CAPITOLO GENERALE 21
DELLA SOCIETA SALESIANA
CG21 424/4.0.41
DOCUMENTO 2
IL SALESIANO
COADIUTORE
Una vocazione di "religioso laico"
a servizio della missione salesiana
SOMMARIO
n.
INTRODUZIONE 166-170
1, Il SC nella Comunità Salesiana 171-196
1,1 Lineamenti fondamentali dell'identità vocazionale dei SC
172-180
1.2 L'azione apostolica del SC 181.185
1.3 Alcuni tratti della vita spirituale del SC 186-191
1.4 La partecipazione alla vita e al governo della Congregazione 192-193
1.5 Essenziale correlatività tra SC e SP 194-196
2. La Congregazione Salesiana e il SC 197-198
3. Il servizio del Superiore Salesiano e li SC 199-205
3.1 Il problema 199
3.2 La riflessione e le deliberazioni del CGS 200
3.3 Il Convegno Mondiale Salesiano Coadiutore e i CI '77 201-202
3.4 Il CG21 203-205
4. Orientamenti Operativi 206-211
IL SALESIANO COADIUTORE
una vocazione di "religioso laico"
al servizio della missione salesiana
INTRODUZIONE
166
Il cuore grande di Don Bosco avrebbe voluto salvare il mondo intero:
per questo fu costantemente alla ricerca di collaboratori che lo aiutassero
a realizzare il suo sogno apostolico. Primi furono i suoi stessi giovani;
vennero in seguito sacerdoti, chierici e laici. Alcuni di essi diventarono
i suoi salesiani «sacerdoti, chierici e laici» previsti
e voluti dalia prima stesura, manoscritta, delle sue Regole (1858-60).1
Ai SC Don Bosco indicò una specifica via alla santità
nella prestazione di svariati servizi alla Comunità: responsabilità
amministrative e direzionali di particolari settori; compiti educativi
e apostolici; attività evangelizzatrici in terra di missione
e una gamma vastissima di altre attività. Vedeva la necessità
e la ricchezza della loro presenza in Congregazione come partecipi all'opera
apostolica della comunità nello svolgere mansioni più
adatte al laico che al sacerdote, e nella possibilità di portare
una testimonianza cristiana e la loro opera evangelizzatrice là
dove per il sacerdote era inopportuno o impossibile arrivare.2
Questo primo secolo di storia della Congregazione testimonia il progressivo,
e non sempre facile, realizzarsi dell'intuizione di Don Bosco in forme
sempre più ricche, svariate e profonde.
11 CG 19 (1965), attento alla nuova sensibilità e alle nuove esigenze 167 della Chiesa in Concilio, affrontò tra l'altro lo studio della figura del SC, soi.tolineandone la realtà originale e caratteristica. Ricordò come egli sia «un elemento costitutivo della Società salesiana, che senza il Coadiutore non sarebbe più quella che Don Bosco volle »; 3 curò una sua più viva inserzione nella vita della Congregazione;4 si interessò per una sua più completa formazione,5 «lasciando agli organi com
1 MB V, 937.
2 MB XII, 152,823; XIV, 394, 783; XVI, 312-314.
3 ACS 244 p. 65.
4 ACS 244 p. 69.
5 ACS 244 p. 71-72.
patenti l'incarico di proseguire lo studio della particolare realtà
del SC sotto l'aspetto spirituale, giuridico, storico e apostolico,
allo scopo di elaborare una dottrina e una spiritualità del confratello
laico ».6
168 Il CGS (1971), chiamato a definire in maniera rinnovata l'identità
globale della Congregazione, esaminò la figura del SC nel contesto
della missione salesiana attuata dalla comunità religiosa. Parlando
dei corresponsabili della nostra missione, affermò la complementarità
delle funzioni, la necessità di coesione e di corresponsabilità
fraterna fra tutti i membri in vista del raggiungimento degli obiettivi
pastorali salesiani. Delineò quindi l'identità del SC,
la sua vocazione divina e originale, la sua partecipazione a tutte le
forme educative e pastorali salesiane non legate al ministero sacerdotale,
il suo ruolo integrante e insostituibile per la riuscita del lavoro
comune .7
Concluse con alcuni orientamenti operativi, in cui tra l'altro si afferma:
«Il lavoro più importante e decisivo da compiere rimane
però la sensibilizzazione o mentalizzazione, come si dice, dell'intera
Congregazione di fronte al coadiutore salesiano».' A questo scopo
indisse l'organizzazione di Convegni ispettoriali, regionali e mondiale.9
169 I1 «Convegno Mondiale Salesiano Coadiutore », che si
tenne a Roma dal 31 Agosto al 7 Settembre del 1975, trattò i
seguenti temi: identità dei SC nei suoi aspetti storici, teologici,
giuridici; sua azione apostolica; sua formazione; proposta della vocazione
religiosa laicale ai giovani della società attuale.
Da questo Convegno assieme a notevoli apporti dottrinali emergevano
anche evidenti problemi 1° su cui tornarono a un anno di distanza
numerosi Capitoli ispettoriali convocati per la preparazione del CG
2I. Essi chiesero a questo CG di raccogliere organicamente gli studi
e le riflessioni degli ultimi anni nel tentativo di rispondere ai problemi
ancora aperti. 11
Forse l'attuale crisi vocazionale, più grave per i coadiutori
che per i sacerdoti, e le difficoltà di convivenza e di collaborazione
che affiorano talvolta nelle comunità, sono dovute anche a una
incompleta conoscenza e, di conseguenza, a minore apprezzamento della
figura del SC. « A differenza della crisi del sacerdote, che è
di svuotamento e
6 ACS 244 p. 70.
7 Cost 34; ACGS 145-149.
8 ACGS 184.
9 ACGS 184.
10 ACMSC p. 545-554.
11 Sch Prec. 349-351.
deformazione della sua identità, l'essenza della crisi del SC
è di ignoranza della sua identità, o, se vogliamo, proviene
da una conoscenza inadeguata, mortificata o addirittura falsata. Ignoranza
che purtroppo si deve spesso lamentare nei Salesiani sacerdoti e...
talvolta perfino negli stessi confratelli coadiutori».l2
170
Il CG21 intende innanzitutto affermare la piena validità di questa
vocazione di religioso laico, in tutte le espressioni volute da Don
Bosco e in quelle altre che sono richieste dalla missione salesiana
oggi.
In secondo luogo vorrebbe rispondere almeno in parte alle attese della
Congregazione con un ripensamento della figura del SC nel quadro del
CGS e alla luce della teologia del Vaticano II, Questo studio, più
che esaurire l'argomento, continua una riflessione e ne incoraggia ulteriori
approfondimenti sulla linea aperta dal Concilio nel campo della teologia
della vita religiosa in generale e della vita religiosa laicale in particolare.
Il nostro lavoro si pone così sulla linea del tema proposto per
il CG21: «Testimoniare e annunciare il Vangelo, perché
il SC è componente indispensabile della comunità salesiana
evangelizzata ed evangelizzatrice, e come tale chiamato a essere sempre
e dappertutto autentico testimone e fedele evangelizzatore.
1. IL SALESIANO COADIUTORE NELLA COMUNITA' SALESIANA
171
Don Bosco, nel suo impegno di salvare la gioventù, non si servì
soltanto di collaboratori saltuari ed isolati, ma, per ispirazione dello
Spirito Santo, raccolse quelli più fedeli ed affezionati in una
Congregazione. Non saranno quindi i singoli a portare avanti il suo
messaggio, ma le sue comunità, «formate di ecclesiastici
e laici», fraternamente e profondamente integrati tra di loro.f3
Per questo, solo nella comunità fraterna ed apostolica può
essere adeguatamente studiata e valutata la dimensione esatta di ogni
Salesiano.
Nel trattare l'identità vocazionale del SC occorre perciò
partire dalla sua condizione di membro della comunità salesiana
e tenerla pre-
12 ACMSC p. 607.
13 ACMSC p. 88-89; Cost manoscritte MB V, 937.
sente in tutto il corso della trattazione. Nella comunità egli
vive, sviluppa, testimonia la sua vocazione; in essa rivela a sé
e agli altri la sua vera identità.
1.1 Lineamenti fondamentali
dell'identità vocazionale del SC
172 Ad un primo sguardo di insieme appare che il SC non è un «ecclesiastico »14 e neppure semplicemente un «laico»:15 è un battezzato chiamato da Dio a darsi totalmente a Lui in Cristo, per servirlo come «religioso laico» nella Congregazione salesiana. In essa e in comunione con il Salesiano sacerdote, realizza con lo spirito di Don Bosco la missione specifica di promuovere l'educazione integrale cristiana dei giovani, specialmente i più poveri.l6 Conviene ora esaminare più dettagliatamente alcuni elementi.
1.1.1. Una vocazione salesiana completa e significativa
173 Dicono le Costituzioni: «Il cristiano che entra nella Società
come coadiutore risponde a una vocazione divina originale: quella di
vivere la consacrazione religiosa laicale al servizio della missione
sa
lesiana ».17
Questa vocazione è una realtà:
- concreta. Dio non chiama ad essere genericamente salesiano, ma fa
comprendere, a volte gradualmente, che la chiamata è per realizzare
il progetto di Don Bosco come religioso laico;
- in sé completa. All'interno della Congregazione non ci sono
due gradi diversi, perché il SC condivide tutti gli elementi
che compongono la vocazione salesiana: missione giovanile, comunione
fraterna-apostolica, consacrazione religiosa, spirito salesiano.' Di
conseguenza egli partecipa alla missione a titolo proprio e non derivato
da altri; 19
- originale. I1 SC è una «geniale creazione del gran cuore
di Don
Bosco, ispirato dall'Ausiliatrice» (Don Rinaldi).2° Questa
vocazione è perciò caratteristica rispetto ad altre.:
all'interno della
14 Cfr LG III, specialmente n° 28-
15 Cfr LG 31.
16 Cfr Cost 2-7.9-10.17-20.40.
17 Cost 37.
18 Cfr PC 10.
19 Cfr Cost 3.
20 Cfr ACS 40 p. 572.
Chiesa, perché a servizio della missione salesiana; e all'interno
della Famiglia Salesiana. perché vissuta come religioso laico
in una comunità con caratteristiche proprie ereditate dal Fondatore;
- significativa. Essa investe tutte le dimensioni della vita e offre
la possibilità di un pieno sviluppo della propria personalità.
1.1.2 Che si innesta nella vocazione cristiana
174
La vocazione del SC è uno sviluppo della consacrazione conferita
dai sacramenti del battesimo e della cresima, mediante la quale egli
vive integralmente i valori cristiani del Popolo di Dio: santificato
e inviato da Dio Padre per la salvezza del mondo, partecipa della missione
e azione di Cristo profeta, sacerdote e pastore, e così si inserisce
nella missione propria della Chiesa di testimoniare e annunciare il
Vangelo.
Nella sua vocazione di religioso laico salesiano, il SC valorizza gli
atteggiamenti cristiani fondamentali: la coscienza della comune dignità
di figli di Dio e fratelli in Cristo, della comune corresponsabilità
nella edificazione del suo Corpo, e della comune vocazione alla santità;
la libertà evangelica, dono dello Spirito, il vivo senso dell'appartenenza
alla Chiesa locale presieduta dal Vescovo, la rinnovata presenza nella
società, e infine la solidarietà cristiana specialmente
con i poveri, la sensibilità e l'apertura ai segni dei tempi
», l'attenzione fattiva alle necessità concrete.21
1.1.3 Al servizio della missione salesiana
175
Per realizzare pienamente la sua missione di promozione umana e cristiana
tra i giovani poveri e abbandonati, Don Bosco ritenne necessario il
contributo del religioso laico.
La vocazione rende ogni SC partecipe della missione salesiana affidata
alla comunità, e corresponsabile della sua attuazione. Ogni SC
« riceve una parte della missione salesiana da compiere a titolo
di rnembro, e quindi in stretta solidarietà con i suoi confratelli»;
per questo ogni suo «servizio nella comunità, anche se
non è apostolato diretto, partecipa di detta missione, ed è
un servizio e una testimonianza dalle dimensioni ecclesiali»,22
21 Cfr ACMSC p. 116-126.
22 Cfr ACGS 29.
1.1.4 Vissuta e realizzata in comunità
176 11 progetto apostolico di Don Bosco è comunitario. Per questo
il SC riceve da Dio la vocazione salesiana in vista della sua entrata
nella comunità, e la vive all'interno di essa con la coscienza
della sua comune dignità di fratello, come Don Bosco lo volle
e la tradizione salesiana ha più volte ribadito.23 Fede e carità
fondano questa fraternità salesiana caratterizzata dallo spirito
di famiglia. Ed è questo spirito che crea nella comunità
il «clima di affetto ricambiato, fatto sostanzialmente di stima
e di confidenza reciproca, e porta allo scambio fraterno e alla condivisione
dei beni tra i confratelli».`
Partecipa alla comunione di preghiera, all'ascolto della Parola di Dio,
ai sacramenti dell'Eucaristia e della Riconciliazione.
Prende parte corresponsabilmente alla programmazione, alla attuazione
e alla revisione del progetto apostolico comunitario.
Viene costantemente animato nella fedeltà alla sua specifica
vocaAionc, e diventa, insieme con i suoi confratelli, un segno della
nuova e definitiva fraternità instaurata da Cristo.
1.1.5 Con la professione dei Consigli evangelici
177 Il SC è cosciente che la santificazione personale e la missione
affidatagli sono impegni superiori alle forze umane. Ma sa che il Signore,
dopo averlo chiamato, lo rende capace di conseguirli con una particolare
consacrazione che pervade tutta la sua vita e la sua azione. Sotto l'azione
dello Spirito il SC risponde alla chiamata di Dio offrendogli la totalità
del suo essere e del suo agire per la salvezza dei giovani.
Esprime questo suo impegno nei voti religiosi con cui testimonia il
suo modo di essere discepolo di Cristo, e annunzia la vita nuova e la
futura risurrezione. La professione dei Consigli evangelici costituisce
un elemento essenziale del suo essere salesiano.25
Il SC scopre inoltre nella professione religiosa un suo profondo legame
con la missione salesiana e la vita di comunione. Trova nei voti una
garanzia di autenticità e di soprannaturale efficacia per la
sua missione, una sorgente di fraternità e di carità pastorale,
di slancio e dinamismo apostolico. I voti lo rendono anche totalmente
23 Cfr ACG XIX p. 65-67; ACGS 146.
24 ACGS499.
25 Cfr LG 44 e Cost 3.
disponibile agli altri, e lo impegnano a vivere integralmente il Vangelo,
che deve testimoniare e comunicare ai giovani.26
1.1.6 Caraiterizzala dalla laicitìr
178
La dimensione laicale è la forma concreta con cui il SC vive
e agisce come religioso salesiano. E' questa la sua caratteristica specifica,
un valore rilevante ed essenziale della sua identità. La laicità
non va quindi intesa come qualcosa di negativo; non si riduce neppure
a un servizio o a una semplice funzione; è invece l'insieme dei
valori che caratterizzano il cristiano laico qualificato dalla consacrazione
religiosa salesiana.
Ecco come il CGS delinea questa laicità: « Egli vive con
le caratteristiche proprie della vita religiosa la sua vocazione di
laico che cerca il Regno di Dio trattando le cose temporali e ordinandole
secondo Dio; esercita il sacerdozio battesimale, la sua funzione cultuale.
profetica e di testimonianza, e il suo servizio regale, in modo da partecipare
veramente alla vita e alla missione di Cristo nella Chiesa; realizza
con l'intensità che deriva dalla sua specifica consacrazione
e per «mandato » della Chiesa, non in persona propria come
semplice secolare, la missione di evangelizzazione e santificazione
non sacramentale; svolge la sua azione di carità con maggior
dedizione all'interno di una Congregazione che si dedica all'educazione
integrale dei giovani particolarmente bisognosi; infine, come religioso,
anima cristianamente l'ordine temporale, avendo egli rinunciato alla
secolarità, con un apostolato efficacissimo, educando i giovani
all'animazione cristiana dei lavoro e degli altri valori umani ».27
La dimensione laicale investe tutta la vita del SC: la missione salesiana,
la vita di comunità, l'azione apostolica, la professione religiosa,
la preghiera e la vita spirituale sono vissute da lui come religioso
laico. In questo modo l'intera sua esistenza si trasforma in una testimonianza
salesiana concreta sia verso i confratelli sacerdoti, sia verso i destinatari,
sia, in genere, verso tutti i gruppi della Famiglia Salesiana. E ciò
fa assumere anche alla comunità salesiana un aspetto suo proprio
voluto da Don Bosco: arricchita della dimensione laicale, è capace
di accostarsi al mondo in maniera più apostolicamente valida,28
26 Cfr Cost 68-72; ACGS 106. 117-125.
27 ACGS 149.
28 Cfr ACMSC p. 147-154. 574-576.
179 I1 SC si differenzia dai secolari sacerdoti e laici per la consacrazione
religiosa; in quanto religioso salesiano si differenzia dai consacrati
in altre famiglie religiose o in Istituti secolari, e dagli altri gruppi
della Famiglia Salesiana; in quanto Salesiano laico si differenzia dal
Salesiano sacerdote. Questa non è una differenza di classe, ma
carismatica, che non deve essere né dissolta in un genericismo
salesiano che disattende le differenziazioni concrete, né essere
isolata dalla correlativa dimensione sacerdotale, poiché nella
nostra Congregazione «il SC porta la sua caratteristica laicità
in stretto rapporto di integrazione con la sacerdotalità del
Salesiano prete ».29 Si corre il primo rischio quando si sottolineano
gli elementi comuni ai SC e ai SP, affermando soltanto che tutti siamo
Salesiani»; in questo modo si dimostra di considerare la laicità
o la sacerdotalità come elemento accidentale e secondario. Considerando
invece i singoli SC ed SP all'infuori dei legami di comunione che li
uniscono vitalmente tra di loro, si rischia di cadere in una visione
individualistica o peggio ancora classista della vita salesiana.
Questa diversità carismatica esige che nella formazione di base
del SC siano messi nel giusto rilievo gli elementi specifici della sua
identità.30 Anche la pastorale vocazionale deve presentare la
vocazione salesiana nelle sue due componenti, laicale e sacerdotale.31
180 Dobbiamo confessare che lo studio dell'identità del SC incontra ancora oggi particolari difficoltà per la mancanza di approfondimenti adeguati sui terni laicato-laicità (il laicato cristiano nella Chiesa e nella singola comunità cristiana - laicità e vita religiosa - carismi e autorità della vita religiosa in rapporto alla laicità). Approfondire ulteriormente il significato della laicità nella vita e nell'azione della comunità salesiana in genere e del SC in specie, esplicitandone le ricchezze, le possibilità, le esigenze concrete, è compito suggestivo offerto a tutti i confratelli per i prossimi anni: dovrà essere realizzato con un discorso che sia salesiano e contemporaneamente attento allo sviluppo della teologia.
1.2 L'azione apostolica del Salesiano Coadiutore
181 Il SC, in base ai sacramenti del battesimo e della cresima e alla sua consacrazione, partecipa alla missione salesiana nella Chiesa. Di
29 Cfr ACMSC p. 574.
30 Cfr Reg 92; CG21 Doc. sulla «Formazione» n. 263.
31 Cfr CG21 Doc. «I Salesiani Evangelizzatori dei giovani»
n. 111.
conseguenza ha il dovere e il diritto di esercitare un'azione apostolica
profetica, santificatrice e rinnovatrice dell'ordine temporale, come
membro educatore cd evangelizzatore della comunità salesiana.
Dal fatto che partecipi della missione affidata alla comunità
con la sua caratteristica di religioso laico, consegue che c'è
un modo laicale a lui proprio di compiere i servizi di promozione umana
e cristiana con cui viene attuata la missione salesiana.
Questo modo si realizza nell'esercizio di quelle funzioni e di quei
ministeri tipicamente laicali con cui si attua la missione salesiana;
nell'assolvere i compiti più svariati all'interno della comunità
apostolica, della cui missione diviene egli pure partecipe; nello svolgere
tutti i ruoli educativi, pastorali e missionari che non sono legati
al ministero presbiterale, portando in essi una propria testimonianza
di educatore alla fede.32
182
Tutte le attività del SC, siano esse catechistiche, missionarie,
evan- gelizzatrici, oppure educative, culturali, amministrative, burocratiche
o domestiche, hanno un senso e un valore educativo-pastorale all'interno
della comunità salesiana-apostolica, costituiscono una vera testimonianza
comunitaria, sono profondamente collegate tra di loro e tutte insieme
finalizzate al Cristo.33
A questo riguardo, anche in risposta alle richieste dei CI,34 si sottolinea
la necessità di confermare ed esplicitare la dimensione apostolica
del lavoro e dell'azione educativa del SC, evitando una visione unicamente
professionale della sua attività.
Sarà opportuno, ove è possibile, allargare i compiti del
SC a educatore esplicito della fede. Ciò lo aiuterà ad
unire più profondamente nella sua azione la promozione umana
e la formazione cristiana; lo aprirà a più ampie esigenze
di formazione e di collaborazione, in vista di un più efficace
servizio salesiano ai giovani,'
Il CG21 accoglie l'invito di Paolo VI: «I laici possono anche
sentirsi chiamati, o essere chiamati, a collaborare con i loro Pastori
nel servizio della comunità ecclesiale, per la crescita e la
vitalità della medesima, esercitando ministeri diversissimi,
secondo la grazia e i carismi che il Signore vorrà loro dispensare
»; 36 e auspica che anche
32 Cfr Cost 37; ACGS 149; ACMSC p. 134-141. 148-154. 185-186.555-557.641-642.
33 Cfr Cost 37; ACGS 29.
34 Cfr Sch Prec. 367-371. 400.
35 Cfr ACMSC p. 338-342. 555-557.
36 EN 73.
i SC, convenientemente preparati, abbiano la possibilità di esercitare
come religiosi i «ministeri non ordinati» 37 a servizio
dell'azione evangelizzatrice della comunità salesiana.
11 SC, dunque, può partecipare a tutti i compiti educativi e
pastorali salesiani non legati al servizio specificamente sacerdotale.3S
Ciò significa che nella comunità salesiana, all'infuori
dei ministeri e dei ruoli strettamente laicali o sacerdotali, non ci
sono zone o azioni assolutamente proprie dei SC o dei SP. Il loro contributo
specifico consiste piuttosto nel realizzare i diversi compiti o ruoli
del servizio salesiano con stile, spirito e dimensione laicale o sacerdotale:
in questo modo crescerà la ricchezza e l'efficacia della comune
missione.
183 Considerando però la natura di certe attività e l'ambiente
socio-culturale in cui si svolgono, può risultare che alcune
di esse sono più evidenti e significative dell'identità
del SC. Così, se si guarda l'importanza e l'incidenza che il
« mondo del lavoro » ha in molte nazioni, appare chiaro
che le attività concernenti l'area del lavoro risultano non le
uniche ma certo fra le più significative per l'azione apostolica
del SC in quelle zone.39
Già Don Bosco, con la sensibilità propria del suo tempo,
aveva sottolineato che uno dei compiti caratteristici del SC doveva
essere quello di animare cristianamente il mondo del lavoro di cui aveva
colto alcuni valori sempre attuali: il carattere di ascesi e di severa
autodisciplina; la testimonianza e l'efficacia apologetica di religiosi
lavoratori di fronte a un'opinione pubblica particolarmente sensibile
al significato del lavoro.
Oggi il lavoro non si riduce solo a questo. E' un nuovo vasto fenomeno
che rende interdipendenti le categorie sociali, determina le caratteristiche
di un gruppo sociale, crea nuovi modelli culturali, forgia un tipo di
uomo; è un potente fattore di sviluppo per la persona umana.
Perciò con l'espressione «Inondo del lavoro» ci riferiamo
non tanto alla materialità del lavoro quanto al lavoro come fatto
culturale e sociale.
184 Le diverse presenze del SC in questo campo saranno significative
a due condizioni:
- non dimentichi mai che è sempre e dovunque un educatore salesiano,
il cui obiettivo dev'essere quello di portare i diversi ele-
37 EN 73.
38 Cfr Cost 37.
39 Cfr ACMSC p. 322-338.
menti di questa realtà sociale al servizio dei valori individuali
e collettivi della persona, per aprirla così promossa, a trovare
nella fede la sua piena c totale realizzazione;
- sia fedele al suo essere «religioso salesiano laico».
Questo comporta numerosi doveri:
saper cogliere il bene presente nel mondo del lavoro (un progetto di
società e di uomo personalistico, comunitario e solidale), ma
contemporaneamente segnalare. i mali che lo minacciano (visione materialistica
della vita, chiusura alle realtà spirituali, individualismo,
invidia, sentimenti di ostilità, tentazione della violenza);
difendere e promuovere questi valori come religioso tutto orientato
a Cristo, fondamento e vertice degli stessi valori umani, potrà
più facilmente individuare i pericoli che li minacciano e aiutare
gli altri a superarli;
testimoniare, mediante il disinteresse e l'amore con cui si dona incessantemente,
una solidarietà profonda e universale che dovrebbe mettere in
crisi ogni forma di egoismo, di sfruttamento, e di esclusiva ricerca
del proprio interesse;
rivelare il Regno di Dio già presente nel mondo e nella storia,
e proprio in questo modo specifico annunciare profeticamente il Regno
futuro.
185
La scuola professionale, il centro giovanile operaio, i movimenti cristiani
dei giovani lavoratori sono, tra le altre, strutture valide per l'azione
educativa del SC secondo un progetto alternativo di lavoratore.
Infine il SC è particolarmente indicato per animare Cooperatori
ed Exallievi lavoratori nella loro formazione umana e cristiana e nella
loro azione apostolica.4
1.3 Alcuni tratti della vita spirituale
del Salesiano Coadiutore
186
La vita spirituale è qui intesa come la forma concreta di recepire,
sperimentare, maturare e vivere la santità cristiana e salesiana.
Il SC è chiamato a vivere e testimoniare nella comunità
salesiana un'esperienza di fede e di Chiesa rispondente alla vocazione
specifica ricevuta. Anche ciò la parte della sua identità
vocazionale.
41 Cfr ACGS 744. 750.
La spiritualità salesiana non esiste in astratto, ma concretamente
incarnata e vissuta da laici, religiosi, sacerdoti. Il SC la recepisce
e la vive come laico religioso, per essere anche animatore di un apostolato
di tipo laicale.42
187 In sintonia con le linee portanti della spiritualità salesiana,
il SC ha una vitale unione e adesione a Cristo apostolo del Padre, che
chiama costantemente tutti alla salvezza; sa di partecipare alla carità
preferenziale di Cristo per i giovani poveri; è cosciente di
essere un cooperatore di Dio come strumento umile ma anche necessario
ed efficace; ha un radicato senso di appartenenza alla Chiesa e alla
comunità salesiana; nella sua vita e azione mantiene un costante
riferimento alla persona, allo stile e allo spirito di Don Bosco, come
suo fondatore e modello. Sa inoltre che questi atteggiamenti sgorgano
dallo Spirito Santo ricevuto nel battesimo e nella cresima: egli vivifica
costantemente la sua vocazione specifica e la orienta alla gloria del
Padre e alla salvezza della gioventù bisognosa.
Ogni esperienza spirituale ha certamente carattere profondamente personale
e quindi non facilmente comunicabile. Tuttavia riuscirebbe esemplare
a questo proposito la raccolta di testimonianze di SC che hanno avuto
una intensa vita di preghiera e unione con Dio, un grande amore al lavoro,
un vivo senso di appartenenza alla Congregazione e un profondo attaccamento
a Don Bosco.
188 Si possono indicare qui alcuni elementi fondamentali della vita
spirituale del SC tratti da tutto l'arco della sua esperienza salesiana:
- il SC vive gioiosamente la sua vocazione di religioso salesiano laico
come un valore positivo e completo, significativo ed essenziale alla
Congregazione; la considera dono di Dio, e allo stesso tempo una risposta
libera e personale; ne fa l'unica ragione della propria vita, l'unico
cammino di santificazione; Il
--- vive una vita di fraternità, di lavoro e di preghiera con
sacerdoti. Da questo fatto deriva che una caratteristica della sua spiritualità
dev'essere l'esperienza profonda della sua comunione col SP. Ciò
gli comunica un vivo senso della Chiesa come famiglia, in cui tutti
sono figli dello stesso Padre, e ugualmente responsabili, sebbene con
ministeri e ruoli diversi, che arricchiscono vicendevolmente. Perciò
ha coscienza della propria responsabilità, dell'originalità
42 Cfr ACMSC p. 154-157. 186. 189-191; Spiritualitii dell'azione, a
cura di M. Midali,
Roma 1977, p. 278-282.
43 Cfr Cost 37. 4.
del suo indispensabile contributo e allo stesso tempo del bisogno dell'altro;
44
189
- le caratteristiche del «mondo del lavoro» - frequente
campo dell'azione apostolica del SC - (solidarietà, concretezza,
adattabilità, verifica, ece.) gli permettono di fare un'esperienza
propria di alcuni valori dello spirito salesiano: senso del concreto
e delle urgenze, spirito di iniziativa e creatività, capacità
di verifica e di adattamento; Il
la situazione laicale del SC e il tipo di lavoro che frequentemente
svolge gli permettono una « nuova e specifica vicinanza »
ai giovani e ai laici; essa lo rende capace di mettere in pratica in
modo originale «lo stile salesiano di relazioni»: apertura
e cordialità, semplicità, delicatezza di tratto, sviluppo
delle qualità sociali raccomandate al laico; 1
--- in genere, il tipo di lavoro che svolge avvicina di più il
SC alla creazione, alla tecnica, all'arte, rendendolo capace di esercitare
in modo particolare l'ottimismo salesiano. Così accoglie con
riconoscenza i valori terrestri,d7 ammira la creazione e il potere che
Dio in essa affida all'uomo, gioisce per i successi del progresso umano;
190
- il SC è un religioso santamente preoccupato di trasformare
tutte le sue attività, dalle più umili alle più
brillanti, in offerta a Dio per la sua gloria e il suo Regno: così
la sua vita riceve particolare «slancio filiale e sacerdotale:
diventa liturgia alla sola gloria del
Padre »;48
- il Vaticano Il afferma che la professione religiosa permette di conformarsi
«al genere di vita verginale e povera che Cristo Signore scelse
per sé e che la Vergine Madre sua abbracciò»,49
e presenta ai laici Maria come «modello perfetto della loro vita
spirituale e apostolica».-511 In questo senso la devozione mariana
del SC può essere vissuta in modo caratteristico e personale.
191
La profondità della vita spirituale tocca il suo vertice e si
fa ricchezza per tutta la Congregazione quando, ad imitazione di Don
Bosco, si
44 Cfr Cost 2. 34.
45 Cfr Cost 43.
46 Cfr Cost 45; AA 4i. 2ge.
47 Cfr Cost 47.
48 Cfr Cost 67. 70.
49 Cfr LG 46b; PC 25.
50 Cfr AA 4.
raggiunge la perfezione della carità in grado eroico. Abbiamo
motivi sufficienti per credere che questo dono è stato concesso
a non pochi Salesiani coadiutori. Ogni confratello ha presente qualche
figura che ha realizzato questa pienezza in luoghi diversi e in svariate
situazioni, anche le più nascoste e sacrificate. Molti sono entrati
nella storia della Congregazione; alcuni di essi, martiri per la fede
o eroi nella carità, sono candidati alla glorificazione dei santi.
Tutte queste testimonianze ci offrono una prova ulteriore della ricchezza
carismatica contenuta nella vocazione salesiana laicale.
1.4 Partecipazione alla vita e al governo
della Congregazione
192 il SC come membro della Congregazione salesiana si trova in una
dimensione di correlazione e di corresponsabilità proveniente
dalla sua originale vocazione salesiana nella quale è fratello
tra fratelli.
Tutta la tradizione salesiana sta a dimostrare il ricco e vario contributo
del SC alla vita della comunità con spazi di responsabilità
diretta anche negli organi di governo a tutti i livelli:
--- a livello locale esercita diverse responsabilità sia nella
comunità
religiosa che in quella educativa: preside, capo-laboratorio, di
rettore tecnico, economo... membro del Consiglio;''
- a livello ispettoriale partecipa a tutte le strutture di animazione
della Ispettoria (consulte, segretariati...), fa parte del Consiglio
ispettoriale 52 e, può essere delegato al Capitolo ispettoriale;
53
- a livello mondiale può essere membro del Capitolo Generale
54 e
far parte del Consiglio Superiore della Congregazione.55
1 n questo modo il SC dà il suo contributo responsabile cd effettivo,
correlato ed organico'6 all'animazione della comunità fraterna
e apostolica, con una vera autorità in base ai principi di partecipazione,
di sussidiarietà e decentramento,-51 Questa autorità è
da lui esercitata costantemente aa nome e ad imitazione di Cristo e
nello spirito di Don Bosco, come un servizio ai fratelli, per ricercare
e adempiere la volontà del Padre ».58
51 Cost 185-189.
52 Cost 171-176.
53 Cost 179.
S4 Cost 156.
ss Cost 146.
S6 Cfr Cost 34.
S7 Cfr Cost 126. 127.
58 Cost 125.
193
Il CG21 ha potuto costatare che i SC partecipano a un numero considerevole
di Consigli locali, sono presenti nei Consigli ispettoriali di quasi
la metà delle Ispettorie; la loro partecipazione invece ai CI
'77 è stata piuttosto scarsa, e molto scarsa la loro presenza
al CG21. A questo riguardo sia il CMSC 59 che i CI '77 60 hanno chiesto
che venga assicurata e si renda più effettiva la già possibile
partecipazione di SC ai Consigli e specialmente ai Capitoli.
Considerando la natura e le finalità dei CI e del CG 61 sembra
fondata la richiesta di garantire in essi una presenza reale e significativa
di SC affinché la Congregazione non resti privata del contributo
diretto della esperienza laicale salesiana in momenti così importanti
di riflessione, verifica e decisione sulla sua vita e missione.
Non si tratta di assicurare la partecipazione di un «gruppo o
classe di confratelli», e neppure di rispondere ad una esigenza
sociologica. E' invece un'esigenza carismatica alla quale forse non
siamo ancora sufficientemente sensibili: con una partecipazione significativa
di SC ai CI e ai CG si vuole assicurare la presenza in essi delle due
dimensioni, sacerdotale e laicale, che compongono la Congregazione.
Se si costata che la presenza della dimensione laicale è molto
scarsa, sembra doveroso provvedere nel miglior modo possibile a colmare
questa lacuna. Il CG2.1, anziché moltiplicare norme giuridiche,
crede più opportuno affidarsi alla sensibilità salesiana
dei confratelli.
1.5 Essenziale correlatività
tra il Salesiano Coadiutore e il Salesiano Prete
194
Abbiamo detto all'inizio che, per volontà di Don Bosco, le comunità
salesiane sono composte di sacerdoti e di laici. Ciò fa sì
che il SC viva la sua vocazione salesiana con tutti i tratti e le ricchezze
finora presentate, non da solo, ma in fratellanza e correlatività
con il SP.
«Nella nostra Congregazione -- afferma don Ricceri - il SC porta
la sua caratteristica laicità in stretto rapporto di integrazione
con la sacerdotalità del SP... Tale laicità non esiste
da sola e indipendente... Essa sussiste tra noi in simbiosi con la sacerdotalità
del SP; entrambe sì compenetrano mutuamente in una originale
spiritualità di azione, propria della comunità salesiana
nella Chiesa... Anche la
59 ACMSC p. 552, proposta 7.
60 Sch Prec. 372-374.
61 Cost 177. 151.
sacerdotalità, tra noi, non esiste da sola e indipendente...
Laicità e sacerdotalità si compenetrano nella nostra Congregazione.
Qui c'è tutto un aspetto carismatico originale da approfondire...
Equesta la realtà vivente su cui riflettiamo; una comunità
di preti e laici che interscamhiano vitalmente nello spirito le ricchezze
delle loro differenze vocazionali in vincolazione intrinseca a una missione
comune di pastorale giovanile e popolare».62
La correlazione, dunque, non significa subordinazione o contrapposizione,
e neanche la perdita o la fusione delle proprie caratteristiche. Al
contrario, è qualcosa che caratterizza le persone e la comunità
salesiana apostolica.
195 In questo modo la presenza del SC arricchisce la comunità;
rende presente ai sacerdoti i valori della vita religiosa laicale e
li richiama in permanenza alla viva collaborazione coi laici; attua
il progetto di Don Bosco, che vuole raggiungere i giovani con un'azione
fatta di profonda collaborazione tra preti e laici, fratelli nella stessa
comunità religiosa; «ricorda al SP... una visione e un
impegno apostolico assai concreto e complesso, che va più in
là dell'attività sacerdotale e catechistica in senso stretto
».6_3
Ai giovani testimonia i valori della vita religiosa laicale, come alternativa
alla vita religiosa sacerdotale; offre a quanti non si sentono chiamati
ad una vita consacrata un modello più prossimo di vita cristiana,
di santificazione del lavoro, di apostolato laicale. Permette alla comunità
una particolare incarnazione nel mondo e una particolare presenza nella
Chiesa.
196 Perché correlati tra di loro all'interno della comunità
salesiana, SC e SP si caratterizzano e si influenzano vicendevolmente:
non è possibile definire adeguatamente l'identità del
SC senza doversi riferire all'identità del SP, e viceversa. La
crisi di identità o il cambio della Figura di uno coinvolge più
o meno profondamente l'altro. Le loro ricchezze spirituali, si alimentano
a vicenda, e la povertà della propria vita spirituale rispettivamente
laicale o presbiterale, si ripercuote negativamente su entrambi.
Affinché la comunità salesiana resti fedele al progetto
originale e i suoi membri sviluppino fedelmente la propria fisionomia
caratteristica, bisognerà che sacerdoti e coadiutori si capiscano,
si aprano gli uni agli altri in contemplazione del dono di Dio. «Così
si realizza questo scambio mirabile, dove ognuno è se stesso,
ma per gli altri, e
62 ACMSC p. 574-577.
63 Don Ricceri, Cfr ACMSC p. 575.
tutti per coloro a cui si è mandati. In fondo un sacerdote che
non consideri così il proprio fratello coadiutore e ne sminuisca
la reale presenza e portata profetica, è uno che lotta contro
il proprio significato.
Questa medesima inquietudine dovrebbe turbare la coscienza dei coadiutori
e il loro desiderio di fraternità, essi che si sono liberamente
compromessi per una vita di comunione, quando vi fossero preti che non
sembrano accettare di sentirsi scuotere l'esistenza da cima a fondo
da Lui il Signore... e mercanteggiano il proprio ministero con vari
clericalismi, terrenismi, o con gli spiritualismi disin
carnati ».14
Riguardo alla correlatività, il Rettor Maggiore don Egidio Viganò
ha affermato: «Penso sia cosa assai utile che gli studiosi continuino
ad approfondire questo tipo peculiare di fusione e di complementarità
organica tra ministero sacerdotale e laicità nella consacrazione
sa
lesiana ».65
Perciò la Congregazione deve continuare la riflessione sul modo
con cui la laicità e la sacerdotalità caratterizzano in
forma correlata e complementare rispettivamente il SC e il SP all'interno
dell'unica comunità salesiana apostolica.
2. LA CONGREGAZIONE SALESIANA
E IL SALESIANO COADIUTORE
197
Fin ora abbiamo parlato quasi esclusivamente della vocazione per- 197
sonale del SC. Ora vogliamo allargare il discorso alle dimensioni della
Congregazione.
Da quanto è stato detto fin qui consegue che il SC è una
ricchezza per la nostra Società, una sua dimensione essenziale
e indispensabile.
La specifica vocazione di religioso salesiano laico influisce sii] tono
globale della Congregazione, e la definisce insieme alla dimensione
sacerdotale.
Il tema del SC tocca l'immagine della Congregazione... Domandarsi chi
è il SC significa immediatamente domandarsi: qual è la
natura della Congregazione, la sua missione, il suo spirito. Perché
la Congregazione voluta e fondata da Don Bosco non è pensabile
che come
64 ACMSC p. 307-308.
65 CG21: Intervento in Aula, 24 gennaio 1978, n 235.
comunità apostolica di laici consacrati e di chierici. A guardar
bene, i problemi dei SC si iderttificano con i problemi della Congregazione,
sono i nostri problemi più veri, i più essenziali ».66
198 Essa dunque, deve mantenersi fedele alla sua natura carismatica
voluta da Don Bosco. E non soltanto con una fedeltà teorica o
dottrinale, ma concreta e storica. Non deve, cioè, limitarsi
ad affermare che è clericale e laicale, ma esserlo veramente
e visibilmente nella coscienza, negli atteggiamenti, nella vita e nelle
manifestazioni esterne. Una Congregazione salesiana senza la presenza
di membri laici non sarebbe più quella voluta da Don Bosco. Sarebbe
storicaniente infedele, anche se nei documenti continuasse a dire che
è composta di sacerdoti e di laici.
Forse si può anche aggiungere che quando in una Ispettoria la
proporzione tra SC e SP è notevolmente compromessa, là
non diamo una testimonianza completa ed esatta di ciò che siamo
carismaticamente.
Il CG21 afferma con don Ricceri che «la riscoperta e la riattualizzazione
del SC significheranno una migliore fedeltà al progetto di Don
Bosco e un approfondimento del nostro essere comunitario di Salesiani
».67
3. IL SERVIZIO DEL SUPERIORE SALESIANO E IL SALESIANO COADIUTORE
3.1 Il problema
199 Dopo un secolo di pacifica e universale tradizione riguardo all'esigenza
del carattere sacerdotale per coloro che devono guidare e animare le
comunità salesiane,6s all'interno della Congregazione, in alcune
zone più che in altre, è stata sollevala la questione
sulla possibilità di accesso del SC al servizio di superiore.
Ricorrono le domande: perché il SC non può guidare la
comunità salesiana? La comunità salesiana non può
compiere la sua missione
66 Don Ricceri, ACS 272. p. 63-65; ACMSC p. 588. 590-591.
67 ACS 272 p. 65; ACMSC p, 591.
68 «E' un dato di fatto innegabile che il Direttore in Congregazione
e stato sempre
'sacerdote' ». Discorso del RM D.E, Vigano, 24.1.78 n 214.
anche animata da un SC? Perché nelle Costituzioni non viene eliminata
qualsiasi distinzione in questa materia tra SC e SP?
La questione muove anzitutto dal fatto che non sembra pienamente realizzata
l'uguaglianza fraterna in Congregazione se non scompare dal nostro diritto
particolare ogni differenza sii questo punto, e che solo a questa condizione
sembra possibile uno sviluppo della vocazione salesiana laicale e una
sua proposta vocazionale comprensibile ai giovani oggi.
Altre considerazioni derivano dalla rinnovata sensibilità e dalla
nuova posizione assunta dal laicato nella Chiesa, soprattutto dopo il
Concilio Vaticano Il. Gli interrogativi sono posti dal vivo desiderio
di interpretare oggi la volontà del Fondatore.`
E' chiaro che non si tratta di una questione unicamente giuridica, né
sociologica, o di qualcosa che appartenga genericamente alla vita religiosa
nella Chiesa. Si tratta di una realtà ecclesiale religiosa specifica,
cioè «salesiana». Riguarda infatti un determinato
modo di vita della comunità salesiana, iniziato e strutturato
da Don Bosco, vissuto nella Chiesa e approvato da essa, in ordine allo
svolgimento della missione concreta che lo Spirito Santo affidò
al nostro Fondatore e Padre.70
3.2 La riflessione e le deliberazioni del CGS
200
La questione fu sentita fortemente nel CGS (1971), che aveva il compito
di riflettere sull'identità della Congregazione salesiana, in
vista della revisione delle Costituzioni stesse.71 Dalla sua accurata
preparazione si poté conoscere la questione nelle sue motivazioni
e
implicanze.72
Il problema del sacerdozio come condizione per la funzione di Superiore
salesiano venne affrontato particolarmente nella trattazione su «
I corresponsabili della nostra missione »; 73 fu discusso a fondo,
perché si trattava di qualcosa che toccava le radici dello spirito
e della vita salesiana, sia all'interno delle comunità che riguardo
al metodo pastorale proprio della nostra missione.
69 Cfr Contributo di Studio allo Schema III, n 579-572, specialmente
n 579. 580. 584;
Vedere Sch Prec. 318.
70 Cfr Don Ricceri, Discorso di chiusura del CMSC, in ACMSC p. 576-577
n 3.3.'.
71 Cfr ES II 3; PC 2. 3.
72 Cfr« Ecco cio che pensano i Salesiani della loro Congregazione
oggi» (1969), vol. IV,cap. VI, p. 134-143.
73 CfrSch Prec. 319.
Il CGS concluse il suo discernimento con la decisione che passò
a far parte del nuovo testo costituzionale: «Secondo la nostra
tradizione, per questo impegno apostolico la comunità salesiana
ha come guida un socio che, per il sacramento dell'ordine e l'esperienza
pastorale, può orientare lo spirito e l'azione dei suoi fratelli
».74
L'iter post-capitolare, che doveva aiutare l'applicazione delle deliberazioni
del CGS, programmò, tra l'altro, convegni per coadiutori allo
scopo di studiare i documenti capitolari che li riguardavano,73 chiarire
la loro identità e suggerire orientamenti pratici alla luce del
CGS.76
3.3 a Convegno Mondiale Salesiano Coadiutore e i CI '77
201 La risposta autorevole del CGS non impedì, tuttavia, che
la questione continuasse ad essere vivamente sentita in diverse parti
della Congregazione.
Al CMSC celebrato a Roma (1975) in clima di vera salesianità,77
nello studio approfondito dei vari temi sull'identità del SC,
sulla sua azione apostolica e sulla formazione,78 emerse anche il risvolto
psicologico che aveva assunto la questione della cosidetta «parità
giuridica» 79
Nel discorso di chiusura, il Rettor Maggiore don Luigi Ricceri, mentre
manifestava il suo proposito di far studiare ulteriormente argomenti
di tanta importanza, 80 dichiarò: «Di fronte a questo problema
io vedo che la coscienza della Congregazione ha risposto finora attraverso
i pronunciamenti espressi formalmcnté dal CGS, dove il problema
è stato proposto approfondito e ufficialmente codificato nelle
Costituzioni ».81
E fece notare che, per un eventuale cambiamento in materia, sarebbe
stato necessario chiarire se si tratta di un elemento «sostanziale»
o meno del nostro carisma. A questo scopo ricordò tre condizioni
che si devono aver presenti quando si vuole illuminare questo o qualsiasi
altro punto riguardanti il carisma fondazionale:
74 Cost 35.
75 Cfr ACGS 763.4b.
76 Cfr ACGS 184.4a.
77 «Cfr Disc. cit. D. Ricceri, ACMSC p. 569-571 n 1.
78 Cfr Sch Prec. n. 334-340.
79 Cfr Disc. cit. D. Ricceri, ACMSC p. 573 n 3.3; Sch Prec. n 342; Vedere
«Proposte e mozioni del CMSC» n 4, ACMSC p. 548-551.
80Cfr Disc. cit. D. Ricceri, ACMSC p. 573 n 3.2.
81 D. Ricceri, ACMSC p. 578 n 3.3.5.
- la volontà esplicita e verificabile del Fondatore,
-- il legame di tale elemento con la missione propria,
- la dichiarazione formale della Chiesa.82
202
Davanti a questi criteri si deve ammettere che gli studi compiuti sulla
questione specialmente negli ultimi anni, non manifestano una evidente
possibilità per il cambiamento proposto.83
Nella preparazione del CG21, un certo numero di CI tornarono sull'argomento:
alcuni chiesero di eliminare dalle Costituzioni ogni disparità
giuridica trà il SC e il SP, altri confermarono la scelta del
CGS, altri chiesero di approfondire ancora così importante problema.84
Le motivazioni da essi addotte, sia a favore del mantenimento della
situazione attuale, sia a favore di un mutamento, non modificavano sostanzialmente
quelle già espresse nel CGS e nel CMSC.85
3.4 Il CG21
203
Il CG21, tenendo conto delle richieste dei CI e delle mozioni del CMSC,
si proponeva una nuova riflessione al riguardo. All'inizio dei lavori
il card. Segretario di Stato di S. Santità, a nome del Papa Paolo
VI, mandò al Rettor Maggiore don Luigi Ricceri una lettera «di
esortazione e di orientamento per i religiosi capitolari». In
essa il card. Villot si riferisce direttamente al nostro tema con le
seguenti parole:
«Infine, guardando con fiducia alla crescente fioritura organizzativa
della Famiglia Salesiana, il Vicario di Cristo auspica che l'Istituto
rimanga fedele al suo disegno costitutivo anche circa la figura e la
funzione del Direttore, in modo che questi, avvalorato dai carismi dell'Ordinazione
sacerdotale, possa guidare con sapienza ecclesiale le varie e crescenti
schiere di quanti intendono militare sotto la guida e lo spirito di
san Giovanni Bosco ».
Il significato di questo messaggio fu sottolineato prima dal Rettor
204 Maggiore uscente don Luigi Ricceri e, più tardi, dal nuovo
Rettor Maggiore don E. Viganò.
82 Cfr Disc. dt. D. Rieeeri, ACMSC p. 579 n 3.3.6.
83 Cfr Studi presentati al CMSC, in ACMSC.
84 Cfr Seh Prec. n 47-53.
85 Cfr Seh Pree. n 48. 49. 51; Contributo allo Schema III (1977). n
578-601. «Le ragioni a disposizione sono pero sostanzialmente
quelle gift prese in eonsiderazione dal CGS". lb. 603.
«La lettera portava evidentemente un orientamento ben definito
ai lavori di questo nostro Capitolo; un supplemento di luce per vedere
meglio e con certezza, come ha detto don Ricceri nel rispondere ad alcune
domande: 'sono le parole del Padre che invita a studiare con serenità,
con completezza, con senso salesiano i problemi del Capitolo e specificatamente
quelli che toccano nei vivo la nostra identità. Sono le parole
di Colui che ci guida in quel discernimento nel quale ci sentiamo impegnati,
a fatti e non a parole, come la mediazione più qualificata per
garantire l'identità e l'autenticità della nostra voca
zione' ».86
205 Il CG21, prendendo coscienza della propria responsabilità,
ha studiato a lungo la realtà del SC e ha delineato con ampiezza
la figura del Superiore salesiano, per sottolineare soprattutto il suo
compito di animatore spirituale della comunità e guida pastorale
della nostra missione salesiana.87
Quindi in atteggiamento di «venerazione e adesione speciale»
per il Successore di Pietro,s8 supremo superiore della nostra Società,
e accogliendo con docilità il suo magistero,89 memore del modo
di pensare di Don Bosco, secondo il quale « la parola del Papa
deve essere la nostra Regola in tutto e per Tutto», 90 nella preghiera,
nella riflessione e nella ricerca sincera della volontà del Signore,
il Capitolo ha deciso di mantenere, in concordanza con la volontà
del Papa, la tradizione salesiana codificata dal CGS nell'articolo 35
delle Costituzioni: « La comunità salesiana ha come guida
un socio che, per ii sacramento dell'Ordine e l'esperienza pastorale,
può orientare lo spirito e l'azione dei suoi fratelli.
Il CG21 affida a tutti i Salesiani l'impegno di compiere ogni sforzo
per accrescere quella sensibilità di vera e profonda fraternità
salesiana che fu voluta da Don Bosco come anima e forma delle nostre
comunità.
86 Cfr n.221.
87 Cfr «I Salesiani evangelizzatori dei giovani», (n. 46-57).
88 Cfr Cost 44.
89 Cfr Cost 128.
90 MB VI, 494.
Orientamenti operativi
206
Noi Salesiani dobbiamo prestare particolare attenzione nell'accogliere
e valorizzare la ricchezza dell'identità vocazionale del SC e
il suo significato essenziale per la vita e la missione della Congregazione.
a. Ogni Ispettoria pertanto programmi i mezzi efficaci per far sí
che i confratelli, sacerdoti e coadiutori, approfondiscano il giusto
senso della vita laicale consacrata de! SC e il suo specifico impegno
comunitario.
Momenti molto opportuni possono essere gli Esercizi Spirituali e i Corsi
di Formazione Permanente.
207
b. Per favorire una corretta conoscenza del SC all'interno della realtà
salesiana, per alimentare la sua vita spirituale e favorirne la pastorale
vocazionale, il Dicastero per la formazione assicuri la prosecuzione
della riflessione sui tratti più nuovi di questa vocazione, e
la pubblicazione dì biografie dì salesiani coadiutori.
208
c. Affinché l'uguaglianza e la diversità radicata nell'essere
salesiano del SC e del SP siano colte come una ricchezza per la comunità
salesiana, e diventino realtà vissute quotidianamente, occorre
che ogni Salesiano le recepisca Interiormente e le manifesti visibilmente
attraverso alcuni atteggiamenti di base: il senso radicato di tale uguaglianza
fondamentale e della rispettiva diversità; lo spirito di famiglia;
la corresponsabilità fraterna; il gioioso riconoscimento della
« mutua indigenza N; la correlazione e la generosa solidarietà;
il riconoscimento pratico della propria, sebbene relativa, autonomia
e responsabilità.
209
d. La presenza di SC nella comunità salesiana tocca profondamente
i'i- 209 dentità della Congregazione stessa. Le Ispettorie nel
prossimo sessennio sentano l'urgenza di intensificare la pastorale vocazionale
del SC; si qualifichi la presenza apostolica di SC tra i giovani, perché
la loro testimonianza sia per i giovani stessi significativa e comprensibile.
210
e. La presenza significativa di SC ai Consigli e Capitoli è soprattutto
un servizio reso alla comunità salesiana dal carisma specifico
della laicità consacrata. Perciò nella indicazione dei
Consiglieri ispettoriali e nella elezione dei Delegati al Ci i confratelli
considerino la convenienza della presenza di Salesiani coadiutori.
f. Nella elezione dei Delegati dell'Ispettoria per il CG, i membri del
CI tengano presente la possibilità di scegliere loro rappresentanti
anche tra i confratelli coadiutori, soprattutto quando l'Ispettoria
ha il diritto di mandare più di un Delegato al CG.
211 g. Per testimoniare fedelmente alla Chiesa e al mondo il dono carismatico
ricevuto da Don Bosco occorre che la Congregazione, ad ogni livello,
dia di sé una immagine ufficiale corretta di comunità
religiosa di sacerdoti e laici e procuri di non privilegiare una figura
di Salesiano piuttosto che l'altra.
Intervento del Rettor Maggiore
Don Egidio Viganò sulla
"PARTECIPAZIONE ALLA VITA
E AL. GOVERNO DELLA CONGREGAZIONE"
Questo discorso, pronunciato dal Rettor Maggiore il 24 gennaio 1978, invece che ira gli Allegaii è scavo collocato qui, dopo il Documento 2, dato il suo carattere peculiare e per utilitè pratica.
Sento il dovere di coscienza d'intervenire sul tema proposto alla nostra
riflessione nei giorni scorsi: quella della «partecipazione alla
vita e al governo della Congregazione», e anche sul valore della
lettera ricevuta dal S. Padre al riguardo.
E' coincidenza e scelta che io vi parli proprio oggi, 24 del mese e
festa dei nostro Patrono San Francesco di Sales.
1. SIGNIFICATO DEL MIO INTERVENTO
212
La ragione che mi muove a fare questo intervento è la funzione
stessa di Rettor Maggiore, che ha investito la mia persona di responsabilità
concrete per la conduzione di questo CG (cf Cost. 155) e per la guida
della Congregazione durante il prossimo sessennio (cf Cost. 129ss).
Non intendo coinvolgere né la Presidenza né la Commissione
centrale di coordinamento, ma la mia personale responsabilità
di' Rettor Maggiore, illuminata dalla preghiera e dalla riflessione,
e vagliata e dialogala con colui che avete designato come il mio «più
vicino collaboratore» (Cost. 138), il Vicario; Don Gaetano Scrivo.
Intervengo, dunque, con particolare serietà e, spero, anche con
sufficiente chiarezza e precisione, perché si tratta di un punto
che tocca le radici dello spirito e dello stile salesiano e comporta
conseguenze assai concrete per il divenire del nostro rinnovamento,
l'unità della Congregazione, l'identità dei suoi soci,
e l'animazione di tutta la Famiglia Salesiana.
Io parlo, evidentemente, in una congiuntura storica circoscritta a questo
CG21, e in vista del mandato di Rettorato dei prossimi sei anni; è
normale che la vita concreta e il realismo di governo siano sempre ben
situati. Ciò che importa sottolineare è che, precisamente
in tale congiuntura, sento il dovere di far ricorso modestamente e familiarmente
all'esercizio pratico dell'alto ministero di unità e di guida
proprio del Rettor Maggiore.
2. IL VERO INTERROGATIVO CHE FA PROBLEMA
213 Permettetemi d'andar subito al nocciolo. Tutti, lo spero, siamo
più che d'accordo sull'importanza del Salesiano Coadiutore e
la necessità della sua promozione. Ma non è strettarnento
questo il problema che ci tiene un po' sospesi; è chiaramente
uri altro, anche se legato, di fatto, a questo.
Già prima del CGS ci si era posto il seguente interrogativo:
in linea di progetti) costitutivo salesiano, il servizio dell'autorità
è sostanzialmente vinvolato o meno al ministero sacerdotale?
Allora l'interrogativo si era impostato come un problema generale dell'esercizio
dell'autorità in Congregazione a tutti i livelli (Direttore,
Ispettore, Rettor Maggiore); ora, invece, l'ambito del problema per
noi è stato limitato al livello del Direttore. La giusta impostazione
di tale argomento esige di considerare, direttamente quale tipo di autorità
debba animare e servire la comunità salesiana. Nessun socio ha
diritto in Congregazione di accedere alle (unzioni di autorità
(nelle elezioni del 15 dicembre scorso, quando ascoltavo la proclamazione
dei nomi, non ho neppur sognato un qualche diritto; ho sentito solamente
timore e tremore). E' invece la comunità, secondo la peculiare
indole propria del nostro Istituto, che ha il diritto di essere servita
convenientenrente dall'autorità; quindi, sono tutti i soci in
mutua comunione. che hanno diritto a essere guidati e animati da un
certo tipo concreto di autorità.
214 Ora, è un dato di fatto innegabile che il Direttore in Congregazione
è stato sempre «sacerdote », e che la figura di tale
Direttore ha avuto, nelle preoccupazioni di Dori Bosco, di tutti i suoi
successori e dei Capitoli Generali, un'attenzione e un'importanza centrale.
Il problema sollevato ci pone, perciò, di fronte alla possibilità
di un cwnbiarnento qualitativo nella vita della comunità salesiana.
Sarebbe incoscienza nascondere o sottovalutare questo aspetto: chi deve
procedere a un cambiamento qualitativo ne deve conoscere con sufficiente
chiarezza e profondità i valori, le motivazioni e le conseguenze,
cori i relativi vantaggi e svantaggi.
215 La proposta di una possibile «svolta radicale» al riguardo
partiva da un differente modo di valutare la funzione dell'autorità
nella comunità salesiana:
- per gli uni, la carità pastorale della corriunità salesiana
deve essere animata, nutrita e guidata, per progetto costitutivo, da
un tipo di autorità arricchito dalla grazia del ministero sacerdotale,
fortemente approfondito ed ecclesiologicamente riattualizzalo dal Vaticano
II in risposta ai segni dei tempi e in vista di una nuova epoca storica;
- per gli altri, lo stile e l'attività della comunità
salesiana deve sapersi adattare ai segni dei tempi percepiti nel loro
vasto processo di secolarizzazione e di socializzazione, illuminati
anche dall'ecclesiologia conciliare del Popolo di Dio, in cui emergono
i valori egualitari del Battesimo
per la Vita Religiosa e l'importanza del laicato nella Chiesa. Quindi,
il tipo di autorità salesiana richiesto nei tempi nuovi non dovrebbe
più essere vincolato necessariamente con il ministero sacerdotale.
Su queste due posizioni si sono raccolti, già nel CGS, gli argomenti
pertinenti. Essi sono vari: di tipo ecclesiologico-religioso, di tipo
socio-culturale, di tipo psicologico, di tipo prospettico, dì
tipo storico-salesiano. Nei vari incontri di discussione posteriori
al CGS sì sono venuti ripetendo, più o meno, gli stessi
argomenti, senza ulteriori progressi sostanziali, e a volte perdendo
la serenità del dialogo.
3. E' U N PROBLEMA SPECIFICO DEI
"SALESIANI DI DON BOSCO"
216
Ormai dovrebbe essere chiato che non ci troviamo dì fronte a
un tema «generico» di teologia del Sacerdozio o di teologia
della Vita Religiosa, ma di una ben individuata e concreta «esperienza
carismatica»: quella della Società di S. Francesco di Sales
iniziata da Don Bosco e cresciuta nel suo spirito.
E' in questo alveo di realtà vissuta che ci si deve immergere
per argomentare validamente.
Quali sono le componenti della « indole propria » del nostro
Istituto? Quando è che un determinato elemento va considerato
«sostanzialmente» proprio della nostra indole fondazionale?
L'avverbio «sostanzialmente », scusate l'osservazione, va
inteso in «senso tecnico» simile a quello usato in teologia
per la «sostanza» di un Sacramento, la quale dipende dalla
libera determinazione della volontà dell'Istitutore, più
che da esigenze ideologiche o da argomentazioni astratte e generiche.
Non ci troviamo di fronte a un problema dottrinale di essenza metafisica,
ma alla individuazione pratica di una pedagogia storica, che non si
deduce per ragionamento dalla natura stessa delle cose, ma dalla volontà
del Fondatore che ha strutturato quel determinato progetto pedagogico-pastorale.
Nella Vita Religiosa ci sono molteplici Istituti, ognuno con un suo
progetto costitutivo, secondo una pluriformità veramente ammirevole
di carismi. Infatti, lo stato religioso «non è intermedio
tra la condizione clericale e quella laicale », ma proviene da
entrambe come peculiare dono per tutta la Chiesa (cfr LG 43); perciò
si dà di fatto nella Vita Religiosa anche una svariata gamma
di tipi di autorità, che vanno dalla inclusione costituzionale
del ministero sacerdotale alla sua non rilevanza, alla sua impossibilità
e persino alla sua esclusione.
Tutto questo aiuta a impostare il problema, ma non lo risolve ancora.
4. LA SOLUZIONE DATA DAL CGS
217 Nel caso nostro, una volta suscitato il problema, abbiamo avuto
una presa di posizione ufficiale da parte del CGS, chiamato per la sua
stessa natura di CG «speciale» ad affrontare il tema dell'identità
di tutto il nostro progetto costitutivo (cfr Schernì precapit(ìlari,
1 Commn. A,4h «Forma propria della Congregazione dei Salesiani
religiosi», p. 109-151. Queste pagine servirono di base ai capitolari
per la discussione e poi l'approvazione della soluzione data).
La soluzione del CGS è una risposta ufficiale e qualificata;
è una presa di posizione cosciente, preparata, discussa, qualitativamente
approvata ed esplicitamente formulata dalla suprema autorità
della Congregazione in un CG speciale, appositamente incaricato dalla
S. Sede e da tutti i Confratelli di affrontare e decidere se la Figura
e la Funzione del Direttore in Congregazione, per tradizione costitutiva,
comportasse le modalità e i doni del ministero sacerdotale.
L'essenza della risposta capitolare è codificata nel testo rinnovato
delle Cost, all'art. 35, in cui si afferma che «secondo la nostra
tradizione» la comunità deve essere guidata da una figura
di Superiore, la cui funzione sia arricchita dalla grazia speciale del
sacramento dell'Ordine.
Il CGS preparò inoltre tutto un iter di rinnovamento, tra cui
si annoverava in Forma ben definita la verifica e la promozione della
figura del Salesiano Coadiutore. Tale programmazione di attività
ha avuto la sua espressione suprema nel Convegno Mondiale SC.
218 Siccome la presentazione iniziale del nostro problema, prima del
CGS, era stata impostata da vari in vincolazione diretta con la promozione
del Coadiutore, quasi fosse l'aspetto più significativo dì
una sua mancante «parità giuridica», ecco che sono
continuate, per differenti motivi (su cui sarebbe utile riflettere)
discussioni, incertezze e ricerche. Le troviamo riunite e ordinate negli
Atti del CMSC; alcune poi sono state ulteriormente esposte in vari C1
e in alcune Proposte inviate a questo CG 21 (ci r Schemi prccapitolari).
Come leggere e quale significato dare a questa persistenza post-CGS
del problema?
-- Innanzitutto, bisogna prenderne alto, perché rappresenta un
fenomeno concreto da affrontare. Tutti siamo corresponsabili della vita
della comunità salesiana e della sua buona salute. Bisogna pure
che troviamo un punto comune di uni là fraterna e di prospettiva
di crescita, che ci faccia sormontare le dif"f"icoltà
e ci aiuti a veder più chiaro, per amore a Don Bosco.
- Poi, bisogna pur dirlo per oggettività, si tratta di un fenomeno
limitato a determinate zone e gruppi dì confratelli che suggeriscono
una «proposta» ma non assicurano una soluzione. Un convegno,
anche se mondiale, come uno di voi ha già fatto notare, non è
un CG né ordinario né tanto meno speciale. Ha senz'altro
nn suo non trascurabile peso indicativa e di
ricerca, ma non gli si può attribuire un valore di soluzione
o di orientamento costituzionalmente qualificato.
219
Il Rettor Maggiore don Luigi Ricceri, nel suo discorso conclusivo del
CMSC, 219 ha sottolineato la delicatezza del problema, ed ha affermato
con discrezione: «A me sembra che si stia toccando sul vivo qualcosa
di costitutivo inerente alla natura del nostro tipo dì comunità
religiosa... Di fronte a un possibile dubbio circa l'appartenenza di
un determinato elemento alla stessa forma costitutiva della nostra Congregazione,
non si può procedere a cambiare per sole ragioni di possibilità
generica, perché al farlo, nel caso del Direttore, senza ragioni
gravi oggettivamente probanti, «correremmo il rischio di prescindere
da una scelta esplicita del Fondatore, con la conseguenza di impoverire
la Congregazione e tutta la Famiglia Salesiana di un valore orientativo
radicale; e ciò facendo renderemmo, a tempi lunghi, meno autenticamente
salesiani i membri della nostra Famiglia, e quindi la figura stessa
del Salesiano Coadiutore che vogliamo promuovere » (ACMSC p. 579).
220
Ma dove trovare le ragioni per determinare se un elemento appartiene
220 sostanzialmente o meno al nostro carisma salesiano? Nello stesso
discorso si indicano tre condizioni determinanti:
a. la volontà esplicita e verificabile del Fondatore;
b. l'approvazione e determinazione della Sacra Gerarchia;
c. il legame di convenienza di tale elemento con la metodologia del
Sistema Preventivo nella realizzazione pratica della nostra missione
(e Ir AC MSC p. 579).
In questi ultimi anni si sono sviluppati vari studi più o meno
illi.iminanti su questa triplice pista; è certamente possibile
approfondire ancora meglio l'argomento, ed è auspicabile che
più di un nostro studioso lo faccia, con competenza e amore.
5. L'INDICAZIONE ESPLICITA DEL PAPA SULLA FIGURA DEL DIRETTORE 221
All'inizio di questo nostro CG21 è intervenuto personalmente
il S. Padre con 221 una lettera inviataci dal card. Vìllot e
letta solennemente nel giorno stesso dell'apertura ufficiale del Capitolo.
L'indicazione papale è chiara nella sua formulazione: «11
Vicario di Cristo auspica che l'Istituto rimanga fedele al suo disegno
costttu.tivo circa la figura e la funzione del Direttore, in modo che
questi, avvalorato dai carismi dell'Ordinazione sacerdotale, possa guidare
coro sapienza ecclesiale le varie e crescenti schiere di quanti intendono
militare sotto la guida e lo spirito di S. Giovanni Bosco».
La lettera apportava evidentemente un orientamento ben definito ai lavori
di questo nostro Capitolo; costituiva un supplemento di luce per vedere
meglio e con certezza, come ha detto don Ricceri nel rispondere ad alcune
domande: «Sono le parole del Padre che invita a studiare con serenità,
con
completezza, consenso salesiano i problemi del Capitolo e specificamente
quelli che toccano nel vivo la nostra identità. Sono le parole
di Colui che ci guida in quel discernimento nel quale ci sentiamo impegnati,
a fatti e non a parole, come la mediazione più qualificata per
garantire l'identità e l'autenticità della nostra vocazione»,
lo osserverei inoltre che la lettera, nel suo terzo punto in riferimento
al Direttore, alla chiarezza e alla precisione aggiunge un tono più
intenso di autorevolezza: parla infatti di «Vicario di Cristo»
e di «fedeltà» precisamente a «un disegno costitutivo».
6. ALCUNI SVILUPPI CAPITOLARI
222 Orbene: in che modo doveva essere assunto l'intervento del Papa
nel processo dei lavori capitolari?
Qualcuno ha fatto proposte per dare giusta importanza e rilievo alla
lettera e ai suoi orientamenti nei documenti finali del Capitolo.
Io mi soffermo, in questo momento, al punto a cui siamo arrivati nella
discussione di questo schema.
La Commissione aveva presentato sinteticamente, nell'ultima parte del
suo testo, (Cfr CG21 42414.0.28) le due note posizioni, redigendo un
documento provvisorio di lavoro destinato esclusivamente all'Assemblea
capitolare. In esso si afferma, al n. 131, che «l'unico cammino
adatto per un eventuale cambiamento è realizzare un discernimento
spirituale e comunitario al riguardo. Fatto tale discernimento da parte
del CG21, appartiene alla S. Sede il giudizio sull'autenticità
e sull'esercizio del nostro carisma (I.G 112; Cost. 151-153)».
Per questo proponeva di presentare all'Assemblea anche quattro quesiti
sondaggio.
In un dialogo tra la presidenza della IV Commissione e la Commissione
centrale di coordinamento si discusse sul significato di un tale concetto
di «discernimento» che intendeva aprire una discussione
in Aula sulle due opposte posizioni come ugualmente possibili, per poi
sottoporre la conclusione, se fosse stata negativa, alla S. Sede per
accettarne il giudizio definitivo.
La Commissione centrale di coordinamento all'unanimità pensò
che, se era questo il metodo proposto, bisognava informare prima la
stessa Assemblea; le sembrava infatti che la lettera del card. Villot
non abbisognava della richiesta da parte nostra di nessuna ulteriore
istanza chiarificatrice, ma che comportava subito una vera adesione;
un atteggiamento diverso avrebbe meravigliato la maggioranza dei confratelli
dentro e fuori il CG.
Si dialogò in tal senso fino a giungere ad un accordo sui tre
quesiti sondaggio che abbiamo votato il martedì 10 gennaio u.s.
Il risultato della votazione ha indicato la via da seguire, e la IV
Commissione ne ha preso atto, e ha rielaborato il suo testo in questo
senso.
7. RIFLESSIONI SULL'AUTOREVOLEZZA DELLA LETTERA
E' a tutti noto come in questi anni si sia venuta sviluppando 223 enormemente,
anche nella Chiesa, la capacità critica ed ermeneutica; essa,
nei suoi giusti limiti, ci aiuta a essere più ragionevoli e adulti
nella nostra vita di fede. Ma se esagerata e sviata, serve a distruggere
i valori più vitali e centrali della stessa vocazione cristiana.
Se in una angolatura ermeneutica di analisi qualcuno formulasse una
domanda come la seguente: ma quale ne è il valore c che tipo
di adesione richiede una lettera come questa, redatta in una ben circostanziata
situazione?, dovrebbe saper affiancare subito a tale domanda quest'altra:
e qual è l'autorità specifica di questo CG21 sul problema
proposto e il suo atteggiamento genuinamente salesiano? Infatti, un
CG non può essere se non espressione di fedeltà a Don
Bosco nella chiara coscienza delle sue finalità e dei suoi limiti;
perché, come ho già detto, l'autorità capitolare
è veramente limitata e anch'essa situata molto circostanziatamente.
Una lettera ufficiale della Segreteria di Stato, tramite il cardinale
Segretario Villot, vuole esprimere in forma autorevole il giudizio formulato
dal S. Padre sul problema della figura e della funzione del Direttore
da trattarsi nel CG21. 224
Per illuminare questa autorevolezza ci può servire d'esempio
l'intervento del Papa su un argomento analogo nell'ultima Congregazione
Generale della Compagnia di Gesù. I1 3 dicembre 1974 lo stesso
Segretario di Stato card. Villot inviava una lettera al P. Generale
dei Gesuiti, presidente della XXXI Congregazione Generale, su un argomento
in parte analogo al nostro. In essa si esprimeva il pensiero del S.
Padre, con discrezione, nel seguente modo: «Il Sommo Pontefice
desidera che Le sia comunicato che tale innovazione, ad un attento esame,
sembra presentare gravi difficoltà, che impedirebbero la necessaria
approvazione da parte della S. Sede ».
Il P. Luis Ganzàlez ci ha raccontato, durante gli Esercizi Spirituali,
il succedersi delle cose. Il Papa, informato delle discussioni e della
votazione capitolare sul problema da lui specificato, volle averne una
relazione oggettiva. Poi, il 15 febbraio 1975 scrisse al P. Generale
una nuova lettera (questa volta firmata dal Papa stesso), in cui riaffermava
«quanto il Nostro Cardinale Segretario di Stato Le ha scritto,
per Nostro incarico, il 3 dicembre scorso: ...nessuna innovazione in
merito». E dopo aver assicurato che lo aveva mosso « non
certo un sentimento di minore considerazione o una meno sofferta conoscenza
dei problemi», ma l'amore alla Compagnia perché conservasse
la fedeltà al Fondatore e così apportasse un grande incremento
all'opera sempre più difficile della Chiesa nell'avvenire, aggiungeva
letteralmente: «Appunto in questa visuale Le esprimiamo il dubbio,
causatoci da orientamenti cd atteggiamenti emersi dai lavori della Congregazione
Generale: potrà la Chiesa confidare, come sempre, ancora in voi?
Quale dovrà essere l'atteggiamento della gerarchia ecclesiastica
verso la Compagnia? Come potrà essa affidarle, con animo sgombro
da timori, la prosecuzione di compiti tanto importanti e tanto delicati?...
Il momento è decisivo
per la Compagnia di Gesù, per la sua sorte futura, e anche per
tutte le Famiglie religiose. Pensiamo alle incalcolabili ripercussioni
che un atteggiamento, Dio non voglia, in contrasto con la linea indicata,
potrebbe avere sulla Compagnia ed anche sulla Chiesa ».
Conclusosi tutto nella forma positiva che conosciamo, il S. Padre scrisse
ancora un'altra lettera il 7 marzo 1975 al Padre Generale e ai suoi
Assistenti; in essa torna a insistere sull'importanza della fedeltà
alla « formula Institutì » che garantisce l'identità
della Compagnia e ne assicura la fecondità dell'apostolato.
225 Questo episodio, inizialmente simile al nostro, e altri analoghi interventi della S. Sede con altre Congregazioni, ci fanno conoscere il valore oggettivo che la S. Sede dà a questo tipo di lettere e al tenore di formulazione stilisticamente discreta con cui si indica il pensiero del Papa. Ci deve far considerare, inoltre, che il problema del Direttore, impostato da alcuni solo a livello di promozione della figura del SC, entra in un più vasto movimento ecclesiale. Si tratta in realtà di tutto un delicato confronto della Vita Religiosa con l'attuale processo di secolarizzazione, che tende pericolosamente a degenerare per vari aspetti in secolarismo, con cedimenti di tipo sociologico nell'ecclesiologia. Questo dato concreto mi pare stia obbligando la S. Sede a considerare con cautela certi fenomeni e certe tendenze ideologiche, in quanto intaccano, per esempio, i valori del ministero presbiterale. Per giudicare un problema come il nostro, la 5. Sede dispone di una visuale più ampia e di una informazione più globale e più prospettiva.
8. CONFERMA E NON IMPOSIZIONE
226 D'altra parte la lettera del S. Padre viene a confermare e illuminare
quanto la suprema autorità della nostra stessa Congregazione
aveva già precisato nel CGS. Questo è un dato di [atto
non trascurabile, che pesa oggettivamente in una lettura spassionata
delle cose. Qualcuno ha persino osservato che questo intervento può
essere considerato come un gesto provvidenziale che viene a curare il
disorientamento lasciato in Congregazione dal decreto della S. Sede
al principio del secolo circa il ministero sacerdotale del Direttore:
la ferita della famosa spina nel cuore di don Rua. Non posso lasciare
di leggere con voi una pagina confidenziale di don Rinaldi su questo
delicato evento:
« [o non ho mai potuto contare come andarono le cose - dice don
Rinaldi -. Allorché fu emanato l'ordine, don Rua mi disse che
probabilmente Roma avrebbe tenuto conto di quanto Don Bosco aveva fatto.
Il colpo, a chi lo
considerava in quel tempo, appariva realmente grave. Bisogna essere
stati
superiori prima e dopo, per capire quello che succedette con quella
disposizione. C'era da temere che i Direttori corressero pericolo di
diventare semplici amministratori. Si cominciò allora a porre
la Direzione presso la porta della casa, per attendere alle persone
di fuori, cosa prima riscrbata ai prefetti. La figura del Direttore
si venne modificando. Nonostante lutto a me pareva che Roma non avrebbe
ceduto; e visto quanto delicato fosse il
passo che don Rua stava per fare, insistetti più volte con dirgli
che non facesse, perchc Roma non avrebbe ceduto. La mossa fu interamente
sua: volle scrivere a Roma. Gli sembrava di venir meno, tacendo, al
giuramento fatto a Don Bosco sul letto dì morte, che avrebbe
mantenuto fedelmente tutte le tradizioni, e diceva: Io noia posso contravvenire
a quel giuramento, l'ho promesso. Roma vedrà e deciderà.
Noi faremo sempre come la Chiesa e il Papa ci comanderanno di lare.
Scrisse. Di lì a pochi giorni Roma rispose, don Rua radunò
il Capitolo e per prima cosa lesse la risposta: cra una condanna 1ormalc.
Tutti i Capitolari rimasero allibiti, più nessuno si ratea-,
pezzava. Don Rua invece, dopo la lettura del documento, mise da parte
con tutta calma la lettera e interamente padrone di sé, come
se nulla fosse, mentre i Capitolari stentavano a riaversi per quello
che era accaduto» (E. Ceria, Don Filippo Rinaldi, Torino SEI 1932,
p. 172-173).
227
Da questa preziosa pagina di don Rinaldi si possono dedurre facilmente
due Cose: che era chiaro per don Rua aver voluto il Fondatore che il
Direttore fosse Padre nel ministero sacerdotale;
e che era tale l'attaccamento al Papa nello spirito di Don Bosco da
far sì che il suo primo successore, nonostante il giuramento
fatto, accettasse di cambiare un elemento importante voluto dal Fondatore
quando ciò fu esplicitamente ordinato dalla S. Sede.
9. UN NOSTRO ATTEGGIAMENTO GENUINAMENTE SALESIANO 228
Ma qual è la testimonianza, ossia l'ossequio interiore di riflessione
nella fede e l'atteggiamento specifico dì conformità sincera
e operativa che deve offrire il CG ai confratelli e a tutta la Famiglia
Salesiana?
Fin dal giorno dell'inaugurazione del Capitolo ho meditato personalmente
su questo argomento, e qualche volta ne ho conversato con qualche amico.
Penso ci sia da recuperare un presupposto vitale e un'intuizione globale,
diciamo così, dì «ermeneutica salesiana»,
che precede e guida la capacità critica e l'analisi riflessiva;
è un atteggiamento di virtù, un'inclinazione connaturale
del nostro particolare spirito, che comporta una emblematica esperienza
di fede nel ministero dì Pietro; essa fu vissuta fortemente da
Don Bosco, e l'abbiamo vista radicata permanentemente nella nostra tradizione
come una delle colonne della triade spirituale del Salesiano: la centralità
familiare dell'Eucaristia, l'aspetto mariano della nostra spiritualità
apostolica, e il realismo ecclesiale di adesione soprannaturale cosciente
e operosa al Papa. 229
Noi sappiamo che Don Bosco non cedeva facilmente a questo o a quel monsignore
di Curia, e persino a questo o a quel vescovo, quando si trattava dell'indole
propria della sua nuova Congregazione. Però aveva una docilità
somma, immediata e anche eroica quando gli si manifestava il pensiero
esplicito, gradito o esigente, del Papa. Lo considerava Fondatore, per
la partecipazione diretta avuta nelle origini stesse dell'Istituto.
Scrivendo a Pio
IX il 1° marzo 1873, affermava infatti: «Societas Salesiana
quam Tu, Beatissime Paler, opere et consilio fundasti, direxisti, consolidasti»
(Op. ed. XXV. 337).
Don Lemoyne nei processi apostolici assicura che «l'ossequio che
Don Bosco professava al Papa era effetto di un amore appassionato e
confuso con l'amore che egli aveva per Gesù Cristo» (Posino
super virt. 1, 395, par. 399).
Di don Rua, come vi ho letto poco fa, sappiamo quanto soffrisse per
il decreto della S. Sede e come reagisse da perfetto salesiano. Voglio
leggere con voi le più salienti espressioni della sua lettera
confidenziale, inviata al riguardo alle case, per comunicare il da farsi:
«Finora, a norma delle Deliberazioni dei Capitoli Generali, tenevamo
una via che ci pareva più adatta alle nostre circostanze; ora
Chi fu da Dio incaricato di ammaestrare i popoli e anche i loro maestri,
ci fa conoscere che dobbiamo modificarla; e noi, riconoscenti e rispettosi,
con piena e volenterosa obbedienza eseguiamo quanto ci viene prescritto,
imitando così il nostro buon Padre. Don Bosco, che tanta venerazione
ed obbedienza prestò sempre a qualsiasi cenno della Santa Sede...
Riteniamo che è disposizione dell'amorevole Provvidenza; che
è Gesù stesso che si degna parlarci per mezzo del suo
Vicario; e studiamoci di eseguire gli ordini con la maggiore fedeltà.
La data di questa - 6 luglio, Ottava dei SS. Apostoli Pietro e Paolo
- ci deve ricordare che è San Pietro che, per mezzo del suo Successore
Leone XIII gloriosamente regnante, ci fa avere questo prezioso documento»
(P. Ricaldone, La Pietà, Maria Ausiliatrice, Il Papa, Torino
[DC 1951, p. 477).
230 E c'è poi l'episodio della mancata confessione di don Rinaldi. «Un giorno, per dirne una, dopo questo nuovo ordine di cose, io mi presentai da don Rua secondo il solito per confessarmi, ed egli mi chiuse la porta in faccia (E. Ceria, Don Filippo Rinaldi, Torino SEI 1932, p. 172).
231 Di don Ricaldone ho sentito citare una frase che avrebbe detto
dopo aver perso una causa che difendeva presso la curia romana a favore
dell'Opera del Cottolengo: « Se il Papa credesse suo dovere magari
anche di sopprimere la nostra Congregazione, io gli sarei pienamente
docile». E' un modo paradossale dì esprimere ciò
che Don Bosco aveva già detto con senso di profonda fede: «Se
le nostre Regole, se la nostra Congregazione, non è per ridondare
a maggior gloria di Dio, sono assolutamente contento che il Signore
faccia uscire delle difficoltà per cui non vengano approvate
né quelle né questa (MB 6, 721).
In Congregazione siamo figli di formidabili «credenti»;
la Provvidenza ci sprona oggi a saperli imitare.
232 Dunque: è su questo atteggiamento tipicamente salesiano
che siamo chiamati a fare, personalmente e anche a gruppi, un vero discernimento
spirituale, per non apparire né dei bambini timorosi, incapaci
di giudicare e di
approfondire, né dei critici da anatomia che non hanno un tesoro
di vita da difendere e da sviluppare.
Una nostra chiara testimonianza, semplice, virile, serenamente oggettiva
di fronte al problema e saggiamente contemplativa della mediazione autorevole
del Vicario di Cristo, influirà di più sulla nostra identità,
sull'unità della Congregazione e sul rinnovamento di tutta la
Famiglia Salesiana, che non qualsiasi reticenza o camuffamento di sottili
disquisizioni.
10. IL PIANO OPERATIVO DI QUESTO SESSENNIO
Ma veniamo più esplicitamente al concreto. 233
Mi sembra che l'Assemblea è più che d'accordo su una soluzione
pratica di indubbio e chiaro ossequio al 5. Padre.
Bisogna, però, cercare il modo dì manifestare questo nostro
atteggiamento non solo ai confratelli, ma a tutta la Chiesa che ci guarda,
come ci ricordava il card. Pironio.
Il nostro deve essere un gesto che dia pubblica testimonianza sia della
spiritualità realista che abbiamo ereditato da Don Bosco, sia
della maturità di riflessione salesiana che una fede adulta ci
aiuta a fare dopo il nostro CGS. 234
In modo particolare deve risultare chiaro che questo CG21 orienterà
le iniziative di animazione e di governo del prossimo sessennio a tutti
i livelli sulla linea precisata alla luce e con l'aiuto della indicazione
papale, tanto più che essa è venuta praticamente a confermare
quanto la nostra prassi centenaria ha già collaudato.
Non deve essere, questo, un impegno di solo livello giuridico, ma un
vero impegno pratico e globale della nostra attività di vita
e dì apostolato. Siamo infatti convinti che attraverso le direttive
del Magistero ci giunge una grazia dello Spirito con cui ci si assicura
una specie dì infallibilità biologica», come scriveva
il card. Journet; ossia la certezza di star percorrendo la via giusta
della salute e della crescita, senza il timore di esserci sviati lungo
una strada sbagliata. L'impegno deve centrarsi sul rinnovamento della
figura e della funzione del Direttore:
- la Congregazione lo chiede: confrontare gli Schemi precapitolari ai
nn. 245,246,247;
- la novità di presenza salesiana evangelizzatrice lo esige sia
per i destinatari sia per la mutua complementarità e comunione
dei soci (clr il tema "I Salesiani evangelizzatori dei giovani"
n. 1-165);
- la lettera del Papa ci è di luce e di sprone.
Se questo CG21 non potesse ricevere nella storia altro qualificativo
che quello di essere stato il «Capitolo del Direttore»,
ricuperato al suo ruolo di origine, il suo influsso sulla crescita futura
della Congregazione sarebbe notevole.
11. E PER IL SALESIANO COADIUTORE?
235 Ho detto al principio che intendevo riferirmi direttamente al problema
che suscitava un certo nervosismo in Aula. Il tema del SC ci entusiasma
e ci preoccupa in piena e totale sintonia, anche se con differenti sensibilità
e proposte.
io penso che non è poco ciò che questo CG21 ha fatto al
riguardo. 11 risultato di tutto l'insieme dei lavori e delle vicissitudini
capitolari mi sembra fortemente positivo:
- si è chiarito l'importanza e l'influsso della componente laicale
nel nostro comune progetto pedagogico-pastorale;
si è affermata e approfondita la complementarità della
dimensione ministeriale e laicale nella comunità apostolica salesiana;
si è calibrato, con l'aiuto del Papa, il dosaggio di fusione
tra l'una e l'altra: non una complementarità indifferente e quasi
a caso secondo le circostanze, né una complementarità
categoriale di tensione, ma una complementarità oggettivamente
organica, che comporta, per tutti e comunitariamente, il camminare insieme
sotto la guida pastorale dì chi serve la comunità coi
doni di un ministero che consente di operare veramente «in persona
Christi» (cfr PO 2).
Penso sia cosa assai utile che gli studiosi continuino ad approfondire
questo tipo peculiare di fusione e di complementarità organica
tra ministero sacerdotale e laicità nella consacrazione salesiana.
12. IL NOSTRO PROGRAMMA PRATICO
236 Un piano per il futuro, ossia gli orientamenti per il prossimo sessennio,
per noi Salesiani non si può tradurre primariamente in una ricerca
dottrinale, bensì in un impegno di vita e di operatività.
Il vero nocciolo di tutti i nostri problemi sta in questa linea: come
inventare autentiche presenze salesiane nella cultura che emerge? Come
farlo, conservando fedelmente il nostro stile comunitario? Che tipo
di attività scegliere secondo l'originale progetto apostolico
del nostro Istituto? Dove cercare i destinatari e come evangelizzarli
civilizzandoli? Come si riattualizza oggi il Sistema Preventivo? Come
suscitare vocazioni tra i giovani? ecc.
Ecco il vero problema che ci dovrebbe trovare tutti uniti nella breccia
operativa.
237 Nei prossimi sei anni dedichiamoci pure a correggere giustamente,
da una parte, i vari difetti riscontrati circa la figura del SC in dipendenza
di un'epoca culturale ed ecclesiastica chiaramente sorpassata; e dedichiamoci,
dall'altra, anche a esorcizzare i pericoli, non fittizi, di una prospettiva
socioculturale cd ecclesiologica sottilmente sviata e antropocentrica.
Ma non fermiamoci in un simile programma, parziale e negativo, che.
ci farà sfociare in sterili polemiche,
Impegnamoci, soprattutto, ad operare positivamente e programmare creativamente,
anche se modestamente, per la crescita del Regno di Dio tra i giovani
più bisognosi: siamo nati infatti da un generoso impegno di «esercizio
pratico della carità verso il prossimo». I lavori del CG21
e il messaggio del 5. Padre ci propongono tre obbiettivi ben definiti
di azione:
1° L'annuncio del Vangelo ai giovani secondo il peculiare progetto
apostolico salesiano. In questo impegno il Papa ci ricorda che «le
necessità sociali ed ecclesiastiche dei tempi moderni sembrano
più che mai corrispondere al genio dell'apostolato dei Figli
dì S. G. Bosco, rivolto con preferenziale interesse e dedizione
alla gioventù maschile »;
2° La testimonianza, personale e comunitaria, della nostra «sequela
Christi», dedicandoci a conoscere meglio, ad approfondire e a
vivere sinceramente le Costituzioni della nostra Società, dando
« il primo posto », come ci suggerisce il Papa, «allo
spirito religioso»;
3° L'animazione della comunità salesiana, puntando realisticamente
e con oculata strategia a rinnovare la figura e la l unzione del Direttore,
in consonanza con il primitivo spirito delle origini e in fedeltà
all'indicazione pontificia. 238
A proposito di questo terzo obiettivo, mi ha impressionato fortemente
la coincidenza delle considerazioni che fanno tanti confratelli oggi
con le riflessioni che faceva 50 anni fa don Filippo Rinaldi, terzo
successore di Don Bosco e « figura-ponte tra la prima e la seconda
generazione dei Salesiani; ultimo Rettor Maggiore che abbia avuto con
Don Bosco dimestichezza di vita e di pensiero» (E. Valentini,
Don Rinaldi, maestro di pedagogia e di spiritualità salesiana,
Torino-Crocetta 1965, p. 3).
Gli Schemi precapitolari infatti, dopo aver enumerato i «punti
emergenti » circa l'animazione delle comunità locali, ci
presentano nelle «linee di soluzione» l'argomento che dovrebbe
costituire il nucleo centrale da curare. Affermano appunto
« Il ministero dell'animazione comunitaria (=funzione del Direttore)
potrebbe diventare uno dei punti locali del CG21 » (p, 158 n.
246). E subito dopo precisano il lavoro di approfondimento da realizzare
circa la figura del Direttore e la sua qualificazione e preparazione
(clr n. 247).
Cinquant'anni fa don Rinaldi, oltre a quanto vi ho già letto
prima, diceva in una conferenza: «Quando venne il decreto della
S. Sede... col pretesto di evitare qualunque inconveniente, si passò
oltre il dispositivo del decreto... Miei carissimi Ispettori e Direttori,
vi scongiuro nelle viscere della carità di N.S.G.C. di far rivivere
in voi e attorno a voi questa tradizione della paternità spirituale,
che purtroppo va spegnendosi, con grande danno delle anime giovanili
e della nostra Fisionomia salesiana» (E. Valentina, o. c., p.
76-77),
E CONCLUDO 239
Ho detto all'inizio che la data di questo 24 del mese era una felice
coinci-(lenza, e anche una scelta da parte mia, per parlarvi sotto uno
speciale
patrocinio della Vergine Ausiliatrice e con il clima gioioso della festa
di San Francesco dì Sales a cui si ispira, nella varietà
ecclesiale dei carismi, il volto della nostra vocazione.
Nell'anno 1887, celebrandosi il giubileo sacerdotale del Papa Leone
XIII, Don Bosco fu invitato a scrìvere'un articolo da inserire
in un fascicolo di omaggio al S. Padre. Erano gli ultimi mesi della
vita del nostro Fondatore. Lo faccio osservare perché così
le sue affermazioni acquistano per noi un carattere quasi di testamento.
Don Bosco redasse uno scritto breve, sviluppando il tema dell'adesione
al Papato del santo Vescovo di Ginevra, Francesco di Sales. La conclusione
del suo scritto si rivolgeva paternamente a orientare l'agire concreto
dei suoi figli:
«Intendo che gli alunni dell'umile Congregazione di S. Francesco
di Sales, scrive, non si discostino mai dai sentimenti di questo gran
Santo e nostro Patrono, verso la Sede Apostolica; che accolgano prontamente,
rispettosamente e con semplicità di mente e dì cuore,
non solo le decisioni del Papa circa il dogma e la disciplina, ma anche
nelle cose stesse disputabili abbraccino sempre la sentenza di lui anche
quale dottore privato, piuttosto che l'opinione dì qualunque
teologo o dottore del mondo» (MB 18, 277).
Il pensiero del Padre è chiaro: non sarà forse il suo
un consiglio da dare a chi dovesse redigere scientificamente una tesi
di laurea, ma è, sì, un orientamerito prezioso di vita
per chi opera e programma nel clima spirituale della sua santità.
Siamo eredi di grandi credenti! Che san Francesco di Sales ottenga al
nostro CG21 di programmare intelligentemente il prossimo sessennio,
percorrendo lo stesso sentiero di fede e di operosità realista
dei nostri «padri» nello spirito salesiano!
Grazie!