Guida alla lettura delle Costituzioni salesiane
Roma 1986
Editrice S.D.B.
Edizione extra commerciale
Direzione Generale Opere Don Bosco
Via della Pisana, 1111
Casella Postale 18333
00163 Roma, Bravetta
«Colui che ha iniziato in voi quest´opera buona, fa porterà a compimento fino al giorno di Gesù Cristo (Fil t,6).
La formazione, come ogni processo, tende a un traguardo. È proprio della rivelazione cristiana, mentre riconosce tappe intermedie, porre come esito definitivo l´avvento trasformante del «giorno del Signore». È in quest´ottica ampia, umanamente mai conclusa, ma per l´aggancio alla Parusia di Cristo così incoraggiante, che il testo costituzionale viene inserito grazie alla citazione della lettera ai Filippesi.
Siamo all´esordio della lettera che Paolo scrive dal carcere. li tono è autobiografico, dalle tonalità affettive molto intense: «Dio mi è testimone del profondo affetto che ho per tutti voi nell´amore di Cristo Gesù» (1,8). La comunità di Filippi è forse la più teneramente interpellata. Sappiamo come fin dalla sua origine fosse pienamente docile all´Apostolo (Atti 16,12-40; 20,1-16). Sappiamo del generoso, magnifico aiuto per la colletta a favore dei poveri (2 Cor 11,9; Fil 4,16) e dì altri aiuti mentre Paolo era in carcere (Fil 2,45; 4,10ss).
Paolo ricorda questo insieme di qualità cristiane dei Filippesi (aiuto finanziario, attività missionaria, mantenimento della purezza dei Vangelo) con il termine dì «opera buona» (1,16). E su di essa, su questa esistenza incentrata sul Vangelo, proietta significativamente una corretta interpretazione teologica, che possiede indubbia incidenza operativa: è la grazia di Dio che dà come anche sviluppa e porta a compimento ogni «opera buona». In 2,13 espliciterà il pensiero scrivendo: «È Dio infatti che suscita in voi il volere e l´operare secondo i suoi benevoli disegni». Mentre in 2,12 ne ricava la conclusione pratica: «Attendete alla vostra salvezza con timore e tremore». Ottima indicazione di vita per chi, situato in un processo formativo permanente, è di continuo sotto la divina ispirazione.
In 1,6 Paolo esplicita, come cosa che gli sta a cuore, che all´«opera buona», fatta non senza reali sacrifici, corrisponde sempre il premio. È un motivo, quello della ricompensa, che, svincolato da concezioni mercena-
rie (e Gesù nel discorso della Montagna lo fa ben presente: Mt 6,1-18), rimane in primo piano per Gesù e per Paolo - e noi legittimamente aggiungiamo per Don Bosco - come segno della serietà e umanità insieme di Dio nei nostri confronti (cf. Fil 2,14). Non perderemo il monito implicito in quel «giorno di Gesù Cristo» (altrove detto «giorno del Signore») in quanto giorno anche del giudizio (1 Cor 3,10-15). «Intanto, come annota più avanti con realismo Paolo, dal punto cui siamo arrivati, continuiamo ad avanzare sulla stessa linea» (Fil 3,16)
Per rispondere alla chiamata del Signore che lo invita a vivere nella Chiesa il progetto di Don Bosco come apostolo dei giovani (cf. Cast 96), il salesiano {s´impegna in un processo formativo che dura tutta la vita e ne rispetta i ritmi di maturazione. Fa esperienza dei valori della vocazione salesiana nei diversi momenti della sua esistenza e accetta l´ascesi che tale cammino comporta» (Cast 98).
Processo è l´insieme dei periodi, degli elementi e delle modalità che li caratterizzano e influiscono sullo sviluppo della personalità e sul suo rapporto con la vita. Nell´insieme del processo una particolare importanza è attribuita alla formazione iniziale, che va dal primo orientamento verso la vita salesiana (cf. Cost 109) fino alla incorporazione definitiva nella Società (cf. Cost 117).
Il cap. VIII ha presentato gli aspetti generali della formazione salesiana e, in essa, della formazione iniziale per orientare l´esperienza formativa e assicurarne la validita. L´intenzione del cap. IX è diversa e complementare: esso applica coerentemente al processo formativo, cioè ai diversi momenti del cammino di questa esperienza, gli aspetti generali indicati. La vocazione e la sua formazione si muovono come una storia dentro altre storie con le quali vivono in un rapporto di reciproco influsso. Su uno sfondo unitario e continuo si susseguono, a volte in forma graduale, a volte in maniera imprevista, periodi, situazioni, ritmi, contesti diversi; si affrontano difficoltà, si ricevono stimoli, si inventano mezzi. È un andare avanti periodo dopo periodo, situazione dopo situazione, passo dopo passo.
In questo cammino è determinante la scelta iniziale e la qualità della crescita durante i periodi, attraverso i quali il confratello definisce il suo progetto, si identifica con la vocazione, si abilita a viverla, in forma adulta, sempre più libera e consapevole.
Nella struttura globale del capitolo si possono scorgere tre nuclei principali, condensati attorno a tre momenti significativi dell´arco formativo,
a. Prima dell´incorporazione definitiva nella Società il candidato percorre tre PERIODI fra loro continui:
- La preparazione al Noviziato (art 109);
- li Noviziato:
se ne considera l´esperienza formativa e il suo obiettivo (art. 110), la durata (art. 111) e l´importante ruolo del «maestro» (art. 112).
- Il tempo della professione temporanea:
con la sua esperienza formativa (ari. 113-116) durante l´immediato postnoviziato (art. 114), il tirocinio (ari. 115) e con attenzione alla formazione specifica (che continuerà anche dopo la professione perpetua) (art. 116).
b. La professione perpetua incorpora definitivamente il salesiano nella Società (art. 117).
c. La Formazione permanente:
I due art. 118 e 119 non la descrivono come fosse un periodo»; la presentano piuttosto come atteggiamento e prospettiva che anima tutta la vita, richiamando quanto è già stato enunciato all´inizio della terza parte: la nostra vita è un´esperienza di dialogo permanente fra il Signore che chiama e il salesiano che risponde. Egli lo fa sforzandosi di discernere negli eventi la voce dello Spirito e impegnandosi in un´adeguata e continua formazione per rinnovare il senso religioso pastorale della sua vita e abilitarsi a svolgere con maggior competenza il suo lavoro (cf. Cost 119), insieme a Colui che ha iniziato quest´opera buona e la porterà a compimento fino al giorno di Cristo Gesù (cf. Fil t,6).
ART. 109 PREPARAZIONE AL NOVIZIATO
A chi si orienta verso la vita salesiana vengono offerti l´ambiente e le condizioni adatte per conoscere la propria vocazione e maturare come uomo e come cristiano. Può così, con l´aiuto di una guida spirituale, scegliere in modo più consapevole e libero da pressioni esterne e interne.
Immediatamente prima del noviziato è richiesta una speciale preparazione per approfondire l´opzione vocazionale e verificare l´idoneità necessaria ad iniziare il noviziato. Tale preparazione si compie attraverso un´esperienza di vita comunitaria e apostolica salesiana.
In diverse occasioni le Costituzioni hanno ricordato il dono divino delle vocazioni e l´importante compito di accompagnamento che ci è affidato. «Il Signore - diceva l´art. 28 - chiama continuamente e con varietà di doni a seguirlo per il servizio del Regno». Come educatori pastori, aiutiamo i giovani «a scoprire, ad accogliere e a maturare il dono della vocazione» (Cost 28). «Quest´opera di collaborazione al disegno di Dio, coronamento di tutta la la nostra azione educativa pastorale, è sostenuta dalla preghiera e dal contatto personale, soprattutto nella direzione spirituale» (Cost 37).
Tra i giovani chiamati ve ne sono alcuni che si orientano verso la vita salesiana, poiché il Signore, che «ama la Congregazione e la vuole viva per il bene della sua Chiesa, non cessa di arricchirla di nuove energie apostoliche» (cf. Cost 22). Prima che essi inizino, nel Noviziato, l´esperienza religiosa salesiana viene loro offerto un periodo formativo che li prepari adeguatamente: è la preparazione al Noviziato, di cui si tratta in questo primo articolo del cap. IX.
La Congregazione non definisce nei particolari questa tappa né la imposta secondo una struttura giuridica determinata. Spetta alle Ispettorie definirne le modalità. Le Costituzioni presentano, in forma indicativa, obiettivi e condizioni di questo tempo di preparazione, e fanno riferimento a due momenti che potremmo chiamare «preparazione al Noviziato in senso ampio» e «speciale preparazione immediata».
Preparazione al Noviziato.
Conoscere se stesso e la vocazione salesiana come approfondimento della propria vocazione battesimale, maturare come uomo e come cristiano, per rendersi atto e capace di una scelta libera e generosa, poiché ci si sente chiamati da Dio, e di una risposta che traduca in realtà di vita il progetto conosciuto, sono gli obiettivi di questo tempo di formazione.
Si tratta certo di una scelta iniziale, ma che si correda di tutte le condizioni per essere personale e validamente motivata, non cedendo né a paure o ad attrattive superficiali né a pressioni affettive e di ambiente. Soltanto quando il candidato ha fatto l´opzione per la vita salesiana è in grado di incominciare la preparazione immediata al Noviziato.´
A servizio dei giovani che vogliono raggiungere questo obiettivo la comunità offre l´ambiente e le condizioni adatte (momenti, iniziative, esperienze, sussidi...), specialmente l´aiuto di una guida spirituale. L´importanza e la funzione concreta di questi aspetti metodologici sono già state considerate nel capitolo precedente. Si tratta infatti di aspetti generali dell´esperienza formativa che, in forme e con intensità diverse, sono richiesti in ogni caso.
La realizzazione di questo servizio vocazionale costituisce un impegno e una sfida alla responsabilità e alla sensibilità giovanile salesiana
delle Ispettorie e delle singole comunità.
Una «speciale preparazione» immediata.
L´entrata in Noviziato presuppone la decisione di voler dare inizio, per motivi di fede, alla vita religiosa salesiana, preferendola ad altre forme di vita. Per essere capaci de questa scelta occorre una sufficiente maturità di coscienza e di libertà che diano modo, approfittando degli aiuti offerti, di approfondire l´opzione vocazionale e di verificare, in rapporto ad essa, la propria idoneità.
´ Cf- Ccz1, 267
Dall´esperienza formativa si può capire quanto sia importante il raggiungimento di questo obiettivo per i singoli e per l´ambiente del Noviziato. Spesso le difficoltà che si incontrano nella formazione dei novizi sembrano derivare dal fatto che questi, al momento della loro ammissione al Noviziato, non possedevano né una sufficiente maturità di opzione, né una comprensione, almeno globale ma chiara, degli impegni che assumevano, né la capacità di accettare le rotture che la vocazione sempre comporta nei confronti di persone, ambienti e cose non componibili con essa.
Tutto ciò immancabilmente ha un riflesso sulla comunità stessa del Noviziato non sufficientemente omogenea, condizionata talvolta da atteggiamenti che non possono essere accettati o con problemi che dovrebbero essere stati risolti durante il periodo della preparazione.
Il metodo, che la Congregazione indica come valido per un´adeguata preparazione al Noviziato, al fine di superare incertezze e ignoranze di vario tipo, orienta verso alcune condizioni irrinunciabili:
- una esperienza di vita comunitaria e apostolica, che si svolga in una comunità salesiana e, in via ordinaria, non sia inferiore a sei mesi (cf. Reg 88);
- una guida che segua personalmente il candidato, lo orienti alla comprensione di sé e del progetto di vita che dovrà scegliere come suo e lo aiuti ad acquisire la maturità richiesta per farlo;
- dei formatori (sia che i giovani siano inseriti in una comunità già esistente o facciano comunità a sé) che, mantenendo una costante intesa con i formatori del Noviziato, assicurino quella continuità di contenuti formativi e di criteri di valutazione che facilitano senza dubbio il giudizio di idoneità in chiunque sia chiamato a dai-lo;
- una formazione intellettuale che, sfruttando gli studi che si stanno compiendo e integrandoli con letture, comunicazioni ed esperienze, sviluppi i germi dell´abito allo studio e conduca a possedere una prima visione globale della realtà, della vocazione dell´uomo, del cristiano, del salesiano e la faccia percepire come proposta concreta e attuale d´impegno possibile e valido.
Dalle indicazioni della Regola si può capire quanto sia importante questo tempo di preparazione al Noviziato e come sia indispensabile
che le comunità salesiane si rendano idonee a offrire questo prezioso servizio per molti giovani.
O Signore, che ami la nostra Società
e non cessi di arricchirla di nuove energie apostoliche, veglia sui giovani che chiami all´esperienza della vita salesiana:
custodisci in essi il germe della vocazione contro ogni tentazione e ogni dubbio e dona loro il coraggio e la gioia
di «decidere nel loro cuore il santo viaggio».
Concedi anche alle nostre comunità
la grazia di corrispondere ai tuoi doni
con la testimonianza di una vita che si dona con gioia, per offrire ai giovani l´ambiente favorevole a maturare la propria vocazione.
Art. 110-111 IL NOVIZIATO E LA SUA DURATA
ART. 110
Nel noviziato il candidato ha la possibilità di iniziare l´esperienza religiosa salesiana.
La comunità perciò dev´essere un esempio di vita fondata sulla fede e alimentata dalla preghiera, dove la semplicità evangelica, l´allegria, l´amicizia e il rispetto reciproco creano un clima di fiducia e di docilità.
Con l´aiuto del maestro il novizio approfondisce le motivazioni della propria scelta, accerta l´idoneità alla vocazione salesiana e si orienta verso il completo dono di sé a Dio per il servizio dei giovani, secondo lo spirito di Don Bosco.
ART. 111
II noviziato dura dodici mesi a norma del diritto.´ Comincia quando il candidato, ammesso dall´ispettore, entra nella casa del noviziato canonicamente eretta e si pone sotto la guida del maestro.
Un´assenza che superi i tre mesi continui o discontinui lo rende invalido. L´assenza che supera i quindici giorni dev´essere ricuperata.
´ Cf. C1C, can- 647.3; 648; 649.1
Le Costituzioni presentano in tre articoli - 110. 111. 112 - rispettivamente gli obiettivi e l´ambiente del Noviziato, la sua durata, il ruolo e i requisiti del maestro. A questi se ne aggiungono altri sei (art. 89-94) dei Regolamenti generali.
I contenuti dell´articolo 110 si riferiscono allo scopo fondamentale del Noviziato: la possibilità di iniziare l´esperienza religiosa salesiana; ne indicano quindi gli obiettivi specifici e l´ambiente che li rende possibili.
Scopo fondamentale: iniziare l´esperienza religiosa salesiana.
«Iniziare» non significa solo incominciare. Vuol dire anche essere introdotto, accompagnato; entrare gradualmente, muovere i primi passi nella consapevolezza riflessa di un determinato processo in cui si
è coinvolti, assumendolo liberamente e vitalmente. In questo senso il termine «iniziare» è legato e riceve il suo pieno significato dall´oggetto che gli è proprio: «l´esperienza religiosa salesiana». Si tratta appunto di «iniziare» questa esperienza di vita, di sperimentare i valori di questa vocazione (cf. Cast 98), integrandone i diversi aspetti (cf. Cost 102) e assicurandone la validità (cf. Cast 98-99).
È un´esperienza «salesiana», dunque specifica, segnata cioè dal proprio carisma. È utile a questo proposito rileggere quanto stabilisce il Codice di diritto canonico a proposito dell´esperienza formativa del Noviziato.
Gli elementi comuni sono collocati e assunti dalla «vocazione divina propria dell´Istituto»: «Il Noviziato, con il quale si inizia la vita nell´Istituto è ordinato a far sì che i novizi possano prendere meglio coscienza della vocazione divina qual è propria dell´Istituto, sperimentarne lo stile di vita, formarsi mente e cuore secondo il suo spirito; e al tempo stesso a far sì che (attraverso questa sperimentazione consapevole) siano verificate le loro intenzioni e la loro idoneità».´
Gli obiettivi specifici del Noviziato.
In un ambiente formativo adatto il novizio inizia l´esperienza religiosa salesiana, che sarà di tutta la vita. Gli obiettivi specifici da raggiungere sono suggeriti dalle ultime espressioni del can. 646 e dal terzo capoverso dell´ art. 110.
Sono tre, fra loro convergenti e complementari: approfondire le motivazioni, accertare l´idoneità, orientarsi verso il completo dono di sé a Dio.
L´esperienza del Noviziato deve portare il novizio «verso il completo dono di sé a Dio per il servizio dei giovani, secondo lo spirito di Don Bosco». Egli si prepara infatti alla professione religiosa con cui «offre a Dio se stesso per camminare al seguito di Cristo e lavorare con Lui
CIC, can. 646
alla costruzione del Regno» (Cast 3) «secondo la via evangelica tracciata nelle Costituzioni salesiane» (Cast 24).
Due condizioni sono indispensabili perché questo dono sia completo, sia vero e realmente possibile:
- accertare l´idoneità alla vocazione salesiana: a questo tende il discernimento vocazionale, un processo che impiega mezzi naturali e soprannaturali atti a scoprire quegli aspetti della realtà personale attraverso i quali lo Spirito Santo indica che una determinata persona è chiamata alla vita salesiana, possiede cioè le attitudini e le virtù richieste, principalmente la retta intenzione. È l´idoneità che assicura, in certo senso, la verità del dono;
- approfondire le motivazioni della propria scelta. La presenza delle qualità che rendono un giovane idoneo alla vita salesiana e l´assenza di controindicazioni possono costituire certamente un segno della chiamata di Dio, importante e necessario, ma non sufficiente per decidernee con sicurezza.
Chi chiede di essere ammesso è un candidato dotato, che si sente attratto, chiamato ad essere salesiano. Opta per un tipo di vita e per un insieme di valori che percepisce in accordo con la sua realtà e le sue aspirazioni. Occorre sapere e valutare da dove nasce questa spinta, questa inclinazione, questo orientamento; quali bisogni, desideri, interessi muovono la sua esistenza, in una parola quali sono le sue motivazioni profonde.
Il discernimento delle motivazioni è un aspetto determinante del processo formativo.
Le motivazioni non sono mai allo stato puro. Sono soggette a maturazione e a purificazione graduale e continua. Formarsi porta a poco a poco il candidato a comprendere chi è il Signore che chiede e motiva la scelta e il servizio.
Le motivazioni sono complesse com´è complessa la persona, nella quale il fisiologico, lo psicologico, lo spirituale e la grazia costituiscono una unità data e da fare. Possono essere molteplici e convergenti, come per esempio il desiderio di lavorare per i giovani e la volontà di darsi totalmente a Dio nella costruzione del Regno. L´importante è che la motivazione specifica e primaria (la «retta intenzione») sia capace di unificare di fatto con il suo influsso i movimenti secondari e componibili
con essa, consci o inconsci, inevitabilmente presenti anch´essi; e di mortificare ed eliminare quelli con essa non componibili.
L´accertamento di una data motivazione è sempre un´impresa delicata. Non basta il normale incontro con i candidati, come da soli non bastano gli esami psicologici e attitudinali. Si richiedono un contatto profondo di direzione e di orientamento spirituale con chi ha veramente sensibilità e capacità di discernimento, e l´impegno della persona aiutata a voler fare contemporaneamente e insieme questo cammino.
Ambiente comunitario.
Il Noviziato è una scuola di vita e, per questo, il clima che vi si respira è un coefficiente fondamentale di formazione. Quali sono i contenuti che fanno questo clima prezioso per la vita salesiana? Già il cap. VIII ha parlato della comunità come contesto di formazione: l´art 97 ricordava i primi Salesiani intenti, attraverso l´inserimento nel vivo di una comunità in azione, a modellare la loro vita su quella di Don Bosco; l´art 99 presentava la comunità come naturale ambiente di crescita vocazionale; nell´art. 103 si descrivevano le caratteristiche delle comunità formatrici. Tutto questo vale naturalmente anche per le comunità di Noviziato. Ma il testo costituzionale, ugualmente, vuol mettere in evidenza alcuni aspetti per configurare con più sicurezza l´ambiente del Noviziato. Sono due gli elementi sottolineati: il clima di fede e quello di famiglia. La comunità deve essere:
- «un esempio di vita credente» e arante
«Esempio di vita» richiama ancora la prospettiva dell´esperienza. Non si tratta innanzitutto di un insegnamento sulla vita salesiana, ma di una forma di vita di cui si intravvede e si sente il fondamento che è la fede, la percezione di una presenza: il Cristo, la sua Parola, il suo esempio, la sua chiamata, i suoi criteri, la sua missione; di cui si sente il respiro che è la preghiera, il dialogo e l´amicizia con il Signore.
- «un clima di fiducia e di docilità»
Quanto insiste la nostra Regola di vita su questo aspetto costitutivo
dello spirito salesiano e tipico del nostro stile comunitario! Ricordiamo solo alcune delle sue espressioni: «il salesiano è aperto e cordiale, pronto a fare il primo passo e ad accogliere sempre con bontà, rispetto e pazienza. Il suo affetto è... capace di creare corrispondenza di amicizia: è l´amorevolezza tanto raccomandata da Don Bosco» (Cost 15). «Don Bosco voleva che nei suoi ambienti ciascuno si sentisse ´a casa sua´... In un clima di mutua confidenza e di quotidiano perdono, ...i rapporti vengono regolati... dal movimento del cuore e dalla fede» (Cast 16).
Ritornano alla memoria le semplici e celebri espressioni di Don Bosco che, pur non riferendosi direttamente a comunità formatrici, del clima educativo e formativo esprimono l´anima: «Sapete che cosa desidera da voi questo povero vecchio, che per i suoi cari giovani ha consumato tutta la vita? Nient´altro fuorché, fatte le debite proporzioni, ritornino i giorni felici dell´antico Oratorio. I giorni dell´amore e della confidenza cristiana tra i giovani e i superiori; i giorni dello spirito di accondiscendenza e di sopportazione, per amore di Gesù Cristo, degli uni verso gli altri; i giorni dei cuori aperti con tutta semplicità e candore; i giorni della carità e della vera allegrezza per tutti».2
«Clima di fiducia» vuol dire stile di attenzione alla persona, di apertura, dialogo, incontro, cordialità, che fanno superare il timore e i pregiudizi. «Clima di docilità» significa ambiente in cui regna la docilità di tutti allo Spirito attraverso l´impegno del discernimento e l´accettazione delle mediazioni, nella fedeltà concreta ai criteri vocazionali e nel rispetto dei ritmi della persona e delle leggi della gradualità.
Come si costruisce e si alimenta questo clima? Il testo indica quattro indispensabili elementi:
- la semplicità evangelica, una semplicità profonda, che non è solo uno stile esteriore, ma che parte dal di dentro: è una maturità che cresce nella semplicità, nelle espressioni quotidiane;
- l´allegria come espressione giovanile e, soprattutto, come esperienza della gioia vocazionale;
1 Lettera da Roma 1884, cf. Appendice Costituzioni 1984, p. 252
- l´amicizia: l´incontro profondo tra le persone chiamate a vivere in comunione la vocazione e tutta la vita;
- il rispetto reciproca che Part. 52 caratterizzava così: «la comunità accoglie il confratello con cuore aperto, lo accetta com´è e ne favorisce la maturazione». Questa affermazione è valida, in forma del tutto particolare, in questi inizi di esperienza salesiana quando emergono con più facilità e più fortemente le differenze dei caratteri ancora non lavorati, la diversa provenienza e preparazione, gli orientamenti della forma vocazionale non ancora definiti e la fatica dei nuovi impegni.
Senza falsi idealismi, ma con la chiara coscienza della sua efficacia, la comunità del Noviziato, sia il gruppo stabile come i novizi che cambiano ogni anno, costruisce il suo volto con questi connotati perché la possibilità di iniziare l´esperienza religiosa salesiana sia per tutti una felice realtà.
Durata del Noviziato (art. 11I).
L´art. l11 riporta quanto è stabilito dal Codice di diritto canonico circa la durata del Noviziato e il computo delle assenze. Nel can. 648 §1 si legge: «Per essere valido il Noviziato deve comprendere dodici mesi, da trascorrere nella stessa comunità del Noviziato, fermo restando il disposto del can. 647 §3». In esso si recita: «Il Superiore maggiore può permettere che il gruppo dei novizi, per determinati periodi di tempo, dimori in un´altra casa dell´Istituto, da lui stesso designata».
Nella FSDB si specifica in forma concreta l´applicazione di queste disposizioni che tendono ad assicurare un´esperienza continua e sufficiente.´
Le indicazioni dell´articolo mettono poi in evidenza le tre persone più direttamente responsabili dell´esperienza del noviziato: il candidato, l´Ispettore, il maestro.
´ Cf. :SUB, 379-381
Signore Gesù Cristo,
che per preparare i Tuoi Apostoli
li separasti per un tempo dagli altri «in un luogo deserto»
facesti loro conoscere «i misteri del Regno», arricchisci con l´abbondanza della Tua grazia le comunità dei nostri Noviziati,
perché, con la zelante collaborazione dei formatori
con l´assistenza dello Spirito Santo,
diventino cenacolo di comunione filiale con il Padre
luogo eletto di preparazione alla missione tra i giovani.
ART. 112 IL MAESTRO DEI NOVIZI
Il maestro dei novizi è la guida spirituale che coordina e anima tutta l´azione formativa del noviziato.
Sia un uomo di esperienza spirituale e salesiana, prudente, aggiornato sulle realtà psicologiche e i problemi della condizione giovanile. Abbia un grande senso dei contatti umani e capacità di dialogo; con la sua bontà ispiri confidenza ai novizi.
È professo perpetuo e viene nominato dall´ispettore con il consenso del suo Consiglio e l´approvazione del Rettor Maggiore. Rimane in carica tre anni e può essere riconfermato.
Una visione rinnovata della formazione mette in nuova luce la figura del maestro dei novizi. A lui, nelle nostre Costituzioni, è dedicato specificamente l´art. 112. Alla sua presenza e al suo ruolo si sono riferiti anche i due articoli precedenti: l´art. 110 ha ricordato che il novizio «con l´aiuto del maestro» raggiunge gli obiettivi propri dell´esperienza del Noviziato, il quale ha inizio, affermava 1´art. 111, «quando il candidato si pone sotto la (sua) guida».
Se tutti i formatori hanno «un compito specifico e necessario» (Cost 104), quello del maestro è unico e determinante. Il Direttore della comunità formatrice è «guida della comunità e maestro di spirito» (Cost 104), ma della comunità dei novizi lo è sempre e soltanto il maestro.
L´art. 112 gli dedica tre paragrafi successivi per riflettere:
1. sul suo ruolo principale;
2. sulle qualità richieste dalla sua funzione;
3. sulle disposizioni canoniche per la sua nomina.
Il maestro, un ruolo principale.
Gli art. 110 e 111 parlano della funzione del maestro in rapporto al singolo novizio; il primo paragrafo dell´art. 112 allarga a una visione globale e comprensiva del suo compito: egli «è la guida spirituale che coordina e anima tutta l´azione formativa del noviziato».
È «guidaa spirituale»: nel senso che è sua funzione accogliere, accompagnare e precedere come guida (»padre, maestro e guida spirituale» è stato definito il Direttore salesiano nell´art. 55); è sua funzione indicare qual è il cammino e come percorrerlo per giungere alla meta, avvertendo sugli ostacoli da evitare e sui mezzi da utilizzare.
È «guida spirituale» perché il cammino è quello di una esperienza spirituale, carismatica. Si dice «spirituale» non per escludere alcuni aspetti della realtà personale, ma per indicare l´angolatura specifica di un´esperienza che impegna tutta la persona nella sua risposta allo Spirito.
Il maestro esercita questo servizio nel rapporto formativo con ogni novizio, ma anche, ed è quello che qui si vuole evidenziare, coordinando e animando tutta l´azione formativa per assicurare, come afferma Part. 104, le condizioni di validità dell´esperienza.
«Coordinare» significa far convergere le corresponsabilità, le funzioni, gli sforzi, le esperienze, tutti gli aspetti del processo formativo verso l´obiettivo principale.
«Animare» dà al coordinamento una dimensione più profonda e interiore, più sensibile all´aspetto pedagogico e ai processi che partono dalle motivazioni.
Coordinare e animare tutta l´azione formativa implica un insieme di iniziative e di atteggiamenti, che promuovono la vitalità dell´esperienza formativa, facendo appello alla coscienza, alla partecipazione attiva attraverso la valorizzazione dei ruoli e dei doni personali.´
Le qualità richieste.
Due serie di qualità sono richieste perché il maestro possa compiere salesianamente il suo compito. Potremmo chiamare le une «personali», le altre «di contatto».
«Uomo di esperienza spirituale .salesiana»: questo primo requisito è giustificato dalla natura stessa della formazione dei novizi. Se il mae-
´ Cf. CG21, 46
stro dev´essere la loro guida nell´iniziare all´esperienza religiosa salesiana, è necessario e normale che egli sia un uomo di esperienza spirituale salesiana. Da un professore ci si attende che conosca la disciplina di sua competenza e sia capace di insegnarla con metodi didatticamente efficaci. Dal maestro dei novizi ci si attende che abbia vissuto e viva ciò di cui parla e sia in grado di iniziare i giovani al dono di se stessi prendendoli in qualche modo per mano e guidandoli su una strada già conosciuta.
Esperienza spirituale di uomo di Dio quindi, ma anche esperienza salesiana, che comporta un minimo di pratica educativa pastorale in comunità attive e una conoscenza viva dei valori salesiani, in particolare di quelli che formano «il senso apostolico» salesiano.
Da chi deve formulare giudizi seri, spesso decisivi e delicati sulle persone e sulle loro situazioni, si richiede evidentemente prudenza. Essa suppone la capacità di osservare e interpretare secondo criteri di scienza e di fede. Per questo si aggiunge: sia «aggiornato sulle realtà psicologiche e i problemi della condizione giovanile». I novizi infatti di solito sono giovani e figli del loro tempo: la loro vocazione e la loro vita spirituale non sfuggono alle leggi della natura e della storia. Per comprenderli, per costruire su un terreno reale, il maestro dovrà conoscere sufficientemente i dinamismi delle forze psicologiche e spirituali della persona e gli influssi che normalmente esercita ogni cultura. Gli sarà quindi necessaria una «apposita formazione specifica».2
Ma le conoscenze e le qualità sarebbero ben poco utili se mancasse quel rapporto di mutua confidenza che è il clima di ogni educazione autenticamente salesiana. Si è già ricordato questo aspetto parlando, a commento dell´art. 110, del «clima di fiducia».
A ragione perciò si esige dal maestro:
- «un grande senso dei contatti umani»: è la disposizione all´accoglienza e la facilità di fare il primo passo, di stringere relazioni interpersonali;
- la «capacità di dialogo», che va più in là del contatto umano: sup-
2 Cf- CGS, 685
pone la piena accettazione dell´altro, nel rispetto della sua diversità, e la volontà di non giudicarlo, mentre il dialogo è in atto;
- «la bontà», finalmente, che è la grande legge dell´educazione salesiana. Si manifesta in una paternità che non crea dipendenze infantili, fa maturare persone adulte, suscita quella confidenza limpida e solida tanto richiesta da Don Bosco: «Il maestro metta il massimo impegno nel mostrarsi talmente amabile, mansueto e pieno di bontà che i novizi gli aprano il cuore e abbiano in lui tutta la fiducia». 1- un testo che figura già nelle Costituzioni dei 1874.3
Disposizioni canoniche per la sua nomina.
Sono chiare e precise. Più in là di quanto stabiliscono a livello di procedimento, esse hanno un significato particolare. Come «guida spirituale», in un periodo decisivo per la formazione e di conseguenza per l´unità e la crescita dell´identità vocazionale salesiana, il maestro non agisce a titolo personale. Il suo ministero è espressione della responsabilità di tutta la Congregazione, rappresentata dal Rettor Maggiore e dall´Ispettore, nella fedeltà al dono dello Spirito e nell´impegno per viverlo, custodirlo, approfondirlo e svilupparlo in sintonia con il Corpo di Cristo* e con la sensibilità rivolta alle diverse situazioni culturali.
Deve quindi agire con senso di comunione e di corresponsabilità, docile alle disposizioni della Congregazione e dell´Ispettoria, preoccupato di assicurare la continuità dell´esperienza formativa soprattutto con l´immediato postnoviziato.
Concedi, o Padre,
la luce e la forza del Tuo Santo Spirito a coloro che Tu hai chiamati per essere maestri e guide spirituali di quelli che iniziano
la loro esperienza religiosa salesiana.
´ Cf. MB X, 912: cf, anche Costituzioni 1874, XIV, 10 (F MOTTO, p. 195) 4 Cf. MR, 11
Fa´ che il loro ministero sia fecondo e gioioso: arricchiti della Sapienza che proviene da Te e ripieni di paziente bontà,
sappiano accogliere, correggere e incoraggiare i giovani loro affidati,
fino a condurLi al dono completo a Te, unico sommo Bene.
Per Cristo nostro Signore.
ART. 113 PERIODO DELLA PROFESSIONE TEMPORANEA
La prima professione apre un periodo di vita consacrata durante il quale il confratello, sostenuto dalla comunità e da una guida spirituale, completa il processo di maturazione in vista della professione perpetua e sviluppa, come salesiano laico o aspirante al sacerdozio, i diversi aspetti della sua vocazione.
La professione nel primo triennio sarà triennale o annuale; nel secondo triennio sarà ordinariamente triennale.
Le Costituzioni dedicano quattro articoli al terzo periodo formativo, quello del tempo della professione temporanea. L´art. 113 ne spiega il senso generale, il 114 si riferisce all´immediato postnoviziato, il 115 al tirocinio e il 116 alla formazione specifica del salesiano, che si inizia generalmente prima della professione perpetua.
Significato fondamentale di questo periodo.
Due affermazioni complementari rivelano la prospettiva essenziale di questo periodo:
da una parte si dice che «la prima professione apre un periodo di vita consacrata». Non è solo un momento di passaggio, ma possiede un significato e un valore proprio (cf. Cast 105): il professo è già un vero «religioso» salesiano;
- dall´altra si dice che è un periodo delimitato nel tempo e, come stabilisce lo stesso testo, tendente a maturare nella professione perpetua («completa»... «in vista»). Non si dà infatti professione temporanea se non con una dedizione interiore definitiva proiettata verso la professione perpetua.
Questo tempo non è solo tempo di attesa (cf. Cost 105). Il professo temporaneo è un salesiano votato a Dio e ai giovani, un vero membro della Società (cf. Cost 24). Se non è legato in modo ufficialmente definitivo, non è per mancanza di intenzione e di generosità, ma per una norma prudenziale voluta dalla Chiesa e dalla Congregazione, sapendo che la professione definitiva deve poggiare su solide basi morali e spiri-
tuali, per raggiungere le quali egli si impegna corresponsabilmente in una comunità.
L´impegno nel tempo della professione temporanea.
Le linee fondamentali dell´impegno, durante il periodo della professione temporanea, vengono così descritte: il confratello completa il processo di crescita per giungere alla maturità spirituale salesiana richiesta dalla professione perpetua e sviluppa i diversi aspetti della sua vocazione, specialmente quelli indicati nell´art. 102: maturazione umana, preparazione intellettuale, approfondimento della vita consacrata e inserimento nel lavoro educativo pastorale.
Il testo ricorda a questo proposito due aspetti generali e quindi
estensibili a tutta la formazione e alla vita salesiana:
- Ogni confratello vive l´unica vocazione «come salesiano laico o aspirante al sacerdozio» e quindi compie anche la sua formazione, in particolare nel periodo della professione temporanea, secondo questa specifica prospettiva.
- Il giovane confratello è sostenuto dalla comunità e da una guida spirituale. Non si trova solo. La comunità e la guida, ordinariamente il Direttore, condividono con lui l´impegno formativo assicurando «le condizioni per una valida esperienza e una seria riflessione dottrinale in un ambiente adatto» (Cast 104).
Frequenza e durata della professione temporanea.
Il secondo capoverso dell´articolo si riferisce alla frequenza e alla relativa durata della professione temporanea nell´arco di tempo che separa la prima professione da quella perpetua.
Per il primo triennio vengono offerte due possibilità (professione triennale o annuale), senza indicare speciali preferenze. Per il secondo triennio si stabilisce, in via ordinaria, la forma triennale, senza escludere, per motivi giustificati, altre modalità. A questo va aggiunto quanto indicherà l´art. 117, e cioè che il tempo della professione temporanea può essere prolungato fino a nove anni.
Queste diverse possibilità sono scelte in modo giudizioso solo se si considerano allo stesso tempo la gradualità e la serietà dell´impegno. I1 criterio fondamentale rimane la maturità personale, che conferisce verità al segno, e non il tempo quantitativamente obiettivo di professione. D´altra parte, una ripetizione troppo frequente della professione, che in sé significa un´opzione di esistenza, se non è sufficientemente motivata a livello psicologico e pedagogico, svigorisce il segno nel suo contenuto umano e nella sua densità spirituale. Crea infatti un senso di provvisorietà interno e fa apparire debole una decisione che scaturisce dal centro stesso della vita di chi professa e si riferisce al progetto con cui egli intende identificarsi.
È necessaria una grande flessibilità e una non meno grande prudenza nel discernimento per coniugare, al servizio della persona e del carisma, tutti i valori in gioco.
Una sentita e reale responsabilità personale e comunitaria in rapporto alla professione temporanea e alla sua frequenza si manifesta certo nel momento della opzione e della decisione, ma ancor prima e ancor più quando si assicura il raggiungimento degli obiettivi propri dei periodi formativi precedenti: la preparazione al Noviziato e il Noviziato. Il confratello non trascinerebbe problematiche e indecisioni che vanno risolte prima e i Consigli locale e ispettoriale non rimanderebbero inutilmente ad altri, negli anni successivi, il loro compito non assolto tempestivamente. 1
Rendi feconda, o Signore, nei giovani confratelli la grazia della prima professione:
il Tuo Spirito li accompagni nella loro esperienza verso la definitiva donazione della loro vita a Te per il bene dei giovani.
Fa´ che, crescendo ogni giorno nell´amicizia con Te,
nella somiglianza a Don Bosco e nella comunione fraterna,
1 Cf. Ratio Fundatnentati.s Institutioni.s Sacerdotati.s, n. 40
progrediscano nella formazione,
che rende più salde le loro motivazioni,
più competente ed efficace la loro azione educativa e pastorale.
Dona ad essi di vivere con gioia e responsabilità il periodo formativa,
tempo di impegno e di santità.
ART. 114 L´IMMEDIATO POSTNOVIZIATO
Alla prima professione segue una fase di maturazione religiosa che continua l´esperienza formativa del noviziato e prepara il tirocinio.
L´approfondimento della vita di fede e dello spirito di Don Bosco e un´adeguata preparazione filosofica, pedagogica e catechistica in dialogo con la cultura orientano il giovane confratello a integrare progressivamente fede, cultura e vita.
Una fase di maturazione religiosa tra il Noviziato e il tirocinio.
«Maturazione» è una parola che si ripete spesso nei due capitoli delle Costituzioni dedicati alla formazione. Indica un processo in movimento verso la maturità (cf. Cast 102) e si chiama «religiosa» non tanto per indicarne un aspetto specifico quanto per mostrarne il punto di sintesi finale e determinante.
L´impegno di maturazione religiosa, durante il postnoviziato, ha due punti di riferimento: il Noviziato e il tirocinio. L´esperienza del primo deve essere continuata, quella del secondo deve essere convenientemente preparata.
Il Noviziato, innanzitutto, ha bisogno di un complemento ulteriore. Il lavoro formativo al servizio di un gruppo di giovani di diversa provenienza e di ineguali livelli di maturità comporta sempre una fatica in più e un impiego di tempo maggiore. A fine Noviziato certamente esistono gli argomenti per credere a una sufficiente maturazione. Ma essa ha bisogno di essere ancora aiutata, curandone la continuità e la coerenza con il lavoro compiuto. Si evitano così bruschi cambiamenti di stile di vita e una caduta di tensione nella crescita vocazionale.
Il tirocinio, d´altronde, con l´obiettivo che propone: una sintesi personale tra attività e valori vocazionali da costruire «in un´esperienza educativa pastorale» (Cost 115), esige che il giovane confratello si sia già sforzato di camminare verso questa sintesi e abbia acquisito gli strumenti adatti per viverla.
ll postnoviziato è dunque un momento delicato e importante perché costruisce queste possibilità e risponde a queste esigenze.
Una fase che ha valore formativo «in sé».
Il postnoviziato però, com´è facile comprendere, non è esclusivamente o primariamente una fase che completa un passato o che appronta «strumenti» per il futuro. Esso ha un valore in sé. Non si chiede al giovane salesiano di viverlo solo per completare la formazione del suo Noviziato o per affrontare meglio i problemi del suo prossimo tirocinio. Anche questo; ma lo si impegna soprattutto in vista della maturazione attuale della sua persona.
Egli è chiamato infatti:
- a «integrare progressivamente fede, cultura e vita»;
- a porre in atto gli strumenti indicati per raggiungere questo obiettivo e cioè:
l´approfondimento della vita di fede e dello spirito di Don Bosco;
un´adeguata preparazione filosofica, pedagogica e catechistica in dialogo con la cultura (cf. Cost 114) e «una iniziazione teologica» (Reg 95).
Sono strumenti alcuni conoscitivi, altri esperienziali. E quelli conoscitivi devono aiutare a vivere con più profondità quelli esperienziali.
a. Il significato di «una progressiva integrazione tra fede, cultura e vita».
«Vita quotidiana» e «vita eterna», «fede e vita» sono formule del linguaggio abituale che richiamano una serie di contenuti.
«Fede» esprime la dimensione soprannaturale dell´esistenza cristiana; «vita» indica i valori creaturali di questa stessa esistenza e le numerose realtà quotidiane in cui si trova immersa.
Vivere nell´unità questi due aspetti significa essere uomini spirituali, restando uomini del proprio tempo.
Si tratta di credere che la ragione ultima e decisiva della realtà è l´Incarnazione, espressione dell´amore del Padre, ossia della volontà di Dio di comunicare se stesso agli uomini come Padre nella maniera più profonda possibile, nel Figlio. Si tratta di credere che Egli per questo crea.
Esiste dunque solo questo ordine di realtà che diciamo soprannaturale, ma esso comprende, accanto a elementi soprannaturali, elementi anche naturali che, se sono valori definitivi, si completano attra-
verso la progressiva partecipazione al mistero pasquale di Gesù.
Riscoprendo l´evento della Incarnazione (fede), ci si accosta alla vita, alla storia personale (vita) e collettiva (cultura) come a un luogo tutto segnato dalla presenza del Signore: il mondo è già da sempre avvolto e penetrato dalla grazia della comunicazione divina, in esso presente sempre e dappertutto. L´umano è luogo della presenza di Dio, il quotidiano diventa luogo della trasparenza del Signore. Unificare «fede e vita» vuol dire iniziare a una nuova capacità di contemplazione del quotidiano, segnato dalla cultura del luogo, per incontrarvi i segni della presenza del Signore, la quale domanda che si comprenda la situazione, si operi, si invochi nella preghiera la Sua luce e la Sua grazia e si edifichi con Lui.
b. Gli strumenti «esperienziali» adatti: approfondimento della vita di fede e dello spirito di Don Bosco.
Meglio sarebbe dire «approfondimento della vita di fede secondo lo spirito di Don Bosco». Infatti i Salesiani vivono la sintesi di fede, vita e cultura «nella carità pastorale» (Cost 10), che ha il suo modello e la sua sorgente nel cuore stesso di Cristo, apostolo del Padre (cf. Cost 11). Non si può dunque fare esperienza di questa carità senza approfondire la propria fede che è sempre percezione di una presenza, quella del Signore, che noi raggiungiamo secondo il nostro spirito:
- nella «predilezione per i giovani», speciale dono di Dio, «espressione
della carità pastorale», per il cui bene «offriamo generosamente
tempo, doti e salute» (Cost 14);
- accostandoli con l´amorevolezza di Don Bosco che «lascia trasparire l´amore preveniente di Dio» (Cost 15), in un clima di famiglia, di affetto ricambiato, di mutua confidenza e stima. t «un amore che si dona gratuitamente, attingendo alla carità di Dio» (Cost 20); attenti alla presenza dello Spirito, cogliendo i valori del mondo e «credendo nelle risorse naturali e soprannaturali dell´uomo, pur non ignorandone la debolezza» (Cost 17);
«ravvivando continuamente la dimensione divina della nostra attività» (cf. Cost 12) e l´unione con Dio, della cui paternità facciamo esperienza.
e. Gli strumenti conoscitivi: preparazione filosofica, pedagogica e catechistica in dialogo con la cultura e una iniziazione teologica.
Per raggiungere gli obiettivi proposti il postnoviziato cura una seria e aggiornata formazione intellettuale.
La FSDB precisa gli ambiti di tale formazione intellettuale, indugiando lungamente nel commentare la specificità delle diverse scienze e dei loro rapporti in vista della formazione.´ Le sue considerazioni si possono riassumere dicendo che la carità pastorale esige una mentalità che nasce dalla sintesi attiva dei contenuti propri alle discipline della fede (iniziazione teologica, per il postnoviziato), della filosofia e delle scienze dell´educazione (pedagogia). Esse sono essenzialmente autonome ma, essendo al servizio dell´esistenza (cultura), non sono fra loro indipendenti. Sono legate alla conoscenza e alla promozione della persona, alla complessità del suo mondo e, ultimamente, al mistero di Cristo che ricapitola tutto in sé.
L´art. 21 delle Costituzioni ci ha presentato Don Bosco come persona unificata, splendido accordo di natura e di grazia. In lui l´obiettivo del postnoviziato si manifesta come esigenza del carisma originale. Si identifica anzi con la sua stessa persona. «Profondamente uomo, ricco delle virtù della sua gente, egli era aperto alle realtà terrestri, profondamente uomo di Dio, ricohno dei doni dello Spirito, viveva `come se vedesse l´invisibile´. Questi due aspetti si sono fusi in un progetto di vita fortemente unitario. il servizio dei giovani» (Cast 21).
D Padre misericordioso e fedele,
assisti con la grazia di unità
i nostri giovani confratelli,
che hai introdotto nella vita salesiana. Fa´ che l´ambiente del postnoviziato, fatto di esperienza, di studio e riflessione e permeato di preghiera,
li aiuti a porre le basi di una solida unità personale, per diventare validi strumenti del Tuo amore in mezzo ai giovani ai quali Tu li destini. Per Gesù Cristo nostro Signore.
´ Cf. FSDB, 210-236
ART. 115 IL TIROCINIO
Nel corso di tutta la formazione iniziale, insieme allo studio, si dà importanza alle attività pastorali della nostra missione.
Una fase di confronto vitale e intenso con l´azione salesiana in un´esperienza educativa pastorale è il tirocinio. In questo tempo il giovane confratello si esercita nella pratica del Sistema Preventivo e in particolare nell´assistenza salesiana.
Accompagnato dal direttore e dalla comunità, realizza la sintesi personale tra la sua attività e i valori della vocazione.
Formazione e attività pastorale.
«Nel corso di tutta la formazione iniziale, insieme allo studio, si dà importanza alle attività pastorali della missione». Questa affermazione trova la sua verità e la sua conferma nelle numerose espressioni sparse nella terza parte del testo costituzionale. La prassi educativa pastorale, una prassi sapiente e credente, è centrale per la formazione del salesiano. Lungo tutta la vita il salesiano fa esperienza dei valori vocazionali «vivendo e lavorando per la missione comune» (Cost 99).
Nella formazione iniziale, metodologicamente, per impiego di tempo e priorità d´impegno, prevalgono le attività teoriche e abilitanti (era già pensiero di Don Bosco),´ perché educano nei giovani in formazione le attitudini e le competenze necessarie per vivere il lavoro pastorale, in seguito, con piena efficacia apostolica. In ogni caso, però, anche in questo tempo «il graduale inserimento nel lavoro educativo pastorale» (Cost 102) rimane uno dei coefficienti fondamentali di formazione, presente con diversa accentuazione in ogni fase: la preparazione al Noviziato «si compie attraverso un´esperienza di vita comunitaria e apostolica salesiana» (Cost 109); il Noviziato orienta il candidato «verso il completo dono di sé a Dio per il servizio dei giovani, secondo lo spirito di Don Bosco» (Cost 110); il periodo della professione temporanea impegna il confratello a sviluppare «i diversi aspetti della sua vocazione» (Cost 113).
´ Cf. Costituzioni 1875, XII, 6 (cfr F. MOTTO, p. 181)
Il presente articolo 115 mette in risalto che nella fase del tirocinio l´aspetto educativo pastorale trova un´espressione tipica.
Esperienza formativa e tirocinio.
Quale obiettivo si propone, quale esperienza formativa sviluppa il tirocinio, questa fase che è forse la più tipica del cammino formativo salesiana?
Il tirocinio, dice la Regola, è un confronto, un esercizio, una sintesi realizzati in un´esperienza educativa pastorale adeguatamente accompagnata. Esaminiamo i diversi elementi.
- un «confronto vitale e intenso»
Il tirocinio è un confronto, allo stesso tempo di verifica e di maturazione, con l´azione salesiana, cioè con la vita salesiana nelle sue situazioni comuni, nelle vicende ordinarie e quotidiane della missione, che non sono precisamente come quelle vissute nelle comunità appositamente strutturate (Cost 103). Come i primi Salesiani, che crebbero inseriti nel vivo di una comunità in azione (cf. Cost 97), il giovane salesiano che si orienta verso la professione perpetua ha bisogno di confrontarsi con la vita reale per conoscersi meglio (idoneità e motivazioni) e per conoscere meglio la forma concreta della vocazione alla quale si sente chiamato e nella quale si è già impegnato. Il confronto del tirocinio offre elementi importanti di discernimento e un mezzo insostituibile di crescita.
- un esercizio nella pratica del Sistema preventivo e in particolare nell´assistenza salesiana
«Sistema preventivo» e «assistenza» sono due espressioni che identificano l´esperienza educativa pastorale vissuta come quella prima, originale di Don Bosco, che egli stesso chiamò «Sistema preventivo» (cf. Cost 20) e che esigeva «un atteggiamento di fondo, la simpatia e la volontà di contatto con i giovani» (Cast 39), in altre parole, l´assistenza salesiana.
Il tirocinio è soprattutto esercizio di questo atteggiamento vissuto
nel contesto del progetto educativo salesiano. )~ così caratteristico di questa fase che nella tradizione salesiana i tirocinanti erano chiamati anche «assistenti».
- una sintesi personale tra attività e valori vocazionali
Il salesiano è chiamato a vivere, come Don Bosco, un progetto di vita fortemente unitario, simultaneamente apostolico e religioso, e a sintetizzarne le espressioni in un unico movimento di carità verso Dio e verso il prossimo.
Il direttore e la comunità renderanno possibili e favoriranno queste esperienze che, come chiede l´art. 86 dei Regolamenti, dovranno essere programmate e accompagnate dalla presenza e dalla guida dei formatori e valutate periodicamente.
L´esperienza sarà «ben» programmata se si farà attenzione alle seguenti esigenze:
di programmare superando l´immediatezza e lo spontaneismo, attraverso l´uso sapiente e critico delle scienze pertinenti;
- di essere attenti a tutti gli elementi richiesti (analisi della situazione, obiettivi, metodi, strategie e criteri di verifica, scadenze);
- di definire l´obiettivo dopo aver confrontato la situazione di partenza con i progetti da ricollocare in situazione; di assicurare la presenza attiva di guide, testimoni di carità pastorale, che abbiano la competenza sufficiente e l´autorevolezza riconosciuta.
La sintesi personale, come si è potuto vedere indicandone i momenti nell´articolo precedente, non è statica, è un´unità in tensione e nella continua necessità di comporsi in equilibrio, Il giovane confratello dovrà maturare simultaneamente como «uomo di Dio» e «uomo dei giovani», dovrà vivere la missione come una tipica esperienza di Dio, assumerne la mistica e l´ascetica.
Signore Gesù,
per mezzo della Vergine tua Madre,
Tu guidasti Don Bosco nel formare i primi Salesiani: l´esperienza apostolica dell´Oratorio
fu per essi fonte di entusiasmo spirituale,
stimolo e sostegno nella maturazione personale e nell´ascesi. Accompagna, Ti preghiamo,
l´esperienza salesiana dei nostri giovani tirocinanti: perché nel contatto coi giovani
assimilino gli atteggiamenti propri del Sistema preventivo e, vivendo e lavorando insieme,
maturino la sintesi personale tra la propria attività e i valori della vocazione.
Dona anche alle nostre comunità
che, sostenendo il cammino dei giovani confratelli, siano il naturale ambiente
della crescita della vocazione.
ART. 116 FORMAZIONE SPECIFICA DEL SALESIANO PRESBITERO E DEL SALESIANO LAICO
Dopo il tirocinio il salesiano completa la formazione iniziale.
La formazione specifica del candidato al ministero presbiterale segue gli orientamenti e le norme stabilite dalla Chiesa e dalla Congregazione e mira a preparare il sacerdote pastore educatore nella prospettiva salesiana.
La formazione specifica offre al salesiano coadiutore, con l´approfondimento del patrimonio spirituale della Congregazione, un´adeguata preparazione teologica nella linea della laicità consacrata e completa la sua formazione in vista del lavoro educativo apostolico.
«Dopo il tirocinio il salesiano completa la formazione iniziale». È il tempo della formazione specifica, che si prolunga oltre la professione perpetua, ma che praticamente incomincia con la stessa formazione iniziale, svolgendosi nella prospettiva della forma vocazionale specifica.
Delle diverse forme, presbiterale, diaconale e laicale, in cui si realizza l´unica vocazione salesiana, le Costituzioni hanno già parlato fin dai primi articoli (cf. Cost 4), hanno messo in evidenza le responsabilità comuni e complementari e hanno sottolineato l´apporto proprio di ciascuna (cf. Cost 45). Stabilendo che i Salesiani laici e futuri sacerdoti ricevono uguale formazione di base (Cost 106), le Costituzioni non hanno dimenticato le necessarie distinzioni determinate dalla natura specifica della forma vocazionale e dalla sua particolare partecipazione alla missione comune. Il medesimo art. 106 parlava allo stesso tempo di «curricolo di livello paritario» e di opportune e necessarie «distinzioni».
Il presente articolo vuole considerare, in maniera più completa, alcune esigenze della formazione specifica dei Salesiani chierici e dei Salesiani laici,
Formazione specifica del salesiano presbitero.
Per la formazione del «sacerdote educatore pastore nella prospettiva salesiana» le Costituzioni richiamano, in generale, «gli orienta
menti e le norme stabilite dalla Chiesa e dalla Congregazione». Tali orientamenti e norme sono riportati, in modo completo, nella FSDB.r I Regolamenti generali, a loro volta, concretizzano modalità e condizioni: «I soci che si preparano al sacerdozio devono attendere, almeno per quattro anni, a una più intensa formazione sacerdotale in comunità formatrici, preferibilmente studentati. Compiano con serietà gli studi teologici, di preferenza in centri salesiani. Durante questo periodo non siano permessi altri studi e attività che li distolgano dall´impegno di questa fase formativa} (Reg 97).
Si tratta di un´esperienza formativa orientata verso obiettivi specifici. Essa suppone nel candidato un impegno chiaro e deciso verso la vita sacerdotale. $ un cammino progressivo e graduale durante il quale l´istituzione e l´esercizio dei ministeri del lettorato e dell´accolitato e il conferimento e l´esercizio dell´ordine diaconale offrono occasioni di verifica, di discernimento e di rinnovato impegno.
Obiettivi da privilegiare in questa fase, estensibili, per certi aspetti e secondo proporzioni definite, anche al salesiano diacono, sono soprattutto:
- la conformazione a Cristo-pastore nella propria vita, chiamata ad esprimerlo esistenzialmente, e nel proprio ministero, poiché di Lui il presbitero è segno-persona al servizio di giovani. È la base di una vera spiritualità sacerdotale. Il futuro sacerdote salesiano deve rendersi conto che il suo apostolato passa innanzitutto attraverso l´amore di Cristo e del Padre, perché c´è in fondo un solo Apostolo Salvatore, Gesù, inviato dal Padre. In suo nome egli è chiamato a lavorare in mezzo ai giovani perché si incontrino con Lui;
- l´approfondimento del senso ecclesiale di unità e di comunione con la Chiesa, in particolare con il Papa e i Vescovi; la fraternità sacerdotale; l´esperienza del ministero presbiterale all´interno e dall´interno della comunità locale e ispettoriale, in reciproca complementarità con il salesiano laico;
- lo sviluppo di una sensibilità e competenza particolari nell´annunciare la Parola di Dio all´uomo e ai giovani di oggi, specialmente nella catechesi, nell´animazione liturgica, nella pastorale giovanile,
1 Cf. FSDB, 457-473
nel sacramento della Riconciliazione, nella direzione spirituale;
- la cura della propria preparazione intellettuale, secondo un modello che, nei suoi orientamenti generali, fa esplicito riferimento alla figura di Don Bosco prete. Di fatto, studi teologici seri illuminano la vita spirituale e la prassi con principi solidi, con conoscenze aggiornate, con una metodologia adatta ai tempi e agli ambienti in funzione delle emergenze della cultura giovanile e popolare.
Formazione specifica del salesiano coadiutore.
La formazione specifica del salesiano presbitero segue fondamentalmente, come si è detto, gli orientamenti e il curricolo stabilito dalla Chiesa per tutti i chiamati ad esercitare questo ministero. La formazione del salesiano laico, non stabilita in dettaglio dal Magistero della Chiesa, assume espressioni più diversificate in dipendenza dalla sue doti e attitudini e dai compiti del suo apostolato.
Ciò non toglie nulla alla responsabilità personale e comunitaria, in certo qua] modo istituzionale, con cui si deve assicurare e realizzare la formazione specifica del salesiano coadiutore. Lo stabiliscono esplicitamente sia le Costituzioni sia i Regolamenti generali che chiedono di armonizzare l´esigenza vocazionale di questo momento formativo con la considerazione realistica della diversità delle situazioni.
Le Costituzioni impegnano a privilegiare quattro aree:
- «l´approfondimento del patrimonio spirituale della Congrega
zione»;
- «un´adeguata preparazione teologica, nella linea della laicità consacrata», che riesca a permeare tutta la cultura del confratello coadiutore e a mostrare il significato profondo della sua formazione e istruzione;
- il completamento della formazione tecnico-professionale «in vista del lavoro educativo apostolico»;
- l´integrazione dei contenuti della formazione intellettuale al fine di raggiungere questi obiettivi.
t quanto codifica il testo regolamentare: «I salesiani laici.., abbiano la possibilità di acquisire una seria formazione teologica, pedagogica e salesiana, adeguata al livello culturale raggiunto. Attendano an-
che, secondo le attitudini, agli studi per una preparazione professionale in vista del lavoro apostolico» (Reg 98).2
O Padre, che, per mezzo del Tuo Spirito,
susciti le vocazioni e distribuisci i ministeri affinché concorrano all´edificazione dell´unico Corpo di Cristo, Tu hai voluto che nella nostra Società Salesiani presbiteri e Salesiani coadiutori vivano in pienezza e fraterna complementarità la medesima vocazione e missione per il bene dei giovani. Assisti gli uni e gli altri con la Tua grazia nella preparazione al loro specifico compito,
infondendo in essi amore alla Chiesa e al suo insegnamento, capacità di riflessione e generosità di dedizione, per divenire capaci di collaborare efficacemente all´unica opera della Tua salvezza, in Gesù Cristo nostro Signore.
2 Cf. FSDB, 474476
Art. 117 LA PROFESSIONE PERPETUA
Il socio fa la professione perpetua quando ha raggiunto la maturità spirituale salesiana richiesta dall´importanza di tale scelta.
La celebrazione di questo atto è preceduta da un tempo conveniente di preparazione immediata e accompagnata dalla fraterna attenzione della comunità ispettoriale.
La professione perpetua è fatta ordinariamente sei anni dopo la prima professione. Se tuttavia lo ritiene opportuno, l´ispettore può prolungare questo tempo, ma non oltre i nove anni.
Il significato della professione perpetua.
«Faccio voto per sempre...», dice il professo, impegnandosi davanti al Signore e davanti alla Chiesa (cf. Cost 24); l´art, 23 afferma: «La professione religiosa è un segno dell´incontro di amore tra il Signore che chiama e il discepolo che risponde donandosi totalmente a Lui e ai fratelli».
Questi «per sempre» e «totalmente» esprimono il significato della professione perpetua, vista come risposta alla iniziativa di Dio e alla sua grazia. La loro verità è costruita e, in certo qual modo, assicurata dalla formazione iniziale, il cui obiettivo è appunto quello di far vivere un´esperienza che aiuti a raggiungere «la maturità spirituale salesiana» richiesta dall´importanza della professione perpetua (cf. Cost 117). È una maturità fatta di motivazioni e atteggiamenti, che integrano in unità vitale i vari aspetti del cammino formativo e raggiungono il loro punto di sintesi nell´identità salesiana posseduta e vissuta autenticamente.
La professione perpetua è questo punto di arrivo. 1 periodi formativi, che il candidato ha percorso, sono stati necessari per prepararsi all´incorporazione definitiva nella Società (cf. Cost 107): durante il Noviziato infatti egli si è orientato «verso il completo dono di sé a Dio per il servizio dei giovani, secondo lo spirito di Don Bosco» (Cost 110); e nel periodo della professione temporanea ha completato «il processo di maturazione in vista della professione perpetua» (Cost 113).
Senza nulla togliere al valore della professione temporanea, anch´essa fatta con l´intenzione di offrirsi a Dio per tutta la vita (cf. Cost
24), è la professione perpetua che sintetizza e celebra, anche liturgicamente, quanto le Costituzioni affermano nel cap. 3 sulla professione del salesiano: «è l´espressione più profonda («per sempre» e «totalmente») della nostra libertà che, con la grazia di Dio, intende dare all´opzione fondamentale del nostro Battesimo una testimonianza concreta di esistenza. È collocata alla radice stessa del nostro modo di seguire Gesù Cristo e perciò diviene l´ottica della nostra lettura del Vangelo e il punto base di riferimento di tutte le scelte e gli impegni».1
Il suo carattere pubblico assicura e proclama autorevolmente il significato ecclesiale e comunitario della consacrazione apostolica. Da una parte vi è un legame nuovo e definitivo con la Congregazione; dall´altra, il giovane salesiano entra nella situazione ecclesiale definitiva, spirituale e giuridica allo stesso tempo, e assume, con i suoi confratelli, il particolare compito che i Salesiani svolgono nella sacramentalità della Chiesa.
L´importanza fondamentale di questa scelta, il significato cristiano ed ecclesiale che essa assume, il rapporto che stabilisce tra il confratello e la Società, il tipo di progetto di vita con il quale si identifica determinano il grado di maturità spirituale salesiana («stato adulto») che deve essere raggiunto come condizione dell´autenticità del gesto.
La preparazione a questo impegno.
Pur affermando ripetutamente che tutto l´arco formativo è preparazione alla professione perpetua, le Costituzioni stabiliscono che essa sia «preceduta da un tempo conveniente di preparazione immediata», che porta a compimento il lungo lavoro di comprensione e di assimilazione e permette un´ultima riflessione sull´esperienza stessa e una sua ultima sintesi.
Questo tempo costituisce istituzionalmente uno dei momenti forti del processo formativo. Dev´essere quindi convenientemente preparato, sufficientemente lungo, trascorso nel raccoglimento e nella preghiera, accompagnato da persone esperte nell´orientare i singoli e il
Cf. E. VIGANO Il lesto rinnovato delta nostraa regola di vita, ACG n. 312 (1985), p. 18; sul significato della professione perpetua si veda anche ACG n. 295 (1980), p. 20-22
gruppo e vissuto in ambienti e con tranquillità sufficienti per una profonda vita comunitaria.
Tanto la preparazione immediata come la celebrazione della professione perpetua saranno accompagnate dalla fraterna attenzione della comunità ispettoriale che accoglie il dono di Dio, riconosce la sua fecondità e si arricchisce di nuove energie apostoliche.
O Padre,
che attraverso la voce misteriosa dello Spirito, attrai alcuni a seguire Gesù Cristo, Buon Pastore, per dedicarsi al servizio dei giovani più poveri, sull´esempio di Don Bosco,
guarda ai nostri fratelli
che, unendosi al sì definitivo di Cristo, si offrono per sempre a Te.
Infondi in loro il Tuo Spirito di santità,
perché possano compiere col Tuo aiuto
ciò che per Tuo dono hanno promesso con gioia.
Fa´ che in ogni momento
siano sospinti dalla carità pastorale
a cercare le anime e servire Te solo, Signore.
Sii Tu per essi, Padre Santo,
la certezza e la guida.
Fa´ che trovino in Maria una presenza materna, in Don Bosco un modello,
nei confratelli un sostegno,
nei giovani uno stimolo.
Per Gesù Cristo nostro Signore.
su
ART. 118 ESIGENZA DELLA FORMAZIONE PERMANENTE
In un contesto pluralista e di rapide trasformazioni, il carattere evolutivo della persona e la qualità e fecondità della nostra vita religiosa apostolica richiedono che, dopo le fasi iniziali, continuiamo la formazione. Cerchiamo di crescere nella maturità umana, di conformarci più profondamente a Cristo e di rinnovare la fedeltà a Don Bosco, per rispondere alle esigenze sempre nuove della condizione giovanile e popolare.
Mediante iniziative personali e comunitarie coltiviamo la vita spirituale salesiana, l´aggiornamento teologico e pastorale, la competenza professionale e la creatività apostolica.
Come si è detto fin dall´introduzione della terza parte delle Costituzioni, la formazione permanente è la prospettiva e il principio organizzatore dell´intera parte. Quanto finora si è affermato parlando degli aspetti generali della formazione e del processo formativo ha come punto di sintesi la formazione permanente. La stessa formazione iniziale è vista sotto questa angolatura.
Le Costituzioni quindi non danno inizio alle considerazioni su questa realtà a partire dall´art. 118; e nemmeno vogliono presentarla come fosse una fase separata dalla formazione iniziale. Considerata come un´esigenza nuova e necessaria all´inizio del periodo di rinnovamento conciliare, la formazione permanente è presente ora nel testo costituzionale come principio organizzatore, come esigenza e come atteggiamento.
I due articoli conclusivi della terza parte (ai quali corrispondono nei Regolamenti generali gli articoli dal 98 al 102) vogliono da un lato riprendere e riaffermare questo principio e dall´altro mettere in evidenza l´esigenza di un atteggiamento di formazione permanente da vivere durante tutta la vita.
Esigenza della formazione permanente.
Da dove sorge l´esigenza della formazione permanente? Le Costituzioni rispondono indicando le motivazioni fondamentali per il salesiano educatore pastore.
- Prima di tutto, l´esigenza della formazione permanente nasce dalla realtà della persona:
ogni persona è vocazione e risposta, progetto in fase di realizzazione a livello umano e cristiano. «Egli chiama... (noi) rispondiamo con l´impegno di una adeguata e continua formazione». Questa chiamata, di cui parla l´art. 96, viene dal di dentro di ogni persona. Ogni persona è risposta e realizzazione permanente. «Il carattere evolutivo e dinamico della personalità impone una costante apertura sia a livello di sintesi dottrinale che di progetto di vita».´
- In secondo luogo, l´esigenza della formazione permanente proviene dalla nostra vocazione specifica:
la vita religiosa apostolica per essere feconda e qualificata non può lasciarsi fermare dalla mediocrità, dalla superficialità, dall´immobilismo. I talenti vanno sfruttati e non sotterrati. La pianta deve essere potata perché dia più frutto. La vita deve mantenersi aperta alle esigenze dello Spirito, poiché è per definizione «vita nello Spirito» e lo Spirito crea, anima, rinnova. L´aattenzione vigile allo Spirito, presente negli eventi della storia che attendono da noi una decifrazione e una risposta di fede »I ci pone in stato di continuo rinnovamento.
- Queste due esigenze fondamentali, che sarebbe meglio caratterizzare come leggi di vita, sono rese più urgenti e importanti dal «contesto pluralista» in cui viviamo, dove le molteplici e rapide trasformazioni producono e pongono a confronto diversi progetti di uomo e di società e lanciano sfide a livello culturale, sociale ed ecclesiale. «Queste stesse trasformazioni ci sollecitano a un continuo rinnovamento per mantenere leggibile la nostra testimonianza ed efficace il nostro servizio apostolico» -1 in risposta «alle esigenze sempre nuove della condizione giovanile e popolare».
Linee di impegno.
L´articolo invita a muoversi su tre principali linee di impegno. Esse costituiscono gli aspetti integranti della vocazione personale di ogni sa
CG21, 309 a Ivi
´ CG21, 310
iesiano: la maturità umana, la conformazione a Cristo, la fedeltà a Don Bosco.
Si richiama così, quasi a sottolineare l´unità di tutta l´impostazione della parte terza, quanto affermava l´art. 98 nel descrivere in sintesi l´esperienza formativa come processo permanente: «Illuminato dalla persona di Cristo e dal suo Vangelo, vissuto secondo lo spirito di Don Bosco, il salesiano si impegna in un processo formativo che dura tutta la vita». La realtà umana personale, Cristo e il suo Vangelo, Don Bosco e il suo spirito sono un´unica esperienza che definisce il salesiano e gli permette di vivere la sua identità di apostolo dei giovani.
I giovani, anch´essi, sono per noi un´esigenza e uno stimolo di formazione permanente, ci obbligano e ci aiutano a camminare: la nostra fedeltà, si legge nell´art. 195, {viene pure sostenuta dall´amore ai giovani».
Aspetti concreti da coltivare.
Le linee fondamentali enunciate, la cui ricchezza di contenuto è facilmente intuibile, possono sembrare troppo ampie. Il testo si sofferma su quattro aspetti più concreti, che il salesiano e la stessa comunità devono costantemente coltivare: la vita spirituale salesiana, l´aggiornamento teologico e pastorale, la competenza professionale e la creatività apostolica. Li vediamo brevemente.
- La vita spirituale salesiana.
Si intende l´insieme degli aspetti caratteristici di quello stile di vita e di azione che ci identifica nella Chiesa. è tutto ciò che le Costituzioni ci hanno indicato come la nostra «carta d´identità» e che ci è stato trasmesso dalla tradizione viva della nostra Famiglia. L´approfondimento continuo della Regola e il confronto con il nostro Fondatore e con i Salesiani da lui formati sono strumenti privilegiati di formazione permanente.
- L´aggiornamento teologico e pastorale.
Si tratta non solo della ripetizione di una trattazione, «ma anche di un approfondimento delle discipline primarie, al cui studio un giorno (i
confratelli) si sono applicati, soprattutto in riferimento alle questioni di sacra dottrina, che maggior importanza hanno per la vita spirituale e l´operosità pastorale. (Si tengano presenti) il progresso della dottrina teologica e le nuove questioni pastorali, soprattutto in quanto sono state precisate dal vivo magistero della Chiesa. Infine ci si preoccupi che le scoperte pastorali, frutto dell´esperimentazione, siano connesse con una solida sintesi dottrinale».4
- La competenza professionale.
La carità pastorale vuole anche «capacità» pastorale. L´analisi e la valutazione critica, secondo criteri di fede e di scienza, di una determinata situazione; la progettazione e la programmazione di un servizio in un determinato contesto socio-culturale ed ecclesiale; l´utilizzazione dei mezzi di comunicazione sociale; l´uso corretto della metodologia apostolica, tutte queste necessità richiedono competenza, richiedono cioè l´utilizzo critico dei risultati delle scienze pertinenti: s la formazione permanente mira ad assicurare tale aggiornata competenza.
-- La creatività apostolica.
Due citazioni collegano il passato all´oggi ed evidenziano quanto la creatività apostolica sia un tratto permanente del nostro spirito che va coltivato, personalmente e comunitariamente. Affermava don Albera: «Bisogna congiungere lo spirito di iniziativa personale con la debita sottornissione al Superiore; da questo spirito la nostra Società ritrae quella geniale modernità che le rende possibile di fare il bene richiesto dalle necessità dei tempi e dei luoghi» s E, a chiusura del CG21, il Rettor Maggiore affermava: «l´inventiva pastorale, la fantasia pedagogica, l´intraprendenza e il coraggio, la santa furbizia sono un´espressione genuina del cuore oratoriano di Don Bosco... È ormai tempo di assumere (l´inventiva pastorale) come patrimonio di ogni comunità salesiana e come espressione di fedeltà a Don Bosco».´
I Regolamenti generali indicano altri aspetti ancora, nell´ambito
° «Inter ea», Congregazione per l´Educazione Cattolica, Roma 1969, n. 5 CF. FSDB, 78
° D. ALBERA, ACS n. 4, 15 maggio 1921, p. 201; cF. Lei!, circolari, p. 499 CC21, 573
della maturità umana, considerandoli mezzi opportuni per promuovere la formazione permanente: «la formazione permanente richiede che ciascun confratello migliori la sua capacità di comunicazione e di dialogo; si formi una mentalità aperta e critica e sviluppi lo spirito di iniziativa per rinnovare opportunamente il proprio progetto di vita» (Reg 99). Su questa linea e per raggiungere questo scopo «coltivi l´abitudine alla lettura e allo studio delle scienze necessarie alla missione; mantenga viva la disponibilità alla preghiera, alla meditazione, alla direzione spirituale personale e comunitaria» (Ivi).
Signore Gesù Cristo, che ai tuoi discepoli
hai raccomandato di essere vigilanti,
Tu ci hai chiamati ad operare in un mondo pieno di fermenti e in rapida mutazione. Rendici docili al Tuo Spirito e donaci, insieme con la perfetta fedeltà al carisma trasmessoci dal nostro Fondatore, capacità di rinnovarci ogni giorno,
in uno sforzo sincero e permanente di formazione. Fa´ che, crescendo nella nostra umanità e conformandoci sempre più profondamente a Te, sull´esempio di Don Bosco, diventiamo capaci di rispondere alle necessità e alle sfide del nostro tempo, e siamo tra i giovani
autentici testimoni del Tuo Amore.
CG21, 573
ART. 119 FORMAZIONE PERMANENTE COME ATTEGGIAMENTO PERSONALE
Vivendo in mezzo ai giovani e in costante rapporto con gli ambienti popolari, il salesiano si sforza di discernere negli eventi la voce dello Spirito, acquistando così la capacità d´imparare dalla vita. Attribuisce efficacia formativa alle sue attività ordinarie e usufruisce anche dei mezzi di formazione che gli vengono offerti.
Durante il tempo della piena attività trova occasioni per rinnovare il senso religioso pastorale della propria vita e per abilitarsi a svolgere con maggior competenza il proprio lavoro.
Egli si sente poi chiamato a vivere con impegno formativo qualunque situazione, considerandola un tempo favorevole per la crescita della sua vocazione.
«Ogni salesiano assume la responsabilità della propria formazione». Questa affermazione dell´art. 99 è valida anche per la formazione permanente. Ricordate le esigenze, indicate le linee d´impegno e gli aspetti da coltivare, ci si chiede: Come assicurare questo dinamismo? Quale dev´essere l´atteggiamento del salesiano che vuol vivere in forma rinnovata la sua vocazione, dando al Signore una risposta sempre più autentica e coerente e offrendo un servizio efficace ai giovani? L´art. 119 dà risposta a questo interrogativo, parlando di un «atteggiamento» di formazione permanente.
E primo articolo della parte terza ha presentato i due soggetti dell´esperienza formativa: il Signore che chiama e dona ogni giorno la sua grazia, e il salesiano che risponde con l´impegno di una adeguata e continua formazione (cf. Cost 96). L´ultimo articolo della parte riafferma questa impostazione: vivere in atteggiamento di formazione è vivere in dialogo con lo Spirito, ascoltare la sua voce che s´intende, a certe condizioni, negli avvenimenti, nelle attività ordinarie, nelle occasioni di sempre, in qualunque situazione. Vivere come discepoli dello Spirito: è questo l´impegno. Vediamo più da vicino il contenuto di questo articolo, che dedica il primo e il terzo capoverso all´atteggiamento permanente di formazione e il secondo all´impegno formativo durante il tempo della piena attività.
Atteggiamento personale di formazione permanente.
Vivere in atteggiamento di formazione permanente vuol dire in primo luogo discernere negli eventi la voce dello Spirito, riconoscere l´efficacia formativa delle attività ordinarie, usufruire dei mezzi che vengono offerti.
La docilità allo Spirito, l´attenzione ai segni dei tempi, il senso del concreto, il richiamo del Signore attraverso le urgenze del momento e dei luoghi sono spesso presentati nelle Costituzioni come caratteristiche dello spirito salesiano. D´altra parte il «discernimento spirituale» è una legge fondamentale del cammino di crescita cristiana.
Di questo discernimento si specifica in forma significativa il contesto e il risultato.
Colui che discerne è un apostolo che vive in mezzo ai giovani ed è in rapporto con gli ambienti popolari; la lettura attenta della realtà giovanile e popolare gli permette di comprendere in essa il messaggio del Signore.
Il risultato di questo discernimento non è una «decisione puntuale», ma la capacità permanente di «imparare dalla vita», di essere discepolo intelligente della vita, di pervenire a una vera sapienza attraverso l´esperienza.
Questa prima affermazione dell´art. 119, letta alla luce dell´esperienza di Don Bosco, ci rivela meglio il suo significato. Non si tratta di un atteggiamento spontaneo, ma di un atteggiamento che deve essere formato e cuitivato. Non si tratta di andare in cerca di occasioni straordinarie; ma occorre attribuire efficacia formativa alle attività ordinarie, imparare dalla vita di ogni giorno, usufruendo dei mezzi che vengono offerti, e sono tanti (cf. Reg 101-102). Tutto ciò lo si può ottenere se si vive in profondità e in dialogo con la realtà, non superficialmente, quasi di corsa, come se fossimo più condotti dall´azione che responsabili di un progetto.
La condizione principale per un vero processo di formazione permanente è, dunque, l´atteggiamento del salesiano, che, docile allo Spirito, ha imparato ad aprirsi a tutto ciò che la vita quotidiana e le esigenze della salvezza dei giovani gli richiedono: è lo spirito del «da mihi animas» che ha mosso Don Bosco. Quando non ci fosse questo atteggiamento, la vita del salesiano diventerebbe superficiale, stagnante, inaridita.
Nel tempo della piena attività.
Le Costituzioni hanno parlato a lungo dell´esperienza della formazione iniziale, degli impegni che essa comporta e degli obiettivi che gradualmente raggiunge. Ora il testo si riferisce più direttamente al tempo della piena dedizione apostolica e della piena attività.
Le intenzioni formative sottolineate e coltivate sono quelle di rinnovare costantemente il significato della propria vocazione e di aggiornare la propria capacità di servizio: ossia, coscienza vocazionale e competenza. Vanno trovate occasioni che permettano di conservare a questi due aspetti un buon livello di qualità. L´indebolimento del senso religioso pastorale, l´oscuramento della coscienza della propria identità, l´indifferenza e il genericismo spengono la gioia vocazionale e diminuiscono la fecondità della propria donazione: la vita, allora, si chiude all´animazione dello Spirito e si ferma in un atteggiamento opposto a quello di formazione permanente.
Per la nostra vocazione, che è tutta ministeriale, importa altresì coltivare la competenza, abilitarsi per dare alla carità pastorale mezzi ed espressioni sempre più adeguati. Ogni confratello, dicono i Regolamenti, «conservi la disponibilità caratteristica del nostro spirito e sia pronto a periodiche riqualificazioni» (Reg 100).
Qualunque situazione è un tempo favorevole per crescere vocazionalmente.
L´ultimo capoverso riecheggia i temi fondamentali presenti fin dal primo articolo del cap VIII: «il salesiano si sente... chiamato a vivere con impegno formativo qualunque situazione».
Il salesiano è un «chiamato», ma non è chiamato una volta per sempre. Egli sente costantemente questa chiamata e si mantiene attento e disponibile per accoglierne l´invito e rispondervi. La risposta è
«vivere con impegno formativo qualunque situazione» facendo espe
rienza di spirito salesiano. «Rispondiamo, diceva l´art 96, il primo della parte terza, con l´impegno di un´adeguata e continua formazione».
«Qualunque situazione»: le Costituzioni le ricordano un po´ tutte, dai diversi momenti della formazione iniziale fino al periodo della piena attività, ai momenti di difficoltà, di malattia, di anzianità. Il salesiano
ha offerto a Dio tutta la sua vita, tutta la sua persona impegnandosi a viverne ogni vicenda secondo la volontà di Dio e il progetto salesiano. «Totalmente, per sempre, qualunque situazione» sono espressioni che indicano la radicalità e la totalità della nostra Alleanza con Dio. Y1 Signore ha consacrato interamente questo impegno e questa offerta.
«Qualunque situazione» va considerata «un tempo favorevole per la crescita vocazionale».
«Tempo favorevole» ci ricorda l´espressione neotestamentaria che è un invito a riconoscere l´attualità dell´azione di Dio, a scoprire il valore di salvezza che racchiude il presente da non vivere superficialmente, da non mettere tra parentesi, ma da valorizzare «per la crescita della propria vocazione».
La parola «crescita», sempre unita a quella di vocazione e di formazione, conclude così i due capitoli dedicati alla formazione e riafferma la prospettiva dinamica della nostra vita: un cammino, un progetto, un impegno permanente, una risposta sempre rinnovata alla speciale Alleanza che il Signore ha sancito con noi (cf. Cost 195). Per noi la crescita è maturare nella vocazione, nel progetto con il quale ci identifichiamo, che impegna le dimensioni più profonde del nostro essere e che manifesta la volontà di Dio su di noi.
II processo formativo è, quindi, un processo aperto alla voce dello Spirito, comunque essa ci raggiunga, e disponibile nella risposta. Questa apertura e disponibilità nel salesiano e nella comunità si traducono nell´atteggiamento di formazione permanente di cui l´articolo precedente ha evidenziato le linee e i contenuti: è un atteggiamento di collaborazione con Colui che, avendo iniziato in noi l´opera buona, vuol portarla a compimento fino al giorno di Cristo Gesù (cf. Fil 1,6).
Signore Gesù, che formasti i Tuoi Apostoli
ad essere discepoli disponibili all´azione dello Spirito e che a Don Bosco fin dall´infanzia insegnasti a riconoscere la Tua voce in mezzo ai giovani, dona anche a noi occhi limpidi e cuore docile perché sappiamo scoprire i segni della Tua presenza nella nostra vita e tra coloro ai quali ci hai inviato.
Fa´ che, scorgendo in ogni evento e situazione
un tempo favorevole per la crescita della nostra vocazione, rispondiamo con generosità alla Tua continua chiamata,
sì che «tutte le cose cooperino al nostro bene» e la nostra vita divenga un´offerta completa per la Tua gloria e per il bene dei fratelli.