Buon pomeriggio.
Il mio più cordiale e fraterno saluto a ciascuno di voi, delegati ispettoriali e presidenti regionali dell'amata Associazione degli Exallievi di Don Bosco. Anch’io sono exallievo della Casa Salesiana di Terrassa (Barcelona). Tra gli Exallievi mi sono sempre sentito a casa. E a contatto con loro sono abituato a ripetere: “nella casa salesiana troverete sempre una porta aperta; e nei vostri educatori una debolezza: la debolezza per i loro Exallievi”. Sapete benissimo che si tratta di affetto reciproco.
I.- Il segno "Exallievi di Don Bosco"
Mi avete chiesto una riflessione sugli Exallievi nella Famiglia Salesiana. Comincio riferendomi agli Exallievi in quanto tali.
E lo faccio ponendo, a partire dalla mia esperienza di salesiano, una domanda fondamentale: come descrivere il segno, la traccia, che la casa salesiana lascia sui ragazzi e sui giovani che l'hanno frequentata?
Non parlo solo di scuole. Penso agli Oratori e ai Centri Giovanili, agli ambienti parrocchiali, alle Opere espressamente dedicate all'accoglienza dei più deboli (che ci sono sempre state, ma oggi sono sicuramente più abbondanti). Penso che dedicare uno spazio per ricordare ciò che abbiamo vissuto, sia come salesiani che come giovani, ci aiuterà a rendere presente, in questo momento del nostro incontro, il senso della nostra Associazione e a risvegliare nuove energie per il momento presente.
Ecco, tra i tanti, alcuni aneddoti particolarmente indicativi che ho vissuto nella mia vita salesiana:
- I miei compagni d'infanzia, lì a Terrassa: “La casa salesiana è stata una delle cose più belle che ci sono capitate nella vita”.
- I miei compagni di aspirantato e noviziato che hanno preso altre strade nella vita: “Valutiamo in modo straordinario ciò che ha significato per noi la formazione che abbiamo ricevuto; lo spirito salesiano ci ha accompagnato nelle diverse circostanze della vita”.
- I miei primi anni da sacerdote in un quartiere periferico di una città (Mataró): “Che avete voi Salesiani che assomigliate tutti a Don Bosco?”, mi ha detto un’animatrice
- Direttore in Andorra, 25° anniversario della casa. Più di 300 Ex Alunni si sono nuovamente ritrovati per festeggiarlo. La gente del paese si chiedeva: “Cosa hanno questi giovani già maturi che valorizzano tanto gli anni trascorsi a scuola, cosa che quelli di altre scuole non fanno?”. Risposta: "Ci siamo sentiti amati, e questo va nel profondo".
- Sarrià (Barcellona). Una scuola di 2.000 studenti, con una grande tradizione, soprattutto nel campo della formazione professionale. Tre benemeriti fratelli sono morti nei miei anni. C'erano centinaia di giovani studenti ed ex allievi che hanno voluto accompagnare la loro dipartita. Ma la stessa cosa accadde quando morirono due professori laici. Un'espressione di dolore e affetto per il vuoto che quelle persone, per loro tanto importanti, avevano lasciato nelle loro vite.
- Ancora Sarriá: ogni settimana venivano Ex alunni per incontrare i loro insegnanti e condividere i loro successi o chiedere una guida nelle loro difficoltà. E più di cento aziende, molte delle quali gestite da ex allievi,si disputavano gli studenti che terminavano la loro formazione professionale.
- Torno ad Andorra. Presiedendo l'Eucaristia nella festa di Maria Ausiliatrice, patrona della polizia di Andorra, al momento di dare la pace, ho salutato l'ambasciatore francese nel Paese: “Moi aussi, je suis ancien éleve”, mi ha detto.
- Successivamente sono stato responsabile delle Scuole dell’Ispettoria. Un giorno, tre direttori laici delle nostre scuole mi hanno commentato: cosa fare con gli studenti che ci lasciano? Ogni anno un bel gruppo di loro ci chiede: “E adesso, cosa facciamo? Non possiamo continuare a tenerci in contatto con la scuola?”
Tutti potremmo allungare all'infinito l'elenco dei fatti e degli aneddoti. Ognuno di questi è rivelatore di qualcosa che ha permeato profondamente la nostra vita, sia di giovani che di educatori salesiani. Il comune denominatore di tutto questo è l'affetto.
Un affetto che viene espresso, soprattutto, da chi ne ha sentito più il bisogno. Un affetto per persone concrete che è arrivato nel profondo. Ma un affetto che si rivolge a tutta la casa (scuola, centro giovanile, parrocchia o piattaforma di educazione sociale). Le persone lasciano un segno. Ma anche l'affetto che si genera e si alimenta in un ambiente sincero, aperto, familiare. Affetto verso i Salesiani e affetto verso gli educatori laici, e nei riguardi di tutte le persone che in un modo o nell'altro hanno contribuito alla crescita e alla formazione. Infine affetto per la casa salesiana in cui è cresciuto e ha maturato la sua giovane vita.
Ciò che si valorizza di più nel tempo non sono tanto gli studi compiuti, ma l'ambiente, il contesto, le relazioni mantenute, cioè tutto ciò che manifesta affetto, vicinanza, apprezzamento incondizionato, aiuto nelle difficoltà, gioia per tanti momenti condivisi... L’affetto è senza dubbio, nei suoi vari gradi, il segno che la casa salesiana lascia nel cuore delle persone. Don Bosco lo ha chiarito nella “Lettera da Roma”: “Non basta amare, è necessario che i giovani si sentano amati”. Vale a dire: “il fatto di sentirsi amati incondizionatamente”.
Quando ciò accade, questo è il miglior indicatore per concretizzare lo slogan che Don Bosco ha lasciato ai Salesiani: “Studia come farti amare”.
È vero. Ci sono gradi e gradi nell'esperienza di questo affetto. È possibile, come scrivono i vostri Statuti, che per alcuni la casa salesiana sia stata solo un fatto senza importanza nella loro vita. Altri finiscono per scoprirlo come una grazia. Sono coloro che, da questo rapporto di affetto, nel tempo, hanno generato un senso di gioia interiore, di soddisfazione personale, di apprezzamento per l'esperienza vissuta, un senso di gratitudine verso le persone che li hanno accompagnati, che, con frequenza, continuano ad essere un punto di riferimento importante nella loro vita.
Ma in un grande gruppo si è generato anche il senso di responsabilità per non perdere i valori dell'esperienza vissuta e mostrarsi disponibili, arrivato il momento, ad assumere impegni di aiuto e di solidarietà, oltre a quelli della vita di famiglia, dell'esercizio della propria professione, della vita civile e della vita ecclesiale. La loro esperienza vissuta li ha portati a comprendere la loro vita come una missione ovunque si trovino.
E non pochi, inoltre, hanno concretizzato questa missione in un progetto di vita. Siete voi e i vostri compagni dell’Associazione che vi sentite chiamati a rendere presente il carisma di Don Bosco nella società e a collaborare il più possibile a progetti concreti a favore dei giovani. (Stato 2)
Ecco il senso dell'espressione "l'educazione ricevuta" dei vostri Statuti o delle nostre Costituzioni. Secondo me questa espressione non si riferisce solo all'educazione che avete ricevuto dai vostri educatori salesiani, ma anche all'educazione che gli educatori salesiani hanno ricevuto dai loro alunni. Forse se noi educatori ci sentissimo un po' più consapevoli di questo secondo, la valorizzazione degli Exallievi sarebbe maggiore, perché anche noi siamo debitori del loro influsso positivo. Senza di loro non saremmo noi stessi, né il carisma salesiano si sarebbe sviluppato così fortemente. (Papa Francesco ha usato la parola "co-fondatori della Congregazione" riferendosi ai giovani dell'Oratorio di Valdocco. E quanta ragione aveva).
II.- Gli “Exallievi di Don Bosco” nella Famiglia Salesiana
E qui comincia, credo, il senso dell'Associazione degli Exallievi, e il posto che essa occupa nella Famiglia Salesiana. Nasce infatti, lo sappiamo benissimo, dall'impatto che il rapporto educativo con Don Bosco provocò nel cuore dei suoi ragazzi, e dall'impatto che l'affetto di quel primo manipolo di ex alunni (e nel tempo delle centinaia di ex alunni venuti a ringraziare Don Bosco per il suo lavoro), provocò nel suo cuore di padre. Il dottor Sergi Rodríguez ci ha aiutato ad entrare in quell'esperienza con i dati di una storia, quella di Carlo Gastini e dei suoi compagni, ricostruita attraverso le testimonianze che ci sono pervenute.
Don Bosco non vi ha fondato nello stesso modo in cui ha fondato i Salesiani, le Salesiane, l'Associazione di Maria Ausiliatrice, i Salesiani Cooperatori. Siete stati generati dal “carisma salesiano in atto”, cioè da quello che Don Bosco e la tradizione salesiana hanno chiamato il “Sistema Preventivo”. Siete il frutto dell'amore paterno di Don Bosco e dello spirito filiale dei suoi allievi (che egli chiama sempre "figli miei"). L'Associazione ha preso forma dagli incontri in cui si mettevano in gioco la sua paternità e il vostro spirito filiale. Quegli incontri, per Don Bosco, furono motivo di grande soddisfazione; e per i suoi figli, un'occasione per dimostrargli il loro affetto.
Il carisma salesiano ha utilizzato questi due amori per plasmare un rapporto che nel tempo sarebbe poi diventata l'Associazione. Le sue basi: ravvivare l'educazione ricevuta, rafforzare l'impegno di mutuo soccorso tra gli associati, aprire all'impegno civile ed ecclesiale a favore dei più bisognosi.
Siete membri della Famiglia Salesiana fin dai primi passi della vostra esistenza: dall'incontro di Gastini e compagni con Don Bosco, prima ancora che si parlasse di “Famiglia Salesiana”. E grazie all'impegno di don Filippo Rinaldi, che ha saputo immaginare realisticamente le enormi potenzialità di un'Associazione di questo genere. Egli, infatti, non ha risparmiato sforzi per accompagnare il processo di creazione delle Unioni locali, delle Federazioni regionali e della Confederazione mondiale. Un'Associazione con un obiettivo chiaro: vivere lo spirito di Don Bosco e diffondere la sua influenza nella società. “Si tratta di un’opera di perseveranza”, ha detto don Rinaldi ai Salesiani per motivare la cura degli Ex allievi: “ci siamo sacrificati per i giovani nel momento della loro formazione, questo è un sacrificio che non va perduto ".
La storia parla di un'esperienza condivisa, vissuta con grande intensità e, nel caso di tanti Ex allievi (coloro che hanno inteso la propria vita come missione e hanno concretizzato questa missione in un progetto di vita) con grande impegno. L'Associazione è per definizione parte della Famiglia Salesiana. Vi tengono molto presenti le nostre Costituzioni e la Carta di Identità Carismatica.
III.- Un tempo nuovo per gli Ex allievi della Famiglia Salesiana
Ebbene. Il passare del tempo, e soprattutto il mondo in continuo cambiamento in cui ci troviamo, ci spinge a porci una nuova domanda: quale Associazione per questi nuovi tempi? Non ci interroghiamo sul significato che ha in sé (che ha tutto), ma sulla missione che l'Associazione è chiamata a svolgere. Come affrontare il momento presente? Come affrontare questo futuro immediato? Sono domande a cui cerca di rispondere il vostro Piano Strategico per il sessennio in corso.
La risposta, o le risposte, possono arrivare, secondo me, solo se si parte dalle stesse basi che hanno generato l'Associazione ormai 150 anni fa:
Andiamo per parti:
3.1. L'affetto generato nei giovani in un vivace ambiente salesiano
I vivaci ambienti salesiani di un tempo erano soprattutto i convitti e le scuole dove un gran numero di salesiani condivideva tutto con i propri studenti per molte ore. "L'affetto nasce dal contatto", diciamo. Così è stato. Ma oggi questi ambienti non esistono più allo stesso modo.
Tuttavia, non c'è dubbio che negli ambienti salesiani di oggi si genera affetto, e a volte tanto affetto. Così negli Oratori e nei Centri Giovanili, nelle scuole vivaci e dinamiche, nei centri di formazione professionale, nelle Piattaforme di Educazione Sociale, nel Movimento Giovanile Salesiano, nel Volontariato di vario genere...
In tutti questi ambienti è vivo lo spirito salesiano: salesiani che cercano di essere “sacramento della presenza” in mezzo ai ragazzi e ai giovani; tanti educatori laici che hanno optato per l'educazione salesiana (e si sentono dei professionisti chiamati, essendo una buona parte di loro ex allievi); la loro pedagogia salesiana cerca di far sentire i giovani protagonisti della loro formazione; le attuali metodologie accentuano la cooperazione, educano alla vita, accentuano i valori di un nuovo umanesimo. Uno degli slogan più ripetuti è la frase di Don Bosco "l'educazione è una cosa di cuore".
Come connettersi con questi ambienti salesiani vivi? Coltivare relazioni senza condizioni è il primo passo di ogni figlio di Don Bosco. Anche per gli ex allievi. Curare il rapporto con le persone a contatto con i giovani, siano essi salesiani o laici. Riflettere insieme tra membri qualificati dell'Associazione, direttori salesiani o laici, coordinatori pastorali, giovani animatori. È importante che i passi compiuti si inseriscano nei progetti educativo-pastorali delle opere e che si mantenga uno stretto rapporto con le équipes. Esperienze positive da alcuni luoghi possono illuminare la strada da percorrere in altri. Si tratta di credere nella forza del carisma e nelle potenzialità dei giovani.
3.2. Le nuove situazioni ed esigenze dei giovani che si affacciano alla vita adulta
Forse è più facile pensare alle “situazioni” in cui si trovano che ai “bisogni”. Forse ci sentiamo più portati a pensare alle difficoltà che alle possibilità, alle criticità che ai valori, ai giudizi stereotipati che alle analisi concrete che portano alla trasformazione. Il contatto di Don Bosco con i giovani della Generala sarà sempre per noi un paradigma che porta ad “analizzare per lasciarsi toccare”, a “riflettere (e pregare) per capire”, a “decidere di trasformare”. Questo è il metodo con cui Don Bosco prende le decisioni, per quanto rischiose possano essere.
Anche qui sarà importante che l'analisi, la riflessione e i tentativi si facciano non da soli, ma in gruppo, tra persone vicine ai giovani e con i giovani più sensibili alle situazioni e ai bisogni dei loro coetanei, come ho accennato in precedenza...
La Famiglia Salesiana, in questo senso, permette di tessere una rete straordinariamente feconda e complementare di alleanze tra i Gruppi di uno stesso territorio (a livello locale, regionale o nazionale), soprattutto con i Gruppi laicali, ma non solo. Conosciamo ottime pratiche in questo senso. Gli ex alunni hanno così tanto da offrire dalla loro esperienza e conoscenza! Campi come la formazione professionale e il lavoro, l'educazione sociale, la famiglia, il servizio civile, la sanità, le migrazioni, l'associazionismo sociale e culturale, la cooperazione... offrono un gran numero di possibilità. Fare causa comune con altri Gruppi della Famiglia Salesiana o collaborare affinché gli altri Gruppi svolgano la loro missione, possono essere decisioni per il futuro di un'Associazione il cui scopo fondamentale è la missione giovanile e popolare.
Non nascondo che ripensare la missione dell'Associazione anche a partire dalle situazioni e dai bisogni vissuti dai giovani di oggi e dalle classi popolari in genere, può significare cambiamenti importanti nell'Associazione. Ma si tratta di renderla più aperta, partecipativa e inclusiva come indicato nel Piano Strategico di questi anni. Notiamo che sono parole, queste, per nulla estranee al pensiero e alla prassi di Don Bosco.
Ma non nascondo nemmeno che solo un'Associazione viva, attuale, creativa, efficace, feconda, motivata e motivante può dire una parola credibile ed essere un segno significativo per le giovani generazioni intorno alle presenze salesiane e per tutta la Famiglia Salesiana.
3.3. Lo spirito di persone che hanno legato all'Associazione il proprio progetto di vita.
L'Associazione è andata avanti nella storia con persone di grande spirito salesiano e di competenza umana e spirituale. Sono state persone che hanno legato il loro progetto di vita all'Associazione.
Sono persone con la gioiosa convinzione che nella loro vita è accaduto qualcosa di grande: nella persona di Don Bosco qualcosa di infinito li ha colpiti. E da questa esperienza, hanno sentito una chiamata interiore a ricambiare, aiutando gli altri a fare un'esperienza simile. Sono persone che diffondono entusiasmo, che aprono prospettive, che accompagnano nel cammino, che aggiungono volontà non intorno a sé, ma intorno a un progetto: il carisma di Don Bosco.
Questo è lo spirito degli Ex allievi più consapevoli e impegnati. (Ed è l'origine, d'altronde, di tutti i Gruppi della Famiglia Salesiana, nelle cui file troviamo tanti Ex allievi). Riconoscere questa convinzione, rispondere personalmente, entrare in comunione con chi vive la stessa esperienza, è la via per “essere missione”, “è la via per sentirsi Famiglia”, “è la via per essere parte della Famiglia di Don Bosco".
Permettetemi di elencare alcuni tratti che la Lettera di Identità Carismatica sviluppa pensando all'insieme della Famiglia Salesiana, che credo siano particolarmente adatti agli Ex allievi di Don Bosco. Averli presenti aiuta a sentirsi ed essere Famiglia:
I membri di una famiglia condividono lo stesso spirito (origine, tradizione, valori), ma sono diversi. Una famiglia cresce e si sviluppa attraverso l'unità dei suoi membri e la diversità dei loro impegni. Una delle specificità del vostro impegno è l'“umanesimo”. La Carta vi invita a mettere anima, vita e cuore nella promozione di un "nuovo umanesimo". (L'invito arriva già da Francisco de Sales). Un contributo prezioso che potete dare a tutta la Famiglia Salesiana.
Don Bosco non educava con le teorie, ma a partire dalla realtà della vita. L'educazione salesiana ha lo sguardo rivolto in alto, ma i piedi per terra. E oggi la realtà è pungente. Inserirsi nella missione con la mentalità di Don Bosco porta a: accogliere il dono della donna; rispondere al grido di solidarietà; promuovere la cultura del dono; lasciarsi toccare dall'emarginazione dei giovani, dei popoli sfruttati o delle migrazioni forzate; purificare la comunicazione sociale dalla menzogna e dall'abuso; prendersi cura della bellezza della famiglia; formarsi al dialogo interculturale e interreligioso... Aspetti tutti elencati nella Carta di Identità che toccano in modo particolare il contributo specifico degli Ex allievi alla Famiglia Salesiana. Si tratta di reagire alle realtà della vita con la mentalità di Don Bosco.
Le situazioni di povertà e di ingiustizia hanno cause concrete, reali... Gran parte di esse sono di natura strutturale, basate su culture e filosofie di bassissimo profilo umano, culturale o addirittura religioso, che possono essere affrontate solo con culture alternative, basate sulle persone più nobili. Cosa non ha fatto Don Bosco per offrire prospettive diverse di vita ai giovani e ai popoli del suo tempo? Ci sono molti Ex allievi nel mondo con un notevole grado di influenza sociale, culturale e politica. Cosa non farebbe Don Bosco con loro per aiutare a purificare e rinnovare le strutture perché siano al servizio dell'uomo? Don Bosco, nel mondo sociale, culturale e politico di oggi, si trova largamente negli Ex allievi. Il potenziale dell'Associazione è enorme.
Papa Francesco sta lasciando, non solo ai cattolici, ma a tutta l'umanità, piste preziose per un futuro secondo Dio. Sono indizi che spiega a parole con profondità semplice e chiara; e lo spiega con i suoi gesti concreti (gesti di benedizione che aiutano ad aprire gli occhi delle persone sensibili; e gesti di opposizione di coloro che si sentono denunciati per essere complici di ciò che non dovrebbe essere).
Fratelli tutti e Laudato sì costituiscono una vera carta di navigazione per il mondo di oggi. Penso a come Don Bosco si aggrappava alle parole e ai gesti del Papa per dare nuovo slancio alla sua missione a favore dei giovani e a favore di una nuova umanità. Come stimolerebbe la collaborazione, la cooperazione, i movimenti umanitari, l'impegno civile, l'azione sociale e politica, il commercio equo, la banca etica, l'ecologia integrale, l'arte... nei suoi ex allievi! Come sosterrebbe tante iniziative umanitarie che il mondo di oggi genera, finestre di grande speranza per il futuro dell'umanità...! Cosa ci dice la parabola de “le cordicelle” usata da Don Bosco, riferendosi ai SSCC? Vis unita fortior. Una nuova motivazione per fare causa comune con altri Gruppi della Famiglia Salesiana e con le iniziative promosse dalla Chiesa per crescere in umanità.
Quando si parla di scopi (o obiettivi) bisogna distinguere tra obiettivi finali e obiettivi strumentali. I primi indicano gli obiettivi a cui tendere. I secondi si riferiscono ai passi da compiere. Don Bosco aveva obiettivi chiari, ma ciò che lo faceva soffrire erano i passi che doveva fare. Il "da mihi animas" è l'obiettivo. Il "cetera tolle" è il prezzo da sopportare. Tutto ciò che vale nella vita ha “il suo prezzo”. Nel cammino verso la meta ci sono momenti preziosi, di gioia intensa, come quello degli apostoli sul monte Tabor. E compaiono anche momenti duri, che riempiono il cuore di amarezza, come quello in cui un bel gruppo di suoi seguaci lo abbandona: «Volete andarvene anche voi?», dice ai dodici.
Le difficoltà non si lasciano aspettare. Giovannino Bosco le avverte fin dalla sua prima infanzia. "Come potrò?", dice al personaggio del sogno. È la stessa domanda che Maria fece all'angelo a Nazareth: "Come avverrà ciò?" “Io ti darò la Maestra”, dice il personaggio a Giovannino. "Lo Spirito di Dio scenderà su di te", dice l'angelo a Maria.
La forza viene dall'alto o dal profondo. L'energia viene dallo Spirito di Dio. Conosciamo bene i momenti di intensa preghiera di Don Bosco. E conosciamo anche la testimonianza di chi è vissuto con lui: «Quando don Bosco non pregava?». Tutto in lui era preghiera, cioè dialogo intimo di amicizia con Cristo e con Maria, le sue due colonne.
Anche gli Ex allievi devono avere la forza dall'alto, come tutti i membri degli altri Gruppi della Famiglia. La Carta di identità ci ricorda esperienze, semplici e profonde allo stesso tempo, con cui alimentare la spiritualità che dà forza al cuore salesiano: sentirsi collaboratori di Dio; vivere Cristo; ascoltare lo Spirito di Dio; sentirsi in comunione con la missione della Chiesa; contemplare la realtà quotidiana con gli occhi di Dio; alimentare un impegno appassionato e gioioso in ciò che viene fatto secondo le proprie possibilità; avere predilezione per i giovani e il popolo; praticare l'amore, l'ottimismo e la gioia salesiani; lavoro e temperanza; lo spirito di iniziativa e una sufficiente duttilità; la preghiera della vita; accogliere in casa Maria Ausiliatrice…
Mi fermo qui. “Gli Ex allievi di Don Bosco nella Famiglia Salesiana” era il titolo. L'impronta dell'affetto salesiano vissuto nella casa di Don Bosco (Ex allievi) ci ha uniti a tanti altri che hanno vissuto questa stessa esperienza con noi che formiamo l'Associazione degli Ex allievi. Un'Associazione che si dirama nel mondo e ci introduce al grande albero della Famiglia Salesiana. Non è un semplice racconto di un passato glorioso, è una vita aperta a un futuro generativo. Fa parte, come tutto di Don Bosco, del sogno di Dio per i giovani. Renderlo presente, riempie di gioia. Lasciarsi commuovere dal suo dinamismo ci rende lievito per la nuova umanità. È una questione di fede e di speranza. E di tanto amore, come Don Bosco ha saputo metterlo in gioco.
Padre Joan Lluís Playà
Delegato del RM per la Famiglia Salesiana