Dom Bosco

Omelia: Presentazione Beata Vergine Maria, 21 novembre 2014

OMELIA: PRESENTAZIONE BVM, 21 Novembre 2014

Zc 2:14-27; Mt 12:46-50

Omelia

Carissimi fratelli e sorelle,

Ieri don Angel ci ha parlato della nostra memoria personale e collettiva. La mia memoria personale è legata inevitabilmente a Gerusalemme, dato che ho passato 3 anni della mia vita nella Terra Santa. Non posso non ricordare che la festa di oggi, della Presentazione della Beata Vergine Maria, è legata alla dedicazione della Nea Ekklesia della Theotokos, una grande chiesa, dedicata in 543, nella Città Santa vicino al Tempio. La chiesa purtroppo non esiste più, essendo stata completamente distrutta prima dai persiani in 614, e poi dai mussulmani Ummayidi. Ma la festa rimane, e così noi celebriamo, insieme alla chiesa orientale, la dedicazione di Maria, fin dall’infanzia, a Dio.

Ma cominciamo con l’inizio della prima lettura di oggi: “Rallegrati, esulta, figlia di Sion, perché vengo ad abitare in mezzo a te.” Chi è questo ‘te’? È Israele. È Maria, figlia di Sion. E poi, questo ‘te’ è io, o meglio noi, il nuovo Israele. Noi siamo chiamati a rallegrarsi, a esultare, perché il Signore ci ha eletto di nuovo. Siamo il suo popolo eletto, amato; siamo Ekklesia, chiesa. E forse questa è una cosa che dobbiamo imparare sempre di più: rallegrarsi perché Dio ci ha scelti per essere il suo popolo amato.

Ma l’elezione può diventare anche un problema. In questi giorni, per esempio, con lo spirale di violenza a Gerusalemme e nella Terra Santa, si vede sempre di più le conseguenze di una certa ermeneutica dell’elezione.

La scelta ermeneutica di Gesù è diversa. L’elezione non può finire con la celebrazione. L’elezione comporta un compito, una missione, una responsabilità. Comporta un impegno di fraternità. Nello stesso brano di Zaccaria leggiamo: “Nazione numerose aderiranno in quel giorno al Signore, e diverranno suo popolo.”

La fraternità è una sfida permanente ad ognuno di noi e ad ogni gruppo. La sfida di gioire nella particolarità senza dimenticare l’universalità. Fieri di essere indiani o italiani o coreani a africani senza dimenticare che siamo tutti figli di un unico Dio e Padre. Ieri è emerso più di una volta il discorso della dialettica tra nazionalismo, essere salesiano, essere cristiano. E poi mi piace ricordare che i vescovi della Terra Santa ci hanno dato una bellissimo testimonianza dell’universalità, quando ci hanno invitato a pregare non solo per i cristiani perseguitati ma per tutti i popoli che soffrono. Bisogna sempre fare lo sforzo di superare un tribalismo cristiano verso la vera universalità che è una cosa profondamente cristiana. In questi giorni, durante il congresso, avremo occasione di sorpassare i nostri timidi confini personali e nazionali per toccare un altro come fratello, come sorella. Nel vangelo che abbiamo sentito, Gesù propone la stessa lezione della fraternità: “Chi è mia madre, e chi sono i miei fratelli? Chiunque fa la volontà del Padre mio è per me fratello, sorella, madre.”

Celebriamo oggi il Si totale di Maria al Padre. Maria è un ‘si’ totale alla volontà del Padre già dal primo momento della sua esistenza immacolata. Ma doveva rinnovare questo ‘si’ ogni giorno, cosicché ogni momento della sua esistenza era eucaristia, sacrificio di obbedienza, olocausto. E questa sua consacrazione è intimamente legata alla missione di Gesù, che è quella di “raccogliere in uno i figli di Dio dispersi.” (Gv 11:52) Rallegriamoci oggi ed esultiamo per le meraviglie che Dio ha fatto in Maria, e che fa anche in noi. Rinnoviamo oggi la nostra dedicazione a Dio. Chiediamo oggi di nuovo la grazia di unità, perché possiamo amare Dio e il prossimo “in un unico movimento di amore,” come dicono le Costituzioni salesiane (art. 3).