Dom Bosco

San Giovanni Bosco, Consacrati a Dio per la sua gloria e la salvezza dei giovani

SAN GIOVANNI BOSCO INSEGNAMENTI DI VITA SPIRITUALE

Un'antologia

Introduzione e note a cura di ALDO GIRAUDO

 

LAS - ROMA

 

 

Parte III CONSACRATI A DIO PER LA SUA GLORIA E PER LA SALVEZZA DEI GIOVANI

Questa terza parte è suddivisa in sei sezioni:

  1. Lo spirito che deve animare i consacrati salesiani (pp. 141-153).
  2. Regole per i Salesiani e le Figlie di Maria Ausiliatrice (pp. 154-167).
  3. Lettere circolari sulla perfezione religiosa (pp. 168-179).
  4. Consigli spirituali nella corrispondenza personale con Salesiani e Figlie di Maria Ausiliatrice (pp. 180-188).
  5. Conferenze spirituali ai Salesiani (pp. 189-198).
  6. Sogni relativi alla perfezione religiosa salesiana (pp. 199-215).

1. LO SPIRITO CHE DEVE ANIMARE I CONSACRATI SALESIANI

Negli esercizi spirituali del settembre 1869, dopo l'approvazione pontificia della Congregazione, don Bosco per la prima volta in modo globale presenta ai salesiani la sua visione della vita consacrata. Gli appunti stesi in quell'occasione, ampiamente rielaborati, gli servono di base per la stesura dell'istruzione Ai soci salesiani, che introduce la prima traduzione italiana delle Costituzioni o Regole della Società di S. Francesco di Sales (1875), poi rifinita e notevolmente accresciuta, con la collaborazione del maestro dei novizi don Giulio Barberis, per la terza edizione delle Costituzioni (1885). Di quest'ultima versione riportiamo l'inizio e la parte centrale, che meglio raffigura il pensiero di don Bosco sulla consacrazione salesiana.

Ai Soci salesiani

1

Le nostre Costituzioni, o figliuoli in Gesù Cristo dilettissimi, furono definitivamente approvate dalla Santa Sede il 3 aprile 1874.

Questo fatto deve essere da noi salutato come uno dei più gloriosi per la nostra Congregazione, come quello che ci assicura che nell'osservanza delle nostre Regole noi ci appoggiamo a basi stabili, sicure, e, possiamo dire, anche infallibili, essendo infallibile il giudizio del capo supremo della Chiesa che le ha sanzionate.

Ma qualunque pregio porti seco, questa approvazione tornerebbe di poco frutto se tali Regole non fossero conosciute e fedelmente osservate. Egli è appunto per fare in modo che le medesime si possano comodamente da ciascuno conoscere, leggere, meditare e quindi praticare, che giudico bene di presentarvele tradotte dal loro originale. Il testo latino fu stampato separatamente. Qui avrete le Regole comuni a tutti i soci Salesiani.

Credo poi cosa utile notarvi alcune cose pratiche, le quali faciliteranno la conoscenza dello spirito, di cui le Regole sono informate e vi aiuteranno ad osservarle con diligenza, ed amore. Io parlo col linguaggio del cuore, ed espongo brevemente quello che l'esperienza mi fa giudicare opportuno per vostro profitto spirituale e per vantaggio di tutta la nostra Congregazione.

Mezzi per custodire la vocazione

2

La vocazione allo stato religioso può considerarsi come la perla preziosa del Vangelo che noi dobbiamo custodire molto gelosamente e con ogni diligenza.3

1 P. BRADO, Tratti di vita religiosa salesiana nello scritto "Ai Soci Salesiani" di don Bosco del 1877/1885. Introduzione e testi critici, «Ricerche Storiche Salesiane» 14 (1995) 112.

2 Ibid., 120-125.

3 Cf Mt 13, 45-46.

Il dottor sant'Alfonso propone la pratica di tre mezzi a fine di non perderla e sono: Segretezza, orazione e raccoglimento.' Ecco adunque quanto dice S. Alfonso: «Per prima, universalmente parlando, bisogna tener secreta la vocazione a tutti, fuorché al direttore spirituale, giacché gli altri ordinariamente non si fanno scrupolo di dire ai poveri giovani chiamati allo stato religioso che in ogni parte, anche nel mondo, si può servire a Dio. Sì, in ogni luogo può servire a Dio colui che non è chiamato alla religione, ma non già chi è chiamato e vuol restarsi nel mondo; costui difficilmente farà buona vita e servirà a Dio. [...]

Secondariamente bisogna ritenere che queste vocazioni solo coll'orazione si conservano. Chi lascia l'orazione certamente lascerà la vocazione. Ci vuole orazione e molta orazione; e perciò non si lasci di fare mattina e sera circa mezz'ora di preghiera. Non si lasci di fare la visita al santissimo sacramento ed a Maria santissima ogni giorno immancabilmente, per ottenere la perseveranza nella vocazione. E non lasci il religioso di comunicarsi spesse volte nella settimana. Mediti sovente sul punto della vocazione, considerando quanto grande sia la grazia che Dio gli ha fatto chiamandolo a sé. Tanto maggiormente metterà in sicuro la sua eterna salute, quanto più è fedele a Dio in eseguire la vocazione. All'incontro a quanto pericolo si esporrà di dannarsi se sarà infedeltà.

In terzo luogo vi bisogna il raccoglimento, il quale non si potrà avere senza ritirarsi dalle conversazioni e divertimenti secolareschi. Che ci vuole a perdere, stando nel secolo, la vocazione? Niente. Basterà una giornata di spasso, un detto d'un amico, una passione poco mortificata, un attaccuccio, un pensiero di timore, un rincrescimento non superato. Chi non abbandonerà i passatempi, bisogna che si persuada che senza dubbio perderà la vocazione. Resterà col rimorso di non averla eseguita, ma certamente non la eseguirà. Oh quanti per mancanza di quest'attenzione hanno perduta la vocazione e poi l'anima!». Fin qui S. Alfonso dottore di santa Chiesa.

I voti

5

La prima volta che il sommo pontefice Pio IX parlò della Società salesiana disse queste parole: «In una congregazione o società religiosa son necessari i voti, affinché tutti i membri siano da un vincolo di coscienza legati col superiore e il superiore tenga sé e i suoi sudditi legati col capo della Chiesa, e per conseguenza con Dio medesimo».

4 Questo capitolo è attinto da A. M. DE LIGUOIU, Opuscoli relativi allo stato religioso, in Opere ascetiche di S. Alfonso Maria de' Liguori, vol. IV, Torino, Giacinto Marietti 1847, pp. 400-404 (op. I, § 2).

5 P. BRAIDO, Tratti di vita religiosa salesiana nello scritto "Ai Soci Salesiani", 129-130.

I nostri voti pertanto si possono chiamare altrettante funicelle spirituali, con cui ci consacriamo al Signore e mettiamo in potere del superiore la propria volontà, le sostanze, le nostre forze fisiche e morali, affinché fra tutti facciamo un cuor solo ed un'anima sola, per promuovere la maggior gloria di Dio, secondo le nostre Costituzioni, come appunto c'invita a fare la Chiesa, quando dice nelle sue preghiere: Affinché una sia la fede delle menti e la pietà delle azioni.6

I voti sono un'offerta generosa con cui moltissimo si accresce il merito delle opere nostre. S. Anselmo insegna che un'opera buona senza voto è come il frutto d'una pianta. Chi la fa con voto, col frutto offre a Dio la stessa pianta. S. Bonaventura rassomiglia l'opera fatta senza voto all'offerta del reddito, ma non del capitale. Col voto poi si offre a Dio e reddito e capitale. Di più insegnano unanimemente i santi Padri che ogni azione fatta con voto ha doppio merito; uno è il merito dell'opera buona, l'altro è il merito d'aver eseguito il voto fatto.

L'atto poi dell'emissione dei voti religiosi, secondo quel che ci insegna S. Tommaso, ci ridona l'innocenza battesimale, cioè ci pone in uno stato come se avessimo allora ricevuto il battesimo. Sono anche soliti i dottori di santa Chiesa a paragonare i voti religiosi al martirio, dicendo che tanto è il merito di chi emette i voti come di chi riceve il martirio; perché, dicono, ciò che nei voti manca d'intensità è supplito dalla durata.

Ma se i voti religiosi aumentano in cotale guisa il merito delle nostre opere e le rendono tanto care a Dio, dobbiamo darci massima sollecitudine per bene eseguirli.

Chi non sentesi di osservarli, non deve emetterli o almeno differirne la emissione, finché in cuor suo non sentasi ferma risoluzione di mantenerli. Altrimenti egli fa a Dio una promessa stolta ed infedele, la quale non può non dispiacergli: Imperciocché, dice lo Spirito Santo, dispiace a Dio la stolta ed infedele promessa.' Noi pertanto prepariamoci bene a quest'eroica consacrazione; ma quando l'avrem fatta, procuriamo di mantenerla anche a costo di lungo e grave sacrificio: adempi le promesse fatte all'altissimo Iddio, così egli stesso ci comanda.'

Ubbidienza

9

Nella vera ubbidienza sta il complesso di tutte le virtù, dice S. Girolamo. Tutta la perfezione religiosa consiste nella soppressione della propria volontà, vale a dire nella pratica dell'ubbidienza: così S. Bonaventura.

6 Nota nell'originale «Ut una sit fides mentium, et pietas actionum, Feria V, post Pascha».

7 Qo 5, 3.

8 Sal 50, 14.

9 P. BRAIDO, Tratti di vita religiosa salesiana nello scritto "Ai Soci Salesiani", 130-132.

L'uomo ubbidiente, dice lo Spirito Santo, canterà la vittoria.° S. Gregorio Magno conchiude che l'ubbidienza conduce al possesso di tutte le altre virtù e tutte le conserva.

Questa ubbidienza però deve essere secondo l'esempio del Salvatore, che la praticò nelle cose anche più difficili, fino alla morte di croce; e, qualora tanto volesse la gloria di Dio, dobbiamo noi pure obbedire fino a dare la vita.11

Si eseguiscano dunque bene sia gli ordini espressi dei superiori, sia le regole della Congregazione e consuetudini speciali di ciascuna casa. E, succedendo qualche volta di cadere in fallo, si sappia in bel modo domandarne scusa a chi si è disubbidito. Questo atto di umiltà giova immensamente ad avere il perdono del mancamento fatto, ad ottenerci grazia dal Signore per l'avvenire ed a tenerci in guardia, perché non ripetiamo più quel fallo.

S. Paolo apostolo, mentre raccomanda questa virtù, aggiunge: Siate ubbidienti ai vostri superiori: e state sottomessi ai loro ordini; imperocché i superiori devono vegliare, come se dovessero a Dio rendere conto delle cose che riguardano al bene delle anime vostre. Ubbidite volentieri e prontamente, affinché possano compiere l'ufficio di superiori con gaudio e non fra gemiti e sospiri.12

Notate bene che il fare le cose che ci piacciono e tornano di gradimento, non è vera ubbidienza, ma è secondare la propria volontà. La vera ubbidienza che ci rende cari a Dio ed ai superiori, consiste nel fare con buon animo qualunque cosa ci sia comandata dalle nostre Costituzioni, o dai nostri superiori medesimi; imperocché, scrive S. Paolo, Dio ama l'allegro donatore» Consiste altresì nel mostrarci arrendevoli anche nelle cose più difficili e contrarie al nostro amor proprio e nel compierle coraggiosamente ancorché ci costi pena e sacrificio. In questi casi l'ubbidienza è più difficile, ma assai più meritoria e ci conduce al possesso del regno dei cieli secondo queste parole del divin Redentore: Il regno dei cieli si acquista colla forza, ed è preda di coloro che usano violenza.14

Se voi eseguirete l'ubbidienza nel modo suindicato, io vi posso accertare in nome del Signore che passerete in Congregazione una vita veramente tranquilla e felice. Ma nello stesso tempo vi devo notare che dal giorno, in cui vorrete fare non secondo l'obbedienza, ma secondo la volontà vostra, da quel giorno voi comincerete a non trovarvi più contenti del vostro stato. E se nelle varie religioni si trovano anche dei malcontenti e di coloro cui la vita della comunità riesce di peso, si osservi bene e si vedrà che ciò proviene dalla mancanza d'obbedienza e soggezione della propria volontà. Nel giorno del vostro malcontento riflettete a questo punto e sappiate rimediarvi.

10 Cf Pr 21, 28. " Cf Fil 2, 8.

12 Cf Eb 13, 17.

13 2 Cor 9, 7.

14 Mi 11, 12.

Povertà

15

Se non lasciamo il mondo per amore, dovremo lasciarlo un giorno per forza. Coloro per altro che nel corso del vivere mortale lo abbandonano con atto spontaneo, avranno un centuplo di grazie nella vita presente e un premio eterno nella vita futura. Chi al contrario non sa risolversi a fare questo sacrificio volontariamente, dovrà farlo per forza in punto di morte, ma senza ricompensa, anzi coll'obbligo di rendere a Dio stretto conto di quelle sostanze che per avventura avesse posseduto.

È vero che le nostre Costituzioni permettono il possesso e l'uso di tutti i diritti civili; ma entrando in Congregazione non si può più né amministrare, né disporre delle cose proprie, se non col consenso del superiore e nei limiti da questo stabiliti, a segno che in Congregazione egli è considerato letteralmente come se nulla possedesse, essendosi fatto povero per divenire ricco con Gesù Cristo. Egli seguita l'esempio del Salvatore, che nacque nella povertà, visse nella privazione di tutte le cose e morì spogliato in croce.

Ascoltiamo ciò che dice il divin maestro: "Chi non rinuncia a tutto quello che possiede, non è degno di me, non può esser mio discepolo".'6 Ad un cotale che voleva porsi alla sua sequela, "Va', disse, vendi prima quanto hai nel secolo, donalo ai poveri, dipoi vieni, seguimi, ed avrai assicurato un tesoro in cielo"?' Diceva ai suoi discepoli che non possedessero più di una veste, né si dessero pensiero di ciò che occorresse per campare la vita nel corso della loro predicazione.18 Di fatto non leggiamo che Gesù, i suoi apostoli, o alcuno dei suoi discepoli, abbiano in particolare posseduto campagne, case, suppellettili, abiti, vettovaglie o simili. E S. Paolo dice chiaramente che i seguaci di Cristo ovunque vadano, qualunque cosa facciano, devono essere contenti degli alimenti strettamente necessari per vivere e degli abiti con cui coprirsi: Avendo gli alimenti e di che coprirci, contentiamoci di questo.19

Tutto quello che eccede alimento e vestimenta per noi è superfluo e contrario alla vocazione religiosa. È vero che talvolta dovremo tollerare qualche disagio nei viaggi, nei lavori, in tempo di sanità o di malattia; talora avremo vitto, vestito od altro che non sarà di nostro gusto; ma appunto in questi casi dobbiamo ricordarci che abbiamo fatto professione di povertà e che se vogliamo averne merito e premio dobbiamo sopportarne le conseguenze. Guardiamoci bene da un genere di povertà altamente biasimato da S. Bernardo. Vi sono di quelli, egli dice, che si gloriano d'essere chiamati poveri, ma non vogliono i compagni della povertà. Altri poi sono contenti di essere poveri purché loro non manchi niente.

15 P BRAIDO, Tratti di vita religiosa salesiana nello scritto "Ai Soci Salesiani", 132-134,

16 Lc 14, 33.

17 Mt 19, 21-22.

18 Cf Lc 9, 3.

19 1 Tm 6, 8.

Se pertanto il nostro stato di povertà ci è cagione di qualche incomodo o sofferenza, rallegriamoci con S. Paolo, che si dichiara nel colmo di allegrezza in ogni sua tribolazione.20 Oppure facciamo come gli apostoli che erano pieni di contentezza, quando ritornavano dal Sinedrio, perché colà erano stati fatti degni di patire disprezzi per il nome di Gesù.21 Egli è appunto a questo genere di povertà, cui il divin Redentore non solo promette, ma assicura il paradiso, dicendo: Beati i poveri di spirito, perché di questi è il regno dei cieli.22 Anzi il vivere in tale stato, l'abitare volentieri una camera incomoda o fornita di suppellettili di poco rilievo, il portare abiti dimessi, l'usar cibi dozzinali onora grandemente chi ha fatto voto di povertà, perché lo rende simile a Gesù Cristo.

È anche parte della povertà il non far guasti, l'aver cura dei libri, delle vesti-menta, delle calzature; come pure il non avere vergogna di usar oggetti o portar abiti vecchi, o rattoppati, o già un po' logori.

Castità

23

La virtù sommamente necessaria, virtù grande, virtù angelica, cui fanno corona tutte le altre, è la virtù della castità. Chi possiede questa virtù può applicarsi le parole dello Spirito Santo che sono: E mi vennero insieme con lei tutti i beni.24 Il Salvatore ci assicura che coloro, i quali posseggono questo inestimabile tesoro, anche nella vita mortale diventano simili agli angeli di Dio.25 Ma questo candido giglio, questa rosa preziosa, questa perla inestimabile è assai insidiata dal nemico delle nostre anime, perché egli sa che, se riesce a rapircela, possiamo dire che l'affare della nostra santificazione è rovinato. La luce si cangia in caligine, la fiamma in nero carbone, l'angelo del cielo è mutato in satanasso, quindi è perduta ogni virtù. Qui, o miei cari, io credo fare cosa utilissima alle anime vostre, notandovi alcune cose che, messe in pratica, vi apporteranno grande vantaggio, anzi parmi potervi assicurare che vi conserveranno questa e tutte le altre virtù. Ritenete adunque:

1° Non entrate in Congregazione, se non dopo esservi consigliati con persona prudente che vi giudichi tali da poter conservare questa virtù.

2° Evitate la famigliarità colle persone di altro sesso, né mai contraete amicizie particolari coi giovanetti dalla divina Provvidenza alle nostre cure affidati. Carità e buone maniere con tutti, ma non mai attaccamento sensibile con alcuno. O amar nessuno o amar tutti egualmente, dice S. Girolamo a questo riguardo.

20 Cf 2 Cor 7, 4.

21 Cf At 5,41.

22 Mt 5, 3.

23 P. BRAIDO, Tratti di vita religiosa salesiana nello scritto "Ai Soci Salesiani", 135-137.

24 Sap 7, 11.

25 Cf Mt 22, 20.

3° Dopo le orazioni della sera andate subito a riposo e non fate più conversazione con alcuno fino al mattino dopo la santa messa.

4° Tenete a freno i sensi del corpo. Lo Spirito Santo dice chiaro che il corpo è l'oppressore dell'anima.26 Perciò S. Paolo si sforzava di domarlo con severi castighi, sebbene fosse affranto dalle fatiche, e scriveva: Castigo il mio corpo e lo riduco in servitù.27 Una speciale temperanza vi raccomando nel mangiare e nel bere. Vino e castità non possono stare insieme.

5° Scogli terribili della castità sono i luoghi, le persone e le cose del secolo. Fuggitele con grande premura e tenetevene lontani non solo col corpo, ma fin colla mente e col cuore. Io non mi ricordo d'aver letto, o di aver udito a raccontare che un religioso siasi recato in patria sua e ne abbia riportato qualche vantaggio spirituale. Al contrario se ne annoveran migliaia e migliaia che, non mostrandosene persuasi, vollero farne esperimento, ma ne provarono amaro disinganno, anzi non pochi rimasero vittime infelici della loro imprudenza e temerità.

6° Trionfante d'ogni vizio e fedele custode della castità è l'osservanza esatta delle nostre sante regole, specialmente dei voti e delle pratiche di pietà. La religione cristiana può giustamente paragonarsi ad una città forte, secondo queste parole d'Isaia: Nostra città di fortezza è Sion: sua muraglia e suo parapetto è il Salvatore." Or bene i voti e le regole d'una comunità religiosa sono come piccoli forti avanzati. La muraglia, ossia bastioni della religione, sono i precetti di Dio e della sua Chiesa.

Il demonio per farli violare mette in opera ogni industria ed inganno. Ma per indurre i religiosi a trasgredirli, procura prima di abbattere il parapetto e il forte avanzato, vale a dire le regole o Costituzioni del proprio Istituto. Quando il nemico dell'anima vuole sedurre un religioso e spingerlo a violare i divini precetti, comincia per fargli trascurare le cose più piccole, poi quelle di maggior importanza; dopo di che assai facilmente lo conduce alla violazione della legge del Signore avverandosi quanto dice lo Spirito Santo: Chi disprezza le piccole cose, a poco a poco andrà in rovina.29

Dunque, o cari figliuoli, siamo fedeli nell'osservanza esatta delle nostre regole, se vogliamo essere fedeli ai divini precetti, specialmente al sesto e al nono.

26 Cf Sap 9, 15.

27 I Cor 9, 27.

28 Is 26, 1.

29 Sir 19, 1.

Le nostre sollecitudini sian poi costantemente e con diligenza speciale dirette all'osservanza esatta delle pratiche di pietà che sono il fondamento o il sostegno di tutti gl'Istituti religiosi, e noi vivrem casti e come angeli.

Carità fraterna

30

Non si può amare Dio senza amare il prossimo. Lo stesso precetto che c'impone l'amore verso Dio, c'impone anco l'amor verso il nostro simile. Leggiam infatti nella prima lettera di S. Giovanni Evangelista queste parole: E questo comandamento ci è stato dato da Dio, che chi ama Dio, ami anche il proprio fratello. E nel luogo stesso il medesimo apostolo ci avverte esser bugiardo chi dice d'amar Dio e poi odia suo fratello: Se uno dirà: io amo Dio e odierà il suo fratello, egli è bugiardo»

Quando in una comunità regna questo amor fraterno e tutti i soci si amano vicendevolmente, ed ognun gode del bene dell'altro, come se fosse un bene proprio, allora quella casa diventa un paradiso e si prova la giustezza di queste parole del profeta Davide: Oh quanto buona e dolce cosa ella è che i fratelli siano sempre uniti." Ma appena vi domini l'amor proprio e vi siano rotture o dissapori tra i soci, quella casa diventa presto come l'inferno. Molto si compiace il Signore di veder abitare nella sua casa i fratelli in unum, cioè uniti in una sola volontà di servire a Dio e di aiutarsi con carità gli uni gli altri. Questa è la lode che dà S. Luca agli antichi cristiani, cioè che tutti s'amavano così da sembrare che avessero un sol cuore ed un'anima sola."

La cosa che molto nuoce nelle comunità religiose è la mormorazione direttamente contraria alla carità. Il sussurrone imbratterà l'anima sua e sarà odiato da Dio e dagli uomini." Al contrario come edifica un religioso che dice bene del suo prossimo e a suo tempo sa scusarne i difetti! Procurate voi pertanto di schivare ogni parola che sa di mormorazione, specialmente verso i vostri compagni e più ancora verso i vostri superiori. È anche mormorazione e peggio l'interpretar male le azioni virtuose o dirle fatte con mala intenzione.

Guardatevi ancora dal riferire al compagno quello che altri di male ha detto di lui, poiché alle volte ne nascono disturbi e rancori tali che durano per mesi ed anni. Oh che conto hanno da rendere a Dio i mormoratori nelle comunità! Chi semina discordie viene in odio ed abbominazione a Dio.35

30 P. BRAIDO, Tratti di vita religiosa salesiana nello scritto "Ai Soci Salesiani", 137-143.

31 1 Gv 4, 20-21.

32 Sal 133, 1.

33 At 4, 32.

34 Sir 21, 31.

35 Cf Pr 6, 16.19.

Se voi udite cosa contro a qualche persona, praticate ciò che dice lo Spirito Santo: Hai udita una parola contro del prossimo tuo? Lasciala morire in te. 36

Guardatevi dal pungere qualche fratello, ancorché lo facciate per burla. Burle che dispiacciono al prossimo o l'offendono sono contrarie alla carità. Piacerebbe a voi l'essere derisi e posti in canzone avanti agli altri, come voi ponete quel vostro fratello?

Procurate anche di fuggire le contese. Alle volte per bagattelle da niente sorgono certi contrasti, dai quali poi si passa a diverbi e ad ingiurie che rompono l'unione ed offendono la carità in modo altamente deplorabile.

Di più, se amate la carità, procurate di essere affabili e mansueti con ogni genere di persone. La mansuetudine è virtù molto diletta da Gesù Cristo: Imparate da me, egli disse, che sono mansueto." Nel parlare e nel trattare usate dolcezza non solo coi superiori, ma con tutti e massimamente con coloro che per lo passato vi hanno offeso o che al presente vi mirano di malocchio. La carità sopporta tutto;" ond'è che non avrà mai vera carità chi non vuole tollerare i difetti altrui. Su questa terra non v'è uomo, per virtuoso che sia, il quale non abbia i suoi difetti. Se egli adunque vuole che gli altri sopportino i suoi, cominci a sopportare quelli degli altri e così adempia la legge di Gesù Cristo, come scrive S. Paolo: Portate gli uni i pesi degli altri, e così adempirete la legge di Cristo."

Veniamo alla pratica. Anzitutto frenate l'ira, tanto facile ad accendersi in certe occasioni di contrasto; e guardatevi dal dir parole spiacenti e più dall'usar modi alteri ed aspri, poiché alle volte più dispiacciono i modi rozzi, che non le stesse parole ingiuriose. Quando poi accadesse che il fratello che vi ha offeso venisse a cercarvi perdono, badate bene dal riceverlo con cera brusca o di rispondere con parole mozze, ma dimostrategli anzi belle maniere, affetto e benevolenza.

Se avvenisse all'incontro che voi aveste offeso altri, subito cercate di placarlo e di togliere dal suo cuore ogni rancore verso di voi. E, secondo l'avviso di S. Paolo, non tramonti il sole senza che di buon cuore voi abbiate perdonato qualunque risentimento e vi siate riconciliati col fratello.40 Anzi fatelo tosto che potete, sforzandovi di vincere la ripugnanza che sentite nell'anima.

Non contentatevi di amare i vostri compagni colle sole parole; ma aiutateli con ogni sorta di servizi quanto potete, come raccomanda S. Giovanni, l'apostolo della carità: Non amiamo in parole e colla lingua, ma coll'opera e con verità.'41 È carità ancora il condiscendere alle oneste domande; ma il miglior atto di carità è l'aver zelo del bene spirituale del prossimo.

36 Sir 19, 10.

37 Mt 11, 29.

38 1 Cor 13, 7.

39 Gal 6, 2.

40 Cf Ef 4, 26,

41 1 Gv 3, 18.

Quando vi si presenta l'occasione di far del bene non dite mai, questo non è ufficio mio, non me ne voglio immischiare; poiché questa è la risposta di Caino, il quale ebbe la sfrontatezza di rispondere al Signore, dicendo: Sono io forse il guardiano del mio fratello?42 Ciascuno è obbligato, potendo, a salvare il prossimo dalla rovina. Dio stesso comandò che ognuno debba aver cura del suo simile» Cercate pertanto di aiutare tutti per quanto potete colle parole e colle opere, e specialmente ancora colle orazioni.

È di grande stimolo alla carità il mirare Gesù Cristo nella persona del prossimo e il riflettere che il bene fatto ad un nostro simile il divin Salvatore lo ritiene come fatto a sé stesso, secondo queste sue parole: In verità vi dico: ogni volta che avete fatto qualche cosa per uno dei più piccoli di questi miei fratelli, l'avete fatta a me." Da tutto ciò che si è detto ben vedete quanto è necessaria e quanto è bella la virtù della carità! Praticatela adunque e ne avrete copiose benedizioni dal cielo.

Pratiche di pietà

45

Siccome il cibo alimenta il corpo e lo conserva, così le pratiche di pietà nutriscono l'anima e la rendono forte contro le tentazioni. Fino a tanto che noi saremo zelanti nell'osservanza delle pratiche di pietà, il nostro cuore sarà in buon'armonia con tutti e vedremo il Salesiano allegro e contento della sua vocazione. Al contrario comincerà a dubitar della sua vocazione, anzi a provare forti tentazioni, quando nel suo cuore cominci a farsi strada la negligenza nelle pratiche di pietà. La storia ecclesiastica ci ammaestra che tutti gli ordini e tutte le congregazioni religiose fiorirono e promossero il bene della religione fino a tanto che la pietà si mantenne in vigore tra loro; e al contrario ne abbiamo veduti non pochi a decadere, altri a cessare di esistere, ma quando? Quando si rallentò lo spirito di pietà e ciascun membro si diede a pensare alle cose sue, non a quelle di Gesù Cristo, come di alcuni cristiani già lamentava S. Paolo»

Se noi pertanto, o figliuoli, amiamo la gloria della nostra Congregazione, se desideriamo che si propaghi e si conservi fiorente a vantaggio delle anime nostre e dei nostri fratelli, diamoci la massima sollecitudine di non mai trascurare la meditazione, la lettura spirituale, la visita quotidiana al santissimo sacramento, la confessione settimanale, la comunione frequente e devota, la recita del rosario della beata Vergine, la piccola astinenza del venerdì e simili.

42 Gen 4, 9.

43 Cf Sir 17, 12.

44 Mt 25, 40.

45 P. BRAIDO, Tratti di vita religiosa salesiana nello scritto "Ai Soci Salesiani", 143-145.

46 Cf Fil 2, 21.

Sebbene ciascuna di queste pratiche separatamente non sembri di grande necessità, tuttavia contribuisce efficacemente all'alto edificio della nostra perfezione e della nostra salvezza. Se vuoi crescere e diventare grande agli occhi di Dio, dice S. Agostino, comincia dalle cose più piccole.

La parte poi fondamentale delle pratiche di pietà, quella che in certo modo tutte le abbraccia, consiste in fare ogni anno gli esercizi spirituali ed ogni mese l'esercizio della buona morte.

Chi non può fare quest'ultimo esercizio in comune, lo faccia separatamente e a chi per le occupazioni non è dato d'impiegarvi l'intera giornata, ne impieghi una parte, rimandando ad altro giorno il lavoro che non è strettamente necessario, ma tutti da più a meno seguano questa regola:

1° Oltre la meditazione solita del mattino, si faccia in questo giorno anche mezz'ora di meditazione alla sera precedente, e questa versi su qualcuno dei novissimi.

2° La confessione, che da tutti si ha da fare in detto giorno, sia più accurata del solito, pensando che potrebbe essere l'ultima della vita, e si riceva la santa comunione come se fosse per viatico.

3° Si pensi almeno per una mezz'ora al progresso od al regresso nella virtù che si è fatto nel mese decorso, specialmente in ciò che riguarda l'osservanza delle sante regole, e si prendano le risoluzioni opportune.

4° Si rileggano in quel giorno tutte o almeno in parte le regole della Congregazione.

5° Sarà anche bene in tal giorno scegliere un santo od una santa per protettore del mese che si incomincia.

Credo che si possa dire assicurata la salvezza di un religioso, se ogni mese si accosta ai santi sacramenti e aggiusta le partite di sua coscienza, come dovesse di fatto da questa vita partire per l'eternità. Se adunque amiamo l'onore della nostra Congregazione, se desideriamo la salvezza dell'anima, siamo osservanti delle nostre regole, siamo puntuali anche nelle più ordinarie, perché colui che teme Dio, non trascura niente di quanto può contribuire a sua maggior gloria»

Dei rendiconti e della loro importanza

48

La confidenza verso i propri superiori è una delle cose che maggiormente giovano al buon andamento d'una Congregazione religiosa, ed alla pace e felicità dei singoli soci.

47 Cf Qo 7, 18.

48 P. BRAIDO, Tratti di vita religiosa salesiana nello scritto "Ai Soci Salesiani", 145-151.

Per essa i sudditi aprono il loro cuore al superiore e quindi si trovano alleggerite le pene interne; cessano le ansietà, che si avrebbero nel compiere i propri doveri ed i superiori possono prendere i provvedimenti necessari, affinché si eviti ogni disgusto, ogni malcontento; possono altresì conoscere le forze fisiche e morali dei loro soggetti, ed in conseguenza dare loro gl'incarichi più adatti; e, qualora andasse introducendosi qualche disordine, possono subito scoprirlo e porvi riparo. Si è perciò stabilito che almeno una volta al mese ognuno conferisca col suo superiore. A questo proposito dicono le nostre Costituzioni che ciascuno deve manifestare con semplicità e con prontezza le mancanze esteriori commesse contro la santa regola, il profitto fatto nelle virtù, le difficoltà che incontra e quanto altro si creda in bisogno di palesare, affinché possa riceverne consigli e conforto.

I punti principali su cui devono versare i rendiconti sono questi: P Sanità. 2° Studio o lavoro. - 3° Se si possano disimpegnar bene le proprie occupazioni e qual diligenza si metta in esse. - 4° Se si abbia comodità d'adempiere le pratiche religiose e qual diligenza si ponga in eseguirle. - 5° Come si diporti nelle orazioni e nelle meditazioni. - 6° Con quale frequenza, divozione e frutto si accosti ai santi sacramenti. - 7° Come si osservino i voti e se non vi siano dubbi in fatto di vocazione. Ma si noti bene che il rendiconto si raggira solamente in cose esterne e non di confessione. - 8° Se si abbiano dei dispiaceri o perturbazioni interne o freddezza verso qualcuno. - 9° Se si conosce qualche disordine cui porre rimedio, specialmente quando si tratta d'impedire l'offesa di Dio.

Ecco qui alcune parole di S. Francesco di Sales intorno ai rendiconti:

«Ogni mese ognuno aprirà il suo cuore sommariamente e brevemente al superiore, e con ogni semplicità e fedele confidenza gli aprirà tutti i segreti, colla medesima sincerità e candore con cui un figliuolo mostrerebbe a sua madre le graffiature, i livori e le punture che le vespe gli avessero fatto; ed in questo modo ciascuno darà conto non tanto dell'acquisto e progresso suo, quanto delle perdite e mancamenti negli esercizi dell'orazione, della virtù e della vita spirituale; manifestando parimenti le tentazioni e pene interiori, non solo per consolarsi, ma anche per umiliarsi. Felici saranno quelli che praticheranno ingenuamente e devotamente questo articolo, il quale in sé ha una parte della sacra infanzia spirituale tanto raccomandata da nostro Signore, dalla quale proviene ed è conservata la vera tranquillità dello spirito».49

Si raccomanda caldamente ai direttori che non trascurino mai di ricevere simili rendiconti. Ogni confratello poi sappia che, se li farà bene, con tutta schiettezza ed umiltà, ne troverà un grande sollievo per il suo cuore e un aiuto potente per progredire nella virtù, e la Congregazione intera avvantaggerà grandemente per questa pratica.

49 Cf Costituzioni per le Sorelle religiose della Visitazione, art. 24, in Delle Opere di S. Francesco di Sales..., Venezia, appresso l'erede di Niccolò Pezzana 1769, vol. 5, pp. 457-458.

La cosa poi, in cui raccomando maggiore schiettezza, si è quella che riguarda la vocazione. Non si facciano misteri ai superiori. Fra tutti, questo è il punto più importante; perché da esso dipende il filo della vita che si ha da tenere. Disgraziato colui che nasconde i dubbi di sua vocazione o prende risoluzioni di uscire dalla Congregazione, senza essersi ben prima consigliato e senza il parere di chi dirige l'anima sua. Costui potrebbe mettere in pericolo l'eterna sua salute.

La prima ragione dell'importanza e necessità di procedere con questa schiettezza coi superiori, è perché essi possano meglio governare e indirizzare i sudditi. Il superiore è obbligato a reggerli e ad indirizzarli, perché questo è il suo ufficio, questo è esser direttore o superiore. Or s'egli non li conosce perché non si aprono, ne avviene per conseguenza che egli non può dirigerli ed aiutarli coi suoi consigli e suggerimenti.

La seconda ragione, la quale dichiara meglio la precedente, è perché quanto maggior notizia avranno i superiori di tutte le cose dei sudditi, con tanta maggior accuratezza ed amore li potranno aiutare e custodire le anime loro dai diversi inconvenienti e pericoli, nei quali potrebbero incorrere mettendoli in questo o in quell'altro luogo, in questa o in quell'altra occasione.

La terza ragione della importanza della schiettezza e confidenza coi superiori si è, perché questi possano meglio ordinare e provvedere quel che conviene al corpo universale della Congregazione, del cui bene ed onore, insieme con quello di ognuno, eglino sono obbligati ad aver cura. E quando uno si appalesa con essi e loro dà interamente conto del suo stato, allora i superiori, avendo in ogni cosa di mira il suo onore, e senza alcuna sua taccia, possono aver riguardo al bene universale di tutto il corpo della Congregazione. Ma, se uno non si appalesa bene con loro, esporrà forse a qualche pericolo l'onor suo e l'anima sua, ed anche l'onore della comunità che dipende dal suo. Oh quanta contentezza e soddisfazione ha un religioso, il quale totalmente si è confidato col suo superiore e gli ha manifestate tutte le cose che turbano l'animo suo! Così quando poi lo mettono in qualche ufficio, può collocare tutta la sua fiducia in Dio che l'aiuterà e libererà da qualunque inconveniente. "Signore, egli potrà dire, io non mi son posto da me in quest'ufficio, né in questo luogo; anzi proposi la mia insufficienza e le mie poche forze spirituali per questo peso: voi, o Signore, mi ci avete posto e me l'avete comandato; voi dunque supplite a quel che manca in me". Con questa fiducia dirà con S. Agostino: Signore, datemi quel che comandate e comandatemi quel che volete; e gli pare così di aver posto Dio in obbligo di concedergli quel che gli domanda. Ma quell'altro il quale non si appalesò, anzi lasciò di manifestare le sue debolezze, che consolazione potrà egli avere? Perciocché questo tale non lo manda Dio a far quella cosa, né ve lo mette l'ubbidienza, ma egli di sua propria volontà vi s'ingerisce e intromette; è intruso, non chiamato, né mandato, e le cose non gli riusciranno bene.

2. REGOLE PER I SALESIANI

E LE FIGLIE DI MARIA AUSILIATRICE

Nel laborioso cammino per la stesura e l'approvazione pontificia delle Costituzioni salesiane, durato più di quindici anni (1858-1874), don Bosco studia attentamente le regole di altri istituti, da cui attinge vari elementi. Ma il ricorso a queste fonti non gli impedisce di conferire alle Regole della Società di S. Francesco di Sales "contenuti e ispirazioni richiesti dalla particolare qualità giovanile e popolare della missione a cui la Società era consacrata". Possiamo constatare leggendo i documenti che "la consacrazione, pur avendo nel testo una forte e generale impronta evangelica", assume una fisionomia peculiare in relazione al tipo della missione e allo spirito proprio.' Qui riportiamo i capitoli centrali delle primitive regole dei Salesiani e delle Figlie di Maria Ausiliatrice, quelli che meglio ne definiscono la spiritualità.

Dalle prime Regole della Società di S. Francesco di Sales

2

Scopo della Società di S. Francesco di Sales

3

1. Lo scopo della Società salesiana si è la cristiana perfezione dei suoi membri, ogni opera di carità spirituale e corporale verso dei giovani, specialmente poveri, ed anche l'educazione del giovane clero. Essa poi si compone di sacerdoti, chierici e laici.

2. Gesù Cristo incominciò a fare ed insegnare;4 così anche i soci Salesiani cominceranno a perfezionare se stessi colla pratica di ogni virtù interna ed esterna e con l'acquisto della scienza, di poi si adopereranno a benèfizio del prossimo.

3. Il primo esercizio di carità sarà di raccogliere giovanetti poveri ed abbandonati per istruirli nella santa cattolica religione, particolarmente nei giorni festivi.

4. Avvenendo spesso che s'incontrino giovani talmente abbandonati, che per loro riesce inutile ogni cura, se non sono ricoverati, perciò per quanto è possibile si apriranno case, nelle quali coi mezzi che la divina Provvidenza ci porrà tra le mani, verrà loro somministrato ricovero, vitto e vestito; e mentre s'istruiranno nelle verità della cattolica fede, saranno eziandio avviati a qualche arte o mestiere.

1 Cf P. BRAIDO, Don Bosco prete dei giovani, vol. I, p. 460.

2 G. Bosco, Regole o Costituzioni della Società di S. Francesco di Sales secondo il decreto di approvazione del 3 aprile 1874, Torino, Tipografia dell'Oratorio 1877 (OE XXIX, 201-288); si tratta della traduzione italiana del testo latino approvato dalla Santa Sede nel 1874,

3 G. Bosco, Regole o Costituzioni, pp. 54-55 (OE XXIX, 251-253).

4 Cf At 1, 1.

5. Essendo poi molti e gravi i pericoli che corre la gioventù, che aspira allo stato ecclesiastico, questa Società si darà massima cura nella pietà quelli che mostrassero speciale attitudine allo studio e fossero commendevoli per buoni costumi. Trattandosi di ricevere giovani per gli studi, si accolgano di preferenza i più poveri, perché appunto non potrebbero compiere i loro studi altrove; purché diano qualche speranza di vocazione allo stato ecclesiastico.

6. Il bisogno di sostenere la religione cattolica si fa gravemente sentire tra i popoli cristiani, particolarmente nei villaggi; perciò i soci Salesiani si adopereranno con zelo a dettare esercizi spirituali per confermare e indirizzare nella pietà coloro che, mossi dal desiderio di mutar vita, si recassero ad ascoltarli.

7. Similmente si adopereranno a diffondere buoni libri nel popolo usando tutti quei mezzi che la carità cristiana inspira. Finalmente colle parole e cogli scritti cercheranno di porre un argine all'empietà e all'eresia che in tante guise tenta di insinuarsi fra i rozzi e gli ignoranti. A questo scopo devono indirizzarsi le prediche, le quali di tratto in tratto si tengono al popolo, i tridui, le novene e la diffusione dei buoni libri.

Forma di questa Società

5

1. Tutti i soci vivono in comune stretti solamente dal vincolo della carità fraterna e dei voti semplici, che li unisce in guisa da formare un cuor solo ed un'anima sola per amare e servire Iddio colla virtù dell'ubbidienza, della povertà e della castità e coll'esatto adempimento dei doveri di buon cristiano.

2. I chierici ed i preti, benché abbiano fatti i voti, potranno ritenere i loro patrimoni o benefici semplici; ma non li potranno amministrare, né goderne i frutti, se non secondo la volontà del rettore.

3. L'amministrazione dei patrimoni, dei benefici e di quanto si porterà in Congregazione, spetta al superiore generale il quale o per sé o per altri li amministrerà e ne riceverà i frutti annui, finché il socio rimarrà in Congregazione.

4. Al medesimo superiore o generale o locale ogni sacerdote è tenuto a consegnare eziandio la limosina delle messe. Tutti poi o preti o chierici o laici gli consegneranno tutto il danaro e ogni dono che in qualsiasi modo loro possa pervenire.

5. Ciascheduno è obbligato ad osservare i suoi voti, siano triennali, siano perpetui; non potrà esserne dispensato, se non dal sommo pontefice, ovvero quando sia stato licenziato dalla Società dal superiore generale.

6. Ognuno faccia di perseverare fino alla morte nella sua vocazione, ricordandosi sempre di quelle gravissime parole del divin Salvatore: Nemo mittens manum ad aratrum et respiciens retro aptus est regno Dei; Niuno che pone la mano all'aratro e guarda indietro, è atto per il regno di Dio.6

5 G. Bosco, Regole o Costituzioni, pp. 55-57 (OE XXIX, 253-255).

6 Le 9, 62,

7. Nondimeno se taluno uscisse di Congregazione, non potrà pretendere compenso alcuno per il tempo che vi rimase. Ricupererà tuttavia il pieno diritto di tutti i suoi beni immobili ed anche di tutti gli oggetti mobili, di cui si fosse riservata la proprietà entrando in Congregazione. Ma non potrà richiedere conto alcuno dei frutti né dell'amministrazione dei medesimi per il tempo che egli visse nella Società.

8. Colui che porta in Congregazione danari, mobili o qualsivoglia altra cosa con intenzione di ritenerne la proprietà, deve consegnare un elenco di tutte quelle cose al superiore, il quale, fattane la ricognizione, gli darà una carta di ricevuta. Volendo poi il socio ricuperare quegli oggetti che coll'uso si consumano, li riavrà in quello stato che allora si troveranno, né potrà ripeterne compenso di sorta.

Del voto di ubbidienza

7

1. Il profeta Davide pregava Iddio che lo illuminasse a fare la sua santa volontà.' Il divin Redentore poi ci assicurò, ch'egli non è venuto sulla terra per fare la volontà propria, ma quella del suo celeste Padre. 9 E noi facciamo il voto di ubbidienza appunto per assicurarci di fare in ogni cosa la santa volontà di Dio.

2. Perciò ognuno ubbidisca al proprio superiore e lo consideri in ogni cosa qual padre amoroso, ubbidendogli senza riserva alcuna, prontamente, con animo ilare e con umiltà; persuaso che nella cosa comandata gli è manifestata la stessa volontà di Dio.

3. Niuno diasi sollecitudine di domandar cosa alcuna né di ricusarla. Qualora conoscesse che una cosa gli è nocevole o necessaria, la esponga rispettosamente al superiore che si darà massima cura di provveder ai suoi bisogni.

4. Ognuno abbia somma confidenza nel suo superiore; sarà perciò di grande giovamento ai soci il rendere di tratto in tratto conto della vita esteriore ai primari superiori della Congregazione. Ciascheduno loro manifesti con semplicità e prontezza le mancanze esteriori commesse contro le regole ed anche il suo profitto nelle virtù, affinché possa riceverne consigli e conforti, e, se farà d'uopo, anche le convenienti ammonizioni.

5. Ognuno ubbidisca senza alcuna resistenza né col fatto, né colle parole, né col cuore, per non privarsi del merito della virtù dell'obbedienza. Quanto più la cosa comandata sarà ripugnante a chi la fa, tanto maggior premio si avrà da Dio eseguendola fedelmente.

7 G. Bosco, Regole o Costituzioni, pp. 57-58 (OE XXIX, 255-256).

8 Cf Sal 143, 10.

9 Cf Gv 6, 38.

Del voto di povertà

10

1. Il voto di povertà, di cui qui si parla, riguarda soltanto l'amministrazione di qual si voglia cosa, non già il possesso; perciò quelli che hanno fatto i voti in questa Società, riterranno il dominio dei loro beni; ma ne è loro intieramente proibita l'amministrazione, come pure la distribuzione e l'uso delle rendite. Inoltre prima di fare i voti devono cedere, anche in modo privato, l'amministrazione, l'usufrutto e l'uso a quelli, cui vorranno, ed anche alla Congregazione, se così loro piacerà. A questa cessione poi si può mettere la condizione che sia revocabile quandochessia: ma il professo non può in coscienza usare di questo diritto di revoca, senza il consenso della Santa Sede. Tutto questo si dovrà pure osservare riguardo a quei beni che il socio acquisterà per eredità dopo fatta la sua professione.

2. Tuttavia i membri di questa Congregazione potranno disporre liberamente del dominio, sia per testamento, sia, col permesso però del rettore maggiore, durante la vita per altro atto pubblico. Avvenendo questo ultimo caso, cesserà la concessione da loro fatta dell'amministrazione, dell'usufrutto e dell'uso, tranne che avessero voluto che, non ostante la cessione del dominio, quella concessione durasse ancora per quel tempo che loro fosse piaciuto.

3. I professi potranno compiere, col permesso del rettore maggiore, tutti quegli atti di proprietà che sono prescritti dalle leggi.

4. I professi non potranno attribuirsi o riservarsi cosa alcuna da loro acquistata o colla propria industria, o coi mezzi che la Congregazione presenta; ma il tutto si dovrà rimettere ad utilità comune della Congregazione.

5. È parte di questo voto il tener le camere nella massima semplicità, studiandosi di ornare il cuore di virtù e non la persona o le pareti della camera.

6. Niuno né in casa, né fuori serbi danaro presso di sé, o in deposito presso altri per qualsiasi ragione.

7. Ciascuno finalmente abbia il cuore staccato da ogni cosa terrena; stia contento di quanto la Società provvede riguardo al vitto ed al vestito, né si ritenga veruna cosa senza particolare permesso del superiore.

Del voto di castità

11

1. Chi tratta colla gioventù abbandonata deve certamente studiare di arricchirsi di ogni virtù. Ma la virtù che deve essere maggiormente coltivata, sempre da aversi innanzi agli occhi, la virtù angelica, la virtù fra tutte cara al Fi lidi Dio, è la virtù della castità.

2. Chi non ha fondata speranza di poter conservare, col divino aiuto, questa virtù nelle parole, nelle opere, nei pensieri, non si faccia ascrivere a questa Congregazione, perché ad ogni passo egli sarebbe esposto a grandi pericoli.

10 G. Bosco, Regole o Costituzioni, pp. 58-60 (OE XXIX, 256-258).

11 Ibid., pp. 60-61 (OE XXIX, 258-259).

3. Le parole, gli sguardi, anche indifferenti, sono talvolta malamente interpretati dai giovani, che sono già stati vittima delle umane passioni. Perciò si dovrà usare massima cautela discorrendo e trattando di qualunque cosa con giovani di qualsiasi età e condizione.

4. Si fuggano i convegni dei secolari, dove questa virtù corre pericolo, e le conversazioni specialmente colle persone di sesso diverso.

5. Niuno si rechi a casa di conoscenti od amici senza il consenso del superiore, il quale, se può, gli destinerà sempre un compagno.

6. Mezzi per custodire diligentissimamente questa virtù sono la frequente confessione e comunione, la pratica esatta dei consigli del confessore, la fuga dell'ozio, la mori cazione di tutti i sensi del c-5-53757freqtisite a Gesù sacramentato, frequenti giaculatorie a Maria santissima, a san Giuseppe, a san Francesco di Sales, a san Luigi Gonzaga, che sono i principali protettori della nostra Congregazione.

Pratiche di pietà

12

1. La vita attiva, cui tende specialmente questa Congregazione, fa che i suoi membri non possano avere comodità di far molte pratiche di pietà in comune. Quindi procureranno di supplire col vicendevole buon esempio e col perfetto adempimento dei doveri generali del cristiano.

2. Ciascun socio si accosterà ogni settimana al sacramento della penitenza da confessori approvati dall'ordinario e che esercitano quer-riffigféro verso i soci col permesso del rettore. I sacerdoti celebreranno ogni giorno la santa messa: i chierici poi e i coadiutori vi assisteranno quotidianamente e faranno la santa comunione ogni giorno festivo e tutti i giovedì. La compostezza della persona; la pronunzia chiara, devota e distinta delle parole deidivini uffizi; la modestia nel parlare, guardare, camminare in casa e fuori di casa devono essere tali nei nostri soci che li distinguano da tutti gli altri.

3. Ciascheduno, oltre le orazioni vocali, farà ogni giorno non meno di mezz'ora di orazione mentale, ad eccezione che ne sia impedito dal sacro ministero. Nel qual caso supplirà colla maggior frequenza di giaculatorie, indirizzando a Dio con gran fervore di affetto quei lavori che lo impediscono dagli ordinari esercizi di pietà.

4. Ogni giorno si reciterà la terza parte del rosario di Maria santissima Immacolata e si farà un po' di lettura spirituale.

5. In ciascuna settimana al venerdì si farà digiuno in memoria della passione di nostro signore Gesù Cristo.

12 Ibid., pp. 80-83 (OE XXIX, 278-281).

6. L'ultimo di ciascun mese sarà giorno di ritiro spirituale, in cui lasciando, per quanto sarà possibile, gli affari temporali, ognuno si raccoglierà in se stesso, farà l'esercizio della buona morte, disponendo le cose spirituali e temporali, come se dovesse abbandonare il mondo ed avviarsi all'eternità.

7. Ogni anno ognuno farà circa dieci o almeno sei giorni di esercizi spirituali, che termineranno colla confessione annuale. Ognuno prima di essere ricevuto nella Società e prima di emettere i voti farà dieci giorni di esercizi spirituali sotto la direzione di maestri di spirito e la confessione generale.

8. Quando la divina Provvidenza chiamasse alla vita eterna qualche socio sia laico, sia chierico, sia sacerdote, subito il direttore di quella casa, in cui il socio abitava, procurerà che si celebrino dieci messe in suffragio dell'anima sua. Gli altri poi, che non sono sacerdoti, faranno almeno una volta la santa comunione a questo fine.

9. Ogni volta poi che muoiano i genitori di qualche socio, i sacerdoti della casa di quel socio celebreranno parimenti 10 messe in suffragio della loro anima. Quelli poi che non sono sacerdoti faranno la santa comunione.

10. Morendo il rettore maggiore, tutti i sacerdoti della Congregazione celebreranno per lui la santa messa e tutti i soci non sacerdoti presteranno i soliti suffragi, e ciò per due motivi: 1° come tributo di gratitudine per le cure e fatiche sostenute nel governo della Congregazione; 2° per sollevarlo dalle pene del purgatorio, che forse dovrà patire per nostra cagione.

11. Ogni anno il giorno dopo la festa di san Francesco di Sales tutti i sacerdoti celebreranno una messa pei socidefunti. E tutti gli altri si accosteranno alla santa comunione e reciteranno la terza parte del rosario della beata Vergine Maria con altre preghiere.

12. Ognuno abbia specialmente cura: 1° di non prendere alcuna abitudine anche di cose indifferenti; 2° di avere vesti, letto e cella pulita e decente; e si studi ciascheduno di fuggire la stolta affettazione e l'ambizione. Niuna cosa adorna di più il religioso che la santità della vita, per cui sia d'esempio agli altri in ogni cosa.

13. Ciascuno sia preparato, quando la necessità lo richieda, a soffrire caldo, freddo, sete, fame, fatiche, disprezzi, qualora questo ridondi alla maggior gloria di Dio, all'utilità spirituale altrui e alla salvezza dell'anima propria.

Dalle prime Regole dell'Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice (1878)

13

Alle Figlie di Maria SS. Ausiliatrice

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Mercé la bontà del nostro Padre celeste l'Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice, al quale fortunatamente appartenete, prese da qualche tempo un grande sviluppo. Nello spazio di pochi anni noi abbiamo potuto inaugurare un buon numero di case in Piemonte, in Liguria, in Francia; anzi nelle più lontane regioni d'America.

Finché l'Istituto era concentrato nella casa-madre di Mornese, alcune copie delle Regole manoscritte potevano bastare a che ogni suora ne potesse venire in cognizione; ma ora che per la divina Provvidenza si sono moltiplicate le case e le suore ivi ripartite, esse non sono più sufficienti.

Per la qual cosa io ho giudicato della maggior gloria di Dio e di vantaggio all'anima vostra, il farle stampare; ed ora ve le presento. Esse hanno già avuta l'approvazione di più vescovi, i quali le trovarono pienamente adattate a santificare una figlia che aspiri ad essere tutta di Gesù, e che voglia nel tempo stesso impiegare la propria vita a servizio del suo prossimo, specialmente alla educazione delle povere fanciulle. Anzi di più: lo stesso Istituto fu con decreto speciale collaudato ed approvato dal reverendissimo vescovo di Acqui, nella cui diocesi nacque nel 1872 e prospera tuttora.

Abbiate dunque care le regole che lo governano, leggetele, meditatele; ma soprattutto non dimenticate mai che a nulla varrebbe il saperle ben anche a memoria, se poi non le metteste in pratica. Perciò ognuna si dia la più viva sollecitudine per osservarle puntualmente; a questo miri la vigilanza e lo zelo della superiora; a questo la diligenza e l'impegno delle suddite. Così facendo voi troverete nella vostra Congregazione la pace del cuore, camminerete per la via del cielo, e vi farete sante.

Intanto io colgo volentieri questa propizia occasione per raccomandarvi che nelle vostre preghiere abbiate ognora presente l'anima del molto reverendo D. Domenico Pestarino, primo direttore delle suore di Maria Ausiliatrice, del quale il Signore si servì per gettare le fondamenta di questo Istituto. Egli per la sua carità e zelo si merita davvero la nostra più viva gratitudine.

Pregate anche le une per le altre, affinché il Signore vi faccia costanti e fedeli nella vostra vocazione e vi renda degne di operare del gran bene alla sua maggior gloria. Pregate in modo speciale per le consorelle che già si portarono e per quelle che ancor si porteranno nelle più lontane parti della terra per diffondervi il nome di Gesù Cristo e farlo conoscere ed amare.

13 G. Bosco, Costituzioni per l'Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice (1872-1885), testi critici a cura di Sr. Cecilia Romero fma, Roma, LAS, 1983, pp. 255-286.

14 G. Bosco, Regole o Costituzioni per l'Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice aggregate alla Società Salesiana, Torino, Tipografia e Libreria Salesiana 1878, pp. 3-6 (OE XXX, 293-296).

Pregate soprattutto per la Chiesa cattolica, per il suo capo visibile, pei vescovi e pastori locali; pregate altresì per la Società salesiana, alla quale siete aggregate; e non vogliatevi dimenticare di me che vi desidero ogni felicità.

La Vergine Ausiliatrice ci protegga e difenda in vita ed in morte; e colla sua potente intercessione ci ottenga dal suo divin Figliuolo la bella grazia di trovarci un giorno tutti insieme raccolti sotto il suo manto nella eterna beatitudine.

Torino, festa dell'Immacolata Concezione, 1878.

Sac. Giovanni Bosco

Scopo dell'Istituto

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1. Lo scopo dell'Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice è di attendere alla propria perfezione e di coadiuvare alla salute del prossimo, specialmente col dare alle fanciulle del popolo una cristiana educazione.

2. Pertanto le Figlie di Maria Ausiliatrice prima di ogni altra cosa procureranno di esercitarsi nelle cristiane virtù, di poi si adopreranno a benefizio del prossimo. Sarà loro cura speciale di assumere la direzione di scuole, educatori, asili infantili, oratorii festivi, ed anche aprire laboratori a vantaggio delle zitelle più povere nelle città e villaggi. Ove ne sia il bisogno si presteranno pure all'assistenza dei poveri infermi e ad altri simili uffici di carità.

3. Potranno altresì ricevere nelle loro case zitelle di mediocre condizione, alle quali però non insegneranno mai quelle scienze e quelle arti che sono proprie di nobile e signorile famiglia. Tutto l'impegno loro sarà di formarle alla pietà, renderle buone cristiane e capaci altresì di guadagnarsi a suo tempo onestamente il pane della vita.

4. L'Istituto è composto di figlie nubili, le quali professano in tutto vita comune con voti temporanei di tre in tre anni. Il superiore maggiore d'accordo col capitolo superiore, compiuti una o due volte i voti triennali, può anche ammettere ai voti perpetui, qualora giudichi tale cosa tornare utile alla religiosa ed all'Istituto.

Virtù principali proposte allo studio delle novizie ed alla pratica delle professe

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1. Carità paziente e zelante non solo coll'infanzia, ma ancora colle giovani zitelle.

2. Semplicità e modestia; spirito di mortificazione interna ed esterna; rigorosa osservanza di povertà.

3. Obbedienza di volontà e di giudizio, ed accettare volentieri e senza osservazione gli avvisi e correzioni e quegli uffizi che vengono affidati.

15 G. Bosco, Costituzioni per l'Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice, pp. 255-256.

16 Ibid., p. 270.

4. Spirito d'orazione, col quale le suore attendano di buon grado alle opere di pietà, si tengano alla presenza di Dio ed abbandonate alla sua dolce Provvidenza.

5. Queste virtù debbono essere molto provate e radicate nelle Figlie di Maria Ausiliatrice, perché deve andare in esse di pari passo la vita attiva e contemplativa, ritraendo Marta e Maddalena.

Del voto di castità

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1. Per esercitare continui uffici di carità col prossimo, per trattare con frutto colle povere giovanette, è necessario uno studio indefesso di tutte le virtù in grado non comune. Ma la virtù angelica, la virtù sopra ogni altra cara al Figliuolo di Dio, la virtù della castità deve essere collocata in grado eminente dalle Figlie di Maria Ausiliatrice. Primieramente perché l'impiego che esse hanno di istruire ed istradare i prossimi nella via della salute, è somigliante a quello degli angeli santi; perciò è necessario che esse ancora vivano col cuor puro ed in uno stato angelico, giacché le vergini sono chiamate angeli della terra; in secondo luogo perché la loro vocazione per essere ben eseguita richiede un totale distacco interno ed esterno da tutto ciò che non è Dio.

2. Per l'osservanza di questo voto viene loro inculcata la più vigilante custodia dei sensi che sono come le porte per cui entra il nemico nell'anima. Esse non devono più vivere, né respirare che per il loro Sposo celeste, con tutta onestà, purità e santità di spirito, di parole, di contegno e di opere, per mezzo di una conversazione immacolata ed angelica, ricordandosi delle parole del Signore, che dice: Beati i mondi di cuore perché vedranno Dio. 18

3. Per custodire così gran tesoro gioverà molto il pensiero della presenza di Dio, rivolgendosi a lui sovente con atti di viva fede, di ferma speranza e di ardente carità; la fuga dell'ozio; la mortificazione interna ed esterna, la prima senza limiti e la seconda nella misura che dalla obbedienza verrà loro permessa.

4. Servirà eziandio efficacemente a conservare la bella virtù la divozione verso di Maria santissima Immacolata, del glorioso san Giuseppe e dell'angelo custode; come pure il non mai dimenticare che le fedeli spose di Gesù Cristo, le quali saranno vissute e morte nello stato verginale, avranno in cielo una gloria particolare e con Maria canteranno al divino Agnello un inno, che non è concesso di cantare agli altri beati.

Del voto di obbedienza

19

1. La vita delle Figlie di Maria Ausiliatrice dovendo essere un continuo olocausto, mancherebbe al sacrificio il meglio, se vi entrasse la propria volontà, che appunto col voto di obbedienza si offre alla Maestà divina.

17 Ibid., pp. 277-278.

18 Mt 5, 8.

19 G. Bosco, Costituzioni per l'Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice, p. 279,

Oltre di che sappiamo che il divin Salvatore protestò di se stesso che egli non venne fra noi in terra per fare la volontà sua, ma quella del celeste Padre.20 Egli è per assicurarsi di eseguire in ogni azione la volontà di Dio che le Figlie di Maria Ausiliatrice fanno il santo voto di obbedienza.

2. Questo voto obbliga a non occuparsi che in quelle cose che la superiora giudicherà della maggior gloria di Dio e vantaggio delle anime, secondo le regole di questo Istituto.

3. Le suore dovranno ubbidire in spirito di fede, riguardando Dio nella superiora e persuadendosi che quanto viene disposto dall'obbedienza tornerà loro di grande vantaggio spirituale.

4. Sia la loro ubbidienza volenterosa e gioconda, cioè senza affanni, senza malinconia, senza contestazione.

5. Finalmente sia pronta, senza voler esaminare e criticare le ragioni occulte del comando.

6. Nessuna suora diasi affannoso pensiero di domandare cosa alcuna o di ricusarla. Chi per altro conoscesse esserle qualche cosa nociva o necessaria, lo esponga alla superiora, che si darà sollecitudine di provvedere al bisogno.

7. Abbiano tutte gran confidenza colla superiora e la riguardino qual madre affettuosa. Ricorrano ad essa in tutti i loro dubbi, le manifestino le loro pene ed ogni loro difficoltà.

Del voto di povertà

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1. L'osservanza del voto di povertà nell'Istituto di Maria Ausiliatrice consiste essenzialmente nel distacco da ogni bene terreno, il che si praticherà colla vita comune riguardo al vitto e vestito, non riservando nulla a proprio uso, senza speciale permesso della superiora.

2. È parte di questo voto tener le camere nella massima semplicità, studiando di ornare il cuore di virtù e non la persona o le pareti della propria abitazione.

3. Nessuna potrà serbare nell'Istituto o fuori, denaro in proprietà, nemmeno in deposito per qualsiasi causa, senza licenza espressa della superiora.

4. La povertà volontaria fa veri seguaci del Salvatore, il quale per lasciarcene un grande esempio la praticò dalla nascita fino alla morte.

Regole generali

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20 Cf Gv 6, 38.

21 G. Bosco, Costituzioni per l'Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice, p. 280.

22 Ibid., pp. 281-286.

1. Ogni giorno le suore faranno in sette volte commemorazione dei sette dolori di Maria santissima ed al fine di ciascuno reciteranno un' Ave Maria colla preghiera, che ripeteranno anche spesso nel corso del giorno: Eterno Padre, vi offriamo ecc.23 Dai vespri poi del sabato santo fino a tutta la domenica in Albis, e in tutta l'ottava dell'Assunzione di Maria santissima in cielo, reciteranno a quelle stesse ore le sette allegrezze di Maria santissima, distribuite una per volta.

2. Nel quarto d'ora assegnato per la lettura spirituale adopreranno quei libri che verranno loro indicati dalla superiora. Si raccomandano poi, sopra tutti, l'Imitazione di Gesù Cristo, la Monaca santa, e la Pratica di amar Gesù Cristo del dottore sant'Alfonso,24 la Filotea di san Francesco di Sales adattata alla gioventù, il Rodriguez,25 e le vite di quei santi e sante, che si dedicarono all'educazione della tenera età.

3. Tutte le suore dei vari stabilimenti dovranno portarsi una volta all'anno alla casa centrale, oppure, ove siavi grande distanza, si recheranno a quella da cui dipendono, a farvi gli esercizi spirituali. Se attese le opere cui devono applicarsi non sarà possibile che tutte possano farli unitamente, li faranno ripartitamente in due o più volte, secondo giudicherà la superiora.

4. Le lettere scritte alle suore o da esse scritte ad altri, saranno aperte e lette, ove si giudichi bene dalla superiora, la quale potrà dar loro corso o ritenerle.

5. Avranno però il permesso di scrivere, senza chiederne licenza, al sommo pontefice, al superiore maggiore ed alla superiora generale e parimente riceveranno le risposte a tali lettere senza che alcuno possa aprirle.

6. Quando saranno visitate dai loro parenti o da altre persone, si porteranno al parlatorio accompagnate da una suora a ciò deputata dalla superiora. In simili occasioni di visite indispensabili si raccomanda alle suore di usare grande prudenza e modestia cristiana ed alle superiore di prendere tutte le cautele necessarie per ovviare ad ogni inconveniente. Siccome le Figlie di Maria Ausiliatrice hanno molte occupazioni, così quando non si trattasse di affari di rilievo, le medesime persone non si ammetteranno a visitarle più d'una volta al mese.

7. Le suore si ameranno tutte nel Signore, ma si guarderanno bene dal legarsi tra loro o con qualsiasi persona in amicizie particolari, le quali allontanano dal perfetto amor di Dio e finiscono per essere la peste delle comunità.

23 Eterno Padre, vi offriamo il sangue di Gesù Cristo in sconto dei nostri peccati e per i bisogni di santa Chiesa.

24 Si tratta di due opere spirituali di sant'Alfonso Maria de Liguori (1696-1787), continuamente ristampate per tutto il corso dell'Ottocento e del primo Novecento: La vera sposa di Gesù Cristo cioè la monaca santa per mezzo delle virtù proprie d'una religiosa (prima edizione: 1760); Pratica di amar Gesù Cristo, tratta delle parole di S. Paolo: "Charitas patiens est, benigna est, etc." ... per utile delle anime che desiderano accettar la salute eterna e di camminar per la via della perfezione (prima edizione: 1768).

25 Si fa riferimento al terzo volume dell'Esercizio di perfezione e di virtù cristiane, del gesuita Alonso Rodriguez (1537-1616), intitolato Esercizio di perfezione e di virtù religiose, un classico della letteratura ascetica per i religiosi e le religiose.

8. A nessuna è permesso dare commissioni, né a fanciulle di scuola né ai parenti loro né a chicchessia, se non previa licenza della superiora, alla quale si dovrà riferire qualunque ambasciata venisse fatta.

9. Ognuna deve riconoscersi per la minima di tutte, perciò nessuna mancherà agli atti umili né si ricuserà dall'esercitare gli uffici più abbietti della casa, nei quali la superiora la eserciterà a norma delle sue forze e secondo che prudentemente giudicherà bene nel Signore.

10. Le Figlie di Maria Ausiliatrice saranno sempre allegre colle sorelle, rideranno, scherzeranno ecc., sempre però come pare debbano fare gli angeli tra loro; ma alla presenza di persone di altro sesso conserveranno ognora un contegno grave e dignitoso. Andando per le vie cammineranno colla massima compostezza e modestia, non fissando mai né le persone né le cose che incontrano, dando tuttavia il saluto coll'inchino del capo a chi le saluta e alle persone ecclesiastiche se loro passassero vicine.

11. Nella casa e fuori adopreranno sempre un parlare umile, non sostenendo mai il proprio sentimento, evitando soprattutto ogni parola aspra, pungente, di rimprovero, di vanità relativamente a se stesse od a riguardo di quel bene che il Signore si degnasse cavare dalle opere loro, facendo tutte le loro azioni private e comuni per il solo gusto di Dio. Non parleranno mai di nascita, di età o di ricchezze, se nel mondo ne avessero avute. Non alzeranno mai la voce parlando con chicchessia, quand'anche fosse tempo di ricreazione. Quando saranno alla presenza di persone di sesso diverso, terranno un parlare serio e grave, perché se sono di condizione superiore alla loro, per esempio ecclesiastici, così vuole il rispetto dovuto al loro stato; se sono laici, così richiede il decoro e il buon esempio.

12. Tutto il loro impegno sarà di mostrarsi nel tratto e nel contegno degli sguardi e di tutta la persona, quali debbono essere, cioè imitatrici di Gesù Cristo crocifisso, e serve dei poveri. In chiesa staranno colla massima compostezza, ritte sulla persona, e genufletteranno fino a terra passando avanti l'altare, ove si conserva il santissimo sacramento.

13. Si rifocilleranno tutte insieme in refettorio con quel cibo che loro verrà somministrato. Non si lagneranno mai dei cibi, né discorreranno di essi tra di loro, ma se avranno qualche bisogno lo manifesteranno confidentemente alla superiora. Nessuna potrà andare in cucina senza permesso.

14. Permettendolo il locale, ciascuna dormirà in camera separata, ma non la potrà chiudere con chiave; né potrà entrare in dormitorio fuori di tempo senza licenza. Non faranno uso del materasso che per malattia od altro incomodo.

15. Terranno presso al letto una piletta d'acqua benedetta, un crocifisso colla croce di legno, un quadretto di Maria Ausiliatrice o dell'Immacolata Concezione, con cornice nera.

16. Tutto il vestiario sarà uniforme, modesto ed umile, quale si conviene a povere religiose. L'abito sarà nero, le maniche lunghe fino alla nocca delle dita e larghe 46 centimetri; la mantellina sarà lunga fino presso alla cintura. Le scarpe saranno di pelle nera, quali si convengono a poveri. Non porteranno mai guanti e occorrendo di farne uso, non saranno mai di seta, né di pelle fina, né di color chiaro. Appeso al collo le professe porteranno il crocifisso, le novizie la medaglia di Maria Ausiliatrice.

17. La biancheria sarà pure adattata all'uso di poveri e posta in comune dopo la santa professione. Ciascuna suora avrà cura di tener l'abito e tutto ciò che è di suo uso, colla massima pulizia; perciò si farà premura di piegare il velo, il grembiale, le vesti ecc., ogni volta che deporrà questi oggetti.

18. Le posate ed il vasellame saranno il più che sia possibile di materia durevole, ma non di lusso.

19. Ogni sabato dalla suora destinata ad aver cura della biancheria, che si terrà in guardaroba comune, si porterà sul letto di ciascuna tutto l'occorrente per cambiarsi ed ogni sorella dovrà poi portare nel luogo a ciò assegnato gli oggetti deposti.

20. Qualunque cosa venga portata in dono alle suore sarà consegnata alla superiora, che ne disporrà come crederà meglio, senza essere obbligata di rendere conto delle sue disposizioni. Le suore poi non faranno regalo alcuno alle persone esterne e neppur tra loro senza espressa licenza: come pure non sarà loro permesso d'imprestarsi o cambiare cosa alcuna, se non col consenso della superiora.

21. Ciascuna avrà cura della propria sanità, perciò quando una suora non si sentirà bene in salute, senza nascondere od esagerare il male, ne avviserà la superiora, affinché possa provvedere al bisogno. Nel tempo della malattia ubbidirà all'infermiera ed al medico chirurgo, affinché la governino nel corpo, come meglio crederanno innanzi a Dio. Procurerà pure di mostrare pazienza e rassegnazione alla volontà di Dio, sopportando le privazioni inseparabili dalla povertà e conservando sempre una imperturbabile tranquillità di spirito in mano di quel Signore che è Padre amoroso, sia nel conservar la salute, sia nell'affliggerci con malattie e dolori. Per avvalorarle vie maggiormente nello spirito, alle inferme obbligate al letto si darà la santa comunione almeno una volta per settimana, ove il genere di malattia ed il luogo lo permetta.

22. Le suore procureranno di tenersi sempre strettamente unite col dolce vincolo della carità, giacché sarebbe a deplorarsi se quelle che presero per scopo l'imitazione di Gesù Cristo trascurassero l'osservanza di quel comandamento che fu il più raccomandato da lui, sino al punto di chiamarlo il suo precetto." Adunque oltre lo scambievole compatimento ed imparziale dilezione, resta pure prescritto, che se mai accadesse ad alcuna di mancare alla carità verso qualche sorella, debba chiederle scusa al primo momento che con calma di spirito avrà conosciuta la sua mancanza o almeno prima di andare a dormire.

26 Cf Gv 15, 12.

23. Per maggior perfezione della carità ognuna preferirà con piacere le comodità delle sorelle alle proprie, ed in ogni occasione tutte si aiuteranno e solleveranno con dimostrazioni di benevolenza e di santa amicizia, né si lasceranno mai vincere da alcun sentimento di gelosia le une contro le altre.

24. Desiderino e procurino efficacemente di fare al prossimo tutto quel bene che lor sia possibile, intendendo sempre di aiutare e servire nostro signor Gesù Cristo nella persona dei suoi poveri, specialmente coll'assistere, servire, consolare le consorelle malate ed afflitte e col promuovere il bene spirituale delle fanciulle dei paesi in cui hanno dimora.

25. Per avanzarsi nella perfezione religiosa gioverà molto il tenere il cuore aperto colla superiora, siccome quella che dopo il confessore è destinata da Dio a dirigerle nella via della virtù. Pertanto una volta al mese ed anche più spesso, se occorre, le manifesteranno il loro esterno operare con tutta semplicità e schiettezza, e ne riceveranno avvisi e consigli per ben riuscire nella pratica della mortificazione e nell'osservanza delle sante regole dell'Istituto. Sono però escluse da questo rendiconto le cose interne ed anche le esterne quando queste formassero materia di confessione, a meno che per spirito di umiltà e volontariamente si volessero manifestare per avere utili consigli e direzione.

26. Tutte le suore assisteranno alla conferenza che la superiora terrà ogni domenica per istruirle nei loro doveri, come per correggere quei difetti che potrebbero far rallentare il fervore e l'osservanza nella comunità.

27. Pongano tutte la massima premura per gli esercizi di pietà, dalla cui osservanza deriva quell'interno fervore che ci muove dolcemente ad uniformarci in tutto a Gesù Cristo nostro divino esemplare e sposo delle anime fedeli.

28. La carità poi, che ha tenuto unite le Figlie di Maria Ausiliatrice in vita, non dovrà cessare dopo la loro morte. Quindi, venendo alcuna sorella chiamata all'eternità, sarà comunicata la sua morte a tutte le case, perché vi facciano in suffragio dell'anima sua la santa comunione con la recita del santo rosario. Nella casa ove ne avvenne il decesso sarà di più celebrata la santa messa presente cadavere, con la recita dell'ufficio dei morti o del rosario intero. Il cadavere sarà vestito degli abiti religiosi ed accompagnato decorosamente alla sepoltura.

29. Nella occasione della morte del superiore maggiore e della superiora generale, oltre i suffragi suddetti, sarà celebrato un funerale in tutte le case dell'Istituto.

30. Sopra quante seguiranno queste regole discenda copiosa la pace e la misericordia di Dio.

3. LETTERE CIRCOLARI SULLA PERFEZIONE RELIGIOSA

Le lettere circolari di don Bosco ai Salesiani e alle Figlie di Maria Ausiliatrice sono dei piccoli capolavori di spiritualità. In esse il santo esprime una visione integrale e totalitaria della vita religiosa: con la consacrazione ci doniamo al Signore, pronti a seguirlo sulla via delle tribolazioni fino alla morte, affrontando con forza d'animo fatiche e difficoltà per guadagnare anime a Dio. In questa prospettiva il salesiano e la salesiana sono esortati a rimanere fermi nella loro vocazione, nonostante tutto; a fuggire lo spirito del mondo; a praticare l'obbedienza e la povertà; a tenere il cuore costantemente rivolto a Dio; a saper sopportare ogni disagio con serenità e generosità; ad osservare perfettamente le Regole; a desiderare la santità non attraverso "azioni straordinarie, ma per via di opere comuni"; ad aspirare ad essere "abili strumenti della gloria di Dio disimpegnando quegli uffizi e adempiendo quelle occupazioni che sono proprie dell'Istituto".

Primo scopo della nostra Società è la santificazione dei suoi membri

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Torino, 9 giugno 1867, giorno di Pentecoste

La nostra Società sarà forse fra non molto definitivamente approvata e perciò io avrei bisogno di parlare ai miei amati figli con frequenza. La qual cosa non potendo fare sempre in persona procurerò di farla almeno per lettera. Comincerò adunque a dire qualche cosa intorno allo scopo generale della Società e poi passeremo a parlare altra volta delle osservanze particolari della medesima.

Primo oggetto della nostra Società è la santificazione dei suoi membri. Perciò ognuno nella sua entrata si spogli di ogni altro pensiero, di ogni altra sollecitudine. Chi ci entrasse per godere una vita tranquilla, avere comodità a proseguire gli studi, liberarsi dai comandi dei genitori od esimersi dall'obbedienza di qualche superiore, egli avrebbe un fine storto e non sarebbe più quel Sequere me del Salvatore; giacché seguirebbe la propria utilità temporale, non il bene dell'anima. -GE apostoli furono lodati dal Salvatore e venne loro promesso un regno eterno non perché abbandonarono il mondo, ma perché abbandonandolo si professavano pronti a seguirlo nella via delle tribulazioni, come avvenne di fatto, consumando la loro vita nelle fatiche, nella penitenza e nei patimenti, sostenendo in fine il martirio per la fede.

Nemmeno con buon fine entra o rimane nella Società chi è persuaso di essere necessario alla medesima. Ognuno se lo imprima bene in mente e nel cuore: cominciando dal superiore generale fino all'ultimo dei soci, niuno è necessario nella Società. Dio solo ne deve essere il capo, il padrone assolutamente necessario.

1 E(m) II, pp. 385-387. È la prima lettera circolare di don Bosco ai Salesiani.

Perciò i membri di essa debbono rivolgersi al loro capo, al loro vero padrone, al rimuneratore, a Dio, e per amore di lui ognuno deve farsi iscrivere nella Società; per amore di lui lavorare, ubbidire, abbandonare quanto si possedeva nel mondo per poter dire in fine della vita al Salvatore che abbiamo scelto per modello: ecce nos reliquimus [omnia] et secuti sumus te, quid ergo dabis nobis?2

Mentre poi diciamo che ognuno deve entrare in Società guidato dal solo desiderio di servire a Dio con maggior perfezione e di fare del bene a se stesso, si intende fare a se stesso il vero bene, benespirituale ed eterno. Chi si cerca 5 una vita comoda, una vita agiata, non entra con buon fine nella nostra Società. ,44 Noi mettiamo per base le parole del Salvatore che dice: Chi vuole essere mio discepolo vada a vendere quanto possiede nel mondo, lo dia ai poveri e mi segua.' Ma dove andare, dove seguirlo, se non aveva un palmo di terra ove riporre lo stanco suo capo? Chi vuole farsi mio discepolo, dice il Salvatore, mi segua colla preghiera, colla penitenza, e specialmente rinneghi se stesso, tolga la croce delle quotidiane tribolazioni e mi segua: abneget semetipsum, tollat crucem suam quotidie, et sequatur me.4 Ma fino a quando seguirlo? Fino alla morte e se fosse mestieri, anche ad una morte di croce.

Ciò è quanto nella nostra Società fa colui che logora le sue forze nel sacro ministero, nell'insegnamento od altro esercizio sacerdotale, fino ad una morte eziandio violenta di carcere, di esilio, di ferro, di acqua, di fuoco; fino a tanto che dopo aver patito od essere morto con Gesù Cristo sopra la terra possa andare a godere con lui in cielo.

Questo sembrami il senso di quelle parole di S. Paolo che dice a tutti i cristiani: Qui vult gaudere cum Christo oportet patì cum Christo.5

Entrato un socio con queste buone disposizioni deve mostrarsi senza pretese ed accogliere con piacere qualsiasi ufficio gli possa essere affidato. Insegnamento, studio, lavoro, predicazione, confessione, in chiesa, fuori di chiesa, le più basse occupazioni devono assumersi con ilarità e prontezza d'animo perché Dio non guarda la qualità dell'impiego, ma guarda il fine di chi lo copre. Quindi tutti gli uffizi sono egualmente nobili perché egualmente meritori agli occhi di Dio.

Miei cari figliuoli, abbiate fiducia nei vostri superiori; essi devono rendere stretto conto a Dio delle vostre opere; perciò essi studiano la vostra capacità, le vostre propensioni e ne dispongono in modo compatibile colle vostre forze, ma sempre come loro sembra tornare di maggior gloria di Dio e vantaggio delle anime.

2 Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito; che cose dunque ci darai in cambio? (Mt 19, 27).

3 Cf Mt 19, 21.

4 Rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua (Lc 9, 23).

5 Chi vuole godere con Cristo, deve soffrire con Cristo. Citazione a senso ispirata a Rm 8, 17: "...coheredes autem Christi, si tamen compatimur, ut et conglorificemur" (, ..coeredi di Cristo, se veramente partecipiamo alle sue sofferenze per partecipare anche alla sua gloria).

Oh! se i nostri fratelli entreranno in Società con queste disposizioni le nostre case diventeranno certamente un vero paradiso terrestre. Regnerà la pace e la concordia tra gl'individui d'ogni famiglia e la carità sarà la veste quotidiana di chi comanda; l'ubbidienza ed il rispetto precederanno i passi, le opere e perfino i pensieri dei superiori. Si avrà insomma una famiglia di fratelli raccolti intorno al loro promuovere la gloria di Dio sopra la terra, per andare poi un giorno ad amarlo e lodarlo nell'immensa gloria dei beati in cielo.

Dio ricolmi voi e le vostre fatiche di benedizioni, e la grazia del Signore santifichi le vostre azioni e vi aiuti a perseverare nel bene. Amen.

Aff.mo in Gesù Cristo

Sac. Gio. Bosco

Unità di spirito e unità di amministrazione

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[Torino, fine aprile 1868]

Ai miei cari figliuoli e confratelli della Società di S. Francesco di Sales.

Il mese di mag io che noi siamo soliti consacrare a Maria sta per cominciare ed io stimo di approfittare di questa occasione per parlare ai miei cari figliuoli e confratelli ed esporre loro alcune cose che non ho potuto dire nella conferenza di S. Francesco di Sales.

Io sono persuaso che voi abbiate tutti ferma volontà di essere perseveranti nella Società e quindi adoperarvi con tutte le vostre forze a guadagnare anime a Dio e per prima salvare l'anima propria. Per riuscire in questa grande impresa dobbiamo per base generale usare la massima sollecitudine per mettere in pratica le regole della Società. Perché a nulla gioverebbero le nostre Costituzioni, se tossero come una lettera morta da lasciarsi nello scrittoio e non di più. Se vogliamo che la nostra Società vada avanti colla benedizione del Signore è indispensabile che ogni articolo delle costituzioni sia norma nell'operare. Tuttavia vi sono alcune cose pratiche e assai efficaci per conseguire lo scopo proposto e fra queste vi noto l'unità di spirito e l'unità di amministrazione.

Per unità di spirito io intendo una deliberazione ferma, costante di volere o non volere quelle cose che il superiore giudica tornare a maggior gloria di Dio. Questa deliberazione non si rallenta mai comunque gravi siano gli ostacoli che si oppongono al bene spirituale ed eterno secondo la dottrina di S. Paolo: Caritas omnia suffert, omnia sustinet.7 Questa deliberazione induce il confratello ad essere puntuale nei suoi doveri non solo per il comando che gli è fatto, ma per la gloria di Dio che egli intende promuovere.

6 E(m) II, pp. 529-531.

7 La carità tutto soffre, tutto sopporta; cf 1 Cor 13, 7.

Da ciò ne deriva la prontezza nel fare all'ora stabilita la meditazione, la preghiera, la visita al santissimo sacramento, l'esame di coscienza, la lettura spirituale. È vero che queste cose sono prescritte dalle Regole, ma se non si procura di eccitarsi ad osservarle per un motivo soprannaturale le nostre Regole cadono in dimenticanza.

Quello che potentemente contribuisce a conservare questa unità di spirito si è la frequenza dei santi sacramenti. I sacerdoti facciano quanto possono per celebrare con regolarità e devotamente la santa messa; coloro poi che non sono in tale stato procurino di frequentare la comunione il più spesso possibile. Ma il punto fondamentale sta nella frequente confessione. Ognuno procuri di ossei vare quanto le Regole prescrivono a questo riguardo. Una confidenza speciale è poi assolutamente necessaria col superiore di quella casa dove ciascuno dimora. Il gran difetto consiste in ciò: che molti cercano d'interpretare stortamente certe disposizioni dei superiori, oppure le giudicano di poca importanza, e intanto rallentano l'osservanza delle Regole con danno di se stessi, con dispiaceri dei superiori, e con omissione o almeno trascuranza di quelle cose che avrebbero potentemente contribuito al bene delle anime. Ognuno adunque si spogli della propria volontà e rinunzi al pensiero del proprio bene; si accerti solamente che quello che deve fare torni a maggior gloria di Dio e poi vada avanti.

Qui per altro nasce la seguente difficoltà: nella pratica si incontrano casi in cui sembra meglio fare diversamente da quanto era stato comandato. Non è vero. Il meglio è sempre fare l'ubbidienza, non mai cangiando lo spirito delle, Regoleititérpretato dar rispettivo superiore. Laonde ciascuno studi sempre di interpretare, praticare, raccomandare l'osservanza delle Regole fra i suoi confratelli; e mettere in esecuzione verso al prossimo tutte quelle cose che il superiore giudicasse tornare a maggior gloria di Dio e a bene delle anime. Questa conclusione io la reputo la base fondamentale di una religiosa Società.

All'unità di spirito deve andare congiunta l'unità di amministrazione. Un religioso si propone di mettere in pratica il detto del Salvatore: vale a dire di rinunciare a quanto egli ha o possa avere nel mondo per la speranza di miglior ricompensa in cielo. Padre, madre, fratelli, sorelle, casa, sostanze di qualunque genere, tutto offrì all'amor di Dio. Se non che avendo egli ancora l'anima unita al corpo ha tuttorabisogno di mezzi materiali per nutrirsi, coprirsi ed operare. Perciò egli mentre rinuncia a tutto quanto aveva, cerca di aggregarsi in una società in cui possa provvedere alle necessità della vita senza punto avere il peso dell'amministrazione temporale. Come adunque egli deve regolarsi in Società in quanto alle cose temporali? Le Regole della Società provvedono a tutto; dunque praticando le Regole rimane soddisfatto ogni bisogno. Una veste, un tozzo di pane devono bastare ad un religioso. Quando occorresse di più ne dia cenno al superiore e ne sarà provveduto. Ma qui deve concentrarsi lo sforzo di ciascuno. Chi può procurare un vantaggio alla Società lo faccia, ma non faccia mai centro da sé. Si sforzi per fare sì che vi sia una sola borsa, come deve esservi una sola volontà. Chi cercasse di vendere, comperare, cambiare o conservare danaro per utilità propria... chi ciò facesse sarebbe come un contadino che mentre i trebbiatori ammucchiano il grano egli lo disperde e lo getta in mezzo alla volva.8 A questo riguardo io debbo raccomandare di nemmeno conservar danaro sotto allo specioso pretesto di ricavarne utile per la Società. La cosa più utile per la Società è l'osservanza delle Regole.

Gli abiti, la camera, gli arredi di essa siano lontani dalla ricercatezza. Il religioso deve essere preparato ad ogni momento a partire dalla sua cella e comparire davanti al suo Creatore senza alcuna cosa che lo affligga nell'abbandonarla e senza che torni di motivo al giudice di rimproverarlo.

Ogni cosa proceda adunque colla guida dell'obbedienza, ma umile e confidente. Nulla si celi al superiore, nulla gli si nasconda. Ognuno gli si apra come un figlio ad un padre con schietta sincerità. Così il superiore stesso sarà in grado di conoscere lo stato dei suoi confratelli, provvedere ai loro bisogni e prendere quelle decisioni che concorrono a facilitare l'osservanza delle Regole e il vantaggio della intera Società.

Molte cose dovrebbero dirsi a questo riguardo. Ciò si farà con un'altra lettera, con apposite conferenze e specialmente nei prossimi esercizi di Trofarello, se Dio nella sua grande misericordia, ci conserverà, come spero, e ci aiuterà a poterci nel prossimo mese di settembre tutti colà raccogliere.

La grazia di Nostro Signore Gesù Cristo sia sempre con noi e ci conceda lo spirito del fervore ed il prezioso dono della perseveranza nella Società. Amen. Aff.mo in Gesù Cristo

Sac. Gio. Bosco

Mezzi per coltivare le vocazioni e conservare lo spirito di pietà

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Torino, 12 gennaio 1876

Figliuoli miei in Gesù Cristo Carissimi,

Compiuta la visita delle nostre case, sento in me il bisogno di trattenermi alquanto con voi, figliuoli carissimi, intorno alle cose che possono tornare alla maggior gloria di Dio ed a vantaggio della nostra Congregazione.

Prima d'ogni altra cosa sono lieto di potervi assicurare che sono stato assai soddisfatto del procedimento materiale e morale, sia in ciò che si riferisce all'amministrazione interna, sia nelle relazioni sociali esterne.

8 Volva, nel piemontese antico significa pula, guscio o veste del grano, cf V. Di SANT'ALBINO, Gran dizionario piemontese-italiano, Torino, Unione Tipografico Editrice 1859, p. 146.

9 E(m) V, pp. 41-44.

Si lavora, si osservano le costituzioni della Società, si mantiene la disciplina, si frequentano i santi sacramenti, si promuove lo spirito di pietà e si coltivano le vocazioni in coloro che per buona ventura dessero segni di essere chiamati allo stato ecclesiastico. Di tutto siano rese grazie al Signore, alla cui bontà e misericordia è dovuto quel poco di bene che si va facendo tra noi.

Ho pure la consolazione di parteciparvi come la nostra Società prenda ogni giorno maggior incremento. L'anno testé spirato si aprirono parecchie nuove case; altre saranno aperte in quest'anno 1876. Il personale cresce in numero ed attitudine, ma appena taluno è fatto idoneo a coprire qualche ufficio, la divina Provvidenza presenta subito l'opportunità di porsi all'opera.

Ma che diremo delle domande che si fanno di aprire case in tante parti? In molte città d'Italia, di Francia, d'Inghilterra; nell'America del Nord, del Centro, del Sud e segnatamente nell'Impero del Brasile e nella Repubblica Argentina; in Algeria, nella Nigrizia, in Egitto, in Palestina, nelle Indie, nel Giappone, nella China, nell'Australia vi sono milioni e milioni di creature ragionevoli che, tuttora sepolte nelle tenebre dell'errore, dall'orlo della perdizione levano le loro voci dicendo: "Signore, mandateci operai evangelici che ci vengano a portare il lume della verità e ci additino quella strada, che sola può condurre a salvamento". Parecchi nostri confratelli, come ben sapete, diedero già ascolto a queste commoventi voci e partirono per la Repubblica Argentina, d'onde recarsi tra le tribù selvagge della Patagonia; ma in tutte le lettere scritte nel loro viaggio e dai luoghi di loro missione fanno continuo risuonare la stessa voce: "Mandate, mandate operai". Fra le altre cose notano come l'archidiocesi del Brasile, Rio Janeiro, ha due milioni di abitanti con pochissimi sacerdoti e con appena cinque chierici in seminario.

Oh miei cari, io mi sento profondamente addolorato al riflettere alla copiosissima messe che ad ogni momento e da tutte parti si presenta, e che si è costretti di lasciare incolta per difetto di operai. Noi però non perdiamoci di animo e per ora ci applicheremo seriamente col lavoro, colla preghiera e colla virtù a preparare novella milizia a Gesù Cristo, e ciò studieremo di conseguire, specialmente colla coltura delle vocazioni religiose; e se farà d'uopo a suo tempo offriremo anche noi stessi a quei sacrifizi che Dio si degnasse di chiedere per nostra ed altrui salvezza. Intanto nel desiderio di venire a cose valevoli a coltivare le vocazioni religiose ed efficaci per conservare lo spirito di pietà tra i Salesiani e tra i giovanetti a noi affidati, io mi fo' a raccomandarvi alcune cose che l'esperienza mi ha fatto ravvisare sommamente necessarie.

1° In ogni casa e specialmente nell'Oratorio di S. Francesco di Sales, ciascuno diasi la massima sollecitudine di promuovere le piccole associazioni, come sarebbe il piccolo clero, la compagnia del santissimo sacramento, di S. Luigi, di Maria Ausiliatrice e dell'Immacolata Concezione. Niuno abbia timore di parlarne, raccomandarle, favorirle e di esporne lo scopo, l'origine, le indulgenze ed altri vantaggi che da queste si possono conseguire. Io credo che tali associazioni si possano chiamare chiave della pietà, conservatorio della morale, sostegno delle vocazioni ecclesiastiche e religiose.

2° Guardarvi bene dalle relazioni, amicizie o conversazioni geniali o particolari sia per iscritto, sia per colloquio, sia per mezzo di libri o di regali di qualunque genere. Quindi le strette di mano, le carezze sulla faccia, i baci, il camminare a braccetto o passeggiare colle braccia l'un in collo dell'altro sono cose rigorosamente proibite, non dico solo tra di voi e tra di voi e gli allievi, ma eziandio tra gli allievi stessi. Teniamo altamente fisse in mente nostra le parole di S. Girolamo che dice: "Affezione per nessuno o affezione egualmente per tutti".

3° Fuga del secolo e delle sue massime. Radici di dispiaceri e di disordine sono le relazioni con quel mondo che noi abbiamo abbandonato e che vorrebbe di nuovo trarci a lui. Molti finché vissero in casa religiosa apparivano modelli di virtù, recatisi altrove, presso i parenti o presso gli amici perdettero in breve tempo il buon volere e ritornati in religione non poterono più riaversi, e taluni giunsero a perdere affatto la medesima vocazione. Pertanto non recatevi mai in famiglia se non per gravi motivi; e per questi gravi motivi non ci andate mai senza il dovuto permesso e, per quanto è .possibile, accompagnati da qualche confratello scelto dal superiore. L'assumervi commissioni, raccomandazioni, trattare affari, comperare o vendere per altrui sono cose da fuggirsi costantemente, perché trovate rovinose per le vocazioni e per la moralità.

4° La sera dopo le orazioni ciascuno vada subito a riposo. Il fermarsi a passeggiare, chiacchierare o ultimare qualche lavoro, sono cose dannose alla sanità spirituale ed anche corporale. So che in certi siti, grazie a Dio non nelle nostre case, si dovettero deplorare dolorosi disordini e cercatane l'origine, si trovò nelle conversazioni iniziate e continuate nelle ore cui noi accenniamo.

La puntualità nel recarsi a riposo è collegata colla esattezza nella levata del mattino che con pari insistenza intendo di inculcare. Credetelo, miei cari, l'esperienza ha fatto fatalmente conoscere che il protrarre l'ora del riposo al mattino senza necessità fu sempre trovata cosa assai pericolosa. Al contrario l'esattezza nella levata, oltre di essere il principio di una buona giornata, si può eziandio chiamare un buon esempio permanente per tutti. A questo proposito non posso omettere una calda raccomandazione ai superiori di fare in modo che tutti, nominatamente coadiutori e le persone di servizio, abbiano tempo di assistere ogni mattina alla santa messa, comodità di ricevere con frequenza la santa comunione e accostarsi regolarmente al sacramento della penitenza, secondo le nostre Costituzioni.

Questa lettera che io indirizzo a tutti in generale, vorrei che fosse considerata come scritta ad ognuno in particolare, che ogni parola di essa venisse detta, ripetuta le mille volte all'orecchio di ciascuno, affinché non fosse mai dimenticata.

Ma io spero che per l'affezione che mi portate, per l'impegno che ognora mostrate nei vostri doveri, soprattutto nel mettere in pratica i consigli del vostro padre ed amico spirituale, mi darete la grande consolazione di essere non solamente fedeli a queste raccomandazioni, ma di più le interpreterete nel senso che vie meglio potranno contribuire alla maggior gloria di Dio e della nostra Congregazione.

Con questa persuasione prego Dio che tutti vi benedica e vi conceda sanità stabile e il prezioso dono della perseveranza nel bene. Pregate in fine anche per me che vi sarò sempre in Gesù Cristo signore

Aff.mo amico

Sac. Giovanni Bosco

Abbiamo posto mano all'aratro: stiamo fermi

10

Torino, 6 gennaio 1884

Miei cari ed amati figliuoli,

Mie buone e amate figliuole in Gesù Cristo,

Grande consolazione io provo ogni volta che mi è dato di ascoltare parole di ossequio e di affezione da voi, o miei cari figliuoli e mie buone figliuole. Ma le affettuose espressioni, che con lettere o personalmente mi avete manifestate nell'augurio di buone feste e di buon capo d'anno, richiedono ragionevolmente da me uno speciale ringraziamento, che sia risposta ai filiali affetti che mi avete esternati.

Vi dico adunque che io sono assai contento di voi, della sollecitudine con cui affrontate qualsiasi genere di lavoro, assumendovi anche gravi fatiche, a fine di promuovere la maggior gloria di Dio nelle nostre case e tra quei giovanetti e quelle giovanette che la divina Provvidenza ci va ogni giorno affidando, perché noi li conduciamo per il cammino della virtù, dell'onore, per la via del cielo. Già in tanti modi e con varie espressioni mi avete ringraziato di quanto ho fatto per voi; vi siete offerti di lavorar meco coraggiosamente e meco dividere le fatiche, l'onore e la gloria in terra, per conseguire il gran premio che Dio a tutti noi tiene preparato in cielo; mi avete detto eziandio che non altro desiderate, fuorché conoscere ciò che io giudico bene per voi e che voi l'avreste inalterabilmente ascoltato e praticato, io gradisco adunque queste preziose parole, cui come padre rispondo semplicemente che vi ringrazio con tutto il cuore e che voi mi farete la cosa più cara del mondo, se mi aiuterete a salvare l'anima vostra.

10 Lettere circolari di D. Bosco e di D. Rua ed altri loro scritti ai Salesiani, Torino, Tipografia Salesiana 1896, pp. 20-22. La stessa lettera, con gli adattamenti del caso, fu inviata alle Figlie di Maria Ausiliatrice, cf Cronistoria, a cura di G. Capetti, vol. IV: L'eredità di madre Mazzarello passa nelle mani di madre Daghero (1881-1884), Roma, Istituto FMA 1978, pp. 281-284.

Voi ben sapete, amati figliuoli e mie buone figliuole, che vi ho accettati nella Congregazione ed ho costantemente usate tutte le possibili sollecitudini a vostro bene per assicurarvi l'eterna salvezza; perciò, se voi mi aiutate in questa grande impresa, voi fate quanto il mio paterno cuore possa attendere da voi. Le cose poi che voi dovete praticare, a fine di riuscire in questo grande progetto, voi potete di leggieri indovinarle. Osservare le nostre Regole, quelle Regole che santa madre Chiesa si degnò approvare per nostra guida e per il bene dell'anima nostra e per vantaggio spirituale e temporale dei nostri amati allievi e allieve. Queste Regole noi le abbiamo lette, studiate, ed ora formano l'oggetto delle nostre promesse e dei voti con cui ci siamo consacrati al Signore.

Pertanto io vi raccomando con tutto l'animo mio, che niuno lasci sfuggire parole di rincrescimento, peggio ancora, di pentimento di essersi in simile guisa consacrato al Signore. Sarebbe questo un atto di nera ingratitudine. Tutto quello che abbiamo, o nell'ordine spirituale o nell'ordine temporale, appartiene a Dio; perciò quando nella professione religiosa noi ci consacriamo a lui, non facciamo altro che offrire a Dio quello che egli stesso ci ha, per così dire, imprestato, ma che è di sua assoluta proprietà. Noi pertanto, recedendo dall'osservanza dei nostri voti, facciamo un furto al Signore, mentre davanti agli occhi suoi riprendiamo, calpestiamo, profaniamo quello che gli abbiamo offerto e che abbiamo riposto nelle sue sante mani. Qualcuno di voi potrebbe dire: ma l'osservanza delle nostre Regole costa fatica; l'osservanza delle Regole costa fatica in chi le osserva mal volentieri, in chi ne è trascurato. Ma nei diligenti, in chi ama il bene dell'anima, questa osservanza diviene, come dice il divin Salvatore, un giogo soave, un peso leggiero: Jugum meum suave est, et onus meum leve. 11

E poi, miei cari e mie care, vogliamo forse andare in paradiso in carrozza? Noi appunto ci siam fatti religiosi, non per godere, ma per patire e procurarci meriti per l'altra vita; ci siamo consecrati a Dio non per comandare, ma per obbedire; non per attaccarci alle creature, ma per praticare la carità verso il prossimo, mossi dal solo amor di Dio; non per far una vita agiata, ma per essere poveri con Gesù Cristo, patire con Gesù Cristo sovra la terra, per farci degni della sua gloria in cielo.

Animo adunque, o cari ed amati figli e figliuole; abbiamo posto la mano all'aratro, stiamo fermi; niuno di noi si volti indietro a mirare il mondo fallace e traditore. Andiamo avanti.

11 Il mio giogo è dolce e il mio carico leggero (Mt 11, 30).

Ci costerà fatica, ci costerà stenti, fame, sete e forse anche la morte; noi risponderemo sempre: se diletta la grandezza dei premi, non ci devono per niente sgomentare le fatiche che dobbiamo sostenere per meritarceli: Si delectat magnitudo praemiorum, non deterreat certamen laborum .12

Una cosa credo ancora bene di manifestare. Da ogni parte i nostri confratelli mi scrivono, ed io sarei ben lieto di dare a ciascuno la relativa risposta. Ma ciò non essendomi possibile, io procurerò di inviare delle lettere con maggior frequenza; lettere, che mentre mi danno agio di aprirvi il mio cuore, potranno eziandio servire di risposta, anzi di guida a coloro che per santi motivi vivono in paesi lontani e perciò non possono di presenza ascoltare la voce di quel padre che tanto li ama in Gesù Cristo.

La grazia del Signore e la protezione della santa Vergine Maria siano sempre con noi, e ci aiutino a perseverare nel divino servizio fino agli ultimi momenti della vita. Così sia.

Affezionatissimo in Gesù Cristo

Sac. Giovanni Bosco

Atteggiamenti e virtù della Figlia di Maria Ausiliatrice

13

Torino, 24 maggio 1886

Dilettissime figliuole in Gesù Cristo,

Oggi che in Torino celebriamo la solennissima festa di Maria santissima Ausiliatrice con un concorso straordinario di persone provenienti da tutte parti, come figli ai piedi di loro tenerissima Madre, mi è cosa consolante rivolgere un pensiero anche a voi e all'Istituto che porta il suo nome. Sì, delle suore di Maria Ausiliatrice io mi sono pure ricordato stamattina nella santa messa ed ho pregato per esse.

Tra le altre cose ho domandato la grazia che vi conserviate sempre fedeli alla vostra santa vocazione, che siate religiose amanti della perfezione e della santità; che con la pratica delle cristiane e religiose virtù, con una vita edificante ed esemplare facciate onore a Gesù Cristo vostro celeste sposo, onore a Maria vostra amorosissima madre. Spero che anche voi avrete pregato per me e che Maria Ausiliatrice esaudirà le nostre preghiere e ci otterrà dal Signore la grazia di vivere tutti nel santo timor di Dio e di salvar l'anima nostra e quella di molti altri.

12 Se piace la grandezza dei premi, non spaventi la quantità delle fatiche (cf GREGORIUS MAGNUS, Homiliae in Evangelia, )(XXVII).

13 Cronistoria, a cura di G. Capetti, vol. V: Ultimi anni sotto lo sguardo del Fondatore (18851888), Roma, Istituto FMA 1978, pp. 91-94.

Intanto vi annunzio che quest'anno finisce il sessennio dacché fu fatta l'elezione dei membri del Capitolo Superiore dell'Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice e perciò secondo il titolo VII delle Costituzioni deve effettuarsene la nuova elezione.

Questa, a Dio piacendo, si farà nella seconda metà di agosto in un giorno dell'ottava di Maria Assunta in cielo. A quest'uopo invito tutte le direttrici che, potendo, si trovino prima del 15 di detto mese nella casa-madre di Nizza Monferrato, nella quale probabilmente avrà luogo l'elezione.

Siccome poi dall'elezione di un buon Capitolo, e soprattutto di una savia superiora generale, dipende in gran parte il bene di tutto l'Istituto e la gloria di Dio, così le suore elettrici hanno bisogno di essere in modo particolare il luminate nello scegliere e nel dare il voto a quelle che sono stimate più abili all'importante ufficio.

È quindi necessario che il Signore le illumini e le diriga a compiere questo dovere secondo la sua divina volontà e se ne abbia a trarre un gran giovamento.

Per la qual cosa raccomando che, dal giorno in cui si riceverà questa lettera, ogni direttrice faccia recitare dalle suore in comune o cantare al mattino, l'inno Veni Creator e nella sera l' Ave Maris Stella sino a che l'elezione sia avvenuta.

Esorto poi ciascuna suora ad aggiungere in privato particolari preghiere, specialmente dopo la santa comunione e a fare qualche atto di virtù o di mortificazione, per ottenere alle direttrici tutti quei lumi, che loro sono necessari.

Alle elettrici, oltre la preghiera, gioverà altresì il riflettere ai bisogni che ha presentemente l'Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice. Da quanto mi pare nel Signore, esso abbisogna di suore informate allo spirito di mortificazione e di sacrifizio, per cui amino molto di lavorare e patire per Gesù Cristo e per la salute del prossimo. Abbisogna di suore, che siano ben persuase che l'obbedienza esatta, senza osservazioni e senza lamento, è la via per cui devono camminare con coraggio per giungere presto alla perfezione e alla santità. Abbisogna di suore, che sappiano padroneggiare i propri difetti e tenere il loro cuore rivolto a Dio solo da poter dire con S. Francesco di Sales: "Se sapessi che una fibra del mio cuore non è per Dio, me la strapperei". Di suore, le quali non rimpiangano né il mondo né i beni né le comodità a cui hanno rinunziato; di suore che reputino loro gloria vivere nello stato di povertà e di privazione, come il loro divino sposo Gesù, il quale da ricco si fece povero per arricchire le anime di sue grazie e per farle eredi del paradiso; di suore, che non abbiano altra ambizione che seguire in terra Gesù Cristo umiliato, coronato di spine e confitto in croce, per circondarlo poi in cielo esaltato, rivestito di gloria tra gli splendori degli angeli e dei santi.

Abbisogna di suore di buona costituzione fisica, di buona indole, di spirito onestamente allegro, desiderose soprattutto di farsi sante, non già per mezzo di azioni straordinarie, ma per via di opere comuni, affinché siano al prossimo e specialmente alle giovanette di stimolo ed allettamento alle cristiane virtù. Abbisogna di suore infine, le quali siano e possano almeno rendersi abili strumenti della gloria di Dio disimpegnando quegli uffizi e adempiendo quelle occupazioni che sono proprie dell'Istituto.

Ora per avere suore di tal fatta importa assai l'avere anzitutto a capo dell'Istituto delle superiore, le quali abbiano buon criterio per provare e discernere le vocazioni delle giovani prima di ammetterle alla vestizione e alla professione. Importa assai l'aver superiore che posseggano a fondo e pratichino esse, per le prime, quelle virtù che hanno da inculcare alle loro suddite. Importa assai che le superiore amino tutte le suore senza distinzione come loro sorelle, come figlie di Maria, come spose di Gesù Cristo; ma che ad una carità paziente e benigna congiungano una tal quale fermezza di animo, la quale a tempo debito, senza violenza bensì, ma pur senza rispetto umano, impedisca gli abusi e le trasgressioni alle Costituzioni; fermezza d'animo, tuttavia, prudente e discreta che, mentre conserva in fiore la pietà e l'osservanza regolare, non metta a repentaglio la sanità delle suore.

Ciascuna direttrice rifletta adunque entro se stessa quali delle sue sorelle posseggano da più a meno queste doti ed a suo tempo dia il voto a quelle, che in faccia a Dio ed alla propria coscienza le sembrano più idonee al posto che dovranno occupare.

Nella speranza di poter ancor io assistere all'intimato Capitolo generale, prego Dio che vi conservi tutte nella sua santa grazia, e vi conceda di amarlo e servirlo fedelmente da superiore e da suddite, da sane e da malate, ed in qualunque luogo ed occupazione a cui vi applichi l'obbedienza, affinché in qualsiasi giorno ed ora il nostro signor Gesù Cristo venga a chiamarvi all'eternità ognuna possa rispondergli: "Eccomi pronta, o mio Dio; andiamo al godimento di quella felicità, che nella vostra infinita misericordia voi mi avete preparata".

Pregate per me, e credetemi nel Signore

Vostro aff.mo Sac. Gio. Bosco

4. CONSIGLI SPIRITUALI

NELLA CORRISPONDENZA PERSONALE CON SALESIANI

E FIGLIE DI MARIA AUSILIATRICE

Queste brevi lettere, redatte in forma dimessa e familiare, contengono preziosi consigli di vita spirituale. Don Bosco conosce i suoi destinatari e li invita a concentrarsi su atteggiamenti concreti, ma essenziali per alimentare la fedeltà alla vocazione salesiana e il costante orientamento del cuore a Dio.

Al chierico Giovanni Bonetti

1

S. Ignazio, 20 luglio 1863 Bonetti mio carissimo,

Non darti la minima inquietudine su quanto mi scrivi. Il demonio vede che gli vuoi scappare definitivamente dalle mani, perciò si sforza d'ingannarti. Seguita i miei consigli e va' avanti con tranquillità. Intanto potrai farti passare la malinconia cantando questa canzone di S. Paolo: Si delectat magnitudo praemiorum, non deterreat multitudo laborum. Non coronabitur visi qui legitime certaverit. Esto bonus miles Christi et ipse coronabit te.2 Oppure canta con S. Francesco di Assisi: Tanto è il bene che io aspetto / Ch'ogni pena mi è diletto,/ Il dolor si fa piacere, / Ogni affanno un bel godere, / Ogni angoscia allegra il cuor.

Del resto prega per me ed io non mancherò di pregare anche per te e fare quanto posso per renderti felice nel tempo e nell'eternità. Amen.

Tuo affezionatissimo in Gesù Cristo

Sac. Bosco Gio.

Al chierico Costanzo Rinaudo

4

Venezia, 14 ottobre 1865

Carissimo Rinaudo,

Tu puoi e devi studiare il modo di infiammare di santo amor di Dio tutti i fratelli della nostra Società, e non arrestarti se non quando di tutti sarà fatto un cuor solo ed un'anima sola per amare e servire il Signore con tutte le nostre forze in tutto il corso della nostra vita.

1 E(m) I, pp. 591-592.

2 Se piace la grandezza dei premi, non spaventi la quantità delle fatiche (cf GREGORIUS MANUS, Homiliae in Evangelia, XXXVII)). Non sarà coronato se non chi avrà lottato seguendo le regole (2 Tm 2, 5). Sii un buon soldato di Cristo (2 Tm 2, 3) ed egli ti darà la corona della vittoria.

3 Cf I fioretti di san Francesco, in Fonti francescane, Padova, Messaggero 1980, pp. 1578-1579.

4 E(m) II, p. 174.

Certamente tu ne darai l'esempio verbo et opere.5 Dio ti benedica e prega per me che ti sono

Affezionatissimo nel Signore

Sac. Bosco G.

A don Domenico Belmonte

6

Trofarello, 22 settembre 1869

Carissimo D. Belmonte,

Un certo disse al Salvatore: Domine, sequar te quocumque ieris, sed permitte me primum ire et sepelire patrem meum. Jesus ait: Sequere me et dimitte mortuos sepelire mortuos. (Mt 8, 19). Tu vade, annuntia regnum Dei (Lc 9, 60). Alius ait: Domine, sequar te quocumque ieris, sed permitte mihi renuntiare his, quae domi sunt. Ait ad illum Jesus: Nemo mittens manum etc. (ibid.).7 Perciò scrivi la lettera e prega, io farò altrettanto. Ora passiamo ad altro.

Tu mi aggiungi alcune parole che mi dimostrano o meglio confermano quella filiale affezione che tu hai sempre nutrito per me, che io in modo assai più intenso ho sempre avuto per te. Ho sempre cercato e studiato di metterti fra le mani quelle cose che mi sembrano consentanee al tuo carattere e secondo la maggior gloria di Dio. Con questo pensiero avrei divisato di affidarti l'ufficio di prefetto a Mirabello. Come vedi il passo è gigantesco: oggi semplice suddito, domani superiore ed arbitro di un istituto ove racchiudonsi quasi 200 individui! Tuttavia tu ci riuscirai:

1° Col cercare la gloria di Dio in quello che fai. Fare del bene a chi puoi, del male a nessuno. Vigilanza in tutto.

2° Dipendenza filiale dal direttore, studiando di secondare le sue mire e coadiuvandolo nelle sue fatiche. Molte cose superano le tue forze, perciò alcune attribuzioni saranno riserbate al direttore.

3° Il danaro sia presso al direttore, i pagamenti si facciano da lui o con suo consenso.

4° Studia di conciliare l'economia della casa col contento dei subalterni.

5 Con la parola e con l'azione.

6 E(m) III, pp. 137-138.

7 Citazioni a senso dalla Vulgata: "Signore, io ti seguirò ovunque andrai, ma permettimi prima di andare e seppellire mio padre. Gesù rispose: Seguimi e lascia i morti seppellire i loro morti" (Mt 8, 19. 22). "Tu va' e annunzia il regno di Dio" (Lc 9, 60). "Un altro disse: Ti seguirò, Signore, ovunque andrai, ma prima lascia che io mi congedi da quelli di casa. Gesù gli rispose: Nessuno che ha messo mano all'aratro ecc." (Le 9, 61-62). Don Bosco suggerisce a don Belmonte il modo di rispondere ai parenti che gli fanno pressione perché ritorni in famiglia.

Quanto è necessario a tutti: ma intrepido nell'opporti agli abusi e scialacquii.

Altra cosa ti consiglierei per tua tranquillità ed è che mandassi tuo fratello a Torino. Ciò ti toglierebbe da brighe e forse da dispiaceri. Del resto abbandoniamoci nelle sante mani del Signore; esso è con noi e diremo con S. Paolo: Omnia possum in eo qui me confortat.8

Dio benedica te e le tue fatiche, saluta D. Provera e tutti gli altri nostri fratelli e tu credimi sempre.

Affezionatissimo in Gesù Cristo

Sac. Gio. Bosco

A suor Maddalena Martini

9

[Torino, 8 agosto 1875]

Dilettissima figlia in Gesù Cristo,

La vostra andata a Mornese ha dato tale schiaffo al mondo che egli mandò il nemico delle anime nostre ad inquietarvi. Ma voi ascoltate la voce di Dio che vi chiama a salvarvi per una via facile e piana e disprezzate ogni contrario suggerimento. Anzi, siate contenta dei disturbi e delle inquietudini che provate, perché la via della croce è quella che ci conduce a Dio. Al contrario se voi foste stata subito allegra e contenta, vi sarebbe a temere qualche inganno del maligno nemico.

Dunque ritenete:

1° Non si va alla gloria se non con grande fatica;

2° Non siamo soli, ma Gesù è con noi; e S. Paolo dice che coll'aiuto di Gesù noi diventiamo onnipotenti;13

3° Chi abbandona patria, parenti ed amici e segue il divino Maestro, egli ha assicurato un tesoro nel cielo che niuno gli potrà rapire;"

4° Il gran premio preparato in cielo deve animarci a tollerare qualunque pena sopra la terra»

Fatevi dunque animo: Gesù è con noi. Quando avete spine, mettetele con quelle della corona di Gesù Cristo. Io vi raccomando a Dio nella santa messa, voi pregate per me che vi sono sempre in Gesù Cristo

Vostro umilissimo servitore

Sac. Gio. Bosco

8 Tutto posso in colui che mi sostiene (Fil 4, 13).

9 E(m) IV, p. 499.

10 Cf Fil 4, 13.

11 Citazione a senso, cf Mt 19, 29; 6, 19-20

12 Cf 2 Cor 4, 17.

Ai primi missionari

13

Ricordi dati ai religiosi Salesiani il giorno 11 novembre [1875] nell'atto che partivano dalla chiesa di Maria Ausiliatrice per intraprendere il viaggio alla Repubblica Argentina

1. Cercate anime, ma non danari né onori, né dignità.

2. Usate carità e somma cortesia con tutti, ma fuggite la conversazione e la famigliarità colle persone di altro sesso o di sospetta condotta.

3. Non fate visite se non per motivi di carità e di necessità.

4. Non accettate mai inviti di pranzo se non per gravissime ragioni. In questi casi procurate di essere in due.

5. Prendete cura speciale degli ammalati, dei fanciulli, dei vecchi e dei poveri e guadagnerete la benedizione di Dio e la benevolenza degli uomini.

6. Rendete ossequio a tutte le autorità civili, religiose, municipali e governative.

7. Incontrando persona autorevole per via, datevi premura di salutarla ossequiosamente.

8. Fate lo stesso verso le persone ecclesiastiche o aggregate ad istituti religiosi.

9. Fuggite l'ozio e le questioni. Gran sobrietà nei cibi, nelle bevande e nel riposo.

10. Amate, temete, rispettate gli altri ordini religiosi e parlatene sempre bene. È questo il mezzo di farvi stimare da tutti e promuovere il bene della Congregazione.

11. Abbiatevi cura della sanità. Lavorate, ma solo quanto le proprie forze comportano.

12. Fate che il mondo conosca che siete poveri negli abiti, nel vitto, nelle abitazioni e voi sarete ricchi in faccia a Dio e diverrete padroni del cuore degli uomini.

13. Fra di voi amatevi, consigliatevi, ma non portatevi mai né invidia né rancore, anzi il bene di uno sia il bene di tutti; le pene e le sofferenze di uno siano considerate come pene e sofferenze di tutti, e ciascuno studi di allontanarle o almeno mitigarle.

14. Osservate le vostre Regole, né mai dimenticate l'esercizio mensile della buona morte.

15. Ogni mattino raccomandate a Dio le occupazioni della giornata nominatamente le confessioni, le scuole, i catechismi e le prediche.

16. Raccomandate costantemente la divozione a Maria Ausiliatrice ed a Gesù sacramentato.

13 E(m) IV, pp. 547-548.

17. Ai giovanetti raccomandate la frequente confessione e comunione.

18. Per coltivare la vocazione ecclesiastiche insinuate: 1° amore alla castità; 2° orrore al vizio opposto; 3° separazione dai discoli; 4° comunione frequente; 5° carità con segni di amorevolezza e benevolenza speciale.

19. Nelle cose contenziose prima di giudicare si ascoltino ambe le parti.

20. Nelle fatiche e nei patimenti non si dimentichi che abbiamo un gran premio preparato in cielo. Amen.

Al salesiano coadiutore Bartolomeo Scavini

14

Torino, 1° dicembre 1877

Mio caro Scavini,

Venne a me la voce che tu sei tentato di abbandonare la Congregazione salesiana. Non fare questo. Tu consacrato a Dio con voti perpetui, tu Salesiano missionario, tu dei primi [ad] andare in America, tu grande confidente di D. Bosco, vorrai ora ritornare a quel secolo dove vi sono tanti pericoli di perversione? Io spero che non farai questo sproposito.

Scrivi le ragioni che ti disturbano ed io quale padre darò consigli all'amato mio figlio, che varranno a renderlo felice nel tempo e nell'eternità.

Dio ti benedica e credimi sempre in Gesù Cristo

Affezionatissimo amico

Sac. Gio. Bosco

A don Taddeo Remotti

15

Torino, 31 dicembre 1878 Carissimo D. Remotti Taddeo,

Mi piacque assai la schiettezza con cui più volte mi hai scritto. Continua nel medesimo tenore. Ma ritieni per base alcuni avvisi che sono per te il mio testamento:

1° Sopportare i difetti altrui anche quando sono a nostro danno.

2° Coprire le macchie degli altri, non mai mettere in burla alcuno quando egli ne rimane offeso.

3° Lavora, ma lavora per amor di Gesù; soffri tutto, ma non rompere la carità. Alter alterius onera portate et sic adimplebitis legem Christi.16

14 E(m) V, pp. 516-520.

15 E(c) III, p, 425.

16 Portate i pesi gli noi degli altri, così adempirete la legge di Cristo (Gal 6, 2).

Dio ti benedica, o caro D. Remotti; arrivederci in terra, se così piace ai divini voleri; diversamente, il cielo ci sta preparato e la misericordia divina ce lo concederà. Prega per me che ora e sempre ti sarò in Gesù Cristo

Affezionatissimo

Sac. Gio. Bosco

Al salesiano coadiutore Carlo Audisio

17

Torino, 31 gennaio 1881

Carissimo Audisio,

L'antico amico dell'anima tua ti manda un saluto e ti raccomanda di non mai dimenticare la eterna salvezza dell'anima. Lavora, ma lavora per il cielo.

Esattezza nelle pratiche di pietà, ecco tutto. L'ubbidienza poi è la chiave di tutte le virtù.

Dio ti benedica, o mio caro Audisio, Dio ti conservi nella sua santa grazia e prega per me che ti sarò sempre in Gesù Cristo

Affezionatissimo amico

Sac. Gio. Bosco

Al chierico Luigi Calcagno

18

Torino 31 gennaio 1881

Carissimo Calcagno,

Sei sempre buono, o mio caro Calcagno? Io spero di sì. Ma non volgere indietro lo sguardo. Miriamo il cielo che ci attende. Là abbiamo un gran premio preparato.

Lavora, guadagna anime e salvami la tua. Sobrietà ed obbedienza per te

sono tutto.

Scrivimi sovente. Dio ti benedica e ti conservi sempre nella sua santa grazia e prega per chi ti sarà sempre in Gesù Cristo

Affezionatissimo amico

Sac. Gio. Bosco

17 E(c) IV, p. 12.

18 Ibid., p. 13.

A madre Caterina Daghero

19

Nizza Monferrato, 12 agosto 1881

Reverenda madre superiora generale,

Eccovi alcuni confetti da distribuire alle vostre figlie. Ritenete per voi la dolcezza da praticarsi sempre e con tutti; ma state sempre pronta a ricevere gli amaretti, o meglio i bocconi amari, quando a Dio piacesse di mandarvene.

Dio vi benedica e vi dia virtù e coraggio da santificare voi e tutta la comunità a voi affidata. Pregate per me che vi sono in Gesù Cristo

Umile servitore

Sac. Gio. Bosco

A suor Eulalia Bosco

20

Pinerolo, 20 agosto 1884

Mia buona Eulalia,

Ho benedetto il Signore quando hai preso la risoluzione di farti religiosa; ora lo ringrazio di tutto cuore che ti conservò la buona volontà di romperla definitivamente col mondo e consacrarti totalmente al buon Gesù.

Fa' volentieri questa offerta, e rifletti alla ricompensa che è il centuplo nella vita presente e il vero premio, il gran premio nella vita futura.

Ma, mia buona Eulalia, ciò non sia per burla, ma sul serio. E ricordati delle parole dette dal padre della Chantal quando trovavasi in simile caso: "Ciò che si dà al Signore, non si tolga più". Ritieni che la vita religiosa è vita di continuo sacrificio e che ciascun sacrificio è da Dio largamente ricompensato. La sola ubbidienza, la sola osservanza delle Regole, la sola speranza del celeste premio sono il nostro conforto nella vita mortale.

Ho sempre ricevuto le tue lettere e con piacere. Non ho risposto perché mi mancò il tempo.

Dio ti benedica, o Eulalia; Maria sia la tua guida, il tuo conforto fino al cielo. Spero che ci vedremo ancora nella vita presente; altrimenti, addio: ci vedremo a parlare di Dio nella vita beata. Così sia.

Auguro ogni benedizione alla madre generale e a tutte le suore, novizie e postulanti di Maria Ausiliatrice.

Sono debitore di una risposta alla madre e la farò. Prega per me e per tutta la nostra famiglia ed abbimi sempre in Gesù Cristo

Affezionatissimo zio

Sac. Gio. Bosco

19 Ibid., p. 75.

20 Cronistoria, a cura di G. Capetti, vol. IV, pp. 309-310.

A don Domenico Tomatis

21

Mathi, 14 agosto 1885

Mio caro D. Tomatis,

Il ricevere tanto di rado di tue lettere mi fa giudicare che hai molto da fare; io lo credo; ma il dare di tue notizie al tuo caro D. Bosco merita certamente di essere fra gli affari da non trascurarsi. Che cosa scrivere? tu mi dirai. Scrivere della tua sanità e della sanità dei nostri confratelli; se le Regole della Congregazione sono fedelmente osservate; se si fa e come si fa l'esercizio della buona morte. Numero degli allievi e speranze che ti danno di buona riuscita. Fai qualche cosa per coltivare le vocazioni, ne hai qualche speranza? Mons. Ceccarelli è sempre amico dei Salesiani? Queste risposte le attendo con gran piacere.

Siccome la mia vita corre a grandi passi al suo termine, così le cose che voglio scriverti in questa lettera son quelle che ti raccomanderei negli ultimi giorni di esilio: mio testamento per te.

Caro D. Tomatis: tien fisso nella mente che ti sei fatto Salesiano per salvarti; predica e raccomanda a tutti i nostri confratelli la medesima verità. Ricordati che non basta sapere le cose, ma bisogna praticarle. Dio ci aiuti che non siano per noi le parole del Salvatore: Dicunt enim et non faciunt.22

Procura di vedere gli affari tuoi cogli occhi tuoi. Quando taluno fa mancamenti o trascuratezze, avvisalo prontamente senza attendere che siano moltiplicati i mali.

Colla tua esemplare maniera di vivere, colla carità nel parlare, nel comandare, nel sopportare i difetti altrui, si guadagneranno molti alla Congregazione.

Raccomanda costantemente frequenza dei sacramenti della confessione e comunione.

Le virtù che ti renderanno felice nel tempo e nella eternità sono: l'umiltà e la carità.

Sii sempre l'amico, il padre, dei nostri confratelli; aiutali in tutto quello che puoi nelle cose spirituali e temporali; ma sappi servirti di loro in tutto quello che può giovare alla maggior gloria di Dio.

Ogni pensiero che esprimo in questo foglio ha bisogno di essere alquanto spiegato. Tu puoi ciò fare per te e per gli altri.

Dio ti benedica, o sempre mio caro D. Tomatis; fa' un cordialissimo saluto a tutti i nostri confratelli, amici e benefattori. Di' che ogni mattina nella santa messa prego per loro e che mi raccomando umilmente alle preghiere di tutti.

Dio faccia che possiamo ancora vederci in questo esilio mortale, ma che possiamo poi un giorno lodare il santo nome di Gesù e di Maria nella beata eternità. Amen.

21 F. MOTTO, Tre lettere a Salesiani in America, in P. BRAIDO (ed.), Don Bosco educatore. Scritti e testimonianze, Roma, LAS 1997, pp. 451-452.

22 Dicono e non fanno (Mt 23, 3).

Fra breve tempo ti scriverò o farò scrivere altre cose di qualche importanza.

Maria ci tenga tutti fermi e ci guidi per la via del cielo. Amen.

Vostro affezionatissimo in Gesù Cristo

Sac. Gio. Bosco

5. CONFERENZE SPIRITUALI AI SALESIANI

Questi testi sono tratti dagli appunti presi durante le conferenze di don Bosco. Come si può vedere, rispecchiano lo stile di chi li ha scritti (don Giovani Bonetti e don Giulio Barberis), ma riportano le idee di don Bosco. Qui, come nelle lettere circolari, il santo accentua quelli che ritiene gli aspetti caratterizzanti della vita consacrata salesiana, ma con quella freschezza e vivacità che è tipica del parlato. Emerge un modello di salesiano integrale nella sua consacrazione e consapevole della esigenze della propria vocazione, nella quale si impegna generosamente e con tutte le forze.

Discorso dopo la prima professione religiosa dei Salesiani (14 maggio 1862)

1

Questo voto che ora avete fatto io intendo che non v'imponga altra obbligazione che quella di osservare ciò che finora avete osservato, cioè le regole della casa. Desidero grandemente che nessuno si lasci poi prendere da qualche timore, da qualche inquietudine. Ciascuno in ogni occorrenza mi venga tosto [ad] aprire il suo cuore, mi esponga i suoi dubbi, le sue angustie. Vi dico questo perché potrebbe darsi che il demonio, vedendo il bene che potete fare stando in questa Società, vi mettesse in capo qualche tentazione, cercando di farvene allontanare contro i voleri di Dio. Ma se io sarò tosto da voi informato potrò essere in grado di esaminare la cosa, mettere la pace nei vostri cuori, ed anche di sciogliervi dai voti, qualora vedessi essere tale la volontà di Dio ed il bene delle anime.

Ma qualcuno mi dirà: "D. Bosco ha egli pure fatto questi voti?". Ecco, mentre voi facevate a me questi voti, io li facevo pure a questo Crocefisso per tutta la mia vita, offrendomi in sacrificio al Signore, pronto ad ogni cosa affine di procurar la sua maggior gloria e la salute delle anime.

Miei cari siamo in tempi torbidi e pare quasi una presunzione in questi malaugurati momenti cercare di metter su una nuova comunità religiosa, mentre il mondo e l'inferno a tutto potere si adopra per ischiantar dalla terra quelle che già esistono. Ma non importa, io ho non solo probabili ma sicuri argomenti essere volontà di Dio che la nostra Società incominci e prosegua. Molti già faran gli sforzi che si fecero per impedirla, ma tutti riuscirono vani. Anzi alcuni che più ostinatamente le si vollero opporre l'ebbero a pagare cara. Non è molto che una persona distinta, che per vari motivi non nomino, forse per zelo, si oppose grandemente a questa Società. Ebbene fu presa da un grave malore ed in pochi giorni se ne andò all'eternità.

1 ASC A0040604: Annali III 1862/1863, ms di Giovanni Bonetti, pp. 1-6 (cf MB VII 162-164).

Non la finirei di questa sera se vi volessi poi raccontare gli atti speciali di protezione che avemmo dal cielo dacché ebbe principio il nostro Oratorio. Tutto ci fa argomentare che con noi abbiamo Iddio e possiamo nelle nostre imprese andare innanzi con fiducia, sapendo di fare la sua santa volontà.

Ma non son ancora questi gli argomenti che mi fanno sperar bene di questa Società; altri maggiori ve ne sono, fra i quali l'unico scopo che ci siamo proposti che è la maggior gloria di Dio e la salute delle anime. Chi sa che il Signore non voglia servirsi di questa nostra Società per far molto bene nella sua Chiesa? Di qui a venticinque o trent'anni, se il Signore continua ad aiutarci come fece finora, la nostra Società sparsa per diverse parti potrà anche ascendere il numero di mille soci. Di questi alcuni intenti colle prediche ad istruire il basso popolo, altri all'educazione dei ragazzi abbandonati; taluni a fare scuola, talaltri a scrivere e diffondere buoni libri; tutti insomma a sostenere la dignità del romano pontefice e dei ministri della Chiesa. Quanto bene non si farà! Pio IX si crede che noi siamo già in tutto punto ordinati: eccoci adunque questa sera in ordine, combattiamo con lui per la causa della Chiesa, che è quella di Dio. Facciamoci coraggio, lavoriamo di cuore. Iddio saprà pagarci da buon padrone. L'eternità sarà abbastanza lunga per riposarci.

Abbiate sempre presente lo scopo della Congregazione

2

12 gennaio 1873

Io vedo con piacere grandissimo che la nostra Congregazione va di giorno in giorno aumentando [...]. Ma se è mio grandissimo desiderio che questa nostra Congregazione cresca e moltiplichi i figli degli apostoli, così è pur mio grandissimo e maggior desiderio che questi membri siano zelanti ministri di essa, figli degni di san Francesco, come i Gesuiti figli del valoroso sant'Ignazio di Loyola. Il mondo intero e più di tutti i malvagi, che per odio satanico vorrebbero spento questo seme santissimo, stupiscono. Le persecuzioni, le stragi più orrende non smuovono questi magnanimi. Son divisi per modo che l'uno non sa più dell'altro, eppure in sì gran distanza dell'uno dall'altro adempiono perfettamente alle Regole dettate dal loro primo superiore non altrimenti che se fossero in comunità. Là dove è un Gesuita là, dico, è un modello di virtù, un esemplare di santità: là si predica, là si confessa, là si annunzia la parola di Dio. Che più? Quando i cattivi credono d'averli spenti, egli è appunto allora che più si moltiplicano; è allora che il frutto delle anime è maggiore,

Così sia di voi, figliuoli miei, pensate seriamente allo stato a che Dio vi chiama; pensate e pregate, ed entrando in questa Congregazione specchiatevi in questi magnanimi figli di Cristo e così operate.

2 ASC A0250202: Conferenza di D. Bosco, ms anonimo (cf MB X, 1061-1063).

Sia che voi abbracciate lo stato ecclesiastico sia che rimaniate laici e a qualsivoglia ufficio vi diate, serbate sempre esatta osservanza delle Regole. La vostra dimora sarà qui, sarà a Lanzo, sarà in una delle altre case, oppure in Francia, in Africa, in America, o siate soli o più insieme, sempre abbiate presente lo scopo di questa Congregazione, d'istruire la gioventù, e in generale il nostro prossimo, nelle arti e nelle scienze e più nella religione; cioè in una parola, la salvezza delle anime. Ed io dovessi esprimere quello che presentemente mi passa per la memoria, vi descriverei un numero grande di Oratori sparsi su questa terra, quale in Francia, quale in Spagna, quale in Africa, quale in America e in tanti altri luoghi dove lavorano indefessi la vigna di Gesù Cristo i nostri confratelli.

Questa ora è una semplice mia idea, ma mi pare di poterlo già asserire come cosa storica. Ma poiché il santo padre Pio IX ci esortò a prendere per ora a campo dei nostri lavori l'Italia sola, la quale, come dice egli, ha di ciò estremo bisogno, i nostri sforzi li faremo qui in Italia. Ma comunque come voglia il cielo disporre, ricordatevi sempre dello scopo della Congregazione a cui vi ascrivete o a cui siete ascritti. Incoraggiamoci l'un l'altro e lavoriamo concordi e indefessamente per giungere poi un giorno, in compagnia di quelle anime che avremo a Dio guadagnate, a godere in cielo insieme la beatifica vista di Dio per tutto l'eternità.

Coi voti ci siamo tutti e interamente consacrati a Dio (17 settembre 1876)

3

Un generale d'armata quando vede crescere le file dei suoi campioni gode perché spera di potere con questi più facilmente debellare i suoi nemici, senza avere nulla a temere da essi. Così in questo momento godo io che ho veduto crescere le file dei miei figliuoli, di quei campioni che vogliono combattere contro il demonio; di quei campioni che mi daran modo per debellare, per quel tanto che potremo, il suo regno su questa terra e prepararci un bel trono in cielo.

Sapete quel che vuol dire fare i santi voti? Vuol dire essersi posti nelle prime file delle milizie del divin Salvatore per combattere in ogni modo sotto i suoi stipendi. Ma la cosa che io qui in questo momento vi voglio dire si è questa, che non basta fare i voti, ma bisogna sforzarsi e fare quanto a Dio con voto si promise. Noi adunque coi santi voti ci siamo tutti e interamente a lui consacrati; non prendiamo più ciò che una volta gli abbiam dato.

3 ASC A0000409: Prediche di don Bosco - Esercizi Lanzo 1876, Quad. XX, ms di Giulio Barberis, pp. 14-19 (cf MB XII, 451-454). Don Barberis introduce così il testo: "Il giorno 17 settembre [1876] fu giorno dell'emissione dei voti per coloro che non li avevano ancora emessi e che volevano farli. [...] Finita l'emissione, D. Bosco, già seduto sul suo seggiolone, cominciò una bella predichetta che riprodurrò nella parte che più ricordo" (ibid., p. 14).

Questi occhi li abbiamo consacrati a lui: adunque si lascino quelle letture inutili e indifferenti, quegli sguardi vani e cattivi. Queste orecchie le abbiamo consacrate tutte a Dio: adunque non più fermarsi ad ascoltar chi mormora e semina il malcontento, non più desiderar mollezze o trovarci in quelle conversazioni, quelle radunanze dove, sebbene il parlare non sia cattivo, è tuttavia per intero secolaresco e mondano. Questa lingua è al Signore che l'abbiamo consacrata: adunque non più parole mordenti e piccanti verso i nostri compagni, non più risposte ai superiori, non più seminar malcontenti; no, ora che gliel'abbiamo consacrata non macchiamola più; anzi sia tutta intesa a cantare le divine lodi, a raccontar buoni esempi ad animar gli altri al bene. Questa gola l'abbiamo consacrata al Signore, perciò lontano da noi ogni soverchia delicatezza nei cibi; parsimonia grande nel vino; non mai lasciarci tirar dalla gola per accettar pranzi, bibite o cose simili. Queste mani le abbiamo in modo speciale consacrate al Signore, perciò non stiano più oziose; non rincresca loro di operare in uffici vili in apparenza, purché tutto proceda a maggior gloria di Dio. Questi piedi sono tutti consacrati al Signore: oh, qui io entro in un vastissimo campo, perciò non usiamoli questi piedi per ritornare a quel mondo che noi abbiamo abbandonato. Sì, bisogna che io mi fermi in questo momento a trattare quest'argomento.

Il Signore ci ha fatto una grazia grande chiamandoci alla sua sequela: questo mondo è troppo perverso e pervertitore. Seguiamo adunque la grazia e non torniamo a pervertirci. Vedete, lo Spirito Santo ci istruisce chiaramente che il mondo è tutto posato nel male: mundus in maligno positus est totus.4 Facciamo dunque che questi piedi non ci rivoltino nuovamente di là [da] dove siamo scappati. L'inciampo principale, la difficoltà più grande che si trovi si è in riguardo ai genitori. Ma il Signore disse che quando questi fossero per porre inciampo al nostro maggior bene non dobbiamo ascoltarli, neppure guardarli, anzi viene persino a dire [di] odiarli.' Bisogna adunque che da loro ci stacchiamo affatto, dacché Iddio ci fece il gran favore di chiamarci alla sua sequela. E poi coi voti fatti ci siamo staccati da loro per legarci in modo peculiare a Dio, perché metterci nuovamente nel pericolo di staccarci da Dio andando a sentire le loro miserie, i loro bisogni od i loro voleri? [...]

Mi accorgo che mi sono allontanato alquanto dal soggetto che volevo trattarvi, che cioè essendoci in modo speciale consacrati a Dio dobbiamo a lui [donare] tutta la nostra vita, tutte le nostre opere, tutto noi stessi. Noi dobbiamo sforzarci molto perché in realtà il fatto, le nostre opere, corrispondano a questo scopo. Credetelo pure, non vi fu mai nessuno che sia stato malcontento in punto di morte d'essersi a Dio consacrato e d'avere speso la vita nel suo santo servizio. Invece sono innumerevoli coloro che in quel punto lamentano di non averlo servito ed amato.

4 II mondo è tutto sotto il potere del maligno (1 Gv 5, 19). Cf Lc 14, 26.

Piangono allora i miseri, ma non sono più in tempo. Dacché il Signore nella sua grande misericordia volle avvertirci in tempo e chiamarci a sé, arrendiamoci e facciamo proprio opere degne di questa sua chiamata.

Pazienza, speranza, obbedienza: ricordi degli esercizi spirituali (18 settembre 1876)

6

Siamo nel punto di separarci e andare ciascuno in quel luogo dove dal Signore è destinato ad esercitare il suo sacro ministero. Che cosa vi dirò io in questo momento che serva come parola d'ordine che ciascuno abbia da ricordare in qualunque luogo ed in qualunque tempo come frutto di questi esercizi? Sono tre semplici parole che in questo momento io credo della massima importanza possibile. È bene che ad esse noi attendiamo con tutto lo sforzo possibile dell'anima nostra. Ecco: Pazienza, Speranza, Obbedienza.

[1. Pazienza] - Ed in prima io vi raccomando molto la pazienza. È lo Spirito Santo medesimo che ci ammonisce: Patientia vobis necessaria est,' ci dice in un luogo della sacra Scrittura. In patientia vestra, ci dice altrove, possidebitis animas vestras.8 Patientia opus habet perfectum.9 Non intendo qui parlare di quella pazienza che si richiede per sopportare grandi fatiche o straordinarie persecuzioni; non di quella pazienza che si richiede per sopportare il martirio né di quella che devesi esercitare in gravi infermità. Pazienza per certo si richiede in questi casi ed in grado eroico; ma sono casi che si richiedono di rado per essere messi in esecuzione, e d'altronde Iddio, in questi casi, dà grazie straordinarie. La pazienza di cui qui intendo di parlare si è di quella che è necessaria per compiere bene i nostri doveri, quella che ci vuole per eseguire in tutto le nostre Regole, disimpegnare con precisione i nostri doveri. Di questa io intendo parlarvi. Ne abbisognano ed i superiori e gli inferiori, e può venire il caso di usarne in mille circostanze, perciò bisogna esserne fornito a dovizia.

Vi sarà quel tale che è sovraccarico di occupazioni e se gli vorrebbe ancora aggiungere qualche cosa ed è per irritarsi con colui che lo vuol così occupare, sia perché non conosce le altre sue attribuzioni o perché lo crede atto a quel resto. Pazienza ci vuole.

6 ASC A0000409: Prediche di don Bosco - Esercizi Lanzo 1876, Quad. XX, ms di Giulio Barberis, pp. 1-11 (cf MB XII, 454-460).

7 Vi è necessaria la pazienza (Eb 10, 36).

8 Salverete le vostre anime (cf Lc 21, 19).

9 La pazienza perfeziona l'opera (Ge 1, 4).

Vi è quell'altro che desidererebbe di far scuola e lo mettono ad assistere; quell'altro invece vorrebbe andar esso a scuola e lo mettono a farla o se vuole piuttosto stare in un luogo, lo mettono in un altro. In tutti questi casi ci vuole la pazienza.

Vi è quel tale che si crede il superiore averla contro di lui, non vederlo di buon occhio, dar sempre a lui le attribuzioni più vili. Se non si ha pazienza ed uno si mette subito a mormorare, a mostrarsi malcontento, che ne sarà?

Quell'altro ha un'occupazione che gli è antipatica, non può far bene in quel luogo; gli vien mille volte la voglia di piantar tutto lì e andarsene chi sa dove. Adagio ai mali passi: qui bisogna più che mai conservar la pazienza.

Verrà anche la volta che uno dirà: il superiore mi odia; sarà effetto più d'immaginazione che d'altro; ma sia pure, ti sarà forse lecito lamentarti, sparlarne, mostrarti pubblicamente offeso? Non già. Ecco perché io dicevo che bisogna avere la pazienza come compagna indivisibile.

Il superiore poi, oh quanto più ne avrà bisogno! Poiché se esso sa farla esercitare agli altri, i sudditi possono dire: noi siamo molti, esso solo ed esercitiamo un po' di pazienza per ciascuno. Ma il superiore resta solo contro tutti e deve sopportare la pazienza con tutti ed è perciò che, sebbene giovani, alcune volte devono camminar gobbi. Poiché un po' per riguardo ad uno, un po' per riguardo ad altri alcune volte ha da masticare non poco, sia perché non si è capaci, sia perché non si vede quella buona volontà e spontaneità nelle cose, sia anche perché si vede proprio il mal volere. Ma sarà per questo da troncare ogni relazione con quel tale o in quell'affare e piantar tutte lì le cose come sono? Lo so che verrà le mille volte la voglia o di far secche parrucche o di mandar via o che altro, ma è appunto qui che c'è bisogno di molta pazienza o, per dir meglio, di molta carità, condita col condimento di san Francesco di Sales, la dolcezza, la mansuetudine.

Anche quel maestro, quell'assistente potrebbe troncare ogni questione dando uno schiaffo di qua, un calcio di là; ma, questo teniamolo, se qualche volta tronca un disordine, non fa mai del bene e non serve mai a far amare la virtù o farla penetrare nel cuore di nessuno. Ci sia il vero zelo, sì. Si cerchi ogni modo di far del bene, sì. Ma sempre pacatamente, con dolcezza, con pazienza.

Dirà quel tale: ben detto così, ma costa a non irritarci quando si vede... Costa. E lo so anch'io che costa; ma sapete da che cosa deriva la parola pazienza? Dal [verbo latino] patior, pateris, passus sum, pati, che vuol dire: patire, tollerare, soffrire, farci violenza. Se non costasse fatica non sarebbe più pazienza. Ed è appunto perché costa molta fatica che io la raccomando tanto ed il Signore la inculca con tanta istanza nelle sacre scritture. Me ne accorgo anch'io che costa.

10 "Far secche parrucche": espressione dialettale che significa rimproverare aspramente.

E non credete che sia il più gran gusto del mondo stare tutta la mattina inchiodato a dar udienza o fermo a tavolino tutta la sera per dar corso alle faccende tutte, a lettere o simili. Oh vi assicuro che molte volte uscirei ben volentieri a prendere un po' d'aria e forse ne avrei un vero bisogno; ma bisogna che prenda alle buone santa Pazienza. Se non si facesse così, molti affari non avrebbero corso; tanto bene resterebbe da farsi; incagliati si troverebbero vari negozi d'importanza: epperciò, pazienza.

Non crediate che non costi anche a me, dopo d'aver incaricato qualcuno d'un affare, dopo d'avergli affidato qualche incarico d'importanza o delicato o di premura, ed a tempo non si trova eseguito o malfatto, non costi anche a me il trovarmi pacato. Vi assicuro che alcune volte bolle il sangue nelle vene; un formicolio domina per tutti i sensi. Ma che? impazientirsi? non si ottiene che la cosa non fatta sia fatta; neppure si corregge il suddito colla furia. Pacatamente si avvisi, si diano le norme opportune, si esorti; ed anche quando è il caso di sgridare un po' secco si faccia, ma si pensi un momento: in questo caso san Francesco di Sales come si diporterebbe? Io posso assicurarvi che, se faremo così, si otterrà quanto disse lo Spirito Santo: In patientia vostra possidebitis animas vestras.

E poi? Ci vuol anche pazienza, cioè costanza, perseveranza ad eseguir sempre le nostre Regole. Verrà quel giorno in cui uno si trova spossato, annoiato o, diciamolo anche, in cui non ha voglia di fare la meditazione, recitare il rosario, frequentare i sacramenti, continuare quell'arida assistenza. E qui è proprio il caso di domandare con costanza, con perseveranza la pazienza al Signore ed alla beata Vergine.

Vedete un giardiniere quanta cura mette per tirar su una pianticella. Si direbbe fatica gettata al vento. Ma esso sa che quella pianticella col tempo verrà a rendergli molto, perciò non cura la fatica e comincerà a lavorare e sudare per preparare il terreno: qui scava, là zappa, poi concima, poi sarchia, poi pianta o mette il seme. Poi, come se questo fosse poco, quanta fatica nel badare che non si calpesti il luogo dove fu seminato, non vadano uccelli o galline a mangiar la semente. Quando la vede nascere la guarda con compiacenza: oh! germoglia, ha già due foglie, tre... Poi pensa all'innesto ed, oh con quanta cura, lo cerca dalla miglior pianta del suo giardino e taglia il ramo, lo fascia, lo copre, procura che il freddo o l'umidità non lo faccia morire. Quando la pianta cresce e volta o si piega da una parte, subito cerca di mettervi un sostegno che la faccia crescer diritta, e se teme che il fusto o tronco sia troppo debole, che il vento o la bufera la possa atterrare, le pone presso un grosso palo e la lega e la fascia perché non abbia ad incorrere nel temuto pericolo. Ma perché, o mio giardiniere, tanta cura per una pianta? Perché, se non fo' così, non mi darà frutti ed è bell'e fatto: se voglio che mi dia frutti molti e buoni, bisogna che in ogni modo io l'accudisca così.

11 Con la vostra pazienza [perseveranza] salverete le vostre anime (Lc 21, 19).

E, pur troppo, notate che malgrado ciò, molte volte muore l'innesto, si perde la pianta; ma nella speranza di rifarsi poi, si fan tante fatiche.

Anche noi, miei cari, siamo giardinieri, coltivatori nella vigna del Signore. Se vogliamo che il nostro lavoro renda, bisogna che mettiamo molta cura attorno alle pianticelle che abbiamo da coltivare. Pur troppo che, malgrado le molte fatiche e cure, l'innesto seccherà e la pianta andrà a male; ma se queste cure si pongono davvero, la maggior parte delle volte la pianta riesce bene... Caso mai non riuscisse, il padrone della vigna ce ne ricompenserà essendo tanto buono! Tenetelo a mente, non valgono le furie, non valgono gl'impulsi istantanei: ci vuole la pazienza continua, cioè costanza, perseveranza, fatica.

[2. Speranza] - Ma il coltivatore almeno spera la paga, la ricompensa. E noi? chi ci pagherà? Ecco che io entro nel secondo punto a parlarvi della speranza. Sì, ciò che sostiene la pazienza dev'essere la speranza del premio. Oh lavoriamo che consolantissima ci arride la speranza del premio. Abbiamo la fortuna che abbiam da fare con un buon padrone. Notate come sono consolanti queste parole: Quia super panca fuisti fidelis, super multa te constituam; perché fosti fedele nel poco, ti costituirò sopra molto.12 Noi meschini sappiamo far poco, abbiamo poche forze, poca abilità. Non importa, in quel poco che possiamo siamo fedeli ed il Signore il premio ce lo darà grande. Quando tu, o maestro, sei stanco e vorresti lasciar lì le tue occupazioni, attento! Bada ad esser fedele nel poco, se vuoi che il Signore ti costituisca sul molto. Oh un direttore! Ha già avvisato, detto, raccomandato...; starebbe per lasciar andare la pazienza o piantar tutto che vada come vuole o fare qualche sfuriata... Attento a star fedele nel poco, se vuoi esser costituito sul molto.

Un punto dove ancora dobbiamo usare tanta pazienza, guardando alla speranza, è nel vincere noi stessi. Si tratta di vincere le nostre abitudini, le nostre cattive inclinazioni, le tentazioni che continuamente ci molestano. Oh quanto costa lasciare quell'abitudine, quella tiepidezza ordinaria, quella mollezza, quella trascuratezza nelle piccole pratiche d'obbedienza o di pietà. Pure è qui che bisogna usare una continua pazienza, una sofferenza anche straordinaria, ma non permettere che il demonio ci vinca e, sia di giorno che di notte, sia nella veglia che nel riposo, sia in ricreazione che nel lavoro, sempre cercare di vincere queste nostre cattive inclinazioni. È questo che io chiamo pazienza o longanimità. E se per ottener la vittoria avremo da combattere assai, volgiamo lo sguardo alla gran mercede, al gran premio che ci sta preparato e non ci lasceremo vincere. In patientia vestra possidebitis animas vestras.13

12 Mt 25, 21.

13 Con la vostra perseveranza salverete le vostre anime (Le 21, 19).

E san Paolo aggiunge: Si vos delectat magnitudo praemiorum, non vos terreat magnitudo laborum.14

Non sto qui a dirvi quanto sia poggiata [fondata] la nostra speranza. Voi sapete che è il Signor nostro benignissimo che ce lo promise, e per il poco in cui siam fedeli ci promise il molto;15 ed esso stesso chiama beati quei che osservano la sua legge,'' perché sa quanto sarà grande il suo premio. Ed altrove dice che un sol bicchiere d'acqua fresca dato in suo nome sarà compensato» Coraggio dunque: la speranza ci sorregga quando la pazienza vorrebbe mancarci.

[3. Obbedienza] - Ora ci sarebbe bisogno di una virtù che queste due prime comprendesse e tenesse unite. Questa virtù è l'obbedienza. Non ne dirò che poche cose, essendosi letto lungo questi esercizi il trattato dell'obbedienza del Rodriguez ed essendosene anche parlato in qualche predica. Io raccomando molto che si usi pazienza nell'obbedire e quando questa obbedienza non volesse esserci, quando la nostra testa volesse essere lontana dall'obbedienza, mirassimo il cielo, prendessimo alle buone la speranza.

L'obbedienza ben sostenuta è l'anima delle congregazioni religiose; è quella che le tiene unite. Quanto bene si può fare quando molti membri tutti dipendono assolutamente da uno, il quale, per ragion stessa della sua posizione, ha le viste molto ampie, vede in grande quel che vada bene fare e dice a costui: Sta' qui, e [egli] sta; fa' ciò, e lo fa; va' là, e subito quel tale s'incammina. Il bene si moltiplica ed è un bene che non si può fare se non vi è un'assoluta obbedienza.

Oh che altro gran bene reca l'obbedienza! Innalza di merito tutte le azioni, parlo delle azioni manuali. Vi sarà quel tale che è buono a poco od a nulla, esso si mette sotto l'obbedienza ed il superiore lo metterà a scopare o a fare il cuoco, e costui potrà avere il merito di colui che tutto il giorno si occupa e s'affatica o sul pulpito o nel confessionale o su d'una cattedra a far scuola. Questo è un gran bene che ci viene dall'obbedienza. Ciascuno pazienti nell'incarico che ha, lo eseguisca bene, fin che può, e non si dia pensiero più oltre, che il Signore lo accoglie bene e lo benedice.

Ora io ho ancora un pensiero che vorrei raccomandarvi tanto in oggi. Questo pensiero sarà quello che rannoderà i tre primi. Consiste nel fare bene ogni mese l'esercizio della buona morte; cioè ad ogni mese proprio consacrare un giorno in cui, lasciate da parte, per quanto è possibile, tutte le altre occupazioni, pensiamo a stabilir bene le cose dell'anima nostra.

Gioverà tanto fare un confronto tra mese e mese: ho fatto del profitto in questo mese? Oppure vi fu in me regresso?

14 Se piace la grandezza dei premi, non spaventi la quantità delle fatiche (cf GREGORIUS MAGNUS, Homiliae in Evangelia, XXXVII),

15 Cf Lc 16, 10.

16 Cf Lc 11, 28.

17 Cf Mc 9, 41; Mt 10, 42.

Poi venire ai particolari: in questa virtù, in quest'altra, come mi sono diportato? E specialmente si dia una rivista a ciò che forma soggetto di voti ed alle pratiche di pietà: riguardo all'obbedienza come mi sono diportato? ho progredito? - L'ho fatta proprio bene, per esempio, quell'assistenza che mi si diede da fare? come l'ho fatta? - In quella scuola come mi sono impegnato? - Riguardo alla povertà, sia negli abiti, nei cibi, nelle celle, ho niente che non sia da povero? ho desiderato golosità? mi son lamentato quando mi mancava qualche cosa? - Poi venire alla castità: non ho dato in me luogo a pensieri cattivi? mi son distaccato sempre più dall'amore dei parenti? mi son mortificato nella gola, negli sguardi, ecc.? - E così far passare le pratiche di pietà e notare specialmente se vi fu tiepidezza ordinaria, se si siano fatte le pratiche senza slancio.

Questo esame, o più lungo o più corto, si faccia sempre. Siccome vi sono vari che hanno occupazioni da cui non possono esimersi in nessun giorno del mese, queste occupazioni sarà lecito tenerle, ma ciascuno in detto giorno faccia proprio [in modo] di eseguire queste considerazioni e di fare buoni propositi speciali.

Ancora un piccolo pensiero. Il Signore, a quel giovane che gli domandava che cosa dovesse fare per salvarsi, gli diede la legge e disse: Fac hoc et vives. Fa' questo e vivrai:8 Così vi dico io: avete le Regole, è il Signore che ce le ha date; eseguiamole e vivremo. Ciascuno le studi e nello stesso tempo studi il modo di metterle in pratica. Ciascuno, per la parte sua, o superiore o inferiore, o prete o coadiutore, tutti procurino di eseguirle. Oh in punto di morte come saremo contenti e consolati d'averle eseguite! State certi che la nostra speranza, come dicevamo, non sarà confusa. Fedele è il Signore nelle sue promesse e quanto ci die' a sperare tanto ci darà. Anzi egli è pieno di bontà e di misericordia. Ci darà ben più di quello che noi possiamo immaginarci.

Facciamoci dunque coraggio. Se vi è qualche cosa da soffrire, da sopportare per eseguire in tutto ciò che il Signore chiede da noi, non diamo indietro. Esso saprà rimunerare ogni nostro sforzo e ci contenterà nel tempo, nell'eternità, e ci darà quel premio che supera ogni aspettazione.

18 Le 10, 28.

6. SOGNI RELATIVI

ALLA PERFEZIONE RELIGIOSA SALESIANA

Diversamente dai sogni raccontati ai giovani, in cui prevale l'intento didascalico e vengono accentuati gli aspetti fantastici, quelli riservati ai Salesiani rispecchiano più immediatamente l'animo di don Bosco, il suo carisma di Fondatore. Le immagini e le metafore gli servono per mettere a fuoco le virtù del buon salesiano e alcuni aspetti operativi che egli ritiene determinanti. I testi qui riportati sono tratti dai documenti originali: dagli autografi del santo o dagli appunti degli ascoltatori.

Rose e spine nell'impegno per la salvezza dei giovani

1

8 maggio 1864

Una persona mi condusse e mi collocò in un luogo dove v'era una bella strada, tutta coperta di rose, non solo al di sotto, ma anche sopra in forma di volta e per accanto, tutte erano rose, ma così belle che io non aveva mai vedute di simili; e mi disse cammina. Io allora non volli colle scarpe pestar quelle sì belle rose e mi tolsi le scarpe. Ma feci un passo o due e poi, ah, dovetti presto indietreggiare, poiché misi il piede sopra una spina, che mi rese un gravissimo dolore, ed osservai che sotto quelle bellissime rose stavano nascoste moltissime e durissime spine, e non solo al di sotto, ma da tutte parti. Io allora dissi: "Ma qui bisogna mettersi le scarpe"; e l'altro che mi guardava riprese: "Certamente che bisogna che ti metta le scarpe". E così feci. Ed aveva meco un gran numero di preti ed altra gente che mi accompagnava. E mi incamminai; e malgrado tutte le mie precauzioni nondimeno, di quando in quando, prendeva delle punture o da una parte o dall'altra di quelle grosse spine; ma nondimeno giunsi al fine di quella via. Allora mi voltai indietro e di tanti compagni più nessuno io ne vidi. Io rimasi assai addolorato e tosto tornai indietro a vedere che facessero e dove fossero, e più nessuno ne vidi. Io mi misi a piangere dirottamente e dicevo: "Possibile che mi abbiano tutti ad abbandonare e che debba trovarmi io solo su questa strada?".

Ma ecco mentre io andavo meco stesso querelandomi e lacrimando veggo un grande stuolo di preti e di chierici ed altre persone a venire incontro di me. E qui giunti dissermi: "Eccoci noi siamo pronti a seguitarla; ci comandi e noi l'ubbidiremo". Allora io mi rasserenai, e dissi loro: "Ebbene se siete pronti a battere con me questa via incamminatevi"; e tutti presero quella strada ed io venivo loro dietro. Pochi si perdettero di animo e indietreggiarono. Una grandissima parte contenti e coraggiosi vi giunsero alla fine, ed io pure.

1 ASC A0040605: Cronaca dell'anno 1864. Prediche, ms di Giovanni Bonetti, pp. 15-18 (cf MB III, 33-36, in una versione ampiamente rimaneggiata).

Qui ecco affacciarsi a noi una grandissima e magnifica sala, dove erano altre bellissime rose, ed osservai, e tutte erano senza spine e davano un odore, una fragranza soavissima.

Allora quella persona che mi accompagnava mi indirizzò la parola e disse: "Ha capito tutto?". "No, gli risposi, la prego di spiegarmi ogni cosa". Ed allora egli: "Sappi dunque, che questa strada significa la cura che ti devi prendere della gioventù. Tu devi camminare su questa strada colle scarpe, ossia colla mortificazione. Le rose bellissime sono simbolo della carità ardente che deve distinguere te e tutti i tuoi coadiutori nell'educazione della gioventù. Le spine significano tutti gli ostacoli, i patimenti, i dispiaceri che avrai da sostenere in questo impiego. Ma non perderti di coraggio: colla carità, colla mortificazione tutto supererete. E alla fine giungerete ad aver rose senza spine, come hai veduto in quella ricca sala a cui siete arrivati". Ed io mi trovai nella mia camera senz'altro, desto come al presente sono.

L'umiltà, il lavoro e la temperanza

2

28 settembre 1876

Si dice che non bisogna badare ai sogni; vi dico in verità che nella maggior parte dei casi sono anch'io di questo parere. Tuttavia alcune volte, quantunque non ci rivelano cose future, servono tuttavia a farci conoscere in che modo sciogliere degli affari intricatissimi ed a farci agire con vera prudenza in varie faccende. Allora si possono intendere per la parte che ci offrono di buono. Io in questo momento vi voglio appunto raccontare un sogno che mi tenne occupato si può dire in tutto il tempo di questi esercizi e specialmente mi travagliò in questa notte scorsa. Ve lo racconto tal quale lo feci restringendolo solo qua e là un poco per non essere troppo lungo, perché mi par ricco di molti e gravi ammaestramenti.

[Parte 1] - Mi sembrò adunque che eravamo tutti insieme e andavamo da Lanzo a Torino. Ci trovavamo tutti su qualche veicolo, ma non saprei dire se fossimo sulla ferrovia o su omnibus, ma non eravamo a piedi. Arrivati a un dato punto della strada, non ricordo più dove, il veicolo si fermò. Io discendo giù per vedere che mai vi fosse e mi si affaccia uno che non saprei definire: mi pareva di alta e di bassa statura nello stesso tempo, era grosso e sottile, mentre era bianco era anche rosso; camminava per terra e per aria.

2 ASC A0000409: Prediche D. Bosco - Esercizi Lanzo 1876, Quad. XX, ms di Giulio Barberis, pp. 33-46 (cf MB XII, 463-469). Predica fatta da don Bosco a Lanzo Torinese, al termine degli esercizi spirituali dei Salesiani.

Fui tutto stupefatto e non sapevo darmi ragione di questo, quando fattomi coraggio gli domandai: "Tu chi sei?". Esso, senza dirmi altro rispose: "Vieni". Io volevo prima sapere chi fosse, che volesse, ma esso riprese: "Vieni presto; facciamo girare i veicoli in questo campo".

Mirabile si era che parlava piano e forte nello stesso tempo ed a varie voci, di che io non finivo di far meco stesso le meraviglie. Il campo era vastissimo, proprio a vista d'occhio, tutto ben piano, non era a solchi, ma proprio battuto come se fosse un'aia. Non sapendomi che dire e vedendo l'altro tanto risoluto, facemmo dar di volta ai veicoli, i quali entrarono in quel vastissimo campo e poi gridammo a tutti quei che erano dentro che discendessero. Tutti discendono in brevissimo tempo ed ecco che appena discesi si vedono scomparire i veicoli senza sapere dove se ne siano andati.

— Ora che siamo discesi, sussurrai io, mi dirai, mi direte, mi dirà perché ci abbia fatto fermare in questo luogo. Rispose: "Il motivo è grave; si è per farvi evitare un grandissimo pericolo". "E quale?". "Il pericolo di un toro furibondo che non lascia persona viva al suo passaggio: Taurus rugiens quaerens quem devoret".3 "Adagio, mio caro, tu attribuisci al toro quel che nella sacra Scrittura S. Pietro dice del leone: Leo rugiens".4 "Non importa: là era leo rugiens, qui è taurus rugiens". Il fatto si è che bisogna stiate ben all'erta. Chiama tutti i tuoi attorno a te. Annunzia loro solennemente e con gran premura che stiano attenti, molto attenti, ed appena sentiranno il muggito del toro, muggito straordinario, immenso, si gettino subitamene a terra e così se ne stiano bocconi, colla faccia anche interamente a terra, fintanto che il toro abbia fatto il suo passaggio. Guai a colui che non ascolterà la tua voce, chi non si prostrerà bocconi nel modo che t'ho detto è bell'e perso, perché si legge nelle sante scritture che chi sta basso sarà esaltato e chi sta alto sarà abbassato: Qui se humiliat exaltabitur et qui se exaltat humuliabitur".5 Poi mi soggiunse di nuovo: "Presto, presto: il toro è per venire; grida, grida forte che si abbassino". Io gridavo ed egli: "Su, su ancora più forte, grida, grida". Io ho gridato tanto forte che credo persino aver spaventato D. Lemoyne che dorme nella camera attigua, ma di più non potevo.

Ecco in un istante che si sente il muggito del toro: "Attenti, attenti!... Falli mettere in linea retta tutti vicini gli uni agli altri da una parte e dall'altra, con un passaggio in mezzo per cui il toro possa passare". Io grido, do questi ordini; in un batter d'occhio tutti sono prostrati a terra e noi cominciamo a vedere il toro da molto lontano che arriva furibondo.

Sebbene la gran maggioranza fosse prostrata, tuttavia alcuni volevano star a vedere che cosa fosse quel toro e non si prostrarono, erano pochi.

3 Un toro ruggente, che cerca chi divorare.

4 Rimando alla Vulgata: "Adversarius vester diabolus tamquam leo rugiens circuit, quxrens quem devoret" (1 Pt 5, 8): Il vostro avversario, il diavolo, come leone ruggente va in giro, cercando chi divorare.

5 Chi si umilia sarà esaltato e chi si esalta sarà umiliato (Le 14, 11).

Quell'individuo mi disse: "Ora vedrai che cosa avverrà di costoro; vedrai che cosa riceveranno perché non si vogliono abbassare". Io volevo avvertirli ancora, gridare, correre a loro. L'altro me lo negava. Io insistei che mi lasciasse andar da loro. Mi rispose reciso: "L'obbedienza è anche per te, abbassati". Non ero ancora prostrato, che un grandissimo muggito, tremendo e spaventevole, si fece udire. Il toro era già vicino a noi; tutti tremavano e domandavano: "Chi sa, chi sa...". "Non temete: giù a terra!". E quel tale continuava a gridare: "Qui se humiliat exaltabitur et qui se exaltat humiliabitur... qui se humiliat... qui se humiliat".

Una cosa strana, che fece stupire anche me, fu questa, che sebbene io avessi il capo sul pavimento e fossi proprio tutto interamente prostrato con gli occhi nella polvere, tuttavia vedevo benissimo le cose che attorno a me avvenivano. Il toro aveva sette corna in forma quasi di circolo: due le aveva al posto del naso; due al posto degli occhi; due al posto ordinario delle corna ed uno sopra; ma, cosa meravigliosa, queste corna erano fortissime, mobili, le voltava dalla parte che voleva, di modo che per abbattere od atterrare qualcuno non aveva correndo da voltarsi qua e là, bastava andar avanti senza voltarsi che abbatteva qualunque incontrasse. Più lunghe erano le corna del naso e con queste faceva stragi veramente sorprendenti.

Già il toro ci era vicinissimo; allora l'altro grida: "Si veda l'effetto dell'umiltà". Ed in un istante, oh meraviglia! tutti noi ci vedemmo sollevati in aria ad una considerevole altezza di modo che era impossibile che il toro ci potesse raggiungere. Quei pochi che non si erano abbassati non furono sollevati. Arriva il toro, li sbrana in un momento; non uno fu salvo. Noi intanto, così sollevati in aria, avevamo paura e dicevamo: "Se cadiamo giù, sì che siam belli; poveri noi! Che mai sarà di noi!". Intanto vedevamo il toro furibondo che cercava di raggiungerci. Faceva salti terribili per poterci dar delle cornate, ma non poté farci male di sorta alcuna. Allora, furioso più che mai, fa segno che vuole andarsi a cercare dei compagni; quasi dicendo: Allora ci aiuteremo gli uni gli altri, faremo scalata... E così, habens iram magnam,6 se ne andò.

Allora ci trovammo di nuovo per terra e quel tale si pose a gridare: "Voltiamoci dalla parte del mezzodì". Ed ecco che, senza capire come la cosa avvenisse, cambiò affatto scena avanti a noi. Voltati verso mezzodì, noi vedemmo esposto il santissimo sacramento: molte candele accese stavano dall'una parte e dall'altra e già non compariva più quel prato, ma pareva che ci trovassimo in una chiesa immensa, tutta ben ornata. Mentre eravamo tutti in adorazione avanti il santissimo sacramento, ecco che arrivarono furibondi molti tori, tutti con corna orribili e spaventevolissime nell'aspetto.

6 Pieno di grande furore. Rimando alla Vulgata: "Descendit diabolus ad vos habens iram magnam" (Ap 12, 12).

Vennero, ma essendo noi tutti in adorazione del santissimo sacramento, non ci poterono fare alcun male. Noi intanto ci eravamo posti a recitare la coroncina al sacratissimo Cuore di Gesù. Dopo un poco, non so come, guardammo ed i tori non vi eran più. Rivoltati poi di nuovo dalla parte dell'altare, trovammo [che] i lumi erano spenti, il sacramento non più esposto, scomparve la chiesa... "Ma dove siamo?". Ci trovammo nel campo dove eravamo prima.

Voi capite abbastanza che il toro è il nemico delle anime; il demonio che ha grand'ira contro di noi e cerca continuamente farci del male. Le sette corna sono i sette vizi capitali. Ciò che ci può liberare dalle corna di questo toro, cioè dagli assalti del demonio, dal non cadere nei vizi, è principalmente l'umiltà, base e fondamento delle virtù.

[Parte II] - Noi intanto stupefatti, meravigliati, ci guardavamo gli uni gli altri. Nessuno parlava, non sapevamo che dire. Si aspettava che D. Bosco parlasse o che quel tale ci dicesse qualche cosa, quando esso, presomi da parte, soggiunse: "Vieni, ti farò vedere il trionfo della Congregazione di S. Francesco di Sales. Monta su questo sasso e vedrai". Era un gran macigno in mezzo a quel campo sterminato ed io vi montai sopra. Oh che vista immensa si affacciò ai miei occhi! Quel campo, che non avrei mai creduto tanto vasto, mi comparve come se occupasse tutta la terra. Uomini d'ogni colore, d'ogni vestito, d'ogni nazione vi stavano radunati. Vidi tanta gente che non so se il mondo tanti ne possegga. Cominciai ad osservare i primi che si affacciarono al nostro sguardo: erano vestiti come noi italiani. Conoscevo quei delle prime file e vi erano tanti Salesiani che conducevano come per mano squadre di ragazzi e di ragazze. Poi venivano altri con altre squadre; poi ancora altri ed altri che più non conoscevo e più non potevo distinguere, ma erano in numero indescrivibile. Verso il mezzodì comparvero ai miei occhi Siciliani, Africani ed un popolo sterminato di gente che non conoscevo. Erano sempre condotti da Salesiani i quali io conoscevo nelle prime file e poi non più.

"Notate", mi disse quel tale. Ecco che mi si affacciarono agli occhi altri popoli sterminati in numero, vestiti diversamente da noi. Avevano pellicce, specie di mantelli che parevano quasi velluto, tutti a vari colori. Mi fece voltare verso i quattro punti cardinali. Tra le altre cose vidi verso oriente donne con i piedi piccoli tanto che stentavano stare in piedi e quasi non potevano camminare. Il singolare si era che dappertutto vedevo Salesiani che conducevano squadre di ragazzi e di ragazze e con loro un popolo immenso. Nelle prime file sempre li conoscevo, poi andando avanti non li conoscevo più, nemmanco i missionari. Qui molte cose non posso narrarle per disteso perché riuscirei troppo lungo.

Allora quel tale che mi aveva condotto e consigliato fino a questo punto che cosa avevo da fare, prese di nuovo la parola e soggiunse: "Guarda, D. Bosco; tu ora non capirai tutto quello che ti dico, ma sta' attento: tutto questo che hai visto è tutta messe preparata ai Salesiani. Vedi quanto sia immensa la messe! Questo campo immenso in mezzo a cui ti trovi è il campo in cui i Salesiani devono lavorare. I Salesiani che vedi sono i lavoratori di questa vigna del Signore. Molti lavorano e tu li conosci. L'orizzonte poi si allarga a vista d'occhio di gente che tu non conosci ancora, e questo vuol dire che non solo in questo secolo, ma ben anche nell'altro e nei secoli futuri i Salesiani lavoreranno nel proprio campo. Ma, sai a quali condizioni si potrà arrivare ad eseguire questo che vedi? Te lo dirò io: guarda, bisogna che tu faccia stampare le Regole e nella prima pagina a grandi caratteri, ricordati, farai stampare queste parole che saranno come il vostro stemma, la vostra parola d'ordine, il vostro distintivo. Notate bene: Il lavoro e la temperanza faranno fiorire la Congregazione salesiana. Queste parole le farai spiegare; le ripeterai, insisterai. Farai stampare il manuale che le spieghi e faccia capire bene che il lavoro e la temperanza sono l'eredità che lasci alla Congregazione e nello stesso tempo ne saranno anche la gloria".

Io risposi: "Questo lo farò molto volentieri; questo è tutto secondo il nostro scopo e quello che io vo' già raccomandando tutti i giorni e vo' insistendo sempre che me ne capita l'occasione".

"Sei dunque ben persuaso? Hai dunque ben capito? Questa è l'eredità che lascerai loro; e di' pur chiaro che fintanto che i tuoi figli corrisponderanno, avranno seguaci al mezzodì, al nord, all'oriente e all'occidente. Ora discendi pure dagli esercizi ed incamminali per la loro destinazione. Questi saranno di norma poi verranno altri".

Ed ecco che compaiono nuovamente i veicoli per condurci tutti a Torino. Io osservo, osservo: erano omnibus sui generis, strani quanto mai. I nostri cominciano a montare; ma quegli omnibus non avevano appoggio da nessuna parte ed io temevo che cadessero e non volevo lasciarli partire. Ma quel tale mi disse: "Vadano, vadano pure: essi non han bisogno di appoggi, solo che eseguiscano bene quelle parole: Sobrii estote et vigilate".' Eseguite bene queste due cose non si cade, sebbene non vi siano appoggi e la carrozza corra.

[Parte III] - Partirono dunque. La carrozza corse ed io rimasi solo con quel tale. "Vieni, mi soggiunse tosto; vieni, voglio farti vedere la parte più importante. Oh, ne avrai da imparare! Bene, vedi là quel gran carro?". "Lo vedo". "Sai che cos'è?". "Ma, non vedo bene". "Se vuoi veder bene, avvicinati. Vedi là quel cartellone? Avvicinati, osservalo: su quel cartello vi è l'emblema, da quello conoscerai il rimanente". Io mi avvicino e vedo su quel cartello dipinti quattro chiodi molto grossi. Mi rivolsi a lui dicendo: "Ma non capisco nulla, se non mi spiega!". "Non li vedi quei quattro chiodi? Osservali bene. Sono i quattro chiodi che forarono e tormentarono tanto crudelmente la persona del divin Salvatore".

7 Siate temperanti e vigilate (1 Pt 5, 8).

"E con ciò?". "Sono quattro chiodi che tormentano le congregazioni religiose. Se eviti questi quattro chiodi, cioè, che la tua Congregazione non resti tormentata da essi, che sappiate tenerli lontani, allora le cose andranno bene, voi sarete in salvo". "Ma io ne so come prima. Che cosa significano questi chiodi?". "Se vuoi sapere meglio, visita meglio quel carrozzone che ha i chiodi per emblema. Vedi, questo carrozzone ha quattro scompartimenti, ciascuno dei quali corrisponde ad un chiodo". "Ma questi scompartimenti che significano?". "Osserva che nell'entrata di ciascuno vi è un cartello con un'iscrizione la quale ti spiega tutto".

Osservo il primo scompartimento; leggo sul cartello: Quorum Deus venter est.' "Oh, adesso comincio a capire qualche cosa". Quel tale mi rispose: "Questo è il primo chiodo che tormenta e manda a rovina le congregazioni religiose. Esso farà anche strage da voi, se non stai attento. Combattilo bene e vedrai che le cose prospereranno".

"Ora veniamo al secondo scompartimento. Leggi l'iscrizione del secondo chiodo: Quaerunt quae sua sunt non quae Iesu Christi. 9 Qui vi sono quei che cercano le proprie comodità, gli agi e brigano per il bene proprio o forse anche dei parenti, e non cercano il bene della Congregazione, che è quello che forma la porzione di Gesù Cristo. Sta' attento, allontana questo flagello e vedrai prosperare la Congregazione".

Terzo scompartimento. Osservo l'iscrizione del terzo chiodo, ed era: Aspidis lingua eorum." "Chiodo fatale per le congregazioni sono i mormoratori, i sussurroni, quelli che cercano sempre di criticare o per dritto o per traverso".

Quarto scompartimento: Cubiculum otiositatis." "Qui sono gli oziosi in gran numero; quando si incomincia ad introdurre l'ozio, la comunità resta bell'e rovinata; invece, fin che si lavorerà molto, nessun pericolo per voi".

"Ora osserva ancora una cosa che vi è in questo carrozzone, a cui molte e molte volte non si bada ed io voglio che tu la osservi con attenzione tutta speciale. Vedi quel ripostiglio che non fa parte di nessun scompartimento, ma si estende un poco in tutti? Osservalo bene: è come un mezzo scompartimento o distretto". "Vedo, ma non c'è che rimasugli di foglie, erbaccia alta, altra più bassa, ingarbugliata". "Bene, bene: è questo che voglio che tu osservi". "Ma che cosa posso ricavare da questo?". "Osserva bene l'iscrizione che sta quasi nascosta". Osservo bene e vedo scritto: Latet anguis in herba.12 "Ma e con questo?". "Guarda, vi sono certi individui che stan nascosti; non parlano, ruminano tra loro soli. Sta' attento: latet anguis in herba. Sono veri flagelli, vera peste delle congregazioni.

8 Hanno come dio il loro ventre (Fil 3, 19).

9 Cercano i propri interessi, non quelli di Gesù Cristo (Fil 2, 21).

10 La loro è lingua di serpente.

11 La stanza dell'ozio.

12 La serpe si nasconde nell'erba (P. VIRGILIUS Matto, Carmina bucolica, 3, 93).

Ancorché cattivi, se fossero svelati si potrebbero correggere. Ma no, stanno nascosti. Noi non ce ne accorgiamo ed intanto il male si fa grave; il veleno si moltiplica nel cuore di costoro e quando venissero conosciuti non vi sarebbe più tempo a riparare il danno che già hanno prodotto. Impara dunque bene le cose che devi tener lontane dalla tua Congregazione. Tieni bene a mente quanto hai veduto. Da' ordine che queste cose siano spiegate e rispiegate a lungo. Facendo così stai tranquillo sulla tua Congregazione che le cose prospereranno un dì più dell'altro".

Allora io pregai quel tale che, per non dimenticare nessuna delle cose che mi aveva dette, mi lasciasse un po' di tempo da poterle scrivere. "Se vuoi far la prova, mi rispose, scrivile; ma temo che ti manchi il tempo. Sta' attento". Mentre esso mi dicevo queste cose ed io mi preparavo per scrivere, mi parve di sentire un rumore confuso, un'agitazione tutto attorno a me. Il pavimento di quel campo pareva che traballasse. Allora io mi volgo attorno per vedere se qualcosa di nuovo ci fosse e vedo i giovani, poco prima partiti, che tutti spaventati da ogni parte tornano a me, e subito dopo il muggito del toro ed il toro medesimo che li inseguiva. Quando il toro ricomparve io fui tanto spaventato dalla sua vista che mi svegliai.

Io vi ho raccontato in questa circostanza, prima di separarci, il sogno, ben persuaso di poter dire con tutta verità che sarebbe degna conclusione degli esercizi se noi proponiamo di attenerci al nostro stemma: Lavoro e Temperanza; e se procureremo a tutt'uomo di evitare i quattro grandi chiodi che martoriano le congregazioni: il vizio della gola; il cercare le agiatezze; le mormorazioni e l'ozio; a cui è da aggiungere che ciascuno sia sempre aperto, schietto e confidente coi propri superiori. In questo modo faremo del bene alle anime nostre e nello stesso tempo potremo anche salvare quelle che la Divina Provvidenza affiderà alle nostre cure.

Volendo venire ora a dare qualche ricordo speciale che serva per il corso di quest'anno, ecco quale sarebbe: che si cerchino tutti i mezzi per conservare la virtù regina, la virtù che custodisce tutte le altre; che se l'abbiamo, non sarà mai sola, anzi avrà per corteo tutte le altre; e se perdiamo questa, le altre o non ci sono o si perdono in breve tempo. Amatela questa virtù, amatela molto e ricordatevi che per conservarla bisogna lavorare e pregare: Non eicitur nisi in jejunio et oratione."

Sì, preghiera e mortificazione. Specialmente mortificazione negli sguardi, nel riposo, nel cibo e specialmente nel vino. Per il nostro corpo non cercare agiatezze, anzi quasi direi strapazzarlo. Non usargli riguardi, fuori che per necessità, quando la salute lo richiede, allora sì.

13 Non si scacciano se non col digiuno e la preghiera. Citazione a senso dalla Vulgata "Boe autem genus non ejicitur nisi per orationem et jejunium" (Mt 17, 20).

Del resto dare al corpo lo stretto necessario e non più; perché, diceva S. Paolo: Corpus hoc quod corrumpitur aggravat animam." Sì! Allora che cosa faceva S. Paolo? Castigo corpus meum et in servitutem redigo ut spiritui inserviat

Raccomando poi qui ciò che raccomandai nell'altra muta d'esercizi: obbedienza, pazienza, speranza... L'altra cosa è l'umiltà che bisogna cerchiamo di possedere noi ed inculcare nei nostri giovani e in tutti, virtù che viene ordinariamente chiamata il fondamento della vita cristiana e della perfezione.

Cose future per le vocazioni

16

9 maggio 1879

Grande e lunga battaglia di giovanetti contro guerrieri di vario aspetto, diverse forme con armi strane. In fine rimasero pochissimi superstiti.

Altra più accanita ed orribile battaglia avvenne tra mostri di forma gigantesca contro uomini di alta statura ben armati, ben esercitati. Essi avevano uno stendardo assai alto e largo nel cui centro stavano dipinte in oro queste parole: Maria Auxilium Christianorum. La pugna fu lunga, sanguinosa. Ma quelli che seguivano lo stendardo furono come invulnerabili e rimasero padroni di una vastissima pianura. A costoro si congiunsero i giovanetti superstiti alla antecedente battaglia e tra tutti formarono una specie d'esercito, avente ognuno per arma nella destra il santo crocifisso, nella sinistra un piccolo stendardo di Maria Ausiliatrice, modellato come sopra.

I novelli soldati fecero molte manovre in quella vasta pianura, poi si divisero e partirono gli uni all'Occidente, altri verso l'Oriente, alcuni pochi al Nord, molti al Mezzodì.

Scomparsi questi succedettero le stesse battaglie, le stesse manovre e partenze per le stesse direzioni.

Ho conosciuto alcuni delle prime zuffe; quelli che seguirono erano a me sconosciuti, ma essi davano a divedere che conoscevano me e mi facevano molte domande.

Scendette poco dopo una pioggia di fiammelle splendenti che sembravano di fuoco di vario colore.

14 Questo corpo corruttibile appesantisce l'anima. La citazione non è da san Paolo, ma da Sap 9, 15: "Corpus enim quod corrumpitur aggravat animam".

15 Punisco il mio corpo e lo rendo schiavo perché serva allo spirito. Citazione a senso e adattata dalla Vulgata: "Castigo corpus meum et in servitutem redigo: ne forte cum aliis prwdicaverim, ipse reprobus efficiar" (1 Cor 9, 27): Tratto duramente il mio corpo e lo trascino in schiavitù perché non succeda che dopo aver predicato agli altri, venga io stesso squalificato.

16 Autografo di don Bosco, pubblicato in C. ROMERO, I sogni di Don Bosco. Edizione critica, Leumann (Torino), Elle Di Ci 1978, pp. 51-57 (cf MB XIV, 123-125).

Tuonò e poi si rasserenò il cielo e mi trovai in un giardino amenissimo. Un uomo che aveva la fisionomia di S. Francesco di Sales, mi offrì un libretto senza dirmi parola. Chiesi chi fosse. "Leggi nel libro", rispose. Aprii il libro e stentavo a leggere. Potei però rilevare queste precise parole:

Ai novizi: Ubbidienza e diligenza in ogni cosa. Colla ubbidienza meriteranno le benedizioni del Signore e la benevolenza degli uomini. Colla diligenza combatteranno e vinceranno le insidie dei nemici spirituali.

Ai professi: Custodire gelosamente la virtù della castità. Amare il buon nome dei confratelli e promuovere il decoro della Congregazione.

Ai direttori: Ogni cura, ogni fatica per osservare e far osservare le Regole con cui ognuno si è consacrato a Dio.

Al superiore: Olocausto assoluto per guadagnare sé e i suoi soggetti a Dio. Molte altre cose erano stampate in quel libro, ma non potei più leggere perché la carta apparve azzurra come l'inchiostro.

— Chi siete voi? ho di nuovo domandato a quell'uomo che con sereno sguardo mi stava rimirando.

— Il mio nome è noto a tutti i buoni, e sono mandato per comunicarti alcune cose future.

— Quali?

— Quelle esposte e quelle che chiederai.

— Che debbo fare per promuovere le vocazioni?

— I Salesiani avranno molte vocazioni colla loro esemplare condotta, trattando con somma carità gli allievi e insistendo sulla frequente comunione.

— Che devesi osservare nell'accettazione dei novizi?

— Escludere i pigri ed i golosi.

— Nell'accettare ai voti? — Vegliare se avvi garanzia sulla castità.

— Come si potrà meglio conservare il buono spirito nelle nostre case?

— Scrivere, visitare, ricevere e trattare con benevolenza, e ciò con molta frequenza da parte dei primi superiori.

— Come dobbiamo regolarci nelle missioni?

— Mandare individui sicuri nella moralità; richiamare coloro che ne lasciassero intravvedere grave dubbio; studiare e coltivare le vocazioni indigene.

— Cammina bene la nostra Congregazione?

— Qui iustus est, iustificetur adhuc; Non progredi est regredi: Qui perseveraverit salvus erit."

— Si dilaterà molto?

— Finché i superiori fanno la parte loro crescerà e niuno potrà arrestarne la propagazione.

17 Chi è giusto sarà sempre giustificato (Ap 22, 11). Non andare avanti è come regredire. Chi persevererà sarà salvo (cf Mt 24, 13).

— Durerà molto tempo?

— La Congregazione vostra durerà fino a che i suoi ameranno il lavoro e la temperanza. Mancando una di queste due colonne il vostro edilizio mina schiacciando superiori ed inferiori e i loro seguaci.

In quel momento apparvero quattro individui portando una bara mortuaria e camminando verso di me.

— Per chi è questo? io dissi

— Per te.

— Presto?

— Non domandarlo, pensa solo che sei mortale.

— Che cosa mi volete significare con questa bara?

— Che devi far praticare in vita quello che desideri che i tuoi figli debbano praticare dopo di te. Questa è l'eredità, il testamento che devi lasciare ai tuoi figli; ma devi prepararlo e lasciarlo ben compiuto e ben praticato.

— Ci sovrastano fiori o spine?

— Sovrastano molte rose, molte consolazioni; ma sono imminenti spine pungentissime che cagioneranno in tutti profondissima amarezza e cordoglio. Bisogna pregare molto.

—A Roma dobbiamo andare?

— Sì ma adagio, colla massima prudenza e con raffinate cautele.

— Sarà imminente il fine della mia vita mortale?

— Non ti curare di questo. Hai le Regole, hai i libri, fa' quello che insegni agli altri. Vigila.

Volevo fare altre domande, ma scoppiò cupo tuono con lampi e fulmini, mentre alcuni uomini, o dirò meglio, orridi mostri si avventarono contro di me per sbranarmi. In quell'istante una tetra oscurità mi tolse la vista di tutto.

Mi credevo morto e mi son posto a gridare come frenetico. Mi svegliai e [mi] trovai ancor vivo ed erano le quattro e tre quarti del mattino.

Se c'è qualche cosa che ci possa essere vantaggiosa accettiamola.

In ogni cosa poi sia onore e gloria a Dio per tutti i secoli dei secoli.

I dieci diamanti

18

10- 11 settembre 1881

Spiritus Sancti gratia illuminet sensus et corda nostra. Amen 19

18 Autografo di don Bosco, pubblicato in C. ROMERO, I sogni di Don Bosco, pp. 59-71 (ef MB XV, 183-187). È detto anche "sogno di San Benigno Canavese"; uno dei testi più importanti per la spiritualità dei Salesiani,

19 La grazia dello Spirito Santo illumini i nostri sensi e i nostri cuori. Amen.

Il dieci settembre anno corrente (1881), giorno che santa Chiesa consacra al glorioso nome di Maria, i Salesiani raccolti in S. Benigno Canavese, facevano gli esercizi spirituali. Nella notte dal 10 all'Il, mentre dormivo, la mente si trovò in una gran sala splendidamente ornata. Mi sembrava di passeggiare coi direttori delle nostre case quando apparve tra noi un uomo di aspetto così maestoso, che non potevamo reggerne lo sguardo. Datoci uno sguardo senza parlare, si pose a camminare a distanza di qualche passo da noi.

Egli era così vestito. Un ricco manto a guisa di mantello gli copriva la persona. La parte più vicina al collo era come una fascia che si rannodava davanti ed una fettuccia gli pendeva sul petto. Sulla fascia stava scritto a caratteri luminosi: Pia Salesianorum Societas anno 1881, e sulla striscia d'essa fascia portava scritte queste parole: Qualis esse debet."

Dieci diamanti di grossezza e splendore straordinario erano quelli che ci impedivano di fermare lo sguardo, se non con gran pena, sopra quell'augusto personaggio.

Tre di quei diamanti erano sul petto ed era scritto sopra di uno Fides, sull'altro Spes e Charitas su quello che stava sul cuore. Il quarto diamante era sulla spalla destra ed aveva scritto: Labor; sopra il quinto nella spalla sinistra legge-vasi Temperantia.

Gli altri cinque diamanti ornavano la parte posteriore del manto ed erano così disposti: uno più grosso e più folgoreggiante stava in mezzo come il centro di un quadrilatero, e portava scritto: Obedientia. Sul primo a destra leggevasi: Votum Paupertatis. Sul secondo più abbasso: Praemium. Nella sinistra sul più elevato era scritto: Votum Castitatis. Lo splendore di questo mandava una luce tutta speciale e mirandolo traeva e attaccava lo sguardo come la calamita tira il ferro. Sul secondo a sinistra più abbasso stava scritto Ieiunium. Tutti questi quattro ripiegavano i luminosi loro raggi verso il diamante del centro.

Dilucidazione - Per non cagionare confusione è bene di notare che questi brillanti tramandavano dei raggi che a guisa di fiammelle si alzavano e portavano scritte qua e colà varie sentenze: sulla Fede si elevavano le parole: Sumite scutum fidei ut adversus insidias diaboli certare possitis.2' Altro raggio aveva: Fides sine operibus mortua est?' Non auditores, sed factores legis regnum Dei possidebunt.23

20 Come deve essere.

21 Prendete lo scudo della fede, per poter combattere contro le insidie del demonio. Citazione a senso dalla Vulgata: "In omnibus sumentes scutum fidei, in quo possitis omnia tela nequissimi ignea extinguere" (Ef 6, 16): In ogni situazione tenete in mano lo scudo della fede, con il quale potrete spegnere i dardi infuocati del maligno.

22 La fede senza le opere è morta (Gc 2, 20).

23 Non quelli che si limitano ad ascoltare, ma coloro che mettono in pratica la legge possederanno il regno di Dio. Citazione a senso e accomodata dalla Vulgata: "Non enim auditores legis justi sunt apud Deum, sed factores legis justificabuntur" (Rm 2, 13): Non coloro che ascoltano la legge sono giustificati davanti a Dio, ma quelli che mettono in pratica la legge.

Sui raggi della Speranza: Sperate in Domino, non in hominibus.24 Semper vestra fixa sint corda ubi vera sunt gaudia.25

Sui raggi della Carità: Alter alterius onera portate si vultis adimplere legem mea .26 Diligite et diligemini. Sed diligite animas vestras et vestrorum.27 Devote divinum officium persolvatur; Missa attente celebretur; Sanctum Sanctorum peramanter visitetur.28

Sulla parola Labor: Remedium concupiscentiae; Arma potens contra omnes insidias diaboli."

Sulla Temperanza: Si lignum tollis, ignis extinguitur.3° Pactum constitue cum oculis tuis, cum gula, cum somno, ne huiusmodi inimici depraedentur ani-mas vestras." Intemperantia et castitas non possunt simul cohabitare.32

Sui raggi dell'Obbedienza: Totius aedificii fundamentum, et sanctitatis compendium.33

Sui raggi della Povertà: Ipsorum est Regnum coelorum.34 Divitiae sunt spinae.35 Paupertas non verbis, sed corde et opere conficitur." Ipsa coeli ianuam aperiet et introibit.37

Sui raggi della Castità: Omnes virtutes veniunt pariter cum illa.38 Qui mundo sunt corde, Dei arcana vident, et Deum ipsum videbunt.39

24 Sperate nel Signore, non negli uomini.

25 I vostri cuori siano costantemente rivolti dove sono le vere gioie. L'espressione è tratta da una colletta del Missale Romanum (Dom. IV post Pascha).

26 Portate i pesi gli uni degli altri, se volete adempirete la mia legge. Citazione a senso dalla Vulgata: "Alter alterius onera portate, et sic adimplebitis legem Christi" (Gal 6, 2).

27 Amate e sarete amati. Ma amate le anime vostre e quelle del vostro prossimo.

28 Si reciti devotamente la liturgia delle Ore; si celebri con attenzione la messa; si visiti con molto amore il Santo dei Santi.

29 Rimedio della concupiscenza; arma potente contro tutte le insidie del diavolo.

30 Se togli la legna, il fuoco si spegne.

31 Fa' un patto con i tuoi occhi, con la gola, col sonno, affinché questi nemici non devastino le vostre anime. Citazione a senso e ampliata dalla Vulgata: "Pepigi fcedus cum oculis meis" (Gb 31, 1): Ho fatto un patto con i miei occhi.

32 L'intemperanza e la castità non possono stare insieme.

33 Fondamento di tutto l'edificio e compendio della santità. Tommaso d'Aquino usa l'espressione "fundamentum totius spiritualis aedificii", parlando della fede (In III Sent., d. 23, q. 2, q. 1, a. 1, ad 1; cf Summa Theologiae, II-II, q. 4, a. 7).

34 Di questi è il regno dei cieli (Mt 5, 3).

35 Le ricchezze sono spine.

36 La povertà non si vive a parole, ma col cuore e con le opere.

37 Essa aprirà la porta del cielo e v'introdurrà.

38 Tutte le virtù vengono insieme con lei. Citazione a senso e adattata dalla Vulgata: "Venerunt autem mihi omnia bora pariter cum illa" (Sap 7, 11): Insieme con essa mi sono venuti tutti i beni.

39 I puri di cuore vedono i segreti di Dio e vedranno Dio stesso. Citazione a senso ed ampliata dalla Vulgata: "Beati mundo corde, quoniam ipsi Deum videbunt" (Mt 5, 8).

Sui raggi del Premio: Si delectat magnitudo praemiorum, non deterreat multitudo laborum." Qui mecum patitur, mecum gaudebit.41 Momentaneum est quod patimur in terra, aeternum est quod delectabit in coelo amicos meos .42

Sui raggi del Digiuno: Arma potentissima adversus insidias inimici.43 Omnium virtutum custos .44 Omne genus daemoniorum per ipsum ejicitur.45

Un largo nastro a color di rosa serviva d'orlo nella parte inferiore del manto, e sopra questo nastro era scritto: Argumentum praedicationis, mane, meridie et vespere.46 Colligite fragmenta virtutum et magnum sanctitatis aedificium vobis constituetis .47 Vae vobis qui modica spernitis, paulatim decidetis .48

Fino allora i direttori erano chi in piedi, chi ginocchioni; ma tutti attoniti e niuno parlava. A questo punto D. Rua come fuor di sé disse: — Bisogna prendere nota per non dimenticare. Cerca una penna e non la trova; cava fuori il portafoglio, fruga e non ha la matita. Io mi ricorderò, disse D. Durando. Io voglio notare, aggiunse D. Fagnano, e si pose a scrivere col gambo di una rosa. Tutti miravamo e comprendevamo la scrittura. Quando D. Fagnano cessò di scrivere, D. Costamagna continuò a dettare così: La carità capisce tutto, sopporta tutto, vince tutto; predichiamola colle parole e coi fatti.

Mentre D. Fagnano scriveva, scomparve la luce e tutti ci trovammo in folte tenebre. — Silenzio, disse D. Ghivarello, inginocchiamoci, preghiamo e la luce verrà. D. Lasagna cominciò il Veni Creator, poi il De Profundis, Maria Auxilium Christianorum ecc. cui tutti rispondemmo. Quando fu detto: Ora pro nobis, riapparve una luce, che circondava un cartello in cui leggevasi: Pia Salesianorum Societas qualis esse periclitatur anno salutis 1900.49

Un istante dopo la luce divenne più viva a segno che potevamo vederci e conoscerei a vicenda.

40 Se attrae la grandezza del premio, non spaventi la quantità delle fatiche (cf GREGO1UUS MAGNUS, Homiliae in Evangelia, XXXVII).

41 Chi soffre con me, con me gioirà.

42 Quanto si soffre sulla terra è momentaneo, eterno invece è quanto rallegrerà gli amici miei in cielo. Citazione ispirata alla Vulgata: "Quod in prwsenti est momentaneum et leve tribulationis nostrx, sopra modum in sublimitate wternum glori pondus operatur in nobis" (2 Cor 4, 17): Il momentaneo e leggero peso della nostra tribolazione, ci procura una quantità smisurata ed eterna di gloria.

43 Arma potentissima contro le insidie del nemico.

44 Custode di tutte le virtù.

45 Con esso si scaccia ogni tipo di tentazioni. È un rimando al testo della Vulgata: "Hoc autem genus non ejicitur nisi per orationem et jejuniuna" (Mt 17, 20): Questa razza di demoni non si scaccia se non con la preghiera e il digiuno.

46 Argomento di predicazione, mattino, mezzogiorno e sera.

47 Curate i dettagli delle virtù e costruirete un grande edificio di santità.

48 Guai a voi che disprezzate le piccole cose, a poco a poco andrete in decadenza. Citazione a senso e adattata dalla Vulagata: "Qui spernit modica paulatim decidet" (Sir 19, 1): Chi disprezza le piccole cose è destinato a una lenta rovina.

49 La Pia Società Salesiana quale rischia di essere nell'anno 1900.

In mezzo a quel bagliore apparve di nuovo il personaggio di prima, ma con aspetto malinconico simile a colui che comincia a piangere. Il suo manto era divenuto scolorato, tarlato, sdrucito. Nel sito dove stavano fissi i diamanti eravi invece un profondo guasto cagionato dal tarlo e da altri piccoli insetti.

Respicite, egli ci disse, et intelligite." Ho veduto che i dieci diamanti erano divenuti altrettanti tarli che rabbiosi rodevano il manto.

Pertanto al diamante della Fides erano sottentrati: somnus et accidia." A Spes eravi risus et scurrilitas .52

A Charitas: Negligentia in divinis perficiendis.53 Amant et quaerunt quae sua sunt, non quae Iesu Christi."

A Temperantia: Gula et quorum Deus venter est."

A Labor: Somnus, furtum et otiositas.56

Al posto dell' Obedientia eravi niente altro che un guasto largo e profondo senza scritto.

A Castitas: Concupiscentia oculorum et superbia vitae.57

A Povertà era succeduto: Lectum, habitus, potus et pecunia."

A Praemium: Pars nostra erunt quae sunt super terram.59

A Ieiunium eravi un guasto, ma niente di scritto.

A quella vista fummo tutti spaventati. D. Lasagna cadde svenuto, D. Cagliero divenne pallido come una camicia e appoggiandosi sopra una sedia gridò: "Possibile che le cose siano già a questo punto?". D. Lazzero e D. Guidazio stavano come fuori di sé e si porsero la mano per non cadere. D. Francesia, il conte Cays, D. Barberis e D. Leveratto erano quivi ginocchioni pregando con in mano la corona del santo rosario.

In quel tempo si fece intendere una cupa voce: Quomodo mutatus est color optimus!60

Ma nell'oscurità succedette un fenomeno singolare. In un istante ci trovammo avvolti in folte tenebre, nel cui mezzo apparve tosto una luce vivissima, che aveva forma di corpo umano. Non potevamo tenerci sopra lo sguardo, ma potemmo scorgere che era un avvenente giovanetto vestito di abito bianco lavorato con fili d'oro e d'argento.

50 Guardate e imparate.

51 Sonno e accidia.

52 Riso e parole scurrili.

53 Negligenza nelle sacre celebrazioni.

54 Amano e cercano i propri interessi, non quelli di Gesù Cristo (Fil 2, 21).

55 Gola; hanno come dio il loro ventre (Fil 3, 19).

56 Sonno, furto e ozio.

57 Concupiscenza degli occhi e superbia della vita (1 Gv 2, 16).

58 Riposo, vestito, bevute e denaro,

59 Nostro guadagno sono i beni terreni.

60 Quanto si è alterato quel bel colore (Lam 4, 1).

Tutto attorno all'abito vi era un orlo di luminosissimi diamanti. Con aspetto maestoso, ma dolce ed amabile si avanzò alquanto verso di noi e ci indirizzò queste parole testuali:

«Servi et instrumenta Dei Omnipotentis, attendite et intelligite. Confortamini et estote robusti. Quod vidistis et audistis est coelestis admonitio quae nunc vobis et fratribus vestris fatta est; animadvertite et intelligite sermonem. Iacula praevisa minus feriunt, et praeveniri possunt. Quot sunt verba signata, tot sint argumenta praedicationis. Indesinenter praedicate opportune et importune. Sed quae praedicatis, constanter facite, adeo ut opera vestra sint velut lux quae sicuti tuta traditio ad fratres et filios vestros pertranseat de generatione in generationem. Attendite et intelligite: — Estote oculati in tironibus acceptandis; fortes in colendis; prudentes in admittendis. Omnes probate; sed tantum quod bonum est tenete. Leves et mobiles dimittite. Attendite et intelligite: — Meditano matutina et vespertina sit indesinenter de observantia Constitutionum. Si id feceritis numquam vobis deficiet Omnipotentis auxilium. Spectaculum fatti eritis mundo et angelis et tunc gloria vestra erit gloria Dei. Qui videbunt saeculum hoc exiens et alterum incipiens, ipsi dicent de vobis: —A Domino factum est istud et est mirabile in oculis nostris. Tunc omnes fratres vestri et filii vestri una voce cantabunt: — Non nobis, Domine, non nobis; sed nomini tuo da gloriam».61

Queste ultime parole furono 'cantate, ed alla voce di chi parlava si unì una moltitudine di altre voci così armoniose, sonore, che noi rimanemmo privi di sensi e, per non cadere svenuti, ci siamo uniti agli altri a cantare. Al momento che finì il canto si oscurò la luce. Allora mi svegliai, e mi accorsi che si faceva giorno.

61 «Servi e strumenti di Dio Onnipotente, ascoltate e intendete. Fatevi coraggio e siate forti. Quanto avete veduto e udito è un avviso del cielo, inviato ora a voi e ai vostri fratelli. Fate attenzione e intendete bene quello che vi si dice. I colpi previsti fanno minor danno e si possono prevenire. Le parole indicate, siano altrettanti argomenti di predicazione. Predicate incessantemente, a tempo opportuno e inopportuno. Ma le cose che predicate fatele sempre, così che le vostre opere siano come luce, che sotto forma di sicura tradizione s'irradi sui vostri fratelli e figli di generazione in generazione. Ascoltate bene e intendete: — Siate oculati nell'accettare i novizi, forti nel coltivarli, prudenti nell'ammetterli [alla professione]. Provateli tutti, ma tenete soltanto il buono. Mandate via quelli leggeri e volubili. Ascoltate bene e intendete: — La meditazione del mattino e della sera sia costantemente sull'osservanza delle Costituzioni. Se ciò farete, non vi verrà mai a mancare l'aiuto dell'Onnipotente. Diverrete spettacolo per il mondo e per gli angeli e allora la vostra gloria sarà gloria di Dio. Coloro che vedranno la fine di questo secolo e l'inizio dell'altro diranno di voi: — Dal Signore è stato fatto questo ed è ammirabile agli occhi nostri. Allora tutti i fratelli e figli vostri canteranno: — Non a noi, Signore, non a noi, ma al tuo nome dà gloria».

Promemoria — Questo sogno mi durò quasi l'intera notte e sul mattino mi trovai stremato di forze. Tuttavia per il timore di dimenticarmene mi sono levato in fretta e presi alcuni appunti che mi servirono come di richiamo a ricordare quanto qui ho esposto nel giorno della presentazione di Maria santissima al tempio.

Non mi fu possibile ricordare tutto. Tra le molte cose ho potuto con sicurezza rilevare che il Signore ci usa grande misericordia. La nostra Società è benedetta dal cielo, ma egli vuole che noi prestiamo l'opera nostra. I mali minacciati saranno prevenuti se noi predicheremo sopra le virtù e sopra i vizi ivi notati: se ciò che predichiamo, lo praticheremo e lo tramanderemo ai nostri fratelli con una tradizione pratica di quanto si è fatto e faremo.

Ho potuto eziandio rilevare che ci sono imminenti molte spine, molte fatiche cui terranno dietro grandi consolazioni. Circa 1890 gran timore; circa 1895 gran trionfo. Maria Auxilium Christianorum, ora pro nobis.

Parte IV RACCOMANDAZIONI FINALI DI UN PADRE

E PREOCCUPAZIONI DI UN FONDATORE

Vengono riprodotte le parti salienti di un taccuino autografo di don Bosco, chiamato dalla tradizione salesiana "Testamento spirituale" :

1. Addio, miei cari ed amati figliuoli in Gesù Cristo (p. 219).

2. Avvisi speciali per tutti (p. 220).

3. Aspiranti alla vocazione salesiana (pp. 220-221).

4. Il direttore di una casa coi suoi confratelli (pp. 221-222).

5. Raccomandazione fondamentale a tutti i Salesiani e le Salesiane (pp. 222-223).

6. L'avvenire (p. 223).

7. Ultimo saluto ai benefattori e ai Cooperatori (pp. 224-226).

1. ADDIO, MIEI CARI ED AMATI FIGLIUOLI IN GESÙ CRISTO

1

Prima di partire per la mia eternità io debbo compiere verso di voi alcuni doveri e così appagare un vivo desiderio del mio cuore.

Anzitutto io vi ringrazio col più vivo affetto dell'animo per l'ubbidienza che mi avete prestata e di quanto avete lavorato per sostenere e propagare la nostra Congregazione. Io vi lascio qui in terra, ma solo per un po' di tempo. Spero che la infinita misericordia di Dio farà che ci possiamo tutti trovare un dì nella beata eternità. Colà io vi attendo.

Vi raccomando di non piangere la mia morte. Questo è un debito che tutti dobbiamo pagare, ma dopo ci sarà largamente ricompensata ogni fatica sostenuta per amor del nostro maestro, il nostro buon Gesù. Invece di piangere fate delle ferme ed efficaci risoluzioni di rimanere saldi nella vocazione fino alla morte.

Vegliate e fate che né l'amor del mondo né l'affetto ai parenti né il desiderio di una vita più agiata vi muovano al grande sproposito di profanare i sacri voti e così tradire la professione religiosa con cui ci siamo consacrati al Signore. Niuno riprenda quello che abbiamo dato a Dio.

Se mi avete amato in passato, continuate ad amarmi in avvenire colla esatta osservanza delle nostre Costituzioni. Il vostro primo rettore è morto. Ma il nostro vero superiore, Cristo Gesù, non morrà. Egli sarà sempre nostro maestro, nostra guida, nostro modello; ma ritenete che a suo tempo egli stesso sarà nostro giudice e rimuneratore della nostra fedeltà nel suo servizio.

Il vostro rettore è morto, ma ne sarà eletto un altro che avrà cura di voi e della vostra eterna salvezza. Ascoltatelo, amatelo, ubbiditelo, pregate per lui, come avete fatto per me.

Addio, o cari figliuoli, addio. Io vi attendo al cielo. Là parleremo di Dio, di Maria, madre e sostegno della nostra Congregazione; là benediremo in eterno questa nostra Congregazione, la cui osservanza delle Regole contribuì potentemente ed efficacemente a salvarci. Sit nomen Domini benedictum ex hoc nunc et usque in saeculum. In te Domine speravi, non confundar in aeternum.2

1 F. Morro (ed.), Memorie dal 1841 al 1884-5-6 pel sac. Gio. Bosco a' suoi figliuoli Salesiani. (Testamento spirituale), Roma, LAS 1985, pp. 30-32.

2 Sia benedetto il nome del Signore ora e per sempre. In te Signore ho sperato, non sarò confuso in eterno (Sal 71, l).

2. AVVISI SPECIALI PER TUTTI

3

l° Io raccomando caldamente a tutti i miei figli di vegliare, sia nel parlare sia nello scrivere, di non mai né raccontare né asserire che D. Bosco abbia ottenuto grazie da Dio od abbia in qualsiasi maniera operato miracoli. Egli commetterebbe un dannoso errore. Sebbene la bontà di Dio sia stata in misura generosa verso di me, tuttavia io non ho mai preteso di conoscere od operare cose soprannaturali. Io non ho fatto altro che pregare e far domandare delle grazie al Signore da anime buone. Ho poi sempre sperimentato efficaci le preghiere e le comunioni dei nostri giovani. Dio pietoso e la sua Madre santissima ci vennero in aiuto nei nostri bisogni. Ciò si verificò specialmente ogni volta che eravamo in bisogno di provvedere ai nostri giovanetti poveri ed abbandonati e più ancora quando essi trovavansi in pericolo delle anime loro.

2° La santa Vergine Maria continuerà certamente a proteggere la nostra Congregazione e le opere salesiane, se noi continueremo la nostra fiducia in lei e continueremo a promuovere il suo culto. Le sue feste e più ancora le sue solennità, le sue novene, i suoi tridui, il mese a lei consacrato siano sempre caldamente inculcati in pubblico ed in privato; coi foglietti, coi libri, colle medaglie, colle immagini, col pubblicare o semplicemente raccontare le grazie e le benedizioni che questa nostra celeste benefattrice ad ogni momento concede alla sofferente umanità.

3° Due fonti di grazie per noi sono: raccomandare preventivamente in tutte le occasioni di cui possiamo servirci per inculcare ai nostri giovani allievi che in onore di Maria si accostino ai santi sacramenti od esercitino almeno qualche opera di pietà. L'ascoltare con divozione la santa messa, la visita a Gesù sacramentato, la frequente comunione sacramentale o almeno spirituale, sono di sommo gradimento a Maria e un mezzo potente per ottenere grazie speciali.

3. ASPIRANTI ALLA VOCAZIONE SALESIANA

4

Per aspiranti noi qui intendiamo quei giovanetti che desiderano formarsi un tenore di vita cristiana che li renda degni a suo tempo di abbracciare la Congregazione salesiana o come chierici o come confratelli coadiutori.

A costoro sia usata diligenza particolare. Ma siano soltanto tenuti in questo numero quelli che hanno intenzione di farsi Salesiani o almeno non ne siano contrari, quando tale sia la volontà di Dio.

Sia loro fatta una conferenza particolare almeno due volte al mese.

3 F. Morro (ed.), Memorie dal 1841 al 1884-5-6, pp. 35-36.

4 Ibid., pp. 39-40.

In tali conferenze si tratti di quanto un giovanetto debba praticare o fuggire per divenire buon cristiano. Il Giovane provveduto somministra i principali argomenti su tale materia.

Non si parli però loro delle nostre Regole in particolare né dei voti né dell'abbandonare casa o parenti; sono cose che entreranno in cuore senza che se ne faccia tema di ragionamento.

Si tenga fermo il gran principio: bisogna darsi a Dio o più presto o più tardi, e Dio chiama beato colui che comincia a consacrarsi al Signore in gioventù. Beatus homo cum portaverit jugum ab adolescentia sua.' Il mondo poi, con tutte le sue lusinghe, parenti, amici, casa, o più presto o più tardi o per amore o per forza bisogna abbandonar tutto e lasciarlo per sempre.

4. IL DIRETTORE DI UNA CASA COI SUOI CONFRATELLI

6

Il direttore deve essere modello di pazienza, di carità con i suoi confratelli che da lui dipendono e perciò:

1° Assisterli, aiutarli, istruirli sul modo di adempire i propri doveri, ma non mai con parole aspre od offensive.

2° Faccia vedere che ha con loro grande confidenza; tratti con benevolenza degli affari che li riguardano. Non faccia mai rimproveri, né dia mai severi avvisi in presenza altrui. Ma procuri di ciò far sempre in camera caritatis, ossia dolcemente, strettamente in privato.

3° Qualora poi i motivi di tali avvisi o rimproveri fossero pubblici, sarà pure necessario di avvisare pubblicamente, ma tanto in chiesa, quanto nelle conferenze speciali non si facciano mai allusioni personali. Gli avvisi, i rimproveri, le allusioni fatte palesemente offendono e non ottengono l'emendazione.

4° Non dimentichi mai il rendiconto mensile per quanto è possibile; ed in quell'occasione ogni direttore diventi l'amico, il fratello, il padre dei suoi dipendenti. Dia a tutti tempo e libertà di fare i loro riflessi, esprimere i loro bisogni e le loro intenzioni. Egli poi dal canto suo apra a tutti il suo cuore senza mai far conoscere rancore alcuno; neppure ricordare le mancanze passate se non per darne paterni avvisi o richiamare caritatevolmente al dovere chi ne fosse negligente.

5° Faccia in modo di non mai trattare di cose relative alla confessione a meno che il confratello ne faccia domanda. In tali casi non prenda mai risoluzioni da tradursi in foro esterno senza essere ben inteso col socio di cui si tratta.

6° Per lo più il direttore è il confessore ordinario dei confratelli. Ma con prudenza procuri di dare ampia libertà a chi avesse bisogno di confessarsi da un altro. Resta però inteso che tali confessori particolari devono essere conosciuti ed approvati dal superiore secondo le nostre Regole.

5 Beato l'uomo che ha portato il giogo fin dalla giovinezza (Lam 3, 27).

6 F. MOTTO (ed.), Memorie dal 1841 al 1884-5-6, pp. 47-49.

7° Siccome poi chi va in cerca di confessori eccezionali dimostra poca confidenza col direttore, così esso, il direttore, deve aprire gli occhi e portare l'attenzione particolare sopra l'osservanza delle altre regole e non affidare a quel confratello certe incombenze che sembrassero superiori alle forze morali o fisiche di lui.

N.B. Quanto dico qui è affatto estraneo ai confessori straordinari che il superiore, direttore, ispettore, avranno cura di fissare a tempo opportuno.

8° In generale poi il direttore di una casa tratti sovente e con molta famigliarità coi confratelli, insistendo sulla necessità della uniforme osservanza delle Costituzioni e per quanto è possibile ricordi anche le parole testuali delle medesime.

9° Nei casi di malattia osservi quanto le Regole prescrivono e quanto stabiliscono le deliberazioni capitolari.

10° Sia facile a dimenticare i dispiaceri e le offese personali e colla benevolenza e coi riguardi studi di vincere o meglio di correggere i negligenti, i diffidenti ed i sospettosi. Vince in bono malum.7

5. RACCOMANDAZIONE FONDAMENTALE A TUTTI I SALESIANI E LE SALESIANE

8

Amate la povertà se volete conservare in buono stato le finanze della Congregazione.

Procurate che niuno abbia a dire: questo suppellettile non dà segno di povertà, questa mensa, questo abito, questa camera non è da povero. Chi porge motivi ragionevoli di fare tali discorsi, egli cagiona un disastro alla nostra Congregazione che deve sempre gloriarsi del voto di povertà. Guai a noi se coloro da cui attendiamo carità potranno dire che teniamo vita più agiata della vita loro. Ciò s'intende sempre da praticarsi rigorosamente quando ci troviamo nello stato normale di sanità, perciocché nei casi di malattia devono usarsi tutti i riguardi che le nostre Regole permettono.

Ricordatevi che sarà per voi sempre una bella giornata quando vi riesce vincere coi benefizi un nemico o farvi un amico.

Non mai tramonti il sole sopra la vostra iracondia, né mai richiamate alla memoria le offese perdonate, non mai ricordare il danno, il torto dimenticato.

7 Vinci il male con il bene (Rm 12, 21).

8 F. MOTTO (ed.), Memorie da11841 al 1884-5-6, pp. 56-57.

Diciamo sempre di cuore: Dimitte nobis debita nostra sicut et nos dimittimus debitoribus nostris.9 Ma con una dimenticanza assoluta e definitiva di tutto ciò che in passato ci abbia cagionato qualche oltraggio. Amiamo tutti con amore fraterno.

Queste cose siano esemplarmente osservate da quelli che esercitano sopra gli altri qualche autorità.

6. L'AVVENIRE

10

La nostra Congregazione ha davanti un lieto avvenire preparato dalla divina Provvidenza e la sua gloria sarà duratura fino a tanto che si osserveranno le nostre Regole.

Quando cominceranno tra noi le comodità o le agiatezze, la nostra pia Società ha compiuto il suo corso.

Il mondo ci riceverà sempre con piacere fino a tanto che le nostre sollecitudini saranno dirette ai selvaggi, ai fanciulli più poveri, più pericolanti della società. Questa è per noi la vera agiatezza che niuno invidierà e niuno verrà a rapirci.

Non si vadano a fondare case se non avvi il necessario personale per la direzione delle medesime.

Non molte case vicine. Se una è distante dall'altra i pericoli sono assai minori.

Cominciata una missione all'estero si continui con energia e sacrificio. Lo sforzo sia sempre a fare e stabilire delle scuole e tirare su qualche vocazione per lo stato ecclesiastico o qualche suora tra le fanciulle.

A suo tempo si porteranno le nostre missioni nella Cina e precisamente a Pechino. Ma non si dimentichi che noi andiamo pei fanciulli poveri ed abbandonati. Là fra popoli sconosciuti ed ignoranti del vero Dio si vedranno le meraviglie finora non credute, ma che Iddio potente farà palesi al mondo.

Non si conservino proprietà stabili fuori delle abitazioni di cui abbiamo bisogno.

Quando in qualche impresa religiosa vengono a mancarci i mezzi pecuniari, si sospendano, ma siano continuate le opere cominciate appena le nostre economie, i sacrifici lo permetteranno.

Quando avverrà che un salesiano soccomba e cessi di vivere lavorando per le anime, allora direte che la nostra Congregazione ha riportato un gran trionfo e sopra di essa discenderanno copiose le benedizioni del cielo.

9 Rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori (Mt 6, 9-12).

10 F. Motto (ed.), Memorie dal 1841 al 1884-5-6, pp. 58-59.

7. ULTIMO SALUTO AI BENEFATTORI E AI COOPERATORI

11

Miei buoni benefattori, e mie buone benefattrici,

Sento che si avvicina la fine di mia vita, ed è prossimo il giorno, in cui dovrò pagare il comune tributo alla morte e discendere nella tomba. Prima di lasciarvi per sempre in questa terra io debbo sciogliere un debito verso di voi e così soddisfare ad un grande bisogno del mio cuore.

Il debito che io debbo sciogliere è quello della gratitudine per tutto ciò che voi avete fatto coll'aiutarmi nell'educare cristianamente e mettere sulla via della virtù e del lavoro tanti poveri giovanetti, affinché riuscissero la consolazione della famiglia, utili a se stessi ed alla civile società e soprattutto affinché salvassero la loro anima e in tal modo si rendessero eternamente felici.

Senza la vostra carità io avrei potuto fare poco o nulla; colla vostra carità abbiamo invece cooperato colla grazia di Dio ad asciugare molte lacrime e a salvare molte anime. Colla vostra carità abbiamo fondato numerosi collegi ed ospizi, dove furono e sono mantenuti migliaia di orfanelli tolti dall'abbandono, strappati dal pericolo della irreligione e della immoralità e mediante una buona educazione, collo studio e coll'apprendimento di un'arte, fatti buoni cristiani e savi cittadini.

Colla vostra carità abbiamo stabilito le missioni sino agli ultimi confini della terra, nella Patagonia e nella Terra del Fuoco, e inviato centinaia di operai evangelici ad estendere e coltivare la vigna del Signore.

Colla vostra carità abbiamo impiantato tipografie in varie città e paesi, pubblicato tra il popolo a più milioni di copie libri e fogli in difesa della verità, a fomento della pietà e a sostegno del buon costume.

Colla vostra carità ancora abbiamo innalzate molte cappelle e chiese, nelle quali per secoli e secoli sino alla fine del mondo si canteranno ogni giorno le lodi di Dio e della beata Vergine e si salveranno moltissime anime.

Convinto che, dopo Dio, tutto questo ed altro moltissimo bene fu fatto mediante l'aiuto efficace della vostra carità, io sento il bisogno di esternarvene e perciò prima di chiudere gli ultimi miei giorni ve ne esterno la più profonda gratitudine e ve ne ringrazio dal più intimo del cuore.

Ma se avete aiutato me con tanta bontà e perseveranza, ora vi prego che continuiate ad aiutare il mio successore dopo la mia morte. Le opere che col vostro appoggio io ho cominciate non hanno più bisogno di me, ma continuano ad avere bisogno di voi e di tutti quelli che come voi amano di promuovere il bene su questa terra. A tutti pertanto io le affido e le raccomando.

11 Ibid., pp. 60-62. Circolare a stampa inserita nel Bollettino Salesiano del maggio 1888.

A vostro incoraggiamento e conforto lascio al mio successore che nelle comunì e private preghiere, che si fanno e si faranno nelle case salesiane, siano sempre compresi i nostri benefattori e le nostre benefattrici, e che metta ognora l'intenzione che Dio conceda il centuplo della loro carità anche nella vita presente colla sanità e concordia nella famiglia, colla prosperità nelle campagne e negli affari e colla liberazione ed allontanamento da ogni disgrazia.

A vostro incoraggiamento e conforto noto ancora che l'opera più efficace ad ottenerci il perdono dei peccati ed assicurarci la vita eterna è la carità fatta ai piccoli fanciulli: Uni ex minimis, ad un piccolino abbandonato, come ne assicura il divino maestro Gesù.12 Vi fo eziandio notare come in questi tempi, facendosi molto sentire la mancanza dei mezzi materiali per educare e fare educare nella fede e nel buon costume i giovanetti più poveri ed abbandonati, la santa Vergine si costituì essa medesima loro protettrice; e perciò ottiene ai loro benefattori e alle loro benefattrici molte grazie e spirituali ed anche temporali straordinarie.

Io stesso e con me tutti i Salesiani siamo testimoni che molti nostri benefattori, i quali prima erano di scarsa fortuna, divennero assai benestanti dopo che cominciarono a largheggiare in carità verso i nostri orfanelli.

In vista di ciò e ammaestrati dalla esperienza parecchi di loro, chi in un modo e chi in un altro, mi dissero più volte queste ed altre consimili parole: Non voglio che lei mi ringrazi quando fo la carità ai suoi poverelli; ma debbo io ringraziare lei che me ne fa domanda. Dacché ho cominciato a sovvenire i suoi orfanelli le mie sostanze hanno triplicato. Un altro signore, il commendator Antonio Cotta, veniva sovente egli stesso a portare limosine, dicendo: Più le porto danaro per le sue opere e più i miei affari vanno bene. Io provo col fatto che il Signore mi dà anche nella vita presente il centuplo di quanto io dono per amor suo. Egli fu nostro insigne benefattore fino alla età di 86 anni, quando Iddio lo chiamò alla vita eterna per godere colà il frutto della sua beneficenza.

Sebbene stanco e sfinito di forze io non lascerei più di parlarvi e raccomandarvi i miei fanciulli, che sto per abbandonare; ma pur debbo far punto e deporre la penna.

Addio, miei cari benefattori, Cooperatori Salesiani e Cooperatrici, addio.

Molti di voi io non ho potuto conoscere di persona in questa vita, ma non importa: nell'altro mondo ci conosceremo tutti e in eterno ci rallegreremo insieme del bene che colla grazia di Dio abbiamo fatto in questa terra, specialmente a vantaggio della povera gioventù.

Se dopo la mia morte, la divina misericordia, pei meriti di Gesù Cristo, e per la protezione di Maria Ausiliatrice, mi troverà degno di essere ricevuto in paradiso, io pregherò sempre per voi, pregherò per le vostre famiglie, pregherò pei vostri cari, affinché un giorno vengano tutti a lodare in eterno la maestà del

12 Cf Mt 10, 42.

Creatore, ad inebriarsi delle sue divine delizie, a cantare le sue infinite miseri

cordie, Amen.

Sempre Vostro obbl.mo Servitore

Sac. Gio. Bosco.

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INDICE TEMATICO

Allegria (cf gioia) Amor del prossimo (carità operativa) 37 38, 41, 97, 100, 108-110, 123-128, 133,135, 154, 183, 199-200 Amor di Dio 21, 168-169, 180 Ave Maria 77-78 Buon esempio 40-41, 43, 47, 49, 59 Carità fraterna 148-150, 155, 164, 166-167,187 Carità operativa (cf amor del prossimo) Chiesa 57-59, 66, 71-72, 75, 96, 98-99,104, 107, 111-112, 116-117, 142-143, 176, 190 Compagni cattivi 25, 37, 41, 46, 48 Compagnie religiose 40-45, 173-174 Comunione (cf Sacramenti/Eucaristia) Confessione (cf Sacramenti/Penitenza) Confessione generale 72-73, 159 Confessore 27, 31, 33-35, 44, 51, 65, 74,105, 107, 136, 158, 167, 221-222 Confidenza coi superiori 43, 46-47, 151 153, 156, 163, 167, 169, 205-206 Confidenza/fiducia in Dio 131, 137 Contrizione 26-27, 93, 102, 131 Conversione 92-95Cooperazione salesiana 115-128, 224-225 Correzione fraterna 60 Coscienza tranquilla 68, 71-72, 73 Costituzioni 141, 151, 154-159, 160-167 Custodia dei sensi (cf mortificazione) Darsi a Dio 19-22, 35, 186, 191-193, 221 Demonio 19-21, 23-26, 77-78, 201-203 Devozione 47 Digiuno 158, 210-213 Diligenza 141-142, 148, 152, 160, 208, 220 Dio: amorevole 21, 23, 27, 29, 91-93; creatore 20, 27; misericordioso 26, 28, 91 92, 93-95 Direttore 33, 41-43, 73, 118-119, 142, 151 153, 181, 196, 221-222 Discernimento (cf vocazione) Discorsi cattivi 49Distacco dal mondo (cf fuga mundi) Doveri di stato 24, 27-28, 32, 35-36, 41-42,47, 50, 120, 135, 169 Educazione della gioventù 122-128, 161,199-200 Esame di coscienza 26, 105, 130-131, 151,197-198 Esattezza 72-73, 174 Esercizi spirituali 31, 74-75, 115, 118, 120,151, 155, 159, 164 Esercizio della buona morte 35, 120, 134, 151, 159 Fedeltà (cf perseveranza; osservanza) Fervore spirituale 63-64, 72-73 Fortezza 137, 159 Fuga mundi 129, 145, 147, 158, 168, 174, 221 Gesù Cristo 23, 25-29, 49, 98-103, 150, 182, 219 Giaculatorie 34, 67, 106, 108, 130, 158 Gioia 19-20, 22, 129, 165 Gloria di Dio 169-172, 175-176, 178-179, 181 Gola 82 Imitazione di Gesù Cristo 99-101, 165, 168 Incontinenza 205 Lavoro (cf doveri di stato; occupazione del tempo) Lavoro e temperanza 135, 185, 205-206, 210-213, 223 Lettura 70-71 Lettura spirituale 150, 164 Maria SS. (Auxilium Christianorum) 66 67, 111-114, 161, 177, 183, 207 Maria SS. (devozione) 24-25, 28-29, 41-44, 77-78, 80-81, 103, 113-114, 142, 162, 164, 220 Meditazione (orazione mentale) 32, 101, 129, 131, 134, 150-151, 158 Messa 26, 31-33, 35, 44-45, 106, 113, 120, 129, 158, 220 Messe (la) abbondante 57-63, 173, 203-204 Misericordia 91-95, 98 Missionari 64 Mormorazione 148-149, 157, 205 Morte (tenersi preparati) 68, 71, 74, 209 Mortificazione 50, 85, 147, 161-162, 174, 176, 178, 199-200, 206-207, 210 Occupazione del tempo 41, 69-70, 70-71 Operai nel campo del Signore 57-63 Orazione (cf preghiera) Osservanza delle regole 41, 147-148, 170, 176, 183, 198, 208 Ozio (fuga dell') 48, 69-70, 82, 158, 162, 183, 205, 213 Paradiso 20-21, 24-26, 83-85, 95, 98-99, 219 Parola di Dio 22-24 Peccato 23, 25-28, 49, 56-57, 79, 80-82, 85, 91-93 Peccatore 91-95 Penitenza 85 Perfezione 154, 167, 168-169 Perseveranza 155-156, 160, 170, 175-177, 184, 219 Pietà 34-35, 172-175 Pratiche di pietà (cf preghiera) Preghiera 25, 42-43, 48, 50, 59, 98, 99, 101-103, 120-121, 135, 142, 150-151, 158-159, 162, 163-164, 185, 206-207 Proponimento 27-28, 49, 93, 95, 130 Raccoglimento 27, 33-34, 41, 45, 99, 142 Rassegnazione 100, 134 Regole (cf Costituzioni) Regole di comportamento 32-39, 42-44, 44-45, 183-184 Rendiconto 151-153, 221 Retto fine 75-76 Ritiratezza (cf fuga mundi) Ritiro spirituale (cf esercizio della buona morte) Rosario 43, 77-78, 120, 150-151, 158-159, 167, 195 Sacramenti: Eucaristia 24, 28-30, 34, 42, 44-45, 48, 50, 65-66, 79, 85, 98, 106108, 150, 158, 171, 184, 187, 220 Sacramenti: Penitenza 26-28, 33-34, 48, 50, 65, 71-71, 79, 87-88, 98, 104-106, 132, 134, 136, 150, 158, 171, 184, 187, 220 Sacrificio (cf mortificazione) Salvezza dell'anima 21, 26, 28, 48-49, 51, 97-99, 176, Salvezza delle anime 57-63, 64, 76, 99, 104, 116-117, 121-128, 134, 161, 183, 185, 190-191 Santificazione (cf perfezione) Scelta dello stato (cf vocazione) Sequela di Cristo 168-169, 181-182, 192 Sobrietà (cf temperanza) Spirito di preghiera 172-175 Spogliamento di sé 169, 171 Studio 65, 69-71 Temperanza 49, 100, 120, 135, 145-146, 165, 183, 210-213, 222-223 Tentazione 43, 66-67, 70, 78, 80-82, 88, 108, 135, 150, 152, 189, 196 Tribolazione 95, 99, 130, 132 Unità di spirito 170-171, 181 Vacanze 68-72, 86-88 Virtù (pratica delle) 84-85, 154, 161 Virtù dei Salesiani 210-215 Virtù delle Figlie di Maria Ausiliatrice 178 179 Virtù: Carità 84, 97, 108-110, 124-125, 131, 161, 162, 187, 210-213 Virtù: Castità/Modestia 25, 38-39, 42, 52 56, 84-85, 206, 208, 210-211 Virtù: Fede 80-82, 96-97, 102, 162, 210213 Virtù: Obbedienza 22-23, 27, 36-37, 42, 47-48, 85, 100, 136, 161, 170, 170-171, 197-198, 207, 208, 210-211, 219 Virtù: Pazienza 100-101, 131, 133, 166, 193-196, 207 Virtù: Speranza 96-97, 102, 162, 196-197, 207, 210-213 Virtù: Spirito di preghiera 162 Virtù: Umiltà 84, 100, 102, 131, 165, 187, 200-202 Visita al SS. Sacramento 130, 142, 150, 158, 220 Vocazione 30-31, 48, 50, 51, 61-63, 75-76, 141-142, 153 Vocazioni (promozione delle) 118, 125 126, 154-155, 173-175, 184, 207-209, 220-221 Volontà di Dio, 102, 132, 134, 166 Voti: in genere 142-143, 189-190, 191-193 Voti: Castità 146-148, 157-158, 162, 210213 Voti: Obbedienza 143-144, 156, 162-163, 171-172, 210-213 Voti: Povertà 145-146, 155, 157, 163, 172, 210-213, 222 Zelo 190-191

INDICE GENERALE

INTRODUZIONE (Aldo Giraudo) 5
1. Don Bosco guida spirituale dei giovani 8
2. Indirizzi di vita per un cristianesimo coerente e d'azione 9
3. Consacrati a Dio per la sua gloria e per la salvezza dei giovani 11
4. Raccomandazioni finali di un padre e preoccupazioni di un fondatore 11
Criteri di edizione 13
Sigle 13
Fonti della presente raccolta 14
Documenti dall'Archivio Salesiano Centrale (Roma) [—ASC] 14
Opere a stampa di san Giovanni Bosco 14
Edizioni critiche di scritti di san Giovanni Bosco 15
Altre fonti 16
Parte I
DON BOSCO GUIDA SPIRITUALE DEI GIOVANI
1. PROSPETTIVE SPIRITUALI NEL «GIOVANE PROVVEDUTO» 19
Alla gioventù 19
Cose necessarie ad un giovane per diventar virtuoso 20
Devozione a Maria santissima 24
Maniera pratica per accostarsi degnamente al sacramento della confessione 26
Preparazione alla santa comunione 28
Il giovane nella scelta del suo stato 30
2. REGOLE DI VITA CRISTIANA PER I GIOVANI 32
Dal Regolamento dell'Oratorio di S. Francesco di Sales per gli esterni 32
Dal Regolamento per le case della Società Salesiana 34
3. ASSOCIAZIONI E AMICIZIE SPIRITUALI 40
Compagnia di san Luigi Gonzaga (12 aprile 1847) 40
Compagnia dell'Immacolata Concezione (9 giugno 1856) 41
Compagnia del SS. Sacramento (1857) 44
4. ORIENTAMENTI PRATICI NELLE LETTERE AI GIOVANI 46
A Stefano Rossetti 46.
A Giovanni Garino 46
A Emanuele Fassati 47
Ad Annetta Pelazza 48
A Gregorio Cavalchini Garofoli 48
Alla comunità degli artigiani di Valdocco 49
Al seminarista Antonio Massara 50
Agli alunni della 4a e 5 a ginnasiale di Borgo San Martino 50
5. PREDICHE E DISCORSETTI DI BUONA NOTTE 52
Istruzione sulla bella virtù 52
La tempesta nel cuore del peccatore 56
"La messe è molta, gli operai sono pochi" 57
Il fervore spirituale 63
Crescere in fretta per essere apostoli 64
All'inizio dell'anno scolastico 65
Efficacia del ricorso a Maria Ausiliatrice 66
La coscienza tranquilla 68
Vacanze, divertimenti e fuga dell'ozio 69
Finché vi sono libri da leggere vi dirò sempre: leggete! 70
Ripulire i vestiti al ritorno da un viaggio 71
"Esattezza e pulitezza" 72
Come fare gli esercizi spirituali 73
Discernere la propria vocazione e decidere 75
6. INSEGNAMENTI SPIRITUALI ATTRAVERSO IL RACCONTO DI SOGNI 77
Il serpente e l'Ave Maria 77
La fede, la temperanza e l'ozio 80
Sogno di Lanzo o del giardino salesiano 83
Gli agnelli, la tempesta e l'unguento guaritore 86
Parte II
INDIRIZZI DI VITA PER UN CRISTIANESIMO COERENTE E D'AZIONE
1. IL NOSTRO DIO È AMOREVOLE E MISERICORDIOSO 91
L'infinita misericordia di Dio 91
Amorevolezza di Dio verso il peccatore 93
2. LE RISORSE SPIRITUALI DEL CRISTIANO 96
Fede, speranza e carità 96
I mezzi di salvezza 97
Gesù Cristo, modello di ogni cristiano 99
La preghiera 101
Il sacramento della Penitenza 104
Il sacramento dell'Eucaristia 106
La carità verso i piccoli e i poveri 108
3. MARIA AUXILIUM CHRISTIANORUM 111
Il titolo di "Ausiliatrice" 111
Associazione dei devoti di Maria Ausiliatrice 112
Preghiere convenienti allo spirito dell'Associazione 113
4. UNITI SIAMO PIÙ FORTI: "VIS UNITA FORTIOR" 115
Membri "esterni" della Pia Società Salesiana 115
Cooperatori salesiani, ossia un modo pratico per giovare al buon costume
ed alla civile società 116
Circolare ai Cooperatori Salesiani 121
"Volete fare cosa divina? Educate la gioventù" 122
5. CONSIGLI SPIRITUALI AD AMICI, COOPERATORI E BENEFATTORI 129
A un laico desideroso di perfezione 129
A una persona religiosa 130
Al marchese Ignazio Pallavicini 130
Al geometra Giovanni Turco 131
A una madre di famiglia 132
Ad una vedova afflitta 133
A un cattolico impegnato 134
A un amico sacerdote 134
A un sacerdote tentato 135
Al beato Edoardo Rosaz, vescovo di Susa 135
A una signora scrupolosa 136
A un parroco scoraggiato 137
Ad una mamma preoccupata per il figlio 137
Parte III
CONSACRATI A DIO PER LA SUA GLORIA E PER LA SALVEZZA DEI GIOVANI
1. LO SPIRITO CHE DEVE ANIMARE I CONSACRATI SALESIANI 141
Ai Soci salesiani 141
Mezzi per custodire la vocazione 141
/ voti 142
Ubbidienza 143
Povertà 145
Castità 146
Carità fraterna 148
Pratiche di pietà 150
Dei rendiconti e della loro importanza 151
2. REGOLE PERI SALESIANI E LE FIGLIE DI MARIA AUSILIATRICE 154
Dalle prime Regole della Società di S. Francesco di Sales 154
Dalle prime Regole dell'Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice (1878) 160
3. LETTERE CIRCOLARI SULLA PERFEZIONE RELIGIOSA 168
Primo scopo della nostra Società è la santificazione dei suoi membri 168
Unità di spirito e unità di amministrazione 170
Mezzi per coltivare le vocazioni e conservare lo spirito di pietà 172
Abbiamo posto mano all'aratro: stiamo fermi 175
Atteggiamenti e virtù della Figlia di Maria Ausiliatrice 177
4. CONSIGLI SPIRITUALI NELLA CORRISPONDENZA PERSONALE CON SALESIANI E FIGLIE DI MARIA AUSILIATRICE 180
Al chierico Giovanni Bonetti 180
Al chierico Costanzo Rinaudo 180
A don Domenico Belmonte 181
A suor Maddalena Martini 182
Ai primi missionari 183
Al salesiano coadiutore Bartolomeo Scavini 184
A don Taddeo Remotti 184
Al salesiano coadiutore Carlo Audisio 185
Al chierico Luigi Calcagno 185
A madre Caterina Daghero 186
A suor Eulalia Bosco 186
A don Domenico Tomatis 187
5. CONFERENZE SPIRITUALI AI SALESIANI 189
Discorso dopo la prima professione religiosa dei Salesiani (14 maggio 1862) 189
Abbiate sempre presente lo scopo della Congregazione 190
Coi voti ci siamo tutti e interamente consacrati a Dio (17 settembre 1876) 191
Pazienza, speranza, obbedienza: ricordi degli esercizi spirituali (18 settem
bre 1876) 193
6. SOGNI RELATIVI ALLA PERFEZIONE RELIGIOSA SALESIANA 199
Rose e spine nell'impegno per la salvezza dei giovani 199
L'umiltà, il lavoro e la temperanza 200
Cose future per le vocazioni 207
I dieci diamanti 209
Parte IV
RACCOMANDAZIONI FINALI DI UN PADRE
E PREOCCUPAZIONI DI UN FONDATORE
1. ADDIO, MIEI CARI ED AMATI FIGLIUOLI IN GESÙ CRISTO 219
2. AVVISI SPECIALI PER TUTTI 220
3. ASPIRANTI ALLA VOCAZIONE SALESIANA 220
4. IL DIRETTORE DI UNA CASA COI SUOI CONFRATELLI 221
5. RACCOMANDAZIONE FONDAMENTALE A TUTTI I SALESIANI E LE SALESIANE 222
6. L'AVVENIRE 223
7. ULTIMO SALUTO AI BENEFATTORI E AI COOPERATORI 224
Indice tematico 227