Gennaio-Febbraio 1945 N. 127
IL RETTOR MAGGIORE:
Il primo Centenario della Casa Madre.
ATTI DEL CAPITOLO SUPERIORE
Torino, 24 febbraio 1945.
.Figliuoli carissimi in G. C.,
1. Si avvicina una data memoranda.
Il 12 aprile 1846, Don Bosco — dopo aver iniziato l´opera sua nella sacrestia di S. Francesco d´Assisi e di aver pellegrinato, durante cinque anni, al Rifugio, a S. Pietro in Vincoli, a S. Martino dei Molassi, a casa Moretta, al prato dei fratelli Filippi — giungeva finalmente alla tettoia Pinardi, al luogo destinato dalla Divina Provvidenza a essere la culla e la Casa Madre di tutte le Opere Salesiane.
Sono adunque passati cent´anni dal giorno in cui Don Bosco piantava definitivamente le tende ,dell´opera sua in questa terra irrorata dal sangue dei tre martiri della Legion Tebea, Solutore, Avventore, Ottavio.
2. Noi da tempo avevamo pensato con gioia a sì cara ricorrenza, e -- perchè non dirlo? — l´amore che portiamo a questa. Casa benedetta ci aveva persino fatto balenare innanzi alla mente la speranza di potere, a coronamento delle feste centenarie che si sarebbero celebrate, veder terminata la facciata della Basilea di Maria Ausiliatrice, e condotte pure a compimento le altre opere che ancor rimangono per completare il piano generale edilizio del caro Oratorio.
Purtroppo però abbiamo-- dovuto constatare una volta di più che non siamo eccessivamente fortunati nella celebrazione delle nostre date centenarie. Ricordate infatti che, anche quando ci disponevamo a commemorare in modo grandioso nel 1915 il primo centenario della nascita di Don Bosco, vedemmo crollare tutti i nostri progetti all´urto immane della prima grande guerra mondiale che, durante quattro lunghi e interminabili anni, sconvolse gran parte della povera umanità. Nè miglior sorte ebbe il primo centenario, della fondazione delle Opere Salesiane, iniziate 1´8 dicembre 1841, con la prima lezione di catechismo impartita da Don Bosco al giovanetto Bartolomeo Garelli: una seconda guerra più sanguinosa e terribile si scatenava sull´Europa e sul mondo, tutto sconvolgendo fin dalle fondamenta. Dovemmo anche allora rinunziare a qualsiasi solennità, e altrettanto si dovette fare lo scorso anno 1944, quando si accarezzava l´idea di commemorare in modo degno soprattutto fecondo di frutti il centenario dei due primi´ libri scritti da S. Giovanni Bosco.
3. Eppure lo storico avvenimento deve lasciare nei nostri cuori propositi gagliardi di bene. Questo centenario infatti non ci richiama alla mente un fatto, un personaggio, una data, qualcosa insomma che sia passato per sempre alla storia più´ non abbia relazioni dirette, personali, intime con noi. No, il definitivo stabilirsi di Don Bosco nella casa Pinardi ci mette dinanzi una realtà che, se ebbe inizio or sono cent´anni, perdura però ancor oggi e si sviluppa e mirabilmente incarna in se st4ssa, l´intiera nostra vita e quella dell´amata nostra Congregazione.
4. Quali sono infatti le vicende memorande legate al 12 aprile 1846? Enumerarle anche solo schematicamente è ricordare le più belle pagine della storia della Società Salesiana.
Quella, data ci ricorda anzitutto che Don Bosco, giunto alla tettoia Pinardi, potè finalmente dedicarsi a perfezionare sopra basi solide e durature l´Opera degli Oratori Festivi> ch´egli volle arricchita, oltre che di numerose scuole serali per giovani adulti operi, di associazioni ed organismi che la rendessero sempre più feconda di frutti.
A Valdocco Don Bosco, mosso dalla sua grande. carità, potè accogliere i primi giovani abbandonati, dando così inizio a quegli internati ed ospizi che sarebbero stati la vera, arca di salvezza per tanti orfani e derelitti. Nel tempo stesso egli apriva anche le prime scuole interne, seme fecondo di tante altre, elementari, ginnasiali, liceali, magistrali, tecniche e commerciali, fondate poi in tutte le parti del mondo.
La data centenaria ci richiama alla mente che, presso la tettoia Pinardi, sorsero in seguito ben attrezzate quelle scuole professionali — estese più tardi anche ai lavoratori dei campi — che avrebbero dato alla società legioni di operai, abili nelle loro arti e robusti nella fede, a risanamento delle masse operaie, tanto insidiate da errori e ideologie con cui si vorrebbero allontanare da Dio e farle strumento di lotte fratricide.
Il natale dell´Oratorio ci ricorda che proprio qui, nelle umili camerette innalzate man mano su questa terra benedetta, Don Bosco, ispirato da Dio, scrisse il nostro Codice di vita religiosa, le Costituzioni, i primi Regolamenti, il Sistema Preventivo, nelle cui pagine è tutta la mente, il cuore, lo spirito, l´insieme mirabile delle opere e. del metodo educativo del nostro Padre.
Qui, alla scuola degli esempi e degli insegnamenti del nostro grande Maestro, fiorirono e maturarono le prime vocazioni che attinsero alle sorgenti del cuore di Don Bosco la purezza genuina del suo spìrito. Qui, calcando da vicino le orme paterne, plasmaronsi i primi chierici, i primi sacerdoti, i primi coadiutori, i primi assistenti e maestri,che avrebbero continuato poi l´opera del Padre. Di qui sciamarono i primi figli di Don Bosco per aprire man mano istituti ed opere in Italia, in Europa, nel mondo. Dal Santuario di Maria Ausiliatrice, sorto sulle zolle irrorate dal sangue dei martiri della Legion Tebea, partirono i primi missionari ad iniziare l´opera evangelizzatrice anche tra gli infedeli e gli stessi selvaggi.
In quest´Oratorio insomma ebbero inizio tutte quelle attività che formano il programma salesiano e costituiscono oggi il patrimonio glorioso della nostra Famiglia sparsa ormai su tutta quanta la faccia della terra.
Possiamo conchiudere pertanto che questo caro Oratorio, impiantato or sono cent´anni nell´umile casa Pinardi, è per noi Salesiani il più insigne reliquiario delle virtù, degli esempi, degl´insegnamenti, delle opere, dello spirito, del sistema educativo del nostro Santo Fondatore. E forse sarebbe ancor più esatto affermare che il carissimo Oratorio è Don Bosco vivente e operante che, da Valdocco, continua a guidare e a espandere tutte le opere sue nel mondo.
Dall´Oratorio infatti partirono i primi figli di Don Bosco per recarsi, guidati dal Servo. di. Dio Don Rua — il discepolo più fedele e l´imitatore più perfetto del grande Padre e Maestro --- a fondare la prima Casa salesiana, iniziando così la catena mai interrotta di quelle fondazioni che, mentre si moltiplicano su tutti i continenti, continuano saldamente unite a questa C lisa Madre, ricevendo costantemente, prima dallo stesso Don Bosco e poi dai suoi Successori, quelle direttive che assicurano l´unità della famiglia e la perpetuità delle opere.
Don Rua recandosi a fondare la Casa di Mirabello, Don Lemoyne a Lanzo, Don Francesia a Cherasco e poi a Varazze, Don Cerruti ad Alassio, che cosa portarono seco? Non ricchezze o suppellettili preziose, ma l´incomparabile tesoro delle tradizioni e della vita salesiana per tanti anni vissuta con Don Bosco. Quei Direttori e Salesiani avevano una sola preoccupazione: impiantare e far rivivere nelle nuove Case la vita dell´Oratorio. Essi ben sapevano quanto ciò stesse a cuore a Don Bosco, perchè avevano visto con i loro occhi com´erano nate le tradizioni, come si erano formati i programmi e i regolamenti delle nuove opere a misura che uscivano calde dal cuore tutto infiammato di esilità di Don Bosco. Il buon Padre non stabiliva mai una nuova prescrizione, non introduceva un nuovo articolo regolamentare nella vita dell´Oratorio, se prima non era stato ponderatamente studiato e soprattutto provato al vaglio di una lunga esperienza, che permetteva in tal modo di correggere e miglio-. rare ove fosse stato necessario. L´insieme pertanto di quelle prescrizioni, di quelle regole, di quel sistema di vita era divenuto in loro non solo una cosa cara, perchè cara a Don Bosco, ma costituiva per ciascuno ai loro come una seconda natura, al punto da non saper concepire la loro vita religiosa e salesiana se non come l´avevano vissuta con Don Bosco nel caro Oratorio. L´aspirazione costante, lo sforzo indefesso, la soddisfazione e la gioia più pura di quei primi Salesiani e di quelli che man mano popolarono le Case e gl´Istituti della nostra Congregazione dopo di loro, fu sempre quella di riprodurre e vivere in tutto e soprattutto la vita dell´Oratorio. Ciò spiega la soddisfazione grande provata, prima da Don Bosco e in seguito dai suoi Successori, quando, visitando le Case salesiane sparse man mano su tutta quanta la faccia della terra, poterono constatare che in tutte fortunatamente si viveva la vita dell´Oratorio.
È questo uno dei più grandi .benefizi che la bontà divina abbia elargito all´umile nostra Congregazione e noi, mentre ringraziamo Dio, dobbiamo pregarlo di volerci conservare sempre in questa mirabile unità di vita.
5. Penso anzi che da questa considerazione noi dobbiamo prendere le mosse. per commemorare la data centenaria. In quest´ora d´incertezza, e quando le circostanze possono essere da un momento all´altro tali da sconvolgere ogni cosa, sarebbe pretensione inutile o quanto meno presuntuosa, la formulazione di un qualsiasi programma. Ma siccome, più che le solennità esteriori, noi abbiamo di mira il positivo vantaggio delle nostre anime, così parmi sia possibile per intanto a ciascuno di noi iniziare la celebrazione di un centenario interiore, in attesa che il mutarsi delle vicende ci consenta di fare anche esteriormente qualcosa che serva a ricordare con frutto il grande avvenimento.
Immaginiamo per un istante che la bontà divina ci conceda la ventura somma di avere, il prossimo 12 aprile, S. Giovanni Bosco a celebrare qui con ´noi la fausta ricorrenza. Quale sarebbe la gioia più pura che proverebbe in quel´ giorno il nostro grande Padre? Ah! non v´è dubbio, che nulla gli tornerebbe più gradito che ritrovare questa Casa Madre nella più esatta osservanza delle Costituzioni, dei Regolamenti, delle tradizioni, come nei suoi giorni migliori. E aggiungiamo pure che questo sarebbe anche il premio più ambito per noi suoi figli: l´approvazione e il sorriso del Padre.
È naturale che, prima e più di ogni altra Casa, sia quella di Valdocco a desiderare i] premio ineffabile dell´approvazione paterna. Ma poichè tutte le Case salesiane sono sorte a immagine e somiglianza dell´Oratorio e si sono sforzate in ogni tempo di rendersi sempre e in tutto il più conformi possibile al primo modello elaborato dalla mente e da] cuore di Don Bosco, per questo io penso di avervi tutti consenzienti quando dico che il centenario del caro Oratorio lo si deve considerare come un avvenimento che interessa direttamente tutte le Case della Congregazione.
E se è così, non solo l´Oratorio di Valdocco, ma ogni Casa salesiana deve fare un serio esame di coscienza per vedere se ivi tutto è conforme alle direttive e alle più pure tradizioni del grande Padre.
I Salesiani andranno esaminando l´insieme delle loro attività onde rendersi conto che tutte siano rispondenti alle prescrizioni regolamentari. La materia dei voti, le pratiche di pietà,, l´osservanza delle Regole e dei doveri di ciascuno in particolare, offrono materia abbondante per un esame proficuo.
Gl´insegnanti, gli assistenti, i capi, i Salesiani tutti, sacerdoti, chierici, coadiutori, appunto perchè tutti sorto chiamati superiori e perciò tutti, nella propria sfera di azione, educatori, si esaminino per vedere se il loro lavoro pedagogico nella scuola, nei laboratori, nelle sezioni agrarie, nell´assistenza, nell´istruzione e formazione religiosa, sia in tutto e sempre conforme alle direttive chiare e categoriche lasciateci dal nostro Padre: oppure se si debbano lamentare eccessi di rigore che tralignino in castighi contrastanti con il nostro Sistema Preventivo, oppure se affiorino particolarità, amicizie, svenevolezze, che possono degenerare in eccessi riprovevoli.
E perchè non dovremo interessare in questa celebrazione di famiglia coloro che della nostra famiglia sono parte integrante, vale a dire i nostri cari giovanetti? Penso sia doveroso ricordare loro frequentemente,, nel corso dell´anno centenario, la cara ricorrenza. Narrando ad essi le vicende sempre attraentissime della vita di Don Bosco in quei tempi eroici, far loro capire quanto li abbia amati Don Bosco, quanto abbia fatto per il bene loro, quale apporto efficace abbia portato con l´opera stia all´educazione della gioventù e al benessere di tutti i popoli. Dopo ciò sarà facile persuaderli che è nel loro interesse e nell´interesse dell´avvenire loro e delle loro famiglie, non solo ammirare e venerare Don Bosco come Santo, ma ascoltarlo e ubbidirlo come educatore insigne, praticando esattamente il Regolamento dell´e Case, coltivando la pietà che costituisce l´anima del suo sistema pedagogico, formandosi insomma con quella fortezza di carattere, moralità di costumi, attività di lavoro, generosità di apostolato, che distinsero tanti uomini insigni, Cardinali, Arcivescovi, Vescovi, alti magistrati, letterati, personaggi di tutte le categorie sociali, usciti in questi cent´anni dall´Oratorio e dalle altre Case salesiane sparse nel mondo.
E come non ricordare loro, parlando dell´Oratorio, Domenico Savio, Michele Magone, Francesco Besucco e tanti altri giovanetti che rifulsero per virtù così eminenti, che il loro profumo ha. ancor oggi mirabile efficacia educativa tra la gioventù? Panni questo, figliuoli carissimi, il modo più pratico ed efficace di commemorare il primo centenario della nostra C. ,sa M. ,dre. Avverrà così che il nostro sarà ira centenario che perennemente si perpetua a santificazione nostra e a vantaggio dell´umanità.
Nella speranza che le circostanze ci concedano di aggiungere poi alla celebrazione interiore anche qualche manifestazione .esteriore che della prima sia come effetto e ricordo tangibile, invoco su tutti voi, sulle vostre attività, sui cari allievi, ex :allievi, cooperatori, amici delle nostre opere, le più copiose benedizioni celesti.
Pregate anche per il vostro aff.mo in G. e M.
Sac. PIETRO RICALDONE
ATTI DEL CAPITOLO SUPERIORE
IL RETTOR MAGGIORE:
10 Esortazione pel Mese di Maria Ausiliatrice.
20 Notizie consolanti.
30 Notizie dolorose.
49 Prossimi Esercizi Spirituali e Ricordi pei medesimi.
Torino, 24 aprile 1945.
Figliuoli carissimi in G. C.
Si avvicina il mese consacrato alla nostra Madre amantissima Maria Ausiliatrice e, come negli anni scorsi,´ vi esorto a moltiplicare preghiere e suppliche ai piedi dei suoi altari per ottenere, mediante la sua intercessione, l´avvento tanto sospirato della pace. Seguendo Pesortazione del Santo Padre Pio XII, facciamo di tutto perchè si intensifichino durante questo periodo le preghiere dei bimbi innocenti, che tanta efficacia impetratrice hanno presso il cuore della nostra Madre celeste. Soprattutto poi adoperiamoci perchè siano più frequenti e devote le Sante Comunioni: se Gesù regnerà nei cuori, possiamo essere certi che su di essi e sul mondo scenderanno abbondanti le benedizioni celesti.
Anche nei mesi scorsi avemmo la gioia di ricevere messaggi, recartici notizie desideratissime dei fratelli lontani.
Il nostro amatissimo Card. Augusto Hlond potè indirizzarmi parecchie lettere, nelle quali spiccano la sua fede serena e granitica e il suo grande amore alla Congregazione. Ringraziamo il Signore che lo ha salvato da tanti pericoli e continuiamo a pregare, perehè ci sia concesso di rivederlo presto in mezzo a noi.
Mons. Gugliélmo Piani comunica che potè, malgrado tutto, continuare la sua importante missione. Mores. Mathias c´invia relazioni consolanti; parla dei Salesiani usciti dai campi di concentramento, del progresso delle opere esistenti e dell´inizio di altre nuove. Mons. Ferrando, Mons. La Ravoire, Mons. Lucato, Mons. Comin, ci rassicurano del buon andamento delle loro Missioni: e altrettanto ci consta di quelle del Brasile, del Venezuela, della Terra del Fuoco, del Congo, della Cina, del Giappone, dell´Australia. Confortanti anche le notizie´ dell´Egitto, della Palestina e in generale delle differenti regioni dell´Africa.
Don Reyneri, Don Bertola, Don Tozzi parlano del gran bene che si fa nelle Ispettorie loro affidate, con mandato straordinario, dal Rettor Maggiore.
Don Berruti, Don Tirone, Don Candela poterono svolgere un´azione efficace a conforto dei Confratelli che non possono comunicare direttamente con noi.
Abbiamo appreso con gioia che il Santo Padre, nella sua grande bontà, -volle affidarci in parecchi luoghi l´ambitissima missione di accogliere fanciulli abbandonati e di iniziare speciali orfanotrofi.
Altro motivo di consolazione è il sapere che la quasi totalità delle nostre Case, anche quelle danneggiate o requisite, vincendo difficoltà che parevano insormontabili, riuscirono a continuare, nel corso di quest´anno scolastico, il loro lavoro, pur assoggettandosi, Confratelli e giovani, a non lievi disagi. L´aver dovuto a volte dividere in più sezioni le opere di una stessa Casa, produsse il consolante risultato di far meglio conoscere l´Istituzione salesiana in determinate regioni, moltiplicandone i Cooperatori.
Infine, anche in questo periodo pasquale, molti nostri sacerdoti svolsero e svolgono tuttora un apostolato provvidenziale tra gli operai e gl´impiegati di molte fabbriche, riportandone frutti copiosi. Di tutto sia ringraziato il Signore.
3. Purtroppo, come in passato, la gioia delle notizie liete venne temperata e amareggiata da quelle dolorose.
Nel Brasile abbiamo avuto due dolorosissime perdite: Monsignor Vincenzo Priante, Vescovo di Corumbà, e Mons. Enrico Morào, Vescovo di Cafelandia, andarono a ricevere il premio delle loro fatiche apostoliche. D. Massana, ex Ispettore della Tarragonese, D. Soldati, D. Voghera, D. Sacchetti, che tanto lavorarono nelle Missioni, ci lasciarono essi pure durante lo scorso anno.
Inattesa, e perciò ancor più dolorosa, fu la scomparsa del compianto Don Eusebio Vismara. 11 lavoro da lui compiuto con impareggiabile assiduità, serenità, competenza e sodezza nel nostro Studentato Teologico Internazionale prima, e nel Pontificio Ateneo Salesiano da quando sorse, è a tutti noto. Il rimpianto fu giustamente generale, perchè dovunque, con l´esempio, la parola, il ministero sacerdotale, gli scritti, gli allievi da lui formati, egli aveva seminato a piene mani i tesori della mente sua eletta e del suo gran cuore.
Notizia particolarmente dolorosa fu quella della morte di D. Agostino Desirello, perito tragicamente sotto le macerie della Chiesa e ´della Casa di Forlì ove le opere nostre erano tanto promettenti. Anche la Chiesa e la Casa di Trieste furono duramente provate, ma, grazie a Dio, come in altre case danneggiate dell´Ispettoria Veneta, non si ebbero a lamentare vittime.
Dove invece l´espiazione della famiglia Salesiana ebbe il carattere più cruento fu nella Casa Ispettoriale .delle Figlie di Maria Ausiliatrice in Alessandria (Piemonte). Il giorno 5 aprile, in seguito a una tremenda incursione, perirono tragicamente quattro suore, tre novizie, tre pensionanti, ventidue tra educande e bambini. Numerose pure le persone della casa gravemente ferite. Rinnovo alla Rev.ma Madre Generale e all´intero Istituto l´espressione del profondo dolore e l´assicurazione della incondizionata adesione di tutti i Salesiani in quest´ora angosciosa. L´olocausto di tante vittime innocenti affretterà l´avvento della pace e farà piovere benedizioni straordinarie sulla grande Famiglia delle Figlie di Maria Ausiliatrice.
4. Anche quest´anno le vicende della guerra obbligheranno ad anticipare il termine dell´anno scolastico e di conseguenza gli Esercizi Spirituali.
Anzitutto gl´Ispettori facciano ogni sforzo per ottenere che tutti i Confratelli possano prendervi parte. Se non sarà possibile radunarli, come in altri tempi, in poche mute, si autorizzino i Direttori a fare gli Esercizi con i loro Confratelli nella propria casa, ma con regolarità. Qualora non si possano avere due predicatori, se ne inviti uno solo: e, in caso necessario, si supplisca alle prediche con letture ben scelte dalle Circolari e Strenne. All´esempio che, nelle grandi mute, si riceve dai confratelli numerosi, si supplisca con maggior raccoglimento, con una pietà più intensa, con propositi più generosi di carità, di lavoro, di sacrificio.
Pensando al disorientamento generale in cui si dibatte la povera umanità, al progressivo rilassarsi del senso morale, alla facilità impressionante con cui vengono dimenticati e conculcati i Comandamenti di Dio e i diritti del prossimo, penso sia necessario un forte richiamo alla pratica della virtù della giustizia, onde facilitare il ristabilimento dell´ordine, sia nei rapporti con Dio, sia nelle relazioni con il prossimo. Sarebbe inutile pretendere che regni la carità ove fosse conculcata la giustizia.
Ecco pertanto i Ricordi degli Esercizi Spirituali:
Pratichiamo la virtù della giustizia verso Dio e verso il prossimo.
Questo pensiero sia poi ricordato frequentemente, con pratiche applicazioni, nelle conferenze e in altre circostanze, e non solo con i Confratelli, ma anche con i Cooperatori, gli ex allievi e gli stessi allievi, specialmente più grandicelli.
È su questa base che, dovrà poggiare quel lavoro di ricostruzione, di cui dovremo occuparci appena sia tornata la pace.
Invocando su ciascuno di voi, o figliuoli carissimi, le benedizioni celesti, nella speranza di potervi risalutare quanto prima nella serenità della nostra vita normale,
mi raccomandò .alle vostre preghiere e mi professo vostro aff.mo in G. C.
SAC. PIETRO RICALDONE
Maggio-Giugno 1945 N. 129
LETTERA DEL RETTOR MAGGIORE:
l. Pax vobis! 11 ritorno alla vita normale.
L´opera di ricostruzione.
Il grande problema: le vocazioni.
5 Nessuna precipitazione né audacia, ma confidenza in Dio e generosità di lavoro e sacrifizi.
ATTI DEL CAPITOLO SUPERIORE
Torino, 24 giugno 1945.
Figliuoli carissimi in G. C.,
1. Pax vobis! La pace sia con voi! Prego Iddio che voglia far giungere la soavità della sua pace a tutti i punti della terra ove i Figli di S. Giovanni Bosco lavorano per la salvezza delle anime. È voce angelica, anzi divina, questa della pace: perchè la pace si gode solo quando a Dio si è uniti nella carità e nell´osservanza della sua legge di amore. Lontani da Lui, odio, divisioni, conflitti, stragi, morte.
Stendiamo un velo su questi anni di trepidazioni, strazi, rovine inaudite: preghiamo per le povere vittime e corriamo a soccorso dei fratelli che gemono nel dolore, nella miseria, nell’accasciamento materiale e morale. È questa la nostra missione.
Purtroppo, come a volte avviene in queste calamitose vicende, il rinsavimento non è così pronto e generale come ´potrebbe sperare chi si affida al buon senso. Le passioni, specialmente quella dell´odio e della vendetta, hanno portato dovunque perturbamento e scompiglio: e noi sappiamo che il mare sconvolto dal tifone non ritorna così presto alla bonaccia.
Quale il nostro dovere in queste ore decisive? Pregare e ricominciare con fiducia l´opera nostra redentrice.
Sempre, ma soprattutto quando le risorse umane hanno perduto la loro efficacia, bisogna pregare, pregare con fede, pregare incessantemente. Anzichè sciupare il tempo nell´intessere considerazioni di quella sapienza che S. Paolo chiamava terrena, o nel formulare apprezzamenti politici e nazionalisti -- che devono sempre essere tenuti lontani a ogni costo dalle nostre Case e dalle nostre conversazioni, come. con la parola e con l´esempio c´insegnò e ordinò S. Giovanni Bosco, — raccogliamoci nella preghiera; corriamo a prostrarci ai piedi di Gesù Sacramentato e della tenera nostra Madre Maria Ausiliatrice onde impetrare alla Chiesa, alla Congregazione, alle nostre famiglie, alla Patria, all´umanità, ordine, amore mutuo, benessere e pace.
Alla preghiera associamo l´opera ricostruttrice.
Sono troppi coloro che trovano comodo scaricare sugli altri le colpe del passato: seguiamo la via opposta. Davanti a Dio e alla considerazione delle nostre manchevolezze riconosciamo che, se noi avessimo saputo corrispondere con maggior generosità alla grazia del Signore e alla nostra vocazione, forse avremmo contribuito ad abbreviare e rendere meno terribile la prova. Perciò, anziché indugiarci a scrutare e criticare le festuche che altri possono avere negli occhi, chiediamo a Dio il coraggio di rimuovere le travi che intralciano a noi il cammino della perfezione. Affidiamo adunque alla bontà divina le passate manchevolezze e ricominciamo con rinnovata lena.
Facciamo anzitutto un serio esame di coscienza. L´uragano ha stroncato e ridotto a macerie tante cose, e la polvere sollevata chissà se non sia penetrata anche nelle nostre anime. Rivediamo alla luce delle grazie e benedizioni di Dio il nostro interno e il nostro esterno, l´insieme tutto della nostra ´vita religiosa. Quante volte forse in questo periodo il sereno svolgersi di essa è stato turbato! Può anche darsi che quasi senz´avvedercene abbiamo preso qualche atteggiamento, per non dire abitudine, meno conforme alle Costituzioni, ai Regolamenti, al nostro spirito. Nè dovremmo stupirci di ciò, perchè taluni si videro costretti a vivere per mesi e anche anni avulsi dalla comunità e in: ambienti ove le consuetudini mondane costituivano un pericolo ininterrotto e gravissimo.
Che dire poi dei nostri cappellani e soprattutto degl´internati, sfollati, rastrellati, costretti — non pochi di essi — a percorrere un lungo e spaventevole. calvario, in pericolo sempre di tragedie mortali? Quanto compatimento noi dobbiamo avere per questi carissimi figliuoli e fratelli! Essi devono praticamente persuadersi che il loro ritorno è una festa per tutti i superiori e confratelli, in ognuno dei quali è giusto ch´essi trovino delicatezze materne.
2. Mentre però si dimostra a tutti affetto e carità senza limiti, è anche necessario che da tutti si ritorni alla vita normale.
È dover nostro iniziare la nuova epoca, che speriamo di pace vera e durevole, con una aspirazione ardente di perfezione. Su questa base deve poggiare ogni nostro lavoro ricostruttivo: quanto più essa sarà solida e gagliarda, altrettanto più copiosa sarà poi la messe che ci verrà dato di raccogliere.
Lo spirito di pietà nelle sue diverse manifestazioni sia diligentemente curato e fomentato da tutti senza eccezione. Non si dimentichi mai che la vera forza del nostro sistema educativo è nella pietà eucaristica. Il santo Tabernacolo sia, nella pratica di ogni giorno, il centro di tutte le Case salesiane: a Gesù Sacramentato convergano costantemente gli affetti dei nostri cuori, se vogliamo che da Lui irradii luce di fede e fiamma di carità, le sole atte a dare significato, forza e successo al nostro operare.
Esortate i giovani a frequentare i santi Sacramenti con conoscenza, serietà, fervore. Trasciniamoli con il nostro esempio durante il giorno ai piedi di Gesù, di Maria Ausiliatrice, di S. Giovanni Bosco: facciamo loro conoscere nelle lezioni di catechismo, nelle prediche, nel sermoncino della sera, opportunamente nella scuola e altrove, la. bellezza delle verità della nostra fede, la saggezza della morale evangelica, i vantaggi temporali ed eterni delle pratiche religiose; formiamo in loro il carattere irrobustendone la volontà di virtù cristiane; in tal modo avremo formato quel caldo ambiente di famiglia e quella serenità di vita che Don Bosco voleva costituisse la caratteristica delle nostre Case.
La pietà, come l´intese S. Giovanni Bosco, dev´essere ravvalorata sempre dalla santità della vita: è anzi questa la vera preparazione alla pietà e ne è pure il frutto. So che, durante questi) doloroso periodo, è stato più forte e costante da parte di tutti l´impegno per farla fiorire nelle nostre Case e ne ringrazio il Signore.
Figliuoli carissimi, oggi come allora abbiamo grande bisogno degli aiuti celesti, sia per rifarci man mano degli immensi danni subiti in ogni campo, sia per ridare vita rigogliosa alle opere già iniziate, sia infine per intraprenderne altre, richieste dai nuovi e accresciuti bisogni.
Slavi inoltre da parte di tutti uno speciale impegno perchè la vita religiosa fiorisca, irradii, trionfi in una osservanza veramente esemplare, sempre e dovunque. Splenda in tutta la sua luce quella santità ch´è purezza; l´ubbidienza unisca padri e figli nel proposito di praticare anche le più piccole cose determinate dalle Costituzioni e dai Regolamenti, sempre nella soave atmosfera dell´unione dei cuori; lo spirito di povertà ci tenga lontani da qualsiasi mondanità e rafforzi in noi l´amore alla mortificazione, anche se dovesse costarci duri sacrifici.
Più che ogni altra cosa poi vi esorto a ringagliardire la carità: senza di essa non è possibile nè la vita cristiana nè quella religiosa e salesiana. Tenete lontani i giornali, le riviste, i libri che possono turbarla con eccitamenti politici: resti davvero sepolto il triste passato e si evitino frasi, accenni, conversazioni che, in qualsiasi modo, concorrano a risuscitare ricordi destinati ad affievolire l´amore cristiano e la concordia degli animi.
3. Così preparati, accingiamoci volenterosi alla ricostruzione. A quella materiale penserà la divina Provvidenza, la quale però ´vuole averci associati. È naturale perciò e doveroso al tempo stesso che ci adoperiamo per evitare anzitutto qualsiasi violazione, del voto di povertà: questa virtù, lo abbiamo detto, dev´essere praticata con slancio generoso. Asteniamoci da ogni spesa non strettamente necessaria, da ogni spreco, anche il più piccolo, pensando ai tanti e tanti confratelli mancanti anche delle cose più indispensabili, come biancheria, veste talare, indumenti sacri e persino il breviario. Che dire poi delle migliaia e migliaia di giovanetti, orfani, derelitti, seminudi, sprovvisti di tutto, che bussano alle porte delle nostre Case chiedendo ricovero, pane, educazione cristiana? Davanti alle scene dolorose che ogni giorno ci straziano il cuore, proponiamo di servirci della povertà come di celeste strumento per compiere opere di misericordia e carità.
Gioverà anche a tale scopo riorganizzare i Cooperatori e le Cooperatrici. Rileggiamone il Regolamento e mettiamo in pratica quanto ivi è stabilito dall´art. 406 al 416. Si faccia un serio lavoro di propaganda per moltiplicarli e rendere pratica ed efficace la loro cooperazione. Altrettanto dicasi degli Ex allievi, chiamati a ingrossare l´unione dei Cooperatori e a comunicarle energie sempre fresche e vigorose.
Alla ricostruzione religiosa e morale dobbiamo contribuire specialmente in due modi.
In primo luogo, offrendo tutti con dedizione generosa l´opera nostra al grande lavoro richiesto per l´educazione e formazione della gioventù negli Oratori Festivi e negli altri nostri istituti; .per l´insegnamento catechistico ai piccoli e ai grandi, particolarmente in mezzo al popolo e agli operai; e infine per le nostre missioni, che attendono ansiose nuove braccia nel moltiplicato campo di lavoro.
Ma in un altro modo efficacissimo noi dobbiamo contribuire alla ricostruzione, ed è adoprandoci per suscitare e coltivare nuove vocazioni.
4. Durante questi anni si dovettero chiudere o ridurre a minime espressioni le Case di aspiranti e missionarie. Le migliaia di giovani speranze che prima le popolavano furono ristrette a poche centinaia: i vuoti sono impressionanti.
bastato però il semplice annunzio della cessazione del conflitto per far affluire più numerose le domande di tanti cari giovanetti, bramosi di consacrarsi al Signore sotto i vessilli di S. Giovanni Bosco anche nelle Missioni più remote. Questo consolante risveglio, caparra di un più lieto avvenire, è dover nostro assecondarlo con tutte le nostre forze. Procuriamo che ogni nostra Casa offra l´ambiente più favorevole a una ricca fioritura di vocazioni. La carità fra i confratelli, il loro buon esempio, il lavoro indefesso, l´impegno per la scuola e l´assistenza salesianamente compiute, il calore e il profumo della pietà eucaristica, la scuola di catechismo e religione fatta nel modo più diligente, le compagnie religiose ben dirette, la serena allegria, il parlare delle Missioni, il fomentare le care devozioni di Maria Ausiliatrice e di S. Giovanni Bosco, ecco i mezzi più acconci per suscitare, moltiplicare, coltivare le vocazioni.
Pensiamo, figliuoli ´carissimi, al campo immenso di lavoro che ci ha affidato la divina Provvidenza su tutta quanta la faccia della terra, e pensiamo in particolare ai nostri carissimi missionari che, da oltre sei anni, sono in trepida attesa di chi vada a prendere il posto degli ammalati e dei morti o a prestare forte appoggio alle nuove opere e iniziative. Essi hanno riposto tutta la loro fiducia, dopo Dio, anche in noi: e grande sarà la loro e la nostra gioia se, dopo sì lunga attesa, le loro aspirazioni potranno vedersi attuate. E questo avverrà, se da parte nostra si faranno tutti gli sforzi per accrescere il numero delle vocazioni.
5. Coraggio adunque: e ricominciamo con santo e sereno entusiasmo. Saranno ancora molte le difficoltà a ostacolare il nostro lavoro; ma la buona volontà, ravvalorata dalla grazia, saprà trionfare di tutto.
La nostra attività sia ponderata, serena, prudente: nessuno pretenda di fare il passo più lungo della gamba. Ci vorrà grande longanimità, a volte eroica, soprattutto dove la bufera ha accumulato rovine e macerie. Anche là però si faccia di tutto per mantenere in vita l´opera nostra, sia pure in proporzioni ridottissime: l´essenziale è non abbandonare il posto. La Provvidenza segnalerà il ritmo dei nostri passi con il suo tempestivo, intervento: quando vorrà che si faccia di più e più in fretta, ce lo indicherà Chiaramente aprendoci le vie e inviandoci i mezzi. Fu sempre questa la storia della nostra Congregazione, che dal nulla portò le sue tende a ogni lido. Nessuna precipitazione, perciò, ma al tempo stesso risolutezza, costanza, fiducia illimitata e prestazione generosa da parte nostra per cooperare ai disegni della misericordia divina.
Niente ci turbi: il passato è sicura garanzia dell´avvenire. Iddio, ne siamo certi, dai grandi mali che afflissero la povera umanità in questi anni angosciosi, saprà certamente trarre grandi beni: vediamo di meritarceli con irrobustimento di fede e con generosità di lavoro e sacrifizi.
Invoco su tutti, e specialmente sui confratelli che trovansi ancora sotto il peso della prova, le più copiose benedizioni, e vi auguro il nuovo anno scolastico-professionale ricco di frutti e di meriti per il Cielo.
Pregate per il vostro aff.mo in G. e M.
SAC. PIETRO- RICALDONE
Luglio-Agosto 1945 N. 130
IL RETTOR MAGGIORE: Rinnovato saluto di pace. Le Conferenze. Il Rendiconto .
ATTI DEL CAPITOLO SUPERIORE
Torino, 24 agosto 1945 .
Figliuoli carissimi in G. C., Ripeto a voi con animo commosso la consolante parola: Pax vobis! La pace piena, completa, vera, efficace, sia con voi .
Il tremendo conflitto è cessato del tutto e confidiamo che la povera umanità rinsavita si consacri ora seriamente a feconde . opere di pace .
Diamone l´esempio sforzandoci di farla regnare in tutta la sua serenità e bellezza nei nostri cuori e nelle nostre Case .
1) Iddio, nell´infinita sua misericordia, a noi religiosi e salesiani elargisce mezzi speciali per fomentare e rendere feconda la pace prima in noi stessi e poi nell´ambiente del nostro apostolato .
Oltre alle sue grazie e alle benedizioni promesse a chi compie dovutamente le pratiche religiose, abbiamo nella nostra Società sussidi efficacissimi che, mentre più facilmente ci conducono alla .santificazione, servono altresì a rendere più robusta, soave e duratura la pace. Tra questi mezzi meritano speciale menzione le Conferenze mensili e i Rendiconti .
S. Giovanni Bosco, finchè visse tra i suoi figliuoli amatissimi, si compiaceva d´indirizzar loro di frequente la sua parola per istruirli, addestrarli, guidarli, confortarli nella nuova missione ch´essi, attratti dalla sua bontà paterna, avevano con tanto slancio abbracciato. Per nostra ventura la dottrina, le direttive, le sante esorta‑ zioni del Padre ci rimangono perennemente fissate nei suoi scritti, nelle Costituzioni e Regolamenti, nelle sue parlate, negli esempi della sua vita santa e operosa: gran parte poi di questa eredità preziosa la troviamo conservata, come in garantito forziere, nelle Memorie Biografiche .
Il nostro. Santo Fondatore però volle in certo modo rimanere sempre in mezzo a noi e procurarci perennemente la luce e il conforto della sua parola viva e paterna mediante la voce di coloro che lo avrebbero successivamente e senza interruzione rappresentato Su tutta quanta la faccia. della terra. Di tutti i sussidi a noi offerti dalla vita religiosa è certamente questo uno dei più benèfici ed efficaci: e, se sapremo servircene opportunamente, possiamo essere certi di ritrarne notevoli vantaggi .
Mentre pertanto i Superiori, ai quali è affidata l´eccelsa e formidabile missione di essere in ogni tempo eco fedele della dottrina, dei sentimenti, delle paterne esortazioni di Don Bosco, si sforzeranno di esercitarla con la santità della vita, con la preghiera e con lo studio assiduo delle fonti da cui perennemente sgorga il pensiero e la carità grande del Padre, tocca d´altra parte ai figli ascoltare quella voce e accogliere quelle esortazioni come se effettivamente fossero la voce e l´esortazione stessa di Lui .
Tremenda in verità la responsabilità di un Superiore che venisse meno ai suoi doveri e lasciasse mancare ai figli lo spirituale nutrimento delle Conferenze prescritte (Regolam., 158 e 312), del sermoncino della sera, della scuola di Testamentino, delle riunioni capitolari, del caso morale e liturgico, com´è tassativamente stabilito dalle Costituzioni e dai Regolamenti. Ma non meno terribile la responsabilità. dei figli che non ascoltassero con la dovuta devozione l´eco della voce di Don Bosco o non si adoprassero a tradurre in pratica le paterne esortazioni .
Quanto è bello due volte al mese e in altre speciali circostanze, e ogni sera prima di recarci a prendere riposo, raccoglierci nella serenità dell´ambiente di famiglia per ascoltare un pensiero, una direttiva, un consiglio, un incitamento che illustri i doveri della vita religiosa e quelli non meno importanti di educatori e apostoli nell´assistenza, nella scuola, nella formazione intellettuale e religiosa e morale degli alunni, e in generale nella nostra missione di bene! Ed è ancora il più delle volte attraverso le conferenze e la voce del Superiore che giungono a noi, sempre otre e interessanti, le notizie della nostra grande Famiglia, del suo costante e prodigioso sviluppo malgrado le non poche nè lievi difficoltà, del lavoro e degli eroismi dei nostri intrepidi missionari, che in questi ultimi anni furono tanto provati dalla mancanza di comunicazioni, di aiuti, di personale, di incoraggiamento e conforto .
Tutto ciò, figliuoli carissimi, è di tale importanza religiosa e formativa, che potrebbe anche incorrere in colpa grave chi abitualmente omettesse di fare le Conferenze prescritte oppure di assistervi, poichè a questi mezzi o sussidi provvidenziali può anche essere legata la conservazione della vocazione e la salvezza dell´anima, mentre al loro disprezzo può seguire — come insegna una triste esperienza — la perdita della vocazione e forse, Dio non voglia, della, stessa anima .
2) Dove però noi possiamo essere sicuri che ci giunge ancor più viva e diretta la voce del nostro grande Padre è soprattutto nell´ambiente soave del Rendiconto .
Non intendo sviluppare questo punto importantissimo, già magistralmente trattato dal Servo di Dio Don Michele Rua: mi limito a raccomandarvi di rileggere le sue Circolari del 5 agosto 1900 e del 10 novembre 1906 e di proporvi di voler agire in modo che questo mezzo provvidenziale possa dare tutto il suo rendimento a vantaggio dei Soci e della nostra tanto amata Famiglia Salesiana .
Studiando a fondo la spirituale struttura del rendiconto Don Bosco diceva che chi non capisce la sovrana importanza di esso nulla capisce della nostra vita religiosa .
Tra i doveri del Direttore questo è senza dubbio uno dei più importanti. Tralasciare di ricevere mensilmente i rendiconti, ostacolare o rendere pressochè impossibile l´adempimento di questo essenziale dovere dei confratelli o lasciar praticamente capire che al postutto non vi si annette grande importanza, può anche costituire una mancanza grave, le cui circostanze e inevitabili conseguenze possono rendere ancor più esiziale la colpa .
D´altra parte potrebbe rendersi colpevole di mancanza non meno grave il Salesiano che trascurasse il rendiconto e abitualmente tralasciasse di farlo .
fuor di dubbio che il non tenere nel dovuto conto e il rifiutare volutamente le grazie del Signore può essere causa della perdizione eterna. Ora, se questo principio deve applicarsi anche ai semplici cristiani, quali rovinose conseguenze non può avere la trascuratezza e il pratico disprezzo di uno tra i più importanti sussidi di salvezza e di santità da parte dei religiosi, i quali hanno l´obbligo di tendere alla perfezione, servendosi naturalmente dei mezzi che Iddio loro fornisce a tale scopo? Il già ricordato Don Rua tutto si affliggeva a questo pensiero, temendo che da tale grave trasgressione potesse derivare la perdita delle vocazioni e delle anime .
Slavi pertanto in questa ripresa ricostruttiva un fermo proposito da parte di tutti, Direttori e Confratelli, o meglio Padri e Figli, perchè ogni mese le benedizioni del rendiconto si effondano copiose su tutti i membri della Famiglia di Don Bosco. I Direttori chiamino e accolgano con soave paternità tutti senza eccezione i Salesiani della loro Casa: li ascoltino con bontà, li confortino, incoraggino e aiutino in tutti quei modi che sia loro concesso. E soprattutto nella intimità del rendiconto, mai turbato da richiami o correzioni inopportune, che risuonerà al cuore dei figli la parola del nostro grande Padre .
Don Bosco disse solennemente che il rendiconto ben fatto è la chiave di volta per il buon andamento delle nostre Case. Noi tutti vogliamo certamente vedere le case Salesiane non solo materialmente ricostruite, ampliate, rigurgitanti di giovinezze, ma soprattutto sempre più spiritualmente fiorenti e feconde. Ebbene, ascoltiamo il nostro Padre: Egli oggi ancora ci ripete, per mezzo di questo suo povero quarto successore, che il rendiconto ben fatto sarà vincolo di unione, crogiuolo ove si cementi l´unità delle idee e si rafforzi l´identità delle direttive, sorriso di fraternità e di pace, sorgente inesausta di carità, di serena allegria, di vita di famiglia .
Vi prega da Dio ogni bene il vostro aff.mo in G. e M .
Sae. PIETRO RICALDONE .
Settembre-Ottobre 1945 N. 131
Formazione del Personale Salesiano
STUDENTATI FILOSOFICI E TEOLOGICI
1. - INTRODUZIONE
L´eccellenza della dignità, la grandezza dei poteri, l´ampiezza la sovrana efficacia del ministero del sacerdote, esigono che egli, per santità, scienza, zelo, prudenza, sia all´altezza della sua eccelsa missione .
Gesù, fonte di santità e luce di eterna e infinita sapienza, volle formare Egli stesso i suoi primi sacerdoti, arricchendoli con i carismi del suo Spirito Paraclito .
Dopo di Lui, gli Apostoli, i Pontefici, i Vescovi, i Padri della Chiesa, fin dai primi tempi, si occuparono accuratamente della formazione di coloro che sarebbero stati innalzati ala grande dignità di ministri di Dio. Più tardi, sia in Oriente che in Occidente, i chierici, vennero educati o negli stessi episcopi in case a questi vicine sotto l´immediata vigilanza deí loro Pastori. Da queste scuole episcopali, sereni ambienti di santità di scienza, uscirono giganti di virtù e colossi -di dottrina, e altrettanto avvenne in seguito nelle scuole sorte nel seno delle famiglie religiose .
Il Concilio di Trento, al cap. 180 della sess. 23°, volendo che la formazione del Clero si svolgesse sotto un controllo sempre più immediato e vigile dei Vescovi, stabilì norme tassative riguardanti il sorgere e lo svolgersi delle attività deí Seminari presso le Chiese vescovili. Le disposizioni del S. Concilio furono insistentemente inculcate dai Sommi Pontefici (1) .
Il Codice di Diritto Canonico determina tutto ciò che riguarda la formazione degli alunni del Seminario nei can. 13521371. Lo stesso Codice stabilisce pure, nei can. 587-591, quanto negli Istituti religiosi di sacerdoti debba farsi circa questa importante materia, e ordina che vi siano Case speciali ove compiere detti studi .
La Sacra Congregazione dei Religiosi il 10 dicembre 1931 inviava ai Superiori Generali degli Ordini e Congregazioni religiose una speciale Instructio, nella quale si specificano ancor più chiaramente i doveri dei Superiori circa la formazione dei sacerdoti nei loro Istituti .
Le nostre Costituzioni, negli art. 2, 78, 87, 164-169, mentre fanno proprie le disposizioni del Codice di Diritto Canonico, aggiungono alcune particolari prescrizioni da praticarsi nella formazione dei nostri sacerdoti .
Nei Regolamenti poi (P. II, Per le Case di Noviziato e Studentato, Sez. 2) sono specificate ancor più ampiamente le norme da seguirsi negli Istituti destinati alla formazione dei chierici della nostra Società .
Infine il Sommo Pontefice Pio XI, pubblicando la Deus scientiarum Dominus, mentre tracciava i nuovi programmi di studi ecclesiastici e i nuovi indirizzi da seguirsi negli Atenei, intendeva, con quel documento importantissimo, stimolare coloro che hanno l´alto compito di formare il clero secolare e religioso a porre il maggior impegno, perchè detta formazione morale e scientifica si compiesse con le maggiori garanzie di serietà .
Fin dai tempi del nostro Santo Fondatore, e in seguito attraverso le cure solerti dei suoi Successori e mediante le indicazioni dei Capitoli Generali — di quello XV in particolare, tenutosi nel 1938 — tutto fu messo in opera nella nostra Società, a misura che le circostanze lo permisero, per dare ai nostri sacerdoti la migliore formazione. Oggi, dopo gli esperimenti fatti, possiamo conchiudere e stabilire che l´opera della formazione sacerdotale, alla quale è intimamente legata la salvezza delle anime, esige che gli Istituti speciali ov´essa si compie, da noi chiamati Studentati Filosofici e Teologici, siano convenientemente attrezzati con edifici adatti, con personale capace, con programmi ben compilati, con metodi vagliati e sperimentati e infine con un controllo sapiente, oculato, costante .
Quando nel 1936 vi parlai per la prima volta di una serie di circolari destinate alla formazione del personale salesiano, era mio intendimento trattare in esse anche degli studi. In seguito però, — e specialmente dopo che dalla sovrana bontà dei Sommi Pontefici Pio XI e Pio XII ci fu concessa l´erezione del Pontificio Ateneo Salesiano — mi parve opportuno rimandare la parte programmatica e didattica delle discipline ecclesiastiche a una circolare speciale, dal titolo: Programmi e norme per gli Studentati Filosofici e Teologici della Società di S. Francesco di Sales: in essa saranno fissati i programmi e le norme riguardanti la formazione scientifica dei nostri chierici: Spero possa essere inviata nel prossimo anno 1946: l´esperienza indicherà poi man mano eventuali mutazioni e aggiunte .
2. - L´EREZIONE
Il can. 587, § 1 stabilisce che ogni Religione clericale abbia Case di studio, approvate dal Superiore o dal Capitolo Generale, nelle quali gli alunni possano compiere gli studi ecclesiastici nel modo determinato dal Codice (can. 589 § 2) .
Le nostre Costituzioni (art. 164 e seg.) attuano le disposizioni suaccennate: i Regolamenti poi, in forma più ampia e particolareggiata, fissano tutto ciò che concerne la formazione morale, religiosa, ecclesiastica, scientifica dei nostri chierici (Regolam., Sez. II, cap. 1-3) .
Le suindicate Case di studi, o Studentati, possono rispondere ai bisogni di una .0 più Ispettorie: pure la Chiesa ha Seminari Diocesani o lnterdiocesani detti anche Regionali (2) .
L´art. 319 dei Regolamenti stabilisce, in linea generale, che ogni Ispettoria abbia il proprio Studentato Filosofico. Per gli Studentati Teologici l´art. 324 dice che « è stabilito uno Studentato Teologico Centrale, alla diretta dipendenza del Capitolo Superiore »; e l´art. 325 aggiunge che « ciascuna Ispettoria potrà, col permesso del Rettor Maggiore, avere un proprio Studentato Teologico per quei chierici che non potessero andare al Centrale » .
Quando però un´Ispettoria non sia in grado di stabilire nè il proprio Studentato Filosofico nè quello Teologico, allora dovrà inviare i propri chierici a uno dei cosiddetti Studentati Interispettoriali .
E qui è bene avvertire che, al modo stesso che non conviene stabilire Studentati con un numero troppo ridotto di alunni — perchè verrebbe a mancare la possibilità del conveniente svolgersi delle funzioni religiose come di quelle accademiche e ricreative, ed inoltre si avrebbe un eccessivo aggravio di spese generali per i servizi occorrenti al personale e agli alunni, — così non sono da consigliarsi gli Studentati con un numero eccessivo di alunni. L´esperienza insegna che gli allievi non dovrebbero oltrepassare i 120 o al più i 150, onde rendere possibile quell´accurata formazione individuale, — soprattutto a mezzo dei rendiconti — che costituisce uno degli scopi più importanti di detti Istituti .
Per l´erezione di Studentati Interispettoriali gl´Ispettori debbono rivolgersi al Rettor Maggiore, esponendo i progetti, le particolarità degli accordi e le norme da stabilirsi, sia per l´opportuno e reciproco apporto di mezzi e di personale da parte delle Ispettorie, sia per determinare i modi del funzionamento dell´Istituto circa l´accettazione degli alunni, la pensione, i limiti di dipendenza dei Chierici dai propri Ispettori e Direttori e dall´Ispettore e Direttore dello Studentato, l´ammissione ai Voti e agli Ordini, gli eventuali licenziamenti, le vacanze e altri particolari .
3. - L´EDIFICIO
Particolari circostanze, quali la cospicua oblazione di un benefattore, il quale offra un locale adatto o s´impegni di costruirlo, oppure l´urgenza di provvedere a un bisogno improrogabile con l´adattamento di un edificio di cui già si dispone, queste e simili motivazioni possono indurre ad aprire uno Studentato in una determinata località .
Quando però si abbia possibilità di scelta, è preferibile, come consiglia l´esperienza, collocare simili Istituti lontano dal rumore e da altri inconvenienti delle grandi città, possibilmente al margine o almeno non troppo distanti da centri importanti, in luogo salubre e ridente, che abbia relative facilità di comunicazioni, di approvvigionamento, di assistenza, medica e farmaceutica .
La vita in. campagna, oltre ad essere più igienica, più serena, più ricca di passeggiate, meno esposta a vedute e contatti pericolosi, con meno esigenze sotto vari altri aspetti, è anche più economica, potendosi dai terreni circostanti avere in maggior copia e generalmente a prezzi più modici carne, latte, uova, verdura, frutta ed altri generi di più largo consumo. A volte pigi si può anche compiere, dal personale e dai chierici, opera proficua di aiuto spirituale a vantaggio delle parrocchie viciniori mediante la predicazione, l´apostolato catechistico e il contributo del canto e delle cerimonie in certe straordinarie occasioni .
Ottenuta l´approvazione, si procederà alla costruzione oppure all´adattamento dell´edificio che dovrà ospitare lo. Studentato. Nel fare studi preliminari si abbia presente, oltre che il numero degli alunni, anche tutto ciò che riguarda ].e norme pedagogiche e scolastiche dell´erigendo Istituto .
Allo scopo di fornire elementi, siano pure sommari, a chi debba occuparsi di simili costruzioni, ricordiamo loro che si deve tener conto di questi gruppi di ambienti:
1° Portineria, saletta pel portinaio, parlatorio generale, parlatorietto particolare, ambienti per la prefettura, contabilità, dispensa spicciola e scolastica, direzione .
2° Cappella, sagrestia, deposito, saletta pel predicatore. 3° Teatrino da adibirsi anche come aula magna e relative dipendenze .
4° Refettorio generale, refettorio poi famigli, piccolo refettorio per ospiti speciali, cucina e dispense .
5° Scuola di canto, salette per lo studio di piano, di armonium., di organo, in luogo e condigioni da non disturbare la comunità .
6° Cortili, porticati aperti o chiusi a seconda del clima, deposito per gli attrezzi O., gioco, scale e servizi igienici in corrispondenza con quelli dei piani superiori, barbieria .
70 Studio, scuole, gabinetti scientifici per scienze naturali, fisiche, chimiche, psicologiche; sale per speciali sussidi didattici e una in particolare per i sussidi catechistici; biblioteca, deposito di libri, sale separate di consultazione per i Professori e per gli alunni ; sala per l´archivio generale, sala per l´archivio particolare del Direttore; sala per riunioni e conferenze .
80 Camere per il personale, per ospiti; appartamento per un ospite illustre .
90 Dormitori; dormitorio per coadiutori, dormitorio per famigli; locale per guardaroba ben ubicato; deposito per bauli od altro .
100 Infermeria: locali annessi per piccolo ambulatorio, medicine, visita medica; refettorietto, saletta per convalescenti; camera dell´infermiere; reparto per malattie infettive; relativi servizi .
110 Sotterranei per cantina, per depositi adatti alla sana conservazione di viveri, locali per forni di ìiscaldamento ove il clima lo esiga .
Nella distribuzione dei locali si procuri, per quanto è possibile, di osservare questa direttiva pedagogica, e cioè che gli alunni, in determinate ore del giorno, occupino tutti lo stesso piano: ad esempio nelle ore notturne siano tutti nel piano dei dormitori; durante le ore di studio e di scuola tutti nel piano delle aule scolastiche; durante le ore delle pratiche religiose, dei pasti, delle ricreazioni, tutti al piano dei cortili .
Aggiungiamo che ove sia possibile affidare alle Suore la cura della cucina, lavanderia e guardaroba, occorre pensare anche alla loro Casa con cappella, dormitorio, camere, refettorio, portineria, cucina, dispense, eventuale forno, lavanderia, essiccatoio, sala di cucito, guardaroba, ecc .
4. L´AMBIENTE
Il Codice applica anche ai Religiosi le norme generali emanate per la formazione degli alunni dei Seminari, e prescrive che il regime delle case di studi sia basato: 10 sulla perfetta osservanza religiosa (can. 587 § 2); 20 sulla perfettissima osservanza delle pratiche di pietà prescritte nel can. 595 (can. 588.§ 3) .
Preme tanto alla Chiesa nostra Madre che nelle Case di formazione l´osservanza religiosa sia del tutto esemplare, che, qualora ciò non si avveri, essa stabilisce che siano interdette le ordinazioni (can. 587 § 2) .
D´altronde è evidente che perfetta osservanza religiosa e perfettissima osservanza delle pratiche di pietà non si potrebbero avere ove i Superiori e i Professori addetti alla formazione degli alunni non fossero del tutto esemplari .
Il can. 593 dichiara esplicitamente che «tutti e singoli i religiosi, i superiori non meno che i sudditi, debbono non solamente osservare fedelmente e interamente i voti da loro fatti, ma inoltre condurre la vita secondo le Regole e Costituzioni della propria Religione, tendendo così alla perfezione del proprio stato » .
Ed i teologi affermano che l´obbligo di tendere alla perfezione, derivante dalla professione liberamente fatta dal religioso e accettato dalla Chiesa, è obbligo grave: cosicchè si renderebbe reo di peccato mortale quel religioso che deliberatamente cessasse dal tendere alla perfezione per disprezzo di essa, trasgredendo gravemente i voti, disprezzando e mettendo in non cale l´autorità delle Costituzioni o del Superiore, disubbidendo alla Regola o ai Superiori in cosa grave .
Ora chi potrebbe misurare la responsabilità che si assumerebbe, davanti a Dio, alla Congregazione e alla propria coscienza, un Superiore o un Professore di uno Studentato, il quale, avendo il dovere di condurre gli alunni alla perfezione, contribuisse invece, con trascuratezze e negligenze, e fors´anche con la scusa che al postutto non bisogna pretendere troppo nè esagerare, a trascinarli all´inosservanza? Ogni Casa salesiana, pel fatto stesso di albergare religiosi che hanno il dovere di tendere alla perfezione, dev´essere naturalmente casa di perfezione. È evidente però che, più di tutte le altre Case, devono eccellere su questo punto quelle che si fregiano del titolo di´ Case di Formazione. Il can. 554 § 3 ordina ai Superiori di collocare in esse religiosi di specchiata virtù « che siano esemplari nell´amore della regolare osservanza ». A conferma di ciò l´art. 167 delle Costituzioni stabilisce che a ad insegnare le scienze filosofiche e teologiche si scelgano di preferenza quei maestri, soci od esterni, che per probità di vita, per ingegno e per eccellenza di dottrina sono maggiormente stimati » .
D´altronde la più elementare prudenza suggerisce di assegnare alla formazione del personale, che rappresenta l´avvenire della Congregazione, elementi tali che, per virtù e scienza, diano le maggiori garanzie .
Allo scopo d´illustrare questo punto veramente fondamentale per la vita e la floridezza dei nostri Studentati, faremo ora seguire alcune considerazioni o meglio applicazioni pratiche riguardanti le diverse mansioni del personale che vi è addetto. Prima però è bene premettere che deve reputarsi grazia speciale del Signore quella di essere assegnati alla formazione del nostro personale. Infatti il solo pensiero di trovarsi in questi Istituti richiama alla mente il dovere fondamentale di perfezionare e santificare prima noi stessi, se vogliamo renderci strumenti atti alla santificazione altrui .
È bensì vero che grande è la responsabilità di chi è chiamato alla preparazione dei ministri di Dio, ma, grande pure sarà la mercede di tale lavoro, poichè egli viene a partecipare in misura abbondante dei frutti dell´apostolato dei sacerdoti che avrà contribuito a formare .
Nè devono essere motivo di sgomento certe gravi esortazioni dei Sommi Pontefici, dei Padri, dei Santi, e neppure le severe considerazioni ch´essi fanno parlando della responsabilità di coloro che devono vagliare, guidare, promuovere i soggetti agli Ordini Sacri .
Gesù benedetto, parlando della carità, che è l´anima del cristianesimo, diceva a tutti senza eccezione: « Siate dunque perfetti come è perfetto il Padre vostro, che è nei cieli ». evidente che il divino Maestro indicando quella eccelsa e non raggiungibile mèta intendeva dire che era dovere dei suoi discepoli di non stancarsi mai, ma all´incontro di rivestirsi ogni giorno di nuove energie pur di :innalzarsi a quote sempre più alte di perfezione .
Anche i Papi e i Santi, colle loro esortazioni e considerazioni, vogliono ricordare a coloro cui è affidata la formazione dei sacerdoti quanto importante sia l´altissimo loro compito, al .cui disimpegno perciò devono proporsi di consacrare la migliore volontà ravvalorata dalla preghiera e dall´adempimento esempla,re dei proprii doveri. Ma dopo ciò nessuno intende di infondere timori e meno di sbigottire ohi ha invece bisogno di essere incoraggiato e sorretto .
Serva ad accrescere in tutti animo e santo slancio, il confortante pensiero di S. Agostino: « Iddio non premia l´esito, ma la buona volontà » .
Chi pertanto compie con fervore di buona volontà il proprio dovere nei nostri Studentati Filosofici e Teologici, può essere certo della divina mercede e godere della soddisfazione di aver corrisposto all´aspettazione della Chiesa e della nostra Società .
5. - IL DIRETTORE
È di somma importanza la scelta accurata dei Direttori degli Studentati. Ad essi anzitutto e principalmente spetta la parte più importante e delicata della formazione dei futuri sacerdoti ed educatori; i quali sono destinati a plasmare in seguito i nostri alunni e a prendere più tardi, alcuni tra di essi, la direzione e il controllo dei nostri Istituti .
S. Lorenzo Giustiniani dice che il Superiore è come il capo rispetto alle membra. I Padri e i Fondatori delle famiglie religiose prendono le mosse dai riflessi e dalle conseguenti gravi responsabilità di questo concetto per fissare le doti caratteristiche del buon Superiore. E se ciò devesi aver presente allorchè si tratta di assegnare un Superiore a qualsiasi istituto ai educazione, ognun vede con quale diligenza e circospezione si debba procedere alla scelta di coloro ai quali verrà affidata l´alta e formidabile missione di formare ministri di Dio, religiosi, educatori esemplari, dai quali dipenderà poi in gran parte il propagarsi e rafforzarsi della Religione, l´avvenire della nostra Società, l´educazione della gioventù e la salvezza delle anime .
Il Direttore di uno Studentato deve risplendere in sommo
grado, in ogni cosa, tempo e circostanza, per quella esemplarità di vita che tutti trascini all´osservanza; possedere quel profondo spirito di pietà che, innalzando alla perenne considerazione delle cose celesti, lo faccia agire costantemente in nome e alla presenza di Dio; sentire radicata in cuore quell´umiltà che mentre tempera e addolcisce l´autorità, attira in maggior copia sul suo apostolato le benedizioni celesti; essere rivestito di quella pazienza che lo rende sereno nelle difficoltà e forte nell´affrontare con fiducia e superare con calma gli ostacoli, evitando qualsiasi precipitazione o risoluzione meno prudente; avere familiare quella preveggenza, che, con discrezione e misure preventive, con consigli chiesti e diligentemente vagliati, sa convogliare le imprese a termine felice, evitando gli scogli delle sorprese e i disordini .
Inoltre egli dev´essere costantemente guidato, nei suoi pensieri, nelle sue parole, nei suoi giudizi e nelle sue determinazioni, da assoluta equanimità, senza pusillanimi cedimenti, nè accascianti inazioni e meno ancora piegamenti dall´una piuttosto che dall´altra parte all´impulso di interessi terreni, di risentimenti o di debolezze personali; alimentare perennemente in cuore quella fiamma di carità che sa trasformarsi in zelo fecondo di sacrificio, ricordando del continuo l´eccelsa missione ch´egli compie in nome di Dio, della Chiesa, di San Giovanni Bosco: e infine sapersi meritare fiducia e credito per il dominio e la moderazione della lingua, la saggezza nel ricevere e la fedeltà nel conservare i segreti, per la costante e filiale sottomissione ai Superiori e la perfetta intesa con le loro direttive, per quell´illimitata dedizione al dovere, che sa sacrificare se stesso e i suoi studi geniali, onde liberarsi da occupazioni estranee e alleggerirsi da impegni che potrebbero allontanarlo dal, campo del suo apostolato .
Ma oltre alle doti di carattere generale testè enumerate e delle quali dovrebbe essere adorno il Superiore di qualsiasi istituto, ve ne sono altre specifiche, particolarmente richieste nei Superiori destinati alla formazione del clero in generale, nei sacerdoti deputati a preparare il religioso, il sacerdote l´educatore della nostra Società. logico infatti che, avendo gl´Istituti destinati alla formazione un´importanza di gran lunga superiore a quella di altre Case di educazione, il Superiore da preporsi alla loro direzione debba eccellere sugli altri per doti particolari .
Anzitutto è indispensabile ch´egli sappia non solo formarsi un´idea chiara e concreta delle sue gravi responsabilità e dei suoi doveri, ma che, conosciutane la grandezza e l´estensione, compia ogni sforzo per rivestirsi di tale illimitata generosità da essere disposto a immolarsi in tutto e sempre a bene dei soggetti di eccezione che gli sono affidati .
Dovrà inoltre essere intimamente convinto che da solo non potrà mai riuscire nella difficile impresa, e perciò, oltre ad invocare con particolari istanze gli aiuti celesti, si sforzerà di stringere nella più concorde e robusta unità i suoi collaboratori. Nè si pensi che sia facile compito questo, perchè il nemico dell´uman genere, conoscendo quanto questa unità possa riuscirgli fatale, si sforzerà di far sorgere equivoci, ombre, diffidenze, pur di evitare che l´unione delle menti e dei cuori riesca a smascherare le sue fosche manovre contro la buona formazione dei futuri sacerdoti .
E qui si avverta che l´indole stessa degli studi, a cui sono dedicati Professori e alunni negli Studentati di Filosofia e Teologia, può costituire un non lieve pericolo a danno dell´unità .
Il lavoro cosiddetto scientifico, a base d´indagine storica, di valutazione e di critica dei principi e delle loto argomentazioni conseguenze, forma nella mente l´abito di una quasi abituale aprioristica diffidenza, del timore delle sorprese, dell´individuazione del lato debole delle cose, della smania di analizzare, attaccare e, se necessario, sgretolare idee, principi e raziocini .
Se malauguratamente questa forma mentis dal campo scolastico trascende a quello religioso e morale, non v´è chi non veda quali duri colpi ne potrebbero derivare all´auspicata unità delle menti e dei cuori. Scivolare dalla critica alla mormorazione purtroppo è facile assai: anzi a uno spirito meno umile può anche parere logico. Ora se sventuratamente l´alito malefico del mormoratore riuscisse ad ammorbare l´ambiente di una Casa di formazione, le conseguenze sarebbero funeste e in certi casi forse irreparabili .
Queste considerazioni, anzichè affievolire l´entusiasmo di chi è preposto alla direzione di uno Studentato Filosofico o Teologico, devono all´incontro vieppiù stimolarlo ad adoprarsi con tutte le possibili .risorse di preghiera, di carità, di prudenza, per raggiungere e rendere ognor più compatta quella unità, che è al tempo stesso condizione e caparra di successo .
Il Direttore, raggruppate così e concatenate le forze, dovrà proporsi, con l´aiuto dei Superiori e Professori che lo coadiuvano, di raggiungere quel triplice scopo che costituisce appunto il fine particolare di questi Istituti: 1° Formare un ambiente altamente soprannaturale nel quale possa compiersi con le maggiori probabilità di successo il lavoro destinato a condurre gli alunni all´acquisto di una perfezione cristiana e religiosa sempre maggiore, fomentando in tutti l´amore e l´imitazione di Gesù Cristo, Sommo Sacerdote e nostro Capo; 2° Creare una calda atmosfera di spirito apostolico fino a ottenere che nel cuore dei chierici la carità si accumuli in misura tanto abbondante da traboccare, già nel periodo di formazione, in manifestazioni di zelo composto e consono all´ambiente dello Studentato, attraverso frequenti e ben intese immolazioni, anche se piccole e poco appariscenti; 3° Fomentare in tutti un desiderio ardente di conoscere, amare, imitare sempre più intensamente il nostro grande Padre, allo scopo di riprodurne le virtù nella loro operosità vissuta, rendendosi in tal modo atti a farle amare e ricopiare domani dalle anime loro affidate .
Eccelso e arduo in verità il compito or ora abbozzato; ma da raggiungersi ad ogni costo, se non si vuole che venga in parte o in tutto defraudato il fine altissimo per cui si fanno sorgere questi Istituti .
Gioverà adunque — oltre che l´unione, il lavoro e le immolazioni di tutti i dirigenti sull´esempio del Superiore — anche un´azione ben coordinata e del continuo aggiornata in riunioni mensili e anche più frequenti quando le circostanze lo richie- . dessero: ciò naturalmente suppone che i Superiori non si lascino distrarre da occupazioni che li allontanino dallo Studentato .
Il Direttore si prefigga, come norma fondamentale, di agire sugli alunni specialmente attraverso l´opera dei Superiori e dei Professori: a tal fine, onde facilitare intese, ripeta frequentemente che egli è sempre a loro disposizione in ogni occasione senza limitazione di tempo .
Le ore impiegate a cementare la coesione del personale dirigente e a incanalarne la concorde attività, saranno fra le più proficue sia all´opera formativa degli alunni, che alla missione stessa del Direttore .
È inutile aggiungere che il Direttore di uno Studentato dovrà saper orientare a profitto della sua missione tutte le altre norme contenute nelle Costituzioni .e nei Regolamenti, nei Ricordi e scritti di S. Giovanni Bosco, nel Manuale del Direttore, nelle Memorie Biografiche .
6. - IL PREFETTO
Quantunque i doveri dei Superiori delle nostre Case siano chiaramente determinati da tassative disposizioni regolamentari, tuttavia crediamo necessario ,indicare sia pur brevemente certi particolari atteggiamenti della loro attività, richiesti da specifiche esigenze degli Studentati Filosofici e Teologici: non si tratta di cose nuove ma di applicare a speciali condizioni di ambiente le cose stabilite dai Regolamenti .
Anzitutto in nessun´altra Casa è maggiormente richiesto dal Prefetto, — amministratore e vicario del Direttore, — che si sforzi -di rappresentarlo con gli identici intendimenti e con la stessa chiara visione delle gravi responsabilità addossate al Direttore dalla specifica condizione della Casa. L´unità, anzi l´identità di vedute, di direttive, di condotta e di operato, dev´essere completa non solo, ma apparire tale agli occhi di tutti, perchè anche da lievi incrinature potrebbero derivare conseguenze di gravità eccezionale .
Uno dei più importanti compiti del Prefetto è quello di far sì che la salute dei giovani confratelli, nell´epoca tanto delicata del loro sviluppo, sia oggetto di particolare attenzione. Questo, oltre che dovere di carità, è anche spirito di povertà, perchè il più ricco tesoro della Congregazione, dopo quello spirituale, è la salute dei soci. La vita di studio intenso, gli sforzi per vincere i propri difetti e acquistare la perfezione, la vita chiusa per lunghe ore nelle aule e nello studio, tutto ciò incide fortemente sulla salute degli alunni nel periodo della crescenza, e perciò sono richieste dal Prefetto diligenza, vigilanza e accorgimenti speciali onde somministrare un vitto sano, vario, nutriente, ben confezionato, a norma dei Regolamenti (art. 2). Con queste sagaci preveggenze, mentre verrà garantita la salute, si potranno anche evitare più facilmente le eccezioni e particolarità che, gravando sulle spese e turbando la vita di comunità, fomentano tendenze e abitudini meno consone alla regolarità .
Il Prefetto deve ricordare sempre che negli Studentati si formano non solo i religiosi e sacerdoti, ma anche i futuri educatori. È cosa ottima pertanto abituare gli alunni, oltre che alla vita di povertà e di sana economia, a quella pulizia, ordine e decoro che rendono tanto gradite ed encomiate le Case ove esse risplendono .
Negli Istituti di formazione tutti i Superiori dovrebbero essere talmente diligenti e, se fosse possibile, perfetti nell´esercizio delle loro mansioni da apparire davanti ai chierici altrettanti modelli da imitare .
Perciò vorremmo esortare il Prefetto a dimostrare praticamente che la carità preveggente nel prevenire, quando sia possibile, i ragionevoli bisogni dei confratelli, serve potente‑ mente a creare quell´ambiente di famiglia che i chierici dovranno poi sforzarsi alla loro volta di mantenere o creare in ogni nostro .
Istituto. In tal modo essi si abitueranno praticamente in ogni loro bisogno a non rivolgersi ad altri che al Superiore incaricato (Regolam., art. 46), a non tenere denaro presso di sè (Costit., art. 30), e a valersi, per le commissioni proprie e a carico di altri, unicamente dei commissionieri della Casa, sotto la dipendenza del Prefetto (Regolam., art. 219) .
7. - IL CATECHISTA
La missione del Catechista negli Studentati è di somma importanza. Giusta l´art. 186 dei Regolamenti, a lui in particolare è affidata l´assistenza dei chierici della Casa, e perciò ben possiamo dedurre che l´opera sua in questi Istituti possa paragonarsi a quella del Socio del Maestro di Noviziato .
Per questo non sarà mai sufficientemente raccomandata al Catechista la piena e costante. intesa col Direttore, del quale egli dev´essere in ogni tempo e circostanza interprete efficace eseguendone gli ordini e attuandone le direttive .
E poichè ci siamo giustamente preoccupati della salute dei chierici negli Studentati, è bene aggiungere che all´occhio quasi materno del Catechista spetta in modo del tutto speciale fare ogni possibile per prevenire le malattie cercando d´individuarle appena se ne manifestino i sintomi in qualche alunno. In quell´età, in cui il fremito della giovinezza e in generale la nessuna esperienza dei mali fisici allontanano dagli alunni, nonchè la constatazione o consapevolezza, persino il pensiero di tutto ciò che possa essere malanno, è indispensabile che chi si trova in più intimo contatto .con essi, non si limiti a. studiarne le tendenze morali e le possibilità intellettuali, ma ne scruti e scopra anche le debolezze fisiche, a volte tanto più pericolose, quanto meno sospettate. Nè paia esagerata questa insistenza: essa non sarà mai troppa a tutela della salute di tante promettenti giovinezze .
Altre attività importantissime da svilupparsi da parte del Catechista sono quelle che riguardano le Compagnie, la Liturgia e la Catechesi .
Le Compagnie furono dal nostro Santo Fondatore chiamate chiave della disciplina, conservatorio della morale, vivaio delle vocazioni. Ad, ogni figlio di. S. Giovanni Bosco deve importare assai che la Congregazione non solo si conservi robusta, ma che ogni dì maggiormente sviluppi ed estenda le sue opere a vantaggio delle anime. Se perciò, come afferma S. Giovanni Bosco e l´esperienza luminosamente conferma, le Compagnie sono vivaio di vocazioni, a noi deve premere di coltivarle con la maggiore accuratezza .
L´esperienza ha anche dimostrato che la loro azione negli Studentati è di una efficacia veramente straordinaria, quando si svolge nel modo voluto. Quest´azione poi diviene, in questi Istituti, praticamente universale in quanto alle persone, essendo stabilito che tutti gli alunni siano iscritti a qualcuna delle tradizionali quattro Compagnie: SS. Sacramento, Maria Immacolata, S. Luigi, S. Giuseppe. La pratica ha anche dimostrato che le Compagnie dànno il voluto maggior rendimento quando, oltre ad essere convenientemente organizzate, sono attentamente seguite nello svolgimento della loro attività .
È necessario che ogni anno il Catechista in pieno accordo col Direttore determini il programma da svolgersi in ogni singola Compagnia. Esse in generale hanno un duplice scopo .
Il primo è quello di far sì che i soci si propongano con l´esempio, la ,parola, il lavoro efficace, di cooperare alla unione dei cuori nella carità e alla corrispondenza alle cure dei Superiori, mediante l´ubbidienza e la perfetta osservanza in armonia con gl´insegnamenti del Mistero e gli esempi del Santo titolare delle singole Compagnie. Il secondo scopo, che è quello di allenare i soci all´apostolato, può raggiungersi fissando e trattando a fondo ogni anno un determinato tema suggerito dai Superiori, oppure svolgendo particolari attività giudicate opportune dal Direttore, o infine riconsiderando con opportune riflessioni il lavoro compiuto durante il tirocinio pratico. Si eviti però di convertire le Compagnie religiose in circoli di cultura letteraria o scientifica, snaturandone così la fisionomia religiosa .
Il Catechista deve vigilare perchè le riunioni delle Compagnie si svolgano tempestivamente, con serietà, ordine, e con decisa impronta di praticità e di immediate profittevoli applicazioni, affinchè possano sortire i desiderati effetti. Soprattutto nel periodo delle vacanze il lavoro delle Compagnie potrà dare magnifici risultati, quando la preparazione sia accurata .
Altro punto a cui vuole essere rivolta la cura del Catechista è la Liturgia, cui va naturalmente congiunto lo studio delle sacre cerimonie. La Liturgia negli Studentati ha una, funzione sacerdotale di primo piano: non si tema perciò di dedicarle il tempo necessario. L´insegnamento e la pratica di tale materia siano profondamente pervase di spirito di fede: solo allora le cerimonie verrano desiderate, amate, apprese con diligenza e praticate con fervore di devozione. La Liturgia è tutta, direttamente o indirettamente, rivolta a Dio e ogni sua manifestazione ci avvicina a Lui per dimostrargli i nostri sentimenti e omaggi di amore, di penitenza, di offerta, di supplica .
Noi sappiamo quanto stesse a cuore al nostro Padre il decoro delle funzioni sacre e quale edificazione egli esercitasse in coloro che lo vedevano all´altare specialmente durante la celebrazione della Santa Messa. Egli avrebbe voluto che ciascuno dei suoi figli, sempre e dovunque, avesse dato ai fedeli esempio di fede e di pietà cristiana in tutto ciò che ha attinenza con il culto della nostra santa religione. Ora, specialmente negli Studentati devono radicarsi nei cuori degli alunni questi sentimenti tanto inculcati dalla Chiesa e particolarmente cari al cuore del nostro Padre .
La parte però che dovrà essere oggetto delle maggiori sollecitudini da parte del Catechista è quella che concerne la Catechesi. Chi è a contatto con il mondo riscontra ogni dì più, sia nelle masse operaie che nella cosiddetta borghesia e nelle stesse classi chiamate intellettuali, una ignoranza religiosa così supina da rimanerne profondamente addolorati e turbati. Quale infatti potrà essere la sorte di una società che praticamente ignora Dio e la sua Legge? È forse questo il momento più acconcio per ricordare che Don Bosco fu particolarmente suscitato da Dio per l´istruzione e la formazione religiosa e morale della gioventù e del popolo, e che tale è oggi ancora — e dovrà essere perennemente la missione dei suoi figli. E in. quale ambiente potrà e dovrà meglio compiersi questo lavoro di seria preparazione a un apostolato così importante che nelle Case di formazione dei ministri di Dio? Che se a tutti, Superiori e Professori, è affidato questo cómpito, è evidente che il dovere di attuarlo è più che ad ogni altro imposto al Catechista. Non mancherà evidentemente in nessuno Studentato Filosofico e Teologico chi di proposito e per ufficio, sia nella scuola di Pedagogia che in quella di Pastorale, dia norme didattiche riguardanti l´istruzione e formazione religiosa, ma toccherà al Catechista, in pieno accordo col Direttore e con il Professore di Catechetica promuovere e favorire esercitazioni pratiche, l´aggiornamento dei, sussidi didattici, la celebrazione solenne e pratica della Giornata Catechistica con apposito Congressino illustrato ove sia possibile dalla Mostra didattica. È da augurarsi che tutti cooperino con lui a irrobustire negli alunni la persuasione che gli studi sacerdotali in ultima analisi hanno come scopo fondamentale e precipuo l´insegnamento e la diffusione della fede attraverso l´apostolato catechistico per tutte le età, a bene e salvezza delle anime .
8. - IL CONSIGLIERE SCOLASTICO Anche la scelta del Consigliere Scolastico per gli Studentati Filosofici e Teologici dev´essere oggetto di particolare attenzione .
L´indole elevata degli studi, la delicatezza di certe discipline, la serietà ch´esse richiedono sia da parte di chi le insegna sia da parte di chi deve dedicarvisi, esigono che il Consigliere Scolastico sia ben fornito delle doti richieste all´uopo. Oltre ad eventuali titoli accademici e ad una preparazione dottrinale che lo renda veramente, commendevole, egli deve eccellere per virtù, scienza, abilità disciplinare e formativa, e praticità di organizzazione scolastica .
La stessa intimità e intrinsichezza — che abbiamo indicato dover esistere e mantenersi sempre, sia tra il Direttore e il Prefetto suo vicario, sia tra il Direttore che continua e perfe-ziona l´opera del Noviziato riguardo ai chierici e il Catechista che lo coadiuva quasi in qualità di Socio — deve pure esistere tra il Direttore e il Consigliere Scolastico onde coordinare e condurre a compimento nel modo migliore la formazione scien-, tifica degli alunni. Appunto perchè il campo di lavoro affidato al Consigliere è tanto vasto e complesso, si richiede da lui un più deciso impegno nel mantenere ad ogni costo l´intesa piena, cordiale, veramente filiale con il Direttore .
Senza entrare di proposito a trattare di tutto ciò che si riferisce agli studi — argomento questo, come già si disse, riservato all´opuscolo « Programmi e Norme per gli Studentati Filosofici e Teologici della Società di S. Francesco di Sales » ci limiteremo ad alcune considerazioni di indole generale .
Secondo i Regolamenti (art. 191-192) il Consigliere Scolastico è incaricato dell´andamento degli studi e delle scuole, compresa quella di canto, e della disciplina ecclesiastica, fermo restando il disposto dell´art. 116 delle Costituzioni e 183 dei Regolamenti, circa l´alta sorveglianza disciplinare del Prefetto. È suo primo dovere pertanto conoscere a fondo le leggi generali della Chiesa, i Documenti Pontifici riguardanti gli studi, ed anche le leggi ecclesiastiche e civili, come pure le disposizioni dei Regolamenti, — anche di quelli tuttora ad experimentum — nonchè dei nostri « Programmi e Norme » .
Spetta a lui la buona tenuta dell´archivio scolastico e l´aggiornamento dei relativi registri scolastici, dei documenti, moduli per l´iscrizione degli alunni ai rispettivi corsi, certificati di studio od altro. È suo dovere far sì che i « Programmi e Norme » vengano fedelmente attuati .
Sarà a disposizione del Direttore per fare tempestivamente le pratiche con gl´Ispettori interessati onde avere a tempo i documenti dei nuovi alunni e accertarsi ch´essi si trovino nelle condizioni volute. Detti documenti rimarranno nell´archivio dello Stuclentato. Inoltre avrà cura che siano provveduti per tempo i libri, i registri e gli oggetti scolastici necessari .
D´intesa con i Professori e con l´approvazione del Direttore, determinerà, la data di speciali manifestazioni scientifiche da svolgersi durante l´anno, fissandone il giorno nel Kalendarium: allo stesso modo dovranno stabilirsi l´epoca e le modalità delle accademie e dei teatrini. Negli Studentati Filosofici e Teologici è preferibile organizzare accademie accuratamente preparate, anzichè rappresentazioni teatrali. Il cinematografo sia escluso, salvo rarissime e veramente straordinarie eccezioni .
I] Consigliere Scolastico è anche responsabile della Biblioteca. All´inizio dell´anno tratterà con i Professori circa gli acquisti di libri per la Biblioteca da farsi per mezzo del Prefetto in base alla somma, messa a disposizione dal Direttore, al quale spetta approvare detta lista. Negli acquisti si tenga conto, delle necessità più urgenti nelle singole materie e di qualche eventuale bisogno od opportunità .
Il Consigliere avrà pure cura di far affiggere al tabulario o albo tutto ciò che può interessare gli alunni rispetto alle cose scolastiche, salesiane, religiose e civili procedendo sempre in pieno accordo col Direttore .
Il Consigliere Scolastico s´interessi di quanto riguarda i giuochi, affinchè le ricreazioni possano riuscire salesianamente animate e fraternamente gioconde .
Ogni mese cambierà i posti in refettorio, informandone previamente il Direttore: a lui pure compete regolare ciò che riguarda le passeggiate ordinarie; di quelle straordinarie si tratterà in Capitolo .
Spetta infine al Consigliere disporre a tempo, d´intesa col Direttore, tutto ciò ch´è richiesto per gli esami semestrali e finali: l´invito agli esaminatori estranei verrà fatto dal Direttore .
Il Consigliere Scolastico sarà coadiuvato nella vigilanza disciplinare da appositi Assistenti, che devono spiccare per osservanza, prudenza, deferenza verso Superiori e Professori. Essi, da veri fratelli maggiori, precederanno i loro assistiti nella esemplare osservanza e daranno pure, se qualcuno ne abbisognasse, l´aiuto speciale di un privato e fraterno richiamo o consiglio .
9. - I PROFESSORI
In conformità a quanto stabilisce il can. 1360 pei Seminari, i Professori devono eccellere, oltre che nella dottrina, anche nella virtù e nella prudenza, così da recare giovamento agli alunni colla parola e coll´esempio .
Nei Regolamenti e nei « Programmi e Norme » è determinato tutto ciò che riguarda il tempo e le modalità degli studi .
Qui ci limitiamo a presentare alcune raccomandazioni di indole generale .
Nella scelta dei Professori si tenga conto, non solo dell´ortodossia della dottrina, ma che, giusta l´art. 166 delle Costituzioni, « il nostro maestro è S. Tommaso, con quegli altri autori che siano stimati comunemente più celebri nell´istruzione catechistica e nella spiegazione della dottrina cattolica ». Il can. 1366 pei Seminari stabilisce appunto che, a parità di merito, si preferiscano i larireati nelle singole discipline filosofiche, teologiche e giuridiche, e che, in filosofia e teologia, i Professori impartiscano l´insegnamento ai loro alunni in tutto secondo il metodo, la dottrina e i principi di S. Tommaso. È da sperare che quanto prima tutti i Professori dei nostri Studentati siano dotati dei diplomi universitari delle loro materie: frattanto si scelgano insegnanti di riconosciuta competenza e particolare abilità nell´insegnamento delle discipline loro affidate. In ogni caso poi si tengano in gran conto le doti didattiche .
Il can. 589 § 2 esige che i Professori e gli alunni, nel tempo degli studi, siano lasciati liberi da altre incombenze che li distolgano sia dalla scuola, sia dallo studio e dalla necessaria preparazione. Questa disposizione merita grande considerazione da parte degli studenti che si, preparano al sacerdozio. Il già citato can. 589 § 2, per mettere in rilievo quale peso dia la Chiesa all´apprendimento della scienza ecclesiastica, attribuisce al Superiore Generale e in casi speciali anche agli altri Superiori a ciò deputati la facoltà di dispensare da certi atti di comunità e persino dal coro, qualora ciò fosse ritenuto necessario per compiere dovutamente gli studi. Naturalmente è questo un terreno assai sdrucciolevole e dovranno usarsi le maggiori garanzie di prudenza onde evitare che la formazione religiosa e sacerdotale sia comechessia sacrificata a quella intellettuale. L´atteggiamento del Codice però sta a dimostrare che la Chiesa vuole salvaguardati anche gli studi, i quali non devono essere sacrificati a bisogni di ministero, che da taluni potrebbero anche essere soverchiamente moltiplicati a danno degli studi. D´altronde l´art. 169 delle, Costituzioni è tassativo e merita tutta la nostra attenzione. Infatti la nostra Congregazione vuole che, « finché i soci attendono agli studi, si eviti accuratamente di imporre loro uffici che li distolgano dai medesimi, o in qualunque modo li impediscano dal frequentare la scuola » .
S. Ambrogio a questo proposito ha una espressione che deve farci riflettere: « Non si pensi — egli dice — che siano da considerarsi oziosi coloro che si consacrano allo studio e all´insegnamento; e neppure si deve pensare che meritino maggior stima coloro che si consacrano all´apostolato, di coloro che si dànno alla investigazione della verità. Può darsi intero che noi stessi più di una volta abbiamo udito ripetere: — Orsù vedete quali magnifiche opere compie quel tale! — come se colui che studia e insegna non facesse nulla. Io penso invece — continua il Santo — che sia opera ben più importante conoscere e aiutare a far conoscere il Verbo e il Regno di Dio che non predicarlo, e per questo sono d´avviso che lo zelo apostolico e sacerdotale si eserciti meglio nel formare i ministri futuri della Chiesa anzichè sacrificandosi nel ministero in favore dei fedeli » (3) .
Non sarà mai sufficientemente raccomandata ai Professori la diligente preparazione prossima alle lezioni per evitare divagazioni e perdite di tempo : e si rifletta che gli alunni sono i primi ad avvertire la mancata preparazione dei Professori, il che può anche dar luogo a commenti che non servono di certo a rafforzare la stima dell´insegnante. Va tributata una lode speciale a quei professori che non si recano alla scuola senza prima aver fatto una accurata stesura delle proprie lezioni .
I Professori di Filosofia e di Teologia si attengano strettamente alla spiegazione del testo, oppure delle dispense preventivamente approvate dal Consigliere Scolastico Generale, che servono a supplire il testo, non essendo ammessi testo e dispense a un tempo, ma o l´uno o le altre. Così pure si eviti di criticare e svalutare il testo .
Sia cura dei Professori dividere preventivamente la materia in armonia con le, ore di scuola in modo da poterla tutta svolgere durante l´anno scolastico: nè si permettano di dare uno sviluppo eccessivo alla propria materia in modo da sovraccaricare gli alunni a danno delle altre discipline. Per moderare lo zelo eccessivo sia raccomandata e ricordata ai Professori quella giusta misura nello svolgimento della propria materia, senza di cui verrebbe turbato l´andamento generale degli studi e la serenità degli alunni. È commendevole l´aspirazione degli insegnanti di voler arricchire quanto più possibile l´intelligenza dei propri allievi; ma ogni insegnante non deve dimenticare mai che vi è anzitutto una gerarchia nelle materie, che il tempo è limitato, e che lo scopo dello Studentato non è quello di fare degli specialisti nelle singole discipline. Ognuno pertanto sappia contenersi nei limiti stabiliti, svolgendo il proprio programma in conformità alle disposizioni date, anche per non creare situazioni scabrose con poca edificazione degli alunni .
I Professori devono seguire gli alunni tutti senz´eccezione e rendersi conto che abbiano capito. A tal fine siano chiari, precisi, brevi nelle spiegazioni, evitando divagazioni e curiosità ingombranti. Invece di eccedere nel parlare, interroghino frequentemente e facciano parlare gli alunni, esigendo risposte concrete, logiche, ben concepite .
Preferibilmente ogni giorno, ma almeno qualche volta alla settimana, si chieda agli alunni di ripetere la lezione per accertarsi che siansi impossessati della materia e sappiano esporla convenientemente. È necessario che, ogni mese, tutti gli allievi siano interrogati possibilmente più volte, acciocchè si persuadano che si dà grande importanza a questa pratica: anzi si notifichi loro che poi nel determinare i voti semestrali e finali i Professori tengono conto anche dei voti riportati nella scuola. È encomiabile la pratica di non pochi nostri professori ohe, anche durante la lezione, dopo aver spiegato qualche punto importante, interrogano gli alunni per accertarsi che abbiano capito .
Ogni insegnante abbia presente che, negli Studentati specialmente, la scuola deve riuscire formativa e perciò sia fatta in modo che gli Alunni ne ritraggano, oltre al profitto dottrinale, anche esempio da seguire quando poi dovranno alla loro volta impartire l´insegnamento. Il Professore sia diligente nel trovarsi all´ora stabilita: nella scuola esiga silenzio, compostezza e disciplina .
Il chierico apprezzi il grande benefizio che nello Studentato Filosofico e Teologico gli si offre di una soda formazione spirituale, scientifica, didattica. Sappia perciò approfittarne sfruttando santamente tutti i mezzi che sono messi a sua disposizione e ricevendo con spirito di umiltà e con animo riconoscente gli avvisi che gli possono venir fatti; sia dagli Assistenti e dai Professori, sia dal Consigliere, dal Catechista, dal Prefetto, ed eventualmente dal Direttore o dall´Ispettore. Ognuno si renda conto del gravissimo dispiacere che proverebbero i Superiori quando, dopo aver visto l´inutilità delle loro ammonizioni, si vedessero nella dura necessità di dimettere qualche alunno dallo Studentato .
I Professori non dimentichino mai che è loro affidata l´alta missione di formare sacerdoti, religiosi, educatori. Si propongano perciò di vivificare in ogni tempo il loro insegnamento di spirito religioso e sacerdotale, approfittando di tutte le occasioni, — e molte ne offre l´esposizione delle discipline ecclesiastiche — per rafforzare la vita di perfezione, per illustrare in modo pratico, i principi e le parti dottrinali che più efficacemente contribuiscono alla formazione sacerdotale, e per suggerire pratiche applicazioni didattiche che giovino ai nostri assistenti e maestri nel loro futuro apostolato di edueatori. Questa loro alta missione gl´insegnanti potranno continuarla con frutto anche in altre circostanze e particolarmente durante le ricreazioni passate in mezzo agli alunni, conforme alle nostre tradizioni .
Infine i Professori mettano speciale impegno nell´evitare il prurito o la vanità di voler apparire eruditi, con sciupio di tempo e nocumento alla chiarezza, come pure giudizi e critiche circa i colleghi, i loro metodi, le loro opinioni, i loro sistemi: tutto ciò menoma la stima, semina e fomenta scissioni e a volte provoca anche vero scandalo nella comunità con grave danno dell´unione e della formazione .
10. - GLI ALUNNI
Le condizioni d´animo in cui i nostri alunni o chierici vanno agli Stridentati sono tra le migliori. I novizi che si recano allo Studentato Filosofico vi portano tutto il fervore di un anno trascorso nella ritiratezza e nella riforma di se stessi, in uno sforzo costante per conoscere, approfondire e vivere la vita di perfezione. Essi, compiuta la loro seconda prova, affrontano Con entusiasmo la terza, desiderosi di trascorrere gli anni della prima professione triennale in un ambiente formativo che, da una parte offre loro modo di progredire nella via della perfezione religiosa, mentre dall´altra fornisce loro i mezzi più acconci per iniziare gli studi sacerdotali e arricchirsi in più di quella scienza pedagogica e didattica di cui dovranno valersi più tardi per compiere con frutto la loro missione di educatori. Ben possiamo dire perciò ´che l´animo del nuovo professo è in condizioni veramente ideali per ricavare dallo Studentato frutti copiosi .
Anche i chierici teologi portano con sè nello Studentato la gioia di aver compiuto il tirocinio pratico nelle Case e di veder esaudita dai Superiori la loro aspirazione di riprendere gli studi regolari, che li condurranno alla tanto desiderata meta del Sacerdozio. Già pregustano l´avvicinarsi degli Ordini Sacri, lieti di poterli poi ricevere non soltanto con una soda preparazione intellettuale e spirituale, ma anche dopo aver raccolto le primizie del loro apostolato nelle Case .
È vero che qualche nube potrebbe offuscare questo roseo orizzonte .
Il passaggio dalla vita del Noviziato a quella di applicazione assidua agli studi, siano pure ecclesiastici, può turbare qualche nuovo professo quasi che ne abbia a soffrire quel lavorio della propria perfezione che formava prima lo scopo principale delle sue attività .
Altrettanto dicasi di qualche nuovo studente di teologia che, essendosi abituato, nei tre anni passati nelle Case, a sentirsi e ad essere effettivamente considerato superiore, ora, messo piede nello Studentato, si ritrova alunno è soggetto a una disciplina alla quale non era più avvezzo .
Nessuno perciò deve stupirsi se, in un primo tempo, qualche alunno viene a provare come un senso di disagio nel nuovo ambiente dello Studentato, sia Filosofico che Teologico .
questo il motivo per cui il Direttore, i Superiori e i Professori degli Studentati Teologici devono sforzarsi di circondare di sollecitudini veramente materne i nuovi arrivati, avendo per essi, specialmente nei primi tempi, grande comprensione e compatimento attraverso un´azione paternamente persuasiva e longanime. È da augurarsi che la loro carità, aiutata dalla divina Grazia, infonda in tutti i novelli ospiti fervore e slancio, persuadendoli che, nello Studentato, si offre loro l´inestimabile beneficio di godere dei vantaggi di una seria formazione religiosa, sacerdotale e salesiana .
Abbiamo detto tutti, perchè effettivamente, secondo lo spirito della Chiesa, nessun chierico deve restarne privo. I Superiori non sono autorizzati a permettere che i loro chierici compiano tutti o parte dei loro studi privatamente, anche se aiutati da qualche. Professore .
Qualora per motivi eccezionali un chierico non potesse recarsi allo Studentato della propria Ispettoria, è stabilito, giusta lo spirito del can. 587 § 3, che lo si mandi o a uno Studentato interispettoriale o anche a un Seminario o a un Ateneo che sia stato eretto dalla competente Autorità Ecclesiastica a norma della Costituzione Deus seientiaram Dominus del 24 maggio 1931. Si avverta però che per inviare chierici salesiani ad Atenei Cattolici o a Seminari è sempre richiesto il permesso del Rettor Maggiore .
È questo forse il momento più opportuno per ricordare agl´Ispettori che, allo scopo di dimostrare praticamente il tradizionale nostro attaccamento alla S. Sede e al Sommo Pontefice così insistentemente raccomandatoci dal nostro Fondatore e Padre, è cosa assai encomiabile che ogni Ispettoria abbia sempre almeno un chierico o un sacerdote a Roma per frequentare la facoltà di Teologia o Filosofia o Sacra Scrittura o Diritto Canonico o Storia Ecclesiastica o Missionologia in qualche. Università Pontificia, oppure l´Istituto Biblico .
Inoltre, dopo l´erezione del Pontificio Ateneo Salesiano— sorto per preparare gl´insegnanti dei nostri Studentati Filosofici e Teologici, nonchè dei Seminari che la S. Sede ha dimostrato di voler man mano affidarci in sempre maggior misura, come pure per moltiplicare soggetti ben fondati in Teologia e in Diritto che possano coadiuvare i nostri Vescovi, Capi-missione e gli stessi Ispettori nelle loro delicate mansioni — è necessario che ogni Ispettoria abbia sempre almeno due e possibilmente quattro studenti al nostro Pontificio Ateneo, che può conferire i gradi accademici in Teologia, Diritto Canonico, Filosofia e Pedagogia .
Quando poi siano stati scelti i candidati, procurino gl´Ispettori di mandare in tempo opportuno sia a Roma che a Torino, i nomi e i documenti degli alunni, in conformità alle indicazioni e ai moduli ricevuti. Naturalmente ciò deve farsi anche per tutti gli altri nostri Studentati .
Gli alunni alla loro volta — e in ciò è anche impegnata la diligenza dei Direttori — facciano ogni sforzo per trovarsi nelle sedi loro indicate il giorno stabilito, studiandosi di conformarsi fin dai primi giorni con esemplare diligenza alle disposizioni regolamentari. Ogni ritardo, mentre è causa di inconvenienti disciplinari, è pure di danno agli stessi alunni .
I Direttori degli Studentati alla loro volta non tralascino d´informare gl´Ispettori sull´andamento dei chierici inviando loro ogni trimestre speciali informazioni d´ogni alunno con quelle note chiarificatrici che meglio possono contribuire a farne conoscere il carattere e lo spirito. Gl´Ispettori poi si facciano premura, quando se ne offra loro la possibilità, di recare a quei loro figliuoli il conforto di qualche visita e l´aiuto di opportuni consigli e incoraggiamenti. Infine si ricorda agli Ispettori che non è loro lecito ritirare nessun alunno dallo Studentato prima del termine degli studi senza una autorizzazione scritta del. Rettor Maggiore pel tramite del Consigliere Scolastico Generale .
Durante il periodo delle vacanze i chierici degli Studentati svolgeranno uno speciale programma in conformità a quanto stabilisce l´art. 314 dei Regolamenti .
11. - FORMAZIONE RELIGIOSA
Gli Studentati Filosofici e Teologici, come pure le Case di Aspiranti, nelle Religioni generalmente ed anche presso di noi, sono chiamate Case di Formazione, perchè il loro scopo è essenzialmente quello di formare i novelli sacerdoti. Nella nostra Società però dette Case non hanno solo, come nei Seminari, lo scopo di contribuire alla formazione dei ministri di Dio, ma inoltre quello di formare dei religiosi esemplari e al tempo stesso degli abili educatori salesiani .
Questi fini specifici debbono costantemente tenere presenti il Direttore, i Superiori e gl´Insegnanti dei nostri Studentati .
La formazione religiosa è evidentemente continuazione di quella iniziata nel Noviziato, la quale — non sarà mai ripetuto raccomandato abbastanza — dev´essere tutta e sempre appoggiata sulla formazione cristiana, già diligentemente curata fin. dalla prima prova dell´Aspirantato. Agire in modo diverso sarebbe come voler trascurare le fondamenta dell´edificio con grave danno della sua solidità. È questo un male che lamentava fin dai suoi tempi S. Francesco di Sales, il quale indicava pure che, nella vita spirituale, tale deficienza può condurre a conseguenze fatali. Prima dei consigli vi sono i precetti evangelici, e su questi poggiano quelli. Purtroppo non mancano certe nature leggere bizzarre che, appena abbracciata la vita di perfezione, vorrebbero spiccare in un subito il volo senza avere prima messo le piume e irrobustito le ali. La perdita di certe vocazioni, persino poco tempo dopo aver emesso la Professione temporanea o perpetua, può dipendere in gran parte da questo errore fondamentale di non aver tenuto nel dovuto conto la base insostituibile della vita sodamente cristiana .
Non sarà inutile ricordare anzitutto che ogni edificio spirituale e così pure ogni apostolato devono poggiare sulla diffidenza nelle proprie forze e sulla fiducia in Dio: di qui ]a necessità d´insistere sempre e di insistere molto sia sull´umiltà, — che nulla pretende di far da sè prescindendo dal Signore e dai suoi rappresentanti, — sia sulla preghiera, che in ogni tempo ricorre fiduciosa a Colui, il quale solo è che produce in noi e il volere l´agire con buona volontà, e fa crescere e maturare i frutti del nostro apostolato .
La vita cristiana, poi, è fatta di un mirabile intreccio di tutte le virtù: teologali, cardinali, morali. Purtroppo non sempre si dà la dovuta importanza alle virtù teologali. Eppure senza la fede è impossibile piacere a Dio, senza la speranza si perde di vista, la vera finalità della vita, senza carità non è neppure . concepibile la vita cristiana, nè senza vero amor di Dio — sul quale punto non s´insisterà mai a sufficienza — l´uomo potrà mai disporre, specialmente nell´ora della prova, di quella forza quasi onnipotente che gli deriva dall´unione con Dio. È inutile, anzi può essere persino pericoloso che la nave abbia forte alberatura e vele robuste se, rifugiatasi nel porto per mettersi al riparo dall´infuriare della tempesta, le venissero a mancare o fossero meno robuste le ancore che devono salvarla dalla furia dei venti. Un religioso, che disgraziatamente avesse trascurato i doveri della vita di perfezione, forse potrà a volte salvarsi ancora dal naufragio, se almeno avrà saputo rimanere saldamente ancorato ai principi e ai doveri della vita cristiana, basata sulle virtù teologali .
Troppo poco poi si parla di prudenza, di giustizia, di fortezza ed anche di temperanza nel senso fondamentale di questa virtù. La prudenza da taluni è considerata quasi una virtù aristocratica e di gala, da praticarsi solo da coloro che sono al timone negli alti posti di comando. A volte poi si ha persino timore di parlare di giustizia, per tema che- se ne adontino gli ascoltatori. La fortezza v´è chi la valuta come virtù da tirar fuori dal forziere in casi estremi, quando scocchi l´ora delle persecuzioni e scorra il sangue dei martiri. Non è bene poi restringere la temperanza ai punti — pur così importanti concernenti l´alimento e la bevanda: bisogna infatti ricordare, e all´uopo mettere in rilievo, che S. Tommaso dice espressamente ch´essa è specificamente destinata a raffrenare l´uomo da quelle concupiscenze e da quei difetti del senso che maggiormente attirano e lusingano l´umana natura .
Bastano questi fuggevoli cenni per capire quali deficienze e dolorose ripercussioni potrebbe avere una formazione religiosa che praticamente prescindesse da una seria formazione cristiana intesa nel senso or ora indicato .
Anzi nella stessa valutazione e diuturna applicazione delle virtù mondi è indispensabile tener conto della loro funzione importantissima nella formazione cristiana prima ancora che in quella religiosa .
Sarà bene pertanto, nelle conferenze, nelle istruzioni morali e catechistiche, nei sermoncini della sera, nei rendiconti, nelle confessioni, tenere in gran conto questa regola fondamentale di formazione .
Naturalmente nella vita religiosa le virtù cristiane,, sotto lo stimolo del dovere di tendere alla perfezione da cui è legato il religioso, risplenderanno man mano di una luce più pura, perchè praticate con quella maggiore diligenza, propria di chi ha abbracciato una regola di vita più eccelsa seguendo da vicino il Divino Modello .
Ma oltre alle cose dette, concernenti direttamente la perfezione cristiana, la formazione religiosa ha speciali esigenze sia da parte di coloro che hanno il dovere di cooperare alla propria formazione, sia da parte di chi ha l´alta missione di formare .
Il religioso — e conviene ricordarlo frequentemente — ha l´obbligo di tendere alla perfezione della carità, regina delle virtù, che tutte in certo modo le rappresenta ed assomma . Ora che altro esige quest´obbligo se non di coltivare, con diligenza più solerte, tutte le virtù che, mentre fanno corteo alla carità, la rendono più forte, ardente, leggiadra? Non si trascuri neppure il decoro esteriore della perfezione, con quelle che si possono chiamare virtù semplicemente umane, quali « l´osservanza delle norme igieniche, la mondezza della persona e delle vesti, la dignità del portamento, la cortesia dei modi, e anche una certa piacevolezza nel conversare, non disgiunta da modestia e gravità » (Reg´ olam., art. 316; can. 1396, § 2). Anche le Costituzioni all´articolo secondo ammoniscono di attendere, oltre all´acquisto delle virtù interne, anche a perfezionare se stessi nella pratica delle virtù esterne .
Dal campo precettivo delle virtù e della perfezione in generale sarà facile il passaggio a quello dei consigli evangelici, che il religioso si è proposto di praticare mediante l´emissione dei santi Voti .
Il Direttore pertanto, e con lui gli altri Superiori, devono sforzarsi del continuo per mettere in evidenza la sovrana efficacia dei Voti nel lavoro che si compie pel raggiungimento della perfezione. Troppe volte non è presentata nella dovuta luce la vera relazione di causa ed effetto che esiste tra la pratica dei Voti e la perfezione: forse si deve a questa trascuranza il rallentamento nella esatta osservanza di quelli e il logico ritardo nel raggiungimento di questa-. All´ammalato non giova dare rimedi chimicamente più perfetti e di maggior valore, bensì quelli atti ad allontanare e guarire i mali che lo affliggono: così al religioso non recheranno vantaggio neppure le elucubrazioni più raffinate di ascetica, che potrebbero anche essere meno opportune, ma all´incontro quei mezzi che di loro natura sono meglio indicati al raggiungimento della sua particolare formazione .
Perciò, anzichè pretendere di educare i chierici dei nostri Studentati con formule, dottrine, pratiche, le quali possono essere ottime per altre categorie di persone, ma che non sono . fatte per essi; seguiamo in cosa di tanta importanza, piuttosto che i sentieri nuovi, incerti e pericolosi, la via piana, tradizionale, ma asceticamente sicura e ortodossa della diligente osservanza dei santi Voti .
D´altronde l´esperienza è lì ad assicurarci che, per distaccare il cuore del religioso dalle cose mondane, dai beni terreni, dai pericoli delle agiatezze e ricercatezze, nulla tanto giova quanto il voto e la virtù della povertà che forniscono le armi più efficaci alla mortificazione. Così pure sono il voto- e la virtù della castità che effettivamente castigano il corpo, frenano la fantasia, si oppongono agli attacchi della concupiscenza e ci suggeriscono quegli speciali accorgimenti che servono a sventare le lusinghe e le insidie della carne e dei sensi. Infine 1149D v´è mezzo più potente del voto e della virtù dell´obbedienza per domare la nostra volontà e conformarla man mano alla volontà di Dio. È_ questo il punto più importante dell´ascetica religiosa, ed è indispensabile che da tutti se ne misuri e capisca la capitale portata. Dobbiamo essere tutti intimamente persuasi che i vantaggi, la giocondità, la bellezza, la fecondità, i meriti della vita religiosa sono in ragione diretta della pratica .
dell´obbedienza. Insomma è canone indiscusso che la perfezione religiosa attinge la sua forza, s´irrobustisce e si eleva sempre più in alto, quanto più abbondantemente il religioso sa attingere alle pure sorgenti dei santi Voti .
Se coloro che hanno il dovere di formare i futuri sacerdoti, i religiosi, gli educatori della nostra Società, saranno intima‑ mente persuasi della efficacia di questi principi fondamentali, possiamo essere certi che essi verranno sempre più diligentemente e con immenso vantaggio spirituale studiati e approfonditi, più intensamente amati e più accuratamente praticati nei. nostri Studentati. Presso di noi anche il sacerdote in certo modo s´innesta sul religioso: perciò quanto più questi sarà osservante, tanto più quello sarà perfetto; ma non si dimentichi che l´osservanza s´impernia specialmente sulle Regole e sui Regolamenti, che hanno appunto il fine precipuo di fissare in qual modo si debbono osservare i santi Voti. Se sventuratamente fosse incrinata o abbattuta la barriera dei Voti, l´edificio della perfezione andrebbe in rovina .
Negli anni fortunati in cui i nostri chierici godono dell´inestimabile beneficio di prepararsi al ministero sacerdotale e all´apostolato salesiano, devono addestrarsi talmente all´osservanza dei Voti da farsene quasi una seconda natura; a ciò deve pure cooperare il lavoro e lo sforzo mai interrotto dei Superiori .
A tal fine si dia grande importanza a tutto ciò che riguarda la vita comune e le piccole cose. D´altronde niente è piccolo quando si tratta della vita di perfezione. Guai se nelle grandi comunità degli Studentati il fervore si allentasse, e la disciplina venisse sfilacciata dalle cosiddette piccole. infrazioni. Tutta la Casa ne resterebbe rilassata e la formazione dei chierici snaturata. E il peggio si è che essi potrebbero anche persuadersi che debba essere proprio quella la vita a cui aspirare, e così, anzichè rinnovellato vigore, essi porterebbero poi alle Case un cumulo di negligenze e imperfezioni tali da comprometterne e funestarne la compagine. È impossibile misurare le tremende conseguenze di un simile disordine, che graverebbe terribilmente sulla coscienza di coloro che avevano il dovere di conservare allo Studentato la sua caratteristica di Casa di formazione, che è quanto dire di, ambiente che di sua natura contribuisce al conseguimento della perfezione. Questo è pure il motivo per cui la Chiesa vuole che i religiosi studenti siano affidati a un Prefetto o Maestro Spirituale, il quale abbia una cura speciale nell´informare l´animo degli alunni alla vita religiosa con opportuni ammonimenti, istruzioni ed esortazioni, ed abbia perciò le qualità che si esigono pel Maestro dei Novizi (can. 588) .
Questo compito di ammonire, istruire ed esortare, presso di noi spetta al Direttore della Casa, il quale, mediante le Conferenze, le Buone Notti, i Rendiconti, i pubblici e privati colloqui, indirizza l´animo dei Chierici a quella vita religiosa praticamente vissuta, che, mentre li fa degni della loro professione, li prepara tanto bene alla dignità sacerdotale. Cosicchè, compiendo già il Direttore della Casa le partì che il can. 588 affida a un Prefetto o Maestro Spirituale a beneficio dei religiosi studenti, il Direttore stesso dello Studentato deve considerarsi come il Prefetto o Maestro Spirituale dei nostri chierici .
Toccherà pertanto agli alunni il saperne approfittare, e in particolare agli studenti teologi che avessero riportato qualche scossa morale dal tirocinio pratico, o per gli inevitabili insuc‑ cessi dei tirocinanti nell´assistenza e nell´insegnamento, o per qualche correzione forse´ non ben compresa e perciò meno utilmente accolta, o per qualche parola, conversazione, atteggiamento poco formativo, o per successivi rallentamenti nella disciplina e affievolimento nel mantenere í propositi presi .
Tutti adunque gli studenti, ma in particolare coloro che abbisognassero di una mano amorosa che li sorregga o li indirizzi, si affidino con fiducia illimitata al cuore paterno del loro Direttore e si lascino plasmare dall´opera concorde dei loro Superiori e Professori. Sia insomma in ogni tempo così edificante e tenace il buon volere e lo zelo di Superiori e alunni dei nostri Studentati da far sì che i sacerdoti — al tempo stesso religiosi ed educatori — i quali man mano usciranno da quegli ambienti fortunati, portino ininterrottamente ai nostri Istituti un soffio sempre nuovo e irresistibilmente efficace di perfezione cristiana, religiosa, salesiana .
12. - FORMAZIONE SALESIANA
Abbiamo detto che il secondo scopo della formazione che s´imparte negli Studentati è quello di preparare alla Congregazione esperti educatori secondo lo spirito del nostro Padre. Per raggiungere questo obbiettivo è anzitutto necessario far conoscere a fondo agli allievi tutto ciò che riguarda il nostro Santo Fondatore. L´alunno dev´essere convinto che il miglior educatore Salesiano sarà quello che più fedelmente avrà saputo riprodurre in se stesso le virtù del nostro Padre, particolarmente l´illibatezza della vita, lo zelo ardente che gl´infiammava il cuore, l´umiltà profonda che, rendendo efficace la sua pietà, attirava sui sentieri del suo apostolato in misura del tutto straordinaria le benedizioni celesti.
Il Direttore abbia a sua disposizione gli scritti, le vite, e altre opere speciali riguardanti "il nostro Padre e procuri che, nel periodo formativo, gli alunni prendano conoscenza di tutto quel tesoro mediante le letture da farsi in refettorio, in dormitorio e altrove. È bene che negli studentati vi siano parecchie copie delle Memorie Biografiche, degli Annali e di altre opere del nostro D. Ceria, D. Caviglia e altri nostri Confratelli. Tutto ciò che possa rischiarare di luce sempre più fulgida la vita, lo spirito, il sistema educativo del nostro Fondatore è bene sia messo a profitto della formazione dei nostri alunni.
Educatore, per noi, vuol dire sostanzialmente assistente e maestro, poichè in queste due mansioni si assommano praticamente tutti i doveri dell´educatore salesiano.
Fu ripetuto che l´educazione è soprattutto opera di imitazione: si raccomandi perciò a coloro cui è affidata l´assistenza e la scuola negli Studentati di compiere questo loro dovere con tale impegno e accuratezza che gli alunni possano effettivamente specchiarsi nei loro esempi.
Ma, oltre alla formazione che si compie a mezzo dell´esempio e che è sempre la più efficace, nei nostri Studentati dev´essere anche impartito, con il sussidio dei migliori ritrovati scientifici, l´insegnamento diremmo programmatico della pedagogia e della didattica, allo scopo di preparare i futuri sacerdoti educatori al retto disimpegno delle, loro importanti mansioni. vero che, fin dal Noviziato, gli ascritti ricevono, sia pure in forma elementare, nozioni con indirizzo prevalentemente pratico di pedagogia salesiana; ma è specialmente. durante gli anni delle Studentato Filosofico che la pedagogia h la sua trattazione organica, completata da una lezione settimanale di didattica pratica concernente le varie materie d´insegnamento, specie il Catechismo (Regolam., art. 322-3).
Oltre a questa formazione pedagogica scolastica vi è poi ]a formazione propriamente salesiana. L´art. 312 dei Regolamenti stabilisce che il Direttore faccia ai chierici una conferenza settimanale, di indole religiosa, nella quale spiegherà altresì le Costituzioni, e le parti principali, e per loro più importanti, dei Regolamenti ».
Parecchi Direttori dei nostri Studentati hanno manifestato il desiderio di avere una traccia per svolgere organicamente le suindicate conferenze. Per compiacerli mettiamo in appendice due schemi: uno per gli Studentati Filosofici, l´altro per gli Studentati Teologici.
Si avverta che i Regolamenti (art. 158) stabiliscono che ogni Direttore tenga ogni mese due conferenze e l´art. 157 delle Costituzioni dice che la Conferenza che si fa per l´Esercizio di Buona Morte sia d´argomento morale. La tradizione poi vuole che, nelle Case, la seconda conferenza sia d´indole pratica per aiutare i Soci all´esercizio delle virtù religiose e all´esatto adempimento dei loro doveri.
Negli Studentati però rimangono altre due conferenze, ed è soprattutto per queste che vengono offerti, a titolo di esemplificazione, i due schemi messi in appendice. Per ciò che riguarda gli Studentati Teologici ricordiamo che, fin dai tempi dei compianti Don Rua e Don Albera, era il Prefetto Generale, allora Don Rinaldi di santa memoria, che si recava ogni mese allo Studentato Centrale a fare due conferenze ai chierici, le quali versavano sul nostro spirito, sul nostro sistema educativo, e particolarmente sulle opere nostre e sulle cariche affidate ai Soci nei nostri Istituti.
Trasportato lo Studentato Internazionale a Torino, furono gli stessi Superiori del Capitolo che, durante alcuni anni, si succedettero a fare le sullodate conferenze spiegando ogni Superiore in particolare le opere o mansioni a lui affidate. In seguito fu ancora Prefetto Generale che due volte al mese spiegava ai Chierici gli argomenti suindicati.
Il programma, tracciato in appendice, vuole comprendere questi tre punti: 10 Opere svolte dai Salesiani; 20 Cariche od uffici con cui dette opere vengono sviluppate; 30 Sistema usato nel loro sviluppo.
In tal modo, durante quattro anni, ai nostri chierici verrebbero spiegate in forma organica e con indirizzo pratico le opere, gli uffici o cariche e il sistema educativo della nostra Società. Con ciò resterebbe completato il lavoro di formazione salesiana nei nostri Studentati. L´esperienza dirà poi se i suddetti schemi dovranno essere diversamente orientati o completati.
C´è da augurarsi che i nostri chierici, illuminati dalla parola e dall´esempio del Direttore, dei Superiori e Professori, e sorretti dall´ambiente in tutto esemplare, si formino sodamente alla vita salesiana, riflettendo su quanto hanno già visto o sperimentato nelle Case; coltivando quel sentimento di santa amicizia verso la gioventù, che faceva scrivere a Don Bosco nel Giovane Provvedute: « Mi basta sapere che siete giovani perchè io vi ami assai »; dimostrando carità vera coi confratelli, anche di diverse ispettorie e nazioni, per mezzo pure del consiglio e dell´ammonizione fraterna; praticando con slancio -- per continuare poi durante tutta la vita — quelle che potremmo chiamare « le mortificazioni salesiane », in conformità alle Costituzioni e ai Regolamenti.
13. - FORMAZIONE SACERDOTALE
di così eccezionale importanza quest´argomento che a svolgerlo dovutamente non bastano di certo le limitate pagine di una Circolare. Ci è forza perciò limitarci a pochi punti, svolti, anch´essi, succintamente. D´altronde questo tema è stato ripetutamente e con profondità ed ampiezza trattato da valenti autori, ai quali rimandiamo i Direttori, Superiori e Professori dei nostri studentati; da quelle letture essi, ritrarranno un concetto sempre più chiaro e un più forte convincimento sia della missione veramente eccelsa loro affidata di formare ministri di Dio, sia della loro responsabilità nel promuoverli agli Ordini Sacri.
Per parte nostra ci proponiamo di supplire alla ristrettezza con cui ci è forza trattare questi punti dando ai medesimi il saldo appoggio dell´alta autorità della Chiesa e dei Sommi Pontefici, attingendo a tal fine abbondantemente ai loro documenti e in particolare alle Encicliche, Lettere Apostoliche e allocuzioni dei Papi più vicini a noi.
Ogni epoca ha bisogni speciali ed è necessario che il Clero perennemente si aggiorni e attrezzi sia per sovvenire a detti bisogni sia per confutare l´errore camuffato sotto forme nuove, e più ancora per risanare le piaghe della povera società sempre più dolorante.
Nessuno meglio del Papa è in grado di avere una giusta idea dei travagli della povera umanità, essendone Egli, giorno per giorno, informato a mezzo dei Nunzi, dei Delegati Apostolici, dei Vescovi, dei Missionari.
La parola del Papa pertanto e quella delle Sacre Congregazioni che sono gli organi dei quali Egli si serve per farla giungere al mondo intero, è senza dubbio non solo la più autorevole, ma anche quella che meglio rispecchia i bisogni della società e i rimedi di cui essa abbisogna.
Chi studia i documenti pontifici deve subito constatare che, tra gli argomenti di cui i Papi si sono occupati con più vive sollecitudini, vi à sempre quello del sacerdozio. Ciò che la Chiesa ha fatto, specialmente negli ultimi cent´anni, perchè la formazione dei futuri ministri di Dio riesca ogni dì più conforme alla sublimità del loro ministero, è veramente meraviglioso. Quando il programma dei Sommi Pontefici sia fedelmente attuato in ogni angolo della terra ove sono anime da salvare, possiamo essere certi che la formazione del clero sarà tale da fornire alla Chiesa quegli apostoli di cui abbisogna per fare del mondo un solo ovile sotto un solo Pastore..
Pio XI definì il Seminario « un vero cenacolo dove gli aspiranti al~ sacerdozio si racchiudono per alcuni anni allo scopo di essere trasformati in nuovi uomini, sotto l´azione dello Spirito Santo » (4). Leone XIII aveva già proclamato che ai Seminari è legata la sorte della Chiesa (5), essendo essi le palestre della mansueta milizia di Gesù Cristo (6). Ma, come affermò Pio IX, non si avranno idonei ministri della Chiesa, se non da chierici formati con maggiore accuratezza (7). Quale sarà l´alunno de] Seminario tale generalmente sarà pure il Sacerdote della Chiesa (8).
Esso poi dev´essere formato, quale lo richieggono la santità della sua vocazione e i bisogni del popolo cristiano (9). Per questo il già citato Pio IX ricordava ai Vescovi d´Irlanda che a ciò dovevano essere rivolte le loro cure e preoccupazioni con diligenza somma, a formare cioè solamente fin dai più teneri anni i giovani chierici ad ogni esercizio di pietà, alla virtù e allo spirito ecclesiastico (10). D´altronde è questo, secondo il S. Concilio di Trento (11), il fine dei Seminari: preparare i giovani leviti all´alta missione di Ministri di Cristo e dispensatori dei misteri di Dio (12); oggi poi questo fine è confermato dal Codice di Diritto Canonico.
È fuori di ogni dubbi) che le buone disposizioni dei giovani debbono trovare nel Seminario tutti i mezzi e gli aiuti che le secondino e le confortino al raggiungimento di questo stato di perfezione, che si chiama santità sacerdotale (13). Ed è pure evidente che, più che il numero, interessa la santa e perfetta formazione dei futuri ministri di Dio. Ed a questa conviene soprattutto e con ogni studio mirare, non accontentandosi dei miglioramenti sinora ottenuti, ma cercando, e di mantenerli e di accrescerli ognor più (14).
sapientissimi insegnamenti e le utilissime disposizioni della Chiesa concernenti i Seminari dobbiamo averli presenti anche noi quando trattiamo dei nostri Studentati Filosofici e Teologici.
Necessaria, sì, la formazione religiosa e salesiana: ma non meno indispensabile quella sacerdotale, com´è stabilito dai nostri Regolamenti (art. 309).
Fu già indicato che i Superiori responsabili devono vigilare perchè nessun indegno entri nei nostri Seminari. Fu questa, dice Pio XI, la preoccupazione costante della Chiesa: tener lontano dal sacerdozio gl´indegni e i non sufficientemente idonei; ma con non minore sollecitudine essa si adoprò per far sì che coloro che sono accetti a Dio e da Lui chiamati si preparino alla loro eccelsa missione in tal modo da effondere luce di esempio su tutti con la loro bontà, disciplina, scienza; e da svolgere poi un´attività proficua alla religione e alla civile società (15).
Vigilino pertanto gl´Ispettori e facciano che ciò si avveri, come già si augurava il Papa Innocenzo XI: che sia tale cioè l´insieme delle doti e delle virtù di coloro che sono ammessi allo studio della filosofia, da dare solida speranza che riusciranno strenui militi della vita ecclesiastica e della Chiesa Cattolica: e che coloro che dalla filosofia dovranno passare alla teologia rifulgano talmente per purità di vita e di costumi da non lasciare, umanamente parlando, dubbi circa la loro vocazione sacerdotale (16).
Ed ancora per raggiungere questo scopo Benedetto XIV raccomandava che i Seminaristi fossero visitati e diligentemente controllati, « perchè sappiamo per esperienza, egli scriveva ai. Nunzi Apostolici, che anche i migliori istituti, se non sono di frequente vigilati, decadono insensibilmente dalla primitiva disciplina » (17). Gli Ispettori abbiano presente questa norma e siano persuasi che le loro ´sollecitudini per gli Studentati Filosofici e Teologici non saranno mai eccessive.
La Chiesa, fin dai tempi più remoti, richiese sempre dagli ecclesiastici: santità, dottrina, zelo. Allo zelo infatti verrebbe a mancare ogni fondamento ove non fosse circonfuso di santità e arricchito di dottrina. Nelle nostre brevi considerazioni seguiremo noi pure questa autorevole traccia.
§ 1. - SANTITÀ.
Il Codice di Diritto Canonico, parlando degli obblighi degli ecclesiastici, dice che questi devono condurre una vita interiore ed esteriore più santa odi quella dei laici, i quali essi devono.
superare per virtù ed opere sante (can. 124). Poichè, se nel loro agire si manifestassero le passioni, con quale presunzione ardirebbero essi, medici delle anime, accostarsi a medicare il colpito, portando in faccia la piaga sanguinante! (18). Chi è poy,zione eletta del Signore, ed ha Iddio stesso come sua porzione, dev´essere e mostrarsi tale che tutti siano persuasi ch´egli possiede effettivamente. Iddio ed è da Lui intimamente posseduto (19).
Il sacerdote infatti fu chiamato ipse Christus, non certamente per il solo fatto di essere rivestito dei suoi poteri, ma anche per l´imitazione di quelle opere, per cui ritragga in se stesso l´immagine di Gesù Cristo (20).
A questo, in modo precipuo, vale a dire all´acquisto di questa santità, insiste Pio X, devono sforzarsi di giungere coloro che si preparano al sacerdozio (21).
La santità è la riproduzione integrale, quanto più possibile, di Gesù Cristo: ed è evidente che l´ornamento più bello del sacerdote è questa sua somiglianza al Divino Modello. Ecco un punto sul quale si deve insistere assai negli Studentati Filosofici e Teologici.
Importa poi grandemente, scriveva Leone XIII, che a formare negli alunni del santuario un´immagine viva di Gesù Cristo (22), nel che si assomma tutta l´educazione ecclesiastica, i moderatori, e gl´insegnanti congiungano alla diligenza e alla perizia propria del loro ufficio, l´esempio di una vita del tutto sacerdotale. La condotta esemplare di chi presiede, massime ai giovani, è il linguaggio più eloquente e persuasivo per rafforzare negli animi loro il convincimento dei propri doveri e l´amore del bene (23).
Nella S. Scrittura, mentre si parla della dignità (24) e dei poteri (25) del sacerdote, è pure messa in luce la santità di cui egli deve essere rivestito.
I Padri lo proclamano a coro — con 8. Ignazio, S. Efrem, S. Ambrogio, S. Agostino, S. Giovanni Crisostomo, S. Bernardo, S. Lorenzo Giustiniani — apice di tutte le dignità; eccellente tra tutti e superiore a ogni elogio; grandissimo ed elettissimo perchè nelle sue mani, come nel seno della Vergine, rinasce il Figlio di Dio; miracolo stupendo, profondità formidabile e ammirabile; eminente sopra i re e gli stessi angeli e arcangeli; porta della Città eterna per la quale gli eletti entrano al possesso del Cielo. Con questi e altri simili elogi, i Padri e i Santi intesero, non solo di affermare la sublimità del sacerdote, ma di ricordargli quella eminente santità senza di cui resterebbe infecondo il suo ministero.
Quale santità invero non deve richiedersi da chi è ministro cooperatore della Redenzione e da colui, che come maestro, medico, pastore, mentre esercita il suo ministero in terra, meritamente dovrebbe essere annoverato tra le gerarchie celesti, poichè, confortando le anillie con la divina grazia di cui egli è amministratore e canale, le guida a un fine che si chiude con la vita presente? San Tommaso, parlando del sacramento dell´Ordine, dice che per esso si richiede maggior santità che non per lo stato religioso, e cita S. Girolamo, il quale ai monaci raccomandava di vivere nel monastero in tal modo da meritare di essere innalzati alla dignità sacerdotale (26). Afferma il Crisostomo che il sacerdote, sulle spalle della sua santità, porta il peso dell´orbe intero (27). Si tratta effettivamente di una santità perfezione che reca spavento, perchè quanto più grande è la dignità, altrettanto più profonda ed esiziale sarebbe la rovina di chi venisse meno ai suoi ´doveri (28).
E se in ogni tempo i Sommi Pontefici hanno insistentemente raccomandato ai sacerdoti di rivestirsi e risplendere di santità (29), oggi ben possiamo fare nostre le parole dél grande Leone XIII: < Se è vero che motivi gravi e comuni a tutte le età esigono dai sacerdoti copiose ed eccelse doti di virtù, tuttavia in questi nostri tempi esse sono reclamate in misura ancor più abbondante ed eminente » (30). Infatti sono cresciuti a tal estremo i bisogni e si sono talmente aggravate le condizioni delle anime dell´intera società, da esigere, giusta lo stesso Pontefice, tale perfezione ed elevatezza di virtù dai sacerdoti, che essi possano esserne e presentarsene a tutti come specchio (31). Non si tralasci pertanto di ricordare frequentemente ai chierici degli studentati questo strettissimo dovere, suggerendo anche loro mezzi pratici per adempirlo fedelmente. È poi evidente che, parlando a chierici salesiani, s´insista anche sul concetto, tanto radicato e inculcato in mezzo a noi, che per i figli di S. Giovanni Bosco santità è purezza. I Padri ripetono con frequenza che la milizia sacerdotale è reclutata dall´ordine dei vergini. « Non macchiare la tua adolescenza, dice S. Gerolamo, neppur con la più lieve menda, perché possa salire all´altare di Cristo circonfuso di purezza » (32). Ci vuole purezza angelica, inculcava Pio XI ad una accolta di seminaristi, come angelico e più che angelico è il ministero a cui il sacerdote è chiamato (33). A chi osasse presentarsi a ricevere l´ordinazione sacerdotale, macchiato di fresco dal fango dell´impurità, si, potrebbero ripetere queste severe parole di S. Bernardo: « Ti confesso che mi sento pervaso da un tremito di orrore considerando da quale condizione e stato vorresti avvicinarti all´altare: questo tuo passaggio dal fango di ieri all´alto ministero di oggi, senza un conveniente periodo di penitenza, lo giudico pericolosissimo » (34). « Prima di ogni altra cosa, scriveva Origene, il sacerdote dev´essere rivestito di castità » (35): è questa la sua corona più leggiadra.
Gesù, che scelse il seno di una Vergine, vuole essere generato sugli altari da sacerdoti cinti della bianca stola del candore. D´altronde il sacerdote, maestro delle genti, non deve dimenticare mai che sono la, castità della mente e il candore dell´anima che fanno i dottori e i maestri: è la purezza che acuisce l´ingegno e innalza l´intelligenza fino al Cielo (36). È questa soprattutto la santità che si deve raccomandare ai nostri chierici, perché senza di essa non potrebbero assolvere alla duplice loro importantissima missione di ministri di Dio e plasmatori di anime.
E poiché, senza l´aiuto della divina grazia, non è possibile conservare il tesoro inestimabile della virtù angelica, si eccitino gli alunni degli Studentati alla vita pratica di pietà, virtù, che rendendo sempre più perfetti i loro rapporti con Dio, li aiuta e stimola a divenire degni sacerdoti nella Chiesa santa del Signore. Ecco perché negli Studentati tutto ciò che è pietà, religione, liturgia, culto, dev´essere oggetto delle maggiori sollecitudini e praticato in modo esemplare.
Il Papa Pio XI raccomandava ai chierici convenuti a Roma da ogni punto della terra di avere fin dal seminario « una pietà sopra tutto, in tutto, sempre, eminentemente eucaristica ».
« E come no? L´Eucaristia è il mezzo più efficace per la formazione del santo e pio prete, del prete dell´Eucaristia.
« Chiamati a essere gli Angeli dell´Altare, a cibarsi e a cibare delle carni e del sangue del Divino Agnello, domestici del tabernacolo, che sarebbe la loro vita se non fosse eucaristica? E come lo sarà, se fin d´ora non faranno dell´Eucaristia santa l´oggetto precipuo della loro pietà´ E perchè essi possano comprendere tutti i tesori d´immensa bontà, tutte le dolcezze che si adunano nel Divino Sacramento, devono fare fin d´ora di questo Sacramento Divino l´oggetto della loro meditazione, e poi propriamente del loro studio, della loro scienza teologica. Allora veramente sarà eucaristica la loro pietà, se sarà eucaristica anche la loro scienza.
« Diceva un grande Teologo (il Card. Giovanni Battista Franzelin): " Io amo la teologia in cui abbonda l´ascetica, amo l´ascetica in cui abbonda la teologia "; ma teologia e ascetica vuole essere nella quale il tema precipuo, la luce che tutto illumina, sia il Divin Sacramento della Eucaristia » (37).
Questa raccomandazione del grande Pio XI sia particolarmente cara a noi figli di S. Giovanni Bosco, il quale tutta la pietà salesiana volle pervasa sempre di luce e di ardori eucaristici.
§ 2. - SCIENZA.
Quantunque abbiamo già indirettamente indicato che alla formazione sacerdotale è assolutamente necessaria la scienza, tuttavia giudichiamo necessario insistere ancora, sia pur brevemente, su quest´importante dovere, la cui osservanza raccomandiamo al Direttore e agli altri Superiori e Professori degli Studentati e agli alunni.
Leone XIII nella sapientissima Enciclica Aeterni Patris ricordava al mondo intero che, per disposizione della volontà divina, ristoratore anche, della scienza umana doveva essere Gesù Cristo, chiamato da S. Paolo Virtù e Sapienza di Dio, nel quale sono nascosti tutti i tesori della sapienza e della scienza (38).
Tnfatti la bontà divina, contro i tiranni, suscitò i martiri e, contro i filosofi di falso nome, i Dottori. La Chiesa doveva essere la maestra delle genti e i sacerdoti i custodi e i divulgatori della verità. Gesù Cristo stesso, dopo aver dato i suoi sublimi insegnamenti, diceva alle moltitudini: « Chi li metterà in pratica e li insegnerà sarà chiamato grande nel regno dei cieli » (39). Ma per insegnare la sana dottrina di Cristo ed essere in grado di difenderla dagli attacchi di coloro che la combattono, è necessario conoscerla a fondo. Sarebbe cosa indecorosa, dice S. Lorenzo Giustiniani, vedere un sacerdote ignorante (40). L´ignoranza nei sacerdoti non merita scusa nè perdono (41), perchè fa gran danno e per essi e per gli altri. E il peggio si è che l´ignoranza negli ecclesiastici è un male senza rimedio, come diceva S. Francesco di Sales. Onde deve il Vescovo (e nel caso nostro i Superiori e gli addetti agli Studentati) sommamente attendere che i chierici stiano sempre applicati allo studio, senza del quale non saranno mai buoni per la Chiesa, ma saranno necessariamente cattivi, giacchè l´ozio è il padre di tutti i vizi (42). Non basta, osserva S. Isidoro di Siviglia, che l´ecclesiastico risplenda per bontà di vita; egli deve rifu´gere ancora per dottrina: perchè se è vero che la dottrina senza la santità della vita lo rende arrogante, la santità senza la dottrina fa sì ch´egli sia addirittura inutile (43).
« Amendue le cose, dice Leone XIII, sono necessarie: la dottrina per arricchire la mente, la virtù per abbellire il cuore. Non è facile dire di quanta utilità sia la luce della dottrina che dev´essere diffusa in tutte le classi sociali dal clero, quando essa venga quasi irradiata da un candelabro di virtù » (44). Dal sacerdote è richiesto il lume di una dottrina non volgare, perchè egli ha il dovere di riempire gli altri della sua sapienza, di sradicare gli errori, di guidare le moltitudini per i sentieri incerti e lascivi della vita.
Pio X, dopo aver raccomandato agli alunni del Seminario francese di Roma la pietà, perchè il sacerdozio è un riflesso del sacerdozio di Gesù e i sacerdoti devono ricopiare le virtù come amici, rappresentanti e ministri di Cristo, aggiungeva: « Nè basta la pietà, è necessaria la scienza. Che se nell´Antico Testamento, dove i sacerdoti erano semplice figura di quelli del Nuovo Patto, s´esigeva tanta scienza, quanta non se ne domanda al presente? Se mai in ´alcun tempo la scienza fu necessaria ai sacerdoti, adesso lo è ancor più » (45); Ma per acquistare questa scienza, diceva altra volta lo stesso sommo Pontefice, non bisogna attendere di essere adulti ma applicarsi fin dai primi anni del seminario. Se in questi anni non si studia, si corre grave pericolo che, all´uscita del seminario, siano messi in disparte i libri tanto necessari alla formazione della vita intellettuale e spirituale del sacerdote » (46).
stretto dovere dei Superiori e dei Professori pertanto d´invigilare perchè gli alunni facciano tesoro del tempo che loro viene concesso onde arricchirsi di quella dottrina che nel Pontificale Romano è chiamata spirituale medicina pel popolo di Dio (47).
Purtroppo però l´uomo abusa a volte anche delle cose più alte, sospintovi dalla natura corrotta che tende di frequente a ciò ch´è proibito. E così può avvenire nei nostri Studentati che qualcuno non compia i suoi studi con la serietà voluta dalle Costituzioni (art. 164). Sarà ad esempio uno studente di filosofia che vuole spingere immaturamente la sua curiosità alla conoscenza delle discipline teologiche o che, peggio ancora, fa sciupio del tempo in letture di poesie, o, Dio non voglia, di romanzi che gli mettono in subbuglio la mente e il cuore, distogliendolo dall´adempimento dei suoi doveri; altra volta sarà un alunno di teologia che si lascia trascinare dalla velleità o anche da vera passione di ritornare ad approfondire qualche disciplina di scienze, di psicologia, o di materie letterarie proprie del programma filosofico, con danno e disturbo degli studi che costituiscono attualmente il suo cómpito e al tempo stesso il suo preciso dovere. Può darsi che alcuni trascurino o non diano la dovuta importanza a determinate materie, verso le quali si sentono meno portati, con scapito di quella formazione dottrinale completa di cui 6 bisogno il ministro di Dio. Può darsi ancora che qualcuno — contro il preciso divieto dell´ubbidienza e fors´anche sacrificando la povertà religiosa — si desse alla lettura dei giornali, che monta la testa causando perdita di tempo e dissipazione di spirito, come già diceva S. Giovanni Bosco: « Tale lettura toglie gran parte del tempo agli studi severi, volge l´animo a molte cose inutili e per certuni anche dannose, e accende le passioni politiche » (48).
Infine dimostrerebbero di non aver compreso il dovere della propria formazione sacerdotale quei chierici che non sentissero vero amore allo studio, che non prestassero la dovuta attenzione alle spiegazioni dei Professori, che si dedicassero fiaccamente all´apprendimento delle diverse discipline, e, per la loro negligenza, non riuscissero poi nelle prove degli esami.
Si avverta che la Chiesa esige non in qualsiasi modo, ma con severità la scienza in coloro che devono essere iniziati al sacerdozio. Questo dovere fu frequentemente ricordato dai Sommi Pontefici, e specialmente in questi ultimi tempi da Gregorio XVI fino al Pontefice regnante Pio XII (49).
I Papi parlano in nome di Gesù Cristo, di cui sono costituiti Vicari, e chi non ascolta la voce del Divin Maestro non merita di essere suo ministro, perchè sarebbe spoglio di quella santità, che è il fondamento sul quale si appoggia la vera scienza sacerdotale. E chi non sa che la scienza svestita della virtù è piuttosto motivo di danno e di pericolo, che non di vera utilità (50)? D´altronde la pietà, quando sia rettamente intesa, come cognizione e culto filiale verso Dio nostro Padre, e venga sinceramente praticata, feconda, illumina, dirige la scienza (51). S. Agostino afferma categoricamente che la scienza senza santità è vanità. Perciò non saranno mai sufficientemente inculcate ai chierici le parole dello stesso Santo: « Amate la scienza, ma anteponete ad essa la carità » (52).
Ma, oltre che da mancata comprensione, da dissipazione e negligenza degli alunni, la loro formazione dottrinale può anche essere turbata dalla non sufficiente comprensione della propria missione da parte di qualche Professore.
Per ovviare a questo inconveniente, ricordino i Professori dei nostri Studentati che non devono limitarsi a essere i dotti che compiono ricerche scientifiche o i virtuosi che si destreggiano in disputazioni scolastiche, ma che essi sono e debbono essere soprattutto i ministri di Dio e gli apostoli consacrati alla formazione di altri ministri e apostoli di Gesù Cristo, onde renderli atti alle conquiste della verità e del Regno dei Cieli e a combattere gli errori e i nemici che a quelle conquiste si oppongono.
E qui è bene un chiarimento. Non si vuole affatto che gl´insegnanti convertano la cattedra in pulpito, e neppur si vuole ch´essi lascino o l´insegnamento in latino secondo i Regolamenti (art. 330) o -il tradizionale metodo scolastico: no, ma unicamente si desidera che la scienza teologica sia praticamente ed effettivamente scienza di Dio vivificata da un perenne e sereno soffio soprannaturale. Un autorevole teologo dei nostri tempi afferma appunto che la funzione apostolica è essenziale alla teologia e che essa deve attingere in una comunione più profonda con Dio. « Come nelle preghiere bisogna parlare con Dio e non con noi stessi, cosa nella teologia non è permesso incontrare un mondo di gente e non scorgere mai il Signore. Eppure è proprio questo che ci può succedere e ci succede, di prendere il dottorato in teologia senza incontrare il Signore nel nostro cammino, cioè senza conoscerlo meglio, senza amarlo di più » (53).
Il corpo unito all´anima è vivo e parte integrante dell´uomo: separato da essa perde anche il nome di corpo e diventa un cadavere. Così la teologia vivificata dal soffio di Dio è vera scienza di Dio: senza quel soffio divino può essa pure convertirsi in cadavere.
Non basta però: chi forma i sacerdoti e gli apostoli deve addestrarli al maneggio delle armi più adatte alle celesti conquiste e metterli in intimo contatto con le anime da illuminare, guidare o ricondurre a Dio.
Perciò quando il Professore avrà insegnato una verità, una tesi, un trattato, dovrà sapere, a mezzo di ricapitolazioni, applicazioni o magari in forma di conversazioni familiari con gli allievi, condurre questi al terreno della realtà, collocarli di fronte all´operaio, alto studente, al professore, al giovanotto o al. padre di famiglia dei nostri oratori, e abituarli ad esporre la verità o i principi appresi in forma chiara e soprattutto acconcia alla capacità del catechizzando e dell´obbiettante, traducendo in linguaggio appropriato e comune le formule scolastiche, in modo da dare risposte e confutazioni che, per chiare.zza e immediatezza, ottengano il loro scopo presso chi si vuole istruire o liberare da qualche errore.
L´art. 166 delle Costituzioni ci lascia appunto capire essere questo l´indirizzo desiderato dal nostro Santo Fondatore. Noi dobbiamo bensì avere l´occhio rivolto sempre a S. Tommaso, nostro maestro, ma al tempo stesso a quegli altri autori che « siano stati più comunemente celebri nell´istruzione catechistica e nella spiegazione della dottrina cattolica ». Queste parole insinuano chiaramente che l´insegnante, dopo aver presentata e spiegata la dottrina secondo i principi e il metodo di S. Tommaso, potrà poi — a titolo di saggio del Come si possa renderla cibo adatto alle anime, anche alle più piccole ed ignoranti — rivolgersi a quegli autori che meglio seppero volgarizzarla catechisticamente. Non è escluso perciò che alla lezione in latino e in forma scolastica faccia seguito la lettura di qualche brano di ottimi autori del patrio idioma, per persuadere gli alunni che anche le più alte verità possono essere rese accessibili a qualsiasi categoria di anime.
Nel Pontificio Ateneo Salesiano da parecchi anni si è iniziato questo metodo che va man mano perfezionandosi mediante speciali tornate preparate diligentemente.
Si vuole insomma la scienza teologica, ma non solo come scienza, bensì come strumento efficace a illuminare la mente dell´alunno, a infervorargli il cuore di amor di DiO, ad accendere nella sua anima la fiamma della carità e a renderlo atto alle conquiste per il Cielo.
Ecco perché siamo anche convinti che, specialmente quando, come nel caso nostro, si tratta di alunni appartenenti a una Congregazione religiosa, sia indispensabile avere sempre presente che si parla e insegna a chi deve tendere alla perfezione. Purtroppo il Professore, ad esempio di Morale, dovrà far conoscere agli alunni fin dove può essere disceso e essersi avvilito questo povero cuore umano senza essersi ancora macchiato di colpa grave; ma è evidente che allora soprattutto bisogna far capire agli alunni quanto alto miri invece la vera morale cristiana e quanto sia diversa e più fortunata la condizione nostra, la quale, mentre ci aiuta a non scendere in basso, ci stimola per contro ad innalzarci sempre più verso Dio, sole e centro della vera teologia.
Seguendo queste norme possiamo essere certi che anche l´apprendimento delle sacre discipline si convertirà in strumento efficace di santità e di apostolato.
§ 3. - ZELO E SACRIFICIO.
Il sacerdozio, diceva Pio XI, è essenzialmente apostolato (54). Nel Concilio Provinciale II di Milano S. Carlo Barromeo rivolse ai sacerdoti queste parole ammonitrici: « Voi siete stati collocati dalla Divina Misericordia nella milizia ecclesiastica per conservare la gloria di Dio e propagarla » (55).
Il sacerdote, nel pensiero di S. Paolo, è uomo di Dio (56), ministro di Cristo e dispensatore dei misteri dell´Altissimo (57); con ragione è stato chiamato Vicario della carità di Gesù Cristo; ora- se la carità di Dio è fuoco; lo zelo dev´esserne la fiamma, e chi ne è vicario non può non esserne infiammato.
Si educhino perciò gli alunni degli Studentati ad avere sempre più fortemente dí mira in tutte le cose la maggior gloria di Dio, come già fu loro inculcato nell´anno di Noviziato (Costituzioni, 180). Avverte l´autore dell´Imitazione di Cristo, che purtroppo qualcuno talvolta si illude di agire sotto l´impulso della carità, e invece è sospinto dalla carnalità, vale a dire da motivi umani (58).
Chi poi ama veramente Dio e la sua gloria sente nel più profondo del cuore le di Lui offese, ed è disposto a ripararle anche a costo di qualsiasi sacrificio pur di ricondurre le anime al Cuore dolcissimo di Gesù. S. Paolo si dichiarava pronto a essere anatema e separato da Cristo peri suoi fratelli (59). Ai Colossesi scriveva: «Io mi rallegro nelle sofferenze che patisco per voi; e completo nella mia carne quel che manca delle sofferenze di Cristo, a pro del corpo suo che è la Chiesa » (60). D´altronde S. Pietro afferma chiaramente che questa è la vocazione di ogni cristiano: « A questo infatti, egli dice, voi siete stati chiamati, perchè anche Cristo ha sofferto per noi, lasciando a noi l´esempio, affinchè seguiate le sue orme » (61). Ora che dovrà dirsi dei sacerdoti? È soprattutto in noi e nei nostri corpi che deve manifestarsi in tutto il suo splendore la vita di Gesù Cristo (62).
Ma Cristo fu l´uomo dei sacrifizi, dei dolori, delle immolazioni. È necessario quindi educare i chierici al sacrificio: se essi non avranno appreso l´abito di compiere le piccole mortificazioni degli occhi, del gusto, dell´udito, del tatto, dell´olfatto, della lingua e più ancora della fantasia, dell´intelligenza, della volontà, delle simpatie e antipatie del cuore, è vano sperare che tali chierici, divenuti sacerdoti, sappiano immolarsi generosamente per le anime. L´alunno, che nello Studentato non sa osservare il silenzio, essere puntuale alla voce dell´obbedienza, assoggettarsi volenteroso alle piccole prescrizioni delle Rego_´e, dei Regolamenti, della vita comune, costui, purtroppo, potrebbe man mano abituarsi a mancanze più gravi e riuscire un sacerdote trascurato, insofferente, motivo di poca edificazione, se non di scandalo, alla comunità e alle anime, germe di rilassatezza e fermento di dissoluzione. Proprio nelle piccole osservanze, da taluni valutate e chiamate di lieve momento, e nei piccoli sacrifici, si tempra e si avverte il futuro buon sacerdote. La vita di chi ha l´altissima gloria di essere vicario della carità di Gesù Cristo, immolatosi per l´uman genere; deve apparire e risplendere sempre agli occhi dei fedeli come croce e martirio.
Gesù, prossimo alla sua passione, disse alle turbe che lo avevano acclamato: « Ed io, quando sarò innalzato da terra, trarrò tutto a Me ». (63). Ecco, tracciata da Gesù stesso, la via che devono percorrere i cristiani e soprattutto i suoi mini-tri: ma ecco altresì la via che gl´incaricati della formazione sacerdotale devono costantemente e tenacemente insegnare e inculcare ai chierici che negli Studentati vengono preparati a quest´eccelsa missione. Gesù addita ai Vicari della sua carità il Calvario cv´è innalzata la Croce, onde convincerli che su di essa e solo su di essa si compiono le opere e le conquiste di Redenzione. 14: -
LE ORDINAZIONI
A coloro che, dopo essersi iscritti alla milizia sacerdotale, si preparano a ricevere i sacri Ordini, la Chiesa può ripetere, e con più forte ragione, le parole rivolte da Giosuè agli Israeliti prossimi ormai a passare il Giordano per fare il loro ingresso nella Terra Promessa: « Santificatevi, perchè domani il Signore compirà delle meraviglie in mezzo a voi » (64).
Sono grandi le ansie ch´Essa prova quand´è in procinto di promuovere qualche alunno del Santuario ai sacri Ordini, e quasi oppressa dal peso delle sue giustificate preoccupazioni, rivolge a se stessa queste domande: « Questo novello candidato sarà mosso veramente, e solo dallo Spirito Santo, oppure anche da qualche mira mondana? Saprà egli poi rispondere compiutamente all´alta sua missione e amministrare santamente il Sangue di Gesù Cristo? Arriverà forse all´estremo di profanarlo versandolo in cuori immondi e malvagi? Sarà effettivamente il mio amico, il mio figlio, ovvero si convertirà in nemico, disdoro e vitupero? ».
Per noi religiosi, oltre che la Chiesa, anche la Congregazione prova identiche preoccupazioni ed affanni, e solo la vita santa dei chierici dei nostri Studentati può arrecarle relativa tranquillità e conforto. È questo il motivo per cui non sarà mai sufficientemente inculcato a codesti cari´ figliuoli di non aspettare a prepararsi agli Ordini all´ultimo momento, ma fin dalla loro iscrizione alla milizia ecclesiastica.
Si dirà che ancor prima di accoglierli in Congregazione s´era già fatta l´accurata scelta di cui parla il Concilio di Trento, onde ammettere solo coloro che, risplendendo per virtù e ingegno (Gostit., art. 171), effettivamente dànno fondata speranza di volersi consacrare in perpetuo al servizio dei sacri altari: raccomandazione, questa, rinnovata innumerevoli volte dai Sommi Pontefici e fissata oggi nel Codice di Diritto Canonico (can. 1363, § 1). Anzi si potrà aggiungere con ragione che una volta ammessi come chierici al Noviziato gli alunni furono costantemente oggetto di studio e di cure per far sì che, in realtà, divenissero, sotto l´azione dello Spirito Santo, quegli uomini nuovi di cui parla S. Paolo (05); e che per questo si procedette sempre con quel rigore sommo raccomandato da S. Alfonso, non solo nell´esaminare e vagliare, ma anche nel licenziare coloro che non davano fondata speranza di riuscire buoni sacerdoti (66).
Eppure, anche dopo tante sollecitudini preventive, i Sommi Pontefici — alla cui voce fece sempre eco quella dei Padri, dei Dottori, e dei Santi -- non tralasciarono mai di rivolgere agli incaricati della formazione dei chierici, le raccomandazioni più accorate, esortandoli ad usare le massime cautele prima di proporli alle sacre Ordinazioni. Credo utile confermare questa affermazione con alcune autorevoli citazioni, onde radicare sempre più in tutti l´idea della eccelsa, grandezza del sacerdote cattolico.
Già fin dal 444 S. Leone Magno scriveva ad Anastasio, Vicario Apostolico di Tessalonica, di adoperarsi perchè nelle province a lui affidate fossero consacrati solo soggetti di riconosciuto merito, i quali perciò dovevano essere sottoposti a diligentissimo esame durante una lunga preparazione, senza tener conto di considerazioni o pressioni umane di sorta (67).
S. Ormisda nel 517 scrivendo ai vescovi della Spagna ricordava loro che « dovevano essere irreprensibili coloro che sono preposti alla correzione degli altri; e che il governo della Chiesa può essere affidato solo a chi abbia dimostrato, con lunga prova, la santità della vita » (68).
S. Gregorio Magno, commentando S. Paolo, il quale voleva esclusi dalla milizia sacerdotale i neofiti, afferma che debbonsi ritenere tali, non solo i neofiti nella fede, ma quelli altresì che sono nuovi nell´esercizio della santità (69), vale a dire non sufficientemente preparati. Lo stesso Sommo Pontefice ripetutamente insistette presso i Vescovi perchè fossero fatte le più accurate indagini e si procedesse con le massime cautele prima di concedere gli Ordini, chiedendo consiglio a persone gravi ed esperte in. caso necessario, allo scopo di promuovere solo quelli che fossero proclamati degni dalla santità della vita e delle opere (70).
« Guai, esclamava S. Bernardo, guai ai figli dell´ira che vogliono costituirsi ministri della grazia: guai a colui che, mentre ancora si trascina lungo i sentieri della carne e non può per ciò stesso piacere a Dio, ha l´audace sfrontatezza di volerlo placare, lui inveterato nel vizio, lui ignorante, lui novellino della pietà » (71).
Ma soprattutto nelle Encicliche, Lettere Apostoliche, Allocuzioni dei Papi più vicini a noi troviamo esortazioni più insistenti e accorate ai Vescovi, raccomandando loro di precedere con la massima circospezione prima di ordinare gli alunni del Santuario.
Pio IX nell´Enciclica Guru super così scriveva ai Vescovi delle due Sicilie: « Anzitutto abbiate sempre presente il precetto dell´Apostolo, onde evitare d´imporre le m.ani a qualcuno con troppa fretta (72), ed usate somma cura e le maggiori cautele quando si tratta di conferire gli ordini sacri.
» Non avvenga, o Venerabili Fratelli, che in affare di tanta importanza, taluno di voi, cedendo a pressioni, raccomandazioni sentimenti di benevolenza o di altre umane considerazioni, si lasci indurre ad ascrivere alla sacra milizia e a promuovere ai gradi e Ordini ecclesiastici qualche soggetto che, per non possedere affatto le doti richieste dai sacri canoni, dev´essere senz´altro allontanato dal sacro ministero. Infatti voi ben conoscete in quale grave colpa incorra, quale grave danno arrechi alla Chiesa quale tremendo conto dovrà rendere poi a Gesù Cristo Signor nostro, chi osasse promuovere qualche indegno ai sacri Ordini.
» Perciò, Venerabili Fratelli, per il vostro grande amore alla religione, quando si tratti di ammettere e promuovere i chierici, nessuna altra cosa vi stia tanto a cuore quanto la scrupolosa osservanza dei sacri canoni e un´accurata indagine onde conoscete vagliare con serio esame l´origine, l´educazione, l´indole, l´ingegno, la dottrina di ciascun chierico, e così decorare coi sacri Ordini e promuovere a trattare i divini misteri coloro soltanto che, diligentemente e costantemente provati, possano poi essere di vero ornamento e utilità alle vostre diocesi con il decoro della loro virtù, la luce della loro dottrina e il vero loro spirito ´ecclesiastico.
» Abbiate cura di fare serie indagini soprattutto circa i costumi, la rettitudine, l´integrità, la pietà, la scienza, la prudenza di coloro ai quali dev´essere affidata la cura delle anime ».
Leone XIII, per mezzo della S. Congregazione di Propaganda Fide, il 18 ottobre 1883, raccomandava ai Vicari Apostolici della Cina che non subito nè con troppa facilità imponessero le mani su coloro che fossero giunti all´età dell´Ordinazione, e che non ammettessero nessuno che non fosse stato provato per lungo tempo e non fosse commendevole per celeste sapienza, santi costumi, diuturna osservanza della giustizia e della castità e per la necessaria dottrina. Nè si avesse timore di ritardare l´Ordinazione tutto quel tempo che la prudenza consigliasse essere necessario, quan.do i soggetti non fossero sufficientemente preparati. Le stesse e ancor più insistenti raccomandazioni faceva il 17 settembre 1902.
Pio X, nell´Enciclica E supremi, del 4 ottobre 1903, trattando delle Ordinazioni, ricordava ai Vescovi che, il più delle volte, i fedeli saranno poi quali sono coloro che vengono innalzati alla dignità sacerdotale. « Non badate perciò, diceva loro, a nessuna umana considerazione, ma abbiate unicamente in vista Dio, la Chiesa e la salvezza eterna delle anime, e così non vi renderete colpevoli, come ammonisce l´Apostolo, dei peccati altrui » (73).
L´anno dopo, 12 m.arzo 1904, nell´Enciclica lueunda sane, scritta per commemorare il 130 centenario di S. Gregorio Magno, ricordava ai Vescovi le già citate parole che lo stesso Santo, a proposito delle Ordinazioni, aveva indirizzate ai Vescovi dell´Ellade (Grecia), insieme a queste altre: « Nessuno osi promuovere agli Ordini sacri qualche candidato o per riguardo alla sua persona o per raccomandazioni, ma sia promosso solo colui che se ne sia dimostrato degno mediante la bontà della ‑ vita e delle opere » (74). E, dopo aver enumerati i mali che ne deriverebbero alle anime qualora esse venissero affidate a sacerdoti non preparati, conchiudeva: « Non è di simili apostoli che abbisogna la Chiesa, poichè costoro non compiono il loro apostolato per amore di Gesù Crocifisso, ma a proprio vantaggio ». Lo stesso anno in una allocuzione rivolta ai. Vescovi convenuti a Roma per il cinquantenario della proclamazione del dogma dell´Immacolata Concezione di Maria Vergine, raccomandava loro di essere sommamente cauti prima di ordinare certi giovani chierici indipendeMi, superbi, critici. « Guardatevi bene dall´imporre le mani su costoro, egli conchiudeva; Voi provereste sempre rammarico e pena di averne ordinato anche uno solo di simili soggetti, non mai di averlo escluso » (75).
Nell´Enciclica Pieni l´animo del 26 luglio 1906, lamentando certi disordini d´insubordinazione e d´indipendenza manifesta‑ tisi qua e là in mezzo al clero, diceva che avrebbe giovato assaissimo a prevenirli l´aver avuto sempre presente l´alto ammonimento dell´Apostolo a Timoteo: « È la facilità, infatti, nell´ammettere alle sacre Ordinazioni quella, che apre naturalmente la via a un moltiplicarsi di gente nel Santuario, che poi non accresce letizia ». Insisteva perciò affinché fossero scelti solo gli idonei, e rimandati quelli che mostrassero inclinazioni contrarie alla vocazione sacerdotale, precipua fra esse l´indisciplinatezza e ciò che la genera, l´orgoglio della mente.
L´otto dicembre 1910 lo stesso Pontefice scriveva a Monsignor Castro, Vescovo di Caracas, esortandolo ad organizzare nel modo migliore il suo Seminario. «Perchè, egli conchiudeva, anche dopo che avrete messo in pratica tutte quelle prescrizioni che servono alla buona formazione del Clero, tuttavia se poi non eviterete di chiudere l´adito al Sacerdozio agl´indegni, Voi avreste fatto opera del tutto inutile ».
Del Sommo Pontefice Benedetto XV basterà dire che il 27 maggio 1917 promulgava il Codice di Diritto Canonico, nel quale sono fissati molti canoni riguardanti la buona formazione dei chierici educati nei Seminari e presso le famiglie religiose, come pure ben 43 canoni che regolano tutto ciò che si riferisce alla sacre Ordinazioni. Con essi è tutelata l´idoneità degli ordinandi ed è determinato tutto ciò che contribuisce ad evitare che siano promossi gl´indegni.
Non è agevole riportare, sia pure sommariamente, ciò che disse e fece il grande Pontefice Pio XI per la buona formazione degli ecclesiastici. Ricordo personalmente che in tutte le udienze concessemi durante il suo lungo e glorioso pontificato, non lasciò mai, con mirabile insistenza, di darmi norme e consigli per l´accettazione e la formazione dei nostri Soci, raccomandando ogni volta di usare le massime cautele, anzi rigore e grande rigore, prima di promuovere alla Professione e ancor più alle sacre Ordinazioni.
Tralascio di parlare della Lettera Apostolica Officiorum omnium del 10 agosto 1922 indirizzata al Card. Bisleti, Prefetto della S. C. dei Seminari e delle Università degli Studi, nella quale il S. Padre — dopo aver dichiarato che, di tutti gli uffici che formano l´insieme dei doveri del Vicario di Cristo, il maggiore ed il più vasto è quello di procurare alla Chiesa molti e santi ministri che possano coadiuvarla nella grande missione di salvare le anime gli dava all´uopo norme sapientissime e l´incarico di attuarle. Più tardi stabiliva che ogni tre anni tutti i Vescovi dovessero mandare a detta Congregazione una relazione particolareggiata sull´andamento dei Seminari (76). Ometto pure di parlare della Lettera Apostolica Unigenitus Dei Filius, del 19 marzo 1924, con la quale l´Augusto Pontefice rivolgeva identiche raccomandazioni ai Superiori delle famiglie religiose.
§ 1. - SANTO RIGORE.
V´invito invece a soffermarvi sulla Lettera-Circolare I Romani Pontefici, che la S. C. dei Seminari e delle Università degli Studi indirizzava il 25 luglio 1928 ai Vescovi d´Italia in nome di Pio XI. In essa, mentre s´inculca ai Reverendissimi Ordinari l´esatta osservanza di tutte e singole le prescrizioni emanate dalla S. Sede circa il retto funzionamentó dei Seminari, la cernita e le cure degli alunni per trasformarli in uomini nuovi, l´accurata selezione dei Superiori e Professori, si richiama poi l´attenzione su alcune di esse giudicate particolarmente idonee a] raggiungimento di così alto scopo.
E, a giustificazione di questo richiamo, si citano le parole di Leone XIII, il quale aveva appunto rilevato che vi sono alcune cose talmente necessarie e vantaggiose che non basta dirle una volta sola, ma vogliono essere ricordate ed inculcate più di frequente. Orbene principalissima tra tutte è quella che riguarda le cure e sollecitudini da rivolgersi ai Seminari, da] cui andamento dipende in massima parte l´avvenire della Chiesa.
Dopo ciò la Circolare ricorda il can. 1371, nel quale è prescritto che dal Seminario siano dimessi, tra gli altri, gli incorreggibili e gli scandalosi, e, a proposito di questa prescrizione, vengono inserite alcune sapienti norme di S. Alfonso. Esse sono di così trascendentale importanza che giudico opportuno trascriverle.
«Il Vescovo, dice il S. Dottore, deve usare rigore e maggior rigore nel licenziare siffatti alunni, vale a dire gli incorreggibili gli scandalosi.
» Per incorreggibili intendo quelli che, dopo più ammonizioni dopo il castigo, dànno poca speranza di emenda dei l´oro difetti, quando i difetti sono molti ed abituali, benchè non siano di scandalo diretto o positivo, nè siano gravi, perchè un soggetto di _tal fatta dà poca speranza di riuscire buon ecclesiastico.
» Per scandalosi poi intendo quei che commettono mancanze di scandalo positivo, come sarebbe l´indurre i compagni a trasgredire qualche regola o- a non sottoporsi a qualche ordine del Vescovo o del Rettore, o a commettere qualche grave furto insolenza. Scandalo più nocivo poi sarebbe, se un seminarista desse mal esempio contro l´onestà col parlare o con qualche azione immodesta. Alcuno di questa sorta appena potrebbe sopportarsi la prima volta che cade in tali difetti, dopo avergli dato un castigo esemplare e lungo. Dico, appena la prima volta; del resto è più sicuro consigliò il licenziarlo subito, perchè un tal scandaloso, dopo essere stato scoperto e castigato, facilmente starà accorto a nascondere le sue consimili mancanze, le quali, finchè non saranno di nuovo conosciute, frattanto già saranno state causa del comune danno, a cui difficilmente appresso potrà ripararsi, almeno in tutto: sicchè un solo può apportare la rovina di molti. E perciò qual prudenza vuole che, per la speranza dell´emenda di un solo, si abbia a patire il pericolo della sovversione di molti? Non è gran male licenziare un tal giovane scandaloso, ara corchè possa questi emendarsi col tempo: ma la rovina della comunità è un male molto maggiore, che molto più deve temersi ed evitarsi prima che succeda. Il primo, se è danno, è danno di un solo; ma il secondo è danno gravissimo e comune. In questa materia (torno a dire e lo direi mille volte) l´usar piacevolezza non è carità, ma imprudenza e tirannia: per usare carità a uno solo, voler permettere la rovina di molti o almeno il pericolo.
«E bisogna in ciò tenere per certo che nel. Seminario, dove stanno giovani, che sono facili ad essere tirati al male o al bene, secondo gl´incentivi che hanno, un solo scandaloso può infettare tutti gli altri. Ed infettati che saranno, probabilissimamente non vi sarà più rimedio: l´unico rimedio sarà poi di cacciarli tutti e prendere soggetti nuovi: altrimenti sempre ivi resterà l´infezione introdotta, che si tramanderà dagli uni agli altri in perpetuo.
» Sicchè una tale severità non deve chiamarsi (come da alcuni si chiama) troppo rigore, ma dovere, carità e giustizia; giacchè il Vescovo è tenuto con obbligo grave di carità e giustizia a procurare il bene e il maggior bene della sua diocesi, il quale certamente in gran parte dipende dall´avere un Seminario ben regolato. Preghiamo il Signore che faccia intendete questa verità a tutti i Prelati, che governano la Chiesa ». Fin qui S. Alfonso (77).
Parrebbe che, dopo una cernita fatta con questo criterio di sommo rigore, i Vescovi potrebbero procedere con relativa tranquillità d´animo ad ordinare i loro chierici. Invece non è co2,ì perchè, nello stesso documento, si esortano i Prelati a riflettere ancora sulla tremenda responsabilità e all´uopo si ricordano loro queste altre impressionanti parole del già citato S. Alfonso: « Oh, quanto sarà stretto il conto che dovrà rendere a Dio ogni Vescovo del grande obbligo che tiene di escludere dall´altare gl´indegni e di ammettere i degni! Tremava S. Francesco di Sales pensando a questo; e perciò egli non ammetteva se non quelli, di cui sperava fondatamente buona riuscita, non avendo in ciò riguardo nè a raccomandazioni, nè a nobiltà, e neanche ai talenti del soggetto, se non erano accompagnati dalla buona vita. Ond´era che pochi Egli ne ordinava, conforme sogliono praticare tutti i buoni Vescovi, perchè in verità pochi sono quelli che si fanno sacerdoti per vera chiamata e per fine di farsi santi, e perciò poi ne avviene che pochi sacerdoti son quelli, che riescono buoni e di profitto alle anime. Diceva S. Francesco di Sales che non sono necessari alla Chiesa i molti sacerdoti, ma i buoni sacerdoti (78).
I Salesiani-, anche su. questi punti, hanno fortunatamente direttive chiare e disposizioni precise.
Ci limiteremo a una sola citazione. S. Giovanni Bosco, parlando della moralità, disse: « Si usi più rigore per chi va agli Ordini sacri che per chi vorrebbe fare i Voti. In ambi i casi però sempre rigore » (79).
Ora poi fu stabilito che al chierico giudicato dai Superiori non sufficientemente preparato, o che tale si dichiara lui stesso, venga differita l´Ordinazione. Chi, per motivi speciali, deve essere allontanato temporaneamente dallo Studentato, oppure chiede egli stesso d´impiegare alcuni anni ancora nella preparazione al Sacerdozio, viene dall´Ispettore destinato a lavorare nelle Case durante un periodo di tre anni; dopo i quali, se avrà fatto buona prova, potrà fare domanda ed essere nuovamente accolto nello Studentato. Chi invece, per gravi motivi, è ritenuto indegno di giungere al Sacerdozio, viene allontanato definitivamente dallo Studentato. È poi evidente che i Superiori non spingeranno mai ad accedere agli Ordini chi, pur essendo già studente di Teologia, dichiarasse di non voler più assolutamente salire il formidabile Monte del Signore.
Naturalmente queste situazioni vanno definite, come raccomandava Pio XI, con fortezza d´animo, ma al tempo stesso con soavità, facendo agl´interessati opportune e paterne considerazioni e dando loro quei consigli e quell´appoggio morale che possa giovare ad incamminarli nella nuova condizione di vita in cui verranno a trovarsi (80).
Sempre a proposito dell´ammissione ai sacri Ordini, il già citato S. Alfonso aggiunge che non basta accontentarsi della sola bontà negativa del soggetto, cioè della mancanza di colpe gravi in foro externo, ma si deve esigere la bontà positiva, cioè quella somma di virtù, che già si possa chiamare santità sacer‑ dotale (81). D´altronde è questa la dottrina comune. « Quando si tratta di costruire un edificio — osserva S. Gregorio Magno non solo si tagliano travi adatte, ma si lasciano essiccare alla perfezione, onde evitare che poi il tetto precipiti in rovina » (82). Scrive S. Tommaso: « G:i Ordini sacri preesigono la santità: perciò il peso degli Ordini dev´essere collocato su pareti che la santità abbia già essiccato dagli umori dei vizi » (83): e di questa bontà positiva si deve avere una notizia non dubbia ma certa, cioè attinta da fonti disinteressate, sicure, non sospette (84). Già il S. Concilio di Trento considerando che presbitero vuol dire più vecchio, ossia anziano, aveva dato ai Vescovi il seguente avviso: « Sappiano i Vescovi essere loro dovere di promuovere agli Ordini sacri i degni soltanto e coloro nei quali la bontà della vita tenga luogo dell´anzianità » (85).
È noto che il suindicato pensiero — e cioè che coloro- i quali promuovono agli Ordini un indegno si rendono responsabili e complici davanti a. Dio di tutti i mali che il futuro sacerdote potrà compiere per mezzo del suo ministero — fu, come si disse, ricordato con insistenza dai Sommi Pontefici e dai Santi.
S. Giovanni Crisostomo scrivendo a un Vescovo diceva: « Tu pure ti renderai colpevole dei peccati passati e futuri di colui al quale hai conferito gli Ordini ». E insisteva: « Non dopo la prima prova, nè la seconda, nè la terza, ma solo dopo che avrai esaminato le cose accuratamente e spesse volte, solo allora imporrai le ´mani » (86).
S. Carlo Borromeo, considerando questo suo grave dovere, si sentiva pervaso da´ vero tremore e diceva: « In un affare di tanto momento, anche solo una mia, piccola negligenza può rendermi colpevole di grave colpa » (87).
Pio XI, dalla cui Enciclica Ad Catholici Sacerdotii abbiamo attinto in gran parte le suesposte considerazioni, giunto a questo punto, rivolge la sua parola ai Superiori delle Famiglie religiose esortandoli accoratamente a preparare i loro alunni al Sacerdozio con pieno ossequio alle prescrizioni da lui rivolte sia ad essi in particolare sia al clero secolare in generale. Inoltre fa loro noto che debbono considerare come rivolte a se stessi tutte le prescrizioni da lui emanate e ricordate fino a quel momento circa la formazione sacerdotale degli alunni del Santuario.
Nè si pensi, continua il grande Papa, che da ciò ne possa derivare una diminuzione di sacerdoti nella Chiesa o nelle Famiglie religiose. Iddio, come afferma S. Tommaso (88), non abbandonerà mai la sua Chiesa fino al punto che vengano a mancare i ministri occorrenti ai bisogni dei fedeli, purchè si ordinino buoni sacerdoti e si allontanino gli indegni. Che se poi non si potessero avere tanti ecclesiastici quanti presentemente se ne hanno, è preferibile avere pochi sacerdoti buoni, anzichè molti cattivi, come dice il IV Concilio Lateranense (89).
§ 2. - LA DUPLICE « INSTRUCTIO ».
Questi importantissimi documenti devono servire a convincere sempre più i Superiori e gli alunni dei nostri Studentati della grave responsabilità che pesa su di essi, quando è giunto il momento di chiedere o di concedere i sacri Ordini. E ciò è tanto vero che dalla Chiesa nostra Madre neppure tutte le surriferite raccomandazioni e cautele — che pure impressionano per la loro gravità e insistenza --- furono ritenute sufficienti. Infatti il Sommo Pontefice Pio XI, per mezzo della S. Congregazione dei Sacramenti, indirizzò, il 27 dicembre 1930, una speciale Istruzione, Quani ingens Ecclesiae, imponendo a tutti i Vescovi del mondo il dovere di compiere un severo scrutinio circa le qualità degli Ordinandi prima di ammetterli ai sacri Ordini.
In questo importantissimo documento — che pur riguardando soltanto i Seminari, illumina anche i. religiosi — dopo di aver nuovamente e insistentemente ricordato agli Ordinari il dovere di praticare fedelmente quanto è stabilito per l´accettazione degli alunni, la loro formazione e l´allontanamento degl´indegni, allo scopo di togliere fondamento ai pretesti addotti poi generalmente da coloro che vogliono sottrarsi agli obblighi contratti, come pure per facilitare ai Vescovi l´adempimento delle prescrizioni canoniche — vengono stabilite le norme da osservarsi nel compiere lo scrutinio prima delle Ordinazioni. È bene averle presenti sia pure in breve sintesi.
È stabilito adunque pei Seminari che almeno due mesi prima di ricevere la tonsura e gli Ordini Minori il candidato presenti al proprio Rettore domanda scritta e firmata di proprio pugno, nella quale dichiari di chiedere la tonsura e i Minori di sua libera e spontanea volontà.
Il Rettore rimette la domanda al Vescovo accompagnandola con il suo particolare giudizio. Il Vescovo rimanda´la domanda, o rigettandola in considerazione di speciali informazioni avute, oppure incaricando Rettore di fare, in nome dell´Ordinario e con la sua autorità, ulteriori e più accurate indagini riguardanti il candidato, specialmente circa il tempo da lui trascorso in Seminario, interrogando a tal fine Superiori e Professori, sia particolarmente che collegialmente.
Il Rettore, compiute le indagini, le trasmette al Vescovo corredate del suo giudizio, il quale è, in questi casi, di non lieve peso. Il Vescovo potrà chiedere ulteriori chiarimenti al Rettore, al Vice-Rettore o ad altri: frattanto incaricherà il Parroco di assumere speciali e delicate informazioni circa il passato e il presente del candidato e della suoi famiglia.
Onde poi avere uniformità e sicurezza nel condurre queste pratiche, la S. Congregazione dei Sacramenti stabilì moduli speciali.
Qualora, anche dopo tutto ciò, il Vescovo non fosse ancora del tutto rassicurato e tranquillo, potrà interrogare direttamente il candidato.
Identiche sollecitudini e investigazioni si useranno, se sarà necessario, per l´ammissione al Suddiaconato, tenendo gran conto della condotta osservata dal candidato dopo ch´egli ricevette la tonsura e gli Ordini Minori. Se non vi saranno motivi di escludere senz´altro il candidato, questi dovrà scrivere di suo pugno una dichiarazione giurata e firmata nella quale affermi ch´egli chiede e intende ricevere il sacro Ordine di sua piena e spontanea volontà, dopo di aver considerati seriamente gli obblighi che con esso contrae. Identica dichiarazione dovrà fare per il Diaconato ed il Presbiterato.
Infine nella Instructio pei Seminari è detto che se prima del Diaconato o del Presbiterato sorgessero dubbi, dai quali risultasse che il candidato, o per sua dichiarazione o per altri indizi e informazioni, n.on avesse vera vocazione o l´avesse perduta per colpa sua, in questi casi si deve procedere con la massima cautela, esaminando ponderatamente la cosa e ricorrendo alla S. Sede o per consiglio o per la opportuna dispensa. Tutto ciò per i chierici dei Seminari.
Un anno dopo, e precisamente il 1° dicembre 1931, Pio XI, per mezzo della S. Congregazione dei Religiosi, con la Instradi° Ad supremos comunicava, con leggere modifiche, le suindicate norme e ingiunzioni anche ai Superiori delle Religioni Chiericali e Società senza voti. Dopo aver raccomandato la scelta accurata dei candidati e la loro diligente formazione morale e intellettuale prima di ammetterli al No-viziato; come pure attente indagini prima dell´ammissione ai Voti; cure solerti negli Studentati; vigilanza particolare nel periodo delle vacanze estive non permettendo loro di pellegrinare di casa in casa o di recarsi presso i parenti, se non per cause giuste e gravi; la Instruetio s´indugia a parlare della responsabilità di coloro che devono ammettere agli Ordini e stabilisce: 1° Che i novizi chierici prima della professione temporanea stendano di loro pugno una dichiarazione nella quale affermino con piena libertà di avere vocazione allo stato religioso e chiericale, come pure il fermo proposito di iscriversi per sempre alla milizia sacerdotale nello stato religioso.
2° Che i Superiori, prima di ammettere agli Ordini, facciano le indagini già indicate e un accurato scrutinio.
3° Che gli Ordini Maggiori non si concedano se non dopo la professione perpetua e con i relativi scrutini di cui si è parlato sopra.
A proposito della domanda che devono stendere i chierici ordinandi è bene suggerire loro che non la considerino alla stregua di un documento burocratico, ma come espressione dei sentimenti di umiltà, riconoscenza e zelo che deve nutrire in cuore chi è in procinto di essere innalzato da Dio all´eccelsa dignità di suo Ministro. Da essa pertanto va esclusa la fred‑ dezza schematica o peggio qualsiasi frase che possa anche lontanamente arieggiare ai proprii meriti o comechessia a velate pretese. Dinanzi all´incomparabile dignità del Sacerdozio uno solo dev´essere l´atteggiamento di chi lo richiede, e cioè il riconoscimento della propria indegnità.
Ho voluto, pur sapendo di rendermi prolisso, ricordare tutte queste disposizioni della Chiesa nostra Madre, affinchè coloro ai quali spetta promuovere i candidati agli Ordini sacri, si persuadano sempre più della responsabilità che pesa sulla loro coscienza.
Non solo i Superiori però, ma anche i chierici devono prepararsi con diligente sollecitudine alle Ordinazioni: guai se queste venissero considerate solo umanamente, quasi si trattasse di una graduale promozione a determinate cariche.
Sì, le Ordinazioni possono, anzi devono essere desiderate, ma con l´ardente proposito di lavorare con slancio e di soffrire per propagare il regno di Gesù Cristo. L´ordinando però deve sentire in cuor suo tutta la sua pochezza: solo e sempre così le benedizioni celesti scendono sui sentieri di coloro che, diffidando di sè, collocano tutta la loro fiducia in Dio. D´altronde sono queste le disposizioni che stimoleranno il futuro sacerdote a fare ogni sforzo per perfezionare in se stesso le virtù necessarie all´esercizio delle alte mansioni che gli verranno affidate.
§ 3. I SACRI ORDINI.
Il Sommo Pontefice Pio X, nell´esortazione al clero del 4 agosto 1908, fa notare che la Chiesa, a misura che gmdatamente promuove i candidati agli Ordini, rinnova loro con più viva insistenza le esortazioni alla santità. E qui il santo Pontefice scende a particolari commoventi fino a ricordare loro i pensieri più rilevanti del Pontificale Romano, nei quali è tutta l´ansia della Chiesa che trepida circa la riuscita degli ordinandi.
Questo speciale atteggiamento del Vicario di Gesù Cristo ci fa capire quanto sia opportuno, anzi necessario, ricordare ai nostri chierici, non solo la sublimità e grandezza del Sacra mento dell´Ordine in generale, ma le speciali caratteristiche, nonchè le obbligazioni dei singoli Ordini in particolare, per aiutarli a riceverli con più diligente preparazione e fervore.
Infatti si resta anzitutto compresi di profonda ammirazione quando si pensa che il Sacramento dell´Ordine nella Nuova Legge è così necessario che, senza di esso, noi non avremmo avuto nella Chiesa di Gesù Cristo, nè il Sacerdozio, nè l´Eucaristia, nè il Potere delle Chiavi, nè la remissione dei peccati, nè l´autorità del ministero apostolico, nè sanzione e forza di E se è giusto che ogni Sacramento sia ricevuto con quelle speciali disposizioni che la sua dignità e le speciali sue caratteristiche richiedono, risulta evidente che quello dell´Ordine dev´essere ricevuto con disposizioni del tutto straordinarie, perciò esso introduce chi lo riceve nello stato ecclesiastico, che è il più eccelso e santo per la grandezza, la sublimità, l´estensione e la molteplicità de´ suoi poteri, delle sue funzioni, dei suoi obblighi.
Anzi, secondo il pensiero di S. Paolo, dei Padri e dei Sommi Pontefici, ben si può argomentare che vi è di diritto divino un precetto che richiede le dovute disposizioni per ricevere le sacre Ordinazioni. Ora, ed è questa la considerazione che, deve applicare a se stesso ogni ordinando, le suddette disposizioni non si possono supporre in chi non abbia quella santità provata di cui parla il Conciliò Tridentino. Chi abbia il cuore dolorante di recenti ferite e non si sia del tutto e decisamente liberato da certe cattive abitudini, non deve ingaggiarsi nella sacra milizia. Dicevano giustamente i Padri che chi è destinato a santificare gli altri, deve prima aver santificato se stesso.
Giova ripetere con S. Tommaso che devono essere perfetti nella virtù coloro che esercitano i sacri ministeri; che il Sacramento dell´Ordine non deve conferirsi se non a coloro i quali, per la santità della vita e una perfetta conformità a Gesù Cristo, si avvicinano di più alla santità di Dio e partecipano in qualche modo all´immutabilità della sua giustizia; che la santità della vita è di necessità di precetto per ricevere questo Sacramento (90).
Se i nostri chierici avranno ben radicati in cuore questi sentimenti, possiamo essere certi che, la loro diligente preparazione agli Ordini, remota e prossima, attirerà su di essi le benedizioni celesti.
Ma, come abbiamo accennato, tocca al Direttore e ai Superiori ricordare loro spesso gli obblighi, che essi dovranno contrarre ricevendo i successivi Ordini.
La stessa tonsura, pur non essendo un Ordine, ma, un pream‑ bolo agli Ordini (91), dev´essere oggetto non solo di grande stima per i vantaggi spirituali e temporali che apporta a chi la riceve, ma deve effettivamente servire a staccare in modo definitivo dal mondo chi si colloca sotto i vessilli della milizia sacerdotale.
Nei nostri Studentati Teologici, dove quasi tutti gli alunni sono ornati con. la tonsura, non dovrebbero più vedersi, nè devono essere tollerate, vanità e leggerezze mondane nella ricercatezza del vestire e nel coltivare i capelli: certe acconciature, l´uso di profumi, di unguenti o simili incongruenze, sono direttamente contrarie allo spirito ecclesiastico. Chi non si sente di farne a meno, è preferibile che ritorni a quel mondo al quale vuole piacere.
Si rifletta che il Vescovo, all´inizio appunto della funzione pel conferimento della tonsura, invita i presenti a pregare nostro Signor Gesù Cristo per i tonsurandi — i quali per amor Suo si affrettano a deporre le chiome — acciocchè doni loro lo Spirito Santo, perciò conservi perpetuamente in cuor loro l´abito della religione e li difenda dagli attacchi mondani e dai desideri terreni.. Questo stesso pensiero viene ripetuto più innanzi, ma sempre per riaffermare che è stato l´amor di Dio che indusse i candidati a recidere le chiome e che, se essi sapranno mantenersi in questo amore, anche i loro cuori si manterranno costantemente lontani da ogni -vanità secolaresca.
evidente dunque che la Chiesa vede una stretta relazione tra il taglio dei capelli e l´amor di Dio, al punto da augurarsi che il cambiamento dell´aspetto, verificatosi per la recisione delle chiome, rifletta e perpetui una santità di vita che rifugga da ogni aspirazione mondana.
S. Agostino fa notare a questo proposito che i capelli sono il simbolo degli smodati desideri del cuore che vanno recisi (92).
Anche la veste, semplice, lunga, nera, deve richiamare costantemente alla memoria dei tonsurati la rinunzia da essi fatta alle ricercatezze del mondo onde rivestirsi di umiltà e di mortificazione. Ma soprattutto la bianca cotta ricorda loro che si sono rivestiti dell´uomo nuovo, creato secondo Dio nella giustizia e nella santità vera (93).
Identiche considerazioni si possono fare´ con frutto riguardo agli Ordini Minori. I chierici, una volta annoiati sotto i vessilli della milizia sacerdotale, devono avere ben fisso in cuore che tutti gli Ordini tendono ad ´uno stesso nobilissimo scopo gene‑ rale, che è il culto di Dio, e ad uno scopo particolare, che è il Corpo e il Sangue di Gesù Cristo nel Santissimo Sacramento dell´Altare. Ciò che distingue i v´ari ordini sono appunto gli speciali rapporti che ognuno di´ essi ha verso la divina Eucaristia. Il Sacerdote la consacra, il Diacono la distribuisce, il Suddiacono ne presenta la materia nei vasi sacri, l´Accolito la prepara nei vasi non consacrati, l´Esorcista, il. Lettore e l´Ostiario dispongono i fedeli a riceverla, allontanando gli ostacoli che potrebbero opporvisi. È dunque la carità verso Dio nel Sacramento dell´amore che deve stimolare gli ordinandi a prepararsi degnamente a ricevere i singoli Ordini.
I Padri asserivano che lo stesso Divin Maestro, per nobilitarli, s´era abbassato a compiere gli umili uffici degli Ordini Minori, cacciando i profanatori del tempio, leggendo e spiegando la S. Scrittura ai dottori di Gerusalemme e nelle sinagoghe, scacciando i demoni .dagli ossessi e presentandosi alle moltitudini come luce vera e sole di giustizia che illumina ogni uomo che viene in questo mondo (94).
Per noi Salesiani dev´essere motivo di gioia pensare .— e lo ricorda il. Concilio di Trento — che anticamente i Lettori avevano l´alto ufficio d´insegnare ai Catecumeni e ai giovani i principi della Dottrina Cristiana. Quale santo slancio non devono sentire in cuore i nostri futuri Sacerdoti nel compiere questa nobilissima missione che deve costituire una vera prerogativa dei figli di S. Giovanni Bosco! Il già citato Concilio Tridentino vuole che nessun sia in.signito degli Ordini Minori, se non abbia dato chiare manifestazioni di esserne degn.o, perchè essi sono come un punto di partenza da cui salire a più alti gradi e penetrare nei più sacrosanti misteri. I Padri infatti di quella augusta Assemblea definirono gli Ordini Minori come il noviziato degli Ordini sacri, e che perciò non si devono concedere se non a coloro che diano fondate speranze che, col crescere degli anni, progrediranno pure in scienza e santità (95).
Ma è soprattutto quando si tratta degli Ordini Maggiori che l´impegno dei Superiori e. dei chierici deve far sì che la preparazione risulti veramente diligente e, per quanto possibile, adeguata.
Le parole che il Vescovo ordinante rivolge ai futuri Suddiaconi sono in verità impressionanti. Dopo averli esortati a considerare attentamente una volta ed. un´altra volta ancora il grave peso che desiderano addossarsi, dice loro: « Fino a questo momento voi siete ancora liberi ed è in vostro potere tornare al mondo; quando però avrete ricevuto quest´Ordine, non vi sarà più permesso di sottrarvi al vostro proposito, ma dovrete rimanere perpetuamente consacrati a quel Dio, servire il quale è regnare; dovrete con il suo aiuto conservare perpetuamente la castità, e restare sempre addetti al ministero della Chiesa. Perciò, mentre ne avete ancora il tempo, pensateci su ». Il Suddiaconato è considerato infatti come il passo decisivo e impegnativo, perchè — conferendo a chi lo riceve il potere di toccare i vasi sacri e l´obbligo d´innalzare a Dio, mediante la recita del Breviario, le adorazioni e suppliche in nome dei fedeli — esige la perpetua castità.
:Un. fatto del tutto speciale dev´essere rilevato per l´ordinazione dei Diaconi. Quando si tratta degli Ordini Minori ed anche del Suddiaconato, è il Vescovo che di sua iniziativa conferisce Ordini: d´ora innanzi invece, e cioè quando si tratti di conferire il Diaconato e il Presbiterato, è la Chiesa stessa che si fa avanti, e, per mezzo dell´Arcidiacono, supplica il prelato di voler conferire gli Ordini. Con gli occhi della Fede dobbiamo immaginarci la Chiesa, che, in tutta la sua maestà di Regina e di Madre, si presenta al Vescovo ordinante quasi per richiamare la sua attenzione sull´atto che sta per compiere, supplicandolo di volerle dare Ministri santi, abili e capaci di cooperare efficacemente alla salvezza delle anime tanto care al suo cuore.
Ognuno dei Superiori degli Studentati ai quali spetta dare o informazioni o il voto per la promozione dei candidati, pensi e si persuada sia rivolta in particolare a se stesso la domanda che il Vescovo rivolge all´Arcidiacono, chiedendogli se egli conosce che gli ordinandi siano degni.
Nella Istruzione Quam ingens Eeclesia,e è detto chiaramente che se al Vescovo risultasse, o per scienza propria o per inf orm-,zioni avute o per confessione dello stesso Suddiacono o Diacono, che il candidato non ha vocazione, si deve ricorrere alla S. Sede, la quale, esaminate le cose, dirà il da farsi onde evitare che si dia alla Chiesa un Sacerdote indegno.
Quando infine si tratterà del Presbiterato, è assolutamente necessario che ognuno proceda con tale circospezione e cautela da evitare di addossarsi la terribile responsabilità di dare alla Chiesa un Sacerdote indegno. Il cuore materno della Chiesa infatti, anche dopo tante indagini fatte e tante rassicurazioni avute, non è ancora del tutto tranquillo. Perciò essa vuole che il Vescovo si rivolga 5 coloro che assistono alla cerimonia e li scongiuri .di voler manifestare con assoluta libertà qualsiasi cosa ch´essi conoscessero circa la vita, i costumi e i demeriti degli ordinandi, senza badare a considerazioni o affezioni umane. Se pertanto, insiste il Vescovo, qualcuno ha qualche cosa da obbiettare circa di essi, si faccia avanti con fiducia e la manifesti ».
D´altronde è giusto che la pianeta, veste dei Sacerdoti, la quale secondo il Pontificale Romano simboleggia la carità, serva effettivamente a ricoprire, come manto regale, la stirpe eletta e santa dei Ministri di Dio. Gesù Cristo ha diritto di esigere da coloro ai quali non solo conferisce i più eccelsi poteri, 1115 fa dono totale di Se stesso, una santità al disopra di quella dei Ministri inferiori: santità che deve manifestarsi in tutti i tempi e in tutti i luoghi e culminare, secondo l´espressione dell´Apostolo, nell´Acquisto della misura e della statura dell´uomo perfetto, vale a dire della pienezza delle virtù e perfe‑ • zioni di Gesù Cristo (96´). S. Paolo infatti vuole che in tutto e con tutti noi ci manifestiamo Ministri di Gesù Cristo, mediante la pratica della giustizia, pietà, fede, carità, pazienza, mansuetudine. Il motivo è evidente: il Sacerdote facendo le veci di Gesù Cristo ed essendo il dispensatore dei suoi´Misteri deve, giusta la bella espressione di S. Cirillo, essere l´immagine vivente e l´espressione fedele di questo divino Modello. Ora è appunto a quest´opera di eccelsa perfezione che sono chiamati a cooperare in nobile gaia i Superiori e i chierici dei nostri Studentati.
Prima di por termine a queste esortazioni, vogliamo raccomandare agli uni e agli altri di far sì che, nel periodo delle Ordinazioni, si eti iti tutto ciò che possa distogliere gli ordinandi dai grandi pensieri che devono occupare del tutto le loro menti in quei giorni di raccoglimento e di benedizioni. Perciò si pensi preventivamente alle cerimonie, al breviario, alle immagini-ricordo, onde non essere poi distratti da simili preoccupazioni. Abbiamo già detto altrove che, .tra religiosi della stessa Famiglia- che praticano la vita comune, non vi devono essere differenze di trattamento: il breviario sia modesto per tutti, e, per le immagini, — pur rappresentando esse simboli e santi diversi, — siavi una somma uguale per tutti senza badare se l´ispettoria o la famiglia disponga di più abbondanti mezzi.
La prima Messa sia celebrata nel raccoglimento dello Studentato. Quando poi l´Ispettore abbia concesso l´andata in famiglia, si eviti che a una funzione profondamente religiosa si dia comechessia un carattere di dissipazione. Le prime esibizioni, i primi contatti del novello Sacerdote con il mondo siano tali da diffondere luce di buon esempio e profumo di pietà in tutte, nel vitto, nel parlare, nel contegno esteriore.
15. - CONCLUSIONE
S. Leone, intessuto l´elogio del grande Sacramento dell´Ordine, conchiudeva così: « Dopo quanto abbiamo esposto persuadiamoci che non sarà mai eccessiva la divozione e l´impegno con cui, sia coloro che lo conferirono, sia coloro che lo ricevet tero, si adopreranno per evitare che un Sacramento di tante benedizioni abbia ad essere negligentemente trattato » (97). E poichè quanto ho scritto con cuore di padre in questa Circolare è soprattutto a profitto dei nostri carissimi Chierici, che tutti desideriamo abbiano ad essere domani Sacerdoti zelanti e santi, rivolgo ad essi, a suggello delle considerazioni fatte, queste commoventi espressioni tolte da diversi passi di S. Ambrogio: « Aprite i vostri cuori alle parole che stanno per uscire dalla mia bocca. Voi, o germi preziosi di grazie tanto eccelse, dolce speranza della Chiesa, falange eletta e destinata ad essere gli uomini dell´Eterno; voi, araldi del cielo, angeli della terra, apostoli della nuova Alleanza, operai della vigna mistica, pastori del gregge di Gesù Cristo; deh, ve ne supplico, per l´amore che vi arde in cuore verso di Lui, rendetevi degni del grado sublime a cui siete stati innalzati e non sia mai che abbiate a tradire, o per bassezza di sentimenti o per una condotta meno degna, l´augusto carattere con il quale Gesù Cristo stesso vi ha decorati ».
Soltanto così la Società Salesiana potrà corrispondere degnamente alla volontà del santo suo Fondatore e Padre Don Bosco, il quale in vita fece proprie le preoccupazioni della Chiesa e le direttive dei Papi, e ora dal Cielo continua a ripetere ai suoi Figli queste parole da Lui dette in una memoranda Conferenza ai Salesiani: « Quello che io voglio, e su cui insisto e insisterò sempre finchè avrò fiato e voce, si è che colui il quale si fa chierico sia un santo chierico, come colui che si fa prete, sia un santo prete » (98).
APPENDICE la
PROGRAMMA DI CONFERENZE PER GLI STUDENTATI FILOSOFICI
AVVERTENZE. — 1. Una delle Conferenze mensili è quella dell´Esercizio di Buona Morte, ed è sempre di indole ascetica a scelta del Direttore e rispondente alle particolari esigenze della comunità.
2. Tenendo conto delle visite fatte agli Studentati nel corso dell´anno dall´Ispettore, da altri Superiori, Personaggi insigni e Missionari, i quali sogliono generalmente fare qualche conferenza alla comunità, abbiamo creduto conveniente lasciare un piccolo margine per queste ed altre eventuali circostanze, calcolando così, oltre a quelle dell´Esercizio di Buona Morte, altre 21 Conferenze nel corso di ogni anno. In esse potranno essere trattati i temi seguenti:
I ANNO
Lettura e spiegazione del Regolamento degli Studentati Filosofici. - Lettura e spiegazione della Instructio ad Supremos... Moderatores. - Lettura e spiegazione della Circolare del Rettor Maggiore sugli Studentati Filosofici e Teologici. - Stato religioso e perfezione religiosa. - Spirito Salesiano. Voti.. - Povertà. - Castità. - Ubbidienza. - Vita comune.
Il ANNO
Lettura e spiegazione del Regolamento degli Studentati. - Lettura e spiegazione della Instructio ad Supremos... Moderatores. - Lettura e spiegazione della Circolare del Rettor Maggiore sugli Studentati. - Virtù in generale. - Fede. - Speranza. - Carità. - Prudenza. - Giustizia. - Fortezza. - Temperanza e mortificazione.
III ANNO
Lettura e spiegazione del Regolamento degli Studentati. - Lettura e spiegazione della Instructio ad Supremos... Moderatores. - Lettura e spiegazione della Circolare del Rettor Maggiore sugli Studentati. - Pietà in genere ed unione con Dio. - Confessione. - Comunione. - Meditazione. Lettura spirituale e visite. - Esercizio di Buona Morte. - Esame di coscienza. - Umiltà. - Lavoro. - Spirito di famiglia e santa allegria. - Urbanità. - Rendiconto e confidenza. - Cinque difetti da evitare: il prurito di riforma; l´egoismo individuale; la mormorazione; il trascurare i propri doveri; il dimenticarci che lavoriamo pel Signore.
APPENDICE 2a
PROGRAMMA DI CONFERENZE PER GLI STUDENTATI TEOLOGICI
AVVERTENZE. — 1. Una delle Conferenze mensili è quella dell´Esercizio di Buona Morte ed è sempre di indole ascetica a scelta del Direttore e rispondente alle particolari esigenze della comunità.
I ANNO
CONFERENZE DI CARATTERE RELIGIOSO.
Lettura e spiegazione del Regolamento degli Studentati. - Lettura e spiegazione della Instructio ad Supremos... Moderatores. - Lettura e spiegazione della Circolare del Rettor Maggiore sugli Studentati. - La vita religiosa e la perfezione. - La vita religiosa e i santi Voti. - La vita religiosa e l´osservanza delle Regole. - La vita religiosa e la pratica dei Regolamenti.
CONFERENZE DI CARATTERE SPECIALE.
Le Opere principali dell´attività salesiana (Costitut., art. 3). - Oratori festivi e quotidiani. - Ospizi. - Scuole professionali. - Scuole agricole. Case per aspiranti. - Istituti per alunni interni ed esterni delle scuole primarie e secondarie. - Missioni. - Ritiri e predicazione al popolo. – Buona stampa.
II ANNO
CONFERENZE DI CARATTERE RELIGIOSO.
Lettura e spiegazione del Règolamento degli Studentati. - Lettura e spiegazione della Instructio ad Supremos... Moderatores. - Lettura e spiegaz´one della Circolare del Rettor Maggiore sugli Studentati. - La vita salesiana secondo lo s-)irito salesiano. - La vita salesiana nella pietà. - La vita salesiana nel lavoro. - La vita salesiana nell´apostolato.
CONFERENZE DI CARATTERE SPECIALE.
Le Persone a cui sono affidate le Opere e Cariche salesiane, e lo Spirito con cui devono essere esercitate: Il Direttore. - Della superiorità. - Doti del buon Direttore. - Il Rendiconto. - Le Conferenze. - La Soluzione del caso di coscienza. - I Sacerdoti del quinquennio. - Lo studio della Teologia. Il Capitolo della Casa. - 11 Direttore e le Autorità ecclesiastiche, civili, amministrative, scolastiche. - I Cooperatori e il « Bollettino ». - Gli ex allievi
III ANNO
CONFERENZE DI CARATTERE RELIGIOSO.
Lettura e spiegazione del Regolamento degli Studentati. - Lettura e spiegazione della Instructio ad Supremos... Moderatores. - Lettura e spiegazione della Circolare del Rettor Maggiore sugli Studentati. - La vita sacerdotale in generale. - La vita sacerdotale e la S. Messa. - La vita sacerdotale
CONFERENZE DI CARATTERE SPECIALE.
Le Persone a cui sono affidate le Opere e Cariche salesiane, e lo Spirito con cui devono essere esercitate: a) Il Prefetto. - Caratteristiche del Prefetto sales´ano: non è solo l´economo, ma il vicario del Direttore e il più autorevole tutore della disciplina. - Il Prefetto amministratore. - Il Prefetto
IV ANNO
CONFERENZE DI CARATTERE RELIGIOSO.
Lettura e spiegazione del Regolamento degli Studentati. - Lettura e spiegazione della Instructio ad Supremos... Moderatores. - Lettura e spiegazione della Circolare del Rettor Maggiore sugli Studentati. - Il Sacerdote salesiano con se stesso. - Il Sacerdote salesiano con i Superiori. - Il Sacerdote salesiano coi confratelli. - Il Sacerdote salesiano coi giovani e con le anime in generale.
CONFERENZE DI CARATTERE SPECIALE.
Le Persone a cui sono affidate le Opere e Cariche salesiane, e lo Spirito con cui devono essere esercitate. a) Il Maestro: sua missione: sue doti. - b) L´Assistente. Importanza dell´ass´stenza ; qualità dell´ass´stenza; esercizio dell´assistenza. - e) Il Coadiutore Salesiano. Caratteristiche del Coadiutore Salesiano. Capi d´arte, Capi-campagna e rispettivice-Capi. - Portinaio, Sacrestano, Guardarobiere, Infermiere, Cuoco, Commiss´oniere, Cantiniere. - d) Il Sistema Preventivo. L´educazione; sua importanza, suoi sistemi. La carità, essenza del Sistema Preventivo, e la pietà, sua base. Gli alunni e loro caratteri di fronte al Sistema Preventivo. L´educatore con gli alunni nel Sistema Preventivo. - L´assistente nel Sistema Preventivo. .I premi e i castighi nel Sistema Preventivo.
NOTE
Univers. 25 Iul. 1928.
Novembre-Dicembre 1945 N. 132
INDICE
1. Introduzione........................................................... pag. I
2. L´erezione ............................................................. » 3
3. L´edificio ............................................................... » 4
4. L´ambiente ............................................................ » 6
5. Il Direttore ............................................................. » 9
6. Il Prefetto .............................................................. » 13
7. Il Catechista ......................................................... » 15
8. Il Consigliere Scolastico .................................... » 18
9. I Professori ........................................................... » 20
10. Gli alunni ............................................................. » 24
11. Formazione religiosa ......................................... » 27
12. Formazione salesiana ....................................... » 34
13. Formazione sacerdotale .................................... » 36
14. Le Ordinazioni ..................................................... » 51
15. Conclusione ........................................................ » 70
Appendice la: Programma di Conferenze per gli Studentati Filosofici » 72
Appendice 2a: Programma di Conferenze per gli Studentati Teologici » 73
Note » 76
Il RETTOR MAGGIORE;
Considerazioni sul primo Centenario della Casa-Madre.
Avvertenze.
Strenna per l´anno 1946.
ATTI DEL CAPITOLO SUPERIORE
Torino, 24 dicembre 1945.
Figliuoli carissimi in G. C.,
Fortunatamente non duro fatica a scegliere il tema: avendo infatti tenuto in questi ultimi giorni una conferenza ai carissimi confratelli dell´Oratorio, non mancò chi mi dicesse: «E perchè non fa partecipi di queste esortazioni e notizie a noi comunicate anche gli altri confratelli della Congregazione, che di certo le gradirebbero e ne ritrarrebbero edificazione? ». Eccomi a soddisfare quella richiesta tanto delicata e calda di amor fraterno nella speranza di fare cosa vantaggiosa a tutti i miei cari figliuoli sparsi nel mondo.
Tralascio di rievocare il fatto a voi ben noto, e in quella vece v´invito a rispondere a questa domanda: Che cosa portò Don Bosco a casa Pinardi il 12 aprile 1846 quando vi `condusse per la prima volta i suoi giovani, e il 3 novembre dello stesso anno quando venne a stabilirvisi in modo definitivo con Mamma Margherita?
La risposta non è difficile: Don Bosco portò a casa Pinardi il suo spirito: spirito multiforme e composto di preziosissimi elementi, dei quali v´invito a considerarne per ora due: la sua luce di purezza e 12, sua eroica povertà.
3. Don Bosco, al suo arrivo, trovò, in Casa Pinardi e. in quei dintorni, il malcostume dilagante. Sappiamo infatti che l´amatissimo nostro Padre, pur avendo trasportato il suo Oratorio alla famosa tettoia e ad alcune stanzette adiacenti, non seppe decidersi a stabilire colà la sua dimora, perchè quei luoghi erano tristemente infamati per la scostumatezza che vi regnava specialmente nei giorni festivi. Ond´è ch´egli continuò a vivere all´Ospedaletto per timore che la sua presenza di notte in quei paraggi potesse comechessia nuocere al suo buon nome.
,Nel frattempo, senza badare a spese, egli si diede attorno per dare lo sfratto alle persone più pericolose, allo scopo di rendere possibile più tardi la sua definitiva residenza in quelle stanze.
Ma forse, neppure dopo queste cautelose precauzioni, egli vi si sarebbe deciso, se non fosse riuscito a indurre Mamma Margherita ad accompagnarlo.
Iddio, nei disegni della sua Provvidenza, aveva disposto che Don Bosco portasse al mondo un messaggio di purezza, perchè di questa angelica virtù egli avrebbe dovuto valersi per cooperare alla redenzione e salvezza della gioventù, che una ondata pestifera di immoralità e dissolutezza minacciava di sommergere. Per questo abbiamo detto che là, ove regnavano le tenebre e il fetore della corruttela, Don Bosco portò splendori e olezio di purezza.
La lotta ch´ei dovè sostenere, specialmente nei primi tempi,
per difendere sè, i suoi giovani ..e la nascentesua opera dagli attacchi degli scostumati e licenziosi che spadroneggiavano in quel loro incontrastato regno fino all´arrivo di Don Bosco,.fu terribile e non scevra di pericoli gravissimi per l´anima e per il corpo.
Ma la luce d´illibatezza e candore che si sprigionava dalla vita angelicamente pura di Don Bosco e man mano anche da quella dei suoi giovanetti, che, nell´umile tettoia convertita in cappella, al contatta di Gesù Eucaristico, trovavano forza o per, preservare la loro virtù. o per riacquistarla dopo averla perduta, contribuì ad abbattere poco alla volta i fortalizi del disordine e del vizio.
É così non passarono molti anni, e là, dove prima si respirava il lezzo ammorbante della più depravata corruzione, poterono germogliare, fiorire e moltiplicarsi gigli di celeste purezza, quali Don Rua, D. Francesia, D. Albera, D. Barberis, Savio Domenico, Francesco Besucco e mille altri che, oggi ancora, benedetti in perenne ricordo, irradiano gli splendori del loro candore, nelle case della Famiglia Salesiana disseminate nel mondo intero. Si resta commossi fino alle lagrime quando si rileggono le impressioni di quei primi giovanetti che, attirati dall´angelica candidezza di Don Bosco, non solo ne ascoltarono estasiati le ispirate parole, ma si sentirono spinti a seguirne gli esempi e a non abbandonarlo mai più, associandosi al suo apostolato, tanto era il fascino che la sua virtù esercitava sulle loro anime.
4. E di quali mezzi si servì D. Bosco per mantenere intatta la sua innocenza l Non v´ha dubbio ch´egli, nell´umile tettoia convertita in cappella, poteva prostrarsi di .frequente dinanzi a Gesù Sacramentato e all´immagine della Vergine Santa, traendo, da quegli intimi colloqui, aiuti e forza proporzionati al suo fervore. Ma penso che non andremo errati affermando che vero baluardo d´el suo angelico candore fu l´eroico spirito di povertà ch´egli portò a Casa Tinardi, conservato poi gel:osamente durante tutta la sua vita. E sì avverta che la povertà di Don Bosco era fatta di, distacco generoso da tutte le cose
terrene e veniva alimentata da un perenne spirito di mortificazione e temperanza. È questa infatti la povertà vera e meritoria davanti a Dio, ai fini della salvezza eterna, e non già la povertà materiale che consiste nella privazione effettiva delle ricchezze e dei beni della terra.
Prima ancora che alla squallida dimora di casa Pinardi giungesse Don Bosco, regnava sovrana in essa tale e tanta povertà da rasentare in molti casi la miseria. Ma questa non era che povertà materiale, povertà mal tollerata, mille volte deprecata e maledetta da coloro che ne dovevano sopportare i disagi e le sofferenze.
Don Bosco invece vi portò quella povertà che, mentre è anche materiale ed effettiva, è soprattutto povertà affettiva, di desiderio, di elezione, di cuore; vi portò insomma quella che il Divin Redentore chiamò povertà in ispirito.
Povera infatti era la cappella ch´egli benedisse il 12 aprile 1846, solennità di Pasqua, quando vi condusse per la prima volta i suoi giovani: povere le nude stanzucce, delle quali il 3 novembre dello stesso anno prese possesso in compagnia della sua santa Madre. Sovrano doveva regnarvi lo squallore se Mamma Margherita, tutta giuliva di quella povertà betlemitica, prese a cantare la nota canzone:
Guai al mondo — se ei sente, Forestieri — senza niente.
La descrizione che il biografo ci ha tramandato delle poche e misere masserizie e della commovente scena di Don Bosé0 e Mamma Margherita intenti a collocarle nelle due umili stamberghe, è veramente patetica.
Ma, più che la povertà reale ed. effettiva, noi dobbiamo ammirare in Don Bosco il suo eroico distacco e la sua austera temperanza.
Forse l´oggetto di maggior valore allòra da lui posseduto era l´orologio regalatogli poco prima con nobilissimo gesto dal Teologo Vola: ebbene l´orologio fu venduto il giorno dopo per sopperire ai primi bisogni. Non passarono molti giorni e Don Bosco, stretto da crescenti necessità, vendette pme alcuni appezzamenti di campo e di vigna che possedeva alla borgata natia.
Mamma Margherita alla sua volta, con non minore eroico distacco, vendette il suo corredo di sposa — vesti, anello, orecchini, collane — per sopperire specialmente alla povertà della cappella.
Tutti poi conosciamo quale fosse il vittò di Don Bosco e della sul impareggiabile madre in quei primi tempi, e quanti i loro disagi e le loro privazioni.
Ora se gli scogli più pericolosi contro i quali può urtare e incontrare naufragio la purità sono le ricchezze e i piaceri che con esse vengono procacciati, come pure le abitazioni lussuose e le mense opulentemente ammannite, ben possiamo affermare che, nel distacco dalle cose terrene e nella sua austera temperanza, Don Bosco trovò lo scudo e l´arma .più potente per difendere il tesoro della sua purezza.
5. Ma è tempo ormai che da queste considerazioni d´indole generale scendiamo a qualche pratica applicazione a vantaggio nostro e delle anime.
Ognuno di noi è l´erede dello spirito e il, continuatore delle opere di Don Bosco. È vero che all´umile tettoia di Valdocco fece seguito la chiesetta. di S. Francesco di Sales e più tardi il Santuario di Maria Ausiliatrice, ora artisticamente ingrandito e convertito in magnifica Basilica; ed è pure vero che le prime squallide camerette della casa Pinardi si sono tramutate in spaziosi padiglioni che accolsero migliaia e migliaia di giovani. Non solo, ma da Valdocco le case e le opere di Don Bosco si sono sparse con maravigliosa rapidità su tutta quanta la faccia della terra. Tutto ciò è vero, anzi prodigioso e consolante, ed è giusto che s´innalzi a Dio l´inno della riconoscenza.
A noi però quello che maggiormente interessa è sapere se, non solo negli ambienti santificati fin dagli inizi dall´operosità e dalle virtù eroiche del nostro Fondatore, ma in qualsiasi casa ovunque siavi un suo ,figliuolo, anche nelle plaghe più remote
della terra, si conservi puro e integro il suo spirito, e in particolare quella luce di: purezza e quell´eroica povertà ch´egli, cento anni or sono, portò al suo ingresso nella casa Pinardi.
La risposta, figliuoli carissimi; tocca a me il darla, tocca a ciascuno di voi.
Don Bosco iniziò l´opera sua in tempi oltremodo difficili: e noi possiamo aggiungere che non meno tristi e perigliosi sono quelli in cui viviamo. Noi sappiamo che i più tremendi castighi furono sempre causati dalla depravazione e dissolutezza degli uomini. Infatti quando ogni uomo aveva macchiato le sue vie sulla terra e il grido delle iniquità erasi alzato fino a Dio, allora scesero le acque del diluvio a sommergere ogni cosa e le città della Pentapoli si videro convertire in fetido lago di asfalto. Orbene noi che ci vedemmo travolti negli orrori mai uditi e mai visti dell´ultima guerra, dobbiamo logicamente dedurre che l´immoralità e la scostumatezza devono essere giunte a estremi ben deplorevoli anche ai giorni nostri se Meritarono castighi così tragicamente apocalittici.
Nè: basta che noi ci percuotiamo il petto, ma è inoltre necessario che ci persuadiamo essere inutile qualsiasi lavoro ricostruttivo fino a che l´umanità non sia ricondotta sui sentieri della moralità e della purezza.
È questa, figliuoli carissimi, la. grande missione alla quale Iddio oggi ci chiama, come cent´anni fa aveva chiamato Don Bosco allorchè lo condusse alla casa Pinardi. L´ora presente non è meno- storica di quella: il mondo in cui viviamo ha soprattutto bisogno di apostoli.
Domandiamoci adunque: qual è in noi lo spirito di purezza, senza del quale non potremmo in nessun modo compiere la nostra missione? Su questo punto capitale: quali le nostre idee, le nostre parole, le opere nostre?
In questi ultimi lustri più che mai sono germinate pressochè dovunque, come ammorbante fungaia, idee, teorie, orientamenti esiziali tendenti a sovvertire il senso morale. Educazioni, — che in troppi casi meglio si direbbero corruzioni — della castità; principi avventati e diabolicamente sfrontati, fino al punto di intaccare lo, stesso, campo teologico; .pressochè in tutti i settori poi una mal-ugurata debolezza pavidamente disposta sempre a cedere terreno dinanzi alle idee dissolvitrici del buon costume; . un nudismo inverecondo che pretende portare le sue spudoratezze persino nelle chiese e nelle case religiose mettendo in non cale la voce augusta del Papa, quella dei Vescovi, dei Sacerdoti e: di quanti tentano di arginarne i progressi...: tutto quest´insieme nequizie hanno contribuito ad affievolire il senso morale facendo scempio dell´innocenza e del candore.
Altrettanto dicasi della procacità delle parole, delle conversazioni sboccate, dei libri, riviste, foglietti eroitici e galeotti che moltiplicano la corruzione e gli scandali.
Non dobbiamo stupirci pertanto se dalla sfacciata propaganda di queste idee in ogni settore e particolarmente in.quello giovanile, ne sia derivato il dissolvimento delle famiglie e come conseguenza l´essersi trovata la povera gioventù esposta a pericoli morali di ogni sorta nel focolare domestico, nella scuola, nei teatri e cinematografi, tra le compagnie corrotte, ovunque purtroppo, perchè i miasmi mefitici della corruttela si sono infiltrati dappertutto.
6. Orbene, quali furono e sono i nostri sforzi per porre un argine a tanta depravazione? Abbiamo noi tutti, riguardo a questo punto tanto fondamentale della purezza, le .idee tradizionali lasciateci come preziosa eredità da Don Bosco? Abbiamo forse permesso che penetrassero nei nostri istituti libri,´ riviste, giornali, foglietti in contrasto con quelle idee? C´è stato chi abbia preteso di saperne più di San Giovanni Bosco in fatto di educazione della castità, e abbia osato insinuare tra i nostri sacerdoti, chierici e coadiutori, e persino tra i giovani, teorie sconsigliate e principii meno rispondenti alle chiare direttive date da S. S. Pio XI nella sua Enciclica sull´Educazione, che sono autorevole conferma delle nostre tradizioni paterne? Ah! non dimentichiamo che un illustre scrittore e profondo conoscitore di Don Bosco, di cui scrisse una interessantissima vita, intese fare il più grande elogio della purità di D. Bosco chiamandola castità selvaggia.
Quest´aggettivo, così insolitamente forte, sta ad ammonirci che anche noi dobbiamo essere dovunque e sempre schivi ed energicamente restii a qualsiasi infiltrazione di idee, teorie, insinuazioni, che possano in qualsiasi modo infirmare il chiaro orientamento lasciatoci da Don Bosco. Altrettanto dicasi delle nostre parole e delle opere nostre.
Le espressioni usate da Don Bosco in fatto di purezza furono sempre castigatissime. Egli sapeva trattare anche argomenti scabrosi con parole, frasi, circonlocuzioni che neppure lontanamente turbavano l´animo di chi ascoltava. Di certe cose poi, — come ad esempio fatti scandalosi, matrimoni, debolezze, scandali familiari, — consigliava di non trattarne affatto, non essendo materia da ricavarne edificazione. Inoltre condivideva appieno il pensiero di S. Bernardo, affermando egli pure che certe facezie, barzellette, frizzi, scherzi, arguzie, parole equivoche e a doppio senso, grossolanità, sulle labbra dei sacerdoti e di persone religiose, non sono spiritosaggini ma bestemmie.
Alle idee e alle parole debbono naturalmente corrispondere le oper.i. Quali adunque le nostre opere per tutto ciò che riguarda la purezza? V´è nelle cure del nostro corpo qualcosa che possa mettere a rapentaglio il candore della virtù angelica? Sono forse penetrate nelle nostre case leggerezze e leziosaggini che denotino morbosità; e mollezza?
Ho visto con soddisfazione — e ve ne tributo lode — che vanno Scomparendo pressochè ovunque certe acconciature dei capelli che sono chiaro indizio di spirito frivolo e secolaresco e che non dovrebbero mai trovar ricetto presso persone religiose e in nessun modo poi presso sacerdoti. Questi, infatti, quando furono arruolati sotto i vessilli della milizia sacerdotale, ebbero dal Vescovo tagliate le chiome: e dice il Rituale che a ciò essi si assoggettarono volenterosamente per amor di Do e per difendere i loro cuori dalle lusinghe del mondo e dai desideri mondani. Dio non voglia che certi ritorni alle abitudini secolaresche possano essere l´indice di intepidito e raffreddato amor di Dio.
Quali le nostre relazioni con i giovani? Dobbiamo amarli, anzi far loro capire che li amiamo: ma in questa pratica tanto delicata abbiamo forse sbandato in un senso piuttosto che in un altro? Abbiamo saputo conservarci padroni del nostro cuore, allontanandolo da simpatie o antipatie sia pure iniziali ma sempre pericolose? Quale il nostro riserbo? Don Bosco ci vieta di prendere i ragazzi per mano o a braccetto, di accarezzarli comecchessia, di evitare regalucci o qualsiasi manifestazione che sia il principio di deplorevoli debolezze. Fummo fedeli al nostro Padre, alle Costituzioni, ai Regolamenti, alle tradizioni circa una materia tanto delicata?
La nostra missione ci mette, e non di rado, a contatto con le persone del mondo: non abbiamo nulla da correggere a questo riguardo? Evitiamo le uscite di casa non autorizzate? Le visite a famiglie senza averne espresso mandato? Le andate presso i parenti senza un vero e riconosciuto bisogno? Quale la delicatezza, le nostre cautele nel trattare con persone di altro sesso? Le riceviamo negli uffizi con le porte a vetri oppure aperte, evitando conversazioni inutili ed usando serietà e riserbo? Nel confessionale e altrove diamo sempre del lei anche se si tratta di ragazze? Evitiamo di scrivere lettere a persone di altro sesso col pretesto di direzione spirituale? Questi e altri punti riguardanti una virtù tanto fragile ed esposta ai pericoli sono in verità di una delicatezza estrema ed esigono da parte nostra attenzioni quanto mai caute. Frequenti esami di coscienza sul nostro modo di pensare, parlare ed agire a riguardo della virtù angelica, e soprattutto il fuggire le occasioni e l´invocare frequentemente l´aiuto di Dio per intercessione di Maria Ausiliatrice e del nostro Angelo Custode, gioveranno assai a mantenerci puri e santi, quali ci vuole il nostro grande Padre.
7. Abbiamo detto che uno dei mezzi più efficaci di cui seppe servirsi Don Bosco per conservare immacolato nel suo cuore il giglio della purezza fu il suo grande amore alla povertà, intesa come distacco dalle cose terrene e come mortificazione e spirito di sacrificio.
Del distacco e mortificazione del nostro santo Fondatore abbiamo fatto, sia pur di sfuggita, qualche cenno. Perciò anzichè indugiarci a parlarne oltre penso sia più utile alle anime nostre raccoglierci internamente e chiederci: Qual è il nostro spirito di povertà, di distacco, di mortificazione?
Un po´ tutti, ma in particolare coloro che si trovano nelle nazioni maggiormente martoriate dalla tragedia sanguinosa della guerra, potrebbero rispondere che, in questi anni, si ebbe agio di ritemprarsi in questo spirito.. Ciò è vero, perchè nel corso del tremendo conflitto abbiamo effettivamente provato incomodità, privazioni, disagi di ogni genere: non pochi poi dei nostri carissimi confratelli combattenti, prigionieri ed ´internati si trovarono esposti anche per lungo tempo, non solo agli stimoli, ma agli strazi e alle agonie della fame. Tutto ciò è vero, figliuoli carissimi, e noi sentiamo il bisogno di rivolgere a coloro che hanno maggiormente e più lungamente sofferto i nostri sentimenti di compianto e fraterna condoglianza.
Ma poichè fin qui non godiamo purtroppo dei benefizi di una vera pace,. e per contro, mentre ancor perdurano i disagi della guerra, si sente già parlare con orrore di un nuovo conflitto — dal quale speriamo che Iddio ci scampi —; io sento il bisogno di esortarvi a soffrire le presenti privazioni, non solo con fede e generosità, ma soprattutto a servirvi delle´ inevitabili sofferenze procurate dalla povertà per irrobustire in voi quello spirito di purezza, che è la chiave e il presupposto di ogni nostro successo nell´apostolato.
Pur avendo dato un definitivo addio al mondo, ognuno di noi sente il bisogno di rendere praticamente sempre più effettivo il distacco da tutto ciò che è terreno, per evitare che questo debole nostro cuore si lasci di bel nuovo adescare magari da miseriucce, b2,gatelle, oggettucci, ai quali aderisce a volte con tale intensità di cupidigia da farci arrossire poi quando veniamo a capirne´ tutta la meschina vanità. Ogni mese, nel giorno dell´esercizio di buona morte, sarebbe utilissimo un breve esame circa tutte le cose di cui siamo in possesso per vedere se il cuore ne sia interessato e se sia,s,´->i qualche attacco da stroncare.
Esaminiamo inoltre quale sia il nostro spirito di mortificazione dei sensi, della fantasia, della intelligenza, della volontà, del cuore. Vi sono forse negli sbandamenti e libertà o poca castigatezza dei nostri sensi, alcuni di quei contrassegni, o sintomi che Tertulliano chiamava indizi della verginità moritura?
Con ragione ammoniva S. Bernardo che l´anima, fintantochè è circondata di carne, è anche circuita e quasi soffocata da spine. Spine in terra, diceva il Santo, spine nell´aria, spine nella carne: spine di tentazioni, affezioni, allettamenti al mondo, al fango. Spine nella fantasia pazzamente sconvolta da immaginazioni e seduzioni che vorrebbero trascinarla all´abisso. Spine nell´intelligenza, punta da curiosità morbose, da avidità di notizie che sarebbe meglio ignorare, pronta sempre alle critiche, alle mormorazioni che finiscono per offuscare, non solo la carità, ma,tutta l´anima disorientandola dal suo vero fine. Spine nella volontà che finisce per preferire se stessa a Dio. Spine nel cuore, i cui affetti sfocati e «smarriti si rivolgono alle cose frivole e passeggere anzichè a quelle eterne, alle creature piuttosto che, al Creatore.
È necessario pertanto liberare l´anima da queste spine di morte che facilmente potrebbero lacerare i candidi petali del fiore della purità, circondandola invece delle spine salutari della mortificazione e dei sacrifizi, che, nel linguaggio scritturale, sono gli scudi e i baluardi spirituali posti a preservazione e difesa dei gigli.
9. Figliuoli carissimi, anche l´anno centenario della fondazione dell´Oratorio passerà veloce e avrà inizio un secondo centenario. A noi fu dato di constatare, con sentimenti di meraviglia e commozione, quanto siano stati copiosi i frutti dell´angelica purezza e della povertà eroica di S. Giovanni Bosco in questo che ben possiamo chiamare centenario di provvidenziale espansione e di attività gloriosa delle opere da lui fondate. Ora tocca a noi emulare gli esempi e le gesta del nostro grande Padre onde attirare sull´amata Congregazione ancor più abbondanti, se possibile fosse, le benedizioni celesti.
Forse qualcuno di voi si sarà sentito preso da sgomento pensando alle vittime e rovine accumulate dalla guerra anche sulla nostra Società. È vero, il bilancio è oltremodo impressionante e doloroso. Da un calcolo approssimativo i morti risulterebbero in totale ben 344, di cui 323, Salesiani e 21 Figlie di Maria Ausiliatrice. La Germania ne perdette 143, la Polonia 84, la Jugoslavia 27, l´Italia 23, l´Austria 18,. la Francia 13, il Belgio 7, la Cina 3, il Giappone 3, l´Inghilterra 1, la Lituania 1. A queste vittime si devono aggiungere almeno altri 360 Salesiani feriti sui campi di battaglia, colpiti dalle incursioni aeree o immiseriti nei terribilmente famosi campi di concentramento, ove non pochi perdettero forse in modo irreparabile la salute. Sono pertanto, tra tutti, ben 7041e vittime dell´immane tragedia.
Nè meno impressionante è l´elenco delle rovine. Le case totalmente distrutte o gravemente danneggiate furono 79; delle quali 37 in Italia, 15 nella Polonia, 8 nella Jugoslavia, 8 nell´Austria, 5 nella Germania, 2 ne´lla Francia, 2 nella Lituania, 1 nell´Ungheria, 1 nel Belgio. Le case meno gravemente danneggiate furono 115, delle quali 55 in Italia, 22 in /Polonia, 9 nella Germania, 7 nell´U:n.gheria, 6 nella Francia, 5 nell´Austria, 5 nella Jugoslavia, 3 nel Belgio, 3 nella Lituania.
Ciò che maggiormente rattrista il cuore è pensare che furono pure ridotte a un mucchio di macerie le magnifiche chiese di Sampierd.arena, Ferrara, Forlì, Frascati, Capocroce, Varsavia, Suprasi; e gravemente danneggiate quelle di Bologna, Ancona, Milano, Torino-Agnelli, Livorno, Terni, Latinia, (Littoria), Santa Chiara a Palermo, ed altre. L´ammontare dei danni raggiunge cifre astronomiche.
Dovrà forse questo lugubre insieme di rovine e di sangue trascinarci allo sbigottimento e prostrarci? No, figliuoli carissimi, perchè la Divina Provvidenza a conforto nostro ha voluto che a fianco delle rovine, anzi quasi potremmo dire su di esse, si ergesse, imponente e confortante il cumulo delle benedizioni celesti. Mentre infatti l´uragano si scatena-va furioso sulle ispettorie.di Europa, la pioggia delle divine grazie scendeva benefica particolarmente su quelle di America e di altre regioni.
Da notizie ricevute in questi ultimi mesi risulta che solo nel Brasile sono saliti circa a mille gli aspiranti e a 700 nella Spagna, senza parlare del notevole incremento delle vocazioni in quasi tutte le nazioni di America. Non sole, ma le nuove case aperte recentemente dai Salesiani e dalle Figlie di Maria Ausiliatrice raggiungono approssimativamente il centinaio; da 65 a 70 dei Salesiani, da 28 a 30 delle Suore; senza contare parecchie grandi chiese costruite, parecchie nuove parrocchie erette, e non poche altre nostre opere notevolmente ingrandite.
Come vedete il Signore, quasi a dirci che le nostre espiazioni giunsero gradite al suo trono, ha versato su di noi l´abbondanza dei suoi doni in misura del tutto straordinaria e paterna.
Cent´anni or sono Don Bosco, giovane sacerdote, neppur possedeva, ma aveva solo in affitto, la tettoia convertita in cappella e le poche e squallide stanze della casa Pinardi. Oggi gli Istituti Salesiani e delle Figlie di Maria Ausiliatrice si avviano ad essere fra breve due mila, sparsi su tutta quanta la faccia della terra. Cent´anni, fa Don Bosco era solo, sorretto unicamente; nell´abbandono di Valdocco, dall´eroica Mamma Margherita: oggi un esercito di oltre quattordici mila Salesiani e dieci mila Figlie di Maria Ausiliatrice spargono a piene mani le benedizioni delle opere create dal grande Apostolo della gioventù sotto tutti i cieli.
Il glorioso passato adunque è, più che una promessa, arra sicura dell´avvenire. Tocca a noi, eredi dello spirito e delle istituzioni del Padre amatissime, calcarne le orme, riprodurne l´operosità, emularne le gesta gloriose. A tal fine ognuno di noi abbia ben fisso nella mente e nel cuore che il nostro Fondatore centfan:n.i fa assicurava l´avvenire delle opere per le quali avevalo suscitato la Provvidenza, basandole sul saldo fondamento di una- povertà eroica irradiata perennemente dagli splendori di una angelica purezza.
Figliuoli carissimi: pongo termine a questa lettera edificante esortandovi ad iniziare il secondo centenario delle´Opere salesiane appoggiandole sulle stesse basi e irradiandole della stessa luce.
Di gran cuore vi benedice il vostro aff.mo in G. e M.
SAC. PIETRO RICALDONE.
Gennaio - Febbraio 1946 N. 133
IL RETTOR MAGGIORE:
Lettura degli del CAntolo. - I giovanetti orfani e abbandonati - I Cooperatori Salesiani. - Nuovi Vescovi Salesiani - Visita dei Superiori del Capitolo alle Case.
AVVERTENZE
Preghiamo perchè da questi lavori abbia a ritrarre vantaggi sempre maggiori la formazione del nostro personale a bene della gioventù e delle anime.
Pratichiamo la virtù della giustizia verso Dio e verso il prossimo.
ATTI DEL CAPITOLO SUPERIORE
Il Rettor Maggiore.
Torino, 24 febbraio 1946.
Figliuoli carissimi in G. C.,
Con questo numero, gli Atti del Capitolo, cessato almeno in parte lo stato di emergenza, ritornano all´antica tradizione di portare a tutti i Salesiani, con la voce del Rettor Maggiore, anche quella degli altri membri del Capitolo Superiore. È una affettuosa ripresa di contatto che spero arrechi notevoli vantaggi alla nostra amata Congregazione.
Ad ottenere che il profitto sia quale noi desideriamo, si faccia di tutto perché effettivamente della voce dei Superiori nessuno venga privato. Si dia lettura degli Atti del Capitolo quando la Comunità sia tutta riunita, e ai confratelli assenti si procuri la comodità di udire in altra riunione, o almeno di poter leggere in privato, le disposizioni e le esortazioni dei Superiori. Quando poi vi fosse chi non capisse la lingua, gli si offra modo di poterla leggere nel proprio idioma.
Gli Atti del Capitolo hanno non solo lo scopo di far conoscere a tutti lo sviluppo e i frutti edificanti della nostra Madre, la Congregazione, ma soprattutto quello di rendere sempre più forti i vincoli´ che ci stringono nello spirito del nostro grande Padre.
2. Avrete certamente letto con filiale devozione l´Enciclica Quemadmodum nella ,quale il Santo Padre Pio XII, esorta i cuori ben nati a interessarsi efficacemente, anche se con sacri fizio, della povera gioventù orfana e abbandonata. Penso ne siate rimasti profondamente commossi, perchè avrete pensato che il richiamo tanto accorato del Santo Padre dev´essere accolto con slancio e praticità d´iniziative specialmente da noi.
Ho visto e letto con vero compiacimento quanto i Salesiani hanno già fatto pressocchè dovunque in questo settore della cristiana carità: anzi ricorderete che già in altro numero degli Atti vi ho anche comunicato, sia pure sommariamente, l´opera svolta in molti nostri Oratori festivi in favore di tanti poveri fanciulli della strada altre e più recenti notizie sarebbero motivo di vero conforto a tutti voi, se avessi modo di comunicarvele. Ma poichè dispongo di poco spazio passo invece a ricordarvi l´articolo 5 delle Costituzioni il quale dice testualmente così: « Siccome poi avviene spesso che s´incontrino giovanetti .talmente abbandonati, che per loro riesce inutile ogni cura se non sono ricoverati in qualche ospizio; così, con la maggior sollecitudine possibile, si apriranno case, nelle quali, con l´aiuto della Divina Provvidenza, verrà loro somministrato ricovero, vitto e vestito «.
Ecco, figliuoli carissimi, la parola d´ordine del nostro Santo. Fondatore. Mi consta, e me ne compiaccio, che già in molte case furono accolti numerosi orfani e giovani bisognosi: ne sia ringraziato il Signore! So anche che in parecchie Ispettorie è stato offerto al nostro Padre, come vi aveva proposto nella ricorrenza del 1941, non un solo nuovo orfanotrofio, ma parecchi. Ah, ne sono certo, queste caritatevoli iniziative attireranno benedizioni del tutto straordinarie sull´amata nostra Congregazione.
Se però vi fosse. qualche ,Ispettoria nella quale non si fosse ancora concretata quest´iniziativa, che vuole essere. più che un invito un forte proposito da realizzare ad ogni costo, prego e scongiuro gl´Ispettori e Direttori ad accingersi con slancio a tradurla quanto prima in consolante realtà.
Inoltre ogni casa si proponga, in questo straziante dopoguerra, di accogliere sempre più numerosi i poveri fanciulli orfani e abbandonati. La Divina Provvidenza susciterà, per quest´opera caritatevole, anime generose ed anche associazioni benefiche che, trattandosi di così nobili intenti, ci presteranno decisamente il loro aiuto.
Prego poi fin d´ora gl´Ispettori di volermi, inviare quanto prima un elenco esatto di tutti i giovanetti orfani e i derelitti accolti nelle case delle rispettive Ispettorie, come pure noie precise di particolari iniziative sorte a tale scopo, per far in tal modo conoscere al Sommo Pontefice in quale misura Si sforzino i Salesiani di corrispondere al suo paterno e accorato appello.
3. Mi è nota la situazione angustiosa in cui si trovano molte case, specialmente quelle sulle quali si è più crudelmente cae nito il flagello della guerra, e perciò mi rendo conto delle difficoltà che s´incontrano ovunque sia per sostenere le opere esistenti, sia problema delle vocazioni. Per questo, mentre vi esorto a praticare con fede la beneficenza nel modo suindicato, vi raccomando pure di adoprarvi in tutti i modi per trovare nuove fonti di carità e accrescere quelle già esistenti.
questo il momento di ricordare che il nostro grande Padre mise a nostra disposizione la provvidenziale istituzione dei Cooperatori e delle Cooperatrici Salesiane. Purtroppo anche in questo settore gli effetti del conflitto mondiale furono quanto mai esiziali. Le vittime, i crolli di fortuna, il rincaro generale, gli spostamenti di persone, le incursioni, e numerosi altri malanni hanno ridotto forse a meno della metà i nostri Cooperatori. In alcune zone è pressochè tutto da rifare. Urge pertanto che gl´Ispettori e i Direttori facciano una vera crociata per moltiplicar elli ai li. A tale scopo si organizzino cicli di conferenze, si rivolgano app C ratori antichi perchè vogliano aiutarci a cercarne dei nuovi, inviandoci indirizzi di persone caritatevoli dei loro paesi o di loro conoscenza.
S´invitino garbatamente a iscriversi i parenti i
dei giovani de nostri Istituti e così pure in generale gli ex allievi, i quali possono aiutarci assai a compiere una propaganda praticamente efficace.
Si facciano le Conferenze prescritte nelle feste di S. Francesco di Sales e di Maria Ausiliatrice, e non solo dove esistono case salesiane, ma, d´accordo con i signori Parroci, anche là dove stavi un piccolo gruppo di Cooperatori e di ex allievi. Insomma
la carità di Cristo, che ci sprona, susciti in tutti nuove iniziative per estendere il campo della carità in quest´ora in cui sono tanti e così assillanti i bisogni.
4. L´interruzione delle comunicazioni, che ci ha tenuti separati durante tanti anni, ha impedito giungessero a voi, tra altre notizie importanti, anche le nomine di parecchi nuovi Vescovi Salesiani. Credo opportuno farvi conoscere gli eletti o promossi dal 1939 ad oggi.
1° S. E. rev.m.a Mons. ANTONIO LUSTOSA promosso dall´Archidiocesi di Belem. do Parà a quella di Fortaleza (Brasile).
2° S. E. rev.ma MODS. MARCELLINO OLAECHEA promosso dalla Diocesi di Pamplona all´Archidiocesi di. Valencia (Spagna).
3° S. E. rev.ma Mons. LUIGI LA RAVOIRE MORROW eletto Vescovo di Krishuagar (India) il 25 maggio 1939.
4° S. E. rev.ma Mons. GIOVANNI LUCATO eletto Vicario Apostolico di Derna (Cirenaica, Libia), il 13 settembre 1939.
5° S. E. rev.ma MOILS. FRANCESCO GIUSEPPE ITURRIZA eletto Vescovo di Coro nel Venezuela il 10 novembre 1939.
6° S. E. rev.ma Mons. GIUSEPPE SAIE, eletto Vicario Apostolico di Sakania (Alto Luapula, Congo Belga) il 14 novembre 1939, Vescovo tit. di Scilio.
7() S. E. rev.ma Mons. FORTUNATO CHIRICHIGNO eletto Vescovo di Piura nel Perir il 15 dicembre 1940.
8° S. E. rev.ma Mons. VITTORIO ALVAREZ eletto Vescovo di Ayacucho nel Perù il 15 diceMbre 1940.
9° S. E. rev.ma Mons. GAETANO PASOTTI, eletto Vicario Apostolico di Rajaburi nel Siam (Thailandia) il 3 aprile 1941, Vescovo titolare di Barata.
100 S. E. rev.ma Mons. PIETRO MASSA eletto Prelato di Rio Negro (Brasile) il 5 aprile 1941, Vescovo titolare di Ebron.
11° S. E. rev.ma Mons. GIULIO CAICEDO eletto Vescovo di Barranquilla (Colombia) il 23 giugno 1942.
12° S. E. rev.ma Mons. GIUSEPPE Ttmcios eletto Vescovo titolare di Carre presso Edessa (Turchia) ed Ausiliare del Vescovo di Santa Rosa de Copàn (Honduras, Centro America) il 28 maggio 1943.
130 S. E. rev.ma Mons. CANDIDO RADA, eletto Vescovo di San Carlos di Ancud (Cile) il 9 giugno 1945.
14° S. E. rev.ma Mons. ARNOLDO APARICIO preconizzato il 22 febbraio 1946 ad essere Ausiliare di Mons. Luigi CHAVEZ, Arcivescovo di San Salvador, Centro America.
A tutti questi eccellentissimi Arcivescovi e Vescovi presento e rinnovo in nome mio e vostro le più vive felicitazioni, assicurandoli che faremo speciali e abbondanti preghiere per ottenere loro dalla bontà divina un apostolato lungo e fecondo.
Preghiamo pure per l´Em.mo nostro Cardinale Augusto Hlond e per gli altri Arcivescovi e Vescovi Salesiani che da anni prodigano, con tanto zelo e talora in condizioni oltremodo difficili, le loro attività per la gloria della Chiesa e la salvezza delle anime.
Alla lista degli eletti però dobbiamo aggiungere l´elenco doloroso di quegli altri che, nello stesso periodo, ci hanno lasciati per andare al possesso del premio delle loro apostoliche fatiche.
1° S. E. rev.ma Mons. DANTE MUNERATI, Vescovo di Volterra morto il 20 dicembre 1942.
2° S. E. rev.ma Mons. LUIGI OLIVARES, Vescovo di Sutri e Nepi morto il 19 maggio 1943.
3° S. E. rev.ma Mons. VINCENZO PRIANTE, Vescovo di Corumbà, .morto il 4. dicembre 1944.
4° S. E. rev.ma Mòns. ENRICO MOURAO, Vescovo di Cafelandia, morto il 30 marzo 1945.
5° Mons. ENRICO DEFERRARI, Prefetto Apostolico dell´Alto Orenoco, morto il 2 agosto 1945.
Per le anime elette di questi zelanti. Apostoli, che spesero la loro vita per la salvezza di tante anime, offriamo a Dio copiosi
suffragi..
5. Vi comunico infine che ho inviato alcuni Superiori del Capitolo ad iniziare la visita alle Case, là ove ora è possibile. Avrei voluto recarmi io stesso, ma l´età avanzata e i gravi affari che, troppo spesso, in questi tempi difficili, esigono la presenza del Rettor Maggiore a Torino, mi hanno privato dell´immensa consolazione che avrei provato nell´abbracciare tanti cari figliuoli dopo le tristissime vicende degli anni scorsi.
I Visitatori, nella loro visita di carattere paterno, porteranno a tutti, i miei saluti, quelli degli altri Superiori e la mia paterna benedizione. Confido che questo primo incontro tra il Padre e i Figli giovi a irrobustire sempre più quei vincoli di amore santo che ci stringono nel cuore di San Giovanni Bosco.
Coraggio, figliuoli carissimi: lanciamoci fiduciosi nel campo dell´apostolato, sicuri di raccogliervi frutti copiosi, se ci manterremo uniti a Dio, fedeli nell´osservanza religiosa e generosi nei sacrifizi.
Vi auguro una santa Pasqua. In vista del rincaro crescente della posta, vi prego di non scrivere lettere di auguri: ce li faremo nelle ore dolcissime in cui avremo Gesù nelle anime nostre.
Vi benedico e con cuore paterno mi professo vostro
Aff.mo in G. e M.
Sac. P. RICALDONE.
Il Prefetto Generale.
Poco a poco ritornano i nostri cappellani, gl´internati, i prigionieri e i deportati per il servizio di lavoro.
Ritornano dopo aver sofferto assai. Hanno trascorso mesi od. anni tra siepi -di filo spinato, nella solitudine e nella forzata inerzia che sono state il loro tormento quotidiano, tra privazioni senza numero. Ci siamo commossi al sentir narrare le loro tristissime odissee e al vederli piangere quando ricordavano i maltrattamenti sofferti o avvenimenti dai quali solo per miracolo riuscirono ad aver salva la vita.
Logorati dalle privazioni e dalle sofferenze, ritornano stanchi, alcuni addirittura sfiniti; ma soprattutto ritornano assetati di affetto: sentono il diritto di trovarlo tra fratelli che trascorsero questi anni in condizioni tanto diverse dalle loro, e ai quali essi hanno sempre penseto con amore fraterno.
E necessario quindi usare per questi cari reduci le delicatezze suggerite dalla più affettuosa carità,: comprensione, premure, benevolenza, aiuti spontaneamente offerti e, all´occorrenza, tolleranza e amorevole compatimento. Perchè essi furono costretti a vivere una vita troppo diversa da quella per cui si sentivano fatti: nessuna meraviglia dunque se talora affiorano le conseguenze e i postumi dei gravi disagi sofferti.
Il più bel dono che loro si possa fare, e al tempo stesso ,il più ambito, è una settimana di riposo spirituale. Gl´Ispettori offrano la comodità, di fare gli Esercizi in un luogo adatto, possibilmente in una casa di formazione, e con l´aiuto di –un confessore di loro fiducia; anzi se è possibile li riunisca in una stessa casa e incarichi un sacerdote, particolarmente atto, a predicare almeno le istruzioni. Qualsiasi sacrificio sarà ricompensato dal conforto che loro si arreca e dal bene che per riflesso ne verrà, alle case a cui sono stati destinati.
E facile immaginare la gioia con cui essi riprenderanno quella vita di comunità che hanno rimpianto negli anni di prigionia.
Se al principio questa vita sembrasse pesante a qualcuno, gli diventerà leggera e amabile a seconda dello sforzo con cui saprà ambientare cuore e vita alle esigenze dello stato religioso e rinunziare a qualsiasi abitudine estranea allo spirito salesiano, eventualmente contratta durante il servizio militare o il servizio di lavoro.
L´esperienza del conflitto mondiale del 1914 ci ammaestra che tali abitudini riguardano piuttosto il voto di povertà, e si possono ridurre alla conservazione e amministrazione di denaro, alla mondanità e al fumare.
Chi ritorna alla vita religiosa normale deve proporsi di osservare di nuovo il voto di povertà in tutta la sua estensione, facendo regolare consegna di qualsiasi somma che avesse presso di sè, e dando conto o sistemando, ove occorra, il suo passato amministrativo ed economico.
Le mondanità nella cura della persona e nel vestito sono fuori di luogo nell´ambiente delle case religiose e perciò debbono essere coraggiosamente abolite. Non sarà difficile spogliarsi di atteggiamenti e di usanze contratte ,nella lunga consuetudine con persone di mondo, a chi rifletta sulla incongruenza di un religioso che fa sue delle forme, sia pur solo esteriori, che sono proprie del nemico, di quel Dio, a cui egli si è consacrato. Riguardo al fumare mi limito a dire che al termine dell´altra guerra quei pochissimi che, vittime dell´ambiente, si erano lasciati andare a qualche infrazione, appena rientrati ritornarono all´esemplare osservanza. Se anche oggidì qualcuno avesse contratto quest´abitudine, vi rinunci con slancio generoso. Lo faccia per amore a Don Bosco; lo faccia per, dare un conforto al Rettor Maggiore, oppresso dal peso delle innumerevoli pene di questi anni tormentosi; e lo faccia anche per evitarsi una vita di compromessi con la propria coscienza e di inutili sforzi per coprire lo scandalo che ne verrebbe alla comunità, con il conseguente stato abituale di insincerità, tanto lontana da quella nobiltà di animo che è l´ideale e la caratteristica di ogni uomo consacrato al Signore.
Infine ricordo agl´Ispettori l´obbligo che c´impone la Chiesa (Can. 606) di richiamare alla vita di comunità quei Confratelli che vivessero in famiglia o comunque fuori delle nostre case. A chi asserisse di aver ottenuto un permesso speciale dai Superiori Maggiori si faccia sapere che tali permessi sono abrogati con la presente comunicazione. Eventuali situazioni canoniche che abbisognino di speciale sistemazione siano presentate ai Superiori.
Il Direttore Spirituale.
1. In questi ultimi anni di guerra ho dovuto con pena constatare che in vari nostri Istituti non è più osservata la grave raccomandazione, altre volte fatta (Atti Cap. Sup., N. 45, pag. 676; N. 49, pag. 772), di procurare che i nostri alunni vadano costantemente con le gambe coperte. Persino in qualche casa che, con lodevoli sforzi, era riuscita a metterla in piena esecuzione, poco per volta si ritorna a non tenerne più conto.
Cari Confratelli, è cosa troppo importante questa, perchè la si possa trascurare: la modestia cristiana, secondo cui Don Bosco voleva che si educasse la gioventù, lo richiede. Si faccia quindi tutto il possibile per ottenere che nelle nostre case sia da tutti gli alunni osservata.
Fra le miserie che la guerra ci portò è da annoverarsi anche quella dello sfacciato e provocante nudismo. Purtroppo questa piaga esisteva anche .prima della guerra. Ma ognuno vede come dopo di essa prese tali proporzioni da obbligare i Vescovi, dopo il Sommo Pontefice, ad elevare solennemente ammonitrice la voce per chiamare tutti a raccolta, onde porre argine alla marea di fango che minaccia di farci ritornare ai costumi pervertiti del paganesimo (Lettera Pastorale collettiva dell´Episcopato della regione Triveneta, 27 giugno 1945).
Dirà forse qualcuno che la miseria portataci dalla guerra è tanta che non si trova nemanco più la stoffa per coprirsi, se non a prezzi favolosi. Ciò in parte è vero, ma non al punto che con la buona volontà e industriosa sagacia non si possa superare anche questa difficoltà. I prezzi, più o meno, si livellavo, tutto è caro, e, ciò nonostante, si trova modo di provvedersi del necessario. con un po´ di sforzo e. di buona volontà le famiglie troveranno la possibilità di provvedere ancora quel mezzo metro di stoffa di più per difendere e coprire le povere membra dei loro figliuoli. Godo, a questo proposito, di poter citare l´esempio della casa madre. Al principio di quest´anno scolastico gli alunni si presentarono quasi tutti con calze e calzoni corti; in bel modo, con volontà decisa, con dolce e forte insistenza, nel giro di poche settimane, il cambiamento fu completo, ed ora non si vede più nessuno, nè studente, nè artigiano, che non abbia le gambe interamente coperte.
Si raccomandi, si insista, e, se occorre, il prefetto tenga un certo numero di calze lunghe a disposizione delle famiglie degli alunni; vedrete che si riuscirà ad ottenere quanto ci sta a cuore.
La modestia cristiana, tanto raccomandata dal nostro padre Don Bosco, fiorisca sempre in tutte le nostre case.
2. In qualche casa, con molta facilità, si tralascia l´istruzione domenicale. Basta alle volte un futile motivo, come per esempio una rappresentazione teatrale, uno spettacolo cinematografico, una partita di calcio, una passeggiata, ecc., per dispensarsi dalla Regola che prescrive le due prediche domenicali.
Questi divertimenti, quando debbono esserci, siano fissati ad un tempo che, non solo non occupi quello della predica, ma neppure riesca in qualsiasi modo di danno ad essa.
Si tratta di una prescrizione grave della Regola e dei Sacri Canoni che obbligano in coscienza.
Il Consigliere Scolastico.
Stanno per compiersi i trent´anni dalla morte del compianto sig. Don Francesco Cerruti, ed è in preparazione uno studio biografico che raccoglierà il fior fiore della sua Pedagogia, specchio genuino del pensiero e della pratica pedagogica di S. Giovanni Bosco.
Mi affretto perciò a chiedere per l´ultima volta agli anziani e alle Case che hanno ricordi personali e che non li hanno ancora mandati (invero furono pochi i diligenti conservatori e i volonterosi relatori) di farsi un dovere di mandare al sottoscritto memorie e documenti utili per completare il nostro studio.
Intanto, giacchè ora molti dei nostri Istituti hanno ottenuto il riconoscimento legale e funzionano come ´scuole pubbliche, credo opportuno rendere pubblico ciò che egli scrisse ai confratelli di Valsalice e S. Giovanni Evangelista il 10 febbraio 1905, quando ebbe notizia a Catania dell´ottenuto pareggiamento del Ginnasio-Liceo. Era il primo passo, auspicato già da Don Bosco molti anni prima e realizzato da D. Cerruti dopo una serie di brighe e preoccupazioni, che durarono alcuni anni.
« Ai miei cari Confratelli delle Case di Valsalice e S. Giovanni Evangelista.
Il S. Cuore di Gesù, che nel giugno 1899, in circostanze difficili, ci ottenne il pareggiamento della Scuola Normale, ci concesse ora, dopo tre anni e mezzo di lavoro, fatiche, noie e... dispiaceri, il pareggiamento anche del Liceo-ginnasio. Voi Io ringrazierete costì con la promessa festa votiva; io mi unisco di lontano in ispirito, dolente di non poter assistere personalmente, ma desiderosissimo che l´atto di riconoscenza sia subito e largamente compiuto.
Ma questo crederei che non basti al pieno ed intero nostro dovere. Mi permetterete quindi che vi esponga qui, a Modo di testamento, alcuni miei pensieri e consigli, con preghiera che, una volta l´anno, si leggano nell´adunanza del corpo dirigente, insegnante ed assistente scolastico.
1. Siate, o meglio, continuate ad essere sempre esemplari nella puntualità e diligenza dei vostri doveri e nella operosità della vita, ricordando che, soprattutto pe´ figli di. D. _Bosco, la scuola è una missione.
Pareggiati nei diritti e nei vantaggi agl´Istituti governativi, mostriamo a fatti, di esserlo pure nell´adempimento leale, diligente, operoso dei nostri doveri, anzi siamo anche in questo di esempio. Ma dall´opera vostra non separate mai la pietà: sia piuttosto questa che animi sempre parole ed opere di voi insegnanti. Promovete in modo particolare, con la divozione a Maria Ausiliatrice, la divozione al Cuore del suo Divin Figlio.
3. Lo scopo che iniziò ed animò le pratiche pei due pareggiamenti fu anzitutto morale e religioso. Procuriamo quindi che la fede, la morale, la disciplina stessa ecclesiastica e religiosa non solo non ne risentano mai alcun danno, ma ne ricevano incremento per la Chiesa, pel Papato, per la nostra Pia Società.
Quando (quod Deus avertat) il pareggiam.ento avesse in questo a. nuocerci, vi rinunzieremo subito ed animosamente, ciò che riesce facilissimo ».
Tali consigli, cari Confratelli, meritano anche ora la nostra riflessione, per richiamarci alla sostanza del nostro lavoro scolastico.
« Per i figli di Don Bosco la scuola è una missione » e intendiamo missione nel senso genuino, evangelico, apostolico, cioè cura di anime, non di sole intelligenze, a base di ragione, religione, amorevolezza.
Nulla dei nostri Regolamenti e delle nostre tradizioni deve essere messo da parte o trascurato pur nel necessario adattamento alle prescrizioni governative.
Soprattutto ciò che incide sull´educazione morale e religiosa dei nostri allievi, piécoli e grandi, interni od esterni, convittori o semiconvittori, soprattutto questo dobbiamo tutti d´accordo mantenere e valorizzare, se non vogliamo perdere lo spirito animatore di tutta la nostra opera educativa.
Il Consigliere Professionale.
Trascorso il lungo e penoso periodo di separazione, è lieto di poter nuovamente prendere contatto coi cari Confratelli di tutte le ispettorie ed in modo particolare con quelli cui è affidata la cura delle nostre Scuole professionali ed agrarie.
Sente il dovere, in questa prima comunicazione, di rivolgere a tutti un caldo invito perchè si dia la massima sollecitudine al problema delle vocazioni tra i nostri allievi artigiani ed agricoltori.
Dopo l´immane flagello della guerra che tante rovine ha seminato dappertutto, è facile prevedere che le richieste di fondazioni di istituti per orfani e ragazzi poveri, saranno sempre più numerose. Parecchie di queste richieste, specie per Scuole Professionali, sono già pervenute a Torino in, questi ultimi mesi.
D´altra parte, nelle Case Professionali già esistenti, col crescere degli allievi si fa sentire maggiormente il bisogno di capi e vice-capi laboratorio. Tutte queste ragioni rendono più grave e più urgente che mai, la questione delle vocazioni di coadiutori. Ci sembra che il nostro santo. Fondatore, se fosse ancora tra noi, ci ripeterebbe quelle parole che indirizzava, un giorno nel 1883, ad un gruppo di ascritti coadiutori, nella casa di San Benigno: Io ho bisogno di prendere qualcuno di voi e mandarlo in una tipografia e dirgli: tu pensaci a farla andare bene; mandarne un altro in una libreria e dirgli: tu dirigi che tutto riesca bene; mandarne uno in una casa e dirgli: tu avrai cura che quel laboratorio o quei laboratori camminino con ordine, non manchi nulla, ecc... ».
Dobbiamo dunque persuaderci che è dovere di ogni vero figlio di Don Bosco, in ogni casa, di cooperare al maggior incremento delle vocazioni in genere e particolarmente dei coadiutori. Ogni casa, ogni ispettoria deve provvedere anche in ciò alle proprie necessità ed espansione.
I Superiori, nonostante la migliore volontà, non possono assecondare le frequenti domande di coadiutori; quest´anno poi dovranno pensare alle Scuole Professionali e Agricole in terre di Missioni alle quali non fu possibile nei cinque anni di guerra, mandare alcun aiuto di personale quindi necessario che tutti, da buoni figli di Don Bosco e continuatori dell´opera sua provvidenziale, s´impegnino in questo lavoro di così vitale importanza per l´avvenire della nostra amata Congregazione.
Il sessennio che seguì la Beatificazione del nostro santo Fondatore, segnò in questo campo un progresso veramente consolante. Allora la media di aumento annuale fu di 126 confratelli coadiutori. Purtroppo vennero gli anni travagliati del periodo prebellico e questa cifra si ridusse quasi di metà.
Urge ora riprendere quel ritmo consolante. A stimolo delle altre Ispettorie è lieto di segnalare l´esempio della Colombia che, l´anno scorso, contava 21 ascritti coadiutori su 40 novizi. Faccia il Signore che un nuovo fervore si desti in tutti e che si promuova dappertutto una vera e santa campagna per le vocazioni di Coadiutori!