D. Alfred Maravilla
Mentre noi salesiani stiamo lottando per trovare la nostra strada come rivitalizzare il nostro carisma in Europa, come richiesto dallo CG 26, 20 anni fa, i Verbiti avevano invitato i confratelli a lavorare in Europa, che hanno chiamato “Progetto Europa.”[1] Rifletteremo su un sondaggio della loro esperienza al fin di far emergere alcuni punti per la nostra riflessione.
I Verbiti in Europe: Lo sviluppo storico
Durante il loro 12° Capitolo Generale, nel 1982 è diventato ovviamente chiaro ai delegati europei Verbiti che la loro Congregazione non è solo che diventano meno europea, ma anche che i delegati provenienti da altri continenti erano molto più preparati e avevano coordinato il loro sforzo su questioni che interessano a loro. Dopo il loro Capitolo gli Ispettori europei hanno deciso di riunirsi in Polonia nel 1984, dove si era discusso "il lavoro dei Verbiti in Europa" e la promozione vocazionale nel Continente.
D'ora in poi decisero di incontrarsi ogni 2 anni. Alla luce dei profondi processi di trasformazione in atto in Europa, nel loro incontro a Roscommon, in Irlanda, nel 1990, hanno sottolineato che “l'Europa era diventata un continente di missione,” e questo “chiede un cambiamento di atteggiamenti mentali a tutti i livelli, in Europa e nella Società nella sua totalità.”[2] Hanno composto la risoluzione del Roscommon che ha proposto "la possibilità di un primo appuntamento di confratelli provenienti da tutto il mondo per la missione in Europa.”[3]
Ispirato dalla risoluzione del Roscommon il loro Capitolo Generale del 1994 ha sottolineato "l'importanza del lavoro missionario in Europa." E similmente ha chiesto al Consiglio Generale dei Verbiti "di far conoscere a tutta la Società la necessità di personale internazionale per essere nominato per la zona europea.”[4]
Il carisma dei Verbiti è la missione ad gentes in senso stretto. Oggi i popoli, gruppi e contesti in cui Cristo non è conosciuto o dove la comunità cristiana non è sufficientemente maturo si trova in Europa. Oltre al problema della povertà, migrazioni e rifugiati, l'Europa deve affrontare anche il pluralismo religioso e culturale. C'è anche un numero crescente di cristiani battezzati che hanno perso la loro fede, mentre ci sono anche molti che cercano il senso nella pratica della religione. Così "la missione dei Verbiti in Europa è e rimane radicata nella missio ad gentes". In pratica questo implica che "le parrocchie sotto la nostra cura deve avere un volto missionario. Ci sentiamo in dovere di ministro per i migranti, i più poveri tra i poveri in Europa, e di entrare in dialogo con le altre religioni e culture.”[5]
I Non-Europei in Europa: Un Sondaggio
Un recente sondaggio ha indicato che nel 2008 vi erano 204 Vebiti non-europei (137 sacerdoti, 62 studenti per il sacerdozio, 5 fratelli), lavorando e studiando in Europa. Molti di questi missionari in Europa provengono da famiglie religiose e grandi dei lavoratori e contadini. Sono accademicamente ben addestrati. La maggior parte di loro avevano fatto i loro studi filosofici nei loro paesi d'origine. Dei 113 intervistati solo 4 hanno fatto i loro studi filosofici in Europa.
In generale, i missionari non europei giudicano la loro accoglienza nelle Province europee come buono, anche se ci sono state difficoltà soprattutto da parte dei più anziani Vebiti. Tuttavia molti considerano non ben preparati per il loro compito in Europa. L'indagine ha mostrato che i Vebiti non europei riconoscono il problema della lingua, lo prendono sul serio e si sforzano di risolverlo. La buona padronanza della lingua locale europea sembra essere il motivo principale per cui i Vebiti non europei gestiscono bene e si sentono a casa. Tuttavia, la mancanza di un programma o preparazione di introduzione appositamente per l'Europa, così come la mancanza di accompagnamento sono i principali lamentele degli intervistati.
In genere, la grande maggioranza dei i Vebiti non europei si sono sentiti a casa nel loro nuovo ambiente e hanno una esperienza positiva della Chiesa. Coloro che hanno lavorato in Europa per qualche tempo considerano la loro esperienza come un aiuto a loro ad avere un orizzonte più ampio. Eppure, le esperienze negative sono soprattutto con i loro confratelli europei e meno con i non-europei. Essi hanno espresso le loro espeienze in questi termini come : “alcuni confratelli dominano,” “alcuni ci insultano,” e “alcuni sono burbero e considerano come mendicanti o persone di seconda classe.” n ultima analisi, la presenza di i Vebiti non europei è stato visto come una risorsa nel promuovere il volto internazionale dei Verbiti in Europa. [6]
L’Analisi del Sondaggio
La presenza dei Vebiti non europei in Europa rivela che vi è una necessità, una lacuna che gli europei stessi non possono riempire. Tuttavia essi non possono essere considerati semplicemente come “tappa-bucchi”, o “oggetti secondari” nel lavoro missionario in Europa. Hanno bisogno di essere dato spazio per pote arricchire ed in qualche modo cambiare la tonalità della presenza Verbita in Europa.[7]
A questo proposito è una necessità assoluta di avere un programma introduttivo completo e ben costruito che consiste nella preparazione linguistica approfondita, introduzione alla storia europea locale, le tradizioni ei costumi sono una conditio sine qua non per il successo della loro permanenza in Europa. Corollario di questo è la formazione teologica in Europa come la preparazione dei non-europei per il loro servizio in Europa. È stato anche suggerito che le case di formazione in Europa siano apeti ai Vebiti che sono interessati ad avere la loro formazione in un contesto multiculturale come preparazione al lavoro in Europa e in altri continenti.[8]
La presenza dei missionari non europei in Europa sottolineal’ importante messaggio che la missione non è una strada a senso unico, ma un movimento multi-direzionale die missionari che “non sono visitatori, in arrivo oggi e in patenza domani, osservandoci come esterni, ma piuttosto compagni di viaggio con un sacco di domande, che sono comunque disposti ad accettare l'incomprensibile, come parte del loro modo di Colui che l'ha chiamato a seguirlo.”[9]
Riflessioni Salesiane
Non è raro sentire salesiani provenienti da Paesi tecnologicamente sviluppati chiedere: “Perché mandare missionari a noi? non siamo un paese povero!” Allo stesso modo, anche alcuni missionari provenienti da Paesi un volta considerati ‘terra di missione’ domandano il senso di essere inviati presso un Paese materialmente benestante o tecnologicamente sviluppato. Per molti salesiani qui sta il ‘problema’ non verbalizzato per quanto riguarda la direttiva dell’ultimo Capitolo Generale di rilanciare il carisma in Europa, facendo gli interventi necessari per il rinnovo della presenza salesiana nel continente (CG 26, 108, 111), ora conosciuto come ‘Progetto Europa.’
In realtà il problema è più profondo di un semplice socio-geografia! È radicato nella comprensione selettiva di ‘missione’ espresso in Ad Gentes n. 6, inteso esclusivamente come un movimento unidirezionale da Paesi “cristiani” verso terre “pagane” e in Evangelii Nuntiandi n. 31, in cui la promozione e lo sviluppo umano sono visti come i componenti più importanti della missione. Sembra che la comprensione della missione da parte di alcuni si sia fossilizzata qui. Cosi che alcuni lo considera quasi offensivo o addiritura umiliante chiamare Europa “terra di missione”!
Eppure, già nel lontano 1991, Giovanni Paolo II aveva insistito, nella Redemptoris Missio nn. 33-34, che la missione non può essere vista solo in termini geogragrafici unidirezionali, ma primariamente come l’annuncio di Gesù Cristo nei contesti che si compenetrano, in cui vi è la necessità sia della missio ad gentes, dell'attività pastorale ordinaria o di nuova evangelizzazione. Così, ha chiamato per l’interdipendenza e l’assistenza reciproca tra le chiese in ciò che è stato chiamato tradizionalmente come ‘paesi cristiani’ e ‘terre di missione.’ È in questa luce che Papa Benedetto XVI ha invitato la Chiesa in Africa “a contribuire alla nuova evangelizzazione anche nei Paesi secolarizzati” che “oggi mancano di vocazioni.” Questo, ha sottolineato, non sminuisce lo slancio missionario ad gentes, ma “un segno concreto” della sua “fecondità”! (Africae Munus, n. 167). Con questa rinnovata visione della missione, Papa Francesco continuamente invita i cattolici ad andare “alle periferia della società” per annunciare il Vangelo.
Così l'insistenza del Rettor Maggiore sul fatto che il Progetto Europa è un “Progetto di Congregazione” che coinvolge “tutte le Regioni e le Ispettorie” ( CG 26, p.147 ) esige in primo luogo da tutti i Salesiani una conversione della mente e del cuore per appropriarsi di questo cambio epocale nella comprensione della ‘missione.’ Solo allora ci sarà uno scambio multidirezionale di missionari salesiani animati dalla fiducia e da apertura reciproca che, in ultima analisi, arricchirà tutte le Ispettorie e rinnoverà tutta la Congregazione!
Per la riflessione e condivisione di gruppo
1. Preparazione
- condividere le proprie intuizioni in quanto riguarda l'accoglienza dei missionari in Europa alla luce dell'esperienza dei Verbiti
2. Comprensione di Missione
- come potresti favorire una migliore comprensione di ‘missione’ tra i confratelli europei, e tra i missionari in Europa?
3. Arricchire la tua Ispettoria
- In qual modo è la tua Ispettoria è stata arricchita dalla tua presenza?
[1] Ladislav Nemet, ed., Todays’s Europe and the SVD. Reflections on Mission (Steyler Missionswissenschaftliches Institut: Sankt Augustin, 2007), 5.
[2] Ladislav Nemet, 20.
[3] Idem, 21.
[4] Karl Josef Rivinius, “The Resolution of Roscommon,” in Martin Ueffing, ed., Non-European Missionaries in Europe (Steyler Missionswissenschaftliches Institut: Sankt Augustin, 2011), 10.
[5] Idem, 110.
[6] Waldema Wesoly, “Non-European Confreres in Europe,” in Non-European Missionaries in Europe, 13-74.
[7] Polykarp Ulin Aga, “Paradigm Shift Bon from Necessity. Analysis of a Survey among Non-European SVD Confreres in Europe,” in Non-European Missionaries in Europe, 104-106, 107-108.
[8] Martin Ueffing, “Non-Euopean Missionaries in Europe: A Missiological reflection, in Non-European Missionaries in Europe, 145. See also 147-149.
[9] Polykarp Ulin Aga, “Paradigm Shift Bon from Necessity,” 103