Dom Bosco

Relatórios da tarde de 20 de novembro

A inclusão das FMA e dos SDB na realidade dos países de língua alemã

Maria Maul, FMA

Yohannes Wielgoβ, sdb

A fama da atividade extraordinária do padre Giovanni Bosco em Turim, indo além dos Alpes, já havia penetrado nos círculos alemães durante sua vida. As publicações dos trabalhos de D'Espiney (1883) e de Du Bois (1885) são depoimentos tangíveis, em traduções de italiano ou francês.

Como exemplo, devem-se indicar as razões e os desdobramentos que favoreceram a promoção do carisma salesiano e, a isso vinculadas, a inserção dos salesianos e das irmãs de Dom Bosco na esfera cultural germanófona.

1. Questão Social e Educação Cristã

O autor alemão e missionário Steyl, Johannes Janssen, em 1885, apresentou uma biografia do sacerdote de Turim. A esta publicação, o jovem padre de Regensburg Johann Baptist Mehler, como testemunha ocular de Valdocco, apusera um prefácio em que sugeria com que esperança desejava retomar o carisma de Dom Bosco na Alemanha. Estava em íntima relação com o catolicismo social e reconhecia na atividade pastoral e social de Dom Bosco o meio mais adequado para resolver a questão social. Um primeiro passo para a disseminação orientada do conhecimento sobre o carisma de Dom Bosco foi encenado durante a 32ª Assembléia Geral dos católicos alemães, de 30 de agosto a 3 de setembro de 1885, em Münster. De acordo com os dados que ele forneceu, nestes dias ele conseguiu levantar 110 cooperadores salesianos.

No discurso político em torno da orientação confessional e secular da escola, formaram-se na Alemanha associações católicas de professores e professores. As realizações educacionais de Dom Bosco, que haviam se tornado de domínio público, haviam despertado o interesse desses círculos; eles estimularam debates científicos com o sistema educacional de Dom Bosco: entre eles podemos listar Leonhard Habrich, Lorenz Kellner, Josef Göttler e Franz X. Weigl. Em um nível mais prático e espiritual, havia os círculos de discussão chamados "Círculos de Dom Bosco", como os do grupo de professores nascidos em Solingen (Wald) em torno do mestre Franz Gustav Sina (1840-1900). Normalmente, essas pessoas também pertenciam ao círculo de cooperadores salesianos.

No Tirol, em julho de 1887, no jornal "Neue Tiroler Stimmen", uma série de artigos apareceu no célebre sacerdote italiano com o título "Dom Bosco, das págegas de Weltwunder der Gegenwart" ( Dom Bosco, milagre pedagógico mundial do presente ), artigos que deram a conhecer para muitas pessoas na Áustria as realizações educacionais do sacerdote-educador de Turim.

2. Importância do "Boletim Salesiano"

A partir de 1877, Dom Bosco publicou um jornal com o qual propôs a ligação com amigos e apoiadores de seu trabalho. Esta folha - "Boletim Salesiano" - referia-se sobretudo a todas as notícias das missões salesianas.

De 1879 também foi publicado em francês. Até 1895, na área de língua alemã, seu conteúdo era acessível apenas a pessoas que eram especialistas em idiomas de alto nível cultural.

Mehler pedira em vão a Dom Bosco que fizesse uma edição alemã, impressa em Turim com o título "Salesianischen Nachrichten", com uma tiragem de 20.000 exemplares. Foi enviado gratuitamente aos cooperados salesianos cadastrados, mas intencionalmente também se tornou acessível a potenciais multiplicadores como editores, sacerdotes e professores. O conhecimento do carisma salesiano encontrou uma nova difusão através dos relatórios das casas salesianas, das notícias sobre as novas fundações, da atividade da congregação nas missões na América do Sul, na Ásia e na África, com as apresentações populares da biografia de Dom Bosco e da comunidade. dos Salesianos Cooperadores. Como indicador do enraizamento das formas salesianas de piedade no povo, a reprodução pode ser avaliada no Boletim Salesiano.

Le Suore di Don Bosco (FMA) rimasero chiaramente sottorappresentate nelle relazioni del Bollettino salesiano. Nelle lettere del Rettor Maggiore ai Cooperatori salesiani a inizio anno erano menzionate con le loro nuove fondazioni. Erano presenti visivamente su alcune foto dalle missioni e nell’assetto grafico di ogni copertina di un fascicolo. Tra il prosperare della stampa di chiesa, il Bollettino salesiano conquistò una notevole posizione – favorita anche dall’amore alla lettura della società alla fine del secolo.

3. L’opera tedesca delle vocazioni tardive, premessa di numerose nuove fondazioni dopo la prima guerra mondiale

Una spinta essenziale verso il radicamento del carisma salesiano nei territori di lingua tedesca lo diede la fondazione tedesca del “Don-Bosco-Instituts S. Bonifacius” che ebbe molto successo. Già dal 1895 il Bollettino salesiano accennava all’“Opera di Maria Ausiliatrice per levocazioni tardive”, fondata da Don Bosco, che don Rua poté sviluppare, dai modesti inizi a Foglizzo (1897 - 1899) e Cavaglià (1899 - 1900) e infine a Penango (1900 -1910), in una fiorente istituzione per gli aspiranti di lingua tedesca. Nel 1912 fu spostata a Wernsee e durante la prima guerra mondiale a Unterwaltersdorf presso Vienna. Delle circa 700 vocazioni tardive che sono passate da questa istituzione, 200 sono entrate in congregazione, 46 di queste sono andate in missione e il rimanente ha costituito il personale di base per le numerose nuove fondazioni dopo la prima guerra mondiale nel Reich tedesco e in Austria, dopo che nel 1917 fu abolita la cosidetta “Legge gesuitica” che risaliva al periodo della Kulturkampf nel Reich tedesco.

4. Fondazione di case salesiane in ambito tedesco

Salesiani di Don Bosco

I primi contatti del fondatore della Congregazione salesiana con i cittadini dell’allora monarchia austro-ungarica risalivano probabilmente agli anni tra il 1860 e 1879. A motivo della buona fama die Salesiani, che da molte parti erano richiesti di guidare opere educative nello spirito di Don Bosco, sorsero relativamente presto delle filiali sul territorio della monarchia al di fuori dell’ambito di lingua tedesca: nel 1887 a Trento, 1892 a Miejsce (Galizia orientale), 1895 a Gorizia, 1898 a Oswiecim e Trieste, 1901 a Laibach, 1904 a Daszawa.

A Vienna verso la fine del 19. Secolo, la precaria situazione dei bambini e dei giovani fu presa molto sul serio e trattata scientificamente in parecchi congressi. Uno dei frutti di questi congressi fu la fondazione dell’associazione „Kinderschutzstationen“ (Centri per la protezione dei bambini). I fondatori, in particolare il noto gesuita P. Heinrich Abel, avevano introdotto nella società viennese una nuova mentalità con lo slogan “Zurück zum praktischen Christentum” (Ritorno al cristianesimo pratico). P. Abel e con lui numerosi cristiani attivi diedero sostegno morale e materiale a quegli ordini che operavano in vista di un cambiamento sociale della società. I Salesiani, nei circoli cristiani di Vienna, erano stimati come una congregazione moderna che tentava di dare risposte concrete ai problemi die giovani.

Si venne così nell’autunno del 1903 all’assunzione da parte die salesiani della direzione di un asilo con cerca 120 bambini nel 6. Settore di Vienna. Ma tuttavia, poiché sorsero presto conflitti con la direzione dell’Associazione, i salesiani posero fine nel 1906 alla collaborazione con l’Associazione di protezione dei bambini (Kinderschutzverein) e negli anni successivi costruirono nel 3. Settore il primo proprio istituto educativo, che fu inaugurato nel 1910 con diverse sezioni. Divenne, sull’esempio di Valdocco, la “casa madre” dell’opera salesiana in Austria, che prese un notevole sviluppo con il sorgere di svariate associazioni e di un ginnasio privato. Con ciò i Salesiani rispondevano le tanto desiderate attese dei circoli ecclesiali e sociali di Vienna che trovavano riconoscimento nello studio pastoral-teologico del professore dell’università di Vienna Heinrich Swoboda dal titolo “Großstadtseelsorge“ (Pastorale della metropoli). In essa il Prof. Swoboda aveva presentato i Salesiani come una congregazione  moderna sommamente adatta per la pastorale nelle grandi città, soprattutto nei quartieri abitati dal proletariato. Una seconda fondazione su territorio austriaco – avviata nel 1914 e pensata come casa di formazione per vocazioni tardive di lingua tedesca – rimase bloccata agli inizi a causa della guerra e soltanto dopo la guerra poté riprendere la sua finalità originaria con grandi problemi economici.

Con la chiamata alle armi di confratelli, novizi e aspiranti, con la morte al fronte, gli abbandoni e le interruzioni forzate della formazione, la guerra aveva provocato dolorosi vuoti nella giovane consistenza del personale. Tuttavia, grazie alla lungimirante pianificazione di Don Michele Rua, poterono essere esaudite una quantità di domande di istituzioni ecclesiastiche e di suppliche di Cooperatori salesiani per assumere la direzione di istituzioni in aiuto alla gioventù. Nel primo decennio dopo la guerra mondiale i Salesiani si impiantarono in Germania: nel 1919 a Passau, Bamberg, München e Freyung, nel 1920 a Burghausen e Ensdorf, nel 1921 a Essen, nel 1923 a Regensburg, nel 1924 a Marienhausen, nel 1925 a Helenenberg e Galkhausen, nel 1926 a Buxheim, e nel 1927 a Wiesbaden. In Austria aprirono case a Vienna Stadlau (1919), Wien-Unter St. Veit (1921), Fulpmes (1921), Graz (1921), Amstetten (1925), Jagdberg e Linz (1928). La prima fondazione nel Regno tedesco era avvenuta nel 1916 a Würzburg, dove, nonostante la proibizione di filiali di comunità religiose, con l’aiuto di influenti Cooperatori salesiani del clero di Würzburg, poté essere reso possibile l’allestimento di una casa per apprendisti. La buona fama del lavoro sociale e caritativo di Giovanni Bosco e della sua giovane comunità religiosa - sostenuta dalla stampa e da visite a Valdocco -  aveva mosso rappresentanti del cattolicesimo sociale a convincere i salesiani soprattutto per la soluzione del problema degli apprendisti. Tenendo conto della relativamente veloce diffusione della congregazione salesiana all’interno della monarchia asburgica, Don Michele Rua aveva eretto nel 1905 l’ispettoria austro-ungarica con sede a Oswiecim.

Le Suore di Don Bosco

Una prima iniziativa per inserire le Suore di Don Bosco nelle regioni di lingua tedesca era partita dalla Madre generale Sr. Caterina Daghero, che aveva discusso la sua intenzione nel maggio 1920 con l’ispettore Dr. August Hlond. L’ispettore nel luglio 1920 fece una richiesta sulla possibile accoglienza delle suore nell’arcidiocesi di Vienna al cardinale Gustav Piffl.

Anche se egli diede fondamentalmente la sua approvazione, le Suore di don Bosco dovevano prima mettere piede in Germania e cioè ancora nell’anno giubilare 1922, poco dopo che nel 1921, in vista del 50° giubileo della congregazione, era uscita la prima biografia di Maria Mazzarello, redatta da Clara Commer, una autrice tedesca di letteratura religiosa, vissuta per lunghi anni a Vienna e Graz. Il Rettor maggiore Don Filippo Rinaldi stesso, in occasione dell’anno giubilare 1922 aveva invitato le suore ad estendere le loro opere anche in Germania, Polonia, Russia, Cina, India e Australia.

Effettivamente a novembre del medesimo anno fu resa possibile la prima fondazione tedesca a Essen-Borbeck, mediata dai salesiani che misero a disposizione delle suore lo spazio per erigere un internato per ragazze. Dal momento che dalle centinaia di ragazze che frequentavano giornalmente sia l’oratorio che l’asilo, ma anche la scuola di cucito delle suore, uscirono presto numerose candidate per la congregazione, l’allora superiora italiana, Sr. Alba De Ambrosis, che in seguito fu visitatrice e ispettrice della Germania e dell’Austria, aprì già nel 1924 una casa di formazione a Eschelbach in Baviera.

La terza casa delle suore fu aperta per il fatto che l’ispettore salesiano P. Dr. Franz Xaver Niedermayer nel 1928 aveva chiamato le suore a Jagdberg nel Voralberg, dove esse dovevano occuparsi della cucina e lavanderia e anche della cura dei ragazzi dai quattro ai sette anni.

Nel successivo decennio le Suore di Don Bosco eressero, sovente accanto ai Salesiani, per i quali in diversi luoghi assumevano anche le attività domestiche, i loro ambiti di attività con le tipiche opere come giardini d’infanzia, internati, oratori e scuole di cucito chiaramente destinate ai gruppi di bambini e delle ragazze.

Guardando gli inizi della presenza delle Suore salesiane in Austria, colpisce specialmente il fatto che fino alla seconda guerra mondiale solo in casi isolati le austriache avessero trovato la strada per entrare tra le Figlie di Maria Ausiliatrice. Tutto il lavoro specificamente costruttivo nella fase di fondazione in Austria fu fornito per la maggior parte da suore italiane e tedesche. Mentre in Germania le suore poterono mettere piede anche nelle grandi città come München, Ingolstadt e Regensburg, in Austria riuscirono ad inserirsi con fondazioni in piccole località e nelle periferie. Anche se prima dello scoppio della seconda guerra mondiale fu possibile iniziare l’attività nelle due capitali regionali Linz e Klagenfurt, tuttavia una fondazione a Vienna, nonostante diversi tentativi fatti vent’anni prima, fu possibile solamente nel 1950, a Vienna XI Hasenleiten. La maggioranza delle fondazioni sono dovute alla mediazione o perlomeno all’influsso dei Salesiani.

Nel molteplice e tradizionale panorama della congregazione, le Suore di Don Bosco si sono inserite in modo modesto e, fedeli al loro carisma, quasi esclusivamente dedite alla cura dei bambini e dei giovani. Comunque la indubbia tendenza sociale verso i bambini e le ragazze veramente poveri e abbandonati era presente in somma misura. Proprio questo fatto è sempre stato apprezzato sia con le facilitazioni ma anche dalle autorità civili ed ecclesiali locali.

5. Ripercussioni della canonizzazione di Don Bosco

Gli eventi della guerra non hanno permesso di celebrare pubblicamente in modo efficace il centenario della nascita di don Bosco, tuttavia Leonhard Habrich approfittò dell’occasione dell’anniversario per raccogliere le sue precedenti pubblicazioni in una nuova forma redazionale dal titolo “Aus dem Leben und der Wirksamkeit Don Boscos” (Dalla vita e dall’attività di Don Bosco) diffondendole nel mercato librario con una tiratura di 3000 copie. E poiché al termine della guerra l’edizione era esaurita, ne fece seguire una seconda nel 1924 con 6000 esemplari.

Il Bollettino salesiano tedesco riprodusse, in forma affiancata la redazione originale latina con accanto la traduzione tedesca, il decreto della Congregazione dei riti sulla beatificazione e canonizzazione del venerabile Servo di Dio Giovanni Bosco del 24 luglio 1907, a cui seguirono a inusuale breve distanza la beatificazione già nel 1929 e la canonizzazione nel 1934. Peter Dörfler, sacerdote, scrittore e direttore di un orfanatrofio di Monaco, nel numero di aprile della rivista “Hochland“ apprezzò la canonizzazione con un contributo introducendolo con queste parole: “non si udirà un nome straniero, come avviene talvolta nelle Canonizzazioni”. Dörfler aveva studiato in Germania la bibliografia esistente su don Bosco e si era documentato a Torino. Ora concludeva così le sue considerazioni sul nome di Don Bosco: “Il nome significava un’opera mediata dal povero Giovanni, un atteggiamento spirituale, un sistema educativo e poi anche case di educazione, una grande comunità in continua espansione – Don Bosco è diventato un marchio che è maturato fino a diventare un alto valore, soprattutto nella pastorale giovanile cattolica in Germania nel dopoguerra. Dörfler sottolineava il fatto che esisteva una rispettabile reputazione dell’apostolato salesiano già anche senza le ripercussioni di una canonizzazione. Personalmente egli era impegnato a tenere lezioni su Don Bosco nelle comunità giovanili “Quickborn” che si ispiravano a Romano Guardini.

I festeggiamenti estesi in tutta la Germania e le manifestazioni giovanili in occasione della canonizzazione negli anni 1934/1035 con alto numero di partecipanti, come espressione dello spirito di rivolta contro il nazionalsocialismo e inoltre le ampie relazioni sui giornali e riviste vicine alla chiesa, hanno favorito la popolarità del nuovo santo. Nelle difficili situazioni della dittatura nazional-socialista Don Bosco, per molti gruppi giovanili i cattolici, era diventato un’icona contrapposta al culto del Führer, propagandato dal Nazionalsocialismo.

Lo straordinariamente alto numero di entrate nei noviziati dei salesiani e delle quasi sconosciute Suore di Don Bosco in Germania, presenti con appena quattro case ciascuna in Germania e in Austria devono essere considerate come un indizio che, con la canonizzazione di Don Bosco, anche l’opera delle sue comunità era diventata per le giovani generazioni un progetto di vita degno di considerazione.

6. L’epoca del Nazionalsocialismo, della II. Guerra mondiale e le conseguenze per le comunità salesiane

In Germania e anche in Austria con l‘„Anschluss“ al Reich tedesco nel 1938 l’attività con i bambini e i giovani finì sotto le misure ostili alla Chiesa del potere nazional-socialista. Una legislazione orientata all’ideologia statale, disposizioni poliziesche statali e l’arbitrio come anche le denunce non lasciavano alcuna possibilità per il libero svolgimento del lavoro pedagogico salesiano. Seguirono chiusure ed espropriazione di case, i confratelli venivano obbligati a risiedere in altre regioni, mentre ad alcuni veniva proibita l’attività. Giovani confratelli dovettero vivere per settimane lontani dalle loro comunità, ingaggiati in servizi di stato obbligatori. All’ordine fu proibito di accettare candidati in noviziato.

Desde o outono de 1939 foi a guerra que dominou o desenvolvimento das comunidades da província. As chamadas para a parada militar interromperam os processos formativos dos confrades que estavam estudando, a geração de jovens padres foi forçada ao serviço de saúde. As freiras trabalhavam nos lazarets ou na embalagem de bens importantes para a guerra.

Em 8 de maio de 1945, a Alemanha capitulou sem condições, as ações de guerra foram interrompidas, mas a devastação da guerra ainda pesava nos campos de trabalho salesianos durante anos. 150 irmãos alemães da geração jovem perderam suas vidas, outros tiveram que esperar anos para serem libertados da prisão de guerra, outros ainda tinham sido traumatizados pelos eventos da guerra. Devido a esses fatores, as tensões da solução difícil às vezes se desenvolveram dentro das comunidades.

All’esterno le Suore e i Salesiani dovettero confrontarsi con gli impellenti compiti della ricostruzione delle case distrutte dalla guerra e delle condizioni di un’economia ampiamente annullata. Il carisma di Don Bosco si dovette rivolgere alle necessità attuali di una gioventù disorientata dalla guerra: orfani di guerra, vittime della fuga e della dispersione, senza tetto e senza lavoro. Mentre i Salesiani prima della guerra in sei case avevano accudito degli apprendisti, dopo la guerra sorsero soprattutto nelle regioni industriali dodici nuove fondazioni con lo scopo di servire come convitto. Questa espansione portò nel 1954 alla decisione di suddividere l’ispettoria in due: una Nord e una Sud.

Le numerose entrate dalle Suore e le loro nuove fondazioni del dopo guerra, geograficamente molto disperse sia in Germania che in Austria, portarono alla decisione che la visitatoria delle Suore di Don Bosco esistente fin dal 1931 venisse trasformata nel 1946 in Ispettoria autonoma e poi nel novembre 1954 venisse ulteriormente suddivisa in una Ispettoria tedesca con sede a Monaco e in una Ispettoria austriaca con sede ispettoriale a Stams nel Tirolo. Molte suore tedesche continuarono a far parte dell’ispettoria austriaca e a loro volta quelle austriache avevano ricevuto la loro formazione religiosa in Germania.

La raggiunta autonomia delle ispettorie portò anche al sorgere di nuovi ambiti di apostolato. Fu soprattutto con l’acquisto della casa di Rottenbuch nel 1950 e l’apertura di una scuola di economia domestica a Linz nel 1958 le Suore segnarono un importante passo nella direzione della tipica formazione salesiana professionale per le ragazze e le giovani donne.

Ciononostante per un lungo periodo lo stile di vita e l’apostolato delle Suore di Don Bosco rimase improntato alla mentalità italiana. Mentre i Salesiani già nel 1922 avevano per capo un ispettore tedesco, in Austria solo nel 1972 - dopo 50 anni di conduzione italiana – fu nominata la prima suora austriaca come ispettrice.

7. Un esempio per lo sviluppo della recezione di Don Bosco nello spirito del Concilio Vaticano II

Tra gli studenti dello studentato teologico di Benediktbeuern, nel contesto delle discussioni sull’educazione totalitaria della gioventù nello stato nazional-socialista, si era formato un gruppo con lo scopo di presentare Don Bosco come figura-modello di educatore per questo tempo: il “Werkkreis für Fest und Feier” (Circolo di lavoro per la festa e le celebrazioni), ma il loro inizio pieno di speranza, nel 1936/27 fu molto presto interrotto dalla partecipazione alla guerra e dalla morte di parecchi protagonisti.

Sotto l’impressione delle devastazioni della seconda guerra mondiale, alla fine del 1945, riprese le istanze del suaccennato gruppo, a Monaco il “Werkkreis der Salesianer” (Circolo di lavoro dei Salesiani) che intendeva però comprendere più ampi orizzonti. Alcune proposizioni  dell’appello programmatico spiegano questa apertura sulla Congregazione: “La gioventù si appella a noi Salesiani, come mai prima di adesso. Quando mai il nostro lavoro è stato più simile all’attività di Don Bosco che quello di oggi?”

Soprattutto noi sentiamo che in molte località, dalle conversazioni e dalle lettere, dalle nostre stesse file stanno uscendo forze vive che attraverso il „Circolo di lavoro dei Salesiani“ possono aver parte determinante ai compiti educativi e religioso-spirituali della nostra congregazione”.

Il superamento delle devastazioni del quotidiano a cui abbiamo accennato (ricostruzione, istituzione ni nuove case necessarie, problemi di sostentamento e di approvvigionamento, conflitti all’interno delle comunità, come anche tra generazioni, e di relazione con i confratelli tornati dalla guerra e con quelli che, dispersi dalla guerra o dalla persecuzione, vissero isolati) hanno assorbito molte forze e non hanno permesso di pensare al di là del quotidiano. A questo si aggiungono certi pregiudizi e incomprensioni, da parte della direzione generale di Torino nei confronti delle situazioni tedesche, che compromettono il rapporto di fiducia.

Per un ripensamento orientato al futuro si propone “Linie”, un foglio di comunicazione interno, ciclostilato, sorto all’inizio degli anni Sessanta tra gli studenti di Benediktbeuer, che si proponeva di analizzare, in dialogo tra confratelli, le “Chiusure del passato” e che avrebbe voluto arrivare ad un aperto dibattito sui compiti dei Salesiani di Don Bosco in Germania nell’ambito della pastorale giovanile.

Questa iniziativa ha portato un impulso notevole allo sviluppo dello studentato di Benediktbeuern e a nuovi punti di partenza per inserire la pedagogia e la pastorale di Don Bosco nel contesto della chiesa cattolica in Germania e in Austria.

Come principio fondamentale per questo nuovo orientamento del carisma di Don Bosco valga, all’interno della Congregazione, il secondo documento del XX Capitolo generale speciale “Don Bosco nell’oratorio. Criterio permanente di rinnovamento dell’azione salesiana”.

(Traduzione dal tedesco di Giuseppe Tabarelli)

Le scuole salesiane in Polonia tre le due guerre:
una risposta ai bisogni della società in una epocale trasformazione sociale e culturale

Waldemar Witold Żurek, sdb

Dalla culla della Congregazione Salesiana di Torino giunsero nel 1898 in terra polacca ad Oświęcim - nella Galicja d’allora - i primi salesiani polacchi, dove organizzarono la prima casa della congregazione: l’Istituto di don Bosco. Già un anno dopo, nell’edificio preso in affitto (istituto provvisorio) accolsero primi allievi. Negli anni successivi nell’istituto di Oświęcim i padri salesiani organizzarono il ginnasio (1900), la scuola professionale, il noviziato salesiano (1903) ed, ancora, il centro di studi seminariali. Contemporaneamente svolgevano il servizio pastorale nella chiesa, prima dei Domenicani, ristrutturata dalle rovine, la quale fu dedicata a Santa Maria Ausiliatrice dei Cristiani. Ad Oświęcim dal 1905 venne stabilita la sede del superiore della Provincia dei Santi Angeli Custodi. Di là i salesiani sono partiti per le nuove case della congregazione – più precisamente gli Istituti in Galicja (Daszawa 1903, Przemyśl  1907, Kraków – nel quale era venuto dal 1911 il cappellano della casa di rifugio), dove hanno iniziato l’attività pastorale ed educativa - didattica fra la gioventù maschile povera. La storia delle origini della congregazione in Polonia ed i legami con Torino sono una conferma del Sitz im Leben do trabalho salesiano na Polônia. Em torno de Oświęcim concentraram-se as principais motivações do trabalho subseqüente dos salesianos, tanto no que diz respeito às estruturas das escolas, instituições de ensino, programas nelas introduzidos, educação geral e profissionalizante, formação sócio-religiosa e pessoal, como também professores, alunos, ex-alunos unidos na Associação dos Ex-Alunos Salesianos.

A estrutura cronológica do presente artigo inclui a atividade de ensino-educação dos salesianos na Polônia no período entre as duas guerras mundiais: a primeira e a segunda, ou seja, nos tempos da Segunda República. Após a Primeira Guerra Mundial, a nova ordem política e as relações internacionais baseadas em princípios completamente novos foram criadas na Europa. Na divisão das fronteiras da futura Europa, um princípio supremo foi levado em consideração: o direito das nações à autodeterminação de seu próprio destino e ao raio territorial de uma nação deve indicar a superfície do Estado. Assim também o estado polonês após 123 anos de escravidão reapareceu em 1918 no mapa político da Europa. O termo temporal do presente trabalho é a segunda metade do ano de 1939 com a eclosão da Segunda Guerra Mundial e as ocupações da Polônia: alemã e soviética. Isso causou a suspensão da atividade docente dos salesianos na Polônia. A geografia das escolas salesianas incluía todo o estado da Segunda República da Polônia, com menor densidade nos centros das chamadas fronteiras orientais. Apresentando a rede de institutos salesianos de educação, é necessário sublinhar sua distinção em escolas primárias, secundárias, ginásios, escolas secundárias, seminários menores e institutos profissionais em uma única província salesiana e a partir de 1933 em duas províncias polonesas. A geografia das escolas salesianas incluía todo o estado da Segunda República da Polônia, com menor densidade nos centros das chamadas fronteiras orientais. Apresentando a rede de institutos salesianos de educação, é necessário sublinhar sua distinção em escolas primárias, secundárias, ginásios, escolas secundárias, seminários menores e institutos profissionais em uma única província salesiana e a partir de 1933 em duas províncias polonesas. A geografia das escolas salesianas incluía todo o estado da Segunda República da Polônia, com menor densidade nos centros das chamadas fronteiras orientais. Apresentando a rede de institutos salesianos de educação, é necessário sublinhar sua distinção em escolas primárias, secundárias, ginásios, escolas secundárias, seminários menores e institutos profissionais em uma única província salesiana e a partir de 1933 em duas províncias polonesas.

Seguindo o modelo do fundador, Dom Bosco, para quem a motivação das iniciativas empreendidas foi sempre o diagnóstico das necessidades do lugar e do tempo, os salesianos poloneses reconheceram o campo de seu trabalho na pátria regenerada após a Primeira Guerra Mundial. Eles procuraram que um novo trabalho resultasse da necessidade concreta da comunidade local, levando em conta suas expectativas.

Para a congregação italiana, que desenvolveu atividades em solo polonês na virada dos séculos XIX e XX, a tarefa prioritária era a busca de candidatos para a congregação. Para este propósito, o ensino médio do ginásio foi aberto no Instituto Oświęcim. O papel da escola era preparar candidatos para a congregação e o sacerdócio. Apesar do fato de que os salesianos garantiram aos estudantes liberdade na escolha de continuar a formação posterior nos ginásios estatais, na educação dentro do instituto eles tentaram criar as condições ótimas e dar o treinamento para cuidar das vocações à vida consagrada no grupo de estudantes .

Na época do início da Primeira Guerra Mundial, nos territórios poloneses, quatro instituições de educação educacional estavam operando em Galicja, onde a atividade era interrompida. Apesar das graves perdas imediatamente após a guerra, outros institutos foram organizados, especialmente para jovens. Até 1922, 12 novos institutos foram abertos. Naquele ano foi criada a província polonesa autônoma de Santo Estanislau Kostka, erigida em 18 XI 1922. Até a época da divisão da Província da Congregação na Polônia em duas outras: a Província do Norte e a Província do Sul (criou a 16 XII 1933) o número de casas aumentou em outras 20 unidades. No entanto, após uma escolha feita naquele ano, foi decidido renunciar a 4 trabalhos previamente aceitos. Até 1939, outras 15 instituições foram abertas, recusando-se a aceitar apenas uma. Assim, na época do início da Segunda Guerra Mundial, a congregação na Polônia possuía 645 membros trabalhando, que trabalhavam em 46 centros, dos quais 3 eram no começo.

Di fronte a questo molto intenso sviluppo della opera salesiana nel nostro paese fino al 1939 è giusto porsi una domanda: come i salesiani si sono accorti dei concreti bisogni sociali, ai quali rispondevano tanto positivamente, prendendo in considerazione le condizioni che li spingevano al loro sviluppo e che servivano come fondamento dello sviluppo ulteriore non soltanto di una scuola, ma pure per la congregazione su scala nazionale? Le condizioni nelle quali i salesiani hanno iniziato il loro servizio sui territori polacchi erano molto particolari. La Galicja, dove è stata aperta la prima casa ad Oświęcim, si caratterizzava per il ritardo economico ed industriale: ciò rispecchiava pienamente la situazione economica degli abitanti. Si notava un forte bisogno dell’educazione professionale e dell’educazione in generale. Altre regioni polacche, incorporate dalla Russia e dalla Prussia, soggette al processo di snazionalizzazione fino al 1918, richiedevano lo sviluppo della cultura polacca ed un rinnovamento morale ed religioso. La fama del fondatore dei salesiani era molto conosciuta tra i polacchi, che vivevano sotto l’amministrazione degli stati invasori ed emigrati in altri paesi. Per questo motivo gli inviti, sollecitazioni ad accettare ed ad aprire dei nuovi centri giungevano da tutte le parti. Una forte richiesta emerge nel periodo successivo al recupero dell’indipendenza politica del nostro paese. Gli inviti erano indirizzati dai vescovi e sacerdoti, attivisti sociali, che, nel lavoro pastorale ed educativo-sociale, vedevano il mezzo per il raggiungimento dell’ordine morale e sociale. Alcuni centri di educazione, comprese le fondazioni di beneficenza già esistenti, ambivano di essere gestite dai salesiani, poiché avevano spesso delle difficoltà economiche. I salesiani venivano invitati dalle autorità amministrative statali, da gruppi locali e da persone private. Infine a volte i salesiani stessi chiedevano di poter occuparsi di alcuni centri per poter aprire ed organizzare delle case di formazione, vedendovi un’opportunità nella crescita delle vocazioni oppure una prospettiva di sviluppo del lavoro su un determinato territorio come, p.e., ai Confini dell’Est.

Neste ponto, outras questões surgem. Quais razões os salesianos e as pessoas que os convidaram a abrir novos institutos? Certamente, havia uma forte necessidade de atividade educacional e didática entre os jovens pobres em um nível moral e material. Esses fatores desempenharam um papel de liderança tanto nas origens do trabalho salesiano nesta parte da Europa, como após a recuperação da independência política da Polônia, bem como no período da grande crise econômica dos anos 1930. Nos primeiros anos da reconstrução do Estado polonês, após a Primeira Guerra Mundial, a necessidade urgente era o atendimento de crianças e jovens e sua educação em nível profissional. Uma razão igualmente importante para convidar os salesianos era muitas vezes a necessidade de atividades educativas e de ensino em geral. O caminho para o desenvolvimento dos valores nacionais e o crescimento da cultura polaca pertencia às escolas do ensino médio - ginásios, que davam uma educação geral.

As condições sob as quais os salesianos começaram e desenvolveram o trabalho acadêmico foram então definidas pela situação histórica, religiosa, moral e econômica do país. A iniciativa e o desenvolvimento do trabalho educacional nessas circunstâncias exigiam grande gasto e esforço por parte das pessoas. Em alguns imóveis tomados em posse das dívidas e, no caso de outros, era necessário liquidar contas e hipotecas contratadas. Levando em conta o empobrecimento da sociedade após a Primeira Guerra Mundial, a crise econômica, a desvalorização do dinheiro e o número de instituições, podemos derivar a dimensão do problema que a congregação teve que enfrentar na Polônia. Em troca, os salesianos receberam um grande crédito pela confiança social; isso os levou a um sacrifício e coragem ainda maiores em obras que estavam praticamente acima das possibilidades humanas. Realizando o serviço de educação e ensino na Polônia, os salesianos contribuíram, com sua experiência e sabedoria da congregação, para a evolução do perfil de formação e para os programas de ensino das diversas escolas. 

Nella realtà polacca i salesiani organizzavano principalmente delle scuole artigianali; ciò era motivato dai bisogni dei giovani e dal fabbisogno di personale qualificato nell’ambito di una professione. Tali iniziative corrispondevano pure al fabbisogno dell’economia e del settore industriale del paese in attesa della rapida formazione di specialisti ed esperti. Il numero delle scuole professionali, dopo la rinascita della Polonia, non era sufficiente e il numero degli allievi non superava il 20% dei gioviani delle scuole medie su scala nazionale. Fino al 1939 i salesiani hanno organizzato 9 scuole professionali: Oświęcim (1901), Przemyśl (1916), Kielce (1918), Warszawa (1919), Łódz (1922), Wilno (1924), Kraków (1925), Dworzec (1927), Jaciążek (1928); in esse venivano formati allievi per una quindicina di mestieri. Molto spesso nelle le scuole funzionavano quattro sezioni: fabbro, falegname, sarto, calzolaio, secondo la tradizione formatasi ad Oświęcim. Di rado funzionavano anche sezioni: di modellistica, per organisti, di giardinaggio, di orticultura - apicultura, di grafica, di lavorazione di metallo, di costruzione di macchine, di fonderia, di fabbro - ferraio, di carraio.

Nel reclutamento per le scuole i salesiani osservavano attentamente il mercato del lavoro ed il fabbisogno di formazione nei diversi mestieri, prendendo in considerazione la specificità della regione, la sua economia ed il livello di industrializzazione. Per questo motivo dal 1928, su scala nazionale, le sezioni, nelle quali il numero degli alunni diminuiva, venivano raggruppate in una scuola del distretto scolastico o della regione e, con il passare del tempo, venivano liquidate. Per esempio, la sezione di calzolaio, a partire da quell’anno, funzionava soltanto in due scuole professionali: a Kraków ed a Wilno. Altre sezioni si sviluppavano indipendentemente in una direzione professionale: ciò contribuiva al livello dell’educazione professionale. Un buon livello dell’educazione professionale negli anni trenta ha dimostrato che alcune sezioni professionali in qualche scuola hanno raggiunto lo status di scuola indipendente: l’Istituto Meccanico a Łódz, l’Istituto di Falegnameria ad Oświęcim, Wilno, e Kielce, la Scuola di Sartoria a Kielce; oppure hanno raggiunto il grado del ginnasio professionale. Qui occorre elencare il Ginnasio Meccanico a Łódz ed Oświęcim, il Ginnasio Grafico con Laboratorio Sperimentale Grafico e l’Officina Tipografia Artistica e Grafica a Varsavia, il Ginnasio di Sartoria a Kielce (in fase di organizzazione). In modo particolare bisogna sottolineare il merito della Scuola Salesiana per Organisti a Przemyśl, che dal 1916 educava dei futuri organisti a svolgere il loro impegno musicale, ma offrendo anche una formazione teologico – liturgica. Essa era l’unica scuola di questo tipo nel paese e, grazie a buon livello dell’educazione, godeva del riconoscimento delle autorità eclesiastiche e dei fedeli, avendo sempre un numero sufficiente di candidati per l’anno scolastico successivo.

Os salesianos dedicaram seu maior cuidado e atenção a este tipo de escola vocacional. Tais escolas exigiam uma base econômica para as oficinas, um grande número de funcionários, assistentes com a qualidade de gerentes e instrutores. Quase todas as escolas de artesanato salesiano na Polônia (exceto Jaciążka) possuíam o mesmo direito que a escola estatal. Isso também lhes garantiu o direito de criar suas próprias comissões competentes na realização do exame de aprendizado.

Non inferiore posizione nel sistema scolastico salesiano, nel periodo presentato, occupavano le scuole medie, ginnasi e licei dell’istruzione generale nel numero di 7 unità: Oświęcim (1900), Różanystok (1920), Aleksanrów Kujawski (1923), Kraków - Marszałki (1924-1931), Sokołów Podlaski (1925), Ostrzeszów (1932), Lwów (1937). L’attività delle scuole medie di Galicja, comprese le prime scuole salesiane, aveva come base la legislazione scolastica dell’associazione dei ginnasi e delle scuole reali in Austria del 1849 con ulteriori modifiche. La legge prevedeva il ginnasio classico di otto classi, composto dal ginnasio minore (classi I – IV) e maggiore (classi V-VIII). I ginnasi minori potevano funzionare indipendentemente e preparavano gli alunni all’istruzione nel ginnasio maggiore. Questo modello funzionava anche ad Oświęcim. Il ginnasio maggiore preparava gli allievi agli studi universitari e non poteva funzionare independentemente dal ginnasio minore. Dopo la rinascita della Polonia ritornò in vigore il precedente modello del ginnasio classico con la divisione in minore e maggiore. Tuttavia le scuole private avevano il diritto ai propri programmi dei quali approfittavano anche le scuole salesiane. Nel periodo fra le due guerre mondiali le autorità scolastiche (Il Ministero delle Confessioni Religiosi e della Pubblica Istruzione) hanno introdotto una serie di riforme delle scuole medie. In questo modo nel 1929 nel ginnasio esisteva la divisione in: classico, lettere e scienze, matematico-naturale. La svolta decisiva per il sistema scolastico polacco primario, secondario e superiore statale e privato venne con la cosiddetta riforma jedrzejowiczowska (dal cognome del ministro Janusz Jędzrzejewicz), entrata in vigore il 1 III 1932. La riforma regolava l’obbligo generale all’educazione elementare di sette classi ed introduceva anche il programma della scuola media ginnasiale. Al posto del ginnasio di due livelli di durata di otto anni (minore, maggiore), venne introdotta la scuola media generale di sei anni. Essa comprendeva il ginnasio generale di 4 anni, che terminava con la cosiddetta piccola maturità, la quale rendeva possibile un’ulteriore percorso nel liceo di istruzione generale di due anni, con un profilo professionale o pedagogico, che terminava con l’esame di maturità superiore, il quale consentiva l’accesso agli studi universitari. La condizione d’ammissione alla scuola media ginnasiale e liceale era di aver compiuto la scuola elementare di 6 anni. Tutte le scuole salesiane - ginnasi e licei - nel periodo presentato realizzavano il programma del ministero dell’istruzione pubblica e possedevano il diritto delle scuole statali. I superiori della congregazione dirigevano il lavoro nelle scuole dei salesiani con la migliore preparazione a livello professionale; ed eventuali deficienze di personale in questo campo venivano completate con personale laico.

Todas as escolas secundárias listadas acima eram escolas particulares masculinas, com exceção do Ginásio Municipal Conjunto em Ostrzeszów, que as autoridades locais decidiram em 1932 fechar devido a dívidas. Recolhido no mesmo ano pelos salesianos, o ginásio manteve seu caráter misto até a abertura do ginásio feminino em 1934 pelas freiras nazarenas.

Centros paralelos aos que acabamos de apresentar, do ponto de vista do programa de estudos, eram os seminários menores. Eles eram particularmente cuidados porque forneciam candidatos para a vida religiosa. Desses institutos até 1939 eles trabalharam na Polônia 5: Daszawa (1907), Ląd (1921), Pogrzebien (1931), Jaciążek (1933), Reginów (1937). Dois deles: Deszawa e Ląd foram para os chamados Filhos de Maria, jovens que completaram o ensino médio antes de entrar na vida religiosa. O seminário menor de Reginów, inaugurado em 1937, deveria contribuir para a formação das vocações missionárias. Já no segundo ano letivo de 1938/1939 o número de alunos dobrou de 60 para 130 alunos em quatro turmas. Os estudantes vieram de quase toda a Polônia. Um outro desenvolvimento foi impedido pela Segunda Guerra Mundial. O seminário durou apenas dois anos e não preparou nenhum candidato para as missões.

Os seminários menores listados acima funcionavam como escolas secundárias privadas, mas não seguiam totalmente o programa estadual de ensino médio; quase todos não tinham direito a escolas públicas, exceto o seminário menor em Ląd (6 ginásios de classe), que durante um ano letivo de 1926/1927 recebeu o direito da escola estadual. Alguns dos seminários menores (por exemplo, Daszawa) enviaram seus alunos no ano passado para os ginásios com direitos estatais (por exemplo, Oświęcim). Desta forma, os alunos pobres, tendo completado as quatro classes, tiveram a possibilidade de continuar seus estudos. Às vezes, esses institutos não possuíam pessoal adequadamente treinado, que às vezes era substituído por seminaristas durante seu treinamento educacional; por essa razão, eles realizaram um programa mais baixo que os ginásios estaduais.

O grupo de escolas menos representado, dirigido pelos salesianos, eram as escolas elementares. Paralelamente ao funcionamento de ginásios e escolas artesanais em alguns institutos, os salesianos organizavam escolas primárias. Na história da escola salesiana, foram episódios limitados, causados ​​principalmente pela educação de crianças nos institutos existentes, assumidos pelos salesianos. Tendo a paróquia e o antigo convento dominicano em Różanystaw em sua posse em novembro de 1919, os salesianos decidiram abrir uma escola geral e de mídia. Ainda assim, no mesmo ano, conseguiram organizar as matrículas para o ginásio e a escola geral, que em 1923 foi confiada à gestão das salesianas. Os salesianos organizaram este tipo de escolas com mais freqüência em instituições educacionais, em orfanatos ou em casas de crianças, onde o treinamento era relacionado à idade. Este fato não afetou o profissionalismo educativo dos salesianos, como no caso das escolas médias e secundárias artesanais.

As faculdades trabalhavam em todas as escolas. Para o qual foi possível educar os jovens não só do local, mas também daqueles que vieram dos países vizinhos e também de regiões distantes. Esses colégios salesianos, no período entre as duas guerras, chegaram a 16. Não é raro que o número de alunos fosse limitado por causa de uma acomodação insuficiente. Para tanto, tornou-se necessário ampliar as casas e construir novos edifícios. Assim, os salesianos construíram um colégio para Aleksandrów Kujawski, o ato de bênção que ocorreu em 1927. Já no segundo ano de serviço dos salesianos em Sokołów Podlaski foi construído o colégio de ginásio, no qual os alunos encontraram um lugar eles não conseguiram encontrar alojamento na cidade. Três anos após a chegada dos salesianos em Ostrzeszów, o novo colégio de 120 lugares foi inaugurado em 1 IX de 1935. Os colégios salesianos funcionavam de acordo com a regulamentação das casas e com o sistema preventivo da educação salesiana transmitida por Dom Bosco.

De acordo com as Constituições da Congregação, as escolas, institutos e casas de educação eram destinados à juventude masculina. Em caso de necessidade de cuidar da educação das meninas, elas tentaram cooperar com as congregações femininas, mas às vezes os próprios salesianos tiveram que administrá-la.

Apresentando o problema das escolas salesianas daquele período, devemos ainda tocar o tema da atitude dos representantes da reconstrução e do governo da Polônia (1926-1939) em relação à Igreja e à educação religiosa da sociedade. Tanto o Estado como a Igreja aspiravam à educação religiosa. No campo da educação, o pedido da Igreja e do mundo católico era a escola denominacional. A política do governo de reconstrução não se opunha a esse ideal e o apoiava. Com o regulamento decretado pelas autoridades de educação pública (1926, 1932, 1935) a obrigação de práticas religiosas foi imposta. A educação religiosa é ensinada no primeiro andar do prédio da escola. Nenhum dos assuntos ensinados em escolas frequentadas por jovens católicos, poderia ser contrário à religião católica. Os decretos dos ministros da educação do período de reconstrução garantiram mais direitos ao clero do que no art. 114 da Constituição de 1921 e art. 13 da Concordata de 1925. No entanto, a discordância entre a reconstrução do país e do clero, aparentemente, dizia respeito à religião. Na realidade, era o problema de quem deveria dirigir a escola (privada e estatal): o padre responsável ou a administração do Estado.

Política "cultural" italiana no exterior e
o modus operandi da Congregação Salesiana na região do Oriente Médio

Giorgio Rossi, SDB

introdução

O objetivo que nos propusemos com esta intervenção não é tanto destacar a relação entre salesianidade e política em certas áreas do mundo salesiano, mas em particular a de analisar como os salesianos fora da Itália se relacionavam com a política amplamente "cultural". "implementado no exterior pelos governos italianos dos períodos Crispino, Giolittian e sobretudo fascista: como eles podem ou não ser considerados" avant-garde do espírito "(Francesca Cavarocchi,2010) em relação, por exemplo, ao fascismo e propaganda cultural no exterior, da mesma forma que a sociedade Dante Alighieri, rádio, editoras e escolas italianas no exterior eram. Aqui se trata de ver como o envolvimento dos salesianos nos impulsos nacionalistas tem sido ativo, consciente, desejado e de que maneira, não espectadores ou instrumentos, mas atores. Ou seja, somos além do que Stanislaw Zimniak afirma com grande discernimento sobre a quase inevitável desconfiança da Congregação Salesiana, apesar da declarada apolítica e devida obediência às autoridades do Estado com as quais a Sociedade de S. Francisco de Sales operava. Estamos também além do simples culto da italianidade, intimamente ligado, quase como um laço natural, com o da salesianidade,Marek Chmielewshi sobre o caso polonês na época da expansão missionária na época da Reitoria do Padre Rua, que viu um notável fortalecimento do vínculo entre salesianidade e italianidade, entre o italiano e o catolicismo.

O campo privilegiado de ação é, portanto, as missões e, em particular, os emigrantes e as gerações de emigrantes que, da Itália, se espalharam por várias partes do mundo ou mesmo por pessoas próximas ao cristianismo. Temos uma literatura abundante sobre a ação da congregação desde a época dos primeiros missionários enviados por Dom Bosco. Francesco Motto dedicou uma análise precisa a esse tema sobre o período e a ação do padre Rua e, sobretudo, uma visão ampliada sobre os salesianos dos embaixadores italianos no exterior, fornecendo quadros estatísticos detalhados para as décadas de 1920 e 1930.

Se este é o contexto geral, reiteramos, porém, que o objetivo que pretendemos prosseguir é uma análise mais detalhada da modalidade concreta da atitude salesiana, intimamente ligada à "ideologia" da pátria, da qual se pode desenhar a idealidade e gastar ação e energias. É uma linha que não é fácil de definir, embora algumas diretrizes já tenham sido delineadas quando analisamos a propaganda nacionalista e a ação de congregações religiosas no exterior e a estratégia implementada pelos salesianos.

Ao fazer essa pesquisa, privilegiamos e delimitamos dois campos em que a congregação estava engajada, ainda que em períodos diferentes: América Latina e Oriente Médio. Fizemos essa escolha porque eles pareciam duas amostras significativas com suas próprias características, como podemos ver. Claramente, serão indicações parciais, que terão que ser desenvolvidas e comparadas com pesquisas que também podem levar a conclusões mais articuladas.

As fontes para desenhar são em parte aquelas já conhecidas e usadas por muitos, como o ASC e uma bibliografia agora abundante. Em vez disso, usaremos, especialmente para a região do Oriente Médio, o Arquivo da Congregação das Igrejas Orientais do Vaticano, porque contém vozes autoritativas, e também acreditamos dignos de credibilidade, de patriarcas, delegados apostólicos, corpos vaticanos, bem como cartas e crônicas de fatos e opiniões. O outro arquivo importante, ao qual nos referiremos, é o Arquivo Histórico Diplomático do Ministério das Relações Exteriores (Farnesina), particularmente no que diz respeito às instituições culturais, especialmente as escolas italianas no exterior, e a Associação Nacional para ajudar Missionários católicos italianos no exterior, fundados por Schiapparelli,

1. América Latina: língua e cultura "italiano"

Ainda em 1932, em plena propaganda fascista, o diretor dos italianos no exterior se queixou contra os salesianos porque em suas obras o italiano estava desaparecendo, especialmente nas Américas, e porque a língua italiana estava degradada; Não é assim que outras ordens religiosas se comportam. A reação dos salesianos foi forte e decisiva. Temos a intenção de ver se a ação dos salesianos, especialmente na Argentina, era mais como uma resistência ao impulso nacionalista que veio do governo italiano ou não como um consenso ou pelo menos como aceitação com as devidas especificações. Os períodos cruciais para este problema foram a Reitoria do P. Rua e o período fascista, portanto, dois momentos diferentes,

Por volta de 1910, os alunos das escolas salesianas no mundo superaram as 9000 unidades (Rossi, Motto) e o maior número foi na Argentina com mais de 2000 alunos e os imigrantes assistidos pelos salesianos na Argentina foram cerca de 150 mil. Em 1909, graças às contribuições do governo italiano, a congregação administrou 26 escolas, 10 delas na Argentina, mais do que qualquer outra congregação; nos anos 1906-1914, o número de escolas salesianas na Argentina triplicará. Assim, observa Chmielewski, citando Luciano Tosi, os salesianos se tornaram parte ativa de uma política fundada no binômio "pátria da fé" ou "catolicismo-italianidade" apoiada pelo lobby político italiano.

Para responder à pergunta que nos perguntamos e perceber a situação na Argentina, usaremos um minucioso folheto de um missionário salesiano, padre Michele Novelli, escrito em 6 de dezembro de 1923, dez anos antes da reprimenda de Parini, intitulada Brevi nota su. Ação salesiana na Argentina para os italianos (ACS, A921). Naquela época, a Argentina possuía três grandes províncias e os dados reportados referem-se quase exclusivamente à província com sede em Buenos Aires.

O extensor, Don Tonelli, prefere relatar em italiano e escolas: em várias faculdades a bandeira italiana voa por ocasião das festividades celebradas em casa; as autoridades italianas e as figuras mais ilustres que visitam a Argentina são convidadas nos colégios salesianos; a festa do Papa, as comemorações patrióticas, a festa do Estatuto, em oposição à festa de 20 de setembro da tomada de Roma, são sempre celebradas com solenidade e intervenções das autoridades nos vários centros; na igreja italiana Massas de propiciação e o Te Deum são celebradospara a vitória na grande guerra, com a intervenção de 14 ministros aliados, funerais para o soldado desconhecido e para as vítimas de terremotos (Messina e Toscana), coleções para os órfãos da guerra; as únicas comemorações católicas de Dante foram realizadas nos colégios salesianos argentinos, com a difusão de edições especiais salesianas em espanhol sobre Dante; hospitalidade, salões e propaganda foram concedidos às várias missões italianas para fins caridosos, culturais e sociais; na grande peregrinação anual italiana ao santuário de Nossa Senhora de Luján, todas as cerimônias são realizadas em italiano com música tricolor e bandeiras; há 22 faculdades na Argentina, escolas de artes e ofícios 8, escolas agrícolas 3 e os filhos de italianos ou italianos estão em torno de 40-50%, com preferência por filhos de italianos por lugares livres. Note-se que o

Esta longa lista constituía, na verdade, a defesa dos salesianos contra a acusação de baixa italianidade: dez anos depois, em 1932, Parini voltou às mesmas acusações, agravando ainda mais a situação. A resposta, endereçada ao Procurador Geral dos Salesianos e amigo de Parini, Dom Francesco Tomasetti, é uma defesa precisa e inteligente. Os religiosos "não podem e não devem aparecer como instrumentos políticos". O documento especifica que os salesianos estabeleceram o ensino do italiano em todos os lugares onde seus trabalhos surgiram "naturalmente com os critérios de prudência elementar exigidos pela hipersensibilidade nacionalista dos indígenas e evitando comprometer os resultados positivos e reais com o trombetear". inculto e ondas de calor ".

Certamente, os salesianos se encontraram entre dois fogos, em busca de um equilíbrio desconfortável entre o ímpeto dado pelos valores e os laços com a pátria e, por outro lado, pelas condições concretas e "culturas" do lugar onde eram chamados a trabalhar. Se por um lado a afirmação programática de padre Stefano Trione, chefe da Comissão Salesiana de Emigração, e que "não fazemos política, mas simplesmente patriotismo puro e saudável", ela pode aparecer como um critério indicativo e decisivo em relação à política. por outro lado, a fronteira é muito pequena para evitar que caia em uma parte não intencional. Pode ser o caso dos salesianos na América Latina? Certamente, a longa lista de Don Michele Tonelli parece ir além de um "saudável patriotismo", de modo a

2. Oriente Médio: um fermento contínuo

Temos excelentes estudos salesianos sobre a situação dos salesianos no Oriente Médio, como os de Jesús Borrego, Vittorio Pozzo, Pier Giorgio Gianazza e muitos outros. O problema do nacionalismo, a rivalidade franco-italiana, o fermento do elemento indígena, o cosmopolitismo com forças opostas, divisões dentro das mesmas comunidades religiosas, padres "mais franceses do que cristãos": isso e mais frequentemente nas investigações de autores interessados ​​no Oriente Médio (RSS, 234 (20)).

De nossa parte, portanto, tentaremos fornecer indicações esquemáticas e necessariamente desarticuladas, a fim de ver se houve uma adesão voluntária ou mesmo indetectável aos impulsos nacionalistas tão acentuados no Oriente Médio. Lembremos que a Associação Nacional para resgatar os missionários italianos no exterior, fundada por Ernesto Schiapparelli em 1886, desempenhou um papel de liderança no chamado dos Salesianos no Oriente Médio: esse vínculo terá uma grande influência no comportamento da congregação no Oriente. .

Em setembro de 1926 cartão. Pietro Gasparri, Secretário de Estado do Vaticano, enviou ao Prefeito da Propaganda Fide Congregation uma carta em que ele dizia ter recebido uma cópia da carta enviada pelo Delegado Apostólico do Egito e a enviara ao Santo Padre. O papa "ficou um pouco preocupado com a declaração de Mons. Delegado, isto é, o cônsul italiano em Porto Said [Egito] servirá em seu distrito consular, sobretudo os salesianos e as irmãs franciscanas, para fazer propaganda italiana ". O papa manda escrever aos superiores dos dois institutos, que cardam. Gasparri executa, ampliando ainda mais a acusação de atividade política por parte da congregação "nas missões do Egito, especialmente no distrito consular de Porto Said":

Um ano antes, em 1925, o mesmo Delegado Apostólico do Egito, Mons. Igino Nuti, a pedido dos salesianos para abrir uma casa em Ismailia, escreve ao Prefeito de Propaganda Fide que se digne aos salesianos superiores entender que para o Egito e em particular para Ismailia é necessário escolher pessoas de prudência comprovada, evitar problemas dolorosos e desagradáveis, como aconteceu em Port Said. Para dizer a verdade, ele foi diretor do Port Said Don Michelangelo Rubino, de tendências notoriamente próximas ao fascismo.

Em 1929, o arcebispo de Esmirna e o administrador apostólico do Vicariato da Ásia Menor (Turquia) enviaram um longo e detalhado relatório à Propaganda Fide sobre o nacionalismo dos missionários franceses e italianos. Naquele ano, os salesianos estiveram presentes em Esmirna e ajudaram os padres dominicanos na atividade da paróquia da SS. Rosário confiado aos dominicanos piemonteses. "Os nacionalismos têm sido o flagelo desta diocese por muitos anos, paralisando a maior parte da ação do bispado, colocando os religiosos italianos e franceses em contraste uns com os outros, com escândalo para os fiéis e danos ao princípio da catolicidade da Igreja". Os capuchinhos franceses da igreja nacional de S. Policarpo e os dominicanos italianos da SS. Rosário competir para honrar liturgicamente recorrências, bandeiras,

A vida da comunidade salesiana de Esmirna também sofre com essa oposição, como escreve Vittorio Pozzo. Se, em Esmirna, as coisas dão errado, uma pessoa escreve aos superiores de Turim em 1909, isso seria atribuído ao comportamento de alguns confrades franceses que gostam de ver a escola desnorteada. O bem da Itália é ruim para a França; então você tem que trabalhar mais do que pode na decadência das obras italianas, para fazer os institutos franceses florescerem mais. Mas os confrades italianos, observa Pozzo, não devem ter sido menores, segundo episódios relatados na crônica daqueles anos. O diretor salesiano de Esmirna uniu-se aos outros superiores religiosos italianos e ao cônsul italiano no boicote à recepção do novo arcebispo, que partia em procissão do consulado francês (Pozzo 260-1).

Um caso notável foi a excomunhão imposta aos Salesianos Don Puddu e ao coadjutor Bonamino em 1911 pelo Delegado Apostólico e arcebispo francês de Bagdá, porque eles não deixaram Mosul, no Iraque. No entanto, várias razões são enxertadas, como o acordo dos salesianos com o governo italiano e o embate com os religiosos franceses de Mosul.

Essa visão rápida, que continuará com a situação particular da Palestina, demonstra como o aspecto nacionalista se instalou até mesmo entre os salesianos, ainda que precisássemos ver bem a varredura temporal e a vastidão do alcance do fenômeno.

3. Palestina: "Sociedade das Nações"

A Palestina merece uma discussão separada, apesar da consideração geral que estamos desenvolvendo. Há duas diretivas que emergem acima das outras se lermos os documentos do Arquivo da Congregação das Igrejas Orientais: o número realmente grande de nações interessadas em ter uma base sólida na Palestina, e então o contraste e a luta entre 'Elemento religioso latino-palestino latino-europeu e palestino.

Para dar uma boa imagem da situação, relatamos algumas passagens dos jornais que ilustram claramente a situação. Um jornal do Cairo de 1927 escreve sobre a Palestina: “A Palestina tornou-se hoje com eclesiásticos estrangeiros uma espécie de Liga das Nações, na qual todo eclesiástico estrangeiro é um membro que serve a política de seu respectivo governo e seus compatriotas. Nós vemos entre eles italiano, francês, espanhol, alemão, belga, inglês, austríaco, americano, etc. e nós vemos todos eles em instituições educacionais competindo uns contra os outros com uma rivalidade combativa, desmembrando os alunos uns dos outros a se apaixonar por suas respectivas nações e incitando-os a odiar a nação com a qual eles politicamente rivalizam [...].

A descrição poderia ser lida como uma expressão de parte e oposição contra o elemento autóctone no lado europeu, mas temos outros testemunhos que confirmam amplamente a escrita. Patriarca de Jerusalém, Mons. Luigi Barlassina, que governou o patriarcado por 27 anos, de 1920 a 1947 e apesar da ferrenha oposição do elemento indígena latino e do protetorado inglês, a Santa Sé o manteve por muitos anos. Ele escreve em 1924 para o prefeito da Propaganda Fide para estar em guarda contra um certo P. Orfali, um franciscano da Palestina, "muito perspicaz e ainda mais falso", um amigo de outro padre nativo, "o padre mais infeliz" de sua diocese e totalmente "desprovido de qualquer consciência", que guiou todos os movimentos contra o clero não-nativo, "E os salesianos podem dizer algo sobre isso". Portanto, espera-se uma batalha do clero autóctone contra o europeu, incluindo os salesianos: não se especifica, porém, se o contraste ocorreu também entre os próprios salesianos.

Por isso, é oportuno tentar enfocar a entidade e, mais difícil, a orientação definida, tanto quanto possível, dos salesianos, sacerdotes e irmãos, oriundos da Palestina. Segundo os dados enviados pelo Patriarcado de Jerusalém à Congregação da Propaganda Fide em 1928, o pessoal salesiano das seis casas pesquisadas, ou seja, Jerusalém, Belém, Cremisã, Nazaré, Caifás e Beitgemal eram: sacerdotes estrangeiros 21, sacerdotes indígenas 10, assistentes 37 estrangeiros, irmãos indígenas 18. Em 1932 havia 21 sacerdotes estrangeiros (14 italianos, 5 franceses, 1 belga, 1 alemão), os palestinos eram 9, os irmãos italianos 25, 2 franceses e apenas 2 palestinos. Pode-se afirmar, no entanto, que a presença do pessoal do lugar não foi de pouco peso, porque um terço do pessoal salesiano era palestino, por isso sua influência não foi trivial, e os vários relatos do Patriarca Barlassina fazem isso se destacar. Seria muito importante esclarecer esta questão, também para ver este pessoal palestino para qual destino final desembarcou.

Já em 1923 o patriarca Barlassina denunciou um "xenofobismo acentuado" e afirmou que também o elemento dissidente religioso estava em plena crise moral há mais de vinte anos. A luta entre altos e baixos cleros indígenas teve sua repercussão também no elemento católico: “O jovem clero indígena dos padres. Os salesianos deram prova disso [...]. Também o clero indígena latino é, portanto, afetado por esse movimento ". O patriarca então amplia a discussão apresentando uma situação geral descrita pelos jornais, que ele parece compartilhar. Certamente é uma impressão geral na Palestina, segundo Barlassina, que as comunidades religiosas fazem "política nas instituições educacionais, política nos hospitais, política nos orfanatos, política nas massas, política na igreja, política em resumo e nada mais". Em seguida, acrescenta que desta "doença da política, até mesmo os religiosos orientais (rituais latinos e unidos) não devem ser isentos, agora impregnados pelo xenofobismo e agora pela idolatria externa por esta ou aquela nação européia, segundo a qual esperam mais ou menos rendimentos financeiros". . Os jornais de 1927 apresentam o caso de um ex-salesiano palestino expulso por sua rebelião contra seus superiores, acolhido pelo patriarca e em dura luta contra outros ritos religiosos. Finalmente, também mencionamos o aspecto ligado ao apego à própria cultura. Um jornal de Belém relata um artigo publicado em "La Stampa" em Turim em 1922, que afirma que os religiosos na Palestina estão mais ligados à sua nacionalidade do que à fé e que "a extensão da língua e civilização italianas se deve à Religiosa italiana;

conclusão

Apresentamos algumas conclusões muito esquematicamente.

- O fenômeno do "nacionalismo" também envolveu os salesianos: não apenas ferramentas, mas também atores, às vezes conscientemente e às vezes inconscientemente. Os salesianos se defenderam tanto da acusação de "italianidade" quanto da acusação de serem "agentes" da pátria.

- A extensão e a extensão dessa participação devem ser verificadas, tanto quanto possível, por meio de investigação arquivística, fazendo uso de múltiplas fontes, não apenas salesianas.

- O fenômeno deve ser contextualizado e localizado. Outra é o modus operandi e a situação, como vimos, na América Latina - Argentina, outra no Oriente Médio e outra na Palestina. O conceito de "inculturação" estava em seu estado bruto.

- É também indispensável analisar as políticas do fascismo sobretudo no que diz respeito às associações de jovens, área prioritária da ação salesiana, e à função da Associação Nacional de subsidiar os missionários católicos no exterior, elo primário entre o centro salesiano de Turim e as terras da missão ou assentamento estrangeiro: "Ninguém está agora ciente de que atrás da Associação há o governo italiano com seu dinheiro e seu prestígio, mas as formas têm um enorme valor neste campo" (Arquivo do Ministério do Exterior. Exatamente para o chefe de Estado Mussolini, 1933).

A inculturação do carisma salesiano
na Península Ibérica
Don Filippo Rinaldi (1889-1901)

María Felipa Núñez, FMA ,

Pedro Ruíz Delgado, sdb

A hipótese de trabalho que orientou a investigação realizada em relação ao relatório que elaboramos consistiu em documentar os doze anos de permanência de Don Filippo Rinaldi, especialmente na Espanha, embora o conceito possa ser estendido a toda a Península Ibérica, foi desde o início como um banco ou campo de experimentação de seu compromisso salesiano, em que, um após o outro, surgiram os elementos essenciais de sua obra de animação e governo, que depois realizou não só no nível da Congregação, mas também do mundo da Família Salesiana.

Perfil, governo e fundações

Como confirmação da hipótese acima, os aspectos mais relevantes da mesma são continuamente expostos, aos quais devemos colocar como premissa as características mais salientes de sua personalidade, que o Bispo de Acireale, Mons. Evasio Colli, traçou com palavras magistrais em sua morte: " Ele era ao mesmo tempo um homem de ação formidável e asceta; ousado e prudente; homem de ação tenaz e [...] humilde e homem de Deus que [...] trabalhou em profundidade e em profundidade com a fé dos santos, o silêncio dos sábios e a ternura de um pai ".

Como também Ramón Alberdi, historiador salesiano, afirma que o P. Filippo Rinaldi era, antes de tudo, um homem de governo a quem exercia o ministério da autoridade há cerca de cinquenta anos, sem interrupção. Esses dados indicam como sua personalidade foi construída sobre "sabedoria, equilíbrio e síntese". Podemos afirmar sem hesitação que o que ele aprendeu com Dom Bosco foi a principal orientação de todos os seus atos e o principal objetivo de seu governo. Don Francesia disse sobre ele: "Don Rinaldi só falta a voz de Dom Bosco, tudo o resto tem".

Um elemento essencial para entender a importância de sua presença nas origens da Obra Salesiana na Espanha e de seu enorme desenvolvimento posterior foi a compreensão da necessidade e do interesse em valorizar aquele momento preciso para o futuro da mesma. Em seu primeiro e único mandato de três anos como diretor na Espanha (1889-1892), ele deu um forte desenvolvimento às Escolas Profissionais, convencido de que, para manter a vitalidade da presença salesiana e o aumento das vocações espanholas, era preciso sair dos limites um pouco apertados. que a Opera tinha aparecido até aquele momento. Um reflexo desse espírito empreendedor e de sua convicção sobre o ambiente espanhol favorável ao trabalho salesiano é uma carta enviada a Don Barberis em 1891, na qual ele dizia: “Não sabia que o povo da Espanha era tão favorável aos salesianos. Eles nos chamam em todos os lugares. Em todas as cidades existem casas preparadas para nós [...] Acredite em mim, as vocações são abundantes [...] A Espanha é um povo sério e muito religioso e aprecia uma instituição tão útil à sociedade como a nossa ".

O prestígio de Dom Rinaldi aumentou quando foi nomeado, em 1892, Superior da Província Ibérica, criado no mesmo ano, que incluía as Casas de Espanha e Portugal. Durante os nove anos em que serviu como Provincial (1892-1901) mostrou que possuía, juntamente com um espírito genuinamente salesiano, excelentes qualidades organizacionais e administrativas. Ele fundou 16 casas na Espanha e 3 em Portugal. Na conclusão do seu serviço como provincial, deixou 23 casas salesianas, 220 professos e 84 noviços. O desenvolvimento foi vertiginoso.

Além dos Salesianos, o P. Rinaldi promoveu também a expansão e consolidação das Filhas de Maria Auxiliadora na Espanha, a partir de sua responsabilidade neste aspecto como Inspetor. O fruto de seu compromisso durante os anos de seu mandato foi a fundação de uma casa em Barcelona e cinco na Andaluzia, com um ritmo quase anual. Em todas essas fundações, as Irmãs foram acompanhadas e guiadas com cuidado e delicadeza pelo próprio padre Rinaldi, para o de Barcelona, ​​e pelos diretores de Utrera e Sevilla, para os da Andaluzia, autorizados por sua vez por Dom Rinaldi.

Por tudo isso, pode-se afirmar que a dimensão do trabalho que como homem de governo realizou durante os 12 anos de permanência na Espanha, que sempre considerou sua segunda pátria, pode ser deduzida do fato de que após seu retorno à Itália em 1901, Os Superiores viram a necessidade de criar três novas Províncias: a Céltica, com sede em Madri, a Ibérica, com sede em Sevilla, e a portuguesa, com sede em Lisboa, separada da seção inicial da Província de Tarragona ou de Barcelona.

Além da expansão salesiana no solo peninsular, Dom Rinaldi também previu a necessidade de criar uma boa plataforma vocacional na Espanha para enriquecer o movimento missionário da Congregação em terras ibero-americanas. A esse respeito, escreveu ao padre Barberis em 1891: "Dar missionários ainda é cedo demais. Isso levará alguns anos. E então acredito que a Espanha será uma boa mina ”, como certamente foi.

Por todas estas razões, o P. Viganó escreve sobre ele: “Não parece exagero dizer que ele foi o grande protagonista dos primórdios da obra salesiana na Península Ibérica, e nele semeou, uma coisa significativa, uma sólida e fiel tradição do espírito de Don. Bosco".

Carisma e Espiritualidade

Considerando os muitos testemunhos que são preservados sobre a etapa ibérica de Don Filippo Rinaldi, isso se destaca não só pelo seu trabalho de fundação, construção e organização, mas também pela profundidade que ele transmitiu a todos os seus empreendimentos. Sua personalidade equilibrada e sua dedicação generosa estavam enraizadas em uma profunda espiritualidade que teve seu reflexo externo no traço paternal e amável para com os jovens que ele seguiu com orientações oportunas, como em sua capacidade de direção espiritual de cada membro da Família Salesiana. . Sua paternidade espiritual estava enraizada no "espírito de família", promovido e praticado por Dom Bosco e isso, aliado a uma profunda experiência religiosa, moldou seu modo específico de realizar e desempenhar suas funções de governo e autoridade.

Dom Rinaldi, como Dom Bosco, amava os que o rodeavam, religiosos e leigos, jovens e crianças e era igualmente remunerado. Seu sorriso doce e bom era contagiante. Vendo-o satisfeito infundiu alegria e aplaudiu aqueles que se aproximaram dele. Sua humildade e abandono em Deus deram às suas empresas ousadia. O primado da bondade e da paternidade de que foi dotado surgiu de sua vida de união com Deus e do exemplo de Dom Bosco. Seu discurso era claro, ordenado, incisivo. Ele não era um orador fácil e brilhante, ele não conseguiu dominar perfeitamente o espanhol e seu sotaque piemontês nunca o deixou, mas suas palavras penetraram pouco a pouco e se transformaram.

A atitude espiritual mais evidente de padre Rinaldi foi a humildade combinada com a pobreza de espírito que o levou a colocar toda a sua segurança na Providência, bem como a paternidade espiritual, tanto em seu papel como diretor quanto como inspetor, “Ser pai, evitando palavras autoritárias e formas menos delicadas; nunca deixe o cansaço ou apresse-se e sempre tenha Dom Bosco presente ”.

No tocante às Filhas de Maria Auxiliadora, os canais fundamentais que possibilitaram o estilo de suas relações em relação à consolidação do carisma e da espiritualidade salesiana na esfera feminina foram, além da participação nas celebrações dos acontecimentos mais significativos da vida do Instituto, visitas canônicas e os Exercícios Espirituais. Estes foram os sulcos de maior profundidade, pois ele os pregou durante oito dos doze anos que ele permaneceu na Espanha. Em cada mudança de Exercícios, ele deu especial importância à celebração final e à entrega de uma memória espiritual. Isto foi repetido por ocasião das solenidades litúrgicas, oferecendo às Irmãs um pensamento escrito apropriado à sua espiritualidade.

A espiritualidade de Don Rinaldi, no entanto, não se limitava apenas à esfera pessoal. Como afirma o salesiano Tomás Bordás, que conhecia Dom Rinaldi de perto e o desenvolvimento concreto de sua obra na Espanha: “Quando ele entendeu que uma obra ou uma companhia era para a maior glória de Deus e para o bem das almas, embora a os meios humanos disponíveis pareciam desproporcionais, ele empreendeu isso com determinação e grande constância, porque ele sempre confiou na ajuda de Deus ".

No entanto, a assimilação do espírito de Dom Bosco não estaria completa sem a devoção a Maria, sob o título de Auxílio dos cristãos. Dom Rinaldi, como Dom Bosco, expressou total confiança em Maria e, desde sua estada na Espanha, colocou sob a imagem que tinha na mesa pequenos ingressos sobre os quais escreveu seus problemas, certos de sua solução. Sua oração predileta era quando a "boa noite" começou, a invocação mariana espanhola "Ave María Purísima, pecado pecado conceituada". Assim, ele criou uma tradição que continuou em muitas casas salesianas na Espanha. Unido ao amor de Nossa Senhora, distinguiu-se pela sua devoção ao Sagrado Coração. Isso também foi muito profundo nele, prova disso foi a atenção especial que ele tinha pelo Tibidabo.

Educação - pastoral

Aberto ao progresso, como Dom Bosco, Dom Rinaldi soube aproveitar tudo o que os salesianos puderam fazer para cumprir sua missão: a educação e a educação das crianças e dos jovens mais necessitados. Por isso, interessou-se pelas vocações à vida salesiana e introduziu essa atenção específica em seu trabalho educativo. O grupo de noviços que Don Rinaldi encontrou em Sarriá em sua chegada em 1889, aumentou gradualmente para 30 em 1892 (15 para o sacerdócio e 15 para os irmãos). Ele os acompanhou pessoalmente, mas logo percebeu a necessidade de uma estrutura de treinamento que formaria o primeiro noviciado que teria lugar em San Vicente dels Horts em 1895.

O modelo educacional de Don Rinaldi consistiu em adaptar o que ele aprendeu de Dom Bosco em Turim às fundações espanholas. O trabalho educacional mais substancial durante a época de Don Rinaldi foi a Escola Primária, com os exteriores e interiores; os Oratórios Festivos, plataformas educativas e evangelizadoras, desenvolvidos com características próprias em cada Casa. Os destinatários, como sempre, eram os meninos pobres para quem, de acordo com as possibilidades, o almoço era oferecido aos mais necessitados e o ensino era gratuito, apoiado por esmolas provenientes de benfeitores. As Escolas Primárias foram mais frequentemente integradas nas escolas noturnas, especialmente para os jovens e trabalhadores dos distritos que tiveram que trabalhar durante o dia. Habilidades para o trabalho manual dos meninos foram desenvolvidas nos Laboratórios e Escolas Profissionais.

O Sistema Preventivo de Dom Bosco foi o introduzido nos trabalhos, como uma contribuição pedagógica inovadora ao sistema repressivo comumente aplicado. Os ensinamentos foram adaptados às disposições nacionais, mas ocorreram de uma maneira que incluiu ambos os assuntos religiosos, tais como assuntos sociais e científicos. A visita às salas de aula como forma de acompanhamento pedagógico pelo Inspetor e pelo diretor dos professores foi um dos elementos promovidos por Dom Rinaldi como prática habitual da missão educativa. Outras ajudas educacionais complementares foram publicações juvenis formativas e recreativas, como o "Oratório Festivo", a "Juventude Educada", as "Leituras Católicas" e "A Biblioteca da Juventude Estudiosa". O objetivo era tornar os clássicos espanhóis e latinos disponíveis para os jovens. Elementos educacionais que também tiveram como objetivo dar publicidade à obra salesiana foram as exposições escolásticas e a cerimônia de premiação como ato final do ano letivo, acolhidas pela participação de conjuntos musicais, cantos, poemas e composições literárias. Além dos pais dos estudantes, uma festa de autoridades eclesiásticas e civis foi convidada para essas festas.

Quanto ao aspecto feminino da educação, tomemos o pensamento inicial do padre Rinaldi no número 3 da Regra de Vida, onde ele escreveu laconicamente: "Para as meninas vou designar outra pessoa", uma decisão que, no entanto, mudou com o tempo. Isto é demonstrado pelos registros das crônicas das Casas e Faculdades das Irmãs, nas quais lemos que Don Rinaldi, com um ritmo constante, visitou as comunidades durante os nove anos em que desempenhou o papel de Superior da Província Ibérica. Está claramente refletido nas crônicas das Casas o clima de carinho que foi criado nas meninas quando ela chegou. A esse respeito, devemos sublinhar as referências referentes aos Exercícios Espirituais pregados por ele, de 1895 a 1900, aos estudantes e oratorianos das escolas das Filhas de Maria Auxiliadora. No encerramento, Dom Rinaldi costumava impor a medalha das Associações Marianas às meninas e às moças, internas e externas: Angioletti, Aspiranti e Figlie di Maria. Um aspecto especial a considerar é a atenção que Dom Rinaldi prestou em maio de 1898 aos 120 jovens trabalhadores que assistiram à Casa das FMA de Jerez (Cádiz), estabelecendo para eles a Associação das Filhas de Maria Imaculada.

Os aspectos apresentados dos inícios do trabalho educativo salesiano na Espanha atraíram a atenção de personalidades eclesiásticas e civis, públicas e privadas que, através de suas visitas, ofereceram seu apoio não só afetivo, mas também econômico para a consolidação da Obra. , como os recursos eram escassos e as necessidades muitas. Bispos e leigos amantes da educação enfatizaram que naquela época havia muitas instituições de caridade, mas nenhuma percebeu o que os salesianos fizeram por um trabalho que era tão necessário na Espanha.

Durante a sua estada neste país, Dom Rinaldi estabeleceu bases sólidas para as obras educativas e pastorais, não só no que diz respeito ao ensino regular, mas também no que diz respeito à educação para o lazer. Essa foi uma dimensão específica da formação cultural e espiritual que posteriormente caracterizou suas grandes linhas de governo como Prefeito Geral e Reitor-Mor, dirigindo sua ação para a criação de instituições tipicamente populares, nas quais os Oratórios Festivos apareceram como sua obra preferida. , como foi o que deu "tom" à presença salesiana. A este respeito, é necessário recordar as palavras do P. Egidio Viganò: "Podemos dizer que, depois de Dom Bosco, talvez ninguém tivesse tanto coração oratoriano como Dom Rinaldi".

Um resumo do clima que Dom Rinaldi pôde dar às obras dos salesianos e das fma abertas na Espanha durante sua estada são as palavras de padre Pietro Ricaldone, que viveu na Espanha durante os mesmos anos: "Os salesianos que tiveram a boa fortuna de para colaborar com ele naqueles anos felizes, eles recordam com emoção como ele foi amado filialmente por todos e particularmente desejado pelos jovens que ouviram com ganância e prazer a palavra paterna, que efetivamente encorajou o amor e a imitação de Dom Bosco ".

A Família Salesiana

A gigantesca árvore que hoje se chama Família Salesiana tem em suas raízes a seiva hispânica, graças à capacidade apostólica de padre Rinaldi, que pôde se abrir ao apostolado com adultos que começou na Espanha, onde colheu os primeiros frutos. Esta foi outra de suas principais linhas de governo.

Sabemos que ele já conhecia a existência dos Cooperadores na Itália através do Boletim Salesiano . Na Espanha, ele descobriu que eles poderiam ser um elemento essencial no trabalho salesiano e, portanto, organizou a Associação, convocando em janeiro de 1890 a primeira Conferência dos Salesianos Cooperadores, entre os quais o Venerável Dorotea de Chopitea.

Atenção aos Ex-Alunos é relatada por Eugenio Ceria, que recorda o encontro convocado e organizado por Dom Rinaldi em fevereiro de 1899, por ocasião da segunda visita do padre Rua, realizada em março do mesmo ano. Foi, de fato, a primeira reunião oficial da Associação, a verdadeira semente da Federação Espanhola e modelo para os da Europa.

Ao que foi dito, é essencial acrescentar a referência à difusão do culto de Maria Auxiliadora e da Arquiconfraria. A Associação começou na Espanha e foi promovida ao nível do governo central da Congregação.

As Filhas de Maria Auxiliadora: carisma e missão

Dom Egídio Viganò afirmou que "Dom Rinaldi parecia ter recebido do Espírito Santo uma capacidade especial de perceber as características da alma feminina". Isso também pode ser visto na Espanha, onde Dom Rinaldi iniciou sua experiência pastoral em um ambiente feminino, no Colégio das Filhas de Maria Auxiliadora em Barcelona Sarriá. Ciente de que era necessário desenvolver o carisma salesiano com os valores próprios das mulheres, não é difícil documentar que Dom Rinaldi teve que interpretar e desenvolver gradualmente a intuição do Fundador. A esse respeito, diz Madre Marinella Castagno: "A clareza com que Dom Rinaldi delineia o elemento constitutivo e essencial de nosso Instituto é surpreendente".

Quando Don Rinaldi chegou à Espanha, as FMA abriram apenas a Casa de Sarriá, uma comunidade formada por quatro professos e três noviços e vinte detentos, o conjunto constituía o corpo docente e os alunos da escola. Em 1892, quando foi nomeado Provincial, Dom Rinaldi tomou consciência da responsabilidade direta que tinha em relação às Irmãs, para ajudá-las, visitá-las, oferecer-lhes sua ajuda e conselhos e aumentar o progresso espiritual da comunidade, como o desenvolvimento material. de suas obras, para que permaneçam fiéis ao espírito salesiano e cumpram sua missão frutuosamente. 

O leque de visitas canônicas às Casas das Irmãs, incluído no itinerário dos salesianos, propiciou um ambiente rico em valores, bem como a presença e participação de Dom Rinaldi nos principais eventos do Instituto na Espanha. Estes eram o broche de oro das relações fraternas e autenticamente salesianas. Devemos recordar também a celebração, em Barcelona Sarriá, do dia 25 do Instituto, em 27 de novembro de 1897, presidida por Madre Emilia, Conselheira Geral de Moscou. Em sua homilia, o P. Rinaldi recordou com afeto e entusiasmo o prodigioso desenvolvimento do Instituto das Filhas de Maria Auxiliadora. A celebração terminou com a coroação oficial da imagem de Maria Auxiliadora da igreja do Colégio "Santa Dorotea" de Barcelona Sarriá.

Prova das relações cordiais existentes entre Dom Rinaldi e as Filhas de Maria Auxiliadora na Espanha são as palavras de adesão que enviou à Madre Geral, Madre Caterina Daghero, por ocasião da referida celebração: "Seu Instituto é para mim objeto de admiração e veneração" por seu nascimento, seu progresso, seu espírito. As fraquezas, as dificuldades que devem superar-me fazem parecer mais belas, e o futuro será para elas se, fiéis ao espírito e ao nome de Dom Bosco, continuarem a buscar a maior perfeição possível de seus membros ”.

Dom Rinaldi depositou seu maior interesse na Espanha em aprender sobre o Instituto e em acompanhar as Irmãs, iniciando assim relações que cresceram mais tarde no mundo, com conselhos prudentes e apoio paternal durante o período em que ele assumiu. novos papéis do governo.

Nomeação e retorno à Itália

Em 28 de fevereiro de 1901, a inesperada morte do Prefeito Geral da Congregação, Pe. Domenido Belmonte, levou o Reitor-Mor a nomear o P. Filippo Rinaldi para substituí-lo, embora previsse que ele ocuparia o cargo de Inspetor até 1904. Assim, após nove anos de governo sábio e paterno na Espanha, onde se tornou espanhol com os espanhóis, o padre Rinaldi voltou definitivamente para a Itália.

Apesar da distância geográfica, as orientações de Don Rinaldi às fma da Espanha não perderam sua eficácia, mas permaneceram como ponto de referência para os novos caminhos do Instituto na Península Ibérica. O historiador Rodolfo Fierro chegou a dizer, sem sombra de exagero, que essas normas formavam a base da boa tradição que guiava as numerosas obras que as Filhas de Maria Auxiliadora desenvolveram na Espanha. Dos salesianos, despediu-se oficialmente em uma carta circular que enviou de Turim em 1º de maio de 1901, na qual, com palavras afetuosas, informou-os da divisão da Província espanhola, que ele logo perceberia. 

Um resumo de tudo o que foi dito podem ser as palavras que Rodolfo Fierro escreveu em uma biografia de Don Filippo com intuição profética:

"Um agradecimento a Dom Rinaldi " deve ser o conjunto da Espanha salesiana. Que a bondade do Senhor que os Salesianos e as Filhas de Maria Auxiliadora, os Ex-Alunos e os Cooperadores que tanto amamos, lhe digam um dia ao pé de seu altar ".

Foi um desejo e um desejo que já se realizou para a glória da Igreja e de toda a Família Salesiana; só falta o último passo para a proclamação definitiva da sua santidade.

 

Música
come 'anima' do carisma salesiano

Josip Gregur, sdb

1. Introdução - A música como patrimônio substancial da tradição salesiana

Hoje a música está presente em todas as áreas da vida, mas certamente não é um dos primeiros lugares da existência humana, como saúde, trabalho, relações interpessoais e política. A música parece insignificante. Mesmo na Igreja, tradicionalmente portadora de cultura, e também na liturgia, a música parece ser "açúcar de confeiteiro no bolo" em vez de "fermento de pão", isto é, uma genuína expressão de fé.

Diante desse fato negativo, uma frase de Dom Bosco nos faz pensar. Eugenio Ceria nos conta nas Memórias Biográficas: "Se não este ano [1883], é [sic] desses anos outro episódio que mostra quanta importância ele dava à música nos oratórios festivos. Em Marselha, ele recebeu a visita de um religioso que havia fundado um em uma cidade da França e perguntou se ele aprovava música entre as diversões dos jovens. Seu visitante achou que poderia aproveitar a educação e enumerá-las. Dom Bosco, escutado com sinais de aprovação, finalmente disse: - Um oratório sem música é [sic] um corpo sem alma. - Mas o outro também nos viu inconvenientes e não pequenos, como a dissipação e o perigo que os jovens vão cantar ou tocar nos teatros, nos cafés [sic], nas danças, em demonstrações. Dom Bosco, ouvindo tudo sem dizer uma palavra, repetia com firmeza: "É ser melhor ou não ser melhor?" O oratório sem música é [sic] um corpo sem alma. "[1]

Como a alma normalmente representa o princípio da vida, pode-se pensar que Dom Bosco, comparando música com a alma, usa apenas uma metáfora, um topos ocasional. No entanto, diante da rica tradição de seu trabalho [2] e diante de uma notável presença da música nos documentos oficiais da Congregação, esta frase de Dom Bosco não parece uma circunstância; em vez disso, expressa um conceito de música como parte integrante do carisma salesiano.

No contexto estreito deste breve relato, gostaria de reforçar esta tese com alguns fatos que começam com a magna charta atual da música salesiana, isto é, da carta circular de padre Pietro Ricaldone de 1942 à Congregação.

2. Re-leitura da tradição musical salesiana de d. Pietro Ricaldone

Honrando o centenário da "modesta iniciativa musical" de Dom Bosco de 2 de fevereiro de 1842, quando pela primeira vez cantou Lodate Maria, ou línguas fiéis , com vinte meninos , em 1942 Pietro Ricaldone ofereceu à Congregação uma longa carta circular sobre música sacra e recreação salesiana. [3] Referindo-se também à música como alma do Oratório, um de seus principais motivos é a reorganização da formação musical salesiana diante da prodigiosa extensão da Congregação naqueles anos. [4]A preocupação do Reitor Mor é que "enquanto vemos que nas escolas públicas e nas múltiplas associações culturais e de lazer [sic] a música é valorizada, nós, que estávamos na linha de frente, não devemos nos resignar a nos ver desatualizados". [5]

O pano de fundo ideológico de Ricaldone foi a reforma da música sacra no início do século XX, que também foi fortemente vivida pelos salesianos. No século XX, na Alemanha e, lentamente, também na Itália, o conceito de música sacra, dos anos setenta e oitenta, estava mudando: da música como embelezamento à música como parte integrante da liturgia. Esta mudança levada a cabo pelo Movimento Ceciliano culmina em 1903 com o Motu proprio Entre as Solicitaçõespor Pio X, com princípios bastante restritos: a verdadeira música sacra é, acima de tudo, o canto gregoriano, seguida pela polifonia vocal séria e séria, acompanhada, no máximo, por órgão, mas sem orquestra. O Movimento Ceciliano também em Valdocco gradualmente elimina a música sacra romântica, em vigor em quase toda parte, mas severamente criticada pelos reformistas, ou seja, música com um estilo lírico-teatral, também composta por mestres de casa, como De Vecchi e Giovanni Cagliero, sem grandes escrúpulos e atenções litúrgicas - teóricas particulares. Em contato com o ambiente cultural e eclesiástico, os mestres salesianos, como Giuseppe Dogliani e Giuseppe Grosso, não mais notavam os princípios da verdadeira música litúrgica e abandonavam sua leveza espontânea.

Mesmo Don Michele Rua, com alguns salesianos antes do Motu Proprio Entre as Solicitações de 1903, não estava convencido do abandono da amada tradição da era Cagliero. Depois de 1903 porém d. Rua não apenas evoca e enfatiza o amor de Dom Bosco pelo canto gregoriano, mas também apóia as atividades dos cecilianistas, convencidos de que o próprio Dom Bosco foi um dos promotores da Reforma da música sacra e do canto gregoriano. "Este documento muito importante ... [do papa Pio X] deve ser aceito pelos salesianos como prova clara de que Dom Bosco estava cheio do espírito do Senhor e do espírito da Igreja, e que ele, diria ele, previa o que mais tarde o chefe dos fiéis teria ordenado. Por isso, nós salesianos nos encontramos preparados para a reforma do canto na liturgia ”.[6]

O canto gregoriano é também um dos principais temas da circular de Don Ricaldone vinte e quatro anos depois, e gostaria de pressionar por uma "corrida para cultivar melhor o canto e a música gregoriana e organizar a Scholae cantorum , que não deveria falta em qualquer dos nossos institutos e nos Oratórios Festivos ”. [7] Nas vinte e sete páginas, o Reitor-Mor recorda a importância da música em Dom Bosco e oferece um detalhado programa de formação musical nas casas salesianas que honraria até mesmo um conservatório de música sacra. [8]

3. Entre idealidade e realidade - Música (sagrada) na formação salesiana

Quão satisfatória foi esta circular para os músicos salesianos, resulta de uma carta do maestro Alessandro de Bonis ao Reitor-Mor:

"Finalmente temos a 'Carta Salesiana' para a música! E havia necessidade [...] É fato que

- a falta de preparação dos assuntos e as dificuldades entre eles para eliminá-lo,

- não ser música considerada como uma ocupação que faz para a comunidade como outros ensinamentos,

- a incompresio [ne] daqueles que cercam [...]

eles certamente não ajudaram a encorajar aqueles que tinham que suportar o fardo da música. Se sua carta é considerada como merece e será apoiada, muitos inconvenientes (inclusive a desconfiança dos músicos) desaparecerão e o movimento musical salesiano poderá retornar à primeira fila e permanecer honrosamente ali, como tem sido desde a época de Dom Bosco la Schola do Oratório de Turim. Em uma coisa eu ousaria fazer reservas e é a dificuldade de mudar a mentalidade do pessoal atribuído aos estudantes contra (eu digo contra e não para) a música. Espero que meu medo seja dissipado pelos fatos. " [9]

Mas os fatos como eram? De "algumas recomendações" no final da circular de Ricaldone, parece ex negativo que não apenas escolas de canto e música gregorianas não existissem em todos os lugares, mas que os diretores nem sequer mostravam "interesse real" e estima pela escola apropriada. Seria lamentável, observa Ricaldone, se os Superiores da escola culpem os cantores, "fez deles objeto de frizzing ou piores ameaças sobre as notas e exames escolares" como se o tempo dedicado à música estivesse perdido. "Isto seria pouco educativo e nada salesiano", uma ofensa do "trabalho de nosso Fundador". A sensibilidade do Reitor-Mor às condições de trabalho musical também é digna de nota: "Vamos refletir que o trabalho confiado aos mestres da música não é entre os mais fáceis e mais agradáveis. Infelizmente, seus esforços nem sempre são devidamente considerados. No entanto, quando festas, academias, cerimônias de premiação, performances, dias de nomes, visitas de autoridades são abordadas, tudo é esperado deles, e às vezes os mais exigentes podem até ser os que menos apreciam e favorecem o trabalho do mestre e dos cantores. "[10]

3.1. Treinamento musical

Com o objetivo de compreender e favorecer, ao invés de impedir, a música, o Reitor-Mor oferece o já mencionado vasto programa a ser realizado durante a formação filosófico-teológica dos jovens salesianos, repetindo as diretrizes de seus predecessores. Já o XV Capítulo Geral de 1938 recomenda o cuidado da liturgia e o canto em formação várias vezes. Começando com o aspirantado "dar grande importância à liturgia, às cerimônias sagradas, às funções religiosas, ao canto gregoriano, à música sacra." [11] Estudantes filosóficos, além de cultivar música sacra e recreativa, devem ser equipados " de modo a permitir a preparação diligente de futuros mestres da música em programas publicados. " [12]A missa deve ser cantada em estudantes teológicos todos os domingos e feriados. [13] O programa muito detalhado da circular de d. Ricaldone de 1942 é ecoado no título "Formação do pessoal salesiano. Programas e regulamentos para os alunos filosóficos e teológicos da Sociedade Salesiana "apresentados no final de 1946 em nome do Capítulo Superior pelo Pe. Renato Ziggiotti. Aqui também a música sacra ocupa um lugar notável no currículo da filosofia e da teologia.

3.2. Preparação de mestres da música

Mas, como frequentemente acontece, a prática diferia um pouco da teoria. Já em 1889 a X Comissão Preparatória "Música e ainda canção" para o V Capítulo Geral em Valsalice "humildemente reza àqueles que podem, que, entre os outros ofícios da Congregação, deixam um lugar conveniente para a Música, e provêem para as Casas , máximo àqueles que têm igreja pública, organistas habilidosos e mestres do Canto; e que tenham o tempo e a liberdade necessários para conhecer as funções, de modo a não falharem para o propósito que deve ser alcançado com a música ”. Diante de rumores semelhantes, o especialista em música salesiana Dusan Stefani (+2011), em sua análise, argumenta que na educação "tudo dependia da capacidade dos indivíduos, de sua constância, de sua" paixão ". O ambiente foi geralmente favorável.um fato quase espontâneo de indivíduos , raramente programados e seguidos por superiores. Muitas vezes, portanto, como eles nasceram, assim eles morreram ou por causa de dificuldades ou por causa do surgimento de novos interesses. O nível geral de nossos professores era, também para eles, geralmente de bom diletantismo. " [14] Para isso, em" nosso "fazer música" "- diz Stefani -" normalmente não era um alto nível artístico, mas de "[ i) abordagem prática ... livre de uma preocupação cultural: ou seja, a necessidade de uma verdadeira educação musical, com conhecimento de autores ou gêneros, não foi ouvida (ou pelo menos não foi programada), com o início de uma estética musical . E isso não apenas com os meninos, mas também, em princípio, com os estudantes de filosofia e teologia. " [15]

4. Os 'pilares' da tradição musical salesiana

No entanto, deve-se salientar que, apesar desse “diletantismo” na Congregação, também emergem figuras de notável cultura artístico-musical. O próprio Stefani não permaneceu amador, pelo contrário. Depois de sua ordenação sacerdotal em 1946, "iniciou uma longa jornada de estudos musicais" em Vicenza com o então conhecido maestro Arrigo Petrollo. Os estudos duram nove anos intensos e o levam ao Diploma de Mestre Compositor e Maestro de Orquestra no Conservatório Estadual 'Pollini' de Pádua (julho de 1951). [16] Após completar seus estudos musicais em 1955, foi convidado por Turin Crocetta como professor de música gregoriana, litúrgica e polifonia por quinze anos, sucedendo "grandes mestres" como Don Grosso, Don Pagella e don De Bonis. [17] Também os últimos eram de alta cultura musical apoiada e promovida pelos Superiores.

4.1. Pagella Giovanni (1872-1944)

Giovanni Pagella, segundo Eugenio Valentini "o maior músico salesiano", [18] foi enviado para melhorar primeiro, em 1899 em Paris e depois, em 1900, na famosa Kirchenmusikschule em Regensburg, na Baviera. O resto da sua vida será gasto como organista em San Giovanni in Turin. Por ocasião da sua morte, em 1944, o jornal L'Italia compara Pagella com personagens como César Franck, escrevendo: "Enche-se magnificamente da clássica seiva de Giovanni Pagella na polifonia. Suas páginas corais atestam: as numerosas missas, densas com o lirismo transcendente, incluindo em particular as de São Francisco de Assis e de Alessandro Manzoni ”. [19]Os confrades valorizavam as composições divertidas de Pagella para várias ocasiões festivas em casa. Sua música litúrgica, por outro lado, às vezes era mal entendida como "muito alemã". Portanto, talvez, o maior trabalho que foi muito próximo de seu coração, seu oratório 'Jó' de 1902, para seu grande arrependimento, não foi publicado nem executado. Os confrades e outras pessoas - Pagella escreve desapontado no Capítulo Superior - questionou por que os superiores não estavam interessados ​​nessa composição, da qual ele teria se orgulhado em outro lugar. [20]

4.2. Raffaele Antolisei (1872-1950)

Entre os grandes nomes da música salesiana, devemos mencionar também Raffele Antolisei. Eugenio Valentini fala apenas da "escola [de música] do pai" e sublinha seu "talento musical marcado", pelo qual os Superiores "o enviaram a Roma como organista e mestre de capela da Basílica do Sagrado Coração". onde permaneceu de sua ordenação sacerdotal em 1899 até sua morte em 1950. "Ele foi tido em alta estima no ambiente musical romano: o Mascagni [Pietro; 1863-1945] ele admirava suas 'fugas' improvisadas no órgão e Perosi [Lorenzo, mestre da Capela Sistina; 1872-1956] ele foi muito simpático. Ele manteve a coluna musical no Giornale Arcadicode Roma. De 1907 a 1914, dirigiu o "Nuovo Frescobaldi", uma revista de música de inspiração polifônica, correspondendo plenamente às diretrizes do "Motu Proprio" de Pio X. "É por isso que a carta mortuária o caracteriza como" um dos melhores arquitetos para a reforma do Música Sacra "de Pio X [21] e Papa" Pio XII de motu proprio nomeou-o membro da Comissão de Música Sacra do Vicariato de Roma " [22].

4.3. Alessandro de Bonis (1888-1965)

Também o nome de Alessandro de Bonis, professor em Palermo, se destaca na cena musical salesiana. De Bonis estudou música nos conservatórios de Bolonha e Nápoles significativamente ao lado de seus outros deveres. [23]Em 1940, ele foi chamado pelo diretor do Conservatório de Música de Palermo como uma pessoa adequada para promover a música sacra na Itália. "Ele queria ter", escreve de Bonis para Don Ricaldone, "um padre que foi treinado em música para que ele não pudesse ser apenas um professor, mas pudesse estar entre os professores conservadores com um grau de dignidade e imposição. do lado da cultura musical técnica, para que seu prestígio não seja colocado em perigo ”. De Bonis ensinou música sacra e canto gregoriano. A convite de padre Ricaldone de Bonis, compôs uma missa para a beatificação e outra para a canonização de Dom Bosco, bem como para a canonização de Domenico Sávio a convite de padre Ziggiotti. Na carta mortuária há uma lista de noventa e três de seus trabalhos.[24] Uma cantata foi transmitida pela rádio e televisão italiana por ocasião da sua morte, da qual informou "toda a imprensa e várias edições de estações de rádio locais". [25]

4.4. Virgilio Bellone (1907-1981)

Entre os excelentes talentos musicais da Congregação, gostaria de destacar d. Virgilio Bellone. Dedicou-se à música já no noviciado e, em seguida, também apoiado no aluno pelo diretor-músico Don Cimatti, Bellone participou do Conservatório "Giuseppe Verdi" em Turim e obteve um diploma em composição, órgão e canto coral. A partir de 1950, com a aprovação de Don Ricaldone, passou um ano em Bruxelas, especializando-se em musicologia e música antiga da salesiana Auda. [26] Especialista sobretudo na música polifônica do século XVII, há vinte e cinco anos ele é professor no mesmo Conservatório. Ele também é diretor do renomado coro Stefano Tempiae é membro da Comissão Diocesana de Música Sacra; em suma - como afirmado por Don Remo Paganelli na carta mortuária - d. Bellone "por um quarto de século, animou e estimulou a vida musical de Turim". [27]

Parece curioso, mas não surpreende que em 1951 Dom Bellone tenha proposto aos Superiores a fundação de uma verdadeira "Faculdade Salesiana de Música Sacra" diante da Circular de Dom Ricaldone, isto é, diante da música como alma do "Corpo Salesiano". . "Reuniria e disciplinaria todos os nossos gênios musicais de uma forma firme e bem organizada ... em benefício de nossos professores pessoais e da glória de nossa Congregação".

5. A música como alma do oratório - Reflexão final

No começo, notei a pequena importância sentida pela música entre as coisas essenciais do homem moderno. O mesmo poderia ser dito da liturgia: de fato, alguém se surpreendeu com o fato de que, diante dos maiores problemas do mundo secularizado, a Igreja no Concílio Vaticano II era o primeiro assunto tratado com a liturgia. Num contexto semelhante, em meio à guerra mundial, em 1942, o padre Ricaldone propôs aos salesianos a música: talvez não houvesse mais nada em que pensar em Dom Bosco? Suspeitando dessa objeção e considerando a música como a alma do Oratório, d. Ricaldone escreve: "Para alguns pode causar surpresa [sic] que, em tanto barulho de armas, eu convido você a cuidar da música. No entanto, penso, mesmo ignorando alusões mitológicas, que esse tema responde plenamente às necessidades do tempo vindouro.[28]

No romance O Idiota de Dostoiévski, o Príncipe Miskin pronuncia a famosa e enigmática frase: "A beleza [ krasota ] salvará o mundo". [29] Neste sentido João Paulo II, na Carta aos artistas de 1999, explica a importância da beleza para o homem: "Diante da sacralidade da vida e dos seres humanos diante das maravilhas do universo, a única atitude apropriada é aquela de espanto ". [30]Lembrando que para Dom Bosco a música litúrgica era um antegosto das "harmonias que os jovens iriam desfrutar no Paraíso", d. Ricaldone observa que "somos imediatamente levados a ver a Música colocada em um quadro completamente iluminado de luz celestial, onde aparece como uma irradiação de fé, um fator de zelo, um meio de salvação para as almas". [31] O Reitor-Mor não ele só está convencido da eficácia pedagógico-formativa da música, mas está igualmente persuadido que: "Quantas vocações floresceram no fascínio da música salesiana e quantas jovens existências foram restauradas à virtude, subjugadas pela serenidade devolvida ao seu espírito pelas melodias das canções tradicionais salesianas! " [32]

Com estas palavras, ele valoriza a música salesiana não apenas como um meio de tempo livre ou festivo, mas como um símbolo de valores sobrenaturais e do destino último do homem, isto é, o louvor de Deus.Portanto, vale a pena estudar mais profundamente o que Dom Bosco sentiu falando aos religiosos franceses: "Ser ou não ser melhor?" O oratório sem música é [sic] um corpo sem alma. "Obrigado!

O movimento dos católicos sociais e dos círculos operários na Argentina.

A contribuição / contribuição social do salesiano Carlo Conci (1908-1928)

Ivàn Ariel Fresia [1] , sdb

Para relatórios matutinos

Neste texto abordamos o movimento dos católicos sociais de 1908 a 1928, ano em que os círculos operários ligados à Unión Argentina Popular (UPCA) perdem influência nas lutas sociais, dando lugar à emergente Ação Católica Argentina. Neste contexto, a experiência social e a liderança dos círculos operários é colocada pelo salesiano Carlo Conci [2]., que desempenhou o papel de presidente da UPCA. As tensões dentro da Igreja argentina, as posições de alguns líderes da UPCA e a decisão dos superiores da Congregação Salesiana de remover Conci de um grande conflito eclesial, constituíram a situação imediata que causou o fim de uma era gloriosa Católicos sociais e o movimento operário católico. Este é um momento importante na história do movimento trabalhista católico porque a remoção de Conci da organização e sua transferência para Rosario em 1937 significou literalmente a queda da organização dos círculos na Argentina e sua substituição pela Ação Católica emergente. .

A hipótese mais ampla sobre a qual trabalharemos é que a experiência do associacionismo dos trabalhadores católicos nas primeiras décadas do século XX é um antecedente pioneiro da organização sindical dos trabalhadores antes da chegada do peronismo nos anos 1940 do século XX. Apoiaremos, portanto, a hipótese de que a saída da Conci da direção da UPCA foi o começo do fim desta instituição.

- Afirmamos que o clima eclesial em Buenos Aires segue a postura pública de Conci e da UCPA (também no jornal diário El Pueblo ) em 1923 em favor da candidatura do bispo De Andrea como arcebispo de Buenos Aires e a queda do mesmo, colocar os líderes da União numa situação insustentável.

- Os superiores da Congregação pedem explicações sobre o seu trabalho e decidem deixar a organização nacional dos trabalhadores católicos. No arquivo de Buenos Aires há alguma informação, ainda que fragmentária: uma carta de Conci a Don Rinaldi (24 de fevereiro de 1925) dando explicações de seu trabalho como chefe do movimento operário católico diante da disputa pela nomeação do arcebispo de Buenos Aires. Mas a resposta não é encontrada, nem a correspondência anterior.

- Afirmamos também que as tensões e divergências (de ação social e política) entre os católicos sociais e as posições assumidas pela hierarquia eclesiástica, provocaram uma ruptura na organização dos trabalhadores católicos.

- Após esta situação surge, como alternativa para a organização da ação social no espaço público e participação política, a Ação Católica Argentina, iniciando uma nova era na história do movimento operário católico.

- Finalmente, argumentamos que a historiografia sobre o movimento operário argentino, sobre as organizações sociais do catolicismo social e a história da Igreja na Argentina, de maneira injustificável, não leva em consideração Conci como um dos principais atores sociais e eclesiais da época. Mas a documentação que temos à nossa disposição é suficiente para completar as atuais interpretações da experiência social católica e dos movimentos operários na Argentina, que relegaram Carlo Conci - gerente do mais alto nível nacional - a uma posição secundária na historiografia do movimento operário católico argentino. .

Trabalharemos com base em documentos que se encontram no Arquivo Central dos Salesianos de Buenos Aires e Córdoba, com periódicos da época e bibliografia especializada. Infelizmente não temos material dos Arquivos de Roma. No Arquivo Salesiano Central de Buenos Aires e Córdoba, há uma documentação fragmentária sobre o "processo" pelo qual os Superiores pedem a Conci que deixe a liderança nacional dos círculos operários católicos na Argentina, sob pressão da hierarquia local.

Esta é uma primeira abordagem, a partir desses dois arquivos. Um passo subseqüente precisará ter a documentação no arquivo da Cúria de Buenos Aires e no Arquivo Salesiano Central em Roma. No entanto, partindo da hipótese que formulamos, teremos a possibilidade de propor uma leitura alternativa do cânon biográfico sobre o assunto.

Para relatórios da tarde
Carlo Conci nas lutas sociais do movimento operário católico argentino

a) O jornal "El Pueblo" e os círculos operários católicos

A participação de Conci no movimento operário católico remonta à primeira década do século XX, após o III Congresso dos Trabalhadores Católicos, realizado em Córdoba em 1908. A partir de 1911, iniciou sua colaboração com Emilio Lamarca na divulgação da Liga Social Argentina. Foi colaborador ativo do jornal "El Pueblo", fundado pelo Pe. Federico Grote em 1900. Este jornal passou a ser o órgão oficial dos Círculos de Trabalhadores na Argentina, lutando pela organização da classe trabalhadora e como meio de difusão de idéias. Católicos sobre os trabalhadores e a questão social. Conci era um escritor ativo, sob o pseudônimo de "Carlos Mazzena" e chegou a ser seu diretor quando em 1920 ele foi eleito presidente do Comitê Central dos Círculos.

A partir de 1915 fez parte do Conselho Central da Federação dos Círculos dos Trabalhadores Católicos como membro do subcomitê de "Cooperativas e redução do consumo". As subcomissões colaboraram com o Governo Central de acordo com o programa geral de ação social determinado em benefício da classe operária católica. Ocupou formalmente a presidência dos Círculos em 27 de maio, lugar em que já exercia a presidência provisória na ausência de Alessandro Bunge.

Como diretor de "Restauración Social", ele presta homenagem ao jornal "El Pueblo", na seção de livros e revistas:

"Ele completou 37 anos de vida; de lutas muito intensas pela defesa da doutrina e da própria vida; contra o adversário do nosso ideal cristão e as intransigências dos nossos que exigem do jornal católico aquilo que não exigem do jornal liberal; são eles que perdoam os mais insolentes e não perdoam aos católicos pelo menor erro. / E esta é a batalha que mais magoa, porque geralmente é injusta e não poucas vezes pessoal. (...) O jornal doutrinário não é adequado para avisos, como é o jornal liberal, que lida com os tópicos comercialmente. O jornal mais forte, economicamente, não é aquele que tem o maior número de leitores e artigos de notícias, mas o que tem mais publicidade. / O mero facto de ter feito o serviço de nos dar a Encíclica contra o comunismo, 9 dias depois de ter aparecido em Roma, destaca o zelo e a competência do pessoal administrativo. (...) E no que diz respeito às orientações católico-econômico-sociais, dá-lhes um caráter genuíno e em pleno acordo com os ensinamentos pontifícios: tem sido e é atualizado, sem se referir aos seus juízos sobre a vida política dos partidos de nosso país. os ensinamentos pontifícios permitem ao leitor julgar as coisas corretamente, sem ter que se ligar a essa ou àquela tendência. / Por isso, RESTAURACION SOCIAL parabeniza o cotidiano católico metropolitano que assume um grande fluxo de esforços heróicos de todo "gerações. destaca o zelo e a competência da equipe de gerenciamento. (...) E no que diz respeito às orientações católico-econômico-sociais, dá-lhes um caráter genuíno e em pleno acordo com os ensinamentos pontifícios: tem sido e é atualizado, sem se referir aos seus juízos sobre a vida política dos partidos de nosso país. os ensinamentos pontifícios permitem ao leitor julgar as coisas corretamente, sem ter que se ligar a essa ou àquela tendência. / Por isso, RESTAURACION SOCIAL parabeniza o cotidiano católico metropolitano que assume um grande fluxo de esforços heróicos de todo "gerações. destaca o zelo e a competência da equipe de gerenciamento. (...) E no que diz respeito às orientações católico-econômico-sociais, dá-lhes um caráter genuíno e em pleno acordo com os ensinamentos pontifícios: tem sido e é atualizado, sem se referir aos seus juízos sobre a vida política dos partidos de nosso país. os ensinamentos pontifícios permitem ao leitor julgar as coisas corretamente, sem ter que se ligar a essa ou àquela tendência. / Por isso, RESTAURACION SOCIAL parabeniza o cotidiano católico metropolitano que assume um grande fluxo de esforços heróicos de todo "gerações.

Ele promoveu várias iniciativas editoriais e sociais em colaboração com o Monsenhor De Andrea e Monsenhor Napal. Publicou também numerosos livros sobre análise sociológica da realidade social e sobre a aplicação dos ensinamentos das encíclicas sociais em relação à política argentina e ao movimento operário.

b) Os Ex-Alunos e a "Restauração Social"

Carlo Conci viveu dedicado a difundir as idéias sociais da Igreja e sobre a questão social, a partir de seus conhecimentos de sociologia e política. Ele organizou - ao lado de Luis Pedemonte, diretor do colégio 'Pio XI' do distrito de Almagro - os ex-alunos de Dom Bosco de 1907, e posteriormente foi nomeado secretário encarregado do Secretariado Nacional dos ex-alunos salesianos. Deste lugar, deu novo impulso à revista mensal dos "Ex-Alunos de Dom Bosco", publicada em Buenos Aires. Convocou numerosas reuniões de jovens estudantes e ex-alunos das escolas salesianas da cidade de Buenos Aires, preparando-os para se engajarem socialmente em defesa dos princípios sociais cristãos.

Fundou e dirigiu a revista "Restauración Social" entre 1935 e 1939, publicada pelo Secretariado Regional dos Ex-Alunos de Dom Bosco. "Restauración" era uma publicação mensal de estudos sociais inspirada pelo catolicismo social, claramente anti-comunista e anti-anarquista, mas algumas de suas colunas eram abertamente pró-fascistas. Seu programa consistia em "estudar, aprofundar e difundir os ensinamentos pontifícios em matéria social, buscando neles a luz necessária e o caminho seguro para evitar cometer erros na resolução dos difíceis problemas que enfrentamos".

O número 1 da revista apresentou-se com um "Prospecto" (editorial) escrito pela equipe editorial, alguns artigos de fundo (no aniversário da Rerum Novarum ), algumas experiências internacionais de organização de trabalhadores, legislação nacional, uma seção de livros e revistas e informações gerais e interesse. Os primeiros autores foram Antonio Nores, Gabriel Palau e Raul Ignacio Ferrando, entre outros. Esta primeira revista tem uma contracapa com uma propaganda do jornal El Pueblo , do jornal Los principios de Córdoba e La accionde Paranà. Um ano após sua aparição, o editorial da revista dizia: "A publicação desta nossa revista - devemos confessá-la - nos deu grandes satisfações, principalmente no que diz respeito à colaboração dos mais eminentes homens do catolicismo social". Em outro lugar da revista é publicada uma lista de colaboradores: Alejandro Bunge, Juan F. Cafferata, Raúl I. Ferrando, Antonio Nores, Juan B. Teràn, Adolfo Korn, Miguel De Andrea, José Padilla, entre outros.

c) Gestor nacional da UPCA e projeção internacional

A criação da 'Uniòn Popular Católica Argentina' (UPCA) em 1919 pelos bispos reunidos na Conferência Episcopal Argentina - seguindo o modelo da ação social italiana - abriu novas perspectivas para o movimento operário católico nacional e significou a dissolução da 'Uniòn Democràtica Catòlica' Surgiu depois de 1912. A UPCA não começou como resultado da união das organizações sociais católicas então existentes, mas como uma ação direta do episcopado. Conci teve que se debater com esta decisão porque vários grupos da “Uniòn Democràtica Catòlica” que trabalhavam em várias obras salesianas (Santa Catalina e La Boca), ligadas aos ex-alunos salesianos, não aceitaram esta decisão. Na busca de pessoas de referência para a expansão da 'Uniòn Popular Catòlica',

Dentro da UPCA, foram criadas organizações de catolicismo social como a 'Liga Econômica Social', a 'Liga das Damas Católicas' e a 'Liga da Juventude / Liga da Juventude'. Conci aparece assim como um componente da primeira 'Junta Superior da Liga Argentina Econômico-Social', ao lado de expoentes de prestígio do catolicismo social argentino, como Don Gustavo J.Franceschi (conselheiro), Ing. Alejandro Bunge (presidente), Dr. Enrique B.Prack, dr. Bernardino Bilbao, dr. José Ignacio Olmedo, Mr. Benjamín Nazar Anchorena, entre outros. A partir de 1920, Conci ocupou o cargo de diretor do "Secretariado Nacional da UPCA" - o primeiro foi o jesuíta Gabriel Palau - e imediatamente começou a organizar o Acervo Nacional para a construção de moradias para os trabalhadores. Ao mesmo tempo,

Conci distinguiu-se como orador; ele improvisou com o "calor proletário" nas conferências populares para dar "realismo" aos comícios em favor da classe trabalhadora. Por volta de 1921, Conci teve a idéia de celebrar o primeiro de maio como o dia do trabalhador cristão. A proposta parecia imprudente para alguns membros do Conselho de Governo dos Círculos. Até esse momento as celebrações ocorreram nas paróquias e em outros ramos locais relacionados com a Igreja. A celebração do Dia do Trabalho foi um campo de disputas não apenas entre socialistas e anarquistas, mas também foi a trincheira dos católicos sociais. Alguns (anarquistas) consideravam um dia de luto e dor, para outros (socialistas) era um dia de luta e de resistência dos trabalhadores. Para os católicos, porém, foi um dia de celebração por excelência.

A partir de 1929, decidiu-se dar outra dimensão aos atos comemorativos do Dia do Trabalhador. Desta forma, passou de recintos fechados para as ruas da cidade de Buenos Aires, em primeiro lugar, e das principais cidades do país, então.

De fato, uma demonstração e uma procissão pública foram preparadas, precedidas por conferências de rua e concentrações de massa em várias partes da cidade. Das páginas do jornal El Puebloos leitores foram encorajados a participar das manifestações nas ruas da capital, concentrando-se em vários locais centrais. A entrega foi direta: "Não vamos aceitar suas desculpas! Se você não participar hoje do evento do Círculo dos Trabalhadores, você merecerá apenas um qualificador: Deserter! ”Norberto Repetto, sucessor de Conci à presidência do Comitê Central dos Circuitos Operários, disse a esse respeito:“ Foi a primeira vez na Argentina, e certamente na América. que no dia 1º de maio as massas operárias desfilaram pelas ruas, precedidas pela bandeira nacional e que, concentradas uma vez, fizeram ouvir as notas majestosas do hino nacional com vozes marciais e viris ".

Mas o destino das organizações operárias católicas ligadas à UCA estava declinando. Segundo Maria Pia Martin, o conflito de 1923 sobre a sucessão ao arcebispado de Buenos Aires "arrastou consigo o destino da UPCA em nível nacional". Certamente, como afirma Auza, a UPCA para o ano de 1928 "não existia mais devido ao esgotamento e o que estava sendo anunciado constituía um novo modelo, que coincidia apenas no propósito geral de organizar as forças católicas, mas não em tudo". Finalmente, em 1931, o episcopado argentino, seguindo os ensinamentos de Pio XI, decidiu a "mudança de nome" da União Católica na ação católica.

"Como anunciamos em nossa carta pastoral de 1º de dezembro de 1928, a associação que foi criada na época para unir forças, a 'Unión Popular', foi reformada de acordo com os ensinamentos que sugeriam uma longa experiência. anos, não só o nosso, mas, sobretudo, o Centro do Cristianismo, onde o Sumo Pontífice Pio XI, reinando gloriosamente, colocou em prática, de forma admirável, o conceito de Ação Católica, reformando a anterior organização das forças católicas na Itália. Por isso, como escrevemos então, decidiu-se mudar o nome da organização para o da Ação Católica Argentina, que responde exatamente aos objetivos perseguidos ”.

Certamente não foi apenas uma mudança de nome. As transformações ideológicas da década de 1930 e o novo contexto de lutas sociais e operárias ("paganismo de idéias e costumes") determinaram uma nova estratégia eclesial ("não podemos lutar ... com as armas do passado e com as táticas de outras vezes ”). Se a UPCA se tornara um instrumento de moralização das massas trabalhadoras e de restauração dos costumes e da ordem social, a Ação Católica - "sob a direção imediata dos próprios apóstolos e pastores" - propunha-se como uma milícia de católicos ("membros militantes"). ") Para empreender uma cruzada" triunfar com maior sucesso ... nas novas batalhas do Senhor ", a fim de estabelecer" o reino social de Jesus Cristo ".

Em conclusão

A longa trajetória do salesiano Carlo Conci no cenário do movimento operário católico argentino, particularmente no que diz respeito aos cuidados dos Trabalhadores da Juventude Católica e da UPCA, fazendo parte da Secretaria de Economia Social e depois como presidente da União, fez dele um dos principais referências do catolicismo social.

Naquela época, Carlo Conci já era um reconhecido sociólogo e um competente estudioso dos problemas do trabalho, da questão social, da doutrina social da Igreja e do movimento operário, e não apenas no contexto eclesial. A participação de Conci nas lutas sociais dos trabalhadores - agora não apenas católicos - teria continuado além do pertencimento institucional a uma organização. Prova disso é a sua nomeação pelo Governo Nacional - em julho de 1925 - como presidente da delegação oficial e delegado operário, na 7ª Conferência Internacional do Trabalho, realizada em Genebra (Suíça).

Sua jornada vai muito além dos círculos operários católicos e, mais tarde, da UPCA, tanto que em 1931 foi eleito representante dos Círculos dos Trabalhadores, presidente da delegação argentina em Roma para a comemoração da publicação da Encíclica Rerum Novarum. . Após sua transferência para Rosario, ele continuou seu compromisso social e trabalho na organização diocesana de trabalhadores católicos em Rosario de Santa Fe. Nesta situação, longe da exposição pública e na vanguarda da gestão nacional. Mas isso é outra história.

(Traduzido do espanhol por Don Giovanni Barroero sdb)

O movimento dos católicos sociais e
os círculos de trabalhadores na Argentina.

A participação social do salesiano Carlo Conci (1908-1928).

Iván Ariel Fresia [3] , sdb

Para relatórios matutinos

Texto abordados neste movimento de católicos sociais 1908-1928, quando os trabalhadores círculos ligados ao povo católico 's Union Argentina (UPCA) perder influência nas lutas sociais dando lugar ao surgimento Ação Católica Argentina. Neste contexto situamos a experiência social e a liderança dos círculos de trabalhadores pelo salesiano Carlo Conci [4]que serviu como presidente da UPCA. As tensões dentro da Igreja Argentina, as posições de alguns líderes do UPCA ea decisão do superior da Congregação Salesiana desmamar Conci um grande conflito eclesial foram a situação imediata que causou o fim de uma era gloriosos católicos sociais e o movimento operário católico. Este é um momento importante na história do movimento operário católico porque a separação de Conci da organização e sua transferência para Rosario em 1937 significava literalmente a queda de organizar círculos na Argentina e sua substituição pela ação católica emergente.

A hipótese mais ampla de que trabalharemos é que a experiência da associação de trabalhadores católicos nas primeiras décadas do século XX é um antecedente pioneiro da organização sindical antes da chegada do peronismo nos anos 40 do século XX. Em torno desta hipótese, postularemos que o início do fim da UPCA foi a saída de Conci da direção.

- O clima eclesial em Buenos Aires após a postura pública de Conci e UPCA (também o jornal El Pueblo ) em 1923 para Mons De Andrea para ocupar o assento do arcebispo de Buenos Aires e da queda de seu. candidatura colocar os líderes da União numa situação insustentável.

- Os superiores da Congregação pedem explicações sobre suas ações e decidem deixar a direção nacional da organização dos trabalhadores católicos. No arquivo de Buenos Aires, há algumas informações ainda fragmentária: uma carta de Conci a Dom Rinaldi (24 de Fevereiro 1925) dando explicações sobre suas atividades como chefe do movimento operário Católica antes das disputas sobre a nomeação do arcebispo de Buenos Aires . Mas a resposta não é encontrada, assim como a correspondência anterior.

- tensões e diferenças de posturas (ação social e política) entre católicos sociais e as posições assumidas pela hierarquia da Igreja levou a uma quebra na organização dos trabalhadores católicos.

- Que, em decorrência dessa situação, surge a conjuntura como alternativa à organização da ação social no espaço público e na participação política da Ação Católica Argentina, dando origem a uma nova época na história do movimento operário católico.

- Finalmente, a historiografia do movimento operário argentino, organizações sociais do catolicismo social e história da igreja na Argentina injustificadamente Conci não considerar como um dos principais atores sociais e eclesiais da época. Mas tal documentação é suficiente para completar as interpretações atuais de católicos experiência social e trabalhista movimentos na Argentina que têm relegado Carlo Conci -dirigente nível-nacional máxima para um lugar secundário na historiografia do movimento operário Católica Argentina.

Trabalharemos com documentação no Arquivo Central dos Salesianos de Buenos Aires e Córdoba, com periódicos e bibliografia especializada. Infelizmente, temos material do Arquivo de Roma. No Arquivo Central Salesiano de Buenos Aires e Córdoba, existe uma documentação fragmentada sobre o "processo" pelo qual os Superiores solicitam a Conci que se afaste da liderança nacional dos círculos operários católicos da Argentina sob pressão da hierarquia local.

É uma primeira aproximação desses dois arquivos. Um passo posterior envolverá os documentos do arquivo da Cúria de Buenos Aires e do Arquivo Central dos Salesianos em Roma. De qualquer forma, a partir da hipótese que formulamos, teremos a possibilidade de propor uma leitura alternativa do cânone bibliográfico sobre o assunto.

Para relatórios da tarde
Carlos Conci nas lutas sociais do movimento operário católico argentino

a) O jornal "El Pueblo" e os círculos operários católicos

Sua participação no movimento operário católico remonta à primeira década do século XX, depois do III Congresso dos Trabalhadores Católicos, realizado em Córdoba, em 1908. A partir de 1911 iniciou sua colaboração com Emilio Lamarca na divulgação da Liga Social Argentina. Foi colaborador ativo do jornal "El Pueblo" fundado pelo Pe. Federico Grote em 1900. O jornal tornou-se o órgão oficial das "Círculos de Obreros da Argentina" que lutavam pela organização da classe trabalhadora e pelos meios de disseminação da obra. Idéias católicas sobre os trabalhadores e a questão social. Conci foi um escritor ativo no jornal católico sob o pseudônimo de Carlos Mazzena e tornou-se seu diretor quando em 1920 ele se tornou presidente do Conselho Central de Círculos.

A partir de 1915 ingressou no Conselho Central da Federação dos Círculos dos Trabalhadores Católicos como membro do subcomitê sobre "Cooperativas e barateamento do consumo". As subcomissões colaboraram com a Junta Central de acordo com o programa geral de ação social que definiu em benefício da classe trabalhadora católica. Mas ele ocupou formalmente a presidência dos Círculos em 27 de maio de 1920, já que em algumas ocasiões ocupou a presidência provisória devido à ausência de Alejandro Bunge.

Sendo diretor da "Restauração Social", ele homenageia o jornal "El Pueblo" na seção de livros e revistas:

"Ele completou 37 anos; de intensas lutas pela defesa da doutrina e pela defesa de sua própria vida; contra o adversário do nosso ideal cristão e as intransigências daqueles que exigem do jornal católico aquilo que não exigem do liberal; que perdoam a esta a maior rudeza e não apresentam o menor deslize ao católico. / E esta batalha é a que mais magoa, porque geralmente é injusta e não raro pessoal. (...) O jornal doutrinário não é propício aos anunciantes, como é o jornal liberal, que lida comercialmente com questões. O jornal mais forte, economicamente, não é aquele com o maior número de leitores de notícias e artigos, mas o que os noticiou. / O simples fato de ter nos servido, dando-nos a Encíclica contra o Comunismo, 9 dias depois de deixar Roma, destaca o zelo e a competência de sua equipe gerencial. (...) E no que concerne às orientações católico-econômico-sociais, dá-lhes genuíno e em tudo segundo os ensinamentos pontifícios: tem sido e está atualizado, sem que nosso julgamento se refira a seus juízos sobre a vida política das festas de nosso país, então, os ensinamentos pontifícios colocam o leitor em posição de julgar as coisas corretamente, sem precisar estar vinculado a essa ou aquela tendência. A RESTAURAÇÃO SOCIAL, então, parabeniza o jornal metropolitano católico, que tem nele o fluxo de esforços heróicos de gerações inteiras. " Sem isso, nosso julgamento se refere a seus julgamentos sobre a vida política dos partidos de nosso país, então, os ensinamentos pontifícios colocam o leitor em posição de julgar as coisas corretamente, sem precisar estar vinculado a essa ou aquela tendência. A RESTAURAÇÃO SOCIAL, então, parabeniza o jornal metropolitano católico, que tem nele o fluxo de esforços heróicos de gerações inteiras. " Sem isso, nosso julgamento se refere a seus julgamentos sobre a vida política dos partidos de nosso país, então, os ensinamentos pontifícios colocam o leitor em posição de julgar as coisas corretamente, sem precisar estar vinculado a essa ou aquela tendência. A RESTAURAÇÃO SOCIAL, então, parabeniza o jornal metropolitano católico, que tem nele o fluxo de esforços heróicos de gerações inteiras. "

Ele promoveu várias iniciativas editoriais e sociais em colaboração com o Monsenhor De Andrea e Monsenhor Napal. Também publico numerosos livros sobre análise sociológica da realidade social e sobre a aplicação dos ensinamentos das encíclicas sociais em relação à política argentina e ao movimento operário.

b) Os Ex-Alunos e a "Restauração Social"

Carlo Conci viveu dedicado à difusão das idéias sociais da Igreja e à questão social, a partir de seu conhecimento de sociologia e política. Ele organizou - juntamente com o Pe. Luis Pedemonte, diretor da escola Pio IX no Bairro de Almagro em Buenos Aires - os ex-alunos de Dom Bosco desde 1907, depois ele foi nomeado Secretário encarregado da Secretaria Nacional dos Ex-Alunos Salesianos. De lá, ele deu um novo impulso à revista mensal dos "Ex-alunos de Dom Bosco", publicada em Buenos Aires. A partir deste local, organizou numerosas reuniões com jovens estudantes e ex-alunos das escolas salesianas da cidade de Buenos Aires, preparando-os para mobilizá-los para o compromisso social em defesa dos princípios sociais cristãos.

Também fundou e dirigiu a revista "Restauração Social" entre 1935 e 1939, editada pela Secretaria Regional dos Ex-Alunos de Dom Bosco. A "Restauração" foi uma publicação mensal de estudos sociais afiliados ao catolicismo social, claramente anticomunista e antiarrista, mas algumas de suas colunas tinham uma vantagem abertamente fascista. Seu programa consistia em "estudar, aprofundar e divulgar os ensinamentos pontifícios em matéria social, buscando neles a luz necessária e o caminho seguro para não errar na solução dos difíceis problemas que temos de enfrentar".

O número 1 da revista foi estruturado com um "Prospecto" (editorial) escrito pela redação, alguns artigos em segundo plano (no aniversário da Rerum Novarum ), algumas experiências internacionais de organização de trabalhadores, legislação nacional, uma seção de livros e revistas e informações gerais e interessantes. Os primeiros autores foram Antonio Nores, Gabriel Palau e Raúl Ignacio Ferrando, entre outros. Esta primeira revista contém na contracapa uma propaganda do jornal El Pueblo , do jornal Los principios de Córdoba e L a Accióndo Paraná. Um ano após sua aparição, o editorial da revista dizia: "A publicação desta nossa Revista - é justo confessá-la - tem sido de grande satisfação, principalmente no que diz respeito à colaboração dos mais eminentes homens do catolicismo social". Em outro lugar da revista acima, uma lista de colaboradores é publicada: Alejandro Bunge, Juan F. Cafferata, Raúl I. Ferrando, Antonio Nores, Juan B. Terán, Adolfo Korn, Miguel de Andrea, José Padilla, entre outros.

c) líder nacional da UPCA e projeção internacional

A criação da União Católica Popular Argentina (UPCA) em 1919 pelos bispos reunidos na Conferência Episcopal da Argentina - seguindo o modelo da ação social italiana - abriu novas perspectivas para o movimento operário católico nacional e significou a dissolução da União Democrática Católica que emergiu depois de 1912. A UPCA não surgiu como resultado da união das organizações sociais católicas existentes, mas como uma ação direta do episcopado. Conci teve que lidar com essa decisão porque vários grupos da União Democrática Católica que trabalharam em várias obras salesianas (Santa Catalina e La Boca) ligadas aos ex-alunos salesianos não aceitaram a decisão.

No âmbito da UPCA, foram criadas as organizações do catolicismo social, como a Liga Econômica Social, a Liga das Damas Católicas e a Liga da Juventude. Assim, Conci aparece como membro do conselho de administração da Primeira Junta da Liga Econômica-Social da Argentina, juntamente com expoentes de prestígio do catolicismo social argentino, como Pbro. Gustavo J. Franceschi (conselheiro), Eng. Alejandro Bunge (Presidente), Dr. Enrique B. Prack, Dr. Bemardino Bilbao, Dr. José Ignacio Olmedo, Sr. Benjamín Nazar Anchorena, entre outros. Desde 1920, Conci assumiu o cargo de diretor da Secretaria Nacional da UPCA - o primeiro foi o jesuíta Gabriel Palau - e imediatamente se dedicou à organização do acervo nacional para a construção de moradias para os trabalhadores.

Conci era um orador de destaque, improvisando com "calor proletário" em conferências populares para comunicar "realidade" nos comícios em favor da classe trabalhadora. Em 1921, Conci teve a ideia de celebrar o Dia de Maio como o dia do trabalhador cristão. Enquanto a proposta parecia imprudente para alguns membros do Conselho Diretor do Círculo. Até aquele momento, os atos eram realizados na área das paróquias e em outras dependências ligadas à igreja. A celebração do dia do trabalhador era um campo de disputa não apenas entre socialistas e anarquistas, mas também a trincheira dos católicos sociais. Alguns consideravam um dia de luto e dor (anarquistas), para outro dia (socialista) de luta e resistência dos trabalhadores. Para os católicos, por outro lado, foi um feriado por excelência.

Mas foi depois de 1929 que ele decidiu dar outras dimensões aos eventos comemorativos do Dia do Trabalho. Dessa maneira passou das celebrações em recintos para as ruas da cidade de Buenos Aires primeiro, e das principais cidades do país depois.

Com efeito, uma demonstração e um desfile público foram preparados, precedidos por conferências de rua e reuniões de massa em diferentes partes da cidade. Do jornal El Puebloos leitores foram encorajados a participar da manifestação pelas ruas da capital, concentrando-se em diferentes locais do centro da cidade. O slogan foi direto: "Não aceitaremos desculpas. Se você não comparecer hoje à manifestação dos Círculos dos Trabalhadores, você merecerá um único qualificador: Deserter! ". Norberto Repetto, sucessor Conci como presidente do Conselho Central dos círculos dos Trabalhadores, disse sobre ele: "Foi a primeira vez na Argentina e, certamente, nos Estados Unidos, no 1º massas Maio de trabalhadores marcharam pelas ruas, precedido pela bandeira nacional e que, uma vez concentrados, deixam ouvir as majestosas notas da canção country com vozes marciais e viris ".

No entanto, o destino das organizações dos trabalhadores católicos em torno da UPCA estava caindo. De acordo com Maria Pia Martin, 1923 conflito sobre a sucessão do Arcebispo de Buenos Aires "arrastado com ele o destino do UPCA a nível nacional". A verdade é que, como diz Auza, o UPCA, até o ano de 1928 e "houve fome e que foi anunciado foi um novo modelo, que só concordou em um propósito geral de organizar as forças católicas, mas não em todos". Finalmente, em 1931, o episcopado argentino, seguindo o ensinamento de Pio XI, decidiu "mudar o nome" da União Católica para o da Ação Católica.

"Como temos anunciado em nossa carta pastoral de 1 de Dezembro de 1928, a associação já foi criado para unir suas forças, as Pessoas 's Union, foi reformado de acordo com os ensinamentos que foram sugeridas pela experiência longos anos, não só nosso, mas acima de tudo, o centro do cristianismo, onde o Papa Pio XI, gloriosamente reinante, implementou pessoalmente admiravelmente o conceito da Ação Católica, a reforma da organização anterior da força católico da Itália. Por isso, como lhe escrevemos então, a mudança de nome da organização foi resolvida pela Ação Católica Argentina, que responde exatamente aos propósitos perseguidos. "

Certamente não foi uma mudança simples de nome. Nas transformações ideológicas da década de 1930 e no novo contexto de lutas sociais e operárias ("o paganismo de idéias e costumes"), determinaram uma nova estratégia eclesial ("não podemos lutar ... com as armas de antigamente e com a tática de outros tempos "). Se a UPCA se tornou um instrumento de moralização das massas trabalhadoras e de restauração de costumes e ordem social, a Ação Católica - "sob a direção imediata dos próprios Apóstolos e Pastores" - foi proposta como uma milícia de católicos ( "Parceiros militantes") para empreender uma cruzada "para triunfar com maior sucesso ... nas novas batalhas do Senhor", a fim de estabelecer "o reinado social de Jesus Cristo".

Em conclusão

Sua longa carreira na cena do movimento operário católico argentino, especialmente na atenção da Juventude Operária Católica, e a UPCA, primeiramente fazendo parte do Secretariado Econômico Social e então presidente da União, tornaram o salesiano Carlo Conci uma das principais referências do movimento. catolicismo social.

Até então, Carlo Conci já era um reconhecido sociólogo e competente estudioso dos problemas do trabalho, da questão social, da doutrina social da igreja e do movimento operário, e não apenas na esfera eclesial. A participação de Conci nas lutas sociais dos trabalhadores - e não apenas católicos - continuaria além do pertencimento institucional a uma organização. Prova disso foi a sua nomeação pelo Governo Nacional - em julho de 1925 - como presidente da delegação oficial e delegado de trabalhadores para a 7ª Conferência Internacional do Trabalho, realizada em Genebra (Suíça).

Seus caminhos transcenderam de longe os círculos de trabalhadores católicos e, posteriormente, o UPCA tanto que em 1931 ele foi eleito como um representante dos círculos dos Trabalhadores como presidente da delegação Argentina para a comemoração da publicação da Encíclica Rerum Novaron em Roma . Após a sua transferência para Rosário, ele continuou seu compromisso social e trabalho na organização diocesana de trabalhadores católicos em Rosário de Santa Fe. Agora longe da exposição pública e na linha de frente da liderança nacional. Mas isso é uma outra história.

"Devoção a Maria Auxiliadora, padroeira do Agro Argentino"

Maria Andrea Nicoletti

1. A construção devocional da Madonna Auxiliadora em Dom Bosco na cidade

Devoções são práticas de piedade para a ação de culto e rituais que contêm uma "atitude relacional (oração e contemplação) e uma celebração (liturgia, festas, devoção popular) [5] . Essas práticas mantêm uma inserção local e uma nova sentido social e identidade. Há várias orações sobre a ajuda de Dom Bosco ao longo do tempo, mas é característico que a Congregação seja mencionada, a família salesiana e Dom Bosco, como exemplo de piedade mariana [6]. Como atitude de celebração, São João Bosco recomendou a novena, onde se encontram orações, liturgias, sacramentos e esmolas. Ao invés disso, o Decálogo promove uma série de ações de solidariedade, orações e veneração à imagem da Madona, agora pessoalmente (traga uma medalha e pertença à arquirradiaria), agora pública e coletivamente (entronização de imagens, peregrinações, festas e procissões). .

As primeiras imagens da Auxiliadora de Dom Bosco, que chegou à Argentina, foram pintadas, mas apenas a figura da Madona e da criança [7]  e não a completa do Santuário de Turim [8] que o fundador dos salesianos confiou a Tomás. Lorenzone.

Embora as imagens representem a iconografia do retábulo de Valdocco, entre 1865 e 1868, o fundador dos Salesianos encomendou várias pinturas baseadas no Lorenzone, com o seu ex-aluno oratoriano Guiseppe Rollini, cujas características distintivas são a coroa e o cetro. , o rosto da Madonna, o arranjo das roupas com dobras e a nuvem [9] .

Com essas pinturas começaram as primeiras práticas devocionais da Ajuda dos Cristãos na Argentina. Como nos concentramos no patronato do Agro Argentino, excluímos este trabalho do Santuário de Almagro, em Buenos Aires, e analisamos brevemente sua difusão em algumas regiões da Argentina na primeira metade do século XX.

A Auxiliadora de Dom Bosco estava prematuramente ligada ao espaço rural e agrícola. Nos pampas, essa devoção se estendeu da cidade de Toay, com a construção do templo que começou em 1897 e terminou em 1915. De vários países dos Pampas eles começaram a fazer peregrinações em 1917, organizadas por um grupo de mulheres de elite pampeanas que são foram institucionalizados em 1924. "A institucionalização da peregrinação de Santa Rosa di Toay em 1924 foi uma prova do caráter maciço que a mobilização católica adquiriu no Território Nacional de La Pampa" [10] .

Em Rodeo del Medio (1898), a construção do Templo de Maria Auxiliadora produziu uma mudança do assentamento rural para as cidades. Essa mudança não foi apenas geográfica, mas "implicou também uma mudança cultural e espiritual de devoção à Madonna del Carmen (típica da paróquia de Maipú e da ordem de Nossa Senhora da Misericórdia) à nova devoção de Maria Auxiliadora (favorecida pelos salesianos) [11]. ] .

Da paróquia Maria Auxiliadora e da escola salesiana de viticultura, a primeira peregrinação de trem e de 1913 a pé, liderada por ex-alunos de Dom Bosco de Mendoza, é realizada desde 1912. Estas peregrinações foram seguidas por outros métodos, como peregrinações de mulheres (1916) e comunidades de estrangeiros (italianos, sírios e libaneses com um rito maronita e espanhol) [12] . "A festa de Maria Auxiliadora," Nossa Senhora de Dom Bosco ", teve um importante papel emocional e nacionalista que certamente concentrou os maiores esforços durante o ano" [13] .

A gravura que propagou sua devoção: " A Virgem de Dom Bosco " Hojita de Propaganda do culto de Maria Auxiliadora em Rodeo del Medio (1907), não era apenas uma brochura religiosa, mas também cultural e cívica. A imprensa era um importante meio social agora ligado à elite de Mendoza agora com camponeses crioulos e migrantes [14] .

Uma brochura semelhante pode ser vista em Fortín Mercedes inicialmente chamado El Santuario Votivo e depois La Virgen del Fortín , centrado na vida do Templo, devoção a Madonna, contos de histórias da imagem milagrosa [15] , graças concedidas, notícias do Arquiconfraria de Maria Auxiliadora, orações, notícias da família salesiana, meio rural e celebrações patrióticas [16] .

Fortín Mercedes tornou-se um importante centro de peregrinação a Maria Auxiliadora e Ceferino Namuncurá, quando seus restos mortais foram trazidos para lá em 1924. As Peregrinações da Auxiliadora ocorreram na primeira metade do século XX, geralmente de Bahía Blanca e algumas pertencentes à família salesiana. (ex alunos, ex stedentesse, exploradores, etc.).

O Boletim afirmava que em 1928 havia três mil peregrinos que chegavam principalmente de trem: "podemos dizer que a devoção desses fiéis que vinham em coluna compacta se aproximava do santuário embelezado por sua piedade que revela claramente o grande desenvolvimento que aquele dia adquire". depois do dia a devoção à Madonna de Dom Bosco " [17] .

Neste itinerário sintético observamos que a devoção à Auxiliadora de Dom Bosco na Argentina nasceu ligada ao meio rural e às escolas salesianas agrícolas, como depois da fundação o decreto dedicado à Ajuda dos cristãos com o patrocínio do Agro: "que o título de Maria Auxiliadora, transportada aos lugares mais íntimos da pátria para a Congregação Salesiana, através de suas escolas agrícolas e artesanais, os institutos e obras missionárias determinaram um florescimento de sua fé e confiança em sua proteção " [18] .

2. A Ausliatrice como padroeira do Agro Argentino: delimitação da vida rural e símbolo da "Nação produtiva"

A difusão dessa devoção está organizada em duas áreas distintas que podemos identificar com um território legitimado por vários elementos [19] : Patrona da Patagônia, do Rio Colorado ao sul e Padroeira do Agro Argentino, do Rio Colorado ao norte. Embora este último seja um patrocínio nacional, sua identificação com o espaço desta região através das escolas agrícolas salesianas e do campo Pampa Argentina, que desenham uma cartografia devocional mais circunscrita.

Como padroeira da Patagônia, Maria Auxiliadora toma posse de um espaço regional que busca ser inserido pela força na nação. A entrada dos salesianos com o exército de Giulio Roca, em 24 de maio de 1879, liga a ajuda dos cristãos ao "posto avançado da civilização cristã" e à "conquista espiritual" dos povos imersos em uma "imensa aridez que pesava sobre seu futuro a ofensa de uma maldição " [20] . O tríptico da festa de Maria Auxiliadora, 24 de maio de 1952, no qual se encontram estas palavras, refere-se a dois aspectos do patronato: a Patagônia e o Agro argentino e estão ligados às celebrações patrióticas de 25 de maio de 1810.

Para o patronato da Patagônia, as palavras de Dom Bosco sobre a Auxiliadora são citadas como a Madona dos "tempos difíceis" e referem-se ao sonho de 30 de agosto de 1872, em que Dom Bosco "acordou com o grito de um hino que os selvagens eles cantaram para a Santíssima Madonna " [21] .

No caso do patrocínio da Auxiliadora no campo argentino, há uma oração que a proclama "protetora dos campos". A imagem alegórica ea resolução do Ministério da Agricultura e Ganaderia (2536/49), determinada como a imagem oficial do Santuário de Fortín Mercedes, acrescentando "um guardião de flores e frutos do campo" [22] .

N ° 1: tríptico. Festa de Maria Auxiliadora 24 de maio de 1952

As orações à imagem de Maria Auxiliadora, padroeira do Agro, adaptadas às diversas preocupações da sociedade camponesa e da política nacional. As orações dos anos cinquenta pedem a proteção da Madona do "solo patriarcal" e "da tenebrosa inclemência dos tempos", "das feridas e doenças", "das paixões e ventos desenfreados" [23] .

Se exige a "chuva apropriada", "a multiplicação de animais para servir ao homem" e "a fertilidade das planícies de cereais, os campos de pastagens, a selva de nossas florestas, as hortas e hortas, os sorrisos dos vinhedos e a unção dos olivais " [24] e a bênção de" nossos prados, semeaduras, indústrias e empregos " [25] . Um discurso mais atualizado com a doutrina social da Igreja, rezar para a ajuda dos cristãos para "a paz e a equidade de nossos povos", para "nossos agricultores", "para o nosso governo", para que "o diálogo frutífero encerre o medidas que prejudicam a comida e a justiça dos fracos " [26] .

A outra questão que analisaremos brevemente é a identificação simbólica desse patronato "argentino" e "nacional". O decreto presidencial de 27 de outubro de 1949 (2688) o proclama Padroeira do Agro Argentino, como "uma homenagem nacional à Santíssima Mãe de Deus e como protetor dos campos" [27] .

Como Padroeira do Agro, a Auxiliadora é um "símbolo nacional", identificado com a atividade agrícola e o campo argentino, em um período de identidade católica nacional, onde havia uma correlação simbólica significativa entre "ser argentino" e "ser católico [28] ".

Este conceito pode ser aplicado em dois períodos distintos: de 1930 a "Peronismo" e "Peronismo" propriamente. No caso da ajuda de Dom Bosco como padroeira do Agro argentino, mesmo que a encontrássemos ligada à atividade agrícola no período anterior a 1930, o clientelismo é institucionalizado durante o "primeiro peronismo" (1949). O patronato da Patagônia, devemos ajustá-lo para outra cronologia para a incorporação tardia da região na Nação, através de campanhas militares (1879). A identidade patagônica com a obra salesiana e a invocação da Auxiliadora encontram-se no arranjo administrativo como diocese em 1934, embora sua introdução tenha sido com o exército no final do século XIX, sob a proteção do Instituto.

O patrocínio da Ajuda dos Cristãos era a hierarquia nacional desde 1944, no contexto das políticas sociais nacionalistas do governo militar de 1943, das quais Perón participou como Secretário de Trabalho e Previsão. Em 1944 decretou-se o estatuto dos jornais diários da campanha (decreto 28.169 de 10/08/1944), que estabelecia as condições de trabalho dos trabalhadores rurais e iniciei outras medidas para o melhoramento e a organização sindical dos camponeses, com o objectivo de modificar o sistema de exploração prevalecente dos sectores agrícolas agrícolas e a concentração das terras em grandes proprietários " [29]. Além disso, com o peronismo, "o monopólio do cristianismo, especialmente o catolicismo, não está mais nas mãos da fé" profissionais da fé ", dos" notáveis ​​católicos "e se expande por todo o corpo da sociedade argentina" [30] . De acordo com essa construção, os patrocínios não são "um fato gratuito: eles se submetem simbolicamente às ações do Estado e a uma lei superior e divina encarnada na Igreja Católica, através da imagem oficial desta" [31] . Nossa Senhora Auxiliadora como Padroeira do Agro tem presença em suas próprias instituições do Estado com a entronização da imagem no Ministério da Agricultura e na Ganaderia Nacional [32] .

N ° 2: Almanaque do Ministério da Agricultura e Pecuária da Nação, 1950

Perón identifica a obra salesiana como obra patriótica no período do pacto com a Igreja e da incorporação da religião nas escolas [33] . Este pensamento é refletido em um desenho após o período peronista, que liga a Congregação com as obras da Pátria.

Nº 3 Arquivos Salesianos Centrais, Maria Auxiliadora Boxe, padroeira do campo. Calendário 1969

Nessa ideia, a ajuda de Dom Bosco recupera os valores perdidos, os valores morais identificados com a pureza dos costumes rurais, vazios dos "vícios" urbanos, centrados na figura do colono. A Madonna de Dom Bosco, torna-se um dos muitos símbolos que constrói " argentino " em uma chave estrangeira. Uma Rainha à qual se acrescentam atributos relacionados com a idéia salesiana de ruralidade, isto é, a idéia do desenvolvimento de pequenos proprietários, "a possibilidade de acessar a terra de minorias desprotegidas (índios, crioulos e migrantes) e apoiar a fé tradicional e valores morais, que se refletem na vida rural, com a ajuda do clero regular ", logicamente salesiano [34]. Essas idéias são coerentes com o discurso de Perón, que designa o trabalho salesiano como um "trabalho que faz a pátria" e "forma bons argentinos". Assim, ele constrói uma memória seletiva que cria a identidade nacional, neste caso identificada com a cultura rural tradicional, com o programa agrícola e uma educação católica e artesanato tradicional. O novo sentido da Auxiliadora como Padroeira do Agro posiciona-se como uma síntese da memória comum na identificação do trabalho de uma Congregação italiana com a "ruralidade" como a essência do "ser argentino".



"Devoção a Maria Auxiliadora, padroeira do Agro Argentino"

Maria Andrea Nicoletti

1. A construção devocional da Virgem Auxiliadora [35] de Dom Bosco [36] no interior da Argentina

Devoções são práticas de piedade para a ação cultual e ritual que contêm uma "atitude relacional (oração de contemplação) e uma celebração (liturgia, festivais, devoção popular) [37] . Essas práticas sustentam uma inserção local e uma ressignificação social e identitária. Há diversas orações à ajuda de Dom Bosco ao longo do tempo, mas é distintivo mencionar a Congregação e a Família Salesiana e Dom Bosco como um exemplo devocional [38]. atitude Enquanto isso celebrativo, recomendada por São João Bosco nono detalha as orações, ejaculações, sacramentos e caridade. Enquanto o Decálogo promove uma série de ações de solidariedade, orações e adorar sua imagem, tanto pessoal (traga uma medalha e pertence à Confraria), como um público e coletivo (entronização de imagens, romarias, festas e romarias).

As primeiras imagens de Maria Auxiliadora, Dom Bosco, que chegaram a Argentina eram pinturas, mas apenas o Virgin e criança [39] e não todo o retábulo do Santuário de Turim [40] , o fundador dos Salesianos encomendado Lorenzone .

Enquanto as imagens são a iconografia do retábulo de Valdocco, o fundador dos Salesianos encomendado entre 1865 e 1868, seu ex-aluno oratoriano Guiseppe Rollini, várias pinturas baseadas no retábulo de Lorenzone, cujos traços distintivos são a coroa eo cetro, rosto da Virgem, o traçado da roupa com suas dobras e a nuvem [41] .

Ao redor destas pinturas começaram as primeiras práticas devocionais à Auxiliadora na Argentina. Desde que focar o patrocínio da Agro argentino, neste trabalho excluirmos o Santuário de Almagro em Buenos Aires e analisar brevemente a sua propagação em algumas regiões do interior da Argentina na primeira metade do século XX.

A Auxiliadora de Dom Bosco estava ligada desde cedo ao espaço rural e à produção agrícola. Em La Pampa, devoção estendido a partir da cidade de Toay com a construção do templo desde 1897, que foi concluída em 1915. Desde Pampeanas várias localidades começaram a fazer peregrinações em 1917, organizado por um grupo de senhoras da pampeana elite que foi institucionalizado em 1924. "a institucionalização da peregrinação de Santa Rosa a Toay 1924 evidência de caráter massivo que tinha adquirido a mobilização católica no Território Nacional de La Pampa" [42] .

Em Rodeo del Medio (1898), a construção do Templo de Maria Auxiliadora produziu um deslocamento do assentamento rural para o urbano, "que, além de geográfico, implicou também uma mudança cultural e espiritual, já que a devoção à Virgem de Carmen foi passada adiante (própria da paróquia de Maipú e dos Mercedários), à nova devoção a Maria Auxiliadora (propiciada pelos salesianos) [43] . Da paróquia Maria Auxiliadora e da escola salesiana de vinhos foi realizada a primeira peregrinação de trem desde 1912 e de 1913 a pé, promovida pelos ex-alunos de Dom Bosco de Mendoza. Estas peregrinações foram seguidas por outras modalidades, como as peregrinações de mulheres (1916) e comunidades estrangeiras (italiano, sírio e libanês com rito maronita e espanhol[44] . "A festa de Maria Auxiliadora," A Virgem de Dom Bosco ", com uma carga emocional nacionalista importante, sem dúvida concentrou os maiores esforços de organização durante o ano" [45] . A forma que propagou sua devoção: "A Virgem de Dom Bosco" Hojita de Propaganda do culto de Maria Auxiliadora em Rodeo del Medio (1907), não foi apenas um sermão religioso, mas cultural e cívico. Foi um importante meio social que os ligou tanto à elite de Mendoza como ao campesinato crioulo e imigrante [46] .

Uma forma semelhante pode ser visto em Fortin Mercedes inicialmente chamado El Santuario votiva e mais tarde La Virgen del Fortin , com foco na vida templo, a devoção à Virgem, histórias das histórias de Tabela Milagrosa, graças concedidas, notícias da Confraria de Maria Auxiliadora, orações, notícias da família salesiana, meio rural e celebrações patrióticas [47]. Fortin Mercedes tornou-se um importante centro de peregrinação a Maria Auxiliadora dos cristãos, a quem a figura de Zeferino Namuncurá é alta quando seus restos mortais foram levados para lá em 1924. peregrinações à Auxiliadora foram feitas na primeira metade do século XX geralmente de Bahia Banking e por parte de algum ramo da família salesiana (ex-alunos, ex-alunos, exploradores, etc.). Boletim relatado em 1928 cerca de três mil peregrinos que chegam principalmente de comboio: "Podemos afirmar que a devoção destes fiéis que lotou coluna se aproximou do impelido por sua piedade revela claramente o grande desenvolvimento Sanctuary adquire dia a dia a devoção à Virgem de Dom Bosco " [48] .

Nesta rota sintética temos observado que a devoção a Maria Auxiliadora, Dom Bosco na Argentina nasceu ligada a áreas rurais e Salesianas escolas agrícolas, como posteriormente fundou o decreto faz Padroeira da Agricultura: "Que o título de Maria Auxiliadora dos Cristãos , levado aos lugares mais recônditos da Nação pela Congregação Salesiana, através de suas escolas agrícolas e ofícios, institutos e obras missionárias determinou o florescimento de seu culto e a confiança em sua proteção " [49] .

2. A ajuda dos cristãos como padroeira do Agro Argentino: demarcador da ruralidade e símbolo da "Nação produtiva".

A propagação desta devoção foi organizado em dois espaços distintos territorialmente identificadas com diferentes elementos que legitimaram [50] : Padroeira da Patagônia ao sul do rio Colorado e Padroeira do Agro Argentino del Norte Colorado. Embora este último seja um mecenato nacional, sua identificação com espaços dessa região através das escolas agrícolas salesianas e do campo da Pampa Argentina, traça um mapa devocional mais circunscrito. 

Como Padroeira da Patagônia, Maria Auxiliadora se apropria de um espaço regional que busca ser incluído à força pela Nação. A entrada dos Salesianos com o exército de Julio Roca em 24 de Maio de 1879, ligada à Ajuda de o "posto avançado da civilização cristã" e "conquista espiritual" de aldeias submersas em uma "vasta aridez que pairava sobre seu futuro como o ultraje de uma maldição " [51]. O tríptico da Festa de Maria Auxiliadora de 24 de Maio de 1952, que são estas palavras, refere-se aos dois patrocínios: Patagônia e do Agro argentino e links para atos de celebração patriótica de 25 de maio de 1810. para o patrocínio da Patagônia as palavras de Dom Bosco em Nossa Senhora Auxiliadora dos cristãos como a invocação dos "tempos difíceis" são citados e referido o sonho de 30 de Agosto 1872, em que Don Bosco "acordou com o grito de um hino que os selvagens cantaram para a Virgem Ssma Auxiliadora " [52]

O caso do Patronazgo de la Auxiliadora na agricultura argentina é exemplificado por uma oração que o proclama "Protetor dos campos". O selo alegórico e a resolução do Ministério da Agricultura e Pecuária (2536/49), determina como imagem oficial do Santuário de Fortín Mercedes, acrescentando "uma guarda de flores e frutos do campo" [53]

Tríptico Festa de Maria Auxiliadora 24 de maio de 1952

As orações nas fotos de María Auxiliadora, padroeira de Agro, estão se adaptando às diferentes preocupações da sociedade camponesa e da política nacional. As orações da década de 1950 apelando para a proteção da Virgem de "solo nativo" do "mal - tempo predestinado" de "pragas e doenças" [54] e "paixões desenfreadas e ventos" [55] . Pede a "chuva oportuna", "multiplicação de animais para servir ao homem" e "fecundidade das pampas de cereais, pastagens, fronda nossas florestas, pomares de frutas e legumes, sorrisos vinhas e a unção dos olivais " [56] e a bênção de". Um discurso mais atualizado e em sintonia com a doutrina social católica, ora ao da ajuda para "paz e igualdade de nossos povos" para "os nossos agricultores" "nosso governo", que "o diálogo frutífero para acabar medidas que acabam por prejudicar a dieta e a justiça dos mais fracos " [58] .

A outra questão que queremos analisar brevemente é a identificação simbólica dessa defesa com o "argentino" e o "nacional". O decreto presidencial de 27 de outubro de 1949 (2688) proclamava Patrono do Agro Argentino, como "HOMENAGEM NACIONAL à Santíssima Mãe de Deus como Protetora dos Campos" [59] .

Como Padroeira do Agro Maria Auxiliadora opera como um "símbolo nacional", identificando-se com a atividade agrícola e do campo argentino, em um período de identidade nacional católica, onde havia uma importante correlação simbólica entre "ser argentino" e "ser católico" [60 ]. Este concepto se puede aplicar en dos períodos diferenciados: 1930 hasta el peronismo y el peronismo propiamente. Para el caso de la Auxiliadora de Don Bosco como patrona del Agro argentino, si bien la encontramos relacionada con la actividad agrícola en períodos previos a 1930, su patronazgo se institucionaliza durante el primer peronismo (1949); mientras que para el patronazgo de la Patagonia debemos ajustar esta periodicidad a la tardía incorporación de la región a la Nación, a través de las campañas militares (1879). La identidad patagónica con la Obra Salesiana y la advocación de la Auxiliadora, se plasmaron en la organización administrativa interna como diócesis en 1934, aunque su introducción fue con el ejército a fines del siglo XIX,  al calor de la acción misionera y educativa de los primeros salesianos italianos en tanto “símbolo de argentinidad, de civilización y de progreso”.

Ele ajuda o patrocínio da hierarquia nacional tinha desde 1944, no âmbito das políticas sociais nacionalistas do governo militar em 1943, que fazia parte Peron como Secretário do Trabalho e Previdência. Em 1944, ele decretou o estatuto de meeiro (Decreto 28.169 de 1944/10/08), que estabeleceu as condições de trabalho dos trabalhadores rurais e iniciou outras medidas para melhorar e organização sindical dos agricultores, com modificar o sistema vigente de exploração dos setores agrários e a concentração de terras em grandes proprietários de terra " [61]. Em adição a esta realidade, com o peronismo "o monopólio do cristianismo e especialmente a católica, não está mais nas mãos dos profissionais de fé ', o 'notáveis católicos' e se espalha por todo o corpo Sociedade argentina " [62] . Com base nessa construção, patrocínios não são "fato livre: simbolicamente afirmar ações sujeitas a uma ordem superior, divina incorporados na Igreja Católica, pela imagem oficial desta" [63] . Maria Auxiliadora dos cristãos como padroeira da Agro está presente dentro das mesmas instituições do Estado com a entronização de sua imagem no Ministério da Agricultura e Pecuária da Nação [64] .

Almanaque do Ministério da Agricultura e Pecuária da Nação, 1950

Perón identifica a obra salesiana como obra patriótica no período de aliança com a Igreja e a incorporação da religião nas escolas [65] . Graficamente, este pensamento é refletido em um desenho após o período peronista que liga a Congregação com as obras da Pátria.

Arquivo Central Salesiano, Caja María Auxiliadora, padroeira da agricultura. Calendário 1969

Nessa chave, a ajuda de Dom Bosco recupera os valores perdidos, aqueles valores morais identificados com a pureza dos costumes rurais, vazios de "vícios" urbanos, centrados na figura do colono. A Virgem de Dom Bosco, torna-se um dos muitos símbolos que constrói "Argentina" em uma chave estrangeira. Uma rainha que se une a atributos ligados à idéia salesiana de ruralidade, isto é, a idéia de desenvolvimento em pequena escala, "a possibilidade de acesso à terra de minorias desprotegidas (indígenas, crioulos e imigrantes) e a manutenção da terra fé e valores morais tradicionais, refletidos na vida rural, com a assistência do clero regular ", logicamente salesiano [66]. Essas idéias coincidem com o discurso de Perón que aponta para a obra salesiana como uma obra que "faz pátria" e "forma argentina do bem". Constrói uma memória seletiva que cria uma identidade nacional, neste caso identificada com a cultura rural tradicional, com o programa agrícola e com uma educação católica e profissional. A "ressignificação" da Auxiliadora no patronato agrário está posicionada como uma síntese da memória comum na identificação da Obra de uma Congregação Italiana com "ruralidade" como a essência do ser "argentino".

A experiência única de reduccion em Dawson Island

Nicola Bottiglieri

Universidade de Cassino e sul do Lácio

Em 21 de julho de 1887, no meio do inverno patagônico, com onze graus abaixo de zero, quatro salesianos piemonteses, com uma mala marrom e um baú com ornamentos sagrados, chegaram de navio a Punta Arenas, então a cidade mais meridional do mundo. Giuseppe Fagnano, Antonio Ferrero, juntamente com o clérigo Fortunato Griffa e o catequista Giuseppe Audiso, pisaram no píer de madeira. Vieram de Buenos Aires e atravessaram o Estreito de Magalhães, cujas margens baixas e desertas estavam cobertas de neve. Eles se alojaram em dois quartos do Hotel Cosmos em que celebraram a missa. Imediatamente depois de Fagnano, foi ao governador Francisco Sampaio, saudado como Prefeito Apostólico, com jurisdição sobre toda a Terra do Fogo, nas partes argentina e chilena.

Punta Arenas tinha cerca de 300 pequenas casas de madeira com telhados coloridos para serem vistas do mar, 1500 habitantes, ruas cheias de lama, uma pequena capela de madeira que ficava na praça principal, onde hoje fica a catedral da cidade, onde está enterrada Monsenhor Giuseppe Fagnano. Esta cidade tinha sido fundada em 1848, para ser o local de uma prisão para prisão perpétua, mas tinha desenvolvido graças às minas de carvão que serviam os navios a motor dirigidos para o oceano pacífico ou os que vinham da China dirigidos para os portos ingleses. Sua importância irá expirar após 1914, quando o Canal do Panamá será aberto.

Naqueles anos, Punta Arenas era a última cidade do mundo, a última Antártida Thule, como Ushuaia, fundada dois anos antes, em 12 de outubro de 1884, era apenas um aglomerado de casas, em torno da antiga missão protestante do pastor da ponte e não a famosa prisão do fim do mundo, a Penal, ainda era construída, em torno da qual se desenvolverá a vida da cidade e hoje a indústria do turismo. Como se pode ver, Punta Arenas e Ushuaia, as duas cidades mais importantes da Terra do Fogo, se desenvolveram em torno de uma prisão.

Por que os salesianos chegaram tão longe ao sul? Por duas razões: tanto para trazer a palavra de Cristo Usque ad ultimum terraeao "fim do mundo" e, portanto, perceber em nome do cristianismo as profecias da Bíblia e o mandato do Evangelho, tanto porque Dom Bosco em seus cinco "sonhos proféticos" na Patagônia (1873, 1883, os dois de 1885, e os últimos de 1886) abriram o caminho para futuros missionários. O mais famoso entre eles, o profético "sueño américano" teve em Benigno Canadese a noite de 30 de agosto de 1883 (dia dedicado a Santa Rosa) é uma bela vista aérea da América do Sul que desemboca em Punta Arenas. . Uma viagem onírica através do espaço e do tempo, porque, além de indicar os lugares de missão na geografia americana, ele também verá o futuro da congregação.

Depois de ter fundado o Colégio São José em Punta Arenas, inaugurado em 19 de setembro de 1887, menos de dois meses após a chegada, Fagnano também ativou a escola de artes e ofícios, construiu uma nova capela para os filhos de emigrantes espanhóis, italianos mas sobretudo croatas. Chegaram em grande número como garimpeiros de ouro e, finalmente, depois de ter fundado uma fábrica para construir tijolos (os primeiros tijolos que foram vistos em Punta Arenas, para que os incêndios nas casas diminuíssem), ele dedicou toda a sua atenção aos índios fueguinos. Além disso, ele decide fundar uma missão na grande ilha em frente a Punta Arenas, a ilha de Dawson chamada "a pérola do estreito", naquele ponto distante 50 quilômetros do mar. Seu pai será Antonio Ferrero.

Assim, o Boletim Salesiano dá a notícia em 4 de abril de 1891

[...] - Alguns telegramas anunciaram nos jornais que o governo do Chile vendeu a Ilha Dawson ao Estreito de Magalhães por vinte anos aos Salesianos Missionários, onde reuniram os selvagens das diversas ilhas para reduzi-los à vida civil e cristã. Agora recebemos comunicação direta do nosso Prefeito Apostólico. A venda é feita ao Sr. José Fagnano, para que você possa construir uma capela com escolas e um hospital.

É uma extensão de oitenta ou noventa mil hectares, com quarenta ou cinquenta milhões de árvores altas chamadas fagus antarticus, similares em tudo ao nosso carvalho, exceto na dureza, que servem magnificamente para a construção, e com pastagens capazes de dez mil ovelhas e quatro mil vacas.

Com esta iniciativa Fagnano anulou o julgamento terrível sobre os índios Fuegian, que Darwin em 1832 fazer a viagem ao redor do mundo no HMS Beagle havia descrito como as pessoas mais miseráveis ​​do planeta, mais perto do mundo animal para a espécie humana, afirmando também que eles eram canibais.

A iniciativa dos salesianos foi bem vista pelas autoridades chilenas por muitas razões: deste modo protegeram e tentaram fixar em um lugar os índios nômades já dizimados por doenças e por violência por estancieros; além disso, a missão rompeu o isolamento geográfico e / ou cultural de grupos marginais e favoreceu sua inserção em uma unidade mais ampla chamada "nação". Também não devemos esquecer as tentativas da França para colocar uma colônia no Estreito de Magalhães para abastecer os navios que foram para as possessões pacíficas francesas, tentativas de assentamento que já haviam sido tentadas anteriormente e já haviam fracassado. Se os franceses tivessem colocado o pé no estreito, teria havido uma tensão político-militar entre o Chile e a França entre a Argentina e a Inglaterra sobre as Malvinas / Falklands.

Testemunhando a aprovação do governo chileno da presença salesiana na Terra do Fogo, o Presidente da República Jorge Mont manifestou-se em 1892, em carta de resposta ao Bispo de Punta Arenas, quando a missão já havia sido fundada há alguns anos. :

Vejo com real prazer que, devido à dedicação e trabalho incansável de seus missionários, o horizonte escuro dessas regiões remotas é aberto à luz da ciência, e que levar a civilização ao centro da barbárie promete fazer de seus habitantes homens útil para a pátria [67] .

Fagnano foi, portanto, o homem certo que Dom Bosco escolheu para realizar seu sonho de levar a palavra de Cristo ao fim do mundo. De forte constituição, de idéias liberais (fora voluntário garibaldiano sem participar da expedição das Mil), reuniu em sua pessoa a experiência dos salesianos com os emigrantes das cidades argentinas e a que começou com os índios da Patagônia. Antes de fundar Dawson, Fagnano tinha uma longa presença atrás de Carmen de Patagones em 1880, depois com os Tehuelches em Comodoro Rivadavia, e finalmente em 1886 ele acompanhou a expedição do Coronel Lista à Terra do Fogo e na Bahia de San Sebastian impediu o massacre do índios onas do fogo de soldados argentinos.

Para realizar o sonho de Dom Bosco de entrar "no centro da barbárie" e transformar os índios selvagens em bons cristãos e homens civilizados através do trabalho, ele repropõe o modelo de reduções jesuíticas no Paraguai e na Bolívia que floresceu entre o século XVII. e grande parte do século XVIII até a expulsão da ordem em 1767. um modelo já conhecido na congregação, de modo que foi reimpresso em Turim em 1880 por LA Muratori, cristianismo feliz nas missões dos padres da Companhia de Jesus no Paraguai , que já havia deixado Veneza em 1743, que havia espalhado o ambicioso projeto missionário jesuíta na Europa.

A missão de Dawson foi, portanto, dirigida aos índios do Estreito de Magalhães, os alacalufes que viviam em canoas e onas caçadores de terra, mas não incluía a inclusão dos índios yamanas que viviam mais ao sul, às margens do Canal de Beagle. Nesta área já havia missões protestantes, no Bahia Douglas da ilha de Navarino fechado em 1916 e na baía de Tekenika de 1892 a 1907 do arquipélago de Wollanston, perto do Cabo Horn. E além disso, não havia centros habitados ao redor do Beagle, já que Punta Arenas era a única cidade no sul do mundo que poderia servir de retaguarda para a missão. Além disso, os yaganes eram muito poucos, eles viviam da pesca, espalhados por um território muito grande, composto de ilhas cercadas por mares tempestuosos, e já dizimados desde 1830 por marinheiros ingleses. 

O "experimento sagrado" de Dawson não foi o único na Terra do Fogo. Foi replicada em 1893, abrindo A Missão da Candelária, no Rio Grande, na Argentina, pelos índios onas, hoje extintos; e, se ambas as iniciativas de Fagnano tiveram resultados negativos, não esgotaram o compromisso missionário na ilha, que ainda está presente em Porvenir, Ushuaia e Rio Grande em outros lugares e com outras populações. Na verdade, a missão do Rio Grande, cujos edifícios ainda são visíveis, era o núcleo em torno do qual a cidade foi construída, que hoje tem mais de 60.000 habitantes.

Em todo caso, os fracassos tiveram na Terra do Fogo servido de experiência para iniciativas análogas que imediatamente se seguiram com os Índios das florestas do Brasil (em janeiro de 1902 don G. Balzala e A. Malàn fizeram contato com os Bororo do Brasil), enquanto eles eram contemporâneos da missão no Shuar no leste do Equador, headhunters, que vivem ao longo do Rio Upano. Esses projetos, mas especialmente os da Terra do Fogo, no imaginário coletivo da Congregação, ainda hoje são vistos como a fase pioneira da ação missionária.

A experiência de Dawson antes e da subseqüente de Rio Grande não pode ser colocada no mesmo nível que as outras atividades missionárias, aquelas voltadas precisamente para emigrantes ou a população local, na verdade elas sempre terão o caráter de uma pequena utopia, conseqüente à dimensão visionária já presente em Dom Bosco porque havia índios nômades que viviam fora da história ou, melhor dizendo, "ainda não fora da pré-história", que viviam em um lugar extraordinário de todos os pontos de vista. A ação dos missionários na Terra do Fogo teria sido realizada com um fervor digno dos primeiros apóstolos, pois se viam, como diz o Evangelho de Mateus, "como ovelhas entre lobos", arriscando o martírio, como de fato aconteceu por pelo menos um deles.

A missão de São Rafael da ilha de Dawson tinha dois centros, o da Bahia Harris e um menor no lado oposto da ilha de El Buon Pastor em Punta San Valentin. Este último foi "para niñas discolas y que estan en a edad peligrosa". Foi fechado em 17 de outubro de 1905, prefigurando o que aconteceria logo depois com o outro assentamento.

A história da missão pode ser dividida em três fases: a primeira, quando as bases do projeto são estabelecidas e tem um período de tempo que vai de 1887 a 1894; o segundo, o mais próspero, culmina com a visita do Presidente da República, Dom Federico Erráuriz, em fevereiro de 1899; a terceira fase, finalmente, é a mais amarga, marcada pelo sinal de uma lenta decadência que chega até o fechamento em 1910.

 A primeira década está cheia de atividade e espírito construtivo. Será instalado um observatório meteorológico (em Punta Arenas, já em atividade desde 1888), com uma estrutura de pelo menos 50 casas unifamiliares com teto de zinco, mesmo sem janelas de piso e vidro, bem como a porta, fortemente oposta pela habitantes por não se sentirem prisioneiros. A falta de portas e janelas nas janelas também servia para dispersar a fumaça, pois no chão se acendia o fogo que servia de ponto de encontro para toda a família e ao redor do qual se dormia, no chão, segundo os costumes do povo. akar, ou tradicional cabana circular. Haverá também uma escola, na qual uma lanterna mágica será usada para fins de entretenimento e educação, enquanto a banda musical dos índios completa com instrumentos de sopro, tambores, pratos e uniformes farão sua voz ser ouvida nas árvores da ilha, onde os únicos sons sempre foram os do vento, do mar e dos pássaros. Quando o Presidente da República visita a missão, em 13 de fevereiro de 1899, enfrenta uma aldeia composta por 350 índios (no ano anterior eram 550, o maior número de presenças nos vinte anos de história) com uma serraria plantada em 1897. para apartar del ocio y del descontentamento este engendra em los indios i civilizados ", que tinha uma chaminé (ainda visível), dois motores que operavam uma grande serra de madeira, trilhos de madeira de três quilômetros de comprimento para levar as árvores até a serraria, uma doca de madeira para a atracação de navios, onde os postes de madeira que sustentavam os postes telegráficos na Patagônia estavam carregados; finalmente uma capela e outros edifícios construídos para trabalho e administração. Enquanto as mulheres (como recorda o historiador Padre Lorenzo Massa, fundador em Buenos Aires do time de futebol San Lorenzo (do qual o papa é fã), trabalhavam na lã sob a liderança das Filhas de Maria Auxiliadora.

Como a visita do presidente ocorre em fevereiro, ele não sabe que outros 95 índios morrerão durante o ano, enquanto no ano anterior foram 110 vítimas (uma a cada três dias) e, em 1897, 145, enquanto em 1896. eram 115. Naquela data, havia 620 sepulturas no cemitério, que agora se tornara o centro da vida na ilha. Nos próximos dez anos, outros 242 índios morrerão, para um total de 862. E a diminuição do número de mortes, mais do que indicando a resolução do problema da mortalidade, é o indicador do abandono da missão pelos índios, que não migram para lá. mais com a esperança de serem protegidos pelas armas dos estancieros, ou para encontrar comida, mas estão conscientes de que este é apenas um lugar de morte, como foi a missão de Ushuaia do pastor anglicano Bridges.

A última fase, como podemos ver pelo que dissemos, consistirá em uma lenta agonia de atividades e de homens, que desde o número máximo de 550 em 98, é reduzida para 36 em 1911, quando foi abandonada, mudando-se para Rio Grande. os últimos índios que queriam ficar com os missionários. Estes, como fantasmas, moviam-se entre prédios vazios, casas abandonadas, ferramentas de trabalho cheias de ferrugem, animais selvagens na floresta, enquanto o relógio colocado no campanário marcava as horas em vão. A missão esteve ativa em Rio Grande até 1927, onde operou um curtume para pele de carneiro e uma pequena indústria têxtil que engajava mulheres. A partir de então a missão se transformou em uma escola agrícola ativa até hoje.

Quais são as razões para este fracasso?

Em primeiro lugar, as doenças trazidas pelos homens brancos, pelas roupas que não foram lavadas, pela convivência, que disseminam a tuberculose, o sarampo e outras doenças contagiosas. Mas mais do que qualquer outro na Terra do Fogo, a tentativa de mudar radicalmente os hábitos de vida dos índios, que por cerca de 10 mil anos foram caçadores nômades, em madeireiros ou pecuaristas, foi deletéria. Foi uma utopia ingênua, operada por pastores anglicanos e protestantes salesianos, acreditar que em pouco tempo os índios nômades se tornariam residentes, que mudariam a caça com operários para máquinas, que usariam roupas jamais usadas em sua história e mudaram sua alimentação de carne e peixe cru com pão, macarrão, feijão, café e outros produtos da Itália. E eles teriam aprendido a ler e escrever sob ditado de sentenças por autores de um mundo e uma cultura incompreensível para eles.

E, no entanto, o experimento de Dawson ainda é uma experiência ainda não totalmente entendida. Ainda hoje não foi possível identificar o local do cemitério que abriga os cerca de 900 túmulos para conhecer as verdadeiras causas da mortalidade de tantas pessoas, nem as "modalidades" do profundo choque cultural que ocorreu nesta ilha isolada no fim do mundo. Se o projeto se descontrola com os salesianos, devemos ainda considerar que em todo índio eles viram um homem para ajudar, ao contrário dos estancieros que viam nos índios um obstáculo para a criação das ovelhas e pagavam os quilos dos homens e duas libras por libra. seios das mulheres.

Quero encerrar essas reflexões, relatando algumas passagens da carta que Fagnano escreveu a Dom Bosco em 5 de novembro de 1887, poucos meses depois de sua chegada a Punta Arenas:

O capitão Paolo Ferri de Varazze me trouxe uma família de Tierra del Fuego, sua mãe com três meninos, dois meninos e uma menina. O pai foi morto por algum garimpeiro. Eles pertencem à raça Ona, cujo idioma ninguém pretende aqui e eu só conheço algumas palavras que eu poderia reunir em um pequeno dicionário. Cumprimentei-a com toda a caridade, tive que lavá-los da cabeça aos pés e limpá-los completamente; Ensinei a mãe a lavar, dei a todos o que vestir com decência, mas eles não estavam felizes, exceto com a pele de guanaco e ao lado de seu pobre fogo. Eles não comem pão nem sopa, mas apenas carne. Quanta paciência e que esforço para educá-los! Eu queria convidá-los a comer em nosso refeitório para que pudessem ver como fazemos e eles riram profundamente: se lhes oferecemos sopa, eles cuspiram no prato como um sinal de desgosto. Eles tocam tudo com maravilha, pratos, copos, garrafas e risos. E enquanto a mãe e as duas crianças mais velhas estão bisbilhotando, a criança nos ombros de sua mãe está se divertindo perseguindo os numerosos pequenos animais que nidificam em seu cabelo comendo-os saborosos.

A leitura dessa linda carta é a demonstração de como dois mundos estavam tão próximos, mas ao mesmo tempo tão distantes, e de que modo a humilde generosidade de Fagnano não conseguia superar a distância cultural que os separava.

Aqui estão algumas fotos da missão coletada pelo Dr. G. Caperna

Integração e desenvolvimento do carisma salesiano
na África Central (1911-1959)

Marcel Verhulst, sdb

Os organizadores do Congresso pediram que fosse estudada a inclusão do carisma de Dom Bosco na África Central. No passado, para a Congregação, a África Central envolvia o território da atual República Democrática do Congo e Ruanda.

No nosso caso, o período de inserção e desenvolvimento inicial do carisma salesiano vai de 1911 a 1959. De fato, foi apenas em 1949 que o carisma salesiano floresceu de tal maneira que a fundação da "Província da África Central" foi realmente possível em 1959: a primeira Província Salesiana baseada na África não aconteceu por acaso, mas foi o fruto de um processo amadurecido.

Parece-nos que devemos distinguir três fases na inserção do carisma salesiano no Congo:

1 °) 1911-1925 : podemos chamar a esta fase uma primeira experimentação sobre os métodos educacionais salesianos em que a atividade salesiana se concentrava no ambiente da nascente cidade de Élisabethville e seus arredores (Kafubu, Kiniama).

2 °) 1925-1949 : a expansão da Obra Salesiana na área comumente chamada de "Bota Sakania" por causa de sua conformação geográfica: uma região no extremo sul de Katanga, intercalada na Zâmbia (ex Rodésia do Norte). Nesta área rural, com uma população escassa, os salesianos se concentraram em evangelizar as aldeias, voltando-se mais aos adultos, sem negligenciar os jovens.

3) 1949-1959 : o pleno desenvolvimento do carisma salesiano, especialmente em algumas áreas urbanas do sul do Katanga, caracterizado por novas necessidades sociais às quais os salesianos queriam responder, fundando escolas profissionais e técnicas, paróquias urbanas com oratórios, organizando atividades múltiplas para- e extracurriculares.

O objetivo desta apresentação é triplo: 1) Como o carisma salesiano foi vivido e inserido no contexto sociocultural da África Central; 2 °) Conhecer as facilidades e dificuldades encontradas na inserção deste carisma; 3) Avalie a profundidade desta inserção com suas próprias características.

I. Primeira fase (1911-1925)

Foi a pedido do governo colonial belga e da hierarquia da Igreja Católica que os salesianos chegaram ao Congo, especificamente em Élisabethville, capital da província de Katifera, em 10 de novembro de 1911. Poucos meses depois de sua chegada, eles fundaram uma escola. escola primária oficial para crianças europeias (12 de fevereiro de 1912) e, um mês depois, uma escola vocacional para jovens africanos (15 de março de 1912). A estas obras foi acrescentada mais tarde uma primeira estação missionária em Kiniama (1915), uma escola primária para jovens e adultos na "Cidade Indígena" de Élisabethville (junho de 1917) e uma escola agrícola em Kafubu (1921).

Os principais protagonistas desta primeira fase foram o Inspetor da Província Belga, Dom Francesco Scaloni (1861-1926), Pe. Anthony Joseph Sak (1875-1946), chefe da primeira expedição missionária enviada ao Congo e Superior dos Salesianos do Congo. e Don Fernand Laloux (1889-1955), sucessor de Don Sak na direção das duas escolas oficiais de Élisabethville confiadas aos salesianos. Referindo-nos a seus testemunhos, percebemos algumas escolhas feitas nesta primeira fase do trabalho salesiano no Congo.

 Muito em breve, alguns salesianos começaram a desacreditar a escola "oficial" das crianças européias. Da mesma forma, durante sua visita canônica em 1914, Don Scaloni notou dois obstáculos para o bom andamento deste trabalho, se quisesse torná-lo uma verdadeira casa salesiana: a falta de colaboração com os pais e poucas oportunidades para um verdadeiro trabalho de evangelização. Ambos os objetivos eram difíceis de alcançar devido às diferentes religiões dos pais dos alunos, alguns dos quais eram hostis à fé cristã. Segundo os "acordos" que ambas as partes - o governo e os salesianos - assinaram, proibiu-se que os salesianos exercessem a menor pressão sobre os estudantes para que se tornassem cristãos católicos. Por outro lado, os salesianos eram francamente acordo para evitar qualquer proselitismo e respeitar a natureza secular da escola, deixando aos pais a opção de frequentar (ou não) lições de religião católica. Na prática, isso significava que naquela escola não havia muitas oportunidades de fazer um bom trabalho pastoral. Os padres sacerdotes, portanto, se questionaram sobre o motivo de sua presença nessa escola.

A tudo o que se acrescenta, a falta de pessoal qualificado em quantidade suficiente: logo fica claro por que, entre 1923 e 1926, Don Sak e seus irmãos queriam deixar a escola. Mas isso não aconteceu por duas razões: em primeiro lugar, os Superiores da Congregação queriam mantê-la, considerando que a formação de uma elite européia na África Negra também era uma meta educacional válida; e acima de tudo, deixando-a, teríamos perdido a receita financeira necessária para prover o trabalho missionário no Congo. É por isso que a escola nunca foi vendida a outros gerentes.

Com respeito ao trabalho missionário em Kiniama e Kafubu, o método missionário do chefe da primeira equipe missionária, o padre Joseph Sak em particular, foi caracterizado pela importância dada às relações humanas em seus primeiros contatos com a população nativa para criar confiança mútua. Gestos como presentes aos chefes, assistência médica aos doentes e participação nos festivais das aldeias afetaram a população.

Qual foi o plano pastoral dos protagonistas da época? Em 1914, Don Scaloni acreditava que os salesianos precisavam se estender às aldeias de Élisabethville e criar sinergias entre cidades e aldeias. Cada estação missionária que seria fundada tinha de agora em diante incluir um centro agrícola e uma escola primária, de modo que no futuro seria fácil escolher os melhores alunos das aldeias e enviá-los para a escola vocacional de Élisabethville. Ele acreditava que, depois de certo tempo, os salesianos teriam uma grande influência nas aldeias de origem dos estudantes, através de jovens bem treinados, tanto a nível profissional como cristão. Don Scaloni "sonhava" em poder treiná-los como "colaboradores" no

Para que as escolas salesianas de Élisabethville tivessem um impacto real sobre os estudantes africanos, Don Sak gostava muito do sistema de "internato" que lhe permitia dedicar muito tempo às atividades extracurriculares. Em 1913, o governo quis suprimir o colégio interno, com a desculpa de que quase todos os jovens da escola tinham um membro da família na cidade e, portanto, poderiam ser hospedados na família. Don Sak então protestou vigorosamente, dizendo que retirar da comunidade salesiana qualquer possibilidade de organizar atividades extracurriculares significava perder oportunidades naturais de exercer influência positiva sobre os alunos, fora dos momentos de aula e oficina: não fazê-lo significava condenar seus alunos. treinamento para um fracasso certo.

De fato, deve-se notar que os salesianos da primeira geração dedicaram um tempo considerável às atividades recreativas e artísticas, particularmente na banda e no coro. A todos que foi acrescentado, a partir de 1924, o teatro, como forma de recriação e formação cristã; e a mesma coisa aconteceu com o filme. Da mesma forma, as atividades litúrgicas imediatamente atraíram a população européia e africana da cidade, atingida pelo "domínio congolês" da música religiosa. Assim, nas casas salesianas do Congo, a liturgia, a música, o teatro, os jogos e a boa comida entrelaçam-se para criar a alegria da família nas celebrações religiosas e civis, como foi usado em outros lugares, em outras partes do mundo salesiano. .

Isso não significa que as atividades escolares tenham sido negligenciadas. Don Sak, filho de um inspetor provincial da Bélgica, garantiu a qualidade do ensino nas escolas salesianas de Élisabethville, Kafubu e Kiniama. Mas ele acreditava que o melhor serviço a ser dado à população nativa era criar escolas elementares, profissionais e agrícolas. Don Sak estava relutante em iniciar uma escola para funcionários de pedidos - como solicitado pelo governo - por medo de que jovens desarraigados e desencantados fossem formados. Ele preferia um ensino popular e difundido, para adultos e jovens, oferecido a eles a qualquer hora do dia (manhã e noite), de acordo com sua própria conveniência.

Os relatos elogiosos do governo colonial belga sobre o bom desempenho das escolas salesianas, nos primeiros anos da presença dos Filhos de Dom Bosco, mostram que o conceito de seu ensino foi muito apreciado pelas instituições oficiais, como resposta adequada à necessidade - econômica e social - ter trabalhadores qualificados. Nesse ponto, houve uma forte convergência de idéias entre o governador Wangermée, Don Scaloni e Don Sak.

Essa constatação nos leva a afirmar que um dos fatores que contribuíram para o crescimento da Obra Salesiana no Congo, nos primeiros tempos (e até mais tarde), foi a boa colaboração dos salesianos com o governo no campo do ensino "oficial".

Um segundo fator que ajudou a matéria foi a existência de certas predisposições favoráveis ​​na juventude congolesa: em particular, sua "paixão" pelo estudo, seu senso de solidariedade vivido na família e que eles encontraram nas residências salesianas.

No que diz respeito ao método educativo utilizado pelos salesianos no Congo, o que provavelmente mais afetou a juventude congolesa daquele período foi a proximidade dos salesianos em suas vidas; isso contrastava com a educação deles na família e com as relações sociais no ambiente então colonial, caracterizado pela segregação racial. No entanto, essa proximidade tinha algumas limitações: por exemplo, os salesianos não praticavam a assistência durante os jogos no pátio nem acompanhavam os jovens em passeios pela cidade. Os salesianos deram como razão que os jovens congoleses já se comportavam como adultos antes da idade; e então, as mesmas pessoas disseram, na cultura local, os jovens costumavam organizar seus próprios jogos sem a intervenção de adultos.

A grande frustração dos salesianos era a proibição de organizar atividades apostólicas extracurriculares, por decisão tomada em 1923 pelo prefeito apostólico Mons. De Hemptinne, que desejava reservar a pastoral paroquial de Élisabethville, tanto da população africana quanto da européia, apenas para os religiosos da Igreja. própria Ordem, os beneditinos. Por conseguinte, a comunidade salesiana de Élisabethville teve que renunciar às atividades pastorais diretas que já começara a organizar para os ex-alunos que ainda residiam em Élisabethville, por motivos de trabalho. Isso deu um poderoso freio ao impulso pastoral dos salesianos de Élisabethville, privados de qualquer trabalho paroquial, sem sequer a permissão para celebrar os serviços religiosos em sua capela para a população circunvizinha.

Esta posição drástica do Prefeito Apostólico obrigou os salesianos a concentrarem-se quase exclusivamente em atividades escolares e pré-escolares dentro de suas próprias obras. Isso não os impediu de ter qualquer impacto sobre o meio ambiente, através de ex-alunos que foram marcados pelo sistema preventivo vivido, como evidenciado por vários elementos convergentes.

No entanto, a consequência dessa proibição da pastoral da paróquia era tal que, no nível da primeira fase, o carisma salesiano não se enraizou em profundidade devido à falta de um espaço pastoral que permitisse uma pluralidade de atividades, como teria gostado Don Sak.

II. Segunda fase (1925-1949)

Com o estabelecimento da Prefeitura Apostólica da Santa Sé em 1925, sob o nome de "Luapula Superiore" e a nomeação de Don Sak como Prefeito Apostólico - agora chamado Mons. Sak - uma nova fase começou na evolução da obra salesiana em Congo. Isto tornou-se uma obra missionária de evangelização na área comumente chamada de "Bota de Sakania" já confiada aos Salesianos por Mons. De Hemptinne em 1913, mas sem lhes conceder uma jurisdição independente da deles. Agora, os salesianos que operam nesta área estavam sob a jurisdição do bispo Sak.

A extraordinária visita canônica de Don Scaloni, em 1926, em nome do Reitor-Mor padre Rinaldi, reforçou essa "nova orientação" desejada pelo bispo Sak, para espalhar-se pelas áreas rurais na "Bota de Sakania". A partir de então, a presença salesiana foi dividida em duas áreas distintas: na área urbana (Élisabethville), envolveu apenas jovens europeus; na área rural ("Bota de Sakania"), tratava-se da população nativa, jovens e adultos, através de uma rede de estações missionárias espalhadas pelo território.

Em Élisabethville, portanto, não sobrou nada além da escola para estudantes europeus, o "St. Francis de Sales College": uma escola primária à qual uma escola secundária foi adicionada em 1920 mas permaneceu por muito tempo sem o ensino médio. Localizada no centro da cidade, esta faculdade tornou-se um centro de influência através de atividades extracurriculares e pós-escolares. Em todo caso, graças a esse trabalho bastante peculiar, os salesianos há muito desempenham um papel único na província de Katanga, pelo fato de quase todos os jovens europeus terem sido confiados a eles. Portanto, os grandes esforços que, desde 1936, a Inspetoria salesiana belga permitiu manter e aumentar este instituto foram justificados, apesar de todas as tentativas de retirar sua direção.

Sobre Monsenhor De Hemptinne, deve-se notar aqui que, apesar de sua difícil relação com Dom Sak, ele não demonstrou falta de estima pelo que os salesianos estavam fazendo em sua jurisdição eclesiástica; e sempre considerou o Colégio de S. Francisco de Sales uma obra importante, não só do ponto de vista acadêmico, mas também do ponto de vista pastoral, desde que dependesse estritamente dele.

Além disso, um espírito de unidade e assistência mútua começou a surgir entre ele e os salesianos desde 1934; assim, os salesianos puderam reentrar no ministério paroquial de Élisabethville, prestando sua colaboração como convidados pelos párocos beneditinos das duas paróquias da cidade.

Essa evolução positiva é ainda mais evidente a partir de 1945, quando os salesianos passaram a apoiar o clero local, não apenas para confissões, mas também para a capelania dos batedores, também por meio da criação de uma procuração vendendo material escolar, e sobretudo com os programas radiofônicos católicos da "Radio-Collège" lançados pelos salesianos em 1947. Pode-se dizer que, no final desta fase, a participação dos salesianos na pastoral geral de Élisabethville havia crescido significativamente, embora permanecessem "auxiliares". e ainda não considerados parceiros.

Além disso, deve-se notar que a grande maioria dos salesianos enviados ao Congo naquele período eram confrades que haviam pedido para trabalhar nas "missões". Quase de ofício, destinavam-se a postos missionários na Prefeitura de Luapula Superior, que se tornara o Vicariato de Sakania em 1939. Eram missionários itinerantes que visitavam comunidades cristãs nas aldeias, diretores ou professores de escolas primárias, enfermeiras em clínicas. Além da evangelização, eles forneceram uma série de serviços sociais muito apreciados pelo poder público e civil.

Deve-se notar também que, no Vicariato de Sakania, um certo número de salesianos dedicou-se em tempo integral (ou quase) à educação e ao ensino dos jovens. Quais foram os resultados? A escola vocacional de Kafubu treinou trabalhadores altamente qualificados, que encontraram trabalho fácil em muitas empresas industriais nas cidades de Katanga e em outras partes do Congo. Este é, sem dúvida, um desenvolvimento positivo, mas talvez hoje lamentemos que muito poucos deles voltaram ao meio rural para contribuir para o seu desenvolvimento, como originalmente desejado por Don Scaloni e Don Sak. Sem querer, os salesianos talvez tenham contribuído para o despovoamento das aldeias. O Seminário Menor (em Kipusha, depois Kakyelo) produziu apenas alguns candidatos para o sacerdócio, mas formou vários leigos formados que formaram a primeira elite cristã indígena na região. A escola "normal" [magistral] de Kipusha e "aplicação" (em Sakania e depois Tera) treinaram várias gerações de professores ao serviço das escolas elementares da "Bota de Sakania". Em geral, os testemunhos concordam em dizer que o Sistema Preventivo tem sido aplicado por muitos missionários, com algumas exceções, porque depende muito dos confrades concretos enviados ao Congo. O efeito mais visível desta educação (oferta) é a organização dos Ex-alunos desde 1938, com reuniões mensais e a publicação de um boletim informativo. A escola "normal" [magistral] de Kipusha e "aplicação" (em Sakania e depois Tera) treinaram várias gerações de professores ao serviço das escolas elementares da "Bota de Sakania". Em geral, os testemunhos concordam em dizer que o Sistema Preventivo tem sido aplicado por muitos missionários, com algumas exceções, porque depende muito dos confrades concretos enviados ao Congo. O efeito mais visível desta educação (oferta) é a organização dos Ex-alunos desde 1938, com reuniões mensais e a publicação de um boletim informativo. A escola "normal" [magistral] de Kipusha e "aplicação" (em Sakania e depois Tera) treinaram várias gerações de professores ao serviço das escolas elementares da "Bota de Sakania". Em geral, os testemunhos concordam em dizer que o Sistema Preventivo tem sido aplicado por muitos missionários, com algumas exceções, porque depende muito dos confrades concretos enviados ao Congo. O efeito mais visível desta educação (oferta) é a organização dos Ex-alunos desde 1938, com reuniões mensais e a publicação de um boletim informativo.Dom Bosco Shinwe [= "Seu Pai Dom Bosco fala com você"], que indica o apego à educação recebida.

III Fase de Terza (1949-1959)

Um terceiro passo é perceptível após o final da Segunda Guerra Mundial. Os salesianos do Congo surgiram do isolamento em que tiveram que viver por quase cinco anos. O "boom" das vocações na Bélgica, que durou até 1960, permitiu não só substituir alguns confrades cansados ​​por longos anos de trabalho no Congo, mas também aumentar o número, mesmo em trabalhos fora do Vicariato de Sakania, especialmente nas escolas secundárias.

Primeiro, havia muitas atividades para-pós-escolares e extra-escolares do Colégio de São Francisco de Sales, em Élisabethville, que então começaram talvez o período mais esplêndido de sua história. O estado estava construindo novos prédios para o ensino médio e o internato. Um cinema foi adicionado. Havia muitos lugares para movimentos e grupos. Em 1957, uma nova capela "pública" foi abençoada por Dom De Hemptinne.

Os salesianos foram cada vez mais orientados para as áreas urbanas do Congo; em particular: a nova cidade (subúrbio / área suburbana) de Ruashi em Élisabethville e a cidade mineira de Kolwezi. O provincial, padre René-Marie Picron, tinha o projeto de chegar a outras cidades antes de 1960: Luluabourg (Kananga), capital de Kasai e Léopoldville (Kinshasa), a capital do país. Mas o velho, e especialmente as novas fundações nascentes que absorveram todas as energias, tornaram este projeto impossível. Na verdade, já tínhamos três escolas profissionais e técnicas (Élisabethville, Kigali, Ruwe), a grande paróquia de Saint-Amand alla Ruashi, dois seminários menores (Kambikila e Rwesero), mais de uma dezena de estações missionárias no Vicariato de Sakania. Era muito difícil querer fazer tudo em tão pouco tempo.

Ao citar o nome Rwesero, percebemos que os salesianos da África Central estavam superando a área geográfica congolesa para se lançarem em direção ao país vizinho, Ruanda. De fato, é 24 de janeiro de 1954 que a primeira equipe chegou. Note que este não é o único país influenciado pelos salesianos do Congo. Havia também a Rodésia do Norte na região de Copperbelt, na Zâmbia, hoje, quando vários ex-alunos se instalaram para encontrar trabalho, continuando a receber o Boletim Don Bosco Shinwe . Dom Picron, último Inspetor da Província Belga-Congolesa, ajudou a preparar a criação do carisma salesiano no Congo-Brazzaville e sonhava em chegar a Uganda através de Ruanda.

Este grande interesse no Ruanda deve-se ao facto de, antes da Segunda Guerra Mundial, ter sido missionário no Vicariato de Sakania, onde se apercebeu da grande dificuldade em ter vocações locais. Por isso, procurou chegar a outros países africanos onde o contexto sociocultural era mais favorável ao nascimento das vocações. Assim, em 1956, aceitou a direção de um segundo seminário menor, o de Rwesero dedicado a "San Domenico Sávio". Tendo investido muito pessoal, tanto em Kambikila (Congo) como em Rwesero (Ruanda), manifesta claramente seu desejo de ter vocações para o clero diocesano e para a Congregação Salesiana. De fato, as primeiras vocações salesianas africanas vêm desses dois seminários menores desde 1957.

Outro processo ainda é visível neste estágio. Na década de 1950, grandes escolas profissionais foram abertas em todo o mundo salesiano. A África Central não ficou para trás e, em outubro de 1955, em Élisabethville, os salesianos abriram uma segunda escola vocacional (depois de La Kafubu): uma escola oficial que seria "interracial" (para estudantes brancos e estudantes negros), de acordo com a nova política do governo belga para as escolas do governo congolesas. Deve-se notar que o Provincial, Dom Picron, assegurou que a "inter-localidade" também fosse adotada no Colégio de São Francisco de Sales, que até então permanecia uma escola reservada exclusivamente à juventude européia.

A partir de 1955, a pedido de D. De Hemptinne, os salesianos dedicaram-se ao ministério paroquial urbano no novo município de Ruashi, em Élisabethville, onde múltiplos grupos e movimentos paroquiais floresceriam. Ao mesmo tempo, eles administravam uma grande escola primária construída pelo estado, onde em breve (em 1958) seria apoiada pelas FMA. A tudo isso foi acrescentado o início do terceiro ramo da Família Salesiana, muito querido a Don Picron, Salesianos Cooperadores, nascidos em 1959 como associados ou simpatizantes das várias obras de Élisabethville.

Durante as férias de verão de 1958, três campos de jogos funcionaram e, em 1959, já se pensava criar um trabalho específico em prol de jovens não escolarizados e ociosos, expostos à delinqüência. O Provincial, Dom Picron, estimou que o Sistema Preventivo tinha vivido corretamente em todas as casas do Congo e Ruanda.

Em suma, nos anos 1949-1959, a presença salesiana na África Central tornou-se consistente devido ao número de salesianos e obras, especialmente com a variedade de atividades para os jovens. Consequentemente, desde 1955, o Inspetor Picron elaborou um plano para tornar o Congo e o Ruanda autônomos em relação à Bélgica; e de fato, isso levou os Superiores da Congregação a criar uma Província própria. Esperando ter vocações locais suficientes, ele propôs como solução "transitória" uma "ampla internacionalização" do pessoal missionário.

Conclusão geral

Depois do que acabamos de descrever, entendemos que a questão de saber se os Salesianos da África Central puderam inserir o carisma de Dom Bosco na África Central (Congo e Ruanda) no período anterior a 1960, nós respondemos sem hesitação no afirmativo. Eles não apenas conseguiram inserir esse carisma, mas o carisma cresceu a partir deles para um nível de maturidade tão elevado, que foi possível criar a Província da África Central por Don Renato Ziggiotti, em 13 de julho de 1959.

(Traduzido do francês por Placide Carava, sdb)

Inserção e desenvolvimento do carisma salesiano na África Central (1911-1959)

Verhulst Marcel, sdb

Os organizadores do Congresso pediram para estudar a inserção do carisma de Dom Bosco na África Central. No entendimento da antiga Congregação, a noção de África Central implicava o território da atual República Democrática do Congo e de Ruanda.

No nosso caso, o período de inserção e desenvolvimento inicial do carisma salesiano vai de 1911 a cerca de 1959. De fato, foi somente em 1949 que o carisma salesiano realmente floresceu de modo a permitir a fundação da "Província da África Central" em 1959, a primeira província salesiana fundada na África. o que não aconteceu por acaso, mas como fruto de um processo de maturação.

Parece-nos que devemos distinguir três estágios na inserção do carisma salesiano no Congo: 1 ° o que vai de 1911 a 1925: que podemos chamar de uma primeira experimentação em torno dos métodos da educação salesiana onde a atividade dos salesianos concentrou-se no meio da nascente cidade de Elisabethville e seus arredores (Kafubu, Kiniama); o que vai de 1925 a 1949:caracterizada pela expansão do trabalho salesiano no que é comumente conhecido como a "Bota Sakania" por causa de sua forma geográfica: uma região localizada no extremo sul de Katanga, encravada como "retornando" ao território da Zâmbia, anteriormente conhecida como Rodésia do Norte. Nesta área rural escassamente povoada, os salesianos têm enfatizado a evangelização das aldeias, com maior ênfase nos adultos, mas sem negligenciar os jovens; finalmente, de 1949 a 1959: com o pleno desenvolvimento do carisma salesiano, especialmente em algumas áreas urbanas do Katanga do Sul caracterizadas por novas necessidades sociais às quais os salesianos queriam responder fundando escolas vocacionais e técnicas, paróquias urbanas com patronagem, organizando muitos - e extracurricular.

Buscamos um triplo objetivo em nossa apresentação: 1 ° conhecer como esse carisma salesiano foi vivido e inserido no meio sociocultural da África Central; - 2 ° conhecer as facilidades e dificuldades encontradas na inserção deste carisma; - 3 ° para avaliar a profundidade desta inserção com características próprias.

I. Primeira etapa (1911-1925)

Foi a pedido do governo colonial belga e da hierarquia da Igreja Católica que os salesianos chegaram ao Congo, mais precisamente em Elisabethville, capital da Província de Cobre de Katanga, em 10 de novembro de 1911. Poucos meses depois Na chegada, eles abriram uma escola primária oficial para crianças europeias (inaugurada em 12 de fevereiro de 1912) e, um mês depois, uma escola vocacional para jovens africanos (inaugurada em 15 de março de 1912). A estes trabalhos foram acrescentados, sucessivamente, uma primeira estação missionária em Kiniama (em 1915), uma escola primária para jovens e adultos na "Cité indigène" em Elisabethville (em junho de 1917) e uma escola agrícola em Kafubu. (em 1921).

Os principais protagonistas desta primeira etapa foram o provincial da província belga, Dom Francesco Scaloni (1861-1926), o pai Antoine-Joseph Sak (1875-1946), líder da primeira expedição missionária enviada ao Congo e superior dos salesianos. no Congo, e o padre Fernand Laloux (1889-1955), sucessor do padre Sak na direção das duas escolas oficiais de Elisabethville confiadas aos salesianos. Referindo-se a seus testemunhos, estamos cientes de algumas opções tomadas nesta primeira etapa do trabalho salesiano no Congo.

Muito cedo, alguns salesianos começaram a desacreditar a escola "oficial" para as crianças européias. Da mesma forma, presente Scaloni durante sua visita em 1914, observou dois obstáculos para o bom funcionamento deste trabalho se queríamos torná-lo uma verdadeira casa salesiana: a falta de colaboração com os pais e as poucas oportunidades para fazer um verdadeiro trabalho de evangelização. Ambos os objetivos eram difíceis de alcançar por causa das diferentes denominações religiosas dos pais dos alunos, alguns dos quais eram hostis à fé cristã. Segundo a "convenção" que ambas as partes, o governo e os salesianos assinaram, proibiu-se que os salesianos exercessem a menor pressão sobre os alunos para que se tornassem cristãos católicos. Além disso, os salesianos eram francamente a favor de evitar qualquer proselitismo e respeitar o secularismo desta escola, deixando aos pais a opção de frequentar (ou não) o curso de religião católica. Na prática, isso significava que nessa escola não havia muitas oportunidades para o trabalho pastoral propriamente dito. Os padres confrades, portanto, se perguntavam sobre o motivo de sua presença nessa escola.

Quando a falta de pessoal qualificado em número suficiente foi adicionada, é fácil entender por que, entre 1923 e 1926, o pai Sak e seus colegas queriam deixar a escola. Se isso não aconteceu, deve ser atribuído a duas razões: a primeira, os superiores da Congregação queriam mantê-la considerando que a formação de uma elite européia na África Negra era também uma meta educacional válida, e especialmente desde que saiu, teria perdido o rendimento financeiro necessário para financiar o trabalho missionário no Congo. Como resultado, a transferência desta escola para outros gerentes nunca ocorreu.

Comparado com o trabalho missionário Kiniama e Kafubu o método missionário da cabeça da primeira equipe missionária, Joseph Sak pai, em particular, foi caracterizado pela importância dada às relações humanas em seu contato decisão com a população para criar confiança mútua. Gestos como presentes a chefes costumeiros, assistência médica aos doentes e participação em festivais de aldeias afetaram a população.

Qual foi o plano pastoral dos protagonistas da época? Em 1914, Don Scaloni acreditava que os salesianos precisavam se expandir para as aldeias de Elisabethville e criar uma sinergia entre as cidades e aldeias. Cada posto missionário a ser fundado consistia em incluir um centro agrícola e uma escola primária para que, no futuro, fosse fácil selecionar os melhores alunos das aldeias e enviá-los para a escola vocacional de Elisabethville. Ele acreditava que, depois de algum tempo, os salesianos teriam uma grande influência nas aldeias de origem dos estudantes por meio de jovens bem treinados tanto profissionalmente quanto cristãos. Don Scaloni "sonhava" em treinar "cooperadores" em sua casa.

Para que as escolas salesianas de Elisabethville tivessem um impacto real sobre os estudantes africanos, o padre Sak era muito ligado ao sistema de estágio, o que tornou possível dedicar muito tempo às atividades extracurriculares. Quando, em 1913, o governo quis abolir o colégio interno com base em que praticamente todos os jovens da escola tinham alguns membros da família na cidade e poderiam, portanto, ser acomodados com suas famílias, o padre Sak protestou vigorosamente dizendo: excluir da comunidade salesiana qualquer possibilidade de organizar atividades extracurriculares era idêntico à falta de oportunidades naturais para exercer uma influência benéfica sobre elas fora das aulas e horas de oficina. Portanto, era para condenar a educação deles a um certo fracasso.

Vimos, de fato, que os salesianos da primeira geração deram muito tempo às atividades recreativas e artísticas, em particular à fanfarra e ao coro, a que se juntou, a partir do ano de 1924, a teatro usado para recreação e treinamento cristão, assim como o filme. Da mesma forma, as atividades litúrgicas imediatamente atraíram a população européia e africana da cidade, tocada pelo "domínio congolês" da música religiosa. Assim, nas casas salesianas do Congo, a liturgia, a música, o teatro, os jogos e as boas refeições se entrelaçam para criar a alegria da família durante os festivais religiosos e seculares, como se fazia em outras partes do mundo salesiano. .

Isso não significa que as atividades escolares tenham sido negligenciadas. O padre Sak, filho de um inspetor provincial da Bélgica, assegurou a qualidade da educação nas escolas salesianas de Elisabethville, Kafubu e Kiniama. Mas ele acreditava que o melhor serviço para a população aborígene era criar escolas primárias, vocacionais e agrícolas. Ele estava relutante em fundar uma escola para trabalhadores de escritório, como o governo lhe pedira, por medo de treinar jovens desenraizados e cansados. Preferia, de longe, um ensinamento popular e generalizado, dado aos adultos e aos jovens, dado a qualquer hora do dia (de manhã, à noite), de acordo com sua conveniência pessoal.

Os louváveis ​​relatos do governo colonial belga sobre o bom andamento das escolas salesianas nos primeiros anos da presença dos filhos de Dom Bosco mostram que sua concepção de educação foi bem apreciada pelos órgãos oficiais como resposta adequada às necessidades econômicas. e social do momento que era ter trabalhadores qualificados. Neste ponto, houve uma forte convergência de idéias entre o governador Wangermée, Don Scaloni e o padre Sak.

Isso nos leva a afirmar que um dos fatores que contribuíram para o crescimento da obra salesiana no Congo nos primeiros tempos (e mesmo depois) foi a boa colaboração dos salesianos com o governo no contexto do ensino. "oficial".

Um segundo fator que contribuiu para isso foi a existência de certas predisposições favoráveis ​​entre os jovens congoleses: em particular, sua "paixão" pelo estudo, o sentimento de solidariedade vivido como uma família que eles encontraram nos internatos salesianos.

No nível do método educativo aplicado pelos salesianos no Congo, o que mais provavelmente impressionou os jovens congoleses na época foi a proximidade dos salesianos com suas vidas, o que contrastou com a educação deles na família e com os relações sociais no meio colonial da época, caracterizado pelo segregacionismo racial. Essa proximidade, no entanto, tem algumas limitações: por exemplo. os salesianos não ajudaram durante os jogos no recreio e não acompanharam os jovens durante os passeios na cidade. Os salesianos deram a razão de que os jovens congoleses já se comportavam como adultos antes da idade e que, na cultura local, os jovens costumavam organizar seus jogos sem a intervenção de adultos.

A grande frustração que os salesianos experimentaram foi a da proibição de organizar atividades apostólicas fora da escola, e isto por decisão tomada em 1923 pelo Prefeito Apostólico, Bispo de Hemptino, que desejava reservar a pastoral paroquial de Elisabethville, da população européia, assim como os africanos, apenas religiosos de sua ordem, os beneditinos. Seguindo essa medida, a comunidade salesiana de Elisabethville teve que abandonar as atividades pastorais diretas que havia começado a organizar para ex-alunos que, por motivos de emprego, continuaram residindo em Elisabethville. Isso deu um sério impedimento ao impulso pastoral dos salesianos de Elisabethville, privados de todo o trabalho paroquial,

Esta posição draconiana tomada pelo Prefeito Apostólico obrigou os salesianos a concentrarem-se quase exclusivamente em atividades escolares e extracurriculares dentro de seus próprios trabalhos, o que não os impediu de ter um certo impacto no meio graças a seus ex-alunos que permaneceram marcados pela aplicação do sistema preventivo, atestado por vários testemunhos convergentes.

No entanto, a conseqüência deste banimento da pastoral paroquial foi que no primeiro estágio, o carisma salesiano não poderia se enraizar em profundidade devido à falta de espaço pastoral para organizar uma pluralidade de atividades tais como: teria desejado o padre Sak.

II. Segunda etapa (1925-1949)

Com a construção da prefeitura apostólica pela Santa Sé em 1925 sob o nome de "Luapula Superior" ea nomeação do padre Sak como prefeito apostólico - agora chamado Mons. Sak - começou uma nova etapa na evolução da obra salesiana no Congo, que, em seguida, tornou-se um trabalho missionário de evangelização no território comumente conhecido como o "Sakania Boot" já confiada aos salesianos pelo bispo em Hemptinne 1913, mas sem lhes conceder jurisdição independente da sua. De agora em diante, os salesianos que trabalham neste território estavam sob a jurisdição de Dom Sak.

A extraordinária visita canônica de Don Scaloni de 1926, feita em nome do Reitor-Mor Don Rinaldi, reforçou essa "reorientação" desejada por Mons. Sak para ir para as áreas rurais na bota de Sakania. A partir de então, a presença salesiana foi subdividida em duas zonas muito diferentes: em uma área urbana (em Elisabethville), dizia respeito apenas à juventude européia; nas zonas rurais (na Bota de Sakania), dizia respeito à população indígena, jovens e adultos, através de uma rede de postos de missão espalhados por todo o território.

Em Elisabethville restava apenas a escola para estudantes europeus chamada "Colégio São Francisco de Sales": uma escola primária à qual foi acrescentada na década de 1920, uma escola secundária de longa duração truncada, isto é, diga sem um ciclo superior. Localizada no centro da cidade, esta faculdade tornou-se um centro de influência através de atividades extracurriculares e depois da escola. Em todo caso, é graças a este trabalho particular que os salesianos há muito tempo desempenham um papel único na província de Katanga, porque quase toda a juventude européia lhes foi confiada, o que justificou os grandes esforços que, já em 1936 a província salesiana da Bélgica concordou em mantê-lo e desenvolvê-lo apesar de todas as tentativas de tirar o gerenciamento deles.

Com relação ao Bispo de Hemptinne, deve-se notar aqui que apesar de suas relações muito difíceis com Mons. Sak, ele não carecia de estima pelo que os salesianos estavam fazendo em sua jurisdição eclesiástica e sempre considerou o Colégio São Francisco de Sales como uma obra importante, não só do ponto de vista da escola, mas também pastoral, desde que dependa de perto dele.

Além disso, um espírito de unidade e assistência mútua começaram a surgir entre ele e os Salesianos do ano de 1934, o que significava que os salesianos foram capazes de se reintegrarem na pastoral paroquial Elizabethville pagar sua ajuda como lhes foi pedido pelos padres beneditinos das duas paróquias da cidade.

Esta tendência positiva é ainda mais perceptível após 1945, quando os salesianos começaram a dar uma mão para clero local, não só na administração do sacramento da confissão, mas também pela capelania em escuteiros, através da criação fornece uma venda de material escolar, especialmente por transmissões de rádio católicas a "faculdade Radio", lançada pelos salesianos em 1947. podemos dizer que, no final desta fase, o envolvimento dos salesianos no ministério da Elisabethville aumentou significativamente enquanto permaneceu "auxiliares", ainda não considerados como parceiros.

Além disso, deve-se notar que a grande maioria dos salesianos enviados ao Congo naquela época eram confrades que haviam pedido para trabalhar nas "missões". Quase automaticamente, eles foram para estações missionárias na prefeitura do Alto Luapula ficar Sakania vicariato em 1939. Eles eram missionários itinerantes que visitaram as comunidades cristãs em aldeias, diretores e professores de escolas primárias, enfermeiras nos dispensários. Além da evangelização, prestaram muitos serviços sociais bem apreciados pela população e pela autoridade civil.

Deve-se notar que no Vicariato de Sakania, muitos salesianos dedicaram tempo integral (ou quase) à educação e ao ensino de jovens. Quais foram os resultados? A Escola Vocacional de Kafubu treinou trabalhadores bem qualificados que encontraram facilmente emprego nas múltiplas empresas industriais de cidades em Katanga ou em outras partes do Congo. Este é, sem dúvida, um fato positivo, mas podemos nos arrepender hoje de que muito poucos deles retornaram à área rural para contribuir para o seu desenvolvimento como originalmente desejado pelos Padres Scaloni e Sak. Sem querer, os salesianos podem ter contribuído para o despovoamento das aldeias. O seminário menor (em Kipusha e depois em Kakyelo) produziu poucos candidatos ao sacerdócio, mas treinou vários leigos leigos que foram a primeira elite cristã indígena nesta região. A escola "normal" de Kipusha e a escola de "aplicação" (em Sakania e depois em Tera) treinaram várias gerações de professores ao serviço das escolas primárias da Bota de Sakania. Em geral, os testemunhos são concordantes para afirmar que o sistema preventivo foi aplicado por um grande número de missionários, com algumas exceções, porque muito depende dos confrades concretos enviados ao Congo. O efeito mais visível desta (dada) educação é a organização de ex-alunos a partir de 1938, com reuniões mensais e publicação de um boletim informativo A escola "normal" de Kipusha e a escola de "aplicação" (em Sakania e depois em Tera) treinaram várias gerações de professores ao serviço das escolas primárias da Bota de Sakania. Em geral, os testemunhos são concordantes para afirmar que o sistema preventivo foi aplicado por um grande número de missionários, com algumas exceções, porque muito depende dos confrades concretos enviados ao Congo. O efeito mais visível desta (dada) educação é a organização de ex-alunos a partir de 1938, com reuniões mensais e publicação de um boletim informativo A escola "normal" de Kipusha e a escola de "aplicação" (em Sakania e depois em Tera) treinaram várias gerações de professores ao serviço das escolas primárias da Bota de Sakania. Em geral, os testemunhos são concordantes para afirmar que o sistema preventivo foi aplicado por um grande número de missionários, com algumas exceções, porque muito depende dos confrades concretos enviados ao Congo. O efeito mais visível desta (dada) educação é a organização de ex-alunos a partir de 1938, com reuniões mensais e publicação de um boletim informativo Os testemunhos são concordantes para afirmar que o sistema preventivo foi aplicado por um grande número de missionários, com algumas exceções, porque muito depende dos confrades concretos enviados ao Congo. O efeito mais visível desta (dada) educação é a organização de ex-alunos a partir de 1938, com reuniões mensais e publicação de um boletim informativo Os testemunhos são concordantes para afirmar que o sistema preventivo foi aplicado por um grande número de missionários, com algumas exceções, porque muito depende dos confrades concretos enviados ao Congo. O efeito mais visível desta (dada) educação é a organização de ex-alunos a partir de 1938, com reuniões mensais e publicação de um boletim informativoDom Bosco Shinwe , que parece indicar o apego à educação recebida.

III. Terceira etapa (1949-1959)

Um terceiro passo é perceptível após o final da Segunda Guerra Mundial. Os salesianos do Congo saíram do isolamento em que tiveram que viver por quase cinco anos. O "boom" de vocações na Bélgica, que duraria até 1960, não só permitido para substituir alguns colegas cansado de anos de trabalho no Congo, mas para aumentar o número, também nas obras fora do Vicariato Sakania, especialmente nas escolas secundárias.

No início havia uma infinidade de atividades para-, pós e extracurriculares de e em torno do Collège Saint François de Sales em Elisabethville, que era então talvez o período mais esplêndido de sua história. O estado estava construindo novos prédios para a escola secundária e o colégio interno. Nós adicionamos um cinema. Havia moradores em abundância para os movimentos e grupos. Em 1957, uma nova capela "pública" foi abençoada pelo Bispo de Hemptinne.

Os salesianos se moviam cada vez mais para as áreas urbanas do Congo; concretamente: a nova cidade (o distrito periférico) de Ruashi em Elisabethville e a cidade mineira de Kolwezi. O Provincial, Padre René Marie Picron tinha o projecto ainda alcançar outras cidades antes de 1960: Luluabourg (Kananga), capital da província de Kasai e Leopoldville (Kinshasa), a capital do país. Mas as antigas e especialmente as novas fundações em processo de realização e absorção de todas as energias, tornaram isso impossível. Na verdade, já havia três escolas profissionais e técnicas (Elizabethville, Kigali, Ruwe), a grande paróquia Saint-Amand em Ruashi, dois seminários menores (Kambikila e Rwesero), também dez estações missão no Vicariato Sakania. Era demais querer fazer em tão pouco tempo.

Mencionando o nome de Rwesero, percebe-se que os salesianos da África Central estavam indo além da estrutura geográfica congolesa para embarcar no país vizinho, Ruanda. De fato, é em 24 de janeiro de 1954, que a primeira equipe chegou lá. Deve-se notar que este não é o único país que, na época, foi influenciado pela presença salesiana do Congo. Houve uma mudança para a Rodésia do Norte, na região do Cinturão de Cobre da atual Zâmbia, uma vez que vários ex-alunos se mudaram para lá para encontrar trabalho e continuaram receber a newsletter Don Bosco Shinwe. Padre Picron, o último provincial da província belgo-congolesa, ajudou a preparar o estabelecimento do carisma salesiano no Congo-Brazzaville e sonhava em poder chegar a Uganda através de Ruanda.

Seu profundo interesse em Ruanda pode ser explicado pelo fato de que, antes da Segunda Guerra Mundial, ele havia sido um missionário no vicariato de Sakania, onde percebeu a grande dificuldade de ter vocações locais. Ele estava, portanto, procurando maneiras de obtê-los em outros países africanos, onde o contexto sociocultural era mais favorável ao surgimento de vocações. Assim, em 1956, ele aceitou a direção de um segundo seminário menor, o de Rwesero dedicado a "São Domingos Sávio". O fato de ter investido muito pessoal, e em Kambikila (Congo) e Rwesero (Ruanda) mostra seu desejo de ter vocações para o clero diocesano e a congregação salesiana. Com efeito, as primeiras vocações salesianas da África vieram desses dois pequenos seminários do ano de 1957.

Outro processo ainda é perceptível nesse estágio. Nos anos 1950, em todo o mundo salesiano, grandes escolas profissionais foram criadas. A África Central não ficou para trás. Assim, em outubro de 1955, em Elisabethville, os salesianos abriram uma segunda escola profissionalizante (depois da de Kafubu): uma escola oficial que seria "interracial" (para estudantes negros e brancos) seguindo o novo rumo do governo belga. para as escolas oficiais congolesas. Deve-se notar que o provincial, Pe. Picron, buscava ter a interracialidade também adotada no Collège Saint François de Sales, que até então era uma escola reservada exclusivamente à juventude européia.

A partir de 1955, a pedido do Bispo de Hemptino, os salesianos investiram na pastoral paroquial urbana na nova comuna de Ruashi, em Elisabethville, onde muitos grupos e movimentos paroquiais floresceram em breve. Ao mesmo tempo, eles cuidaram de uma grande escola primária construída pelo Estado, onde em breve (em 1958) seriam apoiados pelas Filhas de Maria Auxiliadora. A isso se somou o lançamento do terceiro ramo da família salesiana, muito querido ao Pe. Picron, Salesianos Cooperadores, nascidos em 1959 como associados ou simpatizantes das várias obras de Elisabethville.

Durante os feriados de 1958, três playgrounds estavam em operação e em 1959 já havia um pensamento de criar um trabalho específico para jovens fora da escola e ociosos expostos à delinquência. O provincial, padre Picron, achava que o sistema preventivo era bem aplicado em todas as casas do Congo e de Ruanda.

Em suma, nos anos 1949-1959, a presença salesiana na África Central tornou-se coerente com o número de salesianos e obras, especialmente a variedade de atividades para os jovens. Consequentemente, já em 1955, o provincial, Padre Picron, elaborou um plano para tornar o Congo e o Ruanda independentes da Bélgica; e de fato isso levou os superiores da Congregação a criar uma província por direito próprio. Enquanto esperava ter vocações locais suficientes, ele defendeu como uma solução "transitória" uma "ampla internacionalização" do pessoal missionário.

Conclusão geral

Depois do que acabamos de explicar, é compreensível que se questione se os salesianos da África Central puderam inserir no período o carisma de Dom Bosco na África Central (isto é, no Congo e em Ruanda). antes de 1960, nós respondemos sem hesitação no afirmativo. Não apenas puderam inserir esse carisma, mas esse carisma desenvolveu-se em casa com tal grau de maturidade que permitiu a criação da província da África Central por padre Renato Ziggiotti em 13 de julho de 1959.

Desenvolvimento do carisma salesiano nas pegadas de Dom Bosco
Realização e temas significativos até o segundo período do pós-guerra

Carlo Socol, sdb

Os Salesianos (FMA e SDB) na China, Japão e Tailândia

O período das Reformas de Don Filippo Rinaldi e Dom Pietro Ricaldone caracterizou-se por uma notável expansão do trabalho salesiano no mundo, com as nações asiáticas mais populosas e culturalmente diversas como principais receptoras e protagonistas, realizadas com estratégias inovadoras desenvolvidas gradualmente em um relacionamento dialética entre centro e periferia e com o envolvimento da Santa Sé que, numa Congregação Salesiana em forte expansão, depositou considerável confiança: expansão, estratégias e relações dialéticas que moldaram as Missões Salesianas até o Concílio.

1. Começos e primeiros desenvolvimentos

Os primeiros salesianos que partiram para a Ásia para estabelecer a missão na Índia e na China, duas nações populosas que segundo Dom Giuilio Barberis já haviam chamado a atenção de Dom Bosco em maio de 1875, pertenciam à expedição de 1905. Pisar o continente asiático, em 5 de janeiro de 1906, foi o quinteto destinado à Índia. Um mês depois, em 13 de fevereiro de 1906, os seis destinados à China desembarcaram em Macau: D. Luigi Versiglia, líder da expedição, os padres Ludovico Olive e Giovanni Fergnani, o coad. Giuseppe Carmagnola, e os novatos coadjutores Gaudenzio Rota e Felice Borasio: todos entre as idades de 49 e 19 anos, com idade média de 32 anos!

Que isso acontecesse mais cedo ou mais tarde estava na expectativa de todos: a vocação missionária de Dom Bosco nasceu na Ásia e, para ir à Ásia, começou a falar depois da primeira expedição missionária de 1875 - decidida em quatro pés. depois das negociações não mandou os primeiros salesianos para Hong Kong. Depois que o primeiro grupo partiu para a Argentina, Dom Bosco pôs-se a trabalhar na idéia de chamar Cagliero para Turim em dois anos para enviá-lo à Índia, com o objetivo de expandir sua obra, que ao mesmo tempo abraçava o Oriente e o Ocidente. : sonho logo abandonado! Durante toda a década de 1980, e mesmo em seu leito de morte, a China vai falar, escrever, sonhar e escrever sobre seu futuro testamento para desenvolvimentos futuros.

2. Idéia de missão: educadores ou missionários?

Nos primeiros 5 anos (1906-1910), o trabalho dos missionários limitava-se a cuidar de 30 a 50 órfãos que o bispo lhes havia confiado e a transmitir-lhes os rudimentos de um ofício, um trabalho não muito diferente daquele realizado nos hospícios salesianos. A expulsão temporária das comunidades religiosas de Macau, após a revolução portuguesa de 1910, permitiu aos dois missionários remanescentes, Versiglia e Olive, obter do bispo um distrito a ser evangelizado na China - o Heungshan - um pouco além da fronteira do enclave. Português, e para reabrir o orfanato como uma verdadeira escola de arte e artesanato.

Os dois tipos de trabalho, missão e escola, permitiram acolher dez novos missionários nos anos seguintes (1911-12) e inseri-los em um contexto que, por um lado, os fez sentir-se realizados como educadores; e, por outro lado, permitiu-lhes adquirir as habilidades necessárias para o desenvolvimento futuro nos dois campos. Esta era a visão que Don Versiglia, tendo estado no local, havia desenvolvido. As expectativas dos recém-chegados eram muito diferentes: "De todos os sacerdotes que vieram, exceto D. Olive e D. Canazei, todos protestaram que eles vieram para ficar no colégio, não para irem na missão".

Faculdade ou missão? É claro que até o primeiro período do pós-guerra a Congregação estava procurando missões no sentido clássico, mesmo quando não era para perguntá-las, mas elas foram oferecidas pela Santa Sé: Versiglia supunha a alternância de escolas em desenvolvimento nos vicariatos dos outros, talvez perguntando aos territórios em que eles estavam localizados para realizar a obra de evangelização, modelada em Macao-Heungshan. Mas "O Capítulo Superior já havia decidido pedir uma missão independente e independente na China". 

Foi assim que em 1916 os Superiores deram a Versiglia o mandato de iniciar os procedimentos para solicitar um Vicariato Apostólico, logo obtendo o consentimento da Santa Sé. Em 1919, os salesianos entraram no território que lhes foi designado no norte de Guangdong, sob a orientação dos missionários franceses do MPE que ali haviam estabelecido a missão; em 1920, o vicariato apostólico de Shiuchow foi erguido e, em 1921, Versiglia foi consagrado bispo.

Na década de 1920, o vicariato estava se organizando e se consolidando com a chegada de novas forças que fizeram o máximo com grande sacrifício de suor e sangue, e assumiram uma aparência bastante semelhante à das missões de outras ordens, embora com estilo, espírito e características próprias. Ao mesmo tempo, as obras propriamente educativas também começaram a decolar. Em 1924, a missão de Shiuchow foi acompanhada pelo Don Bosco College. A expansão autônoma da escola salesiana, ao contrário, começou em Xangai (1924), seguida de perto por Hong Kong. As primeiras três obras tipicamente salesianas na China nasceram e cresceram nas fronteiras do continente chinês: inicialmente na província ultramarina portuguesa de Macau, depois na colônia britânica de Hong Kong e no 'Tratado Porto' em Xangai.

3. 20: estruturação e desenvolvimentos na Ásia Oriental

Que na China pudéssemos desenvolver obras tipicamente salesianas foi porque em 1923 a Vice-Província foi construída e em 1926 a Província. Inicialmente, o orfanato de Macau dependia da Província de Lisboa e foi incorporado no sistema português Padroado. Em 1910 mudou-se para a província subalpina. O único superior no terreno foi Don (depois Mons) Luigi Versiglia, diretor da obra salesiana e encarregado da missão (Heungshan de 1911 e Shiuchow de 1919). Esta dupla canonicamente atribuição anómala é resolvida pelo Conselho Superior em outubro de 1921, em preparação para o Capítulo Geral, através da aprovação de alguns artigos ad experimentum, em que, entre outras coisas, foi decidido erguer os visitantes dirigidos por Visitadores, representando o Reitor-Mor e delegando as faculdades dos Provinciais. Em 1 de janeiro de 1923, a China tornou-se uma Vice-Província, e Don Ignaz Canazei foi nomeado Visitante. O dualismo resultante do governo resolve alguns problemas, mas cria outros.

No nível da Igreja, a década de 1920-1929 é um momento de grande entusiasmo, reflexão e mudança em relação ao conceito e à prática da missão. A enciclopédia máxima Illud(1919) inicia um processo que visa transformar as missões em igrejas locais, uma renovação desencadeada pela crise que emergiu nas missões chinesas, nas quais a sombra do protectorado, nacionalismo e congregacionalismo franceses se estendeu. A nova linha incluía uma subdivisão dos antigos vicariatos apostólicos a ser confiada a novas ordens e institutos. Também aos salesianos, na audiência concedida a padre Rinaldi em 6 de junho de 1922, Pio XI pedira um novo compromisso para as missões, apesar das muitas já tomadas, inclusive "a da China", recentemente assumidas e já "tão promissoras". . O Papa sugere estratégias: "Veja para estudar o nosso projeto com seus assessores e os funcionários não vão sentir falta deles". A Santa Sé estava preparando ativamente encíclicas,Esta máxima .

Ao nível da Congregação, autonomamente e paralelamente ao renovado espírito eclesial, na década de 1922-1931 surgem motivações e impulsos internos para implementar um generoso desenvolvimento missionário: o quinquagésimo das missões salesianas e a beatificação de Dom Bosco. Depois do CG12, nos meses de junho e julho de 1923, os acontecimentos na Ásia estão no centro das atenções do Capítulo Superior: o Vicariato Apostólico de Shiuchow aguarda o pessoal. Dada a escassez de sacerdotes, uma decisão é tomada com importantes conseqüências estratégicas: enviar noviços para a China e a Índia "para começar os noviciados com nossos próprios elementos". Apenas D. Rinaldi, D. Ricaldone e D. Fascie estão presentes. No dia 23 de julho o Capítulo decide aceitar a missão do Japão. Em setembro, ele decide enviar sete noviços para a China, o mesmo número em Assam e na Palestina. Em junho de 1925, o P. Vincenzo Cimatti foi encarregado da expedição ao Japão e, quase simultaneamente, a missão do Sião foi aceita com atraso : as missões foram cortadas dos territórios do MPE e "impostas" pela Santa Sé.

4. Institutos missionários e visitas extraordinárias: uma visão estratégica centralizada e eurocêntrica

Durante estes anos, uma série de decisões destinadas a relançar as missões salesianas com uma nova visão, mas não sem problemas, a fundação dos institutos missionários de formação básica 'perto dos superiores' e o aumento substancial, com um sistema puramente óptico. Salesiana, do número de candidatos destinados a missões. Depois, uma série de visitas extraordinárias para ajudar as missões salesianas espalhadas pelos vários continentes para empreender o novo curso. Um desenvolvimento corajoso e abrangente, concebido para estimular vocações, e lançar uma estratégia renovada para o Extremo Oriente, primeiro esboçada e depois gradualmente definida em toda a sua complexidade, que trará vitalidade e desenvolvimento sem precedentes, mas que imporá ajustes muito difíceis ao plano. de estruturas, pessoal, treinamento,

O primeiro desafio foi fornecer à região estruturas macropara o qual sim e não as condições básicas existiam. Em 1º de dezembro de 1925, o Capítulo Superior, com 5 dos 5 votos, tomou a decisão de pedir à Santa Sé a criação da Província Chinesa, incluindo o Japão. O decreto de ereção da "Província sino-japonesa de Maria Auxiliadora" será emitido em 28 de maio de 1926, com Canazei como Inspetor e incluindo 14 casas erguidas ou a serem erguidas: Macau e Xangai, Miyazaki, Oita e Nakatsu no Japão ainda erguidas antes da chegada dos salesianos, três na missão Heungshan e seis no Vicariato Apostólico de Shiuchow; este último na realidade de simples estações missionárias. Idealmente, a missão do Sião (aceitação diferida em novembro de 1926) e ativamente Timor (janeiro de 1927) será adicionada.

Em dezembro, a extraordinária visita de Dom Ricaldone às casas da Ásia é anunciada com o objetivo de apoiar o bom espírito, garantindo unidade de direção e intenção, fortalecendo os laços de afeto e solidariedade que tornam a família, melhor entender as dificuldades relacionadas a lugares, costumes, caráter dos diversos povos e, finalmente, desfazer mal entendidos, acabar com as irregularidades, remediar problemas:em suma, uma visão centralizadora. Canazei enviara ao visitante um relatório sobre a situação e os problemas locais: a ampliação do território, as relações com o Vicariato Apostólico e a situação dos missionários dentro dele, a formação dos jovens confrades enviados pelos Superiores, as vocações locais, a necessária adaptação à cultura local, a prática do sistema preventivo. O resultado mais concreto da visita, dez meses de viagem e trabalho, foram as seguintes duas decisões estratégicas:

1. O desenho de uma estrutura regional legalmente bem estabelecida: a Província da China de Maria Auxiliadora com casas na China, Hong Kong, Macau, Xangai, Timor e a missão dos Heung Shan; o Vicariato Apostólico de Shiu Chow; a missão de Miyazaki no Japão, com seus 9 confrades divididos em três casas, e a de Ratburi, no Sião, ainda não nascida e, de fato, constituída pelo preceito de pessoal e noviços da China, ambos com alguns anos de idade destinados a serem erguidos. nas Prefeituras Apostólicas ladeadas pelas Vice-Províncias Salesianas, cada uma governada por um único Superior.

2. A consolidação da estratégia de enviar jovens noviços e, em alguns casos, aspirantes e leigos voluntários, nas missões, e a decisão de instalar uma casa de formação para eles: casa de formação para os missionários, significava Ricaldone; lar de vocações indígenas, persistiu Teixeira insistentemente, que considerava a formação de pessoas muito jovens na China muito problemática, e míope e não alinhado com as diretrizes da Santa Sé negam prioridade às vocações indígenas.

5. Forja missionária: um caminho próprio para a inculturação do carisma

Sob as Reformas do Padre Rua e de Dom Albera - pelo menos no que diz respeito à China - as tentativas de introdução e adaptação do coração e das diferentes expressões do carisma de Dom Bosco (o sistema preventivo, a devoção a Maria Auxiliadora, funciona por respirar jovens, etc.) baseavam-se em uma pesquisa dialética e local, com abordagens sugeridas pela complexa realidade sócio-religiosa local.A partir da gestão de Rinaldi-Ricaldone, o cenário das missões é centrado principalmente nos esquemas salesianos e vigorosamente pilotado pelos Superiores Maiores, terminando apontando para diferenças latentes entre missionários novos e antigos. O Magistério da Igreja e o Magistério salesiano percorreram caminhos missiológicos divergentes. Embora o objetivo principal fosse o Implantatio EcclesiaeIsto queria acima de tudo manter intacto o espírito e o método do Fundador.

O processo de regular as missões salesianas de maneira estruturada, uma tentativa de conciliar o espírito e o método salesiano com as diretrizes da Igreja, produziu "Regulamentos ad experimentum ", rapidamente aprovado em 1929 pelo CGXIII. Os artigos sobre vocações indígenas foram aceitos sem reflexão séria, por deferência ao Papa, e os que tratam da relação entre superiores eclesiásticos e superiores religiosos não produziram soluções compartilhadas. Alguns meses depois, o Regulamento foi revisado de acordo com um recente Instructioda Congregação de Propaganda. Canazei, recém-eleito Vigário Apostólico de Shiuchow, não deixou de enviar um relatório preciso e articulado em uma tentativa de alinhar a posição da Congregação com a da Santa Sé (Motto 2004). Revisto por D. Berruti, o Regulamento só foi aprovado em 1936 pelo CG XIV, novamente sem chegar a um acordo, mas simplesmente invocando caridade e humildade para superar a dicotomia inerente à presença de duas autoridades encarregadas das mesmas pessoas e do mesmo território.

O Regulamento , submetido à Propaganda, obteve aprovação em 1940 somente após observações insistentes e consistentes, e explicações relativas por parte da Congregação Salesiana, ávidos por manter seu próprio estilo e espírito, com base em sua própria identidade educacional não comparável à de outros. ordens missionárias, e isto para a prevalência também no exterior de obras educativas “salesianas”, estabelecidas de acordo com suas próprias escolhas, como o envio de jovens em uma missão. 

Enquanto isso, nas várias circunscrições, esforços foram feitos para estabelecer a missão de acordo com as novas diretrizes.

6. Desenvolvimentos em várias nações: Salesianos e Filhas de Maria Auxiliadora

Japão . Os 6 sacerdotes e 3 coadjutores (30 anos de mídia) destinados ao Japão chegam em fevereiro de 1926 para assumir parte da missão dos padres franceses no sul do país, compreensivelmente sem um programa claro sobre como desenvolver o trabalho e começando com a aprendizagem. linguagem, conhecendo a situação sócio-política, entendendo a natureza do japonês, com um grande espírito de adaptação.

Uma das primeiras atividades do pequeno esquadrão, logo reduzida drasticamente (os 3 coadjutores e um padre voltarão para casa e outro padre morrerá em poucos anos) foi abordar e entender os cristãos abatidos, geralmente pobres e negligenciados homens pobres. Dado o alto nível de educação e o senso de beleza difundido entre as pessoas, os missionários imediatamente entenderam a importância da imprensa, e mais tarde também da música, como meios para serem aceitos e conhecidos, e para transmitir a mensagem cristã. O objetivo também se concentrou na abertura de centros de atendimento e educação das crianças e, por meio deles, chegar às famílias.

O Japão salesiano não experimentou as dificuldades de governança já vistas na China, pois D. Cimatti permaneceu um superior eclesiástico contemporâneo ( Missio Sui Iurisde 1928 e Prefeitura Apostólica de 1935 a 1940) e religiosa (Visitante de 1928 e Inspetor de 1937 a 1949). O Japão recebeu pouco pessoal missionário. Após um experimento fracassado, imposto pelos Superiores, para enviar estudantes de teologia a Hong Kong (1933), Cimatti obteve a oportunidade de dirigir seus alunos ao seminário de Tóquio para uma formação teológica inculturada. Apesar do interesse ativo nas vocações locais, a grande maioria dos confrades japoneses ingressou na Congregação após a guerra (Compra 2004). Em 1949, a Província incluía 15 casas, várias das quais foram abertas depois da guerra: missões, obras sociais, casa de formação, oratórios e escolas, administradas por 99 confrades.

Tailândia . A chegada dos primeiros salesianos na Tailândia foi precedida pela visita de D. Canazei à futura missão, que elaborou um relato magistral para os Superiores (janeiro de 1926) e de D. Ricaldone em trânsito entre Índia e China (1927). , que assinou o contrato de aceitação da missão. A primeira expedição, organizada no mesmo ano, foi inteiramente composta por sacerdotes, clérigos e sobretudo noviços vindos da China, liderados por D. Gaetano Pasotti, mestre e superior. No final de 1927 havia 28 salesianos, em 1929 havia 47 (entretanto 2 sacerdotes, 2 clérigos e 16 noviços haviam chegado), em 1930 havia 75, dos quais apenas 11 sacerdotes.

Ao mesmo tempo, nos anos 1928-1930, a Vice- Província e a Missio Sui Iuris de Ratchaburi foram construídas. Superior único das duas entidades Don (depois Mons) Pasotti. Em 1934, a missão tornou-se Prefeitura Apostólica e Vicariato Apostólico em 1940, enquanto em dezembro de 1937 nasceu a Província, com Don Giovanni Casetta, o primeiro Provincial (1938). Em 1939, a Província poderá desenvolver um projeto de ampliação própria, ocupando também os numerosos confrades (84, dos quais 13 são tailandeses), e um "Modus Vivendi" entre o Prefeito e o Provincial será aprovado até o final do ano . Dificuldades não faltaram, então colocá-lo em prática às vezes era muito trabalhoso.

A decisão dos Superiores de enviar equipes substanciais de noviços impôs à Vice-Província um trabalho pesado de formação, que Pasotti imediatamente enfrentou com coragem apesar dos recursos, estruturas e pessoal decididamente inadequados. Em 1952, havia 72 confrades: em 25 anos, 145 haviam sido incardinados na Província, 69 haviam partido ou saído e 4 haviam morrido.

China . Tendo saído primeiro, a China foi confrontada com uma mudança de visão missionária com a qual o próprio São Luís Versiglia não pôde se identificar completamente após os anos de trabalhoso trabalho na planta 'dispersa' herdada dos Padres franceses. A dolorosa troca de cartas é conhecida, o que o levou a oferecer sua renúncia ao Pe. Rinaldi, informada por missionários que não compartilhavam a linha do bispo. Dom Canazei, que em 1932 dirigiu a transferência do Instituto Dom Bosco à Congregação, cuja gestão nos anos seguintes lhe causou grande insatisfação, manteve sua linha eclesiástica, apesar das severas advertências de D. Pietro Berruti, extraordinário visitante da obra. 1937: fazendo cristãos sic et simplicitere não salesianos cristãos; primeiro o desenvolvimento da igreja local, depois das obras salesianas. Em suma, uma visão diferente da missão com implicações importantes no nível de formação: preferência pelas vocações locais e uma formação 'inculturada' também para os jovens missionários, a quem Canazei preferiu ser enviada como estagiários, e não como noviços.

O P. Carlo Braga, provincial desde 1930, alinhou-se às diretrizes de Turim: dificilmente montou a casa de formação (5 diretores nos primeiros 7 anos e em 1933-34 ele mesmo como diretor); Após seis anos de interrupção, pôde reiniciar o noviciado com jovens noviços de diferentes nacionalidades e pequenos grupos de jovens chineses. A língua de ensino era o italiano, a aprendizagem dos chineses tolerada e a dos ingleses relegada - por ordem de D. Berruti - às férias de verão. Em 1940, quando a guerra estourou, toda a comunidade educacional mudou-se para Xangai.

No final da guerra havia 210 salesianos, dos quais apenas 17 estavam no Vicariato vagos devido à morte de Canazei. Havia 57 confrades chineses, dos quais 6 eram sacerdotes. O trabalho principal foi nas 14 casas espalhadas pela China, com Don Braga já planejando uma grande expansão: em 1946, a hierarquia católica foi estabelecida e muitas das novas dioceses queriam um instituto salesiano. O Reitor-Mor recomendou moderação, consolidação e expansão lenta, declarando ser a Congregação sempre a serviço da Igreja, mas "nas condições desejadas".

As Filhas de Maria Auxiliadora. Todas as três missões acabaram fundando congregações femininas nativas em apoio ao trabalho missionário, mas é claro que os iniciadores imediatamente pensaram em uma missão conjunta em que as Filhas de Maria Auxiliadora teriam seu próprio papel complementar na evangelização e nos trabalhos de caridade. A Congregação viveu um forte momento carismático, que fortaleceu a motivação. Em 1919, Versiglia, no momento de aceitar a missão, escreveu em Turim que era necessário pensar nas irmãs para uma obra puramente missionária e, para elas, ele já havia proposto comprar terras: elas chegariam em 1923 acompanhadas pelo mesmo monsenhor. Em 1927, Don Cimatti expressa ao visitante o desejo de ter as freiras: elas desembarcarão no Japão em 1929; Na Tailândia eles chegarão em 1931,

Na China, as irmãs estavam encarregadas da missão e sob o cuidado paternal de Versiglia: em Hosai, cuidavam das crianças, dos jovens, dos cegos e dos idosos (1923); em Shiuchow eles administraram as escolas magistralmente equilibradas (1924); em Lokchong eles tinham uma creche, uma catequese e uma clínica de gestão (1933). Em cada caso eles estão sempre bem inseridos, mas também um pouco envergonhados nas relações com o elemento feminino das campanhas. Canazei confiou-lhes o cuidado da Congregação local, e o fato de alguns postulantes terem passado para as FMA, foi a causa de uma dolorosa ruptura que levou as irmãs a se abrirem para Xangai (1934). Na TailândiaAs freiras inicialmente dirigiam a lavanderia e a cozinha dos salesianos, colaboravam na formação da congregação local, mas dentro de sete anos tinham sua casa, paga por eles. As casas se tornaram três em 1952, quando a Província foi erguida. No Japão, logo surgiram as dificuldades de compartilhar a missão com os salesianos através do cuidado de crianças e jovens. Em 1933, os Superiores encorajaram as irmãs a buscarem autonomia: em 1937, com o nascimento da congregação local feminina, a presença das FMA na missão pareceu insignificante em toda a sua clareza, de modo que começaram a ver a expansão na cidade de Tóquio. como a única oportunidade para o desenvolvimento do próprio carisma.

As irmãs chegaram em missão com uma formação específica bastante simples, baseada nas expectativas do superior salesiano da missão: prontidão para o sacrifício e adaptação, e indicações 'práticas' sobre o que poderiam fazer. Mas sua identidade missionária e a idéia do que isso significava foram o resultado de uma longa pesquisa pessoal e comunitária sobre o lugar, em contato com a realidade frequentemente exigente e nem sempre facilmente reconciliável - pelo menos de acordo com os primeiros grupos - com o espírito de 'Institute. É mais natural, portanto, que enquanto algumas irmãs se sentissem satisfeitas no compromisso missionário direto, outras se achavam mais à vontade nos ambientes educacionais mais tradicionais. 

7. Conclusões

Os Salesianos e Filhas de Maria Auxiliadora partiram para as missões altamente motivadas da Ásia, prontas para o sacrifício, conscientes da diversidade das culturas por elas abordadas, fortes na identidade derivada de seu próprio carisma, do qual reivindicaram a especificidade sem sempre poder inseri-la. adequadamente no contexto eclesial, carente da preparação teológica básica, fraca na reflexão eclesial, inadequada - compreensível no início - especificamente. Segundo a declaração de um prelado na China, cujo nome não nos foi transmitido: "Os salesianos são bons nas escolas, mas fracassam como missionários", avaliação que reflete a situação da segunda fase do desenvolvimento das missões salesianas na China e não faz justiça ao grande trabalho de implantatio ecclesiae das duas primeiras décadas do Vicariato Apostólico de Shiuchow.

As duas Congregações, convencidas de sua própria identidade e missão educacional, mas ao mesmo tempo incertas sobre as maneiras de vivê-las concretamente, tendendo a conservar em vez de desenvolver e adaptar, acabarão por desenvolver obras educacionais, que se tornam pequenas comunidades de fé nas margens uma realidade eclesiástica local, mesmo sem renunciar completamente aos verdadeiros territórios de missão, os quais, no entanto, acabam ficando em segundo lugar na realização do caráter missionário dos dois institutos. São as obras tipicamente salesianas com as quais, de preferência, se identificam, que ressaltam o carisma de Dom Bosco e ao qual se reconhecerá.

Permanece a questão de saber se a Congregação Salesiana é missionária ou não e o que significa fazer missão. Os custos da reviravolta da década de 1930, em termos de qualidade da formação, grau de inculturação e, conseqüentemente, da eficácia e profundidade do trabalho de educação-evangelização, continuam por avaliar. Sem diminuir o grande trabalho realizado.

Inculturação do carisma salesiano na Índia

Jose Kuruvachira, sdb

introdução

A inculturação do carisma salesiano na Índia indica que o carisma de Dom Bosco estava tão firmemente enraizado na cultura indiana que apresentava uma identidade tipicamente indiana. Argumenta-se que o caso da Índia é uma extraordinária história do sucesso da inculturação na história da Congregação Salesiana. Os pioneiros salesianos chegaram à Índia, implantando fiel e criativamente o carisma de Dom Bosco em sua "nova pátria". O fato de que isso aconteceu em um período relativamente curto é algo surpreendente, tanto no mundo salesiano quanto no exterior.

Esta apresentação é um breve resumo da história, processo e método de inculturação do carisma salesiano: leva em consideração os primeiros cinquenta anos da história salesiana na Índia (1906-ca.1956), com algumas observações críticas acrescentadas [68] .

1. A chegada dos salesianos na Índia

O primeiro grupo de salesianos chegou a Tanjore, no sul da Índia, em 14 de janeiro de 1906 [69] , o apostolado começou no orfanato de São Francisco Xavier. Três anos depois, ele construiu uma segunda fundação em Mylapore, com outro orfanato. Em 1928, os salesianos foram forçados a se retirar de Tanjore e Mylapore. Eles então constituíram uma nova missão em Vellore, no norte de Arcot, ainda no sul da Índia.Em 13 de janeiro de 1922, um grupo de onze salesianos chegou a Shillong [70]., no nordeste da Índia, e assumiu o cargo de Prefeitura Apostólica de Assam. A primeira Província Salesiana da Índia foi canonicamente erigida em 28 de maio de 1926 e teve o apóstolo São Tomás como patrono. Em 8 de fevereiro de 1934, a província da Índia foi dividida em duas partes: o sul da Índia, com o patrono de São Tomé Apóstolo, e o norte da Índia, com o padroeiro São João Bosco.

2. O carisma salesiano e os primeiros grupos salesianos da Índia

O carisma salesiano, vivido pelos primeiros grupos que chegaram à Índia, tinha três direções principais: a) uma especial predileção pelos jovens pobres e abandonados e por sua educação; b) a missão ad gentes e a catequese; c) trabalhos de caridade e iniciativas para o desenvolvimento humano.

2.1 Uma predilecção especial pelos jovens

Todos os trabalhos apostólicos, iniciados pelos primeiros salesianos da Índia, mostraram preferência pelos jovens pobres e pela educação deles. Em 1906, em Tanjore, os salesianos encarregaram-se de um orfanato com um pequeno grupo de meninos pobres e abandonados. Em pouco tempo, essa missão se desenvolveu e uma escola industrial, uma escola noturna, uma escola institucional e uma gráfica para jovens pobres foram criadas. A segunda fundação dos salesianos em Mylapore, criada em 1909, era um orfanato para crianças pobres. Partindo de Tanjore e Mylapore, em 1928, os salesianos foram a Vellore, no norte de Arcot, e até lá fundaram um pequeno orfanato para meninos. Em 1922, quando os salesianos assumiram o ofício da Prefeitura Apostólica de Assam, trataram, entre outras coisas, de dois orfanatos que, em 1932, eles se tornaram sete. Sucessivas instituições salesianas continuaram mostrando a mesma predileção pelos jovens pobres e marginalizados.

Os salesianos estavam convencidos da necessidade de investir suas melhores energias na educação dos jovens. Para este fim, fundaram numerosas escolas primárias (para oferecer a todos a educação básica), escolas noturnas, internatos e internatos, escolas em áreas urbanas e semiurbanas, faculdades para educação superior, escolas industriais para educação técnica. e escolas agrícolas para treinar pessoas para cultivar a terra racionalmente e com métodos modernos. Mais do que realizar um simples trabalho social, os salesianos direcionaram seu apostolado para o crescimento integral dos jovens, para torná-los "bons cristãos e honestos cidadãos", como queria Dom Bosco. A gestão dos trabalhos educativos, segundo o sistema salesiano, em particular o sistema preventivo, trouxe muitas mudanças positivas na vida dos jovens.

2.2 Missão Ad Gentes e Catequese

Inspirados pelo Da mihi animas de Dom Bosco, os primeiros salesianos consideravam a evangelização missionária (missão ad gentes ) uma das suas prioridades. No sul da Índia, em 1915, a paróquia do Sagrado Coração de Tanjore foi confiada aos salesianos. Os sacerdotes visitaram as aldeias para catequizar, administrar os sacramentos, anunciar também aos não-cristãos a mensagem do Evangelho e trazer de volta à Igreja aqueles que a abandonaram. Houve conversões para a fé católica em seus orfanatos.

Quando os salesianos começaram a missão de Assam em 1922, os católicos eram apenas 5.419. Nos primeiros anos eles cuidaram de muitas paróquias do ponto de vista pastoral , com numerosas estações missionárias em aldeias distantes. Estavam sempre viajando nos territórios de sua missão de contatar não-cristãos, catequizar e administrar os sacramentos aos católicos, e trazer de volta à Igreja aqueles que os abandonaram. Eles passavam a maior parte do tempo visitando os distritos de sua missão, muitas vezes a pé e parando nas aldeias com as pessoas por vários dias. Isso levou à conversão de muitas pessoas.

As escolas nas aldeias desempenhou um papel significativo na promoção dos missão ad gentes . Os missionários consideravam as escolas nas aldeias como "bilhetes de entrada" para aldeias não cristãs; alguns missionários consideravam a escola como "sinônimo da missão". [71] Em quase todos os centros foram internados, tanto para meninos e meninas; muitos deles, depois de terem vivido com os salesianos, pediram livremente para serem batizados. Mesmo os reitores festivos e diários provaram ser meios importantes de levar a fé aos não-cristãos. Os filhos do oratório foram chamados de "pequenos apóstolos" [72]porque muitos deles assumiram um papel ativo em levar a fé cristã aos pais e famílias.

Sempre seguindo o exemplo de Dom Bosco, os salesianos realizaram um trabalho pioneiro no campo da catequese . Eles organizaram um ensino regular de catecismo para jovens em escolas, internatos e orfanatos, e em algumas paróquias. O apostolado da imprensa foi usado criativamente para a difusão da fé cristã e para a educação religiosa. Competições de catequese em diferentes idiomas, campanhas catequéticas, teatros, música, programas de rádio, seminários e conferências sobre temas cristãos, foram usados ​​com genialidade para evangelizar e catequizar. Os catequistas leigos desempenharam um papel fundamental na missão ad gentes e na catequese para ser considerada a ' longa manus'e os 'porta-vozes' do missionário. [73]

2.3 O pêras da caridade e iniciativas para o desenvolvimento humano

Dom Bosco foi um grande organizador de obras de caridade: em sua imitação, os salesianos da Índia organizaram obras de caridade e serviços humanitários em favor de pessoas pobres e marginalizadas. Esses trabalhos assumiram diferentes formas, como, por exemplo, o gerenciamento de orfanatos, asilos para idosos, o atendimento de leprosos, visitas a doentes nas aldeias, atendimento a doentes em clínicas e hospitais, atendimento a refugiados, imigrantes, pessoas afetadas de enchentes, incêndios, epidemias, fomes, terremotos, atendimento a soldados doentes e feridos em guerra, distribuição gratuita de alimentos, remédios e roupas para os pobres e assim por diante.

Muitos projetos voltados para o desenvolvimento humano , com o objetivo de melhorar a qualidade de vida das pessoas; eles se opunham aos males sociais, como o sistema de castas e o preconceito racial; instruiu as pessoas sobre os direitos humanos, a justiça social, a doutrina social da Igreja, os efeitos nocivos do alcoolismo, as habilidades e as opções para uma melhor sustentação econômica, o senso de economia e poupança, a defesa de pessoas inocentes na sociedade. tribunais. Essas obras de caridade e essas iniciativas levaram a uma mudança surpreendente na opinião pública sobre o trabalho dos salesianos e da Igreja Católica na Índia em geral.

3. Processo e método de inculturação

Os salesianos da Índia usaram diferentes procedimentos e métodos em seu trabalho de inculturação do carisma salesiano.

3.1 Formação salesiana local

A decisão de treinar jovens missionários no local foi uma estratégia muito significativa na inculturação. O resultado imediato desta escolha foi a fundação, em Shillong, de uma casa do noviciado, em dezembro de 1923, de um estudante de filosofia em 1925 e um de teologia em 1928. No sul da Índia, o noviciado começou em Tirupattur, em Dezembro de 1933; o aluno de filosofia em 1935 e o de teologia em 1941. Graças a esta decisão corajosa e perspicaz, os primeiros missionários salesianos aprenderam as línguas locais, aprenderam a aprender mais sobre culturas indígenas, costumes, costumes e, conseqüentemente, alguns eles se tornaram promotores excepcionais de línguas e culturas indígenas.

3.2 Recrutamento de vocações indígenas para a vida salesiana

Desde o início, os salesianos trabalharam para recrutar vocações indígenas para a vida salesiana [74] , iniciativa que não foi fácil de alcançar nas primeiras décadas do século passado. Nos primeiros anos, os candidatos foram enviados para a Europa para o treinamento. Em 1924, no noviciado de Shillong, no primeiro grupo de doze noviços, quatro eram índios. Na eclosão da Segunda Guerra Mundial, incapaz de recrutar noviços da Europa, era necessário procurar vocações indígenas; havia muitos nas duas províncias salesianas indianas: foram fundadas casas de formação para as várias etapas da formação inicial. Os candidatos pertenciam a diferentes línguas, a diferentes grupos étnicos e ritos litúrgicos. [75] Os salesianos da Europa, apesar de serem de rito latino, aceitaram de bom grado os candidatos do antigo rito sírio (siro-malabar) de Kerala e recrutaram vocações indígenas também para as Igrejas locais.

3.3 Promoção de culturas indígenas

Os primeiros salesianos da Índia estimularam as culturas indígenas, incorporando elementos das culturas locais em sua educação, evangelização e apostolado de catequese. Alguns salesianos fizeram o esforço de aprender sânscrito; alguém, tendo bom conhecimento disso, mencionou em seus escritos os Upanisads.(um dos textos sagrados dos hindus); vários escreveram sobre os aspectos sociais, culturais, históricos, antropológicos e religiosos das pessoas em vários periódicos, boletins informativos e revistas científicas; eles também escreveram monografias; alguns produtos artesanais e culturais cuidadosamente coletados e preservados, fotografias raras relacionadas à cultura das pessoas; outros compunham hinos religiosos nas línguas locais, incentivando o uso de roupas tradicionais, música e dança nativa durante as solenes celebrações litúrgicas. Os salesianos, conscientes do grande interesse das pessoas, especialmente das tribos, pela música, pelo teatro, pelos jogos e pelo esporte, fizeram bom uso do mesmo em seu sistema educacional.

3.4 Promoção de idiomas locais

Nos "Padrões para os missionários" aprovados pelo XIII Capítulo Geral de 1929, os missionários foram convidados a aprender a língua, a história e a cultura de sua "nova pátria". [76]Todos os missionários salesianos da Europa fizeram um esforço extraordinário para aprender as línguas locais. Os salesianos foram os primeiros a produzir textos em algumas línguas locais do nordeste da Índia, sob a forma de dicionários, léxicos e gramáticas. Alguns traduziram o Novo Testamento, os Catecismos, a Bíblia, os hinos, as orações e as vidas dos santos nos idiomas locais. Outros publicaram periódicos e escreveram livros escolares em línguas indígenas para escolas católicas, aprovados pelo governo também para uso em escolas públicas. Em algumas escolas, eles introduziram a língua local como uma língua de instrução ou como um assunto para estudar.

3.5 Identificação com o povo indiano

Os salesianos fizeram o melhor para se identificar com o povo indiano. Eles compartilhavam a pobreza e a privação do povo, o estilo de vida simples e a aceitação com serenidade de dificuldades e desconfortos relacionados às condições de vida, clima, alimentação, doença e viagem. Eles participaram de eventos importantes na vida da nação, como a celebração da independência do país e do Dia da República, e incentivaram seus alunos a fazer a mesma coisa. Além disso, muitos, embora da Europa, decidiram livremente se tornar cidadãos indianos.

3.6 Abertura para os seguidores de outras religiões

A Índia é um país de muitas religiões. Os salesianos sempre demonstraram grande respeito e abertura aos seguidores de outras religiões. Em suas instituições, escolas, orfanatos, internatos, institutos universitários, sempre havia muitos estudantes, colegas, funcionários e colaboradores não cristãos. Nas paróquias e missões, mantinham relações positivas com os não-cristãos, num espírito de mútua aceitação, reconhecimento, apreciação e amizade, demonstrando preocupação e preocupação com suas dores, ansiedades e aspirações, e comprometendo-se a ajudá-los, através de obras de caridade e serviços humanitários, especialmente em tempos de grande necessidade e dificuldade.

3.7 Inculturação dos elementos salesianos

Uma especial atenção foi dada pelos salesianos da Índia à introdução e à inculturação de todos os elementos fundamentais do carisma, da espiritualidade e das tradições salesianas. Organizaram suas obras apostólicas segundo o espírito e o estilo de Dom Bosco e as tradições salesianas. Com grande dedicação comprometeram-se a difundir a devoção a Maria Auxiliadora, a tornar Dom Bosco conhecido e amado e a praticar o sistema preventivo. Seguindo a tradição salesiana, espalharam entre as pessoas uma especial devoção ao Santíssimo Sacramento e amor ao Papa, e encorajaram a devoção aos santos salesianos, a São Francisco de Sales, São João Bosco, Santa Maria Domingas Mazzarello, São Domingos. Savio, promovendo ativamente o crescimento da Família Salesiana, e as Filhas de Maria Auxiliadora (FMA), a Associação dos Salesianos Cooperadores e Ex-alunos. A primeira metade do século passado contou com a fundação de duas religiosas indígenas que compartilham o carisma e o espírito de Dom Bosco: a congregação das Irmãs Missionárias de Maria Auxiliadora (MSMHC), fundada pelo bispo salesiano Stefano Ferrando de Shillong il. 24 de outubro de 1942; e a das Irmãs Catequistas de Maria Imaculada (SMI), fundada pelo bispo salesiano Louis Laravoire Morrow de Krishnagar em 12 de dezembro de 1948. a congregação das Missionárias de Maria Auxiliadora (MSMHC), fundada pelo bispo salesiano Stephen Ferrando de Shillong em 24 de outubro de 1942; e a das Irmãs Catequistas de Maria Imaculada (SMI), fundada pelo bispo salesiano Louis Laravoire Morrow de Krishnagar em 12 de dezembro de 1948. a congregação das Missionárias de Maria Auxiliadora (MSMHC), fundada pelo bispo salesiano Stephen Ferrando de Shillong em 24 de outubro de 1942; e a das Irmãs Catequistas de Maria Imaculada (SMI), fundada pelo bispo salesiano Louis Laravoire Morrow de Krishnagar em 12 de dezembro de 1948.

4. Problemas enfrentados pelos salesianos na inculturação

A inculturação do carisma salesiano na Índia também encontrou problemas. Devido a uma forte "antipatia clerical", os salesianos foram forçados a retirar-se de suas duas primeiras presenças, a saber, de Tanjore e Mylapore, em 1928, após 22 anos de trabalho apostólico. Na missão do Assam encontraram grande oposição de alguns grupos protestantes. A tolerância dos hindus para com o cristianismo não impediu que alguns deles, desconfiados das obras dos missionários cristãos, considerassem o cristianismo uma religião estrangeira e missionários uma extensão do imperialismo britânico. [77]No início, o recrutamento de vocações indígenas para a vida salesiana não foi incentivado: alguns eram céticos em relação a essa iniciativa, outros se opunham explicitamente a ela. Embora os salesianos tenham escrito extensamente sobre os aspectos religiosos, sociais e culturais da Índia, alguns relatos foram negativos e as publicações sobre valores positivos na cultura indiana foram poucas. Às vezes, havia a impressão de que alguns salesianos sentiam-se "superiores" à cultura e ao estilo de vida indígenas e, consequentemente, desprezavam os índios, desconsiderando algumas de suas expressões culturais. Ocasionalmente havia descontentamento e hostilidade entre os salesianos indianos e os europeus.

5. Alguns aspectos negligenciados na inculturação

De um ponto de vista geral, os salesianos da Índia negligenciaram a formação das elitesHindu, composto de "governantes" e políticos do país. Um diálogo sério com eles requeria um profundo conhecimento do hinduísmo, da filosofia e da cultura hindu, dos quais a maioria dos salesianos não tinha preparação intelectual e cultural adequada. O mesmo pode ser dito sobre o conhecimento de outras religiões presentes na Índia, como o budismo, o jainismo, o sikhismo, as religiões tradicionais, o islamismo etc. Embora os salesianos tivessem ido à Índia para evangelizar através da educação, nenhuma tentativa séria havia sido feita para estudar os sistemas e métodos educacionais da Índia, ou para explorar a contribuição da Índia para o mundo através de seus antigos centros de estudo. Pouco esforço foi dedicado a aprender sistematicamente as línguas clássicas da Índia, como o sânscrito, Pali, Prakrit e Tamil são ferramentas fundamentais para interpretar a cultura, a religião e a filosofia indianas. Não houve nenhum esforço significativo para compreender a vida religiosa, a disciplina ascética e o misticismo da índia, nem para inculturar os elementos da cultura indiana nas orações, na meditação e na vida litúrgica. Os esforços feitos para usar os elementos da arte e arquitetura indianas para construir igrejas, santuários, capelas, ou para pintar pinturas sagradas, para compor música sacra e outras formas de arte, eram raros. Embora conhecessem todas as etapas da educação primária na Índia, os conteúdos de seus currículos filosóficos e teológicos eram fundamentalmente "ocidentais" e "eurocêntricos" e, conseqüentemente,

Devemos lembrar que o 'grande sucesso' dos salesianos na Índia foi sobretudo entre os grupos tribais e entre os chamados dalits . As comunidades tribais não tinham "religiões organizadas" com seus próprios textos escritos sagrados, e uma filosofia e uma teologia sistematizada no sentido estrito do termo. Os dalits , em sua maior parte, eram pessoas que queriam se libertar do sistema opressivo de castas do hinduísmo e consideravam o cristianismo uma religião que lhes oferecia o que procuravam. Pode-se dizer que esses fatores contribuíram, em grande medida, para o sucesso dos trabalhos missionários, educacionais e de desenvolvimento humano salesiano na Índia.

Finalmente, recorde-se que este é um período de "pré-Vaticano II", quando conceitos como a inculturação, o diálogo inter-religioso, o ecumenismo, a abertura ao mundo moderno e a convicção de que outras culturas e religiões também podem ter bons elementos , verdadeiro e nobre, não eram difundidos. Isso deve nos ajudar a olhar com algum entendimento, alguns "erros" e "falhas" e sugerir que se abstenha de fazer julgamentos absolutos de natureza negativa, sobre o que eles fizeram ou falharam em fazer.

conclusão

Se havia uma qualidade particular que caracterizava os primeiros grupos salesianos na Índia, esta era a absoluta fidelidade a Dom Bosco e o ardente desejo de fazer com que o carisma salesiano fosse firmemente enraizado na "nova pátria". Para atingir esse objetivo, eles investiram toda a sua energia e recursos sem reservas. Eles foram ousados, criativos, pacientes e perseverantes em seus esforços, apesar de suas limitações e deficiências, e em grande parte, eles conseguiram em seu projeto. No entanto, devemos também enfatizar a capacidade da cultura indiana de ser aberta e receptiva aos valores positivos presentes em outras culturas, de todas as origens. Esta situação cultural facilitou enormemente a inculturação do carisma salesiano na Índia, de modo que, quando os salesianos chegaram à sua terra de missão, encontraram terreno fértil no qual o carisma de Dom Bosco poderia crescer e criar raízes. Portanto, o contexto cultural favorável da Índia deve ser reconhecido como um dos fatores responsáveis ​​pela rápida inculturação do carisma salesiano naquele país. A Índia herdou um carisma que derivou sua origem de um ambiente totalmente cristão e tomou raízes profundas em um contexto predominantemente não-cristão. Talvez a novidade e a singularidade da inculturação do carisma salesiano na Índia consistam precisamente nisso e mostra que o carisma de Dom Bosco é universal e tem a capacidade de encarnar em qualquer cultura, desde que sejam utilizados processos e métodos para sua realização. justos. O contexto cultural favorável da Índia deve ser reconhecido como um dos fatores responsáveis ​​pela rápida inculturação do carisma salesiano naquele país. A Índia herdou um carisma que derivou sua origem de um ambiente totalmente cristão e tomou raízes profundas em um contexto predominantemente não-cristão. Talvez a novidade e a singularidade da inculturação do carisma salesiano na Índia consistam precisamente nisso e mostra que o carisma de Dom Bosco é universal e tem a capacidade de encarnar em qualquer cultura, desde que sejam utilizados processos e métodos para sua realização. justos. O contexto cultural favorável da Índia deve ser reconhecido como um dos fatores responsáveis ​​pela rápida inculturação do carisma salesiano naquele país. A Índia herdou um carisma que derivou sua origem de um ambiente totalmente cristão e tomou raízes profundas em um contexto predominantemente não-cristão. Talvez a novidade e a singularidade da inculturação do carisma salesiano na Índia consistam precisamente nisso e mostra que o carisma de Dom Bosco é universal e tem a capacidade de encarnar em qualquer cultura, desde que sejam utilizados processos e métodos para sua realização. justos. A Índia herdou um carisma que derivou sua origem de um ambiente totalmente cristão e tomou raízes profundas em um contexto predominantemente não-cristão. Talvez a novidade e a singularidade da inculturação do carisma salesiano na Índia consistam precisamente nisso e mostra que o carisma de Dom Bosco é universal e tem a capacidade de encarnar em qualquer cultura, desde que sejam utilizados processos e métodos para sua realização. justos. A Índia herdou um carisma que derivou sua origem de um ambiente totalmente cristão e tomou raízes profundas em um contexto predominantemente não-cristão. Talvez a novidade e a singularidade da inculturação do carisma salesiano na Índia consistam precisamente nisso e mostra que o carisma de Dom Bosco é universal e tem a capacidade de encarnar em qualquer cultura, desde que sejam utilizados processos e métodos para sua realização. justos.

 

Inculturação do carisma salesiano na Índia

( Um resumo para apresentação ) [78]

Jose Kuruvachira, sdb

Introdução

A inculturação do carisma salesiano na Índia significa tornar o carisma de Dom Bosco firmemente enraizado na cultura indiana para que ela adquira uma verdadeira identidade indígena. Argumentou-se que o caso da Índia é uma das histórias surpreendentes de sucesso da inculturação do carisma salesiano na história da Congregação Salesiana. Os salesianos pioneiros que vieram à Índia implantaram e inculturaram fiel e criativamente o carisma de Dom Bosco em sua "nova pátria". O fato de que isso foi realizado em um período relativamente curto de tempo é algo que surpreende a muitos, tanto dentro como fora do mundo salesiano. A surpresa é ainda maior quando se sabe disso, aconteceu em um país que é predominantemente não-cristão,

Este artigo é um breve resumo da história, processo e métodos de inculturação do carisma salesiano, considerando os primeiros cinquenta anos da história salesiana na Índia (1906-ca.1956), com algumas observações críticas. [79]  

1. Chegada dos Salesianos na Índia

Os pioneiros salesianos chegaram a Tanjore, no sul da Índia, em 14 de janeiro de 1906 [80], onde iniciaram seu trabalho no orfanato São Francisco Xavier. Três anos depois eles abriram uma segunda fundação em Mylapore com outro orfanato. Mas os salesianos tiveram que se retirar de Tanjore e Mylapore em 1928. Depois disso, assumiram uma missão em Vellore, no norte de Arcot. No dia 13 de janeiro de 1922, um grupo de onze salesianos chegou a Shillong [81] , nordeste da Índia, e encarregou-se da prefeitura apostólica de Assam. A primeira província salesiana da Índia foi ereta canonicamente em 28 de maio de 1926, com o apóstolo São Tomás como seu patrono. Em 8 de fevereiro de 1934, a província da Índia foi dividida em duas partes: o sul da Índia, com o apóstolo São Tomás como seu patrono, e o norte da Índia, com São João Bosco como seu patrono.

2. O carisma salesiano vivido pelos grupos pioneiros salesianos na Índia

O carisma salesiano vivido pelos salesianos pioneiros tinha basicamente três dimensões: a) uma especial predileção pelos jovens pobres e abandonados e sua educação; b) missão ad gentes e catequese; e c) trabalhos de caridade e iniciativas de desenvolvimento.

2.1 A predileção especial por jovens pobres

Todas as obras apostólicas que os pioneiros salesianos iniciaram na Índia manifestaram uma opção preferencial pelos jovens pobres e por sua educação holística. Em 1906, em Tanjore, o primeiro grupo de salesianos encarregou-se de um orfanato com um pequeno grupo de meninos pobres e abandonados. Em pouco tempo, essa missão se desenvolveu e também teve uma escola industrial, uma escola noturna, uma escola formal e uma imprensa, todas atendendo a jovens pobres. A segunda fundação dos salesianos em Mylapore, iniciada em 1909, também era um orfanato para meninos pobres. Quando deixaram Tanjore e Mylapore em 1928 e foram para Vellore em North Arcot, lá também tinham um pequeno orfanato para meninos. Em 1922, quando os salesianos assumiram a Prefeitura Apostólica de Assam, eles tiveram que cuidar, entre outras coisas, de dois orfanatos, que em 1932 aumentaram para sete.

Os salesianos estavam convencidos de que deveriam dar suas melhores energias para a educação dos jovens.Para este fim, eles estabeleceram várias escolas primárias para fornecer educação básica, escolas noturnas, pensões e albergues, escolas em áreas urbanas e semi-urbanas, faculdades para educação superior, escolas industriais para educação técnica e escolas agrícolas para educar as pessoas a cultivar terras. racionalmente e usando métodos modernos. Mais do que fazer mero trabalho de bem-estar em favor dos jovens, os salesianos visavam seu crescimento integral para torná-los "bons cristãos e honestos cidadãos", como queria Dom Bosco. A organização adequada dessas instituições educacionais, seguindo o método salesiano de educação, especialmente o sistema preventivo, trouxe muitas mudanças positivas na vida dos jovens.

2.2 Missão Ad Gentes e Catequese

Inspirados nas animadas de Dom Bosco, os grupos pioneiros de salesianos consideravam a evangelização missionária (missão ad gentes e catequese) como uma de suas prioridades. No sul da Índia, em 1915, a paróquia do Sagrado Coração de Tanjore foi confiada aos salesianos. Os sacerdotes visitavam constantemente as aldeias para catequizar, administrar sacramentos aos católicos, chegar aos não-cristãos com a mensagem do Evangelho e trazer de volta os caducados. Eles também tiveram conversões para a fé católica em seus orfanatos.

Quando os salesianos assumiram a missão do Assam em 1922, os católicos eram apenas 5.419. Nos primeiros anos eles tinham muitas paróquias para cuidar, e todos eles tinham numerosas estações missionárias ligadas a eles nas aldeias. Os missionários viajaram extensivamente pelos territórios da missão por contatar não-cristãos, catequizar e administrar sacramentos a católicos, e trazer de volta os caducados. Os missionários em geral passavam a maior parte do tempo percorrendo os distritos da missão a pé e ficavam nas aldeias com as pessoas por vários dias. Isso resultou na conversão de muitas pessoas à fé católica.

As escolas das aldeias tiveram um papel importante na evangelização missionária. Os missionários viam as escolas das aldeias como “bilhetes de entrada” para as aldeias não cristãs e alguns até consideravam a escola como “sinónimo de missão” em si. [82] Praticamente todos os centros missionários tinham internatos para meninos e meninas, e muitos deles, depois de terem vivido com os salesianos, pediram livremente para serem batizados. Os oratórios festivos e diários eram meios importantes usados ​​pelos pioneiros salesianos para levar a fé cristã aos não-cristãos. As crianças oratórias foram chamadas de "pequenos apóstolos" ( piccoli apostoli ) [83] porque muitos deles foram fundamentais para trazer a fé católica para seus pais e famílias.

Seguindo o exemplo de Dom Bosco, os missionários salesianos fizeram um trabalho pioneiro no campo da catequese . Eles conduziam aulas regulares de catecismo para os jovens de suas escolas, internatos e orfanatos, e em algumas paróquias aos domingos. O apostolado da imprensa foi efetivamente usado para a propagação da fé cristã e da instrução religiosa. Competições de catequese em diferentes idiomas, campanhas catequéticas, teatrais, música, programas de rádio, seminários e convenções sobre temas cristãos para o público em geral, também foram efetivamente usados ​​para evangelização e catequese. Os catequistas leigos desempenharam um papel vital na evangelização e na catequese, e foram considerados como os lunga mano e portavoce do missionário.[84]

2.3 Obras de caridade e iniciativas de desenvolvimento

Dom Bosco foi um grande organizador de obras de caridade e, em sua imitação, os salesianos pioneiros organizaram obras de caridade e serviços humanitários em favor dos pobres e marginalizados. Eles assumiram uma variedade de formas, tais como, administrar orfanatos, lares de velhice, cuidar de leprosos, visitar os doentes nas aldeias, cuidar dos doentes em dispensários e hospitais, refugiados, imigrantes, pessoas afetadas por enchentes, incêndios, epidemias, fome, terremoto, cuidado dos soldados doentes e feridos na guerra, distribuição gratuita de alimentos, remédios e roupas para os necessitados e assim por diante.

Os salesianos iniciaram muitos projetos de desenvolvimento para elevar o padrão de vida das pessoas. Combateram males sociais como sistema de castas e preconceitos raciais e conscientizaram as pessoas sobre direitos humanos, justiça social, princípios sociais católicos, efeitos nocivos do alcoolismo, habilidades e opções de sustento, senso de economia e ajudaram pessoas inocentes perante tribunais. Essas obras de caridade e iniciativas de desenvolvimento ajudaram a provocar uma mudança surpreendente na opinião pública em relação aos salesianos e à Igreja Católica na Índia em geral.

3. Processo e métodos de inculturação

Os salesianos pioneiros utilizaram muitos métodos e procedimentos para inculturar o carisma salesiano na Índia. Os principais são os seguintes: 

3.1 Formação de salesianos in loco

A decisão dos salesianos de formar jovens missionários salesianos in loco foi um movimento significativo na inculturação do carisma salesiano na Índia. O resultado imediato desta decisão foi a abertura em Shillong de um noviciado em dezembro de 1923, um estudante de filosofia em 1925 e um estudante de teologia em 1928. Os Salesianos do Sul da Índia iniciaram um noviciado em Tirupattur em dezembro de 1933, um estudante de Filosofia em 1935 e aluno de teologia em 1941. Por causa dessa estratégia ousada e previdente, os primeiros salesianos puderam aprender línguas locais, familiarizar-se com culturas, costumes e práticas indígenas. Alguns deles tornaram-se contribuintes excepcionais para as línguas e culturas locais.

3.2 Promoção das vocações indígenas à vida salesiana

Desde o início, os salesianos pioneiros esforçaram-se por fomentar as vocações indígenas à vida salesiana [85] , iniciativa que nas primeiras décadas do século passado não era fácil de realizar. Nos primeiros anos, os candidatos à vida salesiana foram enviados à Europa para sua formação. Em 1924, entre o primeiro lote de doze noviços em Shillong, quatro eram índios. Com a eclosão do Segundo Mundo II, não mais noviços poderiam vir da Europa e os salesianos eram obrigados a procurar, com seriedade, vocações indígenas. Isso resultou tanto nas províncias salesianas da Índia, com muitas vocações indígenas, como em casas de formação para todas as etapas da formação inicial. Os candidatos à vida salesiana pertenciam a diferentes línguas, grupos étnicos e ritos litúrgicos. [86]Embora todos os salesianos da Europa pertençam ao rito latino, aceitaram de bom grado candidatos do antigo rito sírio de Kerala. Os salesianos pioneiros também promoveram vocações indígenas para as Igrejas locais.

3.3 Promoção de culturas indígenas

Os salesianos pioneiros na Índia promoveram as culturas indígenas, incorporando elementos das culturas locais em seu apostolado de educação, evangelização e catequese. Alguns salesianos fizeram esforços para aprender sânscrito; alguns estavam familiarizados com os Upanisads (uma das escrituras sagradas dos hindus) e podiam citá-los; alguns freqüentemente escreviam sobre os aspectos sociais, culturais, históricos, antropológicos e religiosos do povo para revistas, boletins e revisões científicas e como monografias; alguns coletaram e preservaram com cuidado artefatos culturais e fotos raras relacionadas à cultura do povo; alguns hinos religiosos compostos nas línguas locais encorajaram o uso de trajes tradicionais, música e danças culturais durante as solenes celebrações litúrgicas. Alguns salesianos, conscientes do grande interesse das pessoas, especialmente tribais,

3.4 Promoção de idiomas locais

Nas “normas para os missionários” aprovadas pelo Capítulo Geral XIII de 1929, os missionários foram solicitados a estudar a língua, a história e a cultura de sua “nova pátria”. [87]Todos os missionários que vieram da Europa fizeram um esforço especial para aprender as línguas locais de seus territórios missionários. Os salesianos estavam entre os primeiros a produzir literatura em algumas das línguas locais do nordeste da Índia, sob a forma de dicionários, léxicos e gramática. Alguns traduziram o Novo Testamento, catecismos, história bíblica, hinos, orações e vidas de santos nas línguas locais. Alguns publicaram periódicos e escreveram livros didáticos em idiomas locais para uso em escolas católicas que foram aprovadas pelo governo para uso também em escolas públicas. Em algumas escolas, eles introduziram línguas vernáculas, seja como meio de instrução, seja como assuntos a serem estudados pelos alunos.

3.5 Identificação com o povo da Índia

Os missionários salesianos tentaram ao máximo identificar-se com as pessoas da Índia. Compartilhavam a pobreza e as privações das pessoas e o estilo de vida simples, e aceitavam de bom grado os desconfortos e inconveniências relacionados às condições de vida, clima, alimentação, doença e viagem. Eles participaram dos eventos importantes na vida da nação, como o Dia da Independência e o Dia da República, e incentivaram seus alunos a fazer o mesmo. Vários salesianos da Europa optaram livremente por se tornarem cidadãos indianos.

3.6 Abertura para seguidores de outras religiões

A Índia é uma terra de muitas religiões. Os salesianos manifestaram grande respeito e abertura aos seguidores de outras religiões. Em suas instituições como escolas, orfanatos, pensões, albergues e universidades, havia numerosos estudantes, internos e colaboradores que não eram cristãos. Em paróquias e centros de missão, eles facilmente se misturaram com não-cristãos em espírito de aceitação mútua, apreciação e amizade, e se preocuparam com suas dores, agonias e aspirações, e alcançaram através de suas obras de caridade e serviços humanitários, especialmente em tempos de grande necessidade.

3.7 Inculturação dos principais elementos salesianos

Os salesianos pioneiros tiveram um cuidado especial para introduzir e inculturar na Índia todos os elementos-chave do carisma, espírito, espiritualidade e tradições salesianos. Eles organizaram todas as suas obras apostólicas de acordo com o espírito e estilo de Dom Bosco e as tradições salesianas. Fizeram um esforço especial para difundir a devoção a Maria Auxiliadora, tornar Dom Bosco conhecido e amado no país e praticar o sistema preventivo. Seguindo a tradição salesiana, inculcaram nas pessoas uma especial devoção a Jesus no Santíssimo Sacramento e amor ao Papa, e incentivaram a devoção aos santos salesianos, como São Francisco de Sales, São João Bosco, Santa Maria Domingas Mazzarello, São Domenico Sávio, etc. Eles promoveram ativamente o crescimento dos membros da Família Salesiana como as Filhas de Maria Auxiliadora (FMA), Salesianos Cooperadores e Ex-Alunos. A primeira metade do século passado viu a fundação dos dois florescentes institutos religiosos indígenas de mulheres que compartilham o carisma e o espírito de Dom Bosco, a saber: As Missionárias de Maria Auxiliadora (MSMHC), fundadas pelo bispo salesiano Stephen Ferrando. Shillong em 24 de outubro de 1942 e As Irmãs Catequistas de Maria Imaculada (SMI) fundadas pelo Bispo Salesiano Louis LaRavoire Morrow de Krishnagar em 12 de dezembro de 1948.

4. Problemas enfrentados pelos salesianos na inculturação

A inculturação do carisma salesiano na Índia teve sua própria parcela de problemas. Devido à forte "antipatia clerical" em relação aos salesianos, em 1928, foram obrigados a retirar-se das duas primeiras presenças salesianas que iniciaram na Índia, Tanjore e Mylapore, após 22 anos de trabalho apostólico. Na missão do Assam eles enfrentaram grande oposição de certos grupos protestantes. Embora os hindus em geral fossem tolerantes em relação ao cristianismo, alguns deles suspeitavam das obras dos missionários cristãos, e consideravam o cristianismo como religião estrangeira e consideravam os missionários como a mão estendida do imperialismo britânico. [88]No início, o recrutamento de vocações indígenas para a vida salesiana não foi incentivado e, embora alguns fossem céticos, outros se opunham claramente a isso. Embora os salesianos tenham publicado muito sobre os aspectos religiosos, sociais e culturais da Índia, alguns de seus escritos eram de natureza sensacional e negativa, e as publicações sobre os valores positivos encontrados na cultura indiana eram muito limitadas. Às vezes, fica-se com a impressão de que alguns salesianos tinham um sentimento de “superioridade” sobre a cultura indígena e o modo de vida indígena, o que os fazia desprezar e até desprezar algumas das expressões culturais. Havia também um mal-estar ocasional e hostilidade entre os salesianos indianos e europeus.

5. Alguns aspectos negligenciados na inculturação

Os pioneiros salesianos na Índia negligenciaram, em grande medida, a educação da elite hindu, que eram os "governantes" e os formuladores de políticas do país. Um diálogo significativo com os salesianos exigia dos salesianos um profundo conhecimento do hinduísmo, da filosofia hindu e da cultura hindu, para os quais a maioria dos salesianos não tinha uma preparação intelectual e cultural adequada. O mesmo pode ser dito de seus conhecimentos sobre as outras religiões encontradas na Índia, como o budismo, o jainismo, o sikhismo, as religiões tradicionais, o islamismo etc. Eles eram mais “fazedores” do que “pensadores”. Embora os salesianos tenham ido à Índia para evangelizar através da educação, nenhuma tentativa séria foi feita para estudar os antigos sistemas e métodos educacionais da Índia ou os centros educacionais da antiguidade da Índia e sua contribuição para a civilização mundial. Dificilmente foi feito qualquer esforço para encontrar maneiras de inculturar o sistema preventivo, de maneira sistemática, levando em consideração o pluralismo religioso, social e cultural da Índia. Os salesianos dificilmente fizeram qualquer esforço para aprender sistematicamente as línguas clássicas da Índia, como o sânscrito, o pali, o prácrito e o tâmil, que são ferramentas importantes para interpretar a cultura e a filosofia indianas. Não se encontra grande esforço por parte dos salesianos para estudar a compreensão indígena da vida religiosa, da disciplina ascética e do misticismo, ou para inculturar elementos da cultura indígena em sua oração, meditação e vida litúrgica. Esforços raramente eram feitos para usar arte e arquitetura indianas na construção de igrejas, santuários, capelas ou em pinturas, música e outras formas de arte. Embora os salesianos tivessem todos os estágios da formação inicial na Índia,

Devemos fazer um balanço do fato de que o "grande sucesso" da índia salesiana estava principalmente entre os grupos tribais e os chamados dalits. As comunidades tribais não tinham "religiões organizadas" com textos sagrados escritos e filosofia e teologia sistematizadas no sentido estrito do termo. Os dalits eram em sua maioria pessoas que queriam se libertar do sistema opressivo de castas do hinduísmo e achavam o cristianismo uma religião que lhes oferecia o que procuravam. Pode-se argumentar que esses fatores contribuíram, em grande medida, para o sucesso das obras missionárias, educativas e desenvolvimentistas dos primeiros salesianos da Índia.

Finalmente, devemos lembrar que estamos lidando com um período “pré-Vaticano”, quando conceitos como a inculturação, o diálogo inter-religioso, o ecumenismo, a abertura ao mundo moderno e a convicção de que outras culturas e religiões também têm elementos bons. verdade e nobre não eram muito voga. Isso deve nos ajudar a olhar, com "olhos simpáticos", alguns de seus "erros" e "fracassos", e abster-se de fazer julgamentos absolutos de natureza negativa em relação ao que eles fizeram ou não conseguiram fazer.

Conclusão

Se havia uma qualidade particular que caracterizava os grupos pioneiros de salesianos na Índia, era sua inflexível fidelidade a Dom Bosco e seu ardente desejo de fazer com que seu carisma ficasse firmemente enraizado no país. Para atingir esse objetivo, eles investiram todas as suas energias e recursos para isso. Mas também se deve reconhecer a capacidade da cultura indiana de ser aberta e receptiva a valores positivos encontrados em outras culturas. Essa condição cultural facilitou enormemente a inculturação do carisma salesiano e, quando os salesianos chegaram à Índia, encontraram um solo fértil onde o carisma de Dom Bosco poderia crescer e criar raízes. Portanto, este contexto cultural favorável da Índia deve ser reconhecido como um dos fatores responsáveis ​​pela rápida inculturação do carisma salesiano no país. Mais distante, A Índia herdou um carisma que teve sua origem em um contexto totalmente cristão e se enraizou em um contexto predominantemente não-cristão. A novidade e singularidade da inculturação do carisma salesiano na Índia consiste precisamente nisso, e é uma prova de que o carisma de Dom Bosco é universal e que tem a capacidade de se encarnar em qualquer cultura, desde que os processos e métodos corretos estão empregados.

A IMAGEM DE DOM BOSCO E DE SEU TRABALHO CODIFICADO NO PRIMEIRO CARÁTER DE CONSTRUÇÃO BIOGRÁFICA: "COM O SEU LUGAR"

Stanisław Zimniak, SDB

premissa

Eu me permito começar com uma citação que pode ser interpretada como uma espécie de "provocação" e, ao mesmo tempo, uma indicação epistemológica para a presente investigação. Na atividade de conhecer, o uso de um tipo de linguagem ao invés de outro estabelece uma diferença, e a linguagem que agora consideramos próxima da verdade, isto é, aquela que possui o maior grau de cientificidade, é provavelmente a menos adequada para dizer a verdade. . Vice versa, linguagens fictícias, ou seja, aquelas com o maior grau de arte, são habilitadas em virtude de sua própria natureza, que consiste precisamente em ser o mais falso possível. A relação tradicional entre verdade e ficção é hoje entendida acima de tudo, em termos da oposição recente e paradigmática entre cultura humanista e cultura científica, que herdou, pelo menos em alguns aspectos, os termos da querelle des Anciens et des Modernes.. Uma das perguntas que nos fazemos, quando nos encontramos diante de um estudo, especialmente o literário, é apresentar um caráter histórico: se tudo que foi escrito corresponde à verdade (isso é 100% verdadeiro)? Esta questão está quase que espontaneamente associada a outra: é possível reproduzir uma história completa e universal, isto é, uma que não precise mais de mais pesquisas? Entende-se que os escritos e representações biográficas de Dom Bosco e sua obra não podem ser subtraídos dessas questões.

O status da pesquisa e a opção metodológica

O tema das biografias, das apresentações de Dom Bosco e sua obra, impressas antes de sua morte (1888), até onde sabemos, não era objeto específico da pesquisa histórica. Eles trataram, de maneira bastante genérica, com dois distintos eruditos italianos, ambos salesianos. O primeiro é Pietro Stella que, em sua grande obra Dom Bosco na história da religiosidade católica , reservou um capítulo para as primeiras biografias de Dom Bosco (1881-1888) ; e don Pietro Braido na biografia Dom Bosco sacerdote dos jovens no século das liberdades dedicadas a um capítulo Ressonâncias: perfis e biografias. Uma primeira tentativa de uma justaposição crítica deve-se à estudiosa salesiana Piera Cavaglià, que levou em consideração a biografia escrita por Albert Du Boys.

Aqui é necessário mencionar as duas pesquisas interessantes em relação à evolução da imagem de Dom Bosco na qual chegamos aos nossos tempos. Das Bild Don Boscos em Wandel. Ein Beitrag zur Don-Bosco-Forschung [Imagem de Dom Bosco em mudança. Uma contribuição para a pesquisa sobre Dom Bosco]: uma pesquisa realizada pelo estudioso salesiano Jacques Schepens. O autor da outra historiografia da historiografia de Dom Boscoé o historiador salesiano Francesco Motto. Esses dois pesquisadores, sem pretender apresentar um estudo historiográfico exaustivo, oferecem um olhar aprofundado e crítico sobre esse tema, chegando quase ao presente e, além disso, procuram esclarecer os fatores culturais, sociais e religiosos que perpassam a evolução do fenômeno. imagem de Dom Bosco e, por fim, propor novas abordagens epistemológicas para a realização da pesquisa.

Para a delimitação periódica, decidiu-se não ir além da morte de nosso protagonista. A escolha entre as primeiras biografias sobre Dom Bosco ou as apresentações de sua obra foi ditada por quatro fatores principais. A primeira: quisemos excluir da discussão atual as obras nascidas no ambiente salesiano. O segundo: que possivelmente os autores fossem sacerdotes seculares ou seculares. O terceiro: que eles eram populares no público. Então, três escritores foram selecionados: Antonio Belasio, sacerdote da diocese de Vigevano; dois leigos: Charles D'Espiney, médico francês de Nice e Albert Du Boys, também estudioso francês. O último fator de relevância é o fato de que esses escritos foram "vistos" pelo biógrafo ou tiveram a sorte de ser considerados valiosos por ele mesmo.

 

1. O folheto "Não temos medo ..." por Mons. Antonio Belasio (1813-1888)

1.1. Afinidade, empatia ideal

O teólogo Antonio Maria Belasio nasceu em Sartirana, província de Pavia, em 1813 e morreu em Piacenza em 1888. Ele pertencia ao clero da diocese de Vigevano (Piemonte) e foi durante vários anos diretor espiritual no seminário. Tornou-se conhecido como escritor de numerosas obras que tiveram como tema temas relacionados ao ensino cristão que exigiam uma comparação com as novas conquistas científicas da época, expostas com uma linguagem popular, amável e atraente para nutrir, iluminar e aproximar a doutrina católica, acima de tudo, as classes populares da sociedade em rápido processo de industrialização e urbanização e, sobretudo, em um forte curso de secularização, entrando à sua maneira o debate cultural da época. Beloio também se tornou conhecido no Piemonte como "um famoso missionário apostólico". Não conseguimos especificar as circunstâncias em que nasceu o conhecimento do Fundador dos Salesianos, que se tornou cada vez mais intenso ao longo dos anos. Aproximadamente podemos dizer que remonta aos anos cinquenta. Ele provou ser um grande defensor do apostolado salesiano: ele pode ser contado entre os amigos de Dom Bosco. Em 1858, ele ditou os exercícios espirituais no Oratório de S. Francesco di Sales.

Ambos tinham uma grande preocupação com a questão da reforma escolar, ou seja, que os programas escolares em estado de evolução, sob a influência do secularismo, não foram privados de referências concretas aos valores cristãos, em sua opinião, indispensáveis ​​para o crescimento correto e saudável. humanos da nova geração de jovens, despreparados demais para poderem se orientar no mar leigo agitado por idéias sobre escola e educação. Dom Bosco expressou essa comunhão em sua carta de 6 de novembro de 1873 em que expressou sua satisfação por ocasião da publicação feita pela biblioteca salesiana de um novo livreto de Mons. Escola Belasio Della Real para reacender a sociedade . Aqui estão as nossas afirmações: Li e ponderei a sua importantíssima opereta intitulada:Da escola real para unir a sociedade . Encontrei tudo o que me agradou, a atraente exposição que se apaixona pelo sujeito, os nobres conceitos, as grandes visões, a riqueza da erudição que o torna seguro; e ainda mais que o senso prático prático conciliatório em uma questão tão vital, mostra com maravilhosa facilidade em algumas páginas como uma das mais importantes reformas exigidas pelo estado da sociedade atual pode ser traduzida em ação .

1.2. O volume: gênero literário, propósito e plano de fundo ideal

O volume de Antonio Belasio Não temos medo! Temos o milagre do apostolado católico do século XVIII e suas esperanças cada vez mais novas e mais belas foram publicadas pelas famosas "Leituras Católicas" no outono de 1879. As "Leituras Católicas", que saíram em um ritmo mensal, foram imediatamente percebidas. e apreciado como uma imprensa católica para as massas populares. Do título, é difícil deduzir que no volume teria sido Dom Bosco e, sobretudo, de sua congregação. O autor, podemos supor para agradar a Dom Bosco, quis dedicar uma cópia de nobres conhecidos benfeitores do apostolado salesiano. E estes são os "Ill.mi e Ven.mi Srs. Marchese Scarampi Lodovico de Pruney e Marchesa Maria Fassati nascidos De-Maistre.

Notamos um detalhe de alguma importância. Antes de sua publicação em outubro de 1879, Mons. Beloio fez um discurso durante a novena em preparação para a festa de Maria Auxiliadora em Valdocco (Turim), na qual apresentou a Ópera Salesiana. Ele o fez exatamente em 22 de maio de 1879 na igreja de Maria Auxiliadora, repleta de fiéis. Este texto não pode ser encontrado no arquivo. Uma peça é encontrada no "Boletim Salesiano" e no volume Don Bosco de C. Despiney. Para o nosso tema este fato tem um significado, porque nos permite supor que Dom Bosco gostou deste discurso, que mais tarde decidiu imprimir nas "Leituras Católicas" do mês de outubro.

O livreto tem 118 páginas, incluindo a dedicação e o índice) e está organizado em quinze capítulos. Os seis primeiros capítulos são dedicados a uma exposição geral, como se fosse uma espécie de introdução ao tema principal, a saber, a Congregação Salesiana à qual se reservam nove capítulos. Quanto ao estilo literário, é uma exposição, uma narração. O estilo de narração é tal que envolve o leitor e desperta interesse e, acima de tudo, simpatia por essa "nova congregação religiosa" da Igreja Católica. Ela assume um pouco e conscientemente o caráter apologético em relação à cultura moderna, que rejeitou o extraordinário e a fala do milagre. Não encontramos referências às fontes (artigos, livros) para os quais não há nota bibliográfica (exceto três notas de rodapé de natureza publicitária). Esses dados são explicados pelo fato de que as "Leituras Católicas" não pretendiam ter o caráter científico, pois eram voltadas para a linha de frente das massas populares e da classe média, sem no entanto excluir os estudiosos. Para um leitor instruído, a autoridade do escritor tinha que bastar. O texto carece das indicações dos dados: não existe uma, nem mesmo a data da fundação da Congregação Salesiana. Portanto, a leitura não é pesada. nem mesmo a data da fundação da Congregação Salesiana. Portanto, a leitura não é pesada. nem mesmo a data da fundação da Congregação Salesiana. Portanto, a leitura não é pesada.

O objetivo da publicação é a apresentação não tanto da pessoa do Fundador dos Salesianos, mas de uma narrativa sobre a Congregação Salesiana por ele fundada. De fato, para Dom Bosco dedicou apenas seis páginas (61-66) e para sua sociedade religiosa cinquenta e duas páginas (59-61; 67-115). Através desta apresentação, o autor quis demonstrar a continuidade do "milagre cristão": "Eis um e tão grande milagre que continua por mil e oitocentos anos para nós !" O nascimento dos salesianos é uma prova nova, clara e esmagadora:Este é o milagre do apostolado católico que ainda palpita de atualidade nos faz jubilar com as mais caras esperanças: e deixaremos (sic) julgar por todos, se não é um grande milagre que sempre continua, sem medo de ser negado. Neste caso para Belasio o milagre foi entendido como obras concretas de caridade. Na brochura, de fato, ele não fez menção a milagres, como a cura da doença ou outros fatos inexplicáveis ​​inerentes à vida de Dom Bosco. Ele não mostrou interesse neste tipo tradicional de milagre aqui. O único milagre que foi citado é o da ressurreição de Jesus Cristo, que constitui o único fundamento, a razão e a fonte inesgotável de todo o apostolado da caridade, portador de obras concretas que fizeram progredir a humanidade e assegurá-las. um desenvolvimento ininterrupto até o fim do universo. Jesus Cristo ressuscitou - ele escreveu -ele estava no Monte das Oliveiras e deu aos apóstolos a ordem de pregar ao mundo inteiro. E esta também é precisamente uma bela e grande prova de sua ressurreição, a visão de que a ordem que ele deu então, continua a ser realizada sem interrupção com o sacrifício de mil vidas até os dias atuais . Portanto, o Jesus ressuscitado, o milagre por excelência, não está apenas vivo, mas está incessantemente em ação para a libertação e progresso da humanidade de todos os tempos por meio de sua Igreja, dentro da qual novas formas de diligência cristã, tais como por exemplo, ordens, congregações religiosas, etc. ... E o Cristo Ressuscitado nunca parou de enviar seus apóstolos desde que começou após sua ressurreição.Ele: vai, para o mundo inteiro educar e batizar todas as criaturas ... Aqui estou com você até o fim dos tempos. Bem, desde aqui começa a mais bela história dos maiores benefícios feitos à humanidade com os sacrifícios de um heroísmo que nunca falha, sempre animado pelo sacrifício de Jesus em nosso meio: então vamos julgar agora, se este não é o grande milagre em permanência em todos os testes. Nessa estrutura cristológica, a obra de Dom Bosco foi colocada e tudo o que seus salesianos fizeram em favor do desconfortável mundo juvenil. O Cristo Ressuscitado é o único motivo que explica a ação inusitada e dinâmica da Congregação Salesiana e, ao mesmo tempo, os salesianos atestam, através das obras cada vez mais numerosas da caridade, este "milagre irrepetível" que é o Jesus ressuscitado. Assim, suas obras donboschianas testemunham o Cristo vivo e atuante.

Para o escritor Beloio a crise moderna, que estava afetando toda a humanidade, deveu-se à atual política democrática, entendida por ele como o desejo do sistema democrático de governo entre os povos, visando acabar com o ancien régime (regime antigo). . Entre um passado que agora tudo desmoronou e um futuro que não pode ser formado de uma só vez, mas que quer ser formado de todo, um poder que nunca se mostrou tão enérgico, democracia, que invade tudo, tudo quebra que os domina, e mostra que eles querem dominar toda a humanidade . Diante desta crise da sociedade, a Igreja não deve ter medo:Que nunca se esqueça que Jesus é a Palavra de Deus, Senhor do universo, que mantém acorrentado aos pés do seu trono as tempestades, e que é dele que se dá força a toda criatura . E para dar uma resposta adequada ao povo em ascensão, que visa construir um sistema político democrático, também precisamos de uma resposta semelhante por parte da Igreja de Cristo, isto é, uma nova congregação religiosa de estilo democrático no sentido de capacidade de estabelecer um estilo de vida que entra em contato positivo e construtivo com essa opção política entre as populações. Agora, portanto, a democracia prevalece; e para moderar os excessos nos quais ele transmite em seu vigor crescente, e reduzi-lo ao serviço de nosso Senhor Deus, uma congregação democrata é necessária. É uma congregação religiosa que conscientemente toma as aspirações de todas as pessoas como próprias.Queremos, portanto, dirigi-lo ao seu objetivo uma congregação que populariza com ele, ele vai em todos os cursos de preservação com ele, que com ele ele faz causa comum, ajudando-o a alcançar honestamente todas as vantagens que a civilização apresenta em andamento. Deixe esta congregação, que foi formada para fazê-lo gozar dos ganhos, do trabalho e do trabalho: para que as pessoas o vejam como uma sociedade de amigos generosos que sacrificam tudo por si mesmos; diremos que queremos uma Congregação que, incorporando-se ao povo, assimile-se em uma vida e derrame em seu grande corpo em todas as veias, por assim dizer, de seu sangue apostólico em seu sangue que ferve para dar existência a uma sociedade, que Queremos nos regenerar para uma forma de vida nova: que, se é vida, é uma coisa de Deus e devemos santificá-la para Deus..   

2. "Dom Bosco" ao sacerdote do Dottore Charles D'Espiney (1824-1891)

2.1. "Perigo incomodado" da edição italiana somente em 1890

Segundo o historiador Pietro Stella, a primeira biografia bem-sucedida pode ser considerada a intitulada Dom Bosco, de Charles d'Espiney, publicada pela primeira vez em Nice, em 1881 . Uma opinião semelhante é escrita pelo erudito Francesco Motto: Nos anos 1875-1880, vários livretos aclamados foram publicados em Pádua, Marselha e Roma. Mas o primeiro biógrafo real de Dom Bosco foi o médico de Nice Charles D'Espiney, que pretendia "sobretudo destacar a prodigiosa intervenção da Madona Auxiliadora". O pequeno volume, escrito em forma anedótica, tinha uma ressonância excepcional: traduzido para muitas línguas, espalhou-se por toda a Europa e América Latina.. Outro renomado estudioso Jacques Schepens o define como o mais velho da "Biografias entusiastas" (biografias entusiasmadas).

D'Espiney, antes de publicar seu trabalho, enviou o manuscrito para Turim, onde foi lido e notou-se que ele era mais preciso, isto é, da Estrela que se esperava que fosse uma reformulação do trabalho . Uma idéia mais pertinente para a avaliação deste trabalho de Dom Bosco pode ser deduzida da resposta que ele teve de dar ao conde Francesco Viancino di Viancino (1821-1904), que protestou dizendo que ele foi mencionado com uma abreviação em um dos capítulos ( La Providence est une bonne caissière ). Dom Bosco respondeu ao conde, com a carta de 18 de dezembro de 1881, nestes termos:O Sr. Doutor d'Espiney é um bom católico, mas ele tem em seu livro o propósito de contar os grandes atrás de Dom Bosco. Portanto, não se surpreenda se encontrar imprecisões e até erros no visor. No entanto, em janeiro próximo eu vou ver este Senhor em Nice e não vou deixar de remover ou, pelo menos, corrigir algumas grandes fanfeathers em seu livro. Notamos que é significativo que Dom Bosco não tenha gostado da inserção do episódio sobre a juventude ressuscitada (Carlo). Isso e mais apontou para D'Espiney durante o encontro que teve lugar em Nice em março de 1882. Tanto é assim que a história com o ressuscitado menino Carlo foi removida da edição que apareceu em 1883. No entanto d'Espiney não se mostrou inicialmente. dobrável às indicações dos salesianos, inclusive de seu Fundador, e eis uma das explicações: porque sua obra não teve uma acolhida imediata no mundo salesiano oficial italiano. O fato é que em Turim ele não prosseguiu imediatamente com sua tradução para o italiano; em vez disso, foi escrito de forma diferente com a escrita de outro francês Alberto Du Boys, impresso em 1883 em Paris e no ano seguinte por iniciativa da Sociedade Salesiana impressa em italiano. E o periódico italiano "Bollettino Salesiano" reservou uma publicidade cativante para a biografia de Du Boys, o que não aconteceu no caso do trabalho de d'Espiney.

No entanto, a biografia de 1881, incluindo as primeiras edições, teve o mérito, segundo Stella, de nutrir a atmosfera de simpatia e veneração que cercou Dom Bosco na França, especialmente em 1883 . Uma coisa a mencionar aqui e que desperta uma certa admiração é que já em 1883, em Leipzig (Alemanha), surgiu a versão alemã, que foi reimpressa em 1886 em Münster (Alemanha).

Sua entrada no mundo salesiano de língua italiana teve sua décima edição, publicada em 1888: foi profundamente revisada e também recebeu a aprovação dos salesianos. A primeira versão italiana do décimo primeiro francês apareceu em 1890 em Gênova. Na página do título, lemos: " Dom Bosco para o doutor Carlo Despiney Cav. de São Gregório Magno. Primeira versão italiana da décima primeira edição francesa. Recentemente revisado e consideravelmente expandido. Honrosa obra de uma carta de Dom Balaïn Bispo de Nice e adornada com um retrato autêntico e um autógrafo de Dom Bosco. Louvado seja Maria. Ajuda! S. Pier D'Arena. Tipografia S. Vincenzo De'Paoli 1890 ”. E esta primeira edição italiana é examinada aqui.

Para uma compressão dessa obra literária, parece-nos importante ter em mente o fato de que o autor, antes de compor, conhecera Dom Bosco e seu trabalho apostólico há algum tempo. Isto foi muito provavelmente após a abertura da casa salesiana em Nice. O "Boletim Salesiano" informou que os salesianos recorreram a ele, já no ano de 1879, para ter um certificado oficial sobre as curas que ocorreram por intercessão de Maria Auxiliadora. Também aprendemos com o periódico salesiano na versão francesa que o doutor de Espiney foi mais de uma vez encarregado da saúde do Fundador dos Salesianos.

2.2. Estrutura, gênero literário, fontes e objetivos

O volume é composto de duas partes grandes. O primeiro é intitulado "Dom Bosco" e tem cento e vinte e duas páginas (pp. 1-122). O segundo, o mais substancial, traz o título "Maria SS. Ajuda de cristãos e Dom Bosco "que ocupa cento e oitenta e sete páginas (pp. 125-312). Ele conclui um "apêndice" com treze páginas (pp. 315-327). A parte introdutória tem nove páginas (V-XIV).

No que diz respeito ao gênero literário, há a perplexidade de compartilhar a opinião dos três acadêmicos supracitados (Stella, Motto e Schepens) que definem este trabalho como uma biografia. Talvez a primeira parte "Dom Bosco", em um sentido amplo, assuma as características de um roteiro biográfico. Isso não pode ser dito da segunda parte, por uma simples razão que apresenta uma coleção de episódios e histórias que seguem uma composição cronológica bastante estranha (uma, duas, às vezes mais histórias por um ano). Esses episódios e histórias são em si fechados e completos. Para esta segunda parte, podemos atribuir um gênero hagiográfico ao fato de que essas histórias são fortemente imbuídas da dimensão sobrenatural. E não é apenas uma questão da presença ativa da Mãe de Jesus, Maria SS. Auxiliadora, mas de outros fatos que excedem a capacidade humana de explicação: eventos cercados pelo arcano. Até certo ponto, podemos atribuir a este livro o estilo apologético que visa fornecer uma resposta empírica ao ceticismo popularizante, à incredulidade: aqui "aqui estava a mão de Deus" e aqui está "o homem de Deus". Hoje esta escrita pode ser definida como uma espécie de romance histórico, ou seja, sua "substância" é baseada no que aconteceu e o resto constitui uma interpretação livre, usando uma linguagem literária cativante; o autor provavelmente não queria tornar a leitura pesada nem com as citações de datas e lugares ou com os nomes dos personagens envolvidos, etc. Portanto, a ficção literária não está isenta de um fundamento real que a ciência histórica não seria capaz de confirmar. existência,

No livro não encontramos nenhuma referência bibliográfica sobre o assunto apresentado ou uma referência bibliográfica sobre o contexto histórico europeu da época. Um ato amplamente justificado pelo gênero literário escolhido, e o objetivo de alcançar as classes emergentes da sociedade, ou seja, os camponeses, os trabalhadores, bem como os estudiosos que não precisavam de um aparato científico. No entanto, o autor confessou em seu trabalho, embora não no início (na introdução), que para o desenho se baseou na obra do salesiano Don Giovanni Bonetti (1838-1891), publicada em parcelas no periódico "Boletim Salesiano" de janeiro 1879 e em diante.

É importante ter em mente, na leitura deste livro, que D'Espiney Don Bosco não é apenas um personagem fascinante para o que ele fez, é a grande difusão mundial das congregações religiosas por ele fundadas, mas a própria pessoa que parece ser Envolto em um misterioso contato com Deus, este dado também explica o fato, porque deu uma forte marca ao "extraordinário e ao sobrenatural" na vida de Dom Bosco. Parece-nos que o testemunho de padre Giuseppe Cafasso, que o escritor relata na introdução, constitui uma espécie de interpretação. É um testemunho de alta credibilidade, porque é formulado pelo guia espiritual e confessor de nosso protagonista. Don Cafasso, à pergunta extremamente delicada: conhece bem quem é Dom Bosco??, ele respondeu: Para mim, quanto mais eu estudo, menos eu entendo: eu vejo isso simples e extraordinário; humilde e grande; pobre e ocupado por vastos desenhos, aparentemente projetos não viáveis; e ainda assim sempre atravessado em seus projetos e incapaz de fazer seus empreendimentos terem sucesso. Para mim, Dom Bosco é um mistério. Se eu não estivesse certo de que ele trabalha para a glória de Deus, que somente Deus o guia, que somente Deus é o objetivo de todos os seus esforços, eu diria que ele é um homem perigoso mais pelo que mostra, do que pelo que ele manifesta. Repito: Dom Bosco é um mistério para mim .

Podemos admitir que, com esse esforço literário, D'Espiney quis dizer a todos os leitores possíveis que Dom Bosco não era "um mistério" apenas para padre Cafasso, ele permaneceu assim para ele. A palavra "mistério" expressa uma intimidade indescritível com Deus, graças à qual Dom Bosco se encarnou e se fez ativo e efetivou a presença divina em meio às vicissitudes deste mundo.

Outro propósito deste livro é a intenção de entrar no debate cultural da época marcado pela onda de descrença e pela recusa em reconhecer os eventos aos quais queremos atribuir o caráter sobrenatural e portentoso. Aqui foi apresentado um personagem de origem social muito humilde, que através de seu estilo de vida e trabalhos monumentais constituiu uma prova comovente e empírica da existência de Deus, e expressou nos seguintes termos:Depois de cinquenta anos de uma vida muito laboriosa, como aquela em que Deus é o centro, Dom Bosco alcançou a terra da beatitude. Mesmo durante sua vida, seu nome se espalhou pelos dois mundos. Para dar pasto à piedade de um século, ao qual até se diz quase não acreditar mais no maravilhoso, era necessário delinear essa existência abençoada, cuja deformação é inteiramente sobrenatural . Neste sentido, a crônica do encontro entre Dom Bosco e Victor Hugo (1802-1885), ocorrida em 1883 em Paris, é emblemática.

Sua aceitação por alguns círculos culturais católicos, incluindo o mundo salesiano em expansão, permanece surpreendente. O estudioso Braido observou: O livro, biográfico e comemorativo, popular e inclinado a lenda e numinoso, traduzido para o italiano, holandês, inglês, alemão, espanhol, polonês, boêmio, húngaro, árabe, constituiu um extraordinário instrumento de conhecimento em vastas áreas. Europeu, e não só, de Dom Bosco, assistente social e educador de jovens pobres e abandonados, até marginal. Essa popularidade pode ser justificada pela mentalidade religiosa da época que, afinal, não mostrou grande interesse em aprofundar a doutrina e deixou-se levar pelas personalidades que transcenderam a dimensão horizontal ao dar uma resposta ao sentido de viver e trabalhar.

3. "Dom Bosco e a piedosa sociedade salesiana" de Alberto Du Boys (1804-1889)

3.1. Uma "biografia" que torna conhecido o sistema educacional e o espírito salesiano

. Quando Don Giovanni Branda, enquanto ele estava na Espanha para sondar a abertura do novo salesiano, informou Dom Bosco, que deu aos interessados conhecer a missão salesiana, o livro Ch D'Espiney, ele teria dito: Essa coisa é melhor dar Dubois ( sic ) [...] torna nosso sistema conhecido e adivinhou o espírito de nossa empresa . [...]. O Dubois ( sic ) deve ser feito cada vez mais difundido, vendê-lo, entregá-lo, se for necessário porque nos faz conhecer em nosso verdadeiro aspecto". Essa apreciação explica por que o livro "Dom Bosco e a Pia Sociedade Salesiana de Alberto Du Boys", publicado em francês em 1883 em Paris, foi imediatamente traduzido para o italiano e impresso em 1884 pela tipografia e livraria salesiana de S. Benigno Canavese. Além disso, o periódico "Bollettino Salesiano" reproduziu imediatamente uma excelente resenha, publicada na revista "Eco di S. Giuseppe", para que fosse promovida e divulgada ao público. Na opinião do historiador F. Motto: O autor celebrou Dom Bosco como um brilhante poeta da caridade, pessoa que soube intuir as necessidades dos tempos e dar-lhes uma resposta adequada .

Duques, seguindo o conhecimento direto da pessoa de Dom Bosco e do que ele fez no campo educacional e escolástico em favor do mundo da juventude, não hesitou em defini-lo: ele próprio parece ser uma enciclopédia pedagógica personificada . Na minha opinião, é uma das mais intuídas descrições de Dom Bosco como educador, guia e apóstolo da juventude.

Os termos com que Du Boys descreve alguns aspectos do sistema educacional salesiano são fruto de sua visita pessoal a várias casas salesianas do Piemonte, especialmente a permanência em Valdocco. Ele relatou a resposta que um nobre piemontês recebeu em Valdocco, que foi atingido pela ordem que encontrou lá e que, em sua opinião, foi o fruto do recurso a "uma disciplina rígida". A este nobre foi respondido:Não senhor; guia respondido. Algo maravilhoso, incrível, mas é verdade. O governo que esse povo pequeno obedece é um governo de suave doçura. Eu diria pouco dizendo que as punições são raras; Devo dizer que as punições reais não são infligidas. A lei aqui é observada sem qualquer outra penalidade que a da consciência. Todos a aceitaram, todos a observam, precisamente porque Dom Bosco tem como princípio encorajar a todos, não humilhar ninguém; para sempre levantar, nunca para conquistar. Enquanto os revolucionários mais ardentes escrevem volumes e promulgam leis inobserváveis ​​para obter progresso, o que na maioria das vezes é uma utopia quimérica, aqui está um padre humilde que resolveu o grande problema pedagógico sem muito alarde; fazer com que os alunos observem de bom grado a regra sem impor isso ao medo da punição. Em suas escolas, castigos corporais não são usados, nem recreação isolada, nem a câmara escura. O remédio final é a expulsão; mas quando Dom Bosco se apega a esse extremo, ele une essas admoestações de que o homem infeliz não se reduz ao desespero, mas percebe que a porta está aberta para ele voltar. Deve-se confessar, no entanto, que nas escolas do Oratório há uma punição mais temida pelos estudantes do que as punições mais severas, e é um sinal de mal-estar dado por Dom Bosco..

Com outra exposição, Du Boys evindenia, os elementos mais importantes do método educacional, desenvolvido por Dom Bosco. E ouvimos que, ao fundo, estamos polemizando com aqueles que duvidam do sucesso real desse sistema educacional. As maravilhas foram feitas que todo um método de doçura e amor, sempre usado nos diferentes graus de educação, pode produzir personagens de caráter tão forte. Isto é explicado: A alma, não sendo comprimida, adquire todo o seu vigor e atinge todo o seu desenvolvimento moral. Segundo Dom Bosco , a sabedoria é a arte de dirigir a vontade . [...]. Este método é baseado em uma filosofia muito sólida; julgar o leitor. Incorpora desenvolver regularmente todas as atitudes de uma criança semelhantes a obter dele sem forçar sua inteligência, toda a soma de atividades das quais é capaz. Aplica-se então especialmente para formar a vontade, ensinando-a a dominar-se e a ir sempre de acordo com a razão, em vez de deixar-se surpreender por uma primeira impressão e puxar por sua própria inclinação ... [...]; e todo o seu método consiste em obter um equilíbrio perfeito para a alma. Nada é mais contrário ao Iluminismo do que este peso e essa medida que você exige na condução da vida; nada em oposição a um ascetismo fantástico exige de cada indivíduo a maior quantidade possível de atividade intelectual e moral. Dom Bosco, que reconhece como professor na teologia o Anjo das escolas de Santo Tomás de Aquino, admite com ele que é necessário elevar a natureza acima de si, mas não destruí-la .

3.3. Estrutura, gênero literário, fontes

O livro, que tem duzentos e cinquenta e seis páginas, está organizado em três partes, precedidas por uma nota de tradutor e prefácio do autor (pp. V-VIII). A primeira parte (pp. 1-123) é intitulada Os Institutos de Dom Bosco na Europa ; a segunda parte leva o título Missions of South America (pp. 124-209); a terceira parte é sem subtítulo (pp. 210-229); conclui um apêndice (pp. 230-252) e o índice (253-256). Cada parte é dividida em capítulos.

No "Boletim Salesiano" foi indicada a fonte bibliográfica de importância, bem como a metodologia aplicada para a coleta de outros dados para a composição do livro. Um antigo magistrado francês, conhecido na república literária por muitos livros, os célebres duques, maravilhados com as grandes obras que ouviu de Dom Bosco em Paris, leu cuidadosamente no Boletim Salesiano a narração das principais coisas, que dizem respeito ao estabelecimento dos salesianos. Então, no pensamento de escrever para seus compatriotas em torno dessas mesmas obras, ele veio especificamente para a Itália. Ele visitou os principais Institutos Salesianos, conversou com os diretores das casas, com amigos e colecionando o que pôde sobre a vida e obra de Dom Bosco, retornou à França e começou a escrever o livro intitulado Dom Bosco e Pia. Sociedade Salesiana, cuja tradução foi feita para que este grande Pai da juventude e dos pobres fosse conhecido .

Deve-se notar que, ao contrário dos escritos de Ch. D'Espiney e Mons. Antonio Belasio, o texto dos Du Boys é acompanhado de algumas notas de rodapé em que é citada a fonte de onde a notícia foi obtida ou onde se pode encontrar mais informações sobre o fato descrito. Uma das fontes mais citadas já é considerada o "Boletim Salesiano". Depois segue o periódico "Harmony". A título de exemplo, escrevemos que na página 86 (a segunda nota de rodapé da página) é citada: Cesare Chiala, De Turim à República Argentina, publicada em Turim em 1876, na tipografia salesiana. Na página 90 (a primeira nota de rodapé da página) o pequeno volume Cenno biografico no jovem Magone Michele é citadoe é a terceira edição de 1880. Em favor da seriedade de Du Boys fala também a informação concernente ao conhecimento do volume por trabalhos religiosos e sociais de Carlo Conestabile na Itália , publicado em Pádua em 1878, em que o trabalho de Dom Bosco, porém, que não sabia ler o original e confessou. Quando ele fala da primeira tentativa de colonização, ele citou o livro de Émile Honoré Daireaux , Buénos-Ayres, Pampas e Patagônia . Paris, Hachette, 1881. Também são mencionadas as deliberações do segundo capítulo geral da piedosa Sociedade Salesiana realizada em Lanzo Torinese em setembro de 1880 . Quando fala de educação em relação ao sistema preventivo praticado por Dom Bosco, refere-se ao livroBiografia do jovem Louis Colle de la Farlede , cap. v. Turim, 1882

3.4. Objetivo do trabalho apostólico e educativo de Dom Bosco

Com estas palavras, ele descreve o destinatário da ação formativa de Dom Bosco e seus discípulos. Dom Bosco terá sempre o seu ponto de partida, a educação dos pobres e, acima de tudo, dos pobres abandonados, destinados a tudo o mais. Neste sentido, os salesianos continuarão suas maravilhosas tradições. À medida que nossos inimigos aumentam os esforços para arrancar os filhos das classes populares da religião e da Igreja, precisamos dobrar o nosso para atrair essa nova geração .

Du Boys coloca a Congregação Salesiana e o Instituto das Filhas de Maria Auxiliadora na luta cada vez mais implacável entre o materialismo e a fé. Há muita conversa sobre a luta pela existência na ordem material. Mas há também uma luta pela vida moral que não é menos feroz. Queremos arrancar do nosso país tudo o que sabe sobre a fé religiosa .

O século XIX precisava desse tipo de novas congregações religiosas que tomariam medidas concretas para estabelecer obras de caridade. Portanto Du Duques explica-nos nestes termos: porque, neste momento, o que estava fazendo mais do que comércios e que era mais urgente era criar comunidades religiosas que pudessem se consagrar para o bem da humanidade e fazer serviços visíveis e palpáveis ​​à sociedade humana. .

Uma nota significativa e conclusiva adivinha claramente o propósito dos salesianos: seja o que for, a difusão da educação na classe operária e o progresso nas ciências morais e físicas através de seus sacerdotes parecem ser o uniforme da piedosa sociedade e um de seus principais razões para ser .

conclusão

Esta justaposição aos três livros de três autores diferentes por origem e cultura constitui uma primeira tentativa que é considerada como uma espécie de convite para a realização de pesquisas especializadas em cada trabalho e no respectivo autor. Uma das razões importantes parece ser esta: estamos lidando com uma imagem de Dom Bosco e seu trabalho explicitamente aprovado por ele, além da perplexidade inicial sobre o trabalho de D'Espiney.

Todos os três autores: Antonio Maria Belasio, Charles d'Espiney e Albert Du Boys tiveram a sorte de conhecer Dom Bosco durante uma visita de cortesia, mas depois de conhecê-lo por um longo tempo, experimentar e observar pessoalmente o desenvolvimento de seus empreendimentos apostólicos e formativos, instituídos para o bem da juventude "abandonada e pobre", que está sujeita ao risco de não poder amadurecer humana e cristãmente.

Há um fato a não ser subestimado: que todos esses três escritores eram personagens contemporâneos de Dom Bosco, capazes de compartilhar plenamente com ele as mais variadas transformações daquele turbulento século XIX. De modo especial, eles estavam fortemente interessados ​​em dar uma resposta convincente (que só fluiria da fé em Jesus ressuscitado) para o mundo cada vez mais secularizado e no perigo real de ceder à nova visão ateísta do futuro. Esta situação foi o resultado de um rápido progresso científico e novas idéias filosóficas, políticas que encontraram aplicações práticas no campo social. Na verdade, até agora o ateísmo não estava presente apenas nos círculos de alta cultura, mas tornou-se uma força inspiradora e operacional para as classes mais baixas, uma vez pertencendo ao terceiro estado (regime antigo - regime antico).

Para todos os três autores, Dom Bosco apareceu um "exército poderoso e oportuno" para os novos tempos e, além disso, inteiramente motivado pela fé em Jesus ressuscitado, início e plenitude da verdadeira vida. O acesso a essa fé em Jesus Cristo tinha que ser assegurado aos jovens, especialmente às classes mais baixas. Ele ficou impressionado e fascinado por sua origem muito humilde e sua falta de qualquer meio econômico no momento da partida, bem como o desenvolvimento contínuo das obras formativas sempre precisando de apoio econômico (mas nunca procurou por si mesmo!). Sua capacidade operativa, bem como sua determinação de levar a missão salesiana pelo mundo, suscitaram-lhes um espanto irresistível, já que não podia ser explicado a não ser por uma imersão muito especial em Deus, para a qual todos os três o definiram. homem de Deus ”.

É difícil classificar esses três trabalhos como biografias, mesmo levando em conta o período em que foram publicados. Seu gênero literário parece ser colocado entre uma narrativa, às vezes de natureza biográfica, conscientemente imbuída de um estilo apologético e, às vezes, hagiográfica (especialmente o livro de D'Espiney). Seus produtos literários podem ser classificados como uma espécie de "testemunho" sui generis. Todos os três, ainda que em graus diferentes, têm como ponto de partida os fatos, os dados históricos; mas sem preocupação com a exatidão, muito menos com uma indicação bibliográfica, e menos ainda com o arquivístico ao qual eles desenhavam. O que chama a atenção nesses trabalhos é o fato de a referência ao contexto cultural, social, político e religioso estar ausente: se houver, é extremamente genérica. Naturalmente não encontramos uma imagem historiográfica que nos ajude na leitura. Parece que essas lacunas podem ser justificadas pela escolha dos destinatários e do gênero literário: uma literatura que teve de atrair, convencer e acima de tudo estimular a ocupação como Dom Giovanni Bosco fez: Abraão moderno (para Du Boys) e convencer Moisés ( para d'Espiney) dos novos tempos.

Obviamente, esses autores demonstram a mentalidade tradicional católica do século XIX italiano e francês, mas isso não deve ser menosprezado no estudo do conhecimento de Dom Bosco. Sua imagem tem valor não apenas para o estudo das mentalidades religiosas do mundo católico, mas pode ter algumas para um leitor contemporâneo; desde que seja comparada com o que pesquisas recentes em ciências históricas nos oferecem, como as de Pietro Stella, Francis Desramaut, Pietro Braido e Artur Lenthi, e comparadas com as publicações críticas das fontes, especialmente a editada por Francesco Motto com a correspondência. . Desta forma, uma imagem antiga irá brilhar e tornar-se interessante.

O nascimento e desenvolvimento da associação dos
ex-alunos das Filhas de Maria Auxiliadora

Paola Cuccioli, fma

Sig.ra Monica Pacella

O desejo de conhecer melhor a associação dos Ex-Alunos de Maria Auxiliadora, hoje ainda muito ativa em todo o mundo, levou-nos a examinar documentos, ensaios e arquivos, na esperança de desvendar parte da gênese. A pesquisa existente é pequena e de tipos diferentes: o estudo de Grazia Loparco , de natureza histórico-científica; o texto popular, caleidoscópio ; alguns textos publicados por ocasião de aniversários salesianos ou nacionais; enquanto alguns aspectos são deduzidos em biografias.

Os arquivos consultados podem ser encontrados nas comunidades das FMA de Turim 27, Nizza Monferrato, Giaveno, Chieri, Novara Immacolata, Vallecrosia, Roma ExA, Roma Casa Generalizia. Eles contêm material variado e inomogêneo: circulares, crônicas, registros, artigos de jornais, revistas; faltando, além dos dois arquivos romanos, documentos mostrando a evolução das escolhas. Os documentos são principalmente descritivos do que aconteceu ou convites para eventos. As relações com outras congregações, instituições ou indivíduos são também derivadas exclusivamente das descrições do realizado.

O contexto histórico em que a Associação nasce e se desenvolve é caracterizado pelos levantes da revolução industrial em que se desenvolvem numerosas associações de mulheres, muitas das quais, não surpreendentemente, são afirmadas nos contextos alemão, francês, inglês e americano, onde mais profundamente é industrialização entrincheirada, com as conseqüentes distorções de modos de vida, de papéis, mas também de colocação social e valores. Na Itália, a revolução industrial surge relativamente tardiamente no final dos anos 1800 e início dos anos 1900, anos em que os problemas estão ligados à unificação de regiões muito diferentes pelo tecido econômico e social e pela dificuldade dos governos que conseguem resolver os problemas do analfabetismo. , pobreza, condições sociais e de saúde difíceis e habitação.

Com a industrialização, a classe trabalhadora ou o proletariado industrial aparece no cenário político e social. Ele cria gradualmente formas de organização social, cujas realizações estão concentradas na melhoria das condições de trabalho e situações de assistência social. A Igreja que apóia o direito dos trabalhadores a um salário justo e o dever dos proprietários a um uso mais social da riqueza também intervém na questão social, engaja-se numa intensa atividade de assistência e favorece o crescimento das associações católicas, em particular em 21 de abril de 1909, a união entre as mulheres católicas da Itália (Udci) foi oficializada durante a audiência pontifícia de Pio X, que indica suas linhas programáticas.

Prodromes do ex-aluno Associação das Filhas de Maria Auxiliadora

No cenário italiano, e na cidade "industrial" de Turim, surgem algumas associações ligadas à Família Salesiana, com o objetivo de cooperar na missão de salvar os jovens, inclusive as associações de ex-alunos salesianos. O primeiro foi o de Valdocco, em 24 de junho de 1870, nascido do sentimento de gratidão de alguns jovens a Dom Bosco, fundado oficialmente em 1908 pelo Pe. Rinaldi, Prefeito Geral da Congregação Salesiana, com um Estatuto especial.

A associação ExA também surge espontaneamente de jovens que vieram de lares salesianos que querem se reencontrar para fortalecer os laços, expressar sua gratidão aos educadores e permanecer bons cristãos e honestos cidadãos . Por essa razão, a origem remota não tem data específica, mas episódios espontâneos individuais.

Ir. F. Fauda, ​​diretor da comunidade das FMA em Nizza M., ex-diretor da escola normal e do internato adjacente, mantém contatos com os ExAs do Instituto e compreende a utilidade de estabelecer uma associação entre eles e propõe aos superiores do conselho geral, residindo ali. Objetivo: manter viva a memória do Colégio e garantir os benefícios da educação recebida ; ambição: difundir esta iniciativa para todas as casas do Instituto . Os superiores consideram apropriado envolver o P. Filippo Rinaldi, Prefeito Geral da Pia Sociedade Salesiana, diretor do Oratório das FMA de Turim . O personagem local teria favorecido a freqüência, enquanto uma única União, tendo um centro em nossa casa em Turim, teria contribuído para a unidade. Os sindicatos de Nice e Turim permanecerão por muito tempo o farol ao qual se inspirar e pedir apoio.

O início oficial é 8 de março de 1908: depois de uma conferência do padre Rev. Don RINALDI às Filhas de Maria , para apresentar algumas novidades no Oratório, foi proposta a Associação dos Antigos Alunos do Oratório.. A associação expande-se rapidamente com entusiasmo e envolvimento de numerosas jovens mulheres. Os inícios, no entanto, apresentam dificuldades mesmo em lugares onde posteriormente haverá um florescente desenvolvimento, e os motivos são os mais diversos: a dificuldade de reunir os jovens; a presença de outras associações, mal-entendidos com padres e / ou religiosos presentes na área; regulamentos internos; problemas contingentes no local; ausência de instalações adequadas; indiferença religiosa; motivos comerciais, políticos ou de emigração; a mobilidade dos jovens; a disparidade de classe e estado; a morte do diretor da comunidade; nos internatos / mobilidade dos jovens ou os obstáculos colocados pela empresa. A abertura será dificultada, se não impossível, nas casas recém-construídas ou naquelas em que haja medo da cessação do trabalho ou onde não haja instalações educacionais, ou em locais específicos de missão. Às vezes a associação surge, mas é interrompida devido a dificuldades encontradas; em outros casos, especialmente do exterior, espera-se que a chegada de um superior formalize o nascimento ou o conhecimento do regulamento.

Ainda em 1933, tentamos encorajar em face dos fracassos conscientes dos muitos compromissos que eles absorvem, entretenimentos que atraem, apatia que paralisa ... e se o entusiasmo dos primórdios se torna solto, torna-se necessário recomeçar, reconstruir pacientemente, tenazmente .

Eu membros

A identidade se consolida ao longo do tempo. Na primeira, os membros estão associados escritório entre os colaboradores, identificando neles os colaboradores da FMA. A diversificação tomará forma ao longo do tempo: o ExAllieva é mais do que um Cooperador, isso traz ajuda financeira e até moral, o ExAllieva é o pensamento vivo de Dom Bosco que se espalha e se expande, o Cooperador é um apoio, o Exallieva é uma onda de vida salesiana que pulsa em todas as classes sociais.

Don S. Trione, em 24 de maio de 1908, escreve uma circular na qual anuncia o estabelecimento da associação e indica três categorias : membros efetivos , aos quais os antigos alunos podem pertencer; jovens aspirantes , atuais alunos; membros honorários , outras senhoras e moças piedosas. As respostas ao questionário 1911-1912 delineiam diferentes formas de pertencer: cadastradas , presentes , aderentes , presentes no território ou pertencentes a outra associação .

Não há discriminação: a Seção saúda, sem distinção de status social, em torno de seus educadores, todos os ex-alunos das Filhas de Maria Auxiliadora de qualquer de suas instituições de ensino ; No entanto, as mulheres registradas têm a obrigação de se comportar adequadamente, sob pena de serem expulsas da associação, se não for o caso.

Em 1915, o Comitê Central deu uma indicação decisiva para responder aos esclarecimentos: o nome "União dos Aliados da Maria Auxiliadora" pertence exclusivamente aos regularmente constituídos, isto é, nos sindicatos dos Aliados, reconhecidos como tal pelos Superiores dos Institutos, onde cada A União tem sua sede, pelos Revs dos Salesianos Superiores, e anexada ao Comitê Central de Turim .

Em 1922, Don Rinaldi oferece algumas regras para a associação de Turim, delineando sua identidade: é na verdade ExA, porque é freqüentada uma casa salesiana, de compromisso se pertence à associação.

A filiação a outros grupos como as Mães e Damas Cristãs de Maria Auxiliadora não está descartada ... de fato, é solicitada tanto pelas FMA como pelos próprios líderes, para ocupar também seus papéis de liderança.

O desenvolvimento da associação

A associação se estende paciente e tenaz com novas seções dos pequenos centros para os mais populosos, até a Palestina, onde em 1924 38 ExAs de diferentes religiões se juntam, todos gratos às suas queridas irmãs . Já em 1911 foi elaborada a lista de sindicatos: 69 da Itália, 3 da Espanha - dois da África [...] seis da América, os Ex-Alunos que freqüentam nossas Casas da Itália são 4221, os da Espanha 144, da África 46 e da América 113 . O aumento é exponencial: em 1920 havia 255 seções e 66487 ExA; no 25º aniversário de sua fundação, há mais de cem mil! Dos dados extrapolados dos álbuns de foto das Federações estrangeiras de 1972 mostra o crescimento geográfico: na América Latina e na Europa a associação cresce firmemente, enquanto na Ásia levará muitos anos antes de começar.

As bases são comuns: sentimento de pertencer, desejo de compartilhar, espírito de solidariedade. Como ressaltou Don Rinaldi sem a ação externa, a ação das irmãs seria incompleta porque foi forçada a acontecer no mesmo ambiente : da ajuda aos doentes para a manutenção das instalações; apoiar escolas, laboratórios, clubes (na Argentina a Escola Agrícola Agrícola em Moron e a Bahia Blanca Evening School; no Chile a Academia de Trabalhadores em Santiago para ensinar bordados, alfaiataria, canto, línguas nacionais e estrangeiras e contabilidade; na Itália o laboratório diário gratuito em Gênova).

As mulheres, as noivas e as mães são as principais receptoras, para que as famílias, os doentes, os idosos, os desempregados. Obras de todos os tipos são organizadas para tentar alcançar a todos, uma penetração delicada e apropriada, nas famílias e fora dela, que envolve a mulher do povo e especialmente a jovem; mas também a camponesa, a operária, a profissional da arte manual ... a boa dona de casa .

Para alcançar tudo e todos, encontrar meios, qualquer um é solicitado, mesmo além do círculo de ex-alunos. Comitês organizadores são formados, redes são estabelecidas a partir dos concidadãos e os industriais também estão envolvidos em favorecer a superação dos conflitos sociais. A administração municipal apóia financeiramente ou oferece local; o pároco, médico, secretário e professores municipais doam livros e revistas para a biblioteca; os educados sugerem títulos adequados; as congregações, as irmãs do Cottolengo, as Pequenas Irmãs dos Pobres ou as Damas da Divina Providência ajudam os doentes; redes são tecidas com associações como a Ação Católica, San Vincenzo, as Damas do Sagrado Coração, a Opera Pia San Paolo ...; especialistas, médicos e farmacêuticos, agricultores, cozinheiros, ...

Bom deve ser bem feito! na seleção de pessoal, achados precisos devem ser feitos, como a escola da boa dona de casa, mas podem ser estendidos a todos os tipos de atividades.

Enquanto as guerras afrouxam o caminho dos sindicatos individuais, na Espanha em alguns casos as atividades de guerra civil são interrompidas, novas energias emergem e o compromisso ExA se torna ação: em El Salvador, onde a seção então existente só trabalha para ajudar para homens e mulheres presos por lutas políticas e civis em 1932; na Itália, onde os encontros esporádicos são impregnados e a caridade se multiplica em favor dos militares e suas famílias.

Após cada guerra, uma recuperação é registrada. Entre todas as significativas, a de Nice M.: as conferências são realizadas pelo Pe. L. Ricaldone para atender as necessidades [...] dos tempos, visando [...] a preparação séria das mulheres para as tarefas para as quais isso é chamado pela legislação atual . Temas: a missão feminina na sociedade de hoje da qual fizeram propaganda entre parentes e conhecimentos e educação na maneira prática de votar e os seus programas de partidos individuais. As eleições administrativas e políticas demonstraram a eficácia da propaganda, especialmente entre camponeses e trabalhadores.Não era errado acusar o Instituto de Nossa Senhora de ter determinado a vitória do partido Democrata Cristão.

Diferentes atividades para diferentes "sindicatos", mas com objetivos comuns, bem como a consciência de pertencer e ser "União" são comuns em cada membro.

Organização: estrutura, regulamentos e estatutos

Desde o início, há a necessidade de organizar e fornecer uma estrutura para a associação através de regulamentos, estatutos e organogramas, elementos essenciais que lhe permitam consolidar e desenvolver. O texto básico dos regulamentos será o de Turim, deixando os presentes para deixar de desaprovar o que não teria sido possível adaptar-se deles . Expressão da vontade de tornar os associados protagonistas, de adaptabilidade às necessidades do lugar, salvaguardando os princípios do carisma salesiano. No entanto, às vezes, em vez do estatuto de Turim, o de outra associação é usado; a redação ou conhecimento é muitas vezes subordinado aos padres locais para obter maior colaboração, apoio ou simplesmente informações.

Além de uma forte referência ao fundador, Margherita Bosco é apresentada como modelo até 1913; enquanto M. Mazzarello não tem vestígios nem nos regulamentos nem nos estatutos.

Os estatutos compostos de alguns artigos, dos quais se deduzem as características dos membros e a estrutura da Associação, expressam uma forma democrática na escolha dos membros do conselho, eleitos diretamente pelos associados, incluindo conselheiro e presidente, para o último, entretanto, o diretor estabelece nomes para fazer a escolha cair em uma pessoa capaz perto das irmãs. O diretor da FMA é um membro nascido e o presidente terá que confrontar e colaborar com ela. O cargo de secretário e tesoureiro é realizado pela FMA, mas pouco a pouco são flanqueados e substituídos pelo ExA.

As Filhas de Maria Auxiliadora têm uma função de apoio na condução das atividades da União e trabalham nos bastidores, estimulando os associados. Eles são reconhecidos como nossas irmãs sem paralelo, sempre Mestres , mães [...] espirituais de toda uma santa atividade de trabalho, caridade e oração .

No começo a coordenação é confiada ao Diretor, então um Delegado FMA a apóia e assume a tarefa, muitas vezes são professores, diretores ou educadores ... Os Superiores disseminam informações, envolvem-se em iniciativas e solicitam a difusão do trabalho ou recolha de dados e notícias e apoiar os oradores na preparação de relatórios para conferências.

O Assistente Eclesiástico, como representante do Ordinário na vigilância do bom funcionamento da Associação, terá o direito de aprovar ou cancelar qualquer deliberação, tanto das Assembleias Gerais como do Conselho de Administração . Na maioria dos casos, ele é salesiano, cuja tarefa, em vez de controle, é diretora espiritual, fiadora carismática, ponto de referência discreto. Em primeiro lugar, considerou-se o fundador da ExA, P. F. Rinaldi, encarregado do oratório das FMA em Turim, Prefeito da Companhia de Vendas SF e responsável pelos ex-alunos, considerado adequado para apoiar o nascimento da associação. Não funcionaPor si só, há figuras de grande importância, como os salesianos Don Trione, don Fascie, don Cane, don Gusmano, ..

Também se estabelecem relações com os ordinários locais e com os párocos, tanto para criar redes de colaboração como para apoiá-las, de modo a não dificultar as várias iniciativas.

O caráter confessional e formativo da associação é também explícito, assumindo a forma de conferências, momentos de oração, vida sacramental, educação política, educação para a saúde ... O espírito de Dom Bosco e o carisma de Madre Mazzarello, modelo de vida apostólica , eles são absorvidos por osmose em contato com as irmãs e transmitidos por sua vez para a família e para a sociedade ... até os confins da terra através do apoio às missões.

A casa, a família e a comunidade estão no carisma salesiano do centro e é pelo ExA. Imediatamente o local de encontro é a capela, a sala de oratória, a sala de aula, o laboratório, o teatro, a academia ... isso é para facilitar o encontro entre o ExA e manter vínculos com o meio ambiente e entre pessoas e porque é um sinal de educação integral recebida para ser preservada e transmitida às novas gerações. A única exceção é a biblioteca: para incentivar a leitura de textos construtivos, busca-se um ambiente externo que não prejudique a sensibilidade daqueles que estão longe da Igreja.

conferências

A maneira prática de transmitir as "diretrizes" dos regulamentos / estatutos são as Conferências, a orientação no trabalho e no apostolado das Seções que se tornam Uniões!

O primeiro é promovido em 1911 pelos sindicatos de Turim, Nizza M, Giaveno e Chieri; eles formam um comitê organizador e pedem à madre geral, madre C. Daghero, ex-partidária da associação, que se reúna para compartilhar o bem recebido com outros ExAs. A resposta não demorou a chegar e cerca de 700 mulheres de todas as classes e condições participam e participam do evento de Turim.

Os tópicos tratados expressam o desejo de consolidação: uma forma prática de estabelecer a Associação dos Ex-alunos e o espírito característico; Maneira de difundir na família e na sociedade o espírito benéfico de Dom Bosco, especialmente para a educação e assistência religiosa, civil, econômica e social da juventude. Os palestrantes são os mesmos ExA dirigidos e orientados tanto pelas fma como pelos superiores salesianos. No final de cada discussão, eles são chamados a expressar compromissos concretos, votos . Cada um deles intervém livremente no diálogo e através de um cartão no qual observa suas observações. O entusiasmo e a consciência de algo peculiar já emergem no planejamento: nossa Conferência será um eventogrande mesmo em face da história do movimento das mulheres.

Tentamos reconstruir a atmosfera respirada em ambientes educacionais: através de academias, teatros, orações, celebrações eucarísticas, motetos ...

Há duas propostas que darão novo ímpeto à associação: criar um comitê central de promotores, com sede em Turim, e prever um periódico para alcançá-los. Enquanto a primeira proposta for aprovada, para a segunda ainda teremos que esperar, contentando-nos em contar com as revistas salesianas.

Um par de anos depois, em Chieri, outra conferência regional está à porta, no ano seguinte, 1914, em Nice e Catania, depois seguem uns aos outros, regionais e locais, em um ritmo frenético, porque a partir deles o ExA são formados , traçar diretrizes e deliberar para a associação funcionar.

Preservação e disseminação de memória: arquivos e imprensa

Grande valor é atribuído à coleta de dados e à preservação do material documental: em 1911, são solicitados dados do censo em todas as casas das FMA; Em 1912, relatórios curtos e frequentes chegam à sede . O propósito? Espalhando novidades, mantendo a associação em conjunto, preservando o espírito de Dom Bosco, guardando os dados. Estes últimos são sempre necessários e o fiador é identificado no Diretor. Um arquivo especial para coleta de nível local e central é esperado.

Para alcançar o máximo envolvimento, diferentes estratégias são escolhidas: jornais locais para sair do mundo salesiano, o Boletim Salesiano para uma difusão mais interna, a revista dos ex-alunos da Federação., publicações locais de seções únicas, números únicos para eventos ou conferências, notas biográficas sobre ExA. Os ExAs são encorajados a oferecer suas contribuições para revistas catequéticas ou educacionais. Essa necessidade de documentar e difundir as notícias se desenvolve ao longo do tempo com situações alternativas baseadas em forças, períodos histórico / políticos, ... A publicação de um periódico decorre realmente da necessidade de ter uma agência de imprensa autônoma e que alcance a mídia. membros. O padre Rinaldi, o padre Maccono, o padre Amadei e o padre Cane estão envolvidos na reflexão sobre um periódico para as Filhas de Maria Auxiliadora cujo indole : "Unir as forças internas e externas do FF de M. Ausil. Para treinamento especial de mulheres. das pessoas ».

Ação Católica

Uma menção especial merece a colaboração com a CA, que é implementada para responder a um desejo do Papa, e está entrelaçada com relações pessoais: Armida Barelli, a Irmã Major tem um forte laço de gratidão para com a Madre E. Roncallo, tanto para ser publicado também no Squilli di Resurrezione .

Monsenhor Cavagna no prefácio de uma biografia de M. Mazzarello para a Juventude Feminina da Igreja Católica argumenta que as jovens educadas nos círculos salesianos não têm dificuldade em se identificar com os princípios da AC, tanto que é natural perguntar- se , às vezes, se lêem a vida da Irmã Maria Mazzarello ou de uma jovem da juventude!

Às vezes, a dupla presença torna-se um obstáculo, mas isso, pelo menos no começo, não parece criar divergências, às vezes a própria diretora assiste às reuniões da CA ausentes das da ExA. A União apoia os compromissos ou associações paroquiais, não toma o seu lugar nem os contorna, mas facilita e encoraja a participação.

o oratório

Outro lugar significativo é o oratório, do qual a Associação se ergue: o conselho diretivo (não o promotor) é nomeado pelo Diretor do Oratório, o propósito especial da associação é manter viva a memória dos anos passados ​​no Oratório ; o eclesiástico assistente será normalmente o diretor do Oratório das fma. O oratório é também o lugar natural para o qual os salesianos superiores e muitos párocos diocesanos também chamam a atenção do ExAs para uma colaboração educativa, que completa as diversas atividades realizadas pelas FMA. Os ExAs são convidados a enviar suas filhas, solicitar sua participação e ajudar em seu desenvolvimento de todas as formas.

"União" que faz uma união

Lugares diferentes, encontros com diferentes associações, mas com o mesmo ponto de partida: uma intenção que busca a participação cada vez mais ativa das pessoas.

Todos esses elementos que em nossos "sindicatos" atuam como fio condutor do desejo de um trabalho comum, um apostolado social e cristão que ajude o caminho dos indivíduos para um conhecimento cada vez maior de pertencer a uma associação precisa e estruturada, reconhecida tanto por si comunidade, tanto de todo o mundo FMA.


[1] Coadjutor Salesiano, Inspetorado de RNA Doutor em História (Universidade Nacional de Cuyo) e Bacharel em Ciências da Educação (Universidade Católica de Córdoba), pesquisador do CIFFyH (Research Center "Maria Saleme de Burnichon", Faculdade de Ciências Humanas) da Universidade Nacional de Córdoba, Argentina . Texto preparado para o Congresso Mondiale 2014 (Roma-Pisana: de 19 a 23 de novembro de 2014)

[2] Carlo Conci nasceu em Male (Itália) em 18 de março de 1877. Ele se juntou à 31ª expedição missionária (1897) com destino a Buenos Aires. Morreu em Rosario de Santa Fe (Argentina) em 19 de novembro de 1947, aos 70 anos de idade e 50 anos de profissão. Ver ASCBA (Arquivo Salesiano Central de Buenos Aires), Box 38.8: Conci. Cdj. Carlo. Vários escritos : Coad death certificate. Carlo Conci. Dados necrológicos escritos pelo inspector Miguel Rapanti. Na informação obituária é adicionado aos dados biográficos. Bollettino Salesiano, ano LXXII, n 3, 1 de fevereiro de 1948: "(...) Tempra característica de um apóstolo no espírito de Dom Bosco, não foi apenas um modelo de Coadjutor, mas um intrépido animador da Ação Católica na Argentina, onde falou e com a atividade organizadora, preciosos serviços à Igreja e à Pátria, captando a simpatia de todas as classes à Sociedade Salesiana ". A lista dos misioneros de 1897 puede verso em ARCHIVIO GENERALI (Roma), ASC 607, Listas Missionárias. Registros (Pasta 5 °) PETRIELLA, Dionísio y MIATELLO, Sara, Diccionario Biográfico Italo-Argentino , Buenos Aires, 1976, voz: Conci, Carlos, p. 362. VALENTINI, Eugenio y RODINO, Amedeo, Dicionário Biográfico dos Salesianos , Turim, 1969, voz: Conci coad. Carlo, sociólogo, p. 94.

[3] Coadjutor salesiano, Inspetorado de RNA. Doutor em História (Universidade Nacional de Cuyo) e Bacharel em Ciências da Educação (Universidade Católica de Córdoba), pesquisador do CIFFyH (Research Center "Maria Saleme de Burnichon", Faculdade de Ciências Humanas) da Universidade Nacional de Córdoba, Argentina . Texto preparado para o Congresso Mondiale 2014 (Roma-Pisana: de 19 a 23 de novembro de 2014)

[4] Carlo Conci nasceu em Male (Itália) em 18 de março de 1877. Ele ingressou na 31ª expedição missionária (1897) com destino a Buenos Aires. Morreu em Rosario de Santa Fe (Argentina) em 19 de novembro de 1947, aos 70 anos de idade e 50 anos de profissão. Ver ASCBA (Arquivo Salesiano Central de Buenos Aires), Box 38.8: Conci. Cdj. Carlo. Vários escritos : Coad death certificate. Carlo Conci. Dados necrológicos escritos pelo inspector Miguel Rapanti. Na informação obituária é adicionado aos dados biográficos. Bollettino Salesiano, ano LXXII, n 3, 1 de fevereiro de 1948: "(...) Tempra característica de um apóstolo no espírito de Dom Bosco, não foi apenas um modelo de Coadjutor, mas um intrépido animador da Ação Católica na Argentina, onde falou e com a atividade organizadora, preciosos serviços à Igreja e à Pátria, captando a simpatia de todas as classes à Sociedade Salesiana ". A lista dos misioneros de 1897 puede verso em ARCHIVIO GENERALI (Roma), ASC 607, Listas Missionárias. Registros (Pasta 5 °) PETRIELLA, Dionísio y MIATELLO, Sara, Diccionario Biográfico Italo-Argentino , Buenos Aires, 1976, voz: Conci, Carlos, p. 362. VALENTINI, Eugenio y RODINO, Amedeo, Dicionário Biográfico dos Salesianos , Turim, 1969, voz: Conci coad. Carlo, sociólogo, p. 94.

[5] J. ESQUERDA BIFET, Dicionário de Evangelização , Madri 1998, p. 190

[6] Arquivo Central Salesiano (ACS), Caixa 125.3. Tríptico "Propagar devoção a Maria Auxiliadora", s / f.

[7]A primeira imagem de Maria Auxiliadora que chegou à Argentina foi levada para a terceira expedição salesiana (1877). Segundo as crônicas, a imagem foi roubada por Santiago Costamagna da capela das freiras em Mornese para ser transportada para as missões. Outras fontes especificam que este quadro foi enviado por Dom Bosco às filhas de Maria Auxiliadora em 1886. Talvez as primeiras imagens de Maria Auxiliadora tenham sido encomendadas por Dom Bosco, que após um longo caminho percorre a primeira casa das Filhas de Maria Auxiliadora. Almagro. A pintura de Rollini foi levada para San Nicolás de los Arroyos. Sor Ana María Fernández, estudou que de acordo com o testemunho de Costamagna, ou Dom Bosco fez duas cópias do imagem de Lorenzoni e que não o satisfaz ou trouxe esta foto para Mornese rezar lá a primeira missa em 1860. Essa data foi escondida sob uma fita que foi então pintada. Di Vicari diz que não há possibilidade de Rollini pintar esse quadro em 1860, porque foi o ano em que ele iniciou suas aulas na Albertina Academy. A mesma história é reproduzida para a pintura que ficou com os missionários em Montevidéu que Cagliero admite ter roubado da sacristia de Valdocco. Esta pintura é atribuída a Rollini, embora não tenha assinatura e tenha sido retocada para as irmãs de Villa Colon. A pintura "milagrosa" de Fortín Mercedes, pintada por Rollini, foi abençoada por Dom Bosco e trazida para a Argentina por Cagliero em 1891. Foi a primeira igreja, anche trasformata em um santuário nel 1920. Ana María Fernández, A capela de María Auxiliadora em Almagro. Cf Parish Weekly"O novo Templo de S. Carlos" de 5 de setembro de 1903, p. Piero Vicari, Giuseppe Rollini: salvar a gratidão de amparo, Buenos Aires, Yaguarón, 2009, pp.60-61, 68, 72 e Arquivo Histórico de Missões Salesianas da Patagônia Norte (AHMSP) "história da pintura de Maria documentado Auxiliadora na Fortín Mercedes "

[8] P. FARIOLI, Virgem de Dom Bosco , Turim, Eledici, 2002. p.54-89.

[9] P. de VICARI, Giuseppe Rollini: a gratidão salvadora do amparo , Buenos Aires, Yaguarón, 2009, p.2.

[10] AM RODRÍGUEZ e M. FUNKNER, "A mobilização católica no Pampa. Senhoras e sacerdotes na peregrinação ao Santuário de Toay ", IV Conferência sobre a História Social da Patagônia, 2011, pp.3 e 13.

[11] A.FRESIA, Urbanizar a campanha, modernizar os costumes. Rodeo del Medio, uma cidade em Mendoza: 1900-1915 , Rosario, Prohistoria, 2012, p.176.

[12] M. Cizizares,  Santuário de María Auxiliadora , Rodeo del Medio. Separata da Dissertação de Mestrado, Rodeo del Medio, 1999, p.14,24 e 25.

[13] A. FRESIA, urbanizar a campanha ... p.182

[14] Eu vou, pp. 188186185.

[15] Segundo as crônicas, Rollini havia recuperado a visão de pintar o quadro com a orientação de Dom Bosco, AHMSP, "Historia documentada del Cuadro ...".

[16] Arquivo Histórico das Missões Salesianas da Patagônia (AHMSP), El Santuario Votivo (1928, 1931, 1932, 1934, 1936, 1940). La Virgen del Fortín (1941, 1942, 1984; 1945 e 1947).

[17] O Santuário Votiva de Maria Auxiliadora , Fortín Mercedes, 24 de novembro de 1928.

[18] Decreto Nacional 26888/49.

[19] É possível abordar fenômenos religiosos a partir de áreas territoriais ou multiterritoriais cujas fronteiras compartilham o mesmo território ou apoio político. C. CARBALLO (coord.), Cultura, territórios e práticas religiosas, Buenos Aires, Prometeo, 2009, p.25.

[20] ACS, Sacatola 125.2, Tríptico de Maria Auxiliadora, 24 de maio de 1952, Escola Dom Bosco Bahía Blanca.

[21] do mesmo.

[22] do mesmo.

[23] ACS, sacatola 125.2 Súplica em memória da bênção e colocação da pedra fundamental do Monumento a María Ausiliatrice, Padroeira do Agro Argentino, E.Castex (Eva Perón) 9/11/1952.

[24] ACS, sacatola 125.2 Oração a Maria Auxiliadora, Patrona do Agro Argentino, indicada para a Cúria ...

[25] ACS, sacatola 125.2. Súplica em memória da bênção e colocação da pedra fundamental ...

[26] ACS, sacatola 125.2 Oração a Maria Auxiliadora, Patrona do Agro Argentino pela Paz e a eqüidade social do nosso povo. Oração a Maria Auxiliadora, Patrona do Agro Argentino.

[27]   Decreto espanhol 2688 (27-10-1949). Giornale Il Popolo, domingo, 30 de outubro de 1949. "Oficialmente declarada Patrona do Agro Argentino a Maria Auxiliadora".

[28] Martin baseia-se na caracterização do setor hierárquico, ortodoxo e integral da Igreja Católica, que forma uma matriz cultural homogênea entre Argentina, nação e catolicismo. E. MARTÍN, "A Virgem de Luján: o milagre de uma identidade nacional católica". VII Jornadas sobre Alternativas Religiosas en Latinoamérica, 1997. Buenos Aires. http://www.antropologia.com.ar/congresos/contenido/religion/24.htm , p.2

[29] O. Solbrig, O, " Agricultura e Pecuária (1945-1983)", in: M FRAME, Nova História da Nação Argentina , Buenos Aires, Planeta, 2002, p.57.

[30] F. MALLIMACI, catolicismo argentino do liberalismo integral à hegemonia militar, em AA. VV. 500 anos de cristianismo na Argentina . CEHILA - Novo Centro da Terra, Buenos Aires, 1992, p.327.

[31] E. MARTÍN, "A Virgem de Luján ...", p.11.

[32] Il Popolo, terça-feira, 11/22/1949. "A imagem de Maria Auxiliadora, padroeira do campo argentino, será entronizada no Ministério da Agricultura.

[33]   P. de VICARI, Guiseppe Rollini ... nota 20 do Capítulo 2.

[34] M. A NICOLETTI e P. NAVARRO FLORIA, "Um projeto de colonização italiana na Patagônia: Domenico Milanesio y su opúsculo Conselhos e propostas para emigrantes italianos às regiões patagônicas da América do Sul (1904) ", Salesian Historical Research XXIII , N ° 2 (45): 2004, pp. 397-361.

[35] A partir do quarto século depois de Cristo, as comunidades cristãs e várias figuras notáveis ​​da Igreja entre os séculos IV e VI dC no cristianismo do Oriente deram à Virgem o nome de "Auxiliadora".   

[36] O ressurgimento da sua dedicação está ligado a Dom Bosco, daí as denominações de "Maria Auxiliadora" ou "Virgem de Dom Bosco" serem praticamente cliváveis. A Pia Sociedade Salesiana nasceu sob a figura de Maria Auxiliadora (1859) pintada por um aluno do Oratório salesiano chamado Giuseppe Rollini. A escolha de Dom Bosco deste título, está relacionada com os "tempos difíceis" da Igreja Católica na Itália entre 1860 e 1862. Momentos que também vivem na Argentina em 1880, quando os Salesianos, que chegaram em 1875, foi eles enfrentaram um Estado secular para desenvolver seu trabalho.

[37] J. ESQUERDA BIFET, Dicionário de Evangelização , Madri 1998, 190.

[38] Arquivo Central de Salesianos (ACS), Caixa 125.3. Tríptico "Propagar devoção a Maria Auxiliadora", s / f

[39]A primeira imagem de Maria Auxiliadora que chegou à Argentina foi trazida na terceira expedição salesiana (1877). De acordo com as crônicas, a imagem foi roubada por Santiago Costamagna da Capela das Irmãs em Mornese para ser levada para o novo local de missão. Outras fontes indicam que a foto foi enviada por Dom Bosco às Filhas de Maria Auxiliadora, em 1886. Talvez a caixa de Mornese foi a primeira das pinturas de Maria Auxiliadora encomendados por Don Bosco terminou sua jornada na primeira casa das irmãs de Almagro. A pintura de Rollini foi para San Nicolás de los Arroyos. Irmã Ana María Fernández, estudou que, de acordo com o testemunho de Costamagna, ou Don Bosco fez duas cópias da caixa de Lorenzoni e que não o satisfez ou tomou essa imagem para Mornese para rezar lá a primeira missa em 1860 e que a data pode ter sido escondido atrás da fita que foi pintada mais tarde. De Vicari argumenta que não há possibilidade de que Rollini tenha pintado esta pintura em 1860, pois é o ano em que ele começou suas aulas na Academia Albertina. A mesma história é reproduzida para a pintura que permaneceu com os missionários em Montevidéu, mas que Cagliero admite ter roubado da sacristia de Valdocco. É atribuída a Rollini, embora não tenha sua assinatura e tenha sido retocada pelas Irmãs de Villa Colón. A pintura "milagrosa" de Fortín Mercedes, pintada por Rollini, foi abençoada por Dom Bosco e trazida para a Argentina por Cagliero em 1891. Ele tomou a primeira Igreja, também transformada em Santuário em 1920. Ana María Fernández, A Capela de Maria Auxiliadora em Almagro. Cf Parish Weekly"O novo Templo de S. Carlos" de 5 de setembro de 1903, p. Piero Vicari, Giuseppe Rollini: salvar a gratidão de amparo, Buenos Aires, Yaguarón, 2009, pp.60-61, 68, 72 e Arquivo Histórico de Missões Salesianas da Patagônia Norte história "documentado de Maria Auxiliadora Box: Fortín Mercedes ".

[40] P. FARIOLI, Virgem de Dom Bosco , Turim, Eledici, 2002. p.54-89.

[41] P. de VICARI, Giuseppe Rollini: a gratidão salvadora do amparo , Buenos Aires, Yaguarón, 2009, p.2.

[42] AM RODRÍGUEZ e M. FUNKNER, "A mobilização católica no Pampa. Senhoras e sacerdotes na peregrinação ao Santuário de Toay ", IV Conferência sobre a História Social da Patagônia, 2011, pp.3 e 13.

[43] A.FRESIA, urbanizar a campanha, modernizar costumes. Rodeo del Medio, uma cidade em Mendoza: 1900-1915 , Rosario, Prohistoria, 2012, p.176.

[44] M.CIZIZARES,  Santuário de María Auxiliadora , Rodeo del Medio. Separata da Dissertação de Mestrado, Rodeo del Medio, 1999, p.14,24 e 25.

[45] A. FRESIA, urbanizar a campanha ... p.182

[46] eu vou, pp. 188186185.

[47] Arquivo Histórico das Missões Salesianas da Patagônia (AHMSP), The Votive Sanctuary (1928, 1931, 1932, 1934, 1936, 1940). A Virgem do Forte (1941, 1942, 1944, 1945 e 1947).

[48] O Santuário Votiva de Maria Auxiliadora , Fortín Mercedes, 24 de novembro de 1928.

[49] Decreto Nacional 26888/49.

[50] É possível abordar fenômenos religiosos a partir da multiterrialidade ou territórios cujas fronteiras compartilham o mesmo território ou apoio político. C.CARBALLO (coord.), Cultura, territórios e práticas religiosas, Buenos Aires, Prometheus, 2009, p.25.

[51] Tríptico da festa de Maria Auxiliadora, 24 de maio de 1952, Colégio Dom Bosco Bahía Blanca.

[52] O mesmo.

[53] Em do mesmo.

[54] ACS, Caja 125,2 Oração María Auxiliadora Padroeira do Agro Argentino, aprovada pela Cúria metropolitana 24/12/1951. O Ministério da Agricultura e Pecuária tem que imprimir em 01/06/1952.

[55] ACS, Caixa 125.2 Oração em lembrança da bênção e colocação da pedra angular do Monumento a Maria Auxiliadora, Padroeira do Agro Argentino, E.Castex (Eva Perón) 11/9/1952.

[56] ACS, Caja 125.2 Oração María Auxiliadora Padroeira do Agro Argentino, aprovada pela Cúria ...

[57] ACS, casa 125.2. Oração em lembrança da bênção e colocação da pedra fundamental ...

[58] ACS, Caixa 125.2 Oração a Maria Auxiliadora, Padroeira do Agro Argentino, pela Paz e pela equidade social do nosso povo.

[59]   Decreto Presidencial 2688 (27 de outubro de 1949). O jornal El Pueblo, domingo, 30 de outubro de 1949. "Oficialmente, Patrono da Agro Argentina, María Auxiliadora."

[60] Martín faz parte da caracterização do setor hierárquico, ortodoxo e integral da Igreja Católica, que forma uma matriz cultural homogênea entre Argentina, nação e catolicismo. E. MARTÍN, "A Virgem de Luján: o milagre de uma identidade nacional católica". VII Conferência sobre Alternativas Religiosas na América Latina, 1997. Buenos Aires. http://www.antropologia.com.ar/congresos/contenido/religion/24.htm , p.2

[61] O. SOLBRIG, O, " Agricultura e Pecuária (1945-83)", em: M DE MARCO, Nova História da Nação Argentina , Buenos Aires, Planeta, 2002, p.57.

[62] F. MALLIMACI, catolicismo argentino do liberalismo integral à hegemonia militar, em AA. VV. 500 anos de cristianismo na Argentina . CEHILA - Novo Centro da Terra, Buenos Aires, 1992, p.327.

[63] E. MARTÍN, "A Virgem de Luján ...", p.11.

[64] El Pueblo, terça-feira 22-11-1949. "A imagem de María Auxiliadora, padroeira da agricultura argentina, será entronizada no Ministério da Agricultura.

[65]   P. de VICARI, Guiseppe Rollini .... nota 20 do Capítulo 2.

[66] M. A NICOLETTI e P. NAVARRO FLORIA, "Um projeto de colonização italiana na Patagônia: Domenico Milanesio y su opúsculo Conselhos e propostas para emigrantes italianos às regiões patagônicas da América do Sul (1904) ", Salesian Historical Research XXIII , N ° 2 (45): 2004, pp. 397-361.

[67] Carta do Presidente da República em resposta ao Bispo de Punta Arenas, Dom Giovanni Cagliero. Boletim Salesiano, julho de 1892

[68] Para a pesquisa, o autor utilizou sobretudo os materiais disponíveis no Arquivo Salesiano Central de Roma, no Arquivo Histórico da Fé da Propaganda e na obra de Joseph Thekkedath. Uma história dos salesianos de Dom Bosco na Índia (2005).

[69] Per i nomi si veda Joseph Thekkedath, Uma História dos Salesianos de Dom Bosco na Índia (Do começo até 1951-52), vol. 1, Bangalore, Kristu Jyoti Publications, 2005, p. 19

[70] Por nome, se você ver Luigi Mathias, Forty-Fortune of Mission na Índia. Memórias de Sua Excelência Dom Luigi Mathias , vol. 1, Turin, Elle Di Ci, 1965, pp. 36-37; 65

[71] Ver Arquivo Histórico Propaganda Fide (ASPF) nr. 3786, Stefano Ferrando na Propaganda Fide, 11.10.1946, p. 500.

[72] Ver o Arquivo Salesiano Central (ASC) B 709 Ferrando "Pequenos Apóstolos" 18.5.1940.

[73] Cf. ASPF n. 3078 Ferrando alla Propaganda Fide, 24.9.1936, p. 848; ASPF n. 3699 Ferrando alla Propaganda Fide, 25.9.1953, p. 29

[74] A primeira vocação indígena para a vida salesiana foi a de Louis Karunai, enviada para a Itália em 1907, depois para Portugal, para o noviciado. Infelizmente adoeceu e morreu em Lisboa em 1909.

[75] Em 1947, pe. 11 eram sacerdotes e os 15 noviços eram índios. Ele também disse que o elemento indiano na província consistia dos seguintes grupos: tâmeis, anglo-indianos, indianos do leste, goanis, mangalorianos, telugu e keralitas. As vocações de Kerala foram divididas em vocações do rito latino e do rito sírio. Veja ASC F 187 Relatório de Carreno 1947, pp. 1-2.

[76] Ver ACS X, 24 de outubro de 1929, n. 50, Temas discutidos no XIII Capítulo Geral.

[77] Cf. ASPF no. 3936 Ferrando para Propaganda Fide, 24.8.1956.

[78] O artigo original consiste em um total de dezesseis páginas. Para a pesquisa, o autor usou principalmente os materiais disponíveis no Arquivo Central Salesiano, no Arquivo Histórico da Propaganda Fide e no trabalho de Joseph Thekkedath. Uma história dos salesianos de Dom Bosco na Índia ( 2005). Neste resumo, as notas de rodapé são reduzidas ao mínimo.

[79] . Para esta apresentação, o autor usou principalmente os materiais disponíveis no Arquivo Central Salesiano, no Arquivo Histórico da Propaganda Fide e na obra de Joseph Thekkedath. Uma história dos salesianos de Dom Bosco na Índia ( 2005).

[80] Para ver seus nomes, ver Joseph Thekkedath, Uma História dos Salesianos de Dom Bosco na Índia (Do começo até 1951-52), vol. 1, Bangalore, Kristu Jyoti Publications, 2005, p. 19

[81] Para os seus nomes, ver Luigi Mathias, Forty-Fortune of Mission na Índia. Memórias de Sua Excelência Dom Luigi Mathias , vol. 1, Turin, Elle Di Ci, 1965, pp. 36-37; 65

[82] Cf. Arquivo Histórico Propaganda Fide (ASPF) no. 3786, Stephen Ferrando para Propaganda Fide, 11.10.1946, p. 500.

[83] Cf. Arquivo Salesiano Central (ASC) B 709 Ferrando "Pequenos Apóstolos" 18.5.1940.

[84] Cf. ASPF no. 3078 Ferrando para Propaganda Fide, 24.9.1936, p. 848; ASPF no. 3699 Ferrando para Propaganda Fide, 25.9.1953, p. 29 

[85] A primeira vocação indígena para a vida salesiana foi Louis Karunai, que foi enviado à Itália em 1907 como aspirante. Da Itália, ele foi para Portugal para o noviciado. Infelizmente adoeceu e morreu em Lisboa em 1909.

[86] Em 1947, pe. Joseph Carreno, provincial do sul da Índia, em seu relatório aos superiores de Turim, declarou que entre os 121 salesianos (inclusive noviços) do sul da Índia, os professos salesianos indianos eram 37, dos quais 11 eram sacerdotes e todos os 15 noviços eram índios. . Ele também mencionou que o elemento indiano na província consistia dos seguintes grupos: tâmiles, anglo-indianos, indianos do leste, goeses, mangalorianos, telugues e keralitas. As vocações de Kerala foram divididas nas dos ritos latino e sírio. Cf. ASC F 187 Relatório de Carreno 1947, pp. 1-2.

[87] Cf. ACS X, 24 de outubro de 1929, n. 50, Temas discutidos no XIII Capítulo Geral.

[88] Cf. ASPF no. 3936 Ferrando para Propaganda Fide, 24.8.1956.


[1] MB XV, 57

[2] "Quem não entendeu, pelo menos, alguns dos que viviam no Oratório na época não pode ter uma idéia da paixão que domina por tudo o que era música." Cf. Ceria, Annali (1941-51), Bd. I, 697.

[3] Pietro Ricaldone, canto gregoriano / Música sacra e recreativa, em: "Atas do Capítulo Superior da Sociedade Salesiana" 111 (1942) 1-47

[4] Cf. Sim, 17.

[5] Ivi 25.

[6] Lett N. 7, 1905, in [M. RUA], cartas circulares ... , p. 490. Quanto a Dom Bosco como provável promotor da reforma da música sacra, cf. Josip Gregur, Movimento Dom Bosco und das Ceciliano , em RSS 31 (1997) 265-306.

[7] Ricaldone, canto gregoriano / música sacra e recreativa, 18-19, citado 18. Cf. também 22.

[8] Cf. Sim 28-47.

[9] Carta ao "Rev. Sr. Don Ricaldone de 12 de julho de 1942, em envelope ASC B955, Classificação 4630.

[10] Ricaldone, canto gregoriano / música sacra e recreativa, 21.

[11] Atas do Capítulo Superior, 91 (1939) 9.

[12] Ivi 27.

[13] Cf. iivi 35.

[14] Stefani, música salesiana, 55. Itálico: Stefani.

[15] Ivi 54.

[16] Cf. Dom Eugenio Riva, Dom Dusan Stefani, em: http://www.salesianinordest.it/index.php?option=com_content&view=article&id=1458:don-dusan-stefani&catid=87:vite-salesiane&Itemid=95 (5. 1. 2104).

[17] Cf. ivi (Riva, Don Dusan Stefani).

[18] Eugenio Valentini, Don Giovanni Pagella, o maior músico salesiano. Bio-Bibliografia em: Salesianum 42 (1980) 351-374.

[19] Cf. „fb“, artistas que desaparecem. O Maestro Pagella, na Itália, de 12 de agosto de 1944 (ASC 6771).

[20] Cf. carta de 3 de julho de 1908 a Don Rinaldi, em ASC, C 257 (6771).

[21] Giuseppe Oldani, Carta Mortuária, Roma, 1950, em: ASC, envelope 3179.

[22] Bollettino del Clero Romano, setembro de 1950, 187 (ASC busta 3179).

[23] Cf. Carta mortuária em ASC, envelope B 955 (4630).

[24] Cf. Antonio Marrone, Carta Mortuária de Alessandro de Bonis, em ASC, busta B 955 (4630).

[25] Cf. Eu fui.

[26] Cf. carta de apresentação de seu inspetor, datada de 12 de outubro de 1952, em: ASC busta 808 (Virgilio Bellone).

[27] Remo Paganelli, Carta mortuária datada de 1 de maio de 1981 em: ASC busta 808 (Virgilio Bellone).

[28] Ricaldone, canto gregoriano / música sacra e recreativa, 27.

[29] F. Dostojevskij, L'Idiota, P. III, cap. V, Milano 1998, p. 645.

[30] De acordo com Platão, a maravilha é o começo da filosofia.

[31] Ricaldone, canto gregoriano / música sacra e recreativa, 4-5.

[32] Ivi 10.