SDB Zasoby

CG 25 parte 2a

PARTE SECONDA
LA VERIFICA DELLE STRUTTURE
DI ANIMAZIONE

E DI GOVERNO CENTRALE

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INTRODUZIONE

87 Il Capitolo Generale 25° ha sviluppato la verifica delle strut­ture di governo e del loro funzionamento, chiesta nella lettera di convocazione del Capitolo stesso da parte del Rettor Mag­giore, a partire da una rilettura attenta dei contenuti degli articoli 122 e 123 delle Costituzioni riguardanti i principi e criteri generali del servizio dell'autorità nella nostra Società. Nella sua riflessione, inoltre, ha fatto proprio quanto il Consi­glio generale ha ricordato, sulla base degli studi e dell'espe­rienza del passato sessennio, circa il valore del principio ge­nerale di «unità attorno al Superiore, considerato sempre come il centro di unità e l'animatore della comunione nella comunità a tutti i livelli»1 e di alcuni articoli costituzionali2 specifici, riguardanti:

—  la natura del Consiglio generale che assiste il Rettor Mag­giore e collabora con lui nella funzione di governo e d'ani­mazione della Congregazione (Cost. 130);

—  l'articolazione del Consiglio in Consiglieri di settore e Con­siglieri regionali, considerata sostanzialmente positiva per l'animazione e il governo della Congregazione (Cost. 133);

—  la residenza dei Consiglieri regionali nella sede del Consi­glio, valutata necessaria per garantire l'unità di orientamento e di azione nell'animazione delle Ispettorie (Cost. 131);

—  la sussidiarietà e il decentramento, che riconoscono una con­veniente autonomia e un'equa distribuzione di poteri tra i di­versi organi di governo (Cost. 124).

I Cf. ACG 372, pag. 52-53 2 Cf. ACG 372, pag. 56-57

 

1. Rapporto e collegamento tra il Rettor Maggiore con il suo Consiglio e le Ispettorie e Regioni, e modalità d'animazione e di governo

Attese

88 Le Ispettorie apprezzano, in generale, l'unità della Congrega­zione come frutto della comunione e della fedeltà carismatica. Esse desiderano che il Consiglio generale faccia crescere ulte­riormente questa unità, tenendo nella dovuta considerazione le diversità culturali presenti in Congregazione, e accompagni il processo di inculturazione, specie nelle situazioni proble­matiche, assicurando così la fedeltà carismatica.

89 Le strutture di animazione e di governo assicurano già la co­munione ai vari livelli. Le Ispettorie si attendono un migliora­mento, considerato che la complessità culturale (mentalità, or­ganizzazione sociale, sistemi politici ed economici, lingue, costumi, ecc.) è in continua crescita e che si constatano sia uno sviluppo ulteriore in talune zone della Congregazione nel mondo, sia cambiamenti di situazione (diminuzione di confra­telli, unificazione di Ispettorie, ecc.) in altre zone.

90 La programmazione del sessennio del Rettor Maggiore con il suo Consiglio ha suscitato interesse e apprezzamento in Con­gregazione ed ha aiutato le singole Ispettorie a intraprendere il cammino della progettazione. Numerose Ispettorie si atten­dono un ulteriore impegno dal Governo centrale che, nel ti­pico stile di famiglia, favorisca, stimoli e accompagni la cre­scita della "mentalità progettuale" nella Congregazione, nelle Regioni e nelle singole Ispettorie, tenendo conto delle diver­sità culturali.

91 Molte Ispettorie danno una valutazione sostanzialmente posi­tiva sul servizio di animazione e di governo del Rettor Mag­giore e del suo Consiglio (Visite d'insieme, Visite straordi­narie, Scuole di formazione, Incontri in Regione, ecc.). La presenza del Rettor Maggiore nelle Ispettorie è particolar‑

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mente apprezzata come espressione di comunione attorno al Successore di Don Bosco. Le Ispettorie manifestano il desi­derio di un maggiore contatto e vicinanza con i Consiglieri generali, per garantire una conoscenza delle diverse situazioni locali e per facilitare un efficace coordinamento sia ispetto­riale che regionale. Si apprezza il fatto che lo stesso Consi­glio, a metà sessennio, ha fatto una verifica globale in vista di una equa distribuzione nelle Ispettorie della presenza anima­trice del Rettor Maggiore e dei suoi Consiglieri.

92 Le Lettere-circolari del Rettor Maggiore risultano essere un buon servizio di unità e di collegamento della Congregazione, da valorizzare più proficuamente nelle Ispettorie.

Problematiche

93 La grande quantità di orientamenti, proposte e iniziative of­ferti dai vari organismi di animazione della Congregazione (es. documenti dei Capitoli Generali, Lettere del Rettor Mag­giore, documenti dei vari Settori, documenti delle Visite d'in­sieme, relazione finale delle Visite straordinarie) rende diffi­coltoso mettere in atto processi di cambiamento e di matura­zione comune, a causa di una qualche difficoltà nell'assimi­lare i contenuti, delle differenti mentalità dei confratelli e della debolezza di animazione che può essere presente in al­cune Ispettorie o Regioni.

94 La pluralità e la complessità culturale, sociale e religiosa dei diversi contesti nei quali si deve incarnare il carisma salesiano esigono interventi diversificati, pluralistici e mirati. La reci­proca comprensione tra Consiglio generale e Ispettorie e Re­gioni può presentare difficoltà.

95 Si avverte una certa lentezza da parte degli organismi centrali nel prendere le decisioni necessarie; sembra anche che non vengano previste tappe e processi di realizzazione, associati a forme di accompagnamento e di verifica. Tale situazione rende talvolta inefficace l'animazione e debole il governo.

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96 Nelle situazioni sempre più sfidanti dei giovani del mondo, specialmente di quelli più poveri e bisognosi, sembra che alle volte manchi da parte della Congregazione una risposta ade­guata con interventi a loro favore al livello internazionale e governativo per dare 'voce a chi non ha voce'.

97 Le problematiche segnalate indicano alcune sfide, che il go­verno della Congregazione si trova a dover affrontare:

·    vivere e promuovere l'unità nella crescente diversità delle culture e situazioni in continua trasformazione richiede un dialogo costante tra Centro e Ispettorie, perché da un parte si conoscano e si tenga conto delle situazioni e dei problemi locali e, dall'altra, ci si apra all'orizzonte dell'universalità della Congregazione;

·    governare e animare secondo processi di cambiamenti e maturazione nelle Ispettorie, secondo la propria situazione e le reali possibilità, richiede mentalità progettuale e visione attenta dell'unità della missione salesiana;

·    promuovere una presenza e un'azione aperta alla realtà so­ciale, politica ed ecclesiale, particolare e globale, implica il superamento della tendenza a un' azione troppo autorefe­renziale.

Criteri e linee di azione

98 Per costruire comunione è necessaria una vera interazione nella gestione dei problemi. Così, «per promuovere l'unione fraterna fra le diverse Ispettorie e curare una sempre più effi­ciente organizzazione perché sia attuata la missione salesiana nel mondo» (Cost. 130), si suggerisce che il Rettor Maggiore con il suo Consiglio cerchi sempre più e sempre meglio:

·    di individuare e di approfondire i problemi comuni emergenti,

·    di promuovere e guidare la riflessione delle Ispettorie e delle Regioni,

·    di proporre criteri di soluzione e orientamenti pratici ai ri­spettivi organismi.

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Alla luce di queste considerazioni il Rettor Maggiore e i membri del Consiglio generale valutino le varie richieste dalle Ispettorie, Conferenze ispettoriali e Regioni, per rendersi pre­senti in modo più significativo ed efficace.

99 Si propone che il Rettor Maggiore con il suo Consiglio trovi modi adeguati per verificare con efficacia, con le Ispettorie o Regioni interessate: la programmazione del sessennio, le con­clusioni delle Visite d'insieme, le indicazioni della Visita straordinaria, in particolare circa l'impegno di inculturazione, il grado di attuazione delle deliberazioni dell'ultimo Capitolo Generale, la crescita della mentalità progettuale, l'accompa­gnamento dei processi di cambiamento.

100 Per aiutare le Ispettorie a superare il rischio di una possibile chiusura nella propria realtà e nelle proprie esigenze partico­lari e ad aprirle ad una visione comune e solidale delle proble­matiche e necessità della propria e delle altre Regioni (ad es. per ciò che riguarda i centri di formazione e di studio, opere di particolare rilevanza, sviluppo o ristrutturazione delle Ispettorie, sostegno ai progetti di Regione, la missio ad gentes), il Rettor Maggiore con il suo Consiglio promuova una mentalità aperta e solidale, giungendo — in dialogo con le Ispettorie — anche a interventi operativi, e favorendo la mobi­lità e lo scambio di confratelli tra Ispettorie di diverse culture.

101 Le Lettere-circolari del Rettor Maggiore sono un buon ser­vizio di collegamento e unità della Congregazione. Per poterle valorizzare meglio nelle varie comunità, si suggerisce che siano scritte in un linguaggio semplice e discorsivo e che si alternino quelle ricche di contenuto su temi impegnativi con altre familiari e informali sulla vita della Congregazione.

102 Per favorire il contatto personale e il confronto vivo sull'an­damento dell'Ispettoria, si propone che il Rettor Maggiore e i Consiglieri di settore offrano ai singoli Ispettori che lo deside­rano, a circa metà del loro mandato, l'opportunità di un in‑

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contro personale, in vista di una verifica della fedeltà al ca­risma e della missione salesiana in Ispettoria, e di una condi­visione della programmazione sessennale.

103 Il futuro sviluppo della nostra missione esige la collabora­zione di un gruppo di ricerca e sviluppo formato da esperti (salesiani e laici) al servizio del Rettor Maggiore e del suo Consiglio, per rispondere a domande specifiche. Questo gruppo permetterebbe al Consiglio generale di offrire inter­venti significativi ed efficaci, soprattutto a favore dei giovani e dei poveri, a livello internazionale e governativo.

104 Il Rettor Maggiore con il suo Consiglio prosegua l'esperienza di elaborazione della programmazione del sessennio, espe­rienza da tutti valutata positivamente, facendo poi costante ri­ferimento ad essa nei successivi documenti e proposte. Tutto il Consiglio generale proceda secondo progetti, prevedendo tappe e processi e verifiche, ritenute assai importanti, e solle­citi perciò spesso una verifica delle varie proposte e iniziative, anche durante il loro svolgimento e non solo alla conclusione.

105 Si chiede che le Regioni e le Ispettorie progettino o ripro­gettino le loro iniziative, tenendo in seria considerazione la programmazione fatta dal Rettor Maggiore per il sessennio, al fine di assicurare un cammino unitario in Congregazione.

106 Si chiede al Rettor Maggiore e al suo Consiglio di seguire in modo particolare quelle Ispettorie o Regioni che si trovano maggiormente in difficoltà a camminare secondo la program­mazione e i relativi progetti ispettoriali.

107 Il Consiglio Generale, attraverso i diversi settori, tende a ri­spondere alle esigenze interne delle varie Ispettorie. Questo compito, tuttavia, non deve attenuare la nostra vocazione come Congregazione, che chiede di agire a difesa e promo­zione di tutta la gioventù del mondo, specialmente di quella più povera e bisognosa, anche a livello internazionale, eccle­siastico e civile.

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2. I Consiglieri di Settore Attese

108 Mentre il servizio di animazione dei Consiglieri di settore nelle Ispettorie è stimato per le risorse che essi possono met­tere a disposizione, per lo stimolo di animazione che possono offrire e per l'incoraggiamento che danno alle Ispettorie nello sviluppare un maggior senso di comunione internazionale e di intesa interispettoriale, c'è anche un desiderio forte, frequen­temente espresso, che ci sia un continuo dialogo tra il Centro e le Ispettorie.

109 In un mondo dove le complessità delle varie culture, lingue, razze, religioni e sistemi sociali rendono difficili le comunica­zioni, le Ispettorie si aspettano dai Consiglieri di settore che il programma di animazione da essi proposto le aiuti ad affron­tare i problemi locali e, allo stesso tempo, ad ampliare i propri orizzonti. Si ha talora la sensazione, infatti, che alcune inizia­tive proposte dai vari settori non rispondano ai reali bisogni delle Ispettorie.

110 Mentre si riconosce che i Consiglieri di settore frequente­mente offrono consulenza competente e servizio di anima­zione alle Ispettorie, queste avvertono il bisogno di un coordi­namento delle iniziative e la necessità di evitare sovrapposi­zioni, proposte parallele od in concorrenza fra loro. Il Capi­tolo Generale 25° apprezza gli sforzi crescenti di coordina­mento fra i Consiglieri di settore nell'ultimo sessennio (ad es. attraverso il Vademecum del Consiglio generale, la program­mazione del sessennio e la sua revisione, le iniziative interdi­casteriali) e incoraggia a procedere in questa stessa direzione.

Problematiche

111 Si evidenzia la mancanza di sufficiente comunicazione, di an­data e ritorno, nella preparazione di programmi: ciò può dimi­nuire l'efficacia della messa a punto dei processi ed indebolire le Ispettorie nelle loro iniziative.

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112 La mancanza di studi e progetti interdisciplinari tra i vari Settori può ostacolare la piena comprensione della condizione giovanile, che è oggi in rapido cambiamento e supera frequentemente deli­mitazioni settoriali. Lo studio di temi di attualità come il divario crescente tra ricchi e poveri, le questioni dei diritti dei bambini e dei giovani, la perdita dell'unità familiare, l'influsso della tecno­logia dell'informazione e della comunicazione, il processo di globalizzazione, ecc., potrebbe colmare la lacuna evidenziata.

113 Raccogliendo le istanze di alcuni Capitoli ispettoriali, dell' as­semblea della Casa Generalizia e della stessa relazione del Vi­cario del Rettor Maggiore, si segnala il desiderio di una rior­ganizzazione delle strutture operanti nella Casa Generalizia.

Criteri e linee di azione

114 La richiesta delle Ispettorie di avere una significativa pre­senza e vicinanza da parte dei Consiglieri di settore, riflette un desiderio profondo di impegnarsi in un dialogo effettivo circa

i modi migliori per rispondere ai segni dei tempi. Questo im­plica un cambio di mentalità, sia al Centro come nelle Ispet­torie. Si ritiene importante che si lavori insieme con le Confe­renze e con i gruppi di Ispettorie, per progettare interventi a rete piuttosto che fatti dall' alto, coinvolgendo centri e delegati regionali o ispettoriali.

115 Nell'ultimo sessennio ci sono state esperienze positive di studi coordinati tra vari Settori (ad es. sul volontariato, sui ragazzi del­la strada, ecc.). Il bisogno di risposte flessibili e puntuali a situa­zioni di ampio raggio e complesse implica coordinamento tra i Settori e con i Regionali. Si propone che questa sia una preoccu­pazione costante del Vicario del Rettor Maggiore, al fine di co­ordinare le iniziative interconnesse, favorendo una riflessione e valutazione trasversale. Sul piano operativo potrebbe essere coinvolto di volta in volta il Consigliere più interessato.

116 I Consiglieri di settore valorizzino adeguatamente quanto sug­geriscono i Regolamenti all' articolo 107 (utilizzo di uffici tec‑

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nici e consulte) e si avvalgano di commissioni qualificate di esperti, con cui progettare, programmare e verificare gli inter­venti di animazione. Il personale al servizio dei vari settori professionalmente preparato sia aggiornato con progetti di formazione continua e garantisca continuità di programmi.

117 Si chiede al Rettor Maggiore di porre in atto gli interventi ri­tenuti più opportuni per la comunità Beato Michele Rua della Casa Generalizia, non escluse eventuali articolazioni interne, che rendano più fraterna, soddisfacente e corresponsabile la vita dei confratelli chiamati a lavorare al servizio del governo centrale della Congregazione.

3. I Consiglieri regionali e i gruppi di Ispettorie Attese

118 Dall'esame del documento precapitolare, dei contributi dei Capitoli ispettoriali e del Consiglio generale, si constata che, in generale, la figura del Consigliere regionale è apprezzata nelle Ispettorie. E valutata in maniera positiva la programma­zione realizzata nel seno del Consiglio generale.

119 Si considera importante e necessario il Consigliere regionale nel suo ruolo di collegamento tra il Rettore Maggiore e il suo Consiglio e le Ispettorie, come servizio all'unità e al decentra­mento. Si valuta positivamente la sua residenza a Roma, ma si desidera un'adeguata distribuzione del tempo fra la perma­nenza in sede e la presenza nelle Regioni e Ispettorie. La Visita straordinaria è apprezzata come opportunità per l'Ispettoria di valutare e rinnovare il suo cammino, per illuminare la sua pro­grammazione, come esperienza di unità e comunione con il Rettor Maggiore, come momento forte di fraternità e dialogo.

120 I gruppi di Ispettorie si aspettano vicinanza, accompagnamento e animazione. Ciò risulta in certe occasioni difficile, come con­seguenza della complessità di culture, lingue, situazioni poli­tiche e sociali e dell'estensione geografica di alcune Regioni.

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Problematiche

121 Vari fattori rendono difficile l'andamento concreto delle fun­zioni del Consigliere regionale:

—  la complessità geografica, culturale, linguistica, politica, sociale... di alcune Regioni;

—  la difficoltà del Regionale di trovare un equilibrio fra il tempo trascorso nelle Visite straordinarie e il tempo neces­sario per l'accompagnamento delle Ispettorie;

—  la crescente complessità della vita e missione delle Ispet­torie, che rende più difficile la realizzazione della stessa Vi­sita straordinaria a causa dell'incremento di rapporti, non solo con i confratelli e gli organismi comunitari, ma anche con i differenti gruppi della Famiglia Salesiana e gli orga­nismi di animazione della CEP e dei giovani.

122 Molte Ispettorie interessate hanno avanzato la proposta di di­videre il gruppo delle Ispettorie dell'Australia-Asia, a causa della notevole crescita della Regione nel sessennio e delle attese per il futuro, della difficoltà di accompagnamento e di coordinamento, della complessità culturale, religiosa e sociale e dell'estensione geografica della Regione stessa.

123 È stata esaminata anche la situazione della Regione Africa-Madagascar. A causa della complessità delle lingue, culture, religioni, ecc., alcune Ispettorie coinvolte hanno proposto la divisione di questa Regione.

124 Tenendo presente le proposte di alcune Ispettorie delle Re­gioni d'Europa più coinvolte, è stata studiata la realtà dei rag­gruppamenti attuali. Si constata: la vastità geografica e la complessità linguistica, storica, politica e culturale del terri­torio della Regione Europa Nord; la nuova mentalità europea che sta crescendo nei diversi paesi, con profondi processi di vicinanza e condivisione politica, economica, culturale e so­ciale. Ma si osserva: che all'interno della Congregazione sono in corso processi di riorganizzazione e raggruppamento di

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Ispettorie con conseguenze prevedibili, dentro un prossimo futuro, nella configurazione delle Regioni in Europa; e che, se nelle Ispettorie si percepisce questa sensibilità, tuttavia non sono arrivate proposte concrete, convergenti e viabili di cam­biamento.

Criteri e linee di azione

125 Per quanto riguarda l'azione dei Consiglieri regionali si propone:

·    che nella programmazione iniziale del Consiglio sia asse­gnato al Regionale un numero equilibrato di Visite straordi­narie da realizzare, contando sull'aiuto degli altri membri del Consiglio generale;

·    di condurre la Visita straordinaria, oltre all'attuale maniera con cui viene realizzata, mediante impostazioni diversifi­cate, garantendo sempre ad ogni confratello la possibilità dell'incontro personale e l'adeguata conoscenza dell'anda­mento dell'Ispettoria e l'adempimento degli obiettivi segna­lati dal Rettor Maggiore per la visita;

·    di disporre di collaboratori, se fosse necessario, per rendere possibile un equilibrato lavoro di animazione, accompagna­mento delle diverse Ispettorie e della messa in pratica degli orientamenti della Visita straordinaria.

126 Per quanto riguarda l'organizzazione dei gruppi di Ispet­torie si suggerisce di:

·    ridimensionare adeguatamente alcune Regioni, tenendo in conto i criteri di estensione geografica e diversità culturale;

·    curare un' adeguata articolazione interna della Regione in Conferenze o istanze intermedie che garantiscano l'agilità e organicità dell'animazione;

127 In risposta alla richieste avanzate, il gruppo delle Ispettorie ora affidato al Consigliere regionale per l'Australia-Asia viene suddiviso in due gruppi:

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·    gruppo Asia Sud, comprendente le Ispettorie: India-Banga­lore, India-Bombay (Mumbai), India-Calcutta (Kolkata), India-Dimapur, India-Guwahati, India-Hyderabad, India-Madras (Chennai), India-New Delhi, India-Tiruchy;

·    gruppo Asia Est-Oceania comprendente: Australia, Cina, Filippine Nord, Filippine Sud, Giappone, Indonesia-Timor, Korea, Thailandia, Vietnam.

128 Considerando che la Regione Africa-Madgascar è ancora in periodo di consolidamento e che il numero dei confratelli e delle Ispettorie non è grande, si ritiene che i problemi esistenti si possono risolvere con un'adeguata distribuzione e coordi­nazione delle Ispettorie in Conferenze.

129 Per il momento non si ritiene conveniente procedere a cam­biamenti nel raggruppamento delle Ispettorie europee. Si pro­pone, tuttavia, di affidare al Consiglio Generale, coinvolgendo in particolare i tre Consiglieri regionali interessati, l'avvio di uno studio della situazione, appoggiato a opportune consu­lenze, processi ed esperienze di coordinamento. Tale studio dovrebbe prospettare, se ciò risulterà conveniente, una nuova distribuzione e organizzazione delle Ispettorie di Europa, più consona con la sensibilità e la mentalità europee emergenti nel campo della cultura e della realtà politica, sociale e reli­giosa. Intanto, si suggerisce di attivare un ufficio di coordina­mento delle iniziative in ambito europeo, che faccia capo ai tre Consiglieri regionali d'Europa e che agisca d'intesa con i Consiglieri di settore interessati.

130 Come conseguenza, il quadro complessivo di configura­zione dei gruppi di Ispettorie per il prossimo sessennio è il seguente: gruppo Africa-Madagascar (immutato); gruppo America Latina - Cono Sud (immutato); gruppo Interamerica (immutato); Gruppo Asia Sud (nuovo); gruppo Asia Est-Oceania (nuovo); Gruppo Europa Nord (immutato); Gruppo Europa Ovest (immutato); gruppo Italia - Medio Oriente (im­mutato);

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DELIBERAZIONI E ORIENTAMENTI RIGUARDANTI COSTITUZIONI E REGOLAMENTI E IL GOVERNO DELLA SOCIETÀ

Le modifiche del testo delle Costituzioni, deliberate dal CG25, sono state approvate dalla Sede Apostolica con Rescritto della Congregazione per gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica N. T.9-1/2002 in data 3 aprile 2002.

 

Sulla base della verifica condotta sulle strutture del governo centrale, con riguardo anche al loro adeguato fui zionamento per l'animazione e la guida della Società ai suoi vari livelli, tenendo conto delle riflessioni e delle proposte fatte dai Capi­toli ispettoriali e dai confratelli — come si rileva pure dall'ap­posito documento capitolare prodotto sulla verifica — il Ca­pitolo Generale 25° ha approvato le seguenti deliberazioni riguardanti modifiche del testo delle Costituzioni e dei Re­golamenti generali, ed altri orientamenti operativi sul go­verno della Società.

1. LIMITAZIONE DELLA DURATA IN CARICA DEL RETTOR MAGGIORE (Cost. 128)

131 Il Capitolo Generale 25°, considerate le proposte pervenute allo stesso Capitolo,

tenendo presente l'indicazione generale del Codice di Diritto Canonico' circa la temporaneità delle cariche negli Istituti di vita consacrata, come pure la norma già adottata nel nostro di­ritto proprio per i Superiori ai livelli ispettoriale e locale2;

considerando anche, da una parte, il notevole impegno ri­chiesto da tale alta responsabilità e, dall'altra parte, l'accele­razione storica e la grande complessità del momento che vi­viamo, sì che due sessenni sembrano sufficienti perché una persona esprima il meglio di sé,

approva la seguente modifica (in corsivo) all'articolo 128 delle Costituzioni.

128. Il Rettor Maggiore viene eletto dal Capitolo generale per un periodo di sei anni e può essere eletto soltanto per un secondo sessennio consecutivo. Non può dimettersi dalla sua carica senza il consenso della Sede Apostolica.

I cf. can. 624

2 cf. Cost. 163 e 177; Reg. 171

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2. LIMITAZIONE DELLA DURATA IN CARICA DEI MEMBRI DEL CONSIGLIO GENERALE (Cost. 142)

132 Il Capitolo Generale 25°, considerate le proposte pervenute allo stesso Capitolo,

tenendo presente l'indicazione generale del Codice di Diritto Canonico' circa la temporaneità delle cariche negli Istituti di vita consacrata, come pure la norma già adottata nel nostro di­ritto proprio per i Superiori ai livelli ispettoriale e locale4;

considerando anche, da una parte, il notevole impegno ri­chiesto da un incarico a livello di Consiglio generale e, dal­l'altra parte, l'accelerazione storica e la grande complessità del momento che viviamo, sì che due sessenni sembrano suf­ficienti perché una persona esprima il meglio di sé,

approva la seguente modifica (in corsivo) dell'articolo 142 delle Costituzioni:

142. Il Vicario del Rettor Maggiore, i Consiglieri di settore e i Consiglieri regionali durano in carica sei anni e possono essere eletti soltanto per un secondo sessennio consecutivo rispettivamente nell'incarico di Vicario del Rettor Maggiore, di Consigliere di settore, di Consigliere regionale, salvo il caso previsto dall'articolo 143 delle Costituzioni.5

Se qualcuno dei membri del Consiglio generale venisse a mancare o fosse definitivamente impedito, il Rettor Mag‑

cf. can. 624

4 cf. Cost. 163 e 177; Reg. 171

5 Interpretazione pratica del Capitolo Generale: "Un Consigliere regionale non può essere eletto per un terzo mandato consecutivo come Consigliere regionale, anche nel caso in cui sia destinato a una Regione diversa dalla o dalle precedenti, ma può essere eletto come Consigliere di settore o come Vicario del Rettor Maggiore. Allo stesso modo, un Consigliere di settore non può essere eletto per un terzo mandato consecutivo come Consigliere di set­tore, anche nel caso in cui sia destinato a un settore diverso dal o dai prece­denti, ma può essere eletto come Consigliere regionale o Vicario del Rettor Maggiore. Infine, il Vicario del Rettor Maggiore non può essere eletto per un terzo mandato consecutivo, ma può essere eletto come Consigliere di settore o Consigliere regionale".

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giure con il consenso del suo Consiglio affiderà l'incarico, fino alla conclusione del sessennio, a colui che nel Signore giudicherà più idoneo.

3. ATTRIBUZIONE DEL SETTORE DELLA FAMIGLIA SALESIANA AL VICARIO DEL RETTOR -MAGGIO­RE E COSTITUZIONE DEL CONSIGLIERE PER LA COMUNICAZIONE SOCIALE (Cost. 133. 134. 137)

133 Il Capitolo Generale 25°, considerate le proposte pervenute allo stesso Capitolo,

al fine di evidenziare meglio il servizio di unità che compete al Rettor Maggiore nella Famiglia salesiana (Cost. 126), te­nendo presente che il Vicario del Rettor Maggiore può contare su una rete organizzativa ben strutturata ai vari livelli circa i gruppi affidati alla cura diretta dei Salesiani e che, per gli altri membri della Famiglia salesiana, esistono la "Carta di comu­nione nella Famiglia Salesiana" e la "Carta della missione della Famiglia Salesiana", e che il più vasto impegno di pro­mozione del Movimento salesiano e del carisma salesiano può essere svolto in collaborazione con gli altri Consiglieri, sia di settore che regionali;

e, inoltre, considerando la crescente importanza del settore della comunicazione nel contesto dell'attività della Congrega­zione salesiana nello spirito dell'articolo 6 delle Costituzioni e dell'articolo 43 delle stesse, che afferma essere questo «un campo di azione significativo che rientra tra le priorità aposto­liche della nostra missione»,

approva le seguenti modifiche (in corsivo) degli articoli 133, 134 e 137 delle Costituzioni:

Articolo 133:

I consiglieri incaricati di settori speciali sono: il consigliere per la formazione, il consigliere per la pastorale giovanile, il consigliere per la comunicazione sociale, il consigliere per le missioni e l'economo generale.

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Articolo 134:

Il vicario è il primo collaboratore del Rettor Maggiore nel governo della Società ed ha potestà ordinaria vicaria. Fa le veci del Rettor Maggiore assente o impedito. A lui è affidata particolarmente la cura della vita e della disci­plina religiosa.

Ha il compito di animare la Congregazione nel settore della Famiglia salesiana. A norma dell'articolo 5 delle Costitu­zioni promuove la comunione dei vari gruppi, rispettando la loro specificità e autonomia. Orienta inoltre e assiste le ispettorie, affinché nel loro territorio si sviluppino, secondo i rispettivi statuti, l'associazione dei Cooperatori salesiani e il movimento degli Exallievi.

Articolo 137:

Il consigliere per la comunicazione sociale ha il compito di animare la Congregazione in tale ambito. Promuove l'a­zione salesiana nel settore della comunicazione sociale e coordina in particolare, a livello mondiale, i centri e le strutture che la Congregazione gestisce in questo campo.

4. MODIFICA DELL'ARTICOLO 24 DEI REGOLAMENTI GENERALI (Procure a livello di Congregazione)

134 Il Capitolo Generale 25°, considerata la proposta pervenuta dal Consiglio generale,

tenendo presente l'esigenza di articolare meglio la responsabi­lità dell'economo generale nella gestione e distribuzione delle risorse delle procure missionarie internazionali, insieme con quella del consigliere generale per le missioni,

per favorire una più puntuale e corretta individuazione delle risorse ed un coordinamento più razionale della distribuzione delle stesse, dato anche il notevole sviluppo assunto dalle pro­cure e organizzazioni non governative (ONG) internazionali,

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approva la seguente modifica (in corsivo) dell'articolo 24, se­condo capoverso, dei Regolamenti generali, riguardante la co­stituzione, l'organizzazione e il funzionamento delle procure missionarie a livello di Congregazione:

La loro organizzazione e il loro funzionamento dipende­ranno dall'ispettore o dagli ispettori nelle cui circoscri­zioni opera la procura, previa convenzione con il Rettor Maggiore e d'intesa con il consigliere generale per le mis­sioni e con l'economo generale.

5. DIVISIONE DEL GRUPPO DI ISPETTORIE AUSTRALIA-ASIA

135 Il Capitolo Generale 25°, considerate le proposte pervenute allo stesso Capitolo,

tenendo presente la notevole crescita della Regione Australia-Asia nel sessennio 1996-2002 e le attese per il futuro, le diffi­coltà d'accompagnamento e di coordinamento, la sua comples­sità culturale, religiosa e sociale e la sua estensione geografica;

e tenendo anche in conto che esiste già una Conferenza che ri­unisce le Ispettorie dell'India, che la realtà attuale dell'India è interculturale, interreligiosa e interlinguistica, e che il numero delle Ispettorie e dei confratelli è adeguato,

approva la seguente divisione del gruppo di Ispettorie Au­stralia-Asia:

GRUPPO ASIA SUD, comprendente le Ispettorie: India-Ban­galore, India-Bombay (Mumbai), India-Calcutta (Kolkata), India-Dimapur, India-Guwahati, India-Hyderabad, India-Ma­dras (Chennai), India-New Delhi, India-Tiruchy.

GRUPPO ASIA EST OCEANIA, comprendente le Ispet­torie: Australia, Cina, Filippine Nord, Filippine Sud, Giappone, Korea, Thailandia, Vietnam, e la Visitatoria Indonesia-Timor.

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6. ORIENTAMENTO OPERATIVO SULLE MODALITÀ DI SVOLGIMENTO DEI CAPITOLI GENERALI

136 Il Capitolo Generale 25°

—  vista la richiesta avanzata da molti capitolari di un'imposta­zione meno monotematica e più progettuale, aperta a una verifica della situazione generale e a una più specifica e mirata capacità di intervento;

—  data la presenza al suo interno di membri rappresentativi dell'intera Congregazione e il bisogno di promuovere una migliore conoscenza e confronto delle situazioni e prospet­tive a livello di Regioni e di aree culturali contigue;

—  considerando l'alto e crescente numero di capitolari, che ri­chiede una modalità di svolgimento che favorisca le rela­zioni interpersonali, una migliore conoscenza dei candidati per le elezioni e la condivisione di esperienze specifiche significative;

—  prendendo atto della conseguente necessità di un aggiorna­mento del regolamento del Capitolo generale;

approva in seguente orientamento operativo:

Il CG25 chiede al Rettor Maggiore con il suo Consiglio che nel prossimo sessennio compia una verifica della celebra­zione degli ultimi Capitoli generali al fine di valutare e proporre una modalità di svolgimento più agile e rivolta, oltre che a realizzare gli adempimenti costituzionali, a svi­luppare un esame della situazione della Congregazione e a delineare le fondamentali linee di politica congregazionale da attuare nel sessennio seguente.

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MESSAGGI

1. IL CG25 Al CONFRATELLI SALESIANI

ACCOGLIAMO LA GRAZIA,

CHE CI È STATA DONATA NELLA BEATIFICAZIONE DEL SALESIANO COADIUTORE ARTEMIDE ZATTI

137 Noi, membri del CG25, rendiamo grazie al Padre, che ha vo­luto illuminare questo Capitolo Generale col dono della beati­ficazione di tre membri della Famiglia Salesiana: suor Maria Romero Meneses, il signor Artemide Zatti, don Luigi Variara.

Su Artemide Zatti, con speciale insistenza, don Juan E. Vecchi ha attirato la nostra attenzione, perché ne facessimo il segno di un rinnovato impegno di tutta la Congregazione, nel rico­noscere l'attualità della vocazione del salesiano coadiutore e nel promuoverne lo sviluppo, in fedeltà allo spirito di don Bosco. In lui — come nei salesiani coadiutori martiri già beati­ficati — si realizza, infatti, a speciale titolo, quella "misura alta" della vocazione salesiana ordinaria, che ci porta alle ra­dici della nostra stessa consacrazione.

Numerosi elementi di speranza ci invitano a proporre con convinzione un nuovo impegno.

I giovani, che entrano nei nostri noviziati per diventare sale­siani laici, mostrano di apprezzare questa vocazione. Ovun­que, nel mondo salesiano, ci sono figure di salesiani laici, che vivono la loro vocazione in forma gioiosa ed attraente, espri­mendone la pienezza nel complesso mondo della comunica­zione, nella formazione al lavoro, nella solidarietà sociale, nell'educazione della fede, nell'audacia missionaria, nella for­mazione alla salesianità.

Giovanni Paolo II — in occasione della beatificazione del si­gnor Artemide Zatti — ha messo in rilievo «la sua incessante e gioiosa attività», «il suo carattere gioviale e la sua particolare competenza, uniti a una disponibilità senza limiti»1.

Si esprime, infatti, con singolare evidenza, nei confratelli co­adiutori, la testimonianza di una vocazione salesiana, che con‑

' Udienza di lunedì 15 aprile 2002

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giunge in sé, attraverso la carità educativa e solidale, i doni della consacrazione e quelli della laicità. Alle comunità reli­giose essa richiama i valori della creazione e delle realtà seco­lari; alle famiglie ed ai laici i valori della totale dedizione a Dio per la causa del Regno2. Il salesiano coadiutore diventa così protagonista di quella nuova civiltà dell' amore e della vita, cui anela l'uomo del nostro tempo.

Il loro speciale legame col mondo del lavoro fa di essi i prota­gonisti di un'avventura educativa in cui società civile e comu­nità ecclesiale, valori secolari ed annuncio cristiano si incon­trano perché ovunque, attraverso il lavoro, prenda volto l'uomo che Dio vuole.

La nostra riflessione sulla "comunità salesiana oggi" ha ricon­fermato in noi la convinzione che essa è salesianamente più propositiva, quando ne fanno parte salesiani coadiutori e sale­siani preti. Non può esservi sforzo di rinnovamento comuni­tario, che non si traduca anche in rinnovato impegno perché ogni comunità salesiana possa vivere la pienezza della propria identità, con la presenza di coloro che, con doni diversi e complementari, rivelano il volto di don Bosco.

Salesiani preti e salesiani laici guardano insieme a don Bosco, per ripresentarlo al mondo. Insieme ne vivono lo spirito e ne perpetuano la missione al servizio dei giovani e del popolo di Dio. Insieme, ed in continuo dialogo fra loro, ciascuno di­venta salesiano più vero, perché più radicato nella propria identità vocazionale. Insieme salgono all'onore degli altari.

Con la presenza del salesiano laico la comunità salesiana è completa ed acquista piena efficacia. Noi tutti abbiamo speri­mentato quanto il confratello coadiutore sappia essere "uomo della comunità", pronto alle grandi responsabilità come alle piccole diaconie quotidiane, ricco del gusto della "casa", ca­pace di costruire relazioni semplici e fraterne. «I religiosi fra­telli, infatti, ricordano efficacemente agli stessi religiosi sacer­doti la fondamentale dimensione della fraternità in Cristo»3.

2 Cf. CG24, 154

3 VC 60

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Il CG25 ci invita ad amare le nostre comunità, seguendo l'e­sempio di A. Zatti, che — per usare ancora le parole di Gio­vanni Paolo II — espresse un «servizio appassionato, compe­tente e pieno di amore», tanto «puntuale a compiere i suoi do­veri comunitari», quanto «completamente dedito al servizio dei bisognosi»4. Di lui — autentico costruttore di comunità — si disse che egli non solo era "medico", ma sapeva trasformarsi in "medicina", in forza della relazione evangelica, che egli of­friva a chi l' avvicinava.

Gli eventi ricordati ci incoraggiano e ci spingono a rendere operativo in ogni Ispettoria l'impegno rinnovato, straordinario e specifico per la vocazione del salesiano coadiutore, special­mente nella pastorale giovanile e nella Famiglia Salesiana.

È vivo il desiderio che ad essa sia data maggiore visibilità nel mondo della educazione e promozione umana, nei forum e negli incontri giovanili, nelle iniziative, che mirano a far co­noscere la vocazione salesiana, nelle équipes e nei consigli dove, ai diversi livelli, si progetta ed anima la vita e la mis­sione dei figli di Don Bosco.

La memoria liturgica del beato Artemide Zatti, che incomin­ceremo a celebrare il 15 marzo, e la giornata mondiale an­nuale della Vita consacrata sono chiamate a diventare — per ogni comunità educativa — occasione di testimonianza e di preghiera, perché questa vocazione continui a fiorire, per il bene dei giovani, e per la pienezza dello spirito di don Bosco.

Mentre vi scriviamo questo messaggio, col cuore ancor pieno di entusiasmo per l'esperienza di grazia fatta in questi giorni, chiediamo il sostegno della vostra preghiera, perché sia data efficacia al rinnovato impegno della Congregazione, al ser­vizio della vocazione del salesiano laico.

I Capitolari del CG25

Roma, 15 aprile 2002.

4 Omelia della Messa di Beatificazione

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2. MESSAGGIO DEL CG25 ALLA FAMIGLIA SALESIANA

138 Carissimi fratelli e sorelle,

al termine del nostro Capitolo Generale 25°, desideriamo far pervenire a ciascun Gruppo e ad ogni membro della Famiglia

Salesiana un particolare saluto e un vivo ringraziamento.

Vi siamo grati per i messaggi e i contributi inviatici, per aver accompagnato con la preghiera e seguito con interesse lo svolgimento del Capitolo e per aver manifestato la vostra gioia e l'augurio più cordiale al nuovo Rettor Maggiore, che è per tutti noi il successore di don Bosco.

La festa delle Beatificazioni, recentemente vissuta insieme, rappresenta un momento significativo di riconoscimento da parte della Chiesa. I nuovi Beati — una suora, un coadiutore e un sacerdote — accomunati nella stessa vocazione e dal mede­simo slancio apostolico, sono un forte richiamo alla santità di vita per tutta la Famiglia Salesiana.

Durante le nostre riflessioni capitolari abbiamo avuto presenti i vostri contributi e le aspettative sulla comunità salesiana: ci auguriamo che nel documento finale possiate trovare delle ri­sposte ai vostri desideri. Le richieste più pressanti che ci avete rivolte nei vostri messaggi sollecitano la nostra capacità di es­sere guide spirituali e la disponibilità ad accoglierci in reci­procità, come fratelli e sorelle, al fine di offrire ai giovani un'educazione valida e di testimoniare il Vangelo nella so­cietà odierna. Questo ci è sicuramente di aiuto nel condividere la ricchezza spirituale del carisma di don Bosco.

Nel testo capitolare abbiamo espresso, in vari modi, il nostro proposito di lavorare in rete e di crescere insieme. La com­plessa realtà del mondo in cui viviamo ci sollecita a condivi­dere sempre più profondamente e corresponsabilmente la spi­ritualità che don Bosco ci ha affidata, e la missione giovanile e popolare cui siamo chiamati.

Consapevoli della nostra particolare responsabilità nella Fa­miglia Salesiana, di cui don Bosco è padre e guida, inten‑

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diamo operare insieme per la crescita delle vocazioni nei di­versi Gruppi, testimoniando l'autenticità di spirito e_la comu­nione dei cuori.

Il tema vocazionale preoccupa tutti i Gruppi della Famiglia. Da parte nostra abbiamo voluto dedicare attenzione speciale alla vocazione del salesiano coadiutore, figura originale ed es­senziale del nostro carisma.

Attuando la missione che ci è comune, molti di noi sono im­pegnati nell'educazione e nell'evangelizzazione dei giovani e del popolo. In scuole, oratori, opere sociali, centri per ragazzi in difficoltà, parrocchie ed altre realtà, operiamo e ci for­miamo insieme per servire sempre meglio i nostri destinatari. Nella formazione condivisa poniamo la nostra forza e la no­stra speranza. Con la pratica del Sistema Preventivo ci rende­remo capaci di essere, nella società e nella Chiesa, una pro­posta significativa in campo educativo. In questi ultimi anni abbiamo posto grande fiducia nei laici, quali autentici colla­boratori e protagonisti: ora stiamo assistendo all'espansione di un movimento laicale salesiano in tutto il mondo.

Il nostro Capitolo, riflettendo sulla comunità salesiana oggi, ha confermato l'inderogabile impegno di crescere in fraternità e testimonianza di vita. Il "vivere e lavorare insieme" da fra­telli, secondo lo stesso carisma, vuol essere il traguardo e l'e­sito della vita in comunità, dove l'amore fraterno risulti visi­bile e forte. Questa forza contagiosa andrà a beneficio di tutta la Famiglia Salesiana, che saprà arricchirsi vicendevolmente per dar vita a un'autentica comunione di fratelli e sorelle, se­condo il cuore di don Bosco.

Ci unisce con forza anche la testimonianza evangelica, il cui scopo ultimo sta nel portare il Vangelo di Cristo ai giovani e al popolo. Non ci sentiamo soli in questo impegno. La condi­visione del carisma e la stessa complessità dell' evangelizza­zione ci obbligano oggi a programmare e ad operare insieme. In questo sta la grande ricchezza della Famiglia Salesiana: vi­vendo esperienze diverse, possiamo leggere la realtà da pro­spettive differenti e con accentuazioni carismatiche peculiari,

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da mettere in comune a beneficio di tutti. Il Sistema Preven­tivo di don Bosco è patrimonio comune nel nostro progettare educazione ed evangelizzazione. Possiamo così raggiungere i nostri destinatari con la stessa intenzionalità educativa e inter­venti complementari, uniti nel medesimo spirito.

Costruiamo perciò una Famiglia viva, che agisce in sintonia e convergenza, per perseguire una meta comune. Lasciandoci poi guidare da quanto abbiamo espresso nella "Carta di co­munione" e nella "Carta della missione", veniamo coinvolti tutti nell'unica missione di don Bosco, con le nostre originali espressioni, ma collegati in un vasto movimento salesiano.

In tal modo il nostro donarci sarà anche frutto di quanto rice­viamo gli uni dagli altri, consapevoli che «c'è più gioia nel dare che nel ricevere» (At 20, 35).

In comune, godiamo della protezione dell'Ausiliatrice, Madre delle nostre comunità e dei Gruppi, la cui devozione si va dif­fondendo sempre più in tutto il mondo, grazie ai membri della Famiglia. Con fiducia La invochiamo, perché benedica cia­scuno di noi, ogni Gruppo e tutti i collaboratori con le loro fa­miglie. Nelle sue mani affidiamo il futuro della Famiglia spi­rituale, che tanto ci sta a cuore.

E come Capitolo, invochiamo per tutti la benedizione del Si­gnore per intercessione dell'Ausiliatrice, di don Bosco, dei nuovi Beati e di tutti i Santi salesiani.

Il Rettor Maggiore e i Capitolari del CG25 Roma, 18 aprile 2002.

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3. MESSAGGIO AI GIOVANI

139 Riuniti a Roma,

provenienti da tutti i Continenti,

noi, Salesiani di don Bosco,

scriviamo a voi Giovani,

perché siete la ragione della nostra vita.

Convinti della parola del Signore:

«Amatevi gli uni gli altri come io vi ho amato»,

ci siamo confrontati su come migliorare la nostra vita di comunità.

Crediamo che il rinnovamento del nostro

«vivere e lavorare insieme»

sia un grande dono per voi come lo è per tutti noi;

e ci auguriamo che lo sappiate leggere come segno di speranza

nel vostro impegno per superare divisioni,

per cercare la giustizia senza cadere nell'odio,

per offrire a tutti aiuto e perdono.

Vogliamo essere con voi e per voi

nelle situazioni di povertà,

nei drammi della guerra,

nei conflitti che dividono

e ovunque la vita viene minacciata

e la crescita impedita.

Siamo con voi nella ricerca dell'Amore,

che dà senso pieno alla vita e dona felicità.

Insieme vogliamo essere «sentinelle del mattino»,

messaggeri di pace, costruttori di una nuova umanità,

attingendo forza dalla Pasqua del Signore.

Vogliamo dirvi che

le porte dei nostri cuori e delle nostre case sono sempre aperte per voi.

I Salesiani del Capitolo Generale 25°

Roma, 20 aprile 2002.

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4. APPELLO PER SALVARE I GIOVANI DEL MONDO

PRIMA CHE SIA TROPPO TARDI

SALVIAMO I RAGAZZI, IL FUTURO DEL MONDO

«I ragazzi vanno presi sul serio, altrimenti li ab­biamo contro o altrove. Non possiamo abusare della loro buona volontà: se chiedono pane, noi diamo pane, ma se chiedono istruzione, formazione, noi non possiamo far finta di niente».

(D. Juan E. Vecchi, 8° successore di Don Bosco)

140 Noi Salesiani di Don Bosco viviamo e lavoriamo in 128 na­zioni, a diretto contatto con migliaia e migliaia di giovani, ra­gazzi e ragazze. Come rappresentanti di tutti i Salesiani, siamo radunati in assemblea mondiale e non possiamo tacere per dichiarare con forza che non è più rinviabile l'impegno di lottare con ogni energia a favore dei giovani.

Rivolgiamo le nostre parole a coloro che hanno responsabilità nei confronti dei giovani:

—  ai Responsabili della Politica e dell'Economia, in ogni na­zione e anche a livello internazionale;

—  alle Istituzioni umanitarie, alle ONG, alle Associazioni di Volontariato;

—  alle Chiese e alle Istituzioni religiose;

—  alle famiglie;

—  a chi gestisce e opera nei mass media;

—  alle agenzie educative.

Noi constatiamo in ogni parte del mondo non solo l'umilia­zione della povertà in cui vivono milioni di ragazzi, senza fa­miglia, né casa, né futuro, ma ancor più lo sfruttamento dei minori, resi schiavi ad opera di un mondo di adulti troppe volte insensibile e irresponsabile, artefice di strutture di esclu­sione. Sono tanti milioni i ragazzi poveri. La povertà può es­sere vinta. Ma c'è anche un diritto al rispetto della dignità di

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chi è povero. Noi assistiamo invece a un mondo che infierisce sul povero e lo umilia, impedendo a lui ogni prospettiva di fu­turo. Siamo convinti che alla radice di tante povertà non ci sono cause naturali, ma chiare ingiustizie, frutto di una vi­sione riduttiva in senso economicistico.

L'elenco delle piaghe del mondo giovanile è diffuso e cono­sciuto: lavoro minorile, ragazzi che vivono notte e giorno sulla strada, prostituzione di minori, pedofilia, violenza e sfruttamento dei giovani, evasione scolastica, diffusione del­l'AIDS, analfabetismo, disoccupazione, droga e alcoolismo, emigrazione forzata, bambini soldato, corruzione, bande gio­vanili: tutti fenomeni in crescita, che chiudono ogni possibi­lità di futuro per numerose nazioni, molte delle quali schiac­ciate dal debito estero. Rovinare i ragazzi e i giovani significa impedire completamente il futuro di una nazione e del mondo intero.

Noi Salesiani abbiamo ereditato da Don Bosco l'impegno a dare la vita per la crescita e l'educazione dei giovani. E ur­gente investire molte risorse per questo scopo.

Più di una volta Don Bosco  (1815-1888), nel chiedere denaro alle persone facoltose per educare i suoi ragazzi poveri, usò parole forti: o apriamo oggi spontaneamente la borsa per aiu­tare questi giovani, o verranno un domani "a prendere i vostri soldi con il coltello alla gola e il revolver in mano".

Ci confortano anche le parole di don Juan E. Vecchi, l' 8° suc­cessore di D. Bosco, che recentemente ha lanciato un "j' ac­cuse" verso istituzioni politiche ed economiche disattente o direttamente colpevoli nei confronti dei giovani.

Siamo dalla parte dei giovani, perché noi — come Don Bosco — abbiamo fiducia in loro, nella loro volontà di imparare, di studiare, di uscire dalla povertà, di prendere in mano il pro­prio futuro, ma vediamo che essi sono impossibilitati a farlo perché troppi adulti sono colpevolmente assenti nei loro con­fronti; non solo non vogliono saperne di investire su di essi, ma addirittura li sfruttano.

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Siamo dalla parte dei giovani, perché crediamo nel valore della persona, nella possibilità di un mondo diverso, e soprat­tutto nel grande valore dell'impegno educativo.

Ci sorprende positivamente che gli stessi "uomini del denaro" (il Fondo Monetario Internazionale e la Banca Mondiale) abbiano dichiarato che l'unica soluzione è quella dell'Edu­cazione.

Noi siamo convinti che è urgente da parte delle Istituzioni spendere molte risorse denaro e attenzioni per l'EDUCA­ZIONE DEI GIOVANI: la loro protezione, la difesa dai peri­coli, la prevenzione, il loro protagonismo. Educare i giovani è l'unico modo per preparare un futuro positivo per il mondo intero.

Casella di testo: ALLEGATIGlobalizzare tutti insieme l'impegno per l'educazione! È questo un compito per tutti gli uomini e le donne che respon­sabilmente hanno a cuore il futuro dei propri figli e di tutti i giovani del mondo.

A una globalizzazione di tipo economico cerchiamo di rispon­dere con una globalizzazione di tipo educativo, che dia vigore e speranza al mondo giovanile.

Il Rettor Maggiore

e 231 rappresentanti dei Salesiani nel inondo

Roma, 20 aprile 2002.

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ALLEGATO 1

Messaggio di S. S. GIOVANNI PAOLO II per l'inizio del Capitolo Generale XXV

Carissimi Figli di don Bosco!

141 1. Con grande affetto mi rivolgo a voi, convenuti dai cinque conti­nenti per la celebrazione del 25° Capitolo Generale del vostro Isti­tuto. È il primo del terzo millennio e vi offre l'opportunità di riflet­tere sulle sfide dell'educazione e dell'evangelizzazione dei giovani, sfide alle quali i Salesiani desiderano rispondere, seguendo le orme del Fondatore, san Giovanni Bosco. Vi auguro che il Capitolo sia per voi un tempo di comunione e di proficuo lavoro, durante il quale possiate condividere l'ardore che vi accomuna nella missione tra i ragazzi, come pure l'amore per la Chiesa e il desiderio di aprirvi a nuove frontiere apostoliche.

Il pensiero in questo momento va spontaneamente al compianto Rettore Maggiore, don Juan Vecchi, recentemente scomparso dopo una lunga malattia, offerta a Dio per tutta la Congregazione e spe­cialmente per quest'Assemblea Capitolare. Mentre ringrazio il Si­gnore per il servizio da lui reso alla vostra Famiglia religiosa e alla Chiesa, nonché per la testimonianza di fedeltà evangelica che sempre l'ha contraddistinto, assicuro per la sua anima una speciale preghiera di suffragio. A voi tocca ora di proseguire l'opera da lui felicemente svolta sulla scia dei suoi predecessori.

Educatori attenti e accompagnatori spirituali competenti quali voi siete, saprete andare incontro ai giovani che anelano a «vedere Gesù». Saprete condurli con dolce fermezza verso traguardi impe­gnativi di fedeltà cristiana. «Duc in altura!». Sia questo il motto programmatico anche della vostra Congregazione, che con la pre­sente Assemblea Capitolare stimola tutti i suoi membri a un corag­gioso rilancio della propria azione evangelizzatrice.

142 2. Avete scelto come tema del Capitolo: «La comunità salesiana oggi». Siete ben consapevoli di dover rinnovare metodi e modalità di lavoro, perché con chiarezza emerga la vostra identità «sale­siana» nelle attuali mutate situazioni sociali, che esigono, fra l'altro,

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anche l'apertura all'apporto di collaboratori laici, con i quali condi­videre lo spirito e il carisma lasciati in eredità da don Bosco. L'e­sperienza degli ultimi anni ha posto in luce le grandi opportunità di tale collaborazione, che permette ai vari componenti e gruppi della vostra Famiglia salesiana di crescere nella comunione e di svilup­pare un comune dinamismo apostolico e missionario. E per aprirvi alla cooperazione con i laici è importante per voi focalizzare bene l'identità peculiare delle vostre comunità: che siano comunità, come don Bosco voleva, raccolte attorno all'Eucaristia ed animate da pro­fondo amore a Maria Santissima, pronte ad operare insieme, condi­videndo un unico progetto educativo e pastorale. Comunità capaci di animare e coinvolgere gli altri anzitutto con l'esempio.

143 3. In tal modo don Bosco continua ad essere presente fra di voi. Vive attraverso la vostra fedeltà all'eredità spirituale che vi ha la­sciato. Egli ha impresso alla sua opera un singolare stile di santità. E di santità ha oggi bisogno anzitutto il mondo! Opportunamente, per­tanto, il Capitolo Generale intende riproporre con coraggio «il ten­dere alla santità» come principale risposta alle sfide del mondo con­temporaneo. Si tratta, in definitiva, non tanto di intraprendere nuove attività e iniziative, quanto piuttosto di vivere e testimoniare il Van­gelo senza compromessi, sì da stimolare alla santità i giovani che in­contrate. Salesiani del terzo millennio! Siate appassionati maestri e guide, santi e formatori di santi, come lo fu san Giovanni Bosco.

Cercate di essere educatori della gioventù alla santità, esercitando quella tipica pedagogia di santità allegra e serena, che vi contraddi­stingue. Siate accoglienti e paterni, in grado in ogni occasione di chiedere ai giovani con la vostra vita: «Vuoi diventare santo?». E non esitate nel proporre loro la «misura alta» della vita cristiana, ac­compagnandoli sulla strada d'una radicale adesione a Cristo, che nel discorso della montagna proclama: «Siate voi dunque perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste» (Mt 5, 48).

La vostra è una storia ricca di santi, molti dei quali giovani. Sul «Colle delle beatitudini giovanili», come oggi chiamate il Colle don Bosco ove nacque il Santo, nel corso della mia visita del 3 set­tembre 1988, ebbi la gioia di proclamare beata Laura Vicutia, la gio­vane salesiana cilena che voi ben conoscete. Altri Salesiani sono in cammino verso quella meta: si tratta di due confratelli, Artemide Zatti e Luigi Variara, e di una Figlia di Maria Ausiliatrice, suor Maria Romero. In Artemide Zatti sono messi in evidenza il valore e

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l'attualità del ruolo del salesiano coadiutore; in don Luigi Variara, sacerdote e Fondatore, si manifesta un'ulteriore realizzazione del vostro carisma missionario.

144 4. Al non piccolo drappello di Santi e Beati salesiani siete chiamati ad unirvi anche voi, impegnati a calcare le orme di Cristo, fonte di santità per ogni credente. Fate in modo che l'intera vostra Congre­gazione risplenda per santità e fraterna comunione.

All'inizio di questo millennio, la grande sfida della Chiesa consiste, come ho ricordato nella Lettera apostolica Novo millennio ineunte, nel «fare della Chiesa la casa e la scuola della comunione» (n. 43). Perché l' apostolato porti frutti di bene, è indispensabile che le co­munità vivano uno spirito di mutua e reale fraternità. Per portare avanti un unico progetto educativo e pastorale, è necessario che tutte le comunità siano legate da un saldo spirito di famiglia. Ogni comu­nità sia vera scuola di fede e di preghiera aperta ai giovani, dove si renda possibile condividere le loro attese e difficoltà, e rispondere alle sfide con cui adolescenti e giovani si devono confrontare.

Ma dove sta il segreto dell'unione dei cuori e dell'azione apostolica se non nella fedeltà al carisma? Tenete pertanto gli occhi sempre fissi su don Bosco. Egli viveva interamente in Dio e raccomandava l'unità delle comunità attorno all'Eucaristia. Solo dal Tabernacolo può scaturire quello spirito di comunione che diviene fonte di spe­ranza e d'impegno per ogni credente.

L'affetto per il vostro Padre continui ad ispirarvi e a sostenervi. Il suo insegnamento vi invita alla mutua confidenza, al perdono quoti­diano, alla correzione fraterna, alla gioia del condividere. È questa la strada da lui percorsa, e sulla quale pure voi potrete attirare i fe­deli laici, specialmente giovani, a condividere la proposta evange­lica e vocazionale che vi accomuna.

145 5. Come vedete, ritorna spesso, anche in questo Messaggio, il rife­rimento ai giovani. Non meraviglia questo legame che unisce i Sale­siani alla gioventù. Potremmo dire che i giovani e i Salesiani cam­minano insieme. La vostra vita, carissimi, si svolge in effetti in mezzo ai ragazzi, così come voleva don Bosco. Siete felici tra loro e questi godono della vostra presenza amichevole. Le vostre sono «case» in cui essi si trovano bene. Non è questo l' apostolato che vi contraddistingue in ogni parte del mondo? Continuate ad aprire le vostre istituzioni specialmente ai ragazzi poveri, perché vi si sen‑

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tano «a casa loro», godendo dell'operosità della vostra carità e della testimonianza della vostra povertà. Accompagnateli nel loro inseri­mento nel mondo del lavoro, della cultura, della comunicazione so­ciale, promovendo un clima di cristiano ottimismo nel contesto di una chiara e forte coscienza dei valori morali. Aiutateli ad essere a loro volta apostoli dei loro amici e coetanei.

Quest'impegnativa azione pastorale vi pone in relazione con le tante realtà operanti nel campo dell'educazione delle nuove genera­zioni. Siate pronti ad offrire generosamente il vostro apporto ai vari livelli, cooperando con quanti elaborano le politiche educative nei Paesi dove vi trovate. Difendete e promuovete i valori umani ed evangelici: dal rispetto della persona all'amore per il prossimo, spe­cialmente verso i poveri e gli emarginati. Lavorate perché la realtà multiculturale e multireligiosa della società odierna vada verso un'integrazione sempre più armoniosa e pacifica.

146 6. Carissimi Figli di don Bosco, a voi è affidato il compito di essere educatori ed evangelizzatori dei giovani del terzo millennio, chia­mati ad essere «sentinelle del futuro», come ebbi a dir loro a Tor Vergata, in occasione della Giornata Mondiale della Gioventù del­l'Anno 2000. Camminate insieme con loro, affiancandoli con la vo­stra esperienza e la vostra testimonianza personale e comunitaria. Vi accompagni la Vergine Santa, che voi invocate con il bel titolo di Maria Ausiliatrice. Seguendo don Bosco, fidatevi sempre di Lei, proponetene la devozione a quanti incontrate. Con il suo aiuto si può fare tanto; anzi, come amava ripetere don Bosco, nella vostra Congregazione è Lei ad aver fatto tutto.

Il Papa vi esprime il Suo compiacimento per il vostro impegno apo­stolico ed educativo e prega per voi, perché possiate continuare a camminare in piena fedeltà alla Chiesa e in stretta collaborazione fra voi. Vi accompagnino don Bosco e la schiera di Santi e Beati salesiani.

Avvaloro questi voti con una speciale Benedizione Apostolica, che invio a voi, Membri del Capitolo Generale, ai Confratelli sparsi in tutto il mondo e all'intera Famiglia salesiana.

Dal Vaticano, 22 febbraio 2002, Festa della Cattedra di San Pietro.

Johannes Paulus II

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ALLEGATO 2

Intervento del Card. Eduardo Martínez Somalo

Prefetto della Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica

147 1. Mi è particolarmente gradito essere tra voi per esprimervi, an­cora una volta, la partecipazione sincera del Dicastero della vita consacrata e mia personale, all'esperienza di fede e di disponibilità alla Volontà di Dio che la vostra Congregazione sta vivendo.

È un'esperienza carica di grazia.

Se l'evento del Capitolo Generale è un dono dello Spirito Santo che ci apre e ci impegna alla Verità e alla Carità, la testimonianza della vita e della morte del vostro Rettor Maggiore, don Juan Vecchi, esprime mirabilmente il carisma di Don Bosco: essere pronti, con serena consapevolezza, a vivere e a dare la vita, come Dio vuole, per i giovani, specialmente i più poveri, vivendo la realtà del "già e non ancora" in un filiale abbandono alla volontà del Padre. Questa profondità spirituale, che si esprime nella semplicità della vita e nella fiducia in Dio, mi pare caratteristica nella linea formativa che il Rettor Maggiore, in questi anni, ha maturato nella vostra Congre­gazione. Anche il sempre ricordato don Egidio Viganò, in tutta la sua feconda esistenza e nella sua ultima malattia, aveva percorso questo cammino con lo stile in cui era vissuto: la carità pastorale per i giovani.

Ho unito spesso nella preghiera e nella Celebrazione Eucaristica questi due grandi animatori della Famiglia Salesiana a cui affi­diamo, oggi, il Capitolo Generale XXV che sta per iniziare.

Sono lieto di salutare tutti i presenti e, in particolare, il Vicario Ge­nerale, rev.do don Van Looy che, con il Consiglio Generale, ha por­tato avanti in questi mesi la responsabilità della guida della Congre­gazione con l'affetto del figlio e l'attenzione solerte ai desideri, espressi ed intuiti, del Rettor Maggiore; saluto la Superiora Gene­rale delle Figlie di Maria Ausiliatrice, il Responsabile dei Coopera­tori e degli Exallievi e tutti i gruppi religiosi e laici che, a vario ti­tolo, sono presenti e non mancheranno di dare il proprio contributo

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perché la Famiglia Salesiana continui a rispondere, con la prontezza e la profezia di Don Bosco, alle attese della Chiesa, con l'aiuto e la protezione di Maria Ausiliatrice.

148 2. State per iniziare il 1° Capitolo Generale dei Salesiani nel terzo Millennio che il Santo Padre ha definito: «Un oceano vasto in cui avventurarsi contando sull'aiuto di Cristo...Il Cristo contemplato ed amato ci invita, ancora una volta, a metterci in cammino» (NMI 58). Abbiamo vissuto recentemente momenti eccezionali di grazia e di misericordia durante il Giubileo dei 2000. Senz'altro nessuno è ri­masto indifferente alla testimonianza di carità pastorale e di esi­gente spiritualità che Giovanni Paolo II ha vissuto con i giovani. È una pagina di storia che vi compete: mentre mette allo scoperto le più profonde attese dei giovani, ci indica con chiarezza che, quando il giovane si sente amato, pur con tutte le lacune proprie dell'età e dei condizionamenti della società, mira alto.

Quale reazione avrebbe avuto Don Bosco se avesse potuto essere presente come uno di noi a quelle giornate, e come avrebbe ripen­sato l'impegno pastorale che caratterizza la comunità fraterna e si espande nell'accoglienza dei giovani, volti del Cristo giovane, ma tante volte sfigurato? Il vostro compianto Rettor Maggiore, negli Atti del Consiglio Generale che mi avete inviato, sottolinea in questi termini quello che sta a cuore ai salesiani di tutto il mondo: «L'obiettivo del Capitolo Generale non è tanto ciò che la comunità e i confratelli devono fare per i giovani, ma ciò che devono essere e vivere oggi per loro e con loro» (ACG n. 372). E chiarisce: «Si tratta di compiere una verifica della nostra vita comunitaria con lo spirito e la metodologia del discernimento evangelico, per scoprire le modalità di fraternità salesiana capaci di rispondere alle esigenze della sequela di Cristo e della missione» (ibid.).

149 3. Se la riflessione sulla vita fraterna, in funzione della sequela e della missione, è l'interesse centrale del vostro Capitolo e volete fare un discernimento nello spirito del Vangelo, diventa condizione fondamentale che ciascuno maturi sempre più profondamente il contatto vivo, sincero ed esistenziale con Cristo, Parola di Dio ed Eucaristia. Allora l'Assemblea Capitolare potrà veramente arrivare ad un discernimento evangelico sull'identità e sulle linee operative della fraternità salesiana. In questo senso il Capitolo Generale di­venta una grande occasione di formazione che mette in atteggia‑

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mento di ascolto reciproco, rispettoso e capace di fiducia, e aiuta a maturare quell'umiltà che è via maestra alla verità. Provoca, prima di tutto, il discernimento personale sulla coerenza con Cui ciascuno vive la propria consacrazione a Dio nello stile salesiano; illumina la riflessione sulla pastorale giovanile, che esige matura capacità per discernere quanto è bene tralasciare o rivedere, e quanto deve essere confermato e rafforzato; apre con equilibrio e autentica partecipa­zione ad un'armonica inculturazione; riconferma nello spirito di Don Bosco l'impegno di suscitare nel giovane la volontà di diven­tare onesto cittadino e buon cristiano. Al tempo stesso fa attenti, come lo è stato Lui, alle autentiche esigenze dei giovani, ai muta­menti della società, alle prospettive di futuro.

Non dimentichiamo che Don Bosco ha svolto la sua opera tra i gio­vani nel tempo della prima rivoluzione industriale, quando emigra­vano, soli, verso la città e venivano sfruttati dal lavoro nero senza alcun contratto che, in qualche modo, li proteggesse. Una vita che fatalmente li metteva nella condizione del facile disorientamento e Don Bosco, ben lo sapete, ebbe esperienza diretta degli effetti deva­stanti dell'ambiente carcerario sui minori.

150 4. La Chiesa gode nel rilevare che il vostro Istituto ha una forte in­cidenza tra i giovani e, di conseguenza, nel futuro della società e della Chiesa. Certamente la missione che Don Bosco ha vissuto e vi ha trasmesso, richiede una grande sensibilità educativa e una buona dose di coraggio per andare incontro ai giovani e condividere con loro i problemi e le attese, i momenti di rifiuto e il facile entusiasmo che sfuma sovente nel nulla. Vivono in un ambiente contraddittorio, superficiale e, al tempo stesso, convincente nel presentare la con­quista facile e una competitività che emargina il debole e si fonda sul denaro. Ma c'è pure una presenza di aria nuova e pulita di forze giovani che si compromettono nel bene. Sono «le sentinelle del mattino» che scrutano l'aurora di una nuova società. Il Santo Padre ha saputo vedere in loro la speranza che già Paolo VI custodiva nel cuore: sono i messaggeri della civiltà dell'amore. Non c'è come cre­dere profondamente in una realtà e accompagnarla con la pre­ghiera e il sacrificio, perché essa a poco a poco viva tra noi. Così ha vissuto Don Bosco!

È una meravigliosa tradizione quella che portate avanti in ogni parte del mondo e la Chiesa gode del bene che fate e vi ringrazia. Come non ricordare anche il fecondo apostolato che svolgete nel mondo

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della cultura con le vostre Università, con la corretta promozione dei mass-media, con la vostra dedizione nelle missioni, nelle par­rocchie, nelle scuole professionali per preparare i giovani ad un la­voro dignitoso e onesto?

151 5. Non si può sottovalutare oggi la fatica comune a tutti gli Istituti: la scarsità delle vocazioni. Questo richiede a numerosi fratelli di prolungare la propria dedizione anche quando, pur con il cuore gio­vane di Don Bosco, le forze non rispondono più con prontezza. Si coglie, allora, con sofferenza, il divario tra le generazioni, che rende più difficile il rapporto con i giovani. C'è una differenza grande di mentalità, di linguaggio, di gusti, di scelte che incidono nel quoti­diano, nel modo di sentire i problemi, di godere, di pregare, di giu­dicare, di vivere insieme. Questo rischia, qualche volta, di rendere faticosa la comunicazione, nonostante l'impegno. Allora solo la fede nella Parola ci fa credere e vivere la carità paziente, benigna, che tutto spera e tutto scusa, che non va in cerca della propria grati­ficazione, ma crede nei giovani di oggi perché Dio li ama. Si vive allora uno dei momenti più alti dell'offerta di se stessi nella carità per la gloria di Dio e la salvezza dei giovani. La carità, che San Paolo celebra nella Lettera ai cristiani di Corinto, è la grande forza, insostituibile, nell'esperienza educativa. Non a caso Don Bosco ri­peteva ai primi vostri confratelli: «Bisogna che i giovani non solo siano amati, ma sentano di essere amati». Aveva ben compreso che anche il giovane più refrattario avrebbe ceduto solo all'amore pa­ziente che, nonostante tutto, tutto spera.

L'educazione incide fin dove arriva l'amore; quando si sostituisce la norma, gli stessi gesti sono privi di anima. Per questo a chi gli domandava una definizione del suo sistema educativo Don Bosco rispondeva con una sola parola: «Il mio sistema educativo? La cà­rità!» (MB, 381). È l'unica strada che apre all'annuncio di Cristo.

152 6. Giovanni Paolo II ci offre la verifica dell'autenticità della nostra fede: «Chi ha incontrato veramente Cristo, non può tenerlo per sé, deve annunciarlo ... pur nel rispetto dovuto al cammino sempre di­versificato di ciascuna persona e nell'attenzione alle diverse cul­ture» (NMI 40).

Annunciare Cristo con la propria vita esige certamente che essa sia sostenuta da «un amore alimentato dalla Parola e dall'Eucaristia, purificato dal sacramento della Riconciliazione, sostenuto dall'im‑

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plorazione dell'unità, speciale dono dello Spirito per coloro che si pongono in obbediente ascolto del Vangelo» (VC 42). Allora la co­munità fraterna può veramente definirsi, come dice Vita Conse­crata, «spazio umano abitato dalla Trinità» (VC 41) e «spazio teolo­gale in cui si può sperimentare la mistica presenza del Signore Ri­sorto» (VC 42). Sarà ambiente fecondo in cui i giovani si sentono non solo accolti, ma desiderati per condividere insieme i problemi e le speranze in un dialogo aperto e sincero.

Cari Salesiani, il Capitolo è come un cantiere dove tanti progetti si mettono a fuoco, si armonizzano, si studiano per proporre a tutta la Congregazione un cammino di novità di vita nella fedeltà al ca­risma. Al cuore di questa comunione fraterna, c'è sempre lo Spirito Santo che segna la strada, coordina, ispira il modo migliore per rea­lizzare la santità dei figli di Don Bosco e dei giovani. Ma tutti sono chiamati a contribuire, perché a ciascuno è affidato il bene comune. Ugualmente avviene nelle vostre comunità. Ogni giovane che rice­vete è un progetto irripetibile dell'amore di Dio a voi affidato nella concretezza della storia. Siete chiamati a dare vita e spazio al soffio dello Spirito che è in lui. Chi guida? CRISTO, da cui sempre dob­biamo partire. Egli ci accompagna attraverso la sua Parola e il dono dell'Eucaristia. Guardando a Lui noi intravediamo Don Bosco che, per primo, vi ha aperto questa strada di novità, commisurandola al proprio tempo nelle modalità, ma ispirandosi alla Carità, realtà in­tramontabile e valida per tutti i tempi.

153 La Chiesa confida in voi!

La Chiesa attende molto da voi, Figli di Don Bosco!

Lasciate che ricordi le parole che Jean Duvallet, uno dei primi col­laboratori dell'Abbé Piene, disse ai giovani salesiani: «Voi non avete che un solo tesoro: la pedagogia di Don Bosco. Rischiate tutto il resto, ma salvate la sua pedagogia! Vent'anni di ministero che ho passato nella rieducazione dei giovani, mi obbligano a dirvi: siete responsabili di questo tesoro di fronte alla Chiesa e al mondo».

Roma, 25 febbraio 2002.

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ALLEGATO 3

Discorso del Vicario del Rettor Maggiore Don Luc Van Looy

all'apertura del CG 25

Eminenza Reverendissima, Cardinale Martínez Somalo, Carissimi Cardinali Antonio María Javierre e Oscar Rodríguez Maradiaga,

Fratelli Arcivescovi e Vescovi,

Sorelle e Fratelli rappresentanti della Famiglia Salesiana, Cari confratelli capitolari,

154 All'inizio del 25° Capitolo Generale della Società di San Francesco di Sales, sono lieto di porgere a voi tutti un saluto cordiale e ricono­scente. Vedo nella vostra presenza una dimostrazione di affetto per la nostra Congregazione e di partecipazione a uno tra gli atti più im­portanti della sua vita, quale è appunto il Capitolo Generale.

Ringrazio Madre Antonia Colombo, Superiora Generale della Figlie di Maria Ausiliatrice, e tutti i responsabili dei vari gruppi della Fa­miglia Salesiana qui presenti: il Coordinatore Centrale dei Coopera­tori, il Presidente Mondiale degli Ex-allievi, la Responsabile Cen­trale delle Volontarie di Don Bosco, i Superiori e le Superiore di Congregazioni religiose e i Responsabili dei gruppi e associazioni riconosciuti all'interno della Famiglia Salesiana. Nella vostra pre­senza solidale sentiamo i legami che ci uniscono in una sola Fami­glia, la Famiglia di Don Bosco.

E a voi, confratelli, che venite dalle diverse Ispettorie sparse nel mondo, esprimo un benvenuto cordiale e fraterno. So che siete ve­nuti per lavorare, per una esperienza di mondialità forte e per prepa­rare il futuro della Congregazione.

Vorrei anzitutto dedicare un grato e affettuoso pensiero a Don Juan Vecchi, che il Signore ha chiamato a sé un mese fa. È ancora fresco nella nostra memoria il ricordo della sua amabile paternità, della sua saggezza, dell'incisività nel governo della Congregazione e della sua personale testimonianza di fede e di serena accettazione

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della volontà di Dio durante la sua lunga malattia. La Congrega­zione e la Famiglia Salesiana si sono ritrovate compatte al fianco del Rettor Maggiore durante questo periodo, unendosi in preghiera attorno al Coadiutore Artemide Zatti. Don Vecchi ha iniziato e di­retto il cammino di preparazione per questo Capitolo Generale: siamo certi che dal cielo ci aiuterà a portarlo a buon termine.

In questi ultimi anni la canonizzazione di Monsignor Versiglia e Don Caravario, la beatificazione dei giovani oratoriani polacchi e dei martiri spagnoli hanno stimolato tutta la nostra Famiglia verso una "misura alta di vita salesiana ordinaria" (cf. NMI 31), e le pros­sime beatificazioni di Don Luigi Variara, di Suor Maria Romero e del Signor Artemide Zatti porteranno ancora una volta i santi e la santità al centro di tutta la Famiglia Salesiana.

1. Il cammino postconciliare

155 Il tema di questo Capitolo Generale si inserisce in un percorso che attraversa e si sviluppa lungo tutto il periodo postconciliare. Dopo aver riflettuto globalmente sulla nostra identità salesiana (CGS20) e dopo aver approfondito alcuni suoi aspetti, come l'evangelizzazione dei giovani, il sistema preventivo, l'animazione della comunità e la figura dei soci (CG21), siamo arrivati alla promulgazione delle Co­stituzioni rinnovate nel CG22 del 1984.

In seguito abbiamo concentrato la nostra attenzione sul cammino da fare con i giovani per educarli alla fede e nella fede (CG23). Ab­biamo rilevato la necessità, per questo, di una comunità che si rin­nova continuamente, che si inserisce più attivamente nel mondo giovanile con un salto di qualità pastorale, e che diventa, allo stesso tempo, nucleo animatore della comunità educativo-pastorale e dei vari rami della Famiglia Salesiana.

Il CG24 ha ripreso quest'ultimo aspetto del coinvolgimento dei laici nel nostro spirito e nella nostra missione, e ha delineato il nuovo ruolo della comunità religiosa salesiana dentro la CEP e nell'elabo­razione del PEPS.

Quindi, sia nel CG23 che nel CG24 la comunità salesiana è emersa come punto di convergenza. Dal suo buon funzionamento, infatti, dipende in gran parte la qualità di testimonianza, l'incidenza apo­stolica e la fecondità della Congregazione. È la comunità dei reli‑

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giosi salesiani che ha il compito di essere "sale della terra e luce del mondo" attraverso le varie opere e attività.

Seguendo questo "filo rosso", il CG25 vuole ora verificare i passi fatti alla luce dell'ultimo Capitolo Generale, approfondirne le indi­cazioni non sufficientemente recepite, e dare un impulso al lavoro già in atto di rinnovamento della comunità. Con esso si intende ri­lanciare la comunità come la carta vincente nell'evangelizzazione dei giovani nel nuovo millennio.

Questo tema, quindi, non ci fa distogliere lo sguardo dai nostri de­stinatari, né dai laici che collaborano con noi. Come ha scritto Don Vecchi nella sua lettera di convocazione:

«L'obiettivo del CG25 non è tanto ciò che la comunità e i con­fratelli devono fare ancora per i giovani, ma ciò che devono es­sere e vivere oggi per loro e con loro. Lo sguardo va anzitutto a quello che siamo e viviamo per agire più efficacemente, dal punto di vista evangelico, in favore dei destinatari della nostra missione» (Verso il Capitolo Generale 25°, ACG 372, pag. 13).

La comunità salesiana, quindi, costituirà il punto focale del CG25. Ad esso si aggiunge il compito di dare compimento all'orienta‑

' mento operativo del CG24 (n. 191) riguardo delle strutture di go­verno, e quello dell'elezione del nuovo Rettor Maggiore e dei membri del Consiglio Generale che guideranno la Congregazione nel prossimo sessennio.

2. Il tema del CG25 a confronto con le sfide odierne

156 Il tema del Capitolo, "la comunità salesiana oggi" si articola in questi quattro punti:

la vita fraterna,

la testimonianza evangelica,

la presenza animatrice tra i giovani,

l'animazione comunitaria.

I Capitoli Ispettoriali hanno riflettuto su questi punti, partendo dal­l'esperienza delle comunità locali e individuando alcuni problemi di particolare rilievo che la Commissione Precapitolare ha pensato bene di segnalare, come, per esempio:

— il bisogno di rafforzare la vita della comunità secondo lo Spirito: creare, cioè, le condizioni affinché i confratelli godano di un'in‑

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tensa esperienza dell'amore di Cristo che li porti ad una vita pro­fondamente fraterna, ad una dedizione totale alla missione giova‑

nile, ad una testimonianza attraente dei valori evangelici;

— l'esigenza di sviluppare la capacità ispiratrice della comunità reli­giosa all'interno della comunità educativa e pastorale, così da ge­nerare comunione, entusiasmo e un forte senso di appartenenza;

— la difficoltà di far fronte alle esigenze reali della missione, data la diminuzione delle forze e il conseguente squilibrio tra il volume di lavoro e il personale disponibile;

— l'invecchiamento e la scarsità di vocazioni che rendono la vita di comunità più pesante e rischiano di offuscare il cammino futuro della missione.

Su questi e altri aspetti della vita comunitaria il Capitolo Generale è chiamato ad indicare delle piste sicure e motivate per rilanciare la comunità all'inizio di questo millennio, ricordando l'insistenza di Don Bosco: «Noi abbiamo scelto di abitare in unum. Vuol dire in unum locum, in unum spiritum, in unum agendi finem» (in uno stesso luogo, con lo stesso spirito, con lo stesso fine da raggiungere) (MB IX, 573).

L'idea di scegliere questo tema, però, non viene soltanto dalla con­sapevolezza di debolezze o lacune nel profilo della nostra vita co­munitaria religiosa, ma da alcune sfide provenienti da un raggio molto più ampio.

157 La cultura odierna

In primo luogo ci sfida la cultura odierna. Vivere e annunciare la fede è diventato difficile nel mondo secolarizzato, dove la gente si allontana in modo graduale e silenzioso dalla fede come da un ele­mento poco rilevante nella vita di ogni giorno.

Essendo diminuito considerevolmente il valore educativo e reli­gioso della famiglia, e venendo la Chiesa ad essere considerata come un'istituzione alienata dalla società moderna, i giovani che crescono negli ambienti secolarizzati trovano di difficile compren­sione la terminologia religiosa e si abituano ad arrivare ai criteri di condotta e al senso della loro vita per conto proprio, senza riferi­mento a valori religiosi e spesso senza ascoltare i consigli degli adulti loro vicini. Nei nostri giorni la credibilità della Chiesa è anche presa di mira dai mezzi di comunicazione i quali mettono in

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risalto, giustamente o ingiustamente, certe debolezze o errori morali di religiosi e sacerdoti.

Anche la scuola ci interpella fortemente, soprattutto in quei paesi dove è in atto un processo di riforma. Il sistema di Don Bosco mette al centro la persona e la sua educazione integrale, mentre oggi con­statiamo che la preoccupazione nel campo scolastico si concentra quasi unicamente sull'istruzione, senza badare tanto alla formazione e all'accompagnamento della persona. L'insegnamento della reli­gione inoltre tende ad avere sempre minor peso, portando inevita­bilmente a un indebolimento della formazione integrale del giovane e della sua capacità di sviluppare una cultura personale.

Il compito oggi è di trovare un modo per superare queste barriere fi­siche, psicologiche e culturali, per raggiungere anche i giovani più lontani, e aiutarli ad arrivare alla fede in Cristo. Non saranno in primo luogo le parole o i ragionamenti ad aprire questa strada, ma la testi­monianza di una comunità che vive la propria fede in Gesù Cristo, trova la sua coesione in essa e la rende visibile, in gioia e trasparenza.

Questa carica spirituale conduce la comunità di fede a superare il settorialismo e l'individualismo e a vivere in fraterna amicizia e collaborazione, al punto di essere attraente ed evangelizzante, come indica il documento Vita Consecrata:

«La vita di comunione, infatti, diventa un segno per il mondo e una forza attrattiva che conduce a credere in Cristo... In tal modo la comunione si apre alla missione, si fa essa stessa mis­sione» (VC 46).

Lo stesso amore per Cristo porta anche ad una generosa accoglienza e donazione di sé agli altri. Ai giovani, in primo luogo, mediante una presenza attiva e amichevole tra loro, e poi ai collaboratori laici e ai membri dei diversi rami della Famiglia Salesiana, mediante una comunione fatta di esperienze di comune progettazione, partecipa­zione responsabile e formazione insieme, «fino a poter diventare un'esperienza di Chiesa, rivelatrice del disegno di Dio» (Cost. 47). Essendo segno, la comunità diventa anche scuola di fede che trova il coraggio e la creatività per mostrare il proprio volto cristiano e sa dare sapore e direzione alla vita dei destinatari.

158 Espansione geografica e inserimento

Il fenomeno della globalizzazione, con il correlativo fenomeno della localizzazione, sottolinea la necessità di un equilibrio tra l'u‑

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nità del carisma e il pluralismo delle espressioni.

Richiede che si dia maggior peso al valore della fraternità piuttosto che alle differenze di etnia, lingua, ecc. in modo che le nostre comu­nità, aperte alle diverse culture, diventino un vero regalo alla Chiesa e alla società. La nostra presenza in tutti i continenti, in 128 nazioni, ci aiuta ad avere una visione mondiale del nostro carisma e ad os­servare il movimento geografico della vita della Chiesa e delle vo­cazioni. Mentre si invecchia in alcune zone tradizionali, si cresce e si rinasce in altri paesi e continenti.

Scrive il Santo Padre nella sua Esortazione Apostolica, Vita Conse­crata, al n. 51:

«Collocate nelle diverse società del nostro pianeta — società percorse spesso da passioni e da interessi contrastanti, deside­rose di unità ma incerte sulle vie da prendere — le comunità di vita consacrata, nelle quali si incontrano come fratelli e sorelle persone di differenti età, lingue e culture, si pongono come segno di un dialogo sempre possibile e di una comunione ca­pace di armonizzare le diversità. Le comunità di vita consa­crata sono mandate ad annunziare, con la testimonianza della loro vita, il valore della fraternità cristiana e la forza trasfor­mante della Buona Novella, che fa riconoscere tutti come figli di Dio e spinge all'amore oblativo verso tutti, specialmente verso gli ultimi... Soprattutto gli Istituti internazionali, in que­st'epoca caratterizzata dalla mondializzazione dei problemi e insieme dal ritorno degli idoli del nazionalismo, hanno il com­pito di tener vivo e di testimoniare il senso della comunione tra i popoli, le razze, le culture. In un clima di fraternità, l'apertura alla dimensione mondiale dei problemi non soffocherà le ric­chezze particolari, né l'affermazione di una particolarità creerà contrasto con le altre né con l'unità. Gli Istituti internazionali possono fare questo con efficacia, dovendo essi stessi affrontare creativamente la sfida dell'inculturazione e conservare nello stesso tempo la loro identità».

159 La ricerca della qualità

L'inserimento nella realtà culturale esige un impegno serio per qua­lificare le persone e le opere. La significatività del nostro intervento dipende principalmente dalla capacità di coniugare la professiona­lità con lo spirito carismatico.

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Parlando del ruolo della comunità salesiana come nucleo animatore, Don Vecchi indicò i traguardi da raggiungere. Dobbiamo sforzarci di diventare:

—persone che vivono con fiducia e con gioia la propria vita, in at­teggiamento di comprensione e dialogo con i giovani e il loro mondo, con attenzione alla cultura, con capacità di inserimento nel territorio;

—educatori competenti, che sanno congiungere l'educazione e l'e­vangelizzazione e preparare agenti per la trasformazione cristiana della società;

—animatori disposti a condividere i cammini formativi con i colla­boratori laici nella vita di ogni giorno e nei momenti comunitari di particolare importanza, come l'elaborazione del PEPS, la veri­fica della CEP, e il discernimento davanti a situazioni concrete;

—dirigenti che hanno interiorizzato il valore della partecipazione e della corresponsabilità e sanno animare creando e rinnovando le modalità opportune;

—salesiani che, lavorando in équipe con altri, manifestano una sen­sibilità particolare per l'educazione dei più poveri e diventano promotori di una cultura di solidarietà e di pace (cf. Esperti, testi­moni e artefici di comunione. La comunità salesiana — nucleo animatore, in ACG 363, pag. 38-39).

Per conseguire tale qualità, sia delle comunità che dei confratelli, la Congregazione, nell'ultimo sessennio, ha fatto uno sforzo notevole per ripensare e aggiornare la sua prassi formativa, adeguando il compito formativo alle sfide ed alle esigenze di oggi. La Ratio, pro­mulgata nel dicembre 2000, è un compendio delle norme e degli orientamenti della Congregazione in materia di formazione. Guarda tutta la formazione dalla prospettiva della formazione permanente, attribuisce un'efficacia formativa alla vita e al lavoro di ogni giorno.

Per questo, richiede che nella comunità ci sia:

—un clima che favorisca la crescita dei confratelli come persone e come comunità (spirito di famiglia che crea una mentalità di co­mune ricerca e discernimento, valorizzando l'esperienza di tutti; clima di fede e di preghiera che rafforza le motivazioni interiori e dispone a viverle con radicalità evangelica e donazione aposto­lica...);

—la valorizzazione dei diversi tempi e mezzi per favorire la forma­zione permanente;

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— la programmazione annuale della formazione permanente;

— la comunicazione con la comunità ispettoriale e cou la Congrega­zione e l'accoglienza degli stimoli e degli orientamenti che giun­gono da esse... (cf. FSDB n. 543).

3. Alcune prospettive

160 Il compito affidatoci da Cristo — di essere "sale della terra e luce del mondo" — ci porta al confronto con la realtà, nella quale vogliamo ripensare costantemente la nostra originalità carismatica, verifi­cando se il sale ha ancora sapore e se abbiamo collocato al posto giusto la lucerna.

L'Anno Giubilare ci ha invitati ad alzare la misura della nostra vita, e con la parola d'ordine "Duc in altum" il Santo Padre ci stimola a remare al mare aperto e verso il profondo, come ha riecheggiato Don Vecchi nella sua Strenna per quest'anno. "Duc in altum", per questo primo Capitolo Generale del nuovo millennio, vuol dire ri­lanciare la Congregazione in uno dei suoi aspetti fondamentali, che testimoniano il suo vigore religioso e carismatico. La comunità, in­fatti, è la chiave per il rinnovamento e la crescita della Congrega­zione nella sua missione giovanile, nella sua pastorale vocazionale, e nel suo impatto carismatico ed evangelico sul mondo.

In questo incontro fraterno, che è il Capitolo Generale, vogliamo in primo luogo vivere la comunione, come segno dell'unità della Con­gregazione; vogliamo compiere una riflessione insieme sulla comu­nità per riscoprire e riesprimere il nucleo dell'ispirazione evangelica del carisma di Don Bosco, sensibili ai bisogni dei tempi e dei luoghi (cf. Cost. 146). Si tratta di ravvivare e dare fondamento alla nostra testimonianza evangelica e carismatica come comunità per diven­tare profeti per il nuovo millennio. Vogliamo individuare e condivi­dere le linee di cammino di tutta la Congregazione nel prossimo sessennio.

161 A questo proposito vorrei già subito segnalare alcune piste o pro­spettive per le nostre comunità, mirando ad una testimonianza signi­ficativa di futuro, capace di rifondare o ridisegnare la nostra pre­senza nel mondo d'oggi.

Anzitutto come testimoni di povertà, le nostre comunità si inseri­ranno nella società, partecipando alle molteplici forme di povertà,

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materiale e spirituale, e impegnandosi per la giustizia e il rispetto della persona. È infatti la vocazione dei suoi membri consacrati che le colloca in questa sensibilità che è tipica per la Chiesa.

«L'opzione per i poveri — ci ha ricordato il Papa — è insita nella dinamica stessa dell'amore vissuto secondo Cristo. Ad essa sono dunque tenuti tutti i discepoli di Cristo... Ciò comporta per ogni Istituto, secondo lo specifico carisma, l'adozione di uno stile di vita, sia personale che comunitario, umile ed au­stero» (VC 82).

Le comunità saranno sollecitate a ripensare il loro modo di vivere e di lavorare, favorendo la loro presenza tra i giovani meno fortunati e fomentando nei loro membri e nei destinatari una cultura di soli­darietà che sia espressione del vangelo della carità.

162 In secondo luogo, come testimoni di fede, le comunità dovranno ri­spondere alla sete di spiritualità che i giovani manifestano. Cito le parole di Don Vecchi:

«I giovani... hanno bisogno di testimoni, di persone e ambienti che mostrino, per via di esempio, le possibilità di impostare la vita secondo il Vangelo nella nostra società. Questa testimo­nianza evangelica, che è allo stesso tempo comunione tra fra­telli, sequela radicale di Cristo e presenza attiva, stimolante e portatrice di vita tra i giovani, costituisce il primo servizio edu‑

cativo da offe ire loro, la prima parola di annuncio del Vangelo.
Dal punto di vista vocazionale è evidente che essi si sentono at­tirati ad entrare in ambiti comunitari significativi, piuttosto che ad assumere soltanto un lavoro» ("Verso il Capitolo Generale 25°",
in ACG 372, pag.15-16).

Nell'Esortazione Vita consecrata il Papa invita i consacrati a

«suscitare in ogni fedele un vero anelito alla santità, un desi­derio forte di conversione e di rinnovamento personale in un clima di sempre più intensa preghiera» (VC 39).

E la loro testimonianza comunitaria di vita fraterna e di carità verso i bisognosi costituirà un forte invito e incoraggiamento agli altri a condividere il carisma salesiano. Realizzeranno così quanto dicono le nostre Costituzioni: «La scoperta e l'orientamento delle voca­zioni costituisce il 'coronamento' di tutta la nostra azione educa­tivo-pastorale» (Cost. 37).

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163 Terzo: come testimoni di comunione, le nostre comunità dovranno cercare di espandere, rafforzare e ricreare la comunione per diven‑

tare, come dice il Papa, veri «esperti di comunione» (VC 46).

Diventeranno così significative nel territorio attraverso il loro coin­volgimento, in linea con il proprio carisma, sia nella pastorale della Chiesa particolare, sia nel lavoro a favore dei giovani poveri, e in collegamento con altri enti ed agenzie. Cercheranno di promuovere i valori evangelici, con le parole e più ancora con il proprio esempio, e di essere presenti là dove si fissano i criteri educativi e si stabiliscono le linee politiche riguardo alla gioventù.

Non solo: la vocazione di educatori e consacrati e il ministero sa­cerdotale porterà le comunità a promuovere azioni sistematiche per l'orientamento e la formazione dei collaboratori e delle comunità educative. Per renderli capaci di vivere la propria vita con maturità e gioia, di capire e vivere la spiritualità salesiana e di compiere la missione educativo-pastorale con competenza e professionalità, le comunità mireranno alla loro crescita culturale e professionale, ma anche e soprattutto allo sviluppo della loro vocazione umana, cristiana e salesiana.

Tesseranno rapporti di collaborazione e corresponsabilità nella co­mune missione, e si impegneranno attivamente nella Chiesa e nella società, particolarmente negli ambiti dell'educazione, l'evangeliz­zazione della cultura e la comunicazione sociale.

Quarto: Come testimoni di una profonda vita spirituale, le comunità dovranno impegnarsi soprattutto a rivivere la propria spiritualità sa­lesiana, riconoscendo che la comunità deve la sua esistenza e la sua missione allo Spirito, e quindi non potrà mai re-inventare se stessa o compiere il suo ruolo con frutto senza un'intensa esperienza spiri­tuale. Cercheranno così di «ripartire da Cristo» (NMI 29), nella con­sapevolezza che «la comunità religiosa è prima di tutto un mistero che va contemplato e accolto con cuore riconoscente in una limpida dimensione di fede» (La vita fraterna in comunità, n. 12).

Alla svolta del nuovo Millennio ci viene richiamata con insistenza l'importanza di essere cristiani autentici e testimoni competenti e credibili. Oggi — si dice — senza passione e mistica nessuno potrà essere cristiano, tanto meno religioso e salesiano. Il Capitolo Gene­rale sappia riaccendere questo fuoco in ogni comunità salesiana.

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Conclusione

164 Affidiamoci all'aiuto di Maria, «modello di preghiera e di carità pastorale, maestra di sapienza e guida della nostra Famiglia» (Cost. 92), e alla guida dello Spirito Santo, con la docilità di Don Bosco, per essere illuminati su ogni passo che faremo e decisione che prenderemo in questo Capitolo. Sappiamo pure che ogni rinno­vamento fatto in conformità all'ispirazione dello Spirito e in sin­tonia con il carisma di Don Bosco sarà accompagnato dalla loro forza creativa. È così che possiamo intraprendere il nostro lavoro con la piena fiducia di fare la volontà del Signore.

È questo l'augurio che ci facciamo, certi della presenza del Signore in mezzo a noi.

Roma, 25 febbraio 2002.

I 34

 

ALLEGATO 4

Indirizzo di omaggio al Santo Padre

del Rettor Maggiore in occasione dell'Udienza pontificia

165 Beatissimo Padre,

siamo colmi di gioia e di gratitudine per questo incontro paterno che Ella ha voluto concederci nella sua Casa, presso la sede di Pietro. Sentiamo che questa è anche la nostra Casa, per quel senso vivo di Chiesa e di amore al Vicario di Cristo, che Don Bosco ci ha trasmesso, per il servizio della Chiesa.

Siamo 231 partecipanti al Capitolo Generale 25° della Società Sale­siana, membri di diritto e invitati, provenienti dalle 94 Ispettorie sa­lesiane sparse nei cinque continenti, dove i Salesiani realizzano oggi il carisma e la missione di Don Bosco, impegnati nei contesti più diversi, particolarmente nell'educazione della gioventù e nella nuova evangelizzazione, spesso in situazioni di frontiera.

A nome dei capitolari e dell'intera Famiglia Salesiana, desidero an­zitutto esprimere i sentimenti più vivi di gratitudine per questo spe­ciale incontro e per le tante attestazioni di affetto, di fiducia e di stima espresse alla nostra Famiglia. La vicinanza fraterna e la pa­rola incoraggiante di Vostra Santità, nei momenti più importanti ­lieti e dolorosi — della nostra Congregazione, fino al recente lutto che ci ha colpiti, con la morte di don Juan Vecchi, hanno illuminato il nostro cammino e ci hanno introdotti, con rinnovata fedeltà allo Spirito, nel nuovo Millennio.

166 Stiamo ora concludendo, Beatissimo Padre, i lavori del Capitolo Generale 25°, cui ci siamo dedicati, in comunione di famiglia e con senso di responsabilità, durante queste settimane. Ci è stato di sti­molo e orientamento, nello svolgimento del tema capitolare, cen­trato su La comunità salesiana oggi, il Messaggio trasmessoci all'i­nizio del Capitolo dalla Santità Vostra. «È importante — ci diceva ­focalizzare bene l'identità peculiare delle vostre comunità: che siano comunità, come Don Bosco voleva, raccolte attorno all'Euca­ristia ed animate da profondo amore a Maria Santissima, pronte ad operare insieme, condividendo un unico progetto educativo e pasto‑

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rale. Comunità capaci di animare e coinvolgere gli altri anzitutto con l'esempio».

Su questo abbiamo riflettuto nel nostro Capitolo, prendendo orien­tamenti per il futuro. Consapevoli dei nuovi contesti in cui oggi è inserita la vita consacrata, in un mondo globalizzato e pluralista, se­gnato da situazioni drammatiche di povertà e oppressione, alla ri­cerca di motivi e modelli nuovi di vita, vorremmo essere capaci di offrire ai giovani un modello nuovo di umanità, attraverso comunità che siano "un cuor solo e un'anima sola", significative e visibili, che con la propria vita e parola rendano testimonianza al Signore risorto. Come Lei stesso, Santità, indicava nella Novo Millennio Ineunte, vogliamo che le nostre comunità siano "casa e scuola di comunione".

167 E proprio con riferimento alla stessa Lettera Apostolica, con la quale Vostra Santità ha lanciato la Chiesa nel Terzo Millennio, devo dire che i nostri lavori capitolari sono stati guidati dall'invito che Lei stesso ci ha ripetuto nel nome del Signore Gesù: Duc in altum! L'in­vito era stato già raccolto dal nostro amatissimo e compianto Rettor Maggiore, don Juan Edmundo Vecchi, che ce lo lasciò quasi come un testamento, nell'ultima sua "Strenna": «Duc in altum: al mare aperto e nelle acque profonde», stimolandoci a rinnovare la nostra missione educativa ed evangelizzatrice nel "mare aperto" del mondo di oggi, rispondendo alle sfide della gioventù odierna, e insieme a fondare la nostra azione nella profondità della vita spirituale.

Voi stesso, Santità, nel vostro Messaggio all'inizio del Capitolo, ci dicevate: «Educatori attenti e accompagnatori spirituali competenti quali voi siete, saprete andare incontro ai giovani che anelano a "ve­dere Gesù". Saprete condurli con dolce fermezza verso traguardi impegnativi di fedeltà cristiana. Duc in altum!».

Nei giovani d'oggi vogliamo riconoscere — come Vostra Santità ci ha indicato — la via della Chiesa. Con essi, «chiamati ad essere sen­tinelle del mattino», vogliamo scoprire, sempre di nuovo, la Luce vera, quella che illumina ogni uomo. E, in loro compagnia, inten­diamo diffonderla, con coraggio evangelico.

168 Nel Capitolo abbiamo tenuto davanti questo orizzonte: la vita fra­terna e la testimonianza evangelica vissute nella comunità porte­ranno ad una più viva presenza animatrice tra i giovani, aiutandoli a

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crescere verso quella "santità" che — come dicono le nostre Costitu­zioni — è il dono più bello che possiamo fare ai giovani.

Per questo desidero ringraziarLa, Beatissimo Padre, per il dono dei tre nuovi Beati che Ella farà alla nostra Famiglia: il sacerdote Luigi Variara, il coadiutore Artemide Zatti e Suor Marfa Romero Me­neses: tre splendidi modelli della santità, che vogliamo vivere nelle nostre comunità e offrire ai giovani di oggi.

Perché possiamo raggiungere questi impegnativi traguardi, chie­diamo la Benedizione Apostolica di Vostra Santità, che ottenga i doni dello Spirito sui capitolari presenti, sui membri del nuovo Consiglio Generale, sull'intera Famiglia Salesiana.

Da parte nostra, insieme con la preghiera assidua secondo le Vostre intenzioni, assicuriamo l'impegno per essere nella Chiesa, come Lei auspicava, «educatori attenti e accompagnatori spirituali compe­tenti» dei giovani.

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ALLEGATO 5

Discorso di S. S. GIOVANNI PAOLO Il nell'Udienza ai Capitolari del 12 aprile 2002

Carissimi Fratelli!

169 1. Sono lieto di accogliervi in occasione del venticinquesimo Capi­tolo generale della vostra Congregazione. Attraverso di voi vorrei far pervenire il mio cordiale pensiero a tutti i Salesiani impegnati in varie parti del mondo.

Con affetto saluto il nuovo Rettor Maggiore, don Pascual Chàvez Villanueva, e il Consiglio generale che lo affiancherà nei prossimi anni. Ad essi auguro di guidare la vostra Famiglia religiosa con en­tusiasmo e con docilità all'azione dello Spirito Santo, mantenendo vivo il carisma sempre attuale del vostro santo Fondatore.

Non posso poi non far memoria del precedente Rettor Maggiore, don Juan Vecchi, di recente scomparso, al termine d'una malattia accettata con rassegnazione e abbandono alla volontà del Signore. La sua testimonianza sia di stimolo per ogni Salesiano a fare della propria vita una totale offerta d'amore a Dio e ai fratelli.

170 2. In questo tempo pasquale, la Chiesa, dopo i giorni della pas­sione e della crocifissione del Figlio di Dio, invita i credenti a con­templare il volto sfolgorante del divino Maestro risorto. In effetti, come ricordavo nella Lettera Apostolica Novo millennio ineunte, «la nostra testimonianza sarebbe insopportabilmente povera, se noi per primi non fossimo contemplatori del suo volto» (n. 16). In Cristo soltanto possiamo trovare risposta alle attese più intime del nostro cuore. Ciò presuppone che ogni energia sia orientata verso Gesù da «conoscere, amare, imitare, per vivere in Lui la vita trinitaria e tra­sformare con Lui la storia» (ibid., 29).

Cari Salesiani, se a questo impegno sarete fedeli costantemente, se vi sforzerete di imprimere al vostro lavoro una costante carica di amore evangelico, potrete compiere sino in fondo la vostra missione con gioia ed efficacia. Siate santi! È la santità — voi ben lo sapete ­il vostro compito essenziale, come lo è, del resto, per tutti i cristiani.

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La Famiglia Salesiana si appresta a vivere la gioia dell'imminente beatificazione di tre suoi figli: il sacerdote Luigi Variara, il coadiu­tore Artemide Zatti e la religiosa Marfa Romero Meneses. La santità costituisce la migliore garanzia di un'efficace evangelizzazione, perché in essa sta la testimonianza più importante da offrire ai gio­vani destinatari delle vostre varie attività.

171 3. La Vergine Santissima, che voi venerate con il titolo di Maria Ausiliatrice, guidi i vostri passi e vi protegga dappertutto. San Gio­vanni Bosco, insieme con i numerosi Santi e Beati che costituiscono la schiera celeste dei vostri protettori, vi accompagni nel compito non facile di dare esecuzione alle linee programmatiche emerse dai lavori capitolari per il bene dell'intero Istituto.

Con questo auspicio vi benedico, carissimi Fratelli, assicurando la mia preghiera per ciascuno di voi e per quanti incontrate nel vostro quotidiano ministero apostolico e missionario.

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ALLEGATO 6

"Buonanotte" di Don Pascual Chàvez la sera dell'elezione a Rettor Maggiore

Spero che per la mia nomina non abbia influito il fatto che ci tro­viamo nel tempo pasquale; dato che il mio è un nome che ricorre moltissimo in questo tempo liturgico (si parla infatti del cero pas­quale, di tempo pasquale...), potrebbe essere stato visto come un messaggio subliminale.

1. Ringraziamento

172 Ecco, incomincio esprimendo il mio più sentito grazie, prima di tutto a Dio nostro Signore che ha voluto dare alla Congregazione e alla Famiglia Salesiana un nuovo pastore sulla scia di Don Bosco.

Grazie a don Luc Van Looy, che per quasi due anni, fin dall'inizio della malattia di don Vecchi, ha guidato la Congregazione con vera dedizione e amorevolezza. Grazie al padre Anthony McSweeney, che ha accompagnato il processo di discernimento con saggezza e grande amore per i Salesiani. Devo dire che il fatto di non aver reso pubblico all'assemblea capitolare il numero delle preferenze nel ri­sultato del primo sondaggio, mi ha consentito di dormire bene, al punto di essere adesso molto più sereno di quanto lo fossi ieri.

Grazie a tutti voi, che siete stati gli strumenti di Dio per farmi cono­scere la sua volontà. Mi ero messo completamente nelle sue mani, come dice il Salmo 130, «come un bimbo nelle braccia della sua mamma», per essere pronto a rispondere a qualunque cosa mi avesse chiesto. Non so se siete coscienti di quello che avete fatto, comunque eccomi.

2. Una sorpresa

173 Questa nomina è senz'altro una sorpresa per me, e l'accolgo come espressione della volontà di Dio, così come ho detto quando mi è stato chiesto se accettavo. Esprime il volere amorevole di Dio, che mi vuole sempre di più al servizio dei confratelli e dei giovani,

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avendolo come unico Signore della mia vita. Sento tuttavia la mia poca adeguatezza a svolgere il grande compito e assumere l'onore di essere il successore di Don Bosco.

3. Il profilo

174 Leggendo più volte l'elenco delle qualità richieste per l'incarico di Rettor Maggiore e presentate all'assemblea per il discernimento, posso confidarvi che non mi ci ritrovavo, che non mi sentivo adatto. Per questo ero sicuro che sarebbe stato eletto un altro. Lo dico con molta sincerità. Adesso capisco che in questo profilo invece voi avete voluto tracciare non soltanto le vostre attese riguardo al Rettor Maggiore, ma anche il suo programma personale di vita. Molte grazie. Anche questo è un dono di Dio.

4. Il programma sessennale

175 La descrizione dei problemi da voi presentati nelle domande rivolte al Vicario del Rettor Maggiore dopo la presentazione della relazione sullo stato della Congregazione nel sessennio 1996-2002, completa il panorama della situazione, già descritta da don Luc Van Looy nella stessa relazione. Insieme alle priorità indicate e alle conclu­sioni del CG25, essa entrerà a far parte della programmazione del Rettor Maggiore e del suo Consiglio per il prossimo sessennio.

5. Un percorso veloce

176 Forse vi domanderete come io sia arrivato a questo incarico. È stato, a mio avviso, un percorso decisamente corto e veloce. Nel 1995, alla fine del mio mandato come Ispettore di Guadalajara-Messico, fui chiamato da don Egidio Viganò che mi inviava a completare il percorso formativo con il dottorato in Teologia Biblica. Ricordo molto bene le sue parole: «La Congregazione ha bisogno di questo dottorato». Quando gli ho chiesto quale sarebbe stato il mio futuro, mi ha risposto: «Non lo so ancora. Forse potresti fare il professore all'UPS, oppure collaborare nel dicastero della formazione, o forse potresti... potresti anche fare l'ispettore!». Avevo a disposizione un anno e mezzo di tempo per finire.

Probabilmente ricorderete come sia stato chiamato al Consiglio ge­nerale nel sessennio scorso. Sei anni fa mi trovavo a predicare un

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corso di esercizi spirituali ad un gruppo di confratelli dell'Ispettoria di Madrid, quando ricevetti una chiamata telefonica da don Vecchi, il quale mi informava che l'assemblea capitolare mi aveva eletto Consigliere per la regione Interamerica e mi chiedeva quindi una ri­sposta. Era il 2 aprile del 1996. Questo vuol dire che soltanto 6 anni dopo, più un giorno, arriva questa nuova nomina.

Chiedendomi di fare l'Ispettore, don Viganò mi invitava a lasciarmi guidare dallo Spirito, mettendo da parte i progetti personali e assu‑

mendo quelli che Dio mi presentava come programma di vita.

Dal suo canto, don Vecchi, nella sua introduzione ai lavori del nuovo Consiglio Generale, ci invitava a vivere l'incarico come una grazia, un'opportunità per progredire nel cammino della santità, il­luminando la propria e l'altrui realtà con la luce di Don Bosco, del suo carisma, della sua missione, così come è stato codificato nella Regola. Anche se sento di essere cresciuto salesianamente in questi anni, vi confesso che c'è ancora tanta strada da fare, ma conto sul Signore e sulla sua grazia, così come su ognuno di voi e su tutti i confratelli delle vostre Ispettorie.

6. In continuità con gli ultimi Rettori Maggiori

177 Mi sento chiamato a continuare lo splendido lavoro di 'animazione e di governo svolti da don Viganò e don Vecchi. Lo sforzo del primo di rinnovare l'identità salesiana secondo le indicazioni del Concilio Vaticano II e di mettere la Congregazione in sintonia con i bisogni dei giovani di oggi, sono stati un contributo al quale non si può non rispondere adeguatamente, facendo nostra quell'identità. E il contri­buto di don Vecchi di creare un modello pastorale consono alla si­tuazione della società attuale, con le nuove concezioni di educa­zione, di evangelizzazione e di pastorale giovanile, è servito soprat­tutto a rendere significativa la nostra opera a favore dei giovani.

La salda formazione teologica di don Viganò e la sua vicinanza al carisma di Don Bosco sfociarono in una originale interpretazione aggiornata del nostro Padre fondatore. La competenza pedagogica e la visione antropologica di don Vecchi hanno arricchito la Congre­gazione, dandole sicurezza sul cosa fare oggi per essere veramente significativi, sia come singole persone sia come comunità.

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7. Il mio desiderio

178 Vorrei avere la preparazione teologica di don Viganò, la sensibilità pedagogica e culturale di don Vecchi, ma soprattutto l'amorevole paternità di don Rinaldi e la fedeltà di don Rua, del quale Paolo VI affermò che la sua beatificazione era dovuta al fatto che egli aveva fatto di Don Bosco una scuola, della sua santità un modello, della sua regola uno spirito. Consapevole dei miei limiti e delle mie de­bolezze, vi invito, e attraverso voi tutti i confratelli della Congrega­zione, anziani e giovani, preti e coadiutori, ammalati e in pienezza di salute, a riprodurre insieme l'immagine di Don Bosco.

8. Una nuova fase

179 Sono il primo Rettor Maggiore che non è italiano di origine (Don Vecchi era argentino, ma di genitori italiani). Questo è il segno più evidente della multiculturalità della Congregazione ormai sparsa in tutto il mondo.

Colgo l'occasione per ringraziare tutta l'Italia salesiana, che ha sa­puto finora svolgere la sua responsabilità storica di trasmettere fe­delmente il carisma di Don Bosco. Grazie, carissimi confratelli ita­liani qui presenti, o inseriti nelle varie comunità della Penisola, o come missionari nel mondo.

Adesso questa responsabilità storica passa a tutti, perché tutti siamo chiamati a incarnare Don Bosco. Abbiamo la necessità di approfon­dire la conoscenza di Don Bosco, proprio perché abbiamo bisogno di identità carismatica, per non perderci in questo oceano verso cui siamo stati chiamati ad addentrarci, così come indica la Strenna del mio predecessore. Abbiamo bisogno di conoscere Don Bosco, fino a farlo diventare la nostra mens, il nostro punto di vista, il nostro agire di fronte ai bisogni dei giovani. Vi invito ad amarlo. È il re­galo più bello che Dio ci ha fatto: Don Bosco, strada sicura per la realizzazione umana e soprattutto per la sequela di Cristo. Ecco la mia esortazione: conoscerlo, amarlo, imitarlo perché siamo tutti quanti eredi e trasmettitori del suo spirito, e quindi diffonderlo.

9. Il mio atteggiamento oggi

180 Con quale atteggiamento assumo oggi questa responsabilità? Con l'atteggiamento di Mosè e di Don Bosco. In effetti quando fui ordi‑

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nato sacerdote, l'8 dicembre 1973, presi come motto un'espressione che mi aveva molto colpito mentre studiavo la Lettera agli Ebrei: «Come se vedesse l'invisibile, perseverò saldo nella fede». È il testo con cui l'autore della lettera riassume l'esperienza spirituale di Mosè, l'uomo pasquale. Per fare il lungo e pericoloso percorso in­sieme al popolo di Dio che guidò da leader fuori dall'Egitto, egli aveva bisogno di molta audacia, di "parresia"; ma questa si era mo­strata insufficiente, soprattutto quando seppe di essere ricercato per avere ucciso l'egiziano e si era rifugiato nel deserto; lì maturò la scelta di rinunciare ai suoi progetti. Perciò, quando fu chiamato nuovamente dal Signore, Mosè dovette rinunciare a se stesso e ai suoi progetti e affidarsi a Dio, credere in Lui, camminare come se vedesse l'invisibile.

Vi assicuro di aver provato una grande emozione quando, anni dopo, lessi nel testo rinnovato delle Costituzioni questa stessa espressione riferita a Don Bosco nell'articolo 21, in cui il santo viene presentato come padre e maestro. Don Bosco fu un uomo che visse per realizzare un unico sogno: salvare i giovani, specialmente i più bisognosi e pericolanti; fu un prete educatore "consacrato" to­talmente alla missione che Dio gli aveva affidato, e in questo ser­vizio mise in gioco tutte le sue qualità di natura e di grazia.

Questo essere un uomo unificato, la perfetta incarnazione dell'inte­riorità apostolica, è alla radice della sua meravigliosa intrepidezza, della sua fantastica creatività, della sua instancabile capacità di la­voro, della sua ricca sensibilità, del suo amore generoso.

10. Affidamento alla Madonna

181 Finisco invitandovi ad affidare a Maria la mia persona e tutta la Congregazione. Lei è stata il prezioso testamento lasciato da Gesù, perché fosse Madre nostra e ci insegnasse ad essere credenti e di­scepoli del suo Figlio. Lei è stata, fin dal sogno dei 9 anni, la Madre e la maestra di Don Bosco. Lei è oggi la "Stella Maris", che ci gui­derà e ci accompagnerà nell'avventura del "prendere il largo" a cui ci ha spinto don Vecchi, per mettere la Congregazione e la Famiglia Salesiana in sintonia con il programma pastorale della Chiesa all'i­nizio di questo terzo millennio.

Grazie. Buonanotte!

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ALLEGATO 7

Discorso dei Rettor Maggiore Don Pascual Chàvez Villanueva alla chiusura del CG25

182 Cari Confratelli Capitolari,

siamo giunti al termine dell'esperienza del CG25, che abbiamo vissuto come dono dello Spirito per noi e per la nostra Congrega­zione. Lo Spirito di Cristo ha riversato su di noi la ricchezza e la va­rietà di suoi doni, che ci hanno colmato di gioia e ci hanno indicato le vie del cammino futuro. Il nostro primo pensiero, umile e grato, è perciò rivolto a Dio, che mediante il suo Spirito ha animato la nostra assemblea a vivere l'unità nella comunione ed a ricercare la risposta ai suoi appelli.

Sono numerose poi le persone che desidero ringraziare in questo momento conclusivo. Ringrazio innanzitutto il Vicario del Rettor Maggiore don Luc Van Looy, il Regolatore del Capitolo don An­tonio Domenech, don Antonio Martinelli, la Commissione precapi­tolare, i Moderatori e i Segretari dell'Assemblea, Mons. Alois Koth­gasser, il Padre Anthony McSweeney, che con diversa intensità di impegno e di responsabilità hanno guidato la vita e il lavoro del­l'Assemblea stessa.

Ringrazio inoltre l'Assemblea capitolare, che è stata sempre pronta, operativa e disponibile nelle varie tappe e scadenze che si sono suc­cedute, aiutata dalle sue Commissioni e articolazioni interne. Rin­grazio anche i segretari del Capitolo, i traduttori, l'ANS e la sua équipe, i confratelli della Casa generalizia, il personale ausiliario, che con un lavoro discreto e fattivo hanno reso possibile lo svolgi­mento di questa importante assise.

Ringrazio infine i membri del Consiglio generale uscente, che hanno svolto il loro incarico con vera dedizione e competenza; sa­luto particolarmente i Consiglieri che hanno concluso il loro man­dato; formulo poi il mio augurio al Vicario e ai Consiglieri generali, che hanno accolto l'indicazione dell'assemblea capitolare ad essere miei collaboratori per questo sessennio.

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Ci ha accompagnato in questi giorni la preoccupazione per la Terra di Gesù. Il dramma della guerra è sempre stato davanti ai nostri occhi; abbiamo seguito le notizie, che si sono susseguite rapidamente; ci siamo uniti nella preghiera al grido preoccupato di Giovanni Paolo II. Le stragi, le rappresaglie, le occupazioni, le distruzioni hanno creato ormai una grave frattura tra le popolazioni. Noi abbiamo trepidato anche per la sorte dei nostri confratelli e consorelle di Betlemme e di Cremisan e tuttora siamo attenti agli sviluppi della situazione, che seguiamo con la preghiera, la vicinanza e la solidarietà.

Siamo stati anche colpiti dallo scandalo rimbalzato sui media ri­guardo a preti e religiosi della Chiesa degli Stati Uniti, accusati i abusi contro minorenni. Tutto questo richiede a noi educatori una particolare attenzione. Come pure abbiamo continuato a seguire le situazioni di conflitti sociali o di guerre, che affliggono i paesi in cui operiamo.

Sull'esempio della comunità apostolica, inviata da Gesù prima a portare l'annuncio del Regno e poi a fare discepole tutte le nazioni, "nella gioia dello Spirito" ora la nostra assemblea è pronta ad an­dare in tutto il mondo, perché ognuno possa tornare a percorrere le strade della storia, a vivere con i giovani, ad animare le comunità, a camminare con la Chiesa.

1. La Comunità salesiana oggi

183 Il CG25 ha sviluppato il tema principale della "Comunità salesiana oggi" e quello secondario della "Verifica del funzionamento delle strutture del governo centrale". La maggior parte del tempo è stata dedicata alla riflessione sul tema della comunità, che era già stata iniziata dai due Capitoli Generali precedenti; essi avevano fatto emergere la comunità locale come il luogo strategico dell'educa­zione alla fede dei giovani e del coinvolgimento dei laici.

Il Capitolo Generale 23 aveva affrontato la sfida dell'educazione dei giovani alla fede. Essa stava diventando un'azione sempre più complessa, conseguenza di una cultura emergente, che esigeva un ripensamento della metodologia e dei contenuti. Partendo dalle sfide della realtà giovanile nei suoi vari contesti, i capitolari traccia­rono un cammino di educazione alla fede per i giovani, offrendo loro una proposta di vita cristiana significativa e di spiritualità gio­vanile salesiana.

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Occorreva rinnovare la qualità della nostra proposta educativa pa­storale. Non si trattava di creare nuove presenze, ma di far sorgere una presenza nuova, un modo nuovo di essere presenti lì dove già ci troviamo. Una volta ancora la Congregazione si sentiva chiamata a rilanciare l'atteggiamento del «da mihi animas», convertendo le co­munità in «segno di fede, scuola di fede e centro di comunione».

Il Capitolo Generale 24 centrò la sua riflessione sulla sfida di creare una nuova sinergia fra SDB e laici, ossia sulla sfida di molti­plicare le persone che vogliano vivere il proprio battesimo nell'area dell'educazione, di far convergere salesiani e laici in un nuovo pa­radigma di relazioni, di mettere i salesiani davanti al loro compito prioritario di animazione pastorale e pedagogica.

Si radicava sempre di più la convinzione che la nuova evangeliz­zazione e la nuova educazione non potevano realizzarsi senza la collaborazione organica e qualificata dei laici. Quanto alle comunità salesiane, esse dovevano ormai attrezzarsi sempre di più per diven­tare animatrici delle comunità educative pastorali e della Famiglia Salesiana.

In questi due ultimi Capitoli Generali si è disegnato un nuovo mo­dello pastorale. In esso la comunità salesiana ha un compito d'ani­mazione, come punto di riferimento carismatico per tutti quelli che condividono lo spirito e la missione di Don Bosco. La qualità della sua vita consacrata, la profondità della sua esperienza spirituale, la significatività della sua testimonianza e l'incisività della sua pro­posta, sono fattori indispensabili per dare vita e forza evangelica all'animazione della CEP e della Famiglia Salesiana.

184 Con il Capitolo Generale 25 la comunità salesiana è posta al centro ed è vista in tutte le sue dinamiche e caratteristiche. Non è tanto la dimensione comunitaria ad essere presa in considerazione, ma la co­munità locale come soggetto, ossia la sua capacità di progettualità, di coinvolgimento di numerose forze, di profezia evangelica, di co­munione e in definitiva di evangelizzazione. Il CG25 approfondisce così il cammino finora percorso dalla Congregazione e dà nuovo ri­lievo alla realizzazione della "soggettività piena" della comunità. Il modello di comunità che emerge dal CG25 è quello che fa riferi­mento alla nostra consacrazione apostolica, come è espressa nell'ar­ticolo 3 delle Costituzioni. La comunità vive la grazia di unità, che realizza la sintesi vitale tra la vita fraterna, la sequela radicale di Cristo, l'esperienza spirituale, la dedizione alla missione giovanile.

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Il testo capitolare circa la comunità si presenta come un insieme di cinque moduli operativi o schede di lavoro. La comunità salesiana è il soggetto principale, cui è indirizzato questo testo. Assumendolo, essa è invitata ad accogliere la chiamata che Dio le rivolge attra­verso gli avvenimenti storici ed ecclesiali, le indicazioni della Pa­rola di Dio e della nostra Regola di vita, gli appelli dei giovani, le necessità dei laici e della Famiglia Salesiana. La comunità appro­fondisce poi la lettura della propria situazione, scoprendo le dispo­nibilità e le resistenze, le risorse e le mancanze, le possibilità e i li­miti. Essa impara inoltre a riconoscere le sfide fondamentali e ad af­frontarle con coraggio e speranza; sa anche interrogarsi con do­mande appropriate, cui dare risposta. Infine, la comunità si con­fronta con gli orientamenti operativi proposti e determina le condi­zioni per tradurli in pratica.

185 I contenuti fondamentali riguardano la vita fraterna, la testimo­nianza evangelica, la presenza animatrice tra i giovani. La vita fra­terna della comunità si propone di favorire i processi di crescita umana e vocazionale dei confratelli, di superare l'inerzia di rela­zioni formali o funzionali, di rafforzare il senso di appartenenza e il clima fraterno, di facilitare la comunicazione, di aiutare la costru­zione di una visione condivisa. Per questo possono essere utili il progetto personale di vita, la pratica del discernimento comunitario, la valorizzazione dei momenti di incontro comunitari, il progetto della comunità salesiana.

La testimonianza evangelica ci chiede di manifestare visibilmente il primato di Dio nella vita della comunità, di vivere la "grazia di unità" nell'esperienza spirituale e nelle espressioni comunitarie, di rendere radicale, profetica ed attraente la testimonianza comunitaria della sequela di Cristo, di condividere le nostre motivazioni ed im­pegni vocazionali. La centralità della Parola di Dio, favorita dalla pratica della "lectio divina", la qualità della preghiera comunitaria, l'Eucaristia quotidiana, la comunicazione e la condivisione della vita aiutano l'approfondimento dell'esperienza spirituale e la mani­festazione del primato di Dio. Il modo poi di vivere la sequela di Cristo, attraverso la centralità di un'obbedienza gioiosa nella mis­sione, la concretezza di una povertà austera e solidale, lo splendore di una castità vigilante e serena, rende più trasparente la testimo­nianza della comunità.

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Dove esiste una comunità salesiana, è presente un'esperienza di fede, si costruisce una rete di relazioni, si offrono molteplici forme di servizio ai giovani. La comunità rende visibile la presenza sale­siana tra i giovani, la anima e ne promuove la crescita. Occorre prima di tutto ritornare tra i giovani ed essere non soltanto una co­munità per i giovani, ma anche con i giovani. Per questo, la comu­nità salesiana costruisce una presenza di comunione e di partecipa­zione, coinvolge i laici e la Famiglia Salesiana, si inserisce nel terri­torio. Essa diventa presenza che educa ed evangelizza, creando am­bienti di forte carica spirituale, prendendo coscienza ed operando di fronte alle situazioni di povertà, realizzando progetti e processi di crescita per i giovani. Essa, infine, promuove la scelta vocazionale di ogni giovane, anima la comunità educativa pastorale perché sia luogo di crescita vocazionale, attua una metodologia dell'accompa­gnamento e della proposta vocazionale.

Per essere una comunità che viva la fraternità, che dia una forte te­stimonianza evangelica, che animi la presenza tra i giovani, essa stessa ha bisogno di essere animata, aggiornata, motivata, incorag­giata, orientata, guidata. L'animazione della comunità passa princi­palmente attraverso la formazione continua. La comunità può of­frire momenti di rinnovamento spirituale, occasioni di confronto, opportunità di aggiornamento educativo e pastorale; ma la valoriz­zazione e qualificazione del vissuto quotidiano sono la prima ri­sorsa di formazione nella comunità. Il direttore ha un ruolo fonda­mentale nell'animazione della comunità, ma coinvolgendo e re­sponsabilizzando tutti i confratelli; la sua attenzione si concentra sul carisma, sulla missione, sulla fraternità. Egli anima la comunità insieme ai confratelli.

Il CG25 propone infine alcune condizioni che rendono possibile l'essere comunità salesiana oggi; si tratta di aiutare la comunità ad operare secondo un progetto comunitario, di garantire la consi­stenza qualitativa e quantitativa della comunità, di approfondire il rapporto tra comunità e opera, di attualizzare il progetto organico ispettoriale. Alcune di queste condizioni riguardano il livello locale, ma per lo più richiedono anche la responsabilità e le scelte della comunità ispettoriale.

Ad ogni comunità il Capitolo consegna questi cinque percorsi, perché li studi, li approfondisca, li concretizzi, al fine di diventare una comunità carismatica significativa.

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2. La verifica del funzionamento delle strutture centrali di governo

186 Il secondo elemento tematico della riflessione capitolare ha riguar­dato la verifica del funzionamento delle strutture del governo cen­trale. Tale verifica, richiesta esplicitamente dal CG24, venne avviata dal Consiglio generale ed è approdata a questo CG25. Il Consiglio generale iniziò il lavoro di revisione attraverso l'apporto di una con­sulenza esterna e la riflessione di un gruppo di Ispettori, guidata dal Vicario del Rettor Maggiore. Furono poi interpellati i Capitoli Ispet­toriali con alcuni quesiti che riguardavano i Consiglieri di settore, i Consiglieri regionali e le Visite straordinarie. Il Capitolo Generale 25, infine, ha preso in considerazione questo lavoro ed ha svilup­pato la sua riflessione, con lo scopo di rendere agile ed efficace il funzionamento delle strutture del governo centrale.

La verifica compiuta ha condotto il CG25 ad apportare alcune mo­difiche costituzionali; esse riguardano la temporaneità dell'incarico del Rettor Maggiore e dei membri del Consiglio generale, l'attribu­zione dell'animazione della Famiglia salesiana al Vicario del Rettor Maggiore e la conseguente assegnazione ad un Consigliere generale del solo incarico del settore della Comunicazione sociale. In tal modo, si offrono una modalità di ricambio all'interno del Consiglio generale, che è prevista per tempo e può quindi essere preparata, una nuova possibilità di animazione della Famiglia Salesiana, una ulteriore valorizzazione della Comunicazione sociale al servizio dell'educazione e della evangelizzazione.

Sono stati costituiti due distinti gruppi di Ispettorie, denominati Asia Sud ed Asia Est—Oceania, originati dalla divisione dell'unico gruppo, chiamato Australia— Asia. Questa decisione consentirà una migliore animazione delle due nuove "Regioni" da parte dei rispet­tivi Consiglieri; essa richiede di trovare forme più idonee di coordi­namento all'interno delle "Regioni" stesse.

Si sente l'esigenza di studiare un modo diverso di realizzazione del Capitolo Generale, affinché esso sia più rispondente ai bisogni della progettazione e della concretezza. Si è consapevoli che i Capitoli generali di rilettura del carisma sono ormai terminati e che si è pas­sati ai Capitoli generali ordinari. Analoghe riflessioni potranno es­sere svolte sul funzionamento dei Capitoli ispettoriali.

Si sottolinea l'istanza che il Rettor Maggiore con il Consiglio gene­rale lavori in modo più organico e coordinato, a partire dalla pro‑

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grammazione del sessennio, ma anche nelle realizzazioni succes­sive. In particolare, si auspica che sia superato il settorialismo e so­prattutto che i cosiddetti settori della "missione salesiada", ossia pa­storale giovanile, comunicazione sociale e missioni, lavorino in modo più congiunto. Si avverte anche l'urgenza di operare per pro­getti e di curare un'animazione capace di attivare processi. Si nota pure l'importanza di valorizzare le risorse esistenti nelle Regioni, nelle Conferenze e nelle Ispettorie e di collegarle in rete. In questo anche la Casa Generalizia può dare il suo specifico apporto di mi­glioramento nelle modalità di lavoro con tutta la Congregazione.

Si apprezza l'apporto, dato alla crescita delle Ispettorie, dalla realiz­zazione del decentramento e della sussidiarietà; ma si riconosce anche l'esigenza di una solidarietà che superi l'ambito ispettoriale o regionale e la necessità di un più forte coordinamento interispetto­riale. In un tempo di mondializzazione occorre moderazione per con­temperare le istanze globali e le spinte locali; occorre riflettere su ciò che è conveniente che le Ispettorie facciano con le proprie forze e ciò che è più utile che facciano insieme. Ci sono infatti bisogni, ur­genze e priorità che superano l'ambito delle "Regioni". Le frontiere della missione richiedono di coniugare sussidiarietà e solidarietà.

La realizzazione del processo di discernimento per l' elezione del Rettor Maggiore e dei Consiglieri generali è stata un'occasione per vivere e sperimentare una prassi, un metodo e un'esperienza spiri­tuale, che hanno bisogno ancora di essere approfonditi, ma che stanno già dando risultati apprezzabili. Il discernimento, realizzato in comune nelle cose di rilievo (Cost. 66), è una via aperta da sperimen­tare nei momenti del governo e della vita pastorale ai diversi livelli. L'esercizio di tale pratica ci aiuterà a raggiungere visioni condivise.

L'esigenza della verifica delle strutture del governo centrale resta aperta all'effettiva realizzazione di un diverso funzionamento e ri­chiede un analogo impegno ai diversi livelli della Congregazione. Da un migliore modo di lavoro si giungerà ad un lavorare insieme, ad un lavorare bene, ad un lavorare efficace.

3. L'ora che stiamo vivendo

187 L'ora che stiamo vivendo è esaltante e drammatica; offre nuove op­portunità e limita alcune possibilità; apre spazi inediti e prospetta sfide ardue. Gli orientamenti operativi del CG25 si inquadrano in

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contesti di riferimento più ampi, che occorre tener presenti; il cam­mino delle comunità infatti si svolge all'interno delle situazioni della società e della cultura, della Chiesa, della vita religiosa. L'ap­plicazione del CG25 ci richiede di conoscere i nostri contesti parti­colari, ma anche di saperci situare nei grandi cambiamenti in atto.

3.1 Il contesto sociale e culturale della secolarizzazione, globalizzazione e frammentazione

Nella società e nella cultura hanno luogo profonde e rapide trasfor­mazioni, che interpellano l'impegno di educazione ed evangelizza­zione, la testimonianza della vita religiosa, il modello di uomo e di donna che proponiamo.

Si constata un accentuato pluralismo etnico, culturale e religioso, favorito anche da emigrazioni di massa. Spesso diventano difficili la tolleranza e l'integrazione culturale; sorgono poi varie forme di sincretismo religioso; talvolta nascono tensioni, conflitti e guerre a sfondo etnico, nazionalistico e religioso. In ambito religioso è molto forte il processo di secolarizzazione, che riguarda prevalentemente la fede cristiana, ma che coinvolge anche altre religioni. Sono pure accentuati i movimenti che ricercano esperienze spirituali, benes­sere interiore, emozioni profonde.

La globalizzazione, inoltre, è una realtà che si afferma sempre più e che si manifesta specialmente nella pianificazione dell'economia a dimensioni mondiali, nella crescente coscienza di solidarietà, nella difesa dell'ambiente, nell'esigenza di una più giusta condivisione e distribuzione dei beni, nella comunicazione sociale e nello sviluppo dell'informatica. Essa però produce anche ingiustizie ed esclusioni sociali, a scapito delle popolazioni più deboli. Il benessere econo­mico, che assume aspetti sempre più arroganti nelle fasce privile­giate dell'umanità, produce in esse consumismo ed edonismo. Allo stesso tempo le sfide della fame, della povertà, delle malattie e del­l'esclusione, che affliggono miliardi di persone, diventano sempre più acute.

La complessità e la frammentazione infine creano instabilità e di­versità di punti di riferimento, di valori e di interessi. Insieme ad un sano pluralismo e alla ricerca di nuovi criteri, si moltiplicano le sfide e si diffondono il relativismo ed il pragmatismo. Mentre, da una parte, viene sottolineato con forza il valore della persona e dei suoi diritti, la dignità della donna è progressivamente riconosciuta

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nella pratica, si ha una visione più oggettiva del corpo, dell'affetti­vità e della sessualità, dall'altra parte nascono forme nuove di sfrut­tamento della persona e in particolare dei minori, e aumenta la fuga dall'impegno solidale. La postmodernità accentua la cura delle rela­zioni interpersonali, la coltivazione degli affetti, ma anche l'indivi­dualismo ed il soggettivismo.

Il CG25 sollecita le comunità ad accogliere le sfide che la cultura presenta all'educazione e all'evangelizzazione; a vivere la fraternità con attenzione alla maturazione vocazionale di ogni confratello ed alla cura delle relazioni interpersonali; a dare una testimonianza evangelica che sia propositiva ed alternativa rispetto al contesto in cui si trovano. Ogni comunità cerca così di approfondire sempre più la conoscenza del contesto in cui vive ed agisce e di offrire risposte efficaci.

3.2 Il contesto ecclesiale della "Novo Millennio Ineunte"

188 Alla fine dell'Anno Giubilare e all'inizio del nuovo millennio Gio­vanni Paolo II ha invitato la Chiesa a «prendere il largo»', a «fissare lo sguardo nel Signore Gesù»2, a «ripartire da Cristo»3, ad essere «testimoni dell'amore»4, costruendo comunione.

Il primo ambito in cui occorre individuare orientamenti pastorali adatti ad ogni comunità è il "ripartire da Cristo". «La prospettiva in cui deve porsi tutto il cammino pastorale è quello della santità»5: è giunta l'ora di riproporre a tutti questa misura alta della vita cri­stiana che è la santità e di avere una pedagogia della santità. «Per questa pedagogia della santità c'è bisogno di un cristianesimo che si distingua nell'arte della preghiera»6: le nostre comunità sono solle­citate a diventare autentiche scuole di preghiera; l'educazione alla preghiera deve diventare un punto qualificante di ogni programma­zione pastorale. «Non c'è dubbio che questo primato della santità e della preghiera non è concepibile che a partire da un rinnovato

I Cf. NMI 1

2 Cf. NMI 16-28

3 Cf. NMI 29-41

4 Cf. NMI 42-57

5 Cf. NMI 30

6 Cf. NMI 32

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ascolto della Parola di Dio»'. Santità, preghiera ed ascolto della pa­rola di Dio sono le vie fondamentali della pastorale postgiubilare.

Il secondo ambito in cui occorre esprimere un deciso impegno pro­grammatico è quello della comunione. «Fare della Chiesa la casa e la scuola della comunione; ecco la grande sfida che ci sta davanti nel millennio che inizia, se vogliamo essere fedeli al disegno di Dio e rispondere alle attese profonde del mondo»8. La profezia della co­munione presuppone di coltivare la spiritualità della comunione; essa si esprime nel curare la varietà delle vocazioni, promuovere l'impegno ecumenico, scommettere sulla carità, favorire il dialogo interreligioso e la missione "ad gentes", affrontare le sfide della cul­tura odierna.

Con il Capitolo Generale 25 la Congregazione intende rispondere all'appello di Giovanni Paolo II ad operare sulle frontiere della nuova evangelizzazione e a mettere a frutto i doni e le consegne del Giubileo: "Due in altum". Ogni comunità è chiamata a ripartire da Cristo e a costruire comunione. Questo porterà nuovi frutti di vita spirituale e di evangelizzazione.

3.3 Il contesto religioso della rifondazione carismatica

189 Durante questi anni postconciliari la vita consacrata ha vissuto un pressante invito a rinnovarsi, rendendosi eloquente e significativa; in particolare l'Esortazione Apostolica Vita Consecrata raccoglie le istanze di rifondazione che in questi trent'anni si sono verificate nella vita consacrata e costituisce il punto di riferimento per «una grande storia da costruire»9.

Nel delicato processo di rinnovamento voluto dalla Chiesa, la nostra Congregazione ha dedicato tre Capitoli Generali "straordinari", che hanno specificato l'identità salesiana. È utile richiamare il cammino percorso. Mentre il CG19, svolto durante il Concilio, «prese co­scienza e preparò», il CGS20 «mise in orbita», il CG21 «rivide, ret­tificò, confermò ed approfondì»; il CG22 fu chiamato a «riesami­nare, precisare, completare, perfezionare e concludere».m

NMI 39

8 NMI 43

9 VC 110

io ACS 305, pag. 9

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Il Capitolo Generale Speciale 20 realizzò la revisione e l'adeguato rinnovamento della Congregazione secondo lo spirito_del Fondatore e secondo gli obiettivi indicati dalla Costituzione Dogmatica Lumen Gentium e dal Decreto Perfectae Caritatis. Il Capitolo si propose non solo di dare compimento agli orientamenti e alle direttive del Concilio Vaticano II come una semplice formalità, ma prese l'op­portunità per rispondere meglio a Dio e ai giovani. Per questo, il CGS, preceduto da una preparazione molto accurata, mediante una interpellanza fatta a tutte le Ispettorie, volle riformulare un progetto globale. La domanda fondamentale era come rendere visibile ed at­tuale la testimonianza particolare della vita religiosa salesiana nella Chiesa. Si trattava anche di raggiungere un testo rinnovato delle Costituzioni e dei Regolamenti. In sintesi, occorreva rifondare l'i­dentità della Congregazione.

Il risultato di sette mesi di lavoro capitolare è costituito da 22 docu­menti di orientamenti dottrinali ed operativi. Si fece quindi una ri­formulazione più carismatica del "Testo Costituzionale". Si codificò nei "Regolamenti" il modo pratico universale di vivere le Costitu­zioni, lasciando alle Ispettorie il compito di regolare ciò che è pro­prio del luogo mediante i Direttori Ispettoriali.

Il Capitolo generale 21 si prefisse di verificare se e come fosse stato realizzato il rinnovamento. La profondità e la rapidità del cambio, frutto del Concilio Vaticano II, portarono nella Chiesa e nella Congregazione una situazione di disagio, che richiedeva chia­rezza nell'impostazione e saggezza nelle soluzioni. L'azione pro­fondamente rinnovatrice, realizzata nella Congregazione dal CGS, esigeva revisione, rettifica, approfondimento e riconferma.

Nel CG 21 si studiarono anche alcuni temi sostanziali per la Con­gregazione: il Sistema Preventivo, la Formazione alla Vita Sale­siana, il Salesiano Coadiutore e l'Università Pontificia Salesiana. Questo lavoro di chiarificazione dell'identità, rafforzato dall'Esorta­zione Apostolica Evangelii Nuntiandi di Paolo VI, approfondì la missione specifica salesiana. Nel suo discorso di chiusura il Rettor Maggiore Don Egidio Viganò sintetizzò i tre obiettivi che si erano venuti chiarendo durante il lavoro capitolare: il compito prioritario di portare il Vangelo ai giovani, che implicava un progetto educa­tivo pastorale; lo spirito religioso; il nuovo statuto della comunità salesiana come animatrice della comunità educativa pastorale.

Certamente il CG21 significò un radicale rinnovamento pastorale.

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Il Capitolo Generale 22, realizzatosi dopo un tempo intenso di spe­rimentazione e approfondimento dell'identità salesiana, si prefig­geva di concludere il progetto di rinnovamento, con la definitiva re­visione della Regola di Vita. Il risultato finale del lavoro capitolare fu, secondo le parole del Rettor Maggiore, «un testo organico, pro­fondo, migliorato, permeato di Vangelo, ricco della genuinità delle origini, aperto all'universalità e proteso al futuro, sobrio e dignitoso, denso di equilibrato realismo e di assimilazione dei principi conci­liari»". La redazione definitiva della Regola di Vita portò con sé, fra altre cose, il rinnovamento della Ratio; l'idea centrale era che tutta la formazione dei salesiani si addicesse alla natura della vocazione e della sua missione specifica di educatori e pastori dei giovani.

In questo modo la nostra Congregazione si impegnò alla rilettura fondazionale del suo carisma e alla sua "rifondazione". Dopo i Ca­pitoli Generali "straordinari" seguirono altri tre Capitoli Generali "ordinari", diretti ad argomenti di carattere operativo: l'educazione alla fede dei giovani, il coinvolgimento dei laici nello spirito e nella missione salesiana e la comunità salesiana oggi. La rilettura cari­smatica della identità era conclusa, ma la traduzione concreta è ancora in atto.

4. Il traguardo del CG25

190 Concluse le tappe della preparazione e della celebrazione del CG25, è giunto il momento di passare alla fase dell'attuazione. Ora è tempo di assimilare il Capitolo con tutti i confratelli, di renderlo programma di governo ispettoriale, di tradurlo operativamente nelle comunità. Per individuare i passi da compiere, ci soffermiamo a considerare le prospettive di futuro e il traguardo da raggiungere.

Rivedendo il cammino percorso dalla Congregazione in questi tren­t'anni, si può notare che il cambiamento non è sempre stato lineare. Penso che la resistenza più forte non si è data per il rinnovamento delle Costituzioni o delle strutture di governo o della pratica pasto­rale, ma per il rinnovamento spirituale, che comporta una profonda conversione interiore.

Capitolo Generale 22 della Società di San Francesco di Sales, Documenti. Roma 1984, pag. 19

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In questi anni di trasformazione si è venuta configurando una nuova forma di vita religiosa salesiana. Ormai abbiamo gli "otri nuovi": una nuova evangelizzazione, una nuova educazione, un nuovo mo­dello pastorale, una nuova formazione. A poco a poco si è venuto anche producendo il "vino nuovo": il nuovo evangelizzatore, il nuovo educatore, il nuovo soggetto pastorale, il nuovo salesiano.

A volte ci sentiamo a disagio dinanzi all'uso dell'aggettivo "nuovo" per qualificare realtà che crediamo conosciute, soprattutto per le conseguenze pratiche che ciò comporta: la necessità di rinnovarci spiritualmente, di aggiornarci professionalmente, di qualificarci pe­dagogicamente. La novità proviene dalle situazioni, dai contesti, dai cambiamenti della realtà, dalla visione antropologica.

Oggi la preoccupazione della vita religiosa in genere, e della Con­gregazione in particolare, non può essere quella della sopravvi­venza, bensì quella di creare una presenza significativa ed efficace. È questione di profezia. «Ciò comporta — scriveva don Vecchi — di dare vita ad una presenza che sollevi interrogativi, dia ragioni di speranza, convochi persone, susciti collaborazione, attivi una comu­nione sempre più feconda, per realizzare insieme un progetto di vita e di azione secondo il Vangelo»'2. Ciò che si vuole è una forma di vita affascinante ed attraente, che dia il primato al profetico più che all'organizzativo, che privilegi le persone più che le strutture.

Parafrasando Karl Rahner nel suo testamento spirituale, possiamo dire che il futuro della vita religiosa passa attraverso la sua forza mistica, la sua salda esperienza e trasparente testimonianza di Dio, il superamento di ogni forma di imborghesimento, atonia e medio­crità. La vita religiosa è sorta e ha senso solo come segno della ricerca e del primato di Dio. La sua missione è quella di essere sa­cramento: essere «segni e portatori dell'amore di Dio» (Cost. 2), specialmente in favore dei più bisognosi, perché essi possano fare l'esperienza che Dio esiste e li ama.

Quando i Superiori Generali hanno deciso di approfondire il tema della rifondazione della vita religiosa'3, erano mossi dalla consape‑

12 VECCHI Juan E., Esperti, testimoni e artefici di comunione. ACG 363, 21. Non è indifferente che lo stesso Don Vecchi citi questo testo nella sua lettera di convocazione del CG25, ACG 372, pag. 30

13 Cf. AA.VV., Per una fedeltà creativa. Rifondare: ricollocare i carismi, ri­disegnare la presenza, Il Calamo, Roma, 1999, che raccoglie il 54° Conve­nius Semestralis della USG, ad Ariccia nel mese di novembre 1998

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volezza che c'è bisogno del "vino nuovo in otri nuovi" (cf. Mc 2, 22); una sorgente di novità è la chiamata a ritornare alle origini del carisma. Si tratta per noi di esprimere l'originalità della Congrega­zione, di andare all'essenziale, di riscrivere la lettera da Roma del 1884. Ritorniamo a don Bosco e ritorniamo ai giovani!

Le immagini della "luce", del "sale" e del "lievito", adoperate da Gesù nel Vangelo per definire l'identità e la missione dei discepoli, sono rivelatrici e impegnative. Semplicemente bisogna "essere" per avere significato e rilevanza; ma se il sale perde il suo sapore, o se si mette la luce sotto il moggio, o se il lievito non ha forza per fermen­tare, non servono a nulla. Hanno perso la ragione del loro "essere".

La forza della vita religiosa si radica nel suo carattere profetico nei confronti della cultura, sovversivo rispetto all'imborghesimento, al­ternativo al progresso illimitato ma senza trascendenza. Il problema è quello dell'identità e dell'identificazione; ciò che ci caratterizza e ci manifesta è una forte esperienza di Dio, che cambi profonda­mente la nostra vita, e una comunità in cui si incominci a vivere con novità di vita. «Non conformatevi alla mentalità di questo secolo ­scrisse Paolo ai Romani — ma trasformatevi rinnovando la vostra mente, per poter discernere la volontà di Dio, ciò che è buono, a lui gradito e perfetto» (Rm 12,2).

In questa linea, desidero tracciare cinque prospettive di futuro, che sono state oggetto di riflessione e di studio da parte di Don Egidio Viganò e Don Juan Vecchi nelle loro lettere, ma che sono campi an­cora bisognosi di rinnovamento per introdurci decisamente nel nuovo millennio con energia e chiarezza di progetto.

4.1 Il rinnovamento spirituale di ogni salesiano

191 Il rinnovamento spirituale comporta il ritorno al fondamento della nostra vocazione: Dio e il suo Regno. Dio deve essere la nostra prima "occupazione". È lui che ci invia e ci affida i giovani, per aiu­tarli a maturare fino a raggiungere la statura di Cristo, l'uomo per­fetto. Per noi il ricupero della spiritualità non può essere staccato dalla missione, se non vogliamo cedere al pericolo dell'evasione. Dio ci aspetta nei giovani per darci la grazia di un incontro con Lui'''. Perciò diventa inconcepibile e ingiustificabile ritenere che la

14 Cf. Cost. 95; CG23, 95

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`missione' sia un ostacolo per l'incontro con Dio e per coltivare l'intimità con Lui.

4.2 La consistenza delle comunità

192 La qualità della vita di comunione e l'azione educativa e pastorale richiedono una consistenza quantitativa e qualitativa della comunità salesiana. Tutte le proposte per rendere formativo il quotidiano e migliorare la qualità della metodologia, dei contenuti e delle attività si scontrano con le possibilità reali della comunità. Per noi la vita fraterna in comunità è un elemento della nostra consacrazione apo­stolica e quindi della professione religiosa'5, insieme alla sequela di Cristo obbediente, povero e casto e alla missione. Essa è anche l'ambito in cui siamo chiamati a vivere l'esperienza spirituale, la missione e i consigli evangelici. Non possiamo perciò continuare con la pretesa di voler risolvere tutti i problemi, a scapito del ca­risma e della vita della comunità.

4.3 La risignificazione della presenza

193 La significatività della presenza è un'esigenza sia della comunità che della missione; si tratta della qualità di entrambe. Nel passato, quando si parlava di "ridimensionamento", l'accento era posto sulla chiusura di opere o sulla consegna di queste ai laici. Oggi invece, mentre si continua ad affermare che il ridimensionamento è un compito ineludibile, se non vogliamo indebolire le comunità e so­vraccaricare i confratelli, l'insistenza va posta sulla "significatività" della presenza salesiana nel territorio. Essa non si riduce all'opera o alle attività; è piuttosto una forma di essere, di lavorare e di orga­nizzare che cerca non solo l'efficacia, bensì il suscitare senso, aprire prospettive, convocare persone, promuovere nuove risposte. Si tratta di ricollocare l'Ispettoria lì dove sono più pressanti i bisogni dei giovani e dove è più feconda la nostra presenza. La nostra vita consacrata non sarà onnipresente e neppure sempre socialmente ri­levante, ma continuerà ad essere riferimento necessario, nella mi­sura che sia segno del Regno.

15 Cf. Cost. 3 e 24

159

 

4.4 La qualità della proposta educativa pastorale

194 Il percorso finora fatto è stato, almeno in molte parti, di moltiplica­zione delle opere, compromettendo in non pochi casi la qualità della nostra attività. Talvolta si è privilegiato l'aspetto organizzativo su quello pastorale, o il mantenimento e la costruzione di strutture più che la chiarezza e la serietà del progetto educativo pastorale. Oggi ci si chiede di sviluppare forme più intense di evangelizzazione, di concentrarci sulla maturazione umana e sull'educazione alla fede dei giovani, di formare i laici, di animare la comunità educativa pa­storale ed insieme ad essa elaborare un progetto. Questo compito è già realizzazione della significatività.

4.5 La formazione del salesiano

195 La complessità delle situazioni odierne, le sfide dei giovani, l'esi­genza della nuova evangelizzazione, il compito dell'inculturazione richiedono una formazione capace di abilitare il salesiano a vivere con dinamismo e solidità la sua vocazione, a svolgere con profes­sionalità e competenza la missione, ad assimilare personalmente l'i­dentità carismatica. Per noi Don Bosco è non solo punto di riferi­mento costante, ma norma di vita, e la formazione non è altro che un appropriarsi del dono che Dio ci ha dato quando ci ha chiamato. Il documento sulla formazione nella Vita Consacrata afferma con chiarezza: «Il rinnovamento degli istituti religiosi dipende principal­mente dalla formazione dei loro membri»16. Questa è la sfida più grande che ha oggi la Congregazione, alla quale ha voluto rispon­dere con l'edizione della nuova Ratio".

La Chiesa e il Mondo hanno bisogno di persone che facciano pro­fessione di incarnare l'interesse per Dio, che siano una riserva di umanesimo, che diventino un segno potente, eloquente, radicale della "sequela Christi". Questo è ciò che il Concilio Vaticano II vo­leva ed aspettava dalla vita religiosa. Questo è stato l'obiettivo della Congregazione durante questi ultimi 30 anni. Ora il CG25 ha inteso dare il suo apporto specifico al raggiungimento di questo traguardo,

16 Potissimum Institutioni, 1

17 La Formazione dei Salesiani di Don Bosco. Principi e Norme. Ratio Insti­tutionis et Studiorum. Terza Edizione. Roma, 2000, (n. 15), 33

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un contributo di concretezza che, come abbiamo visto, punta sul rafforzamento della comunità salesiana in tutte le sue dinamiche.

5. ll dono delle beatificazioni

196 «Cari salesiani, (...) siate santi! È la santità — voi ben lo sapete — il vostro compito essenziale». Con questa esortazione Giovanni Paolo II si è rivolto a noi partecipanti al Capitolo Generale, ricevuti in udienza nella mattina del 12 aprile. La santità è anche la consegna di questo Capitolo che si conclude con il dono di tre nuovi beati per la Famiglia salesiana: il sacerdote Luigi Variara, il coadiutore Arte­mide Zatti e suor Maria Romero Meneses.

Questi beati, che si aggiungono alla schiera numerosa della santità della nostra Famiglia carismatica, sono accomunati dal dono gioioso di sé e dalla dedizione generosa ai più poveri. Non c'è nulla che attiri come la testimonianza dello spendersi senza risparmio, senza misura, senza condizioni; non c'è nulla che affascini come il servizio ai più poveri, ai più umili, ai più bisognosi. I lebbrosi di don Variara, gli ammalati del Signor Zatti, le ragazze abbandonate di suor Romero richiamano immediatamente l'offerta gratuita della vita di queste tre figure, che ci sono proposte come modelli. La cura dei più poveri e il dono totale di sé si congiungono insieme, testi­moniando così la carità eroica dei tre nuovi beati.

La santità è il cammino più esigente che vogliamo realizzare in­sieme nelle nostre comunità; è «il dono più prezioso che possiamo offrire ai giovani» (Cost. 25); è il traguardo più alto che dobbiamo proporre con coraggio a tutti. Solo in un clima di santità vissuta e sperimentata i giovani avranno la possibilità di operare scelte corag­giose di vita, di scoprire il disegno di Dio sul loro futuro, di apprez­zare e accogliere il dono delle vocazioni di speciale consacrazione.

In particolare, la beatificazione del Signor Artemide Zatti evidenzia l'attualità e la validità della vocazione del salesiano coadiutore. Il carisma salesiano non sarebbe quello che deve essere senza tale fi­gura. La sua presenza nella vita della comunità salesiana non è un'aggiunta estrinseca di una categoria di persone, ma è parte im­prescindibile della sua fisionomia. Questo ci chiede una più con­vinta proposta vocazionale e una più visibile presenza di tale figura nella comunità educativa pastorale.

161

 

Il filo conduttore dell'esistenza del Signor Zatti è costituito dalla se­quela di Gesù, con don Bosco e come don Bosco, ovunque e sempre'8. Questo significa che don Bosco lo affascinò e lo attrasse; sull'esempio di don Bosco visse il dono totale di sé; come don Bosco scelse di essere educatore: Zatti fu un infermiere educatore. Egli visse in unità profonda l'esperienza spirituale, il lavoro pro­fessionale, la fraternità gioiosa, fino a diventare un riflesso di Dio con radicalità evangelica. La luminosa figura di questo salesiano coadiutore beato ci insegni le vie per far scoprire ai giovani la bel­lezza di questa vocazione.

6. Prendere il largo sulla sua Parola

197 L'episodio evangelico della pesca prodigiosa, presentato dalla Novo Millennio Ineunte e ripreso dall'ultima Strenna di don Vecchi, è un simbolo della ripresa del nostro cammino a conclusione del Capi­tolo Generale 25.

Possiamo aver sperimentato anche noi, talvolta, la fatica inutile del nostro lavoro. Il Signore Gesù ancora oggi ci invita a "prendere il largo", a rinnovare il nostro impegno di gettare la rete, a tentare nuovamente anche se abbiamo più volte sperimentato l'inefficacia. È questa l'ora del coraggio! Bisogna spingersi in mare aperto, af­frontando le sfide di oggi, ed occorre andare verso le acque pro­fonde, coltivando un'intensa esperienza spirituale e favorendo la qualità della nostra azione.

Ciò che ci sollecita a tentare nuovamente è la fiducia nel Signore Gesù: sulla sua parola getteremo ancora la nostra rete. È questa l'ora della speranza! Il tempo che stiamo vivendo è proiettato verso le grandi responsabilità che ci attendono, verso l'avventura gioiosa di calare ancora le reti per la pesca e di sperimentare la potenza della Parola di Dio. Siamo certi che il Signore Gesù saprà ancora stupirci con la sua fedeltà e le sue sorprese.

Dove ci sono grandi sfide, occorre il coraggio e la speranza della comunità. Le vie nuove e i compiti ardui dell'evangelizzazione po­tranno essere affrontati da comunità, che intraprendono una radicale conversione pastorale e vivono una profonda esperienza spirituale.

18 Cf. ACG 376, pag. 27

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Coraggio e speranza sono le espressioni più eloquenti della profezia delle nostre comunità.

Non ci sfugga il fatto che nell'episodio evangelico il gesto gratuito della pesca sorprendente non ha altra finalità, se non quella di susci­tare la fede e di provocare alla sequela. Di fronte al gesto sovrab­bondante di Gesù e dopo l'invito: «Non temere; d'ora in poi sarai pescatore di uomini», i primi discepoli, tirate le barche a terra, la­sciarono tutto e lo seguirono (cf. Le 5, 1-11). Essi saranno così coin­volti nella stessa missione e nello stesso destino di Gesù: la chia­mata definitiva di tutti ad accogliere il Regno. I gesti sorprendenti e sovrabbondanti di coraggio e di speranza delle nostre comunità pro­vocano la risposta vocazionale dei giovani; la testimonianza profe­tica della comunità ancora oggi sarà capace di suscitare giovani di­sponibili a condividere il progetto di vita di don Bosco: "Da mihi animas; cetera tolle".

7. Con Maria nostro aiuto

198 Come nella comunità apostolica delle origini, anche nelle nostre co­munità è presente Maria. Ella è in preghiera con i discepoli del suo Figlio; vive con noi, diventati suoi figli ai piedi della Croce. Da quel momento Maria sta nella Chiesa con una presenza orante; Ella prega perché i discepoli superino le chiusure della paura, siano at­tenti e pronti al soffio dello Spirito, si avventurino sulle strade del­l'evangelizzazione.

Don Bosco ci ha lasciato come preziosa eredità l'affidamento fidu­cioso a Maria: Lei è il nostro Aiuto, è la Madre della Chiesa, è l'aiuto dei giovani e dei poveri, è la Madre di tutti. Come il disce­polo prediletto, anche noi accogliamo Maria in casa nostra, nelle nostre comunità. Ella ci farà attenti ai bisogni del tempo presente: «Non hanno più vino», e ci farà sensibili alle esigenze evangeliche: «Fate quello che vi dirà» (cf. Gv 2, 3-5).

Maria, con il tuo intervento materno, aiutaci a ritornare a don Bosco e ai giovani! Maria, nostro aiuto,

prega per noi e per le nostre comunità!

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