Carchá y Chisec sono piccole cittàche funzionano da poli
di riferimento per una popolazione calcolata in 270 000 abitanti, la gran
maggioranza di etnia q’eqchì, distribuiti in 433 ncomunità
agricole.
Nel 1935 arrivarono i Salesiani a lavorare in questa missione in quel
momento ancora embrionale.
Attualmente ci sono 2410 catechisti volontari.
L’attuale fecondità pastorale si spiega per le due indovinate
opzioni dei Salesiani: priorità chiara per la Parola di Dio e uso
del canto sacro.
Gli indigeni si lasciarono affascinare dalla Parola di Dio. Prima nei
gruppi familiari, poi in comunità, hanno assunto la Parola di Dio
come l’orizzonte della vita. L’accostamento e la realizzazione
pratica della Parola di Dio hanno dato loro una visione fresca ed entusiasmante
della vita e della propria dignità.
Da qui derivò un impulso forte di crescita in tutte le direzioni
della dignità umana: educazione, salute, animazione, vita comunitaria
…
La musica religiosa trovò terreno favorevole nella capacità
innata degli indigeni per essa. Oggi ogni comunità conta un suo
proprio gruppo musicale, in generale formato dalla “marimba”,
strumento autoctono. In alcune comunità si sono raggiunti buoni
livelli di esecuzione e di creazioni musicali.
Negli ultimi anni si sono rafforzate le istituzioni educative: Talita
Kumi, per le ragazze, e Centro Don Bosco, per i ragazzi.
In entrambe i centri si sta sviluppando un progetto educativo tanto originale
che è stato assunto dal governo nazionale. Stesso successo per
i progetti per la salute e per l’acqua avviati a Talita Kumi.
Il Centro Don Bosco ha formato finora 2000 maestri, il che comporta ingresso
fresco di oltre 6 milioni di dollari annui per famiglie che fino a quel
momento vivevano al limite della miseria economica.
Talita Kumi è centro propulsore di un esteso movimento di promozione
della donna indigena in un’area geografica molto maggiore del territorio
della missione Salesiana.
Uno dei segreti di questo successo pastorale consiste nella fede che i
Salesiani hanno investito nelle persone. Per questo, li hanno animati
a convertirsi in protagonisti, tanto nell’ambito religioso come
nella promozione umana. Non essendo salariati, i catechisti hanno sviluppato
una forte autonomia e senso di responsabilità.
La comunità Salesiana, pur così piccola (10 Salesiani),
si è preoccupata di lavora in un progetto comune. Inoltre, il fatto
che i Salesiani provengono da varie culture e nazionalità ha prodotto
una ricchezza di visioni pastorali e di stili di lavoro.
In questo territorio missionario, oltre ai Salesiani, si sono incorporati
successivamente le Figlie del Divino Salvatore e le Figlie di Maria Ausiliatrice.
Sono sorti sul posto rami della Famiglia Salesiana, come i Cooperatori,
ADMA e Dame Salesiane.
Le Sorelle della Resurrezione è una Congregazione religiosa autoctona
sorta nella missione. Sono esse che hanno dato origine al progetto Talita
Kumi a favore della donna indigena. Quest anno sono state ammesse nella
famiglia Salesiana.
I Missionari di Cristo Buon Pastore è un altro gruppo indigeno,
con aspirazioni a diventare di vita consacrata, in via di consolidamento.
Essi sono il nucleo animatore del progetto Centro Don Bosco per la formazione
dei maestri rurali.
I Salesiani hanno fatto da molto tempo una opzione netta per la pastorale
giovanile. E’ per questo che la maggioranza dei catechisti ha trovato
la sua vocazione in età giovanile.
I Salesiani hanno mantenuto un atteggiamento di continua revisione del
lavoro pastorale, hanno ptato per il metodo della sperimentazione, verificando
costantemente i risultati nella popolazione. Questa verifica continua
ha permesso loro di essere agili nelle opzioni e strateghie di lavoro.
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