DA MIHI ANIMAS CETERA TOLLE | |
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INTRODUZIONEHo promesso a Dio che fin l’ultimo mio respiro sarebbe stato per i miei poveri giovani (Memorie Biografiche XVIII, 258) La passione di Don Bosco per la salvezza della gioventù è la nostra eredità più preziosa. Il Capitolo generale 26° si è proposto di ravvivarla in ogni salesiano ponendo al centro della riflessione delle comunità e delle ispettorie il celebre motto del nostro Padre e Fondatore Da mihi animas cetera tolle. È così iniziato un processo di rinnovamento interiore e di riflessione, che è sfociato nei contributi fatti pervenire all’assemblea capitolare come punto di partenza per i suoi lavori. Pellegrini ai luoghi di Don Bosco, abbiamo colto fin dall’inizio che il Da mihi animas cetera tolle raccoglie l’esperienza carismatica delle origini e la testimonianza di tanti confratelli di ieri e di oggi. Esso ci interroga sulla nostra capacità di essere Don Bosco nel nostro tempo e ci invita ad essere entusiasti del suo progetto di santità, testimoni gioiosi e credibili dello spirito salesiano, innamorati di Dio e dediti ai giovani “fino all’ultimo respiro”. Ci troviamo così alla sorgente della vita consacrata e al cuore della missione, poiché in tale motto si concentrano la mistica e l’ascetica che caratterizzano la vocazione salesiana. Tutto questo significa per noi ritornare a Don Bosco e ripartire con lui per andare incontro ai giovani d’oggi. Li abbiamo avuti presenti come principali interlocutori per tutto il tempo del Capitolo, con il vivo desiderio di rivelare loro l’amore di Dio. La frontiera giovanile è oggi più che mai piena di sfide e di risorse; essa si presenta attraente e difficile. È indispensabile per noi capire le attese e i bisogni dei giovani, apprezzare i valori cui sono più sensibili e riconoscere le potenzialità che sono loro proprie. Dobbiamo renderci conto delle minacce e degli ostacoli che devono affrontare e superare nella ricerca di vita, sulla strada della libertà, nell’esperienza dell’amore. È nostra responsabilità vocazionale accettare la sfida di questa emergenza, non disertare questa frontiera che ci appartiene. Educazione ed evangelizzazione sono il contributo più grande che possiamo offrire ai giovani, alla Chiesa e alla società di oggi nello spirito, con i metodi e i contenuti del sistema preventivo. Accogliendo l’invito del Rettor Maggiore nella lettera di convocazione, abbiamo esplicitato il “ripartire da Don Bosco” seguendo quattro temi: l’urgenza di evangelizzare, la necessità di convocare, la povertà evangelica e le nuove frontiere. Non si tratta di temi separati, ma di aspetti costitutivi del programma di vita spirituale e apostolica del nostro Padre e Fondatore. Sono elementi di grande attualità, dai quali derivano impegni concreti ed esigenti di rinnovamento. Sono le nostre priorità per questo momento. Le abbiamo individuate mettendoci in sintonia con la Chiesa e in ascolto della Congregazione, ponendo attenzione ai diversi contesti regionali, cogliendo le testimonianze più vive e profetiche, confrontandoci sulle nuove povertà e sulle sfide che l’evangelizzazione pone a tutta la Chiesa, sia nei paesi di antica tradizione cristiana che in quelli di missione. Molto ci è giovato il confronto tra di noi, sia nei dibattiti in aula che nei lavori di commissione; ma ancor più il clima di preghiera e di fraternità che ha caratterizzato la nostra convivenza e soprattutto l’autorevole parola del Santo Padre Benedetto XVI. Siamo così giunti alla stesura del testo che ora presentiamo, quale memoria della nostra esperienza e condivisione dello sforzo compiuto per decifrare ed interpretare i segni dei tempi. In esso si trovano i nuclei articolati in:
Il frutto del nostro lavoro giunge ora nelle mani dei confratelli e diventa un invito al rinnovamento e alla fedeltà a Don Bosco e, attraverso di lui, a Dio e ai giovani. Ci sono di stimolo e di incoraggiamento i confratelli, i giovani, i laici e gli altri membri della Famiglia salesiana, che hanno testimoniato con la santità la bellezza del nostro progetto di vita, la fecondità dello spirito salesiano e la forza spirituale del Da mihi animas cetera tolle. I prossimi anni appaiono per noi Salesiani come un tempo di grazia. Il 150° anniversario della fondazione della Congregazione nel 2009, il centenario della morte del beato Michele Rua nel 2010 e il bicentenario della nascita di Don Bosco nel 2015 fanno del prossimo periodo una stagione straordinaria. Avremo modo di fare memoria e approfondire la storia della nostra esperienza carismatica, per identificarci con essa e viverla con la passione e la radicalità del Da mihi animas cetera tolle, per proporla e condividerla con gioia e capacità profetica. Abbiamo davanti a noi un tempo favorevole per ritornare a Don Bosco e ripartire con lui e come lui, appassionati di Dio e dei giovani, attenti e docili allo Spirito, fiduciosi nella presenza della Ausiliatrice. È un cammino e una grazia che vogliamo condividere con tutti i membri della Famiglia salesiana. I Confratelli del Capitolo Generale 26°
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I. RIPARTIRE DA DON BOSCO |
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“Ciò che avete imparato, ricevuto, ascoltato e veduto in me, è quello che dovete fare” (Fil 4,9) |
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CHIAMATA DI DIO“Il Signore ci ha donato Don Bosco come padre e maestro. Lo studiamo e lo imitiamo, ammirando in lui uno splendido accordo di natura e di grazia. Profondamente uomo, ricco delle virtù della sua gente, egli era aperto alle realtà terrestri; profondamente uomo di Dio, ricolmo dei doni dello Spirito Santo, viveva ‘come se vedesse l’invisibile’. Questi due aspetti si sono fusi in un progetto di vita fortemente unitario: il servizio dei giovani. Lo realizzò con fermezza e costanza, fra ostacoli e fatiche, con la sensibilità di un cuore generoso. ‘Non diede passo, non pronunciò parola, non mise mano ad impresa che non avesse di mira la salvezza della gioventù. Realmente non ebbe a cuore altro che le anime” (Cost. 21). |
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1. |
Ritornare a Don Bosco
In ascolto dello Spirito ci sentiamo chiamati a ritornare a Don Bosco come guida sicura per camminare nella sequela di Cristo con un’ardente passione per Dio e per i giovani, soprattutto i più poveri. Ritornare a Don Bosco significa amarlo, studiarlo, imitarlo, invocarlo e farlo conoscere, applicandosi alla conoscenza della sua storia e allo studio delle origini della Congregazione, in costante ascolto delle attese dei giovani e delle provocazioni della cultura odierna. La ricchezza delle fonti e degli studi salesiani che ora abbiamo disponibili ci consente di approfondire le motivazioni che lo hanno condotto a determinate scelte, le mete e i progetti che gradualmente si sono precisati nella sua azione, la sintesi originale di pedagogia e pastorale che egli ha raggiunto, ispirandosi a San Francesco di Sales. Queste opportunità ci interpellano in particolare a scoprire la ricca umanità, che lo rendeva immediatamente amico dei giovani, e la profonda spiritualità, che lo spingeva ogni giorno a dedicare la sua vita alla maggior gloria di Dio e alla salvezza delle anime. Ritornare a Don Bosco significa anche approfondire le molteplici espressioni della trasmissione del carisma nei contesti culturali dei diversi paesi e valorizzare l’apporto dell’esperienza vitale di tante generazioni di salesiani, tra cui spiccano alcune luminose figure di santità. Ciò permette ai confratelli in ogni Regione di riscoprire la ricchezza della tradizione ricevuta e di trarne ispirazione per un’inculturazione autentica del carisma. |
2. | Ritornare ai giovani
Ritornare a Don Bosco significa “essere nel cortile”, ossia stare con i giovani, specialmente i più poveri, per scoprire in loro la presenza di Dio e invitarli ad aprirsi al suo mistero di amore. Don Bosco ritorna tra i giovani di oggi attraverso la testimonianza e l’azione di una comunità che vive il suo spirito, animata dalla stessa passione apostolica. Egli raccomanda ad ogni salesiano di incontrare i giovani con gioia nel loro vissuto quotidiano, impegnandosi ad ascoltare i loro appelli, a conoscere il loro mondo, a incoraggiare il loro protagonismo, a risvegliare il loro senso di Dio ed a proporre loro itinerari di santità secondo la spiritualità salesiana. È sempre Don Bosco a chiederci di affrontare con audacia le sfide giovanili e di dare risposte coraggiose alla crisi di educazione del nostro tempo, coinvolgendo un vasto movimento di forze a beneficio della gioventù. Nel sogno dei nove anni, Don Bosco ha ricevuto Maria come madre e maestra e si è lasciato da lei guidare nella missione giovanile. Per questo anche noi la sentiamo presente nelle nostre case e la proponiamo ai giovani come modello spirituale ed aiuto alla loro crescita. |
3. | Identità carismatica e passione apostolica
Approfondendo l’itinerario spirituale di Don Bosco e rivivendo oggi la sua passione apostolica, ci sentiamo chiamati a far risplendere il fascino del suo carisma, a mostrarne la bellezza, a comunicarne la forza di attrazione. Questo ci impegna a sviluppare una testimonianza visibile e credibile della nostra vocazione, una radicale sequela di Cristo, un forte senso di appartenenza alla Chiesa, alla Congregazione e alla Famiglia salesiana, una chiara percezione della nostra identità spirituale e pastorale. Senza una proposta carismatica, avvincente e coinvolgente, è infatti difficile il processo di identificazione vocazionale. Ogni salesiano è chiamato a guardare al cuore di Cristo, buon pastore e apostolo del Padre, ed a mettersi al suo seguito, sull’esempio di Don Bosco, con uno stile di vita obbediente, povero e casto. In tal modo egli si dedica ai giovani con generosità, vive con gioia la sua vocazione nella comunità e trova così il cammino della santità. Don Bosco, che consegna le Costituzioni a don Giovanni Cagliero prima di partire per la Patagonia, ci indica il modo per costruire oggi la “bella copia” della Congregazione: essere fedeli a lui attraverso l’osservanza convinta della nostra Regola di vita. La croce poi, che ci viene consegnata alla professione perpetua, con le immagini che porta impresse, ci invita a spendere la vita con i giovani e per i giovani fino all’ultimo respiro, assumendo l’invito di Don Bosco: studia di farti amare.
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SITUAZIONE |
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4. | Ritornare a Don Bosco
La persona di Don Bosco è sempre attraente ed attuale. Molti confratelli hanno il desiderio di conoscerlo meglio e di imitarlo nella propria vita. Ne è segno la crescente disponibilità a partecipare a momenti formativi che richiamano le origini del carisma. Anche giovani e laici rimangono coinvolti in questo rinnovato interesse. Un sostegno nel cammino di approfondimento della nostra esperienza spirituale e apostolica è stato offerto dalla pubblicazione di nuovi studi salesiani e dall’edizione critica delle fonti storiche. Per evitare una conoscenza puramente affettiva o nostalgica, avvertiamo l’esigenza di mettere meglio in luce l’esperienza mistica di Don Bosco e di approfondire la ricchezza spirituale e pedagogica della nostra tradizione, con particolare attenzione alla attualizzazione e inculturazione del sistema preventivo. Sono numerose e qualificate le attestazioni di stima e riconoscenza per il servizio educativo, che svolgiamo in contesti difficili e con giovani a rischio. Le impellenti domande di vita che tanti giovani ci fanno pervenire suscitano in noi il bisogno di trovare adeguate risposte e ci convincono dell’efficacia ed attualità del carisma salesiano nel mondo d’oggi. |
5. | Ritornare ai giovani
Confratelli e comunità sono generosamente dediti al servizio educativo e pastorale. Essi realizzano un intenso lavoro per i giovani svantaggiati, i poveri, i ceti popolari, attraverso una pluralità di opere ed iniziative. Di fronte a situazioni di urgenza educativa, ci lasciamo interpellare e spesso sappiamo trovare risorse e modalità per una risposta adeguata. La passione di alcuni confratelli contagia ed entusiasma tanti adulti, che da collaboratori diventano corresponsabili, rendendo possibile la vita e l’azione delle comunità educative pastorali. Apprezziamo pure la disponibilità di molti giovani ad essere protagonisti, diventando apostoli dei loro compagni fino a maturare scelte vocazionali di speciale consacrazione. Talora però il modello gestionale dell’opera ostacola una presenza più diretta dei confratelli tra i giovani e i laici, assorbendo le loro energie in compiti che potrebbero essere affidati ad altri. Si deve constatare che per non pochi confratelli il mondo dei giovani si presenta difficile e lontano, con il timore e la sensazione di non essere adeguatamente preparati. La difficoltà a capire i loro linguaggi accentua l’estraneità culturale, che può tradursi in distanza fisica ed affettiva. |
6. | Identità carismatica e passione apostolica Molti confratelli si sono impegnati nel rinnovamento della vita spirituale. Ciò si manifesta nel clima gioioso di molte comunità, nel dinamismo pastorale che le anima e nella profondità della loro vita di preghiera. Molti hanno trovato nel progetto personale di vita e in quello comunitario un aiuto per la propria crescita. Non possiamo dimenticare poi i tanti confratelli anziani e ammalati che vivono con serenità e spirito di fede, che offrono la malattia per la salvezza dei giovani, che sostengono la comunità con la preghiera. Dove ciò è avvenuto, si è constatato un felice coinvolgimento di adulti e giovani nell’unica missione, soprattutto quando è stato offerto loro un cammino formativo. Con sofferenza riconosciamo tuttavia che nelle comunità sono entrati modelli di vita segnati da individualismo, comodità, imborghesimento, immobilismo, rifiuto dei segni visibili della vita consacrata. Sono pericoli dai quali già Don Bosco aveva messo in guardia i primi salesiani. L’attivismo e l’efficientismo, la mancanza di un progetto comunitario, l’individualismo, un’insufficiente o disordinata distribuzione dei compiti, ostacolano la preghiera, rendono fragile la vita interiore, raffreddano i rapporti fraterni, diminuiscono le attenzioni verso il singolo confratello. Indebolire l’ascetica del cetera tolle pregiudica la passione apostolica, che trova ispirazione ed espressione nel da mihi animas. Queste luci ed ombre delle comunità mostrano con chiarezza le difficoltà della nostra vita consacrata a realizzare la sintesi richiesta dal Concilio Vaticano II tra sequela Christi, carisma del Fondatore e adattamento alle mutevoli condizioni dei tempi (PC 2).
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LINEE DI AZIONE |
7. | Processi da attivare per il cambiamento Per affrontare le esigenze della chiamata e le sfide provenienti dalla situazione e per realizzare le linee di azione conseguenti, è necessario convertire mentalità e modificare strutture, passando:
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LINEA DI AZIONE 1 Ritornare a Don Bosco |
8. | Impegnarsi ad amare, studiare, imitare, invocare e far conoscere Don Bosco, per ripartire da lui. |
9. | Il salesiano
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10. | La comunità
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11. | L’ispettoria
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12. | Il Rettor Maggiore con il suo Consiglio
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LINEA DI AZIONE 2 Ritornare ai giovani |
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13. |
Ritornare ai giovani, specialmente ai più poveri, col cuore di Don Bosco. |
14. | Il salesiano
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15. | La comunità
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16. | L’ispettoria
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17. | La regione
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18. | Il Rettor Maggiore con il suo Consiglio
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LINEA DI AZIONE 3 Identità carismatica e passione apostolica |
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Riscoprire il significato del Da mihi animas cetera tolle come programma di vita spirituale e pastorale. |
20. | Il salesiano
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21. | La comunità
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22. | L’ispettoria
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II. URGENZA DI EVANGELIZZARE |
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“Non è per me un vanto predicare il Vangelo; è un dovere per me: |
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CHIAMATA DI DIO“«Questa Società nel suo principio era un semplice catechismo». Anche per noi l´evangelizzazione e la catechesi sono la dimensione fondamentale della nostra missione. Come Don Bosco, siamo chiamati tutti e in ogni occasione a essere educatori alla fede. La nostra scienza più eminente è quindi conoscere Gesù Cristo e la gioia più profonda è rivelare a tutti le insondabili ricchezze del suo mistero. Camminiamo con i giovani per condurli alla persona del Signore risorto affinché, scoprendo in Lui e nel suo Vangelo il senso supremo della propria esistenza, crescano come uomini nuovi” (Cost. 34). |
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23. | Comunità evangelizzata ed evangelizzatrice “Il termine evangelizzazione ha un significato molto ricco. In senso ampio, esso riassume l´intera missione della Chiesa: tutta la sua vita infatti consiste nel realizzare […] l’annuncio e la trasmissione del Vangelo, che è «potenza di Dio per la salvezza di chiunque crede» (Rm 1, 16) e che in ultima essenza si identifica con Gesù Cristo (cf. 1Cor 1, 24). […] In ogni caso, evangelizzare significa non soltanto insegnare una dottrina bensì annunciare il Signore Gesù con parole ed azioni, cioè farsi strumento della sua presenza e azione nel mondo” (Congregazione per la Dottrina della Fede, Nota dottrinale su alcuni aspetti dell’evangelizzazione, n. 2). Inseriti nella Chiesa e guidati dallo Spirito, lavoriamo per l’avvento del Regno di Dio, “portando agli uomini il messaggio del Vangelo intimamente unito allo sviluppo dell’ordine temporale” (Cost. 31). La sorgente di tutta l’opera di evangelizzazione sta nell’incontro personale con Cristo. Tale esperienza è per noi un evento quotidiano che si rinnova nell’ascolto della Parola di Dio, nella partecipazione al mistero pasquale attraverso la liturgia e i sacramenti, nella condivisione fraterna e nel servizio ai giovani. Maria, che per prima ha accolto e portato l’annuncio di salvezza, ci insegna a realizzare comunità evangelizzate ed evangelizzatrici. Da lei impariamo che la profondità dell’esperienza di Dio è la radice della missione e che la prima e principale via di evangelizzazione è la testimonianza di fede. Tale testimonianza diventa più convincente quando noi ci avviciniamo ai giovani come amici e li accompagniamo come padri e maestri, irradiando gioia e speranza. In questo modo trasmettiamo quello in cui crediamo e mostriamo con la vita quello che annunciamo. |
24. | Centralità della proposta di Gesù Cristo Avvertiamo l’evangelizzazione come l’urgenza principale della nostra missione, consapevoli che i giovani hanno diritto a sentirsi annunciare la persona di Gesù come fonte di vita e promessa di felicità nel tempo e nell’eternità. Nostro “compito fondamentale risulta dunque quello di proporre a tutti di vivere l’esistenza umana come l’ha vissuta Gesù. […] Centrale deve essere l’annuncio di Gesù Cristo e del suo Vangelo, insieme con l’appello alla conversione, all’accoglienza della fede e all’inserimento nella Chiesa; da qui poi nascono i cammini di fede e di catechesi, la vita liturgica, la testimonianza della carità operosa” (Benedetto XVI, Lettera a don Pascual Chávez Villanueva, Rettor Maggiore dei Salesiani, in occasione del Capitolo generale XXVI, 1 marzo 2008, n. 4) Attraverso la Chiesa, il Signore Gesù ci chiama a realizzare una nuova evangelizzazione: “nuova nel suo ardore, nei suoi metodi e nelle sue espressioni” (Giovanni Paolo II, Discorso all’assemblea del CELAM, 9 marzo 1983). Questo ci impegna a preparare, con creatività e audacia, itinerari diversificati per condurre i giovani all’incontro personale con Cristo, così che maturino la volontà di seguirlo e diventino apostoli del Vangelo, costruttori di un mondo nuovo. Questa tensione è l’anima di ogni nostro intervento educativo; noi la dobbiamo comunicare anche ai laici, coinvolgendoli sempre più in compiti pastorali. |
25. | Evangelizzazione ed educazione L’evangelizzazione richiede di salvaguardare insieme l’integralità dell’annuncio e la gradualità della proposta. Don Bosco assunse questa doppia attenzione per poter proporre a tutti i giovani una profonda esperienza di Dio, tenendo conto della loro situazione concreta. Nella tradizione salesiana abbiamo espresso tale rapporto in modi diversi: ad esempio “onesti cittadini e buoni cristiani” oppure “evangelizzare educando ed educare evangelizzando”. Avvertiamo l’esigenza di proseguire la riflessione su questo delicato rapporto. In ogni caso siamo convinti che l’evangelizzazione propone all’educazione un modello di umanità pienamente riuscita e che l’educazione, quando giunge a toccare il cuore dei giovani e sviluppa il senso religioso della vita, favorisce e accompagna il processo di evangelizzazione: “senza educazione, in effetti, non c’è evangelizzazione duratura e profonda, non c’è crescita e maturazione, non si dà cambio di mentalità e di cultura” (Benedetto XVI, Lettera a don Pascual Chávez Villanueva, Rettor Maggiore dei Salesiani, in occasione del Capitolo generale XXVI, 1 marzo 2008, n. 4) Per questo, fin dal primo momento, l’educazione deve prendere ispirazione dal Vangelo e l’evangelizzazione deve adattarsi alla condizione evolutiva del giovane. Solo così egli potrà scoprire in Cristo la propria vera identità e crescere verso la piena maturità; solo così il Vangelo potrà toccare in profondità il suo cuore, sanarlo dal male e aprirlo ad una fede libera e personale Consapevoli che siamo chiamati a educare ed evangelizzare anche mentalità, linguaggi, costumi ed istituzioni, ci impegniamo a promuovere il dialogo tra fede, cultura e religioni; ciò aiuterà a illuminare con il Vangelo le grandi sfide poste alla persona umana e alla società dai cambiamenti epocali e a trasformare il mondo con il lievito del Regno. |
26. | Evangelizzazione nei diversi contesti L’urgenza di portare l’annuncio del Signore Risorto ci spinge a confrontarci con situazioni che risuonano in noi come appello e preoccupazione: i popoli non ancora evangelizzati, il secolarismo che minaccia terre di antica tradizione cristiana, il fenomeno delle migrazioni, le nuove drammatiche forme di povertà e di violenza, la diffusione di movimenti e sette. Ci sentiamo interpellati anche da alcune opportunità, quali il dialogo ecumenico, interreligioso e interculturale, la nuova sensibilità per la pace, per la tutela dei diritti umani e per la salvaguardia del creato, le tante espressioni di solidarietà e di volontariato che sempre più si diffondono nel mondo Questi elementi, riconosciuti dalle Esortazioni apostoliche a seguito dei Sinodi continentali, costituiscono sfide per tutta la Chiesa e ci impegnano a trovare nuove vie per comunicare il Vangelo di Gesù Cristo nel rispetto e nella valorizzazione delle culture locali. Di qui l’esigenza che ogni nostra regione ed ispettoria si sforzi di individuare la forme più idonee per realizzare la missione comune nella specificità dei contesti.
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SITUAZIONE |
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27. | Comunità evangelizzata ed evangelizzatrice Molti confratelli vivono con intensità la passione per Dio e per i giovani. Essa si manifesta nel desiderio di una vita consacrata più profetica, che si caratterizzi per la profondità spirituale, la fraternità sincera e il coraggio apostolico. In tal modo, vivendo e lavorando insieme, sentono di poter dare una testimonianza autentica e gioiosa del carisma e di attirare i giovani a confrontarsi seriamente con la proposta cristiana e con la stessa vita consacrata D’altra parte si riscontrano superficialità spirituale, attivismo frenetico, stile di vita borghese, debole testimonianza evangelica, dedizione parziale alla missione. Ciò si traduce nel disagio a far emergere la propria identità di consacrati e in timidezza apostolica. La complessità di certe opere rischia talora di assorbire le energie dei confratelli in compiti gestionali, indebolendo l’impegno primario di educatori ed evangelizzatori. |
28. | Centralità della proposta di Gesù Cristo L’educazione dei giovani alla fede, rilanciata dal CG23, vede l’impegno generoso di molti confratelli nel proporre esperienze e percorsi diversificati per età, adattati alle diverse condizioni giovanili e realtà culturali. Nonostante ciò si constata che l’invito a costruire itinerari per condurre i giovani a incontrare il Signore Gesù non è stato accolto pienamente Le nostre iniziative non sono sempre chiaramente orientate all’educazione alla fede. I processi di catechesi sono deboli e in molti casi non suscitano nei giovani una vita sacramentale convinta e regolare, una vera appartenenza ecclesiale ed un coraggioso impegno apostolico. La mancanza di organicità e continuità, frutto anche di insufficiente riflessione e studio, ha portato talora ad attuare più una pastorale delle iniziative e degli eventi che dei processi. In altri casi le proposte non sono state sufficientemente inserite nei cammini delle chiese locali In molti contesti si sperimenta una certa fatica dovuta alla lontananza dalla fede dei giovani, alle resistenze provocate da una mentalità secolarista diffusa anche tra le famiglie, ad un malinteso rispetto delle tradizioni religiose non cristiane, alla mancanza di coraggio da parte degli educatori. |
29. | Evangelizzazione ed educazione Percepiamo che il carisma salesiano è parte viva delle Chiese locali ed è stimato da esse. Il Sistema preventivo di Don Bosco è più attuale che mai e gode ovunque di una grande forza di attrazione. Molti giovani sono aperti alla ricerca di senso della vita e disponibili ad una proposta educativa e cristiana seria e coraggiosa. Non mancano giovani pronti a impegnarsi in prima persona nell’evangelizzazione dei coetanei, in particolare nell’ambito dell’associazionismo. Altri invece, vittime della disattenzione educativa della società odierna, necessitano del nostro aiuto per giungere a consapevolezza delle domande profonde che pure portano in sé Constatiamo la crescita numerica di laici e di membri della Famiglia salesiana che sono corresponsabili non solo in aspetti organizzativi, ma anche nell’assunzione di compiti pastorali nelle nostre opere e nel proprio ambiente di vita. Spesso non ci siamo però preoccupati in modo adeguato di offrire loro una formazione sistematica Siamo eredi di una forte tradizione nel campo della ricerca e delle pubblicazioni nel settore della catechesi e della pastorale giovanile. Avvertiamo tuttavia il pericolo che si affievolisca tale impegno, data la difficoltà a reperire e preparare personale specializzato e a coordinare le iniziative. Percepiamo pure la difficoltà ad essere presenti in modo significativo nel dialogo tra fede, cultura e religioni che costituisce oggi una sfida fondamentale per la nostra missione. Sono state potenziate le istituzioni di educazione superiore per rispondere alle esigenze di preparazione accademica e professionale dei giovani. Tali centri sono frequentati da studenti di nazionalità, culture e religioni diverse. Ciò comporta l’impegno di assicurare non solo la qualità dell’insegnamento e della ricerca, ma anche l’identità salesiana e la proposta di evangelizzazione. |
30. | Evangelizzazione nei diversi contesti Nelle regioni di recente evangelizzazione incontriamo ambienti disponibili al Vangelo. La collocazione popolare delle nostre presenze consente il contatto con tanta gente ed offre la possibilità di operare in vari modi a servizio della fede. La missio ad gentes, che è parte essenziale del nostro carisma, continua a suscitare entusiasmo in confratelli che si offrono per la missione e a coinvolgere tanti giovani in progetti di volontariato. Ci impegniamo a conoscere e comprendere le culture, le lingue, le religioni e le tradizioni locali per inculturare il Vangelo. In alcuni paesi in via di sviluppo ci sono comunità che esercitano un ruolo profetico nel campo della giustizia sociale. Nei paesi di antica tradizione cristiana permangono espressioni di religiosità popolare che sono una grande ricchezza per la trasmissione della fede e che meritano di essere meglio custodite, promosse e ove necessario purificate. Nel mondo occidentale si avverte però una crisi diffusa della cultura ispirata ai valori cristiani, così che la Chiesa non è più un riferimento autorevole per molte persone ed istituzioni. Di qui una particolare difficoltà nel proporre il Vangelo e nell’educare alla fede Molte nostre opere si trovano ad agire in un contesto multireligioso, multietnico e multiculturale che presenta nuove sfide e opportunità all’evangelizzazione. Tra queste spicca in modo particolare il rapporto con l’Islam, che esige la definizione di adeguate strategie di dialogo e di annuncio. Dove non è possibile un annuncio esplicito o immediato di Gesù Cristo, la nostra presenza di educatori cristiani costituisce un segno profetico e depone un seme prezioso di evangelizzazione.
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LINEA DI AZIONE |
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31. | Processi da attivare per il cambiamento Per affrontare le esigenze della chiamata e le sfide provenienti dalla situazione e per realizzare le linee di azione conseguenti, è necessario convertire mentalità e modificare strutture, passando:
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LINEA DI AZIONE 4 Comunità evangelizzata ed evangelizzatrice |
32. | Mettere l’incontro con Cristo nella Parola e nell’Eucaristia al centro delle nostre comunità, per essere discepoli autentici e apostoli credibili. |
33. | Il salesiano
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34. | La comunità
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35. | L’ispettoria
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LINEA DI AZIONE 5 Centralità della proposta di Gesù Cristo |
36. | Proporre con gioia e coraggio ai giovani di vivere l’esistenza umana come l’ha vissuta Gesù Cristo. |
37. | Il salesiano
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38. | La comunità
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39. | L’Ispettoria
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40. | Il Rettor Maggiore con il suo Consiglio
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LINEA DI AZIONE 6 Evangelizzazione ed educazione |
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41. | Curare in ogni ambiente una più efficace integrazione di evangelizzazione ed educazione, nella logica del Sistema preventivo. |
42. | Il salesiano
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43. | La comunità
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44. | L’ispettoria
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45. | Il Rettor Maggiore con il suo Consiglio
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LINEA DI AZIONE 7 Evangelizzazione nei diversi contesti |
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46. | Inculturare il processo di evangelizzazione per dare risposta alle sfide dei contesti regionali. |
47. | Il salesiano
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48. | La comunità
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49. | L’ispettoria
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50. | La regione
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51. | Il Rettor Maggiore con il suo Consiglio
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III. NECESSITÀ DI CONVOCARE |
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“Levate i vostri occhi e guardate i campi |
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CHIAMATA DI DIO“Rispondendo alle necessità del suo popolo, il Signore chiama continuamente e con varietà di doni a seguirlo per il servizio del Regno. Siamo convinti che tra i giovani molti sono ricchi di risorse spirituali e presentano germi di vocazione apostolica. Li aiutiamo a scoprire, ad accogliere e a maturare il dono della vocazione laicale, consacrata, sacerdotale, a beneficio di tutta la Chiesa e della Famiglia salesiana. Con pari diligenza curiamo le vocazioni adulte” (Cost. 28). |
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52. | Testimonianza come prima proposta vocazionale Riconosciamo con gratitudine che la vocazione salesiana è una grazia che abbiamo ricevuto da Dio. Egli ci ha chiamati a vivere al seguito di Cristo obbediente, povero e casto, all’interno di una comunità fraterna, con una missione giovanile, sull’esempio di Don Bosco. La generosità di confratelli e l’esempio di comunità che vivono il primato di Dio, lo spirito di famiglia e la dedizione alla missione sono la prima e più bella proposta vocazionale che possiamo offrire ai giovani. Siamo consapevoli che un giovane scopre la chiamata alla vita consacrata salesiana quando incontra una comunità significativa, un modello in cui identificarsi, un’esperienza di vita spirituale e di impegno apostolico, l’aiuto di una guida che lo accompagna alla scelta di Cristo e al dono di sé La carenza di vocazioni vissuta da alcune ispettorie, mentre ci obbliga ad una doverosa verifica, ci interpella a crescere nella autenticità di vita e nella capacità di proposta. Siamo convinti infatti che Dio continua a chiamare molti giovani a servizio del Regno e che vari sono i fattori che possono favorire la loro risposta. |
53. | Vocazioni all’impegno apostolico Sentiamo oggi più forte che mai la sfida di creare una cultura vocazionale in ogni ambiente, in modo che i giovani scoprano la vita come chiamata e che tutta la pastorale salesiana diventi realmente vocazionale. Ciò richiede di aiutare i giovani a superare la mentalità individualista e la cultura dell’autorealizzazione, che li spinge a progettare il futuro senza mettersi in ascolto di Dio; ciò domanda pure di coinvolgere e formare famiglie e laici Un impegno particolare deve essere messo nel suscitare tra i giovani la passione apostolica. Come Don Bosco siamo chiamati ad incoraggiarli ad essere apostoli dei loro compagni, ad assumere varie forme di servizio ecclesiale e sociale, a impegnarsi in progetti missionari. Per favorire un’opzione vocazionale di impegno apostolico, a tali giovani si dovrà proporre una vita spirituale più intensa e un accompagnamento personale sistematico È questo il terreno in cui fioriranno famiglie capaci di autentica testimonianza, laici impegnati ad ogni livello nella Chiesa e nella società ed anche vocazioni per la vita consacrata e per il ministero. |
54. | Accompagnamento dei candidati alla vita consacrata salesiana Don Bosco, pur operando con instancabile generosità nel promuovere varie forme di vocazioni nella Chiesa, chiamava alcuni giovani a stare per sempre con lui. Anche per noi la proposta della vocazione consacrata salesiana, rivolta ai giovani, fa parte della fedeltà a Dio per il dono ricevuto. A ciò che ci spinge il desiderio di condividere la gioia di seguire il Signore Gesù, rimanendo con Don Bosco, per dare speranza a tanti altri giovani del mondo intero La promozione delle vocazioni consacrate esige alcune scelte fondamentali: la preghiera costante, l’annuncio esplicito, la proposta coraggiosa, il discernimento accurato, l’accompagnamento personalizzato. La preghiera deve essere impegno quotidiano delle comunità e deve coinvolgere giovani, famiglie, laici, gruppi della Famiglia salesiana. L’annuncio domanda di valorizzare le molteplici occasioni vocazionali che si presentano nel corso dell’anno liturgico. La proposta e il discernimento esigono quella vicinanza cordiale che suscita confidenza e permettono di intuire i segni di vocazione che un giovane può manifestare. L’accompagnamento richiede di aiutare i giovani a intensificare la vita spirituale, a sperimentare forme adatte di apostolato, a vivere l’esperienza di comunità, a conoscere la Congregazione, a verificare le motivazioni e ad attivare le dinamiche che portano a una decisione Riconosciamo l’esigenza che ogni ispettoria abbia comunità vocazionali o aspirantati che accolgano i giovani interessati a confrontarsi con la vita consacrata salesiana. Nell’animazione vocazionale deve poi essere valorizzato, con modalità diverse, l’apporto indispensabile delle famiglie. |
55. | Le due forme della vocazione consacrata salesiana Don Bosco ha voluto che la Congregazione si caratterizzasse per la presenza complementare di salesiani laici e salesiani ministri ordinati. Siamo perciò chiamati a dare priorità e visibilità all’unità della consacrazione apostolica, pur realizzandola nelle due forme diverse. Possiamo fare questo rafforzando il primato di Dio e la sequela radicale di Cristo come fondamento della nostra vita.* La consacrazione apostolica salesiana dà una particolare connotazione educativa al modo di essere ministro ordinato ponendo annuncio della parola, celebrazione liturgica e guida della comunità a servizio della crescita dei giovani; è questo l’apporto specifico che egli deve offrire alle comunità educative pastorali e alle Chiese locali La medesima consacrazione caratterizza il salesiano coadiutore, facendone un educatore e un evangelizzatore a tempo pieno, capace di portare in tutti i campi educativi e pastorali il valore della sua laicità e di essere vicino ai giovani e alle realtà del lavoro (cfr. Cost 45). Consapevoli che la Congregazione metterebbe a rischio la sua identità, se non conservasse questa complementarità, siamo chiamati ad approfondire l’originalità salesiana del ministero ordinato e a promuovere maggiormente la vocazione del salesiano coadiutore.
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SITUAZIONE |
56. | Testimonianza come prima proposta vocazionale Numerosi confratelli vivono gioiosamente e si impegnano a creare un ambiente favorevole alla nascita delle vocazioni. L’atteggiamento di molti salesiani che accolgono i giovani con gesti semplici ma significativi, quali il saluto cordiale, l’intrattenimento amichevole, la presenza animatrice, diventa testimonianza vocazionale. L’esempio di una anzianità serena e attiva e l’offerta paziente dei confratelli ammalati, che sanno dare alla loro vita “un nuovo significato apostolico” (Cost. 53), può comunicare ai giovani la bellezza di un’esistenza donata e ancora feconda La carenza di vocazioni ha sensibilizzato comunità e confratelli a riflettere sul modo di fare animazione vocazionale oggi. Molte comunità pregano per le vocazioni, invitando anche giovani, laici e famiglie, con diverse modalità di preghiera e celebrazione La nostra vita d’altra parte non manifesta sempre la centralità di Dio e uno stile ispirato alle beatitudini. Talvolta non siamo disponibili ad accogliere i giovani in comunità. Troviamo anche difficoltà a garantire un accompagnamento educativo e spirituale. L’individualismo pastorale indebolisce il valore del vivere e lavorare insieme e rende poco credibile l’invito a partecipare alla nostra vita fraterna. I comportamenti non coerenti con la vita consacrata, in particolare con il voto di castità e le uscite dalla Congregazione, influiscono negativamente sulle scelte dei giovani. Anche la cultura diffusa dai media, che spesso banalizzano l’affettività e offrono un’immagine distorta del consacrato, costituisce un ostacolo a identificarsi con questa vocazione. |
57. | Vocazioni all’impegno apostolico Numerose comunità sono impegnate a dare importanza alla dimensione vocazionale della pastorale giovanile. Ciononostante si constata il rischio della improvvisazione e della occasionalità; spesso si propongono esperienze significative ma isolate, frutto di attività non coordinate tra pastorale giovanile e animazione vocazionale La crisi della famiglia, la diffusa mentalità relativista e consumista, l’influsso negativo dei media sulla coscienza e sui comportamenti costituiscono un forte ostacolo alla cultura vocazionale. Non sempre abbiamo opportunamente sensibilizzato le comunità educative pastorali alla dimensione apostolica e vocazionale né sempre abbiamo valorizzato la corresponsabilità dei laici e la collaborazione con i gruppi della Famiglia salesiana La presenza di tanti ragazzi nei nostri ambienti è occasione per coltivare il dialogo educativo, entrare in confidenza, aiutarli a scoprire il disegno di Dio sulla loro vita, invitarli al dono di sé. Non sempre però sappiamo suscitare in loro il desiderio di farsi apostoli tra i compagni, proponendo cammini spirituali ed impegni di servizio diversificati. Rischiamo in questo modo di appiattire il livello della proposta e di non sapere suscitare vocazioni apostoliche, privandoci del contesto naturale in cui possono maturare vocazioni di speciale consacrazione. |
58. | Accompagnamento dei candidati alla vita consacrata salesiana Ci sono alcune ispettorie che hanno un impegno vocazionale ben strutturato e condiviso. Esse hanno attivato gruppi ricerca, ritiri spirituali a carattere vocazionale, esperienze di volontariato, comunità proposta e nuove forme di aspirantato. Esse utilizzano pure i mezzi della comunicazione sociale per favorire la conoscenza del carisma di Don Bosco È abbastanza diffusa la pratica di far incontrare i confratelli in formazione iniziale con i giovani in ricerca vocazionale; ciò risulta particolarmente utile poiché, attraverso tale testimonianza, i giovani possono scoprire la vita consacrata come una modalità attraente di vita cristiana Gli adolescenti e i giovani sono generosi, ma mostrano difficoltà ad assumere un impegno continuato. La mentalità del reclutamento porta a volte ad avere candidati alla vita consacrata con fragilità di motivazioni. Purtroppo alcuni giovani sono introdotti nelle fasi formative senza avere l’idoneità sufficiente. Altri hanno alle spalle una situazione familiare difficile, che occorre conoscere ed integrare in modo da non compromettere la loro maturazione. L’animazione vocazionale è orientata quasi esclusivamente agli studenti, mentre trascuriamo i giovani lavoratori. Nell’accompagnamento spirituale si trova talvolta mancanza di preparazione nei salesiani. Inoltre nell’organizzazione delle iniziative e delle proposte vocazionali si notano ancora debolezze sia a livello ispettoriale che locale. Quando non c’è continuità progettuale, il cambiamento di incarico dei confratelli impegnati nell’animazione vocazionale risulta particolarmente delicato. In alcune ispettorie non vi sono comunità di accompagnamento vocazionale. |
59. | Le due forme della vocazione consacrata salesiana Molti salesiani presbiteri vivono il loro ministero a servizio dei giovani, con stile educativo fedele alle intuizioni di Don Bosco. In alcuni casi si riscontra però un genericismo pastorale e un’assunzione parziale dell’identità carismatica. Ciò invita a caratterizzare sempre meglio gli itinerari della formazione specifica La vocazione del salesiano coadiutore spesso non è conosciuta, perché si trova ad avere poca visibilità e ad essere scarsamente presentata. Ciò dipende tra l’altro dalla sua collocazione prevalentemente in ruoli di gestione e non direttamente nell’attività giovanile. Negli aspirantati, prenoviziati e noviziati tale figura non è sempre presentata con adeguato rilievo. In alcuni contesti rimane il pregiudizio che la vocazione del salesiano sacerdote sia più importante di quella del coadiutore. Anche la diminuzione della nostra presenza tra i giovani lavoratori ha inciso negativamente sulla proposta di tale vocazione. Là dove al contrario un numero significativo di salesiani coadiutori culturalmente e professionalmente qualificati è posto in ruoli di responsabilità, allora si favorisce la visibilità di questa vocazione e si suscita nei giovani il desiderio di seguirla. Positiva è stata la nascita in tutte le regioni della fase della formazione specifica del salesiano coadiutore.
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LINEA DI AZIONE |
60. | Processi da attivare per il cambiamento Per affrontare le esigenze della chiamata e le sfide provenienti dalla situazione e per realizzare le linee di azione conseguenti, è necessario convertire mentalità e modificare strutture, passando:
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LINEA DI AZIONE 8 Testimonianza come prima proposta vocazionale |
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61. | Testimoniare con coraggio e con gioia la bellezza di una vita consacrata, dedita totalmente a Dio nella missione giovanile. |
62. | Il salesiano
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63. | La comunità
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64. | L’ispettoria
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LINEA DI AZIONE 9 Vocazioni all’impegno apostolico |
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65. | Suscitare nei giovani l’impegno apostolico per il Regno di Dio con la passione del da mihi animas cetera tolle e favorire la loro formazione. |
66. | Il salesiano
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67. | La comunità
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68. | L’ispettoria
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LINEA DI AZIONE 10 Accompagnamento dei candidati alla vita consacrata salesiana |
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69. | Fare la proposta esplicita della vita consacrata salesiana e promuovere nuove forme di accompagnamento vocazionale e di aspirantato. |
70. | Il salesiano
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71. | La comunità
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72. | L’ispettoria
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73. | Il Rettor Maggiore con il suo Consiglio
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LINEA DI AZIONE 11 Le due forme della vocazione consacrata salesiana |
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74. | Promuovere la complementarietà e la specificità delle due forme dell’unica vocazione salesiana e assumere un rinnovato impegno per la vocazione del salesiano coadiutore. |
75. | Il salesiano
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76. | La comunità
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77. | L’ispettoria
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78. | Il Rettor Maggiore con il suo Consiglio
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IV. POVERTÀ EVANGELICA |
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“Se vuoi essere perfetto, va´, vendi quello che possiedi, |
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CHIAMATA DI DIO“Don Bosco visse la povertà come distacco del cuore e generoso servizio ai fratelli, con uno stile austero, industrioso e ricco di iniziative. Sul suo esempio anche noi viviamo nel distacco da ogni bene terreno e partecipiamo con intraprendenza alla missione della Chiesa, al suo sforzo per la giustizia e la pace, specialmente con l´educazione dei bisognosi. La testimonianza della nostra povertà, vissuta nella comunione dei beni, aiuta i giovani superare l´istinto del possesso egoistico e li apre al senso cristiano del condividere” (Cost. 73). |
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79. | Testimonianza personale e comunitaria Assumendo la condizione umana, il Signore Gesù ha scelto di nascere e vivere poveramente, si è affidato totalmente al Padre e ha condiviso la situazione di vita dei poveri, proclamandoli beati in quanto destinatari della lieta notizia ed eredi del Regno. Ha chiesto ad alcuni di lasciare tutto per seguirlo più da vicino, annunciando con la vita che è Dio la vera ricchezza. Da questa chiamata nasce la povertà del salesiano che esprime l’abbandono fiducioso al Padre, la vicinanza e il servizio ai poveri, la beatitudine di un’esistenza colmata dall’amore per Dio e per i fratelli. Don Bosco, uomo di umili origini, sperimentò fin da ragazzo i disagi e i valori di un’esistenza povera. Alla scuola di mamma Margherita apprese il gusto per il lavoro e la sobrietà, la serenità nelle prove e la solidarietà con i bisognosi. Ponendo totale fiducia nella Provvidenza, decise di vivere poveramente e di spendere tutte le proprie energie per i giovani ai quali Dio lo aveva inviato: “ Io per voi studio, per voi lavoro, per voi vivo, per voi sono disposto anche a dare la vita” (Cost 14). Il distacco da tutto ciò che rende insensibili a Dio e ostacola la missione è il significato profondo del cetera tolle e costituisce il criterio per verificare il nostro modo di vivere la povertà La prima manifestazione della povertà è la consegna totale di sé a Dio, nella disponibilità alle esigenze dei giovani; questo comporta la rinuncia a se stessi e ai progetti individuali per condividere quelli della comunità. Consapevoli dell’ammonimento di Don Bosco circa le comodità e le agiatezze, siamo chiamati a vivere uno stile di vita austero, ad assumere un lavoro instancabile senza cedere all’attivismo, a mantenere libero il cuore dall’attaccamento a beni e strumenti. In particolare la comunità si sente chiamata a cercare forme istituzionali di testimonianza che esprimano una povertà credibile e profetica. |
80. | Solidarietà con i poveri In forza della nostra vocazione, siamo chiamati a coltivare un ascolto attento e partecipe del grido dei poveri e a proporre loro l’annuncio del Regno come fondamento della vera speranza e lievito di un mondo nuovo. Ciò comporta la scelta preferenziale per i giovani più bisognosi, l’attenzione alle loro necessità, la condivisione della loro situazione, il superamento di una mentalità assistenzialista e paternalista, l’impegno a renderli protagonisti del loro sviluppo. Fedeli al nostro carisma, non ci accontentiamo di offrire aiuti immediati, ma intendiamo denunciare e contrastare le cause dell’ingiustizia, contribuendo a creare una cultura della solidarietà, educando la coscienza morale, la cittadinanza attiva, la partecipazione politica, il rispetto dell’ambiente, proponendo iniziative e progetti di intervento, collaborando con organismi ed istituzioni che promuovono la vita. Tale impegno richiede di rinnovare nelle comunità e negli ambienti educativi la sensibilità a queste tematiche e di superare l’imborghesimento che provoca indifferenza al dramma mondiale della povertà. |
81. | Gestione responsabile e solidale delle risorse Don Bosco ci ricorda che “quello che noi abbiamo non è nostro, ma dei poveri; guai a noi se non ne faremo buon uso” (Cost 79). La pratica della povertà richiede una gestione delle risorse a noi affidate coerente con i fini della missione, responsabile, trasparente e solidale. Ciò significa tra l’altro una rendicontazione chiara e completa, un uso razionale e ottimale degli immobili, una intraprendenza nel reperire le risorse necessarie a garantire la sostenibilità delle opere, il rispetto delle norme nei contratti di lavoro, l’attenzione alle condizioni dell’ambiente sociale nel quale siamo collocati, la riscoperta del valore della gratuità nell’ospitalità e in alcune prestazioni, la solidarietà con le comunità, le ispettorie e la Congregazione. Le sfide della illegalità diffusa, dell’ingiustizia planetaria e dell’accaparramento dei beni da parte di pochi ci chiamano a denunciare questi scandali e ad elaborare una cultura dell’essenzialità, dell’equa distribuzione delle risorse e dello sviluppo sostenibile. La povertà assume in tal modo una forte valenza educativa: afferma il primato dell’essere sull’avere, realizza un’autentica solidarietà cristiana con i poveri, contesta stili di vita consumistici.
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SITUAZIONE |
82. | Testimonianza personale e comunitaria In generale i confratelli danno testimonianza di lavoro generoso e dedizione gratuita fino all’età avanzata, mettendo al servizio dei poveri quello che sono e ciò che hanno; nonostante il calo numerico dei confratelli, le comunità portano avanti molte opere su fronti diversificati. Talvolta rischiamo di ridurre l’esercizio della povertà alla dipendenza dal superiore; si constata anche una gestione irregolare del denaro e di conti personali. Non sempre la sobrietà è vissuta nel vitto, nell’alloggio, nei viaggi, negli strumenti di comunicazione, nell’organizzazione dei tempi di riposo, nella cura della salute. In alcuni contesti si verifica un esagerato attaccamento e sostegno alla famiglia di origine, non coerenti con il voto di povertà In numerose comunità si vive la condivisione dei beni e si aiutano le famiglie disagiate. Ci sono confratelli che si prestano per la cura e la manutenzione della casa, ma il diffondersi del personale stipendiato rischia di indebolire la corresponsabilità nei servizi comuni. Il mancato coinvolgimento nella gestione economica della comunità e un’insufficiente informazione portano alcuni a non rendersi conto delle difficoltà della casa, dei costi della vita, dei problemi quotidiani affrontati dai poveri. Non sempre lo scrutinium paupertatis riesce a modificare prassi scorrette Nella formazione iniziale sembra talvolta carente l’attenzione alla povertà evangelica vissuta concretamente nel quotidiano: si conoscono le implicanze del voto di povertà, ma non si impara praticamente a pensare e a vivere da poveri. |
83. | Solidarietà con i poveri Numerosi sono gli interventi per contrastare le forme più gravi di povertà, come l’accoglienza degli immigrati, i progetti di sostegno allo sviluppo, l’aiuto ai popoli provati dalla guerra e da calamità naturali, la promozione umana nei territori di missione. Importante è il lavoro che svolgiamo nelle istituzioni scolastiche per educare alle esigenze della giustizia e alla causa della pace; in esse proponiamo la cultura della solidarietà con iniziative a favore dei più bisognosi e degli esclusi. Lavoriamo per i poveri, ma talvolta non accanto a loro e con loro: non sempre infatti siamo attenti a favorire il loro protagonismo nei progetti di sviluppo. Si nota in alcuni confratelli la resistenza ad andare verso i giovani più bisognosi e ad offrirsi per nuove presenze sul fronte delle povertà giovanili Le strutture imponenti, talora non più significative in rapporto al contesto sociale, i mezzi spesso costosi ed appariscenti, un uso scorretto del denaro, rischiano di non dare testimonianza di povertà comunitaria e istituzionale. Alcune opere poi iniziate a favore dei più poveri, gradualmente si sono rivolte alle classi medie. |
84. | Gestione responsabile e solidale delle risorse Si sono fatti molti sforzi per conseguire una maggior trasparenza nell’amministrazione, in particolare con una redazione più accurata del bilancio consuntivo, un migliore utilizzo degli edifici, un crescente rispetto della normativa vigente, una fattiva solidarietà a livello ispettoriale. Ci incoraggia il fatto che benefattori privati, istituzioni ecclesiastiche e pubbliche continuino ad avere fiducia nel nostro lavoro e ad elargire fondi per sostenere le nostre opere. Per la gestione delle risorse economiche non sempre abbiamo la competenza necessaria; nonostante l’impegno per qualificare gli economi, non tutti godono di una preparazione adeguata. Poco diffusa è la pratica del bilancio preventivo. Nel rapporto con i dipendenti si nota talora uno stile padronale, poco rispettoso della loro dignità; occorre richiamarci sempre alla pratica di una più attenta giustizia sociale nei loro confronti. Si fa anche fatica a corresponsabilizzare i laici nelle scelte di gestione Le urgenze e la complessità crescente di certe attività rischiano di trasformare l’opera salesiana in un’impresa, con il pericolo di un eccessivo funzionalismo ed efficientismo, soprattutto quando si indeboliscono le finalità pastorali. Nella conduzione di progetti di grandi dimensioni, relativi a nuove strutture e ristrutturazioni, si rischia di perdere energie, tempo e denaro.
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LINEA DI AZIONE |
85. | Processi da attivare per il cambiamento Per affrontare le esigenze della chiamata e le sfide provenienti dalla situazione e per realizzare le linee di azione conseguenti, è necessario convertire mentalità e modificare strutture, passando:
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LINEA DI AZIONE 12 Testimonianza personale e comunitaria |
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86. | Dare una testimonianza credibile e coraggiosa di povertà evangelica, vissuta personalmente e comunitariamente nello spirito del Da mihi animas ceteratolle. |
87. | Il salesiano
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88. | La comunità
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89. | L’ispettoria
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LINEA DI AZIONE 13 Solidarietà con i poveri |
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90. | Sviluppare la cultura della solidarietà con i poveri nel contesto locale. |
91. | La comunità
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92. | L’ispettoria
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93. | Il Rettor Maggiore con il suo Consiglio
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LINEA DI AZIONE 14 Gestione responsabile e solidale delle risorse |
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94. | Gestire le risorse in modo responsabile, trasparente, coerente con i fini della missione, attivando le necessarie forme di controllo a livello locale, ispettoriale e mondiale. |
95. | La comunità
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96. | L’ispettoria
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97. | Il Rettor Maggiore con il suo Consiglio
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V. NUOVE FRONTIERE |
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“Lo Spirito del Signore è sopra di me; |
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CHIAMATA DI DIO“La nostra azione apostolica si realizza con pluralità di forme, determinate in primo luogo dalle esigenze di coloro a cui ci dedichiamo. Attuiamo la carità salvifica di Cristo, organizzando attività e opere a scopo educativo pastorale, attenti ai bisogni dell´ambiente e della Chiesa. Sensibili ai segni dei tempi, con spirito di iniziativa e costante duttilità le verifichiamo e rinnoviamo e ne creiamo di nuove. L´educazione e l´evangelizzazione di molti giovani, soprattutto fra i più poveri, ci muovono a raggiungerli nel loro ambiente e a incontrarli nel loro stile di vita con adeguate forme di servizi” (Cost. 41). |
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98. | Principale priorità: i giovani poveri Don Bosco, andando per le strade di Torino, vide le necessità della “pericolante gioventù” e rispose prontamente ai loro bisogni, aprendo nuovi fronti di impegno e agendo anche con “temerarietà” pur di “guadagnare anime a Dio”. Percorrendo le strade del mondo anche noi ci imbattiamo nei volti dei giovani immigrati, dei ragazzi sfruttati dal turismo sessuale e dal lavoro minorile, dei tossicodipendenti, dei portatori di HIV e dei malati di AIDS, dei disadattati sociali, dei disoccupati, delle vittime della violenza, della guerra e dei fanatismi religiosi, dei bambini soldato, dei ragazzi di strada, dei disabili fisici e psichici, dei giovani a rischio. Siamo colpiti da alcuni luoghi di emarginazione nei quali i giovani vivono, come le periferie delle città e le baraccopoli, e da alcune situazioni di emarginazione come quelle dei rifugiati, degli indigeni, degli zingari e di altre minoranze etniche. Riconosciamo pure le attese dei giovani spiritualmente e culturalmente poveri, che sollecitano il nostro impegno: giovani che hanno perso il senso della vita, carenti di affetto a causa della instabilità della famiglia, delusi e svuotati dalla mentalità consumista, indifferenti religiosamente, demotivati dal permissivismo, dal relativismo etico, dalla diffusa cultura di morte Don Bosco si sentì mandato da Dio a rispondere al grido dei giovani poveri e intuì che, se era importante dare risposte immediate al loro disagio, ancor più lo era prevenirne le cause. Sul suo esempio, vogliamo andare loro incontro, convinti che il modo più efficace per rispondere alle loro povertà è proprio l’azione preventiva. Avvertiamo perciò la necessità di approfondire il suo sistema educativo per esplicitarne i compiti in ordine al superamento del disagio e dell’emarginazione giovanili: educazione etica, promozione della dignità della persona, impegno sociopolitico, esercizio della cittadinanza attiva, difesa dei diritti dei minori, lotta contro l’ingiustizia e costruzione della pace. Riconoscendo che nei giovani poveri si incontrano apertura e disponibilità al Vangelo, a loro annunciamo con coraggio Gesù Cristo e proponiamo cammini di fede. |
99. | Altre priorità: famiglia, comunicazione sociale, Europa Una particolare attenzione va riservata alla situazione attuale della famiglia che è il soggetto originario dell’educazione e il primo luogo dell’evangelizzazione. Tutta la Chiesa ha preso coscienza delle gravi difficoltà nelle quali essa si trova e avverte la necessità di offrire aiuti straordinari per la sua formazione, il suo sviluppo e l’esercizio responsabile del suo compito educativo. Per questo anche noi siamo chiamati a fare in modo che la pastorale giovanile sia sempre più aperta alla pastorale familiare Ci sentiamo pure interpellati dalle nuove tecnologie della comunicazione sociale e dalle sfide educative che esse pongono. Le opportunità comunicative di oggi diventano per i giovani un modo abituale per incontrarsi, scambiare messaggi, partecipare con rapidità e mobilità, ma anche in modo impersonale e virtuale. La cultura dei personal media può compromettere la maturazione della capacità di relazione ed espone soprattutto i giovani al pericolo di incontri e dipendenze fortemente negative; è in questo “cortile” che dobbiamo farci presenti per ascoltare, illuminare, orientare. Condividiamo la preoccupazione della Chiesa per le sorti del Vangelo nel mondo occidentale e, in particolar modo, in Europa. Si va infatti indebolendo sempre più il riferimento alle radici cristiane che hanno contribuito alla identità del continente, ispirato pensiero, costume ed arte, orientato la storia dei popoli, arricchito la Chiesa di splendide figure di santità, nutrito per secoli lo slancio missionario in tutto il mondo. In forza dell’interdipendenza tra i popoli, il destino dell’Europa coinvolge il mondo intero e diventa preoccupazione della Chiesa universale. Si apre così una nuova frontiera rispetto al passato; per noi Salesiani è un invito a “rivolgere un’attenzione crescente all’educazione dei giovani alla fede” (Ecclesia in Europa n. 61). |
100. | Nuovi modelli nella gestione delle opere L’attenzione alle nuove frontiere ci impegna a rinnovare la nostra mentalità, coltivando la corresponsabilità nei progetti, che non sono mai del singolo ma della comunità salesiana e della comunità educativo pastorale. I nuovi bisogni dei giovani domandano il distacco personale da ruoli, situazioni e legami che minacciano la reale disponibilità al cambio, come pure il coraggio apostolico che dispone a ripensare iniziative ed opere per meglio rispondere alle loro domande. Un nuovo modello di gestione delle opere richiede che sia garantita la consistenza quantitativa e qualitativa della comunità; la corresponsabilità reale dei confratelli e dei laici; la disponibilità del direttore per il suo compito primario; la promozione di nuove forme di presenza più flessibili; la progettazione comune con la Famiglia salesiana e il lavoro in rete con altre organizzazioni e agenzie educative, in sinergia con la Chiesa locale e la società Ciò consentirà di dar vita a “nuove presenze”, ossia a progetti inediti in risposta ai bisogni emergenti, o di rinnovare le opere e le proposte già esistenti così da renderle “presenze nuove”, ossia più efficacemente orientate alla missione.
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SITUAZIONE |
101. | Principale priorità: i giovani poveri Diffusa è l’attenzione alle tante forme di povertà presenti oggi nel mondo e in particolare quelle che minacciano il presente e il futuro dei giovani. Forte è l’impegno della Congregazione a favore della crescita umana e della promozione sociale nelle aree dove più evidente è la povertà. Nelle nostre case i giovani sono accolti senza discriminazioni e il nostro servizio educativo pastorale viene offerto a tutti. Particolarmente efficaci sono quelle opere che preparano i giovani al mondo del lavoro offrendo professionalità e accompagnamento. Nelle ispettorie sono nate esperienze positive per rispondere alle povertà emergenti. Si sviluppa il lavoro in rete, in collaborazione con la Famiglia salesiana, con educatori e volontari delle comunità educative pastorali, con soggetti del mondo ecclesiale, sociale ed associativo, con organizzazioni non governative. Aspetti positivi che favoriscono l’apertura alle nuove frontiere sono l’accresciuta capacità di pensare ed operare per progetti, la fiducia e la disponibilità delle istituzioni private e pubbliche, l’impegno ad investire sulla formazione per abilitare salesiani e laici a risposte adeguate D’altra parte esiste una certa resistenza a rinnovare, riqualificare, convertire la nostra mentalità. Risulta ancora debole la formazione di salesiani e laici per saper leggere i segni dei tempi e scongiurare il pericolo della lontananza dai giovani. Talvolta poi il nostro impegno educativo non riesce a raggiungere chi sta fuori dal nostro ambiente. Per rispondere alle nuove povertà, le ispettorie talora si sono affidate all’intraprendenza di qualche confratello sensibile e non hanno posto in atto iniziative programmate insieme. |
102. | Altre priorità: famiglia, comunicazione sociale, Europa Particolare preoccupazione suscita, in quasi tutti i contesti, la situazione della famiglia. Essa è minacciata non solo dal diffuso relativismo etico, ma anche da processi di delegittimazione istituzionale. Si giunge fino alla disgregazione e al riconoscimento di altre forme di unioni, con conseguenze gravi sul piano educativo, quali l’abbandono dei minori, le convivenze imposte, le violenze intrafamiliari. Per questo nelle ispettorie è cresciuta l’attenzione alla famiglia, che è il riferimento essenziale per l’educazione, ma gli impegni finora assunti sono ancora insufficienti Sono cresciuti la sensibilità e l’impegno della Congregazione sul fronte della comunicazione sociale. Ne sono segno, per esempio, l’istituzione della Facoltà di Scienze della comunicazione sociale all’UPS, l’attivazione di diversi progetti per l’educazione all’uso critico dei media, la crescente presenza di siti istituzionali in internet, la maggiore familiarità con la rete informatica sia per gli scambi personali che per la formazione a distanza, la nuova impostazione del Dicastero per la comunicazione sociale. Abbiamo tuttavia consapevolezza che molteplici sono i mondi virtuali abitati dai giovani e che non sempre siamo capaci di condividerli e di animarli per mancanza di formazione, di tempo e di sensibilità Negli ultimi decenni abbiamo assistito ad un progressivo indebolimento della presenza salesiana in alcune nazioni d’Europa. Il preoccupante calo delle vocazioni ha impegnato i confratelli a mantenere il più possibile le presenze coinvolgendo i laici, a ridefinire i confini delle ispettorie, a costruire progetti comuni per meglio rispondere alle sfide dell’educazione e della evangelizzazione. Si percepisce la non sostenibilità di tale sforzo senza un progetto coraggioso da parte di tutta la Congregazione. |
103. | Nuovi modelli nella gestione delle opere Nel lavoro a favore dei giovani poveri, in alcune ispettorie si sono ottenuti buoni risultati formando, coinvolgendo e corresponsabilizzando i laici. Si tratta di un’attenzione sempre più diffusa, ma non ancora adeguatamente assunta in tutte le nostre presenze Talvolta si riscontra un modello organizzativo che non ha saputo rinnovarsi secondo l’esigenza dei tempi: permane una mentalità ereditata dallo stile tradizionale di conduzione delle case. Ciò si manifesta, per esempio, nella impostazione rigida delle attività, nella insufficiente attenzione ai ritmi di vita dei giovani, nella lentezza a ricollocare o riqualificare presenze e opere, nella difficoltà a corresponsabilizzare i laici nei ruoli decisionali. Per adeguarci alle mutate condizioni dei tempi spesso abbiamo adottato la strategia di ampliamento delle opere, portandole a dimensioni difficili da gestire e non più in grado di rispondere alle nuove povertà con l’agilità e l’urgenza che queste richiedono.
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LINEA DI AZIONE |
104. | Processi da attivare per il cambiamento Per affrontare le esigenze della chiamata e le sfide provenienti dalla situazione e per realizzare le linee di azione conseguenti, è necessario convertire mentalità e modificare strutture, passando:
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LINEA DI AZIONE 15 Principale priorità: i giovani poveri |
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105. | Operare scelte coraggiose a favore dei giovani poveri e a rischio. |
106. | La comunità
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107. | L’ispettoria
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LINEA DI AZIONE 16 Altre priorità: famiglia, comunicazione sociale, Europa |
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108. | Assumere un’attenzione privilegiata alla famiglia nella pastorale giovanile; potenziare la presenza educativa nel mondo dei media; rilanciare il carisma salesiano in Europa. |
109. | La comunità
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110. | L’ispettoria
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111. | Il Rettor Maggiore con il Consiglio
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LINEA DI AZIONE 17 Nuovi modelli nella gestione delle opere |
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112. | Rivedere il modello di gestione delle opere per una presenza educativa ed evangelizzatrice più efficace. |
113. | L’ispettoria
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