Rada Zasoby

Esperienza educativa pastorale del tirocinio

Esperienza educativa pastorale del tirocinio

Consigliere generale per la formazione
Sacro Cuore, Roma, 15 ottobre 2019
Prot. 19/0430

Carissimi Ispettori e membri del Consiglio ispettoriale,

Delegati ispettoriali e membri della commissioni ispettoriali per la formazione, Direttori e confratelli delle comunità con salesiani in tirocinio,
Confratelli che vivono l’esperienza del tirocinio,

Saluti dalla Basilica del Sacro Cuore in Roma.

Sto scrivendo questa lettera a pochi passi dalla stanza dove don Bosco ha scritto la lettera del 10 maggio 1884, dove ci ha comunicato il suo cuore e il suo pensiero sulla pedagogia e spiritualità che ci ha trasmesso come preziosa eredità, e ci dice che tipo di salesiano vuole che noi diventiamo per i giovani di ogni epoca.

Ciò che intendo comunicarvi in questa lettera riguarda l’ESPERIENZA FORMATIVA NEL TIROCINIO e il modo di accompagnare i confratelli che vivono questo periodo della loro vita, che la nostra Ratio dice di essere “dal punto di vista salesiano, la fase più caratteristica della formazione iniziale” (FSDB 428).

Vorrei riflettere con voi su ciò che le Costituzioni, i Regolamenti e la Ratio dicono sul tirocinio, tenendo conto anche di quanto è emerso dalla ricerca sul sull’Accompagnamento Personale Salesiano - in cui 554 tirocinanti hanno inviato il loro contributo (78% del totale) -, e della condivisione circa l’esperienza di tirocinio di molti giovani confratelli incontrati negli ultimi cinque anni (in particolare quelli del primo anno di formazione specifica, sia coadiutori che aspiranti al sacerdozio).

  • Costituzioni art. 115 sul tirocinio

C 115. Il tirocinio Nel corso di tutta la formazione iniziale, insieme allo studio, si dà importanza alle attività pastorali della nostra missione. Una fase di confronto vitale e intenso con l'azione salesiana in un’esperienza educativa pastorale è il tirocinio. In questo tempo il giovane confratello si esercita nella pratica del Sistema Preventivo e in particolare nell’assistenza salesiana. Accompagnato dal direttore e dalla comunità, realizza la sintesi personale tra la sua attività e i valori della vocazione. [Vedi anche R 86 e 96]

Un primo punto da notare è che C 115 non si concentra sull’azione educativa e pastorale in quanto tale, ma sull’ESPERIENZA VITALE E INTENSA che il confratello fa di tale azione. È la qualità DELLA ESPERIENZA VISSUTA che fa sì che il tirocinio diventi “la fase più caratteristica della formazione iniziale” (FSDB 428).

L’integrazione delle attività e dei valori fondamentali della nostra vocazione qui menzionata è un eco, infatti, del “fare esperienza” dei valori della vocazione salesiana di C 98. E sia C 98 che C 115 sono ripresi in una nuova sintesi in C 119, che è l’articolo finale della terza sezione delle Costituzioni sulla formazione, dove si coglie in sintesi l’essenza della formazione dei salesiani di Don Bosco:

Vivendo in mezzo ai giovani e in costante rapporto con gli ambienti popolari, il salesiano si sforza di discernere negli eventi la voce dello Spirito, acquistando così la capacità d’imparare dalla vita. Attribuisce efficacia formativa alle sue attività ordinarie e usufruisce anche dei mezzi di formazione che gli vengono offerti... (C 119).

C 119, come C 98, non parla del tirocinio in quanto tale, ma della “formazione permanente”, che descrive come “un’attitudine permanente”. Tale attitudine o disposizione del cuore è la capacità di apprendere dell’esperienza che a sua volta è discernimento della voce dello Spirito. A maggior ragione possiamo dire che il tirocinio non è questione di lavorare, lavorare e lavorare sempre di più, ma l’apprendere l’attitudine e l’arte di quella formazione che dura per tutta la vita. Questa, che è la fase più caratteristica della nostra formazione, prima full immersion come religiosi nell’attività educativa e pastorale salesiana, è quindi tutta da giocare sull’apprendimento dall’esperienza e sul discernimento della voce dello Spirito nel contatto vivo e costante con i giovani.

L’ASSISTENZA SALESIANA è il segno distintivo del tirocinio. L’ “assistenza salesiana” è  la nostra presenza educativa quotidiana tra i giovani, come mirabilmente descritta in C 39, con un commento molto significativo  nel Progetto di vita dei salesiani di Don Bosco (pag.  338-341),  che invito tutti a leggere, cominciando dai nostri giovani confratelli tirocinanti.

L’assistenza è il sistema preventivo messo in pratica. Richiede “la simpatia e la volontà di contatto con i giovani” (C 39). È una presenza fraterna piuttosto che istituzionale o autoritaria. È una presenza attiva e proattiva. È anche una presenza animatrice, che sa che i giovani non sono oggetti, ma soggetti attivi e responsabili della nostra pastorale. È una presenza di testimoni credibili, che sanno ascoltare, apprezzare e dialogare.

Tutto ciò significa che ci sono grandi attese sui giovani confratelli! Devono essere sempre fisicamente presenti, e insieme molto creativi. Devono comprendere i giovani e il “nuovo mondo” a cui appartengono, ma anche far sì che si comportino come i salesiani più adulti da loro esigono.

D’altro canto, i nostri giovani in tirocinio sono precisamente questo: “tirocinanti” che, ovviamente non ancora esperti, sono nuovi nel loro lavoro. Se hanno incontrato salesiani che erano sempre presenti tra i giovani, e se sono vissuti in comunità “in grado di comunicare vitalmente l’ideale salesiano” (C 104), sono stati fortunati e avranno già un’idea di cosa fare e come muoversi. Se invece le loro esperienze precedenti sono state negative, come talvolta accade, arrivano in tirocinio con gravi lacune. Sarà per loro una vera benedizione se trovano comunità accoglienti “in grado di comunicare vitalmente” il valore e il significato del sistema preventivo e dell’assistenza salesiana.

“La capacità d’imparare dalla vita” avviene anche grazie al fatto che il confratello in tirocinio è “ACCOMPAGNATO DAL DIRETTORE E DALLA COMUNITÀ”. Se tale sostegno e accompagnamento è sempre importante in ogni momento della nostra storia personale, ancora

di più lo è durante la prima full immersion di un confratello nella vita salesiana di una comunità in piena attività educativo-pastorale.

Una comunità con tirocinanti è, a tutti gli effetti, una “casa di formazione”, che avrà in ogni caso un forte impatto sulla vita del giovane confratello che è stato inviato come membro di quella comunità. Il direttore di quella casa è prima di tutto un formatore, non solo dei più  giovani affidati alle sue cure, ma anche degli altri salesiani, affinché insieme possano vivere con “efficacia formativa” le loro “attività ordinarie” (C 119), guidando i più giovani prima di tutto con il loro esempio.

L’accompagnamento dei confratelli durante il tirocinio è la chiave per far sì che l’esperienza sia davvero formativa. Questo è ciò che Cafasso ha fatto con Giovanni Bosco, quando a 26 anni era appena arrivato a Torino. Attraverso l’accompagnamento di Cafasso, quello che Giovanni ha visto nelle carceri minorili e nei miserabili quartieri periferici di Torino è diventata  un’esperienza trasformante, della cui fecondità continuiamo ad essere testimoni oggi.

Molto presto saranno disponibili gli Orientamenti e linee guida su Giovani salesiani e accompagnamento, frutto di uno studio che ha coinvolto l’intera Congregazione negli ultimi anni. Questo studio ha confermato con abbondanza di dati empirici ciò di cui già avevamo consapevolezza: che cioè la fase di formazione iniziale che richiede più attenzione e accompagnamento è precisamente il tirocinio.

Quando c’è un buon accompagnamento e quando il giovane confratello si sente compreso e incoraggiato, ecco che cresce e beneficia dell’esperienza che sta facendo, anche quando è molto impegnativa ed esigente. L’accompagnamento dell’esperienza aiuta a chiarire e rafforzare le proprie motivazioni e quella “retta intenzione” che è l’energia di base del cammino vocazionale salesiano, aprendo al confratello nuove opportunità di crescita per far fiorire i suoi doni e il potenziale di carisma salesiano che si porta dentro.

Purtroppo, per un numero grande di confratelli in tirocinio la situazione in cui si vengono a trovare non è questa, o non è stata questa. I dati della ricerca e la condivisione con giovani salesiani in numerose ispettorie mettono in evidenza la grave mancanza di accompagnamento, laddove il principale e quasi unico focus è il lavoro da svolgere, con una grande quantità di compiti e attività caricate sulle spalle del nuovo arrivato, senza sufficiente introduzione o orientamento per potersi inserire bene nel nuovo contesto, e senza prendersi cura di come si  sente e se è effettivamente in grado di farcela.

La situazione peggiore si verifica quando c’è un marcato settorialismo e gli ambiti di lavoro sono strettamente delimitati; ogni ‘incaricato’ (preside, responsabile dell’internato...) si aspetta che il confratello in tirocinio sia a sua disposizione, con lo stesso direttore che si pone come uno in più nella lista di queste autorità da assecondare. Immaginate cosa succede s quando non solo   il lavoro è a compartimenti stagni, ma ci sono anche rivalità i tra i settori. Il tirocinante può trovarsi al centro di riprovevoli competizioni del tipo ‘tiro alla fune’, con alcuni dei più adulti  che possono fare pesare come minacce più o meno velate possibili conseguenze negative al momento delle ammissioni.

Come dunque posizionarci difronte all’accompagnamento dei confratelli in tirocinio?
La presa di posizione più importante è a livello di governo ispettoriale, come gli Orientamenti e direttive già menzionati asseriscono: la scelta di comunità idonee per l’esperienza formativa del tirocinio, la disponibilità di buoni accompagnatori, ecc.

Per quanto riguarda il direttore di una comunità con tirocinanti, la sua prima responsabilità è verso i confratelli, a partire dai più giovani: egli ha “responsabilità diretta anche verso ogni confratello: lo aiuta a realizzare la sua personale vocazione e lo sostiene nel lavoro che gli è affidato” (C 55). È il guardiano del carisma e la guida spirituale della comunità. Incontra “frequentemente” i suoi confratelli per il colloquio (C 70, R 49). Gli Orientamenti  e direttive chiedono al direttore di distinguere con chiarezza il colloquio e l’accompagnamento

spirituale personale (“direzione spirituale”), e di rispettare la libertà di ciascuno nel scegliere la sua guida spirituale. Farà del suo meglio per creare un clima di famiglia e un’atmosfera di reciproca fiducia e confidenza, dando ogni mese il tempo e l’opportunità ai confratelli in tirocinio per incontrarlo. Inoltre, se è benedetto dalla presenza di più di un tirocinante, potrebbe essere utile avere cono loro anche almeno un incontro mensile congiunto, al fine di condividere e imparare insieme dall’esperienza.

 

  • Regolamenti art. 86 e 96

R 86. Le esperienze pastorali si attuino in attività proprie della nostra missione e abbiano per scopo lo sviluppo dello spirito apostolico e delle capacità educative pastorali del salesiano in formazione. Siano differenziate e graduate, tenendo conto della maturazione personale e religiosa del confratello e della fase formativa in cui si trova. R 96. Il tirocinio dura ordinariamente due anni e viene fatto prima della professione perpetua in una comunità che presenti i requisiti richiesti per la validità di questa esperienza.

L’articolo 86 dei Regolamenti ci ricorda che l’obiettivo delle esperienze pastorali durante la formazione iniziale non è il lavoro da svolgere, ma piuttosto lo SPIRITO APOSTOLICO da sviluppare attraverso “le attività proprie della nostra missione”. Ecco nuovamente l’invito a un adeguato accompagnamento nel quale il giovane confratello viene aiutato a imparare dall’esperienza.

Ciò significa che non possiamo assegnare qualsivoglia occupazione ai giovani confratelli in tirocinio. Essere generosi e disponibili da parte loro fa sicuramente parte del nostro spirito, ma le energie dei giovani devono essere investite in modo tale che l’esperienza porti allo “sviluppo dello spirito apostolico e delle capacità educative pastorali del salesiano in formazione”. Tale obiettivo richiede un discernimento di qualità al momento della programmazione fatta come comunità, come anche al momento della valutazione, e non solo sul tirocinante e sul lavoro che gli è stato assegnato, ma anche sulla comunità nel suo insieme e  il  modo  in cui  lo  accompagna. Quando ciò che è richiesto al giovane confratello e l’accompagnamento che gli viene dato non è in linea con questi obiettivi, il direttore ha il dovere morale di intervenire e riorientare la comunità e i confratelli.

R 86 chiede anche che le esperienze che vengono proposte “SIANO DIFFERENZIATE E GRADUATE, tenendo conto della maturazione personale e religiosa del confratello e della fase formativa in cui si trova” (vedi anche CG27 71,4). Il riferimento principale qui è l’insieme di esperienze apostoliche vissute nell’intero arco della formazione iniziale, ma ovviamente questo include anche la fase del tirocinio. Il criterio principale non è tanto la diversità e la gradualità, quanto lo sviluppo personale, religioso e pastorale del giovane confratello. Don Bosco era un artista nella capacità di trovare per ciascuno dei suoi giovani salesiani ciò che era più adatto alla sua personalità e ai suoi doni. Avremo anche noi i nostri Michele Rua e anche i nostri Cagliero; lasciamoci ispirare e guidare dal nostro fondatore e dalle Costituzioni che prendono il suo posto.

R 96 si prende la cura di dare specifiche indicazioni circa le comunità alle quali i confratelli vengono inviati per il tirocinio: “UNA COMUNITÀ CHE PRESENTI I REQUISITI RICHIESTI per la validità di questa esperienza”. Qui il governo a livello ispettoriale svolge un ruolo fondamentale. L’ispettore, ovviamente, non agisce mai da solo: ha il suo Consiglio, i suoi delegati per la formazione e per la pastorale giovanile; ha la possibilità di animare e dare indicazioni durante le riunioni dei direttori e in altri incontri con altri confratelli o collaboratori. Tutto ciò contribuisce alla animazione e al governo della ispettoria, anche per quanto riguarda questo delicato atto di discernimento: inviare giovani confratelli in comunità che “che presenti(no) i

requisiti richiesti per la validità di questa esperienza”. Siamo molto chiari su questo punto: l’unico criterio da seguire è la formazione, non c’è n’è altro. I tirocinanti non sono manodopera a basso costo, non hanno lo scopo di riempire i buchi, non possono essere inviati semplicemente per soddisfare le esigenze dei confratelli che sanno come far sentire forte la loro voce. Ogni ispettoria ha bisogno di una solida formazione, e R 96 ci ricorda un elemento importante e indispensabile all’interno di quella formazione ha luogo nel tirocinio.

Ove possibile, è utile, come afferma la nostra Ratio (441 FSDB), assegnare più di un tirocinante alla stessa comunità. Ancora una volta, l’idea non è tanto quella di soddisfare i “bisogni” di una comunità e il suo lavoro, ma di garantire qualità alla esperienza formativa.

Che dire delle comunità che hanno veramente bisogno di aiuto, ma non possono fornire ciò che è necessario per la validità dell’esperienza formativa del tirocinio? Qui gli ispettori devono essere fermi. Non possono mai sacrificare o mettere a rischio la crescita vocazionale di un confratello sotto la pressione delle emergenze.

Per quanto riguarda le comunità che ricevono tirocinanti ma non soddisfano i requisiti formativi, ugualmente sta agli ispettori prendere decisioni chiare: nessun tirocinante per quelle comunità.

3. FSDB 428 e 429

FSDB 428. “Nel corso di tutta la formazione iniziale, insieme allo studio, si dà importanza alle attività pastorali della nostra missione. Una fase di confronto vitale e intenso con l’azione salesiana in un’esperienza educativo-pastorale è il tirocinio. In questo tempo il giovane confratello si esercita nella pratica del Sistema Preventivo e in particolare dell’assistenza salesiana. Accompagnato dal Direttore e dalla comunità, realizza la sintesi personale tra la sua attività e i valori della vocazione” (C 115). È questa, dal punto di vista salesiano, la fase più caratteristica della formazione iniziale; il modello a cui fa riferimento è l’esperienza che Don Bosco ha vissuto con i giovani del primo Oratorio. 429. L’intenzione e la prospettiva formativa sono prioritarie nel tirocinio, che ha come primo scopo la formazione del confratello. Due sono gli obiettivi del tirocinio: - la maturazione nella vocazione salesiana: il confratello, esercitandosi nella missione e nello spirito del Sistema Preventivo, sviluppa le sue attitudini e la sua responsabilità e mira a realizzare una “sintesi personale tra la sua attività ed i valori della vocazione” (C 115); - la verifica dell’idoneità vocazionale attraverso l’esperienza personale e comunitaria della missione salesiana, in vista della professione perpetua.

FSDB 428 e 429 riprendono e sviluppano ulteriormente temi che abbiamo già incontrato nelle Costituzioni e Regolamenti:

  • fin dall’inizio abbiamo prestato attenzione a quell’affermazione di grande peso: salesianamente parlando il tirocinio è la fase più caratteristica della formazione iniziale;
  • ripetutamente  si  è insistito sul fatto che la il fine principale del tirocinio  è  la formazione del confratello;
  • abbiamo parlato dell’assistenza come segno distintivo del tirocinio: il confratello si esercita nello spirito e nella missione del sistema preventivo;
  • abbiamo visto che la sintesi personale tra la sua attività e i valori della vocazione (C 115) fa eco a C 98 e viene riassunta da C 119 nel discernimento come dimensione chiave della formazione permanente per il salesiano.

Due elementi nuovi che la Ratio evidenzia sono il riferimento al primo Oratorio come modello e a due obiettivi del tirocinio.

Il riferimento all’ESPERIENZA DI DON BOSCO NEL PRIMO ORATORIO è assai più che un ricordo storico. È un modo per dare enfasi alla natura carismatica salesiana di questa fase della formazione, in cui la nostra missione, che “dà a tutta la nostra esistenza il suo tono concreto” (C 3), può essere vissuta così intensamente da modellare il cuore, la mente, le energie di un figlio di Don Bosco. L’esperienza è arricchita dalla solida riflessione e dal riferimento alle fonti salesiane. La fase di formazione pratica richiede una formazione intellettuale non inferiore alle altre fasi, anche se ovviamente la percentuale di tempo dedicata allo studio sarà diversa. Con l’aiuto del direttore e di altre guide, in costante contatto con i giovani e insieme ai laici che condividono la nostra missione, il giovane confratello può essere aiutato a integrare vita e riflessione. Molto dipende, ancora una volta, dalla qualità dell’accompagnamento offerto in questa fase.

I due obiettivi qui indicati sono (1) la maturazione nella vocazione salesiana e (2) la verifica dell’idoneità vocazionale in vista della professione perpetua.

La “MATURAZIONE NELLA VOCAZIONE SALESIANA” comprende esercitarsi nello spirito e nella missione del sistema preventivo, sviluppando le corrispondenti attitudini e senso di responsabilità, e l’integrazione tra attività e valori fondamentali della nostra vocazione,  attraverso un processo di attento discernimento sull’esperienza, così da imparare da essa.

La “VERIFICA DELL’IDONEITÀ VOCAZIONALE” avviene in modo formale e informale: i modi formali sono le valutazioni periodiche (scrutini) e le ammissioni ai rinnovi dei voti e alla professione perpetua. La ricerca del 2017 mostra che ci sono difficoltà presenti in  tutte  le regioni sul modo in  cui   queste   valutazioni   vengono   condotte   e comunicate. Ciò che dovrebbe essere un aiuto per la crescita personale spesso non raggiunge questo obiettivo. Il nostro  nuovo  documento Giovani   salesiani   e   accompagnamento:  orientamenti  e  direttive (2019) ha questo da dire al riguardo:

L’équipe di formazione è invitata a riflettere attentamente sullo scopo e sulle modalità della valutazione  periodica, al  fine  di  garantire  un  processo  sano,  che  davvero  favorisca la formazione e la crescita dei giovani nelle loro comunità. È importante sottolineare che la valutazione non è di per sé un processo di discernimento legato all’ammissione di un candidato alla fase successiva. Le ammissioni sono atti giuridici  che  coinvolgono l’ispettoria e non solo il consiglio della casa, mentre lo scopo principale delle valutazioni periodiche è quello di favorire la crescita vocazionale di chi le riceve, attraverso i contributi qualificati offerti dai membri del consiglio locale. Lo scrutinio formativo è una valutazione del cammino del formando. Utilizzato nella formazione iniziale per personalizzare il cammino formativo, è un mezzo da valorizzare da parte del direttore e della guida spirituale per l’accompagnamento personale del formando. Poiché ogni fase formativa ha i suoi traguardi specifici che riguardano la dimensione umana, spirituale, intellettuale e pastorale, i formatori – e più precisamente il direttore con il consiglio della comunità – valutano il progresso del formando secondo tali obiettivi. Lo scrutinio tiene conto del progresso fatto rispetto alle valutazioni precedenti.

Un suggerimento della Ratio può essere utile: coinvolgere attivamente il giovane in formazione nel processo di valutazione. “Nel periodo della formazione iniziale, per valutare  e stimolare il processo formativo personale si compiano gli scrutini ogni tre mesi. Si mettano a confronto gli obiettivi della fase e il cammino del confratello, verificando la maturazione vocazionale in continuità con le valutazioni precedenti. Il confratello sia coinvolto nella verifica con diverse modalità” (FSDB 296).

Ciò che comunque rimane come principio fondamentale è che le valutazioni devono fare costante riferimento alla “via evangelica tracciata nelle Costituzioni Salesiane” (C 24). Fanno parte infatti di quell’assistenza dei nostri fratelli salesiani, che invochiamo nella formula di professione, come aiuto per essere fedeli giorno per giorno. I nostri fratelli in formazione iniziale devono essere aiutati a ricordare che tale assistenza nel vivere il nostro stile di vita evangelico è parte essenziale della nostra crescita e fedeltà. (Giovani salesiani e accompagnamento: orientamenti e direttive 169-170)

Guardando più in particolare nella fase del tirocinio, c’è un interessante suggerimento della
Ratio sulle valutazioni nel tirocinio che non è ancora sufficientemente conosciuto e praticato:

È opportuno che alla conclusione del tirocinio ci sia una valutazione globale di tutta l’esperienza e del cammino vocazionale fatto, sia da parte dell’Ispettore e della comunità sia da parte dell’interessato (FSDB 439).

Vale la pena prendere sul serio questo invito.

Lo scrutinio è una valutazione della crescita nella vocazione salesiana; comporta uno sforzo di integrazione; coinvolge non solo l’ispettoria e la comunità locale - sia religiosa che educativo- pastorale, siamo portati a pensare - ma anche il confratello stesso. Se portati avanti regolarmente, gli scrutini possono fornire dati preziosi sulla qualità del tirocinio nella ispettoria e diventare un aiuto importante per il discernimento circa le comunità in grado di fornire buone esperienze formative (vedi sopra il commento a R 96).

4. La lettera del 2010 di don Cereda

Ho cercato di riflettere su ciò che dicono le nostre Costituzioni, i Regolamenti e la Ratio sulla fase  formativa  del  tirocinio. I  nostri  documenti  hanno  cose  importanti  da  dire  non  solo    ai tirocinanti, ma anche agli ispettori e ai loro consigli, ai delegati per la formazione e le loro commissioni, ai direttori e alla comunità dove il tirocinio ha luogo. La ricerca sull’accompagnamento personale salesiano evidenzia sia le opportunità che le sfide nel modo in cui questa fase oggi viene vissuta.

Prima di concludere, permettetemi di citare un punto fondamentale ben illustrato in una lettera del 2010 di don Francesco Cereda, allora Consigliere per la Formazione, rivolta principalmente ai confratelli in tirocinio: che cioè ogni confratello in tirocinio rimane il primo formatore di se stesso, dal momento che “ogni formazione… è ultimamente un’autoformazione” e “nessuno può sostituirci nella libertà responsabile che abbiamo come singole persone” (PDV 69). Le situazioni di vita reale si presentano sempre come un miscuglio di doni e di sfide. L’apice della nostra capacità formativa è quando si impara a “vivere con impegno formativo qualunque situazione, considerandola un tempo favorevole per la crescita della sua vocazione” (C 119).

Possa Maria essere nostra Madre e Maestra mentre diventiamo, e aiutiamo i nostri confratelli a diventare, educatori e pastori dei giovani nella forma laicale o sacerdotale dell’unica vocazione salesiana che hanno abbracciato (C 98).

Affettuosamente in Don Bosco, Ivo Coelho, SDB
Consigliere per la formazione

 


 

DIREZIONE GENERALE OPERE DON BOSCO
Via della Pisana 1111 - 00163 Roma
Il Consigliere generale per la formazione

Ai Confratelli Tirocinanti della Congregazione Loro Sedi

 

Oggetto: Esperienza formativa del tirocinio

Carissimo confratello tirocinante,

Roma, 17 febbraio 2010 Inizio della Quaresima

tu rappresenti il volto entusiasta e dinamico della nostra Congregazione salesiana in mezzo ai giovani e sei la speranza del suo presente e del suo futuro nella società e nella Chiesa. Ti rivolgo questa lettera proprio per l’affetto che ho per te, perché a te principalmente tocca assumere la responsabilità di rendere formativa l’esperienza del tirocinio che stai facendo e possa quindi realizzare un vero cammino di crescita vocazionale.

Molteplici sono i motivi che mi inducono a scriverti. Innanzitutto nell’anno centenario della morte di Don Rua desidero ricordare con te la scelta, che la Congregazione ha fatto durante il suo rettorato, di porre il tirocinio come momento qualificante del cammino formativo. Inoltre con questa lettera intendo aiutare te, la tua comunità e l’Ispettoria a porre maggiore attenzione al tirocinio, che è una fase talvolta trascurata e non adeguatamente compresa. Infine, rivolgendomi a te personalmente, desidero incoraggiarti a vivere il “tuo” tirocinio in modo gioioso ed esigente.

Facendo memoria di Don Rua

Durante il rettorato di Don Rua il Capitolo Generale IX del 1901 istituì in tutta la Congregazione il tirocinio, come fase formativa da svolgersi nelle comunità e opere salesiane dopo il postnoviziato. Prima di tale decisione capitolare l’assistenza e la pratica del sistema preventivo venivano svolte insieme agli studi di teologia, rimanendo nelle case. Ciò rispondeva all’esigenza di essere fedeli alla visione originale di Don Bosco che voleva che i suoi salesiani si formassero tra i giovani, Questa scelta formativa di Don Bosco, che all’inizio della Congregazione era pure dettata da scarsità di personale salesiano, risultava però insoddisfacente e spesso tornava a scapito degli studi teologici.

Per questo Don Rua, attento alla buona preparazione intellettuale dei giovani salesiani, sollecitò il Capitolo generale che decise di far seguire al corso di filosofia dopo il noviziato un triennio pratico in una comunità apostolica e poi di erigere comunità formatrici in tutta la Congregazione in cui attendere seriamente allo studio della teologia. Comunicando la decisione del Capitolo Generale nella sua lettera circolare del 19 marzo 1902 e riferendosi al tirocinio, Don Rua scrisse che è in questo tempo specialmente che i salesiani si formano alla

“vera vita pratica salesiana” e chiese ai Direttori delle comunità di fare da padri e prendersi una cura speciale dei loro tirocinanti.

Tempo di ricca esperienza vocazionale

Molti salesiani ricordano con gioia i giorni trascorsi tra i giovani nel tirocinio. Certamente la dedizione ai giovani domandava loro lavoro e sacrificio, ma offriva un’esperienza viva e gioiosa del carisma salesiano. Penso che questa sia anche la tua esperienza. Sei vicino alle nuove generazioni, senti “la simpatia e la volontà di contatto con i giovani” (Cost. 39), sei sensibile ai loro interessi e alla loro mentalità. Sei aperto e flessibile, sperimenti la freschezza creativa della tua età, sei pieno di energia ed entusiasmo, sai portare l’allegria tra i giovani e nella comunità, senti la gioia di donarti. In questi ultimi anni vediamo prove di questa generosità nel numero considerevole di tirocinanti che ogni anno partono per le missioni e si adattano a diversi climi, culture e lingue.

Stai facendo un’esperienza forte della vocazione salesiana e vivendo un tempo importante di formazione nelle varie dimensioni : maturazione umana, vita spirituale, crescita culturale e soprattutto impegno educativo pastorale. E’ una opportunità e una sfida grande di questa fase formativa l’imparare a vivere la “grazia di unità”, facendo spazio a tutte le dimensioni; in caso contrario ti trovi frammentato, disperso, svuotato. Tale grazia è dono, ma richiede anche impegno.

Con i giovani stai facendo il tuo primo vero esercizio di assistenza e insegnamento, educazione ed evangelizzazione, animazione e autorevolezza. Stai valutando la tua idoneità alla vita consacrata salesiana, stai preparandoti per la professione perpetua e stai pure rafforzando la tua identità nella vocazione salesiana presbiterale o laicale. Ti stai confrontando con te stesso, diventando più consapevole dei tuoi pregi e delle tue limitazioni e vivendo la spiritualità apostolica salesiana.

La vita e la relazione con i confratelli ti offre l’esperienza viva di una comunità salesiana apostolica, in cui partecipi come membro responsabile, condividendo la preghiera e il lavoro, prestando servizi e comunicando idee, rallegrando le conversazioni e ricevendo consigli. Nella comunità sperimenti l’accompagnamento. Attraverso la comunità ti stai aprendo sempre più alla realtà dell’Ispettoria e della Congregazione. Mediante i tuoi contatti con i laici e i vari gruppi impegnati con noi, stai imparando cosa vuol dire far parte della Famiglia salesiana e del vasto Movimento salesiano e stai apprezzando la grandezza del cuore di Don Bosco e la ricchezza del suo carisma.

Come vedi, il tirocinio è un tempo forte di crescita vocazionale, non tanto mediante la teoria quanto mediante l’esperienza vissuta. Ti stai confrontando vitalmente con la realtà salesiana. Stai scoprendo la gioia di essere salesiano. Nel tirocinio impari ad apprendere dall’esperienza. Questo tempo è una grande grazia di Dio. Chiediti quale è effettivamente l’esperienza che stai facendo e se stai valorizzando tutte le potenzialità che essa ti offre per la tua crescita.

Non privo di difficoltà

Dicendo questo, non intendo trascurare le difficoltà che puoi incontrare nel tirocinio. Talvolta ti puoi trovare in una comunità con pochi confratelli e con una grande mole di lavoro e responsabilità, senza troppo tempo per le relazioni fraterne. La tua vita in comunità potrebbe risultare difficile per le differenze di età, carattere, mentalità o formazione, ma anche per disattenzioni, malintesi o poca comunicazione; alle volte potresti sentirti solo o senza l’appoggio che avresti aspettato.

Trattare con i giovani non è sempre facile. Essi cercano pienezza di vita, spazi di libertà e autenticità di amore, ma spesso tali valori sono minacciati e compromessi. Il sistema preventivo ieri si confrontava con il sistema repressivo; oggi la sua sfida è nei confronti del sistema permissivo, che conduce progressivamente al relativismo e al nichilismo. In questa cultura è arduo aiutare i giovani a porsi domande, a trovare risposte di senso, ad essere autorevoli nei loro confronti.

E poi, nella tua vita personale potresti trovarti a sperimentare l’attivismo, che sacrifica la tua vita spirituale ad un lavoro eccessivo. L’attivismo è la nostra eresia attuale, un nuovo pelagianesimo che trascura la parola di Gesù “Senza di me non potete far nulla” e che dimentica la parola del Salmo “Se il costruttore non costruisce la casa, invano faticate”. L’attivismo rischia di inaridire il tuo cuore e brucia anche le tue migliori energie e risorse, senza rigenerarle.

Puoi anche sperimentare le dipendenze dalla cultura della comunicazione sociale, specialmente nell’uso dei personal media. Magari stai prolungando il tirocinio concludendo gli studi universitari e in questa situazione puoi correre il rischio di non lasciarti coinvolgere nella vita comunitaria e negli impegni apostolici e quindi di sentirti estraneo in comunità. Ci possono essere anche altre difficoltà, che è interessante riconoscere per superarle; anche il confronto con altri tirocinanti ti aiuterà a metterle a fuoco e a cercare insieme come affrontarle.

Accompagnato dalla comunità e dall’Ispettoria

La Ratio offre orientamenti molto validi, talvolta poco conosciuti, sul tirocinio. Oltre che per l’Ispettoria e la comunità, è importante anche per te leggere e approfondire queste indicazioni, al fine di fare il tuo progetto personale di vita annuale come tirocinante e di valutare la tua crescita. In questi ultimi due anni tutte le commissioni regionali di formazione si sono soffermate a riflettere sul tema del tirocinio con lo scopo di renderlo un’esperienza veramente formativa. Ogni Ispettoria è invitata ad avere il proprio progetto formativo per il tirocinio, che dovrebbe indicare alcune linee d’azione a tre livelli: ispettoriale, comunitario, personale.

L’Ispettoria potrebbe prefiggersi di creare maggiore sensibilità per le finalità formative del tirocinio; stabilire di inviare i tirocinanti solo alle comunità con le necessarie condizioni formative e di scegliere tali comunità; di mandare i tirocinanti almeno in due per ogni comunità; di incontrare e formare i direttori che hanno tirocinanti; di avere almeno un incontro annuale dei tirocinanti; …

Il progetto sul tirocinio potrebbe chiedere alla comunità di favorire l’accoglienza dei tirocinanti con simpatia e comprensione; avere interesse nella loro formazione; assicurare l’impegno del direttore nell’accompagnamento mediante incontri regolari per il colloquio e la direzione spirituale; fare regolarmente gli scrutini come aiuto al tirocinante; garantire l’accompagnamento educativo pastorale; essere vicina ai tirocinanti che prolungano tale fase con gli studi universitari; …

Nel tirocinante si dovrebbe favorire l’assunzione di responsabilità per la propria formazione; la fedeltà alla vita di preghiera; la pratica mensile del colloquio e della direzione spirituale; la partecipazione attiva alla vita comunitaria; la preparazione annuale del proprio progetto personale di vita; l’autodisciplina e la vigilanza nell’uso del tempo e dei mezzi di comunicazione sociale; …

Tu puoi notare in tutto questo la sollecitudine e la cura della comunità, dell’Ispettoria e della Congregazione per te; ma ciò che è importante è il processo di maturazione personale delle

convinzioni, di rafforzamento delle motivazioni, di trasformazione della mentalità e del cuore, di costruzione dei legami e affetti duraturi e consistenti. Anche in questo caso chiediti se stai prendendo parte attiva al tuo processo formativo e se stai costruendo in profondità la tua identità.

Per una vera esperienza formativa

Tu sei pienamente inserito nel mondo dei giovani; il tirocinio infatti è “una fase di confronto vitale e intenso con l’azione salesiana in un’esperienza educativa pastorale” (FSDB 428). Sei impegnato in tante attività e iniziative; stai imparando dalle tue esperienze, quelle positive e quelle meno riuscite. Ciò che dà senso alla tua vita è la pienezza dell’amore; un amore ardente e appassionato ti potrà aiutare a rafforzare la tua vocazione, a passare dalla fragilità alla fedeltà vocazionale.

Amore al Signore Gesù

In mezzo all’affanno delle tante attività di ogni giorno è necessario vivere la “grazia di unità”, che ti faccia evitare la dispersione, che dia un senso a tutte le tue fatiche, che ti ispiri forza e coraggio nei momenti difficili, così da arrivare alla fine della giornata stanco, ma anche pieno di gioia. Ciò che unifica la tua vita è il Signore Gesù e l’amore per Lui. Tu sei un consacrato; ciò significa che Gesù è il centro della tua vita. Tu Lo ami con tutto il cuore e cerchi di imitarlo, per essere suo discepolo autentico e apostolo appassionato. Egli ti invia ai giovani e ti accompagna. Sua è la missione di educare ed evangelizzare; essa libera i giovani dal male, dalla povertà, dall’ignoranza, dalle cattive abitudini, dalla mancanza di un senso della vita. È Lui che tu incontri nei giovani a cui sei mandato e a cui vai incontro. Ti ricordi l’esempio del Beato Artemide Zatti? All’apparire di un povero ragazzo alla porta, chiese alla suora: “Suora, hai un vestito per un povero Cristo?”.

Non basta lavorare molto. Bisogna avere una forte motivazione per cui si lavora tanto. Allora il lavoro, anche se duro, ti riempie di gioia. Senza un grande amore e una forte motivazione, ti può capitare di scoraggiarti, specialmente di fronte a difficoltà, ingratitudini, indifferenza. L’amore per il Signore Gesù viene dall’incontro con Lui nella “lectio divina” quotidiana, nell’Eucaristia, nella Confessione frequente, nella preghiera personale. Per poter riconoscere il Signore Gesù nei giovani, è necessario averlo conosciuto prima; allora essi ti chiederanno di vederlo e incontrarlo.

Con Gesù vi è la sua e nostra Madre: Maria. Lei è la Maestra promessa a Giovannino Bosco nel sogno dei 9 anni. Ella ci porta a Gesù, come ha fatto alle nozze di Cana quando ha detto ai servitori: “Fate tutto ciò che vi dirà”. Maria ti aiuta a dare il primo posto nella tua vita a suo Figlio, come Lei stessa ha fatto dichiarandosi “serva del Signore”. Immacolata, ti dà l’ispirazione per l’amore preveniente che ti spinge ai giovani; Ausiliatrice, ti è di sostegno nel compiere il tuo impegno tra loro. Non tralasciare per questo il Rosario, che è preghiera di contemplazione e di intercessione.

Amore a Don Bosco e ai giovani

Allo stesso tempo per noi salesiani la strada concreta per seguire Gesù è Don Bosco. Con l’intervento materno di Maria, egli è stato suscitato da Dio per lavorare tra i giovani. Pensa per un momento alla grande necessità e importanza della sua, e ora anche della tua, missione tra i giovani; essi non sono mai un problema; essi sono una risorsa della società e della Chiesa, non solo per il futuro, ma anche per il presente. “Veramente con c’è niente di più bello che incontrare e comunicare Cristo” ai giovani (Benedetto XVI, Sacramentum caritatis, n. 84).

Abbi dunque fiducia nella tua vocazione e amala: tu sei stato amato dal Signore Gesù ed ora sei chiamato a fare sì che i giovani si sentano amati da Lui e rispondano al Suo amore diventando e vivendo come figli di Dio. Questa è l’opera di educazione ed evangelizzazione che ti è affidata attraverso la pratica del sistema preventivo.

Mantenendo viva in te la predilezione per i giovani, sii contento di stare con loro e di creare un ambiente di spontaneità, gioia ed amicizia, sapendo essere esigente nella proposta e buono e paziente nei confronti della loro risposta. Con la tua giovane età e mentalità, e soprattutto con la tua generosità ed entusiasmo per il Signore, sei in una posizione privilegiata per rendere testimonianza alla tua vocazione di consacrato e di attrarre qualche giovane a seguire la vita salesiana. Per te, che sei vicino ai giovani, è importante imparare da subito a fare loro la proposta vocazionale.

Per amare i giovani e saper lavorare con loro, guarda a Don Bosco. Il tuo compito non è solo quello di essere amico dei giovani, ma anche di essere loro educatore e pastore. Don Bosco ti insegnerà come fare. Sii devoto a Don Bosco: studialo, imitalo, pregalo e soprattutto amalo!

Amore alla comunità

Il luogo in cui troverai Gesù, Don Bosco e i giovani è la tua comunità. Dice infatti l’articolo 52 delle Costituzioni: “il confratello s’impegna a costruire la comunità in cui vive e la ama, anche se imperfetta; sa di trovare in essa la presenza di Cristo”. Dio ti ha messo nella comunità, “dandoti dei fratelli da amare” (Cost. 50). Accettali dunque dalle mani di Dio e cerca di coltivare buoni rapporti.

Vivendo con loro, scoprirai non solo i pregi e la ricca esperienza, ma anche i loro difetti, dovuti anche alla differenza di età, cultura e formazione. È possibile che sperimenti la difficoltà di vivere insieme. Non cercare la comunità perfetta; non la troverai! Possiamo invece desiderare una comunità che è in continua conversione, rinnovamento, formazione. Partecipa alla vita della comunità, collaborando con tutti, portando la tua carica di entusiasmo ed allegria, abituandoti a riflettere, progettare, organizzare, valutare. Sii aperto a chiedere consigli e imparare dagli altri.

Tra le persone significative che ti sono poste accanto nella tua comunità cercherai il confessore; c’è poi il direttore che ti è vicino per accompagnarti. Apri il tuo cuore a loro e lascia a loro di guidarti. È presunzione pensare che tu sei capace di discernere la tua vita senza la guida di nessuno. Essi sono i “mediatori dell’azione del Signore” (Cost. 104). Con il loro accompagnamento maturerai nella tua vita da consacrato salesiano, assumendo gli impegni della missione con responsabilità, vivendo una vita semplice senza cercare le comodità, mantenendo rapporti sereni con tutti e usando i mezzi di comunicazione sociale con prudenza e ascesi. Il colloquio mensile e la direzione spirituale vissuti con semplicità e umiltà sono una benedizione di Dio. E’ importante avere il progetto personale di vita, preparato con l’aiuto del direttore, con cui verifichi ogni mese il progresso che stai facendo: è un modo di assumere la responsabilità per la tua formazione.

Conclusione

Ecco quanto avevo in cuore di dirti perché tu possa fare un’esperienza della vita salesiana in gioia e pienezza. “L’amore è tutto, nulla è più grande dell’amore”. La centralità di Gesù nella tua vita, l’amore a Don Bosco e ai giovani, la vita vissuta con apertura ai tuoi confratelli e specialmente al direttore e al confessore assicureranno la tua fedeltà vocazionale. Tocca a te assumerti il compito di rendere formativa questa esperienza e di individuare condizioni e mezzi per renderla tale.

Ti affido all’intercessione del Beato Michele Rua e ti assicuro la mia vicinanza e preghiera.

 

Aff. mo in Don Bosco Don Francesco Cereda