INTRODUZIONE 171
RICORDI CONFIDENZIALI AI DIRETTORI (1863, 1871, 1886)
a cura di Francesco Motto 173
I. INTRODUZIONE 173
II. TESTO 179
IL DIALOGO TRA DON BOSCO
E IL MAESTRO FRANCESCO BODRATO (1864)
a cura di Antonio Ferreira da Silva 187
I. INTRODUZIONE 187
1. Don Bosco a Mornese 187
2. Francesco Bodrato: da Mornese a Buenos Aires 187
3. Una biografia in tre redazioni 189
4. Le bozze di stampa 191
5. Il «Vade-mecum» 191
6. «Profili di capitolari salesiani» 192
7. Le «Memorie Biografiche» f 192
8. Contenuto del dialogo 193
9. Una possibile fonte e l'autore 194
Sigle 195
II. TESTO 196
DALLA PEDAGOGIA DELL'ORATORIO ALLA PASTORALE MISSIONARIA . 199
I. INTRODUZIONE 199
Il. TESTI 202
Proemio alle Memorie dell'Oratorio di S. Francesco di Sales 202
Ricordi ai Missionari (1875) 203
IL SISTEMA PREVENTIVO NELLA EDUCAZIONE DELLA GIOVENTÙ (1877) 205
I. INTRODUZIONE 205
1. Genesi del testo 205
2. Composizione del testo dell'«Inaugurazione del Patronato di S. Pietro» . 210
3. Descrizione dei documenti 212
4. Successione dei documenti e stemma 220
5. Contesto storico-letterario 222
II. TESTI 235
1. Doc. H - Testo a stampa dell'edizione italiana separata 235
2. Doc. R - Testo a stampa premesso al Regolamento per le case 258
GLI «ARTICOLI GENERALI» DEL «REGOLAMENTO PER LE CASE» (1877) . 267
I. INTRODUZIONE 267
1. Due differenti collocazioni 268
2. Sostanziale autonomia di contenuti 272
3. Amore e timore nel processo educativo 273
4. L'assistenza: amore affettivo e amore effettivo 276
5. Le «indoli», i «caratteri» dei giovani 277
6. I manoscritti 278
•
II. TESTI 280
IL SISTEMA PREVENTIVO APPLICATO TRA I GIOVANI PERICOLANTI (1878) 284
I. INTRODUZIONE 284
1. L'origine 284
2. Descrizione dei documenti 289
II. TESTO 291
È il periodo di massimo sviluppo delle idee di don Bosco circa il «sistema preventivo», che trova al vertice la sorprendente enunciazione della formula, che lo consegnerà alla storia della pedagogia.
L'evoluzione e l'elaborazione presentano due fondamentali caratteristiche: 1) l'esperienza e la riflessione non sono più di don Bosco quale sacerdote diocesano impegnato a portare avanti con responsabilità personali i suoi «oratori», ma diventano compito di un «fondatore religioso», che prosegue la sua iniziativa primigenia in armonia, collaborazione, solidarietà con i membri della «Società di san Francesco di Sales», da ridurre a unità di spirito e di metodo operativo; 2) la progressiva evoluzione dell'opera, che accanto agli «oratori» dà sempre più spazio ai convitti (anticipati con la «casa annessa» all'Oratorio di Valdocco), influisce anche a dare una fisionomia nuova al suo «sistema», che assumerà tratti chiaramente «collegiali» nelle pagine del 1877.'
Come superiore della società salesiana da poco costituita,' ma non ancora approvata (manca lo stesso cosiddetto «decretum laudis»), don Bosco, alla fine di ottobre 1863, indirizzava a don Rua, primo direttore di una comunità religiosa e educativa salesiana situata fuori Torino, a Mirabello Monferrato, una lettera orientativa che diventerà dal 1871 un documento importante di spiritualità e di pedagogia per la congregazione, i Ricordi confidenziali ai direttori
Splendido documento di «pedagogia oratoriana» sono le Memorie dell'Oratorio di S. Francesco di Sales, che, evidentemente, appartengono al genere narrativo-tipologico. Esse sono insieme rievocazione, dimostrazione apologetica, interpretazione teologica, proposta paradigmatica e programmatica: nelle intenzioni originarie dell'autore rigorosamente riservate ai membri della sua società religiosa. È la prima di quelle sintesi di spiritualità e di pedagogia rivolte alla congregazione salesiana che escono dalla penna di don Bosco in anni di intensa strutturazione e stabilizzazione della sua Società religiosa, rappresentate dai Ricordi ai missionari (1875), le pagine sul sistema preventivo (1877), rapidamente inserite (verso il mese di novembre) nel Regolamento per le case, la celebrazione del I Capitolo generale (1877), la pubblicazione del duplice Regolamento, per gli esterni e per gli interni. È sintomatico che a pochi mesi dalla redazione delle pagine sul sistema preventivo e a poche settimane dalla loro edizione a stampa, don Bosco nel corso del Capitolo generale raccomandi «il nostro sistema preventivo»?
' Sul processo di «collegializzazione» delle istituzioni di don Bosco, cfr. P. STELLA, Don Bosco nella storia della religiosità cattolica, vol. I, pp. 121-127; ID., Don Bosco nella storia economica e sociale (1815-1870), pp. 123-157.
Al 14 maggio 1862 risale la professione dei voti del primo gruppo di soci.
Verbali, quad. III 55.
Quanto all'accentuazione educativa e sociale si può rilevare che almeno due documenti si collocano sulle due distinte posizioni. Di carattere decisamente educativo è il dialogo tra don Bosco e l'insegnante elementare Francesco Bodrato del 1864. È interessante notare che rispetto alla conversazione con Urbano Rattazzi, pubblicata nell'ottobre-novembre del 1877, la prima parte del dialogo, composta tra il 1880 e il 1881, rappresenta una versione più arcaica: non si parla di sistema preventivo e si enunciano soltanto due dei suoi principi divenuti poi classici, ragione e religione. Sul fronte sociale, invece, si situa prevalentemente il promemoria a Francesco Crispi del febbraio 1878.
a cura di Francesco Motto
Don Bosco nella sua vita non ebbe la possibilità di rimanere sempre materialmente a contatto con i suoi immediati collaboratori, i salesiani. I frequenti viaggi, le continue visite alle opere e ai benefattori, ma soprattutto la loro partenza da Torino-Valdocco per lavorare in altre località d'Italia, di Francia, di Spagna e d'America Latina lo tennero separato dai suoi «figli» per mesi ed anni. Per comunicare con loro, pertanto, dovette ricorrere necessariamente alla corrispondenza epistolare.
Fra le centinaia di lettere indirizzate a salesiani, una delle più pregevoli e significative è senza dubbio quella inviata a don Rua (1837-1910) sul finire dell'ottobre del 1863. In essa la tenerezza paterna si coniuga mirabilmente con la saggezza del «maestro» di vita spirituale e di pedagogia.
Cresciuto alla scuola di don Bosco, don Rua era stato uno dei suoi più validi collaboratori fin dai primordi dell'Oratorio di Torino-Valdocco. Dall'età di otto anni (1845) aveva frequentato la casa di don Bosco; da don Bosco aveva ricevuto l'abito talare (1852); con don Bosco aveva partecipato a quelle riunioni che avrebbero dato origine alla congregazione salesiana, di cui sarebbe stato, ancor diacono, il primo direttore spirituale; accanto a don Bosco si era presentato a Pio IX nel 1858: nella casa di don Bosco insomma era cresciuto, aveva studiato e lavorato.
Lo scolaretto di otto anni, divenuto ormai professore e sacerdote, lascia Torino nell'autunno del 1863 per andare a fondare la prima casa salesiana fuori Valdocco: il piccolo seminario di S. Carlo a Mirabello Monferrato. Si allontana da don Bosco e don Bosco, mosso dal desiderio di star sempre al fianco del suo «amatissimo figlio» e dalla necessità di sostenere la giovane età nel difficile compito di direttore d'una comunità di confratelli, di giovani, di collaboratori, gli trasmette quegli orientamenti spirituali e quelle esperienze pedagogiche che, maturate da lui a Valdocco, avrebbero dovuto modellare il servizio apostolico ed educativo della casa di Mirabello.
Documento prezioso, dettato da urgenze immediate, ma che sotto l'involucro di consigli pratici, di esempi concreti, di rapide annotazioni ed intuizioni, porta il segno delle profonde certezze e delle vive preoccupazioni di don Bosco. Lui stesso ne è convinto, tant'è che quella che nel 1863 costituisce una semplice lettera, di carattere strettamente privato, a don Rua, in seguito — dal 1871 — con ritocchi ed integrazioni dettati da successive esperienze e riflessioni, si presenterà come «Ricordi confidenziali ai Direttori delle case particolari della società salesiana» o anche «Testamento che indirizzo ai Direttori delle case particolari».'
In tale «circolare» ai direttori i 26 punti originari della lettera personale a don Rua si arricchiscono di contenuto e quasi si raddoppiano di numero, passando a 47. In essi don Bosco percorre, come in filigrana, tutta la vita e l'azione di un direttore di una casa salesiana. Gli stessi titoli dei capitoletti ne sono l'immediata testimonianza: Con te stesso - Coi maestri - Cogli assistenti e capi di dormitorio - Coi coadiutori e colle persone di servizio - Coi giovani allievi - Cogli esterni - Con quelli della società - Nel comandare.
Sapendo di rivolgersi a chi con lui condivide la missione giovanile «salesiana», don Bosco senza inibizione alcuna espone quelli che sono gli ideali più profondi della sua e conseguentemente della loro vita: l'assoluto della salvezza dell'anima propria ed altrui, la sincera carità fraterna che deve regnare nelle relazioni dei confratelli fra loro e coi giovani, il compimento esatto e diligente del proprio dovere così come affidato dal Superiore e garantito dalle Costituzioni, l'eliminazione di qualunque occasione di male mediante la messa in opera di tutti quegli espedienti educativi ed assistenziali che il costume dell'epoca e l'esperienza di Valdocco hanno dimostrato efficaci allo scopo.
1 Ai giovani delle sue case, specialmente in determinate occasioni, quali ad es. la partenza per le vacanze annuali, il giorno del loro onomastico, la prima comunione, don Bosco era solito lasciare, per iscritto o a voce dei «ricordi» o ammonimenti: MB III 607-608; IV 439; VI 446-449; VII 292-293; XII 673-674. Ma pure abbondante è la documentazione conservataci a proposito dei «ricordi» di don Bosco a gruppi di confratelli salesiani, a Figlie di Maria Ausiliatrice, a singoli salesiani, direttori o meno: MB VI 40-41; VIII 445-446; IX 384; X 647-652, 1018-1023, 1047-1052; XIII 209-210, 792, 880; XIV 257, 293; XVII 376, 628-631, 640-641; XVIII 266, 537. Famosi nella tradizione salesiana — e con vari punti di contatto con i «Ricordi confidenziali» — sono i «Ricordi ai missionari» presentati in questo stesso volume. Notiamo infine che il Testamento di cui sopra abbiamo fatto cenno non va confuso col «Testamento spirituale» o, meglio, «Memorie dal 1841 al 1884-5-6 pel sac. Gio. Bosco a' suoi figliuoli salesiani» compilato in un tono ancor più intimo ed accorato che non quello dei «Ricordi confidenziali». Se ne veda il testo al termine della presente raccolta antologica.
Ma l'affetto di don Bosco si spinge oltre il richiamo alle virtù ed al metodo educativo che devono regnare nelle case di Mirabello, di Borgo S. Martino, di Lanzo, di Sampierdarena ecc. Il suo cuore paterno e — perché no? — la sua sollecitudine materna giunge al punto di preoccuparsi della salute fisica del direttore e dei suoi confratelli, delle loro ore di sonno («In ciascuna notte farai sette ore di riposo»; «Non mai comandare cose dannose alla sanità o che impediscano il necessario riposo»), del loro trattamento a tavola («Evita le austerità nel cibo. Le tue mortificazioni siano nella diligenza a' tuoi doveri e nel sopportare le molestie altrui»), del rischio di eccessivo lavoro («Procura di ripartire le cose in modo che niuno sia troppo carico d'incombenze»). Delicatezza, affetto, condivisione di ideali, ansia di partecipazione e di sostegno morale stanno a fondamento di queste brevi e scarne pagine che nella mente di don Bosco avrebbero dovuto tracciare una chiara e precisa linea di condotta per tutti i direttori delle opere salesiane.
E tale è stata pure la persuasione di quanti gli succedettero nella responsabilità generale della congregazione salesiana. I vari Rettori Maggiori se ne sono fatti promotori della diffusione mediante continue edizioni e commenti.'
Durante il Rettorato di don Rua, ad ogni inizio di seduta dei capitoli generali VI e VII se ne dava lettura per partes3 e don Rua stesso ne faceva risaltare, al dire di don Ricaldone, «la bellezza, la preziosità, quasi si trattasse di parole ispirate e di consigli celesti».4 I Regolamenti della società salesiana poi, dal 1924 al 1966 ininterrottamente, recitavano: «[Il Direttore] Rilegga con frequenza per suo conto i Ricordi Confidenziali di Don Bosco (San Giovanni Bosco) ai Direttori».5 Pleonastico aggiungere che trovò spazio e commenti sia nelle MB che nell'Epistolario e negli Annali.'
2 Oltre alla edizione torinese del 1902 ed ai vari testi a stampa di formato ridotto (70/ 80x110/120 mm) e privi della benché minima nota tipografica, i «Ricordi confidenziali» sono stati riprodotti a p. 177 del Manuale del Direttore, a cura di P. ALBERA, pubblicato a S. Benigno Canavese nel 1915 e più volte rieditato con variazioni, a p. 625 del vol. II di P. RICALDONE, Don Bosco Educatore (Colle D. Bosco 1952), ed a p. 22 di Il Direttore salesiano. Un ministero per l'animazione e il governo della comunità locale, a cura della Direzione Generale Opere Don Bosco, Roma 1982. Pure gli ACS 5 (1924) n. 23, pp. 244-248 li riportano in quanto espressamente citati, nelle pagine precedenti, all'articolo 158 dei Regolamenti della società salesiana. Purtroppo alcune volte non è stato indicato il documento manoscritto o litografato che veniva pubblicato; altre volte, nonostante l'esplicita affermazione contraria, il testo riprodotto non è copia fedele all'originale, anzi riproduce tra l'altro un errore di omoteleutia dell'esemplare omotipico del 1886; altre volte infine con la datazione originaria del tempo di don Bosco sono stati messi in circolazione testi a stampa modificati a seguito di avvenimenti successivi. (Il decreto pontificio del 24 aprile 1901 che proibiva esplicitamente a tutti i superiori salesiani di ascoltare le confessioni di qualsiasi persona loro dipendente aveva costretto a cassare l'art. 4 del titolo «Coi giovani allievi» perché in palese contraddizione con la richiesta della S. Sede).
ASC 046 Capitolo Generale VI. Verbale Riunioni; ASC 046 Capitolo Generale VII. Verbale.
4 ACS 17 (1936) n. 74, p. 87.
Regolamenti della società salesiana 1924, 1942, 1954 art. 158; 1966 art. 152.
MB VII 524-526; X 1041-1046; E I 288-290; Annali I 50-53.
Divenuto così un testo ormai classico della tradizione salesiana, definito «breve Vangelo» dell'ufficio di direttore,' con «valore quasi di codice e testamento»,8 specchio sul quale ogni Superiore e ogni Salesiano farà un ottimo esame di coscienza' a buon diritto entrò nelle raccolte antologiche di scritti pedagogici o spirituali di don Bosco.'°
La redazione ultima e definitiva dei «Ricordi confidenziali» porta la data dell'8 dicembre 1886, poco più di un anno prima della morte di don Bosco. Ma tale redazione è preceduta da altre (1863, 1871, 1875, 1876), a loro volta frutto, come abbiamo detto, di successive e documentabili correzioni ed aggiunte. Il reticolo delle varianti — tutte o quasi «varianti d'autore» in quanto risalenti a diverse redazioni e trascrizioni vigilate e corrette da don Bosco, e quindi parimenti autentiche — documenta il processo di formazione del testo dalla prima stesura o abbozzo autografo di don Bosco nel 1863 sino all'esemplare litografato del 1886. Ogni dettaglio, ogni variazione, una volta rilevati, permettono al lettore attento la precisa conoscenza dello svolgersi e maturarsi del pensiero di don Bosco, delle sue preoccupazioni di fondo, dei suoi orientamenti concreti.
Pensiero, preoccupazioni, orientamenti che risultano più autentici in quanto don Bosco si ispira, più che a fonti redazionali determinate, alle proprie esperienze riflesse di sacerdote zelante, di educatore sagace, di fondatore d'una congregazione desideroso di tramandare ai suoi «figli» il suo spirito ed
i suoi ideali. I principi di pedagogia spirituale che don Bosco enuncia sono radicati nella sua prassi educativa quotidiana. Materiali e suggestioni gli vengono immediatamente offerti dal Regolamento dell'Oratorio" e della casa annessa; 12 e in seconda istanza dalla tradizione religiosa e pedagogica con cui poté venire a contatto.
P. ALBERA, Manuale del Direttore..., p. 177.
8 P. STELLA, Don Bosco nella storia della religiosità cattolica, vol. II, p. 447.
ACS 34 (1953) n. 175, p. 11.
1" Si veda P. BRAIDO, Il sistema preventivo di Don Bosco. Torino, PAS 1955, pp. 453-458; G. Bosco, Scritti sul sistema preventivo nell'educazione della gioventù, a cura di P. Braido. Brescia, La Scuola 1965, pp. 282-290; G. Bosco, Scritti spirituali II, a cura di J. Aubry. Roma, Città nuova editrice 1976, pp. 210-215; SAN JUAN Bosco, Obras fundamentales, por J. Canals Pujol y A. Martinez Azcona. Madrid, Biblioteca de autores cristianos 1979, pp. 548-556.
" ASC 026(1...) Si confronti ad es. il testo dei «Ricordi confidenziali» con le seguenti affermazioni del Regolamento dell'Oratorio: «[Il Rettore] deve [...] mostrarsi costantemente amico, compagno, fratello di tutti; perciò sempre incoraggire [sic] ciascuno all'adempimento de' propri [doveri] in modo di preghiera, non mai di comando [...]. Una volta al mese radunerà tutti gli impiegati dell'Oratorio per sentire e proporre quanto può occorrere pel bene dei giovani [corr ex confratelli] [...] Deve essere pronto ad accogliere con bontà quegli impiegati che a lui si dirigessero e dare loro que' suggerimenti che possono tornare utili al mantenimento dell'ordine, a promuovere la gloria di Dio ed il vantaggio spirituale delle anime [corr ex dei confratelli]».
12 ASC 026(20...) Nei «Ricordi confidenziali» si trovano espressioni simili a queste del Regolamento per le case della società di S. Francesco di Sales: «[Il catechista] procuri che i capi de' dormitori siano diligenti ne' loro doveri e tengano buona condotta [...] Avvenendo qualcheduno ammalato abbi cura che nulla gli manchi né per lo spirituale né pel temporale [...] [Il Direttore della scuola] abbia poi frequenti relazioni coi suoi impiegati per udire i loro riflessi intorno alla moralità de' giovani ed anche per dare loro que' consigli che egli ravvisasse utili per la gloria di Dio e pel bene delle anime». Ricordiamo qui che i Regolamenti a loro volta altro non erano che «una raccolta di osservazioni, precetti e massime che parecchi anni di studio e di esperienze (1841-1855) hanno suggerito»: Bibliofilo Cattolico o Bollettino Salesiano Mensuale, anno I, n. 2, ottobre 1877.
Così ad esempio la formula attorno a cui ruota l'intero programma della lettera. «Studia di farti amare prima di (piuttosto che; se vuoi) farti temere» è di lontana ascendenza agostiniana 13 ma era stata ripresa da S. Benedetto,m dalle costituzioni della Compagnia di Gesù,'s oltre che dagli Ordini o Congregazioni che avevano adottato la Regola di S. Agostino." Così anche per quanto concerne il metodo che deve stare alla base dell'azione del direttore — metodo che si ispira alla dolcezza, alla carità — basti ricordare, fra i tanti, gli scritti del Binet," del de La Salle," del Rollin e del Monfat,19 di fratel Agatone,20 tutti pubblicati, ristampati, o comunque conosciuti, in quegli anni.
13 PL 33 965 Epist,ICCXI 15. La formula ha origini più lontane, nel mondo classico romano: Cfr. K. GROSS, Plus amari quam timeri. Eine antike politische Maxime in der Benediktinerregel, in «Vigiliae Christianae» 27 (1973) 218-229.
" Regola di S. Benedetto, cap. LXIV.
15 Parte VIII: Mezzi per unire con il proprio capo e tra loro i soggetti sparsi dappertutto. Il gesuita N. LANCICIUS, nel suo volume De conditionibus boni Superioris necessariis tum ut a subditis ametur, et ut ejus jussa libenter exequantur; tum ut ei suam conscientiam sincere aperiant, et alla omnia; ac in religione, vel congregatione, cum gaudio spiritus et profectu spirituali, vivant et perseverent (I ed. 1640; altera ed. 1901) citava più volte la suddetta formula (p. 18, p. 74, p. 295).
16 Ad es. Regola di S. Agostino per le monache cavata dalla Pistola CCXI colla sposizione di Ugone da S. Vittore. Torino, Giacinto Marietti 1836, p. 13; Regola o Costituzione delle Suore di S. Domenico, Roma-Torino [s.d.], p. 17.
" E. BINET, Dell'arte di governare. Quale è il governo migliore, il severo o il dolce? (traduzione di P. Antonio Bresciani). Modena 1839, Torino 1843, Napoli 1852. La prima edizione, in lingua francese, risaliva al 1638.
18 Nei suoi scritti il de La Salle sovente faceva riferimento alla dolcezza, all'amore quale elemento indispensabile per l'opera educativa. Cfr., ad es., le meditazioni per la II domenica dopo Pentecoste, per la festa di s. Anselmo e di s. Francesco di Sales.
19 Cfr. J.M. PRELLEZO, Fonti letterarie della circolare «Dei castighi da infliggersi nelle case salesiane», in «Orientamenti Pedagogici» 27 (1980) 625-642; ID., Dei castighi da infliggersi nelle case salesiane. Una lettera circolare attribuita a Don Bosco, in RSS 5 (1986) 263-308.
20 Le dodici virtù di un buon maestro accennate dall'ab. De La Salle, istitutore dei Fratelli delle scuole cristiane spiegate dal P E Agatone Superiore generale del suddetto istituto. Torino, Marietti 1835. Si veda il cap. VIII: «La dolcezza». Ricordiamo qui altri volumetti del tempo che dedicavano alcune pagine alla «douceur» nell'ambito delle congregazioni religiose: Du Gouvernement des Communautés religieuses par R.P. B. Valuy, T ed. Paris, J.B. Pélaugaud 1866; Le bon Supérieur ou les qualités d'un bon frère directeur d'après l'esprit du vénérable père Champagnat fondateur de l'Institut des Petits-Frères-de-Marie. Lyon-Paris 1924. Gli Avvertimenti per gli educatori ecclesiastici della gioventù di Alessandro Teppa barnabita (Roma, Poliglotta 1868), l'Educazione morale e fisica del clero conforme ai bisogni religiosi e civili per Guglielmo Audisio (Torino, stamperia reale 1845; Napoli presso G. Dura 1854), il già citato De conditionibus boni Superioris... del Lancicius. Anche pagine dell'Aporti, del Lambruschini, del Dupanloup, o della letteratura educativa francese (Fénelon, Lancelot, Fleury, ecc.) contenevano elementi particolari che Don Bosco potrebbe avere assimilato ed incorporato in una concezione educativa e religiosa propria. Si veda altresì G. Bosco: Il sistema preventivo nella educazione della gioventù. Introduzione e testi critici, a cura di P. Braido, in RSS 4 (1985) 197-208.
Evidentemente si tratta solo di punti di contatto, di citazioni ad sensum, di parziali affinità di pensiero e di metodo che don Bosco riscrive in forme inedite e personali, mentre permangono idee o posizioni non coincidenti. Del resto gli umili consigli di don Bosco a don Rua ed agli altri direttori salesiani sono ben lontani dalle trattazioni sistematiche o anche solo dalle parziali teorizzazioni dei citati autori.
Il testo dei «Ricordi confidenziali ai Direttori» ci è stato trasmesso da una serie di manoscritti e copie omotipiche tuttora conservate nell'ASC.2' Per la loro minuziosa descrizione rimandiamo a quanto abbiamo già avuto modo di fare in RSS 4, anno III, N. 1, 1984, pp. 129-143.
In questa sede si pubblica l'esemplare a stampa dell'8 dicembre 1886. L' apparato critico registra solo le variazioni più ampie e significative intervenute fra la bella copia da don Bosco inviata a don Rua nell'autunno 1863 [. A] rispetto al testo definitivo. Per quanto concerne l'intero processo di formazione del documento, dalla prima redazione olografa alla copia litografata, si vedano le note critiche nella citata edizione di RSS pp. 145-160. Un'unica eccezione: quella della linea 14 in cui appare un intervento correttivo di don Bosco su un esemplare del 1875-1876 [= Eb].
21 Ultimamente è pervenuto all'ASC, donato dalle responsabili dell'Archivio Generale delle Figlie di Maria Ausiliatrice, un altro apografo dei «Ricordi». Si tratta di una copia trascritta verosimilmente da Don Berto su due fogli doppi formato protocollo, cui Don Bosco ha aggiunto di suo pugno la data (27 ottobre 1873) e la firma. Il documento è indirizzato al Direttore della casa di Valsalice, che in quell'anno era Don Francesco Dalmazzo.
IL TESTO
A = prima stesura manoscritta di don Bosco della lettera inviata a don Rua nell'ott,/nov. 1863
E = copia dei «Ricordi», trascritta presumibilmente da don Berto alla fine del 1875
Eb = intervento di don Bosco nella copia manoscritta di don Berto
1° Niente ti turbi.
2° Evita le austerità nel cibo. Le tue mortificazioni siano nella diligenza a' tuoi doveri e nel sopportare le molestie altrui. In ciascu- 5 na notte farai sette ore di riposo. E stabilita un'ora di latitudine in più o in meno per te e per gli altri, quando v'interverrà qualche ragionevole causa. Questo è utile per la sanità tua e per quella de' tuoi dipendenti.
3° Celebra la Santa Messa e recita il Breviario pie, attente ac de- 10 vote. Ciò sia per te e pe' tuoi dipendenti.
4° Non mai omettere ogni mattina la meditazione e lungo il giorno una visita al SS. Sacramento. Il rimanente come è disposto dalle Regole della Società.
5° Studia di farti amare piuttosto che farti temere. La carità e la 15 pazienza ti accompagnino costantemente nel comandare, nel correggere, e fa in modo che ognuno dai tuoi fatti e dalle tue parole conosca che tu cerchi il bene delle anime. Tollera qualunque cosa quando trattasi d'impedire il peccato. Le tue sollecitudini siano dirette al bene 20 spirituale, sanitario e scientifico dei giovanetti dalla Divina Provvidenza a te affidati.
1 Ricordi...di...] Al suo amatissimo figliuolo D. Rua Michele il Sac. Bosco Gio' salute nel Signore. // Poiché la divina provvidenza ha disposto che noi possiamo aprire una casa destinata a promuovere il bene della gioventù in Mirabello ho pensato che possa tornare a gloria di Dio e a vantaggio delle anime affidandone a te la direzione. Ma siccome non posso sempre trovarmi al tuo fianco per suggerirti quelle cose che forse tu hai più volte udito o veduto praticarsi tra noi e che io vorrei spesso ripeterti; così spero farti cosa grata scrivendoti qui alcuni avvisi che ti potranno servire di norma nell'operare. Ti parlo colla voce di un tenero padre che apre il suo cuore ad uno de' suoi più cari figliuoli. Voglio scriverli di mia mano perché tu abbia sempre teco un pegno del grande affetto che ti porto, e ti siano di memoria permanente del vivo desiderio che nutro che tu guadagni molte anime al Signore. A
4-5 Le tue...altrui om A
6 farai sette] non fare meno di sei A
6-8 È stabilita... causa om A
15 piuttosto che] prima di A Se vuoi corr Eb
15-18 La carità...conosca] Nel comandare e correggere fa sempre vedere A
6° Nelle cose di maggior importanza fa' sempre breve elevazione di cuore a Dio prima di deliberare. Quando ti è fatta qualche relazio ne, ascolta tutto, ma procura di rischiarare bene i i fatti e di ascoltare 25 ambe le parti prima di giudicare. Non di rado certe cose a primo annunzio sembrano travi e non sono che paglie. p. 2
1° Procura che ai Maestri nulla manchi di quanto loro è necessario pel vitto e pel vestito. Tien conto delle loro fatiche, ed essendo 30 ammalati o semplicemente incomodati, manda tosto un supplente nella loro classe.
2° Parla spesso con loro separatamente o simultaneamente; osserva se non hanno troppe occupazioni; se loro mancano abiti, libri; se hanno qualche pena fisica o morale; oppure se in loro classe abbiano 35 allievi bisognosi di correzione o di speciale riguardo nella disciplina, nel modo e nel grado dell'insegnamento. Conosciuto qualche bisogno, fa quanto puoi per provvedervi.
3° In Conferenze apposite raccomanda che interroghino indistintamente tutti gli allievi della classe; leggano per turno i lavori d'ognuno 40. Fuggano le amicizie particolari e le parzialità, né mai introducano allievi od altri in camera loro.
4° Dovendo dare incombenze od avvisi agli allievi, si servano di una sala o camera stabilita a quest'uopo.
5° Quando ricorrono Solennità, Novene o Feste in onore di Ma-45 ria SS., di qualche Santo Patrono del paese, del Collegio, o qualche Mistero di Nostra Santa Religione, ne diano annunzio con brevi parole, ma non omettano mai.
35 nella disciplina om A
40-41 né mai...loro om A
42-43 Dovendo...uopo om A
46-47 annunzio...mai] cenno con un semplice annuncio A
6° Si vegli affinché i Maestri non mandino mai allievi via di scuola ed ove vi fossero assolutamente costretti li facciano accompagnare al Superiore. Neppure percuotano mai per nessun motivo i ne- so gligenti o delinquenti. Succedendo cose gravi se ne dia tosto avviso al Direttore degli Studi o al Superiore della Casa.
7° I Maestri fuori della scuola non esercitino alcuna autorità su' loro allievi, e si limitino ai consigli, agli avvisi o al più alle correzioni che permette e suggerisce la carità ben intesa. 55
1° Quanto si è detto dei Maestri si può in gran parte applicare agli Assistenti ed ai Capi di Dormitorio.
2° Procura di distribuire le occupazioni in modo che tanto essi quanto i Maestri abbiano tempo e comodità di attendere ai loro 60 studii.
3° Trattieniti volentieri con essi per udire il loro parere intorno alla condotta dei giovani ai medesimi affidati. La parte più importante dei loro doveri sta nel trovarsi puntuali al luogo dove si raccolgono i giovani pel riposo, scuola, lavoro, ricreazione e simili. 65
4° Accorgendoti che taluno di essi contragga amicizia particolare con qualche allievo, oppure che l'ufficio affidatogli, o la moralità di lui sia in pericolo, con tutta prudenza lo cangerai d'impiego; se continua il pericolo, ne darai tasto avviso al tuo Superiore.
5° Raduna qu'alche volta i Maestri, gli Assistenti, i Capi di Dormitorio 70 e a tutti dirai che si sforzino per impedire i cattivi discorsi, allontanare ogni libro, scritto, immagini, pitture (hic scientia est) e qualsiasi cosa che metta in pericolo la regina delle virtù, la purità. Diano buoni consigli, usino carità con tutti.
6° Sia oggetto di comune sollecitudine scoprire gli allievi che fossero 75 pericolosi; scopertine inculca che ti siano svelati.
48-55 6° Si vegli... intesa om A
56 Capi di Dormitorio] coi capi di camerata A
59-61 di distribuire...studii] che abbiano il tempo e la comodità di andare a scuola,
studiare, sempre per altro in modo compatibile coi loro doveri A
63-65 La parte...simili] Si trovino puntuali al loro dovere; facciano ricreazione coi giovani A
74 con tutti] coi giovani A
75-76 Sia oggetto...svelati] Conoscendo qualche allievo pericoloso a' suoi compagni inculca che ti sia svelato, e se ne faccia oggetto delle comuni sollecitudini A
1° Fa' in modo che ogni mattina possano ascoltare la S. Messa ed accostarsi ai SS. Sacramenti secondo le regole della Società. Le perso sone di servizio si esortino alla Confessione ogni quindici giorni od una volta al mese.
2° Usa gran carità nel comandare, facendo conoscere colle parole e coi fatti che tu desideri il bene delle anime loro: veglia specialmente che non contraggano familiarità coi giovani o con persone 85 esterne.
3° Non mai permettere che entrino donne nei dormitori od in cucina, né trattino con alcuno della casa se non per cose di carità o di assoluta necessità. Questo articolo è della massima importanza.
4° Nascendo dissensioni o contese tra le persone di servizio, tra gli 90 assistenti, tra i giovani od altri, ascolta ognuno con bontà, ma per via ordinaria dirai separatamente il tuo parere in modo che uno non oda quanto si dice dell'altro.
5° Alle persone di servizio sia stabilito per capo un coadiutore di probità conosciuta, che vegli sui loro lavori e sulla loro moralità, affinché 95 non succedano furti né facciansi cattivi discorsi. Ma si adoperi costante sollecitudine per impedire che alcuno si assuma commissioni, p. 4 affari riguardanti i parenti, od altri esterni, chiunque siano.
1° Non accetterai mai allievi espulsi da altri Collegi, o de' quali ioo ti consti essere di mali costumi. Se malgrado la debita cautela, accadrà di accettarne alcuno di questo genere, fissagli subito un compagno sicuro che lo assista e non lo perda mai di vista. Qualora egli manchi in cose lubriche, si avvisi appena una volta, e se ricade, sia immediatamente inviato a casa sua.
77 Coi Coadiutori e om A
78-79 Fa' in modo...Sacramenti] Non abbiano famigliarità co' giovani, e fa' in modo
che possano ogni mattina ascoltare la santa messa ed accostarsi ogni quindici giorni
od una volta al mese ai santi sacramenti A
82-83 colle parole e coi fatti om A
83-85 veglia...esterne om A
87-88 assoluta om A
93-97 Alle persone...siano] Sia stabilito un capo alle persone di servizio di probità conosciuta. Costui invigili specialmente sul lavoro e sulla moralità de' subalterni, e si adoperi con zelo affinché non succedano furti né facciansi cattivi discorsi A
102 lo assista...vista] non l'abbandoni più A
2° Procura di farti conoscere dagli allievi e di conoscere essi pas- 105 sando con loro tutto il tempo possibile adoperandoti di dire all'orecchio loro qualche affettuosa parola, che tu ben sai, di mano in mano ne scorgerai il bisogno. Questo è il gran segreto che ti renderà padrone del loro cuore.
3° Dimanderai: — Quali sono queste parole? Quelle stesse che no un tempo per lo più furono dette a te. P.E.: Come stai? — Bene. E di anima? — Così così. — Tu dovresti aiutarmi in una grande impresa; mi aiuterai? — Sì, ma in che cosa? — A farti buono. Oppure: A salvarti l'anima; oppure: A farti il più buono dei nostri giovani. Coi più dissipati: — Quando vuoi cominciare? — Che cosa? — Ad essere 115 la mia consolazione; a tenere la condotta di S. Luigi. A quelli che sono un po' restii ai santi Sacramenti: — Quando vuoi che rompiamo le corna al Demonio? — In che modo? — Con una buona confessione. — Quando vuole [?]. — Al più presto possibile. Altre volte: — Quando faremo un buon bucato? Oppure: Ti senti di aiutarmi 120 a rompere le corna al Demonio? Vuoi che siamo due amici per gli affari dell'anima? Haec aut similia.
4° Nelle nostre Case il Direttore è il Confessore Ordinario, perciò fa' vedere che ascolti volentieri ognuno in Confessione, ma da' loro ampia libertà di confessione da altri se lo desiderano. Fa' ben 125 conoscere che nellpf votazioni sulla condotta morale tu non ci prendi parte e studia di allontanare sin l'ombra di sospetto che tu abbia a servirti, oppure anche ricordarti di quanto fu detto in Confessione. Neppure apparisca il minimo segno di parzialità verso chi si confessasse da uno a preferenza di un altro. 130
5° Il piccolo Clero, la Compagnia di S. Luigi, del SS. Sacramento, dell'Immacolatta Concezione siano raccomandate e promosse. Dimostra benevolenza e soddisfazione verso coloro che vi sono ascritti; ma tu ne sarai soltanto promotore e non Direttore; considera 135 tali I cose come opera dei giovani la cui direzione è affidata al p. .5 Catechista.
105-106 Procura...adoperandoti] Fa quanto puoi per passare in mezzo ai giovani tutto il tempo della ricreazione, e procura A
110-128 Dimanderai...Confessione] Fa' vedere che li ascolti volentieri in confessione, ma da loro libertà di confessarsi da altri se lo desiderano. Studia di allontanare fin l'ombra di sospetto, che tu ricordi quanto fu detto in confessione A
131-136 5° Il piccolo...Catechista] 4° Inizia la società dell'Immacolata Concezione; ma tu ne sarai soltanto promotore e non direttore; considera tal cosa come opera de' giovani A
6° Quando riesci a scoprire qualche grave mancanza, fa' chiamare il colpevole o sospettato tale in tua camera e nel modo il più caritatevole procura di fargli dichiarare la colpa e il torto nell'averla 140 commessa; e di poi correggilo e invitalo ad aggiustar le cose di sua coscienza. Con questo mezzo e continuando all'allievo una benevola assistenza si ottennero dei maravigliosi effetti e delle emendazioni che sembravano impossibili.
145 1° Prestiamo volentieri l'opera nostra pel servizio religioso, per la predicazione, per celebrare Messe a comodità del pubblico e ascoltare le confessioni tutte le volte che la carità e i doveri del proprio stato lo permettono, specialmente a favore della parrocchia nei cui limiti trovasi la nostra casa. Ma non assumetevi mai impieghi o altro 150 che importi assenza dallo stabilimento o possa impedire gli uffizi a ciascuno affidati.
2° Per cortesia siano talvolta invitati Sacerdoti esterni per le predicazioni, od altro in occasione di Solennità, di trattenimenti musicali e simili. Lo stesso invito si faccia alle Autorità e a tutte le persone bene-155 voli o benemerite per favori usati o che siano in grado di usarne.
3° La carità e la cortesia siano le note caratteristiche di un Direttore tanto verso gli interni quanto verso gli esterni.
4° In caso di questioni sopra cose materiali accondiscendi in tutto quello che puoi, anche con qualche danno purché si tenga lontano ogni 160 appiglio di liti, od altro che possa far perdere la carità.
5° Se trattasi di cose spirituali, le questioni risolvonsi sempre come possono tornare a maggior gloria di Dio. Impegni, puntigli, spirito di vendetta, amor proprio, ragioni, pretensioni ed anche l'onore, tutto deve sacrificarsi per evitare il peccato.
6° Nelle 165 cose di grave importanza è bene di chiedere tempo per pregare e dimandare consiglio a qualche pia e prudente persona.
145-155 Prestiamo...usarne om A
159-160 si tenga...carità] si conservi la carità A
164 per evitare il peccato] in questo caso A
1° L'esatta osservanza delle Regole e specialmente dell'ubbidienza sono la base di tutto. Ma se vuoi che gli altri obbediscano a te, sii tu ubbidiente a' tuoi superiori. Niuno è idoneo a comandare, se non è ca- 170 pace di ubbidire.
2° Procura di ripartire le cose in modo che niuno sia troppo carico d'incombenze, ma fa' che ciascuno adempia fedelmente quelle che gli sono affidate.
3° Niuno della Congregazione faccia contratti, riceva danaro, 175 faccia mutui o imprestiti ai parenti, agli amici o ad altri. Né alcuno conservi danaro od amministrazione di cose temporali senza esserne direttamente autorizzato dal Superiore. L'osservanza di questo articolo terrà lontano la peste più fatale alle Congregazioni religiose.
4° Abborrisci come veleno le modificazioni delle Regole. L'esatta 180 osservanza di esse è migliore di qualunque variazione. Il meglio è nemico del bene.
5° Lo studio, il tempo, l'esperienza mi hanno fatto conoscere e toccar con mano che la gola, l'interesse e la vanagloria furono la rovina di floridissime Congregazioni e di rispettabili Ordini Religiosi. Gli 185 anni faranno conoscere anche a te delle verità che forse ora ti sembreranno incredibili.
6° Massima sollecitudine nel promuovere con le parole e co' fatti la vita comune.
1° Non mai comandare cose che giudichi superiori alle forze dei subalterni, oppure prevedi di non essere ubbidito. Fa' in modo di evitare i comandi ripugnanti; anzi abbi massima cura di secondare le inclinazioni di ciascuno affidando di preferenza quegli uffizi che a taluno si conoscono di maggior gradimento. 195
2° Non mai comandare cose dannose alla sanità o che impedi scono il necessario riposo o vengano in urto con altre incombenze od ordini di altro superiore.
3° Nel comandare si usino sempre modi e parole di carità e di 200 mansuetudine. Le minaccio, le ire, tanto meno le violenze, siano sempre lungi dalle tue parole e dalle tue azioni.
167-222 Con quelli...dell'Oratorio om A
4° In caso di dover comandare cose difficili o ripugnanti I al su- p. 7 balterno si dica P.E.: — Potresti fare questa o quell'altra cosa? Oppure: Ho cosa importante, che non vorrei addossarti, perché difficile, ma non 205 ho chi al pari di te possa compierla. Avresti tempo, sanità; non te lo impedisce altra occupazione, ecc.? L'esperienza ha fatto conoscere che simili modi, usati a tempo, hanno molta efficacia.
5° Si faccia economia in tutto, ma assolutamente in modo che agli ammalati nulla manchi. Si faccia per altro a tutti notare che abbiamo 210 fatto voto di povertà, perciò non dobbiamo cercare, nemmeno desiderare agiatezza in cosa alcuna. Dobbiamo amare la povertà ed i compagni della povertà. Quindi evitare ogni spesa non assolutamente necessaria negli abiti, nei libri, nel mobiglio, nei viaggi, ecc.
Questo è come Testamento che indirizzo ai Direttori delle Case 215 Particolari. Se questi avvisi saranno messi in pratica, io muoio tranquillo perché sono sicuro che la nostra Società sarà ognor più fiorente in faccia agli uomini e benedetta dal Signore, e conseguirà il suo scopo che è la maggior gloria di Dio e la salvezza delle anime.
Aff.mo in G.C.
220 Sac. Gio. Bosco
Torino, 1886, festa dell'Immacolata Concezione di Maria SS.,
45° anniversario della fondazione dell'Oratorio
a cura di Antonio Ferreira da Silva
Tra le passeggiate autunnali di don Bosco è celebre quella che nel 1864 lo portò insieme ai suoi ragazzi a Mornese. Provenendo da Genova, dove si erano trattenuti dal 3 al 6 ottobre, gli escursionisti sostarono nel borgo monferrino dal giorno sette all'undici. Fu la prima volta che Maria Mazzarello e le sue compagne videro il santo, confermandosi nel proposito di lasciarsi guidare da lui in quella impresa che approdò alla fondazione dell'Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice.'
Data l'importanza ecclesiale di questo Istituto, non a caso la maggior parte dei documenti che rievocano la suddetta escursione concentrano l'attenzione su questo incontro, trascurando un avvenimento secondario, ma significativo: il colloquio, la sera dell'otto ottobre, tra don Bosco e il maestro Bodrato.
Nato a Mornese il 18 ottobre 1823, Francesco Bodrato faceva i suoi studi mentre aiutava il padre nel negozio di pizzicagnolo. Presto, però, dovette lasciare lo studio per fare il calzolaio. Quando aveva 17 anni gli morì il padre. Ai venti si sposava con Brigida Pizzarino, che gli diede due figli. Rimasto vedovo, aprì un negozio proprio, dove serviva caffè e liquori.
' Cfr. Copia publica transumpti Processus Apostolica auctoritate constructi in Curia ecclesiastica Aquensi super virtutibus et miraculis in specie Servae Dei Mariae Dominicae Mazzarello primae Superiorissae Instituti Filiarum Mariae Auxiliatricis, art. 41, pp. 54 e 439.
Ferdinando MACCONO, Suor Maria Mazzarello prima Superiora delle Figlie di Maria Ausiliatrice fondate dal Venerabile Giovanni Bosco. Torino, Libreria Editrice Internazionale [1913], p. 108.
Ferdinando MACCONO, L'apostolo di Mornese Sac. Domenico Pestarino. Torino, SEI [1927], p. 106.
Era stimato da tutti per l'onestà e l'intraprendenza. Don Pestarino,2 che era vice-parroco e ne ammirava le abilità e lo zelo, lo mandò a Chiavari per frequentare la scuola di metodo.' Bodrato concludeva il corso il 6 ottobre 1858 con risultato positivo, conseguendo il 12 novembre di quell'anno la patente di maestro elementare inferiore. Gli fu allora affidata la scuola comunale di Mornese. Egli, inoltre, si dedicava alla catechesi dei fanciulli e alla Società dei Figli di Maria Immacolata, per orientamento vocazionale.
Quel sabato 8 ottobre 1864 doveva imprimere alla sua esistenza un indirizzo totalmente nuovo. Attratto dalla bontà di don Bosco e desideroso di dedicarsi alla pratica del metodo educativo, i cui effetti aveva potuto personalmente costatare nella gioiosa schiera dei giovani dell'Oratorio che erano passati a Mornese, risolse di andare a Torino, affidò a don Bosco l'educazione dei suoi due figli e vestì l'abito chiericale il 29 ottobre 1864.
Don Bosco lo inviò subito a Lanzo come insegnante di terza e di quarta elementare. Il collegio aveva iniziato le attività in quell' autunno, assumendo anche la gestione delle scuole comunali. Fino allora in esse era regnata tale indisciplina che i maestri precedenti avevano tutti abbandonato il campo.
2 Sac. Domenico PESTARINO, nato a Mornese (Alessandria-Italia) il 5 gennaio 1817, compì gli studi nel Seminario di Genova; ordinato sacerdote nel 1839, rimase in Seminario fino al 1846, andando poi a Mornese, ove fece il vice-parroco. Nel 1862 conobbe don Bosco a Torino. Salesiano nel '63, rimase a Mornese fino alla morte, collaborando con don Bosco nella fondazione dell'Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice. Morì il 15 maggio 1874.
3 Le scuole di metodo erano obbligatorie per tutti i maestri in esercizio, che avevano meno di 50 anni. Anche quelli che non erano maestri vi potevano essere ammessi, previo esame. La scuola di Chiavari fu istituita nel 1848. Il corso durava tre mesi, dal 1° agosto al 20 ottobre. Gli insegnamenti venivano impartiti da un professore, da un assistente e da un maestro di calligrafia. Il programma comprendeva sia una parte di pedagogia sia il contenuto delle materie che si insegnavano nella scuola elementare e i loro metodi specifici. Al termine del corso gli allievi erano tenuti a sostenere un esame, scritto e orale, che valeva anche per il conseguimento della patente di maestro elementare. Destinate a formare maestri delle scuole elementari e a diffondere universalmente la cognizione e la pratica delle migliori dottrine (cfr. Regie patenti del 1° agosto 1845, N. 515) le scuole di metodo provinciali furono il primo nucleo dal quale si svilupparono poi le scuole normali istituite prima dalla legge Lanza (1858) e poi dalla legge Casati (13 novembre 1859). Ma le esigenze e i programmi di massima subirono spesso notevoli riduzioni sia per le difficoltà finanziarie dello Stato sia per la necessità di adeguamento alle condizioni culturali degli aspiranti, del resto richiesti in numero crescente da una scuola in espansione. Si ebbero, così, vari tipi e modalità di abilitazione all'insegnamento elementare, inferiore o superiore. «Gli esami erano aperti a tutti gli aspiranti 'dovunque e comunque' avessero compiuti i loro studi, purché di età non inferiore a 18 anni se uomini, 17 se donne, per il grado inferiore; ai 19 e 18 rispettivamente, per il grado superiore» (I. ZAMBALDI, Storia della scuola elementare in Italia. Roma, LAS 1975, p. 229; Cfr. l'intero cap. VII. Scuole per i maestri, pp. 221-239).
Con l'esperienza acquisita a Mornese il nuovo insegnante impostò il lavoro in modo tale che l'ispettore governativo, visitate attentamente le scuole, si felicitava della trasformazione avvenuta, tributando grandi lodi al maestro.
Il 2 dicembre 1865, a Novara, Bodrato superava gli esami per il conseguimento della patente di maestro elementare superiore, che gli veniva concessa il 14 di quel mese.
Don Bosco ne ricevette la professione perpetua il 29 dicembre di quello stesso anno. Gli affidò, quindi, la carica di prefetto (amministratore) del collegio, ufficio che egli uni a quello di insegnante. Pratico della gioventù, ispirato da affetto cristiano verso i convittori, Bodrato seppe rendersi padrone dei cuori, vivendo a Lanzo un sessennio eccezionalmente fecondo.
La consacrazione sacerdotale, ricevuta il 29 dicembre 1869, aggiunse nuove possibilità al suo impegno educativo.
Nel 1871 passò a Alassio e, dopo due anni, a Borgo San Martino, sempre in qualità di prefetto. Del suo ufficio, che lo metteva a contatto con ogni persona della casa, egli si servì per impedire il male e promuovere il bene così efficacemente che in collegio egli veniva soprannominato il medico degli incurabili.
Nel 1875 don Bosco lo chiamò all'Oratorio come prefetto di sagrestia del santuario di Maria Ausiliatrice. Presto, però, dovette assumere la carica di economo generale della Società Salesiana, ma vi rimase soltanto un anno.
Allestendosi nel 1876 la seconda spedizione missionaria, don Bosco vide in don Bodrato l'uomo maturo e saggio in grado di guidarla.
Il 7 novembre pa1rtì da Torino con uno stuolo di 22 missionari avviandosi prima a Roma e s'inibarcò poi a Genova donde salpò il 14 dello stesso mese. Giunse a Buenos Aires il 22 dicembre. In Argentina fu parroco alla Boca, popolare quartiere di Buenos Aires. Nel 1878 era già ispettore della Ispettoria Americana, che comprendeva le case e le missioni salesiane dell'Argentina e dell'Uruguay. Moriva a Buenos Aires il 4 agosto 1880.
Morto il Bodrato, il conte Cays 4 fu incaricato di tracciarne un profilo biografico. Nel suo lavoro egli poteva servirsi anzitutto delle testimonianze di don Bosco e di tanti che, come lui stesso, avevano conosciuto di persona il protagonista. Inoltre, aveva a sua disposizione le lettere scritte dal Bodrato e una breve sintesi biografica — specialmente attenta alla sua attività missionaria — già pubblicata sul «Bollettino Salesiano».5
4 Sac. Carlo CAYS, conte, nato a Torino il 24 novembre 1813, da famiglia nobile e antica, conseguì la laurea in giurisprudenza all'Università di Torino. Vedovo a 32 anni, dedicò il resto della vita all'educazione dell'unico figlio e alle opere di bene; membro e poi presidente a Torino delle Conferenze di S. Vincenzo de' Paoli. I giovani degli oratori di S. Francesco di Sales, di S. Luigi e dell'Angelo Custode lo ebbero spesso catechista, priore, benefattore. Dal '57 al '60 fu deputato al Parlamento Subalpino. L'anno 1877 si ridestò in lui l'antico desiderio di abbracciare la vita religiosa. Il 26 maggio di quell'anno fece il suo ingresso a Valdocco. Nel settembre del 1878 fu ordinato sacerdote a Torino. Fatto dapprima direttore a Challonges (Savoia) fu poi richiamato a Torino in qualità di direttore delle Letture Cattoliche. Morì il 4 ottobre 1882.
Il Cays, però, non riuscì a terminare il suo lavoro. Il 27 marzo 1881 egli inviava una lettera a don Rua, accompagnandola con le lettere di don Bodrato e altro materiale informativo, insieme a quanto era riuscito fino allora a scrivere.
Possiamo assegnare al lavoro del Cays uno spazio di tempo che va dal settembre 1880 al marzo 1881. Esso è contenuto in un quaderno manoscritto, formato 20,9x13,3 cm., senza righe, con i fogli numerati solo nel verso da 1 a 119. La carta è ingiallita, con molte macchie, ma in buono stato di conservazione. È il testo che indicheremo con la sigla A.
Questo abbozzo di biografia non include il dialogo tra don Bosco e il maestro Francesco Bodrato. La narrazione dell'incontro di Mornese è, infatti, esclusivamente finalizzata a mostrare il modo con cui il Bodrato arriva alla decisione di farsi salesiano.
Dell'incontro il Cays ha lasciato tre redazioni; tutte e tre ignorano il dialogo pedagogico. La prima è contenuta nelle pp. 28-31 del testo A. Le altre due, testi B e C, si trovano in fondo al quaderno, in pagine non numerate. La prima delle due, il testo B, viene rigettata dallo stesso Cays che la cancella con un tratto di penna dall'alto in basso. È l'unica che riporta l'espressione «e fattane più intima conoscenza dopo particolari colloqui seco lui tenuti»: può far supporre l'esistenza di un dialogo su problemi educativi quale fu poi tramandato.
C'è, però, dell'altro. Tra i fogli 31 e 32 del quaderno A vengono inseriti dallo stesso Cays due fogli senza numerazione, con le medesime caratteristiche di quelli del quaderno manoscritto. Essi contengono due redazioni diverse della prima parte del dialogo. Le abbiamo indicate con le sigle D e E. Come si può rilevare dalla nostra edizione, le redazioni sostanzialmente coincidono e le diversità sono piuttosto di carattere formale.
Nei testi manoscritti manca la redazione della seconda parte del dialogo.
5 Cfr. BS 4 (1880), n. 9, sett., pp. 1-3; n. 10, ott., pp. 1-4.
Questa non è da attribuirsi al Cays, il quale, come abbiamo detto, ha restituito a don Rua il suo lavoro ancora incompiuto, il quale è stato rivisto, a quanto sembra, anche dal Cagliero.
Della biografia del Bodrato furono fatte le bozze di stampa, che chiamiamo testo E È un fascicolo soltanto rilegato, di pagine 152, con la copertina grigia, carta ingiallita, ma in buono stato di conservazione, dimensioni 18,8x13,4 cm.
Tra esse e il manoscritto del Cays ci dovrebbe essere stato un manoscritto intermedio che potrebbe giustificare le notevoli differenze esistenti tra i due testi F e A. La principale di esse è che le bozze di stampa riportano la seconda parte del dialogo, la quale non esiste nel testo del Cays. L'intero «dialogo» è riportato da pagina 35 a pagina 38. Da pagina 33 a pagina 35 si trova la descrizione del pranzo di Mornese. A pagina 35, riga 12, vi è un caratteristico segno di rimando a matita, prima delle parole «Don Bosco se ne sbrigava...» e a pagina 39 un analogo segno di rimando a riga tre, dopo «Bodrato». Il contenuto delimitato dai due segni da pagina 35 a pagina 39 viene riportato integralmente e fedelmente nel volume VII delle Memorie Biografiche (1909) alle pp. 761-763.
Non abbiamo dati sicuri circa la data delle bozze di stampa, ma con grande probabilità esse risalgono agli anni 1881-1882.
Soltanto nel 1901, con la pubblicazione del Vademecum degli ascritti salesiani da parte di d. Giulio Barberis, videro la luce alcuni cenni biografici del Bodrato. Stampato a S. Benigno Canavese, dalla Scuola Tipografica Salesiana, il Vademecum esce in questa prima edizione in due volumi di complessive 1188 pagine, in formato 13,8x9 cm.
Com'è noto, il Vademecum contiene ammaestramenti e consigli esposti agli ascritti della Pia Società di S. Francesco di Sales da don Barberis che celebrava allora il venticinquesimo del suo lavoro come maestro dei novizi. Alla fine di ogni capitolo 1' autore aggiunge una lettura che contiene un esempio che chiarisce meglio quanto spiegato teoricamente. Con tale intento vengono riportati fatti riguardanti la vita di don Bosco e di salesiani che il Barberis ha conosciuto personalmente.
I cenni biografici di don Francesco Bodrato occupano due «letture», collocate nel secondo volume dell'opera, e precisamente da pagina 975 a pagina 985, dove si rievoca la vita del Bodrato da Mornese a Buenos Aires e da pagina 1001 a pagina 1015, con la descrizione delle circostanze della morte e dei solenni funerali.
Poco si dice della sua vita a Mornese. L'incontro con don Bosco è presentato in appena undici righe a pagina 977, e il dialogo è ridotto all'espressione: «Quelle due anime si intesero perfettamente». Evidentemente al Barberis premeva mostrare come il Bodrato si era fatto salesiano e nient' altro.
Nel 1951, Eugenio Celia pubblicava presso la Libreria della Dottrina Cristiana (Colle Don Bosco) 24 profili di Salesiani, morti dal 1865 al 1950, che avevano ricoperto qualche ufficio del Capitolo (= Consiglio) Superiore della Società Salesiana. Il volume conteneva, inoltre, una sintesi storica della Società Salesiana e alcuni cenni storici sullo sviluppo delle Costituzioni. Ne risultava un volume di 507 pagine, formato 15,5x11 cm., nel quale, dichiara il Celia, «non si recitano panegirici, ma si presentano profili, dove i singoli sono delineati nella realtà della loro personalità e delle loro attività specifiche». È un libro destinato a un pubblico salesiano. Infatti, come dice l'autore, i profili «serviran pure ad arricchire l'esperienza nostra e gioveranno all'edificazione generale».6
Il profilo del Bodrato occupa le pagine 98-107. Si rilevano diverse imprecisioni. Le notizie vengono ricavate dalle Memorie Biografiche e principalmente dalle «letture» del Barberis. L'autore si attiene a quanto detto nella premessa del libro: parla del lavoro svolto dal Bodrato nelle varie cariche e mette in risalto la sua personalità. Tace, perciò, dell'intero periodo di Mornese, accennando soltanto all'incontro con don Bosco e al dialogo allora avvenuto. Tutto, però, è condensato in sole 17 righe, attenendosi esclusivamente alla traccia delle Memorie Biografiche.
Nelle Memorie Biografiche Lemoyne e Celia abbondano in notizie sulla vita del Bodrato dopo l'incontro del 1864. Del dialogo il Lemoyne assume la versione presente nelle bozze di stampa (testo F), riportando a pp. 761-763 del volume settimo l'identico contenuto delle pp. 35-39 delle bozze. Nell'edizione non si terrà, quindi, conto del testo delle Memorie Biografiche.
6 E. CERTA, Profili dei Capitolari Salesiani morti dall'anno 1865 al 1950 con sintesi storica della Società Salesiana e cenni storici delle Regole. Colle Don Bosco (Asti), LDC 1951, p. VII.
È da notare che nei Documenti per scrivere la storia di D. Giovanni Bosco, preparatori delle Memorie, il dialogo non si trova. Esso comparirà soltanto 25 anni più tardi nel volume settimo delle Memorie.
Non siamo riusciti a individuare le fonti di cui si servono le Memorie Biografiche per il racconto del pranzo che precede il dialogo. Esso non corrisponde né ai testi del Cays, né a quello delle bozze di stampa né ai documenti di cui si è servito il Maccono per scrivere le biografie di Madre Maria Mazzarello e di don Pestarino e nemmeno alle testimonianze del Processo Apostolico della Santa.
Tuttavia, dovendoci occupare direttamente di stabilire il testo del dialogo e non di ricostruire la visita di don Bosco a Mornese, non ci occuperemo delle diverse relazioni sulla presenza di don Bosco a Mornese nel 1864. Per il nostro scopo ci si riferirà esclusivamente al testo delle bozze di stampa (F) e delle due redazioni contenute nel foglio senza numerazione di cui sopra (D e E).
Si può osservare che i contenuti del dialogo corrispondono a quanto viene ripetuto in tante «buone notti» e altri insegnamenti di don Bosco. Basti citare, ad esempio, MB VII 507 e 824; MB XI 221 e 253; MB XII 133.
Per la prima parte del dialogo i tre testi sostanzialmente concordano. In linea di massima que'sta prima parte tratta della conversione interiore del giovane. Per arrivare ad essa, l'educatore si serve della religione e della ragione. Dio è amore, e come amore deve essere conosciuto e compreso dai giovani. La considerazione dei benefizi che l'amore di Dio ha elargiti, fa sì che nasca nel cuore del giovane la riconoscenza; non una riconoscenza meramente emotiva e sterile, ma ragionevole e fattiva, che porta il giovane a decidere sinceramente di seguire la strada dei comandamenti e di adempiere i propri doveri. Il lavoro educativo è allora a buon punto.
Diversa è la visione presentata dalla seconda parte del dialogo. Il Bodrato fa un riferimento all'uso della frusta — che era stato perfino d'obbligo nei Regolamenti scolastici anteriori alla legge Casati — e afferma essere indispensabile all'educazione un terzo elemento, ossia la minaccia dei castighi.
Don Bosco, nella sua risposta, ricorda che la religione porta già con sé anche severe e terribili censure che colpiscono la vita del giovane nelle più segrete azioni e nei pensieri più reconditi. Le pratiche della religione, vissute
con sincerità, la frequenza dei sacramenti e l'insistente opera dell'educatore tendono, coll' aiuto del Signore, a far sì che il giovane si convinca di questo e cambi condotta, senza bisogno di ricorrere a castighi esteriori.
Uno spiraglio di luce conclude questo discorso, riallacciandosi in qualche modo alla prima parte: una volta che i giovani arrivano a persuadersi che chi li dirige ama sinceramente il loro vero bene, non sarà necessario all'educatore ricorrere ad altro castigo che a quello di tenere un contegno più riservato, che renda visibile il dispiacere di vedersi mal corrisposto nelle sue cure paterne.
Tra il materiale in possesso del Cays e conservato insieme al suo manoscritto e alle bozze di stampa si trovano nel Bollettino Salesiano del 1880 due indicazioni interessanti. La prima parla della morte del Bodrato in Argentina e traccia un breve profilo della sua vita con particolare riguardo alla sua attività missionaria. L' altra, invece, tocca un argomento che a prima vista sembra avere poco da fare con il Bodrato. È una puntata della Storia dell'Oratorio di S. Francesco di Sales di don Giovanni Bonetti,7 nella quale si riportano alcune originali riflessioni dell'Autore circa lo stile di vita dell'Oratorio dei primordi (cfr. BS 4 (1880) n. 10, ott., p. 7). Bonetti tenta un'analisi dei «segni dei tempi», ricavandone l'esigenza di una autentica «innovazione educativa». Il sistema introdotto e praticato da don Bosco nell'educazione della gioventù, oltre ad essere consentaneo alla ragione e alla religione, pareva più conforme all'indole dei tempi.
Lo schema concettuale è abbastanza simile a quello della seconda parte del dialogo. Il Bodrato si richiama a misure severe e forti per governare la gioventù (la frusta). Don Bosco invece risponde che il castigo esterno si rende quasi del tutto superfluo, una volta che la coscienza abbia presenti i castighi eterni e il giovane comprenda che l'educatore non ha altro di mira che liberarlo da danni così terribili. Quanto più ci si sforza di far crescere il giovane nel santo timore di Dio, tanto più sarà facile e costruttivo trasformare l'immagine dell'educatore dominatore assoluto in una figura più affettuosa e paterna, corrispondente alle nuove attese dei giovani in tempi mutati.
Sappiamo che l'autore della prima parte del dialogo è il Cays. Sappiamo anche che l'autore della seconda parte non è il Lemoyne (cfr. p. 174).
Su don Giovanni Bonetti, cfr. p. 99, n. 9.
La somiglianza tra la 'puntata' del BS e la seconda parte del dialogo ci ha portato in un primo momento a cercare nel Bonetti l'autore di quest'ultima. Ma il periodare del Bonetti ha una struttura che, partendo da una idea, si esplicita sempre più in nuove spiegazioni e indicazioni che completano il pensiero; mentre lo stile del dialogo ha una architettura più sobria. Mancandoci qualsiasi documento che faccia da ponte tra i manoscritti del Cays e le bozze di stampa, non abbiamo in mano elementi che permettano di affermare con certezza chi sia l'autore del testo delle bozze di stampa e quindi della seconda parte del dialogo.
Se si confronta il numero di libri e di pubblicazioni che riproducono il testo del dialogo, con quello di quanti riportano le pagine sul Sistema Preventivo di don Bosco, si vede che il dialogo ha avuto poca diffusione sia nell'ambiente salesiano che fuori di esso.
Sigle:
A = manoscritto originario di don Carlo Cays
D = fogli non numerati inseriti tra i fogli 31 e 32 del quaderno A con la relazione, redatta dal Cays, della prima parte del dialogo tra Bodrato e don Bosco
E = fogli non numerati inseriti tra i fogli 31 e 32 del quaderno A con altra relazione, redatta dal Cays, della prima parte del dialogo tra Bodrato e don Bosco
F = bozze di stampa deN biografia di don Bodrato proveniente con notevoli varianti dal manoscritto originario di don Carlo Cays
II. TESTO — Doc. F
[p. 35] Non pago della semplice ammirazione il Bodrato voleva saperne qualche cosa di più, e si è a questo fine richiesto D. Bosco di una particolare udienza, ed ottenutala nell'istessa sera, gli chiedeva il secreto ch' egli avesse per dominare sifattamente cotanta gioventù da 5 rendersela così ubbidiente, rispettosa e docile da non potersi desiderare di più.
D. Bosco se ne sbrigava con due parole: Religione e Ragione sono le molle di tutto il mio sistema di educazione.
L'educatore deve pur persuadersi che tutti, o quasi tutti questi cari io giovani, hanno una naturale intelligenza per conoscere il bene che loro vien fatto personalmente, ed insieme sono pur dotati di un cuore sensibile facilmente aperto alla riconoscenza.
Quando si sia giunto con l'aiuto del Signore a far penetrare nelle loro anime i principali misteri della nostra S. Religione, che tutto amore ci ricorda l'amore immenso che Iddio ha portato all'uomo; 15 quando si arrivi a far vibrare [p. 36] nel loro cuore la corda della riconoscenza che gli si deve in ricambio dei benefizi che ci ha largamente compartiti; quando finalmente colle molle della ragione si abbiano fatti persuasi che la vera riconoscenza al Signore debba esplicarsi coll'eseguirne i voleri, col rispettare i suoi precetti, quelli specialmente 20 che inculcano l'osservanza de' reciproci nostri doveri; creda pure che gran parte del lavoro educativo è già fatto.
1-3 Non...sera] Nel decorso di quel giorno chiese una particolare udienza col Rev. D. Bosco, e l'ottenne nella stessa sera. Quali siano state le confidenze di quel colloquio solo Iddio lo sa D om E
3-6 gli...più] Ciò che possiamo asserire si è che uno dei primi temi della conversazione si furono le proteste d' ammirazione pel contegno di dipendenza e d' affetto, e di sincera cordialità che tanto avevano colpito il Bodrato, in quel grande numero di ragazzi, vennero quindi le domande sul sistema tenuto dal Sac.' D. Bosco onde ottenere così straordinario effetto D ciò che possiamo dire si è che il Bodrato meravigliato della condotta di quei ragazzi così docili, obbedienti ed affettuosi verso D. Bosco si sentiva il bisogno e desiderava ardentemente conoscere il secreto di così straordinaria riuscita di tale educazione E
7-8 D. Bosco...educazione] D. Bosco se ne sbrigava con due sole parole: Religione e Ragione. Veda signor Bodrato. Queste sono le due molle del mio semplicissimo sistema D Interrogavane D. Bosco, il quale se ne sbrigava con due sole parole. Veda signor Bodrato vuol essa sapere le due molle potenti che mi sorreggono nell'esercizio del mio sistema? Queste sono quelle appunto che hanno da adattarsi ad esseri razionali, ad esseri fatti per conoscere Iddio, per amarlo, per servirlo e poi poterlo andare a godere nel Paradiso. Queste due molle potentissime sono la Religione e la Ragione E 9-12 L' educatore...riconoseenza om D L'educatore deve persuadersi che tutti, o quasi tutti questi cari giovani hanno una naturale intelligenza per conoscere il bene che loro vien fatto, ed un cuore sensibile facilmente aperto alla riconoscenza E
13-22 Quando...fatto] Quando io posso giungere a far penetrare nel cuore dei giovanetti a me affidati i sublimi principi di nostra S.a Religione, e non solo conoscerne i misteri, ma inamorarsene, e metterne in pratica le conseguenze, colla frequenza dei Sacramenti coll'amore a Gesù ed a Maria e finalmente così osservare i precetti di Dio e della Chiesa, creda pure che gran parte del mio compito è già fatto D Quando siasi giunto a far penetrare nelle loro anime i principali misteri di nostra Religione, che tutta amore ci ricorda l'amor che Iddio ha portato all'uomo, quando si sia arrivato a far vibrare nel loro cuore le corde della riconoscenza che si deve al Signore, in ricambio dei benefizi che ci ha si largamente compartiti, e quando ancora la Ragione li abbia fatti persuasi che chi vuol essere grato sinceramente a Dio, deve ascoltarne i precetti, osservare i comandamenti e praticare quanto ci proponiamo per tenerci nella via retta; insomma quando si abbia ottenuto da essi la pratica delle opere buone colla frequenza dei Sacramenti, si persuada pure che s'è quasi a metà dell'opera E
La religione in questo sistema fa l'ufficio del freno messo in bocca dell'ardente destriero che lo domina e lo signoreggia; la ragione fa poi quello della briglia che premendo sul morso produce l'effetto che 25 se ne vuole ottenere. Religione vera, religione sincera che domina le azioni della gioventù, ragione che rettamente applichi quei santi dettami alla regola di tutte le sue azioni, eccole in due parole compendiato il sistema da me applicato, di cui ella desidera conoscere il gran segreto. 30
Al finire di questo discorso, Bodrato riprendeva alla sua volta: Rev. Signore, colla similitudine del saggio [p. 37] domatore dei giovani poledri ella mi parlava del freno della religione, e del buon uso della ragione a dirigerne le azioni tutte. Questo va benissimo; parmi però che mi abbia taciuto di un terzo mezzo che sempre accompagna l'ufficio 35 del domatore dei cavalli, voglio dire della inseparabile frusta, che è come il terzo elemegto della sua riuscita.
A questa sortita di Bodrato, D. Bosco soggiungeva: Eh caro signore, mi permetta di osservarle che nel mio sistema la frusta, che ella 40 dice indispensabile, ossia la minaccia salutare dei venturi castighi non è assolutamente esclusa; voglia riflettere che molti e terribili sono i castighi che la religione minaccia a coloro che, non tenendo conto dei precetti del Signore, oseranno disprezzarne i comandi, minaccie severe e terribili che ricordate sovente, non mancheranno di produrre il loro 45 effetto tanto più giusto in quanto chè non si limita alle esterne azioni, ma colpisce eziandio le più segrete ed i pensieri più occulti. A fare penetrare più addentro la persuasione di questa verità [p. 38] si aggiungano le pratiche sincere della religione, la frequenza dei sacramenti e l'insistenza dell'educatore, ed è certo che coll'aiuto del Signore si 50 verrà più facilmente a capo di ridurre a buoni cristiani moltissimi anche fra i più pertinaci.
22 post fatto add Quando poi questi santi principi della Cristiana Cattolica Religione abbiano messo radice in questi teneri cuori riesce assai facile di rinvigorirli e renderli atti a produrre ottimi frutti, con applicarli alle azioni quotidiane della vita mediante opportuni continui ragionamenti, che insensibilmente si facciano strada in quelle anime che quasi senza avvedersene si avezzeranno a fuggire il male ed operare il bene E
23-67 La religione...soddisfazione om DE
Del resto quando i giovani vengono ad esser persuasi che chi li dirige ama sinceramente il vero loro bene basterà ben sovente ad efficace castigo dei ricalcitranti, un contegno più riserbato, che ne addimostri 55 l'interno dispiacere di vedersi mal corrisposto nelle paterne sue cure.
Credami pure, caro Signore, che questo sistema è forse il più facile e certamente il più efficace perché colla pratica della religione sarà anche il più benedetto da Dio. A dargliene una prova palpabile, mi 60 fo ardito ad invitarlo per qualche giorno a vedere l'applicazione pratica nelle nostre case. Lo faccio libero di venire a passare qualche giorno con noi, e spero che alla fine dell'esperimento possa assicurarmi che quanto le ho detto è sperimentalmente il più pratico ed il più sicuro sistema. [p. 39] Questo invito parte faceto, parte anche sul se 65 rio fece impressione al nostro Bodrato. Ringraziatone D. Bosco, si riservò ad una più esplicita risposta, portando nel cuore il pensiero che ne avrebbe forse più tardi approfittato con soddisfazione.
Più che «storia» del passato, le Memorie dell'Oratorio di San Francesco di Sales, potrebbero considerarsi come il documento più maturo e significativo di «pedagogia narrativa oratoriana». Vi confluiscono ambedue le dimensioni, sociale e educativa, pur con la prevalenza di questa, potenziata da forti connotazioni pastorali e catechistiche. Come si può desumere dal proemio, il testo che qui solo viene presentato, questa è l'ottica suggerita dal-l' autore stesso. Sembra, quindi, che oltre la limitata utilizzazione storica, che esse possono consentire, sia questo il frutto più cospicuo che si può ricavare dalla loro lettura.
Redatte quasi integralmente tra il 1873 e il 1875, è logico che esse rispecchino il modo con il quale don Bosco vede e valuta gli eventi del passato alla luce degli imprevedibili risultati conseguiti e in funzione delle prospettive future, che egli indica ai membri della sua Società religiosa, nel momento dell'approvazione definitiva (aprile 1874). È inevitabile che nella meditata rievocazione interferiscano e si sovrappongano piani cronologici e psicologici diversi: i fiati e le intuizioni del passato e la matura coscienza del loro significato in un presente che li vede precisati, ingranditi e arricchiti attraverso i difficili, più chiari e compiuti sviluppi successivi e in un futuro da garantire e organizzare.'
Non sembra storicamente irrilevante che l'inizio della redazione delle Memorie, nell'immediato conosciuta solo dal segretario don Gioachino Berto, coincida con la composizione nel 1873 del Cenno istorico sulla congregazione di S. Francesco di Sales, che don Bosco utilizzerà poi a ridosso dell'approvazione delle costituzioni nel febbraio-marzo 1874. Le Memorie vengono così a costituire la preistoria, intesa non come rievocazione asettica, ma quale preludio, preannunzio, fase iniziale di una storia in parte realizzata o in via di compimento e affidata per ulteriori sviluppi, nella medesima linea, ai collaboratori.
' Cfr. S. G. Bosco, Scritti sul sistema preventivo nell'educazione della gioventù. Introduzione, presentazione e indici alfabetico e sistematico a cura di Pietro Braido. Brescia, La Scuola Editrice 1965, p. 4.
Il discorso si allarga e si approfondisce nel più recente saggio: P. BRAIDO, «Memorie» del futuro, in «Ricerche Storiche Salesiane» 11 (1992) 97-127.
È da notare che le tre decadi preannunciate, 1825-1835, 1835-1845, 1845-1855, sono precedute dalla decade 1815-1825, un proemio di poche pagine sugli anni dell'infanzia, dove è narrato per la prima volta il «sogno» sui nove/dieci anni, che non può essere letto se non con gli stessi criteri dell'intero libro.
Il testo è ricavato dall'ultima edizione critica: G. Bosco, Memorie dell'Oratorio di S. Francesco di Sales dal 1815 al 1855. Introduzione, note e testo critico a cura di Antonio da Silva Ferreira. Roma, LAS 1991: seguita da un'altra da essa dipendente, e più curata nel testo, senza apparato delle varianti, con introduzione e note del medesimo A. da Silva Ferreira. Roma, LAS 1992.
Riferiti a un mondo totalmente diverso, ma idealmente omogenei possono considerarsi i cosiddetti «Ricordi ai missionari» del 1875, cronologicamente contigui alle Memorie dell'Oratorio.
I primi accordi di don Bosco con l'arcivescovo di Buenos Aires e il parroco don Pietro Ceccarelli prevedevano l'impegno dei salesiani in attività pastorali e giovanili, in Argentina, nella capitale e a San Nicolas de los Arroyos. Ma nelle intenzioni profonde di don Bosco il primato in prospettiva spettava alle «missioni» nella Patagonia; e ad esse esclusivamente si riferiva don Bosco quando annunciava l'accettazione dell'impresa americana ai direttori salesiani riuniti a Valdocco il 29 gennaio 1875. E imperniato in primo luogo sulle missioni è il discorso di addio che egli rivolge ai salesiani in partenza il giovedì 11 novembre dello stesso anno, anche se non manca l'esplicito riferimento a un ministero sacerdotale più ampio, compreso quello riservato agli emigranti italiani.'
Verso il termine del saluto di congedo, rivolgendosi in particolare ai partenti, don Bosco annunciava pure l'esistenza dei «Ricordi», che egli consegnava a ciascuno in foglietto stampato al termine del rito.' «A tutti in particolare ho già detto a viva voce quello che il cuore m'inspirava o che io credeva più utile; a tutti poi lascio scritti alcuni ricordi speciali che siano come mio testamento per coloro, che vanno in quei lontani paesi e che forse non avrò più la consolazione di vedere su questa terra».4
2 Cfr. il testo del discorso in MB XI 383-387.
E II 516-517.
4 MB XI 386.
Il manoscritto originario, databile tra gli inizi di settembre e la prima quindicina di ottobre 1875, portava il titolo «Ricordi speciali per coloro che vanno in lontani paesi». Nei passaggi successivi i 14 «consigli» si accrescono a 20 «ricordi».5
Si riproduce il testo nella redazione originale di don Bosco, da lui stesso corretta e integrata nel medesimo manoscritto. È quello stabilito da Jesús Borrego nell'edizione segnalata.5
5 Per la storia del testo, le possibili fonti, l'analisi dei contenuti, la presenza nella tradizione successiva salesiana, è fondamentale la ricerca di Jesús BORREGO, Recuerdos de San Juan Bosco a los primeros misioneros, in «Ricerche Storiche Salesiane» 3 (1984) 167-208.
J. BORREGO, Recuerdos de San Juan Bosco..., pp. 206-207.
Il. TESTI
MEMORIE PER L'ORATORIO
E PER LA CONGREGAZIONE SALESIANA
Più volte fui esortato di mandare agli scritti le memorie concernenti l'Oratorio di S. Francesco di Sales, e sebbene non potessi rifiutarmi all' autorità di chi mi consigliava, tuttavia non ho mai potuto risolvermi ad occuparmene specialmente perchè doveva troppo sovente parlare di me stesso. Ora si aggiunse il comando di persona di somma autorità, cui non è permesso di porre indugio di sorta, perciò mi fo qui ad esporre le cose minute confidenziali che possono servire di lume o tornar di utilità a quella istituzione che la divina Provvidenza si degnò affidare alla Società di S. Francesco di Sales.
Debbo anzi tutto premettere che io scrivo pe' miei carissimi figli Salesiani con proibizione di dare pubblicità a queste cose sia prima sia dopo la mia morte.
A che dunque potrà servire questo lavoro? Servirà di norma a superare le difficoltà future, prendendo lezione dal passato; servirà a far conoscere come Dio abbia egli stesso guidato ogni cosa in ogni tempo; servirà ai miei figli di ameno trattenimento, quando potranno leggere le cose cui prese parte il loro padre, e le leggeranno assai più volentieri quando, chiamato da Dio a rendere conto delle mie azioni, non sarò più tra loro.
Avvenendo d'incontrare fatti esposti forse con troppa compiacenza e forse con apparenza di vanagloria, datemene compatimento. È un padre che gode di parlare delle cose sue a' suoi amati figli, i quali godono pure nel sapere le piccole avventure di chi li ha cotanto amati, e che nelle cose piccole e grandi si è sempre adoperato di operare a loro vantaggio spirituale e temporale.
Io espongo queste memorie ripartite in decadi ossia in periodi di dieci anni, perchè in ogni tale spazio succedette un notabile e sensibile sviluppo della nostra istituzione.
Quando poi, o figli miei, leggerete queste memorie dopo la mia morte ricordatevi che avete avuto un padre affezionato; il quale prima di abbandonare il mondo ha lasciate queste memorie come pegno della paterna affezione; e ricordandovene pregate Dio pel riposo eterno dell'anima mia.
Ricordi dati ai religiosi Salesiani
il giorno 11 novembre [1875]
nell'atto che partivano dalla chiesa di Maria A.
per intraprendere il viaggio alla Repubblica Argentina
1. Cercate anime, ma non danari né onori, né dignità.
2. Usate carità e somma cortesia con tutti, ma fuggite la conversazione e la famigliarità colle persone di altro sesso o di sospetta condotta.
3. Non fate visite se non per motivi di carità e di necessità.
4. Non accettate mai inviti di pranzo se non per gravissime ragioni. In questi casi procurate di essere in due. I
5. Prendete cura speciale degli ammalati, dei fanciulli, dei vecchi e dei poveri, e guadagnerete la benedizione di Dio e la benevolenza degli uomini.
6. Rendete ossequio a tutte le autorità civili, religiose, municipali e governative.
7. Incontrando persona autorevole per via, datevi premura di salutarla ossequiosamente.
8. Fate lo stesso verso le persone ecclesiastiche o aggregate ad Istituti religiosi.
9. Fuggite l'ozio e le quistioni. Gran sobrietà nei cibi, nelle bevande e nel riposo.
10. Amate, temete, rispettate gli altri ordini religiosi e parlatene sempre bene. È questo il mezzo di farvi stimare da tutti e promuovere il bene della congregazione.
11. Abbiatevi cura della sanità — Lavorate, ma solo quanto le proprie forze comportano.
12. Fate che il mondo conosca che siete poveri negli abiti, nel vitto, nelle abitazioni, e voi sarete ricchi in faccia a Dio e diverrete padroni del cuore degli uomini.
13. Fra di voi amatevi, consigliatevi, correggetevi, ma non portatevi mai né invidia, né rancore, anzi il bene di uno, sia il bene di tutti; le pene e le sofferenze di uno siano I considerate come pene e sofferenze di tutti, e ciascuno studi di allontanarle o almeno mitigarle.
14. Osservate le vostre Regole, né mai dimenticate l'esercizio mensile della buona morte.
15. Ogni mattino raccomandate a Dio le occupazioni della giornata nominatamente le confessioni, le scuole, i catechismi, e le prediche.
16. Raccomandate costantemente la divozione I a M.A. ed a Gesù Sacramentato.
17. Ai giovanetti raccomandate la frequente conf. e comne.
18. Per coltivare la vocazione eccica insinuate 1° amore alla castità, 2° orrore al vizio opposto, 3° separazione dai discoli, 4° comunione frequente, 5° carità con segni di amorevolezza e benevolenza speciale.
19. Nelle cose contenziose prima di giudicare si i ascolti ambe le parti.
20. Nelle fatiche e nei patimenti non si dimentichi che abbiamo un gran premio preparato in cielo — Amen —
Alle pagine di don Bosco sul «sistema preventivo» è rimasta prevalentemente ancorata in certi periodi la sua fama di educatore-pedagogista, all'interno degli istituti religiosi da lui fondati e in più larghe cerchie di conoscitori e imitatori.
L'interesse per il testo e le modeste vicende redazionali possono costituire un iniziale contributo a una più estesa indagine, arricchita già di numerose consistenti esposizioni dell'esperienza educativo-pastorale complessiva dell'operoso «amico della gioventù».
Dal punto di vista strettamente letterario e redazionale il «cenno» sul sistema preventivo, «indice di un'operetta» mai realizzata, che don Bosco imprevedibilmente offre nell'estate del 1877, presenta i caratteri di assoluta novità e trova riscontro soltanto in brevissimi appunti (in particolare negli Articoli generali del RegOlarnento per le case) stilati nelle medesime settimane.
Tuttavia, la sicurezza e la lucidità del dettato, esito abituale del suo difficoltoso processo di composizione, non consentono di ipotizzare una «improvvisazione».' Esso suppone esperienze e idee lentamente maturate e infine sbocciate quasi con spontanea naturalezza su un terreno già da lungo tempo coltivato in unità di intenti e di metodi con i discepoli-collaboratori.
' Riferendosi a un tempo vicinissimo alla redazione delle pagine sul sistema preventivo, d. Barberis annota nella sua Cronichetta in data 21 aprile 1877: «Passeggiando jeri sera a lungo insieme avendomi già dati a fare molti lavori come si può dire che tutti i giorni me ne dà ed ho la fortuna di averli sempre corretti di sua mano prima che si stampino; mi fece osservare questo — "Tu prima cerchi i pensieri poi li ordini e adatti l'ordine ai pensieri avuti; invece prima è da ordinarsi la cosa e ad esso coordinare i pensieri(...). Avviene molte volte che sotto varie forme e diverse parole non si fa che ripetere un pensiero; è vezzo degli scrittorelli; espresso un pensiero, rapido si passa ad altro"» Cronichetta 12 [pp. XII-XIII].
Il sacerdote salesiano don Giulio Barberis (1847-1927) è testimone particolarmente prezioso in questa fase della vita di don Bosco. Egli vive il primo quinquennio come maestro dei novizi accanto a don Bosco (1874-1879), in certi periodi, in quotidiana conversazione con lui. Le decine di cronache e quaderni da lui lasciati contengono ricchissime informazioni e valutazioni di prima mano.
Esistono, infatti, accertati precedenti, anche se di alcuni dalla chiara collocazione rimangono problematici i contenuti, il significato, l'interpretazione.'
Alla cristallizzazione delle idee espresse nel «sistema preventivo» possono aver contribuito pure i lavori preparatori alla pubblicazione dei Regolamenti, per i quali si avverte un accentuato interesse proprio nelle medesime settimane che vedono la nascita dell'opuscolo pedagogico.' Particolare significato acquistano in questo contesto gli Articoli generali, stilisticamente e cronologicamente prossimi all'opuscolo, editi in questa medesima raccolta.
Delle circostanze che determinarono il sorgere del testo dell'Inaugurazione e dell'importante appendice esistono documentazioni essenziali e preziose, che consentono di stabilire le grandi linee della genesi e dello sviluppo delle tre «sezioni», che costituiscono il testo nel suo insieme: la cronaca, il discorso-exposé di don Bosco, le pagine sul sistema preventivo.
Fonti dirette, oltre i documenti scritti recensiti nel paragrafo seguente, si possono considerare: l'invito-programma diramato in occasione della cerimonia inaugurale, varie lettere quasi tutte edite nell'Epistolario di S. Giovanni Bosco, interessanti spunti della Cronichetta inedita di don Barberis.
Fonti indirette, in genere ricostruite sui dati indicati, sono costituite da quanto scrive Eugenio Ceria nelle Memorie biografiche 4 e negli Annali 5 e da ciò che si ricava dalla monografia di Francis Desramaut Don-Bosco à Nice.
2 La principale documentazione è contenuta nella presente raccolta. Molti dei testi editi, illustrati dalle relative introduzioni e notazioni storico-critiche, si possono considerare preparazione e complemento delle celebri pagine del 1877.
3 Scrivendo a don Rua da Sampierdarena il 24 marzo 1877 don Bosco chiede: «8° Giunto a Torino dammi il Regolamento della Casa e lo leggerò tostamente. D. Barberis ha compiuto la parte sua?» E III 160. E un mese dopo Barberis annota nella sua Cronichetta (21 aprile): «È da un po' di tempo che D. Bosco è tutto messo per fare stampare il regolamento dell'Oratorio e dei collegi. Spero che a questo sia da venirne una vera e grande utilità. Lasciò che si studiasse.
Si leggesse tutto ciò che riguardava i superiori, tra i direttori radunati per S. Francesco di Sales. Poi insisté presso d. Rua che rivedesse presto il rimanente; diede a me la parte disciplinare affinché la ritoccassi e aggiungessi molte cose di cui io gli aveva già parlato a voce molte volte. Ora ci sta attorno esso stesso assai. È proprio come colui che ha grandi cose a fare e da consolidare ma che teme di aver da morir presto perciò si sbriga sulle cose di maggior rilievo, troncando tutti gli affari meno utili; tutto però fatto con vera e perfetta calma senza agitazione di sorta» Cronichetta 12, p. XII.
4 Cfr. MB XI 421-428 e XII 113-124; ma specialmente MB XIII 106-126.
5 Cfr. Annali I 280-284.
6 F. DESRAMAUT, Don-Bosco à Nice. La vie d'une école professionnelle catholique entre 1875 et 1919. Paris, Apostolat des Éditions 1980, pp. 41-55.
Dopo varie trattative nel novembre del 1875 due sacerdoti, un chierico e un coadiutore salesiani danno inizio a Nice a una modesta attività giovanile: oratorio e internato per artigiani e studenti. A Nizza don Bosco si trova puntuale in varie manifestazioni dirette a suscitare la beneficenza; chiamato telegraficamente si rende presente al sermon de charité tenuto da mons. Mermillod il 23 febbraio 1876.'
Lunedì. 12 marzo 1877 si ha l'inaugurazione solenne della nuova più ampia sede (ex-villa Gautier, Place d'Armes). L'invito-programma, diramato da un gruppo di firmatari con a capo l'anziano vescovo, mons. Sola, era del tenore seguente:
M[ ionsieur, adame]
Lundi, 12 courant, à 2 heures et demie de l' après-midi Monseigneur l'ÉvÉQuE inaugurera le PATRONAGE DE SAINT-PIERRE, Placed'Armes, 1 ancienne villa Gautier, nouvellement ouvert pour retirer les enfants abandonnés et leur apprendre un métier. Persuadé que cette Oeuvre éminemment populaire et moralisatrice ne peut que rencontrer la sympathie de toutes les personnes qui s'intéressent au bien-'ètre de la classe ouvrière, le Comité vous prie, M , de vouloir bien honorer de votre présence cette cérémonie.
Monseigneur l'ÉVÉQUE.
Abbé Bosco, Directeur et Fondateur.
Le Comité: Comte de BÉTHUNE.
Comte MICHAUD DE BEAURETOUR.
Comte DE LA FERTÉ-MEUN.
Ernest MICHEL.
Baron HÉRAUD.
C. GIGNOUX.
Auguste FARAUT.
Nice, le mars 1877.
ORDRE DE LA FÉTE:
Musique religieuse par les enfants de la Maison;
Exposé du but de l' Oeuvre, par l'abbé Bosco, suivit du Salut
donné par Monseigneur;
Dialogue et choeur par les enfants;
Visite des Salles et des Ateliers.
Typ. S. C. Cauvin et C.'
' Cfr. MB XII 112-113, 116-118; F. DESRAMAUT, 0.C., p. 39. Mons. Gaspard Mermillod (1824-1892) era in quel tempo Vicario Apostolico di Ginevra, però esule in Francia perché espulso dal Cantone. Notissimo predicatore e conferenziere (egli fu uno degli uomini che «prepararono» l'enciclica Rerum novarum del 1891) fu nominato nel 1883 vescovo di Losanna e Ginevra ed elevato nel 1890 al cardinalato.
Il biglietto è incollato alla pagina 110 del vol. XVIII dei Documenti, ASC.
Nella prima parte del programma era, dunque, previsto un exposé di don Bosco sullo scopo dell'opera di Nizza. In quale lingua abbia parlato rende testimonianza nel Processo Informativo in vista della canonizzazione don Francesco Cerruti, allora direttore ad Alassio: «Ricordo sempre il racconto che fece egli stesso della prima conferenza sua a Nizza marittima, quando si inaugurò in quella città il primo Oratorio, ossia il patronato di S. Pietro. — "Ho cominciato in francese, poi sono caduto nell'italiano, ma io, seguitava scherzando, da furbo ho proseguito e terminato alternando italiano e francese. E pensare, soggiungeva, che ho il mio bravo vocabolario francese in saccoccia"».9 Non si sa se don Bosco abbia seguito un testo scritto — in una lingua o nell'altra — o almeno uno schema precedentemente preparato. Non è facile, ancora, stabilire quanto di ciò che verrà pubblicato sia stato effettivamente detto. Sono più che probabili aggiunte, assestamenti, rielaborazioni; in ogni caso alcuni episodi non poterono essere raccontati, riferendosi a fatti accreditati a giorni successivi (il 13 e il 14 marzo).
Don Bosco ripartiva per Torino il giorno seguente, martedì 13 marzo, facendo tappa successivamente a Vallecrosia (13-17 marzo), ad Alassio e a Varazze (17-23 marzo), a Sampierdarena (23-26/28 marzo), e arrivando a destinazione tra il lunedì e il mercoledì della settimana santa (26 o 28 marzo).`°
Ma da varie lettere risulta che egli si sente impegnato a redigere già nel viaggio di ritorno e ad inviare al direttore del Patronage di Nice il testo del suo discorso, l'exposé. Il 23 marzo, probabilmente sul punto di partire da Va-razze per Sampierdarena, scrive tra l'altro a don Ronchail: «...Veniamo a noi. Il mio exposé è terminato; lo do a copiare e prima di partire da S. Pierdarena te lo manderò(...). Nel mandarti l'exposé unirò anche altre cose di cui fummo intesi».11
9 Fol 1354rv. Riferendo su un incontro con il can. C. Guiol nella prima decade di marzo del 1877, E. Celia scrive: «Recatosi Don Bosco dall'abate, ci volle l'assistenza dell'interprete, perché l'uno stentava fortemente a esprimersi in un francese che fosse intelligibile quanto lo richiedeva l'importanza delle cose da trattare, e l'altro non capiva un briciolo d'italiano» MB XIII 98.
In una scarna cronaca qualche giorno dopo la «Semaine de Nice-Revue Catholique» attribuisce all'oratore «une éloquence apostolique».
10 Cfr. E III 155 e 156; MB XIII 117 e 120 n. 2. La prima lettera che si possiede, scritta dall'Oratorio dopo il ritorno è del 28 marzo e incomincia così: «Giunto testé dalla visita fatta alle case della Liguria...» E III 161. Da Sampierdarena il 24 marzo aveva comunicato a don Rua: «18° Ti farò sapere se giungerò martedì o mercoledì. Qui c'è da fare non poco» E III 160. E in una lettera inviata al segretario del vescovo di Casale, d. Giuseppe Manzini, datata Torino 26-3-77, scrive: «Io sono giunto in questo momento da un giro fatto fino a Marsiglia» E III 160.
11 In una lettera a Don Bosco da Nizza, datata 22 marzo, il direttore d. Giuseppe Ronchail aggiunge, scrivendo dall'alto in basso nel margine sinistro della prima pagina a mo' di poscritto: «Aspettiamo con ansietà il discorso di inaugurazione per poterlo tradurre e mettervi le note, e stamparlo prima che partano gli stranieri». ASC 275 Ronchail Giuseppe.
Finalmente, in un giorno che dovrebbe collocarsi tra il 3 e il 10 aprile annuncia a don Ronchail: «1° Ti mando l'Exposé de quo. Sono stato occupatissimo, ritardai il mio ritorno a Torino; fui alquanto incomodato; ecco la ragione per cui non sono stato diligente. Adesso cerca o meglio prega l'avv. Michel ed il B. Héraud che ne procurino la traduzione con tutte le note necessarie. Per la stampa si dica se dobbiamo stamparlo qui o a Nizza. Non occorre che sia rinviato il quaderno, giacché ne abbiamo copia. 2° Dolorosissima la morte inaspettata del benemerito Sig. Avv. Ferrant. Si aggiunga quanto sarà del caso nella nota dell' esposizione...».12
Per sé, il riferimento rimane sempre al discorso inaugurale, l'exposé previsto dal programma. Nulla si ricava quanto allo scritto sul sistema preventivo. Su questo getta sufficiente luce la Cronichetta di don Barberis.
Al 6 aprile il cronista annota: «6 Aprile — Fui chiamato circa le 7 a passeggiare con D. Bosco in biblioteca. Si parlò specialmente di Marsiglia. D. Bosco stette nel collegio dei fratelli delle scuole Cristiane. I giovani ne avevano già sentito a parlare. Si trattenne un poco con loro e fu meraviglioso l'effetto che ne ottenne: subito fu circondato da giovani, i quali andavano a gara ad udirlo; e subito le sue amorose parole, la sua aria ilare ed allegra, il suo fare famigliare, la sua dolcezza, si attirò il loro cuore(...). Mi chiamavano i direttori come io faccia dovunque vado ad attirarmi subito la benevolenza e la simpatia di tutti; che con pochi sguardi che io dia, non si può resistere e si resta come per forza attirati... Io spiegai loro un po' del nostro sistema preventivo, dell' amorevolezza ecc. mentre generalmente nei collegi si usa solo il sistema repressivo superiori selli, burberi...».2
In data 21 aprile vengono poi rievocate più distesamente l'esperienza francese e la conseguente stesura delle pagine sul sistema preventivo: «Essendo esso a Nizza si fece l'apertura del Patronato, molto solenne tenne esso il discorso e si trattò di farlo stampare perché facesse conoscere meglio l'opera del Patronato in Francia.
12 E III 163. L'avv. Ferrant a cui accenna è in realtà l'avv. Faraut o Faraud.
13 Cronichetta 11, pp. 68-69. La chiarezza della contrapposizione dei due sistemi e la delineazione di quello preventivo inducono a pensare che don Bosco, mentre parla con don Barberis, abbia ben presente il contenuto delle pagine probabilmente già redatte. Eugenio Celia pensa che la lettera non datata a don Ronchail dei primi di aprile si riferisca al testo completo in ogni sua parte: «L'exposé è la relazione sulla festa di Nizza con gli annessi e connessi che sappiamo» MB XIII 119.
Descrisse adunque tutto esso la festa ed il discorso e fece seguire il tutto con un riassunto di quello che esso tenesse riguardo al sistema d'educazione da noi tenuto detto preventivo. Questo lavoro gli costò varii giorni continui; lo fece e rifece 3 volte e andava quasi lamentandosi di sè per non trovare più i suoi scritti di suo gusto. Una volta gettava giù le cose e tanto basti; ora dopo fatto, alcune volte rifaccio e non mi piace ancora ed anche tifò la 3a volta e più... Questo lavorietto però lo credo atto a fare assai del bene per la Francia: là non son positivi come qui; ma parlano subito di più, mettono entusiasmo; accettano più volentieri cose nuove... poi noi ora abbiam bisogno che ci conoscano più da vicino. — Il sistema preventivo specialmente sarà ricevuto, ripetuto dai giornali, farà rumore».14
Il cronista, però, scrive di cose rievocate, che suppongono il lavoro terminato qualche tempo prima; il che induce a pensare che nel quaderno inviato a Nice si trovassero tutti gli elementi essenziali del testo in questione, eccetto le note cui don Bosco fa cenno e la pagina di cronaca aggiunta da qualcuno, forse don Ronchail stesso, nell'attuale documento D.
Come si è accennato il testo non è sorto e cresciuto subito come unità compatta e solidale. Esso presenta tre tipi di contenuti. Alcune brevi paginette iniziali contengono una cronaca sommaria dell'inaugurazione del Patronage Saint-Pierre. In seguito, e precisamente in connessione con il documento D, l'ultimo prima della stampa, la cronaca viene integrata da un'aggiunta che informa su quanto è accaduto al termine del discorso-exposé.
Non si sa chi abbia composto originariamente gli elementi della cronaca. Ma essi sono costituiti da documenti di varia provenienza: notizie sull'inaugurazione, invito-programma, lettera di don Ronchail a don Bosco del 1° aprile successivo, note. Di queste è difficile dire se siano state già introdotte a Torino o siano quelle che don Bosco richiede a don Ronchail nella lettera senza data dei primi di aprile: «Si aggiunga quanto sarà del caso nella nota dell' esposizione». 15
14 Cronichetta 12, p. XI. È singolare che non si trovino tracce della elaborazione (o elaborazioni) originaria di don Bosco del sistema preventivo, quando già da gran tempo si tendeva a conservare con speciale cura quanto usciva dalla sua penna. La trascrizione di don Berto, infatti, suppone almeno una stesura precedente o autografa o copia eseguita da qualche segretario avventizio, eventualmente utilizzato da don Bosco in una delle tappe del suo viaggio di ritorno da Nice a Torino (dal 13 al 26/28 marzo). Nessun dubbio, tuttavia, può sussistere circa la paternità donboschiana dello scritto: al di là della chiara testimonianza di don Barberis è più che sufficiente un'accurata analisi lessicale, sintattica e stilistica del testo, rapportato a scritti paralleli di don Bosco quali le Memorie dell'Oratorio, le lettere, gli Articoli generali.
15 E III 163.
Origine autonoma, come mostra il documento A, trae una seconda «sezione», forse quella più antica; essa ricostruisce e amplia il discorso tenuto da don Bosco in occasione dell'inaugurazione, articolandosi attorno a tre temi: storia, scopo, ricompensa. È ovvio pensare che questa abbia costituito la prima occupazione di don Bosco durante il viaggio di ritorno, mentre la cronaca veniva probabilmente redatta da qualcuno che stava a Nizza.
È, invece, difficile stabilire il tempo e le circostanze della composizione dell' «appendice», che contiene il testo del «sistema preventivo». Di essa non esiste, nemmeno in abbozzo, una qualche redazione autografa di don Bosco.
A rigor di termini non si può escludere che don Bosco potesse avere sottomano qualche nota, magari preparata in connessione con l'exposé di Nizza. Ma è anche possibile che le pagine sul sistema preventivo siano state redatte per subitanea ispirazione contemporaneamente o in immediata successione all'exposé. Si può ipotizzare che abbozzate durante il viaggio e fatte ricopiare, possano essere state terminate dopo il ritorno a Torino, dove arriva stanco, con la voce fioca e passa alcuni giorni «alquanto incomodato» '6 e prevalentemente ritirato nella sua stanza. Si spiegherebbe così l'inesistenza di una copia autografa, rimasta altrove e andata dispersa. Il fidato don Berto, di cui è la copia calligrafica completa dell'intero testo, da diligente archivista non avrebbe certamente distrutto un documento di tanta importanza; comunque, la sua copia/ il documento B, è la prima che ci dà il testo in una redazione sostanzialmente compiuta, da sottoporre agli ulteriori interventi di don Bosco.
Il manoscritto B dovrebbe essere posteriore al 1° aprile, dal momento che riporta anche la lettera inviata a don Bosco dal direttore di Nizza in data 1° aprile con l'annuncio della morte del cooperatore Auguste Faraut. Invece, uno spazio di tempo imprecisabile, anche lungo, può essere intercorso tra la copia Berto e quella successiva da essa dipendente, trascritta da un altro, il manoscritto D. Tra la redazione B, infatti, e quella immediatamente successiva D, è rilevabile un cambio interessante di un particolare estremamente significativo.
16 Nella Cronichetta in data 1° aprile don Barberis registra: «Don Bosco è ritornato dal suo viaggio in Francia. Ritornò il mercoledì della Settimana Santa 28 Marzo (...) Riguardo al suo ritorno non ci disse se non di Sampierdarena (perché non può parlare preso come è nella gola)» Cronichetta 11, pp. 54-55.
Nell'exposé quale è tramandato dai ms A e B è fatto esplicito cenno alla concessione di locali del Patronage agli operai del Circolo Cattolico. In una lettera da Nizza del 22 marzo 1877 don Ronchail scrive in proposito a don Bosco: «Amatmo Padre, 1° L'affare del Circolo Cattolico ha destato rumori in Città ed ha risvegliato diverse opinioni a nostro riguardo. Il Clero in generale con una parte dei Canonici non lo vedono di buon occhio epperciò parlano dei preti di D. Bosco dicendo che sono del partito di Chambord che vogliono intromettersi nella politica. Credetti bene con quelli che me ne parlarono di far vedere che noi non c'entravamo per nulla e che se occupavano ora il nostro locale era provvisoriamente. Fece pure cattiva impressione il vedere sulla lettera d'invito i nomi di Gignoux, Béthune, Michaud, La Ferté, Michel e questo e il suddetto tutto perché questi Signori non approvano i Canonici nell'affare del Laghetto».17
Effettivamente il Circolo operaio cattolico era stato inaugurato dal vescovo, mons. Sola, il 19 marzo. Tuttavia, per incompatibilità tra le due opere, di buon accordo con i salesiani, dopo sei mesi la sede venne trasferita a villa Pauliani.18
Nel ms D nessun locale appare più assegnato al Circolo e i locali da esso precedentemente occupati risultano chiaramente destinati agli scopi giovanili dell'intera opera. Il cambio tra B e D è avvenuto in forza delle indicazioni contenute nella lettera del 22 marzo oppure, come sembrerebbe più probabile, in seguito ai successivi sviluppi dell'opera? 3. Descrizione dei documenti
Dell'intero testo, comprensivo delle tre «sezioni» di cui si è detto, esistono due traduzioni in francese, ambedue rapportate al ms D, l'ultimo manoscritto italiano prima della stampa: la prima, inedita (doc. E), ignora i successivi lievi interventi di don Bosco, che invece sono tenuti presenti dalla seconda (doc. G), data alle stampe nell'edizione bilingue. Non si è potuto accertare chi siano stati i traduttori e quando e dove le traduzioni siano state effettuate.
17 ASC 275 Ronchail Giuseppe.
18 Cfr. Notice historique des Conférences et oeuvres de Saint-Vincent de Paul à Nice depuis la fondation en 1844 à 1883 année des notes d'or de la société. Nice, Imprimerie-Librairie du Patronage de St-Pierre 1883, p. 57.
Il ms E (inedito) evidenzia la presenza di un traduttore unico per le tre distinte «sezioni». È indubbiamente un italiano, che mostra una conoscenza diligente, scolastica, della lingua francese. La versione aderisce al testo, fedele e generalmente pedissequa, paratattica. In complesso appare nettamente inferiore alla traduzione del testo stampato (doc. G), per quanto riguarda le sezioni B e C (discorso e pagine sul sistema preventivo), superiore alla traduzione della cronaca, che contiene qualche vistoso errore.
Invece, il primo testo francese stampato (doc. G, identico al doc. I eccetto che per i più numerosi errori di composizione) rivela tre traduttori diversi.
Il più scadente, certamente un italiano, si occupa della cronaca, che risulta linguisticamente piatta, impacciata, talora errata (différents couleurs, art civilisatrice, étroits limites...).
Relativamente migliore sembra la traduzione del discorso, in ogni caso opera di un italiano o italianizzante. Essa risulta meno scorretta di quella parallela rimasta manoscritta. Tuttavia, a un francese apparirà impacciata, spesso sgradevole, talora inaccettabile.
La versione delle pagine sul sistema preventivo presenta tutt'altro respiro, sicura, scorrevole, corretta grammaticalmente, sintatticamente, stilisticamente. Si tratta probabilmente di un francese o di uno che possiede con sicurezza la lingua francese. Non sembra sempre familiarizzato con la quotidiana realtà salesiana e perciò, assunto un concetto, talvolta lo rielabora liberamente, amplificandolo e, quasi, spiegandolo, anche in virtù di una più che probabile personale cultura pedagogica.
Si può anche ril9vare qualche licenza interpretativa. Don Bosco ha visto il testo e le correzioni che vi introduce appaiono irrilevanti.
Questa traduzione doveva inevitabilmente prevalere sull'altra, la quale tuttavia deve essere stata ben presente in particolare al traduttore del testo sul sistema preventivo, che di essa accoglie proposizioni e formule significative e quasi integralmente la pagina conclusiva Un mot sur les punitions.
Nell'ASC, oltre un ms A, lacerato a metà dall'alto in basso e, quindi, dimezzato, con ampie correzioni di don Bosco, sono due i manoscritti con i testi completi (B e D-E) e uno col solo testo sul sistema preventivo (ms C), su cui interviene don Bosco.
1. - Ms B – Inaugurazione/del Patronato S. Pietro in Nizza a mare/scopo del medesimo esposto/dal/Sac. Gio. Bosco/con appendice sul sistema preventivo/nella educazione della gioventù – microschede 447 A 11-D 4.
Il manoscritto si trova nell'ASC 133 «Inaugurazione» [microschedatura 447 A 11...]. Nel margine superiore reca a matita una precedente segnatura archivistica S. 13:301 N° 4.
È un fascicolo formato protocollo, precisamente 310x212 mm, di 16 fogli cuciti insieme, che danno 32 pagine. Queste sono state numerate a matita
in seguito da 1 a 30; non sono numerati il frontespizio, che riporta il titolo e il sottotitolo indicato, e il verso del frontespizio: questo è rimasto bianco come l'ultima pagina (32, numerata 30). Il sottotitolo «con appendice... gioventù» è aggiunto da don Bosco, che lo avvolge e ne sottolinea l'ultima riga con tratto tracciato con pastello color viola.
La carta è da stampa uso mano, senza rigatura sia orizzontale che verticale. Nessuno spazio vuoto è lasciato nel bordo a destra; rilevante è invece il bordo di sinistra (60 mm circa).
La scrittura è ariosa e calligrafica, più piccola nelle note; è di don Gioachino Berto," il quale usa inchiostro bruno. Don Bosco interviene con inchiostro leggermente più chiaro.
Il manoscritto in genere è in buone condizioni; il bordo esterno di alcuni fogli appare alquanto annerito a causa dell'umidità e talvolta è stato rin
forzato con carta incollata e gommata (pp. 27-28). Si nota qualche trasparenza della scrittura. A pag. 3 un articolo la è riscritto a matita, forse da don Berto o da anonimo archivista.
Il manoscritto contiene il testo sostanzialmente completo nelle sue tre sezioni:
pp. 1-4 Cronaca dell'Inaugurazione
pp. 5-21 Parole di Don Bosco: Storia, pp. 5-11; Scopo di questo Istituto, pp. 11-17; Mercede, pp. 17-21
19 Il sacerdote salesiano Gioachino Berto (1847-1914) fu già da studente segretario di don Bosco e per vent'anni gli fu a fianco aiutandolo nel disbrigo della corrispondenza, trascrivendo in caratteri sicuri e nitidi lettere, documenti, promemoria, scritti personali di vario genere, «Io affiderò ogni cosa al mio factotum Berto che metterà tutto in ordine ed in pulito affinché ti sia rimandato perché lo legga etc.» (è l'abbozzo di un profilo contenuto in una lettera di don Bosco a d. Giovanni Bonetti, del gennaio 1871 - E II 143). Preziosa fu pure la sua diligente opera di archivista, che consentì la raccolta, conservazione e ordinamento di documenti importanti per la storia di don Bosco e salesiana.
pp. 22-29 il sistema preventivo, pp. 22-29. A Nizza dovrebbe essere stata inviata copia di questo manoscritto, incluse le correzioni effettuate da don Bosco.
2. - Ms C – Il sistema preventivo nella educazione/della gioventù – microschede 1.968 B 1-7.
Il manoscritto presenta la segnatura ASC 026 Regolamenti 42 [microschedatura 1.968 B 1...]. È costituito di due fogli formato protocollo doppi, inseriti l'uno nell'altro, con complessive 8 pagine; misura del foglio 302x205 mm. Il primo, diviso in due fogli semplici, ha i bordi di sinistra deteriorati e rinforzati con carta a quadretti incollata; rinforzi analoghi hanno pure i bordi superiore e inferiore del primo e destro del secondo (pp. 3-4). Le sgualciture sono anche dovute al fatto che il fascicolo fu piegato a metà in senso orizzontale. Le pagine sono numerate a matita da 1 a 7 con grafia diversa da quella dell'amanuense; la pagina 8 è bianca. La scrittura è piuttosto elegante, regolare, diligente: una bella copia da sottoporre a don Bosco per la revisione. Infatti, nella parte sinistra dei fogli è stato lasciato un consistente margine riservato a correzioni e, soprattutto, aggiunte di don Bosco, che risultano di una certa consistenza — come emerge dall'edizione critica del testo del «sistema preventivo» che precede il Regolamento — a margine di p. 1 e 3 e nella metà inferiore rimasta bianca di p. 7. Color seppia è l'inchiostro usato dall'amanuense; nero quello utilizzato da don Bosco.
In base alla destlinazione, il manoscritto contiene soltanto le pagine sul sistema preventivo con la seguente distribuzione della materia: I° In che cosa consista il sistema Preventivo – E perché debbasi preferire, pp. 3-5; Utilità del sistema preventivo, pp. 5-6; Una parola sui castighi, pp. 6-7.
Anche se il frontespizio riporta soltanto il titolo italiano, il fascicolo contiene, disposte su pagine a fronte, la redazione italiana (D) e francese (E).
La segnatura è ASC 133 «Inaugurazione» [microschedatura 448 B i...]. Nel frontespizio si notano numerose segnature di archivio a biro e a matita con stampigliatura in rosso; tra esse S. 38/44/Nice 1877 12° copia MS.
Il fascicolo è costituito di 25 fogli doppi formato protocollo, 302x198
mm, cuciti con filo a forma di quaderno. Le pagine sono numerate da 1 a 47; le pagine 48, 49, 50 sono in bianco e non sono numerate; da 1 a 29 la numerazione è fatta dall'amanuense del testo italiano, da 30 a 47 in pastello azzurro da don Bosco. Nella prima pagina è trascritto con caratteri eleganti, calligrafici, il titolo, seguito nella parte inferiore da un fregio. Nel margine inferiore è scritto a matita in modo appena leggibile: Torino 1877/ Tipografia e libreria Salesiana/Sampierdarena - Torino - Nizza Marittima. Il foglio risulta piuttosto slabbrato sui bordi e ha macchie di inchiostro. Con il medesimo pastello azzurro usato nella numerazione delle pagine don Bosco indica — evidentemente per la tipografia — con il solito segno dell'a capo [ come vanno disposti gli elementi del titolo: Inaugurazione/del Patronato di S. Pietro/in Nizza a mare/Scopo del medesimo/Esposto dal Sacerdote/Gioa. Bosco/Con appendice sul sistema preventivo/nella educazione della gioventù.
I due testi, italiano e francese, si trovano nelle due pagine a fronte, rispettivamente pari e dispari (il frontespizio, pag. 1, ha solo il titolo italiano).
La carta è piuttosto resistente, con rigatura leggera di color azzurrino. Sulla sinistra dei fogli è segnata verticalmente a matita una marginatura di circa 40 mm. L'inchiostro è di colore nero; un po' più diluito appare quello usato nella trascrizione del discorso di don Bosco in francese. Qua e là si notano delle macchioline.
Complessivamente si notano tre grafie diverse (compresa quella di 28bis e 29bis): quella usata per il testo italiano è unica per l'intero testo, calligrafica; nel testo francese intervengono altre due differenti, una per le pagine dedicate alla cronaca e alle pagine sul sistema preventivo (le pagine dispari da 3 a 7 e da 31 a 47), un'altra per le pagine che riproducono il discorso di don Bosco (dispari da 7 a 29). Quest'ultima è a svolazzi, ma ugualmente chiara, anche se viene usato un inchiostro più diluito di quello utilizzato dagli altri due amanuensi. In ambedue i testi don Bosco interviene con lievi correzioni.
A pag. 9 si trova un rimando a matita alla breve nota di pag. 8 (del testo italiano a fronte): essa difatti comparirà in italiano anche nella prima edizione, bilingue, del testo francese.
Tra pag. 28 e pag. 29 è inserito un foglio doppio da lettera con l'intestazione: Oratorio di s. Frane. di Sales/Via Cottolengo, n. 32/Torino. Le due pagine interne del foglio riportano a fronte in italiano e in francese il racconto della questua effettuata al termine del discorso. La grafia è identica a quella dell' amanuense che ha trascritto la cronaca e il testo del discorso. Si notano lievi correzioni di don Bosco, che nel margine superiore delle due paginette aveva indicato quasi come titolo, a sinistra: Dopo il discorso, e a destra: Près du sermon, parole da lui stesso cancellate a matita e a penna con inchiostro
nero. Nella prima paginetta sotto l'intestazione don Bosco scrive con pastello azzurro 28bis con segno di rimando alla pagina seguente, dove riscrive il medesimo segno di rimando e 1' amanuense numera 28bis; identico rimando con l'indicazione 29bis don Bosco traccia nella quarta paginetta, ripetuto nella paginetta precedente numerata 29bis dall'amanuense.
Alle pagine 26, 27, 28, 29 si trovano segni convenzionali per la tipografia tracciati da don Bosco con il medesimo pastello azzurro con cui ha numerato le pagine da 30 a 47.
A pag. 30 è posto il titolo Il Sistema Preventivo... preceduto da una linea curva a pastello rosso, che lo chiude a sinistra. A pag. 34 si nota una macchia rossa e impronte digitali sparse. Le pp. 46/47 contengono soltanto cinque linee di testo; il resto è bianco come lo sono le pp. 48, 49, 50, non numerate.
Il manoscritto contiene le tre sezioni complete: 1) elementi di cronaca: pp. 2/3-6/7, 28bis/29bis; 2) il discorso di don Bosco (pp. 6/7-28/29): Storia - Historique, pp. 8/9-14/15; Scopo di questo Istituto - But de l'Institut, pp. 14/ 15-22/23; Mercede - Récompense, pp. 22/23-28/29; 3) il sistema preventivo, pp. 30/31-46/47.
La traduzione E è stata utilizzata in buona misura dal traduttore del testo uscito poi a stampa (G e 1), anche se questo rivela un notevole distacco da E nella parte che riproduce il discorso di don Bosco e presenta consistenti varianti nelle pagine sul sistema preventivo. Esso diventa, invece, quasi trascrizione di E nella cronaca iniziale e nel paragrafo sui castighi.
4. - Doc. F-G – gurazione/del/Patronato di S. Pietro/in Nizza a Mare/1877/Tipografia. e Libreria Salesiana/San Pier d'Arena - Torino - Nizza - Inauguration/du/Patronage de S. Pierre/à Nice Maritime 1877/Imprimerie et Librairie Salésienne/San Pier d'Arena - Torino - Nice Maritime.
I due titoli occupano rispettivamente la metà superiore e inferiore della copertina di un libretto a stampa di 68 p., 17,8x11,5 mm. Se ne trova copia nell'ASC 133 «Inaugurazione». Seguono a pagine alternate il testo italiano e il testo francese della composizione complessiva; l'impaginazione non è accuratissima e perciò tra i due testi non c'è sempre un rigoroso parallelismo. I frontespizi sono due, p. 2 per l'italiano, p. 3 per il francese, con indicazioni identiche a quelle riportate in copertina, completate dal rispettivo sottotitolo: Scopo del medesimo/esposto dal Sacerdote/Giovanni Bosco/con appendice sul sistema preventivo/nella educazione della gioventù - But de l'oeuvre/exposé par Mr l'abbé/Jean Bosco/avec appendice sur le système préventif/pour l'éducation de la Jeunesse.
Le varie «sezioni» sono distribuite come segue: 1) elementi di cronaca, pp. 4/5-10/11 e 42/43; 2) breve storia o exposé di don Bosco (pp. 10/1168/69): Storia - Historique, pp. 12/13-22/23; Scopo di questo Istituto - But de l'oeuvre, pp. 24/25-32/33; Mercede - Récompense, pp. 34/35-40/41; 3) Il sistema preventivo - Le système préventif, pp. 44/45-68/69.
La composizione del testo francese rivela fretta e impaccio, con errori di accenti; i caratteri sono chiari e perfettamente leggibili.
A pag. 68 è riportato il nulla osta diocesano per la stampa: V. nihil obstat./Taurini, 3 Augusti 1877./Joseph Zappata Vic. Gen.
In mezzo alla quarta pagina di copertina è riprodotta un'incisione, di circa 50x60 mm, raffigurante Cristo che sulle rive del lago di Tiberiade alla presenza di due apostoli consegna a Pietro le chiavi del potere."
5. - Doc. H – Inaugurazione/del/Patronato di S. Pietro/in Nizza a Mare / —/Scopo del medesimo/esposto dal Sacerdote/Giovanni Bosco/con appendice sul Sistema Preventivo/nella educazione della gioventù/ Torino/Tipografia e Libreria Salesiana San Pier d'Arena - Nizza Marittima 1877.
Il libretto, a stampa, di 36 pagine, è del medesimo formato del precedente bilingue. Il titolo è riprodotto con composizione e impaginazione identiche in copertina e nel frontespizio. La collocazione in ASC è 133 «Inaugurazione» 6. Contiene il testo dell'edizione italiana separata.
La materia è così distribuita: 1) elementi di cronaca, pp. 3-6, 21-22; 2) discorso di don Bosco (pp. 6-21): Storia, pp. 7-12; Scopo di questo istituto, pp. 13-17; Mercede, pp. 18-21; 3) Il Sistema Preventivo, pp. 23-33.
A p. 35 c'è l'Indice delle materie; a p. 36 il nulla osta della Curia torinese, identico a quello dell'edizione bilingue; a p. 4 di copertina si ritrova l'incisione già nota.
6. - Doc. I – Inauguration/du/Patronage de S. Pierre/A Nice Maritime / — /But de l'oeuvre/exposé par Mr l'abbé/Jean Bosco/avec appendice sur le Système Prévenepour l'éducation de la jeunesse/Turin/Imprimerie et Librairie Salésienne/San Pier d'Arena - Nice Maritime/1877.
Il libretto, a stampa, di 36 pagine, è del medesimo formato del prece
20 L'edizione bilingue si trova in ristampa anastatica nella collezione delle Opere edite di don Bosco, vol. XXVIII. Roma, LAS 1977, pp. 380-446.
dente bilingue. Il titolo compare con composizione diversa e impaginazione identica in copertina e nel frontespizio. Ne esiste copia anche in ASC 133 «Inaugurazione» 7. Contiene il testo della versione francese delle tre «sezioni» già note con questa distribuzione della materia: 1) elementi di cronaca, pp. 3-6, 23; 2) discorso di don Bosco (pp. 6-23); Historique, pp. 7-13; But de l'oeuvre, pp. 14-18; Récompense, pp. 19-23; 3) Le système préventif, pp. 2435. Gli accenti sono meglio curati.
Nella metà inferiore di p. 35 c'è il solito nulla osta della Curia torinese; e a p. 4 di copertina l'incisione ricordata.
7. - Ms L – Aggiunte manoscritte di don Gioachino Berto a un fascicolo dell'edizione a stampa separata del 1877 – microschede 447 E 7 - 448 A 12 [aggiunte di don Berto A 11-12].
È un fascicolo dal formato già noto ed è custodito nell'ASC 133 «Inaugurazione» 3.
Nel margine superiore della copertina don Berto scrive: Per una nuova edizione. Da p. 3 a p. 32 non si nota alcun intervento di don Berto. Invece don Berto introduce correzioni e aggiunte a p. 33 dopo il num. III di Una parola sui castighi, nel margine inferiore della stessa pagina (parte del nuovo num. IV) e a p. 34, non numerata e precedentemente bianca, che viene interamente occupata dai nuovi numeri VI e VII.
Il nuovo materiale si riverserà nel testo riprodotto nel «Bollettino Salesiano» del settembre 3.880, ristampato nei Cinque lustri (1892) e nelle MB 4, 546-552 (1904). Sarà evidenziato in parallelo con l'edizione critica del testo elaborato per il Regolamento.
8. - Doc. R – Regolamento/per le case/della/Società di S. Francesco di Sales /Torino/Tipografia Salesiana/1877. - [pp. 3-13:] Il sistema preventivo/ nella educazione della gioventù; [pp. 15-17:] Articoli generali.
Il testo sul «sistema preventivo» è contenuto in un grosso fascicolo a stampa di 100 p., formato 18,5x12 cm. Il testo, che porta in calce il nome del-l' autore Sac. Gio. Bosco, è seguito per la prima volta dagli Articoli generali, che in certo senso fanno da ponte tra esso e le norme strettamente regolamentari. Essi, nell'Indice a p. 99, appaiono come facenti un tutt'uno con le diverse suddivisioni del testo del sistema preventivo.'
21 Nella ristampa anastatica delle Opere edite di don Bosco il testo del «sistema preventivo» e degli «articoli generali» è contenuto nel vol. XXIX (Roma, LAS 1978) rispettivamente alle pp. 99-109 e 111-113.
9. - Doc. M — Storia dell'Oratorio di S. Francesco di Sales, cap. XXI. ...Sistema preventivo - Sua applicazione - Suoi vantaggi - Una parola sui castighi BS 4 (1880) n. 9, sett., pp. 6-9.
È contenuto il testo quasi integrale del «sistema preventivo»: vengono omesse l'introduzione e la conclusione; i titoli vengono sostituiti da brevi note introduttive del redattore, don Bonetti. Il testo è identico a quello pubblicato nel Regolamento, con l'uso generalizzato della maiuscola iniziale per i termini Sistema e Direttore. Il compilatore della Storia introduce pure le varianti e aggiunte apportate da don Gioachino Berto nel testo stampato, separato, del 1877, da lui qualificato con la scritta Per una nuova edizione (Doc. L).
A questo testo si farà riferimento per puntuali confronti nell' edizione del «sistema preventivo» nella redazione apparsa nel fascicolo del Regolamento.
Dall' analisi dei testi e delle varianti si può ricostruire agevolmente la successione e la interdipendenza dei documenti.
Non si tien conto di un documento manoscritto, molto danneggiato, che contiene soltanto parti della prima redazione del discorso di don Bosco a Nice (v. in ASC 133 «Inaugurazione»).22
Il primo che interessa, perché completo di tutte e tre le sezioni, è il doc. B, che ricava i suoi materiali parzialmente da A e da altri testi non reperiti. Da Bb derivano due manoscritti, il C e il D.
Il ms C, che contiene soltanto il testo del sistema preventivo, trascrive B con le correzioni di don Bosco. Alcune lievi divergenze si spiegano supponendo nel copista l'intenzione di migliorare il testo quanto alla punteggiatura, a qualche «a capo», a talune sottolineature; altre tradiscono difficoltà di lettura della pur diligente scrittura di don Berto: si trova «Su questo Sistema», perché la lettera I di B è anche interpretabile in questo senso; «approfittarsene» invece di «approfittarne».
D suppone certamente B Bb e in massima parte lo trascrive. Ma nella sezione relativa alla cronaca e in quella che riporta le parole di don Bosco si notano varianti che suppongono qualche parziale documento intermedio.
22 Per una precisa informazione sul doc. A, non significativo ai fini di questa raccolta, cfr. GIOVANNI (s.) Bosco, Il sistema preventivo nella educazione della gioventù. Introduzione e testi critici a cura di P. Braido. Roma, LAS 1985, pp. 18-19.
Una dipendenza più stretta di D da Bb si rivela soprattutto nelle pagine sul sistema preventivo, testo che logicamente doveva subire minori revisioni rispetto alla redazione originaria, decisamente schematica e pratica. Si trovano poche lezioni che si scostano da B (e da C: a parte naturalmente quelle nelle quali C si allontana da B e da D).
Il ms E, traduzione francese inedita, dipende chiaramente da una redazione corrispondente a quella offerta dal ms D; per lo più non sono tenute in conto dal traduttore le correzioni ivi introdotte (Db).
Invece, il testo stampato francese risulta corrispondente al documento D, incluse le correzioni ivi introdotte da don Bosco (Db).
Db corrisponde anche al testo italiano delle due prime edizioni, bilingue e separata, doc. F e H.
Indizi sicuri fanno pensare che l'edizione bilingue, doc. F e G, precede quella separata, H e I. La composizione rimane identica, ma nel passaggio da F ad H e da G a I, essa viene alquanto migliorata, soprattutto nel testo francese.
Il doc. R, cioè il testo del sistema preventivo pubblicato congiuntamente al Regolamento per le case verso la fine del 1877, deriva chiaramente dal ms C Cb.
Numerose particolarità nella punteggiatura e nell'uso delle minuscole inducono a pensare che in tipografia sia giunto un altro manoscritto più accurato, ritrascritto sulla scorta del ms D Db. La convinzione si rafforza, se si considerano le varianti più significative di R rispetto a C Cb.
Il testo H (edizi9ne italiana separata) diventa il punto di partenza per ulteriori edizioni dell'opuscolo sul sistema preventivo dissociatosi immediatamente dall'Inaugurazione.
Integrative di H appaiono le aggiunte di don Gioachino Berto, che contribuiscono così ad arricchire il testo proveniente dal Regolamento per le case e si ritroveranno in quello pubblicato nel «Bollettino salesiano» italiano nel settembre del 1880 e in edizioni in altre lingue.
È un irraggiamento che segue di pari passo la divulgazione attraverso opuscoli sciolti, l'inserimento in libri di pedagogia salesiana, il legame con il Regolamento.
B Bb
C Cb D
Db E Eb
H
L
M
Non è apparsa identificabile con certezza una qualche fonte immediata delle pagine sul sistema preventivo. La più vicina, come si dirà, sembra essere un opuscolo del barnabita p. Teppa. Più che a testi ben definiti utilizzati nel lavoro redazionale ci si può riferire con una certa approssimazione a scritti che don Bosco potè avere tra mano in diversi momenti della sua vita, che poterono contribuire a creare o a confermare una determinata mentalità o ad accentuare particolari esperienze e intuizioni."
23 Uno studioso salesiano di pedagogia scriveva, non senza enfasi: «Non sarebbe infruttuoso lo studio dell'influenza che possono aver avuto su D. Bosco gli educatori e gli scrittori di questioni educative del tempo, vari dei quali (oltre gli accennati, Boncompagni, Lanza, Berti, Rosmini, Tommaseo, Silvio Pellico, Manzoni, ecc.) furono in rapporti di cordiali relazioni orali e scritte con lui, e che tutti direttamente o indirettamente favorirono l'opera sua» (V. OmPern, Don Bosco educatore. Contributo alla storia del pensiero e delle istituzioni pedagogiche. Torino, SEI 1939, p. 105, n, 2; I ed. 1925). Un altro, invece, afferma: «Don Bosco, pur avendo occasione di trovarsi a contatto con persone che in fatto di scuola e pedagogia erano vere autorità, quali ad es. l'Aporti, il Rayneri, il Rosmini e più di tutti l'Allievo, col quale ebbe più continuata e vicina relazione, non si trova(...) che con loro intavolasse discorsi e tanto meno discussioni di argomento scolastico o pedagogico» (B. FASCIE, Del metodo educativo di Don Bosco. Torino, SEI 1927, pp. 20-21). Più avanti un anonimo SALESIANUS asserirà: «Vissuto nell'epoca del più rigoglioso rifiorire della scuola pedagogica italiana, non solo conobbe quanto si faceva e si scriveva da uomini illustri come Boncompagni, Lambruschini, Aporti, Rosmini, Rayneri, Tommaseo, Parato, Allievo, ma ad alcuni di essi fu anche unito con vincoli d'affettuosa amicizia» (Il beato Don Bosco e l'educatore cristiano, in «Catechesi» 3 (1934), n. 5, gennaio, pp. 332- 333). Su Don Bosco e la pedagogia del suo tempo avanzava alcune ipotesi anche M. CASOTTI nella fortunata antologia su Il metodo preventivo (Brescia, La Scuola 1937, pp. 7-18). Con maggior cautela nel pregevole saggio su La pedagogia di Giovanni Bosco (supplemento al fasc. V della rassegna «Aspetti Letterari» 1934) G. ZITAROSA stabiliva un confronto tra le ispirazioni centrali della pedagogia di don Bosco con più elaborate sistemazioni teoriche moderne a partire da Locke (pp. 32-80). Alla ricerca di motivi «preventivi» generici e specifici in tempi e contesti non lontani da quelli di don Bosco sono rivolte varie indagini di E. VALENTINI, quasi variazioni del tema di fondo, esplicitamente enunciato in un articolo del 1969: Don Bosco restauratore del sistema preventivo, in «Rivista di Pedagogia e Scienze Religiose» 7 (1969) pp. 285-301.
Non è difficile trovare documenti, antichi e recenti, che mostrano evidenti coincidenze o analogie con il sistema preventivo di don Bosco. Si possono riscontrare nella millenaria tradizione pedagogica, pastorale, ascetica cristiana. Alcuni possono aver influito direttamente o indirettamente su tratti significativi del suo stile educativo.24 Qui, invece, si tenta di individuare eventuali fonti prossime o remote, che don Bosco può aver avuto presenti e utilizzato nella redazione delle pagine del 1877 sul «sistema preventivo». Poco, forse, risulta accertabile con rigorosa sicurezza storica. Tuttavia nel suo itinerario operativo si possono rilevare incontri con altre esperienze, tali da non escludere anche il contatto con precise fonti letterarie, che possono aver favorito la ricezione di concetti comuni al sistema quali l'antitesi prevenzione-repressione, il trinomio ragione-religione-amorevolezza, l'assistenza-presenza, la paternità, la famigliarità, la sobrietà dei castighi, ecc.
24 Ipotesi di convergenze e dipendenze sono formulate tra gli altri da P. BRAIDO, Il sistema preventivo di Don Bosco (Torino, PAS 1955), pp. 81-131 e Esperienze di pedagogia cristiana nella storia, vol. II (Roma, LAS 1981), pp. 302-321; e P. STELLA, Don Bosco nella storia della religiosità cattolica, vol. II, pp. 450-459.
In particolare si può rilevare la conoscenza di regolamenti preesistenti di tipo lombardo e di statuti delle opere fondate da Ludovico Pavoni (cfr. P. BRAIDO, Il sistema..., pp. 87-100).
Ricerche più approfondite relative agli anni 1844-1845 potrebbero, forse, far miglior luce su una eventuale conoscenza specifica degli orientamenti educativi di Ferrante Aporti (cfr. P. BRAIDO, 0.C., pp. 118-122) e della rivista «L'Educatore Primario» (1845-1846) e «L'Educatore» (1847-1848) (P. BRAIDO, 0.C., pp. 115-117).
In Francia il «Moniteur» del 13 aprile 1844 riferiva su un intervento del cattolico liberale de Broglie alla Camera dei Pari sull'«educazione pubblica piuttosto repressiva» (cioè rigida, austera) e sull' «educazione domestica essenzialmente preventiva» (dolce, comprensiva). Invece, in altra prospettiva, di «système préventif» e «système répressif» parlava M. Thiers alla Camera dei deputati francese il 13 luglio 1844, riferendo sul principio della libertà d'insegnamento da introdurre nell'istruzione secondaria. In questo caso la terminologia assume un significato censorio-poliziesco e deriva dalla affermata legittimità della sorveglianza dello stato sugli istituti di istruzione privata, a cui si fosse concessa la libertà di insegnamento: rinunciando al «sistema preventivo» (e cioè alla repressione preventiva della libertà) lo stato si riserva di far uso del «sistema repressivo» (e cioè di intervenire in caso di abusi e infrazioni della legge): «Il s'agit d'examiner, de surveiller, d'avertir, d'exercer une simple censure disciplinaire»."
Ottant'anni prima il concetto di prevenzione era stato esplicitamente utilizzato in campo penale-educativo da C. Beccaria nel suo libro Dei delitti e delle pene (1764), dove scriveva: «Finalmente il più sicuro mezzo di prevenire i delitti si è di perfezionare l'educazione, oggetto troppo vasto e che eccede i confini che mi sono prescritto, oggetto, oso anche dirlo, che tiene troppo intrinsecamente alla natura del governo perché non sia sempre fino ai più remoti secoli della pubblica felicità un campo sterile, e solo coltivato qua e là da pochi saggi».26
Non è improbabile che echi della contrapposizione tra sistema preventivo e sistema repressivo in una più precisa angolazione educativa siano giunti a don Bosco tramite attuazioni e discussioni in un ambiente a lui noto, anzi da lui frequentato: la «Casa di educazione correzionale» (è il termine tecnico che ricorre nei documenti ufficiali), «detta la Generala» di Torino.
25 Cfr. Rapport de M. Thiers sur la loi d'instruction secondaire fait au nom de la Commission de la Chambre des Députés dans la séance du 13 juillet 1844 (Paris, Paulin Editeur 1844), pp. 39-40. A parte le formule, più avanti il Thiers contrappone la disciplina inflessibile degli istituti pubblici all'arrendevolezza delle istituzioni private. Nei primi domina l'idea della regola e dell'uguaglianza, la franchezza e la lealtà dei rapporti; nelle altre si cederebbe al compromesso, alle pressioni delle famiglie, instaurando un regime più flessibile e indulgente, però meno appropriato a formare uomini e cittadini maturi e responsabili (cfr. pp. 57-58, 60-61).
L'art. 17 della Costituzione belga del 1831 recitava: «L'enseignement est libre, tonte mesure préventive est interdicte; la répression des délits n'est reglée que par la loi».
26 C. BECCARLA, Dei delitti e delle pene, a cura di Franco Venturi (Torino, Einaudi 1973,p. 102, n. 45).
Si può ricordare, come è chiarito in altra parte di questo volume (p. 75, n. 1), che di problemi analoghi si occupava negli anni '50 il ministro della Giustizia e degli Interni, Urbano Rattazzi, ammiratore di don Bosco e con lui familiarizzato.
Era stata aperta con Regio Brevetto del 12 aprile 1845 e affidata ai Fratelli della Congregazione francese di S. Pietro in Vincoli, fondata dal can. Charles Fissiaux (1806-1867) per l'apostolato tra i corrigendi, perché vi si applicasse il sistema di educazione correzionale. Questa formula assume un significato ben preciso nell'azione pratica e nelle formulazioni dei Fratelli e del loro direttore, lo stesso Fissiaux, come si può rilevare dal 1° e 2° Rapport del 1846 e 1847. Essa trova un posto di tutto rilievo soprattutto nel primo. È compito della «Maison centrale d'Éducation correctionnelle» nei riguardi dei «jeunes délinquants» «leur préparer un meilleur avenir, les sauver du milieu du naufrage, les punir sans doute, mais surtout les corriger».27 Dopo gli inizi difficilissimi, nei quali — confessa il canonico — «malgré nous il nous fallut déployer la plus grande sévérité, et laisser pour un temps les voies de la douceur prises alors pour de la faiblesse», «nous pumes enfin appliquer à nos enfans le système d'éducation correctionnelle employé par notre Société dans les autres maisons pénitentiaires confiées à ses soins».28 Dando «un apergu de notre système», egli si sofferma tra l'altro sulla disciplina, che non è lontana dalle connotazioni attribuite da don Bosco al sistema educativo repressivo. «La discipline de Établissement est sévère, elle doit l'étre, il faut que tout rappelle que c'est un lieu de pénitence et de correction(...). Partant de ce principe nous ne laissons aucune faute sans punition, mais aussi aucun acte de vertu n'est laissé sans récompensci».29
Naturalmente sono messi in grande evidenza anche i fattori positivi: l'emulazione, il lavoro, la scuola, la musica, il potenziale religioso e morale." Abbondano insieme i toni di moderazione e di comprensione nei confronti della fragilità giovanile.
27 Rapport sur les premiers résultats obtenus dans la Maison d'éducation correctionnelle pour les jeunes détenus du Royaume de Sardaigne présenté à la réunion qui eut lieu le 7 juin 1846 pour la distribution des prix par monsieur l' abbé Fissiaux... Turin, Imprimerle Royale 1846, pp. 6-7.
28 Rapport..., pp. 10, 13-14.
29 Rapport..., p. 21. In un Rendiconto sul 1854 redatto dal cappellano teol. Giuseppe Giuliano, lo «Stabilimento» è ancora presentato come «Istituto destinato a punirli ed a migliorarli ad un tempo stesso» (Calendario generale del Regno pel 1855, anno XXXII. Torino, Stamperia dell'Unione Tipografica-Editrice, p. 137).
30 Rapport..., pp. 14-21, 27-30.
Dei corrigendi si parla come di «pauvres enfans plus malheureux que coupables, de jeunes étres que l'on s'est trop habitué à regarder comme des criminels incorrigibles, et qu'on a entouré d'injustes préventions, d'un mépris peu mérité», di «enfans victimes seulement de la fragilite de leur àge et du malheur de leur naissance».31 Nel secondo Rapport affiorano addirittura elementi che mostrano quanto il sistema repressivo sia contiguo a quello preventivo. Il direttore, infatti, intende provare «qu'en donnant une vraie éducation correctionnelle à ces enfans, qu'il faut pluten corriger avec douceur, que punir avec rudesse, notre Société a déjà réalisé, en partie au moins, des bons résultats que vous 'ètes en droit d'attendre de son zèle dévoué» e insiste nel dichiarare che «la plupart de ces jeunes détenus», «plus malheureux que coupables», hanno reagito positivamente al «système d'éducation employé à leur égard».32
Si è accennato altrove, problematicamente, alle relazioni di ministero sacerdotale e di amicizia di don Bosco con i Fratelli delle Scuole Cristiane, che gestivano a Torino le scuole elementari di S. Pelagia.33 Sono indubbiamente molti gli elementi pedagogici e spirituali che apparentano idealmente il sistema preventivo di don Bosco con la prassi educativa dei lasalliani, pur con differenze di un certo rilievo, dovute alla diversità di tempi, di origini, di contesti socio-culturali, di ispirazione teologica. Ne può dare conferma la lettura soprattutto di un importante scritto di spiritualità pedagogica, quali sono le dense Méditations pour le tems de la Retraite (ca. 1730) e alcune delle Méditations pour tous les dimanches de l'année (1730?), di J.-B. de La Salle, le quali non fanno che esplicitare quanto era vissuto nell'esperienza educativa quotidiana: «employez selon la gràce qui vous a été donnée, le don d'instruire en enseignant, et d'exhorter, en excitant ceux qui son confiez à vos soins, les conduisant avec attention et vigilance; afin de remplir envers eux le principal devoir des Pères et des Mères à l' égard de leurs enfans».34 Oltre i concetti di paternità e maternità educativa ricorrono i termini vigilance, guides vigilans, veiller, diretti a impedire, preservare, prevenire il male e promuovere il bene:" si insiste sull'amore, sulla pazienza, sulla dolcezza e la carità visibilizzata; 36 si invita a tener conto della naturale mobilità fanciullesca e della congenita irriflessione; " si esorta alla ragionevolezza e saggezza degli interventi."
31 Rapport..., p. 31.
32 Second Rapport sur les résultats obtenus dans la Maison d'éducation correctionnelle pour les jeunes détenus du Royaume de Sardaigne présente à la réunion qui eut lieu le 26 septembre 1847 pour la distribution des prix par monsieur l'abbé Fissiaux... Turin, Imprimerie Royale 1847, p. 13.
33 Cfr. P. BRAIDO, Il sistema preventivo di don Bosco. Torino, PAS 1955, pp. 106-115.
34 Méditations pour les tems de la Retraite, I Med., punto 2.
35 Cfr. per esempio, Méditations pour le tems de la Retraite, II med., punto 2; V med., punto 3; VI med., punto 2; IX med., punto 2; X med., punto 1 e 2 («vous ne devez pas vous contenter d'empécher les Enfants qui sont confiez à vos soins, de faire le mal, il faut aussi que vous les engagiez à faire le bien et les bonnes actions dont ils sont capables»); XI med., punto 3; XIV med., punto 2.
36 Cfr. IX med., punto 2; XI med., punto 2; XII med., punto 3.
Molto più vicini alle reali possibilità di lettura da parte di don Bosco appaiono due opuscoli, familiari all'ambiente lasalliano piemontese: la classica opericciuola di Fr. Agathon (1731-1798), superiore generale dei Fratelli delle Scuole Cristiane alla fine del sec. XVIII, Les douze vertus d'un bon maître, che don Bosco poteva trovare nell'edizione torinese di Marietti del 1835 e il libricino, ricalcato sullo scritto precedente, di fratel Théoger.39
Nell'intreccio delle dodici virtù (gravità, silenzio, umiltà, prudenza, sapienza, pazienza, ritenutezza, dolcezza, zelo, vigilanza, pietà, generosità; Théoger aggiungerà costanza, fermezza, buon esempio) compaiono numerosi elementi perfettamente congruenti con quelli di don Bosco anche se alcuni differentemente accentuati (per esempio, i temi della gravità, del silenzio, dell'umiltà...). Il maestro «procura colle sue amabili qualità di conciliarsi l'amorevolezza degli scolari»," «loro inspira affezione, stima e rispetto verso di lui».41 «La prudenza fa un dovere al maestro di prendere tutte le necessarie cautele per antivenire il male, sotto qualsiasi forma si presenti, e con esso il pentimento, sempre così amaro, o ordinariamente troppo tardo».42 «L'amore s'acquista con l'amore. Un maestro adunque prima d'ogni cosa e soprattutto deve assumere per essi sentimenti di padre, e mai sempre riguardarsi come facendo le veci di coloro che ad esso li hanno affidati: cioè aver per essi quelle viscere di bontà e di tenerezza che hanno i padri medesimi. Ora1queste gli verranno ispirate dalla dolcezza; questa gli darà verso di essi qu'ell'affetto, quella sensibilità e benevolenza, quelle maniere obbliganti e persuasive; questa toglie al comando quanto ha di troppo duro e penoso e ne spiana la difficoltà».43
37 Cfr. XI med., punto 1 e 2.
38 Cfr. XII mcd., punto 1; XIV med., punto 3.
39 Virtù e doveri di un buon maestro. Operetta pubblicata per cura del Fratello Vittorio Théoger delle Scuole Cristiane. Torino, Presso G.B. Paravia e presso l'Unione Tipografica Editrice 1863, 64 p.
40 Le dodici virtù..., p. 5.
41 Le dodici virtù..., p. 6.
42 Le dodici virtù..., p. 21.
43 Le dodici virtù..., pp. 38-39.
«Suo [della fermezza] principale effetto essendo quello di tirar gli scolari ad astenersi dal male per motivo di timore, non può tornare veramente utile se non in quanto ha per compagna la dolcezza la quale sola fa che vogliamo per amore il bene(...). Ond' è che un buon maestro ha pregio e lode non di sola fermezza, ma eziandio e specialmente di dolcezza(...). La dolcezza è la forma esteriore della carità, della bontà(...). Mette dunque grandissimo conto che il maestro ami i suoi discepoli, e li ami per motivo sovrannaturale; che ogni suo andamento, ogni sua parola, il suo vigilare, in una parola, ogni sua azione sia inspirata da questo amore; altrimenti egli non potrebbe cattivarsi il loro affetto e stabilire la sua autorità; e quindi gli tornerebbe impossibile l'adoperarsi con frutto a educarli»." Entro questo quadro assume fisionomia caratteristica la vigilanza-presenza e trova soluzione moderata il problema dei castighi. «La vigilanza è la perseverante attenzione del maestro a quello che fanno gli scolari. Questa qualità produce felicissimi effetti, non solo perché reprime il disordine tosto che si manifesta, e così impedisce che non si faccia grave, ma ancora e specialmente perché lo antiviene(...). Sarà pertanto il maestro attentissimo a tutto ciò che si fa attualmente nella scuola; inoltre, attesoché è assai miglior cosa impedire un male, che poi castigarlo commesso, si studierà, per quanto gli verrà fatto, di togliere agli scolari ogni mezzo ed occasione di cadere in qualche fallo o mancamento alla regola; provvederassi in modo che siano ben persuasi d'essere continuamente sorvegliati».45 «La dolcezza prescrive al maestro specialmente: 1° Di castigar poco(...); 2° Di castigare solo per motivo ben certo di carità(...); 5° Di non percuotere mai i fanciulli né spingerli, costringerli o aspreggiarli(...); 15° Di essere, per quanto sta da lui, di piacevole accesso, che mostri bontà e cordialità(...); 20° Di provarsi a guadagnare colla moderazione, l'animo degli alunni, cui il rigore irrita o scoraggisce»."
Ed ancora: «Fate tutto quello che si può acciocché i fanciulli trovino certo quale diletto nei religiosi esercizi: catechismi, funzioni parrocchiali,
canti di chiesa, prediche, ecc.; e sempre parlarne come di cose che s'hanno in pregio ed amore(...). Assuefarli ad accostarsi spesso ai sacramenti, facendo loro apprezzare i grandi vantaggi che l'usarne frequentemente arreca al
l' anima; loro insegnare bene il modo di confessarsi, di prepararsi alla santa comunione, e farne il rendimento di grazie(...). Non ispirare agli scolari una pietà austera mossa da timore, ma sì una pietà dolce, fondata principalmente sull'amore».47
44 Virtù e doveri..., pp. 43, 46-47.
45 Virtù e doveri..., pp. 50-51.
46 Virtù e doveri..., pp. 47 e 49.
47 Virtù e doveri..., pp. 26, 30-31.
E non mancano, infine, richiami alla ragione: «Non regolarsi secondo opinioni arrischiate, ma pigliare a fondamento de' propri giudizi e regola delle proprie azioni le massime cristiane, le leggi divine ed umane, i principi della sana ragione(...). Parlar sempre giusto, sempre ragionato agli scolari, qualunque sia la loro età, ed avvezzarli a far così ancor essi nelle occasioni che lor si presentano(...). La fermezza, in sé, altro non è che la forza e la costanza adoperate per opporsi al male, antivenire e reprimere il disordine(...) una cotal forza di animo usata dalla ragione a tenere i fanciulli nella via del bene».48
Teoricamente accessibili a don Bosco e portatori di elementi pedagogici analoghi ai suoi sono contenuti in scritti di autori di varia ispirazione; ma sarebbe quanto mai problematico individuarvi possibili apporti alla composizione delle pagine sul «sistema preventivo».49
Maggiori probabilità sembra avere l'ipotesi di una mediata dipendenza da F. Dupanloup e dal suo De l'éducation. Il vescovo di Orléans è uno degli autori di cui si dichiara debitore per i suoi Appunti di Pedagogia sacra (1903; I edizione litografata 1897) d. Giulio Barberis. La traduzione italiana del De l'éducation" non era sconosciuta a Valdocco e appaiono notevoli le convergenze di contenuto con il sistema preventivo e molto vicine le formule relative alla distinzione di sistema preventivo e repressivo.
48 Virtù e doveri..., pp. 24, 27, 42-43.
49 P. Stella documenta in particolare in rapporto all'ab. Blanchard e al lazzarista Pier Paolo Monaci (Don Bosco nella storia della religiosità cattolica, vol. II, pp. 453-456). Si potrebbero aggiungere a maggior ragione scritti pedagogici di P.A. Monfat, della Società di Maria, soprattutto Les vrais principes de l'éducation chrétienne rappelés aux mattres et aux familles (Paris, Bray et Retaux 1875). Di lui sarà letta e commentata nella comunità degli educatori di Valdocco (Torino) l'opera successiva La pratica dell'educazione cristiana. Prima versione libera del sac. Francesco Bricolo (Roma, Tip. dei Fratelli Monaldi 1879, traduz. da La pratique de l'éducation chrétienne. Paris, Bray et Retaux 1878), fonte immediata della «Circolare sui castighi» del 1883.
50 L'educazione per monsignor Felice Dupanloup vescovo d'Orléans membro dell'Accademia francese. Versione italiana di D. Clemente De Angelis..., 3 vol. Parma, Fiaccadori 1868-1869.
In Dupanloup l'antitesi tra sistema repressivo e preventivo viene anzitutto materializzata nell'opposizione tra magistratura civile e penale esercitata nella società civile e magistratura educativa: «In tutte le società incivilite si è sempre sentito il bisogno non solamente di reprimere il male, rattenendo le umane passioni col freno del castigo, ma si è altresì sentita la necessità di prevenirlo informando a virtù gli uomini mediante l'Educazione; e per questo i popoli meglio in fiore di saviezza fanno bene spesso un magistrato dell'istitutore, e un magistrato del più alto grado»." Ma la differenziazione di interventi avviene anche all'interno dello spazio educativo, dovuta alla realtà giovanile da trasformare e al concetto stesso e alle articolazioni della «disciplina» («disciplina ha radice in discere, imparare, e la parola non solo esprime una disciplina esteriore, ma altresì un insegnamento ed una virtù»).52
Quella del fanciullo è «un'età curiosa, mobile, inquieta, avida di trastulli, nemica della suggestione(...) la fanciullezza è leggera, disapplicata, presuntuosa, violenta, caparbia(...) i difetti di lor natura, almeno non hanno anche i difetti acquisiti(...). Ne' fanciulli tutto è arrendevole e nuovo, ed è facile raddrizzare queste tenere piante, e farle tendere al cielo(...). Ecco perché anche in mezzo a' loro difetti niente è più amabile da vedersi in essi quanto la ragione e la virtù nascono(...) nonostante le apparenze di leggerezza, e un troppo ardente trasporto ai divertimenti, un fanciullo può esser savio, ragionevole, e sensibile alla virtù(...). Non ho dunque difficoltà a riconoscere, che il fanciullo, non escluso per quello, che s'ebbe in sorte dal nascere un carattere il più felice, è un essere leggero, volubile, che vola di desiderio in desiderio, in balìa della propria instabilità(...). Ma sappian bene i pii institutori, che appunto l'opera e la gloria dell'Educazione è posta nel saper vincere la leggerezza, e nel saper volgere in fermo stato questa incostanza».53
Nerbo del processo educativo è, per Dupanloup, l'educazione disciplinare, che «guarda più di proposito alla volontà ed al carattere», affiancata dall'educazione intellettuale e fisica e coronata dall'educazione religiosa. Orbene, è proprio la disciplina, intesa in senso forte, pedagogicamente ricco, che si esprime in impegno formativo articolato, grazie a modalità diverse di azione. Essa raggiunge il suo intento: «1° Mantenendo la costante esecuzione del regolamento mediante la ferma esattezza della sua direzione. 2° Prevenendo la violazione del regolamento con lo zelo della vigilanza. 3° Reprimendone la trasgressione con puntualità di giustizia, onde correggere il disordine tostoché abbia luogo. Dunque la disciplina ha tre principali uffizi da compiere: mantenere, prevenire, reprimere. La premura di non lasciar nulla, che sia colpevole, senza correzione, è dovere della Disciplina repressiva. La premura di tenere lungi le occasioni pericolose, è l'opera della Disciplina preventiva.
51 L'educazione, vol. II, lib. III. L'istitutore, p. 379.
52 L'educazione, vol. I, lib. III, cap. III. La Disciplina, pp. 176-177.
53 L'educazione, vol. I, lib. II. Del fanciullo e del rispetto dovuto alla dignità della sua natura, pp. 70-74.
La premura di mostrar sempre e dovunque la via da seguitarsi, è l'officio della Disciplina direttiva. È agevole a intendersi, che val meglio senza confronto il prevenire che il reprimere; ma l'esattezza nel mantenere il bene, e la vigilanza nell'impedire il male rendono meno urgente la necessità di reprimere. Quindi la maggior importanza della Disciplina direttiva, che mantiene il bene; la secondaria importanza della Disciplina preventiva, che impedisce il male; e l'inferiore importanza, comeché necessaria, della Disciplina repressiva, che lo punisce».54
Già Antonio Rosmini (1797-1855), con il quale don Bosco ebbe non superficiali relazioni, aveva sviluppato idee analoghe, e anche più precise, a quelle di Félix Dupanloup in una lettera a don Paolo Orsi del 6 maggio 1836: «...Egli è d'uopo, che l'istitutore non ponga troppo di sua confidenza ne' mezzi esterni, e dirò così meccanici, i quali possono bensì ottenere due beni, ma nulla più, cioè: 1° rimuovere le occasioni del male; 2° disporre indirettamente l'animo al bene. Ma questi mezzi non danno il bene stesso; non pongono che una cotale preparazione a ricevere il bene, consistente nella verità e nella grazia. Or quella maniera d'educazione, che mette ogni sua confidenza ne' detti mezzi materiali e dispositivi, in modo che trascura per questo appunto i mezzi immediati e formali, genera senza accorgersi due mali gravissimi negli animi della gioventù. In quanto ella si restringe ai mezzi preventivi e proibitivi, e in una parola ai mezzi negativi, produce una bontà apparente, posticcia, che si può dire una bontà da collegio; la quale se ne va tosto che il giovinetto non sia più rinserrato nelle sacre mura, e perciò non sia più circondato dai detti ribari, che, senza poterlo far buono, il mettevano nella impossibilità di operare il male all'esterno. In quanto poi quella educazione adopera de' mezzi positivi sì, ma puramente dispositivi al bene, quali sono la dolcezza delle maniere nei precettori, le carezze, le industrie, onde si rendono anche materialmente dolci le opere buone, la emulazione, ecc., essa, restringendosi a questo, cagiona nell'animo del giovinetto una falsa direzione d'intenzione, che è pur l'occhio dell'anima, onde dipende la lucidezza di tutto il corpo, come dice il maestro di Dio, perché ella non produce in fondo all'animo del giovinetto alcun vero amore della virtù per se stessa, per la sua ineffabile bellezza e intrinseca giustizia; ma vi produce unicamente degli affetti umani verso i suoi precettori, un amore d'esser lodato, di essere carezzato, d'essere premiato, una cotal vanagloria, una stima di sè, l'ambizione, il desiderio di sovrastare a' suoi simili, che impara così ad invidiare, anziché ad amare, nel quale amore starebbe pure la virtù, a cui si dee bramare di condurlo.
54 L'educazione, vol. I, lib. III, cap. III. La Disciplina, pp. 177-178.
Non è però che tutti questi mezzi, che soli nuocono, ma che adoperati insieme co' mezzi migliori preparano l'opera del render buono il giovinetto, non si debbano curare; anzi bisogna farne gran caso, come si fa della siepe che difende il campo dagli armenti. Il male sta, come dicevo, unicamente nel credere che in essi stia tutto, o il principale dell'educazione, o che l'educazione con questi soli mezzi sia pur incominciata. Il campo ben assiepato e senza semente non produce che mala erba. Nò, non valgono essi né pure a porre il cominciamento, né pure a dare il primo seme dell'educazione; ma, di nuovo il dirò, non possono essere che i preludi della grand'opera di rendere buono il giovinetto. Comincia quest'opera, e progredisce, e si consuma unicamente: 1° col far conoscere allo spirito del fanciullo la verità salutare, confortata dalla grazia; 2° col fargli contemplare la bellezza di questa verità che conosce; 3° col fare che s'innamori della bellezza della verità che contempla; e 4° coll'ottenere che operi in conformità alla bellezza di quella verità di cui si è innamorato. A conseguire tutto ciò una cosa sola ci abbisogna, ed è: che dinanzi al suo intelletto sia posta ben chiara la vista della morale verità di cui si tratta; la luce poi onnipotente di questa verità non viene che dalla divina grazia. Ora acciocché venga posta innanzi agli occhi dell'intelletto dei fanciulli la verità morale, conviene esporla con semplicità e con coerenza, non con ismancerie e con artifizi».55
Attenzione particolarissima merita il libricino del barnabita P. Alessandro Teppa (1806-1871), Prepo sito generale negli anni 1867-1871, Avvertimenti per gli educatori ecclesiastici della gioventù,56 che don Bosco conosce e raccomanda." Il Teppa intende raccogliere nel «piccolo libretto quegli avvertimenti e quelle norme generali, che l'esperienza di molti anni e l'autorità degli scrittori più celebri(...) hanno dimostrato essere per tutti più necessarie e più importanti a fine di ben riuscire nella difficil opera dell'educazione»; esso è diretto in particolare «a quelli che sono ancora inesperti nella difficil arte dell'educare»." E compare pure sostanzialmente l'antitesi o complementarità di sistema preventivo e repressivo, considerata come opposizione tra autorità materiale e autorità morale: «A voler dunque riuscir bene nell'opera della educazione, bisogna prima di tutto che chiunque ha tale incarico sappia acquistarsi e mantenersi la necessaria autorità morale sopra i giovani, e quindi che di questa autorità sappia valersi come si conviene.
55 Epistolario completo, vol. V, pp. 618-620.
56 Roma, Tip. e Lib. Poliglotta/Torino, Marietti 1868, 71 p.
57 In una lettera a don Rua del 14 gennaio 1869 don Bosco scrive da Firenze: «10° Idem prendi il libretto del P. Teppa: Avvisi agli Ecclesiastici etc.: mandane uno a Lanzo, l'altro a Mirabello, dove raccolti chierici e preti se ne legga ogni domenica un capo durante la mia assenza. Si faccia lo stesso a Torino» (E II 4).
58 Avvertimenti..., pp. 4-5.
Or questa autorità morale non è altro che la potenza di signoreggiare gli animi altrui, e fare che essi vogliano di buon grado ciò che noi vogliamo per loro bene(...). Né si vuol confondere coll'autorità materiale che altri s'acquista colla fermezza della sua volontà e colla severità de' suoi modi, per cui si fa temere ed ubbidire ad ogni costo. Questa materiale autorità potrà bensì venir talvolta utilmente in soccorso all'autorità morale, quando la voce della ragione non sia ascoltata; potrà ancora d'ordinario esser utile, se non anco necessaria a mantener la disciplina fra gli alunni, massime dove sieno molti riuniti insieme; ma se non venga temperata dall'autorità morale potrà solo incutere un timor servile, potrà costringere esternamente, non potrà vincere e governare gli animi, i quali non si arrendono che alla voce della persuasione, né si lasciano governare che dalla morale autorità. Or questa non si può avere se non col meritarla, né si merita altrimenti, che col farsi stimare, rispettare ed amare».59 Viene, di conseguenza, privilegiata «la via della dolcezza e della persuasione».60
«Chi vuole signoreggiare il cuore dei giovani, procuri soprattutto di farsi amare. Chi è amato è sempre volentieri ascoltato e ubbidito. Ma per farsi amare non v'è altro mezzo che amare. Si vis amari, ama; e non già solo a parole, o per naturale inclinazione, ma amare di amor sincero e cordiale e per motivo di carità(...). Chi dunque vuol farsi amare da' suoi alunni sia egli il primo ad amarli di vero cuore con affetto di padre e di amico».61 Ne deriva lo sforzo di comprensioue dei singoli alunni, la conoscenza dell'indole di ciascuno e, quindi, la positiva presenza tra loro, costruttiva e incoraggiante, mai «repressiva» nemmeno nelle correzioni e nei castighi. «Siccome varie sono le disposizioni, varii i temperamenti dei giovani, così primo studio di chi prende ad educarli sia quello di ben conoscere l'indole di ciascuno, a fine di potersi a quella conformare(...). Ma perché l'Institutore possa ben conoscere qual sia l'indole particolare di ciascuno de' suoi alunni, e quale il modo più opportuno da tenersi con essi secondo la loro varia natura e secondo le circostanze, bisogna che gli osservi molto attentamente in tutti i lor detti e fatti, massime quando parlano ed operano con maggior libertà, come avviene specialmente nel tempo della ricreazione».62
59 Avvertimenti..., pp. 14-16.
60 Avvertimenti..., p. 27.
61 Avvertimenti..., pp. 21-22.
62 Avvertimenti..., pp. 25-26.
«Sappia con ragioni adatte alla capacità de' suoi alunni, e con esempi appropriati dimostrar loro la bellezza della virtù, e la deformità del vizio».63 «Alle istruzioni ed esortazioni poi debbono tener dietro gli avvisi e le amorevoli correzioni; perché i giovani sono di natura loro instabili, inconsiderati e distratti, onde hanno spesso bisogno di essere richiamati al loro dovere, né per ogni minimo lor mancamento convien tosto riprenderli né castigarli(...). Ma perché egli possa ben adempiere a questa parte così importante del suo ufficio, è chiaro che deve star del continuo attento e vigilante sopra i suoi alunni, e insieme ancora debb' essere pieno di zelo e di carità, guardando più al loro vantaggio che al proprio comodo, e sapendo in cuor suo compatire ai difetti dell'età giovanile, senza impazientarsene fuor di proposito, quasi che quelli si possano a piacer nostro correggere tutto ad un tratto».64
In caso di ammonizioni «consideri ancora se stesso, cioè le sue interne disposizioni, e vegga se si trova ben acconcio a parlare con quell' amorevolezza e con quella efficacia di ragioni che valga a persuadere e muovere l' animo dell' alunno»." «Quando la necessità veramente lo richiede, e l'utilità lo consiglia, il risparmiare il castigo a chi lo merita sarebbe colpevole debolezza e crudele pietà(...). La necessità e l'utilità debbono essere la norma per determinare la qualità e la quantità dei castighi, e il modo di adoperarli. E in prima la miglior qualità di castigo che possa dare un Institutore, quando egli sia veramente amato e rispettato dal suo alunno, sarà sempre quella di dimostrargli il suo dispiacere per la colpa commessa, o sia apertamente, riprendendolo con molta gravità, o sia tacitamente, usando con esso lui un contegno più serio e riservato, e astenendosi da quei segni di benevolenza e familiarità che soleva dargli per lo addietro(...). Il battere poi in verun modo i ragazzi, il tirar loro i capelli, le orecchie, e simili atti sieno assolutamente banditi siccome disdicevoli a persone bene educate, inutili sempre, e bene spesso nocivi non pur fisicamente, ma anche moralmente».66 Ed infine, emerge l'esplicita coincidenza nell'appello alla carità, con uguale riferimento a 1 Cor 13, quale fondamento e vertice della missione dell'educatore: «chiunque sia a tale ufficio deputato abbia ognor presenti le belle parole dell'apostolo s. Paolo ai Corinti, là dove enumera le doti e le condizioni della vera carità».67
In conclusione, gli Avvertimenti di P. Teppa possono essere considerati con buone ragioni la fonte letteraria più vicina alle pagine di don Bosco sul sistema preventivo.
63 Avvertimenti..., p. 32.
64 Avvertimenti..., pp. 33-34.
65 Avvertimenti..., p. 35.
66 Avvertimenti..., pp. 43-44, 47.
67 Avvertimenti..., p. 61 (segue il commento, pp. 62-69).
II. TESTI
1. Doc. H — testo a stampa dell'edizione italiana separata Inaugurazione del Patronato di S. Pietro in Nizza a mare. Scopo del medesimo esposto dal Sacerdote Giovanni Bosco con appendice sul sistema- preventivo nella educazione della gioventù. Torino, Tipografia e Libreria Salesiana 1877.
B = redazione manoscritta di don Gioachino Berto
B2, B3 = successivi interventi di don Berto
Bb = interventi di don Bosco sul ms B
D = redazione manoscritta italiana per l'edizione bilingue
D2 = interventi successivi del redattore del ms D
Db = interventi di don Bosco sul ms D
Dc = testo contenuto nel foglio aggiunto al doc. D tra pag. 28 e 29
F = testo italiano a stampa dell'edizione bilingue
Inaugurazione del Patronato di S. Pietro in Nizza a mare Scopo del medesimo esposto dal Sacerdote Giovanni Bosco con appendice sul sistema preventivo nella educazione della gioventù
Il Patronato d S. Pietro aperto nella città di Nizza in favore dei 5 fanciulli pericolanti fu dai Nicesi accolto con grande benevolenza. Tutti però desideravano che la Pia Istituzione venisse con una festa di famiglia inaugurata, affinché ognuno fosse in certo modo pubblicamente assicurato che i loro voti erano appagati.
3 con...gioventù om B add Bb 6 fanciulli om D add mrg Db
1 Cfr. Francis DESRAMAUT, Don Bosco à Nice. La vie d'une école professionnelle catholique entre 1875 et 1919. Paris, Apostolat des Éditions 1980, 397 p. Il termine francese patronage, rapportato alle istituzioni educative di don Bosco, indica sia l'oratorio che l'ospizio. Nel suo discorso don Bosco distingue i rispettivi destinatari in «esterni» e «interni»: v. più avanti lin. 150-166, 209-213.
5 Nice, capoluogo del dipartimento delle Alpi Marittime, passata dal Regno sardo alla Francia in forza del trattato del 24 marzo 1860 e in seguito al plebiscito del 1516 aprile 1860. Il comune contava nel 1876 53.397 abitanti (325.400 nel 1971), il dipartimento 203.604.
l0 L'Autorità ecclesiastica e le Autorità civili ne accolsero con piacere e cordiale approvazione l'invito. Il Sig. Cav. Raynaud Sindaco della Città trattenuto da affari imprevisti fu rappresentato dal Cav. Toselli assessore. Monsig. Pietro Sola col Clero della cappella vescovile venne a pontificare solennemente.
15 I giornali avendo pubblicato tale inaugurazione ognuno presumeva l'intervento di molti cittadini; ad evitare quindi la confusione nella ristrettezza del sito si indirizzò una circolare a coloro che potevano più specialmente essere interessati.
La circolare era del tenore seguente: p. 4
20 «Lunedì 12 corrente, alle due e mezzo pomeridiane Monsig. Vescovo inaugurerà il Patronato di S. Pietro, Piazza d'armi, N° 1, antica villa Gautier. Questo edifizio e giardino venne testè acquistato e destinato a raccogliere fanciulli abbandonati per far loro apprendere un mestiere. Colla persuasione che quest'opera eminentemente popolare 25 e moralizzatrice incontrerà certamente la simpatia di tutte le persone che prendono parte a quanto contribuisce al bene della classe operaia, il Comitato vi prega di voler onorare di vostra presenza questa funzione.
Monsig. PIETRO SOLA Vescovo.
30 Sac. Gio. Bosco Superiore.
10 L'Autorità...civili] Le autorità civili e l'autorità ecclesiastica BD L'autorità Ecclesiastica e le autorità civili torr Db
11 Auguste Raynaud, n. nel 1829, m. nel 1896, fu una delle personalità politiche nizzarde più apprezzate nel periodo dell'annessione di Nizza alla Francia, durante il secondo impero e all'avvento della terza repubblica, buon sindaco, generalmente ben visto da uomini di tutte le correnti.
12-13 Un Toselli compare tra i membri della conferenza di San Vincenzo de' Paoli presieduta dall' avv. Michel — cfr. 11 mars 1894 Noces d'or de la Société de St-Vincent-dePaul à Nice 1844-1894. Nice, Imprimerie du Patronage de St-Pierre 1894, p. 94.
22 È la villa della vedova di Paul Gautier, il nome del quale si trova nell'elenco dei membri onorari della Società di S. Vincenzo de' Paoli a Nizza — cfr. Notice historique des conférences et oeuvres de Saint Vincent-de-Paul à Nice. Nice, Imprimerie-Librairie du Patronage de St-Pierre 1883, p. 66.
29 Giovanni Pietro (Jean-Pierre) Sola, n. a Carmagnola (Torino) il 16 luglio 1791, sac. nel 1816, parroco per quarant'anni a Vigone (1818-1857), preconizzato vescovo di Nizza il 21 dic. 1857, dimissionario nel 1877, in. il 31 dic. 1881, fu un prelato-pastore sensibile al problema catechistico e giovanile.
Sac. GIUS. RONCHAIL Direttore.
Il Comitato: Conte DI BÉTHUNE.
Conte MICHAUD DE BEAURETOUR. Conte DE LA FERTÉ-MEUN.
Avv. ERNESTO MICHEL. 35
Barone HERAUD.
C. GIGNOUX.
AUGUSTE FARAUT (1).
Nizza, 9 Marzo 1877. I
31 Giuseppe Ronchail, sacerdote salesiano, primo direttore del Patronage St-Pierre (1876-1887), direttore a Parigi (1887-1898), n. a Laux d'Usseaux (Torino) il 21 maggio 1850, sacerdote nel 1872, m. a Parigi il 3 aprile 1898 — cfr. «Bulletin Salésien» 20 (1898) n. 5, giugno, pp. 151-159. Nel 1873 a Genova aveva conseguito la patente di maestro di lingua francese con punti 42/60.
32 Il nome del Comte de Béthune ricorre varie volte nella storia della Società di San Vincenzo de' Paoli di Nizza — cfr. per esempio, Notice historique, p. 40 e 67. Rievocandone la morte (avvenuta nel 1891) il presidente avv. Michel ricorda che il conte, «présidant les courses et divers cercles mondains, faisait toujours faine sur leurs budgets la part des pauvres, qu'il envoyait à nos Conférences» — Noces d'or, p. 88.
33 Il Comte Michaud de Beauretour, m. il 23 ottobre 1903, fu presente in diverse opere benefiche di Nizza: le Conferenze di San Vincenzo de' Paoli, l'Arciconfraternita della Misericordia, il Fercle Catholique d'ouvriers. Ne appare un breve profilo nel periodico del Patronage St-Pierre, «Adoption» 1904, genn., pp. 14-15.
34 Il Comte de la Ferté-Meun si distingue molto presto nella Società di San Vincenzo de' Paoli (Notice historique, p. 68), nella Conferenza della parrocchia di SaintMartin e presidente di quella dell'Immaculée-Conception. Egli è uno dei membri della Commissione creata nel 1869 «pour mettre sur pied 1' Oeuvre du patronage des apprentis» — Notice historique, p. 43.
35 Ernest Michel è un protagonista nell'ambito delle iniziative cattoliche nizzarde e salesiane. Avvocato, scrittore, organizzatore della carità, nacque a Nizza nel 1833, si laureò in giurisprudenza a Torino, dove conobbe il co. Cays e l'opera di don Bosco. Morì nel gennaio del 1896 — v. necrologia in «Bulletin Salésien» 18 (1896) n. 2, genn., p. 21.
36 Il Baron Aimé Héraud de Ch'àteauneuf (1821-1902), dottore in diritto, Cameriere segreto di cappa e spada di Sua Santità, fu membro attivo della Società di San Vincenzo de' Paoli — Notice historique, p. 43; di lui apparve un lungo necrologio in «Adoption» 1902, dic., pp. 213-225.
37 Il nome C. Gignoux si trova nell'elenco dei membri della Società di San Vincenzo di Nizza — Notice historique, p. 71.
38 Il Baron Auguste Faraut o Faraud, avvocato, n. nel 1841, m. nel 1877, fu presidente dal 1863 della Conferenza di Saint-Martin e per brevissimo tempo, prima della morte prematura, del Cercle Catholique d'ouvriers — Notice historique, p, 38 e 57.
(1) Mentre si affidava alle stampe il ragguaglio di questa inaugurazione una 40 dolorosa notizia viene ad amareggiare profondamente i nostri cuori. L'Avvocato Augusto Faraut modello di vita cristiana, zelante confratello di S. Vincenzo che si faceva tutto a tutti per beneficare, egli non è più. Avendo sempre goduta sanità e robustezza invidiabile, sul fiore di sua età era rapito da morte immatura il 31 marzo 45 testè spirato. Il Direttore del Patronato di S. Pietro ne dà comunicazione al Sac. Bosco con questa breve lettera:
Giunsi or sono poche ore a S. Giovanni per le confessioni pasquali di questa popolazione; ma partii da Nizza col cuore addolorato, lasciando i nostri giovanetti in 50 costernazione. Stamane appresi con vero rincrescimento che ieri sera alle dieci e mezzo l'Avvocato Faraut nostro amico, nostro benefattore, nostro appoggio, era morto. Pochi giorni sono era venuto a farci visita: seppi dipoi che era un poco indisposto. Tutti i giorni andavamo a chiedere notizie di lui e solo venerdì a mezzogiorno il Barone Héraud suo zio mi disse che stava meglio. Ieri sera il sig. Barone andò a fargli 55 visita alle sette e ne fu contento avendo visto che egli sorridendo prendeva parte agli scherzi che si preparavano per la lotteria in favore della Biblioteca popolare gratuita, della quale il sig. Avvocato era pure uno dei fondatori, Alle otto .e mezzo un accesso cerebrale lo colpì ed in breve ora lo condusse all'altra vita. Lascia un gran vuoto in Nizza, la povera sua moglie con due ragazze, delle quali una ancora di pochi mesi, 60 vedova di 25 anni, e tanti poveri che piangono la sua morte. Per noi in particolare è una vera sventura. Egli era Cooperatore Salesiano e fu dei primi e dei più zelanti. Ho tosto ordinato preghiere, comunioni, messe tra noi pel riposo eterno dell'anima del compianto Avvocato e lo raccomando eziandio alle preghiere dei giovani dell'Oratorio e di tutti i confratelli.
65 S. Giovanni di Villafranca, 1 aprile 1877.
Affmo figlio
Sac. GIUS. RONCHAIL.
In Chiesa. — Musica religiosa eseguita dagli allievi dell'Istituto — Sco- p. 5 po dell'opera esposto dal Sac. Bosco — Benedizione col SS.70 Sacramento in forma solenne impartita da Monsig. Vescovo.
Nel giardino. — Dialogo composto da Monsig. Sola — Musica e tratteni- p. 6 menti diversi — Visita delle sale, delle scuole e dei laboratori.
71 composto...Sola om B add mrg Bb
42 Confratelli di S. Vincenzo sono i membri della Società di San Vincenzo de' Paoli, fondata a Parigi nel maggio del 1833 dal giovane studente universitario Frédéric Ozanam (1813-1853), poi professore alla Sorbona. A Nizza la prima Conferenza fu costituita nel 1844, favorendone l'irraggiamento in Liguria e in Piemonte. Essa intrattenne rapporti amichevoli con il conte Carlo Cays (1813-1882), presidente del Consiglio Superiore delle Conferenze del Piemonte e, negli ultimi anni di vita (1878-1882), sacerdote salesiano.
Nel giorno stabilito, assai prima del cominciamento delle funzioni, la piccola cappella e le camere attigue erano stivate di gente accorsa. Il cortile nelle allée che lo dividono e lo fiancheggiano era or- 75 nato di molte bandieruole a diversi colori. I giovanetti dello Stabilimento eseguirono vari pezzi musicali a soprano, a contralto e a cori. Ognuno era meravigliato come in così breve tempo gli allievi avessero potuto tanto progredire in quest'arte civilizzatrice del cuore umano. Finito il canto dei Vespri il Sac. Bosco esponeva lo scopo dell'Istituto 80 colle seguenti parole:
La vostra presenza, Eccell. Rev.ma, Onorevole Sig. Sindaco, Rispettabili Signori, mi torna della più grande consolazione, perché mi dà 85 p. 7 opportunità di potervi pubblicamente ringraziare della carità usatami nella persona dei poveri fanciulli del Patronato di S. Pietro. Nel tempo stesso mi è pur dato di liberamente esprimere lo scopo di un'opera, che da voi fondata, da voi sostenuta, tante volte oggetto della vostra carità, che ora umilmente, ma caldamente intendo porre e inalterabilmente 90 conservare sotto la benevola vostra protezione. Ma affinché io possa darvi una idea chiara dell'Istituto da voi protetto, vi prego di ascoltare una breve istoria, che non deve tornarvi discara e gioverà a farci conoscere quanto desideriamo. Ascoltate.
STORIA. 95
Alcuni anni or sono il Vescovo di questa Diocesi [1857-1877] si recava a Torino, e dopo aver parlato di altre cose lamentava una moltitudine di ragazzi esposti ai pericoli dell'anima e del corpo, ed esprimeva ardente desiderio di provvedere al loro bisogno. Poco dopo due signori di 100 questa medesima città (1) a nome dei Confratelli di S. Vincenzo de' Paoli esprimevano lo stesso rincrescimento soprattutto pei molti fanciulli, che nei giorni festivi correvano per le vie, vagavano per le piazze rissando, I bestemmiando, rubacchiando.
96-104 Il vescovo, recandosi in Piemonte, sua terra natale, e a Torino poté aver pensato di sondare le intenzioni di don Bosco presso la direzione centrale delle sue. opere, l'Oratorio di S. Francesco di Sales, in via Cottolengo 32. Ma è, forse, più attendibile la versione dell'avv. E. Michel, il quale riferendosi al 1874 racconta: «Cette méme année devait couronner la longue attente des Conférences de Nice dans la réalisation de l'Oeuvre du Patronage(...). Alors le Président du Conseil particulier, de passage à Turin, eut la pensée de s'adresser à Don Bosco et de lui demander de venir prendre soin de nos enfants dans l'abandon(...). Il fut convenu que Don Bosco viendrait à Nice, visiterait 1'Evéque et se rendrait compte des choses. Il vint en effet» Note historique, pp. 53-54. Don Bosco arrivò a Nizza con il futuro direttore don Giuseppe Ronchail il 10 dicembre 1874 e vi si fermò due giorni.
(1) Il Barone Héraud e l'Avvocato Ernesto Michel.
Ma crebbe assai il dolore p. 8 105 di quei due benefattori degli infelici, quando si accorsero che quei poveri ragazzi dopo la vita di vagabondo, dopo aver cagionati disturbi alle pubbliche autorità per lo più andavano a popolare le prigioni. Gran Dio, esclamavano, non si potrà impedire la rovina di tanti giovanetti, che si possono chiamare infelici, non perché perversi, ma solamente 110 perché abbandonati? Abbiamo, è vero, i Patronati Domenicali che danno qualche utilità, ma non provvedono abbastanza alla necessità di taluni che vivono senza tetto, senza vitto e senza vestito. A ciò si aggiunge la penuria di Sacerdoti, cui rimanga tempo libero di potersi occupare di questo importante ministero.
115 Fu allora che coll'approvazione dell'amatissimo Vescovo di questa Diocesi i prelodati Signori scrissero lettere e poi vennero in persona a Torino per osservare colà un ospizio destinato a somigliante classe di fanciulli (1). Vennero, fummo tosto intesi sulla necessità di
(1) Si allude all'Oratorio di S. Francesco di Sales dove sono raccolti circa 900 120 poveri giovanetti destinati a diversi mestieri, a diversi rami di studio secondo le varie propensioni e capacità.
una casa dove fossero attivati i laboratorii, raccolti i più abbandonati, istruiti, avviati a qualche mestiere. Ma dove trovare questa casa, e quando si trovasse come comperarla, e con quali mezzi sostenerla? 125 Questa casa doveva aprirsi qui in Nizza a favore dei ralgazzi di que- p. 9 sta città: in Nizza che è città della carità, della beneficenza, città eminentemente cattolica.
116-117 «Il faut probablement situer au printemps de 1875 la visite à Turin de M. Michel et du baron Héraud de Ch'ateauneuf, que Don Bosco a raconté dans son historique» — F. DESRAMAUT, Don Bosco à Nice..., p. 33.
Quindi riguardo ai mezzi materiali abbiamo unanimi data questa risposta: «I Confratelli della Conferenza di S. Vincenzo de' Paoli faranno quello che possono: Nizza poi non ci negherà il suo caritatevole appoggio. Si tratta del bene della società, si 130 tratta di salvar anime, Dio è con noi, Egli ci aiuterà».
Ed ecco due preti partire da Torino colle mani in mano senz'altro corredo che la fiducia nella próvvidenza del Signore e nella carità dei Nicesi. Quei due preti furono accolti da tutti con grande benevolenza, perché da tutti si giudicava necessario un Istituto per dare ri- 135 cetto ai fanciulli pericolanti. Fu allora, o Signori, che voi avete veduto il vostro Vescovo, qual buon pastore, nella sua grave età d'anni 85 correre di piazza in piazza, di via in via, cercando un sito, un asilo per gli orfanelli, per la pericolante gioventù. Quest'asilo fu trovato in via Vittorio, N° 21; e i Confratelli di S. Vincenzo de' Paoli se ne 140 addossarono temporariamente la pigione.
Monsig. Vescovo inaugurava il novello Patronato, benediceva la cappella, celebrava la santa Messa nel giorno 28 novembre 1875 esprimendo con apposito sermone la sua grande consolazione pel granello di senapa seminato, da cui egli sperava incremento e vantaggio. 145 p. 10 Il nascente Istituto venne detto di S. Pietro in ossequio al Vescovo che I lo inaugurava, in onore di S. Pietro Principe degli Apostoli e in omaggio al Sommo Pontefice Pio IX che degnavasi mandare una speciale benedizione all'Istituto, ai Benefattori, ed a tutti i promotori di esso, aggiungendo la generosa offerta di due mila franchi. Non si 150 pose indugio, si cominciò tosto a raccogliere ragazzi nei giorni festivi, se ne ricoverarono alcuni de' più abbandonati. Tutto però questo locale consisteva in/ alcune camere a pian terreno e sotterra. Ma a che giovavano poche camere in confronto di tanti fanciulli, che ad ogni momento chiedevano riparo alla loro sventura? Il locale era ristretto, 155 i ricoverati dovevano essere pochi, peraltro aveva bastato ad assicurarci, che i fanciulli discoli, cui talora si giudica infruttuosa la stessa cristiana educazione, se possono allontanarsi dal pericolo dei compagni, delle cattive stampe, chiusi in luogo appartato, con facilità si riducono sul buon sentiero, divengono utili cittadini, decoro della pa- 160 tria, gloria della nostra santa religione. Quel piccolo gregge, quel piccolo numero di ricoverati rese viè più manifesta la necessità di provvedere al crescente numero dei poveri fanciulli in più larga sfera, quindi si cercò altro edificio, che servisse di ricovero ed un giardino
132 Alcune precisazioni in E DESRAMAUT, Don Bosco à Nice..., p. 35.
148 Pio IX, Giovanni Maria Mastai Ferretti, Senigallia 1792-Roma 1878, papa dal 1846 al 1878.
165 capace a trattenere gli esterni in piacevole ed onesta ricreazione nei giorni festivi. Questo luogo si trovò ed è la villa Gautier, dove noi, Rispettabili Signori, presentemente siamo radunati. Questo I sito p.11 venne riputato assai opportuno, perché fuori dei tumulti della città, ma abbastanza vicino per gli esterni che vi possono intervenire.
170 Dopo molte incumbenze questo stabilimento fu convenuto nella somma di (100,000) centomila franchi tra acquisto e spese accessorie. Mediante l'offerta del S. Padre e di altre caritatevoli persone si è già pagata la metà: speriamo che l'altra metà sarà poco alla volta pagata.
175 Ora, o Signori, se volgiamo lo sguardo intorno a noi al mezzodì ci si presenta un sito chiuso con uno steccato: esso è rimesso alla Società di S. Vincenzo de' Paoli per le loro opere di carità. Altra frazione di giardino, in parte opposta e dietro alla casa, serve a trattenere gli artigianelli esterni raccolti da varie parti della città, che vengono 180 qui a passare il giorno festivo. A poca distanza da questi, ma intieramente separati, fanno ricreazione gli interni, cioè quelli che sono ricoverati e vivono nella casa che inauguriamo. Rimane ancor libero un tratto di giardino, e questo sarà destinato all'opera del Giovedì, che ha per fine di raccogliere i giovanetti studenti, trattenerli con trastulli, 185 con ginnastica, con declamazione, con musica, col teatrino, affinché possano passare la giornata lungi dai pericoli e con qualche vantaggio della scienza e della moralità. Ma tutte queste categorie di allievi prima di prendere parte ai loro divertimenti compiono sempre i loro religiosi doveri. i
190 Se poi voi, o Signori, avrete la degnazione di visitare questo edifizio, p. 12 troverete alcune camere ridotte a cappella, ed è appunto la chiesuola che noi presentemente occupiamo. Altri appositi locali servono di cucina, di refettorio, di dormitorio pei fanciulli dell'Ospizio; seguono poi locali per le scuole di canto, di suono, di catechismo, di 195 lettura che si fa di giorno e più ancora per gli esterni che in numero assai notevole frequentano le scuole serali. In altra località lavorano i calzolai, i sarti, i falegnami, i legatori da libri che sono i laboratorii degli allievi dell'umile nostro Istituto.
176-177 rimesso...carità] dedicato ai giovani del circolo degli operaj cattolici adulti, di quegli operaj cui è necessario un luogo, una ricreazione, assistenza addattata e divisa dai più piccoli B.
192 post occupiamo add nelle [Nelle torr B] camere attigue si trattengono gli operai del circolo cattolico, dove, oltre la ricreazione avvi cucina, dispensa di bibite, e di commestibili per quelli che amassero passare qua l'intera giornata festiva B.
È questa la piccola storia ch'io desiderava, anzi doveva esporvi affinché sempre più siamo riconoscenti alla bontà del Signore che dal 200 niente sa ricavare ciò che Egli giudica convenire all'adempimento de' suoi adorabili voleri.
p. 13 SCOPO DI QUESTO ISTITUTO.
All'udire parlare di scuole, di mestieri, d'interni, d'esterni, di operai adulti e di artigianelli voi mi direte: Di qual condizione sono 205 questi giovani? che è quanto dire: Qual è lo scopo di quest'Istituto?
È questa una domanda giusta ed opportuna cui rispondo tosta-mente.
Vi sono due categorie di allievi: una degli esterni, che intervengono a passare il giorno del Signore, e lungo la settimana frequentano 210 le scuole serali. L'altra categoria è degli interni, la cui condizione politica, morale, educativa potete di leggieri conoscere dal fatto che vi prego di ascoltare. Un giovanetto si presentò questa mattina chiedendo ricovero. — Chi sei tu? gli fu chiesto. — Io sono un fanciullo, un povero orfanello. — Non vive più tuo padre? — Egli è morto pri- 215 ma che io potessi conoscerlo. — E tua madre? — Mia madre è nella massima miseria e non potendomi dar pane, mi mandò a cercarmi di che vivere. — Come ti guadagni il pane? — Io vo guadagnando il pane suonando il violino. — Dove? — Nelle osterie e nei caffè, ma se potrò imparar bene la musica spero più tardi andare a suonare nei 220 teatri e così guadagnarmi del danaro. — Quanti anni hai? — Ne ho
p.14 15 in 16. I — Sai leggere e scrivere? — Molto poco. — Sei già promosso alla santa comunione? — Non ancora. — Datogli poi un breve esame sulla sua istruzione religiosa si conobbe che egli ne ignorava le parti più elementari e che per soprappiù versava nel massimo 225 pericolo di perdere l'onore, l'anima ed essere condotto cogli infelici abitatori delle prigioni (1).
(1) Terminate le sacre funzioni gli uditori del fatto erano ansiosi di vedere il giovanetto, a cui si alludeva. Si raccolsero pertanto nel giardino e formato un circolo, apparve il nostro violinista, che in presenza di tutti diede un concerto musicale. Uno 230 degli spettatori meravigliato della disinvoltura del suonatore e commosso per gli abiti meschini che coprivano la povera creatura, spiccò un mandato perché ei venisse immediatamente fornito di vestiario alla Conferenza di N. Signora di Nizza. All'indomani presentossi col suo violino per ricevere il vestito e rallegrò con qualche suonatina le caritatevoli Signore che si erano colà radunate a lavorare pei poveri. 235
Il giovanetto è tuttora nel Patronato e mostra buon volere di istruirsi nella scienza e nella religione.
Il giorno dopo (13 marzo) si presentò un altro giovanetto di 16 anni che non si era mai né confessato né comunicato. Era orfano, 240 forestiero, sprovvisto di ogni cosa e già assai innoltrato nella via del male. Fu tostamente accolto. Il giorno 14 dello stesso mese fu incontrato un altro ragazzo che disperatamente i parenti collocarono in un ospizio di protestanti. Il ragazzo abborrendo le cose che colà udiva contro i cat j tolici, riuscì a fuggire, ma ne fu ricercato e per forza ri- p. 15
245 condotto; potè fuggire la seconda volta e fu allora che per buona ventura incontrò il Direttore del Patronato di S. Pietro, che, inteso il tristo caso, lo accettò immediatamente. Da questi e da altri fatti simiglianti potrete comprendere quale sia la condizione dei nostri giovani. Raccogliere poveri e pericolanti ragazzi, istruirli nella religione, collocare gli
250 esterni a lavorare presso ad onesto padrone, gli interni occuparli nei laboratori stabiliti qui nella casa, far loro apprendere un mestiere con cui potersi a suo tempo guadagnare il pane della vita. Voi mi domanderete ancora a questo proposito: I giovani di questa fatta sono molti? Gli esterni sono in numero assai notabile, ma gli interni per ora sono sola
255 mente 65: sono però oltre a duecento quelli che dimandano con urgenza di essere ricevuti, e ciò avrà luogo di mano in mano che avremo locale preparato, si andrà ordinando la disciplina e la divina Provvidenza ci manderà mezzi per mantenerli.
A questo punto della nostra esposizione voi mi farete un'altra 260 ragionevole domanda. La strettezza del luogo, la moltitudine di richieste d'accettazioni, le riparazioni, le ampliazioni de' locali, anzi di questa chiesa stessa, dove siamo, reclamano un edifizio più vasto, più alto che possa meglio servire alla celebrazione della messa, per ascoltare le confessioni, per fare il catechismo I pei piccoli, per la p. 16 265 predicazione degli adulti e per coloro stessi che abitano qui vicino. Queste cose sono indispensabili affinché questo Istituto possa conseguire il suo fine, che è il bene dell'umanità e la salvezza delle anime. Ora come provvedere a tanti bisogni che occorrono? Come trovare il danaro indispensabile per dar pane agli interni, vestirli, provvederli di 270 maestri, assistenti, capi d'arte? Come continuare i lavori intrapresi e quelli che dovrebbonsi incominciare [?].
238-247 Al margine sinistro del testo B don Bosco (Bd) traccia una linea verticale e annota in corrispondenza, scrivendo dall'alto in basso: «È tutto in forma di note e da porsi dopo». Linea verticale e avvertenza includono anche la parte di testo esistente in B e non più presente in DHF.
247 post immediatamente, add ma per motivi che ognuno può arguire venne inviato in altra città ed in altra casa dei Salesiani, dove con maggior sicurezza potrà imparare la religione ed un mestiere B.
È tutto vero, anzi io soggiungo ancora, che per sostenere le opere già incominciate si dovettero contrarre parecchi debiti, e questa medesima casa è soltanto pagata per metà; cioè vi sono ancora oltre a cinquantamila franchi da pagare. Malgrado tutto questo non dob- 275 biamo sgomentarci. Quella Provvidenza Divina che qual madre pietosa veglia su tutte le cose, che provvede agli uccelli dell'aria, ai pesci del mare, agli animali della terra, ai gigli del campo, non provvederà a noi che davanti al Creatore siamo di gran lunga più preziosi di quegli esseri materiali? Di più; quel Dio che in voi, nei 280 benefici vostri cuori, ha inspirato il generoso pensiero di promuovere, di fondare, di sostenere finora quest'opera, non continuerà ad infondere grazia, coraggio e somministrarvi i mezzi per continuarla? Più ancora: Quel Dio che con niente fece sì che si fondassero degli Istituti, in cui p 17 sono raccolti oltre a quattordicimila fanciulli, senza che I per loro vi 285 sia nemmeno un soldo preventivo, quel Dio vorrà forse lasciarci ora mancare il suo aiuto in queste opere, che tutte tendono a sollevare la classe più abbandonata e più bisognosa della civile società, a sollevare le anime più pericolanti, quelle anime per cui fu creato il cielo e la terra e tutte le cose che nel cielo e sulla terra si contengono: quelle 290 anime per cui l'adorabile nostro Salvatore ha donato fin l'ultima goccia del suo Sangue?
No, adunque, niun dubbio, niun timore che possa mancarci l'aiuto del Cielo. Non facciamo questo torto alla Divina Bontà, non facciamo questo torto alla vostra Religione ed alla vostra grande e tante volte 295 esperimentata generosità. Io son certo che quella carità che vi mosse a fare tanti sacrifizi in passato, non permetterà giammai che rimanga imperfetta un'opera così felicemente incominciata.
Questa speranza, oltre alla bontà dei vostri cuori, ha pure un altro saldo fondamento che si appoggia nella grande mercede che voi tutti 300 p. 18 cercate, e che Dio assicura alle opere di carità.
MERCEDE.
Dio è infinitamente ricco e di generosità infinita. Come ricco può darci largo guiderdone per ogni cosa fatta per amor suo; come padre di generosità infinita paga con buona ed abbondante misura ogni più pic- 305 cola cosa facciamo per suo amore. Voi, dice il Vangelo, non darete un bicchiere d'acqua fresca in mio nome ad uno dei miei minimi, ossia ad un bisognoso, senza che abbia la sua mercede.
306-308 Mt 10,42.
L'elemosina, ci dice Dio nel libro di Tobia, libera dalla morte, 310 purga l'anima dai peccati, fa trovare misericordia nel cospetto di Dio, e ci conduce alla vita eterna. Eleemosina est quae a morte liberat: purgat peccata, facit invenire misericordiam et vitam aeternam.
Fra le grandi ricompense avvi pure questa che il Divin Salvatore reputa fatta a se stesso ogni carità fatta agli infelici. Se noi vedessimo il 315 Divin Salvatore camminare mendico per le nostre piazze, bussare alla porta delle nostre case, vi sarebbe un cristiano che non gli offra generosamente fin l'ultimo soldo di sua borsa? Pure nella persona dei poveri, dei più abbandonati è rappresentato il Salvatore. Tutto quello, Egli dice, che farete ai più abbietti lo fate a me stesso. Dunque non sono più 320 poveri fanciulli che dimandano la carità, ma è Gesù nella persona de' p. 19 suoi poverelli.
Che diremo poi della mercede eccezionale che Dio tiene riservata nel più importante e difficile momento in cui sarà decisa la nostra sorte con una vita o sempre beata o sempre infelice? Quando noi, o
325 Signori, ci presenteremo al tribunale del Giudice Supremo per dar conto delle azioni della vita, la prima cosa che amorevolmente ci ricorderà non sono le case fabbricate, i risparmii fatti, la gloria acquistata o le ricchezze procacciate: di ciò non farà parola, ma unicamente dirà: Venite, o benedetti dal Padre mio Celeste, venite al possesso
330 del regno che vi sta preparato.. Io aveva fame, e voi nella persona dei poveri mi avete dato pane; aveva sete e voi mi deste da bere; io era nudo, e voi mi avete vestito; era in mezzo d'una strada, e voi mi avete dato ricovero. Tunc dicet Rex his qui a dextris eius erunt: Venite, benedicti patris mei, possidete paratum vobis regnum a constitutione
335 mundi. Esurivi enim et dedistis mihi manducare; sitivi et dedistis mihi bibere; hospes eram et collegistis me; nudus et cooperuistis me (Matth. cap. 25, vers. 54-56).
Queste e più altre parole dirà il Divin Giudice siccome stanno registrate nel Vangelo: dopo di che darà loro la benedizione e li condurrà 340 al possesso della vita eterna.
Ma Dio padre di bontà, conoscendo che il noi stro spirito è pronto p. 20 e la carne assai inferma, vuole che la nostra carità abbia il centuplo eziandio nella vita presente. In quanti modi, o Signori, su questa terra Dio ci dà il centuplo delle opere buone?
309-312 Tob 12,9.
318-319 Mt 25,40.
329-337 Mt 25,34-36.
Centuplo sono le speciali grazie di ben vivere e di ben morire; sono la fertilità delle cam- 345 pagne, la pace e concordia delle famiglie, il buon esito degli affari temporali, la sanità dei parenti eN degli amici; la conservazione, la buona educazione della figliuolanza. Ricompensa della carità cristiana è il piacere che ognuno prova nel cuor suo nel fare un'opera buona. Non è grande consolazione quando si riflette che con una piccola 350 limosina si contribuisce a togliere degli esseri dannosi alla civile società per farli divenire uomini vantaggiosi a se stessi, al suo simile, alla Religione? Esseri che sono in procinto di diventare il flagello delle autorità, gli infrattori delle pubbliche leggi e andare a consumare i sudori altrui nelle prigioni, e invece metterli in grado di onorare la 355 umanità, di lavorare e col lavoro guadagnarsi onesto sostentamento, e ciò con decoro dei paesi in cui abitano, con onore delle famiglie a cui appartengono?
Oltre a tutte queste ricompense che Dio concede nella vita presente e nella futura, avvene ancor una che devono i beneficati porgere ai loro 360 benefattori. Sì, o Signori, noi non vogliamo defraudarvi di quella p. 21 mercede che è tutta in nostro potere. — Ascoltate:
Tutti i preti, i chierici, tutti i giovani raccolti ed educati nelle case della Congregazione Salesiana e più specialmente quelli del Patronato di S. Pietro, innalzeranno al cielo mattino e sera particolari pre- 365 ghiere pei loro benefattori. Mattina e sera i vostri beneficati con apposite preghiere invocheranno le divine benedizioni sopra di voi, sopra le vostre famiglie, sopra i vostri parenti, sopra i vostri amici. Supplicheranno Dio che conservi la pace e la concordia nelle vostre famiglie, vi conceda sanità stabile e vita felice, da voi tenga lontano 370 le disgrazie tanto nelle cose spirituali quanto nelle cose temporali, e a tutto ciò aggiunga la perseveranza nel bene, e; al più tardi che a Dio piacerà, i vostri giorni siano coronati da una santa morte. Se poi nel corso della vita mortale, o Signori, avremo la buona ventura di incontrarvi per le vie della città od in qualsiasi altro luogo, oh sì allora 375 ricorderemo con gioia i benefizi ricevuti e rispettosi ci scopriremo il capo in segno d'incancellabile gratitudine sulla terra, mentre Iddio pietoso vi terrà assicurata la mercede dei giusti in Cielo. Centuplum accipietis et vitam aeternam possidebitis.
378-379 Mt 19,29.
380 Terminato il sermoncino di opportunità alcuni uditori spontaneamente giudicarono di fare una questua che fu copiosa oltre l'aspettazione. Le persone erano in numero assai limitato per la strettezza del luogo, quasi tutti dei soliti benefattori, sicché si era giudicato opportuno di nem I meno raccomandare la limosina. Tuttavia risultò di p. 22 385 circa mille cinquecento franchi.
Dopo la sacra funzione si visitò eziandio una sala dove sopra alcune tavole stavano esposti oggetti per una piccola lotteria in favore dei giovanetti del Patronato. Essendosi sparsa la voce che quella lotteria doveva impiegarsi a comperar pane ai giovanetti del Patronato, vi 390 si fece un notabile spaccio di biglietti.
Così abbiamo avuto un motivo di più per ringraziare i nostri benemeriti uditori e di essere ognor più riconoscenti alla divina bontà, che in tanti modi e ad ogni momento ci porge novelli argomenti di lodarla e benedirla ora e per tutti i secoli.
Più volte fui richiesto di esprimere verbalmente o per iscritto alcuni pensieri intorno al così detto sistema preventivo che si suole usare nelle nostre case. Per mancanza di tempo non ho potuto finora
400 appagare questo desiderio, e presentemente ne do qui un cenno, che spero sia come l'indice di quanto ho in animo di pubblicare in una operetta appositamente preparata, se Dio mi darà tanto di vita da poterlo effettuare, e ciò unicamente per giovare alla difficile arte della giovanile educazione. Dirò adunque: in che cosa consista il 405 Sistema Preventivo, e perché debbasi preferire: sua pratica applicazione, e suoi vantaggi.
Due sono i sistemi in ogni tempo usati nella educazione della
410 gioventù: Preventivo e Repressivo. Il sistema Repressivo consiste nel far conoiscere la legge ai sudditi, poscia sorvegliare per conoscerne i p. 24 trasgressori ed infliggere, ove è d'uopo, il meritato castigo. In questo sistema le parole e l'aspetto del Superiore debbono essere severe, e piuttosto minaccevoli, ed egli stesso deve evitare ogni famigliarità 415 coi dipendenti.
Il Direttore per accrescere valore alla sua autorità dovrà trovarsi di rado tra i suoi soggetti e per lo più quando si tratta di punire o di minacciare. Questo sistema è facile, meno faticoso e giova specialmente nella milizia e in generale tra le persone adulte ed assennate, che devono da se stesse essere in grado di sapere e ricordare ciò che è 420 conforme alle leggi e alle prescrizioni.
Diverso, e direi, opposto è il sistema Preventivo. Esso consiste nel far conoscere le prescrizioni e i regolamenti di un Istituto e poi sorvegliare in guisa, che gli allievi abbiano sempre sopra di loro l'occhio vigile del Direttore o degli assistenti, che come padri amorosi parlino, 425 servano di guida ad ogni evenienza, diano consigli ed amorevolmente correggano, che è quanto dire: mettere gli allievi nella impossibilità di commettere mancanze.
Questo sistema si appoggia tutto sopra la ragione, la religione, e sopra l'amorevolezza; perciò esclude ogni castigo violento e cerca di 430 tenere lontano gli stessi leggeri castighi. Sembra che questo sia preferibile per le seguenti ragioni:
p. 25 I. L'allievo preventivamente avvisato non resta avvilito per le mancanze commesse, come avviene quando esse vengono deferite al Superiore. Né mai si adira per la correzione fatta o pel castigo mi- 435 nacciato oppure inflitto, perché in esso vi è sempre un avviso amichevole e preventivo che lo ragiona, e per lo più riesce a guadagnare il cuore, cosiché l'allievo conosce la necessità del castigo e quasi lo desidera.
II. La ragioné più essenziale è la mobilità giovanile, che in un 440 momento dimentica le regole disciplinari, i castighi che quelle minacciano: perciò spesso un fanciullo si rende colpevole e meritevole di una pena, cui egli non ha mai badato, che niente affatto ricordava nell'atto del fallo commesso e che avrebbe per certo evitato se una voce amica l'avesse ammonito. 445
III. Il sistema Repressivo può impedire un disordine, ma difficilmente farà migliori i delinquenti; e si è osservato che i giovanetti non dimenticano i castighi subìti, e per lo più conservano amarezza con desiderio di scuotere il giogo ed anche di farne vendetta. Sembra talora che non ci badino, ma chi tiene dietro ai loro andamenti conosce che 450 sono terribili le reminiscenze della gioventù; e che dimenticano facil
mente le punizioni dei genitori, ma assai difficilmente quelle degli educatori. Vi sono fatti di alcuni che in vecchiaia vendicarono bruttamente certi castighi toccati giustamente in tempo di loro I educazione. Al p. 26 455 contrario il sistema Preventivo rende amico l'allievo, che nell'assistente ravvisa un benefattore che lo avvisa, vuol farlo buono, liberarlo dai dispiaceri, dai castighi, dal disonore.
IV. Il sistema Preventivo rende affezionato l'allievo in modo che l'educatore potrà tuttora parlare col linguaggio del cuore sia in tempo 460 dell'educazione, sia dopo di essa. L'educatore, guadagnato il cuore del suo protetto, potrà esercitare sopra di lui un grande impero, avvisarlo, consigliarlo ed anche correggerlo allora che si troverà negli impieghi, negli uffizi civili e nel commercio. Per queste e molte altre ragioni pare che il sistema Preventivo debba preferirsi al Repressivo.
429-430 e sopra om B add sl Bb 444 per certo] probabilmente B per certo em infra lin Bb
La pratica di questo sistema è tutta appoggiata sopra le parole di S. Paolo che dice: Charitas benigna est, patiens est; omnia suffert, omnia sperat, omnia sustinet. La carità è benigna e paziente; soffre tutto, ma spera tutto e sostiene qualunque disturbo. Perciò soltanto il 470 cristiano può con successo applicare il sistema Preventivo. Ragione e Religione sono gli strumenti di cui deve costantemente far uso l'educatore, insegnarli, egli stesso praticarli se vuol essere ubbidito ed ottenere il suo fine.
I. Il Direttore pertanto deve essere tutto consacrato a' suoi 475 educandi, né mai assumersi impegni che lo allontanino dal suo uffizio, anzi trovarsi sempre co' suoi dipendenti tutte le volte che non sono obbligatoriamente legati da qualche occupazione, eccetto che siano da altri debitamente assistiti.
II. I maestri, i capi d'arte, gli assistenti devono essere di moralità 480 conosciuta. Il traviamento di un solo può compromettere un Istituto educativo. Si faccia in modo che gli allievi non siano mai soli. Per quanto è possibile gli assistenti li precedano nel sito dove devonsi raccogliere; si trattengano con loro fino a che siano da altri assistiti; non li lascino mai disoccupati.
466 post sopra add la carità secondo B del Bb 471 gli strumenti] i principii fondamentali B gli strumenti em sl Bb
467-469 1 Cor 13,4.7.
p. 28 III. Si dia ampia facoltà di saltare, correre, schiamazzare a - 485 piacimento. La ginnastica, la musica, la declamazione, il teatrino, le passeggiate sono mezzi efficacissimi per ottenere la disciplina, giovare alla moralità ed alla sanità. Si badi soltanto che la materia del trattenimento, le persone che intervengono, i discorsi che hanno luogo non siano biasimevoli. Fate tutto quello che volete, diceva il gran- 490 de amico della gioventù S. Filippo Neri, a me basta che non facciate peccati.
IV. La frequente confessione, la frequente comunione, la messa quotidiana sono le colonne che devono reggere un edifizio educativo, da cui si vuole tener lontano la minaccia e la sferza. Non mai annoia- 495 re né obbligare i giovanetti alla frequenza de' santi Sacramenti, ma porgere loro la comodità di approfittarne. Nei casi poi di esercizi spirituali, tridui, novene, predicazioni, catechismi si faccia rilevare la bellezza, la grandezza, la santità di quella Religione che propone dei mezzi così facili, così utili alla civile società, alla tranquillità del cuo- 500 re, alla salvezza dell'anima come appunto sono i santi Sacramenti. In questa guisa i fanciulli restano spontaneamente invogliati a queste pratiche di pietà, vi si accosteranno volentieri (1). •
485 facoltà] libertà B 494 che...reggere] di B che devono reggere em mrg Bb
497 porgere] procacciate BD 503 post volentieri add con piacere e con frutto B
490-492 «La pazienza poi che Filippo avea co' giovani, per tenergli lontani dal peccato, era indicibile. Sicché sopportava il Sant'Uomo, che facessero, eziandio vicino alle sue stanze, qualsiasi romore; fintantoché alcuni di casa si lamentavano molto della lor poca discrezione: la qual cosa riferendo essi un giorno al Santo, rispose: lasciateli dire, burlate pure, e state allegramente, perché altro non voglio da voi, se non che non facciate peccati» — Vita di S. Filippo Neri apostolo di Roma e fondatore della Congregazione dell'Oratorio scritta già dal P. Pier Giacomo Bacci... Roma Tip. Marini 1837, p. 111 (lib. II, cap. VII, n. 5). — «Figliuoli, state allegramente: non voglio scrupoli né malinconie: mi basta che non facciate peccati» [G. Bosco], Porta teco cristiano... Torino, Tip. G.B. Paravia 1858, p. 34 (Ricordi generali di S. Filippo Neri alla gioventù), OE XI 34.
504-517 La tradizione individuò sempre questo ministro in Lord Palmerston. Il 20 dicembre 1880 don Bosco, narrando questo episodio al marchese Vittorio Scati, cominciò così: «Anni sono venne a trovarmi Lord Palmerston; arrivò alle 10 del mattino e si trattenne qua sino alle sei di sera, visitando minutamente ogni cosa e chiedendo conto di tutto, con quella precisione e quell'interesse che sono propri degli Inglesi» (Relazione autografa, Torino, 24 aprile 1891; cfr. Boll. Sal. ottobre 1922, pag.259). MB XIII 921. Ma è lecito accogliere con legittimo scetticismo, quando si pensi che la relativa dilatazione dell'Oratorio-ospizio coincide con gli ultimi anni di vita e di attività politica del grande statista inglese lord Henry John Temple Palmerston (1784-1865). A voler azzardare un'ipotesi potrebbe apparire più plausibile che la visita di «un ministro della Regina di Inghilterra» (Vittoria, regina dal 1837 al 1901) sia quella di un qualche «ministro a Torino». Tra essi, per esempio, fa spicco la figura di James Hudson (1810-1885), notoriamente ritenuto «più italiano degli italiani», che fu a capo della legazione inglese a Torino dal febbraio del 1852 fino al collocamento a riposo nel 1863. – Si tenga anche presente che nella sua deposizione al Processo informativo il salesiano coadiutore P. Enria riferisce il fatto al 1875: «Una volta vennero alcuni signori inglesi a visitare l'Oratorio...» (fol. 996r-v). Invece nella cronaca da lui lasciata l'episodio viene rievocato senza indicazione di data; questa medesima testimonianza di cronaca viene riportata in MB VII 556-557 e attribuita al 1863.
(1) Non è gran tempo che un ministro della Regina di Inghilterra visitando un 505 Istituto di Torino fu condotto in una spaziosa sala dove facevano studio circa cinquecento giovanetti. Si maravigliò non poco al rimirare tale moltitudine di fanciulli in perfetto silenzio e senza assistenti. Crebbe ancora la sua maraviglia quando seppe che forse in tutto 1' anno non avevasi a lamentare una parola di disturbo, non un motivo di infliggere o di minacciare un castigo. — Come è mai possibile di ottenere tanto si
510 lenzio e tanta disciplina? dimanda: ditemelo. E voi, aggiunse al suo segretario, scrivete quanto vi dice. — Signore, rispose il Direttore dello Stabilimento, il mezzo che si usa tra noi non si può usare fra voi. — Perché? — Perché sono arcani soltanto svelati ai cattolici. — Quali? — La frequente confessione e comunione e la messa quotidiana ben ascoltata. — Avete proprio ragione, noi manchiamo di questi potenti mezzi
515 di educazione. Non si può supplire con altri mezzi? — Se non si usano questi elementi di religione, bisogna ricorrere alle minacce ed al bastone. — Avete ragione! avete ragione! O religione, o bastone, voglio raccontarlo a Londra. —
V. Si usi la massima sorveglianza per impedire che nell'Istituto p. 29 siano introdotti compagni, libri o persone che facciano cattivi discor520 si. La scelta d'un buon portinaio è un tesoro per una casa di educazione.
VI. Ogni sera dopo le ordinarie preghiere, e prima che gli allievi vadano a riposo, il Direttore, o chi per esso, indirizzi alcune affettuose parole in pubblico dando qualche avviso, o consiglio intorno a cose da 525 farsi o da evitarsi; e studii di ricavare le massime da fatti avvenuti in giornata nell'Istituto o fuori; ma il suo parlare non oltrepassi mai i due o tre minuti. Questa è la I chiave della moralità, del buon andamento e p. 30 del buon successo dell'educazione.
VII. Si tenga lontano come la peste l'opinione di taluno che vor530 rebbe differire la prima comunione ad un'età troppo inoltrata, quando per lo più il demonio ha preso possesso del cuore di un giovanetto a danno incalcolabile della sua innocenza. Secondo la disciplina della Chiesa primitiva si solevano dare ai bambini le ostie consacrate che sopravanzavano nella comunione pasquale.
526-527 ma...minuti om B add mgr Bb
Questo serve a farci conoscere quanto la Chiesa ami che i fanciulli siano ammessi per tempo 535 alla santa Comunione. Quando un giovanetto sa distinguere tra pane e pane, e palesa sufficiente istruzione, non si badi più all'età e venga il Sovrano Celeste a regnare in quell'anima benedetta.
VIII. I catechismi raccomandano la frequente comunione, 540 s. Filippo Neri la consigliava ogni otto giorni ed anche più spesso. Il Concilio Tridentino dice chiaro che desidera sommamente che ogni fedele cristiano quando va ad ascoltare la santa Messa faccia eziandio la comunione. Ma questa comunione sia non solo spirituale, ma bensì sacramentale, affinché si ricavi maggior frutto da questo augusto e divino 545 sacrifizio. (Concilio Trid., sess. XXII, cap. VI).
539 frequente om B add sl Bb post comunione add ogni quindici giorni od una volta al mese B del Bb
532-534 Sembra che questa indicazione non trovi riscontri in altri scritti di don Bosco. In questi è, invece, frequente l'affermazione che «i cristiani dei primi tempi andavano ogni giorno ad ascoltare la parola di Dio ed ogni giorno si accostavano alla santa Comunione». G. Bosco, Il mese di maggio consacrato a Maria SS. Immacolata ad uso del popolo... Torino, Tip. G.B. Paravia 1858, p. 141, OE X 435; ID., Angelina o la buona fanciulla instruita nella vera divozione a Maria Santissima. Ibid. 1860, pp. 65-66, OE XIII, 19-20; ID., Dialoghi intorno all'istituzione del Giubileo... Torino, Tip. dell'Oratorio di S. Francesco di Sales 1865, pp. 76-77, OE XVI, 150-151; ID., Nove giorni consacrati all'augusta Madre del Salvatore sotto al titolo di Maria Ausiliatrice. Ibid. 1870, p. 50, OE XXII 302. Un più esplicito riferimento ai fanciulli egli trovava in un libretto di mons. de Ségur ristampato in V ediz. nella tipografia dell'Oratorio: «Ne' primi secoli i fanciulli al pari degli adulti erano ammessi alla Comunione ogni giorno». – La santissima comunione per monsignor de Ségur. Torino, Tip. dell'Oratorio di S. Francesco di Sales 1875, pp. 53-54.
539 «È bene comunicarsi più sovente? Signor sì, nelle maggiori feste, e più spesso secondo il consiglio del Confessore» – Breve catechismo per li fanciulli che si dispongono alla confessione e prima comunione. Torino, Canfari 1846, p. 49. «È cosa buona ed utile il comunicarsi sovente? È cosa ottima, purché si faccia degnamente. Quanto spesso si può andar alla Comunione? Non si può dar regola sopra di questo, ma ciascuno deve regolarsi secondo il consiglio di un savio Direttore, a cui tocca di esaminare il profitto che i penitenti fanno della Comunione, ed i loro bisogni spirituali» – Catechismo ad uso de' giovani già ammessi alla Comunione, e degli adulti. – «Quanto spesso siamo obbligati a comunicarci? Almeno una volta all'anno, cioè alla Pasqua di Risurrezione. (...) È bene comunicarci più sovente? Non solo è bene, ma una delle cose migliori per ogni Cristiano è di ricevere con le dovute disposizioni il Corpo e il Sangue di Gesù Cristo almeno ogni Domenica e Festa di precetto, ed anche nel corso di ogni settimana» – [Catechismo piccolo, p. 79] = Compendio della dottrina cristiana ad uso dell'arcidiocesi di Torino il quale contiene il catechismo piccolo per apparecchiarsi alla prima Comunione ed il catechismo grande... Torino, Tip. e Libr. dell'Oratorio di S. Francesco di Sales 1875. Sull'intero problema, cfr. P. STELLA, Don Bosco nella storia della religiosità cattolica, vol. II, pp. 299-303 (Campagna per la comunione frequente), 319-326 (La comunione frequente).
539-540 «Voleva inoltre, che non solo i Sacerdoti, ma ancora i laici frequentassero questo Sagramento: per la qual cosa alcuni de' suoi penitenti si comunicavano ogni otto giorni, molti ogni festa, altri tre volte la settimana, e alcuni, sebben pochi, ogni giorno: molti de' quali con questa frequenza diventarono uomini di santa vita, e di grandissima perfezione» — Vita di S. Filippo Neri... scritta già dal P. Pier Giacomo Bacci..., p. 81 (lib. II, cap. I, n. 9). — «Fra di noi non vi è comando di accostarsi a questi santi Sacramenti; e ciò per lasciare che ognuno vi si accosti liberamente per amore e non mai per timore. La qual cosa riuscì molto vantaggiosa, mentre vediamo molti ad intervenirvi ogni quindici od otto giorni, ed alcuni in mezzo alle loro giornaliere occupazioni fanno esemplarmente la loro Comunione anche tutti i giorni. La Comunione solevasi fare quotidiana dai cristiani dei primi tempi; la Chiesa Cattolica nel Concilio Tridentino inculca che ogni cristiano quando va ad ascoltare la s. Messa faccia la santa Comunione. Tuttavia io consiglio tutti i giovani dell'Oratorio a fare quanto dice il Catechismo della diocesi, cioè: è bene di confessarsi ogni quindici giorni od una volta al mese. S. Filippo Neri, quel grande amico della gioventù, consigliava i suoi figli spirituali a confessarsi ogni otto giorni, e comunicarsi anche più spesso secondo il consiglio del confessore» — Regolamento dell'Oratorio di S. Francesco di Sales per gli esterni. Torino, Tipografia Salesiana 1877, pp. 36-37 (Parte seconda, cap. VII. Confessione e Comunione, nn. 2 e 3), OE XXIX 66-67.
541 dice chiaro] ci ammaestra B dice chiaro em sl Bb 545 (Concilio...VI) om BD add Db
540-545 «Optaret quidem sacrosancta synodus, ut in singulis missis fideles adstantes non solo spirituali affectu, sed sacramentali etiam eucharistiae perceptione communicarent, quo ad eos santissimi huius sacrificii fructus uberior proveniret» — Sess. XXII (15 sept. 1562), Dottrina et canones de sanctissimo missae sacrificio, caput VI. «Il sacrosanto concilio desidera grandemente, che tutti i fedeli che vanno ad ascoltare la santa messa facciano la santa comunione non solo spiritualmente ma sacramentalmente affinché sia più copioso il frutto che essi possono ricavare da questo SS. sacrificio». Sess. 22, cap. 6 — G. Bosco, Vita de' sommi Pontefici S. Anacleto S. Evaristo S. Alessandro I... Torino, Tip. di G.B. Paravia 1857, p. 26, OE IX 470; ID., Nove giorni consacrati all'augusta Madre del Salvatore..., p. 51, OE XXII 303. — «Il Concilio Tridentino, invocando la testimonianza di tutti i secoli cristiani, e de' Padri della Chiesa, esprime vivissimo il desiderio che tutti i fedeli assistenti alla santa Messa si comunichino in essa ogni dì, non solo spiritualmente, ma anche sacramentalmente, perché riportino frutto più abbondante da questo santissimo Sacrifizio (Sess. XXII, c. VI)» — La santissima comunione per monsignor de Ségur..., p. 8. Cfr. anche Due gioie nascoste per Giuseppe Frassinetti. Torino, Tip. dell'Oratorio di S. Francesco di Sales 1864, p. 7.
Taluno dirà che questo sistema è difficile in pratica. Osservo che da parte degli allievi riesce assai più facile, più soddisfacente, più vantaggioso. Da parte poi degli educatori racchiude alcune difficoltà, che però restano diminuite, se l'educatore si mette con zelo all'opera 550 sua. L'educatore è un individuo consacrato al bene de' suoi allievi, deve essere pronto ad affrontare ogni disturbo, ogni fatica per conseguire il suo fine, che è la civile, morale, scientifica educazione de' suoi allievi.
Oltre ai vantaggi sopra esposti si aggiunge ancora qui che: 555
I. L'allievo sarà sempre amico dell'educatore e ricorderà ognor con piacere la direzione avuta, considerando tuttora quali padri e fratelli i suoi maestri e gli altri superiori. Dove vanno questi allievi per lo più sono la consolazione della famiglia, utili cittadini e buoni cristiani. 560
II. Qualunque sia il carattere, l'indole, lo stato morale di un allievo all'epoca della sua accettazione, i parenti possono vivere sicuri, che il loro figlio non potrà peggiorare, e si può dare per certo che si otterrà sempre qualche miglioramento. Anzi certi fanciulli che per molto p. 32 tempo I furono il flagello de' parenti e perfino rifiutati dalle case corre- 565 zionali, coltivati secondo questi principii, cangiarono indole, carattere, si diedero ad una vita costumata, e presentemente occupano onorati uffizi nella società, divenuti così il sostegno della famiglia, decoro del paese in cui dimorano.
III. Gli allievi che per avventura entrassero in un Istituto con triste 570 abitudini non possono danneggiare i loro compagni. Né i giovanetti buoni potranno ricevere nocumento da costoro, perché non avvi né tempo, né luogo, né opportunità, perciocché l'assistente, che supponiamo presente, ci porrebbe tosto rimedio.
Una parola sui castighi. 575
Che regola tenere nell'infliggere castighi? Dove è possibile, non si faccia mai uso dei castighi; dove poi la necessità chiedesse repressione, si ritenga quanto segue:
555 Oltre...che om B add mrg Bb 562 sicuri] tranquilli B sicuri em sl Bb 570-573 III... opportunità om B add mgr Bb 573-574 percioeché...rimedio om B add Bb 577 post castighi add nella educazione B del Bb
I. L'educatore tra gli allievi cerchi di farsi amare, se vuole farsi te-580 mere. In questo caso la sottrazione di benevolenza è un castigo, ma un castigo che eccita l'emulazione, dà coraggio e non avvilisce mai.
II. Presso ai giovanetti è castigo quello che si fa servire per - p. 33 castigo. Si è osservato che uno sguardo non amorevole sopra taluni produce maggior effetto che uno schiaffo. La lode quando una cosa è 585 ben fatta, il biasimo, quando vi è trascuratezza, è già un premio od un castigo.
III. Eccettuati rarissimi casi, le correzioni, i castighi non si diano mai in pubblico, ma privatamente, lungi dai compagni, e si usi massima prudenza e pazienza per fare che l'allievo comprenda il suo torto 590 colla ragione e colla religione.
IV. Il Direttore faccia ben conoscere le regole, i premi ed i castighi stabiliti dalle leggi di disciplina, affinché l'allievo non si possa scusare dicendo: Non sapeva che ciò fosse proibito.
Gli Istituti che metteranno in pratica questo sistema, io credo che 595 potranno ottenere grandi vantaggi senza venire né alla sferza, né ad altri violenti castighi. Da circa quarant'anni tratto colla gioventù, e non mi ricordo d'aver usato castighi di sorta, e coll'aiuto di Dio ho sempre ottenuto non solo quanto era di dovere, ma eziandio quello che semplicemente desiderava, e ciò da quegli stessi fanciulli, cui sembrava 600 perduta la speranza di buona riuscita.
INDICE DELLE MATERIE p. 34
INAUGURAZIONE del Patronato di S. Pietro pag. 3
Discorso del Rev. D. Bosco » 6
Storia » 7
605 Scopo dell'Istituto » 13
Mercede » 18
580 la] una BD la em sl Db 591-593 IV...proibito om B add mrg Bb 593 proibito] comandato o proibito Bb
579-580 Cfr. P. BRAIDO, Il «sistema preventivo» in un «decalogo» per educatori, in RSS 4 (1985) 138-142 (Amore e timore nel processo educativo) (vedi più avanti, pp. 273-276).
IL SISTEMA PREVENTIVO
NELLA EDUCAZIONE DELLA GIOVENTÙ.
I. In che consista il Sistema Preventivo, e perché debbasi preferire » 23 610
II. Applicazione del Sistema Preventivo » 27
III. Utilità del Sistema Preventivo » 31
Una parola sui castighi » 32
V, nihil obstat.
Taurini, 3 Augusti 1877.
Joseph Zappata Vic. Gen.
2. Doc. R — testo a stampa premesso al Regolamento per le case della Società di S. Francesco di Sales. Torino, Tipografia Salesiana 1877.
C = estensore del testo manoscritto
C2 = interventi sul testo del medesimo estensore
Cb = interventi di don Bosco sul testo C C2
Cc = altro redattore
Cc' = modifiche di Cc al proprio testo iniziale
H = testo dell'edizione italiana separata del 1877 (edita in questo volume)
L = aggiunte ms di don Gioachino Berto al cap. Una parola sui castighi in una copia dell'edizione italiana separata del 1877 Per una nuova edizione
M = testo stampato nel BS 4 (1880) n. 9, sett., pp. 7-9
Più volte fui richiesto di esprimere verbalmente o per iscritto alcuni pensieri intorno al così detto sistema preventivo, che si suole 5 usare nelle nostre case. Per mancanza di tempo non ho potuto finora appagare questo desiderio, e presentemente volendo stampar il regolamento che finora si è quasi sempre usato tradizionalmente, credo opportuno darne qui un cenno che però sarà come l'indice di un'operetta che vo preparando se Dio mi darà tanto di vita da poterlo ter10 minare, e ciò unicamente per giovare alla difficile arte della giovanile educazione.
6-8 volendo...sarà] ne do qui un cenno, che spero sia C ne do qui un cenno, che spero sia per essere C2 volendo stampar il Regolamento che finora si è quasi sempre usato tradizionalmente, credo opportuno darne qui un cenno. Spero che questo sia add mrg
Cb 8 post di add quanto ho in animo di pubblicare in C del Cb 9 che vo pre
parando] appositamente preparata C che vo preparando em sl Cb 9-10 poterlo
terminare] poterla effettuare C poterlo terminare torr Cb
1-13 Il sistema...vantaggi] Storia dell'Oratorio di S. Francesco di Sales Capo XXI... Sistema preventivo — Sua applicazione — Suoi vantaggi — Una parola sui castighi... In fine egli ne scrisse brevemente, dimostrando in che consistano i due sistemi preventivo e repressivo, adducendo le ragioni per cui è da preferirsi il primo, insegnandone la pratica applicazione, e svelandone i grandi vantaggi. Questo utilissimo scritto vide già la luce nel Regolamento per le Case Salesiane; e noi crediamo di fare cosa gradita ai nostri lettori il qui riprodurlo per loro norma e governo M pp. 6-7 6-9 volendo...preparando] ne do qui un cenno, che spero sia come l'indice di quanto ho in animo di pubblicare in una operetta appositamente preparata, H 9-10 terminare] effettuare H
Dirò adunque: In che cosa consista il Sistema Preventivo, e perché debbasi preferire: Sua pratica applicazione, e suoi vantaggi.
Due sono i sistemi in ogni tempo usati nella educazione della gioventù: Preventivo e Repressivo. Il sistema Repressivo consiste nel far p, 4 conoscere la legge ai sudditi, poscia sorvegliare per conoscerne i trasgressori ed infliggere, ove sia d'uopo, il meritato castigo. Su questo sistema le parole e l'aspetto del Superiore debbono sempre essere se- 20 vere, e piuttosto minaccevoli, ed egli stesso deve evitare ogni famigliarità coi dipendenti.
Il Direttore per accrescere valore alla sua autorità dovrà trovarsi di rado tra i suoi soggetti e per lo più solo quando si tratta di punire o di minacciare. Questo sistema è facile, meno faticoso e giova spe- 25 cialmente nella milizia e in generale tra le persone adulte ed assennate, che devono da se stesse essere in grado di sapere e ricordare ciò che è conforme alle leggi e alle altre prescrizioni.
Diverso, e direi, opposto è il sistema Preventivo. Esso consiste nel far conoscere le prescrizioni e i regolamenti di un Istituto e poi sorve- 30 gliare in guisa, che gli allievi abbiano sempre sopra di loro l'occhio vigile del Direttore o 'degli assistenti, che come padri amorosi parlino, servano di guida ad"ogni evento, diano consigli ed amorevolmente correggano, che è quanto dire: mettere gli allievi nella impossibilità di commettere mancanze. 35
Questo sistema si appoggia tutto sopra la ragione, la religione, e sopra l'amorevolezza; perciò esclude ogni castigo violento e cerca di tenere lontano gli stessi leggeri castighi. Sembra che questo sia preferibile per le seguenti ragioni:
p.5- I. L'allievo preventivamente avvisato non resta avvilito per le 40 mancanze commesse, come avviene quando esse vengono deferite al Superiore. Né mai si adira per la correzione fatta o pel castigo minacciato oppure inflitto, perché in esso vi è sempre un avviso amichevole e preventivo che lo ragiona, e per lo più riesce a guadagnare il 45 cuore, cosicché l'allievo conosce la necessità del castigo e quasi lo desidera.
37 sopra om M 42 Né mai] Il giovane non M 43 un avviso] una parola M 44 e preventivo om M guadagnare] persuaderlo e guadagnargli M
II. La ragione più essenziale è la mobilità giovanile, che in un momento dimentica le regole disciplinari, i castighi che quelle minacciano. Perciò spesso un fanciullo si rende colpevole e meritevole di una 50 pena, cui egli non ha mai badato, che niente affatto ricordava nell'atto del fallo commesso e che avrebbe per certo evitato se una voce amica l'avesse ammonito.
III. Il sistema Repressivo può impedire un disordine, ma difficilmente farà migliori i delinquenti; e si è osservato che i giovanetti non 55 dimenticano i castighi subìti, e per lo più conservano amarezza con desiderio di scuotere il giogo ed anche di farne vendetta. Sembra talora che non ci badino, ma chi tiene dietro ai loro andamenti conosce che sono terribili le reminiscenze della gioventù; e che dimenticano facilmente le punizioni dei genitori, ma assai difficilmente quelle degli 60 educatori. Vi sono fatti di alcuni che in vecchiaia vendicarono bruttamente certi castighi toccati giustamente in tempo di loro I educazione. Al con- p. 6 trario il sistema Preventivo rende amico l'allievo, che nell'assistente ravvisa un benefattore che lo avvisa, vuol farlo buono, liberarlo dai dispiaceri, dai castighi, dal disonore.
65 IV. Il sistema Preventivo rende avvisato l'allievo in modo che l'educatore potrà tuttora parlare col linguaggio del cuore sia in tempo della educazione, sia dopo di essa. L'educatore, guadagnato il cuore del suo protetto, potrà esercitare sopra di lui un grande impero, avvisarlo, consigliarlo ed anche correggerlo allora eziandio che si 70 troverà negli impieghi, negli uffizi civili e nel commercio. Per queste e molte altre ragioni pare che il sistema preventivo debba prevalere al repressivo.
45 l'allievo] il colpevole M 51 fallo] fatto C fallo em sl Cb
49 si rende colpevole] si fa trasgressore di una regola M 50-51 cui...evitato] alle quali nell'istante dell'azione punto non badava, ed avrebbe per certo diversamente operato M 54 i delinquenti] gli animi M 65 rende avvisato] tratta M rende affezionato H 66 tuttora parlare] parlargli sempre M 67 L'educatore, guadagnato] Con siffatto sistema l'educatore guadagnandosi M 71 prevalere] preferirsi MH
La pratica di questo sistema è tutta appoggiata sopra le parole di s. Paolo che dice: Charitas benigna est, patiens est; omnia suffert, 75 omnia sperat, omnia sustinet. La carità è benigna e paziente; soffre tutto, ma spera tutto e sostiene qualunque disturbo. Perciò soltanto il cristiano può con successo applicare il sistema Preventivo. Ragione e Religione sono gli strumenti di cui deve costantemente far uso l'educatore, insegnarli, egli stesso praticarli se vuol essere ubbidito ed 80 ottenere il suo fine.
P. 7 I. Il Direttore pertanto deve essere consacrato a' suoi educandi, né mai assumersi impegni che lo allontanino dal suo uffizio, anzi trovarsi sempre co' suoi allievi tutte le volte che non sono obbligatamente legati da qualche occupazione, eccetto che siano da altri debitamente - 85 assistiti.
II I maestri, i capi d'arte, gli assistenti devono essere di moralità conosciuta. Studino di evitare come la peste ogni sorta di affezioni od amicizie particolari cogli allievi, e si ricordino che il traviamento di un solo può compromettere un Istituto educativo. Si faccia in 90 modo che gli allievi non siano mai soli. Per quanto è possibile gli assistenti li precedano nel sito dove devonsi raccogliere; si trattengano con loro fino a che siano da altri assistiti; non li lascino mai disoccupati.
III. Si dia ampia libertà di saltare, correre, schiamazzare a piaci- 95 mento. La ginnastica, la musica, la declamazione, il teatrino, le passeggiate sono mezzi efficacissimi per ottenere la disciplina, giovare alla moralità ed alla sanità.
84 allievi] dipendenti C allievi em sl Cb 88-89 Studino...che om C Studino di evitare come la peste ogni sorta di affezioni e amicizie particolari cogli allievi, e si ricordino che add mrg Cb
73 II. Applicazione...Preventivo] Dopo ciò D. Bosco passa a dire della sua applicazione e continua così: M 76 post sustinet add ed anche sopra queste altre dirette ai genitori: Padri, non provocate ad ira i vostri figliuoli, affinché non si perdano d'animo lin subd M 76-77 La carità...disturbo om M 80 insegnarli...ed] se vuole M 81 post fine add Ecco pertanto le principali regole di applicazione del suddetto sistema M 84 allievi] dipendenti H 87 i capi d'arte om M 88-89 Studino...che om H 93 assistiti] sorvegliati M 94 post disoccupati add neppure in tempo di ricreazione M 95 libertà] facoltà H
Si badi soltanto che la materia del trattenimento, le persone che intervengono, i discorsi che hanno luogo 100 non siano biasimevoli. Fate tutto quello che volete, diceva il grande amico della gioventù s. Filippo Neri, a me basta che non facciate peccati.
IV. La frequente confessione, la frequente comunione, la messa p. 8 quotidiana sono le colonne I che devono reggere un edifizio educati 105 vo, da cui si vuole tener lontano la minaccia e la sferza. Non mai obbligare i giovanetti alla frequenza de' santi Sacramenti, ma soltanto incoraggiarli e porgere loro comodità di approfittarne. Nei casi poi di esercizi spirituali, novene, predicazioni, catechismi si faccia rilevare la bellezza, la grandezza, la santità di quella Religione che propone 110 dei mezzi così facili, così utili alla civile società, alla tranquillità del cuore, alla salvezza dell' anima, come appunto sono i santi Sacramenti. In questa guisa i fanciulli restano spontaneamente invogliati a queste pratiche di pietà, vi si accosteranno volentieri con piacere e con frutto (1).
115 (1) Non è gran tempo che un ministro della Regina di Inghilterra visitando un Istituto di Torino fu condotto in una spaziosa sala dove facevano studio circa cinquecento giovanetti. Si maravigliò non poco al rimirare tale moltitudine di fanciulli in perfetto silenzio e senza assistenti. Crebbe ancora la sua maraviglia quando seppe che forse in tutto 1' anno non avevasi a lamentare una parola di disturbo, non un motivo di 120 infliggere o di minacciare un castigo. — Come è mai possibile di ottenere tanto silenzio e tanta disciplina? dimanda: ditemelo. E voi, aggiunse al suo segretario, scrivete quanto vi dice. — Signore, rispose il Direttore dello Stabilimento, il mezzo che si usa tra noi, non si può usare fra voi. — Perché? — Perché sono arcani soltanto svelati ai cattolici. — Quali? — La frequente confessione e comunione e la messa quoti 125 diana ben ascoltata. — Avete proprio ragione, noi manchiamo di questi potenti mezzi di educazione. Non si può supplire con altri mezzi? — Se non si usano questi elementi di religione, bisogna ricorrere alle minacce ed al bastone. — Avete ragione! avete ragione! O religione, o bastone, voglio raccontarlo a Londra.
99 i discorsi] le persone C i discorsi em mrg C' 105-106 ante obbligare add an noiare né C 106-107 soltanto incoraggiarli om C 107 porgere] procacciare C
98-100 che...biasimevoli] che sia ben scelta la materia del trattenimento, siano oneste e non pericolose le persone che v'intervengono, e non biasimevoli i discorsi che vi hanno luogo M 103-104 la messa quotidiana om M 105-106 obbligare] annoiare né obbligare H costringere M 106-107 soltanto incoraggiarli e om H 109 propone] presenta M 113-114 con piacere e con frutto om H con convinzione M 115-128 Non è...Londra om M
V. Si usi la massima sorveglianza per impedire che nell'Istituto p.9 siano introdotti compagni, I libri o persone che facciano cattivi di- 130 scorsi. La scelta d'un buon portinaio è un tesoro per una casa di educazione.
VI. Ogni sera dopo le ordinarie preghiere, e prima che gli allievi vadano a riposo, il Direttore, o chi per esso, indirizzi alcune affettuose parole in pubblico dando qualche avviso, o consiglio intorno a cose da 135 farsi o da evitarsi; e studii di ricavare le massime da fatti avvenuti in giornata nell'Istituto o fuori; ma il suo sermone non oltrepassi mai i due o tre minuti. Questa è la chiave della moralità, del buon andamento e del buon successo dell'educazione.
VII. Si tenga lontano come la peste l'opinione di taluno che vor- 140 rebbe differire la prima comunione ad un'età troppo inoltrata, quando per lo più il demonio ha preso possesso del cuore di un giovanetto a danno incalcolabile della sua innocenza. Secondo la disciplina della Chiesa primitiva si solevano dare ai bambini le ostie consacrate che sopravanzavano nella comunione pasquale. Questo serve a farci co- 145 noscere quanto la Chiesa ami che i fanciulli siano ammessi per tempo p. 10 alla santa Comunione. Quando un giovanetto sa di i stinguere tra pane e pane, e palesa sufficiente istruzione, non si badi più all'età e venga il Sovrano Celeste a regnare in quell'anima benedetta.
VIII. I catechismi raccomandano la frequente comunione, s. Fi- 150 lippo Neri la consigliava ogni otto giorni ed anche più spesso. Il Concilio Tridentino dice chiaro che desidera sommamente che ogni fedele cristiano quando va ad ascoltare la santa Messa faccia eziandio la comunione. Ma questa comunione sia non solo spirituale, ma bensì sacramentale, affinché si ricavi maggior frutto da questo augusto e divino 155 sacrifizio. (Concilio Trid., sess. XXII, cap. VI).
137 sermone] parlare C sermoncino em sl Cb 142 post ha add sl già Cb 156 (Concilio...VI) om C
130-131 siano...discorsi] s'introducano compagni e libri cattivi, o persone che faccia no mali discorsi M 133 ordinarie preghiere] preghiere comuni M 137 sermo ne] parlare H discorso M 137-138 mai i due o tre] i cinque M 138 Questa] Questo sermoncino ben condotto è come M del buon andamento om M 140 lontano come la peste 1'] lontana la pestifera M 145 nella comunione pasquale] dalla Comunione degli adulti M 154 Ma...sia om M 156 (Concilio...VI) om M
Taluno dirà che questo sistema è difficile in pratica. Osservo che da parte degli allievi riesce assai più facile, più soddisfacente, più 160 vantaggioso. Da parte poi degli educatori racchiude alcune difficoltà, che però restano diminuite, se l'educatore si mette con zelo all'opera sua. L'educatore è un individuo consacrato al bene de' suoi allievi, perciò deve essere pronto ad affrontare ogni disturbo, ogni fatica per conseguire il suo fine, che è la civile, morale, scientifica 165 educazione de' suoi allievi.
Oltre ai vantaggi sopra esposti si aggiunge ancora qui che:
I. L'allievo sarà sempre pieno di rispetto verso l'educatore e ri- p. 11 corderà ognor con piacere la direzione avuta, considerando tuttora quali padri e fratelli i suoi maestri e gli altri superiori. Dove vanno 170 questi allievi per lo più sono la consolazione della famiglia, utili cittadini e buoni cristiani.
II. Qualunque sia il carattere, l'indole, lo stato morale di un allievo all'epoca della sua accettazione, i parenti possono vivere sicuri, che il loro figlio non potrà peggiorare, e si può dare per certo che si 175 otterrà sempre qualche miglioramento. Anzi certi fanciulli che per molto tempo furono il flagello de' parenti e perfino rifiutati dalle case correzionali, coltivati secondo questi principii, cangiarono indole, carattere, si diedero ad una vita costumata, e presentemente occupano onorati uffizi nella società, divenuti così il sostegno della famiglia, decoro del 180 paese in cui dimorano.
III. Gli allievi che per avventura entrassero in un Istituto con triste abitudini non possono danneggiare i loro compagni. Né i giovanetti buoni potranno ricevere nocumento da costoro, perché non avvi né tempo, né luogo, né opportunità, perciocché l'assistente, che suppo 185 niamo presente, ci porrebbe tosto rimedio.
158 Osservo che om C 167 pieno...verso 1'] l'amico dell' C pieno di rispetto verso l' em sl Cb 185 rimedio] impedimento C
157 Utilità del sistema Preventivo] L'utilità di questo sistema di educazione non può sfuggire alla considerazione di una persona assennata; tuttavia a fine di meglio per suaderla D. Bosco prosegue: M p. 8 166 qui che] i seguenti M 167 pieno di rispetto verso 1'] l'amico dell'H 169-171 Dove...cristiani om M 172-173 allievo] giovanetto M 175-176 per...de'] erano la desolazione dei M 177 questi principii] i principii di questo sistema M ante carattere add mutarono M 179-180 divenuti...dimorano] e sono il sostegno della famiglia e il decoro del paese M 184-185 perciocché...rimedio] per essere sempre amorevolmente assistiti e protetti M
p. 12 Una parola sui castighi.
Che regola tenere nell'infliggere castighi? Dove è possibile, non si faccia mai uso dei castighi; dove poi la necessità chiede repressione, si ritenga quanto segue:
I. L'educatore tra gli allievi cerchi di farsi amare, se vuole farsi te- 190 mere. In questo caso la sottrazione di benevolenza è un castigo, ma un castigo che eccita l'emulazione, dà coraggio e non avvilisce mai.
II. Presso ai giovanetti è castigo quello che si fa servire per castigo. Si è osservato che uno sguardo non amorevole sopra taluni produce maggior effetto che non farebbe uno schiaffo. La lode quando una cosa 195 è ben fatta, il biasimo, quando vi è trascuratezza, è già un premio od un castigo.
III. Eccettuati rarissimi casi, le correzioni, i castighi non si diano mai in pubblico, ma privatamente, lungi dai compagni, e si usi massima prudenza e pazienza per fare che l'allievo comprenda il suo torto 200 colla ragione e colla religione.
IV Il percuotere in qualunque modo, il mettere in ginocchio con posizione dolorosa, il tirar le orecchie ed altri castighi simili debbonsi assolutamente evitare, perché sono proibiti dalle leggi civili, irritano grandemente i giovani ed avviliscono l'educatore. 205
p. 13 V. Il Direttore faccia ben conoscere le regole, i premi ed i castighi stabiliti dalle leggi 51i disciplina, affinché l'allievo non si possa scusare dicendo: Non sapeva che ciò fosse comandato o proibito.
202-205 IV. Il percuotere...educatore add mrg inf Cc 204 sono...civili om C essi mentre Cc sono proibiti dalle leggi civili em mrg inf Cb 207 leggi di disciplina] sue leggi disciplinari C
186 Una parola sui castighi] Don Bosco conchiude il suo trattatello con una parola sui castighi: M p. 8 193-194 castigo] tale M 195 non farebbe om H 195-197 quando...castigo] per una bell'azione, il biasimo per una colpevole trascuratezza, può servire ottimamente di premio o di castigo M 199 privatamente, lungi dai compagni, e si usi] privatamente e lungi dalla vista dei compagni. Si usi poi la M 202-205 IV. Il percuotere...1' educatore om H Il dare titoli villani, il percuotere in qualunque modo, il mettere in ginocchio con posizione dolorosa, il tirare le orecchie ed altri atti consimili, debbonsi assolutamente evitare perchè sono proibiti dalle leggi civili, irritano grandemente i giovani, ed avviliscono lo stesso educatore LM 206 V.] IV. H 207 leggi] regole M 208 comandato o om H post proibito add VI. Prima d'infliggere una qualunque punizione si osservi quale grado di colpabilità si trovi nell'allievo, e dove basta l'ammonizione non si usi il rimprovero, e dove questo sia sufficente non si proceda più oltre. VII. Né in parole né in fatti non si castighi mai quando l'animo è agitato; non mai per falli di semplice inavvertenza; non mai troppo sovente LM 209-215 Se...riuscita om M 209 Se...metterà] Gli Istituti che metteranno H 216 Sac. Gio. Bosco om H M
Se nelle nostre case si metterà in pratica questo sistema, io credo 210 che potremo ottenere grandi vantaggi senza venire né alla sferza, né ad altri violenti castighi. Da circa quarant'anni tratto colla gioventù, e non mi ricordo d'aver usato castighi di sorta, e coll'aiuto di Dio ho sempre ottenuto non solo quanto era di dovere, ma eziandio quello che semplicemente desiderava, e ciò da quegli stessi fanciulli, cui sembrava per 215 Juta la speranza di buona riuscita.
Sac. Gio. Bosco.
209 Se...metterà] Gli istituti che metteranno C Se nelle nostre case metteremo corr Cb 213 post ma add sl spesso Cb
Don Bosco, educatore militante, si è più volte trovato nella opportunità o necessità di riflettere e di tradurre in enunciati teorici tratti significativi della sua esperienza tra i giovani. Talvolta sono compiti istituzionali che lo inducono a chiarire a sé e agli immediati collaboratori i lineamenti specifici del «sistema» insieme praticato, come accade nella composizione delle Memorie dell'Oratorio di San Francesco di Sales e, in definitiva, al di là del motivo occasionale e pubblicitario, nella redazione delle pagine su Il sistema preventivo nella educazione della gioventù. Altre volte le riflessioni vengono tradotte in norme di azione di carattere orientativo e regolamentare: così i Ricordi confidenziali ai direttori e i Regolamenti (per gli esterni e per le case).
Tra i documenti normativi e orientativi si può collocare anche un breve «decalogo» redatto nella prima metà del 1877 e pubblicato nell'autunno del medesimo anno.
L'esame della minuscola composizione può avvenire in forma del tutto autonoma rispetto al Regolamento per le case, del quale finisce con l'apparire una specie di introduzionej'e può rivestire particolare interesse per più motivi. Essa risale a un anno, il 1877, eccezionalmente fecondo nell'attività «legislativa» di don Bosco: Capitolo generale della Congregazione Salesiana da convocarsi in Lanzo nel prossimo settembre 1877, Cooperatori salesiani ossia un modo pratico per giovare al buon costume ed alla civile società (1877), Inaugurazione del patronato di S. Pietro in Nizza a mare. Scopo del medesimo esposto dal Sacerdote Giovanni Bosco con appendice sul sistema preventivo nella educazione della gioventù, Opera di Maria Ausiliatrice per le vocazioni allo Stato Ecclesiastico eretta nell'Ospizio di S. Vincenzo de' Paoli in San Pier d'Arena, Regolamento dell'Oratorio di S. Francesco di Sales per gli esterni, Regolamento per le case della Società di S. Francesco di Sales, Regole o Costituzioni della Società di S. Francesco di Sales secondo il Decreto di Approvazione del 3 aprile 1874.1 Inoltre, da un punto di vista storico-letterario può costituire una tipica testimonianza del modo di comporre di don Bosco, quando le sue idee risultano perfettamente chiare nella mente e la loro formulazione e comunicazione ne consegue con insolita fluidità.
' Cfr. OE XXVIII 313-336, 339-378, 380-446; XXIX 1-28; 31-94, 97-196, 199-288.
Infine, il contenuto e il significato ideale e pratico superano la destinazione e la collocazione originaria rivelandosi trasferibili all'intero universo educativo: il breve scritto, infatti, non è eco soltanto di intuizioni personali di don Bosco ma anche di una consistente esperienza istituzionale e collettiva tra giovani di varia estrazione giunta a un notevole grado di maturità e credibilità.
Stretto tra due documenti «pedagogici» in sé conclusi e autosufficienti, le pagine sul sistema preventivo e il Regolamento per le case, il breve «decalogo» fu considerato in contesti diversi o proemio al Regolamento o sezione aggiuntiva del celebre opuscolo. È vero che don Bosco stesso sembra risolvere il problema quando all'articolo 10 della redazione definitiva dichiara: «Questi sono gli articoli preliminari del nostro Regolamento. Ma a tutti è indispensabile la pazienza, la diligenza, e molta preghiera senza cui io credo inutile ogni buon regolamento». Inoltre, nel margine superiore del manoscritto (doc. B) egli aggiunge l'indicazione: Per la pag. la del Reg.to.
Tuttavia, nella prima redazione manoscritta, costituita di 8 punti (vi mancano il 1° e il 10°, aggiunti nella seconda), non si trova tale didascalia. Nella tradizione stampata, poi, si trovano alcune ambiguità, che hanno favorito ambedue le interpretazioni.
Una prima indicazione è implicita nell'edizione dell'autunno 1877. Nell'Indice dell'opuscolo dal titolo Regolamento per le case della Società di S. Francesco di Sales' gli Articoli generali sono messi in rapporto con le pagine sul sistema preventivo più che col testo del Regolamento.
INDICE
IL SISTEMA PREVENTIVO NELLA EDUCAZIONE DELLA GIOVENTÙ
I. In che cosa consiste il Sistema Preventivo e perché debbasi preferire pag. 3
II. Applicazione del Sistema Preventivo » 6
III. Utilità del Sistema Preventivo » 10
Una parola sui castighi » 12
Articoli generali » 15
2 Cfr. OE XXIX 195-196.
Parte Prima
REGOLAMENTO PARTICOLARE
CAPO I. Del Direttore pag. 19
— II. Del Prefetto » 20
— III. Catechista » 25
— IV. Catechista degli Artigiani » 29
— V. Consigliere scolastico » 31
— VI. Dei Maestri di scuola » 33
— VII. Del Maestro d'arte » 35
— VIII. Assistenti di scuola e di studio » 36
— IX. Dell'Assistente dei laboratori » 38
— X. Assistenti o Capi di dormitorio » 40
— XI. Dispensiere » 42
Spenditori » 43
— XII. Dei Coadiutori » ivi
— XIII. Del Cuoco e degli Aiutanti della cucina » 45
— XIV. Dei Camerieri » 46
— XV. Del Portinaio » 47
— XVI. Del Teatrino » 50
Materia adattata » ivi
Cose da escludersi » 51
Doveri del Capo del Teatrino » 53
— XVII. Regolamento per l'infermeria » 55
Parte Seconda
REGOLAMENTO
PER LE CASE
DELLA CONGREGAZIONE DI SAN FRANCESCO DI SALES
CAPO I. Scfípo delle Case della Congregazione
dí san Francesco di Sales pag. 56
— II. Dell'accettazione » 60
— III. Della pietà » 63
— IV. Contegno in chiesa » 64
— V. Del lavoro » 68
— VI. Contegno nella scuola e nello studio » 70
— VII. Contegno nei laboratori » 73
— VIII. Contegno verso i superiori » 75
— IX. Contegno verso i compagni » 77
— X. Della modestia » 78
— XI. Della pulizia » 80
— XII. Contegno nel regime della casa » 81
— XIII. Contegno fuori della casa » 83
— XIV. Del passeggio » 86
Avvertimenti » 88
— XV. Contegno nel teatrino » ivi
— XVI. Cose con rigore proibite nella casa » 88
Tre mali sommamente da fuggirsi » 89
APPENDICE
Regole generali pag. 91
Parti della lettera » 93
Corso della lettera e forma della lettera » 95
Nel testo, invece, gli Articoli generali appaiono nettamente staccati dalle pagine sul sistema preventivo e costituiscono il proemio al Regolamento.3
Questa seconda disposizione persiste in tutte le edizioni e ristampe del fascicolo Regolamento per le case della Società di S. Francesco di Sales.
Vi si discostano, tuttavia, almeno le edizioni del 1893 4 e del 1899.' L'Indice del fascicolo del 1893 — riporta soltanto la Parte prima. Regolamento particolare del testo del 1877 — conclude le indicazioni sul «sistema preventivo» con Una parola sui castighi (in corsivo). Segue in maiuscolo il titolo ARTICOLI GENERALI e più sotto con buona interlineatura il titolo ancora in maiuscolo REGOLAMENTO PARTICOLARE, quasi a denotare due argomenti distinti e separati. Nel testo si ha la seguente successione: Il sistema preventivo nella educazione della gioventù (pp. 5-15), Articoli generali (pp. 17-19), Parte prima. Regolamento particolare (in maiuscolo) (p. 21).
L'Indice dell'edizione integrale del Regolamento curata nel 1899 comporta, come nel testo, titoli disposti come segue: Parte I. Sistema Preventivo ed Uffizi particolari – Il sistema preventivo nella educazione della gioventù (pp. 5-16) – Articoli generali (pp. 17-19) – Uffizi particolari (p. 20ss) – Parte II. Regolamento generale (p. 67ss.). Nell'Indice la Parte I. Sistema preventivo ed Uffizi particolari appare suddivisa in due titoli evidenziati con caratteri maiuscoli identici: SISTEMA PREVENTIVO e UFFIZI PARTICOLARI, e gli Articoli generali vengono elencati sotto il primo.
1 Torino, Tipografia Salesiana 1877, 100 p. Analogamente, nei suoi Appunti di Pedagogia Sacra, litografati (1903), don Giulio Barberis ripropone il testo de Il sistema preventivo nell'educazione della gioventù e, diviso con una pagina bianca, quello degli Articoli generali premessi al regolamento delle case (pp. 235-237). Identiche risultano le modalità di edizione dei due testi adottate da P. RICALDONE, Don Bosco educatore. Colle Don Bosco (Asti), Libreria Dottrina Cristiana 1952, rispettivamente pp. 499-507 e 509-511.
2 Regolamento per le case della Società di S. Francesco di Sales. S. Benigno Canavese, Tipografia Salesiana 1893, 62 p.
3 Regolamento per le case della Pia Società di S. Francesco di Sales. S. Benigno Canavese, Scuola Tipografica Salesiana 1899, 112 p.
Su questa linea un'autonomia ancor più accentuata, secondo l'indicazione dell'Indice originario, è garantita agli Articoli generali in una tradizione a stampa che ha inizio dal 1906. Essi risultano strettamente collegati alle pagine sul sistema preventivo e separati dal Regolamento per le Case della Pia Società di san Francesco di Sales.'
Questo Regolamento è articolato in tre parti: Parte I. Vita religiosa. Parte II. Sistema educativo Salesiano e uffici particolari. Parte III. Regolamento per gli alunni. La parte II è suddivisa in due sezioni: la seconda riproduce la prima parte del Regolamento del 1877; il titolo originario Regolamento particolare è variato in Uffici particolari; la prima, invece, dal titolo Il sistema preventivo nella educazione della gioventù riunisce materie antiche e nuove, distribuite in 6 capitoli: i primi 4 corrispondono ai quattro titoli originari dello scritto sul sistema preventivo e ne indica al termine l'autore: Sac. Giovanni Bosco; il capo V riporta integralmente i 10 Articoli generali (qui da 288 a 297); il VI Educazione è suddiviso in 5 sottotitoli: a) Educazione morale (art. 298-326); b) Educazione religiosa (art. 327-344); c) Vocazione (art. 345-351); d) Educazione intellettuale (art. 352-367); e) Educazione fisica (art. 368381). È evidente l'intenzione di chi ha preparato il testo del nuovo Regolamento di considerare cumulativamente l'intera prima sezione della seconda parte quale base teorico-pedagogica del Regolamento vero e proprio del 1877. La terza parte comprende la seconda del testo del 1877.
Il Capitolo Generale XI del 1910 propose una rielaborazione dell'insieme dei regolamenti, che sarà sanzionata dal Capitolo Generale XII del 1922 e approderà al testo ufficiale dei Regolamenti della Società Salesiana, promulgato nel 1924.' In esso il distacco tra gli Articoli generali e gli articoli regolamentari propriangtnte detti risulta ancora più netto che nel 1906. Infatti, il Regolamento per le case, che occupa il primo più consistente posto, è articolato in due parti: Parte prima Vita religiosa (con tre sezioni: Vita comune Dei Voti e delle Virtù religiose – Disposizioni particolari) e Parte seconda Governo delle case. Questa, dal titolo mutato rispetto alle edizioni avutesi dal 1906 al 1920, è suddivisa in tre sezioni: sez. I. Il Sistema Preventivo nella educazione della gioventù; sez. II. Norme generali per l'applicazione del Sistema Preventivo; sez. III. Uffici particolari.
6 Esso si trova al primo posto in una raccolta di 6 regolamenti, ciascuno con numerazione propria, dal titolo collettivo in copertina Regolamenti della Pia Società di S. Francesco di Sales. Torino, Tipografia Salesiana (B.S.) 1906, 196 p. Non si trova un indice generale delle materie, ma un Indice alfabetico generale, reso possibile dal fatto che l'intero contenuto è distribuito in 1406 articoli.
7 Cfr. «Atti del Capitolo Superiore della Pia Società Salesiana» 5 (1924) n. 23, 24 genn., pp. 213-218.
Sembra interessante osservare come avviene la ridistribuzione della materia nelle prime due sezioni della seconda parte rispetto alla più voluminosa edizione del 1906. La prima sezione comprende 5 titoli; il V riporta sotto la denominazione Altre raccomandazioni gli Articoli generali del 1877 e viene concluso dalla dicitura: Sac. Giovanni Bosco, qui trasferita dal Cap. IV. La seconda, a sua volta, comprende quattro capitoli, che contengono la materia corrispondente ai 5 paragrafi del cap. VI del 1906. Essi portano i seguenti titoli: Educazione morale, Educazione religiosa, Educazione intellettuale e professionale, Educazione fisica e igiene.
La medesima disposizione con le relative titolazioni è seguita, ovviamente, nel volumetto ufficiale dei Regolamenti della Società Salesiana (Torino, SEI 1924) e altrettanto nelle successive edizioni fino all'ultima del 1966, rimasta in vigore fino al 1971.8
Dal punto di vista dei contenuti il «decalogo» ripete, precisa e integra concetti diffusi sia nelle pagine sul sistema preventivo, di cui sembra rispecchiare l'ispirazione di base, sia nel Regolamento, a cui si avvicina soprattutto per la struttura: la materia, infatti, è distribuita in articoli, che, tuttavia, a fatica si possono definire «regolamentari».
Comunque, sembra più rilevante la caratteristica propria di «principi metodologici generali», di indicazioni orientative, di «teoremi pedagogici», che comandano l'azione educativa nel suo complesso e nella molteplicità delle sue espressioni.
Per questo sembra possibile un'analisi del tutto indipendente dai documenti che lo precedono e lo seguono con la possibilità di pervenire a valori e significati in sé compiuti.
L'impostazione generale del lineare «decalogo» è rigorosamente «preventiva». È comandata, evidentemente, da un concetto rigido di protezione e di immunizzazione. In questo senso, essa rispecchia in primo luogo l'educazione «collegiale». Il riferimento è ai giovani delle «case», anzitutto l'internato di Torino-Valdocco, quindi alla sorveglianza, a una assistenza-presenza assidua e senza soluzioni di continuità.
Ma sarebbe riduttivo leggere il documento in quest'unica ottica.
8 La medesima formula è adottata anche in «antologie» di scritti di don Bosco. L'accolgono, per esempio, B. FASCIE, Del metodo educativo di Don Bosco. Torino, SEI 1927 e P. BRAIDO, Il sistema educativo di Don Bosco. Torino, SEI 1956.
I principi più caratteristici, di fatto, come risulterà dall'analisi, superano qualsiasi situazione e ambiente per coinvolgere il processo educativo nella massima estensione: così, le qualità degli educatori, il primato dell'amore sul timore, la differenziata fisionomia dei giovani e la correlativa qualità degli interventi.
Nel «decalogo» attenzione particolare è prestata a quell'intreccio di amore e timore, che fu variamente espresso in una tradizione letteraria dalle remote origini, concernente sia il governo politico, sia la figura e la formazione del buon principe sia, ancora, l'area della vita monastica e religiosa.' Don Bosco, che aveva richiamato il principio del farsi amare prima o più che farsi temere al direttore della prima comunità religiosa e educativa salesiana fuori Torino nel 1863,'° lo riprende qui in un contesto esclusivamente pedagogico (art. 2).
Ma non sono due casi isolati, anche se certamente sono da considerarsi tra i più significativi. Da una rapida rassegna condotta sugli scritti a stampa di don Bosco si può ricavare una buona documentazione che conferma una non saltuaria consuetudine con il concetto e con le formule relative. Ed è sintomatico che queste — implicite o esplicite — si trovino ripetute, prima che in scritti di ispirazione religiosa, in un libro di storia civile, La storia d'Italia del 1855. Dal che si potrebbe arguire che anche in don Bosco il significato religioso e pedagogico trae origine da più remote radici «politiche».
Sembra ampiamente dimostrabile dai testi più espressivi, che distingueremo in due serie: passi nei quali il binomio amore-timore è enunciato in fatti e descrizioni; luoghi, invece, dove esso è tradotto in formule sentenziose e precise.
Si seguirà in an)bedue i casi l'ordine cronologico degli scritti, avvertendo che nella prima serie il secondo termine del confronto, il timore, è talvolta sottaciuto, ma chiaramente presupposto quale elemento essenziale per la comprensione del discorso.
Egli [= Numa Pompilio] era molto erudito nella dottrina degli Etruschi, e da questa aveva imparato ad essere benefico e giusto verso tutti, ond' era da tutti amato (La storia d'Italia raccontata alla gioventù, 1855, p. 24).
Alle prerogative di un gran capitano Scipione accoppiava un'insigne onestà, ed era così affabile e benevolo, che vinceva colla dolcezza quelli che non poteva vincere colla forza (Ibid., p. 72).
9 Basti accennare ai due contributi di sintesi, eco di tante altre ricerche, di K. GROSS, Plus amari quam timeri. Eine antike politische Maxime in der Benediktinerregel, in «Vigiliae Christianae» 27 (1973) 219-229 e J.B. WOLF, «Er sei bemiiht, mehr geliebt als gefiirchtet zu werden» (RB 64, 15). Eine abendltindischer Erzieher- und Herrschergrundsatz, in «Salesianum» 42 (1980) 115-133.
10 Cfr. F. Morro, I «Ricordi confidenziali ai direttori» di Don Bosco. Roma, LAS 1984; cfr. in questo volume antologico, pp. 177-178 e 179.
Egli [= Giulio Cesare] si faceva amare dal popolo per la sua dolcezza e per la sua benevolenza, e ovunque passava, riscuoteva vivi applausi (...). Cesare non faceva male ad alcuno, e non credeva che altri osasse farne a lui (Ibid. p. 92); analogamente La pace della Chiesa ossia il pontificato di S. Eusebio e S. Melchiade, p. 6: Giulio Cesare, dopo essere stato per la morte di Pompeo, il solo padrone dell'impero, sebbene sapesse colla sua dolcezza farsi da tutti amare, fu in essa (nella Curia) ucciso a colpi di pugnalate.
Attendeva [Augusto] con tutte le sue forze a promuovere l'ordine, ed a procacciarsi coi benefizii l'amore de' Romani (Ibid., p. 96).
Vespasiano era un uomo coraggioso, abilissimo in fatto d'armi, affabile e cortese con tutti, perciò amato da tutti quelli che lo conoscevano (Ibid., p. 114; analogamente Storia ecclesiastica, 18714, p. 45).
La puntualità nel premiare e la severità nel castigare facevano sì che egli [. Valentiniano] fosse amato dai buoni e temuto dai malvagi (Ibid., p. 153).
Queste virtù crebbero nel suo cuore col crescere dell'età, e quel giovane principe riuscì a guadagnarsi tanto bene l'affetto e la stima dei Normanni, che lo riconobbero per loro capo sotto al nome di Ruggero I (Ibid., p. 243).
Francesco Sforza [duca di Milano] ebbe un lungo e glorioso regno, durante il quale seppe farsi onorare e temere dai suoi sudditi (Ibid., p. 364).
Il duca di Savoia [= Vittorio Amedeo II] era un buon principe, amava molto i suoi sudditi, da cui era del pari amato (Ibid., p. 429).
A questa serie possono aggiungersi testi nei quali la diade amore-timore è sostituita da quella, pure generalmente implicita, di sovrano-padre: il senso del discorso è sempre nella direzione del «plus amari quam timeri, come sembra emergere persuasivamente da alcuni esempi.
La sua morte [= Costantino] fu universalmente compianta, lamentando ognuno nella perdita del suo monarca quella d'un tenero padre (Storia ecclesiastica, 1845, p. 124).
Partiti i Galli, Camillo dimenticando l'ingiuria fattagli da' suoi concittadini nel mandarlo in esilio, divenne padre del popolo, soccorrendo gli uni, incoraggiando gli altri a risarcire i danni cagionati dai nemici (Storia d'Italia, 1855, p, 57).
Presso ai Romani egli [= Totila, re degli ostrogoti] ebbe vanto di umanità e di generosità. Entrato in Napoli fece distribuire de' viveri a quel povero popolo che moriva di fame; ma colla tenerezza e con le cure di un padre che solleva gli ammalati suoi figli, e non coll'ostentazione di un vincitore, il quale si occupa solo della sua gloria (Ibid., pp. 192-193).
Lorenzo il Magnifico, fatto accorto che solamente l'amore e il ben fare rende affezionati e docili i sudditi, raddoppiò il suo zelo per la felicità e per la gloria dei Fiorentini(...). Lorenzo de' Medici dopo di aver governato la repubblica di Firenze, come un padre governa la propria famiglia, fu tolto all'amore de' suoi concittadini nel 1492 (Ibid., p. 346).
Nel 1831 alla morte del re Carlo Felice egli Carlo Alberto] salì pacificamente sul trono e governò diciotto anni i suoi sudditi con un governo il più benigno che mai si potesse desiderare. Il suo governo fu quello di un padre e non d'un sovrano (Ibid., p. 485).
Risulta pure relativamente ricca la serie di formule che anche nell'enunciazione si avvicinano al principio classico studeat plus amari quam timeri. Essa letterariamente sembra iniziare nel 1855 con la Storia d'Italia, che arricchisce notevolmente il campionario di citazioni, esplicite o implicite, offerte dalle fonti.11
Dionigi tiranno di Siracusa(...). Poco geloso di farsi amare, purché fosse temuto (La storia d'Italia, 1855, p. 49).
Tito figlio e successore di Vespasiano (...). Egli desiderava essere da tutti amato, anziché temuto (Ibid., p. 117).
Noi non vogliamo essere temuti, desideriamo di essere amati e che abbiate in noi tutta la confidenza («buonanotte» del 2 dic. 1859, cit. in MB 6, 320-321).
Una lunga esperienza ha fatto conoscere che il buono risultato nell'educazione della gioventù consiste specialmente nel saperci fare amare per farci di poi temere (variante: bisogna che facciamo di farci amare e non mai di farci temere) (Cenni storici intorno all'Oratorio di S. Francesco di Sales, 1862, p. 3).
Studia di farti amare prima di farti temere (Ricordi confidenziali, 1863, ed. Motto, p. 24; idem 1869/70 e 1871, p. 29).
Studia di farti amare se vuoi farti temere (Ibid., 1871, p. 29).
[Il prof. Banaudi] vero modello degli insegnanti (...) senza mai infliggere alcun castigo, era riuscito a farsi temere da tutti i suoi allievi. Egli li amava qual figli, ed essi l'amavano qual tenero padre (MO, 1991, 71).
L'educatore tra gli allievi cerchi di farsi amare, se vuole farsi temere (Il sistema preventivo, 1877, Una parola sui castighi).
Le maître doit t'àcher (ms faire en sorte) de se faire aimer par les élèves, s'il veut qu' on le respecte (Il sistema preventivo, trad. francese nell'ediz. bilingue, 1877).
Per farsi temere dai giovanetti bisogna prima farsi amare (Regole generali, ms A, 1877).
Ognuno procuri di farsi amare se vuole farsi temere (Articoli generali, ms B e ediz. a stampa, 1877).
11 Sono state controllate le seguenti: Elementi di storia universale, 8 vol. Torino, Presso Giacinto Marietti 1823; Storia d'Italia dai suoi primi abitatori dopo il diluvio sino ai nostri giorni. Torino, Marietti 1844; La storia antica raccontata ai fanciulli dal Sig. Lamé-Fleury, 3 vol. (1 di Storia greca e 2 di Storia romana). Venezia, Santini 1846; O. GOLDSMITH, Compendio di storia romana per uso delle scuole. Torino, G. Marietti 1851; L.A. PARRAVICINI, Giannetto, vol. III. Livorno, Antonelli 1851.
Fatevi amare e non temere [discorso a ex-alunni ecclesiastici del 29 luglio 1880 -BS 4 (1880) n. 9, sett., p. 11].
Cerca di farti amare, di poi ti farai ubbidire con tutta facilità (Memorie dal 1841 al 1884-5-6, ms, p. 13).
Studia di farti amare piuttosto che farti temere (Ricordi confidenziali, 1886, p. 29).
Quanto al termine timore, che più frequentemente don Bosco non oppone ad amore, ma compone con esso, sembra di poter rilevare che solo raramente esso equivale a paura, ma si avvicina piuttosto a riverenza, rispetto, ossequio, soggezione: è, insomma, «timore affettuoso, di figlio, non di servo».12
A non lunga distanza di tempo — alcune settimane, forse pochi giorni don Bosco aveva ricondotto all'«assistenza» il nocciolo del «sistema preventivo», redigendo il suo classico opuscolo. «Esso consiste — scriveva — nel far conoscere le prescrizioni e i regolamenti di un Istituto e poi sorvegliare in guisa, che gli allievi abbiano sempre sopra di loro l'occhio vigile del Direttore o degli assistenti, che come padri amorosi parlino, servano di guida ad ogni evenienza, diano consigli ed amorevolmente correggano, che è quanto dire: mettere gli allievi nella impossibilità di commettere mancanze».
Negli articoli del «decalogo» il concetto è sostanzialmente ripreso con una caratteristica precisazione rappresentata dalla perentoria sorprendente avvertenza: «Nell'assistenza poche parole, molti fatti» (art. 3) di non agevole interpretazione. Sul piano del comportamento sembrerebbe esigere dall'educatore sobrietà, riservatezza, soprattutto concretezza, che nulla dovrebbe detrarre all'immediatezza, cordialità, amabilità delle relazioni. Quanto al contenuto, invece, il riferimento ai «fatti» potrebbe essere spiegato in anticipo dall'amore effettivo, non retorico, raccomandato nell'articolo precedente: «colle parole, e più ancora coi fatti, farà conoscere che le sue sollecitudini sono dirette esclusivamente al vantaggio spirituale e temporale de' suoi allievi».
Ma notevoli sviluppi di metodo si hanno negli articoli successivi in rapporto alle forme di assistenza adeguate alle differenti «indoli» dei giovani.
12 Cfr. N. TOMMASEO, Nuovo dizionario de' sinonimi della lingua italiana, num. 3319 Timoroso, Timorato. «Chi ama, teme, dice il proverbio. Il temere, che vien dall'affetto, non è paura. E in generale, il timore, dolce e tranquillo e trepido, quasi esultazione che s'ha di persona amata, paura non è» (Ibid., num. 3322 Timore, Paura, Terrore).
Per principio gli interventi diretti dovrebbero risultare estremamente sobrii nei confronti dei «buoni» (art. 5), ritenuti capaci di un cammino relativamente coerente e autonomo. Sollecitudini maggiori dovranno, invece, adottarsi per «i più», cioè per «coloro che hanno carattere ed indole ordinaria, alquanto volubile e proclive all'indifferenza». Per essi dovrà soccorrere una intelligente strategia di «brevi ma frequenti raccomandazioni, avvisi e consigli», di incoraggiamenti «al lavoro», «piccoli premi», dimostrazioni di «grande fiducia» (art. 6). La norma generale «poche parole, molti fatti» sembra particolarmente indicata nel trattamento della terza categoria dei «discepoli difficili, ed anche discoli». Largo spazio è concesso qui a un'educazione formalmente «negativa», ricca insieme di stimoli positivi, diretti e indiretti: «si può approfittare di fatti, di episodi avvenuti ad altri per tirarne lode o biasimo, che vada a cadere sopra coloro di cui parliamo» (art. 9). Senza conoscere l'Emilio don Bosco mostra di condividerne autonomamente, in base all'esperienza personale e istituzionale e a spontanee intuizioni, le persuasioni più valide.
La classificazione dei ragazzi in base a criteri morali diventa quasi un genere letterario negli scritti di don Bosco, il quale arrivato alla pienezza della maturità nelle Memorie dell'Oratorio la proietta a ritroso nei primi anni dell' adolescenza.
Questa idea, però, sorge molto presto nella sua attività di scrittore. Per quanto si può docunyntare risale già al primo libro, i Cenni storici sulla vita del chierico Luigi Cómollo (1844). Egli attribuisce all'amico seminarista i seguenti ammonimenti: «Avverti finalmente con chi tratti, parli, e chi tu frequenti. Non parlo già delle persone di sesso diverso od altre persone secolari, che siano per noi d'evidente pericolo, le quali si devono affatto fuggire; ma parlo degli stessi compagni chierici, e anche seminaristi; alcuni di essi sono cattivi, altri non sono cattivi, ma non molto buoni, altri poi sono veramente buoni. I primi si devono assolutamente fuggire, coi secondi solo trattare qualora si dia il bisogno, ma non formare alcuna famigliarità, gli ultimi poi si devono frequentare, e questi sono quelli da cui si riporta l'utilità spirituale, e temporale. Egli è vero, questi compagni sono pochi»."
13 Cenni storici sulla vita del chierico Luigi Comollo... Scritti da un suo Collega. Torino, Speirani e Ferrero 1844, pp. 63-64, OE I 63-64.
La distinzione ritorna tre anni dopo ne Il giovane provveduto (1847) e sempre con intenzioni e connotazioni morali: «Ci sono tre sorta di compagni. Alcuni buoni, altri cattivi; alcuni poi non sono del tutto cattivi, ma nemmeno buoni. Co' primi potete trattenervi e ne avrete vantaggio; cogli ultimi trattare quando lo richiede il bisogno, senza contrarre famigliarità. I cattivi poi si devono assolutamente fuggire».14
Analoga classificazione compare in alcune notazioni biografiche su Domenico Savio: «Un compagno attento nella scuola, docile, rispettoso(...) questo diveniva tosto l'amico di Domenico(...). Eravi un discolo, un insolente(...). Domenico lo fuggiva come la peste. Quelli poi che erano un po' indolenti ei li salutava, loro rendeva qualche servizio, qualora ne fosse il caso, ma non contraeva seco loro alcuna famigliarità»."
Più tardi, nel 1873, riferendosi agli anni del ginnasio (1831-1835), scrive: «In queste prime quattro classi ho dovuto imparare a mio conto a trattare coi compagni. Io aveva fatto tre categorie di compagni: buoni, indifferenti, cattivi. Questi ultimi evitarli assolutamente e sempre, appena conosciuti; cogli indifferenti trattenermi per cortesia e per bisogno; coi buoni contrarre famigliarità, quando se ne incontrassero che fossero veramente tali»."
Gli Articoli generali concludono, dunque, una lunga tradizione; ma introducono insieme qualcosa di assolutamente inedito: precisano le «indoli» in base a un criterio, non solo morale ma anche «psicologico», temperamentale, e conseguentemente ipotizzano un trattamento formativo differenziato. La valutazione moralistica è nettamente soverchiata da preoccupazioni, finalità e modalità educative, in coincidenza, del resto, con il momento di massima «teorizzazione» pedagogica di don Bosco.
Prima di giungere all'edizione stampata gli Articoli generali sono passati attraverso due redazioni manoscritte.
14 [G. Bosco], Il giovane provveduto per la pratica de' Suoi Doveri... Torino, Tip. Paravia 1847, pp. 21-22, OE II 201-202.
15 Vita del giovanetto Savio Domenico... per cura del Sacerdote Bosco Giovanni. Torino, Tip. Paravia 1859, pp. 26-27, OE XI 176-177.
16 G. Bosco, Memorie dell'Oratorio di S. Francesco di Sales, Torino, SEI 1946, pp. 50- 51.
Per la prima stesura — ms A — don Bosco ha utilizzato il verso libero di un foglio di lettera, formato protocollo, inviatagli da Genova dal sig. Domenico Varetti in data 13 aprile 1877 e avente come oggetto l'ammobiliamento della cartiera di Mathi Torinese. Don Bosco ha piegato in due il foglio, riempiendo prima la metà a destra (Inc Regole generali expl a tutti senza che) e continuando nella metà a sinistra (Inc 5° .Sollecitudine expl dire o raccomandare). Per il n. 8 (Inc 8.° Dovendo expl medesimi) utilizza il verso libero di un foglio semplice — formato 21,3x13,5 cm. — di una lettera inviatagli da Trento in data 11 aprile 1877 dal sac. Clemente Benetti, il quale presenta a don Bosco i coniugi Garbari intenzionati a mandare in collegio il loro figlio. Anche in questo caso il foglio è piegato in due e il testo occupa la metà di destra.
La data di composizione non dovrebbe essere molto lontana dai giorni indicati nelle lettere.
La stesura successiva — ms B — anch'essa autografa di don Bosco è contenuta in quattro pagine non numerate risultanti da un foglio semplice formato protocollo piegato in due. La piegatura e l'uso hanno costretto ad assicurare la saldatura delle due metà del foglio con varie incollature. Il foglio a sua volta è incluso in un quaderno costituito da 15 fogli doppi inseriti uno nell'altro, cuciti con una cordicella e protetto da una copertina cartonata con dorso rinforzato. Il quaderno contiene elementi del Regolamento per le case. Nel margine sinistro della quarta pagina del foglio don Berto scrive in senso verticale: Già stampato nel Regolamento della Casa pag. 15-17.
L'immediata dipendenza dalla prima redazione, la grafia, lo stile, le correzioni autorizzano a pensare che questa seconda sia sorta a breve distanza da quella e, salvo una probabile trascrizione in bella copia per il compositore, sia confluita direttamente nel testo a stampa (doc C). Le poche varianti, piuttosto formali, possono essere intervenute nella trascrizione o nella correzione delle bozze.17
17 Il Regolamento fu stampato nel mese di ottobre. Sulle fasi redazionali relative ai primi mesi dell'anno dà qualche informazione don Giulio Barberis nella sua Cronichetta, Quad. 12, in una pagina che risale agli ultimi giorni di aprile o ai primi di maggio 1877 (cfr. p. 206, n, 3).
11. TESTI
1. Ms A = ASC 026 Regolamenti
Regole generali
per quelli che hanno la direzione o l'assistenza dei giovanetti.
1° Ognuno deve ritenere che per farsi temere dai giovanetti bisogna prima farsi amare, cioè guadagnare il loro cuore facendo conoscere 5 colle parole e più ancora coi fatti, che ogni nostra sollecitudine è diretta al loro vantaggio spirituale e temporale.
2° Nell'assistenza poche parole e molti fatti, e dare agio agli allievi di esprimere i loro pensieri.
3° Si ritenga che i giovanetti sogliono manifestare tre sorta di calo ratteri ovvero indoli diverse: Buona, ordinaria, difficile o cattiva. Bisogna studiar il mezzo di conciliarli in modo che si possa fare del bene a tutti senza che gli uni portino nocumento agli altri.
4° Per quelli che hanno carattere indole buona e pieghevole basta l'assistenza generale, spiegando le regole disciplinari e raccoman15 dandone l'osservanza.
5° Sollecitudine speciale devesi alla categoria dei più; di quelli cioè che hanno indole ordinaria, volubile, tendente all'indifferenza. Bisogna contentare costoro coll'occupazione, con racconti consigli coll'indirizzar loro il discorso, dando anche piccoli premi, e dimostrando 20 stima e fiducia in loro.
6° Ma gli sforzi siano tutti diretti ai più dissipati, volubili, difficili ed anche discoli. Il numero di costoro sarà si può calcolare di uno su dieci o forse di tre su venti.
Ogni superiore procuri di conoscerli bene, si informi della loro vita antecedente, cerchi di farseli amici, li lasci parlare molto ma egli 25 parli poco.
1 post generali add pei maestri, assis[tenti] A del A2 4 post cioè add far loro conoscere A del A2 9 i giovanetti... di] vi sono tre A i giovanetti sogliono manifestare tre sorta di em sl A2 10 diverse om A add sl A2 11 di conciliarli] per farli andar d'accordo A di conciliarli em sl A2 11-12 si possa...che om A add mrg inf A2 12 portino] non possano ricever A portino em sl A2 13 carattere, indole] indole A carattere indole em sl A2 14 le regole disciplinari om A add sl A2 14-15 raccomandando ne] raccomandando A raccomandandone torr A' 15 post l'osservanza add delle regole disciplinari A del A2 16 alla...di] prestar a favore di A alla categoria dei più; di em sl A2 17-18 Bisogna] Si studi A cerchi di em A' Bisogna em sl A' 18 con racconti, consigli om A add sl A2 21 post sforzi add sl tutti A2 del A' tutti om A add sl A2
7° Tutte le volte poi che arriva tra i suoi allievi, si trattiene con loro o parte da loro dia sempre un'occhiata per conoscere se quei di terza categoria trovansi al loro posto e se si accorge della loro assenza li faccia tosto cercar sotto aspetto aver loro che dire o raccoman- 30 dare.
8° Dovendo a costoro dire parole di biasimo li chiamino sempre a parte, né mai loro si diano speciali avvisi o correzioni in presenza degli altri compagni.
Si può però approfittar di episodi, di fatti altrui per tirar lode o bia- 35 simo sulla condotta in generale che vada anche a cadere sopra di loro medesimi.
2. Doc. C— testo a stampa contenuto nel Regolamento per le case della Società di S. Francesco di Sales. Torino, Tipografia Salesiana 1877, pp. 15-17.
ARTICOLI GENERALI
1. Quelli che trovansi in qualche uffizio o prestano assistenza ai giovani, che la Divina Provvidenza ci affida, hanno tutti l'incarico di dare avvisi e consigli a qualunque giovane della casa, ogni qual volta vi è ragione di farlo specialmente quando si tratta d'impedire l'offesa 5 di Dio.
2. Ognuno procuri di farsi amare se vuole farsi temere. Egli conseguirà questo grande fine se colle parole, e più ancora coi fatti, farà conoscere che le sue sollecitudini sono dirette esclusivamente al vantaggio spirituale e temporale de' suoi allievi. lo
23 o forse] ed anche A o forse em sl A2 28-29 di terza categoria om A add sl A2 35 tirar lode] lodare A tirar lode em A2
1 ante Articoli add mrg sup Per la pag la del Reg.to B 2 trovansi in] cuoprono B trovansi in em sl B2 8-9 farà conoscere om B add sl B2 9 che...dirette] che ogni sollecitudine è diretta B che le sue sollecitudini sono dirette torr B2
3. Nell' assistenza poche parole, molti fatti, e si dia agio agli allievi di esprimere liberamente i loro pensieri; ma si stia attento a rettificare ed anche correggere le espressioni, le parole, gli atti che non fossero conformi alla cristiana educazione.
15 4. I giovanetti sogliono manifestare uno di questi caratteri diversi. Indole buona, ordinaria, difficile, cattiva. È nostro stretto dovere di studiare i mezzi che valgano a conciliare questi caratteri diversi per far del bene a tutti senza che gli uni siano di nocumento agli altri.
5. A coloro che hanno sortito dalla natura un carattere, un'indole 20 buona basta la sorveglianza generale spiegando le regole disciplinari e raccomandandone 1' osservanza.
6. La categoria dei più è di coloro che hanno carattere ed indole ordinaria, alquanto volubile e proclive all'indifferenza; costoro hanno bisogno di brevi ma frequenti raccomandazioni, avvisi e consigli. 25 Bisogna incoraggiarli al lavoro, anche con piccoli premi e dimostrando d'avere grande fiducia in loro senza trascurarne la sorveglianza.
7. Ma gli sforzi e le sollecitudini devono essere in modo speciale rivolte alla terza categoria che è quella dei discepoli difficili ed anche discoli. Il numero di costoro si può calcolare uno su quindici. Ogni
30 superiore si adoperi per conoscerli, s'informi della loro passata maniera di vivere, si mostri loro amico, li lasci parlare molto, ma egli parli poco ed i suoi discorsi siano brevi esempi, massime, episodi e simili. Ma non si perdano mai di vista senza dar a divedere che si ha diffidenza di loro.
35 8. I maestri, gli assistenti quando giungono tra i loro allievi portino immediatamente 1' occhio sopra di questi e accorgendosi che taluno sia assente lo faccia tosto cercare sotto apparenza di avergli che dire o raccomandare.
12 attento] attenti B 13 gli atti] i fatti B 14 fossero conformi] convenissero B fossero conformi em sl B2 15 uno di questi] tre B uno di questi em B2 diversi] ovvero indoli diverse B diversi corr B2 16 Indole om B add sl B2 18 siano di] non cagionino B siano cagione di corr B2 20 spiegando] spiegandone B spiegando corr B2 23 proclive] procliva C 24-25 Bisogna incoraggiarli] Incoraggiarli B Bisogna incoraggiarli corr B2 30 passata om B add sl B2 31 post vivere add antecedente B del B2 33 post senza add però B del B2 dar] darlo B dar corr B2 33-34 che...loro om B add sl B2 35 i loro] gli B i loro em sl B2 36 questi] quelli B 36-37 che...assente] della loro assenza B chi tra loro sia assente corr B2 37 apparenza] apparenze B avergli] aver loro B avergli corr B2 39 post dovesse add dire B del B2 fare un] una parola di B fare un em sl B2
9. Qualora si dovesse a costoro fare un biasimo, dare avvisi o correzioni, non si faccia mai in presenza dei compagni. Si può nulla- 40 dimeno approfittare di fatti, di episodi avvenuti ad altri per tirarne lode o biasimo, che vada a cadere sopra coloro di cui parliamo.
10. Questi sono gli articoli preliminari del nostro regolamento. Ma a tutti è indispensabile la pazienza, la diligenza e molta preghiera senza cui io credo inutile ogni buon regolamento. 45
39-40 ante correzioni add fare B del B2 40 post mai add tosto ed B 44 a tutti om B add sl B2 44-45 senza...inutile] che le colonne sopra cui è fondato B senza cui io credo inutile em sl B2
Le pagine sul sistema preventivo del 1877 trovano nei mesi seguenti caratteristica traduzione in un sintetico «progetto» che don Bosco redige nel corso del soggiorno romano, iniziato il 22 dicembre 1877 e protrattosi fino al 26 marzo 1878, e indirizza al ministro degli Interni, Francesco Crispi.'
La vicenda non è del tutto chiara; ma informazioni dei biografi e alcune lettere destinate ad autorità religiose e civili consentono una buona ricostruzione dei fatti e insieme una discreta conoscenza delle circostanze, dei moventi e del significato dell'iniziativa.
Essa non sembra sorgere da motivazioni soltanto pedagogiche, ma radicarsi pure in un'antica e persistente aspirazione di don Bosco a trovare a Roma una sede operativa per la sua Società religiosa. L'uno e l'altro motivo appare chiaramente presente nei colloqui con personalità laiche ed ecclesiastiche e nelle lettere a loro indirizzate, secondo una politica a doppio binario che da abile diplomatico l'educatore piemontese conduce per la realizzazione dei suoi propositi caritativi.
Secondo quanto è riferito nelle Memorie Biografiche, il 16 febbraio 1878 don Bosco ottiene un'udienza dal ministro degli Interni Francesco Crispi, che egli interroga circa garanzie di sicurezza per l'imminente Conclave, che si svolgerà nei giorni 19 e 20 e si concluderà con l'elezione di Leone XIII. Nel colloquio, prima agitato e poi cordiale, si sarebbe infine parlato a lungo dei «sistemi educativi», lamentando «i disordini che avvenivano nelle carceri dei giovani corrigendi». «Su tale argomento — prosegue l'annalista in termini piuttosto sorprendenti — la conversazione durò a lungo.
1 Dell'intensa attività politica di Francesco Crispi (1818-1901), più volte ministro e presidente del Consiglio, basti ricordare l'appartenenza alla Sinistra storica e, in relazione al promemoria di don Bosco, il fatto che fu titolare del ministero degli Interni nel secondo ministero presieduto da Agostino Depretis, dal 26 dicembre 1877 al 23 marzo 1878. Gli succedette Giuseppe Zanardelli.
Il Ministro sentì i pareri di Don Bosco, fece voti perché quei luoghi, ove la gioventù rinchiusa anziché migliorare, andava moralmente peggiorando, fossero affidati agli educatori cresciuti nell'Oratorio di Don Bosco e gli chiese un programma del suo sistema per poterlo esaminare. Il Beato capiva benissimo l'impossibilità per il Ministro di prendere una simile decisione; tuttavia lasciò dire e promise che gli avrebbe mandato un suo modo di vedere intorno al riordinamento delle case di pena per detenuti minorenni».2
Pochissimi giorni dopo don Bosco invia al ministro il breve promemoria sul suo «sistema» di educazione con una lettera di presentazione, che contiene anche proposte circa sei possibili sedi romane di un ospizio per giovani.
Eccellenza,
Ho l'onore di presentare a V.E. le basi sopra cui si può regolare il sistema preventivo applicato tra i giovanetti pericolanti nelle pubbliche vie o nelle case ed ospizi di educazione.
Nel tempo stesso ansioso di secondare il buon volere espresso da V.E. mi fo ardito di nominare alcune località di Roma che possono servire a tale uopo e che sono dipendenti dal medesimo governo(...).
Qualunque di questi locali al governo piacesse di lasciare a mia disposizione lo destinerei esclusivamente a favore dei fanciulli poveri e pericolanti con leggero disturbo delle finanze del governo ed ho piena fiducia che ciò si possa effettuare.
In questo modo si provvederebbe ad un gran numero di poveri fanciulli che dimandano di essere ricoverati, e si porrebbe anche un termine al grave e spendioso inconveniente di inviare da questa città moltitudine di ragazzi nell'ospizio di Torino e di S. Pierdarena(...).
Roma 21 febbr. 1878 3
Concetti analoghi a questi e a quelli contenuti nel promemoria don Bosco aveva già espressi e continuerà a sviluppare anche nel mondo ecclesiastico.
Ne aveva avuto occasione, quasi in forma ufficiale, nella prima Conferenza dei Cooperatori in Roma, il 29 gennaio, che don Bosco ritiene di eccezionale importanza: «farà epoca nella storia», scrive il giorno stesso a don Rua; 4 «è un gran fatto storico per noi», ripete al direttore di Nizza, don Giuseppe Ronchail, qualche giorno dopo.'
2 MB XIII 483.
3 La trascrizione della lettera è fatta sulla minuta autografa conservata nell'ASC 131.01, E III 298-299.
4 E III 284.
5 Lett. del 2 febbr. 1878, E III 286.
Come è riferito nel Bollettino Salesiano di marzo, nel suo discorso don Bosco rispondendo a due difficoltà aveva avuto modo di occuparsi dei due temi allora particolarmente cari: la cura dei giovani e la presenza salesiana a Roma.
I Salesiani nell'opera loro non incontreranno ostacoli presso le autorità civili? — Non avvi questo pericolo(...), perché l'opera dei Salesiani e loro Cooperatori tende a giovare al buon costume, diminuire il numero dei discoli, che abbandonati a se stessi corrono grande pericolo di andare a popolare le prigioni. Istruire costoro, avviarli al lavoro, provvederne i mezzi, e dove sia necessità, anche ricoverarli, nulla risparmiare per impedirne la rovina, anzi farne buoni cristiani ed onesti cittadini, queste opere, dico, non possono non essere rispettate, anzi desiderate da qualsiasi governo, da qualsiasi politica(...).
Taluno dirà(...): Le opere dei Salesiani(...) sono fuori di Roma(...). Rispondo: I Romani che fecero sempre grande carità, e fortemente aiutarono le opere dei Salesiani, devono consolarsi di aver fatto cosa utile ai Romani. In ogni tempo un notabile numero di ragazzi fu inviato da questa Città nelle Case Salesiane; molti vi si trovano presentemente, parecchi dimandano ora di esservi condotti e ricoverati. Del resto ognuno cooperi pure al benessere della gioventù di questa grande città; poiché i Salesiani stessi godono della speranza che Dio concederà loro di potersi presto unire a Voi, e a questo zelantissimo Clero a pro della povera gioventù di Roma(...).6
È quanto mai probabile che don Bosco abbia davanti agli occhi qualcosa che si avvicina al testo inviato a Francesco Crispi, mentre in un giorno imprecisato del mese di marzo prepara una lettera a Leone XIII. Identiche sono le indicazioni circa la diagnosi della condizione giovanile e i relativi interventi.
Beatissimo Padre,
il Sac. Gio. Bosco umilmente prostrato ai piedi di V.S. supplica a volergli permettere l'esposizione d'un bisogno gravemente sentito in tutti i paesi, ma specialmente in Roma. Questa alma città ne' tempi normali era abbondantemente provveduta di istituti educativi per ogni condizione di cittadini. Ora lo stato anormale delle cose, lo straordinario aumento di popolazione, i molti giovanetti che di lontano si recano qua in cerca di lavoro o di rifugio, rendono indispensabili alcuni provvedimenti per la bassa classe del popolo. Questo bisogno è reso dolorosamente palese dal gran numero di giovanetti vagabondi, che, scorazzando alcun tempo per le piazze e le vie, per lo più vanno a popolare le prigioni. Egli è per provvedere almeno in parte a questo bisogno che ogni anno non meno di cento fanciulli di questa città sono inviati negli Ospizi Salesiani di Genova e di Torino. Questi poverelli sono più abbandonati che perversi e pare che loro si farebbe un grande benefizio, se si potesse aprire un istituto, dove:
6 BS 2 (1878) n. 3, marzo, p. 13.
1° Ne' giorni festivi si raccogliessero in appositi giardini, e fossero ivi trattenuti in amena ricreazione colla musica, colla ginnastica, con altri piacevoli trastulli, intanto che venissero istruiti nel catechismo e nelle pratiche di pietà.
2° Si attivassero scuole diurne e serali pei più poveri, cioè per quei giovanetti, che essendo già alquanto discoli o cenciosi non sono accettati nelle pubbliche scuole.
3° Quelli poi che fossero assolutamente poveri ed abbandonati, venissero ricoverati in apposito ospizio, dove colla religione imparassero un mestiere con cui a suo tempo guadagnarsi il pane della vita e vivere da buoni cristiani.
Con questi mezzi si darebbe cristiana educazione a non pochi poveri ragazzi, che sarebbero così avviati pel sentiero dell'onore e dell'onestà, con fondata speranza che non andrebbero più a popolare le prigioni che loro già stavano aperte.
Per effettuare questo importante e difficile ministero, qualora piaccia alla S.V., l'umile esponente offre di tutto buon grado i religiosi Salesiani, che appunto hanno questo scopo e col divino ajuto ottennero già altrove buoni risultati. Essi sarebbero veramente fortunati ogni qual volta potranno eseguire non i comandi, ma i semplici desideri di V.S., ed unire i loro deboli sforzi a tanti sacerdoti che con zelo coltivano questa medesima messe.
Una grave difficoltà si presenta nei mezzi materiali, con cui fondare e sostenere tale Istituto; ma siccome la Provvidenza del Signore non venne mai meno in simili casi, così con viva fiducia si spera che Dio pietoso o manderà i mezzi necessari o inspirerà a V.S. qualche dovizioso cattolico, il quale mosso dalla gravità del bisogno voglia venire in soccorso alla capitale del cristianesimo, liberando tanti fanciulli dalla rovina materiale e morale per ridonarli alla civile società buoni cristiani e buoni cittadini.
La santità vostra si degni di benedire l'ideato progetto e l'umile esponente, che si prostra ai piedi di V.S. e si professa
Umil.mo figlio Sac. Gio. Bosco.'
7 La trascrizione è effettuata sulla minuta autografa esistente nell'ASC 131.01, che corrisponde, salvo qualche particolare, al testo pubblicato in E III 317-318. — Concetti e termini erano ricorsi da una parte e dall'altra nell'incontro con Leone XIII il 16 marzo, secondo una relazione redatta subito da don Bosco: «(...) Basta così, prese a dire, in questo senso io sono non solo Cooperatore ma operatore e come Pontefice e come semplice fedele. Promuoverò senza dubbio tutte le istituzioni che hanno di mira il bene della società, soprattutto quelle che si prendono cura dei fanciulli pericolanti. Sono persuaso che non ci sia ministero più nobile che quello di adoperarsi a diminuire il numero dei discoli per farne onesti cittadini e buoni cristiani(...). — S. Padre, risposi, da molti anni io vagheggio il pensiero di poter inviare alcuni Salesiani ad unirsi ai preti di Roma e con loro cooperare al bene della pericolante gioventù soprattutto dei forestieri. Un piccolo ricovero, un Oratorio festivo, scuole serali, scuole diurne per i più poveri, ecco quanto parmi indispensabile(...)» (E III 328).
Ma don Bosco non abbandonava la linea «laica» e nel mese di aprile compiva un primo indiretto approccio con il nuovo ministro degli Interni, Giuseppe Zanardelli,8 tramite il comm. Giovanni B. Aluffi, segretario generale al ministero.
Car.mo Sig. Aluffi,
Vorrei ripigliare le pratiche iniziate sotto al Ministero Crispi e che erano già a buon punto. Ho pertanto bisogno che Ella mi consigli intorno al modo di fare. Se le carte per la Decorazione di Giovanni Albertotti Dott. e Prof. in Medicina si sono conservate, rinnoverei la sola preghiera; se poi fossero andate smarrite unirei una copia di tutto. Lo stesso dico sul progetto preventivo di aprire case per accogliere fanciulli pericolanti; siccome ne era stato formalmente incaricato da quello stesso Ministro. Per sua norma Le dico che Zanardelli in passato fu sempre in buone relazioni e mi ha sempre trattato con molta benevolenza(...).
Torino, 25 aprile, '789
Il duplice problema ritornerà, sembra per l'ultima volta con riferimento al promemoria sul sistema preventivo, in una minuta di lettera datata al 23 luglio destinata a Zanardelli stesso.
Eccellenza,
Nel mese di febbraio ultimo decorso il sig. Ministro dell'Interno chiedevami di esprimere il mio pensiero intorno al sistema preventivo e sulla possibilità di provvedere a' fanciulli che non sono ancora perversi ma solamente abbandonati perciò pericolanti nelle varie città d'Italia specialmente di Roma.
Desideroso di appagare il sig. Ministro e fare del bene alla gioventù ho preparato un promemoria pratico, di poco costo al governo e di facile esecuzione.
Presentati quegli scritti e fatta una conferenza succedette il cangia-mento di Ministero pel che restò ogni cosa sospesa.
Se mai tale fosse tuttora l'intenzione della E.V. io mi presterei di tutto buon grado; e se quel piego non fosse reperibile, ne rinnoverei copia che farei tosto pervenire a mani dell'E.V.
Qualunque deliberazione nella sua saviezza giudichi di prendere io la prego di gradire la costante mia volontà di adoperarmi per diminuire il numero dei discoli e di accrescere quello degli onesti cittadini, mentre ho l'alto onore di potermi professare.
8 Giurista, deputato della Sinistra storica, Giuseppe Zanardelli (1826-1903) fu più volte ministro, presidente della Camera e presidente del Consiglio nel triennio 1901-1903. Fu titolare agli Interni nel primo ministero retto da Benedetto Cairoli, dal 24 marzo all'Il dicembre del 1878.
9 E III 335.
Della E.V.
Torino, 23 luglio 187810
Non risulta che il promemoria sia stato richiesto, anzi che ci sia stato un qualunque riscontro. Al limite, non si ha nemmeno la certezza che la lettera sia stata effettivamente spedita o sia giunta nelle mani di Zanardelli. Il documento, in ogni caso, è rimasto inoperante.
1. Doc. N — Correzioni e aggiunte manoscritte di Don Bosco in un fascicolo dell'edizione a stampa, separata, del 1877.
Il fascicolo stampato del solito formato, contenente l'edizione separata del 1877 delle tre note «sezioni», si trova nell'ASC 133 «Inaugurazione» 2. Don Bosco interviene con molte e sostanziali correzioni nella terza «sezione» relativa al «sistema preventivo». Le modifiche e le esclusioni tendono generalmente a eliminare o a ridurre i riferimenti religiosi. Nella quarta pagina di copertina sopra l'incisione, a destra, don Berto ha scritto: Progetto per educare la gioventù col Sistema preventivo presentato al Ministro degli Interni nel 1877. Non sono esatti né il contenuto né l'anno. Per le notevoli omissioni il testo si discosta dalla redazione originaria, ma è ancora molto lontano dalla struttura e dai contenuti del promemoria inviato a Crispi nel febbraio 1878. Può rappresentare urta fase intermedia del passaggio dal testo del 1877 alla rielaborazione del 1878, contenuta nel documento O.
Si indicano di seguito le varianti in rapporto all'edizione italiana separata del 1877.
N.B. I numeri indicano le linee del testo del documento H edito in questo stesso volume.
395-396 Il sistema... gioventù H Il sistema preventivo nelle case di educazione N
397-406 Più volte... vantaggi H del N
408 e perché... preferire H e perché debbasi preferire nella educazione della gioventù N
10 Anche questa trascrizione è ricavata dalla minuta esistente nell'ASC 131.01. Il testo corrisponde quasi perfettamente a quello già pubblicato in E III 366-367.
429-430 Questo... amorevolezza H Questo sistema si appoggia tutto so
pra la ragione, e l'amorevolezza N
490-492 Fate... peccati H del N
522 dopo le ordinarie preghiere H del N
529-545 VII. Si... cap. VI) H del N
597 coll' aiuto di Dio H del N
2. Ms O — Il sistema preventivo nella educazione della gioventù. [Prome-moria a F. Crispi] — microschede 26 E 4-9.
È una minuta tutta autografa di don Bosco, con numerose correzioni ugualmente autografe, affidata a due fogli staccati di differenti dimensioni, custoditi nell'ASC 131.01 Governo, Crispi.
Il primo è un foglio doppio, formato protocollo, 264x208 mm, di 4 pagine. La carta è leggerissima, senza rigatura. È numerata solo la prima pagina, ma da archivista successivo. Restano i segni di piegatura sia in senso verticale che orizzontale. L'inchiostro è di colore violaceo, sbiadito. Le correzioni, invece, risultano fatte con inchiostro nero, più resistente al tempo.
Il secondo foglio è semplice, di dimensioni più ridotte, 208x133 mm. La carta è robusta, senza rigatura. L'inchiostro è nero, simile a quello usato per le correzioni nel foglio precedente. Restano segni di piegatura in senso orizzontale.
È da notare che la lettera s potrebbe apparire maiuscola come iniziale delle parole Sistema, Società, Sicurezza (la pubblica Sicurezza); ma in realtà ha le medesime dimensioni anche quando viene usata come minuscola all'interno di una parola.
II TESTO
Doc. O — ms — minuta autografa di don Bosco di un promemoria per il ministro Francesco Crispi.
O = redazione autografa di don Bosco
O2, O3.,. = interventi successivi di don Bosco
p. I Il sistema preventivo nella educazione della gioventù
Due sono i sistemi usati nella educazione morale e civile della gioventù: Repressivo e preventivo. L'uno e l'altro sono applicabili in mezzo alla civile società e nelle case di educazione. Daremo breve 5 cenno in generale sul sistema preventivo da usarsi in mezzo alla civile società; di poi come possa con successo praticarsi nei reclusori, nei collegi, negli ospizi e negli stessi educandati.
Sistema preventivo e repressivo in mezzo alla società.
Il sistema repressivo consiste nel far conoscere le leggi e la pena 10 che esse stabiliscono; di poi l'autorità deve vegliare per conoscere e punire i colpevoli. Questo è il sistema usato nella milizia e in generale fra gli adulti. Ma iigiovanetti mancando di istruzione, di riflessione, eccitati dai compagni o dalla irriflessione, si lasciano spesso ciecamente strascinare al disordine pel solo motivo di essere abbandonati. 15
Mentre le leggi vegliano sopra i colpevoli, devonsi certamente usare grandi sollecitudini per diminuirne il numero.
3 nella...civile om O add sl 02 4 sono applicabili] soglionsi applicare 0 sono ap plicabili corr 02 7-8 nei2...educandati] e nelle stesse case di educazione O nei collegi, negli ospizi e negli stessi educandati em 02 11 che...stabiliscono] minacciate ai trasgressori 0 in essa stabilite em sl 02 che esse stabiliscono corr 0' l'autorità deve om O add sl 02 12-13 Questo...adulti om O add mrg 02 12 post sistema add generalmente 02 del 0' 14 post eccitati add spesso O del 02 14-15 spesso ciecamente om O add mrg 02 15 post disordine add e diventano discoli non O del 02 16 post leggi add fanno il loro corso e O del 02 16-17 devonsi...numero] pare che questi si possano diminuire assai O devonsi certamente usare grandi sollecitudini per diminuirne il numero corr 02 17 post numero add col prendere cura di coloro che trovansi in pericolo O col prendere cura degli abbandonati e pericolanti corr 02 del 03
Quali fanciulli debbano dirsi ne' pericoli. p. 2
Io credo che si possano chiamare non cattivi ma in pericolo di 20 venir tali coloro che:
1° Dalle città o dai diversi paesi dello stato vanno in altre città e paesi in cerca di lavoro. Per lo più costoro portano seco un po' di danaro, che consumano in breve tempo. Se poscia non trovano lavoro, versano in vero pericolo di darsi al ladroneccio e cominciare la via che 25 li conduce alla rovina.
2° Quelli che fatti orfani dei genitori non hanno chi li assista quindi rimangono abbandonati al vagabondaggio e alla compagnia dei discoli, mentre una mano amica, una voce caritatevole avrebbe potuto avviarli nel cammino dell'onore e dell'onesto cittadino.
30 3° Quelli che hanno i genitori i quali non possono o non vogliono prendere cura della loro figliuolanza; perciò li cacciano dalla famiglia o li abbandonano assolutamente. Di questi genitori snaturati purtroppo è grande il numero.
4° I vagabondi che cadono nelle mani della pubblica sicurezza, ma 35 che non sono ancora discoli. Costoro se venissero accolti in un ospizio ove I siano istruiti, avviati al lavoro, sarebbero certamente tolti alle pri- p. 3 gioni e restituiti alla civile società.
Provvedimenti.
L'esperienza ha fatto conoscere che si può efficacemente provve40 dere a queste quattro categorie di fanciulli:
1° Coi giardini di ricreazione festiva. Coll'amena ricreazione, colla musica, colla ginnastica, colla corsa, coi salti, colla declamazione, col teatrino si raccolgono con molta facilità. Colla scuola serale poi, colla scuola domenicale, col catechismo si dà l'alimento morale proporzionato e indispensabile a questi poveri figli del popolo. 45
18 debbano dirsi] trovansi 0 debbano dirsi em sl 02 21 ante Dalle add Da paesi forestieri, od anche 0 del 02 24-25 e cominciare...rovina] per vivere 0 e cominciare la via che conduce alla rovina em 02 26-27 li...abbandonati] prenda cura di loro sono quasi costretti a darsi 0 li assista quindi rimangono abbandonati em sl 02 28 amica] benefica 0 amica em sl 02 caritatevole avrebbe potuto] amica li potrebbe O caritatevole avrebbe potuto em sl 02 36-37 sarebbero...società] sono restituiti alla società e tolti dal pericolo di andare a popolare le prigioni 0 sarebbero certamente tolti alle prigioni e restituiti alla civile società corr 02 42 colla'... salti] ricreazione O colla corsa, coi salti em sl 02 43 colla scuola om O add sl 02
2° In queste adunanze fare indagini per conoscere quelli che sono fuori di padrone, e fare in modo che siano occupati ed assistiti nel lavoro lungo la settimana.
3° Se ne incontrano poi di quelli che sono poveri ed abbandonati, né hanno come vestirsi, né come nutrirsi, né dove dormire la notte. A so costoro non si può altrimenti provvedere, se non con Ospizii e case di preservazione, con arti, mestieri ed anche colonie agricole.
Ingerenza governativa.
Il Governo senza assumersi una minuta amministrazione, senza toccar il principio della carità legale può cooperare nei seguenti 55 modi:
p. 4 1° Somministrar giardini pei tratteni I menti festivi; aiutar a fornire le scuole, e i giardini del necessario suppellettile.
2° Provvedere locali per ospizi, fornirli dei necessari utensili per le arti e mestieri a cui sarebbero applicati i fanciulli ricoverandi. 60
3° Il Governo lascierebbe libera l'accettazione degli allievi, ma darebbe una diaria ovvero sussidio mensile per coloro che trovandosi nelle condizioni sopra descritte fossero ricoverati. Ciò si farebbe constare o dai certificati dell'autorità civile; o dai fatti delle questure, che assai di frequenteAncontrano giovanetti che appunto si trovano in 65 questa condizione.
4° Questo sussidio giornaliero sarebbe limitato ad un terzo di quanto costerebbe un giovanetto nei riformatorii dello stato. Pigliando per base le carceri correzionali della Generala di Torino, e riducendo la spesa totale per ciascun individuo si può calcolare ad centesimi al 70 giorno.
In questo modo il governo aiuterebbe, ma lascierebbe libero il concorso della privata carità dei cittadini. I
45 a questi...popolo om O a questi figli del povero popolo add 02 a questi poveri figli del popolo corr O' 47 ed assistiti om O add mrg 02 51 post costoro add hanno assoluto bisogno e devono essere ricoverati, altrimenti O del 02 51-52 se...anche om O add sl 02 52 colonie agricole om O add mrg 02 54 senza...amministrazione om O add mrg inf 02 55-56 cooperare...modi om O add 02 57 a fornire] con qualche sussidio a provvedere O a fornire em sl 02 58 giardini] locali O giardini em 02 68-71 Pigliando...giorno om O add mrg inf 02 69 della Generala om O add sl 02
Risultati. P.5
75 Appoggiato sopra l'esperienza di trenta cinque anni si può constatare che:
1° Molti ragazzi usciti dalle carceri con facilità si avviarono ad un'arte con cui guadagnarsi onestamente il pane della vita.
2° Molti che versavano in estremo pericolo di venir discoli, co80 minciavano a cagionar molestia agli onesti cittadini, e già davano non leggeri disturbi alle pubbliche autorità; costoro si ritrassero dal pericolo e si posero sulla strada dell'onesto cittadino.
3° Dai registri consta che non meno di cento mila giovanetti assistiti, raccolti, educati con questo sistema i impararono chi la - p. 6 85 musica, chi la scienza letteraria, chi arte o un mestiere, e sono divenuti virtuosi artigiani, commessi di negozio, padroni di Bottega, maestri insegnanti, laboriosi impiegati, e non pochi cuoprono onorifici gradi nella milizia. Molti anche forniti dalla natura di non ordinario ingegno, poterono percorrere i corsi universitarii e si laurearono in 90 Lettere, in matematiche, medicina, leggi, ingegneri, notai, farmacisti e simili.
81 disturbi...autorità] sospetti alle 0 disturbi alla pubblica sicurezza em 02 disturbi all'autorità di pubblica sicurezza corr 03 disturbi alle pubbliche autorità corr 04 84-85 chi...letteraria] la scienza O chi la musica, chi la scienza letteraria em sl 02 85 chi arte o om O add sl 02