Ovunque andasse, San Francesco di Sales, Vescovo e Principe di Ginevra, si trovava sempre coinvolto in numerosi progetti per l’evangelizzazione e la crescita spirituale dei cristiani giovani e non più giovani della sua diocesi. Dopo la sua improvvisa morte il 28 dicembre 1622, la Madre Giovanna de Chantal capì che era importante ordinare tutto cio’ che egli aveva lasciato. Anzitutto dovette farlo per continuare a organizzare il giovane ordine della Visitazione che aveva appena fondato dodici anni prima e di cui lei era la prima Superiora. Inoltre Giovanna de Chantal conosceva la straordinarietà di Francesco di Sales e intravvedeva che c’era ancora tanto da imparare dai suoi insegnamenti e dall’esempio della sua santa vita. Essa cercò la possibilità di proporre la sua causa di beatificazione; e pensò che chi avesse studiato il suo pensiero e suoi scritti ne avrebbe tratto molto beneficio.
All’inizio del 1623 la Madre di Chantal si incaricò di di raccogliere gli scritti personali, gli appunti, le lettere, le omelie e i lavori che Francesco di Salesi aveva iniziato. Li classificò e conservò in un archivio speciale nel monastero della Visitazione di Annecy. Inoltre coinvolse anche le sue consorelle in questo lavoro di preparazione. Un aspetto vitale di questo progetto era di arrivare a una biografia di Francesco di Sales. Di fatto la Madre di Chantal contribuì alla pubblicazione di una delle prime biografie del Vescovo di Ginevra.
La prima bibliografia di Francesco di Sales apparve 18 mesi dopo la sua morte. Fu opera di Jean Goulu (Dom Giovanni di San Francesco), superiore generale dei Feuillants, un ramo riformato dei Cistercensi, e un vicino collaboratore di Francesco di Sales nella riforma della vita religiosa e sacerdotale nella Savoia.
La pubblicazione di Goulu apparve dapprima a Parigi nel giugno del 1924 col titolo di La vie du bien-heureus Messire Froncois de Sales, Evesque et Prince de Geneve. La Madre di Chantal ne parla come della sua prima biografia. Ne segui’ un genere particolare (chiamato “vita”), una qualcosa a metà strada fra l’aggiografia e la biografia. Come ogni “vita” la vita di Francesco di Sales del Goulu mirava più alla devozione che alla storia. Tuttavia bisogna notare che nella vita di Francesco di Sales del Goulu non appaiono assolutamente racconti di leggende, come spesso accadeva in opere del genere del diciassettesimo secolo.
Lo stesso anno (1624) viene pubblicata a Lione una seconda vita di Franceso di Sales. Si tratta di un lavoro di Louis de la Riviere, frate dell’Ordine dei Minori. Il padre Louis de la Riviere nel 1616 aveva predicato gli Esercizi Spirituali Quaresimali ad Annecy, occasione in cui aveva avuto con Francesco di Sales lunghe conversazioni che aumentarono la sua ammirazione verso di lui. Quando seppe della morte di Francesco il padre de la Riviere ritornò ad Annecy. Il suo scopo era di raccogliere materiale sulla santità del santo Vescovo. Spese molto tempo visitando gente di ogni ceto, ecclesiastici e laici che intervistò a lungo. Non si accontentò di mettere in scritto le conversazioni, ma si diede allo studio di ogni documento che gli fosse capitato di trovare e prese nota meticolosamente di tutto quanto vide e ascoltò durante la sua permanenza nella diocesi. Il padre de la Riviere portò con se a Lione tutto il materiale e dopo un anno di accurato lavoro pubblicò La vie de L’Ill.me et Rev.me Francois de Sales (Lione: Riguard, 1624). Questa è la prima vera biografia di Francesco di Sales.
Mentre preparava la Vita, il padre de la Riviere incominciò a raccogliere copie degli scritti del prelato. Antoine Favre, un amico intimo e di lunga data di Francesco di sales, lo aiutò a identificare numerosi frammenti di documenti, specialmente di quelli in tema di ascetica, che furono poi pubblicati in appendice. Durante tutto il periodo che dedico’ alle interviste e alla raccolta di materiale il padre de la Rieviere fu a contatto con la Madre de Chantal, con i due fratelli di Francesco, Jean-Froncois e Louis, come pure con alcuni altri suoi collaboratori.
Nel giro di tre anni questa biografia vide ben cinque ristampe. L’autore rivide e arricchì l’opera in vista di una nuova edizione nel 1631. Il libro fu ristampato nuovamente nel diciannovesimo secolo nel 1825 e 1827 e sembra che fosse ben conosciuto negli ambienti ecclesiastici. Il linguaggio è tipico del settecento, a volte stranetto, ma ricco di freschezza, e si ha l’impressione che Louis de la Riviere sia riuscito a penetrare bene la mente e il cuore Francesco di Sales e fare così del suo libro un’interessante risorsa.
Negli anni seguenti apparirono altre due biografie di Francesco di Sales, che ne diffusero la fama nella Savoia, in Francia e a Roma. La prima fu opera del nipote di Francesco, Charles-Auguste de Sales, allora sacerdote della diocesi di Ginevra e poi vescovo. Charle-Auguste fu postulatore generale della causa di beatificazione dello zio. Quando gli fu chiaro che il processo era ormai a Roma, decise di intervistare tutti coloro che avevano conosciuto il vescovo e di raccogliere ogni documento che avesse qualche relazione con la vita e il ministero di suo zio. Raccolse lettere, note, omelie e anche direttive sulla diocesi. E poi si mise in viaggio a parlare a tutti di suo zio. Così facendo Charles-Auguste produsse una biografia singolare, basata su ricordi intimi e documentazioni ufficiali.
La Madre de Chantal rivedette con cura paziente il manoscritto finale e affermò che secondo lei la biografia scritta da Charles-Auguste era la migliore dell’epoca. Incoraggiato dalla Madre, il giovane sacerdote pubblicò un’edizione in latino del suo lavoro nel 1634 e in seguito un’altra in francese. Per Charles-Auguste la Madre de Chantal e i membri della famiglia de Sales furono le risorse orali su cui fece più affidamento. Studiosi delle epoche posteriori si troveranno in difficoltà alle prese con la linea degli avvenimenti storici, comunque Charles-Auguste ci presenta suo zio come una persona ricca di intimità e familiarità. Ci presenta Francesco di Sales come era meglio conosciuto da coloro che lo conoscevano e lo amavano.
Tre anni dopo apparve un volume che avrà ipù influenza – si tratta del lavoro di Nicolas Caussin, un predicatore gesuita. Caussin non scrisse una biografia, ma nel Traicte’ de la conduite spirituelle selon l’esprit de S. Froncois de Sales (Douay: Jean Serrurier, 1637) presentò la figura di Francesco di Sales come modello di riforma e di zelo pastorale. Caussin pubblicò diversi libri in cui dimostra di essere piu’ preoccupato di presentare Francesco di Sales come un modello di pastore che non di scrivere una sua biografia. Il Traicte’ del la conduite spirituelle raggiunse una vasta udienza grazie alle relazioni che il suo autore aveva col mondo dei gesuiti e la buona reputazione che godeva presso la corte di Louis XIII. Fu cosi’ che la fama di Francesco di Sales si diffuse in tutta la Francia e il suo esempio di venne un modello per vescovi e pastori impegnati nell’attuare le riforme del Concilio di Trento, e a portare i fedeli a un piu’ profondo livello di impegno evangelico agli inizi dell’era moderna.
L’ultimo dell’epoca a produrre una Vita di Francesco di Sales fu Jean-Pierre Camus, che, cosa interessante da notare, si considerava un discepolo del vescovo di Ginevra. Camus era vescovo della vicina diocesi di Belley ed era in stretto contatto con Francesco, col quale aveva intimi colloqui e soleva consultarsi quando aveva problemi rilevanti. Tra il 1639 e il 1641 pubblico’ un expose’ in sei volumi sugli insegnamenti formali e informali del vescovo dal titolo L’esprit du Bienheureux Froncois de Sales. La presentazione di Francesco di Sales del Camus più che una biografia e’ un profilo morale di quest’uomo che, secondo lui, aveva una statura spirituale gigantesca e che considerava una sua guida nella pastorale. Ecco qui il pastore di anime che vive eroicamente il Vangelo. Camus invita i lettori a conoscere e vivere questo spirito di virtu’ Cristiana.
Fu Pier-Giacinto Gallizia a pubblicare la prima vita di Francesco di Sales nel 1720: Vita di S. Francesco di Sales, Vescovo e principe di Ginevra, e Fondatore dell’Ordine della Visitazione. Gallizia era un sacerdote dell’arcidiocesi di Torino, cappellano delle Suore della Visitazione. Sapeva che ben poche suore conoscevano il francese e perciò, piuttosto che tradurre una biografia del santo fondatore del loro ordine, ne scrisse una lui stesso. La sua opera presentava la vita e la missione di Francesco di Sales (libri 1-4) e concludeva con un capitolo sulla fondazione della Visitazione (libro 5) e una raccolta di massime tratte dagli insegnamenti del santo (libro 6). Queste caratteristiche fecero conoscere la Vita di S. Francesco di Sales non solo a Torino, ma in tutta Italia.
Fu poco dopo la pubblicazione del Galizia che un gruppo di devoti di Torino si costituirono nall’Associazione di Francesco di Sales. Difatti molti a Torino lo consideravano uno dei loro santi particolari. Il ricordo della sua visita alla città, l’efficacia delle sue prediche, l’esempio delle sue virtu’ e la sua dedizione ai poveri suggerì loro di scegliere S. Francesco di Sales come con-patrono della città e dell’arcidiocesi. Istituita nel 1720 l’Associazione aveva lo scopo di invocare la sua protezione e la sua guida nella via della virtu’ e per questo i membri recitavano giornalmente speciali preghiere e il 28 dicembre festeggiavano l’anniversario del transitus del santo. Si radunavano regolarmente per approfondire la conoscenza, gli scritti e gli insegnamenti del santo, e si ripromettevano di leggerli sistematicamente tra un incontro e l’altro. L’associazione contava tre gruppi a cui appartenevano 56 membri: 56 sacerdoti, 56 laici e 56 laiche (e questo perché Francesco fu in vita per 56 anni). Ci sono prove che l’Associazione di San Francesco di Sales operò a Torino fino almeno alla fine del diciannovesimo secolo.
Nel diciottesimo secolo apparirono altri gruppi simili a questo – si tratta di associazioni apostoliche che si ispiravano a Francesco di Sales specialmente quando le loro chiese erano in difficoltà. Queste associazioni superarono la Rivoluzione e tornarono a rifiorire nel diciannovesimo secolo.
Alla fine del diciottesimo secolo, molti, a cominciare dai francesi, pensavano che la Chiesa e il papato fossero cose del passato. Avvenne, invece, che l’alba del ventesimo secolo vide una Chiesa Cattolica rinnovata e il ruolo del papa più chiaramente definito e piu’ che mai irrobustito. In questa trasformazione Francesco di Sales coprì un ruolo tutt’altro che insignificante.
Fin dall’inizio della Riforma, Francesco di Sales fu presentato, assieme a Carlo Borromeo, come il modello di un sacerdozio caratterizzato da un nuovo spirito apostolico. Questi due santi vescovi erano ben conosciuti per i loro grandi sforzi per l’attuazione delle riforme del Concilio di Trento, ma all’inizio del tramonto dell’Impero Napoleonico, in Europa la Chiesa li ripresentò come modelli di una intensa vita apostolica.
Nei primi anni della Riforma, In Italia, in Francia e in Belgio molte associazioni parrocchiali e comunità religiose si ispirarono a Francesco di Sales. E quando nel diciannovesimo secolo in una buona parte dell’Europa occidentale iniziò un periodo di gravi contrasti fra la Chiesa e lo Stato, la sapienza mansueta, ma forte di Francesco divenne ancora più popolare.
Verso la metà del secolo venne a formarsi un’interessante Associazione di cui Pio IX parlò come della Propagazione della Fede in Casa. Fondatore e formulatore del progetto fu Mons. Gaston de Segur che per richiesta di un folto gruppo di persone fortemente impegnate in Francia e in Italia, fondò un’associazione che egli chiamò Opera di Francesco di Sales per la Difesa e la Preservazione della Fede. L’associazione si formò nel 1857 e ben presto si diffuse nella maggior parte delle diocesi della Francia, Italia e Belgio. Nonostante non ci fosse un’autorità centralizzata, il movimento vedeva in Parigi o meglio in Mons. De Segur un punto di riferimento da cui provenivano ispirazione e incoraggiamento. Da parte sua, De Segur proponeva l’apostolo della cariò Francesco di Sales come il modello per conservare la fede e crescere in essa durante i sollevamenti anticlericali di quel periodo.
La missione dell’associazione fu l’opera (oevre) che veramente rese Francesco di Sales famoso: cioè conservare e difendere la fede Cattolica specialmente negli ambienti che erano diventati ostili alla Chiesa. C’erano molti progetti al fine di portare avanti questa missione, ma tutti più che altro emergevano da necessità locali. Fra le iniziative più eminenti si devono notare il rinnovamento della predicazione, la diffusione di pubblicazioni Cattoliche, la formazione dei seminaristi e dei laici, l’onere economico delle scuole Cattoliche e l’organizzazione di Congressi Eucaristici a livello regionale e nazionale. Nel giro di due decenni dalla sua fondazione l’Opera di Francesco di Sales internazionale era cresciuta al punto di avere quasi due milioni di membri.
Louis de Segur era a contatto con molte delle personalita’ ecclesiastiche più influenti del tempo. Conosceva molto bene il famoso predicatore di Notre Dame Henri-Dominique Lacordaire domenicano, l’apologo Theodore Ratisbonne, i predicatori e autori Gustave de Revignan, Pierre Olivaint e Armand de Ponlevoy gesuiti. Questi ecclesiastici erano da contare fra coloro che avevano consultato Mons. De Segur sulle nuove modalità di presentare la dottrina cattolica agli anticlericali dell’epoca. Secondo Mons. Segur, se si volevano tentare nuove vie per avvicinare i contemporanei ormai estraniati, non c’era miglior modello di quello di Francesco di Sales.
Questo suo attaccamento a Francesco di Sales non mancò di attrarre altre figure importanti del mondo Cattolico. Mons. De Segur prese contatto con le suore della Visitazione in Francia e in Svizzera, a cominciare dalla Madre Mary de Sales Chap puis, superiora di Troyes, e grazie a quest’ultima, con Louis Brisson e Leonie Aviat, fondatori delle oblate di S. Frnacesco di Sales. Divenne pure amico del padre Henri Chaumont, che assieme alla Signora Caroline Carre’ de Malberg, aveva fondato la congregazione delle Figlie di Francesco di Sales. In diverse occasioni Mons. De Segur si incontrò con Emmanuel d’Alzon (sacerdote, educatore e fondatore dell’ordine degli Assunzionisti), con Gaspard Mermillod (vescovo ausiliare di Losanna-Ginevra), e con Jean-Marie Tissot (membro dei Missionari di San Francesco di Sales e Vicario Apostolico di Visakhapatnam, India.
Fu attraverso a queste sue conoscenza Salesiane che Mons. de Segur venne a conoscere Don Bosco. Ovviamente noi conosciamo bene le relazioni di don Bosco con il mondo di Francesco di Sales a Torino. Noti esponenti dell’apostolato dei laici quali (Tancredi e Juliette Falletti di Barolo, Silvio Pellico) si rifacevano all’insegnamento salesiano nell’affrontare i problemi religiosi e sociali più urgenti. Inoltre bisogna aggiungere una lunga lista di sacerdoti e religiosi fortemente dedicati all’apostolato che condividevano lo spirito salesiano: Giuseppe Cafasso, Carlo Cavina, Giovanni Battista Scalabrini, Giuseppe Marello, Anna Michelotti, Lucia Noiret e Guido Conforti.
Per Don Bosco il lavoro, (l’opera) di Francesco di Sales si incentrava nella catechesi e prendeva una sua forma nelle scuole, nei laboratori, ma prima di tutto negli oratori festivi. Il lavoro era portato avanti da sacerdoti e laici impegnati e ben presto venne conosciuto come un sistema di Co-Operazione salesiana.
Don Bosco diceva di aver preso da Farancesco di Sales il suo motto Da mihi animas, cetera tolle. Queste parole ci fanno palese le finalita’ e la vita stessa che egli aveva propugnato nel suo Oratorio di Valdocco sin dai primi tempi del suo ministero. Don Bosco riconosce in Francesco di Sales un sacerdote apostolo la cui gentilezza e carità pastorale erano virtu’ particolarmente efficaci nel servire Dio e salvare le anime.
Il Da mihi animas di Francesco di Sales divenne per Don Bosco una preghiera che ci fa conoscere come Don Bosco consumò la sua intera esistenza. Don Bosco lo aveva imparato da Don Cafasso, la sua guida spirituale. In una Chiesa che cercava di ricondurre sulla retta via tanti cristiani che avevano deragliato, Francesco di Sales rappresenta l’icona dell’infaticabile pastore che torna sui suoi passi in cerca della pecora smarrita. L’unica preoccupazione del sacerdote apostolo deve essere la salvezza delle anime, asseriva Don Cafasso e aggiungeva “Diciamo con quel gran apostolo della carità San Francesco di Sales Dammi le anime, Signore {….}Sforziamoci di aumentare il numero degli abitanti del paradiso e di impedire al peccato di farsi strada sulla terra.”
Don Bosco lo imparò anche dai suoi giovani – ragazzi come Domenico Savio che avevano capito il significato di quella frase. “Ho capito,” disse guardando la scritta dietro lo scrittorio di don Bosco, proprio il giorno del suo arrivo all’Oratorio. “Qui non si fa commercio di soldi, ma di anime. Adesso capisco e mi auguro che anche la mia anima entri in questo commercio,”
Wendy M. Wright parla del diciannovesimo secolo come dell’epoca della Pentecoste Salesiana. Per coloro che cercavano di rinnovare la Chiesa in quel periodo così travagliato Francesco Salesio rappresentava l’icona dell’apostolo della fede e del dottore della carità.
Anche Don Bosco fu uno dei molti ammiratori del vescovo di Ginevra e nonostante non si possa forse asserire, come dice Pietro Stella, che egli si identificasse con il santo, osserviamo che egli lo scelse come modello per il suo sacerdozio e il suo lavoro pastorale. Non si potrebbe comunque parlare di una certa’ affinità tra i due?
(Traduzione dal inglese di Loro Piana Achille, sdb)