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Capitolo Generale Speciale CG20 n400-n555

CAPITOLO GENERALE XX della Congregazione Salesiana

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A cura di don Juan E. Vecchi e CSPG - Roma

CAPO PRIMO
CARATTERISTICHE SALESIANE
DELLA PARROCCHIA

1. Missione salesiana e apostolato parrocchiale

400
L´ ansia apostolica del nostro Padre, sempre viva nel cuore dei figli, e le necessità pastorali delle Chiese locali, hanno portato la nostra Congregazione ad aprirsi largamente al ministero parrocchiale. Lo viviamo come vero apostolato salesiano nella misura in cui restiamo fedeli alla nostra missione e rendiamo attuale il carisma del Fondatore, nel servizio dei giovani e del ceto popolare.

401
Rispondendo, con dedizione umile e grata, alla Chiesa che ci chiama alla cura del popolo di Dio in forme sempre più incisive e dirette, noi troviamo nel ministero parrocchiale vaste possibilità e favorevoli condizioni per adempiere alle finalità proprie della nostra missione e, in particolare, per l´ educazione dei giovani di estrazione popolare o povera. Possiamo infatti avvicinarli con un contatto più autentico e una migliore conoscenza nel loro ambiente naturale e nei loro concreti problemi di vita e relazione. Ci è dato seguirli durante l´ intero ciclo educativo dalla fanciullezza alla maturità, in continuo diretto rapporto con le loro famiglie. Questo è tanto più necessario oggi perché, in un contesto sociale che - quasi ovunque - non può più dirsi cristiano, l´ educazione dei giovani diventa aleatoria se contemporaneamente non si cerca di rievangelizzare la famiglia e la società in cui vivono. La complessità del lavoro parrocchiale e la ricerca dei modi pastorali più adatti per l´ evangelizzazione di tutta una zona ci fanno inoltre trovare una vera ricchezza nella possibilità di unificare, in fecondo apostolato comunitario, l´ azione dei vari gruppi della Famiglia Salesiana, per inserirli, come espressione ecclesiale unitaria, nell´ ambito più vasto della pastorale d´ insieme diocesana. Con animo grato pensiamo a quei confratelli che, in alcuni paesi e in determinate situazioni, ormai da molti anni mantengono viva la vocazione salesiana, pur avendo come unico campo di azione l´ apostolato parrocchiale. Essi sentono di essere pienamente e autenticamente salesiani, nella vita e nella missione, e che, seguendo Don Bosco con generosità, hanno aggiunto efficacia alla loro azione pastorale.

2. Impegno per il rinnovamento

402
Il Concilio ci avverte che il rinnovamento delle nostre comunità non può avvenire senza la partecipazione alla vita della Chiesa.(479) Ora, è in una Chiesa locale che noi concretamente ci inseriamo, come parte integrante della sua unità, offrendo - anche per mezzo del ministero parrocchiale - il nostro particolare carisma, nella comune responsabilità della unica missione di salvezza e secondo la complementarietà dei doni di cui il Signore arricchisce la sua Chiesa. Di conseguenza ogni comunità ispettoriale che voglia rinnovare la sua azione dovrà necessariamente riflettere sul come inserirsi più efficacemente nella pastorale organica diocesana, sulle caratteristiche che il nostro servizio deve avere, sulla sua efficienza, particolarmente nel settore della pastorale giovanile parrocchiale. Occorre, d´ altra parte, tener presente che vi sono delle priorità da rispettare, nel vasto pluralismo delle opere della Congregazione: in ogni Ispettoria - salva la particolare situazione di alcuni paesi - deve cioè avere il primo posto l´ impegno per l´ apostolato direttamente giovanile.

403
Il Capitolo Generale tiene conto della vastità e varietà del nostro impegno parrocchiale,(480) e invita a ricordare che i primi orientamenti pastorali, che le parrocchie salesiane devono seguire, sono quelli delle Chiese locali in cui prestano il loro servizio. In questa prospettiva si devono accogliere i criteri generali di rinnovamento che qui si suggeriscono, per favorire l´ unità dello spirito e dello stile, nel pluralismo delle situazioni. Per essere efficace, il rinnovamento dovrà coinvolgere le persone, i campi d´ azione, il programma, il metodo e lo stile della nostra azione.

3. Le persone

404
Non saranno primariamente nuove strutture o metodi a fare, della parrocchia, una Chiesa in missione a servizio degli uomini. Ciò che prima di tutto va rinnovato sono le attitudini dei Salesiani, la loro preparazione, lo slancio e gli orientamenti della loro azione. L´ impegno parrocchiale è molto complesso e richiede confratelli in numero adeguato con una formazione specifica, se si vuol svolgere un apostolato efficiente tra le diverse categorie di persone, nei quartieri, nelle scuole, nelle fabbriche, nei gruppi spontanei, nelle famiglie, e specialmente nel settore della pastorale giovanile, dove più vive sono le attese della Chiesa locale nei nostri confronti.

405
E´ necessario quindi che, dove è possibile, si costituisca una comunità religiosa di impegno parrocchiale che viva, preghi e lavori insieme, che offra ai suoi membri un ambiente atto a realizzare in modo pieno la loro maturazione umana, sacerdotale e salesiana, che sappia operare una revisione continua del proprio metodo pastorale, soggetto alla usura del tempo e al logoramento delle situazioni. Il parroco dovrà perciò distinguersi non solo per le capacità pastorali, ma anche per le doti proprie del superiore salesiano, specialmente per la sollecita attenzione nell´ edificare la comunità fraterna.

406
La prima caratteristica quindi di una parrocchia salesiana è di essere guidata da una comunità religiosa che vuol vivere, nella Chiesa, la sua specifica missione. Ci caratterizziamo cioè per quello che siamo: per il nostro modo di vivere fraternamente insieme e di svolgere il nostro apostolato in forma comunitaria, secondo lo stile di Don Bosco.

407
Pertanto, la comunità salesiana di impegno parrocchiale:
a) si sforzerà di essere, nel quartiere in cui lavora, un segno e una testimonianza di quei valori spirituali, legati ai consigli evangelici, che devono animare tutta la vita della comunità parrocchiale;
b) farà vedere la centralità dell´ impegno apostolico nella sua azione, - il DA MIHI ANIMAS di Don Bosco, - facendosi tutta a tutti, senza risparmio e con semplicità;
c) rivivrà nel secolo XX, a favore di tutti, ma in particolare dei giovani, dei poveri, dei lontani, la straordinaria esperienza religiosa di Don Bosco, che volle essere parroco dei giovani che non avevano parrocchia.(481)

CAPO SECONDO
CAMPI DI AZIONE

Partire dalla situazione

408
Chiamati a vivere tra la gente, constatiamo con acuta sofferenza come spesso il pensiero e lo sforzo degli uomini che ci circondano sono concentrati quasi esclusivamente sulla città terrena e come, per molti, Dio è assente o estraneo. Moltitudini crescenti praticamente si staccano dalla fede. A differenza dei tempi passati, negare Dio, o la religione, o farne praticamente a meno, non è più un fatto insolito e individuale.(482) Anche dove le condizioni religiose sono migliori, restano incertezze e ambiguità. Non si è di fronte né ad una società che possiede in maniera sicura i principi cristiani, per cui rimanga solo il problema della coerenza di comportamento, né ad una società così scristianizzata da richiedere solo strutture di rievangelizzazione. In tutte queste situazioni i giovani sono i più esposti allo smarrimento, e sembrano incamminarsi verso un futuro dove la fede convinta ed operosa appare come spenta o emarginata. E´ appunto in questa società che la parrocchia è chiamata a svolgere la sua funzione.

409
Oggi si rimprovera ad essa di essere più istituzione che comunità, di essere disinserita dai problemi degli uomini di oggi, incapace di evangelizzare la gente che vive nel suo territorio, e di costituire ancora un centro di potere del clero che lascia poca responsabilità ai laici, e di aver conservato una struttura di tipo rurale non più idonea all´ ambiente urbano. Tutto questo specialmente a causa delle dimensioni della sua struttura giuridico-territoriale e della pesantezza delle sue funzioni burocratico-amministrative.

Sforzo di ricerca

410
A queste obiezioni dobbiamo essere in grado di rispondere, partecipando allo sforzo di ricerca e rinnovamento, che in ogni chiesa locale si va facendo, per spingere in senso più aperto e dinamico la struttura parrocchiale. Se oggi che i sacerdoti in cura d´ anime sono sempre più chiamati a svolgere il loro servizio in forma più collegiale (consigli presbiterali) , inseriti in unità pastorali più ampie (zone, decanati, vicariati) , o mandati a particolari settori (mondo del lavoro, delle migrazioni, ecc.) , i salesiani devono sentirsi missionari dei giovani e degli ambienti popolari in forma più duttile. Occorre perciò rivivere, nel lavoro apostolico, non solo la dedizione di Don Bosco, ma anche la sua freschezza inventiva, il suo coraggio nell´ affrontare situazioni nuove, con metodi nuovi. Le strutture vanno viste in funzione delle possibilità che ci offrono per la salvezza dei fratelli; i segni dei tempi ci spingono ad adeguarle ai bisogni concreti delle persone e dei luoghi. Il Capitolo Generale, mentre invita le comunità ispettoriali a domandarsi quale servizio specifico le chiese locali nelle loro situazioni concrete richiedono ai salesiani attraverso l´ impegno parrocchiale, segnala alcuni campi preferiti d´ azione, dove è urgente portare la creatività dello spirito del nostro Fondatore e aprire nuove strade per incontrare il mondo moderno e annunciare il vangelo.(483)

a) Le parrocchie popolari

411
I grandi agglomerati dei quartieri popolari o poveri abbiano la nostra preferenza, quando la Chiesa ci chiama all´ impegno parrocchiale, anche per la più facile opportunità di servire i giovani poveri. In queste zone, spesso in progressiva fase di scristianizzazione, affiorano difficili problemi pastorali che ci obbligano a cercare forme più adatte per testimoniare e annunciare Cristo. Qui potrebbe svilupparsi l´ azione di piccoli gruppi di confratelli, vitalmente inseriti nell´ ambiente sociale concreto, per raggiungere i poveri nella loro condizione e condividere le loro ansie lancinanti.(484) Alla comunità ispettoriale, in accordo col Vescovo, spetta verificare l´ opportunità, programmare la realizzazione e mantenere stretti contatti con questi nuclei missionari.

b) Le parrochie giovanili

412
Seguiamo con attenzione il sorgere della parrocchia intesa come comunità cristiana che svolge un servizio pastorale di categoria, anche al di fuori dei tradizionali limiti giuridici e territoriali. In questa linea ci prepareremo per renderci disponibili alla chiamata del Vescovo per le parrocchie giovanili: degli apprendisti, studenti, universitari, militari, ecc. Questo non per portare i giovani a costituire dei circoli chiusi ma per creare, a livello giovanile, un servizio ecclesiale efficiente, pienamente innestato nella pastorale di insieme locale. Può presentarsi anche la possibilità di avere confratelli inseriti inéquipes di sacerdoti diocesani per un servizio specifico nel campo della catechesi, della assistenza religiosa ai movimenti giovanili (Azione cattolica, gioventù operaia, ecc.) . In questi casi venga garantita la possibilità della vita comunitaria e quindi l´ appartenenza - non solo formale - alla comunità religiosa.

c) Azione pastorale nel mondo del lavoro

413
L´ azione pastorale e di testimonianza tra i lavoratori è uno degli impegni che caratterizzano la nostra vocazione di servizio delle classi più bisognose. Sacerdoti e coadiutori, chiamati a questa missione, dovranno prima di tutto approfondire l´ ascolto e la conoscenza delle masse operaie, dei loro problemi ansie e aspirazioni, delle cause del loro atteggiamento nei confronti della Chiesa e della fede. Seguendo le direttive delle Chiese locali, cercheranno di costituire comunità ecclesiali con modalità nuove e criteri rispondenti alle condizioni sociali e religiose dei lavoratori. Base indispensabile sarà la formazione di un laicato missionario aperto a quanto vi è di cristiano nell´ ideale di fraternità e di fierezza operaia, e impegnato a rendere, operando nell´ ambiente di lavoro tutta la forza innovatrice e di liberazione presente nel messaggio evangelico. I confratelli mobilitati in questa missione apostolica considereranno grande vantaggio continuare a vivere in comunità, sia per i momenti di preghiera, sia perché avranno così la possibilità di una continua verifica della propria vita sacerdotale e religiosa e di una riflessione comune sulle iniziative ed esperienze dei singoli.

d) Le parrocchie degli Emigranti

414
Il fenomeno della migrazione della mano d´ opera, impressionante per la sua vastità, non può lasciarci indifferenti, perché coinvolge soprattutto masse di giovani che vengono sradicati da ogni struttura familiare civile e religiosa, che in qualche modo avrebbe potuto sostenere la loro fede. I salesiani, prendendosi cura di questi giovani, potrebbero usufruire dei grandi vantaggi di un´ azione concordata con le comunità salesiane delle nazioni di partenza, (attraverso corsi di preparazione e orientamento) , e delle nazioni ospitanti (per iniziative di inserimento nel nuovo ambiente sociale) .

e) Pastorale del turismo

415
Il fenomeno del turismo, che coinvolge milioni di uomini, è per se stesso un fatto buono. Una pastorale attenta prende posizione di fronte ad esso per vederne ed assimilarne i valori. Sarà nostro compito, al riguardo, formare dei laici adulti perché, dovunque si rechino, siano sempre e davvero araldi itineranti di Cristo, e perché sappiano offrire al turista quell´ ospitalità attiva che il Concilio ha chiaramente raccomandato.(485) Occorre perciò che le comunità locali si impegnino apostolicamente in ordine alle correnti turistiche, spesso internazionali, per favorire il loro inserimento, sia pure provvisorio, nella nuova comunità cristiana. Sono possibili al riguardo notevoli forme di collaborazione pastorale tra le varie parrocchie salesiane, a livello nazionale e internazionale, con la creazione - ad esempio - di centri di informazione e di accoglienza, a servizio specialmente dei giovani turisti. Le consulte dei parroci studino opportune iniziative di coordinamento.

Il programma

Evangelizzare
non è per me un vanto, perché è necessità
che mi si impone.
Guai a me se non annunziassi il Vangelo!(486)

416
La Chiesa viene presentata dal Concilio in termini di comunione; e il popolo di Dio come una comunità costituita per essere strumento della redenzione di tutti.(487) Quando perciò i Salesiani sono chiamati dal Vescovo alla cura pastorale di una zona, o di un settore del popolo di Dio, assumono, di fronte alla Chiesa, l´ esaltante impegno di costruire - in piena corresponsabilità con i laici - una comunità di fratelli, riuniti nella carità, per l´ ascolto della Parola, la celebrazione della Cena del Signore e per l´ annuncio del messaggio di salvezza.(488)

Un tale impegno missionario, secondo il comando del Signore, si rivela di particolare urgenza nell´ ora attuale, ed esige una comunità non solo in esercizio di culto, ma in stato di vita e di azione, per partecipare attivamente alla sollecitudine pastorale dei sacerdoti verso la massa dei non praticanti, dei non credenti e di coloro che sono di confessione diversa dalla nostra. così la parrocchia, organizzata localmente sotto la guida di un pastore che vi rende presente il Vescovo, si inserisce nella Chiesa universale, in quanto cellula viva della diocesi e sua manifestazione privilegiata.(489) Ma perché sia segno sempre più credibile della Chiesa locale, deve tendere a esprimere e a viverne tutta la missione, integrandosi in realtà pastorali più ampie, a livello cittadino o zonale. L´ azione salesiana deve quindi favorire la comunione interparrocchiale e interdiocesana, valorizzando i doni di una vocazione specifica e di uno stile proprio, partecipando senza riserve al piano pastorale del Vescovo, visibile principio e fondamento di unità,(490) armonizzando strutture e azioni per offrire un servizio più esteso e qualificato, specialmente nel settore giovanile e della catechesi. Dobbiamo essere esemplari nella ricerca di questa dimensione comunitaria, a tutti i livelli, perché è un´ esigenza della missione stessa della Chiesa e non per una semplice strategia organizzativa.

I momenti fondamentali

417
La vita comunitaria, l´ evangelizzazione e la catechesi, la liturgia sono elementi fondamentali per i quali il popolo di Dio, al cui servizio noi ci mettiamo, si costituisce - sotto l´ azione dello Spirito Santo - come Corpo mistico di Cristo e come Regno del Padre.

A) Vita comunitaria

Il primo posto spetta alla vita comunitaria, non in ragione di un ordine cronologico, ma per il fatto che ogni azione pastorale si realizza al di dentro di una comunità, sempre in costruzione ecclesiale. Perché dunque la parrocchia - territoriale o settoriale - divenga segno della Chiesa visibile stabilita su tutta la terra(491) e adempia alla sua missione di vivificare col Vangelo la realtà in cui è inserita, deve costruirsi come comunità. Ora, siccome qualsiasi comunità si forma attorno a degli ideali che valgono e a cui tutti possono aspirare e contribuire e siccome richiede momenti di conoscenza e di scambio amichevole fra i membri, è evidente che la comunità parrocchiale è troppo vasta per rendere possibile il superamento dell´ anonimato, lo sviluppo di rapporti di fraternità e la reale partecipazione di tutti alla vita della comunità stessa. D´ altra parte, se la Chiesa che vogliamo costruire è mistero di comunione, occorre prima che si formino delle piccole comunità cristiane che anticipino, a modo di segno e strumento, questo mistero. E´ la legge del seme e del lievito.

418
Nei piccoli gruppi ecclesiali (o Comunità di Base) , formate da nuclei familiari, chiese domestiche, comunità giovanili, gruppi associativi e spontanei, ecc., diventa più facile conoscersi, amarsi, aiutarsi concretamente gli uni gli altri, approfondire la fede e il Vangelo in vera fraternità e avvertire l´ urgenza dell´ annuncio agli altri fratelli. Il nuovo diacono permanente può trovare qui il suo ruolo prezioso di animatore e guida. E´ indispensabile tuttavia che queste piccole comunità sappiano superare la tentazione di chiudersi in se stesse e di porsi quindi al di fuori dei reali problemi della vita e della Chiesa locale. Devono perciò cercare frequenti occasioni di incontro e di verifica con altri gruppi, facendo centro nella parrocchia come a naturale punto di collegamento e di unione. La parrocchia diventa così la famiglia di Dio che raccoglie e unifica in un unico popolo, per il suo legame col Vescovo, le comunità cristiane di base, per celebrare l´ Eucaristia per la vita di tutti.

419
Le principali linee operative per la formazione di queste comunità di base sono:

a) la liturgia e le riunioni per l´ ascolto, la meditazione e il confronto con la parola di Dio,

b) la preghiera celebrata insieme per rafforzare la comunione dei fratelli che in Cristo ringraziano il Padre;

c) l´ esercizio della carità, specialmente verso gli ammalati, gli anziani e mediante forme concrete di impegno per i poveri, per gli emarginati i disoccupati gli immigrati, per tutti coloro che vivono nella povertà di salute di affetto di beni;

d) l´ attiva partecipazione alla vita del quartiere, della città e nazione, per il loro sviluppo e la soluzione dei problemi della convivenza civile, soprattutto per destare le coscienze di fronte al dramma della miseria e alle esigenze di giustizia sociale del Vangelo e della Chiesa .(492) Questo impegno sociale è determinante se si vuol vivere nella coerenza della carità e nella sincerità di una fede, che intendiamo testimoniare come Salvezza piena dell´ uomo. Occorre mettere la fede al centro dei problemi di questa vita, per dimostrare che la religione non è un occuparsi di altre cose, meravigliose, straordinarie, fuori del mondo, ma è un occuparsi delle stesse cose di cui si occupano tutti, in modo però diverso;

e) la formazione di un laicato missionario, ecclesialmente corresponsabile. Questa è una delle nostre fondamentali sollecitudini pastorali, sull´ esempio del nostro Fondatore, che foggiò numerosi apostoli. Era il suo segreto per creare la comunità e conservarla nello spirito di famiglia: fare in modo che tutti si impegnassero a cercare di accrescere negli altri l´ amore di Dio. Diceva: Fatevi del bene gli uni gli altri; sarà prova che tutti vi amate a vicenda come fratelli.(493)

f) la cura specialissima della gioventù e l´ impegno per le vocazioni sacerdotali e religiose, come presupposto determinante dell´ avvenire della comunità. I giovani vengano aiutati a scoprire e a realizzare la loro personale vocazione nella società e nella Chiesa, come risposta all´ amore di Dio, nel servizio ai fratelli. Si comunichino loro motivazioni e valori, più che norme; si punti soprattutto sui mezzi soprannaturali, formandoli alla frequenza dei sacramenti, alla vita di preghiera sia liturgica che personale. Siano condotti a fare la loro esperienza di Chiesa in seno alla comunità cristiana, specialmente nell´ esercizio della carità. Il lavoro educativo di orientamento vocazionale sia sempre fatto con delicatezza, nel più profondo rispetto dell´ azione di Dio sulle anime.

B) Evangelizzazione e Catechesi

420
Rimandiamo per questo argomento a quanto il Capitolo Generale ha detto nel documento specifico. Occorre solo insistere perché in ogni nostra iniziativa pastorale sia sempre presente la preoccupazione di arrivare a tutti i fedeli e di raggiungere particolarmente coloro che sono lontani, per sensibilizzarli all´ appello della fede. Una comunità cristiana che non riesca a essere missionaria ed evangelizzatrice fallisce per se stessa; non è più comunità di Cristo, che ha dato la sua vita perché tutti avessero la vita e l´ avessero in maniera abbondante .(494)

421
Si studino con diligenza le occasioni per un catecumenato degli adulti, particolarmente nei momenti in cui avvicinano la Chiesa per il matrimonio, per il battesimo o per la prima comunione e cresima dei figli. Si avvii con loro una riflessione sulla fede, in un rapporto da persona a persona, cercando poi di prolungarlo attraverso incontri regolari con altre persone allo stesso livello di fede.

422
Il ruolo rinnovato e l´ accurata organizzazione della catechesi, nei settori degli adulti e della gioventù, trovino il loro centro unificatore nella famiglia, considerata non solo come oggetto, ma specialmente come soggetto di azione pastorale. Per l´ educazione dei giovani alla fede occorre portare la famiglia ad adempiere i suoi doveri cristiani, poiché appunto attraverso la famiglia i giovani vengono gradualmente introdotti nel consorzio civile e nel popolo di Dio .(495) I genitori vengano quindi preparati a essere per i loro figli i primi annunciatori della fede ,(496) i primi catechisti. Ciascun coniuge poi si renderà educatore e aiuto complementare dell´ altro nel cammino della vita cristiana. Infine, se la famiglia cristiana è il luogo dove la fede viene accolta, sorge anche il dovere che essa, tutta intera, renda testimonianza al Vangelo. Si promuovano a questo scopo i gruppi di spiritualità familiare. Si formino dei coniugi disposti ad assumere un impegno pastorale nella comunità, in particolare per la preparazione dei giovani e dei fidanzati al matrimonio. così la famiglia diventerà Chiesa domestica , primo seminario ,(497) comunità aperta , e riscoprirà nella fede una dimensione nuova dell´ amore, della libertà, del servizio con gli altri e per gli altri.

C) Liturgia

Momento culminante, traguardo e sorgente della vita di comunità è, senza dubbio, la Liturgia. L´ evangelizzazione e la catechesi costruiscono la comunità riunendola per l´ ascolto della Parola di Dio e per l´ annuncio di ciò che Cristo ha fatto per noi. La Liturgia è attuare ciò che si annuncia mediante la gioiosa celebrazione del Salvatore risorto, presente in mezzo a noi, che sospinge la comunità a vivere il suo mistero pasquale nel mondo. La Liturgia è anzitutto opera di Dio Padre in Cristo per la comunità radunata; è un servizio di amore che Dio presta al suo popolo con segni efficaci di salvezza; è anche la nostra riconoscenza e risposta, forse ancora esitante, al Padre nella comunione con i fratelli in Cristo.

424
La Liturgia dev´ essere sempre un´ espressione degna e efficace della comunità, con la partecipazione piena, attiva e ricca di letizia interiore da parte di tutti i fedeli. Una Liturgia giovane con le caratteristiche di dinamismo, di ritmo, di ricerca proprie della gioventù, costituirà un mezzo di riconciliazione permanente tra giovani e adulti, grazie all´ impegno educativo di mediazione dei Salesiani. In questo campo c´è una preziosa tradizione da conservare e da accrescere: la formazione sacramentale e liturgica che promuova la vita fraterna, incentrata nell´ Eucaristia. La frequenza ai sacramenti è garanzia di irraggiamento evangelizzante, di spirito missionario nella comunità.

425
Nel grande e unitario piano liturgico della Chiesa ha un posto di primo piano la Madonna, Madre di Dio, che svolge il suo servizio a Dio e la sua missione nella Chiesa come Ausiliatrice del popolo cristiano, raccogliendo i suoi figli nell´ unità. Capire l´ intimo legame che unisce a Maria con il mistero di Cristo e della Chiesa, e quindi il posto che Dio le ha assegnato nella storia della salvezza, ci porterà - secondo le nostre più belle tradizioni - a promuoverne efficacemente il culto, specialmente liturgico. Inviteremo perciò i fedeli a una professione di filiale amore e a una pratica di sincera imitazione delle virt— della Madre di Dio e Madre nostra.

Caratteristiche pastorali

426
Il nostro modo di lavorare dovrà ritrovare, per rinnovarsi, le caratteristiche dello spirito di Don Bosco. Ne sottolineiamo alcune che ci sembrano indispensabili nel ministero parrocchiale:

427
a) lo spirito di famiglia. Uno stile di sincera fraternità, di amorevolezza, di accoglienza aperta, di contatto umano semplice e cordiale con tutti, deve animare l´ azione dei Salesiani per inserirli pienamente nel gruppo umano presso cui svolgono la loro missione. Questo stile di famiglia li porterà a favorire lo scambio, l´ aiuto, i cordiali rapporti col clero diocesano e con gli altri Istituti religiosi. Li farà entrare in dialogo con i non credenti, specialmente con quelli che hanno influsso nel quartiere per la loro posizione politica o amministrativa o per il loro impegno sociale.

428
b) l´ attenzione alla persona singola e ai gruppi, per valorizzarne la collaborazione. Don Bosco era l´ uomo della relazione, del dialogo, dell´ amicizia, sempre alla ricerca, tra gli stessi suoi giovani, di collaboratori entusiasti. Anche noi dobbiamo essere generosamente aperti nel rendere corresponsabili del nostro lavoro pastorale i laici che hanno una parte propria e assolutamente indispensabile nella missione della Chiesa .(498) Per questo occorre programmare e realizzare l´ azione pastorale in forma comunitaria, mettendoci costantemente in atteggiamento di servizio per favorire la partecipazione attiva di tutti, secondo le forme suggerite dalla Chiesa locale. I consigli pastorali e amministrativi, le assemblee parrocchiali devono essere segno di comunione ed espressione, non soltanto formale, della partecipazione ecclesiale. I primi collaboratori nel lavoro apostolico e nell´ assunzione delle responsabilità che competono ai laici devono essere i Cooperatori salesiani, che più direttamente partecipano del nostro spirito e della nostra missione.

429
c) bontà ed equilibrio. Un genuino senso pastorale di bontà e di equilibrio anima ogni nostro atto, specialmente nella celebrazione dei sacramenti. Non ne siamo noi i padroni, ma solo i dispensatori, bisognosi noi stessi per primi dei doni divini che dispensiamo agli altri. Si deve esigere la fede in coloro che richiedono i sacramenti, perché questi non diventino gesti superstiziosi o magici (ricordiamo il "Ne mittatis margaritas...") .(499) D´ altra parte non bisogna rischiare di spegnere la fiammella fumigante: Lumen fumigans nolite extinguere .(500) Cristo ha istituito i sacramenti con volontà di perdono e di salvezza per tutti. Ci saranno casi in cui si dovrà preferire un sacramento in meno e un assillo in più nell´ anima; ma se nell´ incertezza si deve correre un rischio, Don Bosco ci avverte che è meglio sbagliare per misericordia che per rigore.

430
d) gioia. Si deve essere attenti a non perdere o sciupare un valore molto caratteristico dello spirito salesiano: quello della gioia, dell´ allegria spontanea e serena. Era il clima dell´ Oratorio di Don Bosco. Noi potremo ravvivare la gioia specialmente per mezzo delle feste che celebrano nella liturgia gli avvenimenti e le speranze della storia della salvezza. Una cornice di fresca, giovanile e rasserenante letizia farà scaturire in tutti la gioia di vivere, e il ringraziamento a Dio per la gratuità dei suoi doni. così la celebrazione del giorno festivo riaccenderà la speranza e l´ ottimismo in tutta la comunità, costituendola come una presenza positiva nel mondo e non come un´ isola.

431
Il Capitolo Generale, mentre invita tutti i confratelli impegnati nel ministero parrocchiale a intensificare il loro zelo secondo lo spirito di Don Bosco, si augura che per ogni parrocchia salesiana si verifichi quanto è scritto nel verbale del Capitolo Superiore del 22 aprile 1914, presente Don Albera, a proposito dell´ accettazione della parrocchia di S. Leonardo in Messina: I Superiori maggiori, saputo che vi predominavano operai e poveri, ritennero che quello fosse, più di ogni altro, un campo tutto salesiano, nel quale si sarebbero meritate le benedizioni di Dio e si sarebbe fatto un gran bene alle anime .(501) 20

CAPO QUARTO
PROBLEMI PARTICOLARI

1. Parrocchia e Oratorio-Centro Giovanile

432
E´ evidente che l´ apostolato parrocchiale abbraccia come suo elemento necessario e insostituibile l´ apostolato giovanile dell´ Oratorio .(502) L´ Oratorio-Centro Giovanile, pur restando aperto con spirito missionario e di dialogo a tutti i giovani della città, curerà in modo particolare l´ accostamento e la formazione della gioventù della parrocchia. In questo senso il Direttore dell´ Oratorio è il viceparroco per il settore giovanile, e deve inserire il suo lavoro e quello dei suoi collaboratori, salesiani e laici, nella pastorale d´ insieme locale, sotto la guida coordinatrice del parroco. I parroco poi, nel settore dei giovani e dei loro gruppi, deve fondare la sua presenza e la sua posizione più sulla stima e sull´ ascendente derivatigli dalla sua competenza, dal suo effettivo aiuto, dalla sua cordialità e comprensione piuttosto che sui titoli giuridici ufficiali.

2. Parrocchia e altre Opere Salesiane

433
Un secondo problema molto vivo è la composizione in armonia fraterna e funzionale dei rapporti tra la parrocchia e le altre opere salesiane. Possono sorgere difficoltà in ordine alla vita comune, alla programmazione e all´ attuazione dell´ impegno pastorale, all´ impiego dei confratelli e ai rapporti finanziari. Occorre tener presente che la parrocchia pastorale e missionaria del post-Concilio è una comunità di fedeli presieduta dal parroco, che ne ha la diretta responsabilità, dove i laici hanno diritto a una partecipazione attiva ai livelli organizzativi e, in determinati campi, anche ai livelli decisionali. Come tale, la comunità della parrocchia ha esigenze, poteri e attività molto diverse e più estese di quelle della comunità educativa giovanile. Le linee di soluzione che qui si prospettano non possono evidentemente rispondere a tutta la gamma delle situazioni locali: devono perciò essere responsabilmente vagliate e adattate ai casi concreti dall´ Ispettore col suo Consiglio, dopo aver interpellato in merito le comunità interessate.

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a) Dove il servizio pastorale della parrocchia è molto vasto e vario, tanto da richiedere un adeguato numero di confratelli, e dove esiste la possibilità di una netta separazione, sul piano dell´ attività, degli ambienti e dell´ economia, si proceda all´ erezione canonica della comunità addetta alla parrocchia, con un proprio Direttore-Parroco. Le due comunità giuridicamente distinte dovranno trovare le forme per una stretta collaborazione fraterna e apostolica.

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b) Dove le circostanze fanno ritenere conveniente conservare la distinzione dei due uffici di Direttore e di Parroco, con una sola comunità, il Direttore è il responsabile e la guida spirituale di tutta la comunità religiosa, compresi i confratelli impegnati nel ministero parrocchiale. - Questi cercheranno di adeguarsi alla vita di comunità, salve sempre le esigenze del loro servizio pastorale, e daranno quella collaborazione al lavoro di tutta la comunità che è consentita dai loro impegni. - Il Direttore farà in modo che la corresponsabilità e la partecipazione di tutta la sua comunità all´ attività pastorale della parrocchia avvenga attraverso il coordinamento del Parroco, che è responsabile, con gli altri suoi più stretti collaboratori, della grande comunità parrocchiale, di cui fa parte anche la comunità religiosa. Quanto ai rapporti amministrativi, le norme vengano determinate per i singoli casi dai Consigli Ispettoriali e approvate dai Capitoli Ispettoriali, nel rispetto delle convenzioni con l´ Ordinario diocesano e degli obblighi verso la comunità parrocchiale, la Casa religiosa e la comunità ispettoriale. - Ma più che da un dosaggio di competenze e di doveri, da stilare in regolamenti, l´ accordo va raggiunto sul piano di una feconda coesistenza dei vari gruppi operativi a livello di persone, che sappiano comprendersi con buona volontà e aiutarsi fraternamente.

436
c) Ma la soluzione ideale potrebbe scaturire da un cambiamento di prospettive e mentalità in determinate situazioni possono infatti realizzarsi le felici premesse per sviluppare tutta una pastorale d´ insieme attorno alla parrocchia, non più vista come un´ opera a sé stante, a fianco del collegio o della scuola, ma come il vero centro e perno del nostro servizio alla comunità ecclesiale locale. In questa prospettiva, la parrocchia si presenta come un campo di lavoro che ha al centro una comunità di Salesiani, a cui la Chiesa affida il mandato della diffusione del Regno di Dio. Alla base di tutto cioè non sono più le Opere , ma la presenza viva e vivificante di una comunità salesiana che si assume con pienezza l´ impegno di evangelizzare tutta una zona, di costruire una comunità cristiana, nella quale i giovani sono la porzione prediletta. Non è più questione allora di dividere le comunità; è questione di unire volontà, intelligenze e mezzi perché ne sgorghi un lavoro più fecondo, armonizzando le strutture al compito apostolico. Sotto la guida del Direttore che coordina il lavoro dei responsabili dei vari settori, nel rispetto dei ruoli assegnati a ciascuno, vengono fissate comunitariamente le linee della pastorale d´ insieme, vengono programmate le attività, scelte le opere che meglio possano rispondere ai bisogni concreti dell´ evangelizzazione della zona. La Casa salesiana entra così in una nuova visuale di servizio organico, unitario e corresponsabile, per lo sviluppo umano, civile e religioso del quartiere in cui è inserita. Diventa centro aperto e dinamico di azione pastorale, coordinando e animando tutte le attività pastorali, scuola compresa, al servizio prima di tutto della gioventù della zona. La continua attenzione ai segni dei tempi suggerirà l´ aggiornamento di quelle forme di impegno, che non risultassero più adeguate alle esigenze e alle situazioni concrete della comunità cristiana.

3. Ridimensionamento

437
Le mutazioni sociali possono modificare profondamente il carattere popolare delle parrocchie a noi affidate, oppure rendere meno urgente la nostra conduzione di esse, sia per quanto riguarda il nostro apostolato specifico sia per quanto riguarda il servizio da rendere alla Chiesa locale. Occorrerà allora vagliare attentamente tutti gli elementi per vedere, con realismo e prudenza, se esiste la possibilità di restituirle alle diocesi. Diversamente bisognerà che il nostro lavoro apostolico, inserito per forza di cose in un contesto sociologico diverso da quello che aveva orientato in origine la nostra scelta, si proponga di portare giovani e adulti a partecipare attivamente alla costruzione di una società più giusta, e a diventare strumenti di evangelizzazione anche per altre zone più popolari e povere.

CAPO QUINTO
ORIENTAMENTI OPERATIVI

1. Corresponsabilità nella Chiesa locale

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E´ urgente accrescere la nostra sensibilità, in base a un elemento importante di rinnovamento offerto dal Vaticano II: la riscoperta della Chiesa locale, a tutti i suoi livelli, dalla comunità di base alla Conferenza episcopale. Di conseguenza, per le scelte operative di ogni Ispettoria e di ogni Casa, vi sia una priorità di considerazione per il nostro inserimento nella Chiesa locale in forma sempre più completa e generosa. La nostra esenzione va considerata come un servizio più che un privilegio: così da renderci maggiormente disponibili nella linea della nostra missione. I Salesiani impegnati nel ministero parrocchiale apportino continui criteri pratici di rinnovamento in questo senso, partecipando attivamente allo sforzo di ricerca di nuove e più efficienti forme di azione pastorale. Occorre tenere conto che la concezione di pastorale missionaria e organica si va spostando dal piano territoriale a quello sociologico e settoriale; perciò le parrocchie salesiane si mostrino stimolanti sulla via di questa evoluzione che può offrire un campo di servizio più aderente alle finalità della nostra missione. Ci si prepari specialmente per le parrocchie settoriali o di categoria: per i giovani, per gli emigranti, per i lavoratori.

2. Rinnovamento

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Per restituire alla parrocchia un ruolo dinamico e uno slancio missionario occorre: - liberarla da molte strutture che le danno il volto di organismo amministrativo più che di comunità;

- farne un centro irraggiante di evangelizzazione e di catechesi con la formazione di un vero laicato missionario, un centro di dialogo con i lontani, di aiuto ai poveri, di accoglienza aperta, mettendo l´ accento sulla testimonianza più che sulla organizzazione;

- realizzare programmi non imposti, ma scelti secondo le esigenze delle situazioni locali, in comunione con i laici corresponsabili nel lavoro pastorale;

- darle un carattere giovane, uno stile giovanile, in cui l´ Oratorio, particolarmente curato, si apra a tutta la gioventù con forza e impulso missionario e ne sia la caratteristica;

- trasformarla in una comunione di varie comunità fraterne e vitali, impegnandosi seriamente nella formazione delle comunità di base. Riteniamo che l´ accettazione piena di quest´ ultimo impegno porterebbe a una radicale revisione di tutta la programmazione pastorale e a una vera conversione all´ ecclesiologia del Vaticano II.

3. Formazione

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L´ orientamento apostolico della vocazione salesiana esige che tutti i confratelli, nel loro periodo di formazione, abbiano la possibilità di prepararsi alle diverse forme di servizio ecclesiale con l´ esercizio pratico e con lo studio della problematica e metodologia essenziale delle loro possibili mansioni pastorali future. Prima di destinare un confratello al ministero parrocchiale, è indispensabile dargli la possibilità di una preparazione specifica, attraverso lo studio e un adeguato periodo di rodaggio pratico. In questa formazione va curato non solo l´ aggiornamento culturale e tecnico, ma anche quello spirituale e pastorale.

4. Consulte

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Si perfezionino e si rendano sempre più efficienti, per i loro compiti di studio e stimolo e per lo scambio di esperienze, le Consulte per l´ apostolato parrocchiale. Esse abbiano anche l´ incarico di preparare, per il Direttorio dell´ Ispettoria, quanto si riferisce all´ azione parrocchiale.

 

Documento 6

LE COMUNICAZIONI SOCIALI
NELLA PASTORALE SALESIANA

CAPO PRIMO
IL FENOMENO DEGLI
STRUMENTI DI COMUNICAZIONE SOCIALE

... Siamo alle soglie di un´ era totalmente nuova nel campo delle comunicazioni sociali.(503)

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Tra le meravigliose invenzioni tecniche(504) che favoriscono e incrementano le comunicazioni sociali tra gli uomini, il cristiano scopre gli strumenti preparatigli dalla Provvidenza di Dio per facilitare l´ unione fra tutti quelli che sono quaggiù pellegrini in terra.(505)

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Gli SCS (stampa, cinema, radio, TV) sviluppatisi vertiginosamente, possono raggiungere istantaneamente ogni ceto di persone e trasmettergli i più svariati contenuti con una potenza enorme di suggestione; rappresentano quindi uno dei fattori più importanti che fanno accelerare la storia. Incidono fortemente nel collocare l´ uomo al centro della storia. L´ uomo viene ad acquistare così un maggior senso di responsabilità, sente maggiormente la sua dignità di essere persona, avverte il suo diritto alla libertà di parola, all´ informazione, al dialogo, alla critica. Ma se l´ uomo non viene educato all´ uso opportuno degli SCS rischia una massificazione che lo spersonalizza. E ne subisce le conseguenze: superficialità e radicalizzazione; limitazione dell´ oggettività del suo senso critico e della sua libertà spirituale; disorientamento nel valutare le notizie, nel vagliare le dottrine, nell´ interpretare gli avvenimenti; e perfino la perdita della fede e della dignità morale. L´ uomo rischia di sentirsi vittima di tensioni laceranti a vicolo cieco. La pubblicità inoltre insidia la sua autonomia e gli crea necessità artificiali.

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Questi pericoli dipendono non solo dai contenuti di bene o di male che gli Strumenti gli forniscono, ma soprattutto dal dominio smisurato che lo strumento tecnico tende a esercitare sulla persona umana. Sotto la pressione di un dirigismo nel campo delle informazioni l´ azione congiunta degli strumenti di comunicazione sociale riesce ormai a foggiare la coscienza all´ insaputa dell´ individuo, invade a poco a poco tutta la sua attività mentale e determina atteggiamenti che vengono considerati spontanei.(506)

445
Fra i giovani, gli SCS hanno contribuito a far sorgere gruppi spontanei omogenei, di ricreazione e sport, di intonazione artistica, di lavoro, di solidarietà e anche di contestazione e di lotte. A volte li stimolano a tentare esperienze che scavalcano il contesto familiare e sociale in cui vivono, ad accettare modelli di vita e di comportamento tali da scardinarli e alienarli da se stessi e dal loro ambiente.

capo secondo
ATTEGGIAMENTO DELLA CHIESA

Non obbedisce al comando di Cristo chi non sfrutta convenientemente le possibilità offerte da questi strumenti per estendere al maggior numero di uomini il raggio di diffusione del Vangelo.(507)

446
La Chiesa istituita da Gesù Cristo per portare la salvezza a tutti gli uomini e spinta dalla necessità di diffondere e propagandare il messaggio evangelico non ha indugiato a utilizzare le meravigliose invenzioni tecniche che l´ ingegno umano è riuscito, con l´ aiuto di Dio, a trarre dal creato,(508) Nell´ adozione immediata della stampa e della radio si avverte la sollecitudine materna con cui la Chiesa non solo accoglie e utilizza ma anche collabora perché questi strumenti, doni di Dio,(509) siano davvero mezzi efficaci per l´ unione e il progresso della società umana.

447
Il Concilio Vaticano II ha messo in rilievo nei vari documenti e soprattutto nel decreto INTER MIRIFICA l´ utilità e l´ efficacia insostituibile degli strumenti. Ha voluto perciò la celebrazione della Giornata Mondiale perché i fedeli di tutto il mondo venissero istruiti sui loro doveri in questo settore. Ha creato la Pontificia Commissione per le comunicazioni sociali; e per l´ applicazione dei principi e delle norme circa gli SCS ha pubblicato un´ apposita Istruzione Pastorale, preparata con la collaborazione di periti scelti nelle varie nazioni.

448
L´ Istruzione Communio et Progressio del 23 maggio 1971, in risposta al desiderio del Concilio, sottolinea il cambio di prospettiva operato nella Chiesa: al timore e alla riserva di fronte ai mass-media viene sostituita una visione cristianamente positiva. Tutto ciò è perfettamente consono con i dati essenziali della rivelazione cristiana: cioè, il Figlio di Dio, immagine perfetta del Padre, nella sua incarnazione è diventato il perfetto comunicatore(510) che rivela agli uomini i misteri di Dio e li rende partecipi della sua stessa vita; con la istituzione dell´ Eucaristia ha fatto dono della più alta forma di comunione che potesse venire partecipata agli uomini.(511) E´ Lui quindi la causa esemplare di ogni espressione, di ogni immagine o di ogni tecnica di cui l´ uomo si serve per allacciarsi ai suoi fratelli e comunicare con loro.

449
Su questa linea il Popolo di Dio sta al passo con gli avvenimenti che tessono la trama della storia e volge con immensa fiducia lo sguardo al futuro, sia come comunicatore che come recettore. Anzi già intravvede quanto sia promettente la nuova era spaziale delle comunicazioni sociali.(512)

CAPO TERZO
ATTEGGIAMENTO DELLA CONGREGAZIONE

Vi prego e vi scongiuro di non trascurare questa parte importantissima della nostra missione.(513)

450
Don Bosco ebbe coraggio e zelo apostolico nel realizzare iniziative di avanguardia in questo settore. La stampa fu una delle principali imprese che mi affidò la Divina Provvidenza. Non esito a chiamare divino questo mezzo, poiché Dio stesso se ne giovò a rigenerazione dell´ uomo.(514) Sono parole della Circolare di Don Bosco ai Salesiani del 19 marzo 1885: compendiano il pensiero e l´ opera di Don Bosco e sono come la Magna Charta dell´ azione salesiana in questo settore. Il suo amore ai giovani spinse Don Bosco a escogitare tutti i mezzi per creargli un ambiente propizio alla loro formazione integrale. Nel teatro vide un valido elemento di formazione e di sviluppo della personalità giovanile; nella musica un veicolo di idee sane e un mezzo per suscitare un clima di limpida allegria. Al futuro Papa Pio XI il Santo ebbe a dire: In questo (campo) Don Bosco vuole essere sempre all´ avanguardia del progresso.(515) Intendeva dire di voler essere sempre il primo nell´ adottare i più moderni ritrovati tecnici per intensificare l´ apostolato della buona stampa.

451
Don Bosco aveva affermato che la buona stampa era uno dei fini principali della Congregazione.(516) Con ciò impegnava i Salesiani alla produzione e diffusione di libri e periodici, soprattutto nel settore giovanile e popolare. Venne a mancare però un´ organica programmazione. Attualmente l´ attività salesiana nel campo editoriale si concentra su una stampa fiancheggiatrice del nostro apostolato (come il Bollettino Salesiano e altre pubblicazioni che appoggiano diverse iniziative di bene) ; sui periodici che si propongono di orientare e diffondere una visione cristiana della vita; sulla stampa specializzata (catechesi, pastorale giovanile, ecc.) ; e infine sui libri scolastici e culturali per far penetrare il messaggio evangelico nel mondo della scuola e del pensiero.

452
In linea con la missione educativa del Fondatore, la Congregazione nei primi tempi sviluppò il teatro e la musica come mezzi di svago e di formazione. In questi ultimi anni si assistette a una rinascita del teatro e della musica, di interesse e di attrazione per i giovani; manca però la nostra presenza. La comparsa dei potenti SCS (cinema, radio, TV) , soprattutto come mezzi ricreativi, ha destato all´ inizio nella Congregazione un atteggiamento di riserva e di preoccupazione; ne derivarono diverse norme restrittive durante alcuni decenni. Tuttavia la validità apostolica di questi strumenti, la necessità di attirare ai nostri oratori e centri i giovani, le nuove dimensioni formativo-educative assunte dagli SCS aprirono lentamente la Congregazione a una visione più ampia e serena.

453
Il Capitolo XIX aveva riaffermato che gli SCS occupano un posto preminente nel nostro apostolato e aveva formulato un vasto programma di iniziative per sensibilizzare i confratelli. Ne erano derivate alcune valide esperienze; ma non è stato promosso un impegno sistematico, coordinato e adeguato all´ importanza e attualità degli SCS, così utili per il rinnovamento della nostra pastorale.(517) L´ intoppo fu dovuto alla disparità delle situazioni nazionali, alla gravità dei problemi relativi, alla mancanza di consapevolezza del nostro impegno e alla carenza di personale qualificato.

CAPO QUARTO
LA PREPARAZIONE DEL SALESIANO

Oggi è necessaria a tutti gli uomini una formazione che aiuti a comprendere a fondo i principi di base circa l´ utilizzazione degli strumenti della comunicazione sociale nella comunità.(518)

454
Occorre iniziare tempestivamente, nei candidati alla vita salesiana, l´ educazione graduale al gusto artistico, al senso critico, alla coscienza dei doveri morali nella scelta delle letture, degli spettacoli cinematografici, delle trasmissioni radiofoniche e televisive che li possano arricchire intellettualmente e spiritualmente. Vi bisogna quindi una lunga preparazione. I Salesiani considerino gli SCS come una grande acquisizione dell´ umanità con evidenti vantaggi pedagogico-pastorali. Si persuadano che il loro uso intelligente e illuminato diventa apostolato e, per di più, apostolato schiettamente salesiano. Per un annuncio sempre fresco e vitale del Vangelo, per una catechesi essenziale e incisiva, per una liturgia più giovanile e festosa e anche per un dialogo educativo più efficace, il Salesiano si deve impegnare ad apprendere e ad adoperare il linguaggio del suo tempo e del suo ambiente e in particolare il linguaggio audiovisivo, così vicino alla mentalità dei giovani.

455
I Salesiani in formazione siano educati all´ uso intelligente, cosciente e responsabilmente libero degli SCS, a servizio della pastorale. Solo così potranno presentarsi a suo tempo ai giovani come guide e compagni di viaggio. E´ questa una meta da raggiungere con gradualità, alla luce della fede, delle direttive della Chiesa e degli insegnamenti di Don Bosco. Vanno preparati inoltre a esercitare un serio autocontrollo per evitare che, attratti dal richiamo estetico delle opere presentate o dalla curiosità che esse suscitano, finiscano per tralasciare urgenti doveri o per sprecare inutilmente il tempo.(519) In tutte le fasi quindi di formazione dell´ educatore salesiano bisognerà curare, nelle dovute proporzioni: - una formazione generale per tutti; - una formazione specializzata per coloro che dovranno essere animatori delle attività degli SCS nelle Case, Ispettorie, Opere della Chiesa locale; - una formazione scientifica per coloro che si inseriranno come produttori (scrittori - editori - diffusori) nel circuito della stampa e come consulenti o comunicatori in quello del cinema, della radio e della TV.

CAPO QUINTO
IL NOSTRO SPAZIO: L´ EDUCAZIONE

Gli istituti religiosi devono prendere coscienza delle molteplici e importanti responsabilità ecclesiali nel campo delle comunicazioni sociali e considerare attentamente quale possa essere lo spazio concreto per la loro partecipazione a questo apostolato. (520)

Liberazione

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Ogni forma di comunicazione sociale è un valore da coltivare in sé, perché espressione di un verbo umano, assimilato e ancorato al Verbo divino. Non è quindi lo strumento in se stesso, ma il suo cattivo uso e abuso che va condannato quando viene messo a servizio del male. Occorre sottolineare l´ enorme influsso degli SCS sulla vita di ogni giorno: si leggono giornali, riviste, libri; si ascoltano radio, dischi, musicassette; si affollano teatri, cinema, televisori. Gli SCS sono divenuti indispensabili non solo per la ricreazione e lo svago, ma anche per la diffusione della cultura, per la promozione dello sviluppo, per la formazione sociale e politica del cittadino, per la costruzione del Regno di Dio nella carità e nella solidarietà. E´ anche vero che attraverso contenuti corrosivi e scadenti, attraverso la speculazione commerciale e la pubblicità sfacciata e immorale vengono attentati e misconosciuti i valori fondamentali della vita umana. Ne consegue che il nostro compito specifico è di impostare un´ operazione liberatoria (che per il giovane diventa educazione) da tutti i condizionamenti negativi prodotti dall´ abuso degli SCS. La nostra azione educativa dovrà facilitare e, se occorre, stimolare nelle anime giovanili una liberazione spontanea e attiva e avviarle a una personale e libera scelta.(521)

Corresponsabilità

457
Oggi si impone un atteggiamento reattivo in tutti gli aspetti dell´ educazione. Cioè ogni educatore deve sviluppare nei giovani recettori la rispondenza e quindi il senso critico, sia estetico che morale; deve quindi mettere i suoi giovani in atteggiamento di dialogo con gli SCS. Bisogna quanto prima iniziare il giovane alla comprensione del linguaggio degli SCS; aiutarlo a vedere, al di là dello strumento, il comunicatore che esprime una ideologia, un sistema, un gruppo di potere; condurlo al dialogo con lui, attraverso proposte, risposte, discussioni, critiche, lettere personali e collettive, visite... Il traguardo della nostra azione educativa sarà toccato quando, nei nostri gruppi giovanili e nelle nostre comunità sarà penetrato il concetto di corresponsabilità: cioè, non l´ accentuazione puramente passiva delle nostre proposte di spettacoli e dei nostri giudizi critici, ma l´ intervento attivo dei nostri interlocutori, soprattutto giovani, nello scegliere, nel dibattere e nel verificare gli SCS.

Creatività

458
L´ educatore deve scoprire e stimolare la fantasia creativa dei giovani in questo campo. I mezzi e le occasioni sono svariati: bacheche, riviste, clubs di lettura, di foto o di cinepresa; complessi teatrali, orchestrine musicali; studio di tecniche, stampaforum, cineforum; tavole rotonde, contatto con scuole specializzate, con gruppi affini. Sono iniziative extrascolastiche che vanno potenziate al massimo. Qui sta il vertice del nostro lavoro educativo: sviluppare nei giovani l´ esercizio gioioso e generoso dei loro talenti individuali.

LO SPAZIO DEI LAICI: LA PROMOZIONE

459
La Congregazione Salesiana considera come uno degli aspetti importanti del suo rinnovamento nella Chiesa la promozione del laicato, specialmente dei Cooperatori ed Exallievi. Dovrà quindi dialogare e agire con loro quando si tratta di promozione (creazione e produzione) degli SCS. Li dovrà responsabilizzare, anche in associazioni, e stimolare a determinati compiti che finora erano quasi esclusivamente riservati ai religiosi. E´ compito anzitutto dei laici animare di valori umani e cristiani gli SCS, perché rispondano pienamente alle grandi attese dell´ umanità e ai disegni di Dio.(522)

CAPO SESTO
ORIENTAMENTI OPERATIVI

Per impegnarci sempre più nella nostra azione sugli SCS, proponiamo tre specifici orientamenti di azione:

460
1. Il Consigliere Superiore incaricato crei un Segretariato Centrale che avrà il compito di dirigere il centro di documentazione degli SCS; di coordinare le iniziative di promozione e uso degli SCS; di studiare la collaborazione con istituti e organizzazioni che lavorano nel campo degli SCS secondo le direttive della Chiesa. Si auspica la creazione di uffici analoghi, nell´ ambito di conferenze ispettoriali, di nazioni e di ispettorie, allo scopo anche di sostenere, con l´ appoggio dei Cooperatori e Exallievi, le associazioni che si propongono di educare i recettori e di moralizzare i programmi audiovisivi.

461
2. Le nostre editrici e tipografie tengano sempre presente la loro missione di diffondere il messaggio evangelico tra i giovani e nel popolo. E´ anche in questo modo che i confratelli addetti alla stampa realizzano la loro vocazione salesiana e apostolica.

462
3. Le editrici salesiane di una stessa nazione o di una stessa lingua siano avviate a una stretta coordinazione tra loro e inoltre a uno scambio reciproco su piano internazionale.

 

 

Documento 7
L´AZIONE MISSIONARIA SALESIANA

PREMESSA

"Andate, fate discepoli tutti i popoli".(523) "Io sono venuto perché abbiano vita e l´ abbiano in abbondanza".(524)

463
Oggi viviamo un momento di crisi missionaria nella Chiesa e nella Congregazione. Questa crisi si fa sentire specialmente nel declino delle vocazioni missionarie e nell´ indebolimento dell´ entusiasmo e dello slancio per le missioni. Oggi però viviamo anche un momento forte per il rilancio robusto dell´ azione missionaria. La crisi nella Chiesa, più che un segno di tramonto delle missioni, è un indice di crescita e di sviluppo. Esige atteggiamenti e orientamenti nuovi, richiesti dalle mutate condizioni missionarie, dall´ intervento di organismi nazionali e internazionali che si propongono la promozione dell´ uomo, e dalla necessità di un ridimensionamento. In questa situazione emerge come elemento incoraggiante la generosità dei giovani. Ai giovani non manca una piena disponibilità; manca loro una sufficiente chiarezza delle motivazioni missionarie. Tocca a noi illuminarli e far loro comprendere che l´ evangelizzazione rispondendo alle più nobili aspirazioni dell´ uomo, diventa anche un fermento di sviluppo.(525) Alcune iniziative sbocciate nella nostra Congregazione accennano a un risveglio missionario. Sono segni di speranza: la generosità dei Volontari per l´ America Latina; le prime iniziative missionarie delle Volontarie di Don Bosco; il costituirsi del laicato missionario Terra Nova; l´ interessamento di numerosi Gruppi Giovanili per il Terzo Mondo; la campagna della solidarietà salesiana; le realizzazioni concrete delle Procure salesiane e dell´ Ufficio missionario. L´ auspicata rifioritura dell´ azione missionaria per molti confratelli potrà significare una riscoperta della loro vocazione salesiana. Il Concilio dice: La grazia del rinnovamento non può avere sviluppo alcuno nelle comunità, se ciascuna di esse non allarga la vasta trama della sua carità sino ai confini della terra, dimostrando per quelli che sono lontani la stessa sollecitudine che ha per coloro che sono i suoi propri membri.(526) Il rilancio missionario sarà quindi un termometro della vitalità pastorale della Congregazione e un mezzo efficace contro il pericolo dell´ imborghesimento. Occorre risvegliare la coscienza missionaria di tutti i Salesiani, ripensare la metodologia attuale, impegnare a fondo la Congregazione, perché, sull´ esempio di Don Bosco, possa moltiplicarsi il numero degli evangelizzatori.

CAPO PRIMO
LA CHIESA MISSIONARIA

1. Vocazione missionaria della Chiesa

464
La vocazione missionaria della Chiesa sgorga dalla sua stessa natura e si fonda sulla sua apostolicità. Dagli Apostoli la Chiesa, animata dallo Spirito Santo, desume tre grandi mandati complementari: continuare la missione affidata dal Padre Celeste al Figlio Gesù,(527) predicare il Vangelo a tutte le creature,(528) fare discepoli.(529)

2. Che cosa sono le Missioni

465
Predicare il Vangelo e impiantare la Chiesa tra i popoli e i gruppi umani che ancora non credono in Cristo costituisce ciò che comunemente si è soliti chiamare Missione L´ attività missionaria differisce quindi dall´ attività pastorale tra i fedeli e dall´ apostolato ecumenico. Rientra nell´ attività missionaria anche il servizio alle comunità ecclesiali già costituite, ma ancora in via di consolidamento. Ugualmente è azione missionaria il riannuncio del Vangelo e la conseguente reimpostazione della Chiesa in zone scristianizzate.(530) Il fatto che tutta la Chiesa sia per sua essenza missionaria non esclude, anzi esige, che alcuni (preti, diaconi, religiosi, laici) siano messi a parte per un apostolato strettamente missionario.(531)

3. Apporti del Vaticano II per il rinnovamento

466
Le nuove direttive del Vaticano II richiedono dai missionari maggiore adattabilità. Il Vaticano II considera in una luce nuova il mondo non cristiano. Invita a rispettare i non cristiani nella loro libertà umana e religiosa; il missionario deve saper scoprire nelle religioni non cristiane ciò che vi è di preparazione al Vangelo per condurle alla pienezza di Cristo.(532)

L´ ateismo, in molti casi, si presenta come una specie di reazione alle colpe e alle infedeltà dei cristiani; tocca ai missionari dimostrare la perenne validità di certi principi e valori umani che sono stati talvolta da noi trascurati.(533)

Il concetto stesso di evangelizzazione ne risulta amplificato; non si tratta soltanto di proclamazione della fede; si tratta di impregnare tutte le realtà umane con lo spirito del Vangelo. Ne consegue che anche la promozione umana dei popoli rientra nell´ attività missionaria.(534)

467
E´ stato rinnovato il senso dell´ ecclesialità: la dottrina Collegialità Episcopale comporta una maggiore adesione e collaborazione con le diverse Conferenze Episcopali a servizio del Vangelo;(535) la corresponsabilità di tutto il popolo di Dio esige che l´ azione missionaria impegni solidariamente la gerarchia (vescovi, sacerdoti, diaconi) , i religiosi e i laici;(536) l´ ecumenismo, col conseguente dialogo ecumenico, invita a promuovere, d´ intesa con le diverse autorità ecclesiastiche, una cooperazione con le diverse confessioni cristiane che lavorano nelle Missioni.(537) La Chiesa missionaria non fa altro che continuare nel tempo e in mezzo a tutti i popoli l´ opera dell´ Incarnazione e della Redenzione. E´ quindi sempre attuale e valida la necessità dell´ annuncio della Parola, della conversione, della fede e del battesimo per la salvezza.(538) Pur nel massimo rispetto della libertà religiosa, la Chiesa riafferma, nel Decreto AD GENTES, che è suo compito imprescindibile e insieme suo sacrosanto diritto il diffondere il Vangelo(539)

4. Pastorale missionaria

468
Il Vaticano II ha redatto una pedagogia missionaria che serve a edificare la Chiesa in mezzo ai popoli. L´ attività missionaria, nel pensiero del Concilio, ha inizio con una presenza e con un dialogo intrecciato per conoscere gli evangelizzandi e per stringere con loro amicizia. Una tale presenza non consiste solo nel dare, ma anche nell´ assumere tutto ciò che vi è di buono nella cultura locale.(540) Il periodo del catecumenato si apre con una graduale formazione a una visione cristiana integrale. Occorre in questo periodo saper illuminare con la luce del Vangelo i valori che i popoli già possiedono nella loro cultura.(541) Intanto prende forma la comunità cristiana locale. Il lavoro missionario mira a far sorgere comunità di fede, di culto e di carità e a dotarle di tre elementi indispensabili alla loro vita: i catechisti, il clero e le vocazioni religiose. Bisognerà poi aiutare la nuova Chiesa a giungere a maturità per inserirsi profondamente nel contesto sociale e culturale del proprio popolo, acquistando maggior saldezza e stabilità. Avrà allora una sua fisionomia particolare con ricchezza liturgica e creatività apostolica propria.(542) Questa graduale maturazione richiede, senza dubbio, da parte del missionario una continua revisione di metodi, un´ intelligente duttilità di pianificazione, un´ umile disponibilità.

CAPO SECONDO
LA CONGREGAZIONE MISSIONARIA

1. Risponde all´appello conciliare

469
Il Vaticano II ha lanciato accorato appello a tutti gli Istituti religiosi di vita attiva, anche se non strettamente missionari, perché collaborino all´ estensione del Regno di Dio tra i popoli nelle missioni. Allarga l´ invito agli Istituti contemplativi e secolari.(543) Perciò, anche se nella tradizione salesiana non ci fosse stato un indiscutibile fatto missionario, occorrerebbe oggi rispondere generosamente all´ appello esplicito del Concilio.

2. In forza del suo carisma missionario

470
Don Bosco, da giovane, accarezzava il sogno di consacrarsi alle missioni: Il pensiero di essere missionario non lo abbandonava mai. Sentiva in sé una forte inclinazione di portare la luce del Vangelo agli infedeli. Don Cafasso :gli sbarrò la strada dicendogli: Voi non dovete andare nelle missioni.(544) Don Bosco però non abbandonò mai quel suo desiderio missionario e lo realizzò per mezzo dei suoi figli. .Molte volte esclamava: Oh, se avessi molti preti e molti chierici, vorrei mandarli a evangelizzare la Patagonia e la terrà del Fuoco, perché quei popoli finora furono i più abbandonati.(545) I motivi che più di tutto determinarono Don Bosco a iniziare l´ attività missionaria della sua Congregazione furono l´ ideale di portare il Vangelo a coloro che ancora non lo conoscevano e le necessità spirituali degli emigranti.

471
Don Bosco volle fortemente missionaria la sua Società Salesiana. Nel 1875 fu lui a scegliere nel mazzo dei primi Salesiani i dieci da inviare in America. Prima di morire aveva già lanciato dieci spedizioni missionarie. Parallelamente partivano per le Missioni anche le Figlie di Maria Ausiliatrice, che da allora affiancarono sempre l´ opera dei missionari salesiani. Alla morte di Don Bosco, nel 1888, i Salesiani oltre mare erano 153, cioè quasi il 20% dei soci di allora.(546) I successori di Don Bosco, fedeli allo spirito del Fondatore, hanno curato sempre in modo particolare l´ azione missionaria della Congregazione.(547) Il Capitolo Generale XIX sottolineò il fatto che la Congregazione deve rivivere l´ ideale di Don Bosco, il quale volle che l´ opera delle Missioni fosse l´ ansia permanente della Congregazione, in modo tale da formar parte della sua natura e del suo scopo.(548)

CAPO TERZO
DIRETTIVE PASTORALI

472
Don Bosco aveva il cuore colmo di gioia quando mirava la Congregazione rassodata che, pur nella sua pochezza, collaborava attivamente all´ estensione del Regno di Dio.(549) Il Capitolo Generale Speciale vede con particolare predilezione i Salesiani impegnarsi nell´ attività missionaria; per aiutarli nel loro difficile compito, traccia alcune linee programmatiche.

1. Il salesiano nell´azione missionaria

Ogni missionario salesiano deve sentirsi in obbligo di studiare a fondo la dottrina missionaria della Chiesa, specialmente il decreto AD GENTES, considerandolo come il suo Direttorio ufficiale. Per rendere maggiormente efficace la sua azione apostolica, il Salesiano cercherà di coltivare e di vivere una profonda spiritualità missionaria fatta di fedeltà all´ evangelizzazione, di audacia nel suo apostolato, di pazienza gioiosa nel diffondere il Regno del Padre, di fiducia incessante nell´ aiuto di Maria Ausiliatrice, Madre della Chiesa. Il missionario salesiano consideri sempre attuali le raccomandazioni fatte da Don Bosco ai primi missionari; procuri quindi di seguire nel suo lavoro lo stile del nostro Fondatore. Coraggioso, intraprendente, creativo, aperto alle nuove iniziative, si mostrerà duttile, come Don Bosco, nell´ adattarsi ad ogni situazione. Darà massima importanza alla catechesi, alla pastorale vocazionale, alla preparazione dei catechisti, maestri e laici che possano inserirsi efficacemente come fermento cristiano nella società. Nel caso che questo lavoro non fosse possibile, la sua umile testimonianza di bontà e di servizio sarà una presenza evangelica che favorisce l´ avvento del Regno di Dio. Il Salesiano, anche nell´ azione missionaria, si impegnerà specialmente nell´ apostolato giovanile. L´ educazione liberatrice dei giovani e il suscitare tra loro dei leaders cristiani è il più efficiente apporto allo sviluppo dei popoli.

2. Formazione del missionario salesiano

473
Si abbia a cuore la formazione umana dei futuri missionari: con le virt— molto apprezzate nella società,(550) si inculchino il senso comunitario e una grande apertura all´ ambiente umano come servizio, specialmente verso i più poveri. Il missionario va formato fin dall´ inizio a essere uomo di preghiera, animato da viva fede, da incrollabile speranza e da sincera carità; a lavorare con spirito di sacrificio e con zelo apostolico, sempre unito a Cristo nell´ obbedienza al Padre, per essere, in sintonia con l´ autorità gerarchica, il continuatore della missione del Figlio di Dio.(551)

474
Quanto alla formazione dottrinale, va messo in primo piano lo studio della Sacra Scrittura e della Catechesi, indispensabili per trasmettere il messaggio evangelico. La storia e la conoscenza delle religioni nel mondo faciliteranno il dialogo con le culture non cristiane. Occorre inoltre iniziare i futuri missionari alla missionologia e alle scienze antropologiche, con uno studio accurato delle lingue e culture locali, se è possibile nell´ ambiente delle stesse missioni.(552) E´ utile completare la normale formazione teologica e spirituale dei missionari, anche sacerdoti, con una specializzazione nelle cosiddette scienze umane.(553) Va curata anche la formazione sociale e una conoscenza critica dei sistemi ideologici, economici e politici più diffusi nel mondo e in particolare nei Paesi di missione. Anche i Salesiani volontari ad tempus riceveranno un´ adeguata preparazione al loro servizio missionario.

3. Rapporti con il paese di provenienza

475
Pur riconoscendo l´ assoluta necessità di una completa incarnazione del missionario nella nazione in cui lavora, si ritiene necessario coltivare, con un nuovo e pieno significato, i legami che lo tengono unito all´ Ispettoria e al suo Paese di origine. . La destinazione dei nuovi missionari viene fatta ordinariamente dalla Direzione Generale. Ma ogni Ispettoria, nel permettere a un suo membro di seguire la vocazione missionaria, non gli dà semplicemente un nulla osta per recarsi in missione: lo invia nel senso totale della parola. Ciò mette in spiccato risalto la comune vocazione missionaria dell´ Ispettoria, rappresentata e espressa in questi suoi figli privilegiati; e i missionari si sentiranno seguiti, aiutati, appoggiati dall´ Ispettoria di cui costituiscono l´ avanguardia. Tali vincoli, evidentemente, sono di ordine spirituale e non giuridico. Ogni ritorno temporaneo in patria (che non deve mai avere intenzionalità né apparenza turistica) deve servire a rafforzare: questi vincoli spirituali e dar modo al missionario di compiere i propri doveri verso la sua famiglia, di ristorarsi fisicamente e spiritualmente e di ricevere il necessario aggiornamento. L´ Ispettoria di origine si faccia un dovere di accogliere con fraterna ospitalità e dare cordiale assistenza ai missionari in ritorno temporaneo o definitivo. I missionari a loro volta daranno il loro contributo alla cura e all´ incremento della coscienza missionaria dell´ Ispettoria.

4. Rilancio missionario

476
Per favorire la grazia del rinnovamento nell´ intera Congregazione, i Salesiani vivano lo spirito missionario nel loro lavoro quotidiano e siano generosamente disponibili all´ eventuale chiamata di Dio per un lavoro nelle missioni. Occorre alimentare nelle nostre opere il fervore missionario. Già fin dalla prima formazione si prospetti ai giovani salesiani, in forma oggettiva ma attraente, l´ ideale missionario, illuminandone il contenuto; si diffonda la conoscenza e si promuova l´ ammirazione per le imprese missionarie della nostra Congregazione; si studi la storia e la figura dei grandi missionari; e soprattutto si coltivi lo zelo apostolico e lo spirito soprannaturale di generosità, base di ogni vocazione missionaria. Di grande importanza è l´ animazione e la preparazione di laici, specialmente giovani cooperatori ed ex-allievi, che prestino la loro opera missionaria e tecnica come volontari. La loro preparazione potrà effettuarsi presso organizzazioni locali, anche non nostre, che abbiano questo scopo. Bisogna valorizzare i Movimenti Giovanili in servizio alle Missioni: esercitano una forte attrattiva sui giovani. E perché questi possano svolgere un vero servizio, occorre addestrarli e prepararli con chiare motivazioni missionarie.

477
Il Capitolo Generale Speciale lancia un appello a tutte le Ispettorie, anche a quelle più povere di personale, perché, obbedendo all´ invito del Concilio(554) e sull´ audace esempio del nostro Fondatore, contribuiscano, con personale proprio, in forma definitiva o temporanea, all´ annuncio del Regno di Dio.

CAPO QUARTO
ORIENTAMENTI OPERATIVI

478
1. Per animare, coordinare e promuovere l´ attività missionaria salesiana a tutti i livelli, la nostra Società dispone di un Segretariato Centrale per le Missioni, alle dirette dipendenze del Consigliere delle Missioni.

479
2. La Congregazione curi la formazione in campo missionario, e nel campo delle scienze che con esso hanno relazione, di specialisti che siano a servizio delle missioni e dell´ aggiornamento dei missionari.

480
3. Le Missioni interessano tutta la Congregazione; quindi tutti i Confratelli vi sono, in diversi modi, impegnati. così acquista un senso speciale la solidarietà, promossa dal Rettor Maggiore, sia per quanto riguarda il personale missionario che per gli aiuti economici. Perciò: - gli Ispettori siano generosi nel permettere a chi lo chiede, e ne abbia i requisiti necessari, di consacrarsi alle Missioni; - le Ispettorie coltivino le vocazioni missionarie, presentando la Congregazione come missionaria e assicurando ai giovani volonterosi l´ opportunità di realizzare questo ideale; - le Comunità abbiano cura di conoscere i problemi missionari della Chiesa e della Congregazione; coltivino in casa un vero spirito missionario; si preoccupino di creare un clima favorevole alle vocazioni e di programmare iniziative in favore delle Missioni.

 

SEZIONE SECONDA

La nostra vita di comunione

Documento 8

LA COMUNITA´ FRATERNA
ED APOSTOLICA SALESIANA

481
Fra i componenti la Famiglia Salesiana, i salesiani sono coloro che, seguendo una vocazione particolare, vivono in comunità fraterna ed apostolica, si donano totalmente a Dio con la professione dei consigli evangelici e si rendono così del tutto disponibili per compiere la missione che è loro propria, secondo il carisma salesiano.(555)

482
Essi sono chiamati a vivere in modo più intenso il mistero della Chiesa, comunione degli uomini tra loro e con Dio, in vista della missione. Come la comunione si manifesta ed attualizza nella vita fraterna, così la missione ha il suo compimento nel servizio apostolico. Consacrazione, missione, comunione di vita e di apostolato si integrano a vicenda come elementi inscindibili di una medesima realtà dinamica. In tal modo i salesiani realizzano nella comunità un giusto equilibrio di elementi umani e soprannaturali; seguono Cristo a più da vicino(556) ed abbracciano uno stato di vita che non si oppone al vero progresso della persona umana, ma per sua natura, gli è di grandissimo giovamento (557) e la comunità come famiglia unita nel Signore gode della sua presenza .(558) La vita comunitaria salesiana trova il suo stile particolare nello spirito di famiglia, come Don Bosco l´ ha ideato e vissuto ed i suoi figli l´ hanno arricchito e sviluppato.(559)

CAPO PRIMO
COMUNITA´ FRATERNA

A) VALORE UMANO DELLA COMUNITA´ SALESIANA

Le richieste dei confratelli

483
Con molto realismo i Confratelli delle Case hanno denunciato da una parte freddezza e superficialità di rapporti, per cui la vita comunitaria non appaga le loro aspirazioni, non favorisce le relazioni fraterne ed il lavoro apostolico e non attira le vocazioni. Dall´ altra parte si lamenta la ritrosia di molti a partecipare alle manifestazioni ed agli incontri comunitari.(560) I confratelli chiedono - perciò che si realizzi nella comunità un ambiente: - di maggiore calore umano caratteristico della vita di famiglia - di amicizia concreta, fondata sul rispetto e stima vicendevole, - di corresponsabilità apostolica con partecipazione di tutti al dialogo, alla programmazione ed alle decisioni comunitarie, - di apertura al mondo, alla Chiesa, alla Congregazione.(561) Essi hanno in mente una carità molto concreta, che si incarni nelle esigenze di situazioni, ambienti, attività, tempi, uomini in modo che sia possibile realizzare l´ amicizia fraterna. Con questo non intendono negare il primato del soprannaturale, ma affermare che, per testimoniare nel mondo la carità comunitaria e il servizio apostolico, l´ aspetto umano è molto importante, anche se richiede, naturalmente, l´ accettazione di limiti e sacrifici personali, imposti dalla vita fraterna e dalla missione.(562)

Aprirsi ai segni dei tempi

484
I fenomeni attuali della socializzazione e della personalizzazione ci avvertono che l´ uomo è sempre più orientato alla ricerca di molteplici rapporti con i propri simili, mediante i quali realizza meglio la sua personalità e meglio concorre alla promozione, sviluppo e progresso sociale e personale. Perciò noi religiosi, per l´ esigenza di aggiornamento, promosso dal Concilio, con un´ adeguata conoscenza dei tempi, degli uomini e dei bisogni della Chiesa (563) dobbiamo rinnovarci nella nostra vita comunitaria e personale, per essere più efficaci nella nostra azione.(564)

Comunità per salvare l´uomo

485
Per evitare che la socializzazione sconfini nel livellamento dell´ uomo o nella demagogia e che la personalizzazione sfoci in un individualismo egoista, è necessario che gli uomini coltivino tra loro rapporti comunitari per integrarsi senza perdere la propria originalità: nella comunità, attraverso le relazioni reciproche, si attua quella attenzione alle persone che rende possibili la corresponsabilità, il decentramento, il pluralismo e la sussidiarietà, favorisce la creatività, porta a considerare gli altri come collaboratori e ad armonizzare, in un dialogo libero ed aperto, i valori personali nell´ alveo dell´ impegno comune che diviene più efficace, mentre le persone diventano più ricche.(565)

Comunità per maturare l´uomo

486
In un ambiente che appaghi le sue aspirazioni fondamentali, quali la capacità di dialogo, la collaborazione, il buon impegno delle sue doti, l´ attenzione ai suoi desideri, lo spirito di iniziativa, l´ uomo diviene gradualmente maturo e contribuisce alla maturazione della comunità.(566) Segno della maturazione del singolo sono l´ apertura verso gli altri, il rispetto dei rapporti reciproci di giustizia, l´ adempimento dei doveri e la partecipazione al lavoro, l´ adesione interiore alla disciplina e la fedeltà alla Regola, liberamente accettata. A sua volta la comunità dimostra di essere matura quando, evitando di fare gruppo a sé, sa coltivare relazioni cordiali e pienamente umane con altre persone ed ambienti, a cui è legata da vincoli che le derivano dalla sua vita e dal suo lavoro. Si stabilisce così un interscambio di ricchezze personali e comunitarie per un lavoro più aggiornato e tempestivo.(567)

Comunità di amicizia autentica

487
Siccome la mancanza di doti e di virtù umane e la trascuratezza di tali valori mette in crisi comunità e confratelli, l´ amicizia fraterna, che si fonda sulla lealtà, onestà, collaborazione, corresponsabilità, generosità, capacità di rinuncia, volontà di fare quipe... deve essere considerata una meta della vita comunitaria e deve creare il clima in cui il confratello si senta a suo agio, personalmente valorizzato.(568) La comunità insomma, che si fonda per vocazione divina e lavoro apostolico, deve sforzarsi continuamente- di realizzare tra i suoi componenti una vera comunione di affetto sentito e di amicizia fraterna e di integrare in sé ognuno di essi. Inoltre, poiché la comunità religiosa non sfugge al dinamismo d´ ogni gruppo umano, deve valorizzare gli aiuti che offrono le scienze dell´ uomo (Psicologia-Sociologia, ecc.) ; applicando tali aiuti si avrà una comunità più armoniosa ed equilibrata, nella quale sarà più fecondo l´ inserimento della Grazia, più agevole ed efficace il compimento della missione, a cui tutti portano, con gioia, un contributo desiderato.

Incontri comunitari

488
La comunione degli spiriti, la fraternità e l´ amicizia, in ogni gruppo umano tendono a manifestarsi, rafforzarsi ed approfondirsi mediante incontri ed azioni comuni. Per questo, anche in una comunità religiosa hanno importanza decisiva tali incontri a ritmo regolare o suggeriti da situazioni particolari: ogni membro con la sua diligenza nell´ intervenire agli atti comunitari - di preghiera, di dialogo, di lavoro, di vita (mensa, distensione, aggiornamento, ecc.) - reca un grande aiuto alla intesa fraterna, mentre con l´ assenteismo impoverisce se stesso, compie una mancanza verso gli altri e rischia di emarginarsi dalla comunità.

B) VALORE SOPRANNATURALE DELLA COMUNITA´ SALESIANA

Comunità umana e religiosa

489
Dio ha tenuto conto della natura sociale dell´ uomo, ne ha attuato il destino soprannaturale nella Chiesa, comunione degli uomini in Cristo per mezzo dello Spirito. Tale comunione si realizza in modo eminente nella comunità religiosa, che è partecipazione alla vita trinitaria e deve divenirne segno; in essa il dialogo diventa ricerca comune della volontà di Dio che attende da ogni uomo una libera adesione personale. E così essa è una risposta accentuata al fervore comunitario che si nota oggi nella Chiesa e nel mondo, specie tra i giovani, come frutto del rinnovamento conciliare e singolare ritorno allo spirito delle origini.(569)

Comunità apostolica e comunità religiosa

490
Il disegno di salvezza si realizza nella Chiesa, che nasce quando Gesù chiama attorno a sé gli Apostoli, diversi per provenienza, carattere ed aspirazioni, li considera amici e fratelli, condivide con loro il tempo, il lavoro, la missione, lo scambio dei beni, i carismi straordinari, le sue relazioni col Padre e forma con essi una vera famiglia.(570) Non è difficile scorgere in questo modo di agire di Gesù un paradigma della vita religiosa comunitaria, appunto per questo chiamata apostolica e prima realizzazione della sequela Christi .(571) In questo senso, più per la vita da Lui condotta che per le cose dette, Cristo può essere considerato il Fondatore della vita religiosa comunitaria.

La prima comunità di Gerusalemme

491
Anche la prima comunità di Gerusalemme, proposta dal Concilio come modello delle comunità religiose, si sviluppa sotto la guida di Pietro e degli Apostoli come comunità fraterna, attorno a Maria, Madre di Gesù e della Chiesa. Tutti erano un cuor solo ed un´ anima sola nello ascolto della Parola, nella preghiera, nella celebrazione dell´ Eucaristia, nella comunicazione dei beni, nella carità verso i bisognosi. Le vicende successive della Chiesa han dimostrato che le Comunità religiose sono nella situazione migliore per continuare tale tipo di testimonianza.(572)

La comunità religiosa nella comunione ecclesiale

492
La comunità religiosa è una forma di comunione secondo la ecclesiologia del Vaticano II, che accentua la qualità di popolo di Dio e Corpo mistico , per cui nella Chiesa, .vige una mirabile comunione in modo che la varietà non nuoce alla sua unità, ma anzi la manifesta .(573) In questo senso va intesa l´ affermazione del Concilio che la vita religiosa pur non appartenendo alla struttura gerarchica della Chiesa, appartiene però fermamente alla sua vita ed alla sua santità ,(574) cioè alla sua struttura carismatica, specialmente nell´ aspetto di comunione.

La carità soprannaturale anima della comunità

493
La pratica della legge della carità, promulgata da Cristo come condizione della sua Presenza, genera ed alimenta la comunione tra i fratelli ed è testimonianza altissima delle realtà celesti per una comunità che si raduna nella fede, cammina nella speranza e vive nell´ amore. La comunità religiosa dona ai suoi membri, tra gli altri aiuti, quelli della comunione fraterna nella milizia di Cristo, di una libertà corroborata dall´ ubbidienza, cosicch possano adempiere con sicurezza e custodire con fedeltà la loro professione religiosa e progredire gioiosi nella via della carità .(575) Per questa carità i religiosi si comunicano non solo i beni derivanti dal Battesimo e dalla Cresima, ma anche quelli provenienti dalla professione, per cui essi manifestano a tutti i credenti i bene celesti già presenti in questo mondo, testimoniano la vita nuova ed eterna acquistata da Cristo, preannunciano la futura Risurrezione e la Gloria del Regno .(576) Inoltre con l´ approvazione di una Famiglia religiosa la Chiesa riconosce i legami di carità di ogni comunità con tutte le altre sparse nel mondo, già unite tra loro dall´ identità di carisma, di missione, di spirito e dalla comunione di tutti gli altri beni.

Comunità di uomini imperfetti

494
Ogni fratello può arricchire con i suoi doni, ma, a causa del mistero di iniquità , che contrasta con la Grazia,(577) può anche impoverire con i suoi limiti, tutti gli altri; la carità supplirà allora con la pazienza, il perdono, la correzione fraterna evangelica,(578) specie per coloro che, con il carattere o l´ indole, possono creare qualche difficoltà alla vita comune.(579) Appunto perché composta di uomini imperfetti, la comunità diventa anche occasione di sacrificio personale. Essa richiede da tutti il contributo di impegno e talora di sofferenza per la sua crescita continua. Lo sforzo di tutti serve a far progredire la comunità verso una maggiore pienezza, superando le sempre possibili difficoltà e tensioni quotidiane. legate alla natura stessa della vita quotidiana. Perciò anche la comunità religiosa, come la Chiesa, deve mantenersi costantemente in atteggiamento di riconciliazione e di penitenza; partecipa così al mistero pasquale di Cristo e collabora con Lui a togliere le macchie e le rughe mediante il confronto incessante con il Vangelo nella revisione di vita ,(580)

Comunità di consacrati

495
La comunione ecclesiale è originata dal Battesimo. La professione religiosa cerca di valorizzarlo in forma cosciente, ed orienta alla vita comunitaria a cui tende per sé l´ ideale religioso, che si esprime per mezzo dei consigli evangelici.
In particolare il religioso:
- con la castità apre il cuore ad un amore delicato e disinteressato verso i fratelli; il celibato volontario è sorgente e sostegno di una vera fratellanza nata non dalla carne o dal sangue ma da Dio;(581)
- con la povertà mette i beni personali, materiali e spirituali, a disposizione dei fratelli, con distacco dai propri interessi e così ognuno, arricchito dalla povertà di tutti gli altri, testimonia con la carità fraterna, l´ amore di Dio;(582)
- con l´ obbedienza unifica gli spiriti alla ricerca comunitaria della volontà di Dio, li impegna ad orientarsi a Dio e a Cristo, condividendo la responsabilità per la missione comune.(583)

C) ORIZZONTE SALESIANO

La prima comunità salesiana

496
Don Bosco fu ispirato soprannaturalmente a creare una comunità di religiosi, all´ interno della Famiglia che a lui si ispira, con una funzione specifica di fermento animatore dell´ identica missione. Egli attuò per gradi il suo disegno, stabilendo dapprima vincoli di amicizia con i suoi giovani migliori, impegnandoli poi in una prova di esercizio pratico di carità verso il prossimo, per venire quindi ad una promessa e portandoli infine alla consacrazione religiosa mediante i voti.(584) Nasceva così la prima comunità salesiana, in cui Don Bosco appare come il maestro, l´ animatore, il padre, la guida suscitata dallo Spirito Santo e dall´ amore materno di Maria Ausiliatrice e come tale accettata da tutti i suoi figli.

La comunità nelle Costituzioni

497
Don Bosco volle che nelle Costituzioni venissero affermati espressamente tutti gli elementi caratteristici di una comunità di religiosi, fraternamente uniti per una missione apostolica:(585) - la perfezione cristiana come scopo ultimo della Congregazione; - la missione verso i giovani specialmente più poveri: praesertim si pauperiores sint, e quindi il carattere apostolico della Società; - la consacrazione religiosa mediante la professione dei voti, che produce la communio ; - la vita comune, sorretta dalla carità fraterna, che rende di un cuor solo e un´ anima sola; - il servizio e l´ amore di Dio; - la parità dei soci: ecclesiastici, chierici e laici.(586)

La comunità salesiana nel pensiero e nella prassi di Don Bosco

498
Commentando, nel 1869, alla prima comunità salesiana l´ approvazione della Congregazione da parte di Pio IX, Don Bosco diceva che il destino dell´ istituzione era legato alla vita comune: essa consiste - continuava egli - nella gioia dell´ habitare fratres in unum :
- in unum locum, fisicamente, cioè in ogni manifestazione esterna della vita comune;
- in unum spiritum: vi deve essere unità di spirito e di volere, cioè la carità;
- in unum agendi finem, che è il raggiungimento, nell´ obbedienza, della missione comune: lo scopo della società, che è l´ educazione morale e scientifica dei giovani poveri ed abbandonati.(587)
Questo che egli lasciò come ricordo nel suo Testamento,(588) fu anche ispirazione concreta della sua azione di Fondatore e Superiore. Egli dimostrò una grande capacità di dialogare, di corresponsabilizzare anche i più giovani suoi collaboratori, di armonizzare nel lavoro apostolico e missionario le doti di persone molto diverse per temperamento, di trovare ad ognuno un lavoro congeniale all´ indole, all´ ingegno, alla formazione, in modo che ognuno si trovasse a suo agio.

Lo spirito di famiglia

499
Elemento primario della comunità salesiana è lo spirito di famiglia, che Don Bosco trasmise alla sua opera come esperienza vissuta e fatta vivere ai suoi primi collaboratori e che animò la tradizione salesiana dalle origini. Tale inconfondibile prerogativa sembra consistere in un clima di affetto ricambiato, fatto essenzialmente di stima e di confidenza reciproca, che porta allo scambio fraterno e alla condivisione dei beni tra i confratelli, sorretti dalla ragione, dall´ amorevolezza, dallo spirito di fede che crea la libertà dei figli di Dio. Ne sono frutto lo stile fraterno di autorità ed ubbidienza, il dialogo, la corresponsabilità nelle iniziative e nell´ azione.(589) Nell´ ambito della famiglia si deve avere particolare attenzione ai giovani confratelli, per aiutarli ad integrare le loro energie nel ritmo della vita comune, che li renderà più maturi per continuare la missione salesiana; essi poi, con la loro sensibilità, individuano talora con chiarezza il senso e gli interrogativi che gli avvenimenti pongono alla vita ed all´ attività comunitaria.(590)

Carità più premurosa per chi ne ha più bisogno

500
Il clima di famiglia si sviluppa in modo singolare verso quei confratelli che richiedono una carità più attenta, come i malati e gli anziani. I membri della comunità vedono nei sofferenti il segno di Cristo Redentore, li accolgono e li circondano di cure affettuose, li aiutano anche a scoprire la preziosità della loro missione di offerta e di preghiera per l´ apostolato comune. Agli anziani, poi, si offre la riconoscenza per il loro lavoro, si richiede la collaborazione secondo le loro possibilità, oltre che il dono del consiglio e dell´ esperienza. La comprensione, il conforto, la preghiera e la delicatezza della comunità rinfrancano ed illuminano gli incerti nella fede e nella vocazione.(591) Gli ospiti saranno onorati come coloro che vengono a noi in nome di Cristo.(592)

L´ottimismo e la gioia

501
Nella comunità salesiana regna l´ ottimismo, che nasce da una visione soprannaturale della salvezza e dall´ abbandono alla Provvidenza, oltrech dalla fiducia nell´ uomo e nei valori umani, secondo l´ umanesimo cristiano che la Chiesa riconosce a Don Bosco; regna anche la gioia che è sorretta dalla speranza ed è frutto della pace interiore e godimento dei beni che si partecipano.

Il superiore nella comunità salesiana

502
Come Don Bosco, il superiore è centro di unità e animatore della comunità dei fratelli. Egli esercita l´ autorità in atteggiamento di servizio, valorizza le doti e rispetta i carismi di ognuno in vista del bene e dello sviluppo della comunità; rende tutti corresponsabili all´ adempimento della missione comune, con la fedeltà alla Regola ed alla disciplina di cui è il garante e con la correzione fraterna,(594) ma soprattutto presiedendo nella carità.(595) Egli deve essere un fratello, che, a imitazione di Gesù, si pone tra i fratelli come rivelatore e segno della paternità di Dio .(596)

Evoluzione costante della comunità salesiana

503
Come testimoniano le successive mutazioni dei testi costituzionali e regolamentari, il senso concreto portò Don Bosco a continui aggiornamenti delle sue comunità, perché la sua sensibilità lo induceva ad adeguarsi alle situazioni che mutavano incessantemente ed alle esigenze diverse degli ambienti in cui si estendeva la sua opera, salvi però sempre la missione e lo spirito.(597) Don Bosco ha così impresso un particolare dinamismo alle sue comunità, accogliendo e favorendo anche opportune sperimentazioni. (598) Nata dai giovani e per i giovani, la Comunità salesiana SI RINNOVERA´ ADATTANDOSI AL PLURALISMO DELLE SITUAZIONI secondo il ritmo voluto ed avviato dal Fondatore. Alla luce del pensiero e della prassi di Don Bosco, nasce così una comunità non uniforme, ma articolata, in cui i fratelli hanno la loro guida nel direttore, per facilitare la vita comunitaria e programmare e coordinare l´ azione apostolica.

CAPO SECONDO
COMUNITA´ APOSTOLICA

La missione salesiana nella Chiesa

504
Comunità di consacrati, chiamati ad una identica missione, i salesiani esercitano un servizio apostolico e partecipano in modo speciale della missione della Chiesa, utilizzando nel suo ambito il carisma proprio, tutti ugualmente orientati all´ apostolato, anche se con uffici differenti. Come Cristo e gli Apostoli vissero insieme per predicare e testimoniare il Regno, come la comunità di Gerusalemme si riunì per attuarlo, così la vita comunitaria salesiana si costituisce in vista di un servizio apostolico da rendere alla Chiesa, quale allargamento della carità che unisce i fratelli con Cristo e tra loro.

Comunità aperta alla Chiesa

505
Partecipe della vita, segno della Comunione e corresponsabile della missione di salvezza, la comunità religiosa è particolarmente aperta alle esigenze della Chiesa universale, ne segue con attenta informazione le vicende, adegua le sue strutture al lavoro apostolico per rendere attuale nei tempi e nei luoghi in cui si trova il suo particolare carisma, ricchezza di tutto il popolo di Dio.(599) Le comunità salesiane, perciò, evitando ogni particolarismo che le chiude in se stesse e coltivando il proprio carisma specifico, si inseriscono e collaborano con la Chiesa locale e con le altre Famiglie religiose, mediante la testimonianza e l´ azione pastorale come un corpo specializzato, che offre un suo attivo e tempestivo servizio, riconosciuto dalla Chiesa nella sua autonomia originale mediante l´ esenzione.

Comunità mondiale ispettoriale locale

506
Come nella Chiesa universale l´ unità si articola nel pluralismo delle Chiese particolari e nei gruppi di base, così la Congregazione salesiana si articola nelle comunità ispettoriali e, queste, in quelle locali, che sono il luogo ed il modo concreto in cui si realizza la vocazione salesiana. La comunione tra esse è favorita ed alimentata dal carisma e dalla missione comune, dallo spirito di Don Bosco, dalla comunicazione dei beni e delle esperienze, dalla solidarietà a tutti i livelli e dal servizio reso all´ opera pastorale della Chiesa. LA COMUNITA´ ISPETTORIALE E´ RESPONSABILE DELLA COMUNIONE tra le singole comunità e dell´ inserimento del servizio salesiano nella Chiesa locale.

Comunità irradiante

507
Partecipe del dinamismo della Chiesa, la comunità, è inviata ed aperta al servizio dei fratelli ed offre a tutti le grazie di cui il Signore l´ ha colmata. Essa coltiva con gioia e vivifica con la fede le relazioni che ha con altre persone ed ambienti per vincoli di parentela, di ispirazione, di lavoro, di ideali o per dovere di giustizia, di convenienza, di amicizia, di carità.(600) In questi contatti esterni la comunità, oltre che dare senso pieno ai rapporti con il mondo, viene arricchita di nuovi valori da integrare nei doni spirituali della sua missione ed è aiutata a realizzare più adeguatamente la propria azione apostolica. Questo deve avvenire soprattutto con i giovani e con i nostri collaboratori laici in ogni opera ed attività, formando una comunità educativa, animata dall´ interno dai confratelli che vi irradiano la ricchezza della comunione salesiana ed estendono lo spirito di famiglia anche ai giovani, applicando sempre più perfettamente il Sistema Preventivo. In tal modo si crea l´ ambiente adatto per il fiorire delle vocazioni.

Vita comunitaria ed apostolato

508
La vita comunitaria salesiana è diretta alla missione apostolica. Perciò la composizione della comunità, le sue strutture di vita, di lavoro, di organizzazione, di orario, sono tali da facilitare l´ esercizio dell´ apostolato, nel rispetto della vita comunitaria e delle sue esigenze e manifestazioni.(601) Ogni comunità deve sforzarsi di superare le eventuali tensioni che si creano nella sua vita religiosa, in modo tale che i suoi singoli membri, come Don Bosco, realizzino l´ unione tra le esigenze della vita comune e quelle dell´ apostolato, momenti diversi ma inscindibili della carità apostolica. Per l´ ordinato svolgersi della vita comunitaria e per una migliore efficienza nell´ apostolato, sembra opportuna una certa stabilità dei confratelli nei loro uffici.

Unità e pluralismo

509
Essendo la pluralità dei carismi una caratteristica dello Spirito, che li dona per una missione specifica nella Chiesa, i singoli devono tener conto dell´ unità di missione, e la comunità, guidata dal Superiore, deve discernere e rispettare, nei limiti del possibile, la varietà dei carismi e delle doti personali,(602) ordinandoli al bene comune. E´ proprio tale rispetto che rende più fecondo l´ apostolato comunitario e gli dà la possibilità di rispondere alle multiformi esigenze del mondo e della Chiesa, senza mortificare l´ iniziativa personale. A sua volta il Salesiano, adattando il carisma individuale a quello comunitario, è in grado di scoprire in sé stesso nuove risorse nell´ apostolato e di valorizzarle con originalità, diversamente ignorata.

Verso NUOVE FORME DI COMUNITA´

510
La Chiesa invita le comunità religiose ad organizzarsi secondo le nuove situazioni ed a promuovere sperimentazioni per il rinnovamento della vita comunitaria e per l´ aggiornamento della missione apostolica.(603) Perciò è necessario rinnovare le nostre comunità, piccole e grandi, perché siano costantemente animate dallo spirito evangelico, alimentate dalla preghiera e contrassegnate generosamente dalla mortificazione dell´ uomo vecchio, dalle discipline necessarie per la formazione dell´ uomo nuovo e dalla fecondità del sacrificio della Croce .(604) Inoltre per noi religiosi di vita attiva la prima testimonianza è data dal servizio in esecuzione della missione propria della Chiesa. In questa luce sono da valutare gli esperimenti delle cosiddette fraternità o piccoli gruppi o piccole comunità,(605) da prendere in considerazione come esigenza maturata dai tempi e appello dello Spirito Santo da accogliere con docilità. La NOVITA´ di questo tipo di comunità è data, oltre che dal desiderio di una intensa comunione tra le persone, anche dalla vocazione ad inserirsi in speciali ambienti di vita e di lavoro per attuare una testimonianza di carità e di animazione cristiana, specie tra gli emarginati sociali. Questa testimonianza si traduce in un servizio permanente, conforme alla missione salesiana, prestato in modo speciale alla gioventù della zona, dove questo piccolo gruppo vive ed agisce, in collegamento con l´ Ispettoria e con i confratelli ed in comunione con la Chiesa locale.

511
Da questi elementi pare che la COMUNITA´ RELIGIOSA SALESIANA si possa descrivere come un gruppo di persone, che, chiamate dallo Spirito a vivere in comunione la loro consacrazione battesimale e religiosa per una particolare missione nella Chiesa, trovano in Cristo la ragione della loro esistenza e nella testimonianza del mistero pasquale al mondo il motivo di un loro qualificato servizio ai fratelli, specialmente ai giovani poveri ed abbandonati, secondo il carisma di Don Bosco. La comunità, nata dalla Grazia di Dio, diviene segno della Comunione ecclesiale, strumento di servizio pastorale, pienezza di relazioni interpersonali, stile di vita nell´ attuazione dello spirito salesiano.

CAPO TERZO
ORIENTAMENTI OPERATIVI

1. La comunità ispettoriale

512
Il Capitolo Generale ritiene elemento fondamentale del rinnovamento della vita religiosa salesiana LA RISCOPERTA E RIVALUTAZIONE DELLA COMUNITA´ ISPETTORIALE, come mediatrice di unione delle comunità locali tra loro, con le altre ispettorie e con la comunità mondiale. Tale coscienza permette al salesiano di realizzare in modo concreto e convincente la solidarietà di tutti i confratelli dell´ ispettoria e di inserire il suo apostolato nella Chiesa locale. Spetta al Capitolo ispettoriale ed al Consiglio ispettoriale individuare le finalità comuni dell´ Ispettoria, promuovere la realizzazione di tali fini e programmare le esperienze ed i mezzi di attuazione secondo le urgenze più sentite.

2. Rinnovamento e semplificazione delle comunità locali

513
Come il Capitolo Generale XIX ha fatto leva sulla figura del Salesiano, così il Capitolo generale XX concentra la sua attenzione sulla Comunità.(606) La comunità è l´ idea centrale del rinnovamento, promossa da questo Capitolo Generale e da attuarsi in tutta la Congregazione, secondo precise richieste dei Confratelli.
In questo nuovo spirito, che richiede nuova mentalità ed organizzazione, con prudenza ma anche con premura(607) dopo studio attento, occorre sperimentare:
a) la riduzione della dimensione numerica delle comunità troppo grandi o la loro articolazione in gruppi distinti;
b) la semplificazione delle opere troppo complesse, in modo che le attività a cui si dedicano i Confratelli siano più omogenee;
c) l´ eventuale distinzione dell´ ambiente di vita da quello di lavoro, quando ciò non sia in contrasto con l´ esercizio della nostra missione e se ne riconosce la possibilità, la convenienza, l´ utilità comune;
d) la riunione in apposite comunità di quei confratelli che
o svolgono una specifica attività salesiana con cooperatori, ex-allievi, cappellanie ecc.;
o esercitano attività di tipo salesiano in opere giovanili non nostre (scuole, centri culturali e ricreativi, ecc.) ;
o sono destinati a servizi particolari nella chiesa locale.(608)

3. Composizione e funzionamento delle comunità

514
A) NEL COSTITUIRE LE COMUNITA´ SI DEVE TENER CONTO: - delle esigenze del servizio apostolico; - del rispetto delle leggi psicologiche che regolano la vita dei gruppi e facilitano il lavoro apostolico e l´ esercizio della carità; - della convenienza d´ una certa stabilità per assicurare la coesione fraterna e la continuità del lavoro, salve le esigenze fondamentali della disciplina religiosa.

B) PER IL FUNZIONAMENTO DELLA COMUNITA´: - ciascuna di esse organizzerà la sua vita ed azione secondo i regolamenti generali ed ispettoriali; - ogni Confratello sarà fedele alle norme fissate, evitando l´ individualismo disgregatore.

4. «Piccole» comunità

515
In conformità agli Orientamenti Dottrinali-Pastorali (n. 510) l´ eventuale esperimento di Piccole Comunità va attuato, tenendo presenti alcune condizioni:

a) Le piccole comunità sono espressione ed emanazione della comunità ispettoriale, vincolate alla Congregazione ed in comunione con la Chiesa locale;

b) esse nascono, non per contestare la vita religiosa, ma per una ricerca di testimonianza e di servizio in ambienti particolarmente difficili da evangelizzare, come risposta ad urgenti appelli di animazione cristiana, specie tra giovani emarginati sociali;

c) esse sono in linea con la nostra vocazione e missione, perché intendono realizzare con particolare slancio l´ ideale missionario ed apostolico di Don Bosco;

d) esse, anzich presentare una forma di vita più facile, si rivelano più esigenti per i loro membri .(609) I Confratelli, ritenuti adatti allo scopo, devono vivere impegnati in una intensa comunione evangelica ed in una reciproca e fraterna assunzione di responsabilità ;(610)

e) spetta agli organi ispettoriali studiarne la possibilità e convenienza e stabilirne le modalità, comprese quelle relative all´ esercizio dell´ autorità;

f) inoltre l´ ispettore con il suo Consiglio faccia periodicamente una revisione e valutazione di simili esperienze assieme al gruppo e, in caso di mancata riuscita, ci sia la possibilità di cercare nuove forme per realizzare più adeguatamente tale apostolato; g) infine, i Confratelli di tali comunità conservino la disposizione a rientrare nelle comunità salesiane abituali per arricchirle della loro esperienza. Invece si ritiene di dover escludere quelle esperienze di piccole comunità o fraternità che sono originate dal desiderio di evasione dalla comunità, ricerca esclusiva di maturazione umana, proposito di risolvere un problema personale e si rivelano come fenomeni di individualismo non conforme alla vita religiosa.

5. Comunicazoine entro e fuori la Congregazione

516
Per favorire una conveniente comunicazione a tutti i livelli, si utilizzino i seguenti mezzi:

A) A LIVELLO LOCALE promuovere: a) riunioni comunitarie con libertà di parola, facilità di dialogo, ricerca serena della verità, rispetto delle opinioni altrui; b) debita informazione della comunità su ciò che interessa la sua vita.

B) A LIVELLO ISPETTORIALE promuovere una esauriente informazione per mezzo di Notiziari, che interessino e colleghino comunità e confratelli su problemi riguardanti l´ Ispettoria e favoriscano iniziative libere, proposte di incontri, ricerca di soluzione ai problemi e diano occasione di confronto e di revisione di idee, esperimenti, metodi, orientamenti.

C) A LIVELLO MONDIALE promuovere una comunicazione intensa e tempestiva circa decisioni di interesse generale, con più vasto sguardo all´ incidenza mondiale del nostro apostolato e con attenzione particolare ad avvenimenti e circostanze che si prestano a facili deformazioni od a conclusioni arbitrarie. Soprattutto in questi casi è compito dei superiori favorire un´ obiettiva circolazione di notizie, in modo che i confratelli possano esserne informati. Ogni confratello, però, conscio che la comunicazione entro e fuori la congregazione è a servizio della comunione fraterna e non la deve mai ledere, si sforzerà di non servirsene per interessi individuali o di gruppo, in contrasto con il bene comune, la missione, l´ impegno apostolico, lo spirito di famiglia e il rispetto alle persone ed alla verità.(611)

Documento 9

LA COMUNITA´ ORANTE

CAPO PRIMO
LA PREGHIERA IN UN MONDO CHE CAMBIA

517
Una costatazione: oggi più che mai si assiste nella Chiesa a una crisi grave e preoccupante ma nello stesso tempo significativa e promettente, riguardo alla vita di preghiera. La crisi ha delle ripercussioni anche nei nostri ambienti.

518
Le cause di questa crisi crediamo di poterle individuare, da una parte, in un insieme di circostanze e di realtà provenienti dai diversi contesti (socio-culturale, ecclesiale, salesiano...) in cui noi salesiani ci troviamo necessariamente coinvolti, sia a livello personale che comunitario; dall´ altra parte, nella profonda crisi di fede che travaglia il mondo in trasformazione e la Chiesa in rinnovamento, con risonanze evidenti anche tra noi. Ci sono poi difficoltà connesse con la preghiera, soprattutto quando si consideri il cambiamento che si è operato nel nostro mondo circa l´ immagine di Dio, e quindi circa il modo di concepire le relazioni tra l´ uomo e Dio.

519
Tutte queste difficoltà possono incidere (e incidono di fatto) negativamente sulla nostra vita di preghiera, personale e comunitaria.(612) Ma nello stesso tempo - e vogliamo sottolinearlo con particolare rilievo - offrono una felice occasione per un serio esame di coscienza e per un rinnovato impegno nella vita di preghiera. Sta qui il punto centrale, anzi il vero segreto de´ rinnovamento della nostra vocazione salesiana, oggi.

520
A livello personale queste difficoltà ci possono aiutare a purificare la nostra fede, facendola poggiare fondamentalmente sulla Parola di Dio, obbligandoci a personalizzarla. La fede ci si rivela come un incontro e un impegno personale con un TU sommamente amato, che richiede da noi un atteggiamento di costante disponibilità. La purificazione e la personalizzazione della nostra fede ci aiuteranno a superare la tentazione, oggi particolarmente forte, di credere inutile la preghiera o di sostituirla semplicemente con un servizio anche generoso ai fratelli. L´ atteggiamento di disponibilità, a sua volta, ci permetterà di fare progressivamente il passaggio da una vita di preghiera a un´ autentica VITA-PREGHIERA.

521
A livello comunitario le difficoltà in cui ci troviamo hanno già provocato qua e là positive ricerche e forme nuove di autentica pietà; ci devono perciò aiutare a riscoprire il valore insostituibile della Comunità nella nostra vita di preghiera. In effetti, la preghiera comunitaria assicura la presenza del Signore in mezzo a noi,(613) permette di scoprire costantemente la presenza del Dio vivente nella storia umana e nel mondo e ci sospinge maggiormente a un impegno apostolico comunitario più audace e tempestivo.

522
Il nostro lavoro apostolico dovrà ricavare dei vantaggi da queste serie difficoltà. Infatti se vogliamo rivelare il volto autentico di Dio(614) in maniera adeguata e valida, ci occorre riscoprire NUOVE FORME di relazione con Lui, più consone con le categorie mentali dell´ uomo contemporaneo e particolarmente della gioventù d´ oggi. Dovremo inoltre insegnare ai giovani - più con la testimonianza personale che con le parole - che la preghiera, anche dal punto di vista umano, è un autentico bisogno dell´ uomo, una vera necessità per acquistare e assicurare la pace del cuore, per mantenere l´ equilibrio interiore, per fare l´ esperienza personale della gioia.

CAPO SECONDO
IL NOSTRO RINNOVAMENTO
NELLA VITA DI PREGHIERA

Accorato appello al rinnovamento

523
In una situazione come l´ attuale, preoccupante e nello stesso tempo promettente, noi siamo chiamati a un rinnovato impegno nella nostra vita di preghiera. Siamo convinti che la fedeltà alla preghiera o il suo abbandono sono il paradigma della vitalità o della decadenza della nostra vita religiosa.(615) Siamo convinti che solo una rinascita spirituale e non una semplice ristrutturazione darà il via a una nuova epoca nella storia della Chiesa. Essa ci invita a coltivare una preghiera - soprattutto mentale - qualitativamente valida e in piena rispondenza alla spiritualità specifica della nostra vocazione.(616) Occorre superare ogni pericolo di formalismo; bisogna sentirsi sospinti non da una legge da osservare, ma dalla riconosciuta intrinseca importanza della preghiera e della sua utilità pastorale e ascetica.(617)

524
L´ impegno di rinnovamento bisogna realizzarlo a livello personale e comunitario. I due aspetti della preghiera apostolica (il personale e il comunitario) sono realmente inseparabili. Non possiamo contrapporli né eliminare l´ uno a spese dell´ altro; dobbiamo anzi integrarli in un´ unità vitale che li arricchisca entrambi.

525
Del processo di maturazione spirituale, per cui ci siamo impegnati con la nostra professione religiosa, il singolo individuo e la comunità sono corresponsabili. La Chiesa, ricevendo i voti di quelli che fanno professione,(618) si assume la responsabilità del loro impegno vocazionale. Ognuno di noi deve quindi sentirsi responsabile di far progredire la vocazione apostolica della comunità in quanto tale. Una Comunità orante non può costituirsi se i suoi membri non sono personalmente uomini di preghiera. Nella misura infatti in cui lo siamo, la Comunità orante diventa una realtà viva. A questo riguardo ogni membro dovrebbe dare un apporto insostituibile anche col solo fatto della sua presenza fisica nei diversi incontri comunitari di preghiera. La sua presenza ha sempre un valore di testimonianza e di stimolo vicendevole.

526
Il Direttore, come guida della comunità, ha una responsabilità del tutto particolare nella vita di preghiera. Nelle conferenze, nei colloqui privati, meglio ancora con il suo esempio, procuri di suscitare nei confratelli il bisogno e il gusto della preghiera. Cerchi di creare le condizioni adeguate e favorisca la preghiera tutelando il diritto di ogni confratello a pregare. Eviti perciò di affidare incombenze che li possano distogliere dalla preghiera, e li aiuti a rimuovere eventuali ostacoli.

Preghiera di religiosi apostoli

527
La nostra vita di preghiera deve anzitutto ispirarsi a Cristo Signore e a Maria, Madre nostra, sotto la guida dello Spirito Santo.

Cristo Signore

528
Il Signore Gesù è il supremo orante; la sua è la preghiera massima di tutti i tempi. Durante la sua vita terrena ci ha dato continui esempi di preghiera: gli evangelisti lo presentano spesso in preghiera. Lo si vede prender parte alle preghiere comunitarie del Tempio e della sinagoga e alle preghiere private recitate dai pii israeliti.(619) Anche risorto dai morti e sempre vivo, prega per noi(620) presso il Padre. L´ attività giornaliera di Gesù si connetteva strettamente alla sua preghiera, anzi sgorgava da essa(621) in maniera tale da rivelare che la preghiera era ciò che animava il suo ministero messianico e il suo passaggio pasquale.(622)

529
La nostra preghiera è sostanzialmente un´ inserzione e una partecipazione alla preghiera del Cristo. Con tutta la Chiesa la preghiera prolunga in terra la glorificazione del Padre nella redenzione dell´ uomo; e Gesù con la sua risurrezione l´ ha fissata per sempre nell´ eternità.(623) La preghiera ci fa scoprire il senso vitale della nostra adozione a figli di Dio, è la base del nostro servizio apostolico verso tutti gli uomini, nostri fratelli, e particolarmente verso i giovani più poveri e bisognosi. Appunto perché figli del Padre comune, siamo fratelli e servitori di tutti.(624) La preghiera non soltanto ci aiuta a vincere le tentazioni e gli sconforti della vita apostolica, ma deve mantenere accesi in noi la gioia e l´ entusiasmo della nostra totale donazione a Dio, nel servizio della gioventù e del popolo.(625)

Lo Spirito Santo

530
Nella nostra vita apostolica lo Spirito Santo - Maestro unico di vita interiore - ci dà la grazia di scoprire il volto del Signore nel cuore degli uomini.(626) E´ Lui a guidarci nel difficile compito di rintracciare e trovare Dio anche nelle attuali condizioni di esistenza, contrassegnate da ritmi sempre più accelerati, dal frastuono e dalle sollecitazioni delle realtà effimere.(627) Il mondo però dev´ essere una realtà presente al centro della nostra vita di preghiera e di offerta,(628) Dobbiamo quindi imparare da Gesù - sotto la guida dello Spirito Santo - a contemplare nel cuore del Padre Celeste, per farlo attivamente nostro, il disegno di redenzione di tutta l´ umanità. Come Lui, dobbiamo imparare ad agganciarci a Dio nell´ azione apostolica e ardere di zelo apostolico nella nostra preghiera.

Maria, madre nostra

531
La Madonna, unita al Cristo come nessun´ altra creatura, ci stimola all´ imitazione della sua docilità verso lo Spirito Santo nella fede. così cresce in noi il Cristo e ci possiamo sentire figli nel Figlio, nei nostri rapporti col Padre. In noi, a somiglianza di Maria, la grazia ricevuta deve diventare grazia sviluppata e partecipata, soprattutto nell´ impegno apostolico assunto con la nostra professione religiosa.

Caratteristiche della nostra Spiritualità

A) LA VITA DI DON BOSCO E DEL SALESIANO COME VERA LITURGIA

532
Don Bosco ha mostrato in sé e ha voluto per i suoi figli una pietà semplice, concreta e profonda.(629) La Parola rivelata ci assicura che la comunità di fede (vera famiglia che lega noi e i nostri giovani) è il vero Tempio(630) nel quale si celebra la Liturgia della vita apostolica. Consiste nell´ annunzio gioioso della Buona Novella che è Gesù Cristo,(631) centro della storia e significato ultimo dell´ esistenza umana.

533
Don Bosco l´ ha vissuta in spirito e verità,(632) praticando la religione pura e immacolata "(633) in una vita tutta consacrata al servizio dei giovani poveri e abbandonati, e nel suo impegno incessante di distruggere il peccato, causa di ogni male nel mondo.

534
Con il lavoro instancabile, che volle distintivo della nostra spiritualità, Don Bosco si inserì nel popolo sacerdotale che regna sulla terra,(634) Per mezzo del lavoro, intese collaborare attivamente ed efficacemente al piano salvifico di Dio, ubbidendo al mandato di dominare la terra(635) per trasformarla a servizio dell´ uomo. Con il lavoro realizzato in spirito di amore, glorificò Dio, e si offrì come ostia viva e gradita in un vero atto di culto spirituale.(636) Il fondamento di questa sintesi, che lo fece vivere costantemente in una profonda unione con Dio rendendolo un vero contemplativo dell´ azione, fu appunto la sua fede concreta ed esistenziale, che lo portò a scoprire Dio nelle realtà di ogni giorno, e lo spinse a un costante impegno per liberare, attraverso il lavoro, tutte le realtà spesso intrise di peccato.

535
Alla luce di questo atteggiamento spirituale occorre interpretare l´ importanza data da Don Bosco alle pratiche di pietà: erano per lui, oltre che mezzi di santificazione personale, momenti di allenamento per collaborare sempre più intensamente alla trasformazione del mondo secondo il piano di Dio.

536
Questo indirizzo della spiritualità di Don Bosco appare oggi particolarmente attuale per il nostro mondo, e urgente per il nostro rinnovamento. Solo celebrando in pienezza la liturgia della nostra vita apostolica supereremo qualsiasi pericolo di orizzontalismo, perché pregheremo in modo che anche la nostra vita di impegni e di attività divenga stimolo e perfino oggetto della nostra preghiera. I momenti comunitari di preghiera, le celebrazioni liturgiche - specialmente l´ Eucaristia - non saranno per noi una parentesi o una fuga dalla realtà concreta, ma costituiranno il culmine e la fonte,(637) l´ espressione sacramentale più efficace e intensa della storia umana e del nostro lavoro apostolico.

537
Diventerà allora una realtà in noi, come lo fu già per Don Bosco, ciò che afferma la LAUDIS CANTICUM: L´ intera vita dei fedeli costituisce come una vera "leitourghia" con cui essi si offrono in servizio di amore a Dio e agli uomini aderendo all´ azione di Cristo che con la sua dimora tra noi e l´ offerta di se stesso ha santificato la vita di tutti gli uomini.(638)

B) LA NOSTRA VITA DI PREGHIERA COMUNITARIA E PERSONALE

a) Rinnovata visione della Comunità orante.

538
I momenti forti di preghiera esplicita, in cui la fede l´ unità la carità apostolica della comunità vengono espresse nutrite e rinnovate, sono assolutamente necessari per ogni Comunità: momenti di riunione nella preghiera della nostra piccola Chiesa, espressione della grande Comunità orante che è la Chiesa universale.

539
La nostra Comunità fraterna e apostolica diventa e si costituisce vera Comunità orante quando, in quanto Comunità: - ha coscienza che tutti insieme rendiamo presente il Signore e siamo veramente partecipi di tale presenza; - percepisce la risposta comune all´ amore di elezione da parte di Dio, che ci ha fatto fratelli; - stabilisce un dialogo vivo e sincero non con un Dio generico, ma col Dio della nostra storia, che attende da noi un impegno comunitario nella missione specifica che ci ha affidato: un dialogo di ricerca nella Fede, di collaborazione nella Speranza, di assoluta disponibilità nell´ Amore-Carità; - cerca delle espressioni proprie del suo dialogo con il Signore. La dimensione comunitaria, d´ altra parte, dev´ essere uno dei frutti più preziosi dell´ ineffabile mistero dell´ inabitazione della Trinità nei nostri cuori.

b) La Parola che convoca e interpella.

540
Convocata dalla Parola di Dio, la Comunità apostolica salesiana vive incentrata su questa Parola; da essa si lascia illuminare, guidare e interpellare costantemente. Da quando la Parola di Dio si è fatta Uomo, la Parola autentica di Dio è sempre una Parola incarnata e storica,(639) che ci rivela continuamente il mistero di Dio e del suo amore per noi, il suo piano di salvezza, le promesse divine del suo Regno, che noi, aiutati dal Cristo risorto, dobbiamo convertire in realtà. Specialmente attraverso la lettura frequente della Sacra Scrittura, come pure attraverso i segni dei tempi, la Parola di Dio ci rivela quello che Dio vuole da noi, chiamandoci a renderLo presente nella storia umana. E´ quindi una Parola concreta, che interroga la nostra Comunità e ognuno di noi personalmente sull´ hic et nunc della nostra esistenza; una Parola viva ed efficace) (640) incessantemente operante,(641) una Parola che esige necessariamente una risposta che si rifletta nella vita personale e comunitaria. Questa scoperta costante nella vita ordinaria del Cristo vivo e operante, rivelatore del senso profondo e ultimo del mondo e dell´ uomo, frutto di una mentalità evangelica di fede, viene resa possibile in maniera tutta particolare grazie alla pratica della REVISIONE DI VITA.

c) La conversione del cuore.

541
La Parola di Dio ci chiama a una continua conversione del cuore, una grazia sovrana che va sempre chiesta al Signore, Padre delle misericordie. L´ autenticità della nostra risposta sarà messa in rilievo sia da una frequente celebrazione del Sacramento della Penitenza a livello personale e comunitario, sia da una vita di vera austerità, espressione fedele di un atteggiamento penitenziale.(642) In linea con lo spirito del nostro Fondatore, affermiamo che il nostro atteggiamento penitenziale ha un carattere ascetico di tipo spiccatamente apostolico. Don Bosco ci ha lasciato un programma tanto caro al suo cuore: Lavoro e Temperanza ci ha chiesto di essere pronti a sopportare il caldo, il freddo, la sete, la fame, le fatiche e il disprezzo, ogni qualvolta queste cose servano alla maggior gloria di Dio, allo spirituale profitto del prossimo e alla salvezza dell´ anima propria.(643) Ci ha incoraggiato a far penitenza nell´ adempimento perfetto del Sistema Preventivo.(644) E´ questo per noi un aspetto specifico della vita apostolica celebrata come vera Liturgia della vita.

d) L´ Eucaristia centro della Comunità apostolica.

542
L´ Eucaristia è il culmine e la fonte dell´ azione e della santità della Chiesa. E´ quindi, oggettivamente, il centro vitale della Comunità orante. La preghiera cristiana non si esaurisce nella partecipazione alla sola liturgia eucaristica, ma la prepara, l´ accompagna, la segue. Soprattutto aiuta ad avere nel cuore gli stessi sentimenti di Gesù nell´ Ultima Cena e sulla Croce, per divenire, come Lui, un´ offerta eterna,(645) In spirito di fedeltà alla costante tradizione della nostra Famiglia, dobbiamo sentire il bisogno di riconquistare, nella ricchezza di una visione rinnovata secondo il Vaticano II, la centralità dell´ Eucaristia nella nostra vita personale e in quella della nostra Comunità apostolica come educatori della gioventù.(646)

543
In questa prospettiva l´ Eucaristia appare anzitutto come il Sacramento dell´ unità ecclesiale. Nell´ incessante costruzione della Comunità, lo strumento fondamentale e decisivo è appunto l´ Eucaristia, segno e causa dell´ unità (647) fermento ed esigenza di unità allo stesso tempo: segno, cioè, di quell´ unità che è meta della nostra vita. Segno, però, nella misura in cui viviamo già di fatto e ci impegniamo incessantemente a fare comunione tra noi. In questa misura il sacramento è anche causa di unità. Comunicarci di Cristo significa accettare in noi non soltanto la sua Carne ma tutta la sua Persona. E´ un impegnarci a modellare la nostra mentalità pensando come pensa Lui sulla vita (beatitudini) , sugli uomini (Comandamento nuovo) , su Dio (Padre) ; volere ciò che Lui vuole (la volontà del Padre) , quelli che Lui vuole (tutti gli uomini) e sempre come Lui li vuole (fino alla morte) . E´, in particolare, un impegnarci a fare vita della propria vita la Parola ascoltata nella liturgia. L´ Eucaristia, d´ altra parte, è punto di partenza e punto di arrivo di tutto il lavoro apostolico della Comunità. Alla luce dunque e con la forza dell´ Eucaristia, dovrà irrobustirsi e svilupparsi incessantemente la carità pastorale,(648) l´ impulso apostolico della Comunità salesiana e di ognuno dei suoi membri. Tutti questi aspetti centrali del dinamismo ecclesiale proprio dell´ Eucaristia si esprimono mirabilmente nella Concelebrazione eucaristica, che significa e causa allo stesso tempo l´ unità di tutta la Chiesa, l´ unità del sacerdozio di Cristo partecipato in diverse forme e a distinti livelli da tutti i membri della nostra Comunità apostolica. In intima connessione col sacrificio eucaristico, dobbiamo valorizzare in modo speciale i sacrifici che comporta in sé la vita cristiana in genere e la vita consacrata apostolica in specie. Infatti, al momento della nostra professione religiosa siamo stati offerti a Dio dalla Chiesa in intima unione al sacrifico eucaristico.(649) Di qui deriva che prendano anche un vero significato apostolico e redentivo le prove cui andiamo incontro, le tante disgrazie e sofferenze ingiuste che colpiscono i nostri fratelli (650)

e) La preghiera liturgica.

544
La funzione sacerdotale di Cristo si prolunga attraverso la sua Chiesa che loda incessantemente il Signore e intercede per tutto il mondo non solo con la celebrazione dell´ Eucaristia, ma anche e specialmente coll´ Ufficio divino: inno di lode e ringraziamento, preghiera d´ intercessione e di petizione, che Cristo unito al suo Corpo eleva al Padre. Fedeli agli esempi di Don Bosco che ai suoi tempi appariva ed era un vero innovatore nell´ ambito della Liturgia giovanile, accogliamo con vero entusiasmo e facciamo operativamente nostri gli indirizzi e le linee rinnovatrici della Chiesa oggi nel campo liturgico. In particolare, una celebrazione comunitaria dell´ Ufficio divino è da preferirsi per quanto è possibile alla celebrazione individuale e quasi privata,(651) giacché quando una Comunità si riunisce per la recita dell´ Ufficio, manifesta la vera natura della Chiesa in preghiera e appare come suo segno meraviglioso (652)

f) La devozione a Maria Ausiliatrice.

545
La lunga e ininterrotta tradizione mariana della nostra Famiglia, fondata sulla persuasione che Maria ha fatto tutto perché Ella è la Fondatrice e la Sostenitrice della nostra Opera, dovrà continuare a caratterizzare la spiritualità e la mistica apostolica dei figli di Don Bosco.(653) Nell´ ambito della Chiesa in cammino, secondo il Vaticano II, dobbiamo situare l´ eredità mariana, impegno specifico della nostra Famiglia, e far sì che la devozione a Maria Ausiliatrice, raggiungendo la profondità voluta da Don Bosco, abbia tutta la portata da lui assegnatale. I nostri tempi non sono meno difficili dei suoi,(654) e la nostra epoca, come la sua, è dolorosamente travagliata da una profonda trasformazione. Nella svolta sociale che il mondo d´ oggi esige dalla Chiesa di Dio, la presenza di Maria, Madre della Chiesa e Ausiliatrice dei battezzati, è un impulso e uno stimolo efficace. L´ invocazione di Maria come Ausiliatrice dei cristiani risponde pienamente ad alcune delle aspirazioni più profonde dell´ uomo contemporaneo.(655) La devozione a Maria Ausiliatrice deve suscitare in noi, come in Don Bosco, un ardente zelo apostolico nella lotta contro il peccato e contro una visione del mondo e dell´ uomo contraria alle Beatitudini e al Comandamento nuovo. Questa devozione dev´ essere nelle nostre mani un potente strumento per suscitare nei battezzati di oggi un vivo e dinamico senso della Chiesa.

g) Carattere gioioso e pasquale della nostra pietà.

546
Nell´ azione pastorale di Don Bosco, come anche nella sua spiritualità, appare vivo e operante il senso escatologico della vita, in ordine al raggiungimento della salvezza eterna. Questo atteggiamento spirituale informa il lavoro e particolarmente la pietà salesiana, che egli ha voluto ricca di stile giovanile, di partecipazione comunitaria, di gioia pasquale, di spontaneità e aderenza alla vita concreta, con preghiere semplici e vive, con musica toccante e festosa. In questa forma gli incontri di preghiera - specialmente la celebrazione dell´ Eucaristia - avevano nel pensiero di Don Bosco il valore decisivo di assicurare e anticipare nella fede l´ incontro definitivo col Padre.

h) La vita di preghiera personale.

547
La nostra vita spirituale non si esaurisce nella partecipazione alla sacra Liturgia e nella preghiera comunitaria extraliturgica. (656) Abbiamo bisogno di una preghiera individuale vera, autentica, vitale. Questa preghiera personale non è altro che un dialogo di amore profondo tra Dio che lo inizia e noi che lo accettiamo; (657) 43 si sviluppa incessantemente nella misura in cui siano realtà vive e consapevoli la presenza in noi della SS.ma Trinità, e la nostra partecipazione alla Vita divina.

548
La preghiera personale è assolutamente necessaria perché la preghiera comunitaria - particolarmente quella liturgica - sia sempre più fruttuosa, e si eviti la partecipazione formalistica e meccanica. Diventa allora una preparazione indispensabile per vivere pienamente la Liturgia, ed è allo stesso tempo un prolungamento e una testimonianza di averla vissuta con autenticità. Nei momenti di sconforto di incertezza e di crisi - che non mancano mai nella vita apostolica - come pure nelle grandi decisioni da prendere, la preghiera personale e intima sarà luce per chiarire il cammino e forza per percorrerlo. E quanto più aumenteranno le difficoltà tanto più si dovrà intensificare questa comunicazione con il Padre, a imitazione di Gesù che nel Gentleman, in preda all´ angoscia, più intensamente pregava.(658)

549
La preghiera personale che deve accompagnare la lettura assidua della Sacra Scrittura e da essa sostanzialmente nutrirsi,(659) troverà alcune delle sue manifestazioni più significative nei momenti in cui ci raccogliamo nella nostra stanza per pregare il Padre in segreto:(660) la Meditazione quotidiana, di vitale importanza per il nostro impegno apostolico; il dialogo con Cristo Signore realmente presente tra noi nell´ Eucaristia nella visita; l´ esame di coscienza quotidiana, che ci fa scoprire la nostra reale situazione davanti a Dio riguardo all´ impegno assunto con la professione religiosa; l´ amore e la devozione filiale verso Maria, Ausiliatrice dei cristiani e Regina degli apostoli.

550
Da sottolineare è il tipo di preghiera più caro al nostro Patrono san Francesco di Sales: la breve preghiera spontanea o preghiera giaculatoria. Nell´ uso della giaculatoria, secondo lui, si fonda la grande opera della pietà.(661) Anche Don Bosco le attribuiva un grande valore, addirittura come eventuale forma sostitutiva dell´ orazione mentale.(662) Se nelle nostre attività apostoliche ci accompagna abitualmente un atteggiamento interiore di fede e di amore, noi saremo portati a esprimere spontaneamente a Dio, col cuore più che con le labbra, ciò che l´ amore suggerisce anche nei momenti più critici del nostro lavoro.(663)

CAPO TERZO
FORMAZIONE ALLA PREGHIERA

551
La preghiera cristiana, dono di Dio, è anche frutto di un insegnamento.(664) L´ unico Maestro di essa è lo Spirito Santo presente in Noi che, dal profondo del cuore, grida: Abbà, Padre!. Tuttavia, è necessaria una pedagogia della preghiera, poiché lo stesso Spirito chiede a noi, uomini liberi, sforzo e collaborazione.

552
La formazione alla preghiera richiede una iniziazione sia agli elementi fondamentali della preghiera (Liturgia, Iniziazione biblica e teologico-spirituale) , sia ad alcune condizioni che si rivelano particolarmente decisive a questo riguardo. Bisogna rilevare, tra queste, la purificazione del cuore, l´ abnegazione, la pace interiore, e in modo particolare il silenzio di tutto l´ essere,(665) il quale non è la semplice assenza di rumore e di parole, ma nasce dal bisogno di procedere sempre più nell´ intimità col Dio sommamente amato,(666) un silenzio che ci metta nelle condizioni di ascoltare veramente Dio, e di identificarci col suo disegno di redenzione. Secondo l´ insegnamento del Vaticano II,(667) il Salesiano dev´ essere iniziato non soltanto allo spirito di preghiera, ma alla preghiera stessa fatta non di semplici riflessioni discorsive, ma di comunione cordiale: colloquio di amore con UNO di cui sappiamo che ci ama! Nella preghiera infatti non si tratta di riflettere su una verità, ma di mettersi con fede semplice e profonda alla presenza di Dio Padre o del Cristo risorto, ascoltarne la Parola e lasciarcene penetrare, cercando la sua Volontà per conformarvisi sempre più... Il giovane confratello dev´ essere iniziato, fin dai primi anni della sua formazione, al carattere apostolico della nostra preghiera, facendo della propria vita una vera e costante celebrazione liturgica. Deve sentirsi incoraggiato a progredire, guidato dello Spirito Santo e con l´ aiuto della direzione spirituale, nella via della preghiera per raggiungere nella sua vita apostolica le vette della santità, a imitazione di Don Bosco.

553
La pedagogia della preghiera deve riuscire a creare nel Salesiano quegli atteggiamenti che assicurino una autentica e crescente vita di preghiera. Ciò presuppone la formazione a una vita consacrata seria in cui la preghiera stimoli a impegni apostolici validi e ben definiti, e l´ esperienza di una vita comunitaria ricca e profonda, come condizione determinante per l´ esperienza dialogale con Dio nella preghiera. Siccome la preghiera cristiana, in quanto dialogo con un Dio che si dona gratuitamente, è un moto profondamente libero e frutto di una seria opzione personale, bisogna formare ad una giusta spontaneità e autenticità nella preghiera. Bisogna educare alla ricerca delle motivazioni che stimolano all´ incontro e al dialogo individuale e comunitario con Dio, e a una incessante flessibilità e creatività nella ricerca di una preghiera comune e personale sempre viva e rinnovata. così si supera ogni pericolo di formalismo, di abitudinarietà e di passività nell´ accettazione delle forme comuni e obbligatorie di preghiera. Queste saranno vissute e godute come frutto di una progressiva conquista personale.

554
La educazione alla preghiera deve seguire delle tappe graduali in maniera tale che accompagni armonicamente i diversi momenti di maturazione psicologica e di impegno vocazionale, in cui è diviso l´ arco della nostra formazione. La preghiera è una realtà viva e operante e perciò mai ne è finito lo studio e l´ esercizio: richiede una formazione permanente da parte di tutti noi. E´ necessario che le Ispettorie procurino ai confratelli tutti quei mezzi e sussidi, che possono assicurare un progresso costante, approfondito e rinnovato. La pedagogia della preghiera richiede, infine, la tempestiva preparazione di veri Maestri di spirito,(668) capaci non soltanto di istruire saggiamente, ma anche e soprattutto di trascinare con il loro esempio i giovani confratelli a una preghiera vissuta continua e impegnata. E´ necessario che abbiano anche viva esperienza pastorale, e spiccata capacità di relazione con le persone.

555
Imitando la docilità di Don Bosco all´ insegnamento del Papa, studiamoci di mettere in pratica il monito di Paolo VI: "Abbiate dunque coscienza dell´ importanza dell´ orazione nella vostra vita, e imparate ad applicarvici generosamente; la fedeltà alla preghiera quotidiana resta sempre per ciascuno di voi una necessità fondamentale e deve avere il primo posto nelle vostre Costituzioni e nella vostra vita".(669)

Roma, 5 gennaio 1972

-------------NOTE------------

 

(479) PC 2 c.
(480) Sono attualmente 665 le parrocchie a noi affidate, per un totale di 7.440.000 abitanti.
(481) MB III 197.
(482) GS 7.
(483) PO 22.
(484) ET 18.
(485) Cfr AA 11-14.
(486) 1 Cor 9, 16.
(487) LG 9.
(488) Cfr LG 26.
(489) Cfr SC 42; AA 10.
(490) LG 23
(491) SC 42.
(492) ET 18.
(493) MB XII, 601.
(494) Gio 10, 10.
(495) GE 3.
(496) LG 11.
(497) Cfr LG 11; OT 2.
(498) AA 1.
(499) Mt 7, 6.
(500) Cfr Is 42, 4 in Mt 12, 20.
(501) CERIA, Annali IV, 119.
(502) ACG XIX 130.
(503) CP 181, 187.
(504) IM 1.
(505) CP 12.
(506) Segreteria di Stato a Settimana sociale di Francia 1955.
(507) CP 126.
(508) IM 1.
(509) Miranda prorsus in AAS XXIV (1957) 765; CP 2.
(510) CP 11.
(511) CP 11.
(512) CP 187.
(513) Ep IV, 321.
(514) Ep IV, 318-319.
(515) MB XIX, 322.
(516) Ep IX, 320.
(517) RICCERI, Relazione sullo stato della Congregazione, 147.
(518) CP 64.
(519) CP 52.
(520) CP 177.
(521) IM 9.
(522) IM 3.
(523) Mt 28, 19.
(524) Gio 10, 10.
(525) Messaggio di Paolo VI per la Giornata Missionaria 1971.
(526) AG 37.
(527) Cfr Gio 21, 21.
(528) Cfr Mt 16, 15-18.
(529) Cfr Mt 28, 18.
(530) Cfr AG 6.
(531) Cfr AG 27; ES III n 6.
(532) Cfr DH 4, 10, 12; AG 13; LG 16, 17; NAE 2 bc.
(533) Cfr AG 10; GS 19-21; NAE 5.
(534) Cfr AA 5; GS 42; AG 8; D. RICCERI in ACS 261 p 35 ss; Inoltre Messaggio per la giornata missionaria del 1970; J. JOBLIN, Chiese locali e sviluppo in Civiltà Cattolica 1971, III p 352.
(535) Cfr ES III n 17.
(536) Cfr LG IX n 17; AA 2.
(537) Cfr. AG 15.
(538) Cfr AG 5-7; DH 2.
(539) AG 7.
(540) AG 11-12.
(541) Cfr AG 15-19.
(542) Cfr. AG 19-22; ES III n 18.
(543) Cfr. AG 40.
(544) MB II, 203-204.
(545) MB III, 363.
(546) Elenco generale della Pia società salesiana 1888.
(547) Cfr CERIA, Annali II-IV passim; ACS, indici alla voce "missioni".
(548) ACS 244, gennaio 1966 p 178 ss.
(549) Cfr MB XI 386.
(550) Cfr PO 3.
(551) Cfr AG 24 ss.
(552) Cfr. AG 26.
(553) Cfr. CARD. AGAGIANIAN in Bibliografia Missionaria 34 (1970) quad. 13 p 22.
(554) Cfr AG 40.
(555) Cfr LG 44 a.
(556) PC 1.
(557) LG 46.
(558) PC 15.
(559) Cfr St pr, p 187-201.
(560) D. RICCERI, Relazione sullo stato della Congregazione, p 19 ss.
(561) Cfr risposta all´ istanza 110 di PeP.
(562) Documentazione I e II CIS.
(563) PC 2 d.
(564) Cfr GS 4-10; AA 14 c; DH 15 c; MM 45-64; St pr I n 10; 15; 16, 21.
(565) Cfr GS 6, 25; PC 14.
(566) PeP II CIS.
(567) Cfr risposta all´ istanza 110 di PeP.
(568) Cfr ACG XIX, p 86; risposta II CIS prop 115 di PeP; ET 39.
(569) Cfr PC 15 a; Proemio Costituzioni ed. 1966, p 37.
(570) Cfr Mc 3, 13-35; LG 19.
(571) PC 2 a; MIDALI, La nostra vita comunitaria, ed. lit. CISI. p 78.
(572) Atti 2, 42; 4, 32; LG 46 b; PC 15.
(573) OE 2; Cfr GOZZELINO, La vita religiosa come segno e testimonianza in Per una presenza viva dei Religiosi nella Chiesa e nel mondo, Torino LDC 1969.
(574) LG 44 d; PC 2 c; LG 44 b; PC 1, 5.
(575) LG 43 a.
(576) LG 44 c; ET 7.
(577) GS 13, 1 a b.
(578) Cfr Mt 15, 18; ET 38-39.
(579) Cfr ET 38-39.
(580) Cfr AA 30 h.
(581) Cfr PC 12; ET 13-14; MATURA, Celibato e comunità, Queriniana 1969.
(582) Cfr. PC 13; ET 21; OPTATUS A VEGEL, Povertà, Queriniana 1969.
(583) Cfr PC 14.
(584) MB VIII, 596; STELLA, don Bosco, v 2 p 153; 350-351; WIRTH, don Bosco et les Salesiens, p 103, LDC 1970; DESRAMAUT, D. Bosco et la vie spirituelle, LDC 1970 P 29; CERIA, Annali I pp 30-33; MIDALI, Carisma permanente di don BOSCO, LDC p 97; ACG XIX p 95-100.
(585) Costituzione art 12; Cfr DESRAMAUT, Les Constitutions salesiennes, vol 1 p 16.
(586) MB XII, 152; BRAIDO, Religiosi nuovi per il mondo del lavoro, SEI p 27.
(587) MB IX, 571 ss; vedi anche Costituz. art 13.
(588) Cfr MB XVII, 257; 265.
(589) Cfr Documento 1 sullo Spirito salesiano p. 77.
(590) Cfr Regola san Benedetto n 3 abbiamo detto di convocare tutti al Consiglio perché è al più giovane che Dio rivela la decisione migliore.
(591) Cfr risposta alla risposta 110 di PeP.
(592) Mt 25, 35-46; Ebr 13, 2; ET 31. Cfr MB IX, 39; XI 313; XIII, 850 etc.
(593) Cfr Documento 1, p 77.
(594) ET 25; progetto Costit. n 102; cfr anche documento 12 sull´ Obbedienza
(595) IRENEO, Adversus Haereses, III, 3.
(596) (Abbas) Christi enim agere vices in monasterio creditur (Regola san Benedetto, II) .
(597) WIRTH, Op. c., capi 8, 9, 10, 12, 18; DESRAMAUT, Les Constitutions salesiennes.
(598) Cfr Annali della Società salesiana, I, capo 2, dove si descrive il passaggio dall´ Oratorio all´ Ospizio, dalle scuole esterne a quelle interne, alla fondazione dei collegi, alla chiusura di opere, come per es. Marassi, Mirabello, etc.
(599) Cfr LG 44 h; PC 1, 2, 8; CD 35; ES 2, 22-40.
(600) Cfr LG 45 b; CD 35, 3; risposta dei CIS al n 113 di PeP.
(601) Cfr ES 2, 25 CD 35, 1.
(602) Cfr 1 Cor 12, 13; 1 Cor 14, 12; Rom 12, 6; PC 1 b; ET 32, 33; CAMBIER, Realtà carismatica ed ecclesiale nella vita religiosa in Per una presenza viva dei religiosi nella Chiesa e nel mondo, Torino LDC 1969, P 229-281; cfr ancora risposta dei CIS alla proposta 32 di PeP.
(603) Cfr PC 2; 3, 4, dove si parla di aggiornamento pastorale della vita religiosa; ES 2, 6 concede anche esperimenti contrari al diritto comune; ET 2, 5, 6.
(604) ET 41.
(605) Cfr PAOLO VI, Discorso ai Superiori Generali, 22 novembre 1960 (Bollettino UISG, 1 e 2 trim 1970) ; ET 26, 35, 40.
(606) Cfr II CIS a.
(607) PC 4: ES 2. introduzione.
(608) Cfr ET 33 - si tratta di 27 I CIS e di 10 II CIS che lo chiedono assieme ad una gran parte di Confratelli.
(609) ET 40.
(610) ET 40.
(611) Cfr CCP 29, 30, 42.
(612) Cfr RICCERI, Relazione generale sullo stato della Congregazione, p 27, 29, 31-32.
(613) Cfr Mt 18, 20; Gio 13, 35; 17, 21; inoltre Institutio generalis de Liturgia Horarum n 9.
(614) GS 20 c.
(615) ET 42; cfr ET 45; DON BOSCO, Proemio alle Costituzioni Pratiche di pietà.
(616) Cfr ET 2, 2i; PC 3 a, 8 c.
(617) Laudis Cantium in AAS 83 (1971) 534; cfr Institutio generalis de L.H, n 9.
(618) LG 45; cfr ET 7.
(619) Cfr Mc 11, 25 SS; 14, 19; 15, 36; 19, 13; Mc 1, 35; 6, 41-46; 7, 34; 8, 7; Lc 2, 41-49; 3, 21-22; 4, 16; 5, 16; 6, 112; 10, 21 ss, Gio 6, 11.
(620) Ebr 7, 25.
(621) Inst. gen. de L.H., n 4.
(622) Ibidem.
(623) Cfr Inst. gen. de L.H., nn 6-7.
(624) Cfr Mt 5, 45 23, 8; 25, 40-45; Lc 9, 48; 1 Gio 3, 1.
(625) Cfr 2 Cor 1, 4: LG 43: DON BOSCO. Proemio alle Costituzioni Pratiche di pietà.
(626) ET 44.
(627) ET 33.
(628) ET 49.
(629) Cfr Cost 152, 153, 155
(630) 1 Cor 3, 16-17.
(631) Cfr Rom 15, 15-16; Fil 2, 17; Col 3, 17; SC 10-12.
(632) Cfr Gio 4, 24
(633) Giac 1, 27, cfr MB XVIII, 258.
(634) Apoc 5, 10; cfr Regol. L´ operosità instancabile santificata dalla preghiera e dall´ unione con Dio deve essere la caratteristica dei figli di san Giovanni Bosco
(635) Gen 1, 28.
(636) Cfr Rom 12, 1.
(637) SC 10.
(638) LAUDIS CANTICUM in AAS (1971) 533.
(639) Gio 1, 14; 8, 35; Rom 1, 3; Gal 4, 4; Ebr 1, 2; 13, 8; DV 4.
(640) Ebr 4, 12; Ef 6, 17.
(641) DV 8 c.
(642) Cfr Lc 13, 3-5; inoltre Decreto Dum canonicarum sull´ uso ed amministrazione del Sacramento della Penitenza dei religiosi (8 dicembre 1970)
(643) Costituzioni 188.
(644) Cfr Regolamenti 97, 109.
(645) Ebr 9, 28; 10, 10-18; Cfr Lc 22, 19.
(646) Cfr DON Bosco, Sistema Preventivo II, Regolamenti 92; MB VI, 185-388; VII, 795; XII, 610-641; XVII, 271-272.
(647) LG 11 a; cfr LG 3; 7 b; 11; 26 a; CD 5 b; PO 6 e; UR 2 a; ET 47-48.
(648) PO 13 d; 14 b; 15 b; cfr SC 10 a; CD 15 b; 30 f; UR 2 a; AG 9 b.
(649) ET 47.
(650) ET 48.
(651) SC 83-84; Inst. gen. de L.H., nn 6-7.
(652) SC 27 a; cfr Inst. gen. de L.H., nn 9, 26, 32, 37, 40.
(653) Laudis Canticum; n AAS 83 (1971) 532.
(654) MB V, 155; XIV, 18; XVII, 439.
(655) MB VII, 334.
(656) Cfr DH 1, 4, 11, 15; GS 2 b, 3 b, 4 d; 6, 9, 23, 24 25, 30, 55, 95; AG 7 c, 8; NAE 5; AA 8, 14 b.
(657) SC 12.
(658) Cfr Apoc 3, 20.
(659) Lc 22, 44.
(660) DV 25.
(661) SC 12.
(662) Oeuvres, III p 100
(663) Costituzioni 155.
(664) Cfr Lc 11, 1.
(665) ET 46.
(666) LG 44 a.
(667) PC 6 b; ES 2, 21.
(668) Cfr PC 18; OT 5 a; ES 2, 21.
(669) ET 45.