IL XXVII CAPITOLO GENERALE AI SALESIANI
Cari confratelli,
noi tutti che abbiamo partecipato al Capitolo Generale 27° vogliamo condividere con voi la straordinaria esperienza vissuta in questi mesi, convocati a Roma nel nome del Signore e sostenuti dalla forza del suo Spirito. Il Capitolo è stato per ciascuno di noi un evento di grazia di cui vogliamo rendere testimonianza tornando a casa. Vogliamo raccontarvi, riprendendo i nostri impegni e preoccupazioni, che “il Signore è stato grande con noi e ne siamo allegri” (Ps 125, 3).
Abbiamo iniziato il nostro cammino nella Terra Santa Salesiana, a Valdocco, luogo di Vangelo e di miracoli quotidiani. Siamo andati là come chi risale un fiume alla ricerca della sorgente. Eravamo assetati e l’acqua fresca delle origini ci ha dato ristoro. La storia del nostro padre è un invito sempre nuovo. Nella sua vita e nella sua proposta abbiamo cercato l’ispirazione per far rivivere oggi il medesimo carisma. Riscoprire Don Bosco ci ha aiutato a radicare più in profondità la nostra vocazione evangelica ed a ravvivare i motivi per vivere, come fece lui, la consegna per il Regno a favore dei giovani più poveri. Alla luce della sua esperienza, ci siamo incamminati sotto lo sguardo di Maria Ausiliatrice e sicuri della sua materna mediazione.
Tornati a Roma, abbiamo iniziato i nostri lavori con delle riflessioni e deliberazioni impegnative. Il tono fraterno e la ricerca comune hanno reso possibile intessere subito rapporti cordiali e sinceri tra di noi, che ci hanno aiutato a sperimentare la ricchezza dell’interculturalità e la profezia della fraternità vissute in prima persona già durante le giornate capitolari.
Ci siamo sentiti in comunione con le comunità che, nei paesi in conflitto, vivono momento drammatici della loro storia. La Siria, il Venezuela, la Repubblica Centroafricana, il Sudan sono stati molto presenti nelle nostre preghiere. Il loro ricordo ci ha fatto aprire gli occhi sulle sofferenze di tanti popoli ed ha fatto risplendere la testimonianza di numerosi confratelli che vivono con radicalità il Vangelo in situazioni difficili e drammatiche. Questo è per noi stimolo a donarci senza risparmio alla nostra vocazione e missione.
Dio ci ha quindi regalato un padre. Mentre esprimiamo il nostro ringraziamento per il ministero luminoso e fecondo di Don Pascual Chávez Villanueva, sentiamo che l’elezione di Don Ángel Fernández Artime come Rettore Maggiore e decimo successore di Don Bosco è stato un dono della Provvidenza per tutti noi, per l’intera Famiglia Salesiana e per i giovani. Il suo sorriso aperto e sincero, la sua semplicità, la sua grande umanità e il suo spontaneo rapporto con ciascuno dei confratelli ci hanno fatto vedere subito in lui il volto del padre promesso: “Sarà eletto un nuovo Rettore che avrà cura di voi e della vostra eterna salvezza. Ascoltatelo, amatelo, ubbiditelo, pregate per lui…” (Don Bosco). Grazie, Don Ángel, per il tuo cuore di buon pastore e per la tua generosità.
Un momento di speciale intensità è stato l’incontro con Papa Francesco. Ci ha accolti ed ha benedetto, in noi, ciascuno di voi e i giovani che il Signore ci affida. La sua parola, precisa ed incisiva, ci ha toccato il cuore. Nello spirito della “Evangelii Gaudium”, ci ha ricordato che dobbiamo essere, come Don Bosco, uomini di Vangelo che vivono con semplicità e generosità la vita quotidiana con uno stile austero e libero. Ci ha ricordato che il nostro Padre Don Bosco ci insegnò a voler bene ai giovani con l’amorevolezza che rende presente la tenerezza di Dio per i suoi figli più deboli. Ci ha chiesto con insistenza di uscire verso le periferie dove abitano i giovani e si manifestano più acutamente le loro povertà. Ci ha pregato di non risparmiare gli sforzi per destinare le persone migliori ai più poveri che sono senza prospettive e senza futuro.
Davvero Papa Francesco ha infiammato il nostro cuore salesiano. Il suo abbraccio è stato espressione di affetto sincero ai figli di Don Bosco e lo stringere le nostre mani nella sua ha rinnovato la nostra adesione filiale al successore di Pietro come Don Bosco volle sempre dai suoi salesiani. Il messaggio del Santo Padre rimarrà nel nostro cuore ed è un programma per tutti noi.
Il tema del nostro Capitolo Generale, la radicalità evangelica, ha suscitato una profonda riflessione che ci ha stimolati alla conversione. Abbiamo approfondito, partendo dalla Parola, con le ricchezze di esperienze diverse e nella ricerca comune, la chiamata che Dio ci fa oggi ad essere mistici nello Spirito, profeti di fraternità e servi dei giovani. Siamo convinti che quello che abbiamo vissuto in queste settimane è già un anticipo del cammino che vogliamo percorrere con tutti voi e con le comunità educativo-pastorali. Abbiamo sognato il futuro e ci impegneremo a farlo diventare realtà.
Uniti alla Vite e come tralci nuovi (cfr. Gv 15, 1-8), noi salesiani sogniamo una vita consacrata che, vissuta con atteggiamenti profondamente evangelici, sia capace di dialogare con la cultura ed interrogare la realtà sociale nella quale viviamo. Desideriamo per le nostre comunità uno stile di vita semplice, segnato dalla gioia del Vangelo e dalla passione per il Regno. Vogliamo vivere come uomini segnati da una forte esperienza di Dio e con i piedi per terra, capaci di dare ragione della speranza che ci portiamo nel cuore, con un’esistenza consegnata completamente, autentica, integra; impegnati nella ricerca delle periferie ed i deserti dei giovani più abbandonati.
Se vivremo controcorrente, oggi saremo significativi. Quando attorno a noi cresce l’individualismo, la fraternità è una alternativa credibile. Assumiamo la sfida di edificare comunità nelle quali impariamo a passare dall’”io” al “noi”, anteponendo sempre il bene del fratello. Dobbiamo essere capaci di aprire spazi di accoglienza e di dialogo che aiutino a guarire le ferite con dei rapporti maturi e rigeneratori. E’ necessario il nostro deciso impegno per umanizzare la vita comune per superare solitudini e moltiplicare la misericordia. Nel nostro mondo, la scommessa per il perdono e la pace rende credibile il nostro modo di vivere e più chiaramente evangelico il nostro annuncio.
Consapevoli del nuovo momento ecclesiale in cui viviamo, siamo convinti che la nostra vita consacrata è un grido contro l’egoismo e l’autoreferenzialità: si tratta di venire incontro ai bisogni degli altri con l’atteggiamento compassionevole di Gesù e a partire dalla nostra vita povera e solidale. Il nostro chiostro è il mondo dei giovani in difficoltà e la nostra preghiera sono le nostre mani alzate e la nostra azione impegnata per ridare dignità ai più esclusi. Per questo non possiamo risparmiare energie, né abbiamo più tempo per “le nostre cose”, o per chiuderci nei nostri interessi personali. Abbiamo davanti un esodo che ci aiuterà a raggiungere un’altra terra, mille volte promessa: quella dei più abbandonati e dei più poveri. Lì, come salesiani troveremo il nostro Tabor.
Francesco ci ha invitato a situarci nelle frontiere, nei margini, nelle periferie del mondo, nei deserti esistenziali dove molti stanno come pecore senza pastore e non hanno da mangiare (cfr. Mt 9, 36). Questa è la chiave di interpretazione che il Papa ci offre per de-centrarci: cercare, cioè, altri sguardi che offrano punti di vista differenti e ci aiutino a leggere la realtà al di là di noi stessi. Questa è la sfida per la vita religiosa oggi: pensare e vivere decentrati dal nostro modo di guardare la realtà, troppo sicuri di noi stessi, seduti in opere garantite, occupati in un lavoro strutturato e soddisfacente. Quando pensiamo al rinnovamento della nostra Congregazione, non avremo qui un criterio di significatività che può aiutarci a dare nuovi orizzonti alle nostre strutture? Non è facile de-centrarci, ma è urgente farlo se vogliamo continuare ad essere fedeli alla chiamata di Dio.
Cari confratelli,
abbiamo sentito in questi giorni il soffio dello Spirito che “fa nuove tutte le cose” (Ap 21, 5). E’ il momento di rendere operative le linee di cammino che il nostro Capitolo Generale ci propone. Mossi dalla forza dello Spirito Santo e illuminati dalla sua luce, vogliamo “prendere il largo” (Lc 5, 4), navigare verso acque più profonde, nella nostra vita consacrata e nella missione giovanile e popolare. Sentiamo l’urgenza di annunciare con audacia il Vangelo liberatore di Gesù Cristo, buona notizia per i piccoli e i poveri. E se, vedendo la dedizione della nostra vita e la nostra gioia, qualcuno ci domanderà: “Perché lo fate?”, risponderemo con libertà che Dio riempie la nostra esistenza e il suo grande amore ci interpella e grida in noi perché i giovani “abbiano vita e l’abbiano in abbondanza (Gv 10, 10).
Roma, 12 aprile 2014