Annali Societá Salesiana. Vol III. R.M. Rúa 1899 1910 ANNALI DELLA SOCIETÁ SALESIANA Annali Societá Salesiana. Vol III. R.M. Rúa 1899 1910 Sac. E U G E N I O C E R I A ANNALI DELLA SOCIETA SALESIANA VOLUME III IL RETTORATO DI DON MICHELE RÚA PARTE II (1899-1910) SOCIETA E D I T R I C E I NTE RN A Z I O N A L E Annali Societá Salesiana. Vol III. R.M. Rúa 1899 1910
PROPRIETA RISERVATA ALLÁ SOCIETA EDITRICE INTERNAZIONALE DI TORINO M. E. 34914 Annali Societá Salesiana. Vol III. R.M. Rúa 1899 1910 ANCHE QUESTO TERZO VOLUME DEI NOSTRI A N N A L I NELLA FESTA SOLENNE DELLA RICONOSCENZA RISPETTOSAMENTE PRESENTO AL NOSTRO RETTOR MAGGIORE DON PIETRO RICALDONE CHE IN A N N I TRAGICI CON MANO FERMA E MENTE SERENA GOVERNA LA FAMIGLIA SALESIANA XXIX GIUGNO MCMXLV Annali Societá Salesiana. Vol III. R.M. Rúa 1899 1910 PREMESSA Anche questo volume, come il precedente, anzi piü ancora, e venuto su tra il fragore dei bombardamenti, le rovine di citta, le invasioni, le stragi. Mentre vi si narravano le origini o i progressi di certe opere salesiane, queste o venivano gravemente danneggiate o cadevano inte- ramente distrutte. Passata l'orrenda bufera, anche i Salesiani, contan- dosi, troveranno assottigliate non poco le loro file. Quanti morti sui campi di battaglia! quanti miseramente periti in disastri o barbara- mente uccisil Ma le famiglie religiose partecipano alia vitalita della Chiesa, sulla quale sonó innestate; finche perianto le anima lo spirito dei loro fondatori, posseggono intime energie, che nulla vale a sofo- care e sopprimere. Cessata quindi la violenza delle cause esterne, che ne compressero le forze e le attivitá, escono dalla prova purifícate e ripréndono vigore meglio di prima. Nel caso nostro non sara cosa di un anno ne di due o di tre, ma chi vivra, vedra, e benedira il Signore e Don Bosco. Don Bosco/ Non abbiamo neppur qui smesso l'abitudine di diré semplicemente Don Bosco, come si era avvezzi fin dagli anni giovanili. II Papa Pió XI in una solenne occasione osservb che il mondo avrebbe continuato sempre a chiamarlo cosí ( 1 ). « E sara bene, soggiunse, per- ché é un ripetere il suo nome di guerra, di quella guerra*benéfica, una di quelle guerre che si direbbe la Divina Provvidenza voglia concederé di tanto in tanto alia povera umanitá, quasi a compenso delle altre guerre non affatto bene fiche, ma cosí dolor o se e seminatrici di dolor e ». Tuttavia é da aspettarsi che a poco a poco sottentri al Don il San, come sta giá entrando nell'uso, al quale non ci siam voluti del tutto sot- (1) Discorso alia grande udienza del 3 aprile 1934 nella Basílica Vaticana, due giorni dopo la Canonizzazione di Don Bosco. VII Annali Societá Salesiana. Vol III. R.M. Rúa 1899 1910 Premessa trarre. Nel primo volume di questi Annali sovrabbondb la prima ma- niera, perche cosí sembrava meglio conservato il colorito del tempo; vi si ja luogo puré nei due volumi seguenti, perche Vattuale genera- zione e ancora sotto il fascino di quel nome puro e semplice. Scomparsi pero coloro che vissero al tempo di Don Bosco o udirono gli echi re- centi della sua rinomanza, la semplicitá di quel nome non dirá piü tutto ció che dice alia nostra memoria e al nostro cuore, e la venera- zione del Santo pigliera il sopravvento nel comune linguaggio. In questo volume, piü ancora che nel precedente, grandeggia la figura di Don Michele Rúa, la cui virtü emerge fra dure pro ve. Don Bosco e Don Rúa, due nomi, due personalitá; diremo anche due san- titá? I Santi somigliano ai fiori, diversi tutti e tutti belli. La santitá di Don Bosco non é precisamente la santitá di Don Rúa; ma noi guar- diamo all'una e all'altra con una compiacenza pari a quella, con la quale ammiriamo una rosa purpurea e un candido giglio, senza che la prima nulla detragga alia nostra ammirazione per il secondo. É vero che la santitá di Don Rúa non ha ricevuto ancora il gran suggello toc- cato giá alia santitá di Don Bosco; pero, storicamente parlando, non abbiamo niente da contrapporre alia fama, che lo proclamo e lo pro- clama santo. É questione di tempo: intanto la sua Causa é in cammino, e si fanno voti al Cielo, perché arrivi presto alia grande meta. Del Rettorato di Don Rúa il presente volume abbraccia Vultimo decennio. Durante questo periodo egli mandó i primi Salesiani nella Ciña e nelVlndia, dove li aspettava un glorioso avvenire; nelle altre parti del mondo accrebbe il numero delle fondazioni e diede incre- mento alie opere che giá vi esistevano. Ma sopfattutto proseguí con ardore nel lavorio dell'organizzazione interna. Massima sua cura fu di radicare sóidamente la Societá nello spirito del Fondatore, che si stu- dib di far conoscefe anche nelle piü minute particolaritá e tradizioni. Per tal motivo specialmente, la storia della Congregazione dovrá con- siderare i suoi ventidue anni di governo come altrettanti anni di soprav- vivenza del Santo nella persona del suo immediato,successore. Di qui la particolare importanza di conoscerne a fondo Vazione. Torino, 31 gennaio 1945 VIII Annali Societá Salesiana. Vol III. R.M. Rúa 1899 1910 CAPO I Sguardo retrospettivo Se non avessimo altri buoni indizi per argüiré che veramente la Provvidenza volle la Societá Salesiana, basterebbe uno solo per tutti: l'aver Don Bosco incontrato fin dal principio del suo faticoso cammino un Don Michele Rúa. Sarebbe far troppo onore al caso l'attribuirgli un si felice e necessario incontro che diremo piuttosto, con frase tanto cara al Papa Pió X I , « un'elegante combinazione della Provvidenza divina ». Non istaremo ora a ripeterne le ragioni, le quali del resto si desumono fácilmente da quanto si puó leggere nel primo e nell'ultimo capo del precedente volume. Senza alcuna pretesa di prevenire il giu- dizio della Chiesa, ma, a parlare storicamente, é un fatto che Don Rúa, considerato sotto tutti gli aspetti, fu un vero miracolo d'uomo, e uno di quei miracoli che soltanto la grazia di Dio sa operare. Mira- colo per il non mai smentito eroismo delle sue virtú; miracolo per la totale dedizione, con la quale, senza saperlo, si lasció preparare da Don Bosco a ricevere 1'ardua missione di mantenere, accrescere e per- petuare 1'Opera di lui; miracolo per la maniera con cui portó a com- pimento la grande impresa. É ben significativo il programma di go- verno che dopo la rielezione del 1898 non s'impose, ma formuló, quale espressione di quello che aveva fatto fino allora e di quello che in- tendeva di continuar a fare. Lo riproduciamo da un cartoncino che portó poi sempre con sé. « Rectorem te posuerunt? I Noli extolli: umíltá. 2o Esto in illis quasi unus ex ipsis: affabilitá. 3o Guram illorum habe: sollecita carita per provvedere i dipendenti del necessario nello spiri- tuale e nel temporale. 4 Et sic conside: con calma e prudenza tratta gli affari della Congregazione nostra. 5 Et omni cura tua explícita re- 1 Annali Societá Salesiana. Vol III. R.M. Rúa 1899 1910 Capo I cumbe: indüstriati con tutto zelo a promuovere la gloria di Dio e la salvezza delle anime; e non darti posa finché non hai provveduto a quanto occorre all'uopo ». Qui c'é tutto il Don Rúa Rettor Maggiore, come ancora non pochi di noi hanno avuto la fortuna di conoscerlo. Quale impulso egli abbia dato cosi nel primo decennio del suo Ret- torato, ce lo fa quasi toccare con mano il continuo aprirsi di nuove Case e l'ingrandirsi delle antiche, la durevole prosperitá delle une e delle altre, il numero crescente dei Noviziati, il moltiplicarsi degli ora- tori festivi, il progredire e Pampliarsi delle Missioni, specialmente per il nuovo Vicariato di Méndez e Gualaquiza e per la nuova Mis- sione dei Bororos nel Matto Grosso; lo stato dei Cooperatori, quale si riveló nel grandioso Congresso Internazionale di Bologna. Prima di proceder oltre, sará bene volgere uno sguardo indietro per illustrare sommariamente alcuni di questi punti, dedicandovi un capo che fac- cia come da giuntura del precedente volume con quello che viene ora. In uno spazio di tempo relativamente breve, dal 1889 al 1898, la Congregazione, per opera di Don Rúa, si stabili in tre altri Stati d'Europa, cioé in Svizzera, Belgio e Portogallo, oltreché nella dilaniata Polonia; entró in otto Repubbliche d'America, cioé Messico, Colom- bia, Venezuela, Bolivia, Perü, Paraguay, Salvador, Stati Uniti e nelle Antille Olandesi; fece il suo solenne ingresso nella Palestina e piantó le tende nell'África del Nord e del Sud. Segno di rigogliosa e prometiente vitalitá ci si presenta tutta una fioritura di Noviziati, sorti nel giro di pochi anni. In Italia ne furono inaugurad tre: uno a S. Benigno Canavese per soli Coadiutori, un se- condo a S. Gregorio di Catania per ascritti siciliani e un terzo a Gen- zano di Roma per quei dell'Italia Céntrale e Meridionale. La Francia, che trasferi il suo primo Noviziato di S. Margherita presso Marsiglia a Saint-Pierre de Canon, ne ebbe un altro a Rueil, non lungi da Parigi, per il Nord. Nel Belgio cominció sotto i migliori auspici il Noviziato di Hecthel. Un Noviziato venne aperto nel Portogallo, nei pressi della Capitale. I novizi inglesi trovarono il loro nido a Burwash, a un'ora e mezzo di ferrovia da Londra. Se ne eressero poi di nuovi in piü luo- ghi, dove giá si accoglievano novizi, ma riunendoli in Case di studenti e artigiani, nelle quali formavano una sezione a parte, non abbastanza 2 Annali Societá Salesiana. Vol III. R.M. Rúa 1899 1910 Sguardo retrospettivo libera di muoversi e svilupparsi. Cosi nella Spagna i novizi di Sarria passarono in una Casa esclusivamente per loro a San Vicens deis Horts; nell'Argentina dal Collegio S. Cario in Almagro a Bernal; nel Cile da Concepción a Macul; nell'Equadore da Quito a Sangolqui; nel Brasile dalla Casa di S. Gioachino a Lorena in altra della stessa cittá; nella Colombia da Bogotá a Fontibón; nell'Uruguay la Casa di Las Piedras, tolti via i convittori, rimase tutta a uso dei novizi. Intanto giá si pensava a creare Noviziati anche in Palestina, nell'África setten- trionale, nel Venezuela e nel Messico; correvano puré trattative per Noviziati di Coadiutori in Case apposite e sepárate. Don Rúa dice va essere sempre per lui « un bel giorno » quello in cui veniva a cono- scere la possibilitá di aprire qualche Noviziato sia di chierici sia di artigiani; incoraggiava spesso ad aprire Noviziati per questi ultimi o in Case distinte o in Case miste, com'era stato da principio a S. Be- nigno ( 1 ). II bisogno di buoni maestri d'arte salesiani si faceva fortemente sentiré, tante erano, come vedemmo, le richieste di scuole professio- nali, massime nell'America. Bisognava prepárame molti e prepararli bene non solo religiosamente, ma anche técnicamente; onde la doppia necessitá di coltivare le vocazioni fra gli artigiani e di erigere Novi- ziati adatti. Don Rúa rinnovava per questo le sue insistenze con gli Ispettori e i Direttori, parendogli non esservi altro mezzo per tirar su capi d'arte degni della Congregazione e abili agli uíEci da assegnarsi loro. Don Bosco stesso aveva dato l'esempio, disponendo che la Casa di S. Benigno dovesse serviré a tale scopo. II desiderio del suo succes- sore non restó senza effetto, poiché finalmente nel 1900 egli si disse lieto di annunciare che simili Case erano giá in numero di sette; ma, non ancor pago, si augurava che ogni Ispettoria ne avesse una ( 1 ). Un pensiero che cominció ad affacciarsi alia mente di Don Rúa nel 1898 fu quello di stringere in Associazioni gli ex-allievi dei vari Col- leji, a imitazione dell'Associazione, direm cosi, primaria, fondata da molti anni in Torino per gli ex-allievi dell'Oratorio. In parecchie cittá (1) Lett. edif., 2 luglio 1896. (1) Ore, 20 gennaio 1900. 3 Annali Societá Salesiana. Vol III. R.M. Rúa 1899 1910 Capo 1 d'Europa, d'America e anche d'Africa le Case salesiane, aderendo al suo desiderio, indissero adunanze, formarono circoli, stesero regola- menti, diedero principio a frequenti corrispondenze. II fine principale di Don Rúa era che con questi mezzi i Salesiani continuassero a fare da angeli custodi ai loro alunni adulti, come avevano fatto ai medesimi giovanetti ( 2 ) . II propagarsi e rafforzarsi di questo movimento do- veva poi condurre alie organizzazioni nazionali e infine all'Associa- zione internazionale degli ex-allievi, costituitasi nel primo anno del Rettorato di Don Albera, suo immediato successore. A grande mérito di Don Rúa torna puré lo sviluppo degli Ora- tori festivi, come si puó rilevare da quanto abbiamo detto nell'altro volume. Fedele agli insegnamenti e agli esempi di Don Bosco e per- suaso per lunga esperienza della loro necessitá, non si stancava di ritornare sulPargomento. Nelle sue Circolari e Lettere edificanti dei soli tre ultimi anni del primo decennio v'insiste bene cinque volte, e sempre con forza ( 3 ) . Lo rallegrano le Case, che, aprendo e soste- nendo Oratori festivi, mostrano d'aver compreso quanto tale opera gli stia a cuore, perché oltremodo cara a Don Bosco, quale áncora di salvezza per tanti giovani; chiede in grazia che tutti vi si attengano alie tradizioni salesiane; combatte l'errore di chi credesse proprio solo dei tempi di Don Bosco l'opportunitá degli Oratori festivi; ama ren- der noto il bene che vi si fa, portando a cqnoscenza di tutti i suc- cessi, dei quali gli sia giunta notizia; non vuole che si supponga pos- sibile tanto bene únicamente dove si posseggano locali adatti con cappella, vasto cortile, teatrino, attrezzi ginnastici, giuochi numerosi e attraenti, perché sul principio lo zelo puó supplire alia mancanza di queste condizioni pur cosi efiicaci per attirare i giovanetti; inco- raggia chi sperimenta difficoltá, ripetendo fra l'altro che generalmente non gli amminicoli materiali formano il sostegno degli Oratori festivi, ma « lo zelo, la carita, la pazienza, la buona cera e la costanza dei D i - rettori e dei loro collaboratori »; invita a studiare saviamente il modo di ottenere non solo la frequenza, ma anche la maggior perseveranza (2) Lett. edil, 24 giugno 1898. (3) Lettere Circolari di Don Michele Rúa ai Salesiani. Torino, 1910. Pgg. 142, 188, 426-9, 440-2, 451. 4 Annali Societá Salesiana. Vol III. R.M. Rúa 1899 1910 Sguardo retrospeiíivo possibile nell'intervento dei giovani, sicché si riesca a impartir loro un'istruzione religiosa abbastanza ampia e un'educazione morale abba- stanza soda; propone l'aggregazione dei piú grandicelli a buone isti- tuzioni economiche, come alia cassa di risparmio, tanto utile per for- mare Tartigiano all'economia e perció alia temperanza, alia costuma- tezza e alia previdenza, secondo gl'insegnamenti di Leone XIII, al qual proposito non dimentica la societá di mutuo soccorso fondata giá con notevoli risultati da Don Bosco. Non si stancherá Don Rúa di ridire anche in seguito le medesime cose, il che fará si che il suo Rettorato passi alia storia come fecondissimo nelPapostolato di questo genere, che diede occasione a quasi tutte le Opere salesiane e origine alia stessa Societá. Ho accennato a Lettere edificanti. II secondo Capitolo Genérale,, presieduto nel 1880 da Don Bosco, aveva deliberato che di quando in quando si scrivessero a tutti i Confratelli certe lettere dette edi- ficanti, con le quali comunicare cose che potessero serviré di sprone a lavorare santamente e a mantenere vivo nei cuori il fuoco della cri- stiana carita. Per dodici anni molte notizie, che sarebbero state mate- ria di tali lettere, comparivano nel Bollettino, e si credette che tanto hastasse; ma con Pandare del tempo questo periódico non poteva piü essere l'organo delle intime relazioni fra i membri della Societá. Ecco perché Don Rúa, a tenore della suddetta deliberazione capito- lare e sull'esempio di altre famiglie religiose, nel 1893 decise di comin- ciare l'invio di qualche lettera a scopo di comune edificazione. Av- vertí allora che si considerasse come un dovere il fargli conoscere quanto avvenisse di piú notevole nei vari luoghi e meritasse di venir portato a notizia di tutti, non giá per vana soddisfazione dell'amor proprio o per daré vanto alia Societá, ma affinché i Soci ed anche altri, edificati, ne rendessero gloria a Dio e ne ricevessero incoraggiamento a compiere il maggior bene possibile. Questo appunto era stato il fine, per cui Don Bosco aveva permesso a Don Bonetti di raccontare nel Bollettino le antiche vicende deH'Oratorio. A quel precedente si ap- pellava Don Rúa, che, lodando i Cinque Lustri, titolo del volume nel quale dopo la morte del Santo furono riuniti gli articoli storici del Bollettino, affermava non potersi leggere quelle pagine, scritte con 5 Annali Societá Salesiana. Vol III. R.M. Rúa 1899 1910 Capo I tanto candore, semplicitá e brio, senza sentir si migliori. La medesima sorte augurava che avessero le sue lettere edificanti, la prima delle quali porta la data del 29 gennaio 1893, festa di S. Francesco di Sales. II giorno fu scelto a bella posta da luí, essendo sua intenzione di met- iere siffatte Lettere sotto la protezione del Santo, che un si gran nu- mero ne scrisse a edificazione delle anime. Continuando a sfogliare le Circolari del suo primo decennio di Rettorato, la nostra attenzione é richiamata da parecchie altre parti- colaritá, che ci aiutano a cogliere alcuni segreti del suo governo. Una di queste particolaritá é lo zelo per le vocazioni. Anche la sua corri- spondenza privata con Ispettori e Direttori non si puó scorrere nei nostri Archivi, senza restare impressionati dalla frequenza e dal calore, con cui insinúa, inculca, impone di coltivare nei giovani i germi di vo- cazione alia vita ecclesiastica in genere e religiosa, ossia salesiana, in specie. E per quest'ultima si comprende: era questione di vita non solo, ma di vitalitá o potenza vitale per la Congregazione, di fronte anche alie domande di fondazioni che non davano mai tregua. Dal 1889 al 1898 il tema della vocazione gli viene nove volte alia penna nelle Circolari destinate ai Soci, e talora egli ne tratta a lungo (1). Vuole che i Direttori facciano in modo da non dover rendere contó a Dio delle vocazioni da Lui suscitate a servizio della Chiesa e della nostra Societá e perdute per loro negligenza. II loro sguardo intelli- gente ravvisi fra gli allievi quelli da Dio segnati con l'aureola di una celeste chiamata. Come il solerte giardiniere coltiva con particolare sollecitudine le tenere pianticelle che, migliori delle altre, egli destina a generare i semi per novelle produzioni, cosí essi facciano con quelle anime predilette. Ad alcuni tributa encomi, ma lo rattrista la negligenza di altri, il cui zelo non si senté eccitato dalle sue private esortazioni. Taluni, giudicando sterile il terreno, abbandonano sfiduciati le sante industrie, con cui Don Bosco diede alia Chiesa tanti sacerdoti. « lo invece, scrive, son di parere che pur nei loro paesi, come dappertutto, molti sonó i chiamati al servizio dell'altare, in numero ben maggiore di quello che se ne scopra; ma sventuratamente quanti si perdono per (1) L. c, pgg. 33, 44, 95, 117-8, 157-9, 164-5, 428, 436, 449-50. 6 Annali Societá Salesiana. Vol III. R.M. Rúa 1899 1910 Sguardo retrospettivo non essere stati conosciuti né coltivati! ». Formato alia scuola di Don Bosco, egli non sa chiamare vero zelo quello di un religioso o di un sacerdote, il quale si tenga pago d'istruire e di educare i giovani del suo Istituto o della sua scuola, e non cerchi d'avviare verso il santuario quelli in cui si scorgono segni di vocazione e che sogliono essere i mi- gliori. Poiché il dovere di coltivare le vocazioni non incombe solo ai Direttori; tutti i Salesiani, sacerdoti, chierici e coadiutori possono contribuirvi fra i loro allievi con i buoni consigli e piü col buon esempio. . Fra i mezzi adoperati da Don Bosco, egli mette in prima linea l'istituzione dei Figli di Maria. Bisogna introdurre nelle Case tale categoria di studenti. Altro mezzo, raccogliere ogni tanto a conferenza i giovani piü grandi per intrattenerli bellamente su cose della vita spirituale. Don Bosco, benché cadente per vecchiaia e per infer- mita, riservó a sé fino agli ultimi suoi giorni le conferenze destinate particularmente alia coltura delle vocazioni ecclesiastiche e religiose. In terzo luogo, per lavorare con profitto in questo campo, nessuno si lasci guidare dal suo spirito particolare, ma si stia a quanto in propo- sito stabiliscono le Deliberazioni, fondate su consigli suggeriti quasi tutti da Don Bosco. II Santo raccomandava di non lasciar passare mai gli esercizi spirituali dei giovani senza parlare della vocazione, facendo vedere come a ciascuno sia tracciata la strada per arrivare al Cielo ed esortando a sforzarsi di conoscerla mediante la preghiera e la rifles- sione. Ma nella Societá Salesiana, oltreché agli ecclesiastici, é riserbata copiosa messe anche ai coadiutori, chiamati essi puré all'apostolato per la gioventü. II quarto Capitolo Genérale tracció norme sapienti per la preparazione dei coadiutori salesiani; ma a che servirebbero, se gli addetti alia direzione degli artigiani non le leggessero spesso fino a ridursele, dice Don Rúa, in sueco e sangue? Anche gli Oratori festivi oífrono un terreno propizio per le vocazioni. SulPesempio di Don Bosco, si proponga ai migliori di fare gli esercizi spirituali con i nostri aspiranti; se ne invitino, come faceva lui, a frequentare le nostre scuole ginnasiali. L'incalzarsi di tante e si calde esortazioni producevano buoni ef- 7 Annali Societá Salesiana. Vol III. R.M. Rúa 1899 1910 Capo I fetti; anche certe Case che in passato non davano vocazioni, comin- ciarono a somministrare contingente alia Chiesa e alia nostra Societá, come Don Rúa si compiaceva di constatare. In tuttó ció egli ravvisava e additava il mezzo piü eflicace per assicurare alia Societá una perenne giovinezza e per estenderne maggiormente i benefici influssi. Onde avvenne che nel 1898 egli ebbe la consolazione di vedere pressoché quadruplicata nelle sue mani l'ereditá di Don Bosco. Stette in cima a' suoi pensieri anche la pia Unione dei Cooperatori, che si studiava di far fiorire dilatándola, curandone l'organizzazione e tenendone desta l'attivitá. I restauri del santuario di Maria Ausilia- trice, il cinquantenario delle Opere Salesiane, il Congresso di Bologna, l'erezione del monumento internazionale a Don Bosco in Castelnuovo nel primo decennio dalla sua morte furono quattro grandi occasioni per metiere in movimento tutto il mondo dei Cooperatori e accre- scerne il numero. Ormai i tre Bollettini italiano, francese e spagnolo, fondati da Don Bosco quali organi delPUnione e portati ad un'alta tiratura, non bastavano piü, sicché Don Rúa dovette aggiungervene tre altri in tre diverse lingue: l'inglese nel 189.2, il tedesco nel 1895 e il polacco nel 1897. Un si straordinario sviluppo dell'Associazione fa- ceva sentiré il bisogno di una guida che insegnasse il modo di coope- rare alie' Opere Salesiane e giovasse insieme a saldare la compagine dell'Unione. A tale esigenza Don Rúa provvide col curare la pub- blicazione di un Manuale (1). II volumetto usci nel dicembre del 1893, ampliato in seguito e migliorato in successive ristampe fino al 1898. Si divide in tre parti, senza tener contó di due Appendici: Io Regolamento della Pia Unione, preceduto da cenni storici; 2o spi- rito dell Unione e campo di azione; 3 conferenze salesiane, con vari modelli e tracce di esse. Nel 1894 Don Rúa ne fece spedire copia ai Direttori delle Case con l'ordine che in ogni Casa se ne facesse pub- blica lettura a mensa, affinché tutti i Soci ne fossero informati. In appo- sita circolare, accennato al crescente numero dei Cooperatori in tante parti del mondo e alia loro attivitá, diceva (2): « Questo zelo, questa (1 ) Manuale teorico-pratico ad uso dei Decurioni e Direttori della Fia Associazione dei Cooperatori Salesiani. Toríno, Tip. Sal. (2) Circ, 14 aprile 1894. Annali Societá Salesiana. Vol III. R.M. Rúa 1899 1910 Sguardo retrospettivo carita che anima tante persone e le rende tanto benemerite delle Opere nostre, mentre ci reca consolazione, deve puré ricordarci che molto piü a noi deve stare a cuore la difíusione della Pia Unione, Faumento dei Cooperatori, e la cura che di loro dobbiamo avere secondo Fesem- pio che il nostro Don Bosco ce ne ha dato. Egli li riguardava quali strumenti della divina Provvidenza e nutriva verso di loro viva rico- noscenza per Fofferta del ricco come per Fobolo della vedova ». Riguardo alFordinario regime interno ci sembra d'aver detto quanto basta nel volume precedente; tuttavia non parra inopportuno aggiun- gere qui una parola sull'impulso dato da Don Rúa agli studi sacri e sulle sue sollecitudini per conservare integro lo spirito di Don Bosco. Nel periodo, del quale discorriamo, egli dié pro va di tutto il suo fermo impegno per rendere sempre piü regolare fra noi F andamento degli studi ecclesiastici, che risentivano ancora dei disagi inseparabili dalle origini. Giá nell'ottobre del 1889 aveva convócate nelFOrato- rio un gruppo di competenti alio scopo di escogitare nuovi mezzi per promuovere fra i chierici Famore e lo studio della teologia, nel che egli giustamente scorgeva anche un prezioso elemento alia perseveranza nella vocazione e al profitto nella perfezione religiosa. Dopo diramó ai Direttori parecchi avvisi, fiducioso che tutti li avrebbero favore- volmente accolti e fedelmente messi in pratica per il bene della Societá e per la memoria di Don Bosco, che tanto aveva fatto per Feducazione intellettuale e religiosa de' suoi figli ( 1 ) . Nel 1890 poi, visitando le Case, pose fine a talune irregolaritá riscontrate. Tre anni dopo ri- prendeva a trattare il medesimo argomento, sottoponendo alia comune considerazione come per i preti e per i chierici il primo dovere dopo la pietá sia lo studio della teologia. Egli avrebbe sentito grave rimorso, se non avesse procurato che si obbedisse in questo alie generali istru- zioni reiteratamente etnanate dal Santo Padre Leone X I I I . Richia- mava perció tutti i responsabili all'osservanza delle deliberazioni prese nei Capitoli Generali. Se taluno portasse poco amore agli studi sacri, egli riteneva che ció avesse per causa o avrebbe avuto per effetto Fin- debolimento della vocazione, con pericolo della perdita totale di essa. (1) Circ, 29 dicembre 1889. 9 Annali Societá Salesiana. Vol III. R.M. Rúa 1899 1910 Capo I Si dessero pertanto con serietá gli esami prescritti, accompagnandoli con una solennitá pari alia loro importanza. Ci pensasse.ro seria- mente gli Ispettori. La morale poi doveva essere studiata da ogni buon sacerdote per tutta la vita, e nei rendiconti ispettoriali non mancasse mai un cenno, se dappertutto si facesse la mensile soluzione del ca- so (1). Sempre col medesimo intento, anche con non lievi sacrifici di vario genere, egli disponeva d'anno in anno che un numero sempre maggiore di scelti giovani soci andasse a frequentare i corsi di teolo- gia e di filosofía all'Universitá Gregoriana in Roma, prendendovi i relativi gradi e titoli. Mantenere poi vivo lo spirito di Don Bosco, non occorre dirlo, era l'articolo fondamentale del suo programma di governo. Non essendo possibile qui né opportuno difTonderci su questo argomento, che del resto risalta abbastanza da quanto abbiamo narrato altrove, ci soffer- méremo solo su di un caso particolare, che ci fa quasi toccare con mano in qual maniera solesse risolvere le difficoltá, appellandosi alio spirito del santo Fondatore. Avremo cosi occasione di narrare un fatto, omesso nell'altro volume. Da alcuni anni si manifestavano qua e la disaccordi fra i Soci so- pra tre punti: nello studio degli scrittori cristiani antichi, sull'indirizzo letterario e sul modo d'insegnare. Nel 1888 Don Rúa prese in esame queste divergenze, continuando anche l'anno dopo le sue atiente osser- vazioni, finché, formatosi un giusto concetto delle cause e degli effetti, si accinse a porvi rimedio. Cominció a esporre il suo pensiero nel set- iembre del 1889 con una conferenza tenuta a Valsalice Pultimo giorno degli esercizi spirituali dei chierici, ma facendovi intervenire anche insegnanti dalle Case vicine; quindi, afiinché le sue considerazioni potessero arrivare a conoscenza di tutti, le mise in iscritto e con una sua lettera del 27 dicembre, giorno scelto -con intenzione perché onomástico di Don Bosco, ne diede comunicazione ai Soci. Piglió le mosse da due punti d'unione. Notó primieramente come fossero tutti animati da un único desiderio di bene, di vedere cioé i giovani dei Collegi Salesiani ben avviati negli studi, nelle lettere e (1) Ore, pgg. 30, 52, 70, 99-101, 166, 182. 10 Annali Societá Salesiana. Vol III. R.M. Rúa 1899 1910 Sguardo retrospettivo nella virtü; in secondo luogo rilevó come fossero tutti unanimi nel professare illimitata venerazione per Don Bosco e piena docilita a' suoi desideri, consigli e ordini. Perció, senza entrare in tante disqui- sizioni, egli, quale « uno dei figli piü anziani di Don Bosco e suo con- fidente intimo, avendo conosciuto bene le sue idee e le sue intenzioni », si propose di esporre semplicemente i desideri, i consigli e gli ordini di lui intorno a quelle tre cose controverse, sicuro dell'universale disposi- zione a seguirli. Riferiró sopra i singoli punti le sue testuali parole, cominciando da quanto disse e scrisse sul disaccordo circa lo studio degli scrittori cristiani antichi, prescritti dai programmi salesiani per il corso classico. Don Bosco fino dai primi tempi dell'Oratorio dimostró sempre vivo desiderio che si studiassero anche i classici cristiani. Provava gran pena nel sentiré come alcuni professori deridessero il latino della Chiesa e dei Padri, chiamandolo con disprezzo latino di sagrestia. Egli diceva che coloro i quali disprezzano la lingua della Chiesa si mostrano ignoranti delle opere dei Santi Padri, i quali in buona sostanza formano da soli la letteratura latina di un'intera etá, splen- dida letteratura, che per molti lati eguaglia nella forma l'etá classica, e per magnificenza e nobiltá di idee di gran lunga la supera. Ed ebbe perfino a sostenere dispute con personaggi dottissimi in belle lettere, benché sempre con prudenza e con carita. E le sue ragioni erano tali di natura loro da trarli alia propria opinione. E non risparmió rimproveri a chi aveva stampato note di cen- sura sullo stile e sulla lingua dei Sañti Padri, dimostrando aver torto colui, il quale non volesse vedere il bello di quei preziosi volumi. Fin dai 1850 per parecchi anni egli stesso in tempo di vacanze ci spiegava vari brani di questi autori ecclesiastici, specialmente le lettere di S. Girolamo, e manifestava sempre un vivo desiderio che fossero studiate. Don Rúa, ricordando dispute vittoriose di Don Bosco con dottis- simi letterati, aveva certo in mente anche un episodio del 1855 col prof. Tommaso Vallauri, dell'Universitá di Torino, latinista di gran fama. Aveva questi in un suo scritto biasimato, anzi vituperato gli autori latini cristiani, quasi che essi, intenti alia difesa della Fede, non badassero piü che tanto alia lingua, e all'occasione anche la deturpas- sero. Don Bosco, spiacente di un giudizio venuto cosi dall'alto, pro- fittando di un incontro, seppe in cosi bella maniera presentare al Val- lauri le sue osservazioni contrarié, che quegli s'indusse a ritrattare la 11 Annali Societá Salesiana. Vol III. R.M. Rúa 1899 1910 Capo I condanna; ma, nel dar ragione al Santo, ci tenne a dichiarargli essere la prima volta in vita sua che gli accadeva di sottomettere il proprio giu- dizio a quello di un altro. Era noto infatti quanto il Vallauri fosse insoííerente di opinioni opposte alie sue ( 1 ) . Don Rúa proseguiva, illustrando ancor piú il pensiero di Don Bosco: Quando Pió IX in un'Enciclica ( 2 ) sciolse la questione, sorta tra Mons. Du- panloup ed il Gaume, dicendo che si unisse bellamente lo studio dei classici pagani con quello dei classici cristiani per rivestire di forma classica le idee cristiane e dando norme su questo punto, Don Bosco ripeteva essere le sue idee in perfetto accordo con quelle del Papa, e continuava ad inculcare la ne- cessitá di studiare i classici cristiani. Don Bosco non isprezzava i classici profani: li aveva studiati, ne possedeva dei lunghissimi brani a memoria e li commen- tava maestrevolmente. Discorrendo con valenti professori, mostrava talvolta tanta erudizione da trarli in ammirazione e farli esclamare, che mai non si sa- rebbero immaginato che Don Bosco avesse tanta profonditá di cognizioni nella letteratura latina. Ma non poteva disconoscere che i classici profani possono essere pericolosi, senza il correttivo degli autori cristiani e dei loro insegna- menti. Quindi é che Don Bosco con grandi spese e fatiche volle che fosse stam- pata una Selecta di autori profani latini, purgandoli da ció che poteva nuocere al buon costume; e quindi una Selecta di classici cristiani. Se vogliamo adunque seguiré le orme di Don Bosco, se desideriamo fare a lui cosa grata, uniamoci nel praticare questo saggio principio: Sonó necessari gli autori classici profani per imparare Peleganza della lingua latina, ma sonó egualmente necessari gli autori cristiani, perché contengono la veritá e sotto una forma tutt'altro che negletta. Ed i maestri nella scuola si adoperino a far risaltare in questi scritti dei Santi Padri l'eleganza dello stile, grazia di lingua, robustezza e sublimitá di concetti; che anzi il bello letterario in alcuni di essi sta talvolta a paro coi medesimi autori del secólo d'oro della latinitá. Anche in questo il tempo é stato galántuomo. Oggi i programmi governativi per i Licei d'Italia fra i prosatori latini prescritti inclu- dono espressamente gli scrittori cristiani. Anzi presso varié Facoltá di Lettere é istituita una cattedra di Letteratura Cristiana Antica, che neU'Universitá Cattolica di Milano fu tenuta con onore successiva- mente dai nostri Don Paolo Ubaldi e Don Sisto Colombo, e oggi nel- PAteneo torinese la tiene Mons. Michele Pellegrino, allievo del primo. (1) Mem. Biogr., vol. V, pag. 326. (2) ínter mullos, 25 marzo 1853. Cfr. Mem. Biogr., vol. X I , pag. 430. 12 Annali Societá Salesiana. Vol III. R.M. Rúa 1899 1910 Sguardo retrospettivo Qui Don Rúa rinviava per ulteriori notizie a una pubblicazione di Don Cerruti intitolata Le idee di Don Bosco sulVeducazione ed istru- zione della gioventu, del quale opuscolo diceva: « In quello voi tro* verete le precise idee di Don Bosco su questo argomento; io lo volli rileggere últimamente con attenzione, e dovetti constatare che real- mente vi erano con tutta fedeltá esposte quelle idee, che piü e piü volte aveva io stesso udite ripetere e inculcare dal labbro del nostro caro padre ». II secondo punto di disaccordo riguardava gli autori italiani o me- glio si riferiva a un contrasto, che si andava accentuando, fra due ten- denze, sorda e tardiva eco delle aspre battaglie combattutesi fra clas- sici e romantici. Nelle scuole secondarie salesiane regnarono sempre indisturbati i classici italiani, purificad di ogni licenziositá e di ogni spunto irreligioso. Quelli si leggevano, si commentavano, si studia- vano; su quelli gli alunni face vano ricerche linguistiche per arric- chire il proprio dizionario. Ma negli ultimi tempi tale indirizzo non piaceva piü a tutti; perció se ne diceva male da alcuni, che poi, vo- lendo svecchiare l'insegnamento, aprivano senza le dovute cautele la porta ad autori moderni, dei quali consigliavano la lettura e che ado- peravano puré come libri di testo. La no vita incontrava naturalmente disapprovazioni, che ora si manifestavano in critiche orali, ora ispi- ravano lamentazioni scritte e inviate ai Superiori. Anche fra i chierici studenti di filosofía circolavano opere, alie quali per l'addietro si dava fra noi l'ostracismo. II Capitolo Superiore si occupó di questa fac- cenda la prima volta in una seduta del 23 agosto 1888. Vi furono lette alcune relazioni di insegnanti, che protestavano contro simili novitá. Don Bonetti manifestó il timore di una grave scissura fra i seguaci del método antico e quelli del nuovo. Don Rúa concluse di- cendo che avrebbe esaminato posatamente la questione. I Superiori tornarono sull'argomento il 21 settembre seguente. Don Rúa disse di avervi studiato sopra, di aver interrogato parecchi individui e di aver trovato che realmente esisteva la divisione lamentata. Don Cerruti, come Consigliere Scolastico, diede alcune spiegazioni. Confermata l'esi- stenza delle dissensioni, informó non essere mancati i suoi avver- timenti ogni volta che gli erano parsi necessari; essere pero esagerato 13 Annali Societá Salesiana. Vol III. R.M. Rúa 1899 1910 Capo I parlare di partiti. II buon Don Durando tuttavia fece presente che liberta in letteratura portava anche liberalismo. E allora diré libe- ralismo era diré la gran peste del secólo. Quanto ai chierici studenti, Don Barberis, loro Direttore, spiegó come certuni, appassionatisi di letture moderne in certi Collegi, avevano portato la il loro amore dei moderni autori. Don Cerruti, ripresa la parola, promise di vigilare e ridurre sulla retta via chi tentasse di allontanarsene. Da queste discus- sioni capitolari, dopo matura riflessione, nacquero la detta conferenza di Don Rúa ai Soci e la sua lettera circolare. É degna di nota la pru- dente cautela che egli ebbe d'inquadrare questa scottante questione in altre due che avevano puré la loro importanza, ma che relativamente alia suddetta erano piuttosto estranee. Diceva dunque del secondo punto di disaccordo: Gli uni dicono doverci attenere al classicismo antico degli scrittori italiani con quelle modificazioni pero che son richieste dai tempi; gli altri parteggiano per gli autori moderni e sostengono do ver si scrivere come si parla. Vediamo quali fossero i pensieri e i desideri di Don Bosco, manifestad con le parole e con le opere. Egli studió i classici italiani, e negli ultimi anni di sua vita si ricordava ancora e recitava a memoria con gran piacere canti interi di Dante e poesie d'altri autori. Egli sentí il bisogno di studiarli, come cosa necessaria ad imparare bene la lingua ed a formarsi un bello stile e ne promosse lo stu- dió. Vide pero i pericoli che in questo studio avrebbero incontrati i giovanetti, tanto piü che molti sonó proibiti dalla Chiesa, o dalla legge naturale; e si sob- barcó all'impresa assai costosa e laboriosa di correggerli. Promosse perció la edizione della Biblioteca dei classici italiani per la gioventü. Egli stesso sul prin- cipio faceva la scelta degli autori, li distribuiva da correggere e commentare a questo, a quelPaltro professore. Non avrebbe voluto pubblicare certi classici, appunto perché proibiti o pericolosi; ma i programmi governativi li esigevano; quindi si raccomandó che di questi autori fossero scelti i passi meno nocevoli, volle che venissero toccati e ritoccati, e poi diede ancora norme perché nello spiegarli si eliminasse ogni pericolo. Chi lasciasse correré per le maní dei giovani questi libri non purgati, farebbe certamente contro la volontá di Don Bosco. Secondando adunque lo zelo del nostro Padre, atteniamoci per regola ordinaria alia nostra Biblioteca succitata. Le norme da tenersi per la spiegazione di questi classici vennero puré da lui date, e si trovano nel Regolamento della Casa, ove si parla dei maestri. In modo speciale ci raccomanda di guardarci bene dal citare agli allievi, a sfoggio di erudizione, autori cattivi, e molto meno farne l'elogio, neppure quanto alia lingua o ad altri pregi accessori. Che se si deve spiegarli in iscuola, met- 14 Annali Societá Salesiana. Vol III. R.M. Rúa 1899 1910 Sguardo retrospettivo tasi sempre in piena luce la veritá che si oppone ai loro errori, e facciansi le debite osservazioni sul danna che i giovani potrebbero ricavare dalla lettura dei medesimi. In una parola, si abbia sempre pronto il contravveleno... Ai giorni nostri c'é la smania di leggere romanzi: la gioventü leggera non vuol saperne di letture serie. Dobbiamo opporci alia sua leggerezza. Se i rac- conti non insinuano la virtú, la religione, la pietá, non mai siano da noi letti. I libri leggeri ed appassionati sonó pericolosi specialmente per la moralitá. Don Bosco era molto rigoroso su questo punto; e diceva continuamente che i romanzi sonó il f omite delle passioni. Neppur consigliava la lettura dei Pr ornes si Sposi. Si tolleró solamente quando fu nelle scuole prescritta dal governo. Da ció si argomenti che cosa Don Bosco pensasse degli altri romanzi. Intesi con pena che in qualche nostra Casa penetrarono libri di moderni autori, che sonó apertamente conosciuti per la loro opposizione ed odio alia religione ed alia moralitá. Non occorre che io li nomini, che ben son noti spe- cialmente ai direttori e ai professori. Oh quanto Don Bosco soííriva, allorché veniva a sapere che nelle sue Case s'introducevano libri di símil fatta! E voi tutti sapete come, in principio di ogni anno, sempre facesse consegnare la li- sta dei libri che ciascuno aveva, per eliminare i pericolosi. Si impedisca adun- que con ogni sforzo e vigilanza la lettura dei libri cattivi, e particularmente' dei romanzi pericolosi. Per non ingannarsi sulla qualitá delle opere, che di mano in mano vedevano la luce, Don Rúa consigliava di leggerne le bibliografie in autorevoli periodici, fra i quali nominava la Civiltá Cattolica e la Scuo- la Cattolica, volendo che ogni Casa fosse associata ad alcuno di essi. Prima di venire al terzo punto, egli faceva una digressione per ri- spondere a qualche testa leggera, che andava cianciando impararsi meglio la lingua sui giornali che nei libri, e do ver si scrivere come si parla. « Questo é un vero pretesto per non studiare », ribatteva Don Rúa e continuava sulla necessitá di seri studi ancbe linguistici: Vi é ancora qualche disaccordo nel modo d'insegnare. Noi che vogliamo farci intendere dal popólo, dobbiamo cercare di essere semplici e chiari. Que- sta semplicitá e chiarezza é sempre conseguenza di lunghi studi. Chi ha studiato bene la lingua e la possiede, molto piü fácilmente trovera le parole acconce a stampar le idee nella mente degli ascoltatori e a smuovere i cuori. Vi diró come faceva Don Bosco per rendere i suoi scritti chiari e ameni. Usava sempre moka diligenza per conservare la proprietá e purezza della nostra lingua. Le sue opere poi le dava a rivedere qualche volta a Silvio Pellico, sovente al Prof. Peyron, al Prof. Don Picco, i quali non di rado correggevano qualche frase o toglievano qualche difetto di elocuzione. Per assicurarsi poi sempre piü di es- sere intelligibile a tutti, talvolta chiamava sua madre, voleva che stesse a sen- 15 Annali Societá Salesiana. Vol III. R.M. Rúa 1899 1910 Capo I tire qualche pagina, e finché essa non aveva compreso perfettamente il senso delle parole, non cessava di correggere. Da questo studio acquistó quella chia- rezza invidiabile che traspare da ogni sua pagina e che rendeva cosí care al popólo le sue prediche e i suoi scritti. Passiamo ora alPultimo punto. Un'altra novitá cominciava a far capolino fra noi: la tendenza a fare lezioni cattedratiene, tanto contra- rié al tradizionale método salesiano. Don Rúa per diré la sua parola su questa novitá richiama molto bene il método, che era stato sempre in uso nelle nostre scuole. Le idee di Don Bosco intorno a ció sonó chiaramente espresse nelle rególe della Casa. Prendersi cura di tutti, interrogare tutti e sovente, e non solamente alcuni; e nel daré spiegazione aver sempre di mira che intendano coloro che sonó piü indietro di studi o di men facile ingegno. Sia impegno del maestro seguiré le norme del método preventivo; per conseguenza non mai s'impongano castighi gravi o violenti, neppure si umiliino mai í giovani con termini di di- sprezzo; se vi sará necessitá d'infliggere qualche castigo, si miri sempre all'emen- dazione del colpevole, e non mai a sfogare la collera. Se volete poi che i vostri allievi facciano molto progresso, correggete le pagine a tutti e fate loro cono- scere gli errori commessi. Quanto piü sovente ció farete, tanto piü grande sará il loro profitto. Che se si hanno autori adottati, si spieghino i loro trattati con chiarezza e semplicitá da farsi intendere da tutti gli allievi, e non si pretenda senza superiore autorizzazione di dettare o far copiare propri trattati, con tanta perdita di tempo e forse anche con notevole danno degli allievi, ció che alta- mente disapprovava il nostro caro Don Bosco. Anche nei corsi di filosofía e teologia, non credano i Professori di abbassarsi o perder tempo colPinterrogare gli allievi per assicurarsi se tutti hanno inteso, o col far recitare la lezione per accertarsi se hanno studiato. Chi si contenta di fare lezioni per quanto belle e sublimi, ma non riesce a far imparare e a far studiare i propri allievi, potra essere dotto, ma non sará un valente insegnante. Nei primi tempi dell'Ora- torio si studiava assai: ai pubblici esami erano quelli dell'Oratorio che otte- nevano i voti piü splendidi. Non si ricorreva a castighi per istimolare alio stu- dio; bensi i maestri, oltre all'essere diligenti nel compiere il proprio dovere, s'in- gegnavano in molte maniere ad eccitare l'emulazione nei loro allievi. Qui un'altra digressione ha per iscopo di rintuzzare la smania di novitá circa i testi scolastici; onde ecco le norme da seguiré nei Collegi salesiani. Esce una grammatica nuova, e tostó vi é chi la vorrebbe introdotta nelle scuole. Parimente si vogliono adottare altri libri di testo, che escono alia luce. 16 Annali Societá Salesiana. Vol III. R.M. Rúa 1899 1910 Sguardo retrospettivo perché se n'é sentito fare gli elogi. Allontaniamo ogni smania di cambiamenti. II nostro Consigliere scolastico pubblica ogni anno il nostro programma; uni- formiamoci a questo. In esso si cerca di conciliare il nostro insegnamento ed il bene dei giovani con le esigenze governative, e questo deve bastarci. Che se nel programma sembrasse ad alcuno esservi qualche cosa meritevole di osserva- zione, si dica privatamente al proprio Direttore, se ne parli o se ne scriva alio stesso Consigliere scolastico od anche a me: cosi si esaminerá posatamente la questione cercando tra parecchi il meglio e, se occorrerá, si daranno le op- portune disposizioni. L'esperienza ci fece conoscere l'opportunitá di attenersi ai libri indicati nel nostro programma e servirsi, per quanto é possibile, única- mente delle edizioni delle nostre tipografie. Noi abbiamo un sistema lasciatoci da Don Bosco: procuriamo di conservarlo, come fanno altre religiose associa- zioni che diedero alia Chiesa ed alia societá uomini dottissimi in ogni ramo di scienza e di letteratura. Non si parli di riformare il sistema, bensi ciascuno ri- fofmi il proprio método e la propria condotta, se non sonó conformi ai nostri Regolamenti. Ricorderete pur voi quanto il nostro caro Don Bosco ci incul- casse di guardarci dal ticchio delle riforme. La lunga lettera si chiudeva con una paterna esortazione alia ca- rita, che deve regnare fra i Salesiani nelle opere, nelle parole e negli affetti. « Coi nostri allievi, diceva fra l'altro, non usiamo mai moine o sdolcinature e neppure mai si usino mezzi violenti; ma con moka pazienza e con industriosa sollecitudine si procuri il loro profitto scien- tifico e letterario. Ricordiamoci poi che noi mancheremmo alia parte piü essenziale del nostro compito, se ci riducessimo solo ad impartiré l'istruzione letteraria, senza unirvi l'educazione del cuore. A questo sovrattutto dobbiamo mirare, a formare dei nostri allievi buoni cri- stiani, onesti cittadini, coltivando puré le vocazioni che fra loro s'in- contrano ». Qualunque attivitá umana, che debba avere coesione e costanza, bisogna che abbia un motivo céntrale, da cui tutto si diparta e a cui tutto si riferisca; cosi nella música sopra un motivo fondamentale si sviluppano tutte le variazioni di un tema. Nel governo della Societá Salesiana possiamo diré che l'ubi consistam di Don Rúa sia stato il fer- mo proposito di far regnare in tutto e in tutti il vero spirito di Don Bosco, fatto palese dalla manifestazione de' suoi pensieri e voleri o, piü semplicemente, incarnato nelle Rególe. II documento analizzato qui sopra ci oífre del suo modo di procederé un saggió,<ehe potremmo chiamare classico. 17 Annali Societá Salesiana. Vol III. R.M. Rúa 1899 1910 CAPO II Don Rúa in visita alie Case di Francia, Spagna, Portogallo e Algeria Fra l'ultimo di gennaio e i primi di maggio del 1899 Don Rúa percorse la Francia, la Spagna, il Portogallo e PAlgeria per vedere o rivedere i suoi figli, visitare le loro Case, incontrarsi con i Cooperatori e promüovere dappertutto le Opere Salesiane. Lo accompagnava Don Giovanni Marenco, suo Vicario Genérale per le Figlie di Maria Ausilia- trice. Seguendone l'itinerario, coglieremo per via solamente i fatti che abbiano qualche importanza per la storia della Societá ( 1 ). E un fatto che trascende la persona del viaggiatore é costituito dalle accoglienze ricevute durante tutto il suo viaggio. Anche la per- sona vi aveva certo la parte sua. L'aspetto, l'atteggiamento, il tratto, il linguaggio rivelavano in lui una santitá, che il suo fare umile e di- messo non valeva a nascondere, anzi la metteva maggiormente in vista: alPuomo di Dio i grandi s'inchinavano e il popólo rendeva omaggio di ammirazione e di venerazione. Ma tutto questo si sarebbe potuto con- teneré entro limiti ristretti e, diró cosi, privati; invece fu un succedersi di manifestazioni imponenti per numero e qualitá di accorsi, per magni- ficenza di apparati e per entusiasmo di moltitudini. Si onorava in Don Rúa il successore del grande Don Bosco, il cui nome risonava in ogni dove glorioso; si onorava in lui il Rettor Maggiore della Societá Sale- siana, la cui prodigiosa espansione riempiva'tutti di stupore. Non es- (1) Fonti principali sonó alcune brevi lettere di Don Marenco al Prefetto Genérale Don Belmonte, una serie di articoli del Bollettino spagnolo, usciti ogni mese dall'aprile al dicembre del 1899, e alcune corrispondenze comparse in quello francese di marzo e di lu- glio del medesimo anno. 18 Annali Societá Salesiana. Vol III. R.M. Rúa 1899 1910 Don Rúa in visita alie Case di Francia, Spagna, ecc. sendo compito nostro, ma del biógrafo descrivere tali dimostrazioni, ci basti aver segnalato una volta per sempre la cosa a motivo del riflesso che ebbe nei vari luoghi sulle Opere della Congregazione. Oltrepassate le Alpi per la strada che conduce a Grenoble, Don Rúa cominció a visitare le due Case incontrate sul suo cammino, quelle cioé di S. Ippolito a Romans e di S. Antonio da Padova a Mont- pellier. Due visite brevi, ma sufficienti a rallegrarlo del loro buon as- setto interno e dei progressi dalle medesime raggiunti.in pochi anni. Nell'una e neU'altra cittá quanta benevolenza per i Salesiani presso ogni ceto di persone! Egli vi si trovó per men di tre giorni come in fa- miglia, festeggiato da Cooperatori e Cooperatrici, che gli diedero sen- sibili prove di generositá veramente cristiana e francese. A Sant'Ip- polito il caro signor Chopin, sempre eguale a se stesso, continuava ad aiutare i Salesiani con aífetto paterno; cosi puré a Montpellier la si- gnora Brun-Faulquier, alia quale si doveva la fondazione, era la mam- ma dei figli di Don Bosco. II visitatore tenne pubblica conferenza in entrambi i luoghi, « toujours bon, simple, paternel, aimable, gai ». Ci commuove ancora oggi il vedere, nonostante gli umori politici di allora, tanto ben voluta e favorita in térra di Francia un'Istituzione, che a ve va avuto la sua culla in Italia e che teñe va in Italia il centro propulsore della sua attivitá. II 4 febbraio Don Rúa proseguí alia volta della Spagna. Quella nazione, tanto degna di miglior sorte, uscita da una durissima prova, attraversava un momento assai diíEcile. Nel 1898 la breve e sfortu- nata guerra con gli Stati Uniti aveva avuto disastrose conseguenze per il paese. Rovina della flotta; perdita di Cuba, di Portorico e delle Filippine; crollo dell'impero coloniale; dissesto delle finanze e quindi aumento straordinario delle imposte; condizioni critiche dell'economia privata. Era cresciuto il numero dei fanciulli orfani e bisognosi, ai quali le Case salesiane aprivano le porte, nonostante il rincaro di tutti i generi. Questo comune disagio non fece perderé alPIspettore Don Rinaldi la fiducia nella carita dei Cooperatori. Con una sua circolare del mese di dicembre, esprimendo loro tutta la propria gratitudine per gli aiuti prestatigli fino allora, lasciava chiaramente intendere l'urgenza di nuovi e maggiori soccorsi. Intanto, aííine di poter sop- 19 Annali Societá Salesiana. Vol III. R.M. Rúa 1899 1910 Capo II perire alie necessitá della vita, annunciava di aver ordinato la sospen- sione dei lavori in corso per Ferezione di una chiesa a Maria Ausi- liatrice presso la Casa ispettoriale. II suo appello ebbe eco nei cuori. Le Cooperatrici, sempre ingegnose, organizzarono una lotteria di bene- ficenza, per la quale raccolsero da molte parti della Spagna 42.000 doni: anche la Regina Reggente Maria Cristina volle concorrere col suo. II ricavato procuró un temporáneo sollievo. In tali circostanze Don Rúa vide che la sua presenza sarebbe stata quanto mai opportuna a incoraggiare i Soci e ad animare i Cooperatori. Ecco il motivo princi- pale che lo determinó a intraprendere il viaggio. La notizia vi giunse improvvisa, apportando somma gioia ai Salesiani e ai loro amici (1). Incontrato in vicinanza della frontiera dall'Ispettore, che non si allontanó piú dal suo flanco durante tutta la permanenza di lui nella penisola ibérica, fu a Barcellona a tarda sera del 5 febbraio. Non vi arrivava nuovo, essendovi giá stato, come narrammo, nove anni pri- ma. Un bello stuolo di persone ragguardevoli si trovó a dargli il ben- venuto. Parecchi giovani operai, che frequentavano l'Oratorio di S. Giuseppe, fecero il tentativo di staccare i cavalli dal cocchio offertogli da un Cooperatore e condurlo essi a mano per la Rambla, il piü gran- dioso Corso della metrópoli catalana, affollatissimo a quell'ora e inon- dato di luce; ma ne vennero opportunamente e con loro grande ram- marico impediti. Proseguí súbito per Sarria. Nell'Istituto passó accla- mato tra le file di quattrocento alunni, che lo ávevano aspettato come il Messia. Tutto quello che il cuore di figli aífezionati sa ispirare a fervide immaginazioni, era stato messo in opera, perché il ricevimento riuscisse trionfale. Quindici giorni bastarono appena a Don Rúa per visitare Salesiani e Figlie di Maria Ausiliatrice tanto a Sarria che a Barcellona, per tenere conferenze ai Cooperatori, recarsi dai piü bene- meriti, rendere omaggio alie autoritá religiose e civili, daré udienze a ogni qualitá di persone. Una delle cose rimastegli piü impresse nella memoria fu il bene che l'ultima opera santa di Donna Dorotea Cho- pitea, TOratorio di S. Giuseppe, faceva nel sobborgo barcellonese di Hostafranchs. Ne parló a un numeroso pubblico in Bologna il 30 mag- (1) Boletín Salesiano, abril de 1899, pgg. 80 e 88. 20 Annali Societá Salesiana. Vol III. R.M. Rúa 1899 1910 Don Rúa in visita alie Case di Francia, Spagna, ecc. gio successivo, dicendo ( 1 ) : « Pochi anni or sonó vi regnava il mal costume e l'irreligione anche nei ragazzi. che, fatti petulanti e sfacciati dall'esempio dei maggiori, insultavano e offendevano villanamente i passeggeri, si da provocare frequenti interven ti della forza pubblica. Trovai quei popolani tranquilli e garbati, ed i ragazzi chiassosi ed allegri, ma rispettosissimi verso il sacerdote, che salutano ed accostano con grande confidenza. Essi stessi attribuiscono tal me- raviglioso cambiamento all'Oratorio festivo salesiano, che da pochi anni funziona con regolaritá in mezzo a loro, e benedicono quest'isti- tuzione che, istruendo ed educando i figli, agisce cosi eíEcacemente anche sui parenti e su tutta la famiglia ». Delle prime quattro Case visitate Don Rúa scriveva il 15 a Don Belmonte: « Qui le cose procedono abbastanza bene; queste Case godono di grande simpatia ». Dedicó puré due giorni ad una quinta, al Noviziato di San Vicens deis Horts. Erano proprio i due ultimi giorni del carnevale. L'intera popolazione del paesello prese tanta parte alie feste fattegli, che dimenticó perfino le solite maschere; in- fatti non se ne vide in giro neppur una. Della visita egli informava il medesimo Prefetto Genérale dicendo: « Anche la pare che le cose vadano bene ». Al suo ritorno dal Noviziato, aveva trovato a Sarria una gradita sorpresa: un'adunanza di ex-allievi, la prima che si tenesse nella Spa- gna. Un settimanale del luogo ne riferi in un suo numero, osservando fra l'altro (2): «Fu uno spettacolo veramente mirabile, che noi non avevamo mai veduto e che ci da va motivo a belle riflessioni. L'affetto e la venerazione che questi giovani, dicevamo, stanno dando ai loro anti- chi Superiori, non han nulla di finto, nulla delle tante farse, a cui gior- nalmente assistiamo nelle relazioni sociali; la sinceritá che ne informa tutte le manifestazioni, salta agli occhi e fedelmente si rispecchia nei loro sembianti. Né dovemmo lambiccarci il cervello per iscoprire il segreto di quei fenómeno, che con tanta forza ci aveva soggiogati ». E se ne scorgeva il perché nei sistema educativo di Don Bosco, del (1) AMADEI, II Servo di Dio Michele Rua, vol. II, pgg. 534-5. (2) El Samanes, 25 febbraio 1899. 21 Annali Societá Salesiana. Vol III. R.M. Rúa 1899 1910 Don Rúa in visita alie Case di Francia, Spagna, ecc. che volevano consigli, da giornalisti che chiedevano una parola, da in- fermi che imploravano una benedizione. A Salamanca sospese le visite alie Case della Spagna per andaré nel Portogallo. Durante il viaggio gli toccó un brutto incidente ferro- viario, che gli sarebbe potuto riuscire fatale. II treno, quando entrava nella stazione di Quejigal, per distrazione del macchinista, infiló un binario morto, sul quale erano fermi una diecina di vagoni carichi di frumento e di legname. L'urto fu tanto piú terribile per i viag- giatori, perché assolutamente improvviso. Don Rúa, Don Rinaldi e Don Marenco si sentirono di colpo sbalzati contro i compagni di viag- gio, che sede vano dirimpetto, sicché caddero giü ruzzoloni gli uni su gli altri, e i bagagli addosso. Don Rúa riportó solo un'ammaccatura alia fronte, non grave, ma che gli produsse emorragia dal naso. Don Rinaldi, Don Marenco e gli altri dello stesso scompartimento rima- sero incolumi. Altrove invece l'aífare fu piü serio con feriti e contusi, nessuno pero mortalmente. I carri merci, accavallatisi, erano andati in frantumi. La macchina serví ancora a trascinare il treno fino alia stazione seguente, do ve se ne poté formare uno nuovo. Chi vide il bene fatto da Don Rúa nel Portogallo, non esitó a scorgere nel corso pericolo una manovra dell'inferno. Erano diretti a Braga, dove giunsero il 4 marzo. L'ora tarda del- l'arrivo non tolse che si facesse un ricevimento degno del Successore di Don Bosco e della cittá, che si vanta del titolo di Roma del Porto- gallo. L'indomani vi fu il sólito trattenimento accademico, ma questa volta dato da esterni e con grandiositá insólita. Fra gli altri, un rino- mato oratore sacro spiegó tutta la sua eloquenza in magnificare Don Bosco, illustrarne l'Opera e tratteggiare la figura del Cooperatore salesiano. Non poteva mancare al convegno Don de Vasconcellos, il férvido araldo dei Salesiani nel Portogallo. Conosciuto e amato da tutti per la sua carita e simpático parlatore, fece un breve discorso sovente applaudito dal pubblico, finché, avendo accennato agli Ora- tori festivi, scattó in questi accenti: — Signori, non vi chiedo ap- plausi, ma vi chiedo danari per aprire Oratori festivi. — Infine Don Rúa, come giá nella Spagna, in corretta lingua del paese, resé a tutti le dovute grazie. Quando il giorno 7 risali verso la Galizia spagnola, 23 Annali Societá Salesiana. Vol III. R.M. Rúa 1899 1910 Capo II passó dalla stazione al treno sopra uno strato di fiori. Personaggi d'alto grado gli portarono il loro saluto, ringraziandolo dell'onore fatto a Braga con la sua visita. Gli evviva della folla si univano con le note della banda cittadina. La mattina stessa aveva scritto di la Don Marenco a Don Belmonte: « L'Opera salesiana é ben ricevuta, in alto e in basso, nel clero e nel popólo. Bisogna diré che digitus Dei est hic ». Meta di quella parte del viaggio era la Casa di Vigo. La stazione distava tre chilometri dalla cittá, in un minuscolo paesello. Invece delle note musicali accolsero qui Don Rúa voci squillanti di ragazzi che, accorsi in gran numero dalla cittá, gridavano senza posa: Viva Don Rúa! e poi, galoppando, ne scortavano la vettura dalla stazione alia Casa salesiana. II loro clamore, piü forte di qualsiasi scampanio, ne annunció da lungi l'arrivo ai cittadini, che, usciti fuori, guardavano attoniti quella scena mai veduta né immaginata. Don Rúa a Bologna, nella mentovata occasione, si compiacque di rievocarla. Esaltando il bene fatto con gli Oratori festivi e ricordando allori mietuti dai Sale- siani spagnoli in questo campo, disse ( 1 ) : « In un paesello fui ricevuto da una turba di bambini e ragazzi d'ogni etá e condizione, e da quella nuova scorta di onore fui accompagnato per ben tre chilometri in mezzo alie grida di gioia, ai segni di stima e affetto piü schietti e sin- ceri ». I Cooperatori e le Cooperatrici lo attendevano all'ingresso della Casa, mentre un folto pubblico si addensava nel cortile. Degna di par- ticolar menzione é la visita che il di appresso volle fare al quartiere marino, dove, come narrammo, i Salesiani avevano svolta la loro atti- vitá nei primi tre anni. Quella gente si componeva in massima parte di pescatori, uomini semplici e molto alia buona, che si affollarono nella chiesa per ascoltare Don Rúa. Egli parló ad essi molto familiar- mente, prometiendo che i Salesiani non avrebbero lasciato nulla d'in- tentato per provvedere ai loro bisogni spirituali, della qual cosa fece poi pubblica e calda raccomandazione ai Salesiani e ai Cooperatori riu- (1) AMEDEI, /. c, pag. 535. 24 Annali Societá Salesiana. Vol III. R.M. Rúa 1899 1910 Don Rúa in visita alie Case di Francia, Spagna, ecc. niti. II suo desiderio ebbe piena esecuzione due anni dopo, allorché venne accettata dai Salesiani la parrocchia del luogo. Da Vigo Don Rúa ridiscese il 9 nel Portogallo. Fermatosi un giorno intero a Oporto, dove lo aspettavano a braccia aperte molti amici con a capo il buon Don Vasconcellos, entrava la mattina dell'1 1 a Lisbona. Si direbbe che la sontuosa capitale ci tenesse a fare del suo meglio per onorare l'ospite gradito. La stampa, anche quella libérale, aveva dato la notizia della sua venuta con elevatezza di espressioni. Intorno al- l'umile prete torinese le maggiori autoritá e la piü alta aristocrazia furono larghe in parole e atti, che manifestavano grande rispetto e stima. Essendosi voluto approfittare della presenza di lui per rendere piü solenne la premiazione degli alunni, mani aristocratiche non di- sdegnarono di consegnare agli artigianelli i premi meritati, consistenti in strumenti del loro mestiere. Dacché il Portogallo era Portogallo, la nobiltá lisbonese non aveva mai fatto una cosa simile. II Márchese de Liveri diede un banchetto d'onore, nel quale fecero corona a Don Rúa personaggi molto qualificati ed anche i Provinciali di cinque Ordini religiosi: Gesuiti, Domenicani, Francescani, Lazzari - sti e dello Spirito Santo. II flore della gentilezza lusitana spiccó nei brindisi, ai quali tutti seppe genialmente rispondere il re della festa; ma spiccó anche la generositá deH'anfitrione. II Márchese de Liveri, nativo d'Italia e da molti anni residente a Lisbona, era stato alunno dell'antico Collegio salesiano di Mirabello (1), e amava cordialmente i Salesiani. Allora questi lavoravano con disagio in un lócale disadatto e angusto, sospirando il momento di poter migliorare le loro scuole professionali. II loro grande amico, desideroso di mostrare in modo tangibile il suo affetto all'Opera, fece la a Don Rúa un presente di centomila lire e l'offerta di un terreno che misurava 17.000 metri quadrati, affinché il tutto servisse alia costruzione di un nuovo edifi- cio piü capace e piü rispondente alio scopo. Fu buona cosa che la dona- zione venisse fatta cosi dinanzi ai convitati, perché stimoló a concorrere chi con danaro chi col favore. << La notizia, scrisse Don Marenco il 14, si divulgó per la cittá, recando ammirazione e consolazione in tutti ». (1) Cosí trovo scritto nella Cronaca della Casa di Lisbona. 2 5 2 CERIA, III Annali Societá Salesiana. Vol III. R.M. Rúa 1899 1910 Capo II Don Rúa poi compié Topera con una sua conferenza in francese, lin- gua molto difíusa a Lisbona e intesa senza difficoltá anche da chi non avesse fatto grandi studi. A Corte si sarebbe gradita una visita di Don Rúa. Egli, informa- tone, vi ando. Fu prima dalla Regina Amelia, che lo ricevette con squisita amabilitá. La sovrana avrebbe voluto che i Salesiani pren- dessero a dirigere un Istituto di discoletti, i quali, com'essa diceva, se entravano birichini, uscivano rovinati per la mala direzione. — Ma, soggiunse, trattandosi di ente governativo, la cosa non sarebbe troppo facile. Almeno fosse possibile col tempo (1). Intanto per ora svilup- pate l'Opera vostra, conservando la vostra liberta. lo continueró a proteggerla come in passato. Fa veramente del bene. — Don Rúa passó quindi alPappartamento dei due Principi, figli di lei; ma trovó il solo secondogenito Don Emmanuele, col quale s'intrattenne alcuni minuti, dandogli poi la benedizione di Maria Ausiliatrice e metten- dogliene al eolio la medaglia. II giorno seguente si recó dal Principe ereditario Don Luigi Filippo, che diede segni di straordinaria vene- razione verso il visitatore e gli parló della sua prima Comunione, alia quale si andava preparando. Anche a lui Don Rúa mise al eolio la me- daglia e diede la benedizione, ricevuta molto divotamente in ginoc- chio, tanto che ne rimase intenerito. Infine visitó la Regina Madre Maria Pia, accolto de lei con vera cordialitá. Essa ascoltó con viva compiacenza alcuni ricordi delle relazioni del suo avo Cario Alberto e del suo padre Vittorio Emanuele II con Don Bosco. Era giusto il 14 marzo, genetliaco del Re Umberto, di lei fratello. Don Rúa ne fe' cenno, prometiendo di pregare per lui e per tutti delle due reali f amiglie. Poco lungi dalla capitale, a Pinheiro de Cima, i novizi non vede- vano l'ora di avere fra essi il Rettor Maggiore. Don Rúa non poteva non contentarli. Due novizi portoghesi fecero nelle sue mani la pro- fessione religiosa. Finalmente la mattina del 17, giorno della partenza, amici e ammiratori convennero alia stazione per attestargli ancora una (1) II tempo fece quello che la Regina desiderava. I Salesiani in questi ultimi anni assunsero anche la direzione di Riformatori nel Portogallo. 26 Annali Societá Salesiana. Vol III. R.M. Rúa 1899 1910 Don Rúa in visita alie Case di Francia, Spagna, ecc. volta la loro devota aííezione. Al Direttore Don Cogliolo disse accomia- tandolo: — Credi che lascio a Lisbona una parte del mió cuore. — E il medesimo Direttore, mandandogli il giorno appresso l'abbozzo del- l'atto, con cui il Márchese de Liveri faceva donazione del suddetto terreno, gli scriveva: « I nostri giovani non sanno darsi pace per la dipartita di V. S. Ill.ma ». Parecchi di essi, vivamente impressionati di quanto avevano veduto e udito, domandavano di essere salesiani e perfino missionari. Dovunque volgesse i passi, le orme de' suoi piedi non si cancellavano piü. Rientrato nella Spagna, si portó direttamente a Siviglia, l'antica Hispalis, dove sotto l'impulso del giovane, intraprendente e popola- rissimo Direttore Don Pietro Ricaldone, o piü semplicemente Don Pedro, la Casa della SS. Trinitá' stava diventando centro d'irradia- zione salesiana non solo per la grande cittá e la vasta provincia, ma anche per tutta la regione andalusa, di cui Siviglia dalle molte mira- bilia é la capitale storica. Qui giunto il 18 marzo, ricevette un'accoglienza spettacolosa. Tutta la cittadinanza si commosse. Gran numero di Cooperatori e Cooperatrici gli si serrarono intorno al discendere dal treno; primo ad avvicinarlo e abbracciarlo fu l'Arcivescovo Spinola. Fuori della stazione in mezzo a una moltitudine plaudente si distendeva una lunga fila di vetture signorili: l'Arcivescovo fece salire Don Rúa sul suo coc- chio. Folti gruppi di operai e di popolani attendevano nei pressi del- l'Istituto, messo a festa e illuminato a giorno, poiché annottava. A l - l'apparire della carrozza arcivescovile seguita da tutte le altre si levó un subisso di grida, di razzi luminosi, di spari, che coprivano un canto della massa giovanile accompagnato dalla banda. La folla portó quasi sulle sue braccia Don Rúa dal cocchio all'ampia chiesa, che si gremi di popólo. Gli alunni intonarono un Te Deum, che sembrava dover aprire le volte del tempio. Dopo nel cortile, breve e alato discorso di un Professore universitario, parole dell'Arcivescovo piene di aífetto e di santa unzione, commossa risposta di Don Rúa in castigliano. Ci volle del bello e del buono per liberarlo dall'assedio della calca che lo stringeva da ogni lato. Quando si raccolse nella sua camera e si avvide che gli avevano tagliuzzato senza pietá la povera sottana, se ne 27 Annali Societá Salesiana. Vol III. R.M. Rúa 1899 1910 Capo II rammaricó con Don Ricaldone, esortandolo a inter venir e, affinché la divota rapiña non si avesse a ripetere. Don Ricaldone per distrarlo gli rispóse facetamente: — Stia tranquillo, domattina avrá un'altra veste. Mi permetta pero di dirle che a me non hanno mai tagliato la veste. — Don Rúa sorrise. Nei giorni seguenti le principali famigue mandavano stoviglie, pósate, biancheria, coperte, tappeti, mobili, con- tente che gli servissero anche una volta sola per poi conservarli come sacri ricordi. Per due giorni sfiló nella camera di Don Rúa una processione di visite. Tre cose tuttavia egli volle fare súbito: prendere parte alia festa di S. Giuseppe, la gran festa degli artigiani, recarsi dalle Figlie di Maria Ausiliatrice in cittá, e vedere la recente Casa intitolata a S. Benedetto di Calatrava. II 21 interruppe la sua dimora cola .per andaré al Collegio di Carmona, poi dalle Figlie di Maria Ausiliatrice a Val- verde, dai Salesiani e dalle Suore a Ecjia, alia Casa di Montilla aperta da pochi mesi, all'Istituto di Utrera e alia Casa delle Suore a Jerez de la Frontera, localitá tutte della provincia di Siviglia. A Utrera, prima tappa dei Salesiani nella Spagna, la cittadinanza lo accolse con tale apparato, quale, secondoché fu detto, si vedeva soltanto quando pas- sava il Re. Di tutti i luoghi nominati scrisse lacónicamente Don Ma- renco a Don Belmonte (1): « In certi momenti io non credevo a ció che vedevo; e, in mezzo a quell'entusiasmo straordinario di popoli e di cittá intere, andavo meco stesso pensando: Quanto é grande il nome di Don Bosco in mezzo alie genti! ». La sera del 30 marzo, giovedi santo, era nuovamente a Siviglia, giunto proprio in tempo per compiere la cerimonia della lavanda dei piedi, secondo l'antica tradizione salesiana. La sera del sabato santo se lo portarono via i giovanotti, che formavano un attivo circolo catto- lico nell'Oratorio di S. Benedetto. La gli oratoriani non gli diedero tregua. Vi fu l'immancabile accademia. Quante se n'era giá sorbite presso i Salesiani e le Suore dei vari luoghi visitati, prepárate con pgni cura e svolte con affettuoso entusiasmo, ma tali da stancare an- che chi avesse avuto una resistenza física maggiore della sua! Non (1) Malaga, 11 aprile 1899. 28 Annali Societá Salesiana. Vol III. R.M. Rúa 1899 1910 Don Rúa in visita alie Case di Francia, Spagna, ecc. bastó: lo fecero assistere anche ad una rappresentazione drammatica, lavoro del loro Don Pedro. Don Rúa, zelatore degli Oratori festivi, si prestó a tutto e a tutti con angélica serenitá. E non ricusó neppure di passare in chiesa, dove lo aspettavano dinanzi all'altare di Maria Ausiliatrice babbi e mamme, perché ne benedicesse i bambini. Can- tari nazionali e specialmente andalusi, lanciati da centinaia di voci verso l'incantevole cielo di Siviglia, rallegrarono fino a tarda ora il resto della serata, chiusa finalmente con una fantasmagoria di fuochi artificiali. Mancava ancora una manifestazione, che fosse come l'epilogo delle giornate di Siviglia. La si ebbe il lunedi dopo Pasqua. Nel ma- gnifico salone del palazzo arcivescovile si svolse un'accademia che assurse alia grandiositá di un vero Congresso con l'intervento di tutte le autoritá, della nobiltá e delle piü ragguardevoli persone. Don Rúa al termine ringrazió in castigliano, chiedendo in fine alPArcivescovo che volesse benedire nella sua umile persona la Congregazione sale- siana e tutti i presenti. L'Arcivescovo Spinola si credette in dovere di rivolgere anzitutto due parole, una a Don Rúa e l'altra a Siviglia. Al primo disse: — Tórnate alia vostra térra contento e soddisfatto. I vostri figli salesiani compiono qui un gran bene e la cittá li conosce e li stima. — E alia cittá: — Sei un popólo che sa apprezzare i bene- fici, che riconosci i servigi résiti, che distinguí il mérito dove sta, che applaudi e onori chi forma il tuo decoro e senté le necessitá dei tempi attuali; e un popólo che possiede tali pregi, é un popólo grande e ca- pace di rigenerazione. — Poi avvenne una scena finale che produsse un'emozione indescrivibile. II santo Arcivescovo protestó di non po- ter accettare l'invito fattogli da Don Rúa di benedirlo, ma che si teneva egli onorato di rice veré, come tutti gli altri, la benedizione del suc- cessore di Don Bosco. Allora Don Rúa, quasi facendosi piccolo, si buttó prima di lui in ginocchio; ma 1'Arcivescovo lo obbligó dulce- mente ad alzar si e a daré la benedizione a lui e a tutti. Cosi dicendo, gli s'inginocchiava dinanzi. É piü facile immaginare che descrivere la commozione degli astanti. Largo di spirituali conforti ai Salesiani della Trinitá, tutto zelo per il bene di quei giovani interni, parlando agli uni e agli altri ogni sera dopo 29 Annali Societá Salesiana. Vol III. R.M. Rúa 1899 1910 Capo II le preghiere e ascoltandoli ogni mattina in confessione, portó un'at- tenzione speciale all'Oratorio festivo. Vide e ammiró i prodigiosi frutti ottenuti e a Bologna nella piü volte accennata circostanza, manifestó le sue impressioni. Disse, parte confermando parte completando la nar- razione fattane da noi nel secondo volume ( 1 ) : Presso Siviglia ammirai uno spettacolo che mi commosse profondamente. I ragazzi del luogo erano divisi in due fazioni, tra cui si combattevano fre- quenti lotte a colpi di fionda, che tutti sapevano maneggiare con grande de- strezza. S'interposero piü volte le guardie di pubblica sicurezza, ma con poco o nessun esito, che anzi i monelli erano riusciti qualche volta a metterle in fuga, unendosi tutti insieme contro di loro; ed intanto continuavano le scene sel- vagge e non sempre incruente a funestare quel paese. Fu allora che si sentí il bisogno di chi educasse quella gioventü abbandonata. Sorse l'Oratorio Fe- stivo, a cui corsero tutti quei birichini, attráttivi dai giuochi e divertimenti, e dopo pochi mesi ne subirono il benéfico influsso. Quale trofeo della vittoria che l'educazione religiosa aveva riportata su quei caratteri indomiti e selvaggi furono appese al simulacro di Maria, posto nella cappella dell'Oratorio, tre- cento fionde, di cui'si disarmarono spontaneamente quei piccoli convertid, tron- cando per amor della Madonna, quel triste e pericoloso giuoco. E questa mi par davvero una bella pagina nella storia degli Oratori festivi. La mattina del 4 aprile diede l'addio a Siviglia, fra manifestazioni che piü generali e piü cordiali non si sarebbero potute immaginare. Aveva promesso di ritornare a Mura per tenervi una conferenza ai Cooperatori, che la desideravano assai, perché l'altra volta non la si era potuta tenere, essendo i giorni della settimana santa. Vi ritornó dunque e non essendo distratto da altre cure, trascorse il piü del tem- po in particolare intimitá con i piü ragguardevoli amici, fra i quali pri- meggiava il venerando Márchese di Ulloa, lieto di essere stato lo stru- mento della Provvidenza a far venire i primi figli di Don Bosco nella Spagna. É nell'Andalusia anche Malaga, capoluogo di una delle otto provin- ce, che formano quella regione. Anche a Malaga i Salesiani godevano Puniversale favore della cittadinanza, tanto visibile era l'abnegazione con cui si sacrificavano per il bene della gioventü piü bisognosa di assi- (1) AMADEI, /. c. 30 Annali Societá Salesiana. Vol III. R.M. Rúa 1899 1910 Don Rúa in visita alie Case di Francia, Spagna, ecc. stenza: nel loro Oratorio festivo lavoravano sul serio. I ben pensante, che, sentendo che cosa fermentasse nei bassifondi sociali, C9ri^reá:^>^ v devano quanto fosse opportuna ed eíFicace la loro salutare azjcj»6 sui. „ \ ^ figli del popólo, portavano i Salesiani in palma di mano. ¥J$1 Jpul'fl&fee . $ "^ di studi storici, che in nome della cittá portó a Don Rúa il smptí& ájjgfty rale, lo disse chiaramente, toccando il tasto dell'educazione^ e traendone dolenti note. Egli perianto dava di cuore il benvélj capo di un'Associazione, che aveva appunto per iscopo di volgerelíl bene in Malaga una porzione assai pericolosa della societá futura. Dal 7 al 12 aprile Don Rúa tutto vide, tutti conobbe, in tutti confermó l'opinione che giá si aveva della sua persona e dell'Opera in luí personificata. Anche a Malaga i Cooperatori pensarono a pre- parare una grandiosa accademia in suo onore. La tennero nella Sala Filarmónica, che faceva parte delPIstituto Musicale. Era tutta un incanto di fiori e di luci. Presiedeva il Vescovo. V'intervennero non meno di ottocento persone, il flore della cittá. II programma fu cosa interamente salesiana. Don Rúa assistette cosi durante il suo viaggio a una terza accademia celebrata in suo onore non dai Salesiani, ma dai Cooperatori. Le altre due erano state quelle di Braga e di Siviglia. La novitá della cosa fece impressione a Don Marenco, il quale, scri- vendo a Torino, osservava (1): «lo credo che converrá adottare tal pratica anche in Italia, senza trascurare pero l'uso delle conferenze nelle chiese. Tali accademie si prestano mirabilmente per far cono- scere l'Opera Salesiana anche a coloro che non vanno in chiesa; dá modo a molti di esprimere le loro buone idee, cosa che non si puó permettere in chiesa; e poi le lodi che si fanno naturalmente ai Sale- siani non sonó prodigate da loro stessi ». A Malaga Don Rúa s'imbarcó per Almeria la sera del 12 aprile. Convenne al porto insieme con i nostri un mondo di gente. Stretto da ogni parte, raggiunse a fática la scala del battello; pareva che quel popólo non sapesse dividersi da lui. I principali Cooperatori, saliti a bordo, gli tennero onorata compagnia fino al momento della partenza. Quando sulPimbrunire la nave lenta lenta si staccava dal porto e Don (1) Lett. a Don Belmonte, Malaga, 11 aprile 1899. 31 Annali Societá Salesiana. Vol III. R.M. Rúa 1899 1910 Capo II Rúa apparve sul ponte per salutare, la folla, come un sol uomo, si mise in ginocchio, chiedendo ad alta voce l'ultima benedizione. Don Rúa in mezzo a un religioso silenzio la benedisse; poi i bandisti diedero fiato alie trombe, mentre tutti salutavano Don Rúa ed egli ritto a poppa, osservava e rispondeva agitando le braccia. Fu una scena as- sai commo vente. É da rammentare un tratto di squisita carita e gentilezza, ideato da quei buoni Cooperatori per fare cosa gradita a Don Rúa e lasciare ai giovanetti una dolce rimembranza del suo passaggio. Sapendo che interni ed esterni sarebbero andati con la loro banda al porto, avevano procurato che si facesse quivi la distribuzione di una succulenta me- renda, non pero nel modo consueto. Ogni ragazzo ricevette la sua razione avvolta in un bel fazzolettino legato con nastri dai colori spa- gnoli e italiani, e tale da conservarsi come ricordo. S'arrivó ad Almeria la mattina seguente. La si doveva aspettare il piróscafo per Orano. In quella cittá non esisteva Casa salesiana né si contavano molti Cooperatori; eppure anche ivi si fece trovare a Don Rúa un solennissimo ricevimento. Le Autoritá, il Comandante del porto, molti distinti Signori, il Clero, gran popólo stavano in at- iesa. Appena la nave ormeggió, le principali personalitá salirono a salutare Don Rúa, accompagnandolo poi a térra sulla barca del Co- mando portuale, indi con il seguito d'una ventina di carrozze fino alia casa di Don Juan Vivas-Pérez, anima dei Cooperatori almeriani. Questo buon signore, desiderando ardentemente l'Opera di Don Bosco nella sua patria, destinava a questo scopo il terzo del guadagno che ricavava dal commercio del salicilato di bismuto e di cerio, sua indu- stria particolare. II cattivo stato del mare obbligó a ritardare la partenza per l'A- frica, con vera gioia di quegli amici, che non lasciarono Don Rúa fino al momento dell'imbarco. Quali sentimenti avrá egli provato, allon- tanandosi dalla Spagna? Nell'insonnia causatagli dal mare alquanto mosso dovettero fra le sue abituali elevazioni a Dio mescolarsi di tratto in tratto i ricordi di tante persone, di tante opere, di tante ma- nifestazioni incontrate durante il corso della sua lunga peregrinazione. Quel cumulo di memorie non 1'ave va ancora abbandonato nel gennaio 32 Annali Societá Salesiana. Vol III. R.M. Rúa 1899 1910 Don Rúa in visita alie Case di Francia, Spagna, ecc. dell'anno dopo, allorché, scrivendo ai Salesiani, rammentava (1): « Ora per vostra edificazione e consolazione richiamo la vostra atten- zione sulle feste che nella Cattolica Spagna si fecero al vostro Rettor Maggiore. L'onore del padre é gioconditá dei figli, e sonó sicuro che voi avete giubilato nel vostro cuore leggendo le belle descrizioni che di tali feste ha dato il nostro Bollettino. Vi assicuro pero che la realtá ha superato la relazione e l'aspettazione, e che la nostra Pia Societá nella persona del suo Superiore e Rappresentante ha ricevuto in quella nobile nazione onoranze tali che, diró col poeta, " era follia sperar ". I santi entusiasmi dell'indimenticabile Congresso Salesiano di Bologna si sonó riprodotti ed accresciuti in tutta la penisola ibérica, compreso il regno del Portogallo ». Riandando queste cose egli mirava espressa- mente ad aumentare ne' suoi l'amore e la stima verso la Societá e ad ec- citare la loro riconoscenza verso Dio per l'insigne beneficio fatto loro col chiamarli a farne parte. Nulla diró qui della visita alie Case dell'Algeria, avendone giá parlato nel capo XXIV del volume precedente. Aggiungeró ora sol- tanto un particolare sfuggitomi allora. Don Marenco in una sua molto succinta relazione su questa andata scriveva (2): « Ció che fece im- menso piacere per lui fu, non solo il vedere le Case bene avviate, sia per gli interni sia per gli esterni, ma il trovare molto bene orga nizzata Topera degli antichi allievi secondo lo spirito di Don Bosco, il quale desiderava cotanto che la santa influenza degli educatori con- tinuasse sugli allievi collocati nel mondo ». Di ritorno dalPÁfrica, sbarcó a Marsiglia il 22 aprile. Nuove con- solazioni attinse dalla visita di altre Case nella Francia Meridionale. Amor filíale dei Soci e slancio schietto dei giovani interni ed esterni negli Oratori di S. Leone a Marsiglia e di S. Pietro a Nizza, gran tri- pudio dei novizi a Saint-Pierre de Canon e delle novizie a S. Marghe- rita, e dappertutto un accorrere festoso di Cooperatori, come quando arrivava da quelle parti Don Bosco. A Marsiglia vide infermo della malattia, che pochi giorni dopo lo condusse alia tomba, quell'impa- (1) Lett. edif., 20 gennaio 1900. (2) Lett. a Don Belmonte, Marsiglia, 22 aprile 1899. 33 Annali Societá Salesiana. Vol III. R.M. Rúa 1899 1910 Capo II reggiabile signor Olive, giá tanto afíezionato al santo Fondatore. F i n da' suoi primi viaggi a Marsiglia Don Bosco se l'era guadagnato con tutta la sua numerosa famiglia. In quella casa aleggiava veramente lo spirito di Don Bosco, che un giorno la chiamó addirittura casa sale- siana. Vi regnava soprattutto la pietá e la carita. Ogni volta che Don Bosco vi era ospite, i nove tra figli e figlie passavano tour a tour da lui a fargli una specie di rendiconto spirituale ed a riceverne salutari consigli. La carita poi non veniva misurata strettamente sulle possibilitá permesse dal patrimonio: si largheggiava generosamente, fidando nella Provvidenza. Ma i bisogni del S. Leone avevano sempre la preferenza: quella dell'Oratorio era considerato come cosa loro, e tutti vivevano, per dir cosi, della sua vita. Non é quindi da stupire se cinque membri di una tal famiglia furono donati alia Chiesa, tre dei quali a Don Bosco, cioé due Figlie di Maria Ausiliatrice e Don Lodovico, uno dei Mis- sionari che formarono la prima spedizione in Ciña, do ve lasció di sé santa memoria. Dopo due fermate a Vallecrosia e a Nizza Monferrato Don Rúa rientró a Valdocco il 7 maggio, accolto dopo tre mesi di assenza con l'allegrezza con cui si solevano salutare da tutta la Casa i ritorni di Don Bosco. Alia vigilia della festa di Maria Ausiliatrice, nell'ordina- ria conferenza ai Cooperatori e alie Cooperatrici, riferi minutamente sul suo viaggio, il che gli diede occasione di descrivere i grandi pro- gressi dell'Opera Salesiana e l'attiva collaborazione degli amici di essa nei vari paesi. Nella sola Spagna le istituzioni salesiane che nel 1890 erano appena quattro, sommavano allora a ventisette, e piü sarebbero state, se si fosse avuto a disposizione un maggior numero di Salesiani e di Suore; basti diré che nella novena di Natale dell'anno precedente all'Ispettore Don Rinaldi erano pervenute dieci domande per nuove fondazioni; alie quali aveva dovuto rinunciare per mancanza di perso- nale. E quello che accadeva nella Spagna, si avverava anche in altri luo- ghi. Conferenze di tal genere, nelle quali il Rettor Maggiore informava familiarmente i Cooperatori sullo stato delle cose, si ascoltavano sempre col piü vivo interesse e producevano ottimi effetti. Ritornó poi sull'argomento nella consueta lettera del capo d'anno, pubblicata dal Bollettino nel primo numero del 1900: « Permettetemi, diceva, 34 Annali Societá Salesiana. Vol III. R.M. Rúa 1899 1910 Don Rúa in visita alie Case di Francia, Spagna, ecc. che vi apra l'animo mió e compia un sacro do veré ». Aperse l'animo esprimendo la commozione non ancora estinta nel suo cuore per l'af- fetto sincero che i Cooperatori delle diverse cittá da lui visitate nutri- vano verso i Salesiani e per 1'efEcace loro cooperazione nel sostenerne. le Opere esistenti presso di essi; il sacro do veré era quello di cogliere la propizia occasione per ringraziare con tutta l'anima quei lontani benefattori, promettendo imperituro soave ricordo e l'umile sua pre- ghiera unita con le preghiere dei giovanetti delle Case Salesiane. Un'ultima osservazione. Parlando o scri vendo del suo viaggio, Don Rúa amava far conoscere che una delle cose, le quali gli avevano riempito il cuore di consolazione nel visitare quelle Case, era stato il gran numero di Oratori festivi che vi aveva trovato, e l'attenta e sollecita cura che se ne aveva. Di ció dava lode a quei Salesiani, perché mostravano di aver presente l'articolo delle costituzioni che dice: « II primo esercizio di carita sia di raccogliere particolarmente nei giorni festivi i giovanetti poveri e abbandonati per istruirli nella no- stra Santa Cattolica Religione ». 35 Annali Societá Salesiana. Vol III. R.M. Rúa 1899 1910 CAPO III Fondazioni in Italia durante il biennio 1899-900. (Fossano, Conegliano, Chioggia, Comacchio, Palanzano, Forli, Livorno, Figline, Artena, Al vito, Sir acusa, Frascati). Dei dodici nomi allineati qui sopra dinanzi agli occhi del lettore, tre soli rappresentano fondazioni di notevole importanza, quattro si riferiscono a case rimaste sempre in una tal quale mediocritá, e cinque sonó puramente ricordi storici di Opere che dopo un tempo piú o meno breve cessarono di esistere. Anche a queste ultime non va negato un posticino nei nostri Annali, che non si occupano solo di imprese rilevanti, ma anche di atti e fatti che non entrerebbero nelle grandi storie; il po' di vita che quelle ebbero, appartiene certo alia passata attivitá della Congregazione e nella limitata loro esistenza chi sa che non vi sia puré qualche cosa da imparare. Beati tempi, quando amministratori civici decretavano che ogni cittadino di qualsiasi condizione, il quale volesse tenere scuole o daré lezioni, potesse farlo ad suam liberam voluntatem,. e che chiunque desiderasse andaré egli stesso, o mandare propri figli a scuola, avesse facoltá di scegliersi l'insegnante, qui sibi magis placuerit. Cosi é detto negli Statuti Fossanesi del secólo X V I (1). Un secólo dopo tale ordi- nanza i Padri Somaschi liberissimamente apersero a Fossano un loro Collegio, facendovisi ben volere fino alia Rivoluzione francese, quando in nome della liberta i buoni religiosi furono sbanditi, i loro beni con- fiscad e chiuse le loro scuole. Ritornarono, accolti con giubilo, nei 1822, prendendo a educare giovanetti di principali famiglie e cosi con- tinuando, finché un'altra volta in nome della liberta vennero cacciati (1) Pag. 147, col. 8, X X I I . 36 Annali Societá Salesiana. Vol III. R.M. Rúa 1899 1910 Fondazioni in Italia durante il biennio 1899-900 in bando. Allora il Municipio istitui nei medesimi locali un Convitto civico diretto da professori privati; ma a poco a poco disciplina, mo- ralitá e studio decaddero a segno, che persone serie invocavano la mano soccorritrice dei Salesiani, ben noti in cittá per il Collegio Don e Bosco e per l'Oratorio festivo. Della cosa prese l'iniziativa il Sindaco, e nominando una Commissione di tre Consiglieri comunali, che avvias- o sero la pratica. Giustizia voleva che prima di tutti si facesse invito ai irf " benemeriti Somaschi; ma questi non poterono daré risposta afferma- e tiva. Allora il 30 maggio 1899 fu presentata e sostenuta nel Consiglio a la proposta di chiamare senz'altro i Salesiani. Su ventitré presenti >e ven ti votarono in favore. Cosi i tre della Commissione ricevettero il ri mandato ufEciale di recarsi a Torino per far conoscere a Don Rúa la s¬ deliberazione consigliare e pregarlo di esaudire i desideri della citta- re dinanza. Don Rúa, come scrisse uno dei tre, l'avvocato Filippo Crosa o (1), riflettuto un istante, disse: — La Congregazione Salesiana ha ta molti impegni da assolvere; ma quando si puó fare del bene, non si e puó dir di no; la Congregazione accetta, e fará tutto il possibile per >o non demeritare della fiducia in essa riposta. — Perché Don Rúa abbia accolta cosi prontamente la domanda, non sappiamo; ma certo fu bene e ¬ ispirato, perché quella fondazione diede e da eccellenti frutti. É pro- e - babile che gliene avesse giá fatto parola il Vescovo Manacorda. il - In luglio il Capitolo Superiore approvó unánime l'accettazione, sa senza lasciarsi impressionare dopo da attacchi di fogli anticlerical!, che gridarono Tallarme contro l'attentato alia laicitá della scuola (2). Don Durando preparó gli articoli di una Convenzione, che, trasmessa a- io e al Municipio di Fossano, fu dal medesimo approvata e ratificata con e ' lievi modificazioni. In virtü di tale Contratto il Municipio affidava ta per un quinquennio ai Salesiani la direzione del Convitto civico con zo l'obbligo di tenere alunni elementari, ginnasiali e tecnici, che sareb- iti bero andati alie Scuole pubbliche, tranne quelli di seconda e terza >r- elementare, i quali potevano essere interni. E r a il primo pensionato •a- aperto dai Salesiani per giovani frequentanti le Scuole dello Stato. ie e: (1) II Convitto di Fossano nel suo venticinquesimo di direzione dei Figli di Don Bosco. E. Eguzzone, Fossano, 1924, pag. 6. (2) Verb. del Cap. Sup., 18 luglio e I o settembre 1899.
Annali Societá Salesiana. Vol III. R.M. Rúa 1899 1910 « Una piaga delle piü deplorevoli contrista questa infelice cittá. Un Autc gran numero di fanciulli di varié etá stanno tutto il giorno nelle nostre q ue l] vie in preda all'ozio, al vizio, alia demoralizzazione [...]. Vengono dai , \[ se t} propri parenti lungo la giornata messi sulla strada per evitare la noia delle loro molestie e delle loro indisciplinatezze. Ed ecco che trovano una scuola di vizi e di corruzione, operano il male quasi senza cono- scerlo e danno un largo tributo alia classe dei ladri e degli scostu- venti mati ». II Clero non istava inoperoso; ma gravi ostacoli ne isterili- ¡ »*• vano le fatiche. Una causa principale di questo malanno era che i padri, occupati nell'industria del sale e nella pesca, non badavano ai figli. « Quindi, come ribadiva il prof. Vincenzo Belleno, Direttore della Banca Popolare, l'abbandono dei bambini e ragazzi per le vie, il vágabondaggio dei monelli senza guida, senza cura, sonó il nostro maggior male da tutti lamentato ». Tocca da si desolante spettacolo, la signora Giustina Furlan, na- tiva di Chioggia e domiciliata a Venezia, erede fiduciaria di un suo zio prete col mandato d'impiegare quel patrimonio in una pia fonda- P 0 1 s zione a favore di Chioggia, sua cittá natale, ascoltando il consiglio )cume delle testé nominate persone, decise di destinare buona parte di quel- aena l'ereditá per un Istituto Salesiano e ne scrisse a Torino. L'Ispettore ;iovan véneto Don Tamietti, ricevuto ordine di recarsi a Chioggia per osser- ° ^ et vare, vide che i fondi c'erano; quindi concertó la fondazione di un rrase Oratorio festivo con chiesa pubblica da dedicarsi a María Ausiliatrice ™° d e con tre scolette elementari esterne gratuite per i giovanetti poveri. iti tec Trovó puré adatta la localitá designata, ma dissuase il Vescovo dal pro- :>rime pósito di cederé la proprietá di quanto si comprerebbe e si fabbri- > su t cherebbe al Municipio, perché i Salesiani, disse, « sonó soliti ad avere nerosi la proprietá assoluta degli stabili e l'assoluta indipendenza della loro comrr opera ». Constató puré che il bisogno era davvero grandissimo, ve- jcatta-^ dendo egli stesso a stormi i giovanetti vagar per le vie, non facendo :e sec< altro che imparare il male. mtem La Signora, convinta di fare cosa santa, si mostrava impaziente [ e U a c degli indugi, richiesti dalla necessitá di predisporre bene le cose. Ac- l'Istit quistata Tarea, mandó a Torino un disegno della fabbrica da costruire, affinché vi s'introducessero le modificazioni giudicate opportune. Ac- 40 Annali Societá Salesiana. Vol III. R.M. Rúa 1899 1910 Fondazioni in Italia durante il biennio 1899-900 colti volentieri i radicali ritocchi di Don Ernesto Vespignani, si diede con ogni premura a far gettare le fondamenta. II Cohgresso di Bologna, al quale intervennero alcuni Cooperatori chioggiotti e del quale si erano lette a Chioggia le relazioni sui giornali, entusiasmó quanti ave- vano a cuore l'impresa. I lavori tuttavia procedevano con qualche lentezza a motivo di vari contrattempi; nel luglio pero del 1897 l ' E - conomo Genérale Don Luigi Rocca in una sua visita notó che la fab- brica veniva su bene. A cose finite, la Signora si trovó avere sborsato duecentomila lire. Con un capitale di altre lire centomila voleva sta- bilire per i Salesiani una rendita di circa cinquemila lire annue; ma da ultimo, fatta la cessione della proprietá, rimise senz'altro a Don Rúa questa somma, a patto che ne passasse gl'interessi alia Casa, da intitolarsi a S. Giusto ( 1 ) . I Salesiani vi andarono nel dicembre del 1899. Merita lode la generosa benefattrice anche perché con sommo disinteresse non cercó mai di volere le cose a modo suo. II Direttore Don Brusasca avrebbe desiderato che si desse principio a un vero e proprio orfanotrofio e brigava per ottenerne la licenza dai Superiori, i quali non erano di quel parere. Essa allora scrisse a Don Rúa nel dicembre del 1907: « Quando confidai, con convincimento di stima, alia benemérita Societá Salesiana il detto Istituto, io non Le ho pre- scritto nessuna norma né d'insegnamento ne di condizione, deside- rando solo che VIstituto porti del bene alia Religione e alia Societá; che questo bene provenga in una maniera oppure in un'altra, per me é lo stesso, basta che questo bene sia fruttifero. E perció lascio a Lei, Rev. Superiore, la liberta di fare, se crede, in seguito tutte quelle in- novazioni che Le sembrassero piü adatte alia cittá: e qualunque cosa venisse da L e i stabilita ed eseguita, io saró sempre contenta, purché, come dissi piü sopra, sia di vantaggio alia mia Chioggia ». Alludendo poi piü direttamente alia contraria intenzione dei Superiori, conchiu- deva: « Avrei piacere anch'io di vedere un qualche maggiore sviluppo nell'I stituto; ma lascio a Lei, figlio del Venerabile Don Giovanni Bo- sco, tutta la liberta che desidera. Fino a che saró in vita, in tutto quello (1) Verb. del Cap. Sup., 26 luglio e 17 ottobre 1897. 41 Annali Societá Salesiana. Vol III. R.M. Rúa 1899 1910 Capo III a quella popolazione ». Se ne interessava tanto, perché la parte mag- giore dell'ereditá si trovava nella vicina borgata di Pratopiano, suo paese nativo, che perció avrebbe goduto anch'esso del beneficio. An- che Don Morganti, il grande animatore dei Cooperatori milanesi, rac- comandava di far contento l'Arcivescovo, che voleva tanto bene ai Salesiani. Questa ragione aveva certo il suo peso; ma una speciale circo- stanza si venne ad aggiungere. Nel 1898 gravi moti politici avevano sconvolto Milano e insanguinato le sue vie. Persone di autoritá tol- sero pretesto da fatti immaginari per arrecare profonde amarezze e afflizioni all'animo intemerato del santo Cardinale, al che tenne die- tro una guerra iniqua e vile del giornalismo di piazza. Non conveniva dunque aumentargli le pene con una negativa che lo addolorava e che egli riputava " un torto " alia sua persona. Una riconoscenza dunque di lunga data e un'esigenza morale del momento piegarono Don Rúa a darvi l'essenso. Fu mandato nel 1899 a Palanzano Don Faustino Confortóla, al quale, molto pratico di faccende amministrative, non mancó materia per dar prova della sua abilitá. Irretito in un groviglio di conti e di contese, non poteva fare quasi altro che l'amministratore dell'ereditá, finché il Cardinale stesso si convinse che la posizione di lui era insostenibile e liberó da ogni impegno i Salesiani, i quali, nel 1904, con rammarico di quelle popolazioni deluse nelle loro speranze, abbandonarono il luogo. Durante il Congresso di Bologna Don Rúa aveva promesso di man- dare nel 1899 i Salesiani a Forli (1). Facevano premura per questo la forlivese Contessa Brocchi di Firenze, e da Fórli i due Cooperatori Canonici Saccomandi e Scozzóli, ai quali Don Rúa era riconoscente per quanto avevano fatto nel Congresso bolognese. La Contessa deplorava la condizione lacrimevole di abbandono, in cui versavano cola molti poveri figli del popólo, costretti a frequentare scuole ostili alia religione. I due Canonici vi tenevano giá dal 1893 un Oratorio festivo con quat- tro minuscoli laboratori per artigianelli esterni, diretti da capi che li facevano lavorare per contó proprio; ma, non potendo piú continuare per difetto di personale e per scarsitá di mezzi, avvicinandosi il termine (1) Verb. del Cap. Sup., 9 novembre 1900. 44 Annali Societá Salesiana. Vol III. R.M. Rúa 1899 1910 Fondazioni in Italia durante il biennio 1899-900 fissato da Don Rúa, apersero trattative per cederé tutto ai Salesiani. In quel tutto, che poi era poca cosa, si comprendevano anche passivitá e debiti e situazioni delicate. Don Rúa, memore della promessa e de- sideroso di mantenerla, rispóse con buone parole, che fecero sorgere nell'animo del Vescovo Raimondo Jafíei e dei Canonici le piü rosee speranze. Se non che alio stringere dei conti, si vide che mancava una base, la quale desse buon afEdamento. Tuttavia per forse eccessivi riguardi i Superiori non ricusarono di tentare. Quando pero i Salesiani furono la, saltarono fuori gravami non contemplati nella Convenzione e le cose si complicarono talmente, che dopo il primo anno i medesi- mi Superiori richiamarono il personale. II buon Vescovo comprese, si rassegnó e consegnó 1'Opera al suo giovane clero. Rimase nei buoni il desiderio di un'Opera salesiana; ma per averia Forli dovette aspet- tare fino al 1942, nel qual anno il Vescovo Rolla fece trovare nella sua sede ai Salesiani quanto era necessario. La cittá era ammirata del loro zelo, quando nel 1944 le bombe rasero al suolo chiesa e casa; ma essi continuano a lavorare fra le rovine. Sonó del tempo di cui parliamo gl'inizi dell'Opera salesiana a L i - vorno. Passó quest'Opera tre fasi; ma ora purtroppo bisogna aggiun- gerne una quarta, dovendo anche quella Casa rifarsi dei gravi danni causatile dai bombardamenti del 1944. Dal 1899 al 1903 un prete salesiano ando ogni settimana da Pisa a tenervi l'Oratorio festivo; poi fino al 1915 alcuni Confratelli si stabilirono in cittá, continuando e sviluppando l'Oratorio; infine vi si cominciarono dal bravo Don Tommaso Masera grandi lavori per arrivare al caseggiato, che faceva bella mostra di sé ai viaggiatori che vi passavano accanto sulla linea ferroviaria di Roma; ma tornera come prima. A noi interessano qui soltanto i primordi dell'Opera. A Livorno i Salesiani erano aspettati da gran tempo. I primi in- viti pervennero a Don Bosco nel 1875, ripetuti poi piü volte fino al 1885. Cooperatrici, Cooperatori laici ed ecclesiastici e il Vescovo Franchi sentivano la necessitá di chi si prendesse cura di tanta gio- ventü, che correva la via della perdizione. In cittá mancavano mezzi di educazione cristiana per il popólo; l'ambiente era dominato dalla Massoneria e saturo di anticlericalismo. I nostri pionieri lavorarono di 45 Annali Societá Salesiana. Vol III. R.M. Rúa 1899 1910 Fondaztoni in Italia durante il biennio 1899-900 Card. Rampolla di bisogni della sua diócesi, fu da lui consigliato di farsi aiutare dai Salesiani. Egli osservava intorno a sé tutto un lavorio massonico diretto a pervertiré la popolazione, sofíocandone la vita religiosa. II famoso Nathan, passato di la, era rimasto dolente di osser- vare con i propri occhi una magnifica celebrazione di feste eucaristi- che con un bello spettacolo di prime Comunioni e aveva raccomandato a' suoi di far guerra alia superstizione; né questi risparmiavano sforzi per ingraziarsi il loro Gran Maestro. L'Arcivescovo dunque si ripro- metteva molto dai Salesiani, anzitutto per la formazione del novello Clero, giacché divisava di affldar loro il Seminario; ma le sue proposte non presentavano mai alcuna base di qualche consistenza. Alia fine, con la, speranza di meglio per l'avvenire, si contentó che i Salesiani prendessero la direzione di un pió Istituto, Gargallo. Quello che egli chiamava Istituto, non era in realtá se non un pic- colo orfanotrofio per artigianelli, fondato dalla Marchesa Gargallo. Maria Carmela Gargallo, Marchesa di Castel Lentini, desiderosa di daré alia cittá una tale Opera benéfica, ne aveva giá trattato con Don Bosco nel 1879, senza pero arrivare ad alcun risultato positivo, per la ragione che essa voleva ad ogni costo mettere in mezzo il Munici- pio ( 1 ). Fece poi da sé, costituendo una rendita di seimila lire per il mantenimento di venti orfani ed affldandone l'amministrazione ad una Commissione, della quale fosse presidente e arbitro l'Arcivescovo. Dopo lunghe trattative nel maggio del 1899 il nuovo Ispettore siculo Don Giuseppe Monateri, recatosi a Siracusa per rendersi contó di altre proposte accennate sopra, chiese di visitare anche l'orfanotrofio. — Se ne guardi bene! gli disse l'Arcivescovo. Colui che lo dirige sarebbe capace di mettere in malo modo fuor della porta chiunque si tentasse di penetrare nel suo regno. — Quella mancata visita non impedí a Don Rúa d'inviarvi egualmente i Salesiani. Il suo cuore pieno di ca- rita non seppe resistere alie implorazioni dell'Arcivescovo. I Salesiani, giunti sul cadere del 1900, si trovarono in una piccola babele. Ma il Direttore, Don Stefano Quartino, con la sua calma di- (1) Mem. Biogr., vol. X V , pgg. 292-6. 51 Annali Societá Salesiana. Vol III. R.M. Rúa 1899 1910 Capo III gnitosa, con la sua bontá ed energia stava instaurando la disciplina nei giovani e mettendo regolaritá nell'amministrazione, quando per somma sciagura un male improvviso e violento lo portó in pochi gior- ni alia tomba. Era appena cominciato il quinto mese dalParrivo. Del defunto scriveva l'Arcivescovo a Don Rúa il 23 maggio 1901: « I I Signore ha voluto provare questa nuova istituzione con un grande sacrificio, togliendoci immediatamente il carissimo Don Quartino, quan- do, con un'attivitá indefessa, cominciava ad incarnare i piü bei disegni del suo animo zelante ». Bisogna per altro che diciamo tutto. Chi stette lá un paio di giorni per ragioni di ministero un mese prima che Don Quartino morisse, restó edifícate dello spirito di sacrificio che scorse nei Direttore, ma non ha ancora dimenticato l'impressione riportata della casa: gli parve che lá entro non fosse possibile la vita di una nostra comunitá. Basti diré che lo stato igienico era quanto si possa immaginare di piü con- trario a un luogo di educazione. Ristrettezza di locali, mancanza di aria e di solé, umidissimo il pianterreno. L'ingresso si apriva nell'in- terno, sopra un cortile rettangolare stretto e soffocato da alti edifici. Messo il piede entro la soglia, ti prendeva un senso di ripulsione che faceva súbito pensare quanto dovesse essere antipática quella dimora. Compatiremo quindi qualche giovane chierico, se in un ambiente cosi privo di ogni materiale conforto, talvolta perdeva la pazienza e met- teva in non cale il sistema preventivo. Leggendo la relazione di una inchiesta ordinata dalle Autoritá nei 1904, si rimane trasecolati e scon- certati dinanzi ai brutti particolari ivi descritti. Oggi le cose sarán cambiate, ma quarantasei anni fa stavano cosi. Ben fecero dunque i Superiori venendo alia chiusura prima che vi provvedesse il Governo. Usarono solo un riguardo al Card. Rampolla, che due volte si era interessato delPOpera; per questo credettero con- veniente che si cercasse di conoscere il suo sentimento al riguardo. Venne incaricato della cosa il Procuratore Don Marenco, il quale poté assicurare che Sua Eminenza non si opponeva affatto alia partenza dei Salesiani da Siracusa. Taluno lamentó allora gli errori commessi e fá- cilmente evitabili nelPassumere quell'Opera. Ma Don Rúa umilmente 52 Annali Societá Salesiana. Vol III. R.M. Rúa 1899 1910 rispóse: « Anche con la miglior volontá del mondo possono sempre itrire capitare certi inconvenienti » ( 1 ). del va Termineremo questo capo parlando di un Collegio, che era desti- religioí nato a un grande avvenire e che doveva ricevere importanza anche dal mente trovarsi quasi alie porte di Roma: il Collegio di Villa Sora a Frasead. Dal 1900 a oggi lo abbiamo veduto progredire sempre piü fino a di messo ventare uno degli Istituti d'istruzione media piü completi e piü accredi- so Sau tati presso le famiglie e presso le maggiori Autoritá scolastiche della Sora. Capitale. Vi diede origine il ritirarsi dei Salesiani dal Seminario Tu- bino, ] scolano, di cui abbiamo detto nel secondo volume. Le cose andarono r a firm a questo modo. La Convenzione del 1896 fra il Card. Serafino Vannu- nome; telli e Don Rúa per il Seminario contemplava la durata di cinque an- S. Ce ni e a tenore dell'articolo décimo s'intendeva che si sarebbe continuato Irone, per altri cinque, se dall'una delle due parti non si fosse dato diffida- va vol mento due anni prima della scadenza. Avvicinandosi dunque la fine ircosta del terzo anno, la Commissione Tridentina si radunó per decidere che ite di c cosa bisognasse fare. La conclusione é consegnata nella seguente co- •rovo t municazione uniciale inviata dal Segretario al Procuratore Genérale nel re Don Cesare Cagliero. floren :onferr Riunite, questa mattina, ambedue le Commissioni incaricate della disciplina /illa S( e dell'economia del Seminario, sotto la presidenza deH'Eminentissimo Card. Ve- i l scovo Serafino Vannutelli, e preso ad esame il quesito fatto sul disposto del- l'art. 10° della Convenzione esistente fra la Congregazione dei Padri Salesiani :>ntá SÍ e il Card. Vescovo pro tempore riguardo al regime del Seminario, tutti i Signori componenti Tuna e Paltra Commissione hanno sentita la grave responsabilitá di pronunciarsi sopra un punto cosi delicato, reso ancor piü difficile dalla con- siderazione da una parte, di non perderé il grande beneficio fin qui prestato con tanto zelo alia diócesi dai benemeriti figli di D. Bosco, e dal riflesso, dal- l'altra, di provvedere alia convenevole collocazione di alcuni giovani Sacerdoti, i quali alio spirare dell'anno scolastico 1901 si troveranno in grado di essere degnamente oceupati non solo nelle scuole di Filosofía e Teología, ma ancora nelle classi Ginnasiali ed Elementari. Dopo ció i Rev.mi Deputati hanno opí- nate, che se piacesse al Rev.mo D. Rúa di proporre un acconcio componimento, che valga a conservare nel regime del Seminario Topera intelligente dei suoi religiosi, e in pari tempo consentiré, che prendano alloggio nel Seminario, ed ivi esercitino il magistero anche quei Sacerdoti diocesani i quali hanno le ri- (1) Verb. del Cap. Sup., 5 ottobre 1904. 53 Annali Societá Salesiana. Vol III. R.M. Rúa 1899 1910 CAPO IV Disastrose devastazioni nelle Missioni della Patagonia. Le Missioni patagoniche, benedette da Dio, procedevano di bene in meglio. Scuole piene di giovanetti, protezione delle Autoritá; Mis- sionari percorrenti il deserto per centinaia e centinaia di chilometri, riportando frutti copiosi. Anche la vita civile progrediva: il Governo provvedeva alia costruzione di una colossale rete ferroviaria e sotto- poneva alio studio di tecnici una canalizzazione che avrebbe convertito aride valli in fertili campagne. Spuntava insomma l'alba di un'era novella per la Patagonia con la promessa di un florido avvenire reli- gioso, morale, económico. Ma nell'inverno del 1899 un cataclisma sen- za precedenti desoló quelle terre, riducendo in cosi misero stato le Mis- sioni Salesiane, che solamente una fede eroica nella santitá del loro apostolato e una totale conformitá al volere di Dio poteron sostenere il coraggio di Mons. Cagliero e dei Missionari, sicché dopo l'immane sciagura avessero animo di ripigliare da capo un lavoro costato tanti anni di sacrifici. Verrebbe quasi da pensare che alia vigilia di feste giu- bilari per il primo venticinquesimo delle Missioni Salesiane il nemico d'ogni bene volesse sfogare il suo livore, provocando una catástrofe come quella di Giobbe, fatta eccezione delle vittime umane. Narre- remo i fatti con la dovuta sobrietá, sulla scorta di corrispondenze pri- vate, resé anche pubbliche dal Bollettino ( 1 ). II cataclisma, come suona il vocabolo stesso, fu un'inondazione o una serie d'inondazioni dovute alio straripamento di parecchi fiumi. Quella del Rio Negro dovette essere bene spettacolosa, e a chi la vide, parve che il mare, rotte le naturali barriere, si fosse spinto fino alie (1) Numeri di setiembre, ottobre, dicembre 1899 e gennaio 1900. 56 Annali Societá Salesiana. Vol III. R.M. Rúa 1899 1910 Disastrose devastazioni nelle Missioni della Vatagonia remote Cordigliere andine per portare battaglia a cosi gigantesche mon- tagne. Si pensi che dalla confluenza del Neuquén con il Limáy, la quale da origine al Rio Negro, questo fiume smisurato corre la bellezza di 1200 chilometri per buttarsi néll'Atlántico e che su tanto spazio si estese la piena delle acque. L'immane allagamento fu causato da piog- ge torrenziali e da precoce sgelo di nevi nei mesi di maggio, giugno e luglio, quando si é laggiü nella stagione invernale. Impetuose colonne di acqua si rovesciavano negli affluenti maggiori e minori, i quali, pre- cipitandosi nell'unico álveo, gonfiavano la corrente a segno, che le sponde, non contenendo la vorticosa mole, la mandavano a portare lo sterminio tutto all'intorno. Ma piü che la vista dello spettacolo, importa a noi conoscerne i disastrosi effetti. La valle del Rio Negro, vasta quasi come PItalia, aveva qua e la paeselli in embrione e non pochi stabilimenti pasto- rali e agricoli, e dalle acque emergevano qua e la di tratto in tratto belle e fertili isole, coperte di esuberante vegetazione. Orbene case, campi, pascoli, piantagioni e armenti, tutto fu travolto dalla piena; a grande siento poterono mettersi in salvo gli abitanti, guadagnando precipitosamente le al ture. Su quelle rive fiorivano parecchie Missioni Salesiane, delle quali abbiamo nárrate le origini e gli sviluppi nel pre- cedente volume, e nessuna ne risparmió la terribile inondazione. Alie due estremitá del Rio Negro stavano Roca e Viedma, e nel mezzo Co- nesa e Pringles; ma imperversarono anche il fiume Neuquén contro Chos-Malál e Junin de luo Andes, e il fiume Chubut contro Rawson. Diciamo primieramente di queste tre ultime Missioni, delle quali, come delle altre, furono giá date notizie topografiche e demografiche nell'accennato volume. Le due residenze di Chos-Malál e di Junin de los Andes furono le meno provate. A Chos-Malál soffersero danni la chiesetta e gli edi- fici della Missione, come tutte le case del paese; ma nessuna distru- zione completa. Piuttosto va segnalato il sangue freddo del buon Don Gavotto, che anche nei giorni di maggior burrasca, quando le acque rumoreggiavano da ogni parte, non ismise di daré missioni in lungo e in largo. A Fortin Guanaco, fermato dal diluviare delle piogge, poco mancó che non perdesse la vita insieme con il suo catechista. Nel cuore 57 3 CERIA, III Annali Societá Salesiana. Vol III. R.M. Rúa 1899 1910 Capo IV della notte, svegliati di soprassalto da forti spruzzi che battevano sul tetto, balzarono dal loro misero giaciglio e al buio, in pantaloni e ca- micia, dato di piglio a quanto li per li poterono afíerrare, scapparono su d'una collina, donde videro pochi minuti dopo crollare la casa. A Junin l'acqua allagó l'abitazione dei Missionari, ma senza danneg- giarla troppo. Ben di peggio avvenne a Rawson nel Chubut. II 23 luglio un pub- blico bando avvertiva che era imminente una inondazione; ma la popo- lazione non vi fece gran caso, perché i vecchi ricordavano come quat- tordici anni prima tutto fosse finito in pochi centimetri d'acqua sul suolo; e quindi si badó solo ad assicurare l'interno delle case, chiu- - dendo meglio le porte e levando da térra gli oggetti. Ma quale sor- presa la mattina del 27, quando la corrente irruppe nel paese, raggiun- gendo l'altezza di un metro e mezzo e durando poi cosi per otto giorni! I ragazzi del Collegio, avvoltisi in coperte e guidati da un chierico, fuggirono sopra un poggio vicino, dove una famiglia véneta offerse loro asilo sopra il fienile. Delle Suore le une vennero ricoverate in una stanza presso la medesima famiglia, le altre nella casa di un buon ge- no vese. II Direttore Don Franchini poté appena togliere dal taberná- culo il Santissimo e torre alcuni oggetti sacri, indi raggiungere i suoi. Alio scemare delle acque, tutte le case erano diroccate. La chiesa sola stava ancora in piedi, ma in pessime condizioni. II Collegio salesiano era in massima parte distrutto, interamente quel delle Suore. Si pro- spettava allora la triste necessitá di dover rimanere chi sa per quanto tempo in tali condizioni di vita; perció il Direttore, raccomandati alia carita dei vicini e alie buone provvidenze delle Autoritá Don Nicolao Carreña e un chierico e due giovani ricoverati, che si fermavano a cu- stodire dalla collina la chiesa e gli avanzi della casa, condusse a Buenos Aires undici orfanelli e ando a bussare alia porta del Collegio Pió IX in Almagro. Lo stesso fecero le Suore, rifugiandosi ivi nel loro Istituto con alcune povere fanciulle. II viaggio era stato lunghissimo e penosis- simo per térra e per mare. Benché confortati dalla generositá di varié persone, fra cui un protestante di buon cuore, e dalla cordialitá degli ufEciali del piróscafo, sul quale avevano navigato, giunsero in uno stato da far pietá. L'Ispettore Don Giuseppe Vespignani, accoltili paterna- 58 Annali Societá Salesiana. Vol III. R.M. Rúa 1899 1910 Disasirose devastazioni nelle Missioni della Patagonia mente, fece loro ben presto obliare " la noia e il mal de la passata via ". Né vi furono perdite solo a Rawson. L'inondazione, piombata puré su Gainan, centro della Colonia Gállense, distrusse in poche ore tutte le case, non dando tempo agli abitanti di salvare nemmeno le cose piü necessarie alia vita. Cola i Missionari avevano edificato una cap- pella, tanto cara ai Cattolici frammisti a quegli Anglicani; ma del sacro edificio non restó piü che un mucchio di macerie. Intanto a Rawson Don Carreña fece costruire sulla collina una casetta di legno, aspettando che fosse possibile discendere al piano, il che av- venne solo 1'8 maggio del 1900. Nel frattempo era stato riattato il pezzetto superstite della casa, si da far posto sufficiente a quattro per- sone. Tornarono le suore, aggiustandosi anch'esse alia meglio; tornó il Direttore con Don Mario Migone, che dopo alcuni mesi lasció a capo della Missione, essendo stato egli destinato ad altro ufflcio. Ma l'inon- dazione materiale aveva prodotto anche quella spirituale; durante circa un anno, trascuranza, abbandono e discordie avevano, per cosi diré, inondato gli spiriti, sommergendoli nelPindifferenza religiosa. Lo zelo paziente dei Missionari ne ravvivó a poco a poco la fede e la pietá. Assai piü desolanti rovine seminó l'inondazione per la valle del Rio Negro. La Missione di Roca, piü vicina alia confluenza del Neu- quén e del Limay, fu la prima a sperimentarne gli effetti. I robusti ter- rapieni, nei quali fidava la popolazione, non servirono a milla; investiti dall'impeto delle onde, cedettero e rovinarono, sicché l'acqua si ri- versó nelle vie, obbligando tutti a precipitosa fuga. In meno che non si dica, scomparve sotto quel diluvio la bella colonia agricola di Don Stefenelli: crollati un grande magazzino e una grandiosa tettoia di re- cente costruzione per la scuola agronómica; sotterrati due mulini con il loro motore; asportata la casa del mezzadro; tutti i fertili terreni scon- volti e coperti da monti di arena. Questo era accaduto il 31 maggio; ma il peggio doveva ancora venire. Per un mese e mezzo le acque a inter- valli si abbassavano e si alzavano, senza che arrivassero a lambire gli edifici della cittá; ma il 16 luglio circolarono voci di spavento. Si di- ceva che in una localitá detta Paso de los Indios, a 600 chilometri da Roca, il Neuquén fosse cresciuto sette metri sopra il livello ordinario. L'interruzione del servizio telegráfico impediva di appurare la notizia: 59 Annali Societá Salesiana. Vol III. R.M. Rúa 1899 1910 Capo IV l'incertezza aumentava la paura. Borghesi e militari si diedero a eri- gere dighe. La minaccia si avvicinava davvero: urgeva ai nostri prov- vedere. Don Stefenelli ordinó alia comunitá di preparare súbito la fuga verso una catena di colline a due chilometri da Roca. Due carri, che trasportavano quanto in fretta e furia si era potuto caricarvi sopra, avevano appena lasciato la cittá, che l'acqua, rotti gli argini, si rove- sciava nelle vie, invadendo la case. II Direttore, date le disposizioni per salvare le sacre Specie, raggiunse a cavallo la caro vana de' suoi e corsé avanti a preparare gli alloggiamenti. Intanto la piena ingrossava di minuto in minuto. Due sacerdoti, incaricati di consumare le Specie eu- caristiche, quando si disponevano a compiere tale atto, udendo il fra- gore delle acque e gli urli della gente, compresero che dovevano far presto, se volevano trovare scampo. Sull'imbrunire di quella triste giornata cominciarono i crolli delle case; l'eco dei rimbombi giungeva all'orecchio dei nostri. Speravano che almeno la chiesa, nuova e di robusta costruzione, avrebbe resistito; ma verso la mezzanotte cadde il campanile e il giorno dopo di buona ora anche la chiesa scomparve. Di li a poco si vide solleyarsi una bianca nube di polvere e si sentí un gran tonfo: erano rovinati il Collegio Salesiano e il Collegio delle Suore. Quattordici anni di sudori e di sa- crifici ridotti al niente! Nei giorni successivi la piena continuó a cre- scere, distruggendo gli ultimi edifici, che avevano opposto maggior resistenza. Di Roca piú non rimaneva pietra sopra pietra. I nostri profughi vissero quindici giorni in un asilo di fortuna. Eran settanta i ragazzi. Non si avevano tende nemmeno per le Suore. II vitto, giá scarso, venne a mancare quasi interamenté. Patirono la vera fame. Finalmente il Direttore prese una enérgica risoluzione. Tro- vad a caro prezzo quattro carri, vi fece montare tutti, e via per Choele- Choél, chi si sapeva essere stato risparmiato a motivo della sua ele- vata posizione. II viaggio duró sette giorni; ma quale viaggio! Strade impraticabili, monti brulli, nessun vestigio umano, difetto di cibo e non una goccia d'acqua. I carrettieri mandavano uomini a cércame, ma non tornavano mai. Gli orfanelli avevano le labbra gonfie per la sete. Una férvida preghiera a S. Giuseppe ottenne la grazia: finita la 60 Annali Societá Salesiana. Vol III. R.M. Rúa 1899 1910 Disastrose devastazioni nelle Missioni della Patagonia supplica, ecco in lontananza una delle mulé col barile. Un grido di gioia salutó il dono della Provvidenza. A Choele-Choél si rifocillarono; ma quella non era la meta: do ve- vano andaré a Bahia-Blanca. Per fortuna c'era il treno. La Salesiani e Suore si ritrovarono nuovamente in famiglia fra le mura ospitali dei rispettivi Collegi. Ebbero anche la grata sorpresa d'incontrarvi Mons. Cagliero, il quale, vero angelo consolatore, li assicuró che la loro cara e fiorente Missione sarebbe a ogni costo risorta. Difatti, con i mezzi che diremo, risorse, ma spostandosi dal luogo primitivo, perché Roca fu riedificata tre chilometri piü in la dal posto occupato precedentemente. A circa 600 chilometri da Roca si trovava la Missione di Conesa. La notizia che la vorticosa alluvione si avvicinava, mise in orgasmo la popolazione, che corsé tutta a innalzare argini di térra; ma il primo urto li spazzó via e le acque sommersero la parte bassa del paese, dove le case, essendo fabbricate con mattoni crudi e quindi poco solide, furono in un batter d'occhio sconquassate e inghiottite. I Salesiani e le Suore, che occupavano una piccola altura, sperando di non essere tra- volti, apersero le loro abitazioni agli inondati e pericolanti. Ma il ter- ribile elemento saliva, saliva, inondava cortile, giardino, lavandería, cucina e toccava la soglia della cappella. Allora il Direttore, Don Be- raldi, consúmate le sacre particole, convertí la cappella in dormitorio e diede ricovero al maggior numero possibile di persone. Poi fortuna- tamente l'acqua prese a diminuiré, incanalandosi nel letto del fiume senza causare altri danni. Allora Don Beraldi, chiamato a far parte della Commissione di soccorso, atiese con i suoi confratelli a sollevare le miserie dei poveri danneggiati, acquistandosi nuovi titoli alia ricono- scenza della popolazione. La Missione di Pringles, posta fra Conesa e Patagones, fu investita tre volte dalla impetuosa piena. Vi erano anche la Collegi per ambi i sessi e una bella chiesa. Nei due primi assalti questi fabbricati, sor- gendo sopra una piccola elevazione, rimasero illesi; ma nel terzo ven- nero allagati. II Direttore Don Aceto, che questo aveva preveduto, era volato a Viedma per ottenere dal Governatore mezzi opportuni a fronteggiare il pericolo, ma non fece ritorno in tempo. La sua as- senza fu disgrazia aggiunta a disgrazia. Egli avrebbe, oltre al resto, 61 Annali Societá Salesiana. Vol III. R.M. Rúa 1899 1910 Capo IV vrebbe rialzato di parecchi metri il livello dell'alluvione. Allora il Go- vernatore ingiunse a quanti erano ancora nella casa, che assolutamente dovessero sgombrare e senza il menomo indugio. Bisognó obbedire. Con lo schianto nel cuore Don Vacchina issó sulla torre la bandiera a mezz'asta, ed ecco tostó apparire una barca con marinai, che avevano l'incarico di trasportare tutti a bordo di un secondo piróscafo, coope- rante col primo nel salvataggio. Cosí Salesiani e Suore, alunni e alunne si trovarono riuniti nelle rispettive case a Carmen de Patagones. Que- sta cittá, situata sulla sponda sinistra del Rio Negro e dirimpetto a Viedma, non presentava alcun pericolo, sorgendo su colli arenosi a trentacinque metri dal livello del fiume. Mentre a Viedma le onde incalzate dalle onde irrompevano negli ambienti del Collegio, sopravvenne un'altra calamita: si sollevó un vento furioso che per lo spazio di quarantotto ore non solo fini di ab- battere le pochissime case superstiti, ma spinse anche grossi cavalloni sulla parte di Patagones piü vicina al fiume, dove i fabbricati, benché solidissimi, soccombettero tutti; i Salesiani puré vi perdettero un edi- ficio di loro proprietá. A Patagones i nuovi arrivati ebbero a patire grande penuria. Le caritatevoli Dame di S. Vincenzo de' Paoli somministravano loro quo- tidianamente ottanta chilogrammi di carne, l'alimento principale del paese, e cinquanta chilogrammi di galletta; ma le bocche erano tre- cento. Le acque presero a scemare il giorno 29; questo pero non voleva diré che si potesse pensare a un prossimo ritorno nell'abbandonata sede. Essendovi urgente bisogno di medicine e di disinfettanti, Don Garrone e il coadiutore Massini s'arrischiarono ad attraversare il fiume ancora molto impetuoso, e, giunti alia casa, fecero due brutte scoperte. I ladri nella notte precedente l'avevano messa a ruba, vuotando i depositi dei laboratori. Non basta: per entrare dovettero combattere con una turba di gatti, di cani e di altri animali affamati, che vi avevano cercato rifugio e salvezza, come in un'arca di Noé. Trágico poi fu il ri- torno. La loro barchetta, cacciata dalle onde in una fitta selva di salici e pioppi, si capovolse. L'energico Don Garrone si afierro ad un ramo sporgente dall'acqua, e il coadiutore si attaccó a una gamba di lui, men- tre il barcaiolo, piü furbo, gli saltava sulle spalle. Una posizione cosi 64 Annali Societá Salesiana. Vol III. R.M. Rúa 1899 1910 Disastrose devastazioni nelle Missioni della Patagonia critica duró non poco tempo. Uno degli accennati vapori, scorto da lungi il pericolo, mandó una barca; ma la corrente la trascinó molto lontano. L'altro vapore ne lanció una seconda, che arrivó a prendere su i naufraghi, trasportandoli a Patagones. Verso la meta di agosto, rientrate le acque nell'immenso álveo del fiume, vari Salesiani, attraver- sando pozzanghere e passando sopra macerie d'ogni genere, ritorna- rono alia casa per metter mano ai lavori di restaurazione: impresa di non poca fática e di non breve durata. Ricapitolando. L'estensione delle valli inondate superó i cento- mila chilometri quadrati. Le acque avvolsero e tiraron© nelle loro onde campi e pascoli, case e stabilimenti, paesi e cittá, tutto quanto insom- ma la mano dell'uomo ave va coltivato o fabbricato. Non meno di tren- tamila persone dovettero fuggire con gli armenti che poterono salvare, soffrendo privazioni d'ogni sorta e perdendo molto bestiame e tutti o quasi tutti gli averi. Dei Salesiani chiese, cappelle, collegi e scuole o furono preda delle onde o rimasero in pessimo stato. Viedma stette tre giorni sotto le acque divoratrici, le quali invasero dei nostri la chiesa parrocchiale, due cappelle interne, scuole, laboratori, cucine, refettori, cortili e l'ospedale; rispettarono pero il secondo e terzo piano del Col- legio, salvato dalla sua colossale e forte costruzione. Bastarono a stento quaranta giorni e le braccia di cinquanta persone per togliere il fango, puliré e riparare. II vicino podere di diciotto ettari, principale mezzo di sussistenza, era distrutto. Rimessa un po' in ordine la casa, che ab- bracciava un'area di dodicimila metri quadrati, ritornarono a piccole frotte da Patagones i Missionari, i maestri con i loro alunni, le Suore con le loro orfanelle, e rientrati ringraziarono il Signore e Maria Au- siliatrice d'aver conservato in mezzo all'universale distruzione il loro caro nido ( 1 ). Si domanderá naturalmente come mai in si straordinario scompi- glio mancasse a Viedma la presenza animatrice di Mons. Cagliero. I suoi do veri lo teñe vano occupato altrove e molto lontano. Nell 'in- vernó soleva visitare le Case dell'Argentina, Paraguay, Uruguay, Bra- sile e di altre Repubbliche. Era partito da Viedma il 13 giugno e quan- (1) La capitale del territorio fu trasferita provvisoriamente a Choele-Choél. 65 Annali Societá Salesiana. Vol III. R.M. Rúa 1899 1910 Capo IV do incontró a Bahia Blanca i profughi di Don Stefenelli, non immagi- nava certo il subisso di guai riserbato alia sua Viedma. Durante l'inonda- zione il suo rappresentante Don Vacchina tenne con lui un'attivissima corrispondenza telegráfica, comunicandogli le fasi della piena e rice- vendone ordini. Monsignore intanto richiamava l'attenzione del Go- verno Fedérale su quello che avveniva, e svegliava la carita dei buoni. Quindi visite ai Ministri e al Presidente della Repubblica, circolari alie famiglie civili e religiose, appelli a Istituzioni di beneficenza. Af- fluirono súbito aiuti da piü partí, non solo per i Salesiani, ma anche per tutti i danrteggiati. Ogni cosa veniva consegnata a Monsignore, che rimetteva tutto aU'ottimo Governatore della Patagonia, e questi per mezzo della Commissione Céntrale di Previdenza e di Soccorso, da lui presieduta, faceva le opportune distribuzioni. I Salesiani ricevettero la parte loro; ma si comprende bene che la carita della Capitale, divisa in tanti rivoli, non poteva bastare ai loro bisogni vicini e lontani, immediati e futuri. Perció Don Rúa il 24 ot- tobre 1899, comunicando ai Cooperatori la prossima partenza di ses- santa nuovi Missionari, pigliava occasione per rivolgere un caloroso invito ad aiutare le Missioni della Patagonia; sulla qual cosa insistette poi nella sólita lettera del capodanno. Inoltre in una lettera edificante del 20 gennaio 1900 alie Case Salesiane raccomandava una pratica piü stretta della povertá religiosa, inviando a lui i risparmi cosi ottenuti insieme con eventuali ofíerte spontanee di allievi. Di queste ultime si lessero alcuni simpatici esempi nel Bollettino italiano (1). II mede- simo Bollettino ritornó piü volte sull'argomento; anzi stampó e difíuse un'apposita cartulina, illustrata in fronte e recante a tergo una nota sul disastro e sulle sue conseguenze. II desiderio di rimettere in efficienza al piü presto le Missioni rovi- nate e quindi la necessitá di pronti e validi soccorsi consigliarono a Mons. Cagliero di mandare in Europa Don Vacchina: la viva voce di un Missionario proveniente dal teatro stesso della catástrofe avrebbe avuto la maggiore eíflcacia. Giunto che fu, il Prefetto Genérale Don Belmonte (1) Gennaio e febbraio 1900 (collegiali di Intra e di Lanzo Torinese, alunne interne ed esterne delle Suore di Cásale Monferrato, oratoriani di Pisa e di S. Francisco di Cali- fornia ). 66 Annali Societá Salesiana. Vol III. R.M. Rúa 1899 1910 Disasírose devastazioni nelle Missioni della Fatagonia il 28 dicembre 1899 lo raccomandó ai Direttori delle Case con una sua Circolare litografata, che cominciava cosi: « É qui fra noi da qualche settimana il nostro caro confratello Don Vacchina, Missionario della Patagonia, inviato espressamente da Mons. Cagliero per cercar elemo- sine in favore delle nostre Missioni, state cosi gravemente danneggiate dalla spaventosa inondazione del Rio Negro. Sopra tutto i nostri Mis- sionari dimandano la carita per le tredici chiese delle Missioni rimaste interamente diroccate e spogliate di tutti gli arredi sacri. Ció che l'ac- qua non distrusse, fece marcire nei cassoni delle sagrestie o disperse fra i campi. E quel poco che i Salesiani nella fuga avevano procurato di collocare al sicuro, venne purtroppo derubato di nottetempo da au- daci ladri barcaioli. Cosicché ora si tro vano sprovvisti di chiesa, di alta- ri, di paramenti, di tutto insomma il necessario per le sacre funzioni. I poveretti, se molto debbono soffrire per la privazione d'ogni cosa, assai piü soífrono per essere privi della cappella e del conforto di Gesú Sacramentato in mezzo a loro. A nome perianto del Sig. Don Rúa, dei Missionari e Missionarie faccio appello al tuo buon cuore di voler pre- sentare questa miseranda condizione delle Missioni Salesiane a Sacer- doti, a pie signore, a Comitati, ad Istituti ed Educandati religiosi ed a tutte quelle persone che stimerai conveniente, pregándole con istanza di venire in loro aiuto, offrendo qualche oggetto di chiesa ». Fatto poi un particolareggiato elenco di tali oggetti, continuava: « Mons. Ca- gliero é ritornato a Buenos Aires in cerca di soccorsi per riedificare case e per sostentare parecchie centinaia di persone che si trovano a suo carico. Noi di qui stiamo provvedendo lingeria, stoffe per abiti, calze, mutande, corpetti a maglia, scarpe, cappelli, attrezzi pei labo- raron, macchine, strumenti, medicinali per l'ospedale, e tante altre cose necessarie. Cosi fra tutti speriamo di rimediare alquanto al grave disa- stro che ci ha colpiti e di sollevare dalla miseria in cui sonó cadute, le nostre povere Missioni ». Da ultimo nei 1901, Don Milanesio, venuto in Italia dopo venti- cinque anni di ministero nell'America, dei quali ventidue nella Pata- gonia, fece qua e la conferenze e visite, per ottenere nuovi sussidi, che permettessero di terminare quanto restava ancora da condurre a compimento. Intanto i Missionari, senza aspettare che tutto fosse in 67 Annali Societá Salesiana. Vol III. R.M. Rúa 1899 1910 Capo IV ordine, avevano ripreso il loro apostolato, supplendo con maggiori sacrifici a quello che tuttora mancava. Cosí, grazie alia generositá dei benefattori, all'energia del Vicario Apostólico e al buon volere di tutti, le Opere colpite risorsero e rifiorirono Rifatte si come piante novelle Rinnovellate di novella fronda ( 1 ) . (1) Purg., X X X I I I , 143-4. 68 Annali Societá Salesiana. Vol III. R.M. Rúa 1899 1910 CAPO V
Nuove opere nella Svizzera, nel Belgio, in Francia e nella [ e ore Spagna durante il 1899-900. iserab priva della sua importanza, compresa la prima, che, esaurito in pochi ^ ^ r anni il proprio compito, merita di essere conosciuta ne' suoi pardeo- ñero . lari per la sua no vita. Vita ancor piü breve toecó a due Opere fran- cesi; ma, essendo state, come altre piü antiche, vittime della violenza, . . . tto pe debbono almeno sopravvivere nel buon ricordo. Veramente per il e \{ stt 1900 Don Rúa nella lettera annuale aveva manifestato il proposito di ho v non aprire nuove Case o Missioni; aveva tuttavia fatto una riserva per l tuttl casi di urgente necessitá o di impegni assunti per l'anno antecedente, ma non potutisi mantenere. N e l 1899 i Salesiani furono chiamati a un'Opera di assistenza reli- denaro giosa e sociale, se non nuova in sé per loro, nuova nella forma ( 1 ) . 5anl i-- 1 1 1 1 1 1 era gri Erano cominciati nel maggio del 1898 i lavori della gigantesca gallería, 1 0 cor che attraverso alie viscere del Sempione sboccando a Briga nel Cantone del Valiese, avrebbe messo l'Italia in comunicazione con la Svizzera ie P m occidentale e quindi con l'Europa del Nord. Sul versante elvetico lavo- j. ravano piü di duemila operai italiani, molti di loro con le mogli e i n [. In figli. Senza un sacerdote che li capisse, ignari della lingua del paese che ti dive era la tedesca, esposti alie insidie di protestanti e socialisti, che veni- into vano dall'Italia a far propaganda delle loro idee, in mezzo a incentivi , an ¿ a di vizi, muovevano a pietá non solo i Pastori di anime, ma anche laici sensati e perfino qualche eterodosso. Ecco perché la " Dante Ali- 1 l e pe] (1) Italia Keale-Corriere Nazionale, 24 e 28 luglio, 2, 7 e 11 agosto 1899. Bollettino altani Salesiano, maggio 1900, settembre 1901, maggio 1904. aiianí 69 Annali Societá Salesiana. Vol III. R.M. Rúa 1899 1910 Capo V la Missione Cattolica fra gli operai italiani a Zurigo; ma fu per poco tempo. Richiamato a Torino nel 1907 per curare la sua salute molto scossa, sofferse con eroica pazienza acutissimi dolori, finché il 7 gen- naio chiuse santamente una vita tanto laboriosa e meritoria. Nel Belgio la diócesi di Liegi ebbe una terza Casa Salesiana sui generi's, aperta nel maggio del 1900; naturalmente anche di questa fu promotore il grande Vescovo Doutreloux. Ci dia egli stesso notizia dei precedenti che condussero alia fondazione; alcuni passi di una sua cara corrispondenza con Don Rúa ci diranno quanto basta. 16 agosto 1897. - La nostra Casa di Liegi continua a essere benedetta dalla Provvidenza, corrispondendo sia alie grazie che riceve sia a tutti i miei desideri. II piccolo noviziato di Hechtel mi soddisfa puré interamente, né dubito che si accresca presto, perché vi si ama e vi si serve il Signore. I miei buoni cattolici e l'eccellente Vicario foráneo di Verviers desiderano vivamente di ottenere due o tre Salesiani, che si occupino delle loro Opere giovanili per artigiani e operai, prendendone la direzione. Sonó Opere fiorenti, ma che io debbo affidare a un viceparroco, il quale non ha sempre l'autoritá e il tempo necessari per dedicarsi a questa importante Missione. Verviers é una cittá industríale di 40.000 anime, dalla quale dipendono senza soluzione di con- tinuitá alcuni villaggi industriali con piú di 50.000 anime. É dunque un cen- tro importantissimo. Gli abitanti, alcuni sopratutto, sonó di una generositá fe- nomenale, quando si tratta di stabilire e mantenere le loro Opere di morale utilitá. Qualora la cosa vi fosse possibile súbito o alia piü breve scadenza, io vi sarei riconoscentissimo, se voleste accogliere questa domanda che faccio mia. I vostri religiosi vi troverebbero alloggio gratuito e assai conveniente nel lócale stesso dell'azione cristiana operaia, la piü importante della cittá. Io credo che tale residenza sará il principio di una Casa, dalla quale avremo entrambi fra breve grandi consolazioni, perché procurerebbe moka gloria e guadagnerebbe molte anime a Nostro Signore. Verviers ha conservato un fondo di fede che é notevole in mezzo all'in- dustria; mi ricordo che al tempo della mia infanzia si recitava il rosario e si cantavano lodi sacre in tutte le fabbriche. Ora purtroppo non é piü cosi; ma esiste un fondamento di religione, sul quale si puó riedificare. Vi é un'imma- gine miracolosa della Vergine invocata sotto il titolo di Madonna della Mise- ricordia e né veggo ora una riproduzione qui nel mió ufflcio: metto nelle sue mani la preghiera che vi rivolgo. Tutta bontá e potenza, questa buona Madre si ricorderá di essere la mia cara Ausiliatrice e vi dará modo di accomodar questo aífare secondo il mió ardente desiderio. 23 gennaio 1898. - Ogni nuovo anno mi fa ripensare ai benefici che la mia cittá e diócesi han ricevuto Panno innanzi dalPapostolato esercitatovi dalla fa- 76 Annali Societá Salesiana. Vol III. R.M. Rúa 1899 1910 Consacrazione dell'America Latina e dei Salesiani al S. C. di Gesü con loro quale rappresentante di tutte le Missioni Salesiane di Ame- rica. Una grande moltitudine di gente stipava il tempio. Montó in pergamo il Vescovo di Ancud Raimondo Angelo Jara. Avuto riguardo alia parte piü autorevole del suo uditorio, parló per quaranta minuti in buon latino dei beneíici che provengono ai singoli individui e all'intera societá dalla divozione e consacrazione al Sacro Cuore di Gesü. Dopo, mentre l'orchestra cantava le litanie del Sacro Cuore, procedette all'altare il Cardinal Parocchi, Vicario di Sua Santitá e Protettore della Congregazione. Esposto il Santissimo e fatto un po' di adorazione, l'Arcivescovo di Messico, Presidente in quel giorno del Concilio (1), les se in lingua latina la formula di consacrazione, ripetuta frase per frase dagli altri Padri. Dopo la benedizione euca- ristica i Vescovi e il Cardinale, usciti dal presbiterio, sfilarono con gli altri sacri ministri torno torno alia chiesa e si ritirarono nella sagrestia fra la devota ammirazione del pubblico. Intanto nel cortile la banda musicale dell'Ospizio eseguiva di verse sinfonie. I Vescovi, deposti gli ornamenti episcopali, si recarono, fra un corteggio d'invitati, in un salone decorato con bandiere di tutte le Repubbliche dell'America Latina. Ivi fu servito un decoroso rin- fresco. Faceva gli onori di casa Don Rúa, assistito dal Procuratore Don Cagliero. II Rettor Maggiore, molto festeggiato dai Prelati, lasció in essi la piü soave impressione. I Vescovi, quando in loro viaggi per l'Italia passavano dov'erano Collegi salesiani, non mancavano mai, potendo, di recarsi a visitarli. In previsione di questo, Don Belmonte aveva avvertiti i Direttori (2): « I Vescovi ed Arcivescovi di quelle Repubbliche, in genérale, furono e sonó pei nostri Confratelli veri benefattori e padri. II Sig. Don Rúa pertanto raccomanda caídamente che si diano loro tutte le dimostra- zioni di rispetto e riconoscenza nelle Case Salesiane che onoreranno della loro visita, accogliendoli cioé nella maniera piü conveniente alia loro dignitá, oífrendo anche loro ospitalitá e prestandosi a loro servizio in qualsiasi modo possa loro occorrere Topera nostra ». (1) Tenevano la presidenza per turno gli Arcivescovi, quali Legati del Papa. Un Car- dinale interveniva ad ogni sessione come presidente onorario. (2) Circolare mertsile, 29 aprile 1899. 89 4 CER1A, III Annali Societá Salesiana. Vol III. R.M. Rúa 1899 1910 Capo VI All'Oratorio tre erano stati prima del Concilio, dei quali uno, quello di Ancud, giá ivi ospite da semplice sacerdote ai tempi di Don Bosco, fece i pontificali nella solennitá di Maria Ausiliatrice; altri nove ci vennero dopo il Concilio, accolti sempre con ogni dimostrazione d'onore e di gioia. Ma fu una bella provvidenza che Don Rúa si fosse potuto trovare a Roma in quei giorni di giugno. Era partito da Valdocco il 26 maggio con tre scopi: assistere all'inaugurazione della Casa di Bologna, intervenire alia festa di Maria Ausiliatrice in Milano ed essere presente alia posa della prima pietra di un Istituto in Ancona. Quest'ultima cerimonia si sarebbe dovuta compiere proprio l ' ll giu- gno; ma non essendo ancora terminati i lavori preparatori, né volendo egli perderé il suo tempo, prese la.decisione di recarsi nelPintermezzo a Roma e cosi ossequiare personalmente i Prelati americani, come appunto fece. Al Cuore Santissimo di Gesú l ' l l giugno il Papa consacró tutto il mondo, ogni Vescovo la sua diócesi, ogni Párroco la propria parroc- chia. Don Rúa aveva ordinato che ogni Salesiano si unisse a quell'atto, facendo la consacrazione di se stesso, il che fu eseguito o partecipando a pubbliche consacrazioni o compiendo private funzioni. Cominció da quella data un progressivo aumento della devozione al Sacro Cuore di Gesü in tutta la Congregazione. Un altro impulso venne ad aggiun- gersi poco dopo, grazie a un nuovo documento della Santa Sede. Con la data del 31 luglio 1899 il Cardinal Luigi Mazzella, Prefetto della Sacra Congregazione dei Riti, comunicó a tutti i Vescovi del mondo il desiderio del Santo Padre che fosse ampliato il culto al Sacro Cuore di Gesü. Il Pontefice aveva concepito tale desiderio al sapere con quale affetto e pietá si fosse compiuto universalmente il rito della consacrazione, non escluse le regioni piü remote della térra. Perció raccomandava agli Ordinari di escogitare e stabilire quanto potesse tornare acconcio al fine voluto; scendeva anzi alia prática, consigliando di generalizzare le pie pratiche del mese di giugno e del primo venerdi d'ogni mese. Don Rúa, avendo presenti tali raccomandazioni del Papa, diede agli alunni dei Collegi Salesiani per strenna del nuovo anno, che solennizzassero con particolare divozione i primi venerdi del mese in onore del Sacro Cuore di Gesü, pratica la quale giá vigeva in varié 90 Annali Societá Salesiana. Vol III. R.M. Rúa 1899 1910 Consacrazione dell'America Latina e dei Salesiani al S. C. di Gesü Case, ma che allora divenne ordinaria e piü solenne in tutte con visi- bili vantaggi spirituali; in seguito egli fece anche altro, come diremo. L'aver nominato qui sopra Don Cesare Cagliero ci obbliga a sostare qualche istante per rendere un doveroso tributo alia sua memoria. Egli appartiene alia storia della Societá Salesiana. Spetta a lui il mérito di sapiente ordinatore in tutto il non facile insieme di cose che dié decoro, anzi grandiositá alia venuta di tanti Vescovi stranieri in una Casa di Don Bosco; ma purtroppo fu l'ultimo saggio della sua abilitá in far fare degna figura alia Congregazione nel centro della cattoli- citá. Una violenta e rápida malattia lo rapiva alia famiglia salesiana cinque mesi dopo quell'avvenimento, il Io novembre 1899. II rim- pianto di quanti l'avevano conosciuto fu pari alia stima grandissima che godeva. Possedette ingegno e virtü, ebbe attaccamento filíale a Don Bosco e resé straordinari servizi alPOpera di lui. L'incarico di rappresentare la Congregazione in Roma, sempre diíficile, era in quei quasi primordi dífficilissimo. Ebbene, alie sue solerti e instancabili cure si ando debitori, a testimonianza di Don Rúa (1), se essa fu conosciuta maggiormente e sotto il suo verace aspetto e se, scomparse varié idee preconcette che avrebbero potuto recarci gravi danni, i Sale- siani, quantunque nati di recente, presero posto fra le famiglie religio- se formanti l'ornamento della Chiesa. Tempo, sacrifici, incomodi di salute, umiliazioni talora cocenti non eran nulla per lui, quando si trat- tava di giovare alia Congregazione. É ancora troppo presto per discen- dere a tutti i particolari. Con lo zelo poi univa una delicatezza di modi e una garbatezza di parole, che gli cattivavano favore e benevolenza da quanti doveva avvicinare, fossero ecclesiastici o laici anche molto altolocati nella Capitale. Nobili rappresentanti di nazioni estere ne encomiarono la prudenza. Da Don Bosco insomma Don Cagliero aveva imparato bene l'arte di guadagnarsi i cuori. Leone XIII, gran conoscitore degli uomini, palesó ripetutamente in qual concetto avesse Don Cagliero. II 9 febbraio 1900, ricevendo in particolare udienza Don Rúa, dopo avergli detto: — I Salesiani lavorano, siamo contenti di loro; si vede che lo spirito del Padre é (1) Lett. necrológica, Torino, il giorno dei Santi 1899. 91 Annali Societá Salesiana. Vol III. R.M. Rúa 1899 1910 Capo VI passato ne' suoi figli, — s'interruppe di botto e soggiunse: — Abbiamo perduto Cagliero. Era tanto un buon prete! — (1). Parra giá un belPelogio questo sulle labbra di un Papa e di quel Papa; ma egli si era espresso in modo ancor piü significativo il 9 gennaio precedente nel ricevere il successore del defunto. — Don Cagliero! — aveva esclamato il Santo Padre. — Sappiate che fummo molto addolorati per la sua morte, tanto piü che era tuttavia nel flor dell'etá. Anche per questo abbiamo provato vera pena. E poi era un sacerdote veramente stimabile e pió. Abbiamo pregato per lui (2). Don Cagliero, oltreché Procuratore, era anche Ispettore della pro- vincia romana. A succedergli nella duplice qualitá Don Rúa chiamó Don Giovanni Marenco, Vicario Genérale per le Figlie di Maria Ausi- liatrice, al quale uíficio destinó Don Clemente Bretto, da piü anni Direttore spirituale della loro Casa Madre. Da tempo Don Rúa andava meditando sopra un modo di rendere al Sacro Cuore uno straordinario omaggio collettivo da parte dei Sale- siani: aveva in animo di daré esecuzione a un voto di Don Andrea Bel- trami. Questo nostro Servo di Dio, terminando di scrivere la vita dalla allora Beata Margherita Maria Alacoque, dopo aver visto nella fecon- ditá prodigiosa della Societá Salesiana un premio dell'omaggio reso da Don Bosco al Cuore Divino di Gesü con l'erigergli una basilica nella Ca- pitale del mondo cattolico, continuava con una preghiera e un'aspira- zione. Diceva: « Voglia il dolce nostro Redentore e la sua Madre Maria Santissima considerare sempre la Societá Salesiana come sua figlia diletta ed abbellirla de' fiori delle piü elette benedizioni. E se la mia voce non é troppo ardita, faccio voti che la Pia Societá Salesiana venga solennemente consacrata a quel Cuore adorabile, da cui attin- gerá nuove grazie di vita eterna ». Don Rúa prese in considerazione Fárdente desiderio di quell'anima santa; tanto piü che la proposta aveva incontrato favore, sicché da molte Case gli si chiedeva di pro- cederé a tale atto. V'insistevano specialmente, congiunte in santa lega, le Case di Noviziato e di Studentato. Dopo un lungo difíerire voluto (1) Boíl. Sai, aprile 1900, pag. 100. (2) Lett. di Don Marenco a Don Rúa, 10 gennaio 1900. 92 Annali Societá Salesiana. Vol III. R.M. Rúa 1899 1910 Consacrazione dell'America Latina e dei Salesiani al S. C. di Gesü dalla prudenza, e dopo aver preso consiglio dal Cardinale Protettore circa l'opportunitá e le modalitá della cosa (1), Don Rúa credette giunto il momento di esaudire quelle suppliche, allorché il secólo decimonono volgeva al tramonto e stava per spuntare l'aurora del ventesimo. « Mi par bello (2), e, direi, sublime, nell'istante che divide due secoli, presentarci a Gesü, anime espiatrici per i misfatti dell'uno, e apostoli per conquistar l'altro al suo amore [....]. É giunto perianto, o carissimi, il gran momento di rendere pubblica e solenne la consa- crazione nostra e di tutta la nostra Pia Societá al Divin Cuore di Gesü; é giunto il momento di emettere l'atto esterno e perentorio, tanto desi- derato, con cui dichiariamo che noi e la Congregazione restiamo. cosa sacra al Divin Cuore ». Passava quindi a flssare il programma, perché si facesse tutto in modo uniforme. Perció: Io Preparazione con un divoto triduo di pre- ghiere e di predicazioné, da cominciarsi la sera del 28 dicembre; 2o atto di consacrazione emesso da tutti insieme i giovani, gli ascritti, i confra- telli, i superiori di ogni casa e dal maggior numero possibile di Coope- ratori; 3o detta funzione da farsi in chiesa, nella notte dal 31 dicembre al primo gennaio, proprio nel momento solenne che avrebbe diviso i due secoli. Giacché é da ricordare che il Santo Padre, come giá nell'anno precedente, aveva disposto che anche in quello, alia mezzanotte del 31 dicembre, si potesse celebrare solennemente la santa Messa con il Santissimo esposto. Radunati dunque tutti in chiesa mezz'ora prima e fatta l'esposizione, dopo almeno un quarto d'ora di adorazione, si rinno- vassero da ognuno i voti battesimali, dai confratelli anche i voti reli- giosi e súbito dopo, consacrazione di se stessi, della propria casa e di tutto il consorzio umano al Sacro • Cuore di Gesü con il formulario prescritto dal Santo Padre Panno precedente. Infine celebrazione della Messa e benedizione eucaristica, previo il canto del Te Deum ed altre pratiche eventualmente ordinate dal Papa o dai singoli Vescovi per la circostanza. L'ascetica di Don Rúa, semplice e niente sentimentale, ma molto (1 ) Verb. del Cap. Sup., 27 novembre 1900. (2) Circ, 21 novembre 1900. 93 Annali Societá Salesiana. Vol III. R.M. Rúa 1899 1910 Capo VI positiva, gli faceva diré: « Non vorrei poi che questa consacrazione tosse un atto sterile: essa dev'essere fonte di grandi beni a noi ed al prossimo. L'atto della consacrazione é breve, ma il frutto dev'essere imperituro ». E per ottenere ció raccomandava cinque pratiche da non o lasciarsi piü: I La festa del Sacro Cuore di Gesü da celebrarsi dapper- tutto come una delle feste principali dell'anno; 2o una speciale fun- zione al primo venerdi del mese con la Comunione riparatrice; 3 ascri- versi all'associazione detta Vratica dei nove Uffici; 4o associare ogni Casa alia Confraternita della Guardia d'onore, esponendone il quadrante con nome e ora di ciascuno; 5o nei noviziati e studentati, potendo, fare YOra santa. Le prime quattro cose, non solo per i Soci, ma anche per i giovani. Persuaso infine che a praticar bene la devozione al Sacro Cuore, non che a fare con profltto l'atto di consacrazione, milla potesse meglio giovare che averne una buona conoscenza, incaricó Don Albera di compilare e fece sua un'istruzione adeguata da spedirsi a tutte le Case. Conveniva da ultimo che egli col suo Capitolo facesse la consa- crazione in una maniera diversa dalla comune. Composta a tal fine una formula speciale, ne volle ottenere l'approvazione da Roma. Perció il 12 dicembre 1900 scrisse al Santo Padre: « L'impulso dato dalla Santitá Vostra alia divozione al Sacratissimo Cuore di Gesü e l'ordine emanato lo scorso anno di consacrare tutte le diócesi e tutti i popoli a quel Divin Cuore fecero nascere in noi il desiderio di far con tutta solennitá una consacrazione speciale della Pia Societá di San Francesco di Sales, fondata dal nostro indimenticabile Padre Don Bosco, e di tutte le Opere e persone da essa in qualche modo dipendenti nella notte che divide il secólo che muore dal no vello secólo, notte in cui per la paterna bontá della Santitá Vostra si potra anche quest'anno cele- brare la santa Messa. Nella fiducia di far cosa gradita al cuor vostro ardente di divozione verso il Cuore Santissimo di quel Gesü di cui siete il Vicario, ci permettiamo di presentarvi la formóla di tale consacrazione, afflnché accompagnata dalla vostra benedizione Gli torni piü gradita e ci attiri in maggior abbondanza le grazie ed i favori di cui abbisogniamo per lavorare con sempre maggiore alacritá a dilatare il Regno di Nostro Signore Gesü Cristo ed alia salute delle anime ». Dal Vaticano rispóse il 16 dicembre Mons. Tarozzi, Segretario per 94 Annali Societá Salesiana. Vol III. R.M. Rúa 1899 1910 Consacrazione dell'America Latina e dei Salesiani al S. C. di Gesu le lettere latine, restituendo la formula con queste parole: « II Santo Padre ha benignamente lodata la pia proposta, e di tutto cuore l'ha benedetta ». Mentre dunque nell'ora e nella maniera prescritta tutte le Case facevano la consacrazione, Don Rúa, prostrato con il Capitolo Superiore dinanzi al Signore esposto sull'altare di Maria Ausiliatrice, pronunció la seguente preghiera: O dolcissimo nostro Signore Gesü, noi, superiori della Pia Societá di San Francesco di Sales in questa solenne occasione del terminar del secólo e del cominciamento del nuovo, prostrati avanti a Voi, compresi come da stupore e commossi al ricordo degli innumerevoli benefizi elargiti in ogni tempo dalla vostra bontá a noi in particolare ed alia nostra Pia Societá in genérale, ed in vista degli aiuti straordinari che ci occorrono perché possiamo guidare le cose in modo che questa nostra Pia Societá tutta intiera ora e sempre in avvenire abbia a corrispondere alio scopo per cui verme fondata, intendiamo di consa- crare e consacriamo al vostro adorabilissimo Cuore, in ques.to istante, le nostre persone, le singóle nostre case, tutte le nostre opere, la Pia Societá Salesiana tutta quanta, l'Istituto delle Suore di Maria Ausiliatrice, la Pia Unione dei Coo- peratori Salesiani e tutta la gioventü a noi aíEdata. Nel bisogno sempre crescente d'infervorarci nell'Apostolato da voi affidatoci dell'educazione dei giovani popolani, ci occorre grande forza e potente aiuto. Dateci, ve ne scongiuriamo, questo aiuto, somministrateci questa forza. E per ottenerla piü fácilmente proponiamo di perfezionare in noi medesimi lo spirito interno di carita e di sacrifizio, che sonó la caratteristica della divozione verso il vostro Sacratissimo Cuore, e di consacrarci, a tutto nostro potere, alia san- tificazione del prossimo, e specialmente a quella dell'abbandonata gioventü, operando efficacemente per trarre tutti al vostro Cuore e cosí cooperare alia loro salvezza. Per l'intercessione di Maria Santissima Ausiliatrice, di S. Giuseppe, di S. Francesco di Sales, non che del nostro buon Padre e fondatore Don Bosco, che speriamo in paradiso a bearsi nel vostro Cuore, dateci la detta grazia e quant'altre mai facciano mestieri alia Congregazione, alie singóle case ed alie singóle nostre opere, e a ciascuno dei Salesiani, delle Suore di Maria Ausilia- trice, dei nostri Cooperatori ed alunni, affinché ognuno individualmente ed ogni istituzione collettivamente abbiano sempre a corrispondere a quanto il Cuor vostro da noi richiede. E permetteteci che in particolare vi domandiamo ancora grazia per le vo- cazioni, per Topera di Maria Ausiliatrice e pei nostri Missionari, affinché piü ampiamente e piü presto possa venire a conoscersi il nome vostro sulla térra, e piü universalmente e con maggior fervore possa essere adorato il Sacratissimo vostro Cuore, fonte di ogni benedizione corporale e spirituale. Ci troviamo al tramonto del secólo X I X , che se tanto male ebbe, ebbe 95 Annali Societá Salesiana. Vol III. R.M. Rúa 1899 1910 Capo VI puré tanto risveglio nel bene, e fra le altre la gloria d'aver diífuso al con- fine della térra la divozione al vostro Cuore Sacratissimo. Ci troviamo alio spuntare del secólo XX che noi vogliamo sperare, vorrá, per la bontá del vo- stro Cuore medesimo, daré il trionfo alia Chiesa, spargerla fino agli ultimi con- fini del mondo, in modo che presto possa di tutto il consorzio umano formarsi un solo ovile sotto un solo pastore. Noi in questo solenne momento tutti uniti vi domandiamo che questa nuova aurora riesca a distruggere in noi il vecchio Adamo, recedant vetera, ed a scuoterci in modo che, rinnovato cuore, parole, opere, nova sint omnia, corda, voces et opera, abbiamo da vivere solo alia santificazione propria ed a zelare la salvezza delle anime. Non guárdate, o Signore, alia nostra meschinitá; ma accettate il forte volere, e per la bontá del vostro Cuore date a noi e a tutte le nostre istituzioni la grazia di perseverare usque in finem, sempre corrispon- dendo alia vostra adorabile volontá. Cosi sia. Dopo cantó la Messa, distribuí la santa Comunione, intonó il Te Deum e diede la benedizione. Lo stupore, dal quale si diceva compreso sul principio della preghiera al ricordo dei benefici elargiti dalla bontá divina alia Societá Salesiana, poté essergli ispirato da una reminiscenza e da un confronto. La memoria gli era troppo fedele, perché non gli risvegliasse la prima e non gli suggerisse il secondo. Venticinque anni addietro, il 16 giugno 1875, ricorrendo il bicente- nario dell'apparizione del Sacro Cuore alia sua fedele serva, Don Rúa aveva compito nella stessa chiesa di Maria Ausiliatrice una cerimonia molto simile. Don Bosco era assente, perché dal 7 al 21 giugno andava visitando i Collegi della Liguria; perció lo sostitui allora Don Rúa. Salito in pulpito e fatto un buon discorso per ispiegare il significato dell'atto che si stava per compiere, lesse una formula di consacrazione al Sacro Cuore, ripetuta di mano in mano dai giovani. Ravvicinando in quella notte le due date, non poteva non misurare con la mente i progressi accordati dal Cielo all'Opera Salesiana, progressi dei quali negli ultimi cinque lustri egli era stato anno per anno testimonio e attore, e, ringraziando il Signore, spingere con tranquilla fiducia lo sguardo nel futuro. II Prefetto Genérale in una sua lettera mensile portó a conoscenza dei Soci il desiderio di Don Rúa, che ogni Casa gli facesse sapere in che modo si fosse compiuta la cerimonia della consacrazione. Vera- mente il modo non sarebbe potuto essere non conforme alie sue pre- 96 Annali Societá Salesiana. Vol III. R.M. Rúa 1899 1910 Consacrazione deWAmerica Latina e dei Salesiani al S. C. di Gesü cise disposizioni, uguali per tutte le Case; ma forse gli piaceva anche accertarsi dello spirito con cui le cose erano state fatte. Rimangono ottantotto relazioni. Leggendole si aspira un profumo di spiritualitá, che ricrea l'animo. Dall'uno alPaltro Emisfero la parola di Don Rúa suscitó un fervore di pietá eucaristica, quale voleva Don Bosco e come Don Bosco il suo degno successore. Tutti dal piú al meno concordano nel doppio pensiero espresso dal buon Don Bartolomeo Gaido nella sua relazione dall'Ospizio del Sacro Cuore a Roma: « La bella fun- zione rimarrá incancellabile nella memoria di noi tutti e spero che con l'aiuto del Cuor di Gesü abbia prodotto quei frutti che desidera é si aspetta il cuore paterno di V. R.za ». Per sette mesi giá si erano visti nella chiesa del Sacro Cuore gli effetti dell'altra consacrazione mondiale. La chiesa ave va preso omai tutto l'aspetto di un santuario, di un tempio cioé veneratissimo, frequentatissimo e meta di pellegrinaggi. Alia cerimonia sólita a farsi nel primo venerdi d'ogni mese la chiesa si stipava piü che mai di gente e le comunioni duravano molto a lungo. Durante i giorni feriali, dalla mattina per tempo fino a tarda sera, vi si succedevano numerosi i fedeli a fare le loro divozioni. Nell'anno santo poi pellegrinaggi nazio- nali, provinciali, diocesani, guidati dai rispettivi capi, talvolta da alti Prelati, vi si recavano ad ascoltare la Messa, ed a ricevere la santa comunione, leggendo poi ad alta voce nella lingua patria dinanzi al Santissimo esposto la formula di consacrazione. Se giá prima la chiesa del Sacro Cuore attirava i fedeli ed anche tanti indifferenti bisognosi di pace e di perdono, dopo d'allora divenne e si mantenne fino a oggi uno dei focolari di pietá cristiana piü noti, piü attraenti e piü ricercati nella cittá eterna. Quanto poi agli effetti desiderati da Don Rúa con la seconda con- sacrazione salesiana, egli stesso ebbe la consolazione di rilevarli due ahni dopo; scriveva infatti agli Ispettori nel Santo Natale del 1902: « La grazia di Nostro Signor Gesü Cristo, sempre scesa abbondan- tissima sulla nostra pia Societá, crebbe di molto dal giorno in cui ci siamo intieramente, noi e tutta la Societá insieme, consacrati al Sacra- tissimo Cuore di Gesü. Dopo di allora cominció una sistemazione fra noi piü compatta; furono erette canónicamente le Ispettorie e si 97 Annali Societá Salesiana. Vol III. R.M. Rúa 1899 1910 Capo VI sistemarono con precisione i Noviziati; da allora entró fra di noi, con l'aiuto di vari consigli ed ordinazioni della Santa Sede, una nuova vita, quasi un nuovo ordine di idee, una nuova brama di sistemare anche le piü piccole nostre cose per renderle ognora piü conformi alie viste della Chiesa, e cosi consolidarle e renderle imperiture ». Per questi e per altri motivi egli poteva dunque con tutta veritá, facendo sue le parole della liturgia, affermare che in quella benedetta occasione piü che mai fra noi apparuit gratia Dei Salvatoris nos ir i. 98 Annali Societá Salesiana. Vol III. R.M. Rúa 1899 1910 CAPO VII Giubileo d'argento delle Missioni Salesiane (1900). Secondo Congresso Salesiano. Col grande giubileo secolare dell'anno santo coincideva il giubileo d'argento delle Missioni Salesiane, correndo nel 1900 il venticin- quesimo anno da quel 11 novembre del 1875, in cui Don Bosco ayeva fatto la prima spedizione di Missionari in America, condotti dalPallora Don Giovanni Cagliero. In soli venticinque anni quanto cammino, quanto lavoro, quanta messe! Trentacinque altre spedi- zioni avevano tenuto dietro a quella prima, fórmate da trenta, cin- quanta, ottanta, centotrenta fra Missionari e Suore di Maria Ausilia- trice. Gli uni e le altre si sparsero a poco a poco nell'Argentina, nel Brasile, nelPUruguay, nel Cile, nel Paraguay, nella Bolivia, nell'E- quatore, nella Colombia, nel Venezuela, nel Messico, nel Salvador, negli Stati Uniti e soprattutto fra gli Indi della Patagonia, della Terra del Fuoco, delle isole Malvine, del Matto Grosso, dell'Azuras equa- toriano. Nella sola Repubblica Argentina erano trentacinque le Case di educazione aperte in quel periodo di tempo. Diamo un rápido sguardo alie Missioni Salesiane propriamente dette nelle terre patagoniche e magellaniche (1). Nel Vicariato Apo- stólico della Patagonia Settentrionale e Céntrale, che sopra una super- ficie di 729.339 chilometri quadrati comprende va 106.014 abitanti e circa 5000 indigeni, i Missionari Salesiani e le Figlie di Maria Ausi- (1) Cfr. Don LINO CARBAJAL, La Patagonia. Quattro voll. Ediz. Italiana, S. Benigno Canavese, 1899. L'Autore era un Salesiano dell'Uruguay. II suo é un lavoro scientifico. 99 Annali Societá Salesiana. Vol III. R.M. Rúa 1899 1910 Capo VII emigrati italiani e dei figli del popólo derelitti; ma senza far motto di un'eventuale andata di Don Rúa, incaricó Sua Eminenza di comuni- care che egli inviava con effusione di cuore Papostolica benedizione ai Missionari occupati nel diffondere la luce del Vangelo e della civiltá tra le popolazioni americane. Della cosa il Cardinale diede partecipa- zione direttamente a Don Rúa il 30 aprile. Don Rúa il 20 maggio, informandone il suo Vicario Mons. Cagliero e per suo mezzo tutti gli altri, ringraziava della loro bontá verso di lui e conchiudeva: « lo perianto saró presente in ispirito, mentre mi faro rappresentare dal caro Don Albera ». Don Rúa poi resé umili grazie al Cardinale, facendo insieme rela- zione per il Santo Padre sullo stato della Societá Salesiana in America; onde ebbe il piacere di ricevere una seconda lettera, nella quale l'Emi- nentissimo, ritornando sulla ricorrenza del venticinquesimo, cosi gli scriveva il 26 setiembre: « Sapendo FAugusto Pontefice che sta per compiersi il 25° anno dall'invio dei primi Salesiani e delle prime Suore di Maria Ausiliatrice nel continente americano, usa volentieri di questa occasione per attestare ai Missionari ed alie Suore di cola la sua paterna benevolenza, impartendo á tutti e singoli una speciale benedizione ». La storica data si commemoró in tutte le Case d'America; ma la celebrazione storica fu fatta a Buenos Aires. La si diresse Don Albera, accompagnato dal segretario Don Calogero Gusmano. Vi approdó F l l setiembre. Lo ricevettero al porto FIspettore Don Vespignani, tutti i Direttori delFArgentina, molti Cooperatori e gli alunni del Collegio Pió IX di Almagro. Dal porto si recó direttamente a diré Messa nella chiesa Maíer Misericordiae, all'ombra della quale i primi Salesiani andati in America avevano trovato la loro dimora. Dopo la Messa, grande ricevimento nel Collegio, considerato come FOratorio dell'A- merica. Quella Casa Madre dei Salesiani nel nuovo mondo fu il centro delle principali manifestazioni, che contraddistinsero Fanno giubilare, principalissima il Congresso internazionale dei Cooperatori, secondo dopo quello di Bologna. Sul Congresso bolognese si modellarono gli organizzatori di quello bonaerense, studiandosi di rifare quanto si era fatto allora nella pre- 102 Annali Societá Salesiana. Vol III. R.M. Rúa 1899 1910 Secondo Congresso Salesiano parazione, nello svolgimento e nella chiusura. É inutile dunque che narriamo le cose per filo e per segno: sarebbe un fastidioso bis in ídem. Diremo solo dei particolari piú notevoli ( 1 ). Dal primo Congresso era nata l'idea del secondo. Quando si pre- parava quello di Bologna, Mons. Fiorenzo Villanova Sanz nel suo set- timanale El Mensajero del Corazón de Jesús aveva lanciata la pro- posta che Cooperatori Argentini si radunassero a Buenos Aires per inviarvi la loro adesione e insieme pensare a un altro Congresso simile nella Capitale. Don Trione, letto ció nel periódico, scrisse a Mons. Lasagna che la proposta era buona e che Don Rúa Papprovava. II Vescovo di Tripoli mandó la lettera all'Ispettore Don Vespignani, esprimendo il suo parere favorevole. L'Ispettore era d'accordo, ma attendeva un'occasione propizia per daré pubblicitá alia cosa. L'occa- sione si presentó con il giungere del venticinquesimo dalla prima spedizione missionaria. I Cooperatori di Buenos Aires, che non aspet- tavano altro, accolsero con entusiasmo l'invito loro rivolto e si misero all'opera. Anche i Cooperatori dei vari luoghi, do ve si trovavano Case salesiane, si strinsero intorno ai Direttori ofírendo il loro concorso. Poi l'idea si fece strada anche in tutte le Repubbliche Sud-Ameri- cane, suscitando consensi in ogni dove con promesse di secondare l'ini- ziativa. Allora fu che gPIspettori, viste si buone disposizioni, indirriz- zarono la lettera al Cardinale Rampolla. Dopo la benedizione del Papa non occorreva altro per entrare risolutamente in azione. Sorvoleremo, come dicevo, sui preparativi, che furono larghi, intensi e rapidi; la proverbiale attivitá degli Americani non ismenti se stessa. Prenderemo atto volentieri di una savia raccomandazione fatta dall'Ispettore a' suoi Direttori. Egli voleva che, parlando o scrivendo della celebrazione giubilare, evitassero assolutamente ogni espressione che sapesse di iattanza, ogni apparenza insomma, la quale desse motivo a sospettare che i Salesiani giudicassero l'Opera di Don Bosco come Opera loro. No, diceva egli, l'Opera di Don Bosco é tutta Opera di Dio (1) Actas del Segundo Congreso de Cooperatores Salesianos. Buenos Aires. Esc. Tipogr. Sal. del Colegio Pió IX de Artes y Oficios, 1903. 103 Annali Societá Salesiana. Vol III. R.M. Rúa 1899 1910 Capo VII e dei nomi degli altri. Dalla sola Italia avevano aderito con lettere otto Cardinali e ottantadue fra Arcivescovi e Vescovi. La prima grande tomata si aperse con la comunicazione di un telegramma del Card. Rampolla all'Internunzio Antonio Sabatucci, Arcivescovo di Antinoe, con la benedizione del Santo Padre, e di un dispaccio di Don Rúa a Don Vespignani con i suoi auguri di buona riuscita. Ció fatto, il Presidente invitó l'avvocato Emilio Lamarca a parlare di Don Bosco e della sua Opera. Egli dominó l'argomento con il suo ingegno, ne vivificó i concetti con l'aífetto e nobilitó la parola con l'eloquenza. Entró nelle due parti del tema con due geniali esordi. Alia prima s'introdusse cosi: « La vita di Don Bosco impressiona quale prática del Vangelo, e la sua Opera quale pagina degli Atti degli Apo- stoli; il suo ritratto é nella lettera ai Corinti, perché " era paziente e benigno, non era invidioso, non operava precipitosamente, non s'insu- perbiva, non era ambizioso, non cercava il proprio interesse, non si moveva ad ira né pénsava male, non godeva dell'ingiustizia, ma si ralle- grava della veritá. Egli a tutto si accomoda, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta e non viene mai meno ". Specchio senza macchia e con fulgori di vita eterna, uomo senza offuscamento, per il quale la vita non é buona se non per patire, non é corta se non per lavorare ». Dimostrato questo assunto, cominció cosi il secondo: « La Congregazione salesiana, propaginata che sia, diviene albero vigoroso e nobile, che da imme- diato e ottimo frutto come la vite, né conosce distinzione di clima, né fa scelta di speciale terreno; dove cade il seme, la germoglia la pianta; cresce nel trópico o nella zona tórrida egualmente che nella regione australe; ma é indubitabile che la sua térra per eccellenza, la térra dove piú ha prosperato é la Repubblica Argentina ». Dopo di lui si levó Don Vespignani a leggere un interessante discorso sulla Cooperazione salesiana. Ultimo prese la parola il dottor Luigi Len- guas di Montevideo sugli Oratori festivi. Ex-alunno del Collegio di Villa Colon e discepolo di Mons. Lasagna, tributó nelle prime battute un cordialissimo elogio alia memoria del suo antico Direttore, il cui cuore, disse, " per lasciar di amare dovette cessare di batiere ". L'Inter- nunzio chiuse la seduta congratulandosi con i promotori del Congresso per i vantaggi che questo avrebbe portato senza dubbio alia societá. 106 Annali Societá Salesiana. Vol III. R.M. Rúa 1899 1910 Giubüeo ¿'argento delle Missioni Salesiane (1900) lettere dall'America piene di entusiasmo e di ringraziamenti al Supe- riore per averti mandato visitatore. La loro contentezza li fa andaré in visibilio e si struggono dal desiderio di vederti, di conoscerti, di parlarti. Don Rúa disse un giorno: — Ho paura che i nostri ameri- cani per contentezza ci mangino Don Albera. — Non puoi imma^ ginarti quanto conforto recano al Superiore e a tutti noi tali buone notizie. É un sintomo il piú veritiero dell'affezione che dimostrano e sentono per la Congregazione, e dell'attacamento al Rettor Mag- giore. I visitatori delle altre Congregazioni certamente non sonó COSÍ desiderati e cosi aspettati come lo sei tu in questa circostanza. Deo gratias sempre e di tutto cuore ». Egli impiegó quasi tre anni a eseguire il suo mandato. Durante tale assenza Don Rúa aveva stabilito che negli affari della sua carica lo sustituisse Don Giulio Barberis, il quale pero, come ben si com- prende, non poteva daré voto deliberativo nelle sedute capitolari. Ora avveníva che per vari motivi tante volte il Capitolo non poteva tro- varsi in numero légale. Mancava il Catechista; era morto, come diremo, il Prefetto; Don Cerruti talora doveva assentarsi o per viaggi o per salute, e altri per altre cause. Quindi Don Rúa il 20 febbraio del 1901 aveva scritto a Don Albera: « lo vorrei farti una proposta: stante la difficoltá di trovar presto un successore al compianto Don Belmonte e la convenienza di non interrompere il tuo giro, chi sa se non sarebbe conveniente che tu rinunciassi ad tempus alia tua carica, cioé fino al tuo ritorno? Allora io nominerei per questo periodo di tempo Don Barberis come Catechista eífettivo; cosi potrebbe prendere parte attiva e non solo consultiva nelle deliberazioni a prender si. Fácilmente ti per- suaderai che ti fo tale proposta per non trovará sovente nell'impossi- bilitá di prendere delle deliberazioni per mancanza del numero légale. Del resto sentiró molto volentieri anche le osservazioni in contrario che avessi a farmi ». Sembra che Don Albera facesse la sua rinuncia senza limite di tempo. Infatti Don Rúa gli scriveva il 24 aprile seguen- te: « Ho ricevuto la tua rinuncia aH'ufricio che ti venne affidato dal voto del Capitolo Genérale. Non posso riceverla come tu me la pre- sentí. Solo l'ammetto peí tempo che rimani assente ed anche questo 115 Annali Societá Salesiana. Vol III. R.M. Rúa 1899 1910 CAPO V I I I Le Case di Francia dopo la legge di soppressione (1901). mo- íbri ersi igo- un- :ato resi esse era- con nei lcne onL Le Opere Salesiane di Francia entravano col 1900 nel loro venti- cinquesimo anno di vita. Don Bosco, incominciatele a Nizza il 9 novembre del 1875, ne aveva poi con prudente assiduitá e fino agli estremi suoi giorni curato gli sviluppi. Dalla burrasca cbe nel 1880, come abbiamo visto, aveva travolto le Congregazioni religiose, erano ° uscite incolumi. II successore del Santo le ricevette in ereditá sta- bilite sopra solide basi. Giova qui conoscere lo stato di esse al termine del loro primo venticinquennio. Nel 1900 esistevano entro i confini ' er * della Francia e nell'África Settentrionale francese le seguenti case: iella ibre I o Patronato S. Pietro a Nizza (1875). l i e s a 2 o Oratorio S. Leone a Marsiglia (1878). E r a 3 o Orfanotrofio S. Giuseppe a La Navarra ( 1 8 7 8 ) . 1 11 4 o Oratorio Ss. Pietro e Paolo a Parigi (1884). 5 o Oratorio S. Gabriele a L i l l a (1884). sua 6 o Oratorio Agricolo Sacro Cuore a Rossignol (1889). care 7 o Oratorio Gesü Operaio a Diñan (1890). • i- 8 o Orfanotrofio S. Giuseppe a Ruitz (1891). 9 o Patronato Sacra Famiglia a Tolone (1893). : del 10° Oratorio S. Antonio da Padova a Montpellier (1893). :iana 11° Orfanotrofio S. Giovanni a Nizas (1894). , . 12° Oratorio S. Ippolito a Romans (1896). 13° Oratorio S. Maurizio con Noviziato a Rueil (1896). P r o " 14° Orfanotrofio S. Giuseppe a Lons-le-Saunier (1897). 15° Oratorio S. Gabriele a Saint-Denis (1899). 16° Orfanotrofio S. Antonio a Saint-Genis (1899). . 17° Casa S. Cario a Mordreux per Figli di Maria (1899). °' 18° Oratorio e Scuole S. Luigi a Orano (1891). 19 39 19° Oratorio Gesü Adolescente a Eckmühl presso Orano (1897). 118 Annali Societá Salesiana. Vol III. R.M. Rúa 1899 1910 Le Case di Francia dopo la legge di soppressione (1901) 20° Orfanotrofio Agricolo Perret a La Marsa di Tunisi (1894). 21° Parrocchia di Maria Ausiliatrice a Manuba di Tunisi (1894). 22° Casa Don Bosco e parrocchia del Rosario a Tunisi (1896). Dobbiamo tener contó anche delle Figlie di Maria Ausiliatrice, che allora, conformemente alie loro Costituzioni primitive, stavano sotto la dipendenza diretta del Rettor Maggiore della Societá Sale- siana. Esse avevano queste Case principali: Orfanotrofio S. Isidoro a Saint-Cyr (1878). 2o Orfanotrofio Morgant a Guiñes (1886). Noviziato a S. Margherita presso Marsiglia (1891). Orfanotrofio S. Gabriele a Saint-Denis (1898). 5o Casa delle F. di M. A. a Mers-el-Kebir presso Orano (1895). 6o Istituto Maria Ausiliatrice a Manuba presso Tunisi (1895). Tutto questo doppio elenco figurava in una voluminosa relazione ufficiale sull'« Insegnamento Industríale e Commerciale nelle Istitu- zioni libere cattoliche », compilato in occasione delPEsposizione Uni- versale del 1900 e contenente quarantaquattro pagine dedícate alie Opere Salesiane. In base appunto a questa parte della relazione erano state conferite ai Salesiani di Francia le due onorificenze, delle quali abbiamo parlato nel capo quinto. Dette Case si spartivano in due gruppi, formando due Ispettorie, quella del Sud, la piü antica e la piü importante, il cui capo risie- deva a Marsiglia, e quella del Nord, recentissima, con la sede cén- trale a Parigi. Non tutte queste Case dei Salesiani avevano eguale importanza. La Case maggiori di Nizza, Marsiglia, Lilla e Parigi alber- gavano ognuna piü di 200 alunni, divisi in artigiani e studenti; in quella secondaria di La Navarra nella Crau predominava Pinsegna- mento agricolo, essa puré con 200 alunni. Le due minori di Eckmühl e di Montpellier ne avevano piü di 100 con scuole anche professionali. Le rimanenti occupavano un grado inferiore. Órgano di propaganda e di comunicazione fra loro e la Casa Madre di Torino era il Bulletin Salésien, stampato nell'Oratorio di Valdocco, diretto da un confratello francese e cominciato nell'aprile del 1879. 119 Annali Societá Salesiana. Vol III. R.M. Rúa 1899 1910 Capo VIII I Salesiani di Francia si apprestavano, dicevo, a festeggiare il loro giubileo d'argento. Le feste dovevano celebrarsi nella Casa di Nizza, ma s'annunciavano poco allegre: rombava nelParia il turbine. II Direttore Don Luigi Cartier temeva che dovessero essere il canto del cigno (1). Infatti il 14 novembre del 1900 Waldeck-Rousseau, Pre- sidente del Ministero, presentó alia Camera dei Deputati un disegno di legge, nominalmente sulle Associazioni, ma in realtá contro le Cor- porazioni religiose, disegno il quale fu inscritto all'ordine del giorno con la dichiarazione esplicita che sarebbe venuto alia discussione senza ritardo. Leone XIII, compreso della gravita di quella minaccia, indi- rizzó nel dicembre seguente al Cardinal Richard, Arcivescovo di Parigi, una lettera, nella quale metteva in evidenza quali dannosi effetti avrebbe prodotto una legge di tal natura. La discussione ebbe principio nel gennaio del 1901 passando per varié vicende, finché il 29 marzo la Camera dei Deputati la approvó con 79 voti appena di maggioranza; il 23 giugno la approvó anche il Senato. II 29 Leone XIII invió ai Superiori Generali degli Ordini religiosi una nobilissima lettera a loro difesa e conforto; ma pochi giorni prima aveva spedito puré al Governo francese una Nota diplomática, assai piü forte ed enérgica, in pro- testa contro l'iniqua legge. Questa fu promulgata il Io luglio. Ne riassumeró tre articoli, che basteranno a daré un'idea del suo contenuto e carattere. Io Nessuna Congregazione religiosa possibile in Francia senz'aver prima ottenuto il riconoscimeñto mediante una legge; ma pronunciabile sempre lo scioglimento di qualsiasi Congrega- zione per semplice decreto ministeriale (art. 13). 2o Gravi pene contro i membri di Congregazioni non riconosciute, le quali apris- sero scuole, anche per interposta persona (art. 14). 3o Liquida- zione del patrimonio delle Congregazioni che entro tre mesi non aves- sero obbedito alia legge, chiedendo il riconoscimeñto o sciogliendosi. Vietato nel corso del trimestre alienare o spartire il patrimonio. Con- dizione per chiedere il riconoscimeñto, sottoporsi agli Ordinari. Divieto alie stesse Congregazioni riconosciute di fare qualsiasi fondazione senza l'approvazione del Consiglio di Stato, un decreto del quale poteva (1) XXV mc Anniversaire de l'CEuvre de Don Bosco en France. Nice, 1902, pag. VI. 120 Annali Societá Salesiana. Vol III. R.M. Rúa 1899 1910 Le Case di Francia dopo la legge di soppressione (1901) ordinare la chiusura di una scuola qualunque (art. 18). Nel formulare il suo disegno di legge Waldeck-Rousseau era par tito da due principi,, uno ¿elVAn'cien Régime, che nessuna Congregazione potesse formarsi né sussistere senza il beneplácito dello Stato, e Paltro della Rivolu- zione, che i voti religiosi violassero i diritti della persona umana e quindi fossero illeciti e contrari all'ordine pubblico. Inoltre nell'arti- colo 14 aveva richiamato in vigore il 7o contenuto nella legge del 1880 e respinto allora dal Senato, che a nessuno né direttamente né per inter- posta persona, era lecito dirigere istituti di qualsivoglia ordine e nem- meno insegnare, se apparteneva a una Congregazione religiosa non rico- nosciuta. La legge prevedeva un Regolamento circa l'esecuzione. II Regolamento venne e resé ancor piü odiosa la legge. II Papa, nella lettera ai Superiori Generali, aveva toccato il punto vero della que- stione scrivendo: « Purtroppo nei disegni della setta lo sbandeggia- mento e l'estinzione degli Ordini religiosi é un'abile mossa a condurre innanzi il meditato proposito dell'apostasia delle nazioni da Gesü Cristo ». Nel 1902 avvenne un fatto, per cui le cose arrivarono aH'estremo. Waldeck-Rousseau, che puré aveva trionfato nelle elezioni di maggio, lasció il potere, designando a succedergli Emilio Combes; lo fec£ per non dover mantenere le sue promesse alia Santa Sede di applicare la legge con equitá e temperanza. II Combes si dichiaró súbito nemi- cissimo delle Congregazioni e delle loro opere. Cominció a chiudere migliaia di scuole, anche quelle istituite legalmente, secondo una legge del 1886, da Congregazioni riconosciute; poi attaccó le Congregazioni stesse. Parecchie, prevedendo che il riconoscimento sarebbe stato loro rifiutato, si erano sciolte da sé; cinquantanove maschili doman- darono di essere riconosciute. II Combes le divise in tre categorie: insegnanti, predicanti, commercianti. La Camera il 18 marzo 1903 negó il riconoscimento a venticinque insegnanti con 11.800 religiosi; il 24 successivo a ventotto predicanti con tremila membri; pochi giorni dopo, alia Gran Certosa di Grenoble, qualificata per commer- ciante. NelPesecuzione il Ministro si mostró spietato. Chiuse 4200 istituti di beneficenza; pochi altri dello stesso genere poterono conti- nuare secolarizzandosi, sebbene non fossero mai lasciati in pace dalla 5 CER1A, III 121 Annali Societá Salesiana. Vol III. R.M. Rúa 1899 1910 parlava di Congregazioni legalmente disciolte, mentre fino al I o ottobre lede- cosa ai Cooperatori la secolarizzazione dei Salesiani francesi. II che fu fatto con un articolo vistoso e in prima pagina intitolato Heure d'angoisse, nel quali si rassicuravano i Cooperatori circa l'Opera salesiana, che, sebbene mortalmente ferita, non sarebbe morta in Francia. 6 o Catalogo man- dei Soci. Sopprimere la parte francese. A Roma Don Cartier sbrigó rápidamente la pratica. Si presentó anzitutto al Cardinale Protettore Parocchi, che, accoltolo paterna- mente, approvó la decisione presa, osservando che i Salesiani, diver- samente dai grandi Ordini, potevano con il loro genere di vita e di opere adattarsi benissimo alia condizione di secolarizzati nel foro esterno. Poi Don Cartier si recó dai Cardinal Gotti, prefetto della Sacra Congregazione dei Vescovi e Regolari. — Sta bene, disse Sua Eminenza, ma vi accetteranno i Vescovi? Han ricevuto ordine dai Governo di accogliere soltanto religiosi oriundi delle loro diócesi. — Don Cartier gli fece giustamente notare che nel testo della legge si :ono- renze al 2 za di Don >ellier Don >man- dare iscus- irtier, o \ loro o, del itrice, stero, mbre anees: trie lí i Salesiani non erano disciolti, andando solo allora in vigore la legge. D'altra parte i Salesiani si sarebbero rivolti ai loro Vescovi di origine, ai quali poi avrebbero chiesto Vexeat. Ció udito, il Cardinale gli disse di preparargli súbito la domanda con l'elenco di tutti i Salesiani da secolarizzare; il che venne immediatamente eseguito. Don Rúa a sua volta teneva pronta una lettera del tenore seguente, che ognuno dei secolarizzati avrebbe presentata al suo vescovo. \ a Dor Eccellenza, oso ricorrere a Vostra Eccellenza per chiederle il favore di ac- cogliere, nella sua somma benevolenza, questa domanda di secolarizzazione. falent Dopo essermi raccolto in preghiera e aver domandato a Roma i necessari quest< consigli, ritengo che il mezzo migliore di far fronte alie presenti difficoltá sia osto < di anidare all'Episcopato i membri della Societá Salesiana che sonó in Francia. , , Credo di poter sperare che si mostreranno sempre degni del loro venerato Pa- dre Don Bosco e di quanto Vostra Eccellenza si degnerá fare per loro. Sia che si tratti d'incorporarli semplicemente nella sua diócesi dove ri- \[ ves siedono, sia che si tratti, essendo incorporati nella sua diócesi, di venir messi esser< a disposizione del Vescovo del luogo dove si trovano, oso sperare che Vostra Eccellenza vorrá accogliere favorevolmente l'umile domanda di chi gode profes- ca noi sarsi di Vostra Eccellenza umilissimo e devotissimo servo in Domino. Sac. etend MICHELE RÚA, Superiore Genérale dei Salesiani di Don Bosco. Torino, 18 set- irsone tembre 1901. 124 Annali Societá Salesiana. Vol III. R.M. Rúa 1899 1910 Le Case di Francia dopo la legge di soppressione (1901) Allorché Don Cartier fu di ritorno, si ebbe un nuovo cambiamento di scena. Don Rúa gli fece leggere una lettera del Cardinal Richard in data 6 setiembre. Era la risposta a una sua preghiera di ricevere e ascoltare l'Ispettore Don Giuseppe Bologna, che gli avrebbe parlato della decisione presa di ricorrere alia secolarizzazione. L'Arcivescovo di Parigi riteneva invece che fosse la men peggio domandare il ricono- scimento. Reverendo Superiore, riceveró volentieri Don Bologna, per trattare con lui delle vostre opere,, ma fin da oggi io credo di dovervi additare il pericolo a cui vi esponete non domandando il riconoscimento prima di ottobre. É dubbio che si accetti la secolarizzazione dei religiosi e supponendo che venga accet- tata, é quasi certo, credo io, che si applicherá un decreto del 1804, in forza del quale i sacerdoti appartenenti a una Congregazione debbono ritirarsi nelle loro diócesi di origine e quindi non sará loro permesso di mettersi sotto la mia giurisdizione, se non sonó nati nella diócesi di Parigi. Mi pare dunque, Reve- rendo e Venerato Superiore, che dobbiate star fermo nella risoluzione presa di domandare l'autorizzazione e di tener preparan tutti i documenti per presen- tare la vostra domanda prima di ottobre. Don Cartier non si arrese. Anche Don Rúa stette fermo nel pro- posito della secolarizzazione e a Don Angelo Bologna, Direttore della Casa di Lilla, ivi presente, diede con i rescritti per i Confratelli del Nord le istruzioni opportune. Poi Don Cartier voló dal suo Vescovo a San Giovanni di Moriana, dal quale fu ben volentieri incardinato nella propria diócesi; di la corsé a Marsiglia con i rescritti per l'Ispet- tore Don Perrot e fece tostó ritorno a Nizza. Mentre pero nel Sud tutto procedeva come si era stabilito, l'Ispettore Don Bolo- gna, vinto dagli argomenti dei legali dell'Arcivescovado, chiese licenza a Don Rúa di domandare il riconoscimento. Quindi ognuna delle due Ispettorie fece la propria trada. Quella del Nord, a tenore della legge per il riconoscimento, presentó domanda e statuto. La domanda firmata da Don Giuseppe Bologna e indiriz- zata al Presidente del Consiglio, Ministro dell'Interno e dei Culti, era cosi concepita: II sottoscritto Sac. Giuseppe Bologna nella sua qualitá di Superiore della Societá dei Salesiani di Don Bosco ha l'onore di deporre nelle vostre mani, 125 Annali Societá Salesiana. Vol III. R.M. Rúa 1899 1910 Capo VIII 6. Ma, se fosse veramente cosi, avrebbero potuto in pochi anni prendere uno sviluppo tanto grande e tanto rápido? 7. Basta esaminare il risultato delle indagini fatte per convincersi che Topera loro non ha niente di comune con la carita e che in realtá si tratta dello sfruttamento dell'infanzia e della credulitá pubblica, mentre costituisce un pericolo per il commercio e l'industria privata. 8. Quando fu promulgata la legge del Io luglio 1901, i Salesiani si sen- tirono minacciati, tanto piü che non ignoravano i' numerosi lamenti causati dalla loro esistenza e sapevano che anche fra il clero e le corporazioni religiose avevano sollevato una vera ostilitá. 9. II loro rápido prosperare, l'abilitá e il buon successo con cui aveva- no saputo arricchirsi li rendevano realmente rivali temibili e dovunque essi gettavano le basi di un istituto, si vedevano venir meno le pie offerte e i doni generosi. 10. Esitarono dunque a lungo sulla condotta da tenere. Tutti i direttori furono convocati a Torino e nel Consiglio Genérale della Congregazione si di- scusse il piano di battaglia da adottare. 11. Furono esaminati tre disegni: sciogliersi e utilizzare, nelPinteresse della corporazione, la fortuna fatta in Francia. 12. Fare domanda di riconoscimento, benché questo mezzo fosse precario, per girare la difÜcoltá con tale artificio. Sciogliersi non vollero e il risultato della loro deliberazione fu che era ac- cortezza appigliarsi ai due espedienti insieme. Si fece una domanda per dodici istituti e gli altri tredici si trasformarono in Opere diocesane, dirette da sedi- centi sacerdoti secolarizzati. 13. Questa secolarizzazione che valore légale aveva di fronte alia nostra legislazione concordataria? 14. Che carattere potevano allegare questi religiosi internazionali, e come ammettere ordinazioni fatte per uno scopo diverso dal servizio delle parrocchie? 15. e soprattutto per un fine cosi totalmente estraneo alia missione sa- cerdotale qual é la creazione di scuole professionali? 16. Ma quest'é un fatto di ordine puramente giudiziario e aspetta ai tri- bunali smascherare e reprimere la frode ordita per eludere la legge e salvare la parte piü importante della congregazione minacciata. 17. Altro piü non rimane che esaminare la domanda di riconoscimento presentata dagli istituti di Parigi, Via Retrait 29 e Parigi, Via Javel; Saint-Denis, Rueil, Buis, Diñan, Popey, Lille, Ruitz, Coigneux, Rossignol, Oran Via Mener- ville e Oran-Eckmühl. I Salesiani, come abbiamo esposto, formano un'aggregazione di creazione recente, ma che oggi s'irradia sul mondo intero. 18. La frazione francese é solo un ramo spuntato da quindici anni, 19. e sotto l'aspetto religioso, la Francia rappresenta soltanto una pro- vincia dell'ordine italiano, amministrato da un delegato sotto l'impulso e la dire- 128 Annali Societá Salesiana. Vol III. R.M. Rúa 1899 1910 Le Case di Francia dopo la legge di soppressione (1901) zione esclusiva del Superiore Genérale e del Consiglio di amministrazione tori- nese. 20. Bisognava dunque anzitutto cambiare il carattere dei Salesiani lanciati nel nostro paese, dando loro un'apparenza di autonomia e di nazionalitá. 2 1 . A questo fine il primo istituto fondato, quello di Via Retrait a Pa- rigi, fu elevato al grado di Casa Madre. 22. e un frate naturalizzato per la circostanza, il signor Bologna, o Bo- logne, assunse la qualitá di Superiore Genérale di questa congregazione. É que- sto il religioso che ha presentato la domanda. 23. Si puó accogliere tale domanda? Noi crediamo di no. 24. Certo noi siamo di coloro i quali pensano che, come la scienza, cosi la carita non ha patria e non ci opporremmo alio sviluppo di un'opera umani- taria, perché venutaci dalPestero. 25. Ma bisognerebbe puré che si trattesse d'una vera opera di benefi- cenza, e questo carattere l'impresa dei Salesiani non sembra averio. 26. Frá i pochi preti francesi sperduti in questa aggregazione se ne sonó trovati alcuni indignati dei fatti che vedevano avvenire sotto i loro occhi, e noi sappiamo che in massima parte gli utili degli istituti francesi vanno realmente a profitto soltanto dell'opera e deH'influenza straniera. 27. Gli orfani rumorosamente cercad sonó anche davvero ricoverati da essi e le spese per la loro educazione giustificano in qualche misura le loro continué questue? 28. Basta esaminare il meccanismo di questi pseudo-orfanotrofi per con- vincersi che non é cosi! 29. Ogni orfanotrofio ha sede in un immobile proveniente, come tutto il resto, dalla generositá pubblica. 30. É alimentato anzitutto dalle rette págate sia dalle famiglie sia da persone caritatevoli. 31. Poiché la gratuita é talmente eccezionale che per cosi diré non esiste. 32. Il giovane viene sottoposto a eccessive fatiche, esigendosi da lui, e in deplorevoli condizioni d'igiene e di salubritá, che producá; inoltre é dedicato a un ramo particolare di mestiere, sicché, una volta fuori, non conosce in realtá mestiere nessuno. Di piü non costa quasi nulla, perché la pensione gli é pagata da terzi sicché rende soltanto. Grazie poi alia gratuita della mano d'opera, all'abbondante frutto del lavoro proveniente dalla specializzazione a oltranza, ai vantaggi fiscali derivanti dal carattere di Associazione di carita, é facile comprendere le proteste sollevate dovunque funziona uno di questi istituti, da- gli industriali e dai commercianti, impotenti a sostenerne la concorrenza. 33. Di volta in volta, tipografi e editori (e, quali editori, pubblicano cose tutte contro le istituzioni nostre), mercanti di vino, di liquori, di prodotti far- maceutici, la loro azione económica é nefasta e non lo é meno la loro azione politica; di tutte le congregazioni é forse quella, la cui combattivitá ostinata ci venne segnalata di piü. 129 Annali Societá Salesiana. Vol III. R.M. Rúa 1899 1910 Capo VIII Ed ora passiamo ai secolarizzati del Sud. La loro sorte fu assai contrastata; ma s'aveva a fare con magistrati in tribunale, non con politicanti in Parlamento, e dinanzi ai tribunali, chi sa valer si della legge, a lungo andaré qualche cosa ottiene. A Nizza sei Salesiani con alia testa il loro Direttore Don Cartier furono citati a comparire davanti al tribunale correzionale sotto l'imputazione di essere rimasti nel Patronato S. Pietro dopo l'appli- cazione della legge sulle Associazioni, formando i v i un'associazione non riconosciuta; Don Cartier era inoltre accusato di dirigere un istituto d'istruzione, benché membro di una congregazione illecita, e gli altri di esercitare nello stesso luogo l'insegnamento. L'av- vocato difensore, Bernardo d'Attanona, era uno di quei magistrati che nel 1880 aveva dato le dimissioni per non cooperare all'esecu- zione dei decreti di espulsione emanati contro le famiglie religiose ( 1 ) . Egli sostenne che i suoi clienti erano in regola né facevano contro la legge, ma contro un'interpretazione errónea di essa. Legge d'ec- cezione, legge ingiusta, legge vessatoria; ma essi, legalmente seco- larizzandosi, vi si erano e vi stavano sottomessi, godendo ormai di tutti i vantaggi del diritto comune. Spalleggiato dall'avvocato Fabre, difese > COSÍ efficacemente la propria tesi, che i l tribunale gli diede ragione; ma il pubblico ministero ricorse in appello. Alia Corte d'Appello di Aix il Presidente e i giudici confermarono puramente e semplicemente la sentenza di Nizza; ma il rappresentante della legge, ricorse in Cassazione. La Corte di Cassazione, trovando che i motivi addotti dai giudici precedenti non bastavano a provare la realtá dell'avvenuta secolarizzazione, cassó la sentenza di Aix e rin- vió la causa alia Corte d'Appello di Nímes. A Nímes la difesa degli imputati fu COSÍ strenua, che dopo tre giorni di discussione la Corte deliberó il rinvio a otto giorni. Alia ripresa emise una sentenza che con- dannava ciascuno a venticinque franchi di ammenda e intimava senza motivazione la chiusura del Patronato S. Pietro. Don Cartier ricorse in Cassazione a sezioni riunite; ma poi, arrendendosi al consiglio di (1) Cfr. Mem. Biogr., vol. X I V , pag. 600. 132 Annali Societá Salesiana. Vol III. R.M. Rúa 1899 1910 Le Case di Francia dopo la legge di soppressione (1901) persone autorevoli, ritiró il ricorso e piegó il capo alia dura condanna; ma fu Pafíare di un giorno. La Casa dunque venne legalmente chiusa il 13 ottobre 1903 e i Salesiani se n'andarono; ma il giorno appresso fu legalmente ria- perta sotto il titolo di " Maison de famille des apprentis "; un gruppo di laici, riuniti in Societá industríale dei laboratori di Piazza d'Armi, aveva prepárate ed eseguito il colpo maestro. Il Io giugno 1904, dopo una serie di citazioni senza risultati, la polizia vi operó una perquisizione. L'ex-direttore occupava la entro una camera messa a sua disposizione dalla Societá civile proprietaria dell'edificio e resi- dente a Parigi in via Retrait. Benché Don Cartier non si tenesse nasco- sto, ma tutti sapessero dove abitava, puré si era aspettato tanto a farlo sloggiare, perché si voleva dar tempo di partiré a coloro che passa- vano a Nizza la stagione e che si sarebbero fortemente irritati per le odióse misure contro i Salesiani, da loro apprezzati e aiutati. II 4 luglio Don Cartier dovette ricomparire dinanzi al giudice istruttore. Poi furono citati dodici alunni, ai quali si cercava di far diré che Don Cartier continuava a essere il vero Direttore della Casa;, ma seppero tutti rispondere a do veré. Se ne citarono i genitori o tutori, ma con idéntico risultato. Allora il giudice istruttore deferí Don Cartier al tribunale sotto l'accusa di ricostituzione della Con- gregazione salesiana; ma i membri della Societá industriale sven- tarono l'accusa. Finalmente il Io marzo 1905 un'ordinanza di non luogo a procederé mise termine a quelle vessazioni. Don Cartier trasferi il suo alloggio uíficiale altrove. Cessate le vessazioni alie persone, cominciarono le vessazioni per le cose. II 29 luglio 1905 dal liquidatore dei beni delle Congrega- zioni fu messo all'asta pubblica l'immobile. II primo esperimento dinanzi al tribunale civile di Nizza ando a vuoto, perché non si pre- sentarono offerenti; ma un mese dopo la casa venne aggiudicata per 200.110 fr anchi a un tale, che dichiaró di a ver fatto Pofferta per contó di un terzo, una nostra conoscenza: il cooperatore inglese Tommaso Pate, banchiere a Livorno. La Societá locataria quindi dal quel cam- bio di proprietario non aveva nulla a temeré per il suo regolare contratto d'afíitto. 133 Annali Societá Salesiana. Vol III. R.M. Rúa 1899 1910 Capo IX piü sommaria che non sia questa nostra esposizione; sullo svolgi- mento della pratica fino alia conclusione diremo fra breve. Con- viene pero riprodurre súbito una dichiarazione di Don Rúa in una sua Circolare del 19 marzo 1902 sul nono Capitolo Genérale. Scri- veva: « É bensi vero che, per la grande benignitá della Santa Sede a nostro riguardo, la quale nel 1884 ci concesse la comunicazione dei Privilegi coi principali Ordini Religiosi, noi potevamo, in forza dei medesimi, procederé con sicurezza e in tutta coscienza sia nelle radunanze dei Capitoli Generali, sia nelle lezioni, sia nel proporre come obbligatorio le Deliberazioni nei medesimi Capitoli prese; e che perció quanto fu fatto da Don Bosco in vita, e quanto si venne facendo dalla sua morte finora, tutto fu fatto a dovere; tuttavia essen- dosi suscitato qualche dubbio da qualcuno nel Capitolo Genérale medesimo, ho giudicato meglio, per il bene della nostra Pia Societá, sovrabbondare, e mettere le cose su base tali, che togliessero anche ai piü delicati di coscienza ogni motivo di dubbio e di contrasto ». Vedremo presto in che modo abbia fatto ció. 2o Ricordó poi come nell'ultimo triennio si fosse dovuta lamentare la perdita di un membro del Capitolo Superiore nella persona di Don Belmonte, e notó come in tutti i Capitoli Generali da lui presieduti si fosse ripetuto sempre un caso simile. Nel 1889, perdita dell'amatis- simo Padre e Fondatore; nel '92, di Don Bonetti; nel '95, di Don Sala; nel '98, malattia di Don Lazzero con la conseguente impos- sibilitá di occupare la carica. II vuoto lasciato dalla perdita di Don Domenico Belmonte, Pre- fetto Genérale, era stato veramente grande (2). Aveva cessato di vivere il 18 febbraio del 1901. Da quindici anni sosteneva queH'uíficio, avendolo esercitato due anni a fianco di Don Bosco. Di lui abbiamo fatto la presentazione nel volume precedente (1). Lavoro e pietá rappresentano in compendio tutta la sua esistenza. La modesta came- retta, dove resé l'anima a Dio, rispecchiava il suo animo non sola- mente schivo di qualsiasi ostentazione, ma desideroso di occultarsi (2) Cfr. Circolare di Don Rúa, 25 aprile 1901. (1) Pgg- 8-9. 140 Annali Societá Salesiana. Vol III. R.M. Rúa 1899 1910 // nono Capitolo Genérale (1901) forma comunque per l'addietro occorse nella celebrazione dei Capitoli Generali, e convalidare e dar vigore di Deliberazioni Capitolari alie decisioni prese peí regime interno nelle adunanze generali dei Direttori con il Consiglio Superiore, salvo poi a rivederle nel prossimo Capitolo Genérale e presentarle ». Pregava puré di « convalidare, ove ne fosse d'uopo, le elezioni del Superiore Genérale e dei Membri del Consiglio Superiore, fatte nel Capitolo Genérale formato dagl'Ispettori, dai Di- rettori e dai Delegati delle singóle Case dell'Antico Continente, non- che dagl'Ispettori e da un Direttore di ogni Ispettoria del Nuovo Continente ». La Congregazione dei Vescovi e Regolari con Decreto del 20 gennaio 1902, firmato dai Cardinal Gotti Prefetto, annui alia domanda di erigere, come si erano proposte, e canónicamente costituite le suin- dicate Ispettorie, sanando in radice le irregolaritá; ma quanto ai Capi- toli Generali usó la seguente formula: Methodum propositam quoad novas electiones generales pro hac vice tantum approbat iuxta preces. Rimaneva da chiarire l'inciso pro hac vice tantum, per questa volta soltanto. Al Procuratore, che ne chiese la spiegazione, fu risposto ( 1 ) : « II Capitolo Genérale ha potere di stabilire le cose piü importanti che occorrono per la Congregazione, e persino la facoltá di modificare le Rególe, purché ció si faccia in modo conforme alio spirito della Pia Societá. II Capitolo, cosi radunato una volta, puó stabilire quanto crede abbia a contribuiré alia maggior gloria di Dio ed alia salute delle anime: stabilisca adunque esso come convenga meglio che sia costi- tuito in seguito e con quali particolaritá debba farsi questa costi- tuzione ». Si affermava dunque essere conveniente che il Capitolo stesso decidesse queste cose definitivamente, perché il tutto riuscisse secondo la necessitá e l'opportunitá della nostra Societá. Onde Don Rúa conchiudeva: « Peí Capitolo Genérale del 1904, in cui anche si faranno le elezioni, si térra questo método di radunare solo gli Ispet- tori con un socio per ogni Ispettoria, eletto da tutti i soci professi dell'Ispettoria medesima; ed in esso si stabilirá definitivamente come abbia ad essere costituito il Capitolo Genérale in seguito ». Donde (1) Circ, 19 marzo 1902. 145 Annali Societá Salesiana. Vol III. R.M. Rúa 1899 1910 Capo IX Prese poi la parola Don Cerruti per pregare che, essendo assai breve il tempo del Capitolo, non si facessero digressioni fuori del tema e non si andasse per le lunghe nel chiedere schiarimenti. Rife- rendo sommariamente le cose dette, noi sorvoleremo sulle parti, che non ebbero qualche risultato positivo. La terza Commissione aveva stimato conforme al suo mandato allargare il campo delle proprie indagini, giacché non avrebbe potuto presentare assennate proposte sulla questione dei testi senza metiere per base l'ordinamento degli studi ecclesiastici. Altri dovevano essere i testi per chierici che compissero il quadriennio teológico negli Stu- dentati regolari, altri per chi li compisse in Case particolari. Quindi la Commissione con l'unanime consenso dei suoi trentaquattro membri eífettivi e di tre consulenti, intervenuti tutti assiduamente alie adu- nanze, propose al Capitolo Genérale le sue conclusioni su questi tre punti distinti: Io Studentati teologici; 2o ordinamento degli studi ecclesiastici; 3 libri di testo. II secondo Capitolo Genérale, basandosi sulle Rególe, aveva sta- bilito che il corso teológico abbracciasse quattro anni e che, finito il quadriennio, i Soci attendessero per due anni alio studio della morale casistica; inoltre, che in ogni Ispettoria vi fosse uno Studentato per gli studi teologici. Per 21 anni, come rilevó con rincrescimento Don Cerruti, tali disposizioni si erano potute attuare solo in parte; ma completamente non si sarebbe mai stati in grado di eseguirle. Come infatti trovare in ogni Ispettoria tutti gl'insegnanti necessari od un numero suficiente di alunni? Perció la Commissione propose e il Capitolo approvó che la citata deliberazione venisse modificata cosi: II Capitolo Superiore stabilira gli Studentati teologici dove giudicherá opportuno in servigio di una opiu Ispettorie. La Commissione si preoccupó anche del fatto che, qualora gli studi teologici tenessero dietro immediatamente al corso filosófico, le Case rimarrebbero prive dell'aiuto sólito a fornirsi dai chierici nell'assistenza e nell'insegnamento; quindi opinó che i chierici, com- piuto il detto corso, fossero invíati per tre anni a prestare Topera loro nelle Case particolari e che dopo entrassero negli Studentati di teologia. In tale triennio pratico avrebbero dato saggio della loro 148 Annali Societá Salesiana. Vol III. R.M. Rúa 1899 1910 II nono Capitolo Genérale (1901) vocazione e della loro attitudine alia vita salesiana. Non isfuggi alia Commissione il pericolo che l'interruzione facesse perderé l'amore alio studio e il possesso della lingua latina e delle discipline filosofiche; ma vi si sarebbe potuto ovviare, se durante il triennio d'intervallo fra gli studi filosofici e i teologici i chierici si esercitassero nella lettura e nel commento di autori latini, che il Consigliere scolastico Gene- rale proponesse al principio di ogni anno e su cui dovessero dar esame regolare, e se il medesimo Consigliere suggerisse quelle opere di Índole filosófica che fossero piü adatte a mantenere vive le nozioni acquistate, e ne inculcasse la lettura. Un'altra difficoltá sorgeva dal doversi protrarre di troppo le sacre ordinazioni; ma da tale indugio sarebbero seguiti anche notevoli vantaggi. Si poteva per altro abbre- viare il tempo ritornando all'osservanza delle Costituzioni, che fissa- vano solo due anni al corso filosófico. Onde la doppia proposta di un biennio invece del triennio per la filosofía e di tre anni di vita pratica nelle Case particolari prima della teología. Nella seduta pomeridiana bastó appena il tempo per discutere la prima parte, che restó appro- vata. 3 setiembre, mattina. Don Rúa lesse il seguente telegramma del Cardinal Rampolla a lui indirizzato: « Bene augurando ai figli di Don Bosco dal Capitolo ora adunato, Santo Padre grato ricevuto omaggio ne benedice singoli membri ». Poi continuó: Don Bosco nei primordi dell'Opera sua ebbe molto a soífrire da parte di per- sone bene intenzionate, a lui devote, ma che non lo comprendevano nella sua missione. Pretendevano che camminasse per la via da loro segnata; donde le avversitá e tribolazioni. Per questo Don Bosco dovette piü volte cambiar di casa i suoi chierici, o fu obbligato a mandarli in seminario, ecc. Perché ció? Quel- le persone erano dominate dallo spirito di contraddizione. Don Bosco sopportó e finí col trionfare. Soventi volte il nostro buon Padre esortava anche noi a evitare lo spirito di contraddizione, di critica, di riforma e volle inseriré questa raccomandazione tra gli avvisi speciali che egli da ai suoi figli: evitare il prurito di riforma. ' Tale raccomandazione ripeto io a voi. La critica verso i Superiori é fatale ad una comunitá, specialmente se provenisse dai Direttori o dagli Ispettori. I sudditi rimangono disanimati dall'obbedienza, diffideranno dei Superiori, come di voi, ne andrebbe di mezzo la stessa vostra autoritá. Non solo questa critica contro i Superiori si deve evitare, ma anche contro 149 Annali Societá Salesiana. Vol III. R.M. Rúa 1899 1910 Capo IX potuto superare piü fácilmente i pericoli della caserma. E che diré dei pericoli che i nostri chierici avrebbero incontrati nell'Universitá? Si sarebbero circondati di tutte le guarentigie; la stessa Circolare romana prescriveva quali dovessero essere queste. Fu rimandata la decisione alia seduta pomeridiana. 3 setiembre, sera. Don Rúa disse: Era prerogativa di Don Bosco il comparire allegro e il saper trasfondere l'allegria negli altri, rendendoli in questo modo felici. Come rassomigliarci a lui? Primo mezzo: esattezza nelle pratiche di pietá, senza la quale non possono re- gnare in noi né nelle nostre Case la felicita e la.carita. Sbaglierebbe chi con- fondesse la carita col lasciar correré troppo. Secondo mezzo: far osservare in modo piacevole ed amorevole le Rególe. Terzo mezzo: mostrarsi prémurosi an- che nel promuovere il bene físico dei propri dipenden ti; prevenirli possibilmente nei loro bisogni in caso di tristezza, d'indisposizioni, ecc. Quarto mezzo: non es- sere troppo tenaci nelle proprie idee. Anche nelle adunanze sentiré volentieri il loro parere e seguirlo quando non c'é pericolo di cattive conseguenze. Mo- strare una certa qual morbidezza di carattere. Cosi si va avanti con pace, tran- quillitá ed allegria. Ripresa la discussione sugli Studi Universitari dei chierici, Don Cerruti diede la parola al Relatore, il quale, a nome suo e del Presi- dente, considerando che particolari bisogni della Congregazione esi- gevano di avere prontamente titoli per sostenere le scuole conforme alio spirito della nostra Societá, propose di sopprimere il suddetto articolo 576 e di lasciare alia prudenza del Rettor Maggiore il prendere nei casi particolari le decisioni che avrebbe credute piü utili per il bene della Congregazione, d'intelligenza con la Santa Sede. Su 146 votanti vi furono 131 si, 9 no e 6 astenuti. A suo tempo Don Rúa umilió al Santo Padre questa supplica: II Sac. Michele Rúa, Rettor Maggiore della Pia Societá Salesiana, umilmente espone a Vostra Santitá quanto segué: Con la data del 21 luglio 1896 la Sacra Congregazione dei Vescovi e Regolari emanava un'Istruzione riguardante i chierici secolari e regolari che frequentano per ragion di studio le Universitá Governative; fre le altre sapientissime norme in essa contenute al n. 5 trovasi anche questa: « Non si dia tale permesso ai giovani se prima non abbiano compito con lode Tintero corso filosófico e teo- lógico prescritto o dalle Costituzioni diocesane o da quelle delPOrdine o dalla 152 Annali Societá Salesiana. Vol III. R.M. Rúa 1899 1910 II nono Capitolo Genérale (1901) Congregazione pei religiosi ». Ora l'umile oratore implora dalla Santitá Vostra la facoltá, salve tutte le altre prescrizioni, di poter inviare agli Studi Universi- tari governativi taluni fra i chierici salesiani che, compito lodevolmente il corso filosófico, sembrino piü adatti, non solo per ingegno, ma specialmente per irre- prensibile condotta e lodevole pietá. Le ragioni per cui inoltra tale istanza sonó: Io Le esigenze ogni di crescenti del Governo in fatto di patenti e títoli d'insegnamento, pena la chiusura degli Istituti e delle scuole. Or queste pa- tenti non si possono avere per le scuole secondarie e normali senza frequentare il Corso Universitario. 2o Le difficoltá che s'incontrano nel do ver provvedersi spesso di professori esterni, le spese non indiíferenti a cui bisogna sottostare, e piü di tutto il danno morale e religioso che ne deriva dalla conseguente mancanza di unitá di método, uniformitá di spirito e sanitá di principi. 3o La qualitá di studente universitario da diritto a ritardare il servizio militare fino al 26° anno compiuto, il che é grande vantaggio. 4o Al cominciare d'ogni anno il Direttore Genérale degli Studi tiene una conferenza agli studenti salesiani dell'Universitá di Torino, dove é maggiore il loro numero, legge e commenta le sapienti e salutari disposizioni contenute nell'Istruzione della Sacra Congregazione, ne fa l'applicazione alie condizioni locali, da le norme per eseguirle, propone testi convenienti a modo di antidoto e, dove occorra, vieta o limita al puro necessario l'intervento alie lezioni di qualche professore. II sunto poi di queste conferenze lo manda per norma agli Ispettori e Direttori delle Case dove fossero studenti universitari. La Sacra Congregazione dei Vescovi e Regolari rispóse il 2 dicem- bre 1901, concedendo la chiesta facoltá ad triennium, limitatamente agli individui che si giudicassero atti all'insegnamento ed a condizione che fossero rigorosamente osservate le prescrizioni contenute nell'Istru- zione del 21 luglio 1896; del che faceva grave carico di coscienza al Rettor Maggiore. Si passó quindi a trattare dell'ordinamento degli Studi ecclesiastici. Sarebbe stato necessario discutere sopra un programma, che la Com- missione non aveva avuto né modo né tempo di compilare. Si convenne dunque che tale compito fosse rimesso ad una speciale Commissione di competenti in materia e da nominarsi dal Capitolo Superipre. Il Relatore propose inoltre di sopprimere l'articolo 581 delle Delibera- zioni, che obbligava i sacerdoti ad attendere dopo il corso teológico a due anni di morale casistica, potendosi fare tale studio nelle vacanze autunnali durante il quadriennio. Fu votata la soppressione per alzata e seduta. í) CIOHIA. I I I 153 Annali Societá Salesiana. Vol III. R.M. Rúa 1899 1910 Capo IX di A i x ) é destinato pei Chierici. Nella stessa Ispettoria si desidera l'erezione del Noviziato di Eckmühl (diócesi di Orano) per ragione della grande distanza. Lo stesso dicasi dei due Noviziati di Sarria e di S. Vincenzo degli Orti (dió- cesi di Barcellona) nell'Ispettoria di Catalogna, il primo é pei Coadiutori, il se- condo pei Chierici. Nel Piemonte poi, avendo ottenuto varié case dalla gene- rosita di alcuni benefattori e segnatamente di S. Em. il Card. Richelmy, se ne userebbe per quattro Noviziati in servizio delle due Ispettorie Piemontesi ed an- che della Ligure, della Lombarda, della Véneta: e della Emiliana, le quali fl- nora ne sonó prive; osservando che i Noviziati di Foglizzo (diócesi d'Ivrea), di Lombriasco e di Valsalice (Archidiocesi di Torino) dovrebbero accogliere i Chierici, quello di S. Benigno Canavese (diócesi d'Ivrea) i Coadiutori addetti alie arti e mestieri, e quello d'Ivrea gli addetti alPagricultura. In fine, sempre in tema di Noviziati, implorava due sanatorie: « I Convalidare, ove abbisognasse, il Noviziato e la professione di coloro che avessero fatto il loro esperimento in qualche Casa non eretta finora in Noviziato con decreto della Sacra Congregazione dei Vescovi e Regolari e sanare tutte le irregolaritá, comunque occorse per lo innanzi nell erezione canónica dei Noviziati. 2 Convalidare, ove ne sia bisogno, l'elezione dei Maestri dei Novizi e dei membri delle Commissioni prescritte dal Decreto Regulan Disciplinae, fatta nell'ultimo Capitolo Genérale, dov'erano presenti tutti gl'Ispettori e Direttori dell'Antico continente e vari Ispettori del Nuovo ». Nel men- tó vato Decreto del 20 gennaio 1902 la Sacra Congregazione rispondeva approvando l'erezione dei Noviziati elencati, dummodo iidem sint apti ad efformandos vivos religiosos, et novitiatus Coadiutorum sint com- munes in ómnibus artibus atque in agricultura. Sanava inoltre in radice gli atti e le professioni cosi come stavano. 4 settembre, sera. Preambolo di Don Rúa. L'Unione dei Cooperatori stava molto a cuore a Don Bosco e si studiava di diffonderla sempre piü. Bisogna imitarlo in questo. Per far questo non é necessario interpellarli; basta mandare il Regolamento. Conosciuta qualche per- sona bene intenzionata, le si spedisca il diploma. Per non fare duplicati, do- mandare se si riceve il Bollettino, senza accennare ad obblighi, ma diré che si tratta solo di fare un po' di bene, senza essere obbligati in coscienza. Tocca a noi di colmare i vuoti che la morte fa ogni anno tra i Cooperatori. Proporre alie signore piü benefiche il Diploma delle Dame di Onore di Maria Ausiliatrice. Aiutare i decurioni dei Cooperatori e ove ci sia un gruppo di Cooperatori senza decurione, proporne uno. 156 Annali Societá Salesiana. Vol III. R.M. Rúa 1899 1910 II nono Capitolo Genérale (1901) Aumentare poi il numero dei Confratelli. Primo mezzo: far stimare le cose della Societá, parlare sovente di Don Bosco, delle Missioni e delle altre Opere Salesiane. Non alienare con false promesse, ma indurre a sentimenti generosi nell'abbracciare la vita religiosa, che é vita di sacrificio. Secondo mezzo: inter- rogare i Parroci, coi quali possiamo essere in relazione, per vedere se avessero sott'occhio qualche adulto atto a essere coadiutore o famiglio; averne poi tutta la cura e con ció far loro amare la nostra Societá. Siamo perció tutti interes- sati su questo. Discussione sullo schema secondo: II VII Capitolo Genérale defe- riva al Rettor Maggiore la compilazione di un Regolamento intorno alie relazioni fra l'Ispettore e il Direttore nelle Case ispettoriali da presentarsi per Vapprovazione al Capitolo Genérale VIII. Questo ne propose la sospensiva con raccomandazione che articoli e modifica- zioni proposte fossero anzitutto esaminate da apposita Commissione, composta di Ispettori e Direttori di Case ispettoriali, che poi ne rife- rirehhe al IX Capitolo Genérale per una soluzione definitiva. Tutti gli Ispettori e Direttori di Case Ispettoriali presenti a Valsalice inter- vennero alie sedute della Commissione seconda presieduta da Don Durando. II Relatore Don Veronesi dopo aver rilevato che tutti cono- scevano le difficoltá provenienti dal trovarsi due autoritá nella mede- sima casa, soggiungeva essere puré tutti persuasi che con la carita, la pazienza e la prudenza le difficoltá si potevano vincere e la pace e e la concordia vi potevano perfettamente regnare. II testo del Rego- lamento, passato per una tale trafila di esami, non diede luogo a impor- tanti discussioni, sicché fu rápidamente approvato. La Commissione vi aggiunse di suo soltanto una richiesta, che cioe fosse abolito il titolo di Rettore e mantenuto semplicemente quello di Ispettore e che nelle Case, ove, in via eccezionale e per necessitá, l'Ispettore dovesse fun- gere anche da Direttore, gli si desse ad aiutante un Vicedirettore. Le ragioni principali che consigliavano tale abolizione erano l'esigenza deH'uniformitá di direzione e la necessitá di evitare possibili equivoci con persone esterne. Fu approvata l'abolizione. II tutto entró poi nel Regolamento pubblicato dopo il décimo Capitolo Genérale. 5 setiembre, mattina. Dovendosi procederé a tre elezioni, che avreb- bero portato via gran tempo, Don Rúa rinunció al sólito preambolo; ma si riserbó di parlare durante gli scrutini delle votazioni. Bisognava 157 Annali Societá Salesiana. Vol III. R.M. Rúa 1899 1910 Capo IX avevano o avrebbero poi avuto la loro sede opportuna. Si cominció la discussione sui tre primi punti, sospesa al levare della seduta. Nulla di notevole. 5 setiembre, sera. Proseguí la discussione sullo schema settimo. Alia fine tutti furono d'accordo nel ritenere che le proposte avevano carattere piuttosto direttivo e correttivo che non deliberativo; perció si propose e si approvó che le medesime fossero poi oggetto di Circo- lari del Rettor Maggiore. Sembra che Don Rúa abbia cominciato a tener presente questa proposta in una sua lunga Circolare del 25 dicem- bre 1902 sui doveri degli Ispettori; erano cose infatti che cadevano direttamente sotto la loro responsabilitá di governo. Chiuse cosi le discussioni e conoscendosi giá il risultato degli scru- tinii, furono proclamati gli eletti ( 1 ) . Letto quindi il verbale del Capitolo Genérale, Don Rúa interrogó se alcuno avesse osservazioni da fare intorno ah"andamento del Capitolo stesso; in caso affermativo, pregava caídamente di dirlo. Nessuno accennó a voler parlare. Allora tutti passarono a firmare il verbale. Infine, chiusa l'adunanza e recitate le preci d'uso, s'andó in chiesa per il Te Deum e la benedizione. Nel marzo del 1902 Don Rúa mandó alie Case un fascicolino di dodici facciate, il quale conteneva alcune informazioni sulla prima seduta del Capitolo Genérale, le poche deliberazioni prese nelle varié altre sedute e i nomi degli eletti a membri delle Commissioni ed a Mae- stri dei N o v i z i . Lo accompagnava una Circolare piü volte citata in questo capo. II ritardo gli recó il vantaggio di poter comunicare cose ulti- mate con Roma e comunicarle con maggior precisione. I lettori ne sonó giá informati. L'ordinamento dei Noviziati e degli Studentati, l'esercizio del mi- nistero delle confessioni secondo i recenti decreti e specialmente la costituzione delle Ispettorie richiedevano molto personale e personale scelto. Necessitá perció di formarlo, di conservare quello esistente, di attendere a coltivare le vocazioni; ma piü di tutto necessario andaré piü adagio nell'aprire nuove Case e nell'ampliare lo scopo delle Case (1) Membri della Commissione genérale risultarono, per ordine di suffragi: I o Don Giu- seppe Bertello; 2° Don Francesco Cerruti; 3° Don Celestino Durando; 4° Don Luigi Rocca; 5 o Don Filippo Rinaldi; 6 o Don Giulio Barberis; 7 o Don Luigi Piscetta. 160 Annali Societá Salesiana. Vol III. R.M. Rúa 1899 1910 II nono Capitolo Genérale (1901) giá aperte. Quindi Don Rúa esortava gli Ispettori a fare veri sforzi per non spingere a questo il Capitolo Superiore. Chiuderemo anche noi il capo riportando le paterne parole con le quali egli chiudeva la lettera: « Intanto facciamoci coraggio, o miei buoni figliuoli. Dacché nell'anno scorso ci siamo consacrati al Sacro Cuore di Gesú, il Signore, un po' con zuccherini, un po' con pillóle, ci ha fatto progredire. Amiamolo, lodiamolo, benediciamolo, questo buon Signore. Egli non lascerá di continuarci i suoi benefici; ma, per carita, non lasciamo di corrispon- dere; e nelle cose prospere e in quelle anche che ci sembrano avverse procuriamo di veder sempre la mano del Signore e serviamoci di ogni circostanza per animarci a far del bene nel suo santo nome ». Una delle pillóle recenti fornirá la materia del capo che segué. 161 Annali Societá Salesiana. Vol III. R.M. Rúa 1899 1910 CAPO X Nuovo ordinamento nelPesercizio del ministero delle confessioni per le Case salesiane. II sistema educativo di Don Bosco poggia, com'é noto, sulla frequenza ai Sacramenti, praticata con tutta la spontaneitá e con buone disposizioni. « Non mai obbligare i giovanetti alia frequenza dei santi sacramenti, scrive il santo educatore nel suo trattatello sul Sistema preventivo, ma soltanto incoraggiarli e porgere loro comoditá di appro- fittarne ». In ogni ambiente salesiano dunque la frequente confessione de ve avere un posto di primaria importanza, e di somma importanza é la designazione del confessore ordinario nella Casa. Secondo la mente di Don Bosco il confessore salesiano, per esercitare con la voluta efi- cacia il suo ministero, bisognava che, oltre alie qualitá comuni, ne avesse due speciali, possedesse cioé veramente lo spirito della Congre- gazione e godesse la piena confidenza dei Soci e dei giovani. Egli ne aveva sempre offerto e ne offriva continuamente in se stesso il perfetto modello. Col suo zelo illuminato aveva intuito che cosa richiedessero dal medico delle anime i bisogni e i pericoli' dei nuovi tempi nel campo giovanile; quindi portava al tribunale di penitenza i metodi piü adatti per il bene dei suoi figli ed era instancabile nella fática delle confessioni. Per questo si studiava di guadagnarsi il cuore dei piccoli e dei grandi, sicché tutti non solo andavano volentieri a confessarsi da lui, ma gene- ralmente non amavano mai cambiar confessore; per questo puré ogni mattina si trov^va puntúale a disposizione dei penitenti durante la Messa della comunitá e stava anche la per ore ed ore ogni sabato sera e ogni vigilia di solennitá. Tuttavia, benché conoscesse la eccezionale confidenza che si aveva in lui, era suo volere che vi fossero contem- 162 Annali Societá Salesiana. Vol III. R.M. Rúa 1899 1910 Nuovo ordinamento nell'esercizio del ministero delle confessioni poraneamente altri confessori della Casa e che una o piü volte alia settimana intervenissero uno o piü straordinari da fuori. Né si vedeva che la sua qualitá di superiore rattenesse i suoi dipendenti dal confi- dargli i segreti delle proprie coscienze; la ragione era che egli nelPe- sercizío della sua autoritá, piü che superiore, sapeva mostrarsi il padre di tutti. Quando poi incominció ad aprire collegi, i Direttori, informad al suo spirito, cerca vano di fare come faceva lui, cattivandosi Paffetto e la fiducia di tutti con esercitare l'autoritá in modo paterno, cosicché essi apparivano in casa i piü adatti al ministero delle confessioni. Ma anche per loro Don Bosco non perdeva di vista la possibilitá d'in- convenienti, perció vi aveva provveduto con mezzi opportuni. Avevs stabilito che i Direttori si occupassero moho della parte ascética e spi rituale, lasciando la gestione materiale al Prefetto, la sorveglianza sulle cose di chiesae sulla condotta religiosa e morale dei giovani al Catechista, la disciplina genérale e l'andamento scolastico o profes- sionale ad appositi Consiglieri. Secondo il suo esempio, anda vano puré evitati i rapporti fra i Direttori delle Case e i parenti dei loro alunni. Ecco perché non si vide mai un ufficio di direzione presso la portieria, ma soltanto 1'ufEcio di prefettura; ecco perché passava per le mani del Prefetto la corrispondenza epistolare tanto in partenza che in arrivo. Tutte queste cautele non bastavano ancora. II Direttore, come Don Bosco, rimetteva ad altri il far le parti odióse, né assisteva mai alie votazioni di condotta. In tal maniera ogni Direttore compariva dinanzi agli occhi dell'intera comunitá come rivestito di una paternitá spirituale, fatta di soavitá e d'indulgenza, che gli dava la chiave dei cuori. Ma come per sé, cosi per i Direttori Don Bosco volle sempre la precauzione, di cui ammoniva ognuno di essi nel suo testamento spi- rituale del 1884: « Oífriti pronto ad ascoltare le confessioni dei gio- vani, ma da loro liberta di confessarsi da altri, se lo desiderano ». Giova qui ricordare che questa del Direttore confessore ordinario non era poi la gran no vita supposta da taluno. Come nei cenobi orien- tali, cosi negli occidentali organizzati secondo la Regula Monasterio- rum di S. Benedetto, l'abbate era il confessore ordinario del suo mona- stero. Anche il santo Patriarca cassinese pero, a difTerenza dell'uso 163 Annali Societá Salesiana. Vol III. R.M. Rúa 1899 1910 Capo X monástico oriéntale, fiancheggiava l'abbate confessore con altri padri spirituali {spirituales séniores, cioé presbyteri), pressi i quali cia- scuno poteva liberamente confessarsi ( 1 ). Con un método di questa fatta, quanto rispettata e amata la per- sona del direttore! quanta frequenza alia confessione e alia comu- nione! quanto fiorire di vocazioni ecclesiastiche e religiose! quanto spesso, come nell'Oratorio, cosi nei Collegi, crescevano fra gli altri anche giovani di specchiata virtü! Perché l'azione spirituale dei Diret- tori non si esauriva nel confessare, anzi il piú di quella si svolgeva fuori di confessione, ed in ció puré serviva di norma l'esempio di Don Bosco. Sarebbe errore o esagerazione il diré che Don Bosco ottenesse abitualmente o precipuamente con la confessione certi mirabili frutti di vita spirituale ammirati in suoi penitenti. Altra é Pefficacia sacra- méntale della confessione, altra Topera di direzione. II confessore assol- ve dalle colpe, il direttore guida nella via della perfezione; l'azione del primo é limitata nel tempo e nell'estensione, quella del secondo si svolge assidua e svariata. Chi confessa, fa anche da maestro; ma chi dirige, é sempre e solo maestro. Quegli, udita l'accusa, da con- sigli opportuni e confacenti al caso; questi studia le cause dei pec- cati, le inclinazioni, l'indole, le abitudini, le tentazioni e cerca i ri- medi, si occupa delle virtü comuni e speciali, suggerisce i mezzi per praticarle, insegna a compiere gli esercizi spirituali, come la medi- tazione e l'esame particolare, raccomanda le divozioni, tratta della vocazione e poi dei do veri relativi alio stato abbracciato. In tutto questo poi segué un ordine progressivo (2). Inoltre il confessore giudica e tratta solo circa expósita; il direttore puó seguiré, studiare, porgere aiuti su tutte le attivitá della persona diretta. Il confessore non deve far nulla fuori del tribunale della penitenza; il direttore corregge, rimuove occasioni, sottrae da pericoli. Certo, per altro, il direttore spirituale che sia anche confessore, omne tulit punctum e la direzione si imparte anche nella confessione, ma non di necessitá e in via ordinaria. Ora che rinverdisce la santa (1) Card. SCHUSTER, ha penitenta sacraméntale nella Regula Monasteriorum di S. Be- nedetto in Scuola Cattolica, dicembre 1943. (2) Cfr. TANQUEREY, Abrégé de Théologie ascétique et mystique, nn. 541-543. 164 Annali Societá Salesiana. Vol III. R.M. Rúa 1899 1910 Nuovo ordinamento nell'esercizio del ministero delle confessioni memoria del Servo di Dio Pió Brunone Lanteri, torna a proposito ricordare il gran numero di sacerdoti e di laici che egli condusse ad alta perf ezione senza che ne fosse sempre il confessore ( 1 ). Quanto a Don Bosco, come avrebbe potuto daré la direzione nei pochi istanti alia settimana, nei quali gli si presentavano i penitenti e certi peni- tenti sitibondi di vita spirituale e santa? Egli per abitudine, come sappiamo, era piuttosto breve nelle sue esortazioni dopo udita l'ac- cusa; ve lo obbligava puré la necessitá di sbrigare la moltitudine che gli si affollava ordinariamente intorno. E poi abbiamo sentito da Don Rúa nei capo precedente come fece Don Bosco a formare i suoi primi, che mandó per il mondo saturi del suo spirito e fedeli e fortunati inter- preti della sua direzione spirituale: prediche, sermoncini serali, spe- ciali conferenze, lezioni sul testo del Nuovo Testamento, rendiconti: ma di confessione ne verbum quidem. Abbiamo puré udito Don Rúa rammentare una particolarítá: si soleva diré che una passeggiata con Don Bosco valeva piü che un corso di esercizi. Questo perché Don Bosco, quando voleva intrattenersi con i suoi in colloqui spirituali, invitava sovente or questo or quello a fare alcuni passi con lui in casa o andando fuori per aífari o per visite. Ecco dunque un'idea del método tenuto dal nostro Santo nei condurre i propri figli maggiori o minori nelle vie dello spirito. In buona conclusione, Don Bosco, quand'anche si fosse trovato come si trovano oggi i Direttori salesiani, i quali non sonó confessori né dei confratelli né dei giovani, avrebbe con la sua espe- rienza educativa e con la sua sapienza ascética portato egualmente i Rúa e i Savio alie altezze da essi raggiunte sotto la sua guida. Quale nell'Oratorio al tempo di Don Bosco e di Don Rúa, tale piü o meno allora la direzione spirituale negli Ospizi e nei Collegi sale- siani, sia con gli alunni e sia con i soci, mediante Topera dei Direttori. Ma le cose durarono cosi solo fino a dodici anni dopo la morte del Santo, quando l'autoritá della Chiesa dispose che si cominciasse a fare diversamente, cioé nei modo che ora diremo. Una ragione espressa dal Commissario del Santo Ufficio a Don Marenco per questa deci- (1) Cfr. la bella Vita scritta dal P. TOMMASO PIATTI, II Servo di Dio Pió Brunone Lanteri, Torino, Marietti, 1934. 165 Annali Societá Salesiana. Vol III. R.M. Rúa 1899 1910 Capo X sione fu che la Santa Sede, vedendo la Societá Salesiana diffondersi con rapiditá e con stima nel mondo, non voleva che s'introducesse nessuna pratica, la quale fosse men conforme alio spirito della Chiesa (1). Un remoto avviso premonitore giunse a Don Rúa fin dal 1896. II Cardinal Parocchi gli scriveva il 26 settembre: « É stato diretto un ricorso alia Santitá di Nostro Signore, nel quale si espone che nella Congregazione de' Salesiani é costume limitare in tal modo il numero dei confessori, da obbligare i giovani ad aprire l'animo loro o al Supe- riore del Collegio o ai soli sacerdoti appartenenti alia Congregazione stessa [...]. La S. V. avrá la compiacenza di favorirmi informazioni, significandomi in che modo si provvede alia liberta delle anime ne' Collegi piú numerosi ». Don Rúa gli rispóse cosi il 6 ottobre seguente: ... Non é esatta tale accusa. Nei luoghi in cui si puó fácilmente avere sa- cerdoti estranei dotati di pietá, dottrina e buona volontá di prestarsi ad udire le confessioni dei giovani, si suole invitarne qualcuno a tale uffizio a pro de' nostri allievi; dove poi non si ha tale comoditá avvi la regola che il Direttore del Collegio preghi piü sacerdoti salesiani od anche estranei di passaggio, che non conoscono per niente gli allievi, a voler ascoltare in confessione quelli che volessero servirsi del loro ministero. Inoltre é puré prescritto che ogni settimana od ogni quindici giorni od almeno una volta al mese inviti espressamente qual- che sacerdote salesiano di altri nostri Collegi a recarsi, a costo di spese e di- sturbi, ad ascoltare gli allievi come sopra, per dar loro ogni liberta e confi- denza, confessandosi a sacerdoti che in nessun modo li conoscono. Nelle Case molto numeróse soglionsi destinar a confessori ordinari sacerdoti salesiani che per le loro occupazioni ed Índole sonó talmente estranei ai giovani da non co- noscerli ed essere quasi affatto loro sconosciuti. Questa risposta di Don Rúa fu rimessa al Santo Ufflcio, la cui Congregazione, detta della Suprema Romana e Universale Inquisi- zione, présala in esame, decretó che riguardo alia liberta delle con- fessioni in tutte le Case Salesiane si eseguissero a puntino le cose riferite dal Superiore, ed anche piü se era possibile (2). II medesimo Cardinal Protettore, membro di quella Sacra Congregazione, comunicó a Don Rúa questo Decreto il 29 novembre. Fino al 1899 non vi fu (1) Lett. di Don Marenco a Mons. Cagliero, Roma, 27 giugno 1901. (2) Circa libertatem confessionum penes omnes Salesianas domos executioni mandentur ea, quae referí Superior, et eo etiam amplius, si fieri potest. 166 Annali Societá Salesiana. Vol III. R.M. Rúa 1899 1910 Nuovo ordinamento nell'esercizio del ministero delle confessioni altro; ma quell'anno sul finiré di luglio, e con la data del 5, comparve un Decreto della stessá Congregazione destinato alia cittá di Roma cosi concepito. A questa Sacra Romana e Universale Inquisizione é stato riferito che in questa Alma Cittá alcuni Superiori di Comunitá religiose e di Seminari e Col- legi, ascoltano le confessioni sacramentali dei loro alunni dimoranti nella mede- sima casa. Quali grandi inconveniente anzi quali gravi mali possano da questo derivare, lo sa ognuno che sia anche mediocremente pratico di sacri ministeri. Da un lato infatti é diminuita la liberta degli alunni nel confessare i loro pec- cati e ne va di mezzo l'integritá stessá della confessione; dall'altro lato poi i Superiori possono essere meno liberi nel governo della comunitá e si espongono al sospetto che o si valgano di notizie avute in confessione o si mostrino piü benevoli con gli alunni, dei quali ricevono le confessioni. Onde, per ovviare a questi e ad altri mali, che da tale abuso potrebbero fácilmente derivare, questa Suprema Congregazione del Santo Ufficío, per ordine espresso del Santissimo Signor Nostro Papa Leone X I I I , strettamente proi- bisce, che verun Superiore o maggiore o minore di qualsíasi Comunitá religiosa o Seminario o Collegio, in questa Alma Cittá, eccettuato qualche raro caso, che rimane a carico della sua coscienza, ardisca assolutamente ascoltare le confessioni dei propri alunni dimoranti nella medesima casa. 11 Decreto dunque obbligava i Salesiani del Sacro Cuore. II Pro- curatore Don Cagliero ne parló col Cardinal Protettore spiegandogli bene il sistema salesiano, per vedere se fosse possibile ottenere di continuare come per l'addietro. II Cardinale gli disse di presentare un quesito, metiendo in rilievo le condizioni particolari, in cui si trovavano i Salesiani, e le speciali cautele e garanzie da essi úsate; ma frattanto si osservasse il Decreto. Cosi l'Ispettore e il Direttore cessarono di udire le confessioni dei Confratelli e dei giovani. Non consta pero che il quesito sia stato presentato; Don Cagliero anzi si mostrava esitante, a vendo poca fiducia nell'esito ( 1 ) . Infatti non pochi presagivano che quel Decreto avrebbe aperta la via a qualche provvedimento di piü larga portata; a Roma per giunta si bucinava che l'atto preludeva a una misura speciale in riguardo di tutte le Case Salesiane. II Decreto, benché precettivo solamente per Roma, diventava pero direttivo per altri luoghi, dove i Vescovi avessero voluto appli- (1) Lett. a Don Rúa, Roma, 4 agosto 1899. 167 Annali Societá Salesiana. Vol III. R.M. Rúa 1899 1910 Capo X cario; infatti il Cardinal Serafino Vannutelli, Vescovo di Frasead, lo estese súbito alia sua diócesi suburbicaria, sicché anche a Villa Sora il Direttore non confessava piü. Don Rúa, com'é facile comprendere, si preoecupó della cosa. Vigile custode delle domestiche tradizioni, alie quali stimasse legato lo spirito di Don Bosco, sarebbe venuto a trovarsi, per usare un'espressione assai comune in casi simili, fra incudine e martello. Da una parte, il volere di Roma; dall'altra l'abban- dono di una delle tradizioni piü caratteristiche ricevute dal fondatore, tradizione la cui bontá era per lui indiscutibile né piü né meno che la santitá di Don Bosco. Dominato da questi pensieri, scrisse e il 29 novembre indirizzó agli Ispettori e Direttori una lunga Circolare nella quale cominciava con ricordar loro che essi dovevano essere « le guide di altri Confratelli nel sentiero della perfezione, le sentinelle vigilanti dei giovanetti afEdati alie loro cure, i custodi dello spirito di Don Bosco, gl'interpreti autorevoli delle intenzioni dei Superiori, anzi i rappresentanti della loro stessa autoritá ». Poi col cuore alia mano e con la familiaritá di un padre con i suoi figli prediletti, esponeva loro alcuni riflessi sul modo di amministrare il sacramento della peni- tenza nei nostri Istituti. Traspórtate dall'affetto e dall'ammirazione, si dilungava prima alquanto a diré di Don Bosco confessore; poi scen- deva a queste pratiche raccomandazioni. 1. Ciascun Direttore abbia una santa ambizione di conservare al suo Collegio quel carattere per cui gl'Istituti Salesiani andarono ognora distinti da molti altri, cioé la frequenza dei santi Sacramenti. 2. Nelle istruzioni, nei tridui e nelle novene, specialmente in sul comin- ciare dell'anno scolastico, si insegni agli alunni ad accostarsi convenientemente alia confessione. 3. II confessore si trovi ogni mattina al suo posto per accogliere coloro che desiderassero riconciliarsi. 4. Non tenetevi paghi di quella scienza teológica che giá possedete, ma rileggetene e studiatene ogni giorno qualche pagina per essere meglio in grado di provvedere ai bisogni di qualunque anima a voi si presenti, fossero puré sola- mente giovanetti. Procúrate su certi punti importanti di conoscere le varíe opinioni degli autori per servirvi puré all'occorrenza delle sentenze piü benigne, sebbene non siano da adottarsi come regola di condotta, il che condurrebbe ad un deplorevole lassismo. 168 Annali Societá Salesiana. Vol III. R.M. Rúa 1899 1910 Nuovo ordinamento nell'esercizio del ministero delle confessioni 5. Non si ometta mai la soluzione del caso mensuale, utilissima per uniré la pratica alia teoria, essendo esse egualmente necessarie. Don Cafasso insegna, che la teoria senza la pratica, é come una casa disegnata e niente piú; la pra- tica senza la teoria é come una casa costrutta si, fabbricata, ma senza base e senz'ordine, e che perció sará di rovina e non di riparo. 6. Non sia autorizzato alcun sacerdote salesiano ad ascoltare le confessioni, senza che abbia súbito il suo esame sulla morale dinanzi agli esaminatori dele- gati dai Superiori della nostra Societá o dall'Ordinario della Diócesi. Se poi in via eccezionale qualche giovane sacerdote dovesse ricevere le confessioni degli alunni dei nostri Istituti, il Direttore gli dia gli avvisi e consigli opportuni, gli suggerisca un ordine da seguiré nel fare dimande a quelli che non sapessero far Tésame e s'assicuri se sa la formóla dell'assoluzione. 7. Si ritenga che sonó in grado di far molto del bene ai loro penitenti quei confessori che nutriscono l'anima loro con la meditazione, la lettura dei libri ascetici; che ripieni di fervore e di zelo, pur dicendo poche parole, sanno comunicare agli altri quel fuoco sacro onde arde il loro cuore. 8. Finalmente si usi la massima diligenza per non esporsi al pericolo d'infrangere anche menomamente il sigillo sacraméntale. La piü piccola impru- denza in siffatta materia potrebbe avere le piü dannose conseguenze, e pero si eviti di parlare di cose udite in confessione, anche quando non fosse oggetto del sigillo sacraméntale. Ma egli doveva ben pensare che Ispettori e Direttori aspettassero di conoscere il suo pensiero riguardo al Decreto del 5 luglio, che certo nessuno di essi ignorava, essendo stato pubblicato nelle Riviste Eccle- siastiche, e veniva al punto in questa forma: Primieramente é da notarsi, che, come osservarono varié Riviste Ecclesia- stiche assai autorevoli, questo Decreto é prescritto solamente per la cittá di Roma e per alcune diócesi, nelle quali i rispettivi Ordinari credettero opportuno tenderlo obbligatorio. Inoltre osservo: 1. Che il decreto dice testualmente: ne ullus Superior [...] suorum ALUM- NORUM in eadem domo manenüum sacramentales conjessiones, audire ullo pacto üudeat. Riguarda adunque le confessioni degli alunni. 2. Che secondo la dichiarazione della Sacra Congregazione del Santo Uf- ficio rimangono in vigore i due Decreti Pontifici (ved. Monit. Eccl, sett. 99) nei quali si stabilisce a) confessore ordinario dei novizi essere il loro Maestro; b) potere i Superiori religiosi confessare i loro sudditi se questi liberamente ne li richieggono. É bene anche notare qui che la regola genérale degli Ordini religiosi é di accostarsi al sacramento della penitenza da confessori del proprio Ordine. 3. Del resto ove il succitato Decreto non ha forza precettiva, possono continuare i Direttori a ricevere le confessioni come fecero in passato, poi- 169 Annali Societá Salesiana. Vol III. R.M. Rúa 1899 1910 Capo X che seconclo lo spirito del nostro Fondatore e le tradizioni salesiane il Direttore nei nostri Istituti si troverebbe in una condizione presso a poco rassomigliante a quella d'un Direttore spirituale di un Seminario. Ricordava appresso le condizioni indispensabili, perché la cosa fosse realmente cosi, non dicendo milla di nuovo, ma richiamando loro alia memoria, specialmente dei Diréttori meno anziani, aíEnché l'avessero sempre ben presente, quello che in tal materia costituisce la base del sistema di Don Bosco e che noi abbiamo rammentato qui sopra. Conchiudeva infine l'argomento cosi: « Ma mentre io vi dico che peí momento potete continuare a diportarvi come avete fatto finora, devo pur aggiungere che questa sapientissima legge promulgata per la cittá e diócesi di Roma, cade puré in taglio per risvegliare in tutti i Diréttori salesiani lo spirito di Don Bosco riguardo al modo di confessare i giovani e i confratelli. Dio volesse che, ricordando che sonó giudici e medici delle anime, i nostri Ispettori e Diréttori si sforzassero a tutto potere per adornarsi di quella bontá di vita, di quella prudenza, carita e dolcezza per cui si diviene padroni dei cuori, e si esercita con immenso frutto il ministero delle confessioni ». Un nuovo indizio venne a confermare la previsione che fosse non lontano un provvedimento speciale circa le confessioni. II 26 novem- bre del 1900 il Cardinal Gotti, Prefetto dei Vescovi e Regolari, noti- ficava al Procuratore Genérale che si facevano conoscere alia Sacra Congregazione tre inconvenienti verificantisi nelle Case Salesiane, e chiedeva piene informazioni in proposito. Due di quegli inconvenienti si riferivano alie confessioni. Eccoli: Si riferisce che nelle Case Salesiane fuori Roma il Superiore o Di- rettore é obbligato ad ascoltare le confessioni dei propri confratelli e dei con- vittori, e se deputa altro sacerdote a tale ufficio o perché sovraccarico di occu- pazioni o per uniformarsi al Decreto del S. Uffizio del 5 luglio 1899, viene rimproverato dal Superiore Maggiore perché con ció si dimostra di voler gover- nare con norme diverse da quelle suggerite dai Superiori. 2o Nelle Case Salesiane vi é stretto obbligo di render contó della prop 1 ia condotta al Superiore lócale, e tale rendiconto deve aggirarsi su cose esterne non appartenenti alia confessione. Ma intanto se tal rendiconto si fa davvero, é quasi impossibile che non si entri in cose di confessione; se poi uno si mostra difficile e scorre sulla propria condotta superficialmente, riesce poco gradito ed anche sospetto al Superiore. 170 Annali Societá Salesiana. Vol III. R.M. Rúa 1899 1910