Il Rettor Maggiore.
Torino, 24 febbraio 1950.
Figliuoli carissimi in Gesù Cristo,
1. Non so dirvi quanto sia viva la mia gioia nel potervi indirizzare, in questi giorni di fervida attesa della glorificazione del nostro angelico Domenico Savio, un saluto paterno e un pensiero, che so di gettare in terreno ottimamente preparato.
Vi dirò anzi che il pensiero, perché fosse a voi più gradito e avesse efficacia più salutare, volli raccoglierlo dalle labbra stesse del prossimo nuovo Beato.
Voi tutti ricordate il memorabile Sogno, raccontato da S. Giovanni Bosco ai Superiori e giovani dell´Oratorio il 22 dicembre del 1876. Mi limito a riferire quanto Savio Domenico, dietro insistente richiesta del nostro Padre, gli disse circa l´avvenire della Congregazione. Dopo aver affermato che « l´avvenire sarà splendidissimo ed apporterà salute ad una infinità di anime », soggiunse: « Ad una condizione però, che i tuoi figli siano divoti della Beata Vergine e sappiano conservare la virtù della castità, che tanto piace agli occhi di Dio ».
Lo scorso anno ci siamo adoprati per accrescere in noi e diffondere dovunque e fra tutti la divozione a Maria Ausiliatrice. E son lieto di dirvi che gli sforzi fatti per l´estensione della festa liturgica di Maria Ausiliatrice alla Chiesa Universale hanno dato risultati veramente confortanti: spero anzi di potervene presentare poi un ragguaglio completo, a vostro conforto e incoraggiamento.
Ci rimane ora da prendere nella massima considerazione la seconda parte dell´ammonimento di Domenico Savio a D. Bosco, quella cioè di « conservare la virtù della castità che tanto piace agli occhi di Dio ».
2. Purtroppo in questi ultimi anni tutto ciò che riguarda l´angelica virtù è stato oggetto di guerra inaudita da parte del demonio e dei suoi satelliti. Da tutte le parti ricevo notizie penose, che confermano la gravità di questa o quella situazione, che talvolta turba gravemente gli animi. È bene pertanto che ritorniamo a dire qualcosa su quest´argomento.
Leggendo la Vita di S. Giovanni Bosco e le Memorie Biografiche si resta colpiti dell´insistenza con cui il nostro Padre ritorna sulla necessità e sulla pratica di questa virtù. A nostra istruzione ricordiamo almeno alcune delle sue raccomandazioni.
Nel gennaio del 1876 faceva di essa questo magnifico elogio: « Io vi dirò essere la castità la gemma, la perla più preziosa: con essa tutto si possiede e si ha ogni tesoro in mano » (XII, 15).
Don Rua, nella conferenza di S. Francesco di Sales del febbraio 1866, la proclamò « nostra gloria e nostra corona » (VIII, 298).
Nel Giovane Provveduto Don Bosco la definisce « la più bella delle virtù »; e, negli Esercizi di Lanzo del 1879, « fondamento e base delle altre virtù » (II, 574).
Soleva ripetere che la Società Salesiana deve attirare lo sguardo di tutti con lo splendore della virtù angelica. « La gloria della nostra Congregazione, disse nel 1877, consiste nella moralità. Sarebbe una sventura e si offuscherebbe questa gloria, qualora i Salesiani degenerassero. Il Signore dissiperebbe la Congregazione se noi venissimo meno nella castità. È questo un balsamo da spargersi fra tutti i popoli, da promuoversi in tutti gli individui; essa è il centro di ogni virtù » (XIII, 83).
Il 4 giugno del 1876 Don Bosco rivolse ai Salesiani, ascritti e aspiranti raccolti nella Chiesa di S. Francesco di Sales, queste memorande parole: « Ciò che deve distinguerci dagli altri, ciò che deve essere il carattere della nostra Congregazione è la virtù della castità: tutti dobbiamo sforzarci di possedere perfettamente questa virtù e d´inculcarla e piantarla nel cuore di tutti. Essa deve essere il perno di tutte le nostre azioni. Giammai avvenga che un Salesiano perda questa virtù della modestia, e che sia, in essa, d´inciampo agli altri colle parole, cogli scritti, coi libri, colle azioni. Nei tempi in cui siamo fa bisogno in noi di una modestia a tutta prova e di una grande castità » (XII, 224). Aggiunse altre volte: « La cosa più grande nelle Case di formazione è di promuovere, ottenere, assicurare la moralità: assicurato questo, è assicurato tutto » (X, 1118; XI, 241). « La moralità, ecco quello che soprattutto importa » (V, 445).
Nelle Costituzioni dice: « Chi spende la vita a pro dei giovani abbandonati, deve certamente fare tutti gli sforzi per arricchirsi di ogni virtù. Ma la virtù che si deve sommamente coltivare, e sempre avere dinanzi agli occhi, virtù angelica, virtù più di tutte cara al Figliuolo di Dio, è la virtù della castità » (art. 34). E subito soggiunge risolutamente: « Chi non ha fondata speranza di poter conservare, col divino aiuto, la virtù della castità, nelle parole, nelle opere e nei pensieri, non professi in questa Società, perché sovente si troverebbe in pericolo » (art. 35).
Su questo punto ritornava spesso. Un giorno, tra le altre cose, disse a Don Viglietti e a Don Lemoyne: « Se si viene a scoprire che i giovani siano mancanti della bella virtù, non si consiglino a farsi Salesiani » (XVII, 461). Con maggior energia insisteva quando si trattava di ammettere ai voti e agli Ordini sacri (V, 401). Su questo era rigorosissimo (V, 166).
« Ricordatevi, disse altre volte, ricordatevi de moribus; ecco tutto: salvare la moralità. Tollerate tutto, vivacità, insolenza, sbadataggine, ma non l´offesa di Dio e in modo particolare il vizio contrario alla purità. State bene in guardia su questa punto » (V, 166).
Il 5 febbraio 1874 inviava alle Case una circolare nella quale affermava di voler trattare di « uno dei più importanti argomenti ». Il titolo della circolare era questo: « Del modo di promuovere e conservare la moralità fra i giovanetti che la Divina Provvidenza si compiace di affidarci ». Non ne riproduco i punti interessantissimi, perché a tutti noti. Così pure mi limito ad accennare alla memoranda lettera scritta da Roma il 10 maggio 1884. È un documento che dovremmo avere sempre sott´occhio.
Tutti ricordate le parole dette a Don Bosco dalla Pastorella nel Sogno sulle Missioni: « Vi è una sola cosa da fare: raccomandare che i tuoi figli coltivino costantemente la virtù di Maria » (XVIII, 734). Ed egli, il buon Padre, persuaso da lunga esperienza e illuminato dall´alto, non si stancava di dare circa quest´importante argomento norme, consigli, richiami. Ne ricorderò alcuni.
Vuole anzitutto che « i Maestri, i Capi d´arte, gli Assistenti siano tutti di moralità conosciuta e insiste perché si eviti come la peste ogni sorta di affezioni e amicizie particolari » (X, 1119; XI, 356; IX, 403); « che si eviti pure di dare ai giovani occhiate troppo espressive e che si scrivano lettere affettuose » (IX, 922 ); « che non si facciano interrogazioni indiscrete » (XIV, 842); insiste « che si stia attenti agli sguardi e alle parole » (Costit., art. 36); esige «che non si mettano le mani addosso » (XI, 356; IX, 839); che « si evitino le strette di mano, le carezze sulla faccia, i baci, il passeggiare con le braccia l´uno al collo dell´altro » (IX, 357).
Queste citazioni possono essere moltiplicate assai: ma forse su quest´argomento ritorneremo fra non molto, quando potrò pubblicare la circolare su « Don Bosco Educatore ».
È utile però ricordare ancora il rigore con cui Don Bosco proibiva che si adoprassero le celle come camere di studio, e le sue insistenze perché non fossero introdotte persone di altro sesso né giovani nelle camere da letto » (IX, 403).
Rileggete anche le direttive da lui date il 24 settembre 1870 ai Salesiani di Lanzo. La frase con cui pone termine ai suoi accorati avvisi deve farci riflettere seriamente: « La gioventù, egli dice, è un´arma pericolosissima del demonio contro le persone consacrate al Signore » (IX, 922).
Altre norme egli ricordava, e spesso, circa l´accettazione, l´assistenza, la convivenza, le letture, le vacanze, ecc. Era l´anima del Padre che trepidava senza posa pel bene dei figli. « Meglio correre pericolo di scacciare dalla Casa un innocente, diceva, che ritenere uno scandaloso » (VIII, 112). « Piuttosto che si commettano peccati contro la purezza, disse recisamente altre volte, è meglio chiudere la Casa » (V, 164). Ripeteva però sempre che « la moralità, negli allievi, progredisce in proporzione che nell´educatore » (XIII, 247).
Non sto a richiamare alla vostra memoria gli esempi mirabili lasciatici dal nostro Fondatore su questo punto tanto importante. D´altronde, di questa materia vi parlai diffusamente nella Circolare « Santità è Purezza »: sono convinto che la rileggerete sempre con profitto.
3. A proposito del titolo di quella Circolare, penso essere opportuno un chiarimento. Oggi, come sapete, si parla molto di spiritualità. Non tutti sono d´accordo nel definirla. Chi la fa consistere in una virtù specifica e distintiva; chi in un florilegio di virtù. Nel fissarla, poi, qualcuno esige sia rispettata la posizione gerarchica delle virtù stesse. Eppure abbiamo udito parlare del culto divino e della povertà come spiritualità di alcuni santi; ma il culto divino quasi si identifica con la religione, la quale dipende dalla Giustizia, mentre la povertà, strettamente parlando, non è neppure una virtù.
Se poi, per spiritualità s´intende il modo o il metodo per elevare un´anima fino alla perfezione cristiana, allora, per ciò che riguarda la spiritualità di S. Giovanni Bosco, la risposta l´avrebbe data in anticipo Don Bosco stesso.
Il 2 luglio 1886 il P. Dupuy, Rettore del Grande Seminario di Montpellier, pregava Don Bosco di volergli rispondere a questa domanda di indole squisitamente ascetica: « Vorrei sapere quale sia il suo metodo per guidare le anime al sommo della sapienza, ch´è l´amor di Dio ». Oggi diremmo che il P. Dupuy chiedeva a Don Bosco quale fosse la sua spiritualità.
È nota la risposta di Don Bosco: « Il mio metodo si vuole ch´io esponga. Mah... Non lo so neppur io. Sono sempre andato avanti come il Signore m´ispirava e le circostanze esigevano ».
Sapiente risposta che, non solo mette in luce l´umiltà di Don Bosco, ma rispecchia pure la praticità della sua ascetica, rifuggente da astrazioni e complicazioni. Nel guidare le anime alla pratica e alla perfezione della vita cristiana ‑ e si trattava soprattutto di anime giovanili oppure impegnate nell´apostolato giovanile ‑ Don Bosco andava avanti come il Signore l´ispirava e come le circostanze di persone, di luogo, di tempo, di condizione, esigevano. Di qui nasce appunto per noi l´obbligo di studiare incessantemente tutta la vita del nostro Padre, senza limitarci a certe speculazioni di spiritualità, che forse non sono sempre destinate a realizzazioni pratiche.
Mi sovviene a questo punto che i primi chierici che si erano proposti di rimanere per sempre con Don Bosco, mossi dall´affetto che nutrivano per lui, si adoprarono in molti modi per ritrarne le sembianze con la matita, con il pennello ed anche con la fotografia; ma il suo ritratto rimaneva sempre alterato e irriconoscibile. Era un fatto ben strano. Un giorno, parlandosi di ciò alla presenza di Don Bosco, egli disse: « Se prendermi il ritratto fosse utile alla salvezza delle anime, allora sì: del resto non ve n´è bisogno ».
Non vi pare si possa da ciò inferire che, se era difficile ritrarre la fisionomia facciale di Don Bosco, è ancor più difficile ritrarre quella spirituale?
È sempre arduo penetrare in un´anima, soprattutto poi quando si tratti di anime elettissime e sovranamente grandi, come quella di S. Giovanni Bosco, così ricca di virtù esimie e doviziosa di valori spirituali. Ed impresa ancor più ardua è scandagliare in detta anima il meraviglioso insieme di perfezioni: quanto più ci si addentra, tanto più si vede lontana la possibilità di determinare quale sia l´elemento preponderante, caratteristico, specifico che, in certo modo, ne determini la spirituale fisionomia. Ognun sa che la fisionomia dello spirito, come quella del corpo, è proprio costituita da piccoli e molteplici tratti individuali, quasi impercettibili, i quali però servono appunto a darci il vero ritratto spirituale.
Tutto ciò mi fa ricordare lo splendido elogio che di D. Bosco tratteggiò il Servo di Dio Card. Marcello Spinola, Arcivescovo di Siviglia. Egli, dopo aver dimostrato che il Salesiano non è il Gesuita, né il Benedettino, né il Cappuccino, né il discepolo del Calasanzio; dopo aver indicato che tuttavia il Salesiano, il quale deve incarnare la spiritualità di Don Bosco, ha qualcosa dei religiosi testé nominati, anzi di tutti gli Istituti conosciuti; conchiude affermando che il figlio di Don Bosco « è un tipo nuovo ». Perciò ha bisogno di essere sempre meglio studiato. Col trascorrere degli anni e con l´approfondire gli studi sul nostro Padre, noi ci auguriamo che si riesca a infocare appieno anche questo nuovo tipo di spiritualità.
Ho creduto conveniente esporvi paternamente queste considerazioni per due motivi. Il primo è che non vorrei si supponesse che, quando affermai che Santità è Purezza, io abbia inteso decidere in merito alla spiritualità di Don Bosco. Confesso che tale pensiero non mi passò mai per la mente.
Il secondo motivo è proprio di attualità: proverei grande pena se qualcuno intendesse esaurire senz´altro il tema della spiritualità dell´angelico Savio Domenico, e con tale pretesto osasse seminare confusioni e suscitare quelle inutili dispute di cui parla S. Paolo, per impreparazione ed eccessiva sufficienza.
Nella Vita del Savio scritta da S. Giovanni Bosco tutto è terso e lucente: da quelle pagine emana un profumo celeste, atto e sufficiente ad inebriare le anime nostre e quelle dei giovani: andiamo con frequenza ad estasiarci a quella luce.
4. Tornando ora al messaggio di purezza offertoci dal novello Beato, aggiungerò che il nostro Santo Fondatore, come risulta dalle Memorie Biografiche, di nessun´altra virtù ha parlato tanto e con così calda insistenza quanto della purezza sotto le diverse denominazioni di purità, bella virtù, castità, virtù angelica, moralità, riservatezza, ecc. Ciò sta a dimostrare quanto la purezza gli stesse a cuore. D´altronde anche in ciò egli altro non fece che rendersi interprete della dottrina evangelica, magistralmente spiegata ai cristiani di Tessalonica da S. Paolo.
Al capo quarto della prima epistola scritta a quei fedeli, l´Apostolo, per ben due volte, ai versicoli terzo e settimo, fa questa categorica affermazione: « Perocché questa è da volontà di Dio, la vostra santificazione, la quale consiste nell´astenervi da ogni impurità »: «Dio infatti non ci ha chiamati all´immondezza, ma alla santità » (I Thess., IV, 3, 7). Il P. Busy (nell´edizione della Santa Bibbia pubblicata sotto la direzione del Pirot, al vol. XII, pag. 156) illustra le tre ragioni presentate da S. Paolo per allontanare i fedeli dalla impurità. Nel trattare della seconda ragione dice: « Ci crediamo nello stretto dovere di affermare che la grazia della vocazione (s´intende, al cristianesimo) implica e postula il trionfo della purità... Dall´esame di questo versetto (il 70) e del 30, conchiude il Busy, risulta che la purezza è l´elemento caratteristico della santità » .
Già S. Tommaso (Ila IIae, q. LXXXI, a. 8) aveva dichiarato apertamente che la santità importa mondezza e purezza.
Queste altissime conferme a favole della virtù angelica, tanto inculcata da S. Giovanni Bosco, devono essere nuovo ed efficace stimolo a praticarla sempre più tenacemente noi e a coltivarla tra i Confratelli e i giovani.
Altra autorevole conferma noi abbiamo infine dal grande Papa di Don Bosco, Pio XI. Il 9 luglio del 1933, commentando il Decreto sull´eroicità delle virtù del Savio, dopo aver detto che a quindici anni, questo piccolo, anzi grande gigante dello spirito, aveva già raggiunta una vera e propria perfezione di vita cristiana, con quelle caratteristiche che bisognano a noi, per poterle presentare alla gioventù dei nostri giorni, enumera prima di tutte la purezza.
« Una purezza, continua il Papa, veramente liliale, angelica, ispirata alla Santissima Vergine, Madre di ogni purezza ». E conchiude: « La purezza, questa prima disposizione, premessa a tutti gli altri doni di Dio, dono delle più alte vocazioni; la purezza, questo amore di Maria, questo amore del Divino Suo Figlio; questo profumo al quale il Cuore di Dio si apre come a cosa graditissima; la purezza! Quanto bisogno di elevare uno stendardo di questo splendore, di questo candore in mezzo alla gioventù di oggi! ».
E l´Augusto Pontefice, a nostra istruzione, aggiunge che la purezza del Venerabile Domenico Savio veniva sempre assistita da una grande pietà: « In lui era proprio la pietà alla custodia della purezza: una pietà fatta di preghiera, di devozione alla Santa Vergine, di devozione al Santissimo Sacramento, di ispirazione la più alta ai più elevati coefficienti della purezza stessa ». Il Papa di Don Bosco aveva così individuato appieno e confermato con la sua suprema autorità gl´insegnamenti di S. Giovanni Bosco.
5. Ma è tempo che da queste considerazioni di indole generale veniamo ad applicazioni particolari e pratiche, iniziando un serio esame di coscienza alla luce degli esempi lasciatici dal novello Beato Domenico Savio.
In che modo adunque siamo stati fedeli alle norme e raccomandazioni di S. Giovanni Bosco? Il Savio si era proposto di non fissare volto di donna. La nostra delicatezza su questo punto è degna dell´impareggiabile Alunno di S. Giovanni Bosco? Che cosa avviene a volte davanti a certe pellicole, che sono un insulto alla castigatezza dei sensi?
Tra le correnti moderne circa i teatrini degli Oratori e persino degli Istituti di educazione vi è anche quella del teatro misto. Vi esorto a schierarvi compatti, Figliuoli carissimi, intorno a Don Bosco per opporvi energicamente a qualsiasi infiltrazione di simil genere, che tentasse inquinare le nostre Case e Oratori.
Dice Don Bosco: « Gli occhi del Savio erano vivacissimi ed egli doveva farsi non piccola violenza per tenerli raccolti: ma tutti, continua il nostro Padre, furono concordi nel dire che la riservatezza dei suoi sguardi fu tale, che di tutti quelli che lo conobbero niuno si ricorda di averlo veduto a dare una sola occhiata, la quale eccedesse i limiti della più rigorosa modestia ».
« Gli occhi, soleva dire Domenico, sono due finestre; per le finestre passa ciò che si fa passare. E noi per queste finestre possiamo far passare un angelo, oppure il demonio con le sue corna, e condurre l´uno e l´altro ad essere padroni del nostro cuore ». Il mondo odierno ci opprime con una colluvie di libri, romanzi, giornali, riviste, fotografie, illustrazioni, album, fumetti, che intentano soffocare noi e i nostri allievi con il loro fetore impudico. Che avviene, nelle nostre Case, coi Sacerdoti, coi Chierici, coi Coadiutori, coi giovani? Che direbbe D. Bosco, che direbbe Savio, se entrassero in certi cortili, se aprissero certi cassetti, comodini, banchi?
Savio, ai compagni che vogliono trascinarlo a bagnarsi, dice che avrebbe chiesto il permesso alla mamma. Anche noi abbiamo una Madre amantissima, che vigila pel nostro bene: la nostra Società. Essa nell´ultimo Capitolo Generale prese, circa i bagni, le spiagge, le piscine, i campeggi, determinazioni tassative, pubblicate sugli Atti del Capitolo N. 143, del settembre‑ottobre 1947. Dette prescrizioni furono fedelmente osservate? Come possono rispondere davanti a Dio i Superiori e i Salesiani interessati? Le mamme dei nostri alunni possono vivere tranquille circa la vigilanza degli educatori, ai quali affidarono i figli, i loro tesori più cari?
Voi ricordate l´energico atteggiamento di Savio dinnanzi a quel malvagio, entrato come lupo rapace tra gli agnelli dell´Oratorio. Il Savio, appena si rese conto di che genere fosse il discorso di quel miscredente scandaloso, rivolto senz´indugio ai compagni disse loro: « Andiamocene, lasciamo solo quest´infelice; egli ci vuol rubare l´anima ».
Molte volte mi assale una vera trepidazione, pensando ai pericoli che ci sovrastano dal mondo in cui viviamo. Sono troppi coloro che non sanno più parlare senza scivolare in argomenti equivoci o scandalosi. Un ammorbante e fetido spirito pagano rende irrespirabile l´ambiente. Povera gioventù! E poi le canzonette della radio, le scenette varie dei teatri e dei cine, le grossolane freddure, che schizzano dappertutto veleno d´impurità!
Figliuoli carissimi: che cosa facciamo noi per arginare tanto male nel campo del teatro, del cine, della stampa? Osserviamo fedelmente e in pieno spirito di solidarietà quanto è stato stabilito?
6. Il Cardinale Carlo Salotti, di santa memoria, grande amico e benefattore dei Salesiani, aveva studiato e compreso come pochi S. Giovanni Bosco e il Savio. Credo doveroso riferire le parole da lui scritte parlando della fondazione, da parte del Savio, della Compagnia dell´Immacolata Concezione. « L´atto di fondazione della Compagnia, lasciò scritto l´eminente Porporato, a me sembra come il testamento spirituale di Savio: mi pare tra gli articoli del Regolamento sentire l´eco di quell´anima profondamente pia che, sospinta dalle attrattive del bene, vuol creare una legione di giovani che sappiano vivere e affermarsi sinceramente cristiani ». E il titolo dato dal Savio alla Compagnia era « per rendere vivo e durevole, come afferma S. Giovanni Bosco, il pensiero di questo augusto titolo di Immacolata dalla Chiesa dato alla Regina del Cielo ». Ben possiamo aggiungere noi che era una manifestazione del suo grande amore alla purezza e modestia cristiana.
Orbene, figliuoli carissimi, abbiamo tutti sicura coscienza di avere praticato quanto fu ripetutamente inculcato da S. Giovanni Bosco, dai suoi Successori, e deciso solennemente nell´ultimo Capitolo Generale circa alcuni punti che si riferiscono a questa virtù?
Il vestito dei giovani dei nostri Istituti è effettivamente modesto? Noi abbiamo visto che, dove i Direttori vogliono veramente, si ottiene. Il nudismo è uno dei mezzi dei quali si servono i satelliti del demonio per affievolire e sopprimere il sentimento della moralità.
Si è provveduto efficacemente ad eliminare certe divise ginniche e sportive, che disdicono al carattere di una Casa salesiana
Gli spogliatoi sono fatti per salvaguardare la modestia? ed è possibile ed effettiva la sorveglianza?
La Vergine Immacolata potrebbe assistere ai giuochi, alle rappresentazioni, alle letture e altre manifestazioni dei nostri Istituti?
Si ha il coraggio d´insistere perché nelle nostre Chiese e Cappelle non entrino persone vestite scorrettamente?
E nelle Prefetture, nelle Direzioni, permettiamo forse nudità in contrasto con lo spirito delle nostre Case e del nostro stesso abito?
Nelle Memorie Biografiche sono riportati interventi riguardosi, ma tempestivi, di Don Bosco, il quale parlava chiaramente su questo punto anche alle persone che lo beneficavano.
Prendiamo esempio dal Sommo Pontefice. In Vaticano le signore, in caso necessario, ricevono scialli e veli per l´udienza pontificia.
Ricordo con edificazione che altrettanto esigeva, fin dai suoi tempi, il modello dei portinai salesiani, Marcello Rossi, di santa memoria, sovvenendo egli pure con sciarpe e mantellette.
La glorificazione dell´angelico Domenico Savio è la glorificazione delle norme e direttive pedagogiche di S. Giovanni Bosco: e questa glorificazione non deve consistere solo in musiche, canti ed esplosioni di gioia, ma soprattutto in un rinnovato e forte proposito di voler a ogni costo che lo spirito di Don Bosco e gli splendori. della illibata purezza di Savio Domenico trionfino e siano costantemente in onore nelle nostre Case.
L´angelico Savio disse ancora quelle memorande parole: « Ho piena fiducia nel confessore che con paterna bontà si adopera pel bene dell´anima mia. Se ho qualche pena in cuore vo dal confessore, che mi consiglia secondo la volontà di Dio ».
Oggi sono in voga studi di psicanalisi non orientati verso la dottrina cattolica; ed è sempre più avida e morbosa la manìa di coloro che, nel campo della educazione, vorrebbero travolgere le dottrine tradizionali della Chiesa e prescindere dalle sapienti direttive di Pio XI nella sua Enciclica sulla Cristiana Educazione della Gioventù.
Si lasciano forse predicare o far conferenze nei nostri Istituti, e in quelli delle Figlie di Maria Ausiliatrice, sacerdoti, religiosi, laici che, in fatto di castità, hanno idee e sostengono e diffondono pratiche in aperto contrasto con quelle del nostro Padre? A volte sacerdoti, chierici, coadiutori, in opposizione ai nostri Regolamenti e tradizioni, si permettono forse di fare indagini d´indole delicata, pretendendo così sostituirsi al Direttore e al Confessore, con quelle disastrose conseguenze che ne potrebbero derivare? In qualcuno v´è forse la morbosa manìa dei temi scabrosi in pubblico e in privato, seguendo l´andazzo della scuola naturalista, che non vede più in là del corpo e indaga il malsano subcosciente dell´educando? A noi Don Bosco lasciò come eredità preziosa una Pedagogia, che volle chiamare Sacra, per farei capire che la vera pedagogia non sarebbe tale se non fosse sostenuta e tutta pervasa da principi soprannaturali. È dover nostro schierarci contro i fautori coscienti o incoscienti di quella educazione materialista, che sta rovinando la gioventù e compromette seriamente l´avvenire dei popoli.
« Purtroppo, dice giustamente il nostro indimenticabile Don Caviglia, il Regolamento della Compagnia dell´Immacolata Concezione è un documento trascurato dagli studiosi di Don Bosco. I pedagogisti ignorano queste pagine, o non osano valersene per timore di uscire dalla pedagogia ed entrare nella religione: come se la pedagogia di Don Bosco fosse altro che religione in atto! ».
Attacchiamoci fortemente, figliuoli carissimi, alle tradizioni paterne. Nelle nostre Case anche noi, come l´angelico Savio, abbiamo il modo di togliere ogni pena dal cuore: in esse vi è il Confessore e anche il Direttore.
Se il nostro carissimo e dotto Don Caviglia, or ora citato, non fosse stato rapito prematuramente al nostro affetto, si sarebbe fatto un preciso dovere di mettere, in uno scritto successivo che era in procinto di dare alle stampe, in più chiara luce un punto assai importante. Egli, rileggendo il suo magnifico studio sulla vita di Domenico Savio, si era persuaso di aver insistito eccessivamente nell´affermare che la direzione spirituale la si ha nella Confessione, limitandosi poi a dire in una breve e minuscola nota che la si può avere anche dal Direttore. Un vero e adeguato ampliamento di questa nota egli avrebbe desiderato fare, ritenendolo doveroso e conforme alla pratica di Don Bosco: ma la morte quasi improvvisa non glielo permise. Come omaggio alla sua memoria compio io, in questa solenne occasione, quel suo desiderio, affermando che l´impareggiabile alunno dell´Oratorio, Domenico Savio, come altri suoi compagni, ebbe la direzione spirituale, oltre che nella Confessione, anche nei colloqui privati col Direttore, come risulta dai dialoghi che il Savio ebbe con Don Bosco fuori di Confessione.
7. S. Giovanni Bosco pone termine alla vita del giovanetto Domenico Savio esortando tutti a imitarlo specialmente nella frequenza del sacramento della Confessione. Facciamo, figliuoli carissimi, due considerazioni su questo, punto.
La prima è per chi deve confessarsi. Sforziamoci di essere esatti nell´accostarci, come è stabilito dall´articolo 152 delle Costituzioni, « ogni settimana al sacramento della Penitenza da confessori autorizzati ». Ricordiamo che le confessioni saranno di gran profitto alle nostre anime, se l´esame sarà diligente, vivo il dolore, forte il proposito. Inoltre con la parola e con l´esempio facciamo sì che i giovani affidati alle nostre cure si servano costantemente della Confessione e della Comunione per rendere proficua la loro educazione, che vogliamo profondamente cristiana.
La seconda osservazione riguarda i Confessori. I nostri Sacerdoti si prestino volenterosi come in passato per questo ministero. Coloro, che ne hanno l´obbligo, diano regolarmente gli esami di abilitazione e del quinquennio.
Nell´esercizio poi di questo delicatissimo apostolato, i Confessori non dimentichino le nostre tradizioni. Si preparino a confessare con lo studio e la preghiera. La loro prudenza non venga mai meno, e così pure la riserbatezza. Non diano mai del tu alle penitenti. Usino grande delicatezza nelle interrogazioni e soprattutto siano brevi. Qualche Padre della Chiesa vorrebbe che il linguaggio cum mulieribus fosse duro; ma ciò va inteso nel senso che non deve essere né sdolcinato né lezioso, bensì grave e ponderato. Si evitino i colloqui fuori di Confessione e ancor più le lettere, i regali e le visite: chi non capisse l´importanza di queste severe proibizioni potrebbe esporsi a conseguenze dolorose.
Il nostro Padre, dopo aver insistito sulle confessioni ben fatte e sul volgere anche un pensiero alle confessioni passate, con queste parole finisce quel suo magnifico capolavoro che è la Vita del Beato Domenico Savio: « A me sembra che questo sia il mezzo più sicuro per vivere giorni felici in mezzo alle afflizioni della vita, in fine della quale vedremo anche noi con calma avvicinarsi il momento della morte. E allora colla ilarità sul volto, colla pace nel cuore andremo incontro al nostro Signore Gesù Cristo, che benigno ci accoglierà per giudicarci secondo la sua grande misericordia e condurci, siccome spero per me e per te, o lettore, dalle tribolazioni della vita alla beata eternità, per lodarlo e benedirlo per tutti i secoli ».
Preghiamo, Figliuoli carissimi, perché l´augurio di S. Giovanni Bosco sia per ciascuno di noi, dei nostri Allievi, Exallievi, Cooperatori e per i membri delle nostre famiglie, una consolante realtà.
Sono poi certo che le feste della Beatificazione saranno per tutti fonte di gioia e di grazie copiose, come vi auguro di gran cuore.
Benedico voi, le vostre Case, le vostre Opere e le anime a voi affidate.
Pregate pel vostro
aff.mo in G. e M.
Sac. PIETRO RICALDONE.