degli studi. Si farà molto più in pochi anni da uno che esce ben preparato, che in molti anni da uno che non abbia avuto tempo a consolidarsi bene. Perciò sta´ contento del come disporranno i superiori a tuo riguardo sul rimanere più o meno tempo nello studentato, e pensa che non domandando e non ricusando nulla, si fa più sicuramente e con maggior merito la volontà di Dio. Ma pur tenendosi in questa conformità alla volontà di Dio su tali disposizioni dei a - _ M superiori, convinto ben bene della tua pochezza, per quanto sta da te, devi desiderare di esservi trattenuto il maggior tempo possibile, onde prepararti meglio alla missione di far del bene agli altri. Fanno tremare per il loro avvenire quelli che non vedono l´ora di lasciare le case di formazione !

Le virtù salesiane: 1°Carità e zelo per la gioventù .

Le nostre costituzioni, al capo 8°artic. 72, dicono che il direttore spirituale della congregazione si adoprerà affinchè i maestri di noviziato insegnino ai novizi quello spirito di carità e di zelo, da cui deve essere infiammato chi desidera di consacrare interamente la sua vita a Dio e alla salute delle anime. Queste parole ci danno la nota caratteristica, e come il distintivo della nostra Pia Società. Perciò la carità e lo zelo, cioè il gran desiderio di attirare anime e specialmente giovani al Signore, e per questo l´essere pronti a sopportare qualunque fatica, pena, persecuzione per fare il bene, e adoperare i modi più dolci, caritatevoli ed attraenti, saranno le virtù maggiormente da tenersi in vista, e che tu cercherai di praticare meglio nel tuo noviziato. Questa carità e zelo non potendosi ancora mettere in pratica su larga scala nel tempo del noviziato e dello studentato, tu procura di esercitare queste due virtù con te stesso e coi compagni. Siccome poi, per quanto è possibile, unito al noviziato e allo studentato è aperto un oratorio festivo, desidera di prender parte a fare il catechismo ed attendere a quei ragazzetti. E se ne sarai incaricato, procura di esercitare con grande impegno queste virtù coi giovani di detto oratorio. Ricordati che la carità non deve essere esercitata solo a parole! L´apostolo San Giovanni appositamente ce ne avverte dicendo: « Figliuoli, non amiamo con parole o con la lingua, ma con le opere e con verità » . Impara pertanto a non essere di quei che hanno molte parole verso il prossimo, ma che se vi è poi da fare qualche sacrificio si ritirano.Bisogna esser pronti a far opere, a sacrificarsi, specialmente quando si tratta del bene della gioventù negli oratori festivi e negli ospizi, dove l´irrequietezza dei giovani richiede una forza adamantina di carità.

... 2. Dolcezza.

Fiore della carità è la dolcezza. Procura pertanto di acquistarti una dolcezza degna di San Francesco di Sales e di Don Bosco. Il salesiano deve sapersi adattare alle esigenze dei tempi per quanto questo è compatibile col vero e perfetto spirito religioso: deve ridursi tale, da farsi tutto a tutti per attrarre tutti a Gesù Cristo. Tu Perciò procura di far propria la dolcezza dei modi, la condiscendenza, la graziosità e l´affabilità del nostro caro padre Don Bosco, tanto da poter trarre al Signore la gioventù anche la più schiva. Devi poter dire con San Paolo, che sei pronto a soffrire la fame, la sete, la povertà, le persecuzioni: benedire quando sei maledetto; ossequiare chi ti disprezza, e pronto ad essere considerato come spazzatura del mondo. Don Bosco poi volle che le case di noviziato fossero sotto la speciale protezione del Sacro Cuore di Gesù . Tu pertanto figurati che Gesù rivolga a te direttamente le parole: « Imparate da me ad essere mansueti ed umili di cuore [82]» . Per conseguenza devi con gran premura attendere ad ornarti il cuore di queste due virtù . Ed anche a questo risultato deve animarti l´essere nostro titolare San Francesco di Sales, che in queste virtù si distinse così straordinariamente, e l´esser figli di Don Bosco, che di esse ci diede prove tanto mirabili. A riuscirvi, proponiti di non volerti neppure impazientare con te stesso per nessun contrasto o mal esito, fosse pure per qualche caduta o miseria spirituale. Tanto meno poi devi indispettirti od alterarti nei giuochi. Sarà quindi bene intenderti col maestro, per importi qualche piccola penitenza ogni volta che manchi.

... 5. Sodezza.

Nel sogno del 1881 Don Bosco, per soprannaturale ispirazione, fra le altre cose ebbe ordine di allontanare dalla congregazione quelli che sono leggeri ed incostanti: leves et mobiles dimittite. Tu dunque hai da curare molto la sodezza e stabilità nel bene: con energici sforzi cerca di vincere la leggerezza di carattere, ed il tenere in poco conto i propositi presi e gli avvisi dei superiori. Ad ottenere questo, serviti dei tre grandi mezzi di cui si serviva San Francesco di Sales: meditare cioè molto sopra se stessi, accostumarsi a tener sempre in mente il pensiero della presenza di Dio, e fare accuratamente ed anche più volte al giorno l´esame di coscienza.

...4. Lavoro.

Il nostro indimenticabile Padre ci lasciò come per testamento, e come bandiera, insieme con lo spirito d´orazione anche il gran lavoro. Lavorare, lavorare, lavorare, s´intende, per salvar anime; furono le ultime parole, e come l´ultimo ricordo del nostro buon Padre morente. Noi dobbiamo prendere questa eredità, e convertire il lavoro come in seconda nostra natura. Mai risparmiarci, mai tirarci indietro dal lavoro; e sempre sacrificarsi ed anche trovare nuovi mezzi che ci aiutino a lavorare di più .

Il nostro riposo sia il cambiamento di lavoro. Ma intanto tu pensa che per quest´anno il tuo immenso lavoro sta nello studiare e praticare le regole, nel combattere e sradicare i tuoi difetti, e nel cercare e praticare sempre nuovi mezzi per imparare ad esercitare le virtù . Se non t´incammini bene quest´ anno sulla instancabilità del lavoro, tu non lo farai più.

Le virtù dei voti.

Il noviziato poi è stabilito appositamente, affinchè l´ascritto si prepari con abiti buoni a praticare con facilità i tre voti di povertà, di castità, e di ubbidienza. Perciò ogni sforzo è da rivolgersi a queste tre grandi virtù , cercando di prendere efficacemente i mezzi che a questo scopo conducono. A conferma e conclusione di quanto ti dissi, ti riferisco in esteso il sogno straordinario che il nostro Santo Fondatore ebbe il 10 settembre 1881. Io vi ho accennato nel corso di questo capo. Esso è scritto dalla mano stessa di Don Bosco.

Sogno di Don Bosco (1881).

Spirititi Sancii gratia illuminet sensus  et corda nostra. Amen,.

La grazia dello Spirito Santo illumini i sensi e i cuori nostri. Cosi sia.

Ad ammaestramento della Pia Società Salesiana.

Il 10 settembre, anno corrente (1881), giorno che la santa Chiesa consacra al glorioso nome di Maria, i salesiani raccolti in San Benigno Canavese facevano gli esercizi spirituali. Nella notte dal dieci all´undici, mentre dormilo, la mente si trovò in una gran sala splendidamente ornata. Mi sembrava di passeggiare coi direttori delle nostre case, quando apparve tra noi un uomo di aspetto così maestoso, che non potevamo reggerne la vista. Datoci uno sguardo, senza parlare, si pose a camminare a distanza di qualche passo da noi. Egli era così vestito: Un ricco manto a guisa di mantello gli copriva la persona; la parte più vicina al collo fra come una fascia che si rannodava davanti, ed una fettuccia gli pendeva sul petto. Sulla fascia stava scritto a caratteri luminosi: Pia Salesinorum Societas anno 1881 Pia Società dei Salesiani nell’anno 1881,  sulla striscia d´essa fascia portava scritte queste parole: Qualis esse debet Quale dev’essere.

Dieci diamanti di grossezza e splendore straordinario eran quelli che c´impedivano di fermare lo sguardo, se non con gran pena, sopra quell´augusto personaggio. Tre di quei diamanti eran sul petto, ed era scritto sopra uno: Fides (Fede); sull´altro: Spes (Speranza): e Charitas (Carità) su quello che stava sul cuore. Il quarto diamante era quello sulla spalla destra, ed aveva scritto: Labor (LaDoro), sopra il quinto sulla spalla sinistra leggevasi: Temperantia (Temperanza). Gli altri cinque diamanti ornavano le parti posteriori del manto, ed erano così disposti: uno, il più grosso e sfolgoreggiante, stava in mezzo come il centro di un quadrilatero e portava scritto: Obedientia (Obbedienza). Sul primo a destra leggevasi: Votum paupertatis (Voto di povertà). Sul secondo più a basso: Praemium (Premio). Nella sinistra sul più elevato era scritto: Votum castitatis (Voto di castità). Lo splendore di questo mandava una luce tutta speciale, e mirandolo traeva ed attirava lo sguardo come la calamita tira il ferro. Sul secondo a sinistra più abbasso stava scritto: Jeiunium (Digiuno). Tutti questi quattro ripiegavano i loro luminosi raggi verso il diamante del centro.

Dilucidazione - Per non cagionare confusione è bene notare che questi diamanti tramandavano dei raggi, che a guisa di fiammelle si alzavano e portavano scritto qua e colà varie sentenze.

 Sopra la Fede si elevavano le paiole:

Sumite scutum Fidei, ut adversus insidias diaboli certare possitis.

Date mano allo scudo della Fede, per potere combattere contro le insidie del demonio.

Altro raggio aveva :

Fides sine operibus mortua est. - Non audìtores, sed factores legis regnum Dei possidebunt.

La fede senza le opere è morta. - Non quelli che senton parlare della legge, ma solo quelli che la praticheranno, possederanno il regno di Dio.

Sopra i raggi della Speranza:

Sperate in Domino, non in hominibus. - Semper vestra fixa sint corda ubi vera sunt gaudia.

Sperate nel Signore, non negli uomini. - I vostri cuori siano costantemente rivolti dove sono i veri gaudi.

Sopra i raggi della Carità eravi:

Alter alterius onera portate, si vultis adimplere legem meam. - Diligile et diligemini. Sed diligile animas vestras et vestrorum. - Devote divinum officium persolvatur; Missa attente celebretur; Sanctus Sanctorum peramanter visitetur.

Portate i pesi gli uni degli altri, se volete adempire la mia legge. - Amate e sarete amati. Ma amate le anime vostre e quelle dei vostri (giovani, dipendenti). - Si reciti devotamente il divino ufficio; si celebri con attenzione la Santa Messa; si visiti con trasporto di amore il Santo dei Santi.

Sopra la parola Labor (Lavoro) eravi:

Remedium concupiscentiae. - Arma potens contra omnes insidias diaboli.

Rimedio della concupiscenza. - Arma potente contro tutte le insidie del diavolo.

Sopra la Temperanza:

Si ligna tollis, ignis exstinguitur. - Pactum constituite cum oculis vestris, cum gula, cum somno, ne huiusmodi inimici depraedentur animas vestras. - Intemperantia et castitas non possunt simili cohabitare.

Se togli la legna, il fuoco si spegne. - Fate un patto con i vostri occhi, con la gola, col sonno affinchè non vi guastino l´anima. - L´intemperanza e la castità non possono stare insieme.

Sopra i raggi dell´Obbedienza:

Totius oedìficii fundamentum, et sanctitatis compendium.

Base di tutto l´edifizio e compendio della santità.

Sopra i raggi della Povertà:

Ipsorum est regnum coelorum. - Divitiae spinae sunt. - Paupertas non verbis, sed corde et opere conficitur. Ipsa coeli ìanuam aperiet et introibit.

Di loro è il regno dei cieli. - Le ricchezze sono spine. - La povertà si ottiene non con le parole, ma con il cuore e con le opere. Essa aprirà il regno del cielo e vi c´introdurrà.

Sopra i raggi della Castità:

 Omnes virtutes veniunt pariter cum illa. - Qui mundo sunt corde, Dei arcana vident, et Deum ipsum vìdebunt.

Tutte le virtù vengono insieme con lei. - I puri di cuore vedono i segreti di Dio e vedranno Iddio medesimo.

Sopra i raggi del Premio:

Si dèlectat magnitudo praemiorum, non deterreat muUitudo laborum. Qui mecum patitur, mecum gaudebit. - Momentaneum est quod patimur in terra, aetemum est quod delectabit in eoelo amicos meos.

Se attrae la grandezza dei premi, non atterrisca la grandezza delle fatiche.- Chi patisce con me, godrà pure con me. - È momentaneo quanto si patisce sopra la terra, eterno invece quanto rallegrerà i miei amici in cielo.

Sopra i raggi del Digiuno:

Arma potentissima adversus insidias inimici. - Omnium, virtutum custos.

Omne genus daemoniorum per ipsum eicietur.

Arma potente contro le insidie del nemico. - Custode di tutte le virtù .

Con esso si scaccia ogni sorta di tentazione.

Un largo nastro di color rosa serviva dì orlo nella parte inferiore del manto, e sopra questo nastro era scritto: Argurnentum praedicationis - mane, meridie et vespere. - Colligite fragmenta virtutum, et magnum sanctitatis aedificium vobis rete un grande edilizio di constituetis. - Vae vobis santità. - Guai a voi che qui modica spernitis, paulatim vos decidetis.  Argomento di predicazione al mattino, a mezzodì,a sera. Praticate le piccole virtù e vi preparerete un grande edificio di santità. Guai a voi che disprezzate le piccole cose: a poco a poco verrete meno.

Fino allora i Direttori erano chi in piedi, chi ginocchioni; ma tutti attoniti, e niuno´ parlava. A questo punto Don Rua come fuori di sè disse: « Bisogna prender nota per non dimenticare » . Cerca una penna e non la trova; cava fuori il portafoglio, fruga, e non ha la matita. « Io mi ricorderà » , disse Don Durando » . « Io voglio notare » , aggiunse Don Fagnano; e si pose a scrivere col gambo di una rosa. Tutti miravano e comprendevano la scrittura. Quando Don Fagnano cessà di scrivere, Don Costamagna continuò a dettare così: la carità capisce tutto, sopporta tutto, vince tutto; predichiamola colle parole e coi fatti. Mentre Don Fagnano scriveva, scomparve la luce, e tutti ci trovammo in folte tenebre. « Silenzio, disse Don Ghivarello, inginocchiamoci, preghiamo e la luce verrà » . Don Lasagna cominciò il Veni Creator Spiritus, poi il De Profundis, Maria Auxilium Christianorum eie, a cui tutti rispondemmo. Quando fu detto: Ora prà nobis, riapparve una luce che circondava un cartello su cui leggevasi: Pia Salesianorum Societas qualis esse periclitatur anno satulis 1900. Pia Società dei Salesiani quale corre rischio d´essere nell´anno di salvezza 1900.

 Un istante dopo la luce divenne più viva, » segno che potevamo vederci a vicenda. In mezzo a quel bagliore apparve di nuovo il personaggio di prima, ma con un aspetto simile a colui che comincia a piangere. Il suo manto era divenuto scolorato, tarlato e sdruscito. Nel sito dove stavano fissi i diamanti eravi invece un profondo guasto, cagionato lai tarlo e da altri piccoli insetti.

Respicite, egli ci disse, et intelligite.

Guardate, egli ci disse, ed intendete.

Ho veduto i dieci diamanti che erano divenuti altrettanti tarli, che rabbiosamente rodevano il manto. Pertanto al diamante della Fides (Fede) erano sottentrati: Somnus et accidia (sonno e accidia). A Spes (Speranza) -ravi: Risus et scurrilitas (riso e scurrilità).

A CharUas: Ntgligentia ìm divinis perfieiendis.

Amarli et quaerunt nuie sua sunt, non quee ~csu Christi.

A Temperaniia: Gula et iwrwm deus venier est.

A Labor: Somnus, furata., otiositas.

A Carità: Negligenza nelle funzioni divine.

 Amano e cercano le cose proprie, non quelle di Gesù Cristo.

A Temperanza: Gola e quelli il cui dio è il ventre.

A Lavoro: Sonno, furto, oziosità.

Al posto dell´Obbedienza eravi nient´alrro che un guasto largo e profondo senza scritto.

A Castitas: Concupiscentia oculorum et superbia vUae.

A Paupertas: Lectus, habitus, potus et pecunia.

A Praemium: Pars nostra erunt quae sunt super terram.

A Castità: concupiBcenza degli occhi e superbia della vita.

A Povertà: Letto, abiti, bevande e danaro.

A Premio: Nostra porzione saranno i beni terreni.

A Jeiunium (Digiuno) eravi un guasto, ma niente di scritto. A quella vista fummo tutti spaventati. Don Lasagna cadde svenuto, Don Cagliero divenne pallido come camicia, e, appoggiandosi sopra una sedia, gridà : « Possibile che le cose siano già a questo punto?» Don Lazzero e Don Guidazio stavano come fuori di sè, e si porsero la mano per non cadere. Don P´rancesia, il conte Cais, Don Barberis e Don L.everatto erano quivi ginocchioni, pregando con in mano la corona del santo rosario. In quel momento si fè´ intendere una cupa voce:

Quomodo mutalus est color optimus! Oh, come si è mutato lo splendore primiero!

Ma nell´oscurità succedette un fenomeno singolare. In un istante ci trovammo avvolti in folte tenebre, nel cui mezzo apparve tosto una luce vivissima che aveva forma di corpo umano. Non potevamo tenerci sopra lo sguardo, ma potemmo scorgere che era un avvenente giovanetto vestito di abito bianco con fili d´o ro e d´argento. Tutto attorno all´abito vi era un orlo di luminosissimi diamanti. Con aspetto maestoso, ma dolce ed amabile, si avanzà alquanto verso di noi, e ci indirizzà queste testuali parole:

Servi et instrumenta Dei omnipotentis, attendìte et intelligite. Confortamini et estote robusti. Quod vidistis et audistis est coèlestis admonitio, quae nunc vobis et fratribus vestris facta est: animadvertite et intelligite sermonem. Iacula praevisa minus feriuni, et praeveniri possunt. Quot sunt verba signata, tot sint argumenta praedicationis. Indesinenter praedicate, opportune et importune: sed quae praedicatis constanter facite, adeo ut opera vestra sint velut lux, quae sicuti tuta traditio ad fratres et filios vesiros pertranseat de generatione in generationem. Attendìte et intelligite: Estote oculati in tironibus acceptandis; fortes in colendis; prudentes in admittendis. Omnes probaie; sed tantum quod bonum est tenete. Leves et mobìles dimitlite. Attendile et intelligite: Meditatio matutina-et vespertina sit itidesinenter de observantia Constitutionum. Si haec feceritis numouam vobis deficiet Omnipotenlis auxilium. Spectaeulum jacti erifis mundo et angelis, et tunc gloria vestra erit gloria Dei.Qui videbunt saeculum hoc exiens et alterum ìncìpUns, ipsi dicent de vobis: A Domino factum est istud, et est mirabile in oculis nostris. Tunc omnes fratres vestri et filii vestri una voce cantabunt: Non nobis. Domine, non nobis, sed nomini tuo da gloriam.

Servi e strumenti di Dio onnipotente, ascoltate e tenete bene in mente. Fatevi animo e siate forti. Quanto avete veduto ed udito è avvertimento celeste che ora è fatto a voi e ai vostri fratelli: state attenti e comprendete le mie parole. I dardi preveduti feriscono meno e si possono prevenire. Tutte le sentenze segnate, siano argomento di predicazione. Predicate sempre, a tempo opportuno e anche non opportuno, ma mettete in pratica con perseveranza quello che dite, onde le vostre opere siano luce che si trasmetta qual sicura tradizione ai vostri fratelli e figliuoli, di generazione in generazione. Ascoltate e tenete bene in niente: Siate oculati nell´accettazione dei novizi: forti nel formarli: prudenti nell’ammetterli. Provate tatti, ma tenete solo i buoni. I leggeri e gli incostanti rimandate. Ascoltate e tenete bene in mente: La vostra meditazione del mattino e della sera versi sempre sopra l´osservanza delle Costituzioni. Cosi tacendo non vi mancherà mai l´aiuto dell´Onnipotente. Diverrete spettacolo al mondo e agli angeli, ed allora la vostra gloria sarà la gloria di Dio. Coloro che vedranno il« tramonto di questo secolo e il principio dell´altro, diranno di voi: Dai Signore è stato fatto questo ed è cosa meravigliosa ai nostri occhi. Allora tutti i vostri fratelli e figliuoli canteranno all´unisono: Non a noi, o Signore, non a noi, ma al tuo nome da´ gloria!

Queste ultime parole furono cantate, ed alla voce di chi parlava s´unì una moltitudine di altre voci così armoniose, sonore, che noi rimanemmo privi di sensi e per non cadere svenuti, ci siamo uniti agli altri a cantare. Al momento che finì il canto si oscurò la luce. Allora mi svegliai e mi accorsi che si faceva giorno.

Promemoria. - Questo sogno durò quasi l´intera notte, e sul mattino mi trovai stremato di forze. Tuttavia pel timore di dimenticarmene, mi sono levato in fretta e pigliai alcuni appunti, che mi servirono come di richiamo a ricordare quanto qui ho esposto nel giorno della Presentazione di Maria SS. al tempio. Non mi fu possibile ricordare tutto. Tra le molte cose ho potuto con sicurezza rilevare che il Signore ci usa grande misericordia. La nostra società è benedetta dal cielo; ma egli vuole che noi prestiamo l´opera nostra. I mali minacciati saranno prevenuti, se noi predicheremo sopra le virtù e sopra i vizi ivi notati, se ciò che predicheremo lo praticheremo e lo tramanderemo ai nostri fratelli con una tradizione pratica di quanto si è fatto e faremo. Ho potuto ancora rilevare che ci sono imminenti molte spine, molte fatiche cui terranno dietro grandi consolazioni. - Circa il 1890 gran timore; circa il 1895 gran trionfo. Maria, Auxilium Christianorum, ora pro nobis.

 
CAPO XXI DELLA DISONESTA’

 È impedimento alla vocazione.

La sensualità è un appetito, ossia un desiderio disordinato dei piaceri del senso. È quindi una passione della corrotta natura, la quale, qualora non sia del continuo raffrenata ed affatto mortificata e vinta, induce la persona al peccato gravissimo della disonestà. Perciò non solo impedisce il conseguimento della perfezione, ma altresì della eterna salute. È poi l´assoluta rovina della vocazione per chi vuole abbracciare lo stato ecclesiastico; e specialmente sarebbe rovina per noi che abbiamo da trattare con la gioventù . Perciò Don Bosco nella prefazione delle regole ci dice chiaro: « Non entrate in congregazione, se non dopo esservi consigliati con persona prudente, che vi giudichi tali da poter conservare questa virtù . E nelle Regole all´art. 35 del capo che tratta del voto di castità vi fece mettere queste precise parole: « Chi non ha fondata speranza di poter conservare, col divino aiuto, la virtù della castità, nelle parole, nelle opere, nei pensieri, non professi in questa Società; perchè sovente si troverebbe in pericolo >.

 È tra i peccati più brutti.

È uno dei peccati più brutti. - Iddio creando l´uomo l´ha composto di due sostanze, l´anima e il corpo, io spirito e la carne. Per legge poi d´ordine e di natura ha reso la carne sottomessa allo spirito, il corpo sottomesso all´anima. In tale giusta sottomissione ed armonia di due sostanze sì disparate e fra loro opposte, sta tutta la naturai bontà, perfezione e bellezza dell´uomo. Ma quanto più del corpo è incomparabilmente nobile, eccellente, preziosa l´anima! Essa, come spirituale, è per se stessa incorruttibile ed immortale. L´anima poi, anche nello stesso ordine della natura, per le sue tre potenze e facoltà, memoria, intelletto e volontà, è un´immagine di Dio medesimo Uno e Trino. L´anima inoltre per la grazia santificante, in lei diffusa, divien tempio vivo del Dio vivente: poichè Iddio, in modo tutto superiore alla naturale dignità e capacità dell´uomo, in lei tiene sua dimora. Iddio allora, per mezzo della grazia, comunica e partecipa all´anima, per somiglianza, la sua stessa divina natura, illuminandola, ravvivandola, santificandola, trasformandola tutta nel suo essere divino. Onde l´anima vive della vita di Dio, cioè della vita soprannaturale e divina; per cui nell´ordine soprannaturale è vera figlia di Dio; vera immagine ed espressione di Dio; giusta e santa e bella della stessa giustizia e santità e bellezza di Dio. L´anima quindi per nobiltà ed eccellenza è simile agli angeli; onde di lei cantava il reale Profeta: Tu, o Signore, la rendesti di poco inferiore agli angeli; tu la coronasti di gloria ed onore [83]. Che cosa poi è il corpo in confronto di tanta eccellenza e nobiltà tutta divina dell´anima? Esso è tanto vile e spregevole quanto è il fango limaccioso della terra, di cui è formato. Ora, che fa il disonesto? Il misero col soddisfare disordinatamente all´immonda passione, rende l´anima sua serva e schiava della carne, cioè di materia sì sordida e vile. In tal guisa distrugge in se stesso l´ordine naturale e l´armonia giustissima di soggezione della materia allo spirito, posta in lui da Dio nel crearlo.

Quindi induce in sè una deformità tanto più enorme, una bruttezza tanto più orribile, quanto più il corpo vilissimo e spregevole è inferiore allo spirito nobilissimo e preziosissimo. Insomma l´uomo, con questo peccato, dall´ordine altissimo di creatura ragionevole, spirituale, santa e soprannaturale, cioè simili´ agli spiriti del cielo, decade e precipita fino all´infimo abisso delle immonde e stupide bestie! Lo dichiara lo Spirito Santo, che parlando di questo vizio dice: « L´uomo sollevato a grande onore non ha conosciuto la sua nobiltà; si è paragonato ai giumenti senza ragione, ed è divenuto simile ad essi [84]» .

Or dunque non sarà bruttissimo, abbominevole un peccato che dell´uomo simile agli angeli, ne fa un essere simile alle bestie?

È uno dei peccati più gravi.

Ma è anche un peccato tra i più enormi. E ciò , in primo luogo, perchè cagiona nell´uomo un gravissimo disordine col sottomettere l´anima al corpo, come testè si è detto. Secondariamente perchè la disonestà non è mai per se stessa peccato veniale, quando vi ha piena avvertenza e perfetto consenso. Essa non ammette parvità di materia. Perciò Dio punì sempre i disonesti con gravissimi castighi, coi quali non fu mai solito percuotere i colpevoli d´altri peccati. Perchè mandà il diluvio a sommergere il genere umano? Perchè distrusse le città della Pentapoli con pioggia di fuoco? Solo per punire negli uomini la maledetta disonestà! Perchè mandà egli e manda tuttora le più grandi calamità ed i più grandi castighi? Perchè tante malattie e morti premature e consunte? Più che tutto per castigo dell´impurità.

 È uno dei più dannosi.

I danni poi che arreca la disonestà, sono incalcolabili. Poichè tal peccato più degli altri acceca la mente, perverte la volontà, indura il cuore. Difatti presto, in brevissimo tempo, e nella età più verde, l´immonda passione, coll´esser soddisfatta, ancorchè solo per qualche volta, si trasmuta in abitudine tenace ed ostinata. Ed allora la mente di un giovane sciagurato, che si è assuefatto a disoneste laidezze, diventa sì cieca e stolta, che reputa la disonestà come un male da nulla, nè più ne sente orrore e rimorso alcuno. La sua volontà poi, per il mal abito formatosi e cresciuto, diviene sì perversa e malvagia, sì attaccata al sozzo peccato, quindi sì disposta e pronta ad ogni eccesso, che, anche conoscendo il pericolo in cui è di dannarsi, niun conto ne fa, e vi passa sopra con leggerezza. Che dirò poi del suo cuore? Diventa un cuore duro a somiglianza del macigno, un cuore freddo e di ghiaccio. Niuna cosa più lo commuove o compunge, neppure le verità più terribili come la morte, l´inferno, i castighi divini, e neppure i misteri più commoventi della passione del Divin Redentore. E che dirà delle confessioni di questo povero disgraziato? Son fatte il più delle volte o per rispetto umano o per abitudine, spesso sono invalide, fors´anche sacrileghe. Difficilmente in lui è sincero il dolore, fermo e risoluto il proposito, intera l´accusa, giacchè la vergogna gli chiude le labbra, gli rende muta la lingua. O almeno non ne ricava frutto alcuno di vera emendazione. Anzi alle volte la stessa confessione gli serve quasi d´incitamento al peccato, dicendo egli tra sè: faccio questo peccato e poi me ne confesserà . E fattone uno ne commette un altro, e poi un altro ancora, ed anche purtroppo moltissimi, ognor ripetendo, tanto è confessarne uno quanto dieci, quanto venti. Per tal guisa la vita di certi giovani è una catena continua di scelleratezze. Essi passano, i miseri, colla massima facilità dal peccato alla confessione, dalla confessione al peccato. La disonestà oscura la fede, indurisce la coscienza, e conduce l´anima all´incredulità, all´empietà, all´apostasia.

Il peccato impuro in un religioso.

In un religioso poi l´impurità è una nefandità appena concepibile. Un angelo che si ravvolta nel brago, un principe della corte divina che discende al livello degli animali immondi! Tu sai la dolorosa sorte del Figliuol prodigo, ridotto a disputare il cibo agli animali immondi: ecco la sorte di chi pecca vergognosamente. E pensa alle disastrose conseguenze che ne derivano! La rovina della vocazione e quindi il tradimento d´una sacra e solenne promessa, il disonore di se stesso, e sovente anche della comunità e della stessa congregazione; lo scandalo e la rovina di tante anime: ecco il triste appannaggio d´una fatale caduta! Oh quante volte così ai superiori tremano il cuore e la coscienza nei riguardi di qualche incauto e leggerino! Trema anche tu, o mio caro, e non crederti mai sicuro, che la storia insegna e spaventa. Lucifero peccò in cielo, Adamo nel paradiso terrestre. Puoi cadere anche fu. Le lagrime di poi cancellerebbero la colpa, ma non tutte le sue conseguenze. Piangi di spavento, piuttosto che di rimorso.

Mezzi di preservazione.

Non debbo immaginare che tu, mio povero figliuolo, abbia bisogno di correggerti di vizio così nefando. Se avessi qualche disgrazia di questo genere confessati subito e bene, confidati col tuo maestro, il quale ti suggerirà le risoluzioni e decisioni estreme da prendere. Posso invece supporre che tu senta gli stimoli della concupiscenza, come un´assillante minaccia alla tua virtù e vocazione. Non scoraggiarti. Sii pronto a ribattere la tentazione, come se una bragia ti cadesse sulle carni e sulla veste più bella. Sta´ forte e ripeti coi Maccabei : Potius mori quarti foedari, piuttosto morire che peccare. Prega fervorosamente, accostati tutti i giorni alla santa comunione con divozione ed amore. Custodisci i tuoi sensi esterni ed interni, mortifica il cuore e sta´ umile, umile, umile. Mantienti allegro, ed occupato sempre: sii anche molto intransigente su tutto ciò che può anche solo offuscare il tuo candore. Una macchia anche piccola, disdice molto in una veste preziosa e candida! Fuggi qualsiasi occasione anche lontanamente pericolosa, a meno che non ti ci metta l´obbedienza; ed anche allora prendi tutte le precauzioni necessarie, e prega molto per uno speciale aiuto del Signore. Abbi frequente e profondo il ricordo delle verità eterne, specialmente della morte e dell´inferno. Sii devoto della Madonna, dell´Angelo Custode e del nostro Santo Fondatore. Ma soprattutto abbi molta apertura di coscienza eoi maestro e col confessore, e sii loro ubbidiente. Altre cose ti dirà in seguito parlando della purezza. Per ora finisco con un detto di Gesù , che estendo al caso nostro: niente di contaminato può entrare nel regno dei cieli. Regno dei cieli in terra, regno di grazia e di santità è la nostra cara congregazione; essa non vuole e non sopporta nulla dì macchiato. Per amor di Dio e di Don. Bosco, per la salvezza della tua anima: ritirati quanto prima, se non ti sentissi abbastanza sicuro sulla bella virtù . E non sperare solo da Dio, ma esigi da te e dal tuo passato una salvaguardia per l´avvenire.

 
Capo XXII DELLA MORTIFICAZIONE

 In che consiste la mortificazione.

La mortificazione consiste in un´abitudine, ottenuta con la grazia di Dio e coll´esercizio, di raffrenare e regolare con facilità e prontezza tutti i movimenti e trasporti delle passioni. E più in breve: è un´abitudine di far sempre gli atti contrari alle nostre passioni ed inclinazioni. In ciò che riguarda le passioni essa è di stretto obbligo; invece è solo di consiglio nei riguardi delle inclinazioni.

Le passioni disordinate.

Iddio aveva creato Adamo ed Eva nell´ordine e nella felicità. Tutto in essi tendeva al bene. Ma, commesso il peccato, tutto in loro fu disordine e ribellione. La carne fu contro lo spirito, e lo spirito contro Dio. E questa triste conseguenza della colpa originale si comunicò a tutto il genere umano. Così tutti ne risentono i morsi e la vergogna, fatta solo eccezione di Gesù e della sua Madre Immacolata. Le forze e le tendenze ribelli si dicono passioni.. Esse sono certe tendenze disordinate, le quali spingono ad amare, a volere, a procurarsi soddisfazioni proibite dalla legge di Dio. Niuno ne è esente; ma alcuni ne hanno di più , altri di meno, secondo le costituzioni fisiche, la prima educazione, l´età e le circostanze. In alcuni esse si sviluppano più presto, in altri più tardi; in alcuni sono più violente, in altri meno. Molte volte stanno anche in noi in uno stato latente, e come sotto la cenere; ma vi sono, e possono sorgere quasi inaspettatamente, al sopravvenire di qualche occasione o circostanza. Col crescere dell´età, col trovarsi con persone non ancor vedute, coll´imparar cose prima ignorate, le passioni facilmente divengono gagliarde, e danno fortissime battaglie. E se allora non si sarà ben rivestiti di fortezza, di virtù , che accadrà? Si resterà loro preda, e si sarà trascinati nell´abisso del peccato. Di più : in ciascuno v´è sempre qualche passione più forte, più ardente, più violenta delle altre tutte. Questa dicesì la passione dominante, perchè vince le altre in forza, più delle altre e più spesso si fa sentire, e con maggior facilità trae la persona ad assecondarla. Essa qualifica il temperamento individuale ossia l´indole della persona. Qualora le passioni in generale e specialmente la dominante, non siano dalla volontà ben raffrenate e tenute in piena soggezione, infallibilmente inducono l´anima a molti e gravi peccati. Non solo le impediscono di tendere alla perfezione richiesta dallo stato religioso, ma anche la precipitano nell´eterna dannazione. Di qui la grande necessità ed il grande obbligo di prendere i mezzi necessari affinchè le passioni non abbiano mai a dominare. Ora il mezzo per tenere bene raffrenate e soggette le passioni è la virtù della mortificazione.

Anche in te sono le passioni.

Orbene: anche tu sei prole del primo padre peccatore; hai quindi in te stesso i germi delle passioni della corrotta natura. Dunque hai la necessità di possedere ben radicata nel cuore la virtù della mortificazione, affine di resistere sempre con atti contrari alle tue passioni, per frenarle, per vincerle, per domarle affatto. Altrimenti cadrai per lo meno in peccati veniali senza numero, nè mai di un sol passo t´inoltreresti nella via della perfezione. Che se le tue passioni fossero ardenti ed impetuose, peggio poi se ti trovassi esposto a qualche occasione seducente e pericolosa, non potresti a meno, senza grande mortificazione, di cadere in peccati molto gravi, e quindi in pericolo della dannazione eterna.

Necessità della mortificazione delle passioni.

Perciò più volte il Divin Maestro inculca la necessità di questa virtù : « Chi vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua [85]» . « Chi non prende la sua croce e mi segue, non è degno di me [86]» . E San Paolo scrive ai Galati: Quelli che sono di Cristo devono crocifiggere la loro carne coi suoi vizi e colle sue concupiscenze [87] . E l´Apostolo vuole inoltre che la nostra mortificazione sia continua, perchè scrive ai Corinti che noi dobbiamo portare sempre, per ogni dove, nel nostro corpo, la mortificazione di Gesù Cristo [88].

Come si acquista questa mortificazione.

Come si acquista questa mortificazione? Primieramente si acquista con la grazia di Dio, che l´infonde nell´anima e da cui viene: perciò bisogna pregare per ottenerla. E secondariamente si acquista poi col lungo esercizio della medesima. Questa mortificazione va esercitata nei modi seguenti:

1°Prevenire i movimenti delle passioni.

Bisogna procurare che le passioni non si destino; e Perciò si devono evitare tutte quelle occasioni che possono suscitarle nel cuor nostro. Tu Perciò devi evitare la compagnia o la visita di certe persone, la lettura di libri leggeri e fantastici o comechessia per te pericolosi, l´eccesso del mangiare e del bere, il troppo dormire od oziare, l´udir canti o suoni profani, ecc.

2°Mortificare le passioni nel loro principio.

Appena le passioni cominciano a destarsi ed a farsi sentire urge un pronto ed energico intervento; poichè allora, essendo ancora deboli e fiacche, è facile raffrenarle e tenerle soggette. Al contrario molto difficile sarà il vincerle e l´assoggettarle quando avranno già posto profonde radici nel cuore, e da gran tempo avranno dominio sulla volontà. Bisogna capir bene, che quando la volontà da tempo non ha fatto resistenza alcuna alle passioni, ma le ha assecondate ordinariamente, allora neJla persona si è formato l´abito, ossia l´abitudine di consentirvi. Ora l´abito cattivo, che è come una seconda natura, domina la volontà, la tiranneggia, e la trascina fieramente al peccato. Ed il peggio è , che quando una persona è rimasta schiava di qualche abito perverso, la misera, anche vedendo e conoscendo ii suo stato infelice, non sa liberarsene. Ella stessa odia e detesta la passione e il mal abito, da cui è signoreggiata; vorrebbe rompere le ree catene, uscirne libera una volta, trionfare del peccato e convertirsi a Dio. Ma sì fortemente si sente incatenata ed oppressa, che in sè non più trova coraggio a resistere, non più forza a combattere. Onde, non ostante il suo debole volere, in forza del mal abito, finisce sempre col non volere mai efficacemente; e così sempre consente alla passione che l´ha resa schiava. Di qui comprenderai quanto importi il non contrarre abitudini cattive, e Perciò quanto importi di mortificare le passioni nei loro principii.

3°Mortificare le passioni in tutte le cose anche piccole.

Bisogna negar alle passioni ogni benchè minima soddisfazione. Perchè colui, che non mortificando le passioni nelle piccole cose, va concedendo loro qualche soddisfazione, acquista l´abito del consentirvi e soddisfarle. Questo abito poi, sebbene versi per ora su cose piccole, lo indurrà poco a poco a non mortificarsi più nemmeno nelle cose più grandi, e così a concedersi soddisfazioni gravemente peccaminose. È da rammentare spesso il detto dello Spirito Santo: Chi trascura le cose piccole a poco a poco cadrà nelle grandi.

4°Mortificare le passioni del continuo e sempre.

Le passioni, benchè per la continua repressione perdano molto di forza e di ardore, pure non muoiono mai. Lo dice San Bernardo: e Tagliate, ripullulano un´altra volta; cacciate, ritornano ! smorzate, si riaccendono di nuovo, e assopite, di nuovo si destano » . Anzi, benchè un´anima sia già salita ad alto grado di santità, pure dentro se stessa ha sempre le passioni. Perciò nessuno mai deve astenersi dal praticare del continuo la più severa mortificazione. Il nostro cuore è un orto, in cui sempre nascono erbe malvage e nocive. Bisogna quindi tener sempre tra mano il raschio della mortificazione. Qualora per accidia taluno diventasse rimesso e trascurato nella pratica di sì importante virtù , le passioni già in lui addormentate, di nuovo si desterebbero; e, riaccendendosi, gli darebbero fierissimi assalti e potrebbero anche I e - 293 - trascinarlo a peccato grave. Dice San Gregorio: « Se trovasi uno in mezzo ad impetuosa corrente d´acqua e non si sforza lavorando di braccia e di piedi per andare all´insù , ma invece si quieta e vuol riposarsi, qual cosa gli avviene? Che la corrente delle acque lo travolge nelle onde, lo spinge all´ingiù e lo annega. Così è dell´anima che si stanca di combattere contro le passioni: ella dalla violenza di queste viene travolta nell´abisso del peccato » . Così ben dunque si può chiudere con San Vincenzo De´ Paoli, il quale dice: « Se uno, avendo già un piede in paradiso, venisse a stancarsi in questo esercizio, in quel tempo che ci vorrebbe per mettervi l’altro piede, sarebbe in pericolo di perdersi » . È suggerimento sapiente di San Francesco di Sales, che per certe passioni è meglio cambiare oggetto. Così egli fece dell´amore, ponendo Dio al posto delle creature e di se stesso. Intenditi anche su ciò col tuo maestro.

Della passione dominante.

Mettiti specialmente a combattere la passione dominante. Naturalmente bisogna prima conoscerla, il che è molto difficile, avendo essa più di tutte l´astuzia caratteristica di nascondersi. Si camuffa spesso di zelo, di giustizia, di pietà, e perfino di carità. Per scoprirla esaminati accuratamente sulle tentazioni e tendenze più ordinarie, sulle mancanze più frequenti. Esaminati anche sui movimenti istintivi di gioia o di tristezza, e studiane le cause remote. Chiedine al confessore, al maestro ed anche a qualche buon compagno fidato, soprattutto prega il Signore che t´illumini. Scopertala devi combatterla strenuamente e tenacemente. Prendila per parti, o nelle sue diverse propaggini; insisti e prega: vincerai! Spezza, anima generosa, le tue catene, e fin da questa vita ti sorriderà la pace. Però , caso mai, la tua sia sempre una pace armata. Riposa coll´arma al piede, e non dormire. Questa passione tra tutte è la più astuta e traditrice. All´erta! Se pertanto sei risoluto di perseverare nel bene e più ancora se vuoi incamminarti nella perfezione, sii sempre vigilante ed attento sopra te stesso, per praticare una severa e continua mortificazione delle tue passioni.

5°Mortificazione delle inclinazioni.

La mortificazione delle passioni è comandata da Dio, e necessaria alla salute eterna. Ma chi tende alla perfezione conviene che proceda oltre, e mortifichi anche le inclinazioni naturali. Queste non c´inducono per sè a peccati gravi, ma ci arrestano al proprio compiacimento, e ci distolgono da Dio e dal suo gusto. Sebbene spesso Dio non ci proibisca tali oneste soddisfazioni, pure egli desidera che noi ce ne priviamo, e che anche in queste cose lecite rinneghiamo ciò che piace a noi, per fare sempre ciò che maggiormente piace a lui. Perciò sebbene non ne faccia un comando, ne dà però un consiglio e dice per esempio: Se vuoi essere perfetto, va´, vendi ciò che hai, dallo ai poveri, vieni e seguimi. Anche San Paolo a nome del Signore, confrontando lo stato verginale al matrimoniale, dice che il verginale è più perfetto, e Perciò ne dà consiglio ai fedeli: Consilium autem do. Così per il completo rinnegamento della propria volontà il Signore ne dà consiglio, dicendo chiaro che chi vuoi seguirlo più da vicino la rinneghi. Per il conseguimento pertanto della perfezione è assolutamente necessario questo secondo grado di mortificazione. Anzi nel seguire i consigli evangelici è posta l´essenza dello stato religioso. Tu pertanto ti devi animare a mortificarti non solo nelle cose necessarie, ma anche nelle cose di supererogazione. Non arrestarti alle mortificazioni del tutto necessarie, ma procedi innanzi e pratica anche quelle di consiglio. Mortifica quindi le inclinazioni tue naturali, specialmente i desideri della volontà, privandoti di quelle cose e soddisfazioni, pure oneste, ma non necessarie. In tal modo maggiormente conformerai la tua volontà a quella di Dio: acquisterai l´abito della mortificazione, per cui, schivando prontamente e facilmente innumerevoli difetti, e praticando moltissimi atti- di virtù , farai grandi progressi nella via della perfezione. Onde l´Imitazione di Cristo esce in questa grande ed; universale sentenza: Quanto più ci faremo forza nel mortificarci, tanto più andremo avanti nella perfezione [89]. Chiunque viene per farsi religioso deve essere guidato dal santo fine di seguire le tracce di Gesù Cristo. Perciò deve anche prefiggersi il pensiero di bandire da sè ogni sentimento di delicatezza, e rivestirsi dello spirito del Divin Maestro. Se oltre l´avere, il Divin Redentore, inculcato sì grandemente nel Vangelo ai suoi seguaci di addossarsi la croce della penitenza [90], ha portato anch´egli per nostro esempio la stessa croce per lo´ spazio di trentatrè anni, vale a dire per tutto il corso della sua vita, accompagnata sempre da patimenti, da povertà, da stenti, da fatiche, da privazioni d´ogni genere; ognuno ben vede, che nessun´altra virtù è così conveniente ad un religioso, specialmente a noi, quanto lo spirito di sacrifizio e di mortificazione e di penitenza, ed è obbligato per professione a praticarla finchè vivrà in questo mondo. Ma specialmente noi salesiani, non possiamo farne a meno. Ed infatti abbiamo per istituto nostro una vita tutta attività, e dobbiamo continuamente trovarci coi giovani. Nello stesso tempo dobbiamo praticare una povertà perfetta, una rigida modestia ed una pazienza eroica. Guai se si cercasse da noi la minima delicatezza, o se venissimo a trovare grave il metodo di vivere povero e disagiato! Inoltre la vita comune, se ci è fonte di ogni bene per l´anima, è pure occasione di mille e mille rinnegamenti. Anche la mortificazione del cuore deve essere nostra compagna ìndivisibile; poichè dobbiamo amare tutti ugual mente ed assolutamente non attaccare il cuore più ad uno che ad un altro. La vita comune potrebbe anche essere per te una speciale mortificazione, qualora per caso tu prima di venire in congregazione fossi stato fornito di ogni comodo, abituato a cibi gustosi, avvezzo a dormire su morbido letto, e riposare le lunghe ore, provveduto insomma di tutto ciò che poteva tenere contenta l´umana delicatezza. Se fosse così, devi fin dai primi mesi dimenticare tutto; se no disgraziato te, sfortunata la nostra Pia Società che ti diede ricetto. Non lusingarti: devi abituarti a letto duro, a cella angusta, disadorna e povera; a cibi ordinari e grossolani, e molte volte confezionati da cuochi inesperti. Pensa pure che alle volte non potrai cibarti nè a genio del palato, nè a misura della fame. E questi disagi bisogna tollerarli con sottomissione, con umiltà, con pazienza, come deve appunto tollerarli uno che fa professione di penitenza, senza lagnanze, senza risentimenti. Anzi devi studiarti a tutto potere per mostrarti tanto più allegro e contento quanto più avrai da soffrire; seguendo in questo l´esempio degli apostoli, che andavano festanti quanto più avevano occasione di patire per amore del Signore [91].

Non far come gli ebrei.

Mentre gli israeliti stavano nella schiavitù di Egitto si contentavano di tutto, e non si legge che uscisse dalle loro labbra neppure un lamento. Stavano rassegnati a quella schiavitù , lavorando indefessamente dal mattino alla sera, ora colla vanga alla mano scavando la terra per far mattoni, ora in adunare paglie per le fornaci. Un poco di cipolla, un poco di pane asciutto, una meschinissima polenta era per essi cibo delicatissimo, perchè condito colla fatica, coi sudori, e colla fame. Anche quando dovettero partire dal paese si mostrarono contenti e lieti, benchè dovessero tutti viaggiare a piedi, carichi sulle spalle del loro bagaglio. Invece, appena usciti dal Mar Rosso e liberati dalla schiavitù benchè guidati dal Signore, benchè nutriti colla manna, posta in dimenticanza la loro passata meschinissima condizione di schiavi, divennero delicati, schifiltosi, nauseati persino della manna, e incominciarono a riempire l´aria di clamori domandando cibi più squisiti, carni più saporite. Anche tu, figliuolo mio, venendo alla religione, sei uscito da un Egitto sventurato o per stenti fisici o per mancanze morali. Deh! Non fare come quei cattivi ebrei, dei quali nessuno entrò nella terra promessa! Tu ci vuoi entrare nella vera terra promessa, cioè in paradiso! Ebbene fa´ tutto il contrario di quel che fecero gli ebrei. Lavora più in Congregazione di quel che non fanno i mondani nel mondo. Sii sempre contento dei cibi, fossero pure più ordinari di quelli di cui si contentano i poveri contadini, ed ama gli stenti ed i sacrifici, facendone più di quanti ne fanno i poveri operai. Così sarai vero religioso; altrimenti ne avrai solo il nome e non la sostanza. Come vuoi che Iddio resti contento di te se da una condizione meschina, stentata e povera che avevi prima, vieni in uno stato di perfezione, di mortificazione e di penitenza cercando lenitivi e delicatezze? È questo un assoluto controsenso. Quel voltar continuamente lo sguardo all´antico Egitto, quel desiderarne ancora gli agli e le cipolle, ti fa troppo torto; come fa troppo torto a Gesù , che per infinita sua  misericordia ti chiamò a sè, abbondando teco di grandi grazie.

Mentre eri ancora secolare soffrivi in pace la mancanza di molte cose, obbligato per così dire a una penitenza forzata. E perchè poi da religioso ricuserai di fare la mortificazione cui volontariamente ti assoggettasti, mormorando se i cibi non sono saporiti, se sono scarse le vivande, se il pane non è ben cotto, se il vino è adacquato, se non hai tutto il bisognevole, se la camera non è in posizione favorevole, se i mobili son logori e poveri? Gran che, dice San Girolamo di se stesso, quando io ero secolare, sebbene nato in una capanna, allevato tra le angustie di una vita stentata, a mitigare gli stimoli della fame mi nutrivo di puro pane di miglio, ed anche in scarsa misura; ed ora che sono religioso son divenuto così delicato, che mi rincresce di cibarmi di solo pane, sebbene fatto di fior di farina, e perfino il miele mi pare disgustoso » [92]. E non è per verità una grande vergogna vedere un religioso fare il delicato? La povertà spaventa, il provarne gli effetti inasprisce, e il gran lavoro si fugge; i cibi scarsi o mal conditi indispettiscono e fanno diventare melanconici. E che cosa è questo? Grida atterrito San Bernardo: Quid est hoc? Che novità? Che stravaganza? Avete tanto saura che tutto pregiudichi la vostra complessione! Ma voi non dovete guardare la vostra complessione; dovete attendere a ciò , cui tì obbliga la professione, che vi astringe ad ‚una vita mortificata. Resta adunque, figliuolo mio, ben persuaso, che alla religione ci si viene non per godere, ma per patire; non per menare una vita comoda, ma solo per riparare colla penitenza i trascorsi della vita passata. Il Signore, vedendo la tua buona volontà, ti aiuti a fare del bene ed a salvare delle anime. - Che se poi il tuo Egitto del secolo fosse stato florido, abbondante, delizioso, e tu avessi fatto un sacrificio coll´abbandonare tutto, perchè ora ti tiri indietro e non ti mostri generoso col Signore? Coraggio! Il più è fatto: si tratta solo più di perseverare. Lo sapevi bene che venendo in una congregazione religiosa dovevi rinnegare te stesso! Ora che sei qui non volere rimanere indietro per le difficoltà che trovi. Sappi che Iddio ti aiuterà, e quello che è amaro, colla grazia del Signore diventerà dolce, e quel che è pesante ti tornerà gradevole.

Pensa che se tu per viltà abbandoni il Signore, egli abbandonerà te. Quando, stando ancora in collegio, o a casa tua, ti sei deciso di farti religioso, non ti sgomentarono gli incomodi, nè ti sbigottirono le croci prevedute sella religione. Tutto allora ti sembrava facile, e amavi persino i rigori stessi d´una vita austerissima. E quindi se poco a poco sei venuto annoiandoti della tua intrapresa, è segno che si è spento in te il fervore di prima. Cerca di riacquistarlo e sarai felice.

Grande errore da evitare.

Di un solo scoglio ho ancora bisogno di avvisarti, affinchè lo eviti ora che sei a tempo. Non credere che le mortificazioni o la vita mortificata si restringa al solo tempo del noviziato! Toglitelo pur di mente, se lo avessi creduto fin ora; perchè sarebbe un inganno, e inganno grande, e d´un effetto perniciosissimo. Questo sistema di vita mortificata che ti tiene ora, questa esattezza, questo timore di mancare anche nelle piccole cose, questo continuo rinnegamento di te stesso, sei obbligato a conservarlo anche dopo che avrai professato, e costantemente e sempre senza interruzione, cioè finchè sarai religioso, finchè sarai figlio di Don Bosco e di nostra Pia Società. Anzi devi badare a crescere ancora, e crescere sempre. So che potresti addurmi l´esempio di alcuni confratelli che, deposto ogni uso delle antiche osservanze, vivono senza tanti riguardi, e senza sforzi per ciò che spetta l´osservanza delle regole! Ma che credi tu di poter inferire da tutto questo? Credi che questo argomento valga qualche cosa per animare te a fare altrettanto? Oh no! Poichè io ti rispondo, in primo luogo, che questi rilassati la sbagliano grandemente, e anche tu la sbaglieresti se sul loro esempio rallentassi la esatta osservanza del noviziato. E poi? Vuoi tu essere di coloro che disonorano il nome di Don Bosco, di coloro che disonorano la croce che abbracciarono, disonorano Gesù che li chiamò a servirlo da vicino? Mi pare si possano benissimo applicare ai religiosi tiepidi quelle parole di Isaia, con cui il Signore si lamenta: Che dovevo fare di più per la mia vigna che non l´abbia fatto? Perchè allora mentre mi aspettavo uve mi produsse frutti selvatici? [93].

Costoro, figliuol mio, per le loro delicatezze sono fuori di strada; sono cioè fuori della strada del paradiso, perchè fuori della via a loro tracciata dal Signore. E se godono un paradiso in questo mondo, questa sarà tutta la loro mercede. Bada bene, se ti sta a cuore la mercede eterna, a non camminare anche tu sul loro esempio, fuori della vera strada e incamminarti con essi a quella della perdizione! Ritienilo ben a memoria ora e sempre, che la via del paradiso è scabrosa, stretta, la porta bassa; e solo chi sa farsi violenza entrerà in quel beato regno [94].

I tuoi esemplari

Specchiati piuttosto in tanti buoni confratelli che per grazia del sommo Iddio vi sono e in buon numero, in ciascuna casa nostra. Questi li vedrai poveri, mortificati, osservantissimi, quali furono fin dai primi giorni della loro entrata in religione. Se guardi il loro modo di vestire, tu li vedrai fuggire ogni singolarità, ogni ricercatezza, ed esser contenti di tutto. Se guardi i loro piedi li vedrai portare le scarpe più ordinarie, senza ricercatezza di sorta. Se li guardi in capo li troverai regolarmente coi capelli corti, non azzimati, senza ciuffo. Se li incontri nei viaggi li troverai a piedi ogni volta che si può e nelle terze classi, quando per qualche circostanza necessaria per servirsi dei « diretti > non avessero una assoluta necessità di andare nelle seconde. Se entri nelle loro camere troverai bensì pulizia ed ordine, ma non vi scorgerai altro che vestigia di povertà. Se li osservi in refettorio li vedrai contentarsi del vitto comune e nulla più desiderare. In chiesa li vedrai i primi e ben composti; nelle assistenze sempre puntualissimi, alle meditazioni immancabili, e in tutta l´osservanza delle regole osservantissimi. Questi sono quelli che devi imitare; questi siano gli esemplari a norma dei quali hai da comporre gli andamenti del tuo vivere! E in costoro medesimi devi proporti d´imitare sempre gli atti più edificanti, le virtù più scelte. Ti sembrerà alquanto penoso lo stare sempre sopra di te, per fare il bene e per imitare gli esempi più perfetti, ma coll´aiuto del Signore e colla fermezza della tua volontà e tenacità di propositi, vedrai per esperienza che ti sarà facile nell´esecuzione. E poi bisogna che sappia farti coraggio, non badare a quanto si ha da patire adesso, ma confortati al pensiero di quel godimento eterno che succederà ad una vita stentata e penitente. Mentre invece devi prender forza dal considerare l´eterno patire, che immancabilmente verrebbe dietro ad un vivere delicato e molle.

Ricordare il premio ed il castigo.

La grand´anima di San Pietro d´Alcantara, allorchè dopo morte venne dagli angioli trasportata in Paradiso, andava lietamente esclamando: O felice penitenza che mi merità tanta gloria [95]. Il nostro Don Beltrami, che era tanto mortificato, in mezzo ai suoi immensi patimenti domandava sempre più di patire; e godeva grandemente quando l´osservanza delle regole, o la custodia della castità, o l´osservanza perfetta della povertà, gli davano occasione di grandi patimenti. Ma ora, quanto ne godrà in paradiso! A questa gloria, che è il premio della penitenza, siano rivolti i tuoi pensieri qualunque volta l´immortificazione volesse farti scuotere in qualche parte il giogo di quelle osservanze che portano seco un po´ d´incomodi. E a quell´eterno patire, che è il castigo della delicatezza, si fissino le tue riflessioni, qualora l´amor proprio tentasse trarti ad accarezzare con indoverose libertà il tuo corpo, ovvero il cuore ti portasse agli affetti sensuali verso qualcuno, o la superbia ti rendesse insopportabile lo stare soggetto a qualche superiore, o l´irascibilità ti portasse ad impeti di sdegno od a voglie di vendetta, o l´invidia tentasse di farti prendere in uggia qualche compagno e ti spingesse a perseguitarlo; qualora l´accidia ti facesse trascurare i doveri che ti si imponessero di assistente, di scuole ed uffizi difficili da disimpegnare, o quando il tuo egoismo ti spingesse a non voler accettare qualche carica, cambiare qualche occupazione, andare in qualche casa che non ti piace, ecc. E quando la tua delicatezza provasse di farti stancare nella via della mortificazione intrapresa, rispondi coraggioso: e perchè ho io a privarmi di questo merito, che diminuirebbe di molto gli splendori della mia eterna corona? Quanto più devo faticare tanto più u grande sarà il premio, che spero conseguire dal mio buon Dio; sicuro come sono, che la sua amorosissima liberalità rimunererà ogni mio patimento, ogni mia privazione. Sì, figliuolo mio, cerca d´incoraggiare in questa guisa Ja tua debolezza, animandoti a un patire costante, e sarai sicuro d´un eterno godimento. Ah! quanto è meglio soffrire un poco in questo mondo, per poi godere in eterno nel paradiso! Quanto è meglio privare il corpo in questa vita di qualche comodo e piacere, per non far penare in eterno il corpo stesso e l´anima giù nell´inferno!

 
Capo XXIII DELLA MORTIFICAZIONE INTERNA

Sua necessità.

La mortificazione può suddividersi in esterna o corporale, ed interna o spirituale. La prima mira a mortificare i sensi esterni, del che si parlerà nel capo seguente; la seconda, di cui si ha a trattare qui, mira a mortificare i sentimenti interni dell´anima e del cuore. Luna e l´altra sorta di mortificazione interna è di maggior importanza, ha maggior merito presso Dio, è più profittevole per noi, e deve sempre procedere, ed essere la base della mortificazione esterna. Senza l´interna, l´esterna approderebbe a nulla, ed alle volte riuscirebbe persin nociva, perchè , solleticherebbe solo la propria vanagloria. . Anche tra le persone d´orazione son poche» quelle che si fan sante, perchè son poche le capaci di farsi violenza e vincere se stesse. Sant´Ignazio diceva: « Di cento persone d´orazione più di novanta vivono di propria testa! » . Ed egli faceva più conto d´un atto di mortificazione della volontà che di più ore d´orazione fra le consolazioni spirituali. E, Sant´Alfonso scrisse: « Vi sono delle persone che fanno molte divozioni, molte comunioni, ed anche digiuni e penitenze corporali; ma poi trascurano di vincere certe loro passioncelle, per esempio certi risentimenti, certe avversioni, certe curiosità, certe affezioni pericolose! Esse non sanno vincersi col soffrire qualche contrarietà, col distaccarsi da certe persone, coll´assoggettare il proprio volere alla divina volontà nella ubbidienza. Costoro che avanzamento possono mai fare nella perfezione? Avranno sempre gli stessi difetti di »prima e saran sempre fuori via. Questo perchè non sanno mortificarsi, e non sanno mortificarsi perchè non si misero fin da giovani con mano forte in questo esercizio tanto necessario. Nella nostra Pia Società poi questa mortificazione interna è estremamente necessaria. Vi sono tra noi tanti generi di occupazioni, le une intrecciate con le altre, tante sorta di individui e di gusti; e si ha da trattare con ogni genere di persone; si danno tutto il giorno casi così complicati, che senza spirito di mortificazione non si può andare avanti. È poi nostro ufficio di trovarci tra i poveri fanciulli degli oratori festivi, spesso poco educati, e con giovani artigiani provenienti molte volte da famiglie bisognose; e poi abbiamo da fare nelle missioni: se non si ha un abito ben radicato dì mortificazione, avverrebbe ogni giorno qualche scontro, oppure si sarebbe presi da scoraggiamento, e si interromperebbe ogni bene che si avesse tra mano, e si correrebbe persino pericolo di vacillare nella vocazione.

Compito della mortificazione interna.

La mortificazione interna pertanto regge e regola le nostre tendenze, reprime l´amor proprio disordinato, doma lo spirito, mette sotto i piedi l´orgoglio e quel puntiglio di onore e di riputazione che può essere tanto fatale. Va poi combattendo ogni giorno i vizi e le male inclinazioni. Aiuta a star sempre sull’attenti per rinnegare la propria volontà, o sottomettere e soggiogare il proprio giudizio, a vincer l´ira, reprimere l´impazienza, contrastare all´indole fiacca ed accidiosa. E specialmente essa tende a raffrenare ed a dirigere bene i moti del cuore, cioè quegli affetti teneri e sensuali che potrebbero portarti ad amar le creature invece del Creatore, ed avvezza a sopportare tutto per amor di Dio. La mortificazione Perciò ti arricchisce di grandi meriti, e con essa potrai compire grandi imprese. Bisogna comprender bene che è in questo principale studio della nostra abnegazione, che consiste la vera virtù ed il procedere nella via della perfezione. E tu devi persuaderti, che nel giorno in cui lasciassi di attendere a questo rinnegamento di te stesso, lasceresti di vivere da vero religioso e da vero salesiano.

L´amor proprio.

La prima cosa pertanto cui tende la mortificazione interna è a reprimere l´amor proprio disordinato. Esso è la tendenza insensata e disordinata di riferire tutto a se stessi, facendosi il centro di pensieri, d´affetti e di opere. Ci fa cercare i propri comodi, il nostro accontentamento, la gloria nostra. Questo è il peggior nemico che abbiamo da combattere. Dice Sant´Agostino che la città celeste vien formata dall´amor di Dio fino al disprezzo di noi stessi; la città terrestre vien formata dal nostro amor proprio sino al disprezzo di Dio. Noi pertanto, volendo formare in noi la città celeste, dobbiamo anzitutto abbattere, per quanto ci sarà possibile, il maledetto orgoglio e l´amor proprio. Quanto meno uno desidera di contentare se stesso, tanto più amerà Dio. Se poi niente desidera fuori di Dio, allora esso amerà Dio perfettamente; questo è il punto a cui dobbiamo noi religiosi tendere con tutte le nostre forze. Ma non è possibile a noi, secondo lo stato presente della natura corrotta e deformata dal peccato, l´essere affatto esenti dalle molestie dell´amor proprio. Anche tutti i santi ebbero da combattere continuamente per abbatterlo, e neppure essi riuscivano a sradicarlo completamente. Non potendo pertanto noi distruggerlo affatto, dobbiamo porvi tutta la cura nostra nel frenare i suoi moti disordinati; e questo è appunto l´uffizio principale della mortificazione interna. Tutta la nostra vita deve essere una continua guerra: ma chi sta di fronte ai nemici bisogna che stia sempre colle armi alla mano per difendersi, perchè se un giorno lascerà di difendersi, in quello sarà vinto.

Sforzati con ogni industria di scoprire ove si annida in te questo fatale insidiatore. Entra in te: osserva i tuoi pensieri, i tuoi affetti, specialmente le tue intenzioni, passa in rassegna tutte le tue azioni della giornata, e vedi se sono sempre e tutte per il Signore. Metti a nudo le radici dei tuoi mancamenti ordinari e degli stadi del tuo umore. Ma sii furbo: non lasciarti ingarbugliare ed 312 ingannare dallo stesso serpentello dell´amor proprio. Chiudi l´orecchio alla sue ragioni, ed il cuore alle sue strida. Scopertolo, devi combatterlo senza debolezze e tergiversazioni. Il tuo maestro ti suggerirà e distribuirà il lavoro. Serviti di tutto: umiliazioni, osservazioni, rimproveri, mancanze, persino i peccati; tutto rivolgi contro di lui. Tieni rette le tue intenzioni, umili i tuoi pensieri ed affetti. Questo devi fare ora e sempre, che l´amor proprio non muore mai. Coll´attendere a mortificare il tuo amor proprio in breve tempo potrai farti santo, senza pericoli di guastarti la sanità o d´insuperbirtene, poichè degli atti interni solo Dio è testimonio.

Immaginazione.

È  anche parte importante della mortificazione il reprimere l´immaginazione. Scaccia pertanto senza pietà quei ricordi del passato che ti lusingano ed allettano, e ancora più quelli che ti destano lo scontento e lo spirito di vendetta. La massima energia usala contro il ricordo di impressioni o immagini che possono destare in te il fomite della concupiscenza, o risvegliare qualche passione sua parente. Allontana pure da te certi progetti di perfezione o atti di virtù poco comuni allo spirito dell´istituto che stai per abbracciare, specialmente se ti distolgono dal dovere, o ti turbano la gioia o diminuiscono la stima e l´amore della tua vocazione.

Affetti disordinati.

Per affetto disordinato s´intende una propensione volontaria verso persone, o verso cose che l´anima è disposta a non voler abbandonare, anche conoscendo che queste le servono di pericolo di peccato, o che almeno la rattiepidiscono nel servizio del Signore, o anche solo che si oppongono al maggior gusto e piacere in esso. Poichè ogni affetto disordinato, o induce l´anima a trasgredire la legge di Dio, e quindi a commettere peccati; o l´induce a contraddire al maggior gusto, e quindi ai consigli di Dio, e Perciò a commettere cosa imperfetta; oppure la pone almeno nella tentazione o nel pericolo. Per esempio tu nutrì volontariamente propensione ed affetto troppo spinto per un giovane: or questo attaccamento ti rende così disposto, che se ti si proibisse d´andargli insieme, o disubbidiresti, o saresti in grande tentazione di disubbidire; e Perciò commetteresti almeno un peccato veniale. Similmente puoi avere un affetto troppo spinto a qualche divertimento, una voglia troppo spinta di leggere un tal libro, una voglia troppo spinta di vacanze, un attacco per una casa dalla quale non vorresti essere cambiato, una voglia immoderata di fare un determinato genere di studi. Tutte queste cose ti rendono così disposto che se anche scorgessi in esse pericolo di peccare o anche solo d´intiepidirti nel bene, tuttavia la vorresti, o almeno ti metteresti in grande tentazione di volerle ad ogni costo, e così preferire quelle cose al maggior gusto del Signore, che da quelle ti consiglia di rimanere lungi. Questi affetti impediscono sempre la perfezione cristiana, e sovente impediscono l´eterna salute. Perciò bisogna che con grande energia sappia liberartene perchè , come vedi, il minor male che arrecano è di riempire il cuore di terra, di cose cioè che non sono di Dio, e non conducono direttamente a Dio. E tu, il tuo cuore l´hai già consacrato al Signore, e devi cercare di riempirlo sempre più di cose che al Signore conducono. Credilo pure, che, come dice Sant´Agostino, il nostro cuore è creato per Dio, e sarà sempre inquieto finchè non riposerà in Dio. Quanto più tu metti affetto a cose terrene, tanto più deve uscire dal tuo cuore l´amor di Dio. Il nostro cuore è ben piccolo e delicato: se lo riempiamo di affetti terreni non vi sta più l´amor di Dio; e quanto più lo riempissi bene di amor di Dio, partirebbero da lui gli affetti terreni. Ma essendo questo punto di massima importanza, conviene che ti esponga separatamente quanto riguarda gli affetti verso le persone e verso le cose, e che discenda ai particolari.

Delle amicizie particolari.

Per affetto disordinato verso una persona intendo quella propensione che si ha verso qualcuno, principalmente a cagione di qualche qualità esteriore gradevole. Questo affetto è disordinato, e dicesi anche amicizia particolare. Ciò avviene quando uno ama teneramente un altro per l´avvenenza e grazia del suo volto, del suo portamento, della sua voce, o per la conformità del genio e naturale di lui col proprio.

Loro segni.

Segni per distinguere se questa amicizia è particolare, e Perciò condannabile, sono i seguenti : a) se tu pensi volontariamente e spesso a quella persona immaginandotela presente, e godendo dì tale immaginazione; b) se ti separi volentieri da altra persona per startene con essa sola, e se le rivolgi espressioni affettuose, se le fai accarezzamenti, come prenderle e stringerle la mano, darle baci ecc.; c) se mai non resti annoiato di sua compagnia, e quando da lei ti parti, senti pena, e brami l´ora di tornare a godere della sua conversazione; d) se le fai regali o presti servizi e favori - IH - con soverchia premura, o le scrivi lettere affettuose; e) se senti gelosia e invidia che altri stringa con essa amicizia, concependo contro questi avversione e dispetto. Posti questi ed altri segni consimili, certo vi ha per quella persona affetto disordinato, un amore ed amicizia sensibile e sregolata.

Perchè son cattive.

Queste amicizie particolari sono un gran male, maggiore e più pericoloso di quanto comunemente si creda. E son gran male, perchè sono già per se stesse peccato veniale. Infatti quelle persone si amano solo pel gradimento e piacere che recano ai nostri sensi o al nostro cuore, ossia alla concupiscenza nostra, e per alcune loro esteriori qualità. Per loro quindi si nutre un amore eccitato e acceso dai sensi e dalla concupiscenza, un amore sensuale e carnale, simile all´amore con cui fra loro si amano le bestie. Ora questo amore è opposto alla natura ragionevole, ed al carattere soprannaturale cristiano dell´anima. Essa appunto perchè ragionevole e cristiana, deve amare il prossimo con la ragione, con lo spirito, con la virtù della carità, e non con la carne e con la concupiscenza. Anzichè amore questo si deve chiamare passione sensuale. Ne viene di conseguenza che queste amicizie sensibili e particolari sono opposte alla ragione, opposte al carattere di cristiano, quindi disordinate e peccaminose. Perciò impediscono grandemente la perfezione, e restano contrarissime al carattere di religioso. Sono un gran male perchè dividono il cuore tra Dio e una creatura. Appena infatti entra in cuore una tale amicizia, l´anima, che prima forse era divota e fervorosa, subito si sente fredda e di ghiaccio verso il Signore.

Ormai pensa più poco al Signore e molto a quella persona. Diminuisce anche il desiderio di unirsi a Gesù nella santa comunione; non le piacciono più le meditazioni, ben poco riesce a stare attenta in esse, e tanto meno riesce a prendere risoluzioni ferme e generose. Non le preme più di dar gusto e piacere al Signore, con atti frequenti di virtù e dì mortificazione. In breve: prima nel cuor suo regnava Gesù col suo vivo amore, ora vi regna un amore profano, che coi suoi lacci tiene l´anima avvinta e schiava. Sono un gran male perchè arrecano tiepidezza e profanità nell´anima, e sono la rovina delle vocazioni. Come si comporterà nelle preghiere e nelle pratiche di pietà chi ha il cuore pieno d´altri pensieri? Come riuscirà ad infervorarsi chi ha il cuore pieno di terra? Come troverà gusto alle prediche, alle conferenze, ai rendiconti, chi non è fortemente deciso di lasciare queste amicizie? Che sincerità potrà avere col maestro e cogli altri superiori? Egli anzi diventerà astioso coi compagni, pieno di invidie e di stizze e d´avversioni; non più sottomesso ed ubbidiente, ma triste e dispettoso. Non avrà più pace ed allegrezza, ma proverà soltanto inquietudini, amarezze, rimorsi! Ed eccolo tiepido e mondano. Poste queste cose, come sarà possibile amare ancora la vocazione, la quale, come si vide, è tutta un´opera di separazione dalle cose di questa terra, e consiste tutta nell´unione completa con Dio? Oh chi non vuole abbandonare e troncare fin dalla radice ogni affetto particolare ai compagni, rinunci pur subito alla sua vocazione. Infine queste amicizie particolari sono un male gravissimo, perchè sono la rovina della castità, inducendo fortemente a tentazioni disoneste. Chi può raffrenare una passione, a cui si dà volontaria occasione? Come dire al pensiero e alla immaginazione, quando si è sbrigliata: tu andrai solo fino a tal punto? Chi tratterrà il corpo dal ricalcitrare, quando si è dato appositamente la briglia all´immaginazione? Chi spegnerà due carboni accesi che siano vicini l´uno all´altro? Non raffrenata, questa amicizia diviene d´ordinario una cieca passione, che non si arresta fin che sia caduta nell´abisso della iniquità. Tu forse non vorrai credermi, e starai persuaso che in quell´attacco non vi sia del male, o che almeno certamente non ti porterà a cadute gravi. Ma tu che non dai retta a chi ne sa più  di te, piangerai poi a lagrime di sangue le tue sventure. E quel che è più , avrai il rimorso d´esserne stato avvertito, e di non aver voluto a tempo dare ascolto a chi ti avvisava per tuo bene.

Come uscirne?

Ora: se tu fossi già preso e stretto nei lacci di profano affetto verso qualche compagno, che dovresti fare per svincolarti da sì umilianti catene e liberarti da tanto pericolo? Quando la cosa è arrivata al punto pericoloso sopra esposto, bisogna scacciare con forza e con risolutezza ogni affetto disordinato dal cuor tuo, e perciò : a) Fuggi affatto la pericolosa occasione. Bisogna troncare e rompere tutto d´un colpo ogni relazione. Nè basterebbe il dire: la troncherà poco a poco; non si deve più andare con lui, non più vederlo, non più parlargli. Fatti coraggio e il Signore ti aiuterà. b) Distruggi affatto ogni senso o ricordo d´affetto che n´abbia ricevuto. Anzi distruggi ogni cosa che possa ridestare la memoria e il pensiero di lui. Quindi da´ al fuoco tutte le lettere, le poesie, i ritratti, i regali. Resisti sempre con forza ad ogni movimento del cuore tuo verso di quel tale: distacca prontamente dal pensiero l´immaginazione sua appena si presenta. c) Ricorri del continuo e con istanza al Signore, chiedendogli forza e grazia ed efficacia per vincere sì pericolosa passione. L´amore di Gesù quando è ben acceso consuma ben presto ogni altro affetto. d) Finalmente e specialmente, apri ben bene il tuo cuore al maestro, o al superiore che hai e metti in pratica con tutta esattezza quegli altri avvisi pratici e del momento che egli ti suggerisce. Manifestagli man mano la continuazione dei pensieri che ti vengono a quel proposito, ed il perdurare che ti faccia la tentazione. Se non si fa così e non si viene a tagli risoluti e forti, per quanto dolorosi, queste amicizie non ti lasceranno mai completamente; anzi vieppiù si riscalderanno, e bruceranno l´anima col fuoco di impurità, per farla bruciare poi eternamente col fuoco infernale.

Ma se si fosse costretti o per necessità, o per obbedienza, o per convenienza, o per non dar luogo a scandali od a mormorazioni, a trovarsi spesso con quel compagno, come allora uno si dovrebbe regolare? In questo caso in cui l´occasione è necessaria, per non cadere in peccato alcuno: a) Attienti rigorosamente a quanto ti suggerirà praticamente il maestro o il confessore o altro superiore che ti debba dirigere.

b) Astienti bene dal fissare gli occhi sopra di lui, dal rivolgergli ancora parole affettuose, dal dargli qualsivoglia segno di affezione. Invece trattalo con poche e indifferenti parole, con gran serietà e colla maggior possibile brevità.

c) Procura di tenere sempre la mente ed il cuore rivolti a Dio. E vieppiù pregando cerca di riempire il tuo cuore di così ardente amor di Dio, che le fiamme del Divino Amore abbiano a santificare od incenerire ogni affetto terreno.

Attacchi a cose terrene.

Per quanto riguarda l´affetto disordinato verso le cose terrene e verso le proprie soddisfazioni, sappi che anch´esse si oppongono sempre alla perfezione. Rendono l´anima disposta a trasgredire, benchè in cose piccole, la legge di Dio, e quindi facilmente la inducono al peccato veniale, e la rendon restìa a praticar quello che è di maggior gusto del Signore. Intorno a ciò ascolta quanto insegna San Giovanni della Croce: « Queste imperfezioni abituali sono per esempio un´usanza di parlar troppo, un poco di attaccamento od affezioncella ad alcuna cosa, come sarebbe verso qualche vestito, libro, cella, tal sorta di vivande, certe conversazioni ed altri gusterelli, il cercar diletto nelle cose, l´esser curioso di intendere, udire, ed altre simili. Qualsivoglia di queste imperfezioni a cui l´anima stia attaccata ed abituata, è di tanto danno per poter crescere ed andare innanzi nelle virtù , che se ogni giorno cadesse in molte altre imperfezioni, che fossero maggiori, ma che non derivano da attacco, non le sarebbero di tanto impedimento. Perchè mentre vivrà questo attacco, ancorchè di cosa minima, è impossibile che possa arrivare alla perfezione. È il medesimo che un uccello sia legato da un filo sottile che da uno grosso, perchè quantunque sia sottile, ad ogni modo starà a quello legato, nè mai potrà liberamente volare » . « Ed ecco perchè , dice San Francesco di Sales, dopo tante comunioni che facciamo non arriviamo mai a possedere la santità. Viene il Signore in noi e trova i nostri cuori pieni di desideri, di affetti e di piccole vanità. Non è quello che egli desidera: li vorrebbe trovare affatto vuoti, per rendersene assoluto padrone e governatore » .Impara adunque a mortificarti meglio, distaccando risolutamente il tuo cuore da ogni cosa terrena, e allora progredirai nella virtù .

Come staccarsene.

Per liberare interamente il tuo cuore da ogni attacco ed affetto disordinato ti è necessario attaccarlo più strettamente a Dio e praticare la perfetta conformità alla volontà sua. Ciò appartiene alla carità verso Dio. Questa conformità alla volontà di Dio consiste in una felice abitudine, proveniente dalla divina grazia ed accresciuta col continuo esercizio, per cui la volontà, con prontezza - facilità, resiste continuamente e fermamente ad ogni affetto, desiderio, compiacenza, anche minima, che le sorgesse in cuore, tanto riguardo a se stessa ed a qualunque persona, quanto riguardo ad ogni altra cosa creata. Adoperati tu dunque ad acquistare siffatta virtù , col formare e stabilire l´animo tuo a completa indifferenza riguardo ad ogni tuo bene e vantaggio, comodo e soddisfazione, riguardo ad ogni oggetto, ad ogni luogo, ad orni ufficio, ad ogni occupazione. E ciò fino al punto da essere apparecchiato a spogliarti volentieri di qualsivoglia bene e soddisfazione, e ad accettare volentieri qualsivoglia cosa disgustosa e ripugnante.

Da che cosa staccarsi.

Le cose attorno alle quali è più da esercitare la mortificazione, dalle quali cioè un religioso deve essere più distaccato, sono quelle a cui l’umana natura ha maggiore propensione, e sono specialmente le seguenti:

a) Dalla vita: Sii Perciò pronto a vivere a morire secondo che Iddio disporrà, cioè sa pronto ad accettare dalle mani di Dio la morte, quando, come, dove egli te la darà. Anzi fai bene se hai la forza di offrire al Signore la tua vita, protestandoti che sei contento che egli te la tolga quando, come, dove a lui piacerà.»

b) Dalla sanità: Procura quindi di renderti pronto alla sanità ed alla malattia. E bramando solo quello che sarà di maggior gusto del Signore, sii pronto ad accettare volentieri, 1 tutte le malattie ed i dolori dove, quando, per I quanto tempo Iddio vorrà.

c) Dalla soddisfazione dell´amor proprio: I Renditi Perciò indifferente all´essere onorato I e preferito, o piuttosto disprezzato, posposto, I oltraggiato, perseguitato.

d) Dalle ricchezze e comodità, cosicchè I sii indifferente fra l´esser ricco o piuttosto pà - I vero: avere comodità od essere soggetto a stenti e patimenti prodotti dalla povertà. E questo sia per quanto riguarda te individualmente, sia riguardo la casa a cui vieni assegnato.

e) Da tutti i doni e qualità di natura: Perciò sii indifferente circa all´avere buone qualità naturali, oppure a non averne di sorta alcuna. Chi è tardo d´ingegno, privo di abilità, ne sia rassegnato, e, se può , anche contento. Chi ha difetti fisici nei sensi o nelle membra, o è deforme e brutto nella persona, parimenti ne sia rassegnato e contento per dar gusto alla divina volontà, la quale così dispose ed ordinò.

f) Dalla propria famiglia, parenti, amici: Quindi sii pronto a stare in luogo lontano da loro, ad abbandonarli se, quando, per quanto Iddio lo vorrà.

g) Da tutti gli impieghi, uffizi ed occupazioni: Quindi sii pronto ad avere un impiego, un uffizio, un´occupazione che ti piaccia, oppure ad averne contrarie e ripugnanti. Sii pertanto disposto così ad abbracciare quella occupazione o quella carica che ti si assegna, come a lasciarla subito e con allegria quando li venisse tolta; sempre persuaso che nell´obbedienza imposta, vi è espresso il maggior gusto e la volontà di Dio.

h) Da ogni luogo: Quindi sii indifferente all´essere assegnato in un paese od in una città, in un collegio o in un ospizio, in una camera o in un´altra. Non cercare il luogo più conforme alle tue brame, ai tuoi comodi, ma quello più conforme all´obbedienza ed al maggior gusto di Dio benchè il più ripugnante.

i) Da tutti ì comodi e le soddisfazioni: Perciò sii indifferente riguardo al vitto, alle vesti, ad ogni altro oggetto. Riduciti ben presto a lasciare tutti i comodi e le soddisfazioni, e ad abbracciare le cose incomode e ripugnanti, appena conosci ritornare ciò più conforme al maggior gusto di Dio.

l) Da tutti i diversi oggetti anche minimi conformi al tuo genio ed al tuo gusto: E bello ed importante abituarti a far senza, e spropriarti di qualche cosa che ti è cara, per accostumare il cuore a simili distacchi.

m) Dalle consolazioni e fervori spirituali: Sì, anche da questo devi staccare il tuo cuore, ed avere una perfetta conformità alla volontà di Dio." Parimenti procura di essere distaccato dalla tua pace e quiete sensibile, Perciò pienamente rassegnato se avrai perturba zioni, scrupoli, inquietudini, tentazioni, desolazioni. Perciò sovente offriti al Signore pronto e volenteroso di patire tutte le aridità, tentazioni, se, quando, e per quanto tempo piacerà al Signore.

n) Finalmente sii distaccato dalle stesse opere sante, intraprese per la gloria di Dio e per la salute delle anime, e Perciò pronto a continuarle ed a lasciarle come più piacerà al Signore. Odi l´ammaestramento di San Francesco di Sales: « Iddio bene spesso per esercitarci in questa santa indifferenza, ci ispira disegni molto alti, i quali però non vuole che succedano. E come allora ci conviene coraggiosamente e costantemente cominciare e proseguire l´opera più che si può : così conviene dolcemente e tranquillamente acquietarci al successo dell´impresa tale quale a Dio piace disporre » .

Ecco le cose principali dalle quali devi essere distaccato, e circa le quali devi stare pienamente tranquillo nelle mani del Signore, mortificando te stesso. Procura sempre vedere in esse la volontà di Dio, ed abbracciala volentieri. Sforzati pertanto di arrivare a questo punto di virtù , e Dio sarà contento di te, e ti sceglierà per farti santo, e per operare molte cose alla sua maggior gloria.

 
Capo XXIV DELLA MORTIFICAZIONE ESTERNA IN GENERALE

Un errore moderno.

Noi viviamo in un secolo di naturalismo teorico, e soprattutto pratico; ond´è che va scomparendo sempre più dalle cristiane usanze la mortificazione corporale. Si direbbe che la si voglia cancellare dal catalogo delle virtù prescritte dal Vangelo. Una moltitudine dì persone che fanno professione di pietà, e persino di religiosi, non ne comprendono il bisogno, e neppure sembra che intravvedano i motivi che a questa ci obbligano. Si riconosce bensì, almeno in teoria, l´obbligo della mortificazione interna; ma poi. col pretesto che Gesù ci inculca di circoncidere il cuore, e disse che è lo Spirito che vivifica, sì vorrebbe dedurre l´inutilità della mortificazione esterna. E con ciò molti si addormentano in una vita comoda e dolce alla natura, senza accorgersi quanto si celi d´illusione ed errore sotto questa speciosa apparenza di verità. Mons. Gay, nel suo riputatissimo trattato Della Dita e delle virtù cristiane, asserisce che è uno dei più comuni errori del nostro tempo, questo di voler ridurre tutto alla mortificazione interna.

Anche la mortificazione esterna è necessaria.

Certamente, come si disse sopra, la mortificazione interna è più eccellente che l´esterna, essendo lo spirito incomparabilmente superiore alla carne. Ma San Luigi diceva, che credeva necessario fare una cosa, e non lasciar l´altra. Il rinnegar la propria volontà e il reprimere i nostri movimenti d´orgoglio e gli affetti del cuore, è d´una necessità assoluta per acquistare le virtù cristiane, e forma il combattimento più difficile per noi miseri mortali. Alle volte ci adattiamo più facilmente a digiunare, a prendere una disciplina, che ad osservare il silenzio, ad abbandonare una amicizia particolare, a perdonare un´offesa, a lavorare con chi ci è di contraggenio, a sopportare volentieri una persona molesta, e ad attendere con perfezione ai doveri che meno piacciono. Ciò non di meno s´ingannerebbe in modo strano chi Perciò lasciasse la mortificazione dei sensi, mentre essa è necessaria non solo alla perfezione, ma altresì alla vita cristiana, e Perciò alla salvezza dell´anima.

Ciò che ne dicono i Santi, la Chiesa e Gesù Cristo.

S. Vincenzo de´ Paoli ci ammaestrava dicendo: « Chi fa poco conto delle mortificazioni esterne, dicendo che le interne sono molto più perfette, fa ben conoscere che non è punto mortificato, nè internamente nè esternamente » (Maynard, Virtù e dottr. spir. del Santo). E Sant´Alfonso ribadendo questa verità aggiunge: « la mortificazione sia esterna che interna è necessaria alla perfezione, ma con questa differenza: la mortificazione esterna deve essere praticata con discrezione, mentre la mortificazione interna lo deve essere senza discrezione e con fervore » . E soggiunge: « San Giovanni vide tutti i beati colle palme in mano [96]. Dobbiamo esser tutti martiri, o per ferro dei tiranni, o per le nostre mortificazioni» (La vera sposa di G. C). Bossuet dice press´a poco lo stesso: « Il martirio della penitenza è inseparabile dalla sante Chiesa. Questo martirio non ha un´apparato tanto terribile come il martìrio di sangue; ma ciò che sembra mancargli dal lato della violenza lo compensa con la durata...

In mancanza di tiranni, i santi perseguitano se stessi» (Paneg. di S. Fr. di.Paola). Queste dottrine al giorno d´oggi paiono sapere di troppo agrume; ma tu, mio buon novizio, (credi a chi t´ama e ti dice le cose schiette, e sappi che t´inganna chi ti dicesse altrimenti. Il sacro Concilio di Trento conferma questo, soggiungendo che tutta la vita cristiana deve essere una continua penitenza [97]. E tutta la vita di Gesù ed i suoi ammaestramenti sono lì per confermare la stessa cosa. Egli, il buon Gesù , avrebbe potuto non patire; eppure dal momento della sua nascita fino alla morte volle che la sua vita fosse un continuo patimento. Punto fondamentale della sua dottrina è questo ammaestramento ed incoraggiamento a patire. Oltre l´aver fatto dire: « fate penitenza; se non farete penitenza perirete tutti» , insegna continuamente: « chi vuol venire dietro di me rinneghi se stesso prenda la sua croce e mi segua [98]. E altrove a chi cerca soddisfazione terrena soggiunge: « Già ricevesti la tua mercede [99].

E c´insegna chiaro che la via del paradiso è stretta e scabrosa, e la porta bassa, e che solo chi sa farsi violenza vi potrà entrare. Ci ammaestra che la vita deve essere come una battaglia, che sarà coronato colui che avrà combattuto strenuamente. E conchiude le sue beatitudini dicendo beati quelli che patiscono persecuzioni per la giustizia. Fa cantar vittoria ai suoi Apostoli quando riusciranno ad avere calunnie, disprezzi, battiture per il suo nome e per la sua gloria. E ci invita ad esultare per tutte queste cose, al pensiero che il breve patire su questa terra ci darà un eterno godere in paradiso.

Motivi della mortificazione: 1) Per espiare le nostre colpe.

Ora: per quali motivi dobbiamo noi praticare la mortificazione esterna ossia corporale? Per cinque motivi principali: Anzitutto per espiare le nostre colpe. Non dimentichiamolo mai: avendo offeso Iddio, anche solo venialmente, abbiamo contratto un debito colla sua divina giustizia; e questo debito dobbiamo espiarlo. Ed essendo l´uomo composto di spirito e di materia, la persona umana tutta, anima e corpo deve cooperare a questa espiazione. Se poi non si espiano le colpe in questo mondo, le dovremo espiare nell´altro. Questa è una dottrina teologica. Ora non è forse meglio soddisfare qui a questo debito, che nell´altra vita, mentre le penitenze che abbiamo da fare ora sono leggere, brevi, e, non solo espiatorie ma ancora meritorie, ed i castighi dell´altra vita saranno terribili, di lunga durata, e tuttavia senza alcun merito ? Non si temono abbastanza le pene del purgatorio. Eppure, secondo San Tommaso, la più lieve pena che si soffre colà supera ciò che si può sostenere di più terribile sulla terra [100]. E notare che un´ora di quell´atroce penare sembra a quelle povere anime interminabili anni! Ben a ragione pertanto i buoni maestri di spirito ed i santi esortano a mortificarci severamente qui, affine di sfuggire ai castighi della vita futura. Che fortuna sarebbe per noi se avessimo anche a patire immensamente su questa terra, ma potessimo andar subito in paradiso dopo morti!

2) Per evitare il peccato.

Dobbiamo in secondo luogo esercitarci nella mortificazione del corpo affine di evitare il peccato. San Tommaso d´Aquino c’insegna che « la carne è la sorgente dei vizi; se noi dunque vogliamo evitare i vizi, dobbiamo domare la carne» . Non illudiamoci: « quando si rifiutano al proprio corpo i godimenti leciti, dice Sant´Alfonso, esso non ardisce abbandonarsi a ciò che è proibito. Ma se alcuno vuole concedersi tutte le soddisfazioni lecite, cadrà presto in ciò che non lo è » (La vera sposa di Gesù C, Vili). Le ragioni di questo sono principalmente tre: 1) Con soddisfarci sempre nelle cose lecite si creano bisogni fittizi, si eccitano e si soddisfano spesso le cattive passioni. Lo Spirito Santo dice: « Chi nutre delicatamente il suo servo nell´infanzia, lo vedrà poi rivoltarsi » (Prov., XXIX, 21) : e subito dopo: « Il fuoco non dice mai basta » (XXX, 16), cioè le passioni sono insaziabili. San Paolo chiama il corpo oppressore dell´anima. 2) Chi non si esercita nella mortificazione, nei momenti difficili non avrà poi la forza necessaria per resistere alle tentazioni. 3) Non si merita la grazia di resistervi, chi vuol condurre una vita secondo i sensi, senza reprimere le male tendenze. Ma soprattutto questa mortificazione è indispensabile a coloro che han già cattive abitudini. « Fedeli, dice Bossuet, voi che tanto vi meravigliate per le frequenti ricadute, non sapete che la causa di ciò sta in questo, che non vogliamo farci violenza, e bramiamo soverchiamente le nostre agiatezze? » . È ignoranza o follia voler guarire da mali radicali senza radicali rimedi.

Il male che ha la sede negli organi e nell´eccessivo sviluppo della vita animale, non si guarisce con mezzi puramente spirituali. E il corpo che bisogna anche mortificare, se si vuole che alla fine l´anima trionfi. Per gli uomini che hanno violente passioni ogni altro mezzo, se non si prende anche questo, non potrà mai essere che un palliativo.

Bisogna che ricordiamo sempre il grande ammaestramento di San Paolo: « Fratelli, non siamo debitori alla carne per vivere secondo la carne. Poichè, se voi vivrete secondo la carne, morrete; ma se con lo spirito mortificherete le opere della carne, vivrete » [101].

3) Per giungere a perfezione.

In terzo luogo dobbiamo mortificare i nostri sensi per giungere alla perfezione a cui siamo chiamati. Certamente la perfezione nella sua essenza consiste nell´amor di Dio, e nel provargli questo nostro amore col fare sempre e in tutto la sua volontà. Ma per adempiere bene questa volontà di Dio non si deve forse rinunziare a se medesimo senza tregua, non fosse altro che per ubbidire alla grazia, che inclina di continuo le anime ferventi alla mortificazione? Questa mortificazione del corpo non è forse compresa nella volontà di Dio? E non ci dice l´apostolo San Pietro, parlando della passione del Divin Salvatore: Gesù Cristo patì per noi, lasciando a voi l´esempio affinchè camminiate sulle sue orme? [102]. Per arrivare alla perfezione si richiede il fervore; e l´eccitativo speciale al fervore è la mortificazione. Di rado avviene che fra le agiatezze della carne si sostenga il fervore dello spirito.

4) Per imitare Gesù .

Dobbiamo in quarto luogo praticare la mortificazione dei sensi, affine d´imitare Nostro Signor Gesù Cristo, il quale in tutto il tempo di sua vita, secondo San Paolo, non cercò mai di soddisfare a se stesso. Anzi fu sempre sofferente ed umiliato, specie poi nella tua passione. E noi dovremo fare altrettanto per dargli prova del nostro amore con quel generoso mezzo, mediante il quale i santi già gli resero testimonianza del loro. Ecco la spiegazione delle grandi mortificazioni e penitenze dei santi; l´amore di Gesù crocifisso ha inclinati anch´essi alla croce. Quell´illustre penitente che fu San Francesco Borgia, soleva dire che erano i suoi sensi e le membra del suo corpo che avevano dato la morte a Gesù Cristo! E che, come colui che avesse per sventura ucciso o ferito la persona che ama sopra ogni altra e più giustamente mirerebbe con orrore quel ferro che gli servì a sì funesta impresa e lo scaglierebbe anzi a terra calpestandolo; così avendo la sua carne corrotta crocifisso il Salvatore, non vi doveva essere trattamento abbastanza duro per essa, nè castigo che non si fosse meritato.

5) Per meritare molte grazie.

 In quinto ed ultimo luogo dobbiamo praticare la corporale mortificazione e penitenza per le grandi e svariatissime grazie con cui Dio si compiace di ricompensarla. La mortificazione dei nostri sensi esterni è una miniera di meriti, e ricchezza di grazie per elevare lo spirito a Dio, per infiammarlo del suo amore, per ricevere le sue carezze e per crescere nella sua familiarità. Sono le mortificazioni che ti rendono più inclinato e più atto alla preghiera, ti dispongono a ricevere con. più facilità le impressioni della grazia. È per le sue grandi austerità corporali (ce lo assicura la Chiesa nelle lezioni del breviario) che il santo apostolo delle Indie e del Giappone, San Francesco Zaverio, meritò di poter convertire tante anime, a quelle spirituali delizie di cui traboccava l´anima sua nella preghiera. E noi spesso ci priviamo di tutti questi vantaggi, per non sapere adattarci a mortificare i nostri sensi. Il coraggio che si manifesta in noi facendo dei veri atti di mortificazione, strappa come a viva forza dalle mani di Dio ciò che si vuole da lui ottenere. Scrive il celebre padre Faber: « Allorchè uno si lagna di non ricevere grazie, di non saper vincere i propri difetti, oppure uno si lascia opprimere dalle tentazioni, o non sa essere sempre padrone del proprio umore o del proprio cuore, sappia che ciò accade d´ordinario perchè non conduce una vita mortificata » . Ed il santo curato d´Ars, ad un pastore d´anime che si lamentava con lui per il gran numero d´anime che gli sfuggiva, senza reticenze rispose: « Avete predicato, avete pregato: ma avete anche digiunato? Avete dormito sulla nuda terra? Vi siete data la disciplina? Finchè non avrete operato questo, non crediate d´aver fatto tutto » . Egli, il santo curato, se riuscì a fare tante migliaia e decine di migliaia di conversioni, oltre che al lavoro ed alla preghiera, lo deve anche certamente attribuire alle austerissime penitenze che faceva.

Non cercar scuse.

Mettiti di buona volontà, e coraggiosamente. Ti dico solo di non voler far capricci od eccessi, bensì lasciarti guidare adeguatamente. Sant´Alfonso, San Giovanni Lasalle, Santa Teresa asseriscono apertamente, che una vita moderatamente austera, non solo non danneggia la salute, ma la corrobora. E ne è prova evidente la vita dei santi. D´altro lato, sono innumerevoli le penitenze che un´anima generosa può sostituire a quelle che la naturale debolezza non permette di esercitare. Ordinariamente per non mortificarsi non è che manchi la salute, bensì il fervore. Ed io posso attestare che vidi tra i nostri molti ad indebolirsi ed ammalarsi; ma perchè ? Perchè avevano poco spirito di mortificazione! Perchè nella passeggiata d´estate non sapevano trattenersi dal bere acqua fredda; perchè arrivati sudati ad un´altura non sapevano moderarsi nei cibi, o non sapevano astenersi dal mangiare troppa frutta e facevano indigestioni; perchè d´estate stavano alla corrente d´aria fredda per provare quel momentaneo sollievo; perchè nelle feste non sapevano moderarsi abbastanza nel bere. Invece non posso attestare d´aver mai visti tali pessimi risultati per essersi mortificati troppo. Permettimi che a questo riguardo ti citi anche un tratto di quella grande maestra di spirito che fu Santa Teresa. « Abbiate per certo, che, quando noi incominciamo a vincere questo miserabile nostro corpo, esso non ci affaticherà più tanto. Se non ci risolviamo a finirla una volta per sempre col timore della perdita della salute, non riusciremo a nulla... E se moriamo, che importa? Questo corpo le tante volte si rise di noi; perchè alla nostra volta non ci rideremo talora di lui? Credetemi, tale determinazione è della più alta importanza; nè ci è dato di comprenderla appieno. Cominciamo a trattare questo corpo da schiavo; dopo un certo tempo noi ne saremo padroni. E, vinto questo nemico, noi ci sentiremo un ammirabile coraggio per sostenere gli altri combattimenti di questa nostra vita. Quel Dio che tutto può , si degni di concederci questa grazia > (Il cammino della Per fez., XII).

Regola pratica di mortificazione esterna.

Ora conviene venire alla pratica. Qual regola dobbiamo noi seguire nella mortificazione dei sensi? Un celebre padre carmelitano dà questa norma: « I religiosi fedeli s´intendano col loro Superiore su di un certo numero di mortificazioni da farsi ogni giorno, e che costituiranno come un quotidiano tributo ch´essi pagheranno poi a Dio con molta esattezza e perseveranza. Questo numero determinato sia per esempio di cinque o sette lievi mortificazioni. Non recano nocumento alcuno alla salute, e d´altra parte sono di grandissimo vantaggio per l´anima, facendola rapidamente avanzare nella religiosa perfezione » . Cerca pertanto di mortificarti anche tu in tutte le cose che potrai.

Sta´ attento a non cercare mortificazioni strane o fuori d´uso, bensì da´ sempre la preferenza a quelle che riguardano la perfetta "vita comune. Segui anche in ciò il consiglio di Sant´Alfonso. « Le più eccellenti mortificazioni, dice questo santo, le più utili e meno nocevoli sono le negative, per le quali generalmente non è neppur necessaria la licenza speciale del direttore. Siano d´esempio: non guardare, non ascoltare cose curiose, non mai parlare fuori tempo; contentarsi dei cibi che piacciono poco al gusto, oppure di cibi mal apparecchiati; dar la precedenza ed i luoghi più belli ad altri; scegliere per proprio uso oggetti di poco valore; rallegrarsi nel mancare anche del necessario; non lamentarsi delle intemperie della stagione, dei disprezzi, delle persecuzioni, delle malattie, e cose simili. Riguardo poi alle penitenze e mortificazioni molto gravi, e che potrebbero essere di danno alla sanità, esse non si devono intraprendere che per impulso dello Spirito Santo, e lasciandosi guidare da saggio direttore » . Specialmente ti raccomando la mortificazione in tempo di malattia. Abbiti riguardi, ma non eccedere in soverchia delicatezza, ne mendicare l´altrui compassione. Sappi adattarti a qualunque sofferenza, per amore di Gesù . Non lamentarti; pensa il meno che puoi al tuo male. Di´ i tuoi incomodi solo a chi di ragione, accetta i rimedi, ed aspetta con pazienza l´adempimento della volontà di Dio.

 
Capo XXV DELLA MORTIFICAZIONE DEL GUSTO

Della mortificazione del gusto.

Veniamo al modo pratico di mortificare ciascuno dei sensi del nostro corpo. Credo bene non parlare di mia testa; ma portare con precisione la dottrina dei più celebri maestri di spirito, e specialmente di Sant´Alfonso, di San Francesco di Sales, di San Vincenzo, di San Leonardo da Porto Maurizio. Per comune consenso di questi maestri di spirito, fra tutte le mortificazioni dei sensi la prima che devesi praticare per giungere alla perfezione, è quella del gusto.

« Dovete da principio combattere la golosità, dice San Vincenzo Ferreri, poichè se voi sovra essa non porterete vittoria, invano vi affaticherete all´acquisto delle altre virtù » (Trattato della vita Spirituale, VI). San Leonardo soleva dire: « La poca vigilanza nel mortificare il gusto è quel verme roditore che a molte persone religiose impedisce di far progressi nelle vita spirituale. Si riesce a vincersi su tutto il resto, diceva, ma ci si lascia superare su questo punto. Ed il fervore concepito nella preghiera ai pie degli altari si raffredda del tutto in refettorio >. Cominceremo adunque a parlare della golosità e del modo di mortificarla.

Golosità e sobrietà.

La golosità consiste principalmente nel prendere i cibi e le bevande pel diletto che ne proviene al senso del gusto. Questo vizio induce ai seguenti: 1) A procacciarsi, o almeno a desiderare cibi delicati e saporiti. 2) A cercare condimenti squisiti nei cibi ordinari. 3) Ad eccedere nella quantità mangiando o bevendo più del bisongo. 4) A mangiare con j fretta e voracità, pel gusto che se ne trova. 5) A mangiar fuori delle ore stabilite per le refezioni. Noi dobbiamo dunque combattere con energia questi difetti, ed io vorrei insegnartene il modo pratico. Ma prima mi giova farti notare, che la mortificazione va più oltre che la semplice sobrietà. La sobrietà consiste nella moderazione nel cibo e nella bevanda; per cui, cibandosi uno per pura necessità, di tanto vitto si pasce quanto è necessario per sostenere la vita; e ciò senza desiderio di godimento. Non dico che cibandosi sia male il sentire un certo diletto naturale, che è indivisibile dal mangiare; ma che si abbia per fine diretto non la dilettazione ma il bisogno. La mortificazione invece priva persino il corpo di ciò che gli sarebbe in qualche modo necessario ed utile, per ridurlo a servire meglio l´anima. Noi dobbiamo essere sobri, cioè fuggire le golosità, sotto pena di peccato; mentre, invece, il seguire la mortificazione della gola, per avere i vantaggi che da essa provengono, non ci è che consigliato.

Necessità della sobrietà.

È proprio molto importante il mortificare il gusto? Sì, è importantissimo, e per i seguenti motivi: 1) Per evitare le tentazioni della carne, e così godere della calma dei sensi e dello spirito, necessaria all´unione intima con Dio. 2) Affine di non cadere nei peccati mortali, perchè : « L´impurità, dice San Tommaso, è figlia della gola » , cioè uno dei suoi effetti (2. 2. Q. 148 art. 6). 3) Affine di preservarsi da innumerevoli peccati veniali: « L´azione del mangiare, scrive Sant´Alfonso, ritorna parecchie volte al giorno, di modo che chi non si applica a mortificare la gola commette gran numero di colpe » . 4) Per potersi più facilmente applicare alla preghiera, alle cose spirituali, al lavoro ed alle opere buone, poichè leggiamo nel libro della Sapienza: < Questo nostro corpo che si corrompe, aggrava l´anima, e questo terreno abitacolo opprime lo spirito » . 5) Per giungere ad elevato grado di virtù e di santità. « Quelli, soggiunge Sant´Alfonso, che si studiano di mortificare il gusto fanno continui progressi nella perfezione, perchè essi acquistano maggior facilità nel mortificare gli altri sensi, e darsi all´esercizio delle virtù » .

Le piccole mortificazioni.

Ma tu bada bene a non voler aspettare per mortificarti, che ti vengano occasioni grandi e straordinarie; devi anzi dare molta importanza alle piccole mortificazioni. Di queste hai occasione molte volte al giorno e Perciò acquisti più meriti. E poi, ogni mortificazione implica anche un atto di amore di Dio, vale a dire un atto della più eccellente delle virtù . Praticandole, ti meriti quaggiù un aumento di grazia santificante, come pure numerose grazie attuali, e nel cielo un accrescimento di gloria per tutta l´eternità. Questa dottrina è rigorosamente teologica, e i santi furono in ogni tempo, al pensiero di queste verità, eccitati al sacrificio. Spesso San Leonardo da Porto Maurizio nelle sue lunghe camminate sentivasi divorato da un´ardente sete. Ciò nondimeno sempre invano i suoi compagni lo tentarono di bere, non fosse altro che un bicchiere d´acqua, per refrigerarsi. « Non ci trovo il mio conto, s´affrettava a rispondere il santo, nel sacrificare per una goccia d´acqua un grado di merito di più in paradiso! » Lo stesso facevano ordinariamente tutti i santi, che nelle prolungate meditazioni erano venuti a capire bene queste verità. Ed il nostro caro padre e fondatore Don Bosco, quando, stanco e spossato, era invitato a riposarsi, soggiungeva: « Ci riposeremo poi in cielo! Ora il demonio lavora indefessamente a perdere le anime, e bisogna che noi lavoriamo infaticabilmente per salvarne quante possiamo » .

Altri modi di mortificazione del gusto.

In che modo pratico mortificare il gusto? Prima bisogna praticare quanto serva a rimediare ai cinque difetti principali sopra notati, prodotti dalla golosità, e poi procedere a prendere altri mezzi di sempre maggiore perfezione. Il tutto può ridursi ai seguenti punti :

1) Prendere il solo necessario.

E prima di tutto giova un mezzo che direi preliminare, cioè condurre vita perfettamente sobria. Consiste questa sobrietà nel mangiare e bere solamente quel tanto che ci è necessario, in modo che l´appetito non sia mai completamente soddisfatto, secondo che ci ammaestra San Girolamo: « Il tuo cibo sia moderato e non essere mai a ventre pieno ». Si deve mangiare per vivere, e non vivere per mangiare, a somiglianza delle bestie, le quali mangiano a tutte le ore, ed ogni volta che ad esse si appresti il cibo. Anzi, continua San Girolamo, bisogna cibarsi in modo da potere, dopo la refezione, speditamente occuparsi nell´orazione, nella lettura dei libri santi e nelle opere buone. È specialmente l´apostolo San Pietro, che c´inculca questa sobrietà, là dove dice: « Siate sobrii e vigilate, perchè il vostro avversario, il demonio, quale ruggente leone, gira attorno a voi, cercando preda da divorare » [103]. Il demonio, dicono ì Santi Padri, cerca le anime per farle cadere nel peccato mortale. Ma esso conosce sì bene la debolezza nostra, che cerca sempre il nostro lato più debole: egli sa che un copioso nutrimento ha eccitate le passioni! Così, si è allora che esso tenta, e non è raro, ohimè ! che la vinca. Se vogliamo evitare tentazioni e forse anche cadute, siamo sobrii. San Bernardo era nel vitto sì parco, che del pane spesso cibavasi a misura; e perfin dell´acqua, che era l´ordinaria sua bevanda, usava con grande parsimonia. San Girolamo giungeva persino a preferire la sobrietà al digiuno: « Preferisco un moderato nutrimento, che vi lasci sempre l´appetito, ai digiuni di tre giorni» . Anche San Francesco di Sales dice essere preferibile una moderata sobrietà, e sempre uguale, ad una violenta astinenza frammista a grandi rilassatezze. La medesima cosa ci inculcava Don Bosco, il quale, invece dei veri digiuni, insisteva sulla rigorosa sobrietà. Ed aggiungeva in più questa osservazione, cioè di essere sobrii specialmente alla sera a cena, a fine di avere un sonno tranquillo, ed evitare le tentazioni moleste.

2) Nulla fuori pasto.

La seconda mortificazione del gusto consiste nel non prendere alcuna cosa fuori di pasto senza sufficiente ragione. San Filippo Neri non poteva tollerare che alcuno dei suoi si permettesse di mangiare tra i pasti. E ad uno di essi che lo faceva, disse: « Voi non sarete mai uomo spirituale, se non vi correggerete di questo difetto » . San Carlo Borromeo, arcivescovo di Milano, avvedutosi che imo dei suoi cappellani prendeva qualche rinfresco fuor di tavola: « Amico mio, gli disse, non sapete che chi concede ai suoi appetiti ciò che richiedono, divien loro schiavo? Voi soddisfate la vostra sete quest´oggi; domani sarete pronto a farlo di nuovo: più tardi non sarete più padrone di voi stesso » . Ed egli era il primo a fare ciò che suggeriva agli altri. Ancor tu, fuori che per bisogno affatto eccezionale, o quando la carità o la convenienza lo richiegga, fa´ questa mortificazione: non prender mai nulla fuori di pasto, e ne avrai gran merito.

3) Astenersi da certe bevande...

La terza mortificazione del gusto consiste nell´astenersi abitualmente da certe bevande, o a non farne uso che con grande moderazione. Il vino, i liquori, le bevande spiritose in generale, non sono senza danno della castità, per la funesta loro azione sul sistema nervoso. Perciò conviene lasciarle, od almeno renderle innocue col moderarle molto. Lo Spirito Santo dice chiaro: « Il vino è una scaturigine di lussuria [104]. Il vino ha fatto perire molti» [105]. Quindi S. Girolamo consiglia a fuggirlo come un veleno, soggiungendo (nella lettera 19°) : « Se io son reputato abile a dar consiglio, se si presta fede ad un ammaestrato dall´esperienza quale son io, di questo sopra ogni altra cosa vi ammonisco, di questo vi scongiuro, a schivare cioè il vino, come appunto si fugge il veleno. Questa è l´arma principale di cui si serve il demonio a danno della gioventù . Vino e giovinezza formano un doppio incentivo di concupiscenza».[106] San Vincenzo Ferreri dà questo consiglio, ripetutoci anche tante volte da Don Bosco: Il vostro vino sia così temperato con acqua da perdervi la sua forza » . A San Giovanni Battista De Rossi che metteva molta acqua nel vino, fu osservato che così lo guastava: « È meglio guastarlo che essere da esso guastato » , rispose, continuando ad aggiungere acqua. Se questa è dottrina dei santi applicabile a tutti, essa è applicabile in modo tutto speciale alla gioventù . Perciò se tu ti senti ispirato a prender questa risoluzione, di non voler ordinariamente bere liquori, e di voler sempre mescolare il vino, eccetto quando si sa che è già molto mescolato, fallo, che il Signore te lo ascriverà a merito.

4) Stare a vivande comuni.

La quarta mortificazione del gusto, che tutti dobbiamo praticare, consiste nel non voler d´ordinario che vivande comuni, piuttosto che quelle delicate o ricercate. Perciò contentati sempre di quelle che nelle comunità son apprestate. Mangia tutto indistintamente, quando non te lo impedisca la salute, o una insuperabile ripugnanza. Prendi ordinariamente ciò che ti sta dinanzi, non lagnarti mai del cibo, e meglio ancora, non parlarne. San Francesco di Sales dice a questo riguardo: « Son di parere che è più grande virtù mangiar senza scelta ciò che vi si presenta, sia o no secondo il vostro gusto, che a vostra scelta cercare quello che vi è di più cattivo sulla tavola. Poichè, quantunque questa pratica sembri più austera, nell´altra vi è meno di propria volontà. Oltre a ciò questo modo (li mortificare il gusto non è mai manifesto, non impaccia alcuno, e conviene appuntino a tutte le usanze della vita» . Egli poi, indifferente a qualunque specie di cibo, nulla ma´ trovava a ridire, qualunque fosse stato e comunque preparato. Freddo, caldo, salato, insipido, tutto era secondo il suo gusto: mangiava ciò che gli si presentava, senza far mai la più piccola osservazione. Anche mirabile su questo punto era Don Bosco, del quale a mala pena si poteva sapere che cosa più gli piacesse e che cosa meno, perchè a lui tutto piaceva. La madre di San Bernardo, bramosa di vedere un giorno consacrati al Signore i suoi sette figliuoli, li avvezzò fin da fanciulli a pascersi di cibi comuni ed usuali. Ben sapeva questa santa genitrice, il danno che può procurare ai giovani l´essere nutriti delicatamente, e quindi sottraeva ad essi ogni cibi delicato. E riuscì nel suo intento, poichè tutti i suoi figliuoli, l´uno dopo l´altro, si fecero religiosi, e si dimostrarono veri esemplari di sobrietà e di astinenza. San Bernardo che si fece loro guida, confessa di se medesimo di aver sempre osservata una esattissima mortificazione, astenendosi dal vino e dalle carni per essere immune da ogni tentazione e da ogni caduta [107].

Non dico che tu abbia a praticare tanto rigore quanto ne praticava questo santo. Ma almeno non avvezzarti ad essere goloso. E se già fossi avvezzo, disavvezzati, ti costasse pure molta forza ed energia. Fallo mentre sei giovane, perchè quanto più aspetti, tanto più proverai difficoltà in seguito. Avvezza anche il tuo stomaco ad ogni cibo per quanto sia grossolano ed usuale, mortificando l´importunità della gola, avida per lo più di ghiottonerie. Riducila a contentarsi del solo vitto ordinario e comune. E se la vita comune ti è un po´ incomoda, pensa che essa è necessaria. A poveri quali siamo noi religiosi in forza della nostra professione religiosa, quando abbiamo con che sostentar la vita, è sufficiente, come ci ammaestra San Paolo: « Avendo gli alimenti e di che coprirci, accontentiamoci di questo » [108].

5) Rinunciare al piacere del gusto.

La quinta mortificazione del gusto consiste nel privarsi di qualche cosa gradevole. San Vincenzo Ferreri scrive: « Se la vivanda che vi si serve è insipida, sia perchè manca di sale o per altro, non mettetevi nè sale nè altro condimento; resistete alla sensualità per amore di Gesù Cristo abbeverato di fiele e aceto. Potete così lasciare di nascosto le salse che non servono che ad eccitare la gola » (Trattato della Vita, VI). San Leonardo da Porto Maurizio s´astenne sempre dal far uso, sulle vivande, di limoni, di cui pur tanta comodità aveva nei suoi paesi. E tu prometti di non assecondare mai in queste cose la golosità. Te ne servirai solo quando l´appetito avesse davvero bisogno di essere eccitato, per indisposizione corporale, o la convenienza lo richiedesse. Puoi anche privarti in tutto od in parte, d´una vivanda gradevole o d´un dolce o simile. Non è poco, dice l´Imitazione di Cristo, rinunziare a se stesso nelle piccole occasioni. Ci vuole una bella dose di virtù per essere esatto e costante nel vincersi così nelle cose più comuni. Affine di imitare queste anime così virtuose procura anche tu, per quanto puoi, di privarti ogni giorno di qualche cosa di maggior tuo gradimento. Poca cosa, diceva Don Bosco, ma costante nel poco.

La virtù vera giunge fino a contrariare il gusto in modo positivo, per esempio prendendo il cibo insipido, o masticando disgustose sostanze, pratica usata spessissimo dai santi.

Con questo spirito di mortificazione astieniti volentieri dai cibi che la Chiesa proibisce in certi giorni, ma soprattutto dalla carne. Se la carne t´invigorisce il corpo, dice San Clemente Alessandrino, indebolisce l´anima, perchè alimenta ed eccita la concupiscenza » Strom., libr. VII). Anche San Bernardo e Sant´Alfonso raccomandano di non usarne che con molta moderazione « affine di non essere molestati da tentazioni impure » (S. Alfonso, Vera Sposa di G. C, Vili). Si sappia far per virtù ciò che la maggior parte degli uomini fa per necessità. Tu però alla tavola comune, dove non se ne dà della delicata, nè in molta quantità, puoi servirti di quel poco dando lode a Dio.

6)... Mortificazione nel modo di cibarsi.

Il sesto modo di praticare la mortificazione del gusto, sta nel modo di cibarsi; vale a dire non mangiare con ingordigia, ma con religiosa posatezza. È insegnamento del medesimo apostolo San Paolo, che ogni cristiano deve riferire a Dio tutte le sue operazioni, inclusavi anche quella del mangiare e del bere. Sia che mangiate o che beviate, o che facciate qualunque altra cosa, fate tutto a gloria di Dio.

Molto più un religioso deve andare a mensa accompagnato da questo pensiero: egli di più deve badare a pascere il suo spirito con buone e sante riflessioni. A tale effetto in tempo di refezione, si suole nelle comunità religiose, leggere libri spirituali, le cui massime, mentre tengono raccolta la mente in Dio servono a reprimere l´avidità del cibo corporale. La lettura di libri santi a tavola è davvero un aiuto potente a conservare la sobrietà. Molto più facilmente si praticheranno le leggi della mortificazione richiamando alla mente in refettorio pensieri santi, o pie riflessioni, le quali servono d´impulso a praticare degli atti di mortificazione, col privarsi destramente di quelle cose che al palato riescono gradite.

7) Il digiuno.

La settima mortificazione del gusto consiste nel digiuno. « Fra tutte le austerità, dice San Francesco di Sales, la più grande è il digiuno, perchè è quella che mette la scure al-; la radice dell´albero. Le altre non fanno che scalfire, graffiare, potare » . La Chiesa sanzionò il digiuno sopra ogni altra pratica di mortificazione. Nel prefazio, che si dice nella quaresima, ne canta le lodi, dicendo che col digiuno corporale si reprimono i vizi, si solleva - W. ed acuisce la mente, e si acquistano molte virtù , procurandoci così grande premio [109].

... Suoi vantaggi.

Secondo un grande teologo, il padre Lessio, il digiuno produce otto vantaggi. Il primo è di conservare la salute, perchè le malattie nascono spesso dall´eccesso di cibo. Il secondo proveniente dal primo, è di prolungare la vita. Gli esempi di longevità van uniti ad una grande sobrietà nel mangiare. Ricordiamoci dei più celebri monaci nel deserto: Paolo, Antonio, Saba, Pafnuzio, Arsenio, Eutimio, Giovanni il solitario, Romualdo, uomini dati a continui digiuni, vissero tutti più di cento anni. I certosini digiunano molto e non mangiano carne neppur nelle più grandi malattie. Allorchè la santa Sede era ad Avignone il Papa mandò a dire al priore della gran Certosa che voleva mitigare i loro digiuni e permettere l´uso delle carni nelle malattie. Questa mitigazione fu loro cagione di tanta pena, che risolvettero d´inviare una deputazione al Papa affine di pregarlo di poter conservare nelle loro regole un così antico precetto. Tal deputazione era composta di venticinque monaci, ed il più giovane aveva ottant´anni, parecchi passavano i novanta. Appena il pontefice li vide a quella età sì I avanzata, così forti, così vivaci, non insiste di più e li rimandò a continuare la loro vita mortificata. Il terzo vantaggio che, secondo il Lessio, proviene dal digiuno, sì è di preservare da numerose tentazioni, privando il corpo di ciò che fomenta le passioni. Il quarto di agevolare la preghiera e lo studio, poichè lo stomaco carico intorpidisce il cervello. Il quinto di disporre l´anima a ricevere i lumi dall´alto e gli altri doni celesti: invero il digiuno pone l´anima in una calma favorevole, le ottiene le consolazioni divine, poichè solo privandosi dei piaceri del corpo, si meritano quelli dello spirito. Il sesto è di soddisfare alla giustiza di Dio per i peccati commessi. Il settimo è di ottenere tutte le grazie senza alcuna eccezione, come vedesi nella vita dei santi e l´esperienza insegna. L´ottavo è di acquistare grandi meriti quaggiù ed una magnifica ricompensa in cielo.

...Norme pratiche.

Essendo sì numerosi e sì grandi questi vantaggi, non è a meravigliarsi che i santi! tanto abbiano amato e così eroicamente praticato il digiuno, alle volte fin dalla prima età. Tu quindi tieniti ad una rigorosa sobrietà nei modi sopra indicati. E riguardo al digiuno propriamente detto, fa´ quello del venerdì, « abilito dalle costituzioni, anche se avessi a soffrirne. Per fare di più intenditi col maestro e col direttore dell´anima tua, poichè sei nella formazione del tuo fisico, e la fantasia potrebbe accecarti e condurti a fare spropositi. Va] più , avanti al Signore, astenersi da un digiuno per obbedienza, che fare un digiuno di più contro l´obbedienza. No, non ti raccomandiamo cose straordinarie; anzi sono -tate sempre grandemente disapprovate certe astinenze che derivano da fervori giovanili, non atte ad altro che ad indebolire le forze, e ad impedire il pieno sviluppo del fisico di chi è ancora nella crescita. Sovente chi per un po´ di tempo vuol fare troppo, ‚viene a mettersi in condizioni di non poter poi fare più nulla per lungo tempo. Invece, aspirandoti il Signore di fare a mensa qualche atto di mortificazione, fa´ come ti dissi sopra, privati di qualche cosa più gustosa, e per te più appetitosa. Procura di far questo a modo che altri appena se ne avvegga, e  la tua mortificazione sarà più meritoria. Un frutto, un intingolo, una porzione di vitanda sono mortificazioni a Dio accette, niente pregiudizievoli alla tua sanità, facili altresì ad eseguirsi, e molto atte a porre in salvo la virtù della sobrietà.

Danni dell´intemperanza.

Dopo avere parlato fin qui dei beni che provengono dalla sobrietà, della mortificazione della gola e del modo di praticarla, mi resta a dire qualche cosa dei danni dell´intemperanza, specie in un religioso.

1) Degradazione morale.

Le brutte qualità e il sommo pregiudizio che risulterebbero ad un religioso se egli non rintuzzasse i fomiti dell´intemperanza, non sono paragonabili che alle perniciose conseguenze che ne risulterebbero se uno fosse incontinente. Nè parlo solo della intemperanza nel senso grave e vergognoso, di chi si lasciasse andare ad eccessi nel mangiare e nel bere, tanto da rimpinzarsi e da ubriacarsi: queste cose sono peccati gravi anche nei secolari, e dobbiamo considerarli pome delitti, ed impossibili ad avvenire in un religioso. E se mai fra i religiosi un solo se ne trovasse, che si lasciasse andare a questi eccessi, sarebb´egli senza fallo un mostro sì deforme, che nessun altro vizio come questo lo renderebbe vile e spregevole. Parlo adunque di una tal quale avidità di mangiare, del cibarsi principalmente per soddisfare il gusto, per trarne sensualità e diletto, e dell´eccedere in qualche modo nella quantità dei cibi. Se questo genere di intemperanza viene interdetto secolari, obbligati anch´essi a praticare nel vitto una cristiana moderazione, quanto più -ara vietato ai religiosi, che appositamente entrano in un ordine od in una congregazione per far penitenza, per condurre una vita di mortificazione, per tendere a perfezione? Bella penitenza invero sarebbe quella di chi invece di affliggere la carne, l´accarezzasse con pascerla di cibi ben confezionati, e con bevande ben eccitanti! Bella virtù accontentar appetito della gola, compiacerla in tutte le sue voglie; bell´astinenza il partire col corpo satollo dalla tavola; bella mortificazione il mangiare non per bisogno, ma per edacità e per piacere!

Pericolo d´impurità.

 Con tutto ciò il male non sarebbe estremo se tutto il danno si restringesse a questo solo; a v´è anche di peggio assai. L´intemperante oppresso dalla soverchia quantità di cibi, ritrovasi in un´attuale inazione di spirito. Ora se in quel tempo si pone in moto la concupiscenza (ed è impossibile che essendo il corpo satollo non si susciti nella parte inferiore tempesta di sensualità), a quali pericoli convien dire che stia esposto un intemperante di soccombere a funesti e vergognosissimi naufragi? « Li ho saziati e son caduti in peccati vergognosi » come si lagna Dio del suo popolo [110]. Io li ho provveduti di vitto, ed essi abusando dei doni della mia liberalità, si sono dati vergognosamente in preda ad abbominevoli impudicizie, come cavalli sfrenati Ciò specialmente avverrebbe ad un religioso di giovane età, in cui il bollore delle passioni è ancora eccitato dalla vigoria e forza dei sensi.

3) ... Scandalo al prossimo.

Vedi un po´ che orribile scandalo è in un religioso l´intemperanza, specie nel bere! Oltre alla offesa del Signore, che in un religioso arriva più presto a far peccato mortale per cagione del cattivo esempio, è anche conculcato presso i secolari il decoro dello stato religioso. Oh quanto ripugna, quanto dispiace e fa vergogna sopra ogni altro vizio, -questo della intemperanza nel bere! È incredibile qual cattivo effetto faccia il veder comparire in pubblico un religioso oltre il solito rubicondo in faccia, cogli occhi ben rilucenti, farsi sentire con l´alito avvinazzato, darsi a vedere fuor del consueto allegro, prorompere in leggerezze, e dimostrare con altri segni gli effetti della sua intemperanza. Attieniti tu pertanto ora, e promettilo fermamente con un sacro giuramento al Signore, di volere per tutta la tua vita stare al consiglio suggerito dall´apostolo San Paolo al suo Timoteo: di far uso del vino in quanto è richiesto dalla necessità e dalla salute [111]; e nulla più .

4) Risveglia passioni ed abitudini antiche.

L´intemperanza è quella che realmente risveglia le antiche passioni. È essa che spinge a riassumere i primieri abiti peccaminosi, riaprire le vecchie piaghe, anche ad onta di tanti bei proponimenti, di tante orazioni, di tanta custodia dei sentimenti, e di tant´altre buone opere. Temi dunque, o mio buon figliuolo, questo nemico capitale della santa purità. È vero che anche la congregazione nostra in alcune circostanze di tempo o di solennità, somministra qualche vivanda di più del consueto, ma non per questo hai a far oggetto di disordine quel che è onesto riflesso di caritatevole discrezione. Approfitta pure di quella carità che ti vien somministrata dalla Divina Provvidenza; ma con misura, e moderazione. Non oltrepassare mai i confini della religiosa sobrietà, che è l´arma più sicura per abbattere il nemico della -anta purità.

 
Capo XXVI DELLA MORTIFICAZIONE DEGLI ALTRI SENSI DEL CORPO

Mortificare il tatto perchè pericoloso.

Il tatto è quel senso che percepisce, ossia sente tutte le diverse impressioni e sensazioni prodotte nel nostro corpo dal contatto di oggetti esteriori. Questo senso precipuamente fa d´uopo mortificare, perchè , come dice San Basilio è il più pernicioso [112]. « La vista si limita agli occhi, dice il padre Scaramelli, l´udito alle orecchie, alle narici l´odorato, il gusto al palato ed alla lingua; ma il tatto è sparso su tutta la superficie del corpo. In tutte le membra esso tende insidie alla volontà. È specialmente il mortale nemico della castità, poichè esso desta la concupiscenza carnale, accende nell´anima gran fuoco d´impurità, e con gran forza la seduce e trascina nel fango della disonestà. Questo senso è quel formidabile nemico, che, deciso di dall´assalto ad una fortezza, non si limita ad attaccare una trincea od un bastione, ma d´ogni lato la serra, da tutte le parti l´assale, e spiega contr´essa tutte le sue forze per rendersene padrone » . E per questo che San Paolo diceva schietto di sè, e così lo insinuava a noi: « Io castigo il mio corpo e lo riduco in servitù , per timore, che dopo di aver predicato agli altri, non sia io stesso riprovato [113]» .

... Impedisce la perfezione.

Devesi ancora mortificare il senso del tatto per riuscire a condurre vita che tenda alla perfezione, secondo le esigenze del nostro stato di religiosi. Ciò che impedisce la maggior parte delle anime di giungervi, è l´affetto agli agi ed al benessere. « E un errore, dice Santa Teresa, il pensare che Iddio ammetta alla sua amicizia le persone che cercano i loro comodi » . Ed il padre Faber soggiunge: « L´amore del proprio benessere corporale è la rovina della santità: dalla cerchia del benessere quotidiano non uscì mai nulla di grande » (Il Prez. Sangue). E poi continua: « Sarebbe cosa facile l´esser uomo spirituale, se a ciò bastasse l´aver rette vedute, elevati sentimenti, o ferventi aspirazioni. La pietra di paragone della spiritualità è la mortificazione. I mondani divertimenti, la ] giornaliera abitudine di far sempre la propria volontà, sono tutte cose incompatibili con la santità, »quando sono abituali, e formano il normale ed ordinario andamento della nostra esistenza. La pena è necessaria per la santità; il soffrire è essenziale per la distruzione dell´amor proprio. È affatto impossibile che le virtuose abitudini possano formarsi senza la volontaria mortificazione, e il dolore deve fecondare la grazia per farle portare dei frutti.

Come mortificare il tatto.  1) Rinunciare alle comodità.

Indichiamo ora le principali maniere di praticarla. La prima maniera di mortificare il senso del tatto consiste nel rinunciare, anche quando si è soli, a quelle comodità, che impedirebbero d´aver sempre un contegno dignitoso e modesto quale si conviene a chi sta alla presenza di Dio. Siano come esempio il non istendere od incrociare le gambe stando seduti, lo stare in piedi senza appoggiarsi, il non stiracchiarsi, lo stare in modesta posizione a letto, e coperti con molta decenza, anche nei soffocanti calori estivi; non sciogliersi i vestiti d´estate per ripararsi dal troppo calore, non cercare bagni o luoghi di frescura, o refrigeri anche permessi: in una parola, non cercar mai i propri comodi. Di San Francesco di Sales racconta mons. Camus: « Io non l´ho mai veduto dispensarsi dalla più esatta regola della modestia: così solo, come in compagnia, teneva un´eguaglianza di contegno nel proprio corpo simile a quella del suo cuore » . La stessa cosa possiamo dire del nostro buon padre Don Bosco, che non si vide mai cercare le sue comodità, ed in ogni circostanza si comportava così mortificatamente, da far credere che non si sia mai presa una soddisfazione corporale per pura sua compiacenza. Solo a forza di molti atti di mortificazione, si giunge a questo, ma non dimentichiamo che per diventar santi bisogna combattere, e combattere sempre, e combattere aspramente.

2) ... Cercar quel che più piace al Signore.

Una seconda maniera di mortificare il tat10 consiste nel cercare sempre, anche nelle ose « sterne, quel che piace di più al Signore, « ebbene costi molti sacrifici. Così ad esempio cerca di pregare in ginocchio, e per quanto si può anche senza appoggiarti, col capo coperto, in posizione molto rispettosa. Recita le preghiere del mattino e della sera, fa´ la meditazione e le altre pratiche di pietà in ginocchio avanti al Santissimo, anche se te ne potresti dispensare, e fa´ queste cose per quanto puoi in comune. Assisti alle funzioni di chiesa, anche assai lunghe in certe solennità, e senza lasciar di pregare e senza guardare attorno; e così via.

3) ... Sopportare le intemperie e le veglie.

La terza mortificazione del tatto consiste nel sopportare pazientemente le intemperie dell´aria, caldo, freddo, vento, polvere, pioggia, non solo senza muover lagnanza ma con giocondità. È anche mortificazione del tatto il vegliare. Per te questa deve limitarsi a star volentieri alzato quando qualche lavoro di ubbidienza lo richiedesse, come per aiutare in sacrestia, attender qualche forestiero, nel non prenderti quel po´ di riposo che alcuni si prendon nel pomeriggio, nell´alzarti volentieri prima della levata, quando il servizio delle messe, viaggio, od altra causa lo richiedesse. Sii sempre puntuale nell´alzarti alla levata, anche quando stessi poco bene, o quando per motivi leciti fossi andato molto tardi a letto. Questa mortificazione costa assai a chi non si è ben accostumato; ma appunto per questo è molto meritoria, e si deve assolutamente praticale per giungere alla perfezione. Non si saprebbe dire quante grazie segnalate ci procaccia nel corso della giornata questa prima violenza, e di quante grazie noi saremo privati nel giorno per la negligente omissione di questa mortificazione. Non è da credere mai al fervore di un´anima, che incomincia la sua giornata con un peccato veniale di pigrizia. San Vincenzo de´ Paoli scrisse appositamente una lettera circolare a tutti i suoi religiosi sul bene di levarsi puntualmente al mattino, lettera creduta di tanta importanza da Don Bosco, che la volle inserita nella edizione tradotta delle nostre costituzioni. « All´infuori del tempo che si dà ai vizi, dice San Bernardo, noi non perdiamo di più il tempo di nostra vita che dandolo al sonno » . Chi dorme molto tempo, dice San Vincenzo de´ Paoli, si rende effeminato; così allora appunto giungono le tentazioni.

4) Cercar sedie e letti duri.

La quarta mortificazione del tatto consiste nel non concedersi seggioloni e letti soffici. Anzi conviene che ci abituiamo a letti incomodi piuttosto duri. Quante volte non si dice necessario alla salute ciò che propriamente non serve che a velar l´amor proprio e . soddisfare la sensualità! Un morbido letto enerva il corpo e per conseguenza l´anima, e trattiene a riposo più del necessario. « Se un pagliericcio ti basta per dormire, dice Sant´Alfonso, qual necessità vi è di aggiungervi un materasso? e perchè metterne due? » E San Vincenzo Ferreri scriveva: « Vi alzerete non solo con facilità, ma ancor con gioia, se avete un duro giaciglio » .

5) Sopportare pruriti e punture.

La quinta mortificazione del tatto consiste nel sopportare con pazienza, e senza cercar di liberarsene (salva sempre l´igiene e la nettezza), i naturali pruriti e le punture dei moscerini e degli insetti. Sant´Alfonso chiama questa mortificazione un tormento spesso più duro dei cilici e delle discipline. Eppure per fare questa penitenza non vi è bisogno di chiedere il permesso, e non si è esposti alla vanagloria! Il ven. padre Lancizio racconta d´aver conosciuto dei religiosi i quali, per aver tollerato per più settimane vivissimi pruriti cagionati dagli insetti, ricevettero grazie straordinarie, che fino allora invano avevano chiesto per molti anni.

6) Le penitenze afflittive del corpo.

La sesta mortificazione del tatto consiste, nell´affliggerlo con strumenti di penitenza, come ad esempio col portare il cilicio od una catenella di fil di ferro, le cui punte sporgenti s´applicano sul corpo specialmente ai fianchi, alle braccia, alle gambe; o col darsi la disciplina. Il ricordo della crudelissima flagellazione di Gesù Cristo valse assai a porre in onore tale penitenza: « Non vi è alcun santo, almeno tra i moderni, dice Sant´Alfonso, che non l´abbia adoperata assai » . Io non ti suggerisco queste due ultime sorta di penitenza, senza che ti sia inteso col tuo maestro o col tuo direttore. Queste cose a noi non sono comandate, e generalmente neppure consigliate: ma spiritus ubi vult spirai. È certo che vedendole praticate da quasi tutti i santi, dovremmo almeno desiderarle, ed ammirare chi, ben guidato, le adopera. Noi abbiamo e gli incomodi della vita comune, e la fatica della continua assistenza ai giovani, e il grande e non interrotto lavoro, che possono ben farci acquistare il merito di chi porta il cilicio o si dà la disciplina, ed anche dì più . Eppure, in qualche circostanza, potrebbe questa sorta di penitenza esserti ben utile, e quasi necessaria, per rintuzzare la petulanza del corpo che ricalcitra. Però , specialmente in questo, consigliati con chi dirige la tua anima.

7) La nostra pratica penitenza.

Vi è ancora un settimo modo di mortificare i nostri sensi e tutto il nostro corpo, ed è quello che Don Bosco, senza rigettare nessuno degli altri sei modi sopraenunziati, suggeriva e praticava sopra tutti; ed è il mortificarsi coll´esatta osservanza della vita comune, e con straordinario lavoro e fatiche. Certo che l´essere costante giorno e notte nell´assistere, ed assistere nelle dovute maniere i nostri alunni, il dovere costantemente e bene fare scuole diurne e serali e prepararvici seriamente, e correggere costantemente un gran numero di pagine; il dover fare questi continui lavori anche quando sono contro genio, anche se si ha poca salute, o senza libri adatti, o con colleghi strani e mal disposti verso di noi; lo stare in un collegio dove l´aria non ci è propizia, la camera non adatta per posizione e per ampiezza, orribilmente fredda d´inverno e calda d´estate: tutto questo, dico, vai ben più del portare cilicio, darsi la disciplina, e del fare le più austere penitenze. Don Bosco a qualcuno che avrebbe voluto entrare in altro istituto religioso con lo scopo di fare più penitenza, attestando che aveva da soddisfare per i peccati della vita passata, rispose in mia presenza, assicurandolo che in nessun luogo avrebbe potuto fare più penitenze che nella nostra Pia Società, purchè osservasse bene le regole e si occupasse seriamente del bene dei giovani, come sogliono fare i nostri soci più osservanti; e che comportandosi egli in questo modo, si prendeva lui la responsabilità avanti a Dio della penitenza che avrebbe dovuto fare per i falli della vita passata.

Inoltre questo intenso lavoro richiede che, per esempio, sia pronto a lasciare il pranzo a metà per un´assistenza imprevista, che stanco a morte pur vada a quella tal conferenza, prenda parte a quella data riunione, ti occupi del collocamento di quel dato giovane, dia mano a sostenere ancora l´oratorio festivo, aggiunga alle molte scuole qualche ripetizione, aiuti a preparare un teatrino, un´accademia, e mille cose simili che possono occorrere ogni giorno. Ebbene! ricordati che si deve fare penitenza; che chi non ne fa, irrimediabilmente perisce; e che tu non facendone molte d´altre sorta, devi fare almeno quella di lavorare indefessamente, di osservare bene tutte le regole, e di stare, anche con incomodo, alla perfetta vita comune. Mettiti pertanto a fare queste cose volentieri e con cuore generoso, e Dio ti benedirà.

Della mortificazione dell´udito.

Per la mortificazione dell´udito basteranno poche parole, appartenendo specialmente alia mortificazione interiore le principali maniere di praticarlo Non è mortificato l´udito quando volontariamente si ascoltassero parole discorsi malvagi, oppure pericolosi, cioè di quelli che possono cagionare nell´anima tentazioni o pericolo di peccare. Astenerci da questo è obbligo assoluto.

 Come mortificare l´udito. 1) Non ascoltare...

La prima mortificazione dell´udito, consiste nel non volersi fermare ad ascoltare neppure discorsi semplicemente vani, o musiche profane, quando ve ne sarebbe occasione anche lecita. Le anime che tendono alla perfezione dovrebbero vietarsi le romanze leggiere e ascoltate per puro diletto. Noi possiamo e dobbiamo attendervi alle volte, essendo dirette a sollevare i nostri giovani. Ma tu procura di avere sempre in mente di non volerti solo divertire, bensì, e principalmente, attendere ad un tuo dovere, cosicchè se fossi per qualche motivo chiesto altrove, non avesse a dispiacertene. Se sentissi parlare di qualche celebre musicista che viene a dar saggio nella città, guardati bene di cercare permessi o di andare ad ascoltarli per pura curiosità. Reprimiti prontamente e fortemente: e vaso« | lo se la necessità e la convenienza richiedano che tu vada. Don Bosco da giovane suonava assai bene il violino, e ne avrebbe trovato diletto e sollievo; ma fatto chierico, visto che gli serviva solo per vanità propria, o per soddisfare la curiosità altrui, lasciò risolutamente quel suono, e non attese a musica se non per bene dei suoi giovani, e mai per propria soddisfazione.

2) Sopportare.

 La seconda mortificazione dell´udito consiste nel sopportare con pazienza, senza lagnarsi, quando non si è tenuti a farlo, ciò che di natura sua sensibilmente l´affligge, per esempio: il continuo scricchiolio di una porta, l´ostinato abbaiar d´un cane, il gracidar delle rane, il noioso cicaleccio o gridio di giovani, l´affrettato e pesante e rumoroso passo di altre persone nei corridoi avanti le nostre camere, ecc. Le persone nervose possono molto soffrire da queste cose. Si prenda tutto in -anta pace, e se ne renda grazie al Signore.

Mortificazione dell´odorato.

Il primo modo pratico per mortificare l´odorato consiste nel privarsi assolutamente di ogni uso di profumi, siano essi naturali od artificiali. Questa cosa è indegna di ogni religioso che sa rispettarsi. L´unico caso lecito, ed alle volte necessario, si è l´adoperare qualche cosa che tolga il fetore, per non dare disgusto od essere gravi ad altri. Il secondo modo di mortificare l´odorato è di non annusare fiori od altro per pura soddisfazione propria. Fallo solo per convenienza o per renderti piacevole ad altri. Si racconta nella vita di San Vincenzo de" Paoli, che non annusava mai fiori: alla loro fragranza preferiva il cattivo odore degli ospedali o delle camere defili infermi. Altra penitenza a questo riguardo consiste nel privarsi del tabacco da naso; la quale mortificazione, per chi antecedentemente ne fosse accostumato, costerebbe! sacrifizio gravissimo. Non parlo dell´astenersi dal fumare, perchè questo è già comandata] dalle regole, e Perciò necessario a farsi. Quarta mortificazione dell´odorato, consiste nel sopportare con pazienza e, per quanto si può con gioia, tutto ciò che può sensibilmente affliggerlo. « Cercate, dice Sant´Alfonso, di sopportare i cattivi odori che. regnano spesso] nelle comunità » . Animati dallo spirito di carità e di mortificazione sopportiamo i cattivi odori degli ospedali e delle camere degli infermi quanto l´aria profumata dei giardini fioriti. Un giorno volendo qualcuno distogliere] S. Francesco di Sales dall´accostarsi ad un posero vecchio infermo, che esalava un orribile fetore: « Lasciate, disse; i cattivi odori degli infermi sono come l´odore di rose per me».

Alcune avvertenze.

Lo spirito di mortificazione e di penitenza di cui si parlò , per sè è sempre buono. Ma può benissimo venire travisato dal demonio, specialmente introducendovi lo spirito di vanità per una parte, di scoraggiamento per l’altra. Il demonio cerca di condurre il principiante all´indiscrezione, e fargli fare più penitenze di quel che non possa sopportare, affinchè , scoraggiato, lasci poi tutto, e alle volte perfin la vita cristiana. Altre volte lo incita a grandi penitenze soffiandovi dentro il compiacimento di se stesso, o la persuasione di essere arrivato ad un bel grado di virtù , per servirsi poi di questo a farlo direttamente insuperbire, e quindi a rovinarlo. Si riconosce che lo spirito di penitenza viene da Dio quando rende l´anima più umile, più pentita delle sue colpe, e la fa avanzare solidamente nelle virtù ; e quando in tutto completamente e volentieri, e con semplicità, la sottomette all´ubbidienza dei legittimi superiori.

Per far penitenze straordinarie ci vuol sempre la licenza del superiore; ma per le mortificazioni ordinarie questa non è del tutto necessaria. E sebbene sia cosa consigliata l´aprirsi completamente con lui anche in queste cose, tuttavia se avvenisse alle volte che son se ne avesse la comodità o l´occasione, » quando non si fosse ancora conosciuti, o almeno non si fosse ancora in intimità spirituale con lui, per quelle volte se ne potrebbe fare a meno. Alle volte poi avviene che il Signore medesimo inspirando anche penitenze gravi, dispone le cose in modo o che non si {rossa, o che nemmeno si pensi di domandarne licenza. Una buona suora della Visitazione, in giorno, dopo che si era inciso sul corpo con ferro rovente il santissimo Nome di Gesù , quando le si fece osservare la sua imprudenza pel pericolo di rovinare la sua salute, e ciò senza domandare permesso di sorta, ebbe a soggiungere: < Se anche solo mi si fosse affacciato alla mente che era necessaria la licenza per eseguirla, l´avrei chiesta; ma nulla si presentò al mio spirito » . E poi concluse: « Compresi dopo d´averlo fatto, che Iddio alle volte inspira alcune cose da se stesso, e che non sempre lascia la libertà di ricorrere a quelli che ci possono assicurare della sua volontà » . Nella via dell´ordinaria mortificazione di noi medesimi bisogna non mai interromperci. Nulla dies sine linea: non dev´esserci nè festa nè vacanza che ce ne ritraggano. Un ricamatore, un pittore possono tralasciare la loro opera per qualche tempo, e poi riprenderla e terminarla come se non l´avessero interrotta. Ma ciò non accade ad un barcaiolo che remiga contro corrente; per poco che egli tralasci di vogare, la corrente trascina la sua barca indietro. Vi sono certamente certi tempi più propizi a certe mortificazioni più marcate e speciali: il tempo di avvento, di quaresima, di passione: gli ultimi giorni di carnevale e i venerdì. Ma nello spirito di mortificazione e nelle piccole cose guai se si tralascia anche per poco! Subito ci troveremmo indietreggiati. Tu pertanto fatti coraggio: mettiti con energia nella via della mortificazione di te stesso. Ascolta con semplicità le raccomandazioni del maestro, specialmente sullo spirito di rinnegamento. Intenditi con lui sulle mortificazioni ordinarie che ti pare di poter fare, e non metterti mai da te in mortificazioni straordinarie. Che se sentissi forte impulso della grazia, dipendi sempre con semplicità ed umiltà da chi ha dal Signore l´incarico di dirigerti per le sue vie.

 
Capo XXVII DELLA SANTA MODESTIA E DELLA MORTIFICAZIONE DELLA VISTA

Che cosa sia e in che consista.

La santa modestia è quella virtù che regola i sensi, e compone i movimenti, le azioni esterne e l´ornamento della persona, in modo che questa non dia occasione veruna a peccato nè a se stessa nè ai prossimi. Essa si esercita specialmente nel mortificare e custodire gli occhi e il tatto; nel mortificare l´ornamento esteriore del corpo e le altre esterne azioni, come il portamento, il gesto, il camminare, il sedere; e nel moderare la lingua.

Sua, importanza.

Di grande importanza è la mortificazione del senso della vista, sia perchè questo senso, non ben mortificato, impedisce certamente all´anima l´acquisto della perfezione; sia poi anche perchè facilmente può impedire l´acquisto dell´eterna salute, giacchè d´ordinario trascina l´anima a molti e gravi peccati. Questo senso ha bisogno di molto freno poichè agisce in un istante, e senza alcuna fatica abbraccia in una volta molti oggetti, e giunge ugualmente ai più lontani. Esso serve di strumento a procacciare agli altri sensi ed alle interne potenze i loro piaceri; fornisce all´intelletto ed all´immaginazione ciò che appaga la loro curiosità; e conduce il corpo, servendogli quasi di guida e di fiaccola, dovunque si porta e qualunque cosa faccia. Così dalla cura che si adopera per riformarlo, dipende in gran parte la riforma quasi intera dell´uomo interno e dell´uomo esteriore. Tra gli occhi, la mente e il cuore corre una sì stretta alleanza che non appena miratosi dai primi un oggetto viene immediatamente trasferito ai secondi. Da ciò conviene certamente dedurre di che gran nocumento sia a chiunque l´immodestia degli occhi. Noi poi dobbiamo essere continuamente applicati al culto del Signore, alle cose spirituali, ad istruire ed educare cristianamente i giovani, insomma ad esercizi tali che richieggono ad ogni ora libero il cuore, e totalmente sgombra da pensieri estranei la mente. Ora con quale speditezza potremo portare i nostri affetti, i nostri pensieri a quel Dio, cui devono essere indefessamente rivolte le nostre fatiche e le nostre proprie riflessioni, qualora siano men che custoditi i nostri sguardi? Vengono i nostri occhi da Sant´Ambrogio assomigliati ad una rete. E siccome quando i pesci son ristretti nella rete, non han più libertà d´andare come per l´addietro guizzando in tutta l´estensione delle acque, così il nostro cuore e la nostra mente, tenuti raccolti, non vagheranno più tanto, e saran fuori del pericolo di nuocere all’anima.

Danni della troppa libertà degli occhi.

Considerevolissimi poi sono i danni, che reca ad un religioso la troppa libertà degli occhi, per quegli inevitabili cimenti, cui lo pone la sua libertà di guardare. Nel mondo altro non vi è che vanità, scompostezza e lusso. Tu lo sai, figliuol mio, quel che ti avveniva prima che entrassi in congregazione. Quanti oggetti pericolosi, quanti incentivi, quanti allettamenti non si trovano ogni giorno nel mondo per sedurre la debolezza degli incauti! Ora come potrà non essere sottoposto agli insulti, soliti a suscitarsi nel cuore umano, colui il quale con facilità lascia libero all´occhio il freno di fissarsi in certi oggetti, che vibrano saette avvelenate per ferire mortalmente l´anima di coloro che incautamente li rimirano? Lo sa Davide, dice San Giovanni Crisostomo, che essendosi posto a rimirare uno di cotesti oggetti traditori, fu immediatamente da esso colpito in mezzo al cuore, ove gli formò una piaga profonda e mortale. Unitamente a Davide lo sanno tanti e tanti, che per non aver tenuti ben custoditi gli occhi, incorsero nelle medesime sventure; o se non altro sentirono turbarsi l´intera pace dello spirito, ribellarsi la parte inferiore, mettersi sossopra gli affetti del cuore, porsi in ardenza la fantasia, funestarsi la mente dai laidi pensieri, destarsi la volontà a compiacenze indegne. E Dio sa quante volte non dovettero soccombere alla violenza della passione, risvegliata in loro dalla immodestia degli occhi. San Girolamo non era mai stato un religioso di indole immodesta; eppure non dovette mai soggiacere a veementi tentazioni più d´allora che posò così di passaggio uno sguardo, per altro indifferente, su di un volto sia pure ben composto e venerabile. Allora fu che sentì farsi guerra alla sua innocenza, combattersi la sua illibatezza. Allora udì risvegliarsi nel pensiero il funesto ricordo delle scompostezze, che durante i suoi anni giovanili aveva vedute nei teatri e nelle sale di Roma. E quanto dovette faticare per togliersi dalla mente così brutte fantasie! Quanto dovette adoperarsi per discacciare dalla fantasia le immagini moleste degli antichi oggetti! Quanto dovette insistere per tenere a freno i movimenti della concupiscenza, quantunque fosse ormai d´età avanzata, esercitatissimo nella virtù , indefesso nell´orazione, rintanato in una grotta, estenuato per le austerità delle mortificazioni, dei digiuni, e di tante penitenze! Egli medesimo, piangendo, lo confessa [114]. Ascoltino, ripiglierebbe qui molto a proposito il Crisostomo, ascoltino gli immodesti, i quali non avendo nè la carne mortificata per le penitenze, come un san Girolamo, nè essendo come lui intenti all´esercizio continuo dell´orazione e delle viru, nè avendo domato a somiglianza di lui le passioni dell´animo, con tutto ciò girano /li occhi vagabondi, fissandoli curiosamente -u qualunque oggetto [115]. Se un santo di vita cotanto austera, di consunta perfezione, cadente di età, vien molestato, per uno sguardo indifferente, da sì gagliarde tentazioni, resterai tu poi immune da brutte suggestioni, tu he, non essendo santo come un Girolamo, non pratichi per nulla la mortificazione degli occhi? Ad un giovane qual sei tu, basta una semplice occhiata per cagionarti nel cuore una grande alterazione, e accendere in te una gran fiamma di impudicizia. Quindi non fidarti mai di te stesso; ma, conforme all´insegnamento dello Spirito Santo, tien sempre ben custoditi gli occhi, per non essere sottoposto a sentirti molestato da indegne suggestioni il cuore [116].

Il vedere non è guardare.

Non ti dico qui che debba tenere sempre fisso a terra lo sguardo, senza mai vedere voi to umano: tanto da te non si pretende. Altri è vedere, ci fa sapere Sant´Agostino, ed altro è guardare. Il vedere è azione naturale, ma il guardare può essere criminoso; e però se avvenga che i tuoi occhi s´incontrino per mera casualità a vedere un qualunque oggetti! pericoloso, non si fermino su di esso, curiosi e vagheggianti. San Francesco di Sales dava gli stessi ammaestramenti: si può vedere e non guardare, soggiungeva; ed insisteva che non si fissasse mai altri in volto. E Don Bosco ci ripeteva le medesime cose, dicendoci che neppur nel volto dei nostri giovanetti tenessimo fissi gli sguardi. Questo è uno dei principali punti di mortificazione, che è richiesto da chi si fa religioso. Pertanto, riconoscendo tu necessario l´uso continuo di questa virtù , giudicata il più bell´ornamento di un novello religioso, a tutti i costi avvezzati a tenere gli occhi bassi, anche quando potresti alzarli senza timore d´incorrere alcun pericolo, affinchè sia poi in tuo potere di abbassarli senza difficoltà nell´incontrarti a vedere qualche oggetto, che non sia da rimirarsi con occhio fisso da un buon cristiano.

Esempio di Gesù e dei Santi.

Ma quand´anche ti si dicesse di tenere sentire le pupille rivolte a terra, non ti si suggerirebbe nè più nè meno di quel che fece i nostro ammaestramento Gesù Benedetto, mentre visse fra noi quaggiù in terra. Egli he fu nostro modello in tutte le virtù , così fu anche nostro esemplare in quella della molestia. Gli evangelisti fanno particolare menzione come di cosa insolita, che gli occhi impeccabili del Redentore, stati sempre componi, qualche volta si alzassero. E ciò affinchè imparassimo che egli non era solito vagarli ma e là; ma che stava sempre composto per insegnare a noi di fare altrettanto. Imitarono ‚sì bene l´esempio del Salvatore i Santi, molti lei quali divennero ammirabili per la loro :-. - modestia. San Simone stilita tenne talmente mortificati gli occhi, che non volle neppure guardare la propria madre. Ugone, vescovo di Grenoble, confessò al termine della sua vita, di non aver mai mirato volto di donna in tutto il tempo del vescovado, il quale non fu meno di cinquant’anni. San Pietro d´Alcantara fu sì mortificato negli occhi, che non conosceva i Religiosi i quali convivevano con lui, se non per la voce. E quel che è più mirabile, dopo il corso di un anno, in cui abitò una cella, non aveva mai osservato di quale struttura ne fosse il soffitto. Lo stesso si legge di San Bernardo. San Luigi Gonzaga non I voleva guardarsi i piedi nudi. Cento e mille altri esempi si potrebbero addurre di anime sante, celebri per la loro modestia e per l´indefessa custodia degli occhi. Ed è pur da credere che questi santi praticarono sì rigida mortificazione, non solo per non vedere oggetti pericolosi ma anche per non perdere quel raccoglimento interiore sì necessario ai veri religiosi, e per non porsi a rischio di veder rovinato il santo edificio della perfezione Non possono stare insieme raccoglimento di spirito ed immortificazione degli occhi, perfezione e licenza nel guardare. Tu pertanto, o mio buon figliuolo, tieni presentemente ben custoditi gli occhi, e fa´ promessa seria e ferma di volere continuare, anche professo, questa rigorosità nel custodire la vista. Che non ti avvenga, come purtroppo avviene, che poco alla volta diventi sfacciato e procace.

... Anche solo per mortificazione e buon esempio sii modesto.

Ma ancorchè dall´immortificazione degli occhi non ti derivasse la serie di mali fin qui descritti, tu saresti non pertanto obbligato ad essere modesto in vigore di quella mortificazione che deve essere inseparabile da chi vuol servire con fervore Iddio. Egli, secondo l´insegnamento dell´apostolo, dovrebbe rendersi in ogni tempo, in ogni luogo, qual vivo ritratto di Gesù Cristo [117]. Noi religiosi possiamo giustamente dire con lo stesso apostolo di essere lo spettacolo degli uomini, del mondo e perfino degli angeli [118]. Ci guarda il mondo, ci osservano i secolari, e vedendoci mortificati e ben composti, restano di noi Grandemente edificati. Non sia peraltro la nostra una modestia affettata; ma sia naturale, sincera e devota. Questa è modestia edificante, questa eccita divozione e fa gran colpo nell´anima di chi l´ammira. Tale era la modestia di Sant´Efrem Siro, che, a relazione del Nisseno, muoveva a compunzione chiunque lo rimirava. Tale era la modestia di San Francesco di Sales, che si attirava l´ammirazione di tutti; di San Luigi, che serve di esempio al mondo: questa la compostezza di Don Bosco, che attirava a Dio anche i più schivi. Fuggì egli ogni esagerazione, ma fu continuamente modesto e composto, sia in privato che in pubblico, sia coi suoi giovanetti come colle persone di mondo, sia in casa come fuori di casa e nelle grandi conversazioni.

Conviene persuadersi che il mondo non riceve forse da noi maggior edificazione, o buon esempio, quanto dal nostro modesto modo di comportarci coi giovani. E però l´apostolo vuole che la nostra modestia rendasi a tutti manifesta: modestia Destra nota sit omnibus hominibus. Oh! fìgliuol mio, che predica fruttuosa non è mai quella, che al secolo si fa dai buoni preti e dai buoni religiosi col buon esempio della mortificazione degli occhi! La richiede in loro, la gradisce, la commenda e santamente l´ammira. Ed al1 opposto resta fuori di modo scandalizzato, in vedere alcuni religiosi andare per le vie con tanta sfrontatezza da non cederla ai più libertini secolari. Lungi pertanto da te queste modo di procedere; risplenda invece sempre nel tuo volto, con la serenità, la compostezza Legga ciascuno nella verecondia dei tuoi occhi il carattere d´un animo pudico. Traspiri in te, dalla mortificazione degli occhi, un’aria d´innocenza; e spera che si conserverà costante nel tuo spirito la bell´opera incominciata della tua santificazione, se terrai continuamente fissa in mente questa gran massima: che la modestia degli occhi non è virtù dei soli novizi, ma è anche virtù conveniente e necessaria ad ogni buon religioso di qualunque età e condizione.

Pratica della modestia. 1) Colle persone di altro sesso e coi giovani.

I modi principali con cui, sull´esempio datoci dai santi, si può mortificare il senso della vista, sono i seguenti. Il primo consiste nel praticare la modestia nelle relazioni con persone di altro sesso e coi medesimi nostri giovanetti. Lo Spirito Santo ci mette in guardia contro i pericoli di chi non è riservatissimo in questi casi: « Non fermate lo sguardo sopra un giovane (Eccli IX, 5); Non rimirate la beltà della donna » (Ibid., XXV, 28). Vogliamo noi dunque evitare le tentazioni? Siamo modestissimi in tutte le nostre relazioni con le persone di altro sesso, anche con le più virtuose. Anzi con le donzelle pie è più da « tare guardinghi, perchè dalle altre la stessa loro sfacciataggine ci allontana: mentre ilice l´amore spirituale va soggetto ad oltrepassare i suoi limiti e diviene facilmente pericoloso. Anche chi si crede più fermo vigili su se stesso, e specialmente su questo punto tenga come rivolto a se il detto dell´apostolo : « Chi si crede fermo badi di non cadere [119]. San ´ Francesco di Sales era modello in questo, e il nostro buon Padre e Fondatore, sarebbesi persin detto scrupoloso in punto sì delicato. San Bernardo insegnava di evitare lo sguardo curioso e la familiarità dei giovanetti {Form. hon. vitae n. 7). E Sant´Isacco, monaco siro, grida forte: « Fuggite l´intimità coi giovani, come fuggite l´amicizia col diavolo » . Si, anche riguardo ai bambini ed alla gioventù alle nostre cure affidata, bisogna essere d´una riservatezza straordinaria. Il nostro modo di trattare con essi deve essere pieno di ritegno e di modestia, non permettendoci nè carezze, nè altre testimonianze di affetto troppo sensibili, proibendoci di conversare troppo a lungo con alcuno di essi in particolare. Rifiutiamo al nostro cuore sino la più piccola affezione umana, ed osserviamo tutti quei riguardi verso i giovani che le nostre Costituzioni e Deliberazioni ci prescrivono.

2) Non essere curiosi.

La seconda mortificazione della vista consiste nel non soddisfare la curiosità. Conviene imparare a vincere noi medesimi, ed anche in cose lecite stare mortificati, privarsi volentieri di vedere certi giuochi o divertimenti, pubbliche feste, e generalmente ciò che si dice gradevole, e che non serve se non a contentare la curiosità. Non affacciarti alle porte ed alle finestre per vedere chi passa. San Luigi Gonzaga, condotto dal padre a vedere una magnifica rivista di cavalleria in Milano, stette più indietro che potè , e diresse gli occhi ad oggetti indifferenti cosicchè nulla vide dello spettacolo profano. Il cardinal Bellarmino aveva in Roma un alloggio con magnifica prospettiva, ma non fu mai visto affacciarsi alla finestra. San Giovanni Berchmans domandava permesso di stare a fare lavori di casa, quando tutti uscivano per vedere le cavalcate che avvenivano nelle entrate di cardinali, di principi, di ambasciatori; e non visitò mai i giardini e le ville che formano l´ammirazione di Roma. San Pietro Claver aveva la finestra prospettante il porto di mare a Cartagena nella Colombia. Al giungere di qualche flotta l´intera città era in moto, si suonavano tutte le campane, si faceva una scarica generale di artiglieria, il popolo, i nobili, gli ecclesiastici, i religiosi, tutti accorrevano verso il porto. Per ben quarant’anni egli non si lasciò mai vincere dalla curiosità di affacciarsi alla finestra a godere di quell´innocente spettacolo. I numerosi viaggi offrivano a Don Bosco l´occasione e la comodità di visitare a piacimento le più grandi rarità d´Europa; ma non resta memoria che gli prendesse desiderio di andare, per curiosità, a vedere un monumento nel suo cammino. Gli interessi di Dio. l´unico motivo di tutti i suoi viaggi, talmente assorbivano questo nostro buon Padre, che tutto il resto lo lasciava assolutamente indifferente. Se per caso chi lo accompagnava richiamava la sua attenzione su qualche, meraviglia dell´arte o della natura, il sant´uomo levati gli occhi un istante, ne prendeva occasione per dire una parola pia ed edificante. Poi ripigliava quell´atteggiamento raccolto, che non potranno mai dimenticare quelli che lo conobbero. Ed io ricordo che avendolo invitato ad allungare di pochi minuti la via che si doveva percorrere, per fargli vedere una rarità, egli mi rispose: « Siamo venuti qui per il tal affare, e non conviene distrarci per vedere rarità » .

3) Letture, libri e giornali.

La terza mortificazione della vista consiste nell´astenersi dalla lettura di libri curiosi, giornali, romanzi, poesie leggere ed ogni altra lettura non necessaria ed utile, e solo dilettevole. Ogni lettura leggera e divagativa, benchè non direttamente pericolosa, costituisce un serio ostacolo alla perfezione. « Qual pietà, dice Sant´Alfonso, può avere una persona che legge romanzi, commedie o profane poesie? Qual potrà essere il suo raccoglimento nell´orazione e nella comunione? Il gran male che fanno tal sorta di opere, prosegue il santo dottore, è di accendere la concupiscenza dei sensi, di risvegliare sovratutto la volontà o almeno la rendono sì debole, che presentandosi di poi l´occasione di concepire qualche affezione che non è pura, il demonio trova il cuore pronto a lasciarsi vincere. Io ti consiglio e ti scongiuro a far proposito serio, duraturo per tutta la vita, di non volere mai leggere per mera curiosità e per tuo puro compiacimento, di volere anzi sempre leggere libri veramente utili ed edificanti. Fuori dei libri scolastici e quelli pubblicamente raccomandati, non cominciar mai lettura d´un libro senza domandare il parere del superiore. San Francesco di Sales si era stabilito una invariabile regola di condotta, di non mai leggere ciò che non gli fosse utile per il miglior adempimento di qualche dovere. Non aprir "libito le lettere, la cui lettura non è urgente, e che sai già non contenere che curiosità e storielle. nè scrivere lettere che per necessità convenienza. E non domandare, nè a voce nè per iscritto, notizie non necessarie dei propri paesi e dei conoscenti, specialmente se solo cose da te molto desiderate. Ognuna di queste regole sembra una piccola cosa; ma fra tutte, ben osservate, ti metteranno sulla via della perfezione, ed in quella ti aiuteranno a correre con sicurezza e speditamente.

 
Capo XXVIII DELL´INDOLE SUPERBA E DEL MODO DI CORREGGERLA

In che consista la superbia.

La superbia è una stima disordinata della propria eccellenza ossia grandezza; vale a dire: un desiderio di grandeggiare e sopravvanzare altri. È questo un veleno finissimo che penetra insensibilmente nell´anima, e corrompe, se pur non le distrugge, le più sublimi virtù . È una malattia mentale che fa perdere la ragione, conduce alla pazzia, non essendovi dei più gran pazzi che gli orgogliosi. Essi si pascono di vento e di fumo, e perdono un premio eterno per quello di un momento. La superbia è una sorgente avvelenata da cui scaturiscono tutti i peccati. Nota però fin da principio, che il peccato di superbia non sta nel sentirsi la mente piena tutta di pensieri di stima propria, o nel sentirsi la volontà trasportata alle grandezze, agli onori, alla gloria. Tali pensieri della mente ed inclinazioni del cuore sono soltanto la tentazione di superbia. Il peccato consiste nella volontà, cioè nell´acconsentire con avvertenza a tali tentazioni; e quindi nel compiacersi avvertitamente di tali pensieri o avvertitamente concepire e formare tali desideri. Quindi è che alcuni avranno la mente ed il cuore pieni del continuo di pensieri e tentazioni di superbia, ma non acconsentendovi, anzi detestandoli, e procurando di scacciarli, saranno nel tempo stesso immuni da ogni peccato, ed anche da ogni imperfezione.

Sua malizia ed effetti.

Essendo pertanto la superbia un desiderio disordinato, ossia ingiusto, di grandeggiare, è sempre opposta alla retta ragione ed alla volontà di Dio. Perciò non solo grandemente si oppone all´acquisto della perfezione, ma è il fomite da cui hanno origine gli altri vizi, e, non repressa, facilmente induce a gravissimi peccati e delitti. Perciò lo Spirito Santo parlando della superbia non mortificata nei principi, ma lasciata crescere e dominare nel cuore, la chiama il principio, ossia la causa di tutti i mali [120]. Infatti dalla superbia, quando domina e tiranneggia il cuore dell´uomo, quanti mali e peccati non derivano! La presunzione, l´ostinazione, i puntigli, le invidie, gli odii, le discordie, le inimicizie, le mormorazioni, le calunnie, le ingiustizie, le vendette, le risse, le disubbidienze, l´arroganza, le bugie, l´ipocrisia; ed alle volte persino i sacrilegi col ricevere male i sacramenti, l´eresia, l´apostasia, ossia il rinnegare li fede. Giacchè appunto il rinnegare la fede proviene dallo stimare e preferire il proprio giudizio agli insegnamenti della Chiesa. Diceva quindi Sant´Agostino: « La madre di tutti gli eretici è la superbia, e la passione della gloria mondana >. Onde la superbia è notata come il primo tra i vizi capitali.

Fu il primo peccato.

La superbia fu anche il primo peccato, con cui il grande Iddio restò offeso dalle sue creature quali furono gli angeli ribelli. Il demonio poi, per non essere solo nella reità del suo delitto, tentò di trarre anche il primo uomo a commettere lo stesso peccato. Riuscì infatti nei suoi diabolici disegni, e fu allorquando colà, nel paradiso terrestre, proponendogli idee di divinità, eritis sicut Dei, l´indusse a disubbidire gravemente, trasgredendo il supremo divino comando col mangiare il frutto vietato. Questa medesima inclinazione abbiamo, per nostra somma sventura, ereditato noi tutti, miseri figli dell´infelice progenitore Adamo. Nutrendo alte idee di noi medesimi, ci riputiamo qualche cosa di grande, quando in realtà non siamo che un vero nulla, misere creature, e un ammasso di debolezze e d´imperfezioni. Se alcuno crede di esser qualche cosa mentre è nulla, egli s´inganna .[121] Dici d´esser ricco e di non abbisognare d´alcuno e non t´accorgi che sei misero, misurabile, povero, cieco e nudo» .[122] Non è però meraviglia, che il Divin Creatore altamente abbonimi nelle sue creature, impasto di miseria, il maledetto vizio della superbia: l´anima mia odia il povero superbo. E nell´EccZesiastico dice: « La superbia è abbominevole innanzi a Dio e innanzi agli uomini [123]. E un po´ più sotto: « Come uno stomaco fetido getta puzza, così il cuore dei superbi .[124]

Ma se Iddio abbomina in chiunque l´orgoglio molto più ha ragione di detestarlo in un religioso, venuto in religione espressamente per far professione d´umiltà.

Pretesti della superbia: 1) La nascita illustre.

Tre sogliono essere principalmente le radici di cui si serve la superbia, derivante < dalla nascita, o dal talento, o da qualche virtù morale. Può essere che alcuno perchè trasse da illustre famiglia i suoi natali, creda di poter essere in religione qualche cosa di più degli altri, nutrendo sentimenti di stima di sè o di albagia, che lo fan riputare meritevole di speciale e distinta considerazione. Sciocche idee ed insulse pretensioni! Solo la virtù realmente nobilita l´uomo e lo rende degno di rispetto e di venerazione, e solo alle virtù guarda Iddio! Se il mondo giudica l´opposto, non è a stupirsene. Si sa che il mondo non riconosce Dio, e che le massime del mondo sono diametralmente opposte alle massime di Dio. Persino re e regine, principi e duchi, conti e marchesi, si chiusero nei chiostri; ma nessuno si santificò , che non siasi umiliato e tenuto inferiore agli altri. Il nostro principe Czartoryski aborriva talmente da ogni pretensione, che si stupiva d´essere sopportato in congregazione. Il nostro conte Carlo Cays godeva di scoparsi la camera, e d´essere posposto a tutti gli altri. Guai se entrasse in congregazione distinzione per la nascita più illustre. Quando s´indossa l´abito religioso, nobili o ignobili diventiamo tutti uguali. E chi volesse pavoneggiarsi della nobiltà di nascita meglio farebbe a starsene nel mondo: perchè , dopo abbracciata l´umiltà della croce, commetterebbe un male peggiore volendo ancora comparire sopra gli altri. Di ciò ci ammaestra il dottor San Girolamo: « È molto più deforme quella superbia, che si nasconde sotto certe apparenze di umiltà » [125]. Pertanto ricordati sempre, che, essendo venuto per farti religioso, hai detto col real profeta Davide: « Ho preferito esser l´ultimo nella casa del mio Dio, che abitare nei palazzi dei peccatori [126]. E giacchè hai eletto di vivere in santa umiltà nella casa del Signore, deponi ogni idea di umana grandezza, e sta´ attento che non ti escano di bocca parole di disprezzo dei tuoi compagni e non istituire discorsi che saltino la tua discendenza. Vi è su tal materia un altro genere di orgoglio peggiore ancora dell´anzidetto. Ed è di chi, pur essendo nato povero e d´oscura condizione, arrossisce di questo, e spinto da una certa vanità di comparire, e di essere creduto per quello che realmente non è , inventa grandezze, signorie, ricchezze, titoli ed altre simili millanterie, che anno schifo a sentirli. Nota che qui alla vanità è unita la bugia. Non par neppure vero he anche in religione possa venire in mente tanta boria! Eppure se non stai attento, un certo natural prurito, potrebbe venire anche a te. Ti raccomando quindi di troncare ogni filo di vanagloria su questo punto fin da principio, a proporre di non voler mai neppure menomamente esaltare la tua nascita od i tuoi titoli. Sii contento di esser nato povero.´ e contento ancora che si sappia che sei nato povero, e che i tuoi vivono molto poveramente. Il far altrimenti indica vera superbia; poichè se è già gran male, dice San Bernardo l´innalzarsi anche per poco oltre il vero! quanto più sarà condannabile l´innalzarsi del tutto con impostura e con effettiva menzogna? Tanto più che questo finto innalzamento vieni poi sempre scoperto e ti produrrà più grave umiliazione, disprezzo e scorno. Quando rivenisse la tentazione di crederti disonorato per aver tratto origine da oscuri natali, pensa un momento che gli Apostoli non furono che miseri pescatori, e che tra i più illustri eroi del cristianesimo abbondano i pastori, e la gente della campagna. Pensa a Don Bosco pastore e contadino, che in nessun modo avrebbe potuto fare i suoi studi se non fosse stato aiutato da altri. È restata famosa nella storia la presentazione fatta da San Vincenzo de´ Paoli del suo padre, vestito da rozza contadino, alla corte dei re di Francia! E di papa Benedetto XI si narra che essendo visitato dalla madre, la quale in età avanzata. erasi da Treviso portata a Perugia per aver la consolazione di vedere suo figlio asceso al sommo pontificato, perchè riccamente vestita e ornata alla grande di gemme ed oro, egli non la volle riconoscere nè ricevere. Essa dovette presentarsi a lui nella povera e rozza veste di una contadina.

2) I talenti avuti da Dio.

La seconda radice da cui rampolla l´orgoglio suol essere l´aver sortito un talento per cui uno si distingue in perspicacia ed in abilità da altri. Se Iddio abbomina la superbia, molto più la detesta per questo eccesso, essendo un vero furto che si fa a lui, autore d’ogni bene. « Che cosa avete voi, dice San Paolo, che non abbiate ricevuto in dono dal Signore? E se tutto quel che possedete è sola sua liberalità, con qual fronte ve ne andate superbi e gloriosi, quasi non lo aveste da lai ricevuto?» [127] Riconosci con umiltà il dono ricevuto, e cerca sempre di servirtene in bene. Questo è impegno che devi aver tu, vedendoti più beneficato da Dio, siccome t´insegna lo Spirito Santo dicendoti: « Quanto più sei grande, tanto più umiliati in tutto [128]. Temi di cadere nell´odio e nell´indignazione di Dio, arrogandoti con detestabile arditezza una cosa da lui avuta gratuitamente» [129]. Che se il Signore non allargò sopra di te la benefica sua mano con la profusione di gran talento, devi evitare altro scoglio in cui potresti facilmente cadere, e sarebbe se soffristi di mala voglia di vederti dagli altri superato in abilità, provando quindi dispiacere di non poterli pareggiare, e invidiandone l´ingegna e la perspicacia. Anche questo sarebbe superbia grande, perchè , in fin dei conti, verresti implicitamente a chiamarti malcontento ´di Dio, che non ti fece superiore od eguale ad essi. Cerca di superare gli altri in virtù e santità, e non invidiare il loro ingegno e la loro abilità. Le nostre gare, scriveva San Lorenzo Giustiniani, debbono avere per oggetto il renderci più cari ed amabili al Divino Sposo, per mezzo di una ben fondata umiltà, invidiando quei che sono di noi più umili e che più di noi amano Gesù Benedetto. Questo ci consigliò anche San Paolo :« Emulatevi in umiltà» [130]. Cerca di essere più divoto più innamorato di Dio degli altri. Allontana sempre da te i desideri che riguardano i semplici doni di natura. Iddio non ti ha dato maggior talento perchè forse prevedeva l´abuso che ne avresti fatto a fomento della tua vanità. Ha voluto Perciò dartene una quantità piuttosto scarsa, affinchè avessi motivo li stare maggiormente col capo basso. Contento pertanto del talento che hai, industriati di coltivarlo tutto a suo servizio ed a sua gloria; e godi che altri più perspicaci di te accreditino sempre più la nostra congregazione. Con questa umile e sincera rassegnazione entrerai a parte dei loro medesimi più distinti talenti, poichè vedendoti da altri superato, ne dai ugualmente gloria a Dio. Sarai con ciò senza fallo più invidiabile tu con la tua scarsa dignità, che gli altri col loro elevato ingegno.

3) La vanità nelle virtù .

La terza radice finalmente da cui germoglia l´orgoglio è l´invanirsi per qualche virtù che si abbia, ossia per aver fatto qualche cosa di buono o per divote o sante aspirazioni. Non vi ha altra cosa forse più ripetuta ielle divine scritture, della nostra insufficienza alle buone opere. « Ogni cosa buona che è in noi, ci dice S. Giacomo, ed ogni opera perfetta deriva dal Divin Padre dei lumi, datore di ogni bene » [131]. Ciò posto non v´ha in noi alcuna opera buona da cui possiamo trai- motivo d´insuperbirci o d´invanirci. Causa principale di ogni nostra opera è Iddio, che ne illumina la mente, muove il cuore e dà forza alla volontà, così di evitare il male come di praticare il bene. Con tutto ciò il cuore dell´uomo è talmente depravato che alcune volte giunge a reputare proprio merito, quello che in realtà è pura opera del Signore. Si cerca la gloria, la lode e l´applauso degli uomini, come se la virtù e la santità avesse origine da noi e non da Dio. Non è quindi meraviglia che Gesù Cristo s´accendesse di tanto sdegno contro gli scribi ed i farisei, riprendendoli con invettive di biasimo, perchè nelle loro buone opere e specialmente nei digiuni usavano degli artifici, per comparire austeri e penitenti; e il tutto per conciliarsi la stima e la venerazione del popolo: ut honurificentur ab hominibus (Matteo, VI, 2). Conviene dunque dire che sia gran male il fan il bene per cattivarsi la buona opinione degli uomini, se Gesù Cristo così acremente lo riprende nella persona dei farisei. Ed è gran male davvero per l´onore che si toglie a Dio, e per il sommo danno che ne ridonda a chi opera con sì perverso fine.

« Esaminate le vostre opere, disse al popolo di Dio il profeta Aggeo, scandagliatene le intenzioni nell´eseguirle, e proverete di aver molto seminato e raccolto poco. Avete mangiato e bevuto assai senza esservi satollati: avete radunato molle cose, ma finito per aver poco. E perchè ? Perchè avete messo tutto in un sacco pieno di buchi e le cose si dileguarono » . È proprio questo che avviene a chi fa il bene per riscuotere le lodi umane. Fatica egli, ma senza guadagnar nulla; e quando si crede ricco di molti meriti, allora ne è più povero. Quindi è che il Divin Redentore ci ammonisce di non far mai le opere buone per esserne veduti e riportarne plauso e lode, perchè altrimenti se ne perderebbe ogni mercede [132]. Di coloro che agiscono così, è detto che già hanno ricevuto in questo mondo la loro mercede [133]. E non solo non serviranno di merito al vanitoso le sue opere buone; ma potranno essergli attribuite a positivo demerito, se fatte direttamente e solo collo scopo di essere veduti, e per averne qualche vantaggio temporale di stima e di lucro. Questa è vera ipocrisia, detestata, biasimata, rimproverata acremente dal mitissimo e benignissimo Gesù . La radice che produce il buon frutto delle buone opere, è il fine retto della gloria del Signore. Subentrando a questo fine, che dovrebbe essere l´unico, fini puramente umani, esse opere sono svelte dalla propria radice, e Perciò infruttuose, anzi anche peccaminose e degne del fuoco eterno. Considera quindi attentamente quest´avvertimento del Divin Redentore, e ti serva di norma in tutte le buone opere che farai, siano esse cose di pietà e di divozione, siano cose di studi e di lavori. Indirizza tutto a Dio, e solo a Dio; il quale, siccome è principio, così deve anche essere il fine di esse. Qui però ti occorre un ammaestramento, affinchè non si abbia a cadere in timori vani o in scrupoli. Le opere che sei obbligato a fare in comune od in pubblico, se le veggono gli uomini, non importa: basta che tu non le faccia col fine di farti vedere, bensì con buon fine, per esempio di dare con esse buon esempio ai confratelli, e gloria a Dio. « Vedano le vostre opere buone e glorifichino il Padre vostro che è nei cieli » [134]. Quelle personali poi falle nascostamente il più che sia possibile, contentandoti che le vegga solamente Iddio. A lui dirigi le tue intenzioni, le quali siano di piacere a lui solo. E rammentati sempre ch´egli penetra ogni fine che ti guida a praticarle. Nell´atto poi di eseguirle fuggi ogni esteriorità; bada che non compaia singolarità od ostentazione, che è uno dei gradì della superbia tanto più occulta. Ma bada a non lasciar opera buona di sorta pel timore che ti vedano! Se altri vede senza che tu abbia lo scopo di farti vedere, il tutto riuscirà a gloria di Dio. C´è qualcuno, dice San Bernardo, il quale nelle opere buone che fa di sua elezione si dimostra indefesso, mentre nelle comuni è molto rilassato. Questo è gran difetto: tienilo ben lungi da le. Fa´ con eguale interesse le une come le altre, tutto e sempre per Iddio.

Vanità nelle lodi.

Facendo poi del bene con santa e retta intenzione, e sentendoti non di meno lodar da qualcuno, nonchè invanirti, figurati che quel tale lodi il Signore, che ti ha dato il potere di fare quel poco. E generalmente senza neppur scusarti, o dir parola di umiliazione se temi non sia creduta, cerca di lasciar morire il discorso o parla d´altro. Il santo profeta Davide allora maggiormente si umiliava e confondeva, quando udiva risuonare all´orecchio una qualche lode. Anche tu, in simili casi, umiliati nel segreto del tuo cuore avanti a Dio, appresso cui chissà di quante imperfezioni e mancamenti sarai reo, anche per parte di quelle cose di cui altri ti loda. E realmente quanto sono diversi i giudizi di Dio da quelli degli uomini! Questi lodano perchè facilmente si appagano della superficie delle opere di pietà, di virtù , di giustizia. Ma Iddio che le sminuzza e le svolge per ogni parte, oh! quanta terra scorge fra l´oro di queste medesime opere! Quanto loglio fra questo grano, che pur sembra tanto purgati e scelto! L´occhio suo penetrante, quanti difetti vi scorge! L´amor proprio è talmente fatto a noi naturale., che bene spesso si copre sotto il manto di divozione e di santità, e ne avvelena i frutti. Quanta ragione abbiamo adunque di umiliarci nelle Iodi umane, dovendo temere anche delle opere virtuose ed ottime I « Se vogliamo gloriarci, dice l´apostolo, gloriamoci unicamente nel Signore » [135].

« A Ini solo diasi onore e gloria » [136], e per noi resti solo la confusione. Ti aiuterà anche a non invanirti nelle lodi e nelle opere buone, il pensare alla caducità del nostro essere, che può mancare da un momento all´altro e il pensiero che se Iddio non ti tiene la mano sul capo puoi diventare un grande scellerato.

Giuda era pure chiamato all´apostolato; ave-I va pur già (come si crede) fatto dei miracoli; e cadde così miseramente e tanto profondamente! Ario, Lutero, Enrico Vili, che si han da annoverare tra gli uomini più nefasti del mondo, pare che abbiano condotto molti anni nella santità della vita. San Filippo Neri tutti i giorni pregava il Signore che non gli togliesse la mano dal capo, che altrimenti sarebbe caduto nei più orrendi misfatti. Temi anche tu, e non fidarti del po´ di virtù che hai scorto in te, e delle poche tue opere buone già fatte. Temi sempre che per le tue imperfezioni e negligenze quotidiane abbia a demeritarti i soccorsi della divina grazia, e abbia a cadere poi in gravi peccati, e andar miseramente dannato. Nè potrai addurre allora alcuna scusa, dovendosi attribuire la colpa alla tua volontà scorretta nei suoi voleri, e al tuo cuore disordinato nei suoi affetti. Riconoscendoti tale, starai in un continuo timore di renderti indegno della divina assi-lenza negata ai superbi, e data solo agli umili .[137] In conseguenza di ciò sta´ sempre col capo basso, ancorchè l´orgoglio, più radicato nel cuore, tenti di farti innalzare aer qualunque dono o virtù particolare, che in  te risiedesse, o che ti venisse esaltata dalla recita umana.

Della presunzione.

Ti devo ancora parlare di un detestabile difetto proveniente dalla superbia. Intendo è di insegnarti a fuggire la presunzione, che è un credersi capace di fare quello che supera le nostre forze. Questo è proprio di un cuore altero e pretendente, e si esterna in più maniere. Siccome la presunzione è prodotta da vana estimazione che alcuno forma di sè i medesimo, così chi è presuntuoso è tratto a giudicarsi superiore agli altri in sapere, in perspicacia, in cognizioni, in abilità, ed altre simili prerogative. Fisso Perciò su questa sciocca idea, vuole intromettersi in ogni discorso, in ogni differenza, contraddicendo continuamente a tutti, a tutti opponendosi, per- i che tutto vuole che sia a modo suo, persuaso | che egli ha sempre ragione, e che in ogni cosa vede sempre meglio degli altri. Quanti contrasti, quante contese, quante derisioni, quanti motteggi, quante parole pungenti e mordaci non escono quindi in mille incontri dalla bocca di chi ha un difetto così grave ed inveterato !

Essa disdice molto ad un religioso.

Non può mai bastantemente descriversi quanto sia disdicevole la presunzione in un servo del Signore, in un seguace del Crocifisso! Dovrebbe comparire mansueto ed arrendevole, benigno e piacevole con tutti, e su fa vedere arrogante, ostinato, insolente! Si fai sentire a contrastare come le donnicciole nelle loro case, o gli sfaccendati del volgo nei ridotti. Inoltre si rende a tutti odioso, come] distruttore della amichevole unione della comunità religiosa, e si aggrava la coscienza! di molte e molte colpe. Lo Spirito Santo, che non mente, così ci esorta ad estirpare la Presunzione principalmente con evitare le contese [138]. E per verità chi è contenzioso si fa ‚reo d´innumerevoli peccati e talvolta anche gravi. Se pertanto, o mio figliuolo, conoscessi « n te inclinazione a contraddire agli altri e ad attaccar brighe, devi concepirne aborrimento sommo, e subito porti a combatterla energicamente. Questo sia il tuo stabile sistema: non esser facile ad intrometterti in un discorso, quasi a far da saputello, da tortore in ogni cosa. E dovendo parlare, non interrompere il discorso degli altri per parare continuamente tu. Guardati specialmente il contraddire e ostinatamente opporti a qualunque proposizione degli altri, perchè contraria al tuo sentimento. Se poi altri contraddice te, non mostrarti testardo in voler sostenere ostinatamente ciò che dicesti. Ma sè sei intimamente persuaso d´aver ragione, detto  il tuo parere, taci senza scomporti, e senza dar mostra di dispiacere.

Dell´arrendevolezza.

Procura di assuefarti alla docilità, all´arrendevolezza, a cedere di buon grado, e prontamente rimettiti in ogni controversia, e per assuefarti a si lodevole arrendevolezza, imprimiti bene in niente il ricordo dato dall´apostolo San Paolo al suo discepolo Timoteo : « Guardati, egli dice, da ogni contrasto, non convenendo ad un servo di Dio l´esser litigioso » [139]. Ti avvezzerai poi a porre io pratica questo insegnamento dell´apostolo, se saprai esser docile anche nei tuoi uffizi ordinari, eseguendoli prontamente, senza mostrar resistenza alcuna a chi ti ricordasse i tuoi doveri. È certamente posa al tutto disdicevole ad un religioso e contrario alla carità fraterna, il contrastare per cose da nulla, come fanno i fanciulli, facilissimi a litigare per ogni frivola minuzia. Pieno di ammaestramento è il fatto di Abramo riportatoci nella Genesi (XIII). Insorse un disparere fra lui e Lot, e tra i rispettivi pastori, sopra il pascolo dei loro armenti. Abramo osservà a Lot che erano fratelli, cui non convenivano contrasti, e vennero bentosto ad un pacifico accomodamento cedendo l´uno all´altro l´elezione del luogo dove pascolare le gregge [140]. Questo è il modo di trattare da veri fratelli: rimettersi tostochè insorge un disparere. Cerca di assuefarti ad esser docile, a cedere volentieri anche nelle piccole cose, e sarai poi arrendevole in quelle ancora di maggiore rilevanza.

Rispetto a tutti.

Essendo poi anche proprietà del presuntuoso il non far conto degli altri, anzi disprezzar tutti, sia tua cura premurosa di non fare, o dire mai cosa che indichi disprezzo o irriverenza verso chicchessia. Sentirai alle volte da qualche presuntuoso certi motteggi che mettono in ridicolo ed avviliscono anche la stima della persona vilipesa. Anche a te questi motteggi fanno cattiva impressione! Guardati quindi assolutamente dal lasciarti uscire di bocca detti mordaci, pareri pungenti, soprannomi, ironie o equivoci satirici in altrui disprezzo e derisione. Il tuo parlare sia dolce ed umile, giacchè al dire del Savio, il parlare mordace e disprezzante cagiona dissenzioni e liti [141].

Così all´opposto il parlare benigno e dolce ammollisce la durezza dei nemici, ed acerete il numero degli amici [142]. Sia il tuo parlare civile e rispettoso, e non trattare coi compagni così rusticamente da non sembrar fratelli. Non usare certi modi di dire talmente impropri ed incivili, che non farebbero peggio gli irreligiosi ed i maleducati. In questo modo piacerai a Dio ed agli uomini.

Onora e stima tutti.

Parlando l´apostolo su tal proposito, esorta i fedeli romani a prevenirsi l´un l´altro con dimostrazioni di scambievole cristiano rispetto [143]. E siccome suol dirsi a gran ragione, che dall´abbondanza del cuore parla la lingua, quindi, affinchè tutti conoscano quali sentimenti nutrì nell´interno, dimostra nelle parole e nei fatti di sentire bassamente di te. Reputa tutti gli altri meritevoli di ogni stima, parlando sempre bene di ciascuno e onorando tutti con sincere dimostrazioni di religioso rispetto.

 
Capo XXIX LA VIRTU’ FONDAMENTALE  Importanza dell´umiltà.

Il grande Sant´Agostino ci ammaestra che il fondamento di tutte le virtù è l´umiltà. E soggiunge: « Nell´anima dove essa non vi è , non vi può essere nessuna altra virtù , fuorchè di sola apparenza. Similmente essa è la posizione più propria per tutti i doni celesti. Ed è tanto necessaria per la perfezione che, tra tutte le vie per giungere ad essa, la prima è l´umiltà, la seconda è l´umiltà, la terza è l´umiltà. E se cento volte io fossi domandato di questo, altrettante io risponderei la stessa cosa » . In altro luogo il medesimo sant´Agostino soggiunge ancora, che quanto più si vuol erigere l´edificio della santità, tanto più profonde si devono gettare le basi dell’umiltà. L´umiltà pertanto è da considerarsi, ‚come è realmente, la virtù fondamentale, cioè ‚il vero fondamento su cui s´innalza tutto l´edificio della santità e della vita religiosa. San Gregorio dice che chi ammassa virtù e meriti senza umiltà, è come colui che si affatica a raccogliere polvere, che poi lascia esposta il vento.

 L´umiltà, dice San Tommaso, non è la prima virtù per eccellenza, ma per importanza, essendo il fondamento e la custode di tutte, che tiene, per così dire, serrate. Come l´orgoglio è il principio di tutti i peccati, così l´umiltà è la sorgente di tutte le altre virtù , perchè sottomette l´anima a Dio. S. Bernardo soggiunge: « Siccome la cera non riceve alcuna forma se prima non vien resa molle, così l´uomo non si adatta alla forma delle virtù , se prima coll´umiltà non si libera da ogni superbia, asprezza e durezza, e se non sottomette l´opinione o volontà propria all´altrui parere e volere» . E San Bonaventura soggiunge: « È di assoluta necessità che tutti quelli i quali desiderano di essere informati e ammaestrati nella vita religiosa, sollecitamente procurino di fondare nei loro cuori la radice dell´umiltà » . Noi le sentiamo dire mille volte queste verità ma non ce ne impressioniamo guari, perchè spesso non si riflette profondamente. Io vorrei che questa volta tu ti fermassi con molta serietà su questo pensiero, e che venissi a persuaderti intimamente, che non riuscirai mai a nulla di buono nella vita religiosa che stai per intraprendere, se non ti fondi bene in questa virtù . Perciò vorrei che impiegassi tutte le tue forze per acquistarla. Lo sai che è nel noviziato dove si deve porre la base delle virtù , perchè l´anno di noviziato è quello su cui son fondati tutti gli altri anni della tua vita. Or sappi che la base essenziale di LJ, ogni virtù è l´umiltà; dunque l´umiltà è la cosa principale che deve acquistarsi nel noviziato. Permetti quindi che ne ragioniamo un po´ più profondamente e più a lungo.

Essenza dell´umiltà.

San Tommaso pone l´essenza dell´umiltà nella interna depressione, con cui la volontà raffrena la voglia innata di innalzarsi sopra il nostro merito, di negare la debita soggezione a Dio e ai nostri prossimi. Di questa soggezione chi è umile deve dare al di fuori manifesti segni nelle parole, nei fatti e negli atteggiamenti esteriori. E San Bernardo definisce l´umiltà: « virtù per cui l´uomo, con ina cognizione non falsa, non affettata, ma verissima delle sue miserie, divien vile a se stesso e si disprezza » .

Sue specie.

Il medesimo San Bernardo poi insegna che vi son due sorta di umiltà, tutte e due necessarie: la prima sta nella cognizione dell’intelletto, e l´altra risiede nell´affetto della volontà. La prima è detta umiltà di mente, la seconda umiltà di cuore. Coll´umiltà dell´intelletto, ossia della mente, conosciamo il nostro niente e le nostre miserie; coll´umiltà della volontà, ossia del cuore, dispregiando noi stessi, calpestiamo la gloria vana del mondo, e, ad « esempio di Gesù , andiamo incontro alle ignominie ed agli obbrobri... Lo  splendore di un religioso è questo appunto, di essere senza splendore; e la sua gloria consiste nella piccolezza. L´umiltà dell´intelletto non consiste già nel non riconoscere in noi, o nel negare i doni che il Signore ci ha dati. Anzi San Gregorio vuole che riconosciamo questi doni in noi, altrimenti non avremmo la debita cura di conservarli e di aumentarli. Ma l´umiltà consiste nel non attribuirsi più doti di quelle che si hanno; e quelle che si hanno, riconoscerle pienamente come dono gratuito di Dio, al cui onore e gloria siamo obbligati ad adoperarle e farle fruttificare. Neppure fa d´uopo ungere in se stesso mali e miserie che non vi sono. Basta che la persona venga a conoscersi qual è in se stessa e quale comparisce agli occhi di Dio, affinchè getti subito a terra ogni stima vana e male fondata che avesse avuto di sè, ed acquisti di sè un concetto basso, dimesso e vile. In questo appunto consiste tutta l´umiltà dell´intelletto. Poichè se uno viene davvero a conoscersi, scorgerà in se stesso un abisso dì nulla, un cumulo di mali, un mare di miserie, che lo costringeranno a mutar l´alta idea che forse aveva di sè, in un´altra abbietta e vile. Quando si è venuto ad ottenere questa umiltà di intelletto, si otterrà presto l´umiltà di cuore, cioè un certo abbassamento e disprezzo di se stesso e delle cose proprie. E davvero quando uno è persuaso di non aver doti pregevoli o che, se le ha, non son sue ma di Dio, è certo che più non si cura che queste siano palesate, ne si terrà in sussiego per esse. L´anima umile è contenta di tutto: non suppone neppure che le si possa far torto. Essa sente che nulla è dovuto a lei, che essa deve a tutti, a motivo del favore che le si è fatto ricevendola nella comunità, e di quello che si fa apportandola. Ed è felice di mostrarsi riconoscente, lavorando e cercando di far piacere a tutti. Essa non trova alcuna pena ad obbedire ed a sacrificarsi, perchè ha sempre fissi gli occhi nella grandezza di Dio, e nella propria nullità!

Considerazioni utili all´umiltà d´intelletto. 1) Siam nulla.

Per acquistare questa umiltà, in pratica giova specialmente che tu faccia le considerazioni di ciò che sei stato, di ciò che sei e di ciò che sarai per il corpo e di ciò che corri pericolo di essere per l´anima. Considera prima di tutto ciò che fosti, o per dir medio, ciò che non fosti per il passato. Secoli I secoli trascorsero, in cui tu non eri ancora al mondo: tu eri un puro niente. Scintillavano le stelle, erano in moto il sole, la luna, i pianeti, esisteva la terra con tutte le sue meraviglie; vi erano le città con milioni d´uomini occupati nei loro negozi, nei loro studi, nei divertimenti e tu eri nulla. Il mondo camminava benissimo senza di te, e nessuno pensava a te, e non si aveva bisogno di te. Fosti pertanto per sì lunghi secoli meno di una formica, meno di un verme, meno di un granello di polvere, che esistevan già quando tu ancora non eri. Anche la sola esistenza è già un bene, e tra il non essere e l´essere vi è distanza somma. Ed ora che ci sei non sei che polvere e cenere. Disse a meraviglia l’Ecclesiastico: « Di che ti insuperbisci, tu che sei polvere e cenere? »[144]. Dovresti dunque nasconderti sotto le stessa polvere, dovresti sotto la stessa cenere abbassare quei tuoi pensieri, che continuamente vogliono esaltarti e farti credere un gran che. E ora? Da te sei un niente e meno di niente, perchè se sei stato un nulla per tanti secoli, non potevi certamente prendere l´essere da te. e da te stesso venire alla luce del mondo. Vi fu bisogno di una mano onnipotente che ti traesse fuori da quel profondo abisso del niente. Fu pur necessario che quella mano creatrice che ti ha dato l´essere, ti donasse ancora tutte le proprietà, le doti, e le prerogative che ti adornano. Dunque questa vita che hai, non viene da te; la sanità di cui godi, viene da Dio; la nascita illustre di cui forse ti vanti, l´ingegno di cui sei adorno, la facondia, la vivacità, il garbo, la bellezza, la voce, la vista, tutto ti viene da Dio. Il dire che in te vi sia qualche cosa che non viene da Dio è somma empietà. Se pertanto non hai smarrito la ragione e la fede, devi pur confessare che in te di tuo non rimane che il puro niente. Neppure siamo riguardo a Dio come gli oggetti in faccia ai loro artefici. Dopo che lo scultore ha fatta la sua statua, essa sta in piedi da sè, non ha più bisogno di lui. Dopo che un quadro è stato dipinto, non abbisogna più del pittore, e il vaso del vasaio; ma tu abbisogni continuamente di essere sostenuto e conservato nell´essere dalla potentissima mano che ti creà , altrimenti ritorneresti subito a ricadere nel tuo nulla. Dunque devo dirti coll´apostolo: che cosa vi è in te che non l´abbia ricevuto?

2) Siam peccatori.

Nè solo siamo niente, ma siamo meno di niente. Abbiamo, sì, qualche cosa di nostro, ma è cosa che ci pone in uno stato di maggior abbiezione, e ci rende più vili dello stesso niente! Di nostro abbiamo la colpa, il peccato, cioè la nostra malizia, la nostra pessima volontà. Di vero nostro non abbiamo che la ribellione a Dio, il che ci rende ben più spregevoli del semplice nulla. Gesù disse di Giuda, che era meglio per lui, che non fosse mai nato, che l´essere stato peccatore [145]. E la ragione è chiara: perchè se il non essere indica il nulla, non indica demerito; mentre l´avere il peccato, l´essere nemico di Dio, indica demerito sommo, e Perciò la dannazione eterna. Se pertanto il tuo niente deve farti formare un basso concetto di te stesso, il peccato che tutto deriva da te, colla sua malizia, deve farti concepir idea bassissima e vilissima e dispregevolissima di te stesso; e tante volte più dispregevole del niente quante volte peccasti. Ed ancorchè ora non facessi più dei peccati, non dovresti perciò scemare il vile concetto che dovresti avere della tua indegnità, perchè hai già peccato. Il perdono ottenuto dei peccati passati è un puro effetto della infinità clemenza e misericordia di Dio; mentre il peccato fu un prodotto della I tua somma malizia, che non potresti mai in eterno cancellare con le tue forze. E siccome un suddito che abbia una volta tramato alla vita del suo sovrano, benchè gli sia stato perdonato il suo tradimento non sa comparire alla presenza del suo principe senza rossore, memore della sua viltà, così tu devi capire anche più al vivo la tua temerità e malvagità, quanto più il Signore fu magnanimo con te nel dotarti di tante prerogative, e buono nel perdonarti. E nota una cosa, che a primo aspetto può sembrarti strana: non solo dobbiamo aver concetto vile di noi stessi per i peccati che abbiamo fatti; ma anche per quelli che non abbiamo fatti. Il motivo è molto semplice. Se non cadiamo ad ogni ora in colpe gravi è benefizio di Dio, che ci regge col suo possente braccio. Poichè senza questa grazia del Signore ci immergeremmo sicuramente in ogni specie d´iniquità, tanto siamo meschini e vili. Ci dice il profeta Geremia, che nel nostro cuore vi è un abisso di malizia sì impescrutabile, che non siamo capaci d´andarne fino al fondo [146]. Invero lesto misero cuore o è infiammato dallo -degno, o combattuto dalla lussuria, o agiato dall´odio, o gonfiato dalla superbia, o abbattuto dal timore, o sollevato dall´arroganza, o prostrato dalla pusillaminità, o dominato dagli affetti sensibili e sensuali, o pugnato dagli interessi, o assalito dalle tensioni più violente, o esposto al cimento di pericolosissime occasioni; e spesso molte di queste cose insieme. Se non fosse della grazia del Signore, che ne sarebbe di noi in mezzo a tanti assalti?

 3) Siamo ingrati.

 Tu poi per capire la tua miseria, non hai neppur bisogno di riflettere alle tante colpe mortali commesse. Basta che pensi alla poca corrispondenza, alle presenti venialità, ed alle tante ingratitudini alle grazie del Signore. Quanto cadi anche presentemente, e coi pensieri della niente, e cogli attacchi del cuore, e colle azioni! Quante mancanze contro Iddio, contro i prossimi, contro te stesso! Quante mancanze di rispetto e di fiducia nei tuoi superiori, almeno col pensiero; quanti dispetti e impazienze contro i compagni e contro gli inferiori; quanti atti di orgoglio, almeno semi-avvertiti! Sono venialità è vero, ma sono continue, e sono molte! Sono talvolta volontarie, e deformano anch´esse l´anima. Santa Caterina da Genova al vedere la bruttezza di un peccato veniale mostratole da Dio in visione, ebbe come a morirne per l´orrore. Tu poi considera ancora quanti doni Iddio ti fece, e quanto poco hai corrisposto! Pensa che Iddio fu tanto buono con te da farti nascere in paesi cattolici, darti buoni genitori, farti trovare ottimo collegio, ottimi superiori, nell´averti perdonato centinaia di volte i tuoi peccati, nell´essersi degnato di venire già forse migliaia di volte ed ora forse tutti i giorni a visitarti, dandosi tutto a te. Se poi consideri che tu, misera creatura, non sei capace di darti una buona volta tutto a lui, devi capire quanta sia la tua meschinità, e quanto -ia degno d´essere umiliato, disprezzato e tenuto in poco conto! Che se pensi infine che la vista, l´udito, la loquela, gli altri sensi esterni ti furori dati interamente da Dio collo scopo di avere da te l´ammirazione, il servizio tuo; e che tu ti sei servito di quei preziosissimi doni come se fossero cosa tua, e molte volte anche direttamente contro di lui adoperandoli per fare dei peccati, che confusione non dovrebbe essere la tua!?

 4) Non facciam nulla di veramente buono.

Devi ancora considerare che anche quando il Signore ti dà grazia di far opere buone, non sei capace di farle senza lasciarvi entrare mille difetti. Se lavori a pro degli altri, lasci entrare l´impazienza o la vanagloria. Se fai l´ubbidienza, ci fai entrare fini umani; se preghi, mescoli la preghiera colle distrazioni, coi tedi, colle languidezze; se dai un buon consiglio o fai la correzione fraterna, ci fai entrare l´amor proprio; se fai atti di carità, vi porti l´ostentazione e il poco compatimento degli altrui difetti. E ben sovente anche chi digiuna o fa altre penitenze corporali, vi fa entrare la compiacenza vana, l´ostentazione, l´indiscrezione. Se pertanto ti venisse qualche vanagloria per qualche opera buona che fai, pensa seriamente che la par te buona dell´opera è Dio che la fa, dandoti l´ispirazione e i mezzi e la forza per farla; di tuo non vi è altro, in tal opera, che l´imperfezione e i difetti nel farla. Se ti viene da gonfiarti pel tuo ingegno, pensa che te lo ha dato il Signore; di tuo non vi è se non questo: che l´hai adoperato poco bene; non l´hai fatto fruttare abbastanza, ti sei già servito di esso in male. Se ti viene la tentazione di vanagloria per doni naturali, di bella voce, di graziose forme, di velocità di corsa, pensa che meschine cose son queste, e che per niente son tue.

5) Che cosa saremo?

Pensa infine che cosa sarai. Il tuo corpo sarà ridotto in marciume; verrai tutto puzzolente, rosicchiato dai vermi più schifosi, tanto da dire con Giobbe: mio padre sono i vermi, mia madre la putredine [147]. E l´anima tua? Se non avrai fatto più di quanto hai fatto finora, corri pericolo di divenire un oggetto di odio a Dio, e un tizzone d´inferno, oggetto di obbrobrio ai demoni stessi, che con sogghigno infernale per tutta l´eternità si burleranno di te, e ti tormenteranno orrendamente.

Umiltà di cuore e di volontà.

Quando tu abbia così ben conosciuto te stesso cioè quando avrai ottenuta l´umiltà di intelletto, farai un passo, e il passo non sarà difficile, ad acquistare l´umiltà della volontà, ossia del cuore. E questa, sebbene sia conseguenza di quella, in pratica è la più importante, ed ha ragion di fine; mentre quella non ha se non ragione di mezzo. Tu devi con atti continui e reiterati cercar sempre di arrivare alla vera umiltà della volontà, per cui ti espongo qui alcuni ammaestramenti.

Soggezione a Dio.

Il primo e principale effetto, dice San Tommaso, che deve nascere nell´uomo dalla cognizione propria e dei suoi peccati, che lo ostruiscono in stato più vile ed obbrobrioso del niente, dev´essere una riverente ed ossequiosa sommissione a Dio. È troppo naturale he il niente si assoggetti al tutto, l´imperfetto al perfettissimo. Questo era tutto il sugo tutta la sostanza di quell´umile e divota razione che teneva le notti intere occupato glorioso San Francesco d´Assisi : « Mio Dio mio tutto, Deus meus et omnia » . Quanto più grande sei, dice Iddio stesso nell´Ecclesiastico, anto più umiliati in tutto con darne a Dio la gloria, e sarai gradito agli occhi suoi [148]. Puoi benissimo riconoscere in te, le grazie che Dio ti fa nell´orazione, le virtù in cui ti eserciti, i progressi che vai facendo nella via del bene e della perfezione; purchè sappia scernere il prezioso che viene da Dio, dal vile che viene da te; e a lui, come autore di ogni tuo bene, dia l´onore e la gloria, e che canti con Davide: Non a noi, o Signore, ma al nome tuo dà gloria [149]. È umiltà interiore di affetto verso Dio il non cercare onore e lode dagli uomini per le proprie operazioni, o virtù , o qualità. Richiama ciò che a questo proposito ho detto sopra.

Sottomissione al prossimo.

L´umiltà di affetto verso le persone del mondo consiste, secondo che c´insegna San Tommaso, in un dispregio di se stesso per cui l´uomo, stimandosi inferiore a tutti, a tutti si sottomette. Di qui proviene che l´umile, reso in tal modo soggetto, soffre in pace i dispregi, le ingiurie, gli oltraggi, le trascuranze e posposizioni, e persino ne gode. Quest´umile soggezione di affetto verso i prossimi nasce anch´essa dall´umiltà di cognizione. Poichè, conoscendo tu veramente il tuo niente, la moltitudine delle tue colpe, le tue debolezze, non troverai difficoltà in riputarti peggiore di ogni altro. Nè hai da temere mai di abbassarti di troppo, perchè , dice San Giovanni Crisostomo: umiltà vera si è di cedere a quelli che sembrano di noi più indegni. Anzi mai dovremmo stimare alcuno inferiore a noi nè più indegno. E questo può e deve sentirlo non solo chi fu o è molto peccatore, ma ancora chiunque sia consapevole del molto bene che ha già operato. Lo sappia bene costui, se non si tiene l´infimo di tutti, tutte le sue opere buone non gli saranno di nessun giovamento (Omelia 33 sulla Genesi). E San Bernardo ti esorta a non mai temere di esagerare nell´umiltà, poichè, aggiunge, se tu avessi a passare per una porta bassa, che non sia proporzionata alla statura del tuo corpo, se t´inchini un palmo più del bisogno, non te ne verrà male alcuno; mentre invece se ti abbassi un dito meno del necessario, urterai colla fronte e potresti fracassarti la testa. Ma in che modo, dal momento che l´umiltà deve essere fondata sulla verità, puoi tu considerarti da meno di tutti, mentre vi sono al mondo dei peggiori di te? Risponde San Tommaso, da pari suo: « Ciascuno deve considerare in sè ciò che ha da sè, cioè il niente ed i peccati; e questo è verità, poichè non ha altro di suo.

Nel prossimo invece si può considerare ciò che egli ha da Dio, cioè le virtù e i doni di natura e di grazia » . E a questo devi di fatto aver l´occhio, perchè lo richiede la carità. In questo confronto non vi è mente sì superba, che non debba piegarsi e riconoscersi di gran lunga inferiore agli altri. Inoltre, soggiunge ancora il santo, possiamo e dobbiamo crederci e dichiararci con verità più vili di tutti, poichè se in noi vi è qualche prerogativa, per cui siamo superiori ad alcuno, dobbiamo credere che in esso vi sia qualche pregio occulto per cui egli sia superiore a noi. Dobbiamo ancora tenerci al di sotto di tutti per i peccati segreti che in noi conosciamo, e per i doni di Dio e le prerogative speciali che gli altri possono avere, e che noi in loro non vediamo. Che sai tu, dice a questo proposito San Bernardo, se colui che tu reputi il più vile e miserabile tra gli uomini, la vita del quale hai in abbominio come in sommo grado sordida e scellerata, non sia nella mente del Signore un vaso d´elezione: che cioè , operando Iddio in lui con la sua grazia onnipotente, Saulo non abbia a divenire ben presto un San Paolo? Dunque anche ai piedi di un uomo sì perfido devi chinar la fronte, e a lui riputarti inferiore. Chi sa poi se colui, il quale per la tua superbia ti fa ribrezzo, avesse ricevute tante grazie quante ne hai ricevute tu dal Signore, forse sarebbe già un santo, mentre tu con tante grazie sei sempre quell´imperfetto ed infedele alle grazie del Signore quale tu ti conosci, se pure non sei talmente superbo da neppure conoscerti? San Francesco d´Assisi, che pure era un santo meraviglioso, interrogato dal suo compagno come potesse con verità chiamarsi il più gran peccatore del mondo, rispose: « Io credo a tengo per certo che se Iddio avesse fatto al più infame assassino del mondo le misericordie che ha compartite a me, quegli lo servirebbe più fedelmente e sarebbe più gradito agli occhi suoi. Sono ancora persuasissimo che, se il Signore ritirasse da me la sua santa mano, cadrei in quelle enormità in cui niuno mai è precipitato . Questo è quanto con mille volte più di ragione devi temere tu di te stesso.

Per essere più umile. 1) Specchiati in Gesù Cristo.

Per arrivare alla vera umiltà è necessario tenere avanti agli occhi il nostro amabilissimo Redentore, tanto sprezzato per nostro amore. Ricordiamoci, dice l´apostolo, che questo grande Iddio si è annientato per noi, e che si umilia fino ad assoggettarsi alla morte più ignominiosa [150]. Ovvero come dice il real profeta, fino al punto di riuscire l´obbrobrio degli uomini e l´abiezione della plebe [151]. E il Signore si umilia tanto e patì tanto affinchè noi lo imitiamo. È per seguire l´esempio di Gesù che gli Apostoli andavano lieti e giubilanti tra le ignominie e i patimenti [152]. Così devi cercare di riuscir tu, se vuoi esser membro meno indegno di un capo, chi1 ha tanto sofferto e che tanto sì è umiliato.

 2) Esercitati nelle umiliazioni.

Nota però ancora, che tutto quello detto fin qui gioverebbe molto poco, se tu, contento della teoria e conoscendo il tuo nulla, non ti sforzassi di venire alla pratica e non amassi le umiliazioni. Esse pure ti sono necessarie. Dice San Bernardo che la via delle umiliazioni conduce all´umiltà. Devi pertanto cercare di esser umile di pensieri, di parole ed opere. Per i pensieri vale l´umiltà di intelletto detta sopra, e che ancora una volta io qui ti raccomando, affinchè ne faccia un continuo tema dei tuoi esami di coscienza e delle tue meditazioni. Per le parole è necessario, ti ripeto seriamente, di non dir parola di e o delle tue cose nè in lode nè in biasimo. Sentirai altri farlo a tuo incoraggiamento, ma tu hai troppo amor proprio per farlo. Solo in qualche opportuna circostanza si possono dire parole di propria depressione. E ciò specialmente con scoprire al proprio confessore nel sacramento della penitenza, od al proprio direttore nei rendiconti e fuori di confessione, sinceramente, non solo i propri peccati ed i difetti, ma le cattive propensioni, i cattivi pensieri. Fuori di questi casi S. Francesco di Sales stima meglio che si taccia, sia il bene come il male. Soprattutto devi tacere sempre col non scusarti quando dei tuoi mancamenti sei dagli altri ripreso. Coi tuoi superiori poi fai bene a non scusarti mai, anche quando sai d´aver ragione. Allontana dal tuo linguaggio ogni parola che sappia troppo di comando, ovvero secca od altèra, e specialmente il brutto vizio di metter sempre il tuo io.

Circa i fatti, in due modi si può esercitare la virtù dell´umiltà; o col fare spontaneamente azioni umilianti, o con accettarle di buon cuore quando ti vengono fatte dagli altri. In quanto al primo modo, io non ti suggerisco già che per calpestare ogni orgoglio tu abbia a fingerti stolto, come in tante circostanze fece San Filippo Neri, e come fecero tanti altri santi. Ma ama l´umiltà nel vestire, nella calzatura, negli abbigliamenti, nei capelli.

Cerca semplicità nelle camere in cui dimori, "egli utensili di cui ti servi, nella quantità ed eleganza di libri che devi adoperare, nei posti umili in cui vieni stabilito. Non lasciarti servire per la pulizia della camera, non lasciarti lucidare da altri le scarpe, sebbene avessi qualche grado di superiorità. Cerca le occupazioni meno appariscenti, gli uffici  più vili e penosi, la scuola che altri rifiuta. il libro che già è logoro, il tavolo che è già rosicchiato dai tarli; non voler affatto tappeti, nè comodità e riguardi. Non domandar eccezioni nell´osservanza regolare. Non sognare o desiderare uffici e cariche più appariscenti. Ricordati che sei venuto in religione  non per comparire, ma per nasconderti con Gesù Cristo. Tratta più volentieri coi giovanetti più poveri, più laceri, più malgraziati più sporchi. Se ti capita il destro, fa´ azioni per sè sante, per cui riesca avvilito presso i mondani che non le capiscono. San Giuseppe Calasanzio scopava le scuole; S. Girolamo Emiliani cercava gli animaletti in capo ari fanciulli, per tenerli puliti; Cesare Baronio stava a far cucina; San Francesco d´Assisi e San Benedetto non osarono ascendere al sacerdozio tenendosi per troppo indegni; Sant´Agostino, San Giuseppe da Copertino non accettarono il sacerdozio che per ubbidienza; Don Bosco faceva per i suoi giovani il sarto, il calzolaio, il cuoco; altri superiori si riservano l´ufficio di suonar la sveglia al mattino, di pulire i luoghi comuni, di far l´infermiere ripulendo anche i vasi immondi ecc. A queste cose devi aspirare anche tu, se vuoi che il Signore ti abbia poi a dare il premio che è riservato ai veri umili. Oltre a queste umiliazioni spontanee, non possono mai mancare molte umiliazioni non cercate ma arrecateci dagli altri. Queste sono ancor più atte a reprimere gli animi nostri inclinati all´innalzamento, quanto sono meno volontarie. Non mancheranno mai, finchè si vive su questa misera terra, mormorazioni, o calunnie, o ingiurie, o dispregi. Non mancheranno mai gli emuli, gli invidiosi che attraversano l´altrui avanzamento, gli avversari lividi che prendono di mira le altrui umiliazioni. Queste umiliazioni, non cercate da te ma occasionate da maligni, ed in realtà mandate da Dio, sono anche più meritorie. Nel fuoco, dice l’Ecclesiastico, si raffina l´oro e l´argento, e l´uomo virtuoso si raffina nel crogiuolo delle umiliazioni [153]. Beato chi saprà prendere con tranquillità d´animo tutte le azioni umilianti che sii verranno fatte dal prossimo, perchè si stabilirà in un sodo fondamento su cui non potrà crollare l´edificio della sua perfezione.

4) Sii moderato negli atti esteriori.

Un terzo modo di esercitare l´umiltà per mezzo degli atti esteriori secondo San Tommaso, è quello che pone moderazione ai gesti ed al portamento esterno. Questo consiste in una certa composizione esterna del corpo, con cui la persona esprime ed indica l´umiltà interna del Cuore. A questo si riduce il non ridere sgangheratamente, il non voler figurare con concetti arguti, il non far scherzi o buffonerie indebite, il non voler parlare più forte che gli altri, o interromper gli altri per dire la propria ragione, il non questionare con calore o contraddire gli altri, bensì cedere modestamente; l´andare cogli occhi piuttosto bassi, tranquilli e mansueti, e andatura punto ricercata, non portamento altèro, non modi adulatori degli altri, non esagerazione negli stessi atti di cortesia; il non cercare d´arrivare il primo; dar la precedenza agli altri; così pure far atti di mansuetudine, di pazienza, di ubbidienza completa, di mortificazione, di abnegazione dei propri sensi, delle proprie cognizioni e del proprio giudizio. Appartiene ancora a questo punto di umiltà il mantenere il silenzio ed il raccoglimento, senza però mai essere disgustoso ad alcuno. Parla con modestia e con ritegno, non interromper gli altri, taci quando parla un Superiore, non rispondere se non quando sei interrogato o chiamato. È anche un atto di vera umiltà, se per fare il proprio dovere uno si sottopone all´impopolarità dei giovani, ed anche ai rimproveri dei Superiori, ed al pericolo di non essere amato da essi.

4) Usa rispetto e servitù ai superiori e maggiori.

Ai superiori e maggiori usa riguardi e rispetto, quanto è maggiore la loro dignità o veneranda la loro età. Non usar mai troppa dimestichezza con loro, non ridere alle loro spalle per qualsiasi motivo, ed usa verso di essi quei titoli aggiuntivi che indicano la loro dignità in religione. Non mostrarti mai annoiato della loro compagnia e conversazione, nè permetterti mai la minima contesa con loro.

Se dovessi assegnare gli uffizi, abbi riguardo alla dignità ed all´anzianità. Servili con ogni deferenza, non lasciarli fare uffici mili o faticosi. Nel camminare cedi sempre la parte e più comoda e più degna, porta le .oro cose, trattienili in umile e rispettosa conversazione. Previeni i loro desideri, e cerca on vera sollecitudine ed affetto di far loro piacere in ogni cosa. Queste cose le osserverai anche divenendo superiore coi cari nostri vecchi.

Amali quali padri spirituali, e riveriscili con somma pietà e sincero affetto filiale. Sii attento e docile ai loro consigli, obbediscili on prontezza, esattezza e semplicità anche nella espressione dei loro desideri. Devi provare consolazione nell´avvicinarli ricordando ciò che diceva Don Bosco: Le pecorelle più vicine al pastore son le più fortunate, perchè ricevono spesso qualche manciata di sale o di erba. Sta´ strettamente congiunto ai compagni con vincoli di fraterna carità. Abbi i! cuore largo con loro. Devi considerarli come immagini di Dio, e negli stessi loro difetti come strumenti della sua azione santificatrice su di te. Per essi Dio si comunicherà a te, e tu a lui.

5) Ricevi bene le correzioni.

Gran punto pratico per l´umiltà è il ricevere sempre con buono spirito e con profitto le correzioni e riprensioni. Tu procura di ridurti a tanta umiltà e docilità di spirito, che non abbia discaro, anzi brami in tutta la vita d´essere avvisato dei tuoi errori, dei tuoi difetti, sia riguardo al tuo carattere come nella disciplina esteriore; e ciò non solo dai Superiori, ma anche dai confratelli. A questo debbono indurti molti motivi. Primieramente essendo tutti i religiosi obbligati ad applicarsi efficacemente per giungere alla perfezione, debbono altresì desiderare di conoscere i propri difetti, e dimostrare d´aver gusto d´essere avvisati per correggersene, essendo la docilità un segno infallibile d´un´anima candida e sincera davanti a Dio. Per questo Salomone disse che chi riprende il savio sarà da esso amato .[154] Invece l´ostinazione nei difetti e la ribellione contro le riprensioni, sono i caratteri d´un´anima riprovata, e segni certi dell´essere insidiata dal demonio, come disse l´Ecclesiastico: « L´odiare le correzioni è segno d´essere peccatore [155].

Fa´ adunque di amare le correzioni, e di acquistare un cuore docile. Per questo di´ spesso col cuore fervente e pieno di zelo della propria perfezione: Dà, o Signore, al tuo servo un cuore docile [156]. Da questa prima ragione nasce la seconda, ed è che le correzioni grandemente ci aiutano a emendarci. Siccome la predicazione dell´evangelo è necessaria per la conversione degli infedeli, ed il peccatore ordinariamente non abbandona i vizi se no a gli si dimostra la loro bruttezza ed orrore; così il religioso non lascerà le sue imperfezioni se il superiore non gliene fa vedere la gravità e l´importanza di correggersene.

Perciò senza dubbio, chi desidera veramente piacere a Dio, si rallegrerà di essere corretto, nè mai si sentirà a lamentarsi o mormorare, come disse il Savio: L´uomo prudente e disciplinato non mormorerà se corretto [157]. Che se qualche volta la natura superba se ne risentisse, si ricordi che la religione è luogo di correzione, e le case di religione come infermerie spirituali, ove Dio ci ha inviati per guarire le infermità dell´anima nostra. E siccome è necessario bere medicine amarissime per purgare lo stomaco da cattivi umori, così è necessario ricevere qualche volta rimostranze molto acerbe per bandire la superbia e gli altri vizi dal nostro cuore. Se l´oro non si mette nel crogiuolo non può depurarsi, e se la lima non passa fortemente sopra il ferro, esso non diventerà liscio. Così se la correzione non è alcune volte accompagnata dal rigore, le nostre anime non si possono render tali quali Dio le desidera. Il terzo motivo della grande utilità della correzione è questo: le congregazioni religiose non si possono conservar in vigore, se non con l´esatta correzione dei difetti di ciascun membro. Chi in qualche modo si ribella alle correzioni, è segno che non ama la vita religiosa, e incorrerà nelle maledizioni del Signore. All´opposto mille benedizioni accompagnano il Religioso, che, sebbene non immune da difetti, si mostra desideroso di correggersi, confessando esso stesso i suoi errori, e rallegrandosi d´essere corretto, e sopportando volentieri quella penitenza e mortificazione che piace al superiore d´imporgli. L´umile, se si sente innocente nel punto pel quale viene dal superiore ripreso, si sente però colpevole d´altre cose per meritare tal correzione e confusione! Tu Perciò non pensar mai d´essere trattato con troppo rigore. Al contrario reputa il rigore una grazia, perchè ti serve a meritar molto. Prega Iddio per quelli che ti fanno la carità di farti conoscere i tuoi difetti, e tienli cari come i più veri amici. Anzi, se proprio desideri molto di progredire nella virtù , farai bene non solo ad accettare le correzioni quando ti verranno fatte, ma pregherai il superiore a non risparmiarti, esercitandoti e mortificandoti ben bene, quando e come giudicherà a proposito. Cerca piuttosto di rallegrarti di avere un superiore che non te le risparmia, anzichè d´averne uno che ti perdoni facilmente. San Giovanni Damasceno, dopo d´essere stato governatore di Damasco, essendosi fatto religioso, ricevette ubbidienza di portare a vendere al mercato pubblico di quella stessa città, certe sporte fatte da sè e dagli altri religiosi. Egli l´eseguì con generosità e semplicità incredibile, mettendosi in mezzo al mercato in pubblica piazza a vendere quegli oggetti, là precisamente dove poco prima esercitava l´ufficio suo di governatore. Quante grazie non avrà egli ricevuto da Dio per questa sua profonda umiltà!

Altri avvertimenti pratici.

Stampati anche bene in mente quanto dice San Francesco di Sales: « L´umiltà per essere vera, deve andar sempre accompagnata dalla carità » , cioè amare, cercare, o almeno accettare le umiliazioni per piacere a Dio, per assomigliare a Gesù Cristo; altrimenti sarebbe un praticarla ad uso dei gentili! Quell´umiltà che per seguire un suo punto di vista non si lascia facilmente dirigere dai superiori o è incomoda agli altri, o si esterna in modo da allontanare l´affetto od il rispetto degl’inferiori, questa non è umiltà di buono stampo. Dopo quanto si disse, che opinione credi! tu si potrebbe formare di un ascritto, che non] si facesse scrupolo di biasimare e lamentarsi] dei superiori; di chi si mostrasse offeso perchè non gli usano tutti quei che egli crede dovuti riguardi; di chi coi compagni si mostrasi se caparbio e tenace nel suo giudizio, nei giuochi esigesse sempre la preminenza, nelle scuole facesse palese la vanità del voler comparire da più degli altri, nei discorsi delle ricreazioni cercasse continuamente di comparire? Che diresti di chi cercasse la preminenza per la sua regione, per la sua nazione, per la sua lingua; od a stento s´adattasse a parlare nella lingua ordinaria di casa e si ostinasse voler parlare nella lingua propria? Comprendevi rai che costui non conosce neppure « l´abbici dell´umiltà, e che in conseguenza non diverrà mai un vero religioso. La vera umiltà, siccome ci fa diffidare di noi stessi, e confidare unicamente in Dio e nella sua bontà, non deve mai lasciarci scoraggiare quando si radesse in qualche difetto o mancanza. Sia perciò sempre lontano da te lo scoraggiamento, ed il timore di non riuscire. Quando non riesci in qualche cosa procura di umiliarti davanti al Signore. Ma dopo aver letto con San Luigi : « La terra ha dato il suo frutto, terra dedit fructum suum » , riprendi nuovo coraggio, aggiungendo con San Paolo: « Posso tutto in colui che mi conforta [158]. Sta´ sicuro che con l´aiuto di Dio e del tuo buon maestro, potrai alfine diminuire le mancanze, progredire nelle virtù , e avvicinarti a poco a poco alla perfezione alla male sei chiamato. Il punto dell´umiltà deve essere pertanto assai di frequente meditato negli anni della formazione. Colui che negli anni di prova si mostra superbo, pretende, altero, non potrà mai diventare un buon religioso, e tanto meno un buon salesiano, secondo Io spirito di Don Bosco. Il  nostro buon Padre fondò la sua congregazione sull’umiltà, sullo spirito di sacrificio, sulla abnegazione di se stessi; di modo che, senza averne l´apparenza, può dirsi che una caratteristica sua sia appunto questa- E tu figurati che sia Don Bosco stesso che ti rivolge queste celebri parole: « L´umiltà è un evidentissimo segno di elezione; la superbia è evidentissimo segno di riprovazione » . [159]E ti soggiunga ancora quanto ho udito io dalla sua bocca: « Chi non è umile non sarà mai casto » . E siccome nel noviziato non hai occasione di praticare tale virtù in cose molto grandi e difficili, procura di acquistarne bene lo spirito e di sottoporti con gioia alle piccole umiliazioni che occorrono quotidianamente. Allora il Signore ti benedirà, tu diventerai un buon salesiano, e su questa base dell´umiltà erigerai un grande edifìzio di santità.

 
Capo XXX DELL´INDOLE IRACONDA E DELLA MANSUETUDINE

1 °Che cosa sia l´ira e i suoi effetti.

L´ira, ossia la collera, è un desiderio smodato di vendetta contro qualche persona od oggetto che ha recato disgusto. Essa inclina a far male alla persona, od all´oggetto disgustoso. Anche questo è uno dei vizi capitali e di quelli più universali e che recano maggiori danni. Quando l´iracondo è poco virtuoso e poco timorato di Dio, al certo non si cura di raffrenare questa passione. Ed allora lira e la collera ne acceca la mente, indura il cuore, perverte la volontà e viene a signoreggiare in tal maniera l´anima, che l´induce a innumerevoli peccati gravi. Infatti la collera non raffrenata è cagione di tante ingiurie, imprecazioni, minacce contro i prossimi, di odii, vendette, inimicizie, che si proseguono per anni ed anni: anzi è cagione delle risse, delle percosse, dei ferimenti e degli stessi omicidi. È lo Spirito Santo che ce lo conferma: L´uomo iracondo provoca risse [160]. È cagione infine di tante orribili bestemmie, con cui direttamente si viene ad oltraggiare Iddio, la Vergine SS. e le cose più sante: cagione Perciò della dannazione delle anime. Aggiunge ancora lo Spirito Santo nell´Ecclesiaste, che l´ira è indizio di stoltezza [161]. Se l´iracondo è persona timorata di Dio, sarà raro il caso in cui si lasci trascinare ai suesposti eccessi. Tuttavia , se non pone gran cura per mortificare al tutto questa passione, facilmente dalla medesima verrà trascinato a molti peccati veniali e difetti, e quindi distolto dalla perfezione cristiana. Oh quante sono le anime divote, anche di religiosi provetti, che non avendo mortificato abbastanza il loro naturale collerico, si lascian trasportare a molti atti d´impazienza interni ed esterni, sempre inconvenienti e quasi sempre peccaminosi! Poichè alla minima occasione che sorge, ed al più legger torto che ricevono, tosto si conturbano ed inquietano: ammettono entro il cuor loro sentimenti e avversioni, rispondono I con calore, con alterigia, con arroganza. E questi ed altri innumerevoli atti venialmente peccaminosi van Commettendo tutto giorno, anche avvertitamente e deliberatamente.

2» Della mansuetudine.

L´irascibilità pertanto e l´impazienza vanno combattute con tutte le nostre forze. Esse si vincono con la mansuetudine. È questa una virtù morale, per cui la persona reprime tutti i moti disordinati dell´ira, discacciai dall´anima ogni turbamento ed avversione, contro il prossimo, e mantiene l´animo pieno di pace, di carità. Chiamasi comunemente anche pazienza.

Necessità della mansuetudine.

Questa virtù della mansuetudine è necessarissima per l´acquisto della perfezione, e perciò caldamente ti esorto ad acquistarla. Non son rare tra noi le occasioni che facilmente possono eccitare alla collera. « Non è possibile, dice San Francesco di Sales, in questo nostro pellegrinaggio, di non urtarci ed imbarazzarci a vicenda gli uni con gli altri. Però è necessario avere un gran fondo di pazienza e di dolcezza, da opporre agli improvvisi movimenti della collera » . Gesù , Salvator nostro, tra le beatitudini dà un porto importante alla mansuetudine: beati ì miri perchè possederanno la terra. La virtù che Gesù benedetto ci dice d´imparare dal suo Cuore sacratissimo, prima ancora dell´umiltà, e la mansuetudine: imparate da me ad essere miti. E la virtù , che la Chiesa nella sua liturgia ci fa chiedere di più alla Madonna, è la mansuetudine, prima ancora della castità: mites fac et casios, rendici miti e casti. Noi abbiamo come titolare San Francesco di Sales, detto il santo della mansuetudine e della dolcezza; e per padre e fondatore Don Bosco, mai visto in collera, e che possedeva il cuore dei suoi figlioli, tanto era grande la mansuetudine e la dolcezza che adoperava con loro. Se vi è nel mondo felicità invidiabile, essa è certamente quella che è prodotta dalla pace e dalla tranquillità, che si gode nella comunità di persone, che convivono in unione li fraterno amore. Questi, che sono in possesso della giocondità dì un concorde convito, possono dire con ogni verità ciò che diceva il profeta: Quanto è cosa buona e bella che i fratelli vivano in unità di cuore [162]! Lo provarono in effetto quei buoni cristiani della Chiesa nascente, convertiti alla fede dall´apostolo San Pietro, dei quali ci narra San Luca, che vivevano in una tal pace e concordia, che di tanta moltitudine sembrava essere un cuore solo ed un´anima sola [163]. Ed essendo uniti con questa carità e mansuetudine, avevano a un tempo stesso il possedimento di ogni vero bene. Di sorte così avventurosa noi religiosi siamo partecipi, tutti uniti in un sol corpo di fraterno amore, che forma la sorgente, per così dire, alla nostra terrena beatitudine.

Male dell´ira nelle comunità.

Una cosa tuttavia è atta ad intorpidire la limpidezza di questo fonte della nostra felicità, ed è l´indole superba ed iraconda di qualcuno. È  essa che, accecata dallo sdegno tronca il bel nodo della fraterna unione tutte le volte che, trasportata dall´impeto della passione, prorompe in risentimenti, ini querele, in rimproveri, accendendosi or contro l´uno or contro l´altro dei confratelli. Questo è un vizio così cattivo, che nessun altro quant´esso distrugge le idee e le amorose intenzioni avute da Gesù Cristo nell´unirci insieme in religiosa congregazione. Ed è talmente biasimevole che, per le sue conseguenze, viene ad essere uno dei più perniciosi alla concordia religiosa. Le idee di Gesù Cristo nella fondazione della sua Chiesa furono tutte di amore, di benevolenza, di pace e di amichevole armonia. A questa reciproca dilezione par che fossero unicamente rivolte tutte le sue mire, di modo che volle stabilirla nei suoi seguaci con rigoroso precetto che chiamò suo e nuovo [164]. E gli stette tanto a cuore questo comando, che obbligò gli uomini ad amarsi scambievolmente con quell´istesso amore con cui egli amò essi [165]. Nè contento di ciò stabilì pene contro quanto potesse rompere questo vincolo così apprezzato. E siccome è l´ira che più d´ogni altra cosa può rompere la carità, così minaccia i più gravi castighi a chi si lascia andare all´irascibilità [166]. In forza adunque di questo comando noi non possiamo adirarci contro del fratello, neppure una sol volta, senza venir a distruggere le amorose idee di Gesù Cristo. Ora che sarebbe se tu, non sforzandoti quanto devi per vincere l´indole tua iraconda, rimanessi facile a risentirti per ogni minima cosa, contro dei compagni o contro dei giovani, e ti lasciassi andare a trasporti di sdegno? Se, impaziente, disgustassi altri con parole aspre? Se contro gli altri ti inasprissi, se sdegnoso li mortificassi con oltraggiosi rimproveri? Se ne concepissi avversione? Procura di misurare da te stesso il cattivo esempio che verresti a dare, il male che potresti produrre, e tra i confratelli e tra i giovani in mezzo ai quali avrai a trovarti, o coi tuoi sudditi, se per disgrazia con questa tua indole irascibile, avessi da avere qualche grado di superiorità sopra altri. Oh! se non ti vincessi dell´irascibilità non saresti certo riconosciuto dal Signore come suo discepolo! Potresti anzi, con questo vizio, mettere in pericolo l´esistenza di un collegio e d´una missione intera, con danno irreparabile tuo, delle anime e di tutta la congregazione. Gesù volle che l´amore e la reciproca fraterna unione, fosse il carattere distintivo dei suoi seguaci: « In questo conosceranno che siete miei discepoli, se vi amerete a vicenda » [167]. E come poi con questi abituali sentimenti opposti alla fraterna dilezione, potrà vantarsi un religioso di andar distinto con le nobili divise di suo discepolo? Porterà egli anzi le divise di satanasso, autore della discordia, delle avversioni e del disdegno. Vedi adunque qual disonore fa a sè stesso un religioso impaziente ed iracondo, svestendosi del carattere nobilissimo di discepolo di Gesù Cristo, e assumendo quello ignominiosissimo di seguace del demonio. Basta alle volte un solo confratello d´indole irascibile non raffrenata a tempo, per tenere sconcertata una casa intera, un numeroso collegio. E chi è , dice il Savio, cui non riesca insoffribile uno spirito iracondo? [168]. E conchiude che un uomo facile a sdegnarsi è cagione di molte liti e di molti peccati [169]. Tu ti stupirai, o mio buon amico, nel vedere come nelle sacre carte tanto si stigmatizzi l´iracondia, e forse ti meraviglierà! che io insista nel farti notare i danni che da essa ce ne provengono! Ma io che vidi piangere superiori, e collegi rovinati, e dei religiosi tradotti ai tribunali per essersi lasciati portare ad atti di violenza contro qualche giovane, e ciò evidentemente per causa di chi nel noviziato non si era vinto bene su questo punto, temo ancora di non aver detto abbastanza. E Perciò per amore di Gesù ti prego a volerti coprire di quella mansuetudine che esce dal divin cuore, e ti scongiuro a non renderti così indegno del nome che porti di salesiano e di figlio di Don Bosco.

Pratica della mansuetudine.

Non prender dunque abbaglio: le mortificazioni, il gran lavoro, le austerità, le penitenze, le orazioni son cose buone, buonissime, ma han assoluto bisogno di essere accompagnate dalla mansuetudine, del resto poco o nulla valgono. Bada pertanto attentamente, di non offendere in qualunque modo chicchessia, e offeso non risentirtene. Che se mai, per umana fragilità, o per diabolica istigazione, non fossi sì guardingo lasciandoti m alcuna volta trasportare dall´iracondia, corri  subito a smorzare il fuoco coll´acqua dell´umiliazione. Questo solamente, al dire di San Bernardo, è il mezzo più valevole a riparare l´incendio, che potrebbe quindi sorgere dal piccole scintille di risentimento, che offesero la carità. Si legge nella vita del glorioso San Francesco di Sales, come, sorpreso da un illustre cavaliere nell´atto che con l´ago alla mano stava rattoppando una sua veste, fu come redarguito perchè si abbassasse a la I voro sì poco a lui conveniente. Cui tosto rispose il santo : « Signore, non l´ho rotta io questa veste? Dunque la debbo anche rammendare» . Ammirabile sentimento! Io vorrei lo applicassi a te stesso ad ogni tua mancanza; ma specialmente tutte le volte che, in qualche modo, rompessi la concordia, la carità, la pace. Umiliati ben tosto, chiedi scusa della tua inconsideratezza. E, se senti ripugnanza, di´ anche tu: Sono io che ho rotto la concordia, è ben giusto adunque che io pure la risarcisca. Nè star sul puntiglio, pensando a chi tocchi l´umiliarsi prima. Dopo che offendesti Iddio col peccato, chi fu il primo a chiedere riconciliazione e pace? tu che fosti l´offensore, oppure Iddio che fu l´offeso? Iddio fu quello, poichè con muoverti il cuore con la sua grazia eccitante al ravvedimento, quando tu eri forse più alieno dal pentirtene, e talvolta anche più intento ad irritarlo con le offese, ti si presentava innanzi quasi in atto supplichevole, prontissimo a porre in dimenticanza con un indulgente perdono tutti gli oltraggi che gli facesti. E sarai poi tu cotanto altero, siccome sogliono alcuni superai secolari, che non arrossisca di metterti sul puntiglio, che a te non tocca umiliarti pel primo? Chi è il primo ad umiliarsi acquista senza fallo maggior merito, merito grande e grande assai. Per non perderlo, tosto che conoscerai essere in disunione con qualcuno, figurati che Gesù Cristo ti parli all´orecchio intimandoti di eseguire il comando espresso del Vangelo: Va´ prima a riconciliarti col tuo fratello [170]. E tu obbediscilo senza dilazione, presentandoti a dirgli dolcemente la tua discolpa, e a pregar compatimento, se l´offendesti. E se l´offeso fosti tu, digli ciò che a Lot già disse il pacifico Abramo: Non vi sia contesa fra me e te, giacchè siam fratelli.

Dissi che senza indugio devi procurare la riconciliazione, per non contravvenire all´ammaestramento dell´apostolo, il quale esorta a star ben cauti di non lasciar tramontar il sole sopra la nostra collera [171]. Altrimenti se porterai teco a dormire lo sdegno, questo, al dir di Sant´Agostino, corromperò il tuo cuore [172]. Con che vuol dire questo santo dottore, che se alla rottura non segue una pronta riconciliazione, lo sdegno passerà facilmente in passione, in astio, in livore, che durerebbe Dio sa fino a quando, con immenso discapito della coscienza, e con iscandalo gravissimo della comunità dei religiosi, se pur non sarà anche saputa da altri in casa e fuori di casa, centuplicando il male. Pieno di unzione e di carità, è l´ammaestramento di Gesù nostro maestro, quando ci comanda di non accostarci all´altare ad offrire il nostro dono, se prima non ci siamo riconciliati col fratello che ha qualche cosa contro di noi [173]. E tu come oseresti andare alla santa comunione, se almeno prima d´andarvi non promettessi a Gesù di umiliarti in qualunque modo, per fare la pace con quel fratello, che l´avesse rotta con te? Commovente la liturgia antica della Chiesa, che disponeva che tutti i cristiani si abbracciassero vicendevolmente dandosi la pace, prima di andare alla santa comunione! Approfitta di questi sublimi ammaestramenti, fa´ propositi seri e duraturi, per tutta la vita, e ti attirerai le benedizioni del Signore.

Come riuscire ad essere uniti.

Ti preservi pertanto il clementissimo Iddio dalla malnata passione dell´ira, sorgente funestissima di mille colpe. E tu bada bene a raffrenarla con ogni sforzo nei primi suoi movimenti facendo ad essa sottentrare lo spirito della mansuetudine e della dolcezza, la quale come ti renderà guardingo per non render disgusto ad alcuno, così ti farà essere insensibile alle offese che altri ti facesse. In ogni incontro di dispiaceri esercitati in cosi nobile virtù , soffrendo tutto in pace per amore del Crocifisso, che sì begli esempi ce ne diede. Poniti con molta frequenza a considerare la condotta di Gesù benedetto. Egli è il vero modello della mansuetudine, la norma della pazienza, un vero prodigio di tolleranza. Osserva quanti strapazzi abbia egli tollerato dai suoi avversari, nei tre anni della sua predicazione. Calunniato, discreditato, vilipeso coi titoli oltraggiosissimi di seduttore, d´impostore, di bestemmiatore, non proferì mai parola di risentimento. Che anzi trattò sempre con ammirabile piacevolezza i suoi contraddittori, dispensando a tutti benefizi in contraccambio degli affronti, con cui lo insultavano. Nei tribunali in quante guise non, fu mai dileggiato, strapazzato, vilipeso! E allorchè era moribondo ed agonizzante in croce, quante bestemmie, contro lui vomitate dalla bocca sacrilega dei suoi nemici, non dovette udire? Quanti improperi, quante villanie, quanti scherni, quante ingiurie! Avrebbero perfin commossa l´inflessibilità dei più insensibili macigni! Eppure tutto soffrì con invitta pazienza, scusando, col pretesto dell´ignoranza, la malvagità degli autori dei suoi oltraggi, e interponendosi di più presso il divin suo Padre come mediatore per implorare ad essi mercè e perdono. Questo sia, o mio buon figliuolo, il tuo esemplare, da cui devi prendere lezione di mansuetudine e di sofferenza. Sii dunque benigno, pieghevole, facile a porre in dimenticanza quei disgusti, che in qualche congiuntura potranno provenir >i da alcuno dei tuoi fratelli mossi talvolta da inconsideratezza, talvolta da diabolica istigazione e per lo più da umana debolezza. Compatisci, tollera, perdona. Beato te se di giorno in giorno, esercitandoti in atti di sofferenza, giungerai un dì ad acquistare la virtù tanto pregevole della mansuetudine! Perchè con essa conseguiresti pure una immensità di meriti per l´altra vita.

Pensa all´avvenire...

Preparati all´avvenire: avrai da fare con giovanetti irrequieti, mal accostumati, forse anche con qualcuno maligno, che sembra fatto apposta per farti indispettire. Che avverrebbe se tu ora non acquistassi un carattere paziente, dolce, mansueto? Come attireresti al bene cotesti giovani, se ti lasciassi andare alla irascibilità? E se andassi missionario? Se avessi poi cariche importanti? Come riusciresti a fare del bene, se non hai acquistato perfetta padronanza su te stesso, se non hai domato perfettamente il tuo carattere?

 Dolcezza e socievolezza.

Con la mansuetudine devi pure procurarti la dolcezza, che è come il fior fiore di essa. E con l´ira devi anche fuggire quella certa rusticità esteriore o naturale durezza, che rende selvatico e ripugnante il religioso. Procura di non esser mai tetro nel volto, di non tenere mai un comportamento ruvido, più proprio d´un carceriere che di un salesiana Oh! quanto questo modo di fare pregiudica chi lo pratica, tenendogli sempre come intorpidito lo spirito, colmandogli la mente di malinconie, il cuore di noia e di tristezza! Ma oh! quanto pur anche malamente si soffre dagli altri, cui troppo rincresce avere un compagno intrattabile e selvaggio! E necessario che ti formi un carattere sciolto e manieroso. Se anche i secolari, obbligati a vivere in una medesima casa, debbono per ragion di civiltà ben trattarsi tra loro, quanto più lo dovranno i religiosi, radunati nel nome di Gesù Cristo, a vivere in unione di fraternità sotto un medesimo tetto!? Sia santo quanto si voglia un religioso, se è rozzo, insofferente, intollerante delle consuetudini e persino dell´umore della comunità, egli è santo, dirà così, di una santità imperfetta. Esser santo, figliol mio, non vuol dire esser rustico, ma bensì esser caritatevole, sapersi accostare fraternamente a tutti, a tutti dimostrarsi affabile, cordiale, amorevole, disposto a far dei servizi a tutti. Le quali cose sono pure segni esteriori di quella carità ed amore, che ha la sua sede in mezzo al cuore.

 Cortesia coi forestieri.

Se un religioso dev´essere trattabile e cortese con tutti, deve esserlo specialmente coi forestieri. Bisogna con loro usare la virtù dell´ospitalità, e non temere di incomodarci noi per render servizio a loro. La condotta tenuta da Abramo nell´incontro che ebbe con quei tre angeli, i quali, in sembianza di sconosciuti pellegrini, si appressarono alla sua casa, ci deve esser d´esempio del come dobbiamo diportarci e come si devono trattare i forestieri che vengono a noi. Appena il santo patriarca li ebbe veduti, subito sorse di dove stava adagiato, corse ad accoglierli, invitandoli con somma gentilezza e cortesia a fermarsi seco per ristorarsi del lungo viaggio, che avevano fatto nelle ore più calde del meriggio. E intanto corse alla mandra per ammazzare uno dei più grassi vitelli, ordinò che si preparasse loro un buon pane, ed egli medesimo li servì a tavola, facendosi un piacere di mostrare ad essi la sua cordialità. Vedi come questo ottimo patriarca si diportò con quei giovani stranieri, da lui mai veduti nè trattati, e di cui non conosceva neppure il nome? Non si ritirò, nè si nascose; non si scusò, non fece il ritroso; che anzi prevenendo le domande che la necessità avrebbe obbligato quei forestieri a fargli, coll´esibizione di servirli nei loro bisogni si dimostrò cortese, benigno, manieroso, amorevole. Porse così a noi un autentico esempio di quella santa affabilità e cortesia, con cui si debbono trattare e servire gli ospiti. Questa carità e cortesia che ci fu anche tanto praticamente inculcata da Don Bosco, abbia sempre ad essere in pregio tra noi salesiani, e tu impara fin d´ora a praticarla nel modo migliore che a te è possibile.

...Coi confratelli.

E questa cortesia non deve esser ristretta ai soli forestieri estranei alla nostra Pia Società, ma ancora ai nostri soci che sono della stessa casa, o della stessa provincia o nazione. Nè deve limitarsi ai soli geniali, e neppure a quei soli che ci han fatto del bene, non essendo allora virtuosa, ma deve stendersi anche agli stranieri, ai fastidiosi e persino agli antipatici. Affinchè poi questo tratto cortese di sociabilità sia elevato al merito di virtù , dev´essere, al dir di San Tommaso, ben ordinato. E sarà bene ordinato quando esso si estenda a tutti indistintamente senza esclusione di sorta; avendo riguardo speciale ai superiori, poi ai compagni ed estendendosi fino agli inferiori. Figlia dell´umiltà e della carità, la cortesia è tutta cuore verso ognuno, tutti riguarda con occhio sereno, a tutti mostra il volto ilare, e verso tutti è manierosa. Come è cosa consolante il vedere in una casa accogliere festosamente qualche confratello forestiere! il vedere la premura di ciascuno per non lasciarlo solo, per vedere se manca di qualche cosa e procurargliela, e fargli ogni altra sorta di servizi! Mentre, al contrario, com´è cosa desolante, e come agghiaccia il cuore, il vedere che non si curano questi forestieri, essendo ciascuno intento solo a cercare le sue comodità, e avendo noi paura di scomodarci per rendere servizio agli altri! Maggior rozzezza ancora sarebbe se questo si facesse a confratelli venuti da molto lontano, o che fossero di altra nazione. Questi vanno trattati anche meglio; e per questi in particolare devi scomodarti, e vedere che riescano completamente soddisfatti dell´ospitalità nostra. Una cosa di cui ho bisogno che tu comprenda bene l´importanza è questa: che il carattere rustico ed intrattabile, se non si corregge in gioventù bene, non si sradica poi più , anzi andrà sempre peggiorando. Renditi adunque molto affabile coi tuoi confratelli, mai gravoso, mai intollerabile; e tieni come vizio esecrando un naturale lunatico, tetro, disobbligante. Procurati invece un´aria gioviale, che dimostri buon cuore verso tutti. E per animarti ad essere trattabile a tutti quei che convivono con te, basta il rammentarti che tutti sono tuoi fratelli in Gesù Cristo, a te uniti in vincolo di carità e di amore. Bisogna far ciò anche coi fatti e colle opere, aiutandosi l´un l´altro nei bisogni senza resistenza, ma prontamente senza guardare ad incomodo ne a puntiglio. Nel che consiste propriamente tutto il merito di questa virtù , al convivere religioso sì necessaria.

Cortesia e prudenza.

Bada solo che questa deve essere regolata da un certo prudenziale contegno, onde nei suoi atteggiamenti amorevoli sia opportuna, non importuna; naturale, non affettata; limitata, non indiscreta; onesta e santa, non licenziosa. Se l´offerta dei tuoi servizi venisse fatta in tempo inopportuno, o se si conoscesse ch´essa non sia cordiale, invece di riceversi volentieri sarà rifiutata con aria di disprezzo. Se vuoi farti avanti in tutte le occorrenze che non hanno relazione alcuna con te, sarai riputato un faccendiere fastidioso. E se la tua amorevolezza derivasse da genialità, da attacco sensuale, saresti giudicato parziale e forse anche scandaloso. Regolati pertanto in guisa tale, che l´esercizio di questa virtù riesca in te, conforme all´insegnamento di San Tommaso, ben ordinato, com´è dovere; ordinato cioè non solo in quanto alla universalità delle persone, ma anche riguardo al modo ed alle circostanze di praticarla. Esercitandola in questa guisa sarai sicurissimo di riscuotere

 
Capo XXXI DELL´INDOLE ACCIDIOSA E DELLA DILIGENZA

 In che consista l´accidia.

L´accidia consiste nell´abborrire la fatica, o meglio nel consentire all´avversione e ripugnanza a tutto quello che, con sè, arreca fatica e difficoltà. È tutta nell´assecondare l´avversione, la ripugnanza e contrarietà alle opere buone e virtuose, e specialmente alle pratiche di pietà e all´adempimento delle proprie obbligazioni; e quindi conservar noia, svogliatezza e rincrescimento nell´adempirle; e questo per la fatica e difficoltà che s´incontra nel praticarle. È chiaro che il vizio non sta nel carattere o nel naturale pigro ed accidioso, bensì nella trascuratezza, nella negligenza a fare quegli sforzi, ed anche ad usare quella violenza contro se stessi, che è necessaria a vincere qualunque carattere difettoso. Quando tu pertanto con grande coraggio, risolutezza e costanza, faccia dalla parte tua tutto ciò che puoi, il carattere accidioso che per caso avessi, anzichè essere causa di peccato ti sarà ancora occasione di maggior virtù e merito. Ma se tu ti lasci dominare da esso e quindi rimani inerte ed inoperoso, tali e tanti mali ti produrrà l´accidia, da impedirti nonchè il conseguimento della perfezione, anche l´acquisto dell´eterna salute.

Il religioso calmo ed operoso.

Sebbene per se stesso lo stato religioso sia uno stato di quiete, tuttavia esso non è e non deve essere uno stato inoperoso, una quiete oziosa. Anzi la nostra Pia Società, tende alla massima attività. La quiete deve essere nell´interno; e deve fare la tua felicità. Ma essa deve mettere in moto ordinatissimo e tuttavia attivissimo, tutte le tue potenze. Lo stato religioso pertanto non permette di seguire l´inazione di quegli sfaccendati e accidiosi secolari, i quali, non avendo che pensare, perchè sufficientemente provveduti di beni di fortuna, passano i loro giorni in un tranquillo riposo, in ozio continuato, quanto vile, altrettanto indegno ed abbominevole. No, figlio mio. tu non sei entrato in società per menarvi una vita oziosa, comoda e piacevole. L´ozio, che, giusta l´insegnamento dello Spirito Santo, è la sorgente d´ogni male, il maestro della malizia [174], se è pernicioso a qualunque secolare, molto più è pregiudichevole ad ogni religioso, per i grandi pericoli cui l´esporrebbe.

Effetti dell´accidia.

Questa grande operosità ci è anche necessaria per evitare le tentazioni e vincere il demonio. Che se ancor quando siamo occupati egli non manca di fare i suoi sforzi per farci soccombere alle diaboliche sue suggestioni, che non farà poi il maligno a danno delle anime nostre qualora ci trovasse oziosi? Perciò, al dir di Cassiano, era costante parere degli antichi monaci dell´Egitto, che il religioso occupato vien tentato da un solo demonio; ma che l´ozioso è malmenato da innumerevoli. Noi in particolare abbiamo in eredità da Don Bosco il lavoro, che è anche nostro motto. L´ozio non danneggerebbe noi soli, ma porterebbe rovina al buon andamento di tutta la casa, e al bene dei giovani.

Avverrebbe cioè nei nostri collegi ciò che nel Vangelo è raccontato per similitudine di quel padre di famiglia, che dopo d´aver fatto seminare in un suo podere ottimo e scelto grano, vide spuntarvi gran quantità di zizzania.Non sapeva egli darsene pace, nè poteva comprendere .come mai, in un terreno buono} con una semenza sì purgata, avesse a nascere tanta copia di sì perniciosa erbaccia. Ma ebbe per risposta, che mentre gli agricoltori, invece di badare al campo, dormivano, vi fu un maligno, che introducendosi nel seminato, vi seminò della zizzania [175]. Applica questa parabola all´anima tua individuale ed al collegio dove ti trovi, e comprenderai che devi vegliare. Se dormi, viene il demonio a seminare cattivi pensieri, a fomentare stimoli carnali, e tu cadrai. E trascurando i tuoi doveri, andrà male tutto il collegio. Avverrà come dice Sant´Epifanio: che se tanta immondezza si scorge tra il grano eletto e mondo, se tante laidezze vengono per la mente di chi aveva un´anima pura e bella, se tanta maldicenza si trova sulla lingua di chi era sì circospetto nel parlare, se in una parola tanti vizi si trovano in un cuore già sì puro e netto, è perchè non si vigila abbastanza; sì dorme, non si lavora alacremente. Non appena si comincerà a stare qual dormiglioso in ozio, s´intrometterà nel cuore e nella mente il maligno tentatore spargendovi la rea semenza di molti vizi. L´occupazione, dice San Girolamo, allontana da noi i peccati; e Perciò egli ci esorta a star sempre impiegati in qualche convenevole esercizio, affinchè il demonio non trovandoci mai oziosi, non abbia campo d´introdursi nel nostro cuore colle tentazioni. A noi non mancano mai le occupazioni di dovere; ma chi fortemente vuol mettere ad usura fin l´ultimo ritaglio di tempo, potrà ancora occuparsi in tre cose suggerite dal medesimo San Girolamo, il quale, nella lettera 125a a Rustico, lo esorta ad amare la lettura spirituale, l´orazione assidua e lo studio della sacra scrittura. Anche tu pertanto, oltre alle altre occupazioni che ti sono affidate, e che devi eseguire esattamente e con zelo, abbi sempre questi tre oggetti avanti agli occhi: buone letture, orazione assidua, studio indefesso e specialmente di cose sacre.

Come si perde il tempo.

E come non avresti da chiamarti in colpa, se quel tempo che dovresti impiegare nel dare all´anima un po´ di pascolo spirituale, lo passassi in frascherie, in ciarle inutili, in lunghe oziosità? Come non ti crederai riprovevole se, invece di stare raccolto e occupato, o nei doveri o in queste letture e studi sacri, ti trattenessi ad appagare la curiosità, in legger gazzette, in cercar novelle, o trovar pretesto d´uscir di casa per visite dannose, o certo almeno inutili? Oppure se in casa, passando da un luogo all´altro, da questa a quella camera, disturbassi i compagni che vorrebbero stare intenti a compire i loro doveri, ad osservare le regole del silenzio e del non entrare nelle camere altrui? Questo, che è un vero vizio, è molto più peccaminoso in un Religioso e specialmente poi in un salesiano.

La virtù della diligenza.

La virtù opposta all´accidia è la diligenza. Essa è quella virtù per cui la persona compie volentieri, e colla maggior premura, esattezza e perfezione che può , tutte le opere doverose e convenienti al proprio stato e condizione, e ciò per l´amore e gusto di Dio. È questa una delle virtù più necessarie, e più utili alla perfezione. La perfezione infatti consiste tutta nell´adempimento perfetto della volontà di Dio. Ma che vuole Iddio da ciascun´anima? Forse che ella compia opere straordinarie, cioè superiori alle sue forze, al suo stato, alla sua condizione? No certo, eccetto il caso di particolare e chiara ispirazione. Bensì egli vuole che ella faccia veramente bene, ossia eseguisca colla maggior premura, esattezza e perfezione che per lei si può , tutte le opere comuni del suo stato, a lei però convenienti e doverose. È appunto nel far bene ed eseguire con perfezione le opere comuni ed ordinarie dello stato proprio, che sta la perfezione cristiana. Queste opere ordinarie e comuni, si riducono in ciascuna persona a tre classi. E sono: 1) l´adempimento delle pratiche di pietà; 2) l´esercizio delle virtù cristiane; 3) l´esecuzione degli obblighi del proprio stato. Pertanto quando un´anima esercita la virtù della diligenza, e quindi in forza di questa compie volentieri, con premura, con esattezza e perfezione, per il gusto di Dio, le pratiche di pietà, le virtù cristiane, e gli obblighi dello stato e della vocazione sua, ella adempie con gran merito la divina volontà, ed attende alla perfezione.

Esattezza e prontezza.

La diligenza deve aver due qualità: la prontezza e l´esattezza. Si devono fare le cose con prontezza facendole tutte nel tempo e nell´ora in cui van fatte, e non differendole punto, senza giusta causa. Perciò se la natura pigra ed inerte, la volontà accidiosa e tiepida, ripugna al far le cose con prontezza e puntualità nei debiti tempi e nelle debite ore, tu con gran coraggio e. costanza combatti la natura infingarda, vinci la volontà neghittosa, trionfa così dell´accidia, ed eseguisci subito ciò che devi. Far le cose con esattezza vuol dire farle compiutamente, secondo la loro natura e secondo il fine a cui debbono servire; cioè farle senza mancanze. Perciò dicesi esatto, e quindi perfetto quel lavoro o quella opera, che non presenta alcun notabile difetto; ma ha tutto quello che è richiesto dalla sua natura e dal fine a cui deve servire.

… 1) Fare una cosa per volta.

Ma non basta conoscere queste cose teoricamente; è necessario che ti proponga alcuni mezzi da praticarsi, per eseguire con prontezza e con esattezza e quindi con diligenza e perfezione, tutte le opere proprie] del tuo stato, della tua vocazione. Questi mezzi sono specialmente tre. II primo consiste nel far ciascuna cosa come se non sii avesse da farne altre, ma quella soltanto. Men-1 tre tu sei occupato in una cosa, che fa il demonio per fartela eseguire malamente? L´astuto.! servendosi della volubilità della tua mente, ti I pone in animo pensieri, desideri, affanni e brighe di quelle altre cose che devi far dopo.´ Perciò , distratto in tali pensieri e affanni, tal non poni nel fare la cosa presente l´attenzione, la diligenza necessaria per farla bene e| con. perfezione, e ne segue che la fai mala-I mente. Lascia da parte il pensiero delle cose! che han da venire, e non aver adesso pensiero di esse: perchè , quantunque queste siano buone per allora, non è però bene pensarvi adesso. Io vidi studenti, che, mentre si faceva in classe una spiegazione, facevano qualche lavoro per la lezione seguente; ed in conclusione non facevano nessuna cosa bene. Intanto però commettevano disubbidienze, e si mettevano in pericolo d´avere osservazioni e biasimi. Don Bosco era mirabile nel far tutto con calma, pur avendo tanto da fare.

 … 2) Far ogni cosa come fosse l´ultima della vita...

Il far tutto come se poi dovessi subito morire, è il secondo mezzo per far tutto con ve-a diligenza. Questo vuol dire che, quando ro attendi a una occupazione, devi domandare a te stesso: se io ora dovessi morire, farei iesta cosa? La farei io in questo modo? Cotesto è un mezzo molto efficace per far bene cose. E  per scuoterti meglio pensa e fa´ conto ogni giorno come se il giorno di oggi fosse l´ultimo della vita. « Uno dei lacci che tende demonio per ingannare la gioventù , scrive il nostro buon padre Don Bosco nel Giovane Provveduto, è il presentare alla mente loro: Come sarà mai possibile passare tanti anni, « che si spera avere ancora di vita, nella difficile strada della virtù , sempre lontani dai piaceri? » . Ed io ti dico: non pensare ai molti -anni nè ai molti giorni, ma pensa solo al giorno presente. Quindi, come se il giorno presente fosse l´ultimo di tua vita, eseguisci in esso tutte le cose proprie al tuo stato, colla maggior diligenza e perfezione che puoi. Ini tal modo, prendendo le cose tutte, giorno per giorno, poco a poco ti si renderà più facile il fare il bene, e il farlo con perfezione, anzi» che prendendole tutte in una volta.

… 3) Fuggire la fretta e l´ansietà.

Se vuoi far le cose con vera diligenza, bada anche di fuggire la fretta e l´ansietà. Questo è il terzo mezzo che ti propongo, e che vedrai riuscirti efficacissimo. « Niuna cosa fatta con precipitazione, dice San Francesco di Sales, fu mai ben fatta. »  Se cerchi di eseguire le cose con troppa fretta, certo potrai porre in esse poca attenzione, poca esattezza onde tali cose saranno molto imperfette e mal fatte. L´ansietà poi è ardore soverchio nel fare le cose. Questo ardore disordinato disturba e inquieta l´anima, la dispone alla collera, la priva così di pace, di rassegnazione, d´unione con Dio. Conviene adunque fare le cose con calma, con tranquillità e pace, quindi con soavità, con dolcezza ed amore. Che se talvolta ti accadesse, che dopo aver portato molta attenzione e diligenza per fare be-l ne le cose tue, pure, o per la tua incapacità o per altrui cagione, qualche cosa ti riuscisse mal fatta, non dovresti allora disturbarti o inquietarti punto, bensì con pace e quiete rassegnarti tosto alla divina volontà, e benedirla perchè così ha permesso. Anzi dovresti accettar volentieri per suo.amore la tua propria confusione ed umiliazione.

Accidia nelle pratiche di pietà.

Ma l´accidia non si manifesta solo nella pigrizia e negligenza nel compiere le azioni ed opere ordinarie. Essa specialmente influisce e danneggia le pratiche di pietà, e con mesto reca danno immenso alle anime relinose. E Perciò una delle cose, che tu devi fare con maggior diligenza, sono appunto meste care pratiche di pietà, che le costituzioni c´impongono. Uno dei fini principali che ti ha guidato allo stato religioso, fu certamente il desiderio di servire più da vicino - Signore, di poterti dare di più alla preghiera ed alle pratiche di pietà. Ora è evidente che colui il quale in religione vivesse ma vita accidiosa e svogliata nelle pratiche di pietà, non potrebbe essere un buon religioso. Uno pertanto degli sforzi più grandi che deve fare un ascritto nell´anno del suo noviziato, è d´infervorarsi molto nelle cose u pietà, e di prendere tale amore per esse, e abituarsi talmente, e venirle a conoscere così profondamente, che il frutto ne abbia a durare poi per tutta la vita.

Non dico che tu, poco assuefatto a passare lungo tempo nella meditazione, nelle preghiere e negli altri esercizi di pietà e di devozione soliti a praticarsi in congregazione, non ne senta qualche volta rincrescimento e tedio: ma lo sforzo, o la considerazione del fine per cui sei venuto alla religione, deve allora estinguere in te una tal noia passeggera. Sarebbe invece gran male se perseverassi in essa, senza prenderti pensiero di risvegliare il tuo spirito neghittoso e svogliato nelle cose del Signore. Sarebbe questo un forte indizio di un´indole realmente accidiosa, i cui effetti sono talmente pregiudizievoli al religioso, che lo indurrebbero non solo a disperare affatto di fare un sol passo nella via della virtù ; ma lo condurrebbero di più con sicurezza, a fare in Congregazione una riuscita assai cattiva. Si viene in società non solo per servire Iddio ma per servirlo bene. Ora come egli potrà dirsi ben servito da colui che lo serve con svogliatezza, senza spirito di devozione, e privo affatto di fervore? Si può tener in conto di buon servitore colui che eseguisce le domestiche sue incombenze come per forza, e tutto svogliato? Colui che se potesse esimersi da quelle fatiche che fa per il suo padrone, volentieri se ne esimerebbe? Riconosceresti in costui affezione, attaccamento, buon cuore, impegno di buon servizio per il suo padrone? No certamente. Ora tal è un religioso tiepido e indevoto nel servizio di Dio. Va egli in chiesa, ma di poco buona voglia e solo perchè il dovere lo costringe: si trattiene cogli altri nella meditazione, ma invece di sforzarsi e d´impiegare quel tempo nella considerazione delle cose celesti, delle massime eterne, e dei divini misteri, egli si divaga intorno ad oggetti che possono rendergli meno molesto quell´esercizio per lui assai gravoso. Che ne avviene quindi? Iddio quando vede un religioso che non segue rettamente il suo fine, quel fine per cui gli conferì la grazia della vocazione alla religione, lo rigetta da sè come servo infingardo. Sant´Ignazio avendo osservato un suo religioso di questa fatta: A qual fine, gli disse un giorno, siete voi venuto alla religione? Son venuto, rispose costui, per servirà Iddio. Non può essere, soggiunge il santo, poichè se foste venuto per servire Iddio, lo servireste meno accidiosamente e trascuratamente. Che padrone vi terrebbe al suo servizio vedendovi così accidioso e trascurato? E volete che vi tenga Iddio? Non sapete voi che Iddio è il monarca del cielo e della terra, adorato dai serafini, lodato dagli angeli e dai beati con fervore degno della sua gran maestà? Egli Perciò anzichè onorato si ritiene vilipeso da quei servi disamorati che coll´accidioso loro servizio dichiarano, se non a parole, a fatti, non esser degno il Signore di essere servito con ispirito di divozione e di fervore. Or tu deduci, figliuolo mio, qual riuscita dovrebbe aspettarsi da un novello religioso talmente disamorato di Dio, indevoto e neghittoso nel suo divin culto.

In che consiste la divozione.

Ma affinchè tu intenda bene ciò che su questo punto io voglio scolpirti fortemente nell´animo, conviene prima che sappia in che sostanzialmente consiste la vera divozione. Insegna l´angelico dottor San Tommaso, altro essa non essere, che un certo pio trasporto di volontà ad eseguir prontamente tutto ciò che appartiene al culto, ossia al servizio del Signore [176]. Conforme dunque a questa definizione data da San Tommaso, affinchè possa dirsi aver tu una vera e soda divozione, devi assuefarti a tenere continuamente la tua volontà disposta ed impegnata a tutti gli esercizi ed a tutte le operazioni spettanti al servizio ed al culto del Signore. La divozione quindi è impegnare la volontà ad avere una somma premura di tributare alla Divina Maestà omaggio, onore e culto. Ad ottenere una tale premura, ossia prontezza di volontà. giova primieramente considerare le infinite perfezioni di lui e specialmente la sua bontà e beneficenza. Da ciò deriva il concepire amore verso Dio, e quell´amore è appunto lo vera fonte della divozione. Giova poi considerare la debolezza, la miseria e l´insufficienza umana, riconoscendo la necessità del divino aiuto, per allontanare la presunzione di sottrarsi al servizio e al culto del Signore (S. Th., id., ibid.). La vera divozione deve essere coltivata da queste due considerazioni.

In pratica.

Devi in primo luogo concepire un gran desiderio di lodare, di benedire, di onorare e di ringraziare Iddio, bramando sinceramente di essere ad ogni momento impiegato al suo servizio. Questo desiderio desterà nel tuo cuore quella spirituale allegrezza d´animo, che al dire dell´angelico è l´effetto proprio della divozione. Procura di poi sopra ogni altra cosa di esercitarti colla maggiore diligenza e meglio che ti sia possibile, in tutte le opere del culto divino, accorrendovi volentieri e con assiduità! Ama le funzioni religiose e promuovine il decoro col canto e colle cerimonie. Zela la nettezza della chiesa e specialmente degli altari. Fa´ volentieri tutte le pratiche di pietà. Nota però che la divozione non consiste in fare molte pratiche, bensì in fare bene quelle che son prescritte dall´ubbidienza e dai propri doveri, o che sono nelle consuetudini e vengono raccomandate dai superiori. Questa pertanto è la differenza che passa tra il religioso divoto e indevoto: questi dà culto a Dio, ma senza spirito di pietà, per usanza e materialmente; mentre quegli l´onora con tutta l´applicazione del suo spirito.

Nella vita di San Bernardo leggiamo un fatto, che ci fa comprendere quanto il Signore apprezzi e computi questo spirito di maggiore o minore divozione. In una visione il santo osservò che molti angeli notavano le varie azioni dei vari monaci con caratteri e inchiostri diversi. Di quei che trattenevansi in chiesa colla sola presenza corporale, senza divozione di sorta, o nulla segnavano, o scrivevano colla penna intinta nell´acqua: degli altri, secondo il grado di divozione, segnavano, nel loro libro, con caratteri e inchiostro ordinario, o con caratteri belli e inchiostro fino, e di vari con caratteri splendidi e inchiostro d´argento e d´oro, e ciò a misura della divozione con cui lodavano il Signore. Ecco, figliuol mio, come si distingue la vera dall´apparente divozione, ed ecco come chiaramente si dimostra che è veramente divoto colui il quale si esercita nelle buone opere, colli, maggior perfezione del suo spirito.

 Imitare i fervorosi.

Per destare in te un vero spirito di divozione, voglio qui suggerirti quello che adoperò per sè San Bernardo medesimo, come egli stesso ci racconta (Serm. 14 sup. « Cani. » n. 6). Trovandosi egli nel principio della sua conversione con cuor freddo, duro, languido e svogliato nelle cose del Signore, e cercando altresì affannosamente di ammollire tanta durezza, di sciogliere così gran gelo, di riparare a così tormentosa languidezza, di espellere l´ostinata svogliatezza, per cui struggevasi di pura pena, non trovò infine mezzo più potente che il porre l´occhio su religiosi fervidi e diligenti nel divino servizio. E se una volta mentiva che il suo cuore tornava alla primiera freddezza, per infervorarsi bastava che tornasse a richiamare alla memoria il fervore di qualcuno di essi, ancorchè fosse stato assente o anche già morto. E tanto era il coraggio che riprendeva il suo spirito per il servizio del Signore, che l´anima sua liquefacevasi in dolce pianto. E perchè non farai tu altrettanto? Forse manchi di esemplari ferventi, e direi eroici nelle loro virtù tra i tuoi compagni? Perchè almeno non ti prefiggi Don Bosco come modello avanti i tuoi occhi? Perchè non ti fissi nel caro Don Beltrami? Oh! leggi la vita di codesto caro confratello proponitelo come esemplare! Io ti posso assicurare, che vari i quali già se lo proposero per modello, ne sentirono un vantaggio immenso per l´anima loro. Ma bada che San Bernardo era acceso da una brama ardente di acquistare la divozione, Perciò cercava con energia un mezzo che sciogliesse la sua torpidezza. Senza questo vivo e ardente desiderio, a nulla sarebbe approdato. Così dico io di te: Se non procuri d´aver una brama ardente, se non ti metti con energia, a nulla ti servirebbe osservare il fervore e la diligenza con cui tanti buoni e perfetti confratelli servono Dio. Il più sta nel desiderio efficace d´imitare il loro esempio. Senza questo desiderio, l´avere buoni esempi davanti agli occhi non solo ti servirebbe a nulla di buono, ma formerebbe ancora per te un motivo di disprezzo della grazia del Signore. Ti servirebbe, per parlare con la frase dell´apostolo (I Cor., Ili, 12), ad accumular fieno, legna e fuoco per l´altra vita.

Perchè non invano si ricevono dal Signore le grazie più elette, quale questa di poter far parte di una famiglia santa, di poter abitare con chi è pieno di fervore. Eccita pertanto nel tuo cuore una santa brama di servire Id dio con quell´istesso amore e fervore di spirito, con cui lo servono i suoi fedeli e veri servi, per guadagnarti in compagnia loro un tesoro di meriti e di celesti benedizioni. Le conseguirai, se di vero cuore ti darai tutto com´essi al culto del Signore, nel che consiste la vera diligenza e la soda divozione.

 
Capo XXXII DELL´INDOLE LOQUACE E DELLA SINCERITA’

In che consista la loquacità, e sua malizia.

La loquacità è il vizio di parlar troppo, cioè di voler parlare d´ogni cosa, e in ogni tempo e con chiunque. L´apostolo San Giacomo parlando della lingua, dice esser essa un complesso d´iniquità [177]. Vale a dire, che questa piccola parte del corpo umano, suol essere sorgente di quasi tutti i mali che si commettono dagli uomini. Bisogna Perciò saperla tenere a freno. Colui che non pone alcun ritegno alla propria lingua, e parla con ogni facilità e senza riflessione, non sarà mai un buon religioso. Lo Spirito Santo ci fa primieramente sapere che un uomo loquace sarà senza direzione in questo mondo [178]. Con che sembra volerci egli dare ad intendere che un linguacciuto è per lo più senza giudizio e senza prudenza, riputato da tutti per uomo di poco senno, perciò non lo si consiglia.

Aggiunge poi lo Spirito Santo, che l´uomo prudente prima di parlare prende in mano le bilance del suo discernimento, e pesa le parole e detti che deve proferire [179]. E se conosce che il suo parlare può essere cagione di qualche minimo danno, fa morir sulla lingua le parole, e tacendo si assicura di non commettere alcun errore. Sta´ quindi divinamente scritto nel sacro libro dell´Ecclesiastico, che la lingua dell´uomo sapiente è posta nel cuore; laddove il cuor del linguacciuto, chiamato col nome di stolto, sta collocato sulla lingua [180]. Poichè, da stolto, parlando egli inconsideratamente, dice senz´altro ciò che gli viene sulla lingua e non può mancare di dir degli spropositi e di far del male [181].

Il riferire i fatti e segreti altrui.

Uno di questi mali, ed anche dei più gravi, che contro la carità suol cagionare un giovane loquace, è la facilità di riferire i fatti altrui o maliziosamente osservati ed investigati, oppure con segretezza confidati. Nessuno è che non veda quanti danni possono sorgere da questa loquacità. E qual vituperio non è mai questo d´investigare, spiare, riferire, censurare i fatti altrui? Oltre l´esser ciò un operare poco onesto ed opposto al carattere di una persona dabbene ed educata, è cosa affatto disdicevole ad un religioso. Non è forse una sorgente funestissima di disgusti, di dissapori, che fanno strage della carità in una comunità religiosa? Ed in conseguenza non è una sorgente di peccati? Se noi cerchiamo donde nascono le. maggiori e le più esiziali turbolenze nelle famiglie religiose, troveremo derivar sovente da questo biasimevole e maledetto vizio del parlar male di altri, e manifestare cose confidate con segretezza. Ciò si fa più di frequente di quanto non appare, anche nelle comunità più osservanti. Quel povero religioso che vede palesato a tutti ciò he a gran ragione avrebbe voluto totalmente occulto, quanto alle volte se ne amareggia! Quanti clamori non ne derivano quindi, quanti dispiaceri e quanti inconvenienti! Aveva proposto Sansone, come si legge nel sacro libro dei Giudici, un misterioso problema agli abitanti di Tamnata, con il patto di fare un grosso regalo a chiunque l´avesse sciolto entro il corso di sette giorni; e di doversi dare lui un dono equivalente, se l´enigma fosse rimasto, dopo tal tempo, indeciso. Correva il -attimo giorno, quando i Tamniti, non essendo riusciti ad indovinare nulla, persuasero la moglie di Sansone ad interporre presso il marito i suoi vezzi e le sue preghiere, per farsi decifrare l´intrigata proposizione. Le riuscì di fatto a conseguir l´intento; e appena ebbe noto il segreto, lo rivelò ai suoi concittadini. Ma che? Accortosi Sansone del tradimento, arse di sdegno e incollerito ne venne alla vendetta. Furono trucidati molti cittadini di quella città, furono incendiati i loro campi già biondeggianti di messi, fu bruciata la casa, e colla casa fu arsa colei medesima che aveva palesato il secreto confidatole da Sansone. Ecco le conseguenze di una lingua incauta, facile a parlare anche di quelle cose che dovrebbero custodirsi con silenzio inviolabile. Alcuni fatti si raccontano volentieri: ma poi suscitano grandi fuochi, avversioni e distruggono la carità. Se tanti mali produce dunque la lingua non raffrenata, impara, o figliuol mio, a tenerla a freno, ed a parlar solo con prudenza e carità.

Il sussurrare.

Forse ti avverrà di sentire taluno parlare in disfavore di un altro assente. Sii ben cauto a non riferirgli mai quanto udisti dir contro di lui, quantunque fosse tuo amicissimo, attenendoti sempre al consiglio che divinamente ti porge lo Spirito Santo: se odi una parola contro il tuo prossimo, fa´ che essa muoia in te [182]. Giustificane presso lo sparlatore la condotta se tu lo conosci innocente, e scusalo per lo meno se lo conosci colpevole, secondo le leggi della carità; ma resti sempre in te ciò che udisti contro di lui. Neppure è prudente manifestargli che altri dice le tali o le tali altre cose sul suo conto, ancorchè non palesassi il nome di chi sparlò : poichè, è sempre il Savio che ti ammaestra, anche le cose più segrete vengono a sapersi [183]. Un racconto di cosa udita mette facilmente in cuore il desiderio di sapere chi la disse, desta sospetti, genera diffidenze, occorrendo una virtù eccezionale per non risentirsi alla notizia del buon credito oltraggiato, avendo ciascuno inserito nell´animo l´amore alla propria stima. Molto maggior male ancora ne avverrebbe se il sussurrone fosse un religioso, che arrivasse a far simili rapporti con animo di suscitar risentimenti, rotture e dissapori. Questo sarebbe gravemente peccaminoso e direttamente opposto alla carità: cosa odiata Perciò da Dio non meno che dagli uomini. Sei cose, dice il Savio, ha in odio Iddio, e la settima viene da lui sopra tutte le altre detestata, ed è l´ufficio di sussurrone, di colui che semina dissensioni tra fratelli [184]. Gran peccato, prosegue il Savio, commette il sussurrone con la malignità dei suoi rapporti, coi quali lorda sommamente l´anima sua [185].Procura tu dunque di saper concepire un grande orrore per questo difetto, e cerca efficacemente di emendartene se lo scorgessi in te.

Il mormorare.

Un altro vizio, di delineamenti pur deformi, è proprio di chi non sa raffrenare la lingua, e consiste nella mormorazione. Se questo vizio già tanto sconviene ad un secolare, ah! quanto più disdirà sulla lingua di un religioso! Le sue labbra, che non per altro dovrebbero aprirsi se non per proferire parole di carità, e per fare discorsi di edificazione, saranno poi spalancate alla mormorazione? Consiste questa nel denigrar la fama del prossimo e nel discreditare i confratelli, o con attribuir loro qualche mancanza non vera, o con ingrandirla oltre il vero, o con palesarla loro quando fosse occulta, o con biasimare le operazioni in loro avvilimento, o con interpretare in male le loro intenzioni nell´eseguire opere buone e virtuose. E alle volte si fa questo senza perdonarla nè ai vivi nè ai morti, nè a eguali nà a superiori. Che vergogna! Se mai ti accadesse, o figliuol mio, di trovarti presente a qualche discorso, in cui sentissi sparlar di qualcuno, riconosci per tuo preciso dovere d´eseguire il comando, che unitamente alla legge di carità t´impone lo Spirito Santo. Metti una siepe di spine ai tuoi orecchi, non ascoltare le lingue cattive [186]. Chiudi l´orecchio a tali discorsi peccaminosi, o con porti in contegno e stando in silenzio, o con mutar destramente discorso. Ma intanto impara ad astenerti dal proferire qualunque parola di biasimo contro il tuo prossimo, di esagerazione, di critica che abbia sentore di maldicenza, con scapito della carità e della coscienza. Certi discorsi che si fanno alle spalle del prossimo, certe reminiscenze di ciò che è accaduto nei tempi addietro, certi rimproveri, certe sferzate, certe proposizioni tronche e reticenze, certe ironie, certi segni, sanno troppo di mormorazione, offendono troppo la carità e troppo aggravano la coscienza di peccati. Questa sia pertanto la tua regola nel parlare: non dire mai in assenza, ciò che non si direbbe in presenza. Guardati anche dal far oggetto di risa, di scherno, di biasimo le altrui debolezze, le quali se fossero in te brameresti che fossero oggetto di compatimento nel cuor d´ognuno.

Non far discorsi o dir parole triviali.

In un altro modo si può mancar colla lingua, quando le si desse troppa libertà nel parlare, e si lasciassero uscir di bocca parole non convenienti alla santa modestia, o parole di cose basse e scurrili, o che riescono, sebbene indirettamente, a suscitare cattivi pensieri. Tutte queste parole disdicono troppo allo stato religioso. La lingua del religioso è destinata a non dire altre parole che di edificazione e di salute. Si può benissimo faceziare e stare allegri nel Signore; ma ogni parola, o direttamente o almeno indirettamente, deve condurre a Dio ed essere indirizzata a Dio. Or certi termini, sebbene per sè non cattivi, disdicono nella bocca degli stessi plebei; certe libertà di parole, certe frasi troppo sciolte, dinotanti cose schifose, non convengono assolutamente a persone che fan professione di santità. E tu devi emendartene se già fossi stato inclinato, e proporre sodamente di non volere, ne ora ne mai, lasciarti indurre a proferirle. Prendi come dette per te le parole di San Paolo, dove dice che le scurrilità non si nominino neppure tra i cristiani [187].

Parla poco.

Per andar adunque immune da tanti mali è d´uopo raffrenare la loquacità. Oh! quanto è difficile il parlar molto e non offender Dio o il prossimo! E come altresì smentisce il suo nome di religioso uno che non raffreni la lingua! Chi pensa d´esser religioso senza raffrenar la lingua, dice l´apostolo San Giacomo, invano porterà il nome di religioso [188]. Ed a ragione, perchè per diventar un buon religioso bisogna essere riflessivo, raccolto, mortificato. Senza di questo è impossibile tender davvero e sul serio alla perfezione. E cono può essere tale il linguacciuto, che da mane a sera cicaleccia, s´intromette in ogni di-corso, va in cerca di tutte le novità del giorno, volendo saper tutto? Dice pur bene San Bernardo, che un religioso ciarlone, specialmente se è giovane, è agli antipodi della perfezione. Quegli che con tutta frequenza ha sulla lingua ridicolaggini, buffonerie, leggerezze, ciarle inutili, non si farà mai santo; anzi non farà mai nulla di buono nelle cose di spirito, nè mai farà progresso nelle virtù . Impara seriamente a tacere, per farti un carattere più riflessivo, che ti aiuti a penetrare a fondo nei tuoi difetti, ed a trovar modo di emendartene. Ricorda però che bisogna far sempre le cose a loro tempo, poichè, come ci ammaestra lo Spirito Santo, vi è il tempo di parlare e il tempo di tacere. Per riuscire a questa mortificazione della lingua, a questo saper parlare solo a tempo e a modo, tieni sempre a mente quella tremenda sentenza, che Gesù intima, d´un rigoroso giudizio d´ogni parola oziosa: « D´ogni parola oziosa che avran detta gli uomini, ne renderanno ragione nel giorno del giudizio» [189]. E si tratta, come spiega San Gregorio Magno, di di ogni parola che non è necessaria a proferirsi, nè porta utilità in ascoltarsi [190]. Questa è sentenza che ci lasciava anche più volte l´amato nostro padre Don Bosco, e che noi dobbiamo scolpire profondamente nel nostri´ cuore.

La sincerità.

 Un´altra gran cosa devo farti notare riguardo l´uso della lingua. Bada di esser sincero nelle cose tue, e che non ti abbia da uscire di bocca parola mendace. La sincerità è la prima dote di un uomo onesto. È quella virtù che rende tanto commendabile un religioso, quanto la doppiezza lo rende biasimevole. Essendo questa direttamente opposta a quella lealtà, a quella candidezza ed apertura di cuore che forma il carattere d´una persona dabbene, non può a meno di apportare disdoro e discredito. Non parlo io qui di quel fare cavilloso, che con maliziosi artifizi e con ingannevole scaltrezza s´insinua nell´animo dei meno accorti, affine di cavarne i segreti del cuore e farne quindi detestabili abusi, poichè costoro non si mostrerebbero neppur cristiani, non che religiosi! Sono tratti degni di Caino, che, meditando di trucidare il fratello Abele, l´invitò a passeggio. Parlo solo della doppiezza che si oppone a quell´aperto candore ed a quell´ingenuità, che forma una vaga concatenazione fra e espressioni della lingua ed i sentimenti del cuore. Disdice assai ad un religioso il lasciar andare a doppiezze e a finzioni; il mantenere un certo fare cupo e simulato contro il precetto di Gesù : siate semplici come le colombe. Questo candore, deve scorgersi nei tuoi detti e in ogni tua opera, per conciliarti anche il buon credito di uomo probo, ed evitare la taccia di finto, ed il biasimo che ne deriva. Certo non troverai nessuno che approvi la finzione! Che diresti tu se t´incontrassi a sentire alcuno lodare in presenza un altro, che vitupera in assenza? Non ne resteresti altamente sdegnato? Iddio ti guardi da tal vizio, che non emendato ben bene negli anni giovanili, col crescere d´età pianterebbe radici sempre più profonde nel tuo cuore, e poi produrrebbe germogli sempre più perniciosi. Ricordati delle parole dello Spirito Santo: Detesta la bocca a due lingue. Avvezzati ad essere candido di cuore e schietto di lingua, anche nelle cose minime. Sia sempre sincero il tuo parlare. Così comanda Gesù Benedetto nel Vangelo: « Sia il vostro parlare: sì, sì, no, no [191]. » Vale a dire come spiega Alberto Magno, che le parole della  lingua siano sempre uniformi ai sentimenti del cuore.

Ma sii prudente in quel che dici.

Però non credere con questo che ti sia sempre lecito di dire tutto ciò che ti senti nel cuore. La sincerità deve essere maneggiata col giudizio, altrimenti ciò che in un incontro è virtù , in altra congiuntura diventa vizio. Quindi è che il Redentore nell´atto di esortarci ad avere la semplicità della colomba simbolo della sincerità, ci suggerisce ancora di avere la prudenza del serpente, il quale quando si accorge di essere inseguito corre tosto a nascondersi nella tana: Siate semplici come le colombe e prudenti come i serpenti. È un sommo inganno l´agire di taluni, che, vantandosi di essere sinceri e spacciandosi amanti della verità, la dicono come l´intendono. Se fosse legittimo il loro vanto, ne verrebbe di conseguenza, che in vigore della vantata sincerità sarebbe lecita, anzi virtuosa, la maldicenza stessa! Ma chi non vede esser ciò un grande errore? Abbia adunque la sincerità i suoi confini, affinchè da virtù non degeneri in vizio. Il voler dire tutto ciò che si sente in cuore, talvolta è imprudenza, talvolta è disprezzo, talvolta è temerità ed arroganza, talvolta persino malignità sopraffina. In atto di esortarti ad essere sincero, non posso a meno d´insistere affinchè non oltrepassi i confini di questa virtù , prescritti dalla prudenza. Mi dispiacerebbe assai, se per essere sincero fossi anche imprudente. Questo ridonderebbe senza fallo in tuo ed in altrui pregiudizio.

Vedi anche con chi parli.

Inoltre come non è sincerità ma imprudenza il dire qualunque cosa, così non è prudenza il dir tutto a chicchessia. Non aprire a chiunque il tuo cuore [192]. Questo è avvertimento che ti porge lo Spirito Santo, in forza di cui non devi mai fidarti del primo venuto. Non è cosa tanto rara, nelle stesse comunità religiose, che per qualche susseguente disgusto, o per altro impulso, si propali di poi ciò che si era manifestato in confidenza. Ed allora ti toccherebbe il rossore di sentir pubblicato, ciò che avresti bramato che non fosse saputo.

Che se tal cautela ti è necessaria trattando con altri religiosi, molto più ti sarà necessaria avendo da trattare con secolari, ai quali non conviene propalare molte cose appartenenti alla vita religiosa. Sogliono alcuni di essi esser curiosi di saper il trattamento, il vitto, od altro; bramano di essere informati dei costumi, delle regole, dei doveri dell´istituto; e, quel che più conta, desiderano altre volte di essere anche ragguagliati degli andamenti e delle debolezze di qualche religioso. Sii circospetto, e fa´ uso di lodevole e religiosa prudenza, necessarissima in queste ed in altre simili circostanze. Rispondi schiettamente alle loro interrogazioni, che tu badi ai fatti tuoi, senza prenderti pensiero degli altrui andamenti. Quanto più insistono, tanto più sta´ guardingo. Non lasciarti fuggir neppur la minima parola, che possa soddisfare la loro curiosità. Rispondi ad essi, ciò che disse il cieco nato nel Vangelo a quei farisei, che cercavano di essere da lui informati della maniera con cui era stato risanato da Gesù Cristo: Volete forse diventar anche voi suoi discepoli? [193]. Volete per avventura voi pure farvi religiosi? Ed ancorchè ti rispondessero di sì, non scoprir altro; ma soggiungi: Bene, venite, che vi conduco dal direttore e dal maestro, e da lui potrete avere istruzione precisa e veder quel che vi convenga fare. Con questa o con qualche innocente lepidezza ti schermirai destramente da ogni ricerca che ti venga fatta dai secolari, delle cose appartenenti all´interno dell´istituto.

Sii sincero coi superiori.

È invece al tutto necessario, che quella sincerità, che qui ti si è insegnata l´eserciti senza restrizione coi Superiori. Essi devono saper tutto quel che passa in te per saperti dirigere. Questa stessa sincerità userai con loro quando domandi qualche permesso, o vuoi ottenere l´aiuto in alcuna tua religiosa indigenza. Certi giri, certi artifizi, certe scuse mendicate, certe finzioni, oh! stanno pur male in un religioso! Se sei sano, perchè volerti fingere mezz´ammalato? Se conosci aver bisogno di qualche cosa, perchè servirti di finti pretesti per essere dispensato da qualche occupazione? Se ti senti un piccolo dolor di testa che richiede un po´ di quiete, perchè accrescere il male affinchè ti si accordino privilegi speciali, o ti si dispensi dagli atti della comunità? Con queste finzioni verresti a meritarti di non esser creduto nei bisogni legittimi, nè compatito nei mali veri. Quando tratti coi superiori fallo sempre col cuore alla mano.

Della bugia.

Son troppo affini tra loro la doppiezza e la menzogna; ed è assai difficile che un uomo doppio non sia anche bugiardo! La bugia, come bene sai, ebbe origine dal demonio. Il maligno, con simulazione veramente infernale, si presentò ad Eva nel paradiso terrestre, sotto pretesto di sapere per qual motivo non si cibasse di quel frutto che stava attuai- | mente vagheggiando, mentre aveva realmente in animo d´ingannarla. E di fatto gli riuscì] con quella famosa bugia, dicendole: No, non morrete, anzi diventerete come altri dèi. Che se la menzogna sconviene in bocca di un secolare, tanto più sulla lingua d´un religioso! Qual vergogna non ridonda mai ad un uomo onesto il passare in concetto di bugiardo? Or che sarà l´essere scoperto per vero e manifesto menzognero un religioso? Non mentire mai anche se avessi mancato, ed anche se fossi minacciato di qualunque punizione. Non addurre scuse, non sotterfugi, ma confessa schiettamente il tuo fallo, e prometti l´emenda implorandone con umiltà il perdono. Per quanto sia piccola la menzogna, fa sempre gran macchia all´anima e all´onoratezza di un religioso. Per non venire adunque in tale discredito, e specialmente per non offendere Iddio neppure minimamente, renditi familiare la sincerità, e non avrai mai motivo di provar rossore per esser colto in fallo. Fosse pur piccolo il fallo e di nessuna conseguenza, non negarlo mai se vuoi che il Signore ti benedici.

 
 Capo XXXIII LO SPIRITO DELLA NOSTRA CONGREGAZIONE

 Sua importanza.

Di primissima importanza per un religioso è l´avere lo spirito dell´ordine o della congregazione a cui appartiene. È quindi di massima utilità, che nell´anno di noviziato ogni ascritto procuri di acquistare questo spirito: poichè difficilmente, specie su questo affare, ciò che non si acquista nel noviziato si acquista in seguito. Tu pertanto cerca con tutte le tue forze di venire a conoscere bene lo spirito della nostra Pia Società, ed a ridurtelo in succo e in sangue, e di connaturartelo in te, in questo anno di benedizione. E questa la cosa che io ho cercato e che ancora cerco maggiormente, in questo Vade mecum : cerco cioè di farti non solo in generale un buon religioso, ma specialmente di farti un buon salesiano. Cerco quindi d´insegnarti le virtù religiose in quel modo con cui le praticava Don Bosco, ed in quel modo con cui Don Bosco voleva che le praticassero i suoi alunni. Ogni istituto religioso come ha un suo scopo speciale, così ha pure un modo speciale per conseguir questo scopo; ha, cioè , per così dire, una fisionomia, una tinta speciale, con cui si distingue da altri istituti religiosi. Senza questo spirito si farebbe, anche dai migliori, la figura di chi, sebbene riccamente vestito, indossasse l´abito di un altro. Sta´ dunque attento, anche leggendo libri che parlano in generale delle virtù religiose, di non voler imitare tutto letteralmente; ma adatta le cose all´indole della società a cui appartieni. Pertanto a quello che venni già fin qui dicendoti, ti aggiungo come in un quadro delle cose che più particolarmente riguardano noi, e procurerà di esporti lo spirito che mi pare Don Bosco cercasse d´infondere in quelli che lo volevano seguire.

1) Zelo delle anime.

San Paolo potè dire di se stesso, che si fece tutto a tutti per trarre tutti al servizio del Signore [194]. E la Chiesa nell´Oremus a San Francesco di Sales, applica queste parole al nostro titolare. Noi non conosceremmo altra prerogativa che maggiormente abbia distinto Don Bosco, od altro intento che maggiormente traspiri dalle nostre regole e dalle continue esortazioni del medesimo indimenticabile nostro padre e fondatore, quanto questa carità operosa. Questo zelo, nel farsi tutto a tutti, per attirare tutti a Gesù Cristo, si può dire che formi lo sfondo dello spirito che deve animare la nostra Pia Società, se vuole star salda nel seguire gli esempi e gli insegnamenti di Don Bosco.

2) Dolcezza.

Nè questo basta: è pur necessario che, senza lasciar niente del suo ardore, Io zelo si esplichi in un modo così dolce e mansueto, da far risplender in noi l´immagine di Gesù , di San Francesco di Sales e di Don Bosco.

Parlando l´apostolo della venuta del Divin Salvatore su questa terra, dice che apparve « la benignità» [195]. Gesù ci insegna ad esser dolci e mansueti; e nella sua grande, divina figura più che tutto compare questa dolcezza e mansuetudine. E questo affannoso correre in cerca della pecorella smarrita, e l´aspettare a braccia aperte il figliuol prodigo, e il comando di non perdonare solo sette volte ma settanta volte sette, e il voler non la morte del peccatore ma che si converta e viva: tutto ci parla della sua dolcezza. Agli Apostoli poi, che per zelo volevano far discendere il fuoco dal cielo, egli soggiunge: Non sapete di che spirito siete. E tra le beatitudini pone il Beati i mansueti: tanto che la Chiesa ci fa dire, parlando di lui, che manifestò la sua potenza, più che in ogni altra cosa, nell´aver misericordia e nel perdonare.

San Francesco di Sales e Don Bosco copiarono molto perfettamente questa benignità e questo spirito di perdono del Divin Redentore. Noi dobbiamo quindi cercare di ridurre come in succo e sangue, questo medesimo spirito, se vogliamo essere veri salesiani, veri discepoli di Don Bosco. Credi pure, che se non ti riduci a questo spirito di dolcezza e di condiscendenza nell´educazione dei giovani; se non prepari ora l´animo tuo alla perfetta esecuzione del sistema preventivo di Don Bosco, non potrai mai dire d´avere lo spirito della nostra società. Lo spirito salesiano non è austero ed aspro, ma allegro e condiscendente. Gravità senza esagerazione, amorevolezza senza sdolcinature, buon tratto senz´affettazione, serietà a tempo e luogo; ecco il nostro contegno. Don Bosco non permetteva che si usassero coi giovani maltrattamenti, percosse, parole insultanti, titoli avvilenti.

Non voleva neppure bronci o malumori, e non tollerava l´eccessiva rigorosità. C´insegnò ad esser pronti a perdonare, a prevenire e non reprimere. Questa è la nostra caratteristica per cui ci distinguiamo da altri religiosi, ed la nostra tradizione santa. Le regole ci parano di giovani poveri e abbandonati; Don Bosco chiamava i suoi giovani « i birichini» : non pretendere dunque tu che i tuoi assistiti e allievi siano già... santi. Lo eri tu alla loro età? Ed ora lo sei? Compatisci, prega, e correggi come vuoi esser corretto. Ciò esige il rinnegamento di noi medesimi e delle nostre comodità, e persino delle nostre private vedute ed opinioni, per adattarci in tutto agli altri. E questo lavoro e sacrifizio, che deve essere tutto nascosto e diretto a far del bene agli altri, annientando te stesso, è necessario sia accompagnato da profonda umiltà. Pertanto amar lo spirito di sacrificio, di umiltà e di rinnegamento di noi medesimi, io lo tengo essenziale per lo spirito salesiano.

3) Adattabilità.

Altra nota caratteristica della nostra Pia Società si è che, dovendo noi specialmente occuparci dei giovani più poveri e abbandonati dobbiamo adattarci a tutto, contentarci di tutto. Deve quindi un salesiano porre speciale impegno per vincere ogni delicatezza e schifiltosità nei cibi, ogni ricercatezza negli abiti, contentarsi sempre di quello che vi è e delle cose più ordinarie, non temere di sporcarsi nel lavoro necessario, desiderare di servire e non d´essere servito, amare la povertà in pratica, e sapere all´occasione far senza an che del necessario. Ed affinchè tutte le surriferite cose non indichino solo velleità, proponiti che ogni qual volta andrai a confessarti, oltre alle altre cose, scruterai diligentissimamente se nella settimana hai mancato contro questo zelo, contro questa dolcezza, umiltà, povertà, spirito di sacrificio. E se ti trovassi mancante, te ne accuserai, te ne pentirai, e prometterai emendazione.

4) Lavoro e temperanza.

In un famoso sogno che fece Don Bosco nel 1876, gli fu significato, tra le altre cose, che: il lavoro e la temperanza farebbero fiorire la nostra Pia Società. Don Bosco, e con esempio e colle parole, cercà sempre talmente d´inculcarci queste due cose, che noi dobbiamo tenerle proprio come fondamentali, formanti parte principale dello spirito, che egli cercò di infondere alla sua istituzione.

Tu pertanto preparati bene ad un lavoro intenso, costante, indefesso. Comincia fin d´ora a non voler perdere briciolo di tempo ed occupalo con usura, cercando anche di saperti sbrigare in fretta nelle tue occupazioni, ma non mai con precipitazione. Sappi anche che ina sorta di lavoro può servir di riposo ad n´altra; di modo che uno può lavorare senza interruzione, senza danneggiarsi la salute. La temperanza poi bisogna che ti venga così usuale, e che sappia metterti in circostanze tali, che neppure, direi così, possa venirti la tentazione d´infrangerla.

5) Santa purità.

Don Bosco non lasciò circostanza propizia senza cercare d´ispirarci l´amore alla santa purità, e teneva questa virtù come la base di tutte le altre. Perdonava tutto ai giovani, ma non transigeva con coloro che avessero dato qualche cattivo esempio in fatto d´immodestia. Questa deve essere come una tinta che distingue la nostra società; ed è cosa capitale, per indicare l´attitudine allo spirito nostro. Chi non si sente portato a sacrificarsi per il bene dei giovani ma proprio in modo angelico, non vedendo in loro se non le loro anime, e il loro profitto spirituale, e non potesse trattenersi da leziosaggini e carezze e modi che indicano solo un amore terreno, non potrebbe certo credere di avere lo spirito della società salesiana.

Don Bosco ci vuole moralmente sicuri su questo.

6) La divozione.

La divozione deve essere un altro distintivo nostro; ma non esercitata con molte pratiche di pietà, o in comune, o esteriori; piuttosto col mantenere il cuore continuamente rivolto a Dio. Tutto per il Signore, e solo ciò che piace a lui. Trovarsi davanti al SS. Sacramento tutte le volte che si può , ma non mai allontanarsi dall´assistenza per andare in chiesa. Supplire con giaculatorie, e col pensiero della presenza di Dio; anche stando in cortile coi giovani, puoi fare una cara visita spirituale al SS. Sacramento. Fa´ poi servire di visita a Maria SS. l´innalzare la mente a lei, figurandoti di gettare il cuor tuo col cuor dei giovani tuoi assistiti nel Cuor suo, e ciò anche con una semplice aspirazione. Abbi una confidenza filiale in questa buona nostra Mamma, e metti nelle sue mani la riuscita di ogni tua impresa. Procura di saper connaturare in te la divozione a Maria Ausiliatrice, e sappi anche ispirarla ai giovani alle tue cure affidati; e procura specialmente di raccogliere esempi edificanti che conducano a questo fine. È  questo uno dei mezzi suggeriti da Don Bosco, e tutto direttamente secondo il suo spirito. Egli voleva che la divozione a Maria si connaturasse tanto nei suoi giovani, che riuscisse in loro del tutto spontanea. Ma in particolar modo Don Bosco insisteva sulla frequenza ai santi sacramenti della confessione e della comunione. Per ottenere questo, dava grande comodità, faceva molte esortazioni, e specialmente raccontava esempi atti per ottener questo suo scopo. Ma non era mai importuno, nè costringeva mai fft nessuno. Ammetterà poi per tempo alla santa comunione, e promuoveva, con tutti i mezzi che gli fossero stati possibili, la comunione frequente ed anche quotidiana. Ma non permetteva che si andasse alla comunione banco per banco, in modo che comparisse se qualcuno non vi andava. Queste cose tutte le promosse con tanta prudenza, ma anche con tanto ardore e costanza, che penetrarono, e, si può dire, si connaturarono nell´animo dei suoi allievi, tanto da formar una caratteristica ed una impronta dello spirito nostro, fino al punto che non mi pare di potermi figurare un salesiano che non promuova la confessione, e la comunione frequente e anche quotidiana tra i nostri allievi e fra le persone che possono giudicarsi preparate a questo.

7) Compostezza nei divini uffizi.

Dovresti poi considerare come scritto apposta per te in particolare l´articolo 151 del capo XII delle nostre costituzioni, dove si dice che: « la compostezza della persona, la pronuncia chiara, devota e distinta delle parole nei divini uffizi, la modestia nel camminare in casa e fuori, siano tali nei nostri soci, che li distinguano da tutti gli altri » . Procura Perciò di accostumarti bene, ora nel noviziato, anche a detta compostezza esteriore nel fare le pratiche di pietà. Ma bada che non vi entri mai l´esagerazione! Dà molta importanza alla gravità delle cerimonie e del canto sacro. Imparale bene, ma proprio bene; ed eseguiscile posatamente, tanto da possedere questo distintivo dei nostri soci.

8) Amore agli oratori festivi.

La nostra Pia Società ebbe origine dai catechismi e dagli oratori festivi. Don Bosco ci inculcava sempre questo in modo così marcato, che dobbiamo dire formar questo uno dei distintivi nostri. Per avere lo spirito del fondatore, certo bisogna amare e zelare questa istituzione. E se tu vuoi davvero diventare degno figlio di Don Bosco, bisogna che ami di fare il catechismo, che ti adoperi per gli oratori festivi. Don Bosco diceva che ormai se si vuole riformare un paese od una città bisogna cominciare dal fondarvi un oratorio festivo, per poter così attirare i giovani, avvicinarli ai sacerdoti, istruirli nella dottrina cristiana, abituarli alla frequenza dei sacramenti. Quanti nomini, ci soggiungeva il buon Padre, odiano i preti, disprezzano la religione, aborrono dai sacramenti solo perchè non conoscono queste cose, e non si trovano mai in circostanze favorevoli per poterle conoscere bene! Si odia il prete in generale, perchè dai giornali, dai romanzi, dai teatri hanno imparato ad odiarlo. Ma se poi hanno occasione di trattare con qualcuno di essi, ne partono meravigliati; e dicono: Questo è un sant´uomo; oh! se tutti i preti fossero così ! Credono quasi impossibile trovarne un altro simile; e se trattassero con molti, li troverebbero forse tutti uguali. Han bisogno di avvicinare il prete. Disprezzano la religione perchè non la conoscono, e credono che insegni cose irragionevoli: se la studiassero, l´amerebbero. Aborrono dai sacra- , menti, perchè non provarono mai le consolazioni che arrecano. Se le provassero qualche volta, non li aborrirebbero più . Bisogna sostener gli oratori festivi; ivi avvicinano il prete e vedono quel che fa, imparano il catechismo e vengono ad amare la religione, son condotti ai sacramenti, e provano le dolcezze che da essi procedono. Ormai senza gli oratori festivi si perde la fede nei paesi e nelle città. E tu impara ad amarli, a renderti abile in essi; e così potrai dire di aver su questo importante punto acquistato il vero spirito della congregazione.

9) Cura delle vocazioni.

Bada ancora che le nostre Costituzioni ci raccomandano di coltivar nella pietà e nella vocazione quei giovani, che possono riuscire degni dello stato ecclesiastico o religioso. Perciò fin dal noviziato e dallo studentato impara a desiderare poi dai giovani che "i saranno affidati, più la riuscita nella vira che nello studio, più il buon esito nella loro vocazione che negli esami. Non trascurare l´altro, ma attendi più di proposito a questo. E per riuscirvi bisogna che tu sia molto portato ad insegnare il latino. Perchè , come « coltiverebbero le vocazioni ecclesiastiche, i giovani si mettessero per la via di scuole tecniche o commerciali, od altre? Tu adempirai quelle occupazioni che ti saranno assegnate; ma sappi che per gli studi è più conferme allo spirito della nostra società sacrificare qualunque cosa, ma adoperarsi con tutte le forze ad accrescere il numero dei buoni sinistri del Signore.

10) Buona stampa.

La vita di Don Bosco fu in buona parte spesa nel comporre e diffondere buoni libri adatti ai giovanetti ed al popolo. Passava notti e notti a preparare Letture Cattoliche ed altri libretti popolari ameni ed istruttivi. Si -accomandava anche ad altri e specialmente inculcava la cosa a noi. Ma voleva che questo pascolo del popolo fosse non solo copioso, tra anche adattato. Avrebbe desiderato che tutti i libri scolastici, istruttivi, devoti ed ame1 fossero scritti od almeno riveduti da persone attente e delicate, affinchè fosse evitata anche la menoma parola equivoca od atta a suscitare pensieri inopportuni alla gioventù . Volle poi che nelle nostre costituzioni fosse notato come fine speciale della nostra società anche questo: di diffondere buoni libri, adatti all´intelligenza del popolo e dei giovani. Voleva che si badasse alla chiarezza e popolarità; e, senza nuocere alla esattezza dei concetti e purità di lingua, voleva che nessuna parola fosse ricercata, e nessun pensiero fosse nebuloso, e si rendesse il libro adatto alle intelligenze più limitate E questa eredità lasciò a noi; in modo che può dirsi parte integrale dello spirito salesiano questo, di occuparci di libri popolari, semplici, chiari, piacevoli, e spargerli in quantità molto grande tra il popolo e tra i giovani. La medesima chiarezza e semplicità voleva nelle prediche. Ed inculcava ad ogni propizia occasione di non cercare mai le cose eleganti e sublimi, bensì quanto è capito da tutti e atto a portar frutto. Entra ancht tu in questi sentimenti: prendi decisioni serie in proposito; e poco per volta potrai assicurarti di avere il vero spirito salesiano.

 11) Le missioni.

Lo zelo di Don Bosco e di San Francesco di Sales deve spingerci ad amare le missioni. Gesù Cristo diede la vita per salvare anime: un´anima costa il sangue di Gesù . Don Bosco tenne per sè, e lasciò scritto per noi nei ricordi dei direttori, di non aver riguardo a noi, ed esser pronti a sacrificar tutto, quando si tratta della salute delle anime. Le missioni formarono il sogno di buona parte della sua vita. E se noi vogliamo imbeverci del suo spirito, non possiamo a meno che amarle, e amarle come le amava Don Bosco, servendoci per riuscire a far del bene dei criteri suoi. Egli, anche nelle missioni, voleva ci attenessimo specialmente alla gioventù ; assicurandoci esser questo il mezzo per avere docili pure gli adulti. E tu comincia fin d´ora a fomentar nel tuo cuore questo ardore di consumare la vita nelle missioni, se il Signore dimostrerà voler questo da te. Ma comincia anche subito ad imbeverti di questi sentimenti: che se vuoi riuscire a far poi del bene nelle missioni, bisogna che acquisti grande carità e dolcezza, e che ti prefigga di curare in essi di preferenza la gioventù .

 12) Amore al Papa.

L´attaccamento alla Chiesa e al Sommo Pontefice dobbiamo anche tenerlo come un unto fondamentale, che deve distinguere il salesiano e formarne lo spirito. Non possiamo figurarci Don Bosco se non unito al Sommo Pontefice e tutto intento ad aiutarlo, a consolarlo ed a sostenerne l´autorità e le prerogative. In questo non si dava posa; come non si dava posa nel trasfondere questi medesimi sentimenti in noi. Dovremmo considerare come la più grande sventura che potesse toccare alla nostra Società, se avvenisse che un salesiano non stesse ben attaccato al Romano Pontefice! Mi pare di veder Don Bosco, tanto mansueto in altre cose, farsi di fuoco in viso e maledire questo aborto di figliuolo, e non riconoscerlo per suo. Ecco qual è il nostro spirito, ecco quale deve essere ogni salesiano in conformità alle nostre regole ed intendimenti del nostro caro padre Don Bosco. Pertanto se queste cose a te non piacessero, certamente non saresti fatto per la nostra Pia Società. Ed allora piaccia a Dio che subito, senza perder tempo, abbandoni il pensiero di fare i santi voti nella nostra società.

Mezzi.

Ti gioveranno potentemente ad acquistare lo spirito della nostra Pia Società, i mezzi seguenti:

 a) La pratica completa, costante, esatta delle nostre costituzioni e dei regolamenti nostri e di quelle raccomandazioni che si conosce essere venute direttamente da Don Bosco come: la prefazione delle Regole, quanto riguarda il sistema preventivo, e quanto è contenuto nelle lettere circolari ai salesiani di Don Bosco e di Don Rua.

b) Il leggere volentieri e ripetutamente la vita di Don Bosco, e quegli scritti che mettono in evidenza i tratti speciali delle sue opere, come per esempio: i Cinque lustri e il Bollettino Salesiano, non che i libri scritti da Don Bosco medesimo, specialmente il Giovane Provveduto, la Storia Sacra, Ecclesiastica, d´Italia, e le vite di vari santi e quelle dei papi.

c) Il sentire a parlare volentieri di dette cose e parlarne con frequenza con altri; frequentare specialmente quei superiori più antichi che conobbero Don Bosco, e che furono educati nelle case centrali della nostra Pia Società.

d) Il leggere la vita degli antichi e migliori alunni dei nostri collegi, scritta da Don Bosco medesimo, come quella di Savio Domenico, di Magone Michele, di Besucco France-co, e specialmente poi le biografie dei concateni defunti. Queste devono essere le letture più ordinarie a tavola e in dormitorio.

e) Il leggere e parlare con frequenza delle ‚Ä¢>se che riguardano i nostri missionari e deistoria della nostra Pia Società.

f) Attendere bene a praticare con accuratezza i piccoli avvisi, che si danno la sera dopo le orazioni e specialmente nelle conferenze.

 g) Nelle confessioni e comunioni cercare di prender sempre proponimenti pratici ed adattati a te. Evita i proponimenti strani e troppo difficili, e prendi propositi che si vedono praticati dai migliori, o di cose che si udirono raccomandate dai Superiori.

 
Capo XXXIV DELL´AMORE CHE OGNI ASCRITTO DEVE PORTARE ALLA CONGREGAZIONE

Missione di Don Bosco nella Chiesa.

Iddio, per il grande amore che porta alla sua Chiesa, innaffiata, si può dire, col suo sangue stesso, non le manca mai di aiuto e di conforto. Anzi, quanto più grandi ne soni i bisogni e i pericoli, tanto maggiori e più potenti ne manda gli aiuti. Tutti ora vedono il baratro in cui è caduta l´umana società, essendosi riuscito a togliere la fede dal cuore di molti. Chi ne patì di più furono i poveri operai e la gioventù . La questione operaia s´impone, e si può dire abbia più che altre travagliato l´ultimo secolo. La gioventù poi cresce abbandonata nel vizio e senza sufficiente istruzione nella dottrina cristiani Quando fossero padri e madri di famiglia questi disgraziati, che non studiarono mai nulla di catechismo, noi vedremmo tempi ancor peggiori. Permetterà il Signore tanta rovina? Certo la Chiesa passa un momento doloroso; ma è anche certo che non verrà abbandonata dal suo Divin Fondatore. Egli non permetterà che il male trionfi completamente; e, come nei tempi passati mandò aiuti poderosi, e tra gli altri molti fondatori di ordini religiosi adattati ai bisogni dei tempi, così ora ai maggiori bisogni, maggiori manda gli aiuti; e già preparò il rimedio a questi mali con molte opportune istituzioni. Ma tra le altre chi non vede nella nostra Pia Società la mano della Divina Provvidenza? Chi non vede in Don Bosco l´uomo mandato da Dio a mettere argine a tanto allagare di male? Chi non si sente pieno di gratitudine ver» -o il Signore, che così mirabilmente provvide ii bisogni presenti della Chiesa?

Campo d´azione affidato a Don Bosco.

La gioventù , la pupilla degli occhi del Divin Salvatore, forma appunto la porzione letta toccata in retaggio alla nostra Pia Società. Sorsero questi nuovi tempi; l´incredulità dilagò e andò facendo breccia deleteria negli operai e nei giovani, specie nelle città ma già anche nei villaggi. Tutto sembrava perduto quando il Signore si compiacque rivolgere sopra di loro il suo occhio pietoso, e decise di salvarli. A questo fine tra gli altri suscitò Don Bosco. Poi a Don Bosco medesimo infuse la idea della Pia Società Salesiana, e lo aiutò a fondarla, infondendole lo spirito del Sacro suo Cuore. Il mondo rimase stupito, vedendo dal nulla e in breve sorgere tale gigantesca istituzione, per cui tante e tante anime saranno aiutate e salvate! Un grido unanime si elevò per l´uno e l´altro emisfero: Don Bosco fu l´uomo mandato da Dio! questa è l´istituzione del tempo! E noi siamo chiamati a prender parte integrale, attiva, diretta ad opera così provvidenziale. Come senza soldati non si fa la guerra, e senza la debita preparazione i soldati non salverebbero la patria, così senza ministri del Signore, e senza che questi siano coltivati convenientemente, non si salverà la Chiesa. Erano abbandonate le vocazioni: i seminari erano chiusi; lo scoraggiamento era generale, sia nel popolo che nel sacerdozio e nell´episcopato medesimo. Fu Don Bosco che infuse nuovo vigore; fu la sua congregazione che servì ad incoraggiare i buoni. Fece vedere esser possibile il salvare le anime, educando tanti buoni giovani pel sacerdozio. Intanto i preti usciti dalle scuole della nostra Pia Società ascendono a molte migliaia, e rinforzarono il clero scarsissimo d molte diocesi. Ormai tutti i vescovi, sull´esempio dei collegi di Don Bosco, apersero piccoli seminari, coltivarono le vocazioni. Ormai, almeno nell´Alta Italia, non mancano più preti nè per le diocesi nè per le missioni, nè per sostenere gli ordini religiosi, che scoraggiati, anch´essi erano cadenti! Vi era bisogno di mantenere nel sacerdozio lo spirito della Chiesa, era necessario rinfocolare l´amore al Sommo Pontefice, conveniva rimettere la fiducia e la vera nota nella divozione a Maria, sostenere la frequente comunione: si può dire che tutte queste missioni ebbe Don Bosco; e di tutte queste si occupa direttamente la nostra umile società.

La nostra congregazione protetta da Dio e da Maria Santissima.

Il Signore poi si degnò di favorire di grazie tanto numerose e straordinarie il nostro santo fondatore Don Bosco, che sarà sempre una gloria per noi l´essere figli di tanto padre. E volle che la nostra Pia Società, istituita proprio secondo i bisogni del tempo, trovasse ovunque tale favore e simpatia, che pare cosa senza riscontro negli annali della Chiesa. L´indimenticabile nostro Padre ci ripeteva continuamente la nostra Pia Società essere stata istituita non da lui ma da Maria SS.: essa gliela ispirò ; essa lo condusse sempre come per mano. Maria cercò sussidi pecuniari affinchè riuscisse nell´impresa, andò in cerca degli individui che dovevano farne parte, la sostenne e la difese: la congregazione è tutta opera di questa nostra buona Mamma. Cosicchè, come può dirsi del tempio materiale di Maria Ausiliatrice, che Maria si edificò la casa, cosi può dirsi del tempio suo morale, la Pia Società Salesiana, che Maria se l’è istituita da se stessa.

Maria Ausiliatrice chiaò anche te.

Devi altresì persuaderti essere stata Maria Vergine SS. che andò a cercare anche te. Ti prese come per mano, e, quasi a tua insaputa, ti preparò e poi ti condusse qui sotto il suo materno manto, ti consegnò ai superiori, ti fece accettare in congregazione. A questo aggiunse un altro privilegio particolare, privilegio anch´esso grande: ti chiamò sul fiorire della istituzione, quando lo spirito è sempre più fervente e le grazie del Signore più abbondanti. In questa società poi il Signore ti fa trovare padri così esperti ed amorosi, fratelli così affettuosi ed esemplari, mezzi così potenti di santificazione, che bisognerebbe proprio essere privi del senso comune per non approfittarne. Tutto questo insieme di grazie e di benedizioni dovrebbe farti amare fino all´entusiasmo questa nostra cara società, e spingerti a stare ben attaccato ad essa, che ti favorisce tanto, e tanti mezzi ti dà di santificazione. Ed è così ragionevole questo, die vari nostri soci, nelle loro private preghiere, dopo d´avere ringraziato il Signore d´averli creati e fatti cristiani, non possono tenersi d´aggiungere: e fatti religiosi e salesiani. Riconoscendo così, che dopo la grazia del battesimo, come è invero, la grazia della vocazione è la più grande ed apportatrice di maggiori benedizioni.

La congregazione salesiana è nostra madre.

Se dopo i tre primi precetti che riguardano Dio e il suo servizio, vi è nella legge divina un gran comandamento, esso è quello di onorare il padre e la madre. E se per ogni anima ben nata c´è un sacrosanto dovere, caro al cuore e soave a compiersi, esso è quello della pietà filiale. Chi dirà fino a qual punto esso obblighi un religioso verso la comunità sua propria? Che non le deve infatti, che non ne riceve ogni dì? E quanti sudori, quante lagrime, e persino quanto sangue ha costato ciò che riceve?! Non parlo della Passione di Gesù , dalle cui altezze escono primieramente tutte queste sante famiglie: nè della compassione di Maria, la quale, coll´unirsi a questa Passione le ha tutte generate. Parlo della passione dei fondatori, delle loro fatiche, delle loro penitenze, delle loro angosce, e di tutto ciò che aggiunsero essi alla Passione del Salvatore; poichè le comunità vivono di ciò che prima le fece nascere. « Pietre vive, diceva Dio al suo popolo, ponete mente alla rupe donde voi foste tagliate, e alla sorgente donde voi foste tratte. Ponete mente ad Abramo padre vostro ed a Sara, la quale vi partorì [196]» . Ricorda tu pure coloro cui deve il nome la nostra società, la regola, lo spirito, l´esistenza insomma di religiosi, e vedi un po´ se qualunque cosa facessi sarebbe sufficiente a sdebitarti verso di loro! La nostra comunità è realmente la nostra madre! Una madre, la quale, come la grande Gerusalemme di lassù , di cui parla la scrittura, « è discesa dal cielo » tutta piena della paternità, cioè dell´autorità, della fecondità e della santa tenerezza di Dio, di cui è l´espressione e l´organo. Se pertanto la pietà filiale ha ragion d´essere in qualche luogo, è proprio qui. Tu dunque hai l´obbligo sacrosanto d´onorare, assistere, servire una tal madre, di lavorare per la sua prosperità, e di rallegrarne il cuore. Ingrato e degno delle maledizioni di Dio sarebbe quel socio che la compromettesse, che la danneggiasse, che le arrecasse vergogna colla sua eattiva condotta, e che la coprisse di fango e le procurasse lutto, o la spingesse alla rovina coi suoi cattivi esempi!

Belle immagini della congregazione.

Persuaditi bene adunque, che per te la congregazione è la vera arca di salute: come Noè nell´arca si salvò dal diluvio, in cui furono sommersi tutti gli altri uomini, così noi dal diluvio di corruzione, da cui il mondo è totalmente allagato, siamo salvati da quest´arca.

È la tavola di salvamento: come nel mare, in un naufragio, è fortunato chi trova una tavola su cui poter venire a riva, così fortunati noi che abbiamo trovato questa vera tavola di salvamento. Essa è fonte per noi d´ogni bene: come ad un assetato nel deserto serve di salvezza da morte il trovare una fonte d´acqua viva, così a noi in questo deserto del mondo serve a scamparci dalla morte questa fonte perenne di consigli, di aiuti, di sostegni, che ci disseta da ogni nostra ansietà. La nostra Pia Società è per noi quella perla preziosa, per trovar la quale, ci dice il Salvatore, merita mettere sossopra tutta la casa, e trovatala è da farne gran festa. E tu che l´hai trovata, devi fare gran festa in te, e provarne un godimento grande. Procura, figliuol mio, di capir bene questa importante verità in questo anno fortunato di ascrizione, perchè verranno nella vita momenti di disgusto, di contraddizione e di persecuzioni. E se tu non ti trovassi ben istruito e ben consolidato su questo punto, potresti soccombere.

Beni che essa ci procura.

Tutti i beni che tu hai ti provennero, ti provengono e, quasi direi, ti proverranno da questa radice. Sono beni materiali, intellettuali, morali. Che saresti tu ora, se la società nostra non t´avesse amorevolmente aperte le braccia? Lasciamo i beni materiali, per cui non ti manca mai nulla e non hai i fastidi dei mondani, che devono pensare a provvedere i cibi, i vestiti, a pagare i debiti, mentre tu sei messo in posizione da poter vivere e lavorare pel Signore, senza altre apprensioni. Ma considera i beni intellettuali: Avresti avuto altrove comodità di studi, di maestri, di libri, di biblioteche, di guide, di tempo, di luogo, come ne puoi avere in congregazione? E per le comodità di fare il bene? Richiama a memoria il detto di San Bernardo sui beni della vita religiosa, e da Don Bosco spiegato nella prefazione delle sante regole. Aggiungi a questo il merito del martirio e l´innocenza battesimale che te ne proverrà facendo i santi voti, e il doppio merito che avrai per ogni tua opera, quando le faccia con voto, e vedrai se non devi amare molto questa cara nostra Pia Società, a cui ti ha chiamato il Signore; se non devi a ragione vender tutto per acquistare questa perla preziosa; se è troppo il dire che ti proviene da lei ogni bene!

Riconoscenza a Dio d´averti chiamato ad essere salesiano.

Pertanto farai molto bene, se tutte le mattine ringrazierai il Signore della vocazione avuta; e domanderai la grazia della perseveranza in essa. San Luigi, dopo d´essere stato sei mesi nel mondo ad aggiustare i pasticci della famiglia, ritornando nelle case della compagnia a Milano, disse al compagno: « Oh quanta consolazione io sento nel vedermi ornai stabilmente in casa nostra! Quella appunto che sentirebbe uno il quale, freddo ed agghiacciato, di mezzo inverno, venisse posto in morbido letto riscaldato. Tale freddo mi pareva di sentire trovandomi fuori delle nostre case, e tale soavità sento ora, essendovi ritornato » . Sarebbe tale il tuo giubilo in simile circostanza? O non vai tu forse volentieri, o forse ancora non solleciti tu stesso i superiori perchè ti lascino andare alla casa paterna? Considerando attentamente le suesposte cose, ciascuno comprenderà bene che il poter essere membro della congregazione non è mai un beneficio che l´individuo faccia alla società medesima; ma piuttosto un dono immenso che il Signore fa all´individuo col riceverlo a servirlo più da vicino, dandogli tanti mezzi di santificazione. E Perciò bisogna che tu viva con timore e paura di perdere la vocazione, se non corrispondi adeguatamente a questa grande grazia del Signore. Anzi ricorda sempre che le grazie più grandi del Signore vanno custodite accuratamente e con grandi sacrifici. Sappi che appena uno trascura le piccole cose, il Signore rallenta nelle sue grazie; e così indebolito, poco per volta si viene fino al punto di perdere la vocazione. Quale non fu la fortuna degli Apostoli d´essere stati chiamati a seguir Gesù , e fatti banditori della legge di grazia! Eppure Giuda, che se ne rese immeritevole, fu ripudiato.

Dobbiamo prediligere la congregazione nostra.

Noi dobbiamo inoltre prediligere la nostra cara Società sopra le altre. Li loderemo tutti gli altri istituti religioni! Essi sono primogeniti nella Chiesa, noi siamo gli ultimi venuti. Ciascuno ha uno spirito proprio, ispirato dal Signore. Non esca Perciò mai dal nostro labbro parola di biasimo per nessuno, neppure mai dire che certi Ordini Religiosi hanno fatto il loro tempo.

Lodiamoli in ogni ragionevole occasione per il tanto bene che hanno. Tuttavia ci è permesso d´avere ogni predilezione per la nostra Società, perchè essa è nostra madre. Un figlio rispetterà tutte le madri, ma certo il suo amore di predilezione, il suo più grande attaccamento è per la sua; fosse pure la meno avvenente, la più povera e meschina di tutte. « Ogni religioso, dice egregiamente il nostro San Francesco di Sales, deve venerare e stimare tutte le altre Società, che promuovono la maggior gloria di Dio, l´edificazione della Chiesa e la salute delle anime. Non abbia avversione per alcuna; a niuna invidi altra gloria, se non quella di più amare Gesù e Maria. Anzi, tenendo la propria come la minima e l´ultima, ceda volentieri alle altre (la preminenza di dignità e di onore. Con tutto ciò serbi alla sola sua il privilegio d´un amore particolare, d´una tenerezza e pietà « filiale, perchè essa è per lui quell´arca viva di salute, da Dio in eterno preparata per salarlo dal diluvio e dalla corruzione del secolo . Ognuno di noi pertanto ami con tutto affetto possibile la nostra Pia Società, e la tenga qual madre amorosa, che lo rigenerò nello spirito, e non lascia di nutrirlo col latte spirituale. Nulla al mondo gli sia più caro e più prezioso del bene di questa madre. Ognuno ancora stia pronto a qualunque sacrificio pel vantaggio spirituale e temporale di »Goda con lei se gode, pianga con lei se piange, facendo sue proprie le consolazioni e afflizioni di questa madre, ed aiutandola con qualunque sacrificio, in tutto quello che può . Miri anche con occhio di figlio, e tolleri con filiale carità le imperfezioni, i nei e quelle miserie da cui niuna umana istituzione si trova esente, e non abbia mai l´audacia di criticare il suo andamento o quelli che la guidano, cosa degna solo di un figlio ingrato, che graffia sua madre, dal cui seno sta succhiando il latte della vita.

Dobbiamo sostenerla.

Ma soprattutto tu farai quanto è in te per sostenere, e con le parole e con le opere e coll´esempio, la osservanza delle costituzioni, lo zelo ed il vero spirito di Don Bosco. Unicamente dal difendere ed osservare queste basi dipende la vera salvezza della nostra Società, il suo incremento e l´abbondanza delle superne benedizioni. Nè scordarti mai di pregare per essa, e specialmente per questi tre fini: 1) perchè essa non abbia mai da deviare dalla retta via, e possa sempre fare maggior bene; 2) perchè il Signore mandi molti e buoni novizi; e intanto tu stesso impegnati, secondo le tue forze, ma proprio totis viribus, per procurarne. 3) Prega per la perseveranza di tutti i soci; che nessuno abbia con le sue infedeltà a dar disgusti a questa sua buona madre, e non abbia a rendersi indegno della sua vocazione, od abbia a perderla e dare indietro.

Amore ai superiori.

Lo stesso amore della Società cui appartieni deve farti amare molto i superiori della medesima, posti da Dio a tua guida, e che giorno e notte si affaticano per il bene comune. Si accolgano sempre festevolmente i superiori maggiori, si vada a gara a baciar loro la mano, per dar loro segno della propria venerazione ed affetto; si circondino per ascoltar i loro consigli; si cerchi di conferire con loro, facendo un po´ di rendiconto per avere da essi la soluzione di qualche dubbio o l´incoraggiamento alla virtù ; si parli in conversazione delle loro opere e del loro zelo. È da buon figliuolo il ricordare sempre con gratitudine i superiori ed i maestri degli anni precedenti, scrivere loro nelle principali circostanze, come del capo d´anno e dell´onomastico; il circondarli di amorose premure quando venissero nel collegio dove si è , continuare anche per lettera a dar loro conto del proprio andamento, domandando loro opportuni consigli, e specialmente assicurandoli Ielle nostre preghiere, e raccomandandoci alloro. Chi non sente questa riconoscenza per coloro che si occuparono del suo bene, dimostra cuore poco buono, e sarebbe immeritevole di maggiori grazie del Signore.

Dobbiamo amare le cose della congregazione.

L´amore alla nostra Pia Società ti farà amare le sue cose; ti farà Perciò parlare con entusiasmo di Don Bosco, dei missionari e del bene che già la nostra Pia Società operò nel mondo; della simpatia che si attirò dai sommi pontefici, dall´episcopato cattolico e da tutti i buoni; e delle richieste che si fanno di essa da tutte le parti. Ti farà leggere con premura il Bollettino Salesiano e tutti quegli scritti, sia dei nostri sia di altri, che parlano delle sue opere. Nè questo devi fare per vanagloria, bensì per animarti a divenire membro sempre più degno di questa famiglia.

Dobbiamo amare le sue opere.

Devi amare e tenere in conto gli scritti, i libri, gli insegnamenti, le predicazioni, le opere tutte dei confratelli, e specialmente quelle dei superiori. Ciò che viene dalla madre deve sempre piacere ed essere lodato dal figlio. Pertanto non ti avvenga mai di biasimare qualcuno della congregazione, o libri, o predicazioni, od opere della medesima, o brontolare dei loro metodi, poichè questo sarebbe da figlio ingrato. Anzi si adoperino sempre di preferenza i testi composti dai nostri confratelli, si tengano di preferenza le opinioni sostenute dai rostri superiori. Il biasimo è sempre riprovevole, e Don Bosco ripeteva sovente che il bene nostro bisogna lodarlo, ed egli lo lodava. Se poi si conosce alcunchè di difettoso in qualche membro di essa o in qualche casa, si può e si deve bensì cercare ogni modo di fare evitare quel male, ed avvisarne i superiori; ma intanto esso si deve seppellire nel più profondo oblio. Vuoi tu rassomigliare a Cam, che, visto nel padre qualche cosa indecente, lo burlò e raccontò ancora la cosa ai fratelli perchè Io burlassero? Bada che Cam venne per questo castigato. Invece furono benedetti Sem e Jafet, che non solo non presero parte allo scherno di Cam, bensì ancora coprirono riverentemente con il mantello il proprio padre. E tu, per carità, in ogni circostanza non solo non voler imitare l´iniquità di Cam, collo scoprire i difetti della madre congregazione o dei tuoi confratelli, ma piuttosto imita Sem e Jafet, e copri sempre col mantello della carità i difetti che in essi trovassi, e non esca mai dal tuo labbro parola di biasimo verso di loro.

Come dimostrarle amore.

Impara a dimostrare il tuo amore alla nostra Società nei pensieri, nelle parole, nelle opere. Con i pensieri tienila in gran pregio; con le parole parlane sempre bene; con le opere lavora indefessamente nelle cose che ci prescrive, e procura di farle onore con la tua vita santa. Quello che di buono dovrà apparire in te, i tuoi pochi ed eventuali bagliori di gloria, sia di opere come di virtù , tutto si riversi su colei che ti è madre, e che dopo averti generato t´ha portato un po´ in alto. Di te appaia solo il salesiano. Eclissati sempre volentieri per la gloria di Dio e della nostra cara congregazione, e per questo lavora, soffri e prega. Sii riconoscente a Dio d´averti chiamato tra i figli di Don Bosco. Questa riconoscenza t´aprirà la vena di tutte le grazie, mentre la chiuderebbe l´ingratitudine. Ama ed osserva la regola uscita dal cuore del nostro Padre, codice sicuro di santità salesiana. Approfitta dei santi mezzi di perfezione che hai tra mano. Così sarai di conforto ai superiori e di gloria a Gesù .

 
Capo XXXV GESU’ ADOLESCENTE MODELLO PERFETTO DEL GIOVANE RELIGIOSO

 Gesù adolescente modello del novizio

In forza della stato religioso che vuoi abbracciare, tu, o mio buon giovane, devi tendere alla perfezione. Non è facile arrivare ad essa. Nè abbiamo solo bisogno di un maestro che ci insegni, ma anche di un modello da imitare. Come si troverebbe felice uno statuario, un artista, se trovasse già fatto il modello della statua che egli deve scolpire, e se questo modello fosse della più alta perfezione, e che egli non avesse più altro che ricopiarlo! Ebbene: noi questo modello lo abbiamo, ed è perfetto. Già lo sai, Gesù è il nostro modello universale. Ma mi pare che se il modello oltre all´essere perfetto in sè, fosse anche specificato in modo che tu potessi figurartelo alla tua età, nelle tue circostanze, questo esemplare ti gioverebbe più efficacemente. Tu sei giovane. Ebbene! Ecco l´esemplare completo, specificato, nella precisa età tua: Gesù adolescente! Te lo puoi figurare nella tua età, e puoi seguire ogni sua orma. Se tu sei artigiano o coadiutore, puoi figurartelo benissimo come tale, poichè egli era umile artigianello e lavorava alacremente tutto il giorno per guadagnarsi il pane della vita. Ma anche se sei chierico, devi capire che nell´umiltà e nella vita nascosta di Nazareth, egli si preparava all´apostolato ed a convertire le anime, precisamente cerne devi prepararti tu. Ecco adunque Gesù adolescente, dai dodici ai trent´anni nella bottega di Nazareth; prendilo come tuo modello speciale e protettore, e cerca d´imitarlo.

 Divozione a Gesù adolescente.

Come si ha generalmente molta divozione a Gesù bambino, alla passione di Gesù , al sacratissimo suo Cuore, a Gesù in Sacramento, dovrebbe pure aversi gran divozione a Gesù adolescente. Eppure questa è meno diffusa. Io pertanto voglio suggerirti di abbracciarla tu, e farla tua divozione speciale. Voglio cioè inculcarti che procuri di onorare in modo al tutto particolare l´epoca della vita di Gesù , che si confà specialmente a te in questa tua età e in questa circostanza della tua vita, in cui ti trovi anche tu come in una santa casa di Nazareth, e in cui puoi e devi imitare specialmente la vita nascosta di Gesù . Il santo Vangelo ha cura di farci notare che Gesù nella casa di Nazareth fu sempre sottomesso a Maria Vergine ed a san Giuseppe; che egli cresceva in saggezza, in età ed in grazia al cospetto di Dio ed al cospetto degli uomini. E tu pertanto devi aver sempre questo esemplare avanti gli occhi. Devi proporti di star anche tu sempre soggetto ai tuoi superiori, e tutti i giorni crescere in saggezza, cioè nella conoscenza di Dio e della sua amabilità infinita, nella conoscenza di te stesso e delle tue miserie, nella conoscenza di tutto quello che riguarda la tua salute eterna e i doveri del tuo stato. Devi crescere in età, cioè disfarti delle miserie spirituali dell´età passata, come della leggerezza che non riflette, della vanità, dell´incostanza propria dei fanciulli. Infine devi crescere in grazia, cioè nella santità; e questa è per te un´obbligazione di tutti i giorni fino a tanto che tu non sia arrivato alla pienezza dell´età dell´uomo perfetto in Gesù Cristo, cosa che non si compirà se non in Cielo. E questo crescere in saggezza, età e grazia, deve essere avanti a Dio con la vita interiore, e davanti agli uomini coll´edificazione dei buoni esempi.

La legittimità di questa divozione a Gesù adolescente non può essere messa in questione. Questo periodo della vita di Gesù è il più lungo: ha adunque diritto alla nostra considerazione e Perciò alla nostra adorazione, ed alla nostra divozione speciale. Infatti la Chiesa, basandosi sui santi vangeli, ha sempre onorato e proposto alla pietà dei fedeli l´adorabile mistero della vita nascosta di Gesù a Nazareth. I sommi pontefici, i padri della Chiesa, i dottori, gli scrittori ascetici parlarono e scrissero molto sugli ineffabili secreti della Sacra Famiglia. La Chiesa ha autorizzato e arricchito di indulgenze certe preghiere, istituì delle feste e approvò delle associazioni di pietà aventi per oggetto speciale i misteri di Nazareth. Questo culto alla santa, adolescenza di Gesù è tanto antico quanto la Chiesa: è adunque un culto dei più legittimi.

Divozione salesiana a Gesù adolescente.

Che sia poi conveniente per la nostra Pia Società il nutrire e promuovere una divozione speciale « alla santa adolescenza di Gesù » , risulta chiaramente, mi pare, dalla destinazione provvidenziale della nostra società stessa. Tra tutti i misteri della vita del Divin Maestro, questo più di tutti corrisponde pienamente al suo fine particolare, alle opere della nostra predilezione, ai caratteri della nostra vita e della nostra pietà, al nostro metodo di apostolato. Non pare anzi che la Divina Provvidenza direttamente ci metta nell´occasione di abbracciare questa divozione? Che ravvicinamento facile possiamo stabilire tra Nazareth e le nostre case salesiane! A Nazareth Maria e Giuseppe, vergini, si occupano di Gesù ; nelle nostre case il prete ed il coadiutore, vergini si occupano dei giovani, mistica continuazione dell´adolescenza di lui. A Nazareth il Divino adolescente, oggetto delle comuni sollecitudini di Maria e di Giuseppe, sotto la cui obbedienza Egli cresce in età, in scienza, in grazia davanti a Dio e davanti agli uomini: nel noviziato tu, povero adolescente, che sotto la comune sollecitudine dei Superiori devi crescere anche tu in età, in scienza ed in grazia davanti a Dio e davanti agli uomini. Tu puoi bellamente rappresentarti Gesù come un giovane studente, come un giovane artigiano, e come un aspirante allo stato ecclesiastico. Come studente, figurandotelo nel tempio in mezzo ai dottori che egli interrogava per imparare; come apprendista artigiano, essendo egli realmente faber et filius fabri. Che fosse veramente aspirante alla vita sacerdotale ed allo stato di perfezione si ricava dalla risposta che egli diede alla Madonna, quando lo ritrovò nel tempio: non sapevate che nelle cose che riguardano il mio eterno Padre io devo sempre trovarmi? A Nazareth e nelle case salesiane il medesimo carattere di vita e di pietà: la medesima unione della vita di preghiera e della vita d´adorazione, il medesimo spirito di famiglia e la medesima povertà; il medesimo abbandono alla Divina Provvidenza. È sopra Nazareth, è sopra questo tipo perfetto di famiglia cristiana ed operaia, la cui rigenerazione era l´oggetto delle sue costanti preoccupazioni, che il nostro Don Bosco fissava di preferenza le sue meditazioni. Era evidentemente questo, fra tutti i misteri della vita di Gesù , quello della sua predilezione. È qui che egli studiò e trovò la soluzione pratica della questione operaia; questione attuale di cui fu l´apostolo in questi tempi moderni. Anche il nostro metodo di apostolato coincide col metodo che si teneva nella sacra Famiglia con Gesù adolescente. Noi non cerchiamo altro che di cristianizzare e santificare il fanciullo, e per mezzo di esso la famiglia e la società. Per ottenere ciò il nostro buon padre c´insegnò un metodo speciale da applicare sia tra di noi e tra i nostri fanciulli, come tra i popoli infedeli. E per realizzare questo programma d´apostolato si può immaginare una divozione più appropriata, un mezzo soprannaturale più efficace, che la divozione a Gesù adolescente?

Propagare questa divozione.

Conviene adunque che noi ci proponiamo bene questa divozione, e che cerchiamo di propagarla tra i genitori, gli educatori ed i giovani stessi da educarsi, come quella che pone sotto gli occhi a tutti l´ideale da riprodurre. Conviene anche proporla loro come la sorgente da cui attingere la grazia opportuna per realizzare questo ideale, col triplice accrescimento di cui ha bisogno un giovane per arrivare alla maturità della vita: cioè il crescere nella scienza e fisicamente, il crescere nell´apprendimento del mestiere, ed il crescere nella virtù e nella santità. Ed anche di grazia non ce ne vuol poca, per un prudente discernimento dello stato di vita che conviene a ciascuno, scelta da cui dipende l´ordine e per conseguenza la felicità dell´individuo, della famiglia, della società, della Chiesa. Ecco l´oggetto di questa divozione, la quale in tutto e per tutto corrisponde al fine ed alla missione della nostra Pia Società, fi anche coll´intendimento di propagare la divozione a Gesù adolescente, che i superiori della nostra Pia Società accettarono l´apertura della casa di Nazareth, intitolarono a Gesù adolescente la casa di Oran; inoltre dedicarono a Gesù adolescente l´ispettoria d´oriente.

A tutto questo, per vedere sempre meglio l´opportunità di questa divozione, occorre aggiungere una considerazione, o meglio constatare un fatto, che forma l´oggetto delle lamentele dei buoni nei nostri tempi. La società moderna in generale procede assai male perchè la vita di famiglia, fondamento della vita sociale, è gravemente compromessa, essendo la formazione cristiana della gioventù e la sua perseveranza divenute lo scopo degli attacchi congiunti dei nemici dell´ordine sociale. Chi ha. la gioventù , ha l´avvenire; il problema sociale si risolve in questa breve formola. Don Bosco previde e precorse i tempi, e si diede a tutt´uomo a rimediare ai mali presenti e futuri. E coi continuatori della sua opera è già riuscito a fare del gran bene ed a riparare grandi mali. Ma è tanta la colluvie dei disordini, che bisogna moltiplicare le forze e ordinarle meglio. E bisogna unirsi per rimediare a questo male universale, raggruppare tutte le forze per salvare la risorsa suprema che ci rimane, l´educazione cristiana della gioventù . Ed allorchè tutte le speranze umane sembrano fallite, si deve attingere al Cuore di Gesù di Nazareth, dal divino adolescente, questa grazia di rigenerazione. Non è forse questa l´opera sociale opportuna per eccellenza? Invero chi si vuol far sacerdote e degno figlio di Don Bosco, e cooperare alla santità propria cercando di salvare gli altri, potrà egli trovare mezzo più potente? Finchè il pargolo è nelle mani della madre e le è sottomesso, la sollecitudine materna fa evitare immensi pericoli. Ma quando è giunta l´età in cui il fanciullo scivola dalle mani della madre, quando viene l´età critica, i pericoli dell´ora presente lo getterebbero addirittura nell´abisso del male, se non venisse salvato da mano esperta, dotta, delicata, e se questa mano non venisse aiutata e sorretta da forza soprannaturale. Oh allora come ci viene opportuna l´immagine di Gesù adolescente, da presentarsi all´adolescente educando, affinchè si specchi in essa, e sia da essa confortata e l´opera dell´educando e l´opera dell´educatore! E quando i giovani stanno per scivolare anche dalle nostre mani, non sarà una suprema risorsa il consacrarli a Gesù adolescente, il ricordar loro la figura di Gesù , nel cui petto palpita un cuore dai diciotto ai vent´anni? A questo Gesù che li conosce, e che è lì per divinizzare perfino le loro tendenze, le loro passioni, i loro ardori, le loro aspirazioni generose; che persino previde le loro cadute e sofferse per preservarli da ricadute? A questo Gesù che amà tutti gli adolescenti, che non può mirarli senza amarli [197]? A questo Gesù che subito si commosse alla vista di una povera vedova che piangeva il suo figlio unico che si portava a seppellire, e che prendendo per la mano l´adolescente lo risuscità , e lo rese alla madre? Questo Gesù non sarà più ora, come in altri tempi, per tutti, ma specialmente per chi comincia la sua carriera, la Via, la Verità, la Vita?

Spirito di questa divozione.

Lo spirito di questa divozione si può compendiare in queste parole: crescere e fortificarsi [198]. Guidare il giovane perchè cresca buono, imparando la scienza o la propria professione, qualunque essa sia, e perchè si fortifichi colla imitazione di Gesù adolescente e colla sua grazia. Uniamoci coi giovanetti che vengono educati nella nostra casa di Nazareth. Procuriamo noi, proponiamoci di insegnarlo in seguito ai giovani alunni, di lavorare in unione con Gesù adolescente nella bottega e nella casa di Nazareth. Nell´apprendimento d´un mestiere, e nell´applicazione agli studi, si cerchi di rappresentarsi al vivo l´immagine del Divin Nazareno.

Imitare Gesù adolescente.

Ma il più importante di questa divozione sta nell´imitazione del Divino modello. Per onore e per amore di Gesù adolescente ciascuno si applichi, nella propria condotta, a farsi un altro lui stesso, ciascuno secondo la sua condizione e le circostanze in cui Dio lo mette. Ti raccomando Perciò specialmente queste cose:

a) La sostenutezza e la modestia nel portamento esteriore. Questa è una garanzia e come un indizio della nobiltà del cuore.

b) Una dipendenza rispettosa, che deve sempre crescere, verso i parenti, i superiori, i maestri, e gli anziani, anche consultandoli nelle cose di qualche importanza.

c) Volontà risoluta di eccellere, e negli studi e nelle occupazioni, cercando di far sempre il proprio bene qualunque cosa ti sia assegnata, dando buon esempio.

d) Lotta quotidiana ed energica contro i propri difetti, specie contro il dominante, ed una tendenza abituale verso l´ideale della santità stessa di Gesù adolescente.

e) Una confidenza illimitata e tenerissima nell´infinita misericordia del Cuore di Gesù , il quale non lascia mai di perdonare un cuore sinceramente pentito.

f) Spirito di proselitismo, o generosa passione di far conoscere anche da altri la Madonna, la Santa Chiesa, e tirare delle anime ad amare specialmente Gesù adolescente.

g) Infine, e soprattutto, proporti di usar sempre una carità delicata coi compagni ed una unione indissolubile, per abitare con loro nel cuore dell´Amico comune, Gesù adolescente. Figurati che Gesù adolescente, dalla cara bottega di Nazareth, continuamente ripeta l´invito: Siate dunque perfetti, come perfetto è il Padre vostro celeste [199]. Tendere verso questa perfezione e progredirvi di giorno in giorno, praticamente ma con perseveranza, è precisamente lo spirito della tua vocazione, è lo spirito della divozione a Gesù adolescente, del quale è scritto che progrediva in età e in grazia presso Dio e presso gli uomini. Si può domandar molto da un cuore giovane, e spesso bisogna domandargli molto. Il suo cuore ha bisogno di amare e di essere amato, di dare e di ricevere. E importante somministrare esca opportuna a questo bisogno, a questa passione di certe anime, e dar loro un´occasione di esplicarsi. Certo Don Bosco domandò molto dal cuore dei suoi giovani; ma, avendo saputo fare, ottenne anche molto. Egli formò molti veri apostoli, alcuni già volati al paradiso, alcuni tuttora viventi. Non credo di domandar troppo a te domandandoti le virtù sopra espresse. Slanciati nel bene, e vedrai che la riuscita verrà.

Medita i misteri dell´adolescenza di Gesù .

Ti esorto a meditare, e a far meditare da altri, in libri appropriati, e nei discorsi e nei circoli di pietà, i misteri della santa adolescenza di Gesù in Nazareth. Questi misteri sono ancora così poco esplorati; eppure il Divin Maestro ha consacrato a questi il più lungo periodo della sua vita mortale! E sono i misteri che presentano ai giovani l´esempio delle virtù , alle volte le più attraenti, le più appropriate all´età. Sono quelli che contengono ed apportano loro la grazia opportuna, meritata dal Redentore adolescente. Ed inoltre sono i misteri che più si convengono alla forma di vita la più parca, alla vita di famiglia, alla vita di comunità, alla vita nascosta, alla vita di chi soffre. Essi suggeriscono la pratica di quelle virtù , che a causa della loro forma modesta, del loro uso comune, della loro facile applicazione, son dette le piccole virtù , quelle che affascinavano il nostro dolce e forte San Francesco di Sles.

Virtù da imitale.

Venendo a te in particolare, o mio buon amico, ti dirà che le sublimi virtù pratiche, che tu in particolare devi imparare dal Grande adolescente di Nazareth, e che devi cercare in ogni modo di imitare, sono specialmente quattro: 1) Un grande amore al lavoro ed alla fatica; 2) Un grande amore alla povertà; 3) all´obbedienza; 4) alla vita nascosta. Conviene che le esaminiamo un poco insieme, e che ne facciamo insieme l´applicazione pratica. Io son di parere esser questa la più gran lezione che devi trarre da questa divozione. Nello stesso tempo troverai in queste quattro virtù , il riassunto di tutto quello che si è detto in questa prima parte del tuo Vade Mecum. Io ti esorto pertanto a tenere continuamente lo sguardo fisso sul grande esemplare che ti propongo, sili ro che esso ti santificherà, se tu farai davvero energici sforzi per riprodurne in te gli esempi.

1) Lavoro.

E per primo: la vita di Gesù , per tutto il tempo che passò nella bottega di Nazareth, fu una vita di gran lavoro. Ci disse Egli stesso per bocca del profeta Davide: io sono stato nelle fatiche e nelle sofferenze fin dalla mia giovinezza [200]. Egli maneggiava la sega e la pialla come un povero operaio, e guadagnava il suo pane col sudore della sua fronte. Non gli bastava il non perder tempo; ogni momento della sua vita, salve le interruzioni che esige la natura, erano impiegate in un lavoro faticoso ed aspro per il corpo, senza gusto per lo spirito, senza attraimento per il cuore. Egli volle applicata completamente a sè la legge del lavoro, imposta a tutti gli nomini nella persona dei nostri progenitori: Il pane che mangerete dovrà essere guadagnato col sudore della vostra fronte. Hai tu fino ad ora compreso bene questa verità? E come l´hai praticata? Procura seriamente, almeno ora, di accostumarti ad un lavoro aspro ed assiduo, modellandoti bene su questo divino esemplare.

Lavoro santificato.

Gesù nella bottega di Nazareth non solo lavorava, ma ci insegnava a santificare il lavoro. Egli non cercava da se stesso il genere di lavoro che più gli piacesse; bensì faceva con semplicità ciò che San Giuseppe gli prescriveva, e lo faceva nel tempo e nel modo che San Giuseppe gli diceva. Non stava esaminando se il lavoro era confacente a lui o no, se gli piacesse o no: il lavoro che mi dà da fare San Giuseppe è quello che è voluto da Dio, mio Eterno Padre, poichè è voluto dall´ubbidienza, e basta. Non esaminava se il lavoro era adattato alla sua condizione, al suo stato, alla sua età, alle sue forze: Dio, mio Padre, lo vuole; che posso far di meglio? Nè contento di fare il lavoro datogli dalla ubbidienza, cercava di farlo meglio possibile: senza lentezza, senza precipitazione: non negligenza, non mollezza che teme la fatica. E già può dire nella bottega di Nazareth quanto i popoli diranno più tardi di lui: Egli ha fatto bene tutte le cose: bene omnia fecit. Egli poi accompagna il suo lavoro con sentimenti interiori, che tengono unito il proprio cuore a Dio. Ben lontano da chi nel lavoro non si occupa che dell´azione esteriore, senza uno sguardo al Signore, egli al contrario, senza distogliere l´attenzione dal lavoro, si occupava principalmente del suo interno: si teneva sempre sotto gli sguardi della divina maestà. Dentro di lui vi era continuamente l´intenzione di piacere al suo eterno Padre, fin nelle più piccole particolarità. Era una offerta così perfetta di tutto il suo essere e di tutti i suoi momenti al sovrano dominio di suo Padre, un´unione così intima, così continua, così ossequente di tutta l´anima sua al creatore, che Dio Padre se ne tenne infinitamente onorato, e pose in lui le sue compiacenze, siccome dichiarò poi sulle rive del Giordano: Questi è il mio Figlio diletto in cui ho posto le mie compiacenze. Ebbene! Questo deve essere il tuo perfetto modello. In questo medesimo modo devi studiare e lavorare: in questo medesimo modo devi santificare i tuoi studi ed i tuoi lavori.

2) Povertà.

In secondo luogo dobbiamo imitare Gesù adolescente in Nazareth nella povertà. Bisogna ben dire che la povertà sia una gran bella cosa perchè un Dio vivente sulla terra l´abbia scelta per sè. Egli poteva essere ricco, solo che l´avesse voluto; non dipendeva che da lui il vivere negli splendori e nell´opulenza, sorpassare in ricchezza tutti i prìncipi del mondo. Ma lo splendore della povertà rapì il suo cuore. Egli vide nella povertà il secreto della santità. Essa distacca il cuore dagli appoggi e dalle consolazioni della terra, ci dispone a ricorrere a colui che si chiama il padre dei poveri, a pregare con confidenza colui che è attirato ad esaudire i desideri dei poveri; ad unirsi a Dio come all´amico più sicuro, al protettore più ossequente, ad entrare così in questa vita di unione divina, che è la consumazione di tutte le virtù . Gesù pertanto abitava in una bottega povera, portava abiti poveri, il suo era vitto da povero; volle guadagnarsi il vitto come i poveri col sudore della fronte. E tu ben capisci che devi cercare il modo pratico di renderti sempre più simile a lui nella povertà. Vedi un po´ se hai il cuore distaccato da tutto, se comprendi quella felicità che Dio attribuì ai poveri volontari: Beati i poveri di spirito perchè di loro è il regno dei cieli. E poi vedi se ami le camere povere, i vestiti, il vitto, il letto povero, la fame, la sete, i disagi dei poveri; e se dai gloria a Dio ogni volta che ti capita di provare in pratica gli effetti della povertà. Considera sempre che se ci fosse stato qualche cosa di migliore della povertà, Gesù ce l´avrebbe insegnato coll´esempio e colle parole. Insegnandoci invece la povertà, sebben noi non lo comprendiamo ora abbastanza, è segno che non vi è altro di meglio di essa.

3) Obbedienza.

Lo Spirito Santo ha riassunto in una sola parola la storia di trent´anni della vita di Dio fatto uomo, e specialmente del tempo della sua adolescenza nella bottega di Nazareth. Egli ubbidiva a Maria ed a Giuseppe [201]. È la terza cosa che devi riprodurre in te, apprendendola dal Divino Esemplare. Scrutiamo un momento questo profondo mistero. Iddio volle star soggetto ad uomini: il Creatore volle ubbidire alle sue creature. E in che cosa obbedire? In tutto, assolutamente in tutto. E fino a qual età obbedire? Fino ai trenta anni non si dipartì d´un punto dalle prescrizioni di Maria e di Giuseppe. E a quali comandi obbediva? I comandi erano delle cose più umili ed ordinarie e di gran lavoro ed abnegazione. Eppure egli ubbidiva come un umile servitore ed obbediva prontissimamente ed allegramente, consolando con l´ubbidienza i suoi e cercando di eseguire anche tutti i loro desideri, ripetendo nel suo cuore la sua parola prediletta: non sono venuto per essere servito ma per servire [202]. Egli non ha volontà che per sacrificarla all´obbedienza, e non volle far niente per propria soddisfazione: Chrisius non sibi complacuit. Non si dispensò da cosa alcuna della vita ordinaria, nè perchè gli piacesse, nè perchè gli ripugnasse. Tutto il suo gusto era di lasciarsi condurre e guidare dall´autorità dei suoi superiori. E dunque agli occhi di Dio una ben grande cosa il vivere di obbedienza e di vita comune, se Dio per trent´anni non volle far altro! Oh come noi dovremmo continuamente e in tutto tener sempre avanti ai nostri occhi questo Divino modello! Non dovrebbe esserci circostanza della vita in cui non si viva d´ubbidienza. Dobbiamo assolutamente vedere nel superiore la persona di Dio, nella volontà del superiore espressa la volontà di Dio. Meraviglioso segreto questo, da cui proviene in noi un´obbedienza senza tristezza e senza mormorazione, senza ragionare nè discutere, agli ordini ricevuti; un´obbedienza coraggiosa nelle cose difficili come nelle più facili; un´obbedienza infine che non vuole e non desidera niente che il far piacere a Dio, per cui ino si lascia impastare e sta come l´argilla nelle mani del vasaio. L´esempio di Gesù leve inspirarti ed eccitarti. Vivere d´ubbidienza è la più gran fortuna di un´anima he ha lo spirito di Gesù . Tu pertanto procura di obbedire a Dio in tutto coll´abbandono intero di te medesimo nelle disposizioni della sua Provvidenza, coll´assecondare sempre le sue ispirazioni, coll´accettare con perfetta rassegnazione quanto possono darti occasione di soffrire le creature, il caldo, il freddo, i dispiaceri e gl´infortuni della vita.

4) Vita nascosta.

La vita di Gesù a Nazareth fu una vita di ritiramento e di separazione dal mondo, una vita nascosta ed oscura. Contento d´essere con Dio suo Padre, di contemplarlo ed essere riguardato, d´amarlo ed esserne amato, non ha bisogno di nulla di più per essere felice. Non cerca il mondo, nè le sue feste, o le sue gioie e le sue glorie, nè i suoi diversivi, e se ne sta in perfetto ritiro. Nel ritiro s´impara a conoscere sè medesimi, e Perciò ad essere umili, a conoscere meglio Dio e Perciò ad amarlo di più , a conoscere il mondo e Perciò a staccarsene. Visto troppo da vicino il mondo stordisce ed inganna; ma visto a distanza si vien meglio a conoscere com´esso è ingannatore e insensato, come i suoi giudizi sono poco da temersi, e le sue lodi poco da apprezzarsi. È nel ritiro finalmente che si gusta Dio, e l´anima più libera, più raccolta entra con lui in quelle comunicazioni intime che santificano e consolano. Scandaglia le tue disposizioni a questo proposito, e metti il tuo piacere nella vita di comunità e nel ritiro. La vita di Gesù a Nazareth fu tutta vita nascosta ed oscura. Egli passò trent´anni nella oscurità più profonda. Avrebbe potuto spargere pel mondo uno splendore immenso per il suo senno, per la sua sapienza, per il suo potere; ma non volle. Preferì essere appena conosciuto nel villaggio di Nazareth, e per di più come un umile falegname, figlio d´un falegname sconosciuto come lui. Vi erano a quei tempi principi, re, e conquistatori famosi, che venivano esaltati da tutti e in ogni luogo; ma Gesù non una parola volle che si dicesse di lui. Stava nella sua bottega così ignorato come se neppure esistesse. Ciò perchè egli vedeva quanto l´uomo necessitasse di questa forte lezione, per essere distolto dal desiderio di comparire e di mostrarsi. Egli vedeva che tre anni sarebbero stati sufficienti a predicare tutta la sua religione, e che trent´anni non sarebbero stati troppi per insegnare il nascondimento, l´ubbidienza e l´umiltà. A simili esempi confondiamoci ed impariamo. Gesù adolescente ti serva, o caro novizio, d´incoraggiamento e di spinta al bene, ti guidi nelle vie della perfezione, cresca in te e con te fino alla santa maturità degli eletti. Guardalo ed amalo nel Tabernacolo, donde ti segue, ti nutre e ti forma.

PARTE SECONDA DELLA PERFEZIONE E DEI SANTI VOTI

 
 Capo I DELLA PERFEZIONE CRISTIANA IN GENERALE

Tu senti continuamente dire, o mio buon giovane, che nello stato religioso bisogna tendere alla perfezione, e che non è un vero religioso chi non tende seriamente alla medesima. Conviene pertanto che su questo io mi fermi alquanto più che non su altri soggetti, e ti spieghi prima in che precisamente consista la perfezione cristiana; quindi in che consista la perfezione a cui deve tendere il religioso, ed a cui per conseguenza devi tendere anche tu; poi ti faccia vedere con regole pratiche e precise il modo da tenere per arrivarvi, e finalmente ti esponga i motivi più efficaci che ti devono stimolare a slanciarti nell´impegno di conseguirla con tutte le tue forze. E bisogna che tu mi segua in questo con tutta l´attenzione e col desiderio ben fermo di praticare quanto verrà dicendoti, poichè si tratta della cosa più fondamentale della vita religiosa, che tu stai per intraprendere.

In che consista la perfezione.

E prima di ogni altra cosa è da vedere in che essenzialmente consista la perfezione cristiana. Ecco quanto ne dice il nostro San Francesco di Sales: «Io non sento parlare che di perfezione, ma da pochi la veggo praticata. Ognuno se la figura a modo suo. Altri la pongono nella frequenza dei sacramenti; chi la pone nella orazione, chi nella contemplazione passiva, e chi in quelle grazie gratis datae dette gratuite; ma con un continuo inganno, prendendo gli effetti per la causa, e i mezzi pel fine. Io per me non conosco altra perfezione, che quella di amar Dio con tutto il cuore, ed il prossimo come me stesso. Chi si figura altra specie di perfezione s’inganna; poiché tutto il cumulo delle virtù senza questo amore non è più che un ammasso di pietre. E se non godiamo subito e perfettamente questo tesoro del santo amore, il difetto viene da noi: giacché siamo troppo scarsi e lenti con Dio, e non finiamo di darci interamente a lui come fecero i santi. Invero la carità, cioè l’amore di Dio e del prossimo, dice San Paolo, è l’unico fine della legge.[203] Di modo che ogni precetto è appoggiato su quell’« amerai il Signore Dio tuo », che sta scritto a capo della legge, c che Gesù disse essere il compendio e l’essenza di tutti gli altri precetti. Così in questa medesima carità ed amore, tutta si fonda in sostanza quella perfezione di cui appunto parliamo: la carità è il vincolo della perfezione. È in questo senso che Sant’Agostino diceva: ama e fa’ quel che vuoi: ama et fac quod ois. Ma in pratica, come si acquista e come si manifesta questa carità, ossia questo amore verso Dio e verso il prossimo? Ecco di nuovo San Francesco di Sales ad istruirci: «Avvertite che la perfezione non si acquista con tenere le braccia in croce. Conviene affaticarsi davvero per domar se stesso, e ridursi a vivere non secondo le inclinazioni e le passioni, ma secondo la ragione e secondo l’obbedienza. La cosa è dura, non può negarsi; ma necessaria: coll’uso però divien facile e gustosa ». Ed altrove il nostro medesimo santo soggiunge: «Servo di Dio vuol dire: avere una inviolabile risoluzione di seguire in tutto la divina volontà; confidare in Dio con semplicità e umiltà, sopportare se stesso nei propri difetti, e tollerare pacificamente le altrui imperfezioni». Ed altrove ancora: «Tutta la scienza dei santi si restringe a due cose: fare e soffrire. E chi meglio ha fatto queste due cose, questi si è fatto più santo ». E San Giovanni della Croce: « Io vorrei persuadere le persone spirituali, che il cammino della perfezione non consiste in tanto fare, nè in molto pensare, bensì in negare se stesso in tutto, ed in darsi a patire ogni cosa per amore di Cristo. E se manca questo esercizio tutte le altre maniere di camminare nella via spirituale sono un andare di palo in frasca, e per via di bagattelle, senza alcun profitto, ancorché la persona avesse un’altissima contemplazione e comunicazione con Dio ». Circa la stessa cosa c’insegna San Vincenzo de’ Paoli: «La perfezione consiste in una sola cosa, fare la volontà di Dio. Poiché se, al dire di Nostro Signore, per esser prefetto basta negare se stesso e portar la croce, e seguire lui, chi nega meglio se stesso, e porla meglio la propria croce, e segue più Cristo, di colui che si studia di non fare mai la propria volontà ma sempre quella di Dio? Or vedete quanto poco ci vuole a farsi santo! Non altro che abituarsi a volere in ogni occasione ciò che vuole Iddio ». E San Francesco di Sales torna a ribattere: « Il peggiore dei mali in quelli che hanno buona volontà, è che vogliono essere quel che non possono essere, e non vogliono essere quel che necessariamente debbono essere.» Concepiscono desideri di far cose grandi, che forse loro non verranno mai a tiro; e frattanto trascurano le cose piccole, che il Signore mette nelle loro mani. Mille piccoli atti di virtù, come sarebbe sopportare le importunità e le imperfezioni del prossimo, soffrire una parolina o un piccolo torto, reprimere un piccolo sdegno, mortificare un’affezioncella, una curiosità di dire o di sentire, scusare una indiscrezione, accondiscendere ad altri in cose piccole, e simili: queste sono cose che fan per tutti; perchè non praticarle? Le occasioni di guadagnar grosse somme vengono di rado; ma dei piccoli guadagni se ne posson fare molti ogni giorno. Col maneggiare con giudizio questi piccoli guadagni, vi son di quelli clie si arricchiscono. Oh quanto ci faremmo santi e ricchi di meriti se sapessimo approfittare delle occasioni, che la nostra vocazione ci somministra! Sì, sì, applichiamoci a batter bene la strada che è più vicina a noi, ed a far bene la prima giornata, senza trattenerci nel pensiero dell’ultima, chè faremo buon cammino ». « Il nostro maggior male, continua il medesimo santo, è che vogliamo servir Dio a modo nostro e non a modo suo, e secondo la volontà nostra e non secondo la sua. Quando egli vuole che siamo ammalati noi vogliamo essere sani, e quando egli desidera che lo serviamo nei patimenti, noi desideriamo di servirlo con le opere: quando vuole che esercitiamo la carità, noi vogliamo esercitare l’umiltà: quando vuol da noi la rassegnazione, noi vogliamo la divozione, l’orazione o qualche altra virtù. E questo non perchè le cose che noi vogliamo siano più grate a lui, ma perchè sono più di gusto nostro. Questo è certamente l’impedimento maggiore che possiamo porre alla nostra perfezione, essendo indubitato che se vorremo essere santi secondo la nostra volontà, non lo saremo mai.

Per essere veramente santo, conviene esserlo secondo la volontà di Dio » . San Bernardo ci dice e c´inculca le medesime verità: « Signore, che volete che io faccia? Ecco il vero contrassegno d´un´anima totalmente perfetta, quando uno è giunto a lasciar talmente la sua volontà, che più non cerchi, non pretenda, ne desideri di fare quel che vorrebbe, ma solamente ciò che vuole Iddio » . Da tutti questi ammaestramenti dei santi, ben possiamo conchiudere che la perfezione consiste nella carità, e che il modo vero di praticare la carità, cioè di avere la perfezione, consiste nella somiglianza, ossia conformità della propria volontà con la volontà di Dio.

Fare il bene e fuggire il male.

Ora per rendere la propria volontà simile e conforme alla volontà di Dio. e quindi per conseguire la perfezione, si richiede che la persona voglia coll´affetto e adempia coll´opera tutto quello che vuole Iddio da lei. Perde ben può dirsi che in pratica la perfezione cristiana consiste nel volere e nel fare tutu quello che vuole Dio da ciascuno di noi. Or quali cose vuole Dio dall´uomo? Due cose principalmente , espresse in quel detto dello Spirito Santo: Fuggi il male e fa´ il bene [204]. Vuole cioè il Signore che ci facciamo violenza, e comanda assolutamente sotto pena della sua disgrazia e dell´eterna dannazione, che, non ostante le nostre cattive inclinazioni, osserviamo interamente la sua santa legge. Comanda quindi la fuga di ogni peccato mortale. Vuole anche e comanda assolutamente, ma non sotto pena della sua disgrazia e dell´eterna dannazione, bensì solo sotto pene temporali, la diligenza ed esattezza nell´osservare la sua legge, e quindi la fuga di ogni peccato veniale. Questo è quello che vuole Iddio da noi dicendoci di fuggire il male. Tuttavia ciò non basta, ci vuole la seconda cosa, che è di far direttamente opere buone: et fac bonum. Questo consiste nel praticare, secondo il nostro stato, le opere li misericordia. Poichè protesta il Signore li ricevere in paradiso solo quelli cui potrà ire: Avevo fame e mi avete satollato, avevo sete e mi avete dato da bere, ero nudo e mi -copriste, etc. La medesima cosa ci aveva già ‚fatto dire da Isaia: « Dividi con gli affamati tuo pane» [205]. « La vera religione presso ‚Dio e presso gli uomini è : visitare i pupilli e le vedove nelle loro tribolazioni» [206]. Coloro che si limitano alla sola e semplice osservanza della legge divina, e quindi si astengono soltanto dai peccati mortali, non hanno che il fondamento ed il principio della perfezione. Ma chi procura, per quanto gli è possibile, di osservare anche con diligenza ed esattezza questa legge divina, e quindi, d´ordinario, non manca in cosa alcuna, ossia non commette mai o quasi mai difetti o peccati veniali e deliberati, e fa le opere buone volute dal Signore, questi certo conforma la sua volontà alla volontà di Dio abitualmente, in modo pieno e perfetto, riguardo tutto quello che Dio comanda; quindi ha la sostanza della perfezione cristiana.

Tutti son chiamati alla perfezione.

Tutti i cristiani, cioè i discepoli di Gesù Cristo, in qualunque stato e condizione si trovino, devono procurarsi questa perfezione. Tutti sono chiamati a questa perfezione, ossia, alla santità; poichè tutti sono obbligati a praticare il Vangelo, che è legge di perfezione e di santità. Ed a tutti fu detto dal Divin Maestro: Siate perfetti come il padre vostro celeste è perfetto [207]. Ed a tutti è indirizzato il precetto dell´apostolo: Questa è la volontà di Dio, che vi facciate santi [208].

La perfezione è carità perfetta.

La perfezione del Vangelo consiste nella piena, costante, volenterosa esecuzione dei comandamenti di Dio, compendiati nei due precetti della carità di Dio e del prossimo. Consiste cioè in un desiderio grande, in uno sforzo costante di amare Iddio, e di fare tutte le azioni in modo che dimostrino costantemente questo vero amore verso di lui. E questo con intensità, cioè con tutti i nostri affetti, con tutte le nostre forze, in tutte le opere della nostra vita, per quanto è possibile alla nostra debole natura. Poichè il Signore ci impose di amarlo con tutto il cuore, con tutta l´anima, con tutta la mente, e di amare il prossimo come noi stessi [209].

La perfezione è totale consacrazione a Dio.

Siccome questa carità perfetta porta tutto l´uomo al suo creatore, si può dire che la perfezione è una totale consacrazione, o sacrifizio, od olocausto, che l´uomo fa di se stesso a Dio, ad imitazione di quanto fece l´Unigenito suo Figliuolo, il nostro Redentore Gesù Cristo. Per la quale consacrazione l´uomo propone di non aver altro scopo in tutte le sue azioni, tranne che il culto e l´amor di Dio, e di non fare altra professione, nè cercar altro bene o gusto sulla terra, che non sia in ordine di piacere a Dio e di servirlo, in modo da poter prendere come per suo stemma e pratica costante il voler fare sempre tutto ciò che piace a Dio; mai nulla di ciò che piace a noi. Mettiti con coraggio e costanza anche in questo assoluto proposito.

 
 Capo II DELLA PERFEZIONE RELIGIOSA E DELL´OBBLIGO DEI RELIGIOSI DI TENDERVI

Legge e consigli di Dio all´uomo.

Iddio benedetto, creatore e padrone di tutte le cose, diede a ciascuna le sue leggi, affinchè tutto procedesse nell´universo con ordine ed armonia. L´uomo fu il capolavoro della creazione, dotato di un´anima immortale e ragionevole, libero e destinato al paradiso. Anche a lui Dio tracciò la via da seguire dandogli una legge, cioè imponendogli dei comandi, praticando i quali avrebbe conseguito la vita eterna. Oltre a ciò Iddio diede pure dei consigli, cioè dimostrò dei desideri. La loro pratica non è assolutamente obbligatoria; ma chi li eseguisce piace di più al Signore, ed è grandemente aiutato da quelli a procedere nella perfezione. Questi desideri e consigli lasciati dal Signore nel Vangelo possono tutti ridursi a tre: la povertà volontaria, la castità perfetta, e l´ubbidienza in ogni cosa che non sia peccato. Chi pertanto oltre le cose comandate osserva ancora i tre consigli suddetti, conforma la sua volontà alla volontà di Dio nel modo più pieno e perfetto che si possa dare. Perciò avrà i maggiori gradi della perfezione: poichè l´esecuzione di questi consigli evangelici è atta a farci progredire indefinitamente nell´amor di Dio, rimuovendo dalla mente dal cuore e dalla vita del cristiano ogni impedimento all´amore perfetto del suo Dio e del prossimo.

Perfezione religiosa.

Chi pratica la legge ed anche i consigli del Signore stando nel mondo, libero di sè, può bensì avere la perfezione cristiana e portarla anche ad alto grado; ma, non avendo vincoli speciali, è in pericolo di cedere alla instabilità della volontà umana. Molti pertanto, allo scopo di assicurare meglio la loro stabilità nel tendere alla perfezione, si cercano come dei puntelli, dei legami che non li lascino indietreggiare, anche nei momenti in cui l´instabilità della volontà umana volesse tornare indietro. Questi legami sono i santi voti; e quelli che li emettono si assicurano meglio la loro eterna salute. Questo è un punto di primaria importanza, poichè uno nel tempo del fervore promette povertà volontaria, castità perfetta ed ubbidienza in ogni cosa; ma sopraggiunta una difficoltà, senza badare ad altro, fa come vuole. E sebbene rinsavito si trovi poi malcontento, si troverà avvinghiato nel nuovo stato che intraprese. Mentre invece se si lega al Signore coi santi voti, nel momento del pericolo resta sorretto dai superiori e impedito dal passo falso dal legame sceltosi. E dopo passato il pericolo sarà contento di non aver potuto cedere, e persevererà nello stato nel quale si è messo. Di qui viene l´utilità dei santi voti e il gusto che con essi si dà al Signore. Nella professione di questi tre consigli evangelici consiste quella che si dice perfezione religiosa.

È anche essa carità perfetta.

Anche tutta la perfezione dello stato religioso in sostanza si fonda nella carità. Ed infatti, come ci insegna l´angelico dottore San Tommaso, l´unico scopo della perfezione religiosa è la perfezione della carità [210]. Che se la carità consiste nell´amor di Dio e del prossimo, ne segue che la perfezione della carità viene a restringersi sostanzialmente nella perfezione di quest´amore, da procurarsi con ogni sforzo, da coltivare seriamente senza interruzioni, rimuovendo da noi con grande impegno lutto ciò che vi si oppone, ed esercitandoci indefessamente in tutto quello che può condurre al suo conseguimento. I tre consigli evangelici altro non fanno, che aiutarci ad arrivare più facilmente e più sicuramente alla vera perfezione cristiana. E coi santi voti non si fa altro che assicurare la costanza e la fedeltà alla divina grazia. Con detti mezzi si è posti fuori dei pericoli e si è più aiutati a conseguire la perfezione dell´amor di Dio.

È d´obbligo stretto a tutti i religiosi.

Il santo edifizio della perfezione per noi religiosi non è un´opera nè arbitraria, nè di mera supererogazione. Forma anzi uno dei principali nostri doveri. Poichè il fine proprio del religioso vien riposto nella perfezione, è giustamente da concludere che siamo strettamente obbligati a fare dal canto nostro quanto più possiamo per conseguire questo fine, impiegandovi i mezzi necessari ed utili allo scopo. Nota solo, a scanso di scrupoli o di timori indebiti, che l´obbligo dei religiosi non è di essere perfetti, ma bensì di aspirare a diventar tali, e porre in opera tutto ciò che può condurli alla perfezione corrispondente al loro stato. In forza adunque di tale dovere, non starebbe sicuro in coscienza non solo quel religioso il quale avesse una volontà diametralmente opposta alla perfezione, o che fosse affatto spoglio d´ogni buon desiderio d´acquistarla; ma quegli ancora che lasciasse inoperose le sue brame, non facendo nulla o assai poco di buono. Opere dunque ci vogliono e fratti di santità! Guai a chi tiene inoperoso il talento che il Signore gli diede! E Perciò San Girolamo grida: Guai al religioso che non produce frutti di santità [211].

Il religioso chiamato da Dio alla religione col preciso scopo di camminare per le vie della perfezione, vi è stato chiamato a salvarsi a questa condizione. E se egli non manda ad effetto questa condizione, conchiude San Bernardo, neppur si salverà. « Mi son note le tue opere, scrisse San Giovanni al vescovo di Sardi, intiepidito nella carità: tu credi d´esser vivo: ma quel Dio che ti vede, mi ordina di farti sapere che sei morto dinanzi a lui » . E perchè ? Perchè non trova piene le sue opere al divin cospetto. Vale a dire, come spiega Cornelio a Lapide, perchè le scorge prive di perfezione, mentre come vescovo era obbligato alla perfezione. Così deve dirsi del religioso che con facilità commette ad occli i aperti colpe veniali, e che mai si esercita nella virtù ; di quegli che asseconda le voglie tlellanior proprio, che sfoga le passioncelle, clnnon sa accomodarsi ad una minima mortificazione.

Che dire poi di colui che, coll’abitudine della sua dissipazione, porge ai suoi confratelli motivo di mal esempio; quegli che sebbene si astenga da colpe gravi, tuttavia trascura le veniali? Egli no, non sarà vivo avanti a Dio, ma morto e miseramente morto alla sua grazia, perchè reo di una omissione gravemente peccaminosa. Tu paventi, figliuol mio, e tremi alla considerazione di siffatte cose! Ebbene: temi pure, trema; ma il tuo spavento sia santo e il timore salutare.

Il Signore ci dice che son molti i chiamati e pochi gli eletti [212]. Tieni sempre la tua volontà avida di perfezionarsi, così verrai ancora ad essere partecipe di quella beatitudine che Gesù Cristo promette a coloro che avranno della perfezione fame e sete [213]. Nello stesso tempo ricordati e prendi lena: il Signore è con te. Come disse a Giosuè , così dice ora a te: Io sarà teco, non ti lascerà , non ti abbandonerà . Non hai a confidare nelle tue forze, le quali son certamente fiacche; devi riporre la confidenza in Dio. La sua possanza sa operare grandi cose anche con deboli strumenti. Che vuoi di più ? S´egli dunque con l´averti chiamato allo stato religioso ti chiamà alla conquista della perfezione, ti darà mano forte perchè possa riuscire.

 Bisogna quindi amare il Signore.

Ma per arrivare alla perfezione bisogna amare molto, e molto desiderare la carità, che è l´amor di Dio. Non merita essa tutti i più accesi desideri, tutte le fatiche, tutti i sacrifizi? Qual altra cosa più dilettevole e consolante di questo santo amore? Bisogna gustarlo, e poi si vedrà quanto sia soave l´amor di Dio [214]. Felice quel religioso che aspira continuamente ad esso. Entrando egli nell´amoroso cuore di Dio, ne gusterà le amabili dolcezze. E pieno di santo gaudio esclamerà: Quanto, oh quanto è dolce, o Signore, il tuo spirito! [215] È proprio vero che lo spirito del Signore è più dolce del miele! [216]. Queste sono le vere consolazioni, queste le delizie, che non conosce se non chi ama veramente Iddio, e chi cerca almeno di perfezionarsi nel suo santo amore.

La perfezione esige tempo e fatica.

Questo della perfezione, non è un affare da condursi a buon fine con tutta facilità, nel corso di una settimana o di un mese: è cosa che richiede tempo e tempo, studio e fatica. Richiede sforzi ed industrie per emendare ora un difetto, ora un altro, e segnatamente energia e costanza per sradicare i difetti abituali e più gravi. Anzi bisogna impiegarvi, come dice San Girolamo, una somma fatica ed un continuo sforzo; ed è a proporzione dello sforzo che andrà aumentando l´opera della perfezione [217]. Che se, anche con tutte le applicazioni ed insistenze dello spirito, non si giungesse a perfezionare noi medesimi, perchè troppo lenta è l´emendazione dei propri mancamenti, non è ciò un motivo di sgomento. Che anzi bisogna raddoppiare gli sforzi, sempre per altro implorando con umiltà di cuore gli aiuti del Signore, senza di cui non è sperabile l´emenda delle colpe veniali, secondo l´insegnamento del sacro Concilio di Trento (Sess. 6, can. 23). Allorchè si avvicinava il tempo della guerra, comandò Iddio ai capitani del suo popolo, che, radunati in ordinanza militare i rispettivi battaglioni, ognun di essi parlasse alle sue squadre: « Chi fra voi è timido di cuore e facile a sbigottirsi, non è uomo atto pel combattimento; se ne vada dunque, e torni a casa sua [218]» . Questa formola ordinata all´incoraggiamento dei guerrieri, era per altro preceduta da un´altra che aveva pronunciata innanzi, d´ordine di Dio, il sacerdote in faccia all´esercito, concepita così: « Ascoltatemi, figliuoli d´Israele; essendo voi prossimi ad impugnar le armi contro dei nemici, non vi sgomentate; bandite pur dal vostro petto ogni timore, sicuri come siete di avere in mezzo di voi il vostro Dio, il quale combattendo contro gli avversari a favor vostro, vi sottrarrà colla sua potenza ad ogni pericolo [219]» .

Quindi abbi coraggio e costanza.

Se pertanto con tutto lo studio e la fatica che tu impiegherai, figliuol mio, per emendarti dalle tue giornaliere debolezze, la tua fragilità ti facesse essere nondimeno incostante, non ritirarti dall´impresa cominciata, non abbandonar vilmente il campo della battaglia spirituale, nè deporre le armi impugnate per debellare i mali abiti. Non arrenderti, io dico, a queste voci risvegliate nel tuo interno da pusillanimità, non temere la resistenza dei tuoi spirituali avversari. Iddio, che ti è presente, e che sta mirando le tue buone intenzioni, la fatica che fai per abbattere i nemici della sua gloria, benedirà i tuoi desideri, aiutandoti coi soccorsi della sua grazia ad acquistar di giorno in giorno nuove forze, affili di riuscirne pienamente vittorioso. Dio dai nostri medesimi mancamenti ritrae sovente un gran bene, porgendoci motivo di riconoscere per mezzo di essi la nostra propria debolezza, e quindi di umiliarci e non confidare nelle nostre forze ma solo in lui.

Bisogna mortificare le passioni ed esercitarsi nelle virtù .

Al dir di Sant´Agostino, l´aumento della carità dipende dal saper tenere regolate le passioni. Quando queste saranno soggette, la carità nostra sarà perfetta. Ciò si ottiene positivamente esercitando le virtù opposte, e non poche volte o per poco tempo, ma sempre ed in ogni occasione. Parlo qui delle virtù morali, le quali, pur infondendosi da Dio come le teologali, debbono svolgersi coll´esercizio assiduo e costante. Praticando questo, vengono ad un tratto spesso ad eseguirsi ambedue gli insegnamenti prescritti dal profeta, sopra i quali si appoggia tutta l´opera della perfezione, che, come sopra ti dissi, consiste nell´astenersi dal male e nel fare il bene: diverte a malo et fac bonum. Questa sia pertanto, figliuol mio, una delle principali tue premure in sì grande opera della perfezione.

 Motivi di tendere alla perfezione.

E per quali motivi abbiamo da indurci ad attendere con tanto impegno all´acquisto della perfezione? Eccone i principali: 1) Il comando che ce ne fa nostro Signore con quelle parole: Siate adunque voi perfetti com´è perfetto il Padre vostro che è nei cieli [220]. E con quelle altre: Questa è la volontà di Dio che vi facciate santi [221]. 2) La gloria ed il gusto che si dà a Dio attendendo alla propria santificazione. Sant´Alfonso dice esser più gradita agli occhi di Dio un´anima sola perfetta, che mille imperfette. Anche Santa Teresa dice « che da una persona che sia perfetta si glorifica assai più il Signore che da molte di ordinaria bontà. Di modo che se tu desideri di far cosa molto gradita al Signore e dargli il maggior gusto che ti sia possibile, attendi continuamente a perfezionarti sempre di più ; a pulire e ripulire sempre meglio l´anima tua. 3) La certezza e sicurezza morale di conseguire l´eterna salute, perchè attendendo alla perfezione, e Perciò all´amor puro di Dio. per mezzo della preghiera, della frequenza ai santi sacramenti, delle opere buone, si otterranno da Dio grazie ed aiuti specialissimi, e Perciò resterà assicurata l´eterna salute. 4) La certezza di stare brevissimo tempo in purgatorio, se pure non si andrà subito dopo morte in paradiso; perchè attendendo alla perfezione ed alle pratiche di pietà, e così acquistando moltissimi meriti, espierai nella vita presente le pene a te dovute per i tuoi peccati. 5) L´immensa gloria che si avrà in paradiso. Questa per te sarà grandissima, straordinaria; cioè tanto maggiore, quanto maggiori saranno i meriti accumulati. 6) La pace, la contentezza, le consolazioni e delizie ineffabili che godrai, delizie affatto sconosciute ai mondani, e le quali Iddio, non di rado ancor nella vita presente, porge a gustare alle anime sue spose, e sono come un saggio, una goccia di quel gaudio infinito, che per loro tiene preparato nel santo paradiso. 7) Finalmente ti alletti ed induca alla perfezione cristiana la facilità di attendervi, ed anche di conseguirla. Poichè, ti ripeto, non si richieggono opere straordinarie, non aspre penitenze, non fatiche intollerabili, ma solo si richiede amore. Sì, amor grande, amor generoso, amor forte, amor costante verso il Signore! E quindi per amor suo osservanza esatta della sua legge, adempimento diligente dei doveri del proprio stato, pratica amorosa e costante delle virtù a lui più care.

Tutto ciò è facile, dolce e soave.

È facile, perchè Gesù colla sua grazia c´infonde la forza di vincere tutte le difficoltà: è dolce perchè egli riempie di piacere, di contento, di gaudio, le anime che lo seguono: è soave, com´egli stesso dichiara dicendo: « Il mio giogo è soave, il mio peso è leggero [222]» . O mio Dio! mio Dio! per un bene terreno si fatica, si stenta tanto, e per voi si fa poco o nulla! E tu ravviva, figliuol mio, continuamente su di ciò i desideri del tuo cuore. Esponili sovente a Dio, il quale, guardandoli con occhio di benignità e di misericordia, li renderà compiuti [223]. Non stancarti mai, nè mai tenerti per contento del progresso fatto: bisogna farne sempre di più . Nessuno è già tanto perfetto che non possa essere più perfetto [224], come dice San Bernardo. O meglio, come ci dice San Giovanni: Chi è giusto si faccia ancor più giusto, chi è santo si faccia ancor più santo [225].

 
Capo III MEZZI PER ARRIVARE ALLA PERFEZIONE

 1) Desiderare la perfezione.

Per l´acquisto della perfezione son necessari vari mezzi. Ma il primo è anche la chiave, di tutti gli altri: consiste nell´avere di essa un vero desiderio ed una vera volontà. E la ragione di questo è che nessuno potrà mai fare l´acquisto di una cosa, se prima non la desidera. Onde tu non potrai acquistare anche solo il minimo grado di perfezione, qualora non ne abbia un vero desiderio. Ci vuole violenza grande e continua per arrivare a rinnegare noi stessi e per far sempre ciò che piace di più al Signore. Per renderci capaci di questa violenza, si richiedono preghiere e spirito di sacrificio. Bisogna poi prendere costantemente i mezzi opportuni. E cjme si sarà disposti a farsi tanta violenza, ed u prendere tutti questi mezzi, se non si desidera ardentemente il fine?

a) Desiderarla ardentemente.

Questo desiderio non deve essere un desiderio qualunque, bensì un desiderio ardente.

Scrive Sant´Alfonso: « Della perfezione non basta avere un tal quale desiderio: i desideri deboli son più dannosi che utili, perchè fanno che uno si adagi e s´addormenti nelle sue imperfezioni » . Deve pertanto il desiderio della perfezione essere grande, generoso ed efficace. Dev´essere grande, cioè ardente, intenso, assai forte. In quel modo che quanto è maggiore il desiderio che ha un viaggiatore di giungere alla patria, tanto più studia il passo ed affretta il cammino; così quanto è maggiore il desiderio che un´anima ha di farsi santa, tanto più si sforza di mettere in pratica i mezzi necessari per santificarsi, e procura di crescere nella virtù della mortificazione. Onde poi per questi suoi sforzi e premure sicuramente giunge alla santità e perfezione. Deve anche essere grande questo desiderio di perfezione perchè incontra alle volte molti ostacoli e forti difficoltà, posti innanzi dal demonio e dalle passioni. Ora se la persona ne ha desideri piccoli e freddi, all´aspetto di tali difficoltà si spaventa, si avvilisce, ed abbandona il cammino della perfezione.

Al contrario se ne ha grandi ed ardenti desideri, prende gran coraggio e confidenza in Dio, e con grande risoluzione e fortezza affronta e vince le difficoltà, trionfa degl´impedimenti, compie i sacrifizi necessari, e così si fa santa. La nostra natura, guasta com´è , è sempre contraria al bene, alle virtù e soprattutto alla mortificazione. Perciò quando la persona vuol fare un atto di virtù o di mortificazione, la natura sempre ripugna, la trattiene e ne la impedisce. Se tu quindi hai desideri piccoli e freddi di giungere alla perfezione, sta sicuro che dalla tua natura sarai vinto, e giammai ti riuscirà di far nulla di bene. Al contrario se grandi ed ardenti sono i tuoi desideri, certo riuscirai; giacche il desiderio spiana la via all´opera, e il desiderio della virtù facilita l´acquisto della medesima

b) Desiderarla generosamente.

Il desiderio della perfezione in secondo luogo deve essere generoso, e ciò vuol dire che deve mirare a cose grandi e sublimi. Il religioso non deve contentarsi di una bontà mediocre e comune come sempre cogliono fare le anime tiepide, ma bensì deve aspirare con gran coraggio e generosità ad una perfezione sublime e non ordinaria, cioè a farsi veramente santo e gran santo. Scrive Santa Teresa:  Molto giova il farsi animo a cose grandi; poichè quantunque l´anima non abbia subito le forze, dà non di meno un generoso volo e arriva molto avanti » (Vita, XIII, 70). E parlando delle anime timide, avvilite e sfiduciate, dice di non averne veduta alcuna, che in molti anni cammini tanto, quanto quelle altre animose, in pochi giorni. Di qui conchiudi, che per fare un poco ci bisogna desiderare di far mollo; e per far molto bisogna desiderare dì far moltissimo. Iddio è amico delle anime generose, quando vadano con umiltà ed affatto diffidate di loro stesse. Conviene pertanto sapere eccitare nel nostro cuore quei desideri ardenti, generosi, immensi, che avevano i santi. Bramavano essi di amar tanto Iddio, quanto egli ne è degno; od almeno tanto, quanto lo amano la Madre sua ed i beati comprensori lassù in cielo. Quindi bramavano con grande ardore di adempir sempre e in ogni cosa la divina volontà: di dare a Dio la maggior gloria ed il maggior gusto possibile. Bramavano inoltre che Egli fosse conosciuto, amato, servito dalle creature tutte. Quindi ardevano dal desiderio della conversione e salvezza delle anime peccatrici. E per l´amore di Cristo bramando il patire, cercavano la povertà, le umiliazioni, i disprezzi: godevano delle infermità, dei dolori, delle tribolazioni, e delle croci. Sopra tutto ardevano dal desiderio di porgere a Dio la maggior prova d´amore col soffrire i tormenti e la morte, cioè il martirio per la fede. Nè contenti di desideri vaghi, lavoravano a più non posso per propagare il bene ed evitare il male. In generale poi, col desiderio di andar presto a godere Iddio in paradiso, non temevano la morte, anzi la bramavano e la domandavano con sospiri e lacrime, e la vedevano approssimarsi ´ con allegrezza. Sopportavano quindi con rassegnazione ed anche con allegria le grandi malattie, ed i più crudeli tormenti, che per lo più accompagnavano la morte stessa, e non cercavano comodità e sollievo, persuasi che con le malattie e i patimenti sempre più si purificavano, e che con la morte terminava l´esilio e si arrivava alla beata patria, dove si sarebbe amato e goduto Iddio per tutta l´eternità. Ecco le brame ed i sospiri dei santi; brame e sospiri infuocati e generosi che devi procurare di avere anche tu, e che ti aiuteranno a progredire grandemente nei bene, se procurerai che essi non stiano solo nel cuore, ma che si effettuino m tutto quello che ti concedono le forze e te circostanze. Tuttavia non devi temere che, sentendo il tuo cuore freddo e senza nessun trasporto e fervore, tu non possa avere questi ardenti desideri. Tali desideri non stanno nei teneri o forti sentimenti del cuore, bensì e unicamente negli atti liberi della volontà. Perciò anche senza sentire nessun trasporto o fervore, tu puoi benissimo colla tua volontà concepire e formare brame così ardenti e generose. Procura solo di non lasciarti ingannare dal demonio, il quale molte volte non cerca per nulla d´impedire questi santi desideri. Anzi quasi li fomenta, affinchè contenti di essi ed invaniti dal loro splendore, trascuriamo poi le virtù ordinarie, e lasciamo da parte i nostri doveri. Bisogna far prima di tutto ciò che si può per far bene le opere ordinarie: fare continuamente tanti piccoli atti di virtù ; e poi aver desiderio di fare sempre di più , ed anche cose straordinarie, se il Signore le vorrà da noi. Sono ben stolti coloro, scrive San Francesco di Sales, che si divertono a desiderare di essere martirizzati, ed intanto non pensano a ciò che è di loro dovere secondo il loro stato, e non sanno soffrire con pazienza le piccole cose che occorrono nella giornata.

e) Desiderarla efficacemente.

Finalmente il desiderio della perfezione deve essere efficace; e vuol dire che non deve fermarsi ai soli sospiri, nè finir tutto in sole parole. È necessario bensì che diventi una volontà vera, risoluta, fermamente decisa d´i conseguire la perfezione. E questo richiede che si prendano risolutamente i mezzi per conseguire il fine propostosi. Alla volontà deve corrispondere subito l´opera e il fatto. Bisogna cominciare subito, non perdere mai tempo: Iddio ti chiama adesso, domani forse non ti chiamerà più . Perciò lo Spirito Santo ci avvisa: qualunque cosa può fare la tua mano, falla sull´istante [226]. Dunque fin d´ora usa tutta l´attenzione e vigilanza possibile, per evitare qualunque peccato veniale e difetto deliberato. Comincia subito a mortificare i tuoi sensi, le tue inclinazioni, la tua volontà. Fin d´ora scaccia da te ogni affetto disordinato, anzi ogni oggetto e cosa che t´impedisca di esser tutto di Dio. Lascia tutte le compagnie, amicizie, occasioni, che, impedendoti il raccoglimento e l´unione con Dio, ti rendono dissipato e tiepido. Comincia subito a praticare la frequenza ai sacramenti, l´assiduità all´orazione, a praticare l´umiltà, la pazienza, la mansuetudine, la carità, la modestia, la penitenza e le altre cristiane virtù . Se la natura ripugna, se le passioni si oppongono, coraggio e confidenza, che Dio ti aiuta, ti sostiene, ti guida! E se ti riesce difficile ed amaro il principio, facile e dolce ti tornerà il progresso e la fine.

2) Avere la purità d´intenzione.

Altro mezzo essenziale per l´acquisto della perfezione è la purità d´intenzione. Consiste in questo, che la persona, quando fa un´azione qualunque, non abbia nel farla alcun fine cattivo e neppure abbia un fine puramente naturale ed umano; ma sempre un fine soprannaturale e santo. Dall´intenzione più o meno buona dipende il piacere l´opera più o meno a Dio, il farci si o no dei meriti. Conviene dunque sommamente in ogni azione purificare l´intenzione, proponendoci sempre nelle opere un fine soprannaturale. Questo fine soprannaturale può essere in se stesso di tre maniere o di tre gradi: 1) derivante dal timore santo di Dio: ed è quando uno fa opere buone ed atti di virtù per espiare le pene meritate coi peccati commessi, o per evitare l´inferno: e questo fine è buono; 2) derivante da speranza; ed è quando uno fa opere buone pel desiderio di procacciarsi maggior ,rado di gloria nel santo paradiso: e questo fine è anche migliore; 3) derivante da amore: ed è quando uno fa le opere buone mosso dal desiderio di adempiere la volontà di Dio, e quindi di dargli il maggior gusto e piacere. Or questo fine è l´ottimo, e più meritorio de-li altri due, perchè deriva da puro amore verso Dio. Domanda qui Sant´Alfonso, se sia meglio o più sicuro operare per il fine di fare la volontà di Dio, oppure operare per il me di accrescergli la gloria, cioè di dargli a maggior gloria e piacere. Ed afferma il -anto. esser cosa migliore e più sicura opera per il fine di fare ed eseguire la volontà di Dio. Perchè , dice, così eviteremo ogni incanno dell´amor proprio. Molte volte noi, col pretesto che quella cosa sia di gloria a Dio, facciamo la volontà nostra: ma all´incontro quando noi crediamo d´eseguire la divina volontà e quello che più piace a Dio, non possiamo mai errare. Ed intendiamo bene, soggiunge, che nel fare la volontà di Dio è la maggior gloria che gli possiamo dare [227]. Dopo ciò tu comprendi che per rendere tutte le opere tue sante e gradite al Signore, meritorie dell´aumento di grazia interna e di gloria in cielo, devi compirle principalmente per adempire la sua santissima volontà, facendo sempre quel che maggiormente piace a Dio e non con l´intenzione di dargli maggior gloria ed il maggior gusto. Secondariamente puoi anche intendere di scontare le pene dei tuoi peccati, ed ottenere in cielo maggior gloria e beatitudine.

Necessità della retta intenzione.

Tornando alla retta intenzione essa è necessaria per l´acquisto della perfezione. E ciò per varie ragioni che qui verrà esponendo alla tua considerazione. Per piacere interamente al Signore, ossia per conformare pienamente la nostra volontà con la sua, e quindi per divenire perfetto, non basta far tutto .quello che Iddio ci comanda e ci consiglia. Neppur basta farlo in quel modo che egli vuole; ma altresì è necessario farlo per quei fini e con quelle intenzioni, che egli vuole. Ciò è indubitato e chiaro. Ora qual è il fine, che Iddio maggiormente gradisce in tutte le nostre operazioni? Certamente quello per cui ci ha creati. Iddio ci ha creati per un fine soprannaturale: ci ha dato il dono della fede e la grazia per conoscere cotesto fine, per desiderarlo, per conseguirlo. Egli quindi vuole assolutamente e comanda che noi procuriamo di raggiungerlo. Per questo mentre ci proibisce di operare contro tal fine, con qualunque peccato, almeno desidera, anzi (secondo l´opinione di molti santi dottori) vuole e comanda che noi operiamo sempre e del continuo per esso: cioè che al nostro fine soprannaturale noi dirigiamo tutti i nostri pensieri, affetti, discorsi, azioni, qualunque essi siano. Però non è necessario che sempre vi sia attuale volontà di avvertenza, il che sarebbe cosa impossibile, ma è sufficiente l´intenzione virtuale. Pertanto ben vedi come l´aver di mira questo fine soprannaturale in tutte le azioni tue, l´aver quindi la purità d´intenzione, sia mezzo essenziale per adempiere interamente e in ogni cosa la divina volontà e così conseguire la cristiana perfezione. Senza la purità d´intenzione, anche le opere in se stesse buone e sante, diventano in certi casi cattive, o di nessun merito, perchè fatte con un fine cattivo o indifferente; mentre invece con la purità d´intenzione, le opere anche minime ed indifferenti, e per se stesse nè buone nè cattive, e quasi inutili al bene dell´anima, diventano sempre di grande eccellenza e merito. Purifica pertanto le tue intenzioni, escludendo da esse ogni fine che ti venga suggerito dalle tue inclinazioni e dal tuo amor proprio. Scrive il Salesio: Il far bene le operazioni consiste nel farle con una intenzione molto pura, e con una gagliarda volontà di dar gusto unicamente a Dio. Questa è come I la forma e l´anima delle nostre azioni, quella che dà ad esse tutto il valore e che le rende ancora facili e gustose.

Regola dell´intenzione.

Se il fine dell´intenzione è la gloria di Dio, sua regola è la divina volontà. Essa si manifesta ordinariamente per mezzo delle costituzioni e dei comandi dei Superiori. L´ubbidienza è quindi il sigillo della santità in tutte le azioni. Ma bisogna che essa intenda la gloria di Dio e la salvezza delle anime. I´ suo sguardo interiore deve tenersi rivolto a Signore.

La divina volontà si manifesta ordinariamente anche mediante le esteriori circostanze e le interne ispirazioni; sempre però inteso che anche in questo sia salva, rispettata e preferita l´ubbidienza, come tramite più sicuro delle divine intenzioni. Quando dunque la volontà dei superiori, o le circostanze esterne, o gli impulsi interni ti portano a qualche opera buona, devi intraprenderla animosamente e volentieri, ed eseguirla con dedizione assoluta di tutto te stesso. Gesù ha spinto il suo sacrificio per la gloria del Padre e la salvezza delle anime fino agli eccessi del Calvario e del Tabernacolo; e tu lesinerai e t´arresterai? E sappi che il religioso gettato nelle faccende dall´ubbidienza, e sempre più spintovi dalle circostanze e dalla carità, diviene maggiore di se, capace di cose grandi e difficili, senza nulla perdere dell´unione con Dio, il cui beneplacito è la forza del suo volere e l´incanto del suo cuore. So di un confratello, ritiratosi presso di noi proprio per ripugnanza alla responsabilità di parroco, e posto poi dall´ubbidienza a reggere una parrocchia più grande e difficile della prima. Disimpegno volentieri il suo ufficio, perfettamente tranquillo di tutto. « Prima, egli diceva, non ero sorretto dall´ubbidienza in modo così particolare; ora conosco con precisione la volontà di Dio, e vado sempre avanti sapendo che egli vuole così. Vedo he si fa del gran bene; ma conosco che esso un dipende per nulla da me, bensì dal merito dell´ubbidienza » .

Sacrificare le preferenze.

Bisogna stare attenti d´abbracciare le varie opere di carità senza avere per l´una o per l´altra una volontaria predilezione, che assecondi il gusto o le viste proprie. Bisogna rinnegare se stessi, abbracciando solo quel che piace a Dio, e perchè piace a Dio. Il nostro confratello principe Don Augusto Czaitoryski si può dire si sia santificato colla pratica di questo principio. Egli, educato in un´atmosfera ben diversa dalla nostra ordinaria, non avrebbe saputo fare grandi cose a pro dei giovanetti, secondo il nostro metodo. Ma faceva quanto gli si diceva, e nel modo che gli si diceva, e tutto il suo studio era nel farlo nel modo più perfetto che gli fosse possibile. Lasciato alcune volte libero di fare o di non fare una cosa, di farla più in un modo che in un altro, mi soggiungeva: « Ella mi mette in un grande imbarazzo; io voglio farla nel modo più perfetto che mi sia possibile: se mi dicono il modo, so che facendola nel modo che mi dicono è la cosa più perfetta, se non mi dicono il modo, io per pensare a quale sia il modo più perfetto mi confondo e non so più far nulla » . E cercando di fare sempre tutto secondo obbedienza e nel modo più perfetto, in brevi anni si accumulò un numero di meriti, che credo farà meravigliare tutti noi nel dì del giudizio. Operando così anche nelle maggiori battaglie e nelle faccende più opposte, tu conserverai sempre la pace e la tranquillità interna. È solo l´amor proprio, o il proporsi qualche fine umano, che reca sempre qualche po´ di turbamento. Quando pertanto nelle tue occupazioni ti trovassi un po´ turbato, esaminati subito per conoscerne la cagione, e verrai in chiaro, che quella fu prodotta o dal far ciò che ti piace, o da una fine superbia, o da una sensibilità non dominata: insomma da un inganno del nemico. E allora tu procura subito di metterti a posto davanti a Dio.

I doni dello Spirito Santo.

La scienza dei santi di cui t´ho parlato, è premio degli sforzi nostri e della nostra mortificazione interiore; ma più ancora è grazia dello Spirito Santo. I suoi doni agiscono nell´anima, l´istruiscono, l´eccitano e la sostengono nell´attività. Invoca di cuore questi santi doni nel « Veni Creator Spiritus » , nel « Veni Sancte Spiritus » , bellissime preghiere che ti raccomando di ripetere, di capire e di meditare. Chiedi l´intelletto con cui penetrare nelle sublimi verità della fede, la sapienza con la quale giudicare rettamente nelle cose divine, la scienza con cui giudicare secondo Dio delle cose umane, il consiglio per dirigerti ed applicare le verità apprese nelle azioni particolari della tua vita. Ricorda che da Dio viene ogni dono ed ogni lume. La gravità, la consideratezza e la maturità che devono distinguere un religioso, e di cui tu tanto abbisogni, sono anche grazie dello Spirito Santo. Invocalo e pregalo.

Nelle azioni indifferenti...

Vi sono molte opere che per se stesse sono indifferenti, cioè nè buone nè cattive. Anche esse acquistano grande bontà e merito se sono fatte con buona intenzione; mentre invece diventano cattive e causa di demeriti, se fatte con cattiva intenzione. Queste opere, indifferenti per sè, non possono essere affatto indifferenti nella persona che le compie, perchè essa le compirà sempre con un qualche fine: e però , come insegna San Tommaso, saranno tali, cioè o buone o cattive, quale sarà il fine per cui vengono fatte. Di queste azioni per sè indifferenti, ve ne sono di due sorta: alcune sono gradevoli, altre invece laboriose e disgustose. Le gradevoli sono il mangiare, il bere, il vestirsi, il passeggiare, il conversare, il ricrearsi in onesti divertimenti e simili. Ora coteste azioni puramente naturali, dagli individui, cioè da noi, sono sempre fatte con un fine. Questo fine può essere indifferente, o cattivo o buono. Se si fanno indifferentemente non avranno alcun valore soprannaturale, se si fanno con un fine buono saran meritorie. Se pertanto tu compi siffatte azioni senza punto dirigerle mai a qualche scopo e fine soprannaturale, ma solo per soddisfare ai bisogni tuoi naturali, non avranno nè merito nè demerito. Se pure è possibile in pratica emetterle senza nessuna intenzione! Che se poi tu mangi per contentare la gola, vestendoti ti acconci le robe in dosso con qualche ricercatezza per vanità, se vai a passeggio con fine di contentare la tua pigrizia e svogliatezza che rifugge dal lavoro, se fai ricreazione col fine di soddisfar la passione o smania dei sollazzi, ben vedi come tutte coteste tue azioni, indifferenti per se stesse, diventano peccaminose per l´imperfezione o malvagità del fine con cui le fai. Al contrario se tu ti cibi pel fine di mantenerti nella vita e nelle forze, onde adempire la volontà santissima di Dio; se nel tuo modo di vestire presenti la semplicità, la modestia, la mortificazione cristiana; se ti prendi qualche divertimento o vai a passeggio pel fine di sollevar l´animo e renderlo quindi più disposto allo studio, al lavoro, all´orazione; oppure fai tutte queste cose direttamente per fare l´ubbidienza dei superiori che lo vogliono: oh! allora sì che tutte lo azioni tue, da indifferenti che sono in sè, diventano in te buone, sante, meritorie di grazia e di gloria, perchè informate da un fine soprannaturale e santo, cioè di dar gusto a Dio e di fare la sua santissima volontà! Procura sempre con grande intensità di proposito di avere in ogni tua azione, anche minima, il fine retto e l´intenzione purissima di far tutto per il maggior gusto di Dio, e per eseguire la volontà sua santissima. Questo è quello che tanto raccomandava San Paolo scrivendo : Sia che mangiate, sia che beviate o facciate altra cosa, fate tutto a gloria di Dio [228].Scrive San Francesco di Sales: « Anche le azioni più piccole sono grandi quando son ben fatte; cosicchè riesce più grata a Dio e di sua maggior gloria una piccola azione fatta con desiderio di far piacere a lui, che una grande opera fatta con meno fervore » .

Nella fatica.

Vi sono poi le azioni laboriose e penose alla nostra natura, come qualunque genere di lavoro, studio, occupazione che importi fatica. Da esse non si può esimere nessuno e meno ancora ti puoi esimere tu. Ebbene: se in tante laboriose cure e fatiche che ti sopravverranno, non ti dai nessun pensiero di piacere a Dio, e le fai per puro fine umano, tutte queste fatiche e pene ed angustie saranno gettate al vento, perdute per il santo paradiso. Che se le facessi per fine storto ne acquisteresti ancora gran demerito. Mentre al contrario se compi coteste opere e sopporti coteste fatiche e pene sempre solo pel fine di fare la volontà del Signore, a lui recar gloria e piacere, oh! allora sì che le opere tue saranno soprannaturali, sante, meritorie e fonte per te di grande santità interna e d´immensa gloria in cielo! Oh sappi servirti di questo mezzo, cioè di farle tutte per piacere a Dio! Allora diverrai presto perfetto ed ogni opera sarà per te fonte di merito; ogni istante sarà per te un tesoro e ti procurerai un posto in paradiso.

3) Lavorare insieme con Gesù .

Ma eccoci ad un altro mezzo per renderti perfetto e santificare colla purità d´intenzione ogni tuo lavoro, ogni tua fatica: lavorare insieme con Gesù ! Gesù , Dio infinito, onnipotente, beatissimo, lavorò fino a trent´anni nella bottega di Nazareth! Lavorò faticando, sudando, soffrendo umiliazioni, stenti, patimenti. Lavorò per espiare i peccati nostri, mosso da puro amore verso di noi, cioè dal l´immenso desiderio del divin Cuor suo, di renderci salvi. Lavorò sempre con perfetta ubbidienza e sottomissione a Maria ed a San Giuseppe; sempre pensando al suo eterno Padre. Ebbene! Anche tu dalla mattina alla sera lavora insieme con Gesù : ossia, nel tuo lavoro abbi spesso in mente Gesù . Pensa, rifletti all´umiliazione ed alla penitenza di un Dio infinitamente santo, per l´amore di creature ingrate, che l´amano così poco, che l´offendono tanto! E quando fossi affaticato, stanco, strapazzato, contraddetto, perseguitato, pensa e rifletti che Gesù , Dio infinitamente santo, era assai più affaticato, stanco e disprezzato di te. E va facendo allora molti atti di rassegnazione alla sua santa volontà, molti atti di offerta delle tue pene e fatiche, molti atti di amore.

In pratica.

Per non dar mai indietro in questo pensare al Signore nelle tue azioni, e perchè tutte siano ben offerte al Signore, proponiti quanto segue: al mattino, appena levato, o appena sceso in chiesa, prostrati alla presenza di Dio, protesta di voler fare ogni azione, anche minima, in tutto il tempo della vita, e specialmente nel corso della giornata, solo per il fine di eseguire la santissima volontà di Dio, di darle tutto il gusto e tutta la gloria che per te si può , anzi di eseguirla ed adempirla interamente ed in ogni cosa in unione a Gesù . Escludi così risolutamente ogni fine che il demonio e le tue inclinazioni possono suggerire alla tua volontà, e protesta di non voler far nulla per contentare il tuo amor proprio, nè alcun´altra tua inclinazione. Quindi offri bene al Signore tutti i tuoi pensieri, discorsi, opere, lavori, studi, opere della vita comune, faccende domestiche, il cibarti, il ricrearti: in una parola indirizza e consacra ogni cosa alla maggior gloria e gusto della sua santissima volontà. Prendi in secondo luogo l´abitudine di rinnovare questa protesta ed offerta ad ogni cominciare di una azione qualsiasi. Almeno, dice Sant´Alfonso, al cominciar delle principali azioni, offri l´orazione, la comunione, l´assistenza alla santa messa, lo studio, la scuola, il lavoro, il pasto, le ricreazioni, dicendo sempre almeno mentalmente: « Signore, non voglio cercare in questo il gusto mio, ma solo di fare la vostra volontà » . Anche nel decorso dell´azione santificala, rinnovando di quando in quando e brevemente la detta proposta ed offerta, specialmente ad ogni batter d´ora. E siccome sei fragile e ti dimentichi facilmente, metti anche fin d´ora, e rinnovala quando ti ricordi, e se puoi almeno ogni mattina, l´intenzione di far sempre con il Signore ogni azione. In questo modo, anche quando attualmente ti dimentichi, l´azione ha lo stesso valore, perchè l´intenzione perdura virtualmente. Rinnovare molte volte attualmente questa offerta, è certo il modo migliore; ma non è necessario affinchè siano sante e meritorie le nostre azioni. Se anche quando attendi alle tue opere vi entrasse qualche cosa di umano, come un po´ di compiacenza di te stesso, o il desiderio d´essere veduto o un poco di sensibilità o di irascibilità, non devi sgomentarti. Quando non lo fai apposta, ed accorgendoti cerchi di rettificare il fine, hai ugualmente merito presso Dio.

Meditare gli insegnamenti ed esempi di Gesù

L’ultimo mezzo pratico che qui ti suggerisco, per arrivare presto e sicuramente alla perfezione a te consentanea, si è l’attenta e profonda meditazione. Per conoscere praticamente ciò che nella condotta della vita è più conforme alla divina volontà, e più adatto all’esecuzione dei consigli evangelici soprannotati, devi sempre tenere avanti agli occhi , e sempre in te stesso meditare lo spirito del tuo divin Maestro, ed i celesti suoi insegnamenti, anche nelle più piccole particolarità della sua vita. Soltanto conformandosi alla vita di Gesù e praticando quanto insegnò, si arriva a questa perfezione. Niente perciò giova meglioal religioso che la meditazione della vita del suo divin Maestro e dei suoi ammestramenti. Poni pertanto uno studio tutto speciale per riuscire a far bene la meditazione, ed arriverai più presto e più sicuramente a quella perfezione religiosa, cui sei obbligato di tendere, ed alla quale tanto sospiri.

 
Capo IV I RELIGIOSI E LA CHIESA UNIVERSALE

Il nostro fine e la Chiesa.

La seconda risposta del piccolo catechismo insegna che Dio ci ha creati per conoscerlo, amarlo, servirlo in questa vita e goderlo poi in paradiso. Questa è la gloria che Dio vuole ottenere dagli uomini, esseri intelligenti e liberi, fatti a sua immagine e somiglianza, figliuoli del suo cuore. In ciò sta pure tutta e la sola loro felicità temporale ed eterna. L´incarnazione ci portò Dio, e ce lo rivelò personalmente. La Redenzione ci ritornò a lui, alla partecipazione della sua vita: tutto ed in tutti Gesù Cristo. Nell´attuale Provvidenza tutto quindi si riduce nell´aderire a Gesù con tutto il nostro essere, sottomettergli tutte le nostre facoltà, farlo regnare in noi colla fede e coll´amore, anzi partecipare di lui. Svolgere e sviluppare questa unione, è la gloria di Dio e tutta la nostra santità. Strumento di questa unione, oltre che | i sacramenti, è la nostra soggezione alla Chiesa santa e santificante. Essa è il regno sociale e visibile di Gesù , il suo corpo mistico, attraverso il quale arriva a noi la sua azione e la sua vita. La Chiesa è il suo complemento totale, la sua sposa immacolata, la sua eletta. Lo sviluppo e propagazione della Chiesa è gloria di Gesù , quindi fine ed interesse dei suoi seguaci. Essa è nostra madre, il canale della grazia. L´amore di Dio arriva così fino alle anime, e da queste torna a Dio per lo stesso tramite. E la santità che cos´è se non amore perfetto? Ecco perchè perfezione e zelo sono cosi inseparabili: non sono che carità. Chi progredisce in virtù , cresce anche di pari grado in zelo. E chi ha un posto speciale nella carità, lo ha pure nell´apostolato. I religiosi, abbracciando uno stato di perfezione, s´impegnano ad occupare tutti, in qualche forma, un posto speciale di lavoro e di combattimento. Scelti da un amore di preferenza, essi hanno nel Cuore di Gesù e in quello della Chiesa una posizione di privilegio, con doveri e diritti particolari. Giustamente si possono gloriare di essere quindi le truppe scelte della Chiesa, i suoi campioni, i suoi baluardi, i suoi figli primogeniti e prediletti. Ecco perchè tutti i santi furono devoti del Papa e della Chiesa, tra essi il nostro fondatore, che protestava spesso d´esser pronto a morire mille volte per lui. I martiri della Chiesa sono martiri di Gesù , che la loro causa è unica. Ricordati, o buon novizio, che anche tu vieni perla Chiesa santa, che per esser santo devi diventare un apostolo, che santità e zelo non sono che amore a Gesù e gloria di Gesù .

« Adveniat regnum tuum » .

Chi desidera la santità desidera tutta la possibile gloria di Dio: desidera ogni cosa che a Dio sia gradita. Ora, il cristiano sa per fede, che tutte le compiacenze del Padre Celeste sono riposte nell´Unigenito suo Figliuolo Gesù Cristo, e quelle di Gesù nei fedeli suoi, che formano il suo regno. Il primo desiderio pertanto che deve scaturire dal suo supremo desiderio della santità, si è quello dell´incremento del regno di Dio sulla terra, vale a dire che sia prosperata la Chiesa di Gesù Cristo, cioè che venga la salvezza delle anime: adveniat regnum tuum. Non puoi dunque sbagliare, quando ti proponi per oggetto dei tuoi affetti, dei tuoi desideri e delle tue azioni l´onore della santa Chiesa e la salvezza delle anime, poichè conosci con certezza che questa è volontà di Dio. Si può dubitare circa qualche cosa particolare se Dio la voglia o no, e se la voglia in un tal modo od in altro. Ma riguardo al trionfo ed all´incremento della Chiesa di Gesù Cristo, ed alla salute delle anime, non si può dubitare. È certo infatti che la Chiesa è stabilita quale il grande strumento ed il gran mezzo, onde Gesù sia glorificato innanzi a tutte le creature intelligenti. La salute delle anime formò il motivo impellente dell´incarnazione del Verbo, per cui volle discendere dal cielo e venire su questa terra. La Chiesa fu indubbiamente da Dio eletta ad istrumento della sua gloria per tutta l´eternità. Tu pertanto che ti proponi di assecondare la tua vocazione e conseguire la perfezione, e che Perciò non vuoi far altro che cercare in tutte le cose la gloria di Gesù Cristo, devi per necessaria conseguenza occupare le tue forze a servire unicamente la Santa Chiesa ed a salvare delle anime. A questo devi pensare, e per questo spendere le tue forze e versare occorrendo, il tuo sangue, ad imitazione di Gesù Cristo, dei suoi apostoli e de´ suoi martiri.

I tre rami della Chiesa.

Tu sai che la Chiesa di Gesù Cristo si divide: in quella parte che è nello stato di via quaggiù in terra, che dicesi Chiesa militante; in quella che è nello stato di termine in cielo, e che dicesi Chiesa trionfante; ed in quella che a questo termine è prossima nel purgatorio, e che dicesi Chiesa purgante. Tutte e tre tu devi illimitatamente amare, desiderando anche di spargere per esse il sudore ed il sangue.

Per la Chiesa militante.

Per ciò che spetta alla Chiesa militante tu conosci, per le parole di Gesù medesimo, che è fondata sopra una rocca incrollabile, cioè sopra il capo degli apostoli, San Pietro e sopra i pontefici romani suoi successori, supremi vicari in terra di Gesù Cristo. Le forze dell´inferno non potranno mai prevalere. Ella non può giammai venir meno. Devi Perciò nutrire per la Chiesa Romana e per il Sommo Pontefice, un affetto, un attaccamento ed un rispetto senza limite. E senza limite dovrai amare e procacciare la vera e santa gloria, l´onore e la prosperità di questa prima parte essenziale della immacolata sposa di Gesù Cristo. Tu per certo non puoi occuparti effettivamente di tutto quanto riguarda la Chiesa militante! Conosci tuttavia che la gioventù è come la pupilla dell´occhio dì Gesù Cristo, e che dalla buona o cattiva educazione di essa dipende la prosperità o le sventure della Chiesa. Conosci pure che la nostra Pia Società è suscitata da Dio. e che ha per scopo speciale la cristiana educazione della gioventù . Non puoi pertanto cimare davvero la Chiesa, se non ami di occuparti con tutte le forze che hai del bene dei giovani; se non ami con tutte le forze della tua mente e del tuo cuore la Pia Società, alla quale Iddio ti ha chiamato, e che tanto potentemente e direttamente coopera alla prosperità della Chiesa. La Chiesa militante non può conseguire il suo completo trionfo se. non con la propagazione della fede per tutta la terra, e con la conversione dei peccatori. Tu pertanto non potrai dire d´aver un amore vero alla Chiesa, se non t´adoperassi con tutto il tuo potere alla propagazione della fede, se non altro desiderandola ardentissimamente e pregando a questo fine indefessamente. Devi eziandio desiderare la conversione dei peccatori e occupartene con quei mezzi a te disponibili, almeno con una preghiera incessante e coll´offrire al Signore le tue operazioni e le tue sofferenze. La Chiesa militante poi non può sostenersi se non per mezzo del sacerdozio. Gesù medesimo ci invita a pregare, perchè l´Eterno Padre mandi operai alla sua messe: « Pregate il Padrone affinchè mandi operai alla sua messe» [229]. Tu pertanto devi desiderare con tutte le forze, che si accresca il numero dei ministri del Signore, e che si aumenti in loro lo zelo e la santità. E non saresti per certo un buon religioso, e tanto meno un degno figlio di Don Bosco, se avessi ritrosia a spendere tutte le tue fatiche, ed anche soffrire patimenti se occorressero, per procurare alla Chiesa santi ministri.

Per la Chiesa trionfante.

Per quanto spetta alla Chiesa trionfante, tu devi continuamente vagheggiarla, e suscitare in te medesimo, e continuamente accrescere il desiderio che tutti i cristiani possano arrivarvi. In tal modo verrà il regno di Gesù Cristo, e si aggregherà tutto intorno a lui, compiendo in cotal guisa la sua gloria ed il suo trionfo per tutti i secoli dei secoli. Tale è il beneplacito della divina volontà, e quello in cui Dio stesso si compiace ab eterno. Perciò questo deve essere anche l´unico termine dei desideri del cristiano, e più del religioso. Ripeti con fervore l´invocazione insegnata da Gesù : « Venga il tuo regno» , e. che faceva ripetutamente esclamare a San Paolo il desiderio di morire per essere con Gesù Cristo. Ma questo termine non può avverarsi per te senza che tu muoia, e che il tuo corpo si converta in polvere. Pertanto tu non devi paventare la morte, in considerazione che essa è il mezzo stabilito da Dio, perchè tu possa conseguire la pienezza della divina gloria e il gran trionfo di Gesù in te. Come adunque tu devi aver sempre presente la celeste gloria, così pure devi aver sempre presente in tutte le tue operazioni la caducità di tutte le altre cose, il loro repentino passaggio, e la morte coi suoi malanni che ordinariamente reca con sè, come mezzo all´ultimo celeste tuo riposo. Camminerai adunque in questa vita come se ogni giorno dovessi abbandonar tutto, come se dovessi morire ad ogni istante. Tieni nel tuo cuore le parole del Divin Maestro: « Siano precinti i vostri lombi, e le lucerne ardenti nelle vostre mani, e voi siate simili a uomini che aspettano il loro Signore quando se ne torna da nozze; acciocchè venendo egli e picchiando, incontanente gli aprano. Beati quei servi, che il padrone venendo ritroverà vigilanti! [230]» .

Riguardo alla Chiesa purgante.

Per ciò che riguarda la Chiesa purgante, devi pensare che quelle anime benedette haii diritto alla gloria del paradiso; ma per mancanze già perdonate ed ancora da scontare nella pena, sono legate per un tempo più o meno lungo, e trattenute in luogo di purificatizione. Il giorno in cui andranno in paradiso sarà una gloria per il Signore, e un sollievo immenso per quelle anime. Tu puoi liberarle pregando per loro, ed applicando loro le tue indulgenze a modo di suffragio. Chi cerca ardentemente la gloria di Dio e la salvezza delle anime, non può disinteressarsi di esse; anzi non può fare a meno che di occuparsene con gran cura.

La perfetta conformità alia volontà di Dio nello zelo.

Affinchè le nostre operazioni siano sempre rette e guidate alla perfezione dell´amor di Dio, bisogna procurar sempre di stare in perfetta conformità alla volontà di Dio circa lutto ciò che avviene, pur cercando per quanto sta in noi di fare il bene. E Perciò a questo riguardo devi riflettere profondamente e ricordar sempre, che essendo Gesù Cristo quegli che ha la potestà su tutte le cose, tanto in cielo come in terra, Egli solo è altresì quegli che regola con sapienza, potenza e bontà inenarrabile gli avvenimenti tutti, secondo il suo divino beneplacito, a maggior bene dei suoi eletti che costituiscono la sua diletta sposa, la Chiesa. Pertanto tu devi ridare totalmente nel tuo Signore, e non turbarti o smarrirti, per quanto i tempi si facessero torbidi e gli avvenimenti paressero contrari al bene della Chiesa stessa. Devi bensì gemere e supplicare ardentemente, che si faccia la volontà di Dio: Fiat voluntas tua, cioè che tutti gli uomini pratichino sulla terra la sua santa legge di carità; ma poi devi riposare in Dio, vedendo in tutto la sua santa mano. Tu puoi benissimo e devi, oltre che gemere e pregare, operare pel trionfo della Santa Chiesa in ogni modo che sia consentaneo al tuo stato, e secondo che ti viene indicato dall´ubbidienza; ma tieni sempre presente che Gesù Cristo solo è il vero governatore della sua Chiesa. Non v´è cosa a lui più spiacevole e più indegna del suo discepolo, che la temerità di coloro i quali, dominati da cecità di mente e da occulto orgoglio, presumono di combattere e di operare a bene della Chiesa secondo le loro private vedute, senza che sia chiarita la volontà di Dio in proposito, ed anche contro il parere dei propri superiori. Il Signore non ha alcun bisogno della miserabile loro cooperazione, o di quella di qualsiasi uomo. Nessuno è necessario al Divin Redentore per la glorificazione della sua Chiesa! E solamente per sua gratuita misericordia egli assume quegli che a lui piace elevare a tale onore, giovandosi di solito di quanto è più debole e più spregievole agli occhi del mondo, per le operi´ grandi. Di qui puoi anche comprendere quanto siano biasimevoli coloro che volessero essere assunti al sacerdozio, quando i superiori non conoscessero in loro le doti necessarie; quelli che volessero essere missionari, quando i superiori non ve li credessero chiamati; coloro che volessero darsi al ministero della predicazione o delle confessioni, mentre i superiori non ve li credessero atti; coloro che volessero, e negli scritti e nei modi, mostrarsi battaglieri, disaccordandosi anche coi loro superiori, che giudicassero altrimenti, coloro che mormorassero, o facilmente non si adattassero alle prescrizioni della Chiesa e dei propri superiori. Tutto questo indicherebbe in loro un attaccamento al giudizio proprio e deviazione dall´unico principio, che deve esser fisso in noi, di operare secondo il volere di Dio, il quale volere ci è manifestato per mezzo dei superiori. Te lo ripeto, e tu capiscilo bene, che il Signore non ha bisogno di te e dell´opera tua per salvare la gioventù o la Chiesa, o per procurare la sua gloria. E solo si compiace di eleggere chi giudica bene. Nella sua bontà elesse anche te a lavorare tra i giovani, e Perciò a bene della Chiesa. Ma vuole che tu ad ottenere questo agisca nel modo che vuole lui, cioè nel modo stabilito dai tuoi superiori, non presumendo nulla da te stesso, ma ponendo in lui tutta la confidenza! Oltre a queste cose che riguardano la Chiesa, anche in tutto il resto devi procurarti la perfetta conformità alla volontà di Dio. È indubitato che tutte le cose, piccole e grandi, pendono ugualmente dalla ma608 - no del Padre Celeste. Tutto quello che avviene è disposto da lui al conseguimento degli altissimi suoi fini, pel bene di coloro che confidano nel suo aiuto. I suoi doni, le sue finezze, le sue sollecitudini, le sue grazie stanno in ragione della confidenza che in lui hanno i suoi ben amati figliuoli. Non vi è forse altra pratica che più di questa conferisca ad ottenere la pace del cuore, e nello stesso tempo la perfezione religiosa.

 
Capo V DELL´ABBANDONO E CONFIDENZA NEL SIGNORE

Di tre mezzi per la perfezione.

A conseguire il gran fine della rettitudine del nostro operare ed a progredire nella via della perfezione e della santità, aiuteranno grandemente tre mezzi: 1° Abbandonare noi stessi nelle mani della divina Provvidenza: 2°Riconoscere intimamente il proprio nulla, confidando tutto nel Signore: 3°Disporre tutte le nostre azioni alla santificazione propria ed al bene altrui.

 Abbandono nella divina Provvidenza.

L´abbandono alla divina Provvidenza praticato con quella semplicità e generosità di cuore che esige, semplicità e generosità così ripetutamente e fortemente inculcate dal nostro dolcissimo San Francesco di Sales e dal nostro ispirato fondatore Don Bosco, più che ogni altra cosa rende il seguace di Gesù Cristo caro al Celeste Padre. Invero questo mezzo racchiude un´intera confidenza in Dio, e confidenza in lui solo; un intero distacco da tutte le cose della terra per quanto appaiano dilettevoli, potenti e illustri; racchiude infine un tenero amore a Dio, e una fede la più viva in Lui solo.

Raccomandazione di Gesù a questo riguardo.

Non vi è altra massima che più di questa abbia raccomandata colle parole e coll´esempio il Divin Maestro. Ecco le confortanti sue parole: « Non vogliate lasciarvi atterrire da cooro che uccidono il corpo, ma che dopo di io non hanno altro che fare! Temete invece hi. dopo aver ucciso il corpo, ha potere alresì di mandarvi al fuoco  »[231]. E poi soggiungeva ancora: « Non si vendono forse cinque passeri per due monete, ed uno solo di ess non è dimenticato da Dio? Anche i capelli stessi del vostro capo son numerati. Non vogliate temere, voi valete più che molti passeri » [232]. E quindi conchiudeva sì mirabile discorso con queste parole, degne di tutta la considerazione e confidenza: « Non vogliate essere solleciti della vostra vita, che cosa mangerete, nè del vostro corpo, di che cosa vestirete... Considerate i corvi che non seminano nè mietono, nè hanno provvigione nel granaio: Dio li alimenta. Quanto più alimenterà voi, che valete più di essi! E chi mai di voi per quanto pensi, può aggiungere alla sua statura un cubito solo? Se dunque voi non potete fare neppure la minima cosa, perchè siete solleciti delle altre? Mirate i gigli come crescono! Non lavorano e non filano; e io vi assicuro che neppur Salomone, in tutta la glorie sua, era vestito come uno di questi. Se dunque l´erba che oggi è nel campo e domani si mette sul fuoco, Iddio la veste in tal modo quanto più penserà a voi o uomini di poca fede? Neppure vogliate cercare che mangerete o che berrete, poichè tutte queste cose vanno cercando le genti del mondo. Il Padre vostro sa che. avete bisogno di tutto questo. Cercate pertanto prima il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta >.

Ciò che devi imparare.

Da questo devi imparare molte cose, che hanno da informare tutta la tua vita. Impara anzitutto ad amare di più il Signore, vedendo che egli è tanto buono da prendersi cura di te. In secondo luogo sappi che quanto è ragionevole abbandonarsi interamente nelle mani della Divina Bontà, altrettanto è stolto confidare in se stessi. L´uomo infatti è debolissimo, e non può alterare neppure in minima parte il corso che Iddio ha stabilito a tutte le cose dell´universo. La tua prosperità, la tua esistenza pende tutta dalle mani di Dio. E non puoi sottrarti da queste mani, qualunque cosa tu faccia e a qualunque luogo ricorra, ancorchè potessi penetrare nei cieli o sprofondarti negli abissi. Impara per terzo, che sebbene ti sia vietato di essere sollecito delle cose umane, e ti sia consigliato di spogliartene, non ti è però vietato di domandare il necessario al tuo buon Padre celeste. Anzi fai bene a domandarlo, ed è Gesù medesimo, che dopo averti fatto domandare, come si vide nel capo antecedente: « Sia santificato il tuo nome, venga il tuo regno, sia fatta la tua volontà » , ci fa domandare il pane nostro quotidiano, con tutto ciò che materialmente ci abbisogna. Ma tutte queste cose materiali le devi domandare dopo di aver pregato per il bene dell´anima, ed in ordine a questo. Dio medesimo ci anima e comanda di domandare con grande semplicità e fiducia quanto ci abbisogna. Tu però sta´ attento a domandare con l´unico desiderio che avvenga sempre ciò che piace di più al Signore. Cosi trarrai sempre gran frutto dalla preghiera; poichè Iddio provvedendoti raddrizzerà nel tempo stesso la tua ignoranza e grossolanità, se per caso gli domandassi cose inutili o dannose. Ti esaudirà dandoti beni veri, e dandoti anche di più di quello che non domandi, perch´egli è un padre I che sa bene dare ai suoi figliuoli le cose buone, e non le nocevoli. Impara in quarto luogo che non solo ti è lecito pregare per avere il necessario per la vita; ma non ti è vietato di fare, anzi, il Signore vuole che tu faccia tutte quelle azioni, colle quali naturalmente hai da soddisfare i bisogni della vita medesima. È la sollecitudine, è l´ansietà che ti è proibita! Questo ti renderebbe inquieto pel desiderio di ciò che ti manca; e in tal modo perderesti la pace del cuore e la tranquillità propria di quelli che in Dio riposano. Devi perciò , nelle cose che avvengono di giorno in giorno, riconoscere espressa la volontà di Dìo. Anche quanto alla sanità, all´ingegno, alle occupazioni, devi avere questa completa conformità alla volontà di Dio, e allontanare da te ogni sollecitudine in proposito. Ti è lecito gioire di quel poco che hai, godere con tutta semplicità di questi doni, se Iddio te li diede, e servirtene ringraziandone lui solo. Ma è contrario all´abbandono della Divina Provvidenza la studiosa cura dell´avvenire. Non devi amare nè voler altro che la volontà di Dio, amando la quale tanto godrai della privazione, se questo egli dispone, quanto dell´acquisto. Anche Gesù ci insegnò a cercare prima di tutto il regno di Dio e la sua giustizia, assicurandoci che tutte le altre cose ci saranno aggiunte; e a non voler essere solleciti pel giorno di domani, bastando al giorno la sua malizia. Quindi le macchie di cui la coscienza si carica pensando agli interessi del giorno presente, non si aumentino anche coi peccati dell´indomani [233].

Esame pratico.

Tu pertanto vieni alla pratica per te stesso. Esaminati se manchi a quella piena confidenza, che ti è prescritta, nella provvidente  cura del tuo Padre Celeste. Vedi se nel tuo cuore provi inquietudine circa i beni ed i mali del mondo; se sei sempre pienamente tranquillo, pienamente riposato, ed in ogni avvenimento a tutto disposto; oppure se vai soggetto ad angustie, ad inquietudini: e se come uomo di poca fede, speri e temi soverchiamente, che è quanto dire se continuamente ti turbi. Se cosi fosse proponiti seriamente di emendarti, ponendo tutta la tua confidenza nel Signore. Esaminati ancora se nelle tue occupazioni cerchi la tua soddisfazione, sebbene in sè onesta, o se solo cerchi il tuo dovere cioè quanto soddisfa Iddio. Chi non cerca che di piacere a Dio. in qualunque condizione si trovi, per quanto umile, per quanto spregevole essa sia e priva di tutto ciò che amano gli uomini, egli vi rimane contento, nè cerca di cambiare se non gli è noto che ciò sia il voler divino. Tu pertanto non cercherai mai di mutar occupazione, di mutar casa, di mutare alunni, o mutare compagni o superiori. È proprio della gente di mondo il non essere mai contenta nello stato in cui si trova. Gli uomini di mondo si fauno una continua guerra per occupare i posti migliori. La perfezione cristiana richiede al contrario, che uno sia contento di qualunque posto; che uno non si dia altra cura se non quella di adempiere i doveri del proprio stato. Ogni cosa del mondo ci deve piacere ugualmente, purchè possiamo riuscir cari al Signore. Questo ci viene inculcando l´apostolo San Pietro con quelle confortanti parole: « Ogni vostra sollecitudine gettate in Dio, poichè egli ha cura di voi » [234]. Questa costanza nel rimanere nella condizione voluta dall´ubbidienza forma quegli uomini che conoscono a fondo il loro stato, che lo amano, e che ne sanno eseguire tutte le incombenze. Il medesimo San Paolo la raccomandava grandemente con queste parole: « Ciascuno rimanga costante presso Dio in quel che è chiamato... e quello che io voglio « i è che voi siate senza sollecitudine» [235]. Ed altrove nella sua lettera ai fedeli di Filippi, fa questa grande raccomandazione: « Non vi affannate per niente, ma in ogni cosa manifestate a Dio le vostre richieste per mezzo dell´orazione e delle suppliche unite al rendimento di grazie. E la pace di Dio, la quale supera ogni intendimento, sia guardia dei vostri cuori e delle vostre menti in Cristo Gesù » . Perciò tu non devi nemmanco lasciarti inquietare dal desiderio di far meglio, lasciandoti persuadere che in altri uffici od altrove potresti far di più per la gloria di Dio e per la salute delle anime; ma in tutto acquetati alla Provvidenza di Dio che tutto dispone soavemente in misura, numero e peso, secondo c´insegna lo Spirito Santo nel libro della Sapienza (XI, 21). Il quale poi altrove così conchiude: « Adattati adunque a lui e avrai pace, e da ciò raccorrai ottimi frutti » [236]. Infine esaminati se, come non devi cercare di mutare luogo ed occupazione per volontà tua, se, dico, sei disposto con eguale facilità e contento a mutare, quando ti si manifesti la divina volontà per mezzo di quella dei superiori che ne tengono le veci. Vedi se il tuo animo è sempre costituito e conservato in quell´aureo stato di perfetta conformità alla volontà di Dio, tanto raccomandato e tanto praticato dai santi, e specialmente dal nostro caro San Francesco di Sales, e dal nostro padre e fondatore Don Bosco. Desiderando tu di servir Dio, non già secondo il modo scelto da te stesso, ma secondo il modo prescritto dal Signore, devi giungere a questa perfetta conformità o indifferenza a qualunque luogo o collegio, a qualunque ufficio ed occupazione che ti è assegnata, ed a stare con coloro con cui hai da operare. Devi essere indifferente anche nelle quattro circostanze così ben ritratte da Sant´Ignazio, che sono le seguenti: 1°alla sanità, ovvero alla malattia; 2° alle agiatezze e comodi, ovvero alle miserie della vita; 3°all´onore o al disprezzo; 4°ad una vita lunga o ad una vita breve, che si convenga abbreviare sotto le fatiche ed i dolori. E sebbene abbia più bisogno di praticar queste massime dopo il noviziato, quando ti troverai nella vita pratica della nostra Pia Società, tuttavia conviene grandemente che fin dora cerchi di prevedere le cose che ti possono succedere, e cerchi di prendere la forza ed i mezzi per adattarti poi a qualunque cosa, con una perfetta conformità alla volontà di Dio.

Diffidenza di se e confidenza in Dio.

E per riuscire a questa perfetta conformità alla volontà di Dio, devi riconoscere intimamente il proprio nulla, confidando tutto nel Signore. Devi cioè sempre aver presente il Signore, per adorarne la grandezza; e sempre aver presente te stesso, per sempre più penetrare la tua infermità e la tua nullità. In una parola, è necessaria una umiltà vera, che produrrà in te due disposizioni, in apparenza opposte, ma che pure si accordano insieme armonicamente: cioè un grandissimo zelo della gloria di Dio e del bene del prossimo, ed un sentimento che ti fa conoscere incapace di ogni bene. Il saperti inabile a tutto, ti persuaderà a non intraprendere cosa alcuna senza la ubbidienza, a non cercare mutamento della tua propria condizione sebben umile, ed occupazione sebben abbietta, in cui ti paia di poter far poco bene. Non è possibile che di proprio modo intraprenda cosa alcuna, quegli che sinceramente si crede incapace di ogni bene. Devi cioè imitare l´umiltà di Mosè , il quale tanto stentò a credere d´esser egli l´eletto a liberare il popolo di Dio, che a Dio medesimo con un´affettuosa semplicità e confidenza rispose di dispensarlo da quel carico. E lo pregò invece di mandare colui che doveva essere mandato, cioè il promesso Messia. E ciò sebbene Mosè fosse tanto pieno di zelo per la salute del popolo suo. Se tuttavia l´umiltà ti tiene così in riserbo, il grandissimo zelo della gloria di Dio e del bene del prossimo, guidato dall´ubbidienza, ti farà audace. Ti farà dire con San Paolo: « Posso tutto in colui che mi conforta » [237]. Perciò non guarderai più alla tua nullità quando la voce dell´ubbidienza ti getta nell´apostolato. E sperando tutto da Dio. non vi sarà cosa di cui ti creda incapace, non difficoltà che non ti accinga coraggiosamente a superare. E quando tutti si opponessero, tu, guidato dalle parole dell´apostolo dirai: « Se Dio è con noi chi è contro di noi? » [238]. Ti getterai con questo spirito nelle più difficili imprese, negli affari più disperati, fiducioso in quel Dio che ti comandò l´opera buona, e la condurrà a buon termine [239]. In tal modo succede che l´umile e fervente religioso, il quale da parte sua non sa eleggersi se non una vita nascosta, venga dalla forza delle circostanze, e specie dall´obbedienza, tratto fuori dal suo nascondiglio e condotto ad una vita attiva, in un infinito pelago di cure, di brighe, di faccende, di negozi grandi e piccoli, illustri ed abbietti, per il bene del prossimo suo, secondo che la volontà di Dio ha disposto, siccome tutto dì avviene nella nostra Pia società. E ciò egli allora eseguisce volentieri, anche con suo grave incomodo, spinto dal fervido amore, che non cerca le cose proprie, ma pensa sempre al bene altrui secondo che il Signore dispone. Ei cerca di ar tutto con quella carità che ha esercitato verso gli uomini il nostro Divin Maestro Gesù Crisio. Con tale spirito, pieno di carità, anche tu puoi diventare, qualora Iddio o voglia e te ne porga le circostanze, maggiore di te stesso, abbracciare cose grandissime, faticosissime, pericolosissime. Puoi tutto insomma, purchè Iddìo lo voglia, cioè i tuoi superiori ti mettano nell´occasione, o, trovandoti tu nell´occasione non te lo vietino, - tu corrisponda con sacrifizi e con sempre miglior buona volontà alle divine grazie.

 
Capo VI DEI CONSIGLI EVANGELICI E DEI VOTI RELIGIOSI

 L´uomo ha bisogno di essere consigliato bene.

L´uomo ha bisogno di essere consigliato bene. Egli non lo conosce sempre, ma siffatto bisogno esiste. La vita è tanto intricata. In essa si han tanti doveri e sì faticosi; tanti negozi sì incalzanti, e sì ardui; tante strade s´incrociano innanzi a lui! Le cose che ci attorniano han tanti aspetti e sì diversi! Tanti bagliori ci possono ingannare! Tante belle apparenze sedurre, tante tempeste spaventare! E, oltre a ciò , dice lo Spirito Santo: « Chi può conoscere il pensiero di Dio? Chi può sapere che cosa voglia Iddio da noi? Il veder nostre è sì corto, i nostri pensieri forzatamente sì timidi, e le nostre previsioni sì mal sicure! [240]. Anche con una coscienza rettissima, ed un sincero amore del bene, non sfuggiamo al pericolo di traviare, nè all´angoscia del dubbio, ne al vergognoso fardello degli intrighi. Ora, per sottrarci a tutti questi mali, un consiglio è alle volte assai necessario, e spesso questo consiglio basta. È in questo senso che lo Spirito Santo dice: « Figliuolo, non far cosa veruna senza consiglio, e non avrai a pentirti dopo il fatto» [241]. E nel libro dei Proverbi dice, che i buoni consigli dell´amico danno conforto all´anima [242]. Dal che ne segue, che una delle migliori e più benedette opere di misericordia è la limosina del consiglio. Ciò fa sì che un vero amico sia un gran tesoro, e diventi per ufficio un fedele consigliere. L´amico impareggiabile, l´amico che viene chiamato unico, tanto è maggiore di ogni altro, Gesù , venendo in questo mondo e stringendo commercio cogli uomini, poteva non darci dei consigli? Egli dopo di averci dato i suoi precetti, ci diede anche dei consigli. Anzi, in ogni luogo del Vangelo, accanto ai voleri espressi da Nostro Signore, cioè ai comandi, vi sono pensieri pratici da lui enunciati, e come metodi morali accompagnati quasi sempre da esortazioni a noi dirette.

Differenza dei consigli e precetti.

Ora è appunto questo che forma il consiglio, e lo differenzia dal precetto: mentre il precetto obbliga, e non si trasgredisce senza il peccato, il consiglio ci lascia liberi. Senza dubbio fa d´uopo stimare il consiglio, che proviene dal Signore! Anzi per noi è un dovere il credere e confessare, che tutti questi consigli sono buoni, sani e salutari agli uomini. Il pensarne o parlarne male, sarebbe come un citare la ragione di Dio al tribunale della ragion propria; il che sarebbe una gravissima insolenza. Nell´ottavo libro del suo ammirabile trattato dell´amor di Dio. San Francesco di Sales ha scritto un intero lungo capitolo con questo titolo: il disprezzo dei consigli evangelici è un gran peccato. Ma per ciò che spetta il regolare le proprie vie secondo gli avvisi del celeste consigliere, sebbene il farlo sia incontrastabilmente cosa lodevolissima, e meriti certamente e infallibilmente una più bella ricompensa, e conferisca molti altri vantaggi; tuttavia chi non lo fa non commette colpa. Ecco pertanto la differenza tra la vita cristiana ordinaria e la vita di perfezione. Il Signore disse che chi vuol salvarsi e andare iu paradiso deve osservare i comandamenti [243]. E poi soggiunse: « Se vuoi essere perfetto, va´, vendi quanto hai e dallo ai poveri e vieni e seguimi» [244]. Tu custodisci la legge? Avrai la vita eterna, ci dice Gesù ! Ma se vuoi essere perfetto, se ti piace avere il centuplo, se vuoi sederti un giorno sovra un trono per giudicare il popol dei santi, e cantar lassù un cantico sconosciuto agli altri, vattene, vendi i tuoi beni, dà tutto ai poveri, resta vergine, seguimi da vicino passo per passo.

Ciò che ti consiglio è senza dubbio il meglio: beato tu se m intendi; più beato se pratichi bene quello che hai inteso! Se non lo pratichi non incorri nella mia disgrazia; ma non avrai il premio straordinario promesso sopra.

Il comprendere i consigli è privilegio.

Beati adunque, lo ripeto ancora, coloro che intendono, ed abbracciano ed eseguiscono questi consigli! Tutti per vero li sentivano quando Gesù parlava, perchè egli li esponeva avanti le moltitudini. Ma non tutti li afferravano in modo da restarne compresi e persuasi. Per ottener questo si richiede una grazia speciale. Bisogna che, mentre il Verbo bussa alla porta dell´anima, lo Spirito Santo venga ad aprirla, e perfezioni l´opera incominciata dalla parola. Purtroppo è grande il numero di coloro, che ricevono cotesta grazia, cioè sentono l´ispirazione divina di seguire i consigli evangelici, e non vi corrispondono. Quelli poi che vi corrispondono, non si arrendono se non perchè Dio fece loro la grazia di corrispondere. Essi non hanno il diritto di gloriarsene, poichè fu il Signore, per pura sua misericordia, che la concesse. Ma hanno però il diritto di rallegrarsene, perchè ricevendo questo dono della vocazione, ricevettero il massimo dono di cui l´uomo sia capace. Con essa è loro comunicata una vita del tutto mirabile, ed aperta una sorgente ad ogni più bella virtù . E tu sappi continuamente ringraziare il Signore; non solamente, perchè si degnò di parlare al tuo cuore, ma anche perchè ti diede la forza di praticare quanto t´inspirò , cioè di metterti effettivamente alla sua sequela. E procura, facendo ogni sforzo che è a te possibile, di corrispondere costantemente a quella grazia, e meritarti con questa corrispondenza la perseveranza finale.

I principali consigli evangelici.

I consigli particolari abbondano nella morale cristiana. Ve ne sono molti per un solo precetto; giacchè vi sono tante maniere, una più perfetta dell´altra, per compiere ciò che  viene comandato. Ogni virtù ha, per la stessa ragione, il suo corteggio di consigli. Tra la virtù obbligatoria, esercitata solo in modo da non cadere nel peccato contrario, e la virtù eroica tal quale è nei santi, quanti tradì, che la libertà umana può varcare, sebbene Iddio non li comandi! Tuttavia tutti i teologi riconoscono, e il Vangelo ne fa fede, che Gesù Cristo ne diede tre consigli principali. E noi vediamo chiaramente che questi tre consigli, mentre fortificano efficacemente la virtù di coloro che li abbracciano, mettono anche nello stato di perfezione coloro che si obbligano con voto ad osservarli. Questi tre consigli sono: la povertà volontaria, la castità perfetta, e l´obbedienza in ogni cosa che non sia peccato. Tutta la perfezione, cui siamo obbligati ad attendere facendoci religiosi, si acquista con la pratica di questi tre grandi consigli evangelici. Infatti il male che toglie da noi, o che uccide in noi la perfezione e perfin la grazia di Dio, è la concupiscenza. Questa concupiscenza è triplice, secondo che c´insegna l´apostolo San Giovanni, dicendoci che tutto quanto è nel mondo è concupiscenza della carne, concupiscenza degli occhi, e superbia della vita [245]. Ora ciascun consiglio evangelico è un divino rimedio, che ha la "virtù di guarirne una. La concupiscenza degli occhi cede alla povertà, la concupiscenza della carne alla castità, e l´orgoglio muore per il colpo onde è percosso dall´ubbidienza. Chiunque pertanto segue questi consigli, massime se ha fatto voto di seguirli sempre, salva per certo in sè la vita della grazia, distruggendo nel loro principio, tutte le forze che le sono contrarie, e s´incammina agevolmente per la via della perfezione.

Ragione di questi tre consigli.

La ragione di questi tre consigli è insieme evidente e profonda. Ogni vita è nell´amore di Dio: il Primo Amore nel darci la vita ci comunicò il suo amore, e ci comandò di corrispondere ad esso con amarlo a nostra volta con tutta la mente, con tutto il nostro cuore, con tutte le forze dell´anima nostra. I tre consigli evangelici non mirano che a preparar l´anima a corrispondere a questo amore; a guarirne in noi ed allontanare tutto il male che ucciderebbe l´amor nostro verso Dio; a spezzare tutti i legami che potrebbero incepparlo, e proteggerne l´integrità, aiutandone alla fine il trionfo. Ora il male che uccide in noi l´amore, lo abbiam detto, è la concupiscenza. Questa concupiscenza è triplice; e ciascun consiglio evangelico è un rimedio che ha la virtù di guarirne una. Chiunque pertanto segue questi consigli, salva la vita dell´amore distruggendo nella loro radice tutte le forze che le sono contrarie. Con questi mezzi l´anima si rinvigorisce, ed il primo frutto che ne trae è l´inaugurazione in sè del perfetto regno di Dio e della vera beatitudine. Chiunque s´impegna a seguirli sempre, si pone sulla via che mena alla propria beatitudine, giacchè sceglie la via regia della perfezione e della santità. Oltre a ciò i consigli servono ad eccitare sempre meglio l´amor nostro verso Dio. Di per sè l´amore tende in alto: Dio è il centro ed il suo focolare, il suo principio ed il suo ultimo fine. L´amore va a Dio col suo proprio movimento, ed alle volte senza neppur badarvi. Ma bene spesso si sente trattenuto in basso, come dice San Paolo, da una legge dei suoi membri, che ripugna alla legge dell´anima [246]. Or che fa l´esecuzione dei consigli? Mortifica, cioè rattiene questa tendenza alla parte nostra inferiore, e Perciò stesso dà libertà e permette lo slancio alla naturai tendenza della parte superiore. Onde noi vediamo ordinariamente chi segue i consigli evangelici correre avanti animoso come gigante nelle vie del Signore.

Dei voti religiosi.

In vari capitoli separati ti spiegherà un po´ in diffuso quanto riguarda questi tre consigli, cioè la pratica di queste tre virtù . Te ne farà anche vedere la bellezza, l´utilità, ed il modo di praticarle, affinchè più presto, più facilmente e più sicuramente possa arrivare alla meta a cui aspiri, cioè alla perfezione. Ma siccome noi consideriamo l´esecuzione di questi tre grandi consigli nello stato religioso, e quindi nella osservanza dei voti, così (riservandomi a parlartene più a lungo in seguito) devo cominciare a parlarti in generale di questi santi voti. Così comprendendo quel che sono, potrai apprezzare meglio il bene ch´essi producono in te, e ti metterai sulla via da essi tracciata, che ti ha da guidare infallantemente al paradiso. Questa legge delle nostre membra, di cui parla San Paolo, che tiene in basso l´anima, e che contraria la legge della mente, è la concupiscenza. Essa è come un peso che c´inclina continuamente al basso; è come un vincolo, un legame, che ci tiene con forza legati alla terra. Il nemico dell´umano genere cerca in tutti i modi di farci allontanare da Dio, e d´unirci a sè. E Perciò soffia in questa nostra concupiscenza, la suscita con continue occasioni, con gli scandali del mondo, con amicizie, ed anche con suggestioni direttamente diaboliche, di modo che troppo spesso si cade nei lacci del demonio. Conviene che l´uomo sentendosi così proclive ed avvinghiato al male, cerchi qualche mezzo efficace, qualche perno a cui attaccarsi, qualche punto d´appoggio su cui posarsi, delle altre funi che lo tengano stretto al Signore, e così non abbia a cedere ed essere trascinato dalle forze avverse. L´amore di Gesù è il perno ed il punto d´appoggio del religioso, ed i santi voti sono le nuove funi che lo tengono attaccato alla croce di Gesù .

I voti sono catene gloriose.

I vincoli che ci vorrebbero tener uniti al demonio, e come schiavi tenerci aggiogati al suo servizio, sono ben obbrobriosi! Invece quelli che tendono a tenerci uniti alla croce di Gesù , e con santo amore farci figliuoli di Dio, sono risplendenti e gloriosissimi. Degli uni e degli altri ci parla lo Spirito Santo nelle Scritture. Dei vincoli obbrobriosi ci dice nel libro dei Proverbi: Le iniquità dell´empio gli tengono luogo di corda; e così il peccatore è tenuto legato con le catene dei suoi peccati [247]. Ed Isaia parlando di Gerusalemme la esorta a spezzare i vincoli che la tengono come schiava legata pel collo [248]. Quando invece lo Spirito Santo ci parla dei santi e gloriosi vincoli che ci tengono uniti a Dio, esulta e ne dice per mezzo di Davide: « I vincoli, che furono gettati su di me, procurano una bella e carissima eredità» [249]. E l´Ecclesiastico ci invita fortemente a lasciarci legare dai legami della Sapienza.  I suoi ferri, dice, diventeranno per te una potente protezione ed un valido appoggio, ed i suoi collari ti renderanno glorioso, ed i suoi legami saranno come fasciature salutari » [250]. Invece noi vediamo che le corde e le catene di cui sono legati i delinquenti, e con cui sono tenuti avvinti gli schiavi, sono i segni dei loro delitti e della loro prigionia e schiavitù . Invece i collari di cui sono fregiati i cavalieri ed i grandi signori nelle corti dei re, e le catene d´oro di cui si ornano le grandi dame di corte, sono testimonianza della loro nobiltà, delle loro ricchezze e della loro libertà. I legami che ci provengono dai voti religiosi, ben lungi dall´essere dei primi, hanno invece i più alti gradi dell´eccellenza dei secondi. Li sorpassano anzi senza paragone con ogni sorta di vantaggi, giacchè innalzano mirabilmente avanti a Dio ed alla corte celeste quelli che li portano. Conviene pertanto considerarli più da vicino e riconoscerne bene l´eccellenza.

Essenza ed eccellenza dei voti religiosi.

Il Voto, dicono i teologi, è una promessa fatta a Dio, con conoscenza, con deliberazione e con libertà, d´una cosa buona, e migliore di quella che le è opposta. Secondo questa definizione, nè le cose cattive, nè le indifferenti possono servire di materia di voto. Anzi neppure tutte le cose buone, come per esempio il matrimonio, perchè il celibato è ancor migliore. Questa definizione mostra ancora la dignità del voto e i grandi vantaggi che esso porta, giacchè esso prende per. suo oggetto un bene al disopra dell´ordinario. E siccome promette a Dio di darglielo, apre la porta ad una grande gloria ed a ricompense meravigliose. Ora, di tutti i voti che si possono fare, i tre che formano Io stato religioso sono incontestabilmente i più nobili e migliori. Infatti la perfezione del cristiano consiste nel rinunziare alla cupidità della ta, nel mettere il mondo sotto i piedi, nel "ampere tutti i legami che lo tengono suo -chiavo, e nel legarsi e unirsi a Dio per mez> della carità perfetta. Questo è appunto, come abbiam già detto, quanto fa l´esecuzione dei tre consigli evangelici. Con essi il religioso, tagliando ogni altro vincolo, impiega tutte le sue forze per prendere con slancio il volo, onde andare direttamente a Dio e attaccarsi a lui.

Beni che apportano.

Di qui può vedersi a qual punto di eccellenza questi tre voti elevano l´uomo. Essi lo applicano interamente a Dio ed al suo servizio, ed egli non può che trarne la più gran gloria. Essendo così asservito alla gloria di Dio, l´uomo resta grandemente onorato. Esso è elevato al colmo di una grande gloria, quando l´anima sua, il corpo ed ogni suo bene sono consacrati all´infinita maestà del Signore. Quali tesori e quali beni non apportano questi tre voti ad un religioso! Donando tutto e donandosi tutto a quel Din die non si lascia mai vincere in generosità ed in bontà, il religioso riceverà da lui ben altri regali, tra i quali il maggiore senzi dubbio è la grazia e la forza che gli darà il slanciarsi così tutto intiero a lui. Oltre questo, i tre voti colmano l´animo di gioia poichè sebbene sembrino essere accompagnai e seguiti da grandi difficoltà, perchè essi contraddicono la natura corrotta, tuttavia essi aprono all´anima la porta della felicità. Infatti essi legano ed uniscono a Dio, il che forma il suo contento e la sua fortuna. San Tommaso d´Aquino insegna, che per mezzo di questi tre voti l´uomo si sacrifica nel modo più eccellente a Dio, cioè vi si offre in perfetto olocausto, e gli dona tutto quello che ha senza riserva alcuna. Poichè col voto di povertà rinunzia assolutamente a tutto ciò che è esteriore a lui, dando al Signore non solo quanto ha, ma ancora quanto potrebbe avere; col voto di castità egli consacra il suo corpo, e con quello di ubbidienza, la sua anima; così non gli resta più nulla. Di più , per mezzo di questi tre voti, egli allontana, per quanto sta da lui, non solo il peccato, ma anche le occasioni che potrebbero indurvelo. Poichè, come ottimamente fa notare San Tommaso, è ben lontano dal desiderare o dal pretendere il bene d´altri colui che non vuol neppure possedere il suo. Non si lascerà certo andare ai piaceri illeciti colui che si risolve ad astenersi persino dai piaceri leciti: si guarderà bene di preferire la prova volontà a quella di Dio quegli che per amore di lui si è persino assoggettato alla volontà di un altro uomo. Il religioso per mezzo dei tre voti si mette ancora nella necessità t! servir Dio, e per conseguenza d´essere felice. Si pone come in obbligo assoluto di praticare le virtù , e specialmente le tre teologali la fede, della speranza e della carità. Ed infatti è ben necessario credere in Dio e nella beatitudine avvenire, per rinunziare così al mondo ed a tutti i beni della terra; sebbene vari di essi gli siano necessari per il suo vitto, per il suo vestito, per il suo alloggio, e per tutta la vita, la sua sussistenza. E ciò non può avvenire senza una speranza in Dio tutta soprannaturale, per cui attende ogni cosa da Dio medesimo. E deve senza dubbio amar Dio d´un grande amore colui che, per piacergli, gli abbandona tutto quello che ha. e che vuol morire a se stesso. Il poter poi fare i santi voti, è cosa che ridonda di grande onore al religioso. Il Signore fa dire che è molto meglio dare che ricevere, e cioè che è cosa eccellente, più perfetta, e più onorifica, e che è segno di maggior amore il dare che il prendere. E infatti dice San Tommaso (2,2, q. 117 ad 4) che il dare tien luogo di una causa agente ed il ricevere quello di una causa materiale; e d´altronde col dare, uno assomiglia di più a Dio che è datore universale, cui è proprio il dare, il comunicarsi, l´espandersi, come bene sovrano e lume essenziale. Un uomo di bassa condizione è grandemente onorato quando un potente monarca, che può dare a tutti e non ha bisogno di niente, si degna tuttavia di ricevere qualche cosa da lui. Ed è un piacere ben sensibile, un contento inesplicabile per la persona che ama ardentemente, il poter dare qualche cosa alla persona amata. Questa gioia è molto maggiore che il ricevere qualcche cosa da lei. L´anima religiosa che si dà sovente e tutta intera al Signore, e che si consacra per sempre al suo servizio, deve dirsi ben fortunata, perchè ha tutti i sopraddetti vantaggi al grado supremo.

 
Capo VII DEI VOTI RELIGIOSI IN GENERALE E DELLO STRETTO OBBLIGO CHE SI HA DI OSSERVARLI

Voti e virtù .

Tu, o mio buon figliuolo, sei fortemente deciso di osservare sempre, per tutta la tua vita, le tre virtù della povertà, della castità e dell´ubbidienza. Anzi desideri di consacrarti a Dio coi santi voti; cioè di promettere a Dio con voto di conservare la povertà volontaria, la castità perfetta, l´ubbidienza in tutte le cose. Bene, fatti coraggio, Dio ti aiuterà! Ma bisogna capire che cosa voglia dire fare i santi voti, e quali obbligazioni ti apporti quest´atto. E prima di tutto sappi che altro è praticare una virtù , altro è farne voto. Altro è praticare la povertà, la castità e l´ubbidienza, altro è fare il voto di povertà, di castità, di ubbidienza. Sebbene il voto e la virtù abbiano un solo e medesimo oggetto, il voto e la virtù sono tuttavia cose differenti. La virtù è il fine del voto. Il voto è un mezzo per arrivare a questo fine, cioè alla virtù . La virtù è un santuario; il voto è un baluardo, che lo difende e lo protegge. Il voto, come tale, rimane esclusivamente nella sfera dell´obbligatorio, mentre la virtù si estende assai più  e il suo campo è più vasto, tende alla più alta perfezione. Si può violare la virtù senza violare il voto corrispondente. Ma, se i-i viola il voto, certo si vien meno anche alla virtù . Il non praticare la povertà, l´ubbidienza, il non osservare la castità perfetta indica che non si tende alla perfezione: il trasgredire il voto che si fece per praticarle, è sempre peccato. Vuoi tu assolutamente praticare le virtù ? Ecco un gran mezzo: promettile a Dio con voto. E, per animarti a questo, tieni sempre ben impresso nella tua mente, che quanto più è grave il sacrifizio della propria volontà nel metterti nello stato religioso, altrettanto più grande ne è la ricompensa.

Come fare i santi voti.1) Coscientemente

Chi si è risoluto di consacrarsi a Dio coi voti religiosi, di legarsi ed attaccarsi a lui per mezzo di questi tre legami, di inchiodarsi alla croce del Divin Figliuolo, e di crocifiggersi con lui con questi tre chiodi, di fargli questo sacrifizio di se stesso, sacrifizio che è il più grande che egli possa fare, perchè egli sacrifica tutto quello che ha; costui senza dubbio, per poco che abbia di saggezza e di giudizio, deve fare questa grande azione nel modo più eccellente e migliore che gli sia possibile. E se è il buon cuore che nobilita ed innalza il dono, se fa bisogno dare a Dio persino la minima cosa con gran cuore, è evidentemente più ragionevole donargli con tutto il cuore quelle che sono più considerevoli. Ma, come non si saprebbe dare a Dio nulla di più grande che quello che gli si dà per mezzo di questi tre voti, così bisogna fargli questo dono nel modo più sublime e più perfetto. Ora questa maniera consiste innanzitutto nel ben sapere ciò che si vuole dare a Dio, e quello a cui uno si obbliga. E Perciò bisogna essere ben istruiti specialmente sui punti delle regole che riguardano questi tre voti. Noi vediamo che in un contratto, anche dove non si tratta che di spendere una piccola somma, si considera con molta accuratezza quel che si fa, ed anche si scruta il significato di tutte le le parole, e persino si ponderano le sillabe ed i punti. Certo è molto più ragionevole considerare e pesare tutto quanto racchiude il contratto che si fa con Dio, tutto quello che ci chiede la carta della promessa che si fa a Dio per mezzo dei voti, poichè la cosa è di ina importanza massima, ed ha conseguenze incomparabilmente più grandi di ogni altro contratto terreno.

2) Devotamente.

In secondo luogo, chi vuol darsi così a Dio, e fargli col voto il sacrificio di tutto se stesso, bisogna che faccia questo col più grande affetto possibile, con uno spirito di divozione e di consacrazione della propria persona e di tutti i suoi beni al suo servizio, col desiderio di essere suo assolutamente e per sempre. Bisogna pertanto che tu sii pieno dello zelo della sua gloria, e di riconoscenza e gratitudine. Nel rendergli quanto ti ha dato, e che tuttavia potresti conservare, devi farlo con un grande rispetto a sua infinita Maestà. Bisogna specialmente darti a lui con spirito di amore dicendogli con verità, e più col cuore che colla lingua, che gli offri e gli dai quel po´ di bene che hai, consacrandogli il tuo corpo e la tua anima. Devi protestargli che se possedessi dei tesori, dei regni e degli imperi, se avessi diecimila anime, glieli daresti egualmente tutti, e ancor più volentieri, perchè avresti maggior gloria nel potergli dare di più . Bisogna offrirsi a Dio e fare i santi voti coi medesimi sentimenti e con i medesimi affetti coi quali la Santissima Vergine gli fece quello della sua verginità, e col quale gli offerse suo Figlio e se stessa nel tempio, nel giorno della purificazione. Bisogna offrirsi a Dio coi medesimi sentimenti con i quali nostro Signore offrì se stesso al suo Eterno Padre, al momento della sua incarnazione e poi sulla croce. Bisogna che tu ti unisca a loro in questa azione, ed unisca i tuoi voti ai loro, e che faccia i tuoi voti con uno zelo infiammato per la gloria di Dio, con un amore ardentissimo, con tutta l´applicazione dell´anima tua; e che Perciò pronunzi le parole della formula dei tuoi voti con questi altissimi sentimenti.

Male dell´ignoranza dei propri obblighi.

Se crediamo all´autorità sempre grande del serafico San Bernardino da Siena, in qualunque stato della Chiesa di Dio trovasi un numero molto considerevole di persone di ogni età, sesso e condizione, le quali ignorano molte cose che dovrebbero necessariamente sapere per salvarsi nel proprio stato. Se ciò si avvera nei secolari, questo sarà un gran male per essi, obbligati come sono di sapere i doveri del cristiano, alla cui osservanza s´obbligarono nel battesimo. Maggior male per altro sarebbe se una tale ignoranza si avverasse in noi religiosi, relativamente a quei doveri che ne vengono solennemente prescritti nel fare santi voti. Siccome questa ignoranza nei semplici cristiani sarebbe motivo che essi trasgredissero alla cieca i più precisi doveri contratti nel battesimo, cosi sarebbe nei religiosi sorgente di molte trasgressioni direttamente opposte alla sostanza dei voti da essi fatti. Molte cose realmente si fanno o si omettono, che in vigore della professione non dovrebbero farsi o non dovrebbero omettersi. Queste cose vengono senza dubbio imputate a peccato, perchè , generalmente parlando, l´ignoranza da cui derivano è gravemente colpevole, essendo obbligato un religioso ad istruirsi sui suoi doveri. È pertanto di primissima importanza per te, deciso come sei di fuggire non solo le mancanze mortali, ma anche le veniali, che sii ben sollecito d´informarti esattamente delle obbligazioni che ti provengono dai santi voti che desideri fare. A toglierti pertanto dal pericolo di ignoranza in cosa che sia sostanziale e per toglierti anche ogni scrupolo ed ogni inganno pregiudizievole alla coscienza, e a far sì di non essere poi inescusabile nelle gravi inosservanze dei tuoi religiosi doveri, ti esporrà chiaramente qui fin dove si estendono le obbligazioni della tua futura professione relativamente all´osservanza dei tuoi voti.

Peccati e pene canoniche di chi manca ai voti.

I voti van fatti unicamente con lo scopo di servire Dio più perfettamente. Sarebbe già male anche il solo farli alla leggera. E tanto più faresti male, se li facessi con l´intenzione d´ingannare, come per esempio se li facessi I solo per poter essere assunto al sacerdozio e poi uscirtene. È chiaro che in questo caso nessun teologo potrebbe scusarti da peccato mortale. Conviene ancora conoscer bene, che violando poi i voti commetteresti doppio peccato: uno per aver commessa un´azione cattiva, l´altro per aver trasgredito il voto. In seguito è necessario sapere, che l´obbligo di perseverare nell´osservanza dei voti fatti è assoluto, e, dopo fatti i voti, assolutamente non puoi più tornare indietro. Un decreto di Clemente X, confermato da San Pio V e da Gregorio XII, diceva: « L´abbandonare la vocazione è come un´apostasia. Chiunque pertanto, emessi i voti, si allontanasse dall´ordine e tornasse al secolo senza la debita dispensa, o comechessia si sottraesse all´ubbidienza dei superiori, sarebbe issofatto scomunicato, e, se sacerdote, anche sospeso a divinis, e farebbe un sacrilegio a celebrare ancora » . Il Canone 2385 del Codice di Diritto Canonico dice: Il religioso apostata dalla religione, incorre « ipso iure » nella scomunica riservata al proprio superiore maggiore, o all´ordinario se si tratta di religione laicale, è escluso dagli atti legittimi ecclesiastici, e privato di tutti i privilegi della sua congregazione. Anche ritornando in società, è privato in perpetuo della voce attiva e passiva, e deve esser pulito dai superiori a norma delle costituzioni, secondo la gravità della colpa.

La professione è contratto.

La professione religiosa si può considerare in due modi: come contratto fra la religione e chi fa i voti, e come promessa, in cui il religioso si consacra in modo speciale a Dio. Sotto tutti e due gli aspetti la professione porta con sè delle obbligazioni. Sotto il primo aspetto: siccome la religione, nell´accettazione alla professione, tacitamente si obbliga a mantenere il professo, questi a vicenda donandosi alla religione, contrae l´obbligo di servirla in qualunque impiego gli venga assegnato secondo la regola, sia esso onorifico o sia umile. Anzi è tenuto il religioso ad abilitarsi, collo studio, colla diligenza e colla fatica, al servizio della congregazione, essendo fuori di dubbio che chi è obbligato al fine, resta pure obbligato a porre in opera i mezzi. E qui devi fare seria riflessione su te stesso. Poichè se passassi il tempo in ozio invece d´impiegarlo a renderti abile a servire la congregazione secondo lo spirito della regola, e se per pigrizia o per pusillanimità ti opponessi ad accettare le cariche che ti sono assegnate, tu peccheresti certamente.

La professione è promessa.

Sotto il secondo aspetto poi, cioè come promessa, la professione religiosa porta l´obbli gazione di aspirar e tendere efficacemente all´acquisto della perfezione. Così se un religioso deponesse l´animo di attendervi o non usasse alcuna diligenza per acquistarla, sarebbe, anche per ciò solo, in stato di peccato. Questo è il fine di ogni religioso, di tendere coll´affetto e coll´opera a perfezionarsi, per quanto è possibile in questa misera vita. Chi è obbligato al fine, è obbligato ai mezzi. E mezzi efficaci da praticarsi per adempiere questa obbligazione sono: una speciale mortificazione dei sensi e delle passioni disordinate, che, come fonte d´ogni peccato, si oppongono alla perfezione; un continuo esercizio delle virtù teologali e morali: l´assiduità all´orazione, ecc.; ed infine ed in un modo speciale l´osservanza delle regole dell´istituto. Coll´uso costante di questi mezzi tu adempirai l´obbligo di tendere alla perfezione.

Quando si pecca per non tendere alla perfezione.

Quali sono i casi in cui il religioso pecca mortalmente contro quest´obbligo di tendere alla perfezione? In tre casi, dice sant´Alfonso con tutti i dottori: 1) se trasgredisce le sue regole per disprezzo, cioè , o perchè le stima vane, o perchè non vuole a quelle sottomettersi: 2) se col suo esempio è causa di rilassamento alla comunità nell´osservanza religiosa; 3) se assolutamente determina di non far conto della perfezione. Pecca poi venialmente contro quest´obbligo quel religioso, che poi attende alla mortificazione delle passioni; chi non è sollecito all´orazione come gl´impone il dovere; che per leggera causa trasgredisce lt regole, e vive immemore dell´obbligo che ha di tendere alla perfezione medesima. Attenti dunque, o caro figliuol mio, e mettiti di proposito serissimo a voler tendere alla perfezione. E non solo sta´ attento a non voler peccare mortalmente, ma neppure venialmente Impegnati con tutte le forze a perfezionare te stesso.

Il religioso è di Gesù .

Bisogna che tu ben capisca, che quando una persona si è donata e consacrata a Die coi santi voti religiosi, non è più di se stessa ma di Gesù Cristo. Essa non ha più il potere di disporre di sè, ma appartiene al Signore, i quale ne potrà fare tutto quello che gli piace là per il suo divino servizio. Quando adunque tu pensi al tuo corpo, o consideri la tue anima, devi dire: queste mani, questi piedi questa lingua, questo corpo, il mio intelletto la mia volontà, la mia anima non appartengono più a me, ma a Dio. Io non ho più niente. Dio aveva detto a Mosè , riguardo ai leviti « Tu separerai i leviti dal resto dei figliuoli d´Israele e me li offrirai per renderli miei, e dedicarli al mio servizio. Essi pertanto serviranno nel tabernacolo: così tu li purificherai - me li consacrerai, poich´essi mi sono stati donati dai figli d´Israele» (Num. VIII, 13). Queste parole rivolte da Dio a Mosè riguardo ai leviti, han ben più for a ancora in riguardo dei religiosi, che si sono essi medesimi dati a Dio per mezzo dei santi voti. Perciò devono pensare seriamente a praticarli secondo che si sono essi stessi obbligati.

Bisogna osservare i voti.

« Fate dei voti al Signore vostro Dio, dice Davide, ma poi osservateli » [251]. « Se qualcuno fa voto al Signore di qualche cosa, dice Mosè , non manchi di sua parola; ma eseguisca tutto ciò che promise» [252]. Il profeta Isaia dice anche: « Essi faranno dei voti al Signore saranno solleciti ad adempirli » [253]. Così Davide dice di se stesso: « Io renderà al Signore quello di cui ho fatto voto » [254]. Bisogna che l´esecuzione dì questi voti sia esteriore ed interiore: esteriore, cioè che gli uomini vedano ch´essi sono eseguiti in tutta l´estensione della loro obbligazione; interiore poichè bisogna che l´esecuzione sia fatta coll´animo, e per spirito di virtù . Senza questo, e conviene notarlo bene, il voto non è voto, non è un atto di religione, nè per conseguenza un atto gradito a Dio e meritorio per l´uomo. Non vi ha dubbio che quando uno fa un voto, vuol fare un´azione che piaccia a sua Divina Maestà, un´azione meritoria e conseguentemente un´azione buona e virtuosa: poichè le azioni indifferenti non piacciono a Dio, e le cattive gli dispiacciono. Ma per rendere un´azione buona e darle una tinta di virtù , è assolutamente necessario che non solo essa sia buona e virtuosa in apparenza, e quindi nelle sue qualità esteriori, ma ch´ella lo sia nell´anima; cioè prodotta per motivo retto e con buone intenzioni, ciò che forma l´essenza della virtù . Perciò il religioso che osserva solo i suoi voti esteriormente, non fa un´azione virtuosa che piace a Dio, e che sia utile alla sua salute. E per conseguenza si può dire che non osserva debitamente i suoi voti e non adempie alle sue promesse. Mentre invece se li osserva di cuore, e collo scopo di virtù , e con le disposizioni interne dovute, egli adempirà adeguatamente i suoi voti, e piacerà a Dio, e farà il bene dell´anima sua.

 II religioso deve considerarsi come una vittima consacrata.

Il religioso emettendo i santi voti si rende un´ostia di lode a Dio, e per praticarli bisogna ch´egli viva in spirito di vittima, sull´esempio di Nostro Signore, del quale San Paolo dice, che essendo Sovrano Pontefice, si offerse egli stesso come vittima immacolata per essere sacrificata al suo Eterno Padre [255]. Ed in altro luogo: « Gesù Cristo ci ha chiamati, e per testimonianza dell´amor suo si è offerto per noi a suo Padre in odore di soavità» [256]. Egli fu in questa grande azione e il sacerdote e la vittima, l´offerente e l´oblazione, come dice Sant´Agostino. Or egli portò questa disposizione di vittima per tutta la sua vita, e fece tutte le sue azioni con questo spirito. Il religioso deve formarsi su questo eccellente modello; riguardarsi come una vittima consacrala coi suoi voti al servizio di Dio ed al suo more. Deve agire in vista di ciò , e fare tutte le sue opere con questa impressione e con questa intenzione di farsi ostia. Deve rendersi per amore, come fece Gesù , sacerdote e vittima. offrendo se stesso, sacrificando se stesso. Deve sacrificare a Dio i suoi pensieri, le sue opinioni, la sua volontà, i suoi desideri, i suoi piaceri, le sue comodità, e generalmente tutto, non facendo più niente che come una vittima destinata alla morte per la gloria di Dio e morendo attualmente a tutto, secondo la mistica parola di San Paolo: io muoio tutti i giorni: quotidie morior (7 Cor., XV, 31). Ecco come un religioso deve eseguire i suoi voti.

La professione è un impegno d´onore.

Per animarti fin d´ora ad osservar poi sempre e bene i tuoi voti, bisogna far molta considerazione a tre cose: 1) facendo i voti prometti e dai la tua parola, alla quale un uomo di virtù e d´onore non manca mai. Tu l´hai promesso affatto spontaneamente, nessuno ti ha forzato a farlo: bisogna dunque ora mantenere la promessa. Sant´Ambrogio parlando delle promesse battesimali dice cose che conviene riferire, applicandosi ancor più alle promesse fatte da noi coi santi voti. « Ricordatevi della parola data, dice egli; essa non vi passi mai dalla mente. Se voi aveste fatto per iscritto una promessa ad un uomo, sareste obbligati a mantenerla. E se voi mancaste egli potrebbe citarvi avanti al giudice, e là facendo vedere il vostro obbligo fatto in buona forma, sforzarvi a pagare. Considerate dove ed a chi avete promesso. La vostra promessa si conserva, se non qui, presso il Giudice divino. Voi siete obbligati di rinunziare al mondo, di osservare la povertà, la castità e l´obbedienza; ricordatevene e state attenti ad eseguire. Chi avesse promessa una somma di danaro, pensa continuamente al suo debito ed alla sua obbligazione. Voi avete promesso a Gesù la fede che è d´un prezzo ben maggiore. Voi vi siete obbligati ad osservare per amor suo dei voti; ricordatevi continuamente della vostra promessa, e soddisfate il vostro debito .

È un impegno con Dio.

2) Considera poi a chi si promise e si fecero i voti. Sebbene l´obbligazione di una promessa nasca essenzialmente dalla volontà di colui che si obbliga, tuttavia la qualità di colui cui la promessa è fatta, la renderà anche maggiore e più indispensabile. Mancar di parola ad un compagno è certo mancare al proprio dovere, e rende degno di biasimo. Mancar però di parola ad un re, è mancare ben più , è violare molto più gravemente il roprio dovere; poichè si deve ad un re più gran rispetto, e si deve avere ben più paura di offenderlo. Colui al quale il religioso fa i suoi od e dà la sua parola è Dio, la cui Maestà infinita. È Dio avanti a cui tutti i re della :erra non sono che atomi. Tu, religioso, pondera bene e giudica da questo come sia obbligato ad eseguirli.

Obbliga sotto pena di peccato.

3) Rifletti ancora sull´importanza della tua promessa e sulla eccellenza delle cose che hai promesso. Non dimenticarti che sei tenuto sotto pena di peccato mortale, della dannazione eterna, di soddisfarle. San Tommaso (2, 2, 9, 88) domanda se si può fare un voto a Dio che non obblighi sotto pena di peccato. E risponde che non si può : poichè, se dobbiamo attendere ad una promessa fatta ad un uomo, quando uno glie l´ha fatta, si è molto più obbligati di attenderla a Dio. È una specie d´infedeltà il mancarvi. Di più , quando si promette qualche cosa a Dio, gli si dà diritto sulla cosa promessa; in modo che dopo non gliela si può più togliere senza fargli un torto e senza offenderlo. Non sei obbligato a fare il voto: ma, dice il Signore, quando tu avrai fatto un voto a Dio non differirne l´esecuzione, perchè Iddio te lo domanderà come una cosa che gli appartiene, altrimenti te la imputerà a peccato [257]. Il Savio dice nel medesimo senso: essendo il voto una promessa fatta a Dio non si deve assolutamente mancare di eseguirla: dispiacendogli moltissimo anche il semplice ritardo, che riguarda come colpa d´infedeltà [258]. Iddio non costringe alcuno al voto; ma quando si è già fatto, non si può ad esso contavvenire in verun modo senza commettere peccato. Meglio è dunque, conchiude il Savio, non obbligarsi con alcun voto, che dopo essersi obbligati non eseguirlo [259].

Parla qui il Savio delle semplici promesse che a guisa di voto si fanno a Dio. E se queste già vengono da lui riguardate con occhio di abbominazione, imputando a grave colpa qualora non si osservino, quanto maggior male sarà la trasgressione dei voti di povertà, di castità e di obbedienza, che i religiosi fanno ai piedi degli altari, obbligandosi avanti a Dio di osservarli fedelmente? Il religioso non la dunque debito più stretto nè più sacrosanto dell´osservanza esatta di questi tre voti, u pertanto pensaci seriamente: nessuno ti costringe e nessuno ti spinge a farli; ma se li ´ai prendi tutti i mezzi necessari ed opportuni per eseguirli poi sempre. Sii disposto, se occorresse, a sudar sangue per lo sforzo che dovessi fare nel praticarli.

La trasgressione dei voti è un furto a Dio.

Il peccato che si commette nella trasgressione dei voti è mortale in se stesso, e non vi è che l´inconsiderazione o la piccolezza della cosa, che lo scusi e lo renda veniale. Tutti i dottori s´accordano nel dire che rubare uni somma vistosa ad un uomo è peccato mortale meritevole per sempre della privazione del paradiso, e delle fiamme dell´inferno. Stand così le cose chi può dubitare, che il togliere a Dio i beni che gli sono stati promessi col voto di povertà, che rubargli il proprio corpo la propria anima, incomparabilmente più preziosa che tutto l´argento e l´oro del mondo, e che furono consacrati col voto di castità e di obbedienza al suo servizio e alla sua gloria non sia un peccato ben più grave, un ladrocinio, un sacrilegio, e che merita le fiammi più . orribili, tormentose e più rigorose dell´inferno? Tormento che deve gettare lo spavento nell´anima del religioso e stornarlo dal commettere sì gran fallo! Procura dunque d osservare perfettamente i tuoi voti, sia nel tuo interno che nell´esterno, in modo da poter dire con Davide: Io compirà esattamente ed alla presenza di tutto il mondo i voti che io ho fatti al Signore: vota mea Domino reddam coram omni populo eius ( Salm,CXV,14)

Considerazioni a chi è poco osservante dei voti.

E quando fossi caduto in qualche inosservanza dei voti, ti metterai davanti agli occhi a sublimità della condizione a cui t´aveva chiamato il Signore, la santità del luogo dove il Signore ti mise, la consacrazione del tuo corpo e della tua anima e di tutta la persona al servizio di Dio, l´abbondanza di grazia e a moltitudine dei mezzi che Dio ti diede per vivere bene e per compiere bene i tuoi voti; poi la tua sconoscenza e ingratitudine, e abisso in cui sei precipitato mancandovi. E col paragone dell´altezza da cui sei caduto, la profondità del precipizio in cui ti trovi, considererai la grandezza dei tuoi mancamenti. Sì, dice San Girolamo, serve molto a farci capire l´abisso del male che abbiamo fatto ad accrescerne il dolore, il misurare l´altezza da cui siam caduti. È utilissimo al religioso che si è rilassato nella pratica e nell´osservanza dei voti, per raffrenarsi e per riprendere un nuovo coraggio, di riguardare in se tempio di Dio, cioè il suo corpo e la sua nima consacrati al culto ed alla gloria di sua divina Maestà; di vedere la grandezza dei benefizi e delle grazie che Iddio gli fece in religione, per concepire confusione delle mancanze commesse, per averne il cuore tutto ripieno di dolore e di pentimento, e per prendere una risoluzione ferma di correggersi e di vivere d´ora in avanti con più vigilanza e con maggior esattezza. Per questo giova ripetere sovente a se stesso quanto ci insegna San Paolo; ammaestramento ben appropriato al religioso ed opportuno a noi tutti: « La terra che è innaffiata dalle piogge del cielo, che non è ingrata, e che produce erba buona per colui che l´ha coltivata, merita che le benedizioni del cielo si moltiplichino sopra di lei, e che essa produca di più in più . Ma quella che, per innaffiata che sia, non rende che dei cardi e delle spine, è degna di maledizione e d´essere abbandonata: essa merita che il fuoco la bruci e la consumi » . Gioverà ancora che il religioso si rappresenti la ficaia del Vangelo. Dopo d´averla coltivata con cura, e concimata tre o quattro volte, il padrone vedendo che non portava frutti non ne ebbe più cura, anzi le mise la scure alla radice per atterrarla. Ricordati e temi nello stesso tempo il castigo di Anania e di Zaffira. i quali, per aver ritenuto una parte dei beni che avevano votato a Dio, furono puniti con la morte istantanea per le parole di San Pietro: « Perchè , o Anania, ti sei lasciato indurre da Satana a mentire? Prima di promettere, e dopi´ d´aver venduto le tue terre potevi ben farne quel che volevi. Ma dopo che l´hai promesso a Dio perchè non hai dato tutto?» Così io dico a te: Pensa molto prima di fare i voti: ma quando li avrai fatti sappi che devi eseguirli completamente, del resto lira di Dio sarà sopra di te.

 
Capo VIII DELLE OBBLIGAZIONI SPECIALI DEI TRE VOTI

Conviene ora esaminare attentamente quali sono le obbligazioni specificate che ci provengono da ciascun voto in particolare.

1) Del voto di povertà.

Il voto dì povertà consiste nel promettere a Dio di rinunziare effettivamente alle ricchezze, e nel distaccare il cuore dalle medesime: e ciò per amore del bene eterno che è Dio. Con questo voto pertanto il religioso rinuncia ai beni terreni, di qualunque sorta essi  siano. Vi son però più gradi di povertà religiosa; e questi diversi gradi fan sì che vi -lano varie sorta di voti religiosi. Il più perfetto di questi è quello pel quale uno minuzia assolutamente a tutto quello che possiede, e ad ogni diritto di possedere. Con questo voto il religioso professo è reso inabile a ricevere, ad acquistare, a rivendicare, a fare insomma atto qualunque di proprietà, come se già avesse abbandonato questo mondo. Questo è l´effetto che produce nel religioso quel che dicesi voto solenne di povertà. Benchè la legge civile non riconosca più questa incapacità di possedere nel religioso, ciò non pertanto essa non può impedirlo. I voti solenni sono validi innanzi a Dio perchè definitivamente sanzionati dalla Chiesa, unica che abbia potere in queste cose, essendo il voto religioso un atto affatto spirituale, nella sua essenza.

Il voto semplice di povertà.

I voti semplici non rendono il religioso inabile a possedere: solo ne limitano la facoltà. Inoltre per questi religiosi che non emettono i voti solenni, vi sono molte differenze nel voto di povertà, riguardo all´estensione della loro obbligazione. Questa è chiaramente determinata dalle regole, ossia costituzioni, di ciascuna congregazione religiosa. Dette costituzioni di ciascun istituto religioso determinano appunto il grado in cui si spoglia il religioso che vi si obbliga. La Chiesa approvo tutti questi gradi, perchè tutti sono santi e santificanti, ed al certo compresi nel consiglio dato dal Salvatore. Il minimo di essi mette già l´uomo in uno stato incomparabilmente più elevato di quello dei proprietari, chiunque siano, quando anche fossero prodighi nelle loro limosine. San Tommaso l´insegna e lo prova asserendo che il merito del religioso, quanto alla limosina sorpassa quello dei secolari, come ciò che è universale sorpassa in estensione ciò che è solamente particolare, e come l´olocausto sorpassa gli altri sacrifizi.

Il voto di povertà secondo le nostre costituzioni.

Secondo le nostre Costituzioni il voto di povertà riguarda l´amministrazione di qualsivoglia cosa, non già il possesso. Perciò i protessi nella nostra società potranno ritenere il dominio radicale, come si dice, dei loro beni: ma ne è loro interamente proibita l´amministrazione, come pure la distribuzione e l´uso delle rendite. Tutto questo si dovrà pure teiere riguardo a quei beni che loro perverrano a titolo di eredità, dopo fatta la professione. Le nostre costituzioni prescrivono inoltre he qualunque cosa i professi avessero acquistato, o con la propria industria o in vista del. società, non si possa attribuire o ritenere per sè, ma il tutto si debba rifonder tra i beni della comunità, a comune vantaggio della società. Per questo voto, continuano a dire le costituzioni, ciascuno è obbligato a tenere la propria celletta nella massima semplicità, e studiarsi con tutte le sue forze di ornare il cuore di virtù e non le pareti della camera.Niuno, nè entro nè fuori della congregazione, può tener denaro presso di sè, o presso altri, per qualsiasi ragione. I soci poi seguiranno la vita per ogni rispetto comune riguardo al vitto ed alle vesti; nè alcuno può ritenere per sè veruna cosa senza particolare permesso del superiore. Queste sono le cose essenziali, che secondo il capo III delle nostre costituzioni, si richiedono per l´osservanza del voto di povertà. Questo voto da noi, come si vede, è di abbastanza facile esecuzione. Ma siccome restringe manifestamente in molte cose l´esercizio naturale del diritto di proprietà, che è la libera ed intera disposizione di quanto uno possiede, così inchiude una vera immolazione, sicchè costituisce il socio nello stato religioso.

Le trasgressioni del voto di povertà.

Qui tuttavia giova notare che i teologi d´accordo asseriscono il voto di povertà esser quello che più degli altri è trasgredito dai religiosi. Perciò quanto più per noi esso è largo e di facile esecuzione, come quello che permette molte cose, tanto più tu devi stare attento a praticare esattamente quelle poche cose che esso prescrive. Si deve ritenere qui per regola fondamentale, che uno pecca contro il voto ogni qual volta trasgredisce uno dei punti sopra notati. Perciò anzitutto chi ha fatto questo voto non può tenere danaro, e, senza il consenso del suo superiore, non può più disporre dei beni di cui non ha regolato l´uso prima della sua professione. Perciò pecca chi senza il consenso del superiore, tiene danaro o dispone di beni. Se pertanto ti si offre l’occasione di usare in fatto della proprietà, da te tenuta in diritto, esponi, se credi, le tue idee, dichiara anche all´uopo i propri desideri, li puoi anche appoggiare con buone ragioni, perorare discretamente ed umilmente la causa tenuta da te o per più vera o per migliore: ma non disporre assolutamente nulla di propria volontà.

La virtù perfezione del voto.

Credo poi conveniente inculcarti, che giacchè ci è concessa assai larghezza del nostro cto, agiresti saggiamente rifacendoti dal lato della virtù . Dappoichè in diritto siamo meno spogliati di quello che non sono quelli che emettono i voti solenni, in fatto procuriamo ti essere più distaccati. Conviene anche che pensi il meno che puoi ai tuoi beni, in quanto I te ne resta la proprietà. E, venuto il momento d´occupartene, renditi di tanto più docile alle decisioni dei superiori, in quanto che essi hanno minor libertà di intimartele. Nota poi bene che nelle costituzioni è detto, in forza di questo voto come lo facciamo noi, ciascun socio può ritenere il dominio. Ciò non toglie che uno possa anche disfarsene spogliandosi di tutto. È certo che chi sente di spogliarsi di tutto si fa maggior merito. Ed io ti consiglio ad essere interamente generoso, ed a spogliartene effettivamente, se sei nell´età conveniente e nelle circostanze di poterlo fare. E se non hai l´età maggiorenne, od hai ancora i genitori, puoi da te stesso promettere seriamente al Signore di volerti spogliare di tutto, appena l´età o le circostanze lo permetteranno.

Gravità delle trasgressioni.

Sebbene, come ti dissi, ogni trasgressione di voto sia peccato, non sempre essa arriva ad essere peccato mortale. Qui, come dappertutto, perchè il peccato arrivi ad essere mortale è necessario vi sia materia grave, piena conoscenza e pieno consenso. Riguardo alla materia grave è da ritenere che, essendo d´altra parte tutte le cose uguali, chi s´impossessa di un oggetto per usarlo soltanto, non pecca come se lo prendesse per appropriarselo. Chi si appropria qualche cosa necessaria, non commette la stessa colpa che commetterebbe se facesse sua qualche cosa superflua. Chi dona, o impresta ad uno di fuori, è più reo di chi impresta o dona ad un membro della comuni Riguardo poi alla entità della materia per fare peccato mortale, è regola generalmente ammessa, che, quello che riguardo al furto ´ormerebbe materia grave, è pure peccato mortele se in religione uno lo pigliasse senza verne avuta facoltà. Notano poi che qui si ommette in più altro peccato per la trasgressione del voto. Qui ancora è da notare che, -ebbene le nostre regole non obblighino, per -e sotto pena di peccato nè mortale nè veniale, quando vi è qua e là una regola che prescrive o proibisce qualche cosa che cada sotto il voto, per colui che manca a quanto è da essa regola prescritto, commette un realissimo peccato, non già, ben inteso, per motivo della regola, ma per cagione del voto col quale esso si è obbligato. Poichè, quando succede che una regola religiosa comanda un punto di morale, già comandato dalla legge naturale, divina od ecclesiastica, è chiaro che non potremmo mancare a questo punto senza peccare. Non è già, ripeto, per ragione della regola considerata in sè, ma per cagione della trasgressione della legge che si stima opportuno richiamar a memoria nella regola.

Altri obblighi del voto di povertà.

Per ragioni del voto di povertà, non solo, secondo che è notato espressamente nelle nostre costituzioni, si è reso illecita l´amministrazione dei propri beni e il goderne l´uso e l´usufrutto, ma anche tre altre cose, cioè il dare, il ricevere, il ritenere ad uso proprio tose temporali, anche piccole, di propria autorità, senza licenza dei superiori. Oltre a questo, il voto di povertà obbliga ancora a menare una vita povera, e a non far spese sconvenienti alla povertà professata. E però si deve bandire il superfluo sia nella quantità, sia nella qualità delle cose di uso, cosicchè queste devono essere semplici ed indicanti la povertà. Povertà e superfluità sono cose che non possono andare insieme. Cose superflue nella quantità, si reputano quelle non necessarie al religioso, nè come individuo, nè come convenienti al suo grado. E da ammettersi la necessità adatta alla convenienza del grado, perchè quello che è superfluo per un laico, può essere conveniente ad un prete; quello che è superfluo ad un inferiore, può essere conveniente ad un superiore. Sono superflue nella loro qualità tutte quelle cose che hanno del signorile; come sarebbe mobili di valore, vestiti e panni ricercati, biancherie fini e simili. Ma almeno con licenza dei superiori si potranno lecitamente avere e tenere cose superflue? No. Il Superiore non ha alcuna autorità di accordare il superfluo sia nella quantità, sia nella qualità, perchè il superfluo ripugna alla povertà professata, da cui nessun superiore può dispensare.

In quanti modi si pecchi contro il voto di povertà.

Vediamo ora in quanti modi si pecchi contro il voto di povertà. In tre modi il religioso può peccare: male acquistando; mal ritenendo; male usando. Male acquistando: se senza licenza riceve per sè roba o danari in dono, i in prestito, tanto da persone estranee, quanto da confratelli. Solo è da notare che quando si tratta di cose minute, vi è la ccnsuetudine di poterlo fare perchè sogliono i superiori darne licenza. Pecca pure se senza licenza si provvede da sè alcuna cosa, ancorche conveniente; e quando, senza licenza, si appropria cose della casa. Mal ritenendo: senza licenza dei superiori, ritiene danari o roba, tanto presso di sè quanto presso di altre tersone; se, avendone ricevuta licenza, la tiene come cosa propria; se ritiene cose vane o superflue. Male usando: se, senza licenza, dà regala roba o danari, o suoi o della casa e senza licenza impresta, permuta o vende roba sua o della casa, sia dentro sia fuori della congregazione; se, sempre senza licenza, condona o rilascia ciò che gli è dovuto; se, ottenuta licenza di dare alcuna cosa ad una persona, o di servirsi esso stesso di quella cosa per qualche determinato uso, ne dà un´altra o ne fa un altro uso: se spende in cose vane, sconvenienti o superflue; se ha poca curii della roba di casa, o di suo uso, consumandola indiscretamente, o lasciandola per negligenza andare a male, smarrire, ecc. E si noti che in quanti modi si pecca con l´opera, si può peccare col pensiero, desiderando, compiacendosi, ecc.. E’da evitare accuratamente uno scoglio: questo riguarda i propri parenti.

Essi potrebbero essere poveri e bisognosi; e potrebbero servirci di grande tentazione di mancare alla povertà da noi professata, per soccorrerli. Devi notare assolutamente che senza il permesso dei legittimi superiori, non lo puoi fare. Non ti è vietato tuttavia di ricorrere ai superiori a questo riguardo, quando conoscessi che la necessità è proprio reale.  E se tu stesso avessi qualche grado di superiorità, e avessi dai superiori maggiori facoltà di soccorrere indigenti? Allora potrai serviti di questa facoltà; ma solo come faresti in simili circostanze per altri. Vigila su questi, punto su te stesso, perchè , poste circostanzi difficili pei tuoi, è tanto facile che la pietà fdiale ti faccia eccedere e ti procuri poi un ragionevole imbroglio di coscienza.

 Alcune osservazioni.

Son da notare ancora alcune cose. Per chi spesso senza licenza riceve o dona o consuma piccole cose, la materia col moltiplicarsi delle volte si fa grave. Si pecca quando si nasconde alcuna cosa, perchè il superiore non la veda e non la tolga. O quando, perchè non si trovi, si mette in mano a terze persone. Pecca chi con querele impedisce che il superiore esiga la cosa concessa, o se quando il superiore esige, il religioso si lamenta come d´ingiustizia. Non è sufficiente, a far evitare il peccato, la licenza del superiore strappata con frode; come sarebbe se uno tacesse al medesimo ciò che, se fosse noto, non la concederebbe. Il religioso che ha arrecato qualche danno alla congregazione indebitamente donando, consumando ecc. ecc., è tenuto a rifare .1 danno, e ciò in tutti i modi a lui possibili.

2) Del voto di castità.

Il peccato che fece cadere dall´originale innocenza il nostro progenitore Adamo, fra gli litri danni cagionati all´uomo, gli ribellò la carne contro lo spirito, facendolo divenire miseramente schiavo dei suoi scorretti appetiti. Volendo il divin Redentore porger riparo a tal disordine, propagato in tutta la sventurata discendenza di lui, obbligò tutti i suoi seguaci ad assoggettare la carne allo spirito, impegnandoli per mezzo di un voto fatto nell´incorporarli col santo battesimo al grembo della Chiesa, a non più seguirne i pravi desideri. Il voto di castità, che il Religioso emette nella sua professione, altro non è che una solenne rinnovazione di questa promessa, alla cui osservanza già egli era tenuto come cristiano, anche nella condizione di secolare, aggiungendovi il solo debito d´osservarla perfettamente. Ma il Signor Nostro Gesù Cristo nel santo Vangelo, oltre questo grado di virtù, di tener cioè in freno la concupiscenza in modo da non fare peccati impuri, necessario ad ogni cristiano per esser veramente tale, consigliò ancora un grado più eccellente, ossia un modo anche più sublime di conservare la castità. Consiste esso nel ripudiare volontariamente, per amor di Dio, anche a quei diletti dei quali si potrebbe usare sobriamente in istati meno santi, come sarebbe lo stato matrimoniale. Questo è quello che forma lo stato di castità perfetta, la quale, se si è sempre custodita, costituisce quella santa verginità, che è come la perla preziosa della nuova alleanza, e vi forma il più sublime legame dell´umanità con Dio. Perciò vediamo che tutti i discepoli del Divin Maestro la lodarono, l´esaltarono, la predilessero, e che lungo i secoli molti fra loro le si consacrarono per tutta la vita. Ma chiunque ha compreso il tesoro nascosto in questa virtù , prova il bisogno di porlo sotto una buona custodia: e qual miglior custodia di un voto? Se il voto è già di tanta convenienza per separare l´anima dai beni esteriori, quanto più verrà a proposito per difenderla contro le istigazioni e ribellioni della carne! È necessario qui un muro, e un muro infrangibile. Perciò l´anima cristiana ne pone il fondamento fuori del tempo, e mette sul proprio sacrificio come un suggello inviolabile. Si dà per sempre a colui che sempre è . Mentre poi abbandona i propri beni facendosi povero con voto, col far voto di castità comincia ad abbandonare se stesso. L´offerta è dunque migliore, più degna di Dio, ed eternamente più proficua all´anima.Tutti i religiosi fanno cotesto voto, nè sono religiosi se non a patto di farlo; esso è la loro sicurezza, è il loro onore!

Suoi obblighi.

Chi pertanto emette il voto di castità in religione, si obbliga con voto a vivere per sempre in perfetta continenza, cioè a non mai unirsi in matrimonio. Si obbliga anche con voto ad evitare ogni atto già proibito dal sesto e dal nono comandamento di Dio. Perciò ogni peccato contro la virtù della castità, è pure peccato contro il voto; perchè qui l´oggetto della virtù e del voto è il medesimo, frutto quello pertanto che si dice della castità, vale anche del voto. E tu sta´ bene vigilante su te stesso, perchè è in questo punto che ogni mancanza volontaria è anche contro il voto, e Perciò forma doppio peccato. Se, in virtù della consacrazione fatta di se stesso nel santo battesimo, non solo è illecito ad un semplice cristiano di profanare il suo corpo con qualsiasi immondezza, ed è altresì obbligato a custodirlo illibato e puro, assai più stretto convien dire che sia un tal debito nella persona d´un religioso, e come cristiano e come vincolato da un voto speciale. Egli dunque molto più di un secolare deve considerarsi cerne una persona sacra, un uomo tutto spirituale, tutto celeste e divino, le membra del cui corpo non son più sue ina di Gesù Cristo, come dice l´apostolo San Paolo. Di modo che non solo qualunque cosa direttamente impura è di sacrilegio e un oltraggio che si fa allo stesso corpo di Gesù Cristo, ma è anche un profanare la consacrazione che abbiamo fatta del nostro corpo a Gesù benedetto. È un oltraggiare la santità della consacrazione che abbiamo fatta del nostro corpo, il voler compiacere i sensi nelle loro indebite richieste, il pascere di profane immagini la fantasia, od il tenere il cuore occupato nei carnali desideri.

 La purità in un religioso.

Parliamo più chiaro ancora. La purità di un religioso non deve restringersi ad evitare soltanto quei disordini che sono apertamente vergognosi. Ma egli deve inoltre tenere ben custodito il suo cuore da qualunque disordinata inclinazione. Deve tenersi lontano da quegli oggetti, dietro ai quali ne vengano delle ree compiacenze; deve serbare immune la mente da laidi fantasmi ed immondi pensieri. Che anzi la purità di lui non dev´essere comune a quella del rimanente degli uomini. Poichè, essendosi egli consacrato a Dio col voto di perpetua castità, s´è obbligato a conservargli, in una maniera anche più speciale, illibato il corpo, illibati i sensi, ed illibato il cuore, di modo che tutto dev´essere illibato e puro. Ogni discorso Perciò alquanto lubrico, ogni motto scorretto, ogni parola men che onesta, ogni occhiata maliziosa, ogni affetto anche per poco sregolato, offendono la santità di questo voto, e contaminano la purezza d´un cuore consacrato a Dio. In una parola tutto ciò che ha del profano macchia e scolora la candidezza di un giglio così delicato qual è la castità. È necessario pertanto che il religioso sia casto non solo di corpo, ma ancor di spirito, nel quale principalmente questa virtù far deve la sua residenza. Quindi è che tutti i Santi Padri dicono generalmente la purità dei Religiosi dover essere angelica, sia simile cioè a quella degli angeli, i quali, essendo puri spiriti, sono per conseguenza immuni da ogni carnale sordidezza.

Ond´è ancora che quelli i quali sono perfettamente casti, vengono meritamente rassomigliati agli angeli del paradiso. Oltre di che un religioso professo non è solamente obbligato ad esser casto di corpo e di spirito, ma deve comparire anche tede agli occhi degli uomini, tenendo da sè lontano tutto quello che potrebbe cagionare nell´altrui mente anche il minimo sospetto di non esser tale. I secolari in niente altro forse considerano con particolar attenzione il religioso, quanto nella castità. Quindi è che essi ne esaminano ogni andamento, ogni proposizione, ogni parola, ogni inclinazione, e perfino ogni occhiata, per venire in cognizione di ogni tendenza dell´anima di lui. E per poco che ne scorgano lubrico il parlare, irregolare il portamento, non sospendono certo i loro sinistri giudizi, sempre svantaggiosi al decoro del santo voto, ritenendolo da lui, o conculcato, o facile per lo meno a conculcarsi. Se pertanto in tutto il corso di questo mio Vade Mecum, mi sono, figliuol mio, adoperato d´inculcarti colla maggior premura ogni riguardo nella condotta del tuo vivere religioso, in questa materia che è la più delicata e gelosa, ti consiglio soprattutto ad essere sommamente circospetto e attento. Ondai tuoi andamenti, dai tuoi discorsi nessuno possa congetturare d´aver tu un cuore impuro.

 Il motivo per cui devi essere tanto riguardato in queste cose è questo: ogni atto impuro, quando è direttamente e per sè volontario, non ammette mai parvità di materia. Ogni discorso osceno, ogni compiacenza, ogni desiderio che venga volontariamente coltivato, ferisce mortalmente l´anima. Una somma diligenza pertanto ti è d´uopo adoperare affine di preservarti immune da una colpa, di cui non ve n´ha un´altra, per un religioso, così deforme, e che lo renda abbominevole innanzi a Dio. La castità è un giglio, ma troppo facile ad essere offuscato, se non tengasi ben custodito. Ella è un fiore, quanto gentile altrettanto facile ad illanguidire e perdere il suo bel candore, se non si tenga ben riparato dagli ardori di tutto ciò che può accendere il fuoco della concupiscenza. È un tesoro assai ricco, ma facile ad esser rapito, se non si custodisca ben chiuso e riguardato.

3) Del voto di ubbidienza. È il più importante.

Poco darebbe a Dio il religioso che nella sua professione si contentasse di sacrificargli soltanto i beni terreni ed il proprio corpo, coi voti di povertà volontaria e di castità perpetua. Sarebbe questo un sacrifizio dimezzato, riservando per sè la miglior porzione di quel che possiede. Non è gran fatto, dice San Gregorio Magno, il rinunciare a ciò che si ha: ma è gran sacrifizio il lasciare ciò che si è : al primo non si richiede gran fatica, ma molto malagevole è il secondo [260]. La cosa che all´uomo è più amabile e cara è la libertà del suo volere, non si può negare. E questo appunto è quello che deve raggiungere il religioso per compimento del sacrifizio di se stesso, che egli fa al Signore nella sua professione; vale a dire sacrificare per amor suo la propria volontà, con sottometterla all´ubbidienza. Allora può egli giustamente dire non aver filtro da donargli, avendogli donati insieme coi frutti anche la pianta. La necessità che egli ha di legarsi nella sua professione con questo voto di ubbidienza, vien proposta dal medesimo Redentore. Egli ci fa sapere che ad essere suo discepolo, e per camminar dietro le sue orme, è indispensabile rinnegare la propria volontà [261]. Or dovendo il religioso per obbligo preciso del suo stato camminar le vie del Signore, che sono vie di perfezione, gli è d´uopo rinnegar in molte cose la propria volontà. Questa essendo per se stessa scorretta, deve essere ne´ suoi atti raffrenata, affinchè operi sempre con merito e con sicurezza di non errare. Un tal freno è l´ubbidienza, ch´egli deve quindi riguardare come guida di tutte le sue operazioni.

Sua essenza ed estensione.

Il voto di obbedienza pertanto: è una solenne promessa che si fa a Dio di abbandonare il proprio volere e di sottometterlo a quello del superiore, per ubbidirlo in tutto ciò che comanderà o proibirà, consentaneamente alle regole del proprio Istituto. Il comando del superiore poi è sempre conforme alle regole ogni qualvolta riguarda cose che in essa regola si contengono, o espressamente o implicitamente. E implicitamente si contengono tutte quelle cose che vengono ad essere come mezzi necessari o anche solo utili a preservar dai peccati, ad impedire scandali, e a mantenere l´osservanza di quelle stesse pratiche espressamente indicate dalle regole. E’ proprietà della legge che, prescrivendo una cosa, implicitamente ordini anche ciò che può giuncarsi espediente per ben osservarla. In vigore pertanto del voto di ubbidienza il religioso deve essere totalmente distaccato dalla propria volontà, in guisa tale che non gli è più lecito, nelle cose relative all´obbedienza, nè il voglio, nè il non voglio; essendo strettamente tenuto a sottomettersi ad ogni disposizione di chi ha l´autorità di comandargli.

Come si trasgredisca.

Veramente per commettere un grave peccato di disubbidienza si richiede il comando espresso del superiore, e che questo riguardi una cosa grave. Ma anche in altri modi si può mancare alla sostanza di questo voto. E sarebbe o quando il religioso, adducendo falsi pretesti, si esentasse dall´esecuzione del comando; o quando contraddicesse, con manifesta ripugnanza e con modi impropri, all´obbedienza; o quando, per esentarsene, interponesse la mediazione di autorevoli intercessori. Ed in maniera più grave ancora peccherebbe, se il mediatore fosse secolare; come se per esempio, per non essere cambiato di casa, parlasse con gli esterni in modo che essi si unissero a far petizione ai superiori perchè non venga cambiato. Ad essere pertanto immune da ogni trasgressione, è d´uopo che il Religioso sia spogliato della propria volontà. Questa deve essere in tutto e per tutto rassegnata a qualunque disposizione di coloro, cui fu post» da Dio il comando in mano; purchè la cosa ingiunta non sia nè contro la regola, nè contro i comandamenti. E se il superiore comandasse cose non conformi al proprio istituto? I teologi, dietro la scorta di San Bernardo, osservano che il comando del superiore può essere o secondo la regola, o contro, ovvero sopra, o al di sotto della medesima. Ciò posto, o la cosa comandata è secondo la regola e il suddito è tenuto ad obbedire; o è contro la regola, e il suddito deve scusarsi modestamente e ricusar di obbedire. Che se il comando è sopra la regola, cioè di cosa che aggravi o oltrepassi lo statuto o lo spirito della regola, ovvero al di sotto della regola, cioè di cosa inutile o meno decente, il suddito può non obbedire. Ma se obbedisce, l´ubbidienza sarà di maggior perfezione, e non già indotta dal voto. Qui però è da notarsi che se il superiore, er esempio, per placare lo sdegno di Dio in qualche pubblica calamità, ordinasse un´insolita penitenza, o la imponesse per pena a qualche delinquente, si dovrebbe obbedire, reputandosi ciò virtualmente contenuto nelle regole come i teologi insegnano. E quando si fosse nel dubbio, se cioè si dubitasse se l´autorità del superiore si estenda o no alla cosa da comandata? Si deve obbedire, perchè il superiore è in possesso certo del diritto di comandare, del qual diritto non può essere spogliato per le dubbiezze dei sudditi. Così insegnano San Tommaso e Sant´Alfonso.

Quando si pecchi mortalmente contro questo voto.

Che cosa si richiede perchè il comando del superiore obblighi sotto pena di peccato mortale? Per peccare mortalmente di disubbidienza si richiedono due cose: la prima che la cosa comandata sia di materia grave, non essendovi legge che obblighi gravemente per cose leggere; la seconda, che la cosa sia comandata con tali termini e con tale energia, che dia a divedere la gravezza dello stesso comando e della rispettiva obbligazione. Si può tuttavia peccare gravemente contro l´obbedienza, col non voler eseguire una cosa anche non comandata formalmente, quando vi intervenga il disprezzo. Il caso sarebbe se il sudditi non volesse fare quella cosa appunto perchè comandata dal superiore, ovvero se in eh volesse far conoscere che egli non fa conto dei suoi ordini, o se sì ridesse del suo comando della stessa sua persona, o se rispondesse arditamente, per esempio così: « Non voglio obbedire » .

In questi casi vi interverrebbe il disprezzo del superiore e dell´autorità, il che difficilmente va esente da colpa grave. Queste sono le obbligazioni che provengono dai santi voti e le circostanze in cui trasgredendoli si commetterebbe peccato mortale. Ma tu procura A non contentarti d´evitare il peccato mortale ma sii ben deciso di voler evitare anche i veniale, per quanto puoi. Perciò evita persino le piccole trasgressioni e le piccole mancanze. Anzi, non stare a lesinare col superiore, e discutere tra te e te se una cosa è vera mancanza o no, per vedere se l´hai da fare o se la devi lasciare. Mostrati col Signore di cuor generoso; non voler solo fuggire il peccato, ma pratica la virtù , e poggia alto nella virtù medesima. Così ti attirerai le benedizioni del Signore, proponendo in te continue ascensioni nelle virtù , e ti procurerai un po-to molto elevato in cielo.

 


[1] Mi servii specialmente di S. AJuFonso, Opuscoli relativi allo Stato Religioso e La Monaca Santa; di S. Francesco di Sales, Trattenimenti Spirituali; di S. Bonaventura, Specchio della Disciplina e Istruzione dei Novizi; del P. Gaspare da Montesanto, Il novello Religioso Francescano; del Cormier, Istruzione ai novizi Domenicani; del P. Sawt-Jure, L´Homme Religieux; di Mona. Gay, Della vita e delle virtù cristiane nello stalo Religioso; del Leguay, La via della perfezione nello stato Religioso; del Sani, Catechismo di Perfezione; dello Scaramelli, Direttorio Ascetico; del P. Lancizio; del Petit lime des novices; del Gautrelet; del Maignin; del Cotel; del Berthier; nonchè del Buix; del Narvegna; del Battandier; del Ferraris; del Wermersb; del Piati Montani, e di vari altri.

[2] « Si vis perlectus esse, vade, vende quae habes, et da pauperibus... et veni, secrnere me »(Matteo, XTX. 21).

[3] Ego ero merces tua magna nimis (Gen XV, 1).

[4] »Aceipe puerum iBtum et nutrì mini: ego dato tibi mercedem tnam »(Esodo, II, 9).

[5] « Sinite parvulos venire ad me, et ne prohibUeTitis eoa, talium enim est regnimi Dei » (Marco, X, 14). Amen dico vobis: Quamdiu lecistis uni ex bis fratribus meis minimis, miai fecistis ‚ñ† (Matteo, XXV, 40).

[6] « Adolescena iuxta viam suam, etiam cura senuerit, non recedet ab e» (Prov., XXII, 6). Ossa eins {mplebtmtnr vitiìs  adolescenfciae cius » {Qiobbr, XX, 11).

[7] « Qui ad lustitlam erudiunt multos, fulgebunt quasi stellae in perpetuas aeternitates > (Daw., XII, 3).

 

[8] « Qui fecerit et doouerit, liic magnus vooaMtar In regno caelorum ‚(Matteo, V, 19).

[9] « Meb´or est dies una in atriis tuis super millia » Salmi, LXXXIII).

[10] « Beati qui habitant in domo tua, Domine.

[11] « Quam dilecta tabernacnla tua, Domine vir"ntnm. Concupiacit et deficit anima mea in atria Domini

[12] « Venerunt mini omnia "bona parìter cum Illa » Sap., VII, 11

[13] Cantemus Domino: gloriose enim magniflcatus est... Fortitudo mea, et laus mea Dominila, et tastila est mini in sahitem: iste Deus meus, et glorificabo eum; Deus patris mei, et exaltabo eum » (Esodo, XV, 1-2).

[14]Incipientibus praemium promittitur, persel’Erantibus autem datur » .

[15] « Multi sunt vocati, pauci vero eleoti ,(MATTEO, XXII, 14).

[16] « Ex vobis vimis diabolus est  (Giov., VII, 71).

[17]Magna est super nos, magna valde misericordia Dei nostri, quos tam ineffabili spiritus sui virtute, tam inaestimabili dono grratiae suae     eripuit de vana nostra oonversatione buius saeouli » (Serro., 27.De divere. n. 1).

[18] « Fratres, magis satagite ut per bona opera certam vestram vocationem et electionem faciatls haec enim facientes, non peccabitis aliquando » (Pietro, Bp. II, 1, 10).

[19] « Si quis putat se relìgiosum esse, non refponans linguam  suam..., huius vana est religio » (I, 26)

[20]« Porro unum est necesaarium » (Luca, X, 42).

[21] « Quid prodest homlni, si mundum universum lucretur, animae vero suae detrimentum patiatur? (Matteo, XVI, 26).

[22] « Pone, Domine, custodiam ori meo. et ostinm circumstantiae labiis meis. Non declines cor menni in verba malitiae ‚(Salmi, CXL, 3-4).

[23] « Quam terribilis est locus iste! Non est hic » liud nisi domus Dei et porta caeli » {Oen., XXVIII, 17).

[24] « Introibo in domum tuam; adorabo ad temElum sanctum tuum, in timore tuo» (Salmi, V, 8).

[25] « In cospeotu Angelorum psallam tibi: adorabo id templum sanctum tuum, et confitebor nomini tuo » Salmi, CXXXVII, 2).

[26]Hoc fac et vivos

[27] Nisi efflciamini sicut parvuli, non intrabitis i regnum caelorum ‚ (Matteo, XVIII, 3).

[28] « Omnia gloria eius, filiae regia, ab ìntns ‚ñ† (Sai» , XLIV, 5).

[29] « Qui tos audit, me audit, et qui vos spernit, aie spernit » (Luca, X, 16).

[30]Ut quid etiam terram occupat! i (Luca, XIII, 7).

[31] Ibi nostra fìxa sint corda, ubi vera sunt gaudia » (Dom. IV dopo Pasqua).

[32] « Nesoitie quia templum Dei estis, et Spiritila Dei habitat in vobis? Si quis autem templum Del vlolaverit, disperdet illum Deus. Templum enim Dei sanctum est, quod estis voa »(2 Cor., Ili, 16-17).

[33] « An nescitis quoniam membra vestra templum =unt Spiritila Sancti, qui in vobis est, quem habetis a Deo, et non estis vestri? Empti enim estis pretio magno. Glorincate et portate Deum in corpore vestro » (/&., VI, 19-20).

[34]« In angelis suis reperlt pravìtatcm « (.Giobbe, IV, 18).

[35] Vivo autem, iam non egro: vivit vero in me Christus » (Gal., II, ZO).

[36] « Si ad ea qnae intus aunt festinatis, hie foris dimittite, qnae de saeculo attulistis

[37] Si mimdus vos odit, seitote qnia me JKtiOrem Tobis odio habnit » (Giov., XV, 18V

[38] Iesus Christi filii David, filii Abraham (Matteo, I, 1).

[39]« Sìne ut mortui sepeliant mortuos suos (Luca, IX, 60).

[40]  « Si quia venit ad me et non odit patrem srmm et matrem suam... non potest meus esse cliscipmua (Luca, XIV. 26).

[41] « Et inimici hominia domestici eius » (Matteo, X, 36).

[42] Nesciebatis quia in bis quae patrie mei snnt oport« t me esse? » (Luca, H, 49).

[43] « Quae est mater mea et qui sunt fratres mei? » (Matteo, XII, 48).

[44] « Audi Alia, et vide, et inclina aurem tuam, et obliviscere populum timm et domum patria tui, et concupiscet rex decorerà tuum »

[45]« Nano propheta acceptus est in patria sua » (LTJOA, IV. 24).

 

[46]« Beati qui esuriunt et sitiunt iustitiam, qui» saturabuntur » (Matteo, V, 6).

[47] Qui autem sunt Christi, carnem suain cmciflxenmt cmn vltiis et concupieeentiis » (Gal., V, 24).

[48] « Nemo mittens maniim guani, ad aratrum et respiciens retro, aptus est regno Dei » (Luca, IX, 62).

[49] « Agonizare prà anima tua et usque ad mortem certa pro iustitia » {Eceli., TV, 33).

[50] « Estote pmdentes sicut serpentes et simplices sicut columbae »(Matteo, X, 16).

[51] « Quia tepidus es, ineipiain te evomere ex ore meo » (Apoc. ITI, 16).

[52] Qui spernit modica, paulatim decidet  (EcfU., XIX, 1).

[53] Omni enlm habenti dabitur, et abundabit: ei antera qui non habet, et qnod videtur habere, auferetur ab eo (Matteo, XXV, 29).

[54] Qui non est tentatus, quid scit?

[55] Aut non latìoratnr, ant lahor ipse amatnr

[56] Qui voluerit ammam suam salvam tacere, perdet eam: qui autem perdiderit animam suam propter me, invemet eam (Matteo, XVI, 25).

[57] « Accedens ad servitateli] Dei,... praepara animarli tuam ad tentationem » (Eccli., II, 1).

[58] Fratres, sobrii estote et vigilate, quia adversarius vester diabolus, tamquam leo rugiens, cìrouit quaerens quem devoret » (Ep., I. V, 8).

[59] Induite vos armaturam Dei, ut poasitis stare adversus insidias diaboli » {Ef, VI, 11).

[60]Unusquisque vero tentatur a concupiscentia sua abstractus et illectus

[61]Omne, quod est in mundo, concupiscentia carnis est, et concupiscentia oculoram et superbia vitae(Ed., I II, 16).

[62]« Nemo cum tentatur dicat quoniam a Deo tentatur: Deus enim intentator malorum est » . (I, 13).

 

[63] « Quia aceeptus eras Deo, necesse fuifc ut tentatio probaret te « (Tobia, XII, 13).

[64] « Ego, quos amo, argno et castigo» (Apoc, m. i9).

[65] Virtus in inflrmitate perficitur  (II Cor.. XII, 9).

[66] Qui non est tentatila, quid scit? > (Eccli., XXXIV, 9).

[67]  Ne magnitudo revelationum extollat me, datua est mini stimulus camls meae, angelus satanae, qui me colaphizet ‚(7/ Cor., XII, 7).

[68]« Infeilx ego homo! quis me liberablt de corpore mortis hujus? » (Rom., VII, 21).

[69] Desiderium habens dissolvi et esse cum Christo  Filimi; I, 23

[70] « Non patietur vos tentali supra id quod po"*« tis: sed faciet etiam cum tentatione proventum » 1 Cor., X, 13).

[71] Vigilate, et orate, ut non intretis in tentationem  (Matteo, XXVI, 41).

[72] « Qui amat patrem aut inatrem plus quam me, non est me dignus » (Matteo, X, 37).

[73]« Optimum est enim, gratia stabilire cor » .

 

[74] « Nemo propheta acceptus est in patria sua Luca, IV, 24).

[75] « Deus superbis resistit; lumililjus autem dat gratiam » (I Petr,, V, 5).

[76]Confirma hoc, Deus, quod operatus es in nobis

[77] Frater qui adiuvatur a fratre, quasi civitas firma »(Prov., XV111, 19).

[78]Omnibus una quies, operum labor omnibus unus (Georg., lib. IV, v. 184

[79]« Latet anguis in herba » .

[80]« Super omnia, charitatem habete, quod est vinculum perfectionis » (Colos., Ili, li).

[81] « Plenitudo legis est dilectio » (Rom., XIII, 10).

[82] Discite a me, quia mitis sum et humilis corde  (Matteo, XI, 29).

[83] « Minuisti eum paulo mimis ab Angelis: Gloria et h onore coronasti eum « (Salmi, Vili, 6).

[84] « Homo, cum in honnre esset, non intellexit, comparatus est iumentis insipientibus, et similis factus est illis » (Salmi, XLVIII, 17).

[85] Si quis vult post me venire, abneget semetipsum et toliat crucem suam et sequatur me » (Matteo, avi, 24).

[86]« Qui non aoclplt cmcem suam et sequitur me, non est me dignus » (Ibid., X, 38).

[87] « Qui sunt Christi, carnem suam crucifixerunt cuin vitlls et concupiscentiis » (Gal., V, 24).

[88] Semper mortificationem Jesu in corpore nostro circumferentes, ut et vita Jesu manifestetur in corporibus nostris ‚ (JJ Cor., IV, 10).

[89]Tantum profeceris» Quantum tlbi ipsi vimi intuleris

[90] Si quis vult post me venire, abneget semetipsum, et tollat crueem suam, et sequatur me.

[91] « Ibant apostoli gaudentes a eonspectu concini, quoniam disni balliti sunt prà nomine Jesu contumeIiamjpati

[92] Natus In paupere domo et In tugurio rusticano, dui vix milio et cibario pane rugientem saturare ventrem poteram; mino similam et niella fastidio ‚(Ep., LII, ad Nepot. de vita Qlericor. n. 6)

[93] Natus In paupere domo et In tugurio rusticano, dui vix milio et cibario pane rugientem saturare ventrem poteram; mino similam et niella fastidio ‚(Ep., LII, ad Nepot. de vita Qlericor. n. 6)

[94] « Angusta porta et arcta via eat quae ducit ad vitam…Regnum Dei vim patitur, et violenti rapiunt illud » (Matteo, VII, 14; XI, 12).

[95] « O felix poenitentia, quae tantum mihi promeruit gaudium»

[96] « Et palmae in manlbus eorum » .

[97] Tota Christiana vita perpetua poenitentia esse detieti (Sess. 14, C. 9).

[98] « Si quia vult post me venire, abneget semetipsum, et tollat crucem suam, et sequatur me » .

[99] « Jam recepisti mercedem tuam »

[100] « Poena purgatorii minima, excedit maximam poenam huius vitae (Append. ad &wp. q. 2 ad 1).

[101] « Fratres: debitores ´ sumus non carni, ut secundum cameni vivamus. Si enim secuadum carnem vixeritis. moriemini: si autem spiritu tacta carnis mortificaveritis, vivetis » (Rom., V ni, 12).

[102]« Christua passus est prà nobis, vobis relinquens exemphim, ut sequamini vestigia eius » (I Pietr., II, 21).

 

[103] Sobrii estote et vigilate, quia adversarius vester diaboras tamquam leo mgiens, circuit quaerens quem devoret (77 Petr., V, 8).

[104] « Luxuriosa rea, virami... qjricumque his delectatur, non erit sapiens » (Prov., XX, 1).

[105] « Multos enim exterminavit vimim n {Ecclì., XXXI, 30).

[106] « Vinum fugiat pro veneno... Vinum et adolescenza duplex incendimi voluptatis » (Ep., xxn, ad Eitstoch., De custodia virijinitalis, n. 8).

[107] « Abstineo a vino, quia in vino hixuria est; abstineo a carnibus, ne dum nimis nutriunt carnem, simul et carnis nutriant vitia » (Serm., LXVI, sub. Cant. n. 6).

[108] « Habentes alimenta et quibus tegamtir, his contenti simus »

[109] Qui corporali jejunio vitia eomprimis, ruentem elevas. virtutem largirla et praemia .

[110] « Saturavi eos, et moechati sunt » (Gerem V, 7).

[111] « Modico vino utero propter stomachimi tuum et frequentes iniirmitates » (I Tim‚ V, 23).

[112] « Omnium sensmrm perniciosissimus » .

[113] « Castigo corpus meum et in servitirtem redigo, ne cum aliis praedicaverim, ipse reprobus officiar » li Cor., IX, 27).

[114] « Ille igitur ego, scorpiomim socius et ferarum.saepe choris intoreram puellarum: pallebant ora jejuniis, et mens desideriis aestuabat.

[115] « Audiant curiosi, qui alienam pulchritiidinem osiderant » (In ps. 50, n. 5).

[116]Ne clrcumspicias speciem allenam... ex hoc concupiscentia quasi tenia exardescit » {Eceli., IX.8-9).

[117] « Semper mortificationem Jesu in corpore nostro :: rcumferentes, ut et vita Jesu manifestetur in corponbns nostris » (li Cor., TV, 10).

[118] « Spectaculum facti sumus mundo, et angelis, e*, bominibus » (7 Cor., IV, 9).

[119] « Qui stat, videat ne cadat » (I Cor., X, 12).

[120] « Initium omnia peccati, est superbia» (Eccli, X, 15).

[121] « Si quis extimat se aliquid esse, eum nihil sit, ipse se seducit »(Gal., VI, 3).

[122] « Dicis, quod dives eum... et nullius egeo: et nescis quia tu es miser, et miserabilis, et pauper, et caeeus, et nudus » (Apoc, III. 17).

[123] « Odibilis coram Deo est et hominibus superbia »(Ecclì., 7).

[124] « Sicut enim eructant praecordia foeteatium...sic et cor superborum » (XI, 32).

[125] « Multo deformior est illa superbia quae sub ìibusdam bumjlitatis signis latet » .

[126] « Elegi abiectus esse in domo Dei mei, magis ‚quam babitare in tabernaculis peccatorum » .

[127] Si autem accepisti. quid gloriaris quasi non ‚Acceperis?

[128] Quanto magnus es. humilia te in omnibus » Eccli., Ili, 20).

[129] Abominatio Domini est omnis arrogans ‚(Prov., XVI, 5).

[130] « Sed in  humilitate superiores sibi invicem arbitrantes» (Filipp., II, 3).

[131] « Omne datum optimum et omne donum perfectum desursum est descendes a Padre luminum » Giac. I, 17).

[132]  Attendite ne justitiam vestram faciatis coram hominibus ut videami ab eis; alioquim mercedem non habebitis apud Patrem vestrum.

[133]  Iam receperunt mercedem suam.

[134] Videant opera vestra bona et glorificent Patrem vestrum qui in caelis est.

[135] Qui gloriatur, in Domino glorietur(II Cor., X, 17)

[136]  Soli Deo honor et gloria.( I Tim., I,17)

[137] Deus superbis resistit, bumilibus autem dat gratia ( I Peter., V 5)

[138] Abstine te a lite, et minues peccata.(Eccli., XXXVIII,10)

[139] Noli contendere verbis … servum autem Domini non oportet litigare; sed mansuetum esse ad omnes, docibilem, patientem.(II Tim)

[140] Ne, quaeso, ait jurgium inter me et te, et inter pastores meos et pastorcs tuos; fratrea enim Burnus. Ecce universa terra coram te est...si ad sinistrani ieris, ego dexteram tenebo; si tu dexteram elegeria.ego ad sinistram pergam » .

[141] Sermo durus suscitat furorem » (Prov., XV, 1).

[142]Verbum dulce multiplicat amicos, et mitigat inimicos (Eccli., VI, 5).

[143] Honore invicem praevenientes (Rom XII, 10)

[144] Quid superbit terra et cinis?( Eccli. X, 9)

[145] « Bonum erat ei, sì natus non fuisset homo ìlle (Matteo, XXVI, 24).

[146] « Pravum est cor omnium ot inscrutabile» XVII, 9).

[147] « Putredini dixi: et soror mea, vermibus > Pater meus es; mater me(Giobbe, XVII, 14).

[148]  Quanto magnus es, humilia te in omnibus, et coram Deo invenies gratiam(III,20)

[149] Non nobis, Domine non nobis sed nomini tuo da gloriam ( Salmi, CXIII, 9)

[150] « HumiliaVit semetipsum factus obediens uaque ad mortem, mortem autem crucis » (Filipp., II, 7, 8).

[151] Ego autem sum vermis, et non homo, opprobrium hominum et abiectio plebis( Salmi, XXI, 16)

[152] I bant apostoli gaudentes a conspectum concilii, quoniam digni habiti sunt pro nomine Jesù contumeliam pati(Atti, V, 41)

[153] « In igne probatnr aurum et argentum; homines vero receptibiles in camino humiliationis» (II, 5).

[154] Argue sapientem et diliget te(Prov, IX,8)

[155] Qui odit correptionem, vestigium est peccatoris ( XXI,7)

[156] Dabis ergo servo tuo cor docile( 3Re III,9)

[157] « Vir prudens et disciplinatus non murmurabit correptus » (Eccli., X, 28).

[158] Omnia possum in eo qui me confortat ( Filipp IV,13)

[159] « Humilitas evidentissimum signum est eleotionis: superbia evidentissimum signum est reprobationis » .

[160] « Vir iracuBdus provoeat rixas » (Prov., XX, 18)

[161] « Ira in simi staiti requiescit » (VII, 10).

[162] « Ecce quam bomun et. quam iucundum habitare fratres in unum » (Salmi, CXXXII 1).

[163] « MultitudinIs autem credentium erat cor unum  et anima una » (Atti, IV, 32).

[164] Hoc est praeceptum meum, ut diligatis invicem (Giov.;XV,12) Mandatum novum do vobis ut diligatis invicem (Giov .; XIII, 34)

[165] Diligatis invicem, sicut dilexi vos ( Giov.;XV, 17)

[166] Qui irascitur fratri suo, reus erit judicio… reus erit gehennaeignis. (Matteo, V,22)

[167] In hoc cognoscent omnes, quia discipuli mei estis, si dilectionem habueritis ad invicem ( Giovanni, XIII,35)

[168] Spiritum ad irascendum facilem, quis poterit sustinere? ( Proverbi XVIII,14)

[169] Vir iracundus provocat rixas, et qui ad indignadum facilis est, erit ad peccandum proclivion ( Proverbi XXIX,22)

[170]  Vade prius reconciliari fratri tuo ( Matteo V,24)

[171] Sol non occidat super iracundiamvestra

[172] Ira corrumpit cor, si in alium diem dura verit( Ep. CCX, ad Felic, n2)

[173] Vade prius reconciliari fratri tuo

[174] Multam malitiam docuit otiositas ( Eccli.; XXXIII,29)

[175]Cum autem dormirent venit inimicus homo et superseminavit zizania in medio tritici. ( Matteo, XIII, 25)

[176] Devotio nihil aliud esse videtur, quam voluntas quaedam prompte tradendi se ad ea,quae pertinent ad Dei famulatum (2,2q.82, art 1)

[177] Lingua ignis est…Universitas iniquitatis( Giacomo III, 6)

[178] Vir linguosus non dirigetur in terra ( Salmi, CXXXIX,12)

[179] Verba prudentium statera ponderabuntur (Eccli.,XXI,28)

[180] In ore fatuorum cor illorum et in corde sapientium os illorum( Eccli., XXI,29)

[181] In multiloquio non deerit peccatum(Proverbi X,19)

[182] Audisti verbum adversus proximum tuum? Commoriatur in te (Eccli., XIX,10)

[183]  Parcite linguae, quoniam sermo obscurus in vacuumnon ibit ( Sapienza I, 11)

[184] Sex sunt quae odit Dominus, et septimum detestatur anima eius: … eum qui seminat inter fratres discordias ( Proverbi VI, 16,19)

[185] Susurro coinquinat animam sua ( Eccli., XXI,29)

[186] Saepi aures tuas spinis, linguam nequam noli audire(Eccli.; XXVIII,28)

[187] Omnisimmundita … nec nominetur in vobis, sicut decet sanctos: aut stultiloquium, aut scurrilitas( Efes.V, 3,4)

[188] Si quis putat religiosum se esse, non refraenans linguam suam, huius  vana est religio(Giacomo, I,26)

[189] « Omne verbum otiosum, quod locuti fuerint homines, reddent ratlonem de eo in die iudicii (Matteo, XII. 36).

[190] De omni verbo quod caret necessitate, aut utilitate.

[191] Sit sermo vester: est est non non (Matteo, V, 37).

[192] Non omni homini cor tuum manifestes ( Eccli.; VIII,22)

[193] Numquid et vos vultis discipuli eius fieri? ( Giovanni, IX,27)

[194] « Omnibus omnia factus sum, ut omnes facaem salvos »(7 Cor., IX, 22).

[195] « Benignitas apparuit » {Tito, III, 4).

[196] Is.,LI,1

[197] « Jesus autem intuitila Pum (adolescentem) dileTit eum ‚ñ† (Marco, X, 21).

[198] Puer autem crescebat et confortabatur ( Luca, II, 40)

[199] « Estote ergo vos perfecti, sicut et pater vester caelestis perteetns est » (Matteo, V, 48).

[200] Salmi, LXXXVII, 16.

[201]« Erat subditus illis (Luca, II, 51).

[202] « Filius hommis non venit ministrari, sed ministrare »(Matteo, XX, 28).

[203] « Finis praecepti charitas est » (Tim., I, 5).

[204] Diverte a malo, et fac bonum. (Salmi, XXXIII)

[205] Frange esurienti panem tuum(VIII, 6)

[206] Religio munda et immaculata apud Deum et patrem haec est; visitare pupillos et viduas in tribulatione eorum , etc. (Jac. I, 27)

[207]« Estote perfecti, sieut et Pater vester ooelestis perfectus est » (Matteo, V, 48).

[208] « Haec est voluntas Dei, sanctiflcatio vestra » UlTessal, IV,|3).

[209] Diligea Domimim Deum tuum ex toto eorde tuo, et in tota anima tua, et in tota mente tua et proilmiiin tuum sicut te ipsum » (Matteo, XXII, 37. 39).

[210] Perfectiocharitatis est finis status religionis

[211] Vae illis, vae, qui non produxerunt germina sanctitatis

[212] Multi sunt vocati pauci vero electi.

[213] Beati qui esuriunt et sitiunt iustitiam, quoniam ipsi saturabuntur.

[214]  Gustate, et videte quoniam suavis est Dominus ( Salmo XXXIII, 8)

[215] O quam suavis est, Domine, spiritus tuus.

[216]  Spiritus tuus super mel dulcis, et hereditas tua super mel et favum.

[217] Tantum profeceris quantum tibi ipsi vim intuleris

[218] Quis est homo formidolosus et corde pavido? Vadat et revertatur in domum suam.

[219] Non permitimescat cor vestrum, nolite timere, nolite cedere; Dominus Deus vester in medio vestri est, et pro vobis contra adversarios dimicabit, ut eruat vos de periculo.

[220] Estote ergo vos perfecti sicut et pater vester coelestis perfectus est ( Matteo V,48)

[221] Haec est voluntas Dei santificatio vestra. Sancti estote

[222] Iugum meum suave est, et onus meum leve(Matteo, XI,30)

[223] Desiderium pauperum exaudivit Dominus

[224] Nemo quippe perfectus qui perfectior esse non possit.

[225] Qui iustus est, iustificetur adhuc, et sanctus sanctificetur adhuc.

[226] Quodcunque facere potest manus tua, istanter operare.( Eccle. IX,10)

[227] Monaca santa, cap. XIX,9

[228] Sive manducatis, sive bibitis, sive quidaliud facitis, omnia in nomine Domini facite. ( I Cor, 31)

[229]Rogate ergo Dominimi messis ut mittat operarios in messemi suam (Matteo, IX, 38).

 

[230] « Sint nimbi vestiri praecinti et Vacernae ardentes in manibus vestris. Et vos simìles hominibus expectantibus domi mini suum, quando revertatur a nuptiis; ut, ctun venerit et pulsaverit, confestim aperiant ei. Beati servi iili quos, cum venerit Dorninus. jnvenerit vigilantes» (Luca, XII, 35-37).

[231] « Dico autem vobis amicis meis: Ne terreamini his qui occidunt corpus, et post Jiaec non habent tmplius quid faciant... Timete eum qui, postquam ‚occiderit, habet potestatem mittere ìd gehennam Luca, XII, 4, 5).

[232] " Nonne quinque passeres veneunt dipondii et unus ex iìlis non est in oblivione coram Deo? Sei et captili capitìs vestri omnes numerati Bunt. N´oliti ergo timere; multis passerlbus pluris estis vos » (Ib:; id., 6, 7).

[233] « Quaerite primum regnum Dei et iustitiam ius, et haec omnia adiicientur vobis. Nolite solliciti » se in crastinum. Craatinus enira dìes sollicitus erit -ibi ipsi: sufficit die! malitia sua »(Matteo, VI, 33, 34).

[234]« Omnem snllioitudinem Teetram proicientes in C´eum, quoniam ipsi cura est de vobìs » (I Petr., V, 7).

[235] « Unusquisque in qua vocatione vocatus est n ea permaneat... Volo vos sine sollicitudine esse» I Cor., VTT, 20).

[236] Acquiesce igitur ei, et habeto pacem, et per haec habetis fructus optimos( Giobbe, XXII,21)

[237] Omnia possum in eo qui me confortat(Filipp.IV,13)

[238] Si Deus pro nobis, quis contra nos? ( Romani VIII,31)

[239] Qui coepit opus bonum, perficiet (Filipp. I, 6)

[240] Quis enim hominum potrit scire consilium Dei?aut quis poterit cogitare quid velit Deus? Cogitationes enim mortalium timidae, et incertae provvidentiae nostre (  Sap. IX,13,14)

[241] « Fili, sine Consilio nihil facias, et post factum -in poenitebis »(Eccli., XXXII, 24).

[242] « Bonis amici consillis anima duleoratur " (PrOv., SXVII, 9).

[243] Si vis ad vitam ingredi serva mandata

[244]« Si vis perfectus esse, vade, vende quae habes, da pauperibus, et habebis thesaurum in coelo; et reni, sequere me > (Matteo, XIX, 21).

[245]Omne quod est in mundo, concupiscentia carnis est et concupiscentia oculorum et superbia vitae.( I Giovanni, II,16)

[246]Video … alim legem in membris meis, repugnantem legi mentis meae, et captivantem me in lege peccati. ( Romani VII,23)

[247] Inquitates suae capiunt impium et funibus peccatorum suorum constringitur ( Proverbi V,22)

[248] Consurge solve vincula colli tui, captiva filia Sion.( Isaia LII,2)

[249] Funes ceciderunt mihi in praeclaris.( Salmi, XV,6)

[250] Erunt tibi compedes eius in protectionem fortitudinis, et bases virtutis et torques illius in stolam gloriae… et vincula illius alligatura salutaris.( Eccli., VI, 30-31)

[251]Vovete et reddite Domine Deo vestro( Salmi, LXXV,12)

[252] Si quis virorum votum Domino voverit, non faciat irritum verbum suum sed omnis quod promisit implebit( Numeri XXX,3)

[253] Vota vovebunt Domino et solvent( Isaia XIX,21)

[254] Vota mea Domino reddam( Salmi, CXV,14)

[255] Semetipsum obtulit immaculatum Deo ( Ebrei, IX,14)

[256] Christus dilexit nos et tradidit semetipsum pro nobis oblationem et hostiam Deo in odorem sua vitatis( Efes. V,2)

[257] Cumvotum voveris Domino deo tuo, non tardabis reddere: quiarequiret illud Dominus Deus tuus:et si moratus fueris, reputabitur tibi in peccatum. Si nolueris polliceri absque peccato eris.( Deut. XXIII, 21-22)

[258] « Si quid vovisti Deo, ne moreris reddere; displicet enim ei infedelis et stulta promissìo » (Eccle., V 3-4).

[259] « Melius est non vovere, quam post votum promissa non reddere » .

[260] « Fortasse laboriOBum non est nomini relinquere sua; sed valde laboriosum est relinquere semetipsum. Minus quippe est abnegare quod habet; -valde autem multum est abnegare quod est »(Homil. XXII in Evang.).

[261] « Qui vult post me venire abneget semetipsum (MATTEO, XVI, 20).

[262]Facilius est camelum per foramen acus transire, quam