1. L´anno scorso vi ho ripetutamente esortati ed eccitati ad inalzare
al nostro Venerabile Padre,- con la vostra condotta ´modellata sui suoi
luminosi esempi, il solo vero e vitale monumento degno di lati e di
noi. Con quelle mie esortazioni io intendevo principttlmente di promuovere
l´imitazione individuale degli esempi paterni; ma insieme esse miravano
altresì a suscitare in ognuno di. voi un amore più vivo
e ardente poi- -la nostra cara Congregazione, che, uscita dal gran cuore
del Padre, ha da trarre vita e incremento dall´amore dei figli, ai quali
egli l´ha lasciata in eredità preziosissima.
Ora quest´amore alla Congregazione ci deve spronare non solo a donarle
tutte le nostre migliori energie, ma anche a sforzarci continuamente
di accrescere il numero de´ suoi membri, con una intensa ricerca e coltura
di vocazioni salesiane, per metterla in condizione di attuare sempre
meglio, e in una cerchia sempre più vasta, il sito programma,
che è la gloria di Dio procurata mediante l´educazione della
gioventù povera e abbandonata.
.Perciò, miei carissimi, dopo avervi stimolati con tutte le mie
povere forze a ricopiare in voi stessi la cara immagine paterna, ora
voglio parlarvi dell´obbligo che abbiamo tutti di lavorare alacremente
e guadagnare a Don Bosco nuovi figli e imitatori, i quali alla lor volta,
seguendo il vostro esempio, abbiano a tramandare il Padre vivente ad
altri figli venturi.
Non lo sentite adunque anche voi, come lo sento io, come lo sentono
gli altri Superiori Maggiori, il gemito angoscioso della nostra amata
Congregazione: Da mini liberos, alioquin moriar? (Gen., 31, 1); dammi
dei figli, altrimenti muoio? Essa vuole dei. figli, cioè molte
nuove vocazioni religiose, perchè _sono la condizione indispensabile
della sua vita e del suo apostolato. Il giorno in citi venisse colpita
da sterilità assoluta, sarebbe anche il giorno della sua morte;
e di questa veneranda madre della nostra religiosa perfezione non resterebbe
più che un freddo ricordo storico. Per° questo; prima Don
Bosco, e poi_ l´indimenticabile Don Rita, hanno tanto parlato e insistito
sulla necessità di coltivar le vocazioni, con una frequenza che
a taluno parve persino eccessiva; per questo io pure ve ne scrissi diffusamente
nella mia prima lettera edif-, canto del 31 maggio 1913, e più
tardi (31 gennaio 191=5) nel capo VIII della II parte del Manuale del
Dirett,ure, dove raccolsi quasi alla lettera le sapienti norme dei Padri
nostri a questo riguardo, ainchè ogni direttore, avendole sempre
alla mano, potesse metterle più facilmente in pratica e farne
argomento prediletto delle sue conferenze. Per questo infine ho approfittato
di ogni. occasione che mi sembrasse propizia, per animarvi, anche solo
incidental,mente, a suscitare nuove vocazioni.
E le mie calde esortazioni, posso dirlo con vero e profondo compiacimento,
non rimasero lettera morta, ma produssero anzi frutti eccellenti, dei
quali va ora orgogliosa la nostra Pia Società.
Tuttavia mai forse come oggi si è sentito in tutta la sua dolorosa
verità il divino lamento: Messis quidem multa, operarii autem
pauci (MATTA., IX, 37): la mèsse è cresciuta a dismisura,
e troppo scarso è il numero degli operai che si consacrano a
raccoglierla, per citi gran parte di essa va miseramente perduta. Sono
stati sopratutto i terribili sconvolgimenti sociali di questi ultimi
anni, che hanno tolto alla Congregazione numerosi soggetti già
formati, rendendole insieme più difficile che mai la formazione
di nuove reclute.
Consci di tutta la gravità e urgenza dell´odierna situazione,
i Superiori Maggiori dedicarono parecchie delle loro laboriose adunanze
allo studio dei mezzi più efficaci per suscitare e coltivare
numerose. e buone vocazioni; e io intendo ora di comunicarvi, o miei
carissimi,
qualcuna delle tante cose proposte, che dopo maturo esame furono ritenute
più atte a raggiungere l´intento.
Ogni giorno, dopo la lettura spirituale, noi supplichiamo il Cuore di
Gesù che voglia mandare buoni e degni operai alla nostra Pia
Società, e conservarglieli... ut bon.os et dignos operarios Pive
Salesian.orum Societati mittere et in ca conservare digneris, te rogamus,
aedi. nos. Questa preghiera è certo sommamente gradita a Gesù
benedetto, e possiamo star sicuri che, per quanto dipende da Lui, noi
avremo sempre tutte quante le vocazioni che sapremo meritarci con l´opera
nostra. Ora l´opera nostra consiste primieramente nel preparare il terreno
propizio alle vocazioni, poi nel seminarle, e per ultimo nel coltivarle
fino a perfetta maturità. In altri termini, la vitale questione
delle vocazioni aspetta la sua positiva soluzione da ciascuno di noi;
e se la, nostra Congregazione non ne ha quante ne reclama l´abbondanza
della mèsse che le tien preparata la Provvidenza, forse, esaminandoci
un po´ seriamente, dobbiamo confessare che tale scarsità di operai
evangelici proviene dal non aver noi quella prudente, premurosa, incessante
sollecitudine per le vocazioni, che si ammirava nel nostro Venerabile
Padre, in Don Rua, che ne fu il più perfetto imitatore, e i-n
tanti altri ottimi confratelli, la cui memoria vivrà - tra noi
in benedizione eterna.
2. A far meglio comprendere ciò mi sembra conveniente, o miei
carissimi, di ricordare anzitutto con la maggior chiarezza possibile
i principii fondamentali che regolano ogni vocazione: essi ci saranno
pure di grande aiuto a superare le difficoltà che avessimo ad
incontrare nell´impresa.
La vocazione in genere - cioè l´elezione di un determinato stato
di vita - viene, da Dio, il quale, come è l´Autore di tutto il
creato, così anche ispira ad ogni anima ragionevole quale via,
essa debba percorrere per conseguire il suo fine. Però in generale
Egli- non comunica tale sua ispirazione in modo straordinario, e neppure
la palesa con segni tali di certezza da non lasciare alcun dubbio sulla
scelta; invece Egli suol porre, per così dire, il germe della
vocazione nelle doti stesse naturali che comparte, in diverso grado
e maniera, alle anime cioè, pur creando tutti gli uomini a sua
immagine e somiglianza, pur determinando a tutti il medesimo fine ,
secondo il suo beneplacito dà loro qualità personali differenti,
che li inclinano chi ad uno stato e chi ad un altro; e per lo più
forma attorno a ciascuno un ambiente adatto al pieno sviluppo di tali
qualità, onde, quasi insensibilmente, ciascuno è guidato
ad abbracciare lo stato di vita più conforme alla sua personalità,
lo stato nel quale gli sarà più facile e sicuro il conseguimento
del suo fine ultimo.
Questa è, in via ordinaria, la parte di Dio nella vocazione delle
sue creature. L´abbracciare poi positivamente uno stato piuttosto che
un altro, è lasciato alla libera elezione personale, coadiuvata
dalla divina grazia (che mai on manca a chi f a tutto il possibile per
non demeritarla), e dall´opera di quelli che sono_ incaricati dello
sviluppo e dell´educazione dei singoli individui.
Quali siano le vie di Dio, in questa distribuzione delle doti e qualità,
ci è esposto egregiamente da San Tommaso. «La Provvidenza,
egli dice, per regola generale non impone a nessuno uno stato determinato
di vita, ma dispone così bene i temperamenti e le inclinazioni
degli uomini, che, in seguito a libera elezione fatta sotto questa duplice
influenza, che per lo più raggiunge il suo scopo, ogni carriera
umana ha sempre un numero conveniente di liberi candidati (Supp., q.
41. a. 2 ad 4) ». Ciò posto, il primo còmpito nostro
riguardo alle vocazioni consiste nel vedere chi abbia le doti richieste
per, qualcuno dei varii rami dello stato di perfezione, cioè
o per il sacerdozio, o per il semplice stato religioso, o per quello
religioso-missionario: doti che si possono ridurre a tre principalmente,
vale a dire: scienza sufficiente, probità di vita, retta intenzione.
Lo stato di perfezione, appunto perchè tale, è lasciato
alla libera elezione delle anime. Si può dire con verità,
o miei carissimi, che ad - ogni vocazione sacerdotale o religiosa si
rinnova misteriosamente la scena evangelica del giovane che´ chiede
a Gesù cosa debba fare per conseguire la vita eterna: il Signore
s´accontenta dell´osservanza, dei Comandamenti: serva mandata, e la
maggior parte si ferma qui; ma accanto a questo, che è per così
dire il programma minimo necessario per raggiungere il proprio fine,
Gesù f a risuonare di continuo alle anime più generose,
nei modi più diversi e impensati, l´invito sublime: Si vis perfectus
esse...! E queste anime, quando siano ben guidate, non si rattristano
per tale invito, come il giovane del Vangelo, ma anzi ne esultano di
gaudio ineffabile, e si slanciano senza esitare sulla via ch´Egli ha
loro additata: Exsultavit ut gigas ad currendam viam!
Ho detto: « quando siano ben guidate », e questa è
la,parte dell´uomo, la parte nostra, nella formazione delle vocazioni.
Gesù non f a a nessuno un obbligo assoluto di ascoltare il suo
amorevole appello, Z)erchè vuol rispettare nella creatura ragionevole
il gran dono della libertà, di cui Egli stesso l´ha ornata. Quindi,
perchè il germe della vocazione cresca e maturi i suoi frutti,
noi dobbiamo procurargli un ambiente propizio e circondarlo delle più
sollecite cure. « Dio - vi dicevo già nella mia prima Lettera
edificante - è l´autore delle vocazioni, ma non dimentichiamo,
o carissimi, che Egli vuole servirsi della nostra cooperazione per farle
germogliare
� fruttificare. In ogni vocazione v´è la parte di Dio e la parte
dell´uomo. Ogni chiamata alla vita religiosa e all´apostolato ha la
sua naturale feconda sorgente nel cuore di Dio. E Dio, perchè
ama la Chiesa, perchè ama gli istituti. religiosi che la servono,
perché ama le anime e vuol salvarle, incessantemente e a piene
mani getta i germi della vocazione nel cuore dei suoi figli. Ma come
la mèsse dei campi viene (t maturità_ per l´unione delle
fatiche dell´uomo e delle benedizioni del Cielo, così le vocazioni
non si sviluppano senza l´opera nostra. Quindi dobbiamo lavorare in
esse come se la riuscita dipendesse solo da noi, senza però mai
perdere di vista che ogni bene viene da Dio: Om.ne donum per
fectum desurstim est, descendens a Patre luminum (JAC.,1, 17) ».
Sì, ogni bene vien da Dio, quindi non solo il germe della vocazione,
ma anche la nostra potenzialità e volontà di lavorare
efficacemente per lo sviluppo e la maturazione di tali germi: utra9ue
autem sunt dona Dei (Ecel., 1. 13). Perciò ogni vocazione sacerdotale-religiosa.,
è divina sia per la parte diretta che vi ha Dio stesso, sia per
quella che lascia a noi, giacchè in fondo anche il nostro lavoro
è dono suo: unusquisque proprium donum habet ex Deo (1a Cor.,
7, 7).
Ma perchè la vocazione possa giudicarsi divina, non è
necessario che Dio palesi direttamente la propria volontà alla
persona chiamata. Non già che Egli non chiami talora per rivelazione,
o per ispirazione diretta, ma tali chiamate straordinarie non sono frequenti,
riè formano la regola; e per lo più Egli le riserba solo
a coloro che destina a qualche missione particolare. « Dio - scrive
Cornelio a Lapide - lascia sovente alla libera elezione di ciascuno
la scelta del proprio stato di vita; tuttavia una simile -scelta può
dirsi che viene da Dio in quanto che è da Dio la direzione delle
cause seconde
� la provvidenza di ogni bene. Dio infatti con la sua Provvidenza ordinaria
dirige ciascuno per mezzo dei parenti, degli amici, dei confessori,
dei maestri e di tutte le altre occasioni e cause seconde, le quali
fanno sì che l´uno abbracci il matrimonio e l´altro il sacerdozio:
ma liberamente, giacchè, queste cause direttrici non s´impongono
necessariamente, ma lasciano la libertà... Avvenuta la scelta,
Diq dà a ciascuno le grazie conformi allo stato abbracciato...
Scegli, dice Sant´Ambrogio, lo stato che vuoi, e Dio ti darà
la grazia propria e´conveniente per vivervi onestamente e santamente
» (C oEN. A LAP., in 1´´°´ Cor., 7, 7).
3. Normalmente dunque la vocazione sacerdotale-religiosa consiste nella
libera elezione di tale stato, fatta per motivi soprannaturali, nell´avere
le qualità per esso richieste, e nella chiamata del Vescovo,
ovvero, per chi aspira ad entrare in una religione approvata dalla Chiesa,
nell´ammissione al noviziato e alla professione religiosa. Il Vescovo
poi o il Superiore religioso, per poter legittimamente chiamare od accettare
alcuno, basta che riscontrino in lui la retta intenzione congiunta all´idoneità,
cioè ad un complesso di doti di grazia e di natura, ad una scienza,
ad una probità di vita, che diano fondata speranza ch´egli possa
convenientemente adempiere gli uffici e i doveri della vita sacerdotale
e religiosa; e prima di questa chiamata od accettazione nessuno ha il
diritto di farsi ordinare sacerdote, nè di entrare in religione.
Questo è il concetto che della vocazione ci dà un autorevole
documento pubblicato negli Acta Apostolicae. Sedis del 15 luglio 1912.
Una Commissione di Cardinali nominata dal S. Padre, dopo maturo esame,
formulava sulla questione della vocazione sacerdotale i seguenti principii,
approvati dal Papa Pio X di s. m.: «1. Neminem liabere unquam
ius ullum ad ordinationem antecedenter ad liberam etectionem Episcopi.
- 2. Conditionem, quae ex parte Ordinandi debet attendi, quaeque vocatio
sacerdotalis appellatur, nequaquam consistere, saltem necessario et
de lege ordinaria, in interna quadani adspiratione subiecti seu invitamentis
Spiritus Sancti, ad sacerdo´tium ineundum. - 3. Sed e contra, nihil
plus in Ordinando, ut vite vocetur ab Episcopo, requiri quam rectam
intentionem simul cum idoneitate in iis gratiae et naturae dotibus reposita,
et per cani vitae probitatem ne doctrinae sufficientiam comhrol ta,
quae spem fundatam faciant fore ut sacerdotii r_nunera reete obire eiusdemque
obligationes sanate servare queat. » Qui si parla solo della vocazione
sacerdotale, ma è evidente che, fatte le &´ebite proporzioni,
gli stessi principii valgono anche per le vocazzicni allo stato religioso:
Ora, miei cari, questi principiai non -.ozio una novità, ma riassumono
in modo chiaro e preciso la, pura dottrina della Chiesa intorno alla
questione della vocazione sacerdotale e religiosa, dottrina già
espressa nel Catechismo pubblicato per ordine di Papa Pio X, dove è
detto che « nessuno può entrare a suo arbitrio negli Ordini,
ma dev´esser chiamato da Dio . per mezzo del proprio Vescovo, cioè
deve avere la vocazione, con le virtù e le attitudini al sacro
ministero, da essa richieste » (Parte III, Sezione I, Cap. VII,
N. 403). Anche qui è dichiarato espressamente: a) Che nessuno
può di propria testa accedere agli Ordini o alla professione
religiosa; b) che il diritto di accedervi lo acquista chi è chiamato
da Dio; e) che la chiamata divina si manifesta al soggetto per mezzo
del proprio Vescovo, o del Superiore religioso; d) che chi è
stato chiamato in tal modo ha la vocazione nel suo significato genuino,
come l´intendeva San Paolo quando proclamava la gran legge: nee quisquam
sumit sibi honorem, sed qui vocatur a Deo (Hebr., 5, 4); perchè,
come spiega il Catechismo del Concilio di Trento, si considerano chiamati
da Dio quelli che son chiamati dai legittimi ministri della Chiesa:
Vocari autem a Deo dicuntur qui a legitimis Ecclesiae ministris vocantur
(De Ordine). e) Che questa vocazione richiede nel soggetto le virtù
e le attitudini necessarie per il sacro ministero e per la vita religiosa.
Pongasi mente alla conclusione che deriva dalle cose dette. _Perché
un giovane sia chiamato allo stato religioso o sacerdotale basta (con
l´ammissione del legittimo Superiore, sempre necessaria) ch´egli abbia
l´idoneità per tale stato, ossia quel complesso di doti di natura
e di grazia, di scienza e di virtù per cui egli dia fondata speranza
di adempiere fedelmente ´i doveri di tale stato; e che mosso da retta
intenzione concepisca il proposito di dedicarsi al sacerdozio, alla
religione. Questo proposito, si noti bene, può essere preparato,
suggerito, eccitato, ra/f orzato da opportuni consigli e da esortazioni
anche insistenti (perchè senza pressione morale che scemi la
liberti) dell´educatore, del confessore o di altra persona pr, dente.
4. Ritornando ora al còmpito nostro riguardo alle vocazioni,
lavoriamo, ripeto, come se la loro riuscita dipendesse solo da noi,
e con l´intima persuasione che ne avremo quante il nostro zelo saprà
e vorrà suscitarne nell´ambito del nostro apostolato. La Sacra
Congregazione di Propaganda Fide, in una sua Istruzione ai Vescovi delle
Indie Orientali sulla conversione dei Gentili, in data 19 marzo 1893,
dichiara espressamente essere dovere dei Vescovi dii cercare e formare
il maggior numero possibile dei pii degni soggetti, e a suo tempo promuoverli
agli Ordini sacri: ut ad sacros ordines ´ quamplurimos et quam aptissimos
adducerent, instituerent et suo tempore promoverent (1). Ora, se la
Santa Chiesa f a dipendere dall´azione dei Vescovi l´aver numerose vocazioni
al sacerdozio, ne segue ´che le vocazioni religiose alla lor volta dipendono
in via ordinaria dall´azione dei membri di ciascuna religione. Quindi,
come i Vescovi sono strumenti principali nel suscitare, formare e chiamare
al sacerdozio soggetti idonei, così´noi, o miei carissii i, ´dobbiamo
esserlo per le vocazioni salesiane a tutti incombe il dovere di suscitarne
e formarne più che possiamo, ma il diritto di chiamare definitivamente
e di ammettere alla professione religiosa compete soltanto ai Superiori
Maggiori. È bensì vero che i Vescovi hanno direttamente
da Dio la missione di ammettere in suo nome al sacerdozio i candidati
che ne giudicano degni, mentre i Superiori che accettano e ammettono
alla professione religiosa ripetono la loro autorità diretta=
Mente dalla Chiesa e solo mediatamente da Dio; tuttavia coloro ch´essi
ammettono alla professione, sono pure chiamati da Dio, perchè
vocali a Deo dicuntur qui a legitimis Ecclesiae ministris vocantur.
5. Grande è dunque il nostro còmpito, e grave la nostra
responsabilità, o miei carissimi confratelli e figliuoli! Il
Venerabile Don Bosco era solito dire che l´accettazione di un giovane
in qualche
***
(1) Cercare i candidati al sacerdozio, formarli e a suo tempo proauloverli
agli Ordini sacri spetta ai Pastori preposti alla custodia del gregge
di Gesù` Cristo. So son veri- pastori, essi non aspettano glie
Iddio mandi i candidati al sacro ministero, Ina li cercano coni la cura
amorosa con cui la donna del Vangelo cerca la drannna smarrita: adducerent;
trovatili, non attendono che Dio li formi con grazio straordinarie,
ma si dedicano ossi stessi alla formazione: instituerent; e solo dopo
averli ben formati, li promuovono: suo tempore promoverent. Con incessanti
suppliche facciano pure violenza al Signore perchè invii numerosi
operai nella vigna evangelica; ma non dimentichino mai elio l´invito
del Maestro: ile et vos in vineam meamn (MAT´r11., 20, 7) lo possono
e devono fare a quanti giovani credono idonei all´alta missione. E siccome
al dir di S. Tommaso, Dio non abbandona la sua Chiesa al punto che sia
priva o quasi di ministri idonei, nò elio manchi del numero sufficiente´
per i bisogni del popolo cristiano (Sappi., q.36, art. 4 ad 1): così
troveranno sempre chi voglia abbracciare lo stato ecclesiastico-religioso.
Mettano perciò tutto il loro impegno: 1d potius ceranduna est,
ut quae Deus humanae per)nisit industriae, fideliler erequantur; ed
il Signore non lascierìl, mai mancare le vocauioui sacre.
I Vescovi (diceva pure Benedetto XIV nell´Enciclica Ubi primum) sogliono
lamentarsi che la mèsse è molta o gli operai pochi: ma
forse sarebbe anche da lamentare che essi medesimi non usino tutte le
dovute sollecitudini per formare operai idonei e in numero conveniente
alla mèsse: imperocchè non nascono, ma si fanno i buoni
e valorosi operai, e la cura di farli spetta principalmente all´attività
intelligente e alle industrie dei VesCOVi: DONI NAMQIJE ET STRENUI OPERARII
NON NASCUNTUn 8131) rIIINT; UT AUTEM IIANT, AI) EPISCOPORUM SOLERTIAM,
INDUS´rRIAMQUE MAXIME PERTINET.
***
nostra Casa (partiMarmente nell´Oratorio di Valdocco) era un segno
prezioso di vocazione. Non già che tutti i giovani delle nostre
Case siano chiamati ad abbracciare lo stato di perfezione; ma certo
moltissimi di loro, sotto l´influsso salutare dell´ambiente che li avvolge
e li penetra, verranno a conoscere di aver doti e qualità per
poter aspirare a tale eccelso stato, per cui un po´ alla volta potranno
anche liberamente disporsi ad abbracciarlo. In fatto di vocazione, il
buon Padre possedeva la dottrina genuina della Chiesa (come l´ho esposta
or ora per sommi capi): quindi, perc.hè i suoi giovani fossero
del tutto liberi nell´elezione dello stato di vita, evitava ogni parola
che potesse indicare una qualsisasie imposizione o coercizione, sia
da parte di Dio, come delle circostanze individuali, f amigliari o sociali.
Al di sopra di tutto egli poneva, la salvezza dell´anima, la quale,
diceva, assolutamente parlando si può conseguire in qualunque
stato, purchè scelto, e abbracciato dopo maturo esame delle proprie
doti e qualità personali, alla luce dell´al di là e sotto
la guida di persona esperta nelle vie del Signore. E siccome senza una
speciale rivelazione nessuno può sapere con certezza i disegni
eterni di Dio sopra ´di lui, così egli ritenne che il còmpito
suo, e quindi anche il nostro, riguardo alle vocazioni, consistesse
non già nello scrutare e indovinare tali disegni, ma sì
nell´aiutare i giovani a scegliersi lo stato di vita più conforme
alle loro doti e inclinazioni particolari; perché era sicuro
che con ciò avrebbero potuto più agevolmente conseguire
l´eterna salvezza.
Nel prezioso trattatello premesso alle nostre Costituzioni, egli riassume,
è vero, i sentimenti di Sant´Alfonso intorno alla vocazione religiosa,
e quindi a prima vista sembra inculcare la dottrina (prevalente ai tempi
del Santo Dottore) che ciascuno sia assolutamente predestinalo ad un
certo stato di vita, fuori del quale corre grave pericolo di non aver
le grazie necessarie per salvarsi. Ma a ben considerare, quelle pagine
non sono per chi deve ancora scegliere la propria vocazione, sibbene
per chi l´ha già scelta: non sono per indicare la via da percorrere,
ma per mantenere in essa chi già vi cammina: sono insomma il
commentario genuino delle parole del Salvatore: « Nessuno, che
dopo aver messo mano all´aratro, volge indietro´ lo sguardo, è
buono per il regno di Dio » (Lue., IX, 62). L evidente infatti
che chi ritorna indietro dallo stato di perfezione abbracciato nella
piena luce della sua libertà come la via più certa di
salvezza, deve rimaner privo delle maggiori grazie che avrebbe ricevuto
perseverando, e perciò incontrare maggior difficoltà a
salvarsi.
Che il nostro buon Padre qui abbia voluto soltanto ammonirci a perseverare
nella vocazione, e non dare delle norme per la scelta dello stato, lo
prova il suo stesso contegno verso coloro che, o per fiacchezza di volontà,
o per altri motivi, si ritraevano poco dopo la prova dalla vocazione
abbracciata: non solo egli li compativa, ma li aiutava in tutti i modi,
affinchè riprendessero lena e facessero il possibile per salvarsi
l´anima nello stato inferiore a cui erano discesi. Anzi questo suo aiuto
era tanto più largo e costante, quanto più cresceva il
loro numero, purchè egli conosceva per esperienza le gravissime
difficoltà. che il, più delle volte bisogna saper superare
. per mantenersi nella via dei perfetti. Anche´ ne´ suoi sogni assisteva
alle lotte che i suoi giovani dovevano sostenere per divenire apostoli
6. « Grande e lunga battaglia di giovanetti - lasciò scritto
egli stesso in data 9, maggio 1879 - contro guerrieri di vario aspetto,
di diverse forme, con armi strane. In fine rimascro pochissimi superstiti.
Altra più accanita ed orribile battaglia avvenne tra mostri di
forma gigantesca ed´ uov1tini di alta statura, ben armati e ben esercitati.
Essi avevano uno stendardo assai alto e largo, nel cui centro stavano
dipinte in oro queste parole: Maria, Auxilium Christianorum. La pugna
f u lunga, sanguinosa, ma quelli che seguivano, lo stendardo furono
come invulnerabili e rimasero padroni di una vastissima pianura. A costoro
si congiunsero i giovanetti superstiti alla antecedente battaglia, e
tra tutti formarono una specie di esercito, avendo ognuno per arma nella
destra il SS. Crocifisso, nella sinistra un piccolo stendardo di Maria
Ausiliatrice modellato come sopra.
» I novelli soldati fecero molte manovre in quella vasta pianura,
poi si divisero e partirono, gli uni all´Occidente, altri verso l´Oriente;
alcuni pochi al Nord, molti al Mezzodì.
» Scomparsi questi, succedettero le stesse battaglie, le stesse
manovre e partenze. per le stesse direzioni. IIo conosciuti alcuni delle
prime zuffe; quelli che seguirono erano a me sconosciuti, ma essi davano
a divedere che conoscevano me, e mi facevano molte dimande ».
In queste poche pennellate parmi, o miei carissimi, di vedere delineata
prima la vita dell´Oratorio di Valdocco, e poi quella dell´amata Congregazione,
di questa vigna prediletta, che piantata con inenarrabili fatiche dal´
Venerabile nostro Padre nel giardino della Chiesa, abbisogna di sempre
nuove schiere di buoni operai. Come il padrone della parabola evangelica,
Don Bosco fìnchè visse non si stancò mai di aggirarsi
per le città, per i paesi e le borgate in cerca di essi, ripetendo
con insistenza ai grandi e ai piccoli, ai ricchi e ai poveri: «
Venite, venite anche voi nella mia vigna! ». E trovava sempre
qualche volenteroso che rispondeva al suo invito. Ma siccome la vigna,
oltrechè lavorarla, biso, gnava anche custodirla giorno´ e notte
dai né-mici, così non tutti, anzi da principio solo pochi
perseveravano tra le asprezze della lotta e le intense fatiche; gli
altri tornavano indietro. I pochi superstiti però, pur sotto
il pondus dici et aestus, con prolungate esercitazioni si addestrarono
presto, e si agguerrirono talmente da resistere agli assalti nemici;
e un po´ per volta, divenuti un vero esercito, dopo molte manovre nella
pianura, si sparsero, come Don Bosco aveva visto nel sogno, alcuni all´oriente,
altri all´occidente, parecchi al settentrione, e molti al mezzodì
della vigna, sia per coltivarla e difenderla meglio, sia . per trovare
le nuove reclute necessarie a colmare i vuoti lasciati dagli scomparsi.
L´occhio paterno, fisso nell´avvenire, assiste al rinnovarsi delle battaglie,
delle manovre e partenze di altri e poi altri ancora, che gli sono sconosciuti,
ma che conoscono lui e lo tempestano di domande. Vede tanto i valorosi
che cadono combattendo, quanto (non so dire con che amarezza del suo
cuore) i pusillanimi che indietreggiano e un po´ per volta abbandonano
affatto il campo di battaglia; ma al lor posto vede con gioia sottentrare
tosto volonterose nuove reclute, frementi di più ricche energie.
Poi la visione si allarga: una pioggia di fiammelle splendenti che sembrano
fuoco di vario colore: un amenissimo giardino: un personaggio avente
la fisionomia di San Francesco di Sales, c7ae gli offre un libro, nel
quale a stento egli riesce a leggere alcuni avvisi per i novizi, per
i professi, peri direttori e per il Superiore... A questo punto il Venerabile,
tutto assorto nel pensiero d´elle vocazioni, chiede al misterioso personaggio
che si debba fare per promuoverle; ed ecco la risposta che gli vien
data: « I Salesiani avranno molte vocazioni colla loro esemplare
condotta, trattando con somma carità gli allievi e insistendo
sulla frequente Comunione... Nell´accettazione escludere i pigri ed
i golosi; vegliare se havvi garanzia sulla castità... E per le
Missioni studiare e coltivare le vocazioni indigene ».
7. _Da queste semplici parole, che tutti dovremmo imprimerci, profondamente
nella memoria, appare chiaro che la formazione delle vocazioni dipende
molto da noi, e che con la nostra buona condotta e carità possiamo
averne quante ne vogliamo.. Come va dunque che esse sono così
scarse, e insufficienti alle necessità, della Congregazione?
Perdonatemi, o miei, carissimi, ma purtroppo mi sembra che la ragione
di ciò continui ad essere quella che già lamentavo nella
mia prima lettera edificante. Permettetemi di ripeterla qui con le stesse
parole: «Io ho la persuasione che da non pochi Salesiani si lascia
perdere ogni anno più d´una vocazione. Spesso prendo in mano
il catalogo della nostra Congregazione, rileggo i rendiconti, confronto
col passato, e un senso, di mestizia mi prende nel constatare che varii
collegi ed ospizi che una volta davano abbondanti ed ottime vocazioni,
ora ne dànno pochissime o nessuna. Non mi nascondo le difficoltà
dei tempi, ma parmi che, se tutti fossimo animati dal sacro fuoco di
carità ´ per le anime che ardeva in petto al Venerabile Padre,
sapremmo trovare nel cuor nostro tali e tante industrie da superarle,
o almeno renderle meno sensibili ».
Da quel tempo, quanto s´è ancora aggravata questa penuria di
vocazioni! Per attenuare le nostre responsabilità, abbiamo cercato
di gettarne tutta la colpa sull´immane guerra che ha desolato anche
l´umile famiglia nostra, privandola di tante preziose esistenze, e paralizzandone
la vitalità e le iniziative; tuttavia, se ben ascoltiamo la voce
della nostra coscienza, non ci sarà difficile persuaderci che
se avessimo lavorato di più, la Pia Società si allieterebbe
ora di un maggior numero di vocazioni. Forse si è perduto di
vista che Don Bosco ci aveva ordinato di coltivare le scienze umane
specialmente per aver modo d´insegnare la scienza divina che f orma
i veri cristiani, e sopratutto di suscitare, coll´aiuto di Dio, numerose
vocazioni nell´immenso´ campo giovanile affidato alle nostre cure. Forse
ci siamo dimenticati che questo era uno dei punti essenziali della nostra
vocazione salesiana, e. ci siamo accontentati di essere maestri e professori
distinti e instancabili, di null´altro preoccupati che di far studiare,
studiare e poi studiare ancora, come un qualsiasi insegnante laico,
affinchè gli alunni avessero a riportare i più brillanti
risultati negli esami finali, e conseguire i mrvigliori diplomi professionali,
per poter concorrere ai posti più rimunerativi. E nell´Oratorio
festivo si è forse data la preminenza ai giuochi, alla ginnastica,
allo sport, al teatro, alla musica e a tutte le altre cose esteriori,
riducendo al minimo lo studio -c la , pratica della -religione.
Ah! miei buoni- confratelli, se nei nostri Oratorii, Collegi, Ospizi
e Pensionati lo studio e la pratica della religione avessero sempre,
come voleva Don Bosco, il posto d´onore, qual terreno propizio si avrebbe
per seminare e far fiorire in abbondanza le vocazioni sacerdotali e
religiose! Mi appello alla vostra stessa esperienza: non avete anche
voi osservato che le Case ove la pietà ha il primato, sono veri
semenzai di vocazioni, e che queste invece scarseggiano o mancano affatto
là dove la pietà languisce? Perchè il primo Oratorio
festivo di Don Bosco, perchè il primo Ospizio di Valdocco, perchè
i primi Collegi_ diedero in breve tante e così splendide vocazioni,
che i Pastori di numerose Diocesi dell´Italia e dell´Estero vi ricorrevano
per aver clero? Ecco: in quelle prime Case da tutti si mirava in primissimo
luogo alle cose dell´anima; le parole dell´Apostolo: Non habemus hie
manentem civitatem sed futurani inquirimus (Hebr., 13, 14), che racchiudono
l´intero programma della vita cristiana, erano nel cuore di tutti, spronandoli
ad una santa emulazione per correggersi dei difetti ed esercitarsi in
ogni più bella virtù. In tal modo la mente direttiva del
buon Padre, illuminata dall´ardente sua carità verso Dio e verso
le anime, andava preparando insensibilmente il terreno più propizio
per le vocazioni ecclesiastiche e religiose. Ogni qualvolta perciò
risuonava alle orecchio di -quei giovani il si vis perfectus esse, il
divino invito alla pratica dei consigli evangelici e dell´apostolato,
molti e molti pieni di santo entusiasmo rispondevano tosto: Io, io son
pronto! Prenda me!
Oh! le indimenticabili scene che vidi più volte rinnovate sotto
- i miei occhi, negli anni più belli trascorsi accanto al Venerabile
Padre! S´era tutti convinti ch´egli avesse dal Signore doni affatto
singolàri, e in primo luogo quello della penetrazione e visione
delle coscienze; ma anche prescindendo da tali superni carismi, Don
Bosco, con le sue naturali qualità, riusciva a preparar così
bene il terreno alle vocazioni, che quando ne faceva poi un- lontano
cenno, pareva, la cosa più. naturale del mondo, e si restava
quasi mortificati di non aver saputo pensarci e decidersi prima. Era
nelle ricreazioni, sopratutto in quelle più animate, che il buon
Padre diventava un pescatore meraviglioso. Per lungo tempo studiava
l´indole, le tendenze, il carattere di ciascuno, con più amore
di quello con cui una madre si occupa del bene de´ suoi figli; e più
uno dimostrava nei giuochi vivacità e padronanza di sè,
più egli l´andava preparando con lo sguardo, con le parole all´orecchio
(nelle quali però non entrava quasi mai la vocazione), con piccoli
incarichi di fiducia, col fascino del suo affetto paterno, che pareva
tutto intero per ciascuno de´ suoi giovani; cosicchè, quando
era giunto il momento propizio, bastava solo che dicesse all´orecchio:
« Non ti piacerebbe consacrarti al Signore per salvar delle anime?
» perchè il fortunato vedesse già decisa con luminosa
chiarezza la propria vocazione. E non erano entusiasmi passeggeri.
Ora, in queste subitanee trasformazioni e decisioni dovremo forse veder
sempre dei fatti straordinarii, e per così dire miracolosi? Che
in parecchi casi sia veramente stato così, non v´è dubbio;
ma per lo più esse non erano altro che il risultato finale delle
sante industrie, delle assidue fatiche, delle preziose preghiere con
cui il Venerabile Padre aveva preparato il terreno alla vocazione, e
l´aveva coltivata fimo al suo pieno sviluppo.
8. Ebbene, se noi pure, o miei carissimi, non risparmieremo industrie,
fatiche e preghiere, io vi assicuro che non ci mancheranno certo ogni
anno abbondanti vocazioni. Il più lo ha fatto Don Bosco: a noi
non resta che seguirne gli esempi. La sua grande missione f u quella
di fondare dappertutto Oratorii, Ospizi e Collegi in cui raccogliere
i figli del popolo per allevarli cristianamente. Noi siamo i continuatori
di questa sua mirabile missione; perciò dobbiamo fare come faceva
il nostro Modello, cioè studiar bene i giovani, « apprezzarne
in tempo le disposizioni fisiche, intellettuali, ´morali, per farne
poseia, come f a il giardiniere delle piante del suo vivaio, la corna,
altre pel piano, altre per la collina. Questi non ha testa nè
memoria per nulla; e ben per questo ci accontenteremo di inoculargli
le cose necessarie alla salute. Quest´altro non ha volontà nè
� attitudine a continuarla sui libri, e ben questo lo applicheremo alle
arti. e mestieri, qual, più gli aggrada. Ma poi quest´altro dall´aria.
ingenua, dal carattere franco, dalla memoria felice, dall´intelligenza
aperta, dagli illibati costumi, ah! questo, come primizia eletta, coltiveremo
con maggior cura, perché metta bene, s´invigorisca, vada in alto.
Attenda dunque questo giovane ad un corso regolare di studi, si renda
forte nei primi elementi, più forte nella latina grammatica,
ancor più forte nella rettorica. Orbene, con tal coltura mandata
innanzi, io metto pegno che, come sopravverrà al giovane l´età
competente, ed egli si farà uomn di Chiesa, perchè il
Padrone della mèsse l´avrà scelto ad operare e dissodare
la sua vigna ». (Mcm. Biogr., vol. V, pag. 410).
Quale frutto di una simile cernita diligente, oculata, penetrantissima
fatta da Don Bosco durante la sua vita in mezzo ai giovani, ben 2500
sacerdoti sono usciti, per sua stessa confessione, dalle sue Case e
sono andati a lavorare nelle Diocesi! E se si tien. conto anche delle
altre vocazioni da lui qua e là seminate e coltivate, si può
ben ritenere assai probabile il calcolo di chi ha .fatto ascendere ad
un numero molto maggiore i sacerdoti e religiosi da lui formati. E non
dimentichiamo, carissimi, che Don Bosco .per ,ottenere questo miracolo
di apostolato ha dovuto prima cercare tutti gli elementi necessari,
cioè il luogo, gl´individui e i mezzi per mantenerli e lavorarli;
mentre invece noi - eccetto,., s´intende, i Superiori, ai quali incombe
pure la ricerca degli individui e dei mezzi - ordinariamente non abbiamo
elte da coltivare-le vocazioni nei giovani che ci sono affidati.
H o detto « ordinariamente », perchè in senso largo
siamo anche tenuti a « questuare vocazioni allo stato greggio
» tra i nostri parenti, amici e´ conoscenti, sia col buon esempio,,_
sia colla parola, sia anche colla corrispondenza epistolare. Se il Poverello
d´Assisi, per distaccare i cuori dei suoi coniemporanei dalle ricchezze
e dai piaceri in cui erano ingolfati, volle che i suoi seguaci vivessero
nella più rigida povertà di spirito e di fatto, questuando
giorno per giorno il necessario all´esistenza, per cui furono chiamati
frati questuanti, ´o cercatori; noi in un certo senso dovremmo, sulle
orme del Padre, gloriarci dì esser chiamati i questuanti o cercatori
di vocazioni presso tutti i popoli. E tale nostra questua, non di cibarie
per i corpi, ma di cuori generosi per l´apostolato sacerdotale-religioso,
sarà una predica così efficace come quella dei fraticelli
d´Assisi al loro tempo: essi, col loro distacco da tutto, facevano disprezzare
le ricchezze e amare la povertà che mena dritto a Gesù
Cristo; noi, facendo risuonare alle orecchie dei giovani il divino invito
del si vis perfectus esse, desteremo in molti di, loro il desiderio
della perfezione, e così predicheremo al mondo incredulo la necessità
di far, ritorno al soprannaturale, nella pratica sincera della vita
cristiana,, che altro non è so non la vita di Gesù negli
individui, nelle famiglie, nella società intera.
Mi parve opportuno, o miei carissimi, fermare la vostra attenzione sopra
questa specie di apostolato da esercitarsi nella sfera delle nostre
relazioni non solo f amigliari, ma anche d´amicizia o di semplice convenienza,
perchè. esso costituisce una delle più spiccate caratteristiche
del genuino spirito infuso da Don Bosco nella sua istituzione. Più
si studia la sua vita, e più emerge la genialità affatto
nuova della sica creazione. Vedendo egli l´odio accanito che ferveva
ai suoi tempi contro la nostra santa religione, e in modo particolare
contro gli Ordini e le Congregazioni religiose che la rivoluzione andava
sopprimendo con leggi inique anche negli Stati fino allora cattolici;
ed intuendo che non gli sarebbe stato possibile dare esistenza ad una
nuova famiglia religiosa, qualora egli l´avesse modellata su quelle
già soppresse, egli mise da parte- ciò che era pura .
forma esteriore, e iniziò la sua Società con quanto era
strettamente necessario alla perfezione religiosa. Alla tradizionale
terminologia delle Congregazioni d´un tempo egli sostituì nomi
comuni e meno appariscenti; la sua aveva da essere solo una pia società
di persone consacrate all´educazione della gioventù povera e
abbandonata; i soci dovevano conservare, coi dirittti civili, il dominio
radicale dei loro beni, pur essendo vincolati con voto alla pratica
ilei consigli evangelici, e quindi in pratica realmente poveri, non
potendo senza ´permesso fare alcun atto di proprietà; dovevano
congiungere lo spirito di personale iniziativa con la debita sottomissione
al Superiore: e da questo spirito appunto la nostra. Società
ritrae quella geniale modernità che le rende possibile di fare
il bene richiesto dalle necessità dei tempi e dei luoghi; infine,
pur avendo essi detto addio ai parenti, agli amici, al mondo per seguire
Gesù Cristo, tale distacco non doveva imporre una separazione
violenta che li obbligasse quasi a rompere i legami di natura e ogni
relazione esteriore: potendo benissimo la volontà essere per
f ettamtente distaccata da tutto e da tutti, senza bisogno di separazioni
materiali. .L´intero sito sistema educativo si riduce a formare volontà
capaci di compiere il proprio dovere e di praticare anche i consigli
evangelici in grado eroico, non per timore -amano, non per coercizione
esteriore, non per forza, ma liberamente per amore. La sua istituzione
è una f arniglia formata unicamente di fratelli che hanno accettato
i medesimi doveri e diritti_ nella più perfetta libertà
di scelta e nell´amore più vivo a un tal genere di vita. Per
questo egli voleva assolutamente esclusi dalle sue case gli ordinamenti
e le disposizioni disciplinari che limitassero in qualche modo la libertà
propria dei figli di famiglia: ciascuno doveva osservare l´orario e
il regolamento non già costretto da agenti estrinseci, ma spontaneamente,
per libera elezione del proprio volere.
Ora questo spirito di famiglia, in cui l´autorità dei Superiori
non si f a sentire con imposizioni militaresche, ed è l´amor
filiale che muove le volontà dei sudditi a prevenire anche i
semplici suoi desiderii, questo spirito di famiglia èè
il terreno più propizio per le vocazioni; perciò, miei
carissimi, noi dobbiamo gelosamente conservarlo ed accrescerlo. Parlando
con amici, conoscenti, estranei, facciamo risplendere questo nostro
spirito in tutta la sua luce, sia col contegno sempre gioviale e allegro,
sia esaltando la felicità del nostro stato tutte le volte che
se ne offre il destro.
Così, quasi senz´avvedercene, estendèremo il terreno per
le vocazioni, pereltè non pochi insensibilmente saranno indotti
a deporre i lor pregiudizi intorno allo stato religioso, e all´occasione
forse loderanno il nostro genere di vita,- o magari anche lo consiglieranno
a etti è ancor dubbioso sulla scelta dello stato. E non è
questo indirettamente un apostolato per le vocazioni?
.Ma sopratutto, miei cari, dobbiamo conservare questo spirito di famiglia
negli Oratorii festivi, nelle Case, nei Collegi e Convitti in cui lavoriamo,
perchè solo dove regna questo spirito possono fiorire le vocazioni.
Facciamo dunque rivivere intorno a noi quella famigliarità che
il nostro buon Padre ci ha tanto caldamente ed efficacemente descritta
nella sua memoranda lettera da Roma del 1.0 maggio 1884, che è
il commentario più autentico del suo Sistema Preventivo. La potete
leggere e rileggere, o miei cari, negli Atti del Capitolo Superiore
(pag. 40-48); ed io faccio i più caldi voti perché gli
alunni delle nostre Case di Noviziato e di Studentato la studino unitamente
al Sistema preventivo con vero amore filiale, sì da imprimersela
profondamente nella mente e nel cuore. Anzi, a rendere tale studio più
agevole, la farò tra breve stampare in libretto a parte.
9. Da quanto son venuto fin qui dicendo, voi, cari figli, avrete facilmente
compreso l´importanza somma del, cercare vocazioni, nei limiti delle
�vostro attribuzioni e dei rapporti con gli esterni. 1 veri apostoli
delle vocazioni fanno come lo scultore, il quale, prima di ´porsi all´opera
ideata, cerca egli stesso,il blocco di marmo più fino, e poi
lo f a trasportare nel sito studio per lavorarlo con intelletto d´amore.
Durante questi anni del mio Rettorato ho assistito con gioia al grande
movimento giovanile degli allievi ed ex-allievi dei nostri istituti;
e dal fondo del cuore ho inalzato più volte l´inno del ringraziamento
al Signore e alla potente nostra Ausiliatrice per questa meravigliosa
abbondanza di giovani baldi, accorrenti con entusiasmo sotto il vessillo
che porta in ogni paese del mondo il Da mihi animas! del nostro buon
Padre. Ogniqualvolta poi nelle nostre Case ebbi a trovarmi attorniato
dal gaio stuolo degli allievi, nell´osservare il lor volto buono, ingenuo,
sul quale apparivano chiaramente le belle doti di cui erano forniti,
mi veniva spontaneo il pensiero che moltissimi di loro si sarebbero
consacrati al Signore, qualora fossero stati ben indirizzati e aiutati
a scegliere quella ch´Egli -chiamò « la miglior parte ».
E nelle memorande adunanze degli ex-allievi, in tanto scintillio di
belle qualità di mente e di cuore nella pienezza del loro sviluppo,
pensavo pure che forse molti, e molti di loro avrebbero abbracciato
la carriera dell´apostolitto delle anime, se fossero stati ben disposti
e lavorati dai loro ´Superiori �e insegnanti. Mici buoni confratelli,
queste cose non sono semplici supposizioni e pii desiderii; è,
un fatto che quando il terreno, pur essendo ben preparato e concimato,
non rende frutto, la colpa, è da ascriversi al contadino, che
o non ha seminato, o ha sparso semente non buona, o non si è
carato di vegliare perchè crescesse bene è non fosse mangiata
dagli uccelli o soffocata dalla zizzania. Nell´immensa turba di giovanetti
ohe la Provvidenza invia alle nostre Case, sono assai numerosi quelli
che offrono un terreno molto_ atto a, produrre il fiore della voca zione
sacerdotale-religiosa, che hanno cioè speciali qualità
per lo stato di perfezione; ma, come s´è già detto sopra,
occorre vi sia elci sappia convenientemente indirizzarli e guidarli.
E questo dobbiamo far noi, se vogliamo dimostrarci figli affezionati
della S. Chiesa e della nostra Congregazione. Quali sono dunque le giovani
anime che offrono un terreno più propizio per le vocazioni? Noi,
o miei cari, dobbiamo porre l´occhio, come faceva da vero specialista
il nostro Venerabile, sopra quelli che hanno una particolare attrattivo
per la purezza.
Non parlo di quella purezza negativa, incosciente., che è dovuta
unicamente all´equilibrio o alla calma del temperamento, o ad ulna fortunata
ma effimera ignoranza di certi misteri della vita; ma di una purezza
positiva, cosciente, voluta, dell´adolescente che già sa o almeno
comincia a sospettare l´esistenza e la natura di quei piaceri, che forse
già sente la sua natura inferiore trascinata verso-di essi, e
che tuttavia nella sua ragione, nel suo cuore, nell´anima sua prova
un disdegno, un disgusto per tali cose, e quindi un desiderio, un bisogno
di tenersene lontano, per risparmiarne ai suoi sguardi, alla suaa immaginativa,
alla sua ´ vita l´alito contaminatore. I giovani che hanno tale attrattiva´
per la purezza, nella scelta del genere di vita da abbracciare non possono
non dare la preferenza allo stato ecclesiastico-religioso, perchè
non tarderanno a comprendere, prima per via intuitiva e poi un po´ alla
volta per via dimostrativa, che questo è il solo stato in cui
si possa conservare la purezza nel suo più alto grado. Infatti
lo spirito generale. che regna nel sacerdozio e nelle Corporazioni religiose,
le lezioni e gli esempi di Gesù Cristo e dei Santi, che la Chiesa
f a studiare e meditare ai preti e ai religiosi, le sollecitudini di
questa divina Madre delle anime per l´onore e la santità de´
suoi ministri, tutto parla di purezza, tutto esalta la purezza, tutto
spinge quasi a forza verso la purezza. La purezza ha un´in-. tima affinità
con lo stato ecclesiastico-religioso, ne è inseparabile e quasi
con esso s´identifica. Questo intuiscono in qualche modo anche i giovani;
perciò noi possiamo sperar molto da quelli che sono affamati
e assetati di purezza; mentre al contrario non dobbiamo, in via generale,
fare assegnamento su quelli che hanno tendenze troppo ina´cate per i
piaceri della vita, cosa che è relativamente facile a conoscersi
con lo studio oculato dei varii temperamenti, e più ancora coll´osservazione
costante delle inclinazioni buone e cattive di ciascuno.
10. Rivolgiamo dunque i nostri sforzi e le nostre attenzioni principalmente
a conservare e a coltivare la purezza nei giovani che ci sono affidati.
Come faceva il Venerabile, insistiamo senza mai stancarci sulla necessita,
di stare sempre occupati in qualche cosa; in ricreazione´ essere sempre
in moto, non mettersi mai le mani addosso, non camminare a braccetto
o tenersi per mano, o stringere la mano del compagno. Non tollerare
che i giovani" siano tra loro sgarbati_ o si abbracci.iio anche
solo per ischerzo, Rigorosamente, ma con prudenza, inibire le amicizie
particolari, per quanto sulle prime paia non presentino pericolo di
sorta; ed in ciò siamo inesorabili. Non solo esecriamo il turpiloquio,
ma non soffriamo che si pronuncino parole plateali, che possano suscitare
un pensiero, un sentimento men che onesto.
Nelle esortazioni parliamo della purezza più che del vizio contrario,
e di questo facciamo solo cenno con termini riservati e prudenti. Evitiamo
di pronunciare i nomi di tali peccati. alle tentazioni non diamo altro
epiteto che quello di cattive; una caduta chi a-miammola disgrazia,
proprio come faceva Don Bosco, al quale persino il vocabolo castità
non sembrava abbastanza, atto a imprimere nei suoi giovani quel candore
immacolato di cui li voleva rivestiti. 0 miei carissimi, supplichiamo
il nostro buon Padre che ci ottenga la grazia di poter anche noi insinuare
nel cuore dei nostri giovani l´amore, l´entusiasmo per la regina delle
virtù, cosicché abbiano poi a-proclamare « beati
quei giorni in cui un piccolo neo riguardo ai costumi _ li commoveva
al pianto e li spingeva con insistenza ai piedi del confessore, sì
grande era l´effetto prodotto in essi dalle nostre parole, quando parlavamo
della purezza ». Insomma vigiliamo continuamente per allontanare
dagli occhi e dalle mani dei giovani tutto quello che può far
nascere in loro qualche malsana curiosità, avendo ognor presente
alla memoria il grave monito che il buon Padre era solito dare a´ suoi
primi figli: « Ricordatevi: de moribusi ecco tutto:. salvate _la
moralità. Tollerate tutto, vivacità, insolenza, sbadataggine,
ma non l´offesa di Dio, e in modo particolare il vizio contrario alla
purità. State bene in guardia su questo, e mettete tutta l´attenzione
vostra sui giovani a voi affidati ».
Nelle case di educazione dove regna sovrana la purezza, non difetteranno
mai le vocazioni sacerdotali-religiose; aggiungo anzi che saranno più
abbondanti le vocazioni religiose, perchè è, in religione
che si può conservare meglio e più sicuramente questo
candido giglio. Per un fine particolare, o miei cari figli, desidero
che notiate questo. Per l´indole stessa della nostra istituzione, noi
dobbiamo darci attorno a coltivare la vocazione religiosa anche in quei
giovani studenti o artigiani, i quali, pur essendo buoni e desiderosi
d´una vita di perfezione e d´apostolato, non possieclono tutte le doti
di mente e di cuore. per aspirare al sacerdozio, ovvero non qe ne sentono
l´animo. Nelle Congregazioni d´un tempo -i fratelli laici formavano
una specie di secondo ordine dipendente dal primo, e partecipante dei
beni spirituali solo in minor grado. Don Bosco ha soppresso il tradizionale
dualismo; e i membri della sua Società godono tutti gli stessi
diritti e privilegi; il carattere dell´Ordine sacro impone, sì,
maggiori doveri, ma i diritti sono eguali tanto per i sacerdoti e i
chierici quanto per i coadiutori; questi non sono un « second´ordine
», ma veri religiosi salesiani, che debbono esercitare in mezzo
alla gioventù l´identico apostolato dei sacerdoti, eccettuate
soltanto le mansioni sacerdotali. Quindi i nostri coadiutori devono
rendersi atti a catechizzare, a - tener conferenze religioso-sociali,
a insegnare nelle scuole primarie e medie, a divenir capi d´arte, ad
assistere giorno e notte i giovani, ad amministrare i beni della comunità,
a svolgere insomma tutta quella parte dello svariato programma del nostro
apostolato per la quale non si richiede il carattere sacerdotale. Ora,
presentando la missione del coadiutore salesiano_ in tutta la sua sociale
importanza, in tutta la sua attraente bellezza e varietà a quei
giovani di cui ho detto sopra, essi ne saranno facilmente invogliati
-ad_ abbracciarla. Queste vocazioni, -o miei cari, sono uno dei- bisogni
più imperiosi per la nostra Pia Società, la quale senza
di esse non saprebbe e non potrebbe conseguire le alte finalità
sociali che le sono imposte dai tempi presenti; e d´altra parte l´istituzione
dei coadiutori forata una delle più geniali creazioni della carità,
desiderosa sempre di rendere a tutti più agevoli le vie della
perfezione. Coltiviamo perciò con particolare impegno buone vocazioni
di coadiutori. Parlando di vocazione salesiana, facciamo chiaramente
capire che si può averla intiera e completa anche, senza il sacerdozio,
e che i coadiutori nella nostra Pia Società sorto in tutto eguali
ai preti, tanto per i diritti. sociali quanto per gli spirituali vantaggi.
Il maestro, il´ professore, il catechista, il prefetto, il direttore,
che potranno, dire di esser riusciti a formar ilei buoni coadiutori,
si saranno acquistata una specialissima benemerenza nella- Congregazione.
Ma sopratutto, queste vocazioni di coadiutori debbono cercarle e coltivarle
i coadiutori stessi, non solo nelle scuote e laboratorii, dove se ne
offre forse meno facile il destro, ma nelle ricreazioni, durante le
quali debbono stare anch´essi in mezzo ai giovani, prendendo parte amichevolmente
ai loro giuochi e conversazioni. In questo i buoni coadiutori possono
esercitare un´influenza di gran lunga più efficace che non i
chierici e i sacerdoti; infatti un chierico, un sacerdote, può
tutto al più descrivere ai giovani la vita del coadiutore salesiano,
ma il coadiutore questa vita la vive dinanzi ai loro occhi, offre loro
il modello, c si sa che verba moventi, exempla trahunt: se le parole
possono muovere, gli esempi trascinano...
E poichè parliamo del potere dell´esempio, ricordiamoci, o miei
carissimi, che a nulla gioverebbero le più assidue industrie
per aver buone vocazioni di coadiutori, se gli allievi non vedessero
praticamente nella nostra vita salesiana quell´uguaglianza e fraternità
vera tra preti e coadiutori, da noi vantata a parole. Oh! faccia il
Signore che nessuno di noi abbia più da meritarsi il grave, per
quanto amorevole, rimprovero che si legge nella Circolare di Don Rua
del 1o Novembre 1906: « il-ti scese al fondo del cuore come uno
strale - scriveva questo nostro Padre venerato - la lagnanza udita qualche
volta dai coadiutori, che essi norí sono considerati quali- fratelli,
ma quali servitori! » (L. Ciro., pag. 355).
1.1. Un altro carattere che il giovane deve avere per essere un terreno
propizio alla vocazione, è quella elevatezza di sentire che aborre
da quanto è mediocre, banale e volgare, e anela a cose grandi;
che dinanzi ai beni e agli onori terreni gli fa dire, con gli occhi
scintillanti di nobile fierezza: Excelsior! Ad maiora natus sum! Evidentemente
lo stato sacerdotale-religioso non può non avere delle forti
attrattive per questi giovani, perchè è uno stato superiore
ad ogni altro anche solo dal punto di vista puramente umano. Ma in loro
una simile elevatezza d´animo per lo più non. .è che in
embrione, e sta a noi di svilupparla mediante l´educazione. Qui principalmente,
o miei cari, si deve manifestare tutta la valentia dell´educatore salesiano
e la bontà del sistema preventivo. Questo sistema - che è
la nostra .più preziosa eredità - quando sia ben interpretato
e meglio applicato, ci farà distinguere facilmente i varii. caratteri
dei nostri giovani, e c´indicherà i mezzi per migliorarli tutti,
pur, elevando ad una maggior perfezione quelli che si sentono chiamati
a più alte cose. Permettetemi di ricordarvi quanto ebbi già
a dire quando mi sforzai di descrivervi Don Bosco quale nostro modello
nell´educare e santificare la gioventù: là può
trovarsi anche la norma di quel che dobbiamo fare per plasmare i nostri
giovani in conformità degli esempi paterni. Colla pratica del
nostro sistema non permetteremo che, si guastino i caratteri già
buoni per natura e per educazione di famiglia, vegliando perchè
i compagni di natura più terrena non abbiano a trarli alle loro
idee, ai loro gusti, ai loro progetti sull´avvenire, a nulla, insomma
di basso, e neppure di comune, come sarebbero le aspirazioni alla fortuna,
al lusso, al benessere e alle comodità, ai piaceri volgari; ai
successi e alle vanità mondane. Con destrezza induciamoli a levar
lo sguardo verso un ideale superiore, verso il bene e la virtù,
verso le gioie ardue ma tanto più soavi che procura il dovere
compiuto e la pace con la propria coscienza, verso una vita seria, utile
e degna. Di quando in quando nella scuola, nelle conferenze, nelle «
buone notti », nelle ricreazioni, parliamo con entusiasmo di questi
nobili ideali; e se talvolta´ nei discorsi- familiari delle ricreazioni
qualcuno manifestasse preoccupazioni d´amor proprio o d´interesse, non
manchiamo di condannarle apertamente col dire: « Ciò è
basso, è meschino, è banale, non è degno di un
cuore generoso. » L sopratutto in questi´ discorsi che possiamo
trovare l´occasione di ripetere sotto mille diverse forme la parola
santa del Surs-tizzi corda!
Nei primi volumi delta vita del nostro buon Padre possiamo trovare,
leggendoli con amore, una miniera preziosa di norme e di . esempi per
l´esercizio pratico di questo apostolato, meravigliosamente fecondo
di ottime vocazioni. Facciamone tesoro tutti quanti, o miei carissimi,
tenendo. però presente una cosa molto importante per noi, ed
è che per Don Bosco offrivano un buon terreno alla vocazione
i giovani più birichini, com´egli soleva chiamarli, cioè
irrequieti e vivaci, ma insieme ardenti e di sì gran cuore da
sentirsi spinti ad uscir di se medesimi, ad amare, e, per conseguenza,
a dare, poi a darsi, e infine a sacrificarsi totalmente per il bene
altrui. Le sue conquisto migliori sono state in mezzo ai fanciulli di
tal natura; molti ancor viventi possono farne veridica testimonianza,
e se mettessero sulla carta i ricordi dei loro primi anni e la genesi
della lor vocazione, come risalterebbe più fulgida l´arte del
Venerabile nell´inalzare i cuori al desiderio e al conseguirnento della
perfezione! Mettiamo ancor noi ogni nostro studio nel cercare di tali
giovani dal cuore ardente e generoso: una parola, un movirncrcto, un
atto di gentilezza o di. carità a favore di qualche compagno,
possono esserne le prime rivelazioni; e coltivandoli con sapiente amore,
un giorno o l´altro riceveremo da loro la confidenza di un principio
di aspirazione verso la vita ecclesiasticoreligiosa, perchè un
po´ per volta si farà strada in loro il pensiero che solo -in
tale stato potranno soddisfare appieno al bisogno che sentono di darsi
e di sacrificarsi per gli altri. Ho detto « coltivandoli,con amore
»; perchè a ciò è indispensabile l´opera
nostra, sia per combattere senza tregua in loro l´egoismo, correggendone
ogni più piccola manifestazione, e sia por abituarli a compiere
di frequente piccoli atti di generosità, mostrando. loro, anche.
solo con un semplice sguardo, che ne siamo contenti e li approviamo.
Incitiamoli ad esser larghi nel dare ai compagni e ai poveri, ma principalmente
nel darsi, cioè nell´essere servizievoli e pieni di attività
per il bene. Facciamo che amino lo studio e il lavoro come la via più
sicura per giungere presto a far del bene. Iniziamoli alle piecole cariche
delle varie Compagnie, alla sorveglianza nelle ricreazioni, nei giochi,
come altrettanti mezzi per fare un po´ di bene ai compagni. Stimoliamoli
a dar buoni consigli, a protestare energicamente contro i cattivi discorsi,
a diffondere il buono spirito e la pietà in tutti i modi... Che
se per dare bisognerà privarsi, e se per darsi ed agire bisognerà
scomodarsi, faticare, farsi innanzi vincendo la timidezza e il rispetto
umano, e talora esponendosi anche ai dileggi e agli scherni altrui,
allora la formazione sarà migliore e più sicura.
Però i nostri giovani, per quanto amanti della purezza, della
elevatezza di sentire e dell´abnegazione più generosa, non saranno
mai terreno propizio alle vocazioni, se non possederanno un profondo
spirito soprannaturale. Sappiamo che tutta l´opera nostra di educatori
deve -mirare, sulle orme di Don, Bosco, a formare dei cristiani convinti,
praticanti, il che non potremo ottenere senza penetrarli bene di soprannaturale.
E questo spirito è tanto più necessario nei giovani forniti
dal Signore delle qualità necessarie per l´apostolato delle anime.
Sia perciò- nostro studio ili dare ad essi idee soprannaturali:
imbeviamo le loro menti delle grandi verità della fede, principalmente
di quelle che riguardano più da vicino la direzione della nostra
vita, quali sono: la grandezza di Dio, i suoi bene/izi e- gli altri
molteplici titoli che gli conferiscono il diritto assoluto di disporre
di noi per il suo´servizio; - la sua infinita amabilità, la dolcezza
del darsi interamente a Lui; - la certezza della morte, congiunta all´incertezza
della sua ora e del divino giudizio che fisserà in eterno la-
nostra sorte felice od in,felice; - la vanità e fragilità
delle cose terrene; --� l´importanza capitale della salvezza dell´anima;
- la malizia infinita del peccati, il ,l pregio H/ < tntcrtsv della
grazia, il valore inestirraabile dell´anima; la dignità e i meriti
degli sforzi che l´uomo f a per salvarsi, la necessità di seguire
Gesù più da vicino che sia possibile. - Prendiamo tutte
le occasioni propizie per instillare profondamente nell´animo dei nostri
giovani queste supreme verità, e ciò in modo naturale.
e persuasivo, più con l´esempio luminoso della nostrafede che
con i discorsi,. Avvezziamoli a fare una breve lettura quotidiana in
forma di meditazione, come suggerisce il Venerabile Padre nel Giovane
Provveduto. Quanto sono belle e care le letture e le considerazioni
da lui scritte nei primi anni del suo apo-. stolato in mezzo ai giovani!
Come in esse egli rivela tutta l´ardente sua carità e il suo
metodo educativo interamente ispirato al soprannaturale!
Cori le idee soprannaturali suscitiamo in essi i sentimenti corrispondenti:
uri forte timor di Dio (oh! il Dio ti vede! di Don Bosco com´era efficace!)
; timore lemperato però da una pietà filiale; l´orrore´
di tutto, ciò che può offendere Iddio, la paura dell´inferno,
un vivo desiderio del paradiso; il disprezzo del mondo, dei suoi piaceri,
delle suo pompe, delle sue massime e del suo spirito. Eccitiamoli sopratutto
ad un amore virile e tenero insieme verso N. S. Gesù Cristo,
il Gesù del Presepe, del Calvario, dell´Eucaristia; a studiare
nel S. Vangelo la sua vita, la sua fisionomia sublime e dolce; a visitarlo
nel tabernacolo, a _ unirsi a Lui di frequente, anzi ogni giorno con
la S. Comunione, almeno spirituale; ad armare la S.. Chiesa con trasporto,
man mano che le loro menti vanno apprendendo le glorie meravigliose
della sua storia, della sue opere eccelse, de´ suoi santi.
Di più, le idee e i sentimenti soprannaturali debbono far fiorire
nei giovani - in misura compatibile colla loro età - le virtù
soprannaturali: la carità, l´umiltà, la mortificazione
di cui è quotidiana palestra l´osservanza esatta del Regolamento;
l´abnegazione, lo zelo per le anime. Per l´acquisto di queste virtù,
e anzitutto per la correzione dei difetti, che ne è la condizione
indispensabile, insegniamo ai nostri giovani a maneggiare le armi potenti
dell´esame generale e particolare. Così insensibilmente si formeranno
in loro dei gusti soprannaturali: il gusto della preghiera, della parola
di Dio, delle devote ´ letture, delle funzioni di chiesa; e sarartno
desiderosi, felici di servire la Messa ogni volta che se ile offrirà
loro l´occ«sione. Leggete, leggete, miei carissimi, quei veri
gioielli´ che sono- le biografie di Savio Dorraenico, di 1llichclc Al
agone, di Francesco Lesucco, di Litigi Colle, e troverete che Dori,
Bosco, per crescersi attorno questi vaghissimi fiori di santità,
fece precisamente quanto vi ho detto or ora.
Nè si pensi che questa formazione, soprannaturale dei nostri
giovani spetti unicamente al direttore, al catechista, al confessore:
no, no, essa esige il- concorso di tutti, e quindi anche quello degli
insegnanti e dei capi d´arte, dai quali anzi alle volte forse dipende
in massima parte, essendo essi più d´ogni altro a contatto coi
giovani. I maestri, i professori, i capi d´arte, gli assistenti, se
sono all´altezza della loro missione e sanno approfittare delle occasioni
che hanno continuamente, possono meglio d´ogni altro infondere il soprannaturale
prima , nell´intelligenza, poi ne cuore e nélla vita intera dei
loro allievi. L´insegnante salesiano dev´essere ben convinto della necessità
di dare agli allievi una soda istruzione religiosa; e la storia, la
letteratura, la filosofia, le scienze, le matematiche, la geografia
ecc., gli offrono ad ogni istante il destro d´insinuare almeno indirettamente
qualche verità religiosa. Questo è uno dei punti capitali
del nostro sistema educativo: se lo trascuriamo, inevitabilmente le
vocazioni nei nostri istituti verranno meno.
12. Però, mici carissimi, se siamo ben compresi della nostra
missione educativa, quale la vuole Don Bosco, non possiamo accontentarci
di preparare il terreno propizio alle vocazioni, del che vi ho intrattenuto
finora; ma dobbiamo anche seminarle e coltivarle amorosamente. Anzitutto,
seminarle, cioè fai, uso dei mezzi di cui disponiamo perchè
in quel terreno propizio la vocazione realmente nasca e prenda forma.
L´ questi mezzi sono: la preghiera, le esortazioni, le letture ascetiche,
le mille pie industrie di cui Don Bosco ci fu incomparabile maestro.
« L Salesiani avranno molte vocazioni colla loro esemplare condotta
», gli disse il misterioso personaggio del sogno; quindi per far
nascere numerose vocazioni intorno a noi, dobbiamo ordinare la nostra
condotta, l´intera vita nostra allo scopo della Pia Società,
che è l´acquisto
della perfezione nell´esercizio d´ogniì opera di, carità
sia spirituale, sia corporale verso dei giovani, specialmente dei più
poveri, ed anche l´educazione del giovane clero. Perché mai Don
Bosco, nel 1.0 articolo: Del fine della Società Salesiana, ha,
volir,to determinare che i soci si occupino anche dell´educazione del
gi,ovanne clero? Non perchè abbiamo ad occuparci direttamente
di Seminarii diocesani - cosa che anzi Part.. 77 ci vieta di fare senza
l´espressa licenza della Santa Sede nei singoli casi - ma perchè
ci diamo rnassirna cura, di coltivare nella pietà e nella voeazi.oiìe
coloro che si mostrassero in modo speciale commenilevoli nello studio
o nella pietà (art. 5). Per essere veri figli di Don bosco dobbiamo
aver sempre presente questo fine, e, qualunque sia la nostra occupazione,
studiarci in tutti i modi di suscitare il maggior numero possibile di
vocazioni nel campo assegnatoci dalla Provvidenza. Nessuno dica di non
potere: anche chi ha occupazioni che non riflettono direttamente i giovani,
dev´essere seminatore e coltivatore solerte di vocazioni. Fra i tanti
mezzi suggeriti più volte dat Ven. Padre e da Don Rua, molti
sono quelli che fanno per tutti; e mi sembra di far cosa utile a ricordarvene
qui alcuni.
Il Ven. Dori losco faceva dipendere molto molto dalla preghiera le numerose
vocazioni elte andava formando. Se ora difettiamo di vocazioni, chissà
che non sia perchè non le domandiamo seriamente al Signore, ovvero
perchè non preghiamo bene? Molte volte anche da noi si prega
meccanicamente, per abitudine, senza riflessione, e allora come possono
le preghiere raggiungere il loro scopo?- Mettiamo dunque in esse delle
intenzioni ben determinate, congiunte a quel maggior fervore che ci
è possibile, e ne sperimenteremzo la potente efficacia sul cuore
di Dio. Nella quotidiana Preghiera e Consacrazione a Maria SS. Ausiliatrice
diciamo proprio di cuore a questa nostra buona Madre e Regina: «
promuovete le sante vocazioni, e accrescete il numero dei sacri ministri,
af%ìnchè per mezzo loro il regno di Gesù Cristo
si conservi tra noi, e si estenda fino agli ultimi confini della terra!
Fate altresì, o Maria Ausiliatrice, che noi siamo lutti raccolti
sotto il vostro manto. di madre, e che nessuno mai vi abbandoni! »...
E ripetiamo con frequenza e con ardore lungo il giorno la bella .supplica
al Cuore di Gesù, già da me ricordata al principio di
questa lettera: « Cor - Jesr.u Sacratissimurn, -tot bonos et dignos
operarios Piae Salesianorlam Societati nmittere, et in ea conservare
digneris, te rogamns au-li nos! ». Credetemi miei cari, queste_
preghiere, se ben falle, non saranno vane: il Salesiano che prega nel
vero senso della parola, trasfigura e santifica se medesimo, ed è
un focolare di vita divina che riscalda le anime e le apre alla grazia.
A queste preghiere perle vocazioni uniamo lo spirito di mortificazione,
perchè la generosità di Dio è proporzionata a quella
dei nostri desiderii` e delle nostre suppliche. I desiderii consistenti
in sole parole costano poco e valgono meno; ma quelli che ci rendono
forti contro noi stessi, che ci fanno vincere le ripugnanze, resistere
alle tendenze cattive, praticare i doveri penosi, sopportare i difetti
del prossimo manifestano a Dio tutta la vivezza delle nostre aspirazioni,
e lo inclinano più fortemente ad esaudirci. Non intendo dire
che si debbano fare apposite penitenze per ottenere vocazioni: l´assiduo
nostro lavoro e la regolare osservanza sono già di per sè
mortificazione non piccola; ma certo farebbero opera grandemente meritoria
ed efficace quei buoni confratelli che, non potendo far altro, imitassero
l´esempio del nostro Ven. Padre, il quale, quando aveva bisogno di qualche
grazia molto importante, s´imponeva speciali austerità, riuscendo
così ad ottenere il suo intento.
Le anime mortificate hanno esercitato sempre uno straordinario ascendente
sul cuore di Dio; perciò non vi rechi meraviglia questa mia asserzione:
il Salesiano umile, nascosto, continuamente intento al suo dovere, che
di quando in´quando si mortifica coraggiosamente per ottenere vocazioni
alla Pia Società, riesce a suscitarne senza neppure avvedersene.
Durante il viaggio che feci attraverso le Americhe come rappresentante
dell´indimenticabile Don Rua, alcuni di questi umili confratelli mi
chiesero licenza di far ciò; e avendola o concessa, ho poi constatato
che le Case, ov´essi avevan dimora producevano ogni anno buone vocazioni;
e che trasferendoli in altre Case fino allora state affatto sterili
di vocazioni, tale sterilità ben presto, cessava, grazie alle
loro preghiere ed occulte mortificazioni.
Però preghiere e mortificazioni varrebbero poco, senza la condotta
esemplare e la santità personale di ogni singolo Salesiano. E
un fatto innegabile, o miei carissimi, che nelle Comunità celi-,
giose le vocazioni sono in proporzione diretta del fervore e ´della
santità dei loro membri. Il nostro buon Padre ci ha sempre inculcato
questa verità nelle sue esortazioni, e più ancora con
l´esempio pratico della sua santità, che faceva fiorire dappertutto
le vocazioni, inducendo i cuori generosi a seguirlo dappresso nell´aspra
via da lui battuta. Allora, cioè nei primi tempi della, gaia
giovinezza, noi stimavamo un grande onore d´essere annoverati tra i
suoi figli, ed era in noi la ferma volontà di consacrarci al
Signore interamente e non solo a mezzo, non per vantaggi temporali,
ma .per la gioia di poter condurre, .come lui, una vita tutta di saerifizio,
benchè apparentemente ordinaria e comune... La santità
del Padre fu la causa effettiva della vocazione di tutti i suoi primi
figli: noi si voleva seguirlo, perchè da lui emanava una segreta
virtù che ci rendeva il cuore più ardente, lo spirito
più illuminato, le passioni più calme, spronandoci in
pari tempo ad imitarlo in tutto. Questa segreta virtù traluceva
così abitualmente dal suo sguardo sereno, dal suo perenne sorriso
e da tutta la sua fisionomia, che noi lo vedevamo già trasfigurato
in Dio e nel pieno possesso di quella pace divina -e di quel coraggio
sovrumano che sono propri dei santi; onde i nostri cuori ardevano dal
desiderio di essere come lui e con lui, a, costo di qualunque saerifizio.
Orbene anche noi, -miei cari, - eon l´osservanza esatta delle Regole,
con l´esercizio delle più- solide virtù, con l´amore della
nostra vocazione, con la carità fraterna, con l´evangelica famigliarità
e con l´ininterrotta unione a Dio, possiamo acquistare questa segreta
virtù della santità del nostro Ven. Padre, e come lui
suscitare numérose vocazioni intorno a noi.
Il nostro tenor di vita poi dev´essere così attraente, da farne
desiderare ai nostri giovani la geniale attività, l´inalterabile
gaiezza. Don Bosco ci voleva sempre allegri, pur in mezzo alle maggiori
fatiche e ai dispiaceri più assillanti, pur in mezzo alle privazioni
e ai sacrifzi. Inoltre parliamo sovente della vita salesiana, mettendone
in rilievo gl´innumerevoli vantaggi, la molteplice va rietà delle
occupazioni, adatte per tutte le indoli e per i più diffe venti
caratteri; il gran numero degl´istituti e delle case, per cui, quando
uno non potesse più lavorare con frutto in un luogo, è
fa cile trasferirlo altrove, perchè possa continuare a rendersi
utile; la bellezza del nostro apostolato, la soavità dello spirito
che lo anima; la modernità e vastità delle opere. Io sono
certo poi che nessuno mai dinanzi agli allievi vorrà mostrarsi
malcontento della sua vocazione, o screditare in qualsiasi modo la Congregazione
che l´ha annoverato tra i suoi figli.
13. Finora vi ho parlato di quello che possono e debbono fare a pro
delle vocazioni i Salesiani in genere; ma, oltre a questo, speciali
doveri incombono ai Superiori del Capitolo, agl´Ispettori e ai Direttori
coi loro, relativi Consigli o Capitoli, àgl´insegnanti, ai capi
d´arte, agli assistenti, a tutti quelli insomma che hanno qualche autorità
sui giovani. Ora i Superiori del Capitolo hanno tenuto recentemente
varie adunanze intorno alle vocazioni, per trarre dal tesoro di norme
pratiche avuto in eredità dai Padri tutto quello che sembrasse
più adatto ed opportuno per conseguire lo scopo desiderato. Tutti
furono unanimi nel riconoscere l´urgenza di un intenso apostolato a
pro delle vocazioni ecclesiastiche e religiose, sopratutto salesiane,
e il grave dovere che incombe ai singoli soci di mettersi tosto all´opera
per esercitarlo secondo le proprie forze; e in questa persuasione hanno
deliberato quanto segue:
Preferire, tra le nuove fondazioni che vengono proposte, quelle che
dànno speranza più fondata di fornire molte vocazioni,
sia per il buono spirito della gente del luogo, come per la comodità
di concentramento dei soggetti, delle visite da parte dei Superiori,-
e dei mezzi. di finanziamento.
Mandare - quando sembri conveniente - qualche confratello abile e dotato
di sano criterio e prudenza a fare conferenze per suscitare vocazioni,
e, se è necessario, a reclutare giovani, specialmente artigiani
e famigli, nei paesi, come´ fanno altre corporazioni religiose.
Interessare allo stesso scopo i Cooperatori e i Parroci mediante circolari
apposite, o articoli 8261 Bollettino, o nelle prescritte conferenze
che si tengono in occasione delle feste di San Francesco di Sales e
di Maria SS. Ausiliatrice.- E io per ottemperare a quest´ultima deliberazione
ho ritenuto conveniente di rivolgere ai nostri buoni Cooperatori, nella
mia lettera del gennaio di quest´anno, un caldo appello perchè,ci
aiutassero a preparare nuove vocazioni religiose e sacerdotali. «
Sono pressochè quotidiane - dicevo - le domande di nuove fondazioni,
e una delle mie pene più gravi è appunto quella di dover
rispondere negativamente alle continoventi istanze che ci pervengono,
o da centri estremamente bisognosi di aiuto immediato per salvare tanta
povera gioventù, o da eminenti ed augusti personaggi, cui non
vorremmo e non dovremmo mai dir di no. Eppure,- con tutta la buona volontà
di non indietreggiare mai di fronte al lavoro, vi confesso apertamente
che non ci è possibile far di più. Come provvedere a questo
grave bisogno? Col moltiplicare le vocazioni. Quanti bravi fanciulli,
se venissero debitamente incoraggiati e sorretti, sarebbero felici di
consacrarsi ad opere di carità e di zelo nello stato religioso
e sacerdotale! Questa coltura divina spetta principalmente ai genitori
e a tutti quelli che sentono amore per la gloria di Dio e per la salute
delle anime.
« Ricordiamoci - diceva Don Bosco - che noi regaliamo- un gran
tesoro alla, Chiesa, quando le procuriamo una vocazione. Serva essa
per le Diocesi, o per le Missioni, o per un istituto religioso, è
sempre un gran tesoro che si regala alla Chiesa di Gesù Cristo
». Voi quindi farete un´opera santa e della più alta importanza,
se nel nuovo anno e in tutti gli anni avvenire, col consiglio e con
ogni miglior appoggio morale e materiale, vi adopererete per inviare
alla Società Salesiana qualche nuova vocazione. Io vi protesto
innanzi a Dio che sarà per noi la migliore e più cara
elemosina!»
Altra deliberazione del Capitolo fu che i Superiori Maggiori facciano
frequenti, visite alle Case, fermandovisi il tempo necessario per animare
tutti alta perfetta osservanza delle nostre Regole; e ciò perchè,
come ho detto sopra, le vocazioni dipendono dalla buona condotta dei
soci. Essi dovranno insistere particolarmente presso i Direttori che
si faccia fare a tutti il rendiconto mensile, chiamando coloro che non
si presentassero spontaneamente; che si tengano, e bene, le conferenze
bimensili; che si dia molta importanza all´Esercizio di buona morte,
facendolo fare ai confratelli separatamente dai giovani, perchè
altrimenti serve a poco; e che gli Esercizi spirituali annuali dei confratelli
siano ben preparati, avvisando in tempo i predicatori, ed esortandoli
a parlare anche della vocazione, del suo gran pregio, dell´importanza
e del dovere di perseverare in essa,, dei mezzi di perseveranza ecc.
I Superiori del Capitolo faranno di tutto perchè queste norme
siano praticate puntualmente dappertutto, ma i loro sforzi poiessere
fecondi hanno bisogno, o miei carissimi, della vostra cooperazione;
perciò vi scongiuro con tutta l´anima, e in nome dell´affetto
ehe vi porto, a non volerci negare questo indispensabile aiuto; e faccio
appello in modo speciale a voi, miei buoni Ispettori e Direttori.
Gl´Ispettori sono il braccio, o meglio l´anima, del Capitolo Superiore
per la conservazione del vero spirito salesiano nelle nostre Case, e
per l´universale diffusione dell´Opera di Don Bosco a favore della gioventù-
povera ed abbandonata. Essi infatti, secondo l´art. 73 delle Costituzioni,
governano le Ispettorie e tengono 1.0 veci del lZettor Maggiore nelle
case e nei negozi loro afd.ati: debbono fare cioè per le Ispettorie
quello che il ileltor Maggiore col suo Capitolo fa per tutta la Società.
Anch´essi perciò col loro Consiglio debbono studiare a fondo
le cause della mancanza di vocazioni, e i mezzi per rimediar vi. In
ogni hspettoria, oltre al Noviziato proprio, che è indispensabile,
vi sia almeno una Casa-Ospizio veramente´ tale, -cioè destinata
a formar vocazioni di studenti e di artigiani, e dove la beneficenza
,si faccia con questo preciso scopo, il quale è bene che . sia
dichiarato nel foglio-programma; e l´Ispettore vegli perchè non
>´abbia a trasformare poco per volta l´Ospizio in un Collegio. Vi
sia pure una Casa per i figli di Maria, possibilmente modellata su quella
di Penango.
Rammentino i cari Ispettori l´illustrazione superna con cui il buon
Padre venne ispirato a fondare l´Opera di Maria Ausiliatrice per le
vocazioni degli adulti. allo stato ecclesiastico.
Più l´opera sua andava sviluppandosi, e più la sua mente
era dominata dal pensiero delle vocazioni; e una sera del 1875, mentre
egli stava nella sacrestia del Santuario di Maria Ausiliatrice, gli
sembrò di trovarsi nella. sua camera al tavolino col registro
dei giovani tra le mani, e di udire una voce che gli diceva: «
Vuoi ,sapere il modo di accrescere, e presto, il numero dei buoni preti?
Osserva quel registro, da esso ricaverai il da farsi ». Don Bosco
osservò, ma non seppe ricavar nulla. Allora temendo di sognare,
si alzò bruscamente per vedere chi gli avesse parlato. I giovani
a quella vista pensarono che avesse male, e fecero per sorreggerlo,
ma egli, dopo averli assicurati che non era nulla, riprese a confessare.
Finite le confessioni e andato che f u in camera, per obbedire a quella
voce misteriosa si mise a sfogliare tutti i registri della casa, e alfine
gli balenò alla mente il pensiero elte, di tanti giovanetti che
intraprendevano gli studi per abbracciare la carriera ecclesiastica,
appena ,1.5 su 100, cioè neppur due su dieci, giungevano a mettere
l´abito ecclesiastico; gli altri ne eran distolti da affari di famiglia,
dagli esami liceali, dal mutamento di volere, frequente a quell´età.
Invece quasi tutti quelli che venivano all´Oratorio più adulti,
cioè 98 su -100, mettevano l´abito ecclesiastico e riuscivano
preti con minor tempo e fatica. Egli venne quindi a questa conclusione:
« Questi sono più sicuri e possono far più - presto:
è ciò che cercavo. Bisognerà quindi che mi occupi
di loro, che apra delle case espressamente per loro, e che cerchi la
maniera ali coltivarli in nodo speciale... »
Oggi forse quest´Opera di Maria Ausiliatrice per le vocazioni tardive
è alquanto -trascur ata; eppure non ha cessato di avere tutta
la sua impo-rtanza. Non si tratta certamente di far dei preti a metà,
senza gli studi necessari, eltè questo sarebbe un danno immenso
e per la S. Chiesa e per la nostra Società, e d´altronde è
ormai reso impossibile dalle precise disposizioni del Codice riguardo
agli studi ecclesiastici; si tratta di un prezioso segreto per aver
più numerose e più sode vocazioni. Sia dunque l´Opera
di __Maria Ausiliatrice una delle più care ai nostri Ispettori,
come lo fu a Don Bosco, a ,Don Rua, e lo è pur oggi a tutti i
Superiori del Capitolo.
La scelta di buoni Direttori e di personale veramente adatto e degno,
soprattutto dal lato religioso, è un´altra cosa che ha un grande
influsso sulle vocazioni, e che dipende in massima parte dall´oculatezza
e prudenza degli] spettori. Procurino essi inoltre che possibilmente
nel Noviziato i coadiutori possano tenersi esercitati nella propria
arte, potendo avvenire che la mancanza di tale possibilità distolga
alcuni artigiani dall´andare al noviziato. Richiamando a mente quanto
ho detto più sopra, si comprenderà meglio l´importanza
di questa norma. Sarebbe pure utilissimo che, come vi sono Case ove
i chierici professi triennali vengono perfezionati nella formazione
religiosa e negli studi, ve ne fossero di consimili anche per i coadiutori
artigiani, ove questi potessero divenire buoni capi d´arte e buoni religiosi.
Di una solida formazione-religiosa essi hanno bisogno ameno quanto i
chierici, se non di più ancora, sia per poter divenire anch´essi
buoni educatori salesiani, e sia per i più frequenti contatti
pericolosi che forse avranno col mondo esterno corrotto e corruttore.
Gl´Ispettori inoltre, compresi come sono di quello spirito di famiglia
che Don Bosco volle sempre vedere nelle nostre Case, facciano uso di
tutta la loro autorità per impedire che in esse abbia ad infiltrarsi
lo spirito militaresco, un triste frutto della gùerra che purtroppo
ha forse qualche proselito anche tra noi. Dove già fosse penetrato,
diano ordini espliciti perchè la ginnastica venga limitata, ai
soli esercizi preliminari, e lo sport venga usato solo con molta prudenza
e parsimonia. Le nostre Case non debbono essere trasformate rnè
in caserme, nè in piazze n´armi, nè in palestre o canapi
di giuoco; un tale abuso è una delle precipue cause dello scema
~ r., doloroso delle vocazioni. L quindi precisa volontà non
solo mia, ma di tutti i- Superiori del Capitolo, ch´esso venga al più
presto _eliminato; e ciò valga anche per gli Oratorii festivi,
dove esso non reca danni men gravi.
Altro abuso da togliersi, inaudito nel sistema educativo nostro, è
quello delle vacanze-premio durante l´anno scolastico. Non si concedano
sotto nessun pretesto: non per tema che diminuisca il numero dei giovani;
non perchè i confratelli abbiano alcuni giorni di sollievo (noi,
come ilnostro buon Padre, ci riposeremo in paradiso!); non perchè
i giovani sono dei corsi superiori, o solo pensionanti che frequentano
le scuole pubbliche, nel qual caso anzi bisogna approfittare appunto
di quei giorni per intensificare la loro educazione religiosa con esercizi
spirituali e conferenze, se vogliamo evitare il grave pericolo di ridurci
ad essere degli albergatori, o al più degli istitutori sullo
stampo di quelli di certi convitti civici!
A questo riguardo gl´Ispettori procurino altresì di avcórciar
e, per quanto è possibile, le vacanze , ai novizi di fresco accettati,
perchè stando a casa non abbiano a perdere la vocazione, come
purtroppo di frequente è avvenuto. Potendo, procurino loro un
conveniente svago inviandoli a passare le vacanze in qualche nostra
Casa con dintorni ameni e ricchi di belle passeggiate.
Diano somma importanza agli Esercizi spirituali dei giovani, scegliendo
buoni predicatori nostri (agli . estranei, come ho già altre
volte raccomandato, si ricorra solo in caso di necessità estrema),
ed esortino i predicatori stessi a parlar molto della vocazione, sopratutto
il predicatore delle istruzioni, che possibilmente . dovrebbe essere
un esperto Direttore. Nelle Ispettorie dove saran praticate queste norme,
non difetteranno più le vocazioni, e l´azione salesiana fiorirà
mirabilmente- in nuovi, e più grandiosi istituti.
14. Ma per quanto facciano i Superiori del Capitolo e gl´Ispettori,
essi non riusciranno a suscitare e coltivare abbondanti vocazioni senza
il concorso dei _Direttori delle Case, col rispettivo loro personale.
_Tocca ai Direttori, mantenere ed accrescere in ciascun Salesiano la
pietà e la virtù, secondo gli insegnamenti e gli esempi
del nostro Fondatore, e, come scriveva l´indimenticabile Don Pua ai
Direttori d´America il 24 agosto 1894, « conservare ai nostri
istituti quel carattere che Egli loro impresse, carattere che consiste
specialmente nello sforzo unanime, generoso e costante dei Superiori,
maestri e assistenti perchè sia allontanato il peccato, perchè
si pratichi spontanea la vera e soda pietà. L´educazione ed i84-ti,zione
della gioventù senza spirito religioso, ecco la piaga del nostro
secolo. Dio non permetta mai che le nostre scuole ne siano infette!
». Sono i´ Direttori che devono compiere la maggior parte di questo
importantissimo lavoro, dal quale, come si è detto più
volte, dipendono le tantow desiderate vocazioni. Perr compierlo convenientemente
meditino spesso quanto scriveva ancora lo stesso Don Rua nel 1897: «
Voi non farete le meraviglie se vi confesso che, formato alla scuola
di Don Bosco, non so chiamare vero zelo quello d´un religioso o d´un
sacerdote, il quale si tenesse pago d´istruire ed educare i giovani
del suo istituto o della sua scuola, e non cercasse d´avviare verso
il santuario quelli in cui scorgonsi segni di -vocazione, e che sogliono
essere i migliori ». Io ho la certezza che i Direttori, quando
siano profondamente penetrati e convinti di questo pensiero, avranno
sempre nella loro casa un ricco semenzaio di vocazioni. Pur adoperandosi
a far del bene alla società civile col dar asilo a tanti poveri
giovanetti che sono in pericolo d´incamminarsi sulla via del vizio,
e pur praticando la carità col. dare a questi giovanetti il pane,
con l´istruirli, col farne dei buoni cristiani e degli onesti cittadini;
pur facendo tutto questo, dico, il buon direttore mirerà più
in alto, cioè si sforzerà di aumentare il numero dei preti
e dei coadiutori salesiani, memore sempre che senza di ciò la
nostra Pia Società si ridurrebbe a non poter più compiere
la sua missione, e che l´apostolato salesiano sarebbe monco, se non
tendesse in primo luogo a far proseliti.
a
Per ottenere un tale intento, il Direttore sia veramente padre verso
i propri dipendenti, provvedenmdo con sollecitudine alle loro necessità,
anche materiali: ciò apre i cuori, mentre l´indifferenza li chiude
e genera disgusti e tentazioni contro la vocazione. «Il punto
più culminante da inculcarsi ai Direttori - scriveva Don Rua
agl´Ispettori nel 490T-si è che la cura loro speciale dev´essere
di indirizzare bene i confratelli, e preti e- chierici e laici. Sì,
il loro grande impegno deve consistere nel conservare loro la vocazione
colla, carità, pietà, prudenza: trattar tutti bene, e
ricordare spe: cialmente che i confratelli, anche coadiutori, non sono
servi, ma fratelli e tigliuoli; perciò van trattati con fraterna
carità, con sollecitudine, con confidenza. Insegnino pure i Direttori
ai soci ed inculchino la povertà, e la facciano osservare; ma
comincino essi , darne l´esempio, ed intanto s´adoprino con fraterna
sollecitudine a non lasciar mai mancar loro nulla del necessario, anzi
siano piuttosto abbondanti nel provvederli. Insegnino i Di-rcttori ai
soci ad essere veramente ubbidienti, ma essi si studino di non far pesare
troppo. l´ubbidienza, adoperando con loro modi buoni, e non pretendendo
da loro più di quello che possono fare.
Inculchino pure di prendere i mezzi per conservare la castità,
perciò la fuga delle intemperanze, delle amicizie particolari,
delle comodità, delle carezze; ma intanto siano i primi a dar
buon esempio in tutte queste cose; poi ascoltino il socio quando dice
di essere in pericolo, non lo lascino in circostanze troppo difficili
per le sue forze, lo pongano in´ condizioni favorevoli per conservare
la bella virtù. Non si mandino fuori di casa a fungere uffizi
o a far lavori quelli che non sono più che sicuri ».
Per lo stesso motivo i Direttori facciano in modo che i chierici possano
compiere i loro studi regolarmente, afnchè non abbiano a lagnarsi
dell´inosservanza di quanto le Costituzioni dispongono a loro favore,
e a deplorare poi di essere sacerdoti solo a mezzo.
I varii Direttori delle Case --- così Don Rua agl´Ispettori nel
1902 - veglino attentamente ed usino i mezzi necessari affinchè
i tre anni di tirocinio pratico, che i chierici devono passare nelle
Case dopo lo studentato filosofico, siano ben regolati; si eseguisca
quanto di pratico venne e verrà ordinato sul modo di occupare
quel tempo, e i Direttori, in questi tre anni specialmente, facciano
proprio da padri, e tengano.una cura affatto speciale di-questi novelli
figliuoli che loro vengono consegnati, e che più degli altri
abbisognano delle loro attenzioni, non essendo ancora del tutto formati
».
Inoltre i Direttori trattengano spesso i confratelli sulla maniera di
coltivare le vocazioni; facciano conferenze apposite ai confessori circa
il modo sano e prudente di servirsi del loro ministero a tal fine; inculchino
a tutti che non si abbia paura di parlare di vocazione ai giovani, è
che si facciano fruttare i, molti ´mezzi di cui disponiamo all´uopo,
richiamando su ciò specialmnente l´attenzione dei catechisti.
Quando è di passaggio un missionario zelante, lo preghino di
parlare ai giovani della vita delle Missioni, della vocazione e dell´apostolato:
questo, se. si f a bene, è molto fruttuoso. Non è fuor
di luogo ricordare ancora mina volta che dipende principa?npente dai
Direttori di promuovere la vita di famiglia, la cordialità tra
i confratelli, cosicchè ognuno possa dire proprio di cuore: O
quani bonum et iucundum habitare fratres in unum!
Ciò affeziona molto i giovani all´ambiente- salesiano, e f a
loro desiderare di vivervi sempre. Che cosa f u che distolse Don Bosco
dal suo giovanile proposito di entrare in un Ordine religioso? Quel
sogno in cui gli fu detto: « Alla Pace - era il nome del convento
in questione - non troverai pace! » (Mem. Biogr. di Don Bosco,
vol. 10, pag. 301). - Si raccomandi poi senza posa la massima carità
coi giovani!
Nelle accettazioni i Direttori delle Case-Ospizio preferiscano i giovani
che dànno maggiori speranze di vocazione; licenzino quelli che
deludono tale speranza, per fare il posto ad altri. Coi buoni che son
poveri, non istiano a lesinare sulla pensione. Tutti i Direttori poi
evitino il lusso degli abiti e della mensa, perchè ciò
non favorisce le vocazioni; promuovano la frequente confessione - comunione,
le varie Compagnie fondate dal Venerabile, specie quelle del SS. Sacramento
e del Piccolo Clero; e facciano in modo che nella casa tutto parli di
_Dio e richiami alla mente´ le verità eterne, servendosi anche
all´uopo d´iscrizioni o cartelli appesi alle pareti dello studio, della
scuola e di altri luoghi ove sembri conveniente, con massime e detti
scritturali. Esigano continuamente dai loro subalterni meno materialità
di disciplina, ma più amore
- più vita di famiglia. Parlino sovente ai giovani di Don Bosco,
della bellezza della vita dell´Oratorio nei primi tempi, quando vi fioriva
un Domenico Savio, un Michele Magone, un Besucco, un Gavio, un Passio,
tutto un giardino meraviglioso di santità giovanile; delle nostre
11lissioni e degli eroici missionari ché hanno consacrato ad
esse tutta la loro vita; della vocazione, spiegando bene qual ne sia
il concetto, e come non sia necessario sentirla, ma basti che sia riconosciuta
conce tale da coloro che hanno da Dio la grazia e l´ufficio di giudicarne.
Di simili argomenti bisogna parlare in tutte le nostre Case e a tutti
i nostri giovani, anche a quelli dei corsi superiori, ma con speciale
frequenza negli Ospizi.
Alcuni Direttori mantengono giovani in altre Case: ciò non basta,
bisogna coltivare le vocazioni nella Casa propria, altrimenti verrà
a soffrirne anche il buono spirito di essa. Si scelgano convenientemente
i libri da leggersi in chiesa, in dormitorio, in refettorio - altrove,
le rappresentazioni teatrali e cinematografiche, seguendo scrupolosamente
e sempre in questa scelta le norme che ci ha lasciato Don Bosco: Al
termine delle scuole primarie si suggerisca ai giovanetti di entrare
nel ginnasio anzichè nelle scuole tecniche, e enumerandone i
maggiori vantagli, qualunque abbia ad essere la professione che più
tardi vorranno scegliere.
Ancora: i Direttori non si limitino a curare le vocazioni solo tra gli
studenti, ma tengano in gran conto e coltivino con amore quei giovani
artigiani, agricoltori od anche famigli della loro casa, i quali aspirano
a farsi salesiani: pensino alla loro coltura, usino in loro favore la
beneficenza, chè allora vi sarà maggiore speranza di vocazione;
li aiutino in ogni modo a vincere le lor difficoltà, e -poi propongano
pel noviziato quelli che dànno affidamento di buona riuscita.
E quando questi coadiutori, già confratelli, vanno a lavorare
in una Casa, non creda il Direttore di essa che la loro educazione sia
già del tutto compiuta: anzi, allora più elte mai bisogna
con pazienza e zelo star loro attorno, perchè è specialmente
all´inizio della vita d´azione salesiana che devono essere ben curati,
affinchè vi prendano un buon avviamento, e perseverino poi sino
alla fine (Cfr. Lett. Ed. di Don Rua, No. 3). I Figli di Maria che non
riescono nello studio, si procuri di avviarli a farsi coadiutori. Si
accettino in prova i famigli con facilità e larghezza: omnes
probate! Si usi con loro carità e pazienza, e si assistano con
amorosa sollecitudine nelle loro pratiche di pietà: anche di
qui possono uscire molte vocazioni.
Per ultimo non tralascino i Direttori di coltivare e far´ coltivare
le vocazioni anche negli Oratorii festivi, i quali anzi devono essere
considerati come un´vivaio dei più cospicui e feraci. «:
Sì, - esclamava il venerando Don Rua nel 1906 - anche negli Oratorii
festivi conviene coltivare le vocazioni. Ricordiamo che il nostro buon
Padre raccolse, nell´Oratorio festivo le sue prime reclute; e così
in altre nostre Ispettorie le prime e buone reclute per la nostra Pia
Società si ebbero dagli Oratorii festivi. In generale si lavora
a coltivare le vocazioni nei Collegi; ma negli Oratorii festivi talora
quasi non si pensa a questa parte così importante della nostra
missione ». Si seguano in ciò le norme date sopra, adattandole
alle particolari circostanze di ogni singolo Oratorio. Mezzo sovrano
però è quello che praticò Don Bosco per avere le
sue prime vocazioni, cioè gli Esercizi spirituali per tutti gli
Oratoriani, e poi un corso speciale in luogo appartato per quelli che
sembrano aver doti e qualità per una buona vocazione. Gli Oratorii
fest:´vi che hanno usato questo mezzo diedero già ottime vocazioni,
e continuano a darne ancora, quasi per tradizione. Aggiungerò
che le vocazioni uscite dagli 0r�atarii festivi possiedono in generale
più spiccata la vera caratteristica dei figli di Don Bosco, .che
è, direi, la passione per l´Oratorio festivo, nel quale riescono
a meraviglia. Ora, poichè l´Oratorio festivo è la palestra
principale del nostro apostolato, non è chi non veda la necessità
e l´importanza di tali vocazioni.
15. Ma i Superiori del Capitolo, gl´Ispettori e i Direttori, per poter
attuare il vasto programma da me qui brevemente delinealo, abbisognano
dell´attiva cooperazione del personale di ogni singola Casa.´. Ecco
perchè-ho voluto indirizzare questa lettera a tutti voi, o mici
carissimi confratelli e figliuoli; ed ho buona speranza ch´essa vi sia
d´incitamento a zelare questo grande apostolato, dal quale dipende la
vita della nostra Pia Società. Ciascuno, mi pare, può
trovare in essa le cose principali da farsi a tal fine: da tutti la
nostra Pia Società aspetta vocazioni: dai Prefetti come dagli
Economi, dai Catechisti come dai Consiglieri scolastici e professionali,
dagl´insegnanti e dai capi d´arte come dagli assistenti, nelle case
più grandi come nelle più piccole. Nessuno deve credersi
dispensato dal far la sua parte, ma tutti andare a gara perchè
il numero delle vocazioni vada di anno in anno aumentando. Nel 1.920
abbiamo avuto nei nostri Noviziati un totale di 487 ascritti: in media
uno all´incirca per ogni nostra Casa, poichè le Case sono attualmente
433. Che sia così difficile raggiungere una inedia di due vocazioni
per casa? Se tutti ci metteremo di buona voglia, non credo. L´ quale
grasso avanti non potrebbe fare la nostra Congregazione, se ogni anno
potessimo avere ottocento novizi in luogo di quattrocento!
l´ermette´emi ora di ripetere qui, a conclusione di questa mia, alcuni
pensieri che vi esposi già altra volta, e che, panni, non saranno
mai abbastanza meditati.
Nei fanciulli che la Provvidenza manda ai nostri Oratorii, Ospizi e
Collegi, gl´insegnanti, i capi d´arte egli assistenti devono anzitutto
sopprimere quei difetti che costituiscono il principale ostacolo cd
germogliare delle vocazioni religiose e sacerdotali, cioè, per
nominarne alcuni: la corruzione precoce, l´indebolimento dello spirito
cristiano, il rammollimento del carattere e la mondanità; cose
tutte ehe possiamo togliere facilmente ed insensibilmente con l´applicazione
costante del sistema preventivo, su cui Don Bosco volle fondata tutta
l´educazione salesiana. Ma questo lavoro di eliminazione e puramente
negativo, e per sè non gioverà affatto al fine desiderato,
se contemporaneamente non cercheremo di sviluppare nei nostri alunni
tutti i lati, tutte le tendenze, tutti i gusti soprannaturali, od anche
solo naturali, che possono eccitarli o attirarli alla vita religiosa
e sacerdotale. Il Signore poi si servirà di questa o di quell´attrattiva,
fatta brillare da noi a quei jiovani cuori, per invitarli al suo servizio.
Quando un giovanetto dirà di aver sentito la divina chiamata,
se si cercherà di sapere da lui in qual modo o per qual via l´abbia
sentita, si toccherà con mano che . la vocazione gli è
entrata precisamente per una delle porte che gli fùrono aperte
sviluppando le migliori inclinazioni dell´animo suo. L´uno, natura elevata,
nobile, non saprà dir altro se non che è cosa bella e
grande l´esser religioso salesiano e prete. Un altro invece, pieno di
caritatevole compassione, dirà « Perchè voglio farmi
Salesiano, prete? Perchè i Salesiani, i preti fanno del bene
ai poveri giovani, ed io voglio fare altrettanto!». Un terzo,
anima pia, amante di Gesù, considererà sotto altra forma
i suoi desiderii, manifestando la veemenza dell´affetto che lo spinge
a unirsi sempre più al suo Signore: e questo. sarà il
caso più frequente. Un santo educatore interrogava un giorno
un fanciullo dodicenne intorno al modo che teneva nell´ascoltare la
S. Messa. Giunto coll´esame alla consacrazione, gli chiese che cosa
facesse in quell´istante. Il fanciullo si chinò verso il padre
dell´anima sua, e timido, commosso, ma deciso di profittare di quell´occasione
per rivelare una santa ambizione che accarezzava da qualche tempo in
fondo al cuore, senz´aver mai osato di manifestarla: « Arrivato
a questo punto - rispose - quando vedo il Sacerdote tener Gesù
nelle sue mani, io prego Gesù, che mi conceda un giorno la stessa
felicità! ». Quale deliziosa rivelazione in questa semplice
risposta!
A tranquillità poi di ogni coscienza, San Tommaso d´Aquino dichiara
espressamente che quellii i quali eccitano gli altri ad entrare in religione,
non solo non peccano, rna meritano una grande ricompensa (Summa Theol.,
2a 2aÓ, Quaest. 189, art. 9), purchè non usino nè
violenza, né simonia, nè frode. « Buona cosa è
indurre uno al bene », scrive il dottissimo Suarez; e più
innanzi: « Bisogna aiutare chi ha ricevuto una prima mozione dello
Spirito Santo, sia perchè resti nella sua risoluzione, sia perchè
almeno non resista, allo Spirito Santo, gita piuttosto con preghiere
e buone opere si ponga in istato di ricevere dallo stesso Spirito mozioni
più efficaci D poi sempre cosa cttima eccitare e muovere al timor
di Dio,. alla fuga delle occasioni del peccato, e nello stesso tempo
proporre i vantaggi e l´eccellenza dello stato´ religioso. »
« Uno dei più grandi servizi che si possano rendere ai
giovani - dice a sua volta il -P. Surin -- si è di aiutarli nella
scelta che devono fare di uno stato di vita. Siccome d´ordinario è
a questa età che Dio fa , conoscere la sua volontà circa
i diversi stati che possono abbracciare, e siccome la maggior parte
non sanno ciò che sia la professione religiosa, importa assai
far loro conoscere i vantaggi e la sicurezza che vi si trovano, af inchè,
se a Dio piacerà chiamarli, abbiano di che difendersi contro
l´amore del mondo, dei piaceri e delle grandezze della terra, che impediscono
ad un´infinità di persone di seguire la vocazione di Dio ».
Suscitare in un´anima il desiderio del sacerdozio e della vita religiosa
è dunque ottima cosa, purchè questo desiderio sia rivestito
di tutte le qualità più sopra enumerate. La maggior parte
dei ragazzi non sospettano neppure di aver le doti per la vocazione
allo stato di perfezione: la dissipazione, l´irriflessione, fors´anche
le mancanze, impediscono loro di, vederle... In moltissime circostanze
quindi gl´insegnanti, i capi d´arte e gli assistenti devono prevenire
queste anime, richiamando con prudenza discreta la loro attenzione sulla
possibilità ch´essi hanno, con le loro qualità, di fare
un giorno un gran bene, se si daranno all´apostolato con l´elezione
di una vita superiore e migliore sotto ogni aspetto... Quanti, divenuti
adulti, ebbero già a dire: « Se nella mia fanciullezza
mi si fosse offerto il destro di aprire l´ànima mia, mi si fosse
parlato di vocazione, ben di cuore mi sarei fatto religioso,e prete!
»
Si usi dunque tutta la delicatezza e la serietà che merita una
tal materia, ma si eviti anche l´eccesso opposto di lasciar perdere
per una soverchia e inopportuna prudenza, eccellenti. vocazioni.
Orsù dunque (finirò con le parole di Don Z?ua), lavoriamo,
sì, lavoriamo tutti indefessamente per moltiplicare gli operai
evangelici, e così si estenderà sempre più la sfera.
di nostra pia azione a favore della Chiesa e della società. Ed
intanto procuriamo noi stessi di corrispondere sempre meglio alla grazia
della nostra vocazione, col far sì che, mentre cerchiamo, secondo
le nostre forze, di salvare il prossimo, ci studiamo di evitare ogni
minima colpa deliberata in noi stessi. Facciamo nostro l´avviso dello
Spirito Santo: recupera proximum secnndum virtutem tuam, et attende
tibi ne incidas (Feci., 27, 29). E mentre io esorto voi, miei buoni
figliuoli, ad una santa emulazione di sempre nuovi progressi nella perfezione,
vi prego di non dimenticarvi di mie nelle vostre preghiere: di me che
sento sempre più la necessità della divina grazia e del
vostro concorso perchè mi sia meno grave il peso del posto in
cui Dio mi volle mettere. Da parte mia non cesserò d´invocare
su ciascuno di voi le divine benedizioni, mentre con cuore di padre
mi riaffermo
vostro aff.mo in C. J.
APPENDICE.
A complemento e illustrazione di questa mia, credo opportuno o conveniente
aggiungere qui alcuni pensieri sulla vocazione tratti dai nostri Padri.
I. - Dagli scritti del Venerabile Don Bosco.
1. « ... Oh! se allora avessi avuto una guida, elio si fosse presa
cura della mia vocazione, sarebbe stato per me un gran tesoro.. Ma questo
tesoro mi mancava. Avevo un ottimo confessore elio pensava a farmi buon
cristiano, ma di vocazione non si volle mai mischiare. Consigliandomi
con me stesso, dopo aver letto qualche libro che trattava della scelta
dello stato, mi sei) deciso di entrare nell´Ordine Francescano. - Se
io rimango chierico nel secolo, diceva tra me, la mia vocazione corre
gran pericolo di naufragio. Abbraccerò lo stato ecclesiastico,
rinuncierò al mondo, andrò in un chiostro, mi darò
allo studio, alla meditazione, e così nella solitudine potrò
cornbattere le passioni, specialmente la superbia, che nel inio cuore
aveva messe . profondo radici.». (Dal Manoscritto di Don ,.Bosco:
- Memorie dell´Oratorio dal 1835 al 1855. - Cfr. D. LFMOYNE, Men: Biogr.,
vol. l°,pag. 286).
2. « Colla ritiratezza e colla frequente Comunione si perfeziona
e si conserva la vocazione,e si forma un vero ecclesiastico ».
(Parole del Teol. Berel al Chierico Bosco nel 1839. LEMOYNE, Mem. Biogr.,
vol. 1% pag. 460).
3. Merita di essere meditato il colloquio che un giovane ebbe verso
il 1857 con Don Bosco intorno alla vocazione, e elio* questi ci lasciò
scritto. Il giovane gli aveva più volte domandato a qual genere
di vita lo consigliasse di appigliarsi, dopo compiuto il ginnasio.
- Sta buono, gli rispondeva Don Bosco, studia, prega, e a suo tempo
Dio ti farù conoscere ciò elio sarà meglio per
te.
- - Che cosa debbo praticare afmchè Dio mi faccia conoscere la
mia vocazione?
-- San Pietro dice elle colle buone opere noi possiamo renderci certi
della vocazione e della elezione dello stato.
- Quali sono i segni elce inanifestano essere o non essere un giovano
chiamato allo stato ecclesiastico?
La probità dei costurui, la scienza, lo spirito ecclesiastico.
- Comò conoscere so vi sia la probità dei costumi?
- La probità dei costumi si conosco specialmente dalla vittoria
sui vizi contrarii al sesto comandamento, o di ciò bisogna rimettersi
al parere del confessore.
- Il confessore già imi disse che per questo cauto posso andar
avanti
nello stato ecclesiastico cori tutta tranquillità. Ma e per la
scienza?
- Per la scienza tu (levi rimetterti al giudizio dei Superiori, clic
ti
daranno gli opportuni esami.
Che cosa s´intendo per spirito ecclesiastico?
- l´cr spirito ecclesiastico s´intendo la tendenza e il piacere elio
si prova nel prendere parte a quello funzioni di chiesa che sono compatibili
coll´età e colle occupazioni.
- Niente altro?
- Vi è una parte dello spirito ecclesiastico elio è più
d´ogni altra importante. Essa consiste in una propensione a questo stato,
per citi uno è desideroso di abbracciarlo a preferenza di qualunque
altro stato, anche più vanntaggi.oso e più glorioso.
- Tutto queste cose trovarsi in lite. Una volta desideravo ardenteincute
di farmi prete. No fui avverso per 1 due anni, per quei due anni. elio
lei sa; ma al presento lieti liti sento a nessuna altra cosa inclinato.
Incontrerò alcuno difficoltà da parte di mio padre, che
mi vorrebbe in una carriera civile, ma spero clic Dio mn´aiuterà
a superare ogni ostacolo. - Don Bosco gli fece ancor osservare elio
il farsi prete significava rinunciane ai piaceri terroni; rinunciare
alle ricchezze, agli onori del mondo; non aver di, mira cariche luminose;
esser pronti a sostenere.e qualunque disprezzo da parte dei, maligni,
o disposti a fare tutto, a-tutto soffrire per promuovere la gloria di
Dio, guadagnargli anime, e per prima salvare la propria.
- Appunto questo osservazioni, ripigliò il giovane, liti spingono_
ad abbracciare lo stato ecclesiastico. lrnperocchè negli altri
stati. havvi un mare di pericoli, elio trovarsi di gran lunga inferiori
nello stato di cui parliamo » (.illem. /iogr., V, p. " 04
e seg.).
Al medesimo giovane, quando venti(, il padre a ritirarlo dall´Oratorio
per non lasciargli abbracciare lo stato ecclesiastico, Don Bosco nel
congedarlo - diede questi consigli:´ « Mio buon figliuolo, una
giara battaglia ti aspetta.. (iuàrdati dai cattivi compagni e
dallo cattive letture. Abbi sempre 1a Madonna per tua madre e ricorri
spesso a lei. Fammi presto sapore delle tura; notizie ». (11lem.
Iliogr., V, p. 706).
Son poche parole, ria valgono un trattato!
5. « ... Questo giovane è veramente deliberato, di proseguire la carriera degli studii per la via ecclesiastica. La sua buona condotta, la sua ritiratezza, la sua frequenza alle pratiche religiose, la sua attitudine tcgl´i studi lasciano niente a desiderare per una buona riuscita. Ma egli è povero: per questi tre acini fu a mio spose; aprirà la Provvidenza qualche strada. La raia speranza c quella del giovane Fusero sono rivolte a lei. Da quanto V. S. mi scriverà dipende il presentarsi all´esame dell´abito chiericale o dilleriro ancora». In questo brano di una lettera di Don. Bosco al Tool. Appondin.o,
Arciprete di Carainagna, in data 8 giugno 1855 (1llem. Biogr., V, p.
390) sono enumerati chiaramente, come nel colloquio già citato,
i requisiti secondo lui necessari per divenir prete o religioso. A suo
avviso la divina chiamata doveva riconoscersi dalle doti e qualità
personali. Precisamente la dottrina genuina della S. Chiesa, dottrina
tanto travisata e contorta in certi libri ed opuscoli dei suoi e dei
nostri tempi intorno alla vocazione!
6. « ... L´elezione dello stato qui nella casa è pienamente
libera, e senza tutti i necessari requisiti, por esempio, nessuno è
ammesso a vestire l´abito clericale. Chi fu vestito di questo ha segno
di vocazione; ma chi non è chiamato a questo stato, nei tempi
miserabili in cui viviamo, io giudico assai meglio che lavori la terra...
n (Mena. Biogr., VII, p. 182).
7. « ... Molti di voi saranno preti, moltissimi resteranno secolari.
Ma non bisogna olio voi, perchè dite: mi farò prete, vi
crediate di riuscire preti; e voi perchè dite: io prete non mi
voglio fare, clic crediate dover essere secolari. No e poi no. Molte
volte Dio clnanna ad esser preti certi giovani che neppure se lo sognavano;
e molte volte giovani elio si credevano chiamati al sacerdozio, anzi
chierici che avevano già presa la vesto, cambiarono strada. Dunque
finchè abbian tempo preghiamo il Signore che c´insegni la strada
per la quale dobbiamo camminare. E primo mezzo per fare certa la nostra
vocazione, è quello elio ci suggerisce San Pietro: I+ratres,
satagite ut per bona opera certam vestram vocationem et electionem f
aciatis. Condurre una vita piena di buone opere, una vita col santo
timor di Dio. Tutto quello elio facciamo, farlo alla maggior gloria
del Signore, e allora il Signore ci dirà quello che vuole da
noi, per elio strada dobbiamo incamminarci, qual carriera abbiamo da
scogliere...
«11 secondo mezzo è quello del quale San Paolo parla così:
Oportet autem illum et testimonium habere bonum ab iis qui foris sunt.
Chi sono costoro elle essendo fuori di noi debbono renderci testimonianza?
Sono il padre, la madre, il parroco, i compaesani, il direttore o i
superiori del collegio o casa di educazione nella quale ci troviamo.
I giovani ben presto colla loro condotta dimostrano dove Dio li chiami,
e secondo questa condotta coloro che f oris sunt proferiscono la, loro
sentenza.. Vedendo certi giovani che sono raccolti in chiesa, riserbati
nel tratto, affabili con tutti, sentite che si va dicendo di loro: -
Clio buon prete sarà costui! - Di quell´altro si dice: - Che
buon avvocato diventerà! - Di un terzo: - Un valoroso soldato
sarà! ecc... Bisogna star attenti a far tutto con diligenza,
eziandio i doveri più piccoli, so vogliamo che il Signore ci
faccia conoscere la strada per la quale egli intendo olio noi camnnniamo.
Vi sarà un giovane, al paese del quale si sa da tutti che fra
intenzione di farsi prete, ma in quanto a studiare studia poco, in chiesa
va meno che può e vi sta con poca divozione, giuoca volentieri,
frequenta certi compagni, si lascia sfuggire certe parolacce. La popolazione
parla di lui e dà la sua testimonianza: - Che cattivo prete ha
da riuscire costui! -
«Ali! miei cari, diportatovi bene, acciocchè i Superiori
possano dirvi francamnente il loro parere sulla vocazione. Stato attenti
a quello che vi dico adesso, perciò sono cose elio nei libri
non si trovano, oppure si trovano in libri che voi nel vostro stato
presento non potete procurarvi. Abbiate confidenza noi vostri Superiori,
venite a consultarli, perchè è nostro piacere giovarvi
in tutto quello che possiamo. Vi sono giovani che in tutto l´arino non
s´accostano mai ai Superiori e non si curano menomamonte di pensare
alla lo.r vocazione...
« Ora parlerò del testirnonio interno della nostra vocazione,
che solo può, giudicare le cose interne dell´anima nostra, e
questo è il confessore. A lui perciò dobbiamo aprire schiettamente
la nostra coscienza, ed egli saprà dire dove il Signore ci vuole.
Scelto che abbiamo un confessore, dobbiamo con assiduità andare
dallo stesso, perchè altrimenti che giudizio potrà dare
della nostrai vocazione, se noti ci conosco perfettamente? Quindi non
bisogna che voi abbiate due confessori, uno per i giorni feriali e l´altro
per i giorni di festa; che quando avete sulla coscienza qualche cosa
che sia più grave del solito, o almeno clic vi sembri più
gravo, andiate a confessarvi, da un altro, lasciando il solito: a questo
modo accadrà elio il vostro confessore si crederà di avere
un angioletto e invece avrà un diavoletto, e darà un giudizio
oli! quanto diverso dal vero! Voi quindi vi incamminerete per mio stato
per il quale il Signore non vi voleva. Peggio so faceste come certi
giovanotti che tutte le volte elio si confessano cambiano confessore...
Tuttavia con ciò non voglio dire elio chi muta confessore faccia
peccato. Questo no. Anzi faccio notare che so qualcuno di voi avesse
per disgrazia qualche peccato gravo nell´anima e non avesse il coraggio
di confessarlo al proprio confessore ordinario, è molto meglio,
piuttosto elle fare una colifessiono sacrilega, che vada da un altro
confessore: cambi anche tutto lo volto. E meglio elle sia incerto del
proprio stato, elio commettere un sacrilegio, tacèudo un peccato
in confessione. Ma costui prima di decidere sulla vocazione, alla fin
dell´anno faccia una buona confessione generale. Il confessore lo ascolterà
con carità, lo aiuterà a dire ciò che ha vergogna
di dire e gli mostrerà qual sia la sua vocazione. Ricordatevi
dunque_ che il primo giudice della vostra vocazione si è il confessore.
Se i vostri parenti, so il parroco, se i vostri Superiori vi dicessero
di farvi preti; se aveste anello voi una certa inclinazione di farlo,
una il confessore vi dicesse: - Figlio unio, questo stato non è
per te! - a nulla valgono tutto le altre testimonianze, è questa
sola elio voi potete seguire.
» Nello stato secolare poi vi sono anche molte gradazioni di mestiere,
di professione, di grado sociale. Anche in ciò è meglio
elio stiate a ciò elio dirà colui il quale conosce bene
il vostro interno. Vi potrà dire p. es.: - il fare il maestro
non è per te; il fare l´avvocato, o11 medico, o il mili-. tare,
non- ò per te. Prendi invece questa o quest´altra arte o professione.
- Il confessore, uomo di, esperienza, no sa più di voi. Esso
vi può anello suggerire ii mezzi per fare la vostra carriera.
Naturalmente so voleste farvi per es., avvocati e non ne e aveste i
mezzi, egli non potrà somministrarveli, ma almeno tanto volte
potrà additarvi il snodo col quale conseguire il vostro fino
» (.Mem. Biogr., VII, p. 828, 831-33).
8. «... Ed ora pensiamo ad accrescere il nostro personale; ma
por averlo bisogna che tutti ci facciamo un impegno di guadagnare qualche
nuovo confratello. Ciò dipende principalmente dai Direttori delle
case. Bisogna elio essi procurino di guadagnarsi e di mantonero la confidenza
di quei giovanetti, elio vedono chiaramente poter- essi faro in . avvenire
un gran bene. E questo per l´unicd fine di trarlii nella Pia Società.
Io ve lo dico per esperienza: posso assicurarvi che so v´è un
giovano elce facendo i suoi studi abbia sempre avuto illimitata confidenza
col suo Superiore e Direttore, facilmente si riuscirà a guadagnarlo.
Vedendo nel suo Direttore non il superiore, irta il padre, verserà
il suo cuore nel cuore di lui, e farà quanto, questi gli consiglia
di fare. Così porrà alTeziono alla casa, senza conoscere
ancora la Società ne praticherà le Regole, e, conosciutala
appena, l´abbraccerà per non lasciarla rmai, tolto il caso elio
perdesse la confidenza. Al coutrario vi sono, giovani che vengono qui,
fanno tutti i loro studi, non si ha niente a dire sulla loro condotta,
saranno buoni, meriteranno buoni voti; ma so non hanno questa confidenza,
non si potranno avere cle due decimi di speranza elle eglino siano per
entrare o per restare con noi. La ragiono sta in questo, che riguardarono
il loro Direttore, non corno un padre, una corno un superiore, elio
invigila sulla lor condotta estorna e non di più. Da ciò
si prenda norma per giudicare la necessità di ispirare affetto
per conoscere lo propensioni degli allievi o degli altri dipendenti»
(1!lemo�ie Biogr., IX, 69-70).
9. « ... La nostra Pia Società è una delle ultimo
Congregazioni religiose, ma come le altre fu suscitata dalla bontà
di Maria SS., elio di tutte si può dire la fondatrice e la madre,
dal Cenacolo fino ai nostri giorni. Essa non ha altro scopo clic di
preparare buoni ecclesiastici e buoni laici por coinpiere la missione
che le venne affidata. Dobbiamo pertanto procurare prirnierarnente la
santificazione dell´anima propria o quindi quella degli altri »
(Dleni. Biogr., IX, 347).
10. « ... Noi abbiamo scelto a questo inondo la cosa migliore:
salvar lo anime. 1. vero che non siamo in numero sufficiente alla necessità,
porchè son tanti quelli che hanno bisogno di aiuto per salvarsi.
Ma facciamo quel elio possiamo. Il campo è aperto. Dall´Impero
Birmano,´ dall´Africa, -dall´America, da Genova, da Roma, ci scrivono
invocando la nostra opera. Pregate il Signore che mandi, degli operai...
Dlessis multa... operarii auto-mas pauci. Rogate ergo Dominum messis
ut mittat operarios in messem suam (Lue. X, 2). Coraggio! il salvar
lo anime, fra lo cose divino, è la più divina! Dicano
gli uomini del mondo elio è´passato il tempo dei religiosi, (,ho
i conventi rovinano ovunque: noi, a qualunque costo, vogliamo cooperare
col Signore alla saluto dello anime... » (Alem. Biogr., IX, 714).
11. « Dio chiamò la povera Congregazione Salesiana a promuovere
le vocazioni ecclesiastiche fra la gioventù povera o di bassa
condizione. Le famiglie, agiate, in generale, sono mischiate troppo
dello spirito del mondo, da cui dis raziatarnento restano assai spesso
imbevuti i loro figliuoli, cui fanno perdere così il principio
di vocazione, elio Dio ha posto nel loro cuore. Se questo spirito si
coltiva e sarà sviluppato, viene a maturazione e fa copiosi frutti.
Al contrario non solo il germe di vocazione, ma spesso la mede
sima vocazione già nata e cominciata sotto buoni auspizi, si
soffoca o s´indebolisce e si perde.
» I giornali, i libri cattivi, i compagni, i discorsi non riservati
in famiglia, sono spesso ´cagione funesta della perdita delle vocazioni,
e non di rado sono sventuratamente il guasto e il traviamento di coloro
stessi, clic hanno già fatta la scelta dello stato.
» Ricordiamoci che noi regaliamo un gran tesoro alla Chiesa quando
noi procuriamo una buona vocazione; che questa vocazione o questo ´prete
vada in Diocesi, nello Missioni, o in una casa religiosa, non inporta.
E sempre un gran tesoro che si regala alla Chiesa di Gesù Cristo.
Ma non si dia questo consiglio ad un giovinetto, olio noti è
sicuro ili conservare l´angelica virtù, nel grado elio è:stabilito
dalla sana teologia. Si transiga sopra la mcdiocrità dell´ingegno,
una non mai sulla mancanza della virtù di cui parliamo.
» Quando un giovinetto manifesta sogni di vocazione, procurato
di rei- - dervelo amico. E indispensabile di allontanarlo dalle letture
cattivo o dai compagni elio fanno discorsi osceni. Colla frequente confessione
o comunione, conserverete al vostro allievo la regina, delle virtù,
la purezza dei costumi ».
12. « Coltivato l´Opera di Maria Ausiliatrice secondo il programma
clic già conoscete; por mancanza di mozzi non cessate arai di
ricevere un giovane elio dia buone speranze di vocazione. Spondoto tutto
quello elio avete; se fa mestieri, andate anche a questuare; o so dopo
ciò voi vi trovate nel bisogno, non affannatevi, che la Santa
Vergine in qualche modo, anche prodigiosamente, verrà in aiuto».
13. « Il lavoro, la buona e severa condotta dei nostri confratelli
guadagnano e, per così dire, trascinano i loro allievi a seguirne
gli eserrrpi. Si facciano sacrifizi pecruhiari e personali, ma si pratichi
il sistema preventivo, ed avremo delle vocazioni in abbondanza. Se non
si possono annullare, almeno si procuri di diminuire i giorni delle
vacanze, quanto sarà possibile. - La pazienza e la dolcezza,
le cristiano relazioni dei maestri cogli allievi guadagneranno molte
vocazioni tra loro; però anello qui si usi grande attenzione
di non mai accettare tra i soci, tanto areno per lo stato ecclesiastico,
se non vi è la morale certezza che sia conservata l´angelica
virtù. -
» Quando il Direttore di qualche nostra Casa ravvisa un allievo
di costumi semplici, di carattere buono, procuri di renderselo -amico.
Gl´indirizzi sovente qualche buona parola, l´ascolti volentieri, si
raccomandi alle preghiere di lui, l´assicuri che prega per lui nella
S. Messa; lo inviti per es. a far la S. Comunione in onore della B.
V. e in suffragio delle animo del purgatorio, per i suoi parenti, per
i suoi -studi e simili. In fine del ginnasio lo persuada a scegliere
quella vocazione, quel luogo ch´egli giudica più vantaggioso
per l´anima sua e clic lo consolerà di più in, punto di
morte..
» -Ma studii d´impedire la carriera ecclesiastica in coloro elio
volessero abbracciarla per aiutare la propria famiglia, per motivo elio
fosse povera. In questi casii diasi´ consiglio di, abbracciare altro
stato, altra professione: un´arto, un mestiere: ma non mai lo stato
ecclesiastico);.
14. «Studia e fa progetti, non badare a spese, purchè ottenga
qualche prete alla Chiesa, specialmente per le Missioni» (Da una
lettera di Don Bosco a D. Luigi Lasagna, 30 - J - 1885).
15. «Per coltivare le vocazioni ecclesiastiche, insinuate: 1°
Amore alla´ castità; 20 Orrore al vizio opposto; 30 Separazione
dai discoli; 40 Comunione frequente; 50 Usate con loro carità,
amorevolezza e benevolenza speciale ». (Dai Ricordi dati ai primi
Missionari, 1875).
16. Inoltre non dimentichiamo mai di leggere e rileggere i cinque mezzi
suggeritici dal Von. Padre nella sua Lettera Circolare del 12 Gennaio
1876, clic qui riporto nella loro integrità:
« ... Nel desiderio di venire a cose valevoli a coltivare lo vocazioni
religiose, ed efficaci per conservare lo spirito di pietà tra
i Salesiani e tra i giovanotti a noi affidati, io iui lo a raccomandarvi
alcune cose che l´esperienza mi ha fatto ravvisare somrnamento necessarie.
» lo In ogni Casa, e specialmente nell´Oratorio di S. Francesco
di Sales, ciascuno diasi la massima sollecitudine di promuovere le piccolo
Associazioni, corno sarebbe il Piccolo Clero, la Compagnia -del SS.
Sacramento, di S. Luigi, di Maria Ausiliatrice e doll´Irnnacolata Concezione.
Ninno abbia timore di parlarne, raccomandarlo, favorirle, e di esporne
lo scopo, l´origine, le indulgenze ed altri vantaggi elio da questo
si possono conseguire. Io credo che tali Associazioni si possano chiamare
Chiave, della pietà, Conservatorio -della morale, Sostegno delle
vocazioni ecclesiastiche e religiose.
» 2° Guardarvi bene dallo relazioni, amicizie o conversazioni
geniali
- particolari sia per iscritto, sia per colloquio, sia per mezzo di
libri o di regali di qualunque genero. Quindi lo strutto di mano, le
carezze sulla faccia, i baci, il camminare a braccetto o passeggiare
collo braccia l´uno in collo dell´altro sono cose rigorosamente proibite,
non dico solo tra di voi, o tra di voi e gli allievi, ma oziandio tra
gli allievi stessi. Teniamo altamente fisso in mente nostra lo parole
di San Girolamo elio dice: Affezione per nessuno,
· affezione egualmente per tutti.
» 30 Fuga del secolo e dello suo massimo. Radici di dispiaceri
o di disordini sono le relazioni con quel inondo clic noi abbiamo abbandonato,
e che vorrebbe di nuovo trarci a lui. Molti finchè vissero in
Casa Religiosa apparivano modelli di virtù; recatisi altrove,
presso i parenti o presso gli amici, perdettero in breve tempo il buon
volere, o ritornati in religione non potorono più riaversi, e
taluni giunsero a perdere affatto la medesima vocazione. Pertanto non
recatevi mai in famiglia so non por gravi motivi; e per questi gravi
motivi non ci andato mai senza il dovuto permesso, e per quanto è
possibile, accomnpagnati da qualche Confratello scelto dal Superiore.
» L´assuinervi cornrnissioni, raccomandazioni, trattare affari,
comperare o vendere per altrui sono cose da fuggirsi costantemente,
pe chò trovate rovinoso per le vocazioni e per la moralità.
» 40 La sera dopo le orazioni ciascuno vada subito a riposo. Il
fermarsi a passeggiare, chiacchierare o ultimare qualche lavoro, sono
cose dannoso alla sanità spirituale e anche corporale. So che
in certi siti, grazio a Dio non nelle nostre Case, si dovettero deplorare
dolorosi disordini, e cercatano l´origino, si. trovò nello conversazioni
iniziate e continuate nello ore cui noi accenniamo.
» 50 La puntualità nel recarsi a riposo è collegata
colla esattezza nella levata del mattino, che con pari insistenza intendo
di inculcare. Credetelo, miei cari, l´esperienza ha fatto fatalmente
conoscere che il protrarre l´ora del riposo al mattino senza necessità
fu sempre trovata cosa assai pericolosa. Al contrario l´esattezza nella
levata, oltre di essere il principio di una buona giornata, si può
eziandio chiamare un buon esempio permanente per tutti. A questo proposito
non posso omettere una calda raccomandazione ai Superiori di fare in
modo clic tutti, nominatamento i Coadiutori e lo persone di servizio,
abbiano tempo di assistere ogni mattina alla S. Messa, comodità
di ricevere con frequenza la Santa Comunione o accostarsi regolarmente
al Sacramento della Penitenza, secondo le nostre Costituzioni (L. Cire.
di Don Bosco, pag. 10-12).
17. Questa raccolta di pensieri o sentimenti del Venerabile intorno
alle vocazioni è complemento o illustrazione di qugnto son venuto
esponendovi nella mia lettera. Meditando le parole del Padre, vi sarà
facile comprendere la larghezza delle suo vedute sull´importantissima
questione delle vocazioni,
· convincervi conio praticando i suoi consigli possiamo farne
sorgere molte
- molto intorno a noi. Terminerò con questo parole della lettera
latina da lui indirizzata ai Direttori o Superiori d´ogni Casa, in data
8 dicembre 1880:
« Filii nei in Christo carissimi, maneamus in vocazione, qua vocavit
nos Dominus, et satagamus, ut per bona opera -vocationeni et electionem
nostrani certiorem faciamus. Nam, quod Deus avertat, si nos posuerimus
manum ad aratrum et respexerimus retro, apti non erimus regno Dei ».
IL - Dagli scritti del venerando Don Rua.
1. « ... Ciascun Direttore, d´accordo cogli altri superiori della
propria Casa, si dia la massima sollecitudine per non lasciar fallire
le vocazioni ecclesiastiche o religiose che il Signore avessegli affidate
a coltivare. A tal fine sarà molto utile leggere at_ tentamente
quanto prescrivono le Deliberazioni alla Distinzione III, Cap. IV (Usanze
religiose) e metterne in pratica lo norme conto meglio sarà possibile.
Facciamo in modo elio non si abbia a rendi-r conto a Dio dello vocazioni
elio Egli avesse suscitate a servizio della Chiesa e della nostra Pia
Società, e che fossero, andato perduto per nostra negligenza»
(L. Ciro. 1893, pag. 33 e seg.).
2. « ... Il poco amore agli studi sacri o precede o seguo l´indebolimento
o talvolta la perdita della vocazione» (L. Giro., 100).
3. (Ai Direttori d´America) « ... Noi cominciammo il grande lavoro
della formazione dei vostri Confratelli, a voi .(Direttori) tocca compierlo
specialmente riguardo ai più giovani: a voi tocca coltivarli
nello spirito e vegliare pcrchè nessuno abbia a perdere la vocazione,
elio è la grazia più grande che Iddio conceda dopo quella
del Battesimo. E qui bisogna pur elio vi sveli un pensiero elio tutta
sconvolge la tuia niente, mi strappa abbondanti lacrime dagli occhi
od è una pungentissima spina al trio cuore. Varii Confratelli
traversarono l´Oceano, vennero volenterosi in codesto regioni per guadagnare
delle anime a Gesù: ed invece forse perdettero sè stessi._
Infatti invano io cerco il loro nonio sul catalogo, più non si
fa parola di loro nello vostro interessantissime relazioni: essi tion
sono più figli di Don Bosco! A loro certamente sono da imputare
tali defezioni, ed io son ben lontano dal gettarne ad altri la colpa.
Tuttavia voi mi scuserete so nel mio profondissimo dolore io ho pensato
elio "forse si sarebbero salvati, so nei loro Direttori avessero
trovato un padre dello stampo di Don Bosco, il quale colla carità
e colla dolcezza salesiana avesse trovato la,via per discendere in quei
cuori elio stavano per chiudersi alla grazia e cedere alle tentazioni.
Faccia Iddio clic il passato ci serva di lezione per l´avvenire!»
(L. Ciro. 1894, 114 e seg.).
4. (Raccomandando l´economia): « ... Forse con quella moneta che
voi economizzate, ci verrà fatto di fornir il pane ad un povero
giovane di più, che sarà accolto nelle nostro Case di
beneficenza: facendo il sacrifizio di qualche cosa non necessaria contribuirete
a dare alla Chiesa un ministro di più, alle nostro Missioni un
buon operaio, un salvatore a tanto animo in pericolo di-perdersi »
(L. Circ. 1897, pag. 155).
5. « ... Pol carattere cho è proprio della nostra Pia Società,
non solo è riserbata abbondantissima tnèsse agli ecclesiastici,
ma i nostri carissimi Confratelli coadiutori sono essi pure chiamati
ad esercitare un vero apostolato in favore della gioventù in
tutto le nostre Case, e specialmente poi nelle nostre scuole professionali;
perciò fa d´uopo che siano coltivato lo vocazioni religiose anche
frammezzo i nostri giovani artigiani e famigli... L di assoluta necessità
osservare quali giovani artigiani mostrino qualche segno di vocazione,
coltivarli come aspiranti, farli partecipare agli esercizi spirituali
durante le vacanze, ricevere e facilmente ´ esaudire lo domando di quelli
elio desiderano di essere ascritti quando hanno raggiunto l´età
di 16 o 17 anni. Allora conviene, per quanto è possibile, mandarli
prontamente alla Casa di Noviziato, dove si possano raccogliere frequentemente
a conferenze per loro spiegare la Santa Regola, istruirli intorno a
quelle virtù_ elio un buon religioso deve praticare, o intorno
a quei difetti che devo evitare » (L. Ciro. 1897, pag. 158 e seg.
).
6. « ... In questo momento pare che si. faccia più (,ho
mai sentire la necessità di formare Confratelli artigiani e coadiutori
di soda e provata virtù. Qual vasto campo al loro zelo a apro
in tutto le nostre Case, ma specialmente nelle Missioni! Mostrerebbero
perciò di meglio comprendere i veri interessi della nostra cara
Congregazione quelli elio nel lavorare fra i nostri giovani artigiani
avessero in mira di suscitare e sviluppare delle vocazioni alla vita
salesiana » (L. Ciro. 1898, pag. 165).
7. « ... Chi è privo dello spirito di sacrifizio non avrà
la forza di praticare la povertà, si esporrà al pericolo
di far naufragio nella castità, o farà molto dubitare
della sua perseveranza nella vocazione » (L. Cire. 1899, pag.
204).
«So il Signore ci pone tanta mèsso tra mano, è sogno
elio ci prepara e vuol darceli gli operai; ma questo importa che noi
coltiviamo di più le vocazioni. Egli vuol dare i frutti della
campagna; tua è al tutto necessario elle il contadino la lavori,
semini, l´accudisca. Don Bosco ci assicurava elio il Signore manda sempre
nei nostri collegi molti i quali hanno il gernno della vocazione; e
se questi germi non fruttificano, è segno elio non vengono coltivati
come si deve. Vi assicuro elio è una pena al mio cuore udire
alcuni, anche Direttori, blaterare quasi contro i Superiori dicendo:
Si aprono troppo Case, si vuol far troppo; e intanto questi son quelli
che non coltivano le vocazioni, elio trascurano di prendere ´i mezzi
per coltivare i giovani, elio cioè non- sostengono le Compagnie,
non raccomandano la . frequenza dei Sacramenti, non stabiliscono mezzi
serri per conservare l´illibatezza nei giovani; e così dai loro
collegi non escono mai dei chierici e dei coadiutori... So i vostri
Salesiani sono buoni, diligenti, esemplari, eserciteranno una benefica
influenza sui vostri´ allievi, o coll´esempio li trarranno al bene,
aiutandovi potentemente nella coltura delle vocazioni» (L. Circ.
1901, pag. 264 e seg. ).
8. « Una cosa Don Bosco considerava come la chiave maestra per
far procedere bene le Case e nello stesso tempo curare la vocazione
noi Confratelli: ed è che non si tralascino mai dai Direttori
le due Conferenze mensili o,mai non si tralasci di ricevere i rendiconti
dai Confratelli... ». (L. Circ. 1902, pag. 296).
9. « ... Vorrei elio tutti i Salesiani, ma specialmente i Sacerdoti,
sentissero il bisogno di suscitare tra i loro alunni degli credi della
loro sublime missione. Non so spiegarmi corno non si veda da tutti la
necessità di riempire quei vuoti che la morte e la perdita di
vocazione )ranno fatto tra lo file dei nostri soci. Si direbbe che ritolti
non si rendono conto della grande penuria di personale in cui versano
le nostro Opere, di cui alcune già si dovettero sopprimere ed
altre omai non possono più continuare. Eppure parecchi, i quali
forse sonó i più esigenti nel chiedere personale, noti
pensano per nulla a suscitare o sviluppare e a conservare, le vocazioni
alla vita salesiana. E dire che nello scorso anno vi furono _intiero
lspettorie elio non diedero neppure un novizio! Quanta pena ne provo
io, clic fui testimonio per tanti anni dei sacrifizi elio s´imponeva
il Veli. Don Bosco per foimarsi qualche collaboratore! Mi consola la
speranza che, questo mio lamento non rimarrà senza effetto...
» (L. Circ. 1908, pag. 394).
10. « ... Il nostro amatissiino Padre Don Bosco fu consultato
un giorno da una gran signora sul modo di riparare tanto bestemmio,
tante profanazioni e tante empietà, elio si deplorano ai nostri
giorni. lilla proponeva varii mezzi, offrendo a tale scopo ingenti sommo.
Don Bosco lo fece toccar con mano che coll´aiutare un giovano a divenir
sacerdote si farebbe molto più e meglio che con qualsiasi opera
buona, ripetendo così le parole di S. Vincenzo do´ Paoli, con
cui egli aveva tanti tratti di somiglianza, elio nessun´opera è
così bella e così buona come l´aiutare a fare un prete.
E infatti fra tutte le suo opero non ha egli dato a questa la sua preferenza?
Quali non furono le sante industrie da lui adoperate fili dal principio
dell´Oratorio per formare degli alunni del Santuario? Chi non ammira
la cestanza di Don Bosco vedendolo più volte ricominciare quando
riuscivano vani i suoi tentativi, vedendolo solerte nel coltivare un
giovanetto in cui avesse riconosciuti i sogni d´una vera vocazione,
vedendolo infine sì coraggioso nell´affrontare i sacrifizi o
le spose elio richiede la formazione d´un sacerdote? Don Bosco conobbe
per esperienza che molti sono fortunatamente i giovani elio hanno i
germi della vocazione ecclesiastica e religiosa, così disponendo
Iddio pel bene della sua Chiesa, e trovò elio i mezzi più
efficaci per conservarli e svilupparli sono la pietà e i buoni
costumi. Ho fiducia che non solo i Direttori, ma ancora i maestri, gli
assistenti e tutti i Confratelli, ciascuno nella sua sfera, si sforzeranno
con santa emulazione per favorire le vocazioni... » (L. Circ.
1894, pag. 437 o seg.).
11. « ... Vi esorto di tenere in gran conto e di occuparvi molto
di quei giovani artigiani, agricoltori o dei famigli nelle vostro Case,
i quali aspirano a farsi Salesiani; pensate alla loro coltura, aiutateli
in ogni modo a vincere le difficoltà elio incontrano per la loro
vocazione, o poi proponete pel Noviziato quelli elio dànno speranza
di buona riuscita... ». (L. Circ. 1896, pag. 450).
12. « ... S. Paolo scrisse elio il Sacerdote deve vivere dell´altare;
così pure il contadino del frutto del suo campo, il pastore del
latte, delle suo pecore. Egualmente una comunità religiosa deve
vivere delle opere elio va facendo, e con ciò intendo dire elio
il suo lavoro non solamente deve procurarle il sostentamento, ma ancora
deve´ fornirle gli operai. Coltivando le vocazioni si riempiono di lì
uovo le file dei soldati che la morte e (purtroppo) le defezioni hanno
diradato, si ringiovanisco la Pia Società, so ne estende la sfera
d´azione, si rallograno i vecchi elio vedono continuamente´ la loro
spirituale posterità» (L. Circ.´ 1905, pag. 496).
13. «Don Bosco nel compilare il programma dei Figli di Maria Ausiliatrice,
citò le seguenti parole di S. Vincenzo de´ Paoli: non v´è.opera
di carità più bella che formare un sacerdote. Mano dunque
all´opera; nulla si risparmii; si lavori, si vegli, si preghi perchò
in ogni nostra Casa germogli qualche fiore da offrire a Maria Ausiliatrice»
(L. Circ. 1905, pag. 497).