LAS - ROMA
Nell'estate del 1877 appariva uno scritto di don Bosco dal titolo Il sistema preventivo nell'educazione della gioventù. Anche se in seguito fu spesso denominato Trattato o Trattatello sul sistema preventivo esso costituiva la semplice appendice di un opuscolo di propaganda, pubblicato in italiano e in francese, dal titolo Inaugurazione del Patronato di S. Pietro in Nizza a Mare. Scopo del medesimo esposto dal Sacerdote Giovanni Bosco con appendice sul sistema preventivo nella educazione della gioventù.'
Pochi giorni dopo la composizione del testo Don Bosco stesso spiegava al fidato maestro dei novizi, don Giulio Barberis, perché alla breve cronaca dell'inaugurazione della nuova sede dell'opera di Nizza, il 12 marzo 1877, e al testo del discorso ivi tenuto, avesse aggiunto quelle pagine fuori programma. «Questo lavoretto lo credo atto a fare assai del bene per la Francia. Là non son positivi come qui; ma parlano subito di più, mettono entusiasmo, accettano più volentieri cose nuove...poi noi ora abbiam bisogno che ci conoscano più da vicino. Il sistema preventivo specialmente sarà ricevuto, ripetuto dai giornali, farà rumore».2 Si vedrà a suo luogo come don Bosco stesso nel giro di quattro mesi provveda a tre diverse edizioni dell'opuscolo (bilingue, italiana, francese) e all'inserimento delle pagine del sistema preventivo della prima edizione a stampa del Regolamento per le case della Società di S. Francesco di Sales, elevando l'imprevista composizione del 1877 quasi a lex fundamentalis dei suoi regolamenti per i giovani e per i salesiani lungo tutto un secolo, diffusa in tutte le lingue che scandiscono l'espansione delle opere salesiane. Si aggiunge presto la pubblicazione del testo nel «Bollettino Salesiano»: italiano e francese nel 1880, castigliano (1887 in Argentina, 1889 in Spagna), tedesco nel 1899 (preceduto dall'edizione Mehler del 1892) e tante altre.'
1 Torino, Tipografia e Libreria Salesiana, San Pier d'Arena - Nizza Marittima 1877, 68 p. Il testo del sistema preventivo — in italiano nella pagina sinistra, in francese nella destra — occupa le pagine da 44 a 65.
2 G. BARBERIS, Cronichetta 12, p. XI, ASC - Roma.
3 Si veda una rapida rassegna delle più diffuse edizioni dal 1877 al 1924 in GIOVANNI (s.) Bosco, Il sistema preventivo nella educazione della gioventù. Introduzione e testi critici a cura di Pietro Braido, in «Ricerche Storiche Salesiane» 4 (1985), pp. 208-213.
6 Pietro Braido
Il riferimento alle pagine, in forme più o meno diffuse, si ripete nelle biografie di don Bosco, che si moltiplicano ancora lui vivente: C. Conestabile e L. Mendre (1878), Ch. d'Espiney (1881), A. du Boys (1884)... e ancor più esplicitamente tra gli ammiratori e gli studiosi del suo sistema educativo.4
Ma, a parte le formule «sistema preventivo», «sistema repressivo», che sono del 1877, le caratteristiche dell'operare assistenziale e educativo di don Bosco sono già tutte presenti nella sua pratica, e nella sua riflessione già da un trentennio: nei primi contatti coi giovani a Torino, nell'oratorio, nell'ospizio, nella sua attività di pubblicista, negli abbozzi di regolamento per gli «esterni» e per gli «interni», nei «promemoria» e «cenni storici» relativi ai primi oratori e alla congregazione, nelle biografie giovanili degli anni '50 e '60, nelle direttive date a direttori degli ospizi e collegi degli anni '60 e '70.'
Anzi, in confronto di un'esperienza così ricca e variegata, i contenuti e i riferimenti delle pagine del 1877, a parte taluni enunciati di principio, appaiono riduttivi. In esse, infatti, il sistema preventivo è visto esclusivamente nell'ottica «pedagogica» e in rapporto ad un'istituzione totale, quale può essere un ospizio o un collegio.6 Invece, nell'insieme delle esperienze di don Bosco e nelle riflessioni ad esse relative, la stessa dimensione «pedagogica» del sistema si traduce in più versioni «metodologiche», notevolmente differenziate, corrispondenti alla varietà delle iniziative operative e delle istituzioni nelle quali esso sorge e si plasma: l'oratorio, l'associazione, la cultura
Contemporaneamente anche in don Bosco cresce la coscienza del carattere universale del suo sistema, applicabile tanto all'interno delle istituzioni salesiane quanto nella più vasta gamma di istituzioni educative e rieducative. L'universo giovani, nella molteplicità delle condizioni sociali, culturali, psicologiche, nelle possibilità e modalità di prevenzione e ricupero, era immensamente più vasto di quanto potessero raggiungere le forze di cui disponeva, numericamente modeste e con limitate possibilità di articolate qualificazioni. Del resto, è ovvio che anche per l'oggi e per il futuro, la potenziale sfera di azione del suo messaggio preventivo eccede di gran lunga l'ambito delle sue scelte personali e istituzionali: Cfr. P. BRAIDO, L'esperienza pedagogica di don Bosco nel suo «divenire», in «Orientamenti Pedagogici» 36 (1989), pp. 32-35 (Il sistema preventivo pubblicato e proposto come metodo universale di educazione giovanile); ID., La prassi di don Bosco e il sistema preventivo. L'orizzonte storico, nel vol. Il Sistema Preventivo verso il Terzo Millennio. Roma, Edizioni S.D.B. 1985, pp. 165-177 Gli operatori, gli educatori.
P. BRAIDO, Il sistema preventivo di don Bosco alle origini (1841-1862). Il cammino del «preventivo» nella realtà e nei documenti, in «Ricerche Storiche Salesiane» 14 (1995) 255-320.
Sono appropriate e persuasive in proposito le osservazioni di P. STELLA, Don Bosco nella storia della religiosità cattolica, vol. II Mentalità religiosa e spiritualità (Roma, LAS 1981), pp. 459-466 Valori e limiti dell'opuscolo sul Sistema preventivo.
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popolare, l'ospizio artigianale, l'istituto-seminario ecclesiastico, il collegio, la comunità dei «religiosi»-educatori.
Non solo, ma oltre la dimensione «educativa», nelle differenti configurazioni metodologiche ne esiste una, fondamerliale, che la precede e la supporta, ed è quella benefica, assistenziale, sociale, «politica». Essa emerge con evidenza dalle attuazioni e formulazioni dei primi decenni e si fa incalzante nelle parole e negli scritti degli anni 1877-1887: richieste di sussidi ad autorità ed enti privati, circolari per lotterie e costruzioni, in particolare con la nascita del «Bollettino Salesiano» nel 1877 la lettera ai cooperatori di ogni inizio d'anno, i sermons de charité, le conferenze, i discorsi. Essa fu fortemente messa in rilievo accanto a quella educativa già negli ultimi decenni del secolo XIX, assillato dalla «questione sociale», e nei primi del '900, spesso in antitesi alle soluzioni di ispirazione socialista e anticristiana. Con la sua molteplice azione «preventiva» in favore dei giovani «poveri e abbandonati», «pericolanti per sé e pericolosi per gli altri», don Bosco appare negli ambienti ecclesiastici e civili, moderati o conservatori, come il più efficace risolutore in campo cattolico di un problema che turba e inquieta, dando inizio a una grande «opera di restaurazione sociale», «l'opera provvidenziale dei tempi moderni».'
Le diverse figure del «sistema preventivo» e, anzitutto, le due dimensioni di base, educativa e sociale, accompagnano costantemente don Bosco nello sviluppo della sua esperienza e delle sue riflessioni, con alterna prevalenza dell'uno o dell'altro. Ne sono specchio anche gli scritti, di cui si vogliono presentare, secondo l'ordine cronologico della composizione o degli avvenimenti a cui si riferis&mo, le espressioni più sintetiche e significative, attingendo da una vasta produzione, che da angolazioni diverse rispecchia preoccupazioni preventive sempre presenti.'
Nessuno di essi è giunto a una compiuta «sistemazione teoretica organica» e a determinare la loro successione intervennero spesso «circostanze» casuali, ma sempre in rapporto con ispirazioni ideali permanenti e incrollabili certezze.
' Cfr. P. BRAIDO, «Poveri e abbandonati», «pericolanti e pericolosi»: pedagogia, assistenza, socialità nell'«esperienza preventiva» di don Bosco, in «Annali di storia dell'educazione e delle istituzioni scolastiche», 3. Brescia, La Scuola 1996, pp. 183-236.
Cfr. P. STELLA, Gli scritti a stampa di S. Giovanni Bosco. Roma, LAS 1977, 176 p. Gli scritti editi dopo la morte di don Bosco e, quindi, non compresi nella pubblicazione di Pietro Stella, saranno precisati man mano se ne farà menzione.
8 Pietro Braido
Don Bosco si è formato presto idee molto chiare su ciò che voleva fare e sul come, sul programma e sul metodo. Perciò, al dilatarsi delle dimensioni dell' azione si accompagnano, specificandosi, le forme e le strutture corrispondenti; quindi, anche le programmazioni concrete e i relativi «documenti» di animazione e direzione: costituzioni, regolamenti generali e particolari, atti capitolari e consiliari, le innumerevoli disposizioni maturate negli incontri con singoli e comunità, nelle visite e ispezioni, o affidate a lettere individuali e circolari.
In questo persistente sforzo di regolamentazione, sorretto da paziente volontà di adattamento e di riadattamento alle situazioni mutevoli, egli rivela spiccate qualità che potrebbero sfuggire a chi insistesse oltre misura sul «misterioso» e l'«enigmatico»: l'intelligenza, «quantitativamente sopra la media», «qualitativamente produttrice», «non poco profonda in tutto quello che apprende ed osserva», con «la spinta alla organizzazione in un raggio ampio di attività spiccata», «la originalità dei suoi ritrovati» e «la continuità dell' azione».'
Ne deriva una rilevante caratteristica della sua attività normativa e di animazione, nella pratica e negli scritti, inclusi in modo privilegiato quelli riuniti nella presente silloge. Il continuo riferimento alla base, ai singoli, che diventa condivisione di lavoro e di vita, ascolto, consultazione, formale e informale, ha come conseguenza che la progressiva elaborazione di esperienze e di formule riflesse è insieme personale e istituzionale, individuale e comunitaria. L'interazione si fa più intensa man mano che don Bosco associa alla propria attività giovani alunni, che plasma secondo il proprio ideale, ne fa una «società religiosa», avviandoli a diventare coprotagonisti nell'azione assistenziale e educativa. Da maestro egli diventa in questo modo, quasi inavvertitamente, anche «discepolo» entro esperienze costruite collettivamente. Come avrebbe potuto agire, parlare e scrivere in quel modo del direttore, dell'assistenza, del «sistema preventivo», della «famiglia» educativa, dello studio e del lavoro, della «pietà», del gioco e dell'allegria, senza la consuetudine con direttori, assistenti, insegnanti, istruttori, immersi quotidianamente con lui — e anche più di lui — nell'impegno tra i giovani, solidali con loro, partecipi dei loro successi, ma pure delle difficoltà, dei problemi, delle sconfitte? È naturale che questo coinvolgimento di azione e di riflessione cresca con il dilatarsi del numero e dell'età dei collaboratori e delle istituzioni e il conseguente moltiplicarsi degli incontri, dei dibattiti, delle discussioni e deli
9 Cfr. G. MORETTI, I santi nella loro scrittura. Esami grafologici. Roma, Edizioni Paoline 1975, pp. 300-301.
Introduzione 9
berazioni concordate nelle assemblee consultive e decisionali, oltre che nella «conversazione» quotidiana»)
Di conseguenza, in questa tradizione storico-vitale possono trovare legittimo posto anche scritti non immediatamente redatti da lui, ma da lui voluti o ispirati in unità con un'esperienza comune, quali le lettere datate al 10 maggio 1884 e la stessa circolare sui castighi del 29 gennaio 1883. Ad analogo titolo, quali trascrizione o eco di esperienze vissute ed esplicitate, vengono accolte e proposte le documentazioni sullo stato dell'oratorio nel 1849, il colloquio con Urbano Rattazzi del 1854 e il dialogo con Francesco Bodrato del 1864.
Tutti sembrano conservare persuasiva validità storica, anche se alcuni furono per lungo tempo ignorati o rimasero inediti o vennero tramandati in forme frammentarie. Sono egualmente espressione di una tradizione collettiva e istituzionalizzata, che ne ha garantito la sopravvivenza e la continuità sul piano dei fatti, tramandando le medesime ispirazioni, esigenze e sensibilità, dalle quali essi hanno tratto origine.
Dal primo gruppo di documenti riprodotti (1845-1862) emergono almeno due aspetti della progressiva presa di coscienza da parte di don Bosco della propria peculiare «missione» giovanile e popolare: l'affiorare già nei più antichi scritti (1845, 1847) di alcuni germinali tratti del suo stile educativo, percepiti dagli stessi recensori; e la crescente persuasione in quanti ne osservano con maggior attenzione e simpatia l'attività, che egli riveli modi relativamente originali di intervento, un «sistema» in qualche modo nuovo e tipico» Il vertice di questi iniziali sviluppi può essere rappresentato dal colloquio con U. Rattazzi nell'aprile
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del 1854. Anzi gli enunciati vi compaiono anche troppo rifiniti e risentono, certamente, del fatto che il testo viene pubblicato la prima volta nel Bollettino Salesiano del novembre del 1882. Ma è del tutto plausibile che conversando su sistemi di educazione con un ministro laico, anziché riferirsi all'oratorio festivo e all'ospizio annesso, don Bosco preferisca proporre l'estensione delle sue esperienze pedagogiche agli «stabilimenti di pena» o «Istituti penali» statali e, più largamente, alle «pubbliche scuole» e alle «case di educazione».
Però, il «sistema educativo» di don Bosco prima e più che riflessione sulla realtà è esperienza vissuta e «pedagogia raccontata», come dimostrano il Cenno storico (1854) e i Cenni storici (1862) sull'Oratorio di S. Francesco di Sales. Essi si possono ritenere come le più antiche e significative formulazioni della sua visione del problema giovanile e del suo stile di intervento, integrata dagli interessanti spunti sull'oratorio primitivo offerti ne La forza della buona educazione (1855) 12 e Severino (1868).'3
Al contrario, fini, contenuti, metodi subiranno variazioni di accento nelle biografie di Domenico Savio (1859), Michele Magone (1861), Francesco Be-succo (1864) e nello stesso Valentino (1866), per tanti aspetti apparentato.'4 Il discorso, infatti, è strettamente connesso con la vita di un collegio-internato, che è quasi un «piccolo seminario», e tratta di giovani aspiranti allo stato ecclesiastico.
Tratti molto vicini a questi ultimi sono, evidentemente, riscontrabili nei Ricordi confidenziali ai direttori, che traggono origine da una lettera indirizzata a don Michele Rua, che nel novembre del 1863 assumeva la direzione del collegio o piccolo seminario di Mirabello Monferrato. Ma in essi si insinua pure un elemento inedito: il «sistema» o stile non è solo regola di vita dell'istituzione educativa; diventa forma di convivenza «religiosa» (gli educatori appartengono ad una società di consacrati mediante i voti alla missione educativa) e, all'esterno, tipico modo di rapportarsi al più largo spazio civile ed ecclesiale circostante (cogli esterni).
Per sé non delle proprie istituzioni giovanili ma di ambiti educativi più generali don Bosco tien conto nell'incontro a Mornese nel Monferrato con
Va esteso, pare, seppure in misure diverse, alle varie documentazioni quanto sembrava congruo affermare in particolare per le due note lettere del 1884, indubbiamente non redatte o dettate da don Bosco. Al di là del problema «delle persone immediatamente coinvolte e unici testimoni diretti della genesi dei documenti, è evidente che le due composizioni costituiscono una felice sintesi di un'esperienza collettiva, da più decenni maturata da don Bosco insieme ai suoi collaboratori, da lui ripensata e già formulata in più occasioni, come si può anche rilevare dalla documentazione riportata nell'apparato delle fonti nell'edizione critica. Le lettere sorgono da una tradizione viva e consolidata; la esprimono e la riformulano in termini talora originali e incisivi; sul piano teorico l'arricchiscono e la perfezionano. Vanno, quindi, lette e interpretate contestualmente all'intera esperienza storica, che a sua volta ne risulta meglio illuminata, costituendo il patrimonio ideale indiviso di una comunità educativa che si riconosce in don Bosco e nel suo 'stile' di vita e di azione» (P. BRAIDO, Luce intellettual piena d'amore. Per il centenario di una «lettera pedagogica», in «Orientamenti Pedagogici» 31 (1984), p. 1068).
" Conviene tener presente che tra la Cronichetta di C. Danna (1849) e il colloquio con il ministro della Giustizia U. Rattazzi (1854), con Patente del 31 marzo 1852 dell'arcivescovo di Torino mons. Luigi Fransoni, esule a Lione, don Bosco viene nominato Direttore capo spirituale dei tre Oratori torinesi di s. Francesco di Sales, di s. Luigi Gonzaga, del s. Angelo Custode. 12 Cfr. J. SCHEPENS, «La forza della buona educazione». Étude d'un écrit de don Bosco, nel vol. L'impegno dell'educare, a cura di J.M. Prellezo, Roma, LAS 1991, pp. 417-433.
'3 Cfr. B. DECANCQ, «Severino». Studio dell'opuscolo con particolare attenzione al «primo oratorio», in «Ricerche Storiche Salesiane» 11 (1992) 221-318.
14 Cfr. G. Bosco, Valentino o la vocazione impedita. Introduzione e testo critico a cura di Mathew Pulingathil. Roma, LAS 1987.
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l'insegnante elementare Francesco Bodrato, nell'ottobre del 1864. Infatti il discorso, meno «sistematico» e più arcaico del colloquio con Urbano Rattazzi del 1854 (redatto però, come si è detto, nel 1882), si limita ad accennare alle ispirazioni generali della religione e della ragione, con indiretto riverbero dell'amore.
Invece tutt'altra impostazione e portata hanno le Memorie dell'Oratorio di San Francesco di Sales, non autobiografia di don Bosco, non primariamente storia dell'Oratorio, ma intenzionale proposta di un programma ideale, di un «modello» realizzato e indefinitamente perfezionabile di «assistenza educativa» giovanile pluridimensionale. I destinatari sono i «salesiani», che più direttamente si riconoscono consacrati all'opera dell' «oratorio», proiettato e prefigurato nel sogno dei nove anni e successivamente incarnato nelle svariate forme di presenza tra i giovani suggerita dalle circostanze, «secondo i bisogni dei tempi».'s
«Occasionale» è lo scritto «pedagogico» più riflesso di don Bosco, del 1877, nel quale appare per la prima volta la fortunata formula «sistema preventivo». Esso attiene insieme alla propaganda, all'informazione, alla direzione operativa: cumulato ad altre norme, sarà da lui definito «il nostro regolamento».
Da ancor più scoperti intenti di pubblicità e di informazione sembrano originate le pagine sul «sistema preventivo nella educazione della gioventù», presentate nel febbraio del 1878 al ministro degli Interni Francesco Crispi. Il dettato è quasi integralmente nuovo rispetto alle pagine del 1877. Contesto, prospettive di soluzione, destinatari risultano del tutto inediti, soltanto assimilabili a quelli ipotizzati nel colloquio con Rattazzi del 1854.
Angusti sono la destinazione e l'oggetto della circolare sui castighi del 1883, un tema che nelle pagine sul sistema preventivo del 1877 era stato appena sfiorato, quasi per rimuoverlo.
E di portata limitata, quanto alla genesi e agli esiti immediati, appare anche la lettera datata al 10 maggio 1884, in duplice redazione. L'orizzonte è il piccolo mondo torinese di Valdocco e non vi è rispecchiata la totalità del sistema, sebbene vi campeggi il tema centrale dell'amore educativo.
Invece, gli ultimi scritti (1885-1886), il cosiddetto Testamento spirituale e le tre lettere americane dilatano gli orizzonti, esplicitando e arricchendo quanto era già preannunciato nei Ricordi confidenziali. Il «sistema preventivo» diventa globale stile di vita e di azione, pedagogia spirituale e «religiosa», «spirito salesiano».
'5 Cfr. G. Bosco, Memorie dell'Oratorio di S. Francesco di Sales dal 1815 al 1855. Introduzione, note e testo critico a cura di Antonio da Silva Ferreira. Roma, LAS 1991.
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Il circolo è solo apparentemente chiuso; poiché sul piano operativo come su quello delle formule e delle codificazioni abbondano silenzi e lacune, che altre «occasioni» avrebbero potuto riempire. Probabilmente né la fluidità delle esperienze né le personali propensioni mentali (e la stessa precarietà del sapere pedagogico e pastorale) avrebbero mai consentito a don Bosco di pervenire a quell'opera teorica compiuta che egli sembra pronosticare all'inizio delle pagine sul sistema preventivo, in verità più retoricamente che realisticamente.
La differente origine e qualità degli scritti, l'eterogeneità dei contesti e degli ambiti all'interno dell'azione complessiva di don Bosco, dovranno necessariamente imporre attenzioni particolari nella lettura e nell'interpretazione.
Come si è più volte sottolineato, va anzitutto tenuto presente l'inevitabile problema del rapporto tra gli scritti e le opere.' Don Bosco, infatti, è prima di tutto uomo di azione, interessato a problemi concreti da risolvere e alla ricerca instancabile di soluzioni pratiche. Gli stessi scritti rispondono ad esigenze di intervento di fronte a situazioni a cui dare risposte persuasive ed efficaci e non tanto soluzioni speculative in omaggio alla coerenza di un ordine di idee. Essi, inoltre, accompagnano o seguono l'esperienza per descriverla, chiarirla, orientarla, prescriverla, regolamentarla.
Ne consegue che se la conoscenza degli scritti risulta essenziale per una compiuta comprensione dell'azione complessiva, la loro lettura e interpretazione riuscirebbero largamente lacunose ed anche falsate senza il costante controllo dell'esperienza." Scritti e opere possono considerarsi due inscindibili dimensioni della vitalità operativa di don Bosco, dei collaboratori e delle istituzioni nelle quali insieme agiscono e interagiscono. Non è detto che ne risulti sempre un tutto unitario e coerente: la «teoria» non sempre adegua la pratica e questa può apparire di volta in volta più avanzata o più angusta di quella; e, ovviamente, ambedue riu
16 In questa prospettiva è stata discussa a lungo l'alternativa di don Bosco educatore o pedagogista. Cfr. P. BRAIDO, Il sistema preventivo di Don Bosco. Torino, PAS 1955, pp. 25-30; più esplicitamente nella seconda edizione (1964), pp. 59-73 (L'«arte» educativa di Don Bosco) e nell'introduzione al vol. S. G. Bosco, Scritti sul sistema preventivo. Brescia, La Scuola 1965, pp. XXXIV-XLIII (Don Bosco artista dell'educazione).
" Per motivazioni e sviluppi più estesi si veda l'introduzione al volume citato S. G. Bosco, Scritti sul sistema preventivo, pp. XI-LVII (Significato e limiti della presenza del sistema preventivo di Don Bosco nei suoi scritti) e alla raccolta SAN JUAN Bosco, Obras fundamentales, a cura di J. Canals Pujol e A. Martinez Azcona. Madrid, BAC 1978, pp. XIII-XXXII (Los escritos en la experiencia pedagógica de Don Bosco).
Introduzione I3
scire notevolmente condizionate da ipoteche psicologiche, ambientali e culturali.'8
Un secondo impegno di discernimento e di integrazione è richiesto al lettore dal carattere relativamente frammentario e «occasionale» degli scritti «teorici» e programmatici di don Bosco. In nessuno è dato ritrovare un'esposizione esauriente e organica della sua visione operativa. Né essi possono riguardarsi quasi parti o capitoli di un sistema compiuto. Dovranno, quindi, essere letti, meditati, criticamente studiati e interpretati, non soltanto in riferimento all'esperienza globale, ma nelle connessioni reciproche e nell'insieme dell'intera produzione scritta di don Bosco.
In questa indispensabile operazione potrebbe essere utilmente privilegiata, oltre la presente raccolta, almeno una duplice serie di scritti, collocabili nella medesima linea programmatica, storica e riflessa: le Memorie dell'Oratorio di San Francesco di Sales, fondamentali e, paradossalmente, forse il documento «teoricó» e normativo più intenzionale di don Bosco; '9 e le biografie di Domenico Savio (1859), di Michele Magone (1861) e di Francesco Besucco (1864), integrate dalle altre tre più o meno romanzate: La forza della buona educazione (1855), Valentino o la vocazione impedita (1866) e Severino ossia avventure di un giovane alpigiano (1868).
Con tutto ciò non ne potrà uscire un «sistema» completo ed esaustivo, né per l'ieri, tanto meno per l'oggi. Inoltre una comprensione oggettiva dovrebbe tener conto delle gerarchie dei temi, della loro estensione quantitativa e della qualità e intensità degli sviluppi, in particolare dei molti ed eloquenti silenzi. Per questo non potrà essere ignorata una «contestualizzazione» più largamente «culturale». Quest'ultimo criterio di lettura non potrà, allora, prescindere dall'inforniazione più vasta possibile su don Bosco, sulla storia, sulla «mentalità», sulla genesi, sviluppo, condizioni anche materiali delle sue opere. Non mancano peraltro contributi storicamente fondati e rigorosamente elaborati; 2° e nemmeno qualche suggestione e proposte di ricerca.2'
18 Su questo punto, che si ritiene capitale per l'esatta percezione del significato storico di don Bosco, esposta ai contrapposti pericoli del riduzionismo e dell'iperbole, si sono proposte alcune sommarie considerazioni sul tema della presenza dei laici nella Chiesa e nella società secondo don Bosco (prassi e idee), estensibili all'intera sua esperienza operativa e riflessa: cfr. P. BRAIDO, Laicità e laici nel progetto operativo di Don Bosco, nel vol. Laici nella famiglia salesiana. Atti della XII Settimana di spiritualità della Famiglia Salesiana, a cura di M. Cogliandro e A. Martinelli. Roma 1986, pp. 32-34.
I9 Se ne presenterà soltanto il proemio, che ne precisa i destinatari, i fini e il significato.
20 Sono da ritenersi fondamentali gli studi di P. STELLA, Don Bosco nella storia della religiosità cattolica, vol. I Vita e opere. Roma, LAS 1979; vol. II Mentalità religiosa e spiritualità. Ib. 1981; ID., Don Bosco nella storia economica e sociale (1815-1870). Ib, 1980.
2' Cfr, ad esempio, P. BRAIDO, Il progetto operativo di Don Bosco e l'utopia della società cristiana. Roma, LAS 1982 e Luce intellettual piena d'amore ..., pp. 1063-1073, in particolare pp. 1071-1073 (Amore razionale e creativo).
22 Cfr. F. DESRAMAUT, Don Bosco en son temps (1815-1888). Torino, SEI 1996, XIX-1451 p.
14 Pietro Braido
Per una miglior collocazione nel tempo degli scritti di don Bosco qui presentati sembra opportuno offrire lo schematico riepilogo di date significative della sua vita e delle sue attività.
La biografia di don Bosco si può dividere in tre periodi: la «preparazione» (1815-1844), la delineazione dei tratti fondamentali della sua azione educativa (1844-1869), il consolidamento organizzativo e «teorico» delle sue istituzioni (1870-1888).
1815 (16 agosto) nasce nella località dei Becchi nel comune di Castelnuovo d'Asti.
1817 muore il padre.
1824 è iniziato al leggere e allo scrivere da un sacerdote, don Giuseppe Lacqua.
1827 (a Pasqua) è ammesso alla prima Comunione.
1828 (febbraio) è garzone nella cascina Moglia (fino all'autunno 1829). 1829 (novembre) riprende lo studio della lingua italiana e latina presso
il sacerdote D. Giovanni Calosso (muore il 21 novembre 1830). 1830 dal gennaio frequenta la scuola comunale elementare di Castel
nuovo (Natale 1830-estate 1831).
1831 dal novembre è studente presso la scuola pubblica di grammatica, umanità e retorica di Chieri.
1835 entra nel Seminario di Chieri dove percorre gli studi di filosofia e teologia.
1841 il 5 giugno, vigilia della festa della SS. Trinità, a Torino riceve l'ordinazione sacerdotale.
1841 (novembre) entra nel Convitto Ecclesiastico a Torino per lo studio pratico della morale e dell'omiletica; contemporaneamente è coinvolto nella catechesi a ragazzi della città e immigrati.
1844 (ottobre) è cappellano in una delle istituzioni della marchesa di Barolo, stabilendosi al Rifugio.
1845 (maggio) - 1846 (marzo) hanno luogo le difficili peregrinazioni dell'«Oratorio» da S. Pietro in Vincoli ai Molini Dora, a Casa Moretta e a prato Filippi.
Introduzione 15
1846 in aprile c'è la sistemazione definitiva dell'Oratorio nella casa Pinardi, in regione Valdocco, dove in novembre viene ad abitare con la madre; durante l'inverno inizia le scuole serali con l'insegnamento della lettura e scrittura e poi del disegno e dell'aritmetica.
1847 ha principio l'ospizio; a Porta Nuova è aperto l'oratorio di S. Luigi; sorge la Compagnia di S. Luigi.
1848 (ottobre) inizia la pubblicazione de L'Amico della gioventù, giornale religioso, morale e politico (durerà sei mesi, fondendosi poi con l'Istruttore del popolo).
1849 assume la gestione dell'Oratorio dell'Angelo Custode in regione Vanchiglia; fonda la Società degli operai o di mutuo soccorso (del 1850 lo statuto).
1852 (31 marzo) l'arcivescovo mons. Fransoni nomina don Bosco «direttore e capo spirituale» dell'oratorio di S. Francesco di Sales, a cui devono essere «uniti e dipendenti» gli oratori di S. Luigi e dell'Angelo Custode.
1853 inizia la pubblicazione delle Letture Cattoliche e apre un modesto laboratorio interno per calzolai.
1854 è aperto il laboratorio dei legatori; a due chierici (tra cui Rua) e a due giovani (tra cui Cagliero) Don Bosco propone di sperimentare una forma associativa apostolica, germe della futura Società Salesiana; primi contatti col ministro Urbano Rattazzi; entra tra gli alunni di Valdocco Domenico Savio (1842-1857).
1855 è istituita la terza classe ginnasiale interna (finora i giovani studenti frequentavano scuole tenute da privati).
1856 vengono aperti i laboratori di falegnameria e di sartoria e sono introdotte la prima e la seconda ginnasiale; viene istituita la Compagnia dell'Immacolata.
1857 viene fondata la Compagnia del SS. Sacramento e costituito il Piccolo Clero; viene pure istituita una Conferenza giovanile di S. Vincenzo de' Paoli.
1858 don Bosco compie il primo viaggio a Roma per sottoporre a Pio IX il suo progetto di società religiosa, consacrata ai giovani; è compilato un primo abbozzo di costituzioni.
1859 viene completato il ginnasio (cinque classi); è istituita la Compagnia di San Giuseppe; la Società Salesiana sorge come associazione religiosa privata e di fatto.
1860 sono presenti nella Società religiosa, privatamente costituita, i primi due salesiani laici («Coadiutori»).
1861 (31 dicembre) è autorizzata l'apertura del laboratorio dei tipografi.
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1862 nasce il laboratorio dei fabbri; professione dei voti religiosi dei primi salesiani (14 maggio).
1863 è inaugurato il primo istituto fuori Torino, a Mirabello Monferrato, sotto la direzione di don Rua, a cui per l'occasione don Bosco scrive una lettera, che contiene il primo testo dei Ricordi confidenziali (l'istituto sarà trasferito a Borgo S. Martino nel 1870).
1864 inizia la sua attività il collegio di Lanzo Torinese; Decretum laudis in favore della Società Salesiana.
1865 progetto di Biblioteca degli scrittori latini: ha inizio nel 1866 col titolo «Selecta ex latinis scriptoribus in usum scholarum».
1868 consacrazione della chiesa di Maria Ausiliatrice.
1869 (19 febbraio) approvazione pontificia della Società Salesiana (decreto del 1° marzo); apertura dell'istituto di Cherasco; esce il primo volume della Biblioteca della gioventù italiana (nel 1885 arriverà al 204° e ultimo volume).
1870 fondazione del collegio-convitto municipale di Alassio.
1871 fondazione del collegio-convitto municipale di Varazze e della scuola per artigiani a Marassi (Genova), trasferita l'anno seguente a Sampierdarena (Genova).
1872 accettazione del collegio de' nobili di Valsalice (Torino). Fondazione della Congregazione religiosa femminile con il titolo di Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice.
1874 le Costituzioni della Società Salesiana vengono definitivamente approvate dalla Santa Sede.
1875 inizio della diffusione delle opere di don Bosco in Francia e nel continente sudamericano (Argentina, Uruguay, Brasile, ecc.) con istituzioni educative, scolastiche, professionali, iniziative per l'assistenza agli emigranti e attività missionarie.
1876 approvazione pontificia dell' Associazione dei Cooperatori e Cooperatrici Salesiani.
1877 è celebrato il primo Capitolo Generale della Società di San Francesco di Sales, seguito, vivente don Bosco, da altri tre: 1880, 1883, 1886. Nel 1877 si ha pure la pubblicazione delle classiche pagine sul sistema preventivo e dei Regolamenti. In agosto ha inizio il Bollettino Salesiano.
1880 don Bosco accetta di costruire la chiesa del S. Cuore a Roma (sarà consacrata nel maggio del 1887).
1881 i Salesiani entrano in Spagna (Utrera).
I 883 viaggio trionfale a Parigi.
Introduzione 17
1884 penultimo viaggio a Roma (il 19°) per problemi connessi con la costruzione della chiesa del S. Cuore e con il conseguimento di speciali garanzie giuridiche per la sua Società religiosa.
1886 8 aprile-6 maggio: eccezionale accoglienza e permanenza in Spagna, a Barcellona.
1888 31 gennaio: morte di don Bosco.
Roma, 31 gennaio 1997
PIETRO BRAIDO
•
18 Pietro Braido
NB. L'apparato delle varianti che accompagna i testi editi nel presente volume è notevolmente ridotto rispetto a quello delle edizioni critiche originali elencate nella Nota bibliografica.
Introduzione 19
20 Pietro Braido
Si elencano dapprima in ordine cronologico gli scritti pubblicati nel presente volume, dei quali fu già curata l'edizione critica. Segue l'indicazione di alcune raccolte antologiche dedicate a Don Bosco e di studi ritenuti particolarmente idonei a orientare nella lettura di Don Bosco educatore e animatore spirituale.
A. GIRAUDO, «Sacra Real Maestà». Considerazioni intorno ad alcuni inediti di don Bosco, in «Ricerche Storiche Salesiane» 13 (1994) 267-313.
P. BRAIDO, Don Bosco per la gioventù povera e abbandonata in due inediti del 1854 e del 1862, nel vol. Don Bosco nella Chiesa a servizio dell'umanità. Roma, LAS 1987, pp. 13-81.
F. MOTTO, I «Ricordi confidenziali ai direttori» di Don Bosco, RSS 3 (1984) 125-166.
A. FERREIRA DA SILVA, Il dialogo tra Don Bosco e il maestro Francesco Bodrato, RSS 3 (1984) 375-387.
J. BORREGO, Recuerdos de San Juan Bosco a los primeros misioneros, RSS 3 (1984) 167-208.
GIOVANNI (s.) Bosco, Il sistema preventivo nella educazione della gioventù. Introduzione e testi critici a cura di Pietro Braido, RSS 4 (1985) 171-321. [Vi è presente anche il testo del sistema preventivo applicato tra i giovanetti pericolanti del 1878, pp. 300-304].
P. BRAIDO, Il «sistema preventivo» in un «decalogo» per educatori, RSS 4 (1985) 131-148.
J.M. PRELLEZO, Dei castighi da infliggersi nelle case salesiane. Una lettera circolare attribuita a don Bosco, RSS 5 (1986) 263-308.
P. BRAIDO, La lettera di Don Bosco da Roma del 10 maggio 1884, RSS 3 (1984) 295374.
E MOTTO, Memorie dal 1841 al 1884-5-6 pel sac. Gio. Bosco a' suoi figliuoli salesiani. [Testamento spirituale], RSS 4 (1985) 73-130.
Bosco (s.) GIOVANNI, Scritti sul sistema preventivo nell'educazione della gioventù. Introduzione, presentazione e indici alfabetico e sistematico a cura di P. BRAIDO. Brescia, La Scuola 1965, LVII-668 p.
Bosco Giovanni, Scritti spirituali. Introduzione, scelta dei testi e note a cura di Joseph Aubry, 2 vol. Roma, Città Nuova 1976, 258+356 p.
San Juan Bosco, Obras fundamentales. Edición dirigida por Juan Canals Pujol y Antonio Martinez Azcona. Estudio introductorio de Pedro Braido. Madrid, Biblioteca de Autores Cristianos 1978, XXXII-831 p.
P. BRAIDO, L'esperienza pedagogica preventiva nel sec. XIX. - Don Bosco, in Esperienze di pedagogia cristiana nella storia, vol. II: Sec. XVII-XIX. Roma, LAS 1981, pp. 271-401.
Introduzione 21
P. BRAIDO, L'esperienza pedagogica di don Bosco. Roma, LAS 1989 (presso la medesima editrice sono apparse le edizioni francese, inglese, spagnola).
P. BRAIDO, Il progetto operativo di Don Bosco e l'utopia della società cristiana. Roma, LAS 1982.
P. BRAIDO (a cura), Don Bosco nella Chiesa a servizio dell'umanità. Studi e testimonianze. Roma, LAS 1987.
P. BRAIDO, Don Bosco per i giovani: L'«oratorio» - Una «Congregazione degli oratori». Roma, LAS 1988.
F. DESRAMAUT, Don Bosco et la vie spirituelle. Paris, Beauchesne 1967. F. DESRAMAUT, Don Bosco en son temps (1815-1888). Torino, SEI 1996.
Don Bosco e la sua esperienza pedagogica: eredità, contesti, sviluppi, risonanze,
a cura di C. Nanni, in «Orientamenti Pedagogici» 36 (1989) 1-241.
Don Bosco nella storia della cultura popolare, a cura di F. Traniello. Torino, SEI 1987.
Don Bosco nella storia. Atti del 1° Congresso Internazionale di Studi su Don Bosco (Università Pontificia Salesiana - Roma, 16-20 gennaio 1989), a cura di M. Midali. Roma, LAS 1990.
Éducation et pédagogie chez Don Bosco. Colloque interuniversitaire, Lyon, 4-7 avril 1988. Paris, Editions Fleurus 1989.
R. FARINA, Leggere Don Bosco oggi. Note e suggestioni metodologiche, in La formazione permanente interpella gli Istituti religiosi. Leumann (Torino), LDC 1976, pp. 349-404.
J.M. PRELLEZO, Valdocco nell'Ottocento tra reale e ideale (1866-1889). Documenti e testimonianze. Roma, LAS 1992.
P. STELLA, Gli scritti stampa di S. Giovanni Bosco. Roma, LAS 1977.
P. STELLA, Don Bosco nella storia della religiosità cattolica, vol. I: Vita e opere. Roma, LAS 1979'; vol. II: Mentalità religiosa e spiritualità. Ibid, 1981; vol. III. La canonizzazione (1888-1934). Ibid. 1988.
P. STELLA, Don Bosco nella storia economica e sociale (1815-1870). Roma, LAS 1980.
Tra maggio e giugno 1863 don Bosco, a seguito di un'ispezione dell'autorità scolastica al suo ginnasio di Torino-Valdocco e di un colloquio chiarificatore con Michele Amari (1806-1889), alla P.I. dal 1862 al 1864, scriveva al ministro a proposito di alcuni suoi scritti: «(...) le dirò che fra i diversi libri fatti stampare col mio nome annovi la Storia Sacra, Storia Ecclesiastica, e la Storia di Italia. Queste tre operette furono scritte sotto gli occhi e colla revisione del Governo. Ne portava copia a tutte le autorità di ogni edizione appena terminata; e siccome il mio scopo, ognuno può vederlo in tutti i capi, di infondere pensieri morali e condurre il giovane lettore alla considerazione delle legge divina, che obbliga ogni uomo all'osservanza della legge umana, così non ebbi che parola di incoraggiamento».'
C'è qualche forzatura in ciò che afferma don Bosco, maestro della «captatio benevolentiae». Tra l'altro è certo che le sue Storie, in particolare sacra ed ecclesiastica, perseguono anzitutto scopi religiosi, prettamente catechistici e apologetici? Restano inclusi, naturalmente, anche aspetti morali e civili. Per la Storia sacra lo sottolinea pure un anonimo recensore ne «L'Educatore Primario», quando la definisce «veramente operosa. Imperocché oltre lo stimolo alla virtù e 1' abborrimento del vizio che scorgesi in ogni pagina, si vede che l'uomo dabbene deve unire alla virtù il lavoro».
Nella seconda edizione (1853) di quest'opera fortunata (ebbe più di un centinaio di edizioni in lingua italiana e varie decine di ristampe, e molteplici traduzioni in lingue estere) si avverte una marcata attenzione «teologica» alla storia della salvezza, «il fine provvidenziale de' Sacri Libri essendo stato di mantenere negli uomini viva la fede nel Messia»?
1 Em I 585,
2 A proposito della Storia ecclesiastica, P. Stella osserva: «Don Bosco, mentre sta al tavolo per compilare la sua Storia non ha davanti ecclesiastici o laici colti, ma ragazzi di scuole pubbliche, di collegi o di seminari, giovanotti artigiani desiderosi d'apprendere nelle scuole serali (...). Don Bosco (...) non sceglie brani sulle relazioni tra Pontefici e imperatori o su eretici in lotta con cattolici ortodossi, ma episodi edificanti, ritratti agiografici, miracoli e atti virtuosi che costellano le vicende della Chiesa, ne mostrano il "progresso" (è il suo termine) e "come essa in mezzo a tanti contrasti siasi propagata e conservata". Più che il Loriquet (e il Lhomond, da cui il Loriquet deriva), Don Bosco si chiede quali santi fiorirono nella Chiesa, quali opere di carità si sono promosse (...)» (P. STELLA, Don Bosco nella storia della religiosità cattolica, vol. I, p. 230).
3 Cfr. N. CERRATO, La catechesi di Don Bosco nella sua storia sacra. Roma, LAS 1979, pp. 71-80.
26 Pietro Braido
L'ispirazione alla «pietà» appare poi ancor più accentuata ne Il giovane provveduto, che vuol essere esplicitamente libro di preghiera e «metodo cristiano di vita».4
Ma elementi «teologici» circa la disponibilità dell'età giovane all'educazione morale e religiosa sono pure contenuti nel breve testo ricavato da un Piano di regolamento databile al 1854.
Queste medesime intenzioni si ritrovano nella Storia d'Italia, che per l'oggetto avrebbe dovuto privilegiare piuttosto le componenti laiche. Invece, «nelle storie di Don Bosco, come in quelle dei suoi principali modelli, più che un tessuto organico degli avvenimenti si trovano episodi e personaggi; e la narrazione limpida, a cui Don Bosco si era ormai da un decennio allenato e che risulta realmente adattata all'intelligenza di coloro ai quali si rivolge. Sono pagine di un educatore che narra. Per quanto non sia estranea la preoccupazione della veridicità e della fondatezza di ciò che presenta, la sua cura dominante è di ammaestrare, di presentare i fatti "più fecondi di moralità e di utili ammaestramenti", studiando, come il Parravicini, di far scaturire l'insegnamento morale dalla stessa esposizione dei fatti, evitando le "discussioni politiche" (che invece permeavano altri manuali specialmente ghibellini), e rimarcando invece il senso religioso della storia, così come aveva imparato a fare compilando la storia sacra e quella ecclesiastica: rilevando cioè come Dio governa i fatti umani, come il bene e il male sono rimunerati anche in questa vita, come Gesù Cristo è il Messia, il capo, il giudice, il rimuneratore e la ricompensa di tutti i buoni».5
Ne sono già eco fedele e via via più matura le notizie e le «cronache» che appaiono nelle Letture di famiglia di L. Valerio nel 1846 e, lungo il 1849, nei due giornali cattolici, L'Armonia e Il Conciliatore Torinese per sollecitudine, rispettivamente, dei teologi Guglielmo Audisio e Lorenzo Gastaldi e nella rivista pedagogica Giornale della Società d'istruzione e d'educazione, in una Cronichetta redatta da C. Danna. È un indizio significativo che l'opera incipiente di don Bosco è percepita molto vicina alle istanze di una elevazione morale e civile degli strati popolari e di una programmata e generalizzata educazione di base, di cui tali periodici sono vivaci promotori.'
4 Il giovane provveduto per la pratica de' Suoi Doveri degli esercizi di cristiana pietà... Torino, tip. Paravia e comp. 1847, OE II 185-532.
P. STELLA, Don Bosco nella storia della religiosità cattolica, vol. I, pp. 231-232. Questo modo di vedere si colloca in una prospettiva storico-teologica più ampia: cfr. P. STELLA, Don Bosco nella storia della religiosità cattolica, vol. II, cap. IV Storia e salvezza, p. 59-100.
G. Bosco, Frammenti e documenti 27
Le prefazioni dei libri di don Bosco sono ricavate dalle seguenti edizioni:
Storia ecclesiastica ad uso delle scuole utile per ogni ceto di persone dedicata all'Onorat... Signore F. Ervé de la Croix provinciale dei Fratelli D.I.D.S.C. compilata dal sacerdote B.G. Torino, tip. Speirani e Ferrero 1845, pp. 7-12 - OE I 165-170.
Storia sacra per uso delle scuole utile ad ogni stato di persone arricchita di analoghe incisioni compilata dal sacerdote Giovanni Bosco. Torino, dai
tipografi-editori Speirani e Ferrero 1847, pp. 5-8 - OE III 5-8.
Storia sacra per uso delle scuole utile ad ogni stato di persone arricchita di analoghe incisioni compilata dal sacerdote Giovanni Bosco. Edizione 2" migliorata. Torino, dai tipografi-editori Speirani e Tortone 1853, pp. 3-6.
Il giovane provveduto per la pratica de' suoi doveri degli esercizi di cristiana pietà... Torino, tip. Paravia 1847, pp. 5-8 - OE II 185-188.
La storia d'Italia raccontata alla gioventù da' suoi primi abitatori sino ai nostri giorni corredata da una Carta Geografica d'Italia dal Sacerdote Bosco Giovanni. Torino, tip. Paravia 1855, pp. 3-5 - OE VII 3-5.
Si aggiungono alcune indicazioni bibliografiche a beneficio di chi volesse leggere e interpretare le prefazioni, riprodotte nel volume, in rapporto alle opere, da cui sono estratte.
P. BRAIDO, Stili di educazione popolare cristiana alle soglie del 1848, nel vol. Pedagogia fra tradizione e innovazione. Milano, Vita e Pensiero 1979, pp. 383-404.
A. CAVIGLIA (ed.), Opere e scritti editi e inediti di «Don Bosco»:
Vol. I, Parte I Storia sacra. Torino, SEI 1929. Nota introduttiva: La «Storia sacra» e la «Storia ecclesiastica» nell'idea e negli scritti di Don Bosco, pp. VII-LI.
Vol. I, Parte II Storia ecclesiastica. Torino, SEI 1929. Nota preliminare: Gli originali superstiti degli scritti di Don Bosco sulla storia ecclesiastica, pp. VII-XXIV e pp. 5-8.
Vol. III La storia d'Italia. Torino, SEI 1935. Discorso introduttivo: La storia d'Italia capolavoro di Don Bosco, pp. IX-CVI.'
6 Cfr. A. GAMBARO, Movimento pedagogico piemontese nella prima metà del secolo XIX, in «Salesianum» 12 (1950) 215-228; R. BERARDI, Scuola e politica nel Risorgimento.L'istruzione del popolo dalle riforme carloalbertine alla legge Casati (1840-1859). Torino 1982; G. CHIOSSO, L'oratorio di don Bosco e il rinnovamento educativo nel Piemonte carloalbertino, nel vol. Don Bosco nella Chiesa a servizio dell'umanità. Roma, LAS 1987, pp. 83116, in particolare pp. 109-112; G. CHIOSSO, Popolarità e modernità nella esperienza pedagogica di don Bosco, in «Orientamenti Pedagogici» 36 (1989) 77-99.
' Sui lavori di A. Caviglia vanno tenute presenti alcune precisazioni di P. Stella: «È ovvio che la Storia ecclesiastica ad uso delle scuole (1845) non deve essere paragonata alla Storia ecclesiastica del Fleury e nemmeno con le storie similari del Bercastel, del Rohrbacher, del Ddllinger o con il Corso del Salzano. Cfr. Bibliografia delle opere riconosciute o citate come fonte o modello per la "Storia d'Italia" di Don Bosco, in CAVIGLIA, Discorso introduttivo,p. C-CVI. Purtroppo vi sono lacune, non poche imprecisioni e aporie. Con l'appellativo di anonimi mariettiani sono presentati e confusi gli opuscoli del gesuita Loriquet e gli altri, compilati sul Rollin, e manipolati, secondo il SOMMERVOGEL, dai gesuiti Acacio SARACINELLI e Paolo BEORCHIA (Biblioth. de la Comp. de Jésus, I, cl. 1317); non è segnalata la Serie di biografie contemporanee per L. C., Torino, De-Agostini 1853, 2 vol., fonte per il profilo del Pellico e per quello del Manzoni, di cui il Caviglia cercò invano il modello (o.c., p. 579). L'edizione del Giannetto usata da DB non è certamente quella torinese del 1838 (CAVIGLIA, o.c., p. CII), ma con molta probabilità quella più volte ristampata di Livorno. Quanto al Lamé-Fleury, il dettato di DB è più vicino alla traduzione del Piucco, che non a quelle del Mellini e del Galeffi. Del Bérault-Bercastel DB non adoperò l'edizione di Venezia del 1793-1805 e nemmeno quella di Firenze 1842-46, ma la torinese del 1831-1835... Quanto alla Storia ecclesiastica di DB, Don Caviglia non ha fatto nessun apparato relativo alle fonti» (P. STELLA, Don Bosco nella storia della religiosità cattolica, vol. I, p. 230, testo e n. 7).
28 Pietro Braido
N. CERRATO, La catechesi di Don Bosco nella sua storia sacra. Roma, LAS 1979.
P. STELLA, Valori spirituali nel «Giovane provveduto» di San Giovanni Bosco. Roma 1960.
L'intento educativo dei primi più importanti libri di don Bosco, «utili per ogni ceto (o stato) di persone», ma in primo luogo per la gioventù, viene esplicitamente integrato dalla «prevenzione sociale». Essa viene evidenziata da don Bosco stesso e da un suo ammiratore e amico, il can. Ottavio Moreno, che è emotivamente e professionalmente coinvolto nel problema della «gioventù abbandonata».
La prima serie di documenti è conclusa dalla relazione, di difficile collocazione, di una «conversazione pedagogica» tra don Bosco e il ministro Urbano Rattazzi nel 1854. La redazione, però, risale a un tempo molto lontano dall'evento. Oltre tutto, alcuni concetti — in particolare le formule «sistema preventivo», «sistema repressivo» — appaiono premature nel 1854. Don Bosco, così fedele alle massime brevi ed azzeccate, non le avrebbe lasciate cadere nell'oblio per ventitre anni. Esse tradiscono semplicemente la familiarità del redattore, don Bonetti, con le pagine del 1877. Tutto il resto, però, poteva essere detto in qualsiasi altro tempo, soprattutto in una conversazione con un ministro della giustizia impegnato nella riforma dell'ordinamento giudiziario e del codice penale, com'è indicato più avanti.
Il testo può fare significativamente da ponte tra i documenti della prima e della seconda sezione della raccolta antologica, rappresentando — con il riferimento ai ragazzi difficili e al carcere — la sintesi di ambedue gli aspetti dell'azione «preventiva», educativa e sociale, nel caso primaria e terziaria.
G. Bosco, Frammenti e documenti 29
Dedicatomi da più anni all'istruzione della gioventù, bramoso di porgere alla medesima tutte quelle più utili cognizioni, che per me fosse possibile, feci ricerca d'un breve corso di Storia Sacra principal
mente, ed Ecclesiastica, che fosse alla sua capacità adattato. 5
Lessi quelle spettanti al vecchio e nuovo Testamento, le quali già corrono con gran vantaggio per le mani dei giovanetti, e ne rimasi pienamente soddisfatto. Venuto poi alla Storia ecclesiastica non potei essere appagato.
Imperciocchè ne trovai bensì molte; ma esse sono o troppo volu- 10 minose, o si estendono più del dovere nella Storia profana; alcune si possono chiamar piuttosto dissertazioni polemiche sui fasti della Chiesa; altre finalmente sono tradotte da lingue straniere e pigliano il nome di Storie parziali, e non universali, e quel che non potei osservare senza indignazione, si è che certi autori pare che abbiano rossore di 15 parlar dei Romani Pontefici e dei fatti più luminosi che direttamente alla S. Chiesa riguardano.
4-8 «Al primo annunzio di un novello corso di Storia Sacra dirà taluno essere questa fatica affatto inutile, trovandosi nello svariato numero di edizioni e di autori già onde soddisfare ogni condizione di persone. Lo stesso pareva anche a me; ma postomi a farne l'esame ne fui disingannato» — Storia sacra (1847), prefazione, p. 5. — «Io non intendo qui di fare passare a scrutinio tutte le Bibbie che a noi pervengono tradotte da lingue straniere, io solamente intendo quelle stampate senza l'originale, le quali sono ridotte in compendio per uso della gioventù. E poiché queste sono molte io mi ristringo a dar un cenno delle più accreditate quali si vogliono: La Storia Sacra dello Schmid che porta il titolo Racconti cavati dalla Sacra Scrittura, e la Storia Sacra ad uso delle case di educazione stampata da Marietti, 1847. Una storia sacra destinata per le scuole par-mi che debba rigorosamente avere queste tre qualità: 1 verace, 2 morale, 3 riserbata (...). Questi tre caratteri fondamentali mancano nelle storie di cui parliamo — Avvertenza intorno all'uso da farsi nelle scuole delle Storie sacre tradotte da lingue straniere» [A. CAVIGLIA], Opere e scritti editi e inediti di «Don Bosco» I, 1, pp. 17-18.
14-17 «La Chiesa(...) è la congregazione di tutti quelli che professano la fede e la dottrina di Gesù Cristo, e son governati da un Capo Supremo, che è il Vicario di lui in terra» — Storia ecclesiastica, p. 14 — «Così ascese al cielo Gesù Cristo(...) Egli deputò s. Pietro per governare la sua Chiesa, e da questo punto prende cominciamento la Storia Ecclesiastica» – Storia sacra, p. 206. — «E Una, perché i veri cattolici(...) dipendono tutti da un solo capo, che è il Romano Pontefice, il quale, a guisa di padre universale, regola e governa tutta la cattolica famiglia(...) il Romano Pontefice, il quale come padre di una grande famiglia, guidò pel passato, e guiderà per l'avvenire tutti i buoni credenti suoi figli pel sentiero della verità sino alla fine dei secoli» Il giovane provveduto (18512, p. 324 – Fondamenti della cattolica religione).
30 Pietro Braido
Perciò mosso dal bisogno, e dalle istanze di molte zelanti ed autorevoli persone mi sono impegnato a compilare il presente compendio 20 di Storia Ecclesiastica.
Ho letto tutte quelle che ho potuto avere scritte in lingue nostrali, o straniere, ed ho ricavato da ognuna quei sentimenti, e quelle espressioni che sono più italiane, semplici secondo la capacità di un giovanetto. I fatti del tutto profani o civili, aridi, o meno interessanti, oppure 25 posti in questione li ho affatto tralasciati, o solamente accennati; quelli poi che mi parvero più teneri, e commoventi gli ho trattati più circostanziatamente, affinché non solo l'intelletto venga istruito, ma il cuore eziandio provi tali affetti da rimanere non senza gran giovamento spirituale compreso.
30 Per chiunque nacque, e fu educato nel grembo della cattolica re
ligione, parmi non possa esservi cosa più necessaria, e che tornar possa ad un tempo più gradevole, che quella Storia, la quale espone il principio, e il progresso di questa religione, e fa chiaro come essa in mezzo a tanti contrasti siasi propagata e conservata.
35 Perché più facilmente si possa percepir quanto di più importante vi
si contiene, l'ho divisa in epoche, il tutto esponendo in forma di dialogo. E ciò feci tutto col consiglio di prudenti persone.
Benedica dunque il Cielo questa tenue fatica, il cui scopo si è di accrescere la gloria di Dio, e di agevolare l'avanzamento nella cognizione 40 di quella Storia, che di tutte, dopo la Sacra, è la più commendevole, e sia dal Ciel benedetto quel cortese lettore che vorrà giovarsene.
21-22 «È ovvio che la Storia ecclesiastica ad uso delle scuole (1845) non deve essere paragonata alla Storia ecclesiastica del Fleury e nemmeno con le storie similari del Bercastel, del Rohrbacher, del Di:Munger o con il Corso del Salzano. Don Bosco(...) sott'occhio e a portata di mano colloca i manualetti di Jean-Nicolas Loriquet (17671845), tradotti in italiano, editi dal Marietti, anch'essi con il sottotitolo "ad uso della gioventù". Dove integra o sostituisce, Don Bosco assume in generale dal Bercastel» P. STELLA, Don Bosco nella storia della religiosità cattolica I, p. 230.
32-34 «La storia Ecclesiastica altro non è, che la narrazione di quei fatti che furono avversi o favorevoli alla Chiesa dalla sua fondazione sino ai nostri tempi» – Storia ecclesiastica, p. 13, cfr. pp. 387-388.
G. Bosco, Frammenti e documenti 31
Libri utili +
Storia ecclesiastica ad uso delle scuole, utile per ogni ceto di persone, dedicata all'onoratissimo sig. E Ervè de la Croix provinciale dei fratelli D.I.D.S.C. compilata dal sacerdote B.G. Torino, Tip. Speirani e Ferrero 1845.
Un nuovo e utilissimo libro, che ha pur esso di mira la educazion dei fanciulli, è uscito alla luce in questi ultimi giorni: è questo una storia ecclesiastica. Il dotto e buon sacerdote, autore della medesima che per modestia non volle onorarla del suo nome, vedendo con rincrescimento nella dovizia delle voluminose storie ecclesiastiche la mancanza di un libro elementare, che desse conto del nascere, del crescere e infine del giganteggiare maraviglioso della chiesa di Gesù Cristo, si accinse egli stesso a riempir questo vuoto con dettarne uno, il quale scartando la parte politica, la polemica, e tutto ciò che non tocca assai da vicino la religione, comprendesse il racconto delle cose principalissime.
Convinto egli del gran principio educativo, doversi cioè illuminare la mente per rendere buono il cuore, tutta aggirò la narrazione su questo perno. Quindi molte cose le accennò appena, altre le tacque affatto e intorno ad alcune assai più si diffuse, che ad un compendio non convenisse. Del che non pure non gliene diamo taccia, anzi gli diamo lode di saviezza e di buon giudizio. Vero è che alcune mende altri vi può trovare: ma qtiale delle umane opere ne va netta e scevra? Il periodo scorre schietto e facile, la lingua è abbastanza pura, vi è qualche volta forza di eloquenza; dappertutto poi è sparsa unzione, che dolcemente ti commuove e ti alletta al bene. — Questo prezioso libretto è uscito dai tipi di Speirani e Ferrero, la edizione è economica, quantunque ornata di incisioni e con caratteri assai nitidi e belli.
Sac. prof. RAMELLO'
+ «L'Educatore Primario. Giornale d'educazione ed istruzione elementare» 1 (1845) N° 34, 10 dicembre, p. 575'.
' Giuseppe Luigi RAMELLO, sacerdote, n, a Bra nel 1820, m. a Torino nel 1861, ispettore delle scuole elementari a Susa, promotore di numerose scuole serali nella città e zona di Pinerolo, professore di Metodo a Voghera, fu anche professore di grammatica nelle scuole dell'Oratorio di don Bosco nell'anno 1857-1858: cfr. «L'Educatore. Giornale di educazione ed istruzione» 4 (1848) marzo, pp. 173-178; «Giornale della Società d'istruzione e d'educazione» I (1849), p. 120 e 2 (1850), p. 476.
2 «L'Educatore Primario» (1845-1846), diretto da A. Fecia, coadiuvato da validi uomini di scuola, tra cui V. Troya e V. Garelli, usciva presso Paravia tre volte al mese (il 10, 20 e 30) in fascicoli di 16 pagine. Era destinato a insegnanti e a quanti si sentivano impegnati nella diffusione dell'istruzione e educazione morale, religiosa, culturale nelle scuole infantili, domenicali, serali, primarie tra il popolo, cioè tra la gente di campagna e, nella città, tra gli addetti ad attività artigianali; scopo: «dare alla nostra patria una gioventù istrutta e religiosa», ad opera di persone moralmente e pedagogicamente qualificate, poiché «educati maestri sapranno essi alla lor volta educare il popolo».
G. Bosco, Frammenti e documenti 33
Una lettera al marchese Michele Benso di Cavour
Eccellenza,
la parte che l'Eccellenza Vostra prende in tutto ciò che riguarda al buon ordine pubblico, civile e morale, mi fa sperare che non Le torni discaro un ragguaglio sopra di un nostro Catechismo, che ha di mira il bene della gioventù e di cui Ella stessa dimostrò più volte prenderne parte favorevole.
Questo Catechismo fu incominciato tre anni sono nella Chiesa di San Francesco d'Assisi e, benedicendo il Signore l'opera sua, i giovani intervennero sino al numero di cui erane il luogo capace. Allorché poi l'anno 1844 per cagion d'impiego mi sono andato a ristabilire alla Pia Opera del Rifugio, quei buoni giovanetti continuarono recarsi qua per la loro spirituale istruzione. Fu appunto in quel tempo che, di concerto con il signor teologo Borelli e don Pacchiotti, abbiamo presentato una memoria a Monsignor Arcivescovo, che ci autorizzò a convertire una nostra camera in Oratorio, dove si faceva il Catechismo, si udivano le confessioni, si celebrava la Santa Messa pei sovra accennati figliuoli.
Ma cresciuto il loro numero, né potendo più essere ivi contenuti, abbiamo supplicato gli Illustrissimi Signori di Città a tal oggetto, e ci venne riscontrato con autorizzazione di poter traslocare il nostro Catechismo nella Chiesa di San Martino presso ai Mulini della Città. Là il concorso dei ."giovani fu grande e sovente oltrepassava i duecento cinquanta.
Senonché anche da questa Chiesa siamo stati dai Signori Sindaci della Città prevenuti dover il nostro Catechismo altrove traslocarsi pel prossimo gennaio, senza che ci venisse accennato il motivo. L'imbroglio per noi era grande, abbandonare l'opera incominciata che pa
+ G. Bosco, Epistolario. Introduzione, testi critici e note, a cura di Francesco Motto, vol. I (1835-1863). Roma, LAS 1991, pp. 66-68.
' Intervento di don Bosco in prima persona presso il marchese Michele Benso di Cavour, Vicario di Città, per il trasferimento dell'Oratorio nella casa Pinardi nella zona periferica di Valdocco, nel Borgo Dora. Michele Benso, marchese di Cavour (1781-1850), padre di Gustavo e Camillo, dal 1819 è decurione di città a Torino e dal 1833 uno dei sindaci. Nel 1835 è nominato Vicario di Città (o di Polizia) e vi rimane fino al 1848. Il testo della lettera era stato pubblicato da G. Bracco nel suo saggio Don Bosco e le istituzioni, inserito nel vol. Torino e don Bosco, Parte prima, a cura di G. Bracco (Torino, Archivio Storico della Città di Torino 1989), pp. 126-128.
34 Pietro Braido
reva sì buona ci rincresceva, solo Sua Eccellenza il Conte di Collegno dopo d'aver parlato con Lei ci confortava proseguire.
Durante quest'inverno l'abbiamo fatto parte in nostra casa e parte in varie camere prese a pigione. Finalmente la settimana corrente siamo venuti a trattativa di un sito col signor Pinardi, con cui fu pattuita la somma di franchi ducento ottanta per una camera grande, che può servire di Oratorio, più altre due camere con sito aderente. Questo luogo ci sembra essere conveniente, sia perché trovasi molto vicino al Rifugio, come anche per essere in un posto affatto distante da ogni Chiesa e vicino a parecchie case; resta solo che Ella ci manifesti se vada bene in ciò che concerne alla società civile ed esteriore.
Lo scopo di questo Catechismo si è di raccogliere nei giorni festivi quei giovani che, abbandonati a se stessi, non intervengono ad alcuna Chiesa per l'istruzione, il che si fa prendendoli alle buone con parole, promesse, regali e simili. L'insegnamento si riduce precisamente a questo: 1° Amore al lavoro — 2° Frequenza dei Santi Sacramenti 3° Rispetto ad ogni superiorità — 4° Fuga dai cattivi compagni.
Questi principii che noi ci studiamo d'insinuare destramente nel cuore dei giovani hanno prodotto effetti meravigliosi. Nello spazio di tre anni più di venti abbracciarono lo stato religioso, sei studiano il latino per intraprendere le carriera ecclesiastica, molti altri ridotti a buoni sentimenti frequentano le loro rispettive parrocchie. Il che è molto considerevole attesa la qualità dei giovani, i quali comunemente sono all'età da dieci a sedici anni, senza principii di religione e di educazione, la maggior parte in preda ai vizii e in procinto di dar motivo di pubbliche lagnanze o di essere posti nei luoghi di punizione.
Ella ha un cuor buono e amante di tutto quello che ridonda al pubblico bene civile e morale; laonde la preghiamo a voler proteggere queste nostre fatiche, le quali, come ben vede, non tendono già ad alcuna ombra di lucro, ma solo a guadagnar anime al Signore.
Le spese che dobbiam fare per fornire di quanto ricercasi il luogo accennato sono molte; abbiamo già il prelodato Conte Collegno che si offrì nostro benefattore, il quale ci diede annuenza di manifestarlo a Vostra Eccellenza, a cui avrebbe poi egli stesso tenuto dettagliato discorso. Qualora poi Ella desiderasse di parlare con me e con i miei colleghi saremmo pronti ad ogni di Lei cenno, e sarebbe nostro ansioso desiderio.
Nell'atto poi che Lo prego d'aver per buona la libertà che mi son
G. Bosco, Frammenti e documenti 35
presa, Le auguro ogni bene dal Signore e mi reputo al più grande onore il potermi dire colla più perfetta stima e col più profondo rispetto.
di Vostra Eccellenza umilissimo
e obbligatissimo servitore
sacerdote Bosco Gioanni
Direttore spirituale al Rifugio
Torino li 13 marzo 1846.
Riscontrare.
Aver io parlato con S.E. Rev. Monsignor Arcivescovo e col Conte Colegno che nessun dubio può esservi del vantaggio di un Catechismo e che riceverò volentieri il sig. sacerdote Bosco lunedì 30 al Ufficio alle due vespertine.
28 marzo
Benso di Cavour.
2 Il tono della risposta e gli esiti positivi dell'incontro possono legittimare qualche dubbio sulla totale oggettività di quanto don Bosco scrive nel Cenno storico (si veda più avanti alle pagine 119-120).
36 Pietro Braido
Scuole e solazzi domenicali pei poveri.
Lettera al Direttore delle Letture.
Vengo in fretta con queste mie poche linee a notificare alla S.V. come già in parte il suo santissimo voto (pubblicato nel n° 21) perchè i molti figli cenciosi vengano anche nella nostra Torino raccolti ed istrutti, sia stato eseguito fino dal cominciar di questo anno mercè di una piccola società di giovani sacerdoti.'
Presero essi ad affitto due piccole case con giardino attiguo; l'una di queste case è posta poco distante dal Rifugio della marchesa di Barolo fuori porta Palazzo, e l'altra è situata verso Po, e, se non sbaglio, nel nuovo sobborgo detto di Vanchiglia.
+ «Letture di famiglia. Giornale settimanale di educazione morale, civile e religiosa» 5 (1846), N° 25, 20 giugno, p. 196 (Annali dell'italiana beneficenza LXVIII).'
' Le Letture di famiglia sorgono sulle ceneri delle Letture popolari, iniziate nel 1837 e soppresse per decisione del Lazzari, il 27 marzo 1841. Esse sono pubblicate settimanalmente presso l'editore Pomba con lo scopo di offrire letture, informazioni, proposte e progetti utili alle classi meno agiate e colte per una loro decisa elevazione morale e civile; i contenuti pedagogici in funzione di una più estesa organizzazione dell'istruzione popolare appaiono spesso apprezzabili, con contributi di V. Troya, C. Bon-Compagni, I. Petitti, G.E Baruffi, ecc. Nel frontespizio di ciascun fascicolo campeggia il motto «L'ignoranza è la massima e la peggiore delle povertà», costellato da una duplice serie di parole chiave, che definiscono la «mente» del periodico: «Religione, Associazione, Educazione, Moralità — Istruzione, Lavoro, Previdenza, Beneficenza». Anch'esse finirono per soppressione, decretata il 27 maggio 1847 in seguito ad un articolo ritenuto offensivo per la Compagnia di Gesù scritto da un certo avv. Paolo Alda. Cfr. F. LEMMI, Censura e giornali negli stati sardi al tempo di Carlo Alberto. Torino, Società Subalpina Editrice 1943, pp. 35-56. Ad esse accenna, negativamente, il conte C. Solaro della Margherita nel suo Memorandum storico-politico, cap. XI, num. XIII (Torino, Speirani e Tortone 1851, pp. 281-282).
Fondatore e direttore delle Letture popolari e delle Letture di famiglia è Lorenzo Valerio (Torino 1810-Messina 1865), imprenditore, pubblicista e politico. Direttore di una manifattura di seta si allontanò nel 1831 dal Piemonte per le sue idee liberali, facendo un lungo viaggio in Francia, Germania, Ungheria, Russia. Rientrato in patria nel 1835 assunse la direzione di un setificio ad Agliè nel Canavese, dove fondò un asilo aportiano, il primo in Piemonte. Con la proclamazione dello Statuto divenne nel 1848 uno dei capi della sinistra democratica, dirigendo prima La Concordia e poi Il Progresso e Il Diritto, sedendo ininterrottamente al parlamento subalpino come deputato. Tenace oppositore di Cavour, nel 1860 accettò da lui la nomina a commissario regio nelle Marche. Senatore del regno nel 1862, fu nominato ne] 1865 prefetto di Messina, morendo pochi mesi dopo.
I sacerdoti, che lavoravano autonomamente nella rispettiva opera, sono, da una parte, Don Bosco e i cappellani del Rifugio, teol. Giovanni Borel (1801-1873) e don Sebastiano Pacchiotti (1806-1884), dall'altra, don Giovanni Cocchi (1813-1896), vice-curato dell'Annunziata, che già dal 1840 aveva aperto un oratorio nel sobborgo Vanchiglia.
G. Bosco, Frammenti e documenti 37
In queste due case accorrono in gran folla in tutti i giorni festivi i veri cenciosi, i veri biricchini di Torino, e fa stupire veramente il vedere con quale amore e con quanta allegrezza v'intervengano, e con quale modesto ed esemplare contegno vi stieno.
E che fanno di bello, in tali nuovi asili tutti questi giovani venditori di zolfanelli fosforici, di biglietti di lotteria ecc. ecc., di apprendisti, di garzoni, di servi, d' ogni genere insomma di mestieri e d'industria? Ecco quello che fanno o almeno quello che loro tanto caritatevolmente si fa.
Primieramente si fa loro, da fervidi sacerdoti, una breve istruzione religiosa, si cantano salmi o divote laudi, quindi si danno loro lezioni di educazione, di moralità, e in ultimo quivi vengono pure loro somministrati diversi mezzi di ricreazione (in quella di Po vi è pur anche l'esercizio della ginnastica), e talvolta vien pur loro donata qualche cosa di merenda.
Io non mi estendo di più, ma la S.V. potrà benissimo prendere informazioni di questa nuova filantropica e caritatevole istituzione tutta dovuta allo zelo del Clero torinese; e quando sentisse volontà di parlarne in quell'ottimo suo Giornale, a cui auguro eterna vita (insiememente ai suoi compilatori), bramerei che si facesse raccomandazione vivissima onde altre di simili case si aprano in diverse posizioni di questa città...
NOTA
Noi, poichè ci accertammo della verità delle cose contenute in questa lettera, di cui ci duole ignorare il nome dello scrittore, ne assumiamo volentieri la responsabilità. Più tardi le Letture parleranno distesamente di cotesta nuova istituzione, che cotanto onora il Clero torinese.'
I Compilatori
Le «Letture» non ne hanno più parlato. Il periodico veniva soppresso di autorità nel maggio del 1847.
38 Pietro Braido
ALLA GIOVENTÙ
Due sono gl'inganni principali, con cui il demonio suole allontanare i giovani dalla virtù. Il primo è far loro venir in mente che il servire al Signore consista in una vita malinconica e lontana da ogni di-5 vestimento e piacere. Non è così, giovani cari. Io voglio insegnarvi un metodo di vita cristiano, che sia nel tempo stesso allegro e contento, additandovi quali siano i veri divertimenti e i veri piaceri, talché voi possiate dire col santo profeta Davidde: serviamo al Signore in santa allegria: servite Domino in laetitia. Tale appunto è lo scopo di questo io libretto, servire al Signore e stare sempre allegri.
L'altro inganno è la speranza di una lunga vita colla comodità di convertirsi nella vecchiaia od in punto di morte. Badate bene, miei figliuoli, molti furono in simile guisa ingannati. Chi ci assicura di venir
3-5 «Ma (taluni diranno) se cominciamo al presente a servire il Signore, diventiamo malinconici. Non è vero, sarà malinconico colui che serve il demonio (...). Chi più affabile e più gioviale di s. Luigi Gonzaga? Chi più lepido e più allegro di s. Filippo Neri? Nondimeno la loro vita fu una continua pratica di ogni virtù. Coraggio, adunque, miei cari, datevi per tempo alla virtù, e vi assicuro, che avrete sempre un cuore allegro e contento, e conoscerete quanto sia dolce il servire il Signore» — Il giovane provveduto, p. 13. Cfr. Alcune astuzie che usa il demonio per ingannare la gioventù, ibid., pp. 28-29.
6 «Metodo (...) 23 Modo abituale di procedere, di agire, di trattare o di comportarsi in una determinata circostanza, nello svolgere una particolare mansione o nei confronti di altre persone; condotta, contegno, comportamento; abitudine, consuetudine, costume, usanza(...)» — S. BATTAGLIA, Grande dizionario della lingua italiana, vol. X. Torino, UTET 1978, p. 277. — Cfr. anche lin 25.
6-10 «Benché poi fosse così concentrato nelle cose di spirito, non vedevasi mai rannuvolato in volto, o tristo, ma sempre ilare, e contento rallegrava colla dolcezza del suo parlare, e suoleva dire che gli piacevano grandemente quelle parole del profeta David: Servite Domino in laetitia; parlava volentieri di storia, di poesia, delle difficoltà della lingua latina o italiana, e questo in maniera docile, e gioviale, sì, che mentre profferiva il proprio sentimento, mostrava sempre di sottomettersi all'altrui» — [G. Bosco], Cenni storici sulla vita del chierico Luigi Comollo... Torino, tip. Speirani e Ferrero 1844, pp. 23-24. — «Ciò che eccitava spesso in me un sentimento di particolar meraviglia era il notare come egli fosse impegnatissimo, non solo ad iscansare nelle sue azioni ogni cosa menomamente disdicevole ad un chierico, ma ben più nel compierle con certa prontezza, grazia e ilarità, che innamorava» — P. GIORDANO, Cenni istruttivi di perfezione proposti ai giovani nella vita edificante di Giuseppe Burzio. Torino, tip. artisti tipografi 1846, p. 138 [testimonianza di don Bosco].
G. Bosco, Frammenti e documenti 39
vecchi? Uopo sarebbe patteggiare colla morte che ci aspetti fino a quel tempo, ma vita e morte sono nelle mani del Signore, il quale può di- 15 sporne come a lui piace. Che se Iddio vi concedesse lunga vita, sentite ciò che vi dice: quella strada che un figlio tiene in gioventù, si continua nella vecchiaia fino alla morte. Adolescens iuxta viam suam etiam cum senuerit non recedet ab ea. E vuol dire: se noi cominciamo una buona vita ora che siamo giovani, buoni saremo negli anni avanzati, buona la 20 nostra morte e principio di una eterna felicità. Al contrario se i vizi prenderanno possesso di noi in gioventù, per lo più continueranno in ogni età nostra fino alla morte. Caparra troppo funesta di una infelicissima eternità. Acciocché tale disgrazia a voi non accada vi presento un metodo di vivere breve e facile, ma sufficiente perché possiate diven- 25 tare la consolazione, dei vostri parenti, l'onore della patria, buoni cittadini in terra per essere poi un giorno fortunati abitatori del cielo.
Questa Operetta è divisa in tre parti. Nella prima voi troverete ciò che dovete operare e quanto dovete fuggire per vivere da buoni cristiani. Nella seconda si raccolgono parecchie particolari pratiche di- 30 vote. Nell'ultima si contiene l'uffizio della Beata Vergine coi principali vespri dell'anno, e coll' aggiunta di alcune canzoncine spirituali.
Miei cari, io vi amo tutti di cuore, e basta che siate giovani perché io vi ami assai, e vi posso accertare che troverete libri propostivi da persone di gran lunga più virtuose e più dotte di me, ma difficilmente 35 potrete trovare chi più di me vi ami in Gesù Cristo, e che più desideri la vostra vera felicità. Il Signore sia con voi e faccia sì che praticando questi pochi suggéiimenti possiate giugnere al salvamento dell'anima vostra, e così accrescere la gloria d'Iddio, unico scopo di questa compi
lazione. 40
Vivete felici, e il Signor sia con voi.
Affezionatissimo in Gesù Cristo S ac. Bosco GIOANNI.
17-23 «Il Signore vi fa sapere che se voi comincierete ad esser buoni in gioventù, tali sarete nel resto della vita, la quale sarà coronata con una felicità di gloria. Al contrario la mala vita cominciata in gioventù troppo facilmente sarà tale fino alla morte, e vi condurrà inevitabilmente all'inferno. Perciò se voi vedete uomini avanzati negli anni dati al vizio dell'ubriachezza, del giuoco, della bestemmia, per lo più potete dire: questi vizi cominciarono in gioventù: Adolescens juxta viam suam, etiam cum senuerit non recedet ab ea. Prov. 22» — Il giovane provveduto, p. 12.
25 Cfr. lin 6.
33 io vi amo di tutto cuore — Il giovane provveduto (1963 ss).
40 Pietro Braido
PREFAZIONE
Al primo annunzio di un novello corso di Storia Sacra dirà taluno essere questa fatica affatto inutile, trovandosi nello svariato numero di edizioni e di autori già onde soddisfare ogni condizione di 5 persone. Lo stesso pareva anche a me; ma postomi a farne l'esame ne fui disingannato; perciocchè fatta eziandio astrazione che molte di queste Storie sono troppo voluminose o troppo brevi, dico solamente che alcune per lo sfoggio di concetti e di frasi tolgono la dolcezza del semplice e del popolare de' libri santi; altri ommettono quasi intera«) mente la cronologia, di modo che il lettore a stento potrà accorgersi se ciò che legge si approssimi alla creazione del mondo oppure alla venuta del Messia. Quasi in tutte poi ritrovansi parecchie maniere di parlare atte a destar men puri concetti nelle mobili e tenere menti de' giovanetti.
15 Io adunque mi studiai di compilare un corso di Storia Sacra, il
quale mentre contiene tutte le notizie più importanti de' libri sacri senza pericolo di risvegliare idee meno opportune si potesse presentare ad un giovinetto qualunque con dirgli: prendi e leggi. A fine di riuscire in questo narrai ad un numero di giovani di ogni grado tutti
20 ad uno ad uno i fatti della Sacra Bibbia, notando minutamente quale impressione faceva in loro il racconto e quale effetto produceva di poi.
Questo mi servì di norma per ommetterne alcuni, accennarne appena alcuni altri, ed esporne altri colle relative circostanze. Ebbi pure
25 sott'occhio molti ristretti della storia, ed estrassi da ognuno quello che mi parve conveniente, trascrivendo anche in disteso più cose che trovai chiaramente e degnamente esposte.
24-27 «I modelli della Storia sacra per uso delle scuole (1847) non saranno tanto i commentari del Tirino o del Calmet o del Martini (di cui però tiene sott'occhio la versione), ma ancora i libriccini del Loriquet e, soprattutto, la Storia del popolo ebreo compendiata dal prof. Francesco Soave C.R.S. ad uso delle scuole d'Italia e la Storia Sacra del sacerdote Cipriano Rattazzi, che imita la fortunata Storia del Vecchio e Nuovo Testamento ossia della Bibbia Sacra con riflessioni morali del Le Maitre de Sacy o Royaumont, edita da un altro tipografo amico di don Bosco, Giambattista Paravia» — P. STELLA, Don Bosco nella storia della religiosità cattolica, vol. I, p. 231.
G. Bosco, Frammenti e documenti 41
Per quanto appartiene alla cronologia io mi attenni a quella del P. Calmet, eccettuate alcune piccole variazioni, le quali da alcuni
moderni critici sono richieste. 30
In ogni pagina ebbi sempre fisso quel principio: illuminare la mente per rendere buono il cuore, e (come si esprime un valente maestro ') di popolarizzare quanto si può la scienza della Sacra Bibbia, che è il fondamento della nostra Santa Religione, mentre ne contiene i
' Sac. Feccia nell'Educatore Primario, Prog. 35
29 P. CALMET Antoine, Dom Augustin, benedettino (1672-1757), uno degli esegeti più fecondi e stimati del sec. XVIII, autore tra l'altro di un Commento letterale dell'Antico e del Nuovo Testamento, in 23 vol. (1707ss), di un Dizionario storico, critico, cronologico, geografico e letterale della Bibbia (1719) e di una Storia sacra dell'Antico e del Nuovo Testamento (1718). Nel Dizionario si trova una classica Table chronologique générale de l'Histoire de la Bible. — «Datomi pertanto alla lettura del Calmet, Storia dell'Antico e Nuovo Testamento (...)» — MO 110.
31-32 «I fatti (...) poi che mi parvero più teneri, e commoventi gli ho trattati più circostanziatamente, affinché non solo l'intelletto venga istruito, ma il cuore eziandio provi tali affetti da rimanerne non senza gran giovamento spirituale compreso» — Storia ecclesiastica, prefazione, p. 10. — «Convinto egli del grande principio educativo, doversi cioè illuminare la mente per rendere buono il cuore, tutta aggirò la narrazione su questo perno» — G. RAMELLO, rec. della Storia ecclesiastica, in «L'Educatore Primario» 1 (1845) N. 34, 10 dic., p. 576.
32-33 «I giornali tengono nelle presenti condizioni un posto loro proprio, che i tempi e le abitudini non solo, ma più ancora i bisogni della scienza loro affidarono; perché hanno un tale uffizio di presentare suddivisa la scienza, e darla quasi a tenui dosi, o come oggi si direbbe, popolarizzarla» — Sac. Agostino FECIA, Introduzione al N. 1 de «L'Educatore Primario» 1 (1845), 10 genn., p. 1.
33-38 «Non è dunque intempestivo che i fanciulli sappiano i principali avvenimenti di questa storia che è pure storia dell'umanità. Aggiungete che nessuna altra cosa può esser più utile, ed avremo risposto alle due prime osservazioni: poiché io vorrei che essa si considerasse come il necessario apparecchio all'insegnamento dogmatico della religione, perocché io credo non poco danneggiare alla convinzione religiosa l'esporla come una tradizione senza vita, come una serie di dommi senza concatenazione, come astrazioni senza corrispondente realtà. Mentre la Storia Sacra implicitamente contiene il domma e lo prova e talvolta anche esplicitamente; e sarà quindi facile e graduato il passaggio all'insegnamento della religione e della morale. Ora chi conosce quanto sia necessario che la verità si presenti nella sua luce, nella sua vita e nella sua realtà, comprenderà nello stesso tempo che niun altro insegnamento può esser più utile» — Vincenzo GARELLI, Dell'insegnamento della storia col mezzo di tavole, in «L'Educatore Primario» 1 (1845) N. 24, 30 ag., p. 406.
35 Agostino FECIA, sacerdote, n. a Biella nel 1803, m. a Torino nel 1876, fu fecondo autore di testi per l' apprendimento della lingua italiana e fondatore-direttore de L'Educatore Primario. Giornale d'educazione ed istruzione elementare (1845-1846) poi L'Educatore. Giornale di educazione ed istruzione (1847-1848). Nella seconda versione la rivista è destinata anche agli insegnanti della scuola secondaria ed appare in due fascicoli mensili di 32 pagine ciascuno. Le tematiche pedagogico-didattiche vengono sviluppate in modo sistematico, sicché — come scrivono i compilatori — il volume di un'annata tende a «diventare pressoché un corso teorico-pratico di Pedagogia e di Metodica». Il programma della rivista per il 1848 inaugura la divisione del materiale nelle cinque rubriche seguenti: I. Pedagogia e Metodica generale. II. Metodica speciale ed esercizi pratici. III. Notizie e documenti sulla pubblica istruzione. IV. Bibliografia, annunzi e giudizi sui migliori libri di educazione e d'istruzione. V. Varietà, racconti e poesie pei fanciulli.
42 Pietro Braido
dogmi e li prova, onde riesca poi facile dal racconto sacro far passaggio all'insegnamento della morale e della religione, motivo per cui niun altro insegnamento è più utile ed importante di questo. Siccome però da più saggi maestri s'inculca,' che la Storia Sacra venga inse
40 gnata col sussidio delle carte figurate rappresentanti i fatti, i quali ad essa si riferiscono, così a questo venne provveduto coll'inserire varie incisioni concernenti a' fatti più luminosi.
La Storia è divisa in età; e queste sono ripartite in capitoli a forma di dialogo; metodo, secondo me, il più facile, perchè un racconto 45 qualunque possa essere dalla mobile mente di un giovine capito e ri
tenuto.
Se questa mia qualsiasi fatica sarà a taluno giovevole, ne renda
gloria a Dio per cui unicamente fu intrapresa.
2 V. Varrelli [= Garelli] Educat. Prim. Vol. 1°, p. 406.
39-42 «Venendo poi al metodo, ecco le regole che l'Aporti prescrive "La Storia Sacra va insegnata ai fanciulli col sussidio delle carte figurate rappresentanti i fatti, che ad essa si riferiscono (...)". Il qual metodo riunisce grandi vantaggi, rende l'insegnamento graduato, svolge e dirige l'immaginazione dei fanciulli educandola per tempo alle manifestazioni del bello e del vero. Laonde caldamente noi raccomandiamo questa collezione di tavole ai direttori degli asili infantili, ed alle agiate famiglie disponendola ad abbellire le camere in cui lavora e sta abitualmente la famiglia» – V. GARELLI, Dell'insegnamento della storia col mezzo di tavole, pp. 406-407. – Cfr. Ferrante APORTI, All'onorevole Commissione degli asili infantili di Torino e Manifesto d'associazione alla Storia sacra rappresentata con tavole composte e designate in litografia da Gallo Gallina pittore istorico – «L'Educatore Primario» 1 (1845) N. 13, 10 maggio, pp. 207-208.
49 Vincenzo GABELLI, n. a Mondovì nel 1818, m. nel 1879, cultore di studi filosofici e pedagogici, professore di metodo a Mondovì, Genova e Torino, dal 1859 provveditore degli studi a Genova e poi a Torino, dove si dimostrò particolarmente benevolo verso Don Bosco e le sue opere.
G. Bosco, Frammenti e documenti 43
Bibliografia +
LETTERA
D'un maestro di scuola sopra la Storia Sacra per uso delle
scuole, compilata dal Sacerdote Bosco.
AMICO E COLLEGA CAR.me
Nella vostra lettera delli 31 dicembre 1847 mi chiedevate di esternare il mio sentimento intorno alla Storia Sacra del Sacerdote Bosco, la quale volete introdurre nella vostra scuola. Sebbene di poco peso sia il mio giudizio tuttavia come a persona amica dirò quello, mi pare dopo di averne fatta attenta lettura. Io non conosco quel Sacerdote, se non pel molto bene che ho inteso farsi da lui nel sacro ministero e per vari suoi pregiati scritti. Egli totalmente occupato per la gioventù spiegò ad un numero di giovani tutta intera la Storia Sacra ripartita ne' giorni festivi, ne notava l'impressione che faceva nella tenera mente del suo uditorio, quindi recandosi al tavolino cangiava, allungava, meditava tutto ciò che non faceva pel suo scopo, e riuscì a ridurre in compendio la Storia Sacra, che io chiamerei veramente operosa.
Imperciocchè oltre lo stimolo alla virtù e l'aborrimento del vizio che scorgesi in ogni pagina, si vede che l'uomo dabbene deve unire alla virtù il • lavord. Quindi fa brillare un Noè che uscito dall'arca si mette a coltivar la terra. Abramo pacifico, caritatevole ed obbediente. Isacco colla sua famiglia lavora indefesso per sostenersi. I figliuoli di Giacobbe pascolano il gregge. Rut spigola nel campo. David visita i suoi fratelli. Abacuc porta il pranzo a' mietitori nella campagna. E così progredendo il lettore resta convinto ch' egli è nato pel lavoro, per rispettar ogni autorità, odiar il vizio ed i viziosi, e amare la virtù. La dicitura è popolare, ma pura ed italiana, è in forma di dialogo per cui il ragazzo capisce subito quanto legge. È ornata di analoghe incisioni, la qual cosa eccita molto la curiosità de' giovanetti, ed aiuta a fermare la memoria sui fatti veduti in figura. Onde vi dico che fate benissimo
+ «L'Educatore. Giornale di educazione ed istruzione» 4 (1848) settembre, pp. 542-543.
44 Pietro Braido
d'introdurla nella vostra scuola, come io stesso ho già fatto. I miei scuolari vanno a gara per averla nelle mani, e la leggono con ansietà e non rifiniscono di presentarla ad altri e di parlarne, chiaro segno che la capiscono.
Voi mi accennavate la Storia del Can. Schmid, ma comunque sia quest'opera pregevole, non può tener posto di Storia Sacra. Credo che vi ricordiate ancora che lo scorso autunno il Professore Danna diceva che la Storia Sacra dev'esser preceduta da un cenno, che n'indichi l'eccellenza divisa per epoche, e queste ridotte in capitoli a forma di dialogo. Tutto questo manca nello Schmid. Osservo inoltre che quest'autore racconta più cose non esistenti nel Sacro testo, come vi farò osservare nel primo nostro abboccamento. Ciò poi ch'imbroglia di più si è che manca di cronologia, senza cui il lettore non si accorge se legga cose vicine alla creazione del mondo, o prossime alla venuta del Messia, in fine lo Schmid ha solo tratti della Sacra Bibbia, i quali per lo più estendendosi a più pagine, non sono adattati alla brevità voluta da' maestri elementari per l'educazione della gioventù. Questi inconvenienti sono affatto esclusi dalla Storia Sacra che vi ho proposta, per la cui opera applico il bell' encomio che del medesimo autore fu stampato ne' pubblici giornali intorno ad una Storia ecclesiastica, destinata altresì per la gioventù. «Il periodo scorre schietto e facile, la lingua è pura, dappertutto poi è sparsa un'unzione che dolcemente commove ed alletta al bene». Questo prezioso libretto è uscito da tipi di Speirani e Ferrero; l'edizione è economica quantunque ornata d'incisioni. Comunicate questo mio sentimento ai nostri amici, e fatene quella stima che volete, purchè mi abbiate sempre.
Il 2 febbraio 1848.
Affez.mo Sac. M. G.'
' Potrebbe essere il sacerdote monregalese Michele Garelli, fratello di Vincenzo, che come questi ha sempre operato nella scuola come insegnante elementare e professore. Nato il 4 ottobre 1806, fu ordinato sacerdote nel 1830, morì a Mondovì il 12 aprile 1867.
G. Bosco, Frammenti e documenti 45
PREFAZIONE
L'intraprendere un nuovo corso di Storia Sacra parrà certamente a taluno una fatica inutile, mentre ne esistono già tanti da poter soddisfare ogni condizion di persone. Così pareva anche a me; ma postomi a far l'esame di quelli, che vanno più per le mani di tutti, ne fui disin- 5 gannato; perciocchè fatta eziandio astrazione, che molte di queste storie sono o troppo voluminose, o troppo brevi, alcune per far sfoggio di concetti e di frasi perdono la dolcezza del semplice e del popolare dei Libri Santi: altre ommettono quasi interamente la cronologia, di modo che l'inesperto lettore può difficilmente capire a lo qual' epoca appartenga il fatto che legge, se più si approssimi alla creazione del mondo, oppure alla venuta del Messia. Quasi in tutte poi, anche in quelle destinate alla gioventù, s'incontrano certe espressioni, che possono destare men puri concetti nelle mobili e tenere
menti dei giovanetti. 15
Indotto da queste ragioni mi proposi di compilare un corso di Storia Sacra, che contenesse le notizie più importanti de' libri sacri, e si potesse presentare ad un giovanetto qualunque senza pericolo di risvegliare in lui idee pericolose o meno opportune. A fine di riuscire in questo divisamento narrai ad un numero di giovani d' ogni grado ad 20 uno ad uno i fatti)principali della Sacra Bibbia, notando attentamente quale impressione facesse in loro quel racconto, e quale effetto producesse di poi.
Questo mi servì di norma per tralasciarne alcuni, accennarne appena alcuni altri, ed esporne altri con più minute circostanze. Ebbi pure 25 sott'occhio molti compendii della Sacra Istoria ed estrassi da ognuno quello, che mi parve più conveniente.
Per quanto appartiene alla cronologia io mi attenni a quella del Padre Calmet, eccettuate alcune piccole variazioni, le quali da alcuni moderni critici sono rilevate necessarie. 30
In ogni pagina ebbi sempre l'occhio allo scopo di illuminare la mente per rendere buono il cuore, e come si esprime un valente maestro,' popolarizzare quanto più si può la scienza della Sacra Bibbia.
Il fine provvidenziale de' Sacri Libri essendo stato di mantenere
' Sac. Feccia [= Fecia] nell'Educatore primario, prog. 35
46 Pietro Braido
negli uomini viva la fede nel Messia promesso da Dio dopo la caduta di Adamo; anzi tutta la Storia Sacra dell'Antico Testamento potendosi dire una costante preparazione a quell'importantissimo avvenimento, volli in modo speciale notare le promesse e le profezie riguardanti al
40 futuro Redentore.
Per seguire poi il parere di saggi maestri,2 che raccomandano d'insegnare la storia col sussidio delle carte figurate rappresentanti i fatti, i quali ad esse si riferiscono, ho fatto inserire varie incisioni concernenti i fatti più luminosi.
45 La Storia è divisa in età; e queste ripartite in capitoli, i quali sono
pure divisi in numeri progressivi, che indicano la materia in ciascuna parte del capitolo contenuta. L'esperienza suggerì essere questo il modo più facile perchè un racconto qualunque possa essere dalla mente di un giovine capito e ritenuto. L'esperienza ha pur fatto conoscere, che
50 i ragazzi sono spesso incagliati perchè molti nomi di luoghi e città menzionati nella Storia Sacra non si vedono più nelle carte Geografiche d'oggidì. Perciò in questa seconda edizione mi sono adoperato di compilare un piccolo dizionario, in cui i nomi antichi sono confrontati coi moderni: con questo mezzo parmi debba essere cosa facile il ravvi
55 sare i nomi antichi in qualsiasi carta Geografica.
Lo studio della Storia Sacra mostra l'eccellenza sua da se stesso, e non ha bisogno di essere raccomandato, giacché la Storia Sacra è la più antica di tutte le storie, è la più sicura, perché ha Iddio per autore; è la più pregevole, perché contiene la Divina volontà manifestata agli
60 uomini; è la più utile, perché contiene e prova le verità di nostra Santa
2 v. F. Aporti Educat. Prim., vol. 1°, pag. 406.
41-44 «Sarebbe utilissimo il raccontare ai fanciulli i fatti più insigni della Storia Sacra, specialmente quelli che servono a prova della divinità di nostra Religione, e ad esempio e conforto di virtù: sarebbe giovevole altresì ajutare le loro piccole intelligenze con stampe rappresentanti quei fatti» — F. APORTI, Manuale di educazione ed ammaestramento per le scuole infantili. Cremona, Manini 1833, p. 32.
61 Ferrante APORTI, sacerdote n. a San Martino dell'Argine, Mantova, 1791, m. a Torino nel 1858, fu il fondatore del primo asilo italiano, alla fine del 1828. Insegnante di esegesi biblica e di storia ecclesiastica nel seminario di Cremona, tenne a Torino nell'estate del 1844 uno storico corso di metodo. Compromesso di fronte al governo austriaco nel 1848 fu esule nella capitale subalpina, senatore del Regno e presidente del Consiglio dell'Università e della Commissione permanente per la scuola secondaria. Conobbe don Bosco e fu presente a qualche saggio delle scuole serali da questi promosse.
G. Bosco, Frammenti e documenti 47
Religione. Nessuno studio adunque essendo di questo più importante, non ve ne deve essere veruno più caro e prezioso a chi ami davvero la sua Religione. Se questa mia qualunque siasi fatica sarà a taluno giovevole, ne sia resa gloria a Dio, pel cui onore fu da me unicamente 65 intrapresa.
48 Pietro Braido
L'ORATORIO DI S. FRANCESCO DI SALES
Nel più povero dei sobborghi di questa metropoli, abitato quasi esclusivamente da operai che campano col prodotto delle loro giornaliere fatiche, e che trovansi spesso ridotti a vera miseria in seguito ad una infermità od a mancanza di lavoro, sorge da qualche anno una di quelle opere di beneficenza di cui lo spirito cattolico è sorgente inesausta. Un zelante sacerdote ansioso del bene delle anime si è consecrato interamente al pietoso ufficio di strappare al vizio, all'ozio ed all'ignoranza quel gran numero di fanciulli, i quali abitanti in quei contorni, per le strettezze o l'incuria dei genitori, crescevano pur troppo sprovvisti di religiosa e di civile coltura. Quest'ecclesiastico, che ha nome D. Bosco, prese a pigione alcune casuccie ed un piccolo recinto, si è recato ad abitare in quel sito, e vi ha aperto un piccolo Oratorio sotto l'invocazione del gran vescovo di Ginevra, S. Francesco di Sales; egli ha cercato di attirarvi quei poveri giovani che dapprima trovavansi negletti e derelitti; nel semplice e modesto Oratorio egli distribuisce loro quella istruzione che sopra tutte le altre discipline è sola necessaria, l'istruzione religiosa; egli li accostuma a praticare i loro doveri, ad esercitare il vero culto di Dio, a convivere amichevolmente e socievolmente l'uno coll'altro. Accanto all'Oratorio si trovano scuole in cui s'insegnano a quella gioventù i primi elementi delle lettere e del calcolo, vi è pure l'accennato recinto in cui i giovanetti, nei giorni festivi
+ «L'Armonia della religione con la civiltà» 2 (1849), n. 40, lunedì 2 aprile, pp, 158 159.'
' «L'Armonia», giornale cattolico, all'inizio (4 luglio 1848) e fin verso il tramonto del 1849, moderatamente conciliatorista, divenne poi, sotto la direzione del sanremese teol. Giacomo Margotti, simbolo e voce dell'intransigentismo. L'orientamento intransigente caratterizzò ancor più «L'Unità Cattolica», che il Margotti fondò nel 1863, dirigendolo fino alla morte (1887). «L'Armonia» nacque per iniziativa del teol. Guglielmo Audisio, del vescovo di Ivrea mons. Luigi Moreno, fratello del can. Ottavio, amico di don Bosco, e dei marchesi Birago di Vische e Gustavo di Cavour. Prima settimanale, poi trisettimanale, dal 1855 quotidiano, prestò sempre favorevole attenzione alle iniziative di don Bosco. Questa si accrebbe ancor di più da parte de «L'Unità Cattolica». Il volume XXXVIII delle Opere edite di don Bosco contiene una copiosa messe di articoli e cronache relative all'educatore torinese e alla sua opera pubblicati dai due giornali nei due diversi periodi, 1849-1863, 1864-1888 (rispettivamente, pp. 9-63, 64-286).
G. Bosco, Frammenti e documenti 49
e nelle ore di ricreazione, si sollevano con giuochi innocui e con innocenti trastulli, passando quel tempo nell'onesta allegria che tanto giova alla sanità del corpo e della mente, specialmente in quella tenera età. In mezzo ad essi trovasi ognora D. Bosco, il quale è costantemente ad essi maestro, compagno, esemplare ed amico.
Si vedono solitamente nei giorni festivi da quattrocento giovanetti riuniti in quel sito che, non presentando all'esteriore veruna apparenza, rimane da molti inosservato, mentre il bene che vi si fa è immenso. Tutti quei ragazzi, i più dei quali sarebbero cresciuti nell'ignavia e nel vizio, s'incamminano alla virtù ed al lavoro. Infatti il loro zelante precettore ed amico cerca per essi con tutto impegno qualche onesto artiere che consenta ad accettargli presso di sé a tirocinio dell'arte sua, e l'essere un ragazzo proposto da D. Bosco come un suo alunno presenta ai padroni di bottega una guarentigia di moralità che gli rende facili ad accoglierlo presso di loro, onde avviarlo nell'esercizio della propria professione. Così., da quel semenzaio di onesti operai escono ogni anno in buon numero adolescenti che sono in caso di provvedere ai proprii bisogni, e che conserveranno, giova sperarlo, nel lungo deccúso della loro vita 1' abito di quella moralità a cui i loro teneri animi furono informati.
Aggiungiamo ancora che, trovandosi spesso fra quei poveri giovani chi per la morte o la rovina dei proprii genitori cade in assoluto abbandono, parecchi di questi vengono anche ricoverati in alcune stanze esistenti in quelle povere casuccie sovraccennate, e vi ricevono pure il loro sostentamento pel tempo del loro tirocinio, finché col fautto del loro sudore possano essi medesimi mantenersi.
In questo albergo di beneficenza recavansi il giorno dell' Annunziata due membri del Comitato dell'opera del Danaro di S. Pietro, colà chiamati dal benemerito fondatore di quell'Oratorio. Trattavasi di ricevere un' oblazione che quei buoni ed esemplari giovanetti avevano disegnato di fare per l'opera medesima. Edotti essi dei luttuosi eventi di Roma, e dell'essere il padre comune dei fedeli ridotto alla condizione di esule, vollero spontanei concorrere col loro obolo ad ingrossare quel tributo di figliai venerazione, che a Torino si vuol raccogliere per deporlo ai piedi del Vicario di Cristo.
Entrati i delegati del Comitato nel modesto recinto, ove tanto bene si va compiendo, essi vennero dal direttore accolti colla più squisita cortesia; quindi non senza viva commozione del loro cuore essi si viddero accerchiati da quei ragazzi che in aria festiva loro fecero bella e lieta corona.
50 Pietro Braido
Due di questi tosto si avanzarono, e mentre l'uno sopra di un desco presentava i trentacinque franchi raccolti in mezzo a loro, l'altro pronunciava un semplice, ma ben sentito discorso, di cui presenteremo uno squarcio ai nostri lettori.
Se mai le nostre voci, diceva il tenero oratore, potessero in questo momento giungere all'orecchio del Santo Padre, tutti ai piedi suoi vorremmo ad una voce parlare così: Beatissimo Padre, questo è il momento più fortunato della nostra vita. Siamo noi un ceto di giovanetti, i quali reputano a loro più grande ventura il poter dare un segno di venerazione alla Santità Vostra. Si protestano affezionatissimi figli alla medesima, e malgrado gli sforzi dei malevoli per allontanarci dall'unità cattolica noi dichiariamo di riconoscere nella Santità Vostra il successore di San Pietro, il Vicario di Gesù Cristo, a cui chi non è unito va eternamente perduto. Dichiariamo essere intimamente persuasi che da voi disgiunto niuno può appartenere alla vera Chiesa, noi ci offriamo pronti a spendere ogni nostro avere, ogni sostanza e la vita medesima per mostrarci degni di un sì tenero padre.
Una soave e dolce emozione si faceva sentire nell'animo dei delegati nell'udire queste parole, pronunciate con aria intelligente e con voce esprimente l'affetto da un ragazzino, il quale porta le secchie di calcina ed i mattoni pel servizio dei muratori, ma nondimeno mostra di provare veracemente sensi così nobili e generosi. Essi risposero alcune brevi parole dichiarando a quei giovanetti che si gloriavano di averli socii in un atto che è una professione sincera di quella fede cattolica che tanto sublima l'uomo di qualunque stato e condizione egli si trovi. Richiesero quindi il giovane oratore di una copia del di lui discorso e quella copia fu in seguito consegnata al Nunzio Apostolico che ne mostrò singolar gradimento, e si protestò di volerla inviare al Cardinale Pro-Segretario di Stato del Sommo Pontefice, come testimonianza di sensi che riescono altamente commendabili se si riflette alla posizione ed agli antecedenti di coloro che li manifestarono.
Noi poi dal canto nostro abbiam creduto dovere alquanto dilungarsi nel recare alla cognizione del pubblico un fatto che ci sembra degno di essere altamente commendato.
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Da «Il Conciliatore Torinese» (1849) +
L'ORATORIO DI S. FRANCESCO DI SALES
IN TORINO
Se all'uscire di questa città per la porta di Susa, nasca vaghezza a taluno di ricrearsi sotto il viale, che gli sta a destra, e costeggiando i quartieri militari e le cinte degli spedali di san Luigi e de' Pazzarelli, scendere per l'ameno declive sino al bel palazzo, che gli si porge innanzi; quindi volgendo a manca, proseguire il delizioso cammino pel viottolo che rasenta i muri dei vari edificii quivi attigui, a breve distanza gli si presenta un cancello di legno, per cui entrasi in un recinto d'una certa ampiezza. Al fabbricato lungo sì, e piuttosto decente, ma assai basso, e di aspetto più rustico che civile, il quale sorgendo verso mezzanotte, divide quel recinto in due parti, l'una assai più ampia e lavorata a mo' di orto, l'altra più stretta e lasciata incolta, egli di leggieri estima, questa sia la dimora di alcuni ortolani, di cui infatti abbondano que' dintorni: ma portando l'occhio attento su quell'umile edificio, alle varie religiose iscrizioni, che vi si leggono, al campaniluzzo, che sormontato da una croce si eleva sul tetto, all'avviso: quest'è la casa del Signore, che sta sopra l'uscio verso ponente; egli benchè non senza meraviglia, non può tardare ad avvedersi che qui è un sacro Oratorio. Ma quanto più crescerà il suo stupore, ove chiegga da chi e per qual fine siasi consacrató alle pratiche della religione quel luogo sì modesto; e gli sarà risposto, che un umile prete fornito di nessun'altra ricchezza
+ «II Conciliatore Torinese. Giornale religioso, politico, letterario» 2 (1849), n. 42, Sabbato 7 aprile.'
' «Il Conciliatore Torinese», prima bisettimanale, poi trisettimanale «religioso, politico, letterario», fu fondato per iniziativa dei canonici torinesi Lorenzo Renaldi (nominato nel luglio 1848 vescovo di Pinerolo) e Lorenzo Gastaldi, che ne fu direttore e gerente. Sorto con lo scopo di «conciliare religione e civiltà» conservò nella breve vita di quindici mesi (15 luglio 1848-28 settembre 1849) una linea ecclesiologico-politica ispirata a Gioberti e Rosmini. Tra i collaboratori erano giobertiani Benedetto Negri, Francesco Cavalieri, Pietro Baricco, P.G. Rossi; rosminiani Lorenzo Gastaldi, Giuseppe Buroni, Carlo Gilardi (dell'Istituto della Carità), Paolo Barone; meno inquadrabili G.A. Bessone, Pier Giuseppe Berizzi, il prof. G. Gerini. Cfr. G, TUNINEM, Lorenzo Gastaldi 1815-1883, vol. I Teologo, pubblicista, rosminiano, vescovo di Saluzzo 1815-1871. Casale Monferrato, Edizioni Piemme 1983, pp. 57- 88; F. TRANIELLO, Cattolicesimo conciliatorista. Religione e cultura nella tradizione rosminiana lombardo-piemontese (1825-1870). Milano, Marzorati 1970, pp. 168-175.
52 Pietro Braido
che d'una immensa carità, già da più anni vi raccoglie ogni dì festivo da cinque a seicento giovinetti per ammaestrarli nelle virtù cristiane, e renderli a un tempo figliuoli di Dio, e ottimi cittadini. Questo egregio sacerdote, pieno di quella filantropia, la quale non deriva da altra fonte, che dalla fede cattolica, era altamente accuorato al vedere ne' dì sacri al Signore, centinaia e centinaia di fanciulli, che abbandonati a se stessi, invece di portarsi alla Chiesa per attignervi lezioni di santità, si disperdevano nelle piazze, nei viali, nelle campagne che cingono la città, a sciupare tutto il giorno in sollazzi pericolosi, e quindi ritornavano alle case loro ognora più dissipati e irreligiosi e indocili.
La vista di tanti garzoncelli, che per la trascuranza oltre ogni modo biasimevole dei genitori, e dei padroni, crescevano nella più crassa ignoranza di ciò che più importa all'uomo, esposti a tutte le corruttele che nascono dall'ozio e da pessime compagnie, e da' pravi esempli, il punse così vivamente nel cuore, che deliberò di porvi quel rimedio ch'ei sapesse migliore. Che fece egli adunque il nuovo discepolo di Filippo Neri? Consigliatosi col suo zelo, armatosi d'una pazienza a tutte prove, vestitosi di tutta la dolcezza e umiltà, che ben conosceva richiedersi all'alta sua impresa, diedesi a girare ne' dì festivi pei dintorni di Torino, e quanti vedesse crocchi di giovani intenti a' trastulli, avvicinarli, pregandoli che l'ammettessero a parte di loro giuochi, poscia dopo essersi affratellato alquanto con essi, invitarli a continuare il giuoco in un luogo che egli teneva a ciò assai più atto al sollazzarsi, che quello non fosse. Egli è facile il pensare con quanti schemi sarà stato assai delle volte ricevuto il suo invito, e quante ripulse avrà dovuto soffrire: ma la sua costanza e la sua dolcezza a poco a poco trionfarono in un modo prodigioso: ed i fanciulli più riottosi, i giovanetti più scapestrati, vinti da tanta umiltà e da tanta mitezza di modi, si lasciarono condurre all'umile recinto, che vi ho descritto, dove convertita una parte dell'edificio in modesta sì, ma assai divota cappella, si vanno alternando le ore del giorno festivo tra gli uffizi della religione ed innocenti sollazzi. I primi giovinetti che vi furon chiamati, assaporate le dolcezze della pietà, provato l'ineffabile piacere d'un' anima, che sentesi o cavata dall'abisso della corruzione, o sollevata alla più ferma speranza d'un eterno premio, divennero altrettanti piccoli apostoli presso i loro compagni e colleghi nel vizio, o nella dissipazione, promettendo a questi dei sollazzi assai più cari presso il signor don Bosco (che tal'è il nome di questo esimio ecclesiastico), di quelli con cui si ricreavano per lo innanzi: e così di bocca in bocca divolgatasi la notizia
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del nuovo oratorio, fra breve vi accorse una turba sterminata di giovani, con quanto pro dell'anima ognuno il pensi.
Un alveare intorno a cui s' aggiri ronzando uno sciame di api, mentre una gran parte di queste dentro vi sta lavorando tranquillamente il miele, ti presenta una vera immagine di quel sacro recinto ne' dì festivi. Per le vie, che vi conducono, tu incontri ad ogni passo frotte di giovinetti, i quali cantarellando vi si portano con più allegrezza, che non andrebbero a un festino: dentro, per ogni parte tu vedi fanciulli a trastullarsi divisi in piccole brigate, ed altri saltellare, altri giuocare alla palla, altri alle boccie, chi fare all'altalena, chi dei capitomboli, e chi la quercia: mentre nella chiesetta altri imparano il catechismo, altri si preparano a' sagramenti, e nelle attigue stanze ad altri s'insegna il leggere e lo scrivere, ad altri l'aritmetica e la calligrafia, ad altri il canto. Varii sacerdoti vegliano quella turba composta di sì diversi elementi, agitata da sì disparate inclinazioni, adoperandosi a tutt'uomo per rivolgerne i pensieri, gli affetti, gli atti verso la religione, e vegliando, perchè nel-l' ore destinate alla preghiera e all'istruzione comune, tutti cessino dai trastalli e si raccolgano nell'oratorio. Ed egli è senza dubbio un piacere indicibile lo scorgere la docilità con cui tutti quei giovani, un di sì male avviati, or obbediscono a quegli ecclesiastici; la gioia che loro sta dipinta sul volto, la divozione con che assistono ai divini uffizi, usano ai Sacramenti, frequentano le istruzioni religiose, che anche lungo la settimana si porgono a chi ne abbisogna, intervengono a' spirituali esercizi che ogni anno/si rinnovano pel corso di parecchi giorni. Ella è una meraviglia il vedere l'affetto e la riconoscenza tenerissima che quei fanciulli nutrono in cuore verso il loro benefattore, il signor don Bosco.
Nessun padre riceve più carezze dai suoi figliuoli, tutti gli sono a' panni, tutti vogliono parlargli, tutti baciargli la mano: se lo veggono per la città, escono incontanente dalle botteghe per riverirlo. La sua parola ha una virtù prodigiosa sul cuore di quelle anime ancor tenere, per ammaestrarle, correggerle, piegarle al bene, educarle alla virtù, innamorarle anche della perfezione. La sua umile abitazione è un asilo sempre aperto in ogni ora a qualunque sia giovanetto che ricorra a lui per campare dai pericoli del mondo corrotto, per liberarsi dagli artigli della colpa, avere dei consigli, ottenere aiuto in qualche onesto intento. Non potendo capire in questo oratorio tutti i fanciulli che vengono a lui, egli già da alcuni mesi, ne aperse un altro fuori porta Nuova, cui affidò alle cure di vari sacerdoti già formati anch'essi alla scuola della sua carità, e che speriamo, sarà per apportare frutti non meno copiosi di civiltà
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cristiana. Salve perciò, o nuovo Filippo, salve o sacerdote egregio: il tuo esempio deh! trovi molti imitatori in ogni città: sorgano per ogni parte de' sacerdoti, a premere le tue orme: aprano ai giovani de' sacri recinti, dove la pietà si circondi di onesti sollazzi; chè solo in tal modo si potrà guarire una delle piaghe più profonde della società civile e della Chiesa, che è la corruzione dei giovani.
GASTALDI 2
2 Lorenzo Gastaldi, primogenito dell'avv. Bartolomeo e di Margherita Volpato, nasce a Torino 1'8 marzo 1815; compie gli studi classici al collegio del Carmine; a 14 anni veste l'abito chiericale, è ammesso come esterno al seminario e frequenta l'università, dove consegue successivamente il diploma di Maestro di filosofia e arti liberali (1831), di baccelliere (1833), licenziato (1835), dottore (1836) in teologia; nel 1838 è cooptato nel collegio dei teologi della facoltà di teologia dell'università, È ordinato sacerdote da mons. Fransoni, il 23 settembre 1837. Intanto aveva aderito al pensiero rosminiano, che difenderà poi strenuamente e lealmente sino alla fine della vita, Dopo la breve esperienza come direttore e gerente de «Il Conciliatore Torinese» si orienta verso la vita religiosa, entrando nell'Istituto della Carità (1851-1862), svolgendo un'intensa attività missionaria e di docenza in Inghilterra (1853-1862). Ritornato tra il clero diocesano è fatto canonico della SS. Trinità nella chiesa di S. Lorenzo a Torino, impegnandosi con notevoli risultati come predicatore di missioni popolari e di esercizi spirituali e scrittore sacro. Fu vescovo di Saluzzo dal 9 giugno 1867 al 27 ottobre 1871. Fu elevato, infine, alla cattedra arcivescovile di Torino (1871-1883), dove morì improvvisamente il 25 marzo, giorno di Pasqua, 1883. Cfr. G. TuNNETTI, Lorenzo Gastaldi 1815-1883, 2 vol. Casale Monferrato, Edizioni Piemme 1983/1988.
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IL SISTEMA METRICO DECIMALE
RIDOTTO A SEMPLICITÀ
ad uso degli artigiani e della gente di campagna
L'egregio sacerdote Giovanni Bosco, intento ognora al bene della classe del popolo, non cessa d'adoperarsi a vantaggio di essa con tutti quei mezzi che ei sa i migliori. Pieno della vera filantropia, di quella che s'intitola carità cristiana, non si tien pago di parole, ma viene ai fatti, e di questi può già mostrarne sì a dovizia da meritarsi l'affetto e la riconoscenza dei suoi concittadini. Coloro a cui sta veramente a cuore il progresso morale e civile del popolo, che cercano d'istruirlo colla luce della verità, e formarlo alla virtù, non già corromperlo, demoralizzarlo, accendere le passioni e rapirgli l'unico bene che abbia, sì la semplicità di mente e di cuore e l'affetto alla religione, questi vogliono essere invitati a calcare le orme del sig. D. Bosco. Egli ha aperto, siccome accennò questo giornale il 6 dello scorso aprile, una scuola di religione, d'istruzione elementare, di moralità cristiana ed anche civile. Spendendovi tutto il suo tempo e tutte le sue forze senza riservare nulla per sè, egli non vuole altro compenso che il profitto de' suoi cari allievi e la consolazione di lavorare alla gloria di Dio, e benchè tutto il giorno egli consumi in m, lle diverse imprese a pro dei giovani che per qualunque sia ragione, han bisogno di lui catechizzandoli, amministrando loro i sagramenti, applicandoli a qualche mestiere e cercando loro un padrone presso cui allogarli, riconciliandoli ai loro genitori, nullameno trova ancora qualche ora da scrivere libriccini in loro servizio. E siccome si avvicina il 1850, in cui deve eseguirsi il R. decreto che ordina
+ «Il Conciliatore Torinese. Giornale religioso, politico, letterario» 2 (1849), n. 69, Sabbato 9 giugno.'
' È la recensione dell'opuscolo Il sistema metrico decimale ridotto a semplicità preceduto dalle quattro prime operazioni dell'aritmetica ad uso degli artigiani e della gente di campagna per cura del sacerdote Bosco Gio. Edizione seconda migliorata ed accresciuta. Torino, 1849. Per Gio. Battista Paravia e Comp. Tipografi-Librai sotto i portici del Palazzo di Città, 80 p. «Questa seconda edizione venne migliorata ed accresciuta di più cose suggerite dalla pratica, e giudicate di tutta necessità per la cognizione e semplificazione del nuovo sistema» (Avvertenza, p. 4). (Il testo si può trovare in edizione anastatica in OE IV 1-80). Per dati e ipotesi sulla prima edizione (1846), cfr. P. STELLA, Don Bosco nella storia della religiosità cattolica, vol. I, p, 232.
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l'uso universale del sistema metrico, così egli veggendo la somma importanza che il popolo conosca quanto prima questo sistema, pensò di agevolargliene la cognizione col libretto qui sopra annunziato. L' operetta pare a noi ben ordinata e tale da ottenere il suo scopo. Il metodo adoperato è facile, chiaro, popolare: la materia sembra esaurita: tutte le misure e tutti i pesi dell'antico sistema sono ridotti al nuovo, sicchè con pochissima fatica può anche una persona poco istrutta avvezzarsi a tal riduzione. Noi raccomandiamo perciò caldamente quell'opuscolo sia per la bontà intrinseca del medesimo, sia ad onor dell'autore.
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Riunione del Comitato Centrale della «Società d'Istruzione e d'Educazione» del 3 maggio 1849. +
(...) L'ordine chiamava appresso le proposte per simile istituzione di scuole normali per le maestre nelle provincie. Ma il bel desiderio di segnalare alla stima della società, ed alla cognizione dei buoni tutti quegli istituti privati tenuti da persone generose, i quali senza rumore e quasi nell'ombra servono a educare un gran numero di fanciulli dell'uno e dell'altro sesso fece trarre fuori alla luce parecchie scuole ed esercitazioni ignote in gran parte, in un coi nomi dei loro benemeriti direttori, i quali pressochè tutti appartengono al clero torinese. L'adunanza fu commossa sentendo i ragguagli che venivano sulle bocche di vari soci, richiamati quasi l'uno dall'altro; e deliberò, che si facesse un cenno onorato di ciascuno nel giornale della società.
Il primo adunque che venne nominato fu il Teologo della Porta, Parroco di N.S. del Carmine, il quale già da qualche tempo ha istituita
+ «Giornale della Società d'Istruzione e d'Educazione» 1 (1849) maggio, p. 240.'
' Il Giornale della Società d'Istruzione e d'Educazione esce lungo il 1849, come continuazione de L'Educatore, mentre si struttura rapidamente la Società di istruzione e d'educazione (già costituita il 1° marzo), che lo fonda e gestisce: «un giornale che è vincolo de' comitati e de' soci sparsi ed è il pubblico rendiconto della Società al paese». A parte il primo anno, necessariamente irregolare, mediamente la rivista appare in fascicoli mensili di 64 pagine (in realtà sono 8 nel 1849, 12 nel 1850, 13 nel 1851, 11 nel 1852 con dimensioni differenti). Nei primi tre anni il materiale è distribuito nelle seguenti Parti: I. Studi critici scientifici, letterari, statistici relativi all'istruzione e all'educazione. II. Atti della Società. III. Atti ufficiali delle Università (1851: Atti ufficiali della Pubblica Istruzione). IV. Miscellanea, bibliografia e corrispondenza; nel quarto e ultimo: I. Storia dello stato e dei progressi dell'istruzione universitaria, secondaria, primaria e tecnica nell'interno ed all'estero. II. Lavori teorici e pratici sui quattro rami dell'istruzione pubblica e specialmente sulla primaria. III. Atti della Società e dei comitati. IV. Sunto degli atti ufficiali della pubblica istruzione.
Per il 1853 la Società decide di scindere la rivista in due periodici settimanali: L'Istitutore, diretto dal prof. Domenico Berti, per le scuole tecniche e primarie, e la Rivista delle Università e dei Collegi per le scuole secondarie e le università. Cfr. G. CORALLO, La Società d'Istruzione e d'Educazione e la sua attività, in «Rassegna di pedagogia» 10 (1950) 70-87.
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una scuola privata per le maestre. Il secondo fu il Sacerdote D. Francesco [= Giovanni] Cocchi vicecurato all'Annunziata, il quale fa scuola in quella parrocchia alle fanciulle, in quell'ora, che sola esse hanno libera dal loro lavoro, che è al dopo pranzo; simile scuola ad ambi i sessi tiene nell'Oratorio di S. Filippo in Vanchiglia tutti i dì festivi. Altro benemerito fu nominato, il Sacerdote D. Bosco, il quale raccoglie nell'Oratorio di S. Francesco di Sales quasi 300 fanciulli, ove li catechizza, li istruisce, e li esercita in giuochi ginnastici.
Anche il nome di un sacerdote similmente benemerito delle provincie risuonò nell'adunanza, e fu quello del teol. Borelli di Castagnole il quale ha nella sua parrocchia istituita una simile scuola d'istruzione e di esercizio. Fu pur ricordato il Vicario Foraneo di Busca signor teol. Vacchetta, il quale aiutato dall'operosa carità della signora vedova Garro, raccolse nell'autunno del 1835 i poveri fanciulli di ambi i sessi lasciati orfani e privi d'ogni mezzo di sussistenza dal terribile flagello del Cholera-morbo. Altri finì coll' accennare ancora un riscontro in Torino nel Sacerdote teologo Carpano il quale ha istituito una scuola d'istruzione e d'esercizi varii a Porta Nuova. Di questi ed altri simili ragguagli prese incarico il professore Danna, il quale ce gli verrà distinguendo più esattamente nella parte di questo giornale, che è intitolata Cronichetta.
CRONICHETTA + di Casimiro Danna'
(...) Mentre il Racheli lo spirito educativo diffonde sulle classi che possono inviare i loro figliuoli alla scuola, un altro non men generoso pensa ai figliuoli di quelle che o sono talmente misere che non possono, o talmente dall'ignoranza abbrutite che trascurano dare ogni barlume d'istruzione, ogni sentimento alla loro prole che si trascina nel fango, «ultimo anel della social catena». Io voglio dire la scuola dome
+ «Giornale della Società d'Istruzione e d'Educazione» 1 (1849) luglio, pp. 459-460.
2 Casimiro DANNA (1806-1884), di Mondovì come il Garelli, autore di testi scolastici di lingua e letteratura italiana, ma anche cultore di pedagogia. Fu reggente della cattedra di pedagogia, istituita presso l'università di Torino nel 1845; nel 1847 assunse la cattedra di Instituzioni di belle lettere, mentre veniva nominato a pedagogia G.A. Rayneri.
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nicale di D. Bosco, sacerdote che non posso nominare senza sentirmi compreso della più schietta e profonda venerazione. Fuori di porta Susa in quel gruppo di case, che tutti conoscono sotto la comune denominazione di Valdocco egli stabilì un oratorio intitolato di S. Francesco di Sales. Non a caso e non invano. Perchè più che il titolo, lo spirito di quell'apostolo ardente del diritto zelo che smisuratamente in cuore avvampa, trasfonde nel suo istituto quest' ottimo prete, il quale ha consacrato se stesso ad alleggerire i dolori del popolo misero, nobilitandolo ne' pensieri. E sarà lode assai il raccontar quel che fece, e fa tuttodì mostrando come la religione nostra sia religione di civiltà. Egli raccoglie ne' giorni festivi, là in quel solitario recinto da 400 a 500 giovanetti sopra gli otto anni, per allontanarli da pericoli e divagamenti, e istruirli nelle massime della morale cristiana. E ciò trattenendoli in piacevoli ed oneste ricreazioni, dopo che hanno assistito ai riti ed agli esercizi di religiosa pietà, lui pontefice e ministro, maestro e predicatore, padre e fratello, colla più edificante santimonia compiti. Loro insegna inoltre la Storia Sacra e l'ecclesiastica, il Catechismo, i principii d'aritmetica: gli esercita nel sistema metrico decimale e quei che non sanno, anco nel leggere e scrivere.
Tutto questo per l'educazione morale e civile. Ma non trasanda la fisica, lasciando che nel cortile posto a fianco dell'oratorio e chiuso d'ogni intorno, che negli esercizi ginnici, o trastullandosi colle stampelle o all'altalena, colle piastrelle o ai birilli crescano, rafforzino la vigoria del corpo. 1;esca con cui attrae quella numerosissima schiera oltre i premi di qualche pia immagine, oltre le lotterie, e talvolta qualche colazioncella, si è l'aspetto sempre sereno, e sempre vigile nel propagare in quelle anime giovanette la luce della verità e del vicendevole amore. Pensando il male che evita, i vizi che previene, le virtù che semina, il bene che fruttifica, pare incredibile che l'opera sua potesse avere impedimenti e contrarietà. E per parte di chi? per parte di coloro ai quali molti difetti si possano perdonare, ma non l'ignoranza; che l'educare dovrebbero riputare parte nobilissima del ministero evangelico; che dovrebbero anzi ringraziare Don Bosco. Perocchè ben lungi di distogliere dalle pratiche di religione i giovanetti, è tutto volto ad istruire in essa coloro, che abbandonati dai genitori non andrebbero mai alla parrocchia, o andandovi potrebbero sfuggire all'influenza benefica de' catechizzanti. La povertà di moltissimi meschinetti fa comparire agli occhi del mondo le loro anime meno preziose, e talvolta alcuni degli operai evangelici non si prendono così sollecito pensiero a coltivare la
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pietà, massime nelle città popolatissime, quando si presenta sotto lacere vesti. Perciò in queste alligna la mala semenza de' vizi, e mentre dai tribunali severe pene promulgansi contro i disordini infesti alla società, intanto dentro le proprie mura s'allevano i malfattori. Già da sette anni incominciato l'istituto di D. Bosco, con sapienza più che regale venne protetto da Carlo Alberto che bene ravvisò l'utile immenso che può recare alla pubblica moralità. E tanto va via crescendo l'affluenza de' giovani, che si dovette ripartire in due. E un altro oratorio detto di S. Luigi, quindi s'aprì a Porta Nuova tra il viale de' Platani e quello del Valentino diretto dal sig. Teologo Carpano pio zelante e già degno collaboratore di lui che lodiamo. Una tuttavia è la vita, uno lo spirito, uno lo scopo de' due oratorii. Anche un terzo s'era già iniziato in Vanchiglia mercè le sollecite cure del Vicecurato dell'Annunziata D. Cocchis, ma, o quanto mi duole che per non so quali motivi sia cessato!
Ma quello che dà massimamente a D. Bosco diritto alla gratitudine cittadina si è l'ospizio, che là nella stessa casa dell'oratorio, dischiuse a' fanciulli più indigenti e cenciosi. Quando egli sa o incontra alcuno più dalla squallidezza immiserito, non lo perde più d'occhio, lo conduce a sua casa, lo ristora, lo sveste de' luridi, gl'indossa nuovi abiti, gli dà vitto mane e sera, finchè trovatogli padrone e lavoro sa di procacciarli un onorato sostentamento per l'avvenire, e può accudirne con maggior sicurezza l'educazione della mente e del cuore. Alcuni sacerdoti concorrono ai molti dispendi che quest'opera inestimabile richiede. Ma la maggior parte la sostiene del suo questo verace ministro di Colui, che si disse mite e ricreatone degli spiriti travagliati. O l'esempio imitabile che ei porge agli altri come s'abbiano ad usare le ricchezze! Non sempre giova abbandonare in un tratto ogni rendita di bene terreno, che può in mani provvide farsi strumento di carità generosa. La povertà sta nell'animo alieno così dalle ricchezze che non si posseggono, come da quelle che si hanno.
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[Torino, anter. 14 novembre 1849]
S[acra] M[aestà],
Il sac. Bosco Gio. dimorante in questa capitale espone umilmente a V. S. R. M. come egli nel desiderio di provvedere al bisogno dei giovani più abbandonati cominciò a radunarli ne' giorni festivi or in un luogo ora nell'altro della città, sempre coll'annuenza delle autorità civili ed ecclesiastiche. Benedicendo il Signore tale opera riuscì a stabilirvi in Valdocco tra Porta Palazzo e Porta Susina un oratorio sotto il titolo di S. Fran[ces]co di Sales a cui intervenivano oltre cinquecento giovani, di cui gran parte uscì dalle carceri od era in pericolo di andarvi. Il luogo sopra indicato divenuto troppo ristretto per la grande accorrenza de' giovani nel 1847 fu aperto a Porta Nuova un altro oratorio sotto il titolo di S. Luigi tra il viale de' Platani e quello del R. Valentino.
I tempi presenti mostrando che la gioventù abbandonata trovasi in maggior bisogno di assistenza sia in fatto di educazione che in fatto di Religione venne riaperto quello di Vanchiglia cominciato e già da un anno chiuso dal S. D, Cocchi Vicecurato della SS. Annunziata sotto il titolo dell'Angelo Custode.
In tutti questi tre luoghi col mezzo di prediche, catechismi e scuole s'inculca costantemente amore al lavoro, rispetto alle autorità, alle leggi secondo i principi di nostra Santa Cattolica Religione.
Ci sono anche le scuole domenicali intorno al sistema metrico per chi può intervenire. Havvi pure un ospizio contenente venticinque letti per provvedere a' più urgenti bisogni di tali giovani. Il numero ordinario pei giorni festivi tra tutti gli oratori si avvicina al mille.
Finora ogni cosa progredì con soccorso di alcune caritatevoli per
+ G. Bosco, Epistolario. Introduzione, testi critici e note a cura di Francesco Motto, vol. I (1835-1863). Roma, LAS 1991, pp. 89-91.
Vittorio Emanuele II (1820-1878) era salito al trono pochi mesi prima (il 23 marzo 1849), dopo l'abdicazione del padre, Carlo Alberto (1798-1849), in seguito alla sconfitta di Novara.
Si noti la forte sottolineatura della pericolosità sociale della gioventù abbandonata di cui si occuperebbero gli oratori («giovani, di cui gran parte uscì dalle carceri od era in pericolo di andarvi») e dello stretto legame tra assistenza, educazione e religione.
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sone, e coll' aiuto di un buon numero di zelanti ecclesiastici ed anche secolari.
Ora il ricorrente trovandosi alla direzione di questi tre Oratori aggravato dal fitto che tra tutti tre i locali monta a franchi duemila e quattrocento, dalle spese di manutenzione delle tre rispettive cappelle, in cui si compiono per li giorni festivi tutte le sacre funzioni, aggravato altresì dalle quotidiane spese che l'estrema miseria di parecchi figliuoli rendono indispensabili, malgrado tutti i suoi sforzi il ricorrente si trova nella dura posizione di non poter più continuare.
Supplica pertanto V. S. R. M. a voler prendere in benigna considerazione un'opera che ha già procurato e si spera che vie più procuri il ben essere a tanti abbandonati individui, opera già più volte beneficata dall'Augusto suo Genitore, e concedere quel caritatevole sussidio che in simil caso alla paterna bontà sarà beneviso.
Che della grazia etc.
il Supplicante [Sac. Gio. Bosco]
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OGGETTO
Proposizione di sussidio a favore di D. Gio. Bosco per tre Oratorii
Torino, il 6 dicembre 1849
Ill.mo Sig. Sig. P[ad]ron Col[endissi]mo,
Punto non dubito, che già sia noto a codesto Ministero il distintissimo ed attivo zelo con cui il sacerdote Bosco Gioanni già da alcuni anni si adopera nell'istruire, e nel raccogliere giovanetti o abbandonati, o discoli, che vagando ora qua ora là per le contrade e i viali della capitale fanno quella mostra di sé che tutti sanno, e lo sanno con vero rac[c]apriccio, e con funeste previsioni, che mi sono corroborate da quanto veggo e provo di tali giovani, quando sono sgraziatamente arrestati e condotti nelle carceri.
Tutto ciò che il Sig. D. Bosco espone nella supplica favoritami da V[ostra] S [ignoria] Ill.ma in comunicazione è di tutta verità. Sarebbe quindi a desiderare che il governo s'occupasse sul serio della sorte attuale e futura di tali giovanetti: sarebbe questo I un grande servizio reso non solamente alla,Città di Torino tanto disgraziata della loro maniera, ma a tanti padri e-madri di famiglia, ed alla società tutta del Piemonte; perché l'esempio della capitale si diffonderebbe facilmente, e con efficacia nelle provincie dove non mancano anzi si moltiplicano i discoli giovani con vero tormento, e scandalo de' buoni.
•
+ La precedente supplica di don Bosco a Vittorio Emanuele II era stata inviata, secondo la prassi, alla Gran Cancelleria, perché il primo ufficiale chiedesse il parere del titolare dell'Economato Generale Regio Apostolico, che era allora il can. Ottavio Moreno. La Relazione, favorevole, indusse il re a concedere un sussidio di 400 lire, somma piuttosto cospicua in rapporto al valore monetario del tempo. Cfr. A. GIRAUDO, «Sacra Real Maestà»..., in «Ricerche Storiche Salesiane» 13 (1994), pp. 302-303.
Ottavio Moreno (1779-1852), savonese, canonico della cattedrale di Torino, senatore nel 1849, occupò la carica di economo generale dal 1836 alla morte. Lo ritroveremo nel Cenno storico dell'Oratorio di S. Francesco di Sales a presiedere la cerimonia della posa della prima pietra della chiesa di S. Francesco di Sales il 20 luglio 1851.
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Il Sig. D. Bosco fa tutto quello che può; ma un povero sacerdote non ha mezzi sufficienti al più necessario dispendio, e confida nella carità cristiana ed in quella altresì del governo che pure è grandemente interessato a dirigere, e ad assicurarsi della sufficiente docilità d'una classe che cresce a dismisura, vive senza tetto, senza istruzione, senza ritegno, lanciata alla seduzione di chi le offerisce il soldo, prezzo di schiamazzi, di urli, e che so io ben altro.
Il Sig. D. Bosco, per quanto mi diceva, desidera d'essere almeno aiutato nel pagamento del fitto de' locali, che occupa, e che ha destinati a raccogliere e ad istruire, e ad isfamare talvolta anche un buon numero di tali giovani sfaccendati: il fitto che paga delle tre località monterebbe a lire due mila e quattrocento: più vi sarebbe la manutenzione delle tre cappelle, che necessariamente debbono essere provvedute di vari sacri, di suppellettili, comunque pochi, ma almeno decenti.
Se non si aiuta il sud[detto] sacerdote dichiara che non può più I reggere a tanta spesa; e ben s'accorge che la carità de' benefattori si stanca: arriverebbe dunque come arrivò al benemerito sacerdote Cocchis, che per mancanza di mezzi dovette abbandonare un'opera consimile alla quale attendeva con successo da alcuni anni, e dalla quale dovette cessare carico di debiti.
Proporrei dunque che S[ua] M[aestà] si degnasse accordare al sacerdote Bosco, per questa volta, il sussidio di lire quattrocento intanto giova sperare che il governo prenderà a cuore un oggetto la di cui gravità cresce ogni giorno, e che può avere tristissime conseguenze per l' avvenire.
Ho l'onore di ritornare a V[ostra] S[ignoria] Ill.ma la supplica sud[dett]a riconfermandomi con sensi del più distinto rispetto.
Della S[ignoria] V[ostra] Ill.ma
Dev.mo Obb.mo Serv.re Ab[ate] Moreno
G. Bosco, Frammenti e documenti 65
[Torino], 20 febbraio 1850
Ill.mi Signori,
Il sacerdote Gioanni Bosco nel desiderio di procurare ai giovani più abbandonati tutti quei vantaggi civili, religiosi e morali che per lui fosse possibile nei corso dell'anno 1841 cominciò a radunarne un dato numero in un luogo aderente alla chiesa di S. Francesco d'Assisi. Le circostanze del sito limitava[no] il numero ai settanta od agli ottanta.
L'anno 1844 l'esponente per motivo d'impiego essendosi trasferito alla pia opera del Rifugio continuò ad accogliere detti giovani a cui si unirono parecchi altri fino a trecento. Sprovveduti di locale opportuno l'adunanza facevasi ora in un sito ora in un altro di questa città sempre coll'annuenza delle autorità civili ed ecclesiastiche.
L'anno 1846 si poté avere in affitto il luogo dove si aprì l'Oratorio di S. Francesco di Sales in Valdocco. Quivi l'accorrenza dei giovani divenne maggiore, talvolta si numeravano da sei a settecento giovani dai dodici ai venti anni di cui gran parte usciva dalle carceri od era in pericolo di andarvi.
Benedicendo il Signore tale opera, e divenuto troppo ristretto l'Oratorio anzidetto, sul finir del 1847 ne fu aperto un altro a Porta Nuova sotto il titolo, di S. ILuigi.
Il bisogno dei tempi persuadendo vie più la necessità di educazione e di assistenza per li giovani abbandonati, nell'ottobre del 1849 fu in Vanchiglia riaperto quello dell'Angelo Custode principiato e già
+ G. Bosco, Epistolario. Introduzione, testi critici e note a cura di Francesco Motto, vol. (1835-1863). Roma, LAS 1991, pp. 96-98.
L'Opera della Mendicità Istruita sorse a Torino nel 1743 per iniziativa di un gruppo di sacerdoti e di laici coll'intento di raccogliere i poveri della città, istruirli nel catechismo e soccorrerli nei più urgenti bisogni. Verso la fine del secolo si aggiunse lo scopo di avviare al lavoro e allo studio i figli dei poveri, che avrebbero consumato il tempo nell'ozio e nel vagabondaggio. Si arrivò così all'istituzione delle «scuole di Carità» per l'apprendimento di un mestiere. Negli anni '20 dell'Ottocento l'Opera affidò alle Suore di S. Giuseppe le scuole femminili (dall'aprile 1824) e ai Fratelli delle Scuole Cristiane quelle maschili (dal 1829).
Cfr. G. CHIOSSO, La gioventù «povera e abbandonata» a Torino nell'Ottocento. Il caso degli allievi artigiani della Mendicità Istruita (1818-1861), in L'impegno dell'educare, a cura di J.M. Prellezo. Roma, LAS 1991, pp. 375-402.
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da un anno chiuso dal zelantissimo S. D. Cocchi Vicecurato della SS. Annunziata. Il totale dei giovani di tutti e tre gli Oratori giugne sovente al mille.
Col mezzo di piacevole ricreazione allettata da alcuni divertimenti, con catechismi, istruzioni e canto parecchi divennero morigerati, amanti del lavoro e della Religione. Ci sono anche le scuole del canto tutte le sere, e le scuole domenicali per quelli che possono intervenire, e si diedero già alcuni pubblici saggi e dimostraronsi pienamente soddisfatte le persone che intervennero.
Havvi pure un ospizio per ricevere da venti a trenta individui e questo per li casi particolari di estremo bisogno in cui spesso taluno si trova.
Finora ogni cosa progredì coll'ajuto di alcune caritatevoli persone ecclesiastiche e secolari. I sacerdoti, che sono a ciò in modo particolare dedicati sono il S. T. Borrelli, T. Carpano, T. Vola, D. Ponte, D. Grassino, T. Murialdo, D. Giacomelli, T. Prof. Marengo.
Il sottoscritto trovandosi alla direzione di questi tre oratori, stanti le spese del fitto che tra tutti tre i locali monta a duemila e quattrocento franchi annui: attese altresì le spese di manutenzione delle tre rispettive cappelle in cui si compiono tutte le funzioni per li giorni festivi e le spese eziandio che il grave bisogno di alcuni giovani rende indispensabili, teme di non poter forse più continuare, per la troppa frequenza di dover fare ricorso alle persone che finora tali opere beneficarono.
Ora il sottoscritto scorgendo l'origine, lo scopo e il fine di detti Oratori essere i medesimi che quelli dell'opera della Mendicità Istruita, umilmente invita gli Ill.mi Signori dell'amministrazione a voler prendere in benigna considerazione il sovraesposto e considerando questi Oratori come un'appendice della Mendicità Istruita concedere quei caritatevoli sussidi che alla saviezza e bontà delle SS. LL. sarà giudicato beneviso, perché possa continuare un'opera che ha già procurato e si spera vie più procuri il benessere spirituale ed anche temporale a molti abbandonati individui dell'umana società.
Sperando il favore etc.
D. Bosco Gio. esponente
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Proposta di sussidio. ECONOMATO GENERALE Regio Apostolico
Torino, il 24 settembre 1851
[Ill.mo Sig. Ministro],
Quattro sono le suppliche, sulle quali l'Economo Generale ha l'onore di spiegare al Sig. Ministro per gli affari ecclesiastici il suo sentimento a norma del favoritogli eccitamento.
Tre sono presentate da zelantissimi sacerdoti, che con istraordinaria carità si occupano del ricovero, dell'istruzione, e dell'educazione di povere fanciulle, e di poveri ragazzi, e giovanetti, che abbandonati per le vie, e per le piazze, alla dissipazione senza ritegno alcuno si gettano in ogni maniera di vizio, e di turpitudini: a sostenere un tanto zelo non bastano certamente I i sussidi, che può fornire la cassa dell'Economato; ma importa che il governo stesso se ne occupi, e lo assista, lo promuova coi mezzi, che più estesi gli stanno tra le mani, e di cui può disporre.
Si tratta di una generazione che cresce, e cresce nel vizio; d'una generazione, che già numerosa sorge, e si aggira sbandata ed insolente, facile ad ogni selizione, pronta ad ogni prestigio, e ad ogni clamore il più malaugurato: s'imprigionano que' poveri giovani... ma a che monta quella prigionia? A che giova? Lo scrivente, che per tanti anni s'aggirò nelle prigioni può saperne qualche cosa.
+ Il parere positivo del can. Ottavio Moreno, per quanto riguarda don Bosco, è in rapporto a una supplica inoltrata a Vittorio Emanuele nel luglio 1851, per ottenere un sussidio straordinario per la costruzione della chiesa di S. Francesco di Sales. A don Bosco venne concesso uno stanziamento di 10.000 lire «da pagarsi rateatamente cioè L. 3 m. subito, e le rimanenti di mano in mano che la cassa comunale avrà fondi disponibili». Cfr, A. GIRAUDO, «Sacra Real Maestà»..., in «Ricerche Storiche Salesiane» 13 (1994), pp. 176, 296-297, 307-310.
Il teol. Gaspare Saccarelli (1818-1864) aveva fondato in Borgo S. Donato, contiguo a Borgo Dora, dove era situato l'oratorio di San Francesco di Sales, un oratorio analogo per le ragazze povere allo scopo di catechizzarle, dar loro la possibilità di compiere le pratiche religiose, insegnare loro a leggere, scrivere e far di conto, e trattenerle «in oneste ricreazioni» (A. GIRAUDO, «Sacra Real Maestà»..., pp. 303-304).
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Due sacerdoti sorgevano a raccogliere dapprima que' ragazzi, che affatto abbandonati si trovavano dormienti sotto i portici, lungo le allee, o su qualche porta: alcuni erano ritrosi alla voce, che chiamavali ad aver ricovero e pane; altri seguitavano la mano, che benefica conducevali sotto un tetto: da qui cominciò la bella e veramente sacerdotale opera de' due sacerdoti Cocchis, e Bosco, che mi gode l'animo nel nominare, comunque parlino per essi i ricorsi favoriti in comunicazione.
Il sacerdote Cocchis si restrinse in una sfera più circoscritta, e la coltiva con tutto zelo, con tutta carità, e con lieto successo; epperò non dubita l'Economo Generale di proporre a sfogo del memoriale da esso lui presentato la rinnovazione del sussidio di L. 800.
Il sacerdote Gioanni Bosco si slanciò in più vasto campo, e si pose alla testa di tre riunioni di giovanetti, collocandole sotto il vessillo della religione, chiamandole, come già S. Filippo Neri, Oratori; la principale di tali riunioni è quella, ch' egli sostiene nella regione di Valdocco presso questa capitale sotto il titolo di S. Franceso di Sales: non è a dire di quanta utilità riesca una tale riunione, che si rende in ogni domenica e giorno festivo sempre più numerosa ed esemplare, sino al-l' edificazione.
Sempre vi presiede il buon sacerdote Bosco assistito da alcuni suoi amici e confidenti sacerdoti, che con tutto l'impegno ne secondano lo zelo e la carità: tra la settimana ritiene egli presso di sé que' giovani, che più si mostrano bisognosi d'istruzione religiosa, cominciando dai primi elementi di catechismo: ma a questa prima istruzione aggiunge altri elementi, come quelli della calligrafia, dell'aritmetica, etc. a intendimento di collocarli poi presso qualche artiere o bottegaio per apprendervi un mestiere.
Arriva la domenica, od il giorno festivo: allora que' giovani che, egli collocò in una qualche bottega od officina tutti accorrono con brio ed impazienza all'Oratorio di S. Francesco di Sales, e là si stringono attorno all'amorevole D. I Bosco, verso cui si mostrano pieno l'animo di riconoscenza, e di affetto. Là dopo la religiosa istruzione, ed il cantico delle divine laudi, si passa al divertimento della ginnastica, delle boccie, della giostra (sebbene informe), ad un simulacro di militari evoluzioni, ed a ben altri trastulli, che trattengono l'ilarità, la buona armonia, ed il buon costume; perché mai non si ode parola villana o sconcia; mai un alterco; mai un insolente e sfacciato schiamazzo: tutto è regolato dalla presenza, dal rispetto, e dall' amore che ispira il benefico sacerdote, che nella sua propria ristrettezza, non esita a dare un pane a chi mostra d' averne bisogno, od anche un bicchiere di vino adacquato a chi tra l'agitazione dello trastullo prova la sete: tutto ciò scrive l'Economo Generale perché ne fu testimonio oculare, ed ammiratore, e presago del grandissimo bene, che debbe sorgere dall'instituzione di tali Oratori, quando siano dal governo sostenuti, incoraggiati e protetti.
Animato dal successo, che così lieto si mostra il sacerdote Bosco tutto è nel desiderio di formare nel locale destinato all'Oratorio di S. Francesco di Sales una chiesa, che sia capace di contenere un buon numero di giovani che vi accorrono: dicesi chiesa, perché il luogo dove ora si compiono le sacre funzioni non è una chiesa, ma una camera oblunga, dove tra l'alito e il calore mal si può durare e reggere. Il desiderio del Sig. D. Bosco fu secondato dalla buona ed efficace volontà di pie e benefiche I persone, e sino dal capo-mastro, a cui è affidata l'impresa della fabbricazione.
Il calcolo della spesa occorrente ascenderebbe a lire 25 m[ila], le fondamenta che ne sono gettate, e ne proseguono i lavori; se non che manca ora il danaro, e malgrado la buona volontà del capo-mastro impresario si troverebbe costretto di sospendere l'incominciata costruzione con grande rammarico dell'attivo, e nella sua carità impaziente D. Bosco.
Confida egli nella beneficenza di S[ua] M[aestà] per mezzo della cassa economale, ma non ignora le ristrettezze di questa cassa, ed i pesi molteplici, che la gruvano quindi non potrà a meno di starsene contento a quel sussidio, ché sarà possibile.
Non dissimula lo scrivente, che gli sta così fitto in pensiero l'utilità di tale istituzione, che quando la cassa dell'Economato fosse in grado di sopportare tutta la spesa della divisata fabbricazione non esiterebbe a proporla alla beneficenza di S[ua] M[aestà]: mentre la generazione adulta vuol essere contenuta importa ai governi che la generazione che cresce sia istruita, educata alla religione ed alla moralità: il buono o tristo avvenire della società sta tutto nella sanzione, e nell'eseguimento pratico di questo principio: così la pensa chi scrive.
Sia dunque l'ottimo sacerdote D. Bosco sostenuto ed incoraggiato nel religioso, ed eminentemente socievole suo divisamento, sperando che benefiche persone vorranno continuare ad assistere la I bella impresa, e sperando sopra ogni altra cosa che il governo [sia] penetrato anch' esso dall'importanza di sostenerne l'alto ed illuminato principio, l'Economo Generale proporrebbe il sussidio di lire dieci mila da erogarsi ripartitamente, cioè L. 3 m[ila] subito, e la rimanente somma negli anni successivi in quei mesi ed in quel tempo, che questa cassa potrà ripartitamente compiere al contratto impegno.
70 Pietro Braido
Sull'esempio dei sacerdoti Bosco e Cocchis il Sig. teol. Saccarelli cappellano di S[ua] M[aestà] si accinse alla riunione di povere fanciulle in una casa, che egli tolse col proprio danaro a pigione nel Borgo di S. Donato (possibile che non si pensi a fabbricare una chiesa parrocchiale in un Borgo, che contando una popolazione di oltre venti mila anime si trova affatto senza chiesa[?]), e che sin qui sostenne con oblazioni anche di pie persone, ma principalmente colla propria borsa.
Accrescendosi il numero delle fanciulle, che accorrono all'istruzione ed alla educazione, che vien loro aperta, divisò il benemerito teol. Saccarelli di far edificare una piccola chiesa, la quale non tanto serva all'adempimento dei religiosi doveri di dette fanciulle, quanto ad agevolare agli abitanti di quel borgo il mezzo di sentire una messa nei giorni festivi.
Dal tenore medesimo del dispaccio del Sig. Ministro degli affari ecclesiastici comprende lo scrivente come egli stesso I sia penetrato dell'importanza e dell'utilità d'un tale stabilimento quando arrivi realmente a costituirsi. Sarebbe stato opportuno che il Sig. teol. Saccarelli avesse accennato alla spesa che occorrerebbe per la divisata costruzione: comunque sia, egli è noto che già i lavori ne sono cominciati, e che non possono progredire per mancanza di mezzi.
A sostenere, ed incoraggiare lo smarrito benefico institutore l'Economo Generale proporrebbe il sussidio di lire due mila cinquecento, sperando che il Sig. teol. potrà successivamente dare maggiori lumi, e che altre pie persone vorranno anche coadiuvarlo nella bella impresa.
Viene per ultimo il memoriale presentato dal Sig. conte Ceppi nella sua qualità di presidente della commissione instituita dal Consiglio Delegato di cotesta città per promuovere li vari interessi degli abitanti del Borgo Stura.
[...] I
Ha voluto l'Economo Generale riunire in una sola corrispondenza tutte queste proposizioni, perché tutte le domande riguardano ad oggetti, che interessano la popolazione di Torino, epperò tutte potevano esser oggetto dell'attenzione del governo, e delle di lui premure.
Sottopone l'Economo Generale all'avvedutezza del Sig. Ministro
G. Bosco, Frammenti e documenti 71
per gli affari ecclesiastici queste proposizioni, ed ha l'onore di restituire i relativi ricorsi.
L'Economo Generale Ab[ate] Moreno
Al Signor Ministro Segretario di Stato per gli Affari Eccl.ci di Grazia e Giustizia
Torino
72 Pietro Braido
* Torino, 20 dicembre 1851
Illustrissimo Signore,
Una modesta opera di beneficenza fu intrapresa, or fa dieci anni, nel distretto di questa Città sotto il titolo di Oratorio di S. Francesco di Sales, diretta unicamente al bene intellettuale e morale di quella parte di gioventù, che per incuria de' genitori, per consuetudine di amici perversi, o per mancanza di mezzi di fortuna trovasi esposta a continuo pericolo di corruzione. Alcune persone amanti della buona educazione del popolo videro con dolore farsi ogni giorno maggiore il numero dei giovani oziosi, e malconsigliati che vivendo di accatto o di frode sul trivio e sulla piazza sono di peso alla società e spesso strumento d'ogni misfare. Videro pure con sentimento di profonda tristezza molti di coloro, che si sono per tempo dedicati all'esercizio delle arti e delle industrie cittadine, andar nei giorni festivi consumando nel gioco e nelle intemperanze la sottile mercede guadagnata nel corso della settimana, e desiose di portare rimedio ad un male da cui sono a temersi funestissime conseguenze, divisarono di aprire una casa di domenicale convegno, in cui potessero gli uni e gli altri aver tutto l'agio di soddisfare a' religiosi doveri, e ricevere ad un tempo una istruzione, un indirizzo, un consiglio per governare cristianamente e onestamente la vita. Fu perciò instituito un Oratorio dedicato a S. Francesco di Sales coi mezzi che somministrò la carità di quei generosi, che sogliono largheggiare nelle cose che al pubblico bene riguardano; si apprestò quant' era d'uopo per celebrare le funzioni religiose, e per dare ai giovani una educazione morale e civile; vari giocherelli atti a sviluppare le forze fisiche e a ricreare onestamente lo spirito furono pure adottati, e così si studiò di rendere utile ed insieme gradita la loro dimora in quel luogo.
+ G. Bosco, Epistolario. Introduzione, testi critici e note, a cura di Francesco Motto, vol. I (1835-1863). Roma, LAS 1991, pp. 139-141.
La circolare si riferisce alla prima delle grandi lotterie ideate da don Bosco per il sostegno finanziario delle sue opere. Ad essa dedica pagine significative Giuseppe Bracco in un saggio dal titolo Don Bosco e le istituzioni, nel vol. I (Saggi) dell'opera Torino e Don Bosco (Torino, Archivio Storico della Città di Torino 1989), pp. 130-133.
G. Bosco, Frammenti e documenti 73
È difficile a dire con quale favore sia stato accolto l'invito che si fece a' giovanetti senza veruna pubblicità, e in quella guisa soltanto che si suole tra i familiari, di convenire ogni dì festivo nell'Oratorio; il che die' animo ad ingrandire il recinto, e ad introdurvi in progresso di tempo quei miglioramenti, che una carità ingegnosa e prudente poté suggerire; quindi si incominciò ad insegnare prima nelle domeniche, e poi ogni sera nell'invernale stagione la lettura, la scrittura, gli elementi dell'aritmetica e della lingua italiana, ed uno studio particolare si pose per rendere a quei giovanetti volenterosi famigliare l'uso delle misure legali, di cui, essendo la più parte addetti a' mestieri, sentivano il maggior bisogno.
Instillare nei loro cuori l'affetto ai parenti, la fraterna benevolenza, il rispetto alle autorità, la riconoscenza ai benefattori, l'amor della fatica, e più d'ogni altra cosa istruire le loro menti nelle dottrine cattoliche e morali, ritrarli dalla mala via, loro infondere il santo timore di Dio, e avvezzarli per tempo all'osservanza dei religiosi precetti, sono queste le cose, a cui per due lustri da zelanti sacerdoti e laici si dà opera assidua e si consacrano le cure maggiori. Così mentre vi ha chi lodevolmente si adopera per diffondere gli scientifici lumi, per far progredire le arti, per prosperare le industrie e per educare i giovani agiati nei collegi e ne' licei, nel modesto Oratorio di San Francesco di Sales si compartisce largamente l'istruzione religiosa e civile a coloro, che quantunque siano stati meno favoriti dalla fortuna, hanno pure la forza ed il desiderio d'éssere utili a se medesimi, alle loro famiglie ed al paese.
Riconoscendo però in brev'ora angusto pel numero sempre crescente dei giovani il locale che era destinato ad uso di cappella, e non volendo lasciare a mezzo un'impresa così bene avviata, i promotori pieni di confidenza nella generosità dei loro concittadini deliberarono di mettere mano ad un edifizio più ampio e meglio acconcio all'uopo, e di assicurare in tal guisa la durata di un cosa utile instituto educativo. Fu troncato ogni ritardo, si superarono le incertezze, e con coraggio si gettarono le fondamenta del nuovo Oratorio.
Le oblazioni, i regali, gli incoraggiamenti d'ogni fatta non vennero meno sinora, e tanto si progredì nel lavoro, che nel volgere di pochi mesi si potè giugnere alla formazione del tetto.
74 Pietro Braido
Ma per condurre a compimento 1' edifizio i mezzi ordinari più non bastano, ed è necessario che l'inesausta carità del pubblico venga in soccorso della privata beneficenza. Egli è a tal fine, che i sottoscritti promotori della pia opera si rivolgono alla S. V. Ill.ma invocando il di lei concorso, e proponendole un mezzo, che essendo già stato adoperato con buon successo in altre benemerite instituzioni non fallirà certamente all'Oratorio di S. Francesco di Sales. Consiste questo mezzo in una lotteria d'oggetti, che i sottoscritti vennero in pensiero d'intraprendere per sopperire alle spese di ultimazione della nuova cappella, ed a cui la S. V. vorrà, non vi ha dubbio, prestare il suo concorso, riflettendo all'eccellenza dell'opera cui è diretta.
Qualunque oggetto piaccia alla S. V. offerire o di seta, o di lana, o di metallo, o di legno, ossia lavoro di riputato artista, o di modesto operaio, o di laborioso artigiano, o di caritatevole gentildonna, tutto sarà accettato con gratitudine, perché in fatto di beneficenza ogni piccolo aiuto è gran cosa, e perché le offerte anche tenui di molti insieme riunite possono bastare a compir l'opera desiderata.
I sottoscritti confidano nella bontà della S. V., sicuri che il pensiero di concorrere alla buona educazione della gioventù abbandonata non potrà a meno di non piegare il di lei animo ad una qualche sovvenzione. Valga del resto a raccomandare presso di Lei il pio instituto la singolare benevolenza con cui persone d'ogni ordine e d'ogni grado ne hanno promosso lo stabilimento e favorito la estensione. Valga soprattutto il voto emesso dal primo Corpo legislativo dello Stato, che dopo averlo preso in benigna considerazione nominava una commissione apposita per averne precisi ragguagli, e conosciutane l'utilità raccomandavelo caldamente al Governo del Re. Valga eziandio il generoso sussidio decretatogli per due anni continui con voto unanime dal Municipio torinese; la singolare larghezza, con cui S. M. il Re e S. M. la Regina si degnarono di venirgli in aiuto, e la speciale benignità, con cui venerandi prelati, e distintissimi personaggi si compiacquero di raccomandarlo alla pubblica carità.
I sottoscritti rendono alla S. V. Ill.ma anticipati ringraziamenti per la cortese cooperazione che vorrà prestare pel buon esito della progettata lotteria, e le pregano dal Cielo ogni benedizione.
Di S. V. Ill.ma
Obbl.mi servitori
I Promotori e le Promotrici
1. Storia del testo
La storia del testo che descrive il primo incontro del ministro Urbano Rattazzi' con don Bosco incomincia nel 1882, quando ne riferisce in due puntate il Bollettino Salesiano.2 Non se ne sono trovati manoscritti originali o qualsiasi cenno che si riferisca a una simile visita nelle Cronache di autori diversi, conservate nell' ASC.
' Urbano Rattazzi nacque ad Alessandria nel 1808 e morì a Frosinone nel 1873. Avvocato, deputato al parlamento subalpino, per una volta ministro della pubblica istruzione, per due presidente del consiglio dei ministri del regno d'Italia, fece parlare molto di sé in rapporto sia alla questione romana sia alle relazioni tra stato e chiesa, prima nel regno sardo, poi nel regno d'Italia. Ministro di Grazia e Giustizia e ministro degli Interni in diversi Governi del regno di Sardegna e — dopo l'unificazione d'Italia — nel ministero La Marmora, svolse un'intensa attività diretta alla riforma dell'ordinamento giudiziario, a regolare l'ammissione al beneficio del patrocinio dell'avvocato dei poveri, a modificare il codice di procedura penale e soprattutto a modificare il codice penale in vigore nel regno sardo. Tra le molte differenze che si trovano tra il codice penale del 1839 e quello del '59, interessano quelle riguardanti i giovani minori di ventun anni di età. Il codice del '39 e quello del '59 vanno d'accordo nell'asserire che il minore di anni quattordici, quando abbia agito senza discernimento, non soggiacerà a pena. Se si tratta però di crimine o di delitti, i magistrati o tribunali ordineranno che l'imputato sia consegnato alla famiglia, la quale si obbliga a bene educarlo e a invigilare sulla sua condotta sotto pena dei danni (nel '59 si parla perfino di multa). Esiste però, nel resto, una grande differenza tra i due codici. Quello del '39 prevede l'ergastolo (una colonia penale di lavoro) per il minore di quattordici anni che non viene consegnato alla famiglia. Per i giovani oltre ai 14, fino a anni ventuno, la pena è scontata in carcere, seppure con qualche diminuzione nella durata riguardo a quella degli adulti. Il Codice del '59, che porta la firma del Rattazzi, prevede per tutti i giovani con problemi sociali che non vengano consegnati alla famiglia la custodia che è una casa di istruzione e di industria, oppure il ricovero in uno stabilimento pubblico di lavoro, se l'imputato è minore di quattordici anni. Custodia e ergastolo non potevano differire fra loro soltanto quanto al nome, se si voleva che la custodia servisse alla rieducazione dei giovani. Si ponevano allora seri problemi di ordine pedagogico nel preparare il regolamento della custodia, di cui parla il Codice del 1859. A quanto pare, però, l'incalzare degli avvenimenti politici tolse a Rattazzi l'opportunità di portare avanti il compito di dare ai giovani con problemi sociali un trattamento più adeguato alla loro condizione.
Cfr. BS 6 (1882) n. 10, ott., pp. 166-172 e n. 11, nov., pp. 179-182.
76 Antonio Ferreira da Silva
Nel processo di beatificazione di don Bosco due testimoni parlano esplicitamente della visita di Urbano Rattazzi all'Oratorio. D. Giulio Barberis (1847-1927), che aveva conosciuto don Bosco quando aveva solo sette anni ed era entrato nell'Oratorio nel 1861, afferma: «Il Ministro Urbano Rattazzi era stato più volte testimonio del bene che faceva D. Bosco, essendo venuto a visitare l'Oratorio, assistere persino a qualche predica di D. Bosco, osservato co' suoi occhi il cambiamento in bene dei giovani, da lui conosciuti discoli...» (Positio super introductione causae, p. 300). D. Giovanni Battista Francesia (1838-1930; entrato nell'Oratorio il 22 giugno 1852) invece assicura di essere stato presente a Valdocco nel giorno della visita di Rattazzi: «Io ero presente in questa conferenza» (Positio super introductione causae, p. 204). Ma avrà visto e riconosciuto il ministro? «Mi pare, dice in una delle sue buone notti, d'aver visto quel signore che cercò di parlare a D. Bosco e che si manifestò per Urbano Rattazzi allora tanto famoso e l'ardito avversario del Conte Cavour»?
Entrambe le testimonianze sono posteriori al testo del BS.
2. L'autore
Il testo qui presentato fa parte dei capitoli VII e VIII della seconda parte della Storia dell'Oratorio di S. Francesco di Sales, pubblicata da D. Giovanni Bonetti, redattore principale del BS. Si può, dunque, supporre che sia egli stesso l'autore del testo.4
Tra i tanti suoi scritti — apologetici, agiografici, ascetici — interessa qui in particolare la Storia dell'Oratorio di S. Francesco di Sales.
Pubblicata a puntate sul BS, fu poi completata e raccolta in volume intitolato Cinque lustri di storia dell'Oratorio Salesiano.5
Scopo della Storia dell'Oratorio era dare ai lettori informazioni esaurienti intorno all'origine e alla natura dell'Oratorio, correggendo errori e impressioni diffusi qua e là.'
Alla tessitura del lavoro, oltreché le informazioni fornite da don Bosco, concorsero quelle date da antichi allievi dell'Oratorio, interni ed esterni, ecclesiastici e laici.
La pubblicazione incomincia col gennaio 1879 e prosegue ininterrotta
' G.B. FRANCESIA, Buone notti autografe di D. G.B. Francesia, a cura di Eugenio
Valentini. Roma, PAS 1977, p. 29.
Vedi su di lui più avanti a pag. 99, n. 9, un breve profilo biografico.
Torino, Tipografia Salesiana 1892.
Cfr. BS 3 (1879) n. 1, genn., p. 6.
G. Bosco, Conversazione con U. Rattazzi 77
mente fino ad agosto 1881. Riprende in ottobre dello stesso anno e continua fino a maggio del 1882. Il testo relativo all'andata di Urbano Rattazzi all'Oratorio di Valdocco e al successivo colloquio è contenuto nei fascicoli 10° e 11° (ott.-nov.) del 1882. La pubblicazione della Storia riprende nei numeri da marzo a luglio del 1883; si conclude con la puntata di agosto 1886.
3. Probabili fonti
La mancanza di testi anteriori alla rievocazione dell'episodio fatta dal BS a 28 anni di distanza pone problemi che vanno oltre lo scopo di questa raccolta. Però, quale contributo a una loro corretta impostazione si sono raccolti testi paralleli, che vengono collocati in apparato per un utile confronto con il testo edito. Sembra che ne possa risultare rafforzata 1' attendibilità del racconto del Bonetti, tuttavia letto entro il contesto redazionale del BS e non come rigoroso resoconto storico.
Il dialogo tra Don Bosco e il maestro Francesco Bodrato, tratto dai Cenni biografici del sacerdote D. Bodrato Francesco, di cui esistono il testo manoscritto e le bozze di stampa in ASC 275 BODRATO FRANCESCO, viene citato dall'edizione critica pubblicata in RSS 3 (1984) n. 2 (5), luglio-dicembre, pp. 384-387. Per G. Bosco, Il sistema preventivo nella educazione della gioventù, invece, si segue il testo a stampa premesso al Regolamento per le case della Società di S. Francesco di Sales (Torino, Tipografia Salesiana 1877), in OE XXIX 99407 (= pp. 3-13).
78 Antonio Ferreira da Silva
Lasciando dunque a parte la sua politica, notiamo ad onore del p. 171 vero che l'avvocato Rattazzi da Deputato e da Ministro guardò sempre 1" col. di buon occhio il nostro Oratorio ed Ospizio. Soleva dire che il Governo era obbligato a proteggere cotale istituzione, perché cooperava
5 efficacemente a scemare gli inquilini delle prigioni, e a formare dei savii cittadini, nel mentre che ne faceva dei buoni cristiani; ed egli stesso ne dava l'esempio. Quindi incoraggiava D. Bosco nell'opera sua, inviava sussidii, raccomandava giovanetti, e giunse persino ad affidargli un giovane suo cugino, di nome Cesare Rattazzi, affinché
10 glielo riducesse a buoni sentimenti e a sani consigli. Ogni qual volta poi che saliva al Ministero degnavasi di far sapere a D. Bosco che nulla avrebbe a temere. Queste benevole disposizioni egli prese a nutrire sin dal momento che fece personale conoscenza con D. Bosco, e in modo incognito venne al nostro Oratorio. Il fatto è degno di essere
15 qui segnalato.
Era una Domenica mattina del mese di aprile dell'anno 1854, verso le ore dieci e mezza. I giovani dell'Ospizio con molti altri degli esterni si trovavano per la seconda volta in Chiesa; avevano cantato Mattutino e Lodi dell'Ufficio della Beata Vergine, ascoltata la Messa,
20 e D. Bosco salito in pulpito stava raccontando un tratto di Storia Ecclesiastica, già incominciata da qualche tempo addietro. In quel mentre entra per la porta esterna della nostra Chiesa un signore, che nessuno e neppur D. Bosco conobbe. Udendo che si stava predicando, ei si sedette sopra uno dei banchi preparati in fondo pei fedeli, e
25 fermossi ad ascoltare sino alla fine. Don Bosco aveva principiato la
+ BS 6 (1882) n. 10-11, ott.-nov., pp. 171-172, 179-180.
9 Cesare RATTAZZI, nato a Alessandria nel 1843, entrò all'Oratorio nel 1856 in qualità di artigiano e vi rimase fino al febbraio del '58.
25-30 Dopo aver predicato ai giovani per qualche anno sulle vite dei Papi, don Bosco le pubblicò nelle Letture Cattoliche. Nella Vita de' Sommi Pontefici S. Lino, S. Cleto e S. Clemente, Torino, Paravia 1857, don Bosco scrive: «Così quel governatore sebbene in cuor suo provasse ripugnanza nell'operare il male, tuttavia per timore di perdere l'amicizia del suo sovrano commise un'abbominevole ingiustizia mandando un uomo innocente alla dura e severa pena dell'esilio. Lungo e faticoso fu il viaggio
G. Bosco, Conversazione con U. Rattazzi 79
Domenica innanzi a narrare la vita di S. Clemente Papa, e in quel mattino raccontava come il santo Pontefice in odio alla Religione Cristiana era stato dall'Imperatore Trajano mandato in esiglio nel Chersoneso, chiamato oggidì Crimea, dove in quell'anno incominciava la guerra sopra accennata. Terminato il racconto egli soleva interrogare 30 qualcuno dei giovani, se avesse qualche domanda a fare in proposito, o qualche moralità si potesse trarre dal fatto di storia. In questa guisa egli ci obbligava a stare attenti, e nel tempo stesso dava alla narrazione un più vivo interesse. Così pur facendo in quella mattina, egli interrogò uno dei giovani esterni. Costui contrariamente ad ogni 35 aspettazione venne fuori con una domanda appropriata bensì, ma inopportuna pel luogo, e per quei tempi molto pericolosa. Disse adunque: — «Se l'Imperatore Traiano commise una ingiustizia, cacciando da Roma e mandando in esilio Papa S. Clemente, ha forse fatto anche male il nostro Governo ad esigliare il nostro Arcivescovo 40
p. 171 2' col. Mons. Fransoni? — A questa domanda inaspettata D. Bosco rispose senza punto scomporsi: — «Qui non è il luogo da dire, se il nostro Governo abbia fatto bene o male a mandare in esiglio il nostro veneratissimo Arcivescovo; è questo un fatto di cui si parlerà a suo tempo; ma il certo si è che in tutti i secoli e fin dal principio della Chiesa i nemici della Religione Cristiana hanno sempre preso di mira i Capi della medesima, i Papi, i Vescovi, i Sacerdoti, preché credono che tolte di mezzo le colonne cada l'edifizio, e che percosso il pastore si sbandino le pecorelle, e divengano facile preda dei lupi rapaci.
che S. Clemente ebbe a fare per recarsi al luogo del suo esilio detto Chersoneso Taurico, oggi Crimea...» (p. 78).
35 Era Giacinto ARNAuD, nato a Torino nel 1826. Entrò nell'Oratorio di Valdocco come artigiano nel 1847 e ne uscì nel febbraio del '56.
37 «Si era ancora nel piccolo Oratorio, ed io ero giovanissimo. Ma ricordo benissimo ciò che disse il compagno più anziano e come fu poco fortunata l'osservazione di Arnaud sull'arresto ed esiglio dell'Arciv. di Torino Mons. Fransoni» (G.B. FRANCESTA, Buone notti ..., p. 29.
41 «Sinceramente a quelli che lessero il fatto nel Bollettino o poi nella Vita di D. Bosco, sembrò strana l'uscita del compagno; ma non a noi che avevamo ancora per la memoria lo strapazzo di quel santo Arcivescovo tanto amico nostro e dell'opera di D. Bosco. Allora Mons. Fransoni era il bersaglio quasi di ogni giorno dei nostri giornali e specialmente della Gazzetta del popolo. Nell'officina, nella casa, nelle conversazioni non si faceva che parlare di lui e ripetere ciò che si era letto nel giornale che doveva essere la bocca della verità. Qualcuno anche dell'Oratorio si era persuaso che l'Arc. Franzoni aveva congiurato contro la patria ed era stato giustamente castigato» (G.B. FRANCESIA, Buone notti ..., p. 29).
45-57 Nella Vita dei Sommi Pontefici S. Ponziano, S. Antero e S. Fabiano, Torino, Paravia 1859, pp. 41-42, don Bosco scrive: «Ve ne furono e tuttora ve ne sono che follemente dissero: ucciso il capo, dee finir la Chiesa. No, dice Iddio, non temete gli assalti degli uomini, io vi difenderò, vi proteggerò e sarò con voi tutti i giorni: ecce ego vobiscum sum omnibus diebus [Mt 28,20]. Forse qualche cristiano non molto istruito nelle verità della fede dirà: che sarà della Chiesa quando si mandano in esilio o si mettono a morte i suoi medesimi pastori? Lasciate pure che gli uomini facciano i loro sforzi; essi non varranno mai a cangiare i decreti di Dio. Si uccide un vescovo. Dio sa suscitarne un altro. Un papa è mandato in esilio? Di là egli governa la Santa Chiesa. Sarà condannato a morte? Un altro tosto succede, che con egual coraggio e fortezza intraprende il governo della Chiesa, predica lo stesso Vangelo, la stessa fede, la stessa legge, lo stesso battesimo istituito da Nostro Signor Gesù Cristo. Così fu e sarà per l'avvenire finché sia compiuto il numero degli eletti».
80 Antonio Ferreira da Silva
50 Noi pertanto quando udiamo o leggiamo che questo o quel Papa, questo o quel Vescovo, questo o quel Sacerdote è stato condannato ad una pena, come per es. all'esilio, alla prigione e fosse anche alla morte, non dobbiamo tosto credere che egli sia veramente colpevole come lo dicono; imperciocché potrebbe darsi in quella vece che egli sia una
55 vittima del suo dovere, sia un confessore della fede, sia un eroe della Chiesa, come furono gli Apostoli, come furono i Martiri, come furono tanti Papi, Vescovi, Sacerdoti e semplici fedeli. E poi teniamo sempre a mente che il mondo, il popolo ebreo, Pilato condannò alla morte di croce lo stesso divin Salvatore, quale un empio bestemmiatore, ed un
60 sovvertitore del popolo, mentre era vero Figliuolo di Dio, aveva raccomandato obbedienza e sottomissione alle potestà costituite, mentre aveva ordinato di dare a Cesare quello che è di Cesare, e a Dio quello che è di Dio».
Aggiunte alcune altre parole sul dovere di tenersi forti nella fede e
65 nella devozione e rispetto ai Ministri della santa Chiesa, D. Bosco discese dal pulpito, e noi, recitato il solito Pater ed Ave in onore di S. Luigi Gonzaga, e cantato il Lodato sempre sia il nome di Gesù e di Maria, ce ne uscimmo di Cappella per la porta laterale. Dietro di noi usciva pure lo sconosciuto signore, che venuto nel cortile domandò di
70 parlare con D. Bosco. Questi era allora salito in camera, e gli fu accompagnato da un giovane. Fatti i primi convenevoli, tra D. Bosco e Rattazzi uscì un breve dialogo udito dal giovine medesimo il quale, se
66-67 MB IV 401 parla di un Poter, Ave e Gloria a s. Luigi, colla invocazione Ab omni malo libera nos Domine. Non sappiamo se qui si tratti della stessa pratica di devozione a s. Luigi Gonzaga.
71-75 Cfr. MB IV 626-629.
G. Bosco, Conversazione con U. Rattazzi 81
condo il solito di quei tempi poco beati, dopo aver introdotto il signore, erasi fermato colà sino a che D. Bosco non gli accennò di andarsene
pure, perché nulla occorreva. Il dialogo è questo. 75
D. Bosco — Potrei sapere con chi ho l'onore di parlare? Rattazzi — Con Rattazzi.
D. B. — Con Rattazzi! Quel grande Rattazzi (coul gran Ratass), Deputato, già Presidente della Camera ed ora Ministro del Re?
Rat. — Per lo appunto. 80
D. B. — Dunque (sorridendo) posso preparare i polsi alle manette, e dispormi per andare all'ombra della prigione. Rat. — E perché mai?
D. B. — Per quello che V. Eccellenza udì poc' anzi nella nostra
Chiesa, a riguardo di Mons. Arcivescovo. 85
p, 172 Rat. — Niente affatto. Lasciando a parte, se I fosse più o meno
l' col.
opportuna la domanda di quel ragazzo, Lei dal canto suo rispose e se la cavò egregiamente, e niun Ministro del mondo potrebbe fargliene il minimo rimprovero, quantunque io sia di parere che non convenga trattare di politica in Chiesa, tanto meno con giovanetti, che 90 non sono ancor capaci di farne il dovuto apprezzamento, non si hanno tuttavia da rinnegare le proprie convinzioni in faccia a nessuno. Si aggiunga anche che in un Governo Costituzionale i Ministri sono responsabili delle loro azioni, le quali possono essere sindacate da qualsiasi cittadino, e perciò anche da D. Bosco. Io stesso, sebbene 95 non tutte le idee e gli atti di Mons. Fransoni mi arridano, sono lieto che la severa misura contro di lui non sia stata presa sotto il mio Ministero.
D. B. — Se è così, conchiuse facetamente Don Bosco, posso dunque stare tranquillo che V.E. per questa volta non mi farà mettere in too gattabuja, e mi lascierà respirare l'aria libera di Valdocco. Allora passiamo ad altro.
A questo lepido esordio tenne dietro un serio discorso di quasi
78 In dialetto piemontese rat = topo; ratass = topaccio.
81-89 Tra le modifiche proposte dal Rattazzi al Codice Penale e approvate in quell'anno 1854 dal Parlamento, si trovava quella che puniva con il carcere e l'aggiunta di una multa, i ministri del culto i quali, in pubblica adunanza nell'esercizio del loro ministero, pronunciassero discorsi contenenti censura alle istituzioni o alle leggi dello Stato. 89-93 Cfr. MO 219-220 e 217-218.
82 Antonio Ferreira da Silva
un'ora; e il Rattazzi con una infilzata di domande a D. Bosco si fece
105 dire per filo e per segno l'origine, lo scopo, il progresso, il frutto della instituzione dell'Oratorio e dell'unito Ospizio; e uomo qual si era di buon cuore ne andò così bene impressionato, che da quel giorno, come abbiamo di sopra accennato, e come vedremo ancora in appresso, divenne nostro avvocato e protettore. Fu questo per noi un tratto di spe
llo ciale provvidenza, imperciocché facendosi anno per anno più difficili le condizioni dei tempi, ed avendo il Rattazzi avuto molto sovente le mani al Governo, ed essendo rimasto ognora uomo influente, il nostro Oratorio ebbe in lui tale un appoggio, senza di cui avrebbe forse risentite delle fortissime scosse, ed anche sofferti dei gravissimi danni. Ed
115 invece fu il contrario. Pare che il Signore abbia voluto servirsi di lui
per farci del bene, e per non lasciarci recare del male, come allo stesso fine sotto il re Nabucodonosor erasi servito dell'opera di un Ministro potente in pro del giovane Daniele e dei suoi compagni. Dio giammai non muta. Egli è sempre qual provvido Padre. Felice chi lo ama e in lui
120 confida. I
Tra le varie interrogazioni, che il signor Rattazzi mosse a D. Bosco p. 179 nella sopra riferita conversazione, una si fu intorno al mezzo da lui I i. col. adoperato per conservare l'ordine tra tanti giovani, che affluivano al- p. 179
l' Oratorio. 2" col.
125 — Non ha la S.V. ai suoi cenni, domandò il Ministro, almeno due
o tre guardie civiche in divisa o travestite?
— Non me ne occorrono punto, Eccellenza.
— Possibile? Ma questi suoi giovani non sono mica dissimili dai giovani di tutto il mondo; saranno ancor essi per lo meno sbrigliati, ac130 cattabrighe, rissosi. Quali reprensioni, quali castighi usa adunque per infrenarli e per impedire scompigli?
— La maggior parte di questi giovani sono davvero svegliati della
121-124 «Nel corso di quel giorno chiese una particolare udienza col Rev. D. Bosco e l'ottenne nella stessa sera... Ciò che possiamo asserire si è che uno dei primi temi della conversazione si furono le proteste d'ammirazione pel contegno di dipendenza e d'affetto, e di sincera cordialità che tanto avevano colpito il Bodrato, in quel grande numero di ragazzi, vennero quindi le domande sul sistema tenuto dal Sac.' D. Bosco onde ottenere così straordinario effetto» — Cfr. Il dialogo tra Don Bosco e il maestro Francesco Bodrato, pp. 384-385.
130-134 «Che regola tenere nell'infliggere castighi? Dove è possibile, non si faccia mai uso dei castighi...» – Regolamento per le case ..., p. 12.
G. Bosco, Conversazione con U. Rattazzi 83
quarta, come si dice; ciò non di meno per impedire disordini qui non si adoperano né violenze, né punizioni di sorta.
— Questo mi pare un mistero; favorisca di spiegarmi l'arcano. 135
— Vostra Eccellenza non ignora che vi sono due sistemi di educazione; uno è chiamato sistema repressivo, l'altro è detto sistema preventivo. Il primo si prefigge di educare l'uomo colla forza, col reprimerlo e punirlo, quando ha violato la legge, quando ha commesso il delitto; il secondo cerca di educarlo colla dolcezza, e perciò lo aiuta 140 soavemente ad osservare la legge medesima, e gliene somministra i mezzi più acconci ed efficaci all'uopo; ed è questo appunto il sistema in vigore tra di noi. Anzitutto qui si procura d'infondere nel cuore dei giovanetti il santo timor di Dio; loro s'inspira amore alla virtù ed orrore al vizio, coll'insegnamento del catechismo e con appropriate istru- 145 zioni morali; s'indirizzano e si sostengono nella via del bene con opportuni e benevoli avvisi, e specialmente colle pratiche di pietà e di religione. Oltre a ciò si circondano, per quanto è possibile di
135 «...Sentiva il bisogno e desiderava ardentemente conoscere il secreto di così straordinaria riuscita di tale educazione» – Il dialogo tra Don Bosco e il maestro Francesco Bodrato, p. 395.
136-138 «Due sono i sistemi in ogni tempo usati nella educazione della gioventù: Preventivo e Repressivo» – Regolamento per le case ..., p. 3.
138-140 «Il sistema Repressivo consiste nel far conoscere la legge ai sudditi, poscia sorvegliare per conoscerne i trasgressori ed infliggere, ove sia d'uopo, il meritato castigo» – Regolamento per le case ..., pp. 3-4.
140-143 «Diverso e, direi, opposto è il sistema Preventivo. Esso consiste nel far conoscere le prescrizioni e i regolamenti di un Istituto e poi sorvegliare in guisa, che gli allievi abbiano sempre sopra di loro l'occhio vigile del Direttore o degli assistenti, che come padri amorosi parlino, servano di guida ad ogni evento, diano consigli ed amorevolmente correggano, che è quanto dire: mettere gli allievi nella impossibilità di commettere mancanze. Questo sistema si appoggia tutto sopra la ragione, la religione, e sopra l'amorevolezza; perciò esclude ogni castigo violento e cerca di tenere lontano gli stessi leggeri castighi» – Regolamento per le case ..., p. 4.
143-155 «Quando siasi giunto a far penetrare nelle loro anime i principali misteri della nostra Religione, che tutta amore ci ricorda l'amor che Iddio ha portato all'uomo, quando si sia arrivato a far vibrare nel loro cuore le corde della riconoscenza che si deve al Signore, in ricambio dei benefizi che ci ha sì largamente compartiti, e quando ancora la Ragione li abbia fatti persuasi che chi vuol essere grato sinceramente a Dio, deve ascoltarne i precetti, osservare i comandamenti e praticare quanto ci proponiamo per tenerci nella via retta. Insomma quando si abbia ottenuto da essi la pratica delle opere buone colla frequenza dei Sacramenti, si persuada pure che s'è quasi a metà dell'opera» – Il dialogo tra Don Bosco e il maestro Francesco Bodrato, p. 386.
84 Antonio Ferreira da Silva
un'amorevole assistenza in ricreazione, nella scuola, sul lavoro; s'in
150 coraggiano con parole di benevolenza, e non appena mostrano di dimenticare i proprii doveri, loro si ricordano in bel modo e si richiamano a sani consigli. In una parola si usano tutte le industrie, che suggerisce la carità cristiana, affinché facciano il bene e fuggano il male per principio di una coscienza illuminata e sorretta dalla
155 Religione.
— Certo è questo il metodo più adatto ad educare creature ragionevoli; ma riesce egli efficace per tutti?
— Per novanta su cento questo sistema riesce di un effetto consolante; sugli altri dieci esercita tuttavia un influsso così benefico, da
160 renderli meno caparbii e meno pericolosi; onde di rado mi occorre di cacciare via un giovane siccome indomabile ed incorreggibile. Tanto in questo Oratorio, quanto in quelli di Porta Nuova e di Vanchiglia, si presentano o sono talora condotti giovani, che o per mala indole, o per in
152-155 «La pratica di questo sistema è tutta appoggiata sopra le parole di s. Paolo che dice: Charitas patiens est, benigna est, omnia suffert, omnia sperat, omnia sustinet... Ragione e Religione sono gli strumenti, di cui deve costantemente far uso l'educatore, insegnarli, egli stesso praticarli se vuol essere ubbidito ed ottenere il suo fine» – Regolamento per le case ..., p. 6. – «La religione in questo sistema fa l'ufficio del freno messo in bocca dell'ardente destriero che lo domina e lo signoreggia; la ragione fa poi quello della briglia che premendo sul morso produce l'effetto che si vuole ottenere. Religione vera, religione sincera che domina le azioni della gioventù, ragione che rettamente applichi quei santi dettami alla regola di tutte le sue azioni, eccole in due parole compendiato il sistema da me applicato, di cui ella desidera conoscere il gran segreto» – Il dialogo tra Don Bosco e il maestro Francesco Bodrato, p. 387. 156-157 «Interrogavane D. Bosco il quale se ne sbrigava con due sole parole. Veda Signor Bodrato vuol ella sapere le due molle potenti che mi sorreggono nell'esercizio del mio sistema? Queste sono quelle appunto che hanno da adattarsi ad esseri razionali, ad esseri fatti per conoscere Iddio, per amarlo, per servirlo e poi poterlo andare a godere nel Paradiso. Queste due molle potentissime sono la Religione e la Ragione. L'educatore deve persuadersi che tutti o quasi tutti questi cari giovani hanno una naturale intelligenza per conoscere il bene che loro vien fatto, ed un cuore sensibile facilmente aperto alla riconoscenza» – Il dialogo tra Don Bosco e il maestro Francesco Bodrato, pp. 385- 386.
158-166 «Qualunque sia il carattere, l'indole, lo stato morale di un allievo all'epoca della sua accettazione, i parenti possono vivere sicuri, che il loro figlio non potrà peggiorare, e si può dare per certo che si otterrà sempre qualche miglioramento. Anzi certi fanciulli che per molto tempo furono il flagello de' parenti e perfino rifiutati dalle case correzionali, coltivati secondo questi principii, cangiarono indole, carattere, si diedero ad una vita costumata, e presentemente occupano onorati uffizi nella società, divenuti così il sostegno della famiglia, decoro del paese in cui dimorano» Regolamento per le case ..., p. 11.
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docilità, od anche per malizia furono già la disperazione dei parenti e dei padroni, e in capo a poche settimane non sembrano più dessi; da 165 lupi, per così dire, si mutano in agnelli.
— Peccato che il Governo non sia in grado di adottare siffatto metodo nei suoi Stabilimenti di pena, dove per bandire disordini occorrono centinaia di guardie, e i detenuti diventano ogni giorno
peggiori. I 170
p.180 — E che cosa impedisce il Governo di seguire questo sistema nei
1« col. suoi Istituti penali? Vi s'introduca la Religione; vi si stabilisca il tempo opportuno per l'insegnamento religioso e per le pratiche di pietà; si dia loro l'importanza che si meritano da chi presiede; vi si lasci entrare di spesso il Ministro di Dio, e gli si permetta di trattenersi libe- 175 ramente con quei miseri, e di far loro udire una parola di amore e di pace, ed allora il metodo preventivo sarà bell'e adottato. Dopo alcun tempo le guardie non avranno più nulla o ben poco da fare; ma il Governo avrà il vanto di ridonare alle famiglie e alla società tanti membri morali ed utili. Altrimenti egli spenderà il danaro, a fine di 180 correggere o punire per un tempo più o meno lungo un gran numero di discoli e colpevoli, e quando li avrà rimessi in libertà dovrà proseguire a tenerli d'occhio, per premunirsi contro di loro, perché pronti a fare di peggio.
Di questo tenore D. Bosco tirò innanzi per un buon pezzo; e sic- 185 come fin dal 1840 egli conosceva lo stato dei prigionieri giovani e adulti, perché sulF9sempio del signor D. Cafasso e del T. Borel faceva
174-177 «Questi luoghi di sventura e di sventurati sono i più bisognosi del ministero sacerdotale. Ma la difficoltà di avervi accesso, l'insalubrità de' siti, l'orrore che colà incute ogni oggetto rendono ivi difficile il sacro ministero» – G. Bosco, Biografia del sacerdote Giuseppe Caffasso esposta in due ragionamenti funebri dal sacerdote Bosco Giovanni. Torino, Paravia 1860, p. 81.
180-184 «III. Il sistema Repressivo può impedire un disordine, ma difficilmente farà migliori i delinquenti» – Regolamento per le case..., p. 5.
187 «In quel tempo lavoravano con zelo e con buon successo nelle carceri, il sacerdote D. Mattis, di felice memoria, e il T. Borsarelli, canonico della Metrop. di S. Giovanni. Quasi contemporaneamente a D. Caffasso cominciò pure il T. Borrelli Gio., rettore del rifugio». – G. Bosco, Biografia del sacerdote Giuseppe Caffasso... p. 81, n. 1 – D. Giuseppe Cafasso nacque a Castelnuovo d'Asti nel 1811. Sacerdote nel '33. Secondo le testimonianze di don Giuseppe Sassi e del canonico Pelletta nella Quaresima del 1835 incominciò il suo apostolato tra i carcerati. – Cfr. la deposizione del canonico G. Allamano in Positio super virtutibus, pp. 102-103 e Positio super introductione causae, p. 88. Succedette al teologo Luigi Guala nella direzione del Convitto Ecclesiastico di Torino nel 1848. Morì nel 1860 e venne canonizzato nel 1947. Don Giovanni Borel nacque a Torino. Ancora chierico venne aggregato al clero palatino. Laureato in Teologia. Nominato cappellano di Sua Maestà e della regia cappella, vi rinunziò. Mons. Fransoni lo destinò a Direttore spirituale del Rifugio e delle istituzioni annesse (1839-1873). Si distinse anche per la carità verso i poveri, per il lavoro a pro dei carcerati e per la cura degli ammalati di Borgo Dora e del suo circondario. Negli anni difficili dell'inizio dell'Oratorio, fu sempre di valido aiuto a don Bosco. Morì nel 1873 — Cfr. L'Unità Cattolica, 1873, n. 216, 16 settembre, pp. 866.4-867.1. — Quanto a don Bosco, entrato nel Convitto Ecclesiastico nel novembre del 1841, fu invitato da don Cafasso a coadiuvarlo nel lavoro tra i carcerati.
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a quei miseri frequenti visite, così potè far rilevare al Ministro dell'Interno l'efficacia della Religione sulla morale loro riabilitazione. Al
190 vedere il Sacerdote di Dio, ei soggiunse, all'udire la parola di conforto il detenuto rammenta gli anni beati, in cui assisteva al catechismo, ricorda gli avvisi del Parroco o del Maestro, riconosce che se è caduto in quel luogo di pena si è, o perché cessò di frequentare la Chiesa, o perché non mise in pratica gli insegnamenti, che vi ha ricevuti; onde
195 richiamando a mente queste care rimembranze sente il più delle volte commuoversi il cuore, una lagrima gli spunta in sugli occhi, si pente, soffre con rassegnazione, risolve di migliorare la sua condotta, e, scontata la sua pena, rientra in società disposto a ristorarla degli scandali dati. Se invece gli si toglie l'amabile aspetto della Religione e la
200 dolcezza delle sue massime e delle sue pratiche; se lo si priva delle conversazioni e dei consigli di un amico dell'anima, che sarà del misero in quell'odiato recinto? Non mai invitato da una voce amorevole a sollevare lo spirito oltre la terra; non mai animato a riflettere che
190-199 «Appena egli cominciò a trattare e parlare con quel nuovo genere di uditori, D. Caffasso vien tosto ad accorgersi che costoro sono divenuti sciagurati, anzi abrutiti; ma che la loro sventura derivò piuttosto da mancanza di istruzione religiosa, che da propria malizia. Parla loro di religione ed è ascoltato; si offre di ritornare ed è con piacere atteso» — G. Bosco, Biografia del sacerdote Giuseppe Caffasso..., pp. 82-83.
199-214 «Cercando poi la causa di tanta depravazione in quei miseri giovani, gli parve di trovarla nel loro allontanamento dalle pratiche religiose nei giorni festivi. Convinto di ciò, D. Bosco andava dicendo: Chi sa se questi giovanetti avessero avuto un amico, che si fosse presa amorevole cura di loro, li avesse assistiti ed istruiti nella Religione nei giorni di festa, chi sa se non si sarebbero tenuti lontani dal mal fare, e se non avrebbero evitato di venire e di ritornare in questi luoghi di pena? Non sarebbe ella cosa della più alta importanza per la Religione e per la civile Società il tentarne la prova per l'avvenire a vantaggio di centinaia e migliaia d'altri?» — Storia dell'Oratorio di S. Francesco di Sales, BS 3 (1879) n. 1, gennaio, p. 8 — Può riuscire utile, per conoscere il pensiero di don Bosco, esposto ai cooperatori salesiani di S. Beningo Canavese, su questo problema e in questi anni, consultare il BS 4 (1880) n. 7, luglio, pp. 12-13.
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peccando ha offeso non solo le leggi dello Stato, ma Iddio, Legislatore Supremo; non mai eccitato a domandargli perdono, né confortato a 205 soffrire la sua pena temporale in luogo della eterna, che gli vuol condonare, egli nella sua misera condizione altro non vedrà che il mal garbo di una fortuna avversa; quindi invece di bagnare le sue catene con lagrime di pentimento, egli le morderà di mal celata rabbia; invece di proporre emendamento di vita, si ostinerà nel suo male; da' 210 suoi compagni di punizione imparerà nuove malizie, e con essi combinerà il modo di delinquere un giorno più oculatamente, per non ricadere nelle mani della giustizia, ma non già di migliorare e farsi buon cittadino.
D. Bosco, colta la favorevole occasione, segnalò al Ministro l'u- 215 tilità del sistema preventivo soprattutto nelle pubbliche scuole e nelle
p. 180 case di educazione, dove si hanno a coltivare animi ancor vergini di
2" col. delitti; animi, che si piegano docilmente alla voce della persuasione e dell'amore. So bene, conchiuse D. Bosco, che il promuovere questo sistema non è compito devoluto al dicastero di Vostra Eccellenza; ma un 220 suo riflesso, ma una sua parola avrà sempre un'gran peso nelle deliberazioni del Ministro della pubblica istruzione.
Il signor Rattazzi ascoltò con vivo interesse queste ed altre osservazioni di D. Bosco; si convinse appieno della bontà del sistema in uso negli Oratorii, e promise che dal canto suo lo avrebbe fatto pre- 225 ferire ad ogni altro negli Istituti governativi. Se poi non mantenne sempre la sua parola, la cagione si è che anco a Rattazzi mancava talora il coraggio di manifestare e difendere le proprie convinzioni religiose.
215-219 «Quando poi questi santi principi della Cristiana Cattolica Religione abbiano messo radice in questi teneri cuori riesce assai facile di rinvigorirli e renderli atti a produrre ottimi frutti con applicarli alle azioni quotidiane della vita mediante opportuni continui ragionamenti, che insensibilmente si facciano strada in quelle anime che quasi senza avvedersene si avezzeranno a fuggire il male ed operare il bene» Il dialogo tra Don Bosco e il maestro Francesco Bodrato, pp. 386-387.