Cari amici,
Saluti da Malta. Nella storia d'Europa, Malta è stata crocevia di numerose potenze, che hanno occupato l'isola, fino al 1964 quando abbiamo ottenuto la nostra indipendenza. La nostra lingua e i nostri cognomi sono testimoni della lunga serie di occupanti. Questa storia ha fatto sì che l'incontro e il fascino per la diversità fossero nel DNA del popolo maltese.
In passato Malta ha donato molti missionari in tanti paesi; oggi, invece, è diventata anche meta di missionari. Sono convinto che il lavoro missionario sia, innanzitutto, una questione di incontro tra compagni di viaggio nel cammino della vita. L'azione è un secondo passo. Spero e prego che sempre più persone nella Chiesa siano incuriosite dalla bellezza dell'incontro tra storie diverse, poiché tali differenze vogliono essere un arricchimento. Spero che riusciremo a coltivare questo incontro e a farlo crescere.
▀ Don Roberto Falzon, SDB
Coordinatore Regionale per l'Animazione Missionaria per la Regione Europa Centro - Nord e DIAM di Malta
Nel suo magistero, Papa Francesco non parla quasi mai di “missioni”, cioè di missioni nel senso classico di “missio ad gentes”. Al contrario, molto spesso parla della “missione” (Evangelii Gaudium), della missione della Chiesa nella quale siamo stati coinvolti dal battesimo, ma alla quale non possiamo avanzare allo stesso tempo alcuna pretesa, perché è innanzitutto la missione di Gesù Cristo stesso e noi soltanto ne partecipiamo.
Secondo Papa Francesco, questa missio comprende tutta la persona con i suoi valori, le sue relazioni, la sua fede e il mondo in cui vive. Presuppone quindi la disponibilità all'incontro e all'uscita, nonché la capacità di ascolto e di dialogo reale. Si tratta principalmente di atteggiamenti interni ed è quindi molto importante liberare la missio da ogni forma di funzionalismo. La missio non significa primariamente fare qualcosa, ovvero impegnarsi in qualche modo, organizzare o costruire, ma è l'orizzonte di tutto il pensiero e l'azione cristiana, un vero stile di vita. È un dono che il cristiano riceve da Dio con gratitudine, perché è un dono immeritato, e allo stesso tempo desidera che tanti altri ne facciano parte. Questo atteggiamento trasforma lui e la comunità in cui vive, e gradualmente cambia le altre persone nelle sue vicinanze e trasforma l'intero ambiente che lo circonda.
Per Francesco tutta la Chiesa è in movimento come popolo fedele di Dio che vive nello spazio e nel tempo, perché è opera di Colui che più è in movimento, Dio Trinitario, e questo movimento in Dio stesso è anche alla base del movimento missionario. Quindi, se non ci sono le condizioni per questo movimento nella Chiesa, non si muove nulla, la Chiesa rimane statica e “marcisce”.
Pertanto, se ci chiediamo come si possa esprimere la visione della missio per Francesco, è possibile utilizzare i suoi concetti chiave: incontro, uscita e servizio misericordioso. Secondo il papa, il missionario è il discepolo e viceversa, cioè colui che attraverso la sua fede ha incontrato Gesù Cristo, è stato da Lui chiamato e inviato alla gente. Il missionario vuole incontrarle le persone per portare loro la Parola di Dio e rendere accessibile il suo amore, perciò va incontro a loro, e vuole servirli nella loro situazione specifica con cuore misericordioso aiutandoli nel cammino verso una vita piena in Cristo.
▀ Don Pavel Ženíšek, SDB
Membro del Settore per le Missioni Salesiane
Caro Alex, come è conosciuta e percepita la presenza salesiana dalla società panamense, che conta “solo” due comunità nella capitale del Paese?
I Salesiani di Panama sono diventati, in 116 anni di presenza, compagni significativi nel cammino di sviluppo del Paese e punto di riferimento per l'educazione e la pastorale nel territorio nazionale, come si può vedere nell'impatto che le due comunità hanno attualmente nel Paese: la Basilica di Don Bosco, una delle parrocchie più importanti dell'arcidiocesi e grande centro di devozione a Don Bosco, che riunisce ogni anno centinaia di migliaia di pellegrini e devoti di Don Bosco, e l'Istituto Tecnico Don Bosco, che continua ad essere un riferimento per l’istruzione tecnica nel Paese.
Cosa manca di più ai giovani di Panama?
Problemi come la povertà, la delinquenza, la criminalità organizzata, l’abbandono scolastico, la mancanza di opportunità e l’enorme divario economico tra ricchi e poveri sono i problemi dei giovani di oggi. In un Paese dove vivono 1,8 milioni di giovani, la gioventù è esposta a tanti rischi. Si percepisce tra i giovani un certo disagio di fronte all’incertezza di costruire un Paese che punti ad obiettivi più nobili. Questo porta a una certa disperazione di fronte a un orizzonte così impegnativo. C’è bisogno di modelli coerenti per riaccendere l’ardore giovanile a Panama.
Qual è la dimensione missionaria del tuo Paese??
Attualmente, il cristianesimo continua a far parte della spina dorsale della società panamense. Tuttavia, sono presenti anche correnti come il secolarismo e il consumismo, che promuovono un certo individualismo, edonismo e la non appartenenza religiosa. Questo ci permette di comprendere che l’azione missionaria della Chiesa a Panama deve essere orientata alla cura del popolo di Dio, non solo con i sacramenti, ma anche nell’ascolto e nell’accompag-namento, soprattutto dei giovani, permettendo loro di essere protagonisti.
Come Salesiani siamo chiamati a testimoniare la nostra fede e la nostra vocazione. Il fatto che attualmente ci siano solo cinque salesiani di nazionalità panamense non è un dato insignificante. Questo ci mostra che dobbiamo radicare il carisma nel cuore dei nostri giovani, vivendo il “sacramento della presenza” tra tutti e testimoniando loro la bellezza della nostra vocazione. Non dobbiamo inoltre aver paura di rendere esplicita la proposta vocazionale ai nostri giovani e aiutarli ad aprirsi ad orizzonti più ampi.