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Cap. XIV Amministrazione dei beni temporali (art.187-190)
Conclusione (art.191-196) - Regolamenti generali - Bibliografia

IL PROGETTO DI VITA

 

PARTE QUARTA-CONCLUSIONE

 

IL PROGETTO DI VITA DEI SALESIANI DI DON BOSCO

Guida alla lettura delle Costituzioni salesiane

Roma 1986
Editrice S.D.B.
Edizione extra commerciale

Direzione Generale Opere Don Bosco
Via della Pisana, 1111
Casella Postale 18333
00163 Roma, Bravetta

 

CAPITOLO XIV: AMMINISTRAZIONE DEI BENI TEMPORALI

,Accontentatevi di quello che avete, perché Dio stesso ha detto: ´Non ti lascerò e non ti abbandonerò... Non dimenticatevi della beneficenza e di far parte dei vostri beni agli altri, perché di tali sacrifici il Signore si compiace- (Eb 13, 5.16).
Lungo tutta la Bibbia i beni della terra sono considerati secondo un triplice aspetto: vanno riconosciuti come doni dì Dio e quindi buoni in se stessi, vanno guardati con vigilanza perché non diventino idoli, vanno condivisi con gli altri, specie con i poveri. In particolare nel Nuovo Testamento Gesù pone radicale il contrasto tra Dio e mammona (MI 6,24) e insiste fortemente sulla destinazione dei beni all´elemosina.
Nel contesto di Eb 13, 1-17, questo motivo emerge nella cornice di un catechismo di vita per la comunità. Ma a sua volta tale catechismo rientra in un ben più profondo e nuovo quadro dì pensiero, quello di tutta la Lettera, e specificamente della pericope che ci riguarda: il culto autentico insegnato da Gesù. Quali incidenze operative ha l´insegnamento del Signore nella vita della comunità? Come altrove nel Nuovo Testamento, il nuovo culto vuole l´amore fraterno (13,1), amore che in una particolare situazione riguarda l´uso dei beni. Si sarà liberi dall´avarizia, con una scelta di vita sobria, ponendo invece la propria fiducia in Dio di cui siamo proprietà (13,5). Conoscendo i capitoli precedenti della Lettera agli Ebrei, viene legittimo dire che qui il modello concreto non è la figura dì uno stoico illuminato, ma l´amore generoso illuminato dall´offerta senza limiti che Gesù ha fatto dì sé (cf. 10, 5-10; 12,2).
Lo stesso pensiero ritorna verso la fine della pericope in termini più esplicitamente legati al culto. Dopo aver ricordato ancora una volta l´oblazione totale del Cristo (13, 10-13), il testo rammenta che il culto cristiano si realizza con una duplice opera: mediante il sacrificio di lode, ossia l´offerta e il ringraziamento a Dio da svolgere in permanenza nel nostro cammino verso la città futura (13, 14-15); e, come secondo atto convalidante il primo, mediante l´esercizio concreto della carità che si esprime nell´aiuto ai bisognosi (13, 16).
«Di tali sacrifici il Signore si compiace» (Eb 13,16). Anche una mate

ria, apparentemente così terra terra, qual è l´amministrazione dei beni, è avvolta da una ispirazione altissima, per cui tale compito si fa espressione non secondaria della liturgia della vita.

* * *
Non ci ha trovati impreparati quanto è richiesto dal Codice di diritto canonico: «Ogni Istituto stabilisca opportune norme circa l´uso e l´amministrazione dei beni».´
Le linee generali per l´amministrazione dei beni, come si vedrà nei singoli articoli, erano già ben evidenziate da Don Bosco Fin dalle prime redazioni delle Costituzioni. Entrano nel concetto di povertà che il nostro Padre volle fosse una delle caratteristiche della sua Congregazione.´ Sono elementi chiave, anche se, ovviamente, sono stati espressi in modo nuovo nel testo rinnovato delle Costituzioni.
Può dare un´idea dell´importanza che Don Bosco annetteva alla cura per un´attenta amministrazione dei beni temporali, quanto egli scriveva nel testamento spirituale riguardo all´elezione del nuovo Rettor Maggiore dopo la sua morte. «Compiuti questi primi e importanti doveri (che sono: ringraziare gli elettori per la fiducia; dare notizia al Santo Padre dell´elezione; informare i confratelli e le F.M.A.; scrivere una lettera ai benefattori e ai cooperatori) il novello Rettore si volga con tutta sollecitudine a conoscere bene lo stato finanziario della Congregazione».3 Aveva i piedi per terra Don Bosco!
Quanto realizzò, Don Bosco lo attribuì sempre alla bontà della Divina Provvidenza e all´aiuto di Maria SS. Ausiliatrice. Ma egli non si risparmiò nel ricercare i mezzi necessari per la sua opera. Quante fatiche e sudori nel sollecitare continuamente la carità pubblica e privata: suppliche, lettere, lotterie, viaggi... Si sobbarcava a umiliazioni pesanti per
Cf. CIC, can. 635 §2
Dice Don Bosco: -La povertà è la nostra fortuna, è la benedizione di Dio! Anzi preghiamo il Signore di mantenerci in povertà volontaria (MB VI, 328). Sull´importanza della povertà per il futuro della Società si veda, in particolare, MB XVII, 272.
´ MB XVII, 260

i «suoi» ragazzi. E alla fine concludeva: «quello che abbiamo non è nostro, ma dei poveri: guai a noi se non ne faremo buon uso» 4
E buon uso egli ne fece anche per istinto contadino. Aveva l´occhio di un amministratore oculato e cauto. Non si limitava a controlli e a tenere in evidenza scadenze di pagamenti, ma conservava qualsiasi documento attestante diritti di proprietà, di possesso e di uso, convenzioni pubbliche e private, atti notarili e... carte di panettieri! s
Don Bosco è quindi per noi punto di riferimento anche per una regolare e proficua amministrazione? Senza dubbio. Ma sempre a modo suo. Basta l´esempio seguente per farci capire che cosa gli premeva di più, superando anche l´evidente dato economico.
- Prendi le cartelle e paga i debiti, dice Don Bosco.
- Le riserbo per casi imprevisti, risponde Don Rua.
- Il Signore provvederà.
- I1 Signore ha già fatto miracoli. A giorni scade un debito e allora...
--- Per allora il Signore provvederà. Mettere in serbo danaro è chiudere la via alla Provvidenza."
1~ in quest´ottica salesiana che ci accingiamo a descrivere i quattro articoli (187-190) del cap. XIV che trattano della «Amministrazione dei beni temporali».
° MB V, 482; cL Cost 79
5 Cf. P. STELLA, Don Bosco nella 5lorla economica e sociale, LAS Roma 1980, p. 8 n MB XIV, 113.114

ART. 187

La Società salesiana ha la capacità di acquistare, possedere, amministrare e alienare beni temporali. Ciò vale per la Congregazione, per le singole ispettorie e per ciascuna casa. Tali beni non siano intestati a persona fisica e si conservino solo nella misura in cui sono direttamente utili per le opere.
É da escludere l´acquisto e la conservazione di beni immobili a solo scopo di reddito e ogni altra forma permanente di capitalizzazione fruttifera, salvo quanto previsto dall´art. 188 delle Costituzioni.
1. Capacità di acquistare, possedere, amministrare e alienare beni temporali.
La missione della Chiesa è soprannaturale, ma è inserita in strutture umane; per poterla realizzare sono necessari mezzi temporali.´ Per conseguire i fini che le sono propri, indipendentemente dal potere civile, il possesso dei beni temporali le è dovuto per diritto nativo.´
I fini per cui la Chiesa rivendica la legittimità dei beni temporali sono:
- l´organizzazione del culto divino;
- il dignitoso mantenimento del clero;
- il sostentamento delle opere di apostolato e di carità, specialmente in favore dei poveri.-´
É da sottolineare pertanto lo stretto legame tra il diritto ai beni e la loro destinazione (= i fini) per cui la Chiesa rivendica tale diritto. Quasi a concludere che per altri scopi non c´è motivo per la Chiesa di possedere beni temporali.
Se la Chiesa rivendica il possesso e il bisogno di servirsi dei beni materiali per poter raggiungere i suoi fini spirituali, anche la Congregazione afferma questa capacità. Lo può fare perché è «persona giuridica
Cf. GS, 76- Certa le cose terrene e quelle che, nella condizione umana, superano questo mondo sono strettamente unite, e la Chiesa stessa si serve delle cose temporali nella misura che la propria missione richiede».
z Cf. CIC, can. 1254
´ Cf- PO, 17 e CIC, can. 1254 §2

pubblica» nella Chiesa, parte viva di essa,´ Ma lo può fare solo a norma del diritto,´ cioè in quanto è partecipe della missione della Chiesa e sottomessa alle sue leggi, agisce nel suo spirito, in comunione e sotto il controllo della gerarchia ecclesiastica.
La Congregazione per vivere, agire, organizzarsi, istituire e sostenere le attività apostoliche ha bisogno di mezzi economici.´> La povertà quindi per noi non sta nel non possedere, ma nel saper comporre gli impegni della nostra missione con le esigenze del fatto economico. Abbiamo un ruolo profetico da svolgere anche in questo campo (Cf. Cast 77). In tutte le nostre attività consideriamo i beni temporali come mezzo per conseguire i fini istituzionali della Società. Ammonisce, al riguardo, il CGS: «le strutture devono essere a servizio della comunità e delle persone, affinché queste possano adempiere fedelmente la loro vocazione».´
Potrà accadere che qualcuno si attacchi a questi beni, ne faccia un uso sbagliato, sia ingannato dal loro complesso ingranaggio o li sciupi per incapacità, per impreparazione, per trascuratezza o per abuso. Converrà allora ricordare ai responsabili della gestione economica che, oltre ad avere cura scrupolosa di una sana amministrazione, essi agiscono come depositari dei beni della Chiesa e non devono permettersi alcun uso personale e arbitrario."
2. Ciò vale per la Congregazione, per le singole Ispettorie e per ciascuna casa.
È interessante notare come fin dagli inizi, già nel testo delle Costituzioni del 1864, scritto per avere il «decretum laudis», c´era l´idea precisa che «ogni casa possederà»; e come don Rua si sia difeso egregiamente con l´agente delle imposte, dimostrando che «le fondiarie sono iscritte a nome non già dell´Oratorio... ma dei singoli comproprietari dei terreni e dei fabbricati, dove hanno sede gli istituti».9
4 Cf. CIC, can. 116. 1258. 1259
Cf. CIC, can. 1255