Se vogliamo descrivere la nostra Vita utilizzando una sola parola, questa parola sarebbe: sovraccaricata. La complessità della situazione politica nazionale, europea e mondiale, l’auto-accelerazione della comunicazione digitale e la megalomania dell’Economia si sommano ad un “Festival di una simultaneità nervosa[1]”. L’uomo nell’epoca del sovraccarico barcolla, con conseguente perdita di controllo. E soprattutto barcollano anche le nostre Élite. Le Banche hanno perso il controllo sui loro bilanci, gli Stati hanno perso il controllo sui propri confini. Noi nella nostra società civile abbiamo perso la nostra spensieratezza. La politica ha perso il senso dei bisogni dei cittadini. Le guerre condotte dall’Occidente nel nostro nome, non hanno portato la pace, ma hanno mobilitato di milioni di persone. Si lamenta l’iniqua distribuzione della ricchezza – e allo stesso tempo si accelera la distribuzione iniqua della ricchezza stessa. Il cambiamento climatico è compreso, ma allo stesso tempo viene alimentato.
Nel frattempo, nell’educazione dei Bambini abbiamo fatto il passo da “Punizione e Ordine” verso “Dialogo e rispetto”; nella politica e nelle nostre società cresce un comportamento intenzionale di fingere di non capire l’altro e così si sviluppa una spirale di Odio e anti-odio.
Qui voglio sottolineare il fallimento della politica estera occidentale; non è necessario essere presenti durante un Summit dei G20 per rendersene conto, è sufficiente andare in un centro di accoglienza profughi nelle nostre città. Tutto questo, e tante altre cose influenzano la nostra economia mondiale, nazionale, ma anche la nostra economia ispettoriale e locale. Il nervoso e la fretta che ci appartiene formano il carattere della politica e anche delle nostre relazioni. Ho l’impressione che molti nostri responsabili si trovino in una situazione che Friedrich Nietzsche descrisse: “vivevo ancora, eppure non riuscivo a vedere tre passi avanti [2]”.
Forse molti di Voi in questa sala trovano i miei pensieri difficili da seguire, perché il collegamento tra il titolo di questa relazione e le mie riflessioni non è facile da individuare.
Vorrei ringraziare tutti voi, ed in modo particolare i responsabili per la gestione delle opere salesiane qui in Italia, per essere presenti a questo convegno ed auguro a voi tutti di trovare la motivazione e l’ispirazione per fare passi avanti e aprire la mente ed il cuore al fine di migliorare la nostra situazione economica. Soltanto chi comprende questa era di sovraccarico ha il potere di affrontarla. Il rinnovamento parte da un nuovo modo di pensare.
Gli uomini non sono ostili contro l’economia, ma si aspettano non soltanto numeri e dati. Tanti dei nostri economi devono (ri-)guadagnare fiducia nei confratelli, nei cooperatori, nei giovani e nelle istituzione pubbliche. Gran parte della gente che vive e lavora con noi brama una co-responsabilità, partecipazione ed equità.
Le frasi che mostrano i nuovi progetti come utopie non impressionano più, la gente non è più colpita da un rinnovamento che non si rivela realistico. Intelligenza artificiale, macchine semoventi, l’internet che permette di comunicare in tempo reale. La caduta del muro di Berlino e un Presidente nero degli Stati erano considerati un utopia. Ovviamente l’uomo ama vedere le Utopie avverate e soprattutto i giovani hanno tante energie per realizzare in modo creativo nuove idee – anche modelli di economia.
“Pensare senza ringhiera[3]” è per tanti nostri direttori ed economi un incubo. La prevedibilità che ci da tanta sicurezza è uno scoglio. Il dubbio sull’efficienza delle nostre offerte (scuole, formazione professionale, oratorio, …) è blasfemia. Per troppa gente l’opera salesiana è sempre legata alle norme ed ai progetti che hanno servito i giovani 40, 30, 20 anni fa – ma oggi la nostra offerta è alternativa & unica, direi originale, per la gioventù, i genitori, la società civile?
Quelli di noi presenti al “Congresso Pastorale Giovanile e Famiglia” (tenutosi a Madrid la settimana scorsa) hanno sentito da tutti i relatori che la nostra missione è unica nella chiesa. Noi Salesiani abbiamo un compito e una responsabilità per individuare vocazioni sia per il matrimonio, sia per una vita religiosa ecc. Una responsabilità così importante pone anche un interrogativo alla nostra maniera di fare economia. Nel documento di Madrid si dice: notiamo un margine di crescita nella solidarietà come antidoto alla cultura della scarto. Nelle nostre Ispettorie si parla di un pluralismo culturale, religioso, sociale e sessuale che il più delle volte non siamo in grado di decifrare, e tanto meno di gestire. Non è necessario una economia nuova, ma una nuova maniera di realizzare gestione e economia per rispondere alle sfide di oggi. Come i giovani sono il nucleo di tutta nostra missione così l’economia ha il compito di garantire il loro coinvolgimento e il loro ruolo di Protagonisti della nostra missione in tutti gli ambiti salesiani. Le modalità di gestione operativa devono rispettare le due grandi linee della nostra pastorale giovanile, investire nel campo dell’Accompagnamento e della Formazione. Oggi più che mai data la grandezza della sfida che dobbiamo affrontare, questa chiamata riveste un valore molto forte e cambia il modo di porci nelle nostre opere del futuro. Il ruolo della nostra economia non è di salvaguardare il passato, ma di permettere la realizzazione del futuro, non dimenticando di accogliere all’interno della cornice tutti gli elementi del puzzle che fornisce l’immagine di una concezione dell’economia che deve essere il motore per la realizzazione della nostra Missione.
L’economia deve essere lo strumento che evidenziando i fenomeni sociali possa suggerire ed incoraggiare i cambiamenti necessari per governare il futuro delle nostre Opere. In tale senso la nostra congregazione ha lanciato dieci anni fa la proposta che ciascuna ispettoria crei una squadra di persone per dare un aiuto nella riflessione, pianificazione e realizzazione di progetti sotto la guida dell’ispettore e del suo consiglio. La nostra maniera di pensare il futuro raramente è fondata sulla ricerca e valutazione dei cambiamenti progressivi nella società e nella Chiesa. Nelle nostre previsioni non ci sono recessioni (non è previsto che facciamo passi indietro), nessuna ammaccatura, ma nella realtà entrambi appaiano senza sosta. Si vedono amministratori che trascorrono grande parte del loro tempo per abbellire codici e numeri perché si sentono prigionieri in questa “Gabbia di acciaio duro”, cosi ha descritto Max Weber il capitalismo. Questi amministratori, i nostri amministratori, hanno bisogno di vivere a contatto con i giovani perché “solo abitando nel loro mondo se ne possono apprezzare le potenzialità” e le loro esigenze[4], un tempo con la gioventù nostra ;in questo modo potrebbero scongelarsi e diventare capaci di essere membri di un Team.
In questo contesto sarebbe forse utile per i nostri amministratori una reale conoscenza della esperienza degli “uffici di sviluppo (PDO)”. Strumento creato in anni passati e che in molti casi ha contribuito, con gli ispettori, a realizzare un bel lavoro per la congregazione. Credo che si debba motivare maggiormente gli ispettori a favorire lo sviluppo di un gruppo PDO che possa essere organico all’Ispettore ed al suo Consiglio che possa fornire quelle competenze, anche in campo economico, che noi salesiani per formazione non abbiamo.
Qui in Italia siamo molto legati ai nostri antenati, che è in sé una buona cosa. A volte ho però l’impressione che in noi manchino la passione, il fuoco e la speranza, che la storia ci ha insegnato essere qualità dei nostri predecessori; ho l’impressione che siano venute ad esaurimento in alcuni nostri organi di governo. È tempo di capire che sotto le cenere le braci[5] calde ci sono ancora. Vedo che nel processo di razionalizzazione cui siamo chiamati a volte manca il coraggio di cambiare (dismettere quello di cui non abbiamo più bisogno per liberare delle risorse da poter utilizzare per finanziare la nostra missione).
Non vogliamo soltanto far quadrare i conti ma siamo richiesti a progettare e modellare il nostro futuro. A partire da una seria valutazione dei nostri beni che da un lato danno una certa sicurezza, dall’altro rappresentano un peso enorme ed un rischio per i nostri bilanci. L’individuazione dei beni funzionali alle nostre opere deve essere parte di una razionalizzazione dei beni esistenti al fine della ottimizzazione economica e della liberazione di risorse per la realizzazione della Missione. A volte possediamo dei beni ma non ne conosciamo il valore; occorre riscoprirlo perché il bene può essere funzionale alla nostra missione, occorre “riappropriarsi” dei beni, sia per offrire con essi un servizio legato direttamente alla gioventù come parte della nostra missione – sia per generare attraverso essi un reddito che serve la comunità locale o ispettoriale. La nostra creatività, sempre nel rispetto alla legge civile e del diritto canonico, ci da tante possibilità di creare attività per garantire le offerte della pastorale giovanile ai più bisognosi. Nel futuro il governo e le casse pubbliche avranno sempre meno risorse per sostenere progetti sociali, e già lo si riscontra in tanti paesi che non si sforzano per migliorare la qualità della scuola o della formazione professionale. L’educazione scolastica dipenderà più e più da un sistema di sponsoring e di lobbying. La politica italiana già ha aperto la porta a ciò, ed un esempio lo abbiamo in Toscana ove nel settore della pelletteria è stata creata una scuola di formazione professionale di alto livello per giovani scelti da LVHM[6] e da questa finanziata.
Ed allora nelle nostre Opere di Formazione professionale siamo arrivati al punto di raccomandare lo slogan: Fai del Bene e parlarne. Credo valga la pena rafforzare i nostri modelli organizzativi con l’inserimento di esperti di comunicazione per essere maggiormente presenti nei medie con le nostre attività al fine di intercettare fondi per garantire il futuro della nostra Missione.
Con le mie riflessioni precedenti voglio fare un appello ad una economia più agile e creativa, visto il fardello pesante che troviamo nei bilanci di tante ispettorie, rappresentato da debiti e obblighi accumulati negli anni precedenti e difficilmente ripagabili in circostanze di normale gestione. Già sei anni fa ho avvertito delle deficienze in un sistema di gestione, il nostro, che produce sempre più debiti e ci porta alla erosione della nostra credibilità verso le banche e gli enti pubblici. Le ispettorie hanno bisogno di un programma di riduzione del debito per evitare che negli anni futuri le strutture possano crollare sotto il suo peso insopportabile e che ancor di più soffrano i responsabili sia a livello ispettoriale che mondiale.
Dopo il CG24 la congregazione ha fatto un grande sforzo per riorganizzare le strutture delle nostre opere. Sono stati coinvolti una buona quantità di laici che hanno portato anche una grande qualità nella gestione e che oggi si trovano in posizioni chiave con ruoli anche di grande responsabilità. Ogni ispettoria ha e deve avere un suo programma per inserire e formare queste persone e per concretizzare la loro partecipazione allo sviluppo delle opere. Oggi vediamo che mancano per alcuni settori, soprattutto per l’amministrazione, persone ben preparate. Pochi nostri impiegati e salesiani hanno una formazione adeguata e continuamente aggiornata rispetto alle particolarità del lavoro che gli si richiede. Per questo siamo lenti, facciamo troppi errori e manca lo spirito di un lavoro in team. La nuova realtà che ci mostra le difficoltà di trovare un economo preparato è veramente grave da sopportare e fronteggiare. La mancanza di adeguata formazione degli economi in campo gestionale e amministrativo (che può essere inizialmente accettabile data la nostra formazione di religiosi) è in qualche modo da mettere in conto perché il Diritto Canonico non accetta un “non socio” in questa posizione. Ma allora ciò impone l’esigenza di ricercare dei criteri di selezione delle persone che sono chiamate a ricoprire certi incarichi in campo economico (ma non solo). Ed ecco allora che occorre ancora più riflettere e condividere il principio che per intercettare e realizzare il cambiamento è essenziale lavorare in team, circolarizzare le informazioni per creare modelli di gestione condivisi basati sui principi della programmazione e della sostenibilità gestionale (sostenibilità che non sia solo finanziaria ma che grazie a quella finanziaria lo sia anche in termini temporali – durabilità delle opere).
Prima della conclusione voglio condividere una osservazione che forse non tutti accetteranno: La caduta dell’impero Romano era dovuta anche al raggiungimento del benessere economico diffuso che ha cambiato il modo di vivere dei romani e ne ha modificato i valori. Questo fenomeno capita in alcune nostre comunità (attenzione non voglio generalizzare). Purtroppo questi salesiani, le vecchie generazioni o quelli da queste influenzati, vivono sopra le righe sentendosi una sorta di casta al disopra degli altri confratelli; e questo fenomeno è notato dai giovani salesiani che in questo modo sono disorientati nella loro vocazione e tendono a non combattere il fenomeno, piuttosto si conformano ad esso. Così facendo nel lungo periodo rischiamo di non avere più risorse sufficienti per realizzare pienamente la nostra missione, “il pane mancherà”. Si rischia così di creare un conflitto che potrebbe avere quale conseguenza quella di mettere in crisi le diverse Istituzioni e in ultima istanza la stessa Congregazione. Tutti noi dobbiamo avere più coraggio ad intervenire laddove una certa mentalità blocca lo sviluppo e il cambiamento e quindi la capacità di adattarsi alle nuove realtà. Propongo che le nostre opere hanno dei requisiti oggettivi, scelti sulla base di criteri condivisi e verificabili in conformità con parametri di efficienza nell’uso delle risorse (soprattutto umane ed economiche). Così possiamo creare più efficacia nella attuazione del magistero della nostra congregazione e di qualità di offerta per essere vicino al fabbisogno della gioventù[7]. Sono convinto che la radicale e coraggiosa riforma che i Capitoli Generali 26 e 27 hanno lanciato porterà i suoi frutti. Soprattutto è importante non restare fermi, applicando, anche poco alla volta, i criteri precedenti mettendo in pratica la promozione della vocazione salesiana: ai giovani per la scelta della loro vita; ai nostri laici per la vocazione loro in famiglia, società e chiesa.
Alla fine voglio riassumere:
Interpreto che per noi Salesiani una “Nuova Economia” non è lo stesso che si intende nella Economia delle Banche e dell’Industria. Dobbiamo osservare che succede attualmente nella economia globale e locale. Siamo chiamati ad essere agili e creativi per garantire alla gioventù abbondonata un futuro che la renda felice. L’espressione “Nuova Economia” non significa dover trovare necessariamente frasi ad effetto o concetti strabilianti. Molte volte il nuovo può essere rappresentato dalla riscoperta dei valori fondanti andati smarriti. E cosi possiamo identificare le linee da seguire per una nuova economia salesiana:
· Riscoprire la nostra missione nella mutata società
· Razionalizzare la nostra gestione (da quella a livello alto, gestioni degli immobili e dei capitali, fino a quella a livello più basilare, individuare ed eliminare le spese superflue)
· Comunicare e condividere le nostre esperienze per creare un patrimonio di conoscenza comune, lavorare in rete (ispettoriale, nazionale e europeo)
· Investire in comunicazione per “pubblicizzare” e diffondere il nostro operato, le nostre buone azioni
· Investire sulla persona più che sui beni. Senza “buoni, ragionevoli ed onesti salesiani” qualunque investimento sarà destinato a dare scarsi frutti.
È indubbio che le trasformazioni in atto nelle nostre ispettorie in Italia hanno già oggi forti riflessi sulla organizzazione e le strutture delle nostre opere e ne richiedono una incisiva riforma. L’obbiettivo della nostra economia è di esplorare le prospettive che si aprono per le opere, farle più agili e produttive di fronte ad una società in continuo mutamento.
Jean Paul Muller
Roma/Ariccia 4/12/2017
[1] Nervöse Gleichzeitigkeit
[2] Friedrich Nietzche: „Ich lebe noch, doch ohne drei Schritte weit vor mich zu sehen”
[3] Raccomandazione di Hannah Arendt
[4] Cfr. Quadro di riferimento della Pastorale Giovanile Salesiana
[5] Die Glut unter der Asche
[6] Sole 24 ore, 28.11.2017
[7] Rif: Istituto Toniolo: La condizione giovanile, Rapporto Giovani 2017